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STUDI
L'« ORATORIO » DI DON BOSCO PRESSO IL CIMITERO
DI S. PIETRO IN VINCOLI IN TORINO.
UNA DOCUMENTATA RICOSTRUZIONE DEL NOTO EPISODIO
Francesco Motto
L'urgenza di una presentazione storica di Don Bosco e della sua opera,
fatta mediante un metodo scientificamente fondato, è ormai avvertita da
quanti sono interessati alla figura del santo educatore del secolo XIX. Le
moderne teorie epistemologiche della storia non fanno che riconfermare l'im-
portanza dell'analisi accurata e severa dei documenti e delle narrazioni. Oggi
non è chi non veda preliminarmente la necessità di procedere alla verifica
delle fonti della storia salesiana, alla pubblicazione di testi critici, all'erme-
neutica del linguaggio e dei contenuti di tali scritti, all'accertamento della
verità dei fatti e delle spiegazioni loro date. In altri termini, si impone
decisamente la revisione dei documenti fontali della storia di Don Bosco e
del loro valore tramite l'uso corretto ed adeguato delle tecniche approntate
dalla scienza storica, che spazia della critica testuale alla critica delle fonti,
dalla critica letteraria alla critica storica vera e propria.
Ora è certo che una delle prime fonti per la conoscenza di tale storia
di Don Bosco, per non dire la più vasta ed autorevole, sono le Memorie
Biografiche,1 opera colossale in 19 volumi, compilata da G.B. Lemoyne, A.
Amadei ed E. Ceria sulla base di un'amplissima documentazione scritta ed
orale raccolta dal primo dei tre memorialisti.
Qualche tentativo di analisi critica delle Memorie Biografiche è già stato
condotto soprattutto in questa seconda metà del secolo. Per gli anni cinquanta,
basta ricordare l'articolo di J. Klein - E. Valentini2 che ha rettificato una
serie di errori cronologici nei quali era incorso Don Bosco nelle Memorie
dell'Oratorio di S. Francesco di Sales3 e che non erano stati completamente
1 Memorie Biografiche di Don (del Beato... di San) Giovanni Bosco. 19 voi.
(= dal Io al 9°: G.B. LEMOYNE; 10°: A. AMADEI; dall'll0 al 19°: E. CERIA) + voi.
di Indici. SEI, Torino 1899-1939.
2 J. KLEIN-E. VALENTINI, Una rettificazione cronologica delle Memorie di S. Gio-
vanni Bosco, in « Salesianum » 17 (1955) pp. 581-610.
3 GIOVANNI BOSCO, Memorie dell'Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855,
a cura di E. Ceria. SEI, Torino 1946. L’Archivio Salesiano Centrale custodisce l'originale
autografo, oltre alla copia di Don Gioachino Berto, completata e rivista in molte pagine
da Don Bosco stesso.

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Francesco Motto
corretti dai suoi biografi. Per gli anni sessanta è agevole rammentare il volu-
me di F. Desramaut.4 Lo studioso transalpino è riuscito mediante un preciso
e dettagliato lavoro di analisi letteraria ad individuare le fonti del Io volume
delle Memorie Biografiche e pertanto a verificarne l'utilizzazione fatta dal
Lemoyne. Per gli anni settanta un importante contributo in tal senso è stato
offerto da P. Stella, il quale in molte pagine dei suoi tre volumi su Don
Bosco5 ha precisato e corretto dati ed informazioni delle Memorie Biografiche.
Nella medesima prospettiva, ed a semplice titolo di saggio, si vuole qui
operare una ricostruzione del famoso episodio della sosta dell'Oratorio di
Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli a Torino. Il rigoroso e
costante controllo delle posizioni raggiunte attraverso l'analisi dei partico-
lari di ogni documento e la ricerca di eventuali riscontri in altre carte o
testimonianze potrà forse riservare al lettore qualche difficoltà di lettura.
Ma crediamo che solo quando i dati sono completi e precisi al massimo
possibile si eviterà che un « verosimile » stia al posto di un « probabile »
e che una affermazione sia fatta con sicurezza laddove era preferibile pro-
nunciare un non liquet.
Esporremo anzitutto la sequenza dei fatti così come sono narrati da
Don Bosco nelle Memorie dell'Oratorio e dal Lemoyne nelle Memorie Bio-
grafiche (nonché da molti altri dopo il loro); poi daremo la nostra versione
dell'accaduto, discutendo e commentando quelle precedenti.
I. L'EPISODIO DELL'ORATORIO PRESSO SAN PIETRO IN VINCOLI SECONDO LE
« Memorie dell'Oratorio »
Nel paragrafo 18° della seconda decade, dal titolo « L'Oratorio in S.
Pietro in Vincoli - La serva del cappellano - Una lettera - Un triste accidente »,
Don Bosco racconta l'episodio nei termini seguenti, che riportiamo alla let-
tera in quanto fonte praticamente esclusiva dell'esposizione che ne faranno
le Memorie Biografiche:6
4 F. DESRAMAUT, Les Memorie I de Giovanni Battista Lemoyne. Maison d'études
Saint Jean Bosco. Lyon 1962.
5 P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. 2 voi. LAS, Roma
19792 e 19812; ID., Don Bosco nella storia economica e sociale (1815-1870) LAS, Roma 1980.
6 Utilizziamo l'edizione curata da E. Ceria, pp. 147-150, Per onestà dobbiamo
qui ricordare che nell'originale di Don Bosco l'episodio in questione è vergato dalla penna
di Don Berto, anche se Don Bosco lo ha rivisto sia nella prima stesura che nella « bella »
copia apportando su entrambe minime correzioni di lingua e di stile. E' presumibile
che il segretario di Don Bosco abbia già la prima volta scritto avendo sott'occhio una
minuta del santo. Ma non è neppure da escludere che Don Bosco abbia letteralmente
fatto opera di dettatura al suo fedele segretario.

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U« Oratorio » di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
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Siccome il sindaco e in generale il Municipio erano persuasi della in-
sussistenza di quanto scrivevasi contro di noi, così a semplice richiesta,
e con raccomandazione dell'Arcivescovo, si ottenne di poterci raccogliere
nel cortile e nella chiesa del Cenotafio del SS.mo Crocifisso, detto volgar-
mente S. Pietro in Vincoli.7 Così dopo due mesi di dimora a S. Martino8
noi dovemmo con amaro rincrescimento trasferirci in altra nuova località,
che per altro era più opportuna per noi.9 Il lungo porticato, lo spazioso
cortile, la chiesa adattata per le sacre funzioni, tutto servì ad eccitare
entusiasmo nei giovanetti, sicché parevano frenetici per la gioia.
Ma in quel sito esisteva un terribile rivale, da noi ignorato. Era questi
non un defunto, che in gran numero riposavano nei vicini sepolcri; ma una
persona vivente, la serva del cappellano. Appena costei cominciò a udire
i canti e le voci e, diciamo anche, gli schiamazzi degli allievi, uscì fuori
di casa tutta sulle furie, e colla cuffia per traverso e colle mani sui
fianchi si diede ad apostrofare la moltitudine dei trastullanti. Con lei
inveiva una ragazzina, un cane, un gatto, tutte le galline, dimodochè sem-
brava essere imminente una guerra europea. Studiai di avvicinarmi per
acquetarla, facendole osservare che quei ragazzi non avevano alcuna cattiva
volontà, che si trastullavano, né facevano alcun peccato. Allora si volse
contro di me e diedemi il fatto mio.
In quel momento ho giudicato di far cessare la ricreazione, fare un
po' di catechismo, e, recitato il Rosario in chiesa, ce ne partimmo colla
speranza di ritrovarci con maggiore quiete la domenica seguente. Ben il
contrario. Allora che in sulla sera giunse il cappellano, la buona domestica
se gli mise attorno e chiamando D. Bosco e i suoi figli rivoluzionari, pro-
fanatori dei luoghi santi e tutta fior di canaglia, spinse il buon padrone a
scrivere una lettera al Municipio. Scrisse sotto il dettato della fantesca,
ma con tale acrimonia, che fu immediatamente spedito ordine di cattura
per chiunque di noi fosse colà ritornato.
Duole il dirlo, ma quella fu l'ultima lettera del cappellano D. Tesio,
il quale scrisse il lunedì, e poche ore dopo, era preso da colpo apoplettico
che lo rese cadavere quasi sull'istante. Due giorni dopo, simile sorte toccava
7 II cimitero di S. Pietro in Vincoli, affettuosamente chiamato dai torinesi S. Pé
dij Còj, all'esterno era improntato ad una architettura settecentesca, all'interno invece
era contornato da un porticato a pianta rettangolare. Sul lato opposto a quello dell'entrata
principale si trovava (e si trova tuttora) una cappella cimiteriale, dedicata al S. Croci-
fisso, della superficie di circa 100 mq. L'inumazione in detto cimitero era cessata per
le sepolture comuni una quindicina d'anni prima che Don Bosco vi ponesse piede; al
contrario per le famiglie nobili che vi possedevano tombe nelle cripte sotto i portici
continuò ancora per qualche decennio, nonostante la proibizione ufficiale del 1854 (ndr.)
8 Don Bosco nel raccontare la fermata del suo Oratorio al cimitero di S. Pietro in
Vincoli cade qui in una prima svista di indole cronologica: la pone dopo quella presso la
cappella di S. Martino ai Mulini Dora (o Molassi), anziché, come invece avvenne, prima
di quel tentativo, per altro andato a sua volta vuoto dopo pochi mesi. Nel medesimo
errore cadono Don Rua, Don Berto, Don Cagliero ed altri testimoni nelle loro deposi-
zioni al processo di beatificazione-canonizzazione di Don Bosco. Più attenti invece sono
Don Lemoyne e Don Ceria che da ineccepibile documentazione sono indotti a correggere
e precisare le date (ndr.),
9 II cimitero di S. Pietro in Vincoli, presso il Cottolengo, distava poche centinaia
di metri dall'Ospedaletto di S. Filomena e dal Rifugio presso i quali Don Bosco col
consenso della marchesa Barolo poteva di domenica radunare i suoi giovani (ndr.).

