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RECENSIONI
Juan BOSCO (San), Memorias del Oratorio de San Francisco de Sales de 1815 a
1855. Traducción y notas histórico-bibliográficas de José Manuel Prellezo
García; estudio introductorio de Aldo Giraudo; con la colaboración de José Luis
Moral de la Parte. “Colección Don Bosco”, n. 23. Madrid, Editorial CCS, 2003,
pp. xl + 238, 2ª edición revisada.
Esta nueva edición española de las Memorias del Oratorio une el esmero y ele-
gancia de la presentación tipográfica con la seriedad de un bien pensado plantea-
miento científico e histórico. El texto presentado recoge fielmente la edición crítica
italiana, publicada en 1991 por Antonio da Silva Ferreira. La traducción, realizada
por José Manuel Prellezo García y José Luis Moral de la Parte, es ágil, correcta y
comprensible, gracias también a algunos criterios redaccionales – bien expuestos por
los autores de la traducción – que aseguran la fidelidad rigurosa al original al mismo
tiempo que permiten una lectura clara y asequible del texto original.
Dos aportaciones significativas dan realce a esta publicación.
El extenso estudio introductivo de Aldo Giraudo, que coloca el escrito de Don
Bosco en sus coordenadas históricas e interpretativas y ofrece sus adecuadas claves
de lectura. El estudio, bien documentado y serio, quizás algo prolijo y no siempre de
fácil lectura, tiene ante todo el mérito de presentar y valorar el camino de las distintas
ediciones e interpretaciones de las Memorias a lo largo de la historia salesiana. Se
puede observar de este modo la existencia de dos líneas principales de lectura que de
alguna manera se complementan: la tradicional, de cuño más bien literal y edificante,
representada sobre todo por las Memorias biográficas (y otros escritos) de don Le-
moyne y por la evocacioón renovadora de don Ricaldone; y por otro lado la línea
científica, fruto de la labor investigadora de estudiosos de Don Bosco - como Desra-
maut, Braido, Stella, Prellezo y Ferreira - que han sabido conjugar, al servicio de la
comprensión del pensamiento de Don Bosco, la sensibilidad pedagógica y espiritual
salesiana con la meticulosidad de un serio método histórico-crítico.
Aldo Giraudo se sitúa en la línea de esta posición interpretativa y permite así al
lector abordar el texto de Don Bosco desde su auténtico contexto histórico y dentro
del “género literario” de un escrito fundamental de la tradición salesiana que, más
que crónica material de unos hechos, se nos presenta ante todo como un “manual de
pedagogía y de espiritualidad narrativas”, o mejor - según la feliz expresión de Pietro
Braido - como “memorias del futuro”. De este modo las Memorias, sin duda uno de
los escritos más personales y significativos del Fundador de los salesianos, revelan su
secreto interpretativo más importante: ser un eficaz “preludio narrativo del sistema
preventivo”, un autético mensaje educativo y espiritual con una clara perspectiva
oratoriana, en el que la “parábola” y el “mensaje” se colocan antes y por encima de
la historia.
Una segunda importante aportación presente en el volumen son las notas histó-
ricas y bibliográficas de José Manuel Prellezo, que facilitan enormemente la lectura

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del texto de la Memorias. Estas notas ofrecen una información detallada y documen-
tada de muchos personajes, publicaciones y hechos presentes en la narración de Don
Bosco, a la vez que completan (y a veces corrigen) algunos datos e informaciones y
tratan de explicar no pocos términos tradicionales o clásicos poco accesibles o com-
prensibles para el lector contemporáneo. Se puede disponer así de un rico acervo de
puntualizaciones que ayudan a situar e interpretar en su contexto histórico el escrito
del Fundador.
Finalmente merecen ser mencionados otros elementos que enriquecen y ava-
loran esta edición de las Memorias del Oratorio: unos cuadros sincrónicos gráficos
sobre la vida y obra de Don Bosco en su entorno histórico; una documentación icono-
gráfica de más de treinta fotos históricas de Don Bosco y su tiempo; cuatro planos -
elaborados por José Luis Mena - de la sede turinesa del Oratorio de Valdocco; una
cuidada bibliografía y dos índices, uno de nombres y lugares y otro de materias.
