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STUDI
L’ORATORIO SALESIANO IN ITALIA E LA CATECHESI
IN UN CONTESTO SOCIO-POLITICO INEDITO (1922-1943)
Pietro Braido *
Nel 1922 gli oratori iniziavano una nuova storia. Erano determinanti
eventi di grande rilievo per l’impatto che avevano insieme nella Chiesa, nella
Società Salesiana, in Italia: il 6 febbraio 1922 l’ascesa al pontificato del card.
Achille Ratti (1857-1939), che prendeva il nome di Pio XI; l’elezione di don
Filippo Rinaldi (1856-1931) a Rettor Maggiore della Società salesiana il 24
aprile 1922; nel regno d’Italia, l’investitura a presidente del consiglio dei mi-
nistri, il 29/30 ottobre, di Benito Mussolini (1883-1945).
1. Il contesto ecclesiale e politico in Italia
1.1 Tratti delle disponibilità pastorali di Pio XI nei confronti del nuovo re-
gime politico
Due sono gli aspetti dell’impostazione del ministero pastorale di Pio XI
che sembrano degni di particolare attenzione per comprendere la sua posi-
zione nei confronti della situazione politica che si sarebbe creata dopo nove
mesi dall’elezione. Ambedue trovano una proiezione quasi speculare nella
controparte. Il primo è di confronto e, talvolta, di scontro per mantenere
Chiesa e Stato entro i rispettivi confini, senza invasione di campo, vera o pre-
sunta, da una parte e dall’altra. Il secondo riguarda la ferma posizione del
papa per la piena libertà operativa dell’Azione Cattolica, in particolare nella
sua espressione giovanile, che per questo intende tutta solidale con la Gerar-
chia e chiaramente “apolitica”. Era cosa che poteva – ed effettivamente poté
–, salvo alcuni duri episodi, armonizzarsi con quanto richiedeva con fermezza
il Regime.
* Salesiano, professore emerito dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, già diret-
tore dell’ISS.

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8 Pietro Braido
Il compito della Chiesa nel mondo era di evangelizzarlo, diffondendo e
lievitando il Regno di Cristo, regno di grazia, di giustizia e di pace, attuato
anzitutto nella santificazione dei singoli, sospinti a vivere un’intensa spiritua-
lità personale, ma anche con interventi rivolti a permeare di rettitudine morale
e religiosa l’ordine sociale e politico. La “restaurazione cristiana e la Regalità
di Cristo”, la Pax Christi in regno Christi, centro del programma dell’enci-
clica Arcano Dei del 23 dicembre 1922, ripreso poi dall’enciclica Quas
primas dell’11 dicembre 1925 significava reintrodurre i principi cristiani nella
legislazione e nella vita degli Stati. In questo quadro si inseriva l’A.C., quale
organismo formativo in funzione della strutturazione integralmente cristiana
dei membri e insieme strumento di pressione e di mobilitazione per l’impre-
gnazione cristiana della società in tutte le sue forme. Essa aveva “come fine
supremo la diffusione, la difesa e l’applicazione della fede e della dottrina cri-
stiana nella vita individuale, domestica e civile”, lo stesso fine della Chiesa e
della Gerarchia con la quale era organicamente congiunta. Ad analogo titolo
doveva, dunque, attenersi come a norma inderogabile di azione ad una rigo-
rosa astensione da qualsiasi attività formalmente politica. Solo entro questi li-
miti il suo impegno era anche sociale, inteso come trasmissione della vita cat-
tolica nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle diocesi, nelle regioni, negli Stati,
nell’umanità tutta1.
La voluta “apoliticità” fu l’opzione più idonea a far evitare, per quanto
possibile, lo scontro frontale fra le due forze in campo, non certo paritarie
nelle decisioni e nei poteri effettivi. La parte politica, infatti, spesso diede
corso a drastiche decisioni unilaterali che rappresentavano per la controparte
fatti compiuti, di cui prendere atto e da tenere forzatamente presenti nell’eser-
cizio delle proprie attività2.
1.2 Rapide misure del governo fascista circa le attività formative e ludiche di
giovani e adulti
Programmaticamente partito d’ordine, il Partito Nazionale Fascista
(P.N.F.), fondato formalmente il 3 agosto 1921, veniva da un passato rivolu-
1 Cf G. VECCHIO, Pio XI e l’Azione Cattolica, in Il pontificato di Pio XI a cinquant’anni
di distanza. Milano, Vita e Pensiero 1991, pp. 101-129; M. CASELLA, Pio XI e l’Azione Cat-
tolica, in ID., L’Azione Cattolica nell’Italia contemporanea (1919-1969). Roma, AVE 1992,
pp. 67-85, 175-178.
2 Sulle diversificate e cangianti posizioni della Chiesa e della cattolicità italiana nei con-
fronti del Fascismo, e viceversa, si veda l’orientativa rapida sintesi di G. VERUCCI, La Chiesa
nella società contemporanea. Dal primo dopoguerra al Concilio Vaticano II. Bari, Laterza
1988, pp. 100-124.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 9
zionario e Rivoluzione volle essere il suo avvento al potere e l’esercizio di
esso. Già il 23 marzo 1919 erano stati costituiti i Fasci di combattimento, che
trovavano una loro legittimazione istituzionale con la costituzione, il 1° feb-
braio 1925, della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (M.V.S.N.).
Di fatto esso tollerò per qualche anno la continuazione delle precedenti “spe-
dizioni punitive” compiute dalle “squadre d’azione” fasciste, creando un
clima di intimidazione anche nei confronti delle libere associazioni e delle
pubbliche manifestazioni cattoliche3. Stabilito poi saldamente il potere, il re-
gime passava a leggi e a decreti legge che avrebbero condizionato in diverse
misure le possibilità di esistenza e l’estensione delle forme delle attività del-
l’associazionismo giovanile cattolico italiano.
Con Regio Decreto Legge del 1° maggio 1925 viene istituita l’Opera
Nazionale Dopolavoro (O.N.D.) deputata a “promuovere l’istituzione e il
coordinamento di enti intesi a elevare la coscienza civile e a migliorare le
condizioni fisiche di tutti i lavoratori”4. L’Ente, maschile e femminile, era
organizzato in modo tale da coprire tutto il territorio nazionale con le più
svariate iniziative culturali, formative e ricreative affidate alla responsabilità
di organismi provinciali, comunali, rionali, delle diverse categorie e delle
aziende. Erano curati in particolare i seguenti settori: l’Educazione artistica
delle masse mediante l’organizzazione capillare di filodrammatiche, della ci-
nematografia educativa, della radiotelefonia, delle orchestre e bande musicali,
i cori di canto, le sfilate di folklore regionale e locale; l’Educazione fisica con
finalità e ordinamento stabilito da una Carta dello sport, interessata a pres-
soché tutti gli sport, resa pubblica nel 1928 da Augusto Turati, Segretario del
P.N.F. nel quadriennio 1926-1930. Le società ginnico-sportive nel 1930 erano
4.800; l’Escursionismo e il Turismo, con innumerevoli occasioni di gite turisti-
che, agevolate nei mezzi di trasporto e nei soggiorni; l’Istruzione ed educa-
zione con corsi serali per analfabeti, bibliotechine, cattedre ambulanti di agri-
coltura, ecc.; la Previdenza con forme assistenziali e assicurative supereroga-
torie a quelle già stabilite per legge e promosse dalle associazioni sindacali.
Per il mondo giovanile era istituita con legge del 3 aprile 1926, n. 2247,
l’Opera Nazionale Balilla (O.N.B.), che il Capo del governo con R. D. del 14
settembre 1929, avrebbe posto alle dipendenze del Ministero dell’Educazione
3 Cf R. DE FELICE, Mussolini il fascista, vol. II. L’organizzazione dello Stato fascista.
Torino, Einaudi 1968, pp. 398-399, 436-445, 529; F. L. FERRARI, L’Azione Cattolica e il
“Regime”. Firenze, Parenti 1957, pp. 13-15. Tra il 1921 e il 1926 molte furono puntualmente
registrate e segnalate dalla Civiltà Cattolica.
4 Quanto si espone sinteticamente è ricavato dalla voce L’Opera Nazionale Dopolavoro,
redatta da Arturo Marpicati, Vice-Segretario del P.N.F. Nel 1927 il Capo del governo aveva
affidato l’Ente parastatale al P.N.F.: Cf Enciclopedia Italiana XIII (1932).

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10 Pietro Braido
nazionale, coinvolgendovi l’intero sistema scolastico. Comprendeva due
classi di giovani: dagli 8 ai 13 anni i Balilla, dai 14 ai 18 anni gli Avanguar-
disti. Nel 1929 dai Fasci femminili venivano tratte, distinte in base ad ana-
loghe fasce di età, le Piccole Italiane e le Giovani Italiane. Nel 1933 l’O.N.B.
istituì i “Figli della lupa”, in un primo momento bambini e bambine dai 6 agli
8 anni, con l’anno 1936 a decorrere dal momento della denuncia all’anagrafe.
Nel 1937 l’O.N.B. fu trasformata in G.I.L., Gioventù Italiana del Littorio, con
i Balilla distinti secondo varie specialità: Navigatori, Alpini, Sciatori, Escur-
sionisti, ecc. Dagli 8 agli 11 anni essi entravano a far parte dei “Balilla Mo-
schettieri”, con una sorta di addestramento pre-militare. Dai 18 ai 21 anni gli
avanguardisti diventavano Giovani Fascisti e le Giovani Italiane dai 17 anni
Giovani Fasciste e, infine, Donne Fasciste. Gli iscritti all’Università potevano
entrare nei G.U.F., Gruppi Universitari Fascisti. Superati 21 anni uomini e
donne potevano iscriversi al P.N.F.
Fin dalla nascita il nuovo Ente era definito Opera Nazionale Balilla per
l’Assistenza e l’Educazione fisica e morale della Gioventù, avocando quindi a
sé la cura della generazione in crescita dalla fanciullezza, – infine, dalla na-
scita – alle soglie dell’età adulta. Non si faceva ancora parola della sorte delle
altre opere giovanili. Vi provvedevano due successivi decreti legge, tramutati
immediatamente in legge, del 9 gennaio 1927 e del 9 aprile 1928. Il primo
stabiliva: “È vietata (…) qualsiasi nuova organizzazione (…) che si proponga
di promuovere l’istruzione, l’avviamento professionale, arte o mestiere o, in
qualunque altro modo, l’educazione fisica, morale o spirituale dei giovani. Le
disposizioni di cui sopra non riguardavano le organizzazioni ed opere con fi-
nalità e attività prettamente religiose”5 ed anche di apostolato cattolico vital-
mente inserito in quello della Gerarchia cattolica. La legge del 9 aprile 1928
abrogava gli articoli 2, 3 e 4 della legge precedente e li sostituiva con il se-
guente: “Per assicurare il raggiungimento che la legge istitutiva dell’O.N.B. si
prefigge, è vietata, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto,
qualsiasi formazione od organizzazione, anche provvisoria, che si proponga
di promuovere l’istruzione, l’avviamento a professione, arte o mestiere, o, in
qualunque altro modo, l’educazione fisica, morale o spirituale dei giovani, ec-
cettuate le formazioni od organizzazioni facenti capo all’O.N.B. I prefetti or-
dineranno, entro trenta giorni dalla entrata in vigore del presente decreto, lo
scioglimento di tutte le formazioni od organizzazioni comprese nel divieto
di cui al precedente comma”6.
5 “Gazzetta Ufficiale”, 12 gennaio 1927, n. 8, pp. 327-328.
6 “Gazzetta Ufficiale”, 13 aprile 1928, n. 88, pp. 2388-2389.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 11
Le prime due principali vittime di tali disposizioni furono la F.A.S.C.I e
l’A.S.C.I., ambedue istituite dalla S.G.C.I. rispettivamente nel 1906 e nel
1916, e che il Regime non avrebbe potuto considerare identiche all’Azione
Cattolica propriamente detta, poiché in evidente competizione con l’O.N.B. la
prima nel settore dell’educazione fisica e delle iniziative sportive, l’altra per
il carattere paramilitare. Del F.A.S.C.I. la stessa Giunta Centrale dell’A.C., il
12 aprile 1927, si dichiarava favorevole allo scioglimento, che il Consiglio di-
rettivo della Federazione ordinava il 24 aprile, lasciando le associazioni libere
di entrare o non entrare nelle rispettive federazioni del C.O.N.I.
Sofferta fu, invece, l’inutile resistenza dell’Associazione degli Scout
Cattolici Italiani (A.S.C.I.), che Pio XI non credette poter difendere identifi-
candola come una forma di A.C. Effettivamente tale connessione avrebbe
creato seri problemi in sede di Concordato e poi nella tumultuosa crisi del
1931 e nelle gravi controversie tra S. Sede e Regime degli anni 1938-1939, di
cui si dirà. Nel 1927 l’A.S.C.I. doveva scomparire dai comuni con meno di
20.000 abitanti e nel 1928 in forza della legge del 9 aprile, sopra citata, era
obbligata allo scioglimento totale.
La F.U.C.I. (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) riusciva a so-
pravvivere analogamente all’A.C., nella quale doveva inserirsi nel 1931.
1.3 Sostanziale conformità salesiana agli orientamenti di Pio XI e aperture
di fatto al fascismo
Per antica tradizione e assenza di ufficiali opzioni teologiche non creava
nessun problema ai salesiani l’allinearsi alla pastorale di Pio XI, fondata su
un’ecclesiologia in armonia con il Vaticano I e la parallela cristologia: don
Bosco era più che affidabile maestro in ambedue i settori. Essi si trovavano
altrettanto sintonizzati, sia col papa, come con le intenzioni del regime fa-
scista, con la “neutralità politica”, praticata e insegnata dal Fondatore e da lui
proposta fin dagli inizi della Società salesiana, sia dei religiosi nel regime in-
terno sia nella gestione delle loro istituzioni educative. Nel testo delle Costi-
tuzioni presentato nel 1864 per l’approvazione della Società l’art. 7 del primo
capitolo stabiliva: “È principio adottato e che sarà inalterabilmente praticato
che tutti i membri di questa società si terranno rigorosamente estranei ad ogni
cosa che riguardi la politica. Onde né colla voce, né cogli scritti o con libri, o
colla stampa non prenderanno mai parte a questioni che anche solo indiretta-
mente possano comprometterli in fatto di politica”. La Congregazione dei
VV. e RR. lo volle espunto, ma nella prassi rimase saldamente in vigore. Esso
trovava più vasta eco nelle Costituzioni rinnovate e nei Regolamenti applica-

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12 Pietro Braido
tivi promulgati nel 1923 anche in rapporto a religiosi di più nazionalità, invi-
tati a mantenere “l’unione fraterna (…) con l’evitare le questioni di politica e
le contese di nazionalità, soprattutto fra soci di diverso paese” (Cost., art. 14).
Nei Regolamenti era “vietata ogni pubblicazione di indole politica” (art. 45);
e tra le cose “severamente vietate” negli oratori erano elencate “le discussioni
politiche” (art. 380) con attenzione particolare alle sezioni istituite “pei gio-
vani più grandi, allo scopo di compiere meglio la loro formazione religiosa-
morale e di farne dei cristiani ferventi e attivi”: “Esse – era prescritto – deb-
bono sempre mantenersi estranee alla politica” (art. 388).
Si può, tuttavia, osservare che le formule da don Bosco ripetute “Né pro,
né contro”, “dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” po-
tevano risultare ambigue sul piano dell’attuazione pratica: tali, certamente,
entro un Regime nel quale il Cesare – in questo caso il “Duce” del fascismo e
della Nazione – pensava che tutto, o quasi, entrasse nell’ambito di uno Stato
volutamente totalitario. Comunque, in linea di principio le scuole di ogni or-
dine gestite dai salesiani, gli stessi oratori festivi e le Associazioni – le “Com-
pagnie” – messe in opera nei collegi e negli oratori avevano una loro precisa
connotazione religiosa, devozionale e catechistica, del tutto estranee a colli-
sioni con le formazioni giovanili del Regime e le attività ricreative e di tempo
libero erano promosse in funzione di essa. Funzionali al medesimo fine erano
pure i circoli e le sezioni che si erano aggiunti nel corso degli anni. L’avreb-
bero oltrepassato soltanto nella misura in cui essi si fossero proposti scopi
formativi e sociali più estesi, tanto più se aggregati a Federazioni nazionali
specifiche quali l’A.S.C.I., il F.A.S.C.I., il F.A.T.E. (Federazione Nazionale
Teatro Educativo) o avessero promosso società operaie e strutture assisten-
ziali, mutualistiche, previdenziali.
Salvo casi particolari di ostilità creati da talune interferenze locali di
frange fasciste, tra il Regime e la Società Salesiana in quanto tale e i suoi ver-
tici direttivi non si ebbero mai conflitti simili a quelli sorti con la Chiesa, i
Papi e l’Azione Cattolica. In questa, comunque, e nei suoi problemi le istitu-
zioni salesiane non si vollero mai far coinvolgere. Nei primi anni del nuovo
Regime il comportamento al vertice della Congregazione fu piuttosto reti-
cente: nel 1926, ad esempio, non si volle che negli oratori fossero create se-
zioni dell’O.N.B., pur ammettendo ad essi qualsiasi giovane, con o senza di-
visa fascista. Invece, furono intensi e cordiali i rapporti con casa Savoia, pro-
seguiti anche negli anni successivi. L’atteggiamento cambiò radicalmente a
partire dalla Conciliazione. Ci furono, effettivamente, parecchie occasioni di
incontro e di reciproco apprezzamento tra la Società e il Regime, culminate
pubblicamente nella commemorazione di don Bosco, tenuta in Campidoglio

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 13
il giorno successivo alla canonizzazione alla presenza di Mussolini dal qua-
drumviro Cesare Maria De Vecchi e nella visita di ringraziamento “al Capo
del Governo, il cui esempio – scriveva don Ricaldone ai salesiani – era stato
ed è tuttora d’incitamento alle Autorità d’ogni classe e d’ogni grado per
onorare quanto sanno e possono la santità di D. Bosco”. “La conserverò reli-
giosamente” aveva detto il duce, ricevendo in dono una teca con reliquia di
Don Bosco 7.
Non pochi salesiani, del resto, si prestavano all’assistenza religiosa e al-
l’istruzione catechistica dei balilla, degli avanguardisti e dei giovani fascisti8.
Il sistema scolastico, anziché contrastato era stato favorito dalla riforma Gen-
tile, con vivo apprezzamento da parte dei salesiani addetti alle scuole di indi-
rizzo classico. La rivista Gymnasium pubblicata dalla S.E.I. a partire dal
1933, redatta da salesiani operanti non lontano dalla Direzione generale della
Società, rivela orientamenti decisamente filofascisti, particolarmente accen-
tuati nel caporedattore-direttore Gian Luigi Zuretti. È ipotizzabile che tra le
tante scuole abbonate al periodico didattico molte fossero salesiane con inse-
gnanti in sintonia con i redattori. Viceversa benemerenze erano facilmente e
largamente riconosciute da parte del governo a tutti i tipi di scuola gestite dai
salesiani. Si deve, però, anche tener presente che se ampia libertà fu lasciata
agli oratori originari di don Bosco fondati sul binomio catechismo-pratica re-
ligiosa e le attività ricreative ad esso funzionali, essi venivano privati di tutto
ciò di cui si erano arricchiti tra il 1890 e il 1922.
La gestione delle relazioni ufficiali col fascismo fu di fatto assunta in
massima parte dal vertice della Congregazione. Ne aveva dato l’avvio, già nei
primi anni del difficile affermarsi del potere fascista, il rettor maggiore don
Filippo Rinaldi. Insistendo sull’apoliticità salesiana, in una lettera dell’11 feb-
braio 1924 riservata ai direttori egli si rifaceva al “né pro né contro” di don
Bosco9. La stessa linea proponeva il successore don Ricaldone nel commento
alla strenna per il 1933: Pensar bene di tutti, parlar bene di tutti, far del bene
7 Cf ACS 15 (1934) n. 66, 24 maggio, p. 167.
8 Cf P. STELLA, La canonizzazione di don Bosco tra fascismo e universalismo, in F. TRA-
NIELLO (a cura di), Don Bosco nella storia della cultura popolare. Torino, SEI 1987, pp. 359-
382; ID., Le feste della beatificazione e canonizzazione tra universalismo e fascismo, in ID.,
Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. III 1988, pp. 235-268; ID., Don Bosco.
Bologna, Il Mulino 2001, pp. 9-22.
9 ACS 5 (1924) n. 24, 24 marzo, pp. 286-287; la raccomandazione – precisava un anno
dopo – non riguardava solo l’Italia: ACS 6 (1925) n. 28, 24 febbr., p. 350; “in grazia” della “sa-
pientissima norma” – motivava, a distanza di pochi mesi, il direttore spirituale generale, don
Giulio Barberis – “la Società Salesiana ha potuto vivere e prosperare sotto tutti i governi”:
ibid., 24 novembre, p. 418.

1.8 Page 8

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14 Pietro Braido
a tutti. Trattando del “parlare”, dopo essersi intrattenuto sulle relazioni reli-
giose intracomunitarie il superiore spostava il discorso sugli “avvenimenti
pubblici”, che avrebbero potuto far “cadere sul terreno della politica”, trasci-
nando “financo alla formazione di gruppi e partiti”. Si appellava alla “politica
del Pater noster” dichiarata da don Bosco a Pio IX e ne dava anche una moti-
vazione funzionale molto eloquente: “Sull’esempio del nostro Beato Fonda-
tore contribuisca ognuno di noi alla grandezza della Patria e miglioramento
della Società, consacrando le proprie energie all’educazione della gioventù,
plasmando cristiani ferventi e cittadini intemerati. Fedeli alle sue direttive, ri-
spettiamo le Autorità costituite ed evitiamo apprezzamenti e discussioni che
possono financo compromettere le opere che ci sono affidate”10.
Però, eletto in anni di Regime ormai saldamente radicato e premiato da
generalizzato consenso, don Ricaldone, seguendo i medesimi criteri, positiva-
mente vi aveva aggiunto la classica captatio benevolentiae tipica del Fonda-
tore. Incominciava disponendo che la sua elezione fosse comunicata al mag-
gior numero di persone che contavano. Ovviamente la comunicazione al papa
aveva avuto un significato diverso. Non erano mancati i riscontri. Erano stati,
ovvviamente, comunicati dal segretario di Stato card. Pacelli il compiaci-
mento e la benedizione del Papa. “Sua Maestà il Re”, tramite l’aiutante di
campo gen. Asinari di Bernezzo, aveva ricambiato “il cortese pensiero di
omaggio coi migliori ringraziamenti”. Il Capo del governo, invece, “sensibile
cortese comunicazione e sentimenti espressigli” aveva ringraziato vivamente
e salutato tramite il suo segretario particolare. Familiari erano stati i termini
usati dai principi di casa Savoia, Umberto e Adalberto e dalla duchessa di Pi-
stoia: “vivissime congratulazioni”, “cordiale saluto”, “vivissimi rallegra-
menti”, le “più vive felicitazioni”. Si era rallegrato della nomina all’”altis-
simo ufficio” il Prefetto di Torino, aveva espresso felicitazioni e reverente sa-
luto il Podestà, aveva formulato “vivissime felicitazioni” al nuovo “capo
grandiosa e benemerita famiglia salesiana” il Segretario Federale fascista11.
Era l’inizio di un nuovo tipo di apoliticità… politica, non di opposizione o
dissociazione, ma di incontro e contatto, destinata a dare buoni frutti per il li-
bero esercizio dell’attività educativa giovanile salesiana. Alla casa madre di
Torino – ma anche altrove, in Italia e all’estero – furono molte le visite di
membri di casa Savoia, del governo e del Partito: ministri, prefetti, segretari
federali, addirittura militari di precedente e nuova generazione, da Cadorna a
Nobile. Non mancarono le onorificenze conferite a don Ricaldone dal Re, dal
10 ACS 14 (1933) n. 61bis, 24 marzo, p. 63.
11 Cf BS 56 (1932) n. 7, luglio, pp. 200-201.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 15
1936 anche Imperatore: Cavaliere di Gran Croce, decorato del Gran Cordone
della Corona d’Italia nel 1935; su proposta del ministro dell’Agricoltura e Fo-
reste, Edmondo Rossoni, Stella d’oro al merito rurale per il Piemonte nel
1938; su proposta del ministro dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai,
Stella d’oro al merito della Scuola nel 1940; Grande Ufficiale dell’Ordine dei
SS. Maurizio e Lazzaro nel 1943.
2. Conciliazione, conflitti, riconciliazioni
La specificità dell’Azione Cattolica e in particolare la sezione Gioventù
trovava una sua codificazione ufficiale nel Concordato del 1929 ed ancor più
fortemente riaffermata dagli statuti rinnovati nel 1931 e nel 1940. “Lo Stato
italiano – stabiliva l’art. 43 del Concordato – riconosce le organizzazioni di-
pendenti dall’Azione Cattolica Italiana, in quanto esse, siccome la Santa Sede
ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico e sotto
l’immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione e l’at-
tuazione dei principî cattolici”12.
La formula concordata non fu, tuttavia, sufficiente ad impedire due mo-
menti di gravissima crisi delle relazioni tra il Regime e la S. Sede fino al ri-
schio di mettere in discussione lo stesso Concordato: nel 1931 e nel 1938.
L’accusa scoperta era che l’A.C. aveva continuato a sconfinare nell’azione
politica in funzione di una rinascita dell’interdetto Partito Popolare. In am-
bedue le circostanze si verificarono ripetute e diffuse violenze e aggressioni
ai circoli giovanili cattolici e a singoli membri. Vi fu pure coinvolto un certo
numero di circoli giovanili di oratori salesiani.
Nel 1931, la causa più vera fu costituita dalla volontà del Regime di arri-
vare al totale monopolio dell’educazione giovanile, affidata in esclusiva, dalla
nascita all’età adulta, all’O.N.B., e di contenere l’azione cattolica entro i con-
fini delle pratiche cultuali e dell’istruzione catechistica. La cosa non appariva,
certo, condivisa dall’enciclica Divini illius Magistri del 22 febbraio 1930,
preceduta il 21 dicembre 1929, in calcolata versione italiana, col titolo
Rappresentanti in terra13. Nella parte più significativa essa era finalizzata a
tracciare confini ben precisi all’intervento dello Stato nel campo educativo ri-
spetto al primario diritto della famiglia e a quello trascendente della Chiesa.
Sulla stessa linea si sviluppava, a difesa dell’Azione Cattolica quale orga-
12 AAS 21 (1929) 293.
13 Cf AAS 21 (1929) 723-762 e 22 (1930) 49-86.

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16 Pietro Braido
nismo formativo, individuale e apostolico, istituzionalizzato, una lettera del
papa al card. Schuster del 26 aprile 1931 in risposta a un discorso pronunciato
a Milano il 21 aprile dal segretario del P.N.F. Giovanni Giuriati con la riaffer-
mazione del carattere totalitario del Regime e dello Stato14. Tra aprile e
maggio la crisi raggiungeva l’acme con la polizia che conduceva una minu-
ziosa inchiesta presso i circoli cattolici per accertarne gli orientamenti poli-
tici, a cui seguirono generalizzate aggressioni e devastazioni di sedi e circoli
cattolici da parte di gruppi fascisti locali. Il 29 maggio il Nunzio Borgongini
Duca presentava una nota di protesta al governo e nello stesso giorno, forse
anche per frenare i gruppi fascisti locali aggressori, Mussolini faceva dira-
mare l’ordine di chiusura di tutti i circoli della Gioventù di A.C. e della Fe-
derazione Universitaria Cattolica e del sequestro di tutto il materiale docu-
mentario. Delle stesse misure furono oggetto perfino le congregazioni delle
Figlie di Maria15, “associazioni e opere di pura pietà e di prima istruzione re-
ligiosa” al di fuori di ogni contesa. Si stava subendo “una vera e reale perse-
cuzione”, dichiarava Pio XI nell’enciclica del 29 giugno Non abbiamo bi-
sogno, inserita tra Note e contronote diplomatiche. L’evidente insussistenza
di qualsiasi fondamento alle accuse, secondo il Papa, dimostrava “fuori di
ogni dubbio il proposito – già in tanta parte eseguito – di monopolizzare inte-
ramente la gioventù, dalla primissima fanciullezza all’età adulta, a tutto ed
esclusivo vantaggio di un partito, di un regime, sulla base di una ideologia
che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana non
meno in pieno contrasto coi diritti naturali della famiglia che coi diritti so-
prannaturali della Chiesa”16.
Trattative serrate e puntigliose portarono a un accordo in tre punti, che
obbligarono alla riformulazione e, il 30 dicembre 1931, alla promulgazione di
nuovi Statuti dell’A.C. e di ciascuna delle sue sei Organizzazioni. La svolta
era notevole rispetto al carattere essenzialmente laico previsto dagli Statuti
del 1923, ovviamente presupposto il vincolo con la Gerarchia, garantito
anche dalla presenza di un Assistente ecclesiastico a tutti i livelli, nazionale,
diocesano, parrocchiale. Ora, invece, l’Azione Cattolica diventava “essenzial-
mente diocesana e dipendente direttamente dai Vescovi”, che ne avrebbero
scelti “i dirigenti ecclesiastici e laici”, questi subordinati ad essi; non si sa-
14 Cf AAS 23 (1931) 145-150.
15 Cf P. SCOPPOLA, La Chiesa e il fascismo. Documenti e interpretazioni. Bari, Laterza
1971, pp. 255-279; A. MARTINI, Studi sulla Questione romana e la Conciliazione. Roma, Edi-
zioni 5 Lune 1963, pp. 131-146; M. CASELLA, L’Azione Cattolica nell’età contemporanea
(1919-1969). Roma AVE 1992, pp. 213-225.
16 Cf AAS 23 (1931) 286-312.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 17
rebbe occupata “affatto di politica”, evitando nelle “sue forme esteriori orga-
nizzative” tutto ciò che poteva sapere di partito politico. Le sue sezioni non si
sarebbero attribuite compiti sindacali, ma avrebbero semplicemente contri-
buito con le loro attività spirituali e religiose a formare individui idonei a fa-
vorire al miglior raggiungimento dei fini da parte del sindacato giuridica-
mente riconosciuto. I Circoli si sarebbero chiamati Associazioni giovanili di
Azione Cattolica, avrebbero potuto usare tessere e distintivi corrispondenti
alla loro finalità religiosa e unicamente la bandiera nazionale e propri sten-
dardi religiosi. Le Associazioni locali si sarebbero astenute “dallo svolgi-
mento di qualsiasi attività di tipo atletico e sportivo limitandosi soltanto a
trattenimenti d’indole ricreativa ed educativa con finalità religiose”17.
Più gravi si presentarono i dissidi tra un Regime totalitario ulteriormente
radicalizzato e la S. Sede, con un Papa al declino fisico ma inflessibile, negli
anni 1938-1939. Si ripeterono le devastazioni e aggressioni del 1931, ritorna-
rono ancor più veementi a carico dell’Azione Cattolica le accuse di politicità.
Tutto, però, fu aggravato dall’intreccio che lo scontro sull’Azione Cattolica
ebbe con il netto ripudio da parte del Papa del legame sempre più stretto di
Mussolini con Hitler, persecutore della Chiesa in Germania, e delle leggi raz-
ziali introdotte anche in Italia. Il confronto tra i contendenti, fermamente deter-
minati, fu teso, ma portato avanti in forme più segrete e dirette, tra Mussolini
personalmente e il “fiduciario” della S. Sede, il gesuita Pietro Tacchi Venturi,
approdava il 20 agosto 1938 alla formale conferma degli accordi del 1931.
Però, continuarono anche dopo episodi di violenza a danno di circoli e di soci
e innumerevoli altre associazioni. Il 10 febbraio 1939 Pio XI moriva. La crisi,
detta “del distintivo” si prolungava tra la primavera e la fine del 193918.
Con Pio XII si arrivava a nuovi Statuti, promulgati il 6 giugno 1940, che
portavano al più alto livello la “clericalizzazione” dell’A.C. “L’Alta Dire-
zione dell’A.C. in Italia” era “affidata dalla S. Sede ad una Commissione di
Eminentissimi Cardinali”, di cui era “Segretario un vescovo pure eletto dalla
S. Sede col titolo e le funzioni di Assistente Ecclesiastico Generale”. A lui
erano “demandate anche le funzioni di Direttore Generale dell’A.C.”, affian-
cato da un Vice-Direttore ed un Delegato Amministrativo. A livello diocesano
17 Cf P. SCOPPOLA, La Chiesa e il fascismo…, pp. 279-280; E. PREZIOSI (a cura di), Gli
Statuti dell’Azione Cattolica italiana. Roma, AVE 2003: con Introduzione di F. Malgeri e con-
tributi di M. Casella, C. Dau Novelli e M. C. Giuntella; sono riportati in Appendice i testi degli
Statuti del 1923, 1931, 1940, 1946, 1969.
18 Cf P. SCOPPOLA, La Chiesa e il fascismo…, pp. 312-341; A. MARTINI, Studi sulla Que-
stione romana…, pp. 175-230; R. DE FELICE, Mussolini il duce, vol. II. Lo Stato totalitario
(1936-1940). Torino, Einaudi 1981, pp. 129-152; M. CASELLA, L’Azione Cattolica nell’età con-
temporanea…, pp. 238-243.

2.2 Page 12

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18 Pietro Braido
la direzione immediata era esercitata dal vescovo e a livello parrocchiale
l’Ufficio era diretto dal Parroco o da un suo Delegato approvato dal vescovo.
Nella lettera di presentazione degli Statuti il card. Lavitrano, presidente della
Commissione, scriveva che la nomina di essa da parte del papa era stata effet-
tuata “al fine di rendere più facile, spedito e sicuro il lavoro dell’apostolato
dei laici”19.
3. Sotto il segno della “fedeltà”: il rettorato di don Filippo Rinaldi e di
don Pietro Ricaldone
Nel quadro di questi eventi si svolgeva la vita degli oratori salesiani e
delle Associazioni operanti in essi. Era una vita tutta salesiana, che, tuttavia,
aveva qualche connessione, che alcuni avrebbero voluto anche organizzativa,
con la Gioventù di A.C. La questione venne sempre affrontata e risolta perso-
nalmente dai due successivi Superiori generali, don Rinaldi e don Ricaldone.
3.1 Don Filippo Rinaldi (1922-1931)
Nel governo della Società salesiana don Rinaldi prese a carico con idee
ben precise e intransigente fermezza i problemi emergenti, nello sforzo di
coniugare, da una parte, la sensibilità nei confronti della nuova generazione
giovane e dei fenomeni che più la toccavano, e dall’altra, la ferma volontà di
salvaguardare la continuità con la “tradizione” e le “tradizioni” salesiane, in
particolare col “sistema preventivo”, inteso in senso fortemente protettivo.
Esso doveva praticarsi, seppure con particolari accenti in tutte le opere, spe-
cialmente quelle che si affiancavano in misura crescente agli oratori, tanto da
soverchiarli in numero e in attenzione: collegi e pensionati per gli studenti,
convitti per gli artigiani, case di formazione del personale, soprattutto desti-
nato alle missioni.
1) Dinanzi all’impulso dato da Pio XI all’apostolato dei laici organizzato
egli insisterà nel sostenere che all’interno delle Compagnie e dei circoli gio-
vanili salesiani era già presente tutto ciò che il papa desiderava quanto alla
formazione dei giovani all’apostolato senza formale aggregazione all’A.C.20.
2) Punto di massima attualità nel secolo dei totalitarismi – sovietico, fascista,
nazista – fu la non mai abbastanza ripetuta prescrizione più che esortazione, –
19 Cf E. PREZIOSI (a cura di), Gli Statuti…, p. 160; R. DE FELICE, Mussolini il duce,
vol. II…, pp.152-155.
20 Cf ACS 11 (1930) n. 55, dicembre, pp. 913-918.

