1976_RastelloF_vol2_Don_Pietro_Ricaldone_IV_successore_di_Don_Bosco


1976_RastelloF_vol2_Don_Pietro_Ricaldone_IV_successore_di_Don_Bosco



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VOLUME II

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1.3 Page 3

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DON FRANCESCO RASTELLO
DON PIETRO RICALDONE
IV SUCCESSORE DI DON BOSCO
VOLUME II
EDITRICE S D B
VIA DELLA PISANA, 1111 . ROMA
E di z ione e xtr ac ommer ci al e

1.4 Page 4

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Visto per la Congregazione Salesiana
Sac. Eugenio Valentini
Roma, 8-XII-1975
Visto: nulla osta
Sac. Mario Bassi
Roma, 29-XII-1975
Imprimatur
X Giovanni Canesri, Vicegerente
Arciv. tit. di Monterano
Dal Vicariato di Roma 30-l-1976
Esse-Gi-Esse - Roma

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PARTE OUINTA
RETTOR MAGGIORE
(1932-1e51)

1.6 Page 6

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1.7 Page 7

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CAPO XXII
L'UON/O DEL N/ON/ENTO
Bettor Maggiore
D. Ricaldone era salito sulla vetta del monte, elevato al vertice della
gerarchia salesiana dopo aver esercitato con estrema natutalezza impegni e
Lansioni di responsabilità sempre maggiore: fu, di.{atti, successivamente diret-
tore, ispettore, consigliere professionale generale, prefetto generale. Inoltre le
missioni compiute in tutti i continenti dove si era affermata Ia presenza sale-
siana
nella
1o avevano messo in contatto
sua estensione e nell'esefcizio
diretto con la realtà della Congregazione
delle molteplici forme di apostolato; ne
aveva raccolto i palpiti di gioia, le ansie, 7e amarezze, le sofferenze, |e istan-
2e... Infine, quando le malferme condizioni di salute di D. Rinaldi si aggra-
varono e lo costrinsero prima a ridurre e poi a sospendere ogni attività, D. Ri-
caldone 1o supplì in piàno nel governo della Congregazione, vigilando perché
all'infermo fosie risparmiata ogni preoccupazione, che avrebbe potuto essefe
fatale per le precariè condizioni d.l .uor.. Possiamo quindi affermare che la
sua preparazione all'alta catica è fuori discussione.
Una ,lteriore conferma, se fosse necessaria, si ebbe nella elezione plebi-
scitaria,
nente e
al primo scrutinio; e poiché gli elettori
fappfesentavano i confiatelli di tutte le
provenivano
Ispettorie, I
da ogni conti-
lecito dire che
lu congr.gazione vide in D. Ricaldone il salesiano più degno guidarla nel
,oo ."ir.riino, iniziato da D. Bosco, e continuato nella scia del Fondatore,
successivamente da D. Rua, D' Albera, D. Rinaldi.
D. Ricaldone fu I'uomo del tempo; alle sue opere Dio ordinariamente
suole provvedere gli uomini più
La nota caratteristica eJ il
adatti a svilupparle per la sua gloria.
merito specifico del suo rettofato è
la
sale-
sianità;
fedeltà
cioè
allo
f impegno costante di
spiriìo-del Fondatore
seguire le orme dei suoi predecessori nella
ed alle tradizioni. A lui si può applicare
quanto
(e noi
S. Paàlo dice
diciamo per il
di prima della conversione: << ...quanto a giudaismo
Nostro: quanto a spirito salesiano) superava la mag-
gior parte dei càetanei della mia tazza, essefldo io molto più acceso di zelo
per le tradizioni dei nostri padri »'r
1 Gal. 1, 14.
1

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La sua fu salesianità genuina. Egli, che abborriva il formalismo e guar-
dava 7a sostatza, tanto da non temere aperture in campi nuovi, quando eiano
mezzo per un lavoro apostolico secondo il cuore di D. Bosco, si mostrava
risoluto e inflessibile quando era in gioco l'essenza della vocazione salesiana,
anche se apparentemente le opere avevano l'aspetto di esigenze dell'ora, di
attualità,, di opportunità.
Egli aveva colto 1'., unum necessarium »> per la vitalità sempre fresca,
aggiotnata, pulsante del carisma salesiano nella circolare che D. Bosco scrisse
nel 1871. In essa il santo Fondatore patTa dell'unità di spirito e in quesro
D. Ricaldone vide la chiave di volta del suo rettorato. Se ne fece quindi pro-
pugnatore con la tenacia ereditata dagli avi e l'ardore del suo zelo e riuscì
non solo a salvatla, ma a rinforzarla nonostante fosse continuamente insi-
diata dalle difficili condizioni politiche (si pensi alla seconda guerua mon-
diale) e dai rivolgimenti sociali del dopoguerra.
Spesso fu quanto mai problematico il guidare per un'unica traiettoria,
una pluralità di realtà contrastanti, ma lo spirito di D. Bosco incarnatosi
nella fede, nella fermezza del suo 4' Successore riuscì a realizzare l'idea, tanto
che ci fu chi lo chiamò: << Don Bosco quinto >>. un trafiletto grazioso di
Don T. Lupo, pubblicato ne << La voce di Monte oliveto )> ne puntualizza il
significato. Lo riportiamo in Appendice, allegato n. 38.
I Salesiani conoscevano già I'intransigenza del futuro Rettor Maggiore
in fatto di salesianità, di unità di comando e di azione e l'approvarono ferché
una famiglia non è mai tanto sicura come quando è unita, e inoltre chi ne è
capo esercita la missione di padre nella pienezza deTla sua autorità di difen-
sore, di guida, di promotore.
La stima dei confratelli verso il nuovo Rettor Maggiore aveva il suo
completamento in quella degli amici, dei simpatizzanti per Ie opere di D. Bo-
sco e specialmente dei Cooperatori e degli Exallievi, che conoscevano per espe-
ienza la tempra del superiore e I'espansiva cordialità del vero amico, del-
f intimo di casa. La cerchia dei consensi poi si allargava ad autorità religiose
e civili fino a raggiungere le dignità e cariche più elevate.
Echi e risonanze
Forse fu una sorpresa per D. Ricaldone e più ancora per i salesiani la
larga risonanza di approvazione che ebbe l'elezione del nuòvo Rettor Mag-
giore della Pia Società Salesiana, dimostrata da dispacci telegrafici, letterÉ,
stampe, che per vari giorni affluirono sul tavolo dell'eietto. Non erano Ie
solite congratulazioni doverose in linea di tacita convenienza, perché Ie espres-
sioni di felicitazione erano al di Ià del solito frasario convenzionale; avevano
parole fresche, spontanee, pensieri di intima e personale soddisfazione.
Il Bollettino salesiano del luglio 1932 presentando il 4" successore di
D. Bosco riporta solo le felicitazioni augurali delle massime autorità: del Som-
8

1.9 Page 9

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mo Pontefice S.S. Pio XI, interpretato dal Segretario di Stato Card. Pacelli,
di S. M. il Re d'Italia, del Capo del Governo, dei Principi di Casa Savoia,
di Sua Em. il Card. Protettore Gasparri, delle autorità di Torino e di quelle
di Mirabello. Tutte, pur nella loro contenutezza telegrafica, hanno un tono
caldo di amichevole compiacimento, quasi di gioia mal contenuta.
Lungimirante e festoso è il saluto del Cardinale Protettore: Gasparri:
<< Rallegramenti in Domino per la sua preuista elezione... »>. (Dunque era
scontata ed attesa anche dalle autorità che meglio lo conoscevano e ap-
prezzavanol).
Il Prefetto di Torino è dei primi: « Apprendo oru notizia... e mi affretto
rallegrarmene... »>.
Fa eco il Podestà: << Desidero giunganle fra le prime... le mie felici
tazioni >>.
Il più trillante di entusiasmo è il saluto del paese natio: << Mirabello ac-
coglie con gioia indicibile notizia nomina Vossignoria... orgoglioso tanto illu-
stre figlio... ».
Ma I'Archivio del Consiglio Superiore conserva plichi assai numerosi e
voluminosi dei telegrammi, lettere, biglietti, stampe, ecc. pervenuti in quella
circostanza da tutti i continenti.
Vescovi, Arcivescovi di tutte le nazioni applaudono con Avvocati, Dottori,
Professionisti; scolaresche intere contendono il primato dell'augurio con stu-
dentati di teologia, di filosofia, con Noviziati e Aspirantati, Ie case di forma-
zione, Exallievi e Cooperatori. La Spagna tenta di superare L'Italia, ma Roma
è troppo ricca di personalità che presentano le loro felicitazioni... e Torino
troppo rigurgitante di amici inneggianti; perciò la Spagna deve accontentatsi
della gloria di aver ospitato un tanto Superiore nel primo periodo del suo
fecondo apostolato, legando il suo nome all'oratorio festivo della SS. Trinità.
Sintomatici sono i giudizi della stampa.
Quelli che più colpiscono si leggono in due quotidiani torinesi, per nulla
clericali, 7a << Gazzetta del Popolo )> e <( La Stampa >> che danno deI nuovo
eletto un giudizio favorevole, cogliendo gli aspetti più genuini della sua perso-
nalità. La prima soive in data 18 maggio:
<< Esemplarissimo di vita, pronto di ingegno, semplice e affabile di modi,
ma fermo di carattere, D. Pietro Ricaldone è un degnissimo {iglio di D. Bosco,
non soltanto per le sue alte virtù di sacerdote, ma anche per il suo fervore di
italiano >>.
E << La Stampa » dello stesso giorno:
<< Il nuovo Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Pietro Ricaldone, è nel
contempo sacerdote di vasta dottrina e uomo di azione. Tutta la sua attività
passata sta a dimostrare che nessuno meglio di lui sarebbe stato più atto a
reggere le file della vasta organizzazione salesiana... Don Ricaldone ha sempre
rivelato un profondo spirito religioso: tutta \\a sua vita fu sempre informata
ad una disciplina volenterosa, umile, animata da una fede vivissima nella Divina
Provvidenza >>.
9

1.10 Page 10

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<< L'Italia » di Milano sa mettere in risalto anche le caratrerisriche del
sacerdote e del salesiano, il che mostra come il nuovo Rettor Maggiore aveva
già dato prova anche al mondo di essere un autentico figlio della Chiesa e di
Don Bosco: << ... I'amore alla Chiesa ed a Don Bosco, la confidenza assoluta in
Maria Ausiliatrice, quello spirito soprannaturale per cui si lavora non in vista
della terra ma per elevare soltanto anime a Dio... >>.2
Ma fua tanti giusti riconoscimenti, fra tante acclamazioni di cuori affe-
zionati, pteziosissime sono cinque lettere che pur sforzandosi di prendere tono
aulico per mettersi al livello delle felicitazioni di tutto il mondo, alla fine tra-
discono Ia loro umile origine, l'umanità calda, profonda, la genuità dell'affetto:
sono cari, semplici compagni di scuola.
Il Canonico Eugenio Berek si fa ricordare come << l'antico compagno di
Borgo S. Martino ». L'Ex Segretario Comunale di Mirabello Giuseppe Galli
è << l'affezionato amico dell'infanzia e di leva >> che a Borgo S. Martino, rugaz-
zetto di 10 anni, conobbe Pietro Ricaldone, che D. Bertello (il direttore) con-
siderava il primo nella scuola di musica.
Il Signor Bariona, compagno a Borgo S. Martino che gli ricorda i<< classici
tempi di Don Bertello, di Don rsnardi, di Don Bordine » quando recitava in
teatro e dava il benvenuto a Don Bosco in visita al Collegio. E gli rammenta
anche quando partecipò al dialogo di addio a Monsignor cagliero pamenre per
I'Anrerica... E poi, \\e vacanze a Penango; gli Esercizi Spirituali a Valsalice... che
anni felici!
Luigi De Ambrosis vuole che ritorni più lontano ancora nel rempo: ai suoi
primi anni di scuola, alle prese col sillabario, l'aritmetica, la storia e la geo-
grafia sotto i maesmi Angelo Manfredi, Pietro Gabotto, Giovanni Sepelli e
Gerolamo Ricaldone suo cugino.
Deve aver sorriso di compiacenza il novello Rettor Maggiore leggendo
tanti cari nomi e nella sua umanità affettuosa, buona, ecco dare vita a quei
volti, colorire quegli anni lontani... riviverli per qualche istante.
A Roma
Il 30 maggio D. Ricaldone parte per Roma. I1 giorno seguente dopo aver
visitato il Card. Facelli e il Card. Gasparri, fu ricevuto in udienza privata dal
Santo Padre. Pio XI si compiacque dell'omaggio di filiale devozione che il
nuovo Rettor Maggiore gli presentava a nome di tutta la famiglia salesiana e
commentando la breve relazione fattagli sullo stato dell'opera di Don Bosco
faceva voti che si conservasse l'unità de1le menti nel cuore del Fondatore per
poter attuare le aspirazioni di zelo e le ardite conquiste nello sviluppo delle sue
opere. Manifestando la sua compiacenza per il numero elevato di giovani ascritti
osservava: << così potrà essere più accurata e più severa la scelta ». Alffo
2 Bollettino Salesiano, l' luf,io 7%2.
10

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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morivo di soddis{azione per il Pontefice furono le notizie riguardanti gli Istituti
Missionari e le Missioni, dove lavoravano in grande armonia Salesiani di diverse
nazioni.
A conclusione dell'udienza il Papa con paterna effusione benedisse f intera
Famiglia che forma l'Opera di D. Bosco: Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice,
Coopetatori e benefattori, allievi ed ex allievi.
Il giorno successivo, 1" giugno venne ricevuto da S. Maestà il Re Vittorio
Emanuele III. Poi si dedicò ai confratelli romani e alle loro opere.
Al lavoro - Programma d'azione
Di ritorno a Torino riprese, più che iniziò, il regolare pondus diei. Non
aveva molto da modificare o da aggiungere alla sua già intensa giornata: essa
si aggravò più che altro di responsabilità e di sofferenza.
L,o chiamavano un po' da per tutto, e primi gli Ispettori dell'Italia e le
Figlie di Maria Ausiliatrice; ma fu egli stesso che diede un indirizzo e una
meta ai suoi viaggi: le Case di formazione.
volle cominciare da questi semenzai e vivai della congregazione che già
come Prefetto Generale era solito {requentare, alimentando nei cuori fiamme
di spirito sacerdotale e salesiano.
La prima visita fu alla << Crocetta » dove era di casa; la Comunità atten-
deva al corso annuale degli Esercizi Spirituali, e vi si recò per offrire I'occa-
sione di un contatto personale coi singoli Confratelli e dare i tradizionali Ri-
cordi alla Comunità.
Una visita che assurse a dimosmazione augurale da parte delle autorità
locali, degli amici ed exallievi fu quella del 14 luglio all'Istituto Missionario
Card. Cagliero di Ivrea che ospitava 200 aspiranti. Qui D. Ricaldone con le
affettuose mani{estazioni dei giovani ricevette il saluto di S.E. Mons. Filipello
Vescovo della Diocesi, accompagnato da una quarantina di sacerdoti del suo
clero, venuti a conglatularsi con lui ed a esptimergli tttta la loro compiacenza.
Luglio-agosto: fu un passare da una località al7'altra dei vari soggiorni
estivi dove si trovavano aspiranti, chierici studenti dei corsi filosofici e teolo-
gici. Nei tre mesi successivi ebbe il conforto di dettare i Ricordi a molti gruppi
di esercitandi e di presiedere alla funzione suggestiva della « vestizione >> in
alcune case di Noviziato.
Non dimenticò suore e novizie; erano anch'esse sue figlie e speranze vive
per il domani dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Fra tanto susseguirsi di visite, volle accontentare i suoi compaesani che,
non soddisfatti di avergli mandato, per mezzo di una loro rappresentanza, 11
giorno dopo la sua elezione, un artistico calice come espressione tangibile delle
loro più vive felicitazioni, lo volevano a tutti i costi a Mirabello. 11 Partoco
ed il Podestà furono gli ambasciatori autorevoli della popolazione. Si recò
11

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a Mirabello nel mese di settembre e si fermò tre giorni, con grande soddisfa-
zione di tutti.
Ripotando 7a cronaca dei festeggiamenti la << Vita Casalese )> scrisse.. <<La
nobile e cara figura dell'uomo di Dio, che nel dolce atteggiamento della per-
sona, nello sguardo sereno, nel sorriso paterno rifletteva I'interna grazia che
iI Signore concede ai suoi servi fedeli, richiamava in ogni momento, la santa
figura di D. Bosco che i nostri ospitali colli monferrini avevano salutato ed
entusiasticamente acclamato molti anni prima. Don Bosco ritorna dunque (...)
e Mirabello e la bella plaga Monfercina ha rinnovato attorno al suo successore
Don Ricaldone, 1e scene di entusiasmo, di fede, di amore >>. 3
La prima lettera-circolare
Ricalcare D. Bosco, rivivere D. Bosco integralmente, perpetuarTo attra-
verso le sue opere, fu sempre f ideale di D. Ricaldone e subito 1o disse ai suoi
figliuoli nella prima lettera circolare diretta a tutta \\a Congregazione: << I1 mio
primo saluto è una preghieru. La nostra Società non è più nelle mani esperte
del Beato D. Bosco, di D. Rua, di D. Albera, di D. Rinaldi: aiuratemi ad otte-
nere dal Signore che nelle mani del vostro Rettor Maggiore non abbia ad affie-
volirsi il fervore del suo zelo e il ritmo della sua espansione... >>. E con-
cludeva: « A Lui (D. Bosco) Maestro e Guida, teniamo costantemente rivolto
1o sguardo per attuarne integro il programma, calcarne fedelmente le orme e
perpetuarne lo spirito nella molteplicità delle sue opere )>.
concetto direttivo, che rivela la passione dominante della sua azione fino
all'ultimo respiro.
Nel primo periodo (1932.45)
Che avesse ricevuto da natura il talento di organizzatore lo aveva dimo-
srato chiaramente e in
talento e f intuizione
modo speciale nella carica di
delle necessità dell'ora che
Prefetto Generale. Questo
richiedevano una risposta
pronta, concreta e fattiva, sfociarono immediatamente nel primo decennio in
una intensa attività interna per la formazione religiosa dei salesiani e Ia disci-
plina del loro apostolato, fino a raggiungere la vetta della creazione di un Ate-
neo con Facoltà di Filosofia, Teologia, Diritto Canonico e Istituto Superiore
di Pedagogia.
I'a Canorizzazione di Don Bosco e la Beatificazione di Madre Mazzarello
gli ispirarono l'audace impresa dell'ampliamento della Basilica di Maria Ausi-
liatrice e quell'alffa pure grandiosa della raccolta e sistemazione de1le norme
pratiche, che esprimono 1o spirito salesiano.
3 Bollettino Salesiano, ottobre 1932.
72

2.3 Page 13

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Questa seconda impresa 7a rcalizzò anno per anno, dettando elabcrate cir-
colari a commento delle strenne.
Periodo ricco di impotanti costruzioni materiali come 1'Istituto Agnelli
in Torino e quello Bernuìdi Semeria al Colle D. Bosco, ma molto più di isti-
i"rioni apost;liche, vere pietre miliari per la Congregazione_: l'Ufficio Catechi-
stico Salàsiano, 1a Libreria della Dotffina Cristiana, 1o sviluppo della stampa
cattolica formativa con nuove collane culturali ed ascetiche e con la diffusione
di operette di contenuto catechistico popolare.
ìu g,r"r.u fermò in parte tanto tuii.rppo di opere, ma mise ancor più in luce
lu t...rp.", di condottiero e di padre del superiore. opere e case disffutte e
requisite, confratelli e Figlie di Maria Ausiliatrice dispersi, rutdagi, seviz.iati,
*o.ti, to.trrarono il suo"cuore di padre. Pure dal gemito che la fede offriva
,l Sigro." in umiltà di cuore, sbociiò sempre \\a speranza e l'energia indomita
di riparare, sostenere, dedificare.
I più vicini lo ricordano tra le macerie dell'ala di fabbricato della Casa
Madre udibito a camefata degli studenti. Non ebbe che una frase, come un
sDo.spBi<ro<osSceeomu,nupapre.pr'.rruueÉgirnhofieo, rnatdr.a.en<req<Suciiaollrofaa,gtfgtiadioelanatnSecShn.emelaal'aiVisuoutlooonidtfàiigdMliuiaoDriliaios.ApDuaerssioliiaigntrraicttuieatste!o>d>i,4li
mondo >>. Così 1o ftatteggia D. Terrone che gli visse accanto in quegli anni,
terribili per lotte interne, guerre, persecuzioni, partiti, pericoli di ogni genefe,
minacce.
Le doti del Superiore
Ma soprattutto fu guida impareggiabile per la prudenza vefamente ecce-
zionale unila sempre ad esemplare coraggio, quando ne era i1 caso, con cui
diresse i suoi figli. Anche per la politica e
fedelmente gli Àsegnamenti di D. Bosco,
i pubblici avvenimenti « egli seguì
fece e inculcò ai suoi figli di fare
niente ult.olh. il proprio dovere: cioè essere buoni religiosi, non immischiarsi
nella politicu, luroiuri, tacere, fare del bene
Ég11 ne dava l,esempio, non rimanendo
a tutti, pregare »' s
però mai con le--mani
in
mano.
Agiva ion 7a diplomazia^propria dei ministri di Dio, che nella fede colgono
l,Jra di Dio e, ..urtrrrdo gli i.rt..u.nti o le prudenze puramente umane, inter-
veniva tempestivam.nt. dJu. 1o richiedeva li catità, la salvezza delle anime, la
difesa della Chiesa e della Congtegazione.
atinccohlae<<riPasoltsiresmopoaesttrtrseaosvntaaenreoill-uensttursisc,ifabivseetni,eDefsa.atTtlotearnri,rdoovniesf iitl-alutmorciinh, eautstacaensnatdgiogneodzzsaatrudi dIisieDpne.ztetRoipcraiarle--
done, la sicutezza di consiglio unita a singolare discrezione >>'
4 Cronaca di Valdocco, l0 novembre 1942, Archivio di Casa Madre'
s Testimonianze di Don Terrone.
t3

2.4 Page 14

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Tutti 1o stimavano proprio perché olre ad essere al corrente dei pro-
blemi sociali e degli avvenimenti politici, egli non si legava mai a partiii o
fazioni, anzi sapeva dire la sua parola con frànchezrn, unÉ.- se con sana diplo-
mazia, a chiunqr-re, quando si trattava di difendere la fede, la giustizia e la
morale.
Questa prudenza
mondo. Anzi gli dava
difensiva e
la capacità
direttiva non lo chiudeva
di valutare esattamente iI
agli uomini e al
momento srorico;
1o faceva attento,
rio, industriale e
studioso della questione
Io rendeva disponibile
operaia,
ad ogni
del progresso tecnico, agra-
richiestà. come godeva'di
imdiSetdatelierrisegiaeannitsiaevdrevivizasincoouodildiee,madtioni iaseztrisei pnnedereilml,edevniatianrtideoupnseatrzrieiop,nrpiim,rodigiiraaumtomrii,tàagregliiogrionsaemeenctiivcihlie,
Gli dava anche la capacità di valutare le doti ed i
vidui e di saperli quindi valorizzare a vantaggio della
talenti
chiesa
dei singoli indi-
e della" congre-
gazione. A quanti lealmente cercavano i veri interessi del bene, della fede, dllle
pi_me, del progresso, egli dava piena confidenza; cercava, favoriva, provocava
la loro
lui, la
collaborazione. Era allora
fatica non si sentiva e il
un motivo di gioia ..r,.rriurrnurrre
bene si moltiplicava.
lavorare
con
cità
Qu_esta preveggente
di lavorare e di far
l,aovco'laraterezzdai
questa meàitativa vigilanza
D. Ricaldone, fece d".1 ,,ro
e questa capa-
capitolo Supe-
riore, una unità dinamica,
Se li scelse Lui i suoi
mobilitante forti
collaboratori.
personalità
in
un
comune
ideale.
D.
Nella sua elezione.
Ricaldone, valendosi
a_ Rettor Maggiore ner 1932, a nessuno sfuggì
dell'art. 67 6 delle Costituzioni, si fosse cercato
come
lui il
lacs'Iufis{loeipd;eaPttctrooehreflie,aitatvoSlea.sGsFceeranacrenihcrcaaiealsemdconiaetcdolol,ainlusspiiagedlleriaseslorl,'enAparpg..dreoni.fertDis.n.sa..i"opDniaec.loterGnosaioiBgbrrge.ìeirorrAuesntGi.,t.oeÉgnni,iàeorIsaIcspÈape;nettdetotero.laeraev,edsdgesiee-l
Consigliere Generale.
Egli stesso 1o attestò con semplicità come atto legittimo per l,aft.67:
<< Dopo_ aver pregato e seriamente ri{lesso e chiesto cansiglio,^ mi parve di
dover destin^re... rr.'
fu
Fu un atto autorirario? Se si
piuttosto un atto di saggezza
giudica nel
di governo.
contesto
s Atto
del programma di
urrori,rr"io sembrò
unità
pure
gepa.srracismeorranleuctciroihmeAcelhretntest.ctiaorn6a.ett7oesl.remSdCìapiignalonasosictooruaecnl.rciolgumsinuceeoedssmiscdseahbinnerentoreio.ds,ipe,i.ipil.ùeCRraaemdpttaioottorrtoltoMe;-aoSÀgugiipeioe,rorreiloaurarlernfaf.idnd.urre.rrre-ri-rfriàirlr...;inrtrr;à,ic.ar;;.r;;.icc;ai*dli.;s1eeàpi rdiaoe{npuln.eisiolele,.s_usrfpeiffinoic.ntiirooioà
cmi«lheS-eRmeednbteta]eorv4ilrLleeadC.oceeuoSllssertrCize,gisadorsepen2o.ielt4opTsdlruoegiemosilu»taandgmu(inMr4ooieteventolo1mtos9Reo_e)2sprecis,aetotetonenmBr.rioin5opMo8gfliaesr.dagtsifgiìailcitDoohnreoeup,nemv_XereB-nVro!iossIscIce,.oor.a2nèri6mdoinea0nni.)fc.a.a;1vr".eo;"Ér.qe?u1"adÈilec;-hlla-'e;a-".-gìpm'iIrp"iee-.-img-.Òdn"birtriio,Dpld."e.rR.lriCciielaa-ldpr;;loitl;noi;ielo;:,
I4

2.5 Page 15

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ad alcuni la proroga del Capitolo Generale del l9)5, rimandato al 1938, dietro
sua richiesta, dalla S. Congregazione dei Religiosi.
Negli « Atti » del Z4 settembre 1934 espose
i
motivi
di
tale
richiesta,
motivi vari, secondo ragione, validi...
Nel 1917 chiamò pr"$o di come
Consigliere
Scolastico
Generale
D'
Re-
Inrpat.ottozri"gÉgi»o.ttei
<< che lodevolmente aveva speso le sue attività
E perciò non mancarono sottolineature e
nel governo di due
rilievi: il Capitolo
Superiore era praticamente creazione << Ricaldoniana »'
pmpoeesrnteovC;oeaplropotanetemrtveea;nteÉprinorarhtrec.veir,aredrupaur.n.taicoorprenoitdà'teosmdtctoiipemeDroroa.,dmRopeiocanatteclidvhfoaoinnetinio, tnsicmioaaomvpreeievrreaildialsonutsiioumioneetdedpilnlieiaùtmvtueipsdaamulivtoiecdoeeompeie-l
suo zelo apostolico.
Ma chi non si accontentava di guardare l'uomo nel suo aspetto superficiale
e cercava in D. Ricaldone il pro{ondo e autentico significato della sua mis-
sione, scopriva in lui I'uomo del momento scelto dalla Provvidenza per pro-
,egrrire l,op.ru di D. Bosco, sentiva che la sua fermezza eru \\a fotza necessaria
p.-. .o.rrolìdare la Congregazione nel suo spirito, nella sua missione specifica,
.r.1 ,ro metodo
coincideva con
educatùo ln un'era storica in cui il
una continua evoluzione sociale e
suo vertiginoso diffondersi
politica di popoli e paesi'
Giubileo sacerdotale
Un avvenimento che servì a mettere in luce la figura di Don Ricaldone
come
fu il
anima sacerdotale, come
suo giubileo sacerdotale;
superiote e fedele continuatore di Don Bosco,
ricoruenza grandiosa che si ilasformò in vero
^perrrrloIanpCuroo.ni.guargeafg"na,dzpiiosentierc.om, osletinzuanaintreivnezliaoznieonper:eoprodicinhaétale, inattfeasvtoazreiondiedl si usotimlaavofruo-
rono tali e tante e così qualificate che se anche vi fosse stato qualcuno che
non avesse potuto u.r.o., ofientarsi nel ritmo lavorativo di D. Ricaldone e
nella sua spiiitualità salesiana così austera ma così apeta al progresso, doveva
prendere àr.i.nza della realtà dei fatti, ricredersi e guardare con benevo-
l^.nru q,r.r,o geniale Rettor Maggiore che nella superiorità rimaneva salesiana-
ment. prdr. è p..r. -.,r.rrdori gara con i più esperti e capaci imprenditori
tecnici rimaneva sempre sacerdote ed educatore.
pilr-oi,viaMzi.aonaci thftrriilbpouiv,tad.rerogoglinDai .lrtiRruisicrcaimiltdaaonsaeell'ascoihufàptorneesdioliaeMsuaqaruiuaamsAiilsubsaiclliooanrfodicsitceoe,vpadeibrDetna.enBtieossuacopo-,i
all'opera sacrificata dei suoi confratelli e figli carissimi.
e A.C.S., 24 maruo 19)7, n. 80
t5

2.6 Page 16

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ordinato il
prima S. Messa
il2728m) alaggcioelerbBr9az3ioaneSidveigllisau(oDg.iuRbiicleaoldosnaercearvdeovtaalecevleebnrnaetofisIa-
sata
perciò al
Il primo
27 maggio 1943
a voler ricordare
nel
tale
Santuario
data fu il
di Maria Ausiliatrice,
sommo pontefice pio
in
xII
data 16 Maggio gli mandava un suo autografo affettuosissimo, vero
Torino.
che in
panegi-
rico di
in cui
D.
lo
Ricaldone
ricevette,
e del suo operare. Il Rettor Maggiore confessò che la sera
rimase emozionato, baciò affettuosamente il manoscritto,
lo lesse in ginocchio con la
preghiera per il S. Padre. 10
più
profonda
commozione
e
poi
si
raccolse
in
ll Papa nel1a sua lettera augurale dichiarava apertamenre che voleva ren-
dere « una pubblica e gradita testimonianza della ltima e benevolenza >> sua
alla persona di D. Ricaldone e, sottolineando le benemerenze della sua azione
di superiore
tutto il suo
della Società salesiana, metteva in luce i punti programmatici di
rettorato: f impegno costante perché nella Società dei Salesiani e
nell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice << si conservasse fedelmente e
si coltivasse
il fervore di
efficacemente
azione dando
lo spirito del Santo Fondatore Giovanni Bosco >> e
<< largo impulso all'apostolato missionario >>, promuo-
vendo << gli oratori festivi e f insegnamento del catechismo alla gioventù e al
popolo coll'aggiunta anche di una nuova Libreria ecclesiastica >> e fondando
<< orfanoffofi e scuole professionali e agricole accresciute in numero e rendi-
mento ».
Il Papa poi, quasi a propo*e un modello da imitare in quegri anni così
tristi del suo pontificato, bersagliato da ostilità di ogni genere, ìrultrru l,attac-
camento alla S. Sede di D. Ricaldone:
« si deve passare sotto silenzio il devoto ossequio che tiene strettis-
simamente unita codesta Società alla sede Apostolica À a Noi, secondandosi
in essa scrupolosamente le raccomandazioni e i desideri di quella e Nostri ». 1r
Grande confusione provò D. Ricaldone anche per le parole del cardinale
Arcivescovo di rorino, s. Em. Maurilio Fossati, ch. uu.uà partecipato in ma-
niera << così piena, così cordiale, così paterna alla celebr^rion, del suo Giu-
bileo ».
Solo alcuni vescovi avevano potuto essere presenti di persona alle varie
mspaonsitfaersstai zdioaniu, ndaaltoecIaelitcàritaicllh'aeltrcao,nmdiaziomnoi ldtiissgiumei rCua.rhdi.nanloi e, pperremlaetttieavvaenvoandoi
fatto giungere le loro felicitazioni.
munifico dono di un calice per la
Il
S.
card. Gasparri aveva
Messa del festeggiato.
p-cet-rrsi intiorainpvpiraestoeni-l
tava tutti era certamente il Card. Fossati. euesti volle dirlo espressamente e si
ftovò perciò al fianco del IV Successore di D. Bosco anche nella dimosrazione
familiare dell'accademia, tradizionale nella famiglia salesiana, insieme con I,Ar-
civescovo salesiano Mons. Guerra, i vescovi Salesiani Mons. Emmanuel, Mons.
coppo, Mons. Rotolo e con gli Ispettori e Direttori deile più vicine case e
r0
11
Bollettino Salesiano,
Ved. in Appendice il
l" giugno 1943.
Teito-dell'Autografo
di S.S. pio XIL
16

2.7 Page 17

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il
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D. Ricaldone al Pio Xl, con D. Candela, D. Botolo, D. Bondi

2.8 Page 18

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2.9 Page 19

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Ispettorie. Attese che porgessero i loro voti augurali, figli, amici e ammira-
toti, poi si alzò Lui, il Pastore della Diocesi, il rappresentante del Papa, e fece
segno di parlare. Ebbe parole semplici, affettuose per un doveroso riconosci-
mento di opere mirabili e di visibili benedizioni divine; poi, alla fine, ter-
minò con una conclusione inaspettata, ascoltata con la più profonda commozione
da tutti e che ancora oggi lascia pensosi perché segnala l'azione provvidenziale
del 4' Successore di D. Bosco, così preveggente, così aderente alle esigenze di
quell'ora storica. D. Ricaldone era veramente l'uomo del momento.
Così si espresse il Cardinale:
<< Hanno parlato i Cooperatori Salesiani, hanno parlato gli Ex Allievi,
hanno parlato i giovani di tutto iI mondo. E sta bene! Ma se in questo giorno
hanno parlato anche i Vescovi della grande Congregazione, se Ia stessa voce
del Vicario di Cristo è risuonata soave, confortatrice, come armonia di cielo
in questa accademia, è pure necessario che l'Episcopato di tutto il mondo rin-
grazi oggi il Rettor Maggiore del bene immenso che la Pia Società, da lui
saguiamente governata, in tutto il mondo sta svolgendo. Ebbene, a nome di
tutti i Vescovi della terra io vi ringrazio e dal più profondo dell'anima: vi rin-
grazio in nome di tante famiglie delle quali educate i figli, in nome dei numerosi
orfani che già avete accolto e che accoglierete nei vosri Istituti; ed auguro che
ancora per molti anni possiate continuare in questa vostra mirabile attività, a
gloria di Dio ed a beneficio delle anime »>. 12
D. Ricaldone era visibilmente commosso per tale ringraziamento, e ne
godette nell'intimo poiché, dimentico di sé, vedeva nell'approvazione della
Chiesa l'approvazione di Dio, e con I'approvazione Ia benedizione divina sui
suoi confratelli, sui suoi figli, poiché tutto si doveva ai Salesiani, alle Figlie di
Maria Ausiliatrice, ai Cooperatori e benefattori che sotto le direttive della
Chiesa promuovevano 1o spirito di D. Bosco nel mondo.
Guardando poi alla sua persona << invocava l'aiuto di tutti per ottenere dal
Signore perdono delle proprie manchevolezze e per poter corrispondere sem-
pre più adeguatamente alla tremenda responsabilità della sua missione. 13
Etficacia della celebrazione
Questi festeggiamenti, sebbene limitati dalle condizioni belliche nelle loro
manifestazioni esterne, incisero però ugualmente e in profondità sugli animi.
D. Berruti, come Prefetto Generale, aveva preparato la celebrazione giu-
bilare chiedendo adesioni di preghiere e di opere: vocazioni, aiuti per gli
odani e rcalizzazioni in campo catechistico, sapendo che erano le aspira-
zioni più care del festeggiato. ra
12 Bollettino Salesiano, 1' giugno 1943
13 Bollettino Salesiano, 1" giugno 1943
14 Lettera circclare del 12 aprile l9$.
L7
2

2.10 Page 20

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Ma fu la celebrazione in se stessa che diede a tutti i Salesiani Figlie di
Maria Ausiliatrice e Cooperatori la possibilità di prendere coscienza chiara del-
l'orientamento di lavoro plogfammato dal Rettor Maggiore, della traiettoria su
cui egli li guidava e faceva aya;flzare f intera Congregazione'
Infatti spesso capita che a chi lavora in un settore specifico, a chi è ai màr-
gini o adibito, per così dire, ad un particolare, ad un dettaglio del lavoro d'insie-
me, possa sfuggite I'unità dell'opera e non si renda conto della meta verso cui
camminare e a cui è protesa una grande impresa seguendo vie capillari.
Chi aveva fissato Io sguardo sul Rettorato del Nostto nel periodo L932-45,
avveftiva facilmente come egli avesse condotto tutti su cime di vette, dalle
quali si poteva vedere, ora chiaramente le lunghe strade, i viottoli impervi,
le scalate che ognuno e tutti insieme avevano dovuto fare. Chi aveva fissato la
meta, chi aveva scelto vie e scorciatoie, chi aveva suggerito mezzi o fornito
attrezzatùte adeguate, efa stata la guida: D. Ricaldone. Questo fu riconosci-
mento universale.
D. Favini dal pergamo fissò l'attenzione sulla persona del Rettor Mag-
giore; D. Berruti preferì invece tratteggiare la sua azione direttiva, ma sia
I'uno che l'altro diedero una panoramica esatta di ciò che D. Ricaldone era e
incarnava e
L'aver
di ciò che
incentrato
la Società Salesiana
tutto il dinamismo
d^vi eDv^.
realizzato con Lui a capo.
Ricaldone nel suo Sacerdozio
fu la nota più vera e più illuminante per spiegare tale e tanta capacità di dona-
zione e di costanza.
Tutto il suo essere di salesiano e di superiore e tutto il suo divenire
di uomo di azione e di capo
eminentemente sacerdotale,
fu
col
<s< iumbpliemgenaptoro-gramdismsea
D.
di
Freadveinnizi-onei,ndfuinezlieovnae-
zione e di santificazione che è proprio del sacerdozio cattolico »>.1s
Perciò fu << Araldo di uerità »> nel cogliere le correnti culturali aberranti
contemporanee e nel potre subito i presupposti per una cultura religiosa ade-
guata con opere colossali che avremo modo di studiare nelle loro finalità apo-
stoliche dettagliate.
Fu << Dispensatore della grazia >> e incrementò la pietà eucaristica e la
devozione marianr^ ampliando e abbellendo la Basilica di Maria Ausiliatrice,
promuovendo l'erezione, il decoro di chiese e cappelle e favorendo quanto
potesse portare le anime alle fonti della Redenzione.
Nel lavoro, si può dire quasi del tutto pefsonale, di raccogliere, ordinare,
valotizzare in pratiche applicazioni lo spirito di D. Bosco in un corpo organico
di circolari vero <( commentario classico della Regola >>16 c'è iI << Tutore della
Giustizia>>. Giustizia che studiò anche su più larga scala impegnandosi per
una soluzione evangelica degli ardui problemi della questione sociale, della
questione operaia, con Ia promozione di nuove scuole professionali per tecnici
meccanici, per agricoltori qualificati.
rs Bollettino Salesiano, 1o giugno 1943, D. Favini.
16 Bol1. Salesiano, 1o giugno 194), Parole augurali di D. Berruti.
18

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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La guema poi disseminando in tutte le nazioni migliaia di orfani, lo trovò
pronto << Apostolo della carità » poiché senza badarc a sacifizi mise a dispo-
sizione di questi poveri figlioli non solo le case sfuggite alla tormenta delle
incursioni e delle devastazioni belliche, ma ambienti nuovi, chiedendo ad ogni
Ispettoria l'erezione di un orfanotrofio.
E fu anche << Pioniere di ciuiltà » perché mentre soccorreva figli dispersi
e prigionieri, non perdeva d'occhio Ie terre lontane dell'Oriente e dell'America,
da lui visitate e così promettenti di bene se si fossero aiutate a imbeversi
della civiltà cristiana, l'unica capace di elevare e perfezionare tutto l'uomo abi-
litandolo e accreditandolo alla più alta valutazione della vita. A queste terre
non cessò di mandare schiere di missionari, soretti e incoraggiati dal suo fer-
vore di apostolo.
Lavoro unitari.o
Questo lavoro aveva richiesto un consolidamento di opere e una qualifi-
cazione di personale, perciò 7a cteaziore di organismi nuovi, il sorgere di
istituti di perfezionamento tecnico per i confratelli coadiutori e di formazione
sacerdotale per i chierici; piani di rilancio; mobilitazione di persone e di
forze impoverite dagli orrori della guerra; ricerca di mezzi materiali per soste-
nere opere parahzzate e sowenire alle nuove creazioni. Come D. Ricaldone
aveva potuto rcalizzare questo piano di opere? C'era stata la collaborazione
unitaria di tutta 7a famiglia dei Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, Coope-
ratori, Exallievi attorno al loro Padre; collaborazione intelligente, amorosa,
spesso eroica di ognuno. Forse questa fu Ia più grande rcalizzazione di D. Rical-
done che del tadizionale spirito di famiglia aveva colto l'essenza: l'unità. Egli
nel lavoro apostolico, nel far lavorare tutti in forma organica per I'avvento di
Cristo e della pace nel mondo, aveva scavalcato e fatto scavalcare individuali-
smi, personalismi, egoismi; a tutti era brillato innanzi l'unico grande ideale
della salvezza delle anime. E quell'unità ebbe la sua ora di effusione nel Giu-
bileo Sacerdotale di D. Ricaldone: <( mentre l'odio imperversa e le nazioni si
distruggono a vicenda, i vostri figli di tutto il mondo senza distinzione di
patria e
fettuose
edidriutzaznata-
tepteorteézzaassdearirefatDp.eBnsearrreutai l-l'affveittionvdieainporiemspireSsasleiosniai nciopseì raif-l
loro incomparabile Padre Don Bosco »>.
Ed era affetto espresso non solo a parole ma concretato nell'azione, a
partire dai Cooperatori che interpretati dal Conte Senatore Rabaudengo così
si espressero: << I Cooperatori, attr^tti da voi, sintesi mirabile di virtù opera-
tive e contemplative, capo e guida esemplare che la preghiera rendete soccor-
rimice dell'azione, come vi hanno seguito ed appoggiato fin qui, così {aranno
in avvenire, per le vie che voi, ispirato da D. Bosco Santo indicherete. Rivol-
19

3.2 Page 22

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getevi pure loro a cuore aperto ed essi entusiasticamente risponderanno al vo'
sro appello >>. 17
Don Favini confermava l'adesione fedelissima di tutti i Salesiani, delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice e degli Exallievi, ricordando tutti i figli vicini e
specialmente quelli lontani, che testimoniavano il loro attaccamento alla Con-
greg zione, alla Chiesa, sui fronti di battaglia come soldati e cappellani, nei
campi di concentramento, dispersi, profughi e randagi, impediti di lavorare
dall'odio rivoluzionario, o aggravati di lavoro e sfiniti di stenti in missioni vaste
e prive di mezzi. Non dimenticò le numerose vittime, sigillo sacro di sangue
del suo sacerdozio; non c'era Nazione allora che non avesse i suoi martiri. E
mentre l'odio di parte distruggeva il mondo, la Famiglia Salesiana, composta
da uomini di ogni razza e fl^zione, sotto Ia guida di Don Ricaldone rcalizzava
in Don Bosco I'unità con una dedizione totalitaria. E proprio questi uomini
e questo Capo costatarono quale meravigliosa fecondità conceda il Signore a
chi vive nel suo amore e diventa << unum >> in Lui coi fratelli. In undici anni
di rettorato i Salesiani videro sbocciare ben 235 nuove Case e le Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice 239; 1650 furono i Missionari inviati nelle missioni e si poteva
contare ogni anno su 1000 novizi salesiani e su 800 novizie Figlie di Maria
Ausiliarice.
A suggellare tanta benedizione divina c'erano ancora i segni dell'appro-
vazione della Chiesa sulle due Congregazioni: D. Bosco Santo, canonizz^to
con un plebiscito di onoranze che non si riscontra negli annali della Chiesa;
Madre Mazzarcllo Beata, glorificata anch'essa da Pio XI, e dieci Cause di Servi
e Serve di Dio in corso.
Le celebrazioni più significative
I1 Giubileo Sacerdotale di D. Ricaldone celebrato mirabilmente dalla stessa
realtà storica dei fatti più che dalle esteriorità, possiamo dire che {u pausa be-
nefica, necessaria; una sosta di silenzioso fipensamento dopo undici anni di
attività dinamica; invitò a ingraziare il Signore dal profondo del cuore, a guar-
dare il futuro con maggior slancio di {ede e di azione.
Fu come qr-relle battute di silenzio delle grandi composizioni musicali,
indispensabili per immergersi nel brano appena udito, necessari per poterlo go-
dere nella sua unità e gustarlo nei particolari del suo insieme.
Questa sosta tutti 1a vollero e la usufruirono ciascuno secondo le possibilità,
contendendosi il festeggiato che non potendo accontentafe tutti si concesse
patelnamente ai più vicini anche se i più meritevoli e i più bisognosi fossero
allora i più lontani.
Così, nonostante la giornata colma per le varie manifestazioni e inconfti
che si succedevano ininterrottamente, la sera del 27 D. Ricaldone non deluse
17 Bollettino Salesiano, 1" giugno 1943
20

3.3 Page 23

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i fanciulli di Sassi che per Lui avevano preparato un trattenimento ad boc;
e si movò con loro.
L'indomani fu tutto per i suoi figli di Piossasco: gli ammalati, rappre-
sentanti di tutti quelli che, vicini e lontani, testimoniavano con una vita di
sofferenze fisiche, oltre che morali, il loro attaccamento alla Congregazione.
Quindi la Messa anniversaria della sua prima celebrazione la celebrò per gli
ammalati, che furono vivamente tocchi da questo suo delicatissimo pensiero.
Poi di giorno in giorno cercò di accontentare un po' tutti: Salesiani e
Figlie di Maria Ausiliatrice, nelle cui Case trovava sempre in folto gruppo i
Cooperatori, le Cooperatrici e gli Exallievi in festosa adunanza per felicitarsi
con lui. Nel suo diario sono segnati in progresso cronologico le seguenti tappe:
lleanMgoo.gPliaoi-unaCurimprieasnaa -di tCeorillbeilDi .inBcuosrscioon-i trBoangcnòoilov-iaggMi. ntalenghe - Bol-
Sembrò allora, più che mai, che il Signore avesse concesso uno squarcio
diazzurro, giorni di calma, Ianciando un arcobaleno di pace tra aprile e giugno.
Ma c'era ancora Mirabello, il paese natio, che voleva congratularsi col suo
illustre concittadino, per cui D. Ricaldone dovette trovare tra il cumulo di la-
voro, un giorno libero, da dedicare tutto alla sua terra, e fu il 6 settembre.
I,l Bollettino Salesiano dei mesi successivi non poté dare notizie delle
giornate commemorative svoltesi nelle varie Case Salesiane, ma a tappe riu-
scì a radunare in elenchi le varie adesioni. Quante! Veramente tutto iI mondo
religioso e civile festeggiò D. Ricaldone! Però senza fare torto a nessuna casa
salesiana, non potevan passare sotto silenzio le celebrazioni spagnole e in parti-
colare quelle di Siviglia; nel numero di settembre si legge una relazione sobria
di detta celebrazione che si fece in tutte le case della Spagna, ma con mag-
giore solennità nelle case dell'Ispettoria Betica e tra queste primeggiarono le
case di Siviglia dove il 20 maggio una massa di 2000 tra alunni dei salesiani
e alunne delle F.M.A. della città, convennero nell'ampio anfiteatro del cortile
del collegio di Triana per la Messa, alla quale seguì una accademia ricca di
canti e declamazioni . 7l D maggio i festeggiamenti si svolsero alla SS.ma Tri-
nità, dove al mattino convennero un bel gruppo di exallievi per la Messa e la
inaugurazione di un magnifico ritratto del Rettor Maggiore, pregevole mosaico
in ceramica; al pomeriggio vi fu convegno di Cooperatori e Cooperatrici, auto-
dtà civili e religiose, il R. Console d'Italia, ecc. col discorso ufficiale del-
l'Avv. G. Monge y Bernal.
E finalmente i\\ 27 maggio (data cinquantenaria dell'ordinazione) la cele-
brazione fu esclusivamente religiosa e si svolse nella Chiesa della SS.ma Tri-
nità; celebrò la Messa solenne (il Rev.mo) D. Antonio Loran, già Viceparroco
della Chiesa di S. Andrea quando D. Ricaldone vi celebrò Ia prima Messa.
2t

3.4 Page 24

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Preparazione personale
Come si era preparato D. Ricaldone a tale data, Lui che era solito non
lasciar passare nessun anniversario della sua vita sacerdotale e salesiana senza
esprimere una riflessione, una elevazione a Dio, un rinnovamento interiore per
progredire verso la vetta?
Nel suo taccuino sono segnate laconicamente questi due avvenimenti nel
mneersaeledpiemr ialgGgiiou:b<il<eLo0-S2a2ce-rdotEas,leer1c8iz9i )S-Lp9iri$tu>a>.li a Caselette. Confessione ge-
Poco in verità, ma per lui, così parco di parole per e tanto meno pro-
clive ad esternare il suo profondo sentire, sono assai significativi. Molto ci di-
cono le brevi espressioni che egli getta come gridi di preghiera nei suoi taccuini
a mano a mano che si avvicina la ricorrenza. Sono suppliche di un uomo che
ha il cuore sulle vette e che si sente nella verità solo quando si constata nella
valle.
11 23 agosto 1940, 50' della sua Professione grida a Dio: « Parce mihi,
Dontine! Adiuua me, Domine! »>.
Il 27 maggio 194L, annota'. << 48' anniversario dell'Ordinazione Sacerdo-
tale -Il
Parce mihi, Domine; In adiutorium meum intende! »>.
28 maggio t942 appunta ancora: Inizio dell'anno giubilare;
Deo gra-
tias! Parce rnihi, Domine! >>.
L'11 gennaio 1943, avendo raggiunto I'età di D. Bosco scrive: <<Vidi
annos S. J. Bosco, sed oirtutes
adiutoriuru rneum intende! »>.
et
opera
eius
in
rlxe
non
uideo
-
Domine, in
Certamente questa convinzione profonda, continuamente ripetuta come
un bisogno del cuore di avere il perdono misericordioso di Dio, deve essere
stato la preparazione personale più feconda e di irradiazione su tutta la Congre-
gazione. Diversamente non si spiegherebbe tanta e tale esaltazione tributata-
gli, specialmente datrla Chiesa.
Per lui, che, eletto Rettor Maggiore, nella prima circolare ai suoi « figliuoli
carissimi »> scriveva: <<Nulla ualgo, ma tutto me stesso ollro a Dio e a Voi per
il bene de:l.le aostre anime e della nostra Società >> e chiedeva preghiere per avere
le doti atte alla sua aTta missione insistendo ripetutamente: << Ottenetemi da Dio
e dalla nostra Ausiliattioe cb'io possa amarai col cuore del nostro Padre e
guidarui con la sua saggezza»> e ancor più umilmente l'aiuto umano della loro
bontà: << sorueggetemi col oostro alt'etto e soprattutto con la pregbiera >>.rB
E umile rimase in tanta gloria, contento solo che fosse esaltata Ia Con-
gregazione, D. Bosco, i suoi figli e nel loro lavoro risplendesse il magistero e
l'azione civilizzatrice della Chiesa. Semplice e soridente ringraziò tutti, dalle
più alte Autorità ecclesiastiche e civili al popolo minuto che lo circondò in tutte
le manifestazioni giubilari. Rispose al telegramma di felicitazione del ministro
come alla graziosa letterina del concittadino Davide Secondo, che dopo alcune
18 A.C.S., giugno 1932, n. 58
22

3.5 Page 25

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battute letterarie e ridondanti, scende alle notizie di casa: moglie e figlia che
chiedono la benedizione, per concludefe in tono del tutto {amiliare ricor-
dando i giochi fatti da fanciulli; così gli scriveva da Firenze il22 maggio 1943.
L'umile coscienza di si esprimeva in quel suo sorriso buono, in quel
fare semplice, in quella parola piacevole che toglieva ogni soggezione. Avvici-
nandolo si dimenticava la sua gtandezza di pensatore e di uomo di azione, 7a
sua superiorità, e per lo meno la si ritrovava, sorpresi in un atteggiamento di
bontà, propria di un padre o di un amico.
Per questo, chi non poté avvicinarlo lo raggiunse con lettere familiari che
allora come in altre occasioni assunsero proporzioni da valanghe.
Per il suo Giubileo Sacerdotale si sono ritrovate due lettere di confratelli
calde di particolare affetto, le quali mostfano in quali rapporti di fraterna ami-
cizia D. Ricaldone rimaneva con quanti aveva vissuto e lavorato.
D. Matteo Rigoni, compagno di Noviziato di D. Ricaldone a Valsalice, già
in riposo perché stremato dalle fatiche e dal lavoro, non contento degli auguri
che il suo Direttore aveva mandato al Superiore in occasione del Giubileo Sa-
cerdotale, gli scrisse: ., Non ho potuto frenarmi, anche pensando a quei primi
giorni che abbiamo passato insieme a Valsalice, presso Ia tomba del Padre.
Verrà il momento di calma e allora attenderò un suo ricordo gratissimo e de-
sideratissimo, una piccola immagine di Maria Ausiliatrice con un preziosc)
ricordo che ornerà giorno per giorno i fogli del mio santo Breviario e mi ricor-
derà tante e tante cose )>.
Con lo stesso a{fetto scrissero altri.
D. Antonio Bonato che aveva passato parecchi anni nelle case di Ungheria,
dopo essersi felicitato con lui gli ricordava un episodio edificante quasi per
confermare i vincoli di affetto e di stima che lo legavano alla sua persona: << Si
ricordi che io sono testimonio di un cotale che nel 1938 in Ungheria si decise
a confessarsi, dopo 16 anni di vita sregolata, scosso dal dolce e apostolico
sorriso dell'affabile Rettor Maggiore. Chissà quanti altri devono a Lui mira-
coli simili! ».
Rielezione nel 1947
Era quindi naturale che dopo tale apoteosi per conseguenza logica Don
Ricaldone nel 1947 ottennesse una conferma della fiducia che la Congrega-
zione poneva in lui.
Nel Capitolo Generale XVI, apertosi il 25 agosto 1947 , in cui a norma
delle Costituzioni si doveva procedere innanzitutto alla elezione dei membri del
Capitolo Superiore. Don Ricaldone nella prima seduta del 25 agosto venne
rieietto al primo scrutinio con 92 voti su 108.
Come era suo solito anche allora umilmente ingtaziò e si piegò sotto la
pesantissima croce.
Era preparato ad una possibile rielezione?
23

3.6 Page 26

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Don Savarè ricorda che proprio alla vigilia, dopo un incarico per il giorno
seguente, gli disse: << È l'ultima commissione che ti come Rettor Maggiore ».
Poi si fece serio e continuò: « Mi dicono però che don Berruti non ha salute...
Basta, sia fatta 7a volontà di Dio ».
In verità di buona salute non ne godeva neppure lui! Lo stesso segrerario,
una volta vedendolo olremodo sofferente per il trigemino e altre croci gravis-
sime, gli accennò a possibili dimissioni. Don Ricaldone, sospirando, gli rispose:
« Se avessi potuto già l'avrei fatto! ».
Accettava la nomina seguendo ancora e sempre la traiettoria segnata nel
1932: << intendeva, sull'esempio di D. Bosco, essere il padre, il fratello, l'amico
di tutti >> perciò come allora << chiedeva a tutti la più generosa cooperazione,
nel nome di Maria Ausiliamice e di S. Giovanni Bosco >>.re
Questa sua rielezione era una generale approvazione al suo governo, al
suo programmai eta una conferma della piena fiducia che già la S. Sede gli
aveva dato quando nel 1944, impossibilitato a convocare il Capitolo Generale
che secondo le Costituzioni della Pia Società Salesiana doveva attendere alla
elezione del Rettor Maggiore, la S. Congregazione dei Religiosi aveva disposto
che il Rettor Maggiore con i membri del Capitolo Superiore allora in carica,
continuassero ad esercitare il loro
permesso il raduno dei Capitolari.
rmandato
fino
a
che
le
circostanze
avessero
In quel terribile 1944 così insaguinato da guerre, lotte di parti e perse-
cuzioni, la deliberazione della S. Sede era giunta come benedizione di pace, a
dare sicurezza ad un vivere incerto, ed indifeso.
La cronaca di Valdocco il 17 maggio 1944, giorno in cui D. Ricaldone
essendo il 12" anniversario della sua elezione, ne diede comunicazione ufficiale
ai figli dell'Oratorio, riporta questa nota: <<La notizia per quanto prevista
torna graditissima a tutti >>, ma da7 taccuino di D. Ricaldone esce un gemito;
<< 17 Èmadgagiono-tarLe7chanenIiadriierelettzoioranteo.dDi oDm.inRe!icMalidsoenreeredemle1i!9»4.7 segna anche
quella dei Capitolari che avevano collaborato con lui dal 1932.
La fieTezione suscitò di nuovo un coro unanime di approvazioni. Le
espressioni anche solo epistolari di felicitazione per la sua rielezione superarono
di gran lunga quelle della prima elezione. Ed è interessante, considerando i
lunghi elenchi di persone che gli scrissero tutto il loro compiacimento, vedere
come abbondino e prevalgano nelle felicitazioni delle Autorità religiose e ci-
vili di tutto il mondo, quelle personali e più intime dei singoli confratelli an-
ziani e giovani, dei Cooperatori e Cooperarici, delle Suore, degli Exallievi,
degli amici, dei benefattori, dei conoscenti, professionisti, dottori, operai, per-
sonalità del mondo del la-;oro e della cultura. Ci si può rendere conto in quale
misura D. Ricaldone lungo g1i anni del suo retrorato era penetrato in profon-
dità nei cuori di quanti 1o avvicinavano diventando per turti e per ognuno il
le A.C.S., settembre-ottobre 7947, n. 143.
20 A.C.S., marzo-aprile 1941, n. 122.
)A

3.7 Page 27

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sacerdote, il padre, 1'amico, il consigliere, il benefattore, il superiore e persino
il diplomatico a cui sempre si poteva ricorrere per avere aiuto e se non altro
per rimanere contagiati dalla sua fede, dalla sua bontà, dal suo ottimismo, dal
suo fiducioso attaccamento a D. Bosco e alla Chiesa. Vi furono persino religiosi
di altri Ordini e Congregazioni che lo stimavano al punto di dire aperramente
che lo avrebbeto voluto come loro Superiore. D. Terrone ricorda:
<< In una riunione di illustri personaggi, tenutasi a Roma, in non so quale
occasione trattandosi dei vari Istituti e Congregazioni religiose, non si mancò
di accennare alla grande attività dei Salesiani. A1lora uno dei membri più emi
nenti, grande ammiratore dell'opera nostra e di quella personale del nosffo
superiore, uscì in queste parole: << Presentemente di tutti i Capi di Istituti
Religiosi, D. Ricaldone, Rettor Maggiore dei Salesiani, è quello che più emerge,
il più completo... »> e spiegava dicendolo competente ed abile in ogni ramo di
attività religiosa, disciplinare ed organizzativa ecc. Era il tempo delle pratiche
per la sistemazione delle Associazioni Cattoliche, del movimento per i testi di
Catechismo, per la sistemazione delle Scuole, in pteparazione delle nostre Fa-
coltà, delle pratiche dei Privilegi e di tante altre cose, come le case per aspi-
ranti, scuole professionali e agricole. D. Ricaldone si mostrava ben informato
in tutte le questioni, le appro{ondiva, e, richiesto, esponeva modestcmente e
con prudente coraggio il suo parere. Per questo forse, scherzando 1o qualifi-
carono il
instructus
Superiore
>> .21
integrale, di
aera
completezza
-
ad omne opus bonuru
D. Ricaldone non conobbe mai questo elogio, come non riconobbe mai le
attestazioni di stima alla sua persona; Egli umilmente atuibuiva tutto a D. Bo-
sco, al fatto di essere il suo indegno Successore. Così lo stesso D. Ricaldone si
espresse scrivendo al Cooperatore Luis da Camara Cascudol22 suo grande am-
miratore che nel giornale << Diario de Natal »> in vista del prossimo Capitolo
Generale dei Salesiani e dell'elezione del Rettor Maggiore aveva scritto un
articolo in favore di D. Ricaldone.
<< Il suo buon cuore ha dettato nel << Diario de Natal » a riguardo alla
mia povera persona un articolo che bisogna leggere alla luce di S. Giovanni
Bosco. Grazie a questa luce, sfuggono agli occhi dei nostri affezionati amici
e cooperatori le tinte oscure delle nostre molteplici manchevolezze... >>.
In relatà era proprio la sua presenza, la sua parola, ia sua bontà ad eser-
citare un vero fascino: ne sono prova le adunanze, Ie feste, le ricorrenze, i
congressi... Quale spontaneità e quale entusiasmo!
Una volta, racconta D. Terrone, dopo una conferenza salesiana da Lui
tenuta nella chiesa parrocchiale di S. Ambrogio a Yaruzze, mentre si accinge-
va ad uscire dalla porta della sacrestia, osservò che la piazza era gremita da
2l Testimonianze di D. Terrone.
22 Luis da Camara Cascudo, storico e giornalista fra i più grandi intellettuali brasiliani,
Presidente della Società di Folklore del Brasile. Collaboratore dei << Diarios Associados » la
più grande catena giornalistica-radiofonica brasiliana. Egli scrisse e fece pubblicare l'articolo
ricordato in data 1" giugno 1,947. La risposta di D. Ricaldone è del 16 agosto 19,17.
25

3.8 Page 28

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una immensa folla. Pensando che la moltitudine, uscita dalla chiesa, non
avesse potuto ancora sfollare e inolffarsi nelle proprie vie, disse: << Rientriamo
in sacrestia e attendiamo ». Ma dopo bteve tempo, ecco che un rnesso viene in
sacrestia ad avvertire che il popolo attende l'uscita di D. Ricaldone. Egli ac-
consentì. Quale spettacolo non vidi io al'lora e con me i confratelli e gli altri
che 1o accompagnavano! Venne circondato e stretto da ogni parte: chi gli ba-
ciava 7e mani, chi si inginocchiava, chi domandava una benedizione, chi chie-
deva qualche preghiera. Non esagero se dico che mi parve di vedere rinnovata
in quell'ora 1o spettacolo, che nello stesso luogo, si era visto attorno a D. Bo-
sco nel 1886. Infatti Egli poté muoversi tanto lentamente che anche col nostro
aiuto, per il breve tragitto dalla Piazza della Parrocchia al nostro Collegio,
impiegò non meno di tre quarti d'ora. I1 nostro Superiore aveva entusiasmato
la popolazione con una magistrale conferenza, ma più ancora con il suo calore
apostolico e zelo ardente per le anime e specialmente di quelle della gioventù »>.
Non è che fra le rose non vi fossero le spine: fra i cori festanti si ele-
varono anche voci discordanti. Ma il buon Padre, pur soffrendone, passava oltre
e suggeriva di fare ugualmente, a quanti se ne rammaricavano eccessivamente.
Così ad un Direttore penato che un Confratello della sua casa gli avesse
fatto pervenire una lettera anonima poco rispettosa, rispondeva rl 20 settembre
1941 : << Ho ticevuto una lettera edificantissima di un santo sacerdote della
tva casa e poi quella poco riguardosa di un povero figliuolo irresponsabile che
aveva dimenticato di essere figlio
le due lettere perché ne prenda
vdisiioSn.eG, iloovapnrengi aBodsicodi;st-tuggpe6rll,e
mandandogli
e conclude:
<< Ricorderò con affetto riconoscente la lettera del Direttore e quella del santo
Sacerdote, mentre metterò in assoluta dimenticanza l'alfta. E ti prego di fare
altrettanto »>.
Continua il lavoro
Dopo la rielezione del 1947 il lavoro riprese il ritmo intenso e serrato in
proporzioni sempre più grandi tanto che ai tre Consiglieri Superiori ne furono
aggiunti altri due: D. Modesto Bellido pet le Missioni e D. Albino Fedrigotti
per i Cooperatori e per la stampa. Il lavoro riprese anche in clima di fiducia e
di unità; infatti nel 1950 alla morte del Prefetto Generale D. Pietro Berruti
fu ancora D. Ricaldone che personalmente assegnò la responsabilità di Prefetto
Generale a D. Renato Ziggiotti e chiamò a71a carica di Consigliere Scolastico
l'allora Ispettore della Romana, D. Roberto Fanara.23
Alla morte poi di D. Fanara, nel 1951, fu ancora lui ad affidare il posto
vacante a D. Secondo Manione già Ispettore della Sicula.2a
Queste scelte dirette fatte dal Rettor Maggiore non stupivano più. Si
23 A.C.S., marzo-aprile-maggio 1950, n. 158
24 A.C.S., aprile 1951, n. 163.
26

3.9 Page 29

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poteva dare piena fiducia a chi nei terribili anni di guerra, proprio con le sue
scelte oculate, aveva saputo mantenere integra l'unità delia Congreg zione
anche su doppio fronte; il mandare tre Superiori del Capitolo a Roma: D. Ber-
ruti, D. Candela, D. Tirone per sostenere e guidare i Confratelli rimasti stac-
cati dal Centro fu provvedimento quanto mai saggio. Difatti Torino, in con-
seguenza della linea gotica, rimase staccata dal resto detrla Congregazione, men-
tre Roma, per un riguardo al Sommo Pontefice, si trovò in condizione di co-
municare con tutto il mondo.
Ma ora che la uaiettoria era ben segnata, le mete visibili a tutti, i mezzi per
conseguirle in gran pafie rcalizzati, bisognava perfezionare, consolidare le opere
e unificare i principi vitali Io spirito di D. Bosco che doveva animarle.
L'impostazione del lavoro (formazione del personale, azione catechistica,
missionaria, sociale), le opere per svilupparlo e incrementarlo (aspirantati mis-
sionari, case di formazione, istituti professionali, il Pontificio Ateneo, con
l'Istituto Superiore di Pedagogia, il Centro Catechistico, la Libreria della Dot-
trina Cristiana ecc.) etano rcalizzazioni operanti; ma D. Ricaldone non si di-
mostrava soddisfatto.
Si ha l'impressione che quest'uomo così lungimirante, intuisse che I'evo-
luzione vertiginosa del dopo guema avrebbe rovesciate tradizioni secolari, opere
e istituzioni. Sembra che egli presentisse come l'era atomica più ancora che
disintegtare la materia avrebbe disintegrato il pensiero, il patrimonio intellet-
tuale di secoli e secoli, ponendo tutto in dubbio e in revisione critica.
Semrbra che capisse l'urgenza di dover accelerare il lavoro fatto già lungo
tutto il corso del suo rettorato, di raccolta organica del pensiero di D. Bosco
per avere le fonti genuine da cui attingere il suo vero spirito.
<< Motus in line uelocior! >> Fu un'attività consapevole di un pericolo quasi
incombente: la possibilità cioè di discussione dei valori autentici dello spirito
salesiano. Ed allora ecco le << Strenne » e i vari Regolamenti per il Personale in
formazione, trasformarsi in una vera e propria collana di << Formazione sale-
siana »> dove si potesse tovare il meglio della documentazione dello spirito del
Padre.
Bisognava raccogliere e lasciare ai ligli ciò che di storico, di autentico c'era
su D. Bosco, nel suo pensiero, nel suo metodo, nel suo agire, nella sua prassi.
Da questi documenti chiave poteva essere serrìpre meglio studiata, approfon-
dita la spiritualità della Congregazione. La più dinamica evoluzione avrebbe
potuto scardinare opere, strutture, ma lo spirito genuino ricavato dalle sue
fonti, sarebbe rimasto salvo e avrebbe potuto attualizzarsi, dare vita x opere e
stiuttufe nuove.
Allora non vi fu più ora libera; ancora pochi giorni prima di morire, Don
Ricaldone, a letto, aveva fra le mani \\e bozze del << Don Bosco Educatore >>, i,l
volume che doveva raccogliere il meglio e il tutto dei documenti riguardanti
il problema educativo: come fu pensato, sofferto, vissuto, realizzato da Don
Bosco.
D. Ricaldone sentiva che le correnti di pensiero del dopoguerra sarebbero
27

3.10 Page 30

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state per eccellenza pedagogiche. I conflitti bellici lasciavano un mondo fatto
di giovani; i governi miseramente tramontati avevano infranto le speranze di
una generazione disillusa, mutilata, ammalata. Essa chiedeva idee nuove, cer-
cava vie nuove per i propri figli. Certamente il campo pedagogico sarebbe
stato il nuovo fronte di battaglia per la ricostruzione di un mondo con Cristo
o contro Cristo.
Per questo D. Ricaldone volle I'Istituto Pedagogico Superiore e continuò
a raccogliere documenti storici: bisognava studiare e mettere in luce 1o spirito
formativo di D. Bosco, convinto com'era, che Lui aveva trovato la chiave
educativa valevole per tutti i tempi e tutte le teme.
I1 lavoro degli ultimi suoi anni quando, pur avendo il desiderio di visi
tare le Case lontane, ne era impossibilitato dalle condizioni bel,liche e special-
mente dalle sue precarie condizioni di salute, fu quindi quello di penetrare
con venerazione di figlio e con esperienza di studioso 1o spirito di D. Bosco
per lumeggiarlo nei suoi poliedrici aspetti.
All'inizio del 1946, pochi mesi dopo il termine della 2" guerra mondiale,
annunziando l'invio di alcuni Superiori del Capitolo per la visita straordinaria,
così si esprimeva: « Avrei voluto recarmi io stesso ma l'età avaflzata e i gravi
affari, che troppo spesso in questi tempi difficili esigono 1a presenza del Rettor
Maggiore a Torino, mi hanno privato delf immensa consolazione che avrei pro-
vato nell'abbracciare tanti cari figliuoli, dopo le tristissime vicende degli anni
scorsi
5
>>.
Nella circolare del maggio-giugno dello stesso anno ritorna sull'argomen-
to e relazione del suo lavoro, nel periodo bellico, quasi a giustificare la
srÌa mancata presenza fisica presso tanti confratelli, e come egli avesse pensato
di rcalizzare ugualmente il contatto delle anime:
« Nei lunghi dolorosi anni di guera una delle mie pene accascianti fu
quella di vedermi avulso e separato dalla maggior parte di voi. E poiché con
7a sepatazione, mentre eransi accresciute le prove e gli affanni, era d'altra
parte diminuito il lavoro di corrispondenza e delle noste visite, cercai nelle
ore libere lenimento alle mie afflizioni, riprendendo il commento alle Strenne
e radunando materiale per le circolari riguardanti la Formazione del Perso-
nale.
Quelle
idnicutrrosvioanrim-i
orfe11-16neaninchveesreitàtrotrpapole
spesso funestate dagli scoppi e omoti delle
più care e serene, perché, immaginandomi
in mezzo a voi, l'anima oppressa da mille preoccupazioni, ne pro-
vavo sollievo e conforto. E così pian piano e quasi senza avvedermene, potei
iniziarc la pubblicazione della collana che porta il titolo di << Formazione sale-
siana
26
>>.
Fu il dono estremo ai suoi figli.
2s A.C.S., gennaio-febbraio 1946, n. B)
26 A.C.S., maggio-giugno 1946, n. 1)5.
28

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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ll segreto del Re
D. Ricaldone in questa circolare parla di prove ed af{anm ma anche qui
come in quella del 7946 non specifica: la maggior parte pensò solo a quelle
veramente schiaccianti procurategli da11a guerra che rubava vite di confrateili,
stroncava opere, distruggeva case.
Fu il iuo successore, il Rev.mo D. Renato Ziggiotti a rivelare a t:uffa l^
Congregazione quanto D. Ricaldone aveva sernpre taciuto circa i suoi « af{anni »
e le-srre « pene » proprio perché queste erano tutte e solo sue, riguardanti la
sua pefsona.
Nella prefazione del volume VIII di Forntazione salesiana D. Ziggiotti,
dopo aver detto che tra le benemefenze di D. Ricaldone, meraviglioso uomo
di azione e di governo, di vita interiore e di spirito sacefdotale, vi era quella
di aver arricchito le fonti della spiritualità salesiana, così continuava: << Le
sue sofferenze, dovute al nervo ffigemino e le guerre che travagliarono il
suo rettorato non gli permiselo di allontanarsi dal Centro della Congregazione
per visitare le .ur. e avvicinare i Confratelli come tanto avrebbe voluto. Egli
ii convinre pertanto di dover parlare non soltanto ai vicini, ma anche ai lon-
tani e per mezzo di circolari >>.
Solo allora si seppe il calvario durissimo che atffaversò e tentò di frenare,
di troncare la sua atiività apostolica. Egli aveva sempre fatto silenzio assoluto
sulle condizioni della sua salute.
« Aveva estrema ripugnanza a lasciar conoscere i suoi disturbi e proibiva
di parlarne, e ciò per non allarmare e turbare i Confratelli ». Attesta D. Ter-
rone: « Sapevano tutti che egli era di costituzione fobusta e che era un lavora-
tore di ptima forzu e sebbenè forse più di un Salesiano deplorasse che egli non
viaggiasie più come una volta, egli tenne fra i << segreti del Re » i1 martirio
di Ii male^che dal 1934 non lo lasciò più, ricomparendo inesorabilmente anche
dopo penosi e ripetuti interventi del chirurgo che gli procuravano solo periodi
p' asseLg"geerrtiod, ai bceonnesssidereel.are l'attività così instancabile di D. Ricaldone, lenendo
sott'occhio i Diari personali, le cronache dei Segretari sul decorso delle sue
malattie, 1e dichiarazioni mediche, c'è da domandarsi a quale grado di eroismo
era giunto il 4" Successore di D. Bosco per lavofare, otganizzate, guidare una
Conlregazione così imponente, sopportando un male che egli stesso definiva
« teiribìle >>. Fu l'uomo delle << vette » anche nel sopportare il dolore.
Per questo, e forse proprio per questo, egli fu l'uomo del momento, per-
ché ne1la sofferenza, nell'angustia e nell'angoscia dei suoi limiti umani, egli
rimase integralmente l'uomo di Dio, umile nella fede, fiducioso nella speranz^'
ardente nella carità.
29

4.2 Page 32

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CAPO XXIII
SACERDOTE FEDELE ALLA CHIESA
ll suo ideale
In occasione del giubileo sacerdotale di D. Ricaldone fu detto che le sue
doti di « superiore »> e di << uomo d'azione )> maevano la loro grandezza e la loro
fecondità dal sacerdozio cattolico,la cui funzione è eminentemente redenlice e
missionaria.l Forse il panegirista D. Favini non conosceva allora uno scritto di
D. Ricaldone mandato ad un novello sacerdote il 1" novembre 1934, in cui,
dando un pro'gramma di vita al neoordinando, mostra proprio come egli stesso
ponesse tutto il valore, I'essenza della missione di un salesiano chiamato all,or-
dine sacerdotale nel vivere in piemezza la grazia elevatissima del suo sacerdozio.
Di tale scritto si può ben dire: << ex abundantia cordis os loquitur »>.2 Leg-
giamolo.
<< Sii un santo sacerdo,te salesiano ».
santo: senza dimenticare mai che per noi santità è soprattutto purezza di
vita. A Noi non è possibile praticare Ia santità come amor di Dio e del pros-
simo senza essere rivestiti di quella illlbatezza, che mentre ci rende templi di
Dio, ci permette di esplicare dovutamente la missione nostra tra i giovani.
colla purezza, ci dice il nostro santo Fondatorc, ci verranno tutre le altÀ vitù.
sacerdote: sei la << sacra dote )> o, se meglio ti piace, « Sacra dans >>: il
distributore delle cose sacre, di Dio stesso. Perciò devi essere tutto di Dio,
non di te stesso. Dobbiamo dare cose sacre, non cose nostre a pascolo della
nostra vanità. Possiamo, anzi dobbiamo dare tutto noi stessi ma alla condizione
di esserci prima consacrati intieramente a Dio, di esserci trasformati in Lui;
<< diuinae consortes naturae ». Lo scoglio più grande del sacerdote e dell'apo-
stolato è quello di volersi sostituire a Dio, di voler darc quae sua sunt non
quae Jesu Cbristi.
sii pertanto tutto di Gesù « et vita tua tota sit abscondita cum christo
in Deo »: << tibi vivere Chrisrus sit ».
Salesiano: è la nostra dif{erenza specifica che ci carattedzza. Farai molto
I Bollettino Salesiano,
2 Mt. XII, 34.
1'
giugno
1941
30

4.3 Page 33

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se saprai imitare D. Bosco, averne le virtù, calcarne le otme, emularne le opere:
bic laborl Ricorda che per noi è questa \\a matetia che maggiormente e più
profondamente dobbiamo conoscere'.. )>.
Questi consigli, condensati attorno a tre concetti base, dovevano essere tal-
mente parte della vita di D. Ricaldone, del suo itinerario intimo, che a distanza
di anni, li ritroviamo nel contenuto (anche se la fotma è più breve e l'espres-
sione diversa) di una lettera de1 18 febbraio 1949, indirizzat^ aDon Lobo, allora
in procinto di essere ordinato sacerdote da S.E. Mons. Ferrando nel Teologato
cli Mawlai: « Santità è sinonimo ancora e sempre di ptrezza.
Sacerdote è diventare un altro Cristo per donare alle anime le cose di Dio.
Salesiano è imitare, ripetere in tutto Don Bosco ».
La stessa convinzione ih. lu grandezza apostolica viene dal sacerdozio, la
ripete a D. Bogliolo ordinato Sacerdote nel t940.
Molto lavoro, egli 1o prevede, attende questo suo figliuolo su cui la con-
gregazione ha concepito grandi speranze e aspettative, ma è lavoro che d'ora
L foi sarà fatto da mani unte col sacro cfisma e perciò solo e sempre fatto' per
Dio e per le anime. Gli scrive:
<< Sono mani sacre le tue: è doveroso pertanto che ]'operosità loro altro
non si prefigga che santità. Ma come figlio di S. Giovanni Bosco avrai sempre
presente che la santità ch'egli vuole da noi è pvrezza.
l\\{ani ed operosità, dunque, di cui possano gloriarsi gli stessi Angeli ».
Poi, dopo avergli ricordato che le sue mani sono state segnate con la croce
perché solo per essa << si co,mpiono le redenzioni >>, sintetizza la sua vita sacer-
dotale e salesiana così:
<, chi sparse l'olio sacro sulle tue mani è il rappresentante di Dio. sii
adunque di Dio... per la preghiera... per 1o zelo delle anime. Sarai di Dio, se
saprai spogliarti totalmente di te stesso. << Ma tu sei sacerdote salesiano: è tuo
dovere e dev'essere bisogno e aspirazione del tuo cuore, conoscere, amare,
imitare il
petuafne
nostro grande Padre: avefne tutto lo spirito,
l'apostolato specialmente col propagare la
diffonderne le
devozione di
opere,
Maria
per-
Au-
siliatrice... e combattere la grande piaga della ignoranza religiosa'.. >>'
c,è in D. Ricaldone ,n, .onràp.volezza profonda, ma anche esaltante, della
duplice grald,ezz^ che comporta I'essere sacerdote e sacerdote salesiano. Egli
.ro.r dirrid. le due gtazie, ma le distingue senza rompefe l'unità della vocazione;
anzi, proprio per questa più particolarcggiata attenzione alle due chiamate, egli
le r.nàe io-pl.rn..rt^ri e porta a sublimi altezze \\a rcalizzazione di entrambe.
D. Ricaldone è un'anima che nella meditazione ricerca principi basilari.
Non si perde in molte idee, ma quelle che acquista sono fondamentali. Sono
verità che assimilate diventano forze vive nella sua vita e che lo portano come
di peso all'attuaziclrrte pronta e generosa. Così egli le comunica ai suoi figli,
forse non sempre in grado di calarsi nella profondità del padre e di attuare
gli stessi ardiÀenti nel bene, ma ne vengono ugualmente contagiati, e formati
iu quell'ossatura di principi che li può rendere forti personalità, sacerdoti au-
tentici, salesiani tutti di ùn pezzo.
)t

4.4 Page 34

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L'efficacia dei consigli di D. Ricaldone aveva le radici nella sua vita che
era ptatica di quanto scriveva o diceva. Egli trasmise più che altro, linfa vi-
tale, cioè qualche cosa che prima egli stesso aveva meditato e attuaro) proprio
come fa \\a pianta che distribuisce alle tenere gemme, elementi nutritizi già prepa-
rati per essere sostanza da loro assimilabile.
Sacerdote
D. Ricaldone fu vero sacerdote di Dio. Più che studiarlo analiticamente
nelle sue prerogative sacerdotali vogliamo guardarlo ora nel suo insieme, cioè
proprio come risultato della pratica costante, fedele di turte quelle virtr) che
formano il sacerdote di Dio.
Dimostrar'e che D. Ricaldone fu esemplare minisro di Dio, « il man-
dato >> di cristo, << il ponte » sicuro lanciato dalla chiesa per far passare il
popolo di Dio nei misteri della Redenzione, il servitore fedele del Vicario di
Cristo, è esaltare l'insieme di valori umani e religiosi da lui traflicati per la
gloria di Dio, che l'hanno reso tale.
Egli sentì la grandezza del suo sacerdozio. La stessa superiorità conferi-
tagli dalle varie cariche, specie quella del Rettorato, 1o portò a quesra con-
sapevolezza.
E fu anche la superiorità che gli fece provare la solitudine del sacerdozio
come capacità sempre pronta ad accogliere sofferenze, pene, miserie dei figli
e a sollevarle con soccorso adeguato. Solitudine del padre e del pastore che
deve guidare e difendere, moderare e stimolare, riprendere e scusare. E questo
non per un gruppo di fa,miglie di un determinato ambiente sociale e nazionale,
ma per una grande famiglia di uomini di ogni razza e paese che deve operare
mantenendo l'unità nella carità e diventare così parte viva e attiva del com-
plesso organismo della Chiesa.
Il senso della propria strumentalità come « intermediario >>, era vivissi"
mo in D. Ricaldone. La sua autorità era veramente una possibilità di maggiore
servizio. A4a questa sua spiccata sensibilità al valore essenziale della superiorità
avrebbe potuto orientarsi verso altre luci se non fosse sgorgata dalla consa.
pevolezza del suo sacerdozio, a sublimarne la priorità inconcussa su ogni altra
responsabilità.
Allora noi vediamo il sacerdote, che, investito di autorità, si fa veramente
<< servo dei servi »> dimenticando se stesso e ancor più « inviato di Dio » che
deve dare il primo posto alla Chiesa.
I1 senso ecclesiale fu in D. Ricaldone dote bellissima che gli venne non
solo dall'altro aspetto della sua vocazione: I'essere un autentico figlio di Don
Bosco, ma anche dalla personale vita sacerdotale. Lo spirito di D. Bosco diede
alla sua fcdeltà alla Chiesa la caratteristica della devozione filiale al Papa,
ma a fondamento c'era Ia passione per Ia Chiesa che D. Ricaldone nutiva come
sacerdote impegnato nella rcalizzazione del Regno.
32

4.5 Page 35

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Nozze d'oro sacerdotali di D. Ricaldone (27 maggio 1943). Diacono: D. Bellido
Prete assistente: D, Festini . Suddiacono: D. Bicceri.

4.6 Page 36

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4.7 Page 37

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Era lucida conseguenza del suo pensiero logico di studioso e di azione
che aveva fatto della fede in Dio il piedestallo granitico della sua vita e ade-
riva fino in fondo al suo << Credo ». Già l'attività sociale cattolica del papà,
la frequenza fedele alla chiesa e la sottomissione docile e pronta della mamma
a ogni iniziativa del Parroco, la condotta esemplare dello zio sacerdote, tutto
dedito al servizio pastorale, in una svolta critica della Chiesa in molte diocesi
d'Italia avevano dato una visione chiaru a\\ nostro Pietro, giovane seminarista,
di quale doveva essere il comportamento di un cristiano, autentico figlio e mi-
litante della Chiesa.
Non meraviglia dunque se, giunto a responsabilità che 1o metteranno in
diretto contatto con le
egli poté diventare un
persone e gli organi più rappresentativi della Chiesa,
fedele collaboratore dei Papi, un consigliere per i Ve-
r.ouf u., suddito rispettosissimo verso tutte le opere, le iniziative, le voci
della Chiesa.
Collaboratore dei Papi
Figlio della Chiesa, D. Ricaldone fu innanzi tutto attento ascoltatore del
Magistero dei Papi per cogliere gli aspetti più urgenti della verità perché, se
essa è sempre eterna, presenta sviluppi diversi ed è indicata nella sua efficacia
più oggettiva, da chi, come i Pontefici, abbracciano tutto il vasto orizzonte
umano nella luce dello Spirito Santo che li illumina e li dirige'
D. Ricaldone capì che mettersi dal punto di vista del Papa era porsi nella
visione più ampia, più vera e più giusta della storia.
Perciò q"à"do Leone XIII presentò la questione operaia, egli, sacerdote
novello a Siviglia, attento all'indicazione del Capo Supremo, studiò il proble-
ma e tentò vna realizzazione nelle Scuole ptofessionali, che divennero suo cam-
p- o
di battaglia
Benedetto
fino alla morte.
xv e Pio XI agitavano
il
problema
missionario,
ed
egli,
mis-
sionario nell'animo, non si fermò ad un entusiasmo momentaneo' ma gradata-
mente applofondì il valore dell'appello dei pontefici fino a sfociare nella Cro-
ciata Missionaria e nelle Case di formazione missionaria.
Pio XI parlò in favore della stampa cattolica, di cui capiva l'immensa
poftata a mano a mano che i mezzi di comunicazione fra popoli e popoli si
infittivano e tante barriere cadevano per concessioni nazionali e internazionali,
per sviluppo culturale e sociale e D. Ricaldone rispose a\\ Papa col fondare
una Libreìia cattolica: la Libreria della Dottrina Cristiana e col promuovere col-
lane di libri a livello scientifico e a livello popolare per l'approfondimento
della Religione.
Ancora Pio XI, presago dell'avanzare lavolgente dell'ateismo, fece ap-
pello alle forze cattoliche per un'istruzione catechistica più assidua, più dot-
irinale e più aggiornata alle varie categorie del popolo, e rovò in D. Ricaldone
un meraviglioso stratega per il piano di azione grandioso nella sua concezione:
)3
3

4.8 Page 38

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\\a Crociata Catechistica, e un realizzatore preveggente per il lavoro capillare
di istruzione religiosa, rcalizzato in seno alla Congreg azione con l'Ufficio Ca-
techistico.
La voce del grande Pontefice tuonò poi con la << Deus scientiarum Domi
nus >> quasi vedesse già la crisi degli studi ecclesiastici e della formazione sa-
cerdotale, e D. Ricaldone tempestivamente limitò altre iniziative a cui la que-
stione operaia nel campo agricolo e industriale l'avrebbe portato, per puntare
con volontà ferma nella formazione dei Salesiani.
D. Tarcisio Savarè ricorda una sua espressione che sembra 1a conclusione
di una prolungata meditazione della parola del Papa e del pensiero di Don Bosco
e suona anche come programma per una meta che voleva raggiungere a tutti
i costi:
<< Se vogliamo fare
dicono <(
di Roma
»se.rÈiamiel n<t<ev»ia-!
sul serio
bisogna
>> Di qui
-proepriloe
nascerà
Costituzioni a riguardo degli studi
che ci mettiamo sotto il conrollo
il Po,ntificio Ateneo Salesiano e la
« Facoltà beniamina )> come egli chiamava l'Istituto superiore di Pedagogia.
Come non porre piena fiducia in un sacerdote che prendeva sul serio la
parola dei Papi e diventava il rcalizzatore pronto dei loro desideri?
Espressione dell'illimitata fiducia che D. Ricaldone godeva presso i Papi
furono gli incarichi che vennero af{idati alla Congregazione, i numerosi semi
nari diocesani rimessi nelle sue mani perché li iniziasse o li facesse rifiorire.
D. Ricaldone accettò sempre, con ampiezza di vedute, con riverente gioia per
l'onore che davano alla Congregaziqne di servire la Chiesa. Egli infatti, ricer-
catore dell'unità, nell'agire, nel pensare, aveva prima di tutto rcalizzato I'unità
in se stesso: Dio, Chiesa, Congregazione erano l'<< Unum » distinto ma inscin-
dibile della sua vita, l'unico grande amore a cui votarsi. Era consapevole che
più lavorava per Dio, più giovava alla Chiesa e alla Società salesiana; più ser-
viva la Chiesa più glorificava Dio e favoriva le opere di D. Bosco; più era
fedele allo spirito del Fondatore più arricchiva la chiesa e portava anime a
Dio. Non confuse valori, perché la sua unità non fu mai confusione; ma proprio
perché seppe distinguere e graduare, realizzò il massimo bene nell'unità.
La sua dedizione alla chiesa fu tale che alcuni vescovi poterono dire con
espressione iperbolica, ma molto significativa, che D. Ricaldone amò più la
Chiesa che Ia Congrcgaziote. In realtà essi volevano dire che proprio rinuncian-
do alla momentanea glolificazione dell'Istituto, egli I'attuò in pienezza, volendo
prima di tutto quella universale della Chiesa.
Amore, fedeltà al Papa: Pio Xl
È veramente commovente ricavare dai taccuini personali di D. Ricaldone,
l'amore filiale che egli ebbe per i Papi.
Si preparava alle udienze segnando l'ora dell'inconro, gli argomenti da
trattare, i doni da domandare e quelli da offrire.
34

4.9 Page 39

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Poi, avvenuto l'incontro, ecco appuntarc \\a duata dell'udienza, le parole
udite, i consigli avuti, commentati da btevi espressioni piene di significato co-
me: << Sempre Padre! >>.3 << Benevolenza straotdinaria del S. Padre! ,t.a oppure
<< Benevolentissimo >>.s « Bontà del S. Padre! )>.6 <( Grande paternità e benevo-
' lenza >> e anche
« Il Papa ritorna
Ie constatazioni penose: « Il S. Padre
sempre sulla gravità della situazione » e
appare molto stanco ».8
il periodo burrascoso
del dopoguerra).
Queste btevi note vengono poi subito tfasmesse in veste completa a tutti
i << carissimi figliuoli >> negli Atti del Capitolo Superiore. La parcla del Papa
è quella più sacra dopo quella di Dio e D. Ricaldone sente tutta la responsabi-
lità non solo di farne oggetto di studio personale, ma, ancot prima, di divenirne
portavoce.
Non c'è contatto col Papa che egli non ricordi nelle Lettere Circolari, ora
per riportarne un consiglio, un incotaggiamento, una approvazione; ora per sot-
tolineare la sua paternità nei riguatdi della Congregazione, per chiedere pre-
ghiere secondo le intenzioni e le sofferenze del Padre comune.
Da notare come tutto ciò che è comunicabile ai confratelli in un docu-
mento pubblico come sono gli Atti del Capitolo Superiore, egli 1o fa, anche se
f insistenza delle parole del Papa può sembrare inopportuna a chi non ha fe-
sponsabilità direttive nella Società. D. Ricaldone invece le ripete perché tutti
sappiano quali punti stanno a cuore al Papa e quindi tutti conoscano la mo-
tivazione del procedere del suo govefno che si orienta sulle direttive del Vi-
cario di Cristo. I1 problema, per esempio, delle vocazioni, delle accettazioni sia
alla vita religiosa come agli ordini sacri, è argomento che Pio XI trattò in tut-
te le udienze concesse a D. Ricaldone, dalla prima avuta subito dopo la sua
elezione a Rettor Maggiore nel giugno 19)2,10 alla penultima del 19 novembre
l938.tt In ben sei udienze 12 egli martella sullo stesso chiodo e D. Ricaldone
ogni volta fa conoscere ai confratelli il pensiero del S. Padre che è di essere
molto rigorosi nell'accettare nuovi candidati. Pio XI si mostla contento che
nella Società Salesiana la fioritura delle vocazioni sia rigogliosa, perché « è se-
gno di vitalità e indice di fiducia », ma ripete ogni voLta in termini più o
meno equivalenti: << Penso che D. Bosco deve aver lasciato alla sua Congrega-
zione delle nofme sicure, sapienti e, quasi vorrei dire, severe per l'accettazione
3 Udienza di Pio XI del 2l gennaio 1934.
a Udienza di Pio XI del 1' febbraio 1939.
5 Udienza di Pio XII del L2 awile L9)9.
6 Udienza di Pio XII del 15 rnaggio 1941.
7
8
Udienza
Udienza
di
di
Pio
Pio
XII
XII
del
del
febbraio 1941.
26 otrobre L946.
e Udienza di Pio XII del 26 ottobre 1946.
1o A.C.S, n. 58, giugno l9)2.
qquueellllaa111d2deAAel.llC7le2.9S1d.i,augnreez.nog9iai0à1i,o9s3ne7o1g-v9n(eA1am5l.aCbt(e.rASe..-cC,din.cS.e'd.7m,a9nb)'ra.e.g-Iògn1i9gu3)qn8uqg.euegerellilaqi-nudceoellnal t2rdi esmel ma2gp9greiaorpi1br.ai9lde3i6s1c(9eA33'iCl-(.sSAu'ot,tinp,enn7s.6ie6)ro2e.)
)5

4.10 Page 40

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e 7a formazione dei suoi soggetti. Senza di ciò porebbe forse aversi uno svi-
luppo effimero, ma non così saldo e duraturo »>.13
Nel 1914, anno della Canonizzazione di D. Bosco, D. Ricaldone non Ia-
scia cadere parola, saluto, discorso che il S. Padre abbia rivolto ai vari gruppi
di pellegrini e le riporta negli Atti e nel << Bollettino salesiano ». E perché non
siano esortazioni che sfumino nell'entusiasmo del momento, egli stesso sotto-
linea il messaggio che il Papa ha voluto trasmettere ai figli di D. Bosco:
« Amare come lui (D. Bosco) Gesù Redentore nelle anime riscattate dal
suo sangue
liatrice nel
mdiavricnioare)>ia-71a
<< amare
salvezza
Cristo quale guida nelle opere
come lui la Madre di Dio, quale grande Ausi
delle anime )>
di apostolato
-per<(ilambeanree
Lui il Vicario
delle anime »>.
di
Ge-
Poi come consenso pieno all'esortazione del S. Padre, a nome di tutta
la congregazione fa quarrro promesse: 1) Sempre più filiale attaccamento al
Papa. 2) Maggiore alacrità nella preparazione dei giovani ai Movimenti di Azio-
ne Cattolica. l) Più intenso lavoro missionario. 4) Crescente attività per la
buona stampa.ra
Erano già le direttive del lavoro di D. Ricaldone, ma la promessa al Vi-
cario di Cristo, che aveva ispirato tale orientamento, suona come un rilancio per
la conquista delle mete.
Così ancora per il Capitolo Generale XV del 1938, D. Ricaldone sostiene
gli ideali del Papa e a sua volta se ne serve come di sostegno dal momento che
ne fa direttive di marcia per la Congregazione.
Apre così le sedute, con un << Omaggio al Papa »> consistente nel promuo-
vere <( due commissioni, una presieduta dal Catechista Generale e una seconda
dal Consigliere Generale incaricato degli oratori Festivi, per studiare il modo
migliore ci'impartire f insegnamento catechistico e di diffondere, rufforzare, ap-
profondire l'istruzione religiosa, ricordando che S. Giovanni Bosco ripete insi-
stentemente essere questo 1o scopo precipuo dell'oratorio festivo >>.1s
Pio XI, subito con una lettera del Card. Protettore, allora S. Em. Eu-
genio Pacelli, espresse il suo compiacimento: si dichiarava « felice di sapere
che tra le questioni da trattarsi nella autorevole assemblea, era quella dell'in-
cremento da darsi agli Oratori Festivi e quella della organizzazione perfetta
dell'insegnamento catechistico >>.16
Pio XI ebbe tratti di speciale benevolenza verso Don Ricaldone. Uno di
questi fu I'avergli concesso la facoltà di confessare « ubique terrarum » consi-
gliandolo però in questi termini scherzosi: << Ne usi con prudenza, e ne guada-
gneremo tutti e due! >>. Voleva alludere alle possibili suscettibilità che la cosa
poteva far sorgere da parte degli Ordinari diocesani.rT
Ancora dieci giorni prima di lasciare la tena, il grande Papa, accordando a
1114
AC_S^,
A.C.S.,
n. 62 maggio 19)) -
r,. 66, maggio 7933.
Parole
di
Pio
XI
all'udienza
del
t9
aprile
t933
1s A.C.S., maggio-giugno 1938.
r5 A.C.S.. maggiogiugno l9)8.
i7 Testimonianza di Don T. Savarè, agosto 1971.
36

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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Don Ricaldone l',udienza del 1' febbraio l9)9, quella che il Rettor Maggiore
annotò nel suo taccuino personale con la frase: << Benevolenza sttaordinaria del
S. Padrel >>, ebbe per lui espressioni di una ,telerezza commovente. Giunse al
punto di dirgli paternamente: << Non può credere quanto mi abbia fatto piacere
questa sua visita »>.18
Poté sembrare allora che la devozione di Don Ricaldone al Papa fosse do-
vuta all'affetto particolare che 1o legava al Papa di Don Bosco, poiché in realtà
vi fu tra le due grandi anime un'intesa peffetta che scese a colloqui confiden-
ziali, in cui il Padre non disdegnò ascoltare il figlio e tenere contc delle sue
esperienze. Ma se vi fu un accordo reciproco di vedute e di sentimenti, non fu
..ito l'.I.-ento personale a determinare la fedeltà indefettibile di Don Rical-
done al Sommo Pontefice. Come infatti venne a m^Dcare Pio XI, Don Rical-
done, pur facendo un'esaltazione splendida nella Lettera Circolare del gennaio-
febbrai,o l%9 della sua persona, subito però passò ad additare ai Salesiani il
nuovo Pontefice nella persona del già Protettore della Società Salesiana, il
Card. Eugenio Pacelli.
Pio Xll
Egli mise in risalto Pio XI come il Papa di Don Bosco per eccellenza, poi-
ché fu lui a beatificarlo, canonizzatlo, fu lui a esaltare i suoi primi iigli con la
beatificazione di
rabile Domenico
Madre Mazzarcllo
Savio e come si
e la proclam
considerava P^iozioInXe
dell'eroicità
benefattore
del Vene-
insigne di
D. Bosco per averlo sostenuto nel difficile cammino della fondazione della Con-
gregazione e averne approvato le Costituzioni, così anche Pio XI doveva avere
grata memoria e se ne doveva tenere il ritratto accanto a quello di Pio IX.
Questa fedeltà ai Papi ranto benemeriti ora doveva prolungarsi a Pio XII.
Appena assunto al Pontificato aveva voluto mostrare la sua immutata benevo-
lenza paterna chiamando subito in udienza particolare i Salesiani a lui più
vicini, quelli addetti alla Poliglotta Yaticana. E poi quasi per dare fotza a71a
sua esortazione ne esponeva i motivi superiori ricordando la caratteristica pre-
cipua della Società Salesiana: « I1 nostro Santo Fondatore lasciò ai suoi Fi-
gli, come speciali ticordo, la devozione e l'amote verso il Vicario di Gesù Cristo'
Vi esorto a dimostrare al nuovo Papa \\a nostfa devozione con una piena, co-
stante e forte aciesione alla S. Sede, e il vostro amore, pregando per Lui e la-
vorando e sacrificandovi pel trionfo della Chiesa e salvezza delle anime ».le
D. Terrone ricorda che qualche giorno dopo la morte di Pio XI, nella
casa di Montalenghe, circondato da Confratelli che parlavano della futura suc-
cessione, D. Ricaldone disse categoricamente: <( I'1 nuovo Papa sarà il Card. Pa-
celli e prenderà il nome di Pio XII ».
l8 M.8., xlx, 389.
t9 A.C.S ., n. 91, gennaio-febbraio 1939
)7

5.2 Page 42

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I contatti col nuovo Papa furono meno frequenti a causa della guerra, ma
si direbbe che D. Ricaldone divenne per questo quasi più sollecito indagatore
del pensiero di lui, del suo soffrire e se ne fece interprete, segnalando ai con-
fratelli, i gravi problemi e Ie sofferenze che amareggiavano il suo grande cuore
di Padre universale.
È gioiosa la reTazione della prima udienza avuta il 12 apdle 1919. D. Ri-
caldone non muta stile col nuovo Papa, e già come per Pio XI si mantiene in
tapporti di devota figlioTanza.
Quella prima udienza fu uno sbocciare primaverile di approvazioni. Pio
XII si mostrò molto contento degli studi superiori di Teologia e Filosofia; stu-
pito per il grande numero di Salesiani che frequentavano i corsi universitari;
consolato per il movimento catechistico iniziatosi in tutte le case salesiane.
Fu in seguito a questo primo incontro, paterno oltre ogni aspettativa, che
D. Ricaldone profondamente commosso, invitò i confratelli a mostrare la loro
riconoscenza al Papa con una pratica che realmente esprimesse in vita la loro
fedeltà e il loro amore: << Vi invito, carissimi figliuoli, ad offrire ogni giorno al
Santo Padre, il riconoscente tributo delle nostre preghiere, menre ci sforze-
remo coll'esemplare osservanza e col lavoro generoso, di corrispondere alle sue
paterne aspirazioni »>.20
Partecipando alle intime sofferenze di Pio XII, fatto oggetto da parte dei
cattivi di ignominiose calunnie e di dolorose vessazioni, l'amore di D. Rical-
done divenne vera presenza di fervida preghiera e di offerta generosa. C'era
identità di situazioni, fra queste due grandi anime gravate ambedue, anche se
a livelli diversi, dalle medesime responsabilità. Don Ricaldone capiva quali an-
gosce doveva provare Pio XII che aveva figli morenti, perseguitati, seviziati,
su tutti i fronti, lui, che nella più ristretta f.amigli,a religiosa doveva piangere
la stessa sorte penosa per tanti confratelli.
Le Lettere Circolari di quegli anni, che non possono parlare di incontri
frequenti2r col Padre, ricordano le date a Lui care: I1 Giubileo Episcopale del
13 maggio 1942; il Giubileo Sacerdotale del 1950. Per queste circostanze D.
Ricaldone sottolinea le raccomandazioni di Pio XII, ne promuove le iniziative
con programmazioni che ne facilitino l'immediata esecuzione. Per il Giubileo
Episcopale, per esempio, il Papa chiese solo preghiere, perché 7a ttistezza dei
tempi non richiedeva almo omaggio: << Voremmo esortare la Famiglia Salesiana
a moltiplicare le preghiere per impetrare alla povera umanità così duramente
provata e sconvolta le benedizioni del perdono e della pace »>.2 Allora D. Rical-
done programmò per tutte Ie case un 13 maggio che risultasse una giornata
tutta eucaristica, preparata da molta preghiera alla Madonna.23
20 A.C.S., n. 92, marzo-aprile 1939.
.qio
21 Furono solo due: Udienza
1942, A.C.S., n. 109.
del
15
maggio
1941,
A.C.S.,
n.
105.
Udienza
del
li
gen-
22 A.C.S., n. 109, gennaio-febbruo 1942.
23 A.C.S., n. 110, marzo-aprile 1942.
38

5.3 Page 43

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La Crociata di preghiere alla Madonna per il mese di maggio del 1943
voluta da Pio XII, tiovò subito un'eco fedele in D. Ricaldone che la proclamò
<<Crociata di tutti »> e che volle diventasse per i Salesiani << Crociata Catechi-
stica >> ribadendo le parole del Papa nella lettefa al Segretario di Stato Card'
Luig- iCMi adgli1oonseq:u«ardciisopedrdiearezzluarrotedne.blr1a9d46e:glli'inecrroontiffocondella2l6ucoettdoeblrlea,
verità
dopo
»>.24
tre
anni di lontananza, tfe anni di guerra e di sanguel D. Ricaldone in quell'udienza
che fu per lui un rendiconto di realtà penosissime, ritorna il figliuolo felice
.h. pr.rro il cuore del Padre può dimenticare per brevi momenti la tragedia
purruru e godere il conforto di una parola di comprensione che viene dall'alto.
D. Ricaldone uscì da quell'incontro rifatto, si direbbe ringiovanito. La be-
nedizione del Papa pare gli avesse dato vitalità nuova, freschezza giovanile, en-
tusiasmo di ripresa, talmente le espressioni che usa nel riferire I'udienza, tra-
discono la sua commozione e questa energia di rinascita: «
disse con effusione tutti, incoraggiandoci a lavorare con slancio
(I1 Papl) Bene-
onde arginare il
male e sopperire ai nuovi accresciuti bisogni. Soprattutto poi mi raccomandò di
esoftarvi a pfegare per la Chiesa tanto combattuta e perché |a voce del Papa sia
alfine ascoltata se ii vuole evitare la rovina morale e materiale dei popoli ».6
Durante tutto il Pontificato di Pio XII, D. Ricaldone ogni volta che le
circostanze gli porsero I'occasione, chiese preghiere per 1l Papa.
A Valdtccà, in Casa Madre, dove spesso veniva invitato a dare la Buona
Notte specialmente agli inizi di qualche mese particolarmente celebrato come
q.,e[o ài maggio, o ,pef novene, o anche alla vigilia di feste solenni, egli
,à-p.. .icordàu, il Pipa, le intenzioni da lui raccomandate, come la pace, 7a
carità e le varie necessità della Chiesa.
La cronaca di Valdocco del 1941 annota tutte queste buone notti; in
esse c,è sempre un pensiero per il Papa, quando addirittura non è dedicata
completamenie a Lui come per il mese di maggio del 1941, 1942, 1943, 1945.
Le varie esortazioni loèa[ e occasionali si assommano e si fanno supplica
potente, quasi ordine di battaglia per tutta 7a famiglia salesiana, nella Strenna
àefl'anno 1950: << Conoscere, amare, difendere il
ciata, così la commenta brevemente:% << L'anno
Papa >>. Dopo averla enun-
santo (il prossimo 1950) è
quanto mai propizio per irrobustire in noi questi sentimenti che offriamo al
S. Padre nel suo fausto giubileo sacerdotale )>.
Poi dopo aver eleniato un ricco programma di pratiche di pietà e di apo-
stolato in fàvore del Papa conclude: « Ricordiamoci insomma che siamo figli
di S. Giovanni Bosco il quale dal letto di morte prcgava il Card. Alimonda a voler
dire al Papa Leone XII1 che scopo fondamentale della Congregazione Salesiana
fin dal suo principio fu di sost;nere e difendere costantemente l'autorità del
Capo supremo della Chiesa »>.27
21 A.C.S., n. 116, marzo-aprile 194).
2s A.C.S., n. 118, novembre-dicembre 1946.
26 A.C.S., luglio-agosto 1949.
27 A.C.S., n. 154.
39

5.4 Page 44

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Dove si comprende meglio tutta la filialità di D. Ricaldone per il papa,
è nel II volume della collana « Formazione salesiana »>.. <<La Pietà » in cui
tratta delle due devozioni caratteristiche salesiane: Maria Ausiliatrice e il Papa.
È veramente il suo testamento d'amore, alla Chiesa, al Vicario di Cristo,
coronamento del suo' servizio di figlio fedelissimo fatto con dedizione ardente,
umile sottomissione, ptontezza esemplare.
Pio XII, come già Pio XI, 1o ebbe carissimo. A pochi giorni dalla sua
morte, il 14 dicembrc 195L, ricevendo in udienza privata D. Luigi Pasaa Sa-
lesiano, gli disse: << Ricordate voi salesiani, che in D. Pietro Ricaldone avete
perduto un santo e un dotto >).
Coi Cardi,nali Protettori
I Cardinali Protettori della Congregazione Salesiana durante il periodo del
rettorato di D. Ricaldone furono cinque e cioè: S. Em. il card. Pietro Ga-
spatri, Eugenio Pacelli, Vincenzo La Puma, Carlo Salotti, Benedetto Aloisi Ma-
sella. Verso questi autorevoli e sperimentati rappresentanti della Chiesa e del
Papa D. Ricaldone nutrì sentimenti di stima, di rispetto e circondò Ia loro
persona di
tatti diretti
csoiardaiaRlio^mfiaetczoimone iaeTdoi,rminoostdraimzioosntirdò isseimncperrea
riconoscenza. Nei con-
la massima deferenza e
cordiale riconoscimento dell'aiuto che i porporati prestav ano a71a soluzione
dei problemi afftdati alla loro artenzione dai Salesiani.
Del Card. Pietro Gasparri D. Ricaldone scrive: « Abbiamo perduto in lui
un amatissimo Padre. Tale infatti egli fu sempre per i figli di Don Bosco. Il
suo consiglio, il suo aiuto e soprattutto l'affetto paterno del suo gran cuore
non ci vennero mai meno. La riconoscenza nosffa verso di Lui dev'essere im-
peritura. Continuiamo a suffragarne 1'anima eletta >>.,
rl card. Eugenio Pacelli succeduto al compianto card. Gasparri ebbe molte
prove della icchezza di doni posseduti da D. Ricaldone. Per turti valga il
ricordo di un episodio che si svolse il 31 gennaio 1939, alla procura, dove
in occasione della festa di D. Bosco aveva accolto l'invito di presiedere al
pratzo offerto dai Salesiani a un gruppo di amici dell'opera.
Fru i 24 invitati, oltre il Card. La Puma, amico e compagno di studi del
Card. Pacelli, vi erano i ministri Federzoni, Rossoni, il Presidente alla Corte
di cassazione Gasparini; il Generale corelli e alcuni deputati, magistrati e
professori.
Alf inizio del pranzo aperto con la preghiera del futuro papa, gravò su
tutti i commensali un silenzio quasi assoluto; pochi monosillabi tra i cardinali e
i ministri. Dopo l'antipasto l'onorevole Rossoni ruppe il ghiaccio e Ia conver-
28 Lettera di D. Luigi Pasa
2e A.C.S., 31 gennaio 1935.
40

5.5 Page 45

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sazione si animò della parola calda di D. Ricaldone che, richiesto dal Card.
Pacelli su fatti, usi e costumi dei popoli da lui visitati nel suo giro missionario,
rispondeva con garbo, precisione, vivezza di descrizioni. Ma erano solo <( cose
salesiane >>. Come riuscì D. Ricaldone ad un certo punto a ricordare ai con-
vitati che si era al 1' decennio della Conciliazione? Un brindisi non si addiceva
in quei giorni in cui tutta la cristianità penava per la salute di Pio XI già molto
grave! D'altra parte egli si trovava fra persone divise per idee e principi e in
un periodo in cui fra regime fascista e Azione Cattolica c'era forte tensione.
Eppure era doveroso,ricordare tale celebrazione e Ia persona sofferente del Papa,
per deferenza proprio al Cardinale che lo rappresentava!
D. Bosco l'a.vrebbe fatto e D. Ricaldone lo fece. Senza urtare, {ece scivolare
il discorso su persone di grandi benemerenze, sulle loro attività e venne al
punto: i Patti Lateranensi, frutto proprio di comprensione e di tattica squisita
di grandi personalità. Ricordò quindi il fratello del Cardinale, il Marchese Pa-
celli che tanto si era adoperato, e gradatamente giunse a Pio XI il più insigne
fautore della Conciliazione. Dire poi che tutta la Famiglia Salesiana celebrava
tale decennio con la preghiera più fervida per la salute del Papa fu cosa facile.
Il ricordo fatto con tanta delicatezza, con parole misurate e solo elogiative,
penetrò nei presenti, senza urtare, senza suscitare commenti sfavorevoli.
Anzi, tutti rimasero talmente sorpresi per tale ricordo e compresi per la
salute precaria del Sommo Pontefice, che fissarono lo sguardo sul Card. Pa-
celli. Notarono il sorriso di compiacenza e il movimento del suo capo in
segno di approvazione e attesero una sua parola. Ma il futuro Papa prudente-
mente e sapientemente non commentò se non con quel suo atteggiamento be-
nevolo.
Da quell'episodio il futuro Pontefice poté già rendersi conto di quali sen-
timenti fosse imbevuto quel Superiore Salesiano che scavalcava preconcetti umani
per mettere in luce la Chiesa e il Pontificato Romano e quale prudenza avesse
dimostato nel condurre a pensieri di fede senza ledere possibili suscettibilità
di persone deboli nella fede.
Basti dire che a pranzo ultimato, mentre il Card. Pacelli si allontanava
benedicendo, parecchi dei convitati, per nulla papalini, esclamarono: << Il futuro
Papa! il futuro Papa! >>.r
Quest'episodio di deferente, amoroso rispetto di D. Ricaldone verso la
persona del Card. Pacelli, quale rappresentante del Papa, è uno dei tanti che
nel corso delle vicende si possono ricordare nei suoi rapporti con i successivi
Cardinali eletti dal Papa come Protettori della Congregazione Salesiana.
1l Card. Vincenzo La Puma3l che sostituì il Card. Pacelli nell'aprile del
30 Testimonianze di Don Terrone.
3r Don Ricaldone inconrò Mons. Vincenzo La Puma, Vicesegretario della S. Congre-
gazione dei Religiosi nel novembre 1918 ed ebbe da lui consigli adeguati per 1a mlssl0ne
affidatagh dal Rettor Maggiore: Visitatore Suaordinario alla Ispettoria del Medio Orient:
(Vedi Cap. XVI).
4l

5.6 Page 46

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1939; conobbe tutta la squisita finezza d'animo di D. Ricaldone ed ebbe verso
di lui affetto, benevolenza più di amico che di Protettore. Eppure D. Rical-
done non aveva pensato a lui, ma al Card. Salotti. Tuttavia la nomina inaspet-
tata non lo irrigidì affatto, anche se per questa elezione ebbe da soffrire pa-
recchio da chi, non sapendo come si fossero svolte le cose, trovò motivo per
critiche infondate.32
D. Ricaldone amava i Cardinali Protettori, tanto da poter assicurare: << Ogni
mattina nella S. Messa, non soltanto prego pel Cardinal Protettore vivente,
ma faccio il nome dei Cardinali Protettori defunti ,>.33
Per questo nel 1939 col nuovo eletto fu di una apertura più che filiale e
ne ebbe un ricambio altrettanto paterno. D. Ricaldone gli era riconoscentissi'mo
e 1o riconosceva come il Cardinale << ProvviCenziale » per la questione dei pri-
vilegi e non solo per quello... Soleva dire: << Basterebbe anche solo il ricono-
scimento del Rettor Maggiore quale Delegato Apostolico delle F.M.A. per erigere
da parte nostra un monumento al Card. La Puma ».s
Con lui ebbe molti incontri per questioni delicatissime sia a Roma come
a Torino.
Subito dopo la sua nomina D. Ricaldone si fece premura di invitarlo per
una visita al Centro salesiano. Ed egli accettò molto volentieri e sostò parecchi
giorni con grande conforto di D. Ricaldone che programmò per l'illustre Pre-
sule un'accoglienza dr marca salesiana e un itinerario di visite ai luoghi più cari
di D. Bosco. Veramente cordiale fu l'ospitalità sotto ogni aspetto. Nel suo
taccuino egli segnò giorno per giorno 1o svolgersi del programma, perché tutto
aveva predisposto e ordinato. Prima di ogni altra cosa l'incontro con l'Arcive-
scovo di Torino, S. Em. il Card. Maurilio Fossati, e poi i vari inconri e Ie
visite alle opere principali dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatice a
Torino e nei dintorni immediati.3s Il primo contatto con la Famiglia Salesiana
confermò nel Card. La Puma la schietta simpatia che già nutriva per i figli di
D. Bosco e fu f inizio di molte altre visite. Lo troviamo nuovamente a Torino
già nel Luglio dello stesso anno. Vi ritornava poi nell'aprile l94l , contento di
benedire col Card. Fossati i nuovi ambienti della Cappella e dell'Oratorio annessi
all'Istituto Edoardo Agnelli e di presiedere all'inaugurazione del nuovo organo
della Basilica di Maria Ausiliatrice.s
La guerra 1o fermò a Roma, ma D. Ricaldone 1o raggiunse sovente e lo
trovò sempre pronto, paternamente disponibile ad aiutarlo in tutti i suoi peno-
si intricati problemi.
D. Ricaldone seppe della morte inaspettata dell'amato presule il 7 novembre
19$ in piena guerra: era mancato il giorno 4. Ne diede l'annuncio alla Co-
32 Testimonianze di Don Tarcisio Savarè.
33 Testimonianze di Don Tarcisio Savarè.
3a Testimonianze di Don Tarcisio Savarè.
3s Bollettino Salesiano, luglio 1939.
36 A.C.S., n. 105, maggio-giugno 1941,
12

5.7 Page 47

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munità di Valdocco alla buona notte, chiedendo preghiere per quella grande
anima che tanto si era prodigata per gli interessi della Società Salesiana. Non
potendo recarsi a Roma, celebrò egli stesso I'ufficio funebre in Basilica, il
giorno 11 e lo volIe solenne anche se la situazione di sinistrati non permetteva
quel fasto esterno che pure si addiceva ad un Principe della Chiesa Romana.
Il 21 dicembre dello stesso anno veniva assegnato come nuovo Cardinale
Protettote, S.E. il Card. Carlo Salotti.
D. Ricaldone fu raggiante per questa elezione dal momento che aveva
già pensato a lui fin dall'elezione a Sommo Pontefice del Cardinal Pacelli. Solo
ora si permise di dissipare Ia nube che aveva per un momento offuscato l'oriz-
zonte di serena amicizia fra il Presule e i figli di D. Bosco per l'elezione im-
preveduta dal Card. La Puma.
<< Appena questi avvicinò il novello Pontefice, di cui era stato condiscepolo,
XtraIII:'aD-lotrnoLRagilcviaucldhooiientseue?:p--er
Conserverai ancora
dEeliiclaCteazrzdainvaelers:o-il
BPlaaepnPavroeotleeilnttCtoierairraid:idnl'eaailceScmeatlaetons!tiae-nnin?e-su
Pio
ciò
(aveva saputo l'episodio da Don Tomasetti) il più geloso segrero fino alla
morte del Card. La Puma >>.37
II Car'd. Salotti, che così veniva escluso, ne soffrì assai, e Don Ricaldone
ailora non volle chiarire f incidente e soffrì anche lui in silenzio.
Ora finalmente poteva manifestare come erano andate le cose; e 1o fece.
Egli nutriva viva gratitudine verso il Card. Salotti; era infatti lui che tanto si
era adoperato per Ia glorificazione di D. Bosco, per Ia Beatificazione di Madre
MazzarelTo, per la causa di Domenico Savio e degli altri Salesiani, Servi di Dio.'8
Ecco come D. Ricaldone annunziò la comunità di Casa Madre il nuovo
Cardinale Protettore nella << Buona Notte >> del 12 gennaio 1944: dopo Card.
La Puma, proseguì: << Riguardo al nuovo Cardinal Protettore il S. Padre è stato
così buono che ha interpretato
E cosIoì sisac!ri-ssi subito al nuovo
i nosmi desideri: - Vo.lete il Card. Salotti?
Protettore presentandogli omaggi e promesse
di preghiere. Anzi, già in antecedenza gli avevo scritto dicendo che se il S.
Padre ci avesse interrogati (poiché a volte permette che gli si dica it nostro de-
siderio), noi avremmo fatto senz'altro il suo nome. Forse non si può desidera-
re un Card. Protettore più salesiano! Lavorò con amore indefesso e con grande
intelligenza nella Causa di Beati{icazione e Canonizzazione di D. Bosco e nella
Causa di Domenico Savio. Per l'eroicità delle virtù di Domenico Savio ha
combattutto la grande battaglia. Studiò le virtù e le opere di D. Bosco e tutto
ciò che si riferisce a1la congregaziole. Scrisse la vita di S. Giovanni Bosco e
di Domenico Savio con una conoscenza veramente profonda del nostro spirito
37 Testimonianze di Don Tarcisio Savarè, avute dal Procuratore Generale dei Salesiani
Don Francesco Tomasetti che, quale intimo confidente del Card. La Puma, seppe dall<r
stesso Presule il fatto.
38 A.C.S., n. 144, novembre-dicembre 1947.
43

5.8 Page 48

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e delle cose nostre. Io l'ho subito ringraziato e gli ho promesso che I'avrei
raccomandato alle vostre preghiere. Benediciamo il Signore, ingraziamo S. Gio-
vanni Bosco e vediamo di fare in modo che sia realtà ciò che ho promesso al
Calarsdu.IonPcruoreotearetltt!oàr-etu: t-te
Non le daremo nessun
le occasioni trovarono
fastidio: daremo solo consolazioni
Don Ricaldone pronto per dimo-
srargli il suo personale affetto e la devozione delf intera Famiglia Salesiana. Co-
in occasione del suo Giubileo d'oro nel 1944, non potendo recarsi a Roma
per causa della guerra, invitò tutta la Congregazione a pregare per l'augusto
Presule ricordando le sue benemerenze verso i Salesiani. L'adesione fu così
totale e affettuosa che il Cardinale ne rimase profondamente commosso e 1o
scrisse di suo pugno ringraziando i cari figli di D. Bosco.3e
Ma un documento preziosissimo che sta ad indicare in quali rapporti per-
sonali D. Ricaldone fosse con il Card. Salotti è una lettera che questi scrisse
a D. Ricaldone in occasione del suo Giubileo Sacerdotale. È in data 27 mag-
gio 1943 giorno in cui veniva festeggiato nella Casa Madre.
Per lo stile semplice e il tono affettuosissimo che egli usa, merita di essere
riportata integralmente.
27 maggio 1943.
Carissimo Don Ricaldone,
masepsesBtotaeprnèachralèaltrrieoi 1isl6ialminngeauitioapg4rgi8mioaodrediipuprniom'ateamr idcceeizlleiambrfaiuoraeitneqcrunoeam?llpea-nraobzpzileeurdam'touirtcotoasv-aiaceèrddeopbtebaroli-
che oggi celebra f illustre Rettot Maggiote dei Salesiani. E {orse non amiverò
a quellà data, poichè è privilegio di pochi salire di nuovo sull'altare ad offrire
a Dio l'Ostia Santa dopo 50 anni di lavoro, di ministero, di sofferenza, di
sacrifici, di opere sante, quali può contare l'odierno successore di S. Giovanni
Bosco.
Godo di questo fortunato privilegio concesso a voi dal Signore, e in que-
sta mattina, durante la Santa Messa, il mio pensiero, il mio cuore, le mie
preghiere erano tutte attorno alla vosfta venerata persona, e ho detto a Dio
èor le lacrime agli occhi queste testuali parole: « Signore misericordioso, con-
solatelo perchè ha bisogno di conforto in mezzo alle molte sventure che la
guerra va procurando alla sua Società Salesiana. Dategli salute piena e corag-
gio intrepiào perchè in questo periodo così difficile e critico possa guidare
la nave affidatagli dalla Provvidenza e condurla vittoriosamente a buon porto
per il bene di tanta gioventù e per la prosperità di quelle Mission.i, sulle quali
è inalberato il vessillo salesiano. Esaudite le preghiere, i voti e gli auguri che
per lui si sciolgono in questo giorno in ogni parte della tema, affinchè i vo-
3e Lettera a1 Prefetto Generale della Società Saiesiana D. Pietro Berruti in cui rin-
grazta per le preghiere, ecc. fatte in occasione del suo Giubileo Sacerdotale che cadeva i1
2Z-S-Dqq. È in data 11-10-1944 (Vedere A.C.S., n. 126, novembre-dicembre 1944' n. )'
da Roma).
44

5.9 Page 49

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stri doni divini discendano abbondanti sul vostro Ministro che vi ha servito
con tanto amore, con tanta fedeltà e con tanta dedizione ».
In questi sentimenti è tutta la mia anima e la prova del grande inestin-
guibile affetto che nutro per chi tiene così alte le belle tadizioni salesiane,
ricche di spirituali conquiste e feconde di un apostolato che ha lasciato tracce
incancellabili nella storia della Chiesa e della civiltà.
Questa volta non è il Vescovo e il Cardinale che vi benedice, ma siete
voi che dovete benedirmi, poichè sento che nella vostra benedizione riceverò
1a benedizione che mi viene dal mio caro Don Bosco.
Aff.mo Canro Cano. Selorrr
Penosissima quindi giunse a D. Ricaldone la notizia della morte del << gran-
de amico >> nel dicembre 1947.
Non stava affatto bene di salute, era sofferente, perciò non poté celebrare
egli stesso la Messa di suffragio, ma volle essere almeno presente con tutti i
Superiori del Capitolo.
Ricordando ai Salesiani tutte le benemerenze del compianto defunto an-
nunztava come ancora prima di morire aveva voluto lasciare una testimonianza
del suo amore per i figli di D. Bosco disponendo che venissero affidate alle loro
cure due opere a lui particolarmente care, una a Frosinone e l'altra in Palestrina.ao
Ma \\a vita continua e Don Ricaldone riprese il carnmino lasciando che la
sofferenza tormentasse solo il suo cuore; i Salesiani avevano bisogno di un altro
Pro,tettore ed allora egli bussò umilmente al cuore di un alro grande Presule, il
Card. Benedetto Aloisi Masella. Ebbe la gioia di una risposta che « più che
un consenso >> era vivo compiacimento per la nostra richiesta. << I1 6 febbraio 19'18
iTPapa accettò la scelta >> e Don Ricaldone poté annunciare iI nuovo Protettore.al
In verità il Card. Aloisi Masella apparteneva g1à alla Famiglia Salesiana, per-
ché come Nunzio Apostolico in Portogallo, nel Cile e nel Brasile aveva sempre
ammirato i Salesiani sino a chiedere di essere iscritto tra i Cooperatori quando
nel Cile ebbe intimi contatti coi zelanti figli di Don Bosco quali un Don Nai, un
Don Turricia e un Don Berruti.
Egli nell'ottobre dello stesso anno si recò a Torino per la presa di pos-
sesso della Protettoria Salesiana ricevuto con le stesse dimostrazioni di affetto
tributate negli anni antecedenti ai suoi predecessori.
Le persone scompaiono ma la Chiesa rimane, ed è alla Chiesa che D. Ri-
caldone guardava quando trattava con tutti i suoi rappresentanti; pensava ai
suoi diritti, al suo prestigio prima ancora che agli interessi della stessa sua fa-
miglia religiosa.
40 A.C.S., n. 1 44, novembre-dicembre 1947
4r A.C.S., n. 1 45, gennaio-febbraio 1948.
45

5.10 Page 50

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La Procura Salesiana presso Ia S, Sede
Per questo Egli ebbe attetzioni particolari per la piccola comunità della
Procura e tanto più pel Procuratore. Dovevano essere religiosi di buon spi-
rito, preparati al compito delicato loro affidato, dotati delle qualità necessarie
a tanta responsabilità. Quando D. Ricaldone fu eletto Rettor Maggio,re il Pro-
curatore era D. Francesco Tomasetti,a2 che occupava quella carica fin dal 1924.
D. Ricaldone si era incontrato con Lui più di una volta specialmente quando
era Prefetto Generale.
« Al di sopra delle divergenze ideologiche e politiche, uomini di Chiesa
e di governo, Vescovi, Cardinali, religiosi eminenti, parlamentari e pubblicisti,
esponenti di varie comenti di pensiero e di azione trovavano alla Procura nella
accogliente ospitalità e nella spiccata personalità di D. Tomasetti il punto di
convergenza per la soluzione di vertenze non avevaflo potuto essere risolte »>.43
Non era un mistero che tra il Rettor Maggiore e il Procuratore Generale
f intesa non era perfetta. Si discuteva, talvolta senza intendersi. E questo perché
si trovavano in conflitto due mentalità l'una di regolarizzatore, l'altra di di-
plomatico.
È chiaro che queste discussioni inficiate da tecnicismo contrastante non
diminuivano Ia stima e il rispetto reciproco, interropevano le buone rela-
zioni di catità. fuaterna; per ambedue era attuale il « sol non occidat )> se pure
si può parlate di iracondia o non piuttosto di qualche giudizio meno ortodosso.
La virtù dei due è fuori discussione. Gesto paterno di D. Ricaldone verso D.
Tomasetti fu quello di procurargli un aiuto quando le forze cominciarono a
dedinare; gli mise a7loru a fianco D. Evaristo Marcoaldi come Sostituto Procu-
ratore Generale.a
Non volle togliere al benemerito Salesiano 7a gioia del lavoro sul decli-
nare della vita; d'alua parte era necessario sollevarlo dal peso diventato so-
verchio.
Pochi mesi dopo D. Tomasetti volle ricambiare. Ricevuta 7a notizia delTa
morte di D. Ricaldone, volle andare a Torino a seguire il feretro, tenendo un
cordone del caro funebre per tutto il tragitto. << Per un gesto di riparazione >>
disse.
a2 Nato a Torremollo (Pesaro) compì il corso ginnasiale all'Oratorio (1881-1885) ed
ebbe
dato
da D. Bosco
e confortato
una
dal
pSraenzitooseaninffdòicaazifoanre:pa-rteSdeenlloanCtoi nfgariepgraeztieonveaei adlfoinpfoerlnao
m-.ortGe udii
D. Bosco ebbe sua guida D. Rua. Ordinato Sacerdote e ottenuta la laurea in teologia alla
Gregoriana di Roma, dopo una breve parentesi di operosità a Liegi, tornò in Italia e {u
successivamente Direttore dell'Ospizio S. Cuore di Roma (1902-1917), Ispettore delle Case
che {ormavano l'Ispettoria Romana (1917-1924) e finalmente Procuratore Generale della
Congregazione (1924-1953).
Fu un grande Salesiano, che attinse direttamente dal Fondatore 1o spirito che 1o
animò e rese preziosa Ia sua opera sia nel curare con intelletto d'amore gli interessi de1la
Congregazione sia nel fecondo apostolato svolto in vari ambienti della Capitale.
a3
«
Da11a lettera necrologio.
A.C.S., n. 167, 1951.
46

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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Un altro episodio mostra ancora la grande deferenza che D. Ricaldone
aveva per tutto ciò che riguardava Ia S. Sede.
Nel 19113 avendo notato alcuni inconvenienti nella stessa sede della Procu-
ra volle averne Ia spiegazione dallo stesso interessato, un buon confratello che
nella sua semplicità non avvertiva la sconvenienza di una sua iniziativa. D. Ri-
caldone osservò tutto e si intese con D. Tomasetti. Ritornato a Torino scrisse
a detto confratello una lettera molto decisa anche se paterna invitandolo a ren-
dersi conto che la Procura era luogo d'incontro con prelati, autorità civili, uo-
mini politici; quindi le sue iniziative erano fuori posto. E venne alla conclusione:
<< La Procura dev'essere liberata assolutamente, nel tempo fissato, dal gra-
vissimo disagio e dalle responsabilità e conseguenze di tante visite per scopi
che nulla hanno a che fare con le finalità della Procura stessa »>.as
Coi Vescovi
Commovente è Ia venerazione che D. Ricaldone ebbe per i Vescovi. Non
li considerava amministratori di zone più o meno vaste, non li stimava come
personalità più o meno ricche di esperienze pastorali e sociali. Egli, a questo
riguardo, umanamente parlando, avrebbe potuto dar lezione di governo, comu-
nicare esperienze, premunire i più giovani e meno preparati di lui. Egli guardò
al Collegio Episcopale e ad ogni singolo Vescovo, con occhio di umile sacer-
dote che onora nel Pastore 7a pienezza del Sacerdozio.
Diversamente non si spiegherebbe la defercnza che ebbe per tutti i Ve-
scovi indistintamente, considerando sempre un onore averli ospiti in Casa Ma-
dre a Valdocco, dove voleva che il servizio della ospitalità a loro riguardo fosse
inappuntabile.
E come si sentiva onorato di poterli avere in Casa Madrel La sera del
3 aprile 1944, aLla Buona Notte, così annunciò il pernottare dei Vescovi Subal-
pini a Valdocco:
<< ...Una notizia confortante. Domani avremo la gioia di ospitare qui nel
nosro Oratorio tutto l'Episcopato della Provincia e Circoscrizione piemontese
presieduto dal nostro amatissimo Cardinale Arcivescovo. Quanta sarebbe la
soddisfazione di D. Bosco se vivesse ancora, nel vedere qui convenuti tutti i
Vescovi del Piemonte!
Il nostro Cardinale tanto benevolo verso di noi, avendo qualche difficoltà
per fare la riunione in Episcopio o presso la Consolata, come avveniva in tempi
passati, mi ha scritto una letterina proprio familiare, che mi ha fatto tanto
piacere: << Non sappiamo dove andare... Veniamo all'Oratorio! >> E Deo gratias!
Noi saremo felici di vederli domani qui con noi e faremo loro accoglienza cot-
diale e serena, come suol dirsi. Raccomando che la casa sia ben pulita con gli
4s Lettera a D. Giovanni Trione in data 2 maruo 194).
47

6.2 Page 52

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ambienti tutti ordinati, acciocché i Vescovi visitandola abbiano a riportare
buona impressione. Soprattutto preghiamo molto. Se i Vescovi, malgrado tutti
i disagi del viaggio e le difficoltà dell'ora presente, si radunano qui, vuol dire
che hanno delle cose ben gravi da l.ratlare e dei problemi di una ben eccezio-
nale importanza, e che non riguardano soltanto loro, ma le anime, la Chiesa
e anche noi. Vi invito a pregare per i Vescovi Subalpini, acciocché nella gior-
nata di domani il Signote faccia scendere su di essi in misura abbondante le
benedizioni celesti; li assista, li guidi, li sorregga. Io presenterò loro i vostri
auguri e l'assicurazione delle vostre preghiere ».
Non ci fu solennità vera che passasse senza un invito a Vescovi, perché le
celebrazioni liturgiche avessero 1o splendore del Sacerdozio regale nella per-
sona di chi ne aveva la pienezza.
Quando poi i Papi si degnavano consacrare Vescovi alcuni figli di D.
Bosco egli ne esultava come di dono munifico.
D. Ricaldone non era solito chiudersi nella stretta cerchia degli interessi
della Congregazione che veniva, in certo qual modo, ad essere privata dei con-
fratelli migliori; ma mirava al bene generale della Chiesa e ne gioiva.
Subito si affrettava a darne annuncio a tutti i Confratelli nelle sue let-
tere circolari dove di volta in volta segnala i nuovi eletti; i cambi di sede; le
difficoltà di chi è in regioni perseguitate o di missione; le ,morti, chiedendo sem-
pre per questi Presuli che rimangono ugualmente tenerissimi figli della Con-
gregazione, preghiera. Prova gioia particolare quando i nuovi Vescovi vanno
o sono scelti in zone missionarie, anche se queste elezioni lasciano vuoti che
sembrano incolmabili proprio nelle Ispettorie dove ancora il personale è scarso.ft
Caratteristica è la lettera circolare del febbraio 1946 che, per supplire
alle mancate notizie dovute all'intetruzione delle comunicazioni, porta le do-
dici nuove elezioni episcopali fatte tra il 1939 e iI 1946;ai la posizione pe-
nosa di Vescovi al di della cortina di ferro; la morte di alri cinque e ancora
lo spostamento di sede per altri.
Si direbbe che quasi voglia farsi scusare questa rnancanza involontaria di
riguardo verso i confratelli eletti a tanta dignità, li segnala quindi con preci-
sione di date e di località a tutta la Famiglia Salesiana per ottenere preghiere.
Quando è a conoscenza di notizie personali, non manca di presentare le bene-
merenze di ognuno, il lavoro svolto, perché tutti siano consapevoli dell'ottima
scelta {atta dal Papa e che il bene realizzato già in Congregazione si estendeva
ora più direttamente alla Chiesa.as Ma questa dote di D. Ricaldone di cogliere
il nettare di ogni fiore senza però mai degenerare in forma laudativa fastidiosa
non è solo per i Vescovi salesiani, ,ma è per tutti i Prelati della S. Sede. Ogni
46 A.C.S., n. 67, settembre 1934; A.C.S., n. 72, novembre 1935; A.C.S., n. 141,
maggio-giugno 1947; A.C.S., n. 1.44, novembre-dicembre 1947.
47 A.C.S., n. 1j3, gennaio-febbraio 7946.
48 A.C.S., n. 135, maggio-giugno 1946; A.C.S., n. 118, novembre-dicembre 19461
A.C.S., n. 116, marzo-aprile 1948; A.C.S., n. 165, giugnoJuglio-agosto 1951.
48

6.3 Page 53

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Messa d'oro di D. Bicaldone, con assistenza pontificale del Gard. Fossati.