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Francesco Motto
alla fantesca. Queste cose si dilatarono e fecero profonda impressione sul-
l'animo dei giovani e di tutti quelli cui pervenne tale notizia. La smania
di venire, di udire i tristi casi era grande in tutti; ma essendo proibiti
di raccoglierci in S. Pietro in Vincoli, né essendosi potuto dare avviso
opportuno, nissuno più poteva immaginarsi, nemmeno io, dove sarebbesi
potuto avere un luogo di radunanza.
[19° L'Oratorio in casa Moretta]
La domenica successiva a quella proibizione una moltitudine di
giovanetti si recò a S. Pietro in Vincoli; perciocché non si era potuto
dare loro alcun avviso preventivo. Trovando tutto chiuso, si versarono in
massa sulla mia abitazione presso l'Ospedaletto...
IL L'EPISODIO COSÌ COME È RACCONTATO DALLE «Memorie Biografiche»10
La ricostruzione del fatto è articolata dal Lemoyne in tre momenti,
cronologicamente così suddivisi:
1. Tempo di quaresima (febbraio-marzo) 1845: in questo periodo Don
Bosco ed il teologo Borel11 per scarsità di locali al Rifugio e all'erigendo
Ospedaletto di S. Filomena inviano classi di ragazzi per il catechimo qua-
resimale presso la chiesa di S. Pietro in Vincoli « colla semplice autorizza-
zione del Curato di S. Simone e Giuda, e colla tolleranza del Cappellano »
della suddetta chiesa. Di fronte all'ottima riuscita dell'esperimento, i catechi-
sti (Don Bosco, Don Borel in primis) progettano di utilizzare più a lungo
quella chiesa con l'attiguo porticato ed il cortile. Ma il giorno di Pasqua,
23 marzo, la Ragioneria12 a seguito dell'intervento di qualche malevolo, con
esplicita delibera proibisce « l'accesso alla detta cappella ».
10 MB II 279-281; 286-295. Fra la narrazione di Don Bosco (1873-75) e quella di
Don Lemoyne (voi. II MB, 1901), Don Bonetti pubblicò sul Bollettino Salesiano (a. Ili
n. 6 pp. 11-12, 1879) la cronaca dell'« incidente » di S. Pietro in Vincoli. La sua rico-
struzione segue però quasi letteralmente quella delle Memorie dell'Oratorio, ragion per
cui non riteniamo di doverne fare menzione per disteso.
11 Il teologo Don Giovanni Borel fin dal 1844 era direttore spirituale del Rifugio,
istituto fondato dalla marchesa Barolo per il ricovero e l'educazione di ragazze traviate.
Con Don Pacchiotti e Don Bosco assisteva religiosamente anche altri istituti sorti in
quegli anni nella via Cottolengo a spese sempre della suddetta marchesa. Don Borel,
che con Don Cafasso aveva perorato la causa di Don Bosco per farlo assumere quale
direttore spirituale dell’Ospedaletto di S. Filomena, si prestò a lungo come amministra-
tore, predicatore ed animatore dei giovani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales.
12 L'amministrazione civica della città di Torino in quegli anni era ancora affidata
ad un Ordine o Corpo Decurionale composto di 60 membri, che costituivano il Consiglio
generale della città. Fra i vari uffici dell'amministrazione vi era quello dei Sindaci (in
numero di due: uno della classe dei nobili più qualificati, ed uno della classe formata
da altri nobili o cittadini più in vista, quali avvocati, negozianti di miglior credito ecc.),
quello del Mastro di Ragione, dei Ragionieri, ecc.

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L'« Oratorio » di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
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2. Mese di maggio, 1845: Don Bosco ha l'ispirazione di chiedere al
cappellano della chiesa, Don Tesio, « di poter radunare per qualche tempo
i suoi giovani in quel luogo ». La risposta di Don Tesio — all'oscuro del-
l'interdetto della Ragioneria — non solo è positiva, ma addirittura entusia-
stica. Fra l'altro il progetto di Don Bosco è appoggiato dalla marchesa
Barolo, che intende allontanare i chiassosi ragazzi di Don Bosco dal Rifugio
e dall’Ospedaletto di S. Filomena, ormai quasi ultimato.13
Ottenuto il consenso del cappellano, Don Bosco vi si reca il pomeriggio
della domenica 25 maggio. Poche ore sono sufficienti perchè l'entusiasmo
frenetico e rumoroso dei suoi giovani faccia inviperire la fantesca del cappel-
lano, che trova modo e motivo per inveire contro di loro, non risparmiando
neppure Don Bosco. Sul far della sera, al ritorno in sede di Don Tesio
(assente fino allora) la serva lo forza a scrivere una lettera di protesta alle
autorità ed a minacciare lo stesso Don Bosco qualora osi ritornare la dome-
nica seguente. Al momento della sua partenza, Don Bosco proferisce parole
« profetiche » di imminente morte all'indirizzo del cappellano, dopo che nel
pomeriggio analoghe espressioni ha usato nei confronti della perpetua.
Gli avvenimenti nella settimana seguente precipitano: lunedì, 26 mag-
gio, la lettera di Don Tesio è recapitata ai sindaci della città che immediata-
mente spiccano « ordine di cattura » contro Don Bosco se coi suoi giovani
ritorna colà. Nella notte fra il 27 e 28 maggio Don Tesio viene a morire
improvvisamente: due giorni dopo la serva lo segue nella tomba.
Intanto giovedì 29 maggio, Don Cafasso14 appena a conoscenza della
morte di Don Tesio, previo accordo con Don Bosco, chiede alla moglie del
conte di Ruffino (uno dei sindaci della città),15 di interporre i suoi buoni
13 Si aprirà effettivamente il 10 agosto 1845 e Don Bosco vi si trasferirà in qualità
di cappellano, lasciando così il Rifugio dove aveva convissuto alcuni mesi col Borel. Nei
locali in via di allestimento dell'Ospedaletto, destinato ad accogliere « le fanciulle amma-
late e storpie » Don Bosco aveva ottenuto dalla marchesa di sistemare il suo Oratorio ed
il giorno 8 dicembre 1844, festa dell'Immacolata e terzo anniversario della fondazione
dell'Oratorio, Don Bosco vi celebrò l'Eucarestia. La marchesa Barolo, nella speranza che
Don Bosco si mettesse a completa ed esclusiva disposizione nelle sue opere, lo conservò
nell'incarico di cappellano o direttore spirituale dell'Ospedaletto fino all'estate del 1846.
Solo nell'agosto di quell'anno Don Bosco lascerà definitivamente l'alloggio al Rifugio
e si sistemerà nella casa Pinardi. Fra il dicembre 1845 ed il marzo 1846 potè pure
disporre di tre stanzette in affitto presso la casa Moretta. In tal modo Don Bosco, che
prima aveva tentato di gravitare con l'assembrameno dei giovani verso il Balòn per libe-
rare dai clamori dei giovani i locali dell'Ospedaletto, nel tardo autunno del 1845, dopo
un semestre di precarietà, trasferì l'Oratorio sulla parte opposta, sui prati di Valdocco.
14 Don Giuseppe Cafasso (santo), figura di primissimo piano della chiesa torinese
del secolo scorso, fu l'illuminato maestro e direttore spirituale di Don Bosco per quasi
un ventennio. Alla sua morte, avvenuta nel 1860, Don Bosco ne tracciò un profilo
biografico, pubblicato nelle « Letture Cattoliche » a. VII f. 9/10.
15 Conte Giuseppe Bosco di Ruffino, sindaco in quell'anno assieme al conte Giu-

