40_anno21_num1_0107-0120


40_anno21_num1_0107-0120



1 Pages 1-10

▲back to top


1.1 Page 1

▲back to top


NOTE*
PER UNA POLITICA DEI BENI CULTURALI
NELLA FAMIGLIA SALESIANA
Il caso degli archivi di interesse storico
Francesco Motto**
Tocca a me la parola introduttiva ai lavori di questi giorni, che vedono
la partecipazione di molti operatori d’archivio e di numerosi fruitori degli
stessi archivi, salesiani e non salesiani. Il mio intervento vuole, da una parte,
introdurre le relazioni e le comunicazioni che seguiranno, e, dall’altra, fare
da sfondo e da “provocazione” a quel dibattito fra i presenti, che costituirà
l’aspetto sostanziale del nostro seminario.
La conservazione di quelli che oggi si definiscono “beni culturali”, vale a
dire il patrimonio storico, archivistico, librario, archeologico, artistico del pas-
sato (pittura, scultura, architettura, mosaico, musica...) non è certo una novità
nella storia. L’uomo ha continuamente cercato, con esiti per altro non sempre
positivi, di difenderlo come memoria storica, veicolo di cultura, strumento di
progresso, segno del genio umano. La storia offre al riguardo infinite testimo-
nianze, che tutti ben conosciamo. È però un fatto che negli ultimi decenni del
secolo scorso si è assistito un po’ ovunque a un rinnovato interesse per tale
“patrimonio dell’umanità”, e ciò sia a livello civile che ecclesiastico.
Il discorso vale, almeno in parte, anche per la Famiglia Salesiana. Se, in
generale, gli studiosi e gli appassionati di don Bosco sono sempre stati attenti
e interessati alla difesa della documentazione archivistica e libraria, il nostro
primo Convegno di Storia dell’Opera Salesiana (Roma, novembre 1992) af-
frontò espressamente il tema, sia pure in termini di semplice verifica. Dai due
* Sono qui pubblicati alcuni degli interventi che hanno avuto luogo nel corso dei seminari
continentali: “SCRIPTA VOLANT. LA CONSERVACIÓN DE NUESTRAS MEMORIAS (SAVING OUR CUL-
TURAL HERITAGE)”, promossi dall’Associazione Cultori di Storia Salesiana (ACSSA) in col-
laborazione con l’Istituto Storico Salesiano (ISS) e tenutisi a Madrid (1-4 novembre 2001),
a Chennai (19-22 dicembre 2001) e a Montevideo (8-11 febbraio 2002): cf RSS 39, pp. 377-
381 e qui di seguito, pp. 205-206. Altre singole comunicazioni, gli interventi delle tavole ro-
tonde e soprattutto le conclusioni dei dibattiti saranno invece consegnati ai superiori salesiani
competenti e agli “addetti ai lavori” mediante gli strumenti ritenuti più idonei.
** Direttore dell’Istituto Storico Salesiano di Roma.

1.2 Page 2

▲back to top


108 Francesco Motto
successivi Convegni sono poi emersi i due maggiori problemi del momento:
la conservazione del patrimonio storico già acquisito dal rischio sempre in-
combente della dispersione e la produzione di una documentazione “signifi-
cativa” ai vari livelli, con la sempre utile forma cartacea o con gli strumenti
della moderna tecnologia.
Mi propongo qui di dare un fugacissimo sguardo ad una situazione na-
zionale, alla recentissima pubblicistica dalla Santa Sede e alla storia sale-
siana1. Concluderò con alcune considerazioni e tre proposte.
1. A livello civile
A semplice scopo esemplificativo, mi soffermo su un caso solo, quello
italiano che meglio conosco, ma è del tutto evidente che quanto verrò dicendo
per l’Italia è applicabile, in misura maggiore o minore, a tutti i paesi del
mondo.
In Italia il 14 dicembre 1974 venne istituito il “Ministero per i beni cul-
turali e per l’ambiente” ai fini, urgenti e necessari, di affidare unitariamente
alla specifica competenza di un Ministero appositamente costituito la ge-
stione, la tutela e la valorizzazione di un patrimonio di estrema rilevanza sul
piano interno e internazionale. Nell’ottobre 1998 esso fu sostituito dal nuovo
“Ministero per i Beni e le Attività Culturali”, che avocava a sé diverse com-
petenze di altri Ministeri nel settore della cultura, dello spettacolo, della tutela
del paesaggio e della vigilanza sugli organismi sportivi.
Il Ministro dispone di ben otto Direzioni generali: per il patrimonio sto-
rico, artistico e demoetnoantropologico, per i beni architettonici ed il pae-
saggio, per l’architettura e l’arte contemporanee, per i beni archeologici, per
gli archivi, per i beni librari e gli istituti culturali, per il cinema, per lo spetta-
colo dal vivo.
Per limitarci alla sola Direzione generale degli Archivi, sono presenti
cinque sezioni:
a. Servizio I: Affari Generali, Personale e Bilancio (studi e statistiche; veri-
fica dell’attuazione di piani e programmi e del raggiungimento degli obiettivi
da parte degli organi periferici; bilancio, programmazione e controllo di ge-
stione; gestione dei servizi generali e funzionamento, gestione dei flussi do-
cumentali, degli archivi, dei sistemi informativi...).
b. Servizio II: Archivi Statali (attività in materia di archivi di Stato, coordina-
1 Per motivi storico-culturali il riferimento maggiore sarà a don Bosco e alla società sale-
siana; ma è evidente che il discorso, mutatis mutandis, vale anche per l’Istituto delle Figlie
di Maria Ausiliatrice.