Esta nueva traducción castellana de uno de los escritos más representativos de
la historia y del pensamiento pedagógico salesiano merece ser celebrada y acogida
con satisfacción.
Agotada en pocos meses la primera edición, aparece tempestivamente esta se-
gunda, en la que –después de una detenida revisión del trabajo– se han subsanado las
imprecisiones, los pequeños errores y erratas que se habían deslizado, matizando
además la traducción de algunos términos y expresiones.
Emilio Alberich Sotomayor
Rosalio CASTILLO LARA, “Padre Ojeda, una vida dedicada a los jóvenes”.
Istituto Universitario Salesiano Padre Ojeda (IUSPO), Los Teques 2002, 280 p.
Il Cardinale Salesiano Rosalio José Castillo Lara ci offre la biografia di don
Isaías Ojeda (1899-1987), il quale occupò un ruolo eminente nella vita dei salesiani
del Venezuela. Nel prologo, redatto da don Raúl Biord (direttore dell’Istituto Univer-
sitario Salesiano Padre Ojeda), ci viene spiegato perché l’autore è la persona «più in-
dicata per scrivere la sua biografia: fu suo allievo nel Collegio Don Bosco di Valencia
e nel Liceo San José de Los Teques, suo collaboratore nel Liceo come Consigliere
Scolastico, e gli succedette nel 1966 come Provinciale dell’Ispettoria Salesiana del
Venezuela. Don Ojeda seppe coltivare nel cuore del suo allievo gli ideali di perfe-
zione umana e cristiana. Come padre spirituale lo accompagnò nel suo discernimento
vocazionale, concluso con la professione religiosa come Salesiano di Don Bosco».
L’Autore stesso nell’introduzione espone i motivi per cui intraprese tale ricerca:
«Questo profilo […] ubbidisce a due imperativi del cuore: uno di ringraziamento e
l’altro di giustizia. Di ringraziamento verso l’educatore insigne che illuminò menti,
irrobustì volontà, seminò valori autentici, plasmò personalità. Personalmente gli devo
eterna riconoscenza per l’influsso decisivo che ebbe nella mia vocazione religiosa
salesiana.[…]. È anche un imperativo di giustizia il dare il giusto riconoscimento ai
veri servitori della patria, il non lasciare cadere nell’oblio gli eroici sacrifici necessari

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per il riscatto e la crescita del meritato prestigio del Liceo San José, fondato dal Dott.
José de Jesús Arocha. È giusto, quindi, che si conosca la figura di questo sacerdote
salesiano venezuelano, che offrì tutta la sua vita, con passione ed esito notevole, a
formare migliaia di professionisti, che ha messo ben in alto con la sua vita e con la
professione di maestro ed educatore».
Nella medesima introduzione vengono aggiunte ancora altre motivazioni:
«Sono fermamente convinto che i grandi problemi del Venezuela, il non riuscire a su-
perare un sottosviluppo avvilente in tutti gli ambiti, hanno una comune radice: la
mancanza, a tutti i livelli, di una vera educazione che semini valori, crei abiti buoni,
irrobustisca le volontà e porti a comportarsi come un onesto cittadino, rispettoso dei
diritti e fedele realizzatore dei doveri». L’Autore, infine, così si esprime: «I dati che
presento nel profilo biografico provengono in parte considerevole della mia cono-
scenza personale ed anche da quattro pagine di appunti autobiografici, di documenti
dell’Archivio Centrale della Congregazione Salesiana in Roma, dell’Archivio Ispet-
toriale di Caracas e di lettere coi Superiori Maggiori, nelle quali don Ojeda si confidò
nel 1974, ed inoltre d’una abbondante corrispondenza che tenne con me durante tutta
la sua vita».