6.4 Page 54

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6.5 Page 55

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Presule che ha contatto con lui, non può sfuggire alla sua personale benevo-
lenza e deferenza. Gli Atti ne sono una piccola eco; il Bollettino Salesiano che
può abbondare maggiormente in notizie risente di questo calore familiare che
si irradia dal Rettor Maggiore, verso ogni Pastore in visita alle Opere di Don
Bosco.
Rendersi utili alla Ghiesa
<< Rendersi utili alla Chiesa »> è l'espressione con cui D. Ricaldone esor-
tava un Salesiano, prossimo alla Consacrazione Episcopale a prendere decisioni
circa il suo futuro apostolato di Pastore, ed è quella che compendia meglio e
spiega i suoi molteplici atteggiamenti ora di devota fedeltà, ora di intervento
ardito, ora di pronta obbedienza, ora di umile silenzio.ae
Monsignor Ruffini aumentò la stima verso D. Ricaldone dal momento in
cui ricevette da lui una negativa: << Mons. Ruffini infatti aveva proposto un sa-
Iesiano per una carica eminente. D. Ricaldone ringraziando aveva risposto più o
meno così: << Nelf interesse della Chiesa, faccio noto che, malgrado tante buone
qualità, non è l'uomo adatto per... questi motivi >>. Monsignore radunò subito
i suoi collaboratori ed esposto il caso concluse: << Vedete ciò che mi scrive il
Rettor Maggiore dei Salesiani? Menre altri vanno a71a caccia di posti-chiave,
egli rifiuta, ,motivando. Così si serve la Chiesa! >>.s
Da allora Mons. Ruffini gli fu grande amico e I'aiutò molto per preparare
quanto occorreva all' approv azione dell'Ateneo Salesiano.
Anche l'Arcivescovo di Cuiabà, Mons. Orlando Chavez asserisce che in
D. Ricaldone gli fece sempre impressione la ricerca del vero bene della Chiesa
al di sopra di ogni altro interesse. E ricorda che fu lui che risolse il problema
della formazione del Clero della sua Diocesi.sr Venendo a Torino per il Capi-
tolo Generale del 1947 egli, ancora Ispettore, chiese a D. Ricaldone cosa avreb-
be dovuto rispondere a qualche Vescovo se gli avesse chiesto di interessarsi
di un Seminatio. Rispose prontamente: << Accetteremo subito >>. Questa sua pron-
tezza pq un aggravio di lavoro non indifferente in Ispettorie già scarse di per-
sonale, stupì il buon Ispettore che, eletto Vescovo poco tempo dopo, si af-
frettò a richiederlo di tanto favore.
E non fu il solo quello della Diocesi di Corumbà in Campo Grande, perché
tosto si addossò i Seminari di La Paz e di Cochabamba in Bolivia.
Mons. Chavez ricorda che essendo scarso altora il personale salesiano nel-
l'Ispettoria << Mato Grosso » D. Ricaldone per sovvenire al Seminario di Campo
Grande, otdinò agli Ispettori di S. Paolo e di Minas Gerais di provvedere. C'è
4e
s
sr
Lettera indirlzzata a D. Pittini dell'11-10-1935.
Testimonianza di D. T. Savarè.
D. Orlando Chavez eta Ispettore
in
Brasile,
Isp.
Maria
Ausiliarice;
fu
eletto
Vescovo di Corumbà nel 1948.
49
4

6.6 Page 56

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una lettera sua a D. Giuseppe Reyneri allora de'legato del Rettor Maggiore in
10 Ispettorie del Sud America, in data 18 matzo t943, in cui egli si esprime:
<< Ti esorto ad appoggiare in tutti i modi le fondazioni dei seminari della
Bolivia; è un'opera che sta molto a cuore a'l S. Padre e che, in questi momenti,
tutti devono favorire ed appoggiare con il maggior interesse ,>.
Quando poi i Salesiani presero la direzione del Seminario, egli stesso
scrisse loro una iettera dicendo che la loro missione era di cercare vocazioni
e formarle per la Diocesi. E il buon Vescovo Salesiano concludendo questi cati
ricordi attesta: « Questo per me è il segno grande di amore alla Chiesa ».52
Alra testimonianza di grande amore alla Chiesa nella sua realtà ecume-
nica, fu l'aiuto intelligente, generosissimo che D. Ricaldone diede in favore dei
fratelli di rito bizantino-ucraino. L'attuale Monsignor Andrea Sapelak ricorda
i successivi interventi di D. Ricaldone per studiare il problema non semplice,
eppure così vitale, della Chiesa in terra Ucraina. La Congregazione Salesiafla ar,-
noverava già Confratelli Sacerdoti ordinati da Mons. Giovanni Bucko secondo
iI rito bizantino-ucraino, perciò bisognava adoperarsi perché l'opera salesiana
in Ucraina si svotrgesse secondo il rito ucraino. Ma era novità non da tutti ac-
cettata anche perché, data l'occupazione comunista, non si vedeva l'immediata
possibilità dell'apostolato salesiano in quella Nazione. Ma D. Ricaldone, non era
l'uomo che si lasciasse vincolare da preconcetti o da idee limitate e << occiden-
tali ». Di spirito missionario qual'era aveva visioni ecumeniche e sapeva che il
Vangelo va portato ai popoli nella forma pir) consona alle loro uadizioni, tanto
più se queste sono secolari e autenticamente cristiane. Così, quando S.E. Mons.
Giovanni Bucko, Visitatore Apostolico degli Ucraini in Europa Occidentale
propose di aprire in Francia, a Lory, un seminario per i figli dei profughi ucraini
che manifestavano vocazione sacerdotale, D. Ricaldone, non badando a spese
e disagi, aderì subito e mandò i Salesiani ucraini con confratelli francesi perché
iniziassero l'opera. Si era nel 1951. L'opera poi si sviluppò e passò in Italia,
prima a Castelgandolfo, quindi a Roma. I1 piccolo seme gettato da D. Ricaldone
fin dal 1932, alfinizio del suo rettorato, quando accettò nella Congregazione Sa-
lesiana i primi aspiranti provenienti dall'Ucraina, gtazie al suo costante aiuto
fattivo di mezzi, di personale, di sollecito interessamento per portate al sa-
cerdozio tanti confratelli ucraini, oggi quel seme è fiorito nel Pontificio Seminario
Minore Ucraino di S. Giosafat diretto da Salesiani Uuaini che prolungano la
vitalità della Chiesa Ucraina nella sua penosa emigrazione, preparando forze nuo-
ve per una non lontana rinascita.s3
L'amore di D. Ricaldone pet la Chiesa era conosciuto anche fuori della
cerchia dei suoi figli. C'è un episodio nella sua vita che stupì lo stesso Pio XI
s2 Testimonianze di Mons. Orlando Chavez Arcivescovo di Cuiabà. Da Cuiabà in data
19-2-1969.
s3 Testimonianza di S.E. Mons. Sapelak salesiano, Esarca apostolico degli Ucraini in
Argentina. Da Buenos Aires in data 133-L969.
50

6.7 Page 57

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e che i Salesiani ,mai avrebbero saputo se non fosse stato narrato loro da un
venerando Missionario della Consolata, Padre De Giorgis.v
<< La visita apostolica compiuta da Mons. Pasetto, minacciava di concludersi
con Ia soppressione dell'Istituto delle Missioni della Consolata. Ne era rimasto
male impressionato. D. Ricaldone avendo saputo che il decreto di soppressione
era già pronto e non mancava che la firma del Papa, allora Pio XI, partì im-
mediatamente per Roma e domandò d'urgenza di essere ricevuto dal S. Padre.
Pio XI che 1o stimava ed amava assai, lo ricevette subito e con sua meraviglia lo
vide cadere in ginocchio ai suoi piedi e perorare la causa delle Missioni della
Consolata col medesimo fervote con cui avrebbe difeso le Missioni Salesiane:
l'effetto fu immediato e felicissimo. Il Santo Padre stracciò il Decreto e non
volle che se ne parlasse più. Quel Missionario concludeva: « Don Ricaldone noi
lo chiamiamo il nostro secondo Fondatore >>.
La stessa larghezza di cuore, lo stesso atteggiamento di rispettosa stima e
di cordiale collaborazione ebbe per tutte le Congregazioni. Bellissima è la let-
tera a Fratel Leone delle Scuole Cristiane in favore della proclamazione di S.
Giovanni Battista de la Salle quale protettore dei Maestri Cristiani. Da ammira-
re il delicato pensiero dei Fratelli di chiederne quasi il consenso ad una Con-
gregazione che avrebbe potuto vafitare gli stessi diritti in favore del loro Santo
Fondatore D. Bosco; ma ancora più da esaltare l'umile, affettuosa adesione di
D. Rica'ldone:
Reverendissimo Fratel Leone,
Ella con pensiero fraternamente delicato ha voluto comunicarmi f inizia-
tiva dei Fratelli delle Scuole Cristiane tendente a chiedere alla S. Sede 1a
proclamazione di S. Giov. Batt. de la Salle a Protettore dei Maestri Cristiani.
A1 tempo stesso mi ha manifestato il desiderio di conoscere il pensiero dei
Salesiani al riguardo.
Sono lieto di comunicarle che tutti noi, non solo godiamo di questa ini-
ziativa suggerita dall'affetto dei figli per il loro Padre e Fondatore, ma fac-
ciamo voti perchè la S. Sede accolga la loro domanda. Così S. Giovanni Bat-
tista Ce la Salle entrando in tutte le Scuole Cattoliche come ispiratore e guida
indicherà ai Maestri con quanta generosità sia d'uopo immolarsi per dare alla
gioventù una educazione veramente cristiana.
Colgo l'occasione per riaffermare i vincoli di fraterno affetto che ci legano
a cotesto benemerito e fiorente Istituto e per manifestare ancora una volta la
nostra ammirazione per Ia competenza con cui i Fratelli delle Scuole Cristiane
sanno formare i giovani af{idati al loro zelo. Invoco su di Lei, sui Ven. Supe-
riori e su tutto l'Istituto le più elette benedizioni di Maria Ausiliarice e di
S. Giovanni Bosco, mentre godo riconfermarmi
Dev.mo nel Signore
Sacerdote P. Rrcer-poNs
s/ 11 fatto è riportato da D.L. Beccuti in data di dicembre L966. Egli lo ascoltò dal
Padre della Consolata sopracitato, ospitato a Monteottone per Ia cura dei fanghi.
5l

6.8 Page 58

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Quando poi nel 1943 Fratel Benedetto, Superiore della Casa Generalizia
dei Fratelli delle Scuole Cristiane gli espresse il desiderio di avere esposto al
culto, nella Basilica del S. Cuore in Roma, un sottoquadro del loro Santo Fon-
datore, D. Ricaldone incaricò subito D. Berruti alLora a Roma, di portare la
sua approvazione più cordiale ai buoni Fratelli suivendogli: « Ti prego di
comunicate al Rev.mo Fratel Benedetto che proprio in vista dei rapporti tanto
cordiali che sempre strinsero l'umile nostra Società alla grande Famiglia dei
Fratelli delle Scuole Cristiane, ed in vista anche della Basilica del S. Cuore a
Roma, noi collocammo un'artistica statua in marmo di S. Giovanni Battista
de Ia Salle sul posto più onorifico della Cappella destinata a S. Giovanni Bosco
nella Basilica di Maria Ausiliatrice (...) Dopo ciò puoi capire che trattandosi
di fare cosa gradita ai carissimi Fratelli, noi saremo ben lieti di collocare anche
nella Basilica del S. Cuore in Roma un sottoquadro in uno degli altari. Per parte
mia godo di poter soddisfare un desiderio che servirà a stringere con vincoli
sempre più soavi le due Congregazioni »>.ss
Meravigliosamente magnanimo fu poi nel risolvere casi penosi anche se non
conosceva per nulla individui e circostanze, quando si ffattava di salvare il
decoro, il buon nome della Chiesa, del Sacerdozio!
Un fatto fra molti.
Un Parroco in urto coi fascisti, ma non scevro di errori e di colpe, dovette
rinunciare alla Parrocchia e ritirarsi provvisoriamente nella Casa del Cottolengo
in aspettativa di un processo da cui uscì condannato con la condizionale. Il suo
Vescovo gli disse ben chiaro che non si sarebbe più interessato di Lui, e perciò
il poveretto si aggiustasse da sé. Si raccomandò ad un segretario di D. Rical-
done, già suo compagno di studi. Questi ne parlò al suo Superiore il quale per
prima cosa deplorò il contegno del Vescovo che abbandonava alla dispera-
zione un suo prete, colpevole ma pentito, poi disse al Segretario: È << grande
carità porgere la mano a chi è caduto ed aiutarlo a ùalzarci. Facciamo così.
A mio nome scrivetai al nostro Mons. Munerati, Vescovo di Volterra, che gli
rovi un posto di lavoro presso qualche buon Patroco perché possa redimersi
completamente e rifarsi una vita veramente sacerdotale. Ma non caricare troppo
la mano sui difetti e le colpe del raccomandato; cerca di limitarti ad alcuni
cenni generici, ché altrimenti non 1o accetterdbbero. Una volta accettato e
sistemato, scrivi di nuovo a Mons. Munerati dicendogli tutta la verità in modo
chiaro e preciso, affinché 1o vigili attentamente e ne informi anche il Parroco
locale. Si tatta di aiutarlo efficacemente e non lasciarlo in una pedcolosa
"olitudine morale >>. E Mons. Munetati 1o accettò ben volentieri ,>.s6
Se si pensa che D. Ricaldone non conosceva affatto questo sacerdote, non
a\\/eva nessun obbligo verso di Iui, né mai lo vide, si può capire maggiormente
quanto grande fosse il suo rispetto per il sacerdozio, il suo amore per la
Chiesa.
ss
s
Dal1a lettera di D. Ricaldone
Testimonianza di D. Berruti.
a
D.
Berruti
in
data
9-l-1944.
52

6.9 Page 59

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Quando si trattava del bene delle anime, del trionfo del Vangelo, dei reali
interessi della Chiesa; D. Ricaldone non badava a nulla, neppure a imporre
gravi sacrifici alla Congregazione che pure amava tanto. Durante la Crociata
Catechistica profuse somme di denaro per conferenzieti e organizzatori nelle
varie Diocesi, non cercando compenso.
D. Virginio Battezzati fu udito esclamare: << Per questo suo generoso e
disinteressato amore alla Chiesa, D. Ricaldone avrà in Paradiso un posto
molto elevato, che farà strabiliare coloro che 1o conobbero e giudicarono dal
di fuori e da lontano ».
" Servus fidelis et prudens »
Quanto si disse finora potrebbe indurre a pensare che i rapporti di D. Ri-
caldone con la gerarchia ecclesiastica romana fossero sempre improntati ad
amabile benevolenza. Se questo è vero sostanzialmente, è anche vero che tal-
volta per malintesi od altri motivi questi rapporti furono causa di sofferenza.
Nessuna meraviglia; il beneplacito del Signore permette che il giusto
sia messo alla prova. Ecco alcuni episodi.
Una volta il Papa di D. Bosco, il grande amico dei Salesiani e, diciamo
pure, di D. Ricaldone, 1o chiamò espressamente a Roma, perché gli chiarisse
certe voci che correvano sui Salesiani e che lo lasciavano un po' perplesso.
Si era nel periodo in cui il Ministero della Educazione Nazionale si acca-
niva contro le scuole private, moltiplicando gli Enti statali, le restrizioni, le pre-
scrizioni, ecc. Don Ricaldone cercava tutte le vie per correre ai ripari e salvare
il salvabile. Ora, al Papa era giunta I'informazione che i Salesiani indulgevano
al Fascismo entando in blocco nell'Ente Nazionale Istruzione Media (ENIM).
Fu D. Ricaldone a ricordare I'incontro per mettere in evidenza la bontà
del S. Padre e il suo vivo interesse per la Congregazione.
<, Male, male, nevvero, D. RicaldoneT »> deplorò il Papa.
è ine---vitaSÈbOailhenu,.tinotSàhe,m, èncaooluemnnepcmeisraaacrslheesébonbgreeegcesaettstradsinasirrgseioiem?. olQaar-lrnleeostslaotrrèaoulenibsaiegdretenàzf.ienÈicziioncneheciueadsfosfanatortioopnpraellotriccvhaaé-.
mente i collegi. E allora dove andrebbe a finire tanta gioventù?
Allora il S. Padre assentì sorridendo: <( Purtroppo è così! >> E aggiunse:
<< Grazie, D. Ricaldone. Ci avete to,lto un vero peso di dosso; perché, vedete,
stiamo per presentarci al Tribunale di Dio, e dovremo rendere conto anche
di questo ,>. s7
Altra volta fu il Prefetto di una Congregazione che, richiesto da D. Ri-
caldone di essere ricevuto in udienza, chissà perché, gliela fissò « molto mal
volentieri ,, per le ore 10 del mattino.
t Testimonianze concordi di D. T. Savarè e D. Terrone.
53

6.10 Page 60

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Ma poi lo fece attendere fino alle 11,10 in corridoio, in piedi. Si era nel
l95I e D. Ricaldone già molto sofferente patì non poco per quell'attesa. Lo
ricevette poi in piedi per pochi minuti senza licenziare chi era presente e che
sofferse il disagio di quell'inconro così poco
Tornato nel corri-
doio, D. Ricaldone, stanco, disse solo umilmen^teg:gr<a< zNiaotno. per me, ma per la
Congregazione che rappresento!... ». Si seppe più tardi che causa dell'incidente
fu l'inawertenza di D. Ricaldone, il quale al7'udienza del Cardinal Prefetto
aveva fatto precedere la visita a un Monsignore della Segreteria di Stato. s8
Anche le ripulse non 10 trovarono impteparato. Nella luce della verità egli
cercava il solo bene; se questo non veniva accolto, si ritirava in pace'
Nel periodo in cui a Roma fervevano i lavori per l'isolamento del Campido-
glio e di Castel S. Angelo e si aptivano le vie dell'Impero, della Conciliazione e
dei Trionfi, premevano alla periferia della città ben 50.000 emigrati a cui il
Vicariato doveva fornire chiese e dispotre di molti sacerdoti per I'assistenza
religiosa. D. Ricaldone non insensibile ai problemi pastorali di Roma, in una
visita, considerò la cosa, studiò in profondità il problema e offerse al Cardinale
Vicario l'opera dei Salesiani disposti a prendere tutte le parrocchie di perife-
ria di Roma che Lui intendesse affidare a loro. Chiedeva solo pirì terreno
per I'erezione di un oratorio funzionale vicino alla chiesa capanna e a71a ca-
setta del parroco che erano già state progettate per la spesa di r-rn milione. Se
l'ampliamento avesse richiesto alffo denaro, i Salesiani avrebbero messo del
loro.
La risposta fu negativa. D. Ricaldone ebbe solo un sorriso amaro di pena
per un grande bene che non poteva essere fealizzato e si lasciò sfuggire questo
giudizio:
« Chissà
quanta
gente
sarà interessata
a quel milione!
5e
>>.
Stupiva in D. Ricaldone, lottatore estremo, vedere tanta remissività e
quel suo ritirarsi umile e silenzioso sempre pfonto a rimetterci del suo piut-
tosto che contestare a anche solo mettere nella luce della verità certe posizioni
prese pef ignoranza sulla realtà dei fatti. Se non c'erano di mezzo i diritti di
Dio, l'onore della Congregaziote, non ne valeva la spesa. Se poi erano sfoghi
momentanei di persone non bene informate, anche se ne dicevano delle grosse
le lasciava dire. Come awenne in un inconto del 17 ottobre 1946 in cui si sentì
affetmare che i Salesiani non volevano accettare Ia direzione dei seminari, dopo
che ne avevano preso a loro carico ben cinque, e inoltre che i Salesiani efano
miliardari
sviluppo
per cui i
delle loro
danni di guerra da loro subiti non
opere. D. Ricaldone chiariva, ma
incidevano molto sullo
poi lasciava cadere. n
Invece quando il danno sarebbe ricaduto sulla S. Sede, allora era meglio
pagare di persona e tenere alto il prestigio della Chiesa. Questo il criterio di
D. Ricaldone. A chi non conobbe i suoi principi otientativi poté apparire qual-
che volta un timido, uno smarrito di fronte alla diplomazia'. ma la verità era
s8 Testimonianza dt D. Angelo Gallenca presente al fatto
se
o
Testimonianza di D. E. Marcoaldi dell'agosto 1969.
Dall'agenda personale di D. Ricaldone del 1946.
54

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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un'altra. Egli fu solo e sempre devotissimo figlio della Chiesa. Dei suoi rap-
resentanti e dei suoi organismi non se ne servì come di uffici e impiegati da
conquistare alla propria causa, ma li avvicinò come esponenti della Chiesa, da
rispettare, consultare, ubbidire, difendere. Così quando nel l9T una bene-
fattrice avendo offerto terreno con casa ai Salesiani a L'Aquila e non fu più
in grado di pagare l'impresa di costruzioni che richiedeva una somma assai più
elevata di quella pattuita a lavori da iniziarsi, D. Ricaldone venne in aiuto alla
buona Signora, ma volle chiarite fino in fondo la realtà della situazione. In verità
la Ditta atbusivamente imponeva un ptezzo inadeguato ai lavori compiuti, oltre
che a mancare ai patti convenuti. Quando però seppe che essa si faceva forte
per conoscenze ed appoggi presso la Cwia Romana accusando i Salesiani di
non voler pagare il giusto ptezzo dei lavori eseguiti, D. Ricaldone non fece
più parole e sborsò una somma per quei tempi molto alta. Non voleva asso-
lutamente che la Congregazione Salesiana sembrasse in conuaddizione con la
S. Sede o anche solo fosse in urto con persone che per essa lavoravano, talt^
era la deferenza che nutriva per tutto ciò che riguardava la Chiesa.
Quando poi si tattava del bene delle anime, tutte le considerazioni umane
crollavano anche se c'era vicino a lui chi, con cuore di figlio, un po' esuberante
nel suo affetto, meno paziente nell'addossarsi le croci, sbuffava per certo
procedere ingiusto e, considerato dai tetti in giù, veramente sfruttatore... C'era
da passare per ingenui! D. Ricaldone preferì sembrare tale che ostacolare un
bene e non aiutare iI Papa.
Sì, perché fu proprio Pio XI nel l9)3 a pregare il Procuratore D. To-
masetti: << Levatemi questa spina dal fianco, voi Salesiani ». Si trattava della
richiesta del Capo del Governo Italiano per avere assistenza teligiosa a Littoria
e nell'adiacente agro Fontino, dove il Fascismo aveva trasportato dal Veneto
popolazioni intere per i lavori di bonifica e poiché le Autorità competenti, ec-
clesiastica e civile, stentavano ad accordarsi, sembrava che la Sede Apostolica
non si preoccupasse del bene di quelle anime.
I Salesiani aderirono subito. Partirono come <( missionari »> poiché a Lit-
toria trovarono solamente una casetta tipo « gabbietta )> con il solo pianterreno
umidissimo e capace di ospitare tutt'al più due persone. Poltarono con letti,
coperte... tutto. La sorpresa più sbalorditiva fu di scoprire attorno al centro
urtuno, a distanza di 4-7 chilometri a raggiera, 5 borghi di un migliaio di colo-
ni per ognuno, forniti solo di un saccello per il servizio religioso.
Per anni, cinque sacerdoti salesiani, al sabato, pattivano dalla casa del
S. Cuore per Littoria e i suoi borghi. Celebravano due Messe ciascuno, confes-
savano, facevano catechismo, cantavano vespri e davano la benedizione euca-
ristica. Erano giornate massacranti anche perché non avevano posto per allog-
giare. Al sabato sera tolte le tavole, stendevano brandine in corridoio e nel re-
fettorio per riposare un po', poi con pioggia, vento o solleone, andavano in bi-
cicletta a compiere il loro ministero rimanendo digiuni sino alle 1J.
Lo Stato non diede aiuti e neppure il Vescovo detla zona pensò a quei
55

7.2 Page 62

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poveri salesiani studenti alla Gregoriana che dopo una settimana di studio
intenso si facevano missionari.
La cosa andò avanti per anni; poi nel 1937, l'Ispettore della Romana
avvisò il Vescovo diocesano che i Salesiani si sarebbero ritirati. La nsposta
fu l'elezione di un Salesiano, D. Salvatore Rotolo, già parroco di Santa Maria
Ausiliatice in Roma, a Vescovo Ausiliario di Velletri perché si occupasse di
Littoria.
Non era una soluzione; al contratio un'altra gravissima croce da sobbar-
carsi! Un vuoto da colmare, e la situazione economica amministrativa pasto-
rale di una diocesi, da risolvere in qualche modo!...
Vi fu tra i Salesiani chi era deciso a ....<< puntare i piedi » e a protestare.
D. Ricaldone chinò il capo e proibì in modo assoluto qualsiasi opposizione. Si
recò invece, come buon padre a costatare. Si commosse nel vedete le condi
zioni miserrime in cui avrebbe dovuto trovarsi il novello Vescovo e suggerì,
fece passi per avere sacerdoti in suo aiuto e anche per una sistemazione pirì
umana di vita. Qualche cosa ottenne.
I1 desiderio del Papa o dei suoi rappresentanti erano per Lui ordini da
eseguire, non da discutere; le difficoltà della Chiesa dovevano essere risolte,
non rifiutate.
Per questo egli fu sempre pronto a ptivarsi del personale pir) preparato
ed efficiente per metterlo a disposizione della S. Sede che gli richiese sovente
sacerdoti qualificati per occupare mansioni delicate nei suoi organi e dicasteri.
Anche se per qualche interessato, penato di lasciare la comunità salesiana,
{aceva rimostraize, egli paternamente teneva duro e con bontà lo incoraggiava.
Questi figliuoli però li seguiva in modo particolare, mostrando loro fiducia
e comprensione.6l
Anche le più piccole cose che toccavano la Chiesa erano viste da D. Rical-
done con spirito di fede. I1 suo segretario D. T. Savarè ricorda che un giorno,
sovraccarico di lavoro, si spazientì di fronte a certi moduli da compilare rice-
vuti da una Sacra Congregazione e sbottò: « Ma dove si va a finire con tutti
questi moduli da riempite? »>.
E D. Ricaldone pacato e serio: <( Tutte le cose della S. Sede bisogna guar-
darle con spirito di fede. A noi tocca ubbidire, come ci ha insegnato D. Bosco »>.
E altra volta il medesimo segretario si permise di esprimere questo pensiero:
« Converrebbe avere a Roma qualcuno nelle Congregazioni Romane per preve-
nire e parare i colpi ». E il Rettor Maggiore di rimanCo: È << meglio diportarci
bene e non meritarceli i colpi! Bisogna aver fede per ciò che riguarda la Chiesa
e la S. Sede, senza mire umane. I criteri umani in queste cose sbagliano sem-
pre )>.
61 Testimonianza di D. A. Gallenca e di D. E. Marcoaldi.
56

7.3 Page 63

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I non piccoli calvari
Certamente questo suo atteggiamento che partiva da visione sopranna-
turale di istituzioni e di persone, cozzava con la diplomazia umana e perciò
gli furono motivo di sofferenze intime e cocenti.
Se si pensa a quanto egli fece per ottenere il riconoscimento dei Privilegi
della Società Salesiana, alla luce di questo suo costante atteggiamento, di questa
-qua6nstso1seigdliirseo-ffrì.ipTearsnetnoscibhileitàpanrelai nrdigouadridei sdseillaal
S. Sede, allora si può capire
Capitolo Generale XVI, gli
sfuggì una frase molto significativa: << Come già a Don Bosco, non è mancato
un
fiofi
piccolo
Calaario
nemmeno
a
me,
per
ottenere
questi
tesori
spirituali
62
>>.
Se gli sfuggì tale dichiarazione, quanto vive dovettero essere le contraddi-
zioni che dovette superare. D. Tarcisio Savarè che condivise in parte « il Cal-
vario » ebbe a dire: << Le pratiche per i Privilegi furono tutte un poema di
prudenza, sofferenze ed umiliazioni da parte di D. Ricaldone rr. u3
Ne è anche una riprova la gioia che ebbe bisogno di espandersi, per non
prorompere in pianto di commozione, quando gli giunse il Decreto di appro-
vazione.
IJn anziano direttore ricorda di essere stato ricevuto da D. Ricaldone il
giorno 7 gennaio 1940. <<Lo vidi straordinariamete contento come chi ha rice-
vuto qualche desideratissima notizia: mi pareva che fosse occupato pirì assai
di ciò che aveva in mente che non della mia povera persona. Ad un ratto
send il bisogno di esternare 7a gioia e disse in grande confidenza e con
obbligo di assoluto silenzio: « Ti comunico che poco fa, ho ricevuto da Roma
il Decreto di approvazione dei Privilegi; sei il primo a cui 1o dico ,.
Restai confuso per tanta degnazione, e menffe in cuor mio ringraziai iI
Signore, egli aggiunse testualmente: « I1 Signore ci manda delle tribolazioni, ci
lascia in mezzo alle spine ma poi ci anche delle consolazioni e ci lascia fare
qualche cosa »>.
Un Ispettore ricorda: << Essendo andato a Torino per parlare col Rettor
Maggiore, ad un certo punto mi disse: << Abbiamo ottenuto i Privilegi ». Ed ag-
giunse: << Non fecit taliter omni nationi » (Ps. 147,20). E accennando al Car-
dinal Protettote di allora (S.E. il Cardinal La Puma) aggiungeva: « Sicurol
dobbiamo questo beneficio alla sua bontà. È stato tanto buono, ci vuole tanto
bene! Ma per ora non bisogna parlarne e neppure io comunicherò la cosa,
fuorché ai Capitolari. Basta che li abbiamo, questo mi stava molto a cuore... )>.
Fu una confidenza veramente straordinaria dovuta proprio a una gioia
profonda, dopo un travaglio penosissimo e un'attesa quanto mai logorante.
Nel taccuino personale in data 7 gennaio 1940 D. Ricaldone annota:
« Giunge il Rescritto che conferma i Pdvilegi. Deo gratiasl >> Ma ai confratelli
62 A.C.S., n. 1,43, settembre-ottobre 1947.
63 Buona notte di D. Savarè (segretario non unico) per 17 anni di D. Ricaldone, data
il 25-11-1966 a Bollengo.
57

7.4 Page 64

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ne l'annuncio solo quando arriva il Decreto, e precisamente nella lettera
circolare del giugno 1940.
Così scrive: « ... Chi di noi non si è sentito commosso, leggendo, nelle
Memorie Biografiche, le fatiche, le ansie, i sacrifici sostenuti dal nostro Padre nel
conseguimento dei Privilegi? E quanto fu grande la sua gioia allorché Ii ebbe
conseguiti. Orbene, anche a noi il Signore rinnova oggi la gioia provata dal
nostro Padre,
Dopo la promulgazione del Codice di Diritto Canonico si era resa neces-
saria una revisione generale dei nostri privilegi. Mentre si compieva il lavoro,
parve opportuno chiederne alcuni nuovi, richiesti da particolari bisogni e dal-
l'estendersi della nostra Società.
Preparato il lavoro, fu sottoposto alla Sacra Congregazicne dei Religiosi
per la necessaria approvazione.
E fu proprio i\\ 24 maggio testé decorso.,. che mi giunse la notizia che era
stato firmato il Decreto, col quale si confermavano gli antichi e si concedevano
i nuovi privilegi alla nostra Società. Lascio a voi immaginare il nostro giubilo.
Ci pare proprio di ricevere dalle mani stesse della nostra Madre l'insigne bene-
ficio >>. e
Chi seppe del << non piccolo calvario » di Don Ricaldone per l'approva-
zione dei privilegi fu Don Pugliese: « Nel 1937-1918 Don Ricaldone mi inca-
ricò di studiare i nosri ptivilegi... Fu un lavoro lungo e piuttosto noioso che mi
costrinse a un lavoro massacrante per il quale dovetti andare a Roma diverse
volte.
cenzo
LEabbPiu^mtara, tctahtee
col
poi
Segretario della S.C. dei Religiosi S.E. Mons. Vin-
divenne Cardinale e Prefetto della medesima Sacra
Congregazione e anche Protettore dei Salesiani.... Erano molto amici loro due,
e Don Ricaldone si serviva del suo appoggio per far progredire la Società che
incominciava allora un periodo di eccezionale crescita. E gliene fu molto rico-
noscente.
fn sostanza, i Privilegi, studiati e documentati da me, e passati al vaglio
di una Commissione Capitolare nominata da Don Ricaldone (Don Berruti Presi
dente, Don Candela, Don Cossu ed io), portati a Roma su proposta di Don
Ricaldone,
volentieri dal
giuridico de^lcPce.ttLaatma aona, C.M.F.,
Card. La Puma, furono a{fidati
già mio Professore, e persona di
allo studio
fiducia del
Cardinale che un anno o due dopo lo fece nominare Sottosegretario. Nel 1949-
1950 divenne poi Segretario e nel 1959 Cardinale. Con lui veramente Don
Ricaldone si legò in intima profonda amicizia. Fu il P. Larraona a studiare con
me in lunghe sedute nella sua casa di via Giulia i nostri Privilegi, e dar loro
la forma adatta e a farla accettare da1 Card. La Puma. A volte, nei .qiorni in
cui P. Larraona era occupato in alro, io partivo per Torino alla sera, riferivo
al mattino dopo a Don Ricaldone, e a mezzogiorno riprendevo il rapido da
Torino che in sette ore mi riportava a Roma.
64 A.C.S., n. 99, maggio-giugno 1940
58

7.5 Page 65

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La riconoscenza di Don Ricaldone verso il card. La Puma si manifestò
in mille modi. Tra l'alto, egli si prese f impegno di pubblicare a nostre spese
il libretto << Sommario del Codice di Diritto Canonico » che l'Em.mo si pre-
fisse di compilare per rispondere alle critiche mosse contro di lui, e che effetti-
vamente vide la luce coi tipi della S.E.L nel luglio 1940 ».6
I Privilegi furono motivo di contraddizione e di pena per Don Ricaldone
anche da parte di alcuni confratelli; ma egli, superiofe a certi atteggiamenti di
spititi incontentabili, scrollò da le sciocche dicerie messe in giro e continuò
u l^uorut. per il bene della Congregaziote. C'era infatti chi ctiticava le « Note >>
che nella pubblicazione dei Privilegi erano state aggiunte per una esatta inter-
pretazione dei medesimi. Sembravano restrizioni arbitrarie imposte da Don
Ricaldone. Ma in proposito abbiamo la testimonianza valida di un teste non
solo oculare, rn, .òilutoratore: Don Agostino Pugliese che, quale studioso ed
esperto, non solo collaborò per la stesura e 7'apptovazione dei Privilegi, ma
f,, u p^rte anche del lavoro postefiore all'apptovazione, in sede capitolare, a
diretto contatto con i Superiori. Egli così scrisse intorno a queste chiacchere
a Don Savarè in data 1l dicembre 1961:
Roma, 13 dicembre 1961
Carissimo D. Savarè,
... quanto alle chiacchiere che di quando in quando si fanno tra noi '
...i1 Sig. Don Ricaldone e il capitolo superiore, preoccupati.che i Privilegi
fosSero'ben cOmpresi da tutti e nessuno se ne servisse a suo talento, ottennelo
da[a s.c. dei Itelgiosi di pubblicare solo degli
categorie e con no*te illustiative, che dovevano
privllegio formulato, la << mens » del1a Santa Sede
Excerpta
indicare
l_'edseasttitnaatpi oar]tlaetavadreie1
ne1 concederlo, il buon senso
Àefl,applicarlo
.rlpurio." non
e la
era
volontà dei Superiori di impedirne gli
infondata come si potè subito costatafe
abusi. Tale
e come si
preoc-
costata
anche adesso. Per quanto mi ricordi, l'unico nel Capitolo Superiore che tendeva
a resffingere era ii Si*gc.oDn . Berruti. Peraltro le
iclheCapitNo"oloteSu,rpioerniofraenno
l'approvazione della
testo: ciò che vale è
Note furono impote da tutto
S.
la
lCeottnegrreag_daezilonPer.i.vi.lDegirieo
quindi
e non
la restrizione contenuta nelle Note e imposta dal Defunto D. Ricaldone', oltre
che temerario e irriverente, è giuridièamente e storicamente falso almeno
iclRt'naahelzeipatiotaerongrJrtiaseeMma.,uLaeintegnegtoginitoriocatetehneecnpar'doaitveirnctotealn,trPeeerriifalvdealil'raliiaesrrggécuaios.fntfnrioEcoiz,isaiolsalamenvemedo.neeltStbneesbi, rotedeansenuoulgtleiaaennsgStssoico.enapfSeomlae:odettsnenusotteeetnorvacèa-hlptteeofrenesfseoiensn>tn>ooo' teaiancitlecc_eh[rtapteartelteoi-l
ciò che non disse mai, ma che facilmente può essere inruiro da chi è com-
petente di cete pratiche, fu la vera << passione >> che soffrì in silenzio per l'ere-
,ion" " il riconoscimento dell'Istituto Salesiano Superiore di Teologia e Filo-
6s Testimonianza di Don Agostino Pugliese, 5 maggio 1970.
59

7.6 Page 66

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sofia, ora Pontificio Areneo Salesiano. Egli solo a cose ultimate, diede qualche
notizia informativa che possono considerarsi le tappe di una Via Crucis che durò
anni ed anni. Questo 2' << piccolo calvario » fu più penoso di quello dei pri-
vilegi!
Fin dal 1' maggio L936 egli aveva pregato Pio XI di aurorizzare i sale-
siani a iniziare un corso superiore di Studi Teologici e Filosofici in conformità
della Costituzione Apostolica « Deus scientiarum Dominus »> allo scopo di otte-
nere poi, a suo tempo, dalla S. Sede le relative Facoltà teologica, giuridica e
filosofica col diritto di conferire titoli accademici. Pio xI acconsentì ma fu
il primo ad avvisarlo che si metteva in un ginepraio!
<< Caro D. Ricaldone, lei mi chiede una cosa assai dillicile e che abbiamo
negato a molti. Ma trattandosi dei Salesiani che si sviluppano in modo tanto
straordinario, faremo volentieri un'eccezione ». 6
D. savarè racconta il fatto con stile un po' birichino, ma assai significa-
tivo: « Pio XI aveva un portamento grave, solenne, imponeva riverenza. Certe
sue schiarite di gola, secondo il patos di certi momenti, potevano sembrare
ruggiti del Leone di Giuda. uno di tali << ruggiti >> toccò a D. Ricaldone la
primissima volta che gli parlò dell'Ateneo »>. Dopo che gli disse che era cosa
<< assai difficile >> ci fu la schiarita di golal... E D. Savarè commenta: << Povero
D. Ricaldone! ».
Ma subito dopo Pio XI gli additò la via che {u veramente molto aspral
Ma egli la percorse sino in fondo non risparmiandosi per nessun a fatica imposta
dagli ostacoli da superare; raggiunta 7a meta non vantò f impervio tragitto per-
corso e nel Capitolo Generale XVI, parlando del PAS, disse solo: « Le pratiche
furono lunghe e laboriose »> e passò subito ad esprimere la sua riconoscenza
ai due grandi Papi: Pio XI che l'aveva voluto e incoraggiato e Pio XII che
l'aveva riconosciuto come Ateneo con le tre facoltà di Teologia, Diritto Cano-
nico e Filosofia, decorandolo poi col titolo di << Ateneo Pontificio >>.67
Poi espresse la sua gratitudine al cardinal Protettore vincenzo La Puma,
a\\ Card. Giuseppe Pizzardo, che tanto 1o avevano aiutato ed a S.E,. Mons.
Ernesto Ruffini, a cui Pio XI l'aveva indirizzato fin dalf inizio perché 1o gui-
dasse nel labirinto delle esigenze burocratiche e legislative.
<< Da quel giorno (il 1' maggio 1936) disse D. Ricaldone, seguimmo fedel-
mente le istruzioni e Ie direttive di S.E. Mons. Ernesto Ruffini e poi dell'Em.
card. Giuseppe Pizzardo per organizzare nel modo voluto il personale, i pro-
grammi, le
biblioteche, i
sussidi
scientifici,
gli
Statuti
delle
future
Facoltà
n
>>
e fu da quel giorno che D. Ricaldone iniziò la sua passione.
Anche per l'Istituto Superiore di Pedagogia dovette subire negative e
umiliazioni confidate solo al suo taccuino personale. I1 17 ottobre 1946 fo giorna-
ta di tormenta in Vaticano, per Don Ricaldone; ma dopo f inaspettata burrasca,
6 A.C.S., n. 141, settembre-ottobre 1947
67 A.C.S., n. 14J, settembre-ottobre 1947
68 A.C.S., n. 99, maggio-giugno 1940.
60

7.7 Page 67

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pur non avendo ottenuto ciò che sperava, dovette segnare nel suo taccuino:
« Alla fine (l'alto Prelato a cui si era presentato pef chiedere come e cosa fare
pare dare il via all'Istituto Superiore di Pedagogia) mi chiese scusa di essere
stato duro ». E poi a commento aggiunge: <, È cosa penosa aver a che fare con
lui... >>.
La Facoltà di Pedagogia stava tanto a cuore a Don Ricaldone e ne por-
tava i validissimi motivi: << Per la Filosofia, la Teologia, il Diritto Canonico
possiamo frequentare ottime Facoltà Pontificie; ma se non difendiamo il Sistema
Preventivo di Don Bosco, ad alto livello intellettuale, dagli assalti delf inva-
dente naturalismo pseudo-scientifico, ne andrà di mezzo i\\ nostro apostolato
giovanile e 1o spirito della nostra Congregazione ,>. @
I1 suo segretario, Don Tarcisio Savarè, ricorda come egli rimanesse sor-
preso e addolorato nel ffovare le Autorità Ecclesiastiche, direttamente interes-
sate, restìe alla idea di separare la Pedagogia dalla Filosofia, dal momento che
l'Enciclica pontificia « Divini illius Magistri >> animava ad una azione tempe-
stiva in favore dell'educazione cristiana.
È vero che forse allora i Salesiani non erano tanto preparati per sostenere
una Facoltà di Pegadogia, ma Don Ricaldone, incoraggiato da Mons. Ruffini,
pensava che potevano accordar loro fiducia << per cominciare >>. E commen-
tava'. <<Se il buon Don Fascie mi avesse dato retta, quando gli dicevo di man-
dare due chierici in Belgio, due in Francia, due nella Svizzera, due negli Stati
Uniti a perfezionarsi in Pedagogia... avremmo adesso personale preparato, con
titoli
moderni per
Ia
nostra Facoltà
pedagogica...
70
>>.
Penosissimi calvari, anche se silenziosi e nascosti, furono certe situazioni
determinate da particolari circostanze di luoghi, di tempo e anche dall'agire uma-
no sempre limitato e difettoso; Don Ricaldone si trovò a7loru fra f incudine e
iI martello: da una parte il diritto della Chiesa da sostenere, da77'a7tra la per-
sona dei figliuoli più cari messi alla prova, da aiutare e difendere, fin
dove Ia prudenza ispirata dalla fede lo permetteva.
La guerra del 1939 scoppiata anche in Polonia gli fu motivo non solo di
pene gravissime per le sorti tagiche dei confratelli polacchi, delle case, delle
opere, ma di sofferenze intime perché volle fare sua la croce pesantissima del
Primate, iI Card. Augusto Hlond.?t Ci riferiamo alf involontario esilio in Fran-
6e Testimonianze di Don Tarcisio Savarè, agosto 1971.
bvorelle1m7s8er9gTS7ue.iEfsreetmcimie.loilnflariaaCtsneauzltleado.pdmArioaufDgeggsuosisonitoroenTeHasarlrcoleeinssliiidgaoinonoSsaaaecvqanvureeèeln,lanaaegSBoaorszctTeioecotkà1roi9nwS7o1aic.leaesciiaolnma5.pluiCegroenlisogelgi1us8it8tuo1d.ii.lAIdl o13t.t2ooraatnttono-t
alla Università Gregoriàna di Roma, tòrnò in Polonia dove dalle mani di Mons. Nowak a
Cracovia il 1l settèmbre 1905 fu ordinato sacerdote. Fu destinato prima a Cracovia ne1l'
Istituto Lubomirski e poi a Przemysl. Si dottotò in lettete frequentando l'Università Jagel-
lonica di Cracovia e quella di Batory a Leopoli.
Nel 1909 fu nominato direttore a Vienna.
Nel 1919 eletto Ispertore dell'Ispettoria Ausro-Ungarica, sviluppò le opere, tanto che in
soli due anni aperse .ètt. nuove case. Pio XI, che 1o conobbe personalmente nel 1918, 1o
6t

7.8 Page 68

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cia del secondo cardinale salesiano, dal 1939 al L946, a morivo dell'invasione
nazista nella sua cara palria.
I taccuini di Don Ricaldone annotano i passi fatti per trovare una solu-
zione adeguata alla situazione in cui si venne a trovare questo suo figlio predi
letto, al quale aveva sempre mostrato una benevolenza particolare. In{atti in
tutte le lettere circolari lo chiama: << il nosffo amatissimo Cardinale Augusto
Hlond >>, e in realtà « la sue fede serena e granitica e il suo grande amore
alla Congregazione »> 1o rendevano doppiamente salesiano nella prova.72
Di quel triste periodo così scrive Mons. Antonio Baraniak, salesiano, Arci-
vescovo di Poznan (Polonia): << Durante 1a nostra nazionaTe tragedia dell'an-
no 1939, Don Ricaldone ci confortò sovente. Le sue lettere di quel tempo
provano una grande comprensione della situazione della Chiesa in Polonia e
dimostrano quanto soffriva... Ma nello stesso tempo mostò la sua profonda
fede nella Divina Prowidenza, ispirando fiducia, per un migliore awenire.
Aiutava in ogni maniera possibile i Polacchi salvati dallo sterminio e rifu-
giatisi all'estero. Per il Cardinale Primate costituì un vero sostegno spirituale
nella sua situazione di esule forzato>>.13
Ma mentre chiedeva a rutti i Salesiani preghiere per questo suo amatissimo
figlio, si rivolgeva al Principe di Piemonte, il quale prontamente e generosa-
mente offriva al Cardinale ospitalità nella Abbazia Reale di Altacomba, dove
difatti il Porporato si ritirò nel silenzio e nella pace, offrendo preghiere e peni-
tenze per il gregge disperso. Ta
Quando poi poté raggiungere la sua pauia e il suo gregge, D. Ricaldone
1o ricordò caldamente con gli altri Arcivescovi e Vescovi Salesiani che prodi-
gavano « in condizioni oltremodo difficili, le loro attività per la gloria della
Chiesa e 7a salvezza delle anime »>. 75
Quella dolorosa passione ebbe il suo alleluja pasquale nel 1946. Gli A.C.S.
del Maggio-Giugno vibrano della parola << gioia » ripetuta con esultanza com-
mossa, spiegabile in D. Ricaldone, così moderato nei termini, solo da chi co-
nosceva il travaglio passato risoltosi in un riconoscimento inaspettato.
Egli scrive: << Altro motivo dt gioia {u per tutti l'apprendere che il no-
stro amatissimo ed Em.mo Card. Augusto Hlond Primate di Polonia, è stato
elesse Amminisralore
1a diocesi, vi fu eletto
-VAepsocsotvooliciol
con sede
3 gennaio
a Katorvice.
1926.
Dopo
tre
anni,
essendosi
creata
Sei mesi dopo Pio XI lo promuoveva Arcivescovo di Gniezno e Poznan e Primate di
Polonia.
11
Nel Concistoro de1 20 giugno 1,927 1o
3 maggio 1946, Pio XII lo trasferiva
oeava Cardinale di S.
alla capitale Varsavia.
Romana
Chiesa.
Morì i1 22 ottobre 1,948 a 61 anni dopo 2l di Vescovato e 2l di Cardinalato.
e
d_if.e-nFsuorseemdperie
figlio
diritti
devotissimo de1la Congregazione Salesiana,
della Chiesa Cattolica in Polonia.
attaccatissimo
ai
Superiori
72 A.C.S., n. 128, maruo-aprile 1945.
73
74
Lettera
Lettera
di Mons. Antonio
di D. Ricaldone
Baraniak
al Prof.
Arcivescovo di
Mario Zucchi
Poznan in data
Bibliotecario di
Principe di Piemonte io data 7-5-194 in cui ringrazia dell'ospitalità data a
7 aprtle 1969,
S.A Reale il
S.Em. il Card.
fllond nei possedimenti
7s A.C.S., n, |fi,
della Casa Reale
gennaio-febbraio
dei Savoia.
7946.
62

7.9 Page 69

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innalzato alla sede Arcivescovile e Metropolitana di Varsavia. Da notizie re-
centi abbiamo appreso con gioia che gode di ottima salute e sta compiendo opere
mirabili di zelo. Gli ho pfomesso il costante concorso delle nostre preghiere e
sono certo che corrisponderete generosamente al mio e suo desiderio >>.76
Quando poi giunse la notizia della sua morte, fu veramente dolore grande,
perché << assolutamente inatteso )>; ma era ormai la glorificazione del << nostro
amatissimo Card. Augusto Hlond »>,7i ed era anche \\a glorificazione dell'amore
paterno di Don Ricaldone che nelle onoranze funebri, nel concorso di Presuli,
di sacerdoti e di popolo da tutte le parti della Polonia, vedeva l'esaltazione da
parte di Dio del Pastore <( percosso » ma che aveva saputo radunare il gregge
momentaneamente disperso, col suo sacrificio sofferto nel silenzio.
Questi « non piccoli calvari )> erano i<< segreti del re » di D. Ricaldone.
Egli li celava a tutti perché voleva farsi Cireneo delicato e silenzioso dei suoi figli
nei momenti di prove dolorosissime.
Con un altro Vescouo salesidno egli condivise ore di angoscia e lunghi anni
di attesa dell'ora della verità.
In un taccuino personale del 1940 troviamo accanto a date, ad appun-
tamenti per colloqui, una preghiera che sembra un grido di angoscia << Vedo,
Parce Domine, Parce populo tuo! ».
E dopo, questo suo figlio che non invano accettò esemplarmente la lunga
prova in spiritu humilitatis e vide finalmente l'ora della verità scrisse di lui:
« Non gli mancò affatto Ia paternità. Lo posso attestare solennemente io stesso
che fui oggetto di premurosa e delicata assistenza, di consiglio e di conforto,
quando fui Vescovo, e specialmente nel tormentoso periodo di una grande
afflizione. Quanta benignità associata alla paternità, nella sua solita conclu-
gsiloinaegdgeeltletivlie<t<teptleem: u-rosTai
- benedico Benedicimi »>.
>> e << delicata »> atfiancati
78
al
Quante cose
sostantivo «
dicono que-
assistenza »
in contrapposizione agli altri due << tornlentoso periodo )> e << grande alllizione >>.
Di quale equilibrio, di quale prudenza, di quale carità doveva essere ricco
D. Ricaldone che in quelle circostanze rimase <( servus fidelis » della Madre
Chiesa e « pater »> dei suoi figli torchiati dalla prova!
La Roma cattolica lo stimava
Queste inevitabili contraddizioni e pene erano però ricompensate da una
grande stima; in Vaticano D. Ricaldone era apprezzato e benvoluto.
Proprio in quell'ottobre romano 1946 così pungente per ogni genere di
sofferenze, egli dovette annotare vicino al'le difficoltà anche tanta compren-
sione e benevolenza. E da uomo ottimista e sereno com'era, annotò gli incontri
76 A.C.S., n. 135, maggio-giugno 1946.
77 A.C.S., n. 150, novembre-dicembre 1948.
78 Lettera di Mons. Giuseppe Cognata Salesiano-Vescovo Titolare di Farsalo
63

7.10 Page 70

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cordialissimi col Card. Fumasoni Biondi, col Card. Aloisi Masella, col Card.
Verde, col Card. Micara, con Mons. Pasetto; la benevolenza del Card. Canali
e del Card. TeCeschini.
Volle segnare per eventuali consigli da chiedere l'interessamento di Mons.
Rossino per l'Istituto di Pedagogia; di Mons. Roberti e di Mons. Veneziani
per la crociata catechistica e Ia compilazione di un catechismo unico; di Mons.
Giobbe, Nunzio in Olanda, per le opere salesiane.Te
« Quando egli veniva a Roma, ricorda D. Agostino Pugliese, negli am-
bienti della Curia non si diceva come si
periore dei Salesiani, ma semplicemente:
gio era personale, non legato alla carica
diceva per tutti:
-,>.
È
e
arrivato
D.
-RicÈaldaornriev;aitlo
il Su-
presti-
Don Marcoaldi porta la seguente testimonianza: « Negli ambienti della
Curia Romana Don Ricaldone era assai stimato e molto apprezzato il suo giu-
dizio richiesto e dato con molta semplicità,
Quando, alla sta morte, praticando gli uffici della Curia ricevevo le con-
doglianze quale Pro-procuratore, rimanevo colpito a sentire da illustri perso-
naggi giudizi favorevolissimi su Don Ricaldone. Ricordo: S.E. Montini della
Segreteria di Stato; S.E. Mons. Ottaviani del S. Offizio; Mons. Callori Maestro
di Camera; i Cardinali: Piazza, La Puma, Pizzatdo, Salotti, Costantini, Fuma-
soni Biondi, Lauri, Gaspari. I1 Marchese Serafini Governatore dello Stato della
Città del Vaticano, il Segretario del medesimo Stato Leone Gessi; personaggi
della politica come: De Gasperi, Scelba, Campilli, Restagno, Bottai e Federzoni.
Il P. Larraona, segretario della S. Congregazione dei Religiosi, che avvicinava
i Superiori Generali delle Famiglie Religiose , affermava che un Superiore
completo e dotato come Don Ricaldone era difficile trovarlo... ».
Una tale generale benevolenza aveva stimolato già alloru \\a proposta di
portare a Roma la Casa Madre dei Salesiani. << Quando il Card. Vicario Mar-
chetti-Selvaggiani inaugurò l'Istituto Salesiano Pio XI, disse:
parte avete terreno sufficiente: cotruite la Casa Generalizia
e-
il
Da quest'altra
vostro Rettor
Maggior Maggiore venga a Roma.
Ma il Rettor Maggiore sentiva che non era ancora l'ora di Dio, e com-
Smaerenbtabneduonl'ginravvietocodlepol .P..reCloastìoradgisiosnei:am- o
Spero non mi tocchi fare tal cosa.
con la nostra piccola testa... NIa se il
Signore
Su
vuole l'andata a Roma, bisognerà ubbidire
Mons. Montini c'è un episodio che mostra
ccoonmfeedl'aet!tu-ale
,r. t'
Papa
olme
che stimarlo 1o amasse come amico.
Don Angelo Gallenca, allora ne1la Segreteria di Stato ricorda: << Quando
nel 1950, Anno Santo, definizione dogmatica dell'Assunta, chiesi a Mons. Mon-
tini di poter portare Don Ricaldone, già malaticcio, in Segreteria di Stato, un
po' al riparo, per assistere da seduto da una delle finestre prospiciente \\a Piaz-
7e Dall'Agenda personale di D. Ricaldone del 1946, 17"18-22-23 e 24 ottobre
m Testimonianza di D. Agostino Pugliese, 10 maggio 1970.
81 Testimonianze di Don Tarcisio Savarè, agosto 1971.
64

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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D. Ricaldone a Valsalice nel 1947, con i suoi successori nell'ispettoria Betica:
D. Gandela, D. SÉnchez, D. Palomino, D. ViÉas.

8.2 Page 72

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8.3 Page 73

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za S. Pietro, Sua Ecc. Mons. Montini mi disse: « Per Don Ricaldone il mio
studio »>. Purroppo poi il Rettor Maggiore non poté venire, ma tutto il Ca-
pitolo Superiore assistette alla sacra funzione dallo studio di S.E. Mons. Mon-
tini.
Quando poi il 25 novembre 1951 Don Ricaldone morì, fu S.E. Mons.
Montini a telefonare in casa: ricevetti Ia telefonata io stesso: << Sono Montini.
Mi telegrafano che è morto il vostro gtande Rettor Maggiore! Vi faccio le mie
condoglianze e assicuro il ricordo delle mie preghiere e della mia Messa >>.
Grande amicizia
Chi anche lo amò grandemente e lo tenne proprio in conto di amico, anzi
di fratello, fu l'Arcivescovo di Torino il Card. Fossati. I Salesiani che vive-
vano a Valdocco quante volte vedevano sua Eminenza che specie durante 1'ul-
tima guerra, nelle situazioni più critiche e scabrose si recava da D. Ricaldone
per consultarlo sul da farsi. E sui suoi taccuini personali molti sono gli abbocca-
menti avuti col Cardinale di cui notava i molteplici argomenti trattati: situa-
zioni politiche locali delicate; solennità da celebrarsi di comune accordo; sal-
vataggi di personalità ricercate dai fascisti e dalle SS tedesche, assistenza reli-
giosa agli operai, movimento giovanile di A.C. da sostenere, formazione del
clero e raduni diocesani, campagnr- catechistica da sviluppare, ecc.
Bellissima è la testimoniarua scritta da Mons. Vincenzo Barale, allora Se-
gretario del Card. Fossati, sult'affettuosa amicizia che vi fu ra le due anime:
<< So che il mio compianto Cardinale aveva molta stima di D. Ricaldone,
e quando veniva in Arcivescovado per gli auguri a Natale e a S. Maurilio, o per
altri motivi della Congregazione, si intratteneva a lungo con lui: era I'inconro
di due fratelli, carichi di responsabilità, che si confidavano a vicenda ed a vi-
cenda si consi§liavano. Questo posso dire per qualche indiscrezione da parte
mia, poiché la conversazione continuava fuori della sala di udienza, nelle altre
sale dell'Arcivescovado; ed è naturale che io vi prendessi parte in qualche modo.
Il mio Cardinale lo accompagnava sempre fino alla porta e dinatzi alle rimo-
stranze di D. Ricaldone che non voleva si disturbasse, gli diceva scherzando ama-
bilmente: A << Roma, i Cardinali si mettono alla porta! >>.
Mi impressionava quel sorriso sempre misurato e quell'aria di serenità che
spirava dagli occhi di D. Ricaldone; arrivava in Arcivescovado come in punta
di piedi, timoroso sempre di essere di disturbo e chiedeva scusa in anticamera
a quelli che attendevano il loro turno, quando il segretario, come di dovere,
dava 7a precedenza.
Qualche volta ero io a presentargli le scuse per la presenza di qualche
Vescovo o di qualche autorità civile che dovevo introdurre subito. Si sedeva
sereno come l'ultimo dei sacerdoti e attendeva il suo turno, senza scomporsi
mai; piccole cose in grandi uomini. I1 Card. Fossati gli voleva particolarmente
bene, come del resto voleva bene alla Congregazione dei Salesiani. Gli incon-
65
5

8.4 Page 74

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tri erano sempre cordialissimi e senza inutili espansioni. Chi ha conosciuto il
mio compianto Cardinale, sa che era di pochissimi complimenti ma sempre
leale e sincero; quello che aveva nel cuore lo dimostrava all'esterno.
Anche il fatto di andare personalmente a Valdocco il giorno di S. Fiero
per pofgere sli auguri a D. Ricaldone in occasione del suo onomastico, dimo-
stra la stima e I'affetto che aveva per lui. Qualche volta andò anche a resti-
tuirgli la visita per gli auguri di Natale; evidentemente Io faceva anche per
inrattenersi con lui e prendere consiglio su qualche pratica importante, come
accadde in più di una circostanza. Le sue lettere erano particolarmente affet-
tuose. Ricordo un pensiero che ripeté parecchie volte e che mi impressionò
profondamente, tanto che ne ho fatto anch'io motivo di meditazione special-
mente in questi tempi di contestazione. Esponendo le sue preoccupazioni per
la scarsità del clero nella Diocesi di Torino, scriveva press'a poco così a D. Ri-
caldone: « Preghi il Signore perché mi mandi un altro D. Bosco, ne avrei
abbastanza! >>.
Ed assicurava il ricambio perché anche per la Congregazione dei Sale-
siani fiorissero sante vocazioni.
E conclude: << Certo che il Card. Fossati si comportava con D. Ricaldone
come con un fratello, come con un amico del cuore. Del resto la famiglia sale-
il siana sa <<
cuore
che
egli
ebbe
e
>>.
La stima dell'Arcivescovo per D. Ricaldone ridondava anche sui suoi più
ditetti collaboratori come Mons. Luigi Coccolo e il Canonico Mons. Giuseppe
Rossino che così Io ricorda:
« Nel mio entusiasmo per lo spirito salesiano e per la stima del metodo
educativo di S. Giovanni Bosco, frequentavo la Casa Madre dei Salesiani e le
varie manifestazioni delle loro opere. In queste circostanze ricordo che grandeg-
giava la figura del Rettor Maggiore D. Pietro Ricaldone. Alto, maestoso nel
suo comportamento, finissimo nel suo tratto, captava subito gli sguardi dei pre-
senti. Ma l'impressione ottima che si riceveva nel vederlo, non diminuiva nel
sentirlo a patlare. Di,mosffava tanto buon senso, tanta capacità psicologica di
capire l'animo giovanile da creare subito una sintonia coll'uditorio. Insisteva
molto sulla istruzione catechistica perché la considerava la base di tutto l'edificio
spirituale dell'uomo.
Non temeva di affermare che si sarebbe cosruito sulla sabbia se non ci
fosse stato un solido fondamento di cultura religiosa. Stimava certamente le
pratiche di pietà e tutte le forme di preghiera sia liturgica sia extra-titurgica, ma
tutte dovevano essere materiate di profonda catechesi senza \\a quale tutto si sa-
rebbe disciolto nel progredire dell'età e degli studi. So che il Ven.to Card. Fos-
sati, stimava e venerava il Rettor Maggiote dei Salesiani proprio per questo suo
spirito catechistico e ricordo che Mons. Luigi Coccolo, Vicario Generale mi
confidava questa ammirazione del Cardinal Arcivescovo.
82 Testimonianza scritta il 10-1-1970 da Rivoli.
66

8.5 Page 75

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Mi sono inconrato con D. Ricaldone personalmente poche volte; quasi
sempre in occasione di manifestazioni o di raduni. Lo trovai sempre molto cor-
diale, gentile, senza alcun sussiego, con un volto sorridente che per me, molto
distante da lui per età e per grado era cosa incoraggiante ed esemplare. Erano
tempi in cui non si parlava molto di democrazia, ma D. Ricaldone, pur essendo
al vertice di una grande famiglia religiosa Ia viveva e la attuava nella sua vita
quotidiana.s
L'apologia migliore però di D. Ricaldone, quale Sacerdote autentico della
Chiesa, la fece lo stesso Sommo Pontefice Pio XII quando, avuto la notizia
della sua morte, egli stesso completò il testo del telegramma di condoglianze
che Mons. Montini gli aveva preparato, aggiungendo di propria mano questa
definizione semplice ma completa per l'indimenticabile Estinto: « Fidelis
servus >>.e
83
e
Dalla lettera del Rev.do Mons.
Testimonianza di D. Angelo
Giuseppe
Gallenca
Rossino
S.D.B.
in
data
28
novembre
1969
da
Torino.
6i

8.6 Page 76

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CAPO XXIV
CULTORE DEL " CARISIVA SALESIANO "
La Salesianità in Don Ricaldone
« ... Chi ignora o conosce meno dovutamente D. Bosco non è un vero sale-
siano, sarà incerto sulla via da seguire, snaturerà le opere e la figura del Padre,
comprometterà l'awenire stesso della nosffa Società. Cerca di conoscerlo bene
il Padre nostro, di conoscerlo tutto, di peneffarne la mente e il cuore, di avere
i battiti dello stesso suo spirito di riprodurlo fedelmente nella tua vita colle sue
idee, iniziative, tradizioni, col suo metodo, con tutta la grande anima sua.
Tutto è stato canonizzato cotr Lui: Regole, Regolamenti, Tradizioni, opero-
sità, virtrì, esempi, tutto.
Imitandolo, saremo sempre sul binario della santità che dobbiamo prati-
care... )>.
da
D.QRuiecsatlodopnreogardamumn asudoit'<i<gsliaolleos, iannoitvàe»llocshaecetrrodovtieamI oè,
in una Tettera mandata
nella sua attuazione, la
fotografia della sua salesianità personale.
Definire Ia salesianità di D. Ricaldone non è cosa facile perché in lui assun-
se diversi aspetti anche se unitari, in quanto tutti formano il D. Ricaldone com-
pleto. Egli fu il figlio fedelissimo di D. Bosco, il Superiore che esercitò I'autori-
tà per il ricalcare Ia sua paternità direttiva, il Successore impegnato a continuarlo
nello spirito e nelle opere.
Ma questi vari aspetti componenti la sua grande figura si accendono di un
ardore religioso che vorremmo definire << culto ,> per 1o spirito del Padre, e fan-
no di lui un autentico « cultore » della salesianità.
Qui non vogliamo studiare D. Ricaldone come esponente delle virtù ca-
ratteristiche del {iglio di D. Bosco, e neppure vedere come egli, da Supetiote, in-
culcò 1o spirito salesiano e 1o fece praticare, mediante una programmazione
fotmativa indispensabile a chi, investito dalla Chiesa dell'autorità di conservare
lo spirito del Fondatore di una Istituzione se ne fa esemplare e maestro.
Come del suo sacerdozio abbiamo considerato ciò che fu il frutto meravi-
glioso delle virtù sacerdotali, proponendoci di parlare di queste in un secondo
t È stata tiportata nel capo 23' << Sacerdote fedele della Chiesa ».
68

8.7 Page 77

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momento, così della sua salesianità vogliamo cogliere quel « quid » che scatu-
risce certamente dalle virtù salesiane vissute in pieno, ma che in lui divenne
tale elemento costitutivo della sua personalità, da diventare salesianità specifica,
una vera e propria << salesianità ricaldoniana ». Egli non vi mise del suo tanto
da alterurla, ma è <( ricaldoniana )> per il fascino che ne subì e l'ardore con cui
la visse.
Come definire quel modo tutto suo di studiare, di capire, di seguire Don
Bosco?
Mons. Vincenzo Gilla Gremigni disse che D. Ricaldone ha avuto « la pas-
sione di D. Bosco >> e che per questo anch'egli, come gli altri primi tre succes-
sori: <( ha continuato D. Bosco »>.
Ma giustamente fa notare che essendo stato grande « della grandezza del
Padre suo » perché nella sua salesianità c'è << tutto D. Bosco e l'opera sua »>,
tuttavia c'è in questa grandezza del Padre >> anche D. Ricaldone »>.2
D. Ricaldone che cosa vi mise di suo nel continuare D. Bosco?
Tra i molti Salesiani, ha un valore particolare il giudizio dei Vescovi che
avendo riconosciuto da vicino il 4' Successore di D. Bosco, scrissero di lui. Mons.
Antonio Baraniak salesiano, così definisce in forma sintetica e completa la sale-
sianità ricaldoniana:
« Con la morte di D. Ricaldone è passato nell'eternità un uomo provviden-
ziale e, per così dire, un altro Padre della Congregazione. Poiché, se il Venera-
bile Michele Rua fu la mano destra di D. Bosco e con piena responsabilità gui-
dò le opere da lui create; se D. Albera fu il primo teoretico dell'ascesi salesia-
na; se il Servo di Dio D. Filippo Rinaldi perfezionò la paternità salesiana e la
cordialità dello spirito di famiglia nelle noste Case, si può dire allora, che il
4' successore di D. Bosco Santo, à uerafizente l'apoteosi personilicata della sale'
sianità, una copia, un'incarnazione di tutta la grandezza dello spirito del nostro
Fondatore e gloriosamente chiude il primo periodo della storia salesiana, il quale
potemo chiamare << periodo patristico >>.3
In realtà la Provvidenza affidò a D. Ricaldone un periodo aureo della sto-
ria della Congregazione, quello che venne illustrato dalla canonizzazione di S. G.
Bosco, di S. Maria Mazzarcllo, dalla beatificazione di Domenico Savio, e sebbene
la funestasse la tragedia immane della seconda guerra mondiale, egli poté ugual-
mente realizzarc in opere vitali la sua missione apostolica nella Chiesa.
Ma D. Bertetto ancor meglio scopre iI « quid » della salesianità di D. Ri-
caldone quando scrive: Seppe coltivare il carisma salesiano >>.4
« Coltivare >> implica conoscenza, stima, amore così grande che diventa ca-
pacità vitale, cioè comunicazione di vita, sforzo costante per vedere il proprio
mi-gni23nDLeeal tlStlaearnaCtoudmarimioMemdoionrsMa.zaiAorinnaetoA{nuuionseilibBarareircadeniiaDak.,NRAoivrccaairvladeosincleo7vt4oe-n1du2t'i1a9Pd5o1az. Mnaonnsi.nVPinocleonnziao
Gi1la Gre-
in data 7
aprrle 1969 da Poznan.
4 Lettera di D. Domenico Bertetto S.D.B., Roma 5-2-1970.
69

8.8 Page 78

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ideale rcaTizzato in un crescendo di comprensione e di attuazione. Questa fu Ia
salesianità di D. Ricaldone.
' Egli non studiò 1o spirito di D. Bosco per pura indagine speculativa, ma per
vera passione amorosa di figlio che guarda al Padre con occhio attento per rag-
giungere la sorgente interiote e la conseguente rcalizzazione della vocazione sa-
lesiana. Si è nel vero dicendo che quel suo continuo guardare a D. Bosco fu con-
templazione sacerdotale, che nel carisma del Fondatore riconosce la presenza di
Dio nella vita della Congregazione, il suo dono di grazia per il compimento della
missione ad essa a{fidata.
D. Ricaldone considerò veramente sacro patrimonio lo spirito di D. Bosco,
effusione di Spirito Santo e ne trattò con rispetto e amore sforzandosi di por-
tare i suoi figli in quell'atmosfera soprannaturale di preghiera e di impegno mora-
le in cui aveva inrodotto l'anima sua. Egli capì che il carisma salesiano era
ancora una perla nascosta a molti salesiani e che gradatamente bisognava ele-
varli da una visione superficiale ad una penerazione profonda, sino a diventare
intetiorizzazione. Capì anche che alcuni, pur avendo colto 1o spirito di D. Bosco
o almeno qualche suo aspetto essenziale, poi lo avevano rimpicciolito, limitandolo
alla ristretta cerchia delle sue istituzioni.
« No, Iddio ha mandato Don Bosco, egli scriveva nel 1935, come alui San-
ti provvidenziali, per la Chiesa e per l'umanità. Tocca a noi pertanto, fare co-
noscere a tutti... il nostro Padre, diffondendone la devozione sicché in lui
si trovi da quanti più si possa non solo il patocinio, ma la luce provvidenziale
dei suoi insegnamenti, dei suoi metodi, della sua luminosa dottrina »>.s
È interessante notare come D. Ricaldone usi sempre termini per così dire
religiosi parlando dello spirito di D. Bosco: per gli esterni parla di deaozione,
per i figli di fedeltà. C'è in lui la consapevolezza di trattare cosa sacra, di co-
municare un << carisma ,> e che come tale debba essere studiato, amato, vissuto.
Egli non vede in Don Bosco l'uomo grande, l'organizzatore dalle doti moltepli
ci, il pedagogista dalle risorse inesauribili; egli vede in lui l'uomo di Dio, il
santo e come tale 1o accosta, cioè con anima religiosa e sacerdotale, diventandone
quindi davvero il << cultore ». Con D. Ricaldone si sviluppa il vero << culto »> a D.
Bosco, come << spirito nuovo )> nella Chiesa: propulsore di un modo nuovo di
intendere e rcalizzare la vita cristiana, il lavoro, l'educazione, L'evangelizzazione,
la testimonianza cristiana nel mondo.
Studioso dello spirito di D. Bosco
Per conto suo impegnò tutta la sua vita in questo compito di approfondire
l'essenza dello spirito di Don Bosco.
Non solo gli scritti paterni, ma le circostanze, i luoghi, gli anniversari, le
persone, tutto divenne per lui occasione per l'appassionata ricerca dello spirito
s A.C.S., n. 70, Aprile 1935.
70

8.9 Page 79

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del Padre. Fu per lui un bisogno vitale. Vertice della salesianità di D. Ricaldone
fu la rinuncia assoluta a quanto non fosse nello spirito e secondo lo spirito
del Padre, anche se positivamente valevole nell'attività apostolica. Il carisma di
Dio doveva essere vissuto nella sua assoluta bellezza, conservato nella sua to-
talità unitaria, così, come lo Spirito Santo I'aveva comunicato e incarnato in D.
Bosco. Intransigenza? No, fedeltà. E questo atteggiamento gli causò spesso
incomprensioni, sofferenze intime. Ma 1o confortava il pensiero che anche in
questo seguiva D. Bosco, il quale manifestava la volontà che si conservasse intat-
to il suo spirito quando a chi gli proponeva questa o quella opera non prescritta
dal Regolamento rispondeva: <( Se abbiamo le cose nostfe! Le cose altrui saran-
no ottime finché si vuole, ma non sefvono per noi, ci allontanano dal nostro
scopo. Noi per bontà del Signore non abbiamo bisogno di prendere dagli altri,
ma gli alffi vengano, se loro piace, a prendere da noi »>.6
La Canonizzazione di D. Bosco 10 rovò pronto.
<< Padre santo, figli santi! »> disse ai 110 Chierici della Crocetta il 16 no-
vembre l9)3 elettrizzandoli tutti. « Non è fantasia la santità. Don Bosco l'ebbe
umana e facile, con sacrificio sereno. Lo possiamo anche noi. Vogliamolo, ci riu-
scitemo! >>.7
Si, una santità << umana e facile »>... <( con sacrificio sereno »>; bisognava stu-
àiarla.
Le Strenne 8
E partì dalle fondamenta: la carità. La strenna del suo pfimo anno di ret-
torato lanciò tre squilli di dura battaglia: << Pensare bene di tutti, patlare bene
di tutti, far del bene a tutti »>.
Non erano propositi fissati per esigenze particolari, ma le premesse di uno
studio accurato sul carisma di D. Bosco'
La Strenna del l9)4, anno della Canonizzazione, è un passo in avanti, un
vedere in profondità.
« D. Bosco ci stimoli a santificarci con la putezz^ della vita »>.
Avvenuta Ia Canonizzazione, come sopraffatto da tanto trionfo del Padre,
fauna calda esortazione a tutti di approfondire Ia conoscenza di una santità che
forse per i più è ancora troppo superficiale e da molti non ancora valorizzata in
tutte le sue dimensioni. Una di queste dimensioni è per D. Ricaldone l'amore,
si direbbe la predilezione, che D. Bosco ebbe per la povertà e l'addita ai figli
quale virtù da lui praticata in grado eminente.
Ma dove D. Bosco attingeva il fervore per una vita di eroica carità, di
6 M.8., Vrrr, 228.
? Dagli appunti di D. Luigi Tavano allora chierico. Egli scrisse succintamente la con-
ferenza che D. Ricaldone
8 Vedere A.C.S. dal
tenne loro in quel giorno.
l%3 al 1951; n. 64, n. 67,
n.72,
n.77,
n.
81,
n.
88,
n'
95'
n'
100,
n. 107, n. ll2, n. 119, n. L26; n. 1]2, n. D6, n. 144, n. 748, n. 154, n. 159, n. 165.
7l

8.10 Page 80

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pvrezza angelica e di ardentissima pietà? All'uomo di Dio già personalmente
tutto appoggiato all'altare non è difficile scoprire la fonte di tale vigoria e con-
tinuità ascetica del Padre, e I'addita nella sua devozione fervidissima all'Eucari-
stia. Da questa sorgente divina prorompe la vita, un'attività instancabile a ser-
vizio del prossimo e specialmente dei giovani. Ed ecco allora D. Ricaldone stu-
diare il lavoro di D. Bosco nella sua concezione, nei suoi metodi, nella sua attua-
zione personale, scoprire come il Padre valorizzasse le ricreazioni ed i diverti
menti, di quale aspetto formativo e santificante dell'allegria si servisse per fare
buoni e contenti i giovani.
L'approssimarsi poi del ptimo centenario della lezione di Catechismo fatta
da D. Bosco a Bartolomeo Garelli offerse la possibilità a D. Ricaldone di entra.
re in profondità nella sua azione apostolica e presentare alla considerazione dei
Confratelli ciò che da tanto tempo era per lui motivo di meditazione, di realizza-
zioni: f insegnamento catechistico, nell'opera di salvezza e formazione della
gioventù.
Ma anche un alro centenario, quello della I" Messa di D. Bosco, veniva
opportuno a ricordare uno specifico settore della missione di D. Bosco nella
Chiesa: la cura delle vocazioni. D. Bosco considerava parte vitale della sua
opera l'occuparsi delle vocazioni sacerdotali e religiose e D. Ricaldone che arde-
va dello stesso amore, dimostrandolo fattivamente con cura sollecita per le Case
di formazione, propose all'attenzione dei salesiani questo aspetto del loro apo-
stolato fra la gioventùr che non era marginale o occasionale, ma veramente nota
specifica e vertice dell'azione salesiana fra i giovani.
Gli anni della guerra, gravidi di odio e di violenze, segnano di volta in
volta le tappe di un itinerario di studio e di vita, opportunissimo per I'attualità
dell'ora, quanto per approfondire con metodo lo spirito di D. Bosco. Le strenne
sulla carità, sulla speranza, srtlla fede, mentre furono di vero programma per
santificare le ore tragiche della guerra, misero in luce la vita profondamente teo-
logale di D. Bosco poiché egli fu additato sempre come modello, provocando
così un ritorno alle fonti, a quell'atmosfera teologale in cui viveva il Santo.
Così, quando negli anni del dopoguerra le condizioni di vinti e vincitori
fomentavano prepotenze e soprusi, D. Ricaldone proponendo la pruderrza, la
giustizia ela fofiezza, addita ancora e sempre D. Bosco.
Le circostanze avevano suggerito un certo itinerario di virtù, ma non sfug-
ge ad occhio attento un ben progettato studio di D. Bosco. Dalle virtù teologa-
li, Don Ricaldone passa a quelle cardinali. Poi, avendo già parlato nel t9l6 del-
I'Eucaristia, passa agli altri grandi amori di D. Bosco: Maria Ausiliatrice, il Pa-
pa e i Giovani con le fecondissime strenne sulla devozione a Maria Ausiliatrice,
sulla fedeltà a\\ Papa fissato nel tiplice ordine: << Conoscere, amare, difendere il
Papa >> e sul metodo preventivo il cui frutto veniva sugellato in quell'anno 1951
dalla Chiesa, con Ia Beatif icazione di Domenico Savio.
L'ultima strenna, quella che fu come il testamento della salesianità di D.
Ricaldone è sull'umiltà e segna la tappa più profonda nella ricerca amorosa degli
abissi ancora inesplorati della santità del Padre. Egli studiandola nella luce della
72

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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sua vita, la presenta come fuoco da cui si sprigionano le tre fiamme vivide che
accesero L'azione di D. Bosco: << L'umiltà è splendore di verità. L'umiltà rende
gioconda la vita nelle famiglie, nelle comunità e nella società. L'umiltà è scudo
sicuro della castità ».
La strenna sul Papa, in occasione dell'Anno Santo (1950) gli diede modo di
esplorare a fondo il cuore ecclesiale e papale di D. Bosco. Personalmente D. Ri
caldone, come abbiamo già dimostrato, fu un vero appassionato figlio della Chie-
sa e dei Sommi Pontefici, ma egli aveva il compito di non trasmettere una sua
individuale propensione, ma il carisma del Padre che aveva luci speciali e del
tutto caratteristiche proprio riguardo ai rapporti con la Chiesa.
Quanto sentiva urgente D. Ricaldone uno studio a fondo su D. Bosco nei
rapporti con la Chiesa!
I tempi glielo mostravano.
Era necessaria un'impostazione fortemente ecclesiale della Congregazione!
Abbiamo una conferenza inedita tenuta il 2 luglio 7949 ai teologi della
Crocetta in cui egli presenta e commenta la strenna che aveva già ideato per il
1950: quella sul Papa.
È un piccolo capolavoro perché è tutto D. Bosco papale, ecclesiale, rivis-
suto in D. Ricaldone, trasmesso come linfa vitale, proposto come pratica concre-
ta da attuare a quelli che erano le speranze della Congregazione. Essi infatti do-
vevano ricevere a fare proprio lo spirito ecclesiale del Padre, interpretarlo nelle
esigenze storiche dell'ora e trasmetterlo vivo e dinamico, nelle forme più opportu-
ne e farne un metodo di azione apostolica che fosse espressione filiale di dona-
zione totale alla Chiesa.e
Questo studio appassionaro dello spirito di D. Bosco, trovò appiglio anche
in tutte le date che potevano ricordare un episodio della vita di D. Bosco. Le
date riportarono ai luoghi, alle Opere che erano state l'ambiente provvidenzia-
le in cui il Santo aveva nelT'azione espresso concretamente il suo spirito. Date e
luoghi, mettendo al vivo fatti ed episodi, ponevano in luce piena la figura di
D. Bosco e dei suoi primi figli, che avevano artinto direttamente da lui il suo
spirito e 1o avevano assimilato in santità di vita.
Le date
Così D. Ricaldone, che sapeva quanto fosse << arduo scandagliarc >> l'anima
di un santo,r, si servì anche degli anniversari per alimentare la fiamma e ripre-
sentare ogni volta la vitalità, anzi I'urgenza di capire meglio D. Bosco.
Nel 1935 ricordava il l' Centenario dellaVestizione clericale di D. Bosco,
presentando D. Bosco quale chierico esemplare e programmando Feste celebra-
e Vedere in
ro A.C.S. n.
appendice il Testo inedito della Conferenza:
157, Gennaio-Febbraio 1950.
allegato
n.
39
73

9.2 Page 82

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tive tutte religiose e imperniate nella mistica realtà dell'uomo nuovo che si ri-
veste di Cristo.11
I1 1937 segna un secolo dalla nascita del prirno grande lislio di D' Bosco,
colui che << fece a metà con lui », D. Michele Rua.12
Così fa per la nascita del Card. Cagliero, artimaru.do tatti ad dccendete con
questa celebrazione f idea missionaria.l3
Con cura direi meticolosa, preparò animi, case ed opere a festeggiare il
Centenario della Prima lezione di Catechisrao latta da D. Bosco, quella fatta
a Bartolomeo Garelli nella festa dell'Immacolata: 8 dicembre 1841, giorno in
cui, si può dire, ha avuto origine l'Oratorio e quindi l'intera Istituzione Sale-
siana.
Già nel 7935 egli manda a tutte le Case il programma di preparazione, per-
ché le sue non sono richieste da poco e bisogna viverle, tealizzarle gradatamente,
anno per anno.la
Sono iniziative con cui D. Ricaldone in nome di D. Bosco vuol dare volto
nuovo o almeno rinnovato a tutte le Case Salesiane riportandole all'opera prin-
cipe: il catechismo, essenza della missione formativa salesiana presso la gioventù.
Per il 1941 egli propone un Congresso Catechistico Internazionale a Torino, sot-
to la cupola di Maria Ausiliatrice per studiare a fondo questo specifico apostolato
salesiano. A questo scopo ogni Casa, a partire dal 1939 deve avere le sue gare
catechistiche che sfocino in quelle ispettoriali le quali a loro volta entro il 1940
abbiano la loro conclusione solenne in Gare Catechistiche Nazionali'ls Egli
rnobilita tutti perché non vuole solo una celebrazione centenaria, ma portare
I'intera Congregazione ad un rinnovamento catechistico.
« Né si pensi da taluno che la Crociata Catechistica debba limitarsi ad es-
sere una preparazione, sia pur solenne, alle Feste Centenarie; no; essa vuol esse-
re soprattutto forte proposito d'irnitare D. Bosco catechista e di collocarsi effet-
tivamente all'avanguardia in questo settore preferito della nostra missione »>.16
Ecco come D. Ricaldone sfruttava i centenari e voleva che portassero ad
« imitare Don Bosco! ».
Il Centenario della nascita di Dornenico Sauio è occasione propizia per far
conoscere il « piccolo gigante >> airagazzi con la lettura della sua vita, con confe-
renze, accademie in suo onore, con pratiche di pietà apposite in modo che i suoi
esempi incidano fortemente sulla formazione dei giovani.lT Don Ricaldone si fa
animatore delle celebrazioni nella Casa Madre. Invita D. Caviglia a parlare dello
11 A.C.S., n. 71, 24 agosto 1935.
12 A.C.S. n. 79 bis, 2 febbraio l9)7.
13 A.C.S., n. 85, 24 gennaiefebbraio 1918. I1 Card. Cagliero nacque l'11 gennaio
1 3i8
14 A.C.S., n. 12, 24 novembre 19J5.
ls A.C.S., n. 87, Maggio-Giugno 1938.
16 A.C.S., n. 102, Novembre-Dicembre 1940.
17 Domenico Savio nacque il 2 aptile 1842. A.C.S., n. 107, Sett.-Ott. 1941.
74

9.3 Page 83

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allievo santo di D. Bosco ad un'assemblea di autorità civili e religiose molto qua-
lificata specie in campo pedagogico, e poi ne relazione a tutti i confratelli
annunciando il prossimo lavoro storico-pedagogico di D. Caviglia su Domenico
Savio, Besucco Francesco, Michele Magone. Vuole anche che si pubblichi la ri-
produzione del ritratto di Domenico Savio fatta, lui vivente, dal suo amico To-
matis che frequentava allora l'Accademia delle Belle Arti di Torino.l8
Ma tutta questa pubblicità è solo in vista di un ripensamento sul sistema
preventivo di D. Bosco che aveva dato frutto « nel piccolo gigante >>.
Così è buon pretesto per rinnovare i suoi confratelli nello zelo apostolico
per la Buona Stampa, tl Centenario del l" libro edito da Don Bosco.le
Una data che preparò a lunga distanza, non tanto pet attv^zioni di opere,
quanto per portare a ripetute, continue riflessioni sui fatti e le circostanze che
si svilupparono, sulle persone che agirono, sulle virtù che fiorirono intorno ad
essa, fu il l" Centenario della presa di possesso della Casa Pinardi avvenuta il
12 apirle 1846 da parte di D. Bosco e dei suoi ragazzi che la trasformarono in
Oratorio, e poi il 3 novembre da parte di Mamma Margherita che con la sua ope-
ra la rese anche Convitto.
Vi sono tre lettere circolari sul fatto storico che meritano di essere ricor-
date perché in esse D. Ricaldone senza mai tipetersi, collegandosi all'avvenimento
di cento anni prima, riprende argomenti e problemi di scottante attualità per un
dopo guerra che si presentava quanto mai complesso di nuove ideologie. Nella
prima fa rivivere I'episodio nei suoi particolari, attingendo dalle Memorie Biogra-
fiche e facendo calde esortazioni e riflessioni per sensibilizzare tutti all'impor-
tanza del Centenario.m
Nella seconda del dicembre 1945, ricordando cosa fosse Casa Pinardi pri
ma che I'abitasse D. Bosco e in quale povertà vivesse il Santo e sua Madre,
parla di << iTlibatezza di costumi >> che fiorì proprio dove c'era il mal costume e
della « povertà eroica >> vissuta dai suoi nuovi primi inquilini.2l
Nella terza dell'agosto t946 mette a fuoco il momento critico di allora fa-
cendo
dopo
un parallelo tra la difficile
guerra turbinoso per idee
orirvaolsutozrioicnaairnieceuipoeprerl'òebDb.reBzozsacode-llepdeericoadnotatdei
csoosstteitunuzitoendi a-
e quella
teste che
che devono
sembravano
vivere, ugualmente ricca di teorie
possedere il segreto per rifare e
estremiste
salvare la
società. D. Ricaldone mette sull'avviso e dà il mezzo pet riconoscere i veri dai
falsi profeti: essi devono essere << distaccati dalla terra e da se sessi, fiduciosi
in Dio, e non nelle proprie forze; profondamente umili e soprattutto obbe-
dienti »>.2
Così il Centenario del << Giouane Prouueduto » gli torna opportunissimo per
18 A.C.S., n. 1 10, Marzo-Aptile 1942.
le A.C.S., n. 126, Nov.-Dic. 1944.
m A.C.S., n. 127, Genn.Febbr. 1945.
2r A.C.S., n. 1)2, Nov.-Dic. 1945.
22 A.C.S., n. r)6, Lugl.-Ag. 1946.
75

9.4 Page 84

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riprendere l'argomento a lui carissimo del sistema preventivo e mettere in luce
l'aspetto ptevalentemente religioso.23
Anche il Cinquantenario della rnorte del Serao di Dio D. Andrea Beltrami
che cade nello stesso anno, deve essere uno sprone per i Confratelli.2a
Nel 1950 richiama rutri a rinnovarsi nello spirito missionario, ricordando la
prima partenza dei ruissionari salesiani, avvenuta l'11 novembrc L875. Sono già
passati settantacinque anni e il primo seme gettato nell'Argentina ha dato frut-
ti fecondissimi, ma occorrono ancora e sempre cuori ardenti, volontà pronte,
braccia generose.s
L'ultima data cara alla Famiglia Salesiana che D. Ricaldone poté ricordare ai
suoi figli e per Ia quale fissò minutamente le funzioni per celebrarla degnamente
e farne, per I'unità delle manifestazioni religiose e {amiliaù, come un unico atto
di adorazione e di ringraziamento, fu i\\ cinquantefialio della Consacrazione al S.
Cuore dell'intera Congregazione Salesiana fatta da D. Rua il l1 dicembre 1900.
Ricordando quell'indimenticabile notte di fervore, D. Ricaldone propone
che la stessa consacrazione sia ripetuta in tutte le Case dei Salesiani e delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice il J dicembre 1950.26
I " Luoghi Santi " Salesiani
La passione del carisma di D. Bosco sospingeva D. Ricaldone anche ai luo-
ghi, agli ambienti in cui il Santo visse ed operò, cioè sviluppò e irradiò nelle
anime questo dono di Spirito Santo.
L'intero <( quartiere salesiano >> in Valdocco egli l'aveva definito « il più insi-
gne reliquiatio delle virtù, degli esempi, degli insegnamenti, delle opere, dello
spirito, del sistema educativo del nostro Santo Fondatore >>.? Ma certo per Lui
ebbero un'attrattiva speciale le << Camerette >> di D. Bosco. sentiva ancora
aleggiare l'anima del Padre, quasi gli sembrava di incontrarsi con lui e di po-
terne sentire la parola di guida e di conforto.
Egli stesso rivela il fascino che esercitavano su di Lui quegli angusti e po-
veri ambienti, raccontando come nella mattina de11'8 dicembre, centenario dello
Oratorio, a conclusione di tutta la lunga e operosa preparazione da lui com-
piuta, per maggiormente penerare il valore, lo scopo dell'Istituzione di D. Bo-
sco, egli << sentì il bisogno » di recarsi nella cameretta del Santo.
« Alle 9,30 sentii il bisogno di recarmi con i Superiori del Capitolo alla
cameretta dalla quale l'anima eletta del nostro Santo Fondatore il 31 gennaio
1888 volava al cielo.
Circondammo con pietà filiale il suo letto, chiedemmo al Padre amatissimo
23 A.C.S., n. 7)9, Genn.-Febbr. 1947.
24 A.C.S., n. 139, Genn.-Febbr. 1947.
2s A.C.S., n. 158, Marzo-Aprile-Maggio 1950
26 A.C.S., n. 160, Sett.-Ott. 1950.
27 A.C.S., n. 127, Genn.-Febbr. 1945.
l6

9.5 Page 85

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perdono delle manchevolezze nostre e dei suoi figli sparsi in tutto il mondo, e gli
promettemmo, in nome di tutti, costante fedeltà nell'osservanza delle Costituzio-
ni, dei Regolamenti, del1e Tradizioni Salesiane >>.
Poi in ricordo del I" Centenario della lezione di Catechisrno che Egli fece
1'8 dicembre 1841 all'orfano Bartolomeo Garelli, fa le due promesse: fondare al
Colle Don Bosco la « Libreria della Dottrina Cristiana » e industriarsi a fat sor-
gere in tutte le Ispettorie un nuovo Orfanotrofio per accogliere rugazzi poveri
e abbandonati.
Quindi, come fosse investito della stessa grazia che in quel lontano 8 dicem-
bre 1841 da D. Bosco irradiò sul giovane Garelli, anche D. Ricaldone con gli
altri Superiori s'inginocchia e recita un'Ave Maria.28
Don Terrone presente alla scena scrive: << Rincresce che di quella commo-
vente scena non si sia presa un'istantanea e che le parole del Successore di D.
Bosco non siano state registrate ». Poiché egli asserisce che D. Ricaldone << se
già in tutta la giornata, a tutti era apparso come trasformato per la gioia che gli
procurava la solenne commemorazione, ciò si palesò specialmente nella came-
retta del nosffo Santo Fondatore >>.
Ma c'erano altre stanzette che esercitavano I'atttazione di potente cala-
mita sul cuore filiale di D. Ricaldone: gli angusti bugigattoli che formavano la
<< Casetta di Don Bosco >> al Coll,e. Ancora D. Terrone attesta: <<La " Casetta "
gli era carissima; ogni volta che si recava ai Becchi e più tardi al grande Istitu-
to, non mancava mai di farle una visita e pregare a lungo. Un giorno mi disse:
<< Desidero proprio tanto preparare in questa cameretta il commento sulla Suen-
na della povertà; non v'è posto migliore di questo per scrivere su questo argo-
mento )>.
Ma come egli stesso ebbe poi a dichiarare, non gli fu possibile. Quando si
recava al Colle era sempre assiepato dai Superiori della Casa che 1o richiedevano
dei suggerimenti e direttive per i molti lavori che erano in corso. Così il com-
mento dovette essere scritto a Torino e parzialmente nelle alre Case ove egli
si recava per sbrigare la corrispondenza, nel pomeriggio. Ma, finalmente, un
giorno, giunto ai Becchi, fece portare un tavolino ed una sedia nella cameretta e,
chiudendo la porta mi disse: << Tu aspettami fuori e fa buona guardia... Voglio
proprio terminare la strenna in questa cara cameretta >>. E la mia << guardia »> per-
ché 1o lasciassero manquillo durò circa ue ore che io passai facendo la spola tra
il Santuario di Maria Ausiliatrice e i dintotni della casetta, guardando spesso
verso quella porta che non si apriva mai. Ma alla fine 1o vidi uscire con alcuni
grandi fogli in mano. Alzando le braccia esclamò: << Ho finito. Deo gratiasl Deo
gratias!... Ecco qui la mia firma messa proprio in questo momento. Prendi iI
pacco di carte che è nella cameretta e andiamo. Sono veramente contento )>.
Non posso dire che eru ruggiante, benché giubilante; era invece rosso in
volto per la tensione e penso anche per la commozione, come si può rilevare
dalle ultime pagine della Circolare pubblicata nel volume I' di << Formazione
28 A.C.S., n. 108, Nov.-Dic. 1941
77

9.6 Page 86

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Salesiana >>; e meglio altcora dagli Atti del Capitolo Superiore n. 82 arno 1937 .
Dico meglio ancora perché ristampata nella suddetta collezione, D. Ricaldone vi
apportò le modificazioni del caso, sopprimendo le frasi che esprimevano senti-
menti troppo intimi, provati nella cameretta ».
Visita tradizionale alla <( Casetta » era quella del 16 agosto in ricordo della
nascita di D. Bosco. Nel 19J5, il suo Segretario D. Tarcisio Savarè ricorda que-
sto fatto: << Uscendo dalla casetta e dirigendosi verso « 'l Palass » già di Dame-
vino,2e mi chiese se avevo notes e lapis. Io gli porsi l'agendina che portavo
in tasca per brevi appunti. Egli l'aperse a metà, e nelle due paginette tracciò al-
cune linee, come uno schizzo,30 dicendo: « Mi è venuta questa idea: un grande
Tempio a D. Bosco lassr), al posto del cosìdetto << Palass »; grande piazzale con
portici fino alla Casetta di D. Bosco per i pellegrinaggi che saranno sempre più
numerosi e poi la Casetta isolata e coperta ».
Fu un sogno che non allontanò mai, anzi che cercò gradatamente di rea-
lizzare tanto che nel 1938, ritornando da Roma dopo la festa della Beatificazio-
ne di Madre MazzarelTo volle visitare la Santa Casa di Loreto con D. Giraudi
proprio in vista della sistemazione della << Casetta » dei Becchi.3t Chiamò anche
il progettista teatale che aveva già lavorato per i diorami dell'Esposizione Sa-
lesiana del 1926.
Lo portò in macchina ai Becchi, gli annunciò quanto aveva in mente e lo
pregò di preparare un disegno corrispondente al suo sogno. Il quadro gli piac-
que e lo pose nella sala delle adunanze capitolari. Lo difese con una te1a, che si
compiaceva di rimuovere per presentare il progetto ai visitatori.
Intanto, di concerto, cominciò a sorgere quello che fu poi l'Istituto << Ber-
nardi Semeria >>. Ma quante difficoltà dovette superare anche da parte degli
a Il « Palass » di proprietà del Signor Damevino era la villa (con annessa cascina) che
si trovava vicino ai Becchi, sull'altuta ove sorge adesso il Tempio di S. Giovanni Bosco. Era
la miglior cosuuzione della zona (quindi chiamata » << palazzo per antonomasia). « Più
aspettate a comprarla, più cara la pagherete »> diceva il padrone (Sig, Damevino) ai Superiori,
desiderosi di tenere la Casetta natia di D. Bosco isolata da possibili ritrovi di mondanità.
La comprarono attorno alla Canonizzazione. La demolirono per la costruzione del Tempio.
N.B. Nella cantina di detta cascina, il padre di Giovannino Bosco (enrato d'urgenza,
benché sudato a causa del lavoro agricolo) prese la polmonite che 1o portò alla tomba.
+
(tempio)
(piazzale)
( casetta )
ididuSeup3SelurPiporerimerioadriedi-iSeaDnlet.rsaiRareincia;nlmedloalanemBecanisitrlriaeccacso-imeaffnreidcttòouraddvaianDloa.nvFsirsvaeintlacaeressci ioanvRvaialccsiuntenalrloomnocodhoea
accompagnava
la sua qualità
noi due Reli
giosi per ossequiare D, Ricaldone, Rettor Maggiore dei Salesiani... Si può ben comprendere
la nostra sorpresa.
78

9.7 Page 87

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stessi Salesiani che non avendo le stesse sue vedute non capivano dove voleva
arrivare.
Don Virginio Battezzati ricorda:
« Quando si era in trattative (vi erano difficoltà) per l'eredità del benefat-
tore Bernardi Semeria, destinata alla costruzione al Colle Don Bosco di un isti-
tuto dedicato al benefattore, il Sig. Don Ricaldone venne ai Becchi più d'una vol-
ta per qualche giorno col Sig. D. Giraudi, allo scopo di vedere il da farsi ed
invitare gli Aspiranti e i catechisti a pregare per una bella cosa che doveva fa-
vorire l'opera nostra ai Becchi. Invito che certo fu fatto anche negli altri aspi-
rantati. Vinte le difficoltà, ed avuta l'etedità, mi diceva:
che si,metta la somma in Banca, giacché tutto il materiale
e-
C'è chi è del
la manodopera
parere
stanno
aumentando di prezzo. Ma io penso: abbiamo ricevuto ora la somma per l'ope-
ra di costì. Facciamo subito, spendiamo la somma adesso, perché la Divina Prov-
videnza ce l'ha mandata ora »>. Così fu fatto. Che sarebbe avvenuto di quella
somma con il crollo che ebbe poi la moneta? ».
D. Ricaldone aveva fede e anche speranza, quasi certezza di rcalizzare
il suo progetto, tanto che il 10 aprile 1936 D. Temone ricorda che egli parlando
delle opere salesiane, del lavoro che il Signore in gran copia affidava continua-
mente ai Figli di D. Bosco, accennava pute all'ampliamento che doveva essere
fatto ai Becchi per lo sviluppo della Casa Missionaria. « Parlò di lavori vera-
mente colossali che dovevano essere eseguiti e che avrebbero costituito una ve-
ra, grandiosa meraviglia e disse: È << stato fatto un lascito, un'offerta veramente
generosa (era l'eredità Bernardi Semeria); ma deve essere tutta, interamente im-
piegata in quell'opera gigantesca ».
Allora ci fu chi chiese tra il serio e lo scherzoso: << Saranno i " Luoghi
Santi "? »>.
vi
as-sicuSriocucrhaemesnatreà,
ribadì con certezza D. Ricaldone,
propriamente una cosa grandiosa!
i
nostri
Luogbi
Santi,
e
Ma non tutti erano del suo pafere, sernlbrava inopportunità, sttavagar:f,a, tut-
t'al più un bel sogno, e basta. Già la stessa nuova costruzione << Bernardi Seme-
ria »> che stava sorgendo, suscitava critiche e proteste. È Don Molfino che ricor-
da: << C'era all'Oratorio di Torino e a S. Benigno Canavese, due antiche scuole
ptofessionali gloriose, un forte mormorare contro D. Ricaldone che costruiva una
opera grande là.
Si diceva: « Abbiamo già S. Benigno che è la casa storica stabilita da S.
Giovanni Bosco: perché non ampliare quella invece di farne un'altra? E poi i
Becchi (come si chiamavano) distano quasi 40 Km. da Torino! Se già S. Beni
gno che è a 17 Km. da Torino, deve aumentarc i\\ prezzo dei suoi prodotti fini-
ti del l\\Vo sui prezzi di Torino per trasporti, ecc., cosa sarà per i Becchi? È
quindi uno sproposito fare un'alta opera ancora più distante! È cosa contro le
tradizioni di famiglia salesiana e non porà vivere col suo lavoro...
Allota io fattomi coraggio, parlai a D. Ricaldone dicendogli: << Sa che tutti
mormorano contro di lei per quell'edificio in costruzione presso la casa natia di
D. Bosco? E sa che le ragioni portate sono di peso? Sa che non c'è proprio
79

9.8 Page 88

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una persona che io conosca che condivida le sue idee di costruire quell'edificio
1à? » D. Ricaldone interrompendo mi disse: << Anche tu sei di quel parere? Sei
conrario? ! ».
quell--'IstiEStubi,tbogelnliaers,issùpre.opsPlii,rcimòsìo;e,agntliuc,thpt'eieorlmesoenntootiscctrohenetcriaaosrieot!iprdoifceasslieonraalgi ieonsippeeciralcmueintsei
fa
le
missioni, ci domandano dei tipografi, legatori, stampatori. Non ne abbiamo; non
solo, ma non
S. Benigno fa
abbiamo nessuna casa
già questol ». Ed egli
crihperelni dpetnedpoa,ri!so-ggiGunlsi er:is<p< Mosai:
<<
S.
La casa di
Benigno è
un istituto-scuola per artigiani e anche se volessimo ampliare non è nostro! È su
terreno del demanio. Petciò quello che si facesse sarebbe poi perduto! Dunquel
Secondo, abbiamo i soldi per fabbricare lassù un Istituto e non alrovel Terzo,
dobbiamo dare uno sviluppo a quel sito che fu l'origine e culla della nostta
opera di D. Bosco! Quarto, se le scuole che faremo non poranno proprio
continuare, le trasporteremo in un altro Istituto che la Prowidenza ci sugge-
rirà; ma intanto cominciamo a preparare il personale per le missioni nostre che
lo chiedono con insistenza! ».
A queste ragioni io dovetti persuadermi e da allora ne divenni il difensore
contro i contestatori. I milioni disponibili esistenti per fare quel lavoro furono
provvidenzialmente usufruiti fino alla fine cioè fino all'anno in cui la lira italiana
perdette il suo valore. Benedetta testardaggine del compianto D. Ricaldonel ».
Si, anche i figli più cari, gli << intimi » di D. Ricaldone sulle prime non
capivano e non assecondarono il suo progetto, ma davanti alla realtà, agli in-
terventi diretti della Provvidenza che mandava aiuti impensati tutti si ammansi-
rono. Anche Mons. Pittini si accusa di resistenza fatta a D. Ricaldone circa il
progetto dei Becchi. « Lo visitai a Torino verso la fine di giugno del 1919. Gli
chiesi
prima
udne'1uldaierniuznai.on- e
Vieni domani mattina nella sala capitolare, dove sarò solo,
del Capitolo Surperiore ». Ivi lo trovai mentre stava scri-
vendo una lettera.
Io intanto contemplavo i quadri della parete, tra i quali ce n'era uno mi-
steriosamente coperto
npoonqutoaclcchaerloisatannctoeraml i-
da un velo. Quando
Ritirai la mano con
stavo per
sorpresa e
caelzntaurplolica-ta
No, mi disse,
curiosità. Do-
disse: << Senti, figluolo. Una notte non mi lasciava dormire
f idea insistente di creare sulla collina dei « Becchi »> culla di D. Bosco, un assie-
me di edifici e di opere che fossero la sintesi del programma paterno. Lo conce-
pii e 1o esposi a un artista torinese che riprodusse il mio ideale nella forma
che vedrai >> e rimosse il velo. Al veder I'imponente complesso di edifici che cir-
condavano la grande basilica centrale di D. Bosco, mi sfuggì un'esclamazione:
<< Utopial Utopia! ».
Per mia bocca parlava 7a grettezza del giudizio umano. Ma D. Ricaldone,
l'uomo
domani
di Dio,
l'inizio
soggiunse:
delle realtà
-».
La Provvidenza mi ha mandato i mezzi, e vedrai
Infatti il giorno dopo in compagnia dell'Economo Generale, il mio caro
compagno D. Giraudi, là dove tanti anni prima avevo veduto la solitaria collina
80

9.9 Page 89

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e
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a.*!
1
\\,,,
I
\\
D. Ricaldone e il card. salotti a valdocco circondati da Mons. coppo, Mons. Guerra,
Mons. Emanuel, Mons. Rotolo, mentre parla D. Berruti.

