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Francesco Motto
di don Bosco, quali ad esempio la sua costante sollecitudine per la salvezza delle anime, il
desiderio di incontrare frequentemente i suoi giovani — ormai fatti uomini maturi — per dar
loro suggerimenti e raccomandazioni improntate a spirito di fede, la preoccupazione perché i
semi spirituali, le verità cristiane che aveva scolpito nel cuore dei giovani al tempo della loro
convivenza con lui a Torino (onestà nella vita, impegno nel lavoro, accettazione del sacrificio,
pratica religiosa in qualunque situazione ed ambiente) non venissero soffocate da influssi ed
esperienze di segno opposto.
Nelle parole dell'ex allievo si ritrovano altresì tracce indelebili del clima educativo che
regnava all'Oratorio: la familiarità fra educatore ed educando, la gioia del loro vivere assieme,
la cordialità dei rapporti, la dimostrazione da parte dell'adulto e la percezione da parte del
giovane di un affetto umano e soprannaturale, la capacità polarizzatrice, « ammaliatrice » di
don Bosco, figura dolce e forte, umana e religiosa, amabile ma pure portatrice di valori per il
presente e per il futuro.
Scriverà don Bosco nel trattatello del 1877: « Il Sistema Preventivo rende affezionato
l'allievo in modo che l'educatore potrà tuttora parlare col linguaggio del cuore sia in tempo
dell'educazione sia dopo di essa. L'educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà
esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo, ed anche correggerlo allora che
si troverà negli impieghi, negli uffizi civili e nel commercio ».1 Ebbene, ecco quanto dieci anni
prima scriveva a don Bosco Roberto Borgialli, l'ex allievo redattore della lettera di cui stiamo
parlando: «Creda che sempre lo amai, lo amo e lo amerò: io in lei trovo ogni conforto e
ammirai, e ammiro le sue gesta anche da lontano [...] Vedo in lei l'unico che volgerebbe l'anima
mia ad ogni verso [...] pongo io fiducia su di lei, i suoi consigli e le sue decisioni non le
disprezzerò mai, rifletta e mi scriva. Quanto lei mi consiglia sarò disposto ad intraprendere.
Nessuno più di lei sa e conosce il cuore mio e potrà decidere [...] mi consigli, mi ami, mi
perdoni [...] ». Come escludere che don Bosco possa avere avuto davanti agli occhi questa o
simili corrispondenze allorché il 29 luglio 1880 si rivolgeva agli ex allievi sacerdoti, convenuti
presso di lui, con queste parole: « Ma per riuscire coi giovanetti, fatevi un grande studio di
usare con essi belle maniere, fatevi amare e non temere [...] Forse per alcuni vi sembreranno
gettate al vento le vostre fatiche e sprecati i vostri sudori. Per il momento forse sarà così; ma
non sempre, neppure con quelli che vi paiono più indocili. Le buone massime, di cui opportune
e importune li avrete imbevuti; i tratti di amorevolezza, che avrete loro usati, rimarranno loro
impressi nella mente e nel cuore. Verrà tempo che il buon seme germoglierà, metterà i suoi
fiori e produrrà i suoi frutti »2
1 G. Bosco, Il sistema preventivo nella educazione della gioventù, RSS 4 (1985) p. 292.
2 MB XIV 513. Concetti simili don Bosco li svolgerà in tutti i raduni degli ex allievi,
sacerdoti o meno, dal 1870 in poi. Si veda l’INDICE delle MB alla voce ex allievi.