1.3 Page 3

▲back to top


Per una politica dei beni culturali nella famiglia salesiana 109
mento dell’attività delle scuole di archivistica presso gli archivi di Stato;
coordinamento del servizio didattico e dell’attività delle biblioteche presso gli
Istituti archivistici).
c. Servizio III: Archivi non Statali (attività in materia di archivi e documenti
non statali e degli enti ecclesiastici; controllo sulle case d’asta e di vendite
mobiliari).
d. Servizio IV: Servizio Tecnico (attività di produzione e restauro dei beni ar-
chivistici; organizzazione di corsi in materia di tecnologia archivistica e re-
stauro dei beni archivistici).
e. Servizio V: Documentazione e pubblicazioni archivistiche (tenuta degli
schedari dei fondi archivistici; pubblicazioni scientifiche, divulgative e didat-
tiche; gestione della biblioteca; coordinamento di comitati e commissioni).
Il Ministero logicamente è tenuto a seguire le Leggi e i Provvedimenti
del Parlamento, promuove iniziative legislative parlamentari o governative,
tende ad armonizzare le proprie norme alle direttive europee ed accoglie le
convenzioni internazionali.
2. A livello di Chiesa Cattolica ufficiale
Se lungo i secoli anche la Chiesa, in diversi modi, ha prestato attenzione
ai beni culturali soprattutto in quanto veicoli d’evangelizzazione e testimo-
nianze eloquenti della fede, papa Giovanni Paolo II, nel 1988, creava un’ap-
posita “Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa”, Commis-
sione che cinque anni dopo (25 marzo 1993) rinnovava e dotava di autonomia
giuridica e organizzativa.
Essa, messasi immediatamente in contatto con le Istituzioni ecclesiali
che avevano diretta responsabilità di custodia, valorizzazione ed educazione
nei riguardi dei beni culturali, il 1° aprile 1994 inviava a tutte le Superiore e i
Superiori Maggiori degli Ordini e delle Congregazioni Religiose la lettera cir-
colare Fra le sollecitudini2, nella quale chiedeva loro di corrispondere in
modo adeguato all’appello del S. Padre per “rendersi magis magisque consci
dell’importanza e della necessità del patrimonio artistico e storico della
Chiesa” da conservare, da valorizzare e da continuare a costituire “per il no-
stro tempo e per il futuro”. Affermava altresì che i beni culturali “vanno consi-
derati non soltanto quali elementi d’interesse antropologico e sociale, ma so-
prattutto quali espressioni significative di una fede che cresce nella Chiesa e
trova espressioni sempre più consone per manifestare la sua interiore vitalità”.
2 Una analoga era stata inviata ad arcivescovi e vescovi il 19 marzo precedente.

1.4 Page 4

▲back to top


110 Francesco Motto
Indicava una quadruplice tipologia di beni: 1. Le chiese ed edifici (antichi
e nuovi); 2. Il materiale museale: “provocazione per ritrovare le proprie ra-
dici”; 3. Il materiale archivistico: “È alla scuola della storia che il Religioso
riscopre le suggestioni dello Spirito [...] Al di là di una diffusa impressione,
l’archivio delle Comunità Religiose non è un luogo dove ci si rifugia nel pas-
sato, ma è lo spazio dove ci si apre al futuro”; 4. Il materiale librario: “Non si
tratta di riempire scaffali, ma di colmare il cuore attingendo alla sapienza dei
padri e delle madri nella fede, linfa di vita nuova, in un itinerario di approfon-
dimento culturale che è parte integrante del cammino d’aggiornamento indivi-
duale e comunitario per la crescita del singolo e dell’intera famiglia”.
La lettera proseguiva con altre considerazioni, fra cui l’invito:
a. a preparare “con serietà professionale le persone che prendano in custodia
i Beni Culturali del passato, non semplicemente per una inerte conser-
vazione, quanto piuttosto per una cosciente e doverosa valorizzazione del
patrimonio”;
b. a tener presente che “Nelle programmazioni economiche degli Istituti Reli-
giosi non si può ignorare il problema dei Beni Culturali” e che “Ogni Istituto
Religioso approfondisca e certifichi, mediante appropriati strumenti di ri-
cerca, il proprio cammino storico nel contesto della più ampia storia della
Chiesa e della società”.
Successivamente la stessa Commissione pontificia pubblicava, sempre
nelle principali lingue, lettere circolari relative ai singoli “beni culturali”:
prima, Biblioteche ecclesiastiche nella missione della Chiesa (19 marzo
1994), poi La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici (2 febbraio 1997),
ancora la Necessità e urgenza dell’inventariazione e catalogazione dei beni
culturali della Chiesa (8 dicembre 1999), infine, pochi mesi or sono, La fun-
zione pastorale dei musei ecclesiastici (15 agosto 2001)3.
Motivazioni, riflessioni, convinzioni e proposte concrete si alternano
lungo le pagine di tali documenti, che coscienza professionale vorrebbe fos-
sero ben conosciute dagli “addetti ai lavori”. Di grande valore, nella conclu-
sione della lettera sugli archivi, la citazione di papa Paolo VI: “l’avere il
culto di queste carte, dei documenti degli archivi, vuol dire di riflesso avere il
culto di Cristo, avere il senso della Chiesa, dare a noi stessi e dare a chi
verrà dopo la storia del passaggio di questa fase del transitus Domini nel
3 Interessante notare che il 16 maggio 2000 il Ministro per i beni e le attività culturali
d’Italia e il presidente della Conferenza episcopale italiana hanno firmato un’intesa relativa
alla conservazione e consultazione degli archivi d’interesse storico e delle biblioteche degli
Enti e istituzioni ecclesiastiche. In essa sono previsti interventi da parte della Chiesa Cattolica,
dello Stato, in collaborazione Chiesa Cattolica/Stato sia per gli Archivi di interesse storico che
per le Biblioteche.