9.10 Page 90

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10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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dei Becchi, rovai un'enorme costruzione destinata a Scuola di Arti Grafiche;
edifici che sarebbero stati completati con i rimanenti in progetto, se non fosse
scoppiata, pochi mesi dopo, la seconda guerra mondiale.32
Nel 1943 al tempo dei festeggiamenti giubilari del Sacerdozio di D. Rical-
done, in una visita che fece al Colle egli disse al Direttore Don Marcello Joyeu-
sazi << Se ti domandassero che regalo potrebbero {are per il mio giubileo, ri-
psrpoognedttia: t-o
La casa per gli Esercizi
c'era anche questa Casa.
al Colle
Egli ne
>>. In quel
presentiva
complesso che egli aveva
l'utilità e l'avrebbe volu-
ta subito. Ne aveva già fatto fare il bozzetto: avrebbe dovuto sorgere sulla
collina che c'è di fronte all'attuale Tempio.33
Don Savarè ricorda quanto a D. Ricaldone stesse a cuore questa Casa di
Esercizi e come ne parlasse con calore a chi invece non condivideva molto il
suo pensiero e gli prospettava altri lavori come più importanti: << Personalmen-
te stimo più necessaria 7a Casa degli Esercizi ai Becchi, che non la completa si-
stemazione qui dell'Oratorio. Oltre alle mute per i Confratelli, sacerdoti e laici,
cooperatori e amici (con diffusione mirabile dello spirito di D. Bosco), avremmo
sempre la casa pronta, sia pel Capitolo Generale sia per le riunioni di Ispettori,
Direttori, Maesri di Novizi, sia per Giornate o Settimane di studio. E l'accre-
sciuta facilità di comunicaziooi la renderà sempre più vicina all'Oratorio, ai Su-
periori Maggiori »>.
Egli vedeva già tutto il bene che si sarebbe fatto in quella Casa, Ia sogna-
va come Cenro di unità.
<< In detta Casa potremmo riunire i Confratelli eletti Direttori, di tutte le
Ispettorie del mondo, per un mese o due di soggiorno: conferenze dei Superiori,
lettura della nostra documentazione scritta (alftimenti, dove ftovano il tempo
e i documenti alla mano?); visite di studio alle varie opere (Ateneo, Ufficio Ca-
techistico, Scuole Professionali ed Agricole, Centro Cooperatori, luoghi s,antificati
da D. Bosco, ecc.). Questo sarà un magnifico legame coi Superiori. E il nostro
più grave problema è proprio questo: perfetta unione di menti e di cuori in S.G.
Bosco ».
E progettando pel futuro, quasi vedesse una visione, proseguiva: « Toc-
cherà poi a voi pensare a mettere nella cripta del grande tempio di Don Bo-
sco sul Colle, le tombe dei suoi Successoti: sarà anche questo uno stimotro al
buono spirito dei Confratelli durante gli Esercizi, le riunioni, i soggiorni presso
la casetta nativa del nosffo Santo Fondatore ,r.s
Gli amori del Padre
L'amore a Don Bosco portava naturalmente D. Ricaldone ad amare « gli
amori »> del Padre. Primo fra tutti: la Madonna, la << sua >> Madonna, l'Ausilia-
32 da << Memorie Salesiane d'un Arcivescovo cieco >> (p. 68_6e).
33
1
Testimonianza di Don A.
Ricordi e Testimonianze
dMi aDrcoenlloTJaoryceisuisoazS. avarè.
81
6

10.2 Page 92

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ilice! E se bisognava conservare « la casetta rr, 1. ,, camerette >> del Padre, tanto
più bisognava dare compimento a quello che era stato un pensiero principe in
D. Bosco: la casa, il Tenapto a Maria Ausiliatrice! Don Bosco aveva fatto il pos-
sibile e l'impossibile per erigere alla sua Regina una Chiesa degna della sua
potenza di Madre, di Aiuto dei Cristiani, e aveva dovuto concludere che la Ba-
silica se l'era edificataLei, la Madonna, con i favori, Ie grazie, i miracoli elargi
ti in misura sorprendente a quanti l'invocavano. Ma ora il culto di Lei, nelle
proporzioni in cui si era sviluppato, esigeva un tempio più vasto per accogliere
i devoti che sempre più accorrevano numefosi. E poi nello stesso santuario era
necessario erigere a Don Bosco un altare degno della sua santità riconosciuta e
proclamata dalla Chiesa. Erano due imprese che si richiamavano a vicenda e di
non facile attlazione per le spese che avrebbero richiesto.
Ma Don Ricaldone, che non si fermava per motivi materiali, si mise su-
bito all'opera, sicuro che, quando si lavora per la gloria di Dio, Dio stesso si im-
pegna colla regalità della sua Provvidenza.
Era già stata opera di Don Ricaldone 7a rcalizzazione della Cappella delle
Reliquie. Don Savarè scrive: Don Elia, l'incaricato delle Reliquie presso la Curia
di Torino, mi ricordava che quando il Comm. Bert, appassionato ricercatore di
reliquie di Santi, mi chiese a chi affidare il tesoro di reliquie da lui raccolte, ri-
sposePsuurtbroitpop: o-
A Maria Ausiliatrice, a Don Bosco,
per alcuni anni, fin dal tempo di Don
ai Salesiani.
Rinaldi, le reliquie
dovet-
tero giacere in luogo riposto anche se sicuro, forse perché già allora si pensa-
va ad un ampliamento della Basilica. Ma appena Don Ricaldone fu eletto Rettor
Maggiore, Don Elia gli ricordò quelle reliquie
remo quanto prima una bellissima Cappella.
e ne ebbe questa
Anzi, favorisca
risposta:
preparare
-lei
Fa-
un
progetto da completare poi co'n Don Giraudi e I'architetto Vallotti.
Il progetto si rcalizzò e la Cappella poté essere consacrata nella festa della
il Esaltazione della Croce, 1" settembre 1934 >>.ss
Intanto urgeva pensare alla Canonizzazione di Don Bosco. Don Ricaldone
ne scrisse nel Bollettino Salesiano del febbraio 1934 proponendo ai Cooperatori
le due rcaLizzazioni come omaggio devoto al nuovo santo. E nell'aprile dello
stesso anno vi fu la posa della prima pietra dei lavori di ampliamento della Ba-
silica e per la erezione di un altare monumentale a S. Giovanni Bosco.s
fntanto sul << Bollettino Salesiano »> dell'aprile-maggio 1934 compariva già
7a lotografia del progetto dell'altare da dedicare a S. Giov. Bosco. Don Giraudi,
esponendo il piano dei lavori, non disse al pubblico un fatto veramente curioso
e che sa di intervento divino per le ottime conseguenze che ne vennero, circa
il progetto dell'ampliamento. Don Molfino e Don Savarè ricordano di averlo
ascoltato dalla viva voce di Don Ricaldone perché l'ingrandimento era stato mol-
to studiato e discusso essendo di non facile attuazione. I1 Prof. Ceradini aveva
3s Cfr. F. Gtnau»r, L'Oratorio di Don Bosco, S.E.l. 1935, p. 197-20)
36 A.C.S., n. 66, 24 maggio L934.
82

10.3 Page 93

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fatto un progetto a tre navate,37 ma dato che ffasformava completamente la pri-
mitiva Basilica di Don Bosco ed era per di più costosissimo, non era riuscito mol-
to gradito. Ed ecco un intervento imprevisto, raccolto da D. Molfino dalla bocca
dello stesso Superiore.
« D.
getto del
pRreicsaelndtoeneammpiliadmisseentuondegliloarnBoa:si-lica
Sai
di
come
Maria
è stato raggiunto
Ausiliarice?
il
pro-
mi
sc--riveNVvaoe!dbii,gcli'eetrtai
un buon
alquanto
Confratello di mente debole che di tanto in tanto
sconclusionati: io lasciavo che mi scrivesse, se non
alro come suo sfogo, e Ii leggevo. Un giorno ricevetti un biglietto in cui più
o meno diceva
da D. Bosco e
così'
avete
g-
Voi volete
comunicato
fare I'ampliamento della Basilica costruita
come dovrebbe essere, di tre navate. Ora
voi rovinate Ia chiesa {atta da D. Bosco; e invece di una cosa buo,na ne fate una
cattiva, perché non sarà più la chiesa di D. Bosco. Per di più spenderete parecchi
milioni. Invece voi dovreste fare un semplice allargamento intorno all'altar mag-
giore. E tracciava quattro righe che rivelavano l'idea. In sostanza si trattava di
conservare intatta l'unica Davata centrale del santuario e di aggiungervi a fian-
co due ampliamenti, e diefto, la sacristia. << Tutto, suggeriva lo scrittore, con
minor spesa! »>. Va da che egli aggiungeva alcune sciocchezze, alle quali sono
già abituato »>.
Don Ricaldone aggiunse ancora: << Tracciai alla buona uno schizzo di come
sarebbe venuto l'ampliamento; poi chiamai D. Giraudi; 1o informai e gli dissi:
« Guarda, un'idea nuova! I1 Signore e la Madonna ce 7a mandano, servendosi
di un mezzo strano. Vediamola, studiamola. È vero, noi abbiamo comunicato a
ttttta la Congregazione un altro progetto e ci siamo impegnati; ma se l'idea me-
ritasse di essere presa in considerazione, faremmo male a ùgettarla. In conclu-
sione, invece di demolire i fianchi per le navate, si tratterebbe di allungare il
presbiterio, ampiarlo lateralmente ed aggiungere dietro la sacristia. Così forse
spenderemo meno e faremo cosa più conveniente. Pensaci e poi dimmi il tuo
parerel >>.
D. Giraudi vide lo schizzo, lo uovò ragionevole e approvò la proposta in-
caricando il Sig. Vallotti a eseguirne la pianta ».
L'aver cambiato progetto fu anche provvidenziale agli effetti della incolumi
della Chiesa eretta da D. Bosco. Infatti nel progetto definitivo, dovendosi ex
novo costruire soltanto dalla cupola verso la sacristia, nel lavoro di scavo gli
operai si avvicinarono solo posteriormente alle fondamenta dei pilastri della
cupola e poterono scoprire, con stupore, ch'essi erano quasi poggiati sul vuoto,
perché all'inizio erano stati costruiti su palafitte, le quali, rose dall'acqua e gua-
state dal tempo, scomparvero quasi per intero. Così se avessero fatti gli scavi
per il primo progetto, questi non potendo più reggere il peso della cupola, Ia
avrebbero lasciata rovinosamente cadere. Invece accortisi in tempo del vuoto
37 Cfr. F. Grneunr, L'Oratorio di Don Bosco, S.E.L l9)5, p. 197-2CE.
83

10.4 Page 94

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sotto le fondamenta, cominciarono quella prolungatissima iniezione di cemento
che ora costituisce come una roccia di base e supporto alla chiesa, specialmente
nella sua parte cenrale. La Chiesa di D. Bosco così fu per divina disposizione
doppiamente salva ,>.
Alla vigilia del 70' della posa della prima pietra della Basilica di Maria
Ausiliatrice, avvenuta 11 27 apù7e 1865, con Lettera-Circolare del 2l aprlle 1935,
D. Ricaldone chiarì gli scopi di questi lavori perché non passassero come pure
opete di muratura, senza contenuto di azione apostolica, o ancor peggio, come
meschino ripiego per chiedere o{ferte.
Due erano gli scopi fondamentali: « Diffondere, sull'esempio luminoso
del Padre, il culto e l'amore della nostra Madre Celeste, invocata sotto il titolo
di Aiuto dei Cristiani... >> e poi « diffondere i principi, le dottrine, i metodi
educativi, Ie virtù, gli esempi del nostro Santo Fondatore >> perché « Iddio ha
mandato D. Bosco, come altri Santi provvidenzials., per la Chiesa e per la
umanità »>.
Invitava quindi i Salesiani, le F.M.A. e i Cooperatori a impegnarsi con
« zelo generoso )> a compiere << una specie di ardimentosa avaflzata salesiana nel
mondo >>. Dovevano << far conoscere a tutti, con attivissima propaganda, il nostro
Padre, diffondendone la devozione, sicché da ogni parte del mondo, rivolgendo-
si lo sguardo al suo altare, che sotgerà tra breve nella Basilica di Maria Ausi-
liatrice, in lui si rovi da quanti più si possa, non solo il parocinio, ma la luce
provvidenziale dei suoi insegnamenti... )>.38
Egli, in più circostanze, continuò a ricordare l'aspetto apostolico dei lavori.
Anche fingraziando la Rev.ma Madre Generale delle F.M.A. , allora Madre Luisa
Vaschetti, del primo contributo per questi lavori, scrisse: << Mi permetto poi
approfittare di questa circostanza per chiarire sempre meglio le chiare finalità
di questa vera crociata. I1 nostro Santo Fondatore colla costruzione del Santua-
rio di Maria Ausiliatrice, intese soprattutto di suscitare e diffondere la devozio-
ne verso questa nostra tenera Madre. E noi coll'ampliamento del Santuario, che
deve essere gloria delle nostre Famiglie Religiose e coll'erezione dell'altate al
nostro Padre, ci proponiamo appunto di estendere e moltiplicare ognor più le
devozioni di Maria Ausiliatrice e di S. Giovanni Bosco. E nel fare ciò molti
plicheremo pure i nosti Cooperatoti e Benefattori. Si sappia da tutte, che più
che I'elemosina, cerchiamo di raggiungere la suindicata finalità spirituale. Io non
gradirei una somma, fosse pure ingente, che non fosse il frutto del lavoro delle
suore, delle ex allieve per diffondere le varie devozioni e per cercare nuovi cuori
generosi che continueranno domani ad aiutare l'opera nostra.
Dev'essere perciò una vera mobilitazione generale di tutte le nostre forze
per onorare Maria Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco e per formare un nuovo eser-
cito di anime generose che siano il sostegno di tutte le opere delle due Famiglie
di Don Bosco.
38 A.C.S., n. 70, 2l apùle l9)5.
84

10.5 Page 95

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Sarebbe davvero doloroso se vi fosse chi non capisce le altissime finalità
di questa crociata; ma sono persuaso che Ie buone Figlie di Maria Ausiliatrice
non solo ne capiscono tutta la benefica pottata, ma ognuna di esse vorrà essere
all'avanguardia di questo magnifico apostolato.s
Nella lettera-circolare del 24 luglio 1936 si compiace che << ormai da tutti
si è capito che i lavori sono un motivo per propagare le devozioni di Maria Au-
siliatrice e di S. Giovanni Bosco »>.{
In quel periodo per far conoscere D. Bosco e la << sua Madonna » D. Ri
caldone si adoperò anche perché venisse approvato l'estensione dell'Ufficio e
della Messa di S. Giovanni Bosco alla Chiesa Universale. Sarebbe stato questo
ùn mezzo validissimo per rendere la virtù e gli insegnamenti del Padre Santo,
patrimonio comune.
Ed il suo impegno ottenne l'approvazione desiderata.ar
E finalmente giunse il giorno fissato: il 9 giugno l%8, 70" anniversario
della consacrazione della chiesa e nono della traslazione della salma gloriosa di
S. Giovanni Bosco.
« Il Bollettino Salesiano >> in un'edizione straordinaria nell'agosto L938
espone la storia del Santuario, l'opera architettonica e artistica compiuta, e dà un
ampio resoconto de{le celebrazioni avvenute nel giugno.a2 Come non aveva badato
a spese per abbellire la chiesa con marmi preziosi, con sculture, vetrate, dipinti,
lampadari artistici, e soprattutto col monumentale altare di D. Bosco, D. Rical-
done fece il possibile per rendere solennissime le celebrazioni che iniziarono il
7 giugno.
Il Capitolo Generale XV radunando gli Ispettori ed i loro Delegati da tut-
te le parti del mondo, offrì lo spettacolo di vedere artorno all'urna di D. Bosco
e ai piedi dell'Ausiliatrice i rappresentanti di tutti i Salesiani. Ci fu anche largo
intervento di Vescovi salesiani capeggiati dal Cardinale Salesiano Hlond, Prima-
te di Polonia. Naturalmente il più illustte invitato alle feste dell'inaugurazione
fu l'Em. Cardinale Arcivescovo di Torino, Maurilio Fossati, che fu sempre pre-
sente a ogni manifestazione.a3
Le documentazioni pdbbliche certamente non dissero del lavoro personale
fatto da D. Ricaldone e solo sfogliando i suoi taccuini dal 1935 si può avere idea
di ciò che fu il suo diretto intervento in tutta questa iniziativa.
Ma il progetto non era stato ancora ultimato. Rimaneva da sistemare la can-
toria, da impiantare l'organo, da ultimare rifiniture di stucchi, di marmi, di di
pinti, lavori che proseguirono fino al 23 aprile 1941 giorno in cui la Basilica ri-
suonò degli accordi potenti e de,lle fresche cascatelle di note del nuovo organo!
3e Lettera alla Rev.ma Madre Generale M. Luisa Vaschetti in data 16-9-1935.
40 A.C.S., n.76,24 Luglio 1936.
ar Ne dava notizia a tutta Ia Famiglia Salesiana << con immensa gioia » il 25 gennaio
1916 mediante gli A.C.S. n. 71.
a2 Vedi anche gli A.C.S., n. 88, Lugl.-Ag. 1938.
a: « Bollettino Salesiano », agosto 1938,
85

10.6 Page 96

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Era un complesso grandioso fornito di due corpi: grande organo e corale con
due tastiete.4
In realtà il Santuario di Maria Ausiliatrice dopo il lavoro di ampliamento e
abbellimento fu sentita da D. Ricaldone anche un po' come sua creatufa: I'ave-
va fatta rinascere prima che nel nuovo insieme architettonico, nel suo cuore nel-
la sua mente di figlio devotissimo della Vergine e di Don Bosco.
Un giorno contemplando dalla sala capitolare I'ampliamento del Santuario
inondato di sole esclamò umilmente: << Diranno che venne eseguito sotto Don
RicaldQounaen; tdootvrreepbibdeòrodduriraen:te-
Malgrado l'indegnità
il periodo bellico per
di Don Ricaldone >>.as
quel reliquiario che
era
la
Valdocco Salesiana e specialmente per la Basilical Don Luigi Tavano ricorda che
alle prime incursioni aeree del 1940, quando i Salesiani si raccoglievano ancofa
nella Cappella delle Reliquie come <( rifugio antiaereo )>, una notte dopo uno
spaventoso rimbombo arrivò la notizia che la Basilica eta stata colpita. D'impeto
Don Ricaldone esclamò: « Per amor di Dio, salvate Don Bosco! >>. E dopo aver
dato ordini che tutti stessero in rifugio, egli saliva a vedere... Il moto primo di
Don Ricaldone era stato per quanto gli eru più carol Da allora pensò di sal-
vare il salvabile. Non solo curò l'esodo delle reliquie dei cari santi, ma fece col-
locare in luogo sicuro quadri, veffate, tutto ciò che poteva essere rimosso. Con
devozione tutta speciale fece custodire il dipinto taumaturgo di Maria Ausilia-
trice.6
Don Savarè ricorda: « Nella buonanotte in cui annunciò il trasferimento o
esodo della Urna di Don Bosco ai Becchi per non atrlarmare i confratelli di
Valdocco con tale notizia davvero impressionante, si inffodusse con questo pen-
siero: « Che direste se, finita la guerra, facessimo una solennissima processione
ioritcocoornnrstoeenogsilfoffiruoiornosfoanloeegcneeoncneersla'sUlia.rrniDoaocndhieRDiccoianlsdioaBnopesricmaol?laor-la'anriAdparetqasu.e.e.:sEt-a
proposta inaspettata,
Ma perché ci sia un
questa ci sarà presto
per suggerimento di S. Em. il Card. Fossati >>.47
L'Amore alla Casa della Madre comune Maria Ausiliatrice, 1o trovò pronto
a ricordare e fat celebrare l'ottantesimo della sua consdcrazione e per il giugno
1948 già nella lettera circolare del febbraio suggerì va ie iniziative mariane.as
E così pure fa sua nel contenuto, anche se scritta dal Prefetto Generale, per-
ché in essa si accennava anche al suo 60' di sacerdozio, 1a lettera circolare del
settembre 1951, in cui veniva preannunciato per il 1953 i\\ 50' anniversario
dell'Incoronazione della Immagine di Maria Ausiliatrice avvenuta il 17 maggio
t90).
4 Cronaca di Casa Madre, Valdocco: 2)-24 aprile 1941 e A.C.S. n. 105, maggio-giugno
L94t
as
«
Testimonianze di Don T. Savarè, Agosto 1971.
Dalla <<Cronaca» di Valdocco, ll agosto 194).
a7 Testimonianze di Don T. Savarè, agosto 1971.
48 A.C.S., n. 145, gennaio-febbraio 1948.
86

10.7 Page 97

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Quanti ricordi per Don Ricaldone! Aveva portato lui dalla Spagna il dia-
dema per la Regina del Cielo! Quella circolare è un'eco del suo fervore mariano:
quante iniziative di preghiera e di azioni apostoliche sono proposte! Erano con-
sigliate anche per il suo << Giubileo sacerdotale » di diamante, ma lui le voleva
soprattutto pet onorare la Madonna.4
Gulto alla caratteristica mariana del carisma di Don Bosco
Guardando a ritroso nella vita di Don Ricaldone vediamo come fin dalla
sua giovinezza l'amore filiale alla Madonna invocata come Ausiliatrice dei Cri-
stiani incida fortemente sulle sue decisioni. Entrato poi a fat parte della Con-
gregazione Salesiana, alla scuola di Don Barberis la sua devozione a Maria Au-
siliatrice divenne amore fervente, che si traduceva in impegno per propagarla tta
i giovani e nel popolo. Divenuto Rettor Maggiore la devozione a Maria Ausilia-
rice che propone ai suoi figli deriva dal culto che egli ebbe del carisma di Don
Bosco.
Egli presentò sempre Ia Madonna oltre che indispensabile per l'opera re-
dentiva propria e altrui, come insegna la Chiesa, specialmente come elemento fon-
damentale de1lo spirito di Don Bosco e della sua istituzione. La base dottinale
del dogma mariano egli la sottintende come verità indiscussa e convinzione salda
nei suoi figli, anche se la propone e ripropone in particolari circostanze come og-
getto di studio, per es. in occasione del dogma dell'Assunzione. Ma il suo intento
particolare è fare penetrare la portata che ha dotrinalmente il titolo di « Ausilia-
trice >> attribuito alla Vetgine SS., e le conseguenze pratiche che ne derivano sia
nella vita della Chiesa come specificamente nella realtà dell'Istituzione Sa-
lesiana.
« Ausiliatrice >> non è un appellativo puramente onorifico che aggiunge
splendore alle invocazioni lauretane; esso è una realtà in quanto è nome che
si concretizza in storia: è nome che indica una azione continua a beneficic
della Chiesa universale e in particolare dell'Opera Salesiana.
Abbiamo già visto come I'ampliamento della Basilica fu l'occasione propi'
zia per diffondere la devozione della Madonna sotto il titolo di Ausiliatrice e,
attraverso questa devozione, penetrare nelle masse e attirare a lei nuovi de-
voti. Chiamò questa penetrazione << ardimentosa audnzdta nel mondo >> perché
l'Ausiliatrice ha 1o scopo di salvare le anime, e la definì << salesiana » perché è
stata la Madonna che in un momento storico per Ia Chiesa per volontà divina
si servì di D. Bosco e dei suoi figli come ambasciatori del suo messaggio dt
maternità saluatrice, redentrice del mondo.
D. Ricaldone parla della Madonna nella luce particolare del carisma sa-
lesiano. Egli ricordando 1'B dicembre 1841, asserisce che la Madonna è la
4e A.C.S., n. 166, settembre 1951.
87

10.8 Page 98

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Madre della Congregazione'. << Madre pietosissima di questa istituzione e loro
(cioè i primi giovani raccolti dal Santo) Protettrice potente esser doveva la
Vergine Maria »>.s
Questo concetto ritorna continuamente nei suoi scritti, nelle sue parlate.
La sera dell'S dicembre 1942 alla buona notte ebbe una espressione molto
forte e decisa: « La Congregazione non ha nulla a temere, poiché la Società
Salesiana è la Madonna >>. Frase che fece epoca e colpì talmente gli uditori che
alcuni gli domandarono 5t se avevano capito bene, se forse era interpretazione
di qualcuno. No, proprio così si era espresso D. Ricaldone!
In altri termini espresse 1o stesso concetto nel dicembre del 1948 par-
lando del gradimento con cui tutti avevano letto la sua strenna: << Devo-
zione a Maria Ausiliaffice >>: << Le sorti della nostra Società" sono talmente legate
a Maria Ausiliatrice che un taffreddamento della nostra devozione potrebbe
segnare f inizio della paralisi e della rovina delle molteplici attività salesiane... >r.s2
Nel 1950 scrivendo in una lettera-circolare sulla beatilicazione di Dome-
nico Savio, quasi a dar maggior valore a queste sue convinzioni mariane ri-
guardo l'avvenire della Congregazione, convinzioni che potevano sembrare troppo
personali, riportò il sogno del 22 dicembre 1876 fatto da D. Bosco. In esso
Domenico Savio richiesto sull'avvenire della Congregazione, risponde: « sarà
splendidissimo e apporterà salute ad una infinità di anime )>, però ad una
condizione: che i tuoi figli siano devoti della Beata Vergine e sappiano conser-
vare la virtù della castità, che tanto piace agli occhi di Dio ».s3
L'amore a D. Bosco portò D. Ricaldone a capire come il Santo avesse
sintetizzato nel titolo di Ausiliatrice tutta la sua concezione su1 dogma mariano.
Comprese pure che, se si fosse colto l'essenza di questo aspetto mariano del
carisma di D. Bosco, si sarebbe avuto una concezione esatta dello spirito del
Fondatore e della sua Opera. Ecco il perché della srenna per il 1948: << Accre-
sciamo in noi e propaghiamo ovunque e fra tutti la devozione a Maria Ausilia-
trice » con la sollecitazione a organizzare congressi, convegni, studi mariani.sa
Ecco soprattutto il perché di quel lavoro che egli donò ai suoi figli in << La
nostra devozione a Maria Ausiliatrice ».ss
In questa opera D. Ricaldone non mise nulla di <( suo )> quanto a espo-
sizione dottrinale e a devozione; di « suo >> mise il filiale impegno di mostrare
la ricerca dottrinale fatto da Don Bosco sulla Madonna, ciò che egli disse,
ciò che egli fece per Lei; come la presentò ai giovani, come ne scrisse per il
popolo e per i suoi figli, come La amò, come La imitò, come La invocò e come
s0 A.C.S., n. 96, Nov. Dic. I9)9: Oratotio festivo, Catechismo, Formazione Religio-
sa », p. 9.
51 Cronaca di Valdocco, Casa Madre, 8 dicembre 1942.
52 A.C.S., n. 150, Nov.,Dic. 1948.
s3 Atti, n. 757, Genn.-Febbr. 1950.
54 La strenna fu annunciata già negli A.C.S., n. 145 del 24 febbraio 1948 in vista
de11'80" della Consacrazione del Santuario di Maria Ausiliatrice.
ss A.C.S., n. 149, Sett.-Ott. 1942.
88

10.9 Page 99

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La ptopagandò diventandone un apostolo e un araldo così entusiasta da far
dire che egli aveva Ia << sua Madonna » e che Maria Ausiliatrice era sinonimo
di « Madonna di D. Bosco >>. D. Ricaldone di « suo )> non mise mai nulla nep-
pure nel suggerire le pratiche in onore di Maria Ausiliatrice. Consigliava solo
quelle di D. Bosco. Così fece nel periodo bellico in cui i pericoli giornalieri
non erano pochi. Scrisse nella Lettera-Circolare dell'ottobre 1942: << Penso che
S. Giovanni Bosco nelle presenti circostanze avrebbe esortato tutti a rivolgersi
con fiducia a Maria Ausiliatrice e a portare al collo la sua medaglia. Facciamo
noi, figliuoli carissimi, ciò che in altri tempi calamitosi fece il nostro Padre >>,
ed enumerò Ie pratiche consigliate da Don Bosco >>.s6
D. Ricaldone ebbe il merito di aver compreso che la devozione alla Ma-
donna non era un fatto da collocarsi accanto allo spirito di Don Bosco, ma che 1o
spirito di D. Bosco non si poteva concepire senza la devozione alla Madonna,
e in modo particolare della Madonna come Ausiliatrice.
Fu quindi sempre pronto a favorire e sostenere i Salesiani che si impe-
gnavano a fare studi approfonditi sul dogma mariano, mettendo in luce l'aspet-
to di Maria SS. quale Aiuto dei Cristiani.
Egli poi si valse di queste ricerche dottrinali dei suoi figli per rcalizzate
u.na iniziativa veramente « regale », degna di tanta Regina, che gli bruciava in
cuore: l'estensione alla Chiesa uniaersole della lesta liturgica di Maria Au-
siliatrice.
Egli vi pensava da lungo tempo e la maturava e Ia riscaldava di speranza
man mano che studi e avvenimenti accrescevano in lui la convinzione che tutto,
tutto si doveva a Maria Ausiliatrice.
Conservata fra le sue carte d'archivio in data 71 febbraio 19,10 si è ro-
vata una supplica rivolta al Papa per l'estensione alla Chiesa Universale della
festa già esistente in onore di Maria Ausiliatrice. Negli A.C.S. invece Egli ac-
cennava a tale richiesta, ma semplicemente come a una possibile e futura « impor-
tantissima iniziativa a gloria della nosta Madre >>, solo nel febbraio del 1948.s7
Nel giugno susseguente rendeva più esplicita la cosa, ma ancora con pru-
denza forse pensando di non essere ancora ben compreso. Eppure da come
egli si esprimeva, sembra che l'idea dovesse risalire a molto addietro, e forse
avesse stimolato già quella prima supplica del 1940. Egli infatti scriveva: << Da
tempo riceviamo dolce insistenza di devoti, che vorrebbero veder estesa alla
Chiesa universale la festa di Maria, Aiuto dei Cristiani, che già si celebra in
molte regioni e diocesi.
Questo interessamento per la gloificazione sempre maggiore della nostra
celeste Ausiliatrice, che è pure « la Madonna di Don Bosco >> menfte ci com-
muove e ci edifica, ffova non solo il nostro pieno consenso, ma ci stimola ad
una azione più intensa pel raggiungimento dello scopo indicato »>.
s6 A.C.S. n. ll3, Sett.-Ott. 1942.
s7 A.c.s. n. 145, Genn.-Febbr. 1948.
89

10.10 Page 100

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Poi, dopo aver detto come << non pochi )> sperano che la ricorenza del-
l'ottantesimo della consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice possa es-
sere occasione favorevole per la rcalizzazione di tale aspirazione, così conclu-
deva: << L'esperienza però ci ricorda essere sterile ogni fatica e vani i nostri
sforzi, se venissero a marrcare le benedizioni di Dio. << Ed esortava a moltipli-
care le preghiere e i sacrifici e nello stesso tempo ad essere cauti e prudenti
nel propagare la notizia.ss
E in realtà i figli di D. Bosco non solo pregarono, ma anche si adopera-
rono in tutti i modi per questa rcalizzazione. Mons. Andrea Sapelak ricorda:
« Come studente di teologia, negli anni 1945-1949, cercai di contribuire in
qualche maniera alTa grande iniziativa di D. Pietro Ricaldone per estendere
il culto di Maria Ausiliamice a1la Chiesa universale. Essendo orientale, mi misi
a fare delle ricerche nei libri liturgici bizantini di tutto ciò che poteva contri-
buire ad appoggiare l'iniziativa di D. Ricaldone con gli immensi tesori mariolo-
gici dell'Oriente. Con grande mia sorpresa mi accorsi che il naateriale liturgico
bizantino in t'auore di Maria Ausiliatrice era abbondantissiruo.
Sorse in me f idea che anche il Vescovo della immigrazione ucraina in
Europa Occidentale, S.E. Mons. Giovanni Bucko, dirigesse una perizione al
S. Padre Pio XII in favore del culto universale a Maria Santissima Ausiliatric:
del Popolo Cristiano, appoggiandosi alla tradizione liturgica della Chiesa Ucaina.
Ebbi la fortuna di informare personalmentte D. Pietro Ricaldone del
risultato delle mie ricerche in favore del culto di Maria SS. Ausiliarice nella
liturgia bizantina e della mia iniziativa presso il Vescovo Ucraino, che fra
qualche giorno doveva ordinarmi Diacono in rito bizantino-ucraino. Al leggere
vari documenti liturgici bizantini, così espliciti in favore del culto de1l'Ausilia-
trice, D. Pietro Ricaldone fu grandemente sorpreso. Mi incoraggiò a continuare
le mie ricerche e di pregare iI Vescovo Ucraino Mons. Giovanni Bucko, che
degnasse unirsi a numerosi Vescovi Latini con la sua petizione al S. Padre per
l'estensione del culto di Maria Ausiliatrice nella Chiesa Universale >>.se
D. Ricaldone provò grande gioia quando costatò che questa iniziativa
era riuscita graditissima a tutti i Salesiani e come essi si adoperavano pr^tica-
mente per ottenere adesioni. Lo scrisse nella Lettera-Circolare del dicembre
1948 enumerando le diocesi che avevano aderito per l'estensione alla Chiesa
Universale della Festa di Maria Ausiliamice.o
I1 sogno di avere tale riconoscimento per il 1948 non si avverò, ma D. Ri-
caldone non si perdette d'animo. Capì che era necessario approfondire I'aspetto
della Madonna, come Aiuto della Chiesa, per poterlo presentare con argomenti
dottrinali più efficaci e persuasivi. Perciò si adoperò perché nel Primo Congresso
Mariologicct Internazionale tenuto a Roma dal 23 ottobre al 1' novembre 1950
s8 A.C.S., n. 147, MaggioGiugno. t948.
se Testimonianza di Mons. Andrea Sapelak, l)-)-1969
m A.C.S., n. 150, Nov.-Dic. 1948.
90

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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in preparuzione alla definizione Dogmatica dell'Assunzione corporale della Ma-
donna, vi partecipassero anche alcuni Salesiani particolarmente competenti.
Così poterono intervenire in apposita << Sezione di studio >> portando al
Congresso un tema del tutto salesiano: « La devozione a Mat'.a sotto il titolo
di Ausiliatrice dei Cristiani ». D. Ricaldone ne fu felice e ne parlò con calore
ai Confratelli nella Lettera-Circolare del dicembre 1950, riportando anche il
telegramma di plauso ricevuto dal S. Padre Pio XII. Volle anche che i cinque
sotto-temi ft^ttati dai Confratelli della Sezione Matiana Salesiana venissero
pubblicati per esteso sulla Rivista << Salesianum ,>,61 perché diventassero oggetto
di conoscenza ad una cerchia di persone più vasta possibi1e.62 Conseguenza di
questo primo approfondimento del dogma mariano, fatto ufficialmente dalla
Famiglia Salesiana e con esito così favorevole, fu il rifiorire di una bellissima
fondazione: una ,, Accademia Mariana Salesiana » con lo scopo di << promuo-
vere tra i Salesiani gli studi scientifici Mariani e fomentare particolarmente la
divozione a Maia SS.ma specie sotto il titolo di Auxilium Christianorum, se-
guendo gli esempi di S. Giovanni Bosco »>.63
Dandone l'annuncio nella Lettera-Circolare dell'aprile 1951 Don Ricaldone
ne rimarcava il valore essenziale in questi termini: << Preghiamo perché questa
iniziativa possa fate un grande bene e conribuire al costante sviluppo della
devozione alla nostra amatissima Madre >>.e
Fu questo I'ultimo filiale omaggio di D. Ricaldone a Maria Ausiliatrice.
L'arcivescovo di Poznan, Mons. Antonio Baraniak salesiano, attestando
l'amore che il 4" Successore di D. Bosco ebbe per Maria Ausiliatrice unifica le
vatie iniziative da Lui intraprese in onore della Vergine (studi dottrinali culmi-
nanti nell'Accademia Mariana, e opere edilizie e devozionali sfolgoranti nell'apo-
teosi della Basilica rinnovata) con una plastica espressione ecumenica: «Eglt
ci ha dato la nostra << Mater Ecclesiarum » a Torino, in nuovo splendore ».6s
Per Ia glorifi,cazione di D. Bosco
Cultore del carisma di D. Bosco, D. Ricaldone non solo lo studiò nel
Padre, ma anche in coloro che, avendo vissuto con lui, se ne imbevettero per
una comunicazione e assimilazione di amore e specialmente per una affettuosa
docilità all'ircadiazione che è propria di un dono soprannaturale dato da Dio
non come esclusività di un'anima ma come patrimonio per quanti ne sono
atttatti >>.
D. Ricaldone cercò il carisma del Padre nei suoi figli più intimi, quasi
6r Salesianum, 1950, n. 4
6" 3
A.a"S., À. tot, Nov-Dic. 1950.
2" Art, dello Statuto dell'« Accademia
Mariana
Salesiana
»
64 A.C.S., n. 163, MarzoAprile 1951.
6s Lettera di Mons. Baranial< clel 7-4-L969.
9l

11.2 Page 102

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per comprovare che quanto aveva trovato in D. Bosco aveva un riflesso nei
suoi seguaci e che i frutti da loro raccolti provenivano dalla pianta comune.
Il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa della santità di D. Bosco
fu Ia gemma più preziosa del suo Rettorato, un punto di partenza di un lavoro
meraviglioso.
Se la Chiesa dichiarava |a vita e l'apostolato di D. Bosco come santità au-
tentica, ecco che si poteva consigliare a vivere questa santità per fare di ogni
Salesiano una copia fedele di D. Bosco e di tutto l'apostolato salesiano fare un
prolungamento della donazione totale del Santo alle anime giovanili.
Non si può dire quanto D. Ricaldone si impegnò per la Canonizzazione di
D. Boscol Lo può intuire solo chi sa quanto sia laborioso lo svolgimento del
processo apostolico e tenga presente l'amore che ,sostenne la volontà del Nostro
a non cedere davanti alle difficoltà previste ed impreviste. Un indice che potrebbe
sembrare di semplice esteriorità, ma che pure è un segno di quanto egli si adope-
perché questa glorificazione fosse splendida, sono i prepararivi spirituali e
materiali con cui egli convogliò maree di anime a guardare alla Canonizzazione
di D. Bosco come ad una luce con cui illuminare il problema della propria
salvezza.
Nei suoi taccuini personali è segnato il I dicembrc 1933, giorno della
lettura del << Tuto ».
Poi nel 1934 la sua andata a Roma dal 76 al 2l matzo per gli accordi
sulle celebrazioni; quindi il 28 matzo a Torino per il rasporto dell'Urna del
Santo. Commovente la sua esplosione di gioia commossa del 1" Aprile 1934:
T« rPioansqfouam-ai
v1i'stAop!rDileeo-
Haec dies quam
gratias et Mariae!
fecit
>>
Dominus!
Ore
6,45
a
S.
Pietro.
E così anche il commento dell'8 aprile per il trionfo che Torino al
suo nuovo grande Santo: << Haec dies quam quam fecit Dominus! Pontificale,
Processione!!! Deo gratias, gratias! gratias »
D. Ricaldone poteva davvero alzate un triplice grazie: non si era mai
visto una canonizzazione così grandiosa! << L'Osservatore Romano »> la definì:
<< Trionfo senza pari, che nell'Alleluja Pasquale trovò lo sfondo e insieme la
cornice più grandiosa ed adattan.
Don Ricaldone aveva preparato questa manifestazione da lungo tempo. I1
<< Bollettino salesiano »> gli permise di elettrizzare tLttti i figli di Don Bosco
sparsi nel mondo ed egli gradatamente li contagiò della sua stessa fervente
attesa.
Negli ultimi tre mesi accese i << fuochi >>.
A febbraio diede l'annuncio tanto desiderato: << Esultiamo e benediciamo il
Signore! il 1' aprile, nella solennità di Pasqua, Don Bosco, il nostro Fonda-
tore e Padre, il grande educatore ed amico dei giovani, sarà proclamato Santo! >>.66
tr « Bollettino Salesiano », febbraio 1914
92

11.3 Page 103

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In marzo invitò alla preghiera per ottenere << grazie elettissime e copiose »
e a pellegrinare a Roma e a Torino.67
In aprile, a feste conchiuse, il suo scritto fu ancora un guardare ai fulgori
di Roma e di Torino, una contemplazione che non sapeva tradurre in parole la
luce di belTezza che vi era irradiata dalla Canonizzazione di Don Bosco.68
Il « Bollettino Salesiano » del Giugno-Luglio fu un numero speciale pet
documentare lo svolgetsi delle varie celebrazioni a Roma e a Torino, special-
mente per diffondere Ia parola del S. Padre, così feconda nel magnificare il
Santo dei giovani.
In tono più intimo e meditativo gli Atti del Capitolo Superiore dicono
del lavoro di preparazione fatto da D. Ricaldone per entusiasmare e rilanciare
nel cammino del bene i coufratelli. Quelli del 24 settembre e dell'8 dicembre
del 1933 sono di devota e fervida anim zione per la Prossima Pasqua « Sale-
siana >>,6e quelli del maggio e del settembre L934 sono un grazie riconoscente
a Dio ed a tutti i figli di D. Bosco fatto guardando ancora alle stupende realtà
vissute e un atto di fiducia puntando già l'occhio verso le nuove mete da tag-
giungere.To
Per la glorificazione dei Figli D. Ricaldone se ne era già fissate parecchie;
fra queste mettere nella'luce della santità del Padre quella dei figli. Ma su quali
puntare se tutti erano vissuti in clima arroventato di amore divino e se tutti
avevano, in un'umile naltralezza, nascosto la loro vita eroica, spoglia di ogni
esteriorità ?
Prese in considerazione subito l'imrnediato successore: D. Rua, come colui
che avendo << fatto a metà con D. Bosco » e da D. Bosco stesso dichiarato << tau-
maturgo )> aveva imitato più da vicino il Padre. Ma iI suo occhio si posò so-
prattutto su due figure di minot rilievo: un adolescente: Domenico Savio,
e una incolta figlia dei campi: Maia Mazzarello; e non si sbagliò. Quel ragaz-
zino che lasciava già pensosa Mamma Margherita e che aveva rubato il cuore di
D. Bosco, non gli diede più requie: in lui egli vedeva l'incarnazione del sistema
educativo di D. Bosco. Tutto il tettorato di D. Ricaldone è un paterno << stafe
dietro »> al piccolo Savio che lo stimola in tutti i modi, ottenendogli nel feb'
braio del L94I un benessere improvviso, impensato, dopo giorni di sofferenza
atroce causata dal trigemino.Tr
Dal L%) al l95l ogni tanto nelle sue lettere circolari c'è un annuncio,
un ricordo per propagarne Ia vita, le virtù, un richiamo anche per di{fonderne
la devozione.T2
6? « Bollettino Salesiano >>, marzo 1934.
68 « Bollettino Salesiano », aprile-maggio 1934.
6e A.C.S., n. 6), 24 sett. 193); A.C.S., n. 64, 8 dicembre l9)3.
?0 A.C.S., n. 64, 24 maggio l9)4; A.C.S., n. 67, 24 sett. 79)4.
?l Taccuino personale di D. Ricaldone, anno 1941, febbraio. ,
n.
72 Raccomanaa la devozione a Domenico
101, Genn.-Febbr. 1941; A.C.S., n. 107,
Savio: A.C.S., n. 83, Sett.-Ott. 1937; A.C.S.,
Sett.-Ott. 1941; A'C.S., n. 110, marzo-aprile
1942.
93

11.4 Page 104

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Il « Piccolo gigante » seppe rubare il cuore a D. Ricaldone! E nonostante
la sua giovane età riuscì a spuntarla: il 9 luglio del 1933 c'è il Decreto sul-
l'eroicità delle virtù.?3 Il 2 maggio 1939 la sua salma, prima conservata presso
l'attuale altare di Don Bosco, è collocata nella nuova tomba ricavara nella
parete della cappella di S. Francesco di sales, dal lato dell'Epistola .7a 11 29 ago-
sto dello stesso anno, un documento d'archivio segnala che al primo piano in
camera apposita è stato collocato in alcune casse del materiale di documentazione
della congregazione e anche dei << documenti sulla vita di D. Bosco, di D. Rua,
di D. Beltrami e di Savio Domenico >>.
Finalmente nell'agosto del 1949 c'è un annuncio colmo di speranza gioiosa:
nel prossimo anno, forse a Pasqua, Savio Domenico sarà dichiarato Beato.Ts
Nel dicembre D. Ricaldone annuncia la data della sua beatificazione: il 5 maruo
1950.76
Seguiranno poi lettere circolari in cui, preparando ai festeggiamenti, descri-
vendoli e riportandons I'eco, D. Ricaldone non farà che parlare di questo pic-
colo grande Santo con un ffasporto e una gioia tutta particolare.T
Pio XI vi aveva trovato tutte le virtù vissute in grado eroico, ma anche
il riflesso del Padre Santo; e D. Ricaldone col Papa vide nell'alunno modello,
l'Educatore perfetto; nel discepolo devoto, il plasmatore di anime ripieno di
Spirito Santo.
D. Ricaldone aveva detto: << Noi riscontriamo nel Discepolo giovinetto i
fulgidi
tratti
della fisionomia paterna
del
Maestro
il e 78
»>
Papa aveva confer-
mato la sua asserzione: << Torna ancora quella grande figura (di Don Bosco)
così come il suo piccolo discepolo ce l'ha rappresentata nella sua vita, nei
caratteri più cospicui della sua breve esistenzai ùn ardore incessante, divorante di
azione apostolica, di azione missionaria... e con questo ardore uno spirito mi-
rabile veramente di raccoglimento, di tranquillità, di calma... così da lasciar
intravvedere una continua attenzioie a qualche cosa che la sua anima vedeva...
la presenza di Dio... ».ie
Quando poi annuncia la prossima Beatificazione di Domenico Savio, mosla
apertamente il suo intento: voleva questo riconoscimento della Chiesa perché
era la dichiarazione che la pedagogia del Padre era pedagogia evangelica, perciò
canonizzabiTe; era pedagogia genuina della Chiesa e quindi l'unica valevole per
formare giovani cristiani.
73 A.C.S., n. 63,24 sett. 1933.
?a Taccuino di
1,939, p. 164.
D.
Ricaldone,
anno
1939,
Maggio e
«Bollettino Salesiano>>,
Giugno
17s6
A.C.S.,
A.C.S.,
n.
n.
1.54,
156,
Lugl.-Ag. 1949.
Nov.-Dic. 19)0.
7? A.C.S., n. 157. n. 158, n. 162, n. 163.
virtù
?8 Indirizzo di Don Ricaldone al S. Padre
e:esitat-e in grado eroico da Dom. Savio
7e Dal discorso di Pio XI sull'eroicità delle
Pio
Bol1.
virtù
XI dopo la lettura del Decreto sulle
Sal. » àgosto 1933).
del Veàle Domenico Savio (« Bollet-
tino Salesiano >>, agosto 193)).
94

11.5 Page 105

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La beatif.icazione del << piccolo gigante >> risultò anche una entusiastica
dimostfazione a lui, Don Ricaldone, che tanto aveva lavorato per la glorifica-
zione di un metodo pedagogico incarnato in on ragazzo santo. Lo ricostruiamo
dal suo taccuino personale del 1950 in gran parte non più annotato da lui, ma
dai segretari.e Nel giorno della beatificaziote, il 5 marzo, il segretario scrisse:
<< In S. Pietro, assalto al venerato Superiore da parte di ogni ceto di persone.
Grun fatica a liberarlo >>. Nota veramente sintomatica che dice quanto tutti
vedessero in quel venerato Superiore l'anima di quel trionfo. Ma ciò che con-
solò soprattutto Don Ricaldone fu Ia bontà di Pio XII. Quando ricevette il re-
liquiario del nuovo Beato, si compiacque di dirgli che una tale moltitudine
dentro e fuori S. Pietro, non l'aveva mai vista.sr La stessa duplice attestazione di
benevolenza l'ebbe il giorno dopo, all'udienza speciale concessa dal Papa ai
vari gruppi, rappresentanti tutto il mondo salesiano. Pio XII << passando vicino
al Sig. Don Ricaldone, visibilmente manifestò il suo compiacimento benedicen-
dolo in modo particolare e con sorriso paterno »>.82 E ancora, iI 7 marzo, aL-
l'udienza privata, dedicata ai Superiori Capitolari, così il segretario sintetizza
il tratto affabile del Papa: << Breve, cordiale >>.83 Pio XII, così amante dei gio-
vani, aveva anche lui sentito in quella glorificazione di un tagazzo di Don Bosco,
l'aprirsi di una nuova primavera della Chiesa che poteva presentare al mondo
in un Santo di quindici anni (2 apile L842-9 marzo l85l), il frutto della sua
educazione, quella impostata sui principi evangelici. Ma compiacenza, consenso,
gioia anche del popolo, sebbene espressa con manifestazioni un po' esuberanti
e tumultuose... I1 6 matzo, il segretario annotò, circa la persona di Don Rical-
done: << Salvato all'uscita di S. Pietro, dalla calca degli intervenuti, da un gen-
darme colosso! ».e
E cosa vide Don Ricaldone in Maria Mazzarcllo, « quell'umile contadinella,
senza istruzione, senza titoli di sorta, pfiva di quelle doti che il mondo tanto
amrnita e tiene in gr.an conto? »>.8s Vi vede una santità autentica e come essa
trasse <( la sua origine e la forza dalla santità di Don Bosco ,r.e Egli capì che
Madre MazzarcTlo si santificò proprio perché « ebbe una sola aspirazione, un
solo desiderio, un solo forte e costante proposito: imitare Don Bosco; far
rivivere in se stessa le virtù di Don Bosco; seguire fedelmente e sempre Ie di-
rettive di Don Bosco >>,87 per cui 7a gloificazione di quella prima Figlia di Maria
Ausiliatrice era niente alro che « la glorificazione dello spirito del Santo Padre
Don Bosco ,>.s
e Dal 1948, Don Ricaldone non appunta i suoi notes di propria mano, e lascia che
lo facciano i segretari.
81 Taccuino personale di Don Ricaldone, 5 marzo 1950.
82 Taccuino personale di Don Ricaldone, 6 marzo 1950.
83 Taccuino personale di Don Ricaldone, 7 matzo 1950.
84 Taccuino personale di Don Ricaldone, 6 marzo 1950.
8s Conferenza di Don Ricaldone tenuta alle F.M.A. il 21 novembte 1918.
86
&
Conferenza
Conferenza
di
di
Don
Don
Ricaldone
Ricaldone
tenuta
tenuta
alle F.M.A'
alle F.M.A.
i1 21
il 21
novembre
novembre
19.i8.
1918.
88 Conferenza di Don Ricaldone tenuta alle F.M.A. i1 21 novembre 1938.
95

11.6 Page 106

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Egli si impegnò a fondo fino a vederla canonizzata, fino, a detta di molti,
a lasciarci la vita. Sembra infatti che fu proprio il voler partecipare a,l Triduo
in onore della novella Santa fatto solennemente dal 9 a71'L1 novembre del
gC1i9ao5rnd1einvnaoelllelPadrBoetalelsatitloiscruaeadasin6cMlhue1agraia-llaAcuehsiiulsisaputeirccaie,alfma- tetnantedonodop'asovtaecnertnevaolonluestlotantauococvgooimàtpemaagotnrlotaoredceali--l
l'Oratorio con il lavoro drammatico << Le Pisrine »>, che gli accelerò la fine,
così immediata e inaspettata.
D. Ricaldone volle dirigere personalmente il complesso lavoro di pratiche
per far riconoscere la santità di questa prima Figlia fedelissima di D. Bosco e
1o fece « toto corde >> impegnando i suoi Confratelli più competenti. Per questo
poté dire alle Superiore e Suore nell'imminenza deTlabeatificazione: <<La nostra
Tetizia non vuol essere inferiore alla vostra »; era opera in gran parte sua e
dei Salesiani. Egli infatti fin dal 1936 continuamente attraverso le sue Lettere-
Circolari aveva informato del lento ma sicuro procedere della causa di questa
gloria di lamiglia.se
Ma ancor più interessante è vedere dai taccuini personali come egli pre-
parò, mosse persone, agevolò eventi. Dopo la lettura del Decreto dell'eroicità del-
Ie virtù di M. Mazzarello, richiesto di consiglio e di aiuto dalla Madre Genera,le,
va dal cardinale di Torino per decidere il trasporto della salma da Nizza a
Torino ed è lui che la fa collocare in Basilica nella Cappella delle Reliquie
il 9 febbraio.
È ancora D. Ricaldone che il 14 giugno decide con Ie Madri Generalizie
i festeggiamenti per la prossima Beatificazione; che il 19 settembre presiede
alla icognizione dei resti di M. MazzarcTlo presente il Cardinale. Ed è ancora Lui
che attende il momento opportuno per ripetere a Superiore e Suore le parole di
ammirazione di Pio XI per Madre Mazzarcllo udite dalle sue labbra il 20 no-
vembre in S. Piero, durante la funzione della beatificazione.%
Il discorso di Pio XI del ) maggio 1936 in occasione del decreto sulla
eroicità delle virtù di M. Mazzarello 1o aveva fatto pubblicare nel « Bollettino
Salesiano » del giugno 1936 perché I'elogio della virtù principe della prima Figlia
di D. Bosco, l'umi,ltà, fosse di dominio pubblico. Così pure aveva dato un'ampia
relazione della grandiosa manifestazione del 20 novembre r9i8 per la Beatifi
cazione.er Ma non avendo potuto incastonare nella cronaca di tanta cerimonia le
perle uscite dalla bocca e più dal cuore dell'Augusto Pontefice, D. Ricaldone
attese altre circostanze. Intanto le aveva annotate nel suo <( notes »> in termini
telegrafici ma quanto mai caldi: « 20 novembre: A S. Pietro: rionfo! Deo
gratias! Si illa et illi cur non ego? »
Domine, da mihi
Paradiso! I1 s. Padre
vcoenlletemetplparnodfiocelrae.v-ertePborma:e<r<igBguioon: aa
S. Pieto: Scena di
spina dorsale, come
8e
m
el
Vedere sli A.C.S., dal 1936 al 1951; nn. 73,75,76, 83,
Taccuini personali di D. Ricaldone dal 1 936 e 1938
« Bollettino Salesiano » Gennaio 1939.
88,
90,
107,
110,
L$,
165
96

11.7 Page 107

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D. Bicaldone all'lstituto S, Guore di Boma il 14 gennaio 1946. Da sinistra a destra
D. Rubino, D. Berta, D. Giraudi, D. Ricaldone, Mons. Rotolo, D. Fanara.

11.8 Page 108

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11.9 Page 109

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D. Bosco. Ditelo alle suore che abbiano
sono volitive come quelle di D. Bosco!
u»nDaebouognraatisapsinl aetdionrssaaleec)>u.la-l
<< Le
»>.e2
mani
Venuta la giornata propizia, il 5 dicembre di quello stesso anno, ecco al-
lora ricordare alle Madri e alle F.M.A. quelle ore indimenticabili e specialmente
quelle parole udite in lode alla novella Beata, perché fossero motivo di gioia
e soprattutto di ripensamento personale e di proposito ascetico per tutte le
F.M.A.
C'è in quella conferetza ttrtta la letizia di un padre buono che alle sue
figlie non solo addita le mete a cui devono tendere, ma ripete loro anche i
consensi e le lodi di autorevoli personalità in favore della loro Superiora Santa.
A'lcuni Cardinali infatti avevano detto: << Forse mai nessuna Beata è stata glori-
ficata tanto! >>.e3
Con non minore slancio si prodigò per la Canonizzazione, seguendone le
pratiche passo per passo. Fino alla vigllia fu in trepida attesa degli eventi. An-
cora del 15 maruo 1951 c'è una lettera indiizzata alla Madre Generale, Madre
Linda Lucotti, in cui manifesta la sua perplessità per non aver ricevuto notizie
da Roma: << Sono trascorsi due giorni dall'approvazione dei miracoli per la Ca-
nonizzazione della Beata Madre M. Domenica Mazzarcllo. I giornali, persino
l'Osservatore, hanno detto che tutto è riuscito bene: io però non ho ancora
ricevuto nulla da Roma. Temo si tratti di qualche disguido postale »>. Poi al
termine c'è un Post scriptum: << Ricevo due lettere nelle quali si dice che tutto
riuscì bene con esito felicissimo e che il 3 aprile vi sarà i\\ <<Tuto ». Nulla però
circa il gran giorno della Canonizzazionerr.{
E la data fu fissata pet il 24 giugno di quell'anno: Madre Mazzarc1lo sa-
rebbe stata canonizzata con la Fondatice delle Suore dell'Apparizione di S. Giu-
seppe: Emilia de Vialar. Quanto si adoperò Don Ricaldone perché malgrado
il caldo improvviso e soffocante, e malgrado anche l'epoca poco propizia per
gli esami e la chiusura delle scuole », fosse giorno non solo di festeggiamenti
esterni, ma di esaltazione di quello spirito di Don Bosco che in Madre Mazza-
rello aveva dato fulgori di salesianità femminile con un'umiltà paragonabile a
quella della Vergine SS! ».e5 Tutto riuscì splendidamente.
I1 19 giugno Don Ricaldone fu ricevuto da Pio XII e si inrattenne con
lui ben venticinque minuti: « Il S. Padre fu cordialissimo >>.%
Il 24 giugno si ebbe un vero trionfo, e Don Ricaldone, nonostante la stan-
chezza di quei giorni, volle, con gli alti Capitolari Salesiani e il Parroco di
Motnese, sostenere anche lui un fiocco delT'arazzo della novella Santa e fat parte
del corteo.q
e2 Taccuino personale di D. Ricaldone del 1938.
e3 Conferenza di D. Ricaldone tenuta a Torino il 5 dicembre 1938.
% Letteru di D. Ricaldone a Madre Linda Lucotti, Madre Generale delle Figlie di
M.4., in data 75 matzo 1,951.
es Conferenza tenuta da Don Ricaidone a Roma il 25 giugno 1951 alle F.M.A. a ricor-
do della Canonizzazione di S. Maria D. Mazzarello.
%
,
Taccuino
Taccuino
di
di
Don Ricaldone,
Don Ricaldone,
19 giugno 1951.
24 giugno 1951.
97

11.10 Page 110

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La sua figura paterna e doppiamente venerata, perché già curva e soffe-
rente, fu oggetto di entusiaste manifestazioni. Infatti, finito il rito, questa volta
furono le Figlie di M.A. a circondarlo, ad assieparsi intorno, a testimoniargli
tutta la loro riconoscenza per quanto aveva latto per l'esaltazione della loro
Madre santa. Sul taccuino si legge: << Assalto, all'uscita, dalle Figlie di M.A.,
educande, amici e cooperatori >>.s
Ed è ispirandosi a questa umile fanciulla dei campi che Don Ricaldone darà
l'ultimo suo ricordo sullo spirito salesiano: « L'umiltà è lo splendore della ve-
rità; l'umiltà rende possibile e gioconda la vita di comunità; l'umiltà è 1o scudo
della castità ,r.e
Intanto non perse mai d'occhio la causa di Don Rua. Fu lui a presentarla
nel 1936, a farla proseguire nel L937 , a far trasportare nel santuario di Maria
Ausiliatrice i suoi resti,lm lui che sollecitò il riconoscimento dell'eroicità delle
sue virtù nel 1947 predisponendo così ogni cosa per la sua Beatificazione.'ol
Con eguale amore e precisione si adoperò per raccogliere scritti e lettere
dei due martiri salesiani della Cina: Mons. Luigi Versiglia e Don Callisto Ca-
ravario; 102 e promuoveva il Processo Apostolico del Servo di Dio Don Augusto
Czartorisky.to3
Di quest'ultimo ebbe 7a groia di costatare un avanzamento nelle pratiche
e ne diede 1'<< annuncio ai più interessati, dato che era di carattere locale: il 28
giugno 1943, presso la Curia Arcivescovile di Torino veniva presentata la cau-
sa di Beatificazione del Principe Don Augusto Czattorisky.
Quando poi nel 1946, Dio stesso intervenne a fargli conoscere dove si era
nascosta e perpetuata la genuina santità di D. Bosco, D. Ricaldone fu pronto a
rimettersi completamente all'azione della Provvidenza sospendendo tutte le altre
sue mete per dedicarsi a quella additatagli dall'alto.
Per la sua intercessione presso Dio, D. Rinaldi operava miracoli. Era la
Curia di Mondovì a segnalarlo, più ancora che l'umile Suora miracolata!ts Egli
sentì la Suora, la vide, costatò,ros e umilmente si rimise a Dio che gli mostrava
sotto quale naturalezza e bonomia i figli di D. Bosco celavano le loro virtù eroi-
che. Subito si mise all'opera per la Causa di Don Rinaldi chiedendo preghiere
<( per un santo discernimento necessario in questi casi »> e per avere notizie, epi-
sodi, scritti del 3" Successore di D. Bosco.ls
Fu talmente immediato il suo intervento che g:ìt 11 28 giugno 1947 11 CaÀ.
Fossati litmava il Decreto per I'intoduzione del Processo informativo del Servo
e8 Taccuino di Don Ricaldone, 24 gtugno 1.951.
ts Strenna per L'anno 1952.
lm Taccuino personale di Don Ricaldone del 1938
101 Vedi A.C.S., n. 7); n. 79 bis; n. 144.
102 A.C.S., n. 103, gennaio-febbraio L941.
103 A.C.S., n. 103, gennaio-febbraio 1941.
ro4 A.C.S., n. 118, Nov.-Dic. 1946.
ros Taccuino personale di D. Ricaldone del 1946.
106 A.C.S., n. 118, Nov.-Dic. L946.
98

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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di Dio Filippo Rinaldi e il 5 novembre si teneva la prima riunione del Tribuna-
le Diocesano.r@
Scrive Don Pugliese: « Il 28 agosto 1946 terminavo un Corso di Eser-
cizi Spirituali alle F.M.A. in Piazza M. Ausiliatrice, 35. D. Ricaldone mi fece
chiamare. Mi disse: << C'è una lettera del Vescovo di Mondovì, si tratta di un
<< miracolo »> di una Suora atribuito a D. Rinaldi. Vai a vedere >>. L'indomani
partii prestissimo; a quel tempo si viaggiava ancora male. In Cutia a Mondovl mi
invitarono ad andare a vedere la suora a Villanova. Ci andai, parlai con la Su-
periora e Fondatrice di un piccolo numero di suore chiamate << Suore della
Passione »> e poi con la miracolata, Sr. Carla de Noni, oggi Superiora Generale
della Congregazione ormai approvata dalla Chiesa come di diritto diocesano.
Fui letteralmente sbalordito delle notizie non solo di quel miracolo auten-
tico ma di tanti alri che nessuno pensò di far valere. Tornai all'Oratorio verso
le 11 di sera. Solo entrando nella portineria mi ticordai che quel giorno non ave-
vo preso nulla, neanche un sorso di acqua e non avevo sentito nessuno stimolo'
D. Ricaldone aveva ancora Ia luce accesa. Corsi subito da lui. Mi vide tutto stra-
volto, ma, per rispetto all'ora, non volle ascoltarmi, rimandando tutto alf indoma-
ni. Al mattino dopo, non so se fossi più interessato io a riferirgli o lui a sentirmi.
Mi abbracciò, mi fece ripetere il racconto diverse volte, si espresse nel senso che
bisognava riconoscere nel fatto la commendatizia del cielo perché si introducesse
il processo informativo, cominciò a pensare dove fossero andati a finire i mobili
che erano stati nella camera di D. Rinaldi per potedi raccogliere insieme con
tutti quegli indumenti che non fossero già stati dati ai Missionari. Mi raccoman-
di interessarmi ed aiutare quelle suore del miracolo, la cui Fondatrice, Sr.
Margherita Lazzari, err- stata una maestra di Torino, segretaria di una scuola e
per 27 anni assidua penitente di D. Rinaldi. In seguito mi ordinò e mi aiutò
a promuovere il processo <( ne pereant probationes »> sul fatto miracoloso: la re-
stituzione della mandibola inferiore a Sr. De Noni già sminuzzata da un proiet-
tile e asportata dal chirurgo nel t945.
Qualche tempo dopo D. Ceria che in seguito al {atto surriferito, si era mes-
so all'opera, diede alle stampe il volume della vita di Don Rinaldi. Avwa però
riferito il fatto non leggendo i documenti ma orecchiando quanto se ne anda-
va dicendo in cortile; inoltre aveya ffatteggiato la figura di Sr. Margherita Laz-
zati con colori che non piacevano alle suore. Queste, non appena se ne resero
conto, corsero da me a protestare. Ed io, naturalmente, corsi a Valdocco. Padai
con D. Ceria il quale non diede molto peso alf inconveniente e si limitò a dire
che, semmai, avrebbe corretto 7e inesattezze nella eventuale seconda edizione.
Padai col Comm. Caccia, il quale mi mandò via... in forma piuttosto brusca. In-
filai allora le scale e corsi da D. Ricaldone, cui riferii ogni cosa. Egli comprese
subito; 7e inesattezze avrebbero potuto compromettere tutto I'iter per la Beatifi
cazione e Canonizzazione di D. Rinaldi. Si attaccò al telefono: qualche minuto
107 A.C.S., n. 144, Nov.-Dic. 1947
99

12.2 Page 112

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dopo entrò in camera il Comm. Caccia, docile come un agnellino. << Vedi, Caccia,
bisogna ritirare
glieleI1inCdiocmò m- .
tutte le copie dal commercio e
secondo il manoscritto che ti
ristampare queste due
darà D. Pugliese ».
pagine
-
Caccia non disse che una parc7a: ., Va bene »; gli baciò 7a ma-
no ed uscì. E D. Ricaldone a me: « Vedi, tutto è sistemato. Assicura le suore che
tutto è sistemato >>.1m
Questo occhio di D. Ricaldone sempre vigile e attento per gli abitatori del
cielo pur attendendo al disbrigo di faccende terrene che urgevano, mostra come
egli sapesse sempre cogliere dalla malga la pietra preziosa, dal contingente il valo-
re essenziale: lo spirito di D. Bosco. Questo egli doveva cercare, conoscere, pre-
sentare, fat amarcl.
Poiché questo era lo scopo nel cercare l'esaltazione dei Salesiani santi, egli
accolse anche Ia supplica degli Argentini, che 1o pregarono perché la salma del-
l'amatissimo Don Giuseppe Vespignani fosse traslata a Buenos Aires.
Se questo Salesiano, che ancora aveva conosciuto Don Bosco, con una vita
santa aveva fatto rivivere in America la grandezza e Ia bontà del Padre, perché
non permettere che anche da morto, ricordasse a Salesiani e a non Salesiani il
genuino spirito del « Da Mihi animas, caetera tolle >>? L'America era stata la
terra dei sogni missionari di Don Bosco, dunque Don Vespignani tornasse ancora
come missionario nel1a sua paria di adozione. E fu Don Ricaldone che il 12 gen-
naio L948 diede l'addio a17a cara salma nel cortile della Casa Madre di Val-
docco, davanti a71a statua di Don Bosco, prima che partisse per Genova, dove
sarebbe stata imbarcata alla voXta di Buenos Aires. roe
Nella ricerca dello spirito di Don Bosco non trascurò le luci non dirette, ma
ugualmente vive perché di ptima e purissima sorgente, come fu la proclamazio-
ne della santità di S. Giuseppe Cafasso; egli se ne giovò per ricordare che Don
Bosco aveva attinto da lui, quale confessore e direttore d'anima. 110
Così pure seppe valorizzarc 7a canonizzazione di Pio X, per ricordare lo
zelo eucaristico e catechistico dei due Santi.111
E fu sempre e solo l'amore a Don Bosco che seppe trasformare il necessario
esodo, per i bombardamenti su Torino, delle reliquie dei Santi Salesiani, in una
devota traslazione e processione di supplica fino ai Becchi nelle grige e tormen-
tose giornate del 27 e 28 dicembrc L942,112 e poi trasfigurare in un'apoteosi
trionfale iI loro ritorno nel radioso 13 maggio L945.113
Che Don Ricaldone però non fosse un facilone nel canonizzare la "antità,
anche se questa proveniva da quella di Don Bosco, perché trovata e ammirata
nei Salesiani 1o documenta un episodio capitato a Don Pugliese nel 1946.
rffi Testimonianza di D. Agostino Pugliese, 5-5-1970.
1@ Taccuino personale di Don Ricaldone, 12 gennaio 1948.
110 A.C.S., n. 140, marzo-aprile 1947.
11r A.C.S., rr. 16), marzo-aprlle 1951.
r12 A.C.S., n. 114, novembre-dicembre 1942.
rr3 Cronaca di Valdocco Casa Madre, 73-5-1,945 e « Bollettino Salesiano », aprile-maggio-
giugno 1945.
100

12.3 Page 113

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A << Torino un giorno si presentò una suora di Carità, Sr. Martina Ltzzi; oru
direttrice di un Asilo Infantile; io non la conoscevo. Mi chiese in casa ci fosse
un certo Don Alessio. Risposi che D. Alessio Barberis era morto da circa 4
anni. Se ne meravigliò e mi raccontò un fatto straordinario. Le si era presentato
in sogno un Sacerdote, che lei riconobbe nella fotografia che io le mostrai, che
si era qualificato per D. Alessio e l'aveva assicurata che una pratica che stava
tanto a cuore alla suora era andata bene. Qualche giorno dopo ricevette la con-
fenma che veramente tutto era andato bene e che la decisione era stata data
proprio il giorno det sogno. Mi feci dare una relazione sctitta del fatto e la
pofiai a D. Ricaldone. La lesse e tutto allegro disse: « Ma così vi fate santi tut-
ti!
di
»> << Adagio, Sig. D. Ricaldone!
cause in corso di fronte a 20.000
-Salessoigangii?unPsei r-ò
Cosa sono
se si guarda
una quindicina
ai Rettori Mag-
giori la proporzione clesce: 3 su 5! » Mi guardò sorridente e... cambiò discorso >>.
ll « codificatore " dello spirito di Don Bosco
Con tale pienezza di conoscenza e di possesso del carisma del Padre, era
naturale che D. Ricaldone sentisse il bisogno di comunicado ai figli in modo
organico, chiaro, come egli lo concepiva.
D'altra parte già D. Bosco stesso aveva detto che compito specifico del
Rettor Maggiore era di ffamandare intatte le << tradizioni »>, spiegando come esse
{ossero l'elemento principe per interpretare le Regole e quindi conservare lo
spirito genuino della Società Salesiana. Quando nel 1885, assecondando il
desiderio di Leone XIII, D. Bosco propose alla S. Sede di nominare D. Rua co-
me suo Vicario, il 24 settembre di quell'anno così parlò al suo Capitolo: « '.. Il
Vicario deve provvedere che le tradizioni, che ora noi teniamo, si tnanten-
gano intatte. Così fu raccomandato caldamente dal Santo Padre. Le madizioni si
distinguono dalle Regole in quanto che insegnano il modo di spiegare e praticare
le regole stesse. Bisogna pfocurale che queste tradizioni dopo di me si manten-
gano, si conservino da quelli che ci seguiranno... ,r.ltu
Più tardi comunicando la notizia a tutti i salesiani, con lettera circolare
dell'S dicembre 1885, chiariva ancor meglio il valore delle tradizioni, e quindi
il grave compito del suo successore di esserne il sincero poftavoce. «... Pensai
di eleggermi un Vicario, che mi rappresenti e sia come un alffo me stesso, un
Vicario che abbia questo per ufficio speciale, che le tradizioni finora da noi osser-
vate si mantengano intatte e tali siano conservate dopo di me da quelli che ci
serviranno. Patlo di quelle ttadizioni che sono le norme pratiche per intendere,
spiegare e praticare fedelmente le regole quali furono definitivamente approvate
dàilrSa.,tu Chiesa e che formano 1o spirito e la vita della nostra Pia Società... >>rls
D. Ricaldone che nella sua appassionata indagine di persone, di luoghi, di
r14 M.B., XVII, 279
rts M.8., xvII, 281
101

12.4 Page 114

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avvenimenti, aveva accumulato abbondantissimo materiale che documentava il
genuino spirito salesiano se ne fece il << grande codificatore )> come lo definì giu-
stamente un suo figiio, l'Arcivescovo Salesiano di Cuiabà, Mons. Orlando Cha-
ves, e radunò nelle sue <( monumentali circolari il codice autentico e prezioso
di tutte le tradizioni salesiane »>.
Fu un bisogno del cuore, ma ancor più uno stimolo incalzante dello Spirito
Santo a muoverlo non tanto a scrivere il suo pensiero su D. Bosco, quanto a
raccogliere quanto poteva mettere in luce il carisma del santo e dare ai suoi figli
con l'autentica radizione le due << dimensioni » dello spirito sa'lesiano: « Il modo
dell'osservanz^ >> e << lo spirito di virtù »> con cui deve essere praticata l'osser-
Yanza.
Gli avvenimenti bellici che 1o relegarono non solo in ltalia, ma nel più ri
stretto orizzonte del Piemonte, e la tormentosa malattia del trigemino, furono
segni palesi della Volontà di Dio al riguardo: 1'unico modo di aiutare i suoi caris-
simi figliuoli >> a farsi altri D. Bosco era quello di suivere del Padre Santo.1r6
Don Ricaldone disse anche ai più intimi come il lavoro di raccolta che fa-
ceva era una necessità dell'ora, convinto nella sua u,miltà, non già di fare opera
erudita, ma solo di adempiere un dovere.
Scrivendo a D. Giovanni Zolin, per ingraziarlo del suo << benevolo giudi
zio >> circa le << Srenne »> così si esprime: « Fu il desiderio di dare cibo sale-
siano ai confratelli specialmente stranieri che mi spinse a scrivere queste Strenne
in forma di trattatelli. In Italia tutti abbiamo agio di leggere vite, scitti di Don
Bosco e dei suoi successori e specialmente le memorie biografiche; fuori non è
così ed i confratelli non hanno fonti alle quali bere lo spirito salesiano.
Ho voluto iniziare un lavoro che reputo indispensabile e vitale e che spero
altri potrà fare assai meglio di me. È anche un bene però che io abbia iniziato
per fissare i punti fondamentali della nostra vita alla luce di D. Bosco, perché
sono ormai tra i pochi che ebbero la sorte di conoscerlo e di avere trattato
intimamente per molti anni coi suoi successori »>. 1r7
Questo pensiero era in lui convinzione profonda tanto che D. Terrone, che
gli fu accanto per lunghi anni, ricorda di averglielo colto sovente sul labbro
espresso con accenti di profonda umiltà.
« Don Ricaldone non pensò mai di fare o d'aver fatto opere di pregio e tanto
meno lavori perfetti e definitivi. Lo confessava candidamente ai suoi iegretari.
Ripeteva spesso che si credeva in dovere di raccogliere, fissare, pr-rbblicare quan-
patorgegtpieuisùnegemevaacteo-rmiaplealelptfeforisarsniipnbroiele.n.,.dseQeraumnapnnrodeoiqnpuoetois,tnipoleaprveobrròoinfftaaàmttdiileicaloresSig<an<loPlarieùb, utlaaonrdCaioen-grseeegngazla-i
zione avrà molti Servi di Dio, si potrà pensare al nostro Rodriguez »>. E voleva
dire ad un libro che sia per i Salesiani quello che, per i Gesuiti e per i Religiosi,
116 A.C.S., n. 1,35, Maggio-Giugno 1946.
rr7 Lettera a D. Giovanni Zolin in data 20-10-1.945.
102

12.5 Page 115

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è in genere la mirabile opera del Rodriguez: << Esercito di perfezione e Virtù
Cristiane »>.
Altre volte diceva che a lui incombeva tale obbligo di raccogliere e di
scfivere, perché si riteneva come un tregame di unione di due periodi... Egli sa-
rebbe stato forse I'ultimo Rettor Maggiore che ebbe Ia fortuna di vedere, avvi-
cinare S. Giovanni Bosco e poi D. Rua, e vivere, per tanti anni, presso gli im-
mediati
Successori
e
con
tanti
benemetiti
Salesiani,
vissuti
con
D.
Bosco
118
»>.
E così egli prowidenzialmente rcalizzava un desiderio di D. Bosco stesso.
Il Sanro infatti concludendo le pagine di introduzione alle Costituzioni della
Società Salesiana, scrisse: << Tutto ciò che qui si prescrive lo avrete esposto con
maggior ampiezza in un manuale a tale scopo )>. Ma Lui i suoi immediati
successori potefono compiere la promessa: il momento storico lo tiservava a
D. Ricaldone.
Che cosa fece dunque questo << cultore >> del carisma di D. Bosco ed << ae-
mulator
paternafum
traditionum?
1le
>>.
Niente
altro
di
ciò
che
proponeva
ai
suoi figli, proporzionatamente però alle sue capacità e ai suoi obblighi di supe-
rior.. Abbiarno visto come avesse pfesentato ogni sua sffenna quale punto di
studio dello spirito di D. Bosco ed egli lo fece anche per i suoi <( carissimi
figliuoli » impàssibilitati dai loro impegni apostolici a dedicarsi ad approfondi-
m"e.rti . ricerche; per ogni strenna raccolse un commento fatto di materiale sto-
rico: insegnamenti, esempi, scritti di D. Bosco, tadizioni da lui lasciate; il tutto
esposto, analizzato, interpretato cor- chiarczza e profondità.
Così presentò ai suoi figli ampi e docu,mentatissimi commenti alle Strenne
sulla << Carità rr, su << Santhà èPtrezza )>, su <( Fedeltà a D. Bosco Santo »>, sulla
il << Povertà >>, sull'<< Oratorio Festivo, Catechismo e la Formazione Religiosa »>,
sulla « Devozione a Maria Ausiliatrice ,r, sul dovere di « Conoscere, amare, di-
fendere il Papa )> e anche sul problema della Buona Stampa. 1m
Ma come Rettor Maggiore tutto impegnato nella formazione dei suoi fi-
gli, D. Ricaldone sentì I'urgenza di ruccogliere anche gli ammaestramenti del
Éadr. com. Fondatore, Superiore, Direttore di anime sacerdotali e religiose, per
cui con varia scadenza egli emanò compendi in cui raccolse tutta la sapienza
soprannaturale di D. Bosco quale plasmatofe di aspiranti, catechisti, novizi, pro-
fessi, coadiutori e sacerdoti salesiani.
In complesso D. Ricaldone pubblicò cinque numeri degli atti esclusiva-
,mente riguardanti la << Formazione del Personale Salesiano ». Nel 1936 {u lavoro
di carattere generale,t" nel 7939 lattò del Noviziato,lz nel 1945 prese in
esame gli Studentati filosofici e teologici,'6 nel 1946 tivolse la sua cura alla
118
re
rm
Js51irn61i2nze di Don Terrone.
Gal. l, 14.
Vedere A.C.S., n. 61 bis, n. 69,
t.
74, n. 82, n. 96' n. 149, n'
164, n. 125.
121 A.C.S. n. 78, Novembre L9)6.
122 A.C.S., n. 93, Maggio-Giugno 1939.
123 A.C.S., n. 131, Sett.-Ott. 1945.
103

12.6 Page 116

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formazione dei Sacerdoti, degli Insegnanti, e poi dei Capitoli e dei Consigli delle
Case. t2a Nello stesso anno programmò e diede norme per gli studenti. 16
Certamente egli in ,questi lavori cercò l'essenza dello spirito di Don Bosco
nell'opera di formazione e la adattò al momento storico, ma rimase sempre
fedelissimo agli insegnamenti del Padre.
Pensò anche ai Direttori delle Case, agli Ispettori e per loro raccolse quan-
to di meglio c'era nelle tradizioni salesiane, per facilitare i loro compiti e fare
delle comunità non tanto degli istituti perfetti, quanto delle famiglie ben amal-
ga,mate, ben amministate, felici di una pace che nasce dalla tranquillità dell'or-
dine e dalla carità soprannaturale.
Così gli A.C,S. n. 94 del luglio-agosto l9)9 trattano esclusivamente de << La
visita Canonica alle case salesiane » e quelli del luglio-agosto 1947 elencati col
numero 1,42 del << Rendiconto >>.
Non contento, egli venne inconffo anche ai confratelli che erano impegnati
per la prima volta in occupazioni finora forse non contemplate nei quadri ammi-
nistrativi delle case salesiane: gli Archivisti e i bibliotecari, e per loro f:ce pub-
blicare nel 1937 il n. 8,{ degli A.C.S. che tratta delle « Biblioteche e >> nel 194)
il n. 120 degli stessi A.C.S. che si occupa degli << Archivi ».
Scrisse pure
sacra e ricreativa
una lettera-circolare
»> che meritò, sulla
sRuiv<<isiltacaCnetcoiliGanreag, ourinaneon>c>o-miaLstaicomucsoimca-
mento di Mons. Carlo Respighi, Prefetto delle Cerimonie Pontificie e della
Commissione Pontificia di Musica Sacra. le
Ma quanta, quanta altra documentazione Don Ricaldone aveva prontal Le
strenne sulla fede, sulla speranza e sulla carità; quelle su1le virtù cardinali: e spe-
cialmente labeatificazione di Domenico Savio in rapporto col sistema preventivo:
quanto materiale avevano accumulato! Bisognava fare un passo avanti, impostare
meglio, dare una programmazione più ordinata a questa mole di spirito sale-
siano, e Don Ricaldone pensò ad una collana di opere che avesse il compito di
aiutare la tormazione del salesiano completo: collana << Formazione Salesiana >>
con due serie: una riguardante 7a formazione religiosa, comprendente voti e
virtù, I'altra 7a formazione apostolica. 1'
Fu un'opera veramente colossale, possibile solo a chi conosceva in pro-
fondità ed estensione lo spirito di Don Bosco.
C'è chi dice che egli fu geloso dello spirito della Congregazione, tanto che
non temeva di perdere la popolarità per difenderlo. la
Ma fu << gelosia »> quanto mai provvidenziale, che salvò il genuino spirito
di D. Bosco da concezioni alterate e interpretazioni inesatte. << Specialmente ne-
gli ultimi anni D. Ricaldone, attesta D. Valentini, ebbe un vero timore di sban-
damenti e perciò fu << revisore )> severo di ogni scritto che trattasse di D. Bosco >>.
124 A.C.S n. L)4, Marzo-Aprile 1946.
125 A.C.S n. 118 bis, Nov.-Dic. 1946.
12b A.C.S n.111 , maggiogiugno 1942.
1n A.C.S n.759, giugnoJuglioagosto 1950.
128 Testimonianza di Don Guido Favini.
10,1

12.7 Page 117

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<( Era sorpreso e contrario a tanti che volevano scrivere di spiritualità sale-
siana. Gli pareva una proliferazione sempliciona e non favoriva tali lavori ».14
Era delicatezza del figlio che conosce il cuore del Padre e non può vededo
deturpato, o anche solo posto in una luce non del tutto vera, special,mente quando
intaccava e comprometteva il sistema di D. Bosco per giustificare adattamenti
più moderni.
<< Don Bosco Educatore » fu iI canto del cigno di D. Ricaldone, ma fu anche
il ruggito di un leone ferito che rivendicava la realtà del metodo educativo del
Padre e combatteva l'ultima battaglia per difendere il patrimonio più caro la-
sciato da un Santo a'lla sua Famiglia.
Questa santa gelosia in D. Ricaldone non offuscò mai minimamente la
concezione esatta della stta pochezza nei confronti dello spirito del Padre. Egli
non si illuse mai di aver capito appieno il carisma di D. Bosco; lo aveva stu-
diato, questo sì, con amore appassionato di un figlio, ma anche con la consape-
volezza di un cultore che sa di mettersi in contatto con il soprannaturale.
Sorprendente infatti è la dichiarazione che egli fa nel febbraio del 1950,
si può dire alla fine dei suoi studi su D. Bosco. Quasi a chiarire la sua posizione
di ricercatore dello spirito del Santo, riporta un elogio su D. Bosco fatto dal
servo di Dio cardinale Marcello spinola, Arcivescovo di siviglia: « Egli, dopo
aver dimosrato che è il Salesiano non è il Gesuita, il Benedettino, né il Cap-
puccino, il discepolo del Calasanzio, dopo aver indicato che tuttavia il Salesia-
no, il quale deve incarnare la spiritualità di D. Bosco, ha qualche cosa dei
religiosi testé norninati, anzi di tutti gli Istituti conosciuti, conchiude affer-
mando che il figlio di D. Bosco << è un tipo nuouo ». Perciò ha bisogno di essere
sempre meglio studiato.
col trascorrere degli anni e con l'approfondire gli studi sul nostro padre,
noi ci auguriamo che si riesca a infocare appieno anche questo nuovo tipo di
spiritualità >>. E chiarisce:
<< Ho creduto conveniente esporvi paternamente queste considerazioni >>,
perché « non vomei si supponesse che, quando affermai che Santità è Potezza,
io abbia inteso decidere in merito alla spiritualità di Don Bosco ».1s
No, nella sua umiltà, D. Ricaldone non pensò mai di avere compreso ap-
pieno 1o spirito di D. Bosco. Sentì forse come nessuno fino allora aveva per-
cepito, proprio perché lo studiò con pùtezza di amore, di trovarsi di fronte
ad un carisma estremamente ricco dello Spirito Santo e perciò inafferrabile nel-
la sua completezza e nella sua unità da mente umana. Poteva essere comunicato
da Dio per intercessione del Santo a chi umilmente e fervorosamente glielo chie-
deva, questo sì; e questo egli fece, e 1o ottenne.
12e Testimonianza di D. Luigi T' avano.
r3o A.C.S., n. 157, Genn.-Febbr . 1950.
105

12.8 Page 118

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CAPO XXV
L'UONTO DELLA PRESENZA
La sua giornata fu una Presenza
D. Ricaldone come uomo d'azione ne ebbe tutti i più spiccati tequisiti:
spirito di iniziativa, originalità di concezione, coraggiosa duttilità di adatta-
mento ai bisogni dei tempi, ardimento nell'affrontare gli ostacoli, accottezza
e prudenza nella scelta dei mezzi, senso pratico che non 1o lasciò mai divagare
nel teorico e nel progettismo inconsistente.
Ma in lui c'è anche il distintivo tipico salesiano del lavoratore: la costanza
tenace, la precisione, la continuità paziente. Il lavoro che egli svolse durante
il suo rettorato testimoniato come un indice cronologico dagli A.C'S.,r olre
a tutto quello che svolse senza essere stato registrato perché di dominio pubblico
o non comportava la comunicazione a tutta la Congregazione, impressiona ve-
ramente e tanto più se si tiene preseu-te I'età matura e le sofferenze fisiche
che periodicamente lo cosffingevano a sostare.
Don Ricaldone era e si sentiva lavoratore nato, e inoltre anche ottimo or-
ganizzatote; seppe organizzare se stesso e la sua giornata.
Logico, semptrice, lineare nelle sue concezioni, egli sapeva che il suo lavoro
come Rettor Maggiore doveva rcalizzarsi in una <( presenza »> proprio per essere
una assistenza p^terna secondo la mente di D. Bosco.
Una presenza a se stesso. Come creatura debole e bisognosa di tanto aiuto,
si fissò un orario di vita che mettesse al primo posto il tempo della preghiera,
riconoscesse il tempo del riposo, della distensione'
Quanto è bello in D. Ricaldone quel giocare a bocce dopo ore e ore di
tavolino, di udienze, di immancabi'li preoccupazionlt Bello perchè umano e
nella semplicità della sua forma anche tutto salesiano.
Presenza a Dio
Qui c'è tutto il segreto nel lavoro di D. Ricaldone. Egli sa che l'unica
cosa veramente necessaria è farc Ia volontà di Dio nell'adempimento del pro-
prio dovere e accettafe il suo beneplacito come si manifesta. Perciò alla
1 A.C.S., dal n. 58 al n. 166.
106

12.9 Page 119

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sua giornata una impostazione di fede molto semplice: avvicinarsi a Dio colla
preghiera per mantenere il contatto con Lui e lasciare che Dio lo visiti. La sua
giornata fu quindi disponibilità completa alle sue richieste di lavoro intenso o
di inabilità sofferente; fu presenza vigile a Lui che ispirava iniziative, opere
nuove. Riuscì così a farc della sua vita una paterna presenza alla Congrega-
zione nella forma semplice dell'adempimento esatto del dovere fatto per amore
di Dio.
Questa realtà divina della giornata Tavorutiva di D. Ricaldone si percepiva
da tutti, e venne ancor ricordata ad un anno dalla sua morte su << La voce del
Popolo >> di Torino. L'autore dell'articolo elogiando l'uomo d'azione scrisse:
<< Parlare solo di lavoro e di organizzazione in D. Ricaldone, è falsare la rcaltà;
l'uno e l'altra spaziavano nel soprannaturale: il lavoro era animato dalla pre-
ghiera; l'otganizzazione era un fiducioso incontro con la Provvidenza >>.2
Solo un profondo spirito di pietà potè rendere D. Ricaldone dimentico di
se stesso, schivo di ogni ambizione in tutte le opere che aveya tra mano e
meditava nel suo pensiero, solo proteso alla salvezza e alla santificazione del-
le anime.
Don Terone attesta che solo i più vicini a lui hanno potuto scoprire il
costante sacrificio con cui egli visse ogni giorno, frutto esclusivo della virtù
della pietà.
Le prime impressioni che Don Tarcisio Savarè ebbe di Don Ricaldone
lavorando come suo segretario furono: « Infaticabile; sempre unito a Dio; in
tutto filialmente soggetto alla divina volontà >>.3
La sua giornata era presenza di preghiera comunitaria secondo Ie dispo-
sizioni delle Costituzioni.
Iniziava con ,la celebrazione della S. Messa. Come nelle altre pratiche di
pietà, D. Ricaldone non aveva nessuna espressione che desse nell'occhio. Tut-
tavia anche se conservava semplicità e natutalezza, il suo raccoglimento col-
piva gli astanti che rimanevano edificati; Don Cossu, Salesiano, un canonista
molto misurato nei suoi apprezzamenti, non potè non esprimere ammirazione.a
Alla Messa seguivano poi tutte le altre pratiche comuni.
<< Anche quando il lavoro opprimente e le frequenti indisposizioni di sa-
lute non gli permisero più di prendervi parte coi confratelli, egli le compiva
con qualcuno dei segretari, con una fedeltà e precisione edificante, non trala-
sciandone nessuna per quanto piccola e per nessun motivo: lettura, visita al
SS.mo Sacramento, S. Rosario, ecc.
Dalla sua stanzetta di lavoro partecipava a77a Benedizione Eucaristica data
in Basilica e al segno della campana si inginocchiava e recitava con i presenti
ferventi giaculatorie.
Anche nella stagione estiva, quando si recava in qualche casa fuori To-
2 << La voce del Popolo », 2 dicembre 1952, Torino.
3 Testimonianza di Don Tarcisio Savarè.
a Testimonianza di D. Terrone e D. T. Savarè.
107

12.10 Page 120

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rino per poter lavorate con maggior agio, pur avendo presso di un solo
sacerdote o Coadiutore, teneva la massima regolarità negli esercizi di pietà,
recitava le preghiere serali col compagno ed era fedele persino alla << Buona
notte >> lasciando anche solo un buon pensiero.
pregh<<ieUren.aQsuearand-o
ios6t1elvrms uinnaiDleireftotromreul-e,
eravamo noi due soli
egli si alzò in piedi e
a recitare le
mi lasciò un
pensiero chiudendolo con I'augurio: << Buona nottel >>. Poi facemmo silenzio
come prescrive la Regola ,>.
Don Savarè ricorda anche lui questa fedeltà alla << buona notte ». << IJna
volta che mi tovai con lui a recitare le preghiere della sera, alla fine mi fece
questa esortazione:
stiamoci volentieti,
-ingrDaozimanadnoi nèeviel nSeirgdnì.orSee.
dovremo stare un po' in croce,
È meglio stare con Gesù sulla
croce, che non tra le piume ». E poi conchiuse con l'augurio: << Buona notte! ».
« Negli ultimi tempi diceva le preghiere della sera col Sig. Bianconcini e qualche
segretafio. Il Sig. Bianconcini ricorda che s'incominciavano in Sala Capitolare
insieme con gli studenti, il cui coro si udiva distintamente da lassù; e che se
egli, il Sig. Bianconcini, accelerava, Don Ricaldone lo frenava:
adagio, insieme
<< Quando
sciotnrogvalivsafuadlsentltio-ma».lsato
incaticava
D.
Romeo
- Andiamo più
Tavano di scen-
dere a recitare le preghiere con la comunità e di venirgli poi a portare la « Buo-
na Notte »> data in Basilica dal Signor Direttore »>.6
Era appassionato dei Salmi, per cui la recita del Breviario gli fu cafissi-
ma. Quando la sua vista non potè più sostenere tale fatica e gli fu commutato
l'obbligo dell'Ufficio Divino con altre preghiere, volle sempre avete a portata
di mano le migliori traduzioni del Salterio. « Quando uscì la nuova traduzione
latina voluta da Pio XII, ne trattenne presso di una copia, compulsando
questo o quel Salmo, gustando pure di leggere tale e tal'altro versetto trovato
con l'aprire a caso il salterio. Nella nota 261 del volume IV della Collana
« Formazione Salesiana»>: « La Spetanza )>, egli parla di sè, assicura D. Savarè,
dove scrive: << Alcuni hanno la bella abitudine di recitare in certi momenti
di sconforto, i Salmi più soavemente spiranti sentimenti di fiducia e di spe-
ranza: iI XXII (Dominus regit me) e il XC (Qui habitat in adiutorio Altissimi)
servono mirabilmente a tale scopo »>.
La preghiera della Chiesa lo affascinava, vi si perdeva in contemplazione
gioiosa. Spesso disse a Don Savarè: « Ogni anno procuro di far passare nella
meditazione che devo farc da solo, tutto l'Or'dinarium Missae. Che belle pre-
ghiere ci mette in bocca la Chiesa tutti i giorni nella S. Messa! ». E una volta
con semplicità incantevole disse: « Oggi mi trovo con \\'Ad Deurn qui laetificat
iuaentutem ?l?eam >>. È così bella che mi pare di non poter più andare avalti>>.7
I1 grande uomo d'azione era un silenzioso contemplativo. Anche nei viaggi,
s Testimonianze di D. Tarcisio Savarè.
6 Testimonianze di D. Tarcisio Savarè.
7 Testimonianze di Don Tarcisio Savarè
108

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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negli incontri, nelle visite che per il loro genere potevano essere disraenti, egli
sapeva cogliere il punto che dal tempo lo portava all'eterno, per ricollegarsi
a Dio. Egli stesso, senza sapedo, lo rivelava, raccontando dei suoi viaggi. Don
Savarè, per esempio, Io udì raccontare: << Fui invitato in Andalusia a visitare
1e distillerie Domecq, famose per lo Cherry, il vino che piace tanto agli Inglesi.
Ero sorpreso e ammirato per tutta la complessa e perfetta organizzazionel Ma
rimasi contentissimo nel costatare che gli uomini portanti in spalla il tino
per versare il contenuto nelle botti, al versarlo devotamente dicevano: << Ave
Maria Purisima, sin pecado concebida! ».
Guardava tutto con l'occhio di Dio e tutto 1o portava a Lui. << Un giorno
osservando un insetto minuscolo, quasi invisibile ad occhio nudo, esclamava
con accento di ammirazione: « E pensare che questo animale ha uno stomaco,
gli organi della vista, dell'udito... Nel suo genere è un essere, un animale perfetto.
Oh, la sapienza, l'onnipotenza di Dio! Egli è ammirabile, magnifico nella sua
Maestà, nelle cose gigantesche, come in quelle impercettibili ».
A Don Luigi Tavano rimase impressa la contemplaziole ammirata e reli-
giosa di Don Ricaldone, in viaggio verso Roma, davanti agli spettacoli della
natura nel tratto Genova-Grosseto.
La natura in genere Io entusiasmava'. 70 sviluppo delle piante, \\a beTlezza
dei fiori, la fecondità della vita 1o lasciavano in preghiera silenziosa o in un
prolungato sgranare di 'Ave Maria'. << In certe sere, ricorda Don Terrone, quan-
do si trovava in casa nostra fuori città, saliva su una terrazza e, stanco del la-
voro, si fetmava a lungo ad osservare la sottostante pianura, i monti lontani,
mentre reggendo la corona del Rosario recitava decine e decine di Ave Maria... »>.
Ma le sue contemplazioni erano nurite di soda dottrina. Nei viaggi, dovendo
farc da solo le meditazioni, portava con sè o il Compendio del Lessio sulle
« Divine perfezioni » o << La vita cristiana » di S. Agostino.
Quando poi ebbe in aiuto il bravo coadiutore Sig. Bianconcini, allora si
faceva leggere Ie meditazioni del Carmagnola o del Castellano. Per la lettura
spirituale volle sempre << pane di casa )> e appena uscivano i volumi della Col-
Tana ,< Formazione Salesiana >>, li leggeva con (edeltà, perchè al dire di Don
Savarè « desiderava stare alla vita comune e per umile sentimento voleva pre-
dicare prima a se stesso che agli altri ». Ma appena poteva, scendeva in Basilica
per ascoltare la lettura con Ia Comunità. Don Fedrigotti 1o ricorda ancora << nel
primo banco della Cappella di S. Pio V: rimaneva immobile e in ginocchio
tutto il tempo della lettura »>.
Così, nonostante le visite, gli impegni, il lavoro di corrispondenza e di
pratiche che si accumulavano sul tavolo, tutti i venerdì egli, finchè celebrò
in Basilica, infallantemente si inginocchiava davanti al suo confessore in sa-
crestia. Quando poi cominciò a celebrare nella Cappella del Capitolo, il Con-
fessore doveva recarsi da lui puntualmente alle 8 di ogni venerdì per ascoltarne
la confessione. Durante i viaggi, trovandosi ospite o di passaggio nelle nosme
case, non passava mai venerdì senza che egli osservasse questo punto di re-
gola. Un Direttore che lo ebbe caro ospite per qualche tempo ricorda: « Ogni
109

13.2 Page 122

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venerdì verso le 8 il confratello che gli aveva servito la Messa, batteva alTa
porta del
Egli
msteiossuoffciocniofi:da-va
D.
a
Ricaldone 1o
D. Savarè: <<
aspetta
Per la
cfroanfpesoscihoni emhinoulsic-elto».8il
ve-
nerdì, come atto di devozione al S. Cuore »>.e
Fedelissimo era pure all'Esercizio della Buona Morte, e non c'era scusa
o impegno che valesse a fargli ritardare o rascurare tale ptatica. E come la
faceva! Si prendeva tutto il tempo destinato per questo atto di pietà, fonda-
mentale secondo D. Bosco per essere salesiano santo.r0 << La prima volta che
gli lessi il formulario per I'Esercizio di Buona Morte, racconta D. Savarè, egli
esclamò a varie
nato pensando
tiprese:
che non
-avreAmdamgoiotleArmdiangaitoo!..i.n-
Ne rimasi un po'impressio-
un'ora con tanta durata delle
pause. Invece allo scadere del tempo stabilito, egli mi disse di smettere e mi
spiegò:
mande,
m- a
mandazione
Non è necessario leggere tutto il formulario. Bastano
approfondite a
al Formulario
pdeorvel'reesa-m. e
E in questo
di coscienza
senso premise
mensile nella
poche do-
una racco-
nuova edi-
zione delle Pratiche di Pietà ».11
Don Luigi Tavano ricorda come tutto il suo lavoro fosse fatto con retti-
tudine, con rettissima intenzione di fare la volontà di Dio.
« Quante volte egli iniziava un lavoro di dettatura o di altro genere di-
cendo in
Domini!
modo che si
Se non fosse
poteva
per la
sentire molto bene:
tua gloria, Signore,
-impeCdoimscini,cdiaismtoruginginqoumeisntoe
lavorEor!aAsmueonin! t-ercalare abituale, forse acquisito fin dal suo soggiorno in Spa-
g«pnrSoaig.Deditoitrisee:qup-ireorgeSr!ae-mDmicoiordvreui golagleev,nodrdooommd'aeunfcfiihcaeinocd.orenSmesmoic.bu..rraefvzaazraecmdhoie.p..proe-nnossaIts'iecseiqumsievamanlipefernestteaavldloai
morte e che avesse davanti a costantemente la sua pochezza.
Alla fine delle pesanti giornate lavorative, 1o rivedo allungare le braccia in
avanti e in alto in un profondo respiro e
finito... Domani, se Dio vuole, farem
Posso dire, io che gli vissi accanto
dire
nel
non solo a sè:
Nlaovnordoi,cdevi aa:v-er
-vFisaDtroòe!oin-grlautiiaisl,
ho
co-
stante sforzo di migliorarsi fin dall'inizio della giornata »>.12
D. Savarè è anch'egli del parere che la preghiera era per D. Ricaldone
la sua « abilità »; quell'abilità nel disbrigo degli affari richiesta dalle Costitu-
zioni per il Rettor Maggiore e dice:
<< Con quel suo rosario tra Ie mani... ne trovava delle soluzioni! »>.13
I1 Rosario era veramente la sua armal Lasciata la penna, stringeva la corona
e nella recita delle decine sembrava scaricare la testa e il cuore di mille pen-
8 Testimonia,nza di D. Terrone.
e Testimonianza di D. T. Savarè.
10
ll
Testimonianza
Testimonianze
di D. Terone.
di Don Tarcisio
Savarè.
12 Testimonianza di Don Tarcisio Savarè.
r3 Testimonianza di D. Terrone.
110

13.3 Page 123

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sieri e angoscie per tuffarle tutte in Dio e riprenderle purificate e spesso risolte.
Nel pomeriggio distensivo che faceva tra un lavoro e l'altro, per i viali
delle Case di campagna presso cui sostava, aveva sempre tra le mani il Rosario.
« Inconffando sul suo cammino un confratello, lo salutava affabilmente,
poi alzando la mano e mosffando la corona del rosario diceva: << Sto pregando >>
e continuava il suo giro.
Altte volte dopo il lavoro di corrispondenza protrattosi per varie ore,
troncava di botto dicendo: << Basta! Ora facciamo un breve giro, poi ripren-
deremo il lavoro ». Se il Segretario gli chiedeva di fargli compagnia, rispondeva:
<< No, no, devo recitare il Rosario >> E non ne recitava uno solo!
Ma anche a Torino, i corridoi e la sala capitolare sanno di lunghi passeg-
gi avanti e indietro ritmati dalle decine del S. Rosario.ra Tutto il suo lavoro
era una presenza di preghiera con cui accompagnava le più piccole cose >>. Si
rimaneva incantati dai suoi lenti, devoti segni di croce fatti infallibilmente an-
che solo per prendere una medicina qualsiasi: una pillola, poche gocce.
Nel pregare non aveva fretta: prontnziava le parole distintamente, devo-
tamente, in modo che anche chi non conosceva il latino, capiva che D. Rical-
done parlava col Signore.
« Bastava recitare una sola volta con Lui l'Angelus Domini o anche solo
essere presenti alla benedizione della mensa, per capire come la sua preghiera
sgorgasse da un'anima che viveva alla presenza del suo Signore >>.rs
Il suo era proprio il lavoro fatto come D. Bosco aveva insegnato: in spi-
rito di fede, di speranza e di carità. Egli s,tesso 1o attestò rispondendo benevol-
mente ad una curiosità del suo segretario. D. T. Savarè, infatti, meravigliato
come mai alcune volte i grani del rosario passavano piuttosto svelti tra le sue
dita, gliene chiedeva il motivo. D. Ricaldone allora spiegò che amava anche
dire << rosari di giaculatorie scritturali » ed esemplificò: « Per esempio, una de-
cina per la fede: Credo Domine; adiuva incredulitatem meam; un'altra per la
sper^fiza per la carità: Domine, Tu scis quia amo te; così pure per il dolore:
Deus, propitius esto mihi peccatori; e infine per la comunione spirituale: Ve-
ni, Domine Jesu »>.16
Non iniziava mai qualche lavoro importante senza una preghiera. Confes-
sò: « Prima di fare le conferenze o di scrivere le circolari, invoco lo Spirito
Santo, la Madonna, D. Bosco, D. Rua, D. Albera, D. Rinaldi ».17
Se poi vi erano fastidi grossi, pratiche umanamente insolvibili, allora chie-
deva aiuto di preghiere a piccoli gruppi di Confratelli. Li pregava di una no-
vena in forma libera: magaù nella visita recitassero tre Ave Maria con le in-
vocazioni a Maria Ausiliatrice e a Don Bosco.rs
ra Testimonianza di D. Temone e di D. Savarè.
rs Testimonianza di D. Terrone.
16 Testimonianza di D. Savarè.
17 Testimonianza di D. Savarè.
18 Testimonianze di D. Savarè.
11i

13.4 Page 124

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La gionata tutta così celata in Dio nella sua programmazione, non po-
teva non essere una presenza continua per ogni avvenimento o persona che
capitava. Diventava totale disponibilità alla volontà di Dio riconosciuta ed ama-
ta in ogni momento. E tutto questo nella calma, nel perfetto dominio di sè,
nella serenità di giudizio, nell'equilibrio di chi guarda dall'alto, con l'occhio
stesso di Dio, f intrecciarsi e lo snodarsi degli atti umani.
Presenza in casa
La povera stanzetta n. 15 che non riusciva a contenere le troppe nu-
merose scansie ingombre di carte e di libri, e poi quella più decorosa prepa-
rata. a s! insaputa da D. Giraudi durante una sua assenza, che gli dava modo
di avere uno studiolo separato dalla camera da letto e direttamente comunican-
te con la Sala Capitolare, non impediva questa presenza. Presenza è cuore, è
amore; perciò le ore delle giornate passate in quella stanzetta dal Nostro fu-
rono donazione ai suoi figli. E poichè questi erano disseminati in tutti i con-
tinenti la sua presenza assume dimensione ecumenica per raggiungere con tutti
i suoi << carissimi figliuoli »> anche le anime aflidate al loro zelo apostolico.
La presenza è una necessità dell'amore.
Don Ricaldone fu presente per mostrare il suo amore di padre. Così schi
vo di manifestazioni esteriori e nello stesso tempo tanto umano, egli misurava
tùtt^ 7a portata della raccomandazione di Don Bosco: << Bisogna che vedano
che noi li amiamo ».
Egli mosrava di amarc col suo intervento pratico di aiuto: di parola o
anche solo di sorriso, di sguardo. Voleva esternare in qualche modo quella pa-
tetnità che I'amore di Dio gli comunicava con Targhezza sempre maggiore. Pre-
senza di amore che interviene con gatbo per incoraggiare, aiutare, e se occor-
re correggere senza umiliare. Così Don Ricaldone visse a Valdocco e nelle Ca-
se che più frequentava o dove si trovava in visita. Non volle mai sentirsi e
tanto meno essere considerato ospite: era di casa, uno della famiglia, in comu-
nità con gli alri. La sola presenza alle pratiche di pietà certamente non è suf-
ficiente per creare un clima di famiglia. Don Ricaldone, pur non rompendo la
<< claustralità » del Consiglio Superiore e non limitando la necessaria autono-
mia dei Capitolari, amò scendere fra i Confratelli e i giovani.
Nella sua giotnata c'era posto anche per loro, specie nelle feste che ama-
va tanto iniziare con la S. Messa comunitaria celebrata ora all'altarc di Maria
Ausiliatrice ora a quello di Don Bosco in Basilica per le comunità di Casa Ma-
dre e dell'Oratorio unite, ora nelle << Camerette r> specialmente per gruppi di
giovani. La Cronaca di Valdocco mosra come Don Ricaldone avesse un debo-
le per loro specie se artigiani: quasi sempre si impegnava per loro. Così ogni
festività doveva concludersi ai piedi dell'altare con la benedizione eucaristica
impartita da lui.
Era poi tradizionale il suo intervento alle celebrazioni della Settimana San-
r1,2

13.5 Page 125

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ta e gli anni in cui la cronaca segnala la sua assenza sono quelli di maggior sof-
ferenza fisica che 1o cosringevano a rinunciare a tutto, anche alla celebrazione
della S. Messa.
Per il giovedì santo non solo si impegnava per la << lavanda dei piedi »
ma godeva un mondo di cenare con i « 12 apostoli »> cioè coi ragazzi scelti per
tanto onore. Era un banchetto veramente festoso perchè la bonarietà e i doni
di Don Ricaldone toglievano a quei cari figlioli ogni soggezione e ansietà di
trovarsi a tavola nientemeno che col Rettor Maggiore dei Salesiani!
Le sue << buonenotti »> poi etano attesissime, A seconda delle citcostanze
e degli argomenti da svolgere, le dava a Confratelli e rugazzi uniti insieme,
oppure solo ai Confratelli per lo più radunati nella Cappella di S. Piero o
nella chiesa di San Francesco di Sales.
Erano parole calde, semplici, che gli venivano dal cuore e che riuscivano
a trasfondere quanto egli sentiva di gioia, di pena, di zelo apostolico.
In quei raduni serali così raccolti, si creava proprio I'atmosfera famikarc
dei tempi di Don Bosco. Don Ricaldone raccontava dei suoi viaggi, delle udien-
ze col Papa, di ciò che aveva ascoltato dalla sua viva voce. Oppure raccoman-
dava una pratica, una preghiera, un'intenzione particolare per trascorrere fer-
vorosamente con profitto una novena o un mese ttadizionalmente caro alla
pietà salesiana. E sapeva sempre cogliere nel segno circa 7a virtù da esercita-
re. Certo, egli era di casa, e la sua ptesenza vedeva tante cose. La cronaca di
Valdocco a proposito di alcune << buone notti »> ha commenti veramente gra-
ziosi come il 5 maggio 194): << Magisrale! Dwa 20 minuti. Tutti attentil >>.
E come erano gradite anche le sue omelie, le sue conferenze, ascoltate
con attenzione anche dai rugazzi.
<< Il suo parlare era posato e misurato; ma la sua esposizione era chiara
e interessantissima; si sarebbe potuto stampare quello che egli diceva tanto
era preciso e logico il suo discorrere >>.1e
Don Ricaldone godeva di poter parlare ai suoi << carissimi figliuoli » spe-
cialmente in occasione dell'Esercizio della n br-rona morte »> perché allora Ia sua
presenza poteva diventare irradiazione del suo anelito di santità e del suo ar-
dente zelo per le anime.
Coi confratelli egli si trovava sempre a suo agio. La superiorità, non ne
faceva un isolato, ed egli sapeva nascondere molto bene sotto il suo sorriso
bonario la preoccupazione della sua responsabilità, di Padre e Superiore. Co-
con loro e fra loro scendeva anche a umiliarsi come fece 1a sera del 28
maggio 194) qtando, ringraziando delle preghiere fatte per il suo 50' sacer-
dozio, diede sfogo a sentimenti di pena, di rammarico per aver fatto tanto
poco per il Signore e di desiderio di spendere per Lui e per la Congregazione
tutto il restante della sua vita.
In questo clima di familiarità sapeva e poteva anche fare notare lacu-
le Testimonianza del Rev.mo Don Albino Fedigrotti.
tL3
8

13.6 Page 126

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ne e difetd, mettere in guardia su alcuni disordini senza pesare come inop-
poftuno.
Nulla gli sfuggiva: I1 Venerdì Santo del 1942 chiese perchè non c'era
stato il bacio della reliquia della S. Croce m e nella festa di Ognissanti del
1944 fece quattro appunti citca la recita del santo Rosario fatta in Basilica
dalle 18,30 alle 1930. Egli non voleva che ci si allontanasse dalla consueta
tradizione per un fervore che finiva di stancare i giovani: un rosario che du-
ra un'ora! Perciò ricorda: << 1' - Non si devono cantate lodi prima nè do-
po. 2' - Non si devono dire nè le litanie, nè l'Ange1us, il De Profundis.
3' - È bene mettere pochi giovani in presbiterio (al più una dozzina) che
non abbiano voci bianche . 4' - Ci si deve limitare al Rosario puro e semptri-
ce.,. »>.21
Altta volta invece sempre per un maggior profitto, prende decisioni per
cambiamento e le comunica al Direttore responsabile come avvenne il 1" ve-
nerdì del marzo l94l in cui stabilì che le considerazioni e le preghiere della
« Via Crucis »> si facessero d'ora in avanti da un Sacerdote in cotta e stola
sul pulpito, all'altoparlante, perchè tutti potessero udire, lasciando che i giova-
ni stessero al loro posto per un maggior ordine e raccoglimento.z
Interventi paterni i suoi, che mostrano quanto egli vivesse nei dettagli
la vita dei suoi figli dell'Oratorio. Significativa la risposta veramente << rical-
doniana »> per buon senso, arguzia e cuore, quando nel fragore e nel terrore
dei bombardamenti più luttuosi, gli fu chiesto se si doveva fare I'esercizio di
buona morte... Si era fra le macerie di muri crollati! Rispose calmo: << Lo
facciamo già tutti i giotni »> e la cosa finì lì.4
Così nel febbraio del 19$ fu 1ui a sospendere l'ordine da lui stesso da-
to dell'adorazione giornaliera in Basilica per ottenere la pace, a causa del fred-
do intenso che si soffriva da tutti.2a
E nel 1946 vedendo i Confratelli stanchi e sofferenti per tante privazio-
ni subite nel periodo bellico e ancora poco soccorsi dal cibo sempre scarso e
poco sostanzioso, fu lui a fissare la Tevata per le 6)0.23'
E quanto era gradita quella sua presenza delicata nei momenti più op-
portuni per I'intera famiglia! L'agonizzante l'aveva al suo capezzale per la pa-
rola di conforto,ft come il neo-laureato per le congratulazioni più festose.2T
Aveva le sue finezze anche per i Direttori: dopo il lungo periodo di ma-
2o Cronaca di Valdocco.
2l Ctonaca di Valdocco, 1'Novembre 1944.
22
È
Cronaca
Ctonaca
di
di
Valdocco,
Valdocco,
7
2
marzo 1941.
dicembre 1942.
volte
24
5
x
Cronaca di Valdocco, 2l tebbtaio 1943.
Cronaca di Valdocco, 5 gennaio 1946.
Il ch. Giuseppe Averini, morto alla Crocetta
il
29-L1'-19r,
fu
al letto di morte. Cronaca di Valdocco, 8 maggio 1942, mtore
da lui visitato
il confr. Coad.
due
Sig.
Martinfol ttCi.rotaca di Valdocco, 13 giugno 1942: il Chierico Ghidella Carlo consegue la lau-
rea in agraria con 110 e lode all'Univ. di Torino.
tt4

13.7 Page 127

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lattia del 1941 scese ne1la Direzione dell'Oratorio e si intrattenne paterna-
mente chiedendo notizie e dando consigli al Direttore che ne fu commosso
e confortato: <( quarantacinque minuti di intimità paterna, neppure lontana-
mente sognati! »>.28
E quando 1o stesso Direttore si trovò alle prese con la S.LP.2e per una
forte multa, a causa dell'eccessivo consumo dell'energia elettrica non soppor-
tata in quelf immediato dopoguerra, come fu provvidenziale la presenza vigi-
le del Rettor Maggiore! Il suo intervento mise le cose a posto...3o
Ma in bel modo sapeva far riflettere anche i Direttori! Come dovettero
pesare quelle quattro parolette con cui D. Ricaldone rispose al permesso di va-
canze natalizie in famiglia per i collegiali: << Sempre con maggior pena affh-
mat )>, se si sentì il bisogno di archiviare nella cronaca 7a Letteru di richiesta
che riportava quell'amaro assensol 3r
Don Ricaldone discendeva proprio con piacere dal suo piedistallo di Ret-
tor Maggiore e Io faceva tanto più quando le circostanze gli avrebbero richie-
sto di rimanervi.
Le festel Natale, Pasqua, il suo onomastico, gli sarebbero state veramen-
te gravose se I'avessero fissato nella sua nicchia di superiore! Sì, riceveva au-
guri, doni, ascoltava componimenti, partecipava ad accademie, a saggi ginnici,
a gare, seduto fra i Superiori, Autorità, Personalità... ma ad un certo punto
lasciava la cattedta che 1o elevava e con quella bonarietà di tratto che nulla
toglieva alla nobiltà del superiore, scendeva ai Confratelli, agli amici, ai giovani.
Per questi c'erano le immaginette, qualche piccolo dono, le caramelle, spe-
cie per i piccolini un po' impacciati e timorosi ad entrare nel suo ufficio per
gli auguri delle grandi solennità.
Per
spesso il
i più aTti c'eta la
gruppo fotografico
parola vivace,
preso specialme^nttgeuctao,i
I'interessamento cordiale e
più meritevoli o con quel-
li che lasciavano per sempre Valdocco. Quante belle foto ha la cronaca di
Valdocco!
D. Ricaldone posa specialmente coi vincitori delle gare catechistiche per
dimostrare quanto fosse contento di quegli studi sulla dottrina della fede cri
stiana.
Per i benefattori, gli ex allievi e i cooperatori che si riunivano a Casa
Madre per ricorrenze, per incontri, per accademie, era fratello, amico: sape-
va anche brindare e ritornare buon poeta e ottimo cantore come nei suoi pri-
mi anni apostolici nell'esuberante Spagna festosa.
I Confratelli che nelle grandi feste potevano avvicinarlo in teatro, a ta-
vola, trovarono il D. Ricaldone che approfitta di quelle poche occasioni per
posare I'occhio su tutti e su ciascuno, per farsi conoscere come un figlio di
28
2e
CSr.oI.nPa.ca:
di Valdocco, 8 marzo
Società Idroeletuica
1941.
Piemontese
30 Cronaca di Valdocco, 7 gennaio 1946.
31 Cronaca di Valdocco, 6 dicembre 1948.
tt5

