19_anno10_num2_0355-0375


19_anno10_num2_0355-0375



1 Pages 1-10

▲back to top


1.1 Page 1

▲back to top


NOTE
UNA SVOLTA NEGLI STUDI SU DON BOSCO
di Pietro Braido
Sono usciti in triplice edizione — italiana, spagnola, francese — gli Atti del
1o Congresso Internazionale di Studi su Don Bosco.1 Le prime due distribuiscono
i contributi — relazioni e comunicazioni — in sei parti. Si differenziano nella
quinta intitolata rispettivamente Comunicazioni libere e Comunicaciones libres
en el grupo de lengua castellana, che contengono materiali che rispecchiano
interessi prevalenti italiani o spagnoli. L'edizione francese, invece, presenta sol-
tanto 12 dei 34/33 contributi delle altre due.2
Nella distribuzione del materiale è seguita sostanzialmente la successione dei
lavori congressuali,3 accentuandone l'aspetto sistematico: Parte I: Don Bosco
nella storiografia; Parte II: Don Bosco nella Chiesa e nella società; Parte III:
Don Bosco e l'educazione; Parte IV: Don Bosco e la cultura popolare; Parte V:
Comunicazioni libere; Parte VI: Conclusioni. L'edizione francese è quadripartita:
I. Don Bosco dans l'historiographie; II. Don Bosco dans la société de son temps;
III. Don Bosco et l'éducation; IV. Conclusions.
Complessivamente sono stati toccati, come si vede, nuclei qualificanti della
vita e dell'opera di don Bosco, ma non tutti: per esempio è assente l'esplicita con-
siderazione di don Bosco fondatore di Istituti religiosi e di associazioni cattoli-
che, governante e formatore degli educatori.
Nella presentazione e valutazione degli esiti, per maggior chiarezza, si
1 Don Bosco nella storia. Atti del Io Congresso Internazionale di studi su Don Bosco (Uni-
versità Pontificia Salesiana - Roma, 16-20 gennaio 1989), a cura di Mario Midali. Roma, LAS
1990, 572 p.; Don Bosco en la historia. Actas del Primer Congreso Internacional de Estudios sobre
San Juan Bosco (Universidad Pontificia Salesiana - Roma, 16-20 enero 1989). Edición en caste-
llano dirigida por José Manuel Prellezo Garcia. Roma, LAS/Madrid, Editorial CCS 1990, 568
p.; Saint Jean Bosco. Recherches sur la vie et l'oeuvre d'un prêtre éducateur italien du dixneu-
vième siècle. Editées et présentées par Francis Desramaut. Roma, LAS 1990, 190 p.
2 È da notare che su un totale di 37 contributi soltanto 12 sono dovuti a salesiani e 2 a
Figlie di Maria Ausiliatrice.
3 Cfr. F. MOTTO, 1O Congresso Internazionale di studi su San Giovanni Bosco, in «Ricer-
che Storiche Salesiane» 8 (1989) 247-254.

1.2 Page 2

▲back to top


356
P. Braido
seguirà l'ordine delle due edizioni integrali, italiana e francese. Ma sembra oppor-
tuno osservare che dal punto di vista qualitativo l'insieme delle relazioni e delle
comunicazioni si può ricondurre a quattro diversi punti di vista e modalità di
trattazione: metodologico (Stella, Desramaut), analitico-contenutistico (ad esem-
pio: Laboa, Pazzaglia, Chiosso, Bellerate, Prellezo, Schepens...), informativo (ad
esempio: Tuninetti, Molinari, Alberdi, Deleidi, Posada, Pivato, Malgeri), sinteti-
co-interpretativo (Poulat, Bracco, Traniello, Scoppola).
1. Il discorso sul metodo
Le prime due relazioni di Pietro Stella e di Francis Desramaut, i migliori
studiosi di don Bosco, sarebbero state sufficienti da sole a dar vita a un Congresso
e dovrebbero costituire oggetto di attenta meditazione da parte di chiunque inten-
de scrivere e parlare seriamente di lui.4
Il Bilancio delle forme di conoscenza e degli studi su don Bosco di Pietro
Stella, mentre informa sugli orientamenti e sugli esiti della ricerca su don Bosco,
non dà adito a molto ottimismo quanto all'impatto che essa ha avuto e continua ad
avere nei «discorsi» dominanti. Sembra prevalere il tradizionalismo, il conserva-
torismo, la «celebrazione», la considerazione «intrasalesiana», come è apparso
anche nel corso del recente Centenario; in opposizione a un don Bosco molto più
realista e «inserito» nella storia. «Quel che si sarebbe potuto desiderare di più era
forse una maggiore attenzione ai referenti dell'attività e dell'ideologia religiosa di
don Bosco; un'attenzione maggiore cioè alla mentalità e al comportamento sia del
mondo giovanile sia delle collettività più larghe entro le quali penetrarono il mes-
saggio e l'opera di don Bosco».5 Sembra ancora debole il coinvolgimento dei
salesiani agl'interrogativi del mondo scientifico più ampio.6 «Mentre intanto,
ancora nel corso di quest'anno, la conoscenza affettiva continua ad attingere entu-
siasta senz'altro alla legenda aurea delle Memorie [biografiche], ricanta non di
rado (nel cinema apparso di recente, in libri, in conferenze ed esortazioni) le leg-
gende agiografiche impresse nell'animo di tutti; supe-
4 Un apprezzato contributo in questo senso venne anche portato dai presidenti delle varie
sessioni del congresso: Scoppola, Aubert, card. Poupard, Martina, Traniello, Galino, card.
Javierre. Essi introdussero i lavori con interessanti notazioni storiografiche. Rincresce che i
loro interventi non siano stati riportati negli Atti.
5 Don Bosco nella storia, p. 29.
6 Ibid., p. 31.

1.3 Page 3

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
357
ra, come un'imponente ondata spumeggiante, i pochi massi rocciosi che la ricerca
storica è riuscita a collocare qua e là in quest'ultimi trent'anni; manifesta lo stacco
non del tutto superato tra cultura popolare salesiana — che si consuma come in
passato stando sulla breccia tra i giovani — e la ricerca scientifica».7
Le Memorie biografiche sembrano diventate la roccaforte e il simbolo del
conservatorismo salesiano. Questo ponderoso lavoro «prescientifico» di Lemo-
yne, Amadei, Ceria pare a molti la prima e ultima parola attendibile su don Bo-
sco. A una seria valutazione della validità storica di tale opera approda l'impegna-
tivo saggio Come hanno lavorato gli autori delle Memorie biografiche di F. De-
sramaut, uno studioso che al tema ha dedicato la sua opera prima, Les Memorie I
de Giovanni Battista Lemoyne. Étude d'un ouvrage fondamental sur la jeunesse
de saint Jean Bosco (Lyon 1862) e alcuni recenti articoli apparsi in «Ricerche
Storiche Salesiane».8
Precisati l'intenzione biografica immanente all'opera e il predominio del Le-
moyne nell'insieme, il Desramaut analizza la mentalità «prescientifica» che con-
diziona pesantemente il salesiano genovese (e subordinatamente Amadei e Ceria)
nelle tre fasi decisive della ricerca dei documenti, della loro comprensione («so-
stanzialista», «prescientifica», sostiene l'autore), dell’utilizzo della documentazio-
ne. Quanto alla documentazione le Memorie biografiche sono «un'immensa colle-
zione di mosaici di documenti biografici»;9 si crede che la prossimità garantisca
senz'altro l'obiettività, la lucidità, la finezza (basta l'«onestà» soggettiva del testi-
mone), quando non raramente si tratta di «cose che si raccontano» (Bonetti). Inol-
tre, la ricostruzione è «compilazione» e interpretazione secondo «sopradetermina-
zioni» provocate da un'«immagine ideale» di don Bosco preconfezionata (uomo
carismatico, infallibile, perfetto, taumaturgo, potente, «sovrumano»). Essa «nuoce
singolarmente a una corretta riflessione storica sulla vita di don Bosco».10
Ceria porta dei notevoli miglioramenti nella sua rapida confezione delle
Memorie (9 volumi in 9 anni). «Ma i principi di lettura e di interpretazione dei
nostri due agiografi si assomigliano assai. Don Ceria, come don Lemoyne, rite-
neva che ogni testimonianza è un riflesso della vita e, presa tale e quale, permette
di ricostruirla. Non si impose quindi di analiz-
7 Ibid, p. 32.
8 Cfr. Le récit de l'audience pontificale du 12 février 1870 dans les Memorie Biografiche de
don Bosco, in «Ricerche Storiche Salesiane» 6 (1987) 81-104; La bilocation de Saint-Rambert
d'Albon a-t-elle été authentique, Ibid. 8 (1989) 201-215; Autour de six logia attribués à don Bosco
dans les Memorie biografiche, Ibid. 10 (1991) 7-60.
9 Don Bosco nella storia., p. 41.
10 Ibid., p. 60.

