La prima edizione latina ufficiale delle Costituzioni salesiane 95
tuzionale del suo istituto, e richiedesse pertanto alcuni ritocchi, anche lin-
guistici, capaci di vivificarlo.
La prima ipotesi — quella che si potrebbe indicare come « rivisi-
tazione » del testo secondo i canoni classico-ciceroniani — è solo par-
zialmente sostenibile. Se si ricostruisce infatti l'asse genealogico della tra-
dizione del testo costituzionale in lingua latina, si avverte fin dalle ori-
gini un lavoro di redazione, che non lascia dubbi sull'attenzione con cui
anche gli aspetti linguistico-formali furono curati. Sul secondo mano-
scritto latino (1865-1866) si registrano, per esempio, numerosi inter-
venti di Tommaso Vallauri: insigne maestro di latinità all'Università di
Torino; accanito sostenitore dello studio della lingua latina per un acco-
stamento sempre maggiore ai classici e per l'acquisizione di un corretto
uso della lingua stessa; avverso a tutte le proposte della filologia tedesca
e alle innovazioni provenienti da una « pedagogia facile »; maestro dei
primi salesiani che frequentarono l'Università (Francesia, Cerruti, Du-
rando), con i quali contrasse profonda amicizia, fino ad essere di casa al-
l'Oratorio di D. Bosco, anche per le numerose opere che ivi fece pub-
blicare. Da questa presenza, da questa sorta di « sodalizio » fra cultori
della lingua latina, che si andava costituendo intorno a D. Bosco e ai
suoi giovani collaboratori, trassero senza dubbio vantaggio le diverse re-
dazioni del testo latino delle costituzioni: i testi manoscritti, i testi a
stampa (1867, 1873 e le due edizioni romane del 1874) e lo stesso ma-
noscritto del testo ufficiale approvato.
Anche i numerosi emendamenti, apportati in seguito alle osserva-
zioni che pervenivano dalla commissione romana, non impedirono che il
testo conservasse la sua originale dignità di lingua e di stile. In realtà,
come dovremo segnalare, il primo testo latino a stampa, dopo l'appro-
vazione, presenta una più marcata ambizione classicheggiante, dovuta
forse al desiderio di D. Bosco di rendere il più possibile solenne il do-
cumento che fondava giuridicamente il suo istituto. L'operazione tut-
tavia rientra nella linea delle redazioni precedenti, in quanto a curare i
miglioramenti del testo fu Vincenzo Lanfranchi, appassionato cultore
della lingua latina, amico personale di D. Bosco, fedele discepolo del
Vallauri, che supplì nello stesso insegnamento universitario.
Anche la seconda ipotesi — quella che giustificherebbe le corre-
zioni allo scopo di ridare integro al testo « curiale » lo spirito delle ori-
gini — potrebbe già in gran parte cadere, per gli aspetti in cui coin-
cide con la prima ipotesi. La conservazione infatti, almeno nella stesura
di insieme del testo, di alcune caratteristiche linguistico-formali, è ga-
ranzia non dubbia della continuità del pensiero e dello spirito che ave-