L’implicito pedagogico e culturale 269
sua vita. E pagano anche, per glorificarla. Sono forti, sebbene la loro dot-
trina dimezzi la personalità umana ed il loro misticismo implichi l’abdica-
zione dello spirito, che si arma solo della coscienza della sua debolezza e
della speranza, che rimanda la vita oltre la vita.
Se la nostra scuola non giungerà a tanto: ad essere centro attivo della
vita giovanile, che leghi a sé i giovani, anche dopo che l’han lasciata, nell’o-
pera o almeno nel ricordo; se la nostra scuola non avrà i suoi ex-allievi,
come allievi grati alla madre e desiderosi qualche volta di rivederla e di rivi-
vere cogli altri loro compagni i giorni lieti dello studio e del lavoro scola-
stico: non sarà ancora scuola.
Intanto, i nostri scolari scioperano; i nostri giornali politici parlano di
cocottes e bandiscono concorsi di bellezza, e danno alla scuola e all’educa-
zione l’ultimo posto delle loro colonne; quasi tutti i nostri deputati trovano di
cattivo gusto occuparsi di scuole; i nostri professori si agitano solo per gli
stipendi; i nostri maestri mutantur in horas e: nessuna scuola ha una tradi-
zione sua. Scuola? No, ufficio distributore di diplomi. Scolari? No, contri-
buenti recalcitranti alla tassa di lavoro cerebrale.
Don Bosco? Il segreto è lì: UNA idea. La nostra scuola: MOLTE idee.
Molte idee può averle anche un’imbecille, prete o non prete, maestro o non
maestro. Una idea è difficile. Una idea vuol dire un’anima. Una, una vuol es-
sere!
La nostra «UNA» idea è la divina libertà dello spirito, in contrapposto
all’idea dei credenti, che è il mistico annullarsi della persona nel Dio che
essa non fa, e che le è di contro come l’assoluto, mentre essa è il nulla.
Ma la divina libertà vuole una gioiosa e insieme faticosa formazione
della persona umana nel bimbo, nel fanciullo, nel giovinetto. E noi invece ab-
biamo svogliati pappagalli, che ripetono la parola quando c’è la chicca (la
visione, ohimè, dell’esame, del punto, del posto, del pane, della tessera per la
libera concorrenza all’intrigo della vita).
Allora? Meglio don Bosco? Meglio sì, meglio la scuola clericale, o la
scuola socialista, o la scuola dell’anarchia, o qualunque scuola dommatica,
che questa scuola anti-dommatica che è la scuola del nulla, e non sa essere
anti-dommatica se non sostituendo al dommatismo della fede, di una fede, il
dommatismo delle notizie, dei sunti, di quadri sinottici delle date e via di-
cendo; e a una idea, molte idee, cioè nessuna idea.
Don Bosco! Salesiani, continuate il vostro lavoro. Noi, vostri avversarii,
vi salutiamo con gratitudine, perché voi e tutti gli altri dogmatici, simili o di-
versi da voi, se lavorerete con vera fede costringerete – contro il vostro pro-
posito – a rinvigorire le scuole (dalle prime alle superiori) dove una fede e un
dogma non si insegna, ma tutte le fedi si studiano per acquistar fede in sé,
(fede nel pensiero).