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Francesco Motto
Diciamo subito che non siamo di fronte a pagine giornalistiche dal tono decisamente ol-
traggioso e sprezzante, proprie invece di altra stampa dell'epoca;3 neppure si tratta di attacco
frontale portato con virulenza quale ci si potrebbe aspettare da un foglio laico ottocentesco
indagante sulla santità di un ragazzo e sui modi in cui si espresse. No, la manifesta intenzione
dell'estensore degli articoli è solo quella di chiosare in modo ironico, ma non per questo meno
corrosivo, alcune pagine del libretto in questione, e precisamente quelle pagine in cui lo stile ed
il contenuto prestavano il fianco a facili critiche e a qualche forma di pettegolezzo se non di
sarcasmo. Così implacabilmente il Martino trae motivo di sorriso dai brani che presentano
lineamenti caratteristici della vicenda umana e spirituale del Savio. Apparentemente la vittima
designata è la biografia del giovanetto, ma l'obiettivo vero si rivela don Bosco, la messa in
caricatura dei suoi metodi educativi e delle sue convinzioni religiose.4
Trattandosi di un periodico che si rivolge ad un pubblico normalmente disinformato e su-
perficiale in materia,5 il livello culturale, psicologico e soprattutto teologico della prosa non è
dei più alti. E neppure poteva esserlo, dato che il lavorio della Grazia in un'anima, la profondità
di un'esperienza cristiana e il mistero di una vita spirituale non rientravano nelle vedute del
giornalista che utilizzando solo fatti e
cora poteva sussistere a proposito della avvenuta pubblicazione nel primo semestre del 1860
della seconda edizione della biografia del Savio.
3 Si vedano svariati esempi in G. TUNINETTI, L'immagine dì Don Bosco nella stampa torine-
se (e italiana) del suo tempo, in F. Traniello (ed.), Don Bosco nella storia della cultura popolare.
Torino SEI 1987, p. 209-251.
4 In ciò, sia pure all'interno della sua logica, il Martino ha colto nel segno. Ecco quanto
scrive un profondo conoscitore ed interprete della «Vita» del Savio: «Qui non c'è che Don
Bosco, tutto e solo Don Bosco. È una biografia veduta e narrata, per quanto fedelmente, alla
luce d'una concezione che s'è fatta vita nello scrittore, ed è divenuta l'anima della stessa vita
che narra. Il pensiero dell'Autore s'immedesima coi fatti storici, perché questi, per quanto han-
no di umano, sono ispirati da esso pensiero»: Opere e scritti editi ed inediti di «Don Bosco»
nuovamente pubblicati e riveduti secondo le edizioni originali e manoscritti superstiti a cura della
Pia Società Salesiana. Voi. quarto. La Vita di Savio Domenico e «Savio Domenico e Don Bosco».
Studio di don Alberto Caviglia. Torino, SEI 1943, p. XXXIII.
5 Periodico liberale con intenti politici moderati, Il Cittadino mirava soprattutto a trovare
numerosi consensi fra la borghesia intellettuale e manufatturiera astigiana aspirante ad una
compartecipazione nell'amministrazione comunale. Non si poteva certo considerare un cam-
pione di fedeltà alla Chiesa ed al suo magistero. Per citare un caso in cui venne coinvolto don
Bosco, ricordiamo che nel giugno-luglio 1853, allorché si chiamava L'Operaio, aveva sferrato
un feroce attacco contro mons. Filippo Artico, vescovo di Asti, in occasione della sua venuta
all'Oratorio per la festa di S. Luigi. Anche allora il sospettato redattore fu il prof. Gatti: cfr MB
IV 600-603. Comunque Il Cittadino non era paragonabile ad altri giornali astigiani sorti dopo il
1848, quali il Vero pel Bene (poi Il Vero) (1851-1855), il Crivello (1852-1853), L'Astigiano
(1854-1856) o Il Tribuno (1859-1860), nemico dichiarato del clero. Giornali di orientamento
religioso che avevano visto la luce nella città di Asti dopo che la libertà di stampa era stata sanci-
ta statutariamente il 4 marzo 1848, furono invece La Luce (febbraio-aprile 1853) e La Curia
(1856-1857). Come si vede, tutti quanti con scarsa fortuna editoriale, anche per il fatto che non
era molto il loro sforzo per allargare l'informazione popolare. Peraltro non si dimentichi che in
quegli anni la quota di analfabetismo raggiungeva il 70%.