2.3 Page 13

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 19
non solo per i salesiani d’Italia ma per tutti –, di non mischiarsi assolutamente
nella politica, evitando addirittura di parlarne21. 3) In sintonia con il papa
venne intensamente promossa l’azione missionaria22. 4) Non minore atten-
zione fu rivolta alle scuole artigianali e agricole, predisposte sempre più a di-
ventare scuole tecnico-professionali, e in connessione con esse, alla ricerca e
formazione delle vocazioni di “coadiutori”23. 5) In questi anni la fedeltà a don
Bosco doveva misurarsi, concettualmente e praticamente, su un altro fronte
del tutto inedito rispetto alle situazioni ottocentesche, un vera rottura con il
passato: i nuovi ritrovati nel settore dei mezzi di comunicazione sociale – ci-
nema e radio –, nuove mode nel campo dell’abbigliamento giovanile richiesto
dalle varie forme di esercizio fisico; ginnastica, sports, in particolare il foot-
ball. Dominano gli atteggiamenti di diffidenza, cautela, condanna24. 6) Era ri-
tenuta inderogabile l’assoluta fedeltà alla tradizione del “sistema preventivo”
praticato e proposto da don Bosco, radicato nella più genuina tradizione cri-
stiana e insieme del tutto moderno: “Il nostro sistema di educazione – scri-
veva con incrollabile sicurezza –, che porta in sé il secreto della modernità,
accetta tutto ciò che è veramente cristiano, ma esclude con energia quanto lo
devia e lo corrompe. Il resto, o lo battezziamo, cioè lo facciamo nostro, o lo
abbandoniamo agli altri: caetera tolle! Così il foot-ball, la radio, il cinema, il
fonografo e simili altre novità ricreative e sportive, finché sono di danno alle
anime dei giovani, dobbiamo trattarle allo stesso modo con cui N. S. ci co-
manda di trattare l’occhio che ci è di scandalo: projice abs te! (Matt. V,
30)”25. 7) La stessa preoccupazione muoveva a proporre una formazione delle
giovani generazioni salesiane in genere e nella pedagogia in specie attuata più
nella pratica del tirocinio triennale che sui libri, perché solo nel sistema pre-
ventivo vissuto si poteva sperimentare quel flusso vitale che tramite i sale-
siani più adulti assicurava la continuità con don Bosco. “La nostra pedagogia
sta scritta nella vita salesiana”, rispondeva a chi chiedeva un testo di peda-
gogia salesiana, ribadendo: ciò che don Bosco avrebbe voluto scrivere sul
sistema preventivo, “lo scrisse nella vita pratica”26.
21 Cf ACS 8 (1927) n. 41, ottobre, pp. 609-611.
22 Cf ACS 3 (1923) n. 17, gennaio, pp. 37-38; 6 (1925) n. 30, giugno, pp. 364-373.
23 Cf ACS 10 (1929) n. 47, gennaio, p. 713.
24 Cf ACS 7 (1926) n. 36, 24 settembre, pp. 481-482.
25 ACS 10 (1929) n. 50, 24 ottobre, pp. 799-800. L’atteggiamento salesiano nei confronti
dei nuovi ritrovati nella comunicazione sociale era analogo a quello della Chiesa, sulla linea,
come si vedrà più avanti, dell’enciclica Vigilanti cura del 29 giugno 1936: cf G. VERUCCI, La
Chiesa nella società contemporanea…, pp. 114-116.
26 Resoconto del Convegno dei Direttori degli Oratori Festivi, ACS 7 (1926) n. 36, 24
settembre, pp. 497-498.

2.4 Page 14

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20 Pietro Braido
3.2 Don Pietro Ricaldone (1932-1951)
Don Ricaldone non si riteneva autorizzato interprete di don Bosco per
una qualche prolungata consuetudine con lui – l’aveva incontrato da ragazzo
in una sola circostanza –, perciò di nulla parlava e scriveva di lui senza un as-
siduo contatto, personale o tramite segretari o consultori di fiducia e di parti-
colare competenza, con i documenti sulla sua vita e sul suo operare e con gli
scritti. Naturalmente doveva fare i conti con le fonti e con la bibliografia al-
lora disponibili, anzitutto con l’opera monumentale delle Memorie Biogra-
fiche di Ceria, Amadei, Lemoyne, approdate al compimento nel 193927.
Lo assillava fortemente il problema della continuità, garantita nell’im-
maginario salesiano, fino alla sua elezione, dall’indissolubile continuità “ge-
nealogica” tra don Bosco e i primi tre: il Fondatore era l’assoluto garante di
don Rua, don Bosco e don Rua di don Albera, don Bosco, don Rua e don Al-
bera di don Rinaldi. Era per don Ricaldone una “geneologia” del tutto affida-
bile e rassicurante. Era inderogabile ad essa costantemente far capo. Del
resto, con i tre anelli della serie egli aveva collaborato come ispettore, Visita-
tore straordinario, Consigliere generale delle Scuole professionali e Prefetto
generale.
Il compito era ancor più impegnativo in quanto egli si trovava in un pe-
riodo di massima espansione degli effettivi della Congregazione e, quindi,
delle opere. Lo straordinario sviluppo di vocazioni e di opere a dimensioni
planetarie creava l’urgenza della formazione dei tanti candidati, affinché di-
ventassero effettivamente salesiani di don Bosco, apprendendo la stessa
lingua e le stesse parole. Un gran numero di essi sarebbe stato poi destinato
alle nazioni più diverse e lontane, in particolare nelle missioni, ed erano chia-
mati ad esportarle per salvaguardare l’unità di spirito tra popoli con lingue e
cultura profondamente differenti. Non sarebbe stata impresa impossibile se
avessero aderito alla parola d’ordine “Conserviamo la figura di Don Bosco
quale ce l’ha data il Signore”, che don Ricaldone aveva dato ai Direttori Dio-
cesani e Decurioni dei Cooperatori, intervenuti al loro Convegno a Valdocco
il 26 giugno 1933 e il fedele direttore-redattore del Bollettino così aveva com-
mentato: “L’esperienza di parecchi anni ha positivamente dimostrato che lo
spirito di Don Bosco, in tutti i climi, sotto tutti i cieli, in tutti i campi dell’a-
postolato ed in tutte le opere di carità cristiana ha la stessa mirabile efficacia
che noi constatiamo più da vicino nella nostra famiglia. Né potrebbe essere
27 Di fonti salesiane, oltre le Memorie Biografiche, propone un elenco egli stesso nella
Presentazione nel suo primo libro di “Formazione Salesiana” dedicato ai Voti, vol. I, Introdu-
zione – Povertà. Colle Don Bosco (Asti), LDC 1943 [1944], pp. IX-X.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 21
altrimenti, perché lo spirito di Don Bosco è lo spirito di N. S. Gesù Cristo, lo
spirito genuino del Vangelo”28.
Si aggiungevano altre emergenze. Per qualche tratto lo stile di governo
di don Ricaldone è simile a quello di don Rinaldi, ma dissimile per le contin-
genze della situazione politica italiana e di più nazioni in cui le opere sale-
siane erano diffuse (Messico, Spagna, Cina), sia di quella ecclesiale, che ri-
chiedevano un adeguamento prudenziale a un diverso modo di essere e di
operare nella Chiesa; sia a situazioni belliche di diverso segno e di differente
tragicità, a partire dall’impresa italiana in Etiopia (1935-1936), alla guerra
civile in Spagna (1936-1939), al terribile conflitto a dimensioni mondiali tra
gli anni 1939 e 1945.
Si vedrà, però, a conclusione della sua vicenda biografica, quanto talune
sue esclusioni, puntualizzazioni e posizioni di fermezza – intrecciate, però, a
grandi ideazioni lungimiranti e profondità affettive –, dovute a una forte perso-
nalità, umana e spirituale, forgiata in un esigente regime familiare e da una ri-
gida disciplina scolastica ed ecclesiastica tendenzialmente rigorista, fossero lar-
gamente superate dalle sue grandiose iniziative avveniristiche: la fondazione del
PAS, diventato poi UPS, la Crociata catechistica con l’istituzione del Centro
Catechistico Salesiano e della Libreria della Dottrina Cristina, l’inizio dell’im-
portante collezione sulla spiritualità salesiana, il modo nuovo di intendere le
“Strenne”, l’organizzazione della formazione dei salesiani, sia ecclesiastici che
laici, in tutti i suoi gradi e le avanzate strutture di supporto. Gli scopi esplicita-
mente intesi racchiudevano già in se stessi i dinamismi che avrebbero ben
presto portato, per forza endogena, a fini e metodi molto più vasti e complessi29.
4. Metamorfosi congressuali:
gli incontri di Bologna e di Venezia (1923-1924)
Anche questo periodo ha i suoi Congressi, ma ci sono cambiamenti nel
clima e nel tono.
4.1 Il VII Congresso di Bologna (1923)
Per iniziativa di don Rinaldi e il personale coinvolgimento dell’arcive-
scovo di Bologna, Nasalli Rocca, dal 24 al 26 aprile 1923 veniva celebrato a
28 Cf BS 57 (1933) n. 8, agosto, pp. 235-236; n. 9, settembre, pp. 256-257, p. 258.
29 Cf F. RASTELLO, Don Pietro Ricaldone IV Successore di don Bosco, vol. II. Roma,
Editrice S.D.B. 1976, pp. 488-538 (La sua passione dominante).

2.6 Page 16

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22 Pietro Braido
Bologna il VII Congresso degli Oratori Festivi e delle Scuole di Religione30.
L’arcivescovo inviava una circolare a tutti i vescovi d’Italia con l’indicazione
dei temi e delle proposte, chiedendo i loro pareri e invitandoli ad essere tutti
presenti. Altrettanto faceva don Rinaldi interessando tutte le Case salesiane,
prospettando per il dopo Congresso una riunione familiare dei salesiani parte-
cipanti rivolta a trattare di quanto fosse da perfezionare o da introdurre negli
oratori e nelle Scuole di Religione. Avrebbe, perciò, desiderato che dalle varie
ispettorie, anche fuori d’Italia, gli fossero fatti pervenire quei suggerimenti
che si ritenevano opportuni e che specialmente si proponessero i mezzi mi-
gliori per far progredire gli oratori annessi alle Case “e per meglio applicare
ai medesimi, in qualità di catechisti e di aiutanti, i più grandicelli dei nostri
giovani interni, sia studenti che artigiani, essendo questo un mezzo altamente
educativo e insieme efficacissimo per iniziarli a favorire ogni opera di zelo”
quando fossero ritornati ai luoghi di provenienza31.
Presieduto da don Rinaldi e animato dal solito versatile, inventivo e fa-
scinoso don Stefano Trione, dovette essere anche una grande manifestazione
di cattolicità. Ne accresceva la rilevanza la Lettera di adesione e benedizione
del S. Padre datata al 10 aprile. Dei tredici argomenti programmati otto ri-
guardavano gli Oratori festivi e cinque le Scuole di Religione: I. Come deve
essere l’oratorio ai giorni nostri; II. Oratori nei centri minori; III. Oratori fem-
minili; IV. Formazione religiosa, morale e sociale dei giovani nell’Oratorio;
V. Come ottenere la frequenza degli Oratori; VI. L’insegnamento della reli-
gione nelle pubbliche scuole; VII. Le Scuole di religione accanto alle pub-
bliche Scuole Medie e Superiori; VIII. Come formare i catechisti per l’inse-
gnamento della religione; IX. Programma d’insegnamento per le Scuole di re-
ligione; X. Gli Oratori festivi nei loro rapporti colla vita parrocchiale; XI. Gli
Oratori festivi nei loro rapporti colla Società della Gioventù Cattolica Ita-
liana; XII. Le Scuole di religione nei loro rapporti colle parrocchie e coi Cir-
coli Giovanili; XIII. Come si sostengono gli Oratori32. Essi furono oggetto di
studio approfondito da parte di tre Commissioni polarizzate sugli Oratori, le
Scuole di Religione, sugli uni e sulle altre da parte della Commissione Fem-
minile. Vi furono impegnate nei tre giorni del Congresso con un ritmo di la-
voro intensissimo: dalle 9.30 alle 11,45, dalle 14 alle 15.30.
30 Per la cronaca della preparazione e del decorso, cf BS 47 (1923) n. 1, gennaio, p. 24;
n. 2, febbraio, p. 52; n. 4, aprile, p. 108; essa è in gran parte riprodotta negli Atti del VII
Congresso Nazionale degli oratori e delle scuole di religione o per la cultura e l’educazione
religiosa della gioventù. Bologna 24-26 aprile 1923. Torino, SEI 1923, pp. 7-17.
31 Cf ibid., n. 3, marzo, pp. 80-81.
32 Cf BS 47 (1923) n. 2, febbraio, p. 52. Si trovano tutti elencati con formulazioni più
contratte e con qualche variante nella successione, in Atti del VII Congresso Nazionale degli
oratori…, pp. 13-14.

2.7 Page 17

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 23
Secondo il Bollettino alcuni temi non abbastanza approfonditi rimasero
in studio presso le Commissioni33. Gli Atti, invece informano che non si era
esaurito pienamente soltanto il tema degli Oratori nei rapporti con la vita
parrocchiale, che perciò era stato rimandato nel successivo Congresso VIII
del 1924. I Voti del Congresso lo ignorano, aggiungendovi in compenso i Voti
elaborati all’interno della Commissione femminile sul tema L’Oratorio Fem-
minile nei rapporti con la Gioventù Femminile Cattolica Italiana34. Dei Voti
vanno sottolineati quelli relativi alla raccomandata adesione dei Circoli gio-
vanili degli Oratori alla Società della Gioventù Cattolica Italiana, la quale – si
diceva – “svolge la sua attività in un campo interamente estraneo alla poli-
tica” e l’istituzione in ogni parrocchia del Circolo della Gioventù Femminile
Cattolica finalizzato a dare alle giovani “una soda formazione religiosa, intel-
lettuale, morale e sociale, atta a prepararle a compiere la loro nobile, santa,
ma ardua missione di apostolato religioso sociale”35. In quei mesi, in forza
della circolare del 2 ottobre 1922 di Pio XI era in corso la redazione di nuovi
Statuti e Regolamenti – promulgati il 2 ottobre 1923 – che provvedevano a
una radicale riorganizzazione delle Associazioni affluenti all’Unione Popolare
fra i Cattolici d’Italia, voluta nel 1906 da Pio X. Il loro carattere di “apartiti-
cità” e/o “apoliticità” veniva più radicalmente salvaguardato, con la netta af-
fermazione delle finalità formative e di apostolato cattolico, che negli anni
precedenti, quando per molti nella militanza cattolica era compreso anche
l’impegno nel Partito Popolare36.
Al Congresso di Bologna, ovviamente, non mancarono le assemblee ge-
nerali, tenute nei tre giorni a pomeriggio avanzato con taluni discorsi (i rela-
tori sono detti “oratori”) rivolti alla presentazione di problematiche e di pro-
grammazioni più che alla puntualizzazione di situazioni e soluzioni pratiche. I
primi erano pronunciati in favore di un’“istruzione soda e completa fino alla
pratica esatta di tutti i comandamenti di Dio, termine sicuro di confronto fra i
veri e i non veri cristiani” da militanti del movimento cattolico: il senatore
Montresor, la signorina Ricci Curbastro, il marchese Sassoli, l’avv. Camillo
Corsanego, neopresidente della Gioventù Cattolica. I relatori veri e propri
svolgevano tematiche in prevalenza attinenti la Cultura Religiosa e le Scuole
di Religione: la Cultura religiosa dei laici cattolici, la Cultura religiosa della
donna cattolica, Gli Istituti di Cultura Superiore religiosa di Roma e Padova,
33 Cf ibid., n. 6, giugno, p. 145.
34 Cf Atti del VII Congresso Nazionale degli oratori…, pp. 19-36.
35 Cf ibid., pp. 26-29.
36 Cf M. CASELLA, Gli Statuti Generali dell’Associazione Cattolica Italiana (1923-
1969), in Gli Statuti dell’Azione Cattolica Italiana, a cura di E. Preziosi. Roma, AVE 2003,
pp. 18-22.

2.8 Page 18

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24 Pietro Braido
L’Insegnante di Religione nei Corsi Superiori [per studenti universitari], La
Scuola di Religione a programma completo [la Scuola di Parma], l’Influenza
della Sacra Liturgia nella formazione religiosa del giovane dell’Oratorio37.
In particolare, il gesuita p. Garagnani riferiva sulla Scuola di Religione isti-
tuita presso l’Università Gregoriana, don Caviglia su quella di Parma, don
Cojazzi parlava della programmazione e dei metodi da introdurre in quelle
che si sarebbero dovute aprire dappertutto per le differenziate categorie di de-
stinatari. Il filippino p. Bevilacqua trattava dell’efficacia della Liturgia nella
formazione del cristiano, in particolare dei giovani. Vi si associava il sale-
siano don Ulcelli testimoniando della sua presenza e forza di attrazione sui
giovani degli oratori salesiani. L’oratorio con i suoi problemi di istruzione e
formazione religiosa e dei mezzi di attrazione e di più ampia formazione
umana e sociale sembra essere rimasto in secondo piano.
È significativo che il Bollettino Salesiano concludesse la cronaca dell’e-
vento sottolineando che all’iniziativa di Torino “il dotto Clero di Bologna”
con a capo il suo Pastore, avesse impresso anche un carattere proprio, “così
da poterlo meritamente [sic] chiamare CONGRESSO NAZIONALE PER LEDUCA-
ZIONE E CULTURA RELIGIOSA DELLA GIOVENTÙ ITALIANA38. Una suggestione da
parte di una “nouvelle vague” salesiana per i futuri Congressi? Comunque, il
pragmatico don Rinaldi non se ne dimostrava particolarmente toccato. Nella
consueta circolare d’inizio d’anno ai Cooperatori per il 1924 citava il Con-
gresso come una delle tante occasioni nelle quali aveva sperimentato la gene-
rale simpatia per don Bosco e per i salesiani39.
4.2 L’VIII Congresso di Venezia (1924)
La “dotta Bologna”, senza volerlo, segnava l’inizio di tipo di Congresso
“oratoriano”, a base fortemente “culturale”. Però, nell’VIII Congresso Nazio-
nale per l’Educazione e la Cultura Religiosa, tenuto a Venezia dal 22-25 aprile
1924, nel lavoro e nei Voti l’oratorio manteneva ancora il posto dominante,
anzi esclusivo in gran parte di essi40. Il redattore del Bollettino Salesiano ag-
37 Negli Atti furono pubblicate soltanto le relazioni di p. Garagnani, di don Cojazzi e di
don Caviglia, perché – nota don Trione – trattavano di “argomenti che non si erano ancora
sufficientemente svolti nei precedenti Congressi”, pp. 37-55.
38 Cf ibid., n. 6, giugno, pp. 144-146.
39 Cf BS 48 (1924) n. 1, gennaio, p. 2.
40 Per la cronaca della preparazione e del decorso, cf BS 48 (1924) n. 4, aprile, p. 109;
n. 5, giugno, p. 143; essa è sviluppata con maggior ampiezza negli Atti dell’VIII Congresso
Nazionale degli Oratori e delle Scuole di religione per l’Educazione e la Cultura Religiosa.
Venezia dal 22 al 25 aprile 1924. Torino, SEI 1924, pp. 7-23.

2.9 Page 19

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 25
giungeva all’enunciato del tema: “della gioventù (Oratori e Scuole di Reli-
gione)” e dichiarava che tutto prometteva bene e se ne sperava “ottimo esito,
da gareggiare con i precedenti Congressi tenuti a Brescia, Torino, Faenza, Mi-
lano, Catania, Cagliari e Bologna”41. Considerandone i singolari inizi, c’erano
più motivi per sperare. Il Congresso era dovuto all’iniziativa personale del
rettor maggiore, don Rinaldi, che, tuttavia non vi avrebbe partecipato che tra-
mite un suo rappresentante, il vescovo salesiano di Volterra Dante Munerati.
Era stato immediatamente preso a carico dal Patriarca di Venezia, card. Pietro
Lafontaine, che aveva costituito rapidamente il Comitato d’onore, il Comitato
effettivo e parecchie commissioni di studio. Poteva contare sull’appoggio e
l’intervento di tutto l’Episcopato Veneto. Ma l’organizzatore lo collocava in
un quadro più vasto, considerandolo proficuo all’intera Nazione, rassicurato
che in tutte le diocesi italiane si facevano speciali preghiere per il suo buon
esito. Ne confermavano e dilatavano i vasti spazi il denso Breve pontificio del
13 aprile e il telegramma inviato al re Vittorio Emanuele III, nel quale, oltre
che porgergli “ossequenti omaggi” si augurava “all’Italia sempre maggiori
progressi educativi culturali nei sacri amori Religione, Famiglia, Patria”.
Presidente effettivo fu un prelato di eccezionale prestigio, il Vescovo
Principe di Trento, Celestino Endrici, Vice-Presidente don Stefano Trione. Il
patriarca di Venezia tenne il discorso inaugurale nella basilica di S. Marco la
sera del 22.
Il lavoro maggiore del Congresso fu compiuto da cinque commissioni
riunite nel Seminario patriarcale, due su temi riguardanti l’Oratorio, due su
questioni concernenti le Scuole di Religione, una quinta per le Proposte varie.
I Voti rispondevano alle già note problematiche sulla necessità degli oratori,
la loro gestione, il personale, le attività fondamentali e integrative. Analoghi e
specifici sono i Voti circa le Scuole di religione. È particolarmente interes-
sante l’VIII. Per l’azione giovanile, di cui è relatore don Trione. Avendo gli
Oratori sia maschili che femminili “il compito di cooperare, non solamente a
informare la gioventù alla interiore vita cristiana, ma anche alla vita sociale”
plaudeva a quelli che, anche secondo il desiderio della S. Sede, ciò già face-
vano “con l’aiuto e la cooperazione della benemerita Gioventù Cattolica sì
Maschile che Femminile”, e riconfermava i Voti del Congresso VII circa i
rapporti dei Circoli degli oratori dei salesiani e delle salesiane con G. C. I42.
Alle assemblee generali furono riservate le relazioni ufficiali. Esse fu-
rono dedicate in gran parte a temi elevati, svolti da personalità di grande ri-
41 Cf BS 48 (1924) n. 4, aprile, p. 109: si dava il titolo VIII Congresso Nazionale per
l’educazione e cultura religiosa della gioventù (Oratori e Scuole di Religione).
42 Atti dell’VIII Congresso Nazionale degli Oratori…, pp. 23-48, in particolare p. 35.

2.10 Page 20

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26 Pietro Braido
lievo culturale: Cultura Religiosa superiore agli uomini cattolici, Compi-
mento morale della Scuola Media di Religione, Scuola Media di Religione,
Scuola Superiore di Religione, svolti rispettivamente dal prof. Rodolfo Bet-
tazzi, dal grande matematico Ugo Amaldi, da don Caviglia, Don Lingueglia,
dal gesuita p. Alessio A. Magni di Padova. Inoltre, nel corso del Congresso il
domenicano p. Reginaldo Fei, dell’Università di Friburgo in Svizzera, faceva
la commemorazione ufficiale del VII Centenario della nascita di S. Tommaso
d’Aquino. Agli oratori era dedicata unicamente la relazione svolta da don Er-
nesto Carletti, sul tema Oratorio a programma completo, quale s’imponeva
nei quartieri popolari delle grandi città43. Negli Atti, però, era collocata da don
Trione al primo posto nella serie delle relazioni in essi riportate: “L’Oratorio
con Programma massimo”, Il Compito morale della Scuola Media di Reli-
gione (don Caviglia), La Scuola Superiore di Religione (presso l’università di
Padova, p. Magni), Per la cultura religiosa degli adulti (prof. Amaldi)44.
5. Ritagli di cronache oratoriane di un quinquennio (1922-1927)
A partire dagli anni ’20 il Bollettino diminuiva la passata attenzione pri-
vilegiata agli oratori per sintonizzarsi al nuovo corso, più aperto, come si è
visto in occasione del Congresso Internazionale dei Cooperatori del 1920, alla
più vasta e variegata gamma delle istituzioni gestite dalla Famiglia salesiana.
Le informazioni sugli oratori decrescono e non compaiono le rubriche speci-
fiche, ma altre dai titoli più comprensivi. Sottentrano le formule Note e corri-
spondenze e Notizie varie, nelle quali però sugli oratori prevalgono altre
opere: ospizi, orfanotrofi, collegi, scuole professionali, parrocchie. Dal 1925
al 1945 esse lasciano il posto ad altre più aperte: Nel mondo salesiano, Dalle
Case salesiane, Notizie dalle nostre Case, Nella Nostra Famiglia. Dominante
continuerà ad essere, in misura crescente, la sezione riservata alle Missioni
Salesiane e uno spazio privilegiato otterrà l’Azione Salesiana organizzata dei
Cooperatori.
Il 1922 del Bollettino iniziava con la commemorazione tenuta a Torino
dell’ottantesimo dell’incontro di don Bosco con Bartolomeo Garelli. Si svol-
geva in tre tempi: alle 7 del mattino due squadre di alunni interni della Casa
madre e le rappresentanze degli oratori festivi e dei Circoli di Torino assiste-
vano nella chiesa di S. Francesco d’Assisi a una messa celebrata allo stesso al-
43 Cf BS 48 (1924), n. 6, giugno, pp. 143-146.
44 Cf Atti dell’VIII Congresso Nazionale degli Oratori…, pp. 49-74.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 27
tare al quale l’8 dicembre 1841 aveva celebrato don Bosco; alle 9,30 all’Ora-
torio la Sezione Giovani degli Ex-allievi portava il nuovo vessillo ai piedi di
Maria Ausiliatrice, perché fosse benedetto da don Rinaldi; la giornata era con-
clusa nel teatrino con una breve accademia musico-letteraria con la proiezione
del film “Don Bosco fanciullo”, realizzato nei luoghi della prima giovinezza
dalla Società Cinematografica torinese Perla Films, le cui scene l’articolista
dichiarava rigorosamente storiche45. Più oltre informava sulla benedizione
nell’oratorio festivo di Catania della bandiera del nuovo Circolo “Andrea Bel-
trami”, impartita dal card. Francica Nava in clima di briosa festa giovanile46.
L’Azione Salesiana dei Cooperatori si espandeva anche con la fonda-
zione di nuovi oratori festivi a Girgenti, a Canicattì e a Maratea47. A Villastel-
lone (Torino) il 19 ottobre si era inaugurato il Circolo giovanile S. Ferdi-
nando, così chiamato in memoria del padre delle fondatrici dell’oratorio, Ca-
rolina e Giuseppina Assom, mentre per i piccoli era stata istituita la sezione
Circolo Domenico Savio: a un anno di distanza si inauguravano il vessillo so-
ciale del Circolo e il gagliardetto della sua sezione polisportiva48. I salesiani
erano accolti con simpatia anche nella piccola repubblica di S. Marino, dove
stabilivano un oratorio festivo con doposcuola, corsi serali, circolo giovanile.
Il quindicinale locale La Libertà s’attendeva molto da questa opera a favore
dei “figli del popolo”, molte volte “abbandonati ai pericoli della strada”49.
Una proposta interessante scaturiva dai cinque Convegni dei Decurioni sale-
siani tenuti tra febbraio e marzo, a Palermo, Marsala (Trapani), Catania, Cani-
cattì (Agrigento), Modica (Ragusa) in occasione della visita di don Rinaldi in
Sicilia, presente sempre l’Ispettore don Giovanni Minguzzi. “Si fecero voti:
1) che coll’attiva collaborazione dei Decurioni si [potesse] tenere in Sicilia
l’VIII Congresso Nazionale degli Oratori Festivi e delle Scuole di Religione;
2) che si [promuovessero] presso varie Case Salesiane corsi di pedagogia ca-
techistica, sull’indirizzo e sul funzionamento pratico degli Oratori Festivi”50.
Il 22 aprile l’Unione Padri di Famiglia, costituitasi nell’oratorio festivo del
Martinetto, nei pressi di Valdocco, aveva inaugurato la propria bandiera so-
ciale con benedizione impartita da don Barberis51. Analogo rito, ma in un
contesto ben diverso, l’ampia cavea del Teatro Greco, era stato celebrato a
Taormina, presenti con un’immensa folla tutte le autorità cittadine, per l’inau-
45 Cf BS 46 (1922) n. 1, gennaio, pp. 23-24.
46 Cf ibid., n. 2, febbraio, p. 55.
47 Cf ibid., n. 5, maggio, p. 117.
48 Cf ibid., n. 12, dicembre, p. 332; BS 47 (1923) n. 8, agosto, p. 221.
49 Cf BS 47 (1923) n. 1, gennaio, p. 24.
50 Cf ibid., n. 6, giugno, p. 163.
51 Cf ibid., p. 166.

3.2 Page 22

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28 Pietro Braido
gurazione del Reparto “Taormina I” dell’A.S.C.I., costituito nell’oratorio sa-
lesiano, e la benedizione del suo vessillo52. All’oratorio di Trieste, che cele-
brava il 25° di fondazione, faceva una graditissima visita dal 31 ottobre al 5
novembre don Rinaldi. È azzeccato il profilo, che di lui tracciava il settima-
nale cattolico Vita Nuova: “Veneranda figura di Sacerdote, umile, affabile,
simpatico”, “ha avvicinato tutti in quei giorni, a tutti ha parlato in modo sem-
plice come usava Gesù con le turbe”, scriveva, passando in rassegna tutte le
categorie di persone incontrate e i vari gruppi adunati per salutarlo ed ascol-
tarlo: i piccoli oratoriani, i soci dei circoli giovanili, la Donne Cattoliche, gli
Ex-allievi, Cooperatori e benefattori53. Dell’oratorio di Trieste si faceva an-
cora parola a proposito della festa dell’Albero di Natale il giorno dell’Epi-
fania tenuta nella palestra con una folla di popolo e la presenza dello stesso
comandante del Corpo d’Armata, gen. Vaccari, che visitava le scuole di banda
e di canto, il Circolo Domenico Savio, le sale di lettura e di divertimento del
Circolo Don Bosco, la biblioteca circolante. Il passare degli anni non variava
il tipo di regali-premio, non certo voluttuari, distribuiti, nell’occasione ben
cinquecento: duecento vestiti alla marinara e altri trecento doni consistenti in
capi di biancheria, scarpe, berretti, ecc.54. Per sua parte l’oratorio di Catania,
diretto dal dinamico don Orto, non poteva omettere di celebrare, insieme al
XXV di fondazione del S. Filippo e alla premiazione annuale degli alunni
della Scuola di religione, il XXV di cardinalato dell’arcivescovo Francica
Nava. Vi era affluita gran folla di giovani, di signori e di signore, gustando
musiche e discorsi celebrativi, con saluto finale del venerando festeggiato55.
Grande risonanza ebbe pure la gita-pellegrinaggio al Santuario di Maria Ausi-
liatrice ai Becchi di 400 padri di famiglia degli oratori torinesi, guidati nella
visita ai luoghi delle origini di don Bosco dallo stesso don Rinaldi. Sia a
Castelnuovo che ai Becchi attirò l’attenzione della gente la lunga fila dei 25
torpedoni e, ancor più, lo spettacolo di tanti uomini mossi da una sola fede
e devozione56.
Tre oratori sono ricordati in relazione all’inaugurazione: di Chioggia, di
Valdocco e di Trieste. Del primo si era celebrato il XXV di fondazione con la
presenza di mons. Olivares, che aveva predicato il triduo di preparazione, e
del vescovo diocesano Mezzadri, circondati da una immensa folla e da tutte le
Autorità ecclesiastiche e civili. A cura degli Ex-allievi si aveva anche lo sco-
52 Cf ibid., n. 7, luglio, p. 194.
53 Cf ibid., n. 11, dicembre, p. 329.
54 Cf BS 48 (1924), n. 2, febbraio, p. 54.
55 Cf ibid., n. 10, ottobre, p. 278.
56 Cf ibid., n. 11, novembre, p. 306.

3.3 Page 23

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 29
primento di un busto di don Bosco, collocato in cortile. Alla festa delle pre-
miazioni a Valdocco don Rinaldi aveva accanto il Prefetto, il Commissario
Prefettizio della città e il Provveditore agli Studi. Il prof. Modesto Panetti del
Politecnico teneva il discorso di circostanza, seguito da parole di elogio per
tutti i giovani oratoriani di don Rinaldi. L’oratorio di Trieste continuava la sua
tradizione: benevolenza del nuovo vescovo diocesano Fogar, visite illustri, tra
cui quella della duchessa d’Aosta, Elena d’Orléans, presenti i comandanti di
divisione e del Corpo d’Armata. La duchessa concludeva con calde parole di
compiacimento, contenta di aver visitato un’istituzione di don Bosco, che
fanciulla aveva conosciuto a Parigi57. Imponente era stata pure nel pome-
riggio del 18 gennaio l’inaugurazione dell’oratorio aperto l’8 dicembre a San
Cataldo (Caltanisetta), presenti le massime autorità della provincia e del co-
mune. Al mattino il vescovo diocesano mons. Jacono aveva celebrato la
messa della Comunione dinanzi a più di 500 giovani58. Brevi informazioni
venivano date anche sull’oratorio inaugurato a Recanati il 25 marzo 1924, do-
tato di comodi locali, di un bel teatrino e di un ampio cortile, con rapida cre-
scita dei giovani assidui e la fioritura delle varie sezioni59. Novità erano pure
giunte dall’oratorio di Fiume: l’inaugurazione delle nuove sale dei Circoli
giovanili Don Michele Rua e San Tarcisio e del nuovo campo sportivo. Nel
pomeriggio la banda del 26° Reggimento di Fanteria aveva offerto un at-
traente concerto e nel nuovo campo sportivo si erano incontrate in una partita
di calcio le squadre dell’oratorio e del Reggimento. Erano seguiti un tratteni-
mento nel teatrino e, nella notte, una bella illuminazione a lampadine elet-
triche alla facciata dell’oratorio, con una grande stella visibile da ogni punto
della città60. “Oratorio modello” era definito quello gestito dai salesiani a Na-
poli al Vomero, con un periodichetto settimanale. Consuete e nuove erano le
opere attivate: due Circoli, la Compagnia di S. Luigi, la fanfara, il IX Reparto
Esploratori, le sezioni Canto, Catechisti, Sport, Filodrammatica; addirittura
un Corso premilitare autorizzato dall’Autorità competente, la Biblioteca cir-
colante, la Biblioteca Apologetico-catechistica della Scuola di Religione, una
scuola gratuita di lingue estere61. Interessante è la citazione dell’elogio dell’o-
ratorio di Genzano (Roma) uscito il 2 settembre sul quotidiano del partito re-
pubblicano, La Voce Repubblicana: “Si pensi quel che si vuole dell’educa-
zione catechistica, ma indubbiamente chi ha compiuto a Genzano una grande
57 Cf BS 9 (1925), n. 1, gennaio, pp. 25-26.
58 Cf ibid., n. 3, marzo, p. 81.
59 Cf ibid., n. 4, aprile, p. 107.
60 Cf ibid., n. 5, maggio, p. 138.
61 Cf ibid., n. 6, giugno, p. 165.

3.4 Page 24

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30 Pietro Braido
opera educatrice sono stati i Salesiani. Tutti i ragazzi del luogo, da almeno
due generazioni, frequentano l’oratorio dei Salesiani: ci vanno anche i figli
dei più arrabbiati mangiapreti. Con la pagnottella e i fichi secchi, con i giochi
ginnastici, col teatro e col bel canto, e con altri mille ingegnosi espedienti, i
Salesiani sono riusciti a togliere, per lunghe ore della giornata, i ragazzi dalla
strada, ove ne avrebbero fatte, robusti e svegli come sono, di tutti i colori”62.
Di cose oratoriane il Bollettino riferiva dopo un anno di silenzio. Ne era
oggetto, anzitutto, la sezione Mandolinistica di Valdocco E.V.A.T. (Estudian-
tina Valdocco Auxilium Torino), che nelle serate del 25 e 26 settembre si era
fatta promotrice di due stupendi concerti, a cui parteciparono la Euterpe, la
Giuseppe Verdi e la Filarmonica di Torino. Si era proposta tre scopi: aiutare
col provento le Missioni salesiane nel loro Cinquantenario, l’inaugurazione
del gagliardetto sociale, il cinquantesimo di sacerdozio di don Giuseppe Ve-
spignani. Il gagliardetto era stato benedetto da don Rinaldi che plaudeva e in-
coraggiava le Società partecipanti al concerto a proseguire in un’attività così
bene interpretata63. Veniva anche ricordata la festa del 2° Centenario della Ca-
nonizzazione di S. Luigi Gonzaga celebrata il 18 luglio nell’oratorio di S.
Luigi a Torino-Porta Nuova. Erano state benedette le bandiere dei Circoli
Virtù e Lavoro, Savio Domenico e San Tarcisio. Nel corso dell’accademia
musico-letteraria aveva tenuto il discorso commemorativo l’Ex-allievo avv.
Renato Vuillermin, responsabile della G. C. I. del Piemonte, che, durante la
seconda guerra mondiale, avrebbe partecipato alla Resistenza e il 27 di-
cembre 1943 sarebbe stato fucilato dalle S.S. nel forte Sant’Angelo di Sa-
vona, morendo al grido “Viva l’Italia libera”64. Veniva pure ricordata la ma-
gnifica festa riservata al Maresciallo Luigi Cadorna, Capo di Stato maggiore
nei primi anni della Grande Guerra. Erano presenti nomi illustri della politica,
dell’amministrazione pubblica e civica, dell’esercito, del Clero presenti. Fa-
cevano gli onori di casa il direttore don Alessandro Franch e don Rubino, suo
predecessore. Oltre vari discorsi, ci fu la recita di uno spiritoso dialogo “Le
grandi manovre” composto dal direttore e particolarmente gustato dal grande
generale e sincero cattolico65.
L’anno si chiudeva con riferimenti a due manifestazioni oratoriane di
maggior impegno culturale e spirituale. Il Circolo Auxilium dell’oratorio fe-
stivo di Valdocco aveva solennizzato il suo ventennio di fondazione con più
iniziative: una Settimana di Studio, nel corso della quale conferenzieri catto-
62 Cf ibid., n. 10, ottobre, p. 277.
63 Cf BS 50 (1926), n. 11, novembre, pp. 298-299.
64 Cf ibid., pp. 299-300.
65 Cf ibid., p. 302.