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Francesco Motto
uffici perché il marito, in seno alla Ragioneria, sostenga la candidatura di
Don Bosco a cappellano di S. Pietro in Vincoli. La domenica, Io giugno, la
massa dei giovani di Don Bosco, ritrovatasi — come da appuntamento della
domenica precedente — presso il cimitero, trova affisso alla porta il decreto
che vieta ogni assembramento di persone « nel vestibolo e nell'atrio » della
chiesa. Respinta dalle guardie là appostate, è costretta a riparare ancora da
Don Bosco presso l’Ospedaletto di S. Filomena.
3. Mesi di giugno-luglio, 1845: Don Bosco, Don Borel e Don Pac-
chiotti16 avanzano domanda alla Ragioneria perchè sia loro accordata « la
permissione di portarsi alla Chiesa del predetto Cimitero a esercitare le fun-
zioni » che già si praticavano all'Oratorio di S. Francesco di Sales. La
Ragioneria, in data 3 luglio, nega loro il permesso in forza della « conside-
razione che non parve conveniente che la chiesa addetta al cimitero venisse
destinata ad altro uso, oltre quello per cui venne eretta ».
Come si può immediatamente notare, Don Lemoyne segue molto da
vicino la narrazione di Don Bosco, rispetto alla quale però aggiunge molti
particolari, evidentemente appresi da fonti che Don Bosco non conosceva
(né poteva conoscere) o non volle utilizzare. Ma veniamo alla ricostruzione
della vicenda secondo le fonti da noi reperite.
III. L'EPISODIO DI S. PIETRO IN VINCOLI NELLE SUE CERTEZZE E NELLE
SUE IPOTESI O VEROSIMIGLIANZE
Diciamo subito che a nostro avviso la pagina dedicata dal Lemoyne
agli avvenimenti della quaresima, vale a dire ai catechismi che Don Bosco,
Don Borel ed i loro collaboratori avrebbero tenuto nella cappella del cimitero
di S. Pietro in Vincoli, è frutto di uno sforzo ricostruttivo del biografo basato
sulla errata lettura di una data (23 marzo 1845) e sull'erronea attribuzione
di un termine (catechisti).
Invero, anziché 23 marzo, la delibera della Ragioneria è datata 23 mag-
gio ed il termine « catechisti » invece che a Don Bosco, Don Borel e loro
collaboratori va applicato ai catechisti di una particolare congregazione, detta
appunto « congregazione dei catechisti di S. Pelagia ». La nostra interpreta-
zione, oltre che suffragata da una più attenta lettura della data e dei conte-
nuti della delibera della Ragioneria, si fonda anche su ulteriore documenta-
zione, recentemente riportata alla luce.
seppe Pochettini di Serravalle. Guida di Torino pel 1845... anno 1 serie seconda. Tip.
Marzorati.
16 Vedi nota 11.

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L'« Oratorio » di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
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Si legge infatti in un documento (senza data) dell'archivio storico del
comune di Torino:
La congregazione dei Catechisti di S. Pelagia, ha l'onore di rappre-
sentare alle SS.ILL. ed Ecc.me che avendo cessato dal suo antico uffizzio
di catechizzare i Poveri in detta Chiesa, a quale uffizzio furono surrogati
dai cosidetti Fratelli delle Scuole Cristiane, desidererebbe essa, composta
di venti membri circa, di adunarsi ogni domenica dell'anno, nella Chiesa
di S. Pietro in Vincoli, onde impiegar ivi nella recita dell'Uffizzio dei
morti quel tempo che impiegavano già nell'opera anzidetta.17
Allegata al documento trascritto si ritrova la relativa delibera del 7 mag-
gio 1845:
Città di Torino
6° Dicastero
Offizio dello Stato Civile
Particola di Deliberazione della Deputazione Decurionale per
lo stato civile in seduta n. 1 del 7 maggio 1845
Il Sig. Conte di Serravalle18 sindaco presenta una supplica della
congregazione che si intitola dei Catechisti la quale chiede la facoltà di
radunarsi ogni domenica nella Chiesa del Cimitero presso S. Pietro in Vin-
coli per recitarvi l'uffizio dei Morti.. . nulla osti a che essi in tutte le
domeniche possano recarsi a recitare l'uffizio de' Morti, essendo detta
Chiesa aperta a tutti i fedeli ne' giorni festivi, non essere perciò neces-
sario veruna particolare permissione, trasmettendo con tale avviso il Raccorso
de' Catechisti alla Ragioneria.
Per copia conforme
Decurione Segretario della Deputazione
Cays 19
Dunque si tratta di altri catechisti, quelli di S. Pelagia (e non quelli del-
l'Oratorio di S. Francesco di Sales), i quali chiedono l'uso della cappella
del cimitero per un loro specifico scopo: la recita dell'ufficio dei morti.
Il parere positivo espresso dalla deputazione dello Stato civile viene
fatto proprio dalla Ragioneria il giorno seguente. Così infatti recita il verbale
della seduta dell'8 maggio:
La Ragioneria approva la deliberazione presa dalla deputazione dello
stato civile di non concedere veruna specia1e autorizzazione alla Congr. de'
Catechisti di riunirsi nella chiesa del Cimitero di S. Pietro in Vincoli per
recitarvi l’uff. de' Morti.20
17 Archivio Comunale di Torino (= ACT) Ragioniere 1845 v. 61 p. 49.
18 Vedi nota 15.
19 ACT Ragionerie 1845 v. 61 p. 47. Il decurione segretario della deputazione,
conte Carlo Alberto Cays di Gilette, in seguito si farà sacerdote salesiano.
20 Ib., p. 19.

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Francesco Motto
Ciò posto, è quanto mai plausibile che le domeniche 11 maggio, 18 mag-
gio ed anche 25 maggio i « catechisti » si siano recati a S. Pietro in Vincoli
per la loro pratica religiosa. Si è detto: anche la domenica 25 maggio. Di-
fatti fino a quella giornata — e ne farà fede indirettamente Don Bosco
quando scriverà che trascorse l'intero pomeriggio del 25 in quegli ambienti
senza aver ricevuto o visto alcun divieto, cosa che invece troverà la dome-
nica successiva, Io giugno — non era stato quasi certamente notificata loro
la decisione presa dalla Ragioneria il venerdì precedente, 23 maggio:
La Rag. sentite le informazioni date sulla riunione dei cosiddetti
catechisti nella capella del Cimiterio di S. Pietro in Vincoli delibera che
d'or in avanti sia interdetto l'accesso alla d.a capella all'uso di siffatto
ufficio, pregando ove d'uopo i si.ri sindaci d'aiutare l'autorità del Vicario
per contenere i catechisti dalle numerose unioni che vorrebbero farvi.21
Nuovamente punto inconfutabile è che il divieto ha un preciso destina-
tario: « i cosiddetti catechisti » ed un altrettanto preciso contenuto: è inter-
detto l'accesso alla cappella per l'uso « di siffatto ufficio », vale a dire l'uffi-
cio dei morti, che vi veniva recitato da quella congregazione che ne aveva
chiesto l'autorizzazione ai primi del mese.
Nel verbale della delibera della Ragioneria in verità si parla di « nu-
merose unioni » che i catechisti vorrebbero fare in quella cappella. Allo
stato attuale delle ricerche non si ha motivo alcuno per supporre che fra
quelle « unioni » vi fossero compresi Don Bosco ed i collaboratori dell'Ora-
torio di S. Francesco di Sales. E poi Don Bosco aveva sì dei « catechisti »
ma le attività del suo Oratorio, ivi comprese le assordanti ricreazioni dei
giovani, erano ben più ampie delle semplici pratiche di pietà da effettuarsi
unicamente all'interno della cappella.
Chi possa essere stata la persona, sulla base delle cui informazioni la
Ragioneria ha vietato l'accesso alla cappella del cimitero — accesso, ricor-
diamo, accordato solo 15 giorni prima — non è semplice arguirlo, mancando
qualsiasi documento al riguardo. Certamente il più diretto interessato era il
cappellano (e la sua fantesca); ma in tal caso ci si troverebbe in contraddi-
zione con un fatto certo e con delle affermazioni precise.
Il fatto certo è che Don Bosco la domenica 25 maggio tenne il suo
Oratorio presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli e non è credibile che lo
abbia potuto fare senza un consenso, per lo meno indiretto, di Don Tesio,
il quale non glielo avrebbe dato qualora fosse stato intenzionato a fare o
avesse già scritto la sua protesta contro la presenza di catechisti nella cap-
pella da lui ufficiata. Ma sull'accordo con Don Tesio ritorneremo più avanti.
Le affermazioni invece sono quelle delle Memorie Biografiche, che ripor-
21 Ib., p. 166.