1.4 Page 4

▲back to top


358
P. Braido
zarne il cammino nel mondo, nello spirito e, all'occasione, nella penna del testi-
mone».11
Desramaut convince meno quando nei rilievi conclusivi sembra quasi ipotiz-
zare una duplice lettura delle Memorie biografiche: «edificante», sempre valida;
scientifica, insufficiente ai fini di un dignitoso lavoro storico. Sembra più corretto
pensare che anche la lettura «spirituale» debba essere fatta con spirito critico, che
aiuti a distinguere, proprio ai fini deH'«edificazione», la verità su don Bosco da
sovrastrutture arbitrarie e deformanti.12
Utili informazioni su L'epistolario come fonte dì conoscenza e di studi su
don Bosco. Progetto di un'edizione critica e La situazione e l'utilizzazione del-
l'Archivio Salesiano Centrale di Roma, forniscono rispettivamente Francesco
Motto e Raffaello Farina.13
2. Don Bosco nella Chiesa e nella società
Nella seconda sezione prevalgono gli studi di contenuto oltre che elementi
di carattere interpretativo generale. È naturale che a questo livello non si collo-
chino i contributi più originali e innovativi. La scarsezza di fonti criticamente
attendibili e la penuria di significative ricerche previe non consentiva ai collabo-
ratori approfondimenti particolarmente originali. Tuttavia si nota sempre un forte
impegno di andare oltre l'ovvio e il ripetitivo, particolarmente copioso nella lette-
ratura relativa a don Bosco.
Aprono la serie, sotto il titolo Don Bosco e la Chiesa nel mondo del loro
tempo, alcuni originali sondaggi di Emile Poulat sullo scontro-incontro delle
«culture» nel secolo di don Bosco: di fronte alla laica religione dell'umanità, si
dispiega il variegato schieramento dei cattolici liberali, dei cattolici «apocalitti-
ci», del cattolicesimo borghese.14 In questo contesto Poulat colloca la
11 Ibid., p. 61.
12 Una conferma viene dalla conclusione della probante comunicazione di Giuseppe
Bracco: «Per terminare dico che io leggo le Memorie biografiche ormai quasi esclusivamente
come un monumento ad un metodo pedagogico più che un vero documento di storia critica e,
probabilmente, bisognerà continuare questa strada della ricerca dei documenti fuori delle isti-
tuzioni salesiane, i quali sono tanti e consentono di confrontare i comportamenti. Nelle Memo-
rie biografiche abbiamo lo strumento che servì per il coinvolgimento, all'esterno abbiamo
invece i documenti che ci consentono di capire realmente la grandezza delle cose che sono
state fatte» (Ibid., p. 236).
13 Non è superfluo ricordare che dell'edizione critica dell'Epistolario di don Bosco è usci-
to recentemente il primo volume, che abbraccia le lettere scritte da don Bosco a partire dagli
anni '30 al 1863.
14 Ibid., pp. 93-101.

1.5 Page 5

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
359
sconfitta dei salesiani in Francia di fronte alle «leggi laiche»: «per i salesiani,
l'esperienza e l'orizzonte d'un ambiente popolare penetrato di tradizione e di spiri-
to cattolico, agli antipodi degli ideali repubblicani cui si rifaceva una borghesia
illuminata e progressista».15 Don Bosco entra in scena come occulto protagonista
nelle battute conclusive. «Due mentalità d'epoca venivano a scontrarsi, ognuna
convinta del suo buon diritto (...). L'utopia di don Bosco, con il suo ottimismo
conquistatore, tagliava netto sul catastrofismo di cui si nutriva allora tutta un'apo-
calittica cattolica. Si distingueva pure dal modello costruito dal movimento catto-
lico a partire dagli anni '70. Senza dubbio, tutto ciò era dovuto alla scelta perso-
nale che egli dovette interiormente negoziare tra il rigorismo della sua formazio-
ne clericale e il salesianismo della sua vocazione personale. Di qui lo spirito
nuovo che egli immette in seno al mondo cattolico, cui appartiene con ogni sua
fibra».16
Più vasta è l'attenzione rivolta al tema della «presenza» di don Bosco nella
Chiesa, in generale (Laboa) e sotto angolazioni particolari (Tuninetti, Molinari,
Marcocchi, Alberdi, Deleidi, Posada).
Un primo difficile approccio è tentato da Juan Maria Laboa, L'esperienza e
il senso della Chiesa nell'opera di don Bosco. Il relatore tenta con ineguali esiti
storiografici una non facile composizione (ma forse non è il caso di voler trovare
improbabili «armonie») tra «ecclesiologia» espressa e prassi vissuta. La prima è
indubbiamente centrata sulla concezione della Chiesa come società perfetta —
una, santa, cattolica, apostolica —, concentrata rigorosamente nel papa, con una
più che ultramontana interpretazione del primato e dell'infallibilità (in questo don
Bosco non precorre, certamente, il Vaticano II). La prassi segue vie proprie, sen-
za coscienza di contraddittorietà «teologica»: secondo don Bosco, la «gloria di
Dio e la salvezza delle anime», «suprema lex», doveva trovare solidali, papi,
vescovi, preti e laici, senza dover mobilitare particolari «teologie» della collegia-
lità, del laicato e simili, da lui nemmeno sognate. È una tematica da approfondire
criticamente senza preoccupazioni «concordiste»; come pure ci sembra tutta da
ripensare la «mentalità pratica e utilitaria» di cui si parla in base a un discutibile
coagulo di fatti e di testimonianze piuttosto eterogenee: non sembra che don Bo-
sco si preoccupi di «relativizzare» la propria ecclesiologia o di cercare coerenze
«teologiche». Egli è sacerdote cattolico che si sente totalmente inserito nella
Chiesa sia quando opera con vescovi, preti e laici sia quando crede di dover agire
in perfetta armonia con il Papa, consenziente
15 Ibid., pp. 102, 105.
16 Ibid., p. 106.