1.5 Page 5

▲back to top


Per una politica dei beni culturali nella famiglia salesiana 111
mondo”.
Non va neppure sottovalutato un quinto documento, altrettanto recente
(23 maggio 1999): “Per una pastorale della cultura” edito dal Pontificio
Consiglio della Cultura, in cui si richiama l’importanza di “stimolare la for-
mazione e la moltiplicazione di biblioteche specializzate nel campo del patri-
monio culturale, cristiano e profano, di ogni regione, offrendo ampie possibi-
lità di contatto con questo patrimonio al maggior numero di persone”.
3. A livello salesiano
a. Il fondatore, don Bosco e la prima generazione di salesiani
Don Bosco conservò con cura i documenti apparentemente più umili e
fragili: i suoi quaderni scolastici, il libretto su cui appena sacerdote cominciò
a notare le intenzioni delle messe da celebrare, i pezzi di carta che attestavano
il pagamento del panettiere e del tipografo, le ricevute dei soldi dati dai geni-
tori o benefattori dei suoi ragazzi, i registri anagrafici, quelli del profitto sco-
lastico dei giovani, quietanze di tipografi, ecc. Il teologo Giovanni Borel, suo
primo collaboratore, già nel 1846 teneva e custodiva la contabilità; poi don
Vittorio Alasonatti cominciò a raccogliere registri di accettazione, di spese e
introiti, di profitto scolastico.
Nonostante la massa di giovani presenti a Torino-Valdocco, don Bosco
aveva pure costituito una rispettabilissima biblioteca, 15.000 volumi, prove-
nienti da varie parti; libri per la catechesi, per la predicazione, per la scuola,
per la composizione di volumi adatti ai giovani ed al popolo erano stati rac-
colti ed ordinati. La biblioteca di Valdocco era addirittura in grado di prov-
vedere nuclei di biblioteche ad altre case della società salesiana: S. Benigno
Canavese, Torino-Valsalice, Roma S. Cuore, Catania ecc.
Fin dall’inizio della sua opera don Bosco fu dunque un buon organizza-
tore. Tra i suoi primi scritti troviamo un Regolamento per gli Oratori Festivi,
composto tra il 1847 e il 1852, di cui si conserva il manoscritto. L’intero capi-
tolo IX è dedicato all’archivista o cancelliere ed il cap. X (della terza parte) al
bibliotecario. Si tratta per altro di una serie di disposizioni mutuate da altri re-
golamenti, che se negli oratori di Torino rimasero, a quanto pare, piuttosto
lettera morta, ciononostante sono indice di attenzione al problema.
Inoltre lo spessore del noto assioma historia magistra vitae era indiscuti-
bilmente presente nella coscienza di don Bosco, non solo in linea teorica, ma
anche in funzione della fondazione e sviluppo della società salesiana e delle
altre associazioni che da lui presero origine.
Il fatto di dare inizio a tali fondazioni richiese anzitutto un obbligo di ge-

