22_anno12_num1_0191-0195


22_anno12_num1_0191-0195



1 Page 1

▲back to top


RECENSIONI
BORREGO Jesús, Domenico Tomatis, Epistolario (1874-1903). Roma, LAS 1992,
420 p.
Jesús Borrego, dopo aver edito presso la LAS-Roma l'epistolario di don Gio-
vanni Baccino nel 1978 e di don Francesco Bodratto nel 1988, pubblica ora l'epistola-
rio di don Domenico Tomatis membro, come don Baccino, della prima spedizione
missionaria voluta da don Bosco della quale fu anche il cronista ufficiale (cf Ep. 3
1.63; 12 II.4-5).
Si tratta di 106 lettere, di cui 97 custodite nell'Archivio Salesiano Centrale, 7
nell’Archivo Secretaría Arzobispal de Santiago de Chile, 2 nell'Archivo Histórico
Municipal de S. Nicolás de los Arroyos. Di esse 99 sono autografe, 6 sono copie, 1 si
ricava dal Bollettino Salesiano.
Tranne due, dirette al sindaco e giudice di pace di S. Nicolás de los Arroyos,
tutte le altre hanno per destinatari degli ecclesiastici per la quasi totalità salesiani.
L'arco cronologico va dal 24-7-1874 al 10-12-1903, cioè da una lettera scritta dall'O-
ratorio di Torino — la sola del periodo premissionario — a una lettera scritta all'ini-
zio del secondo direttorato a Talea (Cile).
Coprendo un trentennio, è fin troppo facile supporre che ne manchino parec-
chie, pur tenendo in considerazione la riluttanza di don Tomatis a scrivere, come
confida a don Bosco: «È vero che abbiamo molto lavoro, ma non tanto che non
possa scriverle varie volte nell'anno, se lo volessi» (Ep. 46 II.8-10) e a don Rua:
«Non è solo con Lei che mi trovo mancante, ma anche con D. Cagliero, con mio Zio
Gesuita, e più ancora con D. Bosco» (Ep. 31 11.18-19); riluttanza motivata dal sape-
re che «D. Cagliero e D. Fagnano la tenevano al corrente» (Ep. 20 1.11), dall'aver
«sempre creduto di non far bene a rubarle il tempo» (ib. 11.12-13), dalla «considera-
zione della mia povera persona, collocata a tanta distanza dalla posizione, dignità e
meriti di Vostra Reverenza» (ib. 11.16-17), riferibile, però, anche a vergogna (cf Ep.
31 II.7), negligenza (cf Ep. 46 II.7-8, 10), pigrizia (cf Ep. 101 II.3-5).
In effetti dall'epistolario si evince un numero reale di lettere superiore a quello
pubblicato (cf Ep. 2 1.4; 4 1.20; 5 II.4-5; 11 II.4-5; 13 II.3-5; 14 11.14-15; 16 11.31-32;
17 1.49; 36 1.17; 37 1.10; 58 1.7; 84 1.33; 86 1.21; 87 11.12-13; 89 1.3; 103 II.3-4,
II; 104 1.24), oltre ad altre, che don Tomatis si proponeva di scrivere (cf Ep. 17
11.128 -130; 26 1.71; 53 1.10-11; 100 1.54; 104 1.25) o scritte e non pervenute (cf Ep.
20 II.2-7).
Apre la serie una lettera a don Costamagna, col quale don Tomatis aveva colla-
borato a Lanzo nel biennio 1870 e 1871 e che, succedendo al defunto don Bodratto,
gli sarà ispettore dal 1880 al 1894, anno dell'elezione a vescovo. Impedito a raggiun-
gere la sede equatoriana, mons. Costamagna fissò la residenza a Santiago (Cile), nella
casa diretta (1891-1902) dallo stesso don Tomatis.
La lettera suddetta ci introduce già nella personalità di don Tomatis schietto,
estroverso, straripante di allegria, incline a sciorinare conoscenze linguistiche, a
infiorare di citazioni il discorso, a darsi aria di poeta, non estraniato dai fatti politi-
ci,

2 Page 2

▲back to top


192
Recensioni
sensibile alla dimensione religiosa, percettore critico di sfumature comportamentali:
connotati che l'insieme dell'epistolario conferma ed integra, così da poterne acquisire
un'immagine trasparente con le sue virtù e i suoi difetti (cf Ep. 17 11.69-74; 20
11.46-47; 21 11.19-25).
Fra l'altro, col tempo e con un carico di più gravi responsabilità, la sua perso-
nalità trovò modo di affermarsi attraverso non comuni doti di amministrazione e di
governo, fatte valere soprattutto nel rimettere in sesto il fallimentare collegio di S.
Nicolás de los Arroyos (Buenos Aires), nel fondare in Cile e portare a piena efficienza
quello di Talea e di Santiago-Gratitud Nacional, nel sostenere economicamente il
noviziato di Macul, nel fornire di centinaia di messe la casa madre di Torino e gli
altri missionari («dal Chili possiamo provvedere Messe a tutte le case Salesiane» -
Ep. 55 11.107-108), neh'adoperarsi per l'espansione dell'opera salesiana in Cile con
l'apertura di nuove case..., doti ben presenti ai superiori, che lo confermarono con-
tinuatamente e direttore e consigliere ispettoriale (1879-1911).
La struttura del volume ripete grosso modo la struttura collaudata nella produ-
zione precedente: a uno stralcio della lettera mortuaria in funzione di presentazione
fanno seguito l'introduzione, il testo dell'epistolario con note illustrative, le appendici
e gli indici geografico, delle materie, dei nomi di persona, generale.
A proposito dei destinatari dell'epistolario (cf p. 29) va precisato che undici
sono le lettere a don Bosco e sette quelle a don Costamagna; non, rispettivamente,
dieci e sei.
La lettera scritta nel novembre 1879 (cf p. 32) corrisponde in realtà all'Ep. 28
(p. 138), non 29.
Alcune note denunciano una ridondanza non richiesta dalla natura del testo (cf
per es.: pp. 16-17, n. 14; 41, n. 11; 339, n. 27-29); al contrario non è stata completata
a p. 318 la n. 6.
Burzio Serafino (cf Ep. 51 1.80) dal 1883 al 1892 negli elenchi-cataloghi della
Società di S. Francesco di Sales appare costantemente (24 volte su 24) come Buzio
Serafino, che è la grafia seguita da don Tomatis.
L'indice delle materie presenta qualche difficoltà di lettura, sia per rimandi a
vuoto (per es.: «reglas» <p. 399> rimanda a inesistenti «constituciones»; sotto la
voce «casa salesiana» <p. 385 > non si trova «Concepción» <p. 376 > rimandata a
quella voce; «Chuchunco» <p. 377 > rimanda a «casa salesiana» <p. 385 > che a
sua volta rimanda a «Chuchunco» <p. 387 >; «educación a niñez abandonada» <
p. 389 < rimanda ad una problematica «escuela»); sia in quanto discrimina, poiché
alcune voci esauriscono l'argomento solo in parte, rimandando per il resto ad altre
pagine (per es.: la voce «casa-colegio» <p. 385 > dà soddisfazione per «Alassio»,
mentre per «Lanzo» rimanda altrove); sia, infine, per la trascrizione inesatta del
riferimento (per es.: «Magallanes» <p. 378 > rimanda a «Vicariato» anziché a «vi-
cario» <p. 403 >; «San Rafael» <p. 380 > rimanda all'inesistente «misión de» inve-
ce che, eventualmente, a «centros de misión» <p. 395 <; a p. 402 la voce «jefes de
taller» rimanda a «escuela profesional» al posto di «escuelas de artes y oficios» <p.
389>)...
Qualche svista si nota nell'indice onomastico, dove, per es., non compare Bru-
no Carlo (cf Ep. 32 1.68), e la data di nascita di Francisco (S.) di Sales va rettificata
in 1567.
Il volume, disturbato non poco da refusi dell'ultima ora, ha indubbiamente il
pregio di aver messo a disposizione un repertorio epistolare, da cui si staglia con for-

3 Page 3

▲back to top


Recensioni 193
za uno dei protagonisti della fortuna salesiana nell'America Latina, come già lo sti-
mavano i contemporanei della sua terra di missione (cf p. 6). Si compie così un atto
di giustizia verso chi per decenni è stato inspiegabilmente circondato d'oblio. Di ciò
va dato il giusto merito all'Autore.
B. CASALI
SCHIÉLÉ Robert, Cammino di preghiera con Don Bosco. Leumann (Torino), Elle
Di Ci 1992, 144 p. Traduzione di Teresio Bosco.
Riportare Don Bosco ai nostri tempi, proporre la sua spiritualità ai giovani di
oggi con un linguaggio spigliato è il tentativo che R. Schiélé ci offre in questo suo
saggio. Egli asseconda così i sintomi, nel mondo giovanile, di risveglio ai valori spiri-
tuali che attraverso associazioni e movimenti si va sempre più delineando.
Spiritualità indica preghiera, interiorità, riflessione sulle proposte della Fede.
Più questi valori sono perseguiti e più forte è la consistenza formativa e feconda di
questi movimenti. È noto quanto Don Bosco sia vissuto per essi e quanto abbia im-
presso alle sue istituzioni il loro indirizzo. L'ambiente dell'Oratorio era permeato da
un clima soprannaturale intenso, favorito dai doni carismatici di don Bosco. Con la
scomparsa del Fondatore venne progressivamente meno quella particolare forma di
ambiente spirituale, mentre ne veniva coltivata la sostanza. Ma col tempo non era
estraneo il pericolo che si rallentasse anche questa.
Oggi fra i vari movimenti di spiritualità si configura anche quello della Gioven-
tù Salesiana che, come immagine, promuove vaste manifestazioni a livello interna-
zionale. Ma come consistenza esso la avrà in proporzione ai valori spirituali a cui si
ispira.
Il libretto dello Schiélé ne è un buon sussidio. Non è un manuale di preghiere,
ma un «cammino di preghiera», un orientamento della mente e del cuore verso l'in-
contro con Dio.
L'autore propone 15 argomenti fondamentali per questo orientamento: Dio
creatore e padre, Gesù amico e guida, la Chiesa come famiglia, Maria madre dolcis-
sima, la possibile santità, la gioia, il lavoro, l'apostolato, la sofferenza, il perdono divi-
no, l'Eucarestia, il traguardo finale. In essi fa parlare Don Bosco, riproponendo
dai suoi scritti spunti e riflessioni. Le fonti sono varie, ma in prevalenza 77 Giovane
provveduto (1847, poi ristampato e aggiornato per oltre un secolo) e 77 mese dì mag-
gio consacrato a Maria (1858).
Come dice il titolo dell'originale francese (Prier 15 jours avec Don Bosco) il sus-
sidio può essere utilizzato, da giovani o da animatori, per un periodo di quindici
giorni. È un sussidio valido, soprattutto perché mette a punto le linee maestre della
genuina spiritualità salesiana.
S. GIANOTTI
TASSANI Giovanni (a cura di), Un dì lontano. Cinquant'anni di vita salesiana a Forlì
1942-1992. Forlì, Filograf Litografia, 1992, 450 p., 17 tavole fuori testo.
Alla vigilia dei festeggiamenti per il 50° anniversario della presenza salesiana a
Forlì è uscito «questo comunitario esercizio di memoria», scrive il card. Achille Sil-

4 Page 4

▲back to top


194
Recensioni
vestrini, «che ci restituisce il clima delle varie "fasi", o addirittura "epoche", che si
sono succedute in questo cinquantennio, dagli inizi eroici e tormentati, al fiorire
delle opere visibili (tutto insieme, quasi d'incanto), ai momenti di passaggio e crisi
di orientamento, nell'età del consumismo, del post-concilio o della protesta giovani-
le» (pp. 5-6).
Questo libro, «nato dalla volontà degli ex-allievi specie dei primi tempi, e dei
salesiani» (p. 487) e affidato alla cura e al progetto di Antonio Tassani (cf ivi), viene a
redimere le carenze di «Liberi per la fede e per l'amore. Istituto S. Luigi di Forlì (1887-
1987)», uno studio di Franco Zaghini stampato in Bologna dalla Scuola Grafica
Salesiana nel marzo 1988, nel quale, su un totale di 170 pp., soltanto una quindicina
è stata riservata al mezzo secolo dei salesiani.
Il volume, tipograficamente ambizioso, di Tassani si apre con la presentazione
del card. Achille Silvestrini, seguita da un ringraziamento e da un auspicio di don
Gaetano Galbusera, superiore dell'ispettoria salesiana adriatica, e si chiude, dopo
un'appendice e una nota del curatore, con la postfazione di Francesco Traniello,
ordinario di Storia contemporanea all'Università di Torino.
Fra questi estremi si svolge, nelle due parti in cui è distinto il volume, «l'intrec-
ciarsi delle vicende dell'opera salesiana con quelle della città» (p. 7).
Di tali vicende forniscono una panoramica di largo respiro i temi di fondo trat-
tati dallo stesso curatore, e cioè «La fondazione tra guerra e ricostruzione
(19421949)» nella prima parte e «Lo sviluppo delle opere salesiane», dal 1949 in poi,
nella seconda parte.
Alla «bella ricostruzione forlivese» (p. 5) fanno riscontro sia i documenti, le te-
stimonianze, i profili, che hanno coinvolto più di una settantina di firme in grande
maggioranza di estrazione oratoriana, sia il repertorio fotografico, abbondantemen-
te superiore alle cinquecento unità. Una nota di colore danno otto litografie e nove
acquerelli, ulteriore omaggio di oratoriani.
A lettura fatta non si può negare d'aver acquisito una informazione sufficiente-
mente complessiva sul come è nata, è cresciuta, si è articolata — pur tra difficoltà di
varia natura — l'opera salesiana non sorda alle sfide delle mutevoli condizioni cultu-
rali e sociali.
Bisogna però riconoscere che, nel quadro generale, emerge più incisivamente la
fase della fondazione e del periodo bellico tragicamente culminata nel vespro del 10
dicembre 1944 con le macerie di S. Biagio e le loro 19 vittime. Del resto quasi metà
del volume vi si trattiene.
A far la parte del leone, successivamente, è l'oratorio S. Luigi, di cui peraltro
non vengono taciute le alterne vicende che lo segnano, in particolare a cominciare
dagli anni sessanta.
Sulla parrocchia di S. Biagio i diversi interventi testimoniano l'indubbio risve-
glio seguito al nuovo impulso dato dai salesiani; manca tuttavia una trattazione
organica.
Più fortunato — a continuazione di quanto già delineato da Tassani — il di-
scorso sull'istituto Orselli Santucci, grazie soprattutto agli aggiornamenti di Pasqua-
lantonio Santoro sul convitto e sul centro di formazione professionale.
In una valutazione di carattere generale va notato, che una compilazione co-
struita con il concorso individuale di tanti non poteva non correre il rischio delle
ripetizioni — ce ne sono, infatti — e del saliscendi cronologico, richiesto dalle esi-
genze tematiche. Disturbano, poi, non poco, gli inserti nel bel mezzo del testo.

5 Page 5

▲back to top


Recensioni 195
Fra le testimonianze fotografiche, a parte il fatto che di parecchie non si ha la
datazione, alcune riportano didascalie o insufficienti per la individuazione delle per-
sone (cf p. 259), o non al posto giusto (cf p. 431), o errate (p. 428: «Pinza», anziché
«Pinna»).
La vastità del materiale maneggiato comportava una vigilanza critica non indiffe-
rente. Questa talvolta è venuta meno. Citiamo i casi seguenti. Quando don Garbin
scriveva che era stata introdotta la causa di canonizzazione di don Vismara (cf p.
91), era in errore: a tutt'oggi non è stata ancora introdotta. Del medesimo don Gar-
bin si scrive: «Nel 1964 cinquantasettenne tornerà in Romagna, parroco di Sant'Ago-
stino» (p. 241). I fatti sono che andò sì a Faenza, ma confessore nella casa salesiana;
verrà nominato parroco nel 1966, quando S. Agostino passerà dal clero diocesano ai
salesiani. Nell'anno 1959-'60 vengono contati nell'avviamento professionale 113
allievi, laddove le cifre addotte, esclusi gli otto del quarto corso non riuscito, danno
un totale di 125 (cf p. 421).
Quanto al genere «storico», adottato dal curatore nei suoi interventi di fondo,
lo inquina la compiaciuta, persistente predilezione per le citazioni, attinte, a dir il vero,
dalle cronache. A proposito di queste c'è da augurarsi che siano tenute o messe al
sicuro.
L'indole del volume, infine, induce a chiedersi se il prezioso studio di Salvatore
Gioiello su «L'Azione cattolica a Forlì, fra il 1936 e il 1954» (pp. 259-291) non sia
un pezzo forte — tale va ritenuto — fuori posto.
Altre osservazioni potrebbero riguardare, per esempio, sia un generalizzato illo-
gico uso della virgola, come l'ordine non uniforme con cui sono elencati i salesiani
nella cronologia cinquantennale delle pp. 461-465.
Nella postfazione Francesco Traniello si fa voce di chi attende «una storia gene-
rale dei salesiani concepita con criteri scientifici» (p. 489), però ammette anche
«che una storia dei salesiani è in realtà impresa molto ardua» (ivi). Non è difficile
convenire con lui, come anche riconoscere con lui che «questo libro aiuta a dare una
prima risposta» (ivi).
B. CASALI