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STUDI
LE OPERE E I GIORNI DI DON BOSCO
NELL’EPISTOLARIO 1864-1868.
Introduzione alla lettura *
Pietro Braido
7. Per la chiesa di Maria Ausiliatrice (1863-1868)
La chiesa-santuario di Maria Ausiliatrice in Torino non ha all’origine un
fatto straordinario, un’apparizione, un miracolo di guarigione, una sorgente
prodigiosamente zampillata. Vi è agli inizi la devozione, l’intuizione e la vo-
lontà realizzatrice di un sacerdote educatore e fondatore religioso, consape-
vole dell’importanza di Maria Auxilium christianorum sia in tempi calamitosi
per la Chiesa sia nella vita spirituale dei suoi giovani, come credeva e scri-
veva già nel 1858.136
Alle enormi spese di costruzione egli faceva fronte con la tenacia, l’in-
traprendenza e le straordinarie capacità di coinvolgimento sviluppate a To-
rino, Milano, Firenze, Roma e in altre città d’Italia, dove inviava come
“missus ad omnia” (Letture Cattoliche, lotteria, raccolta di offerte e altri) il
salesiano laico cav. Federico Oreglia di S. Stefano. Nella primavera del 1864
erano completati i lavori di scavo. A fine gennaio don Bosco aveva ottenuto
dal direttore generale delle ferrovie, Bartolomeo Bona, il trasporto gratuito da
Borgone di Susa di 20 mila quintali di pietre; 137 poi, quando l’architetto An-
tonio Spezia ebbe dato gli ultimi ritocchi al disegno, diffondeva nell’Italia
settentrionale e centrale una circolare, a cui erano unite schede di sottoscri-
zione, raccomandandosi “alla carità dei divoti di Maria”, con la previsione del
compimento dell’opera in tre anni.138 A un sacerdote in pensione faceva una
* Continua da RSS 31 (1997) p. 263.
136 Cf G. BOSCO, Il mese di maggio, giorno 9, pp. 63-64, OE X 357-358. La meditazione
si concludeva con l’invocazione del fedele Auxilium christianorum, ora pro nobis (p. 64, OE X
358), mentre l’Esempio si riferiva alle vittorie cristiane con Pio V e VI.
137 Lett. di fine gennaio 1864, Em II 33.
138 Circolare di metà marzo 1864, Em II 41-43.

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8 Pietro Braido
singolare proposta: “Se il Sig. Pievano Agliani avesse cedole o capitale dispo-
nibile vorrebbe cederlo per costruire questa chiesa? Il Sig. Pievano si conten-
terebbe di ricevere il regolare interesse sua vita durante, dopo morto (al più
tardi che Dio vorrà) permetterà che tale obbligazione rimanga estinta?”.139 In
una circolare del settembre 1864 prevedeva una spesa di “dugento mila
franchi” e il compimento dei lavori “in tre anni”.140 Spedendo pacchi di circo-
lari a due benefattrici egli toccava per la prima volta il tema della “casa” di
Maria, una “casa materiale”, che avrebbe meritato agli offerenti “un bell’al-
loggio nel paradiso”.141 All’inizio del 1865 a don Domenico Pestarino faceva
cenno della lotteria che pensava di lanciare alla fine di aprile, dopo quella in
corso in favore dell’istituto dei sordomuti, e si raccomandava per un prestito
di 5.000 lire.142 Il 24 aprile 1865 don Bosco diramava un invito alla posa della
pietra angolare, il giorno 27, con l’“ordine della funzione”: “Sua Altezza
Reale il Principe Amedeo metterà la prima calce; S. E. il Vescovo di Casale
farà la funzione religiosa”.143
Senza indugio partiva la laboriosa lotteria, che l’avrebbe impegnato per
un biennio.144 Si rivolgeva per l’autorizzazione al prefetto della città, elen-
cando i tanti impegni finanziari a cui doveva far fronte e chiedendo l’appro-
vazione della commissione promotrice e dell’emissione di 94.404 biglietti a
50 centesimi ciascuno.145 Dopo due anni di traversie, con una circolare del 15
aprile 1867 poteva annunciare l’elenco dei numeri vincenti e ringraziava “con
tutta l’effusione del cuore dei disturbi, delle sollecitudini e di tutta la carità
usata nel corso di questa opera di beneficenza”.146
Il 4 giugno e il 29 agosto 1865 informava il marchese Fassati del progres-
so dei lavori: “La chiesa di Maria Ausiliatrice è già due metri sopra il pavi-
mento e si lavora con alacrità”; quanto alle finanze, assicurava: “il Signore di-
spose che finora non ci mancasse nulla che abbia potuto far ritardare i lavori”; 147
“la nostra chiesa va avanti, ed una parte delle mura giunge già all’altezza del tet-
139 Al teol. G. Agliani (1805-1871), 26 lug. 1864, Em II 63-64.
140 Circ. di settembre 1864, Em II 72-73. Un pacco di circolari inviava per la diffusione
alla co. Pauline Crotti di Costigliole e alla march. Maria Fassati, 8 e 13 sett. 1864, Em II 75-77.
141 Lett. alla co. Pauline Crotti di Costigliole, 8 sett. 1864, Em II 75; alla march. Maria
Fassati, 13 sett. 1864, Em II 76.
142 Lett. degli inizi del 1865, Em II 104.
143 Em II 123. Per indisposizione del Calabiana presiedette la funzione religiosa mons.
Odone, vescovo di Susa.
144 Vi si riferiscono alcune circolari e molte lettere, da aprile 1865 a giugno 1867: per le
circolari, Em II 130-131, 215-216, 237, 327-328, 356; per le lettere, Em II 136, 140, 148, 157,
161, 177, 182, 191-192, 208, 213, 219, 220, 223, 224, 224-225, 234, 238, 279, 306, 332, 342,
344, 352, 366, 391.
145 Lett. del 15 mag. 1865, Em II 136.
146 Em II 356.
147 Lett. del 4 giu. 1865, Em II 139-140.

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 9
to. Questa chiesa spero che sarà per Lei e per tutta la sua famiglia una caparra
sicura della efficace protezione di Maria Ausiliatrice. Abbia in Lei molta fidu-
cia”.148 L’11 settembre, al conte Carlo Cays, a cui era nato “un erede”, annun-
ciava e chiedeva: “La chiesa è al coperchio; ed ho bisogno che mi aiuti a co-
prirla. In che modo? Con que’ listelli, tegole, assi, reme, remoni [abetelle di va-
rie dimensioni recise al suolo], travi o travicelli, che Ella avesse fuori d’uso e
che volesse regalare alla Madonna Ausiliatrice”; e spiegava: “Essendo diffici-
le il questuare danaro, ho pensato di appigliarmi al consiglio del cav. Zaverio
Collegno di questuare materiali”.149 Alla marchesa Maria Fassati il 3 febbraio
1866 inviava tre pacchi di biglietti della lotteria, facendo previsioni azzardate:
“I lavori della chiesa continuano e sembra probabile che alla festa dell’Imma-
colata Concezione ci si possa celebrare la prima messa. Ma ci vuole grave
somma”.150
Forte di un’alta protezione iniziava una lettera al sindaco per ottenere la
rettificazione di via Cottolengo, poi concessa: “L’anno scorso nell’occasione
che S. A. R. il Principe Amedeo, in compagnia del sig. Sindaco che assisteva,
metteva la pietra fondamentale di una nuova chiesa, facevasi dimanda che
fosse rettilineata la via Cottolengo di fronte al nuovo edifizio”.151 Alla con-
tessa Callori proponeva, in modo non meno sottile, di contribuire alle spese
per la statua di Maria Ausiliatrice, alta quattro metri, con rame di notevole
spessore: “La spesa è di dodici mila franchi; una signora si offre per otto
mila. Io non intendo di legare Lei pel rimanente ad eccezione che questa
Madre avesse fatto nevicare o facesse nevicare marenghini in sua cassa”.152
Al cav. Federico Oreglia scriveva il 21 maggio nell’imminenza della guerra
(14 giugno-26 luglio 1866) contro l’Austria: “I quaranta muratori, che dove-
vano lavorare, furono ridotti al numero di otto per mancanza di mezzi. È un
momento per noi assai calamitoso per l’impotenza in cui i soliti nostri bene-
fattori si trovano, speriamo che Dio manderà quanto prima la pace fra i popoli
cristiani e che i sudditi potranno unirsi intorno al loro sovrano ed occuparci
tutti con un animo più tranquillo alla salvezza dell’anima”.153 Alla contessa
Uguccioni annunciava: “La cupola della chiesa è a buon punto, ma a motivo
dei quattrini i lavori sono ridotti a poca entità. Possiamo dire che la principale
questuante per questa chiesa è la stessa Maria Ausiliatrice. Tutti i giorni si co-
minciano novene con promessa di qualche oblazione se si ottiene la grazia; fi-
148 Em II 159.
149 Em II 163-164.
150 Em II 208.
151 Lett. del 26 febbr. 1866, Em II 211-212.
152 Lett. del 31 mar. 1866, Em II 221-222.
153 Em II 241-242.

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10 Pietro Braido
nora niuno fu deluso e così teniamo in movimento le opere di costruzione”.154
Il 21 settembre 1866 invitava alla cerimonia della posa dell’“ultimo mattone
sulla cupola del sacro edifizio”.155 Alla sorella di Silvio Pellico, residente a
Chieri, il 13 aprile 1867, faceva previsioni rosee: “La Chiesa di Maria Ausi-
liatrice va avanti, e se questa Madre celeste continua, come ora fa, a conce-
dere i suoi celesti favori a chi concorre per questo sacro edifizio, credo che in
questo anno ci andremo dentro per le sacre funzioni”.156
Altra circolare don Bosco inviava in data “24 maggio 1867, festa di Ma-
ria Ausiliatrice”, al fine di ottenere aiuti per gli “ornamenti interni” e in parti-
colare per una cappella con altare dedicato ai SS. Cuori di Gesù e di Maria.157
Un anno prima della consacrazione scriveva al cav. Oreglia: “Tutte le cose van-
no bene; Maria Ausiliatrice continua piucché mai le sue maraviglie per cui,
grazie a Dio, le cose nostre vanno avanti con alacrità e colla massima soddi-
sfazione”; 158 “la casa va bene, la chiesa va a maraviglia e la B. V. ci favorisce”; 159
“se ha danaro da spedire ce lo mandi, che ne abbiamo bisogno specialmente in
questi giorni che tutti dimandano e ad eccezione delle oblazioni per grazie ri-
cevute del resto ci viene proprio niente”.160 In settembre scriveva alla contessa
Uguccioni che “la tristezza dei tempi” aveva costretto a un rallentamento dei
lavori, tuttavia prevedeva l’inaugurazione in primavera: “non già che questa
Madre cessi dal benedire gli oblatori di quest’opera pia – avvertiva –, ma le mi-
serie fanno sì che le oblazioni, sebbene moltiplicate, siano divenute grande-
mente tenui”.161 Altrettanto confidava al cav. Oreglia: “La Madonna ci ajuta in
modo efficace ogni giorno. Ma i tempi rendono le offerte così piccole, che noi
ci troviamo in vere strettezze”. Insieme elencava tanti lavori terminati o da
terminare, tutti finanziati. Di seguito accennava a un caso delicato relativo al
valetudinario conte Vimercati, che il cavaliere diceva aggravato. Don Bosco
rammenta che, suo ospite a Roma, l’aveva visto per più giorni immobilizzato.
Si era pregato per lui, che aveva promesso il rame per la cupola di Maria Au-
siliatrice. Dopo tre giorni “passeggiava per sua camera”. “Contento mandò su-
154 Lett. del 20 lug. 1866, Em II 275.
155 Em II 295-296.
156 Em II 355. Lo stesso termine prevedeva nella circolare del 15 aprile, che accompa-
gnava l’elenco dei numeri vincenti della lotteria (Em II 356).
157 Em II 275-276. Vi accennava anche in una lettera a madre Maddalena Galeffi del
maggio 1867, Em II 377. Da una “dichiarazione di ricevuta” si ricava che i conti di Viancino
hanno regalato una campana (1 ott. 1867, Em II 438-439).
158 Lett. del 2 giu. 1867, Em II 382.
159 Lett. al cav. Oreglia, 11 giu. 1867, Em II 389.
160 Lett. al cav. Oreglia, 22 giu. 1867, Em II 395. Aggiungeva una notazione importante:
“Giunto a Torino bisogna proprio che la facciamo procuratore generale del foro contenzioso,
perché i preti negli uffizi dei procuratori sono fuori di posto” (Ibid., p. 395).
161 Lett. del 25 sett. 1867, Em II 434.