3.5 Page 25

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 31
lici trattarono di problemi attuali “d’indole culturale-etico-sociale”; un Con-
gressino missionario; l’inizio della pubblicazione del periodico mensile Auxi-
lium; la fondazione di una borsa perpetua di studio Filippo Rinaldi per un
oratoriano allievo missionario; la ripresa delle scuole serali oratoriane d’av-
viamento professionale; una grande serata francescana, per ricordare il VI
Centenario della morte di S. Francesco d’Assisi; una Mostra in tre sezioni: la
prima di creazioni letterarie, artistiche, tecniche; la seconda, didattica, con
saggi delle scuole oratoriane diurne e serali; la terza Scautistica. All’inaugura-
zione avevano presenziato don Rinaldi e don Rotolo, nuovo direttore della
Casa madre, l’Assistente ecclesiastico federale dell’Azione Cattolica, can.
Pittarelli, e il Presidente diocesano, avv. Guglielminetti. Nell’oratorio sale-
siano di Genzano, invece, il 19 settembre, giorno onomastico del vescovo su-
burbicario di Albano, card. Gennaro Granito Pignatelli di Belmonte, si era
svolto I Congresso Diocesano degli Aspiranti. Nella seduta antimeridiana
erano stati trattati i seguenti temi: l’Eucaristia, la Vergine Maria, il Papa, le
Missioni, l’Aspirante. In quella pomeridiana un giovane del circolo Savio Do-
menico dell’oratorio locale aveva letto una relazione sul tema Domenico
Savio e l’Aspirante, modello di amore all’Eucaristia, alla Vergine, al papa,
alle Missioni. Al termine della relazione Domenico Savio era stato procla-
mato Modello dei giovani Aspiranti della diocesi e si facevano voti perché il
Consiglio Superiore della G.C.I. volesse proclamarlo anche Modello perfetto
di tutti i giovani Aspiranti. Seguiva la premiazione dei giovani genzanesi del-
l’oratorio, vincitori della gara catechistica, con doni elargiti anche dal cardi-
nale e da mons. Tardini, Assistente generale della G.C.I66.
Grande rilievo veniva dato, per gli inizi del 1927, alla festa di San Fran-
cesco di Sales nell’oratorio festivo di Valdocco. In quel giorno si era svolta la
I Assemblea generale del Comitato Dame Patronesse dell’Oratorio, da consi-
derarsi vere mamme che coadiuvavano in più modi il direttore, in particolare
nel trovare per l’Albero di Natale duecento pacchi d’indumenti di lana da
dare ai giovani più poveri, nell’allestimento dei banchi di beneficenza, nel
provvedere medaglie, nastri, cioccolata e passeggiata al centinaio e più di
bambini ammessi alla prima Comunione, nel cercare medaglie e nappe per
tornei e gare calcistiche e ginniche. L’assemblea era stata presieduta, presente
anche don Trione, da don Rinaldi, che benediceva e consegnava ad ognuna un
apposito artistico distintivo e un regolamentino stampato, compiacendosi del
lavoro compiuto e incoraggiando a continuarlo67. Il 7 aprile troviamo le Dame
66 Cf ibid., n. 12, dicembre, pp. 327-329.
67 Cf BS 51 (1927) n. 3, marzo, p. 91.

3.6 Page 26

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32 Pietro Braido
Patronesse a fianco dei 93 bambini della prima comunione. All’uscita erano
stati raccolti nel salone-teatro, dove le Dame avevano preparato “un abbon-
dantissimo cioccolatte”, seguito dalla distribuzione, unitamente all’immagine
ricordo, di dolci e caramelle. Nel pomeriggio erano ritornati all’Oratorio e,
accompagnati in tram a Valsalice, avevano rinnovato i loro propositi dinanzi
alla tomba di don Bosco. Di essi il Bollettino pubblicava anche un nitido
gruppo fotografico con le Dame Patronesse in primo piano. Il 24 aprile si eb-
bero le premiazioni di quanti avevano frequentato i catechismi quaresimali.
Furono premiati circa 150, di cui due terzi ebbero un taglio di vestito, gli altri
assortiti volumi di letture amene. Una quarantina tra i premiati si erano poi
preparati alla tradizionale gara catechistica di fine anno oratoriano68. Grande
rilievo veniva pure dato alla solenne festa per la posa della prima pietra, il 15
maggio, dell’oratorio di S. Donà di Piave (provincia di Venezia e diocesi di
Treviso), un progetto cullato fin dall’immediato dopoguerra dall’arciprete
mons. Luigi Saretta e concretato il 1° giugno 1926 quando l’aveva voluto in-
contrare don Rinaldi, in visita alle opere salesiane nel Veneto. La cerimonia
era stata preceduta da una settimana di predicazione tenuta da Salesiani e da
mons. Olivares69. I Salesiani vi sarebbero entrati il 24 settembre dell’anno se-
guente70. L’oratorio di S. Donà, grazie a chiari accordi con un grande parroco,
metteva in evidenza come le proprie attività potevano pacificamente svolgersi
senza interferire nel ritmo di quelle parrocchiali. In altra situazione, l’oratorio
a Borgo San Paolo a Torino si era talmente incarnato nel territorio che veniva
naturale ai borghigiani parlare del nostro oratorio, la nostra casa, la nostra
chiesa. Nel 1927 ciò si evidenziava nel triduo di preparazione alla festa di
San Paolo e nella sua celebrazione che aveva compreso per la prima volta
anche la processione in onore del Santo attraverso le vie e i corsi del suo
borgo: iniziata alle 20.30 si era conclusa alle 22.30 in una fantasmagoria di
luci, prolungata fino a mezzanotte con il pingue banco di beneficenza71. Di
altro tipo, ma ricca di pathos, invece, era stata all’oratorio di Napoli-Vomero,
la cerimonia di scoprimento della lapide con medaglione, murata nella parete
del Circolo, in memoria del prof. Tito Sicca, “l’apostolo nello sviluppo del-
l’opera salesiana oratoriana al Vomero”. Immenso era stato il concorso di
pubblico, molte le rappresentanze di Ordini religiosi maschili e femminili e di
Organizzazioni cattoliche, nobili i discorsi sulla sua missione di professore di
matematica e di educatore secondo lo spirito di don Bosco nella scuola pub-
68 Cf ibid., n. 6, giugno, pp. 186 e 187.
69 Cf ibid., n. 7, luglio, pp. 219-220.
70 Cf BS 52 (1928) n. 11, novembre, pp. 326-327.
71 Cf ibid., n. 9, settembre, p. 285.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 33
blica e di animatore in tutte le attività dell’oratorio. Giungeva anche il card.
Ascalesi, che, superando difficoltà di orari, aveva voluto partecipare almeno
all’ultima parte della commemorazione72. Seguiamo il Maestro. Per una
santa Crociata era il titolo di un diffuso articolo sul Catechismo, “principio
dell’Oratorio” di don Bosco e salesiano, e sull’Apostolo della gioventù, addi-
tato ai Cooperatori e alle Cooperatrici come loro modello nell’impegno ora-
toriano come catechisti e catechiste soprattutto in tempo di quaresima e in
preparazione al Precetto Pasquale73.
6. Incontri e Convegni intracongregazionali (1926-1929)
Il Congresso di Venezia già per la sua natura costituiva un tacito prean-
nuncio della fine dei Congressi di massa, tra l’altro diventati problematici
nella situazione socio-politica italiana. Sottentreranno convegni e congressi
di tipo esclusivamente religioso, sia per i temi trattati che per la qualità dei
partecipanti.
6.1 Congresso generale delle Compagnie religiose in Italia (1923)
È noto quanta importanza educativa e apostolica don Bosco attribuisse
al buon funzionamento negli istituti e negli oratori delle Compagnie giovanili
di S. Luigi, dell’Immacolata Concezione, del SS. Sacramento, con l’inclu-
sione del Piccolo Clero, e di S. Giuseppe. La prima era sorta negli oratori to-
rinesi nel 1847, le altre si erano aggiunte nella seconda metà degli anni ’50
nella “casa annessa” all’oratorio festivo di Valdocco74. Radicate maggior-
mente nei collegi, essere furono ricuperate con particolare sollecitudine per
tutte le istituzioni giovanili a partire dal 1923 anche in forza delle precise
norme contenute nei nuovi Regolamenti della Società salesiana circa la pro-
mozione delle Compagnie in uso nelle Case (art. 133 e 189) e la loro introdu-
zione anche negli oratori. “Il Direttore – prescriveva il particolare Regola-
mento per gli Oratorii – si dia la massima cura d’istituire e promuovere le
Compagnie religiose, che debbono essere quelle stesse vigenti nei nostri col-
legi, e uniformarsi, per quanto è possibile, alle stesse norme e regolamenti”
(art. 357). L’insistenza su di esse si intensificava nella seconda parte del Ret-
72 Cf ibid., pp. 286-287.
73 Cf ibid., n. 10, ottobre, pp. 289-294.
74 Cf P. BRAIDO, Don Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà, vol. I. Roma, LAS
2003, pp. 318-320.

3.8 Page 28

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34 Pietro Braido
torato di don Rinaldi, quando si ponevano anche problemi di coesistenza e di
relazioni strutturali, dovuti al moltiplicarsi delle Associazioni e dei circoli
giovanili di Azione cattolica con le due fasce degli Effettivi e degli Aspiranti.
Nel febbraio 1923 il Bollettino Salesiano annunciava che, per iniziativa
della Compagnia del S. Cuore [sic] del Centro studi salesiano di Valsalice, i
giorni 26 e 27 maggio 1923, si sarebbe tenuto all’Oratorio di Torino-Valdocco
“un Congresso Generale delle Compagnie Religiose dei giovani alunni interni
ed esterni delle Case Salesiane e annessi Oratorî Festivi”75. Don Rinaldi
aveva accolto favorevolmente il progetto, ritoccato il programma e auspicato
che le Case e le Ispettorie d’Italia e dell’estero vi aderissero e lo preparassero
con Convegni o Congressi locali, inviando a Torino resoconti e voti. Le so-
lenni e intense giornate dei lavori furono poi arricchite da una speciale bene-
dizione del Papa76. La prima giornata fu dedicata ai lavori delle Sezioni. Nella
seconda furono tenute le grandi Adunanze Generali, presiedute da don Ri-
naldi circondato dai membri del Capitolo superiore e altri eminenti salesiani.
Vi furono svolte dai giovani Soci delle Compagnie di varie parti d’Italia ben
sedici relazioni su temi di carattere storico, devozionale, apostolico. Una era
dedicata ex professo al tema Le Compagnie Religiose nell’Oratorio Festivo e
fra gli esterni. Nei dibattiti presero la parola anche parecchi rappresentanti
d’Europa e delle Americhe77. I Voti toccano temi relativi allo sviluppo delle
Compagnie, ma più diffusamente all’impegno dei soci in svariate attività apo-
stoliche: favorire le vocazioni ecclesiastiche, diffondere la buona stampa, pre-
pararsi e operare da catechisti e assistenti negli oratori festivi e nelle parroc-
chie, il coinvolgimento di altre associazioni alle proprie iniziative aposto-
liche: “Siccome in molte Case, e specialmente negli Oratori festivi – si au-
spica –, oltre le Compagnie Religiose vi sono anche Circoli ricreativi, spor-
tivi, di azione sociale, d’azione cattolica e simili, le Compagnie procurino di
interessarli e richiederne la cooperazione quando si tratta di promuovere le
maggiori opere di zelo”78.
In un Convegno in due tempi degli Ispettori e dei Direttori salesiani
d’Europa dell’estate 1926 si incoraggiava “l’iscrizione degli alunni interni ed
esterni all’Associazione Gioventù Missionaria”, tuttavia senza pregiudizio
delle tradizionali “Compagnie”79.
75 Cf BS 47 (1923) n. 2, febbraio, p. 52.
76 Cf ibid., n. 7, luglio, p. 191; cf Congresso Generale delle Compagnie Religiose Giova-
nili degli Istituti Salesiani, Torino, 26 e 27 maggio 1923. Milano/Parma, SEI 1923, 32 p.
77 Cf Congresso Generale delle Compagnie Religiose Giovanili degli Istituti Salesiani,
Torino 26 e 27 maggio 1923. Torino, SEI 1923 [1924], pp. 5-9.
78 Cf Congresso Generale delle Compagnie Religiose…, pp. 10-20.
79 Cf ACS 7 (1926) n. 36, 24 settembre, p. 504.

3.9 Page 29

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 35
Il tema delle Compagnie ritornava nei tanti Convegni Interdiocesani dei
Direttori Diocesani e parrocchiali e dei Decurioni dei Cooperatori Salesiani
tenuti in parecchie città d’Italia nel 1927 organizzati da don Antonio Fasulo
con la presenza di don Stefano Trione, rappresentante e portavoce del Rettor
Maggiore. Avendo i Convegni tra i temi comuni la promozione delle voca-
zioni religiose e missionarie, era naturale il richiamo alle Compagnie come
“uno dei mezzi più efficaci di cui si valse Don Bosco per formare alla pietà
certe categorie di giovani e per coltivare tra loro le vocazioni ecclesiastiche e
religiose”. Si facevano, perciò, voti che specialmente per mezzo dei Coopera-
tori si diffondessero e mantenessero in fiore “negli Oratori e nelle Parrocchie
le Compagnie giovanili” ed altre consimili. Esse avrebbero anche dovuto con-
correre “a formare il Piccolo Clero a servizio dell’Altare, la Scuola dei Can-
tori di Chiesa, i Cooperatori, Catechisti e Assistenti dell’oratorio, la Confe-
renza di S. Vincenzo de’ Paoli per la cura dei poveri, ecc.”80.
6.2 Marginali riferimenti “oratoriani” nel X Congresso Internazionale dei
Cooperatori Salesiani (1926)
Anche se il X Congresso Internazionale dei Cooperatori Salesiani, cele-
brato con straordinario coinvolgimento del mondo ecclesiastico, politico e ci-
vile dal 25 al 27 maggio, si era proposto come tema unico la Cooperazione
Missionaria – un Congresso “pro Missioni Salesiane” fu detto già allora –,
non mancò di agganci con la realtà oratoriana.
Già nelle linee dei temi e dei relativi Voti, proposti fin dal primo an-
nuncio, si includeva la raccomandazione ai Cooperatori “di cercare e colti-
vare nuove Vocazioni Missionarie nelle famiglie, nelle scuole e negli Istituti
educativi, negli Oratori, nei Circoli, ecc.”. Più avanti, il titolo VII Azione gio-
vanile era introdotto col rilevare “l’importanza dell’educazione missionaria
nei Collegi, Oratorii e Circoli giovanili, sì maschili che femminili”, quale
“complemento allo studio apologetico e storico della Religione Cattolica,
mezzo per formare la coscienza ecclesiale dei giovani, prepararli all’aposto-
lato, via per stimolarli a sentire l’obbligo di concorrere largamente con aiuti
morali e materiali alla dilatazione del Regno di Dio”. Se ne traevano i se-
guenti voti: formare in ogni Collegio, Oratorio e Circolo Giovanile, sia ma-
schile che femminile, una Biblioteca Missionaria; invitare i giovani dei Col-
legi, degli Oratori e Circoli e delle Scuole, pubbliche e private, ad ascriversi
all’Associazione “Gioventù Missionaria”, riservare ad essi negli Istituti e
80 Cf BS 51 (1927) n. 5, maggio, pp. 150-151.

3.10 Page 30

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36 Pietro Braido
negli Oratori, come alle altre Compagnie un’appropriata conferenza settima-
nale o quindicinale, sospingere i più attivi e capaci a formare il “Circolo Mis-
sionario” per un’azione più diretta, in ogni Collegio, Istituto ed Oratorio, sia
maschile che femminile, tenere prima del termine dell’anno scolastico un
Congressino Missionario, “per raccomandare allo zelo degli alunni e delle
alunne un’attiva propaganda in favore delle Missioni Cattoliche e Missioni
Salesiane nel periodo delle vacanze”81.
Tuttavia, nella celebrazione del Congresso, costituita da una sequela di
grandi e ininterrotti discorsi di brillanti oratori, ecclesiastici e laici, il tema dei
giovani, degli Oratori e dei Circoli veniva appena sfiorato82. L’aveva toccato
soltanto il marchese Baldovino di Rovasenda, che aveva recato al Congresso
la voce della Gioventù Cattolica e parlato di quanto si faceva nei suoi circoli
per tenere acceso e propagare l’ideale missionario. Gli aveva fatto eco don
Rinaldi, encomiando i giovani cattolici ed elogiando l’annuale contributo fi-
nanziario che il fiorentissimo Circolo “Auxilium” del primo oratorio di don
Bosco recava alle Missioni Salesiane83. Nonostante il titolo Azione giovanile
pro Missioni della settima ed ultima relazione, niente vi si trova che riguardi i
giovani, gli Oratori e i Circoli84.
Sfogliando il Bollettino, non sembra che il Congresso abbia avuto un
grande impatto sulla vita degli oratori festivi, eccettuato l’attivissimo oratorio
festivo di Valdocco. Sembra trovarsene più visibili tracce nella vita dei col-
legi. Nel periodico veniva riportato un insieme di Norme, elaborate nel liceo
salesiano di Torino-Valsalice, e altre indicazioni pratiche seguite nell’Istituto
di Caserta, per regolare e rendere fruttuosi i “piccoli congressi missionari tra
i giovani” 85.
6.3 Debole presenza dell’oratorio nei Convegni degli Ispettori e dei Direttori
salesiani d’Europa e d’Italia (luglio-agosto 1926)
In gennaio del 1926 il Rettor Maggiore annunciava un Convegno a To-
rino dei Direttori salesiani d’Europa destinato a trattare della Pia Unione dei
Cooperatori e della Pia Opera di Maria Ausiliatrice86. L’annuncio veniva inte-
grato e rifinito in giugno con l’indicazione delle modalità, delle date e del
programma. A causa della difficoltà di ospitare insieme più centinaia di Diret-
81 Cf BS 50 (1926) n. 1, gennaio, pp. 21-23.
82 Cf ibid., n. 7, luglio, pp. 169-190.
83 Cf ibid., pp. 184-185.
84 Cf ibid., pp. 185, 187-188.
85 Cf ibid., n. 9, settembre, pp. 245-246.
86 Cf ACS 7 (1926) n. 33, 24 gennaio, pp. 432-433.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 37
tori e non pochi Ispettori il Convegno si sarebbe svolto in due date distinte e
con partecipanti di due diverse provenienze geografiche: dal 26 al 28 luglio
quello degli Ispettori e Direttori d’Europa; dal 30 agosto al 1° settembre
quello degli Ispettori e Direttori d’Italia. Venivano elencati i temi e i rispettivi
relatori, tutti membri del Capitolo superiore: Vocazioni (l’Economo generale
don Fedele Giraudi), Formazione e cura del personale (don Pietro Tirone,
Ausiliare del Direttore Spirituale Generale), Ordinamento degli studi (il Con-
sigliere scolastico generale don Bartolomeo Fascie), Cooperatori ed Ex-Al-
lievi (il Prefetto generale don Ricaldone), Missioni (il Consigliere capitolare
don Antonio Candela)87. Al Convegno si sarebbe aggiunta una sesta relazione
sulle Scuole Professionali e Agricole, tenuta dal Consigliere professionale ge-
nerale, don Giuseppe Vespignani.
Ai due Convegni, informava poi don Rinaldi, avevano partecipato 300
Direttori e 25 Ispettori, il Procuratore Generale, tutti i membri del Capitolo
Superiore. Lo scopo era stato definito dallo stesso Rettor Maggiore in termini
che riassumevano in poche parole il programma dell’intero suo Rettorato:
“Attuare sempre più perfettamente gl’ideali di Don Bosco”88.
L’oratorio non fu oggetto di un’attenzione specifica. Ma dal Resoconto
dei Convegni89 si possono ricavare alcuni occasionali riferimenti. Gli oratori
festivi e i Circoli e le Unioni giovanili compaiono anzitutto tra i luoghi da cui
si possono trarre vocazioni: ospizi, collegi, pensionati, parrocchie. Si ritiene
mezzo per coltivarle anche “dove c’è deficienza di personale, si lavori a for-
mare tra i giovani più grandi dell’Oratorio festivo dei buoni catechisti”90. Tra
le varie condizioni, però, era indicata la cura della purezza, rigorosamente di-
fesa e sorvegliata dall’irrompere di nuovi e vecchi mezzi di comunicazione: il
cinematografo, da “sopprimere”, la radiotelefonia, i libri e le riviste illustrate,
la poca decenza del vestire (i calzoncini corti e le gambe nude), gli esercizi
sportivi esagerati91. Riguardo alla cura del personale si raccomanda, dando
per scontato il divieto di fumare e fiutar tabacco, di premunirsi dagli inconve-
nienti derivanti dalla radiotelefonia, dalle vacanze, dai bagni dei confratelli e
dei giovani92. Era, ovviamente, pacifico l’impegno per il regolare esercizio
delle pratiche di pietà. E a chi avesse obiettato che nelle Case “alla domenica
87 Cf ACS 7 (1926) n. 35, 24 giugno, p. 459.
88 Cf ACS 7 (1926) n. 36, 24 settembre, pp. 472-473, 476; BS 50 (1926) n. 11, no-
vembre, p. 268.
89 Cf Resoconto dei Convegni tenuti dai Direttori Salesiani a Valsalice nell’estate del
1926, ACS 7 (1926) n. 36, 24 settembre, pp. 476-520.
90 Cf ibid., pp. 477-478, 480.
91 Cf ibid., pp. 480-482.
92 Cf ibid., pp. 487-489.

4.2 Page 32

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38 Pietro Braido
rimane poco tempo di studio” si replicava: “All’Oratorio si compiono inte-
gralmente tutte le pratiche di pietà prescritte, e tuttavia i nostri giovani anche
nei giorni festivi studiano più degli esterni”93. Parlando di vocazioni di Coa-
diutori, si dice di non essere restii nell’accogliere in prova nelle case “quei
giovani di buone disposizioni per pietà e vita ritirata” che si presentano nelle
portinerie dei collegi, nelle chiese salesiane e con più frequenza negli Oratori
e nei Circoli Giovanili94. Altro brevissimo riferimento all’oratorio si aveva di-
scutendo dell’Unione Ex-Allievi. Si stabilisce: “Negli Oratorii anche i Padri
di famiglia, dopo un po’ di frequenza, possono considerarsi iscritti e avere il
distintivo”95.
Sui pericoli dell’abuso di taluni nuovi mezzi di divertimento e sul ve-
stire, soprattutto sportivo, aveva richiamato l’attenzione già da gran tempo il
Direttore spirituale don Barberis, seguito con accresciuto rigore, soprattutto
per gli allievi dei collegi convitto, dal successore don Pietro Tirone96. Più
avanti, però, questi avrebbe interpretato meno rigidamente le prese di posi-
zione di don Rinaldi. “Non condanna egli – precisava – senz’altro e in modo
assoluto il foot-ball, ma vuole che, per introdurlo o mantenerlo nelle nostre
case, lo battezziamo, vale a dire, lo regoliamo e moderiamo in modo da ren-
derlo innocuo (…). Ove adunque si debba permettere ai nostri giovani il foot-
ball, si procuri di evitare gli inconvenienti che ne possono derivare (…). Lo
stesso è da dire del cinema. Non lo si proibisce assolutamente, ma si vuole
che (…) lo si limiti il più possibile”, tra l’altro eliminando le pellicole con-
trarie alle regole del teatrino date da don Bosco97.
7. Convegno dei Direttori degli Oratori Festivi d’Europa (1927)
Le persuasioni di don Rinaldi circa lo stretto legame tra oratori e voca-
zioni, anzi, la sua radicata convinzione che l’oratorio festivo quale l’aveva
voluto don Bosco fosse sempre stato “il campo più fecondo” di vocazioni sa-
lesiane, erano da lui esplicitate nella lettera del 24 maggio 1927, con la quale
annunciava che aveva pensato di “raccogliere prossimamente un numeroso
Convegno di Direttori di Oratorii festivi”. Si aspettava il maggior numero di
93 Cf ibid., pp. 489-490.
94 Cf ibid., p. 511.
95 Cf ibid., p. 517.
96 Cf ACS 5 (1924) n. 27, dicembre, pp. 338-339; 9 (1928) n. 45, 24 giugno, pp. 676-
679; 10 (1929), n. 49, 9 luglio, pp. 772-775 (non gambe nude, ma l’alternativa: pantaloni
lunghi o calze lunghe).
97 Cf ACS 11 (1930) n. 53, 24 aprile, p. 866.

4.3 Page 33

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 39
partecipanti dalle ispettorie del Piemonte, della Lombardia, del Veneto, della
Liguria, mentre almeno una larga rappresentanza si attendeva dalle ispettorie
Romana, Napoletana e Sicula e “tre o almeno due rappresentanti” di ciascuna
delle ispettorie europee. Direttori e Incaricati erano invitati a trovarsi a To-
rino-Valsalice dal 21 al 27 agosto per gli Esercizi spirituali, ai quali sarebbero
seguiti tre giorni di Convegno. Don Bosco – diceva – dall’oratorio festivo
aveva tratto “le colonne della nostra Società” “e questa volle che fosse
sempre l’opera principale della Società medesima”. E non altrimenti avevano
operato don Rua e don Albera98.
Don Rinaldi, che aveva seguito come Presidente l’intero corso dei la-
vori, si premurava poi di dare informazioni sul loro svolgimento, parlando di
circa 140 Direttori di Oratori festivi convenuti da tutta l’Italia e da altri paesi
d’Europa e lodando gli accurati ed esaurienti apporti dei Relatori e il prezioso
contributo portato nella discussione da molti dei partecipanti. Aggiungeva che
dalle relazioni e discussioni aveva fatto “ricavare un breve compendio delle
cose più importanti”, condivise dai membri della Direzione generale e ripor-
tate nel medesimo numero degli Atti del Capitolo Superiore99. Il programma
preannunciato e seguito si articolava in sette temi, di cui erano già stati preci-
sati i relatori: L’Oratorio festivo nel concetto del Ven. don Bosco (don Ernesto
Carletti), L’istruzione religiosa dei giovani (don Antonio Cojazzi), Forma-
zione morale e religiosa dei giovani (don Eusebio Vismara), Le Compagnie
religiose tra gli oratoriani (don Giuseppe Vanella), Altre forme di attività
negli Oratori (don Alessandro Franch), Mezzi per attirare i giovani all’Ora-
torio (don Giuseppe Ulcelli), Unioni padri di famiglia, ex allievi, patronesse,
ecc. (don Giuseppe Fedel). Eccetto don Cojazzi, professore nel Convitto di
Valsalice, e don Vismara, docente nello studentato teologico di Torino-Cro-
cetta, gli altri erano direttori di oratori: Carletti di quello di Torino-Valdocco,
Fedel di Torino-S. Paolo, Franch di Trieste, Ulcelli di S. Marino, Vanella di
Perugia. Per ciascun tema il lavoro del relatore si trova condensato in una
decina o al massimo una ventina di righe, mentre largo spazio è riservato ai
“Voti” o risoluzioni o direttive maturati nelle discussioni100.
L’immagine complessiva di oratorio salesiano secondo don Bosco è
quella evidenziata dai Congressi precedenti e ormai cristallizzata in una
forma comune: realtà che si sviluppa in un “ambiente di paternità, di amabi-
lità, di confidenza, che ne forma una vera famiglia”; non puro ricreatorio,
98 Cf ACS 8 (1927) n. 39, 24 maggio, pp. 564-565.
99 Cf ACS 8 (1927) n. 41, 24 ottobre, pp. 589-590; BS 51 (1927) n. 10, ottobre, p. 296.
100 Cf Resoconto del Convegno tenutosi dai Direttori degli Oratorii festivi d’Europa a
Valsalice dal 27 al 30 Agosto 1927, ACS 8 (1927) n. 41, 24 ottobre, pp. 592-616.

4.4 Page 34

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40 Pietro Braido
poiché il “fine precipuo è la formazione morale e cristiana della gioventù” e
“i divertimenti e le varie opere sono un accessorio, un mezzo per attirare e
tener legati i giovani all’oratorio”; “aperto a tutti i giovani, senza differenza
di grado o di condizione e non soltanto a classi privilegiate”. A proposito di
quest’ultima caratteristica, per quanti ritenevano che un assembramento del
genere comportasse al più una vaga formazione di massa, indistinta e superfi-
ciale, si raccomandava di “far rilevare alle Autorità ecclesiastiche e civili del
luogo che nell’Oratorio si [faceva] conveniente opera di selezione e di educa-
zione per mezzo delle Compagnie e del Circolo”. All’interrogativo se si fos-
sero potuti ammettere anche i protestanti don Rinaldi aveva risposto afferma-
tivamente: si potevano “ammettere giovani d’altra religione”. Quanto all’or-
ganizzazione pratica si elencavano le classi di catechismo corrispondenti alle
età, il Circolo con le Sezioni Aspiranti, filodrammatica, ginnastica, calcistica,
ciclistica, alpinistica, bocciofila, gli Antichi allievi, i Padri di famiglia, le
Compagnie, il Piccolo Clero, gli Esploratori, la Banda strumentale, la Mando-
linistica od Orchestrina, la Scuola di canto, le scuole serali d’avviamento pro-
fessionale, il Comitato Patronesse. Dalla fascia degli adulti, dai 15 anni in su,
si diramavano opere minori quali la Cassa depositi, la Biblioteca circolante, il
gruppo “Caritas” per visitare e sussidiare a domicilio i compagni infermi, il
Gruppo missionario, la Buona stampa; la Cultura, l’Ufficio di collocamento;
uno o più Buffet a servizio dell’Oratorio. Il personale era sempre quello indi-
cato dal Regolamento. Si concludeva una parte dedicata alla regolamenta-
zione degli addetti, in varie forme, al buon funzionamento dell’Oratorio, con
la raccomandazione al Bollettino Salesiano di “insistere sull’importanza degli
Oratori” e “dar luogo a più ampie relazioni di quanto si [andava] facendo per
il bene della gioventù”101.
Quanto all’Istruzione religiosa dei giovani i convegnisti si soffermavano
più che nel passato a proporre una più precisa programmazione in base alle
età: la divisione in classi secondo il grado delle scuole, elementari o medie,
frequentate dagli oratoriani; un’istruzione catechistica – si sottolineava – par-
ticolarmente curata per i giovanetti, gli adolescenti, dai 12 ai 16 anni, “perché
si trovano in un periodo critico, di transizione, caratterizzato da irrequietezza,
svogliatezza, volubilità, indisciplina, e più facilmente si squagliano [si dile-
guano, spariscono] dall’Oratorio”; “alle sezioni dei grandi (Circolo)” “un in-
segnamento religioso speciale, che tenga per base la lettura e il riferimento
del Vangelo, della Storia Sacra e della Sacra Liturgia”, “una istruzione più ra-
gionata, senza essere però critica né polemica”, un buon metodo con largo
101 Cf ibid., pp. 592-596.

4.5 Page 35

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 41
uso del Vangelo, l’approfondimento di punti speciali del dogma e della mo-
rale in Quaresima, nei Ritiri minimi e negli Esercizi spirituali; dove possibile,
“la formazione di un Gruppo del Vangelo tra i migliori giovani del Circolo,
allo scopo di farne altrettanti Catechisti o elementi di edificazione”. Per le
gare catechistiche, le premiazioni e la predicazione festiva si proponevano
cose già collaudate da una lunga tradizione. Don Rinaldi concludeva rimar-
cando che nelle grandi solennità la predica doveva essere tutta diretta ad illu-
strare il mistero del giorno102.
La terza relazione era mirata a sviluppare la tesi che l’oratorio di don
Bosco doveva “essere soprattutto Scuola di formazione religiosa”, una forma-
zione che non doveva “restringersi alle pratiche di pietà, ma abbracciare tutto
quello che è proprio della vita cristiana: onestà, esercizio della virtù, fuga del
vizio, senso vero e soprannaturale della vita”. La discussione serviva a tra-
durre in orientamenti pratici il principio. Che l’Oratorio avesse “lo scopo di
formare dei giovani cristiani” doveva essere illustrato sia ai giovani che alle
persone estranee; il mezzo più importante per ottenere che le pratiche di pietà
fossero fatte bene era di “coltivare nell’Oratorio lo spirito di pietà”; “uno dei
più gravi ostacoli” ad esso – si diceva – era “l’odierna mania per i diverti-
menti, specie per lo sport” e si raccomandava moderazione e temperamenti.
Nell’elenco delle pratiche di pietà erano presenti tutte quelle previste e messe
in atto da sempre, con un posto di privilegio per i Sacramenti della Penitenza
e dell’Eucaristia: a proposito di questo faceva capolino la novità della Messa
dialogata. È posto pure il tema delle Vocazioni, additando nelle Compagnie
(specie il Piccolo Clero) la migliore risorsa, affiancata dalla direzione spiri-
tuale ad opera del confessore e dagli Esercizi spirituali. Per finire don Rinaldi
segnalava un punto su cui riteneva non si fosse insistito abbastanza: la Mora-
lità, che per don Bosco era il fondamento della religiosità. Ne erano nemici il
linguaggio inverecondo, certe compagnie e libertà di tratto. E ricordava “a
edificazione e imitazione l’esempio di Pier Giorgio Frassati, che arrossiva
udendo parole sconvenienti, cosicché talvolta bastava la sua sola presenza per
tenere in rispetto i compagni”103.
Nella quarta riunione il tema delle Compagnie veniva sviluppato in una
prospettiva molto più ampia di quella vocazionale. Negli oratori, infatti, esse
si ritenevano formare “la base e il centro della vita religiosa-spirituale”; ave-
vano un benefico influsso sull’intera esistenza giovanile; sapevano imprimere
nei giovani oratoriani “la caratteristica pratica d’una pietà soda e profonda, e
insieme semplice e serena, congiunta allo spirito di franchezza e di sincerità
102 Cf ibid., pp. 597-600.
103 Cf ibid., pp. 600-604.

