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CRONACA
2° CONVEGNO-SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STORIA
DELL'OPERA SALESIANA
(1-5 novembre 1995)
Il Convegno si è svolto nella sede dell'Istituto Storico Salesiano, presso la Dire-
zione Generale Opere Don Bosco di via della Pisana 1111 (Roma). Patrocinato
dall’ISS stesso, ha visto l'attiva partecipazione di più di 80 studiosi e appassionati di
storia salesiana (SDB, FMA, VDB, laici) in rappresentanza di oltre trenta paesi e di
quaranta ispettorie dei cinque continenti.
L'obiettivo che si proponeva, suggerito nel corso del 1o Convegno tenutosi nella
medesima sede dal 7 al 9 gennaio 1993 (vedi RSS 23, 1993, p. 431) era modesto:
tracciare la storia di alcuni insediamenti salesiani o di alcune esperienze particolarmente
significative in aree geografiche più ampie, al fine di poter individuare, grazie al
confronto fra i diversi modelli interpretativi adottati dai singoli relatori e altri inter-
venti direttamente metodologici, alcune linee orientatrici per coloro i quali intendes-
sero in futuro operare nell'ambito di analoghe ricerche storiche.
Nel saluto iniziale don Juan Edmundo Vecchi, già Vicario del defunto Rettor
Maggiore ed attuale massimo responsabile della congregazione, ha esordito sottoli-
neando l'importanza della «memoria» per il carisma salesiano, considerate anche le
notevoli distanze fra il presente e i primi tempi della Congregazione. Ha quindi ri-
chiamato la necessità di fare tesoro dei documenti, scientificamente presentati e cor-
rettamente interpretati da quanti, studiosi di professione o cultori attenti di memorie
storiche, dispongono di strumenti metodologici atti al bisogno. Ha concluso espri-
mendo il suo plauso per l'iniziativa cui augurava fecondità e continuità di risultati.
Il direttore dell'ISS, Francesco Motto, ha poi aperto i lavori veri e propri. Pre-
sentato un breve consuntivo della ricerca storica all'interno della Famiglia Salesia-
na, ha richiamato le fasi dell'organizzazione del Convegno-Seminario precisandone
le finalità e le modalità di lavoro. Non ha mancato di inviare un saluto cordiale a
quanti, per vari motivi, erano stati impediti di essere presenti, e di rivolgere un pen-
siero riconoscente al Rettor Maggiore, don Egidio Vigano, che la morte aveva colto
solo pochi mesi prima.
E poi seguita la prima, ampia e fondamentale relazione metodologica del prof.
Paul Wynants dell'università Nôtre Dame de la Paix di Namur (Belgio). Il testo, tra-
dotto in lingua italiana, è pubblicato in questo stesso numero di RSS (pp. 7-54). Ai
presenti in aula è risultato evidente — se ancora ce ne fosse stato bisogno — che lo
scrivere di storia è una cosa seria, che lo storico non si improvvisa, che non basta la
buona volontà, che senza documenti non si fa storia, che una metodologia adeguata,
cosiddetta «scientifica» — pur nella sua frantumazione oggi comunemente accettata
dalla comunità degli storici — è conditio sine qua non perché i risultati della ricerca
possano essere considerati validi e utili anche oltre le mura delle case salesiane. Di
conseguenza è risultato altrettanto evidente che — caso don Bosco a parte — lo

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Cronaca
«stato dei lavori» storiografici sulla congregazione salesiana in quanto tale, sull'Istitu-
to delle Figlie di Maria Ausiliatrice, per non dire dei Cooperatori e degli altri
gruppi della Famiglia Salesiana, salvo lodevolissime eccezioni, è praticamente ai
primi passi: in varie aree geografiche ci si trova all'anno zero. Non si possono infatti
considerare opere di storia vera e propria le decine e decine di fascicoli, album, li-
bretti e libri, anche voluminosi e lussuosi, che continuamente vengono pubblicati in
occasione di anniversari: una cultura piuttosto da fast food, con finalità apologeti-
che, «delizia» sovente dei membri devoti della Famiglia Salesiana ma più spesso
«croce» degli studiosi di professione. Se infatti la retorica celebrativa non serve mol-
to, anzi può essere controproducente sul piano del mondo laico che non vi presta
alcuna attenzione e sul piano del mondo salesiano che si illude che non ci sia altro
da scrivere al riguardo, — è stato detto — la documentazione, la cronaca e le testi-
monianze sono solo il punto di partenza per lo studioso che deve interpretarle se-
condo canoni o modelli ben determinati, in un quadro di riferimento più ampio di
quello semplicemente salesiano. La strada è difficile: ma non v'è avventura intellet-
tuale degna di questo nome che si svolga su di un'autostrada.