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 11
bito tremila franchi; completò parecchie altre somme”; “credo che in tutto sia-
no cinquemila franchi; ve ne mancherebbero ancora diecimila a completare la
somma di fr. 15 mila come era stato inteso. Io ho detto qualche cosa in luglio,
ma egli rispose che assolutamente non poteva. Forse farà ad altro tempo; ma
crederei bene per lui essere generoso colla Madonna. Ma credo che ciò lo pos-
sa di troppo inquietare”.162 Poi il 25 marzo invitava il cavaliere ad affrettare
il ritorno a Torino, preannunciandogli per giugno la consacrazione della
chiesa.163 Ebbe luogo il 9 giugno e fu seguita da un ottavario,164 che don Bosco
rievocava in un opuscolo pubblicato qualche mese dopo.165
8. L’insistente elemosinare e le “grazie” di supporto
Impegnato in una costruzione dispendiosa e a far fronte ai bisogni mate-
riali delle sue opere, in particolare dell’Oratorio di Valdocco, don Bosco
chiede in tutte le direzioni e in tutte le forme. Scrive, parla, contatta. E a un
certo punto si serve del distinto religioso laico salesiano cav. Federico Oreglia
di S. Stefano, a cui un giorno con tono burocratico invia una lettera di impli-
cita presentazione ad omnes.166
8.1 Preghiere, offerte, “grazie”
All’instancabile elemosinare si intrecciava l’assicurazione di particolari
benedizioni di Dio mediante l’intercessione di Maria Ausiliatrice. Le “grazie”
propiziate dalla Vergine spesso erano indicate in modo generico, altre volte
garantite per casi particolari, per esempio il colera ricorrente in questi anni.
Non raramente erano assicurati esiti prodigiosi, subordinati alla fede dei ri-
chiedenti, a preghiere determinate e a oblazioni effettuate o promesse.
Il premio più alto era naturalmente proiettato nella vita eterna. Perciò, si
162 Lett. del 18 nov. 1867, Em II 451-452. Sul seguito dei lavori e le ricorrenti strettezze e
necessità tornava in altre lettere al cav. Oreglia: 7 e 15 dic. 1867, Em II 456 e 458-459; 3, 13, 21,
22, 29 genn. 1868, Em II 474-475, 485-486, 487-488, 489, 494-495; 11 febbr. 1868, Em II 498.
163 Lett. al cav. Oreglia, 25 mar. 1868, Em II 515-516 (di nuovo il 3 e 10 apr., Em II
518-519 e 522-523). Lo stesso annuncio dava al conte Bentivoglio (3 mag. 1868, Em II 532) e
a mons. Ferrè, invitandolo a celebrare e a predicare (24 e 27 mag., Em II 535-536, 537).
164 Erano collettori alla porta della chiesa dei nobili, tra cui il barone Bianco di Barbania
e il conte Francesco di Viancino: cf lett. al Viancino del 6 giu. 1868, Em II 542-543.
165 Rimembranza di una solennità in onore di Maria Ausiliatrice pel sacerdote Giovanni
Bosco. Torino, tip. dell’Oratorio di S. Francesco di Sales 1868, 172 p., OE XXI 2-174.
166 Lett. del 10 nov. 1865, Em II 182. È la prima delle 33 lettere al cavaliere contenute
nel volume, tutte già note. Alla missione dell’Oreglia si riferiva in lettere al padre oratoriano
Giulio Metti e alla contessa Uguccioni e Cambray Digny (lett. del 12 nov. e 3 dic. 1865, Em II
183 e 186).

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12 Pietro Braido
trova richiamato in più lettere lo scambio tra la contribuzione per la costru-
zione della “casa” della Madonna in terra e la certezza della dimora in cielo. Il
5 luglio, trovandosi “alle strette per fare andare avanti la chiesa di Maria Ausi-
liatrice”, don Bosco si raccomandava al cav. Saverio Provana di Collegno,
proponendogli alcuni lotti di spesa con superiore mercede: “Io credo che la
Madonna Santissima la compenserebbe con preparare a Lei, ai cari Emanuele
e Luigi una bella abitazione in cielo, perché Ella aiuta a compiere la sua casa
sopra la terra”.167 A un ex-parroco in riposo chiedeva un sussidio urgente di
duemila lire o “per elemosina” o “in forma di mutuo”, aggiungendo: “Spero
che la Santa Vergine non mancherà di prepararle una bella camera [= stanza]
in cielo perché Ella ajutò a costruirle una casa sopra la terra”.168 “Una bella ca-
mera per Lei e per la sua famiglia in cielo vicino alla Madre di Dio”, assicu-
rava anche al conte Francesco di Viancino.169 Alla generosa marchesa Fassati,
accennato allo stato dei lavori, “assai ben avviati”, ma contratti “per mancanza
di mezzi” proprio “nel tempo più opportuno per lavorare”, proponeva: “Se può
fare qualche mutuo alla Madonna sarebbe tempo il più propizio, e credo che
ne avrebbe interesse che molto eccederebbe il 5% legale. Ne parli col sig.
Marchese, e poi faccia quel che può a maggior gloria di Dio”.170 Per la guari-
gione di una “giovinetta malata” fissava quale “rimedio spirituale” l’abituale
serie di preghiere: nel mese di giugno, “ogni giorno tre Pater, Ave e Gloria al
Sacratissimo Cuore di Gesù ed in onore del SS.mo Sacramento; tre Salve a
Maria SS. colla giaculatoria Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis”;
ogni giorno la messa di don Bosco e speciali preghiere e la comunione dei suoi
giovani; un’offerta per la chiesa in costruzione.171 Allo scopo di ottenere una
grazia spirituale, “muovere il cuore del raccomandato”, le medesime indica-
zioni venivano tradotte in una precisa ricetta in tre punti in una lettera alla co.
Bianca Pasetti Villani.172 Lodava pure l’iniziativa di don Pestarino che inten-
deva promuovere una “questua del vino” tra gli agricoltori di Mornese, purché
– gli raccomandava – “insista che non facciano nulla per amore di D. Bosco,
ma unicamente per amore di Maria Ausiliatrice, affinché benedica e protegga i
frutti delle loro campagne, e in onore di S. Giuseppe affinché ci ottenga da Dio
il dono della sanità in vita e ci assista poi al punto della morte”.173
167 Lett. del 5 lug. 1865, Em II 146.
168 Lett. del 17 lug. 1865, Em II 149; cf anche lett. ad una signora di Firenze del 6 mar.
1866, Em II 214.
169 Lett. del 30 mar. 1866, Em II 220.
170 Lett. del 21 apr. 1866, Em II 230.
171 Lett. alla co. Luigia Barbò di Milano, 30 mag. 1866, Em II 250.
172 Lett. del 18 sett. 1867, Em II 429-430.
173 Lett. a don Domenico Pestarino del 4 ott. 1867, Em II 440; don Bosco sarà a Mor-
nese dal 9 al 13 dicembre: cf lett. del 3 e del 25 dic., Em II 453-454 e 464-465; nella seconda
accenna a grazie prodigiose ottenute per intercessione di Maria Ausiliatrice.

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 13
Del colera aveva già scritto nell’agosto del 1865 al ministro degli Inter-
ni Giovanni Lanza, offrendo la disponibilità di posti per giovani “fatti orfani
o ridotti alla miseria per questa sciagura”.174 A pochi giorni di distanza vi si ri-
feriva scrivendo alla contessa Callori, promettendo preghiere e auspicando
“che la santa Vergine tenga a tutti assicurata una bella camera in Paradiso”.175
Promesse più precise, su eventi presenti o temuti, pubblici e privati, faceva,
nell’estate del 1866, alla contessa Anna Bentivoglio, che precedentemente
aveva già rasserenato su inquietudini spirituali e materiali: “Da più lettere che
io ricevo da Roma sembrami che molti siano inquieti per prossimi tristi avve-
nimenti in Roma. Non si inquieti, che per ora non vi è nulla a temere, né per
la pubblica tranquillità, né per la persona del S. Padre. Neppure Ella tema
niente del colera. Di tutti quelli che aiutano alla costruzione della chiesa di
Maria Santissima Ausiliatrice niuno sarà vittima del morbo micidiale”.176
Analoga rassicurazione dava alla marchesa Luisa Cappelletti: “In quanto al
cholera non tema niente; vada a Roma, rimanga a Frascati, avvi nulla a teme-
re per Lei. Niuno di questi che aiutano a costruire la chiesa di Maria Ausilia-
trice in Valdocco sarà vittima del morbo micidiale, purché riponga in lei la
sua fiducia”.177
8.2 Proiezioni verso la Lombardia, il Veneto e la Toscana
Il quinquennio portava don Bosco a viaggi più frequenti: in treno, dili-
genza, calesse; brevi, rapidi in Piemonte, prolungati in regioni vicine o nuove.
Le città più importanti raggiunte sono Milano e Venezia “all’estero” (fino ad
ottobre 1866 appartennero al regno Lombardo-Veneto), Genova, Pisa, Firenze
(dal giugno 1865 effettiva capitale d’Italia), Roma.
Della metà del mese di ottobre 1865 è il viaggio Milano-Venezia, con
tappa a Lonigo (Vicenza), ospite del conte Tommaso Mocenigo Soranzo.178
A Venezia è ospite di don Giuseppe Apollonio, successivamente vescovo di
174 Lett. del 9 ag. 1865, Em II 155.
175 Lett. alla co. Carlotta Callori, 31 ag. 1865, Em II 160.
176 Lett. del 30 sett. 1866, Em II 302; cf lett. del 18 lug. 1866, Em II 272. Per crucci spi-
rituali aveva scritto al marito: “la Santa Vergine invocata come Ausiliatrice de’ Cristiani con-
cede grazie non ordinarie; preghiamola, speriamo in Lei, che le darà miglior avvenire” (lett. del
29 sett. 1866, Em II 300).
177 Lett. del 22 ott. 1866, Em II 305.
178 Cf lett. a don Rua, 14 ott. 1865, Em II 173. “Fui a Lonigo ed ho parlato molto di Lei
in casa Soranzo dove Ella era stato poco prima. Che buona e santa famiglia! Sono eziandio
passato a Milano e mi fermai alcune ore per vedere il sig. duca Scotti e la sig.ra duchessa
Melzi, ma erano già ambedue partiti per Roma” (lett. al march. Giovanni Patrizi, 23 ott. 1865,
Em II 176).

