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FONTI
LE RICHIESTE DI FONDAZIONI A DON BOSCO
DAL MEZZOGIORNO D’ITALIA (1879-1888)
Francesco Casella
I. INTRODUZIONE
Nel periodo 1879-1888 dall’Italia meridionale, escluse le isole, a don Bosco (1815-
1888) 1 pervennero 29 richieste di fondazioni: 14 domande furono per i seminari, 10 per
la scuola, e di queste alcune riguardavano la scuola pubblica, una per l’opera dei sordo-
muti del padre Lorenzo Apicella, una per l’oratorio e due in generale. Le domande si pro-
trassero nel tempo e coinvolsero anche don Michele Rua (1837-1910),2 che fu il suc-
cessore di don Bosco come Rettor Maggiore della società salesiana (1888-1910).
Prima di esaminare la documentazione relativa, che occuperà la seconda parte
dello studio, accenniamo al contesto storico-sociale, al fenomeno dell’emigrazione, al
processo di laicizzazione della scuola in Italia, alla questione dei seminari, al grave
problema dell’analfabetismo (tenendo sempre conto che questi problemi presenta-
vano una situazione particolarmente acuta nel Mezzogiorno), ed ai principali riflessi
della situazione sociale nelle domande fatte a don Bosco o a don Rua, che ne ereditò
le pratiche. A conclusione della prima parte si presenterà lo schema delle richieste di
fondazioni giunte a don Bosco.
1. Contesto storico e sociale
Il periodo storico che occorre tenere presente, come quadro di riferimento gene-
rale, è quello che va dalla salita della Sinistra storica al Governo (1876) agli inizi del
Novecento.
1 Saverio GIANOTTI (a cura di), Bibliografia generale di Don Bosco. Vol. I. Bibliografia
italiana 1844-1992 (= Istituto Storico Salesiano. Bibliografie I). Roma, LAS 1995; Herbert
DIEKMANN (a cura di), Deutschsprachige Don-Bosco-Literatur 1883-1994 (= Istituto Storico
Salesiano. Bibliografie II). Roma, LAS 1997; Giovanni BOSCO, Epistolario. Introduzione, testi
critici e note a cura di Francesco MOTTO. Vol. I: 1835-1863 (= Istituto Storico Salesiano. Fonti
– Serie prima, 6). Roma, LAS 1991; ID., Epistolario…Vol. II: 1864-1868 (= Istituto Storico
Salesiano. Fonti – Serie prima, 8). Roma, LAS 1996; Francis DESRAMAUT, Don Bosco en son
temps (1815-1888). Torino, S.E.I. 1996.
2 Ambrogio PARK, Bibliografia dei Rettori Maggiori della Società Salesiana dal primo
al terzo successore di don Bosco, in RSS 4 (1984) 209-220.

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54 Francesco Casella
La Sinistra non aveva una base e una connotazione sociale diversa od opposta a
quella della Destra. Più che un partito era una coalizione di forze non omogenee, che
rappresentavano non tanto una reale alternativa politica, quanto l’esigenza di fondo
che il “paese reale” avesse un più rilevante peso in seno al “paese legale”.3
Il programma politico generale della Sinistra, annunziato da Agostino Depretis
in un discorso tenuto a Stradella (Pavia) nell’autunno del 1875, poggiava sulle se-
guenti idee cardini: allargamento del suffragio elettorale, istruzione elementare obbli-
gatoria, abolizione del corso forzoso, riforma tributaria, elettività dei sindaci e dei
presidenti dei consigli provinciali. Ad esse aggiunse (in vista delle elezioni del no-
vembre 1876) il riordinamento delle ferrovie e dei servizi postali e marittimi, il po-
tenziamento della marina da guerra, la tutela dell’industria nazionale mediante la sti-
pulazione di nuovi trattati di commercio e l’emanazione di una nuova tariffa doganale
generale.
Buona parte di questo programma fu attuato, ma non senza inconvenienti e con-
traddizioni. La legge Coppino, che istituì nel 1877 l’istruzione elementare obbliga-
toria, non riuscì ad essere efficace soprattutto per le famiglie più povere dei contadini.
L’inchiesta agraria deliberata nel 1877 e condotta avanti con autorevolezza da Ste-
fano Jacini non condusse alle riforme necessarie che la crisi delle campagne italiane
richiedeva. L’abolizione della tassa sul macinato nel 1880 fu accompagnata da nuove
imposizioni sui consumi popolari. La riforma elettorale del 1882 allargò la base degli
elettori, ma lasciò fuori analfabeti, contadini e nullatenenti. Il sistema elettorale conti-
nuava ad essere basato sul censo.
Nel 1878 a breve distanza l’uno dall’altro morirono Vittorio Emanuele II
il 9 gennaio e Pio IX il 7 febbraio, cui successero rispettivamente Umberto I e
Leone XIII.
L’abolizione della tassa sul macinato coincise con l’inizio di una crisi profonda
che investì l’agricoltura italiana, che deve essere considerata nella più ampia depres-
sione economica europea iniziata già nel 1873. La difficilissima situazione dell’agri-
coltura italiana era stata documentata dall’inchiesta agraria coordinata da Stefano Ja-
cini.4 I motivi che avevano reso tragica la situazione dell’Italia, in particolare del me-
ridione, erano l’estensione del latifondo, incrementato dalla vendita dei beni ecclesia-
stici e delle terre comunali compiuta nell’età della Destra, l’eccessivo peso fiscale, la
scarsità dei capitali, l’arretratezza dei sistemi di coltivazione, la miseria dei contadini.
Nel settore industriale intorno al 1880 era molto netta la preminenza della Lom-
bardia, del Piemonte e della Liguria sul Mezzogiorno, che aveva solo due nuclei in-
3 Raffaele ROMANELLI, L’Italia liberale 1861-1900. Bologna, il Mulino 1979; Giorgio
CANDELORO, Storia dell’Italia Moderna. Vol. VI, Lo sviluppo del capitalismo e del movimento
operaio. Milano, Feltrinelli 1986 (vedi in particolare il cap. III: L’Italia degli anni Ottanta, pp.
183-296); Paul R. CORNER, Contadini e industrializzazione. Società rurale e impresa in Italia
dal 1840 al 1940. Bari, Laterza 1993; Guido PESCOSOLIDO, Agricoltura e industria nell’Italia
unita. Bari, Laterza 1994; AA.VV., Storia d’Italia, a cura di Giovanni SABBATUCCI e Vittorio
VIDOTTO. Vol. II, Il nuovo Stato e la società civile 1861-1887. Bari, Laterza 1995; ID., Vol. III,
Liberalismo e democrazia 1887-1914. Bari, Laterza 1995.
4 Stefano JACINI, I risultati della inchiesta agraria. Introduzione a cura di Giacomina
NENCI. Torino, Einaudi 1976.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 55
dustriali moderni: quello cotoniero vicino a Salerno e quello metalmeccanico a Na-
poli, ma entrambi dipendenti da imprenditori stranieri. Anche nell’agricoltura la
Lombardia ed il Piemonte staccavano il Mezzogiorno, che comprendeva il settore ce-
realicolo, presente nelle aree di montagna e in quelle della grande cerealicoltura
estensiva, e il settore delle colture specializzate.
Le aree di montagna con il declino della pastorizia erano in profonda crisi già
prima del 1880. Il dissodamento, poi, dei terreni poco adatti alla coltivazione non as-
sicurò il sostentamento ai contadini degli Abruzzi, del Molise, della Basilicata e della
Calabria, che intrapresero la via dell’emigrazione transoceanica. Le aree con la cerea-
licoltura estensiva comprendevano le zone collinari, le basse vallate, zone più o meno
estese delle pianure come il Tavoliere delle Puglie, le piane del Volturno e del Sele, le
basse valli lucane, le valli del Crati e del Neto in Calabria. Si trattava, in genere, di
terre aride, dove le frequenti siccità, la mancanza di sistemazione idraulica e la
grande diffusione della malaria rendevano necessaria la coltivazione estensiva del
grano, avvicendata talvolta con il pascolo e il maggese. In queste aree prevaleva il la-
tifondo, cioè la grande e la media proprietà borghese, generalmente assenteista,
perché affidata a grandi affittuari oppure ai fattori detti massari. In queste aree non
mancava la piccola proprietà dei contadini, che però era poco redditizia, per cui gli
stessi contadini erano costretti ad affittare piccoli appezzamenti di latifondo e molti in
alcuni periodi dell’anno lavoravano anche come braccianti. L’arretratezza tecnica e la
crescente miseria dei contadini, che già in passato erano state concause di agitazioni
come il brigantaggio, determinò anche in queste aree l’emigrazione transoceanica.
Le aree caratterizzate dalle colture specializzate comprendevano le aree irrigue
della Campania e alcune strisce costiere di altre regioni destinate alle colture degli
agrumi, degli alberi da frutto e agli ortaggi e infine le aree dedicate alle colture del-
l’olivo e della vite nelle province di Bari e di Lecce. La produzione di queste aree era
destinata ai mercati esteri e a quelli dell’Italia settentrionale e centrale. Particolar-
mente significativo è lo sviluppo dell’olivicoltura e poi della viticoltura nelle Puglie,
prima regione meridionale ad essere congiunta tramite la ferrovia con il Nord nel
1865. La stessa regione si avvantaggiò anche dalla crisi della viticoltura francese gra-
vemente colpita dalla filossera nel 1880, per cui si procedette ad un grande allarga-
mento della viticoltura a danno della cerealicoltura e dell’olivicoltura. La proprietà
era in mano alla borghesia, che sfruttò pesantemente il lavoro dei contadini.
Nel complesso intorno al 1880 risulta accentuato lo squilibrio tra l’agricoltura
settentrionale, particolarmente della Lombardia e del Piemonte, e quella meridionale,
che era già presente al momento dell’Unità. In queste condizioni l’agricoltura ita-
liana, e quella meridionale in particolare, dovette affrontare la crisi agraria, che si ag-
gravò seriamente tra il 1884 e il 1888, per confondersi poi con una crisi che investì
tutti i settori dell’economia italiana e che raggiunse l’acme nel 1893-94.5 La disa-
strosa condizione dell’agricoltura e delle classi contadine meridionali aveva fatto
emergere, in studiosi e politici della Destra e della Sinistra, la convinzione che si trat-
tava del problema più grave che l’Italia era chiamata a risolvere, attraverso un’ardita
politica di riforme e d’intervento statale. Le Lettere meridionali di Pasquale Villari
5 G. CANDELORO, Lo sviluppo del capitalismo e del movimento operaio…, pp. 192-222.

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56 Francesco Casella
(1875) e poi gli scritti di Leopoldo Franchetti, Sidney Sonnino e Pasquale Turiello
erano venuti a sottolineare che la “questione meridionale” era ormai un intricato nodo
sociale, economico e politico che occorreva sciogliere. Ma i suggerimenti sulla ma-
niera di scioglierlo erano molto diversificati.6
Alla crisi si cercò di porre rimedio attraverso una trasformazione delle colture,
ma la scarsità dei capitali e la natura dei rapporti agrari rappresentarono due ostacoli
di notevole rilievo. La conseguenza principale di questa crisi fu uno spostamento no-
tevole degli investimenti dal settore agricolo a quello industriale, favorendo l’afflusso
del capitale estero con l’abolizione del corso forzoso (legge del 7 aprile 1881, attuata
dal 12 aprile 1883) e l’attività del credito mobiliare. L’incipiente sviluppo industriale
indusse a rivedere la politica libero-scambista. Nel 1887 la politica doganale italiana
compì la svolta protezionistica. L’adozione della nuova tariffa determinò una guerra
commerciale con la Francia e finì per danneggiare proprio l’industria siderurgica e
l’agricoltura che si volevano proteggere. L’economia italiana entrò in una lunga crisi
che si protrasse dal 1888 al 1896.7
In breve gli ultimi due decenni dell’Ottocento furono caratterizzati dalle ricor-
renti crisi agrarie, dal protezionismo, dalla guerra commerciale con la Francia, dalle
spese per la politica coloniale di Crispi, dal trasferimento di capitali dall’agricoltura
all’industria, dalla nascita del Partito socialista, dalla convulsa crisi di fine secolo. Le
condizioni del Mezzogiorno, a causa della crisi agraria e dei provvedimenti adottati
dal governo, peggiorarono rispetto al Nord, subendo un ulteriore rallentamento.
L’età giolittiana, infine, si caratterizzò a Nord per lo sviluppo delle industrie,
dei partiti di massa e dei sindacati; a Sud per le leggi speciali a favore del Mezzo-
giorno. I progressi che si realizzarono nell’industria e nell’agricoltura furono in realtà
circoscritti geograficamente nelle regioni settentrionali e centrali. Lo sviluppo econo-
mico accentuò il dualismo fra Nord e Sud, aggravando la depressione economica e
sociale dei ceti popolari del Mezzogiorno. Il divario, infatti, aumentò negli anni gio-
littiani attraverso la concentrazione degli investimenti al Nord ed il sacrificio del
Mezzogiorno alle necessità della industrializzazione. Gli interventi statali a favore del
meridione con le leggi speciali non riuscirono a determinare uno sviluppo progres-
sivo e duraturo. Le conseguenze dell’arretratezza economica e sociale furono gravi
anche sul piano politico, perché favorirono una stagnazione della vitalità politica nel
Mezzogiorno, con la quasi totale assenza di lotta politica attraverso partiti organiz-
zati, l’estrema frammentazione delle organizzazioni sindacali, il predominio di una
borghesia agraria reazionaria e passivamente soggetta alla politica trasformista di
Giolitti e la mancanza di una organizzazione moderna del proletariato, come avve-
6 Francesco BARBAGALLO, Mezzogiorno e questione meridionale. Napoli, Guida 1982;
Luciano CARFAGNA, Sviluppo e dualismo nella storia d’Italia. Padova, Marsilio 1989; Valerio
CASTRONOVO, Storia economica d’Italia. Torino, Einaudi 1995; ID., Passato e presente nel me-
ridionalismo. 2 Vol. Napoli, Guida 1978; Massimo L. SALVADORI, Il mito del buongoverno. La
questione meridionale da Cavour a Gramsci. Torino, Einaudi 1976; Rosario VILLARI, Il Sud
nella storia d’Italia. 2 Vol. Bari, Laterza 1975.
7 Alberto DEBERNARDI, Questione agraria e protezionismo nella crisi economica di fine
secolo. Milano, Franco Angeli Editore 1977; Antonio CARDINI, Stato liberale e protezionismo
in Italia (1890-1900). Bologna, il Mulino 1981.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 57
niva (a parte qualche eccezione in Puglia) nelle regioni agricole della Valle Padana e
nelle città industriali.8 Nel dibattito politico e culturale chi tenne alte le ragioni del
Mezzogiorno furono le menti più illuminate del meridionalismo, da Giustino Fortu-
nato ad Antonio De Viti De Marco, a Francesco Saverio Nitti, a Gaetano Salvemini,
che concentrarono, per vie diverse e non sempre concordi, la loro battaglia nel denun-
ciare il sacrificio tributario delle regioni meridionali verso il Nord, l’inerzia della
grande borghesia agraria, l’incultura e l’arroganza della piccola borghesia, la politica
protezionista e la dichiarata neutralità dello Stato, secondo la politica di Giolitti, nei
confronti della dinamica delle forze sociali.9 Nell’ambito sociale il fenomeno più vi-
stoso del periodo fu l’emigrazione, che per la destinazione transoceanica interessò so-
prattutto il Mezzogiorno.
2. Emigrazione
La prima legge sull’emigrazione in Italia, emanata il 30 dicembre 1888, sancì la
libertà di emigrare e riconobbe ufficialmente la funzione degli agenti di emigrazione re-
golandone l’attività. L’emigrazione, già presente all’indomani dell’unità d’Italia, si ac-
crebbe negli anni ottanta e novanta dell’Ottocento e divenne un fenomeno di massa nei
primi quindici anni del Novecento. Da una emigrazione più o meno temporanea verso
i paesi europei che coinvolse prima le regioni del Nord, si passò ad una emigrazione per-
manente verso l’America, che interessò in modo particolare le regioni meridionali.10
Dal 1869, anno in cui si cominciano ad avere i dati relativi agli espatri, al 1875
l’emigrazione ebbe il seguente andamento, come si osserva nella tabella con le medie
annuali effettive: 11
Periodo
1869-1870
1871-1875
Totali
121.040
121.078
Emigrazione per paesi
europei e mediterranei
99.272
95.977
Emigrazione per i
paesi transoceanici
21.768
25.101
Per gli ultimi due decenni dell’Ottocento possiamo osservare la seguente ta-
bella, che documenta, con medie annuali effettive, il movimento dell’emigrazione dal
1876 al 1901 per provenienza e destinazione: 12
8 G. CANDELORO, Storia dell’Italia Moderna. Vol. VII, La crisi di fine secolo e l’età gio-
littiana. Milano, Feltrinelli 1989 (per lo slancio industriale, lo sviluppo dell’agricoltura e le
conseguenze economiche e sociali dell’emigrazione, cf pp. 94-137); Emilio GENTILE, L’Italia
giolittiana 1899-1914. Bologna, il Mulino 1990.
9 F. BARBAGALLO, Francesco S. Nitti. Torino, UTET 1984; Salvatore CAFIERO, Que-
stione meridionale e unità nazionale (1861-1995). Roma, La Nuova Italia Scientifica 1996.
10 F. BARBAGALLO, Lavoro e esodo nel Sud, 1871-1971. Napoli, Guida 1973; Giuseppe
GALASSO, Lo sviluppo demografico del Mezzogiorno prima e dopo l’unità, in Mezzogiorno me-
dievale e moderno. Torino, Einaudi 1975, pp. 301-441.
11 G. CANDELORO, Lo sviluppo del capitalismo…, p. 187.
12 R. ROMANELLI, L’Italia liberale…, p. 432.

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58 Francesco Casella
Emigrazione per paesi europei
Emigrazione complessiva
e mediterranei
Emigrazione transoceanica
Periodo Regno Italia Italia Regno Italia Italia Regno Italia Italia
Settent. Merid.
Settent. Merid.
Settent. Merid.
1876-78
1886-88
1896-98
1899-01
101.418 92.658 8.760 80.606 77.248
224.743 161.244 63.499 85.450 78.637
297.017 193.905 103.112 129.605 121.183
398.122 235.264 162.858 202.408 184.710
3.358
6.813
8.422
17.688
20.812
139.293
167.412
195.714
15.410
82.607
72.722
50.544
5.402
56.686
94.690
145.170
La svolta nel movimento emigratorio la si ebbe a partire dal 1881. Prima di quel-
l’anno, infatti, l’emigrazione non ebbe carattere di massa e per lo più si rivolgeva verso
i paesi europei ed era di carattere temporaneo. Dopo il 1881 la situazione mutò profon-
damente, perché vi fu un aumento notevole e si accrebbe l’emigrazione transoceanica.
Durante gli anni giolittiani, infine, l’emigrazione fu lo sfogo alla miseria delle
classi proletarie del Sud. Essa “costituì una valvola di sicurezza che, se da un lato fa-
voriva, determinando una riduzione della disponibilità di manodopera, un certo mi-
glioramento salariale e una più accorta politica da parte delle classi padronali, da un
altro lato costituiva, attraverso le rimesse degli emigrati, un canale attraverso il quale
affluiva una cospicua risorsa finanziaria. L’ampiezza del fenomeno migratorio risulta
dai dati che si hanno per il periodo 1896-1913: da una media annua di 300.000 espatri
per gli anni 1896-1900, ad una media di 500.000 per il periodo 1901-1904 e di oltre
700.000 nel triennio 1905-1907, fino a toccare la punta massima di 872.598 espatri
nel 1913”.13 Nei soli anni 1901-1913 “emigrarono dal Mezzogiorno continentale, di-
retti ai paesi transoceanici, 2.362.846 persone ed altre 229.489 emigrarono verso i
paesi europei e mediterranei, con una media annua complessiva di 199.410 unità di
fronte alla media di 51.353 unità annue mantenuta nel periodo 1876-1900”.14
3. Laicizzazione della scuola
Il processo di laicizzazione della scuola passa attraverso l’emanazione di alcune
leggi in particolare, la cui applicazione aprì un aspro scontro tra Stato e Chiesa: la
legge Boncompagni del 4 ottobre 1848, che sottrasse le scuole, compresi gli istituti di-
retti dai religiosi, al controllo della gerarchia ecclesiastica; la legge Casati del 13 no-
vembre 1859, estesa alle province meridionali con i decreti del 7 gennaio e del 10 e 16
febbraio 1861, che con ritocchi significativi restò in vigore fino alla riforma di Gentile
(1923); la legge Coppino del 15 luglio 1877, che rese obbligatoria e gratuita la scuola
elementare, ma che aprì un grave dissidio sull’insegnamento religioso, proponendo in
sua vece con l’art. 2 lo studio delle “prime nozioni dei doveri dell’uomo e del citta-
dino”, articolo che aprì difficili problemi interpretativi su cui più volte si pronunziò il
Consiglio di Stato; la discussione parlamentare del febbraio 1908 sulla mozione del-
13 E. GENTILE, L’Italia giolittiana…, pp. 70-71.
14 G. GALASSO, Lo sviluppo demografico del Mezzogiorno…, p. 335.

1.7 Page 7

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 59
l’on. Bissolati: “di invitare il governo ad assicurare il carattere laico della scuola ele-
mentare, vietando che in essa venga impartito, sotto qualsiasi forma, l’insegnamento
religioso”; la discussione parlamentare sull’ordine del giorno presentato il 15 febbraio
1910 dal deputato cattolico liberale Filippo Meda; la legge Daneo-Credaro del 4
giugno 1911, che avocava il graduale passaggio della scuola elementare allo Stato. Per
la complessità della materia (legislazione, edilizia scolastica, dibattito politico, rap-
porto Stato-Chiesa, disponibilità finanziaria in generale e dei comuni in particolare,
formazione dei docenti, ecc.) non possiamo che rinviare alla bibliografia.15
4. Formazione del clero e problema dei seminari
La formazione del clero avveniva attraverso tre vie, che in genere erano com-
presenti. La prima via passava attraverso la Facoltà teologica, cui si poteva accedere
solo dopo aver compiuto gli studi umanistici, ma non era alla portata di tutti ed in più
entrò in crisi con la soppressione della Facoltà di teologia; la seconda via era l’ester-
nato degli aspiranti al sacerdozio, che assumeva forme diverse a seconda delle dio-
cesi; la terza via era il seminario diocesano sia per i fanciulli che per i chierici, ed era
predominante al Sud. In merito alla formazione le norme conciliari e sinodali rivalu-
tarono le funzioni del prete pastore d’anime, che viveva tra il popolo, insegnava il ca-
techismo, amministrava i sacramenti e svolgeva la funzione di assistenza spirituale.16
La questione dei seminari, già preoccupante in se stessa per una serie di pro-
blemi, quali la formazione, la cultura, i chierici esterni, la disciplina, la moralità, la
15 MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE, Sulle condizioni della pubblica istruzione del regno
d’Italia. Milano, 1865; ID., Obbligo della istruzione elementare nel Regno d’Italia. Attuazione
della legge 15 luglio 1877. Roma 1878; G. TALAMO, La scuola dalla legge Casati all’inchiesta
del 1864. Milano, Giuffrè 1960; Dina BERTONI JOVINE, Storia dell’educazione popolare in
Italia. Bari 1965; Anna TALAMANCA, La scuola tra Stato e Chiesa nel ventennio dopo l’Unità,
in AA.VV., Chiesa e religiosità in Italia dopo l’Unità (1861-1878). Milano, Vita e Pensiero
1973, Vol. 4/1, pp. 358-385; Francesco MARGIOTTA BROGLIO, Legislazione italiana e vita della
Chiesa (1861-1878), in AA. VV., Chiesa e religiosità…, Vol. 3/1, pp. 101-146; Giuseppe RICU-
PERATI, La scuola nell’Italia unita, in Storia d’Italia. Vol. V/2, I documenti. Torino, Einaudi
1973, pp. 1693-1736; Ida ZAMBALDI, Storia della scuola elementare in Italia. Ordinamenti, pe-
dagogia, didattica. Roma, LAS 1975; G. CANESTRI - G. RICUPERATI, La scuola in Italia dalla
legge Casati ad oggi. Torino, Loescher 1976; Ester DE FORT, Storia della scuola elementare in
Italia. Vol. I, Dall’Unità all’età giolittiana. Milano, Feltrinelli 1979; ID., Scuola e analfabe-
tismo nell’Italia del Novecento. Bologna, Il Mulino 1995; ID., La scuola elementare dall’Unità
al Fascismo. Bologna, il Mulino 1996; Francesco DE VIVO, La storiografia della scuola ita-
liana, in “Nuova secondaria”, n. 6, 15 febbraio 1992, pp. 55-58; ID., Linee di storia della
scuola italiana. Brescia, La Scuola 1994; Pietro STELLA, Il clero e la sua cultura nell’Otto-
cento, in Storia dell’Italia religiosa. Vol. III, L’età contemporanea, a cura di Gabriele DE
ROSA. Bari, Laterza 1995, pp. 87-113.
16 Angelo GAMBASIN, Il clero diocesano in Italia durante il pontificato di Pio IX, in
AA.VV., Chiesa e religiosità…, Vol. 3/1, pp. 147-193; Giacomo MARTINA, Il clero italiano e la
sua azione pastorale verso la metà dell’Ottocento, in Storia della Chiesa, Vol. XXI/2, Il ponti-
ficato di Pio IX (1846-1878), a cura di Roger AUBERT. Torino, S.A.I.E. 1990, pp. 761-807;
Silvio FERRARI, Sinodi e Concili dall’unificazione al nuovo secolo, in La Chiesa in Italia, a
cura di Elio GUERRIERO. Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo 1996, pp. 279-298.

1.8 Page 8

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60 Francesco Casella
gestione economica, l’edilizia, il numero rilevante di seminari che, soprattutto nell’I-
talia meridionale, erano le uniche scuole esistenti, divenne grave dopo l’Unità. Lo
Stato, infatti, tendeva ad intromettersi nella vita dei seminari, esercitando sugli stessi
il potere di controllo e di vigilanza con le visite ispettive. Significativa a riguardo è la
circolare del 5 novembre 1862 che il ministro di grazia e giustizia e dei culti, Urbano
Rattazzi, inviò agli ordinari delle province napoletane. La protesta dei vescovi fu
pronta e decisa, ma altrettanto dura fu la risposta dello Stato, che chiuse molti semi-
nari che non avevano ottemperato all’ordine dell’ispezione, o li destinò a scuole pub-
bliche, dotandole delle rendite dei seminari chiusi. La questione nodale era la neces-
sità da parte dello Stato di controllare l’insegnamento che veniva impartito nei semi-
nari. Il problema è da inquadrare nella situazione che presentava l’istruzione in Italia
dopo l’Unità, quando i seminari, soprattutto nell’Italia meridionale, rappresentavano
l’unico mezzo per accedere all’istruzione. Il confronto tra lo Stato e la Chiesa per la
questione dei seminari perse in parte la sua asprezza durante il pontificato di Leone
XIII. In merito ai programmi scolastici i vescovi si orientarono a far seguire i pro-
grammi ministeriali, ma il problema di avere i docenti con “la patente” mise in crisi
diversi seminari. Tuttavia, molto vivi restarono i problemi della formazione, della
cultura e dell’accorpamento dei seminari, che trovarono una soluzione solo agli inizi
del Novecento con il Programma generale di studi, del 5 maggio 1907 e le Norme
per l’ordinamento educativo e disciplinare del gennaio 1908, durante il Pontificato di
Pio X. Per l’approfondimento della problematica rinviamo alla bibliografia.17
5. Analfabetismo
La terza questione da tenere presente è la grave situazione dell’analfabetismo,
che regredì lentamente e in modo diseguale tra città e campagna, tra Nord e Sud del-
l’Italia nel periodo compreso tra il 1860 e gli inizi del 1900, qui preso in esame. La si-
tuazione di partenza del Sud dell’Italia più grave rispetto alle altre parti dell’Italia, la
minore urbanizzazione delle regioni meridionali, la carente azione governativa per lo
sviluppo dell’istruzione primaria, soprattutto dal punto di vista finanziario a favore dei
comuni, la diffusa evasione dall’obbligo scolastico, indotta non tanto dall’incuria quan-
to dall’ignoranza e dalla miseria per cui i ragazzi erano costretti a lavorare per aiutare
17 Sacra Congregatio de Seminariis et Studiorum Universitatibus, Seminaria Ecclesiae
Catholicae. Typis Polyglottis Vaticanis 1963, pp. 25-255 (introduzione storica); ID., Enchiridion
Clericorum. Documenta Ecclesiae futuris sacerdotibus formandis. Typis Polyglottis Vaticanis
1975; Massimo MARCOCCHI, Seminari, facoltà teologiche e università, in Dizionario storico del
movimento cattolico in Italia. Casale Monferrato, Marietti 1981, Vol. I/1, pp. 248-264; Maurilio
GUASCO, La formazione del clero: i seminari, in AA. VV., Storia d’Italia. Annali 9. Torino, Giu-
lio Einaudi editore 1986, pp. 629-715; ID., Seminari e clero nel ’900. Cinisello Balsamo, Edi-
zioni Paoline 1990; Giovanni BOSCO, Memorie dell’Oratorio dal 1815 al 1855. Introduzione,
note e testo critico a cura di Antonio DA SILVA FERREIRA (= Istituto Storico Salesiano. Fonti – Se-
rie prima, 4). Roma, LAS 1991, pp. 90-111; Antonio ROSMINI, Delle cinque piaghe della santa
Chiesa. Testo ricostruito nella forma ultima voluta dall’Autore con saggio introduttivo e note di
Nunzio GALATINO. Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo 1997, pp. 139-176.

1.9 Page 9

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 61
la famiglia, causarono il persistere di percentuali molto elevate di analfabeti nell’Italia
meridionale. Nel rinviare alla bibliografia 18 per un’analisi più approfondita dei dati
statistici, diamo solo alcune indicazioni di massima per le regioni del Mezzogiorno.
Nei censimenti dal 1861 al 1901 le percentuali nazionali degli analfabeti dai sei
anni in su fu rilevata come segue: 1861: 74,68%; 1871: 68,8%; 1881: 62,8%; 1901:
48,5%. Nello stesso periodo la rilevazione per il Mezzogiorno fu più drammatica. Nel
1861 la percentuale complessiva di analfabeti nel meridione era oltre l’86% sul totale
della popolazione composta di 6.787.289 abitanti. Per gli altri censimenti le rilevazio-
ni relativamente alle regioni continentali del Mezzogiorno diedero le seguenti percen-
tuali, sempre in relazione alla popolazione, come si desume dallo schema seguente:
Regione 1871 1881 1901
Abruzzi 85%
Campania 80%
Puglia
84%
Basilicata 88%
Calabria 87%
81% 70%
75% 65%
80% 69%
85% 75%
85% 79%
Popolazione
Abruzzi
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
1871
1.235.915
2.493.107
1.438.996
510.443
1.206.302
1881
1.270.439
2.638.159
1.608.403
524.504
1.257.883
1901
1.387.902
2.869.083
1.980.960
490.705
1.370.208
6. Le richieste di fondazioni in relazione al contesto storico-sociale
Dopo che nel 1869 vi fu l’approvazione pontificia della Società Salesiana, don
Bosco, a partire dal 1870, iniziò l’espansione al di fuori del Piemonte con il collegio
ed il convitto di Alassio 19 prima e, nel 1871, con la scuola per artigiani di Genova-
Marassi, trasferita a Genova-Sampierdarena nel 1872. Dal 1875 iniziò l’espansione
delle sue opere in Francia e nel continente sudamericano (Argentina, Uruguay). Nel
1876 don Bosco ottenne l’approvazione dell’Associazione dei Cooperatori e Coope-
ratrici Salesiani e nell’agosto del 1877 iniziò la pubblicazione del Bollettino Sale-
siano, che faceva giungere nelle diocesi e ovunque era possibile. Nel 1879 don Bosco
fondò la casa di Randazzo in Sicilia e nel 1880 compì il suo breve viaggio a Napoli.20
Nel 1881 ebbe inizio l’opera salesiana in Spagna; nel 1884 vi fu la creazione del Vi-
cariato apostolico della Patagonia; nel 1887 l’opera salesiana si estese nella Terra del
Fuoco ed ebbe inizio in Cile e in Inghilterra. Il 31 gennaio 1888 don Bosco morì; suo
successore fu don Michele Rua, che ereditò anche le pratiche di richiesta di fonda-
zione iniziate con don Bosco. Fu durante il suo Rettorato che la congregazione sale-
18 Annuari Statistici Italiani, pubblicati dall’Unità d’Italia in poi; ISTAT, Statistiche so-
ciali. Vol. I. Roma 1975; ID., Statistiche sociali. Vol. II. Roma 1981; ID., Le regioni in cifre.
Roma 1985; G. GALASSO, Lo sviluppo demografico del Mezzogiorno prima e dopo l’unità…,
pp. 301-441; R. GRAGLIA - G. RICUPERATI, Analfabetismo e scolarizzazione, in Storia d’Italia.
Vol. VI. Moncalieri, Einaudi 1980, pp. 756-766; L. FACCINI, L’analfabetismo in Italia, in Storia
d’Italia. Vol. VI…, pp. 767-772; R. ROMANELLI, L’Italia liberale…, pp. 436-441.
19 Antonio MISCIO, Da Alassio Don Bosco e i Salesiani in Italia e nel mondo. Torino,
S.E.I. 1996.
20 BS 4 (1880) 15-16; BS 5 (1880) 78; MB XIV 451-456; Nicola NANNOLA, Don Bosco
e l’Italia Meridionale. Ispettoria Salesiana, Napoli 1987, pp. 11-17.

1.10 Page 10

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62 Francesco Casella
siana ebbe un notevole sviluppo in tutto il mondo e in particolare nell’Italia meridio-
nale. Nelle 29 richieste di fondazioni che dal Mezzogiorno giunsero a don Bosco e
che pertanto seguiremo nel contesto della prima espansione dell’opera salesiana, si
possono rilevare sia i riflessi dell’espansione salesiana nel mondo che i fenomeni so-
ciali precedentemente esposti.
I principali promotori di fondazioni salesiane nel Mezzogiorno furono i ve-
scovi. Lungo l’arco di tempo considerato ben 28 vescovi fecero la richiesta di avere i
salesiani nelle loro diocesi e si segnalano, in particolare, 5 vescovi di Cassano Ionio,
3 di Nicastro, 3 di Crotone, 2 di Gerace e 2 di Termoli. Per comprendere un tale feno-
meno è bene ricordare l’ambiente e la situazione materiale delle diocesi nelle quali
venivano a trovarsi i vescovi, perché “ad eccezione di alcune grandi sedi, buona parte
delle diocesi partecipavano dell’isolamento geografico, del frazionamento economico
e della povertà del Mezzogiorno. Posti in centri di media o piccola grandezza rag-
giungibili per poche e malagevoli vie di comunicazione, dotati di mense vescovili per
lo più modeste, i vescovi meridionali si trovavano di fronte a difficoltà materiali for-
temente distraenti dai loro essenziali compiti pastorali: palazzi antichi e fatiscenti, se-
minari in ristrettezze economiche e spesso adibiti a scuola secondaria per la locale
borghesia, compiti di assistenza moltiplicati da un pauperismo antico e dalla rinno-
vata crisi agricola. Stretti fra una popolazione afflitta dalla miseria e attaccata a tradi-
zioni religiose talora esteriori e un ceto di intellettuali e proprietari, pervaso da un in-
cipiente scetticismo ed anticlericalismo, dovevano trovare una strada nuova alla vita
diocesana senza contraddire la vitalità dell’ambiente e nel contempo senza lasciarsi
soffocare dai problemi della vita materiale della Chiesa e delle sue istituzioni”.21
Altri promotori di richieste per la scuola o a favore del seminario furono, in or-
dine decrescendo, 9 canonici, 9 sacerdoti, in genere parroci, 4 vicari generali, 3 sin-
daci, 1 segretario vescovile, 1 suora delle Figlie della Carità, 1 marchese, 1 capitano,
1 cavaliere, 1 professore e, in fine, una richiesta da cittadini in genere.
Le motivazioni addotte per richiedere la fondazione di un’opera salesiana pren-
devano in considerazione la situazione di miseria in generale, la necessità dell’evan-
gelizzazione, l’educazione e l’istruzione dei giovani in genere e di quelli dei seminari
in particolare.
Nella documentazione è facile rilevare espressioni che denunciano la situa-
zione di povertà e di miseria sia delle regioni che delle diocesi: “Se Ella conoscesse
da vicino lo stato miserando di questa mia povera Diocesi, ne piangerebbe con me”
(Nicastro); “qui in Calabria da 34 anni tutto è stato guasto, tutto distrutto”, “siamo
nell’estrema miseria”, “la derelitta Calabria” (Cosenza); “Lo stato attuale della dio-
cesi di Oppido è lacrimevole sotto ogni rapporto” (Oppido Mamertino). Non manca il
riferimento all’emigrazione e ai problemi dell’agricoltura in Puglia in seguito alla
crisi commerciale con la Francia: “Il vino era tutto il nostro prodotto, ed ora non vi è
chi lo domanda per mancanza della convenzione finanziaria colla Francia” (Andria);
“Lo stato presente dell’agricoltura in Puglia è molto miserevole e qualunque minimo
beneficio ad essa si arreca è sempre apprezzabile e patriottico; perciò dall’inizio del-
21 Alberto MONTICONE, I vescovi meridionali: 1861-1878, in AA.VV., Chiesa e religio-
sità… Vol. 3/1, p. 61.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 63
l’istituzione vorrei vedere praticamente educare i contadinelli nelle colture più e più
indicate alla trasformazione che solo potrà risolvere la presente crisi”, “L’istruzione
ad impartirsi ai contadinelli dovrebbe aver di mira di renderli al più presto possibile
utili e forse anche capaci di emigrare. In quelle contrade non si conosce l’emigra-
zione ed io la ritengo giovevole pel modo che stabilisce nella vita dei popoli” (Bar-
letta); “Senza dire del bene che potrebbero fare gli oratori festivi a tanti giovanetti i
cui padri sono in America, e i giorni festivi, non potuti tenere a freno dalle madri,
vanno vagando padroni di se stessi e corrompendosi l’un l’altro!”, “L’impianto di un
ospizio per artigianelli orfani o poveri (e ce n’ha tanti ai luoghi nostri per l’immenso
numero di padri famiglia emigrati in America ed in buona parte ivi morti o perdutisi)”
(Lagonegro).
Più in particolare i promotori delle richieste, specialmente i vescovi, nel rivol-
gersi a don Bosco prima e in seguito a don Rua, ponevano in risalto i problemi dell’e-
vangelizzazione. Assidui lettori del Bollettino Salesiano, che parlava delle missioni
salesiane in America, comparavano la loro situazione con quelle descritte negli arti-
coli della rivista e reclamavano gli stessi urgenti bisogni: “Leggendo il Bollettino, ho
ammirato sempre i grandi beneficii portati in tutto il mondo da cotesti Salesiani; dei
grandi sacrificii che sopportano per salvare le anime; ed ho sempre desiderato che
due o tre di costoro sarebbero stati la benedizione di Dio in questa nostra città, dove
migliaia di giovanetti e giovanette vivono abbandonati a loro stessi; e non vi ha chi
loro spezza il pane della vita eterna e li educhi con i sani principi della dottrina cri-
stiana, base e luce della famiglia e della società” (Melfi); “Aver compassione per le
povere anime della Puglia, le quali costano il sangue di G. Cristo, non meno che le
province americane ed asiatiche, come pure non sono meno bisognose di queste d’e-
ducazione e di morale” (Corato); “S’assicuri che son luoghi da missionari: eppure si
trovano cuori ed indoli disposti assai bene! Vengano per carità!” (Cassano Ionio); “Si
figuri che questa della Calabria sia una nuova missione della Patagonia del continente
sud americano: quella è stabilita per recare la luce di Cristo fra popoli nuovi, questa
per conservare questa luce fra’ popoli antichi, che ora si minaccia non dico di spe-
gnerla, ma di far chiudere gli occhi per non vederla” (Oppido Mamertino); “Spero...
volgano uno sguardo di pietà su questa America novella” (Cosenza); “Essi che si sa-
crificano in popoli barbari, possono solo secondare le mie brame sostenendo i tra-
vagli e le privazioni dei luoghi di questa mia Diocesi poco dissimili da quelli” (Muro
Lucano); “Ho tutta la certezza che i figli di Don Bosco, che corrono tra i selvaggi,
hanno a salvare la mia selvaggia Diocesi” (Termoli); “L’operosità sua tanto estesa ed
efficace in mille parti, anche in lontane regioni, non credo sarà per negarla a q.e pro-
vince che ne han tanto bisogno, e che son prive di mezzi a provvedervi” (Gerace); “Il
S. Padre degnavasi un mese fa dirmi a voce, che questa regione Calabra aveva asso-
luto bisogno d’un Istituto moderno per la educazione religiosa delle popolazioni ru-
rali” (Catanzaro).
Le richieste, di cui presentiamo la documentazione, avevano come oggetto pre-
cipuo l’educazione cattolica, l’istruzione scolastica ed i seminari. Non manca sia l’in-
teresse di amministrazioni locali sensibili ai problemi dell’educazione in genere e vi-
cini all’area cattolica (per es. Teano, Mercato San Severino, Montecalvo Irpino), che
la polemica con i laici anticlericali e portatori di un clima positivista.

2.2 Page 12

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64 Francesco Casella
Circa il primo aspetto si può leggere: “La provincia di Cosenza Calabria... è, al
pari di gran parte della Basilicata, affatto sterile d’istruzione religiosa; l’ignoranza in
materia di religione è una piaga che strazia dall’infanzia, ed ammorba la crescente gio-
ventù, avvelenando così il benessere delle famiglie, della società e della Chiesa” (Co-
senza); “Mi creda che le Calabrie hanno molto bisogno d’essere rigenerate con una
istruzione cattolica” (Nicotera); “La Calabria in generale e questa Provincia in parti-
colare avrebbero bisogno dell’opera conservatrice della fede, la quale perde terreno
ogni giorno fra le nuove generazioni, assassinate dalla scuola atea e da’ bisogni delle
famiglie ridotte per la crisi economica in deplorevole stato” (Oppido Mamertino).
Per l’aspetto polemico vi sono queste affermazioni: “I vecchi [maestri delle
scuole comunali] già esistenti mal rispondono al doppio scopo dell’istruzione e della
morale; quindi se l’amministrazione deve sottostare a siffatta spesa obbligatoria per
Legge, vale la pena di far capo a persone maggiormente adatte allo scopo prefisso...;
in tempi che ci corrono così tristi giova mettere un freno alla invadente corruzione so-
ciale con Istitutori più probi, ed onesti” (Montecalvo Irpino); “Il Consiglio attuale
composto di cittadini seri vede bene che la città nostra di quarantamila abitanti nel
corso dei passati anni non ha colto che tristissimi frutti da una istruzione atea impar-
tita col gravissimo dispendio di quarantamila e più lire” (Corato); “Inviarvi [nel col-
legio] ad insegnare e dirigere Sacerdoti di sua fiducia... ridonandogli così vita novella
con grandissimo vantaggio della studiosa gioventù, di cui oggi si fa miserando
scempio in altri Collegi mal diretti secondo lo spirito del secolo e non quello di Dio”
(Lagonegro); “Nello scambio dell’idee con i miei amici si è venuto alla risoluzione di
badare nella fondazione, che i Salesiani sieno padroni in casa propria e nessuna inge-
renza vi abbiano i secolari, buoni a guastare colle loro commissioni e presidenza, e
quel ch’è peggio col mal talento di tenere a lor servizio sacerdoti e suore” (Corato).
Il vuoto creato dalle soppressioni degli ordini religiosi, la poca preparazione dei
sacerdoti, la preoccupazione, invece, di curare i chierici affinché potessero divenire
sacerdoti all’altezza dei nuovi bisogni della pastorale della Chiesa, sospingevano i ve-
scovi ad interessarsi in modo particolare dei seminari. Dalla documentazione emerge
che alla formazione del clero “costituiva ostacolo lo stato misto e confusionario dei se-
minari meridionali, scuole religiose e nel contempo della borghesia, che solo la pre-
senza di maestri eccezionali poteva trasformare in centri di autentica irradiazione reli-
giosa”.22 E se i vescovi erano assillati dalla necessità di avere professori con regolare
patente, per essere in regola con le disposizioni impartite dallo Stato, maggiore era la
preoccupazione di assicurare una buona formazione ai chierici. Da ciò l’insistenza nel
richiedere a don Bosco e al suo successore, non trovando soggetti idonei nelle loro
diocesi, almeno il rettore ed il prefetto di disciplina: “Ho stretto bisogno di due de’ suoi
PP. Salesiani, bisogno urgentissimo principalmente pel mio Seminario” (Gerace); “L’u-
nica ancora nei tempi nefasti che volgono è il Seminario” (Nicotera); “La qual cosa, se
da una banda farebbe sperare ottimi risultati per l’educazione dei giovani leviti, dal-
l’altra servirebbe a diffondere nelle Calabrie l’opera di D. Bosco cotanto vantaggiosa
alla società e alla Chiesa” (Nicastro); “La rinomanza, a ragione procacciatasi degli al-
22 ID., p. 100.

2.3 Page 13

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 65
lievi dell’Oratorio di S. Francesco di Sales, come maestri, fa nascere in molti vivissi-
ma la brama di averne qualcheduno, specialmente per l’insegnamento delle materie
che si svolgono nelle cosiddette classi liceali e ginnasiali” (Castellaneta).
A causa soprattutto della scarsezza del personale, la risposta di don Bosco in
termini di fondazioni si concretizzò soltanto a Brindisi, ove per altro l’esperienza
durò un solo anno. Tuttavia, l’immagine positiva della Congregazione, in quanto de-
dita all’educazione dei giovani poveri, acquistò notevole vigore in tutto il Mezzo-
giorno e fu una premessa importante delle fondazioni che risalgono a don Rua, pre-
muto a sua volta da oltre novecento richieste provenienti da tutto il mondo e delle
quali più di cento dal Mezzogiorno d’Italia.
7. Conclusione
L’opera di don Bosco si è tradotta in molteplici applicazioni: oratorio, associa-
zione, cultura popolare, ospizio, seminario ecclesiastico, collegio, comunità dei reli-
giosi educatori. A fondamento di tutta questa realtà vi è stata una costante attenzione
alla dimensione assistenziale, sociale, “politica”, che già presente nei primi trent’anni
di attività di don Bosco, si fece notevolmente insistente sia negli scritti che nelle pa-
role negli anni 70 ed 80 dell’Ottocento ed in particolare con la nascita nel 1877 del
Bollettino Salesiano.23 Nel 1883 diceva ai cooperatori di Torino: “Lavorate intorno
alla buona educazione della gioventù, di quella specialmente più povera ed abbando-
nata, che è in maggior numero, e voi riuscirete agevolmente a dare gloria a Dio, a
procurare il bene della Religione, a salvare molte anime e a cooperare efficacemente
alla riforma, al benessere della civile società; imperocché la ragione, la Religione, la
storia, l’esperienza dimostrano che la società religiosa e civile sarà buona o cattiva,
secondo che buona o cattiva è la gioventù”.24
A don Bosco giunsero più di trecento richieste di fondazioni, tutte documenta-
te nell’Archivio Salesiano Centrale,25 che ovviamente non si poterono esaudire, ma che
testimoniano fin dall’inizio l’interesse per la sua opera, che era conosciuta ed apprezza-
ta da vescovi, sacerdoti, amministratori della cosa pubblica, laici, cooperatori, benefat-
tori e da quanti erano sensibili all’assistenza per i giovani “poveri e abbandonati”, “pe-
ricolanti e pericolosi” e questo non solo in Italia, ma anche in Europa e in America.26
Espressioni di questo riconoscimento si potranno leggere anche nei documenti riportati
nella seconda parte. Le richieste dal Mezzogiorno d’Italia giunte a don Bosco, di cui of-
friamo uno schema conclusivo per regioni, non si poterono esaudire, ma queste, dopo la
pausa del 1888, ripresero con rinnovata insistenza sotto il rettorato di don Michele Rua.
23 Pietro BRAIDO, Don Bosco educatore. Scritti e testimonianze. Roma, LAS 1997, pp. 6-7.
24 BS 7 (1883) 104.
25 ASC, Fondo Don Bosco. Microschedatura e descrizione, a cura di A. TORRAS. Roma
1980, pp. 62-95.
26 P. BRAIDO, “Poveri e abbandonati, pericolanti e pericolosi”: pedagogia, assistenza,
socialità nell’esperienza preventiva di don Bosco, in Annali di storia dell’educazione e delle
istituzioni scolastiche, n. 3. Brescia, Editrice La Scuola 1996, pp. 183-236.