Nel dibattito che è seguito, P. Stella, F. Desramaut, E. McDonald, C. Heyn ed
altri, confermando e completando, dal versante delle singole nazioni di provenienza,
le indicazioni date dal Wynants, hanno ulteriormente sottolineato l'importanza della
storiografia congregazionale non solo ad intra per il mantenimento dell'identità
vocazionale e per il superamento del rischio di smarrire il carisma, ma anche ad
extra, per l'impatto che la vita religiosa in tutte le sue dimensioni (culturali, econo-
miche, caritative, spirituali ecc.) ha avuto sulla società civile.
Nella mattinata del 2 novembre si sono succedute le relazioni di Giuseppe Brac-
co (Torino) sulla fondazione dell'Oratorio di Torino-S. Paolo fra le due guerre mon-
diali, di Giorgio Rossi (Roma) sulle scuole professionali dei salesiani a RomaCa-
pitale (1888-1930), di Gioachino Barzaghi sul significato della fondazione e del
primo sviluppo dell'Istituto S. Ambrogio di Milano (1895-1915) e di Yves Le Carre-
ros sulle colonie e gli orfanotrofi agricoli tenuti dai salesiani in Francia dal 1878 al
1914. Diverse le metodologie adottate dai relatori: chi ha privilegiato il quadro so-
cio-economico in cui l'opera si è inserita evidenziando gli usuali due livelli di lettura
storica: quello tradizionale fatto di precisi schemi eroici e educativi (poca storia,
molta cronaca, molta tradizione orale), e quello «nuovo» interessato anche ad altri
moduli di interpretazione; chi ha posto l'accento sulla necessità di una storia compara-
tiva, fatta di confronti con analoghe esperienze non salesiane; chi ha insistito sul-
l'impatto dell'opera salesiana nel territorio circostante e sulla significatività storica,
socio-religiosa, professionale, pedagogico-formativa, economica della medesima;
chi, dopo un inquadramento generale del tema nel contesto di una nazione e della
storia della congregazione salesiana, ha optato per una microstoria di qualche opera
di cui ha reperito sufficiente documentazione.
Gli interventi in aula hanno poi messo in rilievo sia la specificità della storio-
grafia religiosa italiana — molto interessata alla ricerca di una spiritualità come
forza civile che ha operato sul territorio, in rapporto dinamico con le problematiche
affrontate nell'ambito del «Movimento Cattolico» e delle altre forze cattoliche — sia
l'urgenza di far uscire gli istituti religiosi dal loro ghetto mediante l'apertura dei loro
archivi e la collaborazione con centri laici di studi, sia la necessità di una miglior
preparazione metodologica da parte di chi scrive storia salesiana, che sappia distin-
guere fra fonti primarie e secondarie a secondo della natura del soggetto trattato,

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Cronaca
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delle finalità e dei destinatari del proprio lavoro.
La seduta pomeridiana, presieduta da Francesco Casella (Roma-ISS), è stata
dedicata alla presenza salesiana nella penisola iberica. Amador Anjos (Lisbona) ha
offerto un proprio modello di storia di un ventennio di una casa salesiana: quella di
Braga (Portogallo), dalla fondazione del 1894 alla chiusura del 1912. Ramón J.
