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mania. Don Trochta il 16 novembre 1947 diventò vescovo della medesima diocesi e
invitò i salesiani a venirvi a lavorare in favore della popolazione.
Nel decennio 1948-1958. Dopo la II guerra mondiale, siccome tutte le scuole
religiose erano state statalizzate, anche i ragazzi delle scuole salesiane dovettero ritor-
nare a casa. Invece nelle altre case la vita continuava: il noviziato era frequentato da
molti giovani, lo studio della teologia migliorava, tutti gli oratori si impegnavano nel
lavoro educativo e il collegio per i giovani operai a Ostrava funzionava bene. L’ispet-
toria Ceca aveva all’epoca 12 case con 261 salesiani: l’opera salesiana dunque era in
pieno sviluppo. Il 24 febbraio 1948 il rettor maggiore nominava il nuovo ispettore:
don Antonin Dvorak, già direttore e maestro dei novizi, che dopo la nomina si trasferì
a Praga con tutta la comunità ispettoriale e con l’archivio.
Con la rivoluzione del febbraio 1948 il regime comunista si avviava a confi-
scare le case dei religiosi (con tutte le ricchezze culturali raccolte lungo i secoli) e a
mettere in carcere i religiosi “molto attivi”. La polizia nell’autunno del 1949 co-
minciò a controllare tutti i monasteri e le case religiose, sia maschili che femminili.
Nel 1950 furono incarcerati noti personaggi di vari ordini religiosi: gesuiti, france-
scani, premonstratensi e redentoristi. Dopo il loro arresto il governo decise di radu-
nare tutti i religiosi in campi d’internamento. L’operazione scattò il 13-14 aprile del
1950, di notte, per evitare qualsiasi interferenza da parte della popolazione. Ben
2.192 i religiosi internati, dei quali i superiori furono separati dai semplici religiosi.
Arrestare tutte le suore fu invece un’operazione difficile, poiché nella Cecoslovac-
chia, nel 1950, erano ben 11.896. La polizia riuscì a raccoglierne, in diversi luoghi,
solamente 4.073, anche perché la maggioranza di loro gestiva opere di indole sociale
(infermiere, addette alle case degli anziani ecc.). Pure i vescovi furono isolati dal
clero diocesano e dai fedeli. Nel mondo libero si incominciò a parlare di “Chiesa del
silenzio” in Cecoslovacchia.
All’inizio del 1950 alcuni salesiani erano già in carcere; essi, come del resto gli
altri religiosi, erano stati isolati dai loro direttori, ma nel loro campo di internamento
era presente l’ispettore, in quanto le autorità comuniste non lo avevano identificato
come superiore. Essi cercavano infatti il classico “provinciale”: non l’”ispettore”,
come appunto veniva chiamato il “provinciale” salesiano. Alcuni salesiani erano in-
vece riusciti a sfuggire, perché nella notte degli arresti erano assenti da casa per mo-
tivi di viaggio o di apostolato. I chierici e i novizi, sfuggiti ai campi d’internamento,
poterono continuare la loro formazione grazie ai salesiani liberi; ma anche gli stu-
denti di filosofia e teologia in carcere ebbero l’opportunità di proseguire i loro studi
con l’aiuto di professori reclusi con loro. C’erano anche degli aspiranti: fu loro pro-
posto di entrare “in noviziato” e così nove lo iniziarono in carcere. Dopo alcuni mesi
le autorità comuniste cominciarono a dislocare i salesiani in diversi posti di lavoro;
alcuni di loro furono messi in libertà e poterono impegnarsi nella formazione delle
“vocazioni salvate”. Tra questi confratelli liberi fu nominato da Torino un ispettore
provvisorio, don Karel Tinka.
Il vescovo mons. Stepan Trochta (futuro cardinale “in pectore” nel 1969) fu ac-
cusato di spionaggio e dal 1950 al 1953 rimase in domicilio coatto nella sua residenza
vescovile; nel 1953 fu condannato a 25 anni di carcere. Messo in libertà per motivi di