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L'« Oratorio » di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
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tando un colloquio fra Don Bosco e Don Tesio, riferiscono dell'esultanza del
cappellano alla proposta di Don Bosco.
Si potrebbe per altro congetturare che il cappellano del cimitero sia
stato avvicinato da Don Bosco nella prima metà del mese di maggio, vale
a dire prima che Don Tesio stilasse la sua protesta, databile verso il 20/21
maggio. Ma in tal caso perchè Don Bosco attese il 25 maggio per tra-
sferire colà il suo Oratorio? Don Bosco vi si sarebbe recato per lo meno
la domenica 18 maggio, il che contraddice l'affermazione di Don Bosco (e
di Don Rua nelle sue deposizioni ai processi di beatificazione-canonizzazione
di Don Bosco) che rammenta il 25 come prima ed unica domenica di sua
presenza in quei locali. E aggiungiamo: con una « perpetua » come quella
che Don Bosco si ritrovò quel pomeriggio (deliziosa, nella sua semplicità,
la descrizione che di essa ha fatto nelle Memorie dell'Oratorio) chi avrebbe
osato avventurarsi colà una seconda volta?
Un dato pertanto è fin qui certo, di quella certezza che uno storico
ritiene di apprendere dai documenti in suo possesso: Don Lemoyne, avendo
datato 23 marzo anziché 23 maggio la delibera della Ragioneria, ed aven-
dola letta come fosse rivolta ai catechisti dell'Oratorio di Don Bosco, è
stato costretto ad ipotizzare le riunioni dei suddetti catechisti presso la cap-
pella del cimitero durante la quaresima. Si può benignamente indulgere al
suo errore di lettura e di interpretazione. Niente di più facile. Più strano
invece è riuscire a spiegare come mai non gli sia sorto il dubbio in seguito,
allorquando dovette rilevare che in quel 23 marzo 1845 cadeva la Pasqua.
Nella Torino dell'epoca, in cui la Religione Cattolica Apostolica Romana
era la sola Religione dello Stato, come credere che il massimo organo ammi-
nistrativo della città potesse sedere in adunanza il giorno di Pasqua per
delle questioni quanto mai comuni ed ordinarie? Ma forse non c'è motivo di
sorprendersi qualora si faccia bene attenzione alle parole del Lemoyne. Scrive
infatti il biografo: « pare che il teologo Borel... abbia quivi condotto un
bel numero di giovani, ai quali continuò l'istruzione catechistica fino al prin-
cipio della Settimana Santa ». Con quel « pare » Don Lemoyne intende pro-
babilmente cautelarsi di fronte ad un eventuale rilievo di confondere il certo
con il verosimile o l'ipotetico.
La giornata del 25 maggio ed i due lutti che la seguirono
Sentendo fortemente la mancanza di locali necessari ad accogliere i gio-
vani che crescevano sempre più man mano che la primavera avanzava, e
prevedendo il giorno in cui avrebbe dovuto ritirarsi dai locali dell’Ospeda-
letto, Don Bosco sul finire dell'aprile 1845 incomincia a cercare un'altra
dimora. Non gli pare vero che a pochi passi di distanza gli si presenti
un'ottima ed insperata opportunità. Se alla « Congregazione dei catechisti di
S. Pelagia » non è vietato frequentate la cappella del cimitero di S. Pietro

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Francesco Motto
in Vincoli, perchè dovrebbe esserlo al suo Oratorio? Tanto più che può
contare sulla fiducia che gode presso Don Cafasso, Don Borel, la marchesa
Barolo e sulla loro presso l'arcivescovo mons. Fransoni, molta parte del
clero e le autorità politiche.
Ricevuto da queste ultime un non meglio precisato consenso (di cui diremo
più avanti) Don Bosco il 25 maggio, dopo aver trascorso la mattinata coi
suoi giovani all’Ospedaletto, si trasferisce di primo pomeriggio con tutti loro
presso il cimitero di S. Pietro. Quivi gli schiamazzi dei suoi « birichini » sca-
tenano le ire della serva del cappellano. Andata su tutte le furie, insulta
pesantemente i giovani e Don Bosco stesso, che invano tenta un intervento
pacificatore conducendo i suoi in cappella per la preghiera. Allontanandosi
all'arrivo di Don Tesio, Don Bosco mette in forse la sopravvivenza della
fantesca e del cappellano per la domenica seguente.
A tal proposito non v'ha motivo più del dovuto per dubitare dell'affer-
mazione delle Memorie Biografiche che Don Bosco « profetizzasse » la morte
dei due. Invero Don Bosco è molto cauto al riguardo. Riferisce solo il fatto
che « poche ore dopo », cioè il lunedì successivo alla stesura della catastrofica
lettera di protesta, Don Tesio venne a mancare e che « due giorni dopo,
simile sorte toccava alla fantesca». Ma quel «duole il dirlo » e «queste
cose si dilatarono e fecero profonda impressione sull'animo dei giovani e
di tutti quelli cui pervenne la notizia » potrebbero essere stati eleganti eufe-
mismi per nascondere quanto invece alcuni testimoni espressero a chiare note.22
Al processo ordinario di beatificazione-canonizzazione Don Rua affermò
testualmente:
Mi raccontava tanti anni dopo certo Melanotte di Lanzo (che trovavasi
presente a quella scena) che Don Bosco senza sconcertarsi, né adirarsi
a quelle ingiurie [vomitate dalla fantesca ndr.] si volse ai ragazzi, e sospirando
disse: — Poveretta! essa ci intima di non portar più qui i piedi, ed essa
stessa un'altra festa sarà già in sepoltura.23
Don Rua ripetè la stessa versione nella deposizione per il processo apo-
stolico.24 La testimonianza di Don Rua (e di Melanotte a lui) concerne sol-
tanto la sorte della perpetua. Don Lemoyne invece, in base alle dichiarazioni
di Buzzetti e del medesimo Melanotte la attribuisce pure a Don Tesio. Non
22 Non si può escludere che Don Bosco nel raccontare avvenimenti di origine
« soprannaturale » o comunque straordinari, li abbia coperti con un comprensibile velo
di pudore. Scriverà nel suo « testamento spirituale » una decina d'anni dopo: « Io racco-
mando caldamente a tutti i miei figli di vegliare sia nel parlare sia nello scrivere di
non mai né raccontare né asserire che Don Bosco abbia ottenuto grazie da Dio od
abbia in qualsiasi maniera operato miracoli. Egli commetterebbe un dannoso errore.
Sebbene la bontà di Dio sia stata in misura generosa verso di me, tuttavia io non ho
mai preteso di conoscere od operare cose soprannaturali»: RSS 6 anno IV n. 1 p. 35.
23 Sessione 361, 6 maggio 1895; ASC 161 Deposizione testi; microscheda 2185 B 11.
24 23 giugno 1909.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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L'« Oratorio » di Doti Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vìncoli in Torino
209
possiamo né confermare né smentire, non essendo riusciti — come del resto
Don Ceria nel 1946 25 — a rintracciare la « relazione di Don Cesare Chiala »
contenente le testimonianze dei due giovani del primo Oratorio.
Ma un altro fatto merita di non essere passato sotto silenzio. Don Rua,
pur testimoniando ai processi canonici dopo che Don Lemoyne aveva raccolto
i Documenti per scrivere la storia di Don Giovanni Bosco... e, per quanto
riguarda la deposizione al processo apostolico, dopo la pubblicazione del 2°
volume delle Memorie Biografiche (Documenti e Memorie che certamente
conosceva) dà la netta impressione di credere più alle Memorie dell'Oratorio
che alle Memorie Biografiche. La sua versione dei fatti di S. Pietro in Vincoli
segue più da vicino la narrazione di Don Bosco che non quella del Lemoyne.
Fra l'altro, al pari di Don Bosco (e diversamente dal Lemoyne che invece
corregge l'errore di Don Bosco) colloca l'episodio dei Molassi prima di
quello di S. Pietro in Vincoli.26 Il che è tutto dire, dato che proprio durante
quella sosta dell'Oratorio ai Molassi Michelino Rua incontrò Don Bosco
per la prima volta.
Comunque abbia Don Bosco ventilato il caso della scomparsa di Don
Tesio e della sua serva, sta di fatto che il mercoledì, 28 maggio, Don Tesio
moriva. Lo attesta indiscutibilmente l'atto di morte.27 Quanto alla perpetua,
purtroppo, nonostante attente ricerche in archivio comunale di Torino, negli
archivi parrocchiali ed in quello diocesano, non è stato possibile rinvenirne
un documento o l'atto di morte (con relativa data). Un particolare però
può offrire un certo interesse. All'indomani della morte del cappellano, avve-
nuta, come detto, il 28 maggio, il rettore del camposanto di Torino, un
certo Don Carlo Pautassi ed il conte Gerolamo Cravosio, capo di dicastero —
ufficio Stato civile, si portarono al cimitero di S. Pietro in Vincoli per com-
25 Vedi nota 6.
26 Ma l'errore è comune a molte deposizioni.
27 Quello di Don Tesio è rintracciabile sia all'archivio della curia arcivescovile di
Torino sia in quello del comune di Torino. Eccolo: « L'anno del Signore mille otto-
cento quarantacinque ed alli 28 del mese di maggio nella parrocchia dei SS. Simone
e Giuda, comune di Torino è stata fatta la seguente dichiarazione di decesso. Il giorno
28 del mese di maggio alle ore mezzo dopo mezzanotte, nel distretto di questa parroc-
chia, casa Cenotafio di S. Pietro in Vincoli, munito de’ SS.mi Sacramenti è morto D.
Giuseppe Tesio ex Cappuccino d'età d'anni 68, di professione capellano al Cenotafio,
nativo del comune di Racconigi, domiciliato nel comune di Torino, figlio del fu Giuseppe
Tesio e della fu Anastasia Tesio. Dichiaranti: Eugenio Mazzucchetti d'età d'anni 23 do-
miciliato in Torino e Alasia Luca d'età d'anni ventisette, domiciliato in Torino.
[Seguono le firme dei due dichiaranti]. Il Cadavere è stato sepolto il giorno ventinove
del mese di maggio nel cimitero di Torino.
[Segue firma per parroco: T. Alasia] ».
Nel voi. 105 degli Atti di morte (1845) presso l'archivio comunale di Torino, al
n. 2060 si legge che Don Tesio sarebbe morto alle ore 7 del 28 maggio per conge-
stione cerebrale.

