La prima sintesi ufficiale della tradizione educativa dell’Istituto delle FMA … 307
Dopo gli articoli generali che introducono il Regolamento segue un capi-
tolo intitolato: Norme per le suore addette all’educazione delle fanciulle25. In
esso confluiscono gran parte degli articoli presenti nel Regolamento del 1895, a
sua volta dipendente da quello di don Bosco. Sono comuni le tematiche del
«farsi amare più che temere»; della necessità di dare libertà di espressione alle
ragazze correggendole qualora le loro manifestazioni non siano conformi all’e-
ducazione cristiana; il dovere dell’attenzione alle più deboli e difficili ed infine
la modalità salesiana con cui fare le correzioni26.
Gli articoli che seguono, invece, sono nuovi rispetto al testo del 1895 e sot-
tolineano alcuni aspetti della relazione educativa vissuta al femminile. Riguardo
all’assistenza, si aggiunge che essa, più che un rigido controllo, è «opera di ca-
rità cristiana, di amore materno che vigila instancabilmente per prevenire il male
e guidare al bene»27. Tale vigilanza deve essere «solerte, materna, efficace»28. Si
parla delle «cure educative» per indicare gli interventi attuati costantemente e
con sollecitudine per evitare di perdere in un momento il frutto di tante fatiche
educative 29.
La categoria della «maternità educativa» sembra imporsi sempre più come
un elemento originale nel processo di interpretazione operativa del «sistema pre-
ventivo»30. La presenza «materna» delle educatrici accanto alle ragazze è moda-
25 Manuale (1908), pp. 522-546.
26 Si tratta di questi argomenti rispettivamente nel Manuale 1908 ai paragrafi 523-
525,528. Essi dipendono dal Regolamento del 1895 (cf i numeri 2-3-4-9). Pietro Braido mette
in evidenza come i sistemi pedagogici più austeri ed esigenti fondano e giustificano il loro me-
todo puntando direttamente sul traguardo da raggiungere e perciò tendono a guardare il gio-
vane come l’adulto del futuro, da trattare conseguentemente come tale fin dai primi anni della
sua vita. Di qui le leggi e i provvedimenti fortemente responsabilizzanti dei collegi di stile mi-
litare. Nel secolo XIX aveva piena legittimità storica, teorica e pratica, con diverse modalità di
applicazioni, l’«educazione correzionale», nota nel mondo penale educativo e rieducativo. Nel
periodo in cui don Bosco approdava a Torino, trattava in modo appassionato del suddetto argo-
mento il consigliere di Stato del Regno sardo, il conte Carlo Ilarione Petitti di Roreto (1790-
1850), nel saggio Della condizione attuale delle carceri e dei mezzi di migliorarla, in partico-
lare nel capitolo Dell’istoria dell’educazione correttiva e dello stato attuale della scienza, in C.
PETITTI DI RORETO, Opere scelte, Torino, Einaudi 1969, pp. 319-587. Nella fondazione delle
sue opere educative, anche per quelle dirette dalle FMA, don Bosco scelse invece il metodo ad
orientamento familiare, più centrato sul ragazzo e sui «limiti» della sua età, quindi su un’assi-
stenza assidua e amorevole da parte dell’educatore, che «paternamente» o «maternamente» è
presente, consiglia, guida e sostiene (cf P. BRAIDO, Prevenire non reprimere. Il sistema edu-
cativo di don Bosco, Roma, LAS 1999, pp. 7-8).
27 Manuale (1908), p. 531.
28 Ibid., p. 535.
29 L. cit.
30 Nel Regolamento del Convitto di Nizza del 1878 si legge: «Il metodo che si segue nel-
l’applicazione di esso sistema è il paterno, quello cioè che pigliando la via del cuore anziché
della durezza e del rigore, avvezza poco a poco le alunne ad operare il bene con spontaneità
e sincerità» (Regolamento del Convitto di Nizza, in P. CAVAGLIÀ – A. COSTA [a cura di], Orme
di vita tracce di futuro. Fonti e testimonianze sulla prima comunità delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice [1870-1881], Roma, LAS 1996, doc. 98, p. 255).