1.6 Page 6

▲back to top


112 Francesco Motto
losa conservazione e intelligente valorizzazione d’ogni tipo di documentazione
e memoria, valide a testimoniare nel futuro i lineamenti caratterizzanti le istitu-
zioni salesiane e a favorire, sul piano della continuità dinamica, la salvaguardia
della fedeltà delle origini. Soprattutto la dimensione “educativo-carismatica”
spingeva alla salvaguardia del patrimonio da trasmettere ai futuri continuatori
per superare il grave rischio dell’improvvisazione o della novità priva di radici,
proprio a motivo di mancanza di “memoria” e di adeguata sensibilità.
Basti a tal proposito leggere quanto don Bosco scriveva nell’introdu-
zione alle Memorie dell’Oratorio:
“A che dunque potrà servire questo lavoro? Servirà di norma a superare
le difficoltà future, prendendo lezione dal passato; servirà a far cono-
scere come Dio abbia egli stesso guidato ogni cosa in ogni tempo;
servirà ai miei figli di ameno trattenimento, quando potranno leggere
le cose cui prese parte il loro padre4.
Per soffermarci al discorso della documentazione esso fu ripreso nei mo-
menti più importanti della società salesiana, quali i Capitoli Generali. Una
sola citazione, quella che si legge nel verbale del I° di tali Capitoli, effettuato
nel 1877 – esattamente 125 anni fa – a soli tre anni di distanza dall’approva-
zione definitiva delle Costituzioni:
“Tra noi ora si lavora molto, si fanno molte cose, ma non teniamo me-
moria delle cose che si fanno [...] Ora ci accorgiamo, essendo definitiva-
mente approvata la Congregazione, che dobbiamo dare norma a chi
verrà in seguito dopo di noi. Il vedere che da noi si è operato in un modo
piuttosto che in un altro e che la cosa riuscì, indicherà a loro la via per
la quale devono camminare. Io, seguitò D. Bosco, pel momento trovo di
maggior importanza questo che le altre cose: perciò credo necessario,
che ciascun direttore pensi e studi il modo più opportuno, ma che da
tutti si faccia una monografia del proprio collegio e questa monografia
si continui ogni anno dal direttore pro tempore esistente in collegio [...]
ma più che ad ogni altra cosa si badi a portare i documenti autentici ed
indicare dove essi si trovano [...] Mi sono informato da varii e vedo che
tutti gli ordini religiosi hanno questa specie di cronaca, e minuta, e do-
cumentata e continuano a lavorarvi attorno alacremente sebbene l’or-
dine sia in decadenza [...] Ogni tre anni poi tutte le case mandano copia
dei loro annali all’archivio generale [...] Gli annali devono essere ben
scritti ed elaborati [...] Vi è gran bisogno di discernimento nello scri-
verli; sapere evitare le ripetizioni, le cose che non hanno conseguenze,
le minutezze”. (ASC D 578, Conferenza 14a, 13 settembre, pp. 178-180).
I salesiani della prima generazione hanno conservato il gusto statistico
4 G. BOSCO, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855. Introdu-
zione, note e testo critico a cura di Antonio Da Silva Ferriera. (ISS, Fonti, serie prima, 4).
Roma, LAS 1991, p. 30.

1.7 Page 7

▲back to top


Per una politica dei beni culturali nella famiglia salesiana 113
ed il senso dell’organizzazione che era stato proprio di don Bosco: schedari,
indirizzari, elenchi, minute di documenti, ricevute, bollette; tutto ciò che po-
teva servire per creare un’immagine di don Bosco e della sua opera all’opi-
nione pubblica, per mobilitare aiuti finanziari al riguardo. I primi salesiani
conservarono pure il senso della biblioteca in funzione non solo di immediato
uso amministrativo o di particolari contingenze5.
Ovviamente non erano tutte rose e fiori. Basta leggere quanto scriveva il
3 agosto 1876 da Torino don Giulio Barberis al conte Conestabile della Staffa
Mi rincresce molto di non poter per il momento compiacerla di più; ma sic-
come noi non siamo soliti tener conto di cose, che potrebbero servire di no-
stra lode, così ora non potrei trovare altro” (ASC B 5070246); ancor più de-
ciso l’11 gennaio 1879 da Nice don Cagliero a don Rua: “Ti noto però che,
che nessuno mai sa trovare niente in questo archivio [delle FMA a Nizza
Monferrato], il quale se vi ha e dove sia nissuno lo sa” (ASC A 4380417).
b. Le successive generazioni
Purtroppo le successive generazioni ignorarono spesso le disposizioni di
don Bosco, ripetute e sollecitate dai suoi successori, don Michele Rua, don
Paolo Albera e don Filippo Rinaldi, i quali non mancarono di insistere per ri-
cevere cronache, rendiconti morali, rendiconti economico-amministrativi, sta-
tistiche ecc. Tutto ciò che era di carattere storico, prima o poi, si tentò di eli-
minarlo. Dall’archivio centrale di Valdocco archivisti talvolta improvvisati ed
improvvidi permisero la scomparsa o la distruzione di materiali che avreb-
bero reso meno ardua la fatica degli studiosi 6. Le biblioteche di Torino, S.
Benigno Torinese, Genova-S. Pier D’Arena, Torino-Valsalice di rilevante va-
lore per la storia di don Bosco e dei salesiani furono ridotte al senso di imme-
diata funzionalità: in ordine alla scuola, alla meditazione e lettura spirituale
ecc. La biblioteca di S. Benigno Canavese in parte venne trasportata a Mon-
teortone-Padova (poi a Verona-Saval, poi Verona-D. Bosco) ed in parte all’e-
stero. Quella di Genova-S. Pier D’Arena finì o a Pietrasanta (Lucca) o andò
dispersa. Quella di Valdocco fu smembrata: parte a Torino-Valsalice, parte al-
5 Già negli anni 1860-1861 i giovani membri della nascente società religiosa si sentirono in
dovere di formare una Commissione per registrare i fatti giudicati straordinari e le parole del lo-
ro Superiore e Padre, perché “nulla di quello che appartiene a don Bosco cadesse in oblio”. For-
te fu dunque l’impegno dei nostri primi confratelli nel raccogliere tutto ciò che poteva servire per
tramandare la storia delle origini e nel dedicarsi di persona, senza risparmio di tempo, a docu-
mentare gli avvenimenti più rilevanti. L’interesse per la documentazione storica si evidenzia in
modo particolare nella cura degli archivi, di cui si trovano attestazioni in varie parti delle monu-
mentali Memorie Biografiche, che poterono essere compilate proprio con i documenti d’archivio.
6 Neppure è mancato il caso di lettere autografe di don Bosco date da qualche superiore
“in regalo” a singoli salesiani, con il conseguente trasporto di esse in località di pressoché
impossibile individuazione.