2.2 Page 12

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210
Francesco Motto
piere l'inventario di ciò che colà si trovava. Dalla loro relazione risulta che
trovarono tutto in ordine (tombe, libri, arredi sacri, ecc.), che la salma del
cappellano era stata posta nel tumulo n. 10 del cimitero e che era loro
giunta, da parte del fratello di Don Tesio, Don Stefano Francesco, parroco
di Balangero, la richiesta di un certificato di buon servizio del defunto
cappellano. Risulta altresì che chiesero (ed ottennero) dalla Ragioneria che,
in attesa della nomina del successore del cappellano, il cimitero con tutte
le sue adiacenze e quanto in esse custodito venisse posto sotto la diretta
sorveglianza di una certa Margarita Sussolino (Bussolino?), « serva e di lui
[del cappellano] erede quanto ai mobili e lingerie ivi esistenti, la quale
implora la permissione di fermarsi alcuni giorni nel detto alloggio finché
abbia potuto dar sesto ai suoi affari ».28 Evidentemente era necessario non
lasciare incustodito il cimitero ed occorreva far rispettare il divieto emanato
dalle competenti autorità sei giorni prima. Una fantesca decisa come quella
di Don Tesio faceva proprio all'uopo. Lo strano è che della morte della per-
petua, avvenuta secondo Don Bosco « due giorni dopo » quella del cappel-
lano, non esista documento alcuno. Una volta accolta come reale la « profe-
zia » di Don Bosco, l'unica ipotesi possibile è che il decesso della perpetua
sia avvenuto in una località, a noi ignota, fuori della città di Torino ma non
eccessivamente lontano, visto che Don Bosco ed i suoi giovani ne vennero
a conoscenza con estrema rapidità. Per il giorno preciso, forse non è il caso
di sottilizzare. Come Don Bosco è incorso in errore nello scrivere la data
di morte di Don Tesio,29 così quei « due giorni dopo » potrebbero anche
essere tre, quattro o cinque o anche di più. Non si può dimenticare che
Don Bosco scrive di quest'episodio a 30 anni di distanza. Certo è che la
domenica seguente, Io giugno, della serva Margarita non c'era più traccia.
Che invece Don Tesio, su istigazione della serva, abbia redatto una
violenta requisitoria contro Don Bosco ed i suoi giovani la sera della dome-
nica 25 maggio e l'abbia poi inoltrata il giorno appresso (come scrivono
Don Bosco e Don Lemoyne), a nostro parere sarebbe da escludere per una
ragione molto semplice: Don Bosco non era assolutamente a conoscenza della
delibera della Ragioneria del 23 maggio e pertanto avendo trovato la dome-
nica Io giugno il divieto di assembramento presso il cimitero di S. Pietro,
potrebbe con piena ragione averlo attribuito alla denuncia di Don Tesio, de-
nuncia ovviamente redatta la domenica 25 maggio, prima della morte avve-
nuta (secondo Don Bosco) il lunedì successivo. Allo stesso modo potrebbe
aver congetturato Don Lemoyne, per il quale il divieto della Ragioneria risa-
liva di fatto, come abbiamo visto, al 23 marzo.
28 ACT Ragionerie 1845 vol. 61 p. 243.
29 Don Bosco racconta che morì il lunedì 26 maggio, poche ore dopo la stesura
della lettera di protesta alle autorità. Invece la morte del cappellano avvenne due giorni
dopo, come abbiamo appena detto.

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L'« Oratorio » dì Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
211
Infine, rispondenti alla pura verità sembrano le affermazioni di Don
Bosco e del Lemoyne, che la domenica 1o giugno (e non 31 maggio come
è capitato di scrivere al memorialista genovese30) sulla porta del cimitero venne
affisso il decreto che inibiva le assemblee in quegli ambienti. Non si può
escludere, anzi, è verosimile che l'intimazione formale del divieto sia stata
notificata per iscritto nei primi giorni della settimana successiva a quella della
seduta della Ragioneria, avvenuta di venerdì. Pure la presenza delle guardie
ha una sua logica spiegazione: a parte il fatto che per regolamento dovevano
sempre essere presenti negli orari di apertura del cimitero,31 in quel Io giu-
gno avrebbero dovuto far rispettare il divieto di assembramento e supplire
altresì il cappellano e la sua perpetua, entrambi defunti (o comunque lontana
la seconda), nella custodia degli ambienti attigui al cimitero.
Don Bosco candidato all'ufficio di cappellano del cimitero
Riprendiamo il corso degli avvenimenti, all'indomani del decesso di
Don Tesio. Resosi vacante il posto di cappellano, Don Cafasso, indubbia-
mente bene informato delle difficoltà di Don Bosco di poter mantenere
ancora a lungo i giovani presso l’Ospedaletto, di concerto con lui e con la
marchesa Barolo, si premura di inviare alla contessa Bosco di Ruffino, moglie
di uno dei sindaci,32 una missiva nella quale le chiede di farsi interprete
presso il marito perchè appoggi col peso della sua autorità la domanda di
assunzione che Don Bosco sta per presentare alla Ragioneria della città.
Ecco la lettera di Don Cafasso:
Ill.ma Sig.ra Contessa,
Un certo Sacerdote per nome Bosco Giovanni, già allievo di questo
Convitto, ed attualmente Cappellano dell'Opera del Rifugio della Sig.ra
Marchesa Barolo, incominciò in detto luogo un'opera di grande gloria di
Dio quale è di radunare nei giorni festivi una quantità di ragazzi abban-
donati onde istruirli e tenerli lontani dai pericoli; non potendo più in
detto luogo continuare una sì bell'opera per la strettezza del locale, sta per
dimandare di concerto colla predetta Signora Marchesa, di essere nominato
a Cappellano di S. Pietro in Vincoli di Dora, onde approfittarsi di detto
locale per un'opera sì vantaggiosa.
Essendo questo affare della maggior gloria di Dio, io mi avanzo a
raccomandarlo alla bontà di V. S. Ill.ma, qualora nella sua prudenza giudi-
casse di farne parola all’Ill.mo sig. Conte.
30 MB II 291.
31 Proprio la necessità di un'attenta vigilanza da parte del cappellano e delle
guardie civiche era all'origine di un progetto di un nuovo orario di apertura del cimitero
al pubblico, progetto presentato da Don Tesio e dal conte Cravosio in data 28 aprile
1845: ACT Ragionerie 1845 voi. 61 p. 53.
32 Vedi nota 15.