2.4 Page 14

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66 Francesco Casella
Città
1. Lagonegro
2. Melfi
3. Muro Lucano
1. Cassano Ionio
2. Cosenza
3. Catanzaro
4. Crotone
5. Gerace
6. Nicastro
7. Nicotera - Tropea
8. Oppido Mamertino
1. Airola
2. Ariano Irpino
3. Castellammare
4. Mercato S. Severino
5. Montecalvo Irpino
6. Napoli
7. Nusco
8. Piedimonte d’Alife
9. S. Agata dei Goti
10. Teano
1. Termoli
1. Andria
2. Barletta
3. Brindisi
4. Castellaneta
5. Corato
6. Molfetta
7. San Paolo di Civitate
Regione Basilicata
Richiesta
Anno
Scuola
1884
Seminario
1883
Scuola
1881
Regione Calabria
Seminario
1879
Scuola
1883
Casa salesiana
1887
Seminario
1887
Seminario
1884
Seminario
1882
Seminario
1879
Seminario
1886
Regione Campania
Scuola
1883
Seminario
1884
Oratorio
1882
Scuola pubblica
1886
Scuola pubblica
1880
Opera per sordomuti
1884
Seminario
1885
Seminario
1886
Seminario
1881
Scuola pubblica
1880
Regione Molise
Seminario
1886
Regione Puglia
Casa
Scuola
Scuola
Seminario
Scuola
Seminario
Casa
1885
1885
1879-1880
1883
1879
1880
Non conosciuto
Archivio (ASC)
F 981
F 985
F 987
F 972
F 975
F 973
F 975
F 979
F 988
G 001
F 988
F 965
F 966
F 972
F 985
F 986
F 500
F 988
F 990
F 997
G 000
G 000
A 138
F 968
F 675
F 972
F 975
F 986
F 996
Totali riepilogo richieste
Totale Città
29
Seminario
14
Scuola
10
Oratorio
01
Sordomuti
01
Generica
03

2.5 Page 15

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 67
II. DOCUMENTAZIONE
Dopo il riconoscimento della Società Salesiana (1869) e l’approvazione delle
Costituzioni (1874), le domande per fondare delle opere in varie parti dell’Italia, del-
l’Europa e dell’America si moltiplicarono rapidamente, tanto che in una riunione del
Capitolo Superiore del 1878 s’incaricò don Celestino Durando, consigliere gene-
rale,27 di seguire le pratiche relative, per alleggerire il lavoro di don Bosco:
“Anche tantissime domande venivano fatte di aprire collegi e bisognava che D. Bosco
direttamente pensasse a rispondere e a far rispondere ed a tenere il filo delle intelligenze
e del conchiuso e del da conchiudere. Qui si stabilì che Don Durando penserebbe a con-
servare tutte le carte opportune, a rispondere ecc. ecc.”.28
L’8 febbraio 1879 in una seduta del Capitolo Superiore svolta ad Alassio si par-
la di un viaggio attraverso l’Italia, che don Durando e don Cesare Cagliero (1854-
1899) 29 avrebbero dovuto fare per visitare i luoghi ed incontrare le persone da cui pro-
venivano le nuove proposte di fondazioni. Il testo del verbale è interessante, perché ci
fa comprendere: che, limitatamente all’Italia, le richieste giungevano da tutte le regio-
ni e che si cercava di stabilire dei contatti in varie parti della penisola; che in genere si
assumeva un atteggiamento di attesa e non di rifiuto di fronte alle proposte avanzate,
motivandolo con la scarsezza del personale; che si cercava di avere quasi sempre
un’intesa col vescovo o altra autorità del luogo. Don Durando
“incaricato a ricevere le domande d’apertura di case espone che sarebbero oltre a 100 le
case che starebbe bene visitare; ma che a molte si è già risposto definitivamente di no,
non essendovi requisiti radicalmente richiesti; ma che tuttavia rimangono ancora molte.
L’itinerario in massima sarebbe questo: andare fino a Napoli visitando varie case fra via.
Da Napoli salpare per Catania, Randazzo ecc. e andare fino a Palermo. Poi tornare a Na-
poli da cui recarsi a Brindisi dove il vescovo aspetta tanto. Da Brindisi venir poi su
lungo tutto il litorale dell’Adriatico fino a Venezia. Poi per via di Milano tornare a To-
rino. La cosa da farsi nel viaggio sarà di vedere e trattare ma rispondere a tutti che per
ora non si può andare che si vedrà altri anni. La scarsità del personale richiede così. Da
conchiudere definitivamente non lo può fare che in tre oppure quattro luoghi dei quali vi
è già una quasi conclusione fin d’ora, cioè Randazzo, Brindisi, Cremona... Dovunque si
27 Celestino Durando (1840-1907); cf Dizionario biografico dei Salesiani, a cura di
E. VALENTINI - A. RODINÒ. Torino 1969, pp. 113-114 (d’ora in poi DBS). Altre abbreviazioni:
DHGE Dictionnaire d’Histoire et de Géographie ecclésiastiques. Paris, Letouzey et Ané edi-
teurs dal 1912.
EC Enciclopedia Cattolica. 12 Vol. Città del Vaticano 1949-1954.
HC Hierarchia Catholica. Medii et Recentioris Aevi. Vol. VIII. Padova, Edizioni “Il Messag-
gero di S. Antonio” 1978.
28 ASC D 868, Verbali Capitolo Superiore, fasc. II, quaderno n. 2, anno 1878, pp. 19-21;
FDB mc. 1877 B 8/10. In luglio ed agosto si erano tenute due riunioni del Capitolo Superiore,
nelle quali si stabilì che don Cagliero avrebbe seguito le nuove accettazioni e don Durando le
nuove richieste di fondazioni. Poiché alle adunanze non partecipò il Segretario, impegnato con
gli ascritti in vacanza, questi inserì un “Nota bene” dopo il verbale del 17 maggio 1878.
29 DBS 63-64.

2.6 Page 16

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68 Francesco Casella
vada se vi è vescovo od altra autorità precipua si vada a fare visita: siamo qui a portarle
gli ossequi del nostro Superiore”.30
La divulgazione e il sostegno delle attività che i Salesiani svolgevano in Italia,
in Europa e nell’America del Sud erano assicurate dall’associazione dei cooperatori
salesiani e dalle notizie che forniva il Bollettino Salesiano,31 organo di collegamento
tra i cooperatori, ma che giungeva anche nelle diocesi e nelle parrocchie.32
Dopo il viaggio di don Bosco a Napoli, avvenuto il 29 marzo 1880,33 anche dal
Mezzogiorno d’Italia le domande si moltiplicarono, ma si realizzò, anche se solo per
un breve periodo, unicamente l’apertura della casa di Brindisi. La motivazione è da
ricercare, senza trascurare la qualità a volte carente delle proposte o la loro genericità,
soprattutto nella mancanza di personale, che era insufficiente per il numero delle ri-
chieste che provenivano dall’Europa e dall’America (vedi la tabella proposta più
avanti).
Don Bosco nella prima Relazione alla S. Sede del 1879 scriveva: “Quando la
Congregazione fu dalla S. Sede approvata (3 Aprile 1874), i Salesiani erano in nu-
mero di 250; presentemente oltrepassano in totale i 700, e le opere loro affidate, che
erano in numero di 17, crebbero fino a 64”.34 In realtà secondo il Catalogo Generale
dei salesiani nell’anno 1879 ci sono 253 professi perpetui, 94 professi temporanei e
147 novizi per un totale di 494 religiosi (347 con voti); le presenze sono 24.
Per gli anni 1880-1888 abbiamo, sempre secondo i Cataloghi Generali, la se-
guente crescita dei Salesiani,35 che occorre tenere presente, soprattutto in merito alle
richieste per la scuola e per i seminari, ricordando l’osservazione fatta sopra:
30 ASC D 868, Verbale Capitolo Superiore, fasc. II, quaderno n. 2, 8 febbraio 1879, pp.
85-88; FDB mc. 1878 B 12 - C 3.
31 Pietro STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Vol. I, Vita e opere.
Roma, LAS 1979, pp. 209-227.
32 Don Giovani Bonetti (1838-1891), nella seduta del Capitolo Superiore del 28 di-
cembre 1883, propose di “pubblicare sul bollettino uno specchietto delle domande che vennero
fatte di aprire case nuove nelle varie parti del mondo, in questo solo anno 1883 salgono alla
cifra di 150”; cf ASC D 869, Verbali Capitolo Superiore. Vol. I, f 2, seduta del 28 dicembre
1883; FDB mc. 1880 B 3. Per don Giovanni Bonetti, cf DBS 46-47.
33 Oltre le indicazioni della nota 20 ricordiamo che vi furono altri due contatti di don
Bosco con Napoli. Il primo, anche se indirettamente, avvenne nel 1883 in seguito al terremoto
che devastò l’isola di Ischia. Don Bosco, rispondendo all’appello di aiuto per i terremotati, si
offrì per ospitare due orfani di Casamicciola, comune di Ischia. La lettera scritta a mons. Ales-
sandro Vogliotti, vicario generale capitolare di Torino, fu pubblicata dal giornale “L’Unità Cat-
tolica”, 1883, n. 186; cf anche OE XXXVIII [275]. Il secondo nel 1884, come si vedrà più
avanti, con la richiesta di padre Apicella.
34 Giovanni BOSCO, Esposizione alla S. Sede dello stato morale e materiale della Pia
Società di S. Francesco di Sales nel marzo del 1879. S. Pier d’Arena, Tipografia Salesiana
1879, in OE XXXI [250].
35 Oltre i Cataloghi Generali, cf anche P. BRAIDO, Tratti di vita religiosa salesiana nello
scritto “Ai soci salesiani” di don Bosco del 1877/1885. Introduzione e testi critici, in RSS 26
(1995) 92.

2.7 Page 17

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 69
Anno
1880
1881
1882
1883
1884
1885
1886
1887
1888
Totale Professi
405
452
482
520
554
593
636
715
768
Novizi
146
144
167
173
210
212
254
257
267
Presenze
34
31
35
41
48
48
50
50
62
In base alla decisione presa nel 1878, come già detto, don Celestino Du-
rando provvedeva a rispondere alle lettere di richiesta di fondazioni. Sulle stesse è
quasi sempre annotata l’essenziale e la data della risposta. L’appunto era spesso un
autografo di don Bosco o di don Rua, che adoperavano queste espressioni o simili:
“Rincresce, per ora impossibile”; “Negativo, per mancanza di personale”; “Abbiamo
tutta la buona volontà, ma pel momento manca il personale”. Le annotazioni delle ri-
sposte in generale non saranno qui trascritte, mentre si provvederà ai necessari colle-
gamenti dei documenti prodotti.
1. Corato (1879)
La prima richiesta di fondazione giunse da Corato (Bari). Il 14 maggio 1879 il
canonico Vincenzo Maria Arbore, cooperatore salesiano,36 nel restituire quindici bi-
glietti su venti della lotteria indetta da don Bosco,37 chiese informazioni per cono-
scere cosa si richiedeva per la fondazione di un’opera salesiana nella sua città:
“Stimatissimo Signore, dei biglietti inviatomi per la lotteria ne ho solo ritenuto cinque:
rinvio altri quindici dovendo condividersi il poco impostoci dalla voracità attuale coi bi-
sognosi dei nostri luoghi.
Amerei conoscere cosa richiedesi per la fondazione di qualche casa salesiana si per riguar-
do agli uomini, si per riguardo alle donne, si [senza] sciupo [di] molto danaro dalle nostre
locali amministrazioni con scapito della povera gioventù; oh! piaccia al Signore di far com-
prendere, che coi religiosi si spenderebbe più poco, e si avrebbero consolanti risultati.
Accolga intanto l’esibizione di mia servitù, e raccomandandomi alle sue preghiere con
stima mi segno il suo dev.mo servo. Can.co Vincenzo Maria Arbore.
P. S. Aspetto ricezione della presente per spedire le mie 5 lire”.38
Dopo due anni, nel 1881, il canonico Arbore scrisse di nuovo a don Bosco e
propose di acquistare un terreno situato vicino alla stazione ferroviaria:
36 BS 11 (1896) 307: il nome del canonico è nell’elenco dei cooperatori defunti per i
mesi agosto - settembre.
37 BS 1 (1879) 2.
38 ASC F 975 Corato, lett. Arbore - Bosco, 14 maggio 1879; FDB mc. 145 E 6.

2.8 Page 18

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70 Francesco Casella
“Stimatissimo D. Bosco, nell’ultima mia a lei presentata dal giovane coratino Luigi
Strippoli mi serbai scriverle una lettera per la fondazione d’una casa salesiana in Corato;
ma prima di ogni cosa prego la sua bontà a perdonare la mia importunità nel ripetere
sempre la stessa domanda, e fidando nella sua pazienza, io mi fo coraggio di avanzarle
per la fondazione una proposta, che per ora è la migliore fra le altre sin oggi presentate.
Ho la propizia occasione di potere acquistare una estensione di sito circa tremila metri,
vicino alla stazione ferroviaria, isolato dagli altri fabbricati, in una posizione amena e ri-
dente. Il prezzo di tale suolo ascende a circa trentamila lire o poco più. La metà di tale
prezzo sarà una mia offerta alla Congregazione, l’altra metà lascerebbe a carico della
Congregazione da pagarsi però in ... donde scegliendo la durata del tempo, che piacerà
con tenue interesse cui cercherò io di suggerire. Ciò riguardo al sito; in quanto poi ai
mezzi per dar principio, ed esecuzione ai fabbricati puramente necessari per ora, nulla
posso affermare, mentre manca l’accettazione, che sarà l’iniziativa motrice di appello al-
l’interesse dei padri di famiglia, alla carità pubblica, al clero che volentieri seconderà
l’opera e anche alla municipale amministrazione per un sussidio altre volte pure conces-
somi. Lei, se crede opportuno, accetti; l’accettazione però avrà il suo effetto o meglio
sarà strada in esecuzione, quando si vedrà, che le cose prendono favorevole piega, e che
si conosca essere la fondazione voluta da Dio.
Mi benedica, e preghi per me Maria Ausiliatrice del cui patrocinio sento preciso bisogno”.39
Trascorsero altri tre anni e nel 1884 il canonico, a nome di un Avvocato consi-
gliere dell’amministrazione municipale, domandò a don Bosco se era possibile accet-
tare l’istruzione pubblica municipale e un collegio per la classe agiata:
“Stimatissimo D. Bosco, un Avvocato Consigliere mi ha pregato di scrivere alla signoria
vostra se siete disposto ad accettare l’istruzione municipale, che si vorrebbe affidare ai
Salesiani coll’esecuzione anche di un collegio per la classe agiata. Il Consiglio attuale
composto di cittadini seri vede bene che la città nostra di quarantamila abitanti nel corso
dei passati anni non ha colto che tristissimi frutti da una istruzione atea impartita col gra-
vissimo dispendio di quarantamila e più lire.
Il locale ci è a sufficienza con accanto una grandiosa chiesa chiusa dai tristi, ma che il
nuovo Consiglio ha votato di riaprire, e per le cui riparazioni già si sono raccolte somme
disponibili. Per Corato sarebbe un atto della divina misericordia, e uno sguardo amoroso
di Maria Ausiliatrice, pei Salesiani sarebbe un campo ben vasto da coltivare se la pro-
posta avesse la sua esecuzione.
Prima della domanda pel Municipio mi aveva interessato di scrivervi il Reverendo Arci-
prete del nostro Capitolo per aversi nei Salesiani un valido aiuto nel disimpegno della sua
alta e delicatissima carica, onde colla presente ho giudicato appagare le brame di tutti.
La vostra bontà mi dirà cosa debba io rispondere, e in qual modo comportarmi. La ri-
sposta pel Municipio si vorrebbe subito, mentre nel prossimo Settembre si deve radunare
il Consiglio per dare un novello andamento alla pubblica amministrazione”.40
Nel 1886, a don Bosco che chiedeva una proposta concreta e la completa auto-
nomia, il canonico Vincenzo Maria Arbore scriveva:
“Stimatissimo D. Bosco, le scrissi riguardo alla fondazione della Casa salesiana in Co-
rato che l’avrei dato notizie in altra mia, mentre da lei giustamente si richiedeva una pro-
posta concreta; eccomi: nello scambio dell’idee con i miei amici si è venuto alla risolu-
39 Ib., lett. Arbore - Bosco, 25 novembre 1881; FDB mc. 145 E 7/8.
40 Ib., lett. Arbore - Bosco, 27 agosto 1884; FDB mc. E 9/10.

2.9 Page 19

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 71
zione di badare nella fondazione, che i Salesiani sieno padroni in casa propria e nessuna
ingerenza vi abbiano i secolari, buoni a guastare colle loro commissioni e presidenza, e
quel ch’è peggio col mal talento di tenere a lor servizio sacerdoti e suore, come stiamo
toccando colle proprie mani nell’Istituto femminile, ospedale e asili infantili, ove tro-
vansi le suore d’Ivrea. Dietro tale risoluzione si è pensato alla chiesa per i Salesiani: essa
viene offerta dalla confraternita del S. Rosario annessa all’antico convento dei Domeni-
cani: la confraternita riterrà per proprio conto le spese del culto, e della manutenzione,
anzi presterà un tanto annuo per la celebrazione di Messe nei giorni festivi, in una parola
la confraternita ubbidirà ai Salesiani, e trovansi in essa chiesa anche la Congregazione
degli ascritti al Cuore di Maria da me fondata, questa dipenderà anche dai Salesiani.
Dopo la chiesa si è rivolto l’attenzione all’abitazione. L’attuale Rettore della chiesa,
ricco sacerdote, offre la sua casa attigua alla medesima assicurandomi di voler convivere
coi Salesiani; ma l’offerta casa non è che una piccola sezione dell’antico convento dei
Domenicani soppresso circa un secolo indietro, e che ora si vende a pezzi; quindi c’è
molto da comprare e da edificare”.41
In realtà, con tutte le commistioni proposte, non era assicurata l’indipendenza
dei Salesiani che rifiutarono, ma nell’ottobre dello stesso anno il canonico scrisse nuo-
vamente a don Bosco, per dire che anche l’arcivescovo di Trani, mons. Giuseppe de
Bianchi Dottula,42 assecondava la proposta di una fondazione dei Salesiani a Corato:
“Stimatissimo D. Bosco, più volte mi sono rivolto alla sua carità per la fondazione di
una Casa salesiana in Corato, e nell’ultima mia aveva io il bene di significarle essere tale
fondazione desiderata dal nostro ottimo Arcivescovo, che mi autorizzò a valermi del suo
nome. La signoria sua reverendissima nella sua bontà mi scrisse di attendere l’aumento
del personale; sarà questa mancanza di operai evangelici sufficiente ragione pel ritardo,
ma io, stimatissimo Padre, credo tenermi stretto alle parole del nostro Divin Maestro
Gesù: Pulsate et aperietur vobis, quindi ritorno a bussare alla porta dell'Oratorio.
Già tre giovanetti Coratini malgrado la lontananza del viaggio sono nell’Ospizio di S.
Giovanni Evangelista, e presto li raggiungeranno altri due: il nome salesiano oggi ri-
suona in Corato nome di beneficenza alla società: circa dieci sacerdoti sono ascritti alla
Congregazione, e la loro cooperazione sortirà il suo effetto”.43
Il canonico Arbore ribadiva che vi era un ricco sacerdote disposto a dare la sua
abitazione e chiedeva che fosse inviato a Corato un Superiore per rendersene conto.
Ma non si fece nulla.
Trascorsero altri otto anni e nel 1894 il sac. salesiano Vincenzo Piccarreta,44
41 Ib., lett. Arbore - Bosco, 18 marzo 1886; FDB mc. 146 A 2/4.
42 Mons. Giuseppe de Bianchi Dottula, nato a Napoli il 4 febbraio 1809, ordinato sacer-
dote il 23 marzo 1833, canonico della chiesa metropolitana di Napoli nel 1844, su nomina del
Re delle Due Sicilie del 15 novembre 1848, fu dichiarato dottore in teologia con breve aposto-
lico del 9 dicembre 1848, gli venne concesso il pallio il 22 dicembre e fu consacrato vescovo
nello stesso 1848; morì il 22 settembre 1892; cf HC VIII 561.
43 ASC F 975 Corato, lett. Arbore - Bosco, 29 ottobre 1886; FDB mc. 145 E 11 - 146 A 1.
44 Vincenzo Piccarreta, nato a Corato (Bari) il 30 agosto 1868, entrò nel collegio di San
Giovanni Evangelista il 26 febbraio 1886 e da lì passò al noviziato di Foglizzo il 26 agosto
1887; fece la vestizione da chierico il 20 ottobre 1887 per le mani di don Bosco e la profes-
sione perpetua a Torino Valsalice il 2 ottobre 1888; fu ordinato sacerdote a Imola il 10 marzo
1894 e svolse il suo ministero in alcune case salesiane, tra cui Lugo (Ravenna). Uscì dalla

2.10 Page 20

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72 Francesco Casella
dopo essere stato in vacanza presso la famiglia a Corato, rientrato nel collegio di
Lugo (Ravenna),45 scrisse una relazione diretta ai Superiori per perorare la causa di
una fondazione nel suo paese.
La relazione divisa in più parti contiene innanzitutto alcune informazioni sulla
città. Corato ha più di 40.000 abitanti, di essi la maggior parte è formata da agricol-
tori, seguono gli artigiani, i commercianti e i nobili. Il clero è composto di circa 20
sacerdoti, di cui dieci sono inabili al ministero per l’età e malattie e i rimanenti divi-
dono il loro tempo tra il dovere del loro ministero e gli interessi materiali, per cui
manca l’istruzione morale e religiosa del popolo e della gioventù. A Corato vi sono le
scuole elementari, ma non c’è alcun collegio che dia una educazione cristiana non
solo a Corato, ma nell’intera Puglia. Le scuole governative si trovano a Trani e l’Uni-
versità a Napoli, ma sono dominate dagli anticlericali.
Una seconda parte della relazione elenca le proposte esistenti per l’impianto
di un collegio: un terreno vicino alla stazione ferroviaria (quello già proposto nel
1881); un terreno di proprietà del Capitolo; la Chiesa dell’Incoronata, che ha bisogno
di essere restaurata e di cui è proprietario il municipio (proposta del 1884); infine una
sezione dell’antico convento a cui è annessa una chiesa (proposta del 1886). Circa i
mezzi di sostentamento non si va oltre le promesse di aiuto da parte della popolazione
o di ricchi signori, le raccomandazioni da parte del vicario capitolare del duomo di
Trani e le promesse del vescovo di Ruvo.46 Unica novità l’istituto Alessandro Man-
zoni con scuole elementari, che potrebbe essere affidato ai Salesiani (l’istituto era in
una fase progettuale nella proposta del 1884).
L’ultima parte della relazione contiene delle osservazioni di don Vincenzo
Piccarreta: assicurarsi prima i mezzi per poter andare avanti in modo autonomo; es-
sere “padroni assoluti dei locali affidati, senza alcun legame o soggezione”; nel caso
si accettasse la fondazione andare almeno sei mesi prima per una “missione” con cui
rendere disponibili gli animi; pensare se sia il caso di avere quattro locali per impian-
tare quattro oratori festivi ai quattro lati della città; nel caso fosse impossibile accet-
tare le proposte di Corato, riflettere sulla possibilità di stabilire un’opera a Ruvo, di-
stante circa otto chilometri da Corato, ove si potrebbe interessare un ricco signore da
lui conosciuto per avere il terreno, oppure in Andria, città di 50.000 abitanti, a circa
dieci chilometri da Corato.
La relazione si chiude con un appello ad aver compassione per le “povere
anime della Puglia, le quali costano il sangue di G. Cristo, non meno che le province
Congregazione il 13 marzo 1903, mentre si trovava a Loreto e fu incardinato nella diocesi di
Trani il 18 giugno 1905; cf ASC D 879 Morti e usciti al 1908, p. 138.
45 La casa salesiana fu aperta nel 1892; cf Annali II 199-201. La casa, poi, è stata chiusa
nel 1963.
46 Mons. Tommaso De Stefano, nato a Monteforte Irpino (Avellino) il 6 luglio 1853, fu
ordinato sacerdote il 24 settembre 1876, dottore in teologia presso il Collegio di Teologia di
Napoli nell’anno 1877, insegnò teologia dogmatica nelle diocesi di Avellino (1879-1885), An-
dria (1885-1887) ove fu anche vicario generale, Ascoli Satriano e Cerignola (1889-1893); no-
minato vescovo di Isernia e Venafro il 16 gennaio 1893, venne consacrato a Roma il 29 gen-
naio, ma non vi andò, perché il 19 gennaio era stato promosso alla diocesi di Ruvo; trasferito
alla diocesi di Trani il 24 marzo 1898, morì a Roma il 19 maggio 1906; cf HC VIII 487, 561.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 73
americane ed asiatiche, come pure non sono meno bisognose di queste d’educazione
e di morale”.47 La risposta in sintesi, annotata sulla stessa relazione fu: “Presentino un
solo progetto concreto; aspettino tre anni”. Non se ne parlò più.
2. Cassano Ionio (1879)
La seconda richiesta di fondazione giunse a don Bosco dalla diocesi di Cassano Io-
nio (Cosenza), che aveva un seminario ginnasiale a Rotonda ed uno teologico in Cassano
Ionio.48 Il vicario generale della diocesi Alfonso Barretta, appellandosi ad una lettera di don
Michele Rua dell’11 dicembre 1878 che lasciava sperare un invio di sacerdoti salesiani,
il 30 maggio 1879, su sollecitazione del vescovo,49 chiese un aiuto per il seminario:
“Stimat.mo Sig. Don Rua, con una sua ven.ma degli 11 dicembre scorso mi faceva spera-
re che se a tempo avessi chiesto de’ sacerdoti salesiani per questo Seminario diocesano, si-
to in Rotonda, si sarebbe stato al caso di provvedermelo. Ora questo venerabil.mo monsig.
vescovo persistendo nel proposito di averli, m’incarica di scriverne a lei. Lo stesso ha bi-
sogno di professori di 3, 4 e 5 ginnasiale, e se si potesse avere un Rettore, si gradirebbe pu-
re. Nell’affermativa proponga le condizioni a fermare il contratto quanto prima si può.
Non creda poi esser il detto Seminario fuori di mano, poiché si viene in ferrovia fino alla sta-
zione Spezzano-Castrovillari, e di qui sino a Rotonda non vi sono che sette ore di carrozza. È
superfluo il dirle che il Seminario è posto in luogo salubre... avendogliene scritto; ora aggiun-
go che i professori se ne troveranno contenti, sotto ogni riguardo. Mi attendo un sollecito ri-
scontro, che mi spero favorevole. E pregandola de’ miei ossequi all’egregio don Bosco...”.50
In seguito alla risposta negativa e non potendo il vescovo provvedere diversa-
mente, il seminario fu chiuso.
Trascorsero diversi anni e nel 1887 il nuovo vescovo di Cassano Ionio, mons.
Antonio Pistocchi,51 mentre era in visita pastorale a Mormanno (Cosenza), scrisse a
Torino al card. Gaetano Alimonda 52 per ottenere i salesiani:
47 ASC F 975 Corato, lett. Piccarreta - Reverendissimi Superiori, Lugo 24 settembre
1894; FDB mc. 146 A 5 - B 4.
48 Maria MARIOTTI, Riflessi pastorali delle vicende politiche italiane attraverso le rela-
zioni per le visite ad limina Apostolorum di alcuni vescovi calabresi, in AA. VV., Chiesa e re-
ligiosità…, Vol. IV/2, pp. 158-160; 212-216.
49 Mons. Alessandro Maria Basile, nato a Ischitella (Foggia) il 22 agosto 1826, entrò nel-
la congregazione dei redentoristi l’8 maggio 1845; ordinato sacerdote il 27 marzo 1852, esercitò
il ministero nelle case dell’ordine di Catanzaro e di Tropea; nominato vescovo di Cassano Ionio
il 22 dicembre 1871, fu consacrato a Roma il 27 dicembre; morì il 25 giugno 1883; cf HC VIII
188; cf anche Alberto MONTICONE, I vescovi meridionali: 1861-1878…, p. 74, n. 36.
50 ASC F 972 Cassano Ionio, lett. Barretta - Rua, 30 maggio 1879; FDB mc. 138 C 5/6.
51 Mons. Antonio Pistocchi, nato a Cerchiara (Cosenza) il 7 marzo 1824, fu ordinato sa-
cerdote il 19 dicembre 1846; professore di lettere e poi di teologia dogmatica e di morale nel
seminario di Cassano, fu nominato vescovo titolare di Sinopoli e vescovo coadiutore con fa-
coltà di successione della diocesi di S. Marco Argentano e Bisignano, provincia di Cosenza, il
27 febbraio 1880, ma il 24 marzo 1884 fu trasferito alla diocesi di Cassano Ionio; morì a Cer-
chiara il 29 agosto 1888; cf HC VIII 188, 365, 520.
52 Card. Gaetano Alimonda, nato a Genova il 23 ottobre 1818, fu ordinato sacerdote il
10 giugno 1843; dottore in teologia presso l’università di Genova e Rettore del seminario per

3.2 Page 22

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74 Francesco Casella
“Eminenza Rev.ma, in questa mia diocesi esiste un Seminario fondato dalle s[ante]
m[ani] del mio predecessore, i cui eredi hanno ceduto il locale a Mons. De Filippo, arci-
prete di Viggianello, luogo di questa diocesi. Ora volendo il Sig. De Filippo riaprire il
Pio Istituto, amerebbe un Rettore che per sue qualità scientifiche e morali fosse il pro-
gramma. Io quindi, a secondare un santo divisamento, mi rivolgo a V. Emin.za perché
possa ottenere un Salesiano, col quale esso Sig. De Filippo si metterebbe in corrispon-
denza diretta pel da farsi. Perdonerà l’E. V. lo incomodo che le arreco”.53
Tre anni dopo, nel 1890, mons. Evangelista Di Milia 54 dell’Ordine dei Frati Mi-
nori Cappuccini, al secolo Michele Antonio, successore di mons. Antonio Pistocchi,
riprese la questione durante il rettorato di don Rua. Certamente già in relazione epi-
stolare con i Salesiani prima del 1890, il vescovo, spinto dalla necessità di provve-
dere al suo seminario, da Roma scrisse direttamente a don Rua:
“R.mo Padre, Vostra S. Ill.ma perdonerà certamente la mia importunità, se vengo ad inco-
modarla direttamente dopo la risposta che il R.mo Padre Procuratore si è compiaciuto co-
municarmi. È il bisogno e l’intima convinzione del gran bene, il quale potrebbe farsi al
mio Seminario dai Padri della sua Congregazione che mi fanno ardito di tanto insistere.
Esso non sarebbe aperto che nell’ottobre del venturo anno 1891, ed in questo frattempo
non credo difficile, nonostante gli impegni presi, di disporre di tre o quattro Padri per as-
sumere la direzione. I professori che non potrebbe per ora inviare si rimpiazzerebbero
con preti secolari sino a quando non avrà altri soggetti disponibili.
Il mio progetto di confidare il Seminario alla sua Congregazione è altamente approvato
dagli Em.mi cardinali, a cui ho avuto l’onore di parlarne. Essi conoscono lo stato dei no-
stri luoghi di educazione pel clero nelle province napoletane e la necessità di dare a
questo un indirizzo più conforme ai nuovi bisogni della chiesa e della società. Il Signore
al certo ricompenserà i sacrifizi che Ella farà per la mia povera diocesi di Cassano”.55
La risposta negativa non scoraggiò il vescovo che, due anni dopo, si rivolse al
cardinale Protettore della congregazione salesiana mons. Parocchi: 56
molti anni, venne nominato vescovo di Albenga il 21 settembre 1877 e consacrato l’11 no-
vembre; creato cardinale da Leone XIII il 12 maggio 1879, fu promosso alla diocesi di Torino
il 9 agosto 1883; morì il 30 maggio 1891; cf HC VIII 28, 86, 538; cf anche EC I col. 887.
53 ASC F 972 Cassano Ionio, lett. Pistocchi - Alimonda, Mormanno 29 agosto 1887;
FDB mc. 138 C 7.
54 Mons. Evangelista Di Milia, nato a Calitri (Avellino) il 5 gennaio 1842, al Battesimo
gli fu imposto il nome di Michele Antonio; ordinato sacerdote il 17 luglio 1864, missionario in
Francia ed Inghilterra, fu eletto ministro provinciale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini
della Basilicata (1884-1887); nominato vescovo di Cassano l’11 febbraio del 1889, fu consa-
crato a Roma il 17 febbraio; promosso vescovo assistente al soglio pontificio il 14 maggio
1898, venne trasferito alla diocesi di Lecce il 10 novembre 1898; morì a Calitri il 17 settembre
1901; cf HC VIII 188, 342.
55 ASC F 972 Cassano Ionio, lett. Di Milia - Rua, Roma 25 novembre 1890; FDB mc.
138 C 8/9.
56 Card. Lucido Maria Parocchi, nato a Mantova il 13 agosto 1833, fu ordinato sacerdote
nel 1856; dottore in teologia presso il Collegio Romano il 15 settembre 1856, divenne profes-
sore di storia ecclesiastica, di teologia morale e di diritto canonico nel seminario di Mantova:
socio dell’Accademia della Religione Cattolica in Roma (22 giugno 1870), prelato domestico
della Santa Sede (10 marzo 1871), fondatore della rivista La scuola cattolica (1871); eletto ve-
scovo di Pavia il 27 ottobre 1871 e consacrato a Roma il 5 novembre, venne trasferito alla sede

3.3 Page 23

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 75
“Eminenza R.ma, dovendo aprire nel prossimo ottobre, dopo 27 anni, il mio Seminario
di Cassano, mi rivolgo alla bontà, che V. E. mi ha sempre addimostrato, affinché quale
Protettore dei R.di Padri Salesiani, mi sia concesso un padre di quella Congregazione,
che vi assumerebbe la carica di Rettore.
La presenza di un figlio di Don Bosco a capo del Pio Istituto darebbe a questo maggior
prestigio e sarebbe una garanzia di successo.
Nella mancanza di soggetti in cui sono, capaci di sorvegliare la prima organizzazione e
l’impianto, io mi dichiarerei soddisfatto e riconoscente se il Padre, che mi si manderebbe
nel prossimo ottobre, vi rimanesse anche per un solo anno, nel quale tempo mi sarebbe
possibile di provvedere altrimenti. Per le condizioni finanziarie me ne rimetto intera-
mente al R.mo Padre D. Rua”.57
Sei anni dopo, nel 1898, da Cassano fu rivolta a don Rua una richiesta “per l’i-
stituzione d’un istituto maschile”, per cui si richiedeva l’invio di “Statuto, Regola-
menti e norme per l’istituzione”,58 ma nel 1901 mons. Antonio Bonito,59 successore
del vescovo Di Milia, chiese nuovamente aiuto per il seminario:
“R.mo Don Rua, un giovane prete che sta a Roma a studiare (appartenente a questa mia
diocesi) mi fa sapere che i RR. PP. Salesiani verrebbero volentieri a dirigere ed ammini-
strare questo mio Seminario. Io sono un antico ammiratore dei salesiani, avendo cono-
sciuto Don Bosco il 1885 a Torino. Mi affretto a domandare a V. P. R.ma se la notizia è
vera; non che le condizioni a cui potrebbe realizzarsi la notizia stessa.
Mi permetto pure di raccomandare a V. P. R. (come già feci per mezzo di altre persone)
un giovine napolitano mio penitente, che vorrebbe essere adibito nei lavori impresi dai
RR. PP. Salesiani al nuovo Rione Vomero (Napoli)”.60
La risposta di don Durando, annotata sulla lettera, in data 1 febbraio 1901, fu: “Ab-
biamo tutta la buona volontà, ma pel momento manca il personale. Continui a tener vi-
va la corrispondenza, forse tra quattro o cinque anni si potrà”. Ed infatti l’argomento fu
ripreso nel 1907 dal vescovo Pietro La Fontaine 61 con una accorata lettera a don Rua:
di Bologna il 12 marzo 1877 e creato cardinale da Pio IX il 22 giugno 1877; chiamato a Roma
da Leone XIII nel 1882, fu nominato vicario generale della città il 16 febbraio 1884; divenne
cardinale protettore di Ordini e Congregazioni religiose e in particolare dei Salesiani dal 17
aprile 1886; il 14 dicembre 1899 Leone XIII lo nominò vice cancelliere di Santa Roma Chiesa;
morì a Roma il 15 gennaio 1903; cf HC VIII 22-23, 153, 439; cf anche EC IX col. 853.
57 ASC F 972 Cassano Ionio, lett. Di Milia - Parocchi, Roma 29 agosto 1892; FDB
mc. 138 C 11/12.
58 Ib., lett. Giovanni Giuseppe - Rua, Cassano Ionio 29 giugno 1898; FDB mc. 138 D 1.
59 Mons. Antonio Maria Bonito, nato a Napoli l’11 novembre 1852, fu ordinato sacer-
dote il 22 maggio 1875; venne nominato vescovo di Cassano Ionio il 15 giugno 1899 e consa-
crato a Roma il 25 giugno; trasferito alla diocesi titolare di Scytopolis in Palestina e deputato
coadiutore con facoltà di successione nell’archidiocesi di Amalfi, vi successe il 17 giugno
1908; trasferito alla diocesi titolare di Axomis in Etiopia il 15 agosto 1910, morì a Portici
(Napoli) il 14 settembre 1916; cf HC VIII 188.
60 ASC F 972 Cassano Ionio, lett. Bonito - Rua, Cassano Ionio 24 gennaio 1901; FDB
mc. 138 C 10.
61 Card. Pietro La Fontaine, nato a Viterbo il 6 novembre 1860, rettore del seminario
della città, venne nominato vescovo di Cassano Ionio il 6 dicembre 1906 e designato visitatore
apostolico dei seminari in Calabria nel 1907; trasferito alla sede titolare di Carystus in Grecia,
divenne segretario della Congregazione dei Riti; membro della commissione del diritto cano-

3.4 Page 24

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76 Francesco Casella
“Mio carissimo Buon Padre soltanto ierlaltro ricevetti le Memorie dei SS. Apostoli Pietro
e Paolo insieme con i suoi carissimi auguri. Il mio Vicario è incaricato di inviare all’Isti-
tuto una piccola offerta come indizio del gradimento di questo povero Pietro, che adhuc
sequitur Iesum a longe. Dico piccolo, Padre mio, perché sono sotto l’incubo della tassa
di successione, e di necessari restauri della Casa, ed ella sa che cosa ciò voglia dire per
un vescovo novello che per grazia di Dio, non ha messo mai a parte un soldo. Eppure ora
mi conviene per coscienza pensare ai soldi della mensa; ma ripeto sempre con grandis-
simo desiderio: necessitatibus meis erue me Domine.
Perché, Padre mio, non vengono quaggiù? S’assicuri che son luoghi da missionari: eppure si
trovano cuori ed indoli disposti assai bene! Vengano per carità! Al mio Seminario rimango-
no gli alunni del Ginnasio inferiore e superiore. Al superiore debbono intervenire gli alunni
(sono pochi) del Seminario di Rossano. Abbiamo finora tutti i professori patentati parte pre-
ti, parte buoni secolari. Ma... manca la formazione de’ chierici! Ci vorrebbero proprio i sale-
siani. E poi venendo loro, la carità non mancherebbe. Su dunque, Padre mio, venga a conso-
lare l’animo mio. Faranno del gran bene. Ne ho tenuto un serio colloquio con S. Giuseppe,
che poi è latore di questa lettera insieme col suo Gesù. Al colloquio è intervenuto anche Don
Bosco, che ha fatto uno di quei soliti suoi sorrisetti, che indicano affermazione. Ora resta che
sia morbido lei, Padre mio, e certo non si vorrà urtare con S. Giuseppe e D. Bosco”.62
La risposta a questa lettera, del 18 luglio 1907, diceva soltanto: “Ricevute sta-
mane Cartolina-Vaglia di £. 10 dal Vicario generale Don Girolamo Pariboni a cui si
rispose stamane stesso”, per cui il vicario generale il 24 luglio scriveva a don Rua:
“R.mo e Car.mo Don Michele, ringrazio anzitutto delle espressioni gentili rivoltemi nella
sua car.ma del 18 corrente, e più ringrazio per le preghiere.
Mi permetta di ricordarle dopo ciò, che nella sua accennata lettera, la S. V. mi diceva che
scriveva a parte anche a Mons. vescovo, in risposta alla sua dimanda pel nostro Semi-
nario. Ma fino ad ora Mons. vescovo nulla ha ricevuto. Temo possa essere avvenuto
qualche smarrimento o disguido postale, ed è perciò che vengo a pregarla di voler in
caso di scrivere di nuovo, giacché Mons. ecc.mo è in ansiosa attesa. Anzi a mio mezzo
supplica che, se nella prima lettera ella ci aveva dato una negativa, in questa seconda ci
scriva un’affermativa a nostro conforto e a bene di tante anime”.63
La risposta a questa sollecitazione dovette essere negativa. La corrispondenza
s’interruppe per riprendere solo alla fine di dicembre del 1918 con una nuova ri-
chiesta: edificare a Castrovillari (Cosenza) una chiesa ed un convitto per alunni che
frequentavano le scuole pubbliche, ma anche questa richiesta non fu esaudita.
3. Nicotera - Tropea (1879)
La terza richiesta del 1879 giunse dal vescovo coadiutore di Nicotera e Tropea, il be-
nedettino mons. Luigi Vaccari,64 che il 21 luglio chiese aiuto a don Bosco per il seminario:
nico dal 1910 al 1917, fu promosso Patriarca di Venezia il 5 marzo 1915 e creato cardinale il 4
dicembre 1916; morì nel 1935; cf DHGE XI col. 1311.
62 ASC F 972 Cassano Ionio, lett. La Fontaine - Rua, 14 luglio 1907; FDB mc. 138 D 2/3.
63 Ib., lett. Pariboni - Rua, 24 luglio 1907; FDB mc. 138 D 4.
64 Mons. Luigi Vaccari, benedettino, nato a Fuscaldo (Cosenza) il 21 aprile 1817, fu or-
dinato sacerdote il 22 agosto 1841; parroco a Paola (Cosenza) e poi a Fuscaldo si laureò in teo-

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 77
“Per la seconda fiata mi rivolgo a Lei, invocando... soccorso; verrà meno ad un povero ve-
scovo [?] L’unica ancora nei tempi nefasti che [dilagano] è il Seminario. Vorrebbe lei fare la
carità [di] prenderne la direzione inviando per ora uno o due dei suoi soggetti per dirigerlo nel-
lo spirito, e coadiuvarlo nell’amministrazione e nell’insegnamento? Sarebbe una grande carità!
Affinché si potesse risolvere a ragion veduta, penso dirle della posizione del pio luogo...
Le rendite ascendono a duemila e cinquecento lire, oltre le pensioni degli alunni, il cui
numero, in un quinquennio da che amministro queste due Diocesi di Nicotera e Tropea, è
variato da novanta a quaranta. Per l’anno seguente ne calcolerei il numero ad una qua-
rantina. La pensione... è di lire duecento.
Ho creduto sciogliere il Seminario pei calori estivi; e per riordinarlo, per riaprirlo nei prin-
cipi di ottobre, o come meglio credono nell’ipotesi affermativa... Chi sa se la direzione del
Seminario di Tropea non abbia ad essere l’inizio di maggior bene per le Calabrie?...
Intanto la supplico di un qualsivoglia riscontro per regolare le cose e per mio governo. Io
l’ho sempre in mente allorché monaco in Montecassino ebbi la fortuna di vederla”.65
Sulla lettera vi è un appunto autografo di don Bosco per la risposta che doveva
redigere don Rua: “1. Deficienza di personale. 2. Regola che ci vieta di aprire case se
non sono sei confratelli. Tuttavia nella formazione del personale faremo il possibile
ecc.”. Don Rua rispose il 31 luglio esponendo queste idee: “Per quest’anno non pos-
siamo; speriamo per altro anno; però converrebbe che S. E. iniziasse sin d’ora le trat-
tative sulla base di affidare interamente il Seminario ai Salesiani, i quali non si ri-
fiut[ano] di servirsi anche del personale esistente ove convenga”.
Dopo tre anni, il 28 dicembre 1882, mons. Vaccari scrisse nuovamente a don
Bosco invitandolo ad assumersi la direzione del seminario:
“In questi giorni di grazia e di misericordia Le ricordo la sua promessa, e Le rinnovo le
mie caldissime preghiere, di prendere cioè la direzione di questo Seminario per il no-
vello anno scolastico, cioè dall’Ottobre 1883.
Mi creda che le Calabrie hanno molto bisogno d’essere rigenerate con una istruzione cat-
tolica, e che l’Oratorio di S. Francesco di Sales vi farebbe un gran bene: Ella potrebbe
intanto o per lettera, o meglio se volesse spedire a mie spese un qualche individuo, che
potrebbe anche annunziare la parola di Dio nella Cattedrale per la prossima Quaresima, e
disporre preventivamente quanto occorre”.66
La risposta fu negativa, ma nel 1898 iniziò una nuova corrispondenza con don
Rua per aprire una casa salesiana per l’educazione scolastica a Tropea. La trattativa
fu complessa ed articolata e si protrasse fino al 1910, ma non giunse in porto.67
logia all’Università di Napoli il 31 agosto 1847; canonico della chiesa metropolitana di Co-
senza l’11 giugno 1855, venne nominato vescovo titolare di Sinopoli e vescovo coadiutore con
facoltà di successione di mons. Filippo De Simone (1807-1889, vescovo dal 1871) di Nicotera
e Tropea il 22 dicembre 1871; ebbe subito il governo della diocesi, perché mons. De Filippo
era anziano ed ammalato, ma non successe perché morì il 16 dicembre 1887; cf HC VIII 414 -
415, 520; cf anche A. MONTICONE, I vescovi meridionali…, p. 75, n. 38.
65 ASC A 135 Lettere a don Bosco, Vaccari - Bosco, 21 luglio 1879; FDB mc. 1.435 A
5/7; cf anche Pio del PEZZO, Don Bosco mette radici in Calabria. Ispettoria Salesiana Meridio-
nale, Napoli 1992, p. 24.
66 ASC G 001 Tropea, lett. Vaccari - Bosco, 28 dicembre 1882; FDB mc. 184 E 6.
67 Ib., corrispondenza dal 29 aprile 1898 al primo settembre 1910; FDR mc. 3151 C 5 –
3152 B 12.

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78 Francesco Casella
4. La breve esperienza di Brindisi (1879-1880)
La prima casa fondata nel Mezzogiorno, fu quella di Brindisi, ma ebbe una vita
breve: dall’11 novembre 1879 fin verso il termine del 1880.68 Secondo la Relazione
alla Sacra Congregazione del Concilio del 1878 la diocesi di Brindisi aveva 15.000
abitanti in città ed altri 24.000 sparsi in 10 villaggi per lo più contadini.69
L’arcivescovo di Brindisi, il barnabita mons. Luigi Maria Aguilar,70 amministra-
tore anche della diocesi di Ostuni, era stato a trovare don Bosco a Torino e ne era ri-
masto ammirato, come si rileva da un articolo del Bullettin Salesien del 1879, che
parla dell’Oratorio di S. Léon di Marsiglia.71 L’arcivescovo, che era in relazione con
don Bosco già da tempo, doveva aver fatto delle proposte, perché nell’ottobre del
1878 scrisse a don Celestino Durando:
“La sua preg.ma del 3 corrente, benché mi abbia tolta la speranza di veder tosto compiu-
to il disegno, dirò così secondario, fatto da me coll’ultima mia, mi porge la fiducia di ve-
der tra non molto deciso non solo in massima ma eziandio in pratica il disegno principale
per cui da prima interessai la carità del venerando loro Superiore. Quindi ne ringrazio Lui
e V. R. come ne ho già ringraziato il Signore. Attendo poi in Brindisi, ove mi troverò per
la metà del p. v. Novembre, l’avviso promesso dell’arrivo de’ due inviati del prelodato Su-
periore; e crederei che non si dovesse pubblicare, come io non pubblicherò, l’oggetto del-
la loro venuta se non quando avremo conchiuso, come spero, quello che dovrà farsi.
Favorisca di manifestare al Rev. Superiore queste cose, colle mie più vive raccomanda-
zioni alle Sue e Loro preghiere”.72
La visita non ci fu e mons. Aguilar all’inizio di dicembre scriveva di nuovo,
esprimendo la speranza che prima della fine dell’anno si potesse risolvere il problema
che lo interessava tanto:
“Rev. Padre, ho voluto lasciar passare tutto il mese di Nov., quando (dopo il 15) aspettava
la promessa visita, supponendo qualche impedimento a causa della stagione. Ora non ve-
68 MB XIII 631; MB XIV 337-338; Annali I 464; Tommaso STILE, I primi venticinque
anni dell’Ispettoria Salesiana Napoletana. Bari, Scuola Tipografica Orfanotrofio Salesiano
1952, p. 91; N. NANNOLA, Don Bosco e l’Italia Meridionale…, pp. 19-21.
69 HC VIII 160.
70 Mons. Luigi Maria Aguilar, nato a Napoli il 7 aprile 1814, fu ordinato sacerdote a
Roma il 16 ottobre 1836; professore di lettere e filosofia e rettore del regio liceo di Teramo, fu
esaminatore prosinodale della diocesi di Teramo il 6 dicembre 1859 e confermato in tale carica
il 30 gennaio 1861; Superiore della provincia napoletana dei Barnabiti, venne nominato ve-
scovo di Ariano il 27 ottobre 1871 e consacrato a Roma il primo novembre; trasferito a Brin-
disi il 25 settembre 1875, morì il 21 gennaio 1892; cf HC VIII 121, 160.
71 BS 11 (1879) 4: “Il y a peu de jours, M.gr Aguilar, Evêque de Brindisis, en adressant
quelques paroles aux élèves de l’Oratoire de Turin commença ainsi: J’ai été édifié, ému,
profondément touché de la dévotion, du respect avec lequel vous vous êtes approchés de la
Sainte Table; j’ai éprouvé une grande satisfaction à vous entendre ce matin et ce soir prier pour
vos bienfaiteurs. Continuez, dit-il en terminant, continuez de communier avec la même fer-
veur; c’est le moyen de mettre des bases solides à votre éducation, et comme la reconnaissance
est un de nos premiers devoirs, ne cessez de recommander à Dieu, dans vos prières, ceux qui
ont la charité de vous aider, de seconder vos aspirations”.
72 ASC F 675 Brindisi, lett. Aguilar - Durando, Ostuni 21 ottobre 1878; FDB mc. 257 E 6/7.