1.6 Page 6

▲back to top


360
P. Braido
o al limite «bene informato».17
Ne è subito una conferma la rapida sintesi su Il conflitto fra don Bosco e
l'arcivescovo di Torino Lorenzo Gastaldi (1871-1883) di Giuseppe Tuninetti.18
Emergono con evidenza due differenti modi di «pensare» e di «vivere» la Chiesa,
oltre che antitesi e analogie di temperamenti, e ancora coscienza acuta dei rispet-
tivi «carismi» e responsabilità: qualche approfondimento sembra possibile soprat-
tutto in quest'ultima direzione.
Franco Molinari aveva anticipato i contenuti della sua comunicazione su
Chiesa e mondo nella «Storia ecclesiastica» di don Bosco, in un più articolato
saggio su La «Storia ecclesiastica» di don Bosco, pubblicato nel volume Don
Bosco nella Chiesa a servizio dell'umanità}9 Don Bosco è il narratore di una sto-
ria che è netta contrapposizione al «mondo», espressa soprattutto nella santità, la
quale è, però, essenzialmente carità, operosa, benefica pure sul piano sociale;
quindi, significativa anche per il «mondo». Il suo modo di «narrare» la Chiesa
rispecchia fin dal 1845 una «mentalità» che diventa il programma di vita suo e
delle sue istituzioni, rendendolo accetto ad ogni categoria di persone credenti o
meno.
Massimo Marcocchi, Alle radici della spiritualità di don Bosco, traccia ra-
pide linee sulla temperie spirituale in cui visse e operò don Bosco e le ascendenze
«spirituali» implicite ed esplicite: le «Amicizie», il Convitto ecclesiastico, la dot-
trina alfonsiana, l'aspetto della dolcezza nella spiritualità di s. Francesco di Sales,
la tradizione di s. Filippo Neri e di s. Vincenzo de' Paoli. Don Bosco finirebbe poi
con il maturare una propria mentalità alla scuola del Cafasso e nel vivo dell'apo-
stolato giovanile.20 Secondo Marcocchi egli non avrebbe elaborato riflessamente
una sua spiritualità originale, ma avrebbe finalizzato «con grande libertà e abilità
alla sua azione educativa» elementi ricavati da «fonti ignaziane, salesiane, alfon-
siane, filippine». «Il nuovo» starebbe «nel fatto che essa si tradusse in un aposto-
lato inventivo, alacre, audace, volitivo, nel dono di sé agli altri» e in questo senso
si potrebbe considerare «maestro di vita spirituale». È un punto di vista costruito
prevalentemente su fonti di seconda mano, che ignora apporti degni di considera-
zione di Pera, Desramaut, Aubry, Brocardo e altri.
17 Cfr. ibid., pp. 119-124. Su «Don Bosco e Pio IX» varie cose sono state scritte: ma molto
ancora resta da fare per esplorare realisticamente le zone che precedono la «celebrazione» e la
«valutazione».
18 Essa rispecchia quanto il relatore aveva proposto nell'ampio cap. XII. // conflitto con
don Bosco del secondo volume della sua pregevole monografia su Lorenzo Gastaldi 1815-1883
(Casale Monferrato, Edizioni Piemme 1988, pp. 259-290).
19 Roma, LAS 1987, pp. 203-237.
20 Ibid., pp. 158-175.

1.7 Page 7

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
361
Ristretto alla città di Barcellona e soprattutto all'«Associazione di Cattolici»
è il contributo di Ramón Alberdi su Don Bosco e le associazioni cattoliche in
Spagna. Si intuisce la possibilità di interessanti approfondimenti degli atteggia-
menti di don Bosco e dei primi salesiani nei confronti delle trasformazioni sociali
e religiose del tempo. Non è eludibile il problema se le convergenze con determi-
nati movimenti cattolici significassero condivisione di idee e di metodi o solidale
difesa contro identici pericoli oppure contingente comunanza di itinerari recipro-
camente proficui. Non è solo «curiosità» ma esigenza di chiarimento su «mentali-
tà» e scelte religiose e sociali; tanto più legittima se a proposito àúY Associazione
di Cattolici» si parla di «conservatorismo catalano», di «conservatorismo politi-
co-religioso», di un gruppo costituito da borghesia intellettuale e borghesia fi-
nanziaria, ispirato al triplice programma: «professione della fede cattolica, prati-
ca della religione cattolica, adesione totale al Capo visibile della Chiesa».21
Particolarmente pionieristici sono i due contributi Don Bosco e Maria Do-
menica Mazzarello: rapporto storico-spirituale e L'Istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice in rapporto a don Bosco, rispettivamente di Anita Deleidi e Maria
Esther Posada. Anche a questo livello si notano limiti e lacune della più tradizio-
nale storiografia salesiana tesa all'esaltazione dell'«eroe», dovunque protagonista,
e di Maria Mazzarello a lui soltanto obbediente. Con molta finezza esegetica e
interpretativa le due Figlie di Maria Ausiliatrice ritessono incontri e relazioni che
precisano momenti e interventi interattivi, «circolari», dei tre principali attori
nella costruzione dell'Istituto e della sua specifica spiritualità: don Pestarino (l'i-
niziatore lontano e il mediatore), Maria Domenica Mazzarello (la Confondatrice),
don Bosco (il Fondatore). «La spiritualità cristocentrica, mariana, apostolica,
fondata su una salda ascesi verginale propria del gruppo delle Figlie dell'Immaco-
lata, guidata da don Pestarino alla scuola del teologo Frassinetti, trova convergen-
za nelle proposte di don Bosco. A questa salda base si aggiunge poi la vigile at-
tenzione nel conoscere lo spirito di don Bosco, per attuarlo in fedeltà alle sue
intenzioni e agli esempi della sua santità».22 «In questo ritorno riflesso sulla storia
e sulla spiritualità dell'Istituto apparve con lineamenti più definiti la figura di
santa Maria Domenica Mazzarello. Don Bosco, fondatore dell'Istituto in modo
inequivocabile, non è l'unico ed il solo fondatore. La collaborazione efficace ed
essenziale della Mazzarello spinse la Chiesa a conferirle il titolo di Confondatrice
in senso vero e proprio».23
21 Cfr. ibid., pp. 184-185, 187, 195.
22 Ibid., p. 215.
23 Ibid., p. 229.