1.8 Page 8

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14 Pietro Braido
Adria-Rovigo (1879) e Treviso (1882-1903): “Quante cose ho da raccontare
delle Lagune, delle Gondole, di S. Marco, di D. Apollonio etc.!”.179
In una lettera del 7 febbraio 1866 a Giuseppe Guenzati, da lui cono-
sciuto insieme a Giuseppe Pedraglio nel 1850 all’Oratorio S. Luigi, don
Bosco annunciava: “domani alle 11 sarò a Milano”.180 Entro breve tempo ri-
tornava a Milano, con rapida visita a Monza,181 e a Cremona.182 A Milano an-
dava ancora tra settembre e ottobre, incontrandovi la contessa Luigia Barbò e
la duchessa Barbara Melzi d’Eril, da tempo in relazione con Bosco.183 Altro
viaggio a Milano faceva a fine ottobre 1867,184 fermandosi nel ritorno a Ca-
sale.185 Due soggiorni a Milano si registrano ancora nel 1868, il primo dal 9
all’11 febbraio, ospite dell’arcivescovo, mons. Calabiana,186 il secondo a metà
ottobre.187
Ma già al termine del 1865 don Bosco aveva raggiunto anche la To-
scana, mettendo piede per la prima volta a Pisa e a Firenze. Era urgente e “ne-
cessario”, in particolare dopo lo spostamento del baricentro politico italiano
nella metropoli toscana, prendere contatto con più ampie possibilità di ap-
poggi, amicizie e fonti di beneficenza. Nell’Epistolario si trova, anzitutto,
una bella lettera-cronaca della fermata a Pisa, ospite del cardinal Cosimo
Corsi, conosciuto esule a Torino nel 1860.188 Dell’andata e del soggiorno a Fi-
renze ci sono soltanto preannunci 189 e informazioni frammentarie 190 o po-
stume.191 Alla contessa Uguccioni, manifestava “la santa impressione”, che
avevano lasciato in lui “la pietà, la carità e la cortesia de’ fiorentini” e soprat-
tutto della famiglia e del marito, ringraziando “Iddio che si degnò inspirare
tanto coraggio, fede e fermezza nella nostra cattolica religione”.192 Analoga
179 Lett. a don Rua, tra il 15 e il 19 ott. 1865, Em II 175.
180 Em II 208.
181 Cf lett. a madre Ancilla Ghezzi, 6 sett. 1867, Em II 426-427.
182 Cf lett. al cav. Oreglia, 8 mar. 1866, Em II 215.
183 Cf lett. alla co. Barbò, 26 ag. 1866, Em II 288.
184 Cf lett. alla co. Barbò, 9 ott. 1866, Em II 303.
185 Lett. a don Provera, fine ott. 1867, Em II 448. A Milano ritornava il 25 novembre,
fermandosi 3 giorni (cf Cronaca di don Rua, RSS 8 (1988) 343-344).
186 Em II 496.
187 Lett. alla co. Luigia Barbò, 3 ott. 1868, Em II 581; cf lett. alla co. Margherita Caccia
Dominioni, 3 ott. 1868, Em II 581-582.
188 Cf lett. a don Rua, 13 dic. 1865, Em II 189.
189 Lettere al Padre filippino Giulio Metti, 6 e 12 nov., Em II 180 e 183; alla carmelitana
Teresa Angelica, 22 nov. 1865, Em II 185; alla contessa Cambray Digny, 3 dic. 1865, Em II 186.
190 Lett. alla contessa Cambray Digny, 15 dic. 1865, Em II 190: le annunciava alcuni
spostamenti per l’indomani: dalle 8 alle 10 a S. Domenico o S. Marco, alle 3 1/2 pomeridiane
in casa Uguccioni e all’“educatorio delle suore della carità”. Cf anche lett. al marchese Angelo
Nobili Vitelleschi, 21 dic. 1865, Em II 191-192.
191 Lettere all’arcivescovo, mons. Limberti, 27 dic. 1865 e 18 genn. 1866, Em II 193 e 198.
192 Lett. del 22 genn. 1866, Em II 199. Il 3 febbraio 1866 scriveva al rettore del semi-

1.9 Page 9

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 15
era la valutazione che faceva del senatore Giuseppe Cataldi di Genova, dove
si proponeva di andare al più presto: “tanto più di cuore – diceva – perché so
che è un fervoroso cattolico che per me è la cosa più cara del mondo”.193 A
Genova, come a Milano,194 a Venezia, a Firenze, e poi a Roma, don Bosco si
muoveva a suo agio in un mondo laico ed ecclesiastico di incrollabile fede
cattolica e filopapale, allergico a prospettive di trasformazioni politiche e so-
ciali viste come rivoluzione ed eversione.
8.3 Secondo viaggio fiorentino e romano
In dicembre 1866 don Bosco decideva un secondo rapido viaggio a Fi-
renze, preannunciando con lettere dell’8 dicembre alle contesse Cambray Di-
gny e Uguccioni il suo arrivo il lunedì 10 dicembre col treno delle 7,55.195 Da-
tate da Firenze al 17 e al 18 sono due lettere indirizzate rispettivamente alla
Cambray Digny e a madre Galeffi di Roma, Tor de’ Specchi. Incoraggiava la
prima a portare avanti il progetto della cappella in onore di S. Anna nella chie-
sa di Maria Ausiliatrice; rassicurava la seconda, probabilmente preoccupata del
possibile incameramento del monastero, poi non avvenuto: “Non tema niente,
preghi e speri”.196 A visita avvenuta, il 19 dicembre informava don Bonetti:
“Ti scrivo da Bologna dove mi fermo alcune ore; sta sera sarò a Guastalla
[presso il vescovo amico mons. Rota], dimani a sera a Torino”.197
Più complessi erano i motivi che lo inducevano a portarsi a Roma.198
Il principale era, certo, quello di sbloccare personalmente le trattative per la
Società salesiana. Ma non era meno importante sondare e muovere il mondo
della beneficenza e dei consensi in favore delle opere giovanili, la costruzione
della chiesa di Maria Ausiliatrice, la lotteria, le Letture Cattoliche. Invece,
nell’Epistolario, lievi o incerte sono le tracce del limitato intervento “poli-
tico-ecclesiastico” di don Bosco nella questione delle sedi episcopali vacanti
nario di Firenze, annunciandogli l’invio di libri “adattati per la gioventù” e raccomandandogli
in particolare la diffusione delle Letture cattoliche (lett. al can. Checcucci, 3 febbr. 1866,
Em II 207).
193 Lett. al can. M. Fantini, 11 apr. 1866, Em II 225.
194 Alcune corrispondenti milanesi: Carolina Rivolta Guenzati, 26 dic. 1867, Em II 466;
duchesse Maria Melzi d’Eril ed Elisa Sardi Melzi d’Eril, genn. e 12 apr. 1868, Em II 468 e
523; duca Tommaso Gallarati Scotti, 26 febbr. 1864 e 19 mar. 1868, Em II 39 e 514; contessa
Margherita Caccia Dominioni, 4 apr. 1868, Em II 520.
195 Em II 315 e 316.
196 Em II 316 e 317.
197 Em II 318; così anche a don Rua, Em II 319.
198 Sul soggiorno romano don Francesia pubblicava quasi trent’anni dopo il volume Due
mesi con Don Bosco a Roma. Memorie (Torino, Libreria Salesiana 1904, 281 p.). A Roma don
Bosco fu ospite del conte Giovanni Vimercati, già ricordato, nel palazzo in piazza S. Pietro
in Vincoli.