3.7 Page 27

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 79
dendo né persone né lettera, vengo a pregarla di volermi tosto far sapere qualche cosa, spe-
rando che prima della fine di questo anno si possa risolvere l’affare che tanto m’interessa.
E con ciò mi raccomando alla Sue orazioni ed a quelle del Rev. D. Bosco, cui riverisco
di cuore”.73
L’apertura della casa, però, sarebbe avvenuta verso la fine dell’anno seguente.
L’8 febbraio 1879 nella seduta del Capitolo Superiore don Durando, parlando del
viaggio che doveva fare per l’Italia insieme a don Cesare Cagliero, espresse il parere
che si doveva visitare anche Brindisi, perché si poteva chiudere positivamente la trat-
tativa.74 La visita avvenne nel mese di marzo, come si può desumere dalla documen-
tazione successiva. Nel stesso mese di marzo don Bosco, con riferimento alle case di
prossima apertura, nella Relazione alla S. Sede scriveva: “Un Collegio nella Diocesi
e città di Milano, nella parrocchia dell’Incoronata. Un’Ospizio, Oratorio con giardino
per la ricreazione festiva nella Diocesi e città di Cremona. Ospizio ed Oratorio nella
città di Lugo sotto la Diocesi di Faenza. Ugualmente nella città di Brindisi, nella città
di Catania e di Randazzo in Sicilia. In Chalonge presso Annecy, in Parigi-Auteuil, in
S. Domingo, nel Brasile e nel Paraguay ecc.”.75 In aprile l’arcivescovo, nell’inviare il
prezzo dei biglietti trattenuti per la lotteria lanciata da don Bosco 76 e richiedendo le
pagelline per 14 sacerdoti della diocesi che desiderava fare cooperatori, scriveva:
“Rev.mo Signore, ho il bene di spedirle £. 50 per li biglietti della Lotteria, che si com-
piacque rimettermi. Nello stesso tempo le significo che potrà, se le piace, aggregare ai
Cooperatori i seguenti miei diocesani [segue l’elenco dei sacerdoti]. Se le piacesse man-
dare tutte a me le pagelle, io le trasmetterei; ovvero, spedirle di costà, bisognerebbe avvi-
sare que’ sacerdoti che l’Arcivescovo gli ha indicati. Ciò che varrà ad animarli sempre più.
Attendo le risoluzioni che vorrà prendere intorno a Brindisi, dietro le informazioni de’
suoi inviati. Io spero che ostium magnum si aprirà in questa città che tanto abbisogna di
aiuto speciale.
Ancora in S. Vito (grosso Paese della mia Diocesi amministrata di Ostuni) si potrà aprire
un Collegio... Intanto io prego il Signore che benedica a’ n. Superiori... Salutandola ne’
SS. CC. unitamente ai miei cari amici D. Durando e D. Cagliero...”.77
Ricevute buone notizie in merito all’arrivo dei Salesiani per il mese di no-
vembre, l’arcivescovo alla fine di aprile poneva a don Durando dei quesiti, che ci la-
sciano intendere la povertà iniziale in cui sarebbe sorta l’opera e la mancanza di pub-
blicità nei confronti della stessa. Mons. Aguilar scriveva:
“Reverendo Signore, la doveva ringraziare, siccome la ringrazio, del grazioso vol. delle
lettere del Pellico. Ed ora che dirò della notizia datami colla sua preg.ma de’ 23 ca-
dente?. Grazie a Dio, a D. Bosco, a tutti. Ella D. Bosco ha ricevuta una mia raccoman-
data de’ 15 cadente con £. 50 per li biglietti della Lotteria, e co’ nomi di alquanti miei
Sacerdoti, che potrebbero essere Cooperatori? La prego di farmelo sapere quando ri-
sponderà ad alcuni miei quesiti sugli apparecchi per la grande opera.
73 Ib., lett. Aguilar - Durando, Brindisi 2 dicembre 1878; FDB mc. 257 E 8.
74 Cf n. 30.
75 Giovanni BOSCO, Esposizione alla S. Sede..., in OE XXXI [249].
76 Cf n. 37.
77 ASC F 675 Brindisi, lett. Aguilar - Bosco, Brindisi 14 aprile 1879; FDB mc. 257 E 9/11.

3.8 Page 28

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80 Francesco Casella
1. Quanti religiosi verranno qui in Novembre? (forse potrebbero venire con me). E che
bisogna per alloggiarli? Intendo dire di mobili, utensili ecc. Vero è che ne’ primi giorni
potrebbero stare con me, però è bene preparare tutto che si può. 2. Abbiamo nel pianter-
reno la rimessa che dovrà essere Cappella; e la stalla (col debito riguardo) per una
scuola, oltre a quel gran locale, che però si potrà ridurre, e oltre a più locali minori. In
uno di questi si farà la scaletta per andare al piano superiore: e la rimessa e la stalla si di-
sporranno per gli usi anzidetti. 3. Pare a V. R. che il cortile da servire per la ricreazione
de’ fanciulli debbasi sgomberare dell’erba e delle piante ed assodarlo ecc.? Ma questo si
potrà fare a Novembre quando saremo qui? 4. Per la Scuola come per la Cappella, quanti
banchi e che altro bisognerà? L’altare e un bel quadro son pronti. I banchi li farei lavo-
rare fuori di Brindisi, ma V. R. me ne può mandare il disegno? 5. Ricorderà che nel
piano superiore abbiamo un corridoio a destra del quale ci è 5 stanze, ottime per abita-
zione de’ Religiosi ed a sinistra ne abbiamo 3 grandi, e due più piccole. In una di queste,
che comunica col giardino, si potrà mettere una cucina mobile per dare alle RR. LL. la
libertà di farne una stabile (forse) nel giardino, che lascerei in uso di pomeriggio pe’ soli
Religiosi.
Finalmente le voglio dire che della istituzione dell’Oratorio festivo e di una scuola serale
(tra noi convenuta) ho parlato solo con questo mio Vicario, il quale ne ha esultato, anzi
bramerebbe che si potessero nel piano superiore, tenere a dozzina alquanti alunni interni
che non potrebbero mancare; ma sarebbe poi espediente mandarli alle scuole del Muni-
cipio quando non si avessero pronti Professori della Congregazione?
Tutto questo le ho detto sia per mettermi in grado di ordinare le cose mentre sarò qui (ri-
corderà che in Luglio parto per Ostuni, e poi per Napoli, Roma, Milano, Torino) e sia per
vedere se potrò risparmiare l’incomodo alle RR. LL. del mandare qualcuno prima di No-
vembre; sarebbe anche buona cosa tenere il segreto anche per qualche altro mese.
E qui pongo fine, pregandola d’orazioni, e salutando in Domino i Sig.ri D. Bosco e
D. Cagliero”.78
Ricevuta una lettera di chiarimenti in data 5 maggio, l’arcivescovo pose mano
ai lavori richiesti e a metà giugno scriveva:
“Mio rev. Signore, dopo la sua del 5 Maggio, che tutto mi consolò, diedi subito corso ai
lavori. La scaletta è già fatta, ed il piano superiore in gran parte disposto. In fondo di
quel corridoio, che ricorderà, viene una bella sala da contenere, pel corso che farebbe
Mons. Vicario, un 16 alunni. Vedano se mai sia il caso di aprire quest’utile ricovero alla
gioventù... Ella dice che le cose si fanno a poco a poco. Ed io, contento di preparare i
mezzi, lascio alla Provvidenza la disposizione della volontà e dell’opera.
Mi dica, non sarebbe utile il sapere quali facoltà, per l’opera nostra, si debbano chiedere
al Governo, quali informazioni dargli, ed anticipare le pratiche, acciocché quando io ri-
tornerò dai miei viaggi, si possa mettere mano senza difficoltà, senza contratto? Ecco
quello che m’importa conoscere, e però ne richieggo Lei. Un’altra piccola cosa: nelle
stanze de’ Religiosi ci vogliono cassettoni o comò?
In attesa d’una sua cara lettera, la prego a fare i miei complimenti al P. D. Bosco ed al
suo Collega, e da parte di Mons. Vicario faccio ad entrambi gli affettuosi saluti”.79
Dopo aver dato l’annuncio della prossima apertura dell’istituto sia a Brindisi
che ad Ostuni, l’arcivescovo intraprese il viaggio che aveva comunicato e il 23 set-
tembre 1879 da Napoli, pensando assenti a Torino don Bosco, don Rua e don Du-
78 Ib., lett. Aguilar - Durando, Brindisi 30 aprile 1879; FDB mc. 257 E 12 - A 3.
79 Ib., lett. Aguilar - Durando, Brindisi 16 giugno 1879; FDB mc. 258 A 4.

3.9 Page 29

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 81
rando, scriveva al chierico Alessandro Mora,80 per chiedere opuscoli sulle opere sale-
siane e concordare la partenza dei salesiani destinati a Brindisi:
“Rev. Signore, ieri mandai un telegramma alla direzione del V. D. Rua, dubitante che il
P. Durando sia in giro, come spesso avviene. Ora scrivo a V. S. (nuova mia conoscenza
per lettere) pel caso, non impossibile, che anche Don Rua sia assente, non parlo di Don
Bosco, il quale mi si dice che non è in Torino.
Adunque nell’interesse dello stabilimento di Brindisi, io chiedeva ieri per telegrafo a
Don Rua qualche stampa sulle Opere Salesiane, che certo dev’esserci, ma io non saprei
indicare. Ricordo di un opuscolo intitolato “Don Bosco ed il P. Ludovico da Casoria”; 81
domando questo poiché, avvicinandosi il tempo dell’apertura dell’Istituto (da me annun-
ziata alle due Chiese), è necessario farlo conoscere così alle Autorità come ai Cittadini.
Ci vogliono dunque più copie di quello e di altro simile opuscolo, e se già non le hanno
inviate, prego che tosto me le mandino qua per la Posta.
Ma di altro oggetto principalissimo debbo scrivere e V. R. avrà la bontà di passare questa
lettera a chi gli spetta: e scrivermi di averla ricevuta, ed altro che potrà dirmi, avvisando
codesti Superiori che io ho dovuto fermarmi qui, e dovrò fermarmi, fino a tutto il giorno
27 corrente.
Bene avrei voluto venire direttamente a Torino, per combinare con codesti Superiori
sulla partenza de’ soggetti destinati a Brindisi, non essendoci veramente altro da combi-
nare, ed essendo colà tutto pronto. Ma vedendolo molto difficile, poiché sono coartato a
rimanere a Milano da’ 10 (almeno) ai 22 Ottobre, prendo consiglio di scrivere, e do-
mandare sic et simpliciter che si fissi il tempo (al possibile più vicino) dell’andata de’
suoi Confratelli; dico andata, perché non è necessaria la mia presenza fisica, la quale
per gli affari, che io avrò da trattare in Novembre a Roma ed in Napoli (nuovamente),
non potrà avvenire (ossia io non potrò tornare in Brindisi) prima de’ 20 Novembre, od
in quel torno.
Ma in Brindisi ci è il Vicario G.le noto ai due venuti in Marzo a Brindisi; c’è tutto nella
casa già preparata per essi: né mancherà, in casa mia, chi li assista finché io torni.
Io dunque desidero e prego che siano persuasi a partire, almeno, il giorno dopo del mio
arrivo in Torino, che sarà il 23 o 24 Ottobre. Se vogliono andare prima, non m’oppongo,
e provvederò anche alle spese del viaggio appena giunto a Milano. Ma se attendono me a
Torino, potrò dar loro qualche informazione non inutile.
Il numero de’ Religiosi che verranno, io lo so, è per 5, cioè per un sacerdote, 2 Chierici,
e due laici, ho fatto preparare.
Or vorrei sapere: mi sarebbe concesso che l’uno di essi (o Sacerdote o Chierico) facesse
scuola di 4 e 5 Ginnasiale a qualche Alunno del mio Seminario? Non dovrebbe uscir di
casa: ma sarebbe di gran vantaggio alla Casa. Le opere per cui vengono, non sono in-
compatibili con questo incarico, il quale, del resto, potrebb’essere temporaneo.
80 Alessandro Mora, nato a Milano il 9 gennaio 1857, entrò nell’Oratorio salesiano di
Torino-Valdocco il 15 febbraio 1877 con la qualifica di coadiutore; nell’anno 1878-1879 di-
venne chierico studente di filosofia; negli anni 1879 e 1880 fu a Torino Valdocco come stu-
dente mentre si interessava anche del Bollettino Salesiano; nel 1880 risulta professo perpetuo;
negli anni 1881 e 1882 fu a S. Benigno Canavese; uscì dalla congregazione nel 1882, quando
era a S. Benigno Canavese; cf rispettivamente ASC E 599 Registro Contabilità dei giovani,
Oratorio Valdocco, anno 1877-1878, p. 849; ASC E 566 Registro Contabilità dei giovani, anno
1878-1879, p. 561; ASC Cataloghi Generali della Società salesiana, anni 1879-1882 e ASC B
288 Confratelli defunti e usciti, che contiene due lettere indirizzate ad Alessandro Mora, che si
interessava del Bollettino Salesiano; ASC D 879 Morti e usciti fino al 1908, p. 30.
81 Carlo CONTESTABILE, Opere religiose e sociali in Italia. L’abate Bosco e il P. Lodo-
vico. [Traduzione dal francese]. Padova, Tipografia del Seminario 1878.

3.10 Page 30

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82 Francesco Casella
Ad ogni modo, il tempo dell’andata è necessario sia quello, che ho detto sopra, ed io ho
già tirate tutte le mie linee a quel punto”.82
Su questa richiesta e sulla necessità che i Salesiani fossero a Brindisi per la fine
del mese di ottobre e comunque prima dell’apertura delle scuole, ritornava ancora
agli inizi di ottobre, dopo essere stato per un giorno a Torino, come si può leggere in
una lettera a forma di resoconto. Da essa apprendiamo anche in modo chiaro le atti-
vità che si sarebbero svolte nell’opera che si stava per aprire a Brindisi:
“L’arcivescovo di Brindisi, lascia al Signor Don Bosco ed ai suoi collaboratori i suoi
complimenti e le sue congratulazioni per le opere grandi che qui ha potuto ammirare. Né
crede inutile aggiungere alcune osservazioni dipendenti dalle circostanze.
Adunque, ritenendo che in Brindisi si farà quello che fu combinato, e che già trovasi pro-
mulgato per le stampe, cioè il Laboratorio e le scuole serali, l’Oratorio e le scuole festive,
crede molto importante sotto tutti i rispetti ammettere in Casa, vestiti da laici e sotto il no-
me di alunni del Laboratorio (cioè da unire ad essi) gli Aspiranti allo Stato Ecclesiastico
finché abbiano fatto il Corso Elementare, e forse anche le prime classi del Ginnasio.
Quindi egli desidera che nella scelta de’ soggetti si abbia la mira a questo disegno. E
poiché nascente sarebbe il Seminario di Brindisi per ciò che riguarda le scuole ginna-
siali, sarebbe pregio dell’opera che il Superiore de’ Salesiani di Brindisi od altro Reli-
gioso facesse anche la classe di 4 o di 5 ginnasiale a que’ pochi alunni che vi possono es-
sere per tali studi. E pare che il numero de’ 5 già destinato dovrebbe bastare per tutto.
In fine spera che non sfuggirà al senno de’ Signori nominati il bisogno di prevenire l’a-
pertura delle altre scuole, e però andare a Brindisi anche prima che finisca questo mese,
essendo colà tutto preparato quello che occorre”.83
Della sua breve visita a Torino, della sua ammirazione per ciò che lì si faceva, del-
le persone incontrate, come del suo prossimo arrivo in città per il 24 ottobre per met-
tersi d’accordo sulla partenza dei salesiani destinati a Brindisi, lo stesso arcivescovo ne
dava notizia a don Durando con una sua lettera del 16 ottobre da Monza (Milano):
“Gentilissimo Signore, mi ha consolato la sua preg.ma de’12 corr.te colla quale mi assi-
cura di ciò che nell’altra direttami di Alassio, e che ricevei in Milano, mi faceva sperare.
La ringrazio dunque di cuore e prego Iddio S. N. a farmi vedere adempiuti i miei voti.
Mi dispiacque, è vero di non trovarla in Torino, e di non trovare, quando giunsi, alcuno
de’ Superiori; però nel giorno in cui mi trattenni costà potei parlare col Sig. D. Bonetti 84
e poi con D. Rua, senza dire della consolazione onde fu inondato il mio cuore al vedere
in codesto Istituto la gloria di Dio!
Nel resto io fui circondato di attenzioni e di gentilezze da tutti codesti buoni Sacerdoti, e
specialmente da Monsignor Belasio e dal Conte Cais 85... e da’ nominati: né trovo parole
eguali alla riconoscenza che sento per tanta bontà.
Terminati questi SS. Esercizi che sto proponendo a quei buoni Confratelli, dovrò essere a
Moncalieri (come forse saprà) per la sera de’ 25 corrente. Però sarà mio interesse il ve-
nire a Torino fin dal giorno 24, giungendo (se l’orario non falla) alle 12,20 p. Non voglio
partire senza abbracciare V. S. e D. Cagliero, se vi sarà; ché spererei sempre di vedere D.
Bosco in Moncalieri.
82 ASC F 675 Brindisi, lett. Aguilar - Mora, Napoli 23 settembre 1879; FDB mc. 258 A 8/11.
83 Ib., la lettera è datata Torino 7 ottobre 1879; FDB mc. 258 B 8/10.
84 Don Giovanni Bonetti, vedi n. 32.
85 Cays sac. Carlo, conte (1813-1882); cf DBS 78.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 83
Dovremo ancora combinare la partenza dei Religiosi per Brindisi, la quale dovrà affret-
tarsi, come facilmente si persuaderanno. La prego di fare con tutti (et in primis con
D. Bosco) le mie parti, e di raccomandarmi per molti miei bisogni alla divina Bontà”.86
La casa di Brindisi fu inaugurata l’8 novembre 1879 e di ciò ne diede notizia lo
stesso don Bosco nella lettera indirizzata ai cooperatori all’inizio del 1880 con il Bol-
lettino Salesiano: “Il 25 settembre si aperse in Cremona un Oratorio festivo, giardino
di ricreazione, chiesa pubblica, scuole diurne e serali. Col medesimo scopo fu aperta
una casa il giorno 8 di novembre in Brindisi, penultima città dell’Italia meridio-
nale”.87 La casa è presente nel Catalogo Generale della congregazione del 1880 ed è
collocata nell’ispettoria romana.
La comunità salesiana era composta da quattro religiosi ed un aspirante. Il diret-
tore era don Antonio Notario,88 i suoi collaboratori furono due chierici, Giacomo Asti 89
ed Eligio Berra 90 e il sig. Giovanni Battista Iuli, salesiano laico,91 l’aspirante si chia-
mava Giovanni Battista Massoglio. Ben presto, tuttavia, con le speranze per il pros-
simo futuro emersero alcune difficoltà.
Entrambe le prospettive si possono rilevare da una lettera del direttore don No-
tario, che il 31 gennaio 1880 scriveva a don Rua, dando una prima sommaria descri-
zione delle attività e sui confratelli:
“Amatissimo D. Rua, quanto piacere mi fece la sua ultima del 25 che però non ricevetti
che il 30 u.s. Passammo la festa di S. Francesco di Sales proprio in famiglia, di solennità
esteriore non si può far nulla perché non abbiamo il personale. Sono contento di sapere
che D. Bosco sta bene: il Signore lo conservi e lo benedica.
86 ASC F 675 Brindisi, lett. Aguilar - Durando, Monza 16 ottobre 1879; FDB mc. 258 A
12 - B 1.
87 BS 1 (1880) 2.
88 Notario Antonio, nato a San Benigno Canavese (Torino) il 13 dicembre 1855, entrò
all’Oratorio di Torino l’8 gennaio 1867, ma proseguì gli studi nel seminario d’Ivrea e fu ordi-
nato sacerdote diocesano a Torino il 15 giugno 1878; tornato da don Bosco fece la professione
religiosa perpetua a Lanzo il 19 settembre 1879; fu direttore a Brindisi nel 1880; morì a Torino
il 4 maggio 1942. Cf anche DBS 201.
89 Asti Giacomo, nato a Volvera (Torino) l’11 giugno 1858, entrò all’Oratorio di Val-
docco il 22 ottobre 1872 come chierico; fece la professione religiosa a Lanzo il 26 settembre
1877; negli anni 1878 e 1879 fu nella casa di Genova Sampierdarena e nel 1880 a Brindisi; dal
1881 non si hanno più sue tracce; cf rispettivamente ASC E 560 Oratorio Valdocco: Registro
contabilità dei giovani 1872-73, p. 231; ASC D 823 Registro professioni religiose, Vol. II; ASC
Cataloghi Generali della Società Salesiana, 1878-1880.
90 Berra Eligio, nato a Masseranga Pòrtula (Vercelli) il 14 giugno 1862, entrò all’Ora-
torio di Valdocco il 2 dicembre 1872 come chierico; fece la professione religiosa a Torino l’8
dicembre 1878; restò a Torino ancora nel 1879 e nel 1880 fu inviato a Brindisi; nel marzo 1881
fu dimesso mentre era nella casa di Alassio; cf rispettivamente ASC E 560 Oratorio Valdocco:
Registro contabilità dei giovani 1872-73, p. 515; ASC D 823 Registro professioni religiose,
Vol. III; ASC Cataloghi Generali della Società Salesiana, 1878-1880; ASC D 879 Morti e
usciti fino al 1908, p. 5.
91 Iuli Giovanni Battista, nato a Lu (Alessandria) il 26 giugno 1841, entrò all’Oratorio di
Torino nel maggio 1872 e nel settembre iniziò il noviziato; fece la professione religiosa trien-
nale a Lanzo il 26 settembre 1873 e quella perpetua il 31 dicembre 1876; morì a Este (Padova)
il 12 novembre 1918.

4.2 Page 32

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84 Francesco Casella
La pregherei di un piacere riguardo a D. Cagliero. Mi scrisse fa più di un mese che
cercassi qualche alloggio, qui, per la Sup.ra Generale delle suore di S. Anna e qualche
altra monaca, che avendo sofferto il mare andando nell’India, desiderava restare
qualche giorno qui. Promise avvertirmi dell’arrivo ma fin ora nulla. Qui tutto è
preparato per riceverle presso le figlie della Carità. Faccia avere l’accluso biglietto
alla S.ra di S. Anna.
E noi qui come ce la passiamo? Amato D. Rua all’Oratorio si stava meglio per cento e
una ragione: per la prima eccola: non aveva tanta responsabilità sulle spalle e le accerto
che mi pesa: ma assai assai. Non la desiderai menomamente, non la rifiutai; ma quasi
quasi me ne pento. Quanto è meglio obbedire! Per questo lasciai la diocesi e le speranze
che mi sorridevano; per vivere nascosto e soggetto, e poi troppo oh! troppo presto fui
messo fuori di quello che mi aspettava. Pazienza; se non è un castigo ai miei peccati, sia
fatta la volontà di Dio.
La salute è buona per tutti; meno che pel Ch.co Asti di cui temo, e assai, che l’etisia
abbia fatti già tali progressi che poco ci sia a sperare. Non presenta ora sintomi gravi,
anzi lavora e convive esattamente con noi. Ma! La nostra vita poi si riduce tutta in casa,
pochissimo usciamo: rarissimamente facciamo visite, e questo credo sia il miglior me-
todo per serbare il buon umore.
Le faccio una risposta alle domande che mi fece e che costì si desiderano. Le scrissi già
al Signor D. Bosco e credeva le avesse comunicate.
L'Oratorio di Brindisi è posto sotto la protezione di S. Alfonso dei Liguori. La Casa è, in
quanto all’alloggio nostro, assai comoda e bella: in quanto alle cose provvedutoci da
Monsignore sono assai poche e di ordinarissima qualità, sebbene le abbiano fatte pagare
carissime a Lui e per qualità superiore. Le scuole, che, come saprà aprimmo subito ve-
nuti, erano una sala vasta che prima serviva da rimessa, con banchi inservibili, perché
senza calamai e malissimamente fatti: erano proprio di uno stampo tutto originale. Do-
vemmo subito farli aggiustare e dividere la grande scuola in due, perché non tutti i gio-
vani erano della stessa capacità: anzi dovemmo occupare la camera che mette nel nostro
alloggio, per gli analfabeti. Massoglio fa la scuola ad essi; io faccio la seconda e Berra la
terza. Asti, perché gli faceva ritornare la tosse, ne fu esonerato, e fa ora la scuola al mat-
tino a Massoglio e a quattro allievi del Seminario che fanno prima ginnasiale. Le scuole
per ora sono serali. Gli allievi sono circa una ottantina: ma oh! quanta incostanza e leg-
gerezza. Si può dire che si danno la muta oggi gli uni e domani gli altri. Se venissero
sempre tutti sarebbero più di cento.
Alla domenica sono dagli ottanta ai novanta, ma colla stessa incostanza. Al mattino si
confessa, si dice la messa con un discorsetto e si fa le cerimonie della messa: alla sera
catechismo e come dicono qui la visita, che si fa in cattedrale per non avere noi il taber-
nacolo né nulla per dare benedizione. Vespro da queste parti non sanno che cosa sia,
come l’istruzione alla sera. Se vedesse che basilica è la nostra cappella. Una stalla mala-
mente imbiancata con 4 traversi ove sono appese le rastregliere, col pavimento di magni-
fici ciotoli come quelli delle vie del mio paese; un altare logoro e tarlato, quattro cande-
lieri, una croce legata con una funicella, un tavolino senza tiretto, sopra cui si pone le pa-
ramenta; banchi nuovo modello, at hic finis. È una vera... stalla: no basilica. Il cortile è
una bellezza, se si volesse fare una partita a barra rotta non si potrebbe, tanto è ingombro
da colonne, statue, altre anticaglie e materiali, con nel mezzo una magnifica colonna che
lo guasta proprio intieramente.
Le scuole serali poi andranno presto alla fine e dovremmo aprire le scuole diurne. Ma
desidererei sapere: 1° se è conveniente per ora non avendo che Massoglio colla patente;
2° Se meglio chiamarle paterne? Posso legalmente? Monsignore poi desidererebbe aprire
il laboratorio come mi disse essere inteso con lei e sarebbe proprio conveniente per dare
più stabilità all’opera nostra o fare il bene con più frutto. D. Bosco non mi fece risposta
esplicita a questo riguardo.

4.3 Page 33

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 85
Ora stiamo preparando due commedie: La Casa della fortuna,92 dai giovani artigiani del-
le scuole serali ed un’altra dagli alunni del Ginnasio che ci visitano frequentemente e ci
amano assai. Si preparano pure alcune romanze. In quaresima faremo i catechismi giorna-
lieri, cosa sconosciuta da queste parti. Stiamo ora concertando il modo: gliene scriverò.
Fui richiesto da D. Riccardi, intorno alle ordinazioni di Asti. Per ora dice che desidera
ancora pensarci: mi pare molto irresoluto. Se questo arcivescovo pretenda gli Esami; non
lo credo, però non lo interpellai ancora direttamente.
Le annunzio poi la morte di nostre ottime coop.ci Salesiane: le sorelle Benedetta e Teo-
dora Monticelli, vere sante donne: morte alla distanza di sei giorni l’una dall’altra. Erano
le più stimate cooperatici che ci amavano assai.
Aspetto con desiderio il Catalogo dei Soci Salesiani. Preghi per me i Librai a mandarmi
alcune copie del Catalogo: ci serve assai.
Saluti tanto mia madre: tra poco le scriverò.
Saluti tutti superiori e confratelli, ed ella gradisca i nostri rispetti e mi creda suo aff.mo figlio”.93
Ben altra, però, era la valutazione di mons. Aguilar a quattro mesi dall’apertura
della casa. Infatti già il 2 marzo 1880, dopo aver atteso invano una visita di don Ce-
sare Cagliero e nel dubbio che don Bosco potesse avere la possibilità di recarsi a
Brindisi, infatti alla fine del mese fu solo a Napoli, scriveva a don Rua:
“Reverendo Signore, fallita la visita di D. Cagliero, e dubitando che fallisca, od almeno
troppo ritardi, la cara visita promessa dal Sig. D. Bosco, prendo consiglio di rivolgermi a
V. P. che mi pare abbia stanza più ferma costà!
Io scrivo, com’è naturale, per quell’Oratorio di S. Alfonso, del quale dubito non si valuti
bastevolmente l’importanza e l’influenza benefica che potrebbe avere su questa mia Dio-
cesi; anzi su questa Provincia. Bene attendono i religiosi qui mandati agli uffici loro
commessi: ma dopo quattro mesi posso affermare che l’effetto non è proporzionale all’a-
zione ed al favore, anzi all’entusiasmo, con cui furono accolti.
Donde ciò? I tempi che corrono, l’indole diversa delle popolazioni, e specialmente della
classe a cui si volle provvedere, e qualche altra causa può recarsene e se ne reca.
Ma io ricordo sempre quello che V. P. mi scriveva prima che l’opera fosse iniziata: non
essere cioè usi i RR. Salesiani a tenere Oratori e Laboratori con soli esterni... Lo vedo
col fatto, ed anche senza ciò sta in cima dei miei pensieri: un Convitto di artigianelli, che
qui od in luogo molto vicino si dovrebbe preparare ed annunziare pel venturo Novembre.
È necessario però che la Congregazione a ciò si risolva sin d’ora, e me ne dia sicurtà. Né
sembrami doverci essere difficoltà, se non forse per le persone: e ciò dico non già non
tanto pel numero, ricordandomi che si disse poter bastare questo, almeno per cominciare:
quanto per le qualità, che qui più che altrove si esigono negli educatori, come gravità, di-
screzione, pazienza e simili, che difficilmente si trovano nell’età giovanile.
Io prego dunque V. P. che tanto interesse prese fin da principio per questa impresa, a ri-
ferire queste cose al Signor Don Bosco ed ai suoi colleghi, ed a procacciare che in un
tempo non lontano io mi abbia una risposta che mi tolga da angustia, e mi ponga in
grado di provvedere all’avvenire”.94
92 La casa della fortuna. Rappresentazione drammatica pel sacerdote Bosco Giovanni
con appendice “Il buon figliolo” per l’abb. Mullois, in Letture Cattoliche, a. XIII, fasc. I,
1865. Cf anche OE XVI [1-72], senza l’appendice.
93 ASC A 442 Lettere a don Rua, Notario - Rua, Brindisi 31 gennaio 1880; FDR mc.
3778 A 8/12. La lettera è stata edita da N. NANNOLA, Don Bosco e l’Italia Meridionale…,
pp. 46-48.
94 ASC F 675 Brindisi, lett. Aguilar - Rua, Brindisi 2 marzo 1880; FDB mc. 258 B 2/4.

4.4 Page 34

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86 Francesco Casella
Don Rua, preso consiglio da don Bosco, domandava se era necessario un locale
ad hoc e se la città poteva fornire lavoro ai laboratori. Una migliore determinazione
della situazione logistica preoccupava il vescovo, ma ciò che più lo angustiava era la
situazione del personale religioso con gli accenni alle qualità che si sarebbero deside-
rate. Durante il mese di marzo vi fu altra corrispondenza tra mons. Aguilar e don Rua,
sempre in relazione alla comunità religiosa, mentre da Torino si prendeva tempo.
L’11 aprile, però, il vescovo precisava ancora meglio le sue perplessità:
“Ai 22 Marzo fu recata a q[uesto] mio Palazzo una sua preg.ma senza data, che non po-
teva ritenersi come risposta alla mia del 18 dello stesso mese. Ma io credetti di vedere
una risposta quando seppi (ai 21 s.) che, insieme col più grave degli individui, era partito
il Berra, che senza dubbio era il meno serio; e mi prometteva meglio da quelli che sareb-
bero mandati a sostituirli. Imperciocché per quanta venerazione io mi abbia all’Istituto,
per quanto affetto ai suoi figli, io sono persuaso che se quest’Oratorio di Brindisi non ri-
sponde alle speranze se ne vuole accagionare la Direzione poco esperta e poco seria più
che il sito dell’Oratorio stesso o le persone che vi son dappresso. Anzi la vicinanza alla
Metropolitana ed alla mia abitazione, che i Sig.ri Durando e Cagliero non riputarono
sconvenevole, fu, per mio credere, provvidenziale ne’ passati mesi.
Checché ne sia, un nuovo locale, al quale pure accennava la mia del 2 Marzo, si avrebbe
qui presso a Brindisi, opportunissimo a tutte le opere dell’Istituto; e colla mia coopera-
zione e degli amici si potrebbe disporre tra pochi mesi, senza tema che manchi lavoro
per gli artigianelli, come non manca alle centinaia di detenuti.
Ma intanto? Intanto – lo dirò francamente tamquam unus ex vestris – bisogna rianimare
la fiducia nel clero e nel popolo, mandando, senza ulteriore indugio, tali soggetti che
possano sostenere l’Oratorio festivo e riaprire le Scuole serali, alle quali mal si vede so-
stituita una quasi continua ricreazione!
Io leggo con vera compiacenza le notizie degli altri luoghi; ma vorranno soffrire le SS.
LL. che richiami la loro attenzione su questo non meno bisognoso e che non minor frutto
può dare ad un (sic!) accurata coltivazione”.95
La risposta da Torino, annotata sulla lettera in data 16 giugno, fu ancora di spe-
ranza e di attesa: si sarebbe aumentato il personale l’anno seguente. Il 5 giugno 1880
don Notario, che aveva già scritto nel mese di maggio una lettera, che probabilmente
si era perduta, scriveva di nuovo a don Rua per informarlo della proposta del Padre
Apicella in merito ai sordomuti,96 che esamineremo più avanti, e nel frattempo dava
qualche notizia sulla casa di Brindisi:
“Amatissimo D. Rua, dalla sua ultima mi sembra risultare che non abbia ricevuto la mia
dello scorso Maggio: queste irregolarità di posta sono già troppo noiose. Le Messe cele-
brate nei due mesi passati sono per Aprile n. 9, per Maggio n. 23.
Leoni,97 come le scrivevo nell’ultima mia, venne il giorno 21 Aprile. Mi sembra un buon
uomo, e fin ora ne son contento, ma il qui perseveraverit, aspetto. Desidererei sapere
95 Ib., lett. Aguilar - Rua, Brindisi, 11 aprile 1880; FDB mc. 258 B 5/7.
96 La richiesta ufficiale è del 26 dicembre 1884.
97 Leoni Napoleone, nato a Milano il 9 settembre 1866, entrò all’Oratorio di Valdocco il
18 settembre 1877; era aspirante studente nella casa di Torino nel 1879 e nel 1880, quando fu
inviato a Brindisi, dopo di che non si hanno più notizie; cf ASC E 565 Registro contabilità dei
giovani, anni 1877-78, p. 509.

4.5 Page 35

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 87
quali furono le condizioni di sua accettazione, che io non ne conosco nulla, e non portò
altro che le sue biancheria (sic!).
Mi dispiace che la festa di Maria A. sia andata così bene. Biricchini dell’Oratorio, perché
non chiamare anche noi a rallegrarci insieme nella festa della nostra cara mamma? Non
importa anche noi abbiamo fatto festa, poiché questo buon Monsignore ci chiamò presso
di sé ad Ostuni e passammo con Lui il bel giorno di Maria parlando assai della festa di
Torino. Era questa la prima volta che mettevamo piede fuori di Brindisi.
Non le parlo della proposta di Monsignore per S. Vito poiché scrisse già Lui. [Segue la
parte relativa al Padre Apicella, direttore dell’opera dei sordomuti a Napoli].
Adesso un poco delle cose nostre. Abbiamo fatto il mese di Maggio e per me fu un affare
serio. Ho dovuto predicare otto o nove volte nella chiesa di S. Teresa. Non ho cercato ap-
plausi, ma benedico la Madonna, ché fecero qualche frutto. Il confessionale non mi ha
dato requie: sei, sette, anche otto ore al giorno non erano cosa rara. Ne sia ringraziata la
Madonna, che propizia benedica le mie povere fatiche.
Di salute stiamo tutti bene, ma con un caldo che se seguita così ci farà liquefare. Asti se
seguita così va bene e recupererà la sua salute. Le nostre scuole serali vanno bene e cre-
scono. Le accludo due linee per D. Cagliero. Baci la mano per noi al caro nostro Papà e
lo preghi a benedirci. Gradisca salutare tutti gli altri Superiori.
P.S. Quasi quasi non mi ricordavo di dirle che forse Buonpensieri 98 ha avuto il cattivo
pensiero di non venire e nemmeno di farci sapere, sarà sparito in buoni pensieri e non
potea fare buone azioni”.99
Le annotazioni fatte sul testo, per una risposta, furono: per Leoni: “Da lui per-
sonalmente. Le lettere diranno tutto, non vi è altro”; per l’andata dei Salesiani ad
Ostuni con il vescovo: “Deo gratias”; per la proposta di S. Vito: “Non sappiamo an-
cora nulla”; 100 per il mese di maggio: “Pel mese di... un optime”; per Buonpensieri:
Per Buonpensieri pazienza”.
Il tentativo di andare incontro alle difficoltà create dal personale con altri ele-
menti poco sicuri non era certo il modo migliore per superarle. La grave frattura che
si era prodotta con il clero e la popolazione, come diceva il vescovo, e certamente
anche la mancanza di personale idoneo determinarono la chiusura della casa verso la
fine dell’anno. Nel catalogo del 1881, infatti, non risulta più l’opera di Brindisi.101
Dopo 15 anni vi fu un altro tentativo per avere i Salesiani a Brindisi. Il 15 settem-
bre del 1895 don Francesco Paolo Epifani, vicario generale della diocesi, a nome del nuo-
vo vescovo,102 chiese a don Rua i salesiani, per affidare loro i giovani del seminario:
98 In merito a Buonpensieri non si è potuta rintracciare alcuna indicazione.
99 ASC A 442 Lettere a don Rua, Notario - Rua, Brindisi 5 giugno 1880; FDR mc. 3778
B 1/4.
100 In realtà l’arcivescovo ne aveva fatto un primo cenno nella lettera del 14 aprile 1879,
ma non vi è traccia di altra comunicazione.
101 La data non si può stabilire con precisione, perché mancano i Verbali del Capitolo
Superiore dal giugno 1879 al dicembre 1883.
102 Mons. Salvatore Palmieri, nato a Benevento il 29 gennaio 1827, nel 1851 entrò nella
congregazione dei sacerdoti del Preziosissimo Sangue; fu ordinato sacerdote il 24 marzo 1855
e divenne superiore della casa religiosa dell’Ordine a Bari; nominato vescovo di Rossano il 24
maggio 1889, venne consacrato a Roma nel novembre 1891; promosso vescovo titolare di
Sardes nella Lidia il 14 dicembre 1891, fu trasferito a Brindisi il 16 gennaio 1893; morì il 7
agosto 1905; cf HC VIII 160, 485, 501.

4.6 Page 36

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88 Francesco Casella
“Reverendissimo D. Rua, nell’interesse della religione e per il bene della gioventù, sia
che fosse chiamata allo stato ecclesiastico, sia alla condizione di essere bravi cittadini
cattolici, si amerebbe che qui, proprio in questo Episcopio si istallassero almeno uno o
due padri salesiani con due laici, per affidare loro i giovani del Seminario, non che (se è
possibile) i giovanetti laici, che potrebbero frequentare le scuole.
L’Arcivescovo farebbe ogni sacrificio per ottenere un tanto scopo. Si può intanto aver fi-
ducia di aprire sin da ora le pratiche opportune e venire a capo di qualche cosa nel prin-
cipio del prossimo anno scolastico?
Qui mancano totalmente dei Religiosi cotanti necessari per i nostri giovani sotto tutti gli
aspetti. Nell’affermativa la pregherei caldissimamente di riscontrarnci, designandomi un
piano preventivo da tradursi in pratica.
Gradisca gli ossequii dal mio Arcivescovo Monsignor Palmieri, ed in attesa di una sua
pregiatissima, ho l’onore di rassegnarmi con piena stima”.103
La risposta, però, in data 1 ottobre 1895, fu: “Ora impossibile”. I Salesiani a Brin-
disi sarebbero ritornati solo nel 1934.
5. Molfetta (1880)
La prima richiesta del 1880 pervenne da Molfetta (Bari). Nel gennaio del 1880 il
canonico Giuseppe Pansini, già in relazione con don Bosco che lo aveva nominato coo-
peratore salesiano l’anno prima, scrisse da Molfetta per chiedere, a nome del vescovo,104
dei sacerdoti come prefetti per i giovani del seminario, indicando anche il trattamento:
“Potrebbe Ella, come ha fatto per la Sicilia, mandare anche pel nostro Seminario uno o
più sacerdoti come prefetti ai nostri giovani? Il nostro Seminario paga ai prefetti sacer-
doti £. 300, vitto e convitto, meno la biancheria e letto; il pranzo è di tre pietanze con
vino e frutta; la cena di un piatto caldo con insalata e frutta; con merenda la mattina; le
messe non mancherebbero a £. 0,85. Ella ci farebbe una carità grande ed opera accettis-
sima a Dio, alla Chiesa ed alla società”.105
La richiesta per il seminario fu rinnovata nel 1893 a don Rua dal segretario ve-
scovile sac. Giuseppe de Vita a nome del nuovo vescovo: 106
“A nome di questo Monsignor vescovo la prego dirmi se ha disponibili due o tre Padri
del suo Istituto, a cui possa affidarsi la direzione di questo importante Seminario. Faccia
di tutto per contentarci, essendo di massima importanza mettere a capo di simili comu-
103 ASC F 675 Brindisi, lett. Epifani - Rua, Brindisi 15 settembre 1895; FDB mc. 258 B
11/12.
104 Mons. Gaetano Rossini, nato a Bari il 5 marzo 1796, su proposta del Re delle Due
Sicilie del 2 febbraio 1855 fu nominato vescovo di Acerenza e Matera il 23 marzo 1855 e con-
sacrato a Roma il 25 marzo; trasferito alla diocesi di Molfetta il 27 marzo 1867, morì il 4 gen-
naio 1890; cf HC VIII 72, 379.
105 ASC F 986 Molfetta, lett. Pansini - Bosco, Molfetta, 19 gennaio 1880; FDB mc. 162
A 8/9.
106 Mons. Pasquale Corrado, nato a Montesarchio (Benevento) il 19 marzo 1835, fu or-
dinato sacerdote il 18 settembre 1858; nominato vescovo titolare di Amathus e coadiutore con
facoltà di successione a Molfetta il 30 dicembre 1889, successe a mons. Rossini il 2 gennaio
1890 e fu consacrato a Roma il 5 gennaio; morì il 6 dicembre 1894; cf HC VIII 379.

4.7 Page 37

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 89
nità persone competenti e di spirito. Nella speranza di avere una risposta affermativa, fin
da ora le dico essere pronto Monsignore a dare a ciascun Padre adeguato compenso”.107
La risposta fu ancora una volta negativa, ma da Molfetta in tempi diversi giun-
sero altre domande, che si risolsero negativamente. Negli anni 1901-1906 vi fu la
proposta di un’opera salesiana; nel 1930 la richiesta per l’assunzione della direzione
del seminario; negli anni 1941-42, infine, l’offerta di locali per l’apertura di una casa.
Solo nel 1952 i Salesiani sono andati a Molfetta, avendo accettato la direzione di una
parrocchia con l’oratorio.
6. Montecalvo Irpino (1880)
La seconda richiesta del 1880 giunse da Montecalvo Irpino (Avellino). Il sin-
daco del comune l’8 maggio 1880 domandò a don Bosco alcuni insegnanti per le
scuole comunali:
“Volendo questa comunale amministrazione provvedersi di n. tre insegnanti, dei quali
due di grado inferiore, ed uno di grado superiore, in sostituzione degli attuali secolari,
che tengono il detto ufficio, con religiosi dell’Istituto dei Salesiani, dei quali la S. V.
R.ma n’è il Direttore; così lo scrivente Le si rivolge nello scopo di benignarsi per potersi
ottenere i prelodati istitutori.
I vecchi già esistenti mal rispondono al doppio scopo dell’istruzione e della morale; quin-
di se l’amministrazione deve sottostare a siffatta spesa obbligatoria per Legge, vale la pe-
na di far capo a persone maggiormente adatte allo scopo prefisso. V. S. R.ma cotanto be-
nemerita della diffusione di una buona morale in mezzo al popolo comprenderà senza
dubbio l’importanza della fatta richiesta, mentre in tempi che ci corrono così tristi giova
mettere un freno alla invadente corruzione sociale con Istitutori più probi, ed onesti.
Debbo poi farle noto che fin dai primi del mese di Gennaio fu scritto analogamente costà
al Sig. Direttore del periodico L’Unità Cattolica senza averne ricevuto riscontro.
Lo scrivente sicuro di un suo favorevole riscontro al riguardo, Le rassegna i sensi della
sua profonda riconoscenza, con preghiera infine di fargli conoscere le condizioni per
raggiungere lo scopo prefisso”.108
La risposta negativa, non scoraggiò il sindaco, che interpose gli auspici di don Pio
Cucci, canonico R. Lateranense. Questi, che risiedeva a Roma, non avendo trovato pres-
so l’Istituto del S. Cuore don Francesco Dalmazzo, che allora era direttore, parroco e pro-
curatore generale,109 il 25 settembre 1880 scrisse a Torino per rinnovare la richiesta dei
maestri ed indicare le condizioni di trattamento proposte dall’amministrazione:
“Re.mo Signore sono stato incaricato dal Municipio di Montecalvo Irpino di rivolgermi
alla Signoria Vostra per vedere se possibile fosse ottenere tre suoi sacerdoti per maestri
elementari in quel comune. Il detto Municipio non contento che la gioventù venga sol-
107 ASC F 986 Molfetta, lett. de Vita - Rua (manca la data, ma è annotata la data della ri-
sposta: 11 luglio 1893, con cui si dava parere negativo); FDB mc. 162 A 10.
108 ASC F 986 Montecalvo Irpino, lett. Sindaco - Bosco, Montecalvo Irpino 8 maggio
1880; FDB mc. 163 E 10 - 164 A 1.
109 Francesco Dalmazzo (1845-1895); cf DBS 103-104.