1.8 Page 8

▲back to top


362
P. Braido
Breve ma densa di valide intuizioni è la comunicazione di un conoscitore
eccezionale della situazione economica e sociale torinese dell'Ottocento,
Giuseppe Bracco, che tocca il tema Don Bosco e la società civile.24 Cadono i miti
del primo don Bosco solo e perseguitato nella sua città. La verità storicamente
accertata da antichi e nuovi documenti è che don Bosco non fu mai solo nelle sue
intraprese, seppe coinvolgere una vasta e svariata cerchia di concittadini per
renderli solidali, secondo una vera «pedagogia» sociale, che confluisce poi nella
costruzione delle sue comunità educative e operative, che si prolungano «nella
grande Famiglia salesiana di oggi».25
In una linea analoga si colloca la comunicazione di Silvio Tramontin su Don
Bosco e il mondo del lavoro. Di fronte a svalutazioni paramarxistiche delle
iniziative «artigianali» di don Bosco e arbitrarie sopravvalutazioni, che
accreditano a don Bosco quasi una teologia del lavoro e delle realtà terrestri o
addirittura un umanesimo personalistico ante litteram, il relatore dà una
valutazione sapiente e pragmatica della posizione dell'educatore piemontese. Egli
fa del lavoro, manuale o intellettuale, un mezzo di vita dignitosa e una forma di
meritoria esistenza umana e cristiana; e ad esso prepara attraverso un progressivo
miglioramento dell'organizzazione artigianale fino alle soglie della scuola
professionale. Al lavoro sono armonicamente affiancati il riposo e il respiro
religioso della preghiera, secondo il classico trinomio «allegria, studio-lavoro,
pietà».
3. La centralità storica e storiografica dell'educazione
Probabilmente il tema educativo — e in particolare il discorso sul «sistema
preventivo» — risulta tra i più elaborati e avanzati della ricerca e della riflessione
storica su don Bosco. Il Congresso ha potuto percepirne gli echi attraverso buone
sintesi (specialmente con la relazione Pazzaglia) e contributi originali (relazioni
Prellezo, Chiosso, Schepens), che costituiscono un vero «progresso» nella ricerca
attuale.
Va sottolineato lo studio meditato e articolato di Luciano Pazzaglia La
24 II prof. Giuseppe Bracco è il curatore del notevole contributo in tre volumi che
l'Amministrazione Civica di Torino ha voluto offrire in occasione del centenario della morte di
don Bosco: ARCHIVIO STORICO DELLA CITTÀ DI TORINO, Torino e Don Bosco, a cura di
Giuseppe Bracco, 3 vol. Torino 1989. Per il primo volume, oltre le pagine introduttive Una
città alla riscoperta di un suo cittadino (pp. 9-11), il prof. Bracco ha redatto un documentato
saggio su Don Bosco e le istituzioni (pp. 121-159), che costituisce la base delle considerazioni
comunicate ai congressisti.
25 Ibid., p. 235.

1.9 Page 9

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
363
scelta dei giovani e la proposta educativa di don Bosco. Esso segue l'arco evolu-
tivo dell'esperienza «preventiva» di don Bosco in stretta aderenza al mondo so-
cio-economico e religioso nel quale si sviluppa nella duplice versione: oratoriana
e collegiale. Viene giustamente rilevato il passaggio da un certo protezionismo
pessimista della prima fase al realistico ottimismo «teologico» della seconda; e,
in uno stadio più avanzato, da questa — con una società rassicurante — ai decen-
ni dopo il '60 quando la società diventa «pericolosa» e inaffidabile e la preven-
zione assume tratti più intensi sia protettivi che costruttivi. In clima di accresciute
tensioni politiche e di più accesa propaganda anticlericale e, più tardi, di aggra-
vamento della situazione sociale e della condizione giovanile, il «sistema» assu-
me fisionomia più precisa, teso alla preparazione di giovani costruttori di una
nuova società. «Don Bosco aveva l'impressione che le società dei vari paesi euro-
pei stessero, sia pure per motivi e itinerari differenti, rapidamente allontanandosi
dalla religione quale momento unificatore della vita personale e collettiva e pen-
sava che i ragazzi, soprattutto quelli dei grandi agglomerati urbani dove i tradi-
zionali controlli sociali si sfaldavano con maggiore facilità che non nella realtà
rurale, fossero tutti, ancorché in maniera diversa, egualmente esposti al rischio di
crescere al di fuori non solo delle verità cristiane, ma anche di ogni sano criterio
morale. A questo punto, per il sacerdote piemontese il problema educativo venne
sempre più a saldarsi con quello della rigenerazione della società e, nel caso delle
missioni, della civilizzazione dei popoli».26
Guy Avanzini La pedagogia di san Giovanni Bosco nel suo secolo tenta di
individuare i motivi dell'assenza di don Bosco educatore e pedagogista dalla cul-
tura accademica e storica francese. Li ritrova nella specificità della sua scelta, che
non è politica, ma chiaramente «educativa» in senso rigorosamente spirituale e
morale-civile. Egli trova, però, che «il metodo che fino a ieri ha provocato il suo
occultamento potrebbe ben diventare oggi la ragione della sua modernità»:27 per
la preferenza di una ricerca-azione non obiettivistica, per la flessibilità e adattabi-
lità del modello, per la proposta di un'educazione alternativa alla scuola, soprat-
tutto per il «metodo-sistema» preventivo.28
Notevole è, pure, il contributo di Giorgio Chiosso su Don Bosco e l'oratorio
(1841-1855), compiutamente definito da don Bosco in rapida evolu-
26 Ibid., p. 285.
27 Ibid., p. 295.
28 L'autore aveva già sviluppato tali idee in uno studio La pédagogie de saint Jean Bosco,
inserito in un volume da lui introdotto: Education et pédagogie chez don Bosco. Colloque interu-
niversitaire, Lyon, 4-7 avril 1988. Paris, Editions Fleurus 1989, pp. 55-93.

1.10 Page 10

▲back to top


364
P. Braido
zione organizzativa e educativa dal 1841 al 1855.29 L'intuizione di base sorge a
Torino in un contesto religioso e di forte sensibilità sociale per il problema dell'e-
ducazione popolare. «Gli oratori di don Cocchi e di don Bosco si svilupparono
proprio all'incrocio tra esigenze pastorali (la conversione del popolo animata
all'interno del popolo stesso attraverso una nuova figura di prete) e istanze educa-
tivo-popolari (aiutare la gioventù sola, abbandonata e senza guida, e dunque po-
tenzialmente pericolante e pericolosa, a migliorare per sé e per la società)».30 Don
Bosco vi aggiunge «due altre importanti intuizioni». «La prima riguarda la strut-
tura flessibile con cui egli pensa all'oratorio, né parrocchiale (come in fondo era
ancora l'esperienza di don Cocchi) né interparrocchiale ma opera di mediazione
tra Chiesa, società urbana e fasce popolari giovanili. La seconda si riferisce all'in-
treccio dinamico tra formazione religiosa e sviluppo umano, tra catechismo ed
educazione».31 In esso si struttura la modalità fondamentale del «sistema preven-
tivo», «un metodo educativo ed organizzativo non solo capace di comporre in
giusto equilibrio partecipazione e disciplina, spontaneità ed ordine, ma soprattutto
in grado di attivare tutte le energie e le iniziative utili a suscitare l'interesse gio-
vanile ed a rispondere a bisogni oggettivi dei ceti popolari a cui in larghissima
misura i giovani oratoriani appartenevano».32
Una buona esposizione su Don Bosco e la scuola umanistica fu svolta sulla
base dei dati esistenti da Bruno Bellerate, che ha privilegiato l'aspetto storico-
pedagogico piuttosto che quello strettamente educativo. Di tale esperienza, lar-
gamente realizzata ma non particolarmente elaborata da don Bosco, l'autore stu-
dia il contesto italiano, le motivazioni, gli sviluppi, le ispirazioni religiose e edu-
cative preventive, taluni problemi specifici: il carattere cristiano, la posizione
degli insegnanti dal punto di vista dei titoli legali, i destinatari, i testi, gli orien-
tamenti didattici.33
Preciso e originale contributo, condotto su fonti di prima mano, è quello di
José Manuel Prellezo su Don Bosco e le scuole professionali (1870-1887). Vi si
evidenzia attraverso puntigliose ricerche di archivio il travaglio
29 Lo studio era stato preparato da due precedenti saggi: G. CHIOSSO, L'oratorio di Don
Bosco e il rinnovamento educativo nel Piemonte carloalbertino, in Don Bosco nella Chiesa a
servizio dell'umanità. Roma, LAS 1987, pp. 83-116; ID., Popolarità e modernità nella esperienza
pedagogica di don Bosco. Il sistema preventivo nella società italiana dell'800, in «Orientamenti
Pedagogici» 36 (1989) 77-99.
30 Ibid., p. 301.
31 Ibid., p. 302.
32 Ibid., p. 304.
33 Ibid., pp. 315-329.