1.8 Page 8

▲back to top


114 Francesco Motto
l’UPS di Roma, parte a Torino-Crocetta, parte alla Casa generalizia di Roma,
e parte rimase in sede. Prevalse spesso la tendenza alla noncuranza ed all’eli-
minazione di quanto risultava ingombrante ovvero oggetto di piccolo lucro.
Se questo fu il destino dell’Archivio Salesiano Centrale (ASC) e della
Biblioteca di Valdocco, non poté certo essere migliore quello degli archivi pe-
riferici, non essendoci, fra l’altro, traccia di qualche particolare organizza-
zione o regolamento archivistico7.
Ben cosciente di questo fatto, il Rettor Maggiore don Ricaldone, che nel
1937 aveva già dedicato un intero numero degli Atti del Consiglio Superiore
alle Biblioteche salesiane8, nel 1943 fece altrettanto per gli archivi ispettoriali
e locali della congregazione9.
La guerra mondiale in corso e la successiva fase della ricostruzione
rallentarono la completa attuazione delle minuziosissime norme date dal
Rettor Maggiore. Arrivarono poi presto i tempi del rinnovamento conciliare,
della “contestazione”, della crisi vocazionale, per cui solo dopo un periodo di
forte incertezza, nei primi anni ottanta la società salesiana riprese chiara e
ampia posizione in favore degli archivi, grazie anche al centenario delle mis-
sioni salesiane, alla fondazione del Centro Studi don Bosco presso l’UPS
e dell’Istituto Storico Salesiano all’interno della Direzione Generale, al rinno-
vamento della sede dell’Archivio Salesiano Centrale.
c. La normativa esistente e l’auspicio del Rettor Maggiore, don J. E. Vecchi
Invero sia nella Società salesiana che nell’Istituto delle FMA rimane-
vano sempre in vigore proprie norme specifiche, oltre la legislazione del Co-
dice di diritto canonico riguardanti gli archivi della Curia diocesana (can.
486-491) e gli archivi parrocchiali (can. 535 §4), cui analogicamente avreb-
bero dovuto adeguarsi gli archivi locali (ispettoriali e delle singole case).
L’art. 144 delle Costituzioni SDB accenna all’“archivio centrale della
Società”, e così pure l’art. 133 delle Costituzioni FMA. Dell’“archivio del-
l’Ispettoria” parla esplicitamente l’art. 159 dei Regolamenti SDB, che tratta
dei compiti del Segretario ispettoriale (e analogamente l’art. 155 delle Cost. e
118 dei Regolamenti FMA). Ma ne accenna anche l’art. 62 dei Regolamenti
SDB, dove si afferma la “speciale importanza” che riveste la conservazione
dell’archivio, insieme con le biblioteche e l’altro materiale di documenta-
7 Analogamente per le biblioteche; basti pensare alla dispersione pochi anni fa della biblio-
teca di una casa “storico-carismatica” come Lanzo torinese, o di quella, pure importantissima,
della casa di Roma-S. Cuore, smembrata e parzialmente svenduta. Né diversa fu la sorte anche
di alcuni importanti musei, specialmente in America Latina.
8 ACS n. 84 (novembre-dicembre 1937), 47 p.
9 ACS n. 120 (novembre-dicembre 1943), pp. 274-305. Ovviamente don Ricaldone sia
per la circolare sulle biblioteche che per quella sugli Archivi si servì del materiale preparatogli
da commissioni di studio appositamente formate.

1.9 Page 9

▲back to top


Per una politica dei beni culturali nella famiglia salesiana 115
zione, “per il loro grande valore culturale e documentario”.
L’art. 178 dei Regolamenti SDB tratta dell’archivio locale; lo stesso arti-
colo accenna anche all’importanza della “cronaca della casa”. L’art. 126 dei
Regolamenti FMA a sua volta indica quanto deve essere conservato nell’Ar-
chivio ispettoriale. Si devono ricordare anche gli art. 117, 129 dei Regola-
menti delle FMA e l’art. 190 di quelli dei SDB che danno indicazioni circa
l’”archivio amministrativo” sia a livello ispettoriale che locale.
Successivamente all’approvazione definitiva delle Costituzioni nel 1984,
il Segretario generale della Società salesiana dedicava alcune pagine degli
Atti del Consiglio generale alla cronaca della casa10 e lo stesso faceva succes-
sivamente circa la documentazione storica e gli archivi11. Un elenco dei prin-
cipali contenuti di un archivio salesiano locale è riportato, per utilità degli ar-
chivisti e come criterio di riferimento, anche se non esaustivo, nel manuale
“Elementi giuridici e prassi amministrativa nel governo dell’Ispettoria”
[1987] e nel “Manuale dell’ispettore” del medesimo anno.
A tali disposizioni e note lo stesso Segretario Generale dei SDB si rife-
risce nei normali corsi di formazione degli ispettori e nei saltuari incontri con
i segretari. Analogamente si comporta la Segretaria Generale nei periodici in-
contri con le segretarie ispettoriali delle FMA.
L’attuale RM, don J. E. Vecchi, nel 1997, dedicava al problema culturale
un’intera lettera circolare dal significativo titolo: “Io per voi studio. La prepa-
razione adeguata dei confratelli e la qualità del nostro lavoro educativo12.
In essa affermava: “Nel piano [ispettoriale] va considerato anche il compito
di assicurare la memoria storica salesiana, come comunicazione di un’espe-
rienza riflettuta, che esprime concretamente l’identità vissuta in diversi
contesti e culture, in momenti storici ordinari e in situazioni eccezionali [...]
Chi trascura la memoria perde le radici [...] Non possiamo perdere un patri-
monio così prezioso [...] Ogni ispettoria senta la responsabilità di conservare,
ristudiare, di comunicare la propria storia [...] Per farlo sono indispensabili
ricerche specializzate, ma è anche importante quella attenzione quotidiana,
che si manifesta nella cura per la cronaca, nella custodia degli archivi, nella
10 ACG n. 324 (gennaio-marzo 1988), pp. 50-56.
11 ACG n. 351 (gennaio-marzo 1995), pp. 33-44.
12 ACG n. 361 (ottobre-dicembre 1997), pp. 3-47.
13 Ibid., p. 35. Nel 1998 don Vecchi, a conclusione di una serie di viaggi, nel corso dei
quali aveva partecipato a molte celebrazioni giubilari, pur soddisfatto dei suggestivi volumi
editi in tali occasioni per raccontare e far rivivere tale memoria storica appositamente “per il
popolo” e per “quei di casa”, non mancava però di indicare ulteriori e precise mete: “Si sente
allo stesso tempo l’urgenza di una maggior completezza storica e un miglior impianto degli
studi, che rendano adeguatamente l’immagine del nostro insediamento in un contesto con-
creto”. La richiesta non poteva essere più perspicua. Era un preciso invito a mettere in cantiere
studi e ricerche, che nel metodo, nei contenuti e nello stile andassero al di là sia della contin-
genza che dell’area salesiana.

1.10 Page 10

▲back to top


116 Francesco Motto
conservazione della documentazione significativa13.
Alla storiografia salesiana in genere, alla necessità della cura degli ar-
chivi, delle biblioteche e alla preparazione del personale qualificato per l’Isti-
tuto Storico Salesiano il Rettor Maggiore dedicava parte di una seduta del
Consiglio Generale nel luglio 199914.
4. Perché raccogliere, ordinare, inventariare, studiare
e rendere accessibile il patrimonio archivistico?
Dalle pur scarne citazioni che ho fatto di alcuni documenti della Chiesa
e della Società salesiana non è difficile intuire la serie di motivazioni che si
possono facilmente portare a sostegno della necessità dell’ordinamento, tu-
tela, gestione e promozione del materiale raccolto nei nostri archivi. Riman-
dando all’attenta lettura dei documenti citati, mi limito qui a richiamare
cinque considerazioni fondamentali:
a. Gli archivi locali – e non solo quelli centrali – sono un bene patrimo-
niale della Congregazione, della Chiesa e della Famiglia salesiana, e, come
tali, vanno adeguatamente e gelosamente custoditi. I superiori e gli addetti a
qualunque livello ne devono sentire la grave responsabilità nei confronti della
“Storia” salesiana, ecclesiale e civile.
b. La cultura della memoria è semplicemente cultura e il dovere della
sua organizzazione e della sua possibilità di fruizione hanno una notevole im-
portanza come richiamo alla memoria collettiva interfamiliare che sollecita a
ripensare i problemi del nostro presente con una più matura consapevolezza
del nostro passato. Gli archivi dunque sono uno strumento di lavoro per la co-
struzione del presente e le previsioni del futuro 15. Essi non devono essere
considerati semplici depositi di carte ormai inutili, o, nel migliore dei casi,
raccolta di documenti più o meno ordinati da utilizzare al massimo per ur-
genze giuridiche, amministrative interne e simili.
c. Se la vita salesiana, come ogni vita religiosa, è “realtà storica e teolo-
gica” (cf Elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa sulla Vita Reli-
giosa, Roma, 1983), per la sua comprensione la storia è elemento essenziale.
Ora la storia ha bisogno di documenti: senza documenti non si fa storia. C’è
forse bisogno di ribadirlo? E i documenti, per lo più, sono negli archivi (docu-
14 ACG n. 369 (ottobre-dicembre 1999), p. 61.
15 È significativo che una delle prime operazioni di polizia dei regimi comunisti dell’Est
europeo del secolo scorso sia stata l’asportazione e la distruzione degli archivi delle comunità
ecclesiali e religiose.

2 Pages 11-20

▲back to top


2.1 Page 11

▲back to top


Per una politica dei beni culturali nella famiglia salesiana 117
mentari, fotografici, audiovisuali, informatici...), nelle biblioteche, nei musei...
d. L’attenzione agli strumenti della storia, ai beni culturali, è una delle
più eloquenti espressioni della propria capacità di inculturarsi, di dialogare
con le istanze contemporanee, di evangelizzare la cultura (Vitae Consacratae
nn. 80, 81), tanto più che quella salesiana è una realtà fatta di interazioni di-
namiche, di legami di dipendenza, di rapporti di collaborazione con il sociale,
il politico, l’economico, il religioso, l’educativo ecc.
e. A tali motivi di ordine, per così dire, interno, si aggiungono quelli di
ordine esterno: vale a dire le richieste provenienti dalla comunità sociale ed
ecclesiale, dal continuo sviluppo delle scienze, dal necessario dialogo con le
istituzioni di qualsiasi orientamento culturale, dall’ormai indispensabile ado-
zione di nuove tecnologie di ricerche... Non è né utile né corretto respingere
la crescente domanda di studiosi che si rivolgono ai nostri archivi con conse-
guente aspettative su un buon livello di consultabilità delle fonti in esse cu-
stodite e sulla disponibilità di inventari e altri strumenti di ricerca.
5. La situazione degli archivi salesiani locali (ispettoriali e delle singole case)
Nonostante la presenza di un’abbondante legislazione contenente norme
necessarie circa la conservazione, catalogazione e inventariazione del mate-
riale che deve restare nell’Archivio corrente e di quello che deve passare nel-
l’archivio storico (magari previa sosta nell’archivio di deposito), in generale
si constata uno stato d’abbandono molto diffuso degli archivi locali16. Sembra
che le norme restino a discrezione ed arbitrio dei superiori e degli incaricati
(o delle superiore e delle incaricate), quando non sono abbandonati alla libera
iniziativa dei singoli, i quali poche volte hanno ricevuto adeguata formazione
al riguardo.
La debole sensibilità storica in molti direttori/ci – per altro oberati/e da
infinite preoccupazioni più immediate inerenti al loro ufficio – nei confronti
del tema archivistico è alla base di situazioni incredibili cui si è accennato:
perdita di documentazione archivistica unica per lo studio di una casa, magari
con la chiusura o rapidi cambi di destinazione di un’opera, distruzione di do-
cumentazione personale o istituzionale importante, per fare spazio a moderne
esigenze di spazi, assenza di qualunque impianto di sicurezza, ubicazione in
ambienti assolutamente inadeguati...
16 È la constatazione teorica del Segretario Generale della società salesiana (ACG, n. 351,
passim) e pratica di molti di noi qui presenti, SDB e FMA, che hanno avuto bisogno di consul-
tare archivi ispettoriali e archivi di singole case. Avremo modo di saperne di più nel corso del
seminario; come semplice ma concreto esempio si veda la comunicazione di don J. Thekedathu.

2.2 Page 12

▲back to top


118 Francesco Motto
Ci si può legittimamente chiedere:
• Quanti superiori/e, segretari/segretarie, incaricati/incaricate degli archivi e
della documentazione in genere sono a conoscenza delle norme esistenti e
tendono a metterle in pratica? Non sarebbe auspicabile concordare, almeno
nell’ambito di un’ispettoria – per non dire di tutta la Congregazione o l’I-
stituto – i criteri di classificazione, anziché lasciarli all’arbitrio dei singoli?
• Che cosa si sta documentando nei nostri archivi a riguardo dell’apertura,
chiusura e trasformazione delle opere, dei cambiamenti d’attività, del mo-
vimento del personale laico e salesiano, della soppressione di tradizioni
consolidate? Sono sempre indicate le motivazioni ideali o contingenti, i
condizionamenti legislativi, educativi, territoriali?
• Come e dove si sta documentando il contributo dei SDB e delle FMA extra
moenia ad organismi civili ed ecclesiastici, la loro partecipazione ad atti-
vità gestite da altri, le loro pubblicazioni, gli interventi radiotelevisivi, le
collaborazioni con altri istituti religiosi?
• Con che precisione si tiene l’elenco dei SDB/FMA, dei collaboratori, degli
allievi (con una schedatura completa ed esaustiva...)? È ancora accettabile,
all’alba del terzo millennio, la “tradizionale” ‘imprecisione dei dati stati-
stici, dal momento che disponiamo di strumenti di immediata comunica-
zione e di sofisticata, sicura ed automatica elaborazione?
• Quale è l’attenzione prestata alla conservazione, manutenzione, cataloga-
zione e arricchimento dei materiali archivistici stessi (cartacei, magnetici,
elettronici, digitali17...) dell’archivio ispettoriale? Il suo inventario è stato
depositato in copia all’Archivio Salesiano Centrale di Roma?
• Il settore fotografico esiste negli archivi locali? Le fotografie hanno gli ele-
menti fondamentali richiesti? È chiaro a tutte le case salesiane quale docu-
mentazione fotografica/digitale produrre?18
• Il dibattito metodologico sulle fonti orali sembra aver dimostrato l’utilità di
fare storia contemporanea anche con il ricorso a colloqui con testimoni.
Esistono fonoteche e archivi sonori?
• Come si raccolgono e si selezionano, alla morte di un confratello/conso-
rella, i suoi manoscritti o libri conservati nel suo ufficio o nella sua ca-
mera? Come si raccolgono gli archivi delle case che vengono soppresse?
• La redazione delle lettere mortuarie non è per caso molto carente sotto
l’aspetto della documentazione storica, tenuto conto che spesso costituirà
l’unica (o quasi) fonte d’informazione su quel salesiano o di quella FMA?
17 Si pensi solo alla problematica conservazione della posta elettronica e dei fax.
18 È evidente che l’esempio e lo stimolo dovrebbe venire dal ricco Archivio Fotografico
Centrale Salesiano di Roma, che invece da anni attende un urgente riordinamento e una radica-
le messa a punto, resa oggi più facile grazie ai moderni strumenti di conservazione e di ricerca.