4.6 Page 36

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42 Pietro Braido
nell’adempimento dei propri doveri”; erano “un mezzo sicuro di edificazione
e di formazione ai più delicati sentimenti di carità e d’apostolato tra i com-
pagni”. Dalla discussione emergevano precise linee di azione: organizzarle e
potenziarle in tutti gli oratori, conservando quelle tradizionali ed evitando di
introdurne di nuove, e promuovere “il loro duplice intento di preservazione
dal male e di formazione al bene”. Al Direttore, personalmente o per mezzo
di altri, era demandato il compito di “dedicare ad esse le cure più assidue
e premurose”, vedendo “nelle Compagnie la parte eletta dei suoi giovani”.
Seguiva un decalogo di suggerimenti perché potesse adempiere al meglio la
sua opera104.
La discussione del quinto tema approdava a quattro “voti”: 1) Da parte
dei Superiori dei Noviziati e degli Studentati intensificare “le migliori cure
per formar personale adatto alla vita dell’Oratorio”; 2) “Nell’organizzazione
delle Compagnie religiose, dei Circoli, delle Sezioni sportive, ecc., e nel me-
todo di educazione dei giovani” stare “”mordicus” attaccati al sistema di
Don Bosco, rifuggendo dall’imitare altre istituzioni consimili”, pur mante-
nendo con esse “rapporti amichevoli e fraterni”; 3) Considerare e organizzare
“come Sezioni dell’Oratorio” i Circoli giovanili che vi si fondassero, “pur vi-
vendo della vita tracciata dagli Statuti della Gioventù Cattolica”; don Rinaldi
osservava: “Si può benissimo ottemperare alle disposizioni della S. Sede,
com’è dover nostro, senza rinunciare alle nostre tradizioni: conserviamo
dunque alle nostre associazioni lo spirito salesiano”; in caso di difficoltà lo-
cali mostrarsi “deferenti all’Autorità” e trattare sempre “con umiltà e dol-
cezza”; 4) Evitare di considerare i Circoli “quasi giardino chiuso, accessibile
solo a pochi privilegiati”, facendone, invece, “Palestre liberamente aperte” a
tutti i giovani desiderosi di un’educazione “più integrale e completa” e riu-
nendo “in Gruppi di miglioramento morale e religioso gli elementi più pre-
parati ad una formazione più virtuosa e perfetta”. Don Rinaldi affidava poi
ad una particolare Commissione, presieduta da don Cojazzi, l’incarico di re-
digere un Regolamento unico per tutti i Circoli105.
Non emergevano grandi novità dalla relazione e dalla discussione sui
Mezzi per attirare i giovani all’Oratorio. Erano anzitutto e soprattutto la ri-
creazione e i divertimenti, con preferenza per i giochi di movimento. Veniva
sottolineato un aspetto che andava oltre al concetto del gioco come puro
“mezzo” di attrazione. “Non dimentichino i Superiori dell’Oratorio – si pun-
tualizzava – che Il giuoco è un mezzo efficace di educazione: quindi con sa-
104 Cf ibid., pp. 604-607.
105 Cf ibid., pp. 607-608.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 43
pienti industrie se ne valgano per rendere migliori i giovani”, mantenendolo
vivo e movimentato con la loro partecipazione diretta. Quanto alle Società
calcistiche si sconsigliava di federarle con Società esterne e si richiamava il
dovere di esigere dai calciatori e dai ginnasti divise degne di “giovani onesti e
ben educati”, proibendo “i calzoncini troppo corti e le magliette senza ma-
niche” e vegliando “molto sulla decenza nello svestirsi e vestirsi, procurando
all’uopo adatti camerini o spogliatoi”. Particolare controllo preventivo era
raccomandato per le rappresentazioni teatrali e cinematografiche, formulando
insieme il voto che fossero rimodernati nello stile i “bellissimi vecchi drammi
a fondo sacro” del passato salesiano. Si proponeva, dov’era “possibile a ter-
mini di legge” [!], costituire Reparti di Giovani Esploratori “come quelli che
meglio rispondono – si affermava –, nella pratica dei mezzi pedagogici sale-
siani, alla completa formazione morale e civile del giovane”. Non si aveva
presente che nelle città e paesi al di sotto dei 20.000 abitanti proprio in quei
mesi dovevano essere sciolti. Don Rinaldi chiudeva la discussione ribadendo
il precetto di don Bosco di non “fare politica”, anzi, di non parlarne affatto.
“Mi permetto di insistere – diceva – essa venga dappertutto rigorosamente os-
servata”. “La propaganda che noi dobbiamo fare – ammoniva –, è quella cri-
stiana: insegnare il catechismo ai giovani, aver cura che compiano le pratiche
di pietà, che assistano alla S. Messa, che si accostino con frequenza ai Santi
Sacramenti: questo solo è il compito nostro, e questo solo dobbiamo fare”106.
Il tema dell’apoliticità salesiana, ritenuta doverosa in clima di libera-
lismo laicista ottocentesco, appariva inderogabile in Regime fascista. Esso
veniva ripreso a maggior ragione nella discussione del tema successivo ed ul-
timo: Unioni Padri di famiglia, Ex allievi, Patronesse, ecc. Era un estendere
“l’azione salesiana al popolo e alle famiglie”, coinvolgendo una più larga cer-
chia di persone nell’opera dell’Oratorio. “Per noi i padri di famiglia – rispon-
deva don Rinaldi a chi obiettava che era un allontanarsi da don Bosco – sono
nient’altro che i Cooperatori dell’Oratorio”. Nessuna contestazione poteva
sussistere ancor più per l’Unione Ex-Allievi, perché – spiegava – “sotto un
certo aspetto è migliore di quella dei Padri di famiglia, perché è totalmente
opera nostra”. Erano però date alcune avvertenze. Era auspicabile che l’U-
nione padri di famiglia e quella degli Ex-Allievi venissero “riunite possibil-
mente in una sola”. “Non abbia mai mire politiche – ammoniva –, e incul-
chino sempre il rispetto all’Autorità costituita”. Inoltre, onde “evitare beghe,
dissidi e malumori” conveniva che il Presidente fosse “persona di tutta fi-
ducia del Direttore, quindi scelto da lui stesso”, e venisse fondata, dov’era
106 Cf ibid., pp. 609-611.

4.8 Page 38

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44 Pietro Braido
conveniente, “una Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli”, “scuola pratica per
educare alla vera carità cristiana e mezzo mirabile di santificazione perso-
nale”. Per molte cose era additato come modello l’oratorio di Borgo S. Paolo,
nel quale era sorta la prima Unione Padri di famiglia107.
Un riferimento alla politica don Rinaldi introduceva ancora nel discorso
di chiusura, con la ripetuta esortazione ad imitare don Bosco. “Imitate Don
Bosco anche nel rispetto alle Autorità – insisteva –. Rispetto in primo luogo
alla Santa Sede, di cui Don Bosco fu devotissimo”. “Rispetto poi anche alle
Autorità civili. Non facciamo politica, non ne parliamo neppure: anche questa
è volontà espressa di Don Bosco”108. Quanto al “rispetto alla Autorità civile”
è interessante sottolineare che, per l’inesorabile crescendo delle misure fa-
sciste circa le associazioni, che non facevano capo all’O.N.B., il Consiglio di-
rettivo dell’A.S.C.I. avrebbe dovuto giungere nell’anno seguente al forzato
scioglimento dell’Associazione, con la soppressione dei Reparti degli Esplo-
ratori, ritenuti dai congressisti parte integrante delle strutture oratoriane. Ne
subivano le conseguenze anche quelli costituiti negli oratori salesiani di Ca-
gliari, Taormina, Catania-S. Filippo, Savona, Pisa, Figline Valdarno, Genova-
Sampierdarena, Chioggia, Napoli Vomero, Torino-S. Luigi, Torino-S. Paolo,
Torino-Monterosa, Milano, Frascati Capocroce, Genzano (Roma), Santulus-
surgiu, Porto Recanati, Fiume, ecc.
8. Cronache di vita oratoriana dopo i Congressi
Il Bollettino Salesiano offriva puntualmente anche ai Cooperatori una
sintetica cronaca del Convegno salesiano a Torino-Valsalice del 27, 28, 29
agosto. “I Cooperatori, le Cooperatrici di Don Bosco – auspicava – non man-
cheranno di appoggiare e sostenere quest’opera così provvidenziale e così
cara al cuore del Venerabile Fondatore e de’ suoi Successori”109.
Ci si potrebbe chiedere se dalle cronache del Bollettino sia dato perce-
pire qualche cambiamento nella gestione degli oratori o, almeno, verificare se
il voto espresso nel Congresso di agosto, cioè che il Bollettino Salesiano insi-
stesse “sull’importanza degli Oratori” e desse “luogo a più ampie relazioni di
quanto si [andava] facendo per il bene della gioventù”110, forse un’implicita
critica al rarefarsi delle notizie soprattutto negli ultimi due anni.
107 Cf ibid., pp. 611-614.
108 Cf ibid., pp. 615-616.
109 Cf BS 51 (1927) n. 10, ottobre, p. 296.
110 Cf ACS 8 (1927) n. 41, 24 ottobre, p. 595.

4.9 Page 39

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 45
La prima registrazione di un evento oratoriano si trova nel primo nu-
mero del 1928. Veniva riassunta la relazione sull’anno 1926-1927 dell’ora-
torio di Valdocco, fatta dal direttore il precedente 16 ottobre in occasione
della distribuzione dei premi. Il direttore era don Ernesto Carletti (1888-
1949), che abbiamo visto tra i relatori del Convegno di fine agosto e nel 1924
del Congresso di Venezia. Forniti alcuni dati sul numero degli iscritti, 1749,
distribuiti in 26 gruppi impegnati in altrettante attività “utili per la vita”, il di-
rettore aveva sviluppato il concetto che, come ogni oratorio salesiano, anche
il suo, oltre e al di sopra di esse, aveva mirato “alla vita spirituale nei giovani
con una soda istruzione religiosa, con il frequente esercizio della preghiera e
con l’uso dei SS. Sacramenti”. Essa aveva scandito i suoi ritmi regolari sia
nei giorni festivi che in quelli feriali. Si era soffermato, inoltre, su due pra-
tiche particolari, proprie di due gruppi, formati da oratoriani della prima fa-
scia di età e giovani più grandi: la Comunione del primo giovedì del mese e la
funzione del primo venerdì del mese con messa e comunione nella cameretta
di don Bosco. Non erano mancati i frutti: ben 42 oratoriani del Circolo e della
sezione Aspiranti avevano preso parte agli Esercizi Spirituali di Lanzo Tori-
nese e altri 21 erano entrati in Istituti di formazione delle vocazioni religiose
e missionarie. Ovviamente, per tutti era stato tenuto costantemente presente il
fine specifico dell’Oratorio di “formare alla vita cristiana tanti giovani e farne
onesti e laboriosi cittadini”111.
Nel Bollettino seguiva pure una breve cronaca sulla benedizione a Bre-
scia, il 21 novembre dell’anno precedente, della chiesa costruita accanto al-
l’oratorio festivo. L’aveva impartita mons. Giacinto Gaggia, ricevuto da don
Rinaldi e da vari direttori salesiani, alla presenza di una numerosa folla di be-
nefattori, Cooperatori, di giovani e della Sezione Rionale Fascista. Nel pome-
riggio c’era stata in onore di don Rinaldi un’accademia musico-letteraria in-
tercalata da discorsi vari112. Erano anche fatti presenti due oratori ben noti: di
Trieste, per la festa dell’8 gennaio, destinata alla distribuzione dei doni agli
oratoriani, e di Fiume semplicemente per dire della fotografia con dedica in-
viata dal Maresciallo Giardino – Comandante dell’Armata del Grappa –, che
già il 9 dicembre 1923 aveva inaugurato un busto di don Bosco, collocato nei
locali dell’oratorio113.
Era pure rievocata la festa di San Francesco di Sales celebrata nell’ora-
torio di Cagliari. Vi si era fermato l’intera giornata l’arcivescovo Ernesto Pio-
111 Cf BS 52 (1928) n. 1, gennaio, pp. 26-27.
112 Cf ibid., n. 2, febbraio, p. 60. Per una breve cronaca della posa della prima pietra
dell’Oratorio e delle Opere annesse, il 21 aprile 1926, cf BS 50 (1926) n. 6, giugno, p. 167.
113 Cf ibid., n. 3, marzo, p. 92.

4.10 Page 40

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46 Pietro Braido
vella, un fedele amico degli oratori salesiani, già presente appena preconiz-
zato vescovo di Alghero al Congresso di Faenza del 1907 e animatore del
Congresso del 1922. Celebrò la messa, parlò ai giovani, benedisse la bandiera
della Compagnia Savio Domenico; nel pomeriggio impartì la solenne benedi-
zione eucaristica, assistette a un trattenimento accademico e alla distribuzione
dei premi114. Grande risalto veniva dato, tre mesi dopo, all’inaugurazione, il
13 maggio, dei nuovi locali, benedetti dal vescovo di Acireale, Evasio Colli,
dell’oratorio S. Filippo Neri di Catania. La radicale trasformazione determi-
nata dai vistosi ampliamenti offriva al cronista l’occasione di rievocare, sulla
scorta di un articolo pubblicato anni prima da un giornale catanese, le “glorio-
sissime” tradizioni di un oratorio operante fin dal 1885. L’articolista del gior-
nale non esitava a dire che nell’oratorio San Filippo il metodo educativo di
don Bosco aveva plasmato intere generazioni catanesi, dando vita anche a pa-
recchie vocazioni ecclesiastiche e religiose115. Straordinario rilievo veniva
dato pure all’ingresso a S. Donà di Piave dei Salesiani destinati a dare inizio
all’apostolato tra i giovani nell’oratorio, di cui si era celebrata la posa della
prima pietra il 15 maggio dell’anno precedente. L’accoglienza alla stazione
era stata solenne e un imponente corteo li aveva accompagnati al Duomo
dove furono oggetto di parole calorose del vescovo di Treviso, il b. Andrea
Giacinto Longhin, lieto di salutarli Benedicti!, ripromettendosi di ritornare a
S. Donà per celebrare le virtù e le glorie di Giovanni Bosco beato116. In un
tempo di più accentuata interiorizzazione dell’azione degli oratori e della
Gioventù Cattolica venivano anche segnalati i corsi di Esercizi Spirituali che
avevano raccolto a Montechiarugolo 60 soci del Circolo Nicolò Marchesi del-
l’oratorio di Parma e a Lanzo Torinese 107 giovani dei Circoli Torinesi; si ri-
feriva pure di un giorno di ritiro spirituale vissuto a Valsalice la domenica 9
settembre dai padri di famiglia dell’oratorio San Paolo117.
Dall’inizio del 1929 la rubrica Dalle nostre Case è sostituita dalla di-
zione Nella Famiglia Salesiana, a sua volta mutata presto Nella Nostra Fami-
glia. In essa si trova brevemente segnalata l’inaugurazione dei nuovi locali
dell’oratorio di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), aperto 5 anni prima118.
Un apposito articolo è, invece, dedicato a commemorare il decennale dell’o-
ratorio San Paolo con un bilancio statistico, che dice molto del suo impatto in
una zona tipicamente operaia di Torino: “L’Unione dei Padri di Famiglia con
114 Cf ibid., n. 4, aprile, p. 154.
115 Cf ibid., n. 7, luglio, pp. 222-223.
116 Cf ibid., n. 11, novembre, pp. 326-327.
117 Cf ibid., n. 12, dicembre, p. 349 e p. 350.
118 Cf BS 53 (1929) n. 1, gennaio, p. 27.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 47
1189 soci, l’Associazione delle Patronesse o Confraternita di Maria Ausilia-
trice con 1060 socie, il Circolo giovanile con 230 soci e Associazioni varie
con un totale di 1412 membri; inoltre, 13 Classi di Catechismo con 1120
alunni, la Banda, l’Orchestrina, la Cantoria, la Conferenza di S. Vincenzo de’
Paoli, le sezioni dello Sport e della Filodrammatica, il Doposcuola, la Lega
della S. Famiglia e l’Apostolato della preghiera119. Si informava, pure, che
rinnovato entusiasmo aveva caratterizzato la celebrazione a S. Donà di Piave
della festa di S. Francesco di Sales, voluta dall’arciprete il più possibile
splendida, conclusa con un’adunanza nel salone dell’orfanotrofio locale, dove
l’infaticabile mons. Saretta annunciava di aver iniziato una Borsa Missionaria
San Donà di Piave per vocazioni in formazione120.
La beatificazione di don Bosco, nel corso del 1929 e del 1930, avrebbe
occupato notevoli spazi nei numeri del Bollettino Salesiano, che dopo le
grandi celebrazioni romane e torinesi avrebbe dedicato una rubrica In onore
del Beato ai tanti festeggiamenti promossi dalle varie istituzioni salesiane –
ospizi, collegi, parrocchie –, e dagli oratori non annessi ad esse. Per più mesi
le rubriche Nella Famiglia Salesiana e Nella Nostra Famiglia o scompaiono
o risultano sensibilmente depauperate. Col nuovo anno 1930 vengono sosti-
tuite dalla rubrica Notizie Salesiane (nell’Indice dell’annata Notizie di fami-
glia), per alcuni mesi assente; riprenderà regolare nel corso del 1931.
Il voto dei convegnisti dell’agosto 1927 non sembra aver trovato grande
ascolto. Anche chiusa la obbligata parentesi del 1929, poche erano le notizie
sugli oratori che arrivavano al Bollettino o vi trovavano spazio: il direttore-re-
dattore non era più don Amadei. Oltre che aumentare, i collegi convitti sta-
vano prevalendo nell’attenzione salesiana e di quanti li circondavano sugli
oratori annessi e gli oratori autonomi diminuivano di numero per la loro dila-
tazione in scuola o collegio.
L’8 dicembre 1930 – veniamo informati – un oratorio era stato inaugu-
rato accanto all’Istituto salesiano di Pordenone, presente don Ziggiotti che re-
cava da Torino il plauso e l’augurio di don Rinaldi121. Una decina di brevi
righe era dedicata più avanti alla visita che il vescovo castrense, mons. Barto-
lomasi, accompagnato da don Rubino, di recente nominato ispettore capo dei
cappellani della milizia fascista (M.V.S.N.) faceva agli oratori di Trieste e di
Fiume, festeggiatissimo dai giovani e con l’intervento delle primarie Autorità
politiche, civili e militari122. In memoria del decennale di fondazione, nell’o-
119 Cf ibid., n. 3, marzo, p. 76.
120 Cf ibid., n. 4, aprile, p. 124.
121 Cf BS 55 (1931), n. 2, febbraio, p. 48.
122 Cf ibid., n. 5, maggio, pp. 153-154.

5.2 Page 42

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48 Pietro Braido
ratorio Monterosa a Torino era stato inaugurato il 19 aprile, con la partecipa-
zione di don Rinaldi e la presenza del comm. Grassi e consorte, un busto di
don Bosco123. Dato largo spazio alla preparazione del Giubileo sacerdotale di
don Rinaldi, che avrebbe avuto inizio il 23 dicembre 1931, ma soprattutto alla
sua morte repentina, il 5 dicembre, e alle onoranze funebri che l’avevano se-
guita, il Bollettino si sentiva in dovere di informare su eventi oratoriani, al-
quanto lontani, ma degni di una citazione. Il 15 dicembre si era chiuso il ciclo
di conferenze in ricordo del cinquantesimo dell’opera di Faenza. Alla messa
di ringraziamento, insieme a moltissimi giovani dell’oratorio c’erano otto ve-
terani dei primissimi tempi. Quindi nel teatro si era svolta una cerimonia en-
tusiasmante che raggiungeva il culmine quando un giovane oratoriano, a
nome delle centinaia di compagni presenti, appuntava sul petto dei “veterani”
un’artistica medaglia ricordo. La festa si concludeva con un’applaudita recita
e la lotteria pro Missioni124. Venivano pure richiamate precedenti premiazioni
solennizzate negli oratori di Trieste, di Roma-Testaccio e di Perugia. Partico-
lare attenzione era dedicata a Trieste, dove la premiazione aveva acquistato
particolare importanza per l’intervento della Duchessa d’Aosta. Dopo un
brioso spettacolo dato in suo onore, essa aveva voluto dar inizio personal-
mente alla distribuzione dei doni a 700 oratoriani. Al Testaccio aveva illu-
strato la festa con un vibrante discorso l’on. Cingolani. A Perugia l’aveva
presieduta l’arcivescovo, mons. Rosa, che, dopo un ameno trattenimento mu-
sico-letterario, nel suo discorso non nascondeva la sua aspirazione che in ogni
parrocchia si fosse fondato un oratorio simile a quello salesiano125.
Per concludere può essere utile una rapida carrellata sugli oratori auto-
nomi nei quali erano stati tributati festeggiamenti a don Bosco Beato negli
anni 1929-1931. A Porto Recanati, la festa era stata preceduta da un triduo in
chiesa affollata. Si aveva nel giorno conclusivo il pontificale del Vescovo di
Loreto e Recanati e il panegirico di don Bosco detto da don Cimatti da due
anni missionario in Giappone126. Nell’oratorio di Figline Valdarno entro il
triduo di preparazione ricorreva la festa di Maria Ausiliatrice con la prima co-
munione di un centinaio tra bambini e bambine. A don Bosco era stato dedi-
cato il giorno successivo. Il vescovo diocesano aveva presieduto un Con-
vegno della gioventù maschile e femminile e celebrato in mattinata la Messa
pontificale e nel pomeriggio i Vespri. Imponente era riuscita la processione.
Le feste si erano concluse “con la commemorazione civile del Beato fatta con
123 Cf ibid., n. 8, agosto, p. 232.
124 BS 56 (1932) n. 3, marzo, p. 76.
125 Cf ibid., n. 4, aprile, p. 116.
126 BS 53 (1929) n. 11, novembre, pp. 340-341.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 49
brillante oratoria dal Prof. Avv. Giorgio La Pira dell’Ateneo fiorentino”127. A
Chieri, la festa, solennissima, era incominciata con la Messa della Comunione
generale, seguita dalla deposizione di una corona alla lapide monumentale de-
dicata a don Bosco a piazza Cavour. A sera, nell’Oratorio avevano luogo il
concerto della Schola Cantorum e degli Amici della musica e la benedizione
di un busto del nuovo Beato128. A Tolentino (Macerata) aveva predicato il
triduo il salesiano don Lorenzo Gaggino. Il giorno della festa si erano succe-
duti la Messa pontificale e omelia del Vescovo diocesano, i Vespri pontificali,
la processione con fiaccolata per portare la reliquia del Beato dalla cattedrale
all’oratorio salesiano129. Ad Arezzo l’oratorio era stato aperto solo da un
anno, ma il richiamo di don Bosco era stato fortissimo, incominciando dalla
solenne traslazione della sua reliquia dall’oratorio alla cattedrale. L’ultimo
giorno era stato scandito da riti liturgici che avevano trovato un’eco straordi-
naria: la Messa della Comunione generale, la Messa pontificale celebrata dal
vescovo diocesano, la processione del pomeriggio130.
9. Don Bosco beato, il XIII Capitolo generale e rilancio dell’oratorio
(1929-1930)
Poco dopo il Capitolo generale XIII don Rinaldi prendeva una risolu-
zione decisiva, che si armonizzava col relativo decentramento, se non di po-
teri, certamente di compiti e responsabilità personali, che egli aveva pro-
mosso per altri settori all’interno del Capitolo Superiore. Probabilmente ve lo
induceva anche l’acuirsi dei disturbi cardiaci iniziati nel 1924. Ma era anche
segno di un più esplicito interesse per l’oratorio. Egli terminava una breve re-
lazione sull’andamento dell’assemblea capitolare con una comunicazione vo-
lutamente favorevole agli oratori. Diceva, infatti, di aver pensato di riordinare
il lavoro dei membri del Capitolo e “in particolare di convergere l’attenzione,
le cure e le fatiche di uno di essi sopra gli Oratorî festivi”. Era don Antonio
Candela, che si sarebbe curato anche dell’Associazione degli Antichi Al-
lievi131. La decisione non veniva dal nulla. Presente, quale ispettore della
Spagna, al VII Capitolo generale (1895), egli probabilmente ricordava che
delle proposte avanzate dalla Commissione IX sul tema degli Oratorii festivi
127 Cf BS 54 (1930) n. 10, ottobre, pp. 309-310.
128 Cf ibid., n. 11, novembre, p. 329.
129 Cf ibid., p. 331.
130 Cf ibid.
131 Cf ACS 10 (1929) n. 50, 24 ottobre, p. 802.

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50 Pietro Braido
la prima, non accolta dall’assemblea, era stata formulata in questi termini:
“Un membro del Capitolo Superiore, o scelto tra i principali della Congrega-
zione, sia in particolar modo incaricato degli Oratorii festivi. Egli procuri che
se ne stabiliscano nel maggior numero possibile”132. Le motivazioni addotte
ora da don Rinaldi coincidevano con le attese di allora. “Il motivo che mi
spinse a ciò sono le parole del Padre: Si tenga per base che il nostro scopo
principale sono gli Oratori festivi. Voi, o miei cari, conoscete l’importanza
che gli Oratorî festivi hanno nella Congregazione. Sono la prima opera del
Beato, l’arca di salvezza di tanta gioventù, e il mezzo, se non unico, certo il
più efficace per allontanare una quantità sterminata di giovani dalla via del
male, facendone dei buoni cristiani, e, per loro mezzo, giungere a un maggior
numero di anime. Bisognerà però trovare nuovi mezzi per attirare più nume-
rose falangi di giovani, per istruirli più sodamente nella religione, per avviarli
alla frequenza costante dei Sacramenti, mettendo in azione tutte le meravi-
gliose risorse delle quali è ricca la vita del Padre, e il metodo infallibile della
sua gioiosa familiarità. Il Consigliere incaricato si sforzerà di ottenere che
tutte le Case abbiano l’Oratorio festivo, che tutti i Direttori abbiano i mezzi,
che tutti i giovani siano avviati al bene ed educati secondo i criteri di D.
Bosco e non del mondo. Contemporaneamente stimolerà e richiederà che i
nostri Oratorî, Ospizi, Collegi e Convitti facciano fiorire l’Associazione degli
Antichi Allievi, aiutandoli a perseverare nella via del bene, dei buoni principii
e dell’educazione cristiana ricevuta”133.
Fino al 1930 nelle lettere d’inizio anno ai Cooperatori e alle Cooperatrici
non si trovano riferimenti e valutazioni personali riguardanti gli oratori fe-
stivi. Nella lettera del gennaio 1930, invece, don Rinaldi vi dedicava uno
spazio rilevante. Nella beatificazione di don Bosco, del giugno precedente,
egli vedeva confermata la persuasione della trascendenza spazio-temporale
della figura di don Bosco, “un modello così insigne d’ogni virtù e benefattore
così illuminato dell’umanità”. Si era sentito “ormai dappertutto – dichiarava –
che la gloria di Lui è gloria della Chiesa cattolica e che la sua provvidenziale
missione non è circoscritta da limiti di spazio e di tempo, ma presenta carat-
teri di universalità perenne”. Ne era prova anche “lo spettacolo di concordia,
rinnovantesi dovunque” lo si festeggiasse, “quasi che le distinzioni di persone
e d’idee fossero allora del tutto scomparse”134. Ma tali onori, osservava più
avanti perorando la causa dell’oratorio festivo e quotidiano, sarebbero stati
132 Deliberazioni del settimo capitolo generale della Pia Società Salesiana. S. Benigno
Canavese, Tip. e Libr. Salesiana 1896, p. 91.
133 Cf ACS 10 (1929) n. 50, 24 ottobre, p. 802.
134 Cf BS 54 (1930) n. 1, gennaio, p. 1.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 51
sterili se non avessero portato “a un risveglio generale in favore di quest’O-
pera”, “la prima Opera di Don Bosco”, “l’Opera del suo cuore”, “per moltis-
simi ragazzi l’arca di salute”. Egli stesso, attestava per conoscenze dirette,
come dappertutto “ne [fosse] derivato un bene immenso, fra il plauso entusia-
stico di tutti gli uomini assennati, senza distinzioni di ideologie o di partiti”.
Gli oratori festivi erano l’unica risorsa per attirare la gioventù alla dottrina
cristiana e alla chiesa, neutralizzando l’invadenza di certe “forme di sport
che erano “un disastro dell’educazione cristiana” e minacciavano di paganiz-
zare tanti paesi, “allontanando dalla chiesa, dal sacerdote, da Dio tante povere
creature, le quali nei giorni del Signore non [vedevano] più nulla fuori del di-
vertimento”. Terminava il suo dire con un pressante appello: “Vorrei che la
mia voce accorata giungesse all’orecchio di tutti i miei Confratelli, dei nostri
cari ex-allievi, dei nostri buoni Cooperatori e amici per gridar loro: – Oratorii,
Oratorii, Oratorii!”. Quale fosse l’oratorio che voleva diffuso l’aveva detto
prima traendolo dal “concetto di Don Bosco”. Significava “raccogliere dalle
strade e dalle piazze i giovanetti nei dì festivi, affezionarli a noi e al luogo
con tutte le industrie che la carità cristiana e lo zelo sacerdotale suggerisce,
ammaestrandoli nelle verità della fede, avvezzarli ad ascoltare la parola di
Dio ed a frequentare la confessione e la comunione, tenerci in relazione con
essi durante la settimana, assisterli nelle loro necessità spirituali e temporali,
irradiare insomma tutt’intorno sulla gioventù il calore di una santa pater-
nità”135. Era un’immagine interamente centrata sulla valenza educativo-reli-
giosa, lasciando nell’implicito il potenziale di attrazione e di più ampia for-
mazione umana, individuale e sociale, spesso esplicitamente evidenziata da
don Rua e da don Albera.
Appena libero da altro impegno, dopo alcuni mesi il Consigliere incari-
cato degli Oratori, don Candela, prendeva contatto tramite gli Atti del Capi-
tolo Superiore con gli addetti agli Oratori e alle Unioni Ex Allievi. Tributava
una doverosa lode al loro zelo e invitava a trarre dal bene fino allora com-
piuto stimolo “nella ricerca dei mezzi atti ad accrescerlo”. Ricordava la let-
tera d’inizio anno del Rettor Maggiore ai Cooperatori, invitava a raccogliere
l’appello finale, che considerava come mobilitazione ad una Crociata, ne ri-
proponeva il conciso e chiaro programma: “1° In ogni casa, un Oratorio Fe-
stivo. In ogni Oratorio Festivo, i mezzi necessari perché possa svolgere la
sua opera. In tutti gli Oratori Festivi i giovani siano avviati al bene ed
educati secondo i criteri di Don Bosco e non del mondo”. Passava, infine, a
due richieste pratiche, che gli avrebbero dato la possibilità di seguirne meglio
135 Cf ibid., pp. 3-4.

5.6 Page 46

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52 Pietro Braido
il funzionamento: 1) Inviare regolarmente all’Ufficio centrale “un esemplare
di ogni Foglio periodico o Rivista, di ogni Circolare e Programma, e di qua-
lunque altra pubblicazione riguardante la vita dell’opera, come articoli di
giornali, resoconti di feste, ecc.”; 2) Rispedire all’Ufficio del Consigliere, tra-
mite l’Ispettore, dopo averli compilati, due moduli riguardanti distintamente
l’Oratorio e l’Unione Ex Allievi, che sarebbero stati inviati ai Direttori136.
Riprendeva i contatti a distanza di pochi mesi, illustrando l’utilità per
tutti, centro e periferia, di un’operazione apparentemente burocratica. I “dati
statistici” davano l’occasione ai Direttori e agli incaricati di fare un’analisi
precisa sull’andamento della loro opera e della sua situazione materiale e mo-
rale, ed eventualmente studiare nuove iniziative per la realizzazione di un
programma salesiano più ampio, esporre i propri bisogni, dare dei suggeri-
menti137. Più impegnativa era la seconda parte del suo intervento. Era una
nuova messa a punto, sull’identica linea di don Rinaldi, di ciò che era stato “il
fine principale” degli oratori festivi “nella mente e nella pratica del B. Don
Bosco” e cioè “la formazione cristiana dei giovinetti”. Per questo don Bosco
li aveva denominati “Oratorî, luogo che ha la caratteristica dell’orazione, del
raccoglimento e dell’istruzione religiosa, che sono la base necessaria della
vita cristiana”. Si dovevano, perciò, sensibilizzare i giovani a considerare i
“tanti sani divertimenti”, al pari delle attività “musicali, filodrammatiche e
sportistiche”, “come mezzi per raggiungere il fine, cioè imparare a vivere cri-
stianamente”. Era, invece, da lamentare che in certi oratori con tanti mezzi di
attrazione si obliassero le scuole di catechismo, dimenticando il Da mihi
animas di don Bosco138. Da don Candela, come da don Rinaldi, era, quindi,
lasciata nell’implicito o elusa la dimensione specificamente assistenziale ed
“educativa”, propriamente “preventiva”, ossia il ricupero e la ricostruzione
dei fondamenti individuali e sociali della stessa “base” cristiana, realtà di cui,
invece, dovevano tener conto quanti operavano sul campo in ambienti con ra-
gazzi spesso carenti non solo di istruzione e di formazione cristiana, ma anzi-
tutto di educazione umana e quindi di essenziali disponibilità ad esse. In
nome del da mihi animas le direttive date da don Candela ai direttori e incari-
cati degli oratori riguardavano esclusivamente il versante catechistico: istru-
zione religiosa nei giorni festivi e feriali agli oratoriani fanciulli e preadole-
scenti, insegnamento religioso a quelli di età superiore, eventuali Corsi di
Apologetica per i giovani più istruiti dei Circoli, particolare istruzione dei
fanciulli per la preparazione alla prima comunione. Concludeva: “L’insegna-
136 Cf ACS 11 (1930) n. 53, 24 aprile, pp. 871-872.
137 Cf ACS 11 (1930) n. 54, 24 ottobre, p. 885.
138 Cf ACS 11 (1930) n. 54, 24 ottobre, p. 886.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 53
mento religioso abbia sempre in tutti i nostri Oratorî festivi il posto d’onore e
sia sostanzioso, metodico, attraente”139. Il Regime fascista vigente non
avrebbe potuto che rallegrarsene: l’umano, il sociale, il politico era sua inalie-
nabile proprietà.
10. Oratori, Circoli giovanili, Azione Cattolica
Con l’estendersi in Italia delle Associazioni Giovanili di Azione Catto-
lica, favorito dall’appassionato interesse di Pio XI, si accentuava anche l’esi-
genza di un maggior coordinamento con essa delle Associazioni giovanili che
fiorivano da lunga data in taluni Istituti Religiosi con analoghi scopi di apo-
stolato140. In area salesiana il problema era affiorato nel Convegno dei Diret-
tori degli Oratori festivi nel corso della discussione sui Circoli giovanili, “Se-
zioni dell’Oratorio”, che vivevano “della vita tracciata dagli Statuti della
Gioventù Cattolica”141.
10.1 Negli anni di don Rinaldi
Sull’obbedienza al Papa e la fedeltà alle tradizioni lasciate da don Bosco
don Rinaldi aveva scritto con particolare vigore ai Cooperatori nella lettera di
inizio 1923142. Del 1928 è un Regolamento tipo per i circoli cattolici italiani,
che, certamente presentato dai salesiani alla Presidenza Generale della Gio-
ventù Cattolica Italiana, veniva approvato da questa il 26 aprile 1928. I due
primi articoli recitavano: “1. È costituito nell’Oratorio Salesiano di un Cir-
colo Giovanile Cattolico del titolo di . Esso con l’approvazione dell’Ordinario
aderisce alla Società della G. C. Italiana (art. 1). 2. Scopo del Circolo è quello
stesso che propone l’art. V dello Statuto della G. C. I.: cioè: A) informare la
vita intellettuale dei giovani ai principii e alla professione franca e sincera
della Religione Cattolica, all’amore e all’obbedienza figliale ed incondizio-
nata verso il Sommo Pontefice e verso i Sacri Pastori. B) stimolare i soci ad
adoperarsi energicamente per ravvivare nella gioventù e nel popolo il senti-
mento religioso e la pratica della vita cristiana”. Seguivano altri undici arti-
139 Ibid.
140 La funzione di coordinamento delle istituzioni con finalità analoghe era attribuita
all’A.C. dai primi articoli dei nuovi Statuti, voluti da Pio XI e promulgati il 2 ottobre 1923:
Cf Gli Statuti, art. 1-3, p. 137.
141 Cf ACS 8 (1927), n. 41, 24 ottobre, p. 608.
142 Cf BS 47 (1923), n. 1, gennaio, pp. 1-2.