4.8 Page 38

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90 Francesco Casella
tanto istruita, ma desideroso che l’istruzione sia veramente cristiana, ha deciso di licen-
ziare i tre maestri laici, che fino a quest’anno insegnarono, e provvedersi degli zelantis-
simi sacerdoti dalla S. V. istituiti e diretti. Benché il paese non arrivi oltre le 4.500
anime, può ben Ella immaginare quanto frutto si potrebbe ricavare, non solo dai giovani
che frequentano la scuola, ma ancora dal resto della popolazione.
Montecalvo Irpino dista mezz’ora di ferrovia da Benevento e due ore da Caserta; v’è aria
buonissima e vi si trovano tutti i comodi necessari alla vita. Ai Maestri poi, oltre la
Chiesa e la casa attigua, sarebbero assegnate £. 970 per quello di grado superiore e
£. 800 per gli altri due”.110
Le richieste per allora si interruppero, ma intorno al 1894 vi fu un’intesa fra cit-
tadini dei comuni limitrofi con quelli di Montecalvo Irpino per avere i Salesiani nelle
scuole ginnasiali, da collocare presso il convento dei Francescani Riformati, situato a
Montecalvo Irpino. Queste trattative provocarono una presa di posizione del Ministro
provinciale della Riformata Provincia di S. Angelo in Puglia, F. Ezechiele da Monte-
falcione, che il 17 ottobre 1894 scrisse:
“R.mo Padre, siccome cittadini privati di Montecalvo Irpino ed altri paesi limitrofi si son per-
messi di indirizzare invito ai Padri Salesiani di venire ad occupare il convento dei Riformati
del suddetto comune onde avere così gratuitamente le scuole ginnasiali per i propri figli; sic-
come per ottenere l’intento si son serviti di formale ricorso al Ministero, asserendo che lo
scopo voluto dalla legge nella cessione del locale a quel comune è fallito, Io sento, per sif-
fatti motivi, l’indispensabile dovere di far palese alla P.tà V. R.ma che il ripetuto convento
di Montecalvo, che conta tre secoli circa di esistenza, è stato fatto per la Riforma di S. Fran-
cesco, è sempre abitato dai frati, ed adibito a luogo di Noviziato, come lo è attualmente con
nove novizi chierici, cinque sacerdoti e sei laici, che ne costituiscono la famiglia.
Compiuto questo uffizio del mio ministero, mi do il piacere di dedicarle la mia qualsiasi
servitù in quel che valgo e posso...”.111
La risposta, annotata in sintesi sulla lettera, fu: “Stesse pur tranquillo; s’assicuri
che noi non abbiamo nessuna intenzione d’andare a Casalbore”. Di Montecalvo Irpino
non si parlò più.
7. Teano (1880)
La terza richiesta fu fatta dal comune di Teano (Caserta), che voleva affidare il
Ginnasio con il Convitto ai Salesiani.112 Non vi sono le lettere che documentano l’ini-
ziativa del comune di Teano, ma secondo il racconto delle Memorie Biografiche, il
marchese Dal Pezzo, consigliere provinciale a Napoli e presidente delle Associazioni
cattoliche, con una raccomandazione del card. Bartolomeo D’avanzo,113 vescovo di
Calvi e Teano, perorò la richiesta del comune presso il procuratore generale della
110 ASC F 986 Montecalvo Irpino, lett. Cucci - Bosco, Roma S. Pietro in Vincoli, 25 set-
tembre 1880; FDB mc. 164 A 2/3.
111 Ib., lett. Ezechiele da Montefalcione - Rua, Casalbore 17 ottobre 1894; FDB mc. 164 A 4.
112 MB XIV 662-664; N. NANNOLA, Don Bosco e l’Italia Meridionale…, pp. 23-26.
113 Card. Bartolomeo D’Avanzo, nato ad Avella (Avellino) il 3 luglio 1811, fu ordinato
sacerdote il 20 settembre 1834; dottore in teologia presso l’Università di Napoli il 28 settembre

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 91
congregazione salesiana a Roma, don Francesco Dalmazzo,114 che informò don
Bosco. Questi il 15 luglio 1880, scrivendo al procuratore in merito alla chiesa del S.
Cuore a Roma, aggiungeva: “Per la casa di Teano ci troviamo imbarazzati per difetto
di personale. Tuttavia tra dimani e postdimani faremo passare a rassegna caecos et
claudos e domenica a sera nel Capitolo faremo il possibile ed anche l’impossibile per
appagare chi ha riposta tanta fiducia nei Salesiani”.115 Si dovette prendere la deci-
sione di inviare don Dalmazzo a Teano per rendersi conto del luogo e per incontrare
le persone interessate.
Il procuratore, infatti, andò a Teano e da lì il 5 agosto 1880 scrisse una interes-
sante relazione a don Bosco con notizie sulla città, sul clima, sulla pulizia, sui generi
alimentari, sul luogo da destinare alla fondazione, sulle condizioni economiche, sul-
l’accoglienza dei cittadini e loro desiderio di avere i Salesiani. La proposta a don Dal-
mazzo sembrò conveniente non solo per la possibilità di esplicare la missione educa-
tiva della congregazione, ma anche perché Teano poteva essere una tappa intermedia
tra Roma, Napoli e la Sicilia. Ed ecco il testo della relazione:
“Veneratissimo D. Bosco da lunedì sera mi trovo a respirare aure più miti in questa città
chiamatovi dalle graziose e replicate insistenze di questo Municipio e condottovi dall’or-
dine ricevuto dalla P. S. per mezzo di D. Durando. In questi giorni ho corso il paese, vi-
sitando ogni cosa e ossequiato le autorità religiose e civili. Studiai le condizioni etnogra-
fiche economiche e morali del medesimo ed eccole senz’altro il giudizio ch’io posso
dare a volo di uccello prima di partire alla volta di Roma.
È Teano città antichissima con castello feudale, e per una smemorataggine di Carlo III,
titolo principesco del Duca Caietani di Sermoneta e ad un tempo d’un altro principe te-
desco che si contendono presentemente i diritti e i blasoni. Sta a cavaliere d’un colle e
poco dista dall’Appennino, che le fa vaga corona e poco eziandio dal mare a cui non è
abbastanza vicino per specchiarvisi dentro né tanto lontana da non poterlo vedere, se il
cielo è sereno. E Teano è un bel sorriso di cielo... quando sorride. Pretendono che la città
sia bella, e lo sarà relativamente al brutto e al deforme dei sobborghi da cui è assiepata,
che a lei recano il tributo di ossequio. Alcuni vogliono che ella sia città greca. Ma se
greco è sinonimo di bello mi pare allora un greco un po’ scismatico, se sinonimo di
falso, per concessione di molti de’ cittadini stessi, Teano è greco-ortodossa. Mutatis mu-
tandis è Lanzo Torinese. Di questa più ampia ma di lei più sporca. La pulizia urbana è
affidata ai venti più o meno impetuosi che, fedeli all’impegno con un certo ordine si suc-
cedono e vi mantengono un’aria saluberrima e un appetito invidiabile.
Avvi una stupenda Cattedrale ristorata dalle fondamenta dal Card.le D’Avanzo. Vi sono
pure molte Chiese senza ordini religiosi. Abbonda poi il Clero secolare che ciurla un po’
nel manico, ond’è che sicut populus sic et sacerdos. Il Cardinale è costretto a far venire i
Liguorini, pei quali comperò un convento, perché il popolo si confessi, e si confessa
semprecché vengono sacerdoti forastieri.
1842, insegnò teologia dogmatica e lingua ebraica nel seminario di Nola; su proposta del Re
delle Due Sicilie, venne nominato vescovo di Castellaneta e consacrato a Roma il 28 marzo
1852; trasferito alla diocesi di Calvi e Teano il 13 luglio 1860, fu nominato vescovo assistente
al soglio pontificio il 13 novembre 1866 e creato cardinale da Pio IX il 3 aprile 1876; morì ad
Avella il 20 ottobre 1884; cf HC VIII 21, 174, 190; cf anche Giovanni BOSCO, Il più bel fiore
del Collegio Apostolico ossia la elezione di Leone XIII con breve biografia dei suoi elettori, in
OE XXX [215-217].
114 Cf n. 108.
115 E III 608.

4.10 Page 40

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92 Francesco Casella
La nostra venuta sarebbe accolta con plauso da tutti i ceti e me lo dice l’entusiasmo desta-
to in questi pochi giorni. Il locale destinato per noi è l’antico Seminario: di cui un quarto
appartiene tuttavia al corso teologico. Credo però che venendo noi il Card.le è disposto a
fare cessione con locazione simulata tanto per mantenere vivi i suoi diritti. Egli d’altron-
de possiede a distanza d’una mezz’ora altro seminario nella città di Calvi e del primo as-
solutamente non abbisogna. Il fabbricato ad uso di collegio è capace di ben 60 alunni e tan-
ti ve ne furono. Coll’aggiunta accennata un’ottantina. È però suscettibile di aumento, sia
fabbricando un altro piano che porterebbe, sia comprando nelle adiacenze, ove sono case
e terreni vendibili. È fuori della città e prospetta in amena vallata e nello stesso tempo è at-
tiguo alla Cattedrale. Il cortile non è tanto ampio né vi sono giardini. I cameroni sono spa-
ziosi e tuttocché, a mio credere, non troppo saviamente disposti, atti allo scopo prefisso.
Il collegio fin dal primo anno sarebbe pieno di giovani. Il contingente solo del paese 12
mila abitanti sarebbe sufficiente. Vi si aggiungano i forastieri, ché tra Roma e Napoli non
avvi che il Collegio di Montecassino con rette mensili troppo elevate.
Tuttoché io dica a tutti, che per ora non si sa ancora se verremo, vengono ogni giorno de’
genitori per accettazioni. Vollero pormi per iscritto le basi del contratto o dirò meglio, pro-
curai le mettessero, senza averne l’aria. Dalle medesime vedrà le convenienze ed io le cre-
do grandi, poiché astraendo che per noi potrebbe essere luogo di fermata tra Roma e Na-
poli e Sicilia, la retta mensile è abbastanza alta, il sussidio discreto e l’alimentazione a
buon prezzo. Il paese non ha importazioni di sorta ed abbonda di tutti i generi alimentari.
Il pane eccellente è a 25 c.mi il K.mo, il vino migliore, che è buono, a 40 c.mi il litro. Tut-
ti gli altri generi relativamente bassi. E se avvi convenienza pecuniaria si ha tanto più per
lo scopo che noi ci prefiggiamo di salvare delle anime. Ma di questo a suo tempo che trop-
po mi resterebbe a dire sulla moralità di questo luogo ove molti son vestiti sol di se stessi.
Sperava che il mio rendiconto della gita a Teano Le giungesse almeno venerdì scorso e
sarà molto se giungerà domani. Attendeva mi si rimettesse il piano di accomodamento e
le indicazioni a cui siamo invitati attenerci e con rincrescimento nemmeno oggi dopo
otto giorni che ripartii da Teano sono in grado di consegnarlo alla posta. Vollero fare una
cosa in piena forma colla sottoscrizione dei consiglieri ed in ciò la ragione del ritardo.
[Dopo aver parlato di altri argomenti, la lettera si chiude così:] A Teano qualcheduno
certo bisogna mandare secondo la promessa fatta”.116
Il 13 agosto 1880, infatti, il sig. Guelani Genovese per il comune di Teano tra-
smise a don Dalmazzo un primo compromesso: “Pregiomi farle tenere copia dell’in-
ventario dei mobili esistenti in questo Ginnasio. Le rimetto l’atto di compromesso
adempito come Lei favoriva indicare a questo Signor Sindaco. Faccia buon viso agli
auspici che questo Municipio Le presenta per mio mezzo”.117
Il vero problema, tuttavia, era la penuria del personale. Per andare incontro alle
pressanti richieste don Bosco dovette pensare ad una soluzione temporanea. Il 15 set-
tembre 1880 inviò il marchese Dal Pezzo, che agiva per conto del comune di Teano,
presso mons. Santo Masnini a Casale con il seguente biglietto di presentazione:
“Car.mo Rev.mo Monsig. Masnini, il Sig. March. Dal Pezzo a mio nome deve trattare
un affare con V. S. Car.ma. Faccia in modo di venir ad una buona conclusione e farà
un gran piacere al Card. D’Avanzo. Dio benedica le nostre imprese”.118 La soluzione
116 ASC A 140 Lettere a don Bosco, Dalmazzo - Bosco, Teano 5 agosto 1880; FDB/2, mc.
2638 C 3/8. La lettera è stata edita da N. NANNOLA, Don Bosco e l’Italia Meridionale…, pp. 48-50.
117 ASC G 000 Teano, lett. Genovese - Dalmazzo, Teano 13 agosto 1880; FDB mc. 182 A 11/12.
118 E III 625.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 93
temporanea che si trovò fu quella di inviare per tre anni a Teano come direttore del
Ginnasio il professore don Giuseppe Manfredi, canonico di S. Ambrogio a Milano,
con la facoltà di reperire il personale necessario. La proposta fu accettata dal comune
di Teano. Il Manfredi, però, prima di iniziare voleva che fosse firmata la convenzione
o almeno un documento ufficiale da parte di don Bosco.
Il 27 settembre 1880 don Dalmazzo sollecitava l’invio, se non del compro-
messo, almeno di una lettera ufficiale da Torino:
“Venerat.mo Padre, il Can.co Manfredi attende da Lei le carte del compromesso di Teano
più una lettera sua di accompagnamento che lo autorizzi a valersi del medesimo per lo
spazio di tre anni, cioè fino a che la Congregazione Salesiana possa alle medesime con-
dizioni rilevarlo. Lavorò e lavora attivamente per trovare professori. Tre sono trovati e
spera presto averne altri. La prega poi per mezzo mio di fargli pervenire al più presto
detta lettera a Milano Via S. Ambrogio, n. 29. Se il compromesso dovesse spedirsi anche
con qualche ritardo vi si rassegna; ma urge abbia tra mani un documento che lo autorizzi
ad aggiustarsi i professori immediatamente”.119
Poiché vi erano dei ritardi nel chiudere le trattative si diffusero voci di critica
contro don Bosco, che furono accolte, il 30 settembre, in un articolo del settimanale
La Verità Costituzionale, organo dell’Associazione Politica di Terra di Lavoro.120
Don Dalmazzo, che nel frattempo era tempestato da richieste di chiarimenti, decise di
recarsi nuovamente a Teano ed il 30 ottobre così scriveva a don Bosco:
“... Da Teano continue vivissime insistenze per una conclusione. Si accetta il Manfredi
coi Professori da lui eletti, ma la convenzione tanto pel biennio in cui dirigge (sic!) il
Manfredi quanto pei nove anni seguenti in cui si spera aver i Salesiani di fatto deve es-
sere firmata da Don Bosco o da un chi per esso.
Risposi che il Manfredi doveva egli accomodarsi per ora e i Salesiani avrebbero con ap-
posita convenzione a tempo opportuno trattato per loro; ma è inutile. Fioccano lettere, te-
legrammi e vaglia per le spese necessarie alla sistemazione. Temesi anzi in paese che il
Marchese Del Pezzo abbia ingannato i suoi concittadini; e il collegio sciolto non sia per
riaprirsi; e io sono pregato di una gita sul luogo e di una fermata di almeno ventiquattro
ore per assicurare che il collegio quam primum si apre e sarà all’ordine; e allo stesso
scopo scrisse il Card. D’Avanzo.
Mi vi reco immediatamente e ricevo un progetto di convenzione ch’io accetto sub condi-
tione che il Superiore l’approvi, parendomi sotto ogni rapporto accettabile per la latitu-
dine in cui è concepito e pei termini piuttosto evasivi. Vorrei spedirla ma vi saranno ob-
biezioni a farsi e chi risponde? Mi sono mai trovato così impacciato e così pigliato alle
strette. Al Card. sono già mosse parecchie dimande d’accettazione ma a patto che vi
siano i Salesiani, o chi per loro, se no, no. Egli però è contento e dice, almeno spera
avere in seguito dei preti. Don Bosco faccia che opera per la Chiesa.
Il Marchese Del Pezzo vuole che venga io stesso a Torino almeno un giorno e mi dà all’uopo
i danari. Posso venire? Mi telegrafi immediatamente. Ho con lei cento altre cose a trattare
e a riferire. Vuol ch’io resti? Resto ma la convenzione urge assai assai pel ritardo conside-
revole nella riapertura delle scuole. Essa porta il sussidio di lire 10 mila a 12 per dodici an-
119 ASC A 140 Lettere a don Bosco, Dalmazzo - Bosco, 27 settembre 1880; FDB/2, mc.
2638 C 9.
120 L’articolo era: Don Bosco… in ritirata!, in La Verità Costituzionale, 30 settembre
1880; cf N. NANNOLA, Don Bosco e l’Italia Meridionale…, pp. 50-51.

5.2 Page 42

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94 Francesco Casella
ni. Per tre anni è responsabile il Manfredi dell’andamento del collegio. Dopo i tre anni sot-
tentrano i Salesiani; la medesima è suscettibile di modificazione. Le tremila lire pro uno vi-
ce sono ora ridotte a 1.500 per Manfredi, ma al nostro arrivo saranno intiere se lo vorremo.
Questa è la base; le altre sono minuzie. Credesi avvisare il Manfredi per telegramma di
trovarsi a Torino martedì mattina se io debbo venire, se no combineremo altrimenti.
Credo tuttavia senza di ciò non si aggiusterà nulla. I Teanesi ricevendo il Manfredi non
ricevono che un suo faciente funzione. Attendo con vivissima sollecitudine il tele-
gramma e di Domenica stessa.
P.S. Mando bozza della convenzione. Duolmi sia stata intestata a me. Non volli e non posso
firmarla. Se Ella creda si possa firmare telegrafi affermativamente e sospendo partenza”.121
La bozza di convenzione che don Dalmazzo inviò a Torino era la seguente:
“Doppio folio di Convenzione
– Fra il Sig... rappresentante il Municipio di Teano, debitamente autorizzato con Delibe-
razione Consiliare del....
– ed il Sac. Francesco Dalmazzo Procuratore Generale della Congregazione Salesiana rap-
presentante il Sacerdote Giovanni Bosco suo Superiore ed il Prof. Cav. Giuseppe Manfredi
Canonico di S. Ambrogio di Milano Missionario Apostolico, debitamente autorizzato dal...
Narrativa
Il Municipio di Teano desiderando riformare il Suo Ginnasio Convitto giusta la Delibera-
zione Consiliare del... approvata dall’Ill.mo Sig. Prefetto il... in modo da soddisfare alle
esigenze dei tempi ed assicurare i padri di famiglia sulla durata e stabilità della cultura
scientifica e morale che verrà impartita ai loro figliuoli, apprezzando i felici risultamenti
ottenuti dalla Congregazione Salesiana in Torino, Alassio, Lanzo, Randazzo ed in molti al-
tri Collegi non solo d’Italia, ma anche di Francia ed America, ha fatto delle pratiche col
Sac. Giovanni Bosco perché avesse assunto la suprema direzione del detto Ginnasio-Con-
vitto affidandone l’andamento ai Sacerdoti e Laici Salesiani suoi cooperatori nell’opera
dell’educazione ed istruzione della gioventù studiosa. Il Sac. Bosco ha accolto favorevol-
mente le su cennate pratiche; ma trovandosi presentemente nella impossibilità di formare
la pianta del personale insegnante e dirigente, ha proposto di affidare interinalmente il
detto Ginnasio al Can. Manfredi per un periodo di tempo non maggiore di tre anni, nei
quali egli provvederà all’intero personale bisognevole pel prosieguo. Il Municipio di Tea-
no avendo accettate queste proposte, si dà luogo alla seguente Convenzione la quale ab-
braccia un intero dodicennio, cioè dal 15 ottobre 1880 al 15 ottobre 1892 e che potrà,
quando avrà luogo il mutamento del personale insegnante ed educativo, subire qualche
modificazione in quelle parti ed in quella misura che saranno conseguenza di siffatto mu-
tamento e precipuamente intorno al loro alloggio che dovrà essere nel locale dell’Istituto.
Convenzione
a) La soprascritta narrativa fa parte integrante della presente.
b) Il Municipio dà per dodici anni tutto il locale finora adibito per Ginnasio riattandolo e
mantenendolo in modo che possa servire allo scopo. Nel caso che il numero dei convitto-
ri oltrepassi quello di 50 il Municipio provvederà all’ampliamento del locale in ragione
del numero crescente. Darà poi altro locale nel caso che quello ceduto non possa più adi-
121 Ib., lett. Dalmazzo - Bosco, Roma 30 ottobre 1880; FDB/2, mc. 2638 C 10 - D 1.

5.3 Page 43

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 95
birsi all’uso su menzionato. Sarà data consegna dei pochi arredi attualmente esistenti qua-
le provvista di base che riconsegnerà dopo i dodici anni tenuto conto dell’uso consunto.
c) Se al compimento del decimo anno il Municipio per mezzo del Sindaco non diffida
l’altro contraente, si darà luogo a tacita riconduzione per altro dodicennio.
d) Sarà dato dal Municipio un sussidio di Lire dodicimila pagabili mensilmente con rate
eguali posticipate ciascuna di Lire mille il 15 di ogni mese a cominciare dal 15 No-
vembre prossimo venturo. Sarà data inoltre la somma di Lire mille e cinquecento paga-
bili in una sol volta all'apertura del Ginnasio per indennità di trasloco al personale.
e) L’insegnamento sarà conforme alle Leggi ed ai Programmi Governativi; si estenderà
per i Convittori e per gli esterni alle quattro scuole elementari ed alle 5 ginnasiali e sarà
dato in guisa da agevolare la loro ammissione al Corso Tecnico ed ai Collegi Militari. Se
crescendo il numero degli alunni il Municipio diffiderà l'impianto dell'intero corso tec-
nico si provvederà dal corpo dirigente alle provviste dei maestri e dal Municipio ai
mezzi necessari all’oggetto.
f) La retta, il trattamento e le altre condizioni per l’ammissione degli alunni saranno
conformi all’annesso Programma”.122
Il marchese Dal Pezzo, intanto, incalzava don Dalmazzo, con una lettera dello
stesso 30 ottobre 1880, perché provvedesse alle firme necessarie per la convenzione:
“Al Consiglio Comunale ho visto ch’ella per sentimenti di delicatezza verso don Bosco ed il
can. Manfredi non ha voluto sottoscrivere il compromesso, dico la convenzione essendovi in
essa alcune variazioni ai medesimi ignote. Ed il Consiglio ritenendo buona siffatta ragione
(e ritenendo che la sua promessa formale che rischiarando se occorre a viva voce i dubbi che
potessero sorgere il don Bosco e il Manfredi avrebbero accettata questa convenzione) l’ha ap-
provata con deliberazione di urgenza, vale a dire esecutiva, autorizzando il Sindaco a sotto-
scriverla appena da lei gliene fosse ratificata con telegrafo o per lettera l’accettazione.
Provveda ella dunque – ed al più presto! – a munirsi delle due del D. Bosco e del Man-
fredi, apponga la data sulla qui minuta copia, la sottoscriva, e la spedisca insieme alle
altre lettere con piego raccomandato indirizzato al Sindaco di Teano. Appena ella ci darà
avviso di detta spedizione l’altra copia anche con piego raccomandato, e firmata dal Sin-
daco, le sarà spedita a Torino o Roma, com’ella indicherà. Per parte mia e nostra dunque
credo che può rimanere soddisfatto, faccia ella che rimanghiamo (sic!) soddisfatti con lei
e si tolga la dispiacenza che fra i più intimi, ed a giorni di tutti, ha prodotto la sua fuga!!
Le faccio pur noto che passatosi ai voti sulla pianta dei Maestri il Consiglio l’ha pure ap-
provata con voto unanime...”.123
La convenzione venne controfirmata dalle parti e si predispose tutto per l’inau-
gurazione dell’anno scolastico, ma sopraggiunsero nuove difficoltà da parte del
Regio Provveditorato di Caserta, che esigeva professori con regolari patenti per l’in-
segnamento. Il Manfredi infatti, il 19 novembre 1880, scriveva sia in merito a questo
problema che circa la sua posizione:
“Carissimo, eccomi a parlarle dei nostri affari. E prima di tutto non le sia discaro un po’
di storia. Tutto era disposto per la solenne inaugurazione di giovedì 18, quando n’ebbe
avviso confidenziale che il R. Provveditore avrebbe fatto chiudere l’Istituto se prima non
si fossero presentati i diplomi regolari dei professori chiamati ad insegnare.
122 ASC G 000 Teano, Doppio foglio di Convenzione; FDB mc. 182 B 1/3. Il documento
è stato edito da N. NANNOLA, Don Bosco e l’Italia Meridionale…, pp. 51-52.
123 Ib., lett. Dal Pezzo - Dalmazzo, 30 ottobre 1880; FDB mc. 182 A 2/5.

5.4 Page 44

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96 Francesco Casella
L’avviso era stato recato dal regio Delegato scolastico... non c’era da dubitare. Nono-
stante alcuna operazione contraria per parte di alcuni membri della commissione io ho
creduto bene di sospendere l’apertura della scuola...
Ora entriamo nella questione. E per prima ci si affaccia quella dei diplomi. Ora è a
sapere che a Caserta, specialmente per l’opposizione, a quanto si dubita, dei professori
dimessi, si esige per filo e per segno le regolari patenti. Ora nessuno dei nostri le
tiene. È vero che il Valle è dottorato in filosofia, e che il nostro Rufino ha dieci anni
di lodevole insegnamento, ma saranno accettati i titoli di essi? E ove pure lo fossero
dove trovare gli altri? Ella mi suggerisce di scrivere a Milano, ma io debbo risponderle
che spenderei inutilmente il tempo. D’altra parte che facciamo intanto degli allievi
che reclamano la scuola?
Unica uscita ci rimane nel proporre a R. Provveditore un impasto del corpo insegnante:
cioè ai nostri due associare gli altri che già tennero insegnamento nel cessato anno
scolastico. Se poi questa proposta fosse respinta non ci rimane altro che liquidare a
tutti il proprio avere e abbandonare l’impresa, rimettendola a miglior epoca. Fuori di
questa via non ne trovo altra; e domani la si presenterà all’ufficio provinciale scolastico
di Caserta.
Vi rimane il guaio della direzione. A questo proposito Ella non può, né deve ignorare
come io a voce e con telegrammi e sempre Le abbia detto che mi è impossibile rimanere
oltre il 7 dicembre.
Con queste esplicite parole telegraficamente l’ho interpellata sul mio partire da Milano,
ed Ella invitandomi a venire accettava la condizione.
Ora dunque è a vedersi e a cercarsi subito chi mi surroghi. Ella può e deve esaminare se
il Can.co Masnini è atto a tale ufficio. In tal caso mi mandi il suo espresso e lo farò ac-
cettare al Municipio e così ogni cosa incederà per il bene, giacché io non partirei se
prima tutto non sia regolato.
Naturalmente che colla presenza della S. V. forse meglio si intenderebbero le cose, ma
dalle replicate conferenze avute qui uopo è conchiudere che, se si vuole che il Ginnasio-
Convitto sorga, si devono aprire le scuole non più tardi di Lunedì; differendo non si
avrebbero né allievi, né convittori.
Intenda dunque sollecitare il Masnini a venire. Le difficoltà si appianeranno dopo. At-
tendo telegraficamente una parola colla quale Ella mi accenni se meco conviene sul da
farsi più sopra proposto. Addio. I cari e buoni professori ed allievi salutano Lei ed io la
riverisco distintamente. Manfredi.
P.S. Ove il Masnini non potesse venire, non potrebbe mandare l’avvocato Cays? 124 o il
Tamietti,125 o il Bertello 126 od altro di quelli che per l’affare di Francia dovettero tornare
in Italia? 127
S’assicuri che abbandonando questa parte i Salesiani perdono la più bella e la più nobile
posizione dell’Italia meridionale. Al momento non si domanda che una persona a reggere
124 Carlo Cays era impegnato all’Oratorio come direttore delle Letture Cattoliche e per i
problemi giuridici della casa, vedi n. 84.
125 Tamietti sac. Giovanni Battista (1848-1920), direttore del collegio Manfredini di Este
dal 1878 al 1892, fu poi nominato ispettore dell’ispettoria ligure (1892-1898); cf DBS 267.
126 Bertello sac. Giuseppe (1848-1910), era dal 1873 direttore degli studi all’Oratorio,
nel 1881 fu nominato direttore di Borgo San Martino, nel 1894 ispettore in Sicilia e in seguito
Economo generale e Consigliere delle scuole professionali della Congregazione; cf DBS 38.
127 Il Decreto del Governo francese del 29 marzo 1880 contro le congregazioni religiose
aveva interessato anche le opere dei Salesiani in Francia; cf MB XIV 593-615; Annali I 362-
369; Francis DESRAMAUT, Don-Bosco a Nice. Paris, Apostolat des Editions 1980; ID., Don
Bosco en son temps…, pp. 1102-1136.

5.5 Page 45

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 97
il Ginnasio. Mandatela e avrete provveduto assai bene alla stazione salesiana in Teano.
Il Municipio è disposto ancora a fare andare per propria economia il Convitto, e ciò uni-
camente per il vivo desiderio di avere negli anni a venire i Salesiani”.128
Il Manfredi dovette iniziare le attività, ma allo scadere dei tre anni previsti
dalla convenzione i Salesiani non subentrarono nella direzione del Ginnasio e del
Convitto, probabilmente perché erano “mutate le circostanze”.129 Il card. Bartolomeo
D’Avanzo verso l’inizio del 1884 scrisse di nuovo a don Bosco, perché fosse aperta
una casa a Teano. La proposta fu portata al Capitolo Superiore:
“Don Rua presenta al Capitolo la domanda fatta dal Cardinale D’Avanzo per mezzo del
suo vescovo suffraganeo di aprire una casa a Teano. D. Bosco: si risponda pulitamente
che non si può”.130
Le trattative per Teano furono chiuse definitivamente.
8. Muro Lucano (1881)
Il vescovo di Muro Lucano (Potenza), mons. Raffaele Capone,131 fu il primo ve-
scovo della Basilicata che domandò l’apertura di una casa salesiana per un ospizio. Il
21 gennaio 1881 scrisse a don Bosco:
“... Vorrei in questa mia Diocesi stabilire un piccolo ospizio di orfanelli dandogli quella
istruzione ed educazione che loro è necessaria. Di già ho disponibile per tale pia opera
un discreto capitale, i di cui frutti mi permettono poter sostenere un sei o sette ragazzi.
Questo per ora mi basta, giacché tutta la mia premura si è dar principio all’opera, che poi
col divino aiuto son sicuro vada sempre più progredendo.
Però a chi affidare la direzione di un tale ospizio? Ove trovare persone adatte per que-
st’opera? La fama delle tante belle cose, de’ sì ubertosi frutti raccolti dai suoi Salesiani le
mille volte ha ripercosso il mio orecchio, e sempre con compiacimento ed ammirazione
ho letto le relazioni di quanto essi fanno ed operano in regioni lontane e barbare riportate
dai giornali cattolici. Sicché il mio primo pensiero è stato rivolgermi alla S. V. se mai
fosse possibile poter ottenere per l’opera, che vado ad iniziare, e di cui le ne ho fatto pa-
rola, due della sua Congregazione, cioè un Padre ed un fratello Laico. È mestieri però,
che questo Padre sia facoltato per le classi elementari, onde evitare opposizioni.
128 ASC G 000 Teano, lett. Manfredi - Carissimo, Teano 19 novembre 1880; FDB mc.
182 A 7/10.
129 MB XIV 664.
130 ASC D 869 Verbali Capitolo Superiore, Vol. I, f 8, seduta del 28 febbraio 1884; FDB
mc. 1880 C 3; cf anche MB XVII 322.
131 Mons. Raffaele Capone, nato a Salerno il 22 agosto 1829, entrò nella congregazione
dei redentoristi, emettendo la professione religiosa il 24 dicembre 1848; ordinato sacerdote il 7
novembre 1852, divenne professore di teologia dogmatica e di morale nelle case della sua Con-
gregazione; dopo la soppressione degli ordini religiosi, da Reggio Calabria, ove era superiore
dell’opera dei Redentoristi, si rifugiò a Salerno sotto la giurisdizione del vescovo; nominato ve-
scovo titolare della diocesi di Esbus in Arabia e coadiutore con facoltà di successione a Muro
Lucano il 22 dicembre 1873, vi subentrò e fu consacrato a Roma l’11 gennaio 1874; nominato
vescovo assistente al soglio pontificio il 9 settembre 1899, morì l’8 marzo 1908; cf HC VIII 396.

5.6 Page 46

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98 Francesco Casella
E chi meglio dei Padri Salesiani potrebbe aver cura del nascente ospizio? Lo spirito di
abnegazione che informa il loro animo, mi dà guarentigia della sicura riuscita nei miei
desideri. Essi che si sacrificano in popoli barbari, possono solo secondare le mie brame
sostenendo i travagli e le privazioni dei luoghi di questa mia Diocesi poco dissimili da
quelli. Potrò dunque dirmi fortunato di ottenere tanto favore? La pia bontà ed il suo
cuore inclinato alla beneficenza me lo fanno sperare.
Prima però è necessario tenermi informato di quanto occorre, ossia delle condizioni che
per parte sua si richiedono. Epperò mi farà la cortesia farmi tenere un regolamento, onde
essere appieno informato, ed indicarmi ancora le pratiche da tenere per iniziare l’opera
in parola”.132
La risposta negativa del 27 gennaio fermò l’iniziativa del vescovo, che però, 18
anni dopo, avanzò un’altra richiesta per avere i Salesiani nella sua diocesi. Infatti, il 9
aprile 1899, mons. Raffaele Capone si rivolse a don Rua:
“Mi si presenta l’opportunità di potere acquistare un bel monastero già dei PP. Cappuc-
cini, situato in luogo ameno di questa città con annesso magnifico giardino; e penso di
non farmi sfuggire la favorevole occasione per soddisfare l’ardente desiderio mio e dei
miei diocesani di vedere stabilita a Muro una famiglia di Salesiani. Ma prima di sobbar-
carmi a tale spesa, mi rivolgo a Lei per sapere se, avvenuto l’acquisto, V. P. R.ma sia di-
sposta ad appagare il mio voto; e intanto La prego destinare uno o due Padri di qualche
comunità più vicina affinché si rechino a Muro Lucano, ed osservato il locale s’inten-
dano con me per il resto. È superfluo dire che le spese di viaggio saranno a mio carico e
che essi avranno ospitalità nel mio Episcopio.
P.S. La prego di un sollecito riscontro, poiché fra poco dovrò tornare in residenza e
vorrei meco condurre i PP. ch’Ella destinerà ad osservare il locale”.133
La risposta negativa bloccò nuovamente l’iniziativa, ma prima nel 1910 e poi
nel 1920 da Muro Lucano pervennero a Torino altre richieste per avere i Salesiani nel
seminario della diocesi. L’esito, però, entrambe le volte fu negativo.
9. S. Agata dei Goti (1881)
La seconda richiesta di fondazione del 1881 fu avanzata dal vescovo della dio-
cesi di S. Agata dei Goti (Benevento), mons. Domenico Ramaschiello,134 che chiese
aiuto per il suo seminario. Il 6 settembre il vescovo scriveva a don Bosco:
“Questo Municipio di S. Agata dei Goti per grazia speciale del Santo nostro protettore
Alfonso De’ Liguori è venuto nella determinazione di sovvenire il mio Seminario ed a
mezzo del Collegio ha avuto promessa che se almeno si aprisse in questo nuovo anno
132 ASC F 987 Muro Lucano, lett. Capone - Bosco, Muro 21 gennaio 1881; FDB mc.
166 A 2/4.
133 Ib., lett. Capone - Rua, Napoli 9 aprile 1899; FDR mc. 3097 C 5/6.
134 Mons. Domenico Ramaschiello, nato a Nocera (Salerno) il 16 ottobre 1813, fu ordi-
nato sacerdote il 20 maggio 1837; economo curato della parrocchia S. Matteo e poi canonico
della chiesa cattedrale di Nocera dal 18 novembre 1842, si dimise il 21 settembre 1846 per an-
dare in missione; nominato vescovo di S. Agata dei Goti il 22 dicembre 1871, venne consa-
crato a Roma; morì a Nocera il 22 gennaio 1899; cf HC VIII 80.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 99
scolastico con tre professori autorizzati per le Ginnasiali, otterrebbe il pareggio. Avendo
saputo che la S. V. tra le tante opere si occupa pure di far conseguire ai Sacerdoti questa
voluta autorizzazione civile, la prego propormi due professori Sacerdoti, e nello stesso
tempo farmi conoscere quanto sarebbe lo stipendio. Son sicuro ch’Ella fra le tante ri-
chieste preferirà questa di me indegno successore di S. Alfonso. Tanto più che senza il
sussidio del Municipio io non avrei potuto sopportare una tale spesa ed il Seminario già
ridotto a pochi individui si chiuderebbe. Non voglio credere che la S. V. permetta che
vada perduto un sussidio spontaneamente offerto”.135
Alla risposta interlocutoria del 12 settembre che seguì, il vescovo fece rispon-
dere dal cancelliere della diocesi, can. Pietro, che il 22 settembre scriveva:
“Rev.mo Sig. Professore e Direttore, per incarico di Mons. R.mo rispondo alla sua del 12
ringraziandola dell’impegno assunto di trovare Sacerdoti approvati pel Ginnasio, e nello
stesso tempo premurandola a fare la grazia a Monsignore dei due Professori che domanda-
va, ai quali può anche promettere vitto, letto, e servitù; e pel salario Monsignore si aggiu-
sterà! Oggi che il Municipio è tanto largo, bisogna profittare: Monsignore perciò trovasi ora
nella necessità della transazione: pel venturo anno però, a Dio piacendo, fin da ora a mez-
zo mio domanda due Salesiani a Don Bosco, ed è sicuro che farà questa grazia alla Dioce-
si di S. Alfonso, per ora attende da S. R. i professori Sacerdoti di sua conoscenza”.136
Non se ne fece nulla, ma il desiderio di avere i Salesiani nel seminario durò
molto a lungo, perché ancora nel 1942 il vescovo, mons. Giuseppe De Nardi, rinnovò
la richiesta, ma inutilmente.
10. Castellammare di Stabia (1882)
La prima richiesta del 1882 fu del sac. Michele Gentile, cooperatore salesiano,
che il 7 agosto 1882 scrisse a Torino per chiedere l’apertura di un Oratorio a Castel-
lammare di Stabia (Napoli):
“Molto Rev.do Signore ella si ricorderà al certo che io nel prossimo passato Giugno mi
portai costà per pregare l’ottimo D. Bosco a voler accettare l’offerta di un fabbricato che
una pia Signora di Castellammare di Stabia aveva volontà di fargli. D. Boneti, D. Rua e
lei mi consigliarono di mettere in iscritto la domanda e poi a suo tempo mi si sarebbe
data risposta. Ora eccomi ad eseguire il mandato. Io sono in grado di assicurare D.
Bosco che la suddetta Signora ha sempre volontà di donare alla Società salesiana un fab-
bricato sito nella posizione più incantevole della città, colla sola condizione che, quanto
più presto si può, venga convertito in Oratorio festivo e poi Collegio salesiano. È neces-
sario prevenirlo che il su riferito fabbricato è composto dal solo primo piano in otto
grandi magazzini, androne, cortile e giardino. I fondamenti però sono stati fatti in guisa
da poter innalzare fino il quarto piano. Il locale con la fabbrica già fatta è stato valutato
dagli ingegneri circa 60 mila lire: gravita sul medesimo un canone che può estinguersi
collo sborso di 8 mila lire.
Dette queste notizie in succinto ciò che si desidera si è che D. Bosco oppure uno dei suoi fi-
135 ASC F 997 S. Agata dei Goti, lett. Ramaschiello - Bosco, S. Agata dei Goti 6 set-
tembre 1881; FDB mc. 179 B 6.
136 Ib., lett. Pietro - R.mo Sig. Professore e Direttore, 22 settembre 1881; FDB mc. 179 B 7.

5.8 Page 48

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100 Francesco Casella
gli venga il più presto possibile in Castellammare per osservare bene la cosa e conchiudere
definitivamente il contratto. Si dica al suo caro Padre, l’ottimo D. Bosco che noi altri napo-
litani non siamo meno degni dei Francesi. Se ha contentato loro, onori anche noi di una sua
visita. Monsignor vescovo di Castellammare,137 che è zelantissimo, l’accoglierà con grande
festa e cordialità. I cooperatori salesiani della diocesi andranno a riceverlo alla stazione ed egli
potrà fare in un giorno designato una delle sue celebri conferenze. Che ne dice V. S. M. R.da?
Mi faccia la carità di darmi a suo comodo qualche risposta in proposito onde potermi rego-
lare. Benignandosi può indirizzare la lettera a Gragnano Napoli, dove ora mi rattrovo”.138
Non fu possibile, ma nel 1894, per altra strada, si aprì l’opera salesiana a Ca-
stellammare di Stabia.
11. Nicastro (1882)
La seconda richiesta del 1882 fu fatta a don Bosco dal vescovo coadiutore di
Nicastro (Catanzaro),139 mons. Giuseppe Candido,140 che chiese di avere i Salesiani o
almeno un rettore per il suo seminario:
“Dovendo riaprire il mio Seminario, ho risoluto di affidarlo ai R. P. Salesiani, ai quali V.
S. presiede. So bene che la molteplicità delle richieste che la S. V. continuamente riceve,
sarà una grave difficoltà per ottenere tanto bene. Ma se Ella conoscesse da vicino lo stato
miserando di questa mia povera Diocesi, ne piangerebbe con me, e non lascerebbe di
fare qualche cosa a suo vantaggio. Io sono contento di tutto. Se altro non può, mi mandi
almeno un Rettore”.141
Un appunto autografo di don Bosco sulla lettera dice: “D. Durando prepari una
bella risposta”, ma questa in data 14 ottobre si sintetizzava con “Impossibile”. Il pro-
blema del seminario, però, continuò ad assillare i vescovi di Nicastro.
Dopo diciotto anni, infatti, mons. Domenico Maria Valensise,142 in data 12
agosto 1900, da Napoli rinnovava la richiesta a don Rua:
137 Mons. Vincenzo Maria Sarnelli, nato a Napoli il 15 aprile 1835, fu ordinato sacerdote
il 20 dicembre 1862; professore di diritto canonico nel seminario arcivescovile di Napoli e poi
parroco nel 1875, fu nominato vescovo di Castellammare di Stabia il 28 febbraio 1879 e consa-
crato a Roma il 2 marzo 1879; trasferito alla diocesi di Napoli il 19 aprile 1897, morì il 2 gen-
naio 1898; cf HC VIII 191, 405.
138 ASC F 972 Castellammare di Stabia, lett. Gentile - Molto Re. Signore, Gragnano 7
agosto 1882; FDB mc. B 12 - C 2.
139 Il vescovo di Nicastro dal 1854 era il domenicano mons. Giacomo Barbieri (1806-
1891, vescovo dal 1854). Per il suo lungo episcopato, cf Maria MARIOTTI, Riflessi pastorali…,
pp. 143-145; 175-181.
140 Mons. Giuseppe Candido, nato a Lecce il 28 ottobre 1837, fu ordinato sacerdote il 22
dicembre 1860; nominato vescovo titolare di Lampsacus e coadiutore con facoltà di succes-
sione a Nicastro il 18 novembre 1881, fu consacrato a Roma il 20 novembre; non vi subentrò
perché venne trasferito prima a Ischia il primo giugno 1888 e poi alla diocesi titolare di Cy-
donia il 4 febbraio 1901; morì a Ischia il 4 luglio 1906; cf HC VIII 81, 325, 331, 407.
141 ASC F 987 Nicastro, lett. Candido - Bosco, Nicastro 6 ottobre 1882; FDB mc. 167 E 5.
142 Mons. Domenico Maria Valensise, nato a Polistena (Reggio Calabria) il 12 dicembre
1832, fu ordinato sacerdote il 24 marzo 1860; dottore in teologia il 15 novembre 1875, venne

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 101
“Volendo, nel prossimo anno scolastico ricostituire il mio Seminario in una forma capace
a renderlo quale dallo spirito della Chiesa oggi si vuole, e non trovando nel mio clero
elementi di cui mi posso giovare per tale riforma, son divenuto nel divisamento di affi-
darlo alla direzione dei suoi egregi Padri. La qual cosa, se da una banda farebbe sperare
ottimi risultati per l’educazione dei giovani leviti, dall’altra servirebbe a diffondere nelle
Calabrie l’opera di D. Bosco cotanto vantaggiosa alla società e alla Chiesa.
La sede della Diocesi è una città capoluogo di Circondario, culta abbastanza e commer-
ciata. Ha la stazione ferroviaria, e di nulla manca, anzi abbonda di quanto è necessario per
vivere agiatamente e civilmente. L’edifizio poi del Seminario è di una capacità sufficien-
te per cento alunni; con stanze pei Superiori e pei Professori, Scuole, Biblioteca, Gabinetto
di fisica e i cameroni, eccetto quelli destinati ai fanciulli, sono a sistema cellulare.
Non volendo i Padri assumere tutta a sé l’istruzione, vi sarebbero dei buoni Professori
disponibili per le classi ginnasiali. Se poi l’Ordine volesse per ora ritenere soltanto la di-
rezione del S. Convitto, senza provvedere di Maestri le scuole, mi terrei contento anco di
questo; perocché quel che più mi interessa è il riordinamento della disciplina; e in tal
caso basterebbero due o tre Padri per reggere il Seminario...
Nella fiducia che il Signore Le ispirerà di farmi buona accoglienza, mi attendo di sapere
con cortese sollecitudine a quali patti e condizioni potrei fruire dell’Opera dei suoi
egregi Confratelli”.143
La risposta ancora una volta fu: “Rincresce, impossibile”, ma il nuovo vescovo
di Nicastro, mons. Giovanni Regine,144 tornò a richiedere almeno un rettore. Il 29
maggio 1905 scriveva a don Rua:
“Tempo fa ebbi occasione di ricordare a V. R., ed ora lo faccio nuovamente, che l’attuale
vescovo di Nicastro è ligato (sic!) da antico affetto alla Congregazione Salesiana, perché
trent’anni fa, ancora Diacono, leggendo il Bollettino Salesiano, ebbe qualche pensiero di
aggregarsi alla Famiglia di D. Bosco, a cui ne scrisse e ne ebbe risposta per mezzo di V.
R.; la Provvidenza per altro dispose di lui altrimenti.
Ora io che sono il modesto vescovo di Nicastro, mi rivolgo a V. R. per chiederle una ca-
rità nell’interesse della mia Diocesi.
Il biglietto che mi annunciò la promozione all’Episcopato, mi trovò nel Seminario di Ischia,
dove avevo passato più di venti anni occupato continuamente nell’educazione della gio-
ventù ecclesiastica. Venuto, come vescovo a Nicastro, rivolsi le mie prime cure alla forma-
zione del clero, e quindi al Seminario; e siccome non trovai in Diocesi soggetti idonei a
questa alta e pur difficile missione, così fui costretto a ricorrere a varii ecclesiastici forestieri,
fra cui il Sig. Rettore, e, grazie al Signore, in tre anni si sono raccolti dei buoni frutti.
Se non che pare che pel nuovo anno scolastico l’attuale Sig. Rettore del mio Seminario,
che conta un buon centinaio di alunni, non potrà ritornare, ed in Diocesi non trovo
persona capace per tale importante ufficio; ora potrei sperare di ottenere da V. R. per
tale carica qualche sacerdote della sua Congregazione, che colla pietà, zelo, prudenza,
nominato vescovo titolare di Ascalona e coadiutore con facoltà di successione di mons. Gia-
cinto Maria Barbieri a Nicastro il primo giugno 1888 e consacrato a Roma il 10 giugno; suc-
cesse il 7 marzo 1891; trasferito alla diocesi titolare di Oxyrincus il 2 giugno 1902, morì nella
sua città natale il 17 gennaio 1916; cf HC VIII 125, 407, 432.
143 ASC F 987 Nicastro, lett. Valensise - Rua, Napoli 12 agosto 1900; FDR mc. 3099 C 5/6.
144 Mons. Giovanni Regine, nato a Forio d’Ischia (Napoli) il 24 gennaio 1856, dottore in
teologia, Rettore del seminario e arciprete della diocesi di Ischia, fu nominato vescovo titolare
di Ascalona il 9 giugno 1902 e consacrato a Roma l’11 giugno; venne trasferito prima alla dio-
cesi di Nicastro il 4 ottobre 1902 e poi alla diocesi di Trani e Barletta il 6 dicembre 1915; morì
il 6 ottobre 1918; cf HC VIII 125, 407.