13.8 Page 128

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D. Bosco, al pari di loro, contento di essere parte di una famiglia tanto bella,
orgoglioso di tanti fratelli così laboriosi e così generosi nel sacrificio, pronto
a lodare e a congratularsi delle loro imprese e dei loro successi, riconoscente
della loro dedizione e della loro preghiera.
Se poi l'accademia, il canto, la celebrazione liturgica avesse lasciato un
po' a desiderare, mai lo rilevava, a meno che non ci fosse qualche motivo
grave come avvenne qualche volta per rappresentazioni o films non del tutto
<< salesiani >>. Ma lo faceva a festa ultimata ed in tempo opportuno. Al mo-
mento, gÌatdava, osservava, soppesava tutto con occhio attento, ma cuofe
buono. Sapeva nascondere sotto il sotriso il disagio e scusare col silenzio il
disappunto, le contrarietà del momento.
Certamente per Casa Madre D. Ricaldone ebbe un debole ed era più
che giusto perchè è la prima casa della Congregazione. E come voleva che fos-
se la prima per esemplarità di vita religiosa e per azione apostolica, così a lei
dava tutte le ... « primizie » di notizie, di festeggiamenti e di onori.
Fu sua squisita delicatezza nel 1918 l'aver offerto la prima visita dello
ampliamento della Basilica ai Salesiani e agli alunni della Casa Madre. Essi
si recarono nel Santuario con i giovani dell'Oratorio Festivo per le oruzLoni
della sera del 7 giugno e così fu descritto quello storico momento: << Uno
spettacolo incantevole! La Chiesa era tutto una sfavillio di luci. I nuovi lam-
padari illuminavano navate, altari e gallerie, e i marmi brillavano nella loro
policromia con effetti suggestivi. Le cupole sembravano inondate di raggi
di sole, alla luce diffusa di lampade nascoste ». D. Ricaldone era presente con
Vescovi, Superiori e Ispettori Salesiani. La sua presenza volle scendere ai ra-
gazzi: con loro recitò le preghiere serali, quindi aIla « Buona Notte » con 10-
ro, tripudiò di gioia inneggiando commosso alla Provvidenza di Dio, alla bon-
di Maria Ausiliarice in favore di Don Bosco e dei suoi figli.32
Presenza ai vicini
a) con le udienze
La presenza di Don Ricaldone non veniva a caso, ma aveva un suo trac-
ciato: era il filo che punto per punto univa tutte le ore. Ma è chiaro che
non tutte le giornate avevano 1o stesso svolgimento; dando una scorsa ai suoi
taccuini raramente succede di incontrare una serie di pagine (ogni pagina ha
lo schema della giornata) che hanno lo stesso programma. Per questo la sua
presenza non poteva essere pianificata con un ofario fisso e una programma-
zione stabile. I viaggi, le visite, gli imprevisti caratterizzavano diversamente
I'impiego del tempo, che però veniva distribuito ordinatamente secondo la ne-
cessità e le richieste delle circostanze e del luogo. Egli organizzava di volta
32 << Bollettino Salesiano », agosto 1938.
r16

13.9 Page 129

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in volta la sua attività. Non c'è un giorno uguale all'altro, ma non c'è giorno
che non abbia 7a sua programmazione per poter arrivare possibilmente a tutti:
vicini e lontani.
<< Don Berruti avrebbe visto bene che il Rettor Maggiore desse ai Capito-
lari udienze fisse, periodiche (quasi come le <, udienze di cartello » del Papa
a certi Cardinali o Monsignori).
Don Rinaldi non facevano così.
Ma Don Ricaldone
Venite, sempre che
rispose:
credete
b-eneD, oqnuaAnldboerav,i
pare e
gliere
Cpaiapcieto. la- re
Ciò non impediva
una data ota per
che, preavvisato, fissasse
vicendevole comodità >>.33
a
qualche
Consi-
Egli ci teneva molto a trovarsi a tu per tu con i suoi figlioli perchè sa-
peva per esperienza personale come non ci sia età che ricusi una parola buona
di lode, di conforto, di elevazione al contatto soprannaturale. Nei taccuini de-
gli anni in cui poteva spostarsi maggiormente, quindi, interrompeva sovente
1e soste nel suo ufficio di Casa Madre, troviamo periodi di cinque, dieci, ven-
ti giorni in cui segna: << Udienze >>.s Alcune volte sono mesi interi dove fra
« Attività ordinarie »> c'è largo spazio per gli incontri personali.3s
Ecco un bell'esempio della sua presenza tra i Confratelli.
Mio buon Don Masoero
Torino, 8 marzo L930
Unisco il biglietto richiesto.
A1 tempo stesso ti darò qualche paterno consiglio, perchè desidero che ti
formi bene
1' Ho letto ciò che mi hai scritto su di una cartolina: procura non usa-
re mai cartoline quando devi scrivere cose delicate.
2' Di danaro e di interessi non parlarne mai in refettorio nè altrove:
solo col Direttore o in Capitolo puoi trattarne oppoftunamente.
case
l" Non lasciarti impressionare
nostre, come dovunque siavi un
g- rupcpoonsderivapeursnoaneg,ravnidseonsoerei npiteàs.sNime1isleti
portati a veder tutto nero e catastofico; e all'opposto sonvi gli ottimisti esa-
gerati o meglio gli sventati che non avendo e non sentendo la responsabilità
hanno la faciloneria degli audaci incoscienti.
Fortunatamente non mancano gli equilibrati, i prudenti che hanno il senso
della giusta valutazione delle cose e delle persone.
Attento a non lasciarti ravolgere dagli audaci arrestare dai pessimisti
inoperosi che chiamano disordine ciò che è sistemazione, e vedo,no un pericolo
in ogni iniziativa che può parere rimprovero della loro inazione.
In una casa nuova, complicata e in via di assestamento, come quella di
Cumiana sonvi molte cose che, non sono e non devono chiamarsi disordine,
ma che giova condurre a sistemazione col concorso sereno di tutti. Non è di-
sordine un edifizio che sorge, ma 1'ossatura, la base indispensabile dell'ordine.
33 Testimonianze di Don Tarcisio Savarè, Agosto 1971.
34 Taccuini personali del 1937, l%8, 1939, 1941.
3s Taccuini personali del 1942, l9$, L945, 1947, 7949
11.7

13.10 Page 130

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Così non sono disordine tante altre cose che vi sforzate di sistemare sia pure
con quella voluta trepidazione con cui si tattano organismi nuovi e complessi.
4" Non dimenticare che 1o spirito salesiano è di sereno, santo ottimismo:
ciò è effetto logico dello spirito di fede che deve infiammarci, per cui da una
parte ci riteniamo incapaci di compiere le grandi opere a cui fummo chiamati
e daTl'altra ci sorregge e ci rende sicuri la grande, illimitata fiducia in Dio.
Incoraggia sempre te stesso e gli alffi ma guidato e spinto da questo spi
rito di fede.
5' La fede però è luce che dev'essere alimentata da una fiamma: 7a
pietà. Non saremo mai uomini di Dio, figli de1 B. Don Bosco senza di
essa. Ora che ne hai tutto
prime pratiche son quelle
L'agio tafforza
ordinate dalla
7a tua pietà. Non dimenticare che
Regola e da farsi in comune :
le
in
ciò sii esemplare. In una casa di formazione missionaria il 99%o è dovuto
all'esempio. E poi accresci il fervore con frequenti visite, con qualche buona
lettura spirituale, con un linguaggio spoglio di ogni sapore o influsso mondano,
fomentando la presenza e l'unione con Dio.
6" Solo allora non avremo più le manchevolezze che portano alla cri-
tica, ci tascinano alla mormorazione e rompono gf incanti della carità.
7" La costanza e diligenza nell'osservanza, 7a calma nel lavoro molte-
plice, lo zelo per le piccole cose, il desiderio della proprietà spirituale e mate-
iiale in tutto devono alimentarsi a quelle fonti.
8' Abbi dinnanzi, in ogni cosa, il nosffo B. Padre: studialo, amalo,
calcane le orme. Ti sorregga e aiuti Maria Ausiliatrice. Coraggio. Ti saluta e
benedice il tuo
aff.mo in C. J.
Sac. P. Rrcer,»oNB
Una risposta di D. Ricaldone data con una cefia forza a D. Tarcisio Sa-
varè, che dopo le prolungate sofferenze del l94l 1o consigliava a ricevere
scendendo in ufficio dalle 11 alle 12, dimosra come gli stesse a cuore questo
suo compito, ma inteso nella sua essenzialità. Rispose testualmente: « Faccio
osservare che, di fatto, e voi segretari 1o sapete, ho sempre ricevuto: se non
in ufficio, sopra. Devo riservarmi ai lontani. I sentimentalismi non sono nel
mio carattere. Lasciamo da parte la poesia e badiamo alla realtà. Avendo già
visitato prima le case, ho mandato i Capitolari e non mi sono mosso da To-
rino; perciò ho potuto sempre ricevere, a meno che non ne fossi impedito
da malattia, chiunque veniva a dire ai segretari di volermi parlare ».ft
Si, egli non era fatto per i << sentimentalismi >> cioè per chi veniva sen-
za urna reale necessità, ma anche non voleva una timidezza e ùfl riserbo che
tenevano lontani.
Così nel 1937 scrisse a D. Puddu che, forse non conoscendo ancora 1o
<< stile >> del Padre, non aveva osato recarsi da lui:
36 In data 8 marzo l94l
118

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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« Carissimo Don Puddu,
non aver timote di disturbarmi; quando hai bisogno di qualche schiari
mento o di qualsiasi alra cosa non hai che da bussare alla mia porta. Questo
sia detto unà volta per sempre. Trattiamoci con la medesima familiarità... ».3?
Lo stesso pensiero 1o esprime a Don Rubino Michelangelo. D. Ricaldone
era stato a Roma e gli aveva dato proprio facile occasione di un incontro, ma D.
Rubino non aveva bussato alla sua porta.
Carissimo D. Rubino,
Torino, 27 marzo 1,937
permetti che ti parli proprio col cuore. Ma perchè r,rroi fare tanti com-
plimenti? Già ti ho detto che per te non vi è anticamera, nè bisogno di chie-
dere udienza: e credo che tu possa stare a quello che io ti dico e non a chi
riuscirà ad infotmarti più o meno esattamente.
Sono stato dieci giorni e più a Roma e avrei avuto tanto piacere di ve-
derti e di parlarti, perchè 1o sai che ci siamo voluti e ci vogliamo sempre bene.
Anzi ti dirò che sono stato io stesso a trovarti alla Salita del Grillo, perchè
aveva promesso una visita a Mons. Bartolomasi, col quale mi premeva avere
un colloquio per rispondete alla sua circolare. Fui sfortunato quel giorno e
trovai l'uscio di legno. Come vedi ti ho dato io l'esempio di ciò che dobbiamo
fare, recandomi aTla tua sede. Ti sarebbe costato ben poco venire, come hai
fatto sempre in passato, un giorno o due o tre alla Procura, ove avremmo
avuto il piacere di passare un po'di tempo insieme (...).
Dunque, siamo intesi: in awenire meno complimenti e la cotdialità e
la libertà di sempre.
Coraggio! Ti auguro felicissime le feste di Pasqua e ti ricordo che ci farai
sempre un regalo venendo a trovarci a Torino... >>.
Ciò che avveniva in quegli incontri intimi rimaneva segreto di padre e
di figli, ma per le poche testimonianze di chi ha voluto ricordare, sappiamo
che D. Ricaldone coi suoi Salesiani riduceva le distanze e anche tutto il suo
aspetto esteriore si addolciva. Va da che un vero Padre deve saper coman-
dare e anche richiamare e correggere.
Scrive don Angelo Gallenca: << In tutti i miei incontri con Lui ho trovato
sempre un vero Padre dal cuore grande che sa comandare e farsi obbedire,
Certo, chi non era in regola... lo temeva, ma chi faceva il proprio dovere ffo-
vava in lui il Padre ».
E ricorda una di queste udienze, fatta non già per avere buone parole
« ma aiuti pratici »>, quindi anche un po' imbaruzzante per lui che, giovanis-
simo incaricato della direzione nell'ancor più giovane casa di Montalenghe (era
appena stata iniziata da D. Ricaldone), non sapeva come sbrogliarsi...! fn casa
37 Lettera di D. Ricaldone a D. Puddu, 1.0'4'1937
tt9

14.2 Page 132

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erano rimaste appena sette lire e si dovevano fare le ptovviste per f inverno
oltre le spese giornaliere. <<
e poi aperse il suo cassetto
Me imaiscdoieltdòe-
unascbriuvoenDa .sGomalmlean,cadic-endmoimini cboornaagrgiaiò-
mentQe:ua-ndoSasii,
tnroanttòdidrliocoamDpe.raGreirauundic! a-vallEo
non fu l'ultima volta.
per fare le provviste, dato
che
7a casa era lontana dall'abitato, andai ancora da lui. Mi disse di comperarlo,
ma di non pagarlo perchè sarebbe venuto in persona a regolare ogni cosa. Di-
fatti lo comperammo ed egli venne; lo esaminò, gli piacque e mi diede la
somma per pagarlo ,r,38
Poteva andare da D. Ricaldone anche chi aveva il carattere di fuoco, fa-
cile quindi a divampare... Chi più di lui che ardeva sempre, poteva capire e
calmare?
<< Una volta mi recai da lui per una vertenza con un confratello che aveva
qualcosa conro di me. Espostagli la questione, ad un certo punto, con sde-
gno mi
si deve
attlzaattiaeredcaonsdìouunnvpeucgcnhoio:sulel itacvhoeloscgrliivedislestit:e-re
Questo non va; non
sulla carità in questi
giornCi,hniuonnqupeersmiestatareqbubee,stao.q-uel mio gesto, alterato e mi avrebbe ripreso. In-
vece D. Pietro, sorridendo mi
ciandomi, proseguì: << Sai che
tdi ishsoe:se-mpNreonvoflaurteo
il tragico
bene: Ti
-voleevopofai rabdbirraect--
tore, ma tu non vuoi. » Lo lasciai commosso e con le lacrime agli occhi. Più
paterno di così non poteva dimostrarsi >>.,
Quando poi chi desiderava parlaryTi era un figliuolo che veniva da lonta-
no, tanto più se dalle missioni, allora il suo cuore si dilatava ed aveva tratti
e modi così affettuosi da lasciare ricordi indimenticabili e capaci di risanare
le più dolorose ferite.
Ricorda un Missionario: << L'ultima volta che mi incontrai con questo
caro Padre fu l'anno 1950, quando ritornai in patria per un po' di riposo.
Era d'estate ed il Signor D. Ricaldone non trovandosi in troppa buona salute,
era di solito fuori Torino. Chiesi subito se era possibile vederlo, ma mi dissero
che era sempre circondato da segretari, i quali ,molto di{ficilmente permette-
vano di avvicinarlo per timore che la sua salute ne risentisse. Io non potevo
rassegnarmi all'idea di non vederto e di ricevere acora una volta la sua bene-
dizione. La sua bontà venne in mio aiuto. Una delle volte che venni all'Oratorio
cercai di osservare se vi era qualche occasione per incontrarlo e difatti vidi che
per ritornare in camera soleva passare per una teffazza vicino a un corridoio.
Lo aspettai e quando passò andai a salutarlo.
mtraiatterSnisenpneozs'aataltlruocnomgnotii,ndcuishòsi:eed:-e-ndVoVimeuinoiin,povatiizerlianerimd-ei,lln'Aeosnsmaèmi vceodrnood?vues-sleueineesrellan'uzsfaftiacatisoopenottevaleresmuIoai
viaggio in Oriente, e dove tanto era ricordato. S'interessò di tutto e di tutti,
s Testimonianze di D. Angelo Gallenca.
3e Testimonianze di D. Evasio Spriano.
120

14.3 Page 133

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lasciandomi completamente soddisfatto e consolato. Mi intrattenni ancora con
lui in qualche rioeazione nelle quali padò della sua visita all'Assam, delle cose
che aveva visto, ricordando persino delle parole Khasi. Prima di ritornare nel-
l'Assam potei andare ancora una volta a salutarlo e ricevere la sua benedi-
zione. Egli me la diede con particolare affetto tanto che io ne rimasi commosso
sapendo
che
era
I'ultima
che
avrei
ricevuta
da
lui
4
»>,
E in questi colloqui D. Ricaldone sapeva anche con umiltà chiarire a se
stesso e agli interessati i << qui pro quo )> come capitò al futuro arcivescovo di
Valencia D. Marcellino Olaechea Loizaga. Nel 19ll era stato nominato dalla Santa
Sede Visitatore Apostolico dei seminari. Per voci corse parve a D. Ricaldone che
questa nomina fosse stata ricercata da lui, cosa del tutto falsa, tanto è vero che
aveva supplicato ripetutamente di essere liberato da tale incarico. Ma tutto era
stato inutile ed egli rimase con la pena di non essere stato capito dal Rettor
Maggiore. Dovendo venire in Italia si ,può pensare con che animo si prepaav^
ad un incontro con lui... La descrizione da lui fatta è toccante!
<< Venni in ltalia per la Canonizzazione di Don Bosco e mi trovai con
D. Ricaldone... Venne verso di me, mi diede un così forte abbraccio e mi disse
così paterne parole di incoraggiamento e lode che, confuso, sentii sparire da me
ogni pena e divenni veramente devoto di questo mio grande Superiore ». ar
Questo tratto squisito per chi veniva a lui da lontano l'ebbe non solo per le
singole persone ma anche per i gruppi, le piccole comitive di Confratelli che
venivano a Valdocco per conoscere il Centro della Congregazione, vedere 1a
Basilica, Don Bosco e specialmente per awicinare i Superiori.
Un esempio per tutti è sufficiente per dire a quali finezze scendesse per
questi suoi figliuoli: era regale, nobilmente signorile, perché era veramente
padre.
Ricorda il Confratello Coadiutore Enrico Martini: << Quando il nostro grup-
po, una dozzina di confratelli della casa della Navarre, arrivò in camion all'O.
ratorio di Valdocco il 14 luglio L949, D. Ricaldone era assente per un po'
di riposo. Dopo il suo ritorno il 15 o il 16, noi andammo a salutarlo all'uscita
del pranzo. Egli fraternamente diede ad ognuno l'abbraccio << alla francese »>.
Siccome si era all'epoca del « Tour de France » egli ci chiese gioiosamen-
te se Coppi avrebbe vinto. Noi intanto restammo ammirati per la venera-
zione con la quale 1o circondavano i Confratelli, e ci colpirono specialmente
due Superiori di un Seminario vicino, che si avvicinarono con semplicità al Rettor
Maggiore in cortile e gli chiesero la sua benedizione sugli Esercizi che stavano
per incominciare. Il Venerato Superiore rispose loro di cuore ed essi se ne
partirono tutti sorridenti. Ma intanto non ci perse di vista. Ci radunò neIla
Sala del Capitolo Superiore, ci mostrò i piani del futuro Santuario di S. Gio-
vanni Bosco che si doveva costruire vicino alla casa natia e poi ci parlò. Con
molta bontà egli si informò del nostro Direttore, dei Confratelli che non ave-
{
al
Testimonianza
Testimonianza
di D. Gutierrez del 10-11-1961
di Mons. Marcellino Olaechea
da Mawlai.
Loizaga, già
arcivescovo
di
Valencia.
121

14.4 Page 134

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vano potuto venire e del nostro lavoro. Poi ci invitò a visitare le scuole di
Agricoltura di Cumiana e di Lombriasco, pregando D. Candela, che chiamò
il nostro « Cardinale Protettore >> di accompagnarci e di servirsi della macchina
del Capitolo.
Ad ognuno, dopo aver messo Ia sua firma, diede un esemplare della lettera
circolare sulla ,, Devozione a Mafia Ausiliatrice »>. Per il viaggio a Cumiana
D. Candela salì semplicemente sul nostro camion. Avevamo appena cominciato
a visitare il famoso Istituto, quando avemmo la bella sorpresa di essere rag-
giunti da D. Ricaldone. Dopo aver amabilmente rimproverato D. Candela per
non aver usato la macchina messa a sua disposizione, egli volle essere la nostra
guida nel vasto stabilimento: venne con noi perfino a Lombriasco. fummo
salutarmente impressionati della gioia di quei Confratelli alla vista del Vene-
rato Superiore; erano veramente figli felici di vedere iI loro Padre.
Alla vigilia del nostro ritorno D. Candela ci concesse la grazia di un ulti-
mo colloquio. Alla fine della cena andammo nel Refettorio del Capitolo. D. Ri-
caldone invocò su di noi e su tutti i nostri la benedizione di Maria Ausiliatrice
e di S. Giovanni Bosco e ci esortò a propagarne Ie devozioni. La sua ultima
esortazione
fu:
<< Vivete
nella
carità
a2
»>.
Ma nell'ufficio di D. Ricaldone sostavano molto volentieri anche gli
esterni, spesso personalità gravate di cento preoccupazioni, per uno scambio
di idee, per uno sfogo confidenziale che fosse stimolo ad un consiglio costrut-
tore e orientativo.
Era veramente <( uomo di consiglio » D. Ricaldone, con quella sua pre-
senza interiore a Dio e agli avvenimenti storici interpretati sempre come segni
provvidenziali di un piano di salvezza eterna. Con lui si trovavano in familiarità
non solo Vescovi e Cardinali, come I'Arcivescovo di Torino il Cardinal Fos-
sati con cui, come già vedemmo, gli abboccamenti erano frequenti, ma anche
Superiori di altre Congregazioni: Mons. Barlassina dei Missionari della Con-
solata, Padre Cesari dei Padri Giuseppini di Asti, Padre Chiesa del Cottolen-
go, Padre Sterpi dell'Opera di D. Otione come pure il suo Successore Padre
Pensa, erano in intimi raoporti con D. Ricaldone.a3
C'è questo grazioso biglietto di Padre Gemelli, così dotto e saggio che
pure spera tanto di incontrarsi con D. Ricaldone proprio per avere consiglio.
Reverendissimo Signore,
Milano, 4-9-1945.
le sue parole di augurio e di conforto mi sono riuscite particolarmente
gradite; Ella è Maestro nella vita spirituale e quindi le sue parole mi tornano
particolarmente care e le conservo preziose come un messaggio di D. Bosco.
Quando potrò venire a Torino voglio venire a ttovarla per conversare un po-
42 Testimonianza del Coadiutore Salesiano Enrico Martin in data 8 gennaio 196l da la
Navarre,
43 Testimonianze di Don Tarcisio Savarè.
r22

14.5 Page 135

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co con lei e studiare come da tutte queste rovine, di questo mistissimo mondo,
si possa cavar del bene; mi benedica.
Fr. Ac,osrrNo Gpurr,r.r O.F.M.
Egli non cercava solo di comunicare a chi ricorreva a lui il meglio della
sua prudente esperienza, ma li aivtava anche materialmente o nel disbrigo di
pratiche.
Era poi unito in profonda a grande amicizia col Generale dei Gesuiti Padre
Ledochowschi tanto che si scambiavano le loro preoccupazioni per trovarvi ri-
medi e aiuti reciproci. Fu questo Generale che disse a Don Ricaldone: << Siamo
preoccupati per il fumo nella 'Compagnia '... Fortunati voi Salesiani che avete
una legislazione chiara su questo punto! Noi stiamo studiando un modo per
cui i novizi entrino senza fumo; così venendo a morire gli attuali fumatori, la
'
Compagnia
'
intera
resterà
senza fumo
a
»>.
L'attuale Vescovo di Susa S.E. Mons. Giuseppe Garneri, ricorda che
quando era parroco del Duomo di Torino e anche Ditettore del << Centro Gior-
nali Cattolici»>, andava da Don Ricaldone per consigliarsi con lui in momenti
di particolare difficoltà e lo trovava sempre disposto al colloquio, dimostran-
do interesse, comprensione e zelo >>. E aggiunge: << Di fronte a difficoltà eco-
nomiche della stampa cattolica diocesana o regionale egli si rendeva presente
con la sua generosa offerta per parecchi anni consecutivi il giorno di S. Pietro.
Veniva in quel giorno un salesiano al Duomo di Torino a recapitarmi la busta
contenente l'offerta generosa del Rettor Maggiore. Ricordo anche, e mi è stato
confermato, che nell'anno 1947 , all'inizio del lancio del settimanale « I1 nostro
tempo >>, il Rettor Maggiore si è personalmente interessato per far conoscere
la pubblicazione nell'ambiente dei Salesiani, raccomandandone 1'abbonamento
e la lettura >>. as
Don Ricaldone era uomo di illuminato consiglio anche per questioni non
strettamente religiose e apostoliche. Ne fa ricordo un illustre signore della Valle
Padana che prefetisce non essere nominato.
<< Durante l'ultima guerra, quando gli alleati risalivano L'Italia cacciandone
i Tedeschi e le schiere repubblichine, coscienzioso e italianissimo di sentimenti,
si tormentava nel suo inti,mo, ignorando quale fosse il governo legittimo. Incli-
nava tuttavia verso la Repubblica di Salò e già stava per mandare a combattere
per essa suo figlio che aveva rivestito un grado abbastanza elevato nell'esercito
prima dello squagliamento. Nell'amarezza del dubbio chiese consiglio a Don
Ricaldone che gli rispose: « Di c'è il Re, c'è il Principe ereditario alla testa
di un esercito italiano. Non mandi suo figlio a combattere contro gli Italiani ».
Quel
signore
ne
rimase
convinto,
per
fortuna,
nascose
e
salvò
suo
figlio
ft
>>.
4 Testimonianze di Don Tarcisio Savarè.
4s
{
Testimonianza
Testimonianza
di S.E. Mons. Giuseppe
ripottata da Don Favini.
Garneri,
Vescovo
di
Susa
in
data
3-6-1971
L23

14.6 Page 136

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Per questo dono di Spirito Santo e per Ia pronta intuizione delle soffe-
renze, delle situazioni più penose e delicate, Don Ricaldone incideva nelle anime
e perciò era cercato da molte persone. Don Terrone assicura: << Mi consta di
alcuni signori riguardevoli che, dopo un colloquio con D. Ricaldone, rimasero
entusiasti, guadagnati dalla sua bontà, apprczzandone il tatto finissimo, la si-
ctxezza dei giudizi, non meno del coraggio per mettere ad effetto grandiosi
progetti. Per questo si affezionavano a lui con vincoli che non venivano più
spezzati.
Ecco per esempio una lettera in cui si ringrazia D. Ricaldone per i
« paterni consigli »>:
Reverendo Don Ricaldone,
Torino, 24-12-1950.
7a tingrazio'con tutto il cuore degli auguri, sono mortificato che ella mi
abbia prevenuto. La di le,i affettuosa benevolenza mi commuove; voglia con-
servarmela sempre. Ancora la ingtazio per i paterni consigli; oggi ho la sere-
nità dopo tanti anni tormentosi e prego Dio me la voglia conservate. Tutti
i miei auguri più fervidi per il S. Natale a lei e a tutti i figli di D. Bosco...
aff.mo Fsorr,s Nrcno
Gli stessi esponenti della cultura, dell'arte e non pochi industriali si te-
nevano onorati di poter trattare con lui; e Don Ricaldone sull'esempio di
D. Bosco sapeva approfittare con <( ogni zelo e discrezione >>.
Ecco un'anima in tempesta che, avvicinando D. Ricaldone non solo rimane
conquistata dalla sua bontà ma è toccata nelf intimo per un guardare oltre le
cose umane..,
Torino, 6 giugno 1950.
Reverendissimo Sacerdote D. Pietro Ricaldone,
La ringrazio di tutto cuore per la Sua paterna accoglienza e non le na-
scondo che ieri uscendo dal colloquio che lei mi aveva gentilmente concesso
ero veramente emozionato sia per la grande bontà che emana da ogni suo
gesto, sia per le sue illuminate espressioni che sollevano veramente lo spirito
oppresso dalle innumerevoli preoccupazioni terrene.
La ingtazio inolte per le Sue buone disposizioni nei riguardi del Pa-
rente di Monsignor Boccadoro che tanto si preoccupava per il mancato ritorno
del suo congiunto.
Mi conservi, amatissimo Padre, Ia sua grande benevolenza ed accetti la
espressione della mia sincera devozione.
Dev.mo Rrvnrla FneNcssco
E continua D. Terrone: « Noi abbiamo visto alla balaustra delia nostra
cara Basilica dei signori che da anni non erano più entrati in Chiesa. Tali erano
gli effetti dei contatti del nosro Superiore con certe persone.
124

14.7 Page 137

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Ad un esponente parlamentare a7 che partecipò anche al Governo come
Sottosegretario, dal quale era tenuto in grandissima stima, D. Ricaldone con
amabile franchezza non risparmiava raccomandazioni ed amichevoli consigli.
In una delle visite, credo l'ultima che l'Onorevole gli fece all'Oratorio, dichia-
con risoluta franchezza: << Stia sicuro, D. Ricaldone, io non sarò mai e poi
mai comunista a nessun costo ».
Duole che sia venuto a mancare improwisamente: sono d'avviso che egli
non avrebbe rifiutato i conforti religiosi, perché anche il Sindaco di Torino,
al termine di una accotata commemorazione funebre così si esprimeva: <( Ac-
colga Iddio, in cui Egli credeva, l'anima sua nella vera pace )>.
Fu in questi colloqui che D. Ricaldone si incontò con l'anima del Sena-
tore Agnelli. Egli seppe scoprire la perla preziosa della fede dei padri fra il
turbinio degli affati che assorbivano quell'esistenza vulcanica di iniziative e di
conquiste tecniche e vi lavorò attorno con perizia di vero amico e di zelo sa-
cerdotale.
I1 Senatore trovò in Lui uno spirito equilibrio, aperto, dinamico, disin-
teressato; vi trovò l'uomo della fede ma con i piedi ben a terra e ne rimase
a{fascinato. I loro incontri vertevano su opere di bene, ma toccavano il valore
essenziale delle cose: Dio, vita, eternità, ricchezze, Prowidenza, morte. <( Fu
in una di quelle conversazioni che il Senatore uscì in questa drastica espres-
csdhioiense,ngparloibneaustnttiiaci;aitioandsaoabnlbouoisnitdnaatondzicaaalep\\atatcogeprasieozmilaooadnitfeaDsreios' o-pldeiD!r..ou.nn-aRicQcoaunldecoslutnoseio,unimoeilnceorisnsteiasnontinareo-
mente
felice
della
sua
lunga
vita,
onesta
e
laboriosa
4
>>.
Don Ricaldone riconoscente per il bene che faceva all'Opera di Don Bosco
gli stava dietro per un dono più grande: voleva la sua animal E faceva pregare
dicendo: « I1 Signore lo aiuta, il Signore lo attira a sé. Ha fatto molto bene
a
tanti
operai
ed
anche
a
noi
ae
>>.
Fu
sollecite
così che
di Don
dRoicpaoldleonveisaiteludieql uSaenndaotoraemamDalòo.n$RDicaolndoRniec,acldiofnueropnooquseclrlei-
vere: <( L'intimità che ci univa mi diede la {orza per dirgli che il tramonto era
vicino e urgeva prepararsi... Gli fui ripetutamente al fianco, anche per recargli
il supremo conforto di Gesù, che vuol essere vostro Viatico nel passaggio dal
tempo all'eternità »>. 5t
Ascoltò la sua confessione per ben tre volte preparandolo ad una morte
serenissima. Il nipote Giovanni Agnelli, alla morte del nonno non sapeva
come ringraziare Don Ricaldone per essergli stato di << così grande conforto
a?
4
On.le Giuseppe Romita.
Testimonianze di Don Savarè,
agosto
1971.
ae
s
Parole dette
Sul taccuino
il 2 marzo 1941. Testimonianza di Don Terrone.
del 1945 Don Ricaldone appuntò le tre visite ultime
de1
7-11-16
dicem-
bre. 11 7 avvisa della gravità del Senatore anche il Cardinale.
sr Dai ticotdi personali sul Senatore Edoardo Agnelli di Don Ricaldone del 20-4-L949.
t25

14.8 Page 138

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e
sollievo
negli
ultimi
giorni
della
sua
vita
terrena
s2
»>
e
sapendo
di
fargli
cosa gradita gli mandava una bella lotogralia del defunto. s3
I suoi colloqui portarono a Dio un'altra anima, un altro Senatore non
praticante, ma di spiccata rettitudine: il Senatore Alfredo Frassati. Si era gua-
dagnata tutta la confidenza anche di lui, per cui un giorno, con pi^cevoTezza
gli disse: << Lei, Senatote, è un cristiano come 1o sono io, è cattolico; ha sol-
tanto bisogno di inginocchiarsi e di fare una buona confessione >>. Il Senatore
sorrise e la conversazione per allora continuò, ma su alffo soggetto. sa 1l fatto
è che nel 1951 Don Ricaldone riceveva dall'amico una lettera in cui così l'as-
sicurava: << Mi preparo seriaruente ad essere degno di morire nella religione
dei miei padri e nella religione di mio figlio ». 5s Già aveva regalato al ' Cotto-
lengo' un intero padiglione, che venne intitolato al figlio Pier Giorgio!
Ma da Mons. Angrisani sappiamo qualche cosa di più e come egli man-
tenne la parcla data a Don Ricaldone. Ecco ciò che testi{ica Sua Eccellenza:
« Avendo incontrato Frassati poco tempo dopo la morte del Rettor Maggiore,
ecognlisomlaizidoinsesec:h-e
Caro Don Ricaldone,
egli tanto aspettava da
mentre era vivo, non
me. Ma adesso che ci
gli
ha
ho dato la
lasciati, ho
fatto
il mio
Fra le
dovere: sono
tante udienze,
tDoronnatRoicaaildSoanceranmeeanntin! o-ver»a>v.sa
alcune
del
tutto
spe-
ciali, conosciute dai più intimi perché « la sinista non deve sapere ciò che fa
la destra >>. Erano gli incontri coi « signori poveri »>. Venivano all'Oratorio
vestiti elegantemente (qualche volta con vestito noleggiato) per parlare con il
successore di Don Bosco: avevano affari e comunicazioni speciali da confidare
a lui personalmente. Così dicevano, e non c'era modo di indirizzarli ad altri
Superiori, e neanche che declinassero il loro nome: ?tofi c'era bisogno... Sem'
bravano dignitosi benefattori... Don Ricaldone parecchie volte, benché intuisse
i1 genere di confidenze annunziate, scendeva in ufficio, li accoglieva, ti ascol-
ava, 7i beneficava da sacerdote e successore di Don Bosco. Diceva ai segre-
tnaerfiapttooir:e-l
Ve 1o aveva detto... quello era un povero
Ma sono contento 1o stesso: gli abbiamo
inlelice... altro che be-
fatto doppia carità e
sempNreatpuerar lim1 eSnigtenoaress-ai
,r.
più
grande
era
il
numero
di
quelli
che
pregati
dai
se-
gretari si rassegnavano a passare da altri, ai quali era stato raccomandato di
trattarli con sapiente carità. Non mancavano anche dei lestofanti; ma le precau-
zioni che egli suggeriva riuscivano a sventare f inganno. Ad un tale che do-
mandava denaro per fare un lungo viaggio verso il meridione, disse con tutta
gentiTezz^i « Benl Vi faccio accompagnare alla stazione di Porta nuova da un
mio incaricato che vi pagherà il biglietto >>. Il bricconcello che non pensava
aflatto a lasciare Torino, naturalmente non accettò e se ne andò.
s2 Lettera a Don Ricaldone di Giovanni Agnel1i, nipote de1 Senatore,2)'12-1945.
s3 Con lettera a Don Ricaldone di Giovanni Agneili, nipote del Senatore, 72-2'1946.
sa Testimonianza di Don Terrone.
ss Lettera del Senatore Frassati a Don Ricaldone in data 223-1951 da Torino.
s6 Testimonianza di Mons. Angrisani, 1,6-ll-72.
t26

14.9 Page 139

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b) Con le uisite
Alle udienze si alternavano le visite, mezzo indispensabile per essere pre-
senti ai vicini.
Oltre a quelle, per così dire, regolamentari e di convenienza proprie di
un Superiore Maggiore che deve interpretare presso le Autorità religiose e
civili una Congregazione, oltre quelle doverose come Padre di una vasta Fami-
glia Religiosa, Don Ricaldone aveva quelle che facevano capo ad un ben pro-
gettato ordine di lavoro, o ad un punto programmato del suo governo.
I1 suo progettato ordine di lavoro, come abbiamo già visto, era di essere
presenza, occhio vigile e paterno aiuto, dove c'erano difficoltà e le circo-
stalze, il tempo, le disposizioni provvidenziali gli permettevano di accorrere.
Fra i pir) vicini c'erano i figliuoli alle prese con opere di nuova struttura-
zione, case al loro sorgere, fondazioni: Montalenghe, per esempio, nacque e si
sviluppò alla sua plesenza: dai lavori di livellamento e di passaggio tr1 parco
e la futura Casa (lavori compiuti durante le vacanze estive da benemeriti aspi-
ranti di Ivrea, chiamati piacevolmente <( fossores »> da Don Ricaldone stesso)
fino al 2J settembre 1937 in cui la casa poté ospitare un gruppetto di aspi-
ranti catechisti.
Da quel settembre Don Ricaldone, apprezzando Ia tranquillità del luogo
che gli dava 7a possibilità di sbrigare la corrispondelza e mandare avanti molto
Iavoro di tavolino, si fece anima e cuore di quella casa.
Mise mano a tutto perché tutto doveva ancota nascere: il pollaio, il
frutteto, la cappella, genialmente ricavata dall'ambiente della stalla e dedicata
a Maria Ausiliatrice,sT per suo desiderio, e l'Oratorio festivo inaugurato so-
lennemente con autorità, banda, popolo, discorsi e battimani. I lavori prose-
guirono ininterrotta,mente fino ad avere nel L942 frutteti e campi perfetti e
atttezzatite complete.
D. Ricaldone ne fu I'ideatore e l'assistente della esecuzione, che seguì
con metfo e lignola; ma soprattutto col cuore. Sovente portava caramelle e
merenduole per quei cari aspiranti che si prestavano alla fatica e non mancava
di partecipare a queste festicciole-premio da ltti organizzate con doni e canti,
in un clima di calda familiarità.
D. Ricaldone non badava solo ai lavori ma ayeva I'occhio specialmente
per i giovani lavoratori, tanto da accorgersi che un aspirantino era un po'
magro e male in arnese e occorreva provvedere. La sua paternità uscì quella
volta con l'arguta proposta: << Mettiamolo in cucina perché ingrassil >>.s8 Ma
poi provvide perché tutti avessero vacanze distensive in Val d'Aosta. se
Quando poi i bombardamenti portarono i chierici studenti di filosofia
del Rebaudengo a Montalenghe, egli ricevette Superiori, Insegnanti e giovani
s7
s
Cronaca
Cronaca
della
della
casa
casa
di
di
Montalenghe
Montalenghe
1937.
del 1919,
2l
tprlle
5e Cronaca della casa di Montalenghe del 1940, agosto.
t27

14.10 Page 140

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confratelli, disponendo per una conveniente sistemazione. o E non mancò poi
di visitarli per vedere se tutto procedeva bene. Furono incontri bellissimi nel
patco f.ra boschi, vigneti e campi, dove voci e canti si intrecciavano e facevano
momentaneamente dimenticare le ore tragiche della guerra e diminuite la ten-
sione degli studi severi.6l
Presenza di Padte e sempre anche di apostolo; infatti nelle frequenti visite
non mancava mai 7a confetenza formativa e la sua partecipazione esemplare
alla vita comune.
La stessa vigl,anza fattiva e paterna segnala la cronaca della Casa di
Caselette. nell'aprile del 1943 D. Ricaldone stesso con alcuni confratelli di
spose per alloggiare i Superiori del Capitolo, deciso di farli sfollare almeno alla
sera per un riposo senza alTarmi e spaventi.
Ma anche quando divenne insicura per guerriglie tra tedeschi e parti-
giani, non l'abbandonò e l'aiutò a liberarsi da1le requisizioni delle truppe ar-
mate. Poiché il Direttore conosceva il tedesco, fece scrivere su plance e car-
telloni nella lingua degli invasori lo scopo della casa perché essi capisseto
che dovevano lasciarla libera. E che dire di quel suo giungere proprio quando
i tedeschi stavano per occupare il Castello? Sembrò inviato dal1a Provvidenzal
D. Ricaldone parlò, spiegò e pacificamente risolse le richieste dei tedeschi con
la necessità dei confratelli e dei ragazzetti sfollati dalla Ligutia che avevano
presso di loro: avrebbero ceduto solo alcuni ambienti della portineria. E così
avvenne. 62
Passata la guerra, eccolo ancora a Caselette. Il motivo per il pubblico era
di sbrigare posta e godere anche un po' di aria buona, era già così sofferente!
Ma in realtà aveva in progetto di fare del Castello di Caselette una casa di
noviziato.63
Poiché la proprietà disponeva di alcuni ettari di terreno, anche qui, come
a Montalenghe, organizzò una sistemazione per ottenere una piccola azienda
agricola, dove ragazzi e aspiranti potessero completare la loro formazione teo-
rica ricevuta nella scuola con le esercitazioni pratiche.
La cronaca ha sovente quadretti meravigliosi nel tratteggiare D. Ricaldone
alle prese coi giochi dei rugazzi, con Ia distribuzione di cioccolatini e di premi,
e nel mostrarlo con loro curvo nel misurare, controllare le livellazioni, nel
conffollare le loro semine, i loro raccolti e anche sostare nei loro studi e osser-
vare minutamente i quaderni di bella, i disegni, i colori.... n
Ma anche qui la sua presenza è soprattutto per la loro anima e perciò
pensa alla Cappella che deve essere degna del Padrone di Casa. Grosse offerte
60 Cronaca della casa di Montalenghe, dicembre 1942.
61 Cronaca dela casa di Montalenghe, anno scolast. 1941.
62 Cronaca della casa di Casellette, 26 apile 1944.
63 Cronaca della casa di Caselette. Attestazione de11'allora Ispettore D. Colombara in
data
2e 7
giugno.
Cronaca
della
casa di
Montalenghe
dall'anno
1946
al
1949.
t28

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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che gli passano fra le mani sono destinate a questo scopo; di persona si inte-
ressa per l'erezione dell'altare perché 1o vuole bello! 6s
Ad alcuno poté sembrare eccessivo questo interessamento per piccole
cosette e di piccole case.
Tante volte si udivano confratelli, venuti a Torino per vedere D. Rical-
done e contratiati dalle sue continue assenze, lagnarsi di queste sue soste
ora a Cumiana, ora a Montalenghe, ora al Colle, oru al Rebaudengo... Come
,superiore poteva occupare meglio il suo tempo, invece di perdersi in quel
piccolo orizzonte di opete!
E non capivano che quelle opere erano il modello di altre che sarebbero
sorte in tutti il mondo salesiano, e che appunto perché primi esemplari di Cen-
tri di quali{icazione, perché nuove fotme apostoliche, dovevano essere seguite
e realizzate nei minimi particolari da chi era il pioniere ideatore in queste nuove
vie di azione sociale e cristiana della Congtegazione.
Si può ben capire il criterio di D. Ricaldone da una risposta che egli
diede al segretario Don Savarè che lo pregava negli ultimi anni di riposarsi un
po' e di far lavorare gli altri lasciando che sbrigassero da soli le loro incom-
benze... Il saggio Superiore quasi avesse sotto gli occhi le << sue )> opere e le
<< sue creazioni >> e ne valutasse la portata, disse allora con calma:
<< In pratica ho visto tante volte che, se non si sta dietro, non si ottiene
il fine desiderato. Una volta bene avviata la cosa, si può stare tranquilli e la-
sciarla in mani di alri. Così abbiamo fatto per le Case di Formazione. Ora non
vado più a Cumiana, perché non è necessario quantunque mi abbiano un po'
cambiate le cose; ma, cosa farci? siamo uomini. Così al principio ero quasi
sempre al Rebaudengo pet quelle Scuole Professionali. Una volta fatta una
Casa e
E tale
assodato
iniziativa
isl ibpuroondoucsepiirnitov,asriiedpicaertai gcloi nalbtrei:ne-ficiGoudairdtuatteta:
flaateCocnogsrìelg-a-
zione. Così pure per l'Ateneo Salesiano: dovrò stargli diemo ancora per un
anno, due, anche per la nuova Facoltà di Pedagogia. Ora poi ai Becchi abbiamo
tra mano opere importantissime, a gloria di D. Bosco e della Congregazione:
dovrò curade personalmente, mente D. Giraudi bada alla parte edilizia. Poi
se il Signore vorrà, verrà la
dimitCtioss!ì-D.»R. icaldone arrivò
Casa degli
persino ad
Esercizi! E
interessarsi
così canterò il
personalmente
- Nunc
degli scaf-
fcraealtrit,ioeddseuii lmCleaos«baiBliMibmalideortteeacl6lhiceipdr,>oi6p7arriecoh<pi<veAiorr,cpdhoeitvegirlni»>es6chpaeadrlataurritetpaceorlanl'acfraocmmhipivgeiTstetiaanzseaalienlsebialilnbealiooctpehe-e-
doveva aprirsi a queste nuove forme amministrative.
E se non avesse mai presenziato ad accademie, a rappresentazioni teatraTi, a
proiezioni di film, come ne avrebbe potuto parlarc con competenza ai Con-
65
6
Cronaca della casa di
Dal diario di D. Luigi
Montalenghe, Novembre-Dicembre 1949.
Tavano, 19 settembre L9)7,1" genn. 1938.
67 A.C.S., n. 84, Nov.-Dic. 7937.
68 A.C.S., n. 120, Nov.-Dic. 1943.
129
I

15.2 Page 142

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fratelli? Per lui campi, mobili, teatto, ecc... tutto assumeva proporzioni mon-
diali perché la sua mente spaziava in organizzazioni a scopo apostolico da
diffondersi in tutte Ie zone dove lavoravano i Salesiani.
D'alffa parte un punto programmatico del suo governo era la formazione
del personale, perciò era suo dovere visitare spesso le Case di Formazione
tanto più quando queste presentavano delle novità come gli Studentati Supe-
riori e i Cenri di Qualifica che non si potevano lasciare alla sola program-
mazione fatta a tavolino.
Se poi D. Ricaldone dedicava il tempo migliore a visitare prima di tutto
i figli più giovani del Rebaudengo, di Cumiana, della Crocetta, di Ivrea, di
Bagnolo, di Foglizzo e spesso anche di Yarazze, di Este, di Monteortone, di
Chiari, di Nave, non rascurava però i Confratelli maturi di anni e di espe-
tienze e neppure i Cooperatori anch'essi figli della grande famiglia di Don
Bosco.
Molto è velato dalla segretezza sacerdotale, molto dalla delicata carità,
ma le visite di D. Ricaldone ai Cooperatori non furono poche.
È edificante f interessamento che egli ebbe per il Conte Rebaudengo << il
più grande benefattore salesiano )> come soleva chiamarlo. Ne ricambiò l'aiuto
e l'affetto sincero con attenzioni e premure di frate1lo, visitandolo, confor-
tandolo tutte le volte che fu ammalato. E quanto brigò e fece alla sua morte,
in quell'aprile di guerra 1944, in cui era difficile persino far giungere la triste
notizia a parenti e amici e ad avere mezzi di ffasporto.6e
Furono poi numerose altre visite, impostegli dal tormentoso male al tri-
gemino che 1o obbligava ad offrire a Dio giornate e giornate intere apparen-
temente inattive, e dolorosi interventi.
R. Ricaldone vaToizzò, offerse questa croce, per amicchire la Congre-
gazione di preziosi metiti, e intanto si valse dei ripetuti incontri coi dottori
per diventare a sua volta medico delle loro anime.
Presenza ai lontani:
a) con i aiaggi
E ai lontani come si faceva presente D. Ricaldone? La sua giornata
aveva spazio, tempo anche per loro? Quanti figli egli conosceva personalmente!
Tutta la Spagna eru fatta di volti cari di confratelli, di cooperatori, di bene-
fattori che tenevano un posto di privilegio nel suo cuote. Ma poi come Visi-
tatore Straordinario ne aveva avvicinati tanti in tutti i continenti e ricor-
davano di ognuno il viso, l'occupazione, le sofferenze, 7o zelo.
I suoi taccuini personali dal 1932 al 1939 segnano ancora viaggi fre-
6e Taccuini personali di D. Ricaldorc del l9)2, 1942, 1944 in cui sono segnate tutte
le visite f^tte a,l Conte e i preparativi per i funerali.
t)0

15.3 Page 143

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quenti nei vari centri salesiani d'Italia, poi, dopo i terribili anni 1940-41-42
di dolori al trigemino e di guerra che lo fermarono del tutto, c'è solo più
una debole ripresa di visite che si limitò alle case del Piemonte con puntatine
a quelle dell'Ispettoria Lombardo-Emiliana e a quelle della Ligure-Toscana.
Le andete a Roma che erano di importanza vitale per la Congregazione
lo trovavano però sempre pronto. Tre, quattro e anche cinque volte all'anno
egli era per trattare degli affai della Congregazione.
Quando doveva andare non c'era modo di trattenerlo. Arrivato a .mala
pena, si doveva magari mettere subito a letto, spesso impossibilitato a cele-
brare. Ma ecco trovarsi pronto all'inconto con il tal Cardinale, il tal altro
Ministro, come la persona più in forze, Poi, spossato, ritornava a letto, per
ricominciare f indomani la stessa << via crucis »>.
I soggiorni romani che sistemavano pratiche in corso in attesa di solu-
zione talvolta gli costavano pene morali e gravi sofferenze fisiche, ma reca-
vano giovamento alla Congregazione.
Fin dal L934, già per la Canonizzazione di D. Bosco, egli passò da una
celebrazione al|'altra fra sofferenze continue.
Ma in quei primi anni di Rettorato volle essere « giovane )> a rutti i co-
sti, e così passò a visitare i confratelli di alcune case del Veneto, della Li-
guria, della Toscana, delle Marche,7o della Campania, del Lazio.Tl
C'etano poi le case di formazione che esercitavano su di lui l'atttazione
come quella della calamita verso il ferro, per cui non poté far a meno di
ritornare nei noviziati di Lombardia, Liguria, Veneto, Lazio.12
Nel 1918 fu invitato a tenere una Conferenza all'Assemblea Missionaria
del Congresso Eucaristico Internazionale che si svolse nel maggio in Ungheria,
a Budapest.
La lettera d'invito, in data 13 gennaio 1938, fitmata dal Vice Presidente
del Comitato preparatorio: Padre Bargha S.J., gli presentava anche il tema
da svolgere. Era bellissimo e proprio confacente al suo cuore apostolico e
salesiano: << Eucarestia, fonte di vocazioni missionarie e di zelo missiona-
rio »>. Accettò senz'altro l'invito 73 e partito da Roma per Budapest il 20 mag-
gio faceva ritorno a Torino il 1" giugno.
Seguiamolo nel suo itinerario a volo d'uccello.
Accompagnato da D. Tirone e da D. Candela, i7 2L maggio era a Trieste
accolto dai Confratelli dell'Oratorio Salesiano. Proseguì poscia per la Jugosla-
via e visitò successivamente le case di Rodek, Lubiana, Kodolievo, Radna. II
23 maggio partì per l'Ungheria; alla frontiera lo attendeva Don Antal. Celebrò
il 24 maggio a Rokospalota, festeggiando Maria Ausiliatrice coi Cooperatori
che accorsero in numero straordinario. Passò il po,meriggio coi teologi dello
7o Anno 193).
71 Anno 1934-35.
72 Anno 1936-37.
73 Lettera di D. Ricaldone, 2)-1-19)8
t3t

15.4 Page 144

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Studentato di Szentkereszt e coi confratelli di Nyeryes e di Esztergom-Tabor.
Tornato a Szentkereszt il 25 fece visita al Nunzio Apostolico, al Card. Seredi
ed ebbe Ia gioia di incor-rtrare il Card. Hlond.
I1 25 era a Budapest; fatta una sosta di qualche ora nel noviziato per un
incontro coi novizi, partecipò alla processione della notte e l'indomani tenne
la conferenza all'assemblea generale.Ta Questa fu così commentata da « L'Osser-
vatore Romano >>: « Egli (Don Ricaldone) ha parlato dell'Eucaristia come
sorgente dello zelo missionario; il suo discorso è stato detto in italiano e tut-
tavia, tanto è stato il calore di persuasione dell'oratore, che egli è stato seguito
attentamente dalla grande assemblea lungamente applaudito quando ha ricor-
dato i nomi dei più celebri missionari e l'opera dei Sommi Pontefici per la
propagazione della fede ».7s
Là, tta i Prelati incontrò il Card. Fossati, che gli fu compagno nelle ce-
lebrazioni del Congresso. Tra una manifestazione e 7'altra riuscì a visitare
l'oratorio di Buda e di incontrarsi ancora due volte col Card. Hlond.
I1 30 maggio riprese la via del ritorno; fece una breve sosta a Szomba
Fhely, dove lo ricevettero Salesiani, Figlie di M.A. e Cooperatori. L'indomani
era a Trieste e il 1' giugno rientrava all'Oratorio 76
b) con la corrispondenza
Le visite « a volo d'uccello )> trovavano indubbiamente un'eco nei cuori
dei confratelli ed alunni, un invito ed incitamento a perseverare nel bene, ma
non risolvevano i problemi individuali o generali che non mancano mai in
ogni comunità.
Don Ricaldone allora quando costatò che le condizioni fisiche non gli con-
sentivano più di affuontarc 7a fatica delle visite alle case cercò di supplire con
la corrispondenza.
Se ne era sempre servito anche prima, ma come Rettor Maggiore divenne
un elemento integrante e insostituibile del suo governo. Le sue doti spirituali
di mente, di cuore, di intuizione, la facilità di espore il proprio pensiero in
forma chiara , calda persuasiva e la molta preghiera, gliela resero quanto mai
efficace.
Messo in questa prospettiva, il dovere della corrispondenza divenne per
lui di primaria i'mportanza per cui rispondeva a tutti e con sollecitudine.
D. Fedrigotti asserisce: << Mi sorprese sempre la ptontezza con cui rispon-
deva alle mie lettere quando, per ragioni di ufficio, dovetti entare in corri-
spondenza epistolare con Lui dall'America. Lo faceva con brevità, si, ma con
limpida precisione, tracciando con sicurezza 7a via da seguire r>.
E un missionario, D. Gutierrez attesta: « Mi colpì sempre la sua premu-
74 La conferenza, ricca di citazioni patristiche, fu pubblicata in lingua ungherese e
la rivista locale « La gioventtr missionaria >> ne riportò un estratto.
75 << Osservatore Romano », Venerdì-Sabato, 27-28 maggio 1938.
76 Dal taccuino di Don Ricaldone del 1918.
t32

15.5 Page 145

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ra nel rispondere a tutti i miei scritti; anche a quelli di scarsa o nessuna im-
portanza per i quali non mi sarei aspettato una risposta ».
E di lettere non gliene mancavano mai. D. Terrone ricorda che spe-
cialmente in certi periodi ne arrivavano in quantità sbalorditiva.
<< Se si fossero conservate tante lettere che a lui indirizzavaoo personaggi
illustri, dignità ecclesiastiche, Ispettori ed anche semplici confratelli in occa-
sione di ricorrenze, potremmo avere una testimonianza universale della fiducia
e della stima che tante anime riponevano in lui ». Ma le << valanghe » di cor-
rispondenza di carattere familiare andavano regolarmente al fuoco. Egli teneva
conto del bigliettino d'augurio del confratello illetterato e della lettera del
confratello dotto in una qualsiasi disciplina. Doveva essere presenza di cuore
in risposta a quanti si erano latti a lui presenti.
Con le sue lettere brevi, ma succose di consigli, raggiungeva tutti, ma in
primo lungo quanti ne avevano più bisogno e fra questi i Confratelli in con-
tinue difficoltà come i Cappellani Militari, da sostenere, incoraggiare, animare
nel loro zelo sacerdotale e salesiano,n i Missionari che avevano sempre pro-
blemi da sottoporre nelle nuove fondazioni; i?8 figli ammalati, quelli gravati da
responsabilità non indifferenti; quelli che si trovavano alle prime armi di go-
verno o di apostolato; i dubbiosi; quelli che ancora lo cercavano come Supe-
riore tutto loro: le antiche conoscenze spagnole. Te E c'erano anche i Confra-
teTli anziani che avevano date care da ricordare e a cui poteva giungere gradito
un augurio, un ringraziamento per il loro molto lavoro fatto con tanta dedi-
zione.
cordò
iCl oGsiìubnielello'asSsailclaenrdteotaalvevidcei nDd.arGsiiodvianlanvi oMroin,gDuz.zRi; iecalndeolne19n4e3l
t942
quello
ri-
di
D. Scaparone compagno di Noviziato; 8r nel 1944 quello di D. Felice Cane; 82
rcl 1946 quello di D. Molfino 83 e nel 1949 quello di D. Felice Mussa. 8a Di
tanti alffi benemeriti confratelli anziani don Ricaldone acoebbe la gioia nei
loro giubilei, con affettuose e delicate lettere, che purtroppo non abbiamo po-
tuto rintracciare.
Alle lettere dei confratelli si aggiungevano quelle ai Prelati, alle autorità
civili, religiose e alle personalità del mondo del lavoro e della cultura, ai Be-
nefattori, agli amici; alle Superiore di Congregaziooi Religiose, alle Suore, agli
allievi, ai cooperatori, alla gente umile e minuta che ricorreva a 7ui...
Era solito dividere la corrispondenza in due guppi; quella di ufficio e di
affai e la sbrigava coi segretari, l'a7tra personale che riservava a rispon-
77 C'è un bel numero di lettere con cui D. Ricaldone raggiunse sempre D. Luigi Pasa
dal
1938
78 A
al l95l nelle sue varie Missioni.
titolo di esempio: le lettere a D.
De
Burgh
Davide,
Missionario
in
Sud
Africa,
dal 1946 al 1949.
7e
e
Lettere
Lettera
adiDD. .JoRsiécaDldtaozn.eDinal
L9L7
data
al 1951 non
8-10-1942.
abbandonò
mai
questo
suo
figliuolo.
8r Lettera di D. Ricaldone in data 15-12-19$.
82 Lettera di D. Ricaldone in data 10-3-1944.
83
&
Lettera
Lettera
di
di
D.
D.
Ricaldone
Ricaldone
in data 24-l-1946.
del dicembre 1949.
t33

15.6 Page 146

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dendo di suo pugno. Giustamente il settimanale cattolico ,, La voce del po-
polo >> di Torino scrisse di lui: << Non sapeva rinunciare alla corrispondenza
epistolare: leggeva tutto e rispondeva a tutti. Quale florilegio ne risulterebbe
se si facesse un elenco delle delicatezze usate ai Salesiani, ai Cooperatori, a
quanti ticorrevano a Lui »>.
D. Ricaldone scriveva di suo pugno o dettava, anche lettere di ufficio
sempre con la calma affettuosa di un padre: stile senza frange, ma chiaro e la-
pidario; contenuto pratico, tutto fede e carità; mai rispondeva sotto impres-
sione. << Trattando di certe lettere particolarmente difficili, vi tracciava sopra
un segno di croce e Ie riponeva. Gli capitò di riprendere in mano questa o
quella lettera così segnata e messa temporaneamente in disparte per meditarvi
sopra; ma ecco che, invece di dettare al segretario la risposta, la riponeva di
nuovo,
E
sdaipceevnadsoc:ri-vereAasnpcehtetiapmerogalinaclotrria, ;snpoecnieaqbubaianmdoo
pregato abbastanza>>.8s
erano lettere « difficili »
e i suoi « figliuoli )> non sapevano come lui attendere a pregare, e vergavano
lettere troppo accese... D. Agostino Pugliese fu uno di questi.
« Qualche volta dovevo scrivere delle lettere; egli me le rivedeva tutte con
pazienza e mi suggeriva 7a parcla esatta, ne smorzava il tono, ne accresceva il
vigore. Una volta ebbi una certa polemica con un Monsignore del Vicariato
a motivo di una causa matrimoniale che io trattavo al Tribunale di Torino.
Un altro Superiore mi fece piangere ordinandomi di cedere e di chiedere
perdono... per ciò che non avevo commesso. Scrissi una lettera piuttosto con-
citata. Ma D. Ricaldone me Ia rifece tutta in modo da presentada come una
dignitosa ma ferma protesta, senza animosità. E la polemica finì ». s
Non son molte le lettere di carattere familiare scritte di suo pugno rin-
racciate, dato che non essendo state dettate ai segretari, non ne è stata con-
servata copia.
Ma quelle che i destinatari hanno mandato per l'Archivio mostrano le
note distintive di D. Ricaldone e spiegano il perché della loro efficacia: la
preghiera che le aveva suggerite fioriva in espressioni di affetto, di umile gra-
titudine, di fede, di orientamento verso le vette.
Sa commuovere gli indimenticabili amici spagnuoli con frasi ben calde:
<< Siete stati troppo buoni con me e adesso capita che il mio cuore non può
(e nepoure vuole) uscire da quella bella Andalusia »>.
Sa consolare con parole che hanno il valore di un abbraccio affettuoso
di padre come queste: << Desidero dirti che ho avuto sempre per te I'animo
di fratello e di padre. Il Signore ci guida e talvolta anche per sentieri scoscesi,
ma possiamo essere certi che la mano che stringiamo è sempre 1a mano di un
padre,
il
quale
olme
che
Padre
è
pure
onnipotente
e
»>.
E come non si sarà commosso D. Mingtzzi a leggere: << .... desidero ri-
85
e
Testimonianza
Testimonianza
di
di
D. Terrone.
D. Agostino
Pugliese,
5-5-1970.
8? Lettera a D. Luigi Pasa, 8 settembre 1951.
134

15.7 Page 147

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peterti tutto il mio grande affetto e assicurarti che son sempre per te l'antico
compagno e amico.,, >>,88
E. D. Scaparone, anziano e fisicamente sofferente, non si sarà sentito rin-
giovanire al ricordo così confidenziale di chi gli rimaneva amico anche nel-
l'ora della prova? << Ricordi, D. Giovanni Carissimo, i giorni felici di Valsa-
lice, quando appena liberi dalla scuola o dallo studio, si correva alla caru Tom'
ba per abbeverarci alle vive sorgenti del grande Padre?... t> (2).8e
E così anche D. Molfino si sarà confortato nel leggete come Don Rical-
done aveva presente tutte le fatiche sofferte insieme: << Sono trascorsi, e
quanto veloci, ben 35 anni dal giorno in cui l'ubbidienza ci volle fraterna-
mente uniti nel lavoro a pro dei nostri carissimi Confratelli Coadiutori e
dei nostri bravi artigiani. Non mancarono le difficoltà e ]e lotte... e anche
quando l'ubbidienza mi volle altrove, seguii sempre con vivo interesse il la-
voro da te compiuto nel nascondimento... nell'importante e simpatico settore
delle Scuole Professionali e Agricole >>.m
E Don De Burgh non avrà avuto da meditare a lungo su una lettera,
breve si, ma che era un compendio di vita santa e salesiana?
<< Carissimo Don De Burgh,
ho tanto gradito la tua letterina, e così pure i tuoi sentimenti
attaccamento aI nostro Padre S. Giovanni Bosco. Benedico di cuore
di
te,
filiale
i tuoi
Cari.,Biratuvoi:i propositi.
pio,
Ia
làvorate
propaganda,
per
1a
le vocazioni
pteghiera e
idl esl aScuridficAiofr..i.caPreimfoamdeni tfaitneilreectoin
I'esem-
con
crore pàterno- alcuni consigli per essere sempre un santo sacerdote.
Vioi unito a Dio per meizo d'tna soda e umile pietà ELl,aristica ed essa
sarVàiosoi t"guennitteo
e
a
alimento di angelico candore e di
Don Bosco con Ia generosa fedeltà
sereno sacrificio.
alle Regole, ai Regolamenti,
alle Tradizioni, con 1o studio e la-pratica del suo spirito, delle sue virtù, dei
suoi programmi e delle sue iniziative.
Viti unito alle anime per mezzo della soave carità, del lavoro generoso
e sacrificato; sii apostolo delle soavissime devozioni di Maria Ausiliarice e di
S. G. Bosco.
Coraggio.
Prega per me.
Ti benedice 'il tuo
aff.mo in C. J.
Sac. P. Rrcetpour ,> el
Sempre ricco di fede, di fiducia, di fervoroso incoraggiamento al bene,
il suo saluto finale dava il tocco soprannaturale anche alla lettera più atida
per contenuto.
88 Lettera a D. Giovanni Minguzzi dell'8-10-1942
8e
$
Lettera
Lettera
a
a
D.
D.
Scaparone del 15-12-7943'
Molfino in data 24-L-1946.
er Lettera in data 18-7-1946.
t)5

15.8 Page 148

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<< Coraggio, santifica il lavoro con la soda pietà, con la carità e con Ia
serena letizia. Ti benedico... >>.e2
E sempre chiedeva preghiera per sé, specie se aveva dovuto fare dei
richiami, quasi a mettersi allo stesso posto umile del figliuolo ripreso...:
« Coll'animo afflitto, ma con speranza e con amore paterno vi benedico. Pre-
gate per il vosffo sconsolato Padre... >>.e3
Oppure: Ti benedico di cuore e mi raccomando alle tue preghiere... )>.e4
Difficilmente D. Ricaldone nelle sue lettere ha richiami personali: egli
non scrive per soddisfazione propria, per occupare con la sua presenza, ma
per essele presente e occuparsi degli altri.
Ha brevi e rari accenni a con i più intimi o per chiedere preghiere
come con Don Diaz negli ultimi mesi: << ... sono entrato negli ottantadue anni
e oggi più che mai ho bisogno di preghiere... ,, e5 o per scusarsi del ritardo
come fa con Don Mingrzzi << Ho ricevuto Ia tua lettera nei giorni in cui il
Signore mi volle regalare nuovamente i dolori del trigemino... Ora però che
sono in grado di tisponderti.... »>.%
D. Ricaldone è più che altro attento solo ad destinatario. A Don Garelli,
mandato come fspettore in Palestina, scrivendo raccomanda: « Sta attento
perché i viaggi non sciupino la tua salute ».e7
A Don Tirone stanco e depresso: << Mi rincresce che 7a tua salute sia
un po' scossa.... Cerca adunque di riposare, di limitare assolutamente il tuo
lavoro almeno per un paio di mesi... .e8 E a Don Foralosso scherzosamente: E
non mi dici niente della tua salute: dovrei tirarti le orecchie ».e
Se poi i più intimi gli chiedevano notizie sue e dei Superiori Capitolari,
egli parlava di questi e di quello con particolari dettagli, ma per se stesso,
se la cavava con una battuta stringata: « tutto bene,>; o anche amena: <, fac-
cio il giovanotto >>.
Ma dove trovava il tempo da dedicare alla corrispondenza e per smal-
tirla con tanta precisione, fino a giungere ai dettagli, alle particolarità minime?
D. Ricaldone faceva come D. Bosco e D. Rua. Essi tante volte nelle
ore pomeridiane si recavano in città presso qualche benefattore, per poter
lavorare con maggior agio, specialmente nel disbrigo della corrispondenza.
D. Ricaldone, seguendo quegli esempi, e approfittando dei nuovi mezzi di
locomozione, in certi periodi dell'anno, usciva quasi giornalmente di città e si
recava in una delle case più vicine e per ore si poneva al lavoro con tutta
tranquillità. Le re mete preferite furono: la casa di Cumiana, di Montalenghe
e2 Lettera a D. Luigi Pasa del 16-5-l»8.
e3 Lettera a Mons. Giuseppe Sak, Prefetto Apostolico dell'alto Luapula (Congo) del
15-8-19q18L. ettera a D. Tirone del 30-6-L917.
es Lettera di D. Ricaldone del 3-8-1951.
e6
q
Lettera
Lettera
di
di
D.
D.
Ricaldone
Ricaldorrc
dell'8-10-1942.
del 20-4-1949.
e8
e
Lettera
Lefiera
di
di
D.
D.
Ricaldone
Ricaldone
del 5-6-7%7.
del 19-5-1950.
r36

15.9 Page 149

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e di Caselette. C'era un motivo per tutte tre: erano opere da sistemare, da
orientare. Le sue gite quindi avevano doppio scopo. Prima di isolarsi per at.
tendete alla corrispondenza o ad alri scritti, visitava i lavori in corso coi supe-
riori locali, dava indicazioni sul da farsi, lodando e incoraggiando. Poi la
consegna era di non disturbado: doveva darsi ai figli lontanil
Da quando la Società Salesiana ereditò il castello di Montalenghe,lm Don
Ricaldone studiò il modo di sfruttare tanto terreno in posizione così favore.
vole per la buona aria e \\a non eccessiva distanza da Torino. Vi si recava per
un po' di riposo, da solo o con qualche Superiore capitolare, ma soprattutto
per il disbrigo della corrispondenza con qualche segretario e per la stesura dei
commenti alle « Strenne »>. Sino al 1940 le sue visite furono frequenti, alter-
nandole a quelle della casa di Cumiana dove la sua presenza era ancora ne-
cessaria per Ia sistemazione della Scuola Agricola.101
Dopo Montalenghe, Caselette. Nel 1941 la Contessa Giulia Cays di Ca-
selette nata Celesia, adempiendo ad un desiderio del Conte Don Carlo Cays,
fattosi salesiano nel 1887, nonno del suo defunto marito Conte Carlo, nell'oc-
casione della Messa D'oro di Don Ricaldone, regalò al quarto successore di
Don Bosco il Castello di Caselette, a soli 18 chilometri da Torino presso l'im-
boccatura della Val di Susa.
Cosicché per Don Ricaldone, dallo scoppio della guerra fino agli ultimi
mesi della sua vita, Caselette divenne sua casa di... lavoro.1o
Nel diario personale di uno dei suoi più fidi segretari che quasi sempre
gli era a fianco in ,queste gite lavorative, ci sono schelericamente annotate que-
ste sue andate e come venivano vaTorizzate. Egli annota anche il sollievo che il
buon Superiore si prende dopo lunghe ore di dettatura: è la solita << partita
di bocce »> che rimette in sesto, in forza, in serena familiarità coi confratelli, il
Don Ricaldone, uomo e padre.
certe volte è l'elencazione telegrafica ma quanto mai espressiva dell'inten-
-zsoità-bdoUecgncl iealoac-vgooiobrr1ooni:c1ac6«te1aO,n9pdreoiail1Tap0vooosr-itrnaoo-si»nt>ac.r0nes3 iscersniavtenentedmoferraleamndSeaztrze-antnoapdo-ai
bpocociepa-ssepgogsiota--
pran-
cena
qualche pausa. Quanti
pomeriggi, quante mattinate e spesso giorni interi a Montalenghe o Cumiana
o Caselette 1o teneva così impegnato!
spesso cetcav^ il sollievo non nella partita a bocce ma nel ricevere il
rendiconto dei confratelli, degli aspiranti, degli studenti. Nelle feste aveva
luogo la premiazione dei giochi dei giovani, qualche merenduola fuori pro-
gramma con canti e allegria comune.
lm Il Castello di Montalenghe fu dono della Contessa Emilia Balbo di Sambuy ve-
dova
turo
del cav.
Salesiano
Gromis,_ I,a quale
per le Missioni.
1o lasciò, il
9
aprile
!932,
con
testamento
olografo, ali,Isti-
l0l Cronaca della casa di Montalenghe.
102 Cronaca della casa di Caselette.
103 Testimonianza di D. Terone.
1.)7

15.10 Page 150

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Ma lasciamo a D. Tepone di raccontare una di queste soste fuori casa,
di D. Ricaldone: è una sosta a Cumiana, in un pomeriggio, e può valere come
esempio per tutte quelle fatte nelle altre case.
<, Credo di essere buon testimonio, perché insieme ai due lidi stenografi,
ordinariamente anch'io ero invitato. Ecco, a mo' di esempio il programma delle
gite a Cumiala. Pafier2a verso \\e I),30. Non entrava subito nella scuola, ma
giunti al termine della nostra proprietà, scendeva con i segretafi, mentre lo
scrivente con l'autista proseguiva fino alla Casa. Allora i segretari estraevano
dalle borse il pacco della corrispondenza che il Superiore aveva già scorsa in
mattinata. Poi, riprendendo lettera per lettera, D. Ricaldone dettava alternati'
vamente a destra e a Sinistra, sempre camminando lentamente o con brevi soste.
Verso le t6, 16,30 enrrava in Casa, talora più tardi, continuando il lavoro se
non era arrivato al punto da lui voluto. Soltanto quando era chiamato, accor-
reva il Direttore o Prefetto, che facevano arrivare :una tazza di caffè o latte. Do-
po breve colloquio con i Superiori, riprendeva il lavoro per qualche ora con
lo stesso ritmo, Iino alla patenza. Posso testimoniare che della corispondenza
ne sbtigava non poca, se, rientrati all'Oratorio, per ore e ore in serata e al-
l'indomani i segretari battevano a macchina lo scritto stenografico, Aggiun-
gerò che più di una volta li ho visti al lavoro dopo le preghiere della sera e
anche al mattino prima dell'ora della levata. Non mi meravigliavo perciò quando
Don Ricaldone esclamava: << Sono veramente contento; ho sbrigato tutta la
corrispondenza fino all'ultima lettera. Deo gratiasl >>.re
<< Don Ricaldone non gtadiva i mucchietti di corrispondenza sul tavolo
da lavoro, ma li voleva riposti e, al più presto possibile, smaltiti' Amava il
tavolo sgombro, soprattutto quando doveva dare udienza. 11 Sen. Agnelli, che
era venuto per la prima volta a visitare Don Ricaldone a Valdocco, partendo
confidava
Ministri,
all'Ing. Bertolone che 1o
e li troviamo sepolti da
vaavleavnaghaeccdoimipnacganrtaatmo:e-nti.
Noi andiamo
Quest'uomo
dai
che
deve pensare alle sue Opere di tutto il mondo, ha il tavolo pulito come se non
- avesse nulla da farc v;.10s
c) con gli scritti
Nella calma e nella ttanquillità di queste case, Don Ricaldone trovava anche
l'ambiente più opportuno per maturare le lettere Circolari, i commenti aIle
strenne, le varie conferenze che poi faceva alla comunità, ai raduni, a partico-
lari assemblee presso cui era stato invitato come oratore. Là, egli poftò a rea'
lizzazione il pensiero, che tanto 1o occupava, di dare avvio ad una collana di
volumi di Formazione Salesiana con tutto il materiale che già aveva fatto rac-
cogliere e personalmente raccoglieva, ordinava, otganizzava, dandogli un ben
coordinato sviluppo.
le Testimonianza di Don Terrone.
105 Testimonianze di Don T. Savarè, agosto 1971
t38

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

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Là, sorse l'idea di una serie comprendente trattazioni sulla vita teligiosa, i
voti, le virtù teologali, le virtù cardinali, I'umiltà, ecc... coronate da << Don Bo-
sco Educatore >>, raccolta e organizzazione paziente e minuta e di quanto egli
trovò di meglio sul pensiero e gli soitti pedagogici di Don Bosco.ltr
Don Ricaldone sentì I'impegno della stampa non solo come mezzo fecon-
dissimo di apostolato, ma anche per farsi presente a tutti i fratelli e figli,
quale Superiore. Con i suoi scritti poteva orientarli tutti verso il vero spirito
di Don Bosco, formarli apostoli ed educatori, poteva animarli e anche risolvere
i loro problemi, i loro dubbi, i loro momenti di crisi.
Mons. Luigi La Ravoire Morrov, ricorda: << L'ultima volta che lo visitai,
cdvieircdcaiir,Ncdnoeuolalenlariapc-noonsmisyoppsirl1paim1zsiaoi ngcdehireealdlrvaeeisiscitusaouasmosmeiersouocrntrteaiut,ttvim,toi Dliitap.c,ooRmrnitcòfaaraldiqtnoeunlecleisaptmifeuelri,rbfaacreoreemttmlieo-irpodeisdrlaseoelgs:bune-ainsecuoCa-l.ola1imnn0eia-i
ziativa, un lavoratore preciso, ordinato, coscienzioso, instancabile e anche umil-
mente distaccato da sé, tanto da richiedere e valorizzare l'aiuto di chi poteva
collaborare con lui e completarlo. Così 1o rirae D. Terrone, uno dei suoi aiu-
tanti copisti: « D. Ricaldone nella pubblicazione delle Strenne (A.C.S.), intendo
dire dell'esame dei suoi manoscritti, nella correzione, nella revisione, ci metteva
tutta I'anima. Non era mai soddisfatto. Cetti capitoli erano rifatti due e anche
te volte. Poi faceva battere a macchina dai segretari e sul dattiloscritto ritor-
flava a correggere, postillare, togliere per modo che, prima di passare a17a ti-
pografia il copione veniva rifatto totalmente.
Negli ultimi lavori, cioè sul declinare della sua laboriosissima vita, ebbe
naturalmente bisogno di cooperazione per ricerche di citazioni, ma nei primi
e più importanti egli compiva da solo un lavoro che i posteri mai potranno
immaginare e si domanderanno come egli abbia potuto farlo, oppresso come
era dal peso di tante responsabilità.
Erano tempi difficili, burrascosi e per di più egli stesso si trovava in
tali condizioni fisiche (male al trigemino) che ad ogni altro meno forte di lui
avrebbe fatto perdere Ia voglia nonché di scrivere volumi, ma anche solo di
prendere in mano Ia penna. Per D. Ricaldone era un sollievo il pensare che
lavorava per tutti i suoi figli, specialmente per i più lontani, ai quali non poteva
più avvicinarsi. A coloro che lo consigliavano a moderare la sua attività e ad
aversi
posso
atroci,
riguardi,
giungere
priesrpsoonndalemvean: te-
che 1o obbligavano ad
Voglio arrivare con la mia parola dove non
u-n.
Quante volte lo udii esclamate che i
ritiro {orzato, erano provvideoziali, cioè
dolori
dispo-
lft L'insistenza di Don Ricaldone per le virtù, sia nelle conferenze, sia nelle Strenne
coi rispettivi Commenti, si fondava sulla insistenza fatta da Don Bosco sulle virtù nelle
Costituzioni (cfr. Cost. 1966, art. 2, 12, 32, 34, 195, e nella ediz. prima del L966, anche
art. 157, Il).
rm Testimonianza di Mons. Lujgi La Ravoire Morow, Vescovo Salesiano di Krishnagar,
India, 7-L2-1968.
t39

16.2 Page 152

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sti dal Signore perché egli potesse rendersi utile alla Congregazione con la
penna!
A conferma di quanto ho scritto circa 7a sua attività personale ed impegno,
dirò che per parecchi anni, io conservai gelosamente nel mio ufficio di segre-
tario (cameretta n. 16 attigua a quella di D. Ricaldone) un grosso pacco di fogli
grandissimi, del manoscritto della strenna sulla Povertà; manoscritto che fu poi
dattilogratato.
Erano centinaia e centinaia di pagine, vergate di suo pugno, in scrittura
chiarissima, dal titolo alla conclusione, alla firma; ripeto, tutto di suo pugno,
autografo totale.
Ho accennato alla strenna della Povertà, per esemplificare, ma eguale zelo
ho sempre ammirato nella compilazione delle altre strenne, nel tempo che fui a
Torino.
E anche a Caselette, dove egli veniva per lavorare con maggior agio e
tranquillità, ero sempre edificato della sua costanza e del suo spirito di sacri-
ficio, noncurante degli incomodi e disturbi. Egli passava ore ed ore curvo sui
manoscritti, postillando, correggendo; e quando gli occhi non gli rendevano più
buon servizio, dettava. Così per esempio, « Don Bosco Educatore », fu da lui
interamente dettato ad un segretario stenografo che riempì un bel volume.
Questo venne poi dattllografato e sulla nuova stesura cominciò il lavoto di
correzione, limatura, ecc... rr.'G
Di questo suo ultimo lavoro si hanno molte indicazioni perché essendo sta-
to fatto nel periodo immediatamente precedente alla sua morte in un continuo
superamento dei mali che lo travagliavano, impressionò molto quanti gli erano
vicino. Ma quanto è riportato circa il lavoro da lui fatto, per questa opera, è
indicativo per comprendere Ia sua tempra e il suo metodo di scrittore avuto
per tutte le sue composizioni.
Un'opera sulla pedagogia di D. Bosco era idea sorta, coltivata, vivificata
nel cuore di D. Ricaldone si può dire da... sempre, cioè con la sua stessa sale-
sianità. Fu lavoro che richiese tempo per consultazioni, elaborazione, matutazio-
ne. Vi lavorò molto a Caselette. Nella cronaca di quella casa per il 1' agosto
1949 si nota: <( D. Ricaldone viene con molto lavoro. Lo sbriga coi segretari
all'aperto. Detta per la circolare sull'Educazione e la pedagogia salesiana, al-
meno dieci pagine al giorno... ,r.
Poi nel 1950 sulla stessa cronaca, al mese di settembre e di ottobre si
parla già di D. Ricaldone immerso nel lavoro su << Don Bosco Educatore >>. Egli
lavora <<
catore )>
andando
nel
bosco
1o
>>
perché
è
stanco
ma si
a fare
suenntreitiarfofatsicpairtiotua-le
Dice
»>.r10
-di
<( Vorrebbe finire
sospendere alcuni
<< Don Bosco Edu-
giorni per riposare
Certo che col ritmo lavorativo che gli era proprio, negli ultimi tempi il
108 Testimonianza di D. Terrone, 8-12-1952.
1@ Cronaca della casa di Caselette, 17 settembre 1950
110 Cronaca della casa di Caselette, 11 ottobre 1950.
140

16.3 Page 153

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suo fisico non reggeva più: « Tutta la giornata eru da lui impiegata a rileg-
gere, correggere, dettare »>.lll
Nel 1951 la cronaca di Caselette 1o riprende ancora e sempte sulle carte
di « D. Bosco Educatore >>, dal gennaio fino al L6 ottobre, ultimo giorno in cui
si reca alla sua cata casetta di campagna e annota: << In questo lavoro il Supe-
riore ha messo tutta I'anima sua. Non vede l'ora che sia tra le mani dei con-
fratelli e più tardi di quelle di tutti gli educatori, maestri, amici della gioventù ».r12
Davvero vi aveva tanto lavorato con passione e anche incalzante premura
quasi presago della fine: ciò nonostante non era venuto meno alla sua abi-
tuale precisione.
Un valido aiuto gli aveva preparato Don Ernesto Foglio col suo prezioso
Indice Pedagogico delle « Memorie Biografiche >>, seguito poi dall'Indice delle
materie e dei nomi di tutti i diciannove volumi: completato quest'ultimo da un
gruppetto alle dipendenze di Don Berruti e infine riveduto ed edito da Don Ce-
tia a coronamento delle « Memorie Biografiche »> stesse.
Già nel luglio del 1950 Don Tetrone ricorda che aveva fatto venire due
buoni Professori competenti in materia: Don Camilleri per la parte teologica,
e Don Corallo per quella specificamente pedagogica, quali << revisori ,, del suo
lavoro. Dovevano leggere attentamente e se era il caso suggerire qualche modi-
{icazione, riduzione, taglio, trasposizione. E i due confratelli, sapendo di tat
cosa veramente gradita al Superiore, si misero al lavoro con impegno, di giorno
e anche parte de1la notte. << Come si sa, attesta Don Terrone, Don Ricaldone
faceva leggere i suoi lavori non solo ai Superiori Maggiori, ma anche a confra-
telli di fiducia ». Già nel L944 egli aveva interpellato e fatto passare i suoi
scritti a Don Foralosso:
Carissimo Don Foralosso,
ti prego a voler leggere attentamente questo manoscritto come se si trat-
tasse di una revisione ecclesiastica, ma soprattutto di una revisione salesiana.
Vogliamo incom,inciare a presentare sotto forma scientifica il Sistema Preven-
tivo educativo di Don Bosco e soprattutto inquadrare la pedagogia da inse-
gnare nelle nostre case in una cornice veramente salesiana. Puoi impiegarci
anche un mese e più, se satà necessario. Le osservazioni le farai in fogli se-
parati, indicando il numero de1la pagina. Coraggio!
Ti benedice il tuo aff.mo in C. I,
Sac. P. Rrclr»oNB ll3
Su argomenti pedagogici, in prolungate conversazioni, si era a suo tempo
intrattenuto con Silvio Riva, Gesualdo Nosengo, Volpicelli, Nazzareno Padel-
111 Testimonianza di Don Terrone.
112 Cronaca della casa di Caselette, 16 ottobre 1951.
113 ls11s1x di Don Ricaldone scritta da Cumiana nel 1944
14t

16.4 Page 154

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laro, P. Gemelli, e anche in rapporto con l'Azione Cattolica, con Carlo Car-
retto.
Ma si hanno testimonianze che egli, imitando sapientemente Don Bosco, chie-
deva pareri e sentiva volentieri le impressioni anche di confratelli molto sem-
plici. C'è Ia testimonianza di un Coadiutore salesiano veramente preziosa.
« I1 Sig. D. Ricaldone era profondamente convinto di dover completare
\\a Collana Spirituale Salesiana e non perdere un momento per poter raggiungere
il suo nobile scopo. Negli 193536-37-38 i Confratelli di S. Benigno lo vedevano
sovente passare in macchina per recarsi a Montalenghe, dove, nella pace di quel
vetusto castello, Tavotava incessantemente.
Un pomeriggio dell'agosto t937 alcuni Confratelli di quella Casa vennero
a salutarlo portandogli alcune primizie degli orti. Era quel giorno particolar-
mente soddisfatto a ci diceva: Ho finito oggi il commento alla strenna sulla
Povertà che spero farà del bene alla Congregazione ed ai Soci.
Ce ne lesse alcuni brani a modo di lettura spirituale, quindi dal suo cuoco-
confidente Sig. Paolo Barbero ci fece servire una buona merenda e volle infine
disputare con noi una partita a bocce, Iasciandoci assai impressionati per la sua
paterna bontà nonché della costanza nel compimento del dovere che si era
proposto ,>.rra
Si può dire che fosse incontentabile tanto vedeva e rivedeva i suoi scritti,
mai soddisfatto della stesura, dell'impostazione. Don Terrone ricorda la << pas-
sione >> che soffrì per « D. Bosco Educatore >>: era stato ultimato il primo vo-
lume.
<< Ferve ora il lavoro pet il secondo che già viene ricopiato a macchina. Ma
mentre il dattilografo procede nel suo lavoto, D. Ricaldone, per ore ed ore
rivede ancora il manoscritto apportandovi lievi ritocchi. Non è mai del tutto
soddisfatto, e se non fosse dominato dal desidesio di accelerare, vorrebbe rifare
intere pagine... ll 25 settembre pone la firma in fondo all'ultima pagina del
secondo volume,
gratiasM!a-.ptrtesciso
e con
com'è
un sospiro di sollievo, tutto raggiante esclama: -
anche come scrittore vuole essere presenza viva e
Deo
vigi-
lante pure ai suoi scritti, seguendoli fino alla revisione delle bozze che potrebbe
lasciare anche ad altri.
Ma dopo la snervante fatica dello scrivere, il rivedere la prima copia in
stampa era per lui un sollievo, il che in realtà non è, perché è lavoro che ri-
chiede grande attezione per scoprire ogni più piccola infrazione di copiatura.
Ebbene, egli ormai vicinissimo alla fine, in quell'ultimo ottobre, volle
ancora attendere di persona al conrollo delle bozze anche del secondo vo-
lume di << Don Bosco Educatore >> andando sovente a Caselette a questo scopo.
E D. Terrone che conosceva bene D. Ricaldone, il 23 novembre quando
1o visitò sul letto di morte, per fargli cosa gradita gli diede notizir- dei suoi
1r4 Testimonianza del Coadiutore Francesco Bera.
lls Testimonianza di D. Terrone.
142

16.5 Page 155

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scritti, sussurrandogli all'orecchio: << Signor D. Ricaldone, ieri ho terminato di
copiare a macchina la strenna sull'umiltà >>. L'infermo esclamò illuminandosi:
« Deo gratias! Deo gratias! »
D. Ricaldone era ancora proteso verso quella che aveva sentito vocazione
personalissima di salesiano e di superiore: Ia stampa!
L'aveva svolta con tanto amore, ma quando il compito a lui assegnato giun-
se al termine, in quell'ottobre che vedeva la fine del suo << Don Bosco Educa-
tore >> esclamò: « Siamo alTa fine; adesso basta! >>.116 La nobile precisione dello
scrittore si rivelò in lui anche come revisore. Impegnatosi personalmente a fondo
con Ia stampa, e avendovi impegnato i migliori e più capaci confratelli, egli,
come Superiore, sentì il dovere gravissimo di seguire gli scritti che, pubblicati
da Salesiani, dovevano portare nel mondo il pensiero, lo studio di sacerdoti
fedeli al magistero della Chiesa e interpreti qualificati dello spirito pedagogico
di D. Bosco.
Volle pure affiancate alla S.E.I. un Corpo di Scrittori e Revisori, sotto
la direzione del benemetito Don Lorenzo Nigra, affinché proponessero, seguissero,
potenziassero le varie Collane e Pubblicazioni. La seconda guerra mondiale stron-
poi questa iniziativa. Tutto si doveva svolgere secondo gli intendimenti e
lo spirito di D. Bosco: per questo la Casa venne intitolata a Don Lemoyne,
il fedele biografo del Santo Fondatore e Padre.
Era largo di incoraggiamenti quando trovava opere opportune anche se
di esterni come quella dell'Avv. Solariano Jacopo Bocchialini che gli chiedeva
di pubblicare un suo scritto di carattere sociale sul problema agricolo nella luce
del pensiero di Stanislao Solari,lr7 o veramente profittevoli per sodezza di dor
trina ed espressione facile adatta al popolo come quelle di Don Mezzacasa,tls
o anche artisticamente valevoli perché ricche di contenuto educativo come dram.
mi e commedie. Ma era severissimo se in esse, si intaccava minimamente la
moralità, o si comprometteva iI prestigio della Chiesa o il pensiero di D. Bo-
sco. Si ergeva allora in lui il giudice severo, il difensore della verità, fermo
e deciso.
Neppure i lavori drammatici rappresentati nel teatro di Valdocco si sal-
vavano dal suo giudizio che... faceva epoca, tanto che l'opera scompariva se
non era ridimensionata secondo le sue indicazioni. Quanto egli fosse minuto
osservatore e soppesasse gli scritti dei suoi figliuoli per le ripercussioni e le
conseguenze poco formative che potevano avere, ne è documento questa let-
tera scritta ad un << fedelissimo » che egli stesso aveva messo a capo della
famosa << Rivista dei Giovani >>:
116 Riportiamo in appendice, allegato n. 40, l'elenco delle sue opere.
117 Tre lettere di D. Ricaldone del luglio 1946.
118 fs11s1s di D. Ricaldone a D. Mezzacasa del 26-l-1940 appro{/ante le sue operette
a sfondo biblico.
1.43

16.6 Page 156

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« Carissimo Don Cojazzi,
1_10-1948.
non sarà mai ttoppa la ponderazione nello scrivere e nell'accettare arti-
coli per la Rivista dei Giovani.
Alcuni esempi:
1" - Il tuo articolo del 15 settembre non si può approvare. I giovani
di A.C. non si formano parlando male dei preti e dei Religiosi (v. p.274 riga
20 e s.).
2" - La << tinità )> eccelsa del ciclismo poi... è roppo; via, certe cose
non si dicono (v. pag. 276 - L" paragr.).
l'- L'ultima pagina sull'articolo di D. Amerio non va (v. pag.292
dalla riga 11 e ss.).
Gtri apoLogisti scrivono opere magnifiche per provare che la Chiesa, non
solo è stata fonte di civiltà, ma che anche di fronte alle più ardite conquiste
della scienza è sempre in prima fila, con nomi e scoperte che la onorano.
E noi si dice senza tanti preamboli restrizioni... che « alla Chiesa è
sfuggita la civiltà, perchè è sfuggita la cultura! ».
E poi il solito frizzo conro << le formule delJa scolastica >>. Ma, e quali
sono poi le grandi sintesi della filosofia modema oeate <( fuori dell'orizzonte
cristiano »? Sono forse le ben note e deprecate aberruzioni tedesche e no'n
tedesche? Queste non potevano di certo sorgere nell'orizzonte cristiano che
giustamente, pet tnezzo della Chiesa, le condanna e le detesta.
Infine... 1o zampino rosminiano! Non tocca a noi percorrere, come pio-
nier,i, certe strade infide! (...).
Insomma, vigilate, La Rivista non può essere così. Sento tutta la respon-
sabilità di ciò che porta la marca sa1esiarta,.. e Ia mia ota si avvicina... Ti be-
nedice il tuo aff.mo
Sac. P. Rrcel»oNr
E non risparmiò neppure D. Alberto Caviglia perché aveva scritto che
Domenico Savio era il capolavoro della « Confessione » di D. Bosco, ciò che
per lui non era esatto: era il capolavoro del << Sistema preventivo » di D. Bosco,
applicato integralmente e sapientemente.
Così mandò a chiamare D. Eugenio Valentini per una parentesi mancante...
Piccola cosa, ma grave per D. Ricaldone perché in quel lavoro su D. Caviglia
studioso del piccolo Besucco, quella mancata parentesi comprometteva la sto-
ricità dei sogni di D. Bosco, che sembravano così interpretati come un mezzo,
una finzione didascalica per far enftare nei giovani certe verità.11e
Si faceva un dovere di segnalare alle Autorità responsabili, articoli e scritti
non conformi agli insegnamenti dei Papi o che offendevano la verità a danno
della Chiesa stessa.
Le sue lettefe in proposito erano sempre rispettose e deferenti, vibranti
di pena, e non le risparmiava neppure alle Riviste dirette da organi Religiosi, anzi
con queste era ancor più esplicito.
119 Testimonianza di Don Eugenio Valentini.
t44

16.7 Page 157

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Nell'ottobre 1939 segnala a Mons. Evasio Colli, Vescovo di Parma e As-
sistente Generale dell'Azione Cattolica ltaliana, due articoli. Uno era di Mario
Casotti pubblicato su « Gioventù Italica » nel quale l'Autore con battute poco
rispettose e anche poco vere irrfamava tutti gli Istituti Religiosi educativi.lm
L'altro articolo era del Bettazzi pubblicato su << Credere >>, col titolo << Sana
Pedagogia >> e firmato collo pseudonimo <( Don Gaudioso r>. Affrontava un de-
licato argomento: i problemi sessuali, consigliando la lettura di un suo Cate-
chismo su questa materia, e incoraggiando i giovani a << discutere con tutta
serietà in pubblica adunanza certo che ne otterrete ottimi frutti ».
D. Ricaldone allora si rivolse ancora a Mons. Colli con espressioni di sen-
titissima pena:
<< ...Per parte mia dichiaro fin d'ora che, in omaggio alle tradizioni della
Chiesa e di S. Giovanni Bosco, mi vedrò nella dura necessità di proibire nei
nosfti Oratori Festivi e nelle nosre Scuole agricole e Professionali il Catechismo
del Bettazzi e le riunioni dei giovani allo scopo su indicato, persuaso che sif
fatto rovesciamento delle direttive tradizionali della Chiesa finirà per condurre
la gioventà alla rovina... >>.r2r
A Don Muzio però che voleva rispondere al Bettazzr con un articolo di
protesta, insegnò la via della prudenza in questi termini: << Il tuo articolo?
Sarei del parere che non si mettessero cenci in piazza. Se poi voleste proprio
pubblicare qualcosa, sarebbe meglio non riesumare I'articolo, parlare di
<< Don Gaudioso »: le polemiche suscitano sempre malumore e non grati e
utili ricordi.
Dovresti pertanto limitarti a dire con chiarczza e senza sottintesi: 1' Quale
sia la tradizione della Chiesa, ùaffetmata esplicitamente, da S.S. Pio XI nell'En-
ciclica << Dell'Educazione Cristiana della gioventù » e sancita col Decreto del
S. Ufficio.
2' Quali siano state le direttive e norme dei grandi Santi Educatori, tra
i quali si può citare, come tu hai fatto e bene, Don Bosco.
3' E concludere che si debbono assolutamente evitare le discussioni pub-
bliche procedendo invece giusta le direttive di Pio XI... »>.12
Non sempre però D. Ricaldone poteva arrivare a tutto, perciò faceva leg-
gere ed era riconoscente a chi gli segnalava qualche cosa che per la sua gravità
richiedesse un intervento del Superiore. Fu grato, per esempio, a D. Foralosso
tzo [11lgel6 del Prof. Mario Casotti, in « Gioventù Italica >>, Anno XIX, settembre
n. 9, pag. 205 e segg. Don Ricaldone scrisse una lettera
a Mons. Colli in data
12-10-1939 che riportiamo in Appendice, allegato n.41, Mo^ncscigonto^trae gli rispose penatissimo
assicurando di provvedere, in data 1,5 ottobre L9)9.
121 lg11s1a di Don Ricaldone a Mons. Colli in data 1-3 ottobre 1939, che riportiamo
in Appendice, allegato n. 42, Monsignore gli tispose riconoscente per la nuova segnalazione
tattagli, in data 14-11-1939. L'articolo in questione era stato pubblicato sulla Rivista « Cre-
dere »>, anno XVII, n. )8, 22 ottobre.
122 lslvsla di D. Ricaldone a D. Muzio in data ll-72-19)9: la riportiamo per intero
in Appendice, allegato n. 4).
145
10

16.8 Page 158

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che gli segnalava come il << Vittorioso )> aveva avuto figure poco decenti; era
uno dei migliori giornaletti per ragazzi e i Salesiani ne facevano propaganda:
<< Ti assicuro che interverrò con prudenza ma allo stesso tempo con fermezza >>123
gli scrisse D. Ricaldone.
Purtoppo talvolta egli fu anche vittima di questi informatori revisori,
intervenendo un po' duramente e non sempre a proposito conro confratelli
accusati di non genuina ortodossia o salesianità per contenuto o stile. << Faceva
leggere gli articoli pubblicati dai Salesiani e si faceva sottolineare le frasi meno
proprie e più ardite. Egli poi, preso dal lavoro, gettava un'occhiata su di esse,
senza leggere attentamente il contesto e ne risultava che i richiami non sempre
erano i più giusti.l2a Aliquando dormitat Homerus!
Organizzatore
Se D. Ricaldone fu l'uomo della presenza, egli però volle che anche i suoi
figli si facessero presenti ai loro impegni e alle loro responsabilità.
Egli riconosceva i suoi limiti e voleva la collaborazione di tutti. Non
era un isolato; comunicava idee, sensibilizzava, entusiasmava, sollecitava intelli-
genze, volontà, energie e cercava la allaboruzione dimostrando e dando fiducia.
Proprio questo dar fiducia lo rese un organizzatore stupendo delle capa-
cità, delle doti dei suoi figli. Egli chiedeva aiuto a chi sapeva in grado di col-
laborare e poi stava dietro, sollecitava. A D. Foralosso a cui aveva affidato la-
vori di pedagogia scriveva: « E quel lavoro pedagogico? Sarei tanto contento
che ti specializzassi in questi anni e che dotassi la L.D.C. di alcuni libri e trat-
tatelli di cafattefe pedagogico e salesiano. Conosci quelli dei « Fratelli? » Se
non li hai, me 1o dici, e te li faccio spedire. Naturalmente non si tratta di imi
tate »>.'B
A D. Alessi, uno dei primi collaboratori della « Crociata Catechistica >>,
diceva: « Ti ho affidata la missione più delicata e importante, perché sono cer-
to che saprai farti onore e far onore alla Congregazione >>.
Il Coadiutore Signor Enzo Spiri ricorda che aveva 18 anni quando nel
1942D. Ricaldone lo chiamò a Valdocco per un lavoro di fiducia. Si trattava di
organizzare il lavoro delle filmine catechistiche. I1 petiodo della guerra, il 7a-
voro non conosciuto, la difficoltà di avere materiale, tutto favoriva a far
che non si venisse mai a capo di nulla. Una lettera de1 Confratello informò
D. Ricaldone dell'avvilimento in cui si trovavano da due anni. Egli andò di
pSeornsoonvaena1utCooalled,irleasaclDdireelttdoerenacroheehcahi iaamdaistpooislizbiounoenufniglmiuiolioloneglpiedrcishsée:po-s-
siate fare le prove e i viaggi necessari per risolvere il problema che mi hai
123 ls11s12 di D. Ricaldone a D. Foralosso del 19-5-1950
124 Js5drnenixnza di D. Eugenio Valentini.
1E Lettera di D. Ricaldone del 19-5-1950.
r46

16.9 Page 159

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esposto. Non dire queste cose a nessuno: intenditi col tuo Direttore e agisci
liberamente.
Io avevo appena 20 anni; ho dimenticato tante cose nella vita, ma questo
atto di fiducia non lo dimenticherò mai»>.1%
Ma un lavoro individuale era batter l'aria; un lavoro di singola casa e
di singola Ispettoria era ancota un affastellamento discorde di gruppi a
stante. No, per D. Ricaldone il lavoro salesiano era quello fatto in unità, un
vero lavoro di corpo, di organismo che si suddivide per organi, per tessuti,
per cellule, dando ad ognuno un compito che porti al raggiungimento dell'unico
piano realizzatore della idea madre da cui era scaturito. Soleva dire: << Orga-
nizzare bisogna. Il poco ben otganizzato diventa molto; il molto male organizza-
to va in fovina >>.1'
E a Don lValland fin da Prefetto Generale scriveva: « Sulle orme sempre
del nostro Beato Padre D. Bosco. Senza fretta, anzi ruTTentando per organizzarci
convenientemente; è questa oggi la cosa più importante »>.lts
D. Marcoaldi che gli fu vicino e molto impegnato nei festeggiamenti sia
per la Beatificazione, come per \\a canonizzazione di D. Bosco, lo definisce un
« formidabile organizzatore >>.
C'era in lui Ia grandiosità e la magnificenza del principe che forse gli ve-
niva dal soggiorno spagnolo rD dove aveva colto la psicologia popolare bisognosa
per ravvivare la fede, di una scuola, di una didattica sensitiva di luci, colori,
forme, musica; ma insieme I'equilibrio, la misura, 7a tattica di un generale di
atmerta, altra dote che forse aveva ereditata dalla gente monferrina, gente che
deve lottare tenacemente per difendere la produzione dalle avversità naturali.
D. Ricaldone non faceva, faceva fare un passo alla cieca: erano passi
arditi i suoi, ma tutti ben misurati.
Un fatto raccontato da D. Marcoaldi che ha del sorprendente e che at-
testa fino a che punto egli organizzavat
<< Personalmente ebbi un saggio di questo spirito organizzativo del Nostro,
7'anno l9)4, per la Canonizzazione di D. Bosco.
Dopo la cerimonia in S. Pietro, si doveva tenere un triduo solenne in onore
del nuovo Santo nella Basilica del S. Cuore, a Roma. L'ultimo giorno vuole la
tradizione che si dia un pranzo al quale sono invitati Cardinali, Vescovi, Mini-
stri, Ambasciatori e gli Ufficiali della S. Congregazione dei Riti.
Io ero direttore della Casa del S. Cuore e fui richiamato da D. Rical-
done per sentirmi dire che, se nel 1929 quel pranzo lo si era aftidato a un Ri-
storante, ora che la cucina era in mano alle Suore, conveniva che ai 220 co.
perti che si prevedevano, pensassero i Salesiani del S. Cuore.
P12r
J.r,i-oni*za
Testimonianza
del Coadiutore
di D. Savarè.
Salesiano
Enzo Spiri,
18-1-1970.
128 Lettera di D. Ricaldone a D. Walland in data 11 gennaio 1910.
@ Se si sta allo studio del Conte Giuseppe Aldo di Ricaldone si può asserire che tale
<< magnificenza di principe >> gli veniva anche dalla nobiltà di origine.
r47

16.10 Page 160

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Personalmente egli volle vedere come avremmo sistemato Ie tavole; pre-
parò la lista delle vivande e dei vini; fece venire un gruppo di Aspiranti da
Genzano, perché guidati dal Direttore e dal Prefetto svolgessero le mansioni
di cameriere; il pranzo, compreso i discorsi, doveva durare un'ora. Diceva:
l-'uscQituaesinta
gente non
cortile, la
può perdere un intero pomeriggio per il pranzo
banda del Pio XI avrebbe salutato gli invitati,
-m. enAtrel-
Confratelli Coadiutori avrebbero fatto affluire ordinatamente le automobili.
fu contento. 11 giorno di S. Giuseppe, lui presente, volle che Ia ComLrnità fa-
cesse la prova... generale del pranzo, che si sarebbe servito il 4 aprile, per
eliminare qualche particolare inconveniente. Dopo tali prepatativi la manifesta-
zione riuscì grandiosa e si svolse a cronometro. Erano presenti 5 Cardinali,
una trentina fra Arcivescovi e Vescovi, nobili invitati, gli Ispettori Salesiani e
Confratelli rappresentanti delle Nazioni in cui lavora la Congregazione. Parla-
rono Mons. Salotti, un Ambasciatore, disse poche parole lo stesso Card. Pieto
Gasparri; ma chi pose un meraviglioso cappello a quell'agape du D. Ricaldone
con il brindisi finale »>.1s
Se però anche uno solo dei cotrlaboratori non corrispondeva alla fiducia
che D. Ricaldone gli dava, provava molto dispiacere. Un episodio ricordato da
D. Bonifacio ci mostra quanto sentisse il dovere dell'ospitalità, data col ri-
spetto delle persone.
<< Nemico del << press'a poco )>, poteva riuscire un po' scomodo a coloro
che non avevano il suo senso della precisione. Quando durante un Capitolo Ge'
nerale delle Figlie di Maria Ausiliamice invitò le Capitolari a visitare l'Ateneo,
al Rebaudengo aveva dato ordine di preparare per una merenda il refettorio
grande dell'Istituto. Nel primo pomeriggio ecco che arriva D. Ricaldone e va
a vedere come si era preparato il refettorio. Purtroppo non erano state cam-
biate le tovaglie... Più che naturale per il Superiore dare un ordine che non
ammetteva replica... Si tolse tutto e si misero Ie cose a posto. D. Ricaldone era
poi uscito sotto il porticato e con i pochi confratelli che 10 attorniavano (io
ero presente)
si fidano!
rifedre di
D- .
uscì in questa esclamazione:
Si tratta di un episodio fra
Ricaldone >>.131
-i
E poi dicono che i Superiori non
tanti che si potrebbero certamente
Proprio per questa sua capacità organizzativa egli seppe ricavare molto an-
che dal poco, valorizzando tutto, anche le circostanze che di per potevano
avere importanza privata, e che invece, sfruttate da lui, acquistavano risonanza
pubblica a vantaggio della fede e delle anime.
Se si pensa a ciò che fu i1 13 maggio 1945 in Torino, il ritorno delle sacre
Reliquie dei santi salesiani che nel dicembre 1942 eruno state silensiosamente
sfollate ai Becchi, seguite nell'aprile del 1943 da quelle dei santi Torinesi, si
ha la conferma di questa dinamica organizzativa di D. Ricaldone.l32
1s Testimonianza di D. Evaristo Marcoaldi, Agosto 1969.
13r Testimonianza di D. Enrico Bonifacio,22-10-1969.
132 Cronaca della Casa Madre di Valdocco.
148

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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Così il giorno dopo scriveva aD. Ricaldone il Rettore della Consolata rin-
graziandolo anche a nome di Mons. Coccolo, Rettore del Convitto e di tutti i
Sacerdoti del Santuario: << Quanto bene ha fatto ieri la cerimonia del ritorno
dei nostri Santi! Pareva a tutti di essere usciti da un'atmosfera asfissiante ed
opprimente e di avere ritrovato la via dello spirito nell'amore e confidenza vi-
cendevole senza la quale nulla di bene è possibile... »>.r33
Egli sapeva preparare il lavoro anche dal punto di vista psicologico: 1o
elaborava molto per tempo per dare modo a tutti di rimanere avvinti all'idea
su cui egli gradatamente ritornava per sensibilizzare gli animi che poi natural-
mente si sentivano coinvolti a partecipare attivamente alla sua rcaTizzazione.
Così fu per il Centenario dell'8 dicembre 1941 preparato fin dal 1935 e
che fiorì nella meravigliosa Crociata Catechistica.
E fu davvero una Crociata perché egli fece appello a tutti: dall'Ispettoria,
a71a Casa, al singolo Confratello, fino all'aspirante e al giovanetto delle Com-
pagnie Religiose.rs
Per le Collane << Lux, Veritas, Fides » mise al lavoro anche giovani alunni
dell'Istituto Rebaudengo. Così scriveva a D. Bogliolo:
E << ,questi cari figliuoli? Desidero che non siano degli assenti... Facciamo
una schema per provare gli << operai >>:
1' L'esistenza di Dio - Dio esiste?
2' La necessità di una religione
l" L'immortalità dell'anima ecc...
Non devono preoccuparsi di fare un libretto, né della lingua o della forma...
ma solo di trovare argomenti solidi, facili...t3s
La mente di D. Ricaldone, al dire di chi lo conobbe da vicino, << fu un
continuo vulcano di idee )>, ma <( le mani non stavano inerti nell'attuazione dei
piani ».
D. Marcoaldi, come Segretario del Capitolo Generale del 1938, doveva
registrare nei verbali tutte le iniziative che annunciava il Rettor Maggiore per
gli anni successivi.
I<< Capitolari erano sbalorditi, ma sicuri che se lui le annunciava le avreb-
be certamente condotte in porto. Solo la guerra scoppiata l'anno successivo e
durata per sei anni, poté amestare tanti di quei piani ardimentosi ».ltu
La << Voce del Popolo » di Torino il 2 dicembre 1951, scriveva del lavoro
di D. Ricaldone: <( Per condensare in una parola \\a vita di D. Ricaldone, si
dovrebbe ricorrere al verbo usitatissimo, che però esprime volontà, generosità,
ottimismo: << fare >>.
133 ls11s12 del Canonico D. Giuseppe Cappello, Rettore del Sanruario della Conso-
lata al Sig. D. Ricaldone, del 14-5-1945.
r34 A.C.S., n. 72; A.C.S. n. 87; A.C.S. n. 88; A.C.S. n. 89
És Lettera di D. Ricaldone in data 17 matzo 1944.
136 Testimonianza di D. Marcoaldi, agosto 1969.
t19

17.2 Page 162

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Ma bisogna anche aggiungere che egli sapeva lar fare.
<< Egli lavorava e faceva lavorare, fino a stancare qualche volta i suoi più
diretti collaboratori >>.r37
Quando chiamava un Confratello per la rcalizzazione di un suo progetto,
gli comunicava subito il suo pensiero e gli dava con le prime fondamentali di
rettive, anche i mezzi per poter raggiungere Ie mete volute.
Così, per esempio, nel settore della musica, dopo aver personalmnte in-
coraggiato lui il canto Gregoriano, la Musica Sacra e ticreativa con con le sue
Circolati, dopo aver collaborato alla pubblicazione del primo libretto di canti
giovanili: « Su, cantiam! »>, procurò ai primi Confratelli impegnati in questo
campo, raccolte di canti in francese, in tedesco, in inglese; chiese anche colla-
borazione ai Teologi della Crocetta provenienti da tutti i paesi perché facessero
avere i canti delle loro tetre, e favorì studi di perfezionamento mandando nel
Belgio Don Virgilio Bellone presso il coadiutore M. Antoine Auda. Fu opera
sua se la musica salesiana ebbe la sua rivista in « Voci bianche »> che uscì
nel gennaio L946. In verità allora abbtacciava musica e teatro: il Maestro Don
Luigi Lasagna era redattore della parte spettante la musica e Don Ruffino Uguc-
cioni del tearo.
Contemporaneamente alla rivista, ebbe pure inizio presso la L.D'C' un
vero e proprio <( settore musica )> curato da Don Lasagna « ciò che sarebbe stato
impossibile senza l'alto e deciso patronato di Don Ricaldone ».r38
Questa apertura permise di mettere in luce ottime e utili composizioni ine-
dite del Maestro Pagella e di molti altri noti musicisti compositori salesiani già
scomparsi.
Nel 1947 fu ancora Don Ricaldone che volle fare di « Voci bianche >> una
rivista esclusivamente musicale, formando un altro settore per il teaffo con
una propria rivista.
Chiamò allora Don Marco Bongioanni a lavorare in favore dello spettacolo
tearale, avendo vivissimo il senso della sttumentalità educativa e istruttiva del
teauo pei giovani. Quando 1o fece direttore e responsabile della nuova rivista
<< Letture drammatiche »> e di tr-rtto il settore riguardante 1o spettacolo, gli die-
de precise norme: << Tenere per base il programma del Santo Educatore e preoc-
cuparsi non tanto di fornire spettacoli veri e propri, ma cose semplici e di buon
gusto che divertano iragazzi parlando alla loro mente e al loro cuore... La carat-
teristica salesiana però non è sciatteria e trascufatezza: al contrario è educare
e istruire mediante il divettimento come voleva Don Bosco ,>.13e
Anche quando volle dare corpo all'Ufficio Catechistico, raccolti i Con-
{ratelli responsabili, li orientò, li indirizzò, li seguì fino a vederli ben avviati.
Ricorda Don Setti: « Ad iniziare l'Ufficio Catechistico Salesiano fumrno chia-
mati in tre: Don Bottini, Don Bisi e Don Setti. I programmi erano quanto mai
r37 Js5lirnsnianza di D. Terrone.
138
B
fsslim6niznza
Testimonianza
di Don Luigi Lasagna, 7 novembre
di Don Matco Bongioanni.
1969
150

17.3 Page 163

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vasti ed eterogenei. Chiesto al Superiore di sintetizzare il lavoro da compiere,
ci rispose:
desiderata,
l-a
Fate in modo che l'ora di religione, in tutte le classi sia
più seguita, Ia più utile. Tocca a voi escogitarne i mezzi>>.
Ia
più
Nel nostro lavoro però ci seguiva costantemente, per incotaggiare, per cor-
reggere. Se si trattava di pubblicazioni, quasi sempre voleva leggere il mano-
scritto.
Quando poi si trattava di organizzate dei congressi catechistici diocesani,
più di una volta ci raccoglieva tutti nella sala delle riunioni capitolari e ci fa-
ceva leggere o recitare le confetenze che dovevamo tenere. Non doveva mai
mancare una lezione ptatic , cioè come si doveva tenere ad una scolaresca... ma
piolebrRienezotiotionitmi Mmqauagaggninidoaorreiauè.sa-vvoasNmtoroondaaelubllbneinaoftreadsseoilgloageqvzuiooacnraet,aboceliiledpmicoeecvnoatacrseoo!mrr-ipdreenEndsofiab, cioleirvapaeadnreculhlnee
tagazzo,rq
Egli aiutava moltissimo con la sua presenza, e da buon dirigente frequen-
tava spesso Ie sue << fucine » specie quelle che erano nel loro sorgere.
In questo attento e paterno vigilare, egli poté così conoscere anche doti
nascoste, come avvenne per il confratello coadiutore Sig. Severino Fabris. Quan-
do trovava di questi soggetti capaci e volenterosi se li prendeva per le sue rea-
Tizzazioni, e mostrando la sua fiducia nella loto capacità e buona volontà ottene-
va esperti professionisti. Così ricorda il Sig Fabris soprannominato: << Don
Ricaldone passava frequentemente per gli incipienti laboratori del Colle Don
Bosco. Vedeva tutto, sentiva tutto e con un equilibrio meraviglioso consigliava
in maniera strabiliante: era profonda conoscenza tecnica o solo intuito? Io non
lo so, ma quei contatti per noi erano meravigliosi. Nel nostro laboratorio di
disegno si fermava per delle buone mezze ore e si compiaceva di vedere i lavori
ordinari in corso. Chiedeva spiegazioni, dava consigli e la sua genialità sapeva
trovare anche per l'idea più comune applicazioni catechistiche! Gli aiuti finan-
ziai al nostro Laboratorio non furono enormi anche perché non ne avevamo
bisogno, ma appena seppe che desideravamo un manichino 1o sovvenzionò:
75.000 lire nel 1947 enno moltissimo. Ma l'aiuto più grande fu quell'entusiasmo
che, con quelle sue parole posate ma sicure, ci ha infuso, e di cui ancor oggi
ringrazio il Signore.
Era evidente che il problema di fondo, L'aoimazione profonda dei suoi
intenti era il problema catechistico.
ParTava di un grosso laboratorio, di un centro di studi e di ticerche per
arrivare al cinema catechistico. Era evidente che studiava il problema e già pun-
tava su una determinata forma: il cartoncino animato catechistico.
Io avevo una mania fortissima dei fumetti; fare delle serie sui fatti signi-
ficativi della Storia ecclesiastica, della Bibbia, dell'agiografia ecc. Leggevo, mi
esercitavo per riuscire a fare questo, ma non sapevo il pensiero dei Superiori in
r{ Testimonianza di Don Guido Setti, 26-3-1970
t5r

17.4 Page 164

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merito. Le voci erano varie e contradditorie. Un giorno da un racconto di D. Gar-
rc io reahzzai un fumetto... clandestinamente. Venne D. Ricaldone in visita, e
il discorso centrò il problema. Io allora con grande coraggio tirai fuori il mio
lavoro e lo posai sul tavolo. D. Ricaldone guardò, lesse, corresse le doppie che
io da buon friulano mi lasciavo sfuggire e poi, dopo indicazioni e consigli che
non mancavano mai, rivolto ai presenti, D. Candela, D. Bottini, e forse qualcun
altro, disse, e sono
noil
sato
-lui
Mi ordinò
»>.'41
dpiafrionleireteisl tulaavloi: ro-
e
Questo è il catechismo che dobbiamo fare
poi di farglielo avere che ci avrebbe pen-
A conferma di quanto si è cercato di lumeggiare in D. Ricaldone organiz-
zatore, cioè la caratteristica della costante presenza paterna che conosce il figlio,
lo segue con amore, lo circonda di stima, 1o sostiene virilmente stimolando la
sua collaborazione e ne fotma un buon salesiano, ecco la testimonianza di una
vita che, apertasi come vocazione quando egli era Prefetto Generale, per lui di-
venne realtà salesiana, sacerdotale, forza autorevole e dotta, a servizio della Chie-
sa e della Congregazione. È D. Agostino Pugliese, Docente di Diritto Canonico e
Membro della Congregazione dei Religiosi che attesta:l42
« D. Ricaldone era un vero uomo di governo. Conosceva gli uomini ed
aveva I'arte di farli lavorare, di vaToizzarli e di farli rendere al massimo. Per
tutto il tempo, quasi fino alla sua morte, volle che due volte alla settimana an-
dassi a trovarlo all'Oratorio; si interessava dei miei studi, mi a{ftdava ricerche
per le sue circolari,la3 e mi affidava incarichi di diverso genere, tanto da suscitare
una certa gelosia nei miei confratelli.
Mi consultava familiarmente su questioni giuridiche. Mi incoraggiò a pre-
parare un testo di Diritto Canonico per gli Studenti Salesiani. Voleva anche che
commentassi giuridicamente il testo de1le Costituzioni. Mi fece includere tra i
Salesiani della « Corona Patum Salesiana ». Più volte mi mandò a Roma per
questioni che interessavano 1a nostra Società. Volle che prendessi parte al Con-
gresso Internazionale di Diritto del novembre 1934 e che mantenessi i rapporti
con i miei antichi Professori, ne allacciassi con altri studiosi e mi mantenessi
in relazione con i Professori di Legge dell'Università di Torino.
Don Zolin, Direttote e poi Ispettore alla Crocetta, non era una cima quanto
a conoscere e apprezzate uomini. Parecchie volte ricorsi a Don Ricaldone perché
non so cosa egli pensasse di me.
dispeUnsneapveorltgaliDaollnievRii)c,arlidsopnoendmi isodliossae:m-e
Dei tuoi scritti (stavo
-. f, un'al1ra volta: -
preparando
Vedi, chi
lar Testimonianza del confratello Fabtis, 17-l-1970.
r42 Testimonianze de1 5-5-1970. D. Agostino Pugliese era stato ordinato Sacerdote
nel 1910 e nello stesso anno aveva conseguito la laurea in Teologia. Conseguita la laurea
in « Utroque »> quando D. Ricaldone fu eletto Rettor Maggiore, venne destinato come Inse-
gnante di Diritto Canonico alla Crocetta.
1a3 Specialmente per quelle organizzative Formazione del personale. Case di forma-
zione ecc.... a riguardo delle disposizioni canoniche.
r52