La biografia presenta numerosi pregi; ne segnalo alcuni brevemente: L’Autore
non ha pretese di ricercatore; vuole essere più un testimone che racconta che non uno
storiografo, ma è in possesso di sufficienti documenti che, ben ordinati ed intrecciati
con ricordi della propria storia vissuta accanto al Padre e Maestro, offrono un rac-
conto vivo e pieno d’interesse.
La sua conoscenza della geografia e della storia del Venezuela, quest’ultima
vissuta in prima persona, danno all’opera una connotazione referenziale, che la fa
uscire dai ristretti ambiti salesiani e camminare per le ampie strade della storia nazio-
nale: sfilano personaggi della politica, della scienza, dell’educazione, che le danno
un ampio respiro.
Senza perdere di vista la primaria importanza del protagonista, don Ojeda, tutti
gli altri attori principali della storia, particolarmente i salesiani, sono ben illustrati e
ricevono un adeguato trattamento con presentazione dei dati biografici più rilevanti.
Lo stile è diretto, quasi familiare, anche con citazioni ben collocate. Il racconto
ordinato e chiaro va presentando man mano la vita del Padre e Maestro: dalla inci-
piente vita familiare, alla vita dello studente, dell’aspirante, del novizio e del sale-
siano. Poi la vita di educatore nel tirocinio e di padre e maestro diventato sacerdote.
Già sacerdote, appare la sua grande attività di educatore della gioventù: in Ca-
racas come Consigliere Scolastico, in Valencia come Direttore, ma particolarmente
nel Liceo San José di Los Teques, dove la sua figura acquistò grande rilievo.
Il Cardinale non sorvola sulle enormi difficoltà per arrivare alla costruzione del
nuovo Liceo, i problemi con alcuni superiori, i sacrifici e i dolori, alla fine premiati
con il raggiungimento delle sue mete.
Segue poi il periodo come incaricato degli exallievi e dei cooperatori, come Di-
rettore del Bollettino Salesiano del Venezuela, e specialmente il suo ministero di
Ispettore (il primo Ispettore di nazionalità venezuelana): in questo tempo lavorò ala-

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cremente per le vocazioni, l’organizzazione dell’Ispettoria e la moltiplicazione delle
opere salesiane, anche con numerose costruzioni.
Gli ultimi anni della vita sono magistralmente descritti, penetrando nell’intimità
del grande Salesiano, che, vivendo ormai nella malattia e con acute sofferenze, rag-
giunge una vita spirituale di alto livello.
L’autore è veramente un testimone, ma sa dare opportuni giudizi, sapienti ed
equilibrati, delle persone e dei fatti, lodando ed alle volte incriminando atteggiamenti
e condotte.
Per le opportune osservazioni umane, cristiane, pedagogiche, salesiane, sto-
riche, geografiche, politiche, l’opera del Cardinale diventa un tesoro in cui la gio-
ventù e particolarmente i giovani salesiani troveranno una scuola per la loro vita, gli
exallievi e i salesiani di tutte le età un modello di Padre e Maestro.
Alla fine, con cinque discorsi di esimi exallievi, si dà un completamento ben
riuscito a quanto si era esposto.
Come fior fiore, nell’ultimo capitolo, “Il cuore supersalesiano di don Ojeda”,
la conclusione è un vero capolavoro. A grandi pennellate l’ autore disegna don Ojeda:
il suo aspetto fisico, la volontà, l’intelligenza…, ma soprattutto descrive l’azione del
salesiano come esimio educatore: «un genuino venezuelano, fiero di essere salesiano,
che offrì la sua vita all’educazione della gioventù».
Francisco Castellanos Hurtado
Paola CUCCIOLI – Grazia LOPARCO, Donne tra beneficenza ed educazione. La «Lega
del Bene “Nido Vittorio Emanuele III”» a Pavia (1914-1936). Roma, LAS
2003, 191 p.
La nascita della «Lega del Bene» (1914) si deve a Maria Martinetti (1861-1934)
una vera “imprenditrice del bene” (pp. 32-36) nella città di Pavia tra Otto e Nove-
cento. La benefica istituzione, che diviene «Lega del Bene “Vittorio Emanuele III”»
(1925) e poi «Lega del Bene “Nido Vittorio Emanuele III”» (1928), ha i seguenti
scopi: «Protezione e sollievo della maternità sventurata; tutela e ricovero degli orfani
abbandonati, a cui le altre Istituzioni sono impotenti a provvedere; vigilanza e prov-
vedimenti per gli altri minorenni moralmente bisognosi; in via eccezionale protezione
e sollievo per qualunque disgrazia o miseria» (Statuto, 1916). Per dare continuità
all’opera della «Lega del Bene “Nido Vittorio Emanuele III”», la Martinetti affidò
l’istituzione alle suore Figlie di Maria Ausiliatrice (1930).
La ricerca, attraverso una puntuale documentazione, è incastonata nella vita ci-
vile di Pavia e in una visuale più ampia, ma che comunque provoca dei notevoli ri-
svolti nelle vicende della «Lega del Bene “Nido Vittorio Emanuele III”» (vedi per
esempio le pp. 48-55 e 73-77), nella situazione politico-sociale dell’Italia: età giolit-
tiana, prima guerra mondiale, fascismo.
La ricostruzione delle Autrici è scandita in tre capitoli: «Dall’origine della
“Lega del Bene” alla realizzazione della «Lega del Bene “Nido Vittorio Emanuele

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III”» (1914-1928); la «Lega del Bene “Nido Vittorio Emanuele III”»: dalla gestione
Toscani a quella delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1928-1930); la «Lega del Bene
“Nido Vittorio Emanuele III”» dal 1930 al 1936: la gestione delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. Per completare la descrizione della struttura dell’opera annotiamo che il
volume è corredato da una «Prefazione» di Giancarlo Rocca, da una Appendice do-
cumentaria (pp. 163-171), da una Bibliografia ragionata (pp. 173-187) suddivisa in
Fonti inedite, Fonti edite, Fonti iconografiche, Studi e, infine, da un inserto fotogra-
fico (pagine fuori testo).
«La ricerca documentaria [notano le Autrici] ha messo in luce l’ambiente socio-
culturale in cui sorge la «Lega del Bene “Nido Vittorio Emanuele III”», le motiva-
zioni che l’hanno originata e il coinvolgimento delle persone interessate al suo incre-
mento fino al 1936» (p. 16). E ancora: «In questo lavoro si indaga se e come il Nido
potenzia le capacità assistenziali del pavese, ma anche se pone le condizioni per un
ambiente educativo di qualità: come le diverse figure si sono inserite nell’opera e con
quale intento specifico, come l’hanno maturato e con quali competenze» (p. 17).
Un grande pregio del volume è la ricca documentazione archivistica e la sele-
zionata bibliografia, che sorreggono la ricostruzione storica e ne garantiscono l’inter-
pretazione. Il percorso seguito è delineato dalle Autrici nell’Introduzione (pp. 21-28).
La nascita e la trasformazione della «Lega del Bene “Nido Vittorio Emanuele
III”», scrivono le Autrici, «interessa vari ambiti di ricerca, essendo punto di interse-
zione di storia delle donne, storia della beneficenza, storia delle istituzioni educative,
collaborazione tra laiche e religiose» (p. 21). Di tutto ciò, nel corso della narrazione,
esse lasciano trasparire vari e interessanti aspetti, che andrebbero lumeggiati con altri
studi. Uno, tuttavia, sarebbe auspicabile e lo formuliamo con un interrogativo: qual è
il seguito della «Lega del Bene “Nido Vittorio Emanuele III”»?
Francesco Casella
75 lat salezjanów na Kalinowszczyńnie w Lublinie (1927-2002) (75 anni dei salesiani
in Kalinowszczyzna a Lublino). A cura di Jerzy Gocko e Adam Paszek. Wydaw-
nictwo, druk i oprawa poligrafia Inspektoratu Towarzystwa Salezjańskiego
Kraków, Lublin 2002, 110 p., 16 p. di fotografie.