2.3 Page 13

▲back to top


Per una politica dei beni culturali nella famiglia salesiana 119
• È veramente “intelligente” la redazione della cronaca della casa? Oppure
vale tuttora il giudizio di don Calogero Gusmano di un secolo fa: “poche
sono le case che hanno la cronaca e quelle che l’hanno è come se non
l’avessero, perché notano bazzecole da nulla e lasciano quanto sarebbe
necessario” 19.
• I fondi scolastici (registri...) e quelli economici (contratti, documenti di
proprietà...) sono conservati a dovere e in collegamento con i fondi “clas-
sici” d’ogni opera salesiana?
• Il direttore/direttrice o chi per lui/lei è preparato per la difficile opera di
versamento, per il recupero e l’eliminazione del materiale, per lo scarto di
materiale nei processi sulle persone, per le diverse collocazioni, ivi com-
presi i documenti riservati, non aperti alla consultazione?
• La biblioteca della singola casa conserva – schedati – almeno i libri fonda-
mentali che documentano la storia (scolastica, didattica, pastorale, forma-
tiva, educativa) dell’opera? Sono presenti le opere fondamentali di don
Bosco e della Congregazione? Sono aggiornate? Esistono repertori biblio-
grafici per ricerche di studiosi locali interessati alla nostra storia? In caso di
chiusura, dove e come viene conservato tale patrimonio librario?
• Quale è la cura con cui sono conservati materiali vari, quali reliquie, meda-
glie, placche, quadri di valore, oggetti di particolari valore artistico, cultu-
rale, affettivo?
• In mancanza di personale religioso sufficiente, non è preventivabile l’as-
sunzione di laici preparati allo scopo?
• E si potrebbe facilmente continuare...
Conclusione: far crescere la mentalità e la sensibilità storica
nella Famiglia Salesiana – una normativa aggiornata e una verifica
Sembra dunque giunto il momento perché nella Società salesiana, nell’I-
stituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e nella Famiglia Salesiana in genere
si compiano rapidi e decisivi passi verso una coraggiosa “politica dei beni
culturali” che non rimanga a livello di principi legislativi e applicativi più o
meno ignorati, ma diventi operativa, concreta, fattiva con l’individuazione di
strategie culturali e pastorali.
1. Sul versante teorico è del tutto evidente che il problema principale è
quello di far crescere una sensibilità e una mentalità storica in molti SDB-FMA
19 P. ALBERA-C. GUSMANO, Lettere a don Giulio Barberis durante la loro visita alle case
d’America (1900-1903). Introduzione, note e testo critico a cura di Brenno Casali. (ISS, Fonti,
serie seconda, 9). Roma, LAS 2000, p. 253.

2.4 Page 14

▲back to top


120 Francesco Motto
(e membri degli altri gruppi della Famiglia Salesiana). Occorre diffondere ca-
pillarmente l’idea che la conservazione, promozione e valorizzazione del patri-
monio culturale costituiscono un investimento per il futuro e uno dei mezzi più
idonei per conservarsi fedeli al carisma fondazionale, tanto più in una congiun-
tura storica, come l’attuale, in cui la congregazione salesiana e l’Istituto delle
FMA stanno mutando il “colore della pelle” dei propri membri e il contesto geo-
grafico, culturale e religioso nel quale si inculturano. Solo da una convinzione
profonda nascerà la dovuta attenzione al soggetto e l’adeguata soluzione dei
problemi circa il personale, il finanziamento, la ricerca del luogo adatto, l’orga-
nizzazione... Dalla crescita di tale mentalità storica deriverà ad ogni livello un
maggiore e più costante impegno per la costante cura di tali beni.
In caso contrario avranno sempre il sopravvento le difficoltà, oggettiva-
mente presenti e da non sottovalutare, quali il molto lavoro che impedirà di
dedicarsi a riflettere e a scrivere e la scarsa considerazione in cui talora sono
tenuti i custodi e gli utenti degli archivi. E tutto ciò senza sottolineare che la
rapidità dell’informazione, la spettacolarità, la mondializzazione e forse
anche la loro multimedialità potrebbero ad un certo punto rivelarsi di detri-
mento della serietà della documentazione stessa.
2. Sul versante pratico sembra auspicabile la messa a punto:
a. anzitutto di un articolato piano di formazione, a livello generale di so-
cietà salesiana e di Istituto FMA – e non solo di alcune categorie di operatori
e fruitori – per favorire e incentivare la crescita, fra SDB e FMA, della sensi-
bilità di cui sopra;
b. poi di un rapido aggiornamento della normativa in vigore, con precise
direttive circa le nuove tecniche di produzione e conservazione dei docu-
menti, circa la separazione dell’archivio storico da quello corrente ecc.
c. last, but not least, di una seria verifica, da parte dei competenti organi
di governo centrali e periferici, affinché tale normativa divenga cogente
in tutte le case salesiane, ivi compresi il recupero del materiale disperso,
la concentrazione, per una miglior custodia e consultabilità, della documen-
tazione che ormai ha solo significato storico-culturale, l’introduzione
dell’informatica, la pubblicazione di repertori, regesti, elenchi, inventari ac-
cessibili su Cd-rom e Internet...
Il nostro seminario, con l’offerta di alcuni elementi di riflessione e la ri-
chiesta di urgente attuazione di norme già in vigore o auspicabili, va proprio in
questa direzione. È eccessivo presumere che la “Storia” ce ne renderà merito?