U« Oratorio » di Don Bosco presso il cimitero di S. Pietro in Vincoli in Torino
201
Siccome il sindaco e in generale il Municipio erano persuasi della in-
sussistenza di quanto scrivevasi contro di noi, così a semplice richiesta,
e con raccomandazione dell'Arcivescovo, si ottenne di poterci raccogliere
nel cortile e nella chiesa del Cenotafio del SS.mo Crocifisso, detto volgar-
mente S. Pietro in Vincoli.7 Così dopo due mesi di dimora a S. Martino8
noi dovemmo con amaro rincrescimento trasferirci in altra nuova località,
che per altro era più opportuna per noi.9 Il lungo porticato, lo spazioso
cortile, la chiesa adattata per le sacre funzioni, tutto servì ad eccitare
entusiasmo nei giovanetti, sicché parevano frenetici per la gioia.
Ma in quel sito esisteva un terribile rivale, da noi ignorato. Era questi
non un defunto, che in gran numero riposavano nei vicini sepolcri; ma una
persona vivente, la serva del cappellano. Appena costei cominciò a udire
i canti e le voci e, diciamo anche, gli schiamazzi degli allievi, uscì fuori
di casa tutta sulle furie, e colla cuffia per traverso e colle mani sui
fianchi si diede ad apostrofare la moltitudine dei trastullanti. Con lei
inveiva una ragazzina, un cane, un gatto, tutte le galline, dimodochè sem-
brava essere imminente una guerra europea. Studiai di avvicinarmi per
acquetarla, facendole osservare che quei ragazzi non avevano alcuna cattiva
volontà, che si trastullavano, né facevano alcun peccato. Allora si volse
contro di me e diedemi il fatto mio.
In quel momento ho giudicato di far cessare la ricreazione, fare un
po' di catechismo, e, recitato il Rosario in chiesa, ce ne partimmo colla
speranza di ritrovarci con maggiore quiete la domenica seguente. Ben il
contrario. Allora che in sulla sera giunse il cappellano, la buona domestica
se gli mise attorno e chiamando D. Bosco e i suoi figli rivoluzionari, pro-
fanatori dei luoghi santi e tutta fior di canaglia, spinse il buon padrone a
scrivere una lettera al Municipio. Scrisse sotto il dettato della fantesca,
ma con tale acrimonia, che fu immediatamente spedito ordine di cattura
per chiunque di noi fosse colà ritornato.
Duole il dirlo, ma quella fu l'ultima lettera del cappellano D. Tesio,
il quale scrisse il lunedì, e poche ore dopo, era preso da colpo apoplettico
che lo rese cadavere quasi sull'istante. Due giorni dopo, simile sorte toccava
7 II cimitero di S. Pietro in Vincoli, affettuosamente chiamato dai torinesi S. Pé
dij Còj, all'esterno era improntato ad una architettura settecentesca, all'interno invece
era contornato da un porticato a pianta rettangolare. Sul lato opposto a quello dell'entrata
principale si trovava (e si trova tuttora) una cappella cimiteriale, dedicata al S. Croci-
fisso, della superficie di circa 100 mq. L'inumazione in detto cimitero era cessata per
le sepolture comuni una quindicina d'anni prima che Don Bosco vi ponesse piede; al
contrario per le famiglie nobili che vi possedevano tombe nelle cripte sotto i portici
continuò ancora per qualche decennio, nonostante la proibizione ufficiale del 1854 (ndr.)
8 Don Bosco nel raccontare la fermata del suo Oratorio al cimitero di S. Pietro in
Vincoli cade qui in una prima svista di indole cronologica: la pone dopo quella presso la
cappella di S. Martino ai Mulini Dora (o Molassi), anziché, come invece avvenne, prima
di quel tentativo, per altro andato a sua volta vuoto dopo pochi mesi. Nel medesimo
errore cadono Don Rua, Don Berto, Don Cagliero ed altri testimoni nelle loro deposi-
zioni al processo di beatificazione-canonizzazione di Don Bosco. Più attenti invece sono
Don Lemoyne e Don Ceria che da ineccepibile documentazione sono indotti a correggere
e precisare le date (ndr.),
9 II cimitero di S. Pietro in Vincoli, presso il Cottolengo, distava poche centinaia
di metri dall'Ospedaletto di S. Filomena e dal Rifugio presso i quali Don Bosco col
consenso della marchesa Barolo poteva di domenica radunare i suoi giovani (ndr.).