17.5 Page 165

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fa non ha tempo e non critica; chi non fa ha tempo e critica. Cerca di essere
preciso e non badare a quello che dicono
Presto fui chiamato, col benestare di
Dgloi nalRtrii,ca-.ldone,
a
far
parte
del
Tribu-
nale Ecclesiastico di Torino. In questo campo ebbi parecchi << incidenti »>: fu
lui che mi aiutò a sbrogliarmene; in uno soprattutto con la S.R. Rota fu lui
che fece conoscere al Decano della Rota un errore in cui era incorso il Turno nei
miei confronti.
Don Ricaldone fu sempre l'uomo che sapeva difendere i suoi: li gettava
sul lavoro in qualsiasi campo, ma sapeva star loro dietro. Con un Superiore
simile si poteva lavorare con la sicurezza che c'era chi ci guardava le spalle ».
Ma quello che premeva a Don Ricaldone era coordinare il lavoro, unifica-
re gli sforzi di ognuno per una meta unitaria. Gli premeva il lavoro di gruppo
per il lavoro d'insieme e perciò non temeva di perdere tempo formando com-
missioni per ogni settore di lavoro. Invitava poi i loro componenti a frequenti
raduni, e come desse loro irrrportelflza ce lo dicono i suoi taccuini personali dove
si appuntava i suoi incontri con le varie commissioni. Da questi scambi di in-
tese, da questi reciproci arricchimenti di proposte, di vedute, di nozioni e di
notizie, egli faceva sorgere opere meravigliose.
Tutto 1o sviluppo musicale salesiano ebbe il suo fermento proprio in seno
alla Commissione musicale.laa
Così pure Ie varie collane di libri devono la loro realizzazione a queste Com-
missioni e alle loro fervide riunioni.las
Circa questi inconti, è interessante sapere come Don Ricaldone vi parte-
cipava: era anche in esse presenza viva. Don Terrone che fu presente a molti
di essi, racconta:
« È bene ricordare (ne sono testimonio) che nelle riunioni di coloro ai
quali affidava il lavoro, non si accontentava di aprire le sedute, ma prendeva
pafie attiva, dava norme, chiedeva il loro parere, rispondeva a dubbi e difficoltà,
poi nelle sedute susseguenti controllava se i suoi progetti e disposizioni erano
stati eseguiti. Porto un esempio. Quando si trattò di preparare quel bellissimo
catechismo detto << I1 Re dei libri » e che {u come il battistrada di tante pubblica-
zioni del genere in tutta Italia, Don Ricaldone quotidianamente compariva nella
stanza dove lavorava la Commissione da lui nominata fotmata da teologi, maestri
delle scuole elementari, direttori di oratori festivi; ascoltava, incoraggiava, dava
consigli e norme. Avute poi le varie tedazioni nel suo ufficio, annotava, cor-
reggeva e ritornando poi dove noi lavoravamo si mostrava lieto, soddisfatto e
ccdoiifnidciactaetolveapeassrcaehgceecrrhazozioiso;anmmeaevnvoteeled' vr-eateasBcsehicneueqr,aubracelicnchehe!eHvairovgeoevlasaapvtnreeinsla'ohtoom, aorinlttocooccraaatcloausocerieaatanilc-hla.evomMrooa-,
esaminandolo con ogni diligenza.
14 Diari personali di Don Ricaldone, 19)8-1939-7945
t+s fiali personali di Don Ricaldone 1943-1944.
t5)

17.6 Page 166

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La stessa cosa posso ripetere per quanto riguarda le collane: « Veritas >>,
« Fides »>, « Fulgens »>. La sala capitolare alla quale un giorno aveva invitato
i nostri migliori professori della Crocetta, del Rebaudengo, di Valsalice, pareva
un Senato. Ai singoli professori Don Ricaldone assegnava l'argomento, dava
le direttive precise alle quali i buoni confratelli si attenevano fedelmente. Egli
però li invitava ad esporre il loro parere e le loro proposte, che teneva nel mas-
simo conto. Così i lavori procedevano che era una meraviglia ed i bei volu-
metti in breve tempo vedevano la luce in serie. Altrettanto potremmo dire per
la << Corona Patrum )> e per gli alri lavori. In quel periodo io, semplice spet-
ptartoogreeE,ttiptoeutteatoill'rianqcducoeomsgtlaoienraei ndqcishupeeosqtnaueafplnaedsrocsh'né-osniaDenoroanrncRoailciiznazflrzde,otqinu-e.ennetillaglnioattsesarultmi dineal
dei
tri-
gemino ».
154

17.7 Page 167

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CAPO XXV|
IL SUPERIORE ED IL PADRE
" Tra di voi il Superiore sia tutto » 1
Fu detto di D. Ricaldone che egli, come Rettor Maggiore, si sentiva lo stru-
mento della Provvidenza per il governo della Congregazione. Forse; ma pare
più esatto pensare che egli sentì come detto a lui l'ammonimento con cui
D. Bosco concludeva la conferenza ai Direttori riuniti per la festa di S. Fran-
cesco di Sales del 1876. Dopo aver ricordato che essendo la Società Salesiana
costituita ed avendo le Regole approvate, l'unico rnezzo pet dare vita alla
Congregazione e propagarne 1o spirito e I'osservanza delle Regole, il Santo
dava questo solenne ammonimento: << Tra di voi il Superiore sia tutto; tutti
diano mano al Rettor Maggiore, lo sostengano, lo aiutino in ogni modo, si
faccia da tutti un cenro unico intorno a Lui. Il Rettor Maggiore poi ha le
Regole, da esse non si diparta mai, alttimenti il centro non resta più unico, ma
duplice; cioè il centro delle Regole e quello della sua volontà. Bisogna invece
che nel Rettor Maggiore quasi si incarnino le Regole; che le Regole e il Rettor
Maggiore siano come la stessa cosa. Ciò che avviene pet il Rettor Maggiore, per
tutta la Società, bisogna che avvenga per il Direttore in ciascuna casa.
Egli deve fare una cosa sola col Rettor Maggiore, e tutti i membri della
sua casa devono fare una sola cosa con lui. In lui devono essere come incar-
nate le Regole. Non sia lui che figuri, ma le Regole. Tutti sanno che la Regola
è la volontà di Dio, e chi si oppone alle Regole si oppone al Superiore e a Dio
stesso ».2
D. Ricaldone doveva aver ben ponderata e assimilata questa concezione
sul Rettor Maggiore e doveva aver\\a fatta una realtà viva a cui tendere, una
verità considerata più per che per i sudditi, e nella quale doveva tfovare
il modo di diportarsi nel suo gravoso incarico, se tra commentò in questo modo:
« Carissimi figliuoli, al leggere questo avvertimento solenne del nostro Fonda-
tore vi confesso che mi sento umiliato fino alla polvere. I1 Rettor Maggiote
dovrebbe essere I'incaffiazione delle Regole, la Regola viventel Anziché fissare
1 Parole di D. Bosco pronunciate nel 1876 a conclusione dell'annuale riunione dei
direttoti, M.B., XII, p. 81.
2 M.B., XII, p. 81.
t55

17.8 Page 168

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il vostro sguardo sulla povera mia indegna persona, voi fissatelo, a vostro con-
forto, in D. Bosco, in D. Rua, in D. Albera, in D. Rinaldi, in tanti altri Supe-
riori e confratelli esemplari. Le mie manchevolezze vi muovano a pregare per
me, affinché non avvenga che mentre predico per dovere agli altù, abbia poi a
perdere l'ani,ma mia »>.3
D. Ricaldone prendeva tutta l'essenza del pensiero di D. Bosco: non solo
il dovere di diventare regola vivente, ma anche il << dovere »> di essere il << tutto »>.
In « Fedeltà a D. Bosco »> egli tratta del vasto e scottante problema della
superiorità, dell'autorità, della fedeltà e dell'ubbidienza. Prende le mosse dalla
Sacra Scrittura specie dal Vangelo e dalle lettere di S. Paolo, le arricchisce via
via con i commenti di S. Bernardo, di S. Benedetto, ecc. e le illumina col carisma
salesiano degli scritti di S. Francesco di Sales, di D. Bosco e dei srs.oi primi
tre successori.' D. Rua, D. Albera, D. Rinaldi non mettendo mai del suo. Di
suo vi mette il nesso logico, l'attenta e progressiva meditazione, Ia conclusione
programmatica. ora da questo attento studio egli viene a capire il suo com-
pito, poiché egli stesso scrive che quando si è chiamati all'esercizio della supe-
riorità la cosa « più importante » è <( conoscere il modo di diportarci nel disim-
pegno dell'uf.ficio affidatoci »>.4 E il .modo per D. Ricaldone sarà questo: « che
le Regole e il Rettor Maggiore siano come la stessa cosa »>; dunque, fedeltà
a D. Bosco cioè alle Regole.
D. Bosco infatti dice ancora: << Tutte le nostre operazioni dirigerle secon-
do le Regole... A queste si dia tutta I'autorità e quella autorità suprema che
realmente hanno. È la maestà delle leggil Queste (i Direttori) facciano impa-
rare e capire interpretandole colla carità e colla bontà dei modi (...). In ogni
circostanza, invece di appellarsi ad altre autorità, si porti quella delle Regole:
le Regole dicono così; le Regole sciolgono la questione in questo modo (...) si
promuova molto l'osservanza e l'autorità delle Regole. In questo modo il go-
verno del Direttore può mantenersi paterno, quale dai suoi si desidera (...).Un
Direttore adunque, tutte le volte che vuole operare, deve prendere qualche
misura o deliberazione, si metta sempre sotto 1o scudo della Regola, e mai operi
di sua propria volontà o autorità... ».s
Dalla considerazione di queste norme sapienti, D. Ricaldone ricava i prin-
cipi che farà suoi e che additerà ai confratelli investiti di autorità. Il cardine
su cui impernia l'autorità eccolo: << Primo dovere del Superiore è precisamente
questo: non di,menticare che il suo ufficio è di fare il Superiore. È questa una
verità importantissima, anzi essenziale in fatto di disciplina ». E poi specifica:
<< Se un Direttore, non fa il Superiore ma il dipendente, egli turba l'ordine,
sconvolge la disciplina, della quale dovrebbe essere custode fedele,>.6
Il Superiore è dunque custode della disciplina, intesa però come voleva
3
a
s
Dalla Strenna « Fedeltà
«Fedeltà a D. Bosco»,
M.8., XII, p. 80-81.
a D. Bosco»,
A.C.S., n.74,
A.C.S.,
p. 59.
n.
74,
24
marzo
79)6,
p.
l)5
6 « Fedeltà a D. Bosco », A.C.S., n. 74, pp. 136, l)7.
t56

17.9 Page 169

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D. Bosco cioè « un modo di vivere conforme alle Regole o costumanze di un
istituto ».7
Allora D. Ricaldone deduce che << in secondo luogo, perché nella casa regni
la vera disciplina, è necessario che gli ordini vengano impartiti a tempo e a
luogo.
senza
I1 Superiore deve sempre manifestare
incertezze e titubanze, la sua volontà,
con semplicità,
i
suoi ordini
8
»>
ma chiaramente,
deve cioè saper
comandare. E afferma con molta forza'. <<Il giorno in cui il Superiore dovesse
sortomettere alla discussione dei singoli il perché delle deliberazioni prese e le
ragioni dell'ubbidienza, satebbe sovvertita e disffutta la vita religiosa >>.e
In questa fermezza e totalitarietà di principi, D. Ricaldone comprese e
contemplò la paternità che definì << caratteristica del governo salesianoto e an-
che « il più grande segfeto di riuscita >>.11 Su di essa si fermò a lungo in consi-
derazioni quanto mai convincenti e stimolanti.
E poiché sa che non è cosa sempre facile per chi ha un temperamento forte,
umilmente, quasi padasse a se stesso a cui tante volte la paternità costò intime
violenze, scrive incoraggiante, ma deciso: << Non potremo mai giustificarc 1^
nostra manc anza di bontà paterna, adducendo come pretesto le difficoltà deri
vanti dal nostro temperamento, forte, vivo, irritabile. Noi sappiamo quale fosse
l'indole del nosffo Padre Don Bosco. E chi non ricorda quanto sia stata grande
la violenza che Don Rua ha dovuto fare a se stesso, per raggiungere così alta
perfezione di dolcezza? >>.12
Don Ricaldone si sforzò costantemente nelf imitare il tratto paterno di Don
Bosco e vi riuscì, tanto che Don B^ttezzati può attestare che ., quando par-
lava o per dare la " buona notte " o per altre cifcostanze, aveva un tono così
pacato e incisivo da dare I'impressione che fosse un alro Don Bosco » e ricorda
anche I'impressione di Don Lupo che soleva dire: « Gli occhi di Don Rical-
done paiono quelli di Don Bosco »>.13
Dalla paternità Don Ricaldone fa scaturire il dovere della vigilanzal4 e
della correzione.ls
Su questa roccia granitica di convinzioni attinte dalla sapienza di Don
Bosco, egli fu dawero l'uomo della Prowidenza necessario per quell'ora sto-
rica della Congregazione come fu allora Papa provvidenziale per la Chiesa Pio
XI, della stessa forza di Don Ricaldone.
In Italia dove 1o stile di governo era l'assolutismo totalitario del fasci-
smo, ci voleva per reggere una società religiosa che aveva il suo centro diret-
tivo in ltalia ma era diffusa in tutti i continenti, un Capo che sapesse veder
7 Conferenza sulla Disciplina iatta da D' Bosco il 15-11-1871.
8
e
«
«
Fedeltà
Fedeltà
a
a
D.
D.
Bosco
Bosco
»,
»,
A.C.S., n.
A.C.S., t.
74, p. 142.
74, p. 124.
10 « Fedeltà a D. Bosco », AC.S., n. 74, p. 66.
t1 «Fedeltà a D. Bosco», A.C.S., n.74, p. 72.
12 «Fedeltà a Don Bosco», A.C.S., n. 74, p. 72.
13 Testimonianza di Don Virginio Battezzati del 12-7-1971.
ra «Fedeltà a Don Bosco», A.C.S., n.74, pp. 144, 147.
1s «Fedeltà a Don Bosco», A.C.S., n.74, p. 147 e segg.
157

17.10 Page 170

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chiaro e tener testa agli awenimenti con lo stesso stile di totalitarietà nella
fedeltà alla Chiesa e allo spirito del Fondatore. Don Bosco con energia aveva
definito 7a forua del superiore: « Non tanti a deliberare su cose che, secondo
la regola, competono al Superiore. Uno solo pensi e spieghi la sua idea: il Di
rettore; gli altri obbediscano >>.16
Don Tarcisio Savarè disse di D. Ricaldone come Superiore: « Egli ricopiò
di D. Bosco il lavoro santificato e le doti di governo, il carisma che S. Paolo
chiama << gubernationes il ,>,17 saper comandare. Certamente, D. Ricaldone non
Iasciò ozioso l'at. 55 delle Costituzioni in cui si dice: << Potestà su tutte le
Ispettorie, Case, Soci, tanto nel materiale che nello spirituale ». Lavoro e go-
verno che D. Ricaldone mise a servizio di quella che egli chia,mava « fedeltà
a D. Bosco ».r8
Nel 1950 D. Ricaldone ricevette da un suo figliuolo affezionato, D. Eu-
genio Valentini, una lunga lettera in cui gli manifestava con franchezza le cri-
tiche che si facevano contro di lui per la sua maniera energica di governare
tanto da essere definito un accentratore. Egli era al termine si può dire della
sua vita, perciò aveva di fronte a tutto il suo lungo periodo di governo.
Quella lettera gli poteva tornare come ripensamento del suo modo di proce-
dere, ed egli, umile com'era, non la respinse. Appena seppe che il confratello
che aveva avuto l'apertura filiale di scrivergliela era a Torino, lo mandò a
chiamare e gli spiegò il suo criterio di governo. Fu una vera difesa poiché
D. Ricaldone era convinto che, nonostante si rendesse a molti poco gradito,
pure doveva dirigere la Società come faceva, se voleva il suo vero bene.
Poi assicurò il Confratello confuso (che davvero non voleva una tale
discolpa, ma solo informarlo di cose che forse gli sfuggivano perché nessuno
osava parlargliene) che aveva già stracciata Ia lettera.
Non fu l'unica volta che D. Ricaldone accolse disapprovazioni, critiche,
eppure non se ne adontò mai, ma neppure cambiò rotta. No, egli sentiva che
doveva avere mano di ferro pur coprendola con un guanto di velluto. Capiva
benissirno che quel guanto non sempre riusciva a rendedo morbido, ma fòrse
questo era un limite naturale che Dio gli lasciava a suo tormento e umiliazione.
Ma fua il « velluto >> e il << ferro >> egli, per essere fedele a D. Bosco, con consa-
pevolezza preferì il << ferro >> e fu forza orientativa che mantenne la Congre-
gazione nello spirito di D. Bosco.
Al mitissimo Mons. Piani che una volta disse bonariamente a D. Rical-
done per la confidenza che aveva: << Sia più paterno », egli rispose: << par-
liamo d'altro ».re
E questo significativo << parliamo d'altro )> trova Ia sua giustificazione
in questa sua convinzione: << Si dirà che sffingo i freni, che c'è meno pater-
16 M. B., YI, p. )28.
1? 1 Cor. 12, 28.
18 Buona Notte data nel 15" anniversario della morte di D. Ricaldone da D. Tarcisio
savarè ai chierici di Bollengo.
le Testimonianza di D. E.
Dalla cronaca
Valentini.
di
Bollengo
in
data
25
novembre
1966.
r58

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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nità; ma la prima prova dell'amore è curare che le cose vadano bene. Ho tanta
esperienza di Capitolo, ed ho visto che siamo riusciti ad avere tutti i chierici
negli studentati solo quando l'abbiamo imposto con mano ferma. E se qualcuno
non vuole obbedire, se ne vada. Anche D. Bosco sapeva esigere »>.20
Lafermezza nel comando non 10 irrigidiva e accettava la forma più morbida
del porgerlo, purché non ne intaccasse la sostanza e la forza.
Quando
D.
Ceria richiesto di
rivedergli
la
Circolare sul
<< Rendiconto
2r
>>
soppresse tutte Ie volte la parola << controllo »>, D. Ricaldone commentò: << Ac-
cetto I'emendamento. Ma, sia pure con al]uo mezzo e sempre in forma paterna,
il controllo ci deve essere: se no andiamo in rovina >>.» .Lltra volta ribadì que-
sto principio di forza e di tatto in questi termini: << Mai prendere pose o atteg-
giamenti; no, tutto alla buona. Però stringere ove occorra senz'averne L'aria>>.8
Egli conosceva molto bene lo stile salesiano del porgere: « Si possono dire le
cose in due modi: censurando il vizio, oppure additando la virtù contraria e
incoraggiando a praticarla. Il primo talvolta urta e indispone, anziché richia-
mare al bene. Il secondo, pur manifestando il difetto nel chiaroscuro, attira e
affascina colla bellezza proposta all'ammirazione e alf imitazione >>.24
Per questo se doveva fare osservazioni preferiva farle personal'mente: « Le
cose è sempre meglio dirle direttamente. Quando le dico, vedo Ia faccia di
colui che ascolta, e so regolarmi per addolcire la cosa. Gli altri, interrnediari,
possono essere amplificatori »>.2s Ad un confratello, forse piuttosto pronto, così
scriveva in data 3 marzo L940: << ...1a coltlazione del pepe non è dei nostri
paesi... dove invece abbondano bei fiori che devono darci miele squisito, sim-
bolo di quella dolcezza che deve rendere graditissime tutte le nostre opere... >>.26
Ma la sua paternità non si limitava dawero al puro stile, al modo, poiché
questo potrebbe essere fredda etichetta, calcolata diplomazia. No, egli era padre
nell'intimo e lo vedremo. Basti qui ricordare il criterio con cui valutava i suoi
capi: gli ispettori, i direttori, ecc. Era più che padre!
Dovendo rispondere ad un confratello aperto e sincero, così diceva al suo
segretario D. Savarè: << Il tale, Direttore, dice che ha sempre trovato dif{icoltà
a pensarla come i Superiori. Gli rispondo che me ne sono sempre accorto, ma
che ho visto i suoi continui sforzi per coreggere la sua forma mentis. Finché si
vede lo sforzo per emendarsi, possiamo stare tranquilli: poi, non più. E chi è
senza difetti? ».
Se Don Ricaldone
le criticbe sul suo modo di governare la Con-
gregazione discutendo la^clcoerottavvaalidità col confratello che gliele riferiva, dovette
m Testimonianza di D. T. Savarè del 5-l-7952.
21 A.C.S., n. 142, Luglio-agosto 1947.
22 Testimonianze di D. Savarè del 5-1-1952.
23 Testimonianze di D. Savarè del 5-1-1952.
2a Testimonianze di D. Savarè del 5-1-1952.
2s
a
Testimonianze
Testimonianze
di D. Savarè del 5-7-1952.
di D. Luigi Tavano che dovette
scrivere
la
lettera
sotto
dettatura
di D. Ricaldone e che si uascrisse la frase molto utile anche a lui (27-t2-L970).
r59

18.2 Page 172

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soffrire molto quando venne a conoscenza, nel. 1946, di alcune lettere dirette
alla S. Congregazione dei Religiosi, firmate con uno pseudonimo qualificato
come Salesiano (ma quel nome non figurava nell'elenco dei Confratelli pub-
blicato nel Catalogo ufficiale della Società di San Francesco di Sales). Tre let-
tere erano firmate con tre pseudonimi diversi; una quafta semplicemente con:
Alcuni salesiani.
Ed ecco un saggio del loro contenuto.
<< La nomina di Don Ricaldone a Rettor Maggiore è stata di gravissimo
danno alla Congregazione >>.
<< Don Ricaldone è un autocrate, un prepotente ».
<< L'Opera di Don Bosco è opera di carità, paternità, santità, povertà. È
diventata commerciale, militarista, campanilista »>.
<< Don Ricaldone è un despota e non sarà rieletto nel prossimo Capitolo
Generale >>.
(L'astrologo non vide chiaro perché l'evento previsto non si avverò. Anzi,
Ia rielezione di Don Ricaldone ebbe una alta percentuale di voti).
« Non si prendano più orfani e poveri, ma chi paga >>.
« Non
Come
spaigùg:io-
è
Da Mibi
più che
sAunffiicrnieanst,emqauia-ntoDsaopMra.ibi
Pecuniam
>>.
Nell'unico autore delle lettere citate (è facile intuire che la sorgente avve-
lenata è una sola!) si manifesta chiaramente un'anima esacerbata.
Forse quel Salesiano, notoriamente ffascurato nell'osservanza di certe dispo-
sizioni disciplinari con scandalo della comunità, venne richiamato dal Superiore
difensore della Regola, e non ebbe quel tanto di umiltà di accettare il richiamo
e fare l'ubbidienza.
Dunque, paternità reale, ma ptatica, fattiva che diventava perciò vigile
sorveglianza. Quando per es. si ripubblicava ogni anno il Catalogo della Con-
gregazione, D. Ricaldone personalmente voleva rivederne \\e bozze, indugiandosi
specialmente a considerare i Consigli Ispettoriali, i Direttori ed i Consiglieri
delle Case di formazione e in particolare quelli dell'Ispettoria Cenrale. Poi
diceva al segretario: << Di' da parte rnia al tal Superiore che qui manca il Con-
fessore; qui il Capitolo è moppo ridotto per tanti chierici... E come mai questo
Confratello non si trova più là?..., ecc... >>.
La maestà della legge
« È Ia maestà della Legge )> aveva detto D. Bosco riguardo la Regola e
D. Ricaldone era col Fondatore nel sosteneda e volerla seguita. In generale
se tutti attestano che egli fu forte, moltissimi, anzi 7a maggior parte, asseri-
scono che lo fu, proprio in difesa dell'osservanza. Parlando della disciplina
salesiana D. Ricaldone ha una riflessione profonda e molto bella da cui si vede
dove egli ttaeva 7a forza de77a sua esattezza nell'osservanza religiosa. Scrive:
« Quando noi affermiamo che la disciplina del salesiano deve essere solamente
160

18.3 Page 173

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quella dell'amore, non vogliamo dire che debbasi escludere la fermezza. Non
si dimentichino le parole dello Sposo celeste: << Forte come la morte è l'amore »>.27
Ecco, l'amore vero, quello che non teme e va oltre la ,morte, è la fiamma
che alimenta la più delicata osservanza: << d'altronde l'osservanza è testimonianza
di amore » (Chi mi ama osserva le mie parole).8
Un Supetiore, Don Fedrigotti, così attesta: << Era un uomo di governo e
geloso della conservazione dello spirito genuino di Don Bosco; perciò reagiva
con energia quando si trattava di difendere questo paffimonio della Con-
gregazione >>.
Pure Don Bogliolo scrive: << Anche quando usava parole forti si vedeva
che non Io faceva per impulso naturale, ma piuttosto per zelo, per Ia difesa
della causa di Dio e di Don Bosco »>, e giustifica le sue espressioni e i suoi atteg-
giamenti che furono sentiti come militareschi, dalf insieme di tutta la sua perso-
nalità: << Tutto in lui era solido e massiccio come il granito: il carattere, la
pietà, la fede, la forua deLl.a parola. Tutto era in armonia con la sua persona
così i.mponente... ».
E Don Savarè che partecipò alle sue ansie e alle sue gioie, attesta che le
sue reazioni di forza erano frutto « della pena che egli provava quando le sue
direttive non erano fedelmente seguite ». Ricorda \\a violenza che si fece al
Convegno dei Direttori di Europa nel 1935. Parlando delle scuole per aspi-
ranti, Don Ricaldone non si trovò d'accordo con Don Fascie: egli sosteneva
che bastava che avessero finito la quarta ginnasiale, il consigliere scolastico
invece insisteva per la Ticenza ginnasiale. « Don Fascie era rosso in viso;
Don Ricaldone meno... Tutti si accorsero e notarono la padronanza di Don
Ricaldone come di Don Fascie... »>.D
Don Savarè ricorda quanto egli si amareggiò per le remore poste, qua e
7à,, al7'iniziativa da lui lanciata in vista del centenario del primo catechismo
di Don Bosco a Bartolomeo Garelli: cioè la fondazione di un orfanomo{io:
« Quanto soffriva allorché veniva a sapere che si moltiplicavano le difficoltà,
talora anche immaginarie nell'accogliere giovanetti poveri. L'ho udito più di
una volta deplorare che da alcuni non si tenesse più conto dei primi articoli
delle regole. Di questa sua pena è fatto accenno indiretto nella raccomanda-
zione che cinque anni dopo rinnovava a tutti i confratelli >>.s
Mente elogiava parecchie Ispettorie che avevano offerto a Don Bosco più
di un nuovo Orfanotrofio, passava poi a pregare e a scongiurare qualche Ispet-
toria ritardataria nel concretizzare una iniziativa di così grave importanza,
suggerendo anche i mezzi efficaci per assicurarne la realizzazione.3l
Quanto siano vete queste attestazioni e non semplici giustificazioni det-
tate da affetto filiale, lo dimostra il lavoro da lui fatto per conservare e raf-
27 « Fedeltà a D. Bosco », A.C.S., n. 74, p. L30.
28 Giov. 14, 2).
2e
s
Testimonianza raccolta da
Ricordi di Don Savarè.
Don
Savarè.
31 A.C.S., n. l)1, gennaiofebbtaio 1946.
t6t
11

18.4 Page 174

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forzare I'osservanza sul punto del << non fu'mare ». Don Bosco e i suoi suc-
cessori l'avevano sempre proibito 32 e Don Ricaldone ne aveva già scritto nelle
circolari e ne aveva parlato espressamente nel Capitolo Generale XV del 1918:
« Si è accennato in questa assemblea al fumare, e si è parlato di sanzioni. Non
rallentate i vostri sforzi a questo riguardo: nessuno si lasci scoraggiare davanti
alle difficoltà. La nostra consolante e solida posizione ci viene invidiata da molti
Istituti Religiosi. Dopo quanto fu scritto nella Circolare sulla Povertà, ci furono
dei confratelli che chiesero e ottennero la dispensa dai voti per non perpetuare
un doloroso conflitto di coscienza. I Superiori considerano questo punto di tale
importanza che sono disposti a favotire altre dispense a chi non si sentisse di
obbedire. Resta inteso che chi fuma non può essere direttore, prefetto, o avere
speciali responsabilità: egli è un disobbediente e scandaloso, e l'autorità nelle
sue mani diventerebbe fragile e vilipesa. La stessa raccomandazione vale, e
vorei dire ancot più, per le Missioni. Facciamo in modo da meritarci sempre
l'elogio che io stesso udii rivolto in quelle lontane regioni a quei nostri cari
fbiagnlicohlie: tt-i,
I
se
Salesiani sono Missionari che non fumano!
interrogati, diciamo apertamente che a noi
S-alesAianncihèe
in certi
proibito
fumare. Tutto ciò, oltre a farci del bene, circonderà la Congregazione di una
magnifica aureola che la renderà sempre più si'mpatica ».33
Scrive Don Pugliese: << Uno o due anni prima che morisse, Don Rical-
done mi fece preparare materiale per una circolare sull'uso del tabacco in
Congregazione. Prima aveva provocato una risposta dalla Sacra Congregazione
dei Religiosi molto forte in materia. Misi insieme un'abbondante documen-
tazione e gliela portai. Egli allora elencò i vari punti da toccare e mi incaricò
di stenderne il canovaccio. Qualche giorno dopo gli portai un abbozzo di una
settantina di pagine dattiloscritte. Le lesse, Ie rilesse, Ie rifece non solo quanto
allo stile, ma in qualche punto anche in quanto illa sostanza; le passò a qual-
che altro confratello, per esempio a Don Camilleri: e finalmente le presentò
ai membri del Capitolo Superiore. Poi mi chia'mò: " Non l'hanno voluta appro-
vare neanche modificata e addolcita. Eppure è una cosa necessaria. Ma hanno
paura delle critiche. Dissi loro che ne addossassero a me la responsabilità; tanto
io sono vecchio e me ne andrò presto. Ma la Circolare sarebbe rimasta. Non
ci fu verso. Don Giraudi si oppose assolutamente. Pazienzat Se ne accorge-
" ranno >>.3
E Don Savarè aggiunse in proposito: << Quanto Don Ricaldone aveva
32 Don T. Savarè ricorda di aver udito leggere che Don Rua, in omaggio all'art. 187,1'
ArzdbimiernoolclesehmdieiCiionliDo,tasCaortnnoietcluohA(zmecliboobpmeniiaùrieaepcafoiuùndscteoòhcgseoolmin.naterSernaletlori'cienoocnooltanirsad1ì1r:2oeo-gpeinnoitS1ecC5tooeo5snntfcidgateurreseeistig,eiaoRcznihelieoigenfouidenleamrmgqeoeiumà(necotsaoi,tddmoisueccrlrtairitis)miimrsapueeroncda.iioipVdemiapdriieecsqrosuaielvoonsontzaiaa)inroniccpeodhenleersaiaaelle-rfvrfb.oii--
guardo del fumo. Don Rinaldi poi mise in guardia circa la necessità, in alcuni paesi, di
òffrire sigari agli ospiti »> (Testimonianza di Don Tarcisio Savarè, agosto 1971).
33 A.C.S., n. 87, p. 43.
34 Testimonianza di Don Agostino Pugliese del 5 maggio 1970.
1.62

18.5 Page 175

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seguito quella Circolare! Fino ai suoi ultimi giornil Ricordo che quando si alzò
da letto per l'ultima volta, per I'ultima riunione del Capitolo, prima di rimet-
tersi a letto era contento da una parte per il soccorso ai rugazzi della inonda-
zione del Polesine (stabilito in quella riunione), ma rammaricato, dall'alra, per
il parere negativo dei Superiori circa la circolare contro il fumo. Si limitò a
dir.mi: " I Capitolari non ne vogliono proprio sapere! " >>.3s
Sempre a proposito di ubbidienza, essa era per Don Ricaldone elemento
costitutivo e di valore sacro; l'aveva studiato in Don Bosco; ne aveva avuto
l'esempio da Don Rua, da Don Albera e da Don Rinaldi. Non poteva conce-
pire un religioso e tanto meno un figlio di Don Bosco, non obbediente. In
« Fedeltà a Don Bosco »> egli ne tratta con un calote e una fotza, propria di
un'anima che ha colto l'essenzialità, iI valore infinito di questa totale dona-
zione a Dio. Ma è interessante come il primo aspetto che egli coglie dall'ob-
bedienza e di cui tratta, è che costituisce elemento indispensabile di unità,
quell'unità che fu il traguardo a cui mirò in tutto il suo rettorato.
<< Quando i Superiori facciano esemplarmente il loro dovere e altrettanto
si pratichi dai sudditi, l'osservanza sarà fiorente: anzi dall'armonia di questi
elementi scaturisce quella santa unità, generatrice non solo di forza, ma al
dire di S. Agostino " di tutto ciò che sulla tema possa esserci di più bello e
leggiadro ". Questa unità ed unione degli animi si compie appunto attraverso
l'ubbidienza... >>.s
In vista di questa unità, che doveva essere l'anima, la vita della Congre-
gazione, Don Ricaldone chiede, esige ubbidienza da tutti e in primo luogo da-
gli stessi Superiori. A Don Rossi Ispettote delle due Ispettorie degli Stati
Uniti, che ha tra mano un caso delicato di un confratello, ricordando la strenna
<<P'rtezza è santità )>, scrive deciso: <<Parla chiaro a tutti: i Superiori devono
essere i primi a dare il buon esempio. Non porte chiuse, non nascondigli, non
sdolcinatezze, ma castigatezza e vita immacolata>>.§
Una negativa che costò molto a Don Ricaldone mostra a che punto egli
voleva che l'osservanza brillasse specialmente tra i Superiori Maggiori.
Siamo nel 1950. Don Berruti eru agli ultimi mesi di vita, costretto a letto
e sempre grave. La sorella Albertina avrebbe voluto vedere ancora una volta
il suo caro Don Pietro e Don Berruti avrebbe vetamente goduto di salutarla
ancora una volta, ma ne fece chiedere il permesso a Don Ricaldone dal Segre-
tario. Don Ricaldone alla richiesta si fece serio e disse: << Sono quarant'anni
che abito queste stanze e nessuna donna ha mai vatcato la soglia delle nostre
camere da letto. Ho insistito tanto sulla osservanza della clausura voluta da
Don Bosco per le camere dei confratelli. Don Bemuti è un santo, io lo conosco,
e sono sicuro che farà volentieri questo sacrificio »>.s
3s
s
Testimonianza di
« Fedeltà a Don
Don Savarè del maggio 1970.
Bosco », A.C.S., n. 74, pp.
l0L-102.
37 Lettera di Don Ricaldone a Don Rossi in data 8 aprile 1935.
38 << Don Pietro Beruti »> testimonianze raccolte dal sacerdote Pietro Zerbino, SEI,
pas,. 895.
163

18.6 Page 176

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Dire un no ad un confratello infermo e verso la fine del suo patire, ad una
sorella dell'ammalato e tanto più a un Don Berruti, il suo fedele << alter ego >>
nella interpretazione del suo pensiero e del suo volere, gli dovette tornare ben
duro, ,ma l'amore a Don Bosco fu più forte di ogni considerazione umana. A
Don Serié Consigliere generale che gli chiedeva consigli per lettera rispose
molto esplicitamente: È << naturale che nessuno di noi può dispensare da ciò
che vuole la Costituzione ed esigono i Regolamenti. La nostra fisionomia deve
essere uguale da per tutto. L'esperienza poi ci insegna che con le concessioni
non si governa ma si va allo sfacelo. Sul punto della clausura non dobbiamo
ammettere concessioni di sorta. O si può avere perfetta e allora rimangano
le sotelle, o non si può avere perfetta e alloru se ne vadano senz'altro. Così
pure pel resto.
Capisco la situazione e perciò raccomando carità e prudenza; ma mai que-
ste due virtù significarono debolezza e peccaminose transazioni; coraggio! »>.3e
Quando poi l'ubbidienza noo eseguita a tempo debito, poteva portare gravi
conseguenze, era inflessibile. Don Angelo Gallenca ricorda in proposito due
episodi.
Si era nel periodo bellico ed egli si trovava a Montalenghe come prefetto.
Quando nel 1942 per gli sfollamenti si aggiunsero i chierici di filosofia
del Rebaudengo, Don Ricaldone andò di persona a dispore ambienti e perso-
nale. << Venne in direzione e con calma mi espose ciò che avevano stabilito.
Noi con gli aspiranti ci saremmo risretti nei locali del rustico e al nostro
posto sarebbero venuti i chierici di filosofia del Rebaudengo. Mi fece fare la
lista del personale della casa e mi disse di comunicare a tutti la sua decisione.
Al confessore anziano dovevo dire di scegliere la casa che desiderava e di pte-
parare i bauli. Comunicai la cosa al confratello che fece delle difficoltà a muo-
i versi per suoi acciacchi >>.
Il giorno dopo a Torino riferii tutto a Don Ricaldone che con tono riso-
luto disse: << a D. ... che questa è la volontà del Rettor Maggiore e non si
itarda nemmeno di un'ora I'esecuzione delle disposizioni! A >>. me che facevo
difficoltà di rimanere prefetto della casa perché mi sentivo impreparato disse:
<< Per ora ubbidisci e preparati: ne parlerò con l'Ispettore e vedremo >>.
Il secondo capitò quando, catechista all'Istituto S. Tarcisio in Roma, venni
a Torino per una missione delicata: fui mandato apposta a Torino per accom-
pagnare un vecchio confratello che era stato preso da una brutta mania senile
per cui eravamo stati obbligati ad allontanado da casa per evitare serie com-
plicazioni. Don Ricaldone mi vide e volle sapere il ,motivo della mia visita a
Totino. Quando seppe tutto chiese: I<< confratelli sanno dello scandalo? » Gli
risposi di no. Allora si rasserenò, ma mi disse che avremmo dovuto fare prima
quel passo increscioso verso il confratello. << Di fronte al bene dei rugazzi e dei
3e Lettera di Don Ricaldone rn data 14 gennaio 1938 a Don Serié in visita alla
Ispettoria « S. Bonifacio » della Germania.
t64

18.7 Page 177

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confratelli, sia pure con la carità cristiana bisogna sacrificare anche un con-
fratello »>.{
Don Gallenca capì allora la regola di Don Ricaldone: << Mo1ta cafità, ma
ancbe uerso la Congregazione che andrebbe alla rovina se si tollerassero degli
scandali »>.al
Egli, se c'erano di mezzo le anime, la Chiesa, la Congregazione, non am-
metteva tolleranze: il membro deve essere a servizio del corpo: l'individuo o
cede volontariamente o deve essere espulso. Nel periodo fascista avvenne
un episodio che conferma questo principio sempre seguito da Don Ricaldone.
Pet grazia di Dio ebbe lieto fine. È Don Terrone che nama il fatto con fine
umorismo: << Un confratello sacerdote mostrava troppo palesemente la sua avver-
sione al regime di quel tempo. Amichevoli avvisi dati da chi di ragione non
erano stati ascoltati. La cosa venne a conoscenza fuori di casa e presso Auto-
rità. I Superiori vennero messi in guardia da buoni amici. Don Ricaldone diede
ordine al Direttore di avvertire il Confratello e di inviarlo al più presto ad
alùa casa per evitare noie alla Congregazione. Ma quel Confratello si impuntò
e non volle partire. L'ordine fu ripetuto, ma senza effetto. Don Ricaldone allora
gli fece sapere con paterna severità che se non fosse partito enro le 24 ore,
due angeli custodi sarebbero andati a rilevarlo per condurlo a77a casa desi-
gnata e lo invitava a riflettere e ubbidire da buon reJigioso. Non occorre dirlo,
la pattenza venne in giornata. Qualche tempo dopo, per un incarico ricevuto,
io ebbi occasione di sostare nella casa dove quel buon confratello lavorava
serenamente. Non sapendo egli che io ero informato del suo caso, cioè delle
ragioni de1 suo trasloco, mi chiese notizie dell'Oratorio e specialmente di D. Ri-
caldone, notizie che gli fornii con tutta naturalezza, come se nulla sapessi. Ed
egli a confermare gli elogi che io facevo del Superiore, esaltandone, dal canto
suo, Ia laboriosità, la prudenza e l'energia. Quando, al mio ritorno, riferii al
Superiore il mio incontro
sorriso di compiacimento
con
nel
Dsa.pe..r.encohnedjisl sceovnefrrabtoe,llsoi
accontentò di
era tranquillo
un
e
lieve
senza
alcuna amatezza. Questo soprattutto a lui stava a cuore: la serenità dei con-
fratelli >>.42
Se appena si presentava una possibilità di salvataggio, D. Ricaldone era il
primo a proporla, anche se doveva fare parti antipatiche o fare interve-
nire terzi.
Così, per richiamare un Confratello che stava per sbagliare strada, prepara
una lettera di richiamo paterno, ma per non incidere troppo e lasciare il pove-
retto meno umiliato e anche più libero, prega D. Ziggiotti a scriverla e a fir-
marla. È una lettera preziosa perché la chiarczza della situazione, le misure
prese, i consigli dati, sono in una luce di fermezza e di bontà, di eternità e
di concretezza, che solo un amico poteva dettarTa. L'ultimo saluto è proprio
o Testimonianze di Don Angelo Gallenca.
4r Lettera di Don Ricaldone a Don Rossi in data 8 aprile l9)5,
a2 Testimonianza di D. Terrone.
t65

18.8 Page 178

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quello di un Padre che vuol trattenere a tutti i costi il figliuol prodigo pur
lasciandogli piena libertà.
« Carissimo D. S.
rispondo alla tua lettera del 1"2 dicembre t948, in nome di D. Ricaldone
che ha avuto f influenza.
La tua domanda è tanto fuori delle Costituzioni che ho radunato i Capi
tolari per udire il loro parere. Essi mi dicono di raccomandarti di ubbidire al
Sig. Ispettore, petchè I ubbidienza è sempre premiata da Dio. Non vi è nes-
su-n saiesiano nelle condizioni in cui vorresti collocarti. Si tatta infatti di
aprire una nuova casa e ciò non può farsi se non dall'Ispettore col suo Con-
si-glioSedotpuottli'a|ppìarolevsaizaionni evodleeslsCeraopfitaorleo
Superiore.
ciò che tu
dici
avremmo
una
vera
anarchia.
Io spero che riflettendo bene e pregando non roverai difficoltà ad ob-
bedire. poi tu fossi proprio convinto davanti a Dio di dover uscire di Con-
gregazione per aiutare i tuoi congiunti, allora già sai quale pratica seguire.
Ti awiso però che noi non diamo permessi di uscite per due o tre o più anni'
Se intendi perciò uscire devi anzitutto cercare un Vescovo benevolo che ti
accetti e presentare detta accettazione all'Ispettore insieme alla tua domanda
di dispensa dai voti da inviarsi al Rettor Maggiore.
In tal modo si segue Ia prassi ordinaria e si fanno le cose nel modo de-
bito. Finisco raccomandandoti ancora di riflettere e di pregare molto per po-
ter essere ranquillo all'ora della rnorte.
Fatti coraggio, caro D. S. e sii sempte un bravo figlio di S. G. Bosco.
Ti mando la benedizione di M. Ausiliatrice e di S. G. Bosco. Prega per il tuo
aff.mo in C J.
Sac. ReNero Zrcetorrr » 43
Che cosa poi non tentò per salvare Don F., quando stava per precipitare
nell'abisso? Fu un caso veramente pietoso.
Da quattro anni una relazione sentimentale disturbava \\a vita religiosa
di questo confratello. Toccò a Don Ricaldone, subito dopo la sua elezione a
Rettor Maggiore, interessarsi per rimettere in carreggiata quel giovane prete
disorientato. E 1o prese a cuore, tanto che in un primo colloquio il confratello
si aprì con tutta confidenza e il colloquio si concluse con un abbraccio come
tra padre e figlio. Don Ricaldone propose, e Don F. accettò, un piano di
azione per salvare la vocazione e cioè: Don F. sarebbe partito subito per la
Sicilia, dove avrebbe fatto le pratiche per ottenere il passaporto per I'Inghil-
terra, dove si sarebbe recato per fare parte di quella nostra Ispettoria. Di
comune accordo Don Ricaldone condusse con Don F. a Valdocco (da Lanzo
dove il mattino si era chiuso un corso di esercizi spirituali); ma, dovendosi
43 La minuta di questa lettera è stata fatta da D. Ricaldone. È in data 4-l-1949
166

18.9 Page 179

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assentare, lo raccomandò all'Ispettore. Purtroppo un'imprudenza gettò Io scom-
piglio nell'anima di Don F., iI quale si sentì solo, sfiduciato, avvilito... fuggì
da Valdocco e andò a cercare conforto dalla sua ragazza.
Don Ricaldone, tornato all'Oratorio il giorno dopo, timase addolorato per
quanto era successo; ma non perse ogni speranza e non abbandonò iI fuggi
tivo. Dopo tre giorni di ricerche ebbe f indirizzo del rifugio e tentò un incontro
tra la madre, 7o zio prete, Don Zavattato G. e lui; ma egli, tornando a sera
e accortosi della loro presenza si allontanò. Vennero f.atti altri tentativi per
avvicinarlo, ma con esito negativo. Egli conchiuse la sua awentura col matri-
monio civile. Dopo parecchi anni si separò dalla moglie e si unì con un'altra
donna. Nel frattempo si era traslocato prima a Milano e poi a Lecco, ospite
della sua prima figliuola sposata da qualche anno.
In ultimo fu colpito da un cancro al. fegato, che lo ridusse ben presto in
fin di vita. Accorse al suo capezzale la sorella suora. La malattia precipitava;
le condizioni dell'infermo si aggravavano sino allo stato comatoso.
Scrive Don Zavattaro Giuseppe: <<La malattia si aggravò e cadde in coma.
La sorella (in un momento di lucidità) gli chiese se voleva ancora salutare
gqouanlocuanop.re-ndeSreì; inchimamacactheinDa.onDoZpaovauttnarpoa.io-
Mi telefonano da Lecco;
d'ore sono al capezzale del
mi ven-
malato.
Avevo portato con me gli " Oli Santi ". Riprese conoscenza. Fece tutte le cose
bene e poi ricadde privo di sensi e spirò... La Madonna è veramente Mamma.
Don Ricaldone fece il possibile per salvarlo. Quando già fuori, chiese un
aacseeiutcvotoaornn:daf-ainread!noN-znoinanarIi1ols'h,pgeogennlidmeefreaova,ci epviniorsirsttvoapenousdntnoditmiegreiieoa:prn-eLoleliccfQeccoeluicapqeleuu,rnaeqngutlmoieuulsuoltoriiemmgmuisaeaSdn,aazcmgarnaaaumvnpaenes»t>rio., ladmiott.iadLratii
Don Ricaldone poi era irriducibile solo quando non c'era più altro da. sal-
vare se non il decoro della Congregazione. In questi termini scrive a Don Am-
brogio Rossi: << Vogliamo osservata ad ogni costo la disciplina religiosa e se
Don K... non ubbidisce, è preferibile che se ne vada »>.4
Si sarebbe detto che per \\a {orza autoritaria con cui egli governava, pren-
desse i provvedimenti sotto il primo impulso, forse ancora sotto la pena del
momento. Invece chi gli visse vicino, sa che procedeva " lento pede ".
Era intransigente nei casi di scandali: alloru tagliava corto.
Si dimostrava vero monferrino nel non accettare le forme un po' infan-
tili di certi confratelli... Li voleva uomini e non ragazzi! Perciò anche con que-
sti tipi era deciso. Sì, si sente che è una severità meno sofferta, e che anzi
sa piegarsi ad una forma anche argvta, ma rimane forua che vuole formare
uomini di fede, sereni, fiduciosi. Questa lettera è un poema di grazia e di
vrrrltt2l
4 Lertera di Don Ricaldone in data 8-4-19)5
167

18.10 Page 180

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« Mio caro O...
Torino, L9-2-t951.
a quest'ora sarà giunto il prefetto e ti avrà comunicato che il tuo desi-
derio è stato più che esaudito.
Perciò lascia tanti piagnistei e anche tanto pessimismo. Anch'io sono stato
negli inizi delle fondazioni di Case Salesiane e ti dico che non avevamo nep-
pure una sedia altri mobili. Ma fu proprio quella povertà che attirò le
benedizioni del cielo e quelle case si svilupparono magnificamente. Sono certo
che anche la vosta povertà e i vostri sacrifici avranno un grande premio dal
Signore in favore dello sviluppo dell'opera.
Coraggio dunque: togliti gli occhiali neri e cerca di vedere tutte le cose
alla luce della fede e della Divina Prowidenza.
Soprattutto sii allegro perchè solo così saremo degni figli di S. Giovanni
Bosco che ci voleva pemasi sempre di santo ottimismo.
Pregate per il vosro aff.mo in G. e M.
Sac. P. RrcarooNr »>
ll Padre
In una visita ad una nostra casa della Francia D. Ricaldone ricevette il
benvenuto da un alunno che si indirizzò a lui con << Monsieur le Supérieur »>.
D. Ricaldone rimase colpito da questa espressione: Superiorel e protestò:
« D. Bosco non permetterebbe che 1o si chiamasse Superiore >> e rivolto ai ragazzi:
<< Presso di noi non ci sono Superiori ed io non sono il vosro Superiore ».
Poi indicando i Salesiani, loro Insegnanti ed Assistenti, disse ancora: ., Qoe-
sti non sono i vostri Superiori. Sono dei « padri >> e null'altro che dei « padri >>
e di conseguenza non vi sono che dei « figli ». Lo spirito di questa casa che vi
accoglie deve essere spirito di famiglia, e questo spirito deve sgorgare da una
virtù base: la dolcezzat... »>.
Poi rivolgendosi ai Salesiani che lo circondavano disse sorridendo: << Se
qui vi sono dei superiori, noi li deponiamo! »>
E per tutto il tempo della visita D. Ricaldone, sempre con sorriso inaltera-
bile, non si stancò di ripetere: << Voi farete del bene nella misura che voi sarete
compenetrati dello spirito di D. Bosco e nella misura che agirete in conformità
a questo spirito che si riassume in tre parole: dolcezza, bontà, paternità »>.4s
Monsignor Emanuel nel lg53 ripensando a D. Ricaldone Prefetto Generale
e poi Rettot Maggiore, fa delle osservazioni che mettono in luce lo sviluppo
graduale della sua paternità. Dopo che D. Ricaldone venne in Italia per assumere
la catica di Consigliere Professionale << in conseguenza della prima guerra mon-
diale del l9l4-18, si notava una certa qual leggerezza e ffascùtatezza nell'osser-
vanza della vita di comunità per cui egli fu sentito uomo dal carattere un po'
rigido e fu tacciato di essere eccessivamente autoritario. Ma i fatti gli diedero
4s Don Bosco Educateur, H. Boueurpn s.d.b. Paris VI, Libraire P. Téqui, Editeur
2u édition, p.74,75.
168

19 Pages 181-190

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19.1 Page 181

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ragione! Nominato Rettor Magigore, notai in lui non un cambiamento di carat-
tere, ma un modo più paterno nel ftattare, svelando così la bontà del suo
cuore. Egli però è stato sempre sia nel carattere che nel tratto e nei suoi efficaci
discorsi un vero dominatore in tutte Ie occasioni della vita »>.ft
« Di Padre il polso... di Mamma il cuore »>: così delinea la figura di Don
Ricaldone nella seguente serie di ricordi Don Eugenio Stefanelli, scrivendo il
5 giugno 197). << Fra i tanti ricordi che ho di Don Ricaldone sono costretto ad
una scelta limitata alle mie impressioni personali, di un quadriennio 1940-1944,
quando allievo dell'incipiente PAS ebbi la fortuna di contatti diretti con lui.
'Tuta conscientia' però, ripeterei anche adesso quella mia dedica per la sua
Messa d'oro quando anch'io ero vicino al Sacerdozio.
A Te, Don Pietro Ricaldone
che di Padre hai il polso
e di Mamma il cuore
noi figli prediletti
delle tue Nozze d'oro Sacerdotali.
Di Padre il polso...
Fine setternbre 1940. Messa d'inizio dell'anno accademico al PAS - Cro-
cetta. << Solo io so quello che mi è costato il riconoscimento del PAS. Voi siete
stati scelti e siete tra
telo bene
entro 48
o- re
una sola
(sic!) »>.
le speranze
mancanza
dpiscipblienlalered, eellapaCrotinregtreegpaezriolnee.voMsatre-
ricorda-
Ispettorie
22 nouernbre 1942. Resa inabitabile la Crocetta per il bombardamento
del 20 novembre 1942, f:ui uno dei dodici ospiti all'Oratorio per ricuperare
durante il giorno il " ricuperabile " e avviado a Bagnolo Piemonte dove s'erano
rifugiati i "sinistrati" della Crocetta.
Venuto a conoscenza del regime in vigore alla Crocetta durante i bombar-
damenti (silenzio assoluto nello scantinato rifugio... e così il fischio stressante
delle bombe si scaricava lacerante nella spina dorsale) Don Ricaldone snoc-
qcuioellòla-felicneosi cporpeesretantei -il
una serie di epiteti all'indhizzo degli educatori di
suo volto era piuttosto ffiste e la voce alterata. Certo
le sue note erano un po' in dissonanza con le armonie di S. Cecilia di cui ricor-
reva la festa...
Ho ancora negli occhi, e dimenticarla mi è impossibile, 7a figura calma
e maestosa a un tempo di Don Ricaldone che, nelle notti rigide di quel fine
novembre 1942, raccoko nel suo mantello, dal cortile dell'Oratorio, dirigeva
indicando i punti colpiti, i meravigliosi confratelli coadiutori che comevano a
soffocare gli inizi d'incendio provocati dai numerosi spezzoni incendiari che
ft Testimonianza di Mons. Emanuel, 29-12-1953
t69

19.2 Page 182

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colpivano disordinatamente i tetti della Casa Madre. Proprio come un ammi-
raglio che tenta il tutto per tutto per salvare la sua nave dalla plancia di
comando: ma penso alle fitte di dolore che dovevano lacerargli il cuore.
29 nouembre 1942, Stanchi per una lunga giornata di sgombero alla Cro-
cetta, noi dodici volontari decidiamo di non discendere nel rifugio sotto la
Cupola di Maria Ausiliatrice. Ma la notte è tremenda e la stanchezza tanta...
Dopo qualche invito inascoltato, Don Ricaldone ,manda Don Ziggiotti a ordi-
narci di discendere in rifugio. Dopo mezz'oru la bellissima cameratr- Dome-
nico Savio è rasa al suolo. La Madonna e 7a saggezza di Don Ricaldone ci
ha salvati.
Rannicchiati in qualche coperta attendiamo I'alba sulle dure panche del
padatorio. E I'alba è livida e paurosa: in nove giorni la morte ha bussato
due volte.
Verso Ie sei, accompagnato da Don Ricaldone, viene a trovarci nel nostro
bivacco l'on. Vidussoni, allora Segretario del PNF, che sta visitando i danni
dei bombardamenti su Torino.
Don Ricaldone paternamente fa presente la nostra condizione di sinistrati.
VRiidvuedssoo-ni
e mi fa ancora una
che puntato verso di
cneortiadiimcep:re<<sIslioDneuc-e
il
lo
moncherino sinisffo di
saprà... »> e Don Rical-
done che con un sorriso itonico conclude: « E Dio ci penserà... >>.
Di Mamma il cuore
Gennaio 7944. Fame, disagi, fatica hanno minato la mia salute. Spos-
satezza, sfinimento: Ia guerra incide su tutti. A Bagnolo Piemonte non c'è
possibilità di una diagnosi obiettiva e accurata. Ritorno a godere l'ospitalità
dell'Oratorio per una decina di giorni e ho la fortuna di vedermi assegnata
una cameretta proprio sul piano degli appartamenti dei Superiori. Non saprei
contare il numero delle visite di Don Ricaldone: ogni giorno voleva essere
informato circa il " cutticulum " delle visite mediche presso l'Astanteria Martini.
Nei momenti di sfiducia e incertezza ho trovato in Don Ricaldone una
sensibilità d'animo insospettata sotto la scorza dura del suo carattere inflessi-
bile. Quante volte la sua finezza è giunta al gesto materno di rimboccarmi
le coperte del lettol E, giunsi a permettermi una confidenza che forse in altri
sarebbe stata un'imprudenza eccessiva.
Interrogato un giorno, dopo una visita medica, circa il responso, uscii in
una " boutade " che ancor oggi mi rimprovero come una punta di cattiveria.
Tutti si sapeva quanto era costato a Don Ricaldone il PAS che egli riteneva
come la " pupilla " dei suoi occhi.
Descrissi Ia visita con una certa " verve " briosa e alla richiesta dello spe-
cialista che voleva sapere cosa provassi nell'esame della testa, " tout court "
Prisopnotisfiic: io-
l\\l[2, Dottore, vuol
Ateneo Salesiano? !
trovare
ancora
il
cervello
dopo
tre
lunghi
anni
di
170

19.3 Page 183

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riso
L'uscita era piuttosto pesante
agro-dolce del viso di Don Ricaldone
ginàgocto-niceammeentnee
accorsi dal sor-
leso dai dolori
lancinanti del trigemino. Mi perdonò Don Ricaldone quella mia birichinataT
Ne sono pienamente convinto: e perché la famliarità continuò finché rimasi
ospite della Casa Madre, e perché ne ebbi una prova di più. Saputo dai referti
cmeertdoicbi ecnheeficuino'imcoplersfuerzrioognaetocodnigqeunaitlach-e
prselsranadi ictraobnaiccaco-,
poteva trovare un
quale non fu Ia mia
com,mozione, quando Don Ricaldone in persona venne nella mia stanza portan-
domi in dono la prima " tabacchiera " della mia vita, ticolma di un tabacco
fine
non
e lievemente
l'ho più, ma
profumato! Ora quella
il gesto paternamente
ctoabmapcrcehniesrivao-e
meamteernname ednistepiagceent-ile
di Don Ricaldone profuma aficora nel mio ricordo riconoscente e affettuoso,
e sento doveroso il bisogno di dare anch'io un tocco lieve lieve di abbellimento
alla figura michelangiolescha della sua vita >>.
Certamente D. Ricaldone non poté mutare natura, ma è meraviglioso vedere
come tutti, non solo sentirono che sotto una scorza un po' dura c'era un cuore
di padre, ma videro il suo sforzo perché << Ia mano di ferro »> fosse sempre
ammorbidita dal << guanto di velluto ».
Al dire di D. Fedrigotti Ia patemità di D. Ricaldone non fu e non poteva
essere quella di D. Rinaldi, ma era vera paternità << sentita e sincera >> anche
se << forte ed energica »>.
Giustamente il Bollettino Salesiano nel dicembre l95l tracciando alcune
linee della sua figura scrisse:
<< Tanti confratelli, specialmente se ammalati o sfiduciati o in pericolo di
abbandonare la vocazione, conobbero 7e tirczze del suo amore, malgrado il tem-
peramento robusto e gagliardo. Quel " Miei cari figliuoli ", con cui apriva
conferenze e buone notti, sintonizzava subito i cuori dei presenti col gran
cuore del IV Successore di D. Bosco.
Si era riservato a la conferenza dell'Esercizio di Buona Morte del
dicembre in Casa Madre, proprio perché i figli 1o sentissero padre. " A que-
sto scopo, a bella posta, oltre I'argomento ascetico, parlava quasi sempre,
come 'discorso della corona', dei progetti, delle rcaTizzazioni che i Supe-
riori intendevano attuare nel nuovo anno a vantaggio della Congregazione e
animava tutti, perché ognuno si sentisse partecipe e collaboratore consapevole
" e impegnato »>.47
Sapeva adattarsi all'altrui debolezza, non imponendo pesi troppo gravosi
o aiutando, spiritualmente e anche economicamente chi doveva sostenerli. Gli
stessi famigli, i ragazzi allievi od oratoriani, i loro familiari ed anche gli estra-
nei erano da lui ftattati con tanta bontà. Era paternità fattiva, pronta; era
aiuto, consiglio, mano che sostiene, parola che incoraggia. Altre espressioni,
eccetto il sorriso che spesso gli costò sforzi inauditi specie quando era soffe-
a7 Dalle testimonianze di D. Luigi Tavano in data 27-12-1970.
17l

19.4 Page 184

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rente per il trigemino, non ne conosceva, o meglio, erano contrarie alla
sua natufa.
Paternità che vuole salvate i figli fino all'ultimo. C'è una lettera per un
confratello allora lontano, che commuove. La riportiamo per intero perché
solo un padre poteva scrivere così:
« Carissimo Don M...,
che cosa avrai pensato del mio silenzio? Molte volte {ui sul punro di ri-
sponderti, ma ti confesso che non ne trovai il modo. Colf indimenticabile D.
Rinaldi parlai spesso di te. Sopra un foglio posto ai piedi della statuetta della
Madonna che aveva dinnanzi il buon Padre aveva scritta una supplica per te.
Tu domandi aitti finanziari: ricordo che la coscienza di D. Rinaldi si
ribellava al pensare di darti dei mezzi per perseverare nel memendo tuo stato.
Se ti trovassi in alre condizioni faremmo qualsiasi sacrificio per aiutarti, ma
così, non ci sentiamo di farlo. Ci pare di disturbare i piani della amorosa
Provvidenza che vuole forse servirsi del tuo disagio per ricondurti su1la buona
via. Ripeto a te ciò che ti dissero e D. Rinaldi e altri a nome suo: le case
della Congregazione e le braccia di tutti i confratelli sono aperte per riceverti.
Ti conosco, sei buono,, hai solo bisogno di deciderti: farto il distacco
sarai felice.
Ora che sono a Torino gli Ispettori di tutto il mondo non sarebbe dif-
ficile combinare le cose nel miglior modo. Siamo nel mese di Maria Ausilia-
tice e nella Novena dello Spirito Santo; prega e ascolta la voce del Signore
che vuole salvarti. Pensa che 1a morte può sorprenderti all'improvviso e preci-
pitarti nel baratro eterno. Te Io chiedo per amore di D. Boscò e dei tuof Cari
Genitori; salva 1'anima t:ua, fa il distacco, sii di nuovo il buon D. M... di
altri tempi, un buon figlio di D. Bosco. Ti benedice di cuore il tuo aff.mo in C.J.
Sac. P. RrcArooNs >> a8
Ed è anche del padre saper cogliere l'occasione, scegliere il modo di ripor-
tare i propri figli ad un'osservanza più generosa. Don Terrone ricorda un
grazioso aneddoto <( minuto, ma che può dare un'idea di ciò che Don Rical-
done faceva in cose di maggiore rilievo e di interesse generale >>.
<< Un bravo confratello coadiutore aveva avuto l'incarico di ridare vita aI
corpo musicale che dopo varie vicende era, si può dire, a terra. Un giorno
venne nell'ufficio dove io lavoravo e mi pregò di interessarmi presso il Signor
Don Ricaldone perché gli facesse dono di un clarino. Senza riflettere se la
domanda fosse opportuna o meno, promisi di interessarmi ed esposi il fatto
a Don Ricaldone. Sorrise, ma non disse altro. Passarono appena alcuni giorni:
un colpetto aTla porta del mio ufficio, ed ecco entrare Don Ricaldone che
teneva in ,mano un lungo rotolo. Saltai in piedi ed egli: << Eccoti il clarino,
anzi i clarini fiammanti... chiama il confratello, ma prima di consegnarli, gli
4 Lettera di D. Ricaldone in data 5-5-l»2
172

19.5 Page 185

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dirai che mi faccia il piacere di accorciare alquanto i capelli; li ha troppo lun-
ghi e non sta bene »>.
Il buon con{ratello venuto da me, si commosse per la generosa bontà di
Don Ricaldone e mi disse che non aveva la minima difficoltà di fare quanto
il Superiore desiderava. Infatti I'indomani si presentava al Superiore nell'accon-
ciatura desiderata per ingraziarlo del magnifico regalo. E il Superiore si com-
piacque con lui per il piccolo sacrificio che forse aveva dovuto fare r>.
L'energia del comando e l'amore alla sfetta osservanza non prevalsero
fino a togliergli 7a delicatezza e la comprensione, anzi gliela acuirono fino a
toccare le corde più intime dei cuori e a larli crollare, vinti dalla bontà. Ecco
una di queste vittorie. È ancora Don Terone a raccontarla.
« II compianto Superiore soffriva moltissimo quando veniva a conoscenza
che qualche Salesiano non sapeva rinunziare al fumo, specialmente dopo le sue
insistenze paterne, raccomandazioni e persino minacce. Uno di tali con{ratelli,
sacerdote, g7à anziano, era stato suo compagno di noviziato e di corso teologico.
Ottimo religioso, lavoratore esemplare, di rura abilità, ma fumatore impeni-
tente, benché sempre segretamente e,molto riservato. Don Ricaldone, nel 1943,
in occasione della sua Messa d'Oro, gli scrisse una lettera amichevole, paterna-
mente affettuosa, dicendogli, fra le altre cose: " Siamo ormai vecchi e ci avvi-
ciniamo alla fine. Io non vorrei che tu avessi a presentarti al Divin Giudice
col sigaro in bocca! ". Come poteva quel confratello rifiutare all'amico e
Superiore un piacere tanto desiderato, chiesto con tanta bontà ed in una occa-
sione così solenne? Rimase talmente scosso, che ipso facto, immediatamente,
troncò la inveterata abitudine e nel modo più assoluto.
Io venni a sapere la cosa perché avevo visto quel confratello ancora chie-
rico e militare circa 60 anni prima; poi 1o ebbi come insegnante e sapevo che
fumava. Don Ricaldone conoscendo questa circostanza, mi fece la confidenza,
sicuro di farmi piacere. Dirò di più: ebbe perfino la bontà di farmi vedere
la risposta ricevuta, che io non potei leggere senza commozione. Dopo la
morte del confratello, mandando le condoglianze al suo direttore, accennai a
quella corrispondenza. Il Ditettore mi confermò che il confratello dopo la let-
tera di Don Ricaldone non toccò mai più il sigaro, con grande edificazione
di quei pochi che sapevano di quella debolezza. Due vittoriosi adunque e tutti
e due contenti! >>.
Ma vi erano alti casi << disperati »>. Quando qualche confratello impe-
gnato in missioni delicate, correva il rischio di essere diffamato, e nell'ama-
rczza della prova stava per fare passi falsi, Don Ricaldone gli si metteva alle
calcagna e non lo perdeva d'occhio finché non 1o aveva tranqrillizzato, assicu-
randolo del suo appoggio. Don Pugliese in una di queste spinosissime situa-
zioni sentì in Don Ricaldone, non il Superiore, ma il Padre che lo salvò non
solo dalla calunnia, ma da uno smarrimento che gli poteva essere fatale.
« Alf inizio del 1951 \\a mia destinazione a Roma come addetto alla Sacra
Congregazione dei Religiosi era già decisa; terminato l'anno scolastico avrei
lasciato Torino.
1,73

19.6 Page 186

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Ma il diavolo ci mise la coda. Un mio collega del Tribunale Ecclesiastico
di Torino che era stato da me preso con le mani nel sacco, trovò modo di
vendicarsi con una velenosa lettera anonima, mandata alla Segreteria di Stato,
alla Sacra Congregazione dei Sacramenti, a17a Sacra Congregazione dei Reli-
giosi e alla Presidenza della Repubblica: si voleva 7a mia testa su tutti i fronti.
Don Ricaldone ne fu avvertito ufficialmente e mi fece avvertire dal compianto
D. Gennaro, quando avevo già preparato tutti i bauli per il mio trasferimento.
Dire quale sia stata la mia angoscia, il mio turbamento, il mio sdegno, non
mi è possibile. Tanto più che mi sentivo innocente e non avevo idea da chi
potesse venire il colpo. Ad accrescere la mia confusione del momento, con-
tribuì anche 7a tattica poco intelligente di D. Gennaro nel comunicarmi la cosa.
Parlai con coloro che credevo amici e giunsi perfino ad interessare la
Questura. Ma D. Ricaldone mi fermò in tempo, quando già ero orientato a cer-
care l'autore dell'ignobile calunnia tra i membri del Tribunale. Egli mi soisse
di andare da lui, mi padò come un padre, mi disse che dietro di me c'era lui
e che mi avrebbe difeso. E fermò così ogni cosa. Di fatto mi fece scrivere
a S. E. Larcaona una lettera che lui stesso mi dettò, cui aggiunse una sua
lettera privata, che mi scagionava da ogni accusa; e che non aveva voluto
che andassi a fondo nelle ricerche del colpevole quando aveva intuito che que-
sti si doveva trovare tra i membri della Curia di Torino, per un riguardo a
S. E. iI Card. Fossati. Qualche anno dopo ebbi occasione di leggere furtiva-
mente quella lettera tra le carte di S. E. Larcaona. Solo una decina di anni
dopo conobbi con certezza il norne dell'autore della ignobile lettera, il quale
per vari inrighi e malefatte venute alla luce fu radiato dal posto che occupava.
Dopo la morte di Don Ricaldone col permesso di Don Ziggiotti potei alla
fine raggiungere Roma a Natale del l95l »>.o
E rimaneva Padre anche quando doveva dare delle negative, perché que-
ste erano per il solo e vero bene dell'individuo e della Congregazione. Chi le
riceveva, per poteva rimanerne contrariato, poi capiva come nel << no >> di
lpDae.rrisRo-nicaalecld.'eornae s-olo
spesso risultato da una consulta
Ia prudenza lungimirante di chi
fatta presso tutti
ama e non già un
i Capito-
puntiglio
« Carissimo Don Pedussia s
Che cosa avrai pensato di me? Che vuoi, è da un anno che sono in giro
fuori di Torino e solo oggi posso risponderti.
Nel frattempo volli udire il parere dei Capitolari presentemente all'Ora-
torio.
Ecco quanto si fa osservare:
1' I1 Clero secolare non vedrà bene che un religioso sia fatto canonico:
ae
s
Testimonianze di D. Agostino
D. Pedussia Luigi, Segretario
Pugliese, 5-5-L970.
di S,E. Mons. Dante
Munerati,
Vescovo
di
Volterra.
171

19.7 Page 187

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sembterà loro che si sottragga il pane a chi, secondo 1oro, ne abbisogna di più
e potebbe averne maggiori diritti.
2' Sapendo poi che 1o scopo sia unicamente quello di aiutate l'Oratorio
festivo pamà loro meno conveniente.
3" Un Religioso Canonico diventa quasi inamovibile e anche ciò non
pare bene. Si porebbe aggiungere qualche altta considerazione, ma le su indicate
sono le principali.
che
Quésto il parere del
la Provvidènza aiuti
Capitolo. Abbi
con alri mezzi
la bontà di sottoporlo
anche più abbondanti
a
il
I.V.
caro
Speriamo
Oratorio.
Saluta tanto il carissimo Monsignore e digli
passare qualche giorno con npi, e che frattanto ci
cbehneeddiecsai.deAriatmeoi
venga a
migliori
auguti. Prega per il tuo aff.mo in C.J.
Sac. P. RtcatooNB ».sl
Un po' fizzante nelle espressioni è la lettera al << mio caro R... »>. Ma
« l'affetto paterno » voleva portare questo figlio alla virtù soda dell'<< ama
nesciri et pro nihilo reputari » e subito gli scrive in termini inequivocabili
perché il distacco sia immediato e si rimetta a1. << pane di miglio »>: « Ci vuole
molta umiltà, moltissima umiltà, sempre più grande umiltà ».
« Carissimo G...,
l'aprire il cuore al padre arreca sempre vantaggio allo spirito. II Signore
ti volle provare con una specie di umiliazione: ricorda che non v'è cosa più
utile di questa. Se sapessi formare il palato al sapore celeste delle umiliazioni
non avreìti più nesiun bisogno di quella direzione speciale che forse 1o
s-piritToalmvoalltiàgnloatci omsidedtteettiandtieresztaionpeersfpairrittiuvailveeprenealnlachceomcmonozvieonrteir.si in sol-
letico dell'epidermide sentimentale con un corteggio di frasi e parole untuose
che ci fanno credere pingui e satolli mentre siamo {losci e slombati, vani
e rigonfi di pretese mistiche.
Grazie a Dio in Congregazione abbiamo una mensa spirituale ricca-
mente imbandita: non bisogna fare gli schizzinosi e pretendere manicatetti
che ci rovinerebbero l'apparato gastrico. Ci vuole molta umiltà, moltissima
umiltà1, sempre più grande umiltà.
Allora anche il pane di miglio ed i più semplici ortaggi ci nutono
ed impinguano. Mio caro R..., credimi: ti parlo con affetto paterno, Ia
perfezione è tutta qui: ambula coram et cum Deo, ama nesciri et pro nihilo
reputari. Semper autem gaudens et in charitate fraternitatis voluntatem Dei
faciens.
Coraggio! Ti benedice di cuore il tuo aff.mo in G. e M.
Sac. P. RIcalooNB »>.s2
sr Lettera di D. Ricaldone in data 24-11,-19)2.
s2 Lettera di D. Ricaldone in data 22-7-19$.
t75

19.8 Page 188

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Vi sono fatti che si direbbero contrari all'asserzione sull'inransigenza citca
l'osservanza che aveva D. Ricaldone, se non stessero piuttosto a dimostrare
il suo sano equilibrio, la sua discrezione, la sua adattabilità, la sua magna-
nimità, le sue grandezze di vedute; doti queste che sgorgano dalla paternità
e da quel giusto discernimento delle cose, proprio di chi ama e di chi è abi
tuato a vivere in rettitudine davanti a Dio e agli uomini.
Don Falcone non dimenticò mai la frutta di quel venerdì. Nell'ottobre del
1939, se non mi sbaglio, verso il 20, in un venerdì, la « Spedizione Missio-
naria >> per il Rio Negro, alla quale appartenevo come ascritto, fu invitata a
cenare col Capitolo Superiore.
I1 Sig. D. Ricaldone di v,m. fu di una amabilità paterna indimentica-
bile e accadde tra l'altro, questo episodio tanto caro.
« Ma che pena, miei cari missionari, ci diceva il buon Padre, siete venuti
a cenare con i Superiori proprio in un venerdì, non potendo offrirvi così nep-
pure la fruttal >>
Seryiva a tavolr- il Sig. Gigi, tanto caro e tanto famoso, che se ne uscì
con questa battuta: « Ma, Sig. D. Ricaldone, stassera è festa, possiamo pure
dispensare i nostri missionari dal digiuno del venerdì, non le pare? »>.
E << va bene, e va bene; se il Sig. Gigi ci dispensa, ci consideriamo tutti
dispensati dal digiuno di questo venerdì >>. Mangiammo così la frutta più sapo-
rita che ci poteva toccare, perché accompagnata dal sorriso buono e dalle parole
di D. Ricaldone. Dopo cena il buon padre ci faceva pure delle raccomanda-
zioni sul modo di comportarci in terre straniere.
<< Cercate di fare sempre il bene, con vero spirito di sacrificio, rinunciando
a qualsiasi orgoglio di nazionalità ed evitando, al riguardo, qualunque di-
scussione >>.s3
Con D. Pugliese, che spesso mandava a Roma a sbrigare pratiche delicate
ed impegnative per la Congregazione, aveva comprensione propria dell'uomo
di azione esperto di vita e preveggenza, delicatezza del padre che sa aiutare
senza esimerlo dall'osservatza religiosa. << Tutte le volte che mi mandava a
Roma, scrive il suddetto confratello, mi faceva dare (sic) da D. Tranquillo
Azzini i soldi del viaggio e poi mi dava lui un'aggiunta spesso molto abbon-
dante (qualche volta più del doppio), raccomandandomi di essere generoso
nelle mance e di spendere pure tranquillamente quanto avessi bisogno; a\\
ritorno dovevo fare un rendiconto esatto su quanto lui mi aveva dato. E ogni
volta aggiungeva anche una sommetta da spendere in libri per la Facoltà di
Diritto. Se a Roma si trovava anche lui, ogni volta che mi incontrava durante
il giorno, ed io dovevo uscire, mi chiedeva sempre se avessi soldi abbastanza
e mi riforniva copiosamente. Con quel Superiore io ritengo che nessuno avteb-
be osato spendere i soldi inutilmente. Come Lui non ho mai trovato nes-
sun altro >>.sa
s3
s
Testimonianza
Testimoniarua
di
di
D. Pietro Falcone da Recife in data
D. Agostino Pugliese, 5-5-1910.
14-6-1966.
176

19.9 Page 189

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Aveva anche intuizione di padre: capiva, preveniva e quando poteva, pa-
ruva 11 colpo, rasserenava gli animi.
Una volta gli si domandò perché lasciasse che un confratello coadiutore,
nonostante il suo importante ufficio, attendesse anche alla... scopa, nel riordino
di alcuni locali. Sembrava cosa sconveniente se non addirittura umiliante. D. Ri-
caldone allora chiarì: no, non era un esercizio << afflittivo >> ma anzi un bisogno
fisico che poteva certamente riuscire anche un bene spirituale... E spiegò:
.< Viene dai campi. Il tener la scopa in mano gli fa del bene allo spirito >>.ss
Dunque, doppiamente padre: del corpo e dell'anima!
Verso i confratelli anziani aveva finezze squisite perché capiva che, messi
un po' fuori del lavoro, spesso soffrono Ia solitudine, la dimenticanza da parte
dei giovani che, impegnati in tante incombenze non possono essere loro di
compagnia e di conforto. D. Spriano, uno di questi, ricorda la squisita rico-
noscenza che mosttava per qualsiasi umile servizio e ricorda la sua ultim a finez-
za: « Negli ultimi giorni della sua vita avendogli fatto pervenire una bella
somma di denaro ricavata dalla vendita di francobolli, egli, non potendo più
scrivere, mi fece consegnare una gtaziosa lettera scritta da D. Ziggiotti a
nome suo )>.
Anche con i Segretari aveva attenzioni squisite.s Per il loro onomasrico,
anche fra le mille occupazioni trova il tempo per scrivere una preghiera augu-
rale nel retro di una i,mmagine.
E poiché sa quanto sia duro l'ufficio di segretario, anche da lonrano si
ricorda di loro e li tiene allegri con scritti arguti uniti però sempre ad un
pensiero di fede. Ecco uno di questi del 16 apdle L939 mandato da Gaeta a
D. Luigi Tavano, dove era stato un anno come Catechista. In una cartolina:
« Raggiunta la meta! Ci siamo, a Gaetal Saluti e preghiera! Partiamo stasseral
con gesto romano! A te, D. Tavano »>.
Se poi poteva fare un elogio, non 1o risparmiava mai: e sul suo apprczza-
mento non si poteva equivocare perché, pur essendo felice di trovare il bene
nei confratelli, non era capace di adularli contro verità; egli era sincero con
tutti anche se in questo ricordo D. Spriano, mette I'accento sulla bontà di
D. Ricaldone.
Bontà sì, perché teneva conto anche del minimo.
<< Quando si trovava in casa nei giorni di festa non mancava mai alla mia
isffuzione catechistica che tenevo nella Basilica alle ore 17; dimostrava assai
piacere quando narravo qualche cosetta da ridere. Una volta che ne avevo nar-
rata una, proprio per bambini, mi fece mille complimenti dicendomi: " Così
va bene! Fa piacere anche agli adulti udire qualche cosa allegra ".
Mi meravigliai che un Superiore tanto colto si compiacesse di cose pue-
rili! Ma capii che 1o faceva per incoraggiare il povero predicatore, per pu-
ra bontà »>.
ss Testimonianza di D. Tarcisio Savarè.
s6 Vedi Appendice a1 Cap. 26; ne riportiamo l'elenco in allegato n. 44.
177

19.10 Page 190

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E a uno dei « pionieri » dell'« Ufficio Catechistico >> che aveva pubbli-
cato un fascicoletto divulgativo a catattete popolare: « VediT con questo
libretto che tu hai scritto sulla S. Messa ho prepalato il sen. Agnelli a {ate
una buona confessione. I1 merito è quindi anche tuo. Eta giusto che lo sa-
pessi ».s7
Era anche pronto a chiarire situazioni dubbiose per rasserenare i suoi
figliuoli e lo faceva con tanta comprensione perché capiva il disagio spirituale
e come non ci sia cosa più contraria allo spirito di famiglia che I'equivoco,
l'incertezza, fonte di un timore fuori posto.
Un confratello aveva ricevuto un'obbedienza che aveva qualche aspetto
meno limpido. Ci fu chi ne fece parola a D. Ricaldone che era ormai verso
il tetmine dei suoi giorni. I1 buon Padre si limitò a dirgli: « a D.B. che
Dio scrive diritto anche se le righe sono storte )>.
<< Ho potuto toccare con mano, scrive quel Salesiano, che era stato dav-
vero così. Quelle parole furono per me di grandissimo conforto ed espres-
sione cii squisita paternità >>.58
Sapeva anche farsi buon avvocato difensore di chi era vittima di ingiuste
lagnanze, di malumori, di poca pazienza, di... scarsa paternità' Vi è in propo-
sito un episodio assai significativo ricordato da D. Terrone.
« D. Ricaldone era in vista ad una nostra casa e i Confratelli ne approfit-
tarono per andare a conferire con Lui. Tra gli altri si presentò a lui il Cate-
chista il quale pare che in quel giorno fosse di poco buon umorc e gli sciorinò
una serie di lamentele.
Un chierico era incapace di ottenere disciplina, un altro non ascoltava gli
avvisi dei superiori, un terzo lasciava a desiderare non so in quali cose. Chissà
che cosa si attendeva quel giovane Catechista dal Superiore Generalel D. Rical-
done lo lasciò sfogare fino alla fine senza darc il minimo segno di meraviglia
o d'impazienza; poi con paterna bontà gli disse queste semplici parole: " Vedi,
mio caro, sono proprio le stesse manchevolezze e deficienze che i Superiori
riscontravano sul conto tuo, quando tu eri ancora chierico, e, se non ricordo
male, proprio in questa stessa casa " >>.
Avrebbe forse aggiunto qualche altra parcla di incoraggiamento, ma non
ne ebbe il tempo perché il buon Catechista, baciando la mano del Superiore
esclamò: << Graziel gtaziet. Ho capito: 1ei ha ragione! » E D. Ricaldone sor-
rideva soddisfatto. Seppi il fatto da1lo stesso protagonista, il quale mi aggiunse:
« Quella fu una buona doccia, molto efficace, che mi suggerì propositi di mag-
gior comprensione e pazienza con i chierici del tirocinio >>.
La seconda « doccetta >> è ancora più... rinfrescante!... « Questa volta toccò
ad un Direttore il quale deploravaTa poca elficienza di alcuni membri del suo
capitolo e ne segnalava i difetti. D. Ricaldone, dopo aver ascoltato con la con-
sueta bontà, si limitò a dirgli con un doLce soriso: " Che vuoi che ti dica?
s7 Il Confratello è D. Guido Setti che la testimonianza in data 26-)'1970
s8 Testimonianza di D. Bonifacio Enrico.
178

20 Pages 191-200

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20.1 Page 191

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Senza difetti siamo soltanto noi due... tu ed io ". Anche quella volta nel-
I'animo di quel direttore svanì all'istante ogni arnarezza, e ancor oggi egli
stesso, ad occasione, racconta quella singolare battuta e l'improvviso cambia-
mento che si verificò nel suo spirito >>.
Aveva occhio di padre: nulla gli sfuggiva, esperto com'era di ogni sof-
lerenzat
Egli nota che un Confratello recita il Breviario in Basilica ad una luce
troppo debole e allora si avvicina e: << Accendi la luce... La vista vale molto
di più del consumo dell'energia eletttica... È un dono prezioso che bisogna
apptezzate e conservare,.. »>,se
Tocca << il polso »> per così dire dei suoi segretari. Non li risparmiava
quando c'era il lavoro, perché prima di tutto c'è il dovere, il servizio ai con-
fratelli, ma sapeva anche dosare, equilibrare.
In quante circostanze il panettone di D. Ricaldone riunì tutti i Segretari
dei superioti maggiori, in allegria!
Quando poi è coi suoi segretari, vuole che, come condividono fatiche di
viaggi, di interminabile lavoro di corrispondenza, così godano con lui disten-
sioni e sollievi. La partita a bocce è sempre con loro oltre che con gli altri con-
fratelli. Sono poi sempre invitati a stare allegri coi ragazzi, coi chierici fra i quali
si inrattiene in ricreazioni canore o in lieto conversare.
Se poi deve lasciarli in sede, non manca un saluto per loro con dna sem-
plice, ma tanto cara cartolina, magati con la benedizione papale.o
Con gli ammalati
Ciò che colpisce in D. Ricaldone è l'attenzione per gli ammalati e per
i confratelli cagionevoli di salute.
Egli era fra il numero dei Superiori che non avevano bisogno dell'au-
gurio di S. Bernardo e di S. Bonaventura che scrissero; È << da augurarsi che i
Superiori abbiano avuto qualche grave malattia, onde sappiano meglio eser-
citare la carità verso i loro confratelli ammalati »>.
Egli aveva un lunga, personale esperienza della sofferenza fisica fin dal
periodo spagnolo, come si disse. L'intensa operosità a cui sottopose il suo
organismo, gli iece conoscere i propri limiti e gli impose delle pause forzate.
Le condizioni si aggravarono procedendo negli anni e raggiunsero la massima
intensità nel periodo del Rettorato, come si dirà in seguito.
Le pagine che dedica in « Fedeltà a D. Bosco >> sugli ammalati sono
espressive. Li chiama << Benedizione della e casa »> scrive: << Se un'eccezione
fosse consentita nella manifestazione del loro affetto paterno, questa dovrebbe
se
e
Testimonianza di D. Zucchetti.
Piccoli ma continui episodi che
ritornano
nel
diario
di
uno
dei
segretari
di
D.
Ricaldone: D. Luigi Tavano.
\\79

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essere per gli ammalati »>.61 Non inculca solo le cure da farsi preventivamente
e immediatamente ai fratelli bisognosi, ma raccomanda i<< riguardi >>, le << de-
Ticatezze »> insegnate da D. Bosco. E raccomanda: << Soprattutto poi non si dia
nemmeno il più lontano pretesto a supporre, non dico con parole, ma neppure
con dimenticanze, freddezze e sgarbatezze, che l'a,mmalato possa essere di peso;
e meno ancora si sbrighi per addossarlo ad altri ». E avvalora i1 suo dire con
l'esempio di D. Bosco per D. Alasonatti. Quanto fece per poterlo salvarel Gli
mise a fianco D. Lemoyne perché 1o curasse e a quest'ultimo con accoramento
paterno scriveva: « Fammi guarire D. Alasonatti ». E D. Ricaldone sottolinea
la paternità di D. Bosco: << Ecco il cuore di D. Bosco! »>.62
E noi potremmo dire: << Ecco il cuore di D. Ricaldone )> per tanti casi,
veri salvataggi di giovani vite, rimesse in sesto per un suo pronto intervento
o per una sua disposizione preveniente. Se si accorgeva o veniva a conoscenza
non abbandonava più il confratello fino a saperlo di nuovo in forze, e anche
a costo di essere molto energico e deciso.
Una volta, uscendo dal refettorio con D. Bemuti per andare alla consueta
visita in Basilica, si imbatté con un giovane confratello di passaggio a To-
rino. Sapeva che non stava affatto bene e subito lo fermò e in {orma molto
decisa gli raccomandò: << Per due anni, scuola predicazione: ricordalol »>
Il giovane confratello sentì che quello era un ordine perentorio, e un po'
avvilito per non poter più attendere a quello che era il suo consueto lavoro,
tentò un compromesso chiedendo che cosa allora avrebbe dovuto fare.... Ma
Don Ricaldone non si spiegò e dovette completare e conchiudere l'obbe-
dienza D. Bemuti con it suo dolce: << Pregare, caro! »>.63
La sua fermezza e costanza salvò anche un giovane chierico. « Molti anni
fa un nostro chierichetto tirocinante, essendosi ammalato, fu inviato a To-
rino, dai Superiori, i quali lo mandarono ad una casa, nella quale avrebbe
potuto riposare e riprendersi anche con i riguardi che i Superiori locali gli
avrebbero usato. Ma quei buoni confratelli appena 1o videro così sofferente,
pallido, si impressionarono, quasi si trattasse di un moribondo; e tanto in-
sistettero sul dovere di pensare all'incolumità dei giovinetti, che il poverino
fu condotto prontamente a Piossasco. Non voglio ora fermarmi su quella
deliberazione; dirò invece che D. Ricaldone, che conosceva bene il giovane
confratello, ne ebbe pena e diede disposizioni ai Superiori di quella nostra
Casa a favore di lui. L'ammalato si riprese gradatamente e rapidamente, in
modo che a termine dell'anno, chiese di ritornare a lavorare. Ma D. Rical-
done gli ordinò di restare un altro anno a Piossasco; ed il chierico obbedì
serenamente, occupandosi allegramente in aiuto ai confratelli ammalati, senza
provare alcun disturbo, sempre desideroso di riprendere il lavoro normale
nella sua Ispettoria. Trascorso l'anno, D. Ricaldone pur sapendolo piena-
6t « Fedeltà a D. Bosco », A.C.S., n. 74, p. 98.
62 « Fedeltà a D. Bosco », A.C.S., n.74, p.99.
63 Scenetta del 24 agosto L949.
180

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mente rimesso, gli permise di ritornare alla sua Ispettoria a condizione che
continuasse a ritenersi come elemento soprannumero, per un altro anfio, cer-
cando di rinforzarsi sempre più. Conclusione: il chierico riprese lo studio,
fu ordinato sacerdote e lavorò parecchi anni nella sua Ispettoria. Oggi, da
vari anni, occupa un posto di responsabilità, che, tra I'altro richiede lavoro
assiduo ed è di grande vantaggio per tutta la Congregazione. Gode perfetta
salute, af.ftonta fatiche e disagi e non cessa di benedire il suo grande bene-
fattore, al quale attribuisce la sua ripresa e salvezza >>.e
Un vero salvataggio fu quello di D. Bertetto, con quale vantaggio suo,
della Congregazione e della stessa Chiesa, 1o stanno a dimosuare i suoi
studi di mariologia. Se non interveniva D. Ricaldone, i Salesiani non avreb-
bero ora il loro Mariologo. Ricorda D. Terrone: << Dopo gli studi di filosofia
compiuti alla Gregoriana, il Confratello si diede con tanto impegno all'in-
segnamento, che dopo soli due anni, si sentì stanchissimo di testa, esaurito.
D. Ricaldone appena lo seppe, 1o fece chiamare e lo mandò al Colle D. Bosco,
con I'ordine preciso di lasciare ogni fatica ,mentale e fare soltanto il conta-
dino. Così lo vidi io un giorno che mi rccai a quella casa; era seduto in terra
con indosso una vestaglia, un cappellaccio di paglia e impegnato a sgranare fa-
gioli e a ripulire cipolle. Era allegro come una Pasqua! << Così vuole D. Ri-
caldone e così voglio anch'io! »> E non aperse mai un libro per tutto il tempo,
che si fermò al Colle e furono parecchi mesi. Anche questa volta la ripresa
fu totale. Oggi è f immagine della salute e non sofferse mai più il male di
capo che pareva inguaribile. Ritornò a Roma ove conseguì con esito più
che brillante la Taurea in teologia; è professore al nostro Pontificio Ateneo,
nonché instancabile scrittore di libri. È il Mariologo della nosrra Congrega-
zionel D. Bertetto benedice D. Ricaldone che per primo intuì la gravità
dell'esaurimento e provvide energicamente e tempestivamente... )>.
Un « salvato >> da D. Ricaldone fu 10 stesso D. Terrone che è contento
di parlare di se stesso « non per altro, se non per confermare la paternità e
tenerezza di D. Ricaldone, mentfe gli protesto ancora una volta Ia mia rico-
noscenza )>.
Nell'autunno del 1935, in una visita al Noviziato diYaruzze dove io mi tro-
vavo come Maestro dei Novizi, mi disse: << Mi sembri molto stanco. Stai poco
bene? « Pensando che si trattasse di un semplice complimento, risposi: « Si tira
avanti come si può >>.
<< Verresti volentieri a Torino? Ti farò riposare! »>
« S'immagini, anche subito! >>.
« Subito no, perché sono diretto a Roma; ma al mio ritorno, ti manderò
a chiamare ».
« Benissimo! »
Per quanto io fossi affezionato al mio ufficio che esercitavo dal 1905, mi
s Testimonianza di D. Terrone.
181

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parve di non dovel esitale. Andare a Torino, presso la Basilica, vicino a D.
Éosco Santo, ai Superiori Maggiori, mi parve un regalo di primo ordine. Poco
più di una settimana dopo, ecco la chiamata da Torino.
A Yarazze arriva il nuovo Maestro, gli faccio la consegna e parto.
« Eccomi a Lei, Sig. Ricaldone! »>
<< Bene! Prima obbedienza: a Montalenghe a riposare »'
Ubbidienza facile, tanto più che non mi pafeva di essere soverchiamente
stanco. A Montalenghe c'era poi anche lui e in quel periodo anche tutti i
Capitolari che tenevano le loro riunioni. Qualche giotno dopo che ero a Mon-
talenghe mi diede un suo manoscritto da battere a macchina: << Sai scrivere a
macchina? »>
« Un poco. »>
<< Bene! >>
Compresi che quello era I'esame da segretario. A Torino passai otto anni
di paradiso. Qualche tempo dopo,
dire dal caro Superiore: << Ota stai
non ricordo per
meglio. Ma se io
quale occasione mi
non ti avessi fatto
sentii
venire
a Torino, a quest'ora saresti da w pezzo all'altro mondo... )>.
<< Gruziet Ed io non mi ero mai accorto di essere a tal punto ». Nel 1941
mi mandò a Caselette per alcuni giorni... Per altri otto anni ho goduto della sua
bontà, fino quasi alla vigilia della sua santa ,morte. Potrebbe adunque questo
vecchio, castellano da sedici anni (altro che alcuni giorni!) non sentirsi tipieno
di riconoscenza verso un padre tanto buono e affettuoso? >>'
Anche Don Tarcisio Savarè ricorda con viva e commossa riconoscenza:
« Ammalatomi seriamente una prima e seconda volta (nel gennaio 1945 e nel
maggio 1949), ebbi innumerevoli prove di un interessamento più che paterno
da parte di Don Ricaldone, che mi affidò espressamente alle premurose cure
del Dott. Mario Ardizzone e delf infermiere Coad. Angelo Scolari con prolun-
gati riposi in infermeria e quindi nell'aria mite di Caselette sotto il fraterno
òorrt.ollo
andat^ in
di Don Terrone.
campagna per il
-disbTriigèo
màncata, a
della posta
prima visita che ebbe la bontà di farmi subito
motivo della guerra, la frequente
all'aria aperta
in infermeria;
-v,isitamriipdeistsuetaneplilùa
è più vcJte, fino a che con squisita delicatezza mi comunicò che Don Andrea
Perolari avrebbe preso il mio posto di segretario, per dir così, 'galoppino', al
piano degli uffici, mentre io sarei passato al posto 'più sedentario ' di Don
T.r.on., .1 piu.ro della Sala Capitolare. Le sue preghiere e la sua benedizione
ottennero le dlre guarigioni, con stupore dello stesso medico curante, il quale
lmiaitrdicisesei:n-
Lei deve avere una grande
Cielo... e un gran cuore di
Amica Stella
Padrc, Don
inRicCaieldloon-e.,
Sì, Maria Ausi-
in terra >>.6s
Così per quanto le circostanze glielo permettevano stava dietro a chi, nel
suo zelo apostàlico, avrebbe voluto bruciare le tappe e non continuare quel
tenore di vita già prescritto da una prima ubbidienza.
A Don Reyneri, che olle ad essere Ispettore a Buenos Aires, nel periodo
6s Testimonianze di Don T. Savarè, agosto 1971.
t82

20.5 Page 195

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bellico era stato eletto Delegato straordinario del Rettor Maggiore sulle alre
Ispettorie Americane, scriveva in data 22 settembre 1942:
« Carissimo Don Reyneri,
Approfitto di una occasione propizia per far giungere a te e a tutti i
cari figliuoli, Ispettori, Confratelli, Gi,ovani, Exallievi e Cooperatori delle
Ispettorie a te affidate, i miei saluti, quelli dei Superiori e una mia speciale
benedizione. So che hai dovuto subire una operazione, la quale grazie a Dio
è riuscita felicemente. Ci congratuliamo con te e preghiamo perché il Signore ti
conservi molti e rnolti anni ancora al bene della nosffa cara Congregazione.
Desidero invitarti a prendere un po' di riposo, specialmente dopo l'operazione
da te subita. Così pure ti rinnovo f invito di pensare a chi possa sostituirti
come Ispettore. Temo proprio sia eccessivo il tuo lavoro. Libero dal governo
dell'Ispettoria, potrai pensare più agevolmente e spendere più facilmente le
ti tue energie a vantaggio di quelle che sono affidate... >>.
E a Don Cavallini, in data 3 giugno 1951
« Carissimo Don Cavallini,
Ti ho visto con grande piacere e potei costatare con gioia che hai
migliorato. Tuttavia, l'occhio esperto ormai da lunga esperienza, mi ha subito
persuaso che, per giungere a71a meta, è necessario ancora un periodo purtroppo
non breve di tempo. Se tu cominciassi a lavorare pomesti anche rovinarti
per sempre: mentre un relativo riposo per almeno un anno e forse due, ti
metterebbero in condizioni di riprendere il lavoro con lo slancio di prima.
Ringrazia dunque il Signore del miglioramento già ottenuto e cortinua
a lare 1l tratto di salita che ancora ti rimane... Coraggio, carissimo Don Caval-
lini. Ti deve essere motivo di conforto il pensare che se sei alquanto esaurito,
si è perché fosti generosissirno nello spendere ogni tua attività per le anime.
Io e i Superiori tutti hanno sempre per te accresciuta stima ed affetto. Ti
benedice di gran cuore il tuo aff.mo in G. e M.
Sac. P. Rrcar,ooNr >>.
Don Ricaldone costata una realtà quando scrive del suo occhio <( esperto
ormai da lunga esperienza>>.I molti,mali che lo travagliarono da che gli sta-
pazzi della Spagna g1i avevano procurato il primo crollo, non 1o avevano ripie-
gato su di sé, tutto preso dallo sforzo di reagire e di andare av^\\ti, ma 1o
rendevano <( occhio esperto »> per misurare le resistenze degli altri, 1o sforzo
che i suoi confratelli facevano per stargli al passo. Egli non poteva togliere re-
sponsabilità e pesi perché erano << oneri » di anime e il « da mihi animas »> lega
oltre e a1 di sopra della vita ogni salesiano; ma poteva graduarli, misurarli per
alleviare o almeno sostenere con I'incoraggiamento.
Don Luigi Tavano ricorda nel suo diario particolari quotidiani che possono
181

20.6 Page 196

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sembrare inezie, ma proprio perché sono interventi casalinghi di ogni giorno,
mostrano il cuore di padre che vigila sempre.
Don Ricaldone ebbe però un grave difetto... Se seppe scegliersi collabo-
ratori capaci non indovin6 mai nella scelta di uomini fisicamente forti. I Supe-
riori Capitolari erano it gara col Rettor Maggiore a chi sapeva offrire di più i
Ioro ,malanni al Signore! Ma sebbene il più « grave »> fosse lui, si preoccupava di
tutti. Con loro più che padre è fratello, e si fa << Superiore » solo quando capi-
sce che deve intervenire con un po' di {orza perché accettino le sue premure.
Nel 1917 scrive a Don Tirone, Catechista Generale:
« Carissimo Don Pietro,
Mi rincresce che la tua salute sia un po' scossa. Tu vorfesti saperne la
causa. Se mi permetti te la dirò io, anche se non sono medico: tu lavori troppo,
non sai moderarti; credi di essere ancora un giovanotto di vent'anni e non è
così. I1 tuo male altro non è che un poco di esaurimento nervoso.
Cerca dunque di riposare, di limitare assolutamente il tuo lavoro, almeno
per un paio di mesi; e vedrai che \\e forze ritorneranno ed il cuore si metterà
à posto. Coraggio adunque. Non preoccuparti, ma al tempo stesso prendi 1e
misure opportune.
Per parte mia intendo proibirti, durante due mesi, qualsiasi attività di
visite alle case o di altri lavori preoccupanti. Se vuoi, titirati in qualche
casa, in montagna, in collina, al mare, ove crederai meglio. Experto crede
Ruperto. Sta santamente allegro e ricevi una grossa benedizione di Maria Ausi-
liatrice e di S. Giovanni Bosco >>.6
E al medesimo che nel 1947 , dopo un almo periodo di stanchezza, aveva
ricuperato \\e {orze perdute, rallegrandosi con gli altri Superiori del migliora-
mento, si affretta a raccomandargli ancora prudenza:
« Carissimo Don Tirone,
Rispondo alla tra lettera del 19 u.s. Essa fu letta solennemente in una spe-
ciale seduta capitolare e ascoltata con viva attenzione senza interruzione: i
commenti vennero poi, e puoi supporre quanto siano stati favorevoli. Vediamo
che ti sei rimesso e ne benediciamo il Signore; mi permetto però di raccoman-
darti di usarti i dovuti riguardi ».67
Fu un anno difficile quel 1947 per i Superiori Capitolari: il loro organismo
accusava gli effetti degli strapazzi della guerra e del duro primo dopoguerra.
In questa stessa lettera a Don Tirone, Don Ricaldone gli la panoramica poco
6 Lettera di Don Ricaldone, 5 gfugno 79)7.
61 Lettera di Don Ricaldone, 5 febbraio 1947
184

20.7 Page 197

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consolante. E ciò che più è edificante è che lui, il più sofferente di tutti fa il
<< giovanotto >>, anche se il freddo 7o attanaglia insidiando il << trigemino »>.
<< M'immagino che desidererai nostre notizie: Don Berruti si recò con Don
Giraudi a Roma. Don Giraudi ritornò per la festa di S. Giovanni Bosco, men-
tre Don Berruti si recò a Portici per vedere se riesce a riacquistare le forze
perdute.
Anche Don Candela ha f.atto una polmonite maligna seguita da pleurite pu-
rulenta; gli si fece I'operazione, ed ora, grazie a Dio, è sfebbrato e speriamo
ritorni dalla clinica quanto prima in mezzo a noi. Don Ziggiotti fece la sua in-
fluenza, ma ora sta assai meglio. Invece da parecchi giorni il carissimo Don
Puddu ha ancora manifestazioni del suo solito malanno, ma speriamo che ces-
sato il freddo cessi pure il male.
Come vedi sono io che faccio il giovanotto. La neve quest'anno e special-
mente in gennaio è caduta ripetutamente: ancora ieri e stamane ne abbiamo
avuto uno sttato abbondante. Non si ricorda un freddo così rigido e tanto duro,
specialmente per la fflaflcanza di riscaldamento. Speriamo che ora febbraio ci
porti un po' di tepore... >>.68
Di tutti i Capitolari il più malandato era il Prefetto Generale e Don Rical-
done se ne rendeva conto, tanto che si pose il problema se convenisse o no la
sua sostituzione; prevalse la convinzione di lasciare Ie cose come erano, procu-
rando periodi di sollievo ogni qualvolta fosse richiesto dalle condizioni del suo
vicario.
Chi infatti l'avrebbe potuto sostituire? Proprio perché c'era un Don Berruti
come Prefetto Generale, egli, quando il male al trigemino 1o assaliva, poteva
ritirarsi, sicuro di lasciare tutto in buone mani. Appena però poteva, riprendeva
il lavoro, perché gli doveva dare il cambio. Don Berruti infatti, viveva pet {orza
di volontà, non per risorse fisiche. Don Ricaldone che lo sapeva e ne ammirava
la tenace virtù, 1o preveniva semple non appena si avvedeva che la sua salute
declinava e lo invitava a provvidenziali soste, che concretizzava subito con mete
salubri, per I'aria confacente al suo stato di salute. Così 1o mandò in Val d'Aosta,
poi, vedendo che gli era giovato un soggiorno romano, 1o lasciò più a lungo a
Roma. Pensò anche al clima mite della riviera ligure con Rapallo e Alassio.
Così, quado si trovò nelle Ispettorie meridionali, lo pregò di fermarsi a
Portici e a Castellamate. Nel 1948 gli suggerì di inteffompere più frequente-
mente il lavoro con gite e brevi soste a Lanzo. Sperò anche neIl'aria e nell'uva
buona del suo Monferrato... Ma tutto fu vano.
La morte di Don Berruti fu per Don Ricaldone'motivo di profondo dolore.
Questa solerte attenzione di alleviare le fatiche dei suoi figli Don Rical-
done l'ebbe per tutti.
Così arrivò anche al figliuolo studente, lontano: Don Quadrio. Era a Ro-
ma, alla Gregoriana e frequentava il quarto anno di teologia. La disputa sostenuta
il 12 dicembrc 1946 sulla definibilità dogmatica del1'Assunzione corporea della
68 Lettera di Don Ricaldone, 5 lebbraio 1947
185

20.8 Page 198

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Vergine, aveva avuto pieno successo con una eco di approvazione anche nel-
l'Osservatore Romano del 14 dicembre. Don Rica,ldone, da buon padre, con le
congratulazioni pensò anche ad un po' di riposo per quella fatica di studio non
lieve che doveva aver stancato quel suo caro e promettente figliuolo e così
gli soisse:
<< Carissimo Don Quadrio,
Dall'Osservatore appresi la felice riuscita della disputa. Deo
Mentre me ne rallegro con te, ti prego di presentarti con questo
Gratias!
biglietto
al Sig. Direttore per dirgli che ti impongo almeno dieci giorni di assoluto
riposo a Frascati o in alra casa: la spesa è
ti
di
farà del bene. Sta
meriti per il cielo.
allegro!
Sante
feste
a nostro
natalizie
carico. Questa obbedienza
e un Nuovo Anno ricco
Ti benedico di cuore il tuo a{f.mo in G. e M.
Sac. P. Rrca,r.ooNn »>.
Don Quadrio, che già aveva « obbedito » subito al << comando >> del Supe-
riore, rispondeva con la seguente lettera:
Roma, 29 dicembre 1946
« Veneratissimo e reverendissimo Signor Don Ricaldone,
la sua paterna sollecitudine mi ha veramente commosso e confuso:
le sono profondamente obbligatol Ora sono qui per qualche giorno a S. Tarcisio
a godere dell'ospitalità del Sig. Dor, Battezzati in ossequio ai suoi venerati
desideri; approfittetò di questi giorni di pace per pensare un po' sul serio
all'anima mia... »>.
Anche i pionieri del Centro Catechistico ricordano la paternità di Don
Ricaldone:
« Agli inizi, I'attività del nostro Centro gravava solo su pochi individui e
ci costringeva spesso a lavorare fino a tarda notte. Ricordo come immancabil-
mente il buon padre ad una certa ora scendeva dal suo ufficio a bussare alla
nosffa pofta.
-
-
lusso-di
Figliuoli, è ora di andare a letto.
Ma abbiamo ancora tanto lavoro da sbrigare...
Prima la salute: quando poi avrete la mia età
lavorare anche di notte.
Lei stesso del resto...
potrete permettervi il
Più di una volta mi prese del lavoro urgente di mano, come Ia come-
zione di manoscritti che completava egli stesso, rimandandomela al mattino ac-
curatamente revisionata.
186

20.9 Page 199

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Quante volte vedendoci stanchi e sovraccarichi di lavoro, chiamava uno
di noi in
fare una
disparte, metteva
gita, mangiate le
in mano
castagne
(uonlegrcuizlizeogleo);divdi efanraàrob: e-ne
f,
al
614 anda'te a
corpo e allo
spirito! ».6e
Don Alessi Antonio in particolare scrive:
.< Una volta non potendone più, gli scrissi una lunga letteta, pregandolo
che mi mandasse ovunque, anche a fare il portinaio, rna non mi costringesse
a quel penoso
ho letto tutto
lavoro di rimanere
attentamente. Fai
sienmchpioredactoosìa, lqtuaavnodlionoh. a-i
Bravo,
qualche
mi disse,
dispiacere
sfogati con me, vedrai che passerà tutto. E ora ritotna ffanquillo al tuo posto,
sai che il Rettor Maggiore ti è sempre vicino!
Più di una volta mi obbligò a seguirlo in qualche suo viaggio per distrar-
mi e farmi riposare.
Finché vedeva che i suoi figli potevano sostenere il lavoro, li confortava,
li « puntellava »> in ogni modo come fece ancora con Don Alessi quando, sa-
pendo che era molto stanco e che pure era impegnato in un Congresso impor-
tante, scrisse al Vescovo che 1o presiedeva e l'aveva otgarizzato, che non lo
facesse lavorare troppo e l'obbligasse ad aver cura della salute. Quando poi ca-
piva che ufgeva una vera e propria interruzione, spesso ci pensava lui stesso come
fece con Don Setti che portò a Canelli, e là 1o lasciò con questa significativa pre-
sentazione al Direttore della casa: << Ti presento Don Setti. Ha bisogno di una
cura d'uva. Vedi di tratterlo bene, come tratteresti Don Ricaldone, perché ne
ha veramente bisogno »>.70
Così quando vide che Don Angelo Gallenca non ce la laceva più a so-
setenere le battaglie di vice amministratore de << L'Osservatore Romano >> per il
deperimento e la stanchezza, si fece premura di metterlo a riposo assoluto in
una vicina casa salesiana: prima a Frascati poi a Castellamare quindi nuova-
mente a Roma al << S. Tarcisio »>. Appena poi, a guena finita, ripresero le comu-
nicazioni, lo volle a Torino per sentire da lui tutte le spine di quel periodo
bellico. Vi erano state delle voci malevoli contro Don Angelo e Don Ricaldone
voleva sentire anche lui perché sapeva che spesso per risanare completamente il
fisico occorre anche guarire ferite morali ancora più dolorose: bisognava essere
medici dei cuori. Lo ascoltò paternamente e alla fine concluse: << Non avevo cre-
duto a quello che m'avevano detto di te, ma ho voluto sentire da te tutta Ia
verità )>. Sta' tranquillo, farò giustizia. Riconfermo la piena fiducia che avevo
in te! >>.71
Fu quella la medicina più risanante!
Anche D. Alessi fu risanato dalla fiducia di D. Ricaldonel
<< Ricordo un momento delicato in cui ebbi la prova più sicura della sua
nobiltà. Qualche persona influente, estranea al nostro ambiente religioso, ma
6e Testimonianza di Don Antonio Alessi.
70 Testimonianza di D. Guido Setti del 26-3-1970.
?r Testimonianza di D. Angelo Gallenca.
187

20.10 Page 200

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alla quale evidentemente faceva ombra l'apostolato che andavo svolgendo, venne
dal Superiore pregandolo di togliermi dalla circolazione (Don Alessi era un
propagandista catechista zelantissimo). Egli prese decisamente e fortemente Ie
mie difese. « Portatemi delle prove... << Io non credo alle chiacchere, ma mi ar-
rendo ai fatti. Per ora ho qui innumerevoli lettere e af{etmazioni di Vescovi che
dmoimaittestsrteatntao'miel nctoenpuearriloa..p.tr)i,m-a
Me 1o raccontò molti mesi dopo, poi abraccian-
volta, quasi a .ipagarmi di chi aveva osato dubi-
Coraggio, mi disse, ricordati che il bene costa. Ma tu sai che il Rettor
Maggiore ti stima e ti vuol bene. Vai avanti così!
a chiamare perché voleva rivedermi. Giunsi
i-n
Sul letto di morte mi
tempo: mi riconobbe
man-
e mi
strinse a lungo la mano in un supremo addio di ingraziamento e di incorag-
giamento ».2
Un altro caso simile che poteva avere conseguenze ancora più gravi, fu
quello di Don Laconi dopo l'ultima guerra mondiale. Il buon salesiano si tro-
vava a77ora a Betlemme con il pensiero di un gruppetto di studenti di Teologia.
L'Ispettrice delle F.M.A. nel Medio Oriente eru a7loru Madre Teresa Tac-
coni. Ella, sapendo le sue figlie residenti a Gerusalemme sola nella complicata
situazione politica del Paese e per di più senza conforti spirituali, pregò l'Ispet-
tore Salesiano Don Sante Garelli a mandar loro un salesiano come cappellano
che le potesse anche aiutare in quei difficili momenti. L'Ispettore, non sapendo
chi mandare, si rivolse al direttore salesiano della casa di Betlemme, Don Vit-
torio Francia, perché provvedesse. Don Francia, sapendo a qua.li cimenti sarebbe
andato inconro il salesiano che si prendesse tale responsabilità, pensò a Don
Laconi. Questi, per nulla entusiasta della missione, da prima fece Ie sue diffi
coltà, ma poi accettò di buon grado e si recò a Gerusalemme il 26 aprile 1948.
vi giunse dopo pericolose peripezie, ma fu arrivo provvidenziale per le suore
che ebbero da lui assistenza spirituale e validissimi aiuti per sottrarsi a innu-
merevoli pericoli. Le F.M.A. così confortate e animate, passarono temibili mesi
sotto il fuoco dei due eserciti in lotta. Salve per veri e continui interventi so-
prannaturali, le Suore il 1' luglio 1948 poterono uscire da Gerusalemme e rifu-
giarsi a Betlemme, seguite il 5 luglio da Don Laconi, che, sistemata ogni cosa,
riusciva anch'egli a mettersi in salvo.
Giunto però a Betlemme, egli si rese conto delle voci che circolavano, spe-
cie fra il clero locale, che la sua andata e sosta a Gerusalemme nella casa delle
F.M.A. non era stata ben vista. La cosa era stata e veniva commentata con vere
e proprie calunnie. Ma lasciamo allo stesso Don Laconi a concludere la vicenda.
<< La cosa venne alle orecchie di Don Ricaldone che ne rimase molto ama-
reggiato. Mi fece scrivere una lettera dal Sig. Don ziggiotti il quale, a nome del
Rettor Maggiore, mi chiedeva spiegazione di tutto. capii subito la cosa, e capii
quanto bene mi volesse Don Ricaldone e quale fosse stato il suo dispiacere nel
sentire circolare simili voci sul conto mio. Non mi fu arduo stendere una rela-
72 Ar.ltoNro Amssr - Uz prete oagab'ondo a seruizio della catecbesi, Pro manuscripto,
Cittadella (Padova), 1970, p. 746-t47.
188

21 Pages 201-210

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21.1 Page 201

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zione, affatto difficile provare come ero finito a Gerusalemme. (Tale rela-
zione è conservata ancora nell'Archivio della Congre gazione ed è documento
sul conflitto Arabo-Israeliano).
Negli ambienti dove tale voce err- stat^ diffusa, Don Ricaldone chiese ripa-
razione, e so molto bene che padò molto forte, e con quel tono che non am-
mette tergiversazioni. Lui stesso ebbe a dirmelo, e poi Don Puddu, e Don Girau-
dediifpecohniedDseonivenadicRfiofaincpmoarsloadcnopeonvriaeifil-egmlpiieearierqofliuilggeeilsoip?tsarei-,ecarisanecu:hn-eaisCupaomqeuu?amliStiàlii,dbeàenunnomonarpacevarrtceahbé-beriselacrsahciuiIanatooviccthhaee,
un umile confratello, non importa se sacerdote, coadiutore o chierico che fosse,
venisse da gente (se così si può dire) ad essere leso nell'onore.
Pretese addirittura la iparazione. E, questa ci fu.
Mi fece scrivere ancora dal Sig. Don Ziggiotti una bella letterina, ringra-
ziandomi per quanto avevo fatto per le F.M.A.
Nell'estate del 1950, saputo che Don Garelli mi aveva mandato in Italia
per un periodo di vacanze, mi fece scrivere, sempre da Don Ziggiotti, ormai il
sto'alter ego' nel Trentino dove mi trovavo a ptedicare, e mi invitò a Torino.
Appena potei, venni alla Casa Madre in Valdocco. Ci si incontrò nel corri'
doio ed era con due Ispettori, uno era Don Antonioli e l'altro veniva dall'estero'
Mi abbracciò e volle che andassi a praflzo con i Superiori. A tavola si parlò
sempre di Gerusalemme. Mi disse che aveva letto il mio diario ed il racconto
del mio soggiorno a Gerusalemme.
Alla seta mi volle ancora a cena con e gli alri Superiori per sentire le
notizie dei confratelli del Medio Oriente. Ancora ricordava e sapeva rievocare
con precisione il suo soggiorno in Palestina, dove si era fermato parecchio
subito dopo la grande guerra del 7914-1918. Poi mi disse di andarlo ancora a
salutare pri,ma di partire. La mattina, alle ore dieci, Don Savarè mi introdusse
da lui e mi ricevette in camera.
AlIa morte di Don Ricaldone, DonZiggiotti mi smivevai <<... Proprio prima
di morire Don Ricaldone ti ha ancora ricordato e ti ha inviato Ia sua benedi-
zione. Ha detto che sempre ne hai saputo interpretare il pensiero ed eseguire
fedelmente la volontà. Perciò ti ha voluto ricordare e nngraziare>>.
Per me quelle parole di tanto vegliardo morente furono le parole più belle,
Ia più bella ricompensa per tutti i rischi corsi, per tutte le ubbidienze ricevute,
spesso assai dure. Se una ficompensa umana ci poteva essere, anche per chi deve
solo guardare al premio che riserva 'Colui che scruta il cuore e i reni', questa
ricompensa non poteva essere maggiore di quella che veniva da un uomo come
Don Ricaldone, da un Superiore che io avevo conosciuto sempre forte e ric-
chissimo di bontà. Forza e bontà sincera che formavano alla vita e sulle quali
uno poteva contare »>.R
In Don Ricaldone troviamo tutto il fine intuito non solo di Superiore, ma
73 Testimonianza di Don Francesco Laconi
189

21.2 Page 202

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di ammalato che ha sperimentato personalmente le crisi spirituali provocate dal
male, nella Lettera Circolare del maggio 1947, in cui chiede preghiere per il
prossimo Capitolo Generale. Egli si rivolge al << gruppo più caro al cuore della
Congregazione )> e ne valoùzza la situazione penosa.
« Sempre a proposito degli Esercizi Spirituali e del prossimo Capitolo Ge-
nerale rivolgo uno speciale appello ai Salesiani, che costituiscono il gruppo più
caro al cuore della Congregazione, nostra Madre, vale a dire agli ammalati. Di
questi cari fgliuoli ne abbiamo forse in tutte le nostre case. Alcuni gruppi poi
vivono in appositi convalescenziari onde poter usufruire di clima e di cure
meglio adatte alle loro condizioni.
Talvolta qualche a,mmalato si affligge pensando che non è in grado di
offrire alla Congregazione il frutto delle sue attività.
Ora vorrei ripetere a cotesti carissimi figliuoli che non v'è attività di sorta
che possa oltrepassare il merito della sofferenza e del dolore. Appunto perché
sono convinto che l'offerta delle loro preghiere e soprattutto delle loro soffe-
rraelnezebe^ntteirdeizionsiuldlaelatmuatttao
nosra Congregazione
straordinarie, rivolgo
e sul prossimo Capitolo Gene-
loro questo fervido appello ».7a
Già nel 1943, proprio per mostrare a questi confratelli quanto gli fossero
cari, subito dopo i festeggiamenti del 27 maggio in onore del suo Giubileo Sa-
cerdotale, egli la mattina del 28, era a Piossasco per offrire con loro e per loro
la sua messa. Questa sua comprensione per la sofferenza dei corpi lo trovò
entusiasta sostenitore delf iniziativa di D. Berruti: promuovere ogni anno un
pellegrinaggio di malati in Basilica per ottenere grazie e favori da Maria Ausi-
liamice.
I1 primo fu organizzato i\\ 29 giugno 1938, giorno suo onomastico, e fu
una cerimonia commemorativ^: 600 bimbi nelle loro brandine o sulle catroz-
zine attesero che passasse Gesù Eucaristico nel cortile della Basilica per rice-
vere la benedizione e, se fosse per la maggior gloria di Dio, la grazia della gua-
rigione per intercessione della Madonna.
I1 secondo poté ripetersi nel 1941, 1'8 giugno, e i malati presenti alla
funzione, questa volta non solo più bambini, salirono a 1100. D. Ricaldone tan-
to sofferente anche lui in quell'anno, poteva mettersi fra le loro file e quando
seppe che vi erano stati due << miracolati »> non si stupì, ma ne rimase commos-
so. Maria Ausiliatrice non si smentiva: era anche e specialmente Madre compas-
sionevole dei figli ammalati.?s
Coi medici
Ma se gli stavano bene a cuore i suoi figliuoli ammaTati, aveva anche molte
premure per i medici curanti, considerandoli come grandi benefattori della Con-
gregazione anche se, celiando li presentava scherzosamente così: « Chiamati, ar-
774sAD.C..SP.,rpnrn. o74B1r,nmnaugrrg,ioTgeisutgimnoon1ia9n4z7.e raccolte dal Sac. P. Zerbino, S.E.I., p. 191
190