Alberai (Barcellona) e Maria Fé Nuñez (S. Cruz de Tenerife) hanno invece spaziato
su un'area maggiore: rispettivamente la Catalogna con le varie case salesiane aperte
dal 1884 al 1902 e la Andalusia con le sei fondazioni delle Figlie di Maria Ausilia-
trice dal 1893 al 1912. Diverse le metodologie di lavoro dei due cattedratici, diverse
le esperienze salesiane dei SDB e delle FMA, ma notevoli le analogie. Così ad es. per
i destinatari, i promotori-benefattori, la risonanza sociale, l'appoggio delle forze
sociali cattoliche dell'epoca, l'insufficienza economica, lo spirito di sacrificio dei
salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Per l'espansione salesiana nelle nazioni del centro-nord Europa, cui si è dedica-
ta la seduta di venerdì mattina presieduta da Stanislaw Zimniak (Roma-ISS), hanno
preso la parola Bogdan Kolar (Lubiana) a proposito delle attività salesiane a caratte-
re rieducativo e correzionale fra gli Sloveni negli anni 1901-1945, Freddy Staelens
(Bruxelles) con una relazione sui salesiani e le lotte in Belgio in un'epoca di mutazio-
ne (1891-1919) e Stanislaw Wilk (Lublino) che ha trattato dell'insediamento e delle
prime fasi di sviluppo dell'opera salesiana in Polonia (1897-1919). Condizionamenti
socio-politici ed ecclesiali, sfide di istituzioni laicali già presenti sul territorio, valo-
rizzazione della stampa, importanza di personalità salesiane, capacità (o meno) di
adattamento alle esigenze locali senza tradire lo spirito originario, sono alcuni degli
aspetti continuamente sottolineati, sia pure con modalità ed esiti diversi, dagli inter-
venti dei relatori e da quanti, numerosi, dopo di loro, hanno preso la parola.
A fine mattinata la relazione di Grazia Loparco sugli studi delle Figlie di Maria
Ausiliatrice in Italia nel cinquantennio 1872-1922 ha suscitato grande interesse per
la novità e rilevanza del tema affrontato, per la varietà delle fonti utilizzate e per le
opzioni metodologie elaborate.
Anche nella seconda sessione del Convegno — dedicata allo studio di realtà sale-
siane in paesi extraeuropei e che si è aperta il pomeriggio del 2 novembre, sotto la
presidenza di Maria Ester Posada (Roma) — l'esordio è stato di indole metodologica
con l'intervento di mons. Josef Metzler. Il Prefetto dell'ASV si è soffermato sulla sto-
ria degli archivi vaticani (ASV e Propaganda Fide in particolare), sull'importanza e
sul valore dei documenti in essi conservati, sulle «nuove» dimensioni e forme della
ricerca storica. Ha colto l'occasione per dare altresì utili informazioni per quanti,
specialmente non italiani, fossero nella necessità di condurre ricerche all'interno dei
due suddetti archivi.
Gli archivi vaticani poi, unitamente a quelli diocesani, a quelli civili, oltre, co-
me è ovvio, a quelli salesiani e di altri istituti religiosi, hanno offerto i materiali per
le due relazioni successive: una presentata da Michael Ribotta (Berkeley), relativa
all'inizio dell'attività salesiana in USA (1897) e ai gravi problemi di inculturazione
del modello italiano-piemontese in una società molto diversa come era quella norda-
mericana, e l'altra, di Carlo Socol (Hong Kong), a proposito dei primi venti anni
dell'«orfanato» di Macao (1906-1926).
L'accenno di quest'ultimo alla difficoltà di reperire fonti per il suo studio e alla
scoperta casuale, da lui fatta, del luogo segreto in cui un semplice confratello a Ma-

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cao aveva nascosto mezzo secolo fa molta documentazione archivistica, ha dato occa-
sione a molti convegnisti per sollevare ancora una volta «un grido di dolore»: trop-
pi archivi, biblioteche, musei della Famiglia Salesiana vivono in situazione precarie
e sono a rischio di distruzione e grave depauperamento; tanti incaricati di tali settori
non hanno adeguata preparazione e sono continuamente sostituiti; molte comunità
non documentano in modo conveniente la loro attività e il loro vissuto quotidiano; è
poco diffusa nella Famiglia Salesiana la convinzione che la cultura della memoria è
semplicemente cultura e il dovere di questa memoria collettiva, la necessità della sua
organizzazione e della sua possibilità di fruizione hanno una notevole importanza nel
suo sollecitarci a meglio ripensare i problemi del nostro presente grazie ad una più
matura consapevolezza del nostro passato e a una più chiara misura della mentalità e
delle condizioni di vita di chi ci ha preceduti nella medesima missione, sul medesimo
territorio.
La necessità di trasferirsi alle catacombe di S. Callisto, per la programmata
«speciale» visita alle medesime, ha fatto sì che il dibattito serale venisse abbreviato e
rimandato al giorno successivo, allorché sarebbero state presentate, sotto la presi-
denza di Antonio Ferreira da Silva (Roma-ISS), altre esperienze extraeuropee: quella
pionieristica tra gli emigranti nel quartiere de La Boca all'inizio del XX secolo (San-
tiago Salto-Buenos Aires), quella dell'aurora missionaria salesiana e delle pietre
miliari della plantatio ecclesiae nella Patagonia incorporata del sec. XIX (Valentín
Rebok-Bahia Blanca) e quella dei primordi e iniziali sviluppi dell'Opera salesiana in
Brasile dal 1883 al 1908 (di Rolando Azzi, ma letta da João Duque dos Reis Bar-
bacena).
Molti i problemi affrontati dai tre relatori, ma quasi tutti, in un certo qual mo-
do, riconducibili alle difficoltà dell'insediamento dei salesiani — italiani o formati in
Italia, e comunque diretti dagli stessi superiori quivi residenti — in contesti sociali,
politici, economici, culturali ed ecclesiali diversificati, e che andrebbero pertanto va-
lutati nella loro singolarità, senza fuorvianti generalizzazioni, ferma restando sem-
pre la carica di entusiasmo e di spirito di sacrificio di cui i salesiani e le Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice erano portatori, carica coniugata però sovente con scarsa professio-
nalità educativa e dilettantismo culturale e missionario. Un'autentica sfida quella
che si è affrontata in quelle terre, gravi le difficoltà con cui ci si è misurati, notevoli i
successi, non meno sonore le sconfitte.
Si sono poi succeduti gli interventi di Evaristo Olmos (Guadalajara-Messico)
che ha presentato la particolare situazione in cui si è venuta a trovare la casa di S.
Julia a Città del Messico durante la rivoluzione messicana (1911-1913) e di Laura
Gorlato (Torino) a proposito della fondazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice in
Tunisia (1895). Il primo, sottolineato come la dedizione dei salesiani alla gioventù
bisognosa e la loro estraneità alla politica abbiano preservato l'opera salesiana dal-
l'occupazione dei rivoluzionari messicani, non ha però sottovalutato F importanza
che ebbero la protezione del ministero italiano e la costituzione negli USA della Co-
lumbia Holding Company S.A. (formata da amici e cooperatori) come società pro-
prietaria e amministratrice delle opere salesiane. La seconda FMA ha invece eviden-
ziato le difficoltà di una fondazione in un paese come la Tunisia totalmente musul-
mano, sotto protettorato francese, con forti comunità di immigrati italiani, dove
non era arduo approfittare dell'appoggio della potenza straniera per accrescere il
proprio prestigio e la propria influenza, di cui poi servirsi per rendere meno dolorosa
la situazione degli autoctoni. Stando alle scarsissime fonti rimaste, la difficoltà di

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Cronaca
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gestire un orfanotrofio già esistente indipendentemente dall'ingerenza della fondatri-
ce fu la causa dell'abbandono della prima opera, ma non del paese, nel quale venne
successivamente aperta una nuova scuola con convitto da gestire in piena libertà se-
condo i propri principi educativi.
Dopo la pausa dei lavori del sabato pomeriggio che ha permesso non solo qual-
che visita in città, ma anche alcuni incontri di gruppi per lingue o interessi di ricerca
comuni, i partecipanti si sono trovati la mattina di domenica 5 novembre per le due
ultime relazioni e le conclusioni.
Sotto la direzione di Brenno Casali (Roma-ISS), ha preso la parola per primo
Joseph Thekedathu (Bangalore) che ha prospettato in rapida sintesi la storia dell'ini-
zio e del primo sviluppo dell'attività salesiana in Bombay (1928-1950); è poi seguito
l'intervento di Jacques Schepens (Lovanio) che ha proposto le conclusioni cui era
arrivato Marcel Verhlust (Lubumbashi) nel suo ampio studio sulla fondazione delle
prime scuole salesiane nel Congo belga e sul ruolo dei protagonisti (1909-1926).