5.8 Page 48

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54 Pietro Braido
coli sui soci, sui dirigenti, sul funzionamento. Il documento era firmato dal
Presidente Generale Camillo Corsanego e dal Segretario Generale avv. Pietro
Motini. Non compare nessuna quota associativa alla Gioventù Cattolica Ita-
liana né altro vincolo e le norme del Regolamento sono tutte riferite alla vita
interna del Circolo143. Sulla sostanziale identità di scopi tra Compagnie reli-
giose salesiane e Azione Cattolica il Direttore Spirituale Generale, don Pietro
Tirone, intratteneva i salesiani negli Atti del Capitolo Superiore del 24 ottobre
1930. Erano realtà che potevano operare autonomamente. Anche le Compa-
gnie, pur non essendo “formalmente Azione Cattolica”, avevano tra i loro fini
essenziali la formazione apostolica dei soci, facendo opera di iniziazione ad
essa. Implicitamente l’aveva riconosciuto anche il Papa, ritenendo tali le Con-
gregazioni Mariane e simili forme associative di altri Ordini religiosi144. Già
dai decenni di don Rua e di don Albera i Circoli giovanili oratoriani erano
collegati con la Società della Gioventù Cattolica e con i suoi Circoli condivi-
devano senza riserve le tessere, la stampa e le manifestazioni. Per don Rinaldi
che anche le Compagnie entrassero in analogo ideale gemellaggio era in per-
fetta in linea col pensiero di don Bosco, che l’apostolato educativo aveva pra-
ticato e propagato in tutto il mondo mediante “gli Oratori festivi, gli Ospizi, i
Collegi, i Pensionati, le Scuole Professionali, ecc.”. Con queste persuasioni
egli si mostrava un artista nel costruire la trama del suo discorso in modo da
portarlo alle conclusioni volute sia quanto alle Compagnie sia in riferimento
all’Azione Cattolica e al pensiero di Pio XI su di essa e su altre Associazioni
autonome. La finalità delle istituzioni impiantate da don Bosco – ragionava –
era assolutamente di “fare buoni cittadini per la terra, onde siano poi un
giorno degni abitatori del cielo”. L’essenza dell’attività educativa dei sale-
siani consisteva nell’”educare la gioventù nella comprensione e nella pratica
dei doveri verso la Santa Chiesa e verso la patria”, sviluppare e dirigere nei
giovani due attività inseparabili: “quella del cattolico al servizio della Chiesa
e quella del cittadino per la patria”. Don Bosco era stato impareggiabile nel
fare questo. Ma a prescindere dalle sue doti eccezionali, “il segreto di un esito
così straordinario [andava] ricercato nelle varie Compagnie e Associazioni re-
ligiose” gradatamente fatte sorgere nei suoi Oratori ed Istituti. “Egli aveva sa-
puto immettere nei singoli Regolamenti una segreta virtù che trasformava i
giovani, senza che essi quasi se ne accorgessero, in altrettanti piccoli apostoli
tra i loro compagni”. Così “metteva bellamente in pratica, cinquant’anni
prima, quanto l’attuale Sommo Pontefice, nelle sue sapientissime Encicliche
143 Cf ACS 9 (1928) n. 45, 24 giugno, pp. 684-685. Non è data alcuna informazione sulla
genesi e sulle motivazioni del documento.
144 Cf ACS 11 (1930) n. 54, 24 ottobre, pp. 879-881.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 55
e nei suoi ispirati discorsi, non cessa di inculcare a tutto il mondo circa la par-
tecipazione del laicato cattolico all’apostolato gerarchico”. Nell’Ubi arcano,
infatti, messe in luce la grandezza e l’universalità dell’apostolato laicale, ne
aveva segnato le linee fondamentali da seguire e aveva dato anche le “norme
direttive adattabili alle esigenze dei singoli paesi, onde tutelare l’autonomia
delle diverse organizzazioni locali, senza menomare la perfetta unità di fini e
di metodi”. L’azione cattolica laicale non era una novità, era sempre stata pre-
sente nel Cristianesimo, che proprio ad essa doveva la sua rapida diffusione.
Gli apostoli, però – aveva proclamato il papa –, dovevano essere anzitutto
buoni cristiani; non era possibile fare apostolato senza essere prima ben for-
mati. “Ora – ne deduceva don Rinaldi – fare dei buoni cristiani che parteci-
pino a suo tempo all’apostolato gerarchico è la missione speciale” della So-
cietà salesiana, “nella quale la partecipazione attiva dei laici è un fatto perma-
nente”; i coadiutori, infatti, “sono veri e perfetti religiosi quanto i sacerdoti
nostri; educatrici e maestri essi pure di un’importante parte del nostro pro-
gramma sociale”. Ma nella missione di “preparare e formare i futuri soggetti
dell’Azione Cattolica, cioè i laici all’apostolato gerarchico della Chiesa” è
necessario seguire gli esempi e i metodi di don Bosco. Orbene, “tra questi
metodi occupano un posto importante le Compagnie dell’Immacolata, di
S. Luigi, di S. Giuseppe, del SS. Sacramento e del piccolo Clero. Esse en-
trano nel novero di quelle Associazioni tanto care al S. Padre e da lui tante
volte commendate e raccomandate”: “con forme di organizzazione altrettanto
varie ed appropriate alle singole iniziative, ma perciò stesso diverse dall’orga-
nizzazione propria dell’Azione cattolica. Opere quindi che non si possono
senz’altro dire di Azione cattolica, bensì si possono e debbono dire vere e
provvidenziali ausiliarie della stessa. Pertanto, come l’Azione cattolica avrà
cura di favorire nel miglior modo possibile tali istituzioni, così queste con-
tinueranno a prestare all’Azione cattolica il loro provvidenziale ausilio”.
Fatta questa puntualizzazione per uso esterno, don Rinaldi rimarcava l’impor-
tanza e la necessità delle Compagnie e della conseguente sollecitudine dei sa-
lesiani perché fossero “fondate, fatte fiorire e tenute in continua efficienza
negli Oratori festivi, Ospizi, Collegi, Pensionati, Parrocchie, Missioni”. Ne
rendeva responsabili prima di tutti gli Ispettori e i Direttori. Esortava, in par-
ticolare, i direttori di Case e di Oratori a preparare “con solenni funzioni
religiose e adunanze particolari e generali” la Giornata delle Compagnie,
destinata, a sua volta, a preparare il Congresso delle Compagnie da tenersi
nelle Ispettorie145.
145 Cf ibid., n. 55, 24 dicembre, pp. 913-918.

5.10 Page 50

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56 Pietro Braido
Della circolare di don Rinaldi illustrava l’importanza, quattro mesi dopo,
il Consigliere Professionale Generale, don Giuseppe Vespignani, dimostrando
che essa si applicava letteralmente anche ai Coadiutori salesiani e ai giovani
artigiani sia per quanto riguardava l’apostolato dei laici sia quanto alle Com-
pagnie, importantissime per la formazione ad esso. Esse dovevano essere
orientate a fare dei giovani dei buoni cristiani e onesti cittadini, preparati a
passare più tardi a far parte effettivamente della Gioventù Cattolica e degli
Uomini Cattolici146.
Per parte sua, in febbraio, il Bollettino, ispirandosi agli Atti del Con-
gresso delle Compagnie religiose dei collegi dell’Ispettoria Salesiana di San
Francesco di Sales, pubblicati nel mensile Albores edito dal collegio Pio IX
di Buenos Aires, illustrava ai Cooperatori la storia e le finalità delle Compa-
gnie religiose istituite da don Bosco. In un codicillo si informava che in una
circolare ai Salesiani don Rinaldi aveva indetto per il 1931 la Giornata delle
Compagnie in preparazione a un Congresso delle Compagnie da tenersi in
ogni Ispettoria147. Il Bollettino attribuiva l’iniziativa alla volontà che con le
Compagnie gli alunni delle Case Salesiane, “secondo il desiderio del S.
Padre”, fossero avviati all’Azione Cattolica. Con questa premessa dava l’an-
nuncio che il Congresso ispettoriale siculo sarebbe stato celebrato il 19 aprile
sotto il patrocinio di mons. Carmelo Patanè arcivescovo di Catania, di mons.
Evasio Colli, vescovo di Acireale, e di altri vescovi. Era una garanzia –
questo il commento – che i giovani sotto la loro guida avrebbero veramente
risposto “agli ideali di Azione Cattolica vagheggiati dal Sovrano Ponte-
fice”148. Particolarmente solenne era il Congresso tenuto il 12 aprile alla Casa
madre, esattamente nell’ottantacinquesimo anniversario dell’insediamento a
Valdocco del primo Oratorio di don Bosco. Dalla densa giornata, concludeva
il cronista, era stata confermata la capacità delle Compagnie “a preparare
assai bene alla vita cristiana e civile i giovani con ciò che inculcano e coi
mezzi che offrono”, plasmando dovunque “ottimi cristiani e ottimi cittadini”,
rassodati nella pietà e nella pratica dei doveri della quotidiana vita cristiana e
abilitarli all’impegno apostolico149.
10.2 Negli anni di don Ricaldone
A differenza del predecessore, don Ricaldone, nato salesianamente “ora-
toriano” già come aspirante e chierico novizio e studente di filosofia a Torino
146 Cf ACS 12 (1931) n. 56, 26 aprile, pp. 951-953.
147 Compagnie religiose negli Istituti salesiani, BS 55 (1931) n. 2, febbraio, pp. 33-36.
148 Cf ibid., n. 4, aprile, 123-124.
149 Cf ibid., n. 6, giugno, pp. 185-186.

6 Pages 51-60

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 57
e cresciuto come tale in Spagna, come chierico e giovane sacerdote, ardente
apostolo dei giovani e formatore di giovani fermamente credenti e militanti,
condivideva tutto ciò che don Rinaldi aveva inculcato riguardo all’educazione
salesiana all’apostolato, alle Compagnie religiose giovanili, al loro coordina-
mento operativo e funzionale con l’Azione Cattolica. Egli era perfettamente
in sintonia anche nel pensare e nell’operare secondo l’ottica, la volontà e i de-
sideri di Pio XI. Erano, tuttavia, diverse talune espressioni del contesto poli-
tico in cui operare e più precise richieste provenienti dal mondo ecclesiale.
Si è detto della crisi del 1931 e sulla tempesta scatenata sulle Associa-
zioni cattoliche. Nelle aggressioni e nella chiusura furono coinvolti, in varia
misura, anche oratori e circoli salesiani. Si possono citare quelli di Genova
Sampierdarena, Figline Valdarno, Roma Testaccio, Pisa, Collesalvetti: minu-
scolo campione di un numero più elevato tutto da verificare e integrare. Di
nessuno, comunque, si trova traccia, sia nel 1931 come del resto di quelli del
1927-1928, negli Atti del Capitolo Superiore e nel Bollettino Salesiano150.
Nemmeno si trova nel biennio 1938-1939, quando la lotta intorno ai giovani e
alle loro associazioni si radicalizzava e i due protagonisti, Pio XI e Mussolini
arrivavano vicini alla denuncia del Concordato.
Nessun problema si poneva per le Compagnie religiose, sia nei convitti
che negli oratori, che ricevevano dagli organi centrali della Congregazione
ininterrotti stimoli a crescere in numero e in qualità operativa151. Particolar-
mente accentuata è la loro presenza negli oratori, nel commento alla strenna
del 1940152. Inoltre, veniva ribadita la loro perfetta compatibilità nelle istitu-
zioni giovanili salesiane con le eventuali Associazioni interne di Azione Cat-
tolica. Anzi, le Compagnie, finalizzate alla profonda formazione personale e
all’acquisto della tensione e competenza apostolica erano da considerarsi un
vivaio dell’Azione Cattolica153. A sua volta l’Azione Cattolica era ricono-
sciuta ricca e generosa fornitrice di alunni agli otto istituti missionari sale-
siani, “una prova molto eloquente – commentava alla fine del 1936 il diret-
tore del Bollettino – della sodezza ed efficacia della formazione cristiana che
si dà nelle file dell’Azione Cattolica, secondo le direttive del Santo Padre”154.
Tra le promesse fatte da don Ricaldone al papa in occasione della canonizza-
150 “Sono note le vicende del 1931 che diedero origine allo scioglimento dei Circoli e la
successiva riconciliazione del 3 settembre 1931” è tutto ciò che rievoca don Ricaldone al CG
XV del 1938, parlando di Azione Cattolica, ACS 19 (1938), n. 87, maggio-giugno, p. 14.
151 Cf La Giornata delle Compagnie religiose, BS 58 (1934) n. 10, ottobre, p. 295.
152 Cf P. RICALDONE, Oratorio estivo, Catechismo…, pp. 243-246.
153 Cf Intervento del Direttore Spirituale negli ACS 16 (1935) n. 71, 24 agosto, pp.
264-266.
154 Cf L’eloquenza d’una statistica, BS 60 (1936) n. 12, dicembre, p. 273.

6.2 Page 52

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58 Pietro Braido
zione di don Bosco una assicurava “maggior alacrità nella preparazione dei
giovani all’Azione Cattolica”155.
Atti formali per il coordinamento anche sul piano giuridico, strutturale e
operativo si hanno in tre momenti principali: la messa in vigore anche nelle
Case salesiane nel 1935 dello Statuto per le Associazioni interne della Gio-
ventù maschile di Azione Cattolica156; una lettera del 31 gennaio 1937, nella
quale l’Assistente generale dell’A.C., mons. G. Pizzardo, ringraziava il Rettor
Maggiore per aver accolto con prontezza e zelo i desideri del S. Padre, nel
formare nei numerosi Collegi salesiani fiorenti Associazioni giovanili interne
di A.C.157; nel 1949 la creazione della Gioventù Italiana di Azione Cattolica,
con il relativo Schema di Convenzione tra il Rettor Maggiore e la Gioventù
Italiana di Azione Cattolica del 24 maggio158. Essi riguardano le “Associa-
zioni giovanili di Azione Cattolica” negli internati. Solo nella Convenzione
del 1949 venivano compresi anche gli oratori, a conferma di una lunga tradi-
zione, ufficializzata nel 1928 e mai interrotta.
11. Mutamenti nell’attuazione e nella definizione dell’oratorio salesiano
Per la ricostruzione “storica” – nei limiti prefissati – dell’idea e della
realtà dell’Oratorio e, in esso, della catechesi, per il ventennio 1932-1952, si
determinano eventi che condizionano fortemente per le proporzioni e qualità
di informazioni le quattro fonti a cui si è attinto per i due periodi precedenti
1888-1913, 1913-1931: i Capitoli generali della Società salesiana, gli inter-
venti del Rettor Maggiore, le attività congressuali, il Bollettino Salesiano.
Quanto ai Capitoli generali, però, di nessun rilievo oratoriano è quello del
1932, esclusivamente convocato per l’elezione del nuovo Rettor Maggiore e
dei membri del Capitolo Superiore. Le tematiche dei due Capitoli del 1938 e
1947 hanno come oggetto comune la regolamentazione della “formazione”
del personale salesiano. Si vedrà che il tema catechistico irromperà inatteso
nel Capitolo XV del 1938. Ma l’assemblea non avrà da discuterlo, dovrà sem-
155 Cf ACS 15 (1934) n. 66, 24 maggio, p. 165.
156 Cf ACS 16 (1935) n. 68, 6 gennaio, pp. 205-218, 227-228; n. 71, 24 agosto, pp. 264-266.
157 Cf ACS 18 (1937) n. 79 bis, 2 febbraio, pp. 400-401. Sullo stato dei rapporti tra la So-
cietà salesiana e l’Azione Cattolica don Ricaldone riferiva nel corso del CG XV, ACS 19
(1938) n. 87, maggio-giugno, pp. 13-17.
158 Cf ACS 29 (1949) n. 155, settembre-ottobre, pp. 3-7; dichiarazioni del Rettor Mag-
giore circa la convivenza delle Associazioni giovanili di Azione Cattolica e le Compagnie reli-
giose, ACS 29 (1949) n. 156, novembre-dicembre, pp. 5-6. Nel 1949 aveva inizio il periodico
Le Compagnie religiose nelle case salesiane, ACS 29 (1949) n. 152, marzo-aprile, pp. 11-12.

6.3 Page 53

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 59
plicemente prendere atto di una proposta-decisione di don Ricaldone, in se-
guito a lui dichiarata volontà del S. Padre, e approvarla. Inoltre, nel ventennio
non si celebrerà più alcun Congresso che abbia per oggetto lo studio e la di-
scussione delle tematiche classiche: gli Oratori festivi a finalità catechistiche
e le Scuole di Religione. I Congressi, i Congressini, i Convegni, gli incontri
assumeranno altre forme con diversi partecipanti. Quanto alla documenta-
zione le fonti più significative resteranno il Bollettino Salesiano e gli Atti del
Capitolo Superiore. In questi comunicavano informazioni, valutazioni, orien-
tamenti, decisioni il Rettor Maggiore e, sempre rigorosamente allineati con
lui, i membri del Capitolo Superiore.
Il Bollettino Salesiano, di fatto, perderà il contatto con gli uomini di
marcata “passione oratoriana” che l’avevano diretto e animato nei due periodi
precedenti. Don Amadei, il direttore più longevo, è dirottato al solo lavoro
storico in area salesiana, don Trione e don Anzini si avviano al declino: don
Trione muore il 1° aprile 1935; don Anzini il 2 maggio 1941, ma dal 1925 era
stato condizionato da una invalidante stenosi cardiaca, dal settembre 1932 di-
venta direttore don Guido Favini, un salesiano assolutamente ligio alla tradi-
zione salesiana, secondo il preminente spirito dell’Oratorio di Valdocco, e in
perfetta sintonia con il Rettor Maggiore e i Superiori, rafforzata dal contatto
quotidiano e, quando occorreva, dalla consultazione del loro pensiero.
Esso non poteva che rispecchiare la conformità allo spirito di don Bosco
e alla salesianità, che don Ricaldone intendeva fermamente salvaguardare da
ogni espressione e interpretazione da parte di chicchessia, considerandosi
come “Successore di don Bosco”, primario autorizzato interprete del suo spi-
rito a livello teorico e operativo. Egli non avrebbe mai permesso ricostruzioni
ed espressioni, orali e scritte, del pensiero di don Bosco su qualsiasi punto ne-
vralgico – direzione spirituale, sistema preventivo, compagnie religiose, pro-
cessi formativi, contenuti e metodi della catechesi, ecc. – che fossero state in
disaccordo con il suo magistero o non vi facessero eco. Un magistero che vo-
leva essere in totale conformità con la vita e gli insegnamenti del Fondatore,
al quale costantemente si riferiva e che citava copiosamente. Per questo non
amava parlare o sentir parlare di spiritualità di don Bosco e preferiva dire e
scrivere di “spirito di don Bosco”, identico a “spirito salesiano”, realtà con-
creta che si identificava con l’intera biografia del Padre e Maestro. Probabil-
mente, un “Don Simplicio” non avrebbe potuto riscrivere senza confrontarsi
col Superiore quel che aveva detto sull’oratorio, mentre non era impedito di
scrivere le sue vivaci lettere, prive di ogni elemento “ideologico”, “Don Giu-
livo” e “Don Giocondo”, ossia don Trione, di cui egli si riserverà di redigere
personalmente la lettera necrologica.

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60 Pietro Braido
I due decenni (1932-1951), un lasso di tempo già lungo per se stesso,
erano segnati da epocali trasformazioni sociali e politiche: in più paesi, la ti-
rannia del bolscevismo ateo, l’affermarsi e il diffondersi del fascismo, nel-
l’area mitteleuropea l’imporsi del nazismo, il permanere nel Messico di una
legislazione radicale e laica, il totalitarismo strisciante di non pochi regimi
politici. Il clima generale non avrebbe, certo, consentito il pluralismo delle
idee, la varietà sociale e politica dei relatori e dei temi proposti, la libertà dei
dibattiti, la ricchezza dei Voti, analoghi a quelli che avevano caratterizzato i
Congressi degli Oratori Festivi e delle Scuole di Religione tenuti tra fine Ot-
tocento e primi Novecento.
Lo stesso contesto intracongregazionale salesiano ed ecclesiale era sen-
sibilmente mutato, con ripercussioni sul modo di affrontare il problema degli
oratori e della catechesi. L’azione catechistica assume connotati che vanno
ben oltre la prospettiva oratoriana. La Crociata catechistica promossa da don
Ricaldone non è rivolta a questa o a quella istituzione giovanile salesiana, tra
cui l’oratorio, ma è tutta orientata a rinnovare la qualità della catechesi nei
più vasti ambiti, anche se il documento più esteso la prevede nell’oratorio:
certamente, anzitutto, nelle opere giovanili della Società salesiana, tutte,
senza particolari preferenze, ma ugualmente nel più ampio orizzonte possibile
delle istituzioni ecclesiastiche e della pastorale cattolica, anche con forme non
strettamente istituzionali per tutte le categorie di persone, uomini, donne, gio-
vani e adulti, vicini e lontani.
Ancora, in Italia l’oratorio si vedeva privato o gravemente menomato in
precedenti espressioni di vita associativa, garantite dalle antiche “Sezioni”.
Esso restava, in un certo senso, sopraffatto dalla dimensione catechistica, essa
stessa depauperata delle dimensioni esplicitamente sociali. Resta la “ricrea-
zione” a costituire l’attrattiva, che peraltro si vuol creare attraverso la novità e
modernità della stessa catechesi.
Si vuole, infatti, per essa riservare un’inedita pronunciata attenzione ai
problemi pedagogici, didattici, organizzativi con una più esplicita apertura,
con possibili arricchimenti, alle acquisizioni del Congresso di Brescia del
1912 e dei loro sviluppi nell’incontro con il movimento attivistico e delle at-
tuazioni avvenute all’interno delle Associazioni di Azione cattolica: l’inse-
gnamento del catechismo in forma di scuola, la forma ciclica nella disposi-
zione della materia e le classi, la distinzione tra testo ufficiale e testi didattici,
il metodo intuitivo159 –, che don Ricaldone preferirà denominare induttivo –,
la pedagogia del Vangelo, l’integrazione liturgica.
159 Cf M. CARMINATI, Un trentennio di storia della catechesi italiana (1900-1930). Lo-
renzo Pavanelli e Luigi Vigna e il “Catechismo in forma di vera scuola”. Leumann (Torino),
LDC 1995.

6.5 Page 55

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 61
12. Tradizione e innovazione nella pratica oratoriana degli anni 1932-1938
Nelle fonti già utilizzate, gli Atti del Capitolo Superiore e il Bollettino
Salesiano, nel corso degli anni trenta l’oratorio festivo continuerà, forse con
ritmo più veloce, a perdere il suo primato reale – quello ideale e di principio
non verrà mai messo in discussione – rispetto alle altre istituzioni giovanili:
ospizi, collegi, istituti professionali, pensionati, e alle parrocchie. In com-
penso, più vasto spazio verrà ad occupare il tema del Catechismo e dell’inse-
gnamento, senza dubbio sempre in stretto rapporto con l’oratorio, ma non
meno con tutte le opere educative della Società salesiana. Tre sono i princi-
pali spazi operativi concreti verso cui orientare la propria opera benefica indi-
cati dal Rettor Maggiore nella sua prima circolare ai Cooperatori e alle Coo-
peratrici: il sostegno degli istituti deputati alla formazione del personale sale-
siano, la fondazione di Borse missionarie, il soccorso a “migliaia e migliaia di
orfanelli”, che popolavano gli istituti salesiani160.
Non mancano, però, nel Bollettino, seppure contenute, le tradizionali
cronache oratoriane. Nel numero di giugno 1932 campeggia in prima pagina
il ritratto del neoeletto Rettor Maggiore, don Pietro Ricaldone. Si trova anche
una grande fotografia a due pagine dei 1.500 giovani presenti nel loro ora-
torio di San Filippo a Catania nella domenica di Passione161. Si era informati
più avanti del Concerto di beneficenza, tenuto nel teatro degli Scolopi alla
presenza del vescovo e delle autorità cittadine, per l’erigenda chiesa di Maria
Ausiliatrice dell’oratorio di Savona162. Si era portati quindi in Istria con la de-
scrizione della splendida festa di don Bosco celebrata alla fine di giugno dal-
l’oratorio di Rovigno, con il plauso dell’intera città. Alla straordinaria proces-
sione pomeridiana avevano partecipato in pacifica convivenza le Associazioni
cattoliche locali e dei paesi della zona, i gruppi dell’O.N.B. e più migliaia di
fedeli. Seguivano il vescovo, il prefetto con la consorte, il Segretario Federale
fascista, il Podestà163. Viene pure ricordato il Circolo Auxilium, l’oratorio fe-
stivo di Valdocco, che il 5 giugno aveva festeggiato il 25° di vita con la bene-
dizione delle due nuove bandiere degli aspiranti e degli effettivi164. Più breve-
mente si faceva menzione della festa di don Bosco celebrata in clima più con-
tenuto dall’oratorio di Alessandria in Piemonte l’8 giugno165.
160 Cf BS 57 (1933) n. 1, gennaio, pp. 4-5.
161 Cf BS 56 (1932) n. 6, giugno, pp. 176-177.
162 Cf ibid., n. 7, luglio, pp. 220-221.
163 Cf Don Bosco nell’Istria, Ibid., n. 9, settembre, pp. 260-261.
164 Cf ibid., p. 280.
165 Cf ibid., n. 10, ottobre, pp. 295-296.

6.6 Page 56

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62 Pietro Braido
Tutto attinente al tema catechistico è, invece, l’annuncio dell’uscita alla
S.E.I. di Torino della nuova rivista mensile Catechesi, un’idea già di don Ri-
naldi ora realizzata. Accanto ai due direttori lombardi mons. Montalbetti e
don Perini era anche il salesiano don Antonio Cojazzi. Erano stati inviati in
saggio con larga estensione i due numeri di maggio e giugno166.
L’oratorio, però, continuava ad attirare più volte l’attenzione del Bollet-
tino, informando su eventi di diversa rilevanza. Il 20 novembre 1932 la Se-
zione Aspiranti dell’oratorio di Borgo S. Paolo aveva celebrato il decennale
della nascita. Nel pomeriggio si era tenuto un Congressino Missionario con la
partecipazione anche dei Gruppi Missionari degli altri oratori di Torino.
Quattro giovani rappresentanti di altrettanti oratori avevano parlato dell’Asso-
ciazione Gioventù Missionaria, delle Vocazioni Missionarie, degli Aiuti spiri-
tuali alle Missioni e degli Aiuti materiali. Era arrivata anche la particolare be-
nedizione del Papa167. Due settimane prima, la domenica 6 novembre c’era
stata a Cagliari la solenne apertura del nuovo anno oratoriano, protagonisti il
direttore don Giulio Reali e l’attivo Decurione dei Cooperatori, can. Mario
Piu. L’oratorio – si precisava –, oltre che accogliere la gran massa dei ragazzi,
dava vita a tre Associazioni Cattoliche: Auxilium, Don Bosco, S. Cuore, e ad
una numerossima Sezione Aspiranti. Era in piena efficienza un Gruppo del
Vangelo e si stavano organizzando i Ritiri Operai, l’Unione ex-allievi e la
Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli168. Analoga funzione di apertura si era
pure fatta l’8 dicembre all’oratorio salesiano di Genzano di Roma. “Dopo la
Messa – si sottolineava – un’abbondante colazione a tutti; quindi inaugura-
zione della giostra che forma una nuova attrattiva pei 600 giovani che fre-
quentano l’Oratorio”169.
Altre notizie oratoriane ricompaiono, seppure scarse, nei mesi di marzo
e di aprile. Un posto d’onore è riservato all’oratorio di Frascati, sistemato in
locali adiacenti al santuario della Vergine di Capocroce, di proprietà della S.
Sede e che Pio XI volle diventasse una Domus juventutis. Si era festeggiata
l’inaugurazione del nuovo salone teatro, benedetto dal vescovo suburbicario
card. Michele Lega, che al termine rivolgeva ai giovani un vivace discorso
sulla funzione dell’oratorio, quella – diceva – “che sbocca nel perfetto citta-
dino e nel perfetto cristiano: due termini che il clima della conciliazione deve
sempre più avvicinare”170. Anche a Tolmezzo (Udine) per l’inaugurazione del
nuovo anno di attività dell’oratorio annesso all’Istituto era intervenuto il 10
166 Cf ibid., n. 11, novembre, p. 323.
167 Cf ibid., pp. 15-16.
168 Cf ibid., p. 17.
169 Cf ibid., n. 2, febbraio, pp. 44-45.
170 Cf ibid., n. 3, marzo, p. 76.

6.7 Page 57

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 63
dicembre l’Ordinario dell’arcidiocesi mons. Nogara, che alle 10,30 benedi-
ceva in Duomo le bandiere delle Associazioni di Azione Cattolica. Nel pome-
riggio l’accademia musico-letteraria era aperta da un discorso dell’arciprete
di Spilimbergo, l’ex-allievo mons. Annibale Giordani171.
L’attenzione era poi rivolta ad oratori del Centro-Sud. Di quello del Vo-
mero-Napoli si riferiva la Festa del Papa, nella quale il 12 febbraio le Asso-
ciazioni giovanili dell’oratorio insieme agli allievi dell’Istituto, con “l’ade-
sione del fior fiore di Napoli Cattolica” avevano organizzato una solenne
commemorazione dell’XI anniversario dell’Incoronazione di Pio XI. Il 15
gennaio, invece, era stato inaugurato l’oratorio festivo aperto accanto all’Isti-
tuto salesiano dei Sordomuti. Nel pomeriggio la distribuzione della Befana,
presieduta dal “card. Ascalesi, circondato da tutte le autorità cittadine e da
immensa folla di personalità”, accomunava oratoriano e sordomuti172. Di di-
verso tono era la festa dell’oratorio di Volterra, destinata il giorno di san Fran-
cesco di Sales, a ricordare il nono anniversario della consacrazione episcopale
dell’Ordinario diocesano, il salesiano mons. Dante Munerati. All’omaggio uf-
ficiale pomeridiano il delegato del Podestà leggeva il Motu Proprio, con cui il
re insigniva il presule della Commenda della Corona d’Italia. Tra i doni si di-
stinguevano l’offerta per il battesimo di un cinesino e di una cinesina delle
Missioni salesiane fatta dai giovani dell’oratorio e quella delle Orfane dell’I-
stituto S. Giuseppe per la Pontificia Opera della Santa Infanzia173. Un qualche
rilievo è dato pure a due notizie riguardanti gli oratori di Faenza e di Rimini.
Del primo si riferisce la consegna delle tessere ai nuovi iscritti alle Associa-
zioni di Azione Cattolica – le “tessere” avrebbero creato problemi nel 1938 –,
ma anche di due iniziative benefiche: la distribuzione domenicale a tutti gli
oratoriani di una colazione gratuita a pane e prosciutto e l’inizio della distri-
buzione quotidiana serale di pane e minestra ad oltre cinquanta famiglie degli
oratoriani più povere. A Rimini, invece, sia nell’oratorio maschile dei Sale-
siani che in quello femminile delle Figlie di Maria Ausiliatrice si era avuta in
gennaio la festa della Befana con il regalo di dolci, indumenti, frutta, giocat-
toli a tutti secondo il merito di frequenza e la buona condotta174.
Due diversi eventi vengono evocati di oratori esistenti agli antipodi d’I-
talia, San Cataldo (Caltanisetta) e Torino-Monterosa. Nel primo il 12 febbraio
era stata inaugurata la nuova Associazione Giovanile di Azione Cattolica
“Don Bosco” e celebrata insieme la festa del Papa. All’accademia pomeri-
171 Cf ibid., pp. 76-77.
172 Cf ibid., n. 4, aprile, p. 105.
173 Cf ibid., pp. 105-106.
174 Cf ibid., p. 106.

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64 Pietro Braido
diana dopo che il can. Calì aveva parlato sul Papa Maestro della Fede, teneva
un geniale discorso l’avv. Giuseppe Alessi, un futuro rilevante politico demo-
cristiano, sul Papa Maestro di civiltà. Del “Michele Rua” nella borgata peri-
ferica torinese di Monterosa si parla a proposito di una iniziativa benefica:
l’allestimento quotidiano nel periodo invernale di una refezione per parecchie
decine di oratoriani appartenenti a famiglie in strettezze economiche175.
In una fruttuosa giornata di lavoro intenso si era impegnato il 9 aprile,
giorno delle Palme, un centinaio di delegati dei catechisti degli oratori sale-
siani di Torino e viciniori, trattando in particolare della formazione dei cate-
chisti. Nella foto ricordo spiccano al centro don Ricaldone e don Serié, in di-
versa misura fattivamente presenti l’intero giorno176.
Particolare rilievo è dato all’ultimo giorno dei Solenni festeggiamenti pel
XXX della Società Concordia” dell’oratorio salesiano di Schio (Vicenza),
con intervento di don Ricaldone e di alti dirigenti della A.C.I. con a capo il
comm. Ciriaci, presidente nazionale, e la partecipazione di oltre 4.000 gio-
vani di A.C. dell’Alto Vicentino. L’Arciprete benediceva in Duomo la nuova
bandiera della “Concordia” e quelle delle giovani e degli Uomini dell’A.C.
Vive lodi ebbe la Mostra d’Arte indetta e promossa dalla Società. Nell’occa-
sione si ebbe un Convegno dei Decurioni Salesiani della diocesi di Vicenza
con la partecipazione dell’Ordinario, mons. Rodolfi, e conferenza di don
Trione su Cooperazione Salesiana alle opere diocesane e parrocchiali177.
Per l’oratorio di Arezzo si racconta la festa di don Bosco. Invece, sono
date informazioni complessive sulle attività degli oratori di Ancona e Perugia.
Ad Ancona i Salesiani, presenti da trent’anni, officiavano una parrocchia con
annesso oratorio quotidiano e festivo con Associazioni “tutte fiorentissime”.
Il Bollettino annette anche una fotografia dei molti giovani oratoriani che cir-
condano l’arcivescovo mons. Mario Giardini. Una fotografia con i giovani
dell’istituto e dell’oratorio è pure riprodotta a integrazione di diffuse notizie
sull’Opera di Perugia a conclusione del primo decennio di attività, documen-
tato anche da un Numero unico illustrato. Le feste erano state organizzate da
due Comitati di cospicui personaggi sotto la presidenza onoraria dell’arcive-
scovo mons. G. B. Rosa, grande amico dei salesiani, che seminarista aveva
visto a Roma don Bosco nel 1887178.
175 Cf ibid., n. 5, 24 maggio, pp. 138-139.
176 Cf Lievito santo, BS 57 (1933) n. 7, luglio, pp. 212-213. Don Serié l’aveva preannun-
ciato un mese prima negli ACS 14 (1933) n. 61, 24 marzo, p. 38; e lo diceva riuscitissimo, au-
gurandosi che l’evento esemplare fosse seguito dai Catechisti di altre ispettorie, negli ACS 14
(1933) n. 62, 24 maggio, p. 85.
177 Cf ibid., n. 8, agosto, p. 242.
178 Cf ibid., pp. 244-246.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 65
Affiorava anche il tema catechistico in relazione alle Gare indette dalle
Federazioni Diocesane di Azione Cattolica. Risultava che in ben quattro dio-
cesi – Acqui, Catania, Messina, Noto – avevano vinto la Gara e conquistato il
gagliardetto sei Aspiranti e/o Effettivi provenienti dagli oratori festivi di
Nizza Monferrato, S. Gregorio, Barcellona di Pozzo di Gotto, Modica179. Mo-
dica saliva all’onore della cronaca anche per l’apertura di un secondo ora-
torio, con l’inaugurazione alla presenza del vescovo diocesano e delle gerar-
chie della provincia con a capo il Prefetto di Ragusa e il Segretario Federale
del Partito180. Erano notizie brevi. Molto più diffusa è la cronaca, che precede,
dello scoprimento di un busto a don Bosco nei nuovi locali dell’oratorio di
Savona, sorto quarant’anni prima e via via sempre più ampliato e affiancato
da un Convitto. L’evento assumeva particolare importanza per la presenza di
don Ricaldone che polarizzava intorno a sé una folla di Ex Allievi e di Coo-
peratori. Tenne il discorso ufficiale un ex allievo insegnante, seguito da un
peana del Vice Segretario Federale fascista che “con alata parola improvvisò
un concettoso discorso sui significati mistici della cerimonia, rilevando che il
B. D. Bosco fu un grande assertore dei valori spirituali che danno alla Patria
la vera consistenza, mentre nella storia d’Italia le manifestazioni di quella
fede “onde Cristo è romano” furono sempre congiunte agli entusiasmi ed alle
opere del patriottismo”. Don Ricaldone gli faceva in parte eco: accennando
“allo zelo d’italianità che in tutto il mondo [faceva] parte del programma sa-
lesiano”. Concludeva “esaltando il connubio inseparabile di Religione e di
Patria che [formava] il distintivo del sistema educativo di Don Bosco”. Il ve-
scovo, mons. Righetti, ricordava semplicemente “come una delle sue più
grandi fortune l’incontro personale avuto una volta” con don Bosco. Il tardo
pomeriggio era poi scandito da due altri importanti appuntamenti: la Confe-
renza salesiana tenuta da don Ricaldone e l’accademia musico-letteraria, con
uno scelto programma musicale eseguito da oltre 70 cantori della scuola po-
lifonica della Cattedrale181.
Poche sono le notizie oratoriane registrate negli ultimi mesi del 1933 e
per tutto il 1934, abbondantemente occupati dal grande evento della canoniz-
zazione di don Bosco, il 1° aprile 1934. Attenzione particolare era riservata al-
l’opera complessa del Testaccio a Roma che il 10 dicembre aveva festeggiato
con varie dimostrazioni il XXV della consacrazione della chiesa parrocchiale
di S. Maria Liberatrice e dell’Associazione Giovanile maschile di Azione Cat-
tolica. Si traccia una sintetica storia dell’Opera testaccina e si dà un quadro
179 Cf ibid., n. 9, settembre, p. 264.
180 Cf ibid., p. 268.
181 Cf ibid., pp. 266-268.