21.3 Page 203

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rivano calmi e con poche parole chiedono tanto! ... La gente li vede toccare, du-
bitare... e poi pronunziare qualche parola difficile che poi spiegano... E la gen-
te finge di capire e poi forse li segue ed esegue le loro prescrizioni!.. Oh, come
siamo fatti! 76 Ma in realtà li apprezzava moltissimo e non c'era somma di denaro
o donativo che potesse ricompensare la loro sollecita prestazione e perciò biso-
gnava aggiungere la pteghiera e anche usare quelle attenzioni doverose di sti-
ma, di riconoscenza che dovevano dimostrare ai dottori quanto fosse apprezzata
la loro missione.
Era anche questo per D. Ricaldone un mezzo per far sentire loro la gran-
dezza della loro professione di per già così elevante essendo un servizio di
vera carità al fratello sofferente. Poi, pensando che come sacerdote egli era
<< medico >> al pari di 1oro... anzi più di loro petché disponeva della medicina
divina che può sanare le anime, cercava nelf incontro occasionale o periodico,
di farseli amici o meglio di farli amici di Dio...
E che egli fosse riuscito ad accattivarseli 1o dimosrano i loro scritti! Ad
udire gli stessi medici, essi furono conquistati innanzitutto dalle sue meravi-
gliose doti umane: grande cuore, un nobile intelletto, una virtù eroica di sop-
portazione del male. Ma poi, gradatamente, a mano a mano che D. Ricaldone
si faceva loro più << Prossimo >>, rimanevano avvinti da quel << Maestro di bon-
tà e di angelica comprensione degli umani sentimenti »>.77
Come non rimanere commossi di fronte alle sue finezze di vero amico?
Il Prof. Carlo Btuzzone che da anni seguiva il corso del male ai trigemino di
D. Ricaldone se già stimava ed amava questo martoriato Superiore, dopo quella
misteriosa << cassettina » da lui mandata accompagnata da uno scritto affettuo-
so, non fu più solo medico dei salesiani, ma medico « salesiano ». D. Ricaldone in
tempo di guenra gli aveva fatto pervenire un alimento alloru prezioso e che
sapeva tornargli gradito.
Ecco come il Professore 7o ingrazia:
« Mio Reverendissimo D. Ricaldone,
Torino, 21JX.1942.
Sono sinceramente commosso per le sue parole piene di profonda bontà.
Non merito tanto!
La marmellata mi è oltremodo preziosa: è l'unica mia risorsa quando sono
stanco. La sorpresa, la gioia che provai è facilmente concepibile, (specie da
parte di mia moglie) quando ho aperto la cassettina!
Mio figlio è particolarmente lusingato dalle espressioni che 1o tiguardano:
porge i suoi ossequi devoti.
A Lei il mio affettuoso grazie.
Dott. C. Bnuzzoxr >>.
76
,
Dalle testimonianze di D. Luigi
Lettera del Prof. Bruzzone a D
Tavano in data 27-2-L970
R.nrto Ziggiotti, 22-12-i951
t9r

21.4 Page 204

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Così seppe anche ricordare una cara data del suo fedele Oculista, il Dot-
tor Federico Grignolo che tanto gli stava dietro perché non sforsasse quei po-
veri occhi, specie quello più colpito dalla nevralgia del trigemino. La sua deli-
catezza commosse anche 1a sua signora, tanto che così gli scrisse:
<< Rev.mo Don Ricaldone,
Torino, 6.6.1939
ho letto a mia moglie ed ai miei figli il caro suo biglietto ed il pensiero
di essere staro da Lei ricordato in un momenro assai solenne ci ha iiempiro
I'animo di profonda commozione. Procureremo di meritare cristianamentè la
preziosa benedizione che EIla ha voluto ottenerci dal S. Padre e di meritare
altresì 1'affettuosa benevolenza che ella in ogni occasione ci vuole dimo-
strare.
Voglia gradire l'espressione della nostra affettuosa devozione.
F. GnrcNor.o »
D. Ricaldone fu anche riconoscente verso tutti i Dottori che sapeva essere
a disposizione dei Salesiani: il Dott. Bertocchi, il Dott. Carlo Giacom.azzo, il
Dott. Pietro Clerico, il Dott. Vidili, il Prof. Diego Buttino sempre pronro ad ac-
correre nei casi più ffepidi. Per tutti ebbe finezze e riguardi che meritarono un
ricambio di altrettanta sincera amicizia.
Persino l'incontro fortuito col Dott. Benza di S. Remo fu occasione di un
rapporto cordiale che lasciò un'impronta indelebile nel buon medico.
Nel 1940 D. Ricaldone gli fece pervenire \\a vita di D. Bosco ed egli rin-
graziandolo, così gli esprimeva la sua riconoscenza:
<< Onorato di aver avuto la fortuna di conoscere ed avvicinare il Succes-
sore del grande Santo, nel presentarvi il mio rinnovato tingraziamento, for-
mulo il più vivo augurio per Ia Vostra salute »>.?8
E nel 1941 agli auguri nataTizi, rispose mettendo in evidenza il motivo
del1a stima che provava per questo Superiore.
« Molto Reverendo Padre,
S. Remo, 24 dicembre L94I.
Vi ringrazio dei Vostri graditissimi auguri e del ricordo gentile che
ricambio a Voi devotamente.
.
1a
Lieto di sapervi finalmente rimessc dopo tanto
vosma salute e vi porgo il mio deferente Jaluto.
soffrire,
faccio
voti
per
Vostro figlio,
Dott. F. BeNze >>
78 Lettera del Dott. Benza a D. Ricaldone da S. Remo, 12-1,2-1940.
192

21.5 Page 205

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Le attenzioni poi che ebbe per il bravo suo chirurgo Prof. Mario Dogliotti
furono più che squisite. D. Ricaldone gli era riconoscentissimo. Ad ogni inter-
vento 1o trovava sempre più appassionatamente interessato a guarirlo... e se fos-
se stato possibile, anche a non fargli uoppo malel
I1 prof. Dogliotti avvicinava D. Ricaldone con cuore di fratello e di fi
glio. Ma, Docente all'Università di Catania, non poteva seguire il suo << mera-
viglioso paziente come avrebbe voluto. Ne lasciava allora il pensiero al Dott.
Vidili che 1o informava di tutto. Quando però dutante la guerra fu a servizio
dell'esercito italiano sul fronte russo, pregò il Prof. Luigi Biancalana a sosti-
tuirlo per gli interventi chirurgici.
Anche questo illustre clinico che avvicinò per la prima volta D. Ricaldone
nel 1942 e durante quattro dolorosissimi interventi da lui effettuati, poté co-
noscere la virtù eroica del paziente; fu tuttavia conquistato dalla sua « squisita
gentllezza » e gli rimase « legato »> con affetto di figlio.
Rev.mo Sacerdote D. Pietro Ricaldone,
Torino, 4 feb*aio 1944.
mi permetto ringraziarla ancora dell'onore e della viva gioia che Ella ripe-
tutamente mi reca dimostrandomi la Sua benevolenza. La sua squisita genti-
Iezza, la grande bontà, la sua illuminata parola, la sua cordiale familiarità mi
hanno legato a Lei con un profondo affetto filiale.
Con la speranza che Ella voglia sempre considerarmi tale, le presento i
miei saluti.
Devotissimo
Dottor Lurcr BraNcareNe
Certamente f inconto col Prof. Dogliotti ebbe tono più intimo e familia-
re ma non si fermò sul piano umano, anche se un motivo terribilmente e dolo-
rosamente umano lo aveva provocato. Come ricompensare in modo adeguato,
senza scendere a donativi, che per quanto graditi, spesso avviliscono o rimpic-
cioliscono la prestazione che rimane sempre superiore ad ogni ricompensa uma-
na materiale?
D. Ricaldone arricchiva sempre l'omaggio con una benedizione particola-
re richiesta appositamente per Lui al S. Padre ogni volta che era ricevuto in
udienza. Il Professore non abituato a simili privilegi, ogni volta ne rimaneva
salutarmente impressionato e spronato ad esserne degno.
« La speciale benedizione che avete avuto la grande bontà di chiedere e di
inviarmi, mi ha profondamente commosso. Tutta la mia vita di lavoro e quella
sentimentale tendono a farmene degno ».?e
« Di ritorno da una assenza breve in continente ricevo con animo profonda-
7e Lettera del Prof. Mario Dogliotti a D. Ricaldone, Catania 27-l-1942
193

21.6 Page 206

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mente grato le vostre parole che mi comunicano la speciale benedizione del S.
Padre in occasione del mio onomastico. Il vostro pensiero mi è stato particolar-
mente gradito ed ha molto contribuito ad alleviare la dura fatica di questi tem-
pi in cui il mio lavoro si è fatto veramente estenuante >>.e
La bontà di D. Ricaldone influì beneficamente sul caro professore tanto
che questi chiese di essere più che il chiturgo del Superiore dei Salesiani, 1o
amico di casa.
<< Rev.mo Don Ricaldone,
Torino, 3.4.1944.
la stupenda palma pasquale coi suoi graditi e gentili auguri, ha preceduto,
come troppo spesso succede, il mio pensiero, sia pure di poco. Ero infatti
in prminto di scriverle non tanto per un doveroso atto formale alla vigilia
di una Solennità Religiosa, quanto soprattutto per un profondo, spontaneo e,
direi, sempre più vivo sentimento di devozione, di ammirazione e, mi permetta,
di amicizia.
La prego comunque, di gradire, coi ringraziamenti miei e dei miei Cari,
l'augurio più affettuoso.
Suo Dev.mo e Aff.mo
Menro Doclrotrr
El'amicizia venne e fu suggellata dalla morte della Mamma del Professore.
Per quell'occasione D. Ricaldone gli fu più che fratello e il Professore ne sentì
tutto il conforto.
<< Rev.mo e carissimo D. Ricaldone,
Torino, 29.11.1944.
7a partecipazione sua personale e dei Salesiani che mi onorano della loro
benevolenza mi è giunta particolarmente cara in un momento di grande dolore.
La mamma, che attraverso una lunga vita di sacrifici tutto ci aveva dato senza
mai nulla chiedere, era per me e per mio fratell,o un simbolo e rappresen-
tava il più chiaro e confortante esempio di vita cristiana al quale continueremo
ad ispirarci senza purtroppo sperare di eguagliarne le grandi virtù.
Essa è morta serenamente come visse, ritenendo grazia divina l'aver potuto
portare a compimento la sua missione temena e di poter concludere in un'atmo-
sfera di dolcezza tra i suoi figli, che essa tanto
e che tanto l'amavano
la sua vita.
^mava
La ingrazio di gran cuore per le parole di conforto che hanno per me
tanto maggior valore in quanto esprimono il sentimento affettuoso di un
gran cuore. Mi creda suo dev.mo e aff.mo
Menro Docrro,rr
e Lettera del Prof. Mario Dogliotti a D. Ricaldone, Cataria 4-6-1942.
194

21.7 Page 207

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E fu così che proprio i dottori divennero i primi panegiristi di D. Ricaldo-
ne. È così difficile che i dottori canotizzino i loro pazientil Spesso infatti la
malattia li rende difficile e il fatto di non guarire inasprisce i loro pensieri
e i loro atteggiamenti specie verso i poveri dottori che non sanno capirli, non
sanno trovare le cure adatte... Invece tutti i dottori che assistettero D. Ricaldo-
ne anche nei momenti di più acuta sofferenza fisica, ricordandolo proprio come
ammalato dolorante, parlano di lui come di un caro amico che li aveva saputi
attrarre al bene con la sua santità. << Nel ricordo di quell'anima eletta, scrive il
Dott. Grignolo, mi propongo di essere anche per I'avvenire un fedele collabo-
ratore della grandiosa opera salesiana »>.81
Il Prof. Dott. Crosetti lo stimava tanto che avrebbe voluto avere un suo
autografo... ma già il libro scritto da lui sarà tenuto come <( preziosa reliquia »>.
« Reverendissimo Don Ziggiotti,
Torino, 21 dicembre 1951.
nessun ricordo delf indimenticabile e venerato D. Ricaldone Poteva riu-
scirmi più gradito e più prezioso del volume che ha costituito l'ultima sua
latica e che ho avuto la fortuna di vedergli consegnare quando già la mattina
si profilava minacciosa.
Se la Provvidenza non avesse diversamente disposto mi sarei permesso
di chiederGli una dedica, per conservarlo come una preziosa reliquia.
Non so davvero come ringraziare.
Se la mia ammirazione ed il mio affetto per la Società Salesiana erano
già grandissimi, la morte edificante del suo grande Rettore mi ha ancora di
più awicinato alla grande opera di bene che i Figli di D. Bosco compiono ogni
giorno.
A Lei, ai Reverendissimi Superiori del Capitolo ed in particolare al
Rev.mo Don Giraudi, ed a tutti quelli che nelle ristissime giornate di ansia
ebbi la ventura di avvicinare, desidero giungano devoti e cordialissimi i più
vivi auguri per il S. Natale.
Suo dev.mo Dott. LonsNzo CRosETTI »
Nel dolore della perdita di un tanto amico, il Dott. Buttino, ebbe il conforto
di appendere sul suo letto I'immagine di Maria Ausiliatrice che D. Ricaldone
aveva tenuto nella sua cameretta.
<< Rev.mo Sig. Don Ziggiotti,
Torino, 21.XII.I95L.
Possedere, appesa al mio letto la saoa immagine di Maria Ausiliatice,
proprio quella che il sempre vivente nostro Signor D. Ricaldone teneva nella
sua cameretta, è un sogno così infinitamente bello e grande, che debbo fotzarmi
8r Lettera del Prof. Federico Grignolo a D. Renato Ziggiotti, 24-12-1951
t95

21.8 Page 208

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per convincermi della sua realtà. E questa gioia la debbo alla bontà, alla cor-
tesia, alla delicatezza commovente del Signor D. Ztggiottil
Una parola di ringraziamento è troppo inadeguata al prezioso favore:
voglia El1a sentirla tutta come Ia detta i1 cuore.
I1 quadro preziosissimo, l'opera ultima scritta da D. Ricaldone, la sua
immagine venerata e tutto quello che io ho avuto dalla sua e Loro benevolen-
za, rappresentano e saranno per sempre il mio sacrario e il più ambito conforto
per quanto Iddio vorrà concedermi di vita. Il Santo Natale che deve essere
sempre di festa, anche nel dolore, porti a Lei ogni benedizione del cielo.
Obbl.mo
Dott. Drrco BurrrNo >>
I1 Dott. Buttino era proprio di casa e godeva tutta la fiducia di D. Rical-
done e dei Superiori che spesso 1o interpellavano circa la salute del Rettor Mag-
giore. Ma non sempre era ascoltato perché additava un rimedio che difficil-
mente poteva essere praticato: il riposo! E così un po' contrariato soleva dire:
<< Il sonno, il sonno! È un dono di Dio! E lo sappiamo noi dottori, noi vecchi! »
Egli era stupito della resistenza fisica di D. Ricaldone e parlando di lui diceva:
« Se D. Ricaldone è così ora, come non sarà stato aitante, attivo, imponente
vent'anni fal Sfido io che riesce a{ar lanto lavoro, nonostante tutti i suoi mali ».82
Goi parenti dei Gonfratelli
D. Ricaldone ebbe cuore di padre anche nei riguardi dei parenti dei suoi
figli. L'amore che ebbe per i propri genitori si rifletté su quelli dei confra-
telli, per i quali ebbe tratti di squisita bontà che in certo qual modo stupirono
sempre, perché la sua personalità così forte, non lasciava rapelare \\a tenerezza
del cuore. Solo i Confratelli dell'Oratorio lo videro piangere i\\ 27 maggio t943,
quando, parlando in occasione della sua Messa d'oro, ricordando il suo buon
Papà e la
dominarsi
peiispsiaimnsaeMsaumscmitaan,d-o
uenglui r-agasneomdprieapcpolsaìuspi.asd3rone di -
non poté
Aveva per i genitori una gratitudine e una ammirazione si può dire reli-
giosa per gli esempi mirabili che aveva avuto da loro.sa
Mamma e Papà erano per D. Ricaldone persone sacre e così li trattò
sempre quando ebbe rapporti con quelli dei confratelli.
D. Eugenio Valentini ricorda che, mancatagli la mamma 1'11 febbraio 1951
a Mathi, D. Ricaldone 1o chiamò e dopo avergli presentato le condoglianze gli
disse: << Il Rettor Maggiore ha a sua disposizione tante intenzioni di Messe,
82 Dalle testimonianze di D. L. Tavano in data 27-12-1970.
83 Vedere Cronaca dell'Oratorio, 27-5-19$.
84 Testimonianza di D. L. Tavano, 27-1,2-1970.
t96

21.9 Page 209

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che gli vengono da tutte le parti del mondo; tu prendine quante ne vuoi per
Ia tua mamma ».
Così durante la Crociata Catechistica quando i Vescovi gli richiedevano
continuamente conferenzieri e animatori, non esitò a privarsi del valido aiuto
di uno dei più ricercati propagandisti, D. Alessi. Quando seppe che questi aveva
i genitori ammalati, subito 1o liberò da impegni e mandandolo in famiglia gli
disse: « Fermati pure finché avranno bisogno di te ».8s
E quanto è delicato il suo pensiero verso la buona Mamma di D. Luigi
Pasa, che, dopo la gioia del ritorno del figlio dalla Germania dopo anni di
campo di concentramento quale cappellano di quei poveri internati, lo vedeva
di nuovo allontanarsi destinato a soccorrere gli italiani emigrati in Argentina!
Mamma atziana... avrebbe ancora visto il suo LuigiT D. Ricaldone pensando
alla generosità di entrambi, così scrisse alla buona mamma:
« Gent.ma Signora Maria Pasa,
sono stato colpito da lungo attacco influenzale e non ho potuto scfiverle
prima, come sarebbe stato mio vivissimo desiderio. I1 nostro caro D. Luigi,
prima di partire per la sua importante e delicata missione, venne a Torino e
mi diede tante belle iotizie di lei e della sua generosità nell'offrirlo al Signore.
Certamente per questo sacrificio Ella riceverà grazie speciali in tema, ma spe-
cialmente una grande ricompensa in cielo.
Ed io, a nome della Società Salesiana e delle moltissime anime che ver-
ranno salvate dal caro D. Luigi, le porgo i più vivi ringraziamenti con pro-
messa di fervide preghiere. Mando a Lei e a tutta la sua cara famiglia una
particolare benedizione di Maria Ausiliatrice e di S. Giovanni Bosco.
Preghi per il suo obbl.mo in G. e M.
Sac. Prurno Rrcal»oNs ».e
D. Agostino Pugliese si era fatto salesiano senza l'approvazione dei suoi
genitori, per cui era entrato in Congregazione come... un orfano. Era partito
da casa senza una parola d'affetto: il denaro per il viaggio fino a Torino glielo
aveva dato il Parroco. Ma a Valdocco trovò D. Ricaldone allora Prefetto Gene-
rale che 1o abbracciò teneramente e lo assicurò che egli sarebbe stato << suo
padre r. E fu veramente così petché lo seguì, non solo fino a vederlo sacer-
dote, ma indirizzandoTo poi agli studi superiori e fiancheggiandolo sempre nella
sua travagliata e delicatissima missione di bene a favore della Congregazione
presso la S. Sede. D. Pugliese, finché visse D. Ricaldone, ebbe un vero padre:
D. Ricaldone si era impegnato e la sua parola era realtà concreta. Egli scrisse:
« Parecchi anni dopo (l'assicurazione della sua paternità) quando effettivamente
8s ANronro Arrssr, Un prete uagabond'o a seroizio della Catecbesl, Pro manuscripto,
CittadeellaLe(tPteardaodvai )D, 1.9R70ic,acldfro.npe.dLe4l5.3-12-7947.
t97

21.10 Page 210

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perdetti il padre (14.2.1,949) egli mi confortò e mi ricordò che fino allora mi
aveva fatto da padre, ma da allora il suo affetto paterno sarebbe stato rad-
doppiato per me »>.87
Dietro ai suoi confratelli ricordava che rimanevano i genitori e non li
dimenticava, specie quelli i cui figli, essendo in più diretto rapporto di lavoro
con lui, aveva conosciuto o di loro sapeva particolari. Era magari solo un pen-
siero, ma quanto giungeva gradito! Come questo il 13 aptile 1939 da Roma.
Dopo l'ultima udienza del Papa, così scrisse a D. Tarcisio Savarè:
A << te, a D. Temone, a D. Tavano, alle vostre famiglie una speciale be-
nedizione del S. Padre ».
Ma anche quando non si trattav^ di genitori, ma vi erano casi delicati di
famiglia, D. Ricaldone, così sffettamente osservante, aveva cuore aperto e buo-
no, e sapeva arrivare con prudenza.
D. Entico Bonifacio ne fece l'esperienza.
<< C'era stata una circolare che proibiva ai confratelli di recarsi in famiglia
per occasioni di matrimoni, ecc. Il sottoscritto avrebbe dovuto ottenere un per-
messo che contrastava con questa disposizione. Come fare?
Parlando con D. Patzarasa che conosceva bene la mia situazione, ebbi
questo consiglio per me assolutamente inatteso: << Scriva a D. Ricaldone come
stanno Ie cose (devo notare che il Direttore mi aveva messo dinanzi Ia pre-
detta circolare), che ha parlato anche con me e che di rnotu proprio Ia mandi
in famiglia ».
Chiesi spiegazione di quel ntotu proprio eD. Panzarasa mi disse: <<D. Ri-
caldone sa che se l'Ispettore viene a sapere che lei lo ha scavalcato può aver-
sela a male. Invece così avverte lui stesso l'Ispettore e tutto va bene )>. Ub-
bidii e dopo qualche giorno ricevo un biglietto da D. Ricaldone il quale mi
diceva »>. Ho saputo che è necessaria la tua presenza in famiglia. Presenta quin-
di questo mio biglietto al tuo Direttore ed io penserò all'Ispettore »>.
Tutto è andato molto bene ed io ho ammirato ancora una volta la bontà e
paternità del Superiore il quale sapeva fare le leggi, ma sapeva anche interpre-
tarle, ciò che forse altri non sapeva fare ,r.88
D. Marcoaldi ha un episodio veramente grazioso sulla cordialità di D. Ri
caldone coi parenti: il 4" Successore di D. Bosco divenne niente meno che il
« grande amico »> di sua sorella!
« Quando ero Ispettore dei Salesiani ricevetti un giorno la visita di mia
sorella. Saliva ella le scale che menano agli uffici, quando si accorse che di-
scendeva un sacerdote. Si raccolse in un angolo del primo pianerottolo, lasciò
libero il
baciargli
plaasmsoanaol .<<Qmuaeelst«osporepteretmea)e>s-tososo»>noerasuDe .paRrioclaeld-oneecshieaswiicfeinrmò òpeer,
dopo aveda fissata, le disse: « Lei è la sorella di D. Marcoaldi! È tutta la sua
fisionomia! >>
87 T.'estimonianza di D. Agostino Pugliese del 5-5-1970.
887'estimonianza di D. Enrico Bonifacio.
198

22 Pages 211-220

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22.1 Page 211

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Mia sorella non trattenne la lingua e la conversazione si avviò. Che cosa
dissero? Non l'ho mai potuto sapere cor, esattezza; una cosa rimase certa, che
mia sorella fu persuasa che ormai nel Rettor Maggiore dei Salesiani aveva
<< un grande amico! »>
Ancor adesso tra le sue carte preziose conserva gelosamente una lettera
che qui riproduco.
Ma prima è necessario saperne il motivo. Mia sorella aveva messo nel col-
legio salesiano di Macerata l'unico maschio. Prima di consegnarlo al Diret-
tore, era passata a Loreto e, pregando nella S. Casa, 1o aveva offerto alla Ma-
donna, perché diventasse sacerdote. Nel marzo 1943 quel figlio era sacerdote e
salesiano. Per l'ordinazione, nella chiesa dei Salesiani di Amelia, da Valsalice,
dov'ero Direttore, ebbi il permesso di trovarmi presente e gioire con il novello
sacerdote e con la famiglia.
Ma quando si trattò di essere presente per la prima Messa al paese, il
giorno di Pasqua, parve più difficile chiedere e avere il permesso. E fu data
risposta negativa. La sorella non si rassegnò affatto e scrisse direttamente aI
<< grande amico >> D. Ricaldone, il quale Ie rispose e scrisse anche a me, con
delicatezza di Padre.
Torino, L6.4.1943.
<, Gent.ma Signora,
ben volentieri scrivo anche al carissimo D. Evaristo, affinché si trovi costì
per la Prima Messa di D. Nello. Approfitto della graditissima occasione per
congratularmi con Voi di questa grazia che il Signore vi concede. Al tempo
stesso invoco su tutta la vostra Famiglia, e in particolare sul buon D. Nello,
l'abbondanza delle grazie celesti. A tutti mando la benedizione di Maria Ausi-
lia,ice e di S'G' Bosco'
Dev.mo in c.J.
F.to Sac. P. RrcerpoNs »
199

22.2 Page 212

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CAPO XXVII
FORN/ATORE DI SUPERIORI
« Troppo grande è il bisogno che abbiamo di buoni Superiori " I
Abbiamo già visto che D. Ricaldone fu veramente un tecnico nel campo
organizzativo in quanto possedette in grado elevato I'arte del <rfar farc >>. Per
questo fu « superiore >> vero e perfettamente salesiano secondo D. Bosco, il
quale nel III' Capitolo Generale così si espresse: « L'abilità di un Superiore
consiste non solo nel fare, ma anche nel saper far fate agli altri >>.2
E una volta parlando a D. Barberis di come egli procedeva nel disbrigo
di tanto lavoro, diceva: << Il nostro grande studio sta appunto nel saper far
lavorare gli altri. Quando si incontra chi si sobbarca volentieri a certi lavori e
li compie di buona voglia e bene, allora quel tale ci allevia 7a fatica, e quando
uno non riesce, se ne cerca un altro >>.3
Ancora D. Bosco parlando delle Case salesiane diceva: « Le nostre Case
si possono paragonare ad un giardino. Non fa bisogno che il capo giardiniere
lavori molto; basta che egli si cerchi degli operai pratici, li istruisca intorno
alla floricultura, all'orticultura, Ii assista, li avvisi a suo tempo... »>.
Questi principi furono cari a D. Ricaldone e li fece suoi poiché la sua
paternità aveva come dote eminente l'aver fiducia e il dare fiducia ai suoi fi-
gli. Li chiamava perciò con una certa facilità alle responsabilità. Scriveva:
<< Troppo grande è il bisogno che noi abbiamo di buoni superiori, dai più umili
ai più elevati >> ma ,li sapeva scegliere con prudente avvedutezza perché li vo-
leva ,, veramente animati dallo zelo che infiammava il cuore di D. Bosco ». Per
questo esercitava tutti ad acquistare le doti di « capi »>. Infatti come salesiani
« tutti, senza eccezione, ognuno nella sua condizione, debbono cercare di ren-
dersi abili alle svariate mansioni, nelle quali si esercita la superiorità >>.4
Non considerava umiltà l'atteggiamento di chi si esimeva dall'ubbidienza
I «Fedeltà a D. Bosco »>, A.C.S., n. 75, p. 55.
2 M.B., XVI, 420.
3 M.B., ilII, 887
a «Fedeltà a D. Bosco >>, A.C.S., n. 74, p. 55
200

22.3 Page 213

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di essere superiore perché non voleva << sobbarcarsi ad un lavoro più pesante e
sfuggire le responsabilità », ma 1o tacciava piuttosto di << colpevole ed egoistica
neghittosità >>.s
Non poteva sopportare neppure chi direttamente o indirettamente faceva
mosse e raggiri « per scalare cariche o dignità >>: voleva nel chiamato una fede
semplice e familiare, « il sistema migliore, quello che tutti dovremmo seguire
è, non solo di non agognare la superiorità, ma di accettarla, con semplicità dopo
di aver umilmente esposte al Superiore, ove occorra, quelle ragioni che giudi
cassimo opportune; e tutto ciò senza passione, senza soverchie insistenze,
ostiflatezze >>.6
Vedremo quanto egli fosse umano, comprensivo, buono nell'ascoltare le
prime impressioni, il turbamento dei neo,superiori, ma i << piagnistei »> non li
tollerava: voleva uomini, in più salesiani e ancora santi, tutti protesi al bene.
Scriveva: « Il bene della Congregazione esige che si mettano da parte tanti
immaginari ostacoli, creati più dall'amor proprio e dalle considerazioni dei
nostri comodi che dalla realtà delle cose >>.7
D. Ricaldone, posato l'occhio su di una persona che giudicava capace, non
l'abbandonava più e aveva tattica, cuore. sapeva usare un paziente lavorio di
preparazione per il « colpo » inatteso della superiorità.
D. Beruti, Ispettore nel Cile, nei mesi che seguirono la morte di D. Ri-
naldi, ricevette più volte lettere da D. Ricaldone che sempre gli scriveva: « Ca-
ro Don Pietro, aggiusta le cose co'stì come se non dovessi più tornarvi ,>. Era
una progressiva preparazione. Quando poi fu a Torino per il Capitolo e D. Ri
caldone era già stato eletto Rettor Maggiore, D. Beruti inquieto per troppi in-
teressamenti circa la sua persona, un giorno chiese al nuovo Superiore se sa-
rebbe ancora tornato nel Cile.
Ne ebbe per risposta: << Già, bisogna proprio che cerchiamo un Ispettore
per il Cile ». Il giorno dopo vi fu un altro incontro, e un nuovo tentativo dei
povero D. Berruti di sapere circa il Cile.... D. Ricaldone vedendolo sofferente
in tanta incertezza, finalmente gli comunicò in segreto che lo voleva quale suo
Vicario, Prefetto Generale della Congregazione.8
Fu poi 1o stesso D. Ricaldone a narrare come 1o consolò di quella croce
inaspettata:e « Si andava in gruppetto verso Valsalice. D. Betruti mi si era mes-
so ai fianchi, con la testa un po' china, mentre scambiava con me qualche paro-
la a voce bassa e velata.
-
-
Che hai? Ti senti male?
Si! Ho mal di cuorel
s Citazioni prese da « Fedeltà a D. Bosco », A.C.S., n. 74, pp.55,56,57
6 Citazioni prese da « Fedeltà a D. Bosco », A.C.S., n. 74, pp. 55, 56, 57.
7 Citazioni prese da « Fedeltà a D. Bosco », A.C.S., n. 74, pp. 5r, 56, 57.
8 Cfr. D. PItrno Bpnnuu, Testimonianze raccolte dal Sac. Pietro Zerbino, SEI
p. 229 e p. 2)0.
e L'episodio è stato colto sulle labbra di D. Ricaldone da M. Clelia Genghini,
Segret. Gener. delle F.M.A.
20t

22.4 Page 214

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là!
-
S- e
In questi giorni!
Perché ti hanno nominato Prefetto Generale? Non fare il bambino, va
ti hanno scelto, segno che ti hanno trovato capace di sostenere il
peso.
-I,l
Il peso! La responsabilità!... Io.., così...
capo gli si era abbassato ancor di più e
la
voce
non
gli
veniva
più
fuori.
boli
p- er
Sr, su, coraggio
intervenire più
D. Pietro!
liberamente
Sai che
con la
il Signore sceglie
sua potenza.
appunto
i
più
de-
chi
-
-
m- i
! ys16, sì! Dovrà fare tutto lui!
E lo farà!
Speriamolo; e specialmente anche
è superiore e confratello.
nella
preghiera
e
nella
indulgenza
di
Si asciugò le laoime che già scendevano dagli occhi e a,lzò il capo come
atto di fiducia in Dio e nella Madonna, da Lui tanto amati >>.
Più esplicito fu con D. Ziggiotti quando nel l93l venne a mancare Don
Fascie, Consiglirere scolastico Generale e D. Ricaldone pensò a lui per la
sostituzione.
« Carissimo D. Ziggiotti,
Torino, 5-3-1937
ieri abbiamo tributato le ultime onoranze al carissimo D. Fascie. Ritor-
no ora dall'adoruzione ai piedi di Gesù Sacramentato. Prima di uscire dalla
nostra Basilica, invocai ancora come nei giorni scorsi, il patrocinio di Maria
Ausiliatrice e la paterna assistenza de1 nostro Padre S. Giovanni Bosco.
Ed ora, dopo di aver invocati i lumi celesti e di aver interpellati i Supe-
riori del Capitolo, ti comunico che il Signore ti vuole a Valdocco per continua-
re l'opera e la missione del nostro indimenticabile Don Fascie.
Lo so, tu puoi giustamente addume, per allontanare la croce, la tua età,
l'insufficiente scienza ed esperienza, la poca virtù, f imprepatazione e tante
altre cose.
Io ti auguro e ti prego di avere ogni giorno, anche in avvenire, gli stessi
sentimenti e la forte persuasione della tua incapacità che oggi ti turba e vor-
rebbe muoverti a scongiurare che ti sia allontanato iI grave peso.
I1 divino aiuto è non solo certo, ma in proporzione della forza della nostta
umiltà. D'altronde la carica e l'occupazione hanno scarso significato per chi
sappia compiere il divino volere unicamente mosso da forti sentimenti di
fede.
Va pertanto ai piedi di Gesù a rinnovare f intiero olocausto di te stesso
a gloria sua e a salvezza delle anime.
Prepara le cose tue in guisa da poter tovarti a Torino l'ultimo giorno
di Marzo.
Fra pochi giorni ti comunicherò il nome del tuo successore, che si reche-
quanto prima a ricevere la consegna della Sicula.
Forse è bene tacere fino all'arrivo del nuovo Ispettore.
Coraggio: siamo poveri strumenti nelle mani di Dio; rendiamoci utili
colla più volenterosa e completa docilità.
202

22.5 Page 215

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Ti benedico con particolare affetto e benedico coi voti più ampi e le fe-
Iicitazioni piìr cordiali la tua nuova missione.
Prega pel tuo aff.mo in C.J.
Sac. PErno Rrcer,oottB »>
D.Ziggiotti dal tono di questa lettera capì che doveva accettare I'alto one-
re di col,laborare con lui nel Capitolo Superiore »>.r0
Quando affidava posti di comando, D. Ricaldone non rimaneva mai insen-
sibile al naturale sgomento del confratello e perciò aveva sempre parole di con-
fidenza nell'aiuto del Signore, di umiltà per una docile, serena e pronta obbe-
dienza e anche di incoraggiamento, di fiducia nelle sue capacità.
D. Eugenio Valentini ricorda ancora le parole che gli disse quando il 15
settembre 1948 lo elesse direttore della Crocetta, cioè della casa di formazione
e di studi superiori, la pirì importante della Congregazione.
« Va' tutto con{idato nella Prowidenza e senza timore. Prega molto e,
nell'umiltà e nella docilità, fa tutto il possibile per comispondere alla fiducia
dei superiori.ll
Con termini equivalenti comunicava nel 19)6 a Don Marcoaldi la sua
nomina a Ispettore:
« Carissimo D. Matcoaldi,
il Signore vuol caricare sulle tue spalle una nuova croce. Ricorda però
che Gesù Benedetto la rende dolce, aiutandoti a portarla e facendola sorgen-
te di grandi meriti per il cielo. Sei stato eletto Ispettore di cotesta Ispettoria
Romana.
Vai ai piedi di Gesù Sacramentato, di Maria Ausiliarice, del nosto S.
Giovanni Bosco a chiedere gli aiuti di cui hai bisogno. Dirai che non sei de-
gno, che ti mancano le doti necessarie, che sei carico di difetti. Io prego il Si-
gnore che tu queste cose le dica ogni giorno a te stesso durante i1 tuo ses-
ienio. Se sarai convinto di non valere e di essere indegno, crescerai la tua
fiducia in Dio, moltiplicherai le tue preghiere, sarai prudente nell'agire e vi-
vrai intimamente unito a Dio per averne costantemente luce e soccorso.
Coraggio, ci è Madre Maria Ausiliatrice e dal Cielo veglia su di noi il
nosffo Padre S. Giovanni Bosco....
Più tardi ti scriverò dandoti alcuni norme e consigli.
Frattanto prega molto e accingiti a fare generosamente la volontà di Dio.
Ti benedice di cuore il
tuo aff.mo in C.J.
F.to Sac. P. Ricaldone » 12
l0 Testimonianza di D. Renato Ziggiotti del 6-9-1965.
rr Testimonianza di D. Eugenio Valentini
t2 Lettera di D. Ricaldone del 22 agosto 1%6.
20)

22.6 Page 216

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Ed ecco invece come indusse D. Angelo Gallenca a lar da direttore. Egli
stesso racconta:
I1 primo anno di sacerdozio 1o passai a Montalenghe. Appena giuntovi, do-
po poco più di un mese di sacerdozio, il direttore si ammalò e dovette venir via.
Rimasi solo con un sacerdote anziano confessore, un chierico assistente, cinque
coadiutori e una trentina dr rugazzi aspiranti. D. Ricaldone veniva ogni setti-
mana a rovarci. Dopo un periodo di tempo gli dissi che non mi sentivo, così
giovane, di rimanere da solo in quella casa. Mi lasciò parlare e poi: « E come?
Dopo dieci anni di vita in casa di aspiranti, non ti senti di dirigere una casetta
come questa? Rimani, fa da direttore, conferenze, buone notti, rendiconti, ecc.
E quando ti trovi imbrogliato vieni da me, se non vengo io qui »>.
Altre volte, posto l'occhio su qualche confratello che a suo giudizio avreb-
be risposto bene nella responsabilità della direzione lo interrogava direttamente.
« Venuto a Torino per sbrigare alcune faccende (scrive l'interessato), a Valdoc-
co incontrai Don Ricaldone che mi invitò a salire nel suo studio. Fu una con-
versazione interessante e affabile. Ad un certo punto, al momento giusto mi
Ndcooonmn tasunatdrteaòb:bse-inicleCprhirtiàem: do-i;reasDdtiiorsegeni ictimhefoadfcaoersensboimbneorpoDaruilrinaeomttoosrnpeerodppiio.ù.s..?itPoRe. riEòspdaolesciugnpliirosaonngtangmiiudenonspete:o
ricevetti la comunicazione della mia nomina a Direttore di... ed accettai l'ubbi-
dienza, ed egli mi rispose dandomi consigli opportuni ».
Una tattica simile usò con Don Laconi per prepararlo a divenire Ispettore
nel Medio Oriente. « Quando vidi Don Ricaldone, scrive Don Laconi, l'ultima
volta, mi accennò a chi poteva succedere a Don Garelli. Io gli feci qualche
nome di confratello, che secondo me poteva prendere il posto da Ispettore. E
lnueipmpui rdeisdsiere: t-toreE,
se avessi
e laggiù
pensato
è terra
a te? Sorisi e dissi subito:
di patriarchi!... E neppure
-ho
§6n sqnq
la barba!
Non pensi a questo, perché ci vuole uno più anziano di anni. In Oriente infatti
I'età conta assai, anche oggi mentre scrivo, ma soprattutto contava ancora negli
anni cinquanta E ,>.13 Don Laconi più tardi fu fatto Ispettore nel Medio Oriente,
da Don Ziggiorti.
Era poi molto prudente e, informato f interessato, desiderava che la cosa
non fosse propalata, ma si attendesse sempre che la notizia fosse data in forma
ufficiale da chi di dovere.
Ne seppe qualche cosa Don Agostino Pugliese che nella sua ingenuità
di giovane sacerdote si fece portavoce indiscreto di una nomina. Egli stesso
ricorda la sua imprudenza. « Una volta incontrai un confratello che usciva dal-
l'ufficio di Don Ricaldone tutto rosso in viso. Gli dissi: « Che? Don Ricaldo-
ne ti ha fatto Direttore >>?. << Proprio così »>, mi rispose. Accompagnai il con-
fratello alla Crocetta e nel refettorio dissi ai confratelli che quel tale era stato
fatto direttore. Ma alle ore 14 Don Ricaldone mi telefonò di andar subito da
13 Testimonianza di Don Francesco Laconi, )-1-1971
201

22.7 Page 217

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lui. E mi investì: « Chi ti ha detto che Don... è direttore? ». << Lui stesso, Si-
gnor Don Ricaldone! ». Si rabbonì. Ma mi fece subito una paternale sul se-
greto da conservarsi in simili casi >>.ra
Egli stesso era modello a tutti di prudente riserbo proprio nelle nuove
nomine. Don Muzio fu oggetto di tale delicato silenzio... anche se avrebbe pre-
ferito altrimenti! Alla fine del quinto anno di direzione a Villa Sora a Fra-
scati, il confratello fu mandato direttore dell'oratorio e dell'esternato di Ca-
pocroce. Grande meraviglia e sorpresa sua e dei confratelli; grave disappunto
dei parenti e... 1a celata meraviglia del Vescovo al quale Don Muzio si era
presentato nella nuova veste per mettersi a sua disposizione. In ottobre il
confratello incontrò Don Ricaldone a Villa Sora e naturalmente, con discreta
dcn«teoiosCn!iaonatAmvttaeonenlzhtduimae,riraavef,eia?dplt.ot.rio.ùa?iiEnl.d.f-.oigr-ulminDaò)om>mdnMeiecsRailelaimcln'aasoilnidntsunouaudnszniessicousianreorlealao.dnlroe<tur(lolScaaoaalzsnl-òufipadloaenevnomegzmrilaaioilnndmDoiaseospnaentreop-M:ta,erus-rztoamiconoQidccoduhh:aieiel-Sedd.oobMvnMreoiact:a---
ria Ausiliatrice in Roma per sostituire Mons. Rotolo, nominato Vescovo Ausi-
liare di Velletri. Don Ricaldone era certo che in simili casi un prudente riser-
bo era utile per non creare inconvenienti.rs
Si infastidiva anche quando qualcuno, magati in buona fede, interferiva
nelle ubbidienze che dava lui, non entrando invece nel suo ordine di idee che
era del tutto opposto.
Fu il caso di Don Pugliese che, mandato alla Crocetta come insegnante
di Diritto Canonico in sostituzione di Don Borasio ammalatosi, veniva spinto
dal direttore della casa, Don Zolin, a fare il direttore deIl'oratorio festivo.
Don Fascie, allora Consigliere Scolastico Generale, Don Alessio Barberis
e alri lo dissuadevano; ma Don Zolin insisteva. Che fare? Scrisse coraggiosa-
mente a D. Ricaldone ed egli rispose rimandando la lettera di D. Pugliese a
D. Fascie con una postilla molto laconica ma anche molto incisiva e ferma:
« Non ho mai pensato di mandare D. Pugliese alla Crocetta per fare il Diret-
tore dell'Oratorio festivo, ma per fare l'Insegnante di Diritto Canonico >>.16
D. Ricaldone proprio da Buon « giardiniere » dell'aiuola salesiana capiva
quanto bene ne veniva agli individui e alla Congregazione nel cambiare spes-
so... qualità di fiori... o spostare vasi e piante... Un giusto, prudente avvicen-
damento delle cariche è un ringiovanire perpetuo delle opere, e scriveva: << è
bene sveltire con santa docilità la disribuzione delle responsabilità e delle ca-
riche liberando i Superiori da soverchio tavaglio >>.1?
Così con tutta facilità egli faceva « scendere e salire ». Con fare molto
semplice portò D. Marcoaldi dall'Ispettorato Romano al rettorato a Valsalice.
la Testimonianza di Don Agostino Pugliese del 5-5-1970
ls Testimonianza di Don Giuseppe Muzio.
16 Testimonianza di D. Agostino Pugliese del 5-5-1970.
17 « Fedeltà a D. Bosco », Atti, n, 74, p. 57.
20t

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A lui indirizzò una lettera che è testimonianza della sua prudente segretezza e
anche del suo cuore di padre nel riconoscere il lavoro e le benemerenze del
figliuolo che, per quanto docile e umile, certamente doveva sentire il distacco
da un campo di lavoro tanto amato quanto vasto e laborioso.
« Camissimo D. Marcoaldi,
come ti dissi, ecco che ti scrivo nuovamente, e stavolta per comunicarti
il notizie che certamente tu desideri conoscere. Ti prego di conservare segreto
sulle cose che vemò comunicandoti, fino al 25 agosto.
Ti dico adunque che tuo successore sarà D. Berta. Per ora non dirgli nulla.
Fa' di tutto però acciocché la disribuzione delle obbedienze awenga prima
del 25 agosto, ciò è assolutamente necessario.
I1 successore di Don Berta lo abbiamo preparato e ti comunicheremo il
nome appenna sia definitivo.
Abbiamo anche pensato al nosmo carissimo D. Marcoaldi. Ti vogliamo vi-
cino a noi, nella cara e grande casa di Valsalice. Siamo certi che potrai fare
del gran bene in mezzo a quei cari
sento il bisogno di ringraziarti tanto
figlioli. Ed ora,
di tutto il bene
carissimo D.
che hai fatto
Marcoaldi,
durante il
taumopsiTCaesoimsrbeaeengrnncgeieoiodd.liecQ.eIuSdaSianiumtcpouoeolraciroveeroriitrlisoci!tuhuQoenuiisalcnottuni oosanacormmificeeilvnDievirlàt,u'iirtnrtogbtareizncieeadvtiiezireoaniseaa. lustuaorti.tempo
aff.mo in C.J.
F.to Sac. P. Ricaldone » 18
Se poi sapeva su chi contare, allora le necessità pressanti trovavano in
lui un'abilità di superiore e una delicatezza di padre che sapevano addolcire
i colpi più inaspettati e far amare le ubbidienze più dure. Quella di D. Gal-
lenca del L943 fu un vero << romanzo giallo »...
<< Nel luglio del 1943 ricevetti l'obbedienza di andare direttore dell'Ora-
torio festivo e Prefetto della casa di Gaeta. Arrivai a Torino, presi il biglietto
del treno, ma poi pensai bene di andare a salutare il Rettor Maggiore. Egli mi
chiese stupito: « E dove vai? » Gli risposi: A << Gaetal >>.
<< Ma che vai a farc laggiù se proprio stamane abbiamo deciso di chiude-
re la casa per i troppi bombardamenti? »> Mi mandò dall'Ispettore per una
nuova obbedienza.
Ero appena sistemato al Rebaudengo che una sera il Direttore D. Caval-
lini mi dice: << Vai alle 5 dal Sig. D. Ziggiotti che ti deve parlare ». Vado a
Valdocco e D. Ziggiotti mi fa capire che c'è di nuovo da cambiare: che c'è
qualche cosa di grosso per me, ma che la cosa doveva dirmela il Rettor Mag-
giore in persona.
18 Lettera di D. Ricaldone in data 10-8-1942.
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Si può immaginare come rimasi. Ad ogni modo vado da D. Ricaldone che
incomincia a fate :una lunga storia, a prendermi un po' in gito e non mi dice
nulla di concreto. Ad un certo punto io chiedo: << Ma insomma... dove mi
vuole mandare?... Si può sapere? >> E allora con un lungo discorso mi comu-
nica che desiderava che io accettassi un'ubbidienza difficile: << Vice Ammini
stratore de l'Osservatore Romano >>.
Feci tutte le obiezioni possibili ed immaginabili... che non conoscevo lin-
gue, che ero sempre stato con i rugazzi, che non avevo mai avuto a che fare
con operai... Ad ogni difficoltà egli trovava la risposta pronta e non potei che
dire: << Obbedisco! Pazienzat » << Ma parti subito, sai?!... perchè c'è una situa-
zione incresciosa: il sacerdote che c'era se n'è andato da tre mesi e D. Fe-
del tira avanti da solo! >>
Chiesi il permesso di andare a Foglizzo a salutare i miei genitori e dopo
2 giorni partii. Ma D. Ricaldone non mi abbandonò: mi scrisse sovente. Tro-
vai non poche difficoltà (internel! e non esterne) ma mi fu largo di incorag-
giamento e si interessò della mia salute quando questa mi venne meno »>.
Ancora più sbrigativa {t la paftenza di D. Giuseppe Zavattaro per Berli-
no, perchè... D. Ricaldone gli aveva toccato il cuore con il suo esempio! Ecco
come D. Zavattaro ricorda f incontro con il Superiore: allora più che le pa-
role, fu eloquente il gonfiore delle mani:
<< La faccenda di Berlino andò così. Sua Ecc. l'Ambasciatore Attolico
era trasferito dalla sede di Mosca all'Ambasciata di Berlino. A Mosca come
insegnante dei figliuoli c'era D. Garelli. La S. Sede chiese al Minisro degli
Esteri che D. Garelli rimanesse colà.
A Mosca c'era un Vescovo cattolico francese che ufficiava la Chiesa di
S. Luigi, Mons. Neville. Ma Ia S. Sede aveva bisogno che un sacerdote catto-
lico, meno in vista, la tenesse informata.
D. Garelli rimase sotto la veste di Bibliotecario dell'Ambasciata. Mosca
non ignorava che era un prete ma tollerò la cosa. Ma a Berlino chi avrebbe
fatto scuola ai tre figliuoli. L'ambasciatore si rivolse al Minisro Italiano pres-
so la S. Sede. Il Ministro parlò col Nunzio. Il Nunzio con cbi di ragione. Il
quale in una udienza a D. Tomasetti lo pregò di parlarne ai Superiori. Pro-
prio il giorno (sett. 1935) in cui io dovevo passare al Noviziato di Pinerolo
come Consigliere, insegnante dei novizi arriva a Cuorgnè la macchina di D.
Ricaldone. Il Sig. Ftancesco mi dice: << È atteso a Torino >>.
Vado e mi propone la pattenza per Berlino con l'incarico che ho detto.
Feci le mie difficoltà: salute (il cuore era in fase di scompenso) e la lingua
tedesca. << Avrai solo da {ar Tezione di religione >>, mi disse D. Ricaldone. For-
se egli stesso ignorava come stessero le cose. In due giorni il Sig. Cenci mi
vestì da borghese e fui pronto a pattire. A Verona mi attendeva il diretto da
Roma con la Famiglia Attolico che si trasferiva a Bedino. ln 24 ore avevano
provveduto il passaporto.
Dopo il primo anno (facevo 5 ore di scuola al giorno) non sentendomi di
affrontare nuovamente quella fatica, chiesi al Superiore che mandasse un altro.
201

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D. Ricaldone era a Piova. Andai a trovarlo colà. Aveva le mani gonfie; anche
lui non doveva star troppo bene. Mi disse: << Vedi, anch'io ho i miei disturbi
ma non lascio il campo del lavoro... Poi l'ambasciatore vuole te perchè ormai
conosci i figliuoli e dice che in quell'ambiente nazifascista sai stare al tuo
posto. » Ed io: « Ma un altro farebbe lo stesso e meglio di me... ». E lui:
« Vedi, se vai tu, so che ritorni... un altro dopo un anno, in quegli ambienti,
con quella vita... non so >>.
E così sono tornatol >>.1e
Ma D. Ricaldone sapeva anche ., tetrocedere » quando capiva che c'era-
no forze maggiori, come fece con D. ZavAttato. Ecco la sua testimonianza:
« Nel 1946 D. Annibale Bortoluzzi direttore di Bollengo, è nominato Ispet-
tore di Olanda. D. Ricaldone mi manda a chiamare da Penango: « Abbiamo pen-
sato di mandarti direttore dello studentato di Bollengo >>. Io sconcertato: << Sig.
D. Ricaldone; ma non sa che ho fatto tùtta l^ teologia da solo a Cuorgnè, di
notte, in cella, alla luce di una candela, perchè di giorno c'era da far scuola
e l'assistenza? E poi Bollengo è in collina e se arrivo ai piedi di quel colle,
come faccio a salire? E le scale? >>. Soffrivo infatti di artrite, di tachicardia,
ecc. << Hai ragione, non ci abbiamo pensato. Torna pure a Penango e sta tran-
quillo ». E rimasi colà fino all'anno in cui morì. L'anno dopo passai aFoglizzo>>.20
Un altro caso fu con D. Pugliese. Soppesate le cause della richiesta di di-
missione e riconosciutole vere e giustificanti, non si irigidì e, anche se a ma-
lincuore, cedette, perchè in lui prevaleva il padre e non il superiore.
« Quando stavamo per ritornare da Bagnolo alla Crocetta, ricorda D. Pu-
gliese, mi sentivo stanco e un po' scoraggiato: erano passati 6 anni da quando
mi avevano nominato Decano della Facoltà di Diritto Canonico e, per una cer-
ta sorda opposizione che incontravo nei Professori e negli allievi a causa della
incomprensione che mi sembrava di trovare nei superiori che erano attorno al
Rettor Maggiore, desideravo liberarmi dalla carica. Fu la prima volta che D.
Ricaldone mi disse semplicemente di no. Insistetti.
Allora mi trattò male. « Sei superbo; hai bisogno di umiliarti. Va' a pre-
gare in Chiesa e chiedi a D. Bosco perdono della tua superbia. Un vero sale-
siano non agisce così! >> Uscii dal suo ufficio molto eccitato, confuso e lacri-
mante. Io stetti male alcuni giorni. Il buon padre se ne dovette accorgere, per-
ciò poco tempo dopo mi richiamò, mi trattò amorevolmente e accettò le mie
dimissioni. Mi chiese chi credessi potesse mettere al mio posto e suggerii il no-
me di D. Fogliasso. Egli accettò e nominò decano D. Fogliasso >>.
Vero ., fioretto francescano >> anzi più propriamente << salesiano » è l'ub-
bidienza che D. Ricaldone diede ancora a D. Gallenca nel 1950. Era una ri-
chiesta da parte della S. Sede e D. Ricaldone non poteva dire di no.
D'altra parte chi più esperto di questo confratello che aveva già assolto
diD 19 Testimonianza Giuseppe Z^vattaro del 27-2-1970.
20 Testimonianza di D. Giuseppe Zayattaro del 27-2-1,970.
208

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23.1 Page 221

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incarichi delicati in Vaticano? Lo mandò a chiamare. È D. Gallenca che racconta:
« Quando nel 1950 si trattava di mandare un sacerdote in Segreteria di
Stato, ove I'allora Sostituto della Segreteria di Stato S.E. Mons. Giovanni Bat-
tista Montini, ora Papa Paolo VI felicemente regnante, desiderava avere un
Salesiano, non so perchè il Rettor Maggiore pose gli occhi su di me. Ero allora
catechista ad Ivrea ed una sera alle 9 durante le preghiere della sera il Direttote
mi consegnò un telegramma di D. Giraudi: << Ti attendo domani mattina pri-
mo reno ». Ero lontano le mille miglia dal pensare ad una simile obbedienza
al 28 gennaio! I1 giorno dopo mi precipitai a Torino, mi presentai a D. Girau-
di che mi disse semplicemente: « Vai da D. Ricaldone che ti deve parlare ».
Salii alla sua camera: mi fece sedere vicino a e cominciò alla larga a
parlare di Foglizzo, degli uomini illustri (due Vescovi in quell'anno, Mons.
Barbero di Vigevano e Mons. Arduino...) delle grandi aspirazioni a grandi cose...
Finalmente ad una mia precisa richiesta mi disse: << Ti faccio Monsignore!
ma senza insegne: vai in Segreteria di Stato! »
Si può ben immaginare il mio stato d'animo. Conoscevo già l'ambiente
per la precedente esperienza vaticana: sapevo quale lavoro tutt'altro che sa-
lesiano... ma solo d'ufficio, mi attendeva... Feci difficoltà... ma nulla da fare.
Ad un certo momento con la confidenza che avevo con lui chiesi. E << fin quan-
do mi lascerà dentro? >>
« Finchè non ne farui una grossa! » Al che risposi: « Fra un mese lei
riceverà una lettera in cui si chiederà che mi cambi perchè ne avrò fatto una
grossissima » Egli allora, tutto serio, facendo il suo caratteristico segno di ti-
rarsi su un po' Ie maniche della veste disse semplicemente: << Provati... >> Feci
una risatina... chiesi la benedizione di Maria Ausiliamice e mi preparai al secon-
do viaggio a Roma.
Godetti della sua fiducia e molte volte mi affidò incombenze da sbrigare
presso Je autorità Vaticane r.
I suoi dirigenti
D. Ricaldone aveva un alto concetto della supetiorità in quanto proceden-
te da Dio, perciò non la limitava nei capi sommi, ma, considerandola come
<( maestoso fiume »> lo vedeva suddividersi >> in tanti canali di differente im-
portanza e portata, dai più grandi ai più ristretti rigagnoli >>. Scriveva perciò:
« Parlando di autorità e superiorità, io non intendo parlare dei soli Ispettori
e Direttori. Anche il maestro, l'assistente sono veri superiori... Nella scuola
e nello studio, il maestro e l'assistente rappresentano il Direttore e son rive-
stiti della sua autorità. Altrettanto dicasi e con maggior motivo, del Consiglie-
te Scolastico o Professionale, del Catechista, del Prefetto... Anzi la tadizione
salesiana vuole che il nome di superiori si applichi indistintamente a tutti i
209
14

23.2 Page 222

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figli di D. Bosco, perchè effettivamente ognuno di essi, in differente misura,
ha ed esercita una partecipazione d'autorità e superiorità >>.2r
In questa visione soprannaturale del comando D. Ricaldone assegnava ai
suoi figli cariche e responsabilità, che erano di competenza del Rettor Maggiore,
in accordo coi Membri del Capitolo Superiore. In particolare, tra le altre, le ca-
riche di Ispettore e Direttore. Si trattava di una vera investitura religiosa, che
egli accompagnava con il consiglio e la preghiera; e quando l'eletto era nuovo
all'ufficio gli offriva un vero programma di azione in chiara sintesi, o a viva
voce o per lettera.
Voleva che l'individuo a cui veniva comunicato il dono della superiorità.
lo assumesse con consapevolezza e si rendesse perciò degno del posto a cui Dio
1o chiamava. Se si vuole che i sudditi ubbidiscano in spirito di fede, era del
parere che il Superiore lo ispirasse anche con una superiorità e un comando
che avesse almeno qualche riflesso dell'autorità di Dio.
« Il Superiore è il rappresentante di Gesù Cristo. Chiunque eserciti in
qualsiasi misuta I'autorità, dev'essere ben compreso di questa tremenda verità,
ricordarla praticamente, e perciò preoccuparsi di essere effettivamente 1o stru
mento e la voce di Dio e della sua volontà... Per la stessa ragione nell'eserci'
zio della sua autorità deve ispirarsi costantemente a Colui del quale tiene le
veci... >>.22
Allora si potrà rcalizzare più facilmente il desiderio di D. Bosco: l'ubbi-
dienza soprannaturale: << Non si obbedisca mai perchè è il tale che comanda,
ma per motivi di ordine superiore, perchè è Dio che comanda; comandi poi per
mezzo di chi vuole... »>.r
D. Ricaldone che fin dai primi anni della sua vita religiosa aveva occupa-
to posti di responsabilità e possedeva doti eminenti di capo, in questa visione
superiore dell'autorità si fece maestro, formatore di Superiori, proprio nel de-
siderio di dare alla Congregazione dei dirigenti capaci, zelanti, salesiani e santi.
Abbiamo rintracciato sue lettere che sono veri condensati di insegnamenti
per essere capi qualificati in tutti i settori. Lettere meravigliose pet pratica
spicciola, per sapienza, per umile riconoscimento dei propri limiti e per fiducia
in Dio.
In una di queste c'è la rivelazione del cuore di D. Ricaldone quale << padre
dei capi »>: egli vuole insegnate e instradare solo perchè i suoi figliuoli non
debbano fare sbagli ma vivano dell'esperienza paterna, e possano godere mag-
giore sicurezza, sfruttando la sofferenza di chi li ha preceduti.
« Sai che cosa è l'esperienza? È un cumulo di sbagli. Sapessi quanti sbagli
hanno fatto queste mani! Ora è mio preciso dovere fare in modo che altri non
li ripetano ».4
21
22
«Fedeltà
«Fedeltà
a
a
D.
D.
Bosco»,
Bosco»,
A.C.S.,
A.C.S.,
n.74,
n.75,
p.47 e
p. 50-51.
p.48.
23
24
M.B., XI, p. 356.
Da una lettera di
D.
Ricaldone
a
D.
Cavallini:
senza
data,
ritrovata
da
D.
Setti fra le carte di D. Cavallini.
2r0

23.3 Page 223

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Così a D. Pelicon, che nel I94l era stato fatto direttore nella casa di
Zagreb, scrive sei punti fondamentali per svolgere la sua importante responsa-
bilità e per il buon andamento dell'opera.
« Carissimo Don Pelicon,
ho ricevuto e gradito assai i tuoi nobili e filiali sentimenti. Benedico di
cuore te e la tua nuova missione, sulla quale invoco grazie elette e copiose.
Vuoi comispondere alla fiducia in te riposta dai Superiori?
1' Sii umile. Chi è umile prega molto e bene, e accetta volentieri consi-
gli e avvisi.
2" Sii padre coi confratelli e coi giovani. Nelle due conferenze mensili,
nei rendiconti ricevuti mensilmente e da tutti i confratelli, nelle « buone not-
ti >>, le tue parole siano l'eco della mente e del cuore di S. Giovanni Bosco.
3' Coltiva in te e negli alri la soda e fervente pietà eucaristica colle soa-
vissime devozioni di Maria Ausiliatice e del nostro Santo Fondatore. A tal
fine grande impulso alle Compagnie Religiose e di Azione Cattolica.
4" Ricorda che base del nostro lavoro dev'essere una ben otganizzata
isruzione catechistica nell'ambiente della soave catità, dell'angelico candore,
della santa letizia.
5' Procura che sia esemplare l'osservanza religiosa e costante la ptatica
delle Regole, dei Regolamenti, delle Tradizioni. Per ciò stesso leggi con fre-
quenza le Costituzioni, la Vita di Don Bosco, le Circolari dei superiori, i com-
menti alle Stenne: attingendo a fonti genuinamente salesiane, formerai dei
buoni salesiani.
6" Dei Prelati, dei Pamoci, dei Religiosi, come pure di ogni altra autorità
parla, e sempre e solo bene: questa non è solo catità, ma sapienza. Evita
come la peste lo spirito di critica e di mormorazione: ti stimeranno se ve-
dranno che col manto della tua carità sai coprite tutte le piaghe, anche le più
ripugnanti.
Coraggio! Niente ti turbi. Porta a tutti la bontà di Don Bosco. Prega e
fa pregarc per me, soprattutto in queste ore particolarmente difficili. Ti be-
nedtce il tuo
Aff.mo in C.J.
Sac. P. RrcALooNe >> 5
Altre volte l'orientamento dato al nuovo eletto si riduceva ad un solo pen-
siero che però sapeva colpire nel segno, dando una linea di marcia chiara e
decisa.
Don Muzio, professore di filosofia e lettere per dodici anni ad Alassio e
poi a Frascati nel liceo, si vide eletto direttore di Villa Sora proprio agli inizi
5 Lettera di Don Ricaldone a Don Serafino Pelicon
211

23.4 Page 224

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del rettorato di Don Ricaldone. Egli ricorda che l'annunzio gli fu dato dal nuo-
vo Rettor Maggiore e... senza tanti complimenti!
Don Ricaldone infatti sapeva come Don Muzio fosse appassionato studio-
so e anche della sua devozione a Rosmini come pure delle sue pubblicazioni
tomistico-rosminiane.
Era ranquillo sulla sua ortodossia, ma era preoccupato delle possibili di
smazioni filosofiche a scapito dell'impegno direttivo, e perciò gli disse chiaro,
senza mezzi termini: « Ti abbiamo fatto direttore... Metti da parte Rosmini e
pensa a dirigere la casa di Don Bosco. Anch'io ho studiato Rosmini... Ora dob-
biamo pensare alla Congregazionet >>.26
D. Setti ricorda la sua impensata elezione a Prefetto al Colle Don Bosco
nel 1942, e come D. Ricaldone lo preparò, lo indirizzò e poi sempre 10 sostenne.
L'opera era agli inizi e dava più spine che fiori. OIre a tutto si era in tem-
po di guerra, il che complicava di molto il già non facile procedere: 400 per-
sone impegnate in un lavoro nuovo; vitto scarso; crediti bloccati alle banche;
casa appena aperta!
« Io mi trovavo a Roma. Ricevo un telegramma di D. Ricaldone: << Urge
tua presenza Torino »>. Mi precipito. Arrivo a sera tardi e mi presento a lui.
<<
a
Brirpaovsoar-e.
mi dice
Domani
t-i
sono contento che tu sia arrivato.
chiederò un grande favore »>.
Ora
sei
stanco.
Va
Il giorno dopo, 11 febbraio, mi comunica l'obbedienza e mi consegna un
vero promemoria per il disimpegno della mia nuova responsabilità. Lo ri-
portiamo in appendice perchè è condensato di sapienza e di salesianità: pru-
denza, bontà, prevenienza, umiltà, ottimismo, vigilanza... Tutte le vittù sono
comprese in 24 punti e compendiate nell'ultimo « Tutto per il Signore ».27
E dalle norme per un amministratore modello passa a quelle per un santo,
sapiente amministratore del sacramento della penitenza. Così scrive il 1" gen-
naio 1948 a D. Nello Trisotto che, Confessore all'Istituto S. Cuore di S. Paolo
in Brasile, gli aveva domandato qualche schiarimento per non interferire nella
azione formatrice del Direttore e nello stesso tempo adempiere esattamente
il suo compito.
« Carissimo D. Trisotto,
solo oggi posso rispondere alla tua domanda. Incomincio augurandoti un
felicissimo 1948! Dopo ciò ecco alcuni principi riguardanti il tuo quesito.
t" La direzione spirituale dei salesiani e dei giovani nelle nostre case
spetta al direttore.
2' A tal fine il direttore si liberi da qualsiasi akra occtpazione che
l'avesse a distogliere da questo importante suo dovere.
26 Testimonianza di Don Giuseppe Muzio.
27 Vedere in Appendice, allegato n. 45. Manoscritto di D, Ricaldone consegnato a
D. Setti 1'11-2-1942.
2t2

23.5 Page 225

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l' I1 Direttore secondo le nostre uadizioni e direttive, non può, senza
un permesso del Rettor Maggiore, incaricare alri di ricevere i rendiconti dei
confratelli; altettanto deve dirsi per la direzione spirituale.
4" L'esperienza ci insegna che sono pochi i giovani che desiderano una
vera direzione spirituale; ai più sono sufficienti i consigli e le awertenze del
confessore.
5' Per questo conviene specialmente nelle grandi case, scegliere e molti-
plicare i confessori, i quali potranno aiutare efficacemente i penitenti, senza
però chiamarli o riceverli in camera a scopo di direzione spirituale.
In tal modo il direttore, libero da altri impegni, potrà ricevere quei pochi
che a lui volessero rivolgersi.
6' Per le case di aspiranti si è raccorr.'andato ripetutamente di ridurre gli
alunni ad un massimo di 150 aflinché il direttore possa ricevere almeno quelli
degli ultimi corsi più bisognosi di consiglio per la loro vocazione.
7' È bene che anche le altre case non siano eccessivamente grandi affin-
ché i direttori possano compiere i loto importanti doveri. Ecco, carissimo D.
Trisotto, i principi che giusta la tradizione noi dobbiamo seguire circa il
punto della direzione spirituale dei giovani nei nosri istituti.
Prego perché i1 Signore rinvigorisca la tua salute e ra{forzi i tui santi pro-
positi di sempre maggiore perfezione salesiana. Ti benedice di cuore il tuo
aff.mo in G. e M.
Sac. P. Rrcrrroonn
Ma le indicazioni più << sapienziali >> sono quelle per i direttori. La let-
tera scritta a D. Fedrigotti, quando nel 1,932 gli annunciò che era stato fatto
direttore, è veramente al dire dello stesso D. Fedrigotti, « preziosa » e fu una
provvidenza che egli, divenuto Superiore Capitolare, l'abbia fatta stampare in
buon numero di copie in italiano e spagnolo per mandarla come linea di con-
dotta, occasionalmente ai direttori. La riportiamo in Appendice, allegato n. 46.
Alro documento prezioso è quanto D. Ricaldone scrisse a D. Campanini,
confessore all'Istituto Rebaudengo in Torino, che si rivolgeva a lui per avere
alcuni schiarimenti circa la direzione spirituale che il Direttore salesiano deve
dare nelle case ai confratelli e ai giovani.
La questione sollevata da D. Campanini era di attualità e verteva sulla
diversa missione del Direttore salesiano secondo lo spirito di D. Bosco e quella
del Confessore. La differcnza è chiara e D. Ricaldone la mette in evidenza di-
lucidando la posizione del Direttore e la sua
formatrice nella Comunità
educativa di un Istituto Salesiano. Di qui l'im^pzoiorntaenza della lettera che ripor-
tiamo in Appendice come documento di indiscutibile valore. Si veda allega-
to n. 4J.
Le sue non erano semplici norme perché una fredda precettistica la può
fare un qualsiasi moralista; erano esperienze calde di affetto paterno, ricche di
sapieflza sofferta e posseduta in lunghi anni di lavoro apostolico. Si sente che
D. Ricaldone desiderava arricchire gli altri dei propri doni e specialmente aiu-
213

23.6 Page 226

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tare i direttori che sovente si trovano in difficoltà nel compiere la loro dif-
ficile missione.
Quanto sono affettuose e sollecite le raccomandazioni che fa a D. Caval-
lini pressato da tante preoccupazioni nella non facile direzione nella casa del
Rebaudengo, e quanto prudenti e sagge!
Sebbene a D. Ricaldone non dessero eccessive preoccupazioni le case po-
vere poichè soleva dire: << Le case che non hanno fastidi grossi per la povertà,
hanno quelli assai più gravi per la moralità ,>,28 tuttavia in queste sue direttive
insegna prudentemente a non fare passi più lunghi della gamba, a non ardire
in imprese non ben calcolate e che potevano finire in un fallimento. C'è tutta
l'esperienza consumata di un lavoratore qualificato e nello stesso tempo la
fede di un vero apostolo salesiano che sempre e in tutto guarda a D. Bosco.
Ecco i suoi pensieri riguardo all'amministtazione:
tabile d-ella«cRasiac.orda che il Prefetto è l'amministratore e non il semplice con-
si
sping-evaI
debiti
era per
fanno paura.
il fatto che
Facevano
sapeva di
paura
avete
anche a D. Bosco. Se a volte
i miracoli a sua disposizione.
Ma noi non possiamo dire altrettanto.
per
noi-.
L'iniziativa che finanziaiamente non sa reggersi da sè,
Manteneila in piedi a qualsiasi costo, sarebbe immorale.
non
è
fatta
Nelle vostre riunioni lascia che ognuno dica la sua liberamente, ma poi
fa i passi proporzionati alla gamba. Se non ci sono o non prevedi i fondi ne-
cessari, lascia f impresa. Aspetta.
che
hai-D.
Lo so che hai
Ricaldone alle
la mansione
tue spalle.
più
ingrata,
ma
fatti
coraggio
e
sappi
Vedi, anche noi in Capitolo, si discute molto. Io potrei subito conclu-
dere presentando il mio punto di vista. Ma non lo faccio. Lascio che discutano.
Poi alla fine dico anche il mio parere... che generalmente viene accettatol >>.2e
Quanto dovette riuscire consolante quella frase di paterna comprensione:
<< Lo so che hai la mansione più ingtata... » e poi quasi a mettersi come bastone
presso la tenera pianticella che si incurva sotto le raffiche della bufera <( ...sap'
pi che hai D. Ricaldone alle tue spalle! »
Ma anche i direttori possono avere crisi di altro genere, cioè non deter-
minate nè dalle fitanze, dalle opere: crisi intime e quanto mai penose e
D. Ricaldone arrivz,va non solo a confortare, ma anche a mettere il dito sulla
piaga per guarirla.
Questa sua lettera del 17 ottobre l9)2 pottò luce e conforto fino al lon-
tano Giappone dove si tovava D. Lucioni Edmondo, Direttore nella casa mis-
sionaria di Tano.
28
8
Testimoinianza di Don T. Savarè.
Manoscritto di D. Ricaldone ttovato
fra
le
carte
di
D.
Cavallini
da
D.
Guido
Setti
271

23.7 Page 227

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« Carissimo Direttore,
mi affretto a risponderti e vorrei esserti vicino per consolatti. Voglio spe-
rare si tratti di una prova passeggera. Vuoi saperlo?
1' Vedi se hai saputo sopptimere la tua volontà in guisa che in te si
compia solo e in tutto la volontà divina.
2" Pensa se effettivamente sei umile, e se cioè non ti offusca l'amor pro-
prio e se nel tuo cuore regna sovrano il Signore.
J' Esàminati ai piedi di Gesù, di Maria Ausiliarice, del Beato D. Bosco.
La confidenza? trova un solo ostacolo: la superbia.
La felicità? È tutta nel fare la volontà di Dio e questa ci viene mani-
festata dai suoi rappresentanti, i Superiori.
Il bene? Quello che conta e che piace a Dio non è quello che vogliamo
noi, ma quello che ci indica l'obbedienza.
Il luogo? L'occupazione? Tutto ciò è accidentale; il luogo migliore è
dove Dio ci vuole; I'occupazione più adatta quella che i suoi rappresentanti ci
affidano.
Ora tu sei salesiano perché Dio ti ha chiamato, ti trovi in Giappone per-
ché i Superiori ti hanno inviato e costì sei nel luogo, nell'occupazione, coi
Superiori che Dio giudica meglio per te. E allora?
Ecco caro D. Lucioni, la conseguenza:
4) Metterti fiducioso nelle mani di Dio e chiedere a Lui luce, forza,
consolazione.
A) Metterti fiducioso nelle mani dei Superiori e lasciarti guidare con
santa pieghevolezza e contentezza.
c) Pregare molto; scacciare ogni pensiero che urti con quelli su espo-
sti; lavorare con gioia. Con Gesù vi è il Paradiso anche in croce. Coraggio!
Aspetto da te una bella lettera che sia il sorriso del tuo cuore tranquillo. Ti
benedice con a{fetto il tuo aff.mo in C.J.
Sac. P. Rrcar-ooNB
Di D. Ricaldone ai suoi <( carissimi Direttori >>, c'è una lettera del 1l
giugno 1951 che si può dire come il suo testamento per loto, le sue ultime
raccomandazioni di Padre. È commovente leggerla alla luce del suo imminente
tramonto di cui egli sembra presagire gli ultimi bagliori in quella luce di eter-
nità che viene presto e il valore esatto alla carica. La riportiamo completa
in Appendice, allegato n. 48.
I1 Post-scriptum che nella letteta battuta a macchina troviamo vergato di
sua mano in aggiunta ai diciotto punti che egli aveva già steso in antecedenza
e dati ad un segretario per la copia dattiloscritta, rende questo documento
quanto mai prezioso e significativo per comprendere D. Ricaldone quale Supe-
riore e forgiatore di superiori. Egli fu padre e volle formare dei padri perchè
i confratelli fosseto figli, solo figli, di modo che, se anche fossero diventati
« prodighi )>, potessero tovare braccia paterne per difenderli e caso mai un
abbraccio di perdono per un ritorno.
I diciotto punti così particolareggiati e minuti vogliono essere braccia che
difendono e non indici puntati per accusare e avvilire; ma questo lo si rea-
215

23.8 Page 228

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lizza qt:,ando, imitando D. Bosco, si confida in Gesù Eucarestia e in Maria
Ausiliatrice e si cerca l'unità dei cuori, 7a salvezza, Ta santificazione delle anime.
" Le menti organiche creano i successi " s
Paternità ancora più squisita, perchè più delicata, in quanto rivolta a
personalità mature, e in molti casi a salesiani autentici, fu quella di D. Rical-
done per gli Ispettori. GIi stavano molto a cuore e li seguiva con occhio atten-
to e cuore trepidante. Aveva ricoperto questa carica anche lui e sapeva quante
qualità occorrono per ben governare una Ispettoria. Ma quella che considerava
più fondamentale e infallibile, era, anche per l'Ispettoria, il rinnegamento to-
tale del proprio << io »>. Era programma che D. Ricaldone raccomandava a77o
studente, al neo-sacerdote, al direttore e tanto più fu punto fondamentale per
formare « Ispettori Salesiani »>.
Appena eletto Rettor Maggiore, all'Ispettore dell'Argentina a Cordoba,
D. Guglielmo Cabrini, taccomanda, facendone un programma anche per sè, Ia
pietà, f intensa vita interiore e poi specifica:
« Però per andare a Dio, per vivere della sua vita è necessario che ci
spogliamo della nosra; è indispensabile per farc 7a volontà di Dio (cioè vi-
vere la sua vita) che ci stacchiamo dalla nostra: hic labor; qui c'è tlrtta 7a
perfezione.
Mai insisteremo abbastanza sopra questi punti che sono l'essenza e il com-
pendio della vita cristiana e religiosa >>.31
Anche per gli Ispettori però non si fermò solo alle esortazioni di carattere
ascetico, ma scese a tutte le loro particolari difficoltà.
D. Fedrigotti quando fu Ispettore nel Messico e nelle Antille, nell'imme-
diato dopo-guerra, ricorda 7a prontezza con cui D. Ricaldone si rimise in co-
municazione con lui dopo le interruzioni postali belliche: << La risposta alle mie
lettere arivava sollecita con note chiare e pratiche ai problemi che gli pro-
ponevo >>.32
La lettera che scrisse al suo « carissimo D. Ziggiotti »> quando nel 19)6
l'obbedienza 1o volle a Catania quale Ispettore della Sicilia, mira a fare di
quel promettente figliuolo un Superiore perfetto in questa nuova autorità che
lo elevava ad una panoramica di responsabilità e di doveri assai più vasta di
quella precedente di direttore.
D. Ziggiotti a distanza di anni la commenta così: « È un'altra lezione di
padegogia salesiana e di esperienza direttiva >>.33
s Principio di D. Ricaldone espresso nella lettera del 22-l-1936 smitta a D. R.
Ziggiotti eletto lspettore della « Sicula ».
3r Lettera di D. Ricaldone all'Ispettore D. Guglielmo Cabrini in data 14-12-19)2.
32 Testimonianza dr D. Albino Fedrigotti.
33 Parole di D. Renato Ziggrottt in data 6-9-1965 con cui accompagna copia della
lettera che D. Ricaldone gli scrisse il 22-l-l%6. La lettera la riportiamo in Appendice,
allegato n. .49".
216

23.9 Page 229

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È un documento prezioso, vero indice di quanto più tardi stenderà, sem-
pre in forma di lettera, a vantaggio di tutti gli Ispettori: la virtù della pru-
denza, il programmatico annullamento di quanto è personale e individualistico
per far posto alla gloria di Dio; la paternità apert^, delicata; lo zelo aposto-
lico e illuminato che suscita energie, le dirige, le incanala; organicità di lavoro
che è unità di menti e collaborazione di azione, e infine l'attività educativa se-
condo i principi di D. Bosco, tutta appoggiata all'Eucarestia, allo studio, alla
allegria.
Li avrebbe voluti tutti così i suoi Ispettori, perchè li amava fortemente.
Capitò a qualcuno di criticarli in sua presenza, ma si accorse di « averla latta
grossa )> perchè la rcazione di D. Ricaldone fu forte e l'avevano ferito sul vivo.
È D. Pugliese che racconta il suo passo falso.
« La Crocetta era onusta di debiti perché certi Ispettori non era,ro soliti
pagare le rette per gli studenti della rispettiva Ispettoria. D'accordo con i Su-
perioti della Crocetta, stesi uno studio in cui cercavo di dimosrare che i debiti
si debbono pag re; che il Rettor Maggiore non poteva condonare i debiti che
una casa o un'Ispettotia aveva con un'alffa; che, se lo avesse fatto, si sarebbe
assunto lui l'obbligo di giustizia di pagarli. Don Ricaldone 1o lesse in mia pre-
senza; mi guardò e scattò: << Questa è mancanza di carità e di fiducia verso i
Superiori! Non vi ho sempte aiutato quando ne avete avuto bisogno? » Non
osai fiatare e mogio mogio ritornai alla Crocetta ».s Sì, era proprio così: lui
<< aveva sempre aiutato )>, aveva sempre tiparato Ie manchevolezze degli Ispet-
tori, perciò non dovevano lagnarsi, non potevano mancare di rispetto verso
di loro!
Don Ricaldone non aveva solo forza, ma anche prudenza tattica per so-
stenere l'agire e le disposizioni dei Superiori e non si sostituiva a loro. « Spes-
so, dopo essere stato interpellato in udienza da qualche superiore, Don Rical-
dRoentteorusMcaivgagiionre?fraTsoicccoamaevqoui edseteci:de-re,
Eh, fate voi!
siete Superiori
Perchè farci
per questol
entrare il
Volete far
ricadere tutto sul Rettor Maggiore?! Ognuno ha le sue responsabilità! ».3s
Nel 1916, ricorda Don Luigi Tavano, quando un giorno gli feci notare
come fosse auspicabile che i chierici della Crocetta giocassero al football come
quelli di Cowley-Oxford, più che al baseball consigliato dai superiori locali,
Don Ricaldone mi rispose
deciso così avranno i loro
calmo, ma
motivi! Ti
cpoanref?ofNiao.n-
Ma se
torniamo
i Superiori hanno
sull'argomento »>.36
Altra prova di come egli voleva che si desse fiducia e ubbidienza alle dispo-
sizioni dei Superiori fu nel sostenere I'Ispettoria Adriatica costituita nel 1942 in
seguito a ripetute richieste e suggerimenti degli interessati. Infatti, quando dopo
appena due anni di vita, vi fu chi tentò di persuaderlo ad abolirla perché etero-
genea e con sede troppo scomoda a Macetata anziché ad Ancona, egli fu irremo-
34
3s
Testimonianza
Testimonianza
di
di
Don
Don
ALguoisgtiinToavPaungolie-seagdoeslto5-159-17917. 0.
36 Testimonianza di Don Luigi Tavano delt 27-12-L970.
211

23.10 Page 230

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vibile. Dichiarava che non si eru fatta sorgere per capriccio e che per capriccio
non si doveva abolirla, non fosse altro che per il buon nome dei Superiori.fT
Seppe così anche prender posizione di fronte allo stesso D. Tavano che
osò uscire fuori con una battuta che rispecchiava l'interrogativo e il disappunto
di parecchi circa il procedere dei confratelli d'America. « Si era nel periodo in
cui l'America entrò in guerra e da tutti si discuteva sui vantaggi, speranze o de-
lusioni possibili, e sbottai: << Ma è I'America che deve fare come noi o siamo noi
che dobbiamo fare come l'Ametica per fare bene ed essere veri cristiani? ».
D. Ricaldone aveva capito benissimo che io alludevo a D. Ambrogio Rossi,
Ispettore degli Stati Uniti che non condivideva sempre le sue idee e faceva un po'
a modo suo... Ma egli, bellamente, deviando ogni particolare su persone e fatti,
mfedi erisepolasecacraitlàm! o>:>.s- Noi a modo nosfto, e loro a modo loro, salva sempre la
Era poi felice quando sapeva che gli Ispettori erano stimati e valorizzatil
Ai chierici dell'Argentina che gli scrivevano i loro entusiasmi per D. Luis Vaula
e come registravano, stenografavano le conferenze che egli teneva, faceva scrivere:
<< Deo gratias! Colligite fragmenta ne pereant! E soprattutto vivete e praticate
quanto udite dal nostro stimatissimo P. Luis! >>.3e
Ma certo egli capiva che non tutti erano sempre all'akezza delle loro difficili
responsabilità e un giomo gli uscì questa sentenza, quasi venisse dagli abissi di
una profonda meditazione:
<< La Congregazione andrà bene finché gli Ispettori saranno di completa
fiducia del Rettor Maggiore e si terranno cotinuamente in contatto con lui, infor-
mandolo di ogni cosa »>.{
Poi ancora più pensatamente, soppesando tutte le parole, come se decidesse
qualche cosa che già in lui era una realtà concreta aggiunse: « 11 Modulo attuale
è troppo generico; bisognerà studiarne un altro. Vorrei fare per loro un << Manuale
pratico >> di tutte le norme. Nul1a di mio, ma fissare bene le tradizioni »>.41
D. Ricaldone nel 1939 scrisse << La visita canonica alle Case Salesiane »> a
cui egli nella present azione diede anche un sottotitolo: << Manuale delle visite » a2
37 Testimonianza di Don Luigi Tavano del 27-12-1970.
38 Testimonianza di D. Luigi Tavano del 27-12-1970.
3e Don Luigi Vaura (1878-1966) nacque a Lucento (TO) da genitori profondamen-
te cristiani. A 18 anni fece il noviziato
dove nel 1902 ricevette l'ordinazione
ad Ivrea e
sacerdotale.
tre anni dopo
Dal 1927 al
partì
l9)l
per l'Argentina,
fu maestro dei
novizi; dal l93l al 1914 direttore dello Studentato Teologico di Cordoba; dal 1934 al
1952 fu Ispettore, per 15 anni dell'Uruguayana e Panguayana e per altri tre dell'Ispet-
toria di S. Francesco Solano (Argentina). Passò l'ultimo periodo della sua vita (1952-66)
a Mendoza come Confessore. Visse il suo Sacerdozio piamente. Devozioni caratteristiche:
Gesù Sacramentato, Maria Ausiliatrice, D. Bosco. Fu ticercatore appassionato di vocazioni
sacerdotali e religiose; plasmatore di cuori sacerdotali nel clero, di cristiani autentici nel
laicato dell'A.C. Amò la vita comune. Visse unito a Dio e abbandonato alla sua Provvi-
denza. Nella Ispettoria fu il vero Petnlanca: semplice, familiare, paziente; circondato
da11a 4venTeersatizmioonneiaenzdealdl'ai fDfeottno
dei Confratelli.
Savarè, agosto
1971.
al Testimonianze di Don Savarè, agosto 1971.
42 A.C.S. n. 74, luglio-agosto 1939.
218

24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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ma non fu certo questa l'opera a cui fece allusione col suo segretario. In questa
operetta infatti sebbene molto utile per Ispettori e Direttori << specialmente no-
velli >> per << I'osservanza religiosa >> e lo << spirito del Padre )> come egli stesso
scrisse, tuttavia non presenta il quadro generale dei doveri a cui deve attendere
un Ispettore.
Al posto della rcalizzazione di quel suo ardente desiderio possediamo il pic-
colo ma preziosissimo opuscolo intitolato << Ai nuovi Ispettori ,. È una lettera
che, inizia con tono caldo e familiare, così: << Figliuolo carissimo in Gesù Cri-
sto >>.43
Si snodano poi 19 paginette neppure numerate, scritte con corpo di stampa
minuta. Non hanno data e si chiudono con la sola firma finale di D. Ricaldone
messa proprio come si fa nelle lettere.
Il « Figliuolo carissimo >> è un neo Ispettore, ancora preso dalla <( sorpresa )>
e dallo << sgomento » della sua elezione. È una lettera ricchissima di norme,
ma fresca, agile, che si fa leggere con piacere per il ben ordinato susseguirsi di
argomenri e di chiarificazioni: un vero trattatello per diventare un bravo Ispettore
Salesiano.
Inizia con i doveri personali della propria santificazione, quindi invita il
neo eletto a prendere chiara visione dei suoi doveri e di quelli dei figli per
poter mantenere l'osservanza e la disciplina, e anche quello dell'azione aposto-
lica dell'Ispettoria per perpetuarla e svilupparla.
Passa quindi a trattare dei suoi rapporti di superiore e di padre coi confra-
telli: « rivolgerà le sue cure sollecite ai Direttori »> e curerà <( attentamente i
sacerdoti »>; avrà « viscere paterne )> per i Chierici del Triennio; <, zelo del tutto
particolare »> per le vocazioni e i novizi »>, e << un'assistenza particolarmente pa-
terna per i Coadiutori.
Venne poi a trattare dei giovani, méta ulti'ma e scopo della perfezione dei
soci. Conclude l'operetta con due tocchi: uno tutto divino: la devozione a Ma-
ria Ausiliatrice e a S. Giovanni Bosco da vivere e propagare; il secondo paterno
e umilrnente affettuoso: << Ti prego di vedere in questa sommaria enumerazione
dei tuoi doveri il mio desiderio vivissimo di aiutarti... >>.
« lVlaestro dei Vescovi " aa
L'Arcivescovo salesiano di Cuiabà Mons. De Aquino Correa facendo l'elo-
gio di D. Ricaldone disse fra I'altro che egli fu grande anche come <( Maestro
a3 Sull'anno della pubblicazione di questo opuscolo, Don Tarcisio Savarè fa questa
d(Aic.hCi.aSra.,znio.nell:l-,
La lettera Ai nuooi ispettori accenna a pag. 5 alla Circolare Studentati
settembre-ottobre 1945); all'Ufficio Ispettoriale Cooperatori (Cap. Gen.
XVI, A.C.S., n. 143, settembre-ottobre 1947, pag. 2L-27), e viene inconto al moltiplicar-
si degli Ispettori (Vedi A.C.S., n. 743, pag. 76\\, ai quali sarebbe stato impossibile soivere
a lungo come prima aveva sempre fatto e avrebbe desiderato di poter continuate a fare.
CredoaqVuiendd.i
che debba
Appendice
datarsi al 1947 o 1948.
al Cap. 27: allegato 50'.
Elenco
dei
Vescovi
consacrati
durante
il suo Rettorato.
2t9

24.2 Page 232

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dei Vescovi ,>. È un elogio nuovo fra quelli soliti elencati per i Superiori, ma
certo indovinatissimo e più che giusto per D. Ricaldone. Fu veramente Maestro
dei Vescovi salesiani perché ne fu prima di tutto il padre che cercò solo il bene
della Chiesa, e quindi del salesiano come suo membro e figlio carissimo.
Nel i9l5 veniva eletto dalla S. Sede a Vescovo un Salesiano ricco di doti
personali, virtù e capacità di governo.
D. Ricaldone già l'aveva messo a posto di comando e ne apprezzava i
reali valori. Però nella pratic^ del governo aveva dovuto costatare nel bravo
confratello una incapacità innata ad essere un prudente amministratore.
Fra tante belle qualità gli mancava il talento dell'economo, cioè quel senso
di misura neIl'attuazione di opere apostoliche del saggio << imprenditore evan-
gelico » che sa fare i conti prima di erigere la torte. D. Ricaldone teme che
questo suo figliuolo anche come Vescovo corra il rischio di comptomettere tutta
\\a sua azione pastorale e quindi il prestigio stesso della Chiesa, con i suoi sbagli
già da lui, più volte costatati e penosamente sofferti. Non lo mortifica no, ma lo
rende guardingo!
« Come padre godo dell'esaltazione del figlio e benedico di cuore la tua
nuova missione. Siccome però la responsabilità della tua elezione è tutta mia
(l'aveva proposto D. Ricaldone quale Prelato esemplare) mi devi permetrere
che coll'affetto e il dovere di un padre ti manifesti una cosa che mi tiene tre-
pidante... Ie tue doti amministrative finanziarie >>. Poi dopo avergli ricordato con
delicatezza i suoi sbagli passati, con affetto paterno riprende: << Ora, davanti a
tali precedenti non ti stupirai se in cuor mio sento un forte turbamento »>. E
viene all'aiuto sostenitore espresso ancofa come un suo timore eccessivo e come
umile offeta!...
« Ti chieggo pertanto di dirmi se credi che le lezioni del passato siano tali
da renderti cauto, oppure se non crederai opportuno illuminarmi al riguardo.
Io avrei in animo di porre al tuo fianco un buon salesiano al quale tu affidassi
la parte amminisffativa. Sono convinto che con questo aiuto potresti fare un
gran bene e noi saremmo felici di renderci in tal modo utili alla Chiesa nostra
Madre >>. Ecco dove puntava D. Ricaldone!
Ma il vertice della lettera, quello che può definirlo veramente Maestro di
Vescovi, è la finale: « Esigo come Superiore e Padre che tu di ci6 non faccia
parc7a a nessuno. Questa lettera dovrà essere stracciata ».4s
D. Ricaldone fu << Maestro dei Vescovi » perché cercò di consolidare nei
suoi figli eletti a tanta dignità le due caratteristiche pir) importanti; il <( sensus
il ecclesiae >> e « carisma salesiano ».
Dovevano continuare ad essere sacerdoti e salesiani in quella misura di
santità che richiedeva la pienezza sacerdotale e la superiorità non solo sui con-
fratelli, ma anche sul popolo che Dio affidava loro per ammaestrarlo e condurlo
a\\la salvezza.
na
d. i
as La lettera per fortuna non fu stracciata
D. Ricaldone. Essa è de11'11-10-1,%5.
e
oggi
può
testimoniare
la
saggezza
pater-
220

24.3 Page 233

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Con questo fine egli indirizzò nel" 7935 una lettera in latino al nuovo
vescovo salesiano D. Riccardo Pittini che 1'8 dicembre di quell'anno veniva con-
sacrato Vescovo di S. Domingo. In essa egli scrisse con cuore di padre norme
di vita ascetica e di governo pastorale per procedere come figlio della Chiesa e di
D. Bosco nella sua nuova missione. La lettera è come quella rivolta al novello
Ispettore, un piccolo << vademecum >> in 22 punti, dove c'è il meglio dell'asce-
tica tradizionale per diventare un santo pastore.
La caratteristica è che tutto è imbevuto di stile salesiano tanto che la po-
vertà, la carità, 1o stesso esercizio dell'autorità hanno quelf impronta di bontà,
di prudente preveggenza propria di D. Bosco e che fa del pastore un padre,
oltre che uno zelante difensore della chiesa.
La data dell'8 dicembre 1935 in cui egli volle mandarla è « salesiana-
mente )> significativa. Pare che D. Ricaldone voglia lasciarc alTa Madonna Imma-
colata anche il compito di formare lei i « suoi Vescovi i >>, Vescovi salesiani,
come già formò i primi figli di D. Bosco.
Ma certo fu una lettera sgorgata dal cuore di un padre, più che di un
dottore, pur essendo fondata su colonne dotrinalmente granitiche; e lo dice
non solo 1o stile semplice, affettuoso, ma anche la frase con cui si introduce
« Patris in filiu,m dilectissimum amoris pignus >>.6
Questa lettera capitò dopo molti anni, e precisamente nel 1952, fra le
mani dell'allora Mons. Carlo Chiarlo, Nunzio Apostolico nel Brasile, che, ap-
prezzatone l'alto valore formativo, volle farla stampare a Rio de Janeiro col titolo
<< Memento »> per mandarne copia a tutti i Vescovi Brasileni. Egli la presentò
con un proemio scritto nella festa di S. Giuseppe del 1952 dove dice che,
ammirato della sapienza di D. Ricaldone, se ne faceva portavoce per aiutare e
sostenere la missione dei suoi amati Vescovi.
A tutti i << suoi » Vescovi D. Ricaldone ribadì sempre due idee cardini:
essere pastori fedeli della Chiesa, nella fedeltà allo spirito di D. Bosco. Egli
era sicuro che se si fossero mantenuti autentici salesiani non potevano non
essere Vescovi esemplari. Ai nuovi eletti perciò con le felicitazioni più sincere
e affettuose sue e delf inteta Famiglia di D. Bosco, non manca mai il ricordo
dei due principii, messi in linee programmatiche.
A Don La Ravoire Morrow eletto nel 1939 Vescovo di Krisnagar scrive in
data 6 giugno dello stesso anno:
<< La Congregazione proponendoti alla dignità episcopale non intende per-
dere un figlio, ma stringerlo più fortemente al cuore, perché dovunque e sempre
oe professi e diffonda 1o spirito.
Pertanto porta ed accresci nel cuore l'affetto, la devozione, l'amote al no-
srru grande padre, e sfotzati di rappresentarlo degnamente poiché sarai e verrai
6 La letteru fu poi stampata in forma di opuscolo particolarmente curato nella for-
ma
gno
tipografica
Canavese
da Don Domenico Molfino dalla
(Torino) senza copertina, con il
Scuola Tipografica D. Bosco di S. Beni
titolo « Patris in filium dilectissimum
amorls plgnus )>
221

24.4 Page 234

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chiamato Vescovo Salesiano. Coi tuoi fratelli sii padre, costantemente Padre, coi
sentimenti e con Ie viscere di Buon Pastore, disposto a immolarsi e a dare
la vita per Ie pecorelle. Coi Vescovi limirofi sii fratello affettuoso; per loro,
come pure per i tuoi predecessori e per i missionari abbi solo parole di enco-
mio, lodandone le virtù, il lavoro, i sacrifici, Colle autorità mantieni le rela-
zioni più deferenti, abbondando in gentflezza e carità, ma al tempo stesso te-
nendoti lontano dalla politica, dai nazionalismi, dai partiti.
Dappertutto e sempre sii figlio devoto del Papa e della Chiesa, esaltan-
done Ie grandezze, difendendone i diritti, accrescendone l'autorità ed i confini.
Propagando le care devozioni di Maria Ausiliatrice e di S. Giovanni Bosco
assicurerai l'efficacia del tuo apostolato ».
Il Vescovo di Krishnagar ricorda ancora oggi tutte le finezze usategli da
D. Ricaldone per la sua elezione. Egli scrive: << Quale buon Padre, D. Rical-
done, volle riservare a me la gioia di consacrare L'altarc dedicato a Maria Ausi-
liatrice nella cappella delle reliquie sotto la Basilica di Torino »>. Quando poi
il novello Vescovo si congeda dal Superiore, egli volendogli ancora mostrare
la sua costante paternità con un dono che veramente gli ricordasse 1'affetto della
Famiglia Religiosa, gli disse: « Ad altri Vescovi ho dato una croce pettorale.
Tu ne hai avuta una dal S. Padre e sei I'unico Vescovo Salesiano consacrata dal
Sommo Pontefice. Il mio regal.o è il coadiutore Volfango Venturini » e gli diede
veramente come aiutante-segretario-fratello il buon coadiutore. Commenta Mons.
La Revoire: << Fu un vero e santo regalo; fino alla sua morte si prese cura di
me >>.47
A Don Giuseppe Selva, già Ispettote nel Brasile ed eletto Vescovo Titolare
di Meda e Prelato di Registro do Araguaia nel 1938, mandava con le congra-
tulazioni e l'assicurazione delle preghiere, un piccolo meraviglioso programma
di vita per la sua missione. La lettera è più che altro un conversare di padre,
,ma c'è un'unzione particolare di sapienza divina che sprizza anche dalle battute
più facete.
<< Mi immagino il tuo sgomentol Ma quando si ratta di croci possiamo
essere certi che il Signore ci darà 7a forza per portade.
Se anche in seguito, anzi ogni più, sarai intimamente convinto della
tua insufficienza e indegnità, puoi essere sicuro di un apostolato fecondo. Ciò
che ostacola l'efficacia delle opere è la superbia che pensa di bastare a se stessa.
Preghiamo e pregheremo per te. Coraggio adunque! Le dignità non sono
virtù: queste e non quelle ci deve premere di raggiungere. Tutta la tua confi-
denza in Dio: la pietà eucaristica ci u-nisce a Lui. Davanti a Dio sei ciò che eri
ieri; sforzati di essere migliore oggi.
Cogli uomini nulla di mutato; o meglio, si avveri questa felice mutazione;
che tu sii più filialmente obbediente verso chiunque ti sia superiore, più carita-
tevolmente unito ai tuoi fratelli con opere di sacrifizio, più generosamente sa-
crificato e ogni giorno im,molato per le anime affidate al tuo zelo.
4? Testimonianza di Mons. La Ravoire Morrow, Vescovo di Krishnagar, 7-12-1968.
222

24.5 Page 235

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Porti una croce: devi vivere confitto su di essa. Porti una mitra che ti
innalza affinché sii visto dagli altri; devi pertanto irradiare luce di esempio'
Porti un baculo non per percuotere, ma per condurre le anime all'amore di
Gesù.
Sii padre; abbi il cuore di S. Giovanni Bosco; come lui confida in Maria
Ausiliatrice; sii fratello e servo di tutti e così farai tutti felici della tua feli-
cità ».s
Come D. Ricaldone considerasse fondamentale anche nel Vescovo la fedeltà
allo spirito della Congre gazione a cui apparteneva quale parte integrante dello
spirito ecclesiale che doveva animare la sua missione di pastore, si può leggere in
una lettera in data 24-Ll-1935 scritta a un suo figliuolo che nel suo zelo aposto-
lico missionario voleva << bruciare le tappe >> e lasciare un confratello solo in
una residenza missionaria. D. Ricaldone non è del parere e, dopo aver spiegato
i motivi di tale sua disapproyaziole, conclude con dichiarazioni che sono come
un comp€ndio di consumato amore ecclesiale-missionario-salesiano.
24-lt-t935
<< Carissimo Monsignore,
smsooenlomo.cb.do.rEeinlfnlrveaoetnneCelolhonnadg"ionrnengaòuallniz,uiaovlntoriiemtsie,oiddléepnauznqnacuthoeaeq-lidudeeievsllalialgeleosnsupoearamctlehipctelatiecmiiraeSmn,otilescesieaiotdànviraoMòrlieiscrnslhoieoelnlpelaaersrrideecsie,airdrieee.ncuVzuneii
non siano meno di tre. È preferibile, come
sidenze per poter .unt"rr.i" almeno la più
scrissi molte volte,
elementare vita di
avere meno
comunità, e
re-
di
rei ciò aìchè se si ttattasse di semplici sacerdoti.
È troppo evidente che se il Rèligioso è nelle tristi condizioni di perdere
la vocaziinè, andrà perduto anche il missionario, e forse con danno e scan-
dalo della missione. Lo so, noi che viviamo nel tempo abbiamo fretta: Iddio
eterno ci insegna che non dobbiamo voler fare tutto e tutto noi. Cotesti po-
veti Jibaros ,riss.ro migliaia
,n.o.à rr., poco. Lo capiico, è
d'anni
questa
nelle loro condizio,ni, possono aspettare
una dura parola che-sfiazia il cuore; ma
noi non possiamo e nòn dobbiàmo voler fare di più delle nostre. possibilità,
col pericolo
la wrcazione
di
e
esporre i
l'anima.
nostri
Parlo
figliuoli, formati
pei esperienza di
con tanti sacrifici, a
tante Congregazioni
perdere
e della
nostra.
D'altronde sono convinto che i missionari raccolti in piccole comunità,
facendo dei turni di escursioni evangeliche, faranno un bene assai maggiore,
che se si trovassero nell'isolamento, esposti a mille pericoli.
Per parte mia non credo di poter in coscienza Permettere Residenze con
un solo Missionario. La S. Sede affidando la Missione ad una Congregazione
Religiosa, intende che essa la svolga in conformità del suo spirito. È questa
la parola chiara e determinante che ci ha ripetuto frequentemente il S. Padre:
<< Lìvorate nelle missioni col vosffo spirito, col vosffo metodo, con le vostre
Regole >>.ae
a8
ae
Lettera di D. Ricaldone a Mons. Selva in data 29-l'1918.
Don Ricaldone citava sovente anche queste parole di Pio
XI:
«Conservate
il
re-
ligioso, conservate il salesiano, se volete conservare il missionario » (Testimonianze di Don
T. Savarè, Agosto 1971).
223

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E credo che il fatto stesso di volere la Chiesa che il Rettor Maggiore
propoflga un Salesiano come Superiore Ecclesiastico, sta a dimostrare chè essa
vuole che anche il Superiore ecclesiastico, pur facendo gli interessi de1la
Chiesa, li svolga nello spirito, col metodo e secondo le regole della Congre-
gaziote a cui è aflidata la missione.
Coraggio, dunque, carissimo Monsignore! Andiamo avanti con santo en-
tusiasmo e salviamo molte anime sulle orme e collo spirito di D. Bosco Santo.
Oggi più che mai abbiamo bisogno delle vostre preghiere.
Aff.mo in C.J.
Sac. P. Rrcerooxr
D. Ricaldone non aveva mai dimenticato la norma che Pio XI gli aveva
spesso ripetuto e cioè il canone 627: il vescovo, il parroco e anche il missio-
nario << manet religiosus )>.
Ora questa esortazione egli la trasmetteva ai suoi figli. Anche Mons. An-
gelo Muzzolon, primo Vescovo Salesiano dell'Uruguay e Vicario Apostolico
del Chaco Parugtayo dal 1948, ebbe Ia stessa raccomandazione. Egli scrive:
<< Nell'anno 1950, dopo aver fatto la visita << ad limina >> a Roma, e dopo
d'aver avuto I'udienza col S. Padre Pio XII sono andato a Torino per visitare
il Santuario di Maria Ausiliatrice e per salutare i Superiori, specialmente D. Ri
caldone, allora Rettor Maggiore. Ricordo bene le parole che mi disse in quel
colloquio: << Tu sai bene, mio caro Monsignore, che il tuo Vicariato è stato affi-
dato ai Salesiani e quindi, i Salesiani devono prowedere il personale. Nel fare
la disffibuzione del personale nei centri missionari ricorda sempre questo:
<( SEMPER TER, ALIQUANDO DUO, NUMQUAM UNUS )>.
Quante volte ho ricordato questo consiglio durante i 20 anni di lavoro
in questa vasta zona ropicale di 150.000 K,mq. del Chaco Paraguayo, ma la
scarsità estrema di personale, ci ha obbligati a non poter seguire sempre le
sapienti norme del caro D. Ricaldone ».
Dolorosa è la lettera che D. Ricaldone dovette scrivere nel 1918 a Mons.
Giuseppe Sak Salesiano, Prefetto Apostolico dell'Alto Luapula (Congo), ma
degna di essere pubblicata perchè mosrra fino alla sofferta esperienza di una
sconfitta, quanto fosse vero il suo principio che alla fedeltà allo spirito della
Congregazione era intimamente legato l'esito pastorale della sua aziofie.
« Carissimo Monsignore,
Torino, 15 agosto 1938
ti mando tn << Memoriale >> nel quale troverai gli argomenti per la risposta
a S.E. il Delegato.
Noi non possiamo accettare la proposta fattaci: è preferibile lasciar la
missione. Cercheremo di chiarire le cose anche a Roma.
In questi giorni pensando con pena a questa dura prova scatenatasi
contro la nostra missione del Congo mi tormenta con insistenza un pensiero:
te 1o espongo con paterna e religiosa chiarezza.
Io temo che queste lotte conffo ,la nostra missione siano un meritato ca-
stigo per Ia vosra continuata disobbedienza contro i Regolamenti, le ffadizioni
ed i tipetuti ordini dei Superiori a riguardo del fumare.
224

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Visita a Valdocco di Mons. Piani nel 1948. Da sinistra a destra: D. Fedrigotti,
D. Candela, Mons. Piani, D. Ricaldone, un senatore dell'Uruguay, D. firone, D. Ziggiotti.