2 Pages 11-20

▲back to top


2.1 Page 11

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
365
di don Bosco e dei suoi collaboratori per giungere a dare concretezza, aderenza
alle trasformazioni sociali e funzionalità alle prime volonterose intraprese artigia-
ne degli anni 1853-1869. Gli stessi termini successivamente utilizzati nel corso
del sudato itinerario consentono «di parlare di una ipotesi di 'periodizzazione' che
si potrebbe schematizzare nel graduale passaggio da un ravvivato interesse verso
gli 'artigiani' (1870-1879), ad una più consapevole esigenza di organizzazione e
di maggiore autonomia della 'sezione artigiana' (1879-1882), ad esplicite propo-
ste di stabilire 'case di artigiani' (1883-1886)»,34 con la netta separazione dagli
studenti e l'evoluzione verso la successiva «scuola professionale».
Cesare Scurati propone dati e riflessioni relativi a Integrazione scuola-
extrascuola nella prospettiva di don Bosco.35 Una maggior precisione nel definire
le due aree avrebbe permesso un discorso più coerente e una lettura più equa dei
vari contributi degli studiosi. L'attività pastorale-educativa di don Bosco, infatti,
parte dall'oratorio, in sé struttura estranea al sistema scolastico, che tuttavia pre-
vede scuole domenicali, serali, diurne, oltre l'istruzione catechistica. Seguono poi
in istituti appositi scuole di latinità, classiche, tecniche e, in altra direzione, forme
di apprendistato e di istruzione professionale. Inoltre, è presente dappertutto,
come osserva Scurati stesso, la «ragione» («pratica» prima che «teorica»), la
quale pervade l'intero sistema preventivo sia nella scuola che nell'extrascuola.
Quanto all'extrascuola, infine, tanti altri fattori dovrebbero essere tenuti presenti,
in positivo e in negativo, oltre il tempo libero: famiglia, chiesa, inserimento nel-
l'ambiente, società.
Una riflessione specialistica su Don Bosco e l'educazione ai sacramenti del-
la penitenza e dell'eucaristia si trova nel ricco compatto contributo di Jacques
Schepens. Egli segue la duplice via degli scritti e della prassi, illustrando gli
aspetti più rilevanti della presenza dei due sacramenti nella coscienza di don Bo-
sco sacerdote e educatore: teologico-catechistico, apologetico, devozionale, edu-
cativo. Interessanti e suscettibili di ulteriori approfondimenti specificamente teo-
logico-dottrinali risultano le osservazioni conclusive sui sacramenti della peniten-
za e dell'eucaristia intesi quali «mezzi» di crescita spirituale o come «i due soste-
gni più forti» nel cammino verso il Cielo.36
Una ordinata e perspicua sistemazione dei dati forniti dagli studi più accre-
ditati su Don Bosco e la formazione delle vocazioni ecclesiastiche e reli-
34
Ibid., p. 346.
35
Ibid., pp. 355-370.
36
Ibid., pp. 388-392.

2.2 Page 12

▲back to top


366
P. Braido
giose è offerta da Fausto Jiménez.37 Per ora non sembra si possa andare oltre
alcuni dati sicuri (idee sulla vocazione ecclesiastica e religiosa, alcuni dati stati-
stici, talune esperienze) e tanti luoghi comuni (tra cui le informazioni di don Bo-
sco sul numero dei preti passati alle diocesi e agli istituti religiosi). È ricerca da
impostare quasi ab imis fundamentis e, in parte, da collegare con lo studio appro-
fondito di don Bosco fondatore e formatore e dell'andamento effettivo dei pro-
cessi e degli «istituti» formativi per gli ecclesiastici.
4. Don Bosco e la cultura popolare
Com'è noto, in parallelo e in connessione con l'apostolato giovanile, e in
funzione di esso, don Bosco ha sviluppato una vivace azione culturale tra il popo-
lo con la parola, la predicazione, la catechesi, gli scritti, le iniziative editoriali, il
teatro, le attività in favore degli emigranti, le missioni. È un aspetto meno consi-
derato rispetto ad altri, anche se non del tutto trascurato dagli studiosi. Il centena-
rio ha favorito l'intensificazione della ricerca in questa direzione; anzi, alcuni dei
relatori al congresso vi si erano già precedentemente impegnati in altra sede.38
Punto di riferimento importante è la fondamentale relazione di Francesco
Traniello su Don Bosco nella storia della cultura popolare in Italia, intesa come
«cultura per il popolo, di cui il popolo è il principale destinatario».39 «Il rilievo
non episodico dell'opera di don Bosco nel campo della cultura popolare — so-
stiene il relatore — riguarda sia i contenuti e le finalità educative cui quell'opera
si è prevalentemente ispirata, sia la scelta dei metodi, degli strumenti e soprattutto
delle strutture alle quali essa ha fatto ricorso».40 1) Quanto ai contenuti e ai fini
l'opera di don Bosco in direzione della cultura popolare, proclamando la propria
estraneità alla dimensione politica, consentiva un lealismo di fondo al sistema
politico vigente, superava le posizioni dell'intransigentismo cattolico, proponeva
un sistema etico distinto dalle morali d'impronta liberale e socialista, pur conver-
gendovi, esplicitamente o implicitamente, per alcuni aspetti: soprattutto, «l'emer-
gere di quel-
37 Ibid., pp. 392-407.
38 Cfr. Don Bosco nella storia della cultura popolare, a cura di Francesco Traniello. To-
rino, SEI 1987.
39 Ibid., p. 412.
40 Ibid., p. 416.

2.3 Page 13

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
367
la che è stata definita l'etica del lavoro produttivo e l'insistenza su un modello di santi-
tà alla portata di tutti e intrinsecamente connessa al rispetto dei doveri inerenti al
proprio stato e alla propria vocazione sociale».41 In sede di valutazione, è sottolineata
«la componente conservatrice sul piano sociale dell'appello donboschiano alla rassegna-
zione e alla accettazione del proprio stato»; «ma non si possono neppure trascurare le
implicite potenzialità dinamiche di quel modello di autopromozione volontaristica alla
santità per quanto conteneva di appello alla responsabilità personale e alla dignità quasi
sacrale del proprio operare nel mondo, specialmente sul piano dell'attività lavorativa
(...). L'involucro conservatore dell'etica donboschiana conteneva gli impulsi di un'a-
scesi intramondana destinata a proiettarsi sul piano storico e sociale».42 2) In secondo
luogo viene sottolineata «la circolarità tra strumenti di diffusione della cultura popolare e
assetti istituzionali del 'mondo salesiano' (...). Non solo la stampa quale veicolo di cultu-
ra popolare fu pensata come parte di una strumentazione pedagogica dai molteplici
registri, ma soprattutto per il suo inserimento in un referente istituzionale che le forniva
gli obiettivi e i principali canali di diffusione e che, in termini concreti, era la comunità o il
mondo salesiano».43 «Via via più stretto fu dunque il collegamento del sistema istituzio-
nale e associativo salesiano con la produzione editoriale e la sua diffusione». Si aprono
spazi a più ampie ipotesi storiografiche: l'ampiezza dell'irradiazione del «sistema sale-
siano», oltre il mondo giovanile, «nel plasmare o riplasmare settori consistenti, sebbene
difficilmente quantificabili, dei modi di pensare e dei modelli di comportamento del po-
polo cristiano»; l'essenziale interazione di educazione scolastica e formazione perma-
nente; l'incidenza delle attività di cultura popolare sulle trasformazioni delle menta-
lità.
Riassuntiva degli esiti raggiunti dalla bibliografia esistente è la comunicazione di Stefano
Pivato su Don Bosco e il teatro popolare, a finalità sostanzialmente educative, morali e religiose,
e ricreative.44 Il relatore vi scorge un aspetto della modernità di don Bosco. Essa «non va colta
attraverso punti di riferimento ideologici e dottrinali, ma, semmai, su un piano più pragmatisti-
co e concreto»; essa consisterebbe, in particolare, «nella sua contemporaneità per ciò che attie-
ne gli strumenti della comunicazione», cioè
41 Ibid., p. 418.
42 Ibid., p. 419.
43 Ibid., p. 420.
44 L'autore si era occupato più ampiamente del tema in prospettiva più ampia nel saggio
Don Bosco e la «cultura popolare» pubblicato nel volume, già citato, Don Bosco nella storia
della cultura popolare, pp. 253-287.