6.10 Page 60

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66 Pietro Braido
delle tante strutture legate alla parrocchia e all’oratorio: Le Associazioni dei
Padri di famiglia, degli Uomini Cattolici, delle Madri di famiglia, una sezione
dei Ritiri Operai, il gruppo delle Donne Cattoliche, i Circoli giovanili, ma-
schile e femminile, due Scuole elementari Pontificie maschile e femminile,
una Scuola complementare Pontificia, tre asili infantili, la Compagnia di S.
Luigi dell’oratorio, due Doposcuola, due Laboratori, una Scuola Professionale
femminile, la Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli, la Compagnia delle Dame
di Carità, l’Ambulatorio Maria Antonietta Cingolani. All’assemblea comme-
morativa erano intervenute numerose personalità ecclesiastiche e laiche: tra
esse mons. Olivares, mons. Pascucci in rappresentanza del Vicario di S. S.,
l’avv. Paolo Pericoli, il comm. Augusto Ciriaci, l’on. Mario Cingolani, l’on.
Egilberto Martire. I quattro ultimi prendevano successivamente la parola e don
Ricaldone concludeva ringraziando e spronando a continuare nella via intra-
presa182. Il 31 maggio, don Ricaldone era a Cuneo per la benedizione della
pietra angolare dell’oratorio salesiano, in gran parte finanziata dalla signorina
Descalzi. Il Rettor Maggiore concludeva il rito ringraziando la munifica bene-
fattrice e auspicando, “tra applausi scroscianti” che la nuova opera contri-
buisse “alla fortuna della Città, della Chiesa, della Patria”. La banda del VII
reggimento d’artiglieria pesante aveva abbinato al termine della benedizione
“le note fatidiche della Marcia Reale e dell’inno «Don Bosco ritorna»”183.
Non viene trascurata una Giornata delle Compagnie religiose – come
scrive il redattore del Bollettino, “entrata ormai nel Calendario di quasi tutti i
nostri Istituti e Oratori” – tenuta nell’oratorio di Messina, dove erano attivate,
oltre le Associazioni Domenico Savio e S. Giuseppe, le Compagnie del SS.
Sacramento e di S. Luigi. Il direttore dell’oratorio, don Allegra, presentava ai
giovani il Presidente Federale dell’Azione Cattolica della Diocesi, arrivato
per la consegna del distintivo e della tessera ai membri dell’associazione ora-
toriana, che così venivano inseriti nei quadri dell’Azione Cattolica. Segui-
vano brevi interventi su “argomenti relativi all’attività religiosa del giovane
cattolico” intercalati da canti e poesie. L’adunanza veniva conclusa dall’inno
a don Bosco – sottolinea il direttore del Bollettino –, “geniale fondatore delle
Compagnie religiose pei giovanetti e precursore dell’Azione Cattolica, come
lo definì Pio XI”184.
Tra i tanti Echi delle feste a D. Bosco Santo, una rubrica iniziata dopo la
canonizzazione e protratta per circa due anni, vanno ricordati quelli relativi a
due città di caratteristica vitalità oratoriana: Rovigno d’Istria e Trieste. Nella
182 BS 58 (1934) n. 2, febbraio, pp. 49-51.
183 Cf ibid., n. 9, settembre, p. 264.
184 Cf ibid., p. 295.

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 67
cittadina istriana teneva la commemorazione civile il salesiano gr. Uff. Miche-
langelo Rubino, Console della M.V.S. N. fascista. Dopo un triduo di prepara-
zione, la domenica 1° luglio, si aveva la giornata dell’apoteosi. Il vescovo dio-
cesano, mons. Pederzolli, aveva celebrato, dinanzi a tutte le autorità e im-
mensa folla, la Messa pontificale e tenuto l’omelia sul tema caro a don Bosco:
Da mihi animas cetera tolle185. La processione pomeridiana era stata prece-
duta da un Convegno degli iscritti all’A.C. Più di centomila triestini avevano
partecipato nella loro città a riti analoghi conclusi il 6 maggio: la messa ponti-
ficale del vescovo mons. Fogar, presenti anche le autorità civili e militari con
il Prefetto, il Comandante del Corpo d’Armata, il vice Segretario Federale del
P.N.F. Settanta cantori dell’oratorio eseguivano la Missa Pontificalis di Lo-
renzo Perosi. L’omelia del vescovo aveva come tema L’educazione cristiana e
patriottica della Gioventù come fu concepita ed attuata da San Giovanni
Bosco. Tra le confraternite e le Associazioni partecipanti alla processione si
notavano per le tipiche divise anche i Balilla e le Piccole Italiane186.
Con differenze negli stili vengono presentate le feste celebrative di don
Bosco nelle città sicule sedi di oratori: Catania, Messina, Modica, Taormina,
Trapani. A Catania, più che da programmi concordati le celebrazioni ebbero
un’intensità tutta particolare per la simpatia e la partecipazione di tutti i ceti
di persone: l’intero episcopato dell’Isola solidale con l’arcivescovo di Pa-
lermo, card. Lavitrano, Senatori e Deputati, i Prefetti delle province, i Segre-
tari federali del Partito fascista, i Podestà, le maggiori personalità della Pub-
blica Istruzione, della Magistratura, del Foro, dell’Esercito, dell’alta cultura,
dell’aristocrazia, e soprattutto il plebiscitario entusiasta coinvolgimento delle
folle. Un dinamico Comitato regolava la sequenza delle manifestazioni, che
avevano inizio giovedì 24 maggio. In quel giorno fu riservato ai giovani il
primo omaggio al loro Santo. Confluirono alla cattedrale per la loro messa
circa cinquemila tra Balilla e Piccole e Giovani Italiane, guidati dai loro diri-
genti, con i labari delle loro legioni. Venerdì 25 e sabato 26 erano destinati
alla Messa della Comunione generale rispettivamente degli alunni degli Isti-
tuti maschili e delle alunne di quelli femminili. Trionfale fu la domenica.
L’arcivescovo di Siracusa mons. Baranzini celebrava la messa della Comu-
nione generale degli oratori, della Gioventù maschile e femminile di A.C.,
delle Cooperatrici e Dame Patronesse, delle Ex-Allieve, delle Universitarie,
delle Unioni delle Donne di A.C., delle Terziarie, delle Sacramentine e delle
altre branche delle organizzazioni giovanili. Contemporanea al solenne Ponti-
185 Cf ibid., n. 11, novembre, pp. 338-339.
186 Cf ibid., p. 340.

7.2 Page 62

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68 Pietro Braido
ficale era celebrata in altra chiesa la Messa per le Beniamine e i Fanciulli Cat-
tolici. Alla processione del pomeriggio “l’entusiasmo raggiunse il delirio”
con la statua di don Bosco “fiancheggiata dalla guardia del corpo” costitui-
tagli dagli Universitari di A.C. Da un altare collocato sulla scalea della fac-
ciata del Duomo dinanzi a una folla immane assiepata sulla grande piazza la
benedizione Eucaristica concludeva l’incredibile ciclo di festeggiamenti, ini-
ziati con le commemorazioni civili di don Bosco tenute nel vasto cortile del-
l’Istituto Salesiano di via Cibali dall’on. Egilberto Martire e dal gen. Alberto
Turano187. Quasi li eguagliava la festa celebrata a Messina il 27 maggio. Tutti
i vescovi siciliani vi portarono il contributo di riti e di predicazione, emulati
dai vescovi di Nicotera e Tropea e di Bova Marina, il salesiano mons. Giu-
seppe Cognata. Le musiche furono egregiamente curate dalle Scholae Can-
torum dello Studentato Teologico Salesiano e del Seminario Arcivescovile.
Dopo la processione la festa si protrasse fino a notte inoltrata, tra fuochi d’ar-
tificio e il concerto della Banda del Dopolavoro. Il giorno successivo nel-
l’Aula Magna dell’Università il gen. Alberto Turano teneva la commemora-
zione civile188. A Modica la Messa Pontificale era celebrata dal vescovo sale-
siano mons. Cognata, con assistenza di mons. Vizzini, vescovo diocesano189.
A Palermo la cattedrale fu la sede dei festeggiamenti religiosi, il Politeama
Garibaldi della commemorazione civile tenuta dal sen. Pietro Fedele190. In
formato quantitativamente ridotto, ma ricche di caldo entusiasmo furono le
feste celebrate a Taormina e a Trapani. In questa città il ciclo dei festeggia-
menti fu iniziato con la messa della Comunione generale, celebrata dal ve-
scovo diocesano per i Balilla e le Piccole Italiane, che si accostarono in massa
all’Eucaristia. Il sabato, vigilia della chiusura delle festività, il vescovo di
Mazara del Vallo ne celebrava un’altra dinanzi a una folla imponente di
Donne e Giovani dell’A.C. e degli Istituti femminili. Lo stesso giorno teneva
il pontificale il vescovo salesiano mons. Cognata, che il giorno seguente, do-
menica, celebrava la messa della Comunione generale per le Associazioni
Maschili di A.C. e per i giovani degli Istituti maschili. La processione coa-
gulò “un’interminabile teoria di organizzazioni cattoliche e patriottiche, di
confraternite, di istituti religiosi, Seminario diocesano, Clero, Capitolo Catte-
drale e Collegiale di S. Pietro”191.
187 BS 39 (1935) n. 1, gennaio, pp. 14-15.
188 Cf ibid., pp. 18-19.
189 Cf ibid., p. 19.
190 Cf ibid.
191 Cf ibid., p. 21. Delle innumerevoli feste in onore del nuovo santo celebrate in ogni
angolo della Sicilia il Bollettino Salesiano offriva una rapida carrellata nel numero di settembre
1935, Cf Altri trionfi di S. G. Bosco in Sicilia, BS 59 (1935) n. 9, settembre, pp. 280-282.

7.3 Page 63

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 69
Dell’oratorio S. Luigi di Torino si parla nel Bollettino in relazione ai
grandi lavori eseguiti per rimodernarlo, ampliarlo e, soprattutto, per la vetusta
cappella, rimetterla a nuovo e abbellirla, tra l’altro con un artistico quadro di
don Bosco e uno di S. Luigi, dipinti dal prof. Mario Caffaro Rore. Per cele-
brarne l’inaugurazione si volle farla precedere da due originali iniziative: l’al-
lestimento di una Mostra “storica, artistico-letteraria, filodrammatica, arti-
giana, missionaria, ricreativa, finanziatrice, di maestranza, ecc.” e rivestire le
cinque feste di maggio di speciale significato e solennità: la prima domenica,
festa di don Bosco, il Corpus Domini festa della Mamma, con commemora-
zione di mamma Margherita, la seconda domenica, giornata degli Ex-allievi,
la terza dedicata alle Missioni con un Congressino dei gruppi degli oratori sa-
lesiani, la quarta, festa del direttore dell’oratorio. Nei mercoledì intermedi si
succedettero a parlare di don Bosco Santo sotto vari aspetti gli avvocati Ma-
sera e Trabucco e il prof. Luigi Gedda, nuovo presidente della Gioventù ma-
schile dell’Azione Cattolica. Era stata tramandata alla festa dell’Immacolata
del 1934, trasferita al giorno 9, l’inaugurazione della cappella, alla presenza
di don Serié, 87 anni dall’8 dicembre 1847, quando don Bosco apriva il suo
secondo oratorio di S. Luigi192.
13. Don Bosco santo e il valore aggiunto degli oratori di sua matrice
13.1 Il II Congresso Diocesano delle Scuole Catechistiche e degli Oratori
di Cagliari
Ma l’evento più rilevante di questi primi anni ’30 per la storia dell’Ora-
torio in Italia e, in esso, della Catechesi può considerarsi il Congresso del
Catechismo e degli Oratori festivi, tenuto a Cagliari dal 19 al 23 novembre
1934193.
Esso fu celebrato nell’ambito degli intensi festeggiamenti riservati nella
metropoli sarda a don Bosco Santo. Essi non furono meno partecipati di
quanto avvenuto in altre città, come Torino e Catania. Vi si coinvolse l’intero
episcopato sardo con a capo il vescovo dal “cuore salesiano”, mons. Piovella,
che aveva preannunciato il duplice evento con due lettere pastorali, una su
don Bosco del 1° ottobre, l’altra del giorno 7 sul Congresso. Ampia e intensa
192 Cf ibid., n. 3, marzo, pp. 78-79.
193 Pare essere la collocazione cronologica più probabile, anche se l’arcivescovo, mons.
Piovella, ne aveva preannunciato il decorso dal martedì 13 al venerdì 16 e il Bollettino Sale-
siano nel suo essenziale resoconto lo confermava. Gli Atti redatti e pubblicati a stampa a cura
della Segreteria del Congresso collocano il suo svolgimento dal 19 al 23 novembre.

7.4 Page 64

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70 Pietro Braido
fu la partecipazione delle autorità politiche, civili, militari e scolastiche, del
clero regolare e diocesano, di un’enorme folla proveniente da tutta l’isola.
L’inizio era dato la domenica 11 novembre con l’inaugurazione del nuovo
anno oratoriano, la benedizione di un monumento in bronzo al “Santo dei gio-
vani” nel cortile dell’oratorio, la premiazione catechistica diocesana. Il lunedì
fu riservato ai carcerati e alle carcerate, che preparati da appositi tridui si ac-
costarono a centinaia alla Comunione eucaristica. L’indomani, ancora con
l’impegno in prima persona, come i due giorni precedenti, dell’arcivescovo,
era dedicato ai poveri, con la distribuzione della comunione a 700 poveri e
3000 bambini assistiti dalle Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli. Mercoledì
fu la giornata degli Istituti di educazione della città; giovedì dei 6.000 scolari
delle elementari; venerdì dei Cooperatori e delle Cooperatrici; il sabato di più
di mille studenti delle scuole secondarie. Alla sera, nel Teatro Civico si aveva
la magistrale commemorazione civile tenuta dal Presidente dell’Accademia
d’Italia, prof. Francesco Orestano. L’approdo non poteva che essere una do-
menica indimenticabile con il solennissimo pontificale dell’arcivescovo con
l’assistenza di tutti gli altri vescovi della Sardegna – che avevano celebrato e
predicato nel corso della settimana –, le Autorità, le Associazioni, il popolo, e
la processione trionfale con oltre 150.000 persone nel corteo e circa 100.000
ad assistere194.
La singolarità cagliaritana fu costituita soprattutto dal Congresso che co-
ronava i festeggiamenti per don Bosco. Ne aveva avuto la Presidenza ono-
raria l’Episcopato sardo, effettiva don Stefano Trione. La prima relazione su
S. Giovanni Bosco e l’Oratorio era del giovane direttore del Collegio sale-
siano, don Arturo Caria (1900-1969). Per tre giorni i Congressisti, divisi per
sezioni – Sacerdoti, Suore, Uomini, Donne, Gioventù maschile e femminile
di Azione Cattolica – trattarono in sedi separate del rispettivo rapporto con il
problema degli oratori e dell’istruzione catechistica, facendo confluire ogni
sera le deliberazioni particolari nei voti approvati nelle Adunanze plenarie. In
esse fu relatore ufficiale il gesuita p. Quirico sui temi: I frutti dell’insegna-
mento catechistico sono in relazione dell’impegno con cui si imparte – Im-
portanza dei sussidi didattici appropriati alla diversità delle scuole catechi-
stiche – Dovere e necessità dell’impegno per la formazione dei maestri di ca-
techismo. Tra le sei relazioni svolte nella sezione Sacerdoti si notano quelle di
don Trione sulla Necessità di un Oratorio festivo per ogni parrocchia, di
mons. Lai sul Catechismo nelle scuole medie, e di mons. Puxeddu sul Cate-
chismo nell’O.N.B.; tra le sei della sezione Suore, quelle sul Come avviare e
194 Cf BS 59 (1935) n. 5, maggio, pp. 138-140.

7.5 Page 65

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 71
coltivare un Oratorio festivo della Figlia di Maria Ausiliatrice sr. Giulia
Berra, e sui Criteri per attirare le ragazze del popolo nell’Oratorio festivo e
santificarle del can. Piu. Due delle tre relazioni della Sezione uomini tratta-
rono del padre, maestro ed educatore religioso dei figli, l’altra, del p. Quirico
di S. G. Bosco amando la gioventù intuì la necessità dell’Oratorio festivo.
Nella sezione Donne di A.C. le sei relazioni ebbero come tema centrale la fi-
gura della madre, maestra religiosa dei figli e affiancatrice dell’opera dell’o-
ratorio. Don Trione aveva svolto ambedue le relazioni alla sezione Giovani di
A.C. indicando La prima opera di apostolato del Giovane Cattolico nell’i-
struzione religiosa per sé e per gli altri, attuata ispirandosi ai criteri educativi
di S. G. Bosco. Tra le cinque relazioni della sezione Gioventù femminile di
A.C. spiccarono quelle di suor Teresa Tambelli delle Figlie della Carità e di
suor Giulia Berra, rispettivamente sui Criteri didattici nell’impartire le le-
zioni catechistiche secondo la diversità degli scolari e L’Oratorio è il mezzo
più espediente per avvicinare e istruire certe categorie di giovinette. I Voti
più importanti riguardarono La costituzione di un Oratorio in ogni parroc-
chia, La massima cura dell’istruzione religiosa della gioventù e la Degna
preparazione degli insegnanti. Su mozione di don Trione si aggiunse alla fine
L’apostolato delle vocazioni ecclesiastiche e religiose. A cura della Segreteria
del Congresso ne venivano pubblicati gli Atti, dopo che delle tematiche di-
scusse e dei risultati acquisiti ne aveva offerta una densa sintesi l’arcivescovo
mons. Piovella in una lettera pastorale del 2 gennaio 1935195.
13.2 Altre celebrazioni
In proporzioni ridotte, ma degne di nota sono anche le celebrazioni del
Santo dei giovani, promosse dalle parrocchie e dagli oratori di Civitavecchia
e di Ferrara. C’è un comun denominatore in esse e nelle altre: la simpatia per
don Bosco e la sua opera, il coinvolgimento del vescovo e del clero dioce-
sano, delle Associazioni cattoliche, di tutte le categorie di persone, dalle Au-
torità di ogni genere alla folla anonima, intensamente partecipe. A Civitavec-
chia il Comitato per i festeggiamenti, durati dal 20 al 27 maggio 1934, è pre-
sieduto dall’Ordinario della diocesi, mons. Drago, si assiste a Comunioni di
massa delle diverse categorie, associazioni, bambini, Uomini Cattolici, della
cui associazione il vescovo benedice il vessillo. Mercoledì 23 nel Teatro
Traiano, al mattino il comm. Mario Cingolani parlava di don Bosco educatore
195 Cf Dopo il Congresso Catechistico e degli Oratori Festivi. Cagliari, Tip. San Giu-
seppe 1935, pp. 1-21; Atti del II Congresso del Catechismo e degli Oratori di Cagliari. Tip.
S. Giuseppe, 16 p.

7.6 Page 66

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72 Pietro Braido
agli insegnanti e agli alunni delle scuole cittadine, e nel pomeriggio il prof.
Francesco Aquilanti, Ordinario di filosofia del Diritto nell’università di
Roma, teneva il discorso ufficiale “alla presenza di tutte le autorità religiose,
civili, politiche e militari e di elettissimo pubblico”. Il triduo in cattedrale era
predicato dal salesiano mons. Jara, Vicario apostolico di Magellano e dall’ar-
civescovo Berardi. Venerdì fu la giornata della Gioventù femminile e sabato
di quella maschile con la messa di mons. Michelangelo Rubino, Ispettore ge-
nerale dei Cappellani della M.V.S.N., che nella piazza principale benediceva
il Labaro della 704.a Legione giovanile dell’O.N.B. La domenica 27 al “Forte
Michelangelo” si raccolsero le truppe di terra e di mare per assistere alla
messa celebrata dal vescovo castrense Bartolomasi. Come di consueto l’affol-
lata processione concludeva trionfalmente l’intenso Ottavario196. “Apoteosi”
è detta la settimana 21-27 maggio di riti religiosi svoltisi a Ferrara. Ogni
giorno ebbe il suo carattere particolare: omaggio a Maria Ausiliatrice, il
primo, omaggio a don Bosco delle Madri il secondo. In questo stesso giorno
si aveva anche la commemorazione civile tenuta da mons. Bartolomasi. Il
mercoledì, giornata dei giovani, mons. Giordani vescovo dell’O.N.B., parlava
ad essi affluiti nel Duomo in due riprese. Due furono, come dappertutto, i mo-
menti culminanti della giornata conclusiva: il Pontificale con omelia dell’ar-
civescovo mons. Brovelli e, nel pomeriggio, la festosa processione a cui po-
neva il sigillo la fantastica illuminazione della città. Il giorno seguente tutto il
clero della diocesi accorreva alla Casa Salesiana ad ascoltare la fervida parola
del venerando don Trione197. A Fiume, la domenica conclusiva, 21 ottobre,
aveva avuto inizio con la benedizione della nuova chiesa di Maria Ausilia-
trice, impartita dal vescovo diocesano mons. Santin alla presenza dell’arci-
vescovo salesiano mons. Guerra, di don Fascie rappresentante del Rettor
Maggiore e dell’immancabile mons. Rubino. Nel pomeriggio alla processione
presero parte dodicimila persone incolonnate nelle rispettive associazioni ed
organizzazioni religiose, patriottiche e di Azione Cattolica con tutte le Auto-
rità, Clero secolare e regolare, portando in trionfo la reliquia del Santo dalla
cattedrale alla chiesa salesiana, dove mons. Guerra concludeva con un vi-
brante discorso198.
Nel numero di giugno, però, il redattore-direttore del Bollettino Sale-
siano, dava un avviso, che preludeva ad un futuro ulteriore rarefarsi delle no-
tizie anche sui singoli oratori. Con le sue trentadue pagine mensili il periodico
196 Cf BS 59 (1935) n. 4, maggio, pp. 140-141.
197 Cf ibid., p. 141.
198 Cf ibid., p. 142.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 73
non avrebbe più potuto segnalare le manifestazioni dell’azione salesiana nei
1504 Istituti ormai sparsi nel mondo, la maggior dei quali, peraltro, curava un
proprio giornalino199. Effettivamente, in seguito il periodico avrebbe spesso
affidato alla presentazione di gruppi fotografici il compito di segnalare eventi
significativi.
Proseguivano, tuttavia, informazioni anche su eventi minori locali, signi-
ficativi per la diffusione capillare degli oratori festivi: La celebrazione, il 5
maggio 1935, del primo anno di vita dell’oratorio Salesiano di Via Nuova del
Campo a Napoli, benedetto il 1° luglio dell’anno precedente dal card. Asca-
lesi200, e l’inaugurazione il 20 ottobre del nuovo oratorio “Don Bosco” a
Cuneo, di cui il 2 giugno dell’anno precedente don Ricaldone aveva bene-
detto la pietra angolare. Con l’inaugurazione dell’oratorio, si vollero far coin-
cidere anche le feste a don Bosco Santo, che si succedettero a iniziare da do-
menica 13. Nella mattinata don Fascie teneva una conferenza d’intonazione
pedagogica. Per tre giorni i salesiani don Panciatichi e don Luzi parlarono di
don Bosco a fanciulli e fanciulle. Ai militari aveva riservato una messa e un
discorso appropriato dell’Ordinario Castrense, Mons. Bartolomasi, mentre i
Balilla e i Giovani Italiani partecipavano a una messa e ascoltavano una con-
ferenza su don Bosco di mons. Rubino, e l’Azione Cattolica partecipava ad
analoghi riti presieduti dal vescovo di Fossano e da mons. Coppo. Don Vi-
smara, invece, parlava ai Sacerdoti Cooperatori e ai Decurioni delle diocesi di
Cuneo, Fossano, Mondovì, Saluzzo e don Favini alle Madri esortando all’imi-
tazione della madre di don Bosco, Margherita. Le Dame Patronesse avevano
allestito un ricchissimo banco di beneficenza e le Dirigenti dell’Azione Catto-
lica femminile avevano organizzato una magnifica fiera del libro cattolico.
Dopo la solenne processione all’interno dell’oratorio con la presenza di Ve-
scovi e di Autorità, dinanzi ad una gran folla la consorte del Prefetto della
città inaugurava il nuovo oratorio. Seguivano discorsi del Prefetto, del Rettor
Maggiore e dell’arcivescovo di Perugia, mons. Rosa201.
Attenzione privilegiata si volgeva a Valdocco. Il 5 dicembre 1935, con-
vocati da don Ricaldone i giovani di tutti gli Istituti e Oratori di Torino, era
celebrata nella basilica di Maria Ausiliatrice un’intera giornata di adorazione
eucaristica propiziatoria e di “affettuose invocazioni all’Altissimo per la pro-
tezione della Patria, l’assistenza e la protezione dei soldati combattenti” alla
conquista dell’Etiopia “e il sollecito conforto della pace”. La coronava una
solenne funzione officiata dall’arcivescovo di Torino, con la presenza del
199 Cf ibid., n. 6, giugno, p. 170.
200 Cf ibid., n. 8, agosto, p. 233.
201 Cf ibid., n. 12, dicembre, pp. 341-343.

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74 Pietro Braido
Rettor Maggiore e del Consiglio generalizio, nonché di un folto stuolo di au-
torità civili e militari e dell’immancabile rappresentante del Segretario Fede-
rale del Partito. “Terminata l’adorazione – informa il cronista – una rappre-
sentanza di giovani coi Direttori di tutti gli Istituti ed Oratori si presentarono
ai singoli Gruppi Rionali ad offrire le medaglie, le coppe, gli oggetti di valore
delle varie Associazioni con ammirabile slancio di amor di Patria”202.
La giornata eucaristica propiziatoria si inseriva in un ciclo di manifesta-
zioni che segnavano l’acme del consenso del popolo italiano, ed anche sale-
siano, al Duce del fascismo. Da parte salesiana sono significativi tre titoli del
Bollettino: Mussolinia di Sardegna. Inizio dell’Opera salesiana; Tripudio na-
zionale. Solenne “Te Deum” per la proclamazione dell’Impero; Solenni “Te
Deum” pel trionfo d’Italia in Africa Orientale. Il primo era seguito da una
breve informazione: “Chiamati espressamente da S. E. il Capo del Governo, i
primi Salesiani hanno raggiunto, domenica 19 gennaio u. s., la città di Musso-
linia di Sardegna che anche col nome protesta la riconoscenza del popolo al
Duce cui deve il prodigio della nuova vita”203: la bonifica di una terra accen-
trata nella cittadina del Cagliaritano, oggi denominata Arborea. L’evento era
stato preceduto da altro simile, di più alto significato, della chiamata dei sale-
siani a Littoria (oggi, Latina), la città sorta al centro dell’estesa zona pontina
bonificata a sud di Roma e che diventava capoluogo di provincia il 18 di-
cembre 1934. Effettivamente vi aveva avuto peso decisivo l’accorata richiesta
di Pio XI oltre che l’espresso e insistito interessamento di Mussolini204. Con
l’insediamento il 27 ottobre 1933 essi avevano subito sviluppato un’intensa
cura pastorale parrocchiale205. Dal 1939 la costruzione dei locali indispensa-
bili consentiva una molteplice e creativa attività oratoriana, ad opera soprat-
tutto del nuovo dinamico direttore dell’opera, don Armando Alessandrini. Si
ebbe immediatamente la dura reazione delle locali gerarchie fasciste, con a
capo il Federale, che riesumavano le accuse contro le associazioni giovanili
202 Cf Giornata eucaristica propiziatoria per la Patria nostra, BS 60 (1936) n. 1 gen-
naio, pp. 7-8. Alla cronaca segue un gruppo fotografico che mostra don Ricaldone in posizione
centrale circondato dai giovani, in divisa fascista, in procinto di partire per la loro missione pa-
triottica nei vari Rioni.
203 Ibid., n. 3, marzo, pp. 65-66.
204 Don Ricaldone ne aveva informato i Cooperatori, con sobrie parole, nella lettera di
inizio 1934: “Nell’Agro Romano, per diretto interessamento del S. Padre, che si degnò appog-
giare l’invito delle competenti Autorità, accettammo la Parrocchia di Littoria, ove il Capo del
Governo ha compiuto quella imponente opera di bonifica che ha suscitato l’universale ammira-
zione”: BS 58 (1934) n. 1, gennaio, p. 3.
205 Un momento di enorme impatto religioso e politico ebbe il 19 dicembre 1934, giorno
della celebrazione dell’erezione a provincia della città alla presenza di Mussolini, la celebra-
zione del matrimonio di ben centocinquantaquattro sposi novelli: cf BS 59 (1935) n. 2, feb-
braio, pp. 39-40.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 75
cattoliche degli anni 1931, rinforzandole con quelle in atto nel biennio 1939-
40. Ne faceva le spese don Alessandrini, che compiuto il triennio di diretto-
rato veniva trasferito all’Istituto Pio XI di Roma.
Ben più generosi erano stati gli omaggi alle gesta del Duce nel 1936.
“La domenica 10 – era il giorno successivo alla proclamazione dell’Impero –
fu dedicata a funzioni di ringraziamento pel trionfo dell’impresa coloniale in
Africa Orientale, l’annessione dell’Etiopia e la proclamazione dell’Impero.
Cantò il Te Deum il Rettor Maggiore alla presenza di tutti i giovani e di tutte
le associazioni di Azione Cattolica della Parrocchia e della Casa-madre”206.
Senza dubbio si vedeva nella conquista non il sopruso, ma l’opportunità per
un’alta opera di civilizzazione e di evangelizzazione. L’appropriazione inde-
bita diventava addirittura un dono. Erano sentimenti condivisi anche da co-
lonie di italiani nell’America Latina, prese dall’”entusiasmo – riferisce il Bol-
lettino – per le nostre vittorie nell’Africa Orientale”. Esse si erano raccolte
nei vari Istituti salesiani di Buenos Aires, Lima e Quito per “ringraziare il Si-
gnore con solenni funzioni e suffragare le anime dei gloriosi caduti”207.
Grande rilievo era dato anche alla Benedizione e inaugurazione dei
nuovi locali del primo Oratorio festivo, 12 aprile, 90° anniversario della fon-
dazione. La cerimonia aveva luogo alle 11 nel vasto cortile dell’oratorio con
la presenza, insieme all’immenso stuolo di oratoriani, degli Ex-allievi dell’o-
ratorio e delle rappresentanze di tutti gli oratori salesiani della città. Salivano
sul palco don Ricaldone con i superiori del Capitolo superiore, dove li atten-
devano la madrina signora Matilde Robiolo-Bose ved. Rasetti e il Presidente
dell’A.C. Diocesana prof. Paolo Brezzi. Il Presidente dell’associazione orato-
riana di A.C. ripercorreva a rapide tappe la storia dell’oratorio e don Rical-
done gli faceva eco, tra l’altro, esortando i giovani al frequentarlo e a corri-
spondere generosamente all’opera educativa ch’esso svolgeva per formarli,
secondo lo spirito di don Bosco, “ottimi cittadini e perfetti cristiani”. Finito di
parlare, appena la madrina ebbe tagliato il simbolico nastro, percorreva, bene-
dicendoli, i singoli locali. La giornata proseguiva colle funzioni vespertine e
la rappresentazione della Passione del Signore208. Un rapido cenno era riser-
vato all’oratorio festivo in occasione della celebrazione del 50° anniversario
della fondazione dell’opera salesiana a Foglizzo Canavese (Torino). Ne erano
stati protagonisti gli Ex-allievi oratoriani, con l’inaugurazione di un artistico
206 Tripudio nazionale. Solenne “Te Deum” per la proclamazione dell’Impero, BS 60
(1936) n. 7, luglio, pp. 157-158.
207 Solenni “Te Deum” pel trionfo d’Italia in Africa Orientale, BS 60 (1936) n. 8, agosto,
pp. 181-182.
208 Cf ibid., n. 6, giugno, pp. 136-138.

7.10 Page 70

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76 Pietro Braido
stendardo di don Bosco, benedetto dal vescovo di Nepi e Sutri, il salesiano
mons. Luigi Olivares. La giornata aveva assunto particolare solennità perché
il parroco aveva voluto far coincidere la commemorazione centenaria con la
prima Comunione dei bambini, la Comunione Pasquale degli uomini e la
festa di san Giovanni Bosco209. Si riparla pure dell’oratorio di Borgo S. Paolo
a Torino per la celebrazione del XIX centenario della conversione di S. Paolo,
promossa dall’Associazione Giovanile di A.C. Vi aveva aderito la Federa-
zione Diocesana di Torino e oratori ben noti avevano tenuto una serie di con-
ferenze sull’Apostolo, conchiuse dal prof. Marconcini, ma soprattutto, più so-
lennemente, dalla benedizione di un quadro di S. Paolo impartita dal Rettor
Maggiore, don Ricaldone, il 28 giugno nel vasto tempio di Gesù Adolescente
gremito. Prima del rito della benedizione il Superiore parlava, incitando i gio-
vani ad imitare l’Apostolo nella pratica delle sue virtù caratteristiche: la pu-
rezza, lo zelo nell’apostolato dell’Azione Cattolica e la devozione al Papa. A
sera chiudeva il ciclo delle manifestazioni l’arcivescovo card. Fossati nel-
l’ampio teatro affollato di giovani colla distribuzione dei premi ai vincitori
delle gare di Religione210.
Il Bollettino informava, pure, che tra i rappresentanti delle Associazioni
di A.C., risultati vincitori nella gara nazionale di cultura religiosa e di canto
sacro, ricevuti dal Papa il 7 novembre 1937, quattro erano i rappresentanti
di Associazioni salesiane che avevano vinto il gagliardetto regionale. Si ag-
giungevano alle tre vincitrici dell’anno precedente. Soltanto una, però, era di
un oratorio, quello di Frascati Capocroce211. Erano anche registrate l’inaugu-
razione ufficiale, il 12 dicembre 1937, dell’oratorio di Saluzzo (Cuneo) e la
visita della duchessa d’Aosta, il 26 novembre, all’oratorio di Trieste212. Ritor-
nava alla ribalta l’attivissima Cagliari, dove dal 23 al 31 gennaio 1938, si
era celebrato il 25° dell’Opera salesiana e il 50° della morte di don Bosco.
I festeggiamenti erano stati aperti dalla giornata del povero, con un pranzo
offerto a 350 poveri. Furono presenti tutte le autorità civili, militari e politi-
che con a capo il Prefetto della provincia, il comandante del Corpo d’Armata
e il Segretario Federale del Partito. Il 25 gennaio nella parrocchia, dove
il can. Mario Piu, Decurione dei Cooperatori, era l’anima dell’azione sale-
siana, mons. Felice Guerra incominciava una predicazione proseguita per
cinque giorni. Il 30 era celebrata la festa di don Bosco e il giorno seguente nel
Teatro Civico l’avv. Pietro Mastino teneva la commemorazione ufficiale su
209 Cf ibid., n. 7, luglio, p. 160.
210 Cf ibid., n. 9, settembre, pp. 203-204.
211 Cf BS 62 (1938) n. 1, gennaio, p. 7.
212 Cf ibid., n. 2, febbraio, pp. 28-29.