1.10 Page 10

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16 Pietro Braido
in Italia, nel tempo delle “missioni” Vegezzi (1865) e Tonello (1866-1867).199
Sulle priorità e la consistenza dei contatti romani è illuminante una let-
tera scritta alcuni mesi dopo al suo fiduciario, cav. Federico Oreglia di S. Ste-
fano. Egli si scusava di non aver potuto incontrare persone amiche e spiegava
la selezione delle altre: “Ella poi sa che io doveva evitar certe persone, altre
frequentare perché buoni cattolici del nostro spirito e pronti ad ajutarci”; e fa-
ceva un lungo elenco di ecclesiastici e laici.200
Del soggiorno l’Epistolario documenta in particolare lo smercio dei bi-
glietti della lotteria, la cui estrazione era fissata al 1° aprile.201 Appare pure
cordiale l’incontro con lo scolopio p. Checcucci, rettore del collegio Nazareno,
e con i giovani alunni; 202 a lui inviava addirittura 400 biglietti della lotteria.203
Nel contempo rassicurava don Rua del suo costante pensiero a Valdocco: “I no-
stri affari qui vanno bene; spero che dimani potrò scrivere una lettera ai nostri
cari giovani. Continuate a pregare pel vostro D. Bosco che è tutto occupato di
voi”.204 Due lettere documentano la sua presenza nell’eremo dei Camaldolesi
sopra Frascati l’8 e 9 febbraio e un invito a cena la sera dell’11 febbraio nel pa-
lazzo del principe Orazio Falconieri di Carpegna.205 Cordiale e riconoscente è
una lettera, a Roma, al conte Annibale Bentivoglio. In essa prometteva una vi-
sita e cercava di rasserenare l’ansiosa consorte.206 Da Roma il 26 febbraio fa-
ceva spedire una circolare, datata “Torino, 1° marzo 1867”, con la quale co-
municava ai benefattori la benedizione e le indulgenze, da lui ottenute per es-
si nell’udienza del 12 febbraio.207 Poi da Torino continuava ad inviare bigliet-
ti della lotteria a persone altolocate ivi conosciute e incontrate.208
199 Cf F. MOTTO, L’azione mediatrice di don Bosco nella questione delle sedi vescovili
vacanti in Italia dal 1858 alla morte di Pio IX (1878), in P. BRAIDO (Ed.), Don Bosco nella
Chiesa a servizio dell’umanità. Roma, LAS 1987, pp. 266-276, 280-299; lett. a Pio IX del 30
apr. 1865, Em II 129; al cav. Tommaso Uguccioni Gherardi, 28 sett. 1866, Em II 299; al teol.
G. B. Appendini, 8 ott. 1866, Em II 303; a mons. Limberti, 6 febbr. 1867, Em II 332; al vic.
cap. di Alba, Pietro Salvaj, 8 mar. 1867, Em II 340; al card. Antonelli, 20 mar., 4 e 5 apr. 1867,
Em II 341, 348, 349-350; a Pio IX, 26 giu. 1867, Em II 397-398; a Carlo Canton, 2 nov. 1868,
Em II 592.
200 Lett. del 21 mag. 1867, Em II 372-373; cf anche P.S. della lett. a Pietro Marietti, 21
giu. 1867, Em II 394-395.
201 Cf circolare del 20 genn. 1867, Em II 327-328.
202 Cf lett. del 5 febbr. 1867, Em II 329-330.
203 Cf lett. del 7 febbr. 1867, Em II 332.
204 Lett. del 5 febbr. 1867, Em II 330-331.
205 Lett. al principe dell’8 e 11 febbr. 1867, Em II 333 e 334.
206 Lett. al conte, 16 febbr. 1867, Em II 336.
207 Em II 337-338. Le comunicherà in particolare anche a don Giovanni Tomatis, lett.
del 29 mar. 1867, Em II 345.
208 Cf lett. al duca Rodolfo Boncompagni Ludovisi, 29 mar. 1867, Em II 344, con l’indi-
cazione di eventuali collaboratori.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 17
Sulle risonanze, aspettative, interpretazioni, limiti, diffusi a Roma in-
torno alla sua figura getta qualche luce quanto scriveva al cav. Oreglia il 21
maggio: “Ella dica sempre che io non ho mai vantato cose straordinarie: io ho
sempre detto che M. SS. Aus. ha conceduto e concede tuttora grazie straordi-
narie a quelli che in qualche modo concorrono alla costruzione di questa
chiesa. Io ho sempre detto e dico: l’offerta si farà a grazia ottenuta, non
prima. Del resto non è possibile di contentare tutti anche colla più buona vo-
lontà. Debbo per altro assicurarli, e lo dissi ripetutamente alla march. Villa-
rios, che nel vedermi assediato da tanti e sì diversi personaggi ho fatto pel
tempo che fui in Roma speciali preghiere affinché Dio non concedesse niuna
cosa clamorosa che facesse parlare del povero D. Bosco e in ciò credo che
Dio ci abbia esauditi”.209
A Roma don Bosco fu anche contattato dal duca Scipione Salviati Bor-
ghese per un’eventuale assunzione della gestione della Colonia agricola
Vigna Pia a due miglia fuori Porta Portuense per giovani od orfani o affidati
da benefattori o mandati dalla polizia.210 Le pratiche andarono avanti, senza
esito, con molta lentezza, fra incertezze e speranze.211 Il 1° agosto 1868 la co-
lonia era affidata da Pio IX ai Fratelli della Misericordia del Belgio.
8.4 Un imbarazzante “caso romano”
Non la fama di taumaturgo, ma la credibilità di scrittore e l’attendibilità
di editore e propagandista delle “Letture Cattoliche”, ed ancor più il prestigio
di fondatore e superiore di un istituto religioso don Bosco poté credere grave-
mente compromessi dalla censura da cui si trovava minacciato nell’aprile del
1867 un fascicolo delle “Letture Cattoliche” del bimestre gennaio-febbraio
1867 dal titolo Il Centenario di S. Pietro Apostolo, colla vita del medesimo
Principe degli Apostoli ed un Triduo in preparazione della festa dei Santi
Apostoli Pietro e Paolo, pel Sacerdote Bosco Giovanni.212 La vicenda fu vis-
suta da don Bosco con singolare, non gratuita, preoccupazione, unita a fer-
mezza nella difesa. Le giustificava la solennità del procedimento adottato:
209 Lett. del 21 mag. 1867, Em II 372-373. Discorso analogo farà nell’opuscolo del-
l’anno successivo Rimembranza di una solennità in onore di Maria Ausiliatrice (pp. 95-97,
OE XXI 97-99).
210 Sulla colonia cf Carlo Luigi MORICHINI, Degli istituti di carità per la sussistenza e
l’educazione dei poveri e dei prigionieri in Roma. Libri tre. Edizione novissima. Roma, Stabi-
limento tipografico camerale, 1870, pp. 535-542.
211 Cf lettere al cav. Oreglia, 18 nov. 1867, Em II 452; 3 e 21 genn., 11 febbr. 1868,
Em II 475, 487, 498.
212 Ricostruisce dettagliatamente l’intera vicenda F. MOTTO, «Il centenario di S. Pietro»
denunciato alla S. Congregazione dell’Indice. La memoria difensiva di don Bosco, in
“Ricerche Storiche Salesiane” 15 (1996) 55-99.

2.2 Page 12

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18 Pietro Braido
una ritrattazione chiesta all’autore dal Segretario della Congregazione dell’In-
dice in seguito a una riunione cardinalizia, comunicata ufficialmente tramite
l’arcivescovo della diocesi torinese. Della vicenda l’Epistolario svela alcuni
momenti della difesa fino all’innocua conclusione. Don Bosco ne scriveva la
prima volta al cav. Oreglia il 9 maggio 1867: “Mi fu tentato di far mettere al-
l’indice il Centenario di S. Pietro. Però la Congregazione dell’indice si limitò
a comandare alcune correzioni non specificate, ma per una futura edizione”.
Confidava, inoltre, che della cosa aveva avuto sentore già a Roma e che “una
persona molto amica ne diede la ragione principale”: l’aver avuto in Roma
“di preferenza molta familiarità coi Gesuiti”. Ad ogni modo affidava la causa
e la documentazione al fratello gesuita del cavaliere, p. Giuseppe.213 Al Se-
gretario della Congregazione dell’Indice esprimeva la propria sottomissione
incondizionata “come sacerdote cattolico, come direttore di opere di pubblica
beneficenza, e come scrittore di alcune operette riguardanti la Religione”; 214
nello stesso tempo allegava alcuni “schiarimenti”, che costituivano un’infles-
sibile difesa dei punti contestati.215 In lettere successive egli si serviva del cav.
Oreglia come intermediario col fratello, che operava con estrema abilità e av-
vedutezza.216 Nel problema, come in quelli relativi alla Società salesiana, egli
coinvolgeva pure il domenicano vescovo di Mondovì, mons. Ghilardi, impe-
gnandolo a proteggerlo a Roma, non senza una punta polemica nei confronti
dell’Indice: “Ricevo lettera in cui mi è assicurato che il Santo Padre abbia
sentito rincrescimento che quest’affare sia stato spinto con rigore mentre mi-
gliaja di libri empi e più o meno pieni di errori di religione corrono in tutti gli
angoli, senza che alcuno se ne occupi per farli mettere all’indice”.217 Per la
causa in corso, nell’indirizzo al papa del 26 giugno 1867, esprimeva “grave
rincrescimento” che talune “parole stampate nel libretto” fossero state “intese
da taluni in senso non mai voluto né immaginato”, promettendo che nella
nuova edizione avrebbe modificato “senza limite ogni cosa nel senso indicato
dalla sacra congregazione dell’indice”.218 Effettivamente il libro veniva rie-
dito anche a Roma, come risulta pure da una lettera al cav. Oreglia: “Osservi
213 Em II 366.
214 Lett. al domenicano p. Modena (1807-1870), 21 mag. 1867, Em II 370.
215 Cf il testo degli “schiarimenti” in F. MOTTO, “Il Centenario di S. Pietro”…,
pp. 86-94.
216 Lett. del 21 e 30 mag.; 2, 11, 22 giu. 1867, Em II 372 e 378, 382, 389, 395.
217 Lett. del 1 giu. 1867, Em II 381. “Io non so darmi ragione – scriveva qualche giorno
dopo con uno classico anacoluto al card. de Angelis –, che mentre si stampano migliaia di libri
nefandi e niun se ne cura per farli mettere all’indice, ed io che non risparmio né spesa né fatica
per tenermi ai fonti, agli autori romani con romana approvazione e si usi ciò non ostante tanto
rigore” (lett. del 18 giu. 1867, Em II 392-393).
218 Lett. a Pio IX, 26 giu. 1867, Em II 398; l’aveva annunciata in atto al cav. Oreglia già
l’11 giugno, Em II 389.

2.3 Page 13

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 19
se si è fatta la stampa del nostro Centenario di S. Pietro e me ne mandi
copia”.219 Don Bosco concludeva la vicenda, inviando all’arcivescovo di To-
rino una lettera, nella quale riassumeva la successione dei fatti, e una “copia
della nuova edizione” del libro, perché fossero conservate nell’archivio della
Curia insieme alla lettera e al voto del Consultore romano, “quale documento
della esecuzione dei consigli ricevuti, e della intera e totale sommessione del
povero autore”.220 La sua onorabilità ne doveva uscire garantita anche uffi-
cialmente, nel presente e per il futuro.
8.5 Industrie umane e soccorsi dall’alto
Intanto lungo il 1867 continuava il discorso sull’inscindibile legame tra
beneficenza e grazia, in particolare tra fiducia in Maria Ausiliatrice e preser-
vazione dal colera, suscitando qualche perplessità e richieste di conferme. Su
ciò lo interrogava la signora Carolina Rivolta Guenzati, a cui don Bosco
aveva scritto: “Se Ella mi dà mano, pei primi del prossimo maggio consacre-
remo la novella chiesa al divin culto, ed avrà certamente un potente antidoto
contro al colera ed alle altre disgrazie”.221 In tema, il dire di don Bosco era
chiaro e perentorio, e non solo a una destinataria non identificata: “Quando
parla con persone cristiane dica pure che chi concorre per questa opera di ca-
rità ha un potente antidoto contro al colera e contro ad altre disgrazie che ci
minacciano”.222 L’aveva scritto e lo ripeterà a più persone: “Ella, suo marito,
la sua famiglia tutta non abbiano alcun timore del colera che va per l’Italia
serpeggiando. Non le raccomando altro che la viva fiducia in Maria Ausilia-
trice”; 223 “niuno di quelli che prendono parte alla costruzione della chiesa in
onore di Maria Aus. sarà vittima di questi malanni [nel caso, il mal nero],
purché si riponga fiducia in Lei”; 224 “dica a tutti quelli che hanno concorso
per la nostra chiesa che non abbiano alcun timore del colera. Andassero anche
a servire ne’ Lazzaretti, purché abbiano fede in Maria Ausiliatrice, non ac-
cadrà loro alcun male”.225
219 Lett. del 3 genn. 1868, Em II 474. A Roma usciva col titolo Il centenario di san
Pietro apostolo colla vita del medesimo principe degli apostoli del sacerdote Bosco Giovanni.
Roma Stabilimento tipografico di G. Aurelj 1867, 175 p. Non vi si trovavano l’appendice sulla
venuta di S. Pietro a Roma e il triduo in onore dei santi Pietro e Paolo.
220 Lett. a mons. Riccardi di Netro, 28 dic. 1868, Em II 614.
221 Lett. del 26 dic. 1867, Em II 466 e note documentarie a lin. 17.
222 Em II 471.
223 Lett. alla contessa Uguccioni, 27 lug. 1867, Em II 408.
224 Lett. alla duchessa di Sora, 30 lug. 1867, Em II 410.
225 Lett. alla contessa Barbò, 3 ag. 1867, Em II 414. Analogamente scriveva all’ansioso
march. Ignazio Pallavicini (lett. del 24 ag. 1867, Em II 422; settembre 1867, Em II 423-424).
Di “potente antidoto contro al cholera e contro ad altre disgrazie” scriveva ancora ad altri: let-
tere del 2 e 3 genn. 1868, Em II 470, 472 e 473.