2.4 Page 14

▲back to top


368
P. Braido
«aver saputo propagare un linguaggio tradizionale, quello della pastorale
cattolica, attraverso un nuovo strumento, il teatrino»; e nell'essere considerato
questo strumento «non solo come mezzo di comunicazione ma anche come
strumento di socializzazione».45 In conclusione: «passatismo ideologico e
modernità pragmatistica».46
Analogo è l'intervento di Francesco Malgeri su Don Bosco e la stampa:
un'attività che nasce soprattutto dall'«esigenza, che il mondo cattolico di quegli
anni, dal primo Ottocento in poi, aveva sempre più chiaramente manifestato, di
dare impulso, sviluppo e diffusione alla 'buona stampa', come allora si diceva».47
Essa è, insieme, lontana dal diretto impegno politico e dal metodo aggressivo
dell'intransigentismo cattolico e vicina ad esso, in quanto preoccupata di «tener
raccolto attorno alla Chiesa, alla parrocchia quel mondo cattolico, soprattutto
rurale, che appare emarginato rispetto ai problemi dell'unificazione nazionale».48
È «una ipotesi ancora da studiare e da verificare — conclude il relatore —. Si
tratta, in altre parole, di rileggere anche le vicende del movimento cattolico,
tenendo presente questa eccezionale presenza salesiana nella storia dell'Italia
cattolica del XIX secolo. Gli studi sul movimento cattolico, gli studi sulla storia
sociale e religiosa del nostro paese, gli studi sulla stampa cattolica nell'Ottocento
— ed io stesso ne faccio ammenda — hanno finora trascurato la ricca e
stimolante presenza di don Bosco e delle sue iniziative, che segnano
profondamente non solo la storia religiosa, ma anche la storia della nostra società
civile, la storia del nostro paese».49
Gustose e non del tutto gratuite appaiono le brillanti intuizioni di Giulio
Sforza su Don Bosco e la musica.50 Volesse il Cielo che la musica fosse il
permanente canto della vita, la traduzione pratica del servite Domino in laetitia.
«Don Bosco dice (...) che la musica è l'anima dell'oratorio, e l'oratorio è la totalità
dell'educazione, e dunque la musica è, se permettete, Ventelecheia e prote del
soma educativo, la forma prima, il principio primo vitale».51
Segue la relazione sull'Originalità delle missioni patagoniche di don Bosco
di Jesús Borrego, che ne aveva anticipato i contenuti in cospicui studi
45 Ibid., p. 435.
46 Ibid., p. 437.
47 Ibid., p. 441.
48 Ibid., p. 446.
49 Ibid., pp. 446-447.
50 Ibid, pp. 449-452.
51 Ibid, p. 450.

2.5 Page 15

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
369
precedenti.52 Le missioni cronologicamente costituiscono l'ultima tappa del pro-
getto «oratoriano» di don Bosco, conferendogli la inconfondibile caratterizzazio-
ne giovanile e educativa («noi andiamo per i fanciulli poveri ed abbandonati»),53
operando la sintesi di «evangelizzazione e civilizzazione», «bene dell'umanità e
della religione», «religione e vera civilizzazione».54 In prospettiva attuale, natu-
ralmente si possono rilevare gravi lacune: «manca una visione dei più gravi pro-
blemi attinenti il rapporto tra evangelizzazione, inculturazione e acculturazione»;
«è anche chiaro che una mentalità diversa e le vicissitudini legate alla contempo-
ranea conquista militare di alcune regioni obbligarono i salesiani, “per amore o
per forza” — ancora vivente don Bosco — a subire situazioni oggi inaccettabili»;
«è certo infine che si parlerà di salvare le anime o le persone più che i popoli con
la loro storia, la loro cultura, il loro diritto a uno spazio vitale».55
Conviene accennare a questo punto, per l'analogia dell'argomento, al saggio
su Don Bosco e l'assistenza agli emigranti di Gianfranco Rosoli, collocato più
avanti tra le comunicazioni libere.56 Tale impegno rappresentava per don Bosco e
i salesiani un primo momento della strategia missionaria: creare una base per la
successiva «colonizzazione» degli indios; ma, anzitutto, dare una risposta a ur-
genti esigenze di assistenza spirituale all'emigrazione italiana, «la più bisognosa,
abbandonata e difficile (dominata da anticlericali e massoni), ma anche la più
culturalmente vicina».57 Di tale azione vengono sottolineate tre caratteristiche:
«per quanto riguarda i metodi pastorali adottati a favore degli emigrati, i salesiani
svilupparono, unitamente all'usuale pastorale sacramentale, una specifica pastora-
le giovanile e in particolare la promozione della scuola, di base e professionale,
per tutti i ragazzi»; «inoltre sulla base della loro sensibilità sociale, i salesiani
utilizzarono le istituzioni associative e culturali promosse dagli emigrati stessi,
quali le società di mutuo soccorso, cercando di ispirarle secondo i principi cri-
stiani nel campo della tutela dei lavoratori italiani, della mutualità e del coopera-
tivismo»; «don Bosco mostrò attenzione anche al settore dei progetti di colo-
52 Cfr. Primer Proyecto patagónico de don Bosco, in «Ricerche Storiche Salesiane» 5
(1986) 21-72; G. Bosco, La Patagonia e le terre australi del continente americano. Introducción
y texto crítico por Jesús Borrego. Roma, LAS 1988, 191 p.
53 Ibid., p. 459.
54 Ibid., p. 461.
55 Ibid., pp. 467-468.
56 Ibid., pp. 507-516. Una versione più ampia e articolata del tema era stata inserita nel
volume Don Bosco nella storia della cultura popolare, pp. 289-329 {Impegno missionario e assi-
stenza religiosa agli emigranti nella visione e nell'opera di don Bosco e dei Salesiani).
57 Ibid., p. 513.

2.6 Page 16

▲back to top


370
P. Braido
nizzazione agricola, convinto di poter abbinare nelle zone dell'interno
l’evangelizzazione dei 'selvaggi' al sostegno degli emigranti».58
5. Problemi vari nelle comunicazioni libere
L'edizione italiana e l'edizione spagnola riportano in sezione distinta delle
«comunicazioni libere» (rispettivamente quattro e tre), alcune di taglio storico di
notevole interesse e valore.
a) Contributi storici
Significativa è la ricerca di Maria Franca Mellano su Don Bosco e i vescovi
di Mondovì (1842-1897),59 Ghilardi (1842-1873) e Pozzi (1873-1897). Ambedue
intrattengono buone relazioni con don Bosco, più amichevoli il primo, più riser-
vate il secondo; ambedue con schiettezza e rispetto non consentono nella propria
diocesi a fondazioni salesiane che ritengono non armonizzate con i propri piani
pastorali. A Pozzi è, inoltre, diretta una lettera dell'arcivescovo di Torino, Gastal-
di, di grande rilievo per comprendere meglio talune ragioni psicologiche e di
sostanza del conflitto decennale tra lui e don Bosco.60
In parte vissuta nella diocesi di Mondovì è la vicenda di don Luigi Guanella,
salesiano dal 1875 al 1878, ivi direttore di una minuscola comunità. Sui rapporti
tra il beato Guanella e don Bosco riferisce con buona documentazione e perspica-
cia suor Michela Carrozzino, Don Bosco e don Guanella.61 Restano confermate la
sincera simpatia del Guanella per don Bosco, la fervida vocazione salesiana, l'an-
sia verso l'attuazione di una missione di carità di altro tipo, la fedeltà con tratti
originali alla pedagogia e alla spiritualità preventiva, la scelta coraggiosa di vie
proprie assegnate dalla Provvidenza.62
Altri vescovi incontra don Bosco sulla sua strada, non conosciuti personal-
mente, ma a lui legati da sentimenti di ammirazione fattiva: gli arcive-
58 Ibid., pp. 515-516.
59 Ibid., pp. 471-493.
60 Ibid., pp. 487-488.
61 Ibid., pp. 495-506.
62 Al problema Michela Carrozzino ha dedicato un'ampia monografia corredata da copio-
so materiale documentario in gran parte inedito, Don Guanella e don Bosco. Storia di un incon-
tro e di un confronto. Roma, Nuove Frontiere Editrice 1989, 306 p.

2.7 Page 17

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
371
scovi di Siviglia Lluch y Garriga e González y Diaz, e il vescovo ausiliare Spíno-
la y Maestre.63 Essi compaiono in relazione alla prima fondazione salesiana in
Spagna, a Utrera in Andalusia nel 1881, nella pregevole monografia di María Fe
Nuñez Muñoz su El origen de la literatura salesiana en España en vida de san
Juan Bosco.6A In base a una accurata ricognizione la ricerca raggiunge due obiet-
tivi: 1) offre una esauriente conoscenza della presenza di informazioni su don
Bosco e sui salesiani, vivente don Bosco, contenute soprattutto in due periodici
della diocesi, El Boletín Oficial del Arzobispado de Sevilla e La Revista Católica;
2) informa sulla diffusione di letteratura riguardante don Bosco e i salesiani negli
ultimi anni di vita del fondatore.
b) Frammenti di ricerca
Sono da segnalare ancora alcuni contributi minori, meno significativi dal
punto di vista storiografico.
Olga Rossi Cassottana interviene su L'influenza materna sulla pedagogia di
don Bosco.65 Margherita Occhiena risulterebbe in qualche modo precorritrice e
maestra del sistema preventivo. A parte che ogni madre cristiana consapevole
avrebbe fatto altrettanto, c'è da chiedersi quale portata storica possano avere in
proposito le fonti da cui si cita, le Memorie biografiche I e le Memorie dell'Ora-
torio di don Bosco. Quanto don Bosco abbia ricevuto dalla madre e quanto di
«pedagogico» le abbiano attribuito egli stesso e Lemoyne è problema tutto da
studiare.
Fragile appare la breve panoramica sulla storia della pedagogia sotto il pro-
filo dell'antitesi timore-amore, severità-allegria, e la collocazione in essa della
gioia secondo don Bosco, offerta da Buenaventura Delgado, Don Bosco, pedago-
go de la alegría.66
Va menzionata, infine, la fragile meditazione di Andrés Sopeña, Un modelo
humanista de educación cristiana,61 condotta sulla lettera da Roma ai salesiani di
Valdocco del 10 maggio 1884. A parte i noti problemi «critici», sembra contesta-
bile il punto di partenza della sommaria analisi: «Parto dal supuesto de que, en la
Carta, se recoge lo esencial de la concepción educativa de don Bosco».68
63 È autore di un opuscolo su don Bosco, Don Bosco y su obra (Barcelona 1884).
64 Don Bosco en la historia, pp. 475-504.
65 Don Bosco nella storia, pp. 517-526.
66 Don Bosco en la historia, pp. 505-513.
67 Ibid., pp. 515-522.
68 Ibid., p. 515.

2.8 Page 18

▲back to top


372
P. Braido
6. Ancorato all'eterno, attento al presente
L'ultima relazione tenuta dal prof. Pietro Scoppola Don Bosco e la moderni-
tenta — sulla linea di suggestioni venute da vari studiosi anche durante il con-
gresso — una visione sintetica del significato storico di don Bosco, accentrando
l'attenzione sul concetto di «modernità», non inteso in senso puramente fattuale
(«venir dopo») oppure assiologico.
«I motivi che hanno spinto, per don Bosco, a parlare di modernità (...) sono
molti, di vario ordine e ormai noti. Don Bosco è moderno per un metodo educati-
vo che valorizza la libera espressione del giovane, le sue risorse più intime e per-
sonali piuttosto che sottoporlo a modelli precostituiti (...). Don Bosco è moderno
perché utilizza uno strumento antico di formazione giovanile quale l'oratorio,
trasformandolo però in un mezzo efficace di inserimento e di presenza della
Chiesa nella nuova realtà urbana; è moderno per la sua attenzione e vorrei dire
predilezione per la città rispetto ad una cultura cattolica rivolta invece a privile-
giare la campagna; è moderno per aver saputo realizzare un sapiente equilibrio
(...) fra scuola, formazione professionale e lavoro in anni in cui il problema era
del tutto assente dalla legislazione italiana. E ancora: questo prete, nato in un
piccolo borgo contadino, si mostra capace di individuare e percorrere una via
originale dentro la realtà del nascente capitalismo italiano, di creare una spiritua-
lità cristiana, che alimenta atteggiamenti e virtù di iniziativa, di responsabilità e di
solidarietà; di fatto contribuisce in qualche modo a dare un'anima alla nuova eco-
nomia meritando, come si sa, la stima di grandi capitani di industria».69
Non si tratta di assiomi ma di assunti da problematizzare e da ricondurre a
proporzioni realistiche, tenendo presente quanto di «tradizionale», in positivo e in
negativo, resta nella visione e nella prassi (e pragmatismo) di don Bosco.
69 Don Bosco nella storia, pp. 531-532. Analogamente osservava Pietro Stella: «(...) merita-
no a parer mio particolare attenzione pedagogisti e storici della pedagogia, i quali hanno messo
in rilievo più che le formulazioni elementari e non veramente sistematiche del 1877 sul 'sistema
preventivo', le intuizioni che le reggono nel loro divenire e, in rapporto con queste, il ruolo
ch'ebbero l'uso del tempo libero e il gioco nell'esperienza educativa boschiana: sia nell'assem-
blamento spontaneo giovanile degli oratori, sia in quello abbastanza disinibito (anche se non
privo di elementi costrittivi o addirittura repressivi) del collegio salesiano: dove il gioco in
cortile era importante momento di vita nonché salutare valvola di scarico. Ipotesi di questo tipo
colgono nel giusto, nel senso che inducono a collocare veramente la modernità di don Bosco
nel suo impegno entro il mondo giovanile; donde poi la opportunità e necessità di esplorare più
integralmente appunto questo mondo, indagandone le movenze psichiche e sociali di allora»
(Ibid., p. 35).

2.9 Page 19

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
373
Il relatore premette alcune costatazioni di base, seguite da alcune definizioni
positive. 1) Don Bosco, «pur muovendo da una posizione di intransigente fedeltà
papale, e ignorando perciò le distinzioni proprie alla cultura e alla mentalità
cattolico-liberale, specialmente in tema di potere temporale, è di gran lunga in
anticipo sul movimento intransigente per quanto riguarda l'attenzione, la
comprensione e l'uso più aperto — e verrebbe voglia di dire spregiudicato — di
alcuni dati nuovi offerti dalla realtà del suo tempo (...). Ma l'apertura di don
Bosco al moderno (...) non è riconducibile né ad una matrice cattolico-liberale e
neoguelfa né alla linea della progettualità nuova che si delinea a partire dal
pontificato leoniano, nella quale la restaurazione cattolica è affidata alla
partecipazione del popolo cristiano, con gli strumenti perciò della democrazia
(...). Don Bosco rimase temporalista (...). Ma il temporalismo non condusse don
Bosco nelle file del movimento dei cattolici intransigenti, di una opposizione
programmata cioè allo Stato che, pur motivata da ragioni religiose, ebbe
indubbiamente una forte valenza ideologica e politica antiliberale. Don Bosco fu
temporalista ma si tenne lontano dalla politica intransigente; più in generale
escluse la politica dall'orizzonte del suo impegno. Il rifiuto della politica non
esclude, com'è noto, una serie di valori civili: il rispetto proclamato e praticato
per l'autorità costituita e per le leggi dello Stato e un impegno coerente e costante
per la formazione di virtù civili nei suoi allievi e discepoli. La sua opera incide
perciò anche sul piano della politica (...). Non è possibile insomma collocare don
Bosco nelle file del conciliatorismo, ma nemmeno è consentito aggregarlo
all'intransigentismo che si sviluppa vigoroso a partire dalla metà degli anni
settanta. Il suo rapporto con la modernità ci appare estraneo a quel progetto della
riconquista cattolica con gli strumenti offerti dallo Stato liberale e dalla nascente
democrazia che verrà prendendo forma in Italia dopo la fine del pontificato di Pio
IX. La figura e l'opera di don Bosco non si inquadrano in una visione dicotomica
del rapporto fra tradizione e modernità, ma neppure si prestano ad
un'interpretazione dialettica del rapporto fra i due elementi».70 2) È ipotizzabile
piuttosto «un'interazione fra i due elementi». «Sembra che egli sfugga da ogni
parte a qualsiasi tentativo di inserirlo in una delle tante categorie entro le quali il
movimento cattolico e l'opera stessa della Chiesa sono state ripensate e inquadrate
storicamente».71 «Credo che per don Bosco [come per Giovanni XXIII] si debba
risalire alla sua formazione religiosa (...), all'influenza esercitata su di lui dal
Cafasso, all'esempio di un
70 Ibid., pp. 536-537.
71 Ibid., p. 538.

2.10 Page 20

▲back to top


374
P. Braido
piegarsi amorevole della Chiesa, in alcune sue grandi figure, su una condizione
umana debole, sofferente e peccatrice. La formazione religiosa di don Bosco, co-
me quella di Papa Giovanni, rimane estranea alle grandi controversie ideologiche
del tempo (...). Come Roncalli (...) sostituisce al binomio salvezza-timore l'altro
salvezza-gioia; e, come il futuro papa del Concilio Vaticano II, assume a modello
Francesco di Sales, il santo dell'amorevolezza. La sua modernità, se di modernità
vogliamo parlare, non ha dunque radici ideologiche, non è riconducibile ad alcun
progetto culturale o politico; ha radici in una spiritualità fresca e spontanea, che
alimenta un atteggiamento di libertà verso tutti e tutto (...). Dunque la modernità di
don Bosco non si colloca in un rapporto dialettico con la tradizione; ma ha le stes-
se radici interiori del richiamo alla tradizione e con la tradizione convive in un
equilibrio interiorizzato che non è riducibile ad alcuna formula ideologica; ma che
è solo un dato di spiritualità e di vita interiore (...). Questo aiuta anche a compren-
dere la fecondità della sua opera: proprio perché non chiusa in una formula proget-
tuale o in uno schema ideologico, essa ha potuto svilupparsi con la storia della
società contemporanea — e della Chiesa nella società contemporanea — ed è ri-
masta aperta alle nuove sfide della modernità».72
Sembrano risultare complementari nella medesima direzione le osservazioni
anticipate da Pietro Stella a conclusione della sua relazione. In rapporto agli
schemi mentali di don Bosco, espressi negli scritti, si possono rilevare elementi
«collocabili in zone di resistenza conservatrice tradizionale cattolica, ma entro cui
non è da sottovalutare o da perdere di vista la consapevolezza, che don Bosco
dimostra di avere radicatissima, della realtà cristiana percepita nella sua essenza e
nella sua storia (...). Sicché si potrebbe dire un po' paradossalmente (...) che la
modernità di don Bosco è da ricercare nel raccordo tra questo cristianesimo es-
senziale, e quasi solo di livello catechistico che relativizza il resto (e che pur
sempre si esprime in formule non «moderne»), e le scelte organizzative ch'egli
fece entro il mondo giovanile e quello della tecnica».73 «In tanto don Bosco po-
trebbe essere considerato un santo moderno, in quanto è uno dei molti che all'in-
terno delle strutture religiose e politiche ebbe la ventura e l'abilità di organizzare
in proprio un'offerta di opere e di attività confacenti alle movenze psichiche, alle
aspirazioni d'inserimento nella vita, alle utopie che nutrivano i giovani in ambien-
ti che dapprima erano impregnati di religiosità praticante, poi invece
72 Ibid., p. 539.
73 Ibid., p. 34.

3 Pages 21-30

▲back to top


3.1 Page 21

▲back to top


Una svolta negli studi su don Bosco
375
erano sempre più 'moderni', nel senso ch'erano sempre più segnati dalla mobilità
geografica e sociale in strutture politiche non più confessionali».74
7. Prospettive di ricerca
La sessione conclusiva, centrata sulla relazione del prof. Pietro Scoppola,
era stata introdotta da brevi significative parole del cardinale salesiano Antonio
Maria Javierre Ortas. Ai convegnisti e in particolare agli studiosi egli rivolgeva
un messaggio di fiducia, incoraggiando «al servizio incondizionato della verità»,
in concreto del don Bosco «vero»: «vederlo com'è, non come qualcuno vorrebbe
che fosse».75 Ripeteva insieme la regola di ricerca formulata il 18 agosto 1883 da
Leone XIII nella Saepe numero considerantes: «Prima legge della storia è non
osare di dir nulla di falso; e poi di non tacere nulla di vero» (Primam esse histo-
riae legem ne quid falsi dicere audeat; deinde ne quid veri non audeat).
Veniva, infine, indicata una serie di possibili obiettivi di ricerca.76 Natural-
mente, le proposte avanzate suppongono la piena validità delle copiose sugge-
stioni offerte dalle varie relazioni e comunicazioni, in particolare per quanto ri-
guarda la collocazione della figura e dell'azione di don Bosco nel contesto stori-
co, sociale, culturale, ecclesiale. In quest'ottica, del resto, era stato impostato
l'intero congresso; e in questa direzione sospinge ogni pagina degli Atti.
74 Ibid., p. 36.
75 Ibid., p. 529.
76 Ibid., pp. 540-549, ripresentati rielaborati in questa stessa rivista: Prospettive di ricerca
su don Bosco, in «Ricerche Storiche Salesiane» 9 (1990) 253-267.