5.10 Page 50

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102 Francesco Casella
affetto per la gioventù volesse coadiuvarmi in un’opera che mi sta tanto a cuore? In
me, che ho passato tanti anni in mezzo ai giovani, il Sacerdote Salesiano più che un
vescovo troverebbe un fratello, e sarebbe ricambiato d’immenso affetto dai miei
seminaristi.
Nicastro poi è una cittadina di circa 20 mila abitanti, con Tribunale, Sottoprefettura e
Stazione ferroviaria proprio in paese; ha buon’aria e clima mitissimo.
So poi che a Bova 145 ed a Monteleone 146 vi sono pure i Salesiani, e penso che non
sarà difficile averne un solo pel mio Seminario, con qualità da riuscire un buon
Rettore... Avrà la bontà d’indicarmi l’onorario che competerebbe al Salesiano se mai,
come spero, la mia preghiera sarà accolta”.147
Nel settembre 1905 un violento terremoto devastò la Calabria e don Rua
intervenne con sollecitudine per alleviare le sofferenze soprattutto dei ragazzi
rimasti orfani.148 In novembre mons. Giovani Regine scrisse nuovamente a don
Rua per sollecitare l’apertura di un’opera nella sua diocesi:
“Queste sventurate Calabrie devono essere assai grate al benemerito Istituto Salesiano,
che ha aperto le sue porte a tanti poveri fanciulli resi orfani dal terribile disastro del
terremoto! Il Signore penserà di certo a retribuire largamente i Figli di D. Bosco e
più specialmente V. R. che né il degnissimo Padre.
Un singolare affetto mi ha sempre legato ai bravi Salesiani, e fin da diacono,
come Le scrissi altra volta, avevo qualche pensiero di entrare nell’Istituto, e conservo
tutt’ora una sua lettera, che il servo di Dio D. Bosco mi facea dirigere in risposta alla
manifestazione di questo mio pensiero. La Provvidenza divina però dispose di me
altrimenti, ed eccomi modesto vescovo di Nicastro, che il terremoto ha così malamente
battuto.
Ora oso rivolgere a V. R una mia preghiera nella speranza che il Cuore SS. Di Gesù
vorrà benedire un mio desiderio. Queste regioni, R.do Padre, hanno bisogno più di
pane morale che materiale; in questa Diocesi, che conta 52 parrocchie, non v’è nessuna
casa religiosa né Istituto, ad eccezione di due o tre sacerdoti Cappuccini; da ciò può
pensare a che stato possa trovarsi la pietà e la moralità di queste popolazioni, che in
fondo sono di fede ed assai ben disposte. Trapiantare qui qualche ramo delle tante
umane pie Istituzioni di cui è ricca la Chiesa contemporanea, sarebbe opera assai
utilissima e da preferirsi a qualsiasi altro provvedimento di pubblica beneficenza.
Dopo ciò potrei sperare di avere qui a Nicastro sia pure una modesta casa salesiana?
Non rigetti, Padre mio, la supplica a prima vista, ma lo faccia, ne La prego, dopo
aver pregato un poco ai piedi di Gesù Crocifisso! Nell’ipotesi affermativa quali mezzi
pecuniari vi occorrerebbero? L’E.mo Card. Arcivescovo di Milano, al quale ne ho
pure scritto, mi fa sperare un suo aiuto per questo bisogno.
Qualunque esito possa avere la mia istanza, sarà sempre un buon seme, che tosto o
tardi potrebbe dare qualche frutto; penserà il Cuore di Gesù fecondare la semenza che
ho gittato nei solchi della cristiana carità.
Vi sarebbe, Padre, posto per un buon figliuolo della distrutta Martirano che mostra
qualche vocazione allo stato ecclesiastico?
145 I Salesiani erano andati nel 1898.
146 Attuale Vibo Valentia, i Salesiani erano andati nel 1904.
147 ASC F 987 Nicastro, lett. Regine - Rua, Nicastro 29 maggio 1905; FDR mc. 3099 C 7/9.
148 BS 10 (1905) 1s; Ib. 11 (1905) 321s; Ib. 12 (1905) 351s; Angelo AMADEI, Il Servo di
Dio Michele Rua. Vol. III. Torino, S.E.I. 1934, pp. 186-188; Annali III 576-577.

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 103
Si abbia infine, R.mo Padre, l’espressione di tutta la mia riconoscenza per quanto ha
fatto e farà per questa Diocesi”.149
Don Rua fece discutere la risposta nella seduta del Capitolo Superiore dell’i-
nizio di dicembre e la decisione fu che si era “costretti a rispondere negativa-
mente”.150 In realtà don Rua nel 1905 aveva fatto aprire nella provincia di Catanzaro
la casa di Borgia e ben presto si iniziò a lavorare anche a Soverato.
12. Castellaneta (1883)
La prima richiesta dell’anno 1883 giunse a don Bosco da Castellaneta
(Taranto), il cui vescovo 151 chiedeva dei docenti per il seminario. Il 18 aprile 1883
faceva scrivere a Torino dal parroco tesoriere Francesco Meladantori:
“Onorabilissimo Signor Don Bosco, la rinomanza, a ragione procacciatasi degli allievi
dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, come maestri, fa nascere in molti vivissima la
brama di averne qualcheduno, specialmente per l’insegnamento delle materie che si
svolgono nelle cosiddette classi liceali e ginnasiali. Ed io, in adempimento di speciale
comando avuto da questo mio Monsignor vescovo, oso pregar V. S. a far sapere: se nel
prossimo ottobre, cioè nella riapertura degli studi, ella potrebbe far qui venire almeno
due de’ suoi lodati allievi come Maestri in questo Seminario. Faccia Iddio che questa
preghiera possa venir esaudita, e se così sarà V. S. avrà la bontà di far conoscere a quali
condizioni. Lo zelo che anima la S. V. pel bene della gioventù, e l’amabilità del suo
cuore mi fanno esser certo d’una risposta, e prego il Signore che sia qual me l’aspetto e
glie ne sarò gratissimo.
P.S. Ho per fermo che Ella proporrà a Maestri giovani forniti delle Patenti volute dalle
Leggi e Regolamenti viggenti.”.152
Nell’attesa di una risposta il vescovo, il 28 aprile, faceva scrivere di nuovo:
“Onorabilissimo Signor Don Bosco compie oggi l’ottavo giorno da quando confidando
nella gentilezza e bontà dell’animo suo osai indirizzarle lettera con la quale la pregava
ad avere l’amabilità di far conoscere se poteva V. S. appagare il vivissimo desiderio di
questo mio Mons. Vescovo, il quale amerebbe, se mai fosse possibile, avere almeno due
alunni dell'Istituto salesiano, come Maestri di classi Ginnasiali e Liceali in questo Semi-
nario diocesano. Veramente la domanda sente di soverchia arditezza; ma se vero è che la
S. V. ha appagato altri vescovi, trovasi la probabile speranza che anche questo mio Mon-
signore potrà essere esaudito, sempreché non si frapponga ostacolo insuperabile”.153
149 ASC F 987 Nicastro, lett. Regine - Rua, Nicastro 24 novembre 1905; FDR mc. 3099
C 10/12.
150 ASC D 870 Verbali Capitolo Superiore, Vol. II, p. 56, n. 427, seduta del 5 dicembre
1905; FDR mc. 4245 D 5.
151 Mons. Gaetano Bacile, nato a Spongano (Lecce) il 19 maggio 1844, fu ordinato sa-
cerdote il 17 ottobre 1869; nominato vescovo il 20 agosto 1880, venne consacrato a Roma il 29
agosto; dimesso da Castellaneta prima del 14 maggio 1886, fu trasferito alla diocesi titolare di
Leuce nella Tracia; morì a Spongano il 12 marzo 1931; cf HC VIII 190, 341.
152 ASC F 972 Castellaneta, lett. Meladantori - Bosco, 18 aprile 1883; FDB mc. 139 C 3/5.
153 Ib., lett. Meladantori - Bosco, 28 aprile 1883; FDB mc. 139 C 6/7.

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104 Francesco Casella
La risposta in data primo maggio 1883 fu “impossibile”, ma da Castellaneta
giunsero ancora altre richieste. Nel 1911 si domandò l’istituzione di un istituto con
l’intero corso ginnasiale frequentato sia dai seminaristi che da alunni esterni ed in-
terni; nel 1915 un aiuto per il seminario; nel 1919 l’apertura di una scuola di arti e
mestieri; nel 1932 la direzione del seminario; ma tutte queste iniziative fallirono.
13. Cosenza (1883)
La seconda richiesta del 1883 pervenne da Cosenza per diffondere l’istruzione
religiosa e letteraria in mezzo al popolo. La corrispondenza epistolare si sviluppò in
varie fasi. La prima durò dal 1883 al 1911, ma, per la debolezza della proposta, so-
prattutto in merito a ciò che si poneva a disposizione della congregazione salesiana,
non approdò a nulla di concreto. Il 26 aprile 1883 Giovanni Tretti, d’accordo con l’ar-
civescovo di Cosenza,154 scrisse a Don Bosco:
“L’articolo di marzo p. p. del Bol. Salesiano, che leggo con ansietà, intitolato: Motivi di
promuovere la gloria di Dio e la salvezza delle anime; 155 e l’altro articolo del mese cor-
rente, intitolato: Il Cattolico nel Secolo,156 mi decisero sottoporre allo sguardo Vostro
uno spaventevole quadro, eguale, per non dire peggiore, di quello che molti mesi or sono
da Forenza di Basilicata vi inviava con altra mia, relativa a quella Provincia; lettera che
con mio dolore rimase senza alcun riscontro.
La provincia di Cosenza Calabria, questo giardino d’Italia, ricco d’ogni ben di Dio, è, al
pari di gran parte della Basilicata, affatto sterile d’istruzione religiosa; l’ignoranza in ma-
teria di religione è una piaga che strazia dall’infanzia, ed ammorba la crescente gioventù,
avvelenando così il benessere delle famiglie, della società e della Chiesa.
Il zelante, ed illustrissimo Mons. vescovo di Cosenza, nel cui nome e sotto la di cui auto-
rizzazione, scrivo la presente, alle mie domande d’assistenza personale, per fondare una
casa religiosa d’istruzione, e d’avere i nomi di tre o quattro persone onde formare una so-
cietà di cattolica carità, rispondevami: Qui si vive di vita apostolica. Io faccio sforzi anche
col mio sostenere il piccolo Seminario, la predicazione quaresimale ed altre opere di pri-
missima necessità. Del resto qui in Cosenza, trovomi in assai peggior condizione, che se
fossi stato destinato vescovo in terre infedeli. Là almeno riceverei denaro dall’Europa cat-
tolica, col quale sarei posto in grado di fondare e sostenere molte opere buone; ma qui
mancano persone d’attività e zelo cattolico, e manca il danaro. Impossibile trovare una
persona che si presti per opere d’azione cattolica. Quanto a denaro è inutile lo sperarne
neppure dai più ricchi proprietari, quando trattasi d’opere di religione. Io quindi, pronto a
far del mio, quando potrò, non posso offrirvi alcuna persona, né per l’una, né per l’altra
delle opere che pur tanto tornerebbero gradite al mio cuore; rivolgetevi al Parroco ed a
Mons. Penitenziere. (Questi due ultimi confermarono solo le parole del vescovo).
Ecco come, per mancanza d’istruzione e di operai, tornano qui per ora impossibili quei
frutti, che operai italiani, solcando i mari, vanno a raccogliere nelle stesse terre infedeli.
154 Mons. Camillo Sorgente, nato a Salerno il 14 dicembre 1825, fu ordinato sacerdote il
23 settembre 1848; nominato vescovo di Cosenza il 4 maggio 1874, venne consacrato il 17
maggio; fu nominato arcivescovo assistente al soglio pontificio il 15 luglio 1898; morì il 2 ot-
tobre 1911; cf HC VIII 235. Per Cosenza, cf Maria MARIOTTI, Riflessi pastorali…, pp. 148-
151; 187-192.
155 BS 3 (1883) 37-39.
156 BS 4 (1883) 53-56.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 105
E perché non si dovranno fare sforzi, affinché anche in queste feconde nostre patrie terre
siano accordati almeno una parte di quegli operai, che si slanciano tanto eroicamente in
tanto lontane regioni? È da notarsi che qui in Cosenza si aprirebbero circostanze special-
mente favorevoli ad un fonte d'istruzione, e ciò per merito della Gran Madre di Dio.
Infatti la misericordiosissima Regina del Cielo, con prodigiosi fatti volle s’innalzasse in
Laurignano, che dista un’ora da Cosenza, un Eremitaggio sotto il titolo S. Maria della
Catena, il quale nei tempi, come corrono presentemente, dovesse essere faro di luce e di
salvezza per queste contrade. Già da molti anni un uomo penitente, che s’appellò Fra Be-
nedetto, sebbene volgare e semplice, fu scelto dalla Madre di Dio, per fondare l’Eremi-
taggio succitato, il quale colle elemosine dei fedeli sorse in breve con chiesa e colossale
stabilimento.
Nei primi anni l’istruzione religiosa incominciava ad essere impartita; ma Satana fece
guerra a morte al novello Istituto, e resosi defunto fra Benedetto, l’Eremitaggio fu chiuso
dal fisco, e per ben due volte gli eremiti furono cacciati sul lastrico, trasportando a Co-
senza persino gli utensili più vili della cucina. Attualmente però, vita loro durante, fu-
rono riammessi questi eremiti al godimento dell’Eremitaggio e loro mobiglie, che furono
riconsegnate; ma intanto quelli che erano sacerdoti, parte, dopo l’espulsione, emigrarono
in America, altri trovarono collocamenti che qui non mancano, perché per la mancanza
di sacerdoti, sono già vari autorizzati a celebrare due messe per comodo dei fedeli. Ri-
masero quindi 16 laici e due soli sacerdoti. I primi occupati nell’anno alla questua ch’e-
sercitano nelle 3 Calabrie; anziché poter istruire, desiderano ardentemente d’avere occa-
sioni per istruirsi. Quanto ai due sacerdoti, di cui uno è il Superiore attuale, trattandosi
che il Romitaggio serve anche d’appoggio ai numerosi Pellegrini, che o per voti, o per
divozione ivi giungono, hanno, nell’amministrazione materiale e nella spirituale, cura di
tante anime, occupazione tale da non poter dedicarsi all’istruzione. Ecco in tale guisa
svanito lo scopo principale dell’Eremitaggio; cioè gli mancano le persone per l’istru-
zione religiosa e letteraria dei contadini; né vi può supplire lo stesso Mons. Vescovo,
come già fu accennato sopra.
I prodigiosi frutti raccolti dal piccolo seme sparso in Valdocco, l’essere io stesso per
molti anni a Venezia e S. Vito al Tagliamento stato testimonio della fecondità delle opere
dedicate all’istruzione della gioventù; questi pensieri mi straziano il cuore, misurando
l’immensurabile bene che va perduto, ed il numero d’anime che piombano nell’abisso,
per la sola mancanza d’istruzione.
A questo punto il sensibile cuore vostro, o immortale D. Giovanni mi ha già compreso.
Io implorar devo con tutte le forze dell’anima mia due pii, colti e zelanti Sacerdoti, che
voi non potete negare a questa parte eletta d’Italia, anche quando si trattasse di sacerdoti
di una compagnia destinata per l’America. Qui troveranno aria eccellente, situazione de-
liziosa, vitto ed alloggio ed avranno per di più il conforto di essere Luce in un terreno,
che corrisponderà alle loro fatiche, per quanto arido ed aspro si presenterà loro al primo
aspetto. Ne si temi che colla morte degli attuali Eremiti manchino i mezzi necessari per
andare innanzi, poiché la loro istruzione sarà seme di Eremiti novelli, i quali, anche
quando l’attual causa del Romitaggio sussistente, andasse definitivamente perduta, pro-
curerebbero, prima della morte di tutti, dei mezzi copiosi per erigere nuovo Eremitaggio.
Così pur le loro fatiche di questua frutteranno tanto più abbondantemente Provvidenza,
quanto maggiore sarà l’attività, che si scorgerà nel Romitaggio.
Deh dunque, mandate presto, ma presto questi 2 angeli consolatori, che saranno una be-
nefica pioggia celeste, per queste ricche ma moralmente infelicissime contrade italiane.
Dovrò io temere, che anche la presente mia lettera resterà senza riscontro? No, non
posso dubitarlo in questa occasione, perché scrivo sotto i dettami della Gran Madre del
Buon Consiglio, la quale certo consiglierà anche costà la risposta, quale sarà conforme
alla volontà del Signore.
Qui sul finire, duolmi, di non essere ancora in grado da soddisfare pel mio Bollettino;

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106 Francesco Casella
sempre sembrami toccare con mano un miglioramento economico, ma piombo invece in
maggiori penurie. Anzi, non potendo provvedere a centinaia le copie del Cattolico nel
Secolo, oserei chiederne gratis una copia, non potendo per ora disporre neppur per
questo piccolo acquisto.
Stabilitomi ora in Cosenza, pregherei, continuandomi il Bollettino e favorendomi di un
riscontro, di dirigere al mio nome, fermo in posta Cosenza di Calabria.
Mi raccomando alle preghiere di tutti i zelanti e pii Salesiani, specialmente alle Vostre, o
privilegiato di Dio! E si interceda pure per le Provincie Calabre e della Basilicata.
Con profondo ossequio... Giovanni Tretti
P.S. Della presente ne ho dato lettura a S. E. Mons. vescovo di Cosenza ed al Superiore
degli Eremiti di Laurignano”.157
La risposta in data 8 maggio fu “impossibile”. Dopo undici anni, il 31 gennaio
1894, il vescovo mons. Camillo Sorgente, scrisse a don Michele Rua, esponendo il
caso degli eremiti che desideravano associarsi alla congregazione salesiana, entrando
a farvi parte come laici:
“R.mo Superiore Generale, mi onoro di riscontare la sua venerata del 23 uscente signifi-
candole che anche io mi pregio di essere umilissimo cooperatore salesiano e me le pro-
fesso obbligatissimo del Bollettino Salesiano che mi si rimette con tanta carità.
Le restituisco modificata... la noticina dei Decurioni, perocché Occhiuzzi se non è tra-
passato è impotente, e vi ho sostituito un sacerdote insegnante di scuole elementare piut-
tosto pio: perocché... è anche infermo.
Ma se la S. V. R.ma vuol fare qualche cosa in questa archidiocesi, mi deve fare una bella
grazia. Qui mezza ora distante da Cosenza vi è una casa religiosa composta di pochi ere-
miti laici, gente rurale. Infatti hanno una chiesetta e locale conveniente. Vivono di que-
stua vuoi per mantenere il culto, vuoi per mantenere se stessi. La casa è stata rivendicata
da essi. Ora costoro amerebbero associarsi ai PP. Salesiani, uniformandosi come laici
alla regola e disciplina dei salesiani.
Non abbia a credere pertanto V. S. R.ma, che proponga io una unione impossibile o mo-
struosa, perocché questi laici sono pochi, e dopo la morte di essi, i PP. Salesiani sareb-
bero padroni di tutto; mentre ad esso mercè le questue potrebbero essere loro di gran gio-
vamento.
Stabilita qui una casa salesiana riuscirebbe non solo organizzare l’opera dei cooperatori,
ma ancora l’oratorio potrebbe avere sviluppo fecondissimo.
In quanto poi al merito di V. S. R.ma, oso dir, che sarebbe non secondo a quello che si
procaccia nello spedir i suoi missionari alle regioni degli infedeli, imperocché qui in Ca-
labria da 34 anni tutto è stato guasto, tutto distrutto, ed il numero dei sacerdoti è insuffi-
ciente a provvedere alle parrocchie tuttocché da 20 anni abbia io sempre il Seminario
aperto e ben disciplinato.
Spero che la mia proposta sia accettata, e che S. Francesco di Sales e l’anima benedetta
del fondatore volgano uno sguardo di pietà su questa America novella, e sopra tutti che
Maria Ausiliatrice illumini V. S. R.ma per lo bene di questo mio gregge”.158
Il cenno di risposta del 5 febbraio, trascritto sulla stessa lettera, era così sintetiz-
zato: “D. Durando ringrazi per l’interessamento. Quanto alla fondazione rincresce
moltissimo; ma è impossibile per mancanza di personale. Speriamo nell’avvenire”.
157 ASC F 975 Cosenza, lett. Tretti - Bosco, Cosenza 26 aprile 1883; FDB mc. 146 D 2/11.
158 Ib., lett. Sorgente - Rua, 31 gennaio 1894; FDB mc. 146 D 12 - E 1.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 107
Il 25 maggio, tuttavia, il vescovo faceva scrivere nuovamente a don Rua dal vicario
generale don Federico Piraino:
“Mio R.mo P. in G. C. e ritorno ancora e ritornerò sempre a picchiare alla sua porta,
finché o per torto o per diritto mi sarà aperto. Non si mettono innanzi difficoltà, né im-
possibilità, la casa dei salesiani qui dovrà esservi ad ogni costo. Innanzi alla necessità, e
necessità estrema bisogna che ognuno si pieghi. Qui le dissi, e le ripeto, siamo nell’e-
strema miseria: i paesi in parte son senza preti, e vivono e muoiono i cristiani come
gente infedele; vi hanno parrocchie donde abbiamo dovuto togliere del tutto il Venera-
bile, perché manca assolutamente la messa, anche nei giorni festivi. Al cospetto di tanta
necessità, potrà ella restarsene indifferente? Vengano dunque e presto i Salesiani, non si
facciano più aspettare, almeno un paio per ora; e poi e poi...
Quei poveri eremiti, che danno la casa, aspettano con ansia, non hanno un sacerdote e
per loro e per il paese ove la casa è posta, e vengono ogni giorno da me chiedendo il
pane. Ma io che pane posso dar loro, se siamo qui all’estrema indigenza? Deh! per pietà
R.mo don Rua, accolga finalmente la nostra preghiera e quella di quei miseri, i quali
mandano a V. S. per l’opera salesiana l’umile offerta di £. 12,00.
La prego di mandarmi una copia dell’opuscolo Lourdes alla fine d’agosto del 1893 e due
copie dell’Ave Maria, parole e musica”.159
Il vicario generale don Federico Piraino scrisse ancora due volte nel 1902, ri-
proponendo sempre la proposta dell’Eremo.160 Il 26 gennaio 1903, però, il parroco
Luigi Segreti, della regia parrocchia S. Nicola di Bari di Cosenza, avanzava una
nuova proposta, che non era più in riferimento all’Eremo:
“Reverendissimo D. Rua, con la presente vengo a darle un’umile preghiera. Il 9 luglio u.
s. fui eletto parroco della regia parrocchia di S. Nicola di Bari in Cosenza, parrocchia va-
stissima che conta quasi 7.000 anime. Da solo è impossibile adempiere il mio ministero,
specialmente per quel che riguarda l’educazione della gioventù. Dopo matura preghiera
mi venne quest’ispirazione, di rivolgermi a lei per avere i Salesiani nella parrocchia ed
ecco la proposta che ardisco di farle. Vicino alla parrocchia tengo una splendida casa ca-
nonica composta di 8 magnifiche stanze, oltre la cucina, più il giardinetto. Ora sarei di-
spostissimo a dare detta casa canonica ai Salesiani, per impiantare a Cosenza una casa,
ed io non esigerei altro che l’assistenza generale nel ministero parrocchiale. Cioè l’assi-
stenza per gli oratori e ricreatori festivi, l’assistenza nel ministero del confessionale ecc.
In questa città i Salesiani sarebbero bene accolti e potrebbero fare un gran bene.
Mi dica se la mia proposta è degna di essere accettata, perché allora le farò scrivere di-
rettamente dal mio Superiore. Aspetto con ansia un rigo di risposta”.161
Dopo la risposta negativa, il parroco in agosto scrisse nuovamente a don Rua,
rinnovando la sua offerta:
“Reverendissimo D. Rua, memore dell’insegnamento del Divino Maestro: Pulsate et
aperietur vobis, io non cesserò di battere alla porta del suo gran cuore se prima i miei
santi desideri non saranno appagati.
159 Ib., lett. Piraino - Rua, 25 maggio 1894; FDB mc. 146 E 2/3.
160 Ib., lett. Piraino - Rua, 27 [gennaio] 1902; FDB mc. 146 E 4/5 e lett. del 31 marzo
1902; FDB mc. 146 E 6/7.
161 Ib., lett. Segreti - Rua, 26 gennaio 1903; FDB mc. 146 E 10/11.

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108 Francesco Casella
Tempo addietro le scrissi una mia nella quale dicevo che avrei voluto due padri Salesiani
nelle mia parrocchia, e ne ebbi un rifiuto. Adesso insisto, perché so che personale ce n’è,
e sono sicuro che questa volta non sarà respinta la mia domanda.
Adesso le ripeto le condizioni che l’esponevo nella prima lettera. 1. Abitazione gratuita.
L’abitazione è composta di 8 camere con bellissimo giardino sottostante. 2. Con le messe
che celebreranno i padri avranno assicurato £. 48 mensili e forse più. 3. I proventi delle
scuole vanno a loro vantaggio.
Io, come prezzo, non pretendo altro che l’assistenza generale nelle cose della parrocchia.
Sappia Rev.mo Padre che Cosenza è un terreno vergine, ed i Salesiani, venendo qui, fa-
rebbero molto bene, anzi sono sicuro che venuti i primi due, in breve si dovrà chiamare
altro personale, per la moltiplicazione delle opere che si faranno.
Nel caso che riceva una risposta affermativa io le faccio scrivere dal mio Arcivescovo
che confermerà con apposito contratto le su esposte condizioni. Sicuro di ricevere una
consolante risposta...”.162
Due anni dopo, tra gennaio e febbraio del 1905, il vescovo mons. Camillo Sor-
gente, rifacendosi alle istanze del parroco Luigi Segreti, rinnovò ancora la richiesta di
avere i Salesiani:
“R.mo Padre, più volte ho fatto istanza per avere in diocesi e particolarmente in questa
città un primo gruppetto dei suoi salesiani e V. S. R.ma fu sempre negativo. Un parroco
di questa città a nome Luigi Segreti l’ha supplicato nell’anno scorso anche ripetute volte,
ma invano. Però ieri sera un suo ammiratore devoto Professore Andrea Dall’Oglio mi
fece sperare che V. S. R.ma, quantunque troppo impegnata per le missioni estere, pure
non sarebbe aliena da favorire ed esaudire le mie preghiere. Ed io ora di nuovo interesso
lo zelo ardente di V. S. R.ma, perché mi mandi due o tre PP. Salesiani, i quali non solo
potrebbero fare molto bene ma ancora vi potranno certo impromettere un incremento
nell’istituto in tempo non breve, da fare onore a cotesta R.da Congregazione.
I religiosi qui son terminati e spenti malaguratamente, e questo popolo onora affidarsi a
Religiosi: la sua Congregazione, poi l’opera del S. Vincenzo de Paoli dell’Italia, ispira-
tagli precisamente pei tempi che corrono, e quindi è e sarà d’un grande sussidio ad un
vescovo per la salute delle anime. Imploro la carità del santo fondatore e sua, perché
questa volta la mia istanza sia accolta”.163
La richiesta dell’arcivescovo di Cosenza fu discussa il 27 febbraio nel Capitolo
Superiore: “a quella [proposta] dell’Arcivescovo di Cosenza di aprire una casa nella sua
Diocesi lo stesso D. Durando fu incaricato di rispondere che per mancanza di personale
non è possibile”.164 Tuttavia il prof. Andrea Dall’Oglio, del quale aveva fatto cenno il ve-
scovo, con toni abbastanza esaltati, il 21 marzo scrisse a don Rua per sostenere la pro-
posta di Cosenza 165 ed allegava un promemoria del parroco Luigi Segreti, che diceva:
“Il parroco di San Nicola di Bari in Cosenza desidera vivamente che la benemerita Con-
gregazione dei salesiani di D. Bosco metta piede nella sua Parrocchia. Egli, finché i Sa-
lesiani non si saranno provveduti di casa propria, offre la casa ed il giardino parrocchiale
gratuitamente.
162 Ib., lett. Segreti - Rua, 12 agosto 1903; FDB mc. 146 E 12 - 147 A 1.
163 Ib., lett. Sorgente - Rua, gennaio-febbraio 1905; FDB mc. 146 E 8/9.
164 ASC D 870 Verbali Capitolo Superiore, Vol. II, p. 9, n. 60, seduta del 27 febbraio
1905; FDR mc. 4244 E 6.
165 ASC F 975 Cosenza, lett. Dall’Oglio - Rua, 21 marzo 1905; FDB mc. 147 A 2/5.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 109
Tutti i proventi sia delle scuole, sia del ministero sacerdotale che i Salesiani esercite-
ranno andranno a loro favore. Attualmente la parrocchia ha una scuola serale frequentata
da 80 alunni. Con una equa retribuzione si può avere un maestro laico che attualmente
aiuta il parroco nella scuola serale. Il parroco si offre come meglio sa e può, quando non
è impedito, a prestare l’opera sua.
La venuta dei Salesiani in Cosenza segnerà un principio di risveglio religioso, e spe-
riamo, e preghiamo, anche la morte della framassoneria. Si aspetta la risposta al più
presto, dovendo il parroco licenziare gli inquilini della casa parrocchiale, ora fittata”.166
Dopo che agli inizi di settembre del 1905 un violento terremoto scosse la Cala-
bria,167 mons. Camillo Sorgente il 4 novembre scrisse ancora a don Rua domandando-
gli di “erigere un’opera di carità, un istituto di arte e mestieri per l’educazione dei fan-
ciulli poveri e abbandonati”.168 La richiesta fu nuovamente discussa nella seduta del 6-
7 novembre del Capitolo Superiore, ma ancora con esito negativo: “D. Durando rispo-
se al vescovo di Cosenza che non era possibile alla domanda di una fondazione colà
per mancanza di personale”.169 Ma il vescovo non si arrese e il 28 novembre scrisse an-
cora a don Rua 170 e di fronte alla risposta negativa del 2 dicembre interpose la racco-
mandazione del cardinale di Torino Agostino Richelmy.171 La richiesta fu discussa di
nuovo in Capitolo: “L’Arcivescovo di Cosenza pel medesimo scopo [l’apertura di una
casa] interpone l’Eminentissimo Card. Richelmy, ma non si può accettare”.172
La corrispondenza epistolare si interruppe per qualche anno, ma dopo la morte
di don Rua (6 aprile 1910), il parroco Luigi Segreti il 31 luglio 1911 ripropose la sua
offerta al nuovo Rettor Maggiore, don Paolo Albera: 173
“Ill.mo e Rev.mo Padre col santo suo predecessore fui in continua corrispondenza per ot-
tenere una grazia, che facilmente avrei ottenuta, data la mia insistenza. Domandavo, in
grazia, di avere almeno due salesiani per le opere che vi sono in parrocchia: oratorio e ri-
creatorio festivo e in prosieguo ospizio. La morte troncò le nostre relazioni e per un
pezzo interruppi le trattative.
Rev.mo Padre la fama porta che lei con l’ufficio ha ereditato anche lo spirito e il grande
zelo di D. Bosco e di D. Rua, rivolgendomi perciò a lei, so di rivolgermi a persona cara a
166 Ib., Pro memoria del parroco Luigi Segreti, 21 marzo 1905; FDB mc. 147 A 6/7.
167 Cf nota 147.
168 ASC F 975 Cosenza, lett. Sorgente - Rua, 4 novembre 1905; FDB mc. 147 A 8/9.
169 ASC D 870 Verbali Capitolo Superiore, Vol. II, p. 49, n. 373, seduta del 6-7 no-
vembre 1905; FDR mc. 4245 C 10.
170 ASC F 975 Cosenza, lett. Sorgente - Rua, 28 novembre 1905; FDB mc. 147 A 1011.
171 Ib., lett. Sorgente - Richelmy, 6 dicembre 1905; FDB mc. 147 A 12 - B 2. Card. Ago-
stino Richelmy, nato a Torino il 29 novembre 1850, fu ordinato sacerdote il 25 aprile 1873;
dottore in teologia il 18 maggio 1876, insegnò nel seminario; nominato vescovo d’Ivrea il 7
giugno 1886, fu consacrato a Torino il 18 settembre 1886; trasferito alla diocesi di Torino il 18
settembre 1897, venne creato cardinale il 19 giugno 1899; morì il 10 agosto 1923; cf HC VIII
40, 324, 538.
172 ASC D 870 Verbali Capitolo Superiore, Vol. II, p. 56, n. 429, seduta del 6 dicembre
1905; FDR mc. 4245 D 5 (la data di seduta del Capitolo è certamente da differire di alcuni gior-
ni, sia perché la lettera al cardinale Richelmy è del 6 dicembre, sia perché la nota di risposta in-
dicata sulla lettera porta la data del 16 dicembre e fa riferimento alla delibera del Capitolo).
173 Paolo Albera (1845-1921); cf DBS 12-13; Ambrogio PARK, Bibliografia dei Rettori
Maggiori della Società Salesiana…, in RSS 4 (1984) 220-223.

6.8 Page 58

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110 Francesco Casella
Dio, e che ascolta le preghiere di un povero parroco che modestamente lavora nella
vigna del Signore. Si muova a pietà della derelitta Calabria, la quale ha bisogno, urgente
bisogno, di essere coltivata da uomini apostolici. Questa terra generosa accoglierà col
tradizionale cuore calabrese i figli di D. Bosco e nulla farà loro mancare.
Sarà messa a loro disposizione la chiesa della Riforma la quale di sole offerte rende £. 80
mensili, oltre le messe che mai mancano. Con la chiesa diamo anche l’abitazione suffi-
ciente per due salesiani. Si tratta d’iniziare! Fra breve sarà definita la spinosa quistione
dell’ospizio fondato dal can. Vallega e allora potremo dare un locale capace di contenere
80 ragazzi.
Non dica padre che non ha soggetti, perché, se lei vuole, può fare questo sacrificio. La
Calabria dovrebbe essere preferita alle terre di missioni.
In quest’affare sono di completo accordo col mio arcivescovo e senza di lui non farei
nulla. Si potrà rivolgere, se crede, per informazioni all’Ecc. Mons. La Fontaine Segre-
tario della Congregazione dei Riti. Aspetto una risposta e spero affermativa”.174
La risposta in data 4 agosto, annotata sulla lettera, diceva: “Per parecchi anni
non possiamo entrare in trattative per mancanza di personale”. La corrispondenza in
effetti s’interruppe.
La seconda fase, che esula dai limiti cronologici di questo studio, si sviluppò tra
il 1917 ed il 1919 con la richiesta accorata affinché i Salesiani andassero a stabilire
una loro opera a Cosenza, ma il risultato fu negativo.
Altri due deboli tentativi, infine, vennero fatti rispettivamente nel 1923 e nel
1937, ma senza alcun risultato.
14. Melfi (1883)
La terza richiesta del 1883 fu in riferimento al seminario di Melfi (Potenza). Il
vescovo mons. Giuseppe Camassa 175 il 6 maggio scrisse a don Bosco:
“Ill.mo e R.ndo Signore ho ricevuto il suo libro Il Cattolico nel secolo 176 e nel compia-
cermi sinceramente del dotto ed assai opportuno lavoro che ha dato alla luce, gliene ren-
do le dovute azioni di grazie. Col medesimo libro poi ho ricevuto ancora molte copie del-
l’annunzio delle Letture Cattoliche di Torino, e delle quali vorrei fare largo acquisto, se le
mie condizioni di vescovo non ancora riconosciuto dal governo, epperò senza rendite, mel
consentissero. M’associo però per 2 copie delle quali le acchiudo il prezzo corrisponden-
te di £. 5, e l’altro di £. 2 pel Cattolico nel secolo, che cercherò di far conoscere.
Colgo poi quest’occasione per darle una preghiera. In questa Diocesi, che da un anno e
mezzo governo, ho trovato il Seminario chiuso da 22 anni, e son costretto di vedere il
clero scemare di numero ogni anno, senza che altri succedessero a riempirne i vuoti, e,
quel ch’è peggio, i sacerdoti rimasti essere abbastanza inoltrati negli anni. Immagini qual
dolore e qual triste posizione pel cuore d’un vescovo! Sebbene abbia ferma volontà di
174 ASC F 975 Cosenza, lett. Segreti - Albera, 31 luglio 1911; FDB mc. 147 B 3/5.
175 Mons. Giuseppe Camassa, nato a Lecce il 20 giugno 1835, fu ordinato sacerdote il
18 settembre 1858; dottore in teologia e docente al seminario di Lecce, venne nominato ve-
scovo il 4 agosto 1881 e consacrato a Roma il 14 agosto; dimesso da Melfi e Rapolla, fu pro-
mosso alla sede titolare arcivescovile di Trapezus nel Ponto Polemoniaco il 15 aprile 1912;
morì il 18 gennaio 1916; cf HC VIII 379.
176 OE XXXIV [1-454], del 1883.

6.9 Page 59

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 111
riempirlo, e sia certo che gli alunni non sieno per mancare, incontro non lieve difficoltà
nel trovare persone idonee alla direzione e all’insegnamento, fornito di titoli legali. Sarei
lieto perciò se potessi affidare il nuovo Seminario ad una Congregazione religiosa inse-
gnante. Mi rivolgo perciò a V. S. per chiederle se fra i suoi Salesiani potessi avere alcuni
ai quali affidare la istruzione e la educazione dei giovinetti di questa diocesi, assicuran-
dola che qui potrebbe fare non poco bene, poiché questa città manca affatto d’un gin-
nasio, e i padri di famiglia son costretti a mandare molto lontano i propri figli per
istruirli. Attendo una sua risposta che mi auguro favorevole”.177
Dopo 15 anni, il 18 gennaio 1898, il canonico Vincenzo Maulà, vicario curato
della cattedrale di Melfi, scrisse a don Rua, avanzando una nuova proposta: affidare
ai salesiani due o tre parrocchie:
Messis quidem multa, operarii autem pauci! È proprio questa la condizione di questa
nostra diocesi! Nel 1884 moriva in Melfi il Parroco di una buona Parrocchia, che gover-
nava da vero Apostolo di G. C. i suoi filiani, cui aveva pascolati per circa 40 anni per le
vie del Signore. E fu una vera sventura la sua perdita, ed un gran lutto per tutti i parroc-
chiani e per l’intera città!
Successi io, l’ultimo de’ ministri di G. C. a reggere la detta Parrocchia di S. Teodoro e di
S. Lucia. Ma dopo otto anni fui rimosso da questo eccellentissimo Vescovo, per occu-
pare la Parrocchia di questa Cattedrale, ove attualmente mi trovo. Intanto la mia vedo-
vata Parrocchia di S. Teodoro fu provveduta in persona d’un monaco secolarizzato di
altro paese, che ora è passato agli eterni riposi; e la Parrocchia è di nuovo vedovata. Ella
potrebbe dirmi: a che narrarmi tale storia?. Ecco, Rev.mo Don Michele; leggendo il Bol-
lettino, ho ammirato sempre i grandi beneficii portati in tutto il mondo da cotesti Sale-
siani; dei grandi sacrificii che sopportano per salvare le anime; ed ho sempre desiderato
che due o tre di costoro sarebbero stati la benedizione di Dio in questa nostra città, dove
migliaia di giovanetti e giovanette vivono abbandonati a loro stessi; e non vi ha chi loro
spezza il pane della vita eterna e li educhi con i sani principi della dottrina cristiana, base
e luce della famiglia e della società. Però l’ostacolo che mi parava dinanzi a non poter
effettuare questo mio desiderio, era la mancanza dei mezzi per offrire agli operai della
vigna del Signore un primo punto d’appoggio per iniziare l’opera cristiana.
Ora l’occasione sarebbe propizia, e facile l’attuazione. Oltre della Parrocchia di S. Teo-
doro, innanzi detta, che ha una rendita lorda di circa duemila lire, con appena tremila fi-
liani, ve ne sono altre due, pure vuote, che possono dare la rendita di ottocento lire cia-
scuna, con circa tremila anime in tutte e due le Parrocchie. Cioè tutte e tre possono con-
tare seimila parrocchiani. Così potrebbero essere rette da due de’ vostri, e fare il maggior
bene possibile in tutti i modi. Oppure prendersene due solamente.
Qui poi troverebbero de’ giovani preti che il Vescovo metterebbe a loro disposizione, e
coadiuvarli in tutto che avessero bisogno. Questi sacerdoti sono stati ordinati presbiteri
appena da due anni, da un anno, da pochi mesi, ed altri sono diaconi e suddiaconi; ecco
perché, ancora giovani, non possono reggere le parrocchie, ma bene possono coadiuvare
i parroci.
Ripeto: Messis quidem multa! Qui troverebbero abbondante messe da raccogliere, anime
assai da salvare. E se il Signore mi ha spirato di rivolgermi a voi, bisogna dire che Iddio
lo vuole; e voi non potete rigettare la chiamata di Dio.
Don Bosco vi voglia ispirare, Maria Ausiliatrice ci voglia mandare un tanto aiuto; ed io fidu-
cioso mi aspetto una pronta affermativa, e mettervi in diretta relazione col mio Vescovo”.178
177 ASC F 985 Melfi, lett. Camassa - Bosco, 6 maggio 1883; FDB mc. 160 E 8.
178 Ib., lett. Maulà - Rua, 18 gennaio 1898; FDR mc. 3089 C 2/5.

6.10 Page 60

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112 Francesco Casella
La risposta, in data 24 gennaio, annotata sulla lettera diceva: “Rincresce, manca il
personale e [abbiamo] troppi impegni. Siamo alieni dalla accettazione di Parrocchie”.
Nel 1920, infine, mons. Alberto Costa avanzò una richiesta per l’istituzione di
Oratori festivi, ma inutilmente.
15. Airola (1883)
La quarta richiesta del 1883 giunse da Airola (Benevento). Il sac. Francesco de
Masi, probabilmente già in relazione con Torino, il 27 dicembre scrisse per chiedere
la fondazione di un’opera salesiana che si dedicasse all’istruzione scientifica e lette-
raria nella sua città:
“R.mo e Carissimo Padre certo il mio lungo silenzio vi ha sorpreso; ma V. S. R.ma deve
sapere che nel corso di più di un anno sono stato angustiato per una lite, o meglio, in-
giusta vessazione, che sebbene con non lieve dispendio, pure per grazia della Madonna
ne rimaneva finalmente libero. Di più nel contempo la Vergine Benedetta mi consolava
collo impianto di un Ritiro di Padri Passionisti, ai quali veniva esso ceduto dal Sindaco
della città, mediante le obblazioni (sic!) di più Fedeli, del Clero e dell’ottimo Vescovo.179
Or questo fatto mi spinge a darle una preghiera, che, son sicuro, non sarà rifiutata dalla
bontà del vostro cuore paterno. Essa è che Vostra Paternità dovrebbe compiacersi di sta-
bilire in questa carissima Patria il suo pio Istituto. Il modo è assai facile, mentre abbiamo
un Sindaco portatissimo pel benessere patrio. Or siccome la patria manca di soda istru-
zione scientifica e letteraria così sarebbe per lei una seconda fortuna la comparsa del pio
Istituto di V. Paternità R.ma in questa nostra contrada, poiché avendo in essa i Padri Pas-
sionisti, che tendono alla riforma del cuore, ed avendo, come spero, i Salesiani che mi-
rano specialmente alla istruzione della mente, allora non sarebbe più Airola a desiderare
cosa alcuna, e quest’amatissima ed amenissima contrada andrebbe santamente superba di
tali e tanti celestiali favori.
Il resto a voce in Roma, quando V. Paternità mi dirà, come spero, qualche indizio di
buon successo a suo bell’agio. Le accludo il vaglia di lire cinque pel Bollettino e Mis-
sioni. Mi raccomandi in fine in modo speciale a Maria Ausiliatrice, dalla cui valevolis-
sima intercessione spero per me, per la famiglia, per la patria, per la Chiesa tutto ciò che
il mio povero cuore desidera.
Intanto augurando il buon Capodanno alla Paternità V. ed a tutta la Salesiana Famiglia,
baciandole ossequientemente la destra, mi dico V. D.mo Figlio in G. Cristo Sac. Fran-
cesco de Masi”.180
Sulla lettera si trova l’annotazione del vaglia ma non della risposta. La richiesta,
tuttavia, non ebbe alcun seguito.
179 Airola apparteneva alla diocesi di S. AGATA dei Goti, di cui era vescovo mons. Do-
menico Ramaschiello, cf nota 133.
180 ASC F 965 Airola, lett. de Masi - R.mo e Carissimo Padre, 27 dicembre 1883; FDB
mc. 127 A 9/11.

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 113
16. Ariano Irpino (1884)
La prima richiesta del 1884 giunse dal vescovo di Ariano Irpino (Avellino) mons.
Francesco Trotta,181 che il 2 settembre chiese due salesiani per il suo seminario:
“Bosco amatissimo, essendo stato in giro per i paesi della Diocesi e relativamente occu-
pato nel disbrigo di affari urgenti, ho letto tardi l’ultimo fascicolo del vostro bollettino
salesiano. È superfluo dirvi la commozione che sento tutte le volte che mi accade fissare
gli occhi sui racconti che contiene, massime sulle feste che filialmente fanno alla bene-
fica persona vostra gl’innumerabili figliuoli che avete rigenerato in Gesù Cristo e nella
civile Società, e sulle lettere che arrivano dalla Patagonia.
Se il buon Dio e Maria Ausiliatrice che dispone delle di Lui misericordie ci farà vivere,
prometto di venire anch’io ad assistere alla vostra messa di oro,182 ed inebriarmi di quel
gaudio che la sola gratitudine dei figli della chiesa è capace di creare.
Il colera comincia a funestare Napoli,183 e tutti anche un po’ lontani ne siamo impensie-
riti. Ho fiducia che siccome la Immacolata di Lourdes, alla quale consacrai questa Dio-
cesi nel pellegrinaggio dell’anno scorso, salvò tutti gli arianesi e diocesani che si trova-
rono a Casamicciola dalla catastrofe del terremoto, senza pericolarne, o rimanere offeso
nessuno, così voglia proteggerci ben pure nell’imminente pericolo. All’uopo desidero far
tesoro delle medaglie da voi raccomandate, non senza qualche superna ispirazione, dal
suono sicuro con cui parlate, e perciò vi prego farmene spedire tante, per quante capono
in un pacco postale, più tre copie della mistica Città di Dio della edizione economica.
Se invece della somma occorrente, e che avrete la bontà significarmi, potreste asse-
gnarmi un equivalente numero di messe, vi sarei doppiamente obbligato, poiché le farei
celebrare da un esemplare religioso francescano, che ne sente preciso bisogno, dando a
lui l’elemosina. Nell’ipotesi negativa vi spedirò il vaglia.
Infine per amore di Maria Ausiliatrice degnatevi mandarmi almeno due dei vostri Sale-
siani, che prendano la direzione morale e letteraria di questo Seminario, possibilmente
con titolo legale d’insegnamento. Ho preciso bisogno di questa vostra carità, e non do-
vete negarmela. Vi assicuro che tra questi miei giovani recluterebbero buon numero in
poco tempo di vostri futuri figliuoli, emuli di tanti altri che vi fanno corona, e che sono
dispersi per tutto quasi il mondo. Ve ne prego di nuovo in nome della Madonna. Pregate
per una grazia speciale che mi bisogna”.184
Il 16 settembre mons. Francesco Trotta scrisse ancora a don Celestino Durando
e, mentre ringraziava per aver ricevuto il pacco postale con le richieste che aveva
fatto, rinnovava la domanda per il seminario:
181 Mons. Francesco Trotta, nato a Costa frazione di Mercato San Severino (Salerno) l’8
gennaio 1832, fu ordinato sacerdote a Salerno il 15 ottobre 1854; dottore in teologia presso
l’Università di Napoli il 29 luglio 1857, venne nominato vescovo di Ariano il 26 giugno 1876 e
consacrato a Roma il 2 luglio; trasferito alla diocesi di Teramo il primo giugno 1888, fu pro-
mosso al titolo arcivescovile di Gortina nell’isola di Creta il 31 gennaio 1902; morì nel 1906;
cf HC VIII 112, 121, 289.
182 Del cinquantesimo anniversario della prima Messa di Don Bosco si parla in MB XIV
514-515.
183 Il colera, scoppiato nell’estate del 1884, “si diffuse in 54 dei 69 Comuni della pro-
vincia, con 14.403 casi e 7.951 morti; nella città i casi furono 17.420 ed i morti 6.999”, in
Alfonso SCIROCCO, Politica e amministrazione a Napoli nella vita unitaria. Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane 1972, p. 94.
184 ASC F 966 Ariano, lett. Trotta - Bosco, 2 settembre 1884; FDB mc. 130 A 8/11.