Inedite e molto interessanti le vicende dei suddetti insediamenti, per i quali alle u-
suali difficoltà economiche, di personale, di lingua, di inculturazione si sono ag-
giunte quelle di dover convivere allo stesso tempo con le forze coloniali e con autorità
locali, con doppie giurisdizioni ecclesiastiche, con istituti religiosi già presenti sul me-
desimo territorio ma con progetti pedagogici, pastorali e missionari molto diversi dai
propri.
Non è possibile raccogliere qui tutte le sollecitazioni sorte sia dai numerosi in-
terventi in programma, sia dal dibattito in aula, che ha visto prendere la parola tutti
i presenti, per il cui aggiornamento metodologico era appunto stato organizzato il
Convegno e che, stando alla valutazione finale, ha raggiunto lo scopo. Quanti poi
fossero interessati ai contenuti storici presentati potranno sempre beneficiare degli
Atti. In sede di cronaca ci limitiamo a segnalare le tre maggiori esigenze emerse nel
corso del Convegno e approvate in forma di appello-proposta.
1. L'assemblea dei partecipanti ai Convegno, costatata la difficile situazione logi-
stica e di personale in cui si trovano molti archivi, biblioteche, musei, monumenti
salesiani, lamentata la carenza di sensibilità in tali settori culturali che invece ritiene
essenziali per la futura ricerca storica, tenute presenti altresì le nuove tecnologie di
produzione, catalogazione, conservazione dei materiali di ogni genere (scritti, imma-
gini, testimonianze sonore, oggetti...), convinta che la politica del laissez faire alla
fine non paga, ancora una volta chiede agli organi direttivi dei due istituti (SDB
FMA) di farsi carico, in tempi rapidi, di un appropriato aggiornamento «culturale
tecnico-scientifico» dei responsabili di archivi-biblioteche-musei (e dei redattori di
cronache delle case) anche mediante specifici corsi di preparazione, da effettuarsi
nelle singole aree geografiche. Auspica poi la necessaria verifica della messa in opera
delle deliberazioni concordate.1
1 Invero esistono già delle precise disposizioni al riguardo; i «Regolamenti generali» (arti.
62, 159, 178, 190), il manuale dell'Ispettore (pp. 547ss), gli Atti del Consiglio Superiore/ Gene-
rale (n. 120 pp. 274ss, n. 324 pp. 50ss) indicano responsabilità e riportano disposizioni e norme;
recentemente sull'onda del Io Convegno di storia dell'opera salesiana (1993) il Segretario genera-
le ha emanato ulteriori disposizioni per gli archivi (ACG 351, pp. 33ss); ma è evidente che

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Cronaca
2. L'assemblea inoltre prende atto che con questo Convegno si è dato concreto avvio ad
una nuova fase di studi salesiani: dalla storia di don Bosco (ovviamente sempre da approfondi-
re: «la storia è fatta dallo storico», «la storia è sempre contemporanea») alla storia della società
salesiana, che per esigenze proprie fa appello a studiosi locali (SDB FMA Cooperatori, ex
allievi, amici...), capaci però di entrare con competenza nel dibattito storiografico in corso nella
propria area geografica. Gli open spaces aperti alla «storiografia salesiana» dalle coordinate
culturali, sociali, economiche, ecclesiali, «politiche», pedagogiche proprie delle opere salesia-
ne, grazie alla moltiplicazione delle metodologie di approccio alla realtà, alla parallela molti-
plicazione degli oggetti di interesse e delle fonti significative, sono ampi e spesso strategici,
anche se talora già occupati da pubblicazioni usa e getta, frutto acerbo di una «democratizza-
zione della storia» non sempre compatibile con lo statuto scientifico della storiografia nella sua
piena integrità.
La preparazione in ogni ispettoria di ricercatori attraverso l'incentivazione di tesi di
master e di laurea civili o ecclesiastiche su tematiche storico-salesiane, il costante scambio di
informazioni e di metodologie fra gli addetti ai lavoro, la pubblicazione e diffusione dei risulta-
ti delle proprie ricerche, l'organizzazione di stages per studiosi ecc. possono essere gli strumen-
ti a disposizione dell'intera Famiglia Salesiana per una autentica crescita storiografica, di cui si
sente ormai impellente l'esigenza in ogni paese.