2.4 Page 14

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20 Pietro Braido
Quanto alla certezza di “grazie non ordinarie” si può considerare sintesi
delle sue persuasioni ciò che scriveva al cav. Oreglia nel maggio del 1866, av-
valorandolo con svariati riferimenti a guarigioni e altri fatti prodigiosi, avvenuti
a Chieri, Asti, Cuneo, Saluzzo, Milano, Monza, Venezia.226 “Possiamo dire che
la principale questuante per la chiesa è la stessa Maria Ausiliatrice”, scriveva al-
la Uguccioni,227 dando anche la consueta ricetta in preghiere e offerte.228
Ma la fiducia nella Madonna non esimeva dalla ricerca industriosa e in-
stancabile. Lo ripeteva al cav. Oreglia, ritornato a Roma in ottobre, dopo un
temporaneo soggiorno al nord: 229 “se può ci mandi danaro che ci troviamo
nelle massime strettezze”; 230 “raccolga molti danari poi ritorni, che non sap-
piamo più dove prenderne. È vero che la Madonna fa sempre la sua parte, ma
in fine dell’anno tutti i provveditori dimandano danaro”; 231 “i sorci non pos-
sono scherzare sotto alle unghie del gatto”.232 Nell’aprile 1868 invitava il ca-
valiere, nel suo viaggio di ritorno a Roma, a fermarsi a Firenze “almeno un
pajo di giorni” “per passare dall’Arcivescovo, dalla Digny, dalla M. Nerli,
dalla Uguccioni, dal P. Bianchi etc.”: “io vado di qui disponendo le cose – in-
coraggiava don Bosco –; forse le faranno qualche oblazione”.233
9. Frammenti di “quotidiano” in lettere “familiari”
L’Epistolario è in gran parte proiettato all’esterno, rispecchia le relazioni
sociali. La intensissima “conversazione” quotidiana all’interno è assente.
Sono numerose, tuttavia, le lettere “familiari”, che aprono spiragli sulla sua
“casa” e su persone ad essa in modo speciale legate.
Particolarmente spontanee e delicate risultano le brevi lettere alla marche-
sina Azelia Fassati (1846-1921), dal 1871 sposa del barone Carlo Ricci des Fer-
res, figlio di Feliciano, da lui diretta spiritualmente dall’adolescenza.234 Le in-
viava un’immaginetta, augurandole “sanità e grazia”; 235 accettava l’invito suo e
della famiglia a Montemagno per la festa dell’Assunta; 236 declinava quello a pa-
226 Lett. del 14 mag. 1866, Em II 238-239; di una “giovanetta pazza e furiosa” guarita
scriveva alla Callori, 25 lug. 1867, Em II 405.
227 Lett. del 20 lug. 1866, Em II 275.
228 Lett. del 2 mag. 1867, Em II 364.
229 Lett. alla contessa Uguccioni del 27 lug. e del 25 sett. 1867, Em II 408 e 434.
230 Lett. del 18 nov. 1867, Em II 452.
231 Lett. del 4 dic. 1867, Em II 455.
232 Lett. 7 dic. 1867, Em II 456; cf ancora lett. di metà dic. 1867; 3, 13 e 29 genn. 1868,
Em II 458-475, 485, 494.
233 Lett. del 10 aprile 1868, Em II 522.
234 Cf lettere del 14 lug. 1857 e 15 ag. 1862, Em I 327, 514.
235 Lett. del 25 mar. 1864, Em II 45.
236 Lettere dell’8 e 10 ag. 1864, Em II 67-68.

2.5 Page 15

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 21
lazzo Fassati a Torino e la invitava alla rappresentazione teatrale dell’Epifa-
nia; 237 gradiva la visita a Valdocco della mamma la domenica 22 aprile; 238 le
mandava “un fagiano testé regalato”, augurandosi che “l’aiuti ad acquistare for-
za onde passare tutto l’anno felice”; 239 prometteva di celebrare subito, in gior-
ni consecutivi, secondo l’intenzione sua e di “maman”, le tre messe ordinate.240
Ci sono, naturalmente, anche i momenti dedicati alla finanza, come
quando discute di un mutuo di 2000 lire da ottenere e restituire a un antico
benefattore.241 Per estinguerlo 242 non gli restava che rivolgersi al fidato don
Rua: poteva “se non darli almeno imprestarli al povero papà?” o, altrimenti,
raccomandarsi a suo nome “al caro papà Provera”.243 Una difficoltà analoga,
forse, gli “toglieva il piacere”, il 16 maggio, di “godere della amena compa-
gnia della rispettabile famiglia” dei conti Radicati di Passerano, augurando
“buon appetito e buona notte a tutti”, senza dimenticare nella preghiera il fi-
glio militare in partenza.244
Si succedono nel tempo i soggetti più disparati: l’invocazione delle bene-
dizioni di Dio su un benefico canonico torinese che lo “ajuta a togliere poveri
giovanetti dai pericoli per condurli e mantenerli nella via della salvezza”; 245
il lepido racconto agli ospiti di Valdocco della fortunosa andata a Sant’Ignazio
sopra Lanzo per gli esercizi spirituali, vittima di un violento acquazzone e pro-
tagonista della discussione sui “massimi problemi” dell’esistenza con “due me-
dici, due avvocati, un letterato e due altri”, con lui appollaiati sull’imperiale
della diligenza.246
Poi ad autunno iniziato invitava all’obbedienza un aspirante al dottorato in
teologia; 247 rinnovava al sindaco la domanda di estendere all’Oratorio la rete
idrica comunale; 248 da Mornese informava la marchesa Fassati di trovarsi impe-
gnato nella classica passeggiata autunnale dei giovani, la più lunga, con meta in
Liguria: “Aveva divisato – le dice – di andare a farle una visita a Montemagno,
ma i sobugli avvenuti nella capitale mi persuasero a non muovermi per allora”.249
Direttive rigidamente “contabili” dava a don Rua per i collegiali di Mi-
237 Lett. del 5 genn. 1865, Em II 100.
238 Lett. del 18 apr. 1866, Em II 229.
239 Lett. del 2 genn. 1867, Em II 323.
240 Lett. del 10 ag. 1868, Em II 558.
241 Lett. al barone Feliciano Ricci des Ferres, maggio 1864, Em II 48-49.
242 Lett. del 28 apr. 1865, Em II 126.
243 Lett. dell’11 mag. 1865, Em II 134.
244 Lett. alla co. M. L. Radicati, 16 mag. 1864, Em II 50.
245 Lett. al can. Bernardino Peyron, 28 mag. 1864, Em II 51.
246 Lett. ai “cari figliuoli dell’Oratorio di S. Francesco di Sales”, 22 lug. 1864, Em II 60-62.
247 Lett. a don Bonetti, neo-sacerdote il 21 mag. 1864, 29 sett. 1864, Em II 78.
248 Al sindaco Emanuele Luserna di Rorà, fine settembre 1864, Em II 79.
249 Lett. del 9 ott. 1864, Em II 81. I “sobugli” sono i tumulti scoppiati a Torino nei giorni
20-22 settembre in seguito alla notizia del trasferimento della capitale a Firenze.

2.6 Page 16

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22 Pietro Braido
rabello: “consegnarli ai parenti se non possono pagare”; fermarsi al numero
di 150.250 Un mese dopo, a don Bonetti ammalato, tracciava una sobria regola
di vita spirituale: dispensa dal breviario fino a Pasqua, celebrazione lenta
della messa, abolizione di digiuni e astinenze, ripresa del lavoro dopo perfetto
ristabilimento; aggiungeva: “porta un materasso nel tuo letto, aggiustalo bene
come si farebbe ad un poltrone matricolato; sta’ bene riparato nella persona in
letto e fuori letto”.251
Non poche lettere sono indirizzate al provicario generale e al vicario capi-
tolare della diocesi per ottenere sconti su somme dovute al seminario per chieri-
ci che ivi studiavano o avere sussidi-pensioni per chierici residenti all’Oratorio.252
“L’uomo propone e Dio dispone”, scriveva a un parroco, rammarican-
dosi di non poter mantenere l’impegno di un panegirico a causa di “un inco-
modo di stomaco” e della grave malattia del suo collaboratore don Alasonatti
(morirà il 7 ottobre).253
Pressato dalla quindicina dovuta al “capomastro della chiesa”, pregava
un benefattore a versare l’oblazione promessa,254 mentre informava don Rua e
la contessa Callori, questa non senza velata richiesta di aiuto, sulle condizioni
di salute di salesiani di spicco: don Bongiovanni “male in arnese”; don Prove-
ra migliorato; “D. Fusero, D. Ruffino, D. Alasonatti assai male”: 255 “in questi
momenti s’immagini quante spese, quanti disturbi, quante incumbenze cadde-
ro sopra le spalle di D. Bosco. Non si pensi per altro che io sia abbattuto; stan-
co e non altro. Il Signore diede, cangiò, tolse nel tempo che a lui piacque; sia
sempre benedetto il suo santo nome”.256 Non dimenticava, però, di dedicare al
prof. Vincenzo Lanfranchi allegre rime per il suo onomastico.257
Poi il 9 agosto, data “storica” per la famiglia, annunciava a don Rua il tra-
sferimento all’Oratorio, la sua casa fino alla morte (1910): “Sul finire della pros-
sima settimana io vado, si Dominus dederit, a Mirabello con animo di poterti por-
tare sulle mie spalle. Aggiusta le cose in modo che non ci siano difficoltà”.258
Si assiste pure alla vivace reazione ad un’ispezione all’Oratorio. Infor-
mava e commentava: “Avrà udito da qualche giornale che oltre le visite che il
250 Lett. del 17 ott. 1864, Em II 82.
251 Lett. del nov. 1864, Em II 86-87.
252 Cf lett. al can. Vogliotti, 1° ott. 1864 e 31 genn. 1865, Em II 80 e 103; al can. Zap-
pata, 8 febbr. 1865, Em II 107; al can. Vogliotti, 3 sett. 1865, Em II 161; al can. Zappata,
12 giu. 1866, Em II 257; al can. Vogliotti, 16 e 26 giu. 1866, Em II 261 e 264; al can. Vogliotti,
22 mag. 1868, Em II 533.
253 Lett. a don Angelo Modini, 25 apr. 1865, Em II 123-124.
254 Lett. del 2 lug. 1865, Em II 145.
255 Lett. a don Rua, prima di metà luglio 1865, Em II 148.
256 Lett. alla contessa Callori, 24 lug. 1865, Em II 152.
257 Lett. del 19 lug. 1865, Em II 150.
258 Lett. del 9 ag. 1865, Em II 156.

2.7 Page 17

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 23
Signore ci fa nelle persone della casa vi sono anche nemici che ci tribulano al
di fuori. S’immagini: Borella e Bottero furono dal municipio incaricati a ve-
nire a visitare la nostra casa per lo stato d’igiene e di moralità. Due preziosi
modelli!”; erano due medici legati all’anticlericale Gazzetta del popolo.259
Felicitazioni per la nascita del nipote, preghiere per la puerpera inviava
l’11 settembre al conte Carlo Cays.260 E, miscens gaudia fletibus, pochi giorni
dopo ricordava a don Rua di onorare una cambiale di 1000 lire in scadenza.261
All’inizio del nuovo anno non mancava l’invito al “piccolo tratteni-
mento teatrale”, che i giovani della casa avrebbero offerto “domenica sera (7)
alle ore 6 1/2”.262
Informazioni di casa Valdocco dava il 14 maggio 1866 al cav. Oreglia,
indizio di una “presenza” sollecita e attenta a persone e cose, grandi e pic-
cole: la tipografia andava avanti, don Durando non stava bene, don Francesia
lo suppliva, don Bonetti era momentaneamente in famiglia, vari giovani
erano stati arruolati nell’esercito, uno tra i garibaldini, altri lo volevano se-
guire. La salute in casa era buona.263
Un atteggiamento deciso egli assumeva nei confronti di un certo Mo-
relli, “tutto democratico studente dell’Università”, che aveva protestato per la
pubblicazione sull’“Unità Cattolica”, all’insaputa del padre, Giuseppe, della
relazione di una grazia da questi ottenuta e da lui firmata.264 Giuseppe Morelli
faceva pubblicare dal giornale un breve inserto, nel quale dichiarava: “non es-
sere la detta pubblicazione opera mia, ma sibbene di persona di cui per deli-
catezza taccio il nome”.265 Don Bosco, però, non si arrendeva e il 1° giugno
annunciava al cav. Oreglia che avrebbe ristampata la relazione nel fascicolo
di luglio delle Letture cattoliche; e così fece.266
Notizie tristi e liete comunicava ancora al cav. Oreglia il 31 maggio: la
morte in famiglia del giovane calzolaio Gili, il ristabilimento di don Durando,
a cui era stato rilasciato finalmente il diploma di laurea, la buona salute di
tutti; 267 quindici giorni dopo gli annunciava la ripresa del traffico ferroviario
e dava notizia di giovani richiamati alle armi.268
259 Lett. al marchese Fassati, 29 ag. 1865, Em II 159.
260 Lett. al conte Carlo Cays, Em II 163-164.
261 Lett. a don Rua, 18 sett. 1865, Em II 165.
262 Biglietto-invito del 5 genn. 1866, Em II 195.
263 Em II 238.
264 Lett. al cav. Oreglia, 22 mag. 1866, Em II 243-244. La relazione era apparsa nell’“Unità
Cattolica”, 1866, N. 101, Domenica 29 aprile, sotto il titolo Viva Maria Ausiliatrice!, p. 519.
265 “L’Unità Cattolica” 1866, N. 116, Venerdì 18 maggio, p. 584. Al cav. Oreglia
don Bosco dava una versione diversa dei fatti: lett. del 22 mag. 1866, Em II 243-244.
266 Em II 254.
267 Lett. del 31 mag. 1866, Em II 251.
268 Lett. del 15 giu. 1866, Em II 258-259.

2.8 Page 18

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24 Pietro Braido
Di un altro caso inquietante, di difficile interpretazione, informava la
contessa Callori: “C... e L... sembrano maniaci. Sparlano e minacciano pub-
blicità contro D. Bosco e pochi giorni dopo le loro minacce apparve un arti-
colo contro la nostra casa nel Conte di Cavour. Alcuni lo attribuiscono a loro.
Compatisco la miseria umana e prendo ogni giorno lezione che bisogna lavo-
rare per la gloria del Signore e non per la benevolenza degli uomini”.269
Pensava poi alla passeggiata autunnale dei giovani (circa 50), scrivendo
al conte Costantino Radicati Talice di Passerano per una eventuale ospitalità
di fortuna in paese: “È vero che dormirebbero sulla paglia. Ma è sempre un
disturbo ed una spesa per Lei e per la sua famiglia. Se Ella mi dice di sì, è
fatto; del resto si ha tutto come complimento e non se ne parla più se non di
una visita che farà D. Bosco”.270
I primi due mesi del 1867 vedevano don Bosco a Roma. La prima lettera
“familiare” all’Oratorio era per il bibliotecario, il ch. Giulio Barberis, incari-
cato di cercare alcuni libri valdesi, munirli del timbro dell’Oratorio e inviarli
a p. Perrone; 271 altre due sono indirizzate a don Rua sul punctum dolens delle
finanze: “D. Francesia ti scriverà delle cose nostre: io parlo soltanto delle
cose tue, dei danari”; il seguito verteva su somme da riscuotere e da usare per
scopi diversi: 6800 lire al medico dell’Oratorio, dott. Gribaudi, 2000 all’im-
presario Buzzetti, 4000 al “panattiere”. Non si fermava, però, al danaro: “Ma
tu non mi dai notizia dell’entrata, né della uscita de’ giovani, se sani, se am-
malati, vivi o morti. Disponi da domenica in quindici che possiamo fare una
stupenda festa di S. Francesco di Sales”.272
Il 9 maggio al cav. Oreglia, forse ancora a Firenze,273 forniva notizie
sulla propria salute (“la mia sanità è abbastanza buona ad eccezione delle ver-
tigini che mi si fanno con maggior frequenza sentire”) e sul decesso di 3 gio-
vani e di un salesiano coadiutore, prevedendo quello di altri. Lo invitava pure
ad andare a far visita a Roma a don Emidio Ruggieri, autore di un libretto
delle Letture cattoliche, di cui curiosamente dice: “È persona pia, ma bisogna
incensarla”.274 Dieci giorni dopo gli scriveva: “Oggi fu qui la Principessa
Solms moglie del Min. Rattazzi. Visitò tutta la casa e si mostrò molto con-
tenta. Promise mari e monti, vedremo. In giugno sentirà risuonare il piemon-
269 Lett. del 16 giu. 1866, Em II 260.
270 Lett. del 26 sett. 1866, Em II 298.
271 Lett. da Roma del 20 genn. 1867, Em II 326.
272 Lettere del 5 e 13 febbr. 1867, Em II 330-331 e 335. Per l’impresario Carlo Buzzetti
egli rilasciava più avanti un attestato “di comprovazione dei suoi lavori e di lode alla sua retti-
tudine” (Torino, 7 apr. 1867, Em II 351).
273 Lettere a mons. Limberti, 22 apr. 1867, Em II 362; alla contessa Uguccioni, 10 mag.
1867, Em II 368.
274 Em II 366.

2.9 Page 19

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 25
tese in tutte le vie di Roma. Un’immensa moltitudine si prepara per an-
darvi”.275 Seguivano a breve distanza altre notizie interessanti: “Il dott. Biffi
di Milano giunge in questo momento all’Oratorio; dimanda di Lei e le manda
saluti e segni di amicizia. Sta mattina ha celebrato messa il Vescovo di Aosta,
sta sera il Vescovo di Mondovì fa la chiusa del mese di Maria”.276
Grazioso è l’inizio di una lettera a Pietro Marietti: “Se fossi un occello
vorrei almeno andarle a fare una visita. Questo momento sarebbe inopportuno
perciocché quando si ha il tesoro in casa non si bada molto al ferraccio o al
bosco [ = legno] tarlato; tuttavia potrei anch’io godere qualche momento della
presenza del nobile ospite [il cav. Oreglia]. Lo scopo mio si è notarle di ba-
dare che mangi, che beva, che dorma. Se non ci sta proprio coll’occhio in
dosso egli fa né l’uno né l’altro”.277
Altre informazioni sul personale dava alla co. Callori: don Durando era
occupato in ripetizioni a casa Fassati, don Francesia non poteva allontanarsi
da casa, il fratello di don Bonetti, don Enrico, andato ad assistere la madre
colpita dal colera, la trovava già morta e decedeva egli stesso, con un fratello,
colpiti ambedue dallo stesso male.278
Stava componendo il Severino (1868) e scriveva a don Rua di inviargli a
Bricherasio, presso il conte di Viancino, “il volume del Casalis dove avvi l’ar-
ticolo Luserna”; aggiungeva: “Io sto bene, e vo scrivendo lettere per ringra-
ziare e ricercare”.279
Consigliava don Pestarino di riflettere prima di accettare eventualmente la
direzione a Genova di un istituto per aspiranti al sacerdozio, progettato da don
Frassinetti: esporre a questi le difficoltà e, prima di conchiudere definitivamen-
te, fare “una gita a Torino”: “pregheremo, ci parleremo, faremo i nostri riflessi,
quindi dove giovi il coraggio e la buona volontà non ci faremo indietro”.280
“Finora ho potuto scrivere varie lettere, ma nemmeno un quattrino”, an-
nunciava da Strevi a don Rua, il 20 agosto 1867.281 “Finora danaro in ispe-
ranza, ma nella borsa niente. Venerdì a sera sarò a Torino si Domino pla-
cuerit”, replicava settimane dopo dalla provincia di Cremona.282
Scriveva pure una lettera a padre Checcucci, esprimendo la propria par-
tecipazione al dramma del colera, di eccezionale virulenza ad Albano:
275 Lett. al cav. Oreglia, 21 mag. 1867, Em II 373. Un gruppo di persone amiche che si re-
cavano a Roma in pellegrinaggio per il 18 anniversario del martirio di san Pietro e san Paolo egli
raccomandava il 9 giugno all’amico mons. Tobia Kirby, rettore del collegio irlandese (Em II 388).
276 Lett. al cav. Oreglia, 30 mag. 1867, Em II 378.
277 Lett. del 21 giu. 1867, Em II 394.
278 Lett. alla co. Callori, lett. del 25 lug. 1867, Em II 405.
279 Lett. del 31 lug. 1867, Em II 411.
280 Lett. di inizio agosto 1867, Em II 413.
281 Em II 421.
282 Lett. a don Rua, 18 sett. 1867, Em II 430-431.

2.10 Page 20

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26 Pietro Braido
“Adoriamo la santa volontà di Dio, ma rallegriamoci nel Signore che l’oro si
prova col fuoco, perciò dopo questo fatto doloroso una grande benedizione
deve toccare il suo collegio”.283
In novembre, con singolare distacco, tranquillizzava il padre di don Eu-
genio Reffo, intenzionato ad acquistare degli stabili lasciati in eredità a don
Bosco, contestata dai parenti del testatore: “La lite è vertente; io non mai ho
richiesto nulla, perché a me ne viene niente”; “dal canto mio intendo di la-
sciar tuo padre affatto libero per la coscienza, badi soltanto per la legalità”.284
Ai primi di dicembre accettava un invito a Cumiana, certamente reddi-
tizio, in casa del cav. Saverio Provana di Collegno; 285 e l’altro, ricco di frutti
materiali e spirituali, a Mornese, dove si fermava dal 9 al 13 del mese.286
Questo secondo, però, lasciava un segno sulla sua salute: “La mia sanità si è
alquanto risentita a motivo dello sconcerto che ho dovuto sostenere in Mor-
nese col prolungamento de’ vomiti; adesso sto molto meglio; eccetto di una
lieve raucedine che spero fra breve sparirà affatto di mano in mano mi farò
più buono”.287 Di “alcuni tafferugli nella sanità e nelle occupazioni”, aveva
scritto pure al cav. Oreglia, dando notizie poco liete su persone e finanze del-
l’Oratorio e abbandonandosi a previsioni fosche per il 1868: “Fame, sete,
morti, e forse anche guerra saranno il programma di questo anno”.288
Col nuovo anno 1868 felicitazioni e incoraggiamenti inviava a don Sal-
vatore Bertini, nominato rettore di S. Leonardo a Lucca, e al suo curato, don
Raffaele Cianetti, invitandoli a Torino: “I tempi sono difficili; ma Dio non
cesserà di essere sempre con noi”.289
Il 3 gennaio si scusava, per “la neve caduta e quella che densa va ca-
dendo”, di non poter andare a pranzo a casa Bosco di Ruffino per salutare il
partente Ottavio.290
L’elenco delle “miserie che crescono orribilmente”, in un inverno ecce-
zionalmente crudo, torna in più lettere di gennaio: “il pane è a 70 centesimi al
chilo; in tutto circa dodicimila fr. al mese ed abbiamo due mesi da pagare; mez-
zo metro di neve con freddo intenso, e la metà de’ giovani vestiti da estate”; 291
283 Lett. a p. Checcucci, 23 sett. 1867, Em II 432.
284 Lett. del 16 nov. 1867, Em II 450.
285 Lett. al cav. Provana di Collegno, 30 nov. 1867, Em II 453.
286 Lett. a don Pestarino, 3 dic. 1867, Em II 453-454. Per l’inchiesta sulla questua e l’an-
data dei carabinieri a Mornese, cf lett. a don Pestarino del 28 genn. e 23 febbr. 1868, Em II
491-492 e 500-501.
287 Lett. a don Pestarino, 25 dic. 1867, Em II 465.
288 Lettere di dicembre 1867, Em II 455 e 458.
289 Lett. del 2 genn. 1868, Em II 469. In identica data si congratulava pure con don Raf-
faele Cianetti, curato della stessa chiesa, Em II 470.
290 Lett. a Ottavio Bosco di Ruffino, 3 genn. 1868, Em II 472.
291 Lett. al cav. Oreglia, 3 genn. 1868, Em II 474-475.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 27
“dobbiamo fare tutti gli sforzi per andare avanti in queste annate di grave mise-
ria. L’anno scorso in questi giorni il pane era pagato cent. 26 al chilogrammo;
ora è fissato a 50 sicché D. Rua ogni mese invece di cinquemila deve pensare a
9 m.; di più Lanzo e Mirabello sono in perdita sulle pensioni, se si ricerca di au-
mentarle, sono ritirati i giovani. Qui abbiamo la metà dei giovani vestiti ancora
da estate”; 292 “qui continuiamo con un freddo molto intenso: oggi toccò 18 gra-
di; malgrado il fuoco della stuffa [sic] il ghiaccio in mia camera non poté fon-
dere. Abbiamo ritardato la levata dei giovani, e siccome la maggior parte è ve-
stita ancora da estate, così ciascuno si pose in dosso due camicie, giubba, cor-
petto, due paja di calzoni, cappotti militari; altri si tengono le coperte del letto
sulle spalle lungo la giornata e sembrano proprio tante mascherate da carneva-
le (...) In mezzo a tante calamità i nostri giovani sono allegri e contenti e non ab-
biamo uno in infermeria da più mesi. Deo gratias”; e in chiusura: “Oggi 13 il
freddo 21 gradi cent., neve 60 centimetri, niun giovane ammalato”; 293 “in casa
nostra niun ammalato; appetito superlativo; il grissino è a cent. 80 al chilo-
grammo. Il freddo si è calmato. Abbiamo avuto circa un metro di neve, che ades-
so va fondendo”; 294 “nella casa niun ammalato; lo stesso a Lanzo e a Mirabel-
lo. Il freddo ritornò indietro e stamane toccava i quattordici gradi. I medici di-
cono che questo freddo purifica l’aria e porterà sanità, ma intanto la mortalità in
Torino è triplicata”.295 Più avanti la meteorologia migliorava, ma non aveva fi-
ne la bassa marea delle finanze: “Tempo bello, freddo scomparso, siamo in pri-
mavera, ed ella sempre a Roma. Non mi lamento però, perché ci manda carità
(...). Io sono ingolfato nelle spese, note molte da saldare, tutti i lavori da ripi-
gliare; faccia quel che può ma preghi con fede”: 296 in compenso, “tutta la casa è
in salute e le augurano ogni bene. Non dimentichi la meditazione al mattino”.297
Con la duchessa Elisa Sardi Melzi d’Eril si rallegrava che il principe Gon-
zaga avesse “ricevuto i santi sacramenti”. La “consolante notizia” gli era stata co-
municata dal “buon amico Guenzati”,298 alla cui consorte, con lettera del 21 mar-
zo 1867, aveva assicurato preghiere “per l’ammalato che gli raccomandava”.299
292 Lett. alla contessa Callori, 10 genn. 1868, Em II 482.
293 Lett. del 13 genn. 1868, Em II 485-486.
294 Lett. al cav. Oreglia, 21 genn. 1868, Em II 487-488.
295 Lett. al cav. Oreglia, 29 genn. 1868, Em II 494.
296 Lett. del 3 mar. 1868, Em II 504-505. Nell’ultima lettera al cav. Oreglia a Roma,
prima del ritorno, dava notizie ancora allarmanti: “Il caro del pane ci mette nella desolazione.
Tra Lanzo, Mirabello e Torino ogni mese montano a fr. 12 m. di solo pane” (lett. del 10 apr.
1868, Em II 522).
297 Lett. del 3 mar. 1868, Em II 504-505.
298 Lett. del 12 apr. 1868, Em II 523.
299 Lett. a Rosa Guenzati, 21 mar. 1867, Em II 342.

3.2 Page 22

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28 Pietro Braido
Una lettera ordinata a raggiungere l’impossibile pareggio tra benefi-
cenza e riconoscenza scriveva il 13 aprile 1868 alla contessa Callori: “Oggi è
Pasqua e rimanendomi un momento di tempo dopo le sacre funzioni lo im-
piego ad aggiustare un poco i miei conti con V. S. B. Vedo che non posso rag-
giungere il pareggio; ma almeno supplicherò per un benigno condono, ovvero
una sanatoria che Ella certamente in questi giorni non mi vorrà rifiutare”.300
Un altro invito a Cumiana accettava in luglio dal benefico cav. Saverio
Provana di Collegno, invitando a sua volta lui e i due figli a pranzo all’Ora-
torio; il rifiuto avrebbe comportato – al dire del barone Bianco di Barbania –
“una multa di cento Napoleoni”, che don Bosco stesso sarebbe andato
senz’altro a riscuotere.301
Poi sollecitava l’accelerazione di una pratica, già avviata presso il muni-
cipio, per la sistemazione viaria intorno all’Oratorio, indispensabile al compi-
mento di costruzioni urgenti.302
Il 9 settembre scriveva all’economo di Mirabello, don Provera: “Tu sei
veramente generoso, ma mi mandi danaro cattivo, giacché non si è fermato
un istante nella casa. Avrei bisogno che in ogni nostra casa vi fosse un D. Pro-
vera. Noi qui godiamo salute; tribulazioni non mancano. In questo momento
ho l’uffizio dell’Alta Polizia col Procuratore del Re in mia camera”.303 Poi an-
nunciava al cav. Oreglia i due corsi di esercizi spirituali di settembre a Troffa-
rello. Informava anche sulla lenta convalescenza di don Rua, colpito setti-
mane prima da una gravissima peritonite: “P. S. D. Rua è qui, va migliorando,
ma adagio”.304 Altre lettere scriveva da Castelnuovo, o meglio dalla borgata
natìa, i Becchi: una all’avv. Luigi Bertagna, abitante nel capoluogo del co-
mune, da parecchi mesi in critiche condizioni di salute: “Avevamo divisato di
passare a farti una visita colla musica a tua casa, ma la pioggia di ieri e quella
di oggi rompe ogni nostro disegno. Sicché debbo limitarmi a ringraziarti del
cortese invito, e di raccomandarti coraggio e pazienza e viva confidenza nella
protezione della Santa Vergine Maria”.305
“Non posso andare in persona – scriveva al conte Costantino Radicati –,
perciò mando una lepre che farà la parte mia. Io spero di poter raggiungere
300 Em II 524. Le annunciava, tra l’altro, la stampa de Il Cattolico provveduto (Em II
525), di cui poi le comunicava l’invio di una copia (lett. del 30 apr. 1868, Em II 528).
301 Lett. del 10 lug. 1868, Em II 550-551.
302 Lett. al sindaco Filippo Galvagno, lett. di agosto e fine settembre 1868, Em II 553-
555 e 577-578.
303 Em II 567.
304 Lett. del 16 sett., Em II 568-569; cf anche lett. alla marchesa Fassati del 18 sett.
1868, Em II 569-570. Delle condizioni di salute di don Rua scriveva anche al conte di Vian-
cino, declinando forzatamente “il grazioso invito di andare a fare ancora alcuni giorni di carne-
vale”, cioè di riposo (lett. del 30 sett. 1868, Em II 579).
305 Lett. dell’8 ott. 1868, Em II 587.

3.3 Page 23

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 29
questo animaletto quando sia in condizione migliore [in tavola!]. Gradisca la
facezia; Dio le dia ogni bene”.306 Alla contessa Callori insinuava: “D. Bonetti
scriverà al sig. c.te Callori per averlo una giornata a Mirabello. Se Ella non ne
soffre a pranzare a mezzogiorno non potrebbe fargli compagnia? Ciò sarebbe
certamente in onore di S. Carlo”.307
Il giorno di Natale in una breve densa lettera alla contessa Callori ringra-
ziava degli auguri ricevuti, prometteva preghiere per “l’ultimo giorno del-
l’anno”, annunciava l’imminente “gita a Roma”, ma prima “una giornata a
Casale”, informava sulla messa di mezzanotte: “Questa notte fu gran festa, si
cantarono i così detti cori degli angeli, coi pastori. Tre messe, chiesa pienis-
sima di gente, comunione numerosissima. Deo gratias!”.308
10. Fede operante nella carità
L’Epistolario descrive fatti e opere, fini e obiettivi, progetti e attuazioni,
talora volando basso. Tuttavia, svela sempre intenzioni alte e significati più
che terreni, che di don Bosco rivelano il “senso di vita”, l’anima, la “fede”.
Non è difficile sapere quale essa sia: la fede religiosa, cattolica, del tutto es-
senziale, elementare, radicalmente “catechistica”, integrata in più da elementi
popolari quanto alla credenza nello “straordinario”, nel “soprannaturale”. In
essa si scoprono chiaramente incarnate le domande e risposte del catechismo
appreso da bambino: “Per qual fine Dio vi ha creato? Per conoscerlo, amarlo,
e servirlo in questa vita, e poi andarlo a godere per sempre nella celeste Pa-
tria”. “Come lo dobbiamo amare, e servire in questa vita? Coll’osservare i
suoi comandamenti, ed indirizzare le nostre azioni a suo onore, e gloria”.309
Ne scaturiva la “carità del fare”, il vangelo delle “opere di misericordia”, spi-
rituale e corporale: donde, l’amore effettivo del prossimo, la “salute delle
anime” e dei corpi, espressione della totale dedizione amorosa a procurare la
“maggior gloria di Dio”.
Fede e affidamento sono l’atteggiamento abituale: per esempio per
malattie che assediano la congregazione nascente in uomini importanti:
306 Lett. del 4 nov. 1868, Em II 595.
307 Lett. del 9 nov. 1868, Em II 597.
308 Lett. alla co. Carlotta Callori, 25 dic. 1868, Em II 612.
309 È il testo del Breve catechismo promulgato insieme al Catechismo più grande, nel
Compendio della dottrina cristiana ad uso della diocesi di Torino (1786) dal card. Vittorio
Gaetano Costa, arcivescovo di Torino. Nel Breve catechismo pei fanciulli, che don Bosco
aveva preparato per la pubblicazione nel 1855, si trova formula quasi identica: “Dio mi ha
creato per conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita, e per questo mezzo andarlo a godere per
sempre nella celeste patria”.

3.4 Page 24

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30 Pietro Braido
Sic Domino placet”; 310 “vedremo quello che Dio vorrà”; “siamo messi a
dura prova, ma facciamoci animo; dopo il turbine spero serenità e calma”; 311
“preghi per questa casa, che da una parte ha molte benedizioni, dall’altra ha
molte croci. In ogni cosa sia fatta la volontà del Signore”.312 Don Bosco con-
divideva pienamente quanto poteva sentire qualsiasi sacerdote pio e ogni cri-
stiano di solidi principi: “Continuiamo a pregare; il Signore è con noi, non te-
miamo. Il paradiso pagherà tutto”; 313 “La vita del cristiano è vita di fede”; 314
di tutti, anche del sacerdote: “Preghi pel povero D. Bosco affinché mentre dà
precetti agli altri non trascuri gli affari di sua eterna salvezza”.315 Riferendo
sulla grave infermità di un integerrimo militante cattolico, il conte Vittorio di
Camburzano (28 ag. 1815-17 ag. 1867), don Bosco faceva questa considera-
zione: “Bisogna proprio dirlo che il Signore ha i suoi fini. Credo che voglia
mandare gravi tribulazioni a questa santa famiglia per prepararle il dovuto
premio in cielo senza nemanco toccare il purgatorio”.316 Anche al suo “procu-
ratore”, cav. Oreglia, non mancava talora di richiamare pensieri di eternità:
“Coraggio, caro cavaliere, combattiamo; non siamo soli, Dio è con noi; la vita
è breve, le spine del tempo sono fiori per l’eternità”.317
La stessa “spiritualità” della fede e delle opere don Bosco trasmetteva con
l’esempio e la parola a benefattori e benefattrici. Nell’Epistolario essa coin-
volge in prevalenza il mondo degli abbienti, spesso aristocratici, invitati al ser-
vizio dell’elemosina in favore del mondo dei poveri, dei quali è costituita la so-
cietà. Don Bosco non ha altra idea dell’ordine sociale se non come realtà natu-
ralmente stratificata; inoltre, in questa fase della vita, nei rapporti coll’univer-
so dei ricchi, non ha ancora la libertà di pensiero e di parola dell’ultimo decen-
nio, che lo porterà a insistere sul dovere dell’elemosina quasi in termini di “giu-
stizia sociale”. Ora è semplicemente un “prete cercatore” (la Madonna stessa si
fa “questuante”), che impersona perfettamente la natura e il ruolo sociale del po-
vero: colui che accetta la sua condizione, pur studiando di migliorarla, chiede
nel bisogno, riceve con riconoscenza, rende grazie, anche colla preghiera, a chi
l’ha beneficato, fa fruttare i doni ricevuti. Insieme, rispetta ed esalta la natura e
il ruolo del ricco, che mette nella condizione di adempiere alla propria specifi-
ca missione: servire Cristo nel povero, contribuire alla sua elevazione morale e
professionale, per attuare, anche nelle inevitabili prove, la comune destinazio-
310 Lett. a don Rua, 11 mag. 1865, Em II 134-135.
311 Lett. a don Rua, prima del 16 luglio 1865, Em II 148.
312 Lett. alla contessa Callori, 31 ag. 1865, Em II 160; cf già lett. del 24 lug., Em II 152.
313 Lett. al romano Filippo Canori Focardi, 30 dic. 1864, Em II 96.
314 Lett. alla co. Margherita Caccia Dominioni, 3 ott. 1868, Em II 582.
315 Lett. alla co. Uguccioni, 22 genn. 1866, Em II 200.
316 Lett. al march. Fassati, 4 giu. 1865, Em II 139.
317 Lett. al cav. Oreglia, 5 ott. 1868, Em II 583.

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Le opere e i giorni di don Bosco nell’Epistolario 1864-1868 31
ne, la “salvezza” temporale ed eterna. Lo ricordava in termini essenziali al con-
te Pio Galleani d’Agliano (1816-1889), un benefattore di antica data: “Dio lo be-
nedica, sig. Conte, le doni sanità, grazia e pazienza. Per ardua transimus, sed
magna haereditas nos expectat”; “si faccia animo, sig. Conte, non habemus hic
manentem civitatem sed futuram inquirimus. Dio non ci abbandonerà; le croci
che ci manda sono presagio che ci vuole per la via del Paradiso”; 318 quanto, poi,
“alle cose che disturbarono alquanto le cose di sua famiglia”, che impedivano
le antiche beneficenze, non doveva rammaricarsi: “Ella poi non si turbi, abbia
pazienza. Il nostro Paradiso non è qui, né i beni fugaci della terra possono ren-
derci felici. So che nel suo cuore Ella dice: Non potrò più fare le beneficenze
di una volta. È vero, ma il Signore pagherà ugualmente la sua buona volontà”.319
La perdita di una persona cara è un avvertimento, l’estote parati del Salvatore; 320
un incidente, una “disgrazia”, è una prova, una visita del Signore.321 “Io mi rac-
comando alla sua carità – era richiesta di pronto soccorso a uno dei più fedeli
benefattori – affinché faccia quello che può in questo bisogno eccezionale; è
proprio un dar da mangiare ai poveri affamati; Dio benedica Lei e doni a tutti
sanità e grazia con un bel premio nella patria dei beati”.322 Alla contessa Uguc-
cioni dava consigli spirituali, concludendo con un atto di fede dove proiettava
anche se stesso: “Preghi pel povero D. Bosco affinché mentre dà precetti agli
altri non trascuri gli affari di sua eterna salvezza. Del resto quale umile Sacer-
dote di Gesù Cristo io prego dal cielo sanità e grazia e giorni felici a Lei, alla
sua famiglia ed alle famiglie delle sue figliuole, cui tutti dia Iddio la vera ric-
chezza il santo timor di Dio”.323 È augurio-programma, che conclude una let-
tera alla contessa Anna Bentivoglio di Roma: “Preghiamo la santa Vergine Im-
macolata affinché ci ottenga da Dio la grazia di essere costanti nel suo santo ser-
vizio nel tempo e ci renda poi un giorno tutti felici nell’eternità”.324 Al marito,
angustiato, ricordava: “Comprendo che la sua posizione è grave, ma, compati-
sca la parola, Dio ci creò per lui, ci vuole con lui; che se per conseguire questo
gran fine dobbiamo fare grandi sacrifizi, sono grandi tesori che ci prepariamo
per l’eternità”.325 Invece, all’anziano marchese Ignazio Pallavicini (1800-1871)
dedicava un biglietto nel quale con ambiguo stile oracolare – è il don Bosco del-
la profezia e del mistero – gli comunicava, creandogli impreviste angustie:
“Giorno di Pasqua, Visitazione di Maria SS., Festa della Sua Assunzione. Dì al
318 Lett. del 20 ott. e 9 nov. 1864, Em II 85 e 87.
319 Lett. del 28 sett. 1864, Em II 77.
320 Lett. alla march. Adelaide Lepri, 8 ag. 1867, Em II 417.
321 Lett. alla contessa Uguccioni, 27 lug. e 18 ag. 1867, Em II 408 e 419.
322 Lett. al marchese Fassati, 18 apr. 1865, Em II 120.
323 Lett. del 22 genn. 1866, Em II 200.
324 Lett. dell’ 8 giu. 1866, Em II 255.
325 Lett. al co. Annibale Bentivoglio, 29 sett. 1866, Em II 300.

3.6 Page 26

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32 Pietro Braido
mio servo Ignazio che non tema di morire di morte improvvisa; viva più tran-
quillo di giorno e di notte (...). Disponga delle cose temporali adesso per evi-
tare le angustie se ritardasse al punto di morte, che si va a gran passi avvici-
nando”.326 Tentava di chiarire in una lettera successiva: “Quanto le scrissi in
agosto non è né minaccevole né di tempo instante; ma è tutta cosa amorevole
e preventiva”. Invitava, però, a un serio esame di coscienza su se stesso, i pro-
pri dipendenti, i propri beni.327
Fede e opere: è sintesi dinamica, che nasce da una visione globale dell’e-
sistenza, soprannaturale non soprannaturalistica, volta al cielo saldamente an-
corata alla terra, con doveri da compiere, prove da affrontare, sofferenze da of-
frire, legittime gioie da gustare, il premio eterno da sperare, “meritare” e atten-
dere. Per questo don Bosco nelle sue lettere associa costantemente l’augurio e la
richiesta di “copiose benedizioni dalla Beata Vergine Maria nelle cose spiritua-
li ed anche temporali”, mercede divina della carità benefica.328 I doni di “sanità
e grazia”, “sanità e copiose benedizioni dal cielo”, “sanità e timor di Dio colla
perseveranza nel bene”, “lunghi anni e vita felice”, “lunghi anni di vita felice”,
“lunga vita e giorni felici”, “ogni bene dal cielo”, “sanità e grazia per vivere fe-
lici e salvarsi in eterno”, “la grazia di vivere felici nel santo timor di Dio”, “ogni
bene spirituale e temporale”, “lunghi anni di vita felice e il santo dono della per-
severanza”, “sanità durevole e lunghi anni di vita felice” sono invocati per più
vari corrispondenti, laici ed ecclesiastici.329 “Iddio, che ricco di grazie larga-
mente ricompensa un bicchiere d’acqua dato in suo nome – dice con un riferi-
mento che gli diventerà ancor più familiare tra gli anni ’70 e ’80 –, le conceda
vita felice e mandi sopra di Lei copiose benedizioni”.330 “Dio benedica Lei e le
sue fatiche”, augura ad altri.331 “Non mancherò di pregare il pietoso Iddio affin-
ché colle celesti benedizioni degnamente la rimeriti nel tempo, e la renda poi un
giorno pienamente felice nella beata eternità”, terminerà una circolare.332 “Dio
benedica Lei, le sue fatiche e le conceda stabile sanità e il dono della perseve-
ranza”, auspicava cumulativamente per il teol. Pietro Raffaele Abbondioli.333
326 Lett. del 24 ag. 1867, Em II 422.
327 Lett. di settembre 1867, Em II 423-424; cf ancora lett. del 30 dic. 1867, Em II 467.
328 Cf circolare del marzo 1864, Em II 42.
329 Ad esempio, Em II 55, 64, 67, 76, 90, 94, 95, 114, 115, 136, 138, 140, 144, 161, 169,
179, 193, 223, 246, 299, 368, 396, 419, 446, 594.
330 Lett. di fine aprile 1865, Em II 131.
331 Ad esempio, Em II 14, 239, 240, 244, 254, 273, 287, 312, 330, 332, 339, 352, 358,
366, 414, 503, 509, 358.
332 Circ. del 1 marzo 1867, Em II 338; cf lett. al cav. Marco Gonella, 3 apr. 1867, Em II
348; Circ. 15 apr. 1867, Em II 356.
333 Lett. del 28 ag. 1868, Em II 561.