7.2 Page 62

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114 Francesco Casella
“Sarei contento che il nostro D. Bosco mi mandasse due vostri Colleghi almeno per un
anno, od anche sei mesi, per raddrizzare il Seminario, e dopo, lasciando qui altri già in-
fervorati, potrebbero ritornare per le missioni lontane. Raccoglierebbero grande bottino
di giovani. Rinnovo le preghiere in nome di M[aria] Ausiliatrice. Oremus ad invicem”.185
La richiesta non ebbe seguito. Nel 1921 mons. Giuseppe Lojacono domandò l’i-
stituzione di un convitto, ma anche questa richiesta non fu esaudita.
17. Gerace (1884)
La seconda richiesta del 1884 giunse dal vescovo di Gerace (Reggio Calabria),
mons. Francesco Saverio Mangeruva,186 che il 23 novembre così scriveva a don Bosco:
“Veneratissimo P.re preso da dure, durissime anzi, necessità ed animato dalla carità del suo
gran cuore, mi rivolgo a Lei per un favore, che terrò segnalatissimo, e che per amore di G.
C. e M. S.ma ne’ cui santi Nomi lo chieggo, vivo sicuro che non sarà per rifiutarmelo.
Ho stretto bisogno di due de’ suoi PP. Salesiani, bisogno urgentissimo principalmente pel
mio Seminario, subordinatamente poi per apparecchiare il terreno ad alcuna delle sue
belle istituzioni, onde assolutamente difettano queste Calabrie. Il porgitore, senza che
qui mi dilunghi, Le ne darà i dettagli. L’operosità sua tanto estesa ed efficace in mille
parti, anche in lontane regioni, non credo sarà per negarla a q.e province che ne han tanto
bisogno, e che son prive di mezzi a provvedervi. Creda che se esaudirà, come spero e
credo, le mie preghiere, i frutti che si raccoglieranno, saranno abbondanti. Forse Le co-
sterà qualche sacrificio il favore che Le chieggo, ma quanti non ne ha fatto fin qui,
quanti non ne fa tutto giorno? Per carità, che La sua replica non sia un rifiuto! Accolga
anticipate azioni di grazie, mi raccomandi ai Cuori di Gesù e di Maria”.187
Quindici anni dopo la morte di don Bosco, il 24 ottobre 1903, mons. Francesco
Saverio Mangeruva scrisse a don Rua per chiedere un salesiano come rettore per il
suo seminario:
“Reverendissimo Padre, quantunque non abbia il bene di personalmente conoscerla, pure
mi son conte abbastanza la sua bontà, le apostoliche virtù, lo zelo instancabile per la
gloria di Dio e bene delle anime, sicché mi permetto profferirle istantissima preghiera,
sicuro che sarà per accoglierla benignamente.
Mancatomi inopinatamente il Rettore di questo Seminario diocesano, rivolgomi a Lei,
come Colui che m’ispira maggiore fiducia, meglio dirò sicurezza, che vorrà fornirmi al-
l’oggetto un Padre de’ suoi salesiani. Ella a preferenza di ogni altro può nel caso accor-
rere in mio aiuto, e sopperire alla stringente necessità, mentre l’apostolico di Lei zelo,
non circoscritto a tempi e luoghi, non permettemi punto dubitare del favore che imploro.
185 Ib., lett. Trotta - Durando, 16 settembre 1884; FDB mc. 130 A 12.
186 Mons. Francesco Saverio Mangeruva, nato a Sinopoli (Reggio Calabria) il 9 gennaio
1823, fu ordinato sacerdote il 20 settembre 1845; licenziato in teologia all’Università di Na-
poli, venne nominato vescovo il 6 maggio 1872; morì l’11 maggio 1905; cf HC VIII 305. Vedi
anche, Enzo D’AGOSTINO, I Vescovi di Gerace-Locri. Chiaravalle Centrale, Edizioni FRAMA
SUD 1981, pp. 209-215.
187 ASC F 979 Gerace, lett. Mangeruva - Bosco, 23 novembre 1884; FDB mc. 152 A 2.
È da notare che il vescovo nelle sue lettere non usa accentare le parole. La lettera, in modo par-
ziale, è stata edita in Pio del PEZZO, Don Bosco mette radici in Calabria…, p. 25.

7.3 Page 63

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 115
Mi astengo di opporre in proposito condizioni di sorta, il che lascio liberissimamemte a
Lei; aggiungo che se al Padre che Le piacerà destinare al sopraindicato ufficio, altro Le
piacerà unirne mi farà cosa graditissima.
Attendo con la maggiore sollecitudine possibile, stante la urgenza, un rigo di favorevole
riscontro. La ringrazio anticipatamente di tutto, e pregandola che nelle sue sante orazioni
mi raccomandi ai Cuori di Gesù e di Maria, mi segno con vera stima di Lei Reverendis-
simo Padre D. Michele Rua”.188
L’anno successivo il vescovo ripropose a don Rua la questione del seminario,
chiedendo di affidarlo totalmente ai salesiani e proponendo come base le condizioni
con cui si era trattato per Bova:
“R.mo Signore, i continuati trionfi che i suoi dipendenti riportano nei varii Seminari alle
loro cure affidati, hanno indotto l’animo mio a voler dare un sicuro passo affidando le
sorti del mio Seminario alla sua Congregazione con quelle condizioni e clausole che si è
trattato per quello di Bova. Debbo solo aggiungere che essendo la mia diocesi più vasta,
avrebbero i suoi Padri maggior agio, più vasto campo alle loro fatiche.
Intanto d’un simil favore oggi stesso ho supplicato pure il S. Padre, e Lei può fin d’a-
desso designare persona di sua fiducia perché venisse a trattar tutto col vivo della voce.
Con particolari riguardi sono qui in attesa dei suoi favori”.189
Don Rua fece discutere la richiesta nel Capitolo Superiore, che si espresse nega-
tivamente: “Il Vescovo di Gerace in Calabria vorrebbe i Salesiani pel suo Seminario. Si
fa rispondere che non si può e si ordina di proporgli di unire a quei di Bova i semina-
risti di Gerace. Si nota però che a Bova il Seminario è pieno zeppo di alunni”.190
Mons. Francesco Saverio Mangeruva morì l’11 maggio 1905 e solo verso la
fine del 1906 fu nominato come nuovo vescovo mons. Giorgio Delrio,191 che il 6
maggio 1908, perdurando il problema della formazione dei chierici avviati al sacer-
dozio, chiese a sua volta a don Rua tre salesiani per il seminario:
“Rev.mo Don Rua, avendo sentito che i benemeriti Salesiani avrebbero lasciato la vicina
Diocesi di Bova,192 scrissi al M. Rev. D. Eusebio Calvi 193 pregandolo di voler accettare
la direzione di questo mio Seminario. Egli non mi seppe dare una decisiva risposta, e mi
consigliò di scriverne alla S. V. Rev.ma facendomi sperare che verrebbe esaudita la mia
domanda.
188 Ib., lett. Mangeruva - Rua, 24 ottobre 1903; FDB mc. 152 A 3/4.
189 Ib., lett. Mangeruva - Rua, 1 novembre 1904; FDB mc. 152 A 5/6.
190 ASC D 869 Verbali Capitolo Superiore, Vol. I, foglio 221, seduta del 6 novembre
1904; FDR mc. 4244 C 1.
191 Mons. Giorgio Delrio, nato a Silanus (Nuoro) il 20 luglio 1865, fu nominato vescovo
di Gerace il 6 dicembre 1906; trasferito alla diocesi di Oristano il 16 dicembre 1920, morì il 5
maggio 1938; cf DHGE XX col. 690. Vedi anche Enzo D’AGOSTINO, I Vescovi..., pp. 216-231.
192 I Salesiani erano presenti a Bova dal 1898 ove avevano la cura del seminario dioce-
sano. Per un certo periodo allo scadere dei tempi previsti dalla Convenzione e per altre situa-
zioni interne si parlò sempre di un ritiro dei Salesiani.
193 Eusebio Calvi, nato a Palestro (Pavia) il 10 settembre 1858, entrò all’Oratorio il 3 no-
vembre 1871; fece il noviziato nel 1875, il 17 settembre 1876 la prima professione triennale dei
voti religiosi e il 3 ottobre 1881 la professione perpetua; ordinato sacerdote il 19 settembre 1885,
fu direttore di Bova dal 1905 al 1911; morì a Valsalice il 4 gennaio 1923; cf anche DBS 68.

7.4 Page 64

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116 Francesco Casella
Questo Seminario, oltre alle scuole elementari e ginnasiali inferiori, ha pure il Liceo in-
terdiocesano per quattro Diocesi (Nicastro, Squillace, Catanzaro e Gerace) ed è stato ri-
staurato ab imis in quest’anno con una spesa di oltre 40 mila lire. Mi abbisognerebbero e
basterebbero tre buoni Salesiani, che tenessero rispettivamente l’uffizio di Rettore, Vice-
rettore e Direttore spirituale. Uno di essi potrebbe anche fare una scuola, per es. la filo-
sofia o altra materia. Per gli altri professori provvedo io, di intesa col Rettore. Il Semi-
nario ha già un gabinetto di fisica e di chimica, ed una splendida villeggiatura a Polsi,
appiè degli Appennini meridionali.
Come è ora ristaurato, questo Seminario è suscettibile di tutte le riforme volute dal
nuovo Regolamento della S. Congregazione dei VV. e RR.194 ed ha solo bisogno di esser
diretto da persone competenti, quali sono i benemeriti Salesiani.
Prego perciò la S. V. a volermi mandare pel prossimo venturo anno scolastico i tre sacer-
doti Salesiani che mi abbisognano, togliendoli da qualche altra casa, se il predetto D.
Calvi coi suoi confratelli dovesse ancora restare alla direzione del Seminario di Bova.
Accogliendo questa mia proposta e venendo qui i Salesiani, ci intenderemo facilmente su tut-
to il resto, essendo io un vecchio ammiratore del V. D. Bosco, e cooperatore salesiano da tan-
ti anni. In attesa di una sua cortese ed affermativa risposta, La benedico nel Signore”.195
La risposta, annotata sulla lettera, in data 9 maggio 1908 fu: “D. Rua ringrazia del-
la stessa e della fiducia, ma è dolentissimo di non poter accettare la proposta. Il perso-
nale è scarso e appena basta a sostenere le opere assunte. Già si dovettero ricusare si-
mili offerte di altri vescovi”. Così si concluse una vicenda portata avanti per 24 anni.
18. Lagonegro (1884)
La terza richiesta del 1884 pervenne a Torino da Lagonegro (Potenza), ove si
desiderava un collegio ed un convitto per le scuole elementari e ginnasiali. Il 12 di-
cembre 1884 il canonico Almarino Guerra scrisse a don Bosco per raccomandare la
proposta del sac. Giuseppe Maria Camele, di cui trasmetteva la lettera e che più volte
gli aveva scritto. Diceva il canonico Almarino:
“Ven.mo D. Bosco, un dotto e zelante sacerdote (D. Giuseppe M. Camele) col quale
sono in relazione da assai tempo, desiderò il mio avviso sopra un Collegio ed Ospizio da
erigersi in Lagonegro (Basilicata).
Senza entrare in particolari, mi permetto mandarLe l’ultima lettera da esso scrittami,
dalla quale la S. V. intenderà in complesso le condizioni, che mi sembrano favorevoli al
buon desiderio dell’istituzione, altro io non posso aggiungere se non la mia preghiera
perché sia ridotto ad effetto.
Quando V. S. R.ma abbia deliberato ciò che crede in Domino, La prego di farmene con-
sapevole, acciocché possa riferirlo allo stesso degnissimo sacerdote.
Mi raccomando vivamente alle preghiere della S. V. e della sua Congregazione, giacché
tribulationes meae multiplicatae sunt, e ho bisogno di molto aiuto. Le bacio riverente-
194 Durante il pontificato di Pio X, nel maggio 1907, era stato pubblicato il Programma ge-
nerale di studi per i seminari maggiori e minori e, nel gennaio 1908, i programmi scolastici erano
stati integrati dalle Norme per l’ordinamento educativo e disciplinare, che costituivano un regola-
mento interno per i seminari; cf Maurilio GUASCO, Seminari e clero nel ’900…, pp. 25-44; 238-244.
195 ASC F 979 Gerace, lett. Delrio - Rua, 6 maggio 1908; FDB mc. 152 A 7/9.

7.5 Page 65

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 117
mente le mani e sono lieto di questa felice occasione per rinnovarLe i sentimenti di ve-
nerazione e di affetto.
P.S. Raccomando alla sua preghiera mio nipote che era in Collegio a Varazze, il quale ne
abbisogna assai”.196
La lettera del sac. Giuseppe Maria Camele, inviata al canonico Almarino
Guerra il 10 dicembre e da questi trasmessa a don Bosco, diceva:
“Ve.mo Sig. Canonico, nel fascicolo di questo mese saranno annunziate sul Monit[ore]
Ecc[lesiastico] le belle opere di V. R., giusto i suoi comandi.
La ringrazio di quanto mi scrive; e già sono deciso ad affidare a quella provvidenziale
Congregazione di D. Bosco il Collegio e l’Ospizio che ho in animo promuovere qui, se
egli, come V. S. mi fa sperare, accetterà. E dacché Ella mi dice che lo conosce molto
bene, io Le chiedo il favore di domandargli Ella medesima se e quando potremo vedere
attuate le nostre brame. Sarebbero queste le condizioni.
Noi daremmo il locale, e un assegno di £. 4.000 annue dalla Congrega di Carità e dal
Municipio. Altre £. 5.000 annue dalla Provincia son quasi certe, pel Collegio, essendo
già messe nel bilancio provinciale a favore di chiunque aprirà qui un Ginnasio, ed essen-
domi assai benevoli il Sottoprefetto ed i Consiglieri provinciali. Forse si avrà anche per
l’Ospizio qualche sovvenzione dalla Provincia.
La direzione e l’amministrazione del Collegio e dell’Ospizio si lascerebbe interamente ai
Salesiani. I quali dal canto loro dovrebbero mantenere l’Oratorio festivo pei giovanetti,
l’Ospizio con l’insegnamento di arti e mestieri per gli orfanelli, ed il Ginnasio pei giova-
netti di famiglie agiate, con l’insegnamento in piena regola secondo i programmi gover-
nativi, ad evitare ogni possibilità di molestie. Il quale insegnamento è necessario sia dato
ottimamente; senza di che il Ginnasio resterebbe deserto: atteso che, massime nel nostro
Circondario, i padri dei collegiali sono in gran parte persone istruite, e che vogliono ve-
dere chiaro e considerevole il progresso dei loro figliuoli. Amano bensì che questi siano
educati cattolicamente, ma più vogliono che siano istruiti molto bene. Talché se non veg-
gono questa seconda cosa, gli allogano dove questa si ha con tutto che non si abbia la
prima! Onde, se gli esami non riescono soddisfacenti, tosto mutano collegio. È un ragio-
nare storto; poiché certo dovrebbonsi accontentare di una istruzione anche men che me-
diocre, e congiunta con buona educazione religiosa, anziché preferire ottima istruzione
senza buona educazione nel s. timore di Dio. Ma che possiamo farci?
È questo appunto il mio scopo precipuo: promuovere la fondazione di un collegio, dove
mentre si educhi davvero cristianamente, non vi si desideri l’istruzione (veramente clas-
sica) di certi collegi in cui la religione è quasi del tutto dimenticata. Io vo’ supporre che
gli insegnanti Salesiani sian tutti buoni. Ma tra i buoni ci ha i migliori; e fra questi
chiedo che vengano scelti pel collegio di Lagonegro.
D’altra parte noi siamo contenti che si cominci anche da qui a due o tre anni, e che
si cominci anche con due sole classi, o due elementari (3 e 4) e le prime due, od
anche solo la prima ginnasiale, da aumentarsi di un’altra in ciascun anno, fino al
compimento del Ginnasio, e, se Dio benedirà, anche del Liceo. Spero perciò che non
si vorrà rigettare la domanda per cagione di questa necessità in cui ci troviamo che si
dia una buonissima istruzione; s’intende poi che il profitto è sempre in proporzione
delle disposizioni di ciascun alunno.
Oh! Quanto bene potranno far qui quei benedetti Salesiani. Stiamo in terreno fertilis-
simo, ma scarso molto di veri operai! Quante vocazioni ecclesiastiche potranno svilup-
parsi nel Collegio e nell’Ospizio. Piaccia al Signore concederci tanta fortuna.
196 ASC F 981 Lagonegro lett. Guerra - Bosco, 12 dicembre 1884; FDB mc. 154 B 3/4.

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118 Francesco Casella
Ho palesata l’idea alle autorità ecclesiastiche e civili, e tutte approvano e favoriscono.
Non manca che l’assenso di D. Bosco, per cui interponiamo anche la mediazione della S.
V. zelantissima. Il Signore ne la rimeriti, ed Ella mi creda il più devoto ed affettuoso dei
suoi servi. Giuseppe M. Camele.
P.S. Se la S. V. è abbastanza sicura che i Salesiani insegnano bene, può far di manco di
esprimere il mio desiderio nel domandare a D. Bosco se accetterà il nostro invito; spe-
cialmente se è a temere che, credendoci troppo esigenti, avessero a non accettare. Mi ri-
metto interamente alla prudenza e carità di V. S. Ma sono quasi pentito di aver scritto a
quel modo; perocché se sono uomini di Dio, come sono in realtà, non può essere che non
insegnino con amore e pazienza e quindi con profitto anche letterario degli alunni. Al
più, dopo che avranno accettato e quando saranno prossimi a venire, li pregheremo a
scegliere i professori tra i più abili. Faccia perciò V. R. ogni opera perché accettino, ed il
resto verrà man mano.
Può assicurare che Lagonegro è una cittadina piccola, ma fornita di tutto. L’aria è stupen-
da, l’acqua ottima; onde tutti i forestieri che ci vengono, vi migliorano sensibilmente in sa-
lute. I viveri abbondanti ed a prezzi discreti. L’indole degli abitanti docilissima. Insomma
questa casa dei Salesiani potrà essere centro di un bene immenso per questi luoghi. E chi
sa di quante altre fondazioni e vocazioni alla Pia Società potrà essere occasione?
Appena Ella mi farà intendere che D. Bosco non è alieno, farò scrivergli dal nostro santo
e dotto Vescovo 197 per la domanda formale, e se V. S. crede, anche dal Sindaco e dalla
Congrega di Carità.
Se si desiderano altre informazioni su Lagonegro, possono domandarsi a Mons. Casi-
miro Gennari Vescovo di Conversano (Bari),198 Direttore del Monit[ore Ecc[lesiastico], o
al Rev.mo P. D. Saverio Fiego, Procuratore Generale dei Pii Operai S. Giuseppe alla
Lungara Roma.
Fo voti che V. S. carissima si occupi subito di tal affare e con felice esito. Di nuovo La
ringrazio quanto so e posso. Preghi per me. G. M. Camele”.199
Nel 1887 il vescovo di Policastro, mons. Giuseppe Maria Cione,200 rinnovò la
richiesta. Il collegio-convitto, in realtà, era stato fondato, ma la scarsezza di personale
197 Mons. Giuseppe Maria Cione, nato a Bagnoli Irpino (Avellino) l’11 gennaio 1826, fu
ordinato sacerdote il 24 marzo 1849; uditore episcopale della diocesi di Nusco (Avellino) dal
22 settembre 1860 al 24 aprile 1870, vicario generale della diocesi di Oppido l’11 ottobre
1871, venne nominato vescovo di Policastro il 23 febbraio 1872 e vescovo assistente al soglio
pontificio il 6 dicembre 1892; morì nel 1898; cf HC VIII 461.
198 Mons. Casimiro Gennari, nato a Maratea (Potenza) il 29 dicembre 1839, fu ordinato
sacerdote il 21 marzo 1863; direttore del giornale Monitore Ecclesiastico, venne nominato ve-
scovo il 13 maggio 1881 e consacrato il 15 maggio; fu nominato assessore del S. Ufficio il 15
novembre 1895 e canonico della basilica Vaticana il 20 marzo 1897; trasferito alla diocesi tito-
lare di Naupactus nell’Epiro il 6 febbraio 1897, fu creato cardinale il 15 aprile 1901; morì a
Roma il 31 gennaio 1914; cf HC VIII 41, 224, 404.
199 ASC F 981 Lagonegro, lett. Camele - Guerra, 10 dicembre 1884; FDB mc. 154 B 5/10.
200 Mons. Giuseppe M. Cione era già stato in relazione con Torino allorché nel 1879 re-
stituì i biglietti della lotteria che gli erano stati inviati, avendone trattenuto uno solo, con questa
lettera: “Ragguardevole Signore, ho preso per mia divozione un biglietto, e le accludo il costo
insieme con gli altri 24, che non riesce possibile collocare in questa Diocesi rurale e poveris-
sima, che a grande stento mantiene le sue Chiese ed i suoi Sacerdoti, sforniti tutti di ogni ren-
dita. Mi compatisca dunque e mi creda sempre suo devotissimo Giuseppe M. vescovo di Poli-
castro”; cf ASC A 439 Lettere a don Rua, lett. Cione - Rev. Signore, Policastro 24 giugno
1879; FDR mc. 3834 E 7.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 119
idoneo ne rendeva precaria l’esistenza, per cui il vescovo così scriveva a don Bosco:
“Signor mio reverendissimo, lo spirito di carità, di cui il nostro buon Dio ha ricolmo il
cuore della S. V. R.ma, mi dà piena fiducia che sarà per fare buon viso alla seguente mia
umile preghiera.
Oltre del Seminario Diocesano ci ho in questa Diocesi, e propriamente nella città di La-
gonegro, un Collegio-Convitto laico fondato sotto la mia direzione da uno zelante sacer-
dote, per la cristiana educazione della gioventù e per lo insegnamento delle Classi Ele-
mentari e Ginnasiali; ma la scarsezza d’idoneo personale insegnante e dirigente, la quale,
se da per ogni dove, molto di più si fa sentire in una piccola città di Provincia, rende
assai precaria, anzi minaccia da vicino la esistenza di tale Istituto, che tante belle spe-
ranze aveva fatte di sé concepire.
A salvarlo non vi sarebbe altro mezzo che quello infuori che voglia la S. V. R.ma pren-
derlo sotto la sua direzione col farlo cosa sua, ed inviarvi ad insegnare e dirigere Sacer-
doti di sua fiducia, come ha fatto in tanti altri luoghi, ridonandogli così vita novella con
grandissimo vantaggio della studiosa gioventù, di cui oggi si fa miserando scempio in
altri Collegi mal diretti secondo lo spirito del secolo e non quello di Dio.
In altro foglio separato saranno dati alla S. V. R.ma tutti i dettagli particolareggiati circa
lo stato del Collegio, affinché Ella possa decidersi con piena cognizione di causa a ren-
derci questa grazia, che aggiungerà, senza dubbio, un nuovo titolo alla universale bene-
merenza che Ella ha acquistata per la educazione della gioventù ed una nuova gemma
alla sua corona di meriti innanzi a Dio”.201
Dopo la morte di don Bosco (1888), per sollecitare nuovamente i Salesiani ad
accettare la richiesta di Lagonegro, il sac. Giuseppe Camele il 17 agosto 1889 scrisse
una lunga relazione a don Rua in merito alla situazione del collegio convitto, che è
interessante sia per l’azione che vi svolgeva il sacerdote, sia per gli accenni al con-
testo sociale presenti nella stessa. Ecco il testo:
“Padre mio Ven.mo, intesi con estrema gioia da una lettera dell’egr. Mons. Guerra che la
Paternità V. R.ma voglia ormai esaudire l’antico e costante mio voto di vedere in questa
città una casa dei figliuoli di D. Bosco. Avrei voluto scrivere subito a V. S. R.ma, ma so-
praffatto da molte occupazioni, posso appena oggi cominciare questa lettera, e piaccia a Dio
che possa finirla: dico così, perché bramo esporle tutto e con la più grande schiettezza.
Sono circa 8 anni da che, per mezzo del fu D. Paolo Capello, feci pratiche pel d.tto fine;
poi le rinnovai per mezzo del sullodato Mons. Guerra, del R.mo P. Fiego dei Pii Operai
in Roma, dov’era V. R con D. Bosco; di Mons. Cione, vescovo di questa Diocesi di Poli-
castro Bussentino ecc.: sempre però mi si è fatto sentire essere, pel momento, impossi-
bile per la scarsezza di soggetti, tuttoché la s. m. di D. Bosco ne mostrò gran desiderio al
predetto P. Fiego. Intanto 4 anni or sono, incoraggiato da Mons. Guerra, aprii un collegio
in questo Capoluogo di Circondario, sempre però come un apparecchio alla venuta dei
Salesiani: ed eccomi a dirgliene tutte le vicende.
Mi furono promesse £. 9.500 di sussidi annui, cioè 5.000 dalla Provincia, 2.500 dalla
Congrega di Carità, e 2.000 dal Municipio; e tutti plaudivano alla mia impresa. Frat-
tanto, mutato il Sindaco, questo Municipio mi diede per un solo anno il promesso sus-
sidio, e poi se ne scusò con la strettezza delle finanze. La Provincia per due anni diede il
sussidio promesso, poi lo ridusse a £. 3.000 perché fu sospesa la Scuola Tecnica annessa
all’Istituto. Finalmente la Congrega di C[arità], dopo aver pagato per 3 anni le £. 2.500,
nel 4° anno ha dovuto sospendere il pagamento, perché la Deputazione Provinciale ha
201 ASC F 981 Lagonegro, lett. Cione - Bosco, 19 maggio 1887; FDB mc. 154 D 9/10.

7.8 Page 68

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120 Francesco Casella
disposto che sia invece sussidiato un asilo d’infanzia e che vuole unirsi a questa R.
Scuola Normale femminile. Onde nell’ora spirato anno scol[astico] ho avuto solo
£. 3.000 dalla provincia, epperò ho rimesso nell’amministrazione circa £. 2.500, oltre
l’opera mia e l’opera di mio padre (noi due formiamo tutta la nostra famiglia, avendo il
Signore chiamato a Sé mia madre e mia sorella, che ne formavano il resto); il quale
padre mio, tuttoché di 77 anni, mi ha aiutato come un giovane nell’amministrazione,
perché antico negoziante. Giorni sono, a proposta di q. Ill.mo Sottoprefetto, ho fatto do-
manda alla Prov. perché il sussidio mi sia portato a £. 6.000; e forse lo eleveranno a
5.000. Ma forse pure ci sarà buona somma a immettere nel prossi[mo] anno, attesoché,
essendogli cominciato con le classi elem. e con la prima ginnasiale ed essendosi ogni
anno aggiunta una classe nel passato anno abbiamo bisogno di un altro Professore per la
quinta ginnasiale. Io sostengo anche per quest’anno tale perdita, ma sempre nella spe-
ranza che nell’anno venturo 90-91, il collegio sarà affidato ai Salesiani.
Per esaurire ciò che riguarda lo stato finanziario, dico che il numero dei convittori è
giunto a 45; dei quali i ginnas. pagano £. 450 l’anno, gli ele. 420. Il vitto, in media, costa
circa £. 200 per ogni convittore. La pigione, circa £. 2.000, inclusa la manutenzione. Gli
esterni sono giunti a 30. Quindi ciò che fa avere ogni anno un forte disavanzo è la in-
gente spesa dei Professori, che nel prossimo anno sarà almeno di £. 8.000, perché qui
non hanno altri beni, onde bisogna pagarli assai bene se voglionsi buoni, come vera-
mente si vogliono.
Lo stato della disciplina mi pare soddisfacente, perché, lode al Signore, ci regna il s.
timor di Dio, ed ogni anno ho fatto lo scarto degl’incorreggibili (due o tre all’anno).
L’indole dei giovanetti, e in genere delle nostre popolazioni, è docile ed inclinata alla
pietà, fatte le dovute eccezioni; e sviluppasi pure qualche vocazione, che è il mio
ideale precipuo e il fine principale per cui apersi q. Istituto, benché la prudenza mi
detti di tacerlo.
Adunque è chiaro che un bene assai grande può operarsi con q. collegio, il numero dei
suoi alunni può crescere di molto, se si accredita dippiù , anche perché vari altri collegi
che ci circondano, a parer mio, avranno breve durata. Senza dire del bene che potrebbero
fare gli oratori festivi a tanti giovanetti i cui padri sono in America, e i giorni festivi, non
potuti tenere a freno dalle madri, vanno vagando padroni di se stessi e corrompendosi
l’un l’altro! Al che vo’ aggiungere che parecchi laici ed ecclesiastici io credo entrereb-
bero in codesta s.ta Congregaz[ione] desiderosi di vita più perfetta; tra i quali potrebbero
essere che anche a me il Signore pietosissimo ne faccia grazia, specialmente se nel fine
dell’Oratorio vi ha parte importante la cultura dei chierici, alla quale mi sento molto in-
clinato, persuaso come sono che tutto dipende dal clero. E poiché non ho eredi diretti, né
di fratelli che non ho mai avuto, né di sorelle, ché l’unica che ebbi, consacrata al Si-
gnore, volò al cielo di 22 anni, potrei coadiuvare la casa di Lagonegro con buona parte
delle mie sostanze. Questi i dati favorevoli. Passo alle difficoltà.
Queste sarebbero due. Prima e massima il manco di un locale adatto. Quello dove è ora
il collegio è una riunione di case (circa 30 vani), che ho dovuto prendere in fitto da 4
proprietari, e il fitto dura altri 3 anni. Edificarlo di pianta era mio desiderio. Apersi una
sottoscrizione, e mi firmai io prima per diecimila lire: appena le altre firme giunsero a
sei o settemila lire! E Dio sa se si sarebbero esatte tutte. Avevo in animo di far suppliche
per aiuti al S. Padre, ai Principi cattolici ecc.; ma poi, oppresso dalle occupazioni e spa-
ventato dalla arduità dell’impresa e dalla scarsezza delle mie forze, in specie fisiche, non
ho fatto più nulla.
La via dunque che parmi per ora la più pratica sarebbe questa. Vi è in vendita un antico
palazzotto, dove ora è la Scuola Normale femminile. Sarebbe, con qualche rinforzo alle
mura, capace, con poc’altra fabbrica, di un altro piano (ora ne ha due da un lato e 3 dal-
l’altro, compreso il terreno); ed allora credo sia capace di cinquanta o più convittori. Il
Ministero, non potendo più sentire le querele delle Direttrici essere il locale poco de-

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 121
cente, in qualche punto umido ecc., ha fatto sentire al Municipio che, se non provvede un
locale migliore, toglierà di Lagonegro la Scuola Normale. E poiché il Municipio, per
questa viene a risparmiare qualche scuola, ha deciso di edificare un apposito locale, che
forse sarà pronto fra tre o quattro anni. Potrebbesi dunque acquistare tal palazzotto in
testa ad un Salesiano, e la Congregazione darebbe quelle garanzie che può, di tenerci
sempre un collegio od un ospizio.
La seconda difficoltà è la quasi certezza che affidandosi il collegio ai Salesiani, si per-
derà il sussidio della Prov. essendo oggi la corrente poco affezionata alle Congregazioni!
Ma se insegneranno gli stessi Salesiani, e quindi si risparmierà la spesa dei Professori,
credo bene che, anche senza sussidi si uscirà bene, e resterà pure qualche lucro! Se però
si volesse cominciare con una specie di orfanotrofio, credo si avrebbero sussidi dalla
Prov., dalla Congrega di C. e qualche cosa anche dal Municipio. Poiché è vero che ci
sono gl’Illuminati, ai quali puzza tutto che sappia di monachismo, ma abbondano pure i
buoni cristiani; e verso le mie intenzioni di giovare ai giovanetti, sono molto favorevoli i
nostri Deputati Lovito,202 Lacava,203 Rinaldi ecc.
Da tutto ciò V. R. ben vede che, a trovar modo veramente pratico di attuare il mio divisa-
mento, sarebbe soprattutto utile che qualcuno dei Salesiani passi per Lagonegro. Il
viaggio è facilissimo. Da Napoli a Casalbuono [Salerno] sei o sette ore di ferrovia; da
Casalbuono a Lagonegro 2 ore di carrozza. A Lagonegro il Padre, stante in collegio, ve-
drebbe tutto minutamente ed a voce potrebbe combinarsi ogni cosa. Il locale sarebbe in-
teramente della Congregazione e tutte le opere sarebbero per tutto loro conto. Se si vo-
lesse cominciare con l’orfanotrofio, che credo sia ciò che le SS. Loro chiamano ospizi, vi
sarebbero a sperare più copiosi sussidi, ove si obbligassero di fondare una banda musi-
cale e una tipografia. Per questa vi sarebbe un’occasione propizia di una tipografia che si
vende a poche miglia di Lagonegro, credo con agevolazioni convenienti. Era qui e fu tra-
sportata a Lauria; ora vogliono venderla, perché manca di buona direzione e quindi poco
frutta: è ricca di caratteri, ha buona macchina e molti clienti, Municipi ed altri uffici.
Ciò che io non ho detto, si compiaccia di domandarmelo Ella stessa, ed io risponderò su-
bito. Voglia il Signore far che tutto riesca alla maggior sua gloria. E V. P. Lo preghi per
chi è lieto di essere suo dev.mo Sac. Gius[eppe] M. Camele.
P. S. Lagonegro, Capoluogo di Circondario, ha circa 5.000 abitanti, ma è un bel centro
di commercio. La ferrovia tra Casalbuono e Lagonegro è in costruzione”.204
Trascorsero altri tre anni e Giuseppe M. Camele, ormai canonico a Policastro, qua-
202 Francesco Lovito, nato il 22 ottobre 1830 a Moliterno (Potenza), nel 1860 partecipò a
Napoli al governo prodittatoriale. Eletto deputato del collegio di Chiaromonte (Potenza) nel-
l’ottava legislatura e successivamente di Brienza (Potenza) e di Potenza, rappresentò per
trent’anni la Lucania nell’assemblea legislativa. Prese parte al governo due volte: nel 1870
come sottosegretario di Stato per il ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio; dal
1871 al 1883 nel ministero dell’Interno con Depretis. Morì il 6 gennaio 1906; cf Dizionario del
Risorgimento Nazionale, Vol. III Le Persone. Milano, Editrice Vallardi 1933, p. 396.
203 Pietro Lacava, nato il 26 ottobre 1838, durante l’insurrezione della Lucania, che pre-
cedette lo sbarco di Garibaldi sul continente, fu segretario del Governo Provvisorio. Dall’aprile
del 1868 fu eletto deputato del Collegio di Corleto (potenza), che gli rinnovò il mandato per
oltre 40 anni. Nel 1876 fu segretario generale del ministro Nicotera; nel 1889 con Crispi di-
venne ministro delle Poste e dei Telegrafi; nel 1892 ministro dell’Agricoltura Industria e Com-
mercio nel primo Ministero Giolitti; ministro dei Lavori Pubblici nel Gabinetto Pelloux; nel
1906 Giolitti lo chiamò a reggere il Ministero delle Finanze; nel 1911 fu nominato ministro di
Stato; cf Dizionario del Risorgimento…, Vol. III, pp. 313-314.
204 ASC F 981 Lagonegro, lett. Camele - Rua, 17 agosto 1889; FDB mc. 154 B 11 - D 2.

7.10 Page 70

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122 Francesco Casella
lificandosi anche come cooperatore salesiano, il 12 febbraio 1892 scrisse nuovamente
a don Rua dalla sua nuova sede. La richiesta, messa da parte la proposta primitiva, mi-
rava soprattutto a fondare in Lagonegro un ospizio per artigiani orfani o poveri, che vi
si trovavano in gran numero nella città e nella regione a causa dell’emigrazione:
“V.mo Sig. D. Rua, giacché non Le fu possibile l’impianto in Lagonegro, mia patria, tut-
toché la s. m. di D. Bosco come la S. V. R.ma mel lasciarono sperare per parecchi anni,
La pregherei ora di accogliere favorevolmente un’altra proposta, di esecuzione, credo,
più facile, e forse più abbondante di frutti; l’impianto di un ospizio per artigianelli orfani
o poveri ( e ce n’ha tanti ai luoghi nostri per l’immenso numero di padri famiglia emi-
grati in America ed in buona parte ivi morti o perdutisi).
Il locale sarebbe un palazzotto baronale (ove ora sta la R. Scuola normale femminile, che
passerà tra poco in altro locale), a pochi passi dalla stazione della ferrovia, che si inaugu-
rerà fra due o tre mesi, mettendo così Lagonegro in diretta comunicazione con tutte le gran-
di città d’Italia. Il locale si comprerebbe, con un vicinissimo giardino, in testa a V. S. Rma,
o a chi Ella destinerà, restandone padrone assoluto ed indipendente, e rimanendo alla sua
coscienza e prudenza il fare che passi successivamente ad altri pel medesimo scopo. Si da-
rebbe anche un po’ di mobilia, ed un bell’altare di noce lustrato con relativi arredi comple-
to per l’oratorio interno. A 10 o 15 passi poi dal portone del detto locale è una bella e di-
vota chiesetta, sacra alla Vergine SS. del Rosario, col Santissimo a permanenza, e con 5 al-
tari; la quale potrebbe servire per l’oratorio festivo dei fanciulli della città.
Questa è piccola, ma piuttosto bella; di molto commercio, di aria purissima, acqua stu-
penda, con 4 fontane interne, una delle quali immediatamente sotto il ridetto locale,
talché mediante una piccola diramazione del condotto si può avere l’acqua all’interno
del palazzo. L’indole della popolazione è dolcissima e religiosissima. Abbiamo 15 tra
Chiese e Cappelle, con 4 fiorenti Confraternite di uomini e una di donne. Credo si otterrà
certo un sussidio del Municipio e della Congrega della Carità (abbastanza ricca), perché
il Sindaco è un buonissimo cristiano, e il Presidente della Congr. è un buon Canonico
onorario; ed in seguito potrà aversi anche qualche sussidio della Provincia, essendo miei
amici vari Consiglieri provinciali. Il Clero è edificante, ma troppo scarso al bisogno.
Io mi ero consacrato quasi esclusivamente alla cultura religiosa dei giovanetti. Ora sono da
due anni in questo Seminario a dirigere lo spirito per volere del nostro Vescovo; e, torna-
to testé per poco in patria, ho trovato la piccola età così peggiorata da doverne piangere!
Io perciò reputo troppo bene impiegata una buona parte della mia discreta proprietà, se
potrò essere esaudito dalla S. V. R.ma nella preghiera sopra umiliatale. Nutro fiducia che
Ella avrà a trovarsene contenta, anche perché probabilmente più di un soggetto, eziandio
tra i sacerdoti, entrerà nella pia Società Salesiana, se la conosceranno da vicino.
Finalmente Le ricordo che anche D. Bosco di s. m., quando ne lo feci pregare in Roma
dal P. Fiego, rispose che avea molto piacere della fondazione di una casa di Salesiani in
Lagonegro, perché non v’era nessuna in queste provincie. Voglia pertanto Egli mede-
simo dal Cielo ispirare alla S. V. R.ma di non rifiutare la mia domanda, ancorché si do-
vesse cominciare con minime proporzioni.
Sulla verità delle notizie datale, può interrogare Mons. Tiberio Durante, Vescovo di
Potenza,205 Mons. Casimiro Gennari, Vescovo di Conversano,206 Mons. Rocco Leonasi,
205 Mons. Tiberio Durante, nato a Bovino (Foggia) il 2 agosto 1837, fu ordinato sacer-
dote a Napoli il 22 settembre 1860; dottore in teologia il 2 settembre 1874, insegnò teologia e
morale nel seminario di Bovino dal 1874 al 1882; nominato vescovo il 25 settembre 1882,
venne consacrato a Roma il primo ottobre; nominato vescovo assistente al soglio pontificio il
18 febbraio 1897, morì il 31 ottobre 1899; cf HC VIII 369-70.
206 Mons. Casimiro Gennari, cf nota 197.

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 123
Vescovo di Tursi,207 Mons. Luigi Bruno, Vescovo di Bitonto,208 Mons. Di Milia, Vescovo
di Cassano al Ionio,209 e questo Mons. Giuseppe M. Cione, Vescovo di Policastro Bus-
sentino; 210 da tutti i quali posso altresì farle rivolgere preghiere all’uopo: il nostro Ve-
scovo già scrisse più volte.211 E nella dolce speranza di risposta favorevole, con ogni ve-
nerazione Le bacio le sacre mani”.212
Don Rua non poté esaudire la richiesta, ma dopo quattro anni, il 27 gennaio 1896,
la domanda di fondare un istituto a Lagonegro fu avanzata dal sindaco Carlo Pane.
“Corre la voce, ed io la raccolgo con piacere, che codesto benemerito Ordine Salesiano
voglia fondare un Istituto in questo Capoluogo. Non è a dire quanto favore acquisti
presso questa Cittadinanza tale idea, ed io credo interpretare i generali sentimenti sia
pregando la S. V. Ill.ma a volermi informare dello stato delle cose, sia esprimendo fin da
ora le più vive esortazioni ed i ringraziamenti più sentiti.
In verità nelle nostre provincie meridionali è potentemente avvertito il bisogno d’un Isti-
tuto educativo e religioso, e codesto Ordine ai tanti innumerevoli titoli di benemerenza
unirà anche questo a favore dell’umanità.
Da parte di questa amministrazione e di tutte le autorità civili ed ecclesiastiche in siffatta fi-
lantropica impresa si avrà tutto l’appoggio possibile, mentre la città, sia per la sua impor-
tanza, sia per la sua posizione, sia pei locali, di cui si può disporre, potrà offrire tutto il ne-
cessario che si richiede. In attesa di cortese riscontro la ringrazio con tutta osservanza”.213
La risposta negativa pose termine alla corrispondenza durata 12 anni.
19. Napoli (1884)
L’ultima e singolare richiesta del 1884 giunse da Napoli sul finire di dicembre,
allorché il sac. Lorenzo Apicella chiese a don Bosco di aggregare le sue quattro case
per sordomuti ed il personale alla società salesiana.
La “Pia Casa Arcivescovile dei Sordomuti” era stata fondata a Napoli nel 1853 dai
207 Mons. Rocco Leonasi, nato a Lauria (Potenza) il 7 febbraio 1831, fu ordinato sacer-
dote il 24 marzo 1855; parroco a Lauria (21-12-1876) e canonico onorario della cattedrale di
Policastro (1-2-1882), venne nominato vescovo titolare di Alabanda nella Caria e coadiutore
con facoltà di successione di mons. Gennaro Acciardi nella sede di Anglona - Tursi; successe il
14 marzo 1883 e morì a Chiaromonte (Potenza) il 30 aprile 1893; cf HC VIII 83, 103.
208 Mons. Luigi Bruno, nato a Battaglia (Salerno) il primo marzo 1824, fu iscritto al
clero palatino di Napoli nel mese di marzo del 1843; dottore in teologia al Collegio Romano il
29 marzo 1852, divenne professore di diritto canonico nel seminario di Crotone; vicario gene-
rale della diocesi di Tricarico (Matera), fu nominato vescovo titolare di Madaurus in Numidia e
coadiutore con facoltà di successione di mons. Vincenzo Materozzi (morto l’8 luglio 1884)
nelle sede di Ruvo - Bitonto il 27 marzo 1882 e consacrato a Roma il 2 aprile; morì il 10 gen-
naio 1893; cf HC VIII 358, 487.
209 Mons. Evangelista Di Milia, cf nota 54.
210 Mons. Giuseppe M. Cione, cf nota 199.
211 Nell’ASC in merito a questa vicenda è custodita una sola lettera: cf nota 200.
212 ASC F 981 Lagonegro, lett. Camele - Rua, Policastro Bussentino 12 febbraio 1892;
FDB mc. 154 D 3/6.
213 Ib., lett Sindaco Carlo Pane - Rua, 27 gennaio 1896; FDB mc. 154 D 7/8.

8.2 Page 72

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124 Francesco Casella
sacerdoti Giuseppe Pinto, Luigi Aiello e Lorenzo Apicella con l’aiuto del cardinale Si-
sto Riario Sforza.214 Per diversi anni essa non ebbe sede fino a quando non le fu dona-
ta una casa nella contrada di Napoli detta dei Ponti Rossi. Nel 1872 fu aperta una casa
filiale a Casoria (Napoli) per le sordomute, grazie all’interessamento di suor Bettina Sol-
di stimmatina.215 Nel 1880 esistevano già le case di Molfetta (Bari), come ora vedremo.
Prima della richiesta ufficiale del padre Apicella vi era stato, da parte di questi e
del direttore dei sordomuti di Molfetta, una presa di conoscenza dell’attività dei Sale-
siani e delle loro regole mediante una visita che fu fatta all’opera di Brindisi. Infatti,
don Antonio Notario,216 direttore della casa, il 6 giugno 1880 nel riferire a don Rua in
merito alle attività che si svolgevano, parlò anche di una visita, che il padre Apicella
prima ed il direttore della casa dei sordomuti di Molfetta poi avevano fatto ai Sale-
siani di Brindisi nel mese di aprile:
“Fu qui presso di noi nel mese di Aprile il Padre Apicella, Direttore dei Sordomuti di
Napoli, con una proposta che mi disse aver indirizzato a D. Bosco per unire la loro isti-
tuzione alla nostra congregazione.
Il primo quesito sarebbe se i sordi muti entrino nello scopo della nos[tra] Congregaz[io-
ne]. 2° Se affermativamente, i Superiori sarebbero disposti ad accettarli nella nostra Con-
gr[egazione] incaricandoci della direzione di quest’Opera?
Qualche tempo dopo mi mandò appositamente il Direttore della Casa che hanno a
Molfetta nel Barese per questo stesso scopo. S’informò sulle nostre regole, anzi ne
volle una copia, e mi pare che siano molto simili alle loro. Noto alcune circostanze
che possono dar luce:
1° Dipendono dall’Arcivescovo di Napoli. Tratteranno prima con Lui di questa unione e
poi me ne informeranno.
2° Hanno per Patrono il nostro S. Francesco e sono salesiani di spirito fin nel midollo.
3° La pietà del Signor Apcella, la sua umiltà e rettitudine di fine mi innamorò; è un santo
anche lui.
4° Hanno anche le sordo-mute. Quindi le nostre monache avrebbero anche la parte
loro”.217
214 Card. Sisto Riario Sforza, nato a Napoli il 5 dicembre 1810, fu ordinato sacerdote il
primo settembre 1833; su proposta del Re delle Due Sicilie del 12 aprile 1845, fu eletto ve-
scovo di Aversa il 24 aprile 1845 e consacrato a Roma il 25 maggio; trasferito a Napoli il 24
novembre 1845, fu creato cardinale dal papa Gregorio XVI il 19 gennaio 1846; si allontanò per
breve tempo dalla sede nel settembre 1860 dopo l’occupazione garibaldina di Napoli; rientrato
in diocesi sostenne numerosi conflitti con il nuovo governo per tutelare i diritti della Chiesa,
fino a che fu espulso dalla città il 31 luglio 1861; continuò a governare la diocesi per mezzo
dei suoi vicari, riprendendone il governo solo nel 1866 con il ritorno a Napoli; morì il 29 set-
tembre 1877; cf HC VII 35, 100, 278; EC X col. 846; Bruno PELLEGRINO, Chiesa e rivoluzione
unitaria nel Mezzogiorno. L’Episcopato meridionale dall’Assolutismo Borbonico allo Stato
Borghese (1860-1861). Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 1979; Alfonso SCIROCCO, Il Mez-
zogiorno nell’Italia unita (1861-1865). Napoli, Società Editrice Napoletana 1979; ID., Il Mez-
zogiorno nella crisi dell’unificazione. Napoli, Società Editrice Napoletana 1981.
215 Pasquale PARISI, La Pia Casa Arcivescovile pei Sordomuti in Napoli 1909-1925. Na-
poli, Scuola Tipografica per Sordomuti.
216 Cf nota 87.
217 ASC A 442 Lettere a don Rua, lett. Notario - Rua, Brindisi 6 giugno 1880 (f 2-3);
FDR mc. 3778 B 1/4.

8.3 Page 73

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 125
In margine al brano riportato don Rua annotò: “D. Apicella è già cooper[atore];
ci scrisse lett[era] che ci piacque molto, ma finora non si trattò dell’affare”. In effetti
la richiesta ufficiale giunse dopo quattro anni.
Il 26 dicembre 1884, infatti, il padre Lorenzo Apicella domandò a don Bosco di
aggregare alla società salesiana la sua istituzione. Dopo aver espresso ai Salesiani un
augurio di prosperità per le loro opere scrisse:
“Io qual indegnissimo peccatore, prego Dio benedetto, che le moltiplichi per tutto il
mondo, innestando, se sarà d’onore e gloria di Dio, alla sua ubertosa vigna anco questo
grappolo d’uva delle nostre case de’ poveri sordomuti… Da parte mia sarò felice e con-
tento di occupare l’ultimo posto.
Le pie case sono quattro: una in Napoli, una a Casoria e due in Molfetta con circa 140
sordomuti d’ambo i sessi; 6 sacerdoti e 25 fratelli cooperatori, che vestono abito talare.
Le case sono di nostra proprietà con la debita obbedienza agli Ordinari…”.218
Don Bosco il 27 dicembre fece discutere la richiesta nella seduta pomeridiana
del Capitolo Superiore. La proposta suscitò interesse e perplessità, registrati nel ver-
bale capitolare che qui sunteggiamo nei passaggi essenziali:
“Seduta del 27 dicembre 1884. Presiede D. Bosco. Sono presenti Mons. Cagliero,
D. Rua, D. Bonetti, D. Durando, D. Sala, D. Lazzero, D. Francesia, D. Barberis Giulio.
D. Rua legge una lettera di D. Lorenzo Apicella…
D. Bosco dice che si ponga la questione in massima. Qui non sembra che ci sia bisogno
di mandare tanto personale. Si potrebbe scrivere a D. Apicella che venga esso stesso a
trattare in Torino, e di qui manderemo poi qualcheduno con lui a Napoli perché veda e si
impratichisca. Potremo a poco a poco combinar l’affare.
D. Durando osserva che ci vuol personale per quattro case.
D. Bosco non propone di accettare, ma sibbene di esaminare se ci conviene di assumere
l’istruzione dei sordomuti… [seguono gli interventi dei capitolari].
D. Bosco narra come tempo fa gli si fecero molte insistenze perché accettasse istituti di
ciechi, ma esso non aveva mai voluto accettare. Averla giudicata cosa utile, ma non es-
sersi sentito abbastanza portato per occuparsene. Per i sordomuti, invece, la faccenda an-
dare ben altrimenti; avrebbe desiderio di dire e fare quel che so in loro vantaggio, quindi
vedere se vi è possibilità di abbracciare questa nuova classe di fanciulli e fanciulle… [se-
guono altri interventi dei capitolari].
D. Bosco insiste di rimandare le trattative dopo Pasqua. Cercare, intanto, se i coadiutori
acconsentono alla fusione e a fare parte con noi, e quali e quanti siano di sentimenti con-
trario… [seguono altri interventi dei capitolari].
D. Bosco propone che si risponda in questi termini: che presentemente non si potrebbe
accettare l’offerta per mancanza di personale; lungo l’anno, intanto, si rifletterebbe sul
da farsi; in quanto alla proposta l’Apicella, però, pensi pure in quale altro modo possa
assicurare l’esistenza del suo istituto; che se credesse di affidare i suoi ospizii alla Con-
gregazione Salesiana, essa non avrebbe difficoltà di accettare ciò che lascerebbe dopo di
lui, alla sua morte… [seguono altri interventi].
D. Bosco interroga che cosa si debba dunque rispondere all’Apicella.
D. Rua propone di rispondere semplicemente che in genere il progetto ci piace, ma che
non possiamo accettare.
218 ASC F 500 Napoli Vomero, lett. Apicella - R.do P. in Gesù, Napoli 26 dicembre
1884; FDR mc. 3312 D 3/4. La lettera è edita in MB XVII 761.