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 77
Don Bosco santificatore del lavoro, dinanzi a tutte le più distinte personalità
di Cagliari213.
Si dava pure notizia dell’inaugurazione e benedizione, l’8 ottobre, del-
l’oratorio della borgata di Montalenghe nel Canavese, effettuata dallo stesso
don Ricaldone, che nel perimetro dell’antico castello, donato dalla contessa
Gromis, aveva stabilito una Casa per aspiranti Coadiutori catechisti214.
14. Preludi remoti e prossimi della Crociata Catechistica
In una situazione politica limitante l’insegnamento del catechismo nel-
l’oratorio era venuto via via ad occupare un posto assolutamente dominante.
Dai precedenti sforzi di innovare sempre più l’oratorio nelle attività di attra-
zione e complementari, di carattere culturale e sociale si passava soprattutto
alla cura di approntare una catechesi “nuova”. La catechesi stessa era chia-
mata a diventare potente mezzo di attrazione e di formazione.
In questo contesto si colloca la potente azione di risveglio e di organiz-
zazione portata avanti con tenace determinazione dal Rettor Maggiore, don
Pietro Ricaldone215. Il binomio Catechismo-Oratorio ne occuperà il nucleo
centrale e ciò non solo con la riaffermazione del Catechismo come fine pro-
prio degli oratori, ma anche e soprattutto con una nuova pronunciata atten-
zione ai problemi pedagogici, didattici, organizzativi, che esso poneva.
Inoltre, nel modo di affrontarli è a conoscenza dei progressi verificatisi grazie
alle realizzazioni partite dal Congresso bresciano del 1912, del loro arricchi-
mento nell’incontro con il movimento attivistico e delle attuazioni avvenute
all’interno delle Associazioni di Azione cattolica. Don Ricaldone, per sé o tra-
mite i suoi consulenti, ne è al corrente e in linea di principio aderirà alle più
caratteristiche idee guida: l’insegnamento del catechismo in forma di scuola,
la forma ciclica nella disposizione della materia per le classi, la distinzione tra
testo ufficiale e testi didattici, il metodo intuitivo (che preferirà denominare
induttivo), la pedagogia del Vangelo, l’integrazione liturgica. Nel Bollettino
Salesiano la cronaca dei singoli oratori troverà un minor spazio, sostituita in
gran parte da più variegate informazioni riunite sotto la rubrica Per la Cro-
ciata Catechistica.
213 Cf ibid., n. 5, maggio, p. 102.
214 Cf ibid., n. 12, dicembre, p. 294.
215 Cf F. RASTELLO, Don Pietro Ricaldone IV Successore di don Bosco, vol. II. Roma,
Editrice S. D. B. 1976, pp. 488-538.

8.2 Page 72

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78 Pietro Braido
14.1 Prodromi in documenti ufficiali
Gli interventi diretti del Rettor Maggiore circa gli oratori e la catechesi
sembrano avere una modesta visibilità negli anni che precedono la Crociata
Catechistica. Nella lettera circolare del 24 settembre 1933 egli parla di “spe-
ciali riunioni degli Ispettori” d’Italia, tenute a Torino dopo la visita straordi-
naria alle Case, dei “quattro giorni di adunanze per i Direttori” nell’Istituto
Pio XI a Roma in agosto e dell’udienza concessa a tutti da Pio XI. Non si sa,
però, se tra i temi trattati ci siano stati anche gli oratori e la catechesi216. In-
vece, ci sono di lui due precisi riferimenti a ciò che si sarebbe dovuto fare per
un’accresciuta vitalità degli oratori e dei catechismi nel prossimo 1941, cente-
nario dell’incontro di don Bosco con Bartolomeo Garelli. Ogni Casa avrebbe
dovuto avere annesso un oratorio festivo o organizzare meglio quello esi-
stente e industriarsi per rendervi l’insegnamento del Catechismo più effi-
cace217. In occasione della canonizzazione di don Bosco aveva anche rievo-
cato una delle originarie finalità dell’oratorio, “mezzo efficacissimo per neu-
tralizzare i malefici influssi dei protestanti”218.
Espliciti riferimenti agli oratori e ai catechismi si trovano, invece, nelle
comunicazioni dei due membri del Capitolo Superiore, più direttamente inte-
ressati al duplice problema, il Catechista o Direttore Spirituale generale e il
Consigliere Capitolare incaricato degli Oratori e degli Ex-Allievi. Essi non
potevano che essere perfettamente sintonizzati con le idee del Superiore, di-
ventandone chiaramente i portavoce. Risulta subito evidente da quanto il
Consigliere Capitolare, l’argentino Jorge Serié, scriveva in relazione all’ac-
cennato Congresso o Convegno dei Catechisti degli oratori salesiani di Torino
del 9 aprile precedente. Le riuscite adunanze – assicurava – “consolarono il
cuore paterno del venerato nostro Rettor Maggiore, il quale le ha lodate e di-
chiarate davvero edificanti”. Si attendeva, inoltre, “consolanti notizie” sul-
l’osservanza dell’art. 386 dei Regolamenti relativo alle Gare Catechistiche
nei singoli oratori, raccomandava la continuazione dell’insegnamento del Ca-
techismo anche durante le vacanze e la sua introduzione nelle stesse colonie
estive, e lodava l’usanza di tenere, nel periodo estivo, un corso di Esercizi
spirituali per oratoriani ed ex-allievi219. A breve distanza di tempo lo stesso
don Serié insisteva “sulla necessità urgente di preparare personale adatto per i
nostri Oratori” e, per rispondere alle domande di tanti direttori sulla forma-
216 Cf ACS 14 (1933) n. 63, 24 settembre, pp. 92-93; n. 63 bis, 24 settembre, pp. 111-112.
217 Cf ACS 16 (1935) n. 72, 24 novembre, p. 272; 17 (1936) n. 77, 24 settembre, pp. 379-380.
218 Cf ACS 15 (1934) n. 66, 24 maggio, p. 165.
219 Cf ACS 14 (1933) n. 62, 24 maggio, pp. 85-86.

8.3 Page 73

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 79
zione di buoni catechisti in modo da “evitare le difficoltà per interferenze e
pericoli di perdere l’indipendenza voluta”, non sapeva far altro che offrire tre
brani tratti dal terzo e quarto volume delle Memorie Biografiche con direttive
di don Bosco sui tre temi: Del modo di trovare aiutanti, Come D. Bosco sor-
vegliava i suoi catechisti, Conservare le caratteristiche proprie220.
Più impegnativo era in seguito l’intervento del Direttore Spirituale gene-
rale sul Catechismo, sull’insegnamento della Religione e della Storia Sacra in
tutte le istituzioni giovanili gestite dai salesiani. Richiamava le prescrizioni
delle Costituzioni e dei Regolamenti, mandava “un sincero e vivo applauso” a
tutte le Case, compresi gli oratori che, a norma dell’art. 130 dei Regolamenti
tenevano la gara catechistica annuale, indicava i testi e i programmi per i vari
tipi di scuola o istituzione, dagli artigiani e alunni delle scuole agricole fino ai
chierici salesiani dello studentato filosofico e teologico. Per gli oratori festivi
suggeriva di seguire, per quanto era possibile, il programma delle scuole alle
quali i giovani appartenevano: avrebbero imparato meglio e approfondito ciò
che apprendevano in classe221.
Dopo la polarizzazione dell’attenzione di tutti sulla canonizzazione di
don Bosco, il Consigliere per gli Oratori toccava anche per essi il tema del
rinnovamento e della Fedeltà, tanto inculcata dal Rettor Maggiore, che l’a-
vrebbe fatto oggetto della Strenna per il 1935 Fedeltà a don Bosco santo222.
Per parte sua il Direttore Spirituale generale si diceva dispiaciuto di dover
ritornare sul tema della moralità del Cinema interpellando in particolare i re-
sponsabili degli oratori. Da parecchi anni esso era causa di tante preoccupa-
zioni e già toccato con particolare rigore dal Rettor Maggiore nel commento
alla strenna Santità e purezza per il 1934223. Vi era intervenuto anche Pio XI
con l’enciclica Vigilanti cura del 29 giugno 1936224. Le disposizioni erano dra-
stiche: nelle case di formazione il cinema non si doveva nemmeno tenere, nei
collegi darlo rarissime volte, negli oratori il meno possibile. Non avvenisse
che un film improprio distruggesse il bene fatto colle funzioni religiose, coi
catechismi, colle Compagnie e le diverse sezioni. Uguale trattamento era ne-
cessario adottare nell’uso della radio. Parallelamente, negli oratori particolaris-
sima cura era da prestare per “perfezionare e rendere sempre più efficace l’in-
220 Cf Ibid., n. 63, 24 settembre, pp. 94-96.
221 Cf ACS 15 (1934) n. 65, 31 gennaio, pp. 150-154.
222 Cf ACS 15 (1934) n. 67, 24 settembre, pp. 200-202. Spunta uno slogan, che avrà una
lunga storia, forgiato a inizio secolo da don Giuseppe Bertello, Consigliere professionale gene-
rale: Con Don Bosco e coi tempi.
223 Forti erano state le pagine del Commento alla Strenna sul cinema, le spiagge, la radio,
gli abbigliamenti: cf ACS (1935) n. 69 bis, 31 gennaio, pp. 38-44, 69-71.
224 Cf AAS 28 (1936) 249-392.

8.4 Page 74

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80 Pietro Braido
segnamento del Catechismo”. Certamente, era generalizzata la mancanza del
personale occorrente. Più che insistere per ottenerlo presso gli ispettori, già in
difficoltà a provvederlo alle tante opere dell’ispettoria, era più pratico solleci-
tare la collaborazione, soprattutto nei giorni festivi, dei salesiani, sacerdoti e
coadiutori, addetti all’istituto o alla scuola, a cui l’oratorio era annesso225.
Era la continuazione della “crociata” in difesa dai pericoli indotti dai
nuovi mezzi di comunicazione sociale e dai mutati costumi già iniziata da
don Rinaldi. Essa coinvolge in ripetuti richiami sia il Rettor Maggiore che il
Direttore spirituale e il Consigliere Capitolare. Vi è preso di mira anzitutto il
cinematografo, che soltanto sporadicamente è aperto a parziali concessioni di
fronte all’ineluttabile sia nei collegi che negli oratori, con l’assoluta esclu-
sione dalle case di formazione. Vi si aggiungono in pericolosità morale la ra-
diotelefonia o radio, le fogge del vestire, in particolare in talune discipline
sportive, le escursioni, i campeggi, le spiagge, i bagni, le colonie estive “sta-
tali e patronali” (ossia della G.I.L. o delle grandi Aziende)226. Don Ricaldone
ne scriveva anche in tempo di una guerra sempre più crudele, facendo del-
l’autodisciplina in materia una forma di doverosa “espiazione”. Sarebbe stato
da incoscienti – gli suggeriva la personale esigente coerenza morale – che
“mentre i valorosi soldati soffrono e s’immolano”, ci si lasci trascinare dalla
sete di divertimenti, di piaceri colpevoli, di mondanità sconvenienti, di mode
invereconde. In particolare al cospetto delle “intemperanze scandalose e le fu-
neste conseguenze del cinematografo” si chiedeva, “quando da tutti e in tutto
si esige espiazione” non fosse “deplorevole oltre ogni dire permettere diver-
timenti che possono trascinare alla colpa”227.
In questo clima è interessante osservare che sia il Consigliere Capitolare
che il Rettor Maggiore si trovano in sintonia a fare aperta pubblicità della Ri-
vista Catechesi, diventata tutta salesiana228. “Ci si è abbonati?”, chiedeva il
primo agli Incaricati degli oratori, in un esame di coscienza a tutto campo sul-
l’organizzazione della vita oratoriana229. Mesi dopo il Rettor Maggiore solle-
citava più abbonamenti in ogni casa, perché fosse letta da chi impartiva l’in-
segnamento religioso “dal pulpito, nelle scuole e negli Oratori”230.
225 Cf ACS 18 (1937) n. 79, 24 gennaio, pp. 389-392.
226 Cf ACS 16 (1935) n. 69bis, 31 gennaio, pp. 41-44, 69-71; 17 (1936) n. 76, 24 luglio,
pp. 361-362; 18 (1937) n. 81, 24 maggio, p. 416.
227 Cf ACS 22 (1942) n. 112, luglio-agosto, pp. 181, 188-189.
228 Per qualche notazione storica e gli sviluppi, cf BS 65 (1941) n. 4, aprile, pp. 82-83.
229 Cf ACS 18 (1937) n. 83, 24 settembre-ottobre, pp. 426-429. Nell’autunno del 1939
avrebbe attirato l’attenzione sull’insegnamento metodico e regolare del Catechismo a modo di
scuola, precisandone il programma: ACS 20 (1939) n. 95, settembre-ottobre, pp. 74-75.
230 BS 19 (1938) n. 90, novembre-dicembre, p. 496. Presto si sarebbe rallegrato che il

8.5 Page 75

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 81
14.2 Il primato della catechesi, inatteso proemio al XV Capitolo generale
Nel momento della promulgazione del CG 15 don Ricaldone riduceva
ad unico tema su cui dibattere la formazione del personale salesiano, nei vari
gradi e istituti: Case per aspiranti, Noviziati, Studentati Filosofici e Magisteri
professionali, Tirocinio pratico, Studentati Teologici. Occorreva, però, prima
eleggere i membri del Capitolo superiore, e non sarebbe mancato, come in
tutti i capitoli generali, l’esame delle Proposte varie provenienti dalla base231.
Celebrato a Torino, Istituto Rebaudengo, dal 23 giugno al 7 luglio 1898, tra le
proposte varie fin dall’inizio fu aggiunto dallo stesso Rettor Maggiore come
secondo tema l’insegnamento del catechismo. L’aveva introdotto – secondo
quanto diceva, tre mesi dopo, nella sua breve relazione sull’andamento del
capitolo – da un’esortazione di Pio XII, “felice di sapere che tra le questioni
da trattarsi nella autorevole assemblea, era quello dell’incremento da darsi
agli Oratori festivi e quella della organizzazione perfetta dell’insegnamento
catechistico”232. Nella parlata del 25 giugno dopo le elezioni don Ricaldone
invitava a rispondervi con la seguente proposta pratica: “Si costituiscano due
Commissioni, una presieduta dal Catechista [o Direttore Spirituale] Generale
[per gli internati] e una seconda presieduta dal Consigliere Generale incari-
cato degli Oratori Festivi [per questi], per studiare il modo migliore d’impar-
tire l’insegnamento catechistico e di diffondere, rafforzare, approfondire l’i-
struzione religiosa”. Si permetteva, insieme, di suggerire ai due presidenti che
studiassero il modo di rendere possibile nel 1939, in tutte le case e negli ora-
tori festivi, una gara catechistica, sapientemente e praticamente organizzata; e
di fare in modo che le gare locali fossero coronate da gare ispettoriali e queste
a loro volta fossero finalizzate all’organizzazione di Congressi catechistici
nazionali da tenere nel 1940. In tal modo essi avrebbero portato luce e prati-
cità di metodi al Congresso Catechistico Internazionale, da celebrare nel
1941, quando a Valdocco si sarebbe commemorato il primo centenario del-
l’Opera Salesiana, nata, com’era uso dire, colla prima lezione di Catechismo
impartita da Don Bosco a Bartolomeo Garelli233.
Nel CG 15 furono effettivamente discusse le due relazioni preparate
dalle commissioni. I presidenti avrebbero comunicato ai Salesiani le decisioni
prese: esse non entravano, quindi, ufficialmente negli Atti capitolari. Co-
suo invito fosse stato accolto e la rivista fosse desiderata, letta e diffusa: 20 (1939) n. 92,
marzo-aprile, p. 44.
231 ACS 18 (1937) n. 83, settembre-ottobre, p. 421.
232 ACS 19 (1938) n. 88, luglio-agosto, p. 455.
233 Cf ibid., n. 87, maggio-giugno, pp. 3-4.

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82 Pietro Braido
munque, il Rettor Maggiore non solo esortava a prenderle nella massima con-
siderazione e a metterle in pratica, ma si impegnava anche a contribuirvi con
un’apposita circolare sugli oratori festivi e sull’insegnamento catechistico da
pubblicarsi coll’aiuto del Signore, prima dell’8 dicembre 1939. Intanto pre-
gava tutti di dedicare le loro migliori energie “alla metodologia catechistica e
alla ricerca dei sussidi didattici catechistici”. Metteva in mobilitazione in par-
ticolare gli studentati filosofici e teologici, le compagnie religiose, le associa-
zioni di Azione Cattolica. Era tema vastissimo – aggiungeva – che offriva
materia per parecchi anni. Era pure bene che in tutte le case, soprattutto
quelle di formazione, fossero costituite “una ben provvista bibliotechina cate-
chistica ed inoltre una bella raccolta di sussidi didattici per l’insegnamento
catechistico”. In questo modo sarebbe stato agevole “nel 1941 fare a Torino
una magnifica ed istruttiva esposizione dei libri, sussidi, metodi, delle inizia-
tive diverse, dei programmi, quaderni, registri, risultati, diagrammi, insomma
– concludeva – di tutto ciò che i figli di S. Giovanni Bosco fanno nel mondo
per rendere sempre più efficace l’insegnamento del Catechismo”234.
Alla Congregazione veniva comunicato soltanto il documento elaborato
dalla Commissione presieduta dal Catechista o Direttore Spirituale generale.
Le proposte erano state riunite in cinque gruppi: 1° La preparazione remota e
prossima degli insegnanti; 2° La proposta di un programma di massima, non
potendolo pensare unico per tutte le nazioni e diocesi; 3° Quanto all’Italia ri-
ferimento come testo di base al Catechismo di Pio X, con l’adozione nelle
altre nazioni dei testi reputati più adatti; il dovere di ogni casa di provvedersi
il “necessario materiale didattico catechistico: quadri murali, proiezioni,
ecc…, per rendere l’insegnamento interessante ed attraente”. 4° Le gare cate-
chistiche: nelle singole case nell’anno scolastico 1938-1939; quelle ispetto-
riali preparatorie all’organizzazione dei Congressi catechistici nazionali per il
1940, finalizzati a portare luce e praticità di metodi per un Congresso Interna-
zionale Catechistico da celebrarsi nel 1941; erano date minuziose norme tec-
niche per i vari tipi di gara: A) Gare nelle Case con i vincitori: Principe,
Primo Console, Secondo Console, Capitano, Alfiere; B) Gare Ispettoriali e sei
vincitori sovrastati dall’Imperatore e relativa Incoronazione; C) Insegne: Co-
rona d’alloro per l’Imperatore; D) Premi: nelle case libri o oggetti religiosi o
anche denaro; gare ispettoriali con gagliardetto all’Imperatore e proporzional-
mente agli altri e per tutti medaglie coniate ad hoc, eventuali premi in danaro;
E) Tipo di gare con programma vario. 5° un solenne Congresso Catechistico
234 Omaggio al Papa. Insegnamento catechistico, ACS 19 (1938) n. 88, luglio-agosto,
pp. 455-456.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 83
Internazionale e una Mostra catechistica per il 1941235. Per l’insegnamento
del Catechismo e le gare locali ed ispettoriali negli oratori, il Consigliere ca-
pitolare incaricato di essi pregava i direttori degli Oratori di adottare, per
quanto era possibile le medesime. Insieme, comunicava “che le determina-
zioni riguardanti gli Oratori presentate dall’apposita commissione ed appro-
vate dal CG XV” sarebbero state pubblicate in un prossimo numero degli
ACS236. In realtà non lo furono mai.
15. Chiamata alla “santa Crociata”
Nella lettera circolare ai Cooperatori del gennaio 1939, don Ricaldone
scriveva: “Ci apprestiamo a commemorare solennemente l’opera dei cate-
chismi iniziata da San Giovanni Bosco col giovinetto Bartolomeo Garelli l’8
dicembre 1841 nella sacrestia della chiesa di S. Francesco d’Assisi in To-
rino”237. È un semplice cenno, che contiene più di quanto dica se lo si colloca
nel quadro del Cap. Gen. 15. Diventerà, pero, leitmotiv per un ampio e artico-
lato discorso alla fine dell’anno, affidato al commento alla strenna per il
1940: San Giovanni Bosco ci invita a mantenere sempre e praticamente nel
massimo onore, nelle nostre case e in particolare negli Oratori Festivi, l’inse-
gnamento catechistico e la formazione religiosa238.
L’idea viene raccolta nell’editoriale del Bollettino del mese successivo,
che nel titolo – Per l’Apostolato catechistico – e nel contenuto è soprattutto
finalizzato a pubblicizzare la rivista Catechesi già arrivata all’8° anno. Rife-
rendosi al laconico annuncio del Rettor Maggiore sulla celebrazione del-
l’anno centenario239, l’editorialista premette: “A suo tempo egli stesso ne pre-
ciserà il programma. Ma fin d’ora possiam dire che la celebrazione centenaria
dell’inizio dell’Opera salesiana, nel 1941, assumerà un carattere prevalente-
235 ACS 19 (1938) n. 88, luglio-agosto, pp. 457-463. Sulle disposizioni emanate circa i
programmi di insegnamento catechistico il Direttore Spirituale Generale ritornava in ACS 20
(1939) n. 95, settembre-ottobre, pp. 65-72; interveniva sul programma per gli oratori il Consi-
gliere Capitolare, ibid., pp. 74-75.
236 Cf ACS 19 (1938) n. 89, settembre-ottobre, n. 89, p. 489.
237 BS 63 (1939) n. 1, gennaio, p. 3.
238 Cf ACS 20 (1939) n. 95, settembre-ottobre, p. 63. Essa sarebbe stata illustrata da un
diffuso commento pubblicato prima negli ACS 20 (1939) n. 96, novembre-dicembre, 230 p. e
poi in volumetto a parte: P. RICALDONE, Catechismo Oratorio festivo Formazione religiosa. To-
rino, SEI 1940, 333 p. Perché si potessero ottenere “risultati pratici” dalla lettura del com-
mento, don Ricaldone ne precedeva l’invio con la presentazione di un articolato questionario
che aiutasse a individuare meglio “i punti di speciale attuazione”: ACS 20 (1940) n. 97, gen-
naio-febbraio, pp. 83-86.
239 Cf BS 63 (1939) n. 1, gennaio, p. 3.

8.8 Page 78

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84 Pietro Braido
mente catechistico. Poiché, come tutti sanno, l’Opera salesiana, così vasta e
multiforme, incominciò appunto con una lezione di Catechismo; e l’insegna-
mento della religione è, in fondo in fondo, la missione essenziale di D. Bosco
e di tutta l’opera sua”. Il fedele e informato direttore del Bollettino si esten-
deva ad annunciare alcune iniziative prefigurate dal suo Superiore diretto: “È
intenzione del Rettor Maggiore d’indire per l’anno giubilare a Torino un
grande Convegno Catechistico, per infervorare quanti cooperano alla sublime
missione dell’insegnamento religioso secondo lo spirito e lo zelo di S. Gio-
vanni Bosco. Per quell’epoca egli farà anche allestire una interessante esposi-
zione di libri, sussidi, metodi, iniziative e programmi applicati dai Figli di S.
Giovanni Bosco nelle diverse parti del mondo a questo apostolato”240.
Ad analoghi scopi, ma soprattutto a profitto degli insegnanti di religione
e delle famiglie con la rubrica “Catechismo in famiglia”, la rivista Catechesi,
fondata nel 1932, veniva rinnovata e potenziata. In un momento di svolta
nella direzione e nell’impostazione della rivista, sotto il titolo Per una santa
ed urgente crociata don Ricaldone, come usava nei confronti “dell’errore”,
non lesinava parole forti nel dare la sua piena adesione al periodico, non
senza bruciare un granello d’incenso al Duce. “Di fronte ai rinnovati assalti
del paganesimo rinato sotto larvate spoglie – scriveva – e al dilagare di una
pretesa scienza offuscata da materialistica alterigia che chiude gli occhi ci-
sposi alla vera luce, urge diffondere, in alto e in basso, con i sussidi di una
metodologia rispondente ai canoni scientifici e pedagogici più progrediti, le
verità emananti dalla fonte stessa della Verità increata. Chi abbia reali contatti
di vita intimamente vissuta col popolo, e con lo stesso mondo che si crede e
chiama colto, resta a volte dolorosamente sorpreso e quasi sgomento di fronte
alla supina ignoranza di molti, di troppi, in fatto di dottrine e pratiche reli-
giose. Per questo noi abbiamo salutato e benedetto le mille volte il gesto sa-
pientemente comprensivo e profondamente cristiano di S. E. Mussolini che
volle rimesso in onore l’insegnamento catechistico nelle scuole”. E fra i tre
voti che presentava ai collaboratori e lettori di Catechesi, dopo essersi augu-
rato che la Chiesa avesse “il Catechismo unico universale”, ne formulava uno
che può considerarsi conferma del concetto di Oratorio “luogo” privilegiato
della catechesi. “S’indica – chiede – e strenuamente si compia da tutti e do-
vunque la Santa Crociata per nobilitare e intensificare l’insegnamento del Ca-
techismo; per arricchire la metodologia dei più adatti e moderni sussidi; per
formare accuratamente e apostolicamente i Catechisti; per dotare gli Oratori
Festivi, veri santuari della dottrina cristiana, di locali, arredamenti e attrezza-
240 BS 63 (1939) n. 2, febbraio, p. 33.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 85
ture in tutto rispondenti a una maggiore efficacia e abbondanza di frutti”241.
Nello stesso anno 1939 egli istituiva, come struttura per il gruppo di giovani
salesiani dediti a tempo pieno a dare vita alla grande Crociata, l’Ufficio Cate-
chistico Centrale Salesiano, denominato nel 1947 Centro Catechistico Sale-
siano242. Erano gli strumenti per adempiere anche dopo la data centenaria,
ricca di “un cumulo di attività catechistiche”, come don Ricaldone prospet-
tava ai Salesiani: “Essa vuol essere soprattutto forte proposito d’imitare don
Bosco catechista e di collocarci effettivamente all’avanguardia in questo set-
tore preferito della nostra missione”. Aveva premesso l’esortazione a tenere
lontano dalle Case “tutto ciò che anche lontanamente [avesse] sapore poli-
tico”. Era dovere di ognuno “contribuire alla grandezza della propria nazione
con la santità della vita, il lavoro sacrificato e l’adempimento dei propri do-
veri di cristiano e di cittadino fino all’eroismo”243.
15.1 L’ignoranza religiosa male estremo in un mondo dissestato
In un mondo di acceso intellettualismo, idealistico o neo-scolastico, nel
quale era dominante l’opinione che erano le idee a governare il mondo e la
vita, era naturale che, ancor più che in altri tempi e con maggior astratta luci-
dità, si ritenesse che il più grande ostacolo alla fede e alla pratica cristiana
fosse l’ignoranza religiosa. Minore era l’attenzione ai condizionamenti emo-
zionali, ambientali, economici e sociali. Le sue cause erano riportate princi-
palmente alla decadenza morale e religiosa della famiglia e della scuola e al
disprezzo generalizzato dei ministri della Chiesa con inevitabile e grave sca-
pito delle giovani generazioni244. La più grande piaga era il titolo di un para-
grafo della circolare sull’Oratorio festivo e il catechismo di don Pietro Rical-
done. L’Autore citava vari brani dell’enciclica Acerbo nimis del 15 aprile
1905 di Pio X e aderiva senza esitazioni all’idea che l’ignoranza della dot-
trina cristiana fosse la causa prima dei più esiziali comportamenti morali di
“moltissimi” “dei nostri giorni” e, perciò, della loro dannazione eterna. “Urge
pertanto correre efficacemente ai ripari” ne concludeva, accostando Barto-
lomeo Garelli al fanciullo incontrato in analogo stato di ignoranza, di cui nar-
rava il cardinal Bellarmino. Non senza una nativa propensione rigorista, il
241 “Catechesi” 8 (1939) n. 5, gennaio, pp. 225-227.
242 Cf Il Centro Catechistico Salesiano in dieci anni di attività (1940-1950), BS 75
(1951) n. 2, febbraio, pp. 41-43.
243 Cf ACS 20 (1940) n. 102, novembre-dicembre, pp. 122-124. In giugno l’Italia era
entrata, inopinatamente, in guerra.
244 Cf P. RICALDONE, Oratorio festivo Catechismo…, pp. 20-25. Si preferisce citare dal
fascicolo stampato a parte, perché ritoccato rispetto al testo originario uscito negli ACS.

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86 Pietro Braido
Rettor Maggiore finiva coll’indurre a valutare con maggior disincanto la dif-
fusione e la frequenza di feste e processioni e “altre manifestazioni di religio-
sità e di fede”. Sventuratamente – avvertiva – esse potevano convivere con
“la ignoranza quasi completa del Catechismo”. Spostando, poi, l’attenzione
su altre forme di pronunciato interesse religioso, metteva in guardia da ingan-
nevoli illusioni. “E così – scriveva –, mentre ci compiacciamo delle poche
centinaia di persone che accorrono ad ascoltare un sermone o una conferenza
di gala, non si pensa forse alle molte migliaia dei tenaci disertori del tempio,
né alle turbe di giovani che crescono nell’ignoranza e nel vizio, fornendo fa-
langi di pericolose reclute al sovversivismo. Questo triste stato di cose ci
spiega lo spasimo e il crollo di popoli che si videro ad un tratto in balìa di
tragiche convulsioni, che ne minacciarono la compagine e la vita”245.
Sul tema dell’ignoranza religiosa, la più grave delle cause che avevano
contribuito ad “allontanare le anime da Dio e dalla Chiesa”, ritornava a tinte
più fosche nel mezzo del conflitto mondiale 1939-1945. Essa era presente in
misura particolarmente preoccupante “tra le masse operaie e a volte tra le
stesse persone colte”. In molti casi conduceva “alla conculcazione dei più alti
valori morali e talvolta degli stessi principi più elementari del diritto e dell’o-
nestà naturale”. Ne erano conseguenze anche gli sconvolgimenti bellici, poli-
tici, sociali, che a loro volta comportavano preoccupanti incognite nel pre-
sente e per il futuro anche in campo morale e religioso246. “D’altronde è stato
avvertito – ammoniva col linguaggio del combattente senza mezze misure nel
valutare le situazioni e approntare i rimedi – che i satelliti del demonio vanno
moltiplicando febbrilmente i loro attacchi in ogni settore, servendosi all’uopo
anche d’insidiose forze occulte, per allontanare sempre più il popolo dalla
Chiesa, dal sacerdote, da Dio. A tal fine ogni mezzo è ritenuto lecito: si acca-
rezzano le passioni, si fomenta la sete di ricchezze e di piaceri con promesse
di utopico benessere, si propina il veleno con insinuazioni maligne, lusinghe,
calunnie, aggiungendo alla scaltrezza una sfrontatezza inaudita. Si direbbe che
l’idra infernale voglia servirsi del generale disagio per sovvertire con l’ordine
religioso anche quello politico e sociale”. Accennava alle encicliche di Leone
XIII e Pio XI e agli accorati messaggi di Pio XII. Ma gli premeva soprattutto
chiamare a raccolta tutte le forze sane disponibili a soccorrere con “viscere di
amore e slancio di apostoli” tanti fratelli. Gli espedienti dovevano essere cor-
relativi al male già deprecato247. I provvedimenti erano improrogabili.
245 P. RICALDONE, Oratorio festivo Catechismo…, pp. 25-29.
246 Cf ACS 24 (1944) n. 123, maggio-giugno, pp. 334-335.
247 ACS 23 (1943) n. 115, gennaio-febbraio, pp. 215-224.

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9.1 Page 81

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 87
15.2 L’oratorio”spazio vitale” della crescita giovanile
Dopo cent’anni don Bosco ritornava – diceva don Ricaldone in riferi-
mento alla data dell’8 dicembre 1841 –: additando “la gioventù del mondo in-
tiero, in procinto come Mosè di essere travolta dalle acque melmose che dila-
gano per ogni dove, egli ci prega e scongiura di dare generosamente ogni no-
stra energia per salvarla, ricordandoci ancora una volta che, in molti casi e per
una gran parte dei giovani, l’ancora di salvezza è l’Oratorio Festivo”248. Con
un evidente riduzionismo, peraltro condizionato dalla ineludibile pressione
dello Stato totalitario, don Ricaldone ne riconduceva a tre i compiti, che, però,
vanno mentalmente integrati con quanto egli stesso in vari contesti ha detto e
scritto della formazione umana e cristiana pensata e data ai giovani da S. Gio-
vanni Bosco e da lui chiesta ai collaboratori, presenti e futuri. “I giovani
dei nostri Oratori devono essere: 1) istruiti mediante la scuola di Catechismo;
2) cristianamente formati colle pratiche di pietà e le associazioni religiose;
3) piacevolmente intrattenuti coll’onesta ricreazione, i giuochi, il teatrino”249.
16. La catechesi in forma di vera scuola
L’oratorio mirava a garantire al meglio la conveniente istruzione reli-
giosa. Ma ciò sarebbe avvenuto a patto che essa fosse impartita in una vera
scuola, con un metodo ben preciso, come si addice ad una disciplina che tra-
scende le altre, la scienza delle scienze fissata nel Catechismo, il Re dei
libri250. Per questo l’oratorio “luogo” globale dell’istruzione catechistica riser-
vava a questa un “luogo” più particolare, su tutti privilegiato: L’aula pel Ca-
techismo. Per la soluzione del problema delle aule don Ricaldone si coinvolge
con illimitata passione e non risparmia tempo e attenzioni. Chiede a ingegneri
ed architetti che provvedano al loro orientamento, alla buona illuminazione
naturale e artificiale, all’aerazione e in prima persona si occupa di attrezza-
ture, di sussidi didattici, di libri e, soprattutto, del metodo.
16.1 Le aule catechistiche e i sussidi
Nell’oratorio ideale, dunque, le aule dovevano avere una collocazione
del tutto funzionale e larghe disponibilità di adeguati sussidi, ad uso dei mae-
248 P. RICALDONE, Oratorio festivo Catechismo…, pp. 30-32.
249 Ibid.,, p. 145.
250 Il sottotitolo è Dottrina cristiana per la prima classe fino alla quinta. Torino, SEI
1940, 1941, 1943.

9.2 Page 82

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88 Pietro Braido
stri, ad uso degli alunni, per le sale e per il teatrino. Secondo il progetto rical-
doniano era opportuno distinguere tra le aule destinate ai giovani più piccoli,
in genere riservate al Catechismo, e quelle degli adulti, utilizzabili nel corso
della settimana anche per altre riunioni di formazione religiosa. Le prime, es-
sendo “locali di uso piuttosto limitato”, potevano essere collocate al primo o
al secondo piano. Invece, per i giovani adulti e gli adulti stessi conveniva col-
locare le aule e le sale al pian terreno o al primo piano251. Poiché le aule do-
vevano costituire l’evidente testimonianza della nobiltà della disciplina che vi
si impartiva, don Ricaldone ne determinava con la consueta meticolosità le
“attrezzature” e i “sussidi” didattici252.
Quanto ai libri – il testo degli allievi e i manuali per il maestro – dava
una sbrigativa indicazione: “Per l’insegnamento catechistico in generale il
libro dell’allievo è il Catechismo adattato alla sua età e istruzione. Pel mae-
stro vi sono speciali manuali. Anzi, il maestro, per non ingenerare confusioni
nelle menti piccine degli allievi dovrebbe preparare le sue lezioni su di un
manuale, che segua fedelmente il testo dell’allievo”253.
16.2 Il metodo
La soluzione era affidata a procedimenti conformi alle persuasioni teo-
riche. Il ricorso era ad una pedagogia, per la struttura di base, i contenuti e le
proposte, di chiara impronta filosofica e teologica di matrice genericamente
neo-scolastica, e per la parte metodologico-applicativa, di netto orientamento
tecnico-pratico. Con l’abituale tendenza, talora temeraria, di tutto definire e
precisare, don Ricaldone iniziava la trattazione, che tuttavia non intendeva
trasformare in “un compendio di metodologia catechistica”, col dire che “le
forme, i modi, i procedimenti non sono metodi. Per questo né un programma
ciclico, né una determinata e sia pur lodevole attività scolastica, né un in-
sieme di oggetti o una collezione di sussidi intuitivi, né la forma dialogata o
socratica, possono chiamarsi metodo ciclico, metodo attivo, metodo oggettivo
o intuitivo, metodo socratico o dialogato”. Era – ammoniva – “un abuso che,
anziché luce, porta confusione e danno nel campo catechistico”254. La sua
scelta era senz’altro per il metodo deduttivo-induttivo. Preservava i salesiani
da qualsiasi forma di deviazionismo dalla “via chiara e piana seguita” da don
251 P. RICALDONE, Oratorio festivo Catechismo…, pp. 52-57; cf in appendice le relative
planimetrie, pp. 211-213.
252 P. RICALDONE, Oratorio festivo Catechismo…, pp. 145-152.
253 Ibid., pp.152-154.
254 Ibid., p. 155.