2.4 Page 14

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212
Francesco Motto
Perdoni la mia libertà, mentre ho l'onore di potermi dire coi sensi
della più distinta stima di V.S. Ill.ma
dev.mo servo
Cafasso Giuseppe Sacerdote
Torino, dal Convitto 29 maggio 184533
Don Bosco, da parte sua, non perde tempo. Assieme al teologo Borel
ed a Don Pacchiotti avanza immediatamente la sua candidatura senza tra-
scurare di farla patrocinare da influenti ed autorevoli personaggi del corpo
decurionale della città, quale ad esempio il conte di Larisse.34
Non abbiamo avuto la sorte di rintracciare la domanda dei tre sacerdoti,
ma un documento del 18 giugno 1845 ne fa sicura fede. Si tratta del profilo
che il Mastro di Ragione dell'epoca, D. Giuseppe Pollone, traccia degli aspi-
ranti cappellani. Ne aveva ricevuto l'incarico il 30 maggio.35 Al 7° posto
in ordine di « anzianità di presentazione » scrive:
[... Tre Sacerdoti tutti degnissimi presentarono collettivamente la
domanda che loro fosse concessa la cappellania di che è argomento: i mede-
simi mossi da pio e santo zelo vorrebbero essenzialmente avere a loro
disposizione la piccola Chiesa del Cimitero per radunarvi un gran numero
di ragazzi, catechizzarli, ed amministrar loro i sacramenti della penitenza e
dell'Eucarestia, e si assumerebbero in vista di ciò l'obbligo di soddisfare
ai pesi della Chiesa e del Cimitero. Questi sono il teologo Giovanni Borel,
D. Sebastiano Pacchiotti e Don Giovanni Bosco addetti alla pia Opera della
Signora Marchesa Barolo.
Se la mia scelta dovesse cadere sovra uno dei tre summenzionati Sa-
cerdoti, sarei nel grave imbarazzo di fissarmi, tutti e tre riunendo le mag-
giori doti, ma cessa ogni indecisione dacché il sig. Teologo Borel e la
prefata nobil dama, mi fecero conoscere a voce che il loro desiderio sarebbe
di veder nominato di preferenza il sacerdote Bosco, il qual è pur anco
raccomandato dal nostro collega il Conte di Larisse.
Senza dubbio la missione che si propongono i Cappellani del Rifugio
è nobile e santa, ma l'EE.VV. hanno da ponderare se possa addirsi col
silenzio delle tombe, e se talvolta un legame preesistente non sia per infie-
volire un'assoluta dedizione all'importante servizio che la città deve aver
per iscopo di assicurare. . .36
Il Pollone poi procede nella sua relazione ricordando che la zona di
Borgo Dora è abitata da 16 mila persone e che religiosamente è servita da
un curato e due vicecurati. Rammenta che la presenza di molti infermi e la
33 Copia conforme all'originale della lettera è stata fatta da Giacomo Bertolone,
residente presso il santuario della Consolata, il 25 gennaio 1893 ed è conservata nel-
l'ASC. Edita in MB II 292.
34 Vedi nota 12.
35 ACT Ragionerie 1845 vol. 61 pp. 208-209.
36 Ib., p. 355.

2.5 Page 15

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L'« Oratorio » di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
213
distanza delle abitazioni le une dalle altre richiedono, a giudizio anche del
curato del luogo, che venga nominato un sacerdote giovane e zelante. Al
termine, fra i 17 candidati all'ufficio di cappellano, di cui ha enumerato
pregi e difetti, propone la seguente terna di nomi: D. Evasio Adami, arci-
prete di Gabiano ma non diocesano, D. Giovanni Bosco e D. Felice Colombo
di Avigliana, maestro di scuola a Giaveno. Quest'ultimo aspirante, conclude
il Pollone, è anche appoggiato dal curato di Borgo Dora, Don Agostino
Gattino e dal cappellano del camposanto, Don Carlo Pautassi. Nessuna diffi-
coltà alla sua nomina è poi avanzata dall'arcivescovo e dal teologo Luigi
Fantini, parroco dell'attigua chiesa della SS. Annunziata.
La Ragioneria allora, preso atto dei suggerimenti concordi, nomina cap-
pellano del cimitero il trentasettenne Don Colombo, che prende immediato
servizio (una volta accettato il regolamento di recentissima approvazione).37
Fra gli impegni non contemplati dal regolamento, ma che si aggiungono
nello stesso 19 giugno, c'è quello di provvedere all'assistenza religiosa do-
menicale presso la cappella dei Mulini, laddove i Cappuccini per motivi impre-
cisati hanno lasciato l'incarico assunto da poche settimane.38 Lo stipendio di
cappellano del cimitero si arrotonda così con le 100 lire del servizio liturgico
ai Mulini. Negli stessi giorni poi entrambe le cappelle ufficiate dal nuovo
cappellano sono restaurate e messe in ordine a spese del Comune, in vista
dell'imminente visita pastorale di mons. Fransoni.39
Le concepite speranze di poter disporre degli ambienti del cimitero di
S. Pietro in qualità di cappellani vengono così a cadere per i tre sacerdoti
impegnati nell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Ma essi non demordono.
Non accolta la loro prima domanda, ne avanzano un'altra più modesta a
pochi giorni di distanza: quella di potersi portare colà ogni domenica coi
giovani dell'Oratorio per le funzioni religiose. Ecco la loro formale richiesta:
Eccellenze e Illustrissimi Signori,
I Sacerdoti T. Giovanni Borel, D. Sebastiano Pacchiotti e D. Giovanni
Bosco impiegati alla Direzione spirituale della Pia Opera di M.S. Rifugio dei
37 Ib., p. 353.
38 Gli stabilimenti dei Mulini Dora, avevano al loro interno la cappella di S.
Martino, cui era addetto un cappellano, all'epoca un certo Don Giovanni Pozzi. Venu-
to a morire questi il 14 maggio (ACT Ragionerie 1845 vol. 61 p. 91, ovvero Atti
di morte n. 1867), due settimane cioè prima di Don Tesio, la Ragioneria respinse
in data 15 maggio la domanda di tre sacerdoti per quel servizio ed incaricò il Mastro
di Ragione di « trattare con qualche corporazione religiosa » per la semplice celebrazione
eucaristica dei giorni festivi. Otto giorni dopo il Mastro di Ragione poteva riferire che
un accordo era stato raggiunto con i padri Cappuccini, ai quali si sarebbero corrisposti
lire 3.50 per ogni S. Messa celebrata: ACT Ragionerie 1845 v. 61 p. 168.
39 La visita pastorale fu annunciata dal curato di Borgo Dora alle autorità cittadine
con una lettera del 12 giugno 1845: ACT Ragionerie 1845 voi. 61 p. 297.

2.6 Page 16

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214
Francesco Motto
peccatori, e Direttori pur anco per autorità di Monsignore Arcivescovo di
una società di ragazzi, i quali si radunano ogni domenica e festa in un
Oratorio sotto la protezione di S. Francesco di Sales, aperto nella casa di
loro abitazione, per imparare il Catechismo, assistere alla S. Messa, frequen-
tare i Sacramenti, e talvolta ricevere la benedizione col Venerabile.
Per il numeroso concorso dei giovani, che le ultime feste ascese anche
al n. 200, e la stagione estiva riconoscendo la necessità di trasferirsi in
Oratorio più grande del presente per non avere da dismettersi da quest'opera
di riconosciuto grande vantaggio della gioventù, e giudicando che l'Oratorio
del cimitero di S. Pietro in Vincoli sia per diversi riguardi molto adattato
agli esercizii di pietà che si praticano nel loro Oratorio; incoraggiati che la
natura di quest'opera sia per ottenere il gradimento delle EE. e SS. VV.
Illustrissime tanto intente ad ogni maniera di promuovere in questa città
il comun bene civile e morale; rispettosamente osano supplicarle a volersi
degnare di accordargli la permissione di portarsi alla Chiesa del predetto
cimitero a esercitare le funzioni suddette a pro della gioventù secondo loro
parrà più utile, e secondo le condizioni che le EE. e SS. Illustrissime si
degneranno prescrivergli.40
Ma la Ragioneria la respinge. Si legge infatti nel verbale della seduta
del 3 luglio:
Il p. Mastro di Ragione presenta la domanda de’ Sacerdoti Borel,
Pacchiotti e Bosco con cui chiedono di potersi valere della Chiesa del
cimitero di S. Pietro in Vincoli per catechizzare i numerosi giovani che
attualmente concorrono nella piccola Cappella dell'opera del Rifugio.
La Ragioneria, considerando che in prec. seduta simile domanda venne
denegata per la considerazione che non parve conveniente che la Chiesa
addetta al cimitero fosse destinata ad altro uso, oltre quello per cui ven-
ne eretta, a maggioranza di voti delibera di non potervi far luogo all'inol-
trata domanda.41
La situazione per Don Bosco si fa disperata: a poco più di un mese
dall'ormai sicuro « sfratto » dai locali dell'Ospedaletto, falliti i due tentativi
di potersi trasferire negli ambienti del cimitero di S. Pietro, per non dire
dell'infelice esperimento della domenica 25 maggio, non sa ancora dove
« trapiantare » l'Oratorio. Ma poco lontano, nella cappella dei Mulini Dora
posta sotto la stessa giurisdizione parrocchiale dei SS. Simone e Giuda e da
una quindicina di giorni ufficiata dal medesimo cappellano di S. Pietro in
Vincoli42 intravede una nuova opportunità. Per la terza volta nel breve volger
di un mese fa appello alla Ragioneria. La supplica non ci è pervenuta. Ma il
protocollo della Ragioneria è garante del contenuto e del nome dei richiedenti
40 Ib., p. 541.
41 Ib., p. 486.
42 La convenzione era stata stipulata il 19 giugno 1845 all'atto di nomina a cap-
pellano di S. Pietro in Vincoli: ACT Ragionerie 1845 vol. 61 p. 344.

2.7 Page 17

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L'« Oratorio » di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
215
(Don Borel e compagni). La concessione poi ci è nota ed è del seguente tenore:
La Rag.[ioneri]a concede al sacerdote Teologo Borel la facoltà di
servirsi della Capella de’ Mulini per catechizzarvi i ragazzi, concede anche
non sia lecito ad alcuno di inoltrarsi nel recinto delle case de’ Mulini e non
si apporti il menomo impedimento alla celebrazione della messa nei giorni
festivi a profitto degli impiegati tutti de’ Molini, fissando l’ora di detta
catechizzazione dal mezzodì alle tre.43
La nuova sede dell'Oratorio pare soddisfacente ed adeguata, se la setti-
mana seguente, resosi nuovamente vacante il posto di cappellano al cimitero
di S. Pietro per le dimissioni di Don Colombo,44 Don Bosco e compagni
ritirano la loro candidatura lasciando così via libera al teologo Stefano
Giorda, raccomandato dall'arcivescovo mons. Fransoni, il cui nome, assieme
ad altri, si era aggiunto a quanti già avevano inoltrato domanda nella prima
metà di giugno.45
Ma pure quella soluzione sarà provvisoria. Ad autunno inoltrato, in se-
guito a proteste della popolazione dei Mulini — proteste accolte dalla Depu-
tazione decurionale il 7 novembre — la Ragioneria intimerà a Don Borel
in data 14 novembre « che debba cessare col primo prossimo gennaio di
valersi della cappella dei Mulini ».46
43 ACT Ragionerie 1845 vol. 61 p. 560.
44 II 17 luglio il Mastro di Ragione riferisce alle autorità comunali che Don Colom-
bo ha presentato le dimissioni dall'ufficio di cappellano motivandole con la necessità
di dover accorrere e rimanere presso la numerosa famiglia del fratello, deceduto improv-
visamente.
45 II teologo Giorda d'anni 28, nominato cappellano di S. Pietro il 27 agosto,
svolgeva la stessa mansione presso il monastero del SS. Rosario: ACT Ragionerie 1845
vol. p. 61 p. 1249. Il ritiro della candidatura dei tre sacerdoti addetti all'Oratorio di
S. Francesco di Sales è comprovato da un allegato al medesimo documento. In data
27 agosto viene anche avanzata una proposta di diversa strutturazione del camposanto:
ACT Ragionerie 1845 vol. 61 p. 1237.
46 I due documenti sono conservati in ACT Ragionerie 1845 vol. 62 pp. 374 e 388.
Alla Ragioneria ed alle altre autorità torinesi comunque Don Bosco non mancherà di
rivolgersi ancora in seguito, allorquando il suo Oratorio, ormai non più vagabondo, dovrà
rispondere alle nuove esigenze dei giovani che colà si radunavano. Un esempio inedito per
tutti: la petizione dell'aprile 1847 (ACT Ragionerie 1847 vol. 66 p. 901): «Illustrissimi
Signori Sindaci, I Sacerdoti T. Giovanni Borel e D. Giovanni Bosco che si impegnano
alla direzione spirituale di giovani artisti dell'Oratorio di S. Francesco di Sales aperto
in Valdocco in vicinanza delle pie case del Rifugio, avendo inteso come sia desiderio
di molti giovani ivi accorrenti di impiegare qualche ora delle feste ad imparare a leggere
e scrivere, e volendo essi aderire a questa loro brama la quale seconda mirabilmente le
loro mire di tenere la gioventù in questi giorni lontana dall'ozio e dai vizi, hanno
divisato col consiglio di saggie persone di aprire scuola caritatevole ai medesimi, per il
che ricorrono rispettivamente alle SS. LL. Ill.me pregandole semmai esistessero nei ma-
gazzeni delle scuole della Ill.ma città delle panche, banchi o tavole fuori d’uso, che si

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216
Francesco Motto
Alcune perplessità
Conclusa la nostra ricostruzione degli avvenimenti di fine maggio (non-
ché di giugno-novembre), sorgono spontanee alcun obiezioni a quanto in
merito narrato da Don Bosco e da Don Lemoyne. Se Don Tesio ha vergato
veramente quella sua virulenta relazione alle autorità comunali, se il Munici-
pio di conseguenza ha « spiccato ordine di cattura contro Don Bosco se coi
giovani fosse colà ritornato », se — come è certo — Don Bosco ha visto e
portato le conseguenze del divieto di riunione rivolto alla congregazione dei
catechisti di S. Pelagia, come ha potuto pochi giorni dopo avanzare la domanda
di essere nominato cappellano del cimitero di S. Pietro o per lo meno di
potersi colà recare ogni domenica coi suoi giovani? Si badi bene: in entrambi
i casi, Don Bosco non ha alcun timore di manifestare apertamente le « atti-
vità oratoriane » che intende perseguire in quegli ambienti.
Si potrà rispondere: ma in giugno erano già morti sia Don Tesio che
la sua perpetua. Inoltre il divieto di assembramento non era direttamente
indirizzato a Don Bosco. Ma anche in tal caso permangono forti perplessità.
Ammesso pure che l'intimazione del 23 maggio non aveva di per sé come
esplicito destinatario l'Oratorio di S. Francesco di Sales, in realtà vietava
qualsiasi assembramento presso il cimitero di S. Pietro. Ed i ragazzi di Don
Bosco lo verificarono sulla propria pelle, costretti come furono ad allonta-
narsi da quel luogo la domenica 1° giugno. Ed ancora: perchè le autorità,
secondo Don Bosco, avrebbero dovuto cambiare radicalmente la loro opinione
sull'utilizzazione di quella chiesa nello spazio di pochissime settimane? Auto-
rità per di più che conoscevano — come rileverà il Mastro di Ragione
lo scatenamento dei giovani di Don Bosco, ben più disdicevole al « silenzio
delle tombe » che non la semplice e tranquilla preghiera dei catechisti di S.
Pelagia.
Infine domandiamoci: come mai manca qualsiasi documento al riguar-
do? Non c'è traccia della richiesta di Don Bosco di fine maggio, ed invece
è documentatissima quella dei catechisti di S. Pelagia dello stesso mese,
come pure le due di Don Bosco del mese di giugno ed anche quella di Don
Borel e compagni del mese di luglio. Non esiste verbale di assenso diretto o
indiretto alla supposta domanda di Don Bosco, ed invece si trovano tutti
i verbali delle sedute di maggio-novembre della Deputazione decurionale e
della Ragioneria in merito alle istanze dei suddetti catechisti per il mese
di maggio e di Don Bosco e collaboratori per i mesi seguenti. Ancora: come
mai non c'è accenno nei verbali della Ragioneria della denunzia scritta di
Don Tesio? Si potrebbe argomentare che una risposta sarebbe stata inutile,
essendo sufficiente quella del 23 maggio appena stilata. Ma allora: da chi,
quando e perchè fu emesso « ordine di cattura »?
degnino d’accordarne l’uso ai ricorrenti a quel titolo che giudicheranno meglio. I Ricorrenti ».

2.9 Page 19

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L'« Oratorio » di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
217
Come si vede, le obiezioni al racconto di Don Bosco e del suo primo
biografo non sono poche. Forse però una via di soluzione si può già intrave-
dere nelle prime righe dedicate da Don Bosco all'episodio in questione. Scrive
difatti il nostro:
Siccome il sindaco e in generale il Municipio erano persuasi della
insussistenza di quanto scrivevasi contro di noi,47 così a semplice richiesta,
e con raccomandazione dell'Arcivescovo, si ottenne di poterci recare nel
cortile e nella chiesa del Cenotafio del SS.mo Crocifisso, detto volgarmente
S. Pietro in Vincoli.
Ora per Don Bosco non deve essere stato particolarmente arduo otte-
nere la « raccomandazione dell'Arcivescovo ». Poteva fare affidamento sia
sulla fiducia che in lui aveva mons. Fransoni sia sull'appoggio presso di
questi di Don Borel, Don Cafasso e la marchesa Barolo. Il fatto stesso che
la congregazione dei catechisti di S. Pelagia non aveva incontrato ostacoli
presso le autorità cittadine per recarsi ogni domenica a S. Pietro in Vincoli,
poteva essere presentato come un valido precedente. Come abbiamo già rile-
vato, è plausibile pure un accordo verbale con Don Tesio, forse anche dietro
diretta istanza dell'arcivescovo o tramite il curato della chiesa dei SS. Simone
e Giuda, nella cui giurisdizione si trovava il cimitero di S. Pietro. Il con-
senso fu ottenuto da Don Bosco ovviamente prima del 25 maggio o prima
del 21/22 maggio, qualora sia stato Don Tesio ad avanzare gravi riserve
sulla presenza di « catechisti » nella sua cappella cimiteriale. Il terminus
a quo è il 18 maggio: in caso contrario Don Bosco, come si è detto, vi si
sarebbe recato anche quella domenica, cosa che non fece.
Quanto invece al permesso ottenuto dal « sindaco e in generale dal
Municipio » dietro « semplice richiesta » le difficoltà devono essere state
maggiori. E' comunque certo che una qualche autorizzazione ci deve essere
stata. Non è pensabile che Don Bosco possa aver trasferito a S. Pietro il suo
Oratorio senza per lo meno un consenso verbale del Vicario48 o di un sin-
daco o del Mastro di Ragione o di qualche altra pubblica autorità. Del resto,
la congregazione dei catechisti di S. Pelagia aveva avanzato formale richiesta
ai primi di maggio; Don Bosco stesso con Don Borel e Don Pacchiotti
agiranno analogamente sia per le due domande del mese di giugno che
per quella del mese di luglio. Tanto più che Don Bosco scrive di una sua
47 Qui Don Bosco scrive con la convinzione che già ai Mulini qualcuno avesse
presentato esposti alla Ragioneria contro di lui. Come già sappiamo (vedi nota 8) la sosta
dell'Oratorio ai Mulini fu successiva a quella a S. Pietro in Vincoli (ndr.).
48 Quella del Vicario era una magistratura complessa, che contemplava poteri poli-
tici, giudiziari, amministrativi e di polizia municipale. Dal 27 giugno 1835 al 17 giugno
1847 tenne questo incarico Michele Benso, marchese di Cavour, padre del famoso Gustavo
e dell'ancor più famoso Camillo. Sui rapporti fra Don Bosco e la famiglia Cavour,
qualche accenno è stato dato nel numero precedente di questa stessa rivista (pp. 4-5).

2.10 Page 20

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218 Francesco Motto
« semplice richiesta » e la pone dopo la revoca dell'autorizzazione per la
cappella dei Molassi. Solo nel caso in cui quella della fine di giugno fosse
la prima ed unica formale istanza di utilizzazione della cappella di S. Pietro
in Vincoli la si potrebbe ragionevolmente ammettere. Posto che quello di
maggio fu un semplice consenso orale (o tacito), posto che, secondo Don
Bosco, l’ostacolo maggiore, vale a dire la presenza di Don Tesio e della sua
irascibile serva, era stato tolto di mezzo, Don Bosco potrebbe non aver avuto
alcuna perplessità a richiedere ufficialmente l’uso della suddetta cappella.
Espressamente fino allora non aveva ricevuto alcuna proibizione in tale
senso. Se non si ammette che nelle sue Memorie Don Bosco possa aver
« drammatizzato » l'avventura di quel pomeriggio e soprattutto esagerato le
conseguenze per lui e per i suoi giovani (ordine di cattura!) difficilmente è
concepibile il suo operato dei mesi di giugno e luglio.
Quando fu concesso poi il suddetto permesso orale da parte delle autorità
cittadine? Come per quello delle autorità religiose, fra il 18 ed il 21/22
maggio, vale a dire prima che alla Ragioneria giungessero le lamentele contro
i catechisti di S. Pelagia e dopo la domenica 18 maggio, nella quale Don
Bosco non si recò coi suoi giovani al cimitero di S. Pietro.
Conclusione
Possiamo pertanto riassumere gli avvenimenti che si succedettero in quei
mesi, indicandone altresì con una certa precisione le rispettive date:
1. In quaresima: Don Bosco tenne i catechismi coi suoi collaboratori
presso il Rifugio o l’Ospedaletto di S. Filomena, e non alla cappella del cimi-
tero di S. Pietro in Vincoli.
2. Ai primi di maggio la « congregazione dei catechisti di S. Pelagia »
avanzò richiesta alle autorità comunali di poter utilizzare la cappella del
suddetto cimitero per recitarvi l'ufficio dei morti. Il 9 maggio la Ragioneria
non sollevò obiezioni al riguardo, salvo poi interdire l'accesso alla cappella
il 23 successivo. La diffida venne però resa di pubblica ragione nella setti-
mana dal 26 maggio al 1o giugno.
3. Il 14 maggio morì il cappellano dell'Azienda dei Mulini, Don Gio-
vanni Pozzi, d'anni 74, ed il giorno seguente si diede mandato al Mastro
di Ragione di contattare i Cappuccini perchè si assumessero l'impegno della
celebrazione domenicale della Messa in quella cappellania.
4. Fra il 18 ed il 22 maggio Don Bosco ottenne dalla autorità religiose
e da quelle civili di poter disporre dei locali annessi al cimitero di S. Pietro
ai fini delle sue attività oratoriane. La domenica 25 maggio vi si recò coi suoi
giovani, suscitando le ire della donna di servizio del cappellano. Intanto il

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L'« Oratorio » di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
219
23 maggio il Mastro di Ragione aveva comunicato alla Ragioneria l’accordo raggiunto con i
Cappuccini per la celebrazione domenicale ai Mulini.
5. La settimana dal 26 maggio al 1° giugno fu densa di avvenimenti:
mercoledì, 28, morì Don Tesio; giovedì, 29, Don Cafasso redasse la lettera
di raccomandazione alla moglie di uno dei sindaci per la nomina di Don
Bosco a cappellano di S. Pietro in sostituzione del defunto Don Tesio. Lo
stesso giorno o il giorno appresso Don Bosco (con Don Pacchiotti e Don
Borel) avanzò la sua candidatura e chiese i buoni uffici del conte di Larisse.
Sul finire della settimana venne a mancare la serva del cappellano. La do-
menica, 1° giugno, era già stato pubblicato l’interdetto della Ragioneria per
assembramenti nei locali del cimitero di S. Pietro.
6. Il 12 giugno le autorità cittadine vennero invitate a restaurare la
cappella del cimitero di S. Pietro e quella di S. Martino ai Mulini in vista
della annunciata visita pastorale dell'arcivescovo. Il 18 giugno il Mastro di
Ragione fece la sua relazione alla Ragioneria circa i 17 aspiranti alla nomina
di cappellano del cimitero. Il giorno seguente, con l'entrata in vigore del
nuovo regolamento del cimitero stesso, venne nominato Don Felice Colombo,
che si assunse pure l'onere di provvedere alla celebrazione festiva alla cappella
dei Mulini.
7. Sul finire di giugno Don Bosco, Don Borel e Don Pacchiotti inoltra-
rono domanda scritta di tenere il loro Oratorio presso il cimitero di S. Pietro.
La richiesta venne respinta il 3 luglio successivo dalla Ragioneria.
8. Fra il 4 ed il 9 luglio Don Borel (a nome anche di Don Bosco e di
Don Pacchiotti) presentò alle medesime autorità una nuova petizione: quella
di poter disporre ogni domenica per alcune ore della cappella dei Mulini.
Giovedì, 10 luglio, l'istanza venne accolta.
Questi sono i risultati espliciti, anche se non apodittici, cui la nostra
ricerca ha condotto. Ci pare comunque che là dove abbiamo operato delle
congetture, le stesse avessero fondamento per essere poste. Non ci si stupisca
più di tanto del fatto che Don Bosco e Don Lemoyne siano incorsi in quelle
imprecisioni e sviste che sono state segnalate. La critica storica di oggi è
ben più agguerrita di quella che Don Bosco ed il suo biografo hanno adottato
nella stesura delle loro Memorie nella seconda metà del secolo scorso. I fini
cui essi obbedirono49 sono ben diversi da quelli perseguiti dalla moderna
storiografia. La verità storica cresce per altro proprio in quanto le ipotesi
49 Si vedano le rispettive introduzioni. Per le Memorie dell'Oratorio, l’edizione di
E. Ceria a p. 15-16; per le Memorie Biografiche, vol. I pp. VII-XII, pp. 120-122; vol.
IV pp. VII-VIII; vol. VIII pp. 1-2.

3.2 Page 22

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Francesco Motto
del passato cadono man mano che il certo si sostituisce all’ipotetico ed al verosimile.
Se poi pensiamo che Don Bosco vergò le sue Memorie dopo 30 anni dai
fatti che veniva narrando, in condizioni psico-fisiche non sempre ideali, nel
periodo di più febbrile attività della sua vita (erano gli anni dell'approva-
zione delle Costituzioni della Società salesiana, della diffusione della Con-
gregazione all'estero, della fondazione dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice, della preparazione della prima spedizione missionaria in America
Latina...) allora non c'è da sorprendersi che non sia riuscito a ricostruire
con la massima esattezza cronologica e fattuale gli avvenimenti delle sue
prime esperienze sacerdotali. Quanto alla metodologia di lavoro di Don
Lemoyne molto e con competenza è già stato scritto, e ad esso rimandiamo.50
50 F. DESRAMAUT, Les Memorie I... pp. 1-8; 29-55; 80-86; 157-162; 411-418.