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Voi avete sempre detto di obbedire ed invece avete disobbedito; avete
assicurato i Superioti che non si fumava più ed invece avete continuato e si
continua a fumare.
I1 Signore vi castiga. Col fumare verrà l'abuso dei liquori; Dio non voglia
non venga di peggio.
Da parte mia ve I'ho detto e ve 1o ripeto: preferisco che la Congregazione
non abbia una missione ove si disubbidisce formalmente ed ostinatamente col
fumare.
È con gran pena che scrivo queste parole, ma mi sento obbligato in co-
scienza a scriverle; anzi satei contento che tu le comunicassi in una Circolare a
tutti i salesiani del Congo.
Faremo di tutto per difendere i diritti della missione, ma se il Signore per
darci una ffemenda e salutare lezione permettesse che tutto il vostro lavoro
andasse perduto, io vi invito da questo momento a battervi il petto, ricono-
scendovi colpevoli e a dire:
« Fiat; bonum nobis quia humiliasti nos propter inoboedientiam nostam )>.
Carissimo Monsignore, io so che queste parole di causeranno grande pena,
ma ti assicuro che io ho iI cuore straziato da una grande ferita per la vostra
cstinata disobbedienza.
Dio volesse che questa dura prova vi facesse ritornare all'osservanza e vi
rendesse degni dell'affetto e delle benedizioni di S. Giovanni Bosco.
Coll'animo afflitto, ma con sper^nza e con amore paterno vi benedico.
Pregate per il vostro sconsolato padre in C.J.
Sac. P. RrcerooNB »>
D. Ricaldone nella sua donazione totale anche ai suoi figli Vescovi, ebbe
la gioia di poterli esaltare e additare come figure stupende di pastori eroici, di
missionari sacrificatissimi, di fedelissimi custodi del Magistero della Chiesa e del
patrimonio Salesiano. Per cui roviamo negli A.C.S. come egli goda di presen-
tarli alf intera famiglia salesiana per le loro elezioni, ma anche di ricordarli nei
momenti critici della loro missione, specie quando si trovano in zone di guerra,
o di carestia o di persecuzione. È felice poi quando circostanze speciali ne met-
tono in luce le loro doti, le opere di bene svolte e che continuano a realiz-
zate.
Abbiamo già potuto considerare questo suo santo orgoglio di padre e come
si manifestasse in forma elogiativa e festosa. Ma qui, come a complemento di
questa sua deferente ammirazione per I'episcopato cattolico e di paterno com-
piacimento perché anche salesiano, vogliamo ricordare di quanta stima e de-
vozione circondò Mons. Piani da lui conosciuto nei suoi viaggi di Visitatore
sraordinario.
Per D. Ricaldone Mons. Piani era il tipo esemplare del Vescovo e del sa-
lesiano missionario: una personalità completa di santo Principe della Chiesa
e di santo figlio di D. Bosco.
Per il suo Giubileo sacerdotale lo volle ricordare negli A.C.S. elencando le
sue benemerenze rcalizzate specialmente nei 26 anni di Delegazione Apostolica
nelle Isole Filippine; ma fece il punto su ci6 che egli considerava perla ful-
gentissima:
225
tc

24.10 Page 240

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« Egli ci edificò, come sempre, con la sua pietà e bontà, e soprattutto pel
suo attaccamento veramente filiale alla nostra Società e ai Superiori, coi quali
ama tenersi in costante e familiare comunicazione ,r.s
A lui, poi, mandò la lettera seguente che sembra scritta più da un figlio
devoto che da un Superiore:
Torino, 24-4-1947
<< Eccellenza Reverendissima,
nella fausta ricorrenza del vosro Giubileo Episcopale la Società Sale-
siana vuol essere tutta con me attorno a Voi per presentarvi i suoi sentimen-
tl di stima, di affetto, di felicitazioni e di augurio.
Stima, e stima profonda perché Voi siete uno dei figli più eminenti, che
l'avete onorata semPre con una vita di virtù e di apostolato del tutto enco-
miabili.
A Torino, negli Atenei Pontifici di Roma, sacerdote, maesro dei Novizi
Direttore di Studentati filosofici e teologici nell'America meridionaie, Ispet-
tore nel Messico ed ora da 25 anni Delegato Apostolico nella nobile nazione
Filippina, dovunque e costantemente avete sparso a piene mani tesori ed esem-
pi mìrabili di piètà, di operosità multiforme, di prudenza, di devozione alla
Chiesa e al suo Capo supremo, sempre e soPrattutto di amabile e robusta
carità.
È qui specialmente che ha le sue forti e profonde radici quel generale
sefitimento di affetto che vi circonda e che stringe alla vosra venerata perso-
na chiunque abbia avuto la sotte di awicinarvi.
I vosri ammiratori, i discepoli numerosi, tutti i figli vosmi si stringono
devoti e riconoscenti oggi intorno a voi per presentarvi vive felicitazioni, as-
sicurazioni e offerte di preghiere, auguri di nuove conquiste spirituali in un
apostolato che vi preghiamo da Dio pel bene de1la Chiesa lungo ancora e
sempre più fecondo.
Io poi in particolare sento il bisogno di itgraziarvi, in nome dello stesso
nostro Padre che dal Cielo vi sorride e benedice, del bene grande compiuto
a vantaggio e a lustto dell'umile nostra Società. I1 vosto nome è ripetuto
con accenti di ammirazione nelle duemila e più case dei Salesiani e delle
F.M.A.
Accettate, Eccellenza, questi sentimenti umili, ma oordiali che in nome di
tutti io vi offro in questo giorno memorando.
di V.E. Rev.ma
aff.mo in G. e M.
Sac. P. Rrcer,oottB
Mons. Piani, nella sua umiltà, rimase conturbato, profondamente scosso
per tanta lettefa, come uguale commozione 1o assalì, quando, per il suo 50' di
Messa, trovandosi a Torino, D. Ricaldone promosse un'accademia in suo onore.
Così Sua Eccellenza ricorda l'episodio:
<< In quell'occasione volle il buon Padre manifestarci tutto il suo paterno
so A.C.S., n. I47, Maggiegiugno 1948.
226

25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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affetto: e avendo radunato i Superiori e i salesiani già alunni dell'Oratorio, in
salone teatro, ebbe luogo un atto che non potremo dimenticare e nel quale si
rivelò ancora una volta \\a tenerezza del suo grande cuore... Ci furono canti e
discorsi e pezzi musicali; ma quando il Padre si mise in piedi e cominciò a parlarc
di noi con accenti di paterna predilezione, non abbiamo potuto trattenere le la-
crime e finita 7a sua tenera allocuzione ci gettammo nelle sue braccia manife-
stando col pianto più che con le parole, i sentimenti che riempivano il nostro
povefo cuore... »>.sl
D. Ricaldone anche con i suoi Vescovi, proprio perché ne fu Maesto, si
mantenne sempre, in tutte le circostanze, Padre. Ne abbiamo già osservato le
sollecitudini per quelli più provati. Anche Mons. Michele Atduino oltre a par-
lare della lettera affettuosa scrittagli per la sua consacrazione che definisce <( una
lettera di un padre » e di tutti gli alri suoi scritti purtroppo andati persi du-
rante l'ultimo conflitto, ci tiene a ricotdare la finezza usatagli nel 1951. il
19 matzo di quell'anno gli era mancata la Mamma. Mons. Arduino, Vescovo in
Cina, confinato oltre la cottina di bambù in situazioni pericolosissime, poté
averne comunicazione grazie all'intervento diretto di D. Ricaldone che si inca-
ricò di dargli la penosa notizia,.
Questa paternità si rivela anche dal dolore profondo che provava alla scom-
parsa di questi suoi figliuoli, colonne della Chiesa. La morte dei Vescovi Sale-
siani è per lui doppio lutto e vorrebbe trovarsi sempre presente, per dare alla
loro cara salma, la benedizione del padre e, col saluto , il grazie delf intera fami-
glia salesiana. Quando mancò Mons. Munerati, nel dicembre del 1942, per le
condizioni particolari di guerra in cui si trovava Casa Madre (ambienti sinistrati,
giovani da far sfollare) D. Ricaldone non poté andare a presiedere le onoranze
funebri del suo << carissi,mo Mon. Munerati >>. Scrisse una lettera a D. Pedussia
che svela con quale cuore riceveva tali notizie e viveva l'ora del trapasso dei
suoi Vescovi: la soffriva quasi gli ricordasse la sua, poiché anche loro erano
stati investiti di molte responsabilità.
<< La improwisa e dolorosa notizia della morte del nostro carissimo Mon-
signor Munerati ci ha sorpresi e addolorati quanto non ti so dire. Siamo ansiosi
di ricevere altre notizie e ti prego a volermele comunicare. << Poi, dopo aver
spiegato che non può mouversi da Torino e che mandeùD.Ziggiotti a rappre-
sentare il Capitolo Superiore, raccomanda di dispome ogni cosa << con cuore lar-
go e grande spirito di carità »> e assicura abbondanza di suffragi, << Qui faremo
copiosi suffragi per l'Anima sua »>.e
Goi suoi più diretti aiutanti: i Capitolari
Si disse che i membri del Capitolo Superiore vennero scelti personalmente
da D. Ricaldone. Non è esatto. Difatti quelli che trovò alla sua elezione a Rettor
s1 Dall'Orazione funebre in ticordo di D. Ricaldone pronunciata nel 1951 nella chie-
sa di S. Agnese in Messico da S. E. Mons. Guglielmo Piani.
s2 Lettera a D. Luigi Pedussia, 20-1.2-1942.
221

25.2 Page 242

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Maggiore continuarono la loro collaborazione col nuovo Rettor Maggiore, sino
aIla sua morte, tanne D. Fascie che morì nel l%7 .
Essi sono: D. Tirone Pietro, Vice Catechista generale, accanto a D. Giulio
Barberis; D. Fascie Bartolomeo, consigliere scolastico; D. Giraudi Fedele, Eco-
nomo Generale; D. Candela Antonio, Consigliere Professionale. In appendice,
allegato n.51, sono a fronte i Capitolari precedenti e quelli dopo la sua elezione.
Quei confratelli poi che entrarono a far parte del Capitolo Superiore du-
rante il Rettorato di D. Ricaldone (1932-1951) furono scelti personalmente da
lui, ma nella perfetta osservanza delle Costituzioni e dei S. Canoni. Essi sono:
D. Ziggiotti Renato, D. Fanara Roberto, D. Manione Secondo, D. Berruti Pie-
tro, D. Seriè Giorgio, D. Bellido Modesto, D. Fedrigotti Albino.s3
Criterio
mesepnetreienI'zaart-.
6d8ciasdpceaecllliettaàCs-eogsutditiotuocziidloitanài.D: Ao<<dnVReivsiacsani lvodaoinnile:smtpreeiertitttiàoss-dimiaasvpuenirriiotponraestaiccleaostloiaRnfeeodtt-eolr-
Maggiore, l'obbediscano, f informino di tutto quanto riguarda il loro ufficio, ne
ricevano gli ordini e le istruzioni, e ne facciano le comunicazioni ai soci »>.
Egli stimava ed amava i suoi diretti collaboratori: manteneva un contatto
continuo con ciascuno di essi discutendo i problemi interessanti i singoli dica-
steri. Nelle riunioni capitolari presentava le questioni d'interesse generale, sentiva
il parere dei singoli, esponeva il suo pensiero; poi seguiva la discussione e infine
la conclusione. Cercava 1'unità dei consensi per quanto era possibile nelle deci-
sioni da prendere.
Si disse che « praticamente il Capitolo Superiore era D. Ricaldone >>. Se
con questa affermazione si intende indicare un assolutismo di governo si cade
in un emore grossolano ed ingiurioso. Se invece si vede la volontà di D. Ricaldone
di mantenere salda l'unità dei suoi collaboratori per il bene della Congrega-
zione, secondo il pensiero di D. Bosco, si può accettare. Egli non voleva I'unità
dei consensi ad ogni costo; l'episodio già ricordato della opposizione di un
membro alla presa di posizione proposta da D. Ricaldone contro l'introduzione
del fumare (e non fu il solol) è eloquente.s
In « Fedeltà a D. Bosco » D. Ricaldone dedica alcune pagine sulla « pater-
nità dei superiori del Capitolo >> perché gli stava molto a cuore che i confratelli
avessero un giusto concetto della loro funzione nella otganizzazione della Società
Salesiana e li considerassero veramente come « padri >>. Infatti quali superiori del
Capitolo essi dovevano trasmettere la paternità del Rettore Maggiore impossi
bilitato ad esprimerla concretamente col contatto personale con tutti, date le
proporzioni che a mano a mano le Opere di D. Bosco assumevano.
A questo proposito Don Ricaldone si rifà a Don Bosco,ss quando egli stesso
si avvide della necessità non solo di creare le Ispettorie ma di avere superiori
Capitolari che aiutassero il Rettor Maggiore e fossero liberi da ogni cura parti-
s3 Vedi Appendice al Cap. 27", allegato n. 52o.
sa Vedi Appendice al Cap. 27", allegato n. 51".
ss «Fedeltà a Don Bosco >>, AC.S., n. 74, p.76.
228

25.3 Page 243

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colare per <( poter dedicare ogni loro << energia >> e sollecitudine alle Case della
Congregazione.
Ricorda come D. Bosco temesse f infrangersi dell'unità per questa suddi-
visione di autorità, ma come in realtà ciò mai awenne perché i Salesiani << si
strinsero con forte devozione »> intorno ai suoi Successori creando una << magni-
fica unione >> fonte di « una potenza espansiva sempre più consolante ». Da
questo avvio D. Ricaldone viene ad esprimere il suo pensiero, il suo desiderio,
la sua pena << a riguardo della paternità, che il povero vosro Rettor Maggiore
e gli altri ,membri del Capitolo Superiore, desiderano esercitare verso ciascuno
di voi. La nostra più dolce consolazione sarebbe quella di essere a voi vicini per
ammirare il vostro lavoro, sorreggervi nelle difficoltà, consolarvi nelle contra-
rietà e nelle pene, condividere le vostre gioie ed essere a parte dell'intera vo-
sffa vita. Purtroppo questo noi possiamo far solo tratto tratto... ».
Questo fu l'ideale di D. Ricaldone e per raggiungerlo fu proprio lui che nel
Capitolo Generale XVI del 1947 propose Ia elezione di due nuovi Consiglieri
Generali perché i<< Superiori
di avvicinare il più possibile
del Capitolo, aumentati
$
>>
i
Confratelli.
di
numero,
siano
in
grado
Volle poi che Valdocco fosse veramente Casa << Madre »> di fatto e non
solo di nome, perciò sovente raccomandò:
<< Bisogna fare in modo che la Casa Madre rispetti il proprio carattere di
dimora del Rettor Maggiore, Padre di tutti i Salesiani: carattere, direi, interna-
zionale. Perciò niente spettacoli che offendano altre Nazioni, magari già bellige-
ranti; niente, nell'albo o bacheca, che offenda gli stranieri. Poi i Confratelli
esteri dicono che sotto gli occhi dei superiori ci sono e si dicono cose... mentre
noi non ne sappiamo proprio niente »>.s7
Chiese poi a se stesso e ai suoi collaboratori lo sforzo personale di ammor-
bidire il ptoprio temperamento, perché i contatti con i confratelli fossero sem-
pre più familiari e paterni. Così con confidenza di amico e libertà di padre prega
un Capitolare, D. Tirone, a smussare certe angolosità che << fanno perdere quel
carattere di bontà e di paternità >> che dovrebbe avere!
Non si sa se in questa lettera è più da ammirare I'umiltà con cui D. Rical-
done si mette allo stesso piano del confratello chiedendo scusa e riconoscendosi
anche lui difettoso, o la semplice franchezza con cui gli snocciola le cosette no-
tate o disapprovate dai più...
<< Mio caro D. Tirone,
Torino, 30-6-1937
con tutto il cuore io ti perdono e, alla mia volta, ti chiedo scusa, se, senza
volerlo, ti fui causa di dispiacere. Vorrei però che effettivamente sparisse
da1 tuo cuore ogni ombra di pena.
s6 A.C.S., n. 143, settembre-ortobrc 1947, p. 75
57 Testimonianza di D. T. Savarè del 5-1-1952.
229

25.4 Page 244

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Tu pensi, e lo hai già manifestato altra volta, ch'io possa avere della di-
sistima o freddezza a tuo riguardo. Questa, temo, sia la causa del tuo facile ec-
citamento.
Ora voglio assicurarti che ho per te grande stima pel molto e zelante la-
voro che stai compiendo e al tempo stesso tutto il più sincero affetto.
Anzi, è quest'affetto che mi rnosse ad accennare talvolta e mi spinge oggi
pure a metterti dinanzi qualche cosa che a me e ad alri pare difetto.
1o Senza che tu te n'avvenga sei diventato brontolone: parli da solo
sussurando parole e frasi.
2" Htai l'abito di fare una specie di zuffolio e, natutalmente per abitu-
dine e senz'awertirlo, 1o fai un po' dappertutto.
siero3: '1oQfuaarnadi opeutnaompoarerladiseesi amtteozlztoa,
faclle
ma ti
a correggergli la parola
rendi molto pesante.
e
il
pen-
4' Sei eccessivamente f.aclle a scattare, a incomodarti se alti ti contrad-
dice, e 1o fai con passione, alzando Ia voce e lasciando una impressione non
edificante.
5' Sei portato a credere che ti si manchi di riguardo e 1o hai fatto notare
con
^6s'ptAezvzvai.sato, invece di tacere e di ringraziare, ti iriti, difendi e per-
sisti.
Queste ed altre simili cose ho notato io, le udii ripetutamente da almi e
ti fanno perdere quel carattere di bontà e paternità che dovrebbe eccellere nel
Direttore spirituale della Congregaziote.
Gradirei che tu pure, colla stessa affettuosa ftanchezza, dicessi a me, ogni
volta che ti parrà conveniente per bene mio e della Congregazione, i miei di-
fetti, che sono molti e gravi.
Ma soprattutto ti scongiuro di allontanare dal cuore ogni sentimento di
timore o diffidenza ch'io possa avere qualcosa di meno affettuoso a tuo ri-
guardo.
Diamo a tutti l'esempio di una cordiale e forte unione e questo appari
sca e più ancora resti inalterabile.
Sempre tuo aff.mo in C.J.
Sac. P. Rrcer,ootts
La lettera a D. Tirone dice anche il clima di apertura che vi era tra lui
ed i suoi collaboratori. Il sessennio che preparò al Capitolo Generale del 1938,
confermò il valore dei suoi collaboratori e soprattutto l'unità del loro governo
che si rifletté su tutta la Congregazione e a sua volta si riversò sul Capitolo stes-
so. A proposito del quale D. Berruti scive:
« Capitolo Generale 1938; unità meravigliosa, indice della presenza e ap-
prorrazione di Dio. Quale grandezza e santità ha raggiunto la nosfta Congrega-
zione! Nei circoli ecclesiastici di Roma si commenta come straordinaria, oltre-
modo rara, insospettata e insospettabile, l'unione di mente e di cuori dei rap-
presentanti di questa ormai gigantesca Congregazione >>.s8
s8 D. Prrrno Btnnurr, Testimonianze raccolte dal Sac. P. Zerbino, S.E.I., p. 397
2)0

25.5 Page 245

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I1 nuovo Capitolo trovava come Segretario Generale D. Puddu, eletto ne1
1937, dopo la morte di D. Gus'mano se e come Consigliere Scolastico Generale
D. Renato Ziggiotti, al posto di D. Fascie anch'egli mancato in quell'anno.@
Erano Salesiani scelti da D. Ricaldone che godevano tutta la sua fiducia.
D. Ziggiotti, così ricorda la sua inserzione inaspettata nel Capitolo dei
Superiori Maggiori: A << fianco di uomini e salesiani come D. Ricaldone, D. Ber-
ruti, D. Tirone e D. Giraudi, mi fu agevole collaborare e imparare giorno per
giorno a conoscere i bisogni della Congregazione negli anni che si succedettero
dal t937 al 1950 durante l'infausta guerra e nell'ardua ripresa della laboriosissi-
ma pace mondiale ».61
D. Berruti poi, per le sue virtù e per le sue capacità ben presto si impose
a tutti.
«
Quando D. Ricaldone lo elesse a
poiché D. Berruti era conosciuto da
Prefetto Generale molti
pochissimi, ma bastarono
ne stupirono
i primi con-
tatti e le prime buone notti, bastò soprattutto vederlo plegale per sentirsi
dominati da un senso di devota venerazione >>.62
D. Berruti poi ebbe l'arte di sapersi far amarc dai Superiori che già da
Iunghi anni erano al Capitolo, poiché essendo il più giovane e sentendosi nella
sua umiltà I'ultimo arrivato, non attese che essi venissero ad ossequiarlo, ma
egli per primo passò ufficio per ufficio a riveridi. Tutti rimasero conquistati
da quel Prefetto Generale.
Quando si incontrò con il secondo neo-eletto, I'Ispettore dell'Argentina Don
Giorgio Serié, si gettarono l'uno nelle braccia dell'altro confortandosi a vicenda.63
L'intesa poi tra D. Berruti e D. Candela fu fraterna: essi si trovarono a
condividere viaggi, stanchezza, disagi nelle Visite alle case del Giappone, della
Thailandia, dell'India.
D. Berruti, D. Candela, D. Tirone a Roma nel periodo di guerra furono
un trio perfetto e formarono un'unità sola col Centro di Torino.
Anche D. Giraudi si trovò bene con D. Bemuti e gli ultimi viaggi fatti
insieme in America e in Spagna li fecero ancora più intimi nei loro rapporti
personali.
La salute fragilissima di D. Berruti, ormai prossimo al tramonto, mostrò
il cuore dell'Economo Generale che pur con le sue battute argute non riesce a
nascondere le sue apprensioni. Scrive per es. da Madrid: << '.. Chi si fa poco ono-
re è D. Berruti.... e nonostante le sofferenze, continua con lo stesso stile (aveva
parlato poco prima di << Buone notti >> chilometriche) nelle riunioni di questi
giorni >>.e All'aggravarsi del male tempestivamente teneva avvisato il Rettor
Maggiore, sobbarcandosi lui il lavoro rimasto incompiuto del caro ammalato.
se A.C.S., n. 74, 24 gennaio 1937.
60 A.C.S., n. 80, 24 matzo 1937.
61
o2
Testimonianza di D. R. Ziggiotti, Colle D. Bosco, 6-9-1965.
D. Prnrno Bmnurr, Testirnonianze raccolte dal Sac. P. Zerbino,
S.E.L,
p.
231
ot
«
CIr.
Op.
Op.
cit.,
cit., S.E.I.,
p. 864.
p.
D0.
23t

25.6 Page 246

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C'era veramente una intesa sincera fua i Capitolari il cui centro però rima-
neva sempre e solo D. Ricaldone perché tutti capivano il valore di quel capo
e avevano fatto propria l'esortazione di D. Bosco: << Tra di voi il Superiore sia
tutto; tutti diano mano al Rettor Maggiore, 1o sostengano, lo aiutino in ogni
modo, si taccia da tutti un cenfto unico intorno a lui »>.n
Anche il più giovane superiore capitolare entrò in quell'unità di volontà
e di cuori, e a distanza di anni ricorda:
« Il Sig. D. Ricaldone pur tormentato dagli assalti del trigemino, ammalato,
gradualmente fiaccato dagli acciacchi dell'età, fu certamente un pilota sapiente
un rcalizzatore di opere grandiose che ora vediamo sviluppate e giganti, ma che
Egli iniziò coraggiosamente, superando numerose difficoltà con una fede certa
nell'aiuto dell'Ausiliatrice e nella missione salvatrice del nosro Padre Fonda-
tore San Giovanni Bosco ».6
D. Berruti poi, fu esemplarissimo e il primo nella sottomissione piena, to-
tale e anche affettuosa e filiale verso D. Ricaldone.
D. Serié scrisse: « D. Berruti si trovava in mezzo, tra un Superiore abi-
tuato a fare per tanti anni il Prefetto Generale e i sudditi che premevano per
avvicinarlo, esporgli le proprie ragioni. I1 Rettor Maggiore che era occupato
nella compilazione delle sue voluminose circolari, vero codice di vita e tradi-
zioni salesiane e soffriva per il male al trigemino, non poteva essere sempre
a disposizione di tutti quelli che volevano parlaryLi. E D. Berruti sapeva con
tanta buona grazia sostenere le parti del Superiore e lenire le pene dei sud-
diti >>.67
E Mons. Felice Guerra testimonia di D. Berruti: << Aveva per il Rettor
Maggiore una grande venerazione. Per lui \\a parcla e le decisioni del Rettor
Maggiore erano infallibili. Nessuno ha mai udito da lui la minima osservazione
al pensiero e agli ordini emanati da D. Ricaldone.d
Lo stesso proposito che D. Bemuti si eta fissato, fa il panegirico della sua
totale sottomissione: « Da1 grado della mia ubbidienza dipende il grado di effi-
cacia divina del mio lavoro >>.6e
Dobbiamo concludere a confutazione di chi disse che con D. Ricaldone non
si poteva eleggere se non i confratelli che voleva 1ui...70 che però questi confra-
telli da lui proposti, erano dei salesiani veramente valevoli.
Ma ci sono testimonianze che stanno a dimosffare come egli non rifiutasse
consigli e proposte, anzi come riconoscesse di avere anche sbagliato nel dare
responsabilità a certi confratelli.
D. Eugenio Valentini attesta:
,, Alla morte di D. Fanara, dopo una conversazione con lui, gli lasciai sul
6s
6
M.8., XII,
D. ReNrro
p. 80.
Zrccrorrr,
Testimonianze,
Colle D.
Bosco, 6-9-1965.
67 Op. cit., p. D9.
68 Op. cit., p. 6$.
6e Op. cit., p. 642.
rc Testimonianza .'iferita da D. Eugenio Valentini.
232

25.7 Page 247

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tavolo un biglietto che avevo preparato. In esso gli ricordavo, che avendo egli
bisogno di trovare un nuovo Consigliere Scolastico Generale, avrebbe potuto
pensare a D. Cimatti; egli aveva passato tutta la sua vita, prima di entrare in
missione, a Valsalice, in mezzo ai Chierici. Era stato preside della Scuola Nor-
male, Direttore dello Studentato. Era laureato in filosofia e specializzato in pe-
dagogia; laureato in scienze e specializzato in agraria e diplomato in musica.
Alla prima visita, dopo la scelta di D. Manione a Consigliere Scolastico
Generale, D. Ricaldone sentì il bisogno di dirmi che aveva pensato alla n,ia pro-
posta, ma non si era sentito di togliere al Giappone D. Cimatti.
E in quella circostanza mi diceva: « Vedi, malgrado tutti i nosti accorgi-
menti, non riusciamo sempre a trovare gli uomini adatti per le cariche, e quan-
do li troviamo, talvolta, la Provvidenza ce li toglie. Alcune volte ci pare di
aver trovata la persona ideale per un dato incarico e poi, alla prova dei fatti,
si dimostra inetta.
Altre volte scegliamo uno per esclusione, in mancanza di meglio, ed egli
fa meraviglie. La scelta delle persone è la cosa più difficile e non basta l'avvedu-
tezza e la buona volontà dei superiori ».7r
Ma da chi era capito, seguito non tanto come persona, ma come Rettor
Maggiore che incarna 7a Congregazione, allora a questo Confratello, dava piena,
totale fiducia.
Così fu per i suoi Capitolari. A D. Berruti dava la massima fiducia tanto
che per un 1" novembre c'è una nota di D. Ricaldone in questi termini:
<< Promemoria a D. Berruti Prefetto Generale. Fino al 18 novembre sono
assente... anche se presente. Posta, visite, tutto a te... I segretari ai tuoi ordini.
Sac. P. Ricaldone »>.72
Molta posta poi sua, la passava a D. Bemuti postillandola con frasi come
questa: «
ruti studi
D. Berruti risponda
la questione che ratteremo
D. Berruti me
in Capitolo >>.73
ne
parli
>>
-
« D. Ber-
Quando poi nel L943 lo mandò a Roma quale suo rappreselrtante straordi-
nario con pieni poteri insieme al Catechista Generale D. Tirone e a D. Candela,
Consigliere Professionale, così lo raccomandava al Procuratore Salesiano D. To-
masetti: << Ho concesso a D. Berruti mio Vicario tutti i miei poteri. Ella 1o
aiuti e si diporti con lui come se si ftattasse del Rettor Maggiore ,>.74
Quando poi capì che, nonostante tutte le sue dichiarazioni, D. Berruti aveva
inceftezze circa la sua nuova autorità, D. Ricaldone in termini quasi un po' di
rimprovero gli toglie ogni ansietà e gli dice chiaramente di essere come un alro
Rettor Maggiore
posti..... « Vedo
a Roma, mentre lui era
che sei incerto circa il
ma aTnodraintoo:da-
6n'gpi64 persona... in due
me ricevuto e per toglierti
ogni sctupolo, te 1o ripeto in questa lettera che devi considerare come documento
7r Testimonianza di D. E. Valentini.
72 Op. cit. pag. 239.
'13 Op. cit. pag. 438
t+ Op cit. pag. 249,
233

25.8 Page 248

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ufficiale. Il Rettor Maggiore ti ha mandato a Roma, non solo come Vicario Or-
dinario, ma come suo rappresentante straordinario con pieni poteri. Qualora tu
rimanessi separato dal centro, cioe dal Rettor Maggiore e dai Superiori del Ca-
pitolo che risiedono a Torino, entrerai senz'alffo nell'esercizio della tua carica
di rappresentante straordinario del Rettor Maggiore con pieni poteri... Insom-
ma come io sono a Torino il Rettor Maggiore coadiuvato da 3 Capitolari, tu
sarai a suo tempo rappresentante straordinario del Rettor Maggiore con tutti
i suoi poteri e sarai coadiuvato dai due Capitolari D. Tirone e D. Candela; spero
aver chiarito i tuoi dubbi e dissipati i tuoi scrupoli >>.75
Se come superiore maggiore D. Ricaldone realizzò opere stupende, una di
queste fu l'aver forgiato, formato dei capi, e capi di tempra salesiana, cioè veri
apostoli e guide di apostoli; veri sacerdoti-educatori, generatori di figli di Dio;
veri padri, continuatori dello spirito di D. Bosco.
1s Op. cit., pas. $8-4)9.
234

25.9 Page 249

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CAPO XXVIII
PRETE SEIVPBE, COI GRANDI E COI PICCOLI
ll suo orientamento
D. Ricaldone il 2 luglio 1949 presentando Ia strenna << Conoscere, Ama-
re, Difendere il Papa »> agli studenti teologi della Crocetta, senza nessuna spe-
cilica intenzione palesò quale era stata e continuava ad essere la bussola o,
meglio ancora, l'ago magnetico del suo governo. Spiegando l'obbligo dei Sale-
siani circa la difesa del Papa egli citò le Costituzioni della Società Salesiana: << Il
Papa è l'arbitro e il Superiore supremo a cui tutti i soci saranno in ogni tempo,
in ogni luogo, in ogni disposizione umilmente riverentemente sottomessi; prin-
cipale sollecitudine dei Soci deve essere quella di promuovere e difendere con
tutte le forze l'autorità e l'osservanza delle leggi della Chiesa e del suo Capo,
Supremo Legislatore e Vicario di Gesù Cristo sopra la terra>>. Diceva il no-
stro Fondatore che il principio dell'autorità divina nel suo Capo visibile è la
base della nostra cattolica religione >>. E D. Ricaldone continuava: « Nei ri
cordi confidenziali per I'elezione dei suoi Successori, raccomanda che I'eligendo
sia conosciuto pel suo attaccamento alla S. Sede e a tutte le cose che vi si
riferiscono. Vuole inolffe che l'eletto dia tosto notizie e offra se stesso e la
Società al Papa, supremo Gerarca della Chiesa »>. Ma prima, parlando del-
I'amore al Papa, ricordando che D. Bosco non era stato << un sentimentale >>
ma che, << uomo pratico »> volle dimosrare coi fatti la sua fedeltà ai Som-
mi Pontefici, esortava: « Figliuoli carissimi, quando il Papa parla, si ubbidisce!..
Il Fapa parla con le sue encicliche, con i suoi decreti, attraverso gli Organi
che formano i suoi dicasteri: le Sacre Congregazioni... E perché non ricor-
darc a nostro incoraggiamento quel poco che anche noi abbiamo fatto in questi
ultimi anni per dimostrare praticamente il nostro amore al Papa?
Pio XI, il Papa delle Missioni, si sforzò di accendere in tutti i cuori
la fiamma missionaria: e noi abbiamo indetto la Crociata Missionaria, che ebbe
un risultato eccezionalmente lusinghiero.
Pio XII, rattristato dall'ignoranza religiosa che affligge la società in bas-
so, e forse, ancor più in alto, esortò tutti ad illuminare i fratelli che vivono
nelle tenebre delf ignoranza e dell'errore: e noi ci siamo lanciati con ardore
in tutto il mondo a svolgere la Crociata catechistica, benedetta dal Papa, dai
235

25.10 Page 250

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Vescovi, dal Clero e speriamo soprattutto da Dio. Ancora Pio XII, tra le ro-
vine e le fiamme di una guerra apocalittica e inaudita, alzò ripetutamente la
voce per proclamare la giustizia sociale cristiana, e noi siamo andati agli ope-
ri e abbiamo intensificato con l'apostolato della parola e degli scritti I'istru-
zione sociale tra i giovani e nelle masse. E quando turbe di rugazzi erravano
per \\e piazze e le vie, piombati nella più vergognosa miseria materiale e mo-
rale, noi abbiamo raccolto nei nostri Oratori e nelle nosre Case quegli sven-
turati orfani e derelitti.
Alla voce del Papa abbiamo aperti non pochi Seminari e gli abbiamo of-
ferto i nostri migliori Salesiani per reggere le Chiese nel mondo... Noi, figli
di D. Bosco, non solo quando si tratta di Encicliche, Decreti e di altre di-
sposizioni direi tassative, dobiamo seguire il Papa, ma anche quando con-
sigli, anche come uomo privato, come diceva D. Bosco, dobbiamo sempre es-
sere con Lui >>.1
In queste parole dello stesso D. Ricaldone c'è il principio direttivo che
animò il suo governo. Egli seguì D. Bosco, perciò ascoltò il Papa e gli ubbidì.
Fu un ascolto di figlio, perciò amoroso, attento a cogliere tutti i desideri, le
aspitazioni; un ascolto di superiore illuminato da viva fede in cui ardeva il
fervore missionario, d'ingegno aperto, capace di tradurre il consiglio in movi-
mento apostolico.
Come egli stesso ebbe a dire, fu un ascolto devoto di tutti i Papi e di
tutti i loro desideri. Ai Chierici Teologi egli ricorda l'azione per così dire
esterna svolta nel suo rettorato, ma se guardiamo anche alle sue direttive in-
terne, quelle date in seno alla Congregazione stessa, noi troveremo i consigli
dei Pontefici che, nelle udienze private concesse a quel superiore, richiesti
da lui, gli suggerivano di volta in volta.
Tutta la molteplice azione formativa dei confratelli dall'aspirante al su-
periore, Direttore o Ispettore, svolta metodicamente, progressivamente, lungo
tutto il suo rettorato, ha Ia sua origine dalla parola accotata,, insistente di
Pio XI sulla scelta, la formazione delle vocazioni. Tanto che la prima racco-
mandazione che D. Ricaldone fa nella sua prima Lettera-Circolare suona così:
<< Permettetemi che prima di finire, io vi rivolga una esortazione. Siccome i
tempi sono difficili, vi raccomando di non volervi effondere in nuove opere,
ma di raccogliervi per consolidare le molte già esistenti. Concentriamo le mi
gliori energie nel rafforzate \\e Case di formazione e facciamo che tutti,
senza eccezione di sorta, chierici e coadiutori, possano compiere nel modo mi-
gliore i loro studi: l'avvenire della nostra Società è soprattutto nelle case ove
si forma il personale ».2
Così i corsi superiori di studi teologici e filosofici, come abbiamo già
visto, presero incentivo dalla Costituzione << Deus scientiarum Dominus ».
I Dalla Conferenza che D. Ricaldone tenne alla Crocetta il 2 ltglio 1949
2 A.C.S., n. 58, 24 Giugno 1932.
236

26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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Ma perché l'ascolto della parola del Papa fosse completo, doveva essere
ascoltata in rapporto alle altre voci; bisognava approfondirla raffrontandola al-
la parola dei governanti, del mondo della cultura, della tecnica, del lavoro,
del popolo minuto, dei giovani.
Da questo confronto in rapporto alla pada del mondo, quella del Papa
assumeva il carattere universale, cattolico e L'iniziativa rcalizzata dalla Congre-
gazione poteva diventare quella voluta, quella opportuna al momento, all'ora
storica.
D. Ricaldone anche nel suo zelo che sembrava voler bruciare le tappe
tanto era incalzante nel susseguirsi delle sue iniziative, non fu mai precipitato
ma da vero monferrino fu un osservatore silenzioso, un calcolatore calmo. Quan-
do tutto però era ben soppesato, più nessuno 1o fermava nell'aderire aITa pa-
rola del Papa.
ln ascolto di Casa Savoia
Come riuscì ad ascoltare la voce del Papa atraverso le varie voci del
mondo?
D. Ricaldone aveva le giuste proporzioni delle persone e degli Organismi.
Come Rettor Maggiore di una Società Religiosa internazionale, capiva be-
nissimo che egli impersonava <( un governo » e che perciò doveva tenere rap-
porti con tutti i governi.
Trovò una personalità eminente che condivideva il suo pensiero nel Pre-
posito Generale della Compagnia di Gesù, Padre Lédochowscki, ma con proble-
mi diversi per quanto simili da svolgere nella Chiesa e nel mondo. Con lui si
intese molto bene e insieme tennero il loro posto di veri e sapienti governa-
tori anche se i << Ioro governi )> non avevano mire politiche e scopi di potenza,
ma soltanto la gloria di Dio.
D. Ricaldone diventava Rettor Maggiore quando in Italia Mussolini ave-
va praticamente soppiantato Casa Savoia e il Re era più che altro un lusro
per 7a nazione italiana e non già una fotza.
Tuttavia questa Casa di regnanti, che tanto era entrata nella vita di D. Bo-
sco, aveva una voce viva nella storia d'Italia e anche nella Chiesa, se Dio le
concedeva ancora un ruolo nel suo misterioso piano di redenzione.
D. Ricaldone capì che era voce da ascoltare.
Il governo fascista si presentava forte e assolutista: costituiva l'unica voce
del popolo italiano e lo indirizzava in un senso più che in un altro. Il mondo
della cultura, 1o sviluppo tecnico, industriale, agricolo, il problema sociale, tut-
te le espressioni della vita del popolo italiano venivano gradualmente, ma de-
cisamente coinvolte dal pensiero, dall'azione, dalla teoria fascista.
Bisognava quindi cogliere le voci di tutti questi settori che si rovavano
a dover vivere e svilupparsi in una progtammazione già prevista, prefissata,
quella di Mussolini.
237

26.2 Page 252

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L'azione di D. Ricaldone fu quanto mai prudente, discreta ma ben de-
cisa e orientata.
La sua posizione gli dava modo di stare coi << Gtandi »> ed egli se ne
valse sempre con totale distacco da e con lungimirante avvedttezza.
Ma poiché sapeva che la storia è fatta dagli uorrr-ini e uomini sono anche
i re, i capi di stato, gli scienziati ed i filosofi, egli, alla scuola di D. Bosco,
cercò il rapporto cogli uomini più che quello dei « capi », presentandosi uomo
fra gh uomini. Naturalmente coll'uomo al momento opportuno D. Ricaldone
sapeva far scattare il sacerdote che prima ancora dell'ascolto dei << grandi >> è
in ascolto delle anime dei << grandi »>.
Vedremo allora che Ia sua azione fu squisitamente umana e sapientemente
sacerdotale e solo così fu azione previdente e feconda di Superiore.
D. Ricaldone poi incoraggiò e aiutò gli Ispettori, i Visitatori suoi rap-
presentanti, i Superiori tutti, a tenere sempre rapporti amichevoli coi gover-
ni, con le autorità civili, anche se questi fossero stati non del tutto favorevoli
o anche contrari alla Chiesa.
Non era fare compromessi, no! La fede, i principi non si discutono, ri-
mangono quelli che sono; ma l'autorità deve essere sempre rispettata.
Non voleva davvero neppure una certa qual diplomazia laudativa per in-
graziarsi personalità e partiti, nol Ma il rapporto umano è sempre possibile
per i cristiani, tanto più per i religiosi, poiché Dio ci è Padre e in un accosta-
mento cortese, senza pretensioni, c'era sempre da scoprire nei << grandi »> anche
più irriducibili alla Chiesa e alla religione, un fondo di disperazione o di vuoto
che invocava Dio.
Il loro ascolto poi, fatto con intelligenza, poteya svelare progetti, pensieri
che, colti in tempo, erano forme provvidenziali per promuovere il bene o sven-
tare il male.
D. Ricaldone aveva vedute larghe e quando sapeva di poter contare sulla
prudenza dei Confratelli, lasciava che essi fossero buoni ascoltatori per essere
opportuni salvatori di anime.
Un esempio tipico è quello di D. Agostino Pugliese. Racconta:
« Nei Tribunali ecclesiastici avevo conosciuto parecchi awocari di To-
rino e mi ero legato in amicizia con uno di essi soprattutto, l'avv. Signorini,
la cui famiglia cominciai a frequentare, un'ottima famiglia di modestissime
condizioni, ma all'appatenza buoni cattolici. D. Ricaldone 1o sapeva. L'Avvo-
cato faceva parte della Resistenza clandestina. Subito dopo la cosidetta Libe-
razione, tltta 7a famiglia passò al comunismo e si manifestò in ottime condi-
zioni economiche. L'avvocato ebbe subito un posto di comando; in seguito
divenne anche vice-sindaco di Torino e assessore alle finanze. Preso dallo scru-
polo, andai da D. Ricaldone: potevo ancora coltivare quella amicizia o dovevo
romperla?
Il buon Padre ci pensò un momento e mi disse: << Continua I'amicizia. For-
se il Signore si serve di te per entrare ancora in quella famiglia. Ma tienimi
sempre informato >>.
T8

26.3 Page 253

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Ecco la laryhezza di vedute di un uomo nato per governare, che com-
prendeva subito le cose e non voleva che la divergenza di dottrina venisse a
intorbidare le acque dell'amicizia che poteva ancota essere un filo conduttore
in {avore della causa del bene. Gli eventi gli diedero ragione.
L'avv. Signorini morì nel 1949. Mentre egli colpito la sera precedente da
una trombosi cerebrale durante un comizio in Borgo S. Paolo, moriva alle Mo-
linette, ricevendo 1'assoluzione sacramentale e 1'Estrema Unzione, io celebravo
in una Scuola Materna vicino alla Mole Antonelliana indossando una pianeta
rcgalata dal Signorini e pregavo per tutta la famiglia senza sapere l'incidente
che gli era occorso e 1o stato in cui in quel momento si trovava >>.3
Se poi qualche Salesiano veniva meno in questo stretto dovere di defe-
renza verso l'autorità, non precipitava, ma, assicuratosi della realtà dell'errore,
egli senz'altro passava alla iparazione doverosa, anche se ciò poteva dispiace-
re al Confratello.
Era meglio un atto di umile riconoscimento dello sbaglio, che una falsa
posizione che nessuna giustificazione avrebbe reso plausibile. Così fu per il
Direttore della Casa del Testaccio in Roma nei confronti del Senatore Mario
Cingolani.a
La lettera di scusa scritta da D. Ricaldone stesso al Senatore, mostra quan-
to egli fosse deferente verso l'autorità e come considerasse molto più nobile
umiliarsi nello sbaglio, che mascherarlo con raggiri.
Torino, 16-7-L951
« Onorevole Senatore,
considero la sua giusta pena come mia e di tutti i Salesiani. Da moltissimi
anni io conosco e apptezzo profondamente la S. V. Ill.ma. Parecchie volte ebbi
l'onore e la soddisfazione di incontrarmi con Lei proprio al Testaccio che era,
ed io ben 1o so, uno degli amoti del suo cuore. Per questo anzi è maggiore la
mia pena.
Le benemerenze della gentilissima e benemerita Sua Signora verso dei
poveri figli di D. Bosco al Testaccio erano a tutti note. Per essi aveva la tene-
rczza di una Mamma.
Lasci pertanto, Onorevole e carissimo Amico, che le chieda perdono in
nome di quel povero figliuolo, il quale ha procurato a Lei ed a noi, fosse anche
solo per una leggerezza o dimenticanza imperdonabile, un dispiacere tanto
grave, mascurando quei doveri di spirituale riconoscenza che S. Giovanni Bo-
sco tanto ci ha inculcato verso i nosffi Benefattori.
Siccome conosco la bontà e prudenza della S.V. Ill.ma, Le confido sen-
z'altro, con il dovuto riserbo, che Don G... sarà tolto da Direttore della Casa
del Testaccio.
Sono molto avanti negli anni e non so se poffò ancota recarmi a Roma,
ma se ciò mi fosse concesso vorrei procutarmi nuovamente l'onote e la gioia di
rivedere la S.V. Ill.ma che tutti i salesiani tanto affettuosamente apptezzano.
3 Testimonianze di D. Agostino Pugliese, 5 Maggio 1970.
4 Morto nel 1971.
239

26.4 Page 254

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Mando a Lei ed alla nobile sua famiglia una speciale benedizione di Maria
Ausiliatice e di S. Giovanni Bosco.
Mi voglia considerare sempre suo
aff.mo in G. e M.
Sac. P. Rrcer,oottp
Formando e volendo così i suoi collaboratori, D. Ricaldone ne ebbe degli
aiuti impensati.
La benevolenz^, per esempio, che i Savoia ebbero per i Salesiani se ri-
saliva a lunga data, certamente fu avvalorata e ravvivata nel Re Vittorio Ema-
nuele III e specialmente nel Principe Umberto dagli incontri di festoso calore
umano e di grazia, attuati con cordialità e freschezza salesiana da D. Serié che
nel 7929 era Direttore nel Collegio Pio IX in Almagro-Buenos Aires. In quel-
l'epoca il Principe Ereditario era in Argentina.
Nell'agosto di quell'anno, tovandosi ad Almagro egli si annunziò per
una visita al nostro Istituto. Nei ricordi di D. Serié su quella visita s:i legge
che il Principe volle recarsi nella Chiesa Santuario di Maria Ausiliatrice: « Il
Principe si inginocchiò per terra, si fece il segno della croce, pregò e poi si
levò per osservare ed ammirare la costruzione dei suoi magnifici altari... »>.
La visita tornò così gradita che l'eco rimbalzò immediatamente in Italia.
A Milano, poco tempo dopo, durante una rivista militare a cui presie-
deva S.M. il Re Vittorio Emanuele III << l'auto reale giunta davanti alle scuole
salesiane si fermò. Fu una
Sono i Salesiani questi?
sorpresa.
L'aiutante
di
campo di
S.M.
domandò:
-
-
china-
Si, Signor Generale.
Ebbene, S.M. vuol
del Re.
parlare
col
superiore.
Venga
qui
accanto
alla
mac-
D. Antoniol, che non sapeva nulla di quanto accadeva a Buenos Aires, an.
timidamente a
grazio per quello
cphaerlafaretecopnerSi.lMm. -io
Il Re gli disse brevemente:
figliuolo in Argentina. Ogni
-gioVrniormin-i
telefona delle meraviglie che vede. Sapete che cosa mi ha detto? Che ha sco-
perto i Salesiani in America! Eppure è di Torino e conosce benissimo i Sale-
siani. Ma ha visto l'espansione dell'opera vostra. Vi faccio rallegramenti e vi
saluto. Fece il saluto militare e la macchina proseguì ».s
La cosa non finì lì. Quando il Principe ritornò a Roma {ece pervenire le
decorazioni di Cavaliere, Cavaliere Ufficiale, Commendatore, ecc. ai principali
Superiori Salesiani incontrati a Buenos Aires, Montevideo, Rio de Janeiro.
Ma ancora prima del suo rientro aveva mosso persone e cose, tanto che i Sale-
siani di Buenos Aires ricevettero una lettera dall'Italia {irmata dal Capo del
Governo, Mussolini, in cui si diceva che il Principe Umberto, veramente com-
s Dalle memorie scritte di D. Giorgio Serié.
240

26.5 Page 255

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lnaugurazione dell'Opera Pia Liautaud, alla presenza della Principessa di Piemonte
Maria José, all'lstituto di Sassi delle FMA, il 15 maggio 1931.

26.6 Page 256

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26.7 Page 257

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piaciuto degli omaggi a lui tributati, desiderava fare loro un regalo e perciò
esprimessero i loro desideri.
I Superiori locali che si vedevano, per così dire, venire in Casa la Provvi-
denza, subito chiesero quanto loro più occorreva per i rag zzi delle scuole tec-
niche e cioè le macchine per un Laboratorio elettrotecnico.
Si trattava di una spesa di 100.000 pesos corrispondente allora a circa
20.000.000 di Lire italiane. Mussolini rispose che il Governo non era in grado
di fornire tale somma, ma che avrebbe dato ordine a tutte le ditte italiane
in Argentina di fornire le macchine di cui abbisognava l'Opera Salesiana ra-
mite una circolare.
Infatti le filiali italiane della « Pirelli », « Marelli »>, << Montecatini », ecc.
si presentarono, richiesero ai Salesiani di che cosa dovevano provvederli e fu-
rono generosissime tanto che non solo fv attrezzato il laboratorio elettrotec-
nico, ma si poté rifare tutto f impianto della luce e della fotza. 17 laboratorio {u
intitolato a Umberto di Savoia.6
D. Serié non interruppe né lasciò cadere questi contatti veramente prezio-
cshi.eRmiciorfduavcoan:c-essaQ, uaanSduoa
mi trovai in ltalia,
Altezza Reale, pet
nell'anno 1926, chiesi
ùngraziarlo. Nel 1929
udienza,
in occa-
sione della beatificazione di D. Bosco, mi ricevette ancora con tanta bontà e mi
ricordò ancora la visita a Buenos Aires »>.7
D. Ricaldone godeva di questi rapporti dei suoi figli, ne era santamente
orgoglioso e sapeva poi a sua volta valersene per il bene della Chiesa e del-
1'Istituto.
Non ci stupiscono allora le adesioni già ricordate dei Reali d'Italia per
l'elezione del nuovo Rettor Maggiore D. Ricaldone, nel 1932, e ci rendiamo
conto della piena partecipazione alla Canonizzazione di D. Bosco dei Savoia,
in forma direi festosa, quasi si trattasse di cosa propria.
I1 principe Umberto presenziò alla Canonizzazione di D. Bosco in Ro-
ma, in rappresentanza di S.M. il Re, in una tribuna eretta appositamente a
fianco del Trono papale.
Egli stesso 7a vigilia della celebrazione confermò la sua presenza a D. Ri-
caldone con un telegramma in cui c'è ancora un eco di quei felici incontri
americani e che ben si possono dire provvidenziali!
<< Con animo pervaso di sentimenti di profonda commozione e di sincera
letizia mi appresto ad assistere domani, in rappresentanza di S.M. il Re, alla
solenne Canonizzazione, nella Basilica Yaticana, del Beato D. Giovanni Bo-
sco, fondatore dell'Ordine Salesiano. Nella fausta ricorrenza tengo ad espri-
mere questi miei sentimenti a Lei, che così degnamente regge le sorti del gran-
de Istituto del quale mi fu concesso conoscere ed ammirarc 7a Tatga e benefica
azione svolta in Africa e nelle lontane Americhe.
6 Dalle memorie di D. Giorgio Serié
7 Dalle memorie di D. Giorgio Serié.
241
16

26.8 Page 258

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Per le future fortune e per il glorioso progredire dell'Ordine formulo i
più {ervidi voti. Umberto di Savoia >>.8
Così il Principe in alta uniforme di Generale, col Collare dell'Annunziata
a quello del Supremo Ordine del Cristo, assistette a f)tt^ la funzione con 1o
Ambasciatore d'Italia presso la S. Sede, Conte De Vecchi.
Questa presenza sorprese tutta l'opinione pubblica, tanto che i giornali
da parecchi giorni ne avevano dato l'annuncio suscitando << un'onda di entu'
siasmo e di commozione ineffabile »>.e
A questo primo omaggio seguirono gli onori resi dal governo italiano in
Campidoglio che {urono un vero lionfo anche per D. Bosco, ma più che altro
per la Chiesa nei suoi rapporti con la Nazione ltaliana.
Non si poteva sperare, desiderare e neppure sognare di più e di meglio.
Ma « il più » e il << meglio )> vennero inaspettatamente a questa volta dalla
viva voce di S.M. il Re Vittorio Emanuele. Egli aveva capito benissimo che la
celebrazione della Canonizzaziote di D. Bosco, il Santo che tanto aveva lavo-
rato, soffetto per rapporti di pace tra Chiesa e Stato, efa stata anche un'esalta-
zione dell'atmonia che finalmente regnava tra I'Italia e la S. Sede, e 1o disse
con compiacenza il 28 aprile nel discorso della Corona al7'inatgtrazione della
XXIX Legislatura a Palazzo Montecitorio.
Così si espresse l'augusto sovrano: << ...1a concordia e l'intesa fta auto-
rità civili e religiose s'è rafforzata, come recenti, grandi celebrazioni hanno di
mostrato. La Conctliazione rimane un elemento essenziale nella storia italiana >>.10
I Reali poi vollero assumersi l'alto Patronato .dei festeggiamenti torinesi,
al Santo di Valdocco: le LL.MM. il Re, la Regina, il Ptincipe Ereditario e
molti Principi e Principesse di Casa Savoia, di Casa Savoia-Aosta, di Casa Sa-
voia-Genova.
Tra le celebrazioni c'era in programma anche f inaugurazione dell'Istitu-
to << Conti Rebaudengo ». Aderì volentieri a tagliare il simbolico nastro ffico-
Iore una Principessa di Casa Savoia: la Principessa Matia Adelaide di Savoia-
Genova, proprio per manifestafe con la sua presenza 7a compiacenza dei Reali
d'Italia.
Come non iograziate con una visita personale queste Auguste Persone
così magnanimi nella loro espressione di benevolenza verso i Salesiani e
ancor pir) lungimiranti e saggi nel volersi servire di una canonizzazione per
riconfermare il rapporto di pace con la ChiesaT
D. Ricaldone aveva poi avuto contatti personali con 1oro. Nel suo tac-
cuino infatti, nella pagina di quel memorando 1 aprile l%4, già così tem-
pestato di appunti, c'è anche questo: << Sua Altezza il Principe mi chiama per
congratularsi >>.
Chiese perciò un'udienza a Sua Maestà e I'ebbe il 19 aprile.
8 « Bollettino Salesiano », Giugno-Luglio L934,
e « Bollettino Salesiano », Giugnclugho 1934.
10 « Bollettino Salesiano », Giugno-Luglio l9)4.
)a)

26.9 Page 259

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Erano con Lui tutti i Capitolari tra i quali anche il conosciutissimo ex-Ispet-
tore dell'Argentina: D. Serié.
Dai suoi scritti sappiamo con quale familiarità il Re s'intrattenne coi Sa-
lesiani. D. Ricatrdone nel suo taccuino segnò solo: << Ore 15: udienza di S.M.
il Re: affabilissimo, da vero padre ».11
Sembra quasi sopraffatto e sorpreso della cordialità del Re. D. Serié in-
vece: <( I1 Re ci ricevette con grande bontà. Lui stesso andò a cercare le sedie
per farci accomodare. Incrociò una gamba sull'alra e cominciò a parlare delle
scuole agricole con D. Ricaldone e dei ricordi del viaggio del figlio in Argentina >>.r2
Il giorno dopo, il 20, i Capitolari si recarono pure dal Principe Umberto
a Napoli dove allora risiedeva e D. Ricaldone annotò: << Ore 1.7: Visita a
S.A.R. il Principe di Piemonte. Ci fu di vero conforto! »>
I rapporti continuarono non solo ad essere ottimi, ma, direi, sempre più
intimi a mano a mano che gli eventi incidevano dolorosamente su Casa Savoia.
Vi sono episodi delicatissimi che dimostrano quanto D. Ricaldone diret-
tamente o tramite i suoi figli fosse in dimestichezza coi Reali. D. Serié senza
dire l'epoca, scrisse: << Una mattina, a Torino ricevetti un messaggio di S.A. in
cui mi invitava urgentemente a Roma. Mi avrebbe mandato il suo aereo per-
sonale. Effettivamente partii dal campo dell'Alitalia con alcuni personaggi. Ar-
rivato
di un
a Roma S.A. mi
certo Ugo §7ast
idnomcuainsdiòd: i<c<eHcoheledttoopuonlalibIrVo:g-eneVraiztaiondei,
Dd.ovBroàscfioni-re
Casa Savoia. È vero che I'ha detto D. Bosco? »>
e
mi-farò[11usn77dvo, vreisrepocsoi,mduonvicraòrlcohiaedVe.rAe.
al
».
cronista
della
nostra
Congregazione
Tornato a Torino, parlai con D. Ceria il quale mi assicurò che D. Bosco
mai aveva detto quello, ma che era una « Lettura Cattolica »> sulla cui facciata
era scritto: I depredatori dei beni ecclesiastici non dureranno olme la IV ge-
nerazione. Ma il libretto non era scritto da D. Bosco.
Qualcuno mi spiegò che quelle parole erano riprodotte su1l'Abbazia di
Altacomba di proprietà di Casa Savoia. Effettivamente avevano soitto quella
sentenza quando vi fu la persecuzione di Combes in Francia ad ammonimento
del Governo, affinché rispettasse i beni ecclesiastici, per evitare la maledizione
di Dio.
E D. Serié scrivendo questi ricordi commentò: « Purtroppo più tardi si
è avverata e alla IV generazione è caduta la monarchia >>.r3
Un'altra apprensione del genere si ebbe nel L937. Circolavano profezie di
D. Bosco di dubbio valore circa gli eredi di Casa Savoia. Un'Ispettrice .lelle Fi
glie di Maria Ausiliatrice, Madre Adele Martinoni, informata, interpellò iI Ret-
tor Maggiore. D. Ricaldone si affrettò a chiarire e a consigliare di far perve-
tr Notes personale di D. Ricaldote, 19 aprile 1934.
t2 Dalle rnemorie scritte di D. Serié.
13 Dalle memorie scitte da D. Serié.
24)

26.10 Page 260

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nire la verità « ove convenga >>. Ecco le due lettere. Così scrisse l'Ispetffice a
D. Ricaldone:
<< Rev.mo Sig. D. Ricaldone,
Torino, 7 giugno 1937
ho avuto occasione in questi giorni a Napoli di avvicinare 1'I11.ma Signo-
ra Duchessa di Miranda, Dama di Corte di S.A. Reale la Principessa di Pie-
monte. Mi partò di una iotizi^ che reca qualche molestia nell'illusre Casa
Reale.
L'Osterico Atman in occasione dell'ultimo lieto evento della Principessa
ebbe a dire: « Cade così la pro{ezia di D. Bosco » e rivelò che in alcuni am-
bienti di Roma e fuori, circoLlava la voce che tra le profezie di D. Bosco ce
n'è una che allude alla fine della dinastia Sabauda Pet mancanza di eredi al
ffono. E notava come un sintomo non indifferente, che già nella discendenza
del Duca di Aosta non v'è più la linea maschile. La su lodata Duchessa mi pre-
di avvicinare il Superiore Maggiore, esporgli l'increscioso episodio e pregar-
Idoire-ttamneenl tceasSo.Ad.esRideearleabliale
che non esistesse
Principessa anche
tale profezia
perché cessi
i-l
di rassicurare
disagio di tale
dubbio che pesa quasi come un incubo... e una minaccia sul1a Reale Famiglia.
Compio questo messaggio,
dola umilmente a farne quel
animata dalla sua bontà, Rev.mo Padre,
caso che nella sua illimitata prudenza
ePtengealnla-
tradizionale devozione del nostro Santo Fondatore D. Bosco per f illusre
Casa Savoia, crederà più conveniente.
Le sarò ancora molto grata se vomà indicarmi come debba comportarmi al
mio ritorno a Napoli. Con riverente ossequio, pregandola della sua benedizione
paterna mi dico di V.S. Rev.ma
devotissima
Sr. A ManrrNoNr
F,M.A.
E D. Ricaldone rispose
Torino, 18 giugno 1937
« Rev.da Signora Ispetrice,
ho voluto che 1o storico della nostra Congregazione, il quale conosce
a fondo tutto ciò che riguarda la vtta di S. G. Bosco, facesse le più diligenti
indagini a riguardo delle sue relazioni coll'Augusta Casa Savoia.
Orbene, egli mi scrive queste precise parole: « Non risulta né da {onti
scritte edite o inedite, da tradizioni orali che D. Bosco abbia predetto
l'estinzione della Casa Savoia nella linea maschile ».
I1 nostro buon Padre manifestò ripetutamente ed in circostanze solenni
tutto il suo deferente affetto dell'augusta Casa Savoia, combattuta precisamente
perché costituisce un saldo baluardo contro il sovversismo.
Ella nella sua prudenza veda di far conoscere, ove convenga, la verità
della cosa, anche per togliere dubbi e timori qualora esistessero.
Mentre benedico lei e le anime che le sono affidate, mi raccomando alle
sue preghiere.
In C.J.
Sac. P. Rrcer,ootlB
244

27 Pages 261-270

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27.1 Page 261

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Un modo con cui D. Ricaldone teneva vivi i contatti con Casa Savoia
fu il far pervenire omaggi che erano graditissimi non soltanto per il valore
del dono ma anche per le parole affettuose e deferenti con cui li accompagnava,
ricordando l'anniversario, la commemorazione, la festività cara ai Reali.
La reliquia di D. Bosco fu graditissima,
Il Principe Eugenio di Savoia-Genova così 7o ingraziava:
« Gentilissimo Signor D. Ricaldone,
Torino, )l gennaio l9)9
sono a ingtaziarla dal più profondo del cuore anche a nome di mia mo-
glie, per il pensiero suo sommamente gentile, di averci offerto in omaggio
preziosa reliquia del Santo D. Bosco.
Ringraziando parimenti per le preghiere innalzate al Santo dai suoi gio-
vani, per la nostra felicità a prosperità.
Cogliamo l'occasione per fare a Lei i nosri più cordiali saluti ai quali
vanno uniti quelli per tutta la Famiglia Salesiana.
Mi dico il suo aff.mo
EuceNro »r Sevore. - GBNova
Duca p'ANcoNe
E il Duca Ferdinando di Savoia si mostra entusiasta e vero ammiratore
di D. Bosco.
<< Rev.mo Signor D. Ricaldone,
Torino, 12 tebfuaio 1938
Il pensiero gentile e l'omaggio fattomi in ocasione delle mie Nozze mi
giunsero molto graditi. Ella non poteva inviarmi un dono più apprezzato, le
due reliquie del grande Santo Torinese, del costante e fedele amico della mia
casa, del benemerito educatore della gioventù porteranno certamente la desi-
deratissima benedizione di Dio sul grande passo che sto per compiere.
A Lei, Rev.mo Rettor Maggiote della Famiglia tutta Salesiana che porta
alto in tutto il mondo il nome d'Italia, 7l tingraziamento più vivo della mia
fidanzata e mio.
FrnorxeNoo or Sevore
Ducl or GpNove
Pensiero bellissimo di D. Ricaldone che gli cattivò sempre più stima e fi-
ducia sincera da parte dei Reali, fu il consegnare di persona al Principe Eredi-
tario Umberto parecchi preziosi
della Venerabile Clotilde di Savoia
che egli aveva ricevuto in dono^dvatollg'Aravvfiocato Masera.
D. Ricaldone nel suo taccuino segnò in data 26 novembre 1939 questa
visita privata al Principe e il motivo. Il Segretario D. Savarè che l'accompagnò
245

27.2 Page 262

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così ricorda: << Accompagnai D. Ricaldone una domenica al Palazzo Reale di
Torino. Il Principe che tornava dalla S. Messa con due ufficiali (erano però
tutti e tre in borghese) 1o introdusse nel suo studio. Io intanto in anticamera
procuravo di rispondere il meglio possibile a t^flte domande dei due gentiluo-
mini sopra le Opere di Don Bosco in quei tempi difficili. Alla fine fui am-
messo ad ossequiare il Principe. Il Sig. Don Ricaldone mi disse poi che, men-
tre aveva assicurato il Principe di non aver letto nulla di quegli scritti (ed effet-
tivamente se ne era astenuto per delicatezza) gli aveva fatto capire sacerdotal-
mente che senza dubbio Ia lettura di essi avrebbe fatto un gran bene all'anima... >>.
Quando poi ne vedeva l'opportunità, soleva invitare anche qualche membro di
Casa Savoia a presiedere ad inaugutazioni, a visite alle Opere.
Già nel maggio del t93l f invito alla Principessa di Piemonte Maria Josè
a visitare I'Istituto di Sassi, opera benefica per i bimbi orfani e abbandonati dai
2 ai 12 anni diretta dalle F.M.A., era stato quanto mai gradito. Quest'opera
sorta per l'eredità del Cavalier Liautaud e che per gli aiuti del Conte De Vec-
chi di Val Cismon, allora Presidente della Cassa di Risparmio, aveva alTargato
le sue possibilità di bene, in quell'anno l93I veniva erettà a Ente Morale ., Op.-
ru Pia Liautaud >> con amminisffazione propria.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice portarono in quell'opeca la bontà premu-
rosa, vigile e gaia di D. Bosco; cuori di madri e giocondità di sorelle maggiori.
D. Ricaldone era allora Prefetto Generale, e fu presente quale rappresentante
del Rettor Maggiore. Fu il vero interprete delle suore che, così modeste ed
umili tra tante autorità, sembravano scomparire, mentre erano in realtà l'anima
dell'opera.
Certamente in quel 15 maggio D. Ricaldone accompagnando la Principessa
e le Autorità religiose e civili nella visita dei nuovi locali, deve essere apparso
per la prima volta a Maria Josè come un Superiore non comune. E al futuro
Rettor Maggiore quella giovane e gentile principessa belga che con tanta effu-
sione aveva abbracciato i piccoli orfani, si era manifestata anima nobile, affet-
tuosa e semplice.la
D. Ricaldone non la dimenticò più specie quando fu nella necessità di
essere aiutata.
Maria Josè ancora nel 1968, scrivendo al Conte Aldo di Ricaldone, ricor-
dava il IV Successore di D. Bosco.
« Mi è lieto pure ricordarmi la grande personalità di D. Pietro Ricaldone
che conobbi ancora in Italia quando era Rettor Maggiore dei Salesiani >>.1s
Nell'aprile del 1935 quasi ad Lln anno di distanza dagli ultimi più diretti
contatti con i Reali d'Italia avuti in occasione della Canonizzazione di D. Bo-
sco, D. Ricaldone riuscì ad ottenere una loro visita a Valdocco: Questa volta fu
la stessa Regina Elena che volle venire fra i ragazzi di D. Bosco.
ra Dalla Cronaca del 15 Maggio 1911 della Casa di Sassi, Torino.
15 Lettera di Maria José al Conte Giuseppe Aldo di Ricaldone in data 25 maggio 1968
da Merlinge Gy Genève.
246

27.3 Page 263

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La visita fu fissata per il 13 aprile e 1o stesso D. Berruti non ancora del
tutto ristabilito si affrettò a lasciare Roma per venire ad aiutare D. Ricaldone
aggtavato anche dal pensiero del ricevimento.
Fu una giornata riuscitissima. Nella cronaca di valdocco si legge: « Il
ricevimento preparato in tutti i suoi particolari dal Sig. D. Bemuti, è riuscito
molto bene; Sua Maestà si è mostrata assai soddisfatta »>.16
D. Ricaldone nel suo notes pfivato annotò: << Preparativi visita Regina. Ar'
riva ore 14. Tutto procede mirabilmente. Deo gratiasl Si ferma un'ora e venti
minuti >>.
La Regina visitò la Basilica, la cripta delle reliquie, la cappella Pinardi, le
camefette di D. Bosco, una camerata degli studenti, i refettori, i laboratori e
infine le fu offerto un festoso omaggio in tearo.
Certamente chi non conosceva la profondità del pensiero di D. Ricaldone
che aveva un perché in tutto il suo agire, quella visita in forma ufficiale che
era costata molta fatica di preparazione per il ricevimento fatto secondo le regole
date dal cerimoniere di corte e che D. Berruti aveva studiate e applicate in tutti
i particolari, poté sembrare tlrtta iinapatata, una ricerca di pubblicità, una forma
trìonfalistica anche poco religiosa... D. Ricaldone andava oltre le forme esterio-
ri! Pur tenendoci moltissimo ed essendo intollerante di ogni più piccola infra-
zione all'etichetta, egli però dalla formalità prendeva l'avvio pet l'azione aposto-
lica. Si metteva delicatamente, silenziosamente accanto, a servizio di chi aveva
invitato e facendo la sua stessa strada l'aiutava a percorrerla cristianamente. D.
Ricaldone capiva che i Savoia di allora avrebbero potuto avere bisogno dei Sale-
siani, come gia i lo.o predecessori avevano avuto bisogno di D. Bosco, e che
alla loro volta i Salesiani potevano essere ammaestati dai Savoia come già D. Bo-
sco aveva colto nelle loro vicende 7'azione redentiva di Dio nella storia dei
popoli.
ln ascolto dei « grandi »
Ma a fianco dei Reali, anzi, quasi prima di loro, c'era in Italia il Fascismo,
il governo e gli uomini guidati da Mussolini. D. Ricaldone guardò a loro con
l'occhio dell'uomo che vive di fede.
Perciò con molta serenità, prudenza, senza mai scendere a debolezze e
compromessi, ma sempre rispettando l'autorità, cercò sotto le insegne di potenza,
l'uomo, immagine di Dio e bisognoso di Lui.
« A chi si meravigliava che egli ed i suoi Salesiani trattassero con tanta
coftesia e riguardo le autorità tanto da essere quasi considerati fascisti, D. Ri-
caldone rispose a
l'Italia è fascista?
modo di piacevole
- Così troncò quel
facezia:
discorso
i-nopCpohretucnoosa>>.vr7uoi
farci
se
tutta
16 Cronaca di Valdocco, t3 aprrle 79)5.
17 Testimonianze di D. Terrone.
,, A1

27.4 Page 264

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E D. Terrone sottolinea che certamente ci volle tutto il prudente ardire
di D. Ricaldone per poter vivere e anche sviluppare opere di bene sotto il fa-
scismo.
« Se non ci fosse stata la prudenza di D. Ricaldone, D. Bosco non avrebbe
avuto a Roma, in Campidoglio, a Napoli e altrove quei trionfi che tanto ono-
rarono 7a Congtegazione e la Chiesa, della quale D. Bosco fu figlio devoto fino
all'entusiasmo. D. Ricaldone applicava a perfezione le parole di Gesù Benedetto.
A << Cesare quello che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio >>. Ma senza de-
bolezze o concessioni e tanto meno approvazione di quanto si potesse macchi-
nare contro la giustizia o i diritti altrui. Quale franchezzat.
Dimostrazione di questa franchezza fu la risposta data al Segretario del
PNF di Torino, on. vidussoni, il quale (come abbiamo già riferito) visitando le
macerie accumulate da un bombardamento sulle costruzioni della Casa Madre
di Valdocco, esclamò con enfasi: « Il Duce 1o saprà! ». E D. Ricaldone pronto:
« E la Divina Provvidenza provvederà! »>
Abbiamo parlato di « ordine prudente » di D. Ricaldone perché ci pare
essere stata questa la sua « politica », cioè il modo più umano, leale e voluta-
mente cristiano ed ecclesiale di unirsi con tutti i fratelli anche quelli che per i
posti che occupano spesso non sanno avere una stessa linea di condotta e facil-
mente rinunciano aTla loro coscienza di uomini per non perdere la stima e il
possesso.
Anche con Mussolini egli cercò l'uomo e 1o avvicinò subito da uomo e da
sacerdote fin da quando era Prefetto Generale.
Vi sono telegrammi del Duce esprimenti sentimenti di riconoscenza ùvolti
a D. Ricaldone e anche al Procuratoro salesiano D. Tomasetti di cui D. Rical-
done stesso si serviva per mandare voti augurali, condoglianze, ecc.t8
Personalmente poi raggiunse anche la sorella del Duce, la Signora Edvige
Mancini Mussolini con attenzioni veramente nobili e quanto mai significative per
l'intento apostolico. Nel 19ll Ie inviava una reliquia di D. Bosco alla vigllia
ormai della sua canonizzazione, e la signora dai sentimenti profondamente cristia-
ni, gli rispondeva con un breve scritto che dimostra come il dono fosse giunto
quanto mai opportuno per << illuminare >>.
« Rev.do Padre,
con gioia e con devozione profonda ho ricevuto dalle mani di Mons. Fros-
sa la reliquia del Beato D. Bosco di cui ella ranro benevolmente ha voluto
farmi dono.
Voglia il Beato degnarsi di spandere le sue grazie su tutta la numerosa
mia famiglia in particolare modo su mio Fratello il Duce che specialmente in
18 Nell'archivio di Casa Madre si sono trovati telegrammi di Mussolini det 16-8-1910,
27 -12-19)1, t2-t-1936.
248

27.5 Page 265

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questo momento ha tanto
fra i popoli d'Europa.
bisogno
di
essere
illuminato
sulle
trattative
di
pace
Con profonda gratitudine le porgo i miei ossequi devoti.
Roma,26-4-19)3
EovrcE MancrNr Mussor,rNr
Anche con la buona Signora Edvige Mussolini cercò di mantenere vivi i rap-
porti di anno in anno perché per chi sta in alto, alle ore di trionfo succedono quel-
le dell'ignominia e molte anime innocenti spesso espiano... Così nel 19)5 le fece
dono del volume di D. Alberto De Agostini Salesiano: << I miei viaggi nella Terra
del Fuoco » e nel 19)6: << L'Oratorio di D. Bosco » di D. Fedele Giraudi, come
se fosse una Cooperatrice a cui le pubblicazioni migliori dell'Opera Salesiana
potevano interessare.
Certamente questi tratti squisiti di signorile nobiltà del Superiore Salesia-
no ebbero il loro riflesso su Mussolini già tanto ben impressionato dello sviluppo
di opere a beneficio del popolo a cui i Salesiani mettevano mano e della loro
rispettosa adesione alle direttive del governo. Perciò quando nel 1932 D. Rical-
done gli scrisse il suo disappunto circa il procedere del Ministro Parini, egli scattò
da pari suo e fece giungere a Parini l'ordine di non disturbare più i Salesiani.
La questione era questa: si voleva far passare i Salesiani come anti-Italiani,
fondandosi su fatti infondati e addirittura puerili se non ridicoli.
D. Ricaldone nel 1932 riceveva foti richiami dal Ministro S. E. Piero Pari-
ni, che incaricato degli italiani all'estero, aveva sempre di che lagnarsi dei Sale-
siani. I due fatti portati come capo d'accusa erano questi: in due Repubbliche
dell'America Latina, in una ricortenza Nazionale un nostro Istituto aveva issaro
le bandiere, ma quella italiana era più piccola di quella nazronale.
Nell'altra, la nostra banda si era dfiutata di accompagnare l'inno di Gari-
baldi...te
Queste proteste il Ministro le aveva fatte aI Re, a Mussolini, le allargava e
le faceva pervenire anche ai vari organi del Governo.
D. Rubino che aveva relazioni in Vaticano, allarmato, preoccupato, ne scris-
se a D. Ricaldone. La risposta di D. Ricaldone ci rlosta con quale dignitoso
atteggiamento avesse preso posizione e con quale coraggiosa giustizia valutasse
situazioni, persone e cose.4
D. Ricaldone ebbe poi un abboccamento col Ministro Parini; da allora gli
divenne amico. Con 1ui ebbe altri inconri nell'agosto del 7933 circa urgenti pro-
blemi scolastici e lo trovò disponibile, anzi favorevole.2l
Mussolini ebbe poi un gesto « magnifico, squisitamente romano >> come
ebbe a scrivere il Bollettino Salesiano 22 quando gli fecero osservare la conve-
le Testimonianze di D. Favini.
m Riportiamo in Appendice, allegato n. 54", il testo della lettera
21 Notes personale di D. Ricaldone,25 e 26 agosto l9)3.
22 « Bolletino Salesiano », Giugnoluglio l%4.
249

27.6 Page 266

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nieflza di una solenne commemorazione civile al nuovo Santo, Giovanni Bosco
che tanto fin dai suoi tempi si era adoperato per la Conciliazione. Gli proposero
come luogo di raduno l'Augusteo, ma egli, deciso, rispose: »> No! Per D. Bosco
ci vogliono gli onori del Campidoglio. E interverrò anch'io >>.ts
Al Campidoglio la Sala « Giulio Cesare » il 2 aprile ebbe un aspetto di ec-
cezionale imponenza. Presenziavano la cerimonia alte personalità politiche, ec-
clesiastiche e civili. Tutti gli spazi erano occupati dagli invitati che puntualissimi
non avevano davvero declinato un invito del tutto nuovo: un Santo ouorato in
Campidoglio! Il Duce venne alle ore 16 accolto da una calorosa, fervida dimo-
strazione di omaggio. Sedette al tavolo della presidenza. AlIe sua destra aveva
S.E. il Conte De Vecchi di Val Cismon, Ambasciatore d'Italia presso la S. Se-
de; alla sua sinistra il Governatore di Roma, Principe Boncompagni Ludovisi,
ed il Rettor Maggiore D. Ricaldone.
L'Oratore ufficiale fu S.E. De Vecchi che seppe lumeggiare in modo mi-
rabile soprattutto l'azione di D. Bosco quale mediatore tra Chiesa e Stato, in-
ducendo uomini di governo a sentimenti conciliativi, confottando Pontefici e
Vescovi, pacificando gli animi dei fedeli, educando la gioventù ai due grandi amo-
ri della Religione e della Pattia.
I1 suo dire suscitò vivissimi applausi e consensi unanimi e ciò che sorprese
e entusiasmò fu che il Duce in persona coronò le ovazioni dei convenuti >> con
un applauso caldo e prolungato cui il sorriso del volto dava l'espressione della
cordialità e della compiacenza »>.24
Quando D. Ricaldone il 18 aprile si recò da Lui per ringtaziarlo gli portò
uRstatneovatdatoir'reòr-liMqgueaEilgoagsciadomireeDq,nu.tiaenBlc-ouqsnucoaoPlc.cohh<i<eeMfeNvucaieszdsiuooànnlidaneei dailoalflma'Egsastrniatdeddir?aìoa,c-shsseuacViDc,ees.rdoaRegmigcceihaunlentdegot,eanrnleivpdonroel:otsan-eisairLlalaoapsrppacreeuti---l
sentanti d'Italia vorrebbero che i missionari salesiani facessero politica in favore
mdeislls'IiDotan.leiaRb.ice-anldpoNnoe,ardilftiaes.sreìEcMhcuihsmi sèionalcinchcie,iaivvlaifadcrioesntutpirnobulaiat?imca-entoteccraapaprensoai.glVieoei
avete una
non dava
pace ai poveri Confratelli. Mussolini prese nota del nome e della località. Si
seppe che l'interessato fu richiamato in Italia, senza che lui gli altri, tutti
sorpresi, se ne spiegassero il perché... ».
E il relatore di tale testimonialrza, D. Savarè, conclude: « Perché D. Bosco
aveva pensato a quei suoi missionari... dal Campidoglio ».5
L'esito così trionfale della Canonizzazione, fu anche frutto, chiamiamola co-
sì, della tattica di D. Ricaldone, << Santa >> tattica, perché onorando l'Autorità
ne aveva il ricambio, rispettando la giustizia sapeva a suo tempo chiederla. Ma
abbiamo detto che il suo modo di agire fu « un ardire prudente »> perché alcune
23 Testimonianza di D. Savarè, 19-1-1970.
2a « Bdllettino Salesiano », Giugno-Luglio 19)4
2s Testimonianza di D. Savatè, 19-1-1970.
250

27.7 Page 267

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volte anche se la ragione era luminosamente dalla parte dei Salesiani e avrebbe
potuto richiederne il dovuto riconoscimento, egli preferì ritirarsi prudentemente.
Un esempio fu il caso del Direttore dell'Oratorio Salesiano a Littoria, D.
Armando Alessandrini, così ricordato da D. Marcoaldi:
<< D. Alessandrini per il fascino che esercitava sui giovani di Littoria cadde in
disgrazia del Federale fascista. Questi veramente aveva già della « ruggine »> coi
Salesiani »> perché nel 1940 quando il Ministro dei Lavori Pubblici S.E. Adelchi
Serena visitò l'Opera di D. Bosco di Littoria, ne fu entusiasta e rivolgendosi
al Federale gli disse un po'
quando ti muovi?
detta in pubblico.
-
Eta
sirtoantaicuon: a-
Vedi cosa sanno fare i Salesiani? E tu,
frase un po' compromettente, tanto più
Intanto si era giunti al maggio (1940) quando Hitler invase Lussemburgo,
Belgio e Olanda per occupare la Fruncia. È noto che il Papa rispose paterna-
mente ai telegrammi inviati da quei Sovrani per implorarne protezione; la qual-
cosa fu disapprovata villanamente dalla stampa italiana, dietro le direttive del
Minculpop.%
D. Alessandrini insegnava religione nelle sezioni della Scuola Media Sta-
tale. Un'alunna, figlia
Professore, il Papa ha
del Segretario della scuola, chiese di parlarc e
fatto male a telegrafare? Mio papà dice che ha
dfaiststoe:m-a-
lissimo!
D.
-Alessandrini
rispose che era cosa difficile
dare consigli
al Papa. Tut-
tavia invitava a riflettere che cosa avremmo desiderato noi dal Papa, se un ne-
mico avesse invaso la nosffa Pattia.
Era proprio la risposta più conforme a quel passo del Vangelo dove si leg-
ge che 1o Spirito Santo suggerirà le parole.
Invece, due giorni dopo, arrivarono a D. Alessandrini due lettere: una del
Provveditore agli Studi che lo esonerava dall'insegnamento della Religione; una
dal Console della M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicrtrezza Nazionale) che Io eso-
nerava da Cappellano. Il Confratello corse a Roma per raccontare l'avvenuto.
Andammo insieme da D. Rubino. Questi vide subito il difetto di quei due prov-
vedimenti: l'Insegnante di religione 1o nomina il Vescovo; il Cappellano della
Milizia dipende dall'Ordinario Castrense. C'era un evidente abuso di potere.
Con D. Rubino ci recammo a Littoria. Il Console ed il Provveditore, po-
sti davanti alla irregolarità del loro gesto dovettero confessare che erano stati
spinti a farlo dal Federale, in odio al Direttore dei Salesiani. Il Federale, na-
turalmente, negò ogni addebito e il Direttore fu reintegrato nei suoi uffici.
Il federale però ricorse al Ministro dell'Interno BuffariniGuidi. Presto
al Prefetto Fascista di Torino arrivò una lettera del BuffariniGuidi, nella
quale gli si dava incarico di fare opera di petsuasione presso la direzione Gene-
rale Salesiana, perché fosse allontanato da Littoria D. Alessandrini, considerato
<< elemento politicamente indesiderato ».
26 (Ministero Cultura Popolare)
251

27.8 Page 268

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Chiamato a Torino telegraficamente, raccontai a D. Ricaldone I'avvenuto.
Con D. Berruti mi mandò dal Prefetto Tiengo perché riferissi. Quel bravo veneto
volle che mettessi tutto per iscritto e ci congedò soggiungendo: << State ranquilli
che il torto marcio è tutto del Federalel ».
Ma D. Ricaldone mi apparve quasi scontento della difesa da me fatta
del confratello: A << contestare con certa gente, diceva, ci si rimette sempre! >>.
E poiché in quell'anno D. Alessandrini finiva il triennio di direttore, pre-
ferì allontanarlo da Littoria come fosse un regolare cambio di casa ,>.27
D. Ricaldone rispettoso dell'autorità, cercò anche di farsi degli amici fra i
ministri. E, non gliene mancarono. Possiamo dire un po' salesiano il Conte De
Vecchi di Val Cismon, Ambasciatore italiano presso la S. Sde. Lo dimostrò aper-
tamente cogliendo il valore politico-religioso di D. Bosco nella sua rnissione
apostolica e presentandola in Campidoglio ad un uditorio non facile in maniera
tale da suscitare ovazioni entusiaste.
D. Ricaldone ebbe fine intuizione a richiedere lui come oratore per l'oc-
casione 28 e questo studio giovò al Ministro, per affezionarsi sempre più alla
Famiglia Salesiana che diceva <( a me tanto cara »>.2e Veramente egli era anche
legato da vincoli di amicizia con D. Tomasetti che a nome di D. Ricaldone 1o
riforniva gtadualmente di tutte le varie pubblicazioni salesiane.s
« Caro D. Tomasetti,
Le ricambio di cuore gli auguri più fervidi per la S. Pasqua e la prego
di ricambiarli anche al Rev.mo Sig. D. Ricaldone ed a quanti Salesiani hanno
voluto ricordarmi anche in questa occasione.
La ringrazio anche dell'articolo su « La pedagogia di D. Bosco >>. Legge-
con grande interesse anche il volume di D. Fascie « Del metodo educativo
D. Boscr,
Debbo
" che ella mi preannunzir.
tuttavia iarle presente che
fin
d'ora
i
metodi
educativi
del
grande
santo sono in grande onore ptesso la scuola itaTiana. La prego di rivedere i
programmi per il concorso ad ottomila posti di Maestro, programmi da me
personalmente rifatti, e di notarvi il posto di onore che alla dottina di D.
Bosco è staro risefvato.
Mi è gradita l'occasione per inviarle l'espressione della mia cordiale consi
derazione e dei miei migliori sentimenti.
Ds Vsccnr or Vel Crsnrox >>.
E D. Tomasetti pensò ad un donativo ancora più prezioso dei libti, per
aiutarlo ad accrescere in sé quel genuino spirito cristiano che taspariva dalla
27 Testimonianza dt I). Evaristo Marcoaldi, 26-7-1969.
28 Si è trovata la lettera del Conte De Vecchi a D. Ricaldone in cui accetta l'invito.
È scr,ittaLeitnterdaatdae9l -C2o-nte4.De Vecchi a D. Ricaldone in data 5-L-19)5.
30 Lettera del Conte De Vecchi a D. Tomasetti ringraziando per i libri ricevuti, Roma
28-2-1.9)4, Revigliasco Torinese 14-6-1917.
252

27.9 Page 269

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sua vita e della sua azione nonostante le persone e gli ambienti che doveva fre-
quentare non sempre favorevoli per mantenersi lineari e integerrimi nella fedeltà
al proprio credo.
La lettera così riconoscente del Minisffo attesta la sua fede sincera:
<< Caro e Rev.mo D. Tomasetti.
Roma, 25 marzo L935
La ingrazio con tutto i,| cuore per il gentile, efficacissimo interessamento
che ha volùo spiegare per la co,ncesiione dell'Augusto Pontefice per la Messa
in casa.
Il Marchese Talamo me l'ha consegnato e mi ha così messo in condizioni
le
p' iSùi
favorevoli per assolvere ai miei doveri religiosi.
abbia colla espressione del mio animo grato, i miei
saluti
piir
affettuosi.
Suo
Ds VrccHr DI VAL CrsuoN
D. Ricaldone lo stimò molto e lo tenne come caro amico. Lo volle anche
a Torino per le celebrazioni di D. Bosco Santo ed egli aderì volentieri. Venne co-
me fappresentante del governo, quale << Quadrumviro » della Marcia su iìoma e
qoale Ambasciatore del Re d'Italia presso la S. Sede e fu accolto 1'8 aprile, gior-
nata trionfale torinese per Don Bosco, dal Rettor Maggiore coi Superiori e da
tutte le Autorità cittadine in forma ufficiale. Presenziò anche all'inaugurazione
dell'Istituto Rebaudengo qualche giorno dopo insieme a S. E. il Ministro del-
l'Educazione Fedele, .he e.à stato invitato quale Oratore ufficiale della cerimonia.3r
gramQmuaedstieDv.isRitiecaaldlloenoepaenrechsealpeesiranieM, cionmise6iabebsiaomporagttiuàttovispteor,
erano nel pro-
essi. Era bene
che vedessero personalmente cosa facevano i Salesiani.
Già nel L933 aveva invitato De Vecchi a visitare Cumiana.32 Lo stesso in-
vito 1o fece nell'aprile del 1934 a S. E. Fedele che accettò cordialmente fino
al pranzetto familiare coi Superiori.
Anche S. E. Edmondo Rossoni, Ministro per l'Agricoltura e le fore-
ste, fu richiesto da << Cumiana )> tanto più che era Ex allievo Salesiano, del-
l'Istituto Richelmy di Torino Martinetto.
Egli avrebbe così potuto vedete 1o sviluppo delle opere nostre nel settore
in cui era più addentro: le scuole agr^rie, e darsi conto personalmente della ne-
cessità o almeno della massirna coflvenienza che i Coadiutori Salesiani colà for-
31 << Bollettino
32 Lettera del
Salesiano », Giugnoluglio 1934.
Conte De'VeccÉi a D-. Ricaldone
in
data
17-10-1933.
Ringrazia
de1lo
invito e 1o assicura che nel novembre sarà a Tori'no.
25?

27.10 Page 270

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mati ricevessero al termine dei corsi il diploma di Perito Agrario prima di par-
tire per le Missioni.
L'invito fu fatto nel 7937 ,33 ma la visita si realizzò solo nel giugno 193g.
D. Ricaldone gli fece visitare l'oratorio di valdocco, il suo antico Istituto al
Martinetto e poi le scuole professionali: Lombriasco e Cumiana a carattere agri-
colo e « Rebaudengo a >> carattere tecnico industriale.l Furono visite che ebbero
influssi di bene non solo a favore delle opere salesiane e del prestigio della Chie-
sa, ma anche del Governo, perché furono occasioni per suggerire esperienze che
esso poteva adottare a beneficio di tanta gioventù.
Già il minisro Fedele e poi il conte De vecchi, come abbiamo ricordaro,
dallo studio di D. Bosco avevano ricavato norme padagogiche da applicare alla
scuola italiana. D'altra parte D. Ricaldone mirava anche a conservare con que-
sti ministri che sapeva di fede ancora integra, rapporti di amicizia cordiale; un
sacerdote amico, nella vita dei << grandi »> è sempre un'ancora di salvezza, uno
spruzzo di luce divina.
così cercò f incontro col Ministo Dino Grandi, di famiglia profondamente
cristiana, con un atto di squisita carità e di delicata sollecitudine. Dalla lettera
riconoscente del Ministro si può arguire la finezza di D. Ricaldone, quanto que-
sta tornò gtadita e come fu occasione del desiderato contatto.
« Molto Reverendo Amico,
16-r0-t9)6
Le sono molto grato della sua lettera. È da essa che io e tutti i miei fa-
miliari abbiamo appreso la scomparsa del nostro Zio D. Bernardo Gentilini.
Particolarmente la mia Mamma mi incarica di esprimere a Lei e alla
Famiglia Salesiana la nosta riconoscenza per l'affettuoso tributo che l'Istituto Sa-
lteos,iai.nl oqudai.lseanhtaiavgiosshuatordibauntdaototuattlloa
memoria
se stesso
dalilaq-useusatomnisossioronecadriofeCdoen"geiund-i
bene.
Ancora ingtaziandola, caro reverendo Amico, mi creda con amicizia
cordiale.
suo Dev.mo
Drno GraNpr
Nel 1939 poi, quando egli fu eletto Presidente della camera dei Fasci
e delle Corporazioni, D. Ricaldone lo avvicinò nuovamente con le sue felicita-
zioni che ancora furono graditissime, come si può arguire dal tenore del tele-
gramma che gli inviò:
il
33 Lettera del Ministo E. Rossoni a
cortese invito e lo accetta toto corde.
D.
Ricaldone in
data
3-5-r9i7,
Ringrazia per
3a « Boll. Salesiano », Giugno Luglio 1938.
254

28 Pages 271-280

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28.1 Page 271

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Roma,9-12-1939
« Ringrazio vivamente per auguri graditissimi che ricambio a voi e a tut-
ta \\a famtglia salesiana così benemerita della religione e dell'Italia. Con viva
cordialità
GneNpr >>.
Così cercò di avere contatti col Ministro Federzoni e anche col Generale
Graziani, Vice Re di Etiopia. Da lui D. Ricaldone ricevette da Addis Abeba nel
1936 una curiosa lettera in cui annuncia di essere stato iscritto da persona in-
cognita all'Opera Salesiana del S. Cuore in Roma. È petò contento di aderirvi
e manda un'offerta.
« 11 Vice Re dell'Etiopia
Addis Abeba, 28-8-1e36
Gentile Signor Rettore,
ho ricevuto la tessera d'iscrizione alla Pia Opera del S. Cuore di Gesù,
rilasciatami per iniziatira di una persona incognita e ringrazio assai per il
g-entilSeonpeonsliieertoo. comunicarle che in data 25 cort. ho inviato all'Opera Pia
stessa, in Roma, la somma di L. 500.
Con molti auguri e saluti
GRIzIANI »>.3s
D. Ricaldone lo sapeva e capiva che aveva bisogno di essere alimentata, so-
stenuta, incoraggiata. Questo egli cefcava e cercò di farlo finché la guerra bloccò
ogni possibile contatto.
Ancora il 29 settembrc t940 invitò s. E. Riccardo Del Giudice, Sottosegre-
tario del Ministero dell'Educazione Nazionale, a visitare I'Istituto Tecnico Agra-
tio di Lombriasco e la Scuola Agtaria Missionaria di Cumiana, visita che su-
scitò l'alto compiacimento del Sottosegretario per l'indirizzo teorico e pratico
dato dai Salesiani alle discipline agrarie.
Poi le vicende belliche misero D. Ricaldone in altra posizione di ascolto dei
ministri italiani.
3s Egli fu contemporaneo e amico del grande salesiano Don
amicizia Don T. Savarè ricorda un grazioso episodio. « In tempo
Felice Cane, e di
di guerra, sostò
d-aquveasntati
alla chiesa di S. Giovanni
picchetti di motociclette e
invece era S.E. Graziani
cmEhvieraanv.goeIlelisvStaaalemisnaiannTtieonptieenrnoes,auurnonnaoc:par-rormo eVasetsmnagaoftaont,otpaarearclele'aqdmuuitsiociroeeDisloeCgnoulFilteoegliicdoea.
vCfidoaelntnaez:iaa-lmtaeleSnetperdoosmeversòhsaav,egmniàiriepdoiacteuTvtooarifsnaaorle, sPviaaensraqrmuòaea.n..tetLr:oav-amrloaSr.eteDvoeènrrsàFempelepicrreedCainwaneaergo,g,aucgactleoi n,cnhsapienedcdeioarmlòmiecunonntea-
per uomini in tali poJizioni di comando». (Testimonianza di Don T. Savarè, agosto 1971).
255

28.2 Page 272

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ln ascolto del rnondo della cultura e della tecnica
L'ascolto di D. Ricaldone si faceva meditazione quando alla voce delle alte
sfere egli univa quelle che coglieva dagli intellettuali, dagli indusriali, dagli uo-
mini di azione che avevano in mano masse di operai e dal cui pensiero nasceva
l'opinione pubblica.
Con quale studio attento egli accostasse queste personalità del mondo della
scienza e della tecnica per coglierne le idee e quindi vivere più realisticamente i
problemi umani dell'ora, 1o dimosrrano le pagine che egli scrisse in ricordo del
Senatore Giovanni Agnelli.
Egli conosceva i principi animatori della incalzante attivtà di questo mera-
viglioso industriale che aveva presente i problemi profondamente umani e sociali
delle masse operaie, come le sue fabbriche, i suoi stabilimenti (of{icine) e i suoi
motori.
Così D. Ricaldone sentì il Senatore Agnelli: « Sotto sembianze che pote-
vano parer dure e tavolta ravolgenti, nel Senatore Agnelli v'era una mente che
escogitava, potentemente e senza posa, lavoro e pane per operai, sempre più
numerosi, ma più ancora vibrava potente una volontà forgiata nel granito delle
sue Alpi, che sapeva far sorgere imponenti le nuove costruzioni e i più pro-
grediti impianti, anche quando gli azionisti amoventavano conro di lui i loro
strali per gli scarsi dividendi.
Se, nella tistezza dei tempi che accascia I'animo nostro allo spettacolo di
una lotta volutamente ripullulante tra capitale e lavoro, ricomparisse sulla scena
del mondo il Sen. Agnelli nel7a pienezza della sua natura ponderata e ,,olitiva,
egli forse non si arresterebbe davanti alla gravità del problema.
Le vicende che, sotto i suoi occhi, eransi svolte in parecchie nazioni d'Europa,
1o avevano persuaso che la violenza, sempre da lui deprecata, anziché condurre
masse e popoli a vitali e durevoli rivendicazioni, praticamente poteva anche con-
vertirli, come avvenne di fatto, sotto la ferula dei diversi dittatori.
Egli inoltre aveva potuto costatare, da un accurato esame dell'industria
nazionale e mondiale, che, quando il capitale rifiuta di piegarsi ai dettami della
giustizia economico-sociale può divenire terrificante esplosione atomica di ribel-
lioni degeneranti nel caos.
E penso che nella sua viva aspirazione di tutto accomunare nell'ambiente
dell'ordine, fattore di pace, avrebbe invitato capitale e lavoro a una vasta intesa
azionistica che affratellando dirigenti e dipendenti in una collaborazione fecon-
da, sarebbe fonte di icchezza equamente condivisa nella prosperità e nella pa-
ce ,r.36
Compreso così in profondità il pensiero e l'anima del Senatore, D. Ricaldone
ne divenne l'amico. D'altra parte anche I'Agnelli subito simpatizzò per « Don
tu Dai ricordi personali sul sen. Agnetli di D. Pieuo Ricaldone scritti il 2o-4-r949
256

28.3 Page 273

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Ricaldun )> come era solito chiamarlo e fra i due quindi sorse una reciproca, af-
fettuosa intesa.
D. Ricaldone se ne servì per pottare a Dio gradualmente e con tatto squi-
sito il grande benefattore. Ecco per es. un episodio raccontato da D. Ricaldone
a D. Terrone. È D. Terrone che lo riporta:
<< Il racconto mi fu fatto da D. Ricaldone stesso nel maggio del 19$ a
Caselette, nei giorni del suo ritiro in preparazione a77e nozze d'oro sacerdotali.
I1 Senatore aveva fatto omaggio a D. Ricaldone dell'opera di Van der
Bergh, la quale tra le altre cose, tratta di astronomia e di altre questioni. D.
Ricaldone ingraziandolo del regalo, gli faceva osservare con ogni riguardo, che
l'autore di quel libro aveva accumulato grossolani errori, ripetutamente confuta-
ti, teorie che più nessun scienziato oserebbe sostenere. « E siccome questa po-
vera gente (sono sempre parole di D. Ricaldone) ricca di beni materiali, lontani
dalla pratica della religione non sentono mai una parola di Dio e delle cose di
Lui, io aggiunsi qualche cosa di più ».
Io interruppi: << Oh, lei può farlo per la stima che il Senatore gli nutrel >>.
Mi tispose: « E non solo posso, ma credo di essere obbligato a farlo, an-
che come atto di riconoscenza per il bene che egli ha fatto per noi. Per questo
io gli ho scritto così:
desidero che lei ed io
p-ossLiaemiosap,ociatrroovSaercniatinosreie, mcheeinioPLareadviosoglcioonmiolstuoobi eCnaer:i
e con D. Bosco. Lei ha bisogno di unirsi a Gesù Cristo; ha bisogno di unirsi a
Dio con una
tutto questo
buona Comunione per gustare la pace della vita cristiana.
continuava D. Ricaldone, dopo avergli parlato dell'opera
-CardE.
Maffi: « Nei cieli »> che io gli avevo mandato in cambio di quella da lui manda-
tami.
Gli dicevo che il Maffi, filosofo di grande ingegno, illustre scienziato e let-
terato, aveva saputo indicare la via che dallo studio delle creature conduce al
cielo.
Altra mia
« E come!
interruzione:
Una bellissima
-letteEra
il Senatore rispose?.
con tanti ingraziamenti,
chiedendomi
an-
che le opere di Mons. Bonomelli, che io gli avevo segnalate. Ho disposto che gli
siano mandate al più presto, ben rilegate. Sono sicuro che leggendole attenta-
mente, ne riceverà grande vantaggio. Bisogna pregare, pregare )>.
E continua D. Terrone:
<( In questa cotrispondenza D. Ricaldone nominò il Paradiso. Questa pa-
rola deve essere rimasta bene impressa nell'animo del Senatore, perché in uno
di quei giorni, trovandosi in un crocchio di persone amiche, uscì in questa espres-
sione: << fo non so se andrò in Paradiso; ma questi preti, questi salesiani biso-
gna aiutarli ».
Questa ultima uscita mi fu raccontata da D. Ricaldone il giorno l" marzo
l94l a Villa Maria, dove si era recato per una breve cura, assistito da un dottore
suo amico e ammiratore.
Evidentemente il Signore fin da quell'anno batteva al cuore di quel nostro
257
17

28.4 Page 274

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benefattore. Infatti D. Ricaldone aveva anche aggiunto: << I1 Signore 1o attira
a sé; ha fatto tanto bene ad un imrnenso numero di operai ed anche a noi »>.
Quando mancò il Senatore Agnelli, D. Ricaldone non abbandonò la FIAT
e ne assicurò il Presidente, Prof. Valletta col quale infatti lavorò attivamente
in favore degli operai specialmente dopo l'incontro personale del 1943 fra le
macerie dell'Oratorio Agnelli distrutto dai bombardamenti. Abbiamo un biglietto
del Professore in data 9 maggio 1949 che conferma il suo gradimento di poter
sempre lavorare con i Salesiani in favote degli operai, biglietto prezioso perché
scritto, quando i Salesiani dovevano lasciare << la raccolta r> del campo, seminato
con tanta fatica, ad altri « opetai delle messe )>.
<< Rev.mo D. Ricaldone,
La fiigtazio per la gentile sua del 4 cotrente e mi è gradito riconfermarle
il nostro massimo desiderio di collaborare in ogni occasione con le sue opere
di bene.
Devotamente Suo
V. Ve,u.Brra »
Per la FIAT' D. Ricaldone scrisse i « Ricordi personali >, sul Senatore Agnel-
li e il Prof. Valletta gliene fu riconoscentissimo.
<< Caro D. Ricaldone,
Torino, 8-12-1950
le prime copie del nosto volume « I 50 anni della FIAT » sono di omag-
gio ai collaboratori del libro. Primissimamente a Lei che a quest'opera ha fat'
to un dono prezioso: le stupende eloquenti pagine di ricordi sul Senatore
Agnelli. Esse sono tra le più belle e significative del volume, e particolarmente
care al nostro animo.
Ire rinnovo, personalmente e a nome della FIAT, il nosuo vivo ringra-
ziamento.
11 Dt. Pestelli è a sua disposizione per rimetterle, non appena srr'à pos-
sibile, altri esemplari del libro se occorrono a Lei e all'Opera Salesiana per
graditi omaggi. I1 volume uscirà anche in edizione francese e inglese.
Joglia gradire, caro e illuste D. Ricaldone, il mio cordiale e devoto os-
sequlo.
V. Verrerre »
D. Ricaldone desiderava tanto contare amicizie alla FIAT per poter avere
le porte aperte e così catechizzare quelle fiumane di operai... arrivare ai bimbi
airagazzi di tutti i suoi dipendenti,.. Ma non trascurò altri grandi industriali tori-
nesi: Streglio, Burgo, Bertolone, ecc.
D. Ricaldone seppe accostarsi agli uomini nei momenti in cui essi si sento-
no più tali, cioè bisognosi di Dio, e riaccendere in loro la fede forse rimasta
soffocata dalla cenere di tanto lavoro frastornante e dispersivo.
258

28.5 Page 275

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Ecco come Arturo Streglio nella Pasqua 1950 scrisse a D. Ricaldone: << So-
no e sarò sempre più vicino al sacro luogo dove il Santo visse e ove ota trovo
tanta pace e tanto conforto all'animo mio e cercherò di rendermi sempre più
degno della Sua considerazione dell'onore che Ella con tanta bontà mi ha con-
cesso.
Imploro, grande e buon Signor Rettore D. Ricaldone, la santa sua bene-
dizione... >>.
Parole dense di nostalgia per una vita buona e più degna che la stima e
la benevolenza del 4' Successore di D. Bosco aveva suscitato in Lui.
Così. D. Ricaldone mente donava a tutti le ricchezze del suo cuore sa-
cerdotale, si arricchiva dell'esperienza di tutti e penerando nell'attività spesso
tormentosamente vorticosa di questi uomini di azione, sapeva farla rifiorire di
opere di bene.
Le opere sociali che l'Agnelli inaugurò ancora prima del Fascismo, come le
colonie per i figli dei dipendenti e degli operai, le scuole tecniche professionali
per i medesimi, sono il risultato delf incontro di queste due ricchezze: quella
dinamica, sociale del Senatore e quella religiosa, pedagogica di D. Ricaldone.
Contatti e ascolti preziosi furono pute quelli fra D. Ricaldone e il Comm.
Claudio Fratta Cavalcabò.37 E egli si sentiva di casa dai Salesiani tanto che osava
anche << rimproverare » il grande amico D. Ricaldone che si ammalava troppo
spesso...
<< Mi permetto ripeterle quanto vo dicendo da anni a tutto il Capitolo,
fin dai tempi di D. Albera: lavorare sì, ma con giudizio, per potere lavorare
meglio e più a lungo. Altrimenti il vantaggio de1la crescente esperienza che con
gli anni si accumula, va perduto, perché l'organismo, logorato dall'eccesso di
fatica, ad un certo punto crolla e non si ialza più. Questa è una mirabile, tipi-
camente salesiana vittù. Ciò detto, mi perdoni la sincerità dettata dal cuore
e si abbia il massimo riguardo perché con questa stagione incerta, sarebbe fa-
stidiosa una ricaduta di influenza...38
Fu di grande aiuto a D. Ricaldone perché, avendo contatti con << le alte
sfere »> lo avvisava di tante piccole e grandi cose che tornavano preziosissime al
Rettor Maggiore. La lettera per es. del 15 luglio 1938 ricca di alcune... « indi
screzioni » gli fu di vero conforto.
« Amatissimo Sig. D. Ricaldone,
Roma, 15-7-1918
per il grande affetto che ho per lei e per tutti i Superiori, faccio uno
strappo ad una confidenza avuta, credendo dopo tutto di non commettere una
indiscrezione eccessiva.
Dati i rapporti di affettuosa amicizia che legano il sottosoitto a S.E. il
37 Ex allievo del Collegio S. Benedetto di Parma, dove frequentò il Ginnasio (1894-
1899). Direttore D. Baratta. Poi passò al giornalismo.
38 Lettera a D. Ricaldone del Comm. Fratta Cavalcabò da Roma, senza data.
259

28.6 Page 276

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Catd. La Puma (ci roviamo spesso alla sua e alla mia mensa ed in serene se-
dute << sub tegrnine lagi >> nella mia villa di Tor di Quinto o nella sua di
Frascati), ho saputo quanto segue:
L'Eminentissimo, che non è troppo corrivo agli elogi, mi ha espresso la
sua alta soddisfazione per l'andamento e i risultati del recente Concilio Sale-
siano 3e di Torino; mi ha parlato della mirabile, fresca e granitica compattez-
za della Congregazione Salesiana, della viva perenne presenza dello spitito di
D. Bosco che ha aleggiato sia nelle disposizioni ed elezioni che nel discotso
veramente paterno, chiaro e direttivo tenuto dal Rettor Maggiore, la cui
parola, piena di bontà, di ingegno e di esperienza scendeva come una bene-
dizione su tanti confratelli venuti con gioia e dolore da tutte le parti del
mondo.
Credo che questo giudizio così lusinghiero sarà comunicato al Santo
Padre.
E chiudo l'indiscrezione. Inutile che le dica come il mio vecchio cuore
salesiano si sia commosso dinanzi ad una attestazione così piena e schietta.
Indiscrezione di assai minor conto; domani saremo a ptanzo nel1a Villa
Pontificia di Castel Gandolfo il Card. La Puma, il carissimo Ministro Rosso-
ni, D. Tomasetti ed io: questa amichevole quadruplice conviviale si è già pro-
dotta alla Ptocura, e Casa del Cardinale, ecc.
Non la disraggo oltre dalla sua grande giornata di lavoro. Voglia gra-
dire i miei devoti ossequi ed estenderli al Capitolo Superiore, cominciando
dall'amatissimo D. Giraudi. E qualche volta mi ricordi nella S. Messa. Suo
dev.mo
Cr,euoro Fnarra
P.S. - Ho occasione di vedere spesso il Ministto S.E. Rossoni per il di
sbrigo di un'importante pratica... immobiliare che sto tattando per incarico
dell'autorità ecclesiastica. Ebbene circa un mese fa o meno che sia, I'amico
Rossoni mi ha detto: « Quando sono stato all'Oratorio avevo il cuore gonfio,
non dico poi che cosa mi è successo quando sono stato al mio caro Martinetto.
Ieri ho ricevuto una lettera commovente di D. Ricaldone che mi è andata giù
dritta al cuore. Insomn^ tta i Salesiani mi è capitato uno scherzo mai avuto
in vita mia: sentirmi imbatazzato nel parlare in pubblico: la lingua era legata
dall'affluire di tanti ricordi... ».
Anche il questore di Bologna, Federico Rendina, non solo fu amico di D.
Bosco e dei suoi Figli, ma addirittura propagatore della devozione al Santo nel-
la sua città.
Dopo aver ottenuto nel 1946 con tanta fatica dalla Sovraintendenza delle
bSe.llGeioavrtaindneillBaocsicto4doi gconllioacnarneo
in
si
S. Petronio a Bologna un
dava d'attorno perché il
artistico dipinto di
Santo fosse degna-
mente ricordato, onorato nel giorno a Lui sacro. Annualmente e, anche più spes-
so, egli ne dava rclazione a D. Ricaldone che, dalle lettere del Questore, appare
3e
4
Parla del
Letteta a
Capitolo Generale XV tenuto in quell'anno 1938.
D. Ricaldone di Federico Rendina del L4-12-1946.
260

28.7 Page 277

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chiaro gli rispondesse sempre con parole elogiative di gratitudine e di incorag-
giamento.al
D. Ricaldone seppe essere amico anche dell'Avvocato generale della Corte
Suprema di Cassazione: Dott. Enrico Eula.
Dalla lettera dell'Avvocato in data 10-11-1950 si capisce che D. Ricaldone
con la sua quisita intuizione, era penetrato nell'anima religiosa di questo magi-
strato e aveva saputo condurla ad una adesione rasserenante alla volontà di Dio,
tanto da farne emergere di colpo la gioia della ripresa e del ricambio del
dono:
Roma, 10-11-1950
« Reverendissimo Signor Rettore,
mi sono giunti olremodo gtaditi i suoi auguri in occasione del mio
giorno onomastico. Un pensiero tanto gentile e buono mi ha commosso pro-
fondamente, menffe tanta dolcezza è scesa nel nostro cuore per la benedizio-
ne che Ella ha voluto mandarci.
Tutto ciò è gran conforto e viatico per la ripresa, sempre un po' grave,
del nostro lavoro, nelI'affannosa vita romana.
Le siamo infinitamente riconoscenti per la benevoTenza alfabile con la
quale el1a ha voluto liceverci, accettare le nostre intenzioni, comprenderne i
sentimenti ed i desideri. Ciò porta alla nostra vita una serenità nuova, men-
tre rinsalda ed infiamma l'ardore che già era sì vivo in noi per le o,pere sa-
lesiane, per il grande Santo che ne è stato f ispitatore, per tutto ciò che viene
da lui, nella luce della sua via.
Conforme alle sue indicazioni le faremo avere quanto prima due originali
delle nostre dispo,sizioni testamentarie, nelle quali... abbiamo desiderato chia-
mare ad erede universale, dopo la morte di entrambi noi testatari, l'opera
delle missioni salesiane di D. Bosco, nella memoria del nostro figliuolo Gino
caduto vent'anni fa per \\a Patria. Appena possibile cetcheremo pure di procu-
rarci e farle avere la pianta topografica della casa di Chiusa Pesio. Ora, una
casa salesiana, comunque indirizzata... secondo il nostro desiderio... nel nome
del nosto figliuolo morto. Adempiremo all'uno e all'alto impegno al più
presto, secondo promessa.
Per intanto, la prego, con mia moglie, di voler accogliere i sentimenti del-
la nosma profonda devozione e gratitudine, il mio augurio pir) fervido per il
fiorire delle opere salesiane sotto la sua guida illuminata e santa.
Dev.mo ERNr,sto Eure e conscttir Launa
Ancora nel novembre 1951, D. Ricaldone, ormai prossimo alla fine, do-
veva aver avuto un pensiero di augurio per questi generosi coniugi, ormai ami-
ci di D. Bosco, se ancora in novembre egli riceveva dell'Avvocato il suo grazie
riconoscente.
41 Lettere del Rendina a D. Ricaldone del 16-12-1947, 19'2-1948, 25-5-1948,
1 1-11-1948, 3-2-1949, 27 -7 -1950, 22-12-1950, 10-10-1951.
26t

28.8 Page 278

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« Reverendissimo P. Rettore,
Oltremodo graditi e cari mi sono giunti in occasione del mio giorno
onomastico i suoi auguri ed il ricordo suo affettuoso.
Lagati come siamo nel profondo del cuore e con incancellabile gratitu-
dine all'opera di S. Giovanni Bosco, ogni pensiero ed ogni preghiera che ci
pervenga nel suo nome ci sono particolarmente cari, come il più sicuro viatico
nella faticosa via, resa tuttavia serena e dolce dal conforto della fede.
Ricordiamo la tanto gentile e affettuosa sua accoglienza in occasione della
sosta a Torino nel decorso autunno, che, purtroppo quest'anno non abbiamo
avuto la possibilità di rinnovare... ».
D. Ricaldone amava e stimava opportuno, anche per Ia natura educativa
dell'Opera Salesiana ricca di tante scuole, tenersi in buoni rapporti con perso-
nalità del mondo culturale. Egli voleva far giungere pure a loro gradualmente
il pensiero, 1o spirito, il metodo educativo di D. Bosco perché vi fosse anche
fuori della cerchia dei Confratelli chi studiasse a fondo, anche dal punto di vi-
sta umano, pedagogico, sociale, la figura e l'azione del grande Santo. Abbiamo
già visto come largheggiasse nel diffondere fra autorità religiose e civili, bene-
fattori, amici e conoscenze, le migliori pubblicazioni salesiane.
Nel 1942 trovò finalmente chi aveva capito il suo desiderio e voleva at-
tuarlo: il Docente di Pedagogia nella Facoltà di Magistero dell'Università di
Roma: Luigi Volpicelli, già suo amico. Così infatti scrisse il 6 luglio 1942 il
Professore:
<< Reverendissimo D. Ricaldone,
ho ricevuto l'alto ieri i libri, la lettera, le medaglie che ella mi ha invia-
to. Alla mia gratitudine si unisce così quella di mia moglie interprete autoriz-
zatissima della gratitudine della bambina.
Ricordo la giornata di Torino col più vivo piacere sia per aver conosciu-
to Lei, sia pet avet visto una organizzazione scolastica che onora l'Italia.
Ed ora, incitato anche da D. Colombo,a2 faccia conto che io avanzi :una
richiesta: quella di poter nel prossimo autunno ottenere o direttamente da Lei
o per mezzo di D. Colombo di poter leggere i venti volumi, credo siano ven-
ti, delle Memorie di D. Bosco. Io vorrei studiare D. Bosco in rapporto ai mo-
vimenti sociali a lui coevi, di cui son certo che D. Bosco ebbe la massima
comprensione. È un aspetto per me fondamentale della sua opera di educato-
re e di apostolo che non trovo lumeggiata. Naturalmente io non pubblicherei
nulla senza prima averlo sottoposto alla sua approvazione o all'approvazione
di persona delegata da lei: in altri termini, non farei nessun uso di questa
Iettura senza la sua approvazione.
E con ciò le auguro buona estate.
Con i più deferenti ossequi, mi creda il suo
dev,mo Lurcr Vor,prcsr,I,r »>
a2 Dan Luigi Colombo, Direttore del S. Cuore a Roma.
262

28.9 Page 279

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Ma se anche questi rapporti non fiorivano in attuazioni concrete, egli go-
deva ugualmente che l'Opera di D. Bosco e D. Bosco stesso fossero conosciuti
e stimati da persone che avevano voce e influenza nelle sfere della cultura. Go-
dette quindi che Mons. Giovanni Galbiat| Prefetto dell'« Ambrosiana >> fosse
fra
«
gli
ammiratori
sinceri
di
tutta
la
Società
Salesiana
e a3
>>
così
pure
che
il
Preside della Provincia di Torino, Orazio Quaglia che invitava nelle più solen-
ni celebrazioni salesiane, fosse filialmente devoto a D. Bosco e riconoscente
alla F amiglia Salesiana.a
Ma eta già contento anche quando le sue delicatezze tornavano gradite e
avevano un'eco riconoscente. Erano piccole cose, ma proprio questi esili legami
spesso aprivano porte impensate nelle circostanze di reciproche necessità.
Abbiamo una lettera di S.E. il Cardinal Gut, allora Professore di Esegesi
Scritturistica all'Ateneo di S. Anselmo in Roma, che è un vero elogio alle doti
di squisita ospitalità e cordiale bontà che Don Ricaldone soleva usare con quanti
avvicinava e sostavano all'Oratorio.
Reverendissimo Padre Generale,
Roma, il 28 aptile 1947
anche se potessi parlarle perfettamente il vero e puro toscano, non tro-
verei le parole adattate per espiimere la mia dovuta riconoscenza. Di nuovo ho
rrovato àala sua Reveiendisiima paternità e dai suoi teverendissimi Padri
Consiglieri tanta bontà, tanta carità che veramente mi confonde.
Di t,,,tto cuore ringrazio Lei e gli altri Padri Rev.mi e ben volentieri pro-
metto come piccola ricòmpensa il mio memento nelle mie povere preghiere in-
vocando la divina benedizione e protezione per tutte le sue opere salesiane
fiorentissime.
Aspettando con sommo piacere la sua visita qui a Roma e più tardi in
tempi migliori nel nostro Santuario di Einsiedeln in Svizzera.
sono coi saluti ed auguri devotissimi
Suo aff.mo
P. BrNHo Gur O.S.B.a5
I1 Prof. Modesto Panetti del Politecnico di Torino fu conquistato dalle
felicitazioni che D. Ricaldone gli scrisse per una onorificenza conferitagli e di
essa egli si servì per mettere in luce non solo I'onorificenza raggivnla, ma anche
tutta la sua vita di studioso.6
43 Lettera di Mons. Giovanni Galbiati a D. Ricaldone in data 27-5-19$ da Can-
nobio.4 Lettere di
as P. Benno
Orazio Quaglia a D.
Gut, dell'Ordine S.
Ricaldone del 26'5'19)6,29-6-1938, l'7-194).
Benedetto, nel l94l eru professore di esegesi
del
V.T.
nell'Ateneo di S. Anselmo a Roma.
Consacraro Abate del monastero di Ensiedeln
il
15
aprile
7947;
Abate
Primate
O.S.B.
il 24
fetto
6dseelLtltaeemttSeb.rraeCod1neg9lr5eP9gra;o6zfeio.anMteoopdCeeasrrtdoilinacaulDelt.odRidiciSva.iRlnd.ooC.n.eMn, eo1lr9ìC'91o-1'n89c4dis1itc.oermo bdreel
26 giugno
1970'
1967;
Pre'
26)

28.10 Page 280

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E il Dott. Ferdinando Vignolo-Lutati dell'Istituto Merceologico dell'Uni
versità di Torino gli scriveva anche a nome della sua signora per gli auguri ono-
mastici <( e per le sempre desideratissime preghiere più che mai necessarie in
tempi irti di mille difficoltà ».47
D. Ricaldone sapeva toccare l'intimo dei cuori oltre che con il ricordo, an-
che con un riconoscimento od una lode. L'Avvocato Cesare Corrado Rattone
che aveva aiutato in una causa delicata la Società Salesiana ottenendole succes-
so pieno, così gli scrisse il 23-L2-1936.
<< Rev.mo Sig. D. Pietro Ricaldone,
le scrivo anco,ra sotto la commossa impressione delle espressioni riferi-
temi dal Sig. D. Giraudi.
Creda che conserverò, come cosa preziosa e c ta, nel mio cuore il ricordo
di quanto di buono Lei si è compiaciuto di dire nei miei riguardi.
Una sua parola di lode mi è spinta a cercare di disimpegnare sempre 1a
mia professione co,n quel senso di giusta moderazione che è ambizioné mia,
per lo rneno la mia aspirazione. La più grande gioia che io potevo avere nella
dolorosa causa di Don Dury, io l'ho avuta e mentre lo espiimo rinnovati au-
guri di ogni bene, la prego di ricordarmi nelle sue preghiere.
Con devoto ossequio
Avvoc. Crsanr Connaoo RarroNr, ».
Come D. Bosco, il suo 4' Successore sapeva trovare per queste persone
parole veramente confortanti. Mentre discuteva con loro di problemi cultura-
li, sociali, politici, scendeva con delicata discrezione nel loro mondo intimo di
uomini sofferenti e trovava il modo di consolarli. Abbiamo solo Ie rcazioni a
tali suoi interventi, cioè le risposte ai suoi scritti, ma sono tali che dimostrano
ugualmente quanto egli fosse sempre più che opportuno e discreto.
Il Prof. Vallauri del Politecnico di Torino, della Pontificia Accademia del-
le Scienze, in una lettera del 27-6-1947, così fra l'altro gli scrisse.
<< Per tanti motivi e soprattutto per il bene ricevuto dai miei figli, ed
anche da noi vecchi per il loro tramite, ci sentiamo in qualche modo membri
della grande Famiglia Salesiana e legati a Lei da profondo attaccamento ».
E il Dott. Ing. Bertolone, Direttore Generale della « Villar Perosa », pare
quasi confuso delle dimostrazioni di bontà di D. Ricaldone. La sua lettera ri-
conoscente, se potesse diventare una fotografia, ritrarrebbe un signore com-
mosso che girando il cappello fra le mani cerca di trovare espressioni adeguate e
non vi riesce.
a Lettera del Prof. Ferdinando Vignolo-Lutati a D. Ricaldone, 4-6-1950
264

29 Pages 281-290

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29.1 Page 281

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« Molto Rev.do D. Ricaldone,
Torino, 22-12-L950
Lei è sempre molto gentile, egregio Reverendo, e Le confesso che non so
proprio come dimostrarle la mia affezione e soprattutto non so come con-
raccambiare. quanto Lei fa per me.
d_ i
Non posso quindi far
tutta. la mra..famiglia e
altro che assicurarle
contemporaneamenre
la completa mia devozione e
formulàde I'augurio più sin-
cero e devoto di ogni bene e che tutto quanto lei desidera abbia da avverarsi.
. Sarebbe mio grande desiderio poter passare, in uno di questi giorni, a
esa, lmutaernlatre-
sempreché
per intanto_
naturalmente Ia
le rinnovo anche
cosà non
da parte
le
di
atumtetachliatrmop1pàofadmisiglulirabol,a-u-
gurio più sinoero e devoto di ogni bene cordialmente mi creda
suo dev.mo
Dr. Ing. P. BnnroloNs »
Anche il Minisro del resoro, on.le Bertone fu confortato da D. Ricaldone
in un momento di grave sofferenza e i7 suo scritto, dice quanto abbiano lenito
I'anima dolorante u le affettuose parole di conforto >> e << più la preghiera » del
« caro D. Ricaldone ».
Chiude la lettera chiedendo ancora un po' di amore: « Il dolore è stato ed
è grandissimo: ma il Signore mi sarà sicuramente vicino in questi gravi momen-
ti che richiedono tranquillità di spirito e di cuore. Le sue preghiere me ne sono
arua. Mi voglia sempre bene »>.{
Molto più esplicita è la lettera del Dott. Alfredo Bessone, presidente del
Regio Tribunale Civile e Penale.
« R. Tribunale Civile e Penale
Gabinetto del Presidente
Rev.mo D. Ricaldone,
Vercelli, 18-1-1918
anzittttto Le debbo un ringraziamento vivissimo e sincero per quanto Ella
ha già fatto per me e per l'accoglienza cordiale datami nel colloquio^del giorno
undici corrente. Se io dovessi ricercare nei miei meriti personali la ragiòne di
tanta benevolenza, mi sentirei certo molto confuso: ma la confusione scompa-
re quando io penso a71a grande bontà dei Figli di S. Giovanni Bosco, la lui
immensa pietà e la grande accondiscenza verso coloro che per qualsiasi ra-
gione sono degni di appoggio, ho visto ralucere nello sguardò imÀensamente
buono e grandemente_ comprensivo di V.S. Rev.ma. Ella, netla sua grande in-
telligenza, assistita e fortificata dallo spirito del Suo Santo precursorà, ha co*-
preso immediatamente la mia situazione, ha condiviso i miei sentimenti, mi ha
liberato dalle mie appressioni: D. Bosco ne la rimeriri!
48 Lettera dell'On.le Bertone, Ministro de1 Tesoro, in data 16-ll-1946.
265

29.2 Page 282

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A D. Bosco, colle mie figliuole, che con me le sono grate della propizia-
ilice benedizione, chiederò di volerla compensare del bene che mi fa: con
l'unico compenso che so essere da Lei desiderato: il sempre maggiore trionfo
dell'Opera Salesianal
Con affetto devoto
Aff .mo
Arrnsoo BrssoNr »>
Dunque, Don Ricaldone che andav6- al mondo per coglierne tutte le voci
e capirne le esigenze, veniva a sua volta richiesto della o sua )> voce, perché in-
dicasse la soluzione agli interrogativi ai quali la scienza, la tecnica, l'arte non
sanno rispondere senza la luce divina.
Di Don Ricaldone S.E. Mons. Angrisani, in data 16-11-1972, scrive:
« Egli si trovava a tutto suo agio in qualunque ambiente o situazione. Con prin-
cipi, con nobili, con ministri, con industriali o con semplici operai, egli era
sempre a suo agio: affabile, semplice, al livello che 1o faceva sentire pari in
tutto, eppur superiole per quella certa elevatezza cofifiatùrale, derivatagli dal
sacerdozio e dalla sua potente vita interiore ».
ln ascolto dei giovani
Yeru delizia era per D. Rica'ldone ascoltare i giovani' L'abbiamo già più
volte visto tra i ragazzi di Caselette, di Montalenghe, di Valdocco. Egli con
loro si ffovava a suo agio, sembrava tornare giovane assistente, come a Sivi-
glia, e c fltava, rideva, sapeva snocciolare a cascatelle barzellette e battute argu-
te che rallegravano i cuori, creavano un clima di famiglia. Tutte le sue trovate
erano per sentirsi cinguettare attorno i ragazzi e dalle loro espressioni dedurne
il pensiero, le esigenze, i problemi.
Per D. Ricaldone il vero educatore era chi conosce a fondo i rugazzi, per
contatto personale, e da questa sua esperienza vissuta sa risalire alla teoria
e adattarla alla realtà concreta. Le norme dettate solo dall'alto di una cattedra
o prese a tavolino, per lui non avevano grande valore. Questo egli scrisse a
Mons. Ruffini, quando, richiesto del suo parere circa I'affidare a Padre Gemelli
iI progetto di una nuova programmazione dell'insegnamento religioso nelle
scuole elementari e medie d'Italia, si dichiarò contrario. Preferiva al pensiero
di un uomo di studio, anche se era del valore di Padre Gemelli, le indicazioni
pratiche di educatori più modesti, ma impegnati ogni giorno coi rugazzi nella
spiegazione del catechismo.ae
ae Vedere in Appendice, allegato n. 55', la lettera che sull'argomento D. Ricaldone
sctisse a Mons. Ruffini in data 9-12-1942.
266

29.3 Page 283

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Abbiamo pure notato come stesse dietro a ogni novità nel settore giova-
nile. L'A.C. raccomandatagli dal Papa divenne subito un punto di studio del
suo rettofato.
I1 ptoblema dell'educazione sessuale lo aveva trovato tempestivamente
pronto a difendere i valori cristiani e le esigenze di riserbo di una sana educa-
zione cattolica.
A D. Gino Corallo che, di ritorno dagli Stati Uniti d'America lo infor-
mava sulle nuove teorie pedagogiche di Dewey, D. Tavano ricorda di averlo
sentito interloquire indignato: <, Insomma, vorrebbe far apprezzare la virtù,
7a purezza, immergendo I'alunno nel vizio, affinché ne provi nausea... È mai
possibile arrivare a tanto? ».$
GIi Orfanotofi che egli richiese in ogni Ispettoria in occasione del 1'
Centenario dell'Oratorio, erano la prima necessità che egli aveva colto imme-
diatamente con lo scoppio della guera, in aiuto a tafiti ragazzi che rimanevano
orfani, privi di aiuto materiale e spirituale.
I giovani furono per lui, come già per D. Bosco, l'elemento chiave della
^czhieofsleareabpboestosloicratosdaalellseiarnoav. iInegdioevllaangi uaevrrreab,beeraonpcroerapaeratsoemilprme oanttdraovneursoovoi
giovani i Salesiani avrebbero potuto contribuire a ricosruire un mondo più
cristiano, raggiungendo per loro mezzo le masse degli adulti, specialmente de-
gli operai, che nel pensiero di D. Ricaldone avevano una portata decisiva nello
orientamento pro o contro Cristo e la Chiesa.
Nel 1947 scriveva a D. Lazzero che da Direttore dell'Opera Salesiana a
Montechiarugolo presso Parma era stato nominato Paroco della stessa loca-
lità.
« Per attirare gli uomini insistete coi giovani. Vedete se qualche corso
serale di Agricoltura o di qualche altra cosa possa attirare un primo gruppo,
magari per il teatro o alre iniziative: hanno bisogno di vincere il rispetto
umano! >>.sl
L'avvenire dell'Europa, del mondo, in quel dopo guema gravava sui gio-
vani per cui egli si manteneva aggiornato di tutto quanto poreva loro interes-
sare per vedere se erano cose da accettarsi o da respingere.
Le « Città dei ragazzi )> sorte in quel periodo non lo trovarono imprepara-
to << chiuso ». Fu problema che egli si pose, che studiò; ma che poi re-
spinse.
I « NO » di D. Ricaldone non erano chiusure personali o verdetti presi a
tavolino, ma esperienze vissute. Quando le novità non si fondavano su principi
evangelici di verità e non giovavano al vero bene dei giovani, le respingeva.
Del « Villaggio dei rugazzi »> parlò in << Don Bosco Educatore >> giungendo
alla seguente conclusione: « Questi cosiddetti " Villaggi " diretti da zelanti sa-
s Testimonianza di D. Luigi Tavano, 27-12-1970.
sr Lettera di Don Ricaldone a Don Lazzero in data 30-12-1947
267

29.4 Page 284

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cerdoti sotto la guida dei loro Vescovi, solo orientandosi verso la tradizione pe-
dagogica cristiana protranno sussistere »>.s2
Nel 1949 così aveva risposto a Don Auffray che, direttore a Grasse, rice-
vendo Ie novità d'oltre oceano, gli chiedeva consiglio: ...Neppure dobbiamo
meravigliarci che certe bizzarie americane, come la « Città dei Ragazzi>>, ab'
biano trovato qualche imitatore anche in questa vecchia Europa' La cosa però
non può reggere assolutamente, perché contraria alla nattra, a17a ragione, a17a
tradizione cfistiana. Ciò che manca di fondamento deve per foru^ cad-^re e ri
dursi a macerie.
Dunque, coraggio carissimo D. Auffray e soprattutto non temere: il no-
stro edificio è saldo, come sono saldi i fondamenti sui quali Iddio lo volle
collocare ,r.s3
E poteva parlare con cognizione di causa di <<bizzatrie >> perché aveva
toccato con mano anche con le ultime generazioni, anzi proprio con queste, più
provate dalla vita moderna, come il tagazzo fosse bisognoso di ditezione, di
guida, di aiuto e fosse un assetato di amore paterno.
D. Ricaldone aveva presenti gli otto ragazzi rimasti a Valdocco sotto i bom-
bardamenti del 1942: avevano preferito rimanere sotto le bombe, ma passare il
Natale con i loro « padri » Salesiani.s E così quanti altri sistemali a Cumiana, a
lvrea, a Chieri!
I ragazzi erano contenti e ricordarono poi quegli anni di collegio, in cui
tante ristrettezze avevano mostrato loro il vero volto della paternità dei loro
assistenti e insegnanti, come i più belli della loro giovinezza. E fra essi non ci
erano solo ragazzetti, ma anche giovani di liceo. I1 Direttore di Valsalice, D.
Marcoaldi che era con loro a Chieri e teneva informato D. Ricaldone di tutto
1o svolgersi della loro vita di sfollati, racconta che « davano recite ogni domeni
ca, preparate da ogni classe; si mettevano su operette « Vaudeville >> che tene-
vano allegri esecutori e spettatori; si organizzavano grandi gare di bocce alle
quali partecipavano giocatori di tutta la regione >>. Cosa sorprendente fu poi
il fatto che i liceisti divennero un po' gelosi dei... chierici che erano rimasti
a Chieri, perché erano sempre loro a servire le funzioni religiose... e così << una
domenica, guidati dall'Assistente D. Giobbio, si fecero prestare le vesti dei
(lhierici e vollero essi l'onore del servizio all'a7tarc,
Allora, in premio, il Direttore fece confezionare dal miglior sarto di Chie-
ri vesti di panno paoneizzÒ con il collarino regolare, dando questa spiegazione:
-coloIrlepdicecioplorectlie;ropevresi telicdeiisrtoiscsio,vocoglloiorenodeaibbitai mviboilnai,;
i chierici vestono Ji nero,
che è il colore dei Vesco-
vi!!!
Gli esterni poi del Liceo per servire al7'altarc dovevano indossare... il dop-
pio petto blul ». E commenta Don Marcoaldi: « Proprio di quegli anni si eb-
s2 Cfr. DoN Rrcaroour, Don Bosco Educatore, L.D.C., Vol. I, p. ))0-315
s3 Lettera di D. Ricaldone a D. Auffray in data 16'9'1949.
54 Cronaca di Valdocco 1942,25 dicembre.
268