9.3 Page 83

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 89
Bosco, peraltro sicuramente alieno da questo tipo di speculazioni, ed era l’u-
nico consono al carattere rivelato delle verità da insegnare e alle intelligenze
dei recettori. A conferma si appellava al fatto che “gli scrittori di pedagogia e
di metodo [erano] unanimi nell’affermare che, nell’insegnamento in generale
e in quello catechistico in particolare, la via, il procedimento da seguirsi è
quello indicato dal metodo induttivo, adattato naturalmente alle diverse età e
categorie dei giovani”. Don Bosco l’aveva appreso “alla scuola del Divin
Maestro”255; non aveva fatto altro che seguire le orme e gli esempi del mae-
stro inarrivabile che fu Gesù, che dell’anima umana ebbe la conoscenza più
profonda e perfetta. Era – ripete più volte don Ricaldone –, il Metodo catechi-
stico del Vangelo, metodo induttivo per eccellenza come dimostra il parlare di
Gesù per similitudini e immagini, il costante riferirsi ai fenomeni naturali,
l’invenzione delle parabole, l’intero suo modo di porsi e di rapportarsi256. Che
don Bosco ne fosse stato discepolo fedele veniva dimostrato nel lungo para-
grafo successivo su San Giovanni Bosco catechista, “catechista nato”, “psico-
logo del tutto straordinario”, mirabile nell’”imitare il metodo del Divin Re-
dentore”, alacre formatore di catechisti, autore di pagine sul Sistema Preven-
tivo, “tra le più belle di tutti tempi”257.
16.3 Ambiguità attivistiche
Sulla stessa linea di orgoglio di famiglia e di cauta innovazione si collo-
cava l’ambivalente o, meglio, ambiguo giudizio di don Ricaldone sull’Atti-
vismo in genere e nelle sue applicazioni al metodo catechistico. Prima di pro-
cedere alle sue puntualizzazioni sentiva doveroso, pur con riserva, tributare
“una meritata lode agli attivisti cattolici per aver suscitato, specialmente nel
campo catechistico, un movimento salutare. Né dobbiamo stupirci se, preso
l’abbrivio, in qualche circostanza si sconfinò oltre il traguardo”; però, meglio
“esuberanze di slanci generosi anziché ignavie svogliate e infeconde”258.
Ciò detto, passava ad una sua valutazione critica del movimento. C’e-
rano a suo parere tipi di attivismo non accettabili: uno “fondamentalmente e
sostanzialmente naturalista ed evoluzionista, acattolico, aconfessionale, ateo”;
un secondo “con tendenze che si potrebbero chiamare iconoclastiche”, “che
vorrebbe frantumati in gran parte i monumenti della tradizione e spezzati i
freni dell’autorità”, rinnegando “la scuola tradizionale, e in particolare catto-
255 Ibid., pp. 156-160.
256 Ibid., pp. 160-168.
257 Ibid., pp. 168-192.
258 Ibid., pp. 192-193.

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90 Pietro Braido
lica”; ed ancora, “un attivismo che potremmo chiamare di lusso”, per i ricchi,
precluso ai poveri; infine, “un attivismo che si potrebbe chiamare virtuo-
sismo, dovuto a particolari ed eccezionali abilità di qualche individuo” alle
prese con “bambini prodigio”. Accettava, in fondo, l’attivismo ricondotto alla
dimensione metodologica, senza il supporto dei fondamenti scientifici psico-
logici e sociologici. Precisava: “Quando l’attivismo si limita a parlarci di
scuola attiva e di metodo induttivo e a volere che l’opera del maestro non sia
soverchiante ma armonica e parallela a quella dell’alunno, il quale viene così
ad essere cointeressato, stimolato, reso parte integrante e a volte principale
del lavoro da compiersi nella scuola; quando esige che non sia solo il maestro
a parlare, ma ancor più l’alunno, messo appunto dall’abilità del maestro nella
condizione e necessità d’interloquire, indagare, rispondere, sforzarsi di prov-
vedere direttamente colle proprie risorse ai propri bisogni; quando vuole che
il maestro non abbia solo conoscenza della sua materia, ma ancor più la vera
conoscenza psicologica degli alunni, delle loro facoltà, tendenze, capacità,
per guidarli nel lavoro di osservazione, intuizione, indagine, specialmente
quando si tratti di abituarli a leggere nel grande libro della natura e della vita
e a formarsi il carattere; quando insomma l’attivismo ci parla di scuola serena
e gioiosa, di esclusione di castighi, di libertà dell’alunno, di sforzo e lavoro
personale del giovane per imparare a governarsi, di centri di studio e d’inte-
ressi: quando, ripeto, l’attivismo s’imposta su questi principii, allora a noi è
facile rispondere e dimostrare che la maggior parte di detti postulati, non sono
novità pedagogiche della scuola attiva, ma in massima parte patrimonio tradi-
zionale della scuola cattolica, o al più applicazioni e corollari delle sue dot-
trine e direttive. Un esame attento ci rivela che spesse volte non si tratta che
di abile coloratura o di artistica verniciatura, o se meglio piace, di particolari
adattamenti di principi antichi a esigenze nuove”.
Sembrava un inno all’educazione nuova, un implicito invito a un balzo
in avanti nell’educare. Affatto. “Il programma attivista”, presentato come
“nuovo”, infatti, “fatte poche eccezioni più di forma che di sostanza”, era an-
tico e normalmente attuato nelle istituzioni educative cattoliche ancora nel
presente. Era ciò che avveniva anche nell’educazione e nella scuola salesiana.
Don Ricaldone lo dimostrava sottolineando dieci caratteristiche che le acco-
munava a quelle proclamate dall’attivismo, talora superandolo: la scuola at-
tiva, il metodo induttivo, la partecipazione integrativa degli alunni alla loro
formazione, la funzione ausiliaria della psicologia nella conoscenza degli al-
lievi, la scuola serena e gioiosa, l’esclusione dei castighi, la libertà dell’a-
lunno, il lavoro personale dell’alunno nel proprio perfezionamento e nel go-
verno di sé, i centri di studio o le idee centrali o unitarie, i centri di interesse o

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 91
meglio le motivazioni che stimolano i giovani e che per i credenti hanno “la
loro origine e il loro termine nell’amore infinito di Dio”. Esse avevano il van-
taggio rispetto all’attivismo naturalista di spiritualizzare le realtà terrene “ir-
radiandole di fede e convertendole in strumenti di perfezione e santifica-
zione”. Se tra i salesiani si fosse riscontrata qualche eccezione, ci si rime-
diava con un rapido restauro. Le gemme e le pietre preziose del loro patri-
monio educativo potevano essere presto riportate allo splendore originario259.
Era un’interpretazione riduttiva dell’attivismo e, certamente, estensiva dei
metodi educativi e didattici della scuola tradizionale cattolica e salesiana. Ma è
dimostrato che nel mondo cattolico posizioni analoghe furono sostenute con
angolazioni disparate anche da autori, che per la loro qualificazione pedago-
gica e catechetica disponevano di mezzi per giudizi più critici e meditati260. Ad
esempio, nella sopravvalutazione “attivistica” di don Bosco il Rettor Maggiore
dei Salesiani avrebbe trovato consenzienti due non oscuri pedagogisti militan-
ti, M. Agosti e V. Chizzolini, gravitanti intorno alla Editrice bresciana La
Scuola261. Due anni dopo la pubblicazione del loro Compendio per gli Istituti
Magistrali, il Bollettino Salesiano avrebbe ripubblicato le pagine relative a don
Bosco, omettendo, però, l’ultimo paragrafo ispirato a un nazionalismo troppo
scopertamente fascista, intitolato Il messaggio educativo all’Italia nuova262.
17. Il “più” e l’oltre catechistico nell’oratorio
Probabilmente, più dei collegi e delle scuole era vicino all’attivismo l’o-
ratorio: una comunità giovanile volontaria, nella quale erano superate le bar-
riere tra scuola e vita, tra religione catechisticamente appresa e quotidiana
esperienza religiosa vissuta al di fuori dello spazio “educativo”, comunque un
ambiente di spontaneità, di moto e di convivenza amicale. Era, anzitutto, “il
più” pedagogico – l’amore dimostrato e percepito, che si fa condivisione e
“familiarità” –, di cui parlava la lettera ispirata a don Bosco del 1884. Senza
di esso era arduo che il giovane si sentisse allettato dal “più” – il fine, i conte-
nuti –, costituito dal suo realizzarsi buon cristiano ed onesto cittadino.
259 Ibid., pp. 133-141.
260 Cf G. CHIOSSO, La pedagogia cattolica e il movimento dell’educazione nuova, in L.
PAZZAGLIA (a cura di), Chiesa, cultura e educazione in Italia tra le due guerre. Brescia, Edi-
trice La Scuola 2003, pp. 287-320.
261 Cf M. AGOSTI e V. CHIZZOLINI, Magistero. Compendio storico e letture di filosofia e
pedagogia con introduzione allo studio delle opere dei grandi pensatori, vol. III L’età contem-
poranea. Brescia, La Scuola 1940, pp. 515-534 (Don Bosco – L’Educatore dell’Ottocento).
262 Cf BS 66 (1942) n. 9, settembre, pp. 129-133 (L’Educatore dell’Ottocento).

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92 Pietro Braido
17.1 Le gare catechistiche tra mostre e congressi
Vi contribuivano, in continuità con la scuola, le gare catechistiche, a in-
tegrazione dell’acculturazione religiosa la più globale formazione religiosa, a
estensione degli interessi vitali le attività di tempo libero. In un’articolata ri-
flessione su Oratorio e Catechismo, don Ricaldone non le dimenticava, gene-
ratrici com’erano di interesse e di impegno nello sperimentare il religioso
nella dialettica dell’emulazione e del confronto. Non erano semplice “para-
scolastico”, ma risorsa organicamente legata all’insegnamento e apprendi-
mento scolastico tradizionale. Esse trovavano un autorevole precedente nei
“saggi pubblici” degli allievi delle scuole domenicali e serali voluti da don
Bosco fin dagli inizi dei suoi oratori torinesi.
Ne scriveva nel 1933 il Consigliere Capitolare incaricato degli oratori
festivi informando del noto Convegno dei Catechisti del 9 aprile e comuni-
cando di attendere consolanti notizie riguardo l’osservanza dell’art. 386 del
Regolamento per gli Oratorii relativo alle Gare Catechistiche nei singoli Ora-
tori263. Esso prescriveva: “Per animare gli Oratoriani allo studio del cate-
chismo e della religione, si tengano gare catechistiche, e si distribuiscano
premii ai più studiosi”. Era espressione di quella pedagogia o, meglio, didat-
tica dell’emulazione, che ispirava in generale la scuola salesiana con la pra-
tica della distribuzione dei premii a fine anno, già presente nei primordi del
ginnasio della Casa madre, specialmente inculcata per “l’insegnamento della
religione e della storia sacra”264. Particolare sviluppo al tema dell’emulazione
educativa è dato da don Ricaldone in più paragrafi del commento alla strenna
del 1940, dedicati a Esami, Gare e Premi 265. Accennava alla loro pratica già
ai tempi del Bellarmino e ai Saggi a premio promossi da don Bosco, diventati
quindi tradizione tra i salesiani. Don Ricaldone, però, metteva in guardia
particolarmente da tre difetti: l’eccessiva preponderanza della memoria, la
prolissità e la lungaggine, la disparità culturale dei gareggianti. Rinviava
per tutto ciò alle norme impartite dal Catechista generale nel 1938 e ne dava
un riassunto abbreviato circa la gara nelle singole case e le gare ispettoriali,
aggiungendovi brevi considerazioni sui premi266.
263 ACS 14 (1933) n. 62, 24 maggio, p. 85; cf ancora ACS 18 (1937) n. 81, 24 maggio,
pp. 416-417; 19 (1938) n. 89, 24 settembre-ottobre, p. 490; norme del Direttore Spirituale per
le gare negli internati, ACS 20 (1939) n. 95, settembre-ottobre, pp. 68-70.
264 Cf Regolamento per le Case del 1923, sez. II, cap. II Educazione religiosa, art. 130;
Regolamento per le Case e Regolamento per gli Oratorî festivi del 1906, rispettivamente
art. 355 e 1165.
265 P. RICALDONE, Oratorio festivo Catechismo…, pp. 206-215; cf anche a p. 134 il riferi-
mento alle gare come uno dei mezzi di attrazione all’oratorio.
266 P. RICALDONE, Oratorio festivo Catechismo…, pp. 207-214; ACS 19 (1938) n. 88, lu-

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 93
Una crescente mobilitazione con l’avanzare della “Crociata Catechistica”
si aveva pure per la promozione di Congressi o Convegni a tutti i livelli: nelle
singole opere, a dimensione ispettoriale, nelle diocesi. Ne è un esempio ecce-
zionale quello di Cagliari, di cui si dirà appresso. Già a ridosso del CG XV il
Direttore Spirituale comunicava che per il 1941 era in programma un solenne
Congresso Catechistico Internazionale illustrato da una Mostra catechistica e
invitava gli interessati a incominciare a preparare il materiale267. In termini più
concreti ne dava il via, a partire dalla base, don Ricaldone stesso, stabilendo
che per dare effettiva realtà alla strenna per il 1940 vi fosse “in tutte le case,
anche nelle più piccole, un Congressino o Convegno Catechistico accompa-
gnato da una Mostra Catechistica”268. Sulle Mostre catechistiche di fine anno
interveniva anche il Consigliere Capitolare. Esse – affermava – dovevano “es-
sere, alla fine del corso, l’esponente del lavoro fatto e della nostra decisa vo-
lontà di partecipare alla Mostra Ispettoriale e Nazionale come adesione al mo-
vimento catechistico ed alle manifestazioni e celebrazioni” del Centenario269.
Per sua parte, nell’imminenza dell’apertura dell’anno giubilare don Ricaldone
raccomandava che ai Congressini e alle Mostre, come alle Gare e alle Feste
delle Dottrina Cristiana si desse “un carattere di grande praticità”270.
17.2 Il marchio di don Bosco e salesiano al Congresso Catechistico e degli
Oratori della Provincia ecclesiastica di Cagliari (28 dic. 1941-4 gen-
naio 1942)
Nonostante la guerra in corso, anzi proprio perché i grandi sacrifici chie-
devano fede e sommo amore di Dio e dell’umanità, i vescovi della Provincia
ecclesiastica di Cagliari, “nell’ansia delle retrovie” sentivano il bisogno di
non starsene inerti. Per questo promuovevano un nuovo Congresso sulla cate-
chesi, la dottrina della fede – il terzo in vent’anni (1921, 1934, 1941/42) – e
sull’Oratorio, uno dei suoi luoghi privilegiati, per debellare l’ignoranza reli-
giosa in un tempo di “mutati costumi” e creare contesti e atmosfere attraenti e
coinvolgenti. Era vista anche come occasione per rendere omaggio a don
Bosco nel primo centenario “della sua prima messa e dell’inizio dell’ora-
torio”. Vi avrebbero preso parte i vescovi della Regione, rappresentanti della
glio-agosto, pp. 459-462; n. 89, 24 settembre-ottobre, p. 490 (gare diocesane e ispettoriali); BS
63 (1939) n. 8, agosto, pp. 225-227.
267 Cf ACS 19 (1938) n. 88, 24 luglio-agosto, p. 463.
268 Cf ACS 20 (1939) n. 95, settembre-ottobre, p. 63; 20 (1940) n. 97, gennaio-febbraio,
pp. 83-86; n. 99, maggio-giugno, p. 103; n. 100, luglio-agosto, pp. 107-108.
269 Cf ibid., p. 75.
270 Cf ACS 21 (1941) n. 106, luglio-agosto, p. 141.

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94 Pietro Braido
Società Salesiana inviati dal Rettor Maggiore e altre personalità che avreb-
bero portato “un forte contributo di scienza e praticità”. In contemporanea si
sarebbero svolte gare catechistiche a tre distinti livelli di sfidanti: gli scolari
delle elementari, gli studenti delle scuole medie, gli studenti dei corsi supe-
riori. Ci sarebbero state anche una Mostra Catechistica in seminario curata
dalla Chiesa locale con la direzione del can. Giuseppe Orrù e una Mostra
degli Oratori allestita dai Salesiani e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice sotto la
direzione di don Giulio Reali271.
Non uscì il volume degli Atti, ma si trova l’equivalente in un corposo do-
cumento-cronaca, presentato dai vescovi con una pastorale del 24 gennaio
1942272. Ne risulta l’immagine di un Congresso ben organizzato, con una
esemplare armonia tra le variegate espressioni: 1) la cornice delle due splen-
dide celebrazioni liturgiche inaugurale e conclusiva, nelle domeniche 28 di-
cembre e 4 gennaio; 2) la praticità del nerbo dei lavori, svolto dalle 12 Sezioni
di studio maschili e femminili nella mattinata dei giorni 29, 30, 31 dicembre e
1° gennaio; 3) la solennità ricca di suggestioni e di contenuti delle tre Adu-
nanze plenarie nel pomeriggio dei giorni 2, 3, 4 gennaio; 4) l’operatività della
ricca gamma dei Voti elaborati dalle singole Sezioni, letti nella terza Adunanza
plenaria e da essa approvati per acclamazione; 5) le effervescenti gare catechi-
stiche tra giovani distribuiti in tre livelli: gli scolari delle scuole elementari, gli
studenti delle medie e gli studenti dei Corsi superiori; 6) le Mostre che attira-
rono, oltre i partecipanti al Congresso, una larga cerchia di visitatori.
Ogni Sezione puntualizzò i problemi e i compiti più vicini alle responsa-
bilità e alle competenze dei membri che la costituivano. Sul versante ma-
schile erano i Sacerdoti e i Religiosi, gli Insegnanti, gli Uomini con partico-
lare attenzione alla Congregazione della Dottrina Cristiana e all’Associazione
parrocchiale di A.C., i Giovani Professionisti bisognosi di una cultura reli-
giosa più avanzata, i Giovani Studenti, i Giovanetti (bambini e fanciulli). Nel
ramo femminile erano distinte le Suore, le Signore sposate con figli, le Signo-
rine colte invitate a divenire apostole del Catechismo alle dipendenze dell’Uf-
ficio Catechistico Diocesano, le Impiegate e le Lavoratrici, le Studentesse, le
Giovanette. In rapporto all’Oratorio è evidente che nelle discussioni e nella
elaborazione dei voti fosse richiamata spesso la figura di S. Giovanni Bosco e
l’impegno delle varie categorie a dar vita a Oratori, parrocchiali o salesiani.
271 Lettera pastorale dell’arcivescovo e dei vescovi della provincia ecclesiastica di Ca-
gliari. Congresso catechistico e degli oratori. Cagliari 1941, 29 settembre 1941.
272 Cf Lettera pastorale dell’arcivescovo e dei vescovi della provincia ecclesiastica di
Cagliari. Dopo il Congresso Catechistico e Oratoriano tenutosi in Cagliari dal 28 dicembre
1941 al 4 Gennaio 1942. Dei lavori riporta una esatta sufficiente sintesi anche il BS 66 (1942)
n. 4, aprile, pp. 54-56.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 95
Le tre Adunanze furono tenute nella chiesa monumentale di S. Anna
convenientemente adattata dal parroco, can. Mario Piu, zelantissimo Coope-
ratore salesiano, ad essere nello stesso tempo aula per relazioni e discussioni
congressuali e grande salone-teatro in grado di creare degni spazi per i ve-
scovi, le autorità e le esibizioni delle “scholae cantorum”. La prima fu, ovvia-
mente, aperta da mons. Ernesto Piovella, arcivescovo di Cagliari, grande pro-
motore e animatore di questo e dei precedenti Congressi. Vi seguivano due
relazioni, rispettivamente di mons. Beccaro vescovo di Nuoro ex allievo sale-
siano e di don Giulio Reali, direttore dell’opera salesiana di Cagliari sui se-
guenti temi: “La prima Messa di San Giovanni Bosco fecondatrice dei suoi
santi progressi nel bene” e “Don Bosco e l’opera degli Oratori”. Nell’Adu-
nanza dell’indomani mons. Lorenzo Basoli, vescovo dell’Ogliastra (Lanusei)
svolgeva il tema “Lo studio e la pratica del catechismo” e la signorina Angela
Sulis su “Catechismo e famiglia”. Nel pomeriggio dell’ultimo giorno il ve-
scovo di Iglesias, mons. Giovanni Pirastru, trattava dei “Propositi e frutti
del Congresso” e il prof. Salvatore Cara parlava con foga oratoria sul tema:
“Il Catechismo è fonte di fede e manuale di vita”.
Nella mattinata era stata celebrata la solennissima messa pontificale in
onore di don Bosco, presieduta da mons. Piovella circondato da tutti i vescovi
della Sardegna con splendida omelia-panegirico di mons. Giuseppe Cogoni,
arcivescovo di Arborea ed Oristano. In serata i vescovi si recavano alla Casa
Salesiana, ricevuti dai figli di don Bosco, dalle dirigenze delle Opere catto-
liche e da altre personalità, e visitavano la Mostra dell’Oratorio. Nella sua se-
zione storica avrebbero potuto ammirare i tanti documenti sulla vivace atti-
vità e il bene espresso – è scritto non senza una punta polemica contro chi
aveva decretato lo scioglimento dei Reparti – “dalla gioventù irreggimentata
nei fieri e baldi battaglioni degli esploratori cattolici. Quella Istituzione ebbe
Augusti plausi e consensi – lo dimostrano i preziosi cimeli! – e, in tempi dif-
ficili per la Chiesa e per la Patria, salvaguardò e presidiò tenendone alti i gigli
della purezza e della fede, i nostri figliuoli”273.
18. La formazione religiosa
Don Ricaldone faceva notare che l’oratorio non poteva fermarsi all’i-
struzione catechistica. Quasi i tre quarti del Regolamento dato da don Bosco
riguardavano la formazione religiosa dei giovani. “La religione – osservava –
273 Dopo il Congresso Catechistico e Oratoriano…, p. 33; se n’è scritto nella puntata
precedente, cf RSS 24 (2005) 261-265.

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96 Pietro Braido
per lui non è cosa astratta, da limitarsi perciò alla teoria e alla conoscenza, ma
la vuole attuata e vissuta”. Né si accontentava del “sentimentalismo reli-
gioso”. La religione doveva essere “una palestra spirituale, una santa ginna-
stica” che preparava e piegava “i cuori e al rispetto e all’amore di Dio e del
prossimo”. “La pietà – insisteva vibrante – per lui è la fiduciosa elevazione di
cuori filiali che riversano le loro suppliche e il loro affetto nel cuore del
Padre, è il respiro dell’anima che vive di Dio, come della vita della madre
vive il figlio da lei portato nel seno”. Ne doveva essere impregnato l’intero
ambiente oratoriano. Vi dovevano contribuire con l’esempio tutti coloro che
vi lavoravano. Il direttore, per primo, doveva trovarsi tra i giovani “come un
padre in mezzo ai propri figli, e adoprarsi in ogni maniera possibile per insi-
nuare nei giovani cuori l’amor di Dio, il rispetto delle cose sante, la frequenza
ai Sacramenti, la filiale devozione a Maria Ausiliatrice e tutto ciò che costi-
tuisce la vera pietà”. Voleva, inoltre, che la religione appresa fosse resa tangi-
bile anche all’esterno dell’oratorio. Molti erano gli espedienti escogitati per
creare il clima di una religione diffusa: il concatenamento delle feste, la va-
rietà degli esercizi religiosi che si susseguivano nel giro di ogni anno, la fre-
quente Confessione e Comunione, la cura della liturgia e del canto sacro so-
prattutto nella celebrazione della messa, la tradizionale strenna annuale, le
iscrizioni bibliche sui muri dei porticati, l’abitudine all’esame di coscienza,
poiché il nosce teipsum è la base del vince teipsum. Concludeva il paragrafo
additando quali fattori di formazione religiosa le Compagnie e le associazioni
religiose, le Conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli, i vari gruppi di adulti: ex-al-
lievi, padri di famiglia, Società o Unioni di Operai cattolici274. Aggiungeva,
infine, la dispensazione adatta e copiosa della “Parola di Dio” mediante la
predicazione e le istruzioni morali ispirate a semplicità, ordine, chiarezza, af-
fetto. Ne illustrava in particolare le due forme classiche: la spiegazione del
Vangelo e l’istruzione religiosa pomeridiana275.
19. Il tempo libero riscattato: la ricreazione, il teatrino e i nuovi diverti-
menti
È vero – scrive don Ricaldone –, che l’istruzione religiosa è lo scopo
primario dell’Oratorio; ma il resto – la ricreazione, i giochi –, formalmente
“accessorio” ha “un’importanza notevole nell’andamento e sviluppo dell’Ora-
torio Festivo” e di qualsiasi istituto di educazione, “e nella formazione dei
274 P. RICALDONE, Oratorio festivo Catechismo…, pp. 217-246.
275 Ibid., pp. 247-256.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 97
giovani”. “Conoscitore profondo dell’animo giovanile – dice di don Bosco –,
si convinse che per migliorarlo era indispensabile preparargli quell’ambiente
di gaiezza e innocente espansione che, mentre gli serve di attrattiva, ne ap-
paga le inclinazioni, affezionandolo alle persone e all’istituzione che ne de-
vono plasmare l’anima e cristianamente formarne il carattere”. Inoltre, “Don
Bosco, da saggio educatore, voleva non solo il bene morale e intellettuale, ma
anche quello fisico del fanciullo. È vero ch’egli mirava con più intenso zelo
all’anima; era però convinto che tutte le facoltà ed energie umane potessero e
dovessero essere abilmente usufruite per la salvezza di quella. Ora, nel suo
pensiero, anche il giuoco e la piacevole ricreazione devono cooperare effica-
cemente a tal fine (…). L’educatore deve proporsi l’elevazione di tutto
l’uomo: così Don Bosco, mentre voleva la robustezza del corpo come coeffi-
ciente di benessere spirituale, procurava che lo sviluppo e la perfezione del-
l’anima e del corpo procedessero di pari passo e armonicamente”. “Il giuoco
pertanto voluto da Don Bosco – continua –, e quale si pratica tradizional-
mente nei suoi istituti, è il giuoco eminentemente pedagogico, è la ricreazione
piacevole, libera, fatta di spontaneità”276. Il gioco del calcio risponde ai criteri
educativi di don Bosco? si chiedeva. La risposta, seppure con qualche reti-
cenza, era negativa, giustificata con la denuncia dei mali fisici, psicologici,
morali di cui era sorgente. Lo ammetteva in occasioni sporadiche e in ben de-
finite forme. Metteva anche in evidenza la negatività di alcune condizioni oc-
correnti nella pratica: “Certi abiti sportivi che servono piuttosto a svestire i
giuocatori”, gli “inconvenienti gravissimi di certi spogliatoi”277. Quanto al
teatrino non si scostava in nulla da quello che don Bosco aveva fissato nel
Regolamento specifico, introdotto in quello per le case della Società salesiana
edito nel 1877278. Datata e, forse, irrilevante per l’oggi appare la “parola chia-
rificatrice sul cinema e sulla radio”, aggiunta a complemento del discorso
sulle ricreazioni. “Risponde il cinema ai concetti pedagogici di San Giovanni
Bosco?”, si domandava. Al termine della denuncia di un lungo elenco di mali
e di qualche barlume di bene la risposta finiva con l’essere sostanzialmente
negativa. Tuttavia, era consapevole che non se ne potesse fare del tutto a
meno negli oratori e nei collegi salesiani. “Purtroppo sarebbe uno sforzo
vano” – ammetteva –, volerlo bandire in assoluto. Finiva col raccomandarne
un uso sobrio, circondato da tutte le possibili cautele. Ugualmente negativo
era il giudizio sulla radio e più drastica la conclusione: “Oggi, nella presente
sua impostazione, non può ancora raccomandarsi ai nostri istituti; anzi sarà
276 Ibid., pp. 256-267.
277 Ibid., pp. 267-274.
278 Ibid., pp. 274-289.

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98 Pietro Braido
bene richiamarci alle tassative disposizioni date dai Superiori in proposito. In-
fatti, malgrado i programmi preventivi, vi sono sempre le sgradite sorprese di
discorsi o motti pericolosi, di canti e voci poco rassicuranti per la moralità
degli alunni” 279.
20. L’ignoranza tra gli adulti e la buona stampa “luogo” complementare
all’oratorio
L’ignoranza, però, non era prerogativa dei fanciulli e degli adolescenti,
carenza più che mancanza. Essa si manifestava diffusa e profonda anche tra
gli adulti, analfabeti puri o analfabeti di ritorno, aggravata spesso da radicati
pregiudizi, che talora avrebbe reso più arduo il ricupero. I giovani possono
essere lontani dal mondo religioso perché nessuno li ha avvicinati ad esso. Gli
adulti lo sono, invece, perché, prima vicini, se ne sono allontanati. Anche per
la loro situazione don Ricaldone sollecitava ad “aver presente che, in tutte le
cause che hanno contribuito ad allontanare le anime da Dio e dalla Chiesa,
forse la più grave è l’ignoranza religiosa. Lasciando che altri si dedichi a indi-
viduare le origini, i motivi, le colpe di questa piaga veramente funesta, noi ac-
cingiamoci piuttosto, coi mezzi di cui possiamo disporre, ad arrestarne il con-
tagio e di procurare il risanamento”. Era l’invito a collaborare per un nuovo
progetto inteso a “dare un più ampio sviluppo alla crociata catechistica, non
limitandola ai soli giovani, ma estendendola anche agli adulti”, in particolare
operai e gente del popolo, con una più appropriata catechesi attraverso la
buona stampa280.
Era opera che andava oltre l’insegnamento del catechismo. Allo scopo
don Ricaldone e i collaboratori dell’Ufficio Catechistico Centrale Salesiano
ideavano la collana Lux, che comprendeva tre serie diverse di pubblicazioni:
foglietti volanti, libretti di trentadue pagine, e volumi più ampi, destinati a di-
verso livello e con disuguale ampiezza alla diffusione delle Verità fondamen-
tali e più minacciate del Dogma e della Morale cristiana. Ne curava la stampa
e la diffusione a partire dal 1943 la Libreria della Dottrina Cristiana, fondata
presso l’Istituto “Bernardi Semeria” nel 1941, grazie a una moderna tipo-
grafia in esso allestita281.
Indubbiamente con l’indizione della “Crociata catechistica” don Rical-
done aveva inteso richiamare con forza i Salesiani ad una più specifica e qua-
279 Ibid., pp. 289-298.
280 ACS 23 (1943) n. 115, gennaio-febbraio, pp. 215-224.
281 Cf BS 67 (1943) n. 9, settembre, p. 142.

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L’oratorio salesiano in Italia… un contesto socio-politico inedito (1922-1943) 99
lificata fedeltà al nucleo del carisma originario: “Questa Congregazione nel
1841 non era che un Catechismo, un giardino di ricreazione festiva”, scriveva
don Bosco nel 1879 in una memoria alla S. Sede282. Perciò comportava una
più approfondita attenzione al fine ultimo ed essenziale di un’educazione au-
tenticamente cristiana: il rinvigorimento della fede, l’accrescimento della fe-
deltà alla Chiesa, la rivitalizzazione della pratica cristiana, la purificazione
della vita morale. L’istruzione religiosa mirava pure, indissolubilmente, a por-
tare o mantenere gli oratori ad un alto livello di forza attrattiva con le più sva-
riate attività culturali e di tempo libero compatibili con la congiuntura storica
oltre che ad una rinnovata consapevolezza del loro fine primario. Ciò che può
destare particolare ammirazione è che egli non ha solo progettato e messo in
cantiere la sua appassionata “Crociata catechistica”, ma l’ha anche seguita
passo passo, partecipando in prima persona alla realizzazione delle varie ini-
ziative, fino ad essere accanto ai collaboratori nella stessa redazione di testi
catechistici, tra cui il felice corso per l’insegnamento della religione nelle
cinque classi elementari, Il re dei libri. Con altrettanta lungimiranza e uguale
puntuale sollecitudine egli ha anche progettato e realizzato una struttura acca-
demica che all’innovazione pedagogica e catechistica era chiamata a contri-
buire con ricerche e studi di alta qualificazione. Nell’immaginare e organiz-
zare le strutture accademiche del Pontificio Ateneo Salesiano egli volle fin
dai primordi che vi trovasse un posto di eccellenza l’Istituto Superiore di Pe-
dagogia – diventato nel 1973 Facoltà di Scienze dell’Educazione – e che in
esso fossero subito attivati corsi di Catechetica generale, Metodologia cate-
chetica, Storia della catechesi, premessa alla rapida erezione dell’Istituto di
Catechetica.
L’oratorio salesiano in Italia e la catechesi
in un contesto socio-politico inedito (1922-1943)
1. Il contesto ecclesiale e politico in Italia
1.1 Tratti delle disponibilità pastorali di Pio XI nei confronti del nuovo regime politico
1.2 Rapide misure del governo fascista circa le attività formative e ludiche di giovani e
adulti
1.3 Sostanziale conformità salesiana con gli orientamenti di Pio XI e aperture di fatto
al fascismo
2. Conciliazione, conflitti, riconciliazioni
282 Cf Esposizione alla S. Sede dello stato morale e materiale della Pia Società di S.
Francesco di Sales. S. Pier d’Arena, Tip. Salesiana 1879, p. 4, OE XXXI 240.

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100 Pietro Braido
3. Sotto il segno della “fedeltà”: il rettorato di don Filippo Rinaldi e di don Pietro
Ricaldone
3.1 Don Filippo Rinaldi (1922-1931)
3.2 Don Pietro Ricaldone (1932-1951)
4. Metamorfosi congressuali: gli incontri di Bologna e di Venezia (1923-1924)
4.1 Il VII Congresso di Bologna (1923)
4.2 L’VIII Congresso di Venezia (1924)
5. Ritagli di cronache oratoriane di un quinquennio (1922-1927)
6. Incontri e Convegni intracongregazionali (1926-1929)
6.1 Congresso generale delle Compagnie religiose in Italia (1923)
6.2 Marginali riferimenti “oratoriani” nel X Congresso Internazionale dei Cooperatori
Salesiani (1926)
6.3 Debole presenza dell’oratorio nei Convegni degli Ispettori e dei Direttori salesiani
d’Europa e d’Italia (luglio-agosto1926)
7. Convegno dei Direttori degli oratori festivi d’Europa (1927)
8. Cronache di vita oratoriana dopo i Congressi
9. Don Bosco beato, il XIII Capitolo generale e rilancio dell’oratorio (1929-1930)
10. Oratori, Circoli giovanili, Azione Cattolica
10.1 Negli anni di don Rinaldi
10.2 Negli anni di don Ricaldone
11. Mutamenti nell’attuazione e definizione dell’oratorio salesiano
12. Tradizione e innovazione nella pratica oratoriana degli anni 1932-1930
13. Don Bosco santo e il valore aggiunto degli oratori di sua matrice
13.1 Il II Congresso Diocesano delle Scuole Catechistiche e degli Oratori di Cagliari
13.2 Altre celebrazioni
14. Preludi remoti e prossimi alla Crociata Catechistica
14.1 Prodromi in documenti ufficiali
14.2 Il primato della catechesi, inatteso proemio al XV Capitolo generale
15. Chiamata alla “santa Crociata”
15.1 L’ignoranza religiosa male estremo in un mondo dissestato
15.2 L’oratorio “spazio vitale” della crescita giovanile
16. La catechesi in forma di vera scuola
16.1 Le aule catechistiche e i sussidi
16.2 Il metodo
16.3 Ambiguità attivistiche
17. Il “più” e l’oltre catechistico nell’oratorio
17.1 Le gare catechistiche tra mostre e congressi
17.2 Il marchio di don Bosco e salesiano al Congresso Catechistico e degli Oratori della
Provincia ecclesiastica di Cagliari (28 dic. 1941-4 genn. 1942)
18. La formazione religiosa
19. Il tempo libero riscattato: la ricreazione, il teatrino e i nuovi divertimenti
20. L’ignoranza tra gli adulti e la buona stampa “luogo” complementare all’oratorio