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126 Francesco Casella
D. Bosco vorrebbe aggiunte alla risposta le parole: per ora non possiamo accettare. E
con questa aggiunta accettata da D. Rua, D. Bosco viene nel parere degli opponenti.
D. Durando propose pure di aggiungere che qualcuno passerà per Napoli andando a Ran-
dazzo e che si fermerà a visitare l’istituto.
D. Rua risponde che aggiungerà questa frase. Intanto domanda se a caso noi ora
avremmo bisogno a Napoli di una stazione per coloro che vanno in Sicilia.
Mons. Cagliero risponde di no e che basta per stazione la casa di Roma, poiché da Roma a
Napoli vi sono sole 7 ore di ferrovia e presto fatto la linea del litorale sole 4 ore e mezzo.219
Il Capitolo accetta la risposta proposta da D. Rua”.220
Nel frattempo l’opera dei sordomuti subì dei traslochi e delle modifiche. I cano-
nici Raffaele Tizzano e Domenico Alfano donarono rispettivamente i locali di Ca-
soria (1891) esclusivamente per le ragazze e quelli di Napoli Tarsia (1895) per i ra-
gazzi. La sede dei Ponti Rossi di Napoli fu venduta. Nel 1895 l’arcivescovo di Na-
poli, cardinale Guglielmo Sanfelice, eresse l’opera dei sordomuti in Ente Morale, ap-
provato anche con regio decreto, che riconobbe come patrono l’arcivescovo pro tem-
pore di Napoli. Nel 1909, grazie ad una disposizione testamentaria del canonico Do-
menico Alfano, il cardinale Giuseppe Prisco chiese a don Rua di assumere la dire-
zione della casa dei sordomuti di Napoli Tarsia. I Salesiani giunsero il 9 novembre
1909 e vi sono rimasti fino al 29 agosto 1975.221
20. Barletta (1885)
La prima richiesta del 1885 giunse a Torino da Barletta (Bari). Il 17 gennaio il sac.
Francesco Ciannarella, che chiedeva a don Bosco di farsi cooperatore salesiano, domandò
anche informazioni per la fondazione di un istituto per giovani della classe operaia:
“Reverendo D. Giovanni, dietro la circolare da V. R. testè inviata ai cooperatori Sale-
siani, il mio ottimo amico Rev. D. Raffaele Seccia di questa città la prega di accettare,
pei bisogni in quella raccomandati, la tenue offerta di lire dieci. Altre lire dieci si de-
gnerà accettare per parte mia, degnandosi in pari tempo di considerarmi d’ora innanzi
nel numero di detti cooperatori, giacché finora non vi sono appartenuto, e inviandomi,
come agli altri, il Bollettino e ciò ch’è necessario. L’una e l’altra somma inchiudo in
questa medesima lettera raccomandata. L’indirizzo sia semplicemente: Al Sac. Francesco
Ciannarella - Barletta.
Colgo poi questa occasione per manifestarle un pio desiderio che da qualche tempo nu-
trisce con me e con altri ancora il prelodato R. Seccia, di avere cioè in questa nostra città
219 Roma e Napoli erano state collegate nel 1863, ma la previsione di mons. Cagliero ri-
sultò, tuttavia, ottimista in merito alla costruzione della nuova rete. Infatti “Nel 1882 (quarto
ministero Depretis) veniva autorizzata la concessione (senza però che vi fosse il richiedente)
della direttissima Roma-Napoli, che per legge avrebbe dovuto essere realizzata entro il 1886 (e
non nel 1927, come avvenne)”; cf Lando BORTOLOTTI, Viabilità e sistemi infrastrutturali, in
Storia d’Italia. Annali 8. Insediamenti e territorio. Torino, Einaudi 1985, p. 329.
220 ASC D 869 Verbali Capitolo Superiore, Vol. I, f 52r/v, seduta del 27 dicembre 1884;
FDR mc. 1881 E 7/8. Il testo del verbale è edito in MB XVII 324-326. Cf anche N. NANNOLA,
Don Bosco e l’Italia meridionale…, pp. 27-29.
221 ASC F 657 Napoli Tarsia e F 683 Cronaca Napoli Tarsia.

8.5 Page 75

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 127
alcuna delle tante opere di beneficenza da V. R. istituite in altri paesi. Finora, per quanto
io mi sappia, non ve ne esiste alcuna in questi luoghi: vi è solo nella vicina Andria uno
stabilimento per i giovani agricoltori ed in Giovinazzo un altro di maggiore estensione,
ma tutti e due sotto l’amministrazione del Governo, epperò non bene sicuri, per quanto è
da supporre, circa l’educazione morale e religiosa. Opportunamente esiste qui poco di-
scosto dall’abitato ed in buon sito un antico convento de’ Cappuccini, che in questo anno
appunto è stato dal nostro Municipio, cui appartiene, restaurato e tutto bene aggiustato,
per poter servire, ove ne fosse stato il bisogno, di Lazzaretto per i colpiti dalla terribile
epidemia, che d’ogni parte testé minacciava questa nostra Italia. Il Signore si è benignato
tener da noi lontano il tremendo flagello, e il detto locale perciò resta tuttora inoccupato
né destinato ad altro uso. Esso è ben grande e comodo, e vi è annesso ancora uno spa-
zioso giardino. Quantunque non sappiamo con tutta certezza le intenzioni e disposizioni
del Municipio, possiamo nondimeno concepire buone speranze, ch’esso sarebbe disposto
a cederlo per un’opera diretta al bene e al decoro della nostra città. Nostro desiderio sa-
rebbe che si stabilisse un asilo ed istituto d’educazione per i giovani poveri della classe
operaia, simile a quei tanti da V. R. impiantati altrove, in cui oltre il ricevere una suffi-
ciente istruzione letteraria e religiosa, venissero anche educati nei mestieri ed arti loro
convenienti. Abbiamo ferma fiducia nella divina Provvidenza, che non permetterà sia
frustrato tal nostro desiderio. V. R. si compiacerà manifestarci se e come possa ciò me-
narsi ad effetto: il che è necessario che sappiamo, prima di cominciare qualunque tratta-
tiva col nostro Municipio.
In pari tempo la prego di farmi conoscere se può accogliere in qualche casa del suo isti-
tuto un giovinetto sugli undici anni, cui la famiglia vorrebbe avviare per lo stato eccle-
siastico, e non avendo sufficienti mezzi da mantenerlo in Seminario, va in cerca d’altro
istituto, ove educarlo con minore spese.
Circa l’una e l’altra faccenda aspetto adunque una buona risposta. Intanto si degni accet-
tare i più cordiali saluti ed ossequi così miei come del summentovato mio collega, e di
raccomandarmi con calde preci al Signore”.222
Quattro anni dopo, nel 1889, il capitano sig. A. Centaro, possidente agricolo di
Barletta, scrivendo da Napoli, domandò ai salesiani di aprire un’opera agricola nella
sua città e per questo scopo metteva a disposizione la sua tenuta per l’istruzione dei
figli degli agricoltori:
“Ill.mo Sig. Direttore dell’Istituto Don Bosco in Valdocco Torino. Possedendo nel teni-
mento di Barletta una proprietà rurale composta di oliveto vigneto e frutteto con Casino ed
altre dipendenze, e desiderando adibirla alla istruzione dei figli degli agricoltori, ho pensa-
to far capo dalla benemerita istituzione di Don Bosco competentissima al riguardo. Prego
l’illustrissimo successore di Don Bosco a compiacersi farmi conoscere s’è disponibile ad
entrare in trattative su queste mie idee. Con stima mi rassegno il Capitano... A. Centaro”.223
Il sig. Centaro il 15 aprile sempre da Napoli, precisando meglio le sue inten-
zioni, scrisse una interessante lettera a don Durando, nella quale è dato di cogliere i
riflessi della crisi agricola e del dibattito sull’emigrazione:
“Ill.mo Sacerdote Sig. Celestino Durando. Torino. Quantunque la sua gentilissima del 3-
4 u. s. esclude ulteriore pratica, pure la cortesia con cui mi viene dato il rifiuto e le con-
dizioni presenti della mia terra nativa mi rendono ardito a ritornare sull’argomento.
222 ASC F 968 Barletta, lett. Ciannarella - Bosco, 17 gennaio 1885; FDB mc. 132 A 4/6.
223 Ib., lett. Centaro - Bosco, Napoli 27 marzo 1889; FDB mc. 132 A 7/8.

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128 Francesco Casella
Il motivo che Ella adduce di non poter entrare in trattativa per mancanza di personale per
quanto giusto mi sembra superabile se si pon mente che per far sviluppare la nostra isti-
tuzione occorre tempo e pazienza; e perciò all’inizio mi sembra che il personale diri-
gente si potrebbe limitare a due o tre insegnanti. Quando intorno ad essi si sarà raggrup-
pato un n. rilevante di allievi e quando l’istituzione sarà venuta in crescita allora sarà il
caso di preoccuparcene; ma tanto ora per cominciare sarei per mio conto disposto ad ac-
cettare un minimo possibile di insegnanti e se a questi si potessero aggiungere dei ra-
gazzi poveretti di altre missioni mi sembra che si comincerebbe bene.
Lo stato presente dell’agricoltura in Puglia è molto miserevole e qualunque minimo be-
neficio ad essa si arreca è sempre apprezzabile e patriottico; perciò dall’inizio dell’istitu-
zione vorrei vedere praticamente educare i contadinelli nelle colture più e più indicate
alla trasformazione che solo potrà risolvere la presente crisi.
Il mio podere è composto da piante svariate come le dissi nella mia prima e se si potesse
subito mettere mano al lavoro si verrebbe ad avere il vantaggio del prossimo raccolto e
quindi l’agio di poter studiare le innovazioni da introdursi nella coltura. L’istruzione ad
impartirsi ai contadinelli dovrebbe aver di mira di renderli al più presto possibile utili e
forse anche capaci di emigrare.
In quelle contrade non si conosce l’emigrazione ed io la ritengo giovevole pel modo che
stabilisce nella vita dei popoli.
I mezzi che sono nelle loro mani sono proprio quelli richiesti dalle presenti condizioni
d’Italia, ed il volerne privarne una parte di essa dei benefizi che ne derivano mi sembra
che a loro stessi non dovrà far piacere e perciò umilmente prego l’Ill.mo Superiore D.
Michele Rua a prendere a cuore la mia proposta di modificarla come meglio crederà
purché si faccia qualcosa a riguardo.
Colla presente le invio i disegni del fabbricato, oltre a questo ve ne sono due di minore
importanza col forno; dippoi vi è un pozzo d’acqua sorgiva che vado a munirlo di pompa
per utilizzarlo per l’irrigazione ed in aggiunta dei serbatoi di acqua meteoritica.
Nel pianterreno del fabbricato si potrebbero attivare delle industrie come sapone e pol-
veri ricavati dalle sanse, e dal legno di olivo degli oggetti ricercati dal commercio, e vo-
lendo dippiù si potrebbe sviluppare l’industria dell’essiccazione dei frutti e della loro
commerciazione allo stato fresco.
Per una istituzione come la loro, ramificata fin nella lontana America, non dovrebbe es-
sere discaro avere in Barletta una stazione ora che in questa città sta per ottenere dal Go-
verno la diretta comunicazione coll’America del Sud. Sapendo di parlare a persone di
sperimentata pratica e di lunga esperienza al riguardo non mi dilungo ed aggiungo uno
schizzo della carta al 50.000 per fissare ai loro occhi l’ubicazione del mio podere. Prego
mi sia perdonata l’insistenza e se questa troverà favore presso la loro nobile istituzione
ne sarò altamente riconoscente.
Ringrazio sentitamente l’Ill.mo Superiore D. Michele Rua dei saluti e lo prego gradire la
mia riconoscenza e stima”.224
Una terza proposta, sempre in merito all’istruzione, fu avanzata da Barletta nel
1901. Il provicario generale della curia arcivescovile di Barletta, l’arcidiacono don
Antonio Carmine, il 12 novembre, scriveva a don Rua una lettera, controfirmata
anche dal vice cancelliere canonico Piazzolla, con la quale si offriva ai salesiani un
grosso immobile per un istituto:
224 Ib., lett. Centaro - Durando, Napoli 15 aprile 1889; FDB mc. 132 B 2/4; i disegni al-
legati mc. A 1 - B 1.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 129
“Rev.mo Sig. Superiore, era già desiderio di questo nostro Eccell.mo Mons. Arcivescovo D.
Tommaso De Stefano 225 di fare direttamente con V. S. le necessarie trattative per l’intrapre-
sa d’un’opera di comune interesse, quando fu assalito e minacciato nella vita da un gravissi-
mo malore. Liberato ora prodigiosamente, il suo pensiero è ritornato pronto e persistente a
Lei; ma, non essendo ancora in grado di esplicare l’abituale operosità, come gli detta sempre
l’indefesso suo zelo, dava a me la facoltà di trattare a nome suo con V. S. per la cennata ope-
ra. Ed eccomi, sollecito nell’eseguire l’onorifico incarico, l’espongo quanto qui appresso.
Il nostro Capitolo Metropolitano, trovandosi in possesso, da parecchi anni, d’un vasto
fabbricato e vedendo riuscir vani tutti gli sforzi per avere un Istituto a modo, per defi-
cienza di personale dirigente, è venuto nella determinazione di cedere il locale ai bene-
meriti Padri Salesiani, certo che essi, con la insigne attitudine che li distingue nella edu-
cazione della gioventù, creerebbero un Istituto florido, corrispondente ai bisogni dei
tempi e di questa città. È da notarsi che l’idea determinante a tale passo, messa fuori dal
Rev.mo nostro Arcivescovo, era già in mente ai membri del Capitolo, e l’accoglieva con
entusiasmo, come propria. Noi siamo sicuri che la proposta non potrà non incontrare il
compiacimento suo e dei suoi, che sarebbero qui destinati.
Invero il fabbricato in parola, abbellito da una facciata maestosa, è capace di contenere
più centinaia di alunni; vi è gran numero di aule con sufficiente corredo di attrezzi scola-
stici, un refettorio con una cucina nuovo modello, fornita di tutti gli utensili necessari;
una graziosa ed elegante cappella. Tutti i nominati vani sono molto ampi e bene arieg-
giati, esposti per lo più a mezzogiorno, come potremmo dimostrare, nel caso, con una
pianta del fabbricato. Non mi sembra inutile aggiungere che questo occupa un sito nel-
l’estremo della città, e però indipendente, lontano dal tumulto.
Potrà V. S. mandarvi i suoi figli, più che con la fiducia, con la certezza che in Barletta,
centro tanto popolato e di grande importanza, mancante d’ogni sorta di Istituti, troveran-
no un terreno vergine e quindi fertilissimo. Essi, in questo centro eminentemente agrico-
lo, sarebbero accolti come il segnacolo di tempi nuovi e migliori; si conquisterebbero ben
presto la stima di tutti e, indisturbati, anzi aiutati dalla generale simpatia che n’ha più per
i figli di D. Bosco, esplicherebbero con fortuna la loro altissima e benefica missione.
Sperando che ella vorrà compiacersi di prendere in benigna e seria considerazione la
proposta in parola, ce ne auguriamo tutti un esito felice, alla maggior gloria di Dio ed
alla salvezza delle anime.
A nome mio e dei miei fratelli capitolari le porgo i sensi di profonda stima, con gli atte-
stati di animo grato da parte dell’Eccell.mo Monsignor Arcivescovo”.226
Don Rua il 18 novembre fece discutere la domanda al Capitolo Superiore, che
espresse parere negativo: “Quei di Barletta chiedono una casa salesiana. Il Capitolo
non lo consente”.227
La pratica si chiuse definitivamente. È da notare, tuttavia che in piena seconda
225 Mons. Tommaso De Stefano, nato a Monteforte Irpino (Avellino) il 6 luglio 1853, fu
ordinato sacerdote il 24 settembre 1876; dottore in teologia presso il Collegio dei Teologi di
Napoli nel 1874, divenne prima professore di teologia dogmatica nel seminario di Avellino
(1879-1885), poi professore di teologia e vicario generale nella diocesi di Otranto (1885-1887),
quindi professore di teologia e vicario generale nelle diocesi di Ascoli Satriano e Cerignola
(1889-1893); il 19 gennaio 1893 fu nominato vescovo delle diocesi di Ruvo e Bitonto e consa-
crato a Roma il 23 gennaio; trasferito alla diocesi di Trani, che amministrava anche Bisceglie,
Nazaret e Barletta il 24 marzo 1898, morì a Roma il 19 maggio 1906; cf HC VIII 487, 561.
226 ASC F 968 Barletta, lett. Carmine - Rua, Barletta 12 novembre 1901; FDB mc. 132 B 5/8.
227 ASC D 869 Verbali Capitolo Superiore, Vol. I, f 197, seduta del 18 novembre 1901;
FDR mc. 4243 D 1.

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130 Francesco Casella
guerra mondiale nel 1942 da Barletta il sig. Antonio Diviccaro, a nome di un anziano
benefattore, fece al Rettor Maggiore don Pietro Ricaldone 228 una nuova richiesta: far
sorgere un’opera per l’educazione della gioventù. Le tragiche circostanze in cui si vi-
veva non consentirono, però, uno sviluppo positivo della proposta.
21. Andria (1885)
La seconda richiesta del 1885 giunse ancora dalla Puglia e precisamente da Andria
(Bari). Il canonico Saverio Cannone, che aveva già scritto a don Bosco per inviare del-
le offerte per la celebrazione di S. Messe, il 7 febbraio 1885 scrisse di nuovo per invia-
re un’altra offerta e nel contempo propose la fondazione di un’opera nella sua città:
“Poi chieggo come grazia di rispondere alla seguente mia dimanda. Sarà possibile otte-
nere quando che sia un Sacerdote Salesiano per cotesta mia città?
E che farebbe? Avrebbe una Chiesa grandetta a sua disposizione, predicherebbe, inse-
gnerebbe ai fanciulli col fine di gettare le fondamenta di un Istituto Salesiano, ed io fin
da quest’ora potrei assegnargli una rendituccia da tre a quattrocento lire annue per il suo
sostentamento.
Questa risposta mi bisogna, perché io converga la mia attenzione a una casa in favore di
quella Chiesa, che ora è sotto la mia amministrazione, e V. Riverenza non mi negherà la
bramata risposta”.229
Don Bosco fece rispondere negativamente da don Durando, ma l’aiuto dei coo-
peratori di Andria non venne meno. Il 4 novembre 1886 il canonico Saverio Cannone,
scusandosi per non essersi occupato con sollecitudine a causa di sue “gravi occupa-
zioni”, inviò altre offerte a don Bosco, che continuava a sollecitare, attraverso il Bol-
lettino Salesiano, cooperatori e benefattori “per la missione di Patagonia”. “I suoi in-
viti sono comandi per noi”, scriveva il canonico Saverio a nome degli altri coopera-
tori, spedendo £. 100 e chiedendo “una preghiera per noi alla Madonna Ausiliatrice...
e una medaglia”.230
Dopo la morte di don Bosco, il governo della Congregazione passò nelle mani di
don Rua, che a sua volta, sempre attraverso il Bollettino Salesiano, continuò a solleci-
tare i cooperatori salesiani ad inviare offerte per le Missioni. Il 20 ottobre 1888 il ca-
nonico Saverio Cannone, dopo aver letto l’ultimo appello di don Rua, così gli scrisse:
“Rev.do Sig. D. Rua, ci voleva la lettura del suo invito che leggesi nell’ultimo bollettino
diretto ai Cooperatori per rattristarmi, non potendo corrispondere a quanto Ella domanda
per l’estrema povertà in cui sono cadute le nostre una volta tanto ricche Città dell’A-
pulia. Ciò non ostante ho cercato e trovato qualche cosuccia per i Missionari che deb-
bono partire per la Patagonia.
Una Signora giudicata in grave pericolo di morte secondo il giudizio di tutti i medici, a cui
228 Pietro Ricaldone (1870-1951); cf DBS 236-237.
229 ASC A 138 Lettere a don Bosco, lett. Cannone - Rua, Andria 7 febbraio 1885; FDB
mc. 1471 A 5.
230 ASC A 150 Lettere al Bollettino Salesiano, lett. Cannone - Bosco, Andria 4 no-
vembre 1886; FDB mc. 1661 D 9.

8.9 Page 79

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 131
feci applicare il Ritratto di D. Bosco, essendo guarita istantaneamente, offre £. 10 all’O-
pera Salesiana. Altre £. 10 offre il Can.co D. Riccardo Avantario, che corrisponde sempre
al mio invito. Non ho a chi altro rivolgermi per l’impotenza a cui qui siamo ridotti.
Il vino era tutto il nostro prodotto, ed ora non vi è chi lo domanda per mancanza della
convenzione finanziaria colla Francia”.231
Don Rua fece rispondere il 24 ottobre per richiedere una relazione dettagliata
della grazia attribuita all’intercessione di don Bosco ed il canonico Saverio Cannone
la inviò il 15 gennaio 1889, con altre offerte dei cooperatori.232
Il canonico, infine, nel 1890 ripropose ancora a don Rua una fondazione ad An-
dria, ma inutilmente. L’opera salesiana nella città è stata aperta soltanto nel 1933.
22. Nusco (1885)
La terza richiesta del 1885 giunse dalla diocesi di Nusco (Avellino). Il vicario
generale don Giulio Vaccaro il 5 marzo chiese a don Bosco di assumere la direzione
del seminario:
“Molto Riv. Don Bosco, ammiratori già da più tempo del suo zelo operoso per la gloria
di Dio e a bene delle anime, siamo ora venuti a conoscere il grande aiuto che V. R. presta
ai Seminari mediante l’opera intelligente de’ membri della sua Congregazione Salesiana.
Incoraggiati adunque da quanto si legge nell’operetta del Du Boys 233 tradotta dal No-
velli,234 non abbiamo difficoltà di rivolgerci con fiducia a Lei per impegnarla a favore di
questa Diocesi, il cui nome non è ignoto alla Direzione delle sue Letture Cattoliche.
Ella ben sa come i Seminari d’Italia sentono oggi il bisogno di educatori e maestri capaci
di allevare alla Chiesa una schiera di leviti pii ed istruiti da poter sostenere valorosa-
mente i diritti della Chiesa. E sebbene la nostra Diocesi per tale riguardo era in condi-
zioni assai più vantaggiosa delle altre, pur nondimeno il vuoto fatto dalla morte non è
stato colmato come prima, ed oggi sentiamo anche noi dolorosamente la mancanza ed il
bisogno detto innanzi. Laonde quest’Ill.mo Mons. Vescovo 235 ci ha incaricato pregare V.
R. per ottenere da lei pel prossimo futuro Novembre la proposta di un Ecclesiastico pio e
dotto da potergli affidare la Direzione del nostro Seminario e la scuola o di scienze sacre,
o di fisica e matematica. Certamente non può mancare a Lei l’opportunità di scegliere fra
i numerosi suoi confratelli Salesiani, pieni di spirito ecc[lesiastico] e versati in diversi
rami di scienze, una persona che fosse adatto allo scopo richiesto.
Ella intanto aggiungerebbe con ciò nuovi meriti ai tanti acquistati, e procurerebbe gran
bene a questa Chiesa, e forse ad altre ancora di queste provincie meridionali, che non tar-
231 ASC A 303 Grazie attribuite a don Bosco, lett. Cannone - Rua, Andria 20 ottobre
1888; FDB mc. 2006 A 5/6.
232 Ib., lett. Cannone - Rua, Andria 15 gennaio 1889; FDB mc. 2006 A 7/10.
233 Albert du BOYS, Don Bosco et la Pieuse Société des Salésiens. Paris, Jules Gervais 1884.
234 Albert du BOYS, Don Bosco e la Pia Società Salesiana per Alberto Du Boys. Tradu-
zione per cura di Giuseppe NOVELLI. S. Benigno Canavese, Tipografia e Libreria Salesiana 1884.
235 Mons. Giovanni Acquaviva, religioso dell’Oratorio di S. Filippo Neri, nato a Trica-
rico (Matera) il 14 febbraio 1818, fu iscritto al clero napoletano il 28 giugno 1841 ed ordinato
sacerdote il 12 marzo 1842; visse per 36 anni nell’Oratorio di Napoli, divenendo prefetto della
biblioteca; fu nominato vescovo di Nusco il 22 dicembre 1871; morì a Napoli il 26 gennaio
1893; cf HC VIII 421.

8.10 Page 80

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132 Francesco Casella
derebbero il nostro esempio. Anzi chi sa se ne’ fini della Provvidenza non fosse questa
un’occasione da aprire una nuova casa del suo Istituto nel mezzogiorno d’Italia? Ansiosi
di ricevere un suo riscontro e pronti a fornire a V. R. quelle dilucidazioni che si richie-
derà all’uopo, ci raccomandiamo alle sue orazioni”.236
La proposta fu rinnovata nel 1902 dal vescovo di Nusco mons. Michele Arcan-
gelo Pirone,237 che così scrisse a don Rua:
“Veneratissimo P. Superiore, non saprei significarle quanta sia la stima e la venerazione
che ormai mi stringe alla sua venerata persona ed all’alto ministero ch’Ella rappresenta.
È perciò che un Vescovo destinato dalla Provvidenza al governo di una parte della
Chiesa di G. C. sentesi spinto ad aprire con confidenza e premura l’animo proprio verso
sì degna persona, qual preposto ad una risp.ma famiglia religiosa, per impetrarne consi-
glio, quindi favori singolari nelle difficili contingenze.
Con ossequente e fraterna confidenza mi indirizzo a Lei, risp.mo Superiore, in una circo-
stanza che altamente s’impone per serbare il lustro e la vitalità sempre crescente del mio
Seminario arcivescovile. Innanzi tutto Le debbo esprimere che gli studi del mio Semi-
nario sono fermi da più anni sulle solide dottrine e dell’Angelo delle scuole e della illu-
stre sua Congregazione Salesiana, dai cui tipi in ciascun anno scolastico si fa capo per
fornire i miei giovani aspiranti ecclesiastici di buoni e sani libri di testo.
Ciò premesso, ardisco di comunicare a V. R. che il mio Seminario, col chiudersi di
questo anno scolastico, per impreveduta circostanza, trovasi vacante del posto di Rettore,
che dovrà surrogare il predecessore nella riapertura, la quale avrà luogo il dì 4 p. v. No-
vembre. È mio vivo desiderio che la nomina debba verificarsi pel nuovo ufficiale in per-
sona di un correligionario di V. P. R.ma, il quale, solamente raccolto nel mandato disci-
plinare, sia tanto buono da infondere nei miei giovani, nelle molteplici forme, quello spi-
rito di pietà tanto necessario ai giovani chierici, che li formi veramente secondo il cuore
di Dio, e secondo i bisogni della S. Chiesa. Basta che un tal soggetto sia eletto dalla V. P.
R.ma perché, propostomi, venga da me accolto senza alcuna difficoltà.
Che se (ma non oso temerlo) trovi V. P. R.ma qualche difficoltà a tal proposito, per non
affidare ad un R. Padre del suo Ordine così delicato ufficio, potrà pure favorirmi e pro-
pormi tale un ecclesiastico di costà, a Lei noto, da Lei sperimentato nelle doti, quali si
addicono all’ufficio che dovrà assumere, affinché sia da me pure accolto con uguale af-
fettuosa premura.
Le sono pur note le tristi condizioni finanziarie in che si trovano i poveri Seminari nella
presente iattura! Ma per poterle facilitare la scelta del soggetto, e senza inciampare in in-
volontari equivoci Le dichiaro che il Rettore percepisce di emolumento per la durata di
dieci mesi, che dimora in Seminario, lire cinquecento, oltre ogni comodità di vitto ed al-
loggio, quale si addice alla dignità di Lui.
Voglia essere tanto cortese nel favorirmi di una risposta, che mi rinfranchi di animo, e mi
dimostri che Iddio non manca di aiuto e di sante ispirazioni nel difficile aringo di coloro
che, preposti alla tutela della Sua Chiesa, ne debbono educare e santificare i Ministri, che
ne formano la conservazione e la continuazione.
Aspetto con ansia i suoi favori; e se anche mi dica che debba recarmi o in Napoli, o in
236 ASC F 988 Nusco, lett. Vaccaro - Bosco, 5 marzo 1885; FDB mc. 168 B 3/4.
237 Mons. Michele Arcangelo Pirone, nato ad Avellino il 7 luglio 1840, fu ordinato sa-
cerdote a Napoli il 24 settembre 1866; dottore in teologia presso il Collegio dei Teologi di Na-
poli nell’anno 1877, per 20 anni fu professore nel seminario della diocesi di Avellino; venne
nominato vescovo il 30 novembre 1896 e consacrato a Roma il 6 dicembre; morì il 6 febbraio
1909; cf HC VIII 421.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 133
Castellammare di Stabia per conchiudere, in fraterno abboccamento, la presente istanza
con qualche R. Padre al quale mi intenda affidare, non deve che farmene un cenno nella
risposta.
Nel vivo desiderio di sentire presto appagati i comuni voti nella glorificazione dell’ama-
tissimo P. D. Bosco, Le fo riprotesta di sincera stima e di perfetta osservanza.
P.S. Le piaccia d’indirizzarmi il preg.mo riscontro proprio nella città di Avellino ove
starò un pezzo”.238
Don Rua il 3 settembre fece discutere la domanda al Capitolo Superiore, che
espresse parere negativo: “Il Vescovo di Nusco domanda i Salesiani per un collegio o
Seminario. Il Capitolo fa rispondere che non si può”.239
23. Termoli (1886)
La prima richiesta del 1886 giunse dal vescovo coadiutore di Termoli (Campo-
basso), mons. Raffaele Di Nonno redentorista,240 il quale, dopo aver descritto lo stato
deplorevole in cui si trovava la sua diocesi, chiedeva a don Bosco di prendersi cura
del suo seminario:
“Reverendissimo Padre, benché non ebbi ancora la fortuna di conoscerla personalmente,
pure è da anni che le professo un culto sentito, figlio della considerazione delle grandi
imprese che il Signore degnasi operare per mezzo di Lei e de’ suoi figli. Ed è a tale con-
siderazione altresì, che nella speranza di essere partecipe anch’io, per mezzo della Pater-
nità Vostra R.ma, delle grazie del Signore, me Le presento supplice nella più amara con-
dizione, e me Le presento anche in nome del S. Padre penetrato dai miei bisogni.
Dopo tre anni circa di combattimenti piacque al Signore di muovere i nostri padroni a re-
stituire il locale del Seminario e la sua modica rendita, sequestrata da 23 anni. Con tutto
questo però, mi pare di avere niente ottenuto infino a che non avrò ritrovati soggetti ca-
paci a aprirmi e fondarmi il Seminario secondo lo spirito della Chiesa e seguendo il pro-
gramma governativo. Ora questi soggetti abili a tanto nei tempi presenti non li ritrovo, e
non mi sono additati che nei figli del provvidenziale D. Bosco. Per questo mi recai in
Roma per gittarmi ai piedi del S. Padre, e questi riconoscendo le mie necessità mi spinse
a scriverle, comandandomi che gli avessi fatto noto l’esito delle trattative. Volai pertanto
dal suo Procuratore Generale,241 cui non potei che scambiare poche parole tanto per
informarlo del motivo della mia andata in Roma, e del linguaggio tenutomi dal Papa. Mi
animò a scriverle non senza promettermi di raccomandarmi a Lei, ed ecco perché pieno
di fiducia Le umilio la presente.
238 ASC F 988 Nusco, lett. Pirone - Rua, 27 agosto 1902; FDR mc. 3101 C 7/10.
239 ASC D 869 Verbali Capitolo Superiore, Vol. I, f 204, seduta del 3 settembre 1902;
FDR mc. 4243 E 3.
240 Mons. Raffaele Di Nonno, nato a Campobasso il 10 febbraio 1831, emise la profes-
sione religiosa nella congregazione dei redentoristi il 25 aprile 1847; fu ordinato sacerdote il 3
marzo 1855; nominato vescovo titolare di Hirina e coadiutore con facoltà di successione del
vescovo di Termoli, mons. Vincenzo Bisceglia (1804-1889, vescovo dal 1851), il 9 agosto
1883, fu consacrato il 12 agosto e successe il 12 febbraio 1889; trasferito alle diocesi di Ace-
renza e Matera il 16 gennaio 1893, morì il 24 giugno 1895; cf HC VIII 73, 308, 549.
241 Era don Francesco Dalmazzo.

9.2 Page 82

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134 Francesco Casella
Or perché le mie preghiere muovano più facilmente lo zelo della Paternità V. R.ma
debbo dipingerle lo stato lacrimevole di questa Diocesi. Debbo dirle che per mancanza
di Sacerdoti mi ho cinque paesi colla binazione, sette con Parroci forestieri, cinque con
Vicari Curati. Dovrò poi soggiungere che non posso avvalermi di nessuno dei Preti senza
condannare le Cure ad essere prive del S. Sacrificio e dei Sacramenti. Dovrò sottomet-
terle di vantaggio che questi stessi pochi Sacerdoti che mi ho, non avendo ricevuta un’e-
ducazione morale e religiosa, non possiedono, per la massima parte, che una bontà mera-
mente negativa, e quindi incapaci di dare altrui quello spirito che egli non ebbero mai.
Mi rivolgerò a Sacerdoti secolari extradiocesani? Ma, vecchio missionario, figlio del Li-
guori, ignoro forse che pei Seminari a tutt’altro si pensa, che ad informare il cuore dei
giovani del vero spirito ecclesiastico? Sicché chieggo quelli dei quali sento bisogno, uo-
mini ripieni di zelo, apostoli, che ebbero la missione particolare d’impossessarsi dei
cuori dei giovani e di piegarli a virtù, e questi uomini provvidenziali ci sono dati dal Si-
gnore in questi tempi nei figli di D. Bosco.
Sarà Ella, R.mo Padre, restia ad abbracciare quest’altra opera rigeneratrice, già iniziata in
altra Diocesi, come mi faceva apprendere il S. Padre? Dirà forse che sterminata è la mes-
se che se le presenta davanti, e scarso è il numero degli operai? Ma io Le rispondo che mi
contento di troppo poco, restringendomi alla direzione del Seminario ed all’apertura delle
classi elementari e delle due prime ginnasiali per ora, e Dio provvederà in prosieguo, per-
ché colui che è ministro della sua Provvidenza sulla terra possa disporre di altri soggetti.
Eccole, R.mo Padre, quanto dovevo esporle, ed ho piena fiducia in Maria Ausiliatrice
che verrò esaudito per consolare col mio anche l’afflitto cuore del S. Padre, notifican-
dogli che Ella prestando ascolto alla mie preghiere, corre a liberare per mezzo dei suoi
figli dalla totale rovina questa disgraziata Diocesi. Mi raccomandi intanto al Signore
nelle sue fervide preghiere e orazioni”.242
Mons. Raffaele Di Nonno, nella Relatio ad limina del 1890, diceva che la sua
diocesi contava 16 paesi per un totale di circa 46.630 abitanti con 69 sacerdoti e 19
parrocchie.243
Nel 1897, il nuovo vescovo di Termoli, mons. Angelo Balzano,244 professandosi
cooperatore salesiano, chiese a sua volta aiuto a don Rua per il seminario che, se-
condo la Relatio ad limina del 1896 dello stesso vescovo, aveva 20 alunni: 245
“Reverendissimo Don Rua, antico cooperatore dei Salesiani sin da che era in Castel di
Sangro (L’Aquila) mia patria e devoto ammiratore della santa memoria di Don Bosco, ho
portato sempre venerazione al degno successore. Quindi nella fausta ricorrenza dell’ono-
mastico di V. S. Rev.ma 246 mi reco a dovere di presentarle i più sinceri e rispettosi auguri
per la prosperità di Lei e per la Congregazione Salesiana, di cui si può dire in omnem
terram exivit sonus eorum et in fines orbis terrae verba eorum.
242 ASC G 000 Termoli, lett. Di Nonno - Bosco, 6 giugno 1886; FDB mc. 182 B 7/8.
243 HC VIII 549.
244 Mons. Angelo Balzano, nato a Castel di Sangro (L’Aquila) il 4 gennaio 1829, fu ordi-
nato sacerdote a Trivento (Campobasso) il 12 marzo 1853; arciprete e curato nel suo paese, vi-
cario foraneo della diocesi di Trivento, venne nominato vescovo di Termoli il 16 gennaio 1893
e consacrato a Roma il 22 gennaio; trasferito alla sede titolare di Sura in Siria il 29 aprile 1909,
morì il 12 dicembre 1910; cf HC VIII 549.
245 HC VIII 549.
246 L’8 maggio si celebrava la festa dell’apparizione dell’arcangelo S. Michele sul Gar-
gano. Questa festa era stata diffusa in Occidente dai Longobardi in seguito alla vittoria da loro
riportata sui Saraceni l’8 maggio 663; cf Bibliotheca Sanctorum, Vol. IX, coll. 410-446.

9.3 Page 83

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 135
Dopo gli auguri una preghiera. Al Settembre dell’anno passato visitai il Direttore dell’I-
stituto del Sacro Cuore in Roma 247 per pregarlo di avere tre Professori Salesiani, a cui
avrei affidato la istruzione e la educazione dei chierici in questo Seminario. Non essen-
dovi il tempo necessario per supplicare la S. V. Rev.ma ad ottenere un tanto favore,
giacché era prossimo l’anno scolastico, lasciai correre come per lo avanti l’andamento di
questo Seminario. Se si conoscesse la scarsezza e la condizione trista del clero di questa
Diocesi farebbe veramente pietà a chi sa e conosce quali siano le doti necessarie del Sa-
cerdote affinché Dio sia glorificato ed i popoli salvati. Non dico altro, solo aggiungo che
desidero e voglio dalla Sua carità che mi faccia dono di tre Salesiani pel mio Seminario
dei quali due si potrebbero applicare alle classi ginnasiali e il terzo, che con ufficio di
Rettore, potesse dare una lezione di studi sacri a 4 o 5 alunni, che sono per entrare negli
ordini maggiori.
Fiducioso di una risposta che valga a sgravarmi di un enorme peso e tranquillarmi l’a-
nimo lungamente agitato, Le presento i sensi della mia venerazione, implorandole da
Dio l’abbondanza delle celesti benedizioni”.248
Mons. Angelo Balzano non si scoraggiò della risposta negativa ed il 25 maggio
scrisse a don Durando:
“R.mo Don Celestino, ieri mi venne ricapitata qui la tanto aspettata risposta da Don Rua,
che mi gittò nello sgomento, ma mi rifeci di animo alla parola dell’Evangelo di fresco
letto: Petite et accipietis, pulsate et aperietur vobis. Dunque io seguito e seguiterò a do-
mandare a picchiare a pregare fino a che ottenga i Salesiani a Termoli. Ho tutta la cer-
tezza che i figli di Don Bosco, che corrono tra i selvaggi, hanno a salvare la mia sel-
vaggia Diocesi. Otterrò io tanta grazia? Ne sono sicuro per averla messa nelle mani di
Maria Ausiliatrice. Bacio la sacra destra al R.mo Don Rua. E pregando la S. V. di acco-
gliere i sensi sinceri della mia venerazione mi dichiaro in attesa di gradito riscontro al-
l’indirizzo di Termoli”.249
Il vescovo tenne aperto il seminario fino a che gli fu possibile. Nell’anno scola-
stico 1902-03, però, fu costretto a chiuderlo, per cui il 22 giugno 1903 riprese a scri-
vere a Torino per avere i Salesiani:
“Reverendissimo Monsignore, Le vengo innanzi con una calda preghiera fiducioso che
per la gloria di Dio e pel vantaggio di questa infelice diocesi, verrà accolta e soddisfatta
dalla carità di V. S. R.ma.
Divoto alla memoria veneranda di Don Bosco sin dagli anni teneri ed appassionato de’
R.ndi Salesiani, che rispecchiano la virtù e l’operosità del loro santo Fondatore, mi rac-
comandai, già sono sette anni, al Cardinale Parocchi 250 per averli in questo Seminario
per affidarlo interamente a loro. Però la mia supplica non fu esaudita. Intanto tirai avanti
alla meglio, la cosa della direzione e degli studii giunsero a tali termini che fui costretto
a tener chiuso il pio Istituto in questo corrente anno scolastico 902-903.
Una diocesi di 60 mila anime non ha oltre i quaranta sacerdoti in tutto Capitolo e clero
diocesano. Donde s’impone l’urgente necessità di riaprire il Seminario con migliori au-
spicii. Or da chi posso sperare la grazia desiderata se non da Maria Ausiliatrice, da Don
247 Era don Francesco Dalmazzo.
248 ASC G 000 Termoli, lett. Balzano - Rua, 7 maggio 1897; FDR mc. 3148 A 5/7.
249 Ib., lett. Balzano - Durando, Roma 25 maggio 1897; FDB mc. 182 B 9/10.
250 Card. Lucido Maria Parocchi, cf nota 56.

9.4 Page 84

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136 Francesco Casella
Bosco e dal pio Successore di Don Bosco? Se la terra è feconda di rammarico, solo il
cielo può donarci il balsamo della consolazione.
Dunque finisco per non recarle ulteriore fastidio, e La prego di promettermi che nel fu-
turo anno V. S. R.ma manderà non più che tre Salesiani che valgano a dirigere questo Se-
minario, e ad impartire le lezioni agli alunni del ginnasio, i quali saranno pure ben pochi.
Nella speranza che il SS.mo Cuore di Gesù si degni di consolarmi per mezzo della carità
di un Salesiano, La riverisco co’ sensi di grato animo augurandole da Dio ogni bene”.251
Di fronte alla risposta negativa e nella necessità di riaprire il seminario, mons.
Angelo Balzano il 30 giugno tornò ad implorare, “come un mendico” don Rua:
“R.mo e veneratissimo Superiore, dolente della risposta significatami con lettera del
R.mo Sacerdote Don Durando, ritorno a pregarla di aiutarmi con la Sua inesauribile ca-
rità, promettendomi pochi de’ suoi figli per questo povero Seminario. Tale promessa sarà
per me già vecchio una vera risurrezione dall’angoscia onde sono oppresso, ed una lieta
speranza pel rifiorimento della diocesi stata lungamente abbandonata. Laddove poi
dovrò temere un altro rifiuto, non mi sgomento perché ho preso la risoluzione di suppli-
carla assiduamente come un mendico che batta alle porte per domandare il pane; anzi la
negativa ripetuta mi darà la congiuntura di venire ad ossequiarla personalmente, a ba-
ciarle le sacre mani ed a gittarmi ai suoi piedi.
Parecchi altri miei confratelli già ottennero l’anno passato i Salesiani nella prima volta
che li domandarono; mentre io li richiesi da sei o sette anni. Spero d’implorare la stessa
grazia confidato alla intercessione di Don Bosco che regna in cielo. Ottenendola mi si
aprirà il cuore alla speranza di lieti auspicii per questa diocesi; per contrario sarò co-
stretto a piangere, come nuovo Geremia, sulle ammucchiose rovine di Gerusalemme.
La riverisco coi sensi di alta venerazione augurandole ogni bene, mentre resto col desi-
derio che la mia preghiera impostami dal bisogno e dal dovere sia accolta benignamente
dalla carità generosa del suo cuore”.252
La risposta negativa del 3 luglio 1903 pose fine alla vicenda epistolare, che
aveva avuto inizio nel 1886 con don Bosco.
24. Oppido Mamertino (1886)
La seconda richiesta del 1886 giunse a don Bosco dalla Calabria. Il vescovo di
Oppido Mamertino, mons. Antonio Maria Curcio,253 in seguito al ritiro dei gesuiti,
chiese a don Bosco di assumere la direzione e l’insegnamento nel seminario:
“Reverendissimo Sig. Superiore G.le, senza ostentazione sono stato fin’ora non ultimo
251 ASC G 000 Termoli, lett. Balzano - Monsignore [Rua], 22 giugno 1903, FDR mc.
3148 A 8/9.
252 Ib., lett. Balzano - Rua, 30 giugno 1903; FDR mc. 3148 A 10/12.
253 Mons. Antonio M. Curcio, nato a Pizzo (Catanzaro) il 3 gennaio 1827, fu ordinato
sacerdote il 25 maggio 1850; dottore in teologia presso l’Università di Napoli il 6 febbraio
1856 divenne canonico arciprete a Pizzo dal 1857 e vicario foraneo; nominato vescovo titolare
di Alalia nella Fenicia e coadiutore con facoltà di successione a Oppido di mons. Giuseppe
Teta (1817-1875; vescovo 1859) il 21 dicembre 1874, fu consacrato a Roma il 27 dicembre;
morì il 15 luglio 1898; cf HC VIII 426.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 137
degli ammiratori del gran bene che il Signore opera nella Sua Chiesa per mezzo Vostro e
dei suoi collaboratori; e mi limitavo a benedire la Divina Provvidenza, che in modi
sempre nuovi compie l’opera dell’umana salute.
Or che mi veggo onorato di un Vostro invito per far parte de’ Cooperatori Salesiani, di
buon grado accetto il diploma, e metto a Vostra disposizione la povera opera mia in quel
poco che potrò concorrere alla gloria di Dio ed al bene delle anime per questa nuova via
aperta dalla divina misericordia. Ho gradito in pari tempo il volume de’ Bollettini, che con-
tengono la storia della V. Ill.ma Congregazione Salesiana, e vi rendo vivissime grazie.
E giacché il Signore ha disposto che vi foste ricordato di me ultimo tra i miei degnissimi
Confratelli, ardisco presentarvi una proposta di molta gloria di Dio. Accollerebbe il Vo-
stro Ordine il regime e l’istruzione del mio Seminario di chierici, in modo da provvedere
ai soggetti necessari alla disciplina ed all’insegnamento? Vorrei conoscerlo senza ritardo,
ed a quali condizioni, poiché, se sarà volontà di Dio, potremmo subito stringere le tratta-
tive per l’imminente anno scolastico, in cui furono richiamati i Gesuiti per scarsezza di
personale ed accresciuti loro ministeri. Mi attendo con ansietà una V. risposta qui, ove
sto per salute, in casa mia, e finisco benedicendovi nel Signore con la V. Comunità, che
scongiuro di pregare per me e pel mio Seminario”.254
Dopo cinque anni, nel 1891, mons. Curcio scrisse a don Rua, chiedendo nuova-
mente aiuto per il seminario:
“Reverendissimo P. Superiore, a Voi che mi avete scelto per Cooperatore Salesiano, a
Voi sento la necessità di dirigere i miei lamenti per gravissimo bisogno ed invocare
l’aiuto da cotesta Congregazione, poiché provvidenziale ne’ tempi deplorevoli che tra-
versiamo, ed ho fede che troverò l’opportuno aiuto.
Voi assai meglio che altri intendete la necessità de’ Seminari per formare nello spirito ec-
clesiastico i pochi allievi del Santuario, che vediamo raramente entrare nel campo della
Chiesa militante. In essa tutto è cosparso di spine! Ma più di ogni altro è a deplorarsi la
mancanza della direzione degli attuali Seminarii! La rivoluzione aveva spiantato dalle
fondamenta anche il mio pusillus grex, ma il Signore l’ha voluto conservare ispirandomi
di correre ai piedi dell’adorabile nostro Pontefice, il quale mi ha ordinato di tornare su la
dottrina del Tridentino. E così purgato il vecchio Seminario dagli elementi guasti, pro-
sperò discretamente nello scorso anno. Però la necessità di un buon Rettore è sentita, per
potersi radicare il bene introdotto ed accrescere. Io ho fatto varie prove con preti seco-
lari, ma non ben si riesce, perché sono sciupati in mille cure, né hanno l’abnegazione de’
buoni Religiosi. Da ciò la necessità di affidarlo ad un Ordine Religioso. E chi meglio de’
V. operosissimi Salesiani potrà ben riuscire? A Voi quindi, degno successore del Venera-
bile Don Bosco, a Voi fo fiducioso ricorso, pregandovi caldamente nel nome di Maria
S.ma, del nostro Santo di Sales e del Vostro Don Bosco di venirmi in aiuto.
Io non stabilisco patti con la Vostra Congregazione nell’invitarla ad abbracciare l’intera
direzione del mio Seminario di Oppido, ma sono disposto a subire qualunque condizione
che mi si vorrà stabilire. L’invito quindi ad assumere il regime religioso, scientifico ed
educativo del Seminario Oppidese; ma qualora non avete tanti soggetti, quanti ne fa-
rebbe bisogno per tutto al mio Seminario, sarebbero indispensabili almeno due de’ Vo-
stri: uno per farla da Rettore e direttore della scuola, l’altro per Vice Rettore e Prefetto di
ordine, e per aver cura dell’amministrazione interna del Pio luogo. I Professori ed un
buon Padre Spirituale non mancano nel mio Clero, il quale non vi osteggerà nulla per
254 ASC F 988 Oppido Mamertino, lett. Curcio - Bosco, Pizzo 22 agosto 1886; FDB mc.
168 C 5. La lettera, in modo parziale, è stata edita in Pio del PEZZO, Don Bosco mette radici in
Calabria…, p. 23.