29.5 Page 285

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bero belle vocazioni per il clero diocesano (almeno 4) e per la Congregazione:
Don Del Tetto, Don Borgetti, Don Dompé, Don Gianetto... ,rts
Don Luigi Tavano ricorda i simpatici liceisti di Valsalice cantare seflza
rispetto umano alla processione di Maria Ausiliatrice, e fare g,a,ardia d'onore
al Vescovo fino al suo commiato.s6
D. Ricaldone era convinto che la famiglia è necessaria al rugazzo come la
acqua al pesce e perciò non volle mai << città >> e << podestà >>, ma << case )> e
« padri ». Egli stesso studiava tutti i mezzi per essere sempre più tale e fare in
modo che i rugazzi lo « dimenticassero )> come << superiore >>. Un metodo suo
caratteristico pel confondersi con loro, e sperimentato fin da giovane recluta
fra i commilitoni, era il canto. A Siviglia era stato il << tocca sano )> tanto che fra
i suoi << peccati di gioventù )> aveva commesso anche quello di farsi maestro di
banda... Ma sempre, anche diventato Ispettore, Visitatore, era riuscito col can-
to a farsi srada in tutti i cuori, aprendoli alla gioia fraterna. In Inghilterra, in
Cina, in America, ore bellissime di intimità familiare erano quelle in cui i mis-
sionari gli avevano cantato con i loro ragazzi canti piemontesi, italiani e locali
ed egli si era unito a loro, come uno di loro. Lui stesso ricordava che, Visita-
tore in Palestina, aveva dovuto allestire in poco tempo un'accademia di ben-
venuto al Governatore Inglesse che aveva annunciato improvvisamente una sua
visita, e se l'era cavata con esito trionfale, proprio coi canti.
Ogni sera aveva radunato confratelli, giovani di nazioni e razze diverse,
fondendo voci e cuori nella più schietta allegria salesiana.
Anche da Prefetto Generale aveva continui contatti con i giovani. Bellis-
simi sono i ticordi di Don Laconi. << La prima volta che io ebbi a rattare con
Don
alla
Ricaldone
Certosa di
-ChiruicsoardPaesDioo.nELraavcaomnio-unfugrquupapnedttoo
andai con alcuni compagni
di ragazzi, inviati dal Di-
rettore Don Ignazio Bonvicino, per preparare il posto ai compagr-ri che sareb-
bero giunti dopo. Dovevano pulire i vari ambienti, mettere in ordine i dormi
tori, e soprattutto
durante f inverno
v- i
e
si
eraerdaelp'aowsietantatu,rpaer-
liberate
poi farvi
un tunnel dalla sabbia
passare una deviazione
che
del
torrente Pesio, e così azionare una dinamo per avere la luce elettrica. E questa
fu l'impresa che ci diede tanto da fare, per olte 15 giorni. Si fece la p,iizia
del tunnel, fino ad avere I'acqua alla cintola... Si fece uno sbaramento del Pe-
sio e si ebbe così la luce.
Fu durante tale periodo che Don Ricaldone venne alla Cettosa per ripo-
sarsi.
Riposo? Io che avevo f incarico di scopare la sua camera vidi che scriveva
sempre e che aveva una enorme corrispondenza da sbrigare. Lettere senza fine
alle quali rispondeva scrivendo con la sua bella e chiara scrittura. Un giorno
mi chiamò per mettere le lettere già pronte a1le buste. I1 che feci di buon gra-
ss
$
Testimonianze
Testimonianza
di D. Evaristo Marcoaldi,
di Don L. Tavano, Agosto
agosto
197t.
1969
269

29.6 Page 286

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do. Fu durante quel periodo di tempo che mi rivolse tante domande, paterne e
discrete, ed io presi tanta confidetza, che, avendo raccolto delle belle stelle
alpine, gliele volli offrire. La più bella e la più grossa era per Don Rinaldi! Don
Ricaldone mostrò di gradire tale pensiero. Mi chiese anche a che ora dopo pran-
zo andavano a lavorare. Lui non pranzava con noi, ma da solo, dato l'orario
di lavoro
mangiare.
e
di
riposo
che
si
era
fatto.
Gli
risposi:
-
Subito, appena finito di
dovetLLeuaainmmdiaiargeruisasprudobòsittaocodfmuoepcopheemr assnicgeruiraatatorim.mPpi oeagi fnmoanitdicohn,ieeelseppuoalinirmceoiriadl:ist-usne:nEe-l
Ma no! Non
che fate?
e nel deviare
con una piccola diga fatta di tronchi e di pietroni, le acque del Pesio. Egli subi
to, sorridendo, mi disse:
non dovete mai andare
s-ubi[t'2o1dg ogpo
dei grandi lavori! Ma
pranzo, cominciando
bravil Ma
da oggi.
in
acqua
Ed infatti il nosro orario da quel giorno cambiò subito. Egli parlò con il
prefetto Don Pellegrino, al quale disse anche di procurare le bocce e così diver-
tirci con delle belle partite. E con le bocce si iniziò subito il giorno dopo e Don
Ricaldone venne anche lui a giocare con noi. Così il soggiorno diventò più
bello...
Di quei giorni ho fresco nella memoria un grazioso episodio.
Finito un giorno di pranzarc, fatta \\a visita al SS. Sacramento, con i com-
pagni scendemmo nel via,le della Certosa in attesa di Don Ricaldone che veniva
a larc la partita. E venne, fedele all'appuntamento. Si tirò per i compagni, ed
io con un altro ci capitò di avere Don Ricaldone per compagno. Si sa che a
Don Ricaldone piaceva il gioco delle bocce. Quando aveva il pallino lo tirava
sempre lontano.. e ci si impegnaval Menffe si giocava, dava a me e al mio
compagno tante istruzioni: come tirare, come accostare la boccia. Il fatto sta
che noi, alla fine del gioco, stavamo ormai per vincete; si aveva già due punti
ed io avevo ancora una boccia in mano. Era difficile accostare, tanto il gioco
era serato. Le bocce degli avversari erano addosso alle due nostre. A me venne
un'idea: bocciare una di quelle che ci impediva un terzo punto, quella della
partita, ma c'era il pericolo di toccare le nostre e regalare non solo dei punti
ma la patita agli altti, perché lo scarto era solo di due punti. Don Ricaldone mi
sconsigliò, ma io testardo, più che sicuro di me, insistetti. Don Ricaldone mi
redarguì, ma io più duro che mai.. presi la mira. Il colpo fu tale che spazzai
via le nostre bocce e proprio quelle di Don Ricaldone che spedii verso il torren-
te Pesio! Regalai così quatmo punti agli avversari che cantarono vittoria: ave-
vano infatti 12 punti ed ora erano ai 16!
Se fossi finito io, in persona, nel torrente avrei sofferto meno!
Don Ricaldone mi guardò fisso, poi davanti a tutti me ne disse quattro, e
ricordo bene le parole precise, perché mi sono poi tanto servite nella vita! Egli,
Nsaopveinzdiaotod?elMleamnieonasspairiaszeiognuii,recoi scìomnsi igalpi odsetrgolifòa: l-ri
Ma è cosi che
ed ubbidire?...
ti prepari al
Ci hai fatto
perdere la partita.
270

29.7 Page 287

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Tutto finì e don Ricaldone si ritirò perché il tempo della ricreazione era
finito.
Quando, prima della merenda, andai in chiesa, vidi Don Ricaldone che di-
ceva il Breviario... Anch'egli mi vide e mi sorrise. Ma la sorpresa fu alla sera,
perché da quella sera Don Ricaldone venne a cenare con noi; non solo, ma fece
tirare fuori il « Su cantiam » e cantò con noi. Poi, dette le preghiere, ci diede
la buona-notte e tra l'altro ci disse che dovevamo sempre stare allegri.
Per tutto il tempo che fu con noi, sempre si mostrò di una grande patetni-
tà e attenzione ».57
Così anche da Rettor Maggiore quando visitava i giovani, si serviva del
gioco del canto per mettersi in sintonia con tutti. Nei Noviziati poi, e negli
Aspirantati si riservava di dirigere personalmente << Che bel nasin... Viva Don
Bosco, nostro Papà >>, ottenendo colorito ed espressione al canto, del tutto ca-
ratteristici e indimenticabili.s8 In questi attegiamenti di cordiale rapporto lo
ricordano ancora oggi quelli che allora erano i ragazzi del « Colle ».
Si valeva però anche molto del gioco a cui patecipava con la stessa dedizio-
ne con cui attendeva a un dovere di ufficio. « Nella ricreazione di mezzogiorno
egli giocava con i giovani e i confratelli. Quando aveva finita la partita di
bocce girava tra i gruppi dei rugazzi e dei superiori che giocavano all'ombra del-
le piante dove ora sorge il Santuario a Don Bosco. Allora si informava dei vin-
citori e sempre partecipava, con la più grande semplicità a una partita di ogni
gioco. Così si poteva assistere e ammirare la sua pacatezza nel vincere in stra-
bilianti mosse un campione di dama o di tela, oppure mettere a dura prova i
nervi dei più quotati giocatori di « Shangai >>. Si sa che questo gioco è per chi
ha le mosse calme e misurate; ebbene, Don Ricaldone, nonostante I'età, gli
acciacchi e la fatica di una partita a bocce, rimaneva sempre vincitore. Tutti par-
tecipavano al suo gioco perché esso era una scuola di piacevolezze spiritose, un
fluire di proverbi appropriati alla bisogna. Certo che quegli estati 1943-1944
saranno per molti confratelli e giovani, indimenticabili »lse
Nel canto, nel gioco egli aveva modo di avvicinare i giovani, di cattivarsi
la loro confidenza. Poi li ricercava sul lavoro, per sapere di più. Ma ormai Ii
aveva tutti guadagnati, e i cuori si aprivano a problemi più seri. Così egli ve-
niva a sapere tutto ciò che desiderava: se erano contenti; se 1o studio, se il
lavoro procedevano bene; se avevano necessità; se vi erano esigenze a cui sovveni-
re, disordini a cui rimediare, novità da tenere in considerazione. Il Padre, pos-
sedendo i cuori, passava dal gioco al lavoto, dal lavoro al problema familiare
o economico, e da questo a quello più stringente e fondamentale: l'anima
e Dio.
's8
Testimonianza di Don
Ricordi di Don Savarè.
Francesco
Laconi,2-7-1971.
se Testimonianze di Severino Fabris, coadiutore salesiano.
27\\

29.8 Page 288

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ln ascolto del popolo
Un episodio del 1938 ricordato nel diario di Don Luigi Tavano, ci dice
con quale profondità di intenti avvicinasse le persone, anche le più modeste,
non lasciandosi impressionare dalle forme esterne.
<< I' marzo, pomeriggio di carnevale. - Don Ricaldone si reca a piedi con
D. Tavano al Rebaudengo. Per strada passa tn avvinazzato che insulta D. Ri-
caldone. Egli si ferma, gli pada in piemontese, 1o calma, gli dà una << bigeùia >>,
cioè un ricordino. I1 poveretto, confuso ed ammansito rimane senza parole, tra-
secolato ».
Dobbiamo dire che solo I'amore rova Ia via del cuore e certamente D. Ri-
caldone, se era aperto a tutti, aveva una predilezione per l'ascolto della gente
del popolo, la più minuta e misera; per l'operaio, che offre alf imprenditore so-
lo buon volere, intelligenza e muscoli, ma nessuna preparazione e istruzione. Oh,
si, nel mondo questi erano i suoi beniamini, come in Congregazione lo erano
i giovani confratelli!
Gli operai, i contadini, questa gente che doveva guadagnarsi giornalmente
il pane e che non sempre trovava lavoro pur avendone volontà e capacità, erano
il suo cruccio e la sua ansia.
Intelligenze aperte e non illuminate, volontà tenaci e non esercitate in un
settore che garantisse il pane per ogni giorno!.... E come se le scuole professio-
nali da lui tanto sostenute e incrementate non fossero già una soluzione buona
al grave problema, era sempre in ascolto di questa umile gente laboriosa ma
senza cultura.
D. Virginio Battezzati attesta che quando D. Ricaldone andava a Cumiana
sempre si fermava a scambiare parole coi contadini della contrada e oltre il sa-
luto sorridente e benevolo, sempre li interogava sulle colture del luogo, su1
metodo che usavano per compierle in quei terreni e in quei climi.
E vi sono ancora operai, otmai anziani, che ricordano l'interessamento
avuto per loro da D. Ricaldone, quando giovani ex allievi erano in cerca di la-
voro e di sistemazione.
Danelli Libero, tornitore dell'officina FIAT di Carmagnola (Torino) ricor-
a D. Luigi Tavano di aver conosciuto il IV Successore di D. Bosco a Monto-
dine quando, dovendo venire in Piemonte a lavorare lo presentarono col
fratello a D. Ricaldone, in visita a quella casa.
« Egli ci accolse, ci incoraggiò, ci benedisse e ci parlò persino in piemon-
tese! Dopo quella benedizione siamo sempre stati bene e mio fratello è diven-
tato Francescano: Padre Francesco. D. Ricaldone era un santo! Che bravo! >>.o
Come Rettor Maggiore naturalmente non aveva modo di avere molti con-
tatti diretti con operai esterni, per cui cercava di averli con quelli di casa: i fami-
gli ed i coadiutori addetti ai lavori manuali. Per loro aveva finezze impensate,
o Confidenza ricevuta da D. Luigi Tavano ripetutamente da parte dell'operaio Sig.
Danelii Libero nel 1970 a Carmagnola (Torino).
272

29.9 Page 289

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e tutti sapevano di questa sua debolezza, specie nelle Case dove era solito so-
stare. In queste, scrive D. Terrone, « non dimenticava mai i famigli, con i quali
si fermava, durante le passeggiate presso la vigna e nell'orto, interessandosi del
loro lavoro, della salute e incoraggiandoli al bene. Ad uno di essi che aveva il
permesso di fare in privato qualche rara fumatina, più di una volta, in tempo di
guerra, da Torino, mandava qualche pacchetto di sigari a lui regalati da amici
o arrivati da lontano.
Quando già teneva il letto, anzi solo qualche giorno prima di morire, men-
tre per suo ordine i segretari, provvedevano allo sgombero di varie cose, in vista
della partenza che egli credeva immenente, fu tirata fuori una scatola contenente
due pacchetti di sigarette. L'ammalato se ne accorse e disse: << Questi manda-
teli a Caselette per il famiglio B. ».
Ed è veramente commovente pensare che un Rettor Maggiore già prossimo
a morire abbia ricordato un povero stalliere di una casa colonica ».
I Coadiutori stessi poi sapevano di essere un po' i suoi prediletti. Enzo
Spiri così scrive: « D. Ricaldone era certo un amico specialissimo dei coadiu-
tori. Mi ha conosciuto a Valdocco quando avevo 19 anni, mi ha chiesto il nome
una volta, non l'ha più dimenticato.
Ho tanti ricordi cari, personali. Il primo, che realmente sbalordisce, è la
grande fiducia che ha subito dimostrato a me, giovane ed inesperto del nuovo
lavoro che mi affidava.
Oggi, dopo 8 anni, capisco che non mi ha lasciato solo un momento e, dalla
sua cameretta, Lui Rettor Maggiore, mi ha seguito in modo particolare.
Una volta stavo poco bene, e alla domanda del Sig. D. Ricaldone: << Come
stai? >> risposi che da vari giorni soffrivo un po' di mal di fegato. Egli tirò
fuori Ia penna, cercò un pezzo di carta; non trovandolo mi tolse di mano iI
barattolo della vernice che avevo appena comprato, e su di quello scrisse una
ricetta che lui aveva sperimentata e che realmente trovai efficacissima.
Naturalmente è I'unica ricetta che conservo, anche se la firma del dottore è
illeggibile.
Dicevo prima, che aveva un'affezione particolare per i coadiutori, e 1o
posso testimoniare. Il nosffo laboratorio versava in vere necessità per tnaflcanza
di atttezzatura e di personale. Da tempo si faceva presente ai superiori diretti
questa necessità, e realmente essi si interessarono anche presso il Rettor Maggio-
re, ma in due anni non si era venuto a capo di niente. Allora ci mettemmo d'ac-
cordo tra noi in laboratorio e preparammo una lettera per il Sig. D. Ricaldone.
Lo stesso giorno il Rettor Maggiore ,mi fece chiamare, mi diede una tiratina
di orecchie perché avevo fatto la firma poco chiara, e prendendo la mano nella
sua mi fece fare una setie di firme, poi mi ascoltò (remavo un po' perché era
la prima volta che andavo da lui). Finito che ebbi di chiedere, il Signor D. Ri-
caldone sorrise e mi disse: << Bravol »> e mi concesse tutto quello che da anni si
desiderava »>.
Questa stessa affabilità, sgorgante da bontà di padre, è ricordata dal coadiu-
lt )
18

29.10 Page 290

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tore Signor Carlo Basso che ancora oru ha presente la semplicità del Superiore
nel venirgli in aiuto in quel pomeriggio di settembre del 1938.
I1 Signor Carlo era di casa a Montalenghe come Capocampagna, e fta Ie alre
incombenze, aveva anche f incarico di attendere alle mucche. Quell'anno c'erano
alcune vitelle un po' bizzarre che 1o impegnavano ad una attefita sorveglianza
durante le ore del pascolo perché correvano da per tutto col rischio di danneg-
giare le coltivazioni.
Un pomeriggio, mentre il buon confratello pascolava le sue bestie irequiete,
vide spuntare da un sentiero il Signor Don Ricaldone << col suo amabile sorriso
e il breviario in mano ». Egli così racconta l'episodio: << Subito il Superiore ini
ziò con me una vivace conversazione. Io, ingenuamente, senza pensare, gli dissi,
tra l'altro, che in quel momento avrei avuto bisogno del dono della bilocazione
perché dovevo recarmi al vicino paese a fare delle commissioni urgenti, mentre
quelle bestie mi trattenevano nel prato. Il Superiore pigliò la palla al balzo e mi
dmisasep:o-i
Vai, vai, che
andai a fare le
le mucche le custodisco io.
commissioni. Tuttavia per
-tuttoIoilretsetmaipuonripmoa' sini tienrdterettpoi,-
dazione perché non sapevo come si sarebbero comportate quel pomeriggio le
vitelle irrequiete.
Dopo un'ora e mezza fui di ritorno e subito andai dal Superiore a chiedere
se le bestie erano state buone...
ment-eMhi oSstìru,epmciistiacodtoisasinlec,omsraioonoobrarse,tvamitaearimoq.uo..elt-lo.gbiouronnoel!eCvoitnedlloettaav:e1va0n!oEfdatitoo
tranquilla-
giudizio e
si erano comportate come veri agnellinil Non sono mai riuscito a darmi una ra-
gione del fatto, se non pensando che la bontà influisca misteriosamente anche
sulle bestie »>.6r
Un altro coadiutore il Signor Orsello Giuseppe, ricorda un caldo abbraccio
di D. Ricaldone... <( Mi rovavo per il 24 maggio t95l a Valdocco con altri
Confratelli in occasione della festa di Maria SS.ma Ausiliatrice. Dopo la Messa
solenne a cui avevamo assistito dalla ffibuna antistante \\a cantotia, tutti scen-
dono e, poco dopo, mi avvio anch'io per uscire. Proprio nel corridoio, che in
quel momento era deserto, appare 7a figura veneranda del Buon Padre che len-
tamente, ma eretto si dirigeva al suo posto solito per pregare. Io mi feci avatti,
gli baciai la mano e mi vol1i pure presentare dicendogli: « Io sono quello delle
filmine, passato nel correzionale ». M'accorsi troppo tardi d'aver usato una pa-
rola sbagliata che diciamo solo al Colle, scherzevolmente. Ma egli sorridendo
accolse la parcla ed aggiunse: << Ah, nel correzionale! Ora ricordo! >>
Quindi mi abbracciò, che la mia testa toccò la sua spalla e mi disse con
accento paterno: << Bene, bene, sii buono, sii buono! >> Non dimenticherò mai
quell'abbraccio e quelle parole. Con questo fatto voglio sottolineare la sua pa-
terna bontà con tutti, anche con i confratelli più giovani e da poco professi
nella Società »>.
6r Testimonianza del Signor Carlo Basso, coadiutore salesiano, del 2-1,-1972, trascritta
dal signor Ferdinando Vignaga Coad Sal.
274

30 Pages 291-300

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30.1 Page 291

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Questi paterni contatti e quelli sul lavoro già precedentemente ricordati,
permettevano di sapere tante cose di questi confratelli in ,maniche di camicia
che erano meravigliosi apostoli fta i rugazzi proprio diero i macchinari delle offi
cine o sui campi.
Ma dove trovava le voci di tutto il mondo degli operai, dei giovani, delle
madri e delle spose, dei contadini, dei professionisti, degli anziani era fra le file
dei Cooperatori e delle Cooperatrici, delle Patronesse e degli ex-allievi.
Da Prefetto Generale tanto si era occupato di loro poiché capiva tutta
I'importanza delle loro organizzazioni e li sentiva come autentici membri della
famiglia di D. Bosco, veri Salesiani. Ma anche da Rettor Maggiore nonostante
le molte incombenze, quando era invitato per qualche celebrazione o festività,
volentieri accettava di celebrare la S. Messa e di presenziare a qualche loro ma-
nifestazione, felice di ascoltare e di dir loro una calda, riconoscente parola pa-
terna. Godeva di intrattenersi familiarmente con loro in conversazione, interes-
sandosi individualmente di ciascuno, o parlando in gruppo. I Cooperatori gli
portavano la voce di tutte le classi sociali ed erano per lui come radio tasmit-
tenti del pensiero di tutto il mondo.
I suoi taccuini personali segnano partecipazioni quasi annuali a raduni di
cooperatori e specialmente di Decurioni. Così pure c'è f impegno di trovarsi pre-
sente ai raduni annuali degli ex allievi. Gli anni dal 1932 al 1946 segnano ia-
terventi regolari e il 1949 una partecipazione piena al 2' Convegno Nazionale.
Non volle neppure mai mancare anche da Rettor Maggiore al Raduno delle Pa-
tronesse.62
Le considerava molto preziose e apostole di un bene spicciolo, ma quanto
mai fecondo e irradiante. Anche la loro voce di donne pie, eppure date alla
vita domestica di madri e spose, portava risonanze di problemi vivi, attuali, di
quelli che nascono nell'intimità delle famiglie e di cui magai fuori non si parla
per un istintivo riserbo, ma che sono spesso la sorgente di problemi più gravi
a tisonanza sociale.
Dei missionari poi egli volle sempre sentire la voce, perché essi erano l'on-
da di ritorno della Chiesa alle esortazioni del Papa, e della Congreg^zioie
quelle del Cento Salesiano.
^
Impossibilitato ormai a muoversi, mandava in continuazione Visitatori nelle
Ispettorie più lontane, mentre a Torino si adoperava per loro in tutti i modi.
Presiedeva sempre all'addio ai Missionari, alla consegna dei Crocifissi ogni
anno nella Basilica di Maria Ausiliamice e non si lasciava sfuggire occasione pet
animare tutti a lavorare per le Missioni.
Un semplice episodio ricordato dal Vescovo Salesiano, Mons. Angelo Muz-
zolon:
<< Nell'anno L950, il 29 giugno, onomastico di D. Ricaldone, io ho avuto
l'onore di assistere accanto al carc Padre alla accademiafattain cortile rlla sera.
63 Dai notes personali si sa che egli annualmente e a volte anche due volte all'anno
radunava le patonesse in Valdocco. Dal 1933 al 1947 fu programmazione regolare.
275

30.2 Page 292

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Fui commosso quando, nel ringraziamento finale, D. Ricaldone, dimentico di se
stesso, proruppe in un cantico di lode ai Missionari che, abbandonando Patria
e famiglia consumavano le loro energie per le anime. Questa, disse, è la gloria
più grande della Congregazione salesiana e del nostro caro Padre e Fondatore
D. Bosco. Io ri.masi convinto che D. Ricaldone aveva un cuore tutto missiona-
rio »>. Impegnatosi in realizzazioni poderose di cui parleremo a parte, non disde-
gnava di collaborare in piccole e minute attività, come procurare per il Museo
Missionario del Colle oggetti vari, provenienti da tutte le parti del mondo.
i << Spesso Missionari che tornavano in Patria, ricorda il Confratello cu-
stode del Museo, portavano oggetti artistici da vendere a benefattori in favore
della propria missione, D. Ricaldone interveniva: ii avrebbe comprati lui per la
Mostra. Chiedeva il prezzo, paga,va aumentando di molto la cifua, e diceva al
Missionario: << Tieni, l'oggetto 1o teniamo noi per il Museo, così olffe ad essere
contento tu, 19 saremo anche noi >>.63
Ancora un mese pdma di morire provvide perché la sua cara Rivista « Gio-
ventù Missionaria » avesse assicurato il personale dirigente e a D. Zucchetti già
promesso all'Equatore diceva: << Non pensare più all'Equatore... È una vera mis-
sione quello che fai per 'Gioventù Missionaria '... È troppo importante la for-
mazione missionaria dei nostri giovani... E l'idea missionaria nei nostri ambienti
fomenta il buono spirito e suscita vocazioni... >>.n
Se poi poteva fare un piacere a un confratello missionario, era felice. Ri
corda il Coadiutore Francesco Berra: << Mi trovavo da 10 anni all'estero ed il
mio Sig. Ispettore mi aveva già concesso un breve rimpatrio.
L'occasionale passaggio di un Superiore maggiore nell'Ispettoria pose il veto
a tale permesso quando ero alla vigilia di tale partenza.
Smissi al Sig. D. Ricaldone che più volte si era fattivamente interessato
della nostra Scuola e ricevetti un segno della sua paterna bontà che non mi sarei
mai immaginato.
Ricevuto il mio scritto e comprendendo la situazione in cui mi trovavo, non
volle neppure che attendessi la risposta aetea alTa lettera, ma fece mandare al
Sig. Ispettore
Berruti.
un
cablogramma
che diceva: Venga
N.N.
a Torino
-
firmato:
Quando poi a Torino volli ingraziarlo, mi rattenne per un tempo note-
vole presso di informandosi di ogni piccolo particolare della nostra opera ed
aumentando ancora in me una grande fiducia nei Superiori >>.
Questo ascolto lungo, attento, pieno di interrogativi, 1o aveva specialmente
per i Vescovi missionari che dopo anni ed anni di lavoro venivano a Valdocco.
Tutti sono concordi nel riconoscere in D. Ricaldone il vero Missionario, quasi che
la sua dote principe, la caratteristica del suo superiorato fosse il senso missio-
nario, la comprensione piena dei problemi missionari.
Così scrive l'Arcivescovo Salesiano di Poznan, Mons. Antonio Baraniak:
63
«
Testimonianza
Testimonianza
raccoka da D. Tavano al
di D. Demeuio Zucchetti.
Colle il
28-6-1965
276

30.3 Page 293

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<< La vocazione genuina della Chiesa, l'apostolato missionario, indicato dalla
SdeidDe A. pBoosstcoolicSaa-nto,indapal rStiecorvlaoredimDodioo
da
D.
PFiiolipXpIo-RinfualdaicceoldtoadtaulttSaucIcaesCsoorne-
gregazione Salesiana con filiale obbedienza e con straordinario entusiasmo. Ma
fu certamente D. Ricaldone che seppe tradurre quello slancio in opera reale.
A nostra comune persuasione egli fu uno dei più grandi missionari dell'epoca che
elevò il vessillo dei salesiani missionari su tutte le opere e su tutte le case
salesiane in Italia e nell'Europa, svegliò tante vocazioni missionarie e mandò
tanti operai evangelici nella immensa vigna di Cristo >>.
D. Ricaldone dunque, come Rettor Maggiore e perché tale, colse tutte ie
occasioni provvidenziali che Dio gli mandava per essere cuote in ascolto di grandi
e di piccoli. Queste voci non creavano in lui confusione, ma chiarivano quella
suprema del Papa che l'aveva mosso all'azione. Egli poi da esse ricavò il modo
di organrzzare il piano di lavoro apostolico che, assecondando il pensie:o della
Chiesa, doveva rcalizzarsi nella forma più adeguata ai tempi.
D. Bosco aveva sempre fatto così e D. Ricaldone trovava la sua sicurezza
nel seguirlo.
Dalli. ascolto » all'« Unità organizzala»
Da questo confluire di voci umane I'acuta mente e il grande cuore di Don
Ricaldone ricavò suggerimenti non solo per un'azione esterna di apostolato nei
rapporti coi giovani, i Cooperatori, gli Exallievi e i cento alti incontri provo-
cati dallo stesso apostolato, ma anche per un governo saggio e prudente dei suoi
<< carissimi figliuoli », i Salesiani.
D. Ricaldone era come D. Bosco un uomo concreto, pratico, essenzial-
mente realista: aveva i piedi ben appoggiati sulla terta anche se camminava col
cuore rivolto al cielo. Egli sapeva prima di tutto che era padre di uomini del
sec. XX, generazione nata nelle luci affascinanti di nazionalismi esasperati e
che come tali portavano con tutte le qualità e i difetti dell'epoca. Erano poi
uomini di pensiero, alcuni molto colti; ed erano uomini di lavoro, dal tecnico
qualificato al manovale , all'attigiano, all'agricoltore, che perciò risentivano di
tutte le possibili correnti positive o negative che circolavano nel mondo.
Il fatto che fossero religiosi non li premuniva da un contatto con il mon-
do poiché la loro stessa missione apostolica 7i calava nel mondo. La claustralità,
la separazione dal mondo diventava sempre più posizione individuale e atteg-
giamento interiore. Le strutture religiose difensive venivano gradatamente ad
essere demolite dalle sopravvenienti strutture sociali di una vita pirì dinamica,
più democratica. Non fu subito così. Nel 1922, alla sua elezione a Rettor Mag-
giore, D. Ricaldone non si trovò in questa posizione, ma gradatamente la in-
travvide, la costatò e quindi poté mettersi nella posizione di prevenirla. La
guerra e l'immediato dopo-guerra furono poi così mavolgenti nel ftasformare
tutte le antiche strutture familiari, lavorative, amministrative, politiche, sociali
277

30.4 Page 294

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che ffovò pronti a sostenere l'urto, solo chi, come D. Ricaldone aveva ascoltato,
meditato, previsto e predisposto. L'ascolto del mondo fatto da lui con prudente
lungimiranza, fu uno degli aspetti più sapienti, più profondamente costruttivi del
governo di D. Ricaldone. Già il Signore rimproverava i Giudei, suoi conterranei,
di non saper conoscere i segni dei tempi,6 poiché questo è uno dei fattori più
importanti per conoscere la presenza e I'azione di Dio nella vita. Su questo
punto D. Ricaldone non si ffovò sprovvisto e ignaro.
Ma bisognava passare all'azione. Urgeva fare della Congregazione un orga-
nismo solidissimo in tutte Ie sue parti, perché potesse reggere alle ondate di tutti
i marosi e ai venti delle molteplici bufere che si sarebbero susseguite. D. Ricaldo-
ne perciò insistette secondo f indicazione di Pio XII, sulla formazione del perso-
nale, quindi del singolo salesiano, ma visto non come individuo, ma solo e
sempre come parte di un tutto, cioe del corpo della società. Per questo, come
abbiamo già visto, prima di tutto formò un Capitolo di Superiori Maggiori che
dcfoihrséeseg-lui nIisnapvmeetatrnoaorfiogsralziraaIsnupnneoitttadoririaic..oLmOapttsleeuntaauftfraiadsuqeuc:eias<<tdaL,ealeCRgoleintbtgoarredgòMaazaigdognaieovreaerneed-sibtpeenerrerancfinonso-ì
continuamente in contatto con Lui, informandolo in ogni cosa »> 6 fu per lui un
programma. Non senza un motivo molto chiaro scrisse come seconda strenna
« Fedeltà a D. Bosco Santo »> facendone essenzialmente un trattato per chi era
Superiore.6T È vero, trattò anche e molto dell'ubbidienza, ma la presentazione
nella luce di Don Bosco del Rettor Maggiore, dei Capitolari, degli Ispettori, dei
Direttori e via via di quanti nella Società Salesiana hanno responsabilità di co-
mando, dimosra come egli vo le dare prima di tutto una visione globale della
Congregazione e fissarne il suo valore essenziale nell'unità ai fini dell'apostolato.
Volle mostrare che essa non poteva muoversi ed agire approssimativa-
mente, ma doveva procedere in modo organizzato, con una disciplina elastica,
ma orientata all'unità del tutto. Il << siamo sempre andati avanti come il Signore
ci ispirava » di D. Bosco, non doveva essere preso come un << relativismo »>, ma
piuttosto come la regola d'oro per seguire i << segni dei tempi >>, gli orienta-
menti di Dio che parla attraverso la storia degli uomini.
Ora i tempi, gli uomini, le loro forme associative, i governi, tutto segnava
I'ora per la Congregazione salesiana di diventare un organismo mondiale ben
compaginato e atmonizzato in tutti i suoi settori.
D. Ricaldone dopo aver scritto ai
l'organizzazione dalle sue fondamenta:
Superiori e dei Superiori, prese
le vocazioni, quindi gli aspiranti
ind
mano
e via
via arivò alla progra.mmazione degli studenti, dei Sacerdoti, degli insegnanti.6e
Ed è interessante notare proprio parlando di questi ultimi, cioè dei Salesiani già
65 l.;c. 12, 54-57.
66 Testimonianza di D. Savarè.
67 A.C.S., n. 74, 24 mano 1936.
68 A.C.S., n. 78, Formazione del Personale salesiano, 24-ll-1936.
69 A.C.S., n. 93 (sul Noviziato); n. 131 e 118 bis (sugli studentati di filosofia e teo-
logia ); n. 114 sui Sacerdoti e Insegnanti.
278

30.5 Page 295

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nel lavoro apostolico, tratti del Capitolo delle singole case e dei consigli ispet-
toriali.
Egli vede in questi raduni non solo un'autentica scuola di formazione per i
confratelli che vi partecipano, ma anche un reale << addestramento in tutto ciò
che riguarda l'insieme della direzione di una casa o di una Ispettoria ,>.70 In
essi il Salesiano prende coscienza di essere parte di un tutto e di dover agite
per il vantaggio di quel tutto che è la casa, 7a Comunità, I'Opera apostolica.
Dice ancora: « Queste riunioni servono inoltre a cementare l'affiatamento tra i
membri del consiglio e l'unione di tutti con il Direttore »>.7r
C'è chi disse che D. Rinaldi riprodusse 1a paternità di D. Bosco nell'at-
tuare 1o spirito di famiglia, e che D. Ricaldone ne fu il continuatofe nel << codi-
ficare »> il suo sipirito. È vero, ma è anche vero che egli specificò lo spirito di
famiglia e per questo fu veramente padre, cioè egli considerò 1o spirito di fa-
miglia senz'altro come carità ma prima di tutto come << ordine »> di persone, di
valori, di cose, di lavoro.
IJnafamiglia per godere la pace deve vivere prima di tutto nell'ordine, nella
organicità di un sistema che gli dia sictrezza, stabilità, funzionalità in ogni suo
settofe e in ogni momento del suo vivere. Ecco perché D. Ricaldone nel suo
governo passò a dare principi organizzativi a tutte le opere salesiane: dall'ora-
torio alle missioni, dai Cooperatori agli exallievi.
E, fu metodico anche nei minimi particolari: una famiglia ben otdinata ha
le sue tradizioni, perciò le occore un costumiere; la sua storia con ore tristi e
liete, perciò deve avere la sua cronaca che la ricordi; ha i suoi cari defunti, e
non può non segnarne le date dei trapassi con qualche nota sui confratelli che
tanto hanno lavorato per Ia casa.12 IJna famiglia ben ordinata conserva i docu-
menti dei suoi membri, gli album delle foto, tutto ciò che è stata e continua ad
essere sua vita, e quindi ogni casa deve avere un Archivio dove raccogliere i do-
cumenti delle varie opere e dei Confratelli.73
I Consigli Ispettoriali hanno lo stesso valore unitivo, ma di portat^ m g-
giore in quanto abbracciano un numefo rilevante di Case nei loro raduni e con-
sigli. Anche per essi, D. Ricaldone mise in rilievo i valori formativi di unità
e di complementarietà. .. È necessario che i Direttori e gli Ispettori siano con-
vinti di non poter governare nel modo voluto le Case e le Ispettorie e special-
mente i Confratelli senza 1'aiuto del Consiglio
Ma tutto questo lavoro organizzativo, di
"u.nità,
di collaborazione
aveva bi-
sogno sempre dello stimolo incoraggiante di una presenza. Profondo conoscitore
dneqgilrl r"oobmuslntisi,ceD.ilRcicaavladlolone)>
conosceva
e sapeva
il detto
che era
popolare
valevole
che «
anche
l'occhio de1 padro-
per i Religiosi che
70
ir
A.C.S.,
A.C.S.,
n.
n.
l)4,
1,34,
marzo-aprlle
marzoaprile
7946,
1946,
p.
p.
29.
)5.
?2 A.C.S.; n. 72, 24 noveÀbte 1935. Ne fece come un doveroso impegno in vista del
Centenario del 1941.
73 A.C.S., n. 120, Nov.-Dic. 1943.
279

30.6 Page 296

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fondalmente sono e rimangono uomini e perciò vulnerabili, soggetti a deviare.
D. Ceria gli aveva cometto 7a parcla 'controllo ' nella Circolare sul 'Rendicon-
to', ma ptaticamente di questo controllo egli sentiva la necessità.
Per questo D. Ricaldone si impegnò a fondo nei due scritti: uno su << La
visita canonica delle Case salesiane » 74 per gli Ispettod e i loro Delegati, e
l'altro sul << Rendiconto ».75 Sono miniere di esperienze vissute, di minute ma
preziosissime raccomandazioni, di consigli, di norme pratiche che, togliendo il
carattere odioso del << conrollo »> danno a tutto f insieme un clima di paternità,
di familiarità, di sottomissione filale, di umile riconoscimento da parte di tutti
di essere povere creature bisognose del perdono di Dio e dell'aiuto dei fratelli
per poter fare qualche cosa di buono.
In questi due lavori si può capire meglio il pensiero di D. Ricaldone. Per
Lui organizzare è unificare e l'organismo è famiglia; per lui un superiore orga-
nizzato e organizzatore è un padre sapiente, e i religiosi capaci non solo di lavo-
rare, ma di collaborare, sono autentici salesiani, perché figli umili e intelligenti
che guardano alla famiglia e non a se stessi.
I1 Capitolo Generale del 1938 se si considera bene, non è altro che un ri-
tornare, precisando, su tutta questa organizzazione capillare; dal Catechismo agli
archivi; dal sistema preventivo al comportamento individuale circa i diverti-
menti; dalle varie opere dei Cooperatori, Ex allievi, Missioni, alla Visita Ispetto-
riale. Si ha l'impressione che egli non faccia alro che dire: si lavora molto è
vero, ma dobbiamo lavorare in modo più disciplinato, più organico, più uni-
tario.76
E in quel Capitolo vi fu veramente unità di comprensione, di volontà, di
adesione: tutti erano convinti di questa urgenza. D. Ricaldone stesso dovette
costatarlo: I<< lavori si svolsero in un'atmosfera di concordia, di fusione di menti
e di cuori, di reciproca comprensione e soprattutto di adesione costante e asso-
luta alle idee e direttive, al metodo educativo, allo spirito del nosro Santo Fon-
datore >>.77
A questo punto qualcuno porebbe chiedersi: questa impostazione organica
unitaria è propria di ogni autentico uomo d'azione, di un oculato direttore arn-
ministrativo, di un tenace dirigente industriale, di un capo insomma; e il Su-
periore Religioso? e il Successore di D. Bosco?
In D. Ricaldone l'uomo e tanto meno il capo non soppiantò mai il Re-
ligioso e tanto meno il saLesiano. Se non ci fosse nessun'alffa documentazione
pratica, fattiva, basterebbero gli « A.C.S. » a testimoniare l'origine e il ver-
tice di tutto questo suo grandioso lavoro di organizzazione capillare. Ma basterà
considerare poche paginette, che sembrano non del tutto al loro posto nella
ttattazione de « Il Rendiconto ,> e che invece per il loro contenuto sono messe
74 A.C.S., n 94, Luglio-Agosto 1939.
7s A.C.S., n. L42, Luglio-Agosto 1947.
76 A.C.S., n. 87, Maggio-Giugno 1938.
7i A.C.S., n. 88, Luglio-Agosto 1938
280

30.7 Page 297

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a incoraggiare i confratelli che, richiesti di un atto di profonda fiducia e di
umile confidenza qual'è il rendiconto un po' duro per l'orgoglio istintivo, tro-
vino in esse il perché di tale atto e la forza di essergli sempre fedele.
Queste paginette le intitola: << L'importanzadella vita interiore »> e le divide
in due argomenti: a) <<Il segreto dell'espansione della Società Salesiana »>: 78 e
b) « 11 segreto della operosità feconda e salutare dei salesiani »>.7e
Da esse scatta il religioso perfetto, il salesiano entusiasta, il completo Don
Ricaldone: il 4" Successore di D. Bosco.
Egli, come preliminare, dichiara che l'essenza della vita religiosa, << senza
della quale è impossibile ogni perfezione sia dell'individuo che della Congrega-
zione >>, è Ia vita interiore.
Quindi passa a svelare il « 1o segreto », quello della espansione della So-
cietà Salesiana.
No, non è l'attività, l'operosità che fecero di D. Bosco un santo, e che
fanno grande la sua Società. Per D. Bosco fu l'unione intima con Dio e per la
Congregazione è un segreto <( tutto divino ». E D. Ricaldone lo ricava dalle
espressioni con cui D. Bosco nelle Costituzioniha giustificato ogni azione, deci-
sione, ordinamento: .< secondo Iddio... nel Signore... dinanzi al Signore.. a mag-
gior gloria di Dio... >>. « Queste parole, commenta D. Ricaldone, che infiorano
le pagine delle nostre Regole, sono il talismano celeste che spiega e regola 1o
sviluppo della Società Salesiana e il fiotire del suo apostolato ».
Nel secondo paragtafo, 11 b), dichiara che il segreto dell'operosità feconda
a salutare dei salesiani è nella « intensa vita interiore » in quanto questa costi-
tuisce l'essenza di tutte le Costituzioni.
Egli a comprovarlo passa in rassegna i vari articoli delle Costituzioni, ma a
noi basta aver indicato la sorgente, la polIa d'acqua viva che alimentava il
principio orgnizzativo unitario del 4' Successore di D. Bosco.
Ecco perché il Capitolo Generale XVI prese in esame unicamente la pietà
e alcuni aspetti della moralità di ogni salesiano. D. Ricaldone, solo dopo aver
progettato l'edificio, poteva collocarvi al giusto posto i singoli mattoni, e non
solo, ma quadrarli di quel formato che li rendesse adatti per quella costruzione
e non per un'altra. E la squadratura dei mattoni, lo stampo, li vede nella soda
istruzione religiosa, nelle pratiche religiose veramente alimentatrici della vita
divina e che diventano poi sorgente di modestia cristiana, di letizia cristiana
anche nelle svariate e nuove forme di divertimenti.e
Le discussioni infatti scesero ai particolari del vestiario, delle piscine e
delle spiagge, del cinema, della radio, della stampa, delle vacaflze e degli sport e
non solo per i giovani ma prima di tutto per i Salesiani.
D. Ricaldone sentiva che tutto questo mondo penetrava o meglio era già
nelle nuove generazioni che si amuolavano fra Ie file della Congregazione. Esse
78 A.C.S., n. 142, Luglio-Agosto 1947, p. 44.
7e A.C.S., n. 142, LuglioAgosto 1947, p. 47.
80 A.C.S. n. 142, Luglio-Agosto 1947, p. 45.
281

30.8 Page 298

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avevano nuove esigenze e non erano state più sostenute da strutture religiose e
sociali che le avessero avviate ad un decisivo distacco da queste forme spesso pe-
ricolosissime non solo per la vita religiosa, ma anche per la vita di gtazia. Che
doveva, che poteva fare Don Ricaldone?
A noi che guardiamo le cose dopo 20 anni dal suo rettorato ci pare di
poter capire il suo atteggiamento. Egli era parte di quella società statica che
godeva ancora dei benefici e delle forti strutture religiose difensive e realmente
formative del secolo passato. Era consapevole e vedeva come lentamente queste
venivano intaccate, criticate, sovvertite, soppiantate da alffe strutture nel tentati-
vo di distruggerle. Ma allora setnbrava impossibile che queste forze secolari che
avevano per anni ed anni formato generazioni di meravigliosi cristiani e religiosi,
potessero venir meno.
D. Ricaldone pensò a difenderle e a proteggerle accettando solo quegli adat-
tamenti che non ne compromettessero 7a sostanza. Il suo atteggiamento non fu
causa di poca comprensione, ma di impossibilità vitale e storica in quanto non
sopravvisse oltre il 1951. L'epoca successiva lo avrebbe illuminato diversamente,
ed egli così geniale avrebbe trovato forme nuove e risolutive.
I1 dopoguerra parlò a tutti di ricostruzione, ma furono solo gli anni suc-
cessivi al dopoguerra che mostrarono in che modo si doveva ricostruire. Il
rnondo urgeva di un vero e proprio rinnovamento, di una reale rinascita, che
non tradisse il passato ma, che non vivesse più solo del passato. Mostrò che la
ricostruzione doveva essere intesa come un camminare in avanti creando un pre-
sente che non fosse più ritorno al passato, ma un suo pfogressivo ptocedere, pur
conservandone tutti i valori inalienabili e irrepetibili. Questo presente doveva
essere cosa nuova.
D. Ricaldone fu l'uomo, il Superiore della ricostruzione, cioè dell'<.rrganiz-
zazione di tutto un meraviglioso passato al servizio dell'ora presente. Egli 1o sep-
pe adattare alle necessità in modo geniale, ma non lo ffasformò.
Era I'uomo del suo tempo e non del ventennio successivo. Non poté quindi
pensare di dover fare del passato un trampolino di lancio per un nuovo
divenire, ma pinttosto difenderlo nei suoi valori essenziali respingendo quanto
poteva intaccarlo. Fu il limite del suo governo? Limite storico, ma non perso-
nalistico di mente gretta; perché anzi, egli fu un precorritore in ,molti campi, sa-
pendo veramente << creare )> dove << il nuovo )> non intaccava anzi pefiezio-
nava il passato. Abbiamo sue creazioni nel campo professionale, agricolo e tec-
nico, nel settore catechistico e della stampa, nello studio della pedagogia, nel
problema missionario. Ma invece dove << il nuovo >> intaccava le strutture ffa-
dizionali e non dava possibilità di adattamenti, di soluzioni positive senza venire
a degli indebiti compromessi, egli non procedette oltre e difese. Basta conside-
rare i temi del Capitolo Generale XVI del 7947 e le soluzioni: non c'è chiusura,
no; c'è comprensione, ma anche arresto difensivo.sr
8l A.C.S., n. 143, Sett.-Ott. 1947. Vedere specialmente il 4' e il 5o tema rattati a p
48 e p. 66.
282

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La Chiesa stessa era in questo atteggiamento e attendeva. Don Ricaldone
non precorse la Chiesa, la seguì fedelmente. Era l'unica soluzione possibile in
quegli anni di preparazione all'evoluzione travolgente del ventennio successivo,
e l'aver saputo prendere posizione a aver voluto stare sempre con la Chiesa, fu
la gloria di D. Ricaldone e la salvezza della Congregazione.
Ma come poté avere tale forza di imposizione e soprattutto di convinzione?
Vi riuscì per l'a,more e la fede che ebbe in D. Bosco e fu seguito in forua defr,a
parola di D. Bosco. Qui fu tutta la forza del suo rettorato, qui il vertice del suo
governo: tutto rcalizzò e ottenne in nome di Don Bosco.
Gome organizzò e unì
Se questo fu il suo procedere, come egli praticamente governò? Egli aveva
già un <( suo )> stile: come agiva da Prefetto Generale così continuò a governare
da Rettor Maggiore. In una sua lettera di risposta a D. Emilio Miotti che gli
aveva scritto da S. Paolo (Brasile) il I4-9-1928 preoccupato per tanti pettegolezzi
che gli erano pervenuti, D. Ricaldone stesso espose il suo « modo » di gover-
nare.8'
Lealtà, semplicità e chiarczza al servizio della carità e della verità per cor-
reggere e incoraggiare, per stimolare e dare fiducia, per costruire, rafforzare,
rendere sempre più feconda di bene la Congregazione sia ne1 singolo che ne1la Co-
munità. Quando la scrisse, D. Ricaldone era Prefetto Generale ma non mutò
metodo, caso mai lo perfezionò. dove scrive: << La vosra forza, dopo Dio e
Maria Ausiliatice è tutto nell'osservanza delle Costituzioni e Regolamenti, nel
vostro attaccamento filiale alle nostre tradizioni ecc... » egli dice già 1l mezzo
di cui si servirà da Rettor Maggiore per attuare il suo program'ma.
E anche vi è espresso f ideale che gli brilla nella mente e nel cuore: l'unità:
« tenetevi strettamente, fedelmente, completamente, filialmente (notar I'incal-
'zarrtee sempre più unificante serie di avverbi) uniti al Successore di D. Bosco, ai
nosri Superiori, come membra unite al capo ed al cuore da cui riceviamo indi-
rizzo e vita »>. E ancora ribadendo e ripetendo 1o stesso pensiero espresso prima,
fissa i capisaldi del suo rettorato: << Santa Osservanza », << unione e santa fusione
dei cuori )>, <( vera conoscenza e imitazione di D. Bosco >>.
E anche nel periodo bellico quando si poteva pensare che D. Ricaldone do-
vesse prendere chissà quali provvedimenti speciali, egli parla di « accorgi-
menti nuovi >>, ma sottolinea che il << presupposto insostituibile » è << l'esatta os-
servanza delle Costituzioni »>.
Una lettera del 1944, quando già da anni era Rettor Maggiore, scritta al
Padre Generale Sterpi della Piccola Opera della Divina Provvidenza fondata da
D. Orione. non contraddice quella del 1,928, anzi conferma i principi espressi
8l Vedere la lettera riportata per intero in Appendice, allegato n. 56"
283

30.10 Page 300

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con una sicrrrezza di Superiore lunga,mente e profondamente esperimentato.83 Da
questa lettera possiamo anche capire il suo studio appassionato per lo spirito
di D. Bosco in quella frase finale:
<< Una Congtegazione che veda nelle Regole il Fondatore con la pienezza
del suo spirito e si proponga di imitarlo in tutto, sempre e dovunque, è una
Congregazione destinata ai più lusinghieri successi a salyezza dei soci e delle
anime »>.
C'è il sogno di D. Ricaldone per la Società Salesiana. Per rcalizzarlo, l'Uomo
dell'<< ascolto »> insegnò ai suoi figli a saper anche ascoltare. Che cosa infatti
dicevano le sue operette su << Fedeltà a D. Bosco ,r, ., L" visita canonica delle
Il case salesiane >>, << Rendiconto >> e << Fofmaziofle Personale Salesiano » spe-
cialmente dove parla dei Capitoli e dei Consigli agli Ispettori, Direttori, Con-
siglieri, a quanti avevano qualche responsabilità, e anche al semplice confra-
tello se non di sapersi farc aiùtare da tutti, ascoltando tutti?
I1 consiglio che scrisse alla Madre Generale delle F.M.A., Madre Linda
Lucotti, in paftenza per la visita delle Case in America, dice 1o stesso pensiero:
<< Lasci tutta la libertà alle Suore di padare di sfogarsi, di dire ciò che pensano,
anche se talvolta può parere che le facciano perdere tempo (...) Nessuna fretta
perciò (...). È preferibile visitare una sola Ispettoria dando modo a tutte le
suore di aprire con somma libertà il cuore alla Madre, anziché visitarne due af-
frettatamente e lasciando dei cuori malcontenti... >>.8a
L'ascolto porta al contatto personale e di gruppo: favorisce l'incontro indi-
viduale con il suddito, il raduno dei confratelli addetti ad un dato settore, la co-
municazione delle idee dei responsabili con il superiore e ne nasce la confiden-
za, la fidts,cia feciproca, favorendo l'unione e I'intesa.
Così volle che le sue strenne fossero commentate e studiate in riunioni di
direttori per scendere alla loro pratica concreta.ss D. Ricaldone non fece altro
che provocare, favorire, organizzare incontri a tutti i livelli, riservando fin che
poté a quelli dei Superiori più responsabili e poi impegnando a sostituirlo
Superiori Capitolari e suoi delegati straordinari.
Così già nell'agosto del 1933 raccoglieva tutti gli Ispettori d'Italia a To-
rino e poi a Roma i Direttori.e
Il sistema di riunire i capi, Ispettori, Direttori, prima ancora di scendere
ai Confratelli, fu caro a D. Ricaldone perché 1o rrovava fortemente unitivo,
più pratico, più fecondo, più sicuro per favorire un buon esito a tutti i successivi
e possibili ordinamenti dati poi alle Case. Se c'era unità e intesa fra i Superiori,
si poteva procedere spediti. Questa ft \\a tattica anche di tutti i visitatori da
lui mandati ripetutamente nelle varie Nazioni. Prima o durante il « giro » mis-
83 Vedere in Appendice, allegato n. 57', la lettera degna di essere riportata per
intero.
84 Lettera di D. Ricaldone a M. Linda Lucotti in data 9-ll-1948.
8s A.C.S., n. 77, 24 Settembre 19J6.
86 A.C.S., n. $, 24 Settembre 1933.
284

31 Pages 301-310

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31.1 Page 301

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sionario, nei centri maggiori, venivano fissati Esercizi Spirituali e raduni per
Direttori e Ispettori.
Così nel 1915 convocò nuovamente gli Ispettori italiani ed Europei 87 a
Torino: dal 7 al 10 agosto quelli d'Italia; immediatamente dopo, dal l) al 14,
quelli della Francia e del Belgio.o8
Era però nei suoi intenti di muoversi lui e di andare personalmente a visi-
tare le Isfettorie e le Case, e a tal fine aveva detto al segretario Don Savarè nel
L935: <<iti'rl rignor Aprili che prepari il passaporto per me e te. Andremo
in Brasile e... rivedremo forse il 'tuo' Cile »>.8e Ma i gravi malanni 1o convin-
sero di non essere più in grado di affrontare \\a fatica di simile viaggio.
La parola poi di autorità religiose che 1o sconsigliavano a lasciare il Centro
per l'oscurarsi dell'orizzonte politico non solo europeo ma mondiale, gli diedero
la sicuezza che era volontà di Dio che si fermasse al Centro.
C'è una sua lettera in data 19 maruo 1936 che espone questa situazione e
che egli mandò ai vari Capitolari fuori sede: a Don Berruti per prima e poi a
D. Tirone e a D. Serié.
Torino, 19-3-1936
« Carissimo D. Berruti,
...Le condizioni in cui si trova l'Italia e l'Europa si aggravano notevol-
mente in questi ultimi tempi. Ciò diede motivo ad osse_rvazioni piuttosto serie,
riguardanti il mio viaggio in America. Se ne parlò a Torino e anche a Roma,
in" alte sfere. Io ero ààci.o di mantenere la mia parola anche perché desidero
proprio recarmi a visitare coteste importantissime Opere e tanti carissimi fi-
g"qtrl"r'."rttoi.
Però i superiori del Capitolo si qedettero in dovere di manifestarmi
si andava^ dicendo e di comunicarmi altresì i loro timori e 1e loro
oìservazioni. Li esortai a pregare e a riflettere. Ma in successive riunioni, in
vista del quotidiano aggravarài della situazione, essi credettero-.doveroso fin-
sistere. Si discusse lungamente e si venne alla decisione di udire una parola
amtouirtaeo,raeDnvdo.aleGtaiereadduedacsii,ssiedvnaozvaaeanRldmoomenpaoe. .rDila'aCllttatiordnm.doPerrieviofietrpteoucraderesaii vaRrleelailigdCiooavspuiitteoaleiiln,fCofuramrdian.rceParridocetaeltltoa-
di interpellare il Card. La Pìma, al quale egli espose serenamente le cose pre-
gandolo del suo autorevole parere. I1 Cardinale dopo aver tutto se-riamente
uoennidgSeraaralvetesoia,cnodininsfsolienttosdeepvnoezte'aabsllsboeenctahsrcesoipndpeaila1lereCpearnnecsrhoee.nLtaiecbircrcoeosvseetasnsocznaeodeitlanlzmRa:eentitntoertgaMrlaai gvcgio,ionc_hdreei
zioni il Superiore dève trovarsi àl .ro potto, tanto più che già te alti Supe-
riori Capitòhri sono assenti... Puoi immaginarti la nostra pena. Tutto era già
,tuto .-rrbi.rato ed io pregustavo la gioia di ffovarmi it mezzo a tant1 cati
M A.C.S., n. 70, 2l Aprile 1935.
88 Notes petsonale di D. Ricaldone del 1915.
8e Don tticaldone disse << tuo Cile » con delicata allusione ai sette anni passati nel
Cile dal suo segretario ancora da chierico.
285

31.2 Page 302

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figliuoli: oggi non resta a me ed a voi che chinare il capo e dire: « Signore,
si faccia anche in questo la vostra S. Volontà >>.
.... Vi benedice di cuore il vosmo aff.mo in C.J.
Sac. P. RrcerooNe
Se già prima del 1936 aveva mandato Visitatori Staordinari in varie Ispet-
torie, da allora questo lavoro attento di diramazione dei suoi fidati delegati fu
continuo e ben programmato in modo che tutti i suoi figli potessero avere con.
tatti coi Superiori ed egli potesse avere consapevolezza della reale situazione
di tutte le Case e Ispettorie.
Già nl 1933 aveva mandato D. Bemuti nella patagonia e nella Terra del
Fuoco a visitare le due Ispettorie di S. Francesco saverio e di S. Michele m e
nel 7935 all'Ispettoria Uruguayana e Parugoayana in cr-ri era già stato applicato
il sistema di raduni per Direttori e Ispettori. Infatti D. Berruti presiedàite con
D. Tirone e D. serié a questi corsi tenuti uno nel luglio a Buenos Aires per
Ispettori e Direttori dell'Ispettoria dell'Argentina, del cile, del perù, della Bo-
livia, dell'uruguay e Paraguay, e un secondo nell'agosto con D. Tirone a campinas
per gli Ispettori e Direttori del Brasile.el Di là poi proseguì nelle visite alle Mis-
sioni del Mato Grosso e del Chaco Paraguayo. Furono visite veramente fruttuose
e mosffarono come Pio XI avesse ragione a considerarle « una benedizione del
signore >>. Lo disse nel giugno 7932 a D. Ricaldone ed egli lo ricordò ai con-
fratelli quasi a giustificare il perché di tanti visitatori che egli mandava e
avrebbe mandato lungo tutto il suo rettorato: <( Quando, lo scorso giugno, ebbi
la ventura di umiliare gli omaggi della Famiglia Salesiana al S. Padre, udii dalle
sue labbra, a proposito delle visite dei Superiori alle case, queste memorande
parole: << Una visita è sempre una benedizione »>.e
consigliato a rimanere in sede, D. Ricaldone pensò nel 1937 alle lontane
case della Thailandia, Giappone, India e Cina che egli ben conosceva, assegnan-
do le prime tre nazioni a D. Candela, e a D. Berruti la Cina, con il pensiero però
di presiedere pure a tutte Ie riunioni dei Direttori e dei Capi Missionari delle
zone visitate da D. Candela.e3
Tra 11 1937 e 1938 D. Serié visitò l'Ispettoria della Germania e le case
d'olanda e fu cosa provvidenziale poiché l'anno seguente scoppiava I'immane
guefra mondiale prendendo l'avvio proprio da queste zone europee.q
Nel 1940 D. Berruti poté ancora andare in Spagna, nel 1941 in svizzera
e ancora nel 1942 ritornare in Spagna. Non furono visite alle Case; D. Bemuti
lo scrisse per non deludere i Confratelli. D. Ricaldone lo mandava per radunare
s DoN BBnnuu, Testinonianze
er ldem, p. 3L7-318.
raccolte dal Sac. p. Zerbino, S.E.I., p. 26g ss.
e2 ldem, p. 268.
in
e?a,
D
D.
P. Bennurr, Testimonianze
Serié visitò l'Ispettoria << S.
raccclte dal Sac. Zerbino, S.E.L, p. l2g.
Bonifacio »> dal lO-12-193i all'8 Àarzo 1938
Olanda qualche giorno del gennaio 1918.
e
sostò
286

31.3 Page 303

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i Supetiori locali e con loro studiare e risolvere i problemi del momento, secondo
il suo principio organizzativo di governo. Poi la guerra bloccò anche questa atti-
vità. Solo nel 1946 poté essere riplesa ed ebbe allora un ritmo dinamico, quasi
incalzante.
Ma prima della guerra D. Ricaldone aveva pensato anche alle Ispettorie ita-
liane mandando quali suoi rappresentanti D. Candela, D. Fascie, D. Tirone,
D. Berruti. Nel 1919 e nel 1940 nella Ligure-Toscana troviamo già nomi nuovi
di delegati straordinari, D. Antonino Ortu e D. Renato Ziggiotti; per la Subal-
pina D. Paolo Scelsi e per la Campania D. Pasquale Rivolta'
Nel giugno del 1940 D. Ricaldone poteva considerare compiuta la visita
alle Ispettorie Italiane e subito annunciava che nel luglio avrebbe ascoltato i
Visitatori e quindi nell'agosto avrebbe radunato a Torino tutti gli Ispettori ita-
liani e i Direttori degli Studentati di Filosofia e Teologia. Aggiungeva che le
visite alle Case sarebbero continuate dove le circostanze 1o avrebbero permesso
come negli Stati Uniti dove erano iniziate regolarmente."
Era suo desiderio avere a Torino anche gli Ispettoti dell'Europa per il 1941,
ma la guerra infuriava già in molte nazioni e non fu possibile. Poté avere quelli
d'Italia dd, 28 al 29 aprile per prendere alcuni accordi prima che la situazione
bellica determinasse alre separazioni.%
Dal 1946 fino al 1951 considerando l'elenco delle Ispettorie visitate e dei
Visitatori, si tocca con ,mano come D. Ricaldone non riposò... lasciò ripo-
sare... Non c'è Ispettoria che non sia stata visitata, specie quelle che avevano
vissuto la guerra, cioè quelle d'Europa, della Cina e del Giappone, le italiane,
le francesi, la polacca, la belga, l'olandese, l'ausriaca, la germanica, f inglese,
I'irlandese e con uno scambio di Visitatori tale che tutti i Superiori Capitolari
potevano dire di conoscere quasi tutto il mondo de1la Congregazione. Sovente,
dove la necessità 1o richiedeva, i Superiori si servivano dei raduni di Ispettori
e Direttori. Come si faceva presente D. Ricaldone in queste visite straordi-
narie?
Innanzitutto nei Superiori che egli mandava. Essi 1o dovevano rappresen-
tare e perciò scelse persone che veramente fossero all'altezza del loro compito.
Nel 1949 furono Visitatori Sraordinari delegati per l'America Meridionale e Ia
Spagna: D. Berruti e D. Giraudi; per la Francia e il Belgio: D. Ziggiotti e D.
Candela; per l'Oriente: Thailandia, Cina e Giappone: D. Bellido; per l'India:
D. Fedrigotti e per la Colombia e il Venezuela: D. Serié.ei
E fu anche ottima la scelta f.atta in tempo di guerra, nel 1942, per le
lontane Americhe: D. Ricaldone dovette scegliere sul posto Superiori che sapes-
sero interpretare il suo pensiero e Ii trovò negli Ispettori: D. Giuseppe Reyneri,
Ispettore a Buenos Aires per le Ispettorie dell'Argentina, Brasile, Cile, Perù, Bo-
livia, Uruguay e Paraguay; D. Giuseppe Bertola Ispettore di Colombia per le
es A.c.S., n 100, Luglio-Agosto 1940
%q
A.C.S.,
A.c.s.,
n
n
t04, MarzoAprile 1941.
154, Luglio'Agosto 1949
287

31.4 Page 304

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Ispettorie della Colombia, Equatore e Venezuela; e D. Enea Tozzi Ispettore
degli Stati Uniti per le Ispettorie di Inghilterra, klanda e Stati Uniti.
Si fece presente anche con le sue raccomandazioni fatte ai Visitatori prima
della loro partenza; erano sempre molto calde, sentite, quasi preghiera. Si egli
era l'uomo del... « controllo )>, ma era soprattutto padre.
D. Fedrigotti ricorda: << Non posso dimenticare il modo in cui mi congedò
quando partii per l'America del Sud per visitare la Bolivia, il Perù e l'Equatore,
nel 1951. Andai a congedarmi da lui nella sala capitolare, dove soleva lavorare
attorno ai suoi scritti. Mi diede la benedizione e poi soggiunse: .< Ricordati che
vai come padre, come padre, come padre... )> e continuò a ripetere quelle parole
finché uscii dal1a sala. Furono le ultime parole che udii dalla sua bocca ».
Si fece presente nelle visite anche con le sue Circolari. Fu con la lettera
circolare del febbraio 1946 che annunciò come egli anche nel dopoguerra avrebbe
mandato i suoi rappresentanti e non sarebbe andato lui a visitare le Case.
Se prima il motivo principale addotto e assai chiaro a tutti, era stato quello
del conflitto mondiale, ora che non c'erano più difficoltà di comuni cazioni era
necessario chiarire perché il Rettor Maggiore, lui che tanto insisteva sulle visite
come vincolo di unione, non si muoveva. E con umiltà ed eccessiva discrezione
ne spiegò i motivi, ma non tutti... e nascose il piùr forte come fece già in alre cir-
costanze, per quella verginità del dolore che fu una delle sue caratteristiche:
velò la dolorosissima infermità del trigemino con la frase generica << età avan-
zata>>. Così scrisse ai suoi « carissimi figliuoli >>: « Vi comunico che ho inviato
alcuni Superiori del Capitolo ad iniziare la visita alle Case, ove è possibile
ora. Avrei voluto recarmi io stesso, ma l'età avanzata e i gravi affari che, troppo
spesso, in questi tempi difficili, esigono la presenza del Rettor Maggiore a To-
rino, mi hanno privato dell'immensa consolazione che avrei provato nell'abbrac-
ciare tanti cari figliuoli dopo le tistissime vicende degli anni scorsi ». E poi
presentava così la visita dei Superiori Capitolari da 1ui inviati: I<< Visitatori, nella
loro visita di carattere paterno, porteranno a tutti i miei saluti, quelli degli
alri Superiori e la mia paterna benedizione. Confido che questo primo incontro
tra il Padre ed i figli giovi a irrobustire sempre più quei vincoli di amore santo
che ci sringono nel cuore di S. Giovanni Bosco »>.e8
Ancora con le lettere circolari annunziava visite ee e soprattutto esponeva
il valore, l'importanza dei raduni e li chiedeva a Diretrori e Ispettori dove
forse momentaneamente egli non poteva giungere.
La Tettera circolare del Novembre-dicembre 1941 svela tutto D. Ricaldone
nei suoi principi di governo.
Infatti, costatando come diventava sempre più difficile ai Superiori non
solo muoversi ma persino inviare lettere, esortazioni e strenne, diceva: « Urge
pertanto, appunto perché le circostanze ne rendono più assillante il bisogno,
e8 A.C.S., n. 1-31, Genn.-Febbraio 1946.
ee A.C.S., n. 150, n, 154.
288

31.5 Page 305

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D. Bicaldone con confratelli tedeschi a Valdocco il 15 maggio 1951

31.6 Page 306

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31.7 Page 307

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affivare ad alri mezzi che servano a tutelare I'integrità dello spirito e a imobu-
stire la carità con I'unione delle menti e dei cuori >>.
Propone quindi che gli Ispettori radunino i Direttori alfine di studiare i<<
mezzi per rafforzare nell'ora presente il sentimento e l'attuazione delle grandi
nostre responsabilità davanti a Dio, alla Chiesa, alla Congregazione, alle anime.
Ma gli stessi direttoti devono a loro volta radunare i confratelli col mede-
simo scopo perché, spiega: « Abbiamo bisogno di ruffotzate i vincoli dell'unità,
di affratellarci con una carità sempre più forte, di stringerci filialmente al no-
stro dolcissimo padre e ai Superiori che lo rappresentano in mezzo a noi >>. E
poi raccomandava ancota: << Prego i direttori di tenersi in stretta e frequente
corrispondenza con i rispettivi Ispettori. Questi poi, visitino paternamente e
con maggiore frequenza le case e, alla loro volta si indusuino in tutti i modi
per far giungere al Rettor Maggiore e ai Superiori notizie dei Confratelli, del-
l'andamento delle Case e delle opere che vi si svolgono.lm Nel 1950 quando
i nuovi mezzi tecnici permettevano di far giungere la propria voce anche a di-
stanza senza incidere troppo sulle finanze; ...si servì anche di questi. Mandò
così a Niteroi in Btasile, il suo messaggio detto al dictafono in occasione del
Cinquantenario del Monumento innalzato a Matia Ausiliatrice nel collegio di
S. Rosa a Niteroi il 13 maggio 1909. Ma dove poteva, quando poteva, tutti
i suoi sforzi erano per essere presente di persona almeno ai raduni dei Di-
rettori e Ispettod d'Italia. Questi inconffi sono accuratamente segnati nei suoi
taccuini, Nel 1942 in giugno e in agosto, è con gli Ispettori d'Italia prima della
divisione dei due fronti.
Nel 1945, il 5 maggio, partecipa alla riunione dei direttori delle due Ispet-
torie Piemontesi.
Nel 1946, il 25 luglio, parla ai Direttori della Ispettoria Subalpina.
Nel 1948 iI male non gli permette di presenziare ai vari raduni di diret-
tori italiani raccolti in sedi distinte, ma vi manda i suoi fidatissimi Capitolari; a
Roma per la Romana e a Messina per la Sicula D. Tirone e D. Candela; a M|
lano per l'Ispettoria Veneta e Lombarda, D. Ziggiotti e D. Fedrigotti; a Torino
(Valsalice) per la Subalpina, la Ligure e Ia Novarese: D. Berruti e D. Serié; a
Torino (Crocetta) per l'Ispettoria Centrale: Don Giraudi e D. Bellido.
Ma pure impossibilitato dispone, organizza, fa muovere tutti... e nel no-
vembre del 1948 fa radunare da D. Ziggiotti tutti i Confratelli, Presidi delle
Scuole Salesiane in Italia. Il lavoro incalza e non può attendere, ritardare, aspet-
tare. Così D. Ricaldone visitò tutta 7a Congtegazione. Non più: a dorso di mulo,
sulle piroghe, a piedi o su portantine cinesi, come da Superiore Capitolare,
ma con i raduni. Prima con i raduni di intesa, di consulta in senso discen-
dente dei Capitolari partenti che dovevano portare il suo cuore e il suo deciso
volere di seguire la Chiesa e D. Bosco agli Ispettori, ai Direttori, ai Confra-
telli; e poi di nuovo con taduni di relazione in senso ascendente che riportavano
100 A.c.s., n. 108.
289
't9

31.8 Page 308

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l'onda di ritorno di Confratelli, Direttori e Ispettori. Si, certamente non era
come vedere coi propri occhi, costatare di persona, ma per lo meno era cono-
scere la realtà della situazione, il pensiero anche di oltre oceano e di tutti i
paesi.
Nel 1940 in base a questo sistema di raduni discendenti e ascendenti prima
e dopo la << Visita », D. Ricaldone poteva provvedere e dispore. Scrive infatti
ai Confratelli: « Dalle relazioni fatte dai Visitatori Straordinari, i Superiori si
sono persuasi di insistere su alcuni punti dando suggerimenti ai Direttori di
alcuni mezzi pratici che è bene siano conosciuti da tutti >>.
Fa poi seguire la lettera indirizzata ai Direttori, dove sono elencati i
mezzi suggeriti: Ptatica regolare del Rendiconto, dell'Esercizio di Buona Morte,
delle due conferenze mensili, delle riunioni del Capitolo della casa, della solu-
zione del caso di morale e di Liturgia e della lezione settimanale del Nuovo
Testamento.lol
Da notare come esorta a rnezzi di intesa, di unione: Rendiconto, Capitolo,
Conferenze, ecc.
Così egli preparò il Capitolo XVI del 1947 . Mandò con lettera circolare a
tutti i confratelli 7a ttattazione del tema del Capitolo perché ne rattassero
con raduni capillari e venissero così portate al Capitolo le voci di tutti: << Come
adeguare praticamente alle esigenze dell'ora presente le nosre attività di figli
di S. Giovanni Bosco »>.102
E fu attraverso queste visite che egli raggiunse tutti i suoi << carissimi fi-
gliuoli »>, ne capì le diverse esigenze a seconda del loro specifico apostolato tan-
to che i confratelli dei vari settori apostolici, tutti dichiarano che D. Ricaldone
fu uno specialista, un padre, un capo qualificato della loro attività. Gli inse-
gnanti 1o ammirano per il P.A.S.; gli assistenti per la sua profonda competenza
pedagogica; i missionari assommano tutte le sue doti nel suo << carisma mis-
sionario >>; i confratelli addetti alle scuole professionali tecniche e agricole
lo dichiarano il loro paladino; quelli degli Oratori, dei movimenti giovanili, il
precursore della catechesi pastorale; i Coadiutori il « loro Padre »; i Coopera-
tori, l'uomo del momento....
E tutti, tutti hanno ragione, poiché egli si sforzò di essere presente a tutti
i suoi Figli pet farne un'unica grande Famiglia: quella di D. Bosco a servizio
della grande Famiglia di Dio: la Chiesa.
lor A.C.S., n. 101, Sett.-Ott. 1940
102 A.C.S., n. 137, Sett-Ott. 1946.
290

31.9 Page 309

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CAPO XX|X
LA FAIVIIGLIA SALESIANA
I Coadiutori
Si farebbe torto al cuore grande di D. Ricaldone se si dicesse che egli ebbe
delle preferenze. Però vi furono gruppi dei suoi figli che per le mutate esigenze
dei tempi non possedevano una adeguata preparazione richiesta dal compito loro
affidato dall'obbedienza. Intendiamo riferirci ai coadiutori. Questi furono og-
getto di più attento studio, allo scopo di portarli ad un inserimento più pro-
fondo in seno alla stessa Congregazione.
Abbiamo già messo in evidenza quanto fece in loro favore da Consigliere
Professionale e da Prefetto Generale, consapevole di avere in quei confratelli
talenti non comuni da coltivare meglio, per un rendimento maggiore nelf inte-
resse del Confratello e del suo apostolato.
Nonostante il programma fissato da D. Bosco, gli interessamenti di D. Rua,
le sollecitudini di D. Albera e I'azione di D. Rinaldi, c'era ancora molto da fare
per questa categoria. L'evoluzione economica e sociale aveva portato l'indusffia-
lizzazione a tale altezza da dover provvedere alle professioni tecniche con studi
più seri e qualificati. L'artigiano, il maestro di officina o di bottega, il mezza-
dro dovevano diventare il perito tecnico e agrario, I'operaio qualificato. Inoltre
la seconda guerra mondiale aveva dato tale spinta al progresso scientifico e tec-
nico da mettere in gioco tutta f impostazione di valori che, a seconda del loro
orientamento, avrebbero inciso sulla civiltà stessa: civiltà materialista o civiltà
cristiana.
Il problema di D. Ricaldone per i coadiutori era quello dei suoi predeces-
soti, ma visto nella realtà storica. Egli puntò come D. Rua, D. Albera, D. Rinaldi,
sulla formazione più adeguata sia spiritualmente che professionalmente, sulla
comprensione più attuale delle reali esigenze di vita, di lavoro, di apostolato dei
coadiutori, ma in vista della loro specifica vocazione.
D. Ricaldone sentì con D. Rinaldi tttta 7a grandezza della vocazione del
religioso laico salesiano, così come l'aveva visto D. Bosco: le sue possibilità di
bene come vera chiamata alla santità personale e come ministero di salvezza e di
grazia nella Chiesa.
C'è in lui, che tanto aveva ascoltato il Papa dell'Azione Cattolica, la con-
cezione esatta del posto che spetta al laicato cattolico nella Chiesa e sembra
un vero precorritore del Vaticano II nel valorizzarc la vocazione alla sequela di
Cristo del fratello laico.
29t

31.10 Page 310

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È fondamentale, nella concezione che D. Ricaldone ebbe del Coadiutore Sa-
lesiano, il pensiero di D. Rinaldi che egli fece suo riportandolo in << Formazione
del Personale Salesiano >> dove parla delle vocazioni e degli Aspiranti: ,, È ne-
cessario che ci mettiamo tutti a diffondere e a rendere familiare con le parole
e con gli scritti e con ogni mezzo che sia a nostra disposizione, la verità troppo
poco conosciuta: che cioè la vocazione religiosa non è solo per i chiamati al
sacerdozio, ma anche per quelli che sentono dentro di il desiderio di menare
una vita più perfetta, onde poter servire meglio il Signore nell'esercizio delle
svariatissime mansioni dell'apostolato >>.1 Questa convinzione egli la ribadì nel
1944 in una lettera a D. Campanini che, chiamato ad esercitare il ministero
della penitenza all'Istituto Rebaudengo, 1o aveva pregato di rispondere ad una
sua perplessità e cioè perché non si dava ampia libertà ai Coadiutori Salesiani
di fare gli studi ecclesiastici quando si credessero chiamati allo stato sacerdotale.
La risposta di D. Ricaldone, mostra come egli considerasse vera vocazione
religiosa, senza essere sacerdotale, quella dei coadiutori e che questa doveva
essere abbracciata con cognizione di car-rsa.2 È da notare però che egli quando
vedeva che un confratello laico era chiamato allo stato sacerdotale mai si oppose
a71a rca7izz'-zione di tale vocazione. Uno capitò a D. Virginio Battezzati. Don
Ricaldone 1o pregò di accertarsi circa un coadiutore che aspirava allo stato sacer-
dotale perché, qualoru avesse avuto le doti richieste, egli era ben disposto ad
aiutarlo.3
E come sia vitale L'azione apostolica di questi confratelli in posti direttivi
e di comando anche e prima di tutto nella stessa Congregazione, lo disse già
nel Capitolo Generale del 1938. Parlando della preparaziofle professionale dei
Coadiutori così si eprime: « ... I diplomi ormai divengono indispensabili dap-
pertutto (...) Stiamo attenti per non arrivare in titardo! (...)
Taluni fanno osservare che Ia scarsità di capi ben preparati ci obbliga tal-
volta a conservare aTla dfuezione dei laboratori individui meno capaci. Ebbene,
si preparino elementi idonei e numerosi per potere, non solo fornire buoni capi,
ma per essere anche in grado di poterli cambiare, offrendo così man mano ai
vice-capi il modo di addestarsi nella direzione di un laboratorio >>.4
Molto più esplicito fu nel Capitolo Generale XVI. In esso rattò un po'
tutti i punti del problema e da quanto disse è facile arguire quanto egli tene-
ramente amasse questi figliuoli. Egli li ricordava in tutte le sue rattazioni, sia
quando poteva dire una parola di lode in loro favore, come fece nel periodo
bellico,s sia quando li doveva mettere sull'attenti per qualche pericolo.6
Abbiamo visto quanto li awicinava, come li ascoltava, 7i aitttava, li inco-
t A.C.S., n. 78, 24 Novembre 1936.
2 Vedere in Appendice (allegato 58), la risposta di D. Ricaldone alla lettera di
D Campanini scrittagli in data 15.11.1944.
3 Testimonianza di D.Y. Battezzati.
4 A.C.S., n. 87, MaggioGiugno 1938. Cap. Gen. XV, p. 28.
s A.C.S,, n. 110, MatzcAptile 1942.
6 A.C.S., n. 82, « Povertà >>, 24.7.1937, p. 102-106, ecc.
292

32 Pages 311-320

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32.1 Page 311

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raggiava dando loro stima, fiducia e vero amore di padre. Ecco come parlò in
loro favore ai capitolari nel 1947: << Avrete notato che i Confratelli coadiutori
fanno giungere fino a noi l'eco di qualche pena, di reali disagi e forse del trat-
tamento non sempre paterno loro usato.
Abbiamo parlato di coadiutori: soprattutto per essi siamo padri e teneri
padri; D. Rua temeva che qualche figlio della Congregazione l'avesse abbando-
nata per llon aver trovato nel Direttore un cuore di Padre... e questo, D. Rua
1o diceva prossimo a morire.
Voi vedete con quanto interesse e con quali sacrifici i Superiori si siano
occupati dei coadiutori, e sono disposti a fare anche di più se sarà necessario. In-
tanto avete visto con i vostri occhi che le tre migliori Case della Congregazione
furono costruite per loro e atttezzate con grande larghezza di vedute per la loro
formazione: Cumiana, Rebaudengo, Colle Don Bosco. Con queste tre Case
abbiamo voluto dirvi come noi ci preoccupiamo della formazione dei nostri
Coadiutori, ma soprattutto abbiamo voluto darvi un esempio da imitare. Fate
nelle vostre Ispettorie, nella misura che vi sarà concesso, ciò che noi credemmo
dovere nostro, presentarvi in grande, qui al centro della Congregazione; non
solo per coltivare molte vocazioni, ma per atffezzarle nel modo migliore per
voi e per Ie missioni.
È necessario che quest'idea si vada attuando man mano anche altrove;
anzi godo potervi comunicare che è già in atto nell'Argentina, nel Brasile, nel
Belgio, nella Spagna e altrove.
Quando i nostri confratelli Coadiutori si sentiranno trattati più paterna-
mente e vedranno praticamente i nostri sforzi per formarli meglio nell'esercizio
professionale e nella vita morale e salesiana, com'è nel nostro e nel loro desi-
derio, possiamo essere certi che si sentiranno sempre più fortemente legati alla
Congregazione, gusteranno ogni dì pirì la pietà, la vita di famiglia e si impegne-
ranno a contribuire con noi in misura sempre maggiore alla gloria di Dio e
alla salute delle anime »>.7
E di questa paternità paziente e longanime per inserire i Confratelli coadiu-
tori nella Congregazione come veri religiosi, egli ne diede sempre prove esem-
plari. Fu di una delicata tenacia nel seguire tipi difficili, aiutare titubanti, sal-
vare i salvabili. E come sapeva sopportare << pro bono pacis » che D. Gullino, da
lui già favorito e stimato leggesse il giornale in refettorio, così seppe farsela
buona anche col Confratello Caccia. Per il primo passava oltre sospirando a chi
sorridendo maliziosamente glielo additava: << Quante volte glielo ho già detto a
quel saot'uomo! Ci vuole pazienza là,>>,8 e col secondo rimediava le tensioni
troppo... tese con Ia patita a bocce... Così Caccia veniva spesso invitato all'ami-
chevole gara bocciofila nell'orto-giardino di Don Bertagna. I1 Confratello
mezzo imbronciato brontel6y2; - Vuole uno che faccia vincere o perdere? -
i A.C.S., n. 143, Sett.-Ott. 1947. Cap. Gen. XVI, p.76,77
8 Dalle testimonianze di Don L. Tavano del 27.12.1970.
29)

32.2 Page 312

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EProDv.iEaRmbibcoea! lda-osnoeC:fofrs-iìrei
Per perdere ci sono già io! Ma vieni, proviamo a
rapporti si stendevano... »>e
anche amare delusioni da questi figlioli che non
vincere!
corispo-
sero sempre a tutte le sue cure, come << le speranze di Cumiana » che, a studi
farti, sfumarono. I Confratelli dei Becchi invece gli diedero il grande conforto di
partire in gruppo, capitanati dall'entusiasta Sig. Bersezio per gli Stati Uniti, nel
L946.10
Nel Capitolo Generale XVI D. Ricaldone fissò modalità chiare e decisive
per l'istuzione catechistica dei coadiutori, cosa di cui già aveva parlato in
« Formazione del Personale »> rl anche per quelli che non avendo fatto particolari
studi, attendevano agli uffici casalinghi.
Tutti dovevano essere Catechisti!
Egli Ii sognava tutti missionari almeno nello spirito e per loro aveva ideato
una Associazione che li animasse a diventare veri apostoli secondo il cuore di
D. Bosco. Lo ricordò il coadiutore Guido Cantoni quando il 19 dicembrc l95l al
Colle Don Bosco rievocò la figura di D. Ricaldone:
<< Ben fortunati noi del Colle che nelle cose materiali abbiamo avuto l'av-
vio da lui, non ci ha voluti inerti nel campo spirituale. Da pari suo ha dato vita
alla vasta Associazione << Marcello Rossi »> 12 sorta dapprima tra i Coadiutori della
Casa Capitolare, precisandone gli scopi e fissando i suoi insegnamenti.
Sette anni {a (1934) festa della SS.ma Trinità, benediceva 1a sala, benedi-
ceva i 4l componenti l'associazione.
Benedica oggi dal cielo in più larga misura noi tr-rtti, qui intorno a lui
radunati per rievocare sia pur schematicamente i suoi insegnamenti ».r3
D. Ricaldone aveva orizzonti aperti per i suoi Coadiutori. Non temeva
della loro formazione professionale tecnica-scientifica, dei loro studi, che per
se stessi potevano costituire gravi pericoli. E quando la prima esperienza dei peri-
ti agrari di Cumiana si rivelò deludente, non si perse d'animo, ma cercò la causa
del grave avvenimento; e si persuase che non era stato il « titolo >> acquistato il
motivo dell'esodo, ma il non aver accettato l'esercizio pratico di quel titolo, come
lo intendeva D. Ricaldone. La superbia, dunque , eta 7a grande nemica della
vocazione, non la scienza; lo capirono i Coadiutori che ricordavano il suo am-
monimento:
a,mm"onDiz.ioRniicapledroni ecopaadvieuntotari,dci huienraicci oesaprseotliac: hlae
superbia, ed esce in
fanno rabbrividire e
quelle tre
riflettere:
<< Forse, qualche coadiutore superbo, credendosi sicuro, si butta in mezzo
ai pericoli, lasciandosi dominare dallo spirito mondano. Disprezza quelle che
chiama Ie piccole cose, come il colore dell'abito, I'acconciatura dei capelli, mol-
e Dalle testimonianze di D.L. Tavano del 27.12.L970.
r0 Dalle testimonianze di D.L. Tavano del 27.12.1970.
1r A.C.S., n. 78, p. 106, 107.
12 Associazione intitolata al Coadiutore Salesiano: Marcello Rossi.
13 Riportiamo in Appendice (allegato n. 59), gli incitamenti di D. Ricaldone ricordati
dal Confratello nella sua rievocazione.
294

32.3 Page 313

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tiplica le infuazioni alla povertà, si rende schiavo di letture pericolose, della ra-
dio, del cine, del fumo e finisce per lasciare la vita religiosa, la cui perdita sarà,
dopo, il verme roditore di tutta la sua vita. Superbia che ha per figlia primogenita
la critica e la mormorazione »>.14
I Missionari rs
Un altro settore che pur non essendo di stretta competenza del Rettor
Maggiore richiamava \\a sta attenzione particolare fu quella dei Missionari. Come
poteva non sentife il bisogno di occuparsi di loro, egli che visitando I'America
latina, il medio ed estremo Oriente aveva sperimentato e misurato la virtù
eroica che la evangelizzazione richiedeva ai missionari? Non potendo più visi
tarli di persona mandava Visitatori straordinafi, convocava gli Ispettori, curava
la comispondenza epistolare.
A D. Berruti prima e poi a D. Bellido lasciava tutto il complicato e minu-
to disbrigo normale di spedizioni missionarie e di rimpatri; ma quando si uat-
tava di fare opera creativa, f ideatore rimaneva ancora lui, pur richiedendo la
collaborazione attiva e intelligente di quanti avevano tfa mano la sua idea, con-
tagiandoli del suo ardore apostolico.
Il XIII Capitolo Generale nel1929 aveva approvato il << Regolamento delle
Missioni ». D. Rinaldi l'aveva presentato come Regolamento ad experimentum.
In quello stesso anno la S. Congregazione di Propaganda Fide emanava una
Istruzione che regolava le relazioni del Superiore ecclesiastico con quello reli-
gioso nei territori di missione.
D. Ricaldone come fu eletto Rettor Maggiore ed ebbe al suo fianco D. Ber-
ruti, affidò a lui I'incarico di redigere l'edizione definitiva del « Regolamento »
in conformità della nuova fstfuzione. Lo promulgava così nel 1935 ad experi-
mentum perché fosse praticato nel triennio che precedeva il futuro Capitolo
del 1938.
Nel 1918 il Capitolo Generale lo approvò facendo appena qualche lieve
ritocco.
Dopo la redazione definitiva fatta da D. Berruti, Don Ricaldone trasmise
il documento alla C. Congregazione di Propaganda nel gennaio l9)9. Pensava
che non avrebbe incontrato difficoltà per l'approv^zione poiché ricalcava gli
Statuti già approvati di altri Istituti missionari. Invece D. Berruti dovette sudar
parecchio per chiarire e spiegare! Mons. Costantini finalmente rimase convinto
e assicurò il suo appoggio.
D. Ricaldone affidò a D. Berruti un'altra rcalizzazione missionaria quanto
ra Dalla commemorazione di D. Ricaldone fatta dal Coadiutore Salesiano Guido
Cantoni 11 9.12.1957.
15 Si veda l'appendice, allegato n. 60, sullo spirito rnissionario sempre vivo nella
Congtegazione, come pteziosa eredità del Fondatore.
295

32.4 Page 314

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mai complessa e cioè la creazione di un Ufficio Missionario Salesiano che se-
guisse vari settori: culturale, amminisffativo, assistenziale, propagandistico, sto-
rico. D. Bemuti trovò che il settore che bisognava subito organizzate era quello
della propaganda. Non si poteva lasciado all'arbitrio di ogni singolo missionario
che, tornando in patria, zelava per la sua missione. Tentò di creare in Italia delle
<( zone di propaganda missionaria »> in corrispondenza alle ispettorie assegnando
a ogni missione ùna zona nella quale i missionari provenienti da essa avrebbero
potuto fare propaganda sia nelle case salesiane come tra il popolo.
Ma quando nel 1939 l'orizzonte politico d'Europa cominciò a rabbuiarsi,
l'Ufficio Missionario Salesiano fu trasportato negli Stati Uniti. D. Berruti impe-
gnò l'Ispettore D. Rossi. Questi nel 1940 gli comunicava 7a notizia che la
creazione dell'Ufficio Missionario Salesiano era cosa fatta.
Ma rimaneva sempre il sogno per l'Ufficio a Torino.
D. Ricaldone trovò in D. Berruti un'anima apetta a cogliere e a vibrare dei
suoi stessi ideali con quell'ampiezza di vedute che a molti sembravano sogni.
D. Berruti pensava ad un Ufficio che con il lavoro amministrativo svolgesse
quello di studio sui problemi missionari, con conftatelli specializzati che com-
pilassero la storia delle missiorri salesiane, studi sulle opere di civiltà, sulle atti-
vità culturali e scientifiche da loro compiute, che raccogliessero fatti e vite di
confratelli missionari. Desiderava anche studi di missionologia che potessero
meglio preparare i nostri giovani salesiani destinati alle missioni.r6
Era pure desderio di D. Ricaldone che si sviluppasse sempre più fra i gio-
vani il fervore missionario; D. Berruti 1o fece suo e a tal uopo si servì della
« Associazione Gioventù Missionaria » (A.G.M.) e della Rivista << Gioventù
Missionaria ,r.17 D. Ricaldone approvò con grande soddisfazione il progtamma di
D. Berruti e gli assegnò un valido coadiutore in D. Demerio Zucchetti, che
assunse la direzione dell'A.G.M.
Questa Associazione, sertza interferire nel programma delle Compagnie re-
ligiose, penetrò in esse infervorando di spirito apostolico le anime giovanili. I
gruppi si moltiplicarono negli Istituti ed Oratori sia Salesiani sia delle F.M.A.;
nel 1947 gli iscritti erano 20.000, distibuiti in 300 gruppi.18
Ma D. Ricaldone tendeva ad un'altra grande tappa missionaria in favore
della Congre gazione'. una formazione apostolica e professionale dei futuri mis-
sionari, più completa, più aggiornata.
Bisognava mandare nelle Americhe e nell'Oriente, dove industrie e commer-
cio richiamavano masse di emigrati operai apostoli ben preparati dottrinalmente
e professionalmente per fronteggiare una civiltà materialista e sfruttatrice delle
popolazioni indigene.
16 D. Prsrno Brnnurr, Testixtonianze raccolte dal Sac. P. Zerbino, S.E.L, cfr. da
p. 700 a p.704.
17 Op. cit., cfu. p. 704-705-706.
18 Vedi l'Opuscolo L'A.G.M., nel suo cinquantesimo di vita, Torino 1958.
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32.5 Page 315

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Un sogno ed una realtà
Non si sa se D. Ricaldone ebbe presente nei suoi vasti piani organizzativi
il sogno missionario e programmatico che D. Bosco raccontò il 9 maggio 1879
intorno alle lotte che attendevano i chiamati alla Congregazione.ls
È un fatto che quel sogno e le attuazioni del 4" Successote di D. Bosco
hanno collegamenti tali, che queste sembrano l'effettuarsi di quello.
In quel sogno D. Bosco vide una grande battaglia awenuta tra mostri di
forma gigantesca e uomini di alta statura ben armati ed esercitati.
<< Essi avevano uno stendardo assai alto e largo, nel centro del quale
stavano dipinti in oro queste parole: Maria Auxilium Christianorum. La pugna fu
lunga e sanguinosa. Ma quelli che seguivano lo stendardo, furono come invul-
nerabili e rimasero padroni di una vastissima pianura, A costoro si congiun-
sero i giovanetti superstiti alla antecedente battaglia e tra tutti formarono una
specie di esercito avendo ognuno per arma nella destra il Santissimo Crocifisso,
nella sinistra un piccolo stendardo di Maria Ausiliatrice, modellato come si è
detto.
I novelli soldati fecero molte manovre in quella vasta pianura, poi si
divisero e partirono gli uni all'Oriente, alcuni pochi al Nord, molti a Sud.
Scomparsi questi, si rinnovarono Ie stesse battaglie, Ie stesse manovre e par-
tenze per le stesse direzioni.
Un Personaggio misterioso che aveva la fisionomia di S. Francesco di
Sales diede poi a D. Bosco norme severe per l'accettazione delle vocazioni, ma
sta di fatto che furono le forue giovani e vittoriose a diramarsi in tutte le parti
del mondo.
Ora D. Ricaldone fu un entusiasta dei giovani: i suoi grandi piani di bat-
taglia li rcalizzò coi giovani e per i giovani. L'espansione della Congrega-
zione richiedeva continuamente un rifluire di sangue nuovo e guardò alle nuove
generazioni con 1o stesso cuore di Don Bosco e la stessa fiduciosa speranza della
Chiesa.
Quando pensò di dare un maggior impulso alf indirizzo tecnico professio-
nale nelle scuole della Congregazione, guardò alle nuove generazioni.
Quando bandì la Crociata Missionaria puntò sui giovani. Quando vide che
le file dei Cooperatori erano state decimate dalla guerra, dispose che gli exallievi
meritevoli, anche solo di 16 anni fossero accettati quali cooperatori.m
Quando scrisse, lavorò, operò per una cristiana educazione presentando Don
Bosco quale intramontabile educatore evangelico, ebbe presente i difficili « ra-
gazzi della strada >>.
Quando creò il Centro Catechistico ebbe presente Ia massa giovanile scri-
stianizzata, ignorante di religione fino a credersi atea.
re M.8., xlv, t»-12r.
20 L'età minima di 16 anni era già stata proposta da Don Bosco nel Regolamento.
Lo ricorda l'articolo 110 dei Regolamenti editi nel 1965 (art. 115 dei Regolamenti pubbli-
cati antecedentemente).
297

32.6 Page 316

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Eppure erano anche quei giovani che, armati dello stendardo di Maria Au-
siliatrice e del Crocefisso, avrebbero dato sangue nuovo, vittoria di fede e di
carità alla Congregazione. Bisognava credere, sperare ed operare. E fu così che
ancora nei giovani D. Ricaldone vide la soluzione del problema dei confratelli
coadiutori e dei missionari quali l'ota storica li esigeva.
Sorsero così i Centri Professionali Missionari, veri seminari di futuri sale-
siani dove col perito agricoltore, col tecnico specializzato, col tipografo, col fa-
legname e col sarto qualificato, si sarebbe formato il religioso apostolo e il
missionario.
Non furono semplici « scuole professionali ». D. Ricaldone unì ad esse
l'altro aggettivo che ne specificava 7a natura intrinseca, << missionarie ,>: << Scuole
Professionali Missionarie »>.
<< Cumiana >> fu inaugurata nel 1927. L'Istituto Rebaudengo nel t934.21
Al Colle l'Istituto Bernardi Semeria, e a Torino l'Istituto Agnelli, ebbero la
posa della prima pietra nel 1938, quasi gemme preziose a1 nuovo altare di
D. Bosco Santo e agli ampliamenti della Basilica.z
Le Scuole Professionali furono, per così dire, Ia pupilla degli occhi di Don
Ricaldone, Consigliere Professionale e Prefetto Generale perché in esse le
nuove generazioni dei figli del popolo avrebbero avuto un'educazione profes-
sionale cristiana che urgeva alla società moderna.
Le Scuole o << Centri Professionali Missionari » lo furono per D. Ricaldone
Rettor Maggiore, poiché da esse sarebbero usciti i Maestri d'arte delle Scuole
Professionali, i Confratelli Coadiutori rilanciati nell'apostolato salesiano con
una prepar^zione completa sia dal punto di vista missionario che professionale.
Di D. Ricaldone sognava veder diramarsi in tutte le direzioni, come nel sogno
di D. Bosco, le nuove generazioni di missionari salesiani che avrebbero poftato
alle nazioni sottosviluppate delle zone di missione forme di iavoro che avreb-
bero elevate le loro popolazioni in una vita cristiana laboriosa e risanante.
Sono creazioni sue questi centril Cumiana per 7'attrezzatura di cui l'artichì
divenne un Centro qualificato di Studi Agrari.
L'Istituto Conti Rebaudengo un Centro di Perfezionamento professionale
con annesso un Istituto di Psicologia e Pedagogia al fine dircalizzate l'unione del-
lo studio e del lavoro in vista dell'orientamento professionale.
Il Centro d'Arti Grafiche al Colle con i più moderni impianti tipografici
tanto da poter dare vita ad una Editrice: la << Libreria della Dottrina Cristiana ».
Ed anche I'Istituto « Agnelli >> divenne Centro Missionario poiché si
formarono i coadiutori elettrotecnici e i meccanici specializzati che occuparono
ed occupano posti di primo piano nei cenri missionari.
D. Eugenio Valentini scrivendo di questi centri affermò: « Tali opere
non possono essere descritte, devono essere visitate e ci si ffoverà allora di
fronte a Università del Lavoro con le caratteristiche di vere Facoltà di Magi-
2r « Bollettino Salesiano », Giugnoluglio 1934, p. 213.
22 « Bollettino Salesiano », Agosto 1918, Ediz. sraordinaria.
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stero, dove i Maestri d'arte si allenano alla loro difficile e delicata missione
di educatori, tutti protesi a un sempre maggior perfezionamento didattico, che
permetta loro di trasmettere con efficacia e prontezza Ia loro tecnica e i loro
segreti ai giovani apprendisti.
Ché la didattica del lavoro è davvero una caratteristica delle Scuole Pro-
fessionali Salesiane, e richiede l'apprendimento e Ia conoscenza dei segreti del-
l'arte e di tutti gli accorgimenti pedagogici insiti in questo insegnamento.
D. Bosco infatti ha trasformato l'officina in scuola, ma al contrario dei me-
todi inglesi, non ha annullato l'officina »>.4
Furorrc veramente delle creazioni meravigliose, che mostrano il genio orga-
nizzativo di D. Ricaldone, il suo ardente zelo apostolico e gli o.tizzonti vasti a
cui era solito mirare portando ad essi anche i suoi figli.
Diceva: « Oggi è il popolo che frequenta gli istituti superiori; crescendo i
bisogni e crescendo le nostre possibilità dobbiamo aprire Scuole Superiori,
oltre ai Ginnasi e ai Licei. Non avrei difficoltà ad aprire un Istituto per Inge-
gneri >>24
Gome sorsero i, « Gentri »
Eletto Rettor Maggiore, fra le sue prime visite, ci furono quelle alle scuole
professionali. Ricorda il Coad. Giovanni Zancanaro la sorpresa della sua venuta
improssiva a Montechiarugolo (presso Parma, allora una delle prime scuole
agricole salesiane) nelle vacanze del L932:
<< Mi trovavo nella sala di studio, quando mi sono visto capitare denti'o
D. Giraudi. Prima ancora di poterlo ossequiare mi disse: << Finalmente son riu-
scito a trovarne uno in casa; vieni a vedere la bella sorpresa ». Alla vista im-
prowisa di D. Ricaldone rimasi confuso, anche perché non sapevo orientarmi
per gli onori di casa. Mi prevenne dicendomi: << Andiamo, D. Giraudi è riuscito
a trovare te e tu cifarui da guida per rintracciare gli alti >>.
Quando gli feci osservare che sarei corso a preavvisare i confratelli, i quali,
essendo occupati nel lavoro della fienagione erano poco presentabili, mi rispose:
« Preferisco andare di persona a salutarli mentre stanno lavorando; saranno pi,)
contenti anche loro ». Che festa e che intimità di famiglia in quell'incontrol
S'interessò senza fretta di ognuno, della formazione dei giovani, e volle
rendersi conto anche delle diverse colture, della concimazione, delle a'ttrezza'
ture e dell'allevamento del bestiame. Dopo due ore passate con noi, ci trovammo
riuniti in refettorio: il pranzo, un po' improvvisato, fu di gradimento a tutti,
per la gioia di aver avuto fra noi il Rettor Maggiore che vedevamo adattato così
alla buona con noi, e per quella serena allegria di cui godeva. Alla fine fu portato
una bottiglia di non so qual vino rimasta sperduta in cantina per 25 anni'
23 D. Eucrxro ValrNrrNr, La scomparsa di un grande, da « C,onvivium >), n. 2, 1952.
2a Testimonianza di D. Savarè.
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32.8 Page 318

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Dopo aver assaggiato il vino D. Ricaldone aggiunse: « È migliore quello che avete
ottenuto con il vostro lavoro >>. Ci raccomandò di continuare con spirito di fa-
miglia e di collaborazione il lavoro salesiano e di fare in modo che gli allievi si
distinguessero per la formazione cristiana e per un progresso pratico nell'agricol-
tura. Chiese poi di fare parte di un gruppo fotografico con i confratelli, come
ricordo di una così lieta giornata >>.5
D. Lazzero Io ricorda nelle sue frequenti visite a Lombriasco, altra Scuola
Agricola a lui carissima: <( Da lui imparai praticamente e tecnicamente molte
cose, specialmente sulla tecnica agraria, sulla scuola a carattere agrario, sulla
loro organizzazione. L'uomo che aveva viaggiato molto, aveva visto tante appli-
caziori tecniche e pratiche e ne fece tesoro, servendosene poi nella sistemazione
di Lombriasco, Cumiana e Colle D. Bosco.
Dopo le taccomandazioni tecniche e pratiche, non dimenticava mai la parte
spirituale. Sapeva infondere coraggio, spirito di sacrificio; non mancava mai 7a
parola di incoraggiamento, sempre molto efficace nelle difficoltà.
E fu da quelle visite, dall'ascolto dei « grandi >> e dei piccoli, dalla valuta-
zione dei << segni dei tempi >> che D. Ricaldone capì I'urgenza dei centri supe-
riori per maestri d'arte, per tecnici e periti salesiani.
Chi gli visse accanto sa quanto egli amò, sofferse, lottò per queste sue
creazioni. D. Terrone ricorda tanti episodi minuti che rivelano la continua
attenzione che D. Ricaldone ebbe per questi focolari di apostoli nel campo del
lavoro.
« Una delle più insigni benemerenze di D. Ricaldone è certamente quella
della fondazione e sistemazione delle case per Aspiranti alla Congregazione, alle
quali aveva già posto mano come Prefetto, sempre con la dipendenza da D. Ri
naldi e da lui incoraggiato.
Non è mio intendimento parlare dell'attività e coraggio con cui si accinse
a tale opera: mi contento di brevi cenni riferentisi ad alcune di queste case ed
in quegli anni felici nei quali aveva 7a grande ventura di accompagnarlo: Ba-
gnolo, Cumiana, Colle D. Bosco, Montalenghe, ecc.
Sono stato testimone per molti anni, non soltanto del suo coraggio, ma
specialmente delle sue premure, delle preoccupazioni, sempre unite ad incrol-
labile fiducia nella Divina Provvidenza.
Egli vedeva lontano, anche dove non tutti potevano arrivare, e sorri-
deva quando giudizi poco benevoli od errati giungevano aIle sue orecchie. Gli
parevano elogi ed accrescevano il suo zelo. Mi piace richiamare qualche esila-
rante battuta del genere: « Dove va quella macchina che attende presso la por-
Rtinicearlidao?n-e
Non lo sai? Dove è andata ieri e ieri l'altro a quest'ora! Porta
a Cumiana! Se si dovesse dade il via, essa, anche senza autista,
Don
pun-
terebbe verso Cumiana; sa la sffada a memoria tanto è abituata ».
In questa, come in altre case, oltre al lavoro di corrispondenza egli dava
disposizioni per le costruzioni in corso, per le bonifiche da attoarc, per adatta-
25 Testimonianza de1 Coadiutore Giovanni Zancanaro.
100

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menti, acquisti, provviste e tutto ciò negli intervalli del lavoro suo personale.
Ciò che D. Ricaldone fece per il Colle è noto, possiamo dire, a tutti i Sale-
siani, pet quanto fu sempre comunicato ai Superiori e ai periodici e riviste che
si pubblicavano. Ma quelli che oggi pellegrinano alla casa nativa di D. Bosco
e a quel nostro grande Istituto e non erano mai stati prima, non possono neanche
lontanamente immaginare che cosa era quel),a zona campestre tanti anni fa.
Si sarebbe detto che ognuna delle Case per le quali egli direttamente si in-
teressava, si persuadesse d'essere la privilegiata, la più cara e vicina al cuore del
Rettor Maggiore. Così, oltre a quelle già nominate: Ivrea, Mirabello, Monta-
lenghe.
Una parola su quest'ultima, dove egli nella stagione estiva si recava con
frequenza nei primi anni di fondazione. Tra gli altri lavori uno ne ordinò che
ancor oggi mi pare avere delf incredibile: 1o spianamento di una vera collina
di terra compatta, pietrosa, che dal castello si estendeva fino all'attuale cortile
del nostro otfanotrofio. Lavoro che al suo inizio, da molte persone era giudi-
cato una pazzia. A tale impresa venivano chiamati ogni estate dalla casa di Ivrea
i più anziani e volenterosi aspiranti, i quali per parecchi anni sacrificarono le
loro vacanze. D. Ricaldone nei giorni di permanenza, o nelle frequenti visite po-
meridiane, dirigeva personalmente i lavori non facili e talora pericolosi. E quante
raccomandazioni al povero scrivente, che era l'assistente delegato. Ricordo la
gioia provat a da tttti quando cadde l'ultimo diaframma che divideva i due
vafsanti. Gli abitanti delle case che non avevano mai visto il sole nelle loro
stanze, quando per la prima volta, in un pomeriggio furono inondati dai raggi del
tramonto, esultarono come se si fosse operato un miracolo, e mandarono bene-
dizioni ai Salesiani ed al loro Superiore D. Ricaldone.
Non contento di quella ad altre bonifiche al terreno, innalzò un bell'edifi
cio per I'Oratorio festivo, con salone per teatro ed egli, stanco, volle presiedere
a77'inaugurazione e benedizione solenne.
Cure analgohe ebbe p€r tutte le altre case che le occupazioni e la salute gli
permettevano di visitare.
Potrei citare non pochi episodi dei quali fui testimonio, ma potrebbero
credersi minuzie delle quali non dovrebbe neanche conservarsi memoria. Si sa,
perché gli uomini grandi non trascurano le cose piccole e queste tante volte
sono segno di animo delicato e premuroso.z
In una casa missionaria, mentre, circondato da un gruppo di superiori, si
trattava di alcuni lavori in progetto, il Prefetto interrompendo, si doleva che
una malattia avesse fatto il vuoto assoluto nel pollaio che era in formazione. D.
Ricaldone, soridendo bonariamente, rispose: « Stà ranquillo, non ti affannare;
si ricomincia da capo; nelle scuole agricole e in genere nelle aziende rurali sono
cose che capitano ».
26 Si veda in appendice, allegato n. 61, una lettcra di Don Ricaldone al medesimo
Don Temone, la qualè dimostra il ìuo premuroso interessamento, per le piccole cose della
Casa di Caselette.
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32.10 Page 320

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Poi, consegnando a quel Prefetto Lire 20.000, allora cifra considerevole,
aggiunse: « Eccoti, per ricominciare, ma non dir nulla al tuo Direttore ». I1 Di-
rettore era presente e si rise di cuore.
Coloro che oggi visitano la casa del Colle D. Bosco possono costatare le
meraviglie di quel pollaio.
Un'altra volta un buon Coadiutore doveva presiedere ad un trasloco di
macchine, caricate su vari autocarri. Lo incontrai poco prima della partenza
e 1o vidi imbronciato e feci le meraviglie; ed egli mi confidò che per un viaggio
discretamente lungo poteva aver bisogno di qualcosa di più di quanto aveva ri-
cevuto >>. Mi diceva: << Non si sa mai cosa possa capitare; ma poi gli autisti
fanno fermate, hanno sete... )>. Siccome nell'affare era direttamente interessato
D. Ricaldone, io mi permisi di avvicinado, accennando al caso: << Ha ragione,
poverettol To', portagli questa somma, salutalo da parte mia e auguragli buon
viaggio »>. Non occorre dire la soddisfazione del buon Capo tecnico e il subi-
taneo mutamento d'umore, più che per l'aiuto, per il buon cuore del Padre.
Quante sollecitudini personali anche per l'attrezzaixa interna, per l'orga-
nizzazione del lavoro, per i programmi delle scuole di quesri Centri! Lo rivelano
i notes personali di D. Ricaldone in cui segnava tutte le sue visite a queste nuove
opere e quanto man mano si concretizzava in esse.
Da prima, appena eletto Rettor Maggiore, puntò su Cumiana.
Il 12 giugno di quell'anno l'opera è inaugurata ma non l'abbandona: le
sue gite a quell'opera si alternano con quelle a Montalenghe su cui nutriva anche
tante spefanze.
Nell'aprile 1934 sr inaugura il Rebaudengo ed allora ecco che ai primi nomi,
i notes aggiungono << Rebaudengo >>. Prevalgono però ancora le visite a Cumiana
e a Montalenghe...
Nel 1916 alre due indicazioni: « Agnelli >) e << Becchi ». Questi nomi
si avvicendano con note particolari: << Visita terreno Agnelli >>, « Studio del
piano Agnelli con D. Giraudi, D. Molfino, Vallotti >>. « Ai Becchi studio opera
futura >>. « Ai Becchi con Mons. Guerra, D. Giraudi e Geom. Barbero ». << Studio
Istituto Agnelli >>; << Pomeriggio ai Becchi »; << Esame del piano Istituto Agnel-
li »; « Pteparazione progetto Becchi ».'
Ancora incontri e studi nel 1937 per i Becchi e finalmente il 24 febbaio
1938 è segnato: « Inizio lavori >>. Allora le visite ai Becchi <( per lavori )> sono
continue per rutto il 1938 e il L939, fino alla intesa coi << capi-tipografi, coi
capi d'atte per la sistemazione del macchinario e degli ambienti ».
C'è la vera passione dell'artista che, dopo aver fatto il progetto della sta-
tua, inizia a scolpitla, a lavorarla, mai contento, e sempre teso a renderla quale
la sogna. La scalpella, la leviga, la ripulisce...
Intanto ci sono sempre le corse a Cumiana, al Rebaudengo, all'Agnelli, a
Montalenghe e con la guema anche a Caselette, dove pensa poter far sorgere
un noviziato.
27 Dal notes dell'anno 1,%6 di R. Ricaldone.
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33 Pages 321-330

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33.1 Page 321

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La cura assidua e costante che D. Ricaldone ebbe per questi Centri di for-
mazione non deve però farci pensare che egli vedesse tutto roseo. Non era un
ingenuo e non si illudeva. Quanto ai periti agrari che il Centro di Cumiana for-
mava tanto faticosamente e costosamente sia per Ie missioni come per le varie
nazioli agricole, non sperava che tutti sarebbero poi rimasti a lavorare come
salesiani. Una volta disse a D. Savarè:
<< Vedi, io sarei già contento se di quelli a cui noi facciamo fare tutto
questo corso di studi, ne restasse stabilmente con noi uno su dieci. E gli altri?
Ebbene: dovunque andranno non si renderanno perciò più utili a ed agli altri,
perfino quelli che poi non faranno insegneranno agricoltura? E questa non
sarà
loro
già, anche
e di tanti
in tal modo,
altri? ».
un'opera
buona
che
avremo
fatto
^
vantaggio
di
Tale era il generoso disinteresse della sua anima grande'28
E anche circa 1'avvenite di questi Centri egli non si pronunciava. La scuola
agrrrria era sorta quando l'Italia fascista promuoveva l'agricoltura: c'era l'autar-
chia e la <<Battaglia del grano ». Ma già durante I'ultima guerla egli previde un
possibile mutamento d'inàiilLzzo. La osservazione che egli fece nel 1944 impres-
sionò il segretario D. Luigi Tavano che la ricordò sempre. Si era al tempo degli
sfollamenti e a Cumiana efano ospiti gli studenti di Valdocco. D. Ricaldone
vi si era recato per ftovare calma al suo lavoro di corrispondenza. « Finito il la-
voro, mentfe noi ordinatamente disponevamo nelle borse ogni cosa, D. Rical-
done r{isse: << Dicono che i giovani studenti preferiscono Cumiana anziché To-
rino, e ci credo. E a guerra finita forse continueremo qui... Magari un'alua scuo-
[a continuerà... Così ne avranno due! E chi sa che ne sarà di questo insieme
tra 10, t5,20 anni?l Noi nel costruirle pensavamo alle missioni e alle loro
agricolture. Adesso invece pare si tenda ad altro. 11 Signore gioca, ci gioca! Noi
,ir"rno dei sorpassati, degli antiquati, e perché no? Andiamo e lasciamo il fu-
turo al Signore! Lui sa ciò che è meglio! »>.D
D. Ricaldone era l,uomo di Dio: non ne precedeva il passo ma lo seguiva.
Allora la Provvidenza aveva additato quei tipi di Centri; più tardi essa stessa
li avrebbe trasformati, forse soppiantati, per altri più urgenti, più necessari al
Regno di Dio.
Erano nati dalla Provvidenza, bisognava seguirla, vigilanti, attenti ai suoi
segni, fiduciosi in Lei.
<< Cumiana era stato un dono delle generose sorelle Flandinet; l'Opeta ai
Becchi era flata dalla munificenza dell'Avv. Bernardi in memoria dell'illustre ni-
pote Padre Semeria. Erano tutte elatgizioni della munificenza divina. Così era
pure sorto l'Istituto Rebaudengo. Lo raccontò lo stesso D. Ricaldone il 3 giungo
1943 a Cumiana.
Ricorda D. Terrone:
« D. Ricaldone era andato in quella nostra casa per celebrare una delle
sue Messe d'Oro. Grande festa, alla quale presero parte non solo il Prevosto
28 Testimonianza di D. T. Savarè.
D Testimonianza di D. Luigi Tavano.
303

33.2 Page 322

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Teol. Rogliardo e i Parroci viciniori, ma vari Ispettori della Centrale, della
Spagna-Portogallo, Mons. Barto omasi ed altri. Durante la cena D. Ricaldone
aveva parlato di un Signore spagnolo, molto ricco, il quale aveva pensato di fare
qualche cosa dopo la sua morte a beneficio delle opere salesiane. D. Ricaldone
lo esortò ad anticipare, compiendo in vita ciò che desiderava fosse fatto dopo
il suo ransito. Quel Signore, mosso dalle ragioni e dalla bontà di D. Ricaldone,
senz'altro accettò quel consiglio e lasciò tutta la sua sostanza per una fondazione
salesiana.
Si recò poi a ringraziarc il nostro Superiore, manifestando tutta la sua
gioia per il bene che aveva fatto con il sapiente consiglio. Protestava di essere
un beneficato e che il merito di quella beneficenza si doveva tutto ai Salesiani.
Siccome a questo punto i commensali si mostravano meravigliati ed entu-
siasti e quasi 1o invitavano a continuare la conversazione, D. Ricaldone che era
di ottimo umore acconsentì e raccontò iI suo incontro con il Conte Rebaudengo,s
quell'incontro che ebbe per effetto la provvidenziale iondazione. Trascrivo fe-
delmente gli appunti che io fissai nelle mie memorie, appena mi ritirai nella
mia stanzetta.
Il Rebaudengo aveva in mente qualche opera da compiere dopo la sua
morte e manifestò questa sua volontà a D. Ricaldone. Un giorno D. Ricaldone
gli scrive una lunga lettera (s'intende come sa scriverle lui), facendogli rilevare
corne sarebbe stata buona cosa che avesse fatto presto qualche cosa di ciò che
intendeva fare più tardi. Alf indomani il Conte era già da D. Ricaldone e gli
disse: « Eccomi qui. Mi dica ciò che devo farc e facciamo pure subito... ». Ed
era giubilante.
volte il Conte
Dopo alffe brevi considerazoni D. Ricaldone
ha benedetto quella sua risoluzione, quante
aggiunse: << Quante
volte mi ha ringra-
ziator. Ed io gli ho detto tante volte nelle sue visite: << Signor Conte, Dio ha
disposto che ella non avesse dei figliuoli, ma vede? Tutti questi giovani Io
riconoscono come padre benefico; sono tutti suoi figliuoli. Quanti sono già usciti
da questo Istituto benedicendo il suo nomel Dovunque vadano, essi parlano del-
l'Istituto Rebaudengo, dell'esimio benefattore; il suo nome è sparso in ogni
plaga del mondo >>.
Dopo queste parole pronunziate non senza commozione, D. Ricaldone con-
tinuò ooi ad elogiare la modestia, lo spirito di povertà del Conte, l'amore al
lavoro, mentre
-perscoonnececdheerssi i
avrebbe potuto alla sua età, 80
un po' di riposo tranquillo. D.
ritengono beneficate quando ci
Ranicnaildcoonmepciuotnic-lusesicheeradnieql ul9es)t4e
aiutano, ce ne sono molte >>.3r
Così fu anche munifico dono della Prowidenza l'Istituto << Edoardo Agnel-
li ». D. Savarè assicura che ebbe le sue radici a Cumiana.
30 Il
da,tore del
Conte Rebaudengo era Presidente
grande Istituto che porta il suo
nazionale dei
nome ed era
Cooperatori Salesiani. È il fon-
speciale amico di D. Ricaldone,
del quale aveva Ia massima stima e venerazione. Nella Casa Capitolare era come in famiglia
ed anche nelle Case dove egli aveva occasione di passare, era accolto e riverito co-e ìn
padre e benefattore munifico.
3r Testimonianza di D. Terone.
304

33.3 Page 323

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33.4 Page 324

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33.5 Page 325

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<< Quando il Sen. Agnelli visitò Cumiana, rimase impressionato dell'orga-
nizzazione spicciola, tanto rispondente ai fini della praticità e della didattica.
Sognò allora una simile scuola di fioricultura sulle colline di Torino. D. Rical-
done con abilità e tatto, 1o attirò all'ideale di una Scuola di Elettromeccanica
per i figli degli Operai FIAT e per i Coadiutori Missionari Salesiani >>.32
D. Ricaldone conoscendo di fama le benemerenze del Senatore Agnelli ed
il suo grande cuore, prima ancora di stringere con lui rapporti strettamente per-
sonali, aveva già bussato alla sua porta, chiedendo aiuti proprio per la scuola
agricola di Cumiana.33 Vi fu poi la visita e qui si intrecciò la provvidenziale
amicizia.
Alla visita di Cumiana ne seguirono molte altre e in una di queste fiorì
l'Opera Edoardo Agnelli. Fu Io stesso D. Ricaldone che l'8 aprile 1946 a Monta-
lenghe raccontò a D. Terrone come si svolse il dialogo.
In un momento di distensione e nella tranquillità del parco D. Terrone a
Caselette annotò \\a narrazione del Superiore:
<< Si parlava della nuova opera salesiana, che presto sarebbe stata iniziata
al Lingotto per la munificenza del Sen. Agnelli. Don Ricaldone con paterna bontà
e confidenza mi disse:
<< Sì, sì; a quest'ora è finita la convenzione o contratto a Torino. Spe-
riamo di poter presto mettere mano ai lavori e collocare la prima pieffa »>.
Io intemompevo con interogazioni, desideroso di conoscere qualche cosa
del grandioso progetto. Allora egli narrò alcuni particolari sull'origine delle trat-
tative.
tore
c«oRnicilorsduio-segmrei tdairsioseIn-g.
quel giorno in cui venne a farmi visita il Sena-
Bertolone? Sono cose veramente prowidenziali!
È proprio il Signore che fa! I1 Senatore mi fece allora un lungo discorso circa
un suo progetto, ed io lasciai che parlasse a suo agio, finché egli credette; men-
re io ascoltavo con vivo interesse ed ammirazione per la vastità dell'opera che
vagheggiava. Si trattava di fondare e di affidare a noi una grande opera a ca-
rattere agricolo, ma differenziata da quella di Cumiana: una Scuola specializzata
per la cultura ruzionale dei fiori e di piante esotiche, tarissime... Quando ebbe
finito la sua esposizione, mi chiese:
-
squisita- a
Che cosa le pare, D. Ricaldone?
Benissirno, risposi, magnifico progetto; e davanti ad una
me non resta che dirle graziel Ci occuperemo volentieri
carità così
dell'educa-
zmioