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belle relative alla loro presenza e distribuzione sul territorio italiano, generalmente
con notevoli intercambiabili differenze tra Nord, Centro e Sud. Speciale rilevanza
evidenziano alcune delle tante opere classificate nella prima serie: gli educandati, le
scuole private elementari e di perfezionamento, le scuole gratuite popolari parroc-
chiali, le scuole elementari comunali, gli asili o giardini d’infanzia, le scuole di la-
voro, professionali e di economia domestica, le scuole di religione. “Opere di preven-
zione morale” sono considerati gli oratori, i pensionati, i convitti per studenti, le case-
famiglia, i convitti per operaie, i doposcuola e le scuole serali, le colonie estive, l’as-
sistenza all’infanzia abbandonata e la “Protezione della giovane”. Primaria per le
FMA come per i salesiani sono indiscutibilmente gli oratori; ma esclusivamente è
l’impegno di esse negli asili infantili e nei convitti per operaie con una radicazione
del tutto originale nel tessuto sociale delle famiglie, del mondo del lavoro e dei suoi
problemi, particolarmente acuti in Italia nei decenni precedenti l’avvento del fa-
scismo. La serie delle opere di penetrazione è rappresentata da una densa costella-
zione di iniziative che assembla i catechismi parrocchiali, l’assistenza delle operaie
sul lavoro, l’associazione delle exallieve delle FMA, i corsi di esercizi spirituali, i
pensionati o case di ritiro per signore, gli ospedali e ricoveri per anziani, la case di
suore addette a collegi salesiani. Dalla guerra, infine, nascono impegni negli ospedali
militari e opere per i figli di richiamati e per gli orfani.
Al di là dei diversi problemi organizzativi, economici, legali posti dalle diffe-
renti opere, ritorna in tutte un tema che costituisce, forse, la principale idea guida del
lavoro, tematizzata nella seconda parte: l’adeguatezza o meno delle FMA nell’assimi-
lazione e nella pratica del “sistema preventivo” di don Bosco. Al lettore si presenta
una siffatta gamma di realizzazioni, comprovate da una frequenza tale di riconosci-
menti dai fronti più diversi, compresi quelli ideologicamente prevenuti, da ricavarne
un’impressione largamente positiva, naturalmente temperata dai limiti propri della
“provincia pedagogica”, che ignora la perfetta coincidenza di reale e ideale (quale?)
del regno di utopia. Per don Bosco, per i salesiani e per le Figlie di Maria Ausilia-
trice, il confronto con il tipico metodo o sistema educativo non ha né potrebbe avere
come riferimento soltanto i parziali “pensieri” (“alcuni”, dice don Bosco), “un cenno”
o l’indice di una possibile futura operetta” (non un “trattatello”), come premette l’Au-
tore delle pagine del 1877, tra l’altro evidentemente di indirizzo “collegiale”. Il “si-
stema” è una ricca esperienza nata e vissuta fin dagli anni ’40 e molti ne sono i docu-
menti: i cenni storici, i ricordi confidenziali, le memorie (tra cui salienti le Memorie
dell’Oratorio degli anni ‘70), le lettere individuali e circolari, le conferenze, le bio-
grafie giovanili… Dalla monografia della Loparco le Figlie di Maria Ausiliatrice in
Italia appaiono complessivamente, sia per “trasmissione viva dell’esperienza, per
contagio e tradizione” (p. 285) sia per serie e diligenti conoscenze, valide eredi e ot-
time continuatrici del messaggio pedagogico trasmesso dal fondatore e dalla fonda-
trice. Anzi, chiamate a operare in situazioni molto diverse e, talora, del tutto impre-
viste e ardite – per esempio, i convitti per operaie, il lavoro tra gli emigranti, gli ospe-
dali militari – seppero del “sistema” adottare le più consone versioni metodologiche,
seppure con l’inevitabile sbilanciata sottolineatura di un motivo o dell’altro: disci-
plina e amorevolezza, assistenza vigile e materna fiducia, rigida preservazione morale
e religiosa e libertà condizionata, serie esigenze di impegno (studio, lavoro, pratiche)