9.6 Page 86

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138 Francesco Casella
averlo così educato. Io metterei in mano Vostra l’intera rendita e le rette degli alunni, e
se non basteranno, si aprirà pure la mia borsa, si che i Vostri disporranno di tutto con
piena libertà d’azione, senza il menomo controllo, per la mia illimitata fiducia nella V.
Ill.ma Congregazione.
Laonde mi auguro nel Signore, che dandovi carico della gravezza della bisogna tutta di-
retta alla gloria di Dio e della Sua SS.ma Religione, V’indurrete ad accogliere le mie
premurose preghiere, ed in risposta mi direte la somma che dovrò spedirvi per il viaggio
de’ Padri.
Se il Vostro Istituto penetrerà in Calabria farà più bene de’ luoghi infedeli, poiché la
Fede par voglia bandirsi da questa terra dove l’impiantò S. Paolo, e vi ha infusa una do-
cilità di cuore che fruttifica il centuplo la missione evangelica. In Pizzo (Calabria) mia
patria, dove sto per salute, mi attendo V. riscontro. Compiacetevi ricordarmi di me nella
Vostre orazioni e con amplesso fraterno l’impartisco la B.ne”.255
Don Rua affidò la risposta a don Durando, ma la lettera spedita il 5 settembre
non giunse a destinazione, per cui mons. Curcio scrisse di nuovo a don Rua:
“Reverendissimo Superiore, il 24 Agosto p. p. vi ho diretto una calda ed umile preghiera
a fine di ottenere almeno due soggetti della Vostra illustre Congregazione, per occuparsi
della direzione ed amministrazione interna del Seminario. In quella vi scriveva a lungo
le mie necessità, o meglio quelle della Chiesa, e mi attendeva con impaziente ansietà una
risposta consolante, che non ho ricevuta fin’ora. Sabato prossimo dovrò ritirarmi in Op-
pido mamertina mia residenza, e tornerò afflittissimo, se non riceverò V. consolante ri-
sposta, non trovando modo come riaprire il Seminario per mancanza di Rettore.
Possa la Vergine SS.ma della Consolazione, che celebriamo oggi, consolare il mio cuore
amareggiato per questo importante affare. Laonde, se il V. riscontro potrà giungere qui
sino a venerdì p. v. io l’attendo consolante; se poi dovrà giungere più tardi, ma sempre
affermativo, compiacetevi dirigerlo (Calabria) Palmi per Oppido mamertina. Vi prego di
ricordarvi di me nelle V. sante orazioni e con sincero affetto V’impartisco la B.ne”.256
Don Rua affidò la risposta, datata 15 settembre, a don Gioachino Berto 257 con
questo appunto: “D. Berto esprima vivo rincrescimento per mancanza di personale.
Non so come non sia arrivata la risposta alla precedente, forse questa ecc.”. Mons.
Antonio M. Curcio non scrisse più.
Trascorsero due anni e nel 1893 l’iniziativa di chiedere un aiuto per il seminario fu
assunta da suor Zenobia Calcagno, delle Suore di Carità, che, dopo aver elogiato lo ze-
lo pastorale di mons. Curcio, chiedeva a don Rua di inviare un rettore per il seminario:
“Ill.mo e Rev.mo Sig. Direttore, è la prima volta che ho l’onore di scrivere alla Signoria
Vostra Rev.ma; ed è pur la prima volta che sarei meno appagata ne’ miei desiderii da co-
testo universale Benefattore della Chiesa Cattolica, qual si è L’Istituto dei Salesiani,
della sempre viva memoria, che tutti, ma noi specialmente Torinesi, serbiamo al nostro
D. Bosco, anima rifulgente d’ogni singola virtù.
Ciò premesso, la supplico aver per accetta la preghiera che le sottometto e degnasi mettersi
in corrispondenza con me per quanto occorra alla chiarezza di mia presente esposizione.
255 Ib., lett. Curcio - Rua, Pizzo 24 agosto 1891; FDR mc. 168 C 6/7.
256 Ib., lett. Curcio - Rua, Pizzo 6 settembre 1891; FDB mc. 168 C 8.
257 Don Gioachino Berto (1847-1914) era stato per molti anni segretario di don Bosco;
cf DBS 38-39.

9.7 Page 87

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 139
Veda, o Ill.mo e Rev.mo Sig. Direttore, questo nostro Eccellentissimo Monsignore per
essere stato ad un tempo mio confessore, io conosco quant’egli protegga ed abbia defe-
renza pei religiosi, massime pei Salesiani; parlandogli io spesso di D. Bosco, da noi To-
rinesi adorato quasi per ogni rapporto e la rassomiglianza che tutti i figli suoi gli hanno,
sì per lo spirito, che pel cuore e per le opere, ciò l’ha tanto invogliato, che si è deciso
possederne qualcuno, e pel Seminario fioritissimo e per le prediche della Quaresima e
Mese Mariano. Anzi, ha tanta brama di avere qui i Salesiani, che ne ammetterebbe uno
come Rettore del Seminario; e un secondo lo vorrebbe per la predicazione della quare-
sima e mese di maggio, a patti, che in un’altra mia glie li esporrei, dopo aver conosciuti i
voleri e la possibilità della S. V. R.ma in accettare o no, questa mia proposta. Si degni
pensarci non solo, ma rispondermi a posta corrente, perché già si sono riaperte le scuole,
né vi è tempo d’attendere o dilazionare. La S. V. Ill.ma si degni scrivere direttamente a
me, che condizioni Ella ammette, che cosa esige, che pretende insomma sotto ogni rap-
porto sia spirituale, che temporale. Insomma francamente dica e nitidamente esponga;
così dilucidate a gloria solo di Dio le condizioni, io spero veder contento ed appagato il
cuor grande della S. V. R.ma, non che glorificato maggiormente Iddio coll’opera dei Sa-
lesiani in queste terre Calabresi che pur ubertose messe non mancherebbero a tanto so-
lerte agricoltore.
In quanto a S. E. R.ma, guardi un San Francesco di Sales vivente per dolcezza e dottrina,
un Sant’Alfonso per divozione, mortificazione e carità e disinteresse. Oh! Si compiaccia
ascoltare la interessante preghiera dell’ultima e della più negletta fra le Suore di Carità; e
ritenere, che quanto fa in queste terre Calabresi è più che benedetto da Dio. Non ricusi
l’invio dei Salesiani a questo Eccellentissimo Monsignore, che pel bene spirituale della
sua diocesi, è un altro Buon Pastore, che non guarda a pericoli, a spese, a privazioni. Egli
ha di mira la gloria di Dio, la salvezza delle anime, il buon andamento, il vero ed ottimo
ordine del Seminario, sì nel progresso della religiosissima verace virtù, che nel sapere in
ogni ramo. Spero avere quanto prima un suo favorevole rigo; e ringraziandola sin d’ora,
le bacio con riverenza la mano”.258
Dopo altri otto anni, nel 1901, l’iniziativa fu presa dal sig. Francesco Saverio
Grillo, cavaliere pontificio, presidente del Comitato diocesano e cooperatore sale-
siano, che, dopo aver esposto la situazione del paese, aggravata dalla crisi economica,
e dopo alcune considerazioni su mons. Curcio, diverse da quelle di suor Zenobia Cal-
cagno, chiese a don Rua di fondare un’opera salesiana in Oppido per andare incontro
ai bisogni della città:
“Reverend.mo e Venerando Signore, incomincio a chiederle perdono del lungo indugio
che ho preso per scriverle e ringraziarla della bontà avuta d’annoverare il mio povero
nome nell’ampia e prodigiosa famiglia Salesiana. La ringrazio vivamente del Diploma, e
per mostrarle il mio affetto verso il suo gran Fondatore, e la venerazione verso la sua
persona onorandissima, le presento un progetto.
Qui l’opera di Don Bosco avrebbe gran ragione d’essere installata e procurerebbe sicura-
mente immensi beneficii. La Provincia di Reggio Calabro (e non so se le altre due Cala-
brie) non ha una casa salesiana, meno del Seminario di Bova per quanto io sappia. Lo
stato attuale della diocesi di Oppido è lacrimevole sotto ogni rapporto, perché il clero se-
colare è assai poco di numero e di soggetti apostolici, e l’azione cattolica cammina male,
anzi non cammina niente. Monsignor Curcio di santa memoria, avea avuto ingiunto di S.
S. Pio IX, come un vero rimedio alla santificazione delle anime, ed al perfezionamento
del clero della diocesi, di portare qui una casa religiosa. Il Curcio morì con questo desi-
258 ASC F 988 Oppido Mamertino, Calcagno - Rua, 2 ottobre 1893; FDB mc. 168 C 9/12.

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140 Francesco Casella
derio, che non ha potuto attuare per essersi dato con tutta l’anima alla riedificazione
della Cattedrale, che poi per i danni sofferti dal terremoto del 1894 e per i nuovi lavori
richiesti e la quasi totale riedificazione del Seminario, anche esso danneggiato assai, non
l’ha potuto veder compiuto. Il nuovo vescovo 259 sta continuando l’opera del Curcio, ma
entrambi, per necessità di circostanze, si sono fermati ad estollere le mura di Sionne, tra-
scurando la riedificazione morale d’un popolo, che certo vale più delle mura materiali.
La Calabria in generale e questa Provincia in particolare avrebbero bisogno dell’opera
conservatrice della fede, la quale perde terreno ogni giorno fra le nuove generazioni, as-
sassinate dalla scuola atea e da’ bisogni delle famiglie ridotte per la crisi economica in
deplorevole stato.
L’opera della carità di D. Bosco, insomma l’opera salesiana, potrebbe tornare in questa
Provincia cattolica quello spirito cristiano che comincia a diradarsi nella sostanza e nella
forma, malgrado che ancora le apparenze, per la forza della tradizione, siano cattoliche.
In questa città se la fede non ha ricevuto ancora un gran crollo si deve alla Suore di Ca-
rità, le quali sin da’ primi anni di questa Rivoluzione che dicono Risorgimento per anti-
frasi, tengono in lor mano le scuole popolari femminili. Ma sallo Dio quante battaglie ho
dovuto sostenere per arrivare a superare questo punto sino a questo momento. Però noi
vecchi ce ne andiamo, ed i giovani che ci succedono e già invadono le amministrazioni
comunali, se non sono addirittura miscredenti, sono indifferenti e corrotti.
Spero che il santo D. Bosco voglia ispirarle ad intendere bene il mio pensiero, meglio che
io non sappia e non possa svolgerlo nella sua pienezza. Una Casa Salesiana, qui in Oppi-
do, centro ancora di cattolicità, malgrado la debolezza del clero e lo spirito di modernità
dell’amministrazione, che ancora non è ostilità, farebbe miracoli in tutta la Provincia.
Comprendo le difficoltà materiali d’un impianto, per noi poveri afflitti di una crisi eco-
nomica disastrosa, ma la mano della Provvidenza non conosce ostacoli quando crede che
l’ora sia giunta di salvare un popolo. Per ora io proporrei un piccolo mezzo d’iniziare
l’opera, e di far sentire i primi influssi dell’opera salesiana.
Qui sin dal 1872, benedetta da Pio IX, s’è fondata e fabbricata una Chiesa al Santissimo
Cuore di Gesù, piccola sì, ma bella assai. È una pia e vecchia Signora mia parente che
l’ha edificata nella sua proprietà, ed a sue spese. La Signora non è ricca di denaro più,
ma è ricchissima di virtù ed accesa di amore di Dio. La Chiesa è un vero gioiello a con-
fronto delle altre, ed è frequentata dal popolo, e da’ sacerdoti per le belle devozioni che
si predicano in ogni tempo dell’anno. I Vescovi l’hanno sempre tenuta in gran conto ed
arricchita di privilegi. La Signora la tiene, nella sua povertà, come si deve tenere la casa
di Dio.
Ieri l’altro ella ed il Rettore della Chiesa (Rev. Bruno Pelaja) bravo ed istruito sacerdote,
mi hanno parlato della necessità di alcune riparazioni urgenti da farsi, impegnandomi a
dirigere una circolare in stampa per chiedere soccorsi ai buoni cattolici per queste ripara-
zioni. Il tempietto fu lesionato dal terremoto del ’94 e non bene riparato. Io ho detto di
sospendere per ora, perché sono tanti i sussidi che si chiedono da ogni parte, che non se
ne ottiene men che nulla. Invece ho promesso di scrivere alla Reverenza Vostra Ill.ma, e
chiederle che fosse qui istallata in questa Chiesa qualcheduna delle opere salesiane, che
sarà arra di quella che io bramerei, che ho di sopra esposto.
Mandi dunque alla Signora Aurora Grillo fu G. B. zelatrice del Cuore di Gesù, ed al Re-
verendo Sac. D. Bruno Palaja Rettore della Chiesa del Cuore di Gesù il diploma di Coo-
peratori Salesiani e pensi con quale opera salesiana dobbiamo introdurci: mandi il granel-
259 Mons. Domenico Scopelliti, nato a Catona (Reggio Calabria) il 24 settembre 1841,
fu ordinato sacerdote il 24 settembre 1870; parroco e vicario foraneo in Catona, venne nomi-
nato vescovo di Oppido il 28 novembre 1898 e consacrato a Reggio Calabria l’8 gennaio 1899;
dimesso da Oppido e promosso alla chiesa titolare di Rhesaina in Mesopotamia il 15 dicembre
1919, morì a Catona nel 1922; cf HC VIII 426.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 141
lo di senape, pregando D. Bosco a fecondarlo. Si figuri che questa della Calabria sia una
nuova missione della Patagonia del continente sud americano: quella è stabilita per reca-
re la luce di Cristo fra popoli nuovi, questa per conservare questa luce fra’ popoli antichi,
che ora si minaccia non dico di spegnerla, ma di far chiudere gli occhi per non vederla.
Perdoni la lunga lettera, mi dia una risposta speranzosa, e mi faccia intendere se
questo mio sogno sia realizzabile. Le bacio reverentemente la mano e mi raccomando
alle sue orazioni”.260
La risposta negativa pose termine alla corrispondenza iniziata con don Bosco
nel 1886 per avere i Salesiani in Oppido Mamertino.
25. Mercato San Severino (1886)
La terza richiesta del 1886 pervenne a don Bosco da don Tommaso Carratù di Mer-
cato S. Severino (Salerno). Il sacerdote, che aveva già chiesto alcuni anni prima di ap-
partenere alla congregazione salesiana, domandava a don Bosco di fondare un’opera edu-
cativa nel suo paese, per la cui realizzazione metteva a disposizione una sua proprietà:
“Col più profondo rispetto Rev. Sig. D. Bosco, il sottofirmato Sac.te l’è quegli che
quattro anni sono domandò d’essere ammesso fra i suoi onde impiegarsi all’opera pro-
ficua di sue missioni; ed essendo stato accettato, non fu possibile ottenere il Liceat da
suo Ordinario; e tuttavia nutrendo il santo proposito, desidera istallare una casa salesiana
qui in Mercato S. Severino (provincia di Salerno). Casa di sua proprietà, da sé acqui-
stata, comprendendo tra pian terreno e stanze n. 28, con 10 moggia di terreni tra piano,
giardini, vigna e bosco; posizione solitaria in distanza di 30 minuti dal paese mandamen-
tale con infinità di circonvicini paesi, luogo pittoresco, salubre, tranquillo. E sebbene il
tutto fu da me acquistato il 26 Gennaio corrente anno per la cifra di Lire 22.000 pure
vale il doppio, perché d’occasione. Ora il tutto sarà offerto alla Sua Missione coll’onere
solo dell’abitazione e vitto a me, mia madre e una sorella (che poi a morte di mia madre,
che è ottuagenaria, mia sorella si porrà in un conservatorio, o monastero). Dippiù a mia
morte un ligato d’una messa perpetua giornaliera, con cosucce da intendercela.
Di ciò ne consultai i miei Superiori, i quali non capivano di giubilo e che ansiosi ne at-
tendono l’installazione della Vostra Casa in Diocesi, molto promettendosi di vantaggio
spirituale colla Vostra presenza; ed io contento de’ miei desiderii per le Missioni, se non
direttamente, almeno indirettamente, e per mezzo di altri.
In aspettativa pertanto d’un pronto Vostro riscontro d’affermativa, o negativa, onde rego-
larmi per altra opera pia, stante che sono determinato all’uopo”.261
La risposta, in data 29 settembre, annotata sulla lettera fu: “Condizioni alquanto
gravose. Passerà alcuno trattare”. All’inizio di dicembre il sac. Tommaso Carratù,
poiché non aveva ricevuto la visita promessa, scrisse di nuovo a don Bosco:
“Rev.mo Sig. D. Bosco, premessi i dovuti ossequii e rispetti sono a manifestarle che fi-
nora sono stato in attenzione di quel personale diretto per Sicilia dovea far il possibile
passar per mia casa onde tener meco abboccam. circa il da fare per l’installazione d’un
260 ASC F 988 Oppido Mamertino, lett. Grillo - Rua, 8 agosto 1901; FDR mc. 3102 B 3/6.
261 ASC F 985 Mercato S. Severino, lett. Carratù - Bosco, 10 settembre 1886; FDB mc.
160 E 11/12.

9.10 Page 90

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142 Francesco Casella
istituto in mia casa qui in S. Severino Mercato (Napoli) da me già offerta con tutta la
proprietà inerente a cotesta se bene umile, come Lei dice, ma grande Congreg. Salesiana,
e poiché ha in mira i due grandi principii, massima gloria di Dio e profitto delle anime,
mi spero stenda il suo dominio come i padiglioni di Giacobbe non solo, ma dall’uno al-
l’altro emisfero.
Checché adunque finora veruna notizia mi pervenne, non si accori per ciò che riguardi le
condizioni apposte che in quanto alla messa perpetua l’accomodaremo a temporale; dap-
poiché le mie mire hanno l’istesso scopo delle Sue sebbene in infimo grado.
Solamente La prego a sollecitare il più presto possibile l’opera per vedere co’ miei occhi
ciò che al mio decesso non si effettuerebbe; e poiché varie case religiose avendo saputo
la mia intenzione mi fanno istanze, ma però a me m’è a cuore più la Sua opera, che qual-
sivoglia altra, perché nobile e santa.
Pertanto si benigni con ogni impegno e cura farmi noto come la determini, perché mi
preme la sollecitudine, e che non si perda tal nobile, proficua e bella occasione. In atten-
zione d’un suo finale riscontro...”.262
La risposta, nel rinviare le trattative a data da destinarsi, motivava anche il fal-
lito incontro: “Le quarantene obbligarono a partire da Marsiglia. Ora manchiamo di
personale. Tratteremo più tardi”. A metà luglio del 1887, tuttavia, il Carratù scrisse
ancora a don Bosco, dicendo che era disposto a fare testamento della sua proprietà in
suo favore:
“Illustre e Molto Rev. Sig. D. Bosco, per il troppo affetto, pel profitto spirituale che mi
prometto dell’installam. d’un Suo Istituto in queste parti Meridionali dell’Italia disgra-
ziata, mi fo un terzo dovere inviarle queste poche linee, onde premurarsi e sollecitarsi
alla tanto sospirata opera. E poiché tanto nella prima in data 21 Sett. 86 come nella se-
conda del 10 Dic. del medesimo anno 263 mi notificava la mancanza di personale al-
l’uopo, mi voglio promettere ch’Ella abbia superati gli ostacoli. Che se per caso tuttavia
non si potesse, La prego notificarmi nomi e cognomi di quei soggetti ch’Ella crede, onde
nominarli miei eredi in un olografo testam. che mi determino a fare, onde affrettare di
poi ciò che ora ostacola; poiché sarebbe un peccato perdere tal proprietà, e in tale ossige-
nata e romantica posizione, propria per un Istituto; e se Gli aggrada, mi detti una formola
di tal testam. Però vivente vorrei averne la consolazione. La proprietà, tanto caseggiato
che fondo, mi rende al di là di 2.000 Lire annue, io desiderava una messa quotid. Per-
petua e giacché Lei rifugge dagli oneri perpetui la limiteremo per 50 anni.
Se poi sarò in vita le altre condizioni le apposi nella mia prima ch’ebbi l’onore inviargli,
e tutte accomodabili. Gradisca i miei umili ossequii mentre mescolato alla gran turba dei
Suoi Servi mi segno...”.264
Nella risposta, in data 5 giugno, fu indicato il nome di don Barberis 265 per il te-
stamento, ma la trattativa si chiuse.
262 Ib., lett. Carratù - Bosco, 1 dicembre 1886; FDB mc. 161 A 1/2.
263 In realtà la sua seconda lettera era del 1 dicembre, mentre la risposta da Torino era
datata 10 dicembre.
264 ASC F 985 Mercato S. Severino, lett. Tommaso Carratù - Bosco, 19 luglio 1887;
FDB mc. 161 A 3/4.
265 Giulio sac. Barberis (1847-1927); cf DBS 29-30.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 143
26. Piedimonte d’Alife (1886)
La quarta proposta di fondazione del 1886 giunse a don Bosco da Piedimonte
d’Alife (Caserta) 266 da parte di mons. Antonio Scotti,267 che chiese aiuto per il semi-
nario e per un convitto a favore di giovani poveri che stava per aprire nell’episcopio:
“Reverendissimo D. Bosco, avendo appreso da cattolici periodici il gran bene che
ovunque operano i suoi preti Salesiani, mi è nato il vivo desiderio di far godere della loro
tanto proficua opera questa mia Diocesi di Alife, che difetta sensibilmente di Sacerdoti.
Ad essi vorrei affidare la direzione del Seminario, non che l’istruzione della gioventù,
come ancora del Convitto che sono costretto aprire fra breve nell’Episcopio, appunto per
aiutare tanti buoni giovani che privi di beni di fortuna non possono essere ammessi in
Seminario.
Mi rivolgo perciò a V. S. e la prego caldamente in nome di Gesù Cristo a significarmi di
quanti Sacerdoti potrà ella all’uopo disporre ed a quali condizioni, e se pel prossimo ven-
turo Novembre potrà almeno mandarmene due che giudico necessari al Convitto.
Fidato nella sua ben nota carità sono sicuro che le mie preghiere saranno da V. S. beni-
gnamente accolte, sperando così di vedere, la mercé di Dio, attuata una mia idea riguar-
dante la fondazione di una casa di Salesiani in questa Diocesi.
In attenzione di un suo favorevole riscontro la prego accogliere i miei distinti ed affet-
tuosi ossequi”.268
Don Celestino Durando rispose negativamente, ma in ottobre mons. Antonio
Scotti scrisse allo stesso per ottenere almeno i Salesiani per il convitto:
“Stimatissimo D. Celestino, le ragioni da lei addotte nel gentilissimo foglio datato 25 p.
p. Settembre mi hanno a primo aspetto fatto deporre ogni pensiero di riscriverle per non
abusare della sua esimia bontà. Però l’insegnamento del divino Maestro, che bisogna
picchiare fino a tanto che l’uscio si apra, mi si è affacciato ben tosto al pensiero, e mi ha
inanimito a segno che più caldamente le rinnovo le mie preghiere nella certezza di ve-
derle questa fiata accolte.
Egli è pur vero che la mancanza di personale disponibile, come ella dice, la pone sul-
l’impossibilità di favorire per ora la mia domanda. Ma è indubitato altresì, che se non l’è
possibile favorirla in tutto, è possibile favorirla almeno in parte. Tutti gli individui neces-
sari alle opere indicate nell’ultima mia comprendo bene che sia malagevole inviarmi; mi
limito perciò a chiedergliene uno solo, che sarà come il granello di senape, il quale a
tempo opportuno germoglierà e produrrà copiosissimi frutti. E la ragione di sì ardente
mio desiderio si è che nominato nell’or decorso maggio dalla bontà del R.mo D. Bosco
Cooperatore Salesiano, amo esserlo veramente; e siccome sono obbligato, avendolo già
promesso in una circolare, aprire al più presto nell’Episcopio un Convitto per i chierici
poveri, e non ho un soggetto idoneo, così sono venuto nella determinazione di affidare la
266 Oggi Piedimonte Matese.
267 Mons. Antonio Scotti, nato a Napoli l’11 dicembre 1837, fu ordinato sacerdote il 18
agosto 1861; docente di lettere e filosofia nel ginnasio arcivescovile di Napoli, divenne vicario
generale prima della diocesi di Tricarico dal 1878 e poi della diocesi di Benevento; nominato
vescovo titolare di Sarepta e ausiliare di Benevento il 25 settembre 1882, fu consacrato a Bene-
vento il primo ottobre; fu trasferito alla diocesi di Alife il 25 gennaio 1886 e poi, alla chiesa ti-
tolare di Tiberiopolis nella Frigia il 24 marzo 1898, morì a Torre del Greco (Napoli) il 10
giugno 1919; cf HC VIII 90, 502, 553.
268 ASC F 990 Piedimonte d’Alife, lett. Scotti - Bosco, 20 settembre 1886; FDB mc. 171 D 2.

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144 Francesco Casella
direzione ad un figlio di S. Francesco di Sales perché ne infonda lo spirito nel cuore
della gioventù specialmente ecclesiastica. In tal modo vedrò iniziata un’opera da me bra-
mata, che prima di volare agli eterni riposi spero voglia Iddio benedetto rendere duratura
in questa Diocesi a vantaggio della Chiesa e della società.
La prego pertanto in nome di Gesù Cristo e di S. Francesco a non negarmi questa carità ,
s’interessi della posizione di un povero Vescovo che non ha di chi fidarsi in questi tempi
malaugurati, né ha individui capaci di educare la gioventù. Attendo dal suo cuore gene-
roso una risposta favorevole, ed io anticipandogliene le più sentite grazie la ossequio af-
fettuosamente”.269
La corrispondenza, a causa della risposta negativa, s’interruppe. Tuttavia da
Piedimonte d’Alife giunsero altre proposte. Nel 1919 mons. Felice Del Sordo invi-
tava a fondare una scuola di arti e mestieri, mentre il canonico Fortunato Fonseca de-
siderava lasciare le sue sostanze ai Salesiani, purché fondassero nella città una loro
opera. Nel 1926 la madre superiora delle Benedettine del SS. Sacramento, in visita al
monastero di Piedimonte d’Alife, rinnovò la proposta di mons. Felice Del Sordo. Nel
1939 vi fu un orientamento positivo del Capitolo Superiore, che autorizzava l’ispet-
tore a trattare con mons. Sarno, che poneva a disposizione i beni lasciati dal Fonseca.
Solo nel 1954, però, i Salesiani hanno fondato la casa di Piedimonte d’Alife, assu-
mendo la direzione dell’Opera Sociale Don Bosco in seguito all’interessamento del
senatore Giovanni Caso.
27. Crotone (1887)
La prima richiesta del 1887 pervenne da Crotone.270 Il 22 aprile il vescovo,
mons. Giuseppe Cavaliere,271 chiese aiuto a don Bosco per il suo seminario, non
avendo insegnanti con regolare patenti per tenerlo aperto:
“Reverendissimo Signore, la sua carità, di cui per la gloria di Dio dà prove così splen-
dide, mi anima a porgerle una preghiera, con la speranza, che le farà un viso benevolo.
Iddio per suoi imperscrutabili fini nell’addossare sulla mia povera persona l’enorme peso
del vescovado, mi assegnò una piccola diocesi, che ha scarsissimi ecclesiastici ed in con-
dizioni tali da non potermi servire del loro braccio. Ciò porta di conseguenza che non pos-
so avvalermi di essi nell’insegnamento del mio Seminario e debbo rivolgermi altrove per
avere qualche professore, ch'è difficilissimo rinvenire, attesa la scarsezza dei soggetti,
ch’è per ovunque. E questa difficoltà cresce oltremodo per le pretenzioni che affaccia il
Governo di piazzarsi nei Seminari maestri patentati, minacciando ad ogni pié sospinto di
269 Ib., lett. Scotti - Durando, 5 ottobre 1886; FDB mc. 171 D 3.
270 Nell’originale vi è sempre la dizione “Cotrone”.
271 Mons. Giuseppe Cavaliere, nato a Lungro (Cosenza) il 28 dicembre 1822, fu ordinato
sacerdote il 23 settembre 1848; dottore in teologia, divenne vicario generale della diocesi di
Cariati, rettore e professore di teologia del seminario di Cariati e professore di teologia del se-
minario di Cosenza; nominato vescovo titolare di Tanis il 15 marzo 1883 e deputato coadiutore
con facoltà di successione di mons. Luigi Maria da San Marco La Catola (1806-1883; vescovo
dal 1863) a Crotone, fu consacrato a Roma il 18 marzo 1883; morì nel mese di agosto del
1899; cf HC VIII 229, 534.

10.3 Page 93

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 145
chiuderli, qualora fossero sforniti di diploma. Tali esigenze mettono i poveri vescovi in
un’angustia indicibile, e me soprattutto, che ho così pochi soggetti nella mia diocesi.
In quest’anno ho dovuto durare grandi fatiche perché fossero tollerati nel mio Seminario,
quantunque sforniti di patente, i professori addetti all’insegnamento dei pochi giovani
rinchiusi, ma pel venturo scolastico il Governo sarà inesorabile e naturalmente non me lo
farà riaprire, con danno positivo degli alunni avviati per la carriera ecclesiastica e con
gran pregiudizio di questa diocesi, che ha tanto bisogno di sacerdoti, per modo che ve-
nendo meno le piantoline si finirebbe con vedere fra altro poco tempo la mia chiesa
senza un sol ministro del santuario.
In tal stato di afflizione in cui mi trovo, mi sento ispirato rivolgermi alla sua carità pre-
gandola vivamente assegnare dal prossimo Novembre due sacerdoti suoi dipendenti a
questo mio sventurato Seminario, uno per insegnare le classi del Ginnasio superiore e
l’altro le classi nel Ginnasio inferiore, ma che però amendue siano muniti d’analoga pa-
tente governativa, onde essere riconosciuti dal Governo e non mi si abbia per deficienza
di titoli a impedire la riapertura del sacro Istituto.
Ho la ferma speranza che la Signoria Sua R.ma penetrandosi della posizione miseranda
in cui versano questo Seminario e la diocesi, accoglierà con viso paterno e amorevole la
mia ardente preghiera, assicurandola che compirà un’opera assai meritoria, la quale ri-
chiamerà sulla sua veneranda persona la mia più viva gratitudine e le larghe benedizioni
del Signore.
Che laddove poi non le riesca possibile assegnare due professori al vantaggio di questo
Seminario, me ne accordi almeno uno adatto all’insegnamento delle due classi superiori
del Ginnasio, fornito però sempre di diploma governativo e ne starò anche contento.
Vivo nell’aspettativa di una sua riverita risposta”.272
Dopo la morte di don Bosco (1888), il vescovo nel 1894 avanzò la medesima ri-
chiesta per il seminario a don Rua:
“Reverendissimo Sig. Don Rua la di lei bontà di cuore non sdegnerà una mia preghiera e
gliela porgo con piena fiducia di essere benevolmente accolta.
Nel prossimo venturo novembre manco di un professore di lettere per questo mio Semi-
nario e la prego per quanto mi abbia di lena di mandarmi un Padre della sua Casa, che
faccia da professore nel pio Istituto ai pochi alunni atti allo studio delle alte classi. Non
mi neghi un tanto favor ed aggiungo di destinarvi un Padre che all’abilità di insegna-
mento unisca anche quella della predicazione quando se ne presenti il bisogno. Sono in
una diocesi così scarsa di sacerdoti che non valgo a dirlo sarebbe una ventura per me se
potessi avere un Padre dotto ed energico della sua benemerita Compagnia.
Ho saputo che il vescovo di Catanzaro è riuscito ad avere un valente Padre salesiano pel
suo Seminario.273 Spero che venga anche a me procurata questa consolazione. Ella ne
avrebbe immenso merito innanzi a Dio contentando il mio desiderio e si richiamerebbe
tutta la gratitudine dell’animo mio. Si compiaccia farmi tenere una di lei sollecita ri-
sposta, che prego il Signore sia favorevole e conforme al mio voto”.274
La risposta invitava il vescovo a ricercare altrove il personale, ma a giugno
mons. Giuseppe Cavaliere scrisse ancora a don Rua:
272 ASC F 975 Cotrone, lett. Cavaliere - Bosco, 22 aprile 1887; FDB mc. 147 C 8/11.
273 Don Rua aveva inviato don Francesco Dalmazzo per il seminario di mons. Bernardo
Maria De Riso. L’esperienza si chiuse tragicamente; cf Annali II 387-388.
274 ASC F 975 Cotrone, lett. Cavaliere - Rua, 26 maggio 1894; FDR mc. 3057 A 5/6.

10.4 Page 94

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146 Francesco Casella
“Reverendissimo Sig. Don Rua accuso ricievo della sua garbatissima risposta alla mia
con cui la pregavo di volermi concedere un Padre della sua Società, che potesse inse-
gnare lettere in questo Seminario e di tanto in tanto prestarsi alla predicazione. Ella pare
di non aver rigettato del tutto la mia preghiera, dicendomi che più tardi mi avrebbe dato
una più sicura risposta, se facendo io nuove ricerche per altro soggetto sarebbero tornate
vane ed infruttuose. Ho scritto, ho pregato, ma inutilmente, sicché non mi resta che rin-
novare a lei le premure, onde pel p. v. anno scolastico mi usi la benignità di mandarmi
un istruito e degno Padre salesiano, il quale compia l’uffizio di insegnante in detto mio
Seminario.
Mi procuri la consolazione di fare benigna accoglienza alla mia istanza ed apra il mio
cuore ad una ferma e sicura speranza. Mi acquieterò ad una sua promessa, che terrò
come legge inviolabile. Nella fiducia di non andare perdute le mie preghiere, ne la rin-
grazio di buon cuore e resto nell'aspettativa delle sue grazie”.275
La richiesta di aiuto per il seminario fu riproposta a don Rua dal nuovo vescovo
di Crotone, mons. Emmanuel Merra,276 tramite il canonico Vincenzo Camerana:
“Rev.mo Padre, il novello vescovo di Cotrone desiderando in città i RR. PP. Salesiani mi
affida incarico vedere se fosse possibile combinare per il novello anno scolastico 1900-
1901.
La rendita annua del Seminario è di £. 6.000, parte sul Gran Libro e parte in affitti. Il lo-
cale è provvisto di tutto, è ottimo sotto ogni aspetto. Tiene tre camerate grandi; e cin-
quanta interni potrebbero stare comodamente.
La città è ospitale e gentile per cui tiene il necessario alla vita. Per ora sono indispensa-
bili le tre elementari, il Ginnasio inferiore e superiore, specie per il chiericato che parte
dovrà dare gli esami in Provincia, ed anche per chi, come esterno, ne lo vuol frequentare
e gratuitamente. I chierici poi si fermerebbero per lo studio ancora in Seminario. Gli
studi filosofici, cui pochi chierici li desidererebbero, sarebbero cosa del tutto privata, per
ora, come pure abbisognando qualche lezione di morale si dovrebbe fare. Con studi re-
golari non mancherebbero convittori, allora maggiore sarebbe il bene. Si aprirebbe
qualche oratorio festivo, ed il bisogno urge assai!
Annuendo V. P. almeno in massima, Mons. farebbe le pratiche a Roma per munirsi delle
facoltà di poter cedere ai PP. Salesiani tutto; mentre farebbe egli stesso a V. R. formale
dimanda per iscritto”.277
Don Rua fece discutere la proposta nel Capitolo Superiore, che in linea di
massima si espresse positivamente, ma si chiedeva tempo: “Il Vescovo di Cotrone
per mezzo del can. Camerana chiede i Salesiani per il suo Seminario. Vi sarebbero
50 alunni interni. Avrebbe 6.000 lire di reddito. Il Capitolo accetta in massima, ma
non per quest’anno”.278 Il 17 luglio, tuttavia, il canonico Camerana scrisse ancora
a don Rua:
275 Ib., lett. Cavaliere - Rua, 13 giugno 1894; FDR mc. 3057 A 7/8.
276 Mons. Emmanuel Merra, nato a Andria il 9 novembre 1838, fu ordinato sacerdote a Na-
poli il 20 dicembre 1862; pro vicario generale della diocesi di Andria e professore nel seminario,
venne nominato vescovo di Crotone il 14 dicembre 1899 e consacrato a Roma il 21 dicembre; tra-
sferito alla diocesi di S. Severo il 27 marzo 1905, morì il 21 luglio 1911; cf HC VIII 229.
277 ASC F 975 Cotrone, lett. Camerana - Rua, 29 giugno 1900; FDR mc. 3057 A 9/11.
278 ASC D 869 Verbali Capitolo Superiore, Vol. I, f 181, seduta del 10 luglio 1900; FDR
mc. 4243 A 5.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 147
“Rev.mo e Ven.mo D. Rua dalla risposta del Rev.mo P. Durando, Mons. vescovo rileva
non potersi avere i PP. Salesiani a Cotrone se non fra quattro anni.
Il nostro prelato non è alieno dallo attendere qualche tempo, semprecché la P.V. si degnasse
mandare pel prossimo venturo novembre due Padri per assumersi, del Seminario, la direzione
ed il governo. Aiuti se ne potrebbero avere dal clero cotronese, che in verità è commendevole.
Il Vescovo e Mons. Vicario son tutto cuore per i Salesiani e venendo fra noi avrebbero
quell’accoglienza cordiale sincera che ben si meritano. Per carità, Padre ven.mo, faccia
buon viso alle calde preghiere di questo mio prelato e non tardi a consolarlo con due
righe di annuenza”.279
Dopo 11 anni, nel 1911, il nuovo vescovo di Crotone, mons. Saturnino Peri,280
fece appoggiare la sua richiesta dal card. Gaetano De Lai,281 che scrisse a don Rua.
Questi espose la richiesta del cardinale al Capitolo Superiore: “Da Roma il Card. De
Lai in data 24-7-1911 con nota 1072/11 scrive che il S. Padre non solo approva il de-
siderio del vescovo di Cotrone che vorrebbe i Salesiani nella sua Diocesi, ma gradi-
rebbe vederlo attuato. Si risponde che non possiamo per mancanza di personale”.282
La corrispondenza con Crotone s’interruppe. Il vescovo Saturnino, però, dal
1918 al 1920, in concomitanza con lo sviluppo sociale e industriale dell’epoca, so-
stenne una nuova proposta: fondare una scuola professionale nella città, ma il risul-
tato fu negativo.
28. Catanzaro (1887)
La seconda richiesta del 1887 giunse dal vescovo di Catanzaro, mons. Bernardo
Antonio de Riso.283 Il vescovo, di cui sorella e fratello erano cooperatori salesiani, il
279 ASC F 975 Cotrone, lett. Camerana - Rua, 17 luglio 1900; FDR mc. 3057 A 12 - B 1.
280 In seguito al trasferimento di mons. Emmanuel Merra nel 1905 la diocesi di Crotone
era stata amministrata dal vescovo di Cariati, mons. Lorenzo Chieppa e solo il 30 giugno 1909
era stato nominato vescovo mons. Saturnino Peri, nato a Trasmuraghes il 2 marzo 1862; cf An-
nuario Pontificio (1908) p. 131 e (1910) p. 144; DHGE XIII col. 938.
281 Card. Gaetano Lai, nato a Malo (Vicenza) il 30 luglio 1853, studiò a Roma addottoran-
dosi in filosofia, teologia e diritto canonico; sacerdote nel 1876 fu successivamente uditore della
S. Congregazione del Concilio, sottosegretario nel 1891 e segretario nel 1903; fu creato cardina-
le da Pio X il 16 dicembre 1907 e nominato segretario della S. Congregazione Concistoriale e ve-
scovo di Sabina dal 27 novembre 1911; fece parte delle S. Congregazioni del Concilio, dei Reli-
giosi, delle Cerimonie e degli Affari Ecclesiastici Straordinari; morì a Roma il 24 ottobre 1928; cf
Annuario Pontifico (1936) 65; Dizionario Ecclesiastico, Vol. II. Torino, UTET 1955, p. 576.
282 ASC D 870 Verbali Capitolo Superiore, Vol. II, p. 342, n. 3048, seduta del 29 luglio
1911; FDR mc. 4250 C 3.
283 Mons. Bernardo Antonio de Riso, nato a Catanzaro il primo gennaio 1824, emise la
professione religiosa nel monastero dei benedettini di Cava dei Tirreni il 6 gennaio 1845; ordi-
nato sacerdote a Salerno il 2 agosto 1846, fu nominato prima curato patriarcale e parrocchiale
della chiesa di S. Paolo fuori le mura di Roma il 25 aprile 1873, poi abbate dell’abbazia di S.
Pietro di Perugia il 2 marzo 1879, quindi visitatore della provincia romana dei benedettini del
ramo cassinese; fu eletto vescovo titolare di Argos e coadiutore con facoltà di successione a
Catanzaro il 9 agosto 1883 e consacrato a Roma il 15 agosto; successe a Catanzaro il 23 agosto
1883 e morì il 28 maggio 1900; cf HC VIII 191.

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148 Francesco Casella
18 ottobre 1887 scrisse a don Bosco per chiedere delle immaginette di Maria Ausilia-
trice per una devota e per sua sorella e nello stesso tempo gli ricordò la promessa di
fondare un’opera nella sua diocesi:
“R.mo D. Bosco, una devota assai tribolata implora dalla SS.ma Vergine Maria sotto il
titolo Ausiliatrice, Auxilium Christianorum, grazie; ed ella invia alla S. V. R.ma lire
venti, ch’io mi permetto di accludere in questa mia raccomandata.
Si compiaccia, poi, di farmi tenere qualche immaginetta della SS.ma Vergine sotto il
suddetto titolo per la devota in parola; ed anche per mia sorella D[onna] Lucia, coopera-
trice salesiana, la quale male andata in salute da oltre sei mesi, si raccomanda in modo
speciale ad un fervido memento di V. S. R.ma. Anche il fratello Senatore dal suo letto del
dolore, ove giace da quindici mesi, anch’egli cooperatore salesiano, si raccomanda alle
sue calde preghiere.
Ebbi le notizie della S. V. R.ma dalla pia, buona tanto e nobilissima Baronessa di Badola-
to D[onna] Enrichetta Scoppa.284 Ma le notizie datemi, anzicché rallegrarmi, mi contrista-
rono assai, dicendomi la sudd.a Signora, che aveva trovato la S. V. assai accasciata e co-
me se presentisse già la non lontana dipartita da questa terra! Ciò Dio cessi, ché la S. V. è
ancora chiamata a compiere grandi opere a vantaggio della Chiesa e della cristiana fami-
glia. Spero che direttamente vorrà darmi ora migliori notizie della sua propria salute.
Conservo gelosamente una sua lettera, nella quale mi assicurava che faceva voti al Si-
gnore perché, quando che sia, si fosse potuto aprire in questa mia Diocesi, tanto e tanto
bisognosa di ecclesiastici operosi e ripieni dello spirito del Signore, una casa Salesiana,
quando haec erunt?”.285
Dopo le notizie allarmanti che si rincorrevano circa la salute di don Bosco,
mons. de Riso il 15 gennaio 1888 scrisse ancora a don Bosco sia per assicurarlo delle
sue preghiere, sia per inviargli un’altra offerta a suo nome e dei suoi familiari, che per
ricordare il suo desiderio di avere nella sua diocesi una casa salesiana:
“Rever.mo e Cariss.mo D. Bosco, dopo mille ansie per la sua salute, dopo molte dub-
biezze nelle quali gettarono l’animo nostro le notizie della malattia che travagliava lei,
con piacere abbiamo appreso ch’ella è migliorata positivamente. Il Signore la conservi
per lunghi altri anni all’affetto di tanti suoi beneficati.
Le spedisco lire venticinque, delle quali dieci sono per conto mio, dieci le manda mio
fratello cooperatore dal letto dei suoi dolori e cinque mia sorella cooperatrice.
Le imploro dal cielo ogni benedizione, mi raccomando alle orazioni sue e dei suoi sacer-
doti. Aff.mo in G. C. Bernardo M. Vescovo di Catanzaro
P.S. Non cesso poi, di far voti al Signore, perché si possa stabilire in questa Calabra
Contrada una casa de’ suoi Salesiani; ed aggiungo che ciò sarebbe di sommo gradimento
al S. Padre, il Quale degnavasi un mese fa dirmi a voce che questa regione Calabra
aveva assoluto bisogno d’un Istituto moderno per la educazione religiosa delle popola-
zioni rurali. Ciò piacerebbe pure alla buona Baronessa D[onna] Enrichetta Scoppa”.286
Al vescovo fu risposto il 20 gennaio, ma sulla lettera si legge solo questa nota
284 La baronessa Maria Enrichetta Scoppa di Badolato è nata a S. Andrea sul Ionio
(Catanzaro) il 4 novembre 1831 ed è morta il 31 gennaio 1910; cf BS 4 (1910) 126.
285 ASC F 973 Catanzaro, lett. de Riso - Bosco, Catanzaro 18 ottobre 1887; FDB mc.
141 A 4.
286 Ib., lett. de Riso - Bosco, Catanzaro 15 gennaio 1888; FDB mc. 141 A 5.

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Le richieste di fondazioni a Don Bosco... 149
degna di rilievo: “D. Durando potrà conservarla”. Dopo la morte di don Bosco, mons.
Bernardo de Riso riprese con don Rua le trattative per una fondazione nella sua dio-
cesi, che portarono i Salesiani ad assumere la direzione del seminario di Catanzaro
nel 1894. L’esperienza, però, l’anno successivo si chiuse tragicamente.287
29. San Paolo di Civitate (senza data)
Un proprietario di San Paolo di Civitate (Foggia), in seguito alla lettura del Bol-
lettino Salesiano, pensò di poter fondare un’opera salesiana anche nel suo paese per il
bene della popolazione, per cui scrisse a don Bosco, chiedendo di indirizzare la ri-
sposta al sac. Vincenzo Venditti:
“Rev.mo Signore D. Bosco, un proprietario della Capitanata, che non ha eredi, vorrebbe
colla modesta sua proprietà provvedere in modo stabile al bene spirituale del suo piccolo
paese, che conta appena tremila abitanti.
Dietro la lettura del Bollettino Salesiano egli è venuto nella determinazione di fondare in
esso una Casa de’ benemeriti Figli della Signoria V. Rev.ma, i quali col loro ottimo ed in-
gegnoso zelo possono giovare a questa piccola ed assai bisognosa popolazione, operando
in essa quei frutti di salute e di istruzione, che sì copiosi raccolgono in tanti altri luoghi.
L’opera sarebbe di molta gloria di Dio e di immenso bene a queste anime, specialmente
alla gioventù.
Nella sicurezza che la Signoria V. Rev.ma, cui è tanto a cuore la gloria di Dio e la salvezza
delle anime, vorrà annuire a’ voti di chi le scrive, e per ora le tace il suo nome, ed accettare
questa fondazione, è caldamente pregata a volere indicare quello che per essa si richiede.
Oltre alla Casa di abitazione pe’ Padri Salesiani ben comoda, capace di ulteriori ingran-
dimenti ove mai occorresse, e vi si potrebbe anche stabilire un pubblico Oratorio, che
verrebbe dedicato al S. Cuore di Gesù, si cederebbe a favore della fondazione la modesta
proprietà dell’offerente, istituendo padroni assoluti ed indipendenti gli stessi Padri Sale-
siani, che si adopreranno a vantaggio di questa popolazione, provvedendosi nel modo
che Ella nella sua saggezza indicherà, affinché la pia Opera non sia disturbata in futuro
per le vigenti Leggi governative.
Sarà compiacente la Signoria V. Rev.ma indirizzare la risposta, che si spera affermativa,
al R.do Sac. D. Vincenzo Venditti in San Paolo di Civitate (Capitanata), essendone egli
già stato informato”.288
Un appunto autografo di don Rua sulla lettera recita: “D. Durando veda d’in-
tendersi con D. Bosco per la risposta”, ma questa il 26 agosto [manca l’anno] fu
“Impossibile”.
287 Annali II 387-388.
288 ASC F 996 San Paolo di Civitate, lett. [senza nome] - Bosco, S. Paolo di Civitate
[s. d.]; FDB mc. 179 B 4/5.