Non tutti gli anniversari delle presenze salesiane diventano un’occasione per
fare una riflessione più approfondita sul proprio passato. Nel nostro caso si è riusciti
abbastanza felicemente a conciliare la dimensione scientifica con quella, diciamo,
“divulgativa”: accanto a saggi scientificamente validi si trovano quelli meno impe-
gnativi e si chiude con delle foto che illustrano tutto il periodo in questione.
Compongono il libro cinque interventi. Il primo è la relazione di Jan Krawiec
Duszpasterstwo salezjanów na Kalinowszczyźnie w Lublinie (Pastorale salesiana in
Kalinowszczyzna a Lublino): presenta l’evolversi dell’attività pastorale dall’arrivo dei
salesiani, nel 1927, fino ai nostri giorni, in un rione, una volta, periferico della città di
Lublino (nord-est della Polonia), abitato da popolazione etnica mista (polacchi e

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ebrei), in maggioranza operaia. Sin dall’inizio i salesiani ebbero a loro disposizione
l’antico monastero dei francescani, ceduto da Tadeusz Weisberg, ebreo polacco con-
vertito al cattolicesimo. I lavori di ristrutturazione intrapresi dai salesiani furono fer-
mati dallo scoppio del secondo conflitto mondiale, che comportò serie difficoltà nel
funzionamento: occupazione degli edifici da parte dei militari tedeschi e successiva-
mente di quelli sovietici. Il regime comunista, nel 1944, dopo un iniziale comporta-
mento benevolo, si dimostrò gradualmente sempre più ostile verso la chiesa, limitan-
done l’apostolato. Tuttavia i salesiani riuscirono a portare un’azione evangelizzatrice
con un certo successo, applicando, per quanto possibile, i metodi propri del loro apo-
stolato. Il Krawiec evidenzia ripetutamente l’importanza della catechesi con cui si ab-
bracciava tutta la gioventù, dai bambini delle scuole materne fino agli studenti univer-
sitari. Un’altra forma efficace di evangelizzazione furono gli esercizi spirituali annuali
proposti a tutti i gruppi (dai 4 ai 7 giorni), sia durante l’avvento che durante la quare-
sima. Tutto questo lavoro fu possibile grazie a una comunità salesiana, che comprese
che il momento storico chiedeva di dare precedenza alle numerose forme di pastorale.
Jarosław Wnuk nella sua ricerca Działalność wychowawcza salezjanów na Ka-
linowszczyźnie (Attività educativa dei salesiani in Kalinowszczyzna), divisa in due
parti, pone al centro del suo interesse l’attività propria della società salesiana. Difatti
la prima parte ha come oggetto il funzionamento del convitto per i giovani che fre-
quentavano vari licei in città. Con questo tipo di lavoro i salesiani si fecero più attenti
al lato sociale. L’autore mette in rilievo il fatto che la maggioranza dei giovani prove-
niva da famiglie povere. Si ferma poi sul clima educativo proprio dello stile sale-
siano. Il convitto fu attivo dal 1944 al 1954, l’anno in cui il regime comunista ne pre-
dispose la chiusura. Nella seconda parte il Wnuk si sofferma sull’attività pastorale
svolta dai salesiani dopo la chiusura del convitto. A differenza del Krawiec, che pure
aveva toccato questo argomento, il Wnuk ne fa una articolazione più precisa. L’inda-
gine del Wnuk viene illustrata con varie tabelle che aiutano ulteriormente la lettura.
Jerzy Gocko, docente all’Università Cattolica di Lublino, prende come oggetto
della sua indagine Salezjanie w Katolickim Uniwersytecie Lubelskim. Perspektywa
historyczna (Salesiani all’Università Cattolica di Lublino. Sguardo storico). La casa
salesiana, per la presenza delle istituzioni universitarie in Lublino, specie dell’Uni-
versità Cattolica, dopo l’insediamento del regime marxista assunse un ruolo partico-
lare: diventò una presenza dove, alla fine degli anni ’50, si cominciò ad ospitare un
piccolo numero di studenti salesiani, al fine di consentire loro il conseguimento di ti-
toli universitari e, ai più idonei, il proseguimento nella specializzazione. In realtà ciò
fu quasi l’unica possibilità, per il clero della Polonia di quegli anni, di raggiungere li-
beramente i titoli universitari, compresi quelli in teologia e in diritto canonico, addi-
rittura validi di fronte al governo. Il Gocko ricorda un fatto significativo, cioè che nel
1967 ebbe luogo l’impiego ufficiale del primo salesiano, don Boslesław Bartkowski,
come docente di musicologia nell’Università Cattolica. Attualmente vi sono impe-
gnati una ventina di salesiani delle quattro ispettorie. L’autore afferma che, grazie alla
presenza dei docenti salesiani a quest’Università, i seminaristi degli studentati delle
quattro ispettorie polacche poterono agevolmente laurearsi in varie discipline. Con-
clude che i salesiani, sia studenti che docenti, concorsero a stimolare e a incrementare
le forze lavorative nell’apostolato salesiano educativo e parrocchiale.

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Un’ulteriore testimonianza è costituita dall’intervento Wspomnienia z Kalinow-
szczyzny (Ricordi da Kalinowszczyzna) della signora Wiesława Kłębukowska, abi-
tante del quartiere, quindi destinataria dell’apostolato salesiano. La sua attenzione si
concentra sull’impatto avvenuto tra la popolazione e le proposte educative e aposto-
liche elaborate dalla comunità salesiana. Nel racconto delle vicende del quartiere, tal-
volta molto dolorose, specie durante l’occupazione tedesca o durante l’introduzione
della legge marziale da parte del generale Jaruzelski, inserisce efficacemente l’attività
dei salesiani, facendo vedere l’interazione che avvenne tra loro e la popolazione.
L’integrazione con il territorio, secondo lei, diventò una sfida tutta speciale negli anni
’70 e ’80, anni in cui si assistette a una trasformazione profonda che cambiò la fisio-
nomia del quartiere in modo radicale con il sorgere di nuove abitazioni (grattacieli) e
l’afflusso di gente nuova. Secondo la Kłębukowska, i salesiani, grazie alle coraggiose
proposte d’evangelizzazione, anche se fortemente legate alle pratiche religiose tradi-
zionali, seppero trasmettere i valori evangelici alle nuove generazioni, già permeate
da spirito di diffidenza nei riguardi della chiesa cattolica.
Conclude la serie l’articolo di Jerzy Mleczek Dzieje pofranciszkańskiego
zespołu klasztornego na Kalinowszczyźnie (obecnie salezjanie) [Storia dell’ex com-
plesso del monastero francescano in Kalinowszczyzna (ora dei salesiani)]. L’autore
tratteggia la storia del quartiere dove, all’inizio del XVII, si erano insediati i france-
scani conventuali, costruendo ai piedi di una amena collina, sulla quale venivano se-
polti gli ebrei dal secolo XVI, il loro convento in legno che, negli anni 1688-1693, fu
rifatto in mattoni. Il convento francescano subì sovente, per la sua posizione strate-
gica, le funeste conseguenze delle guerre, specie per le occupazioni militari. Nel 1927
fu ceduto gratuitamente dall’ultimo proprietario alla società salesiana che, con tanti
sacrifici e l’aiuto dei fedeli, riportò il convento allo splendore d’un tempo, renden-
dolo atto all’apostolato moderno. Con ciò, inoltre, i salesiani contribuirono ad arric-
chire i beni culturali della città stessa nel luogo molto significativo tra il castello reale
e il “Kirkut” (cimitero degli ebrei).
Ecco, abbiamo a che fare con una presenza salesiana studiata attentamente. Ciò
non vuol dire che non siano sorti alcuni interrogativi, ad esempio, come mai non si
sia dedicato un po’ di spazio per il lavoro svolto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice,
come pure alla collaborazione tra i laici e i salesiani. I relatori stessi potevano essere
meno avari nell’indicazione bibliografica e delle fonti. Tuttavia si ha la sensazione di
una lettura interessante e utile.
Stanisław Zimniak
Waldemar WITOLD ŻUREK, Salezjański męczennik z Berezwecza. Ksiądz Władysław
Wieczorek (1903-1942) (Martire salesiano di Berezwecz. Don Władysław Wie-
czorek). Drukarania Jedność, Lublin 2002, 150 p., 40 p. di fotografie.
L’anno 1989 segna una svolta epocale nel mondo, specie per l’Europa: vi inco-
mincia l’inarrestabile processo dello sgretolamento dell’”impero sovietico”, concluso
con il suo relativamente pacifico scioglimento nel 1994. Quasi subito si avvertì l’ur-

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genza d’incominciare con le ricerche, di raccogliere i residui del materiale archivi-
stico, di registrare le testimonianze di coloro che erano sopravvissuti alla persecu-
zione della chiesa. Lo studioso Żurek, salesiano, impegnato come ricercatore all’Isti-
tuto Storico di Storia Ecclesiastica della facoltà di teologia all’Università Cattolica di
Lublino, è uno dei pionieri tra i ricercatori ecclesiastici polacchi e il primo tra gli stu-
diosi salesiani di tale argomento. Già da parecchi anni egli si dedica alla ardua im-
presa di raccogliere le “briciole” della documentazione, “miracolosamente” salvata,
sui salesiani operanti nelle varie repubbliche dell’Unione Sovietica, recandosi sul
posto del loro apostolato o nelle carceri in cui essi venivano trattenuti o addirittura là
dove furono trucidati.
Lo Żurek durante i suoi numerosi viaggi di ricerca, in questo caso nella Bielo-
russia, si imbatte, come egli afferma nell’introduzione, nella figura del salesiano don
Władysław Wieczorek, non ancora diventato oggetto di una seria indagine scientifica.
Ne esiste un cenno biografico nel volume Medaglioni di 88 confratelli polacchi periti
in tempo di guerra, uscito in Italia nel 1954, curato da don Pietro Tirone, (pp. 37-39).
Lo studio dello Żurek, preceduto da una prefazione di mons. Władysław Blin,
vescovo della diocesi di Witebsk (Bielorussia), nel cui territorio fu fucilato don Wie-
czorek, è composto di due capitoli, seguiti da un riassunto in cinque lingue (polacco,
italiano, tedesco, bielorusso, lituano), dalla bibliografia, dagli indici di persone e
luoghi e, infine, da quaranta pagine di fotografie.
Nel primo capitolo viene tracciata la storia dei salesiani in Polonia dal loro ar-
rivo fino alla occupazione da parte della Germania e dell’Unione Sovietica nel 1939,
si descrive concisamente la loro situazione giuridica durante la guerra e si conclude
con un paragrafo dedicato al martirio dei salesiani polacchi subìto, soprattutto, per
opera dei tedeschi. È un capitolo che aiuta la comprensione delle vicissitudini del
soggetto principale della ricerca.
Il secondo capitolo, oltre l’indagine su don Wieczorek, include quattordici let-
tere di cui dodici sono del biografato. Alla raccolta di lettere, visto che non sono né
numerose né troppo lunghe, si sarebbero potuti aggiungere gli articoli prodotti dal
biografato durante il suo apostolato in Cina e pubblicati dal settimanale cattolico del-
l’Alta Slesia.
La storia della famiglia di don Wieczorek è legata strettamente all’Alta Slesia,
la regione situata nel sud della Polonia, fino al 1921 incorporata alla Prussia. Don
Władysław è il quinto di dodici figli, nato il 2 aprile 1903 a Turza Mała (Rybnik).
Nella famiglia si coltivò la fede cattolica e l’attaccamento alla cultura polacca. I geni-
tori seppero tramandare un grande amore alla musica: quasi tutti i figli impararono a
suonare uno strumento musicale; si parla persino della banda musicale della famiglia
Wieczorek. Viene sottolineato lo spirito patriottico che animava la vita famigliare e
che, dopo la Grande Guerra, trovò riscontro nell’attiva partecipazione alle tre insurre-
zioni popolari (1919-1921), per strappare l’Alta Slesia al dominio tedesco.
L’autore afferma che il fatto di esercitare la professione d’insegnante nelle
scuole elementari si dimostrò decisivo per la scelta vocazionale di don Władysław,
che vide di poter realizzare il suo desiderio di lavorare per i ragazzi nella società sale-
siana: nel 1925 incominciò il noviziato a Czerwińsk (Varsavia). Durante gli studi fi-
losofici maturò in lui la decisione d’andare nelle missioni. Gli toccò il lavoro in Cina,

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dove si recò, nel 1929, con altri due polacchi. Dalle sue lettere conservate ravvisiamo
il suo entusiasmo per la missione ricevuta e la contentezza di lavorare con i ragazzi
cinesi, anche se sentiva arduo lo studio della lingua cinese.
Purtroppo tale apostolato fu improvvisamente interrotto dalla malattia che lo
obbligò, nel 1932, a rientrare in patria. La trapanazione del cranio, a cui dovette sot-
tomettersi lo costrinse solo a una breve convalescenza. Tuttavia non tornò più in
Cina. Compì gli studi di teologia nello studentato di Cracovia, dove, il 21 giugno
1936, fu ordinato sacerdote. Come sacerdote salesiano fu sempre attivo, fino alla fu-
cilazione, nell’Est della Polonia, coprendo l’ufficio di catechista nelle opere salesiane
di Vilnius (oggi la capitale della Littuania) e di Dworzec; in quest’ultima gli fu affi-
dato l’incarico di consigliere scolastico nella scuola professionale (dimostrò notevole
interesse per la meccanica e conseguì anche la patente di pilota di aeroplano). Lo
scoppio del secondo conflitto mondiale comportò l’occupazione della Polonia da
parte della Germania e dell’Unione Sovietica (a seguito del patto Ribbentrop – Mo-
lotov). Per tutti i salesiani incominciò un periodo molto delicato. Ma la situazione
peggiorò notevolmente dal momento in cui la Germania venne ad occupare anche i
territori orientali. Don Wieczorek, su mandato del vescovo, andò a lavorare nella par-
rocchia di Parafianòw, dove, nella solennità dei santi Pietro e Paolo, del 1942, fu arre-
stato dai nazisti e messo nel carcere di Berezwecz presso Głębokie (oggi Bielo-
russia). In questo carcere furono trucidate dai nazisti circa 27 mila persone: russi, po-
lacchi, bielorussi, ebrei e italiani. Don Wieczorek dopo alcuni giorni fu portato con
altri verso il vicino bosco e fucilato il 4 luglio 1942.
Nel volume ricordato, curato da don Tirone, si conclude il cenno biografico de-
dicato al Nostro con queste parole: «Con tutta ragione si può applicare a lui il detto:
Omnibus omnia factus sum: mi son fatto tutto a tutti» (p. 39). La lettura del saggio
dello Żurek ne è la prova. In tutti i posti, dove lo mandò l’ubbidienza religiosa, si di-
stinse per il dono di sé, colorito da una gioia particolare di poter servire i giovani.
Esercitando il servizio parrocchiale nel tempo di guerra seppe prodigarsi per i più bi-
sognosi, affrontando vari rischi: malgrado il divieto di celebrare i sacramenti in
chiesa, lui ci andava ugualmente. Non pensò mai per un attimo di lasciare la gente,
minacciata dalle potenze nemiche. Tenuto dai nazisti nella prigione, gli si offerse la
possibilità di fuga. Egli vi rinunciò, poiché preferì restare con gli altri compagni
imprigionati.
Lo Żurek ci consegna un’indagine interessante, nei limiti consentiti dalle poche
fonti faticosamente rinvenute, e con l’aiuto di testimonianze. Grazie a questo lavoro,
abbiamo recuperato alla nostra memoria un testimone della fede, definito dall’autore
martire di Berezwecz.
Stanisław Zimniak