A tal riguardo l'Istituto Storico Salesiano dichiara la sua disponibilità a dare il proprio
contributo, purché possa disporre, in sede, di un minimo di personale «stabile» proveniente
dalle singole aree linguistiche e, nelle singole ispettorie, di «associati o corrispondenti» a ciò
destinati dalle legittime autorità. Mentre i singoli partecipanti si impegnano a prospettare tale
esigenza e i risultati del Convegno al proprio Consiglio Ispettoriale, l'ISS si farà loro interprete
presso il Consiglio Generale e i Capitoli Generali dei SDB e delle FMA già convocati per
l'anno 1996.
3. Un ulteriore supporto alla storiografia salesiana potrà presumibilmente venire dall'A-
CSSA (Associazione Cultori di Storia Salesiana) il cui statuto, preparato antecedentemente da
una commissione scelta nel corso del Io Convegno, è stato discusso in gruppi il sabato 4 no-
vembre. Approvato il giorno seguente dall'assemblea
tutto ciò non è sufficiente: basti pensare all'eterogeneità e genericità di molte «lettere mortua-
rie» (che spesso rimangono l'unico documento con notizie di un confratello!); basti pensare alla
«Biblioteca di don Bosco», tuttora dispersa in più di una sede. La pressione della «domanda
storiografica» potrebbe perciò contribuire a vincere titubanze e resistenze.
Rebus sic stantibus crediamo non inutile offrire immediatamente ai nostri lettori (pp.
141180) la catalogazione del materiale archivistico della casa di Soverato (Catanzaro): una sem-
plice proposta — che risente, come è ovvio, dell'influsso tipologico dell'opera in questione —
in attesa che altri modelli permettano di giungere all'eventuale stesura di un progetto-archìvio
non unico — impossibile — ma almeno dotato di una certa uniformità, fermo restando le prassi
archivistiche di scuole diverse e di paesi diversi. Potrebbe essere auspicabile una guida degli
archivi locali e ispettoriali dei Salesiani, alla stregua, per riferirci all'Italia, di quella degli Ar-
chivi diocesani e di quella degli Archivi di Stato.
Nella medesima logica si pone la nota di Giuseppe Brocardo (pp. 181-187), che presentando
il «museo di storia naturale Don Bosco» di Torino-Valsalice ne sottolinea il valore storico,
culturale, didattico e col fatto stesso ribadisce l'importanza e il significato che possono assume-
re i musei sorti dalla generosità e dal lavoro di confratelli.

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Cronaca 195
di tutti i convegnisti autocostituitasi come «costituente», verrà reso noto dalla Presi-
denza già eletta (J. R. Alberdi, F. Casella, A. Da Silva Ferreira, A. Giraudo, G. Lo-
parco, F. Motto, J. Schepens) una volta approvato dal Rettor Maggiore. L'auspicio
è che attraverso l'ACSSA si possa colmare il gap fra la pattuglia degli studiosi a
tempo pieno e la schiera di quanti, a volta laudatores sprovveduti del passato, si sen-
tono smarrire in quella che può a volte sembrare la nebbia delle nuove ricerche, e
che invece vuol solo essere un modo nuovo, necessariamente attuale, di cogliere «il
fenomeno salesiano» nella complessità dei suoi elementi e nelle diversità delle sue
realizzazioni.
Al termine della mattinata si è demandato congiuntamente all'ISS e all'ACSSA
—- benché due realtà diverse e con diverse finalità -— il compito di organizzare un
ulteriore Convegno (il 3°), onde portar ancor più in superficie quel movimento
magmatico, in fieri, di seria attenzione alla propria storia che già scorre in seno alla
Famiglia Salesiana, i cui tratti visibili sono appunto le numerose ricerche dei parte-
cipanti al Convegno.
I lavori, con soddisfazione di tutti, si sono chiusi alle ore 12,30. Molti però non
hanno lasciato immediatamente la sede, preferendo soffermarsi, anche vari giorni,
per ricerche in archivio e in biblioteca: segno di un passo avanti verso una storia che
non intende chiudere le orecchie e la mente agli interrogativi che la cultura moderna
sa continuamente porre e rinnovare? C'è da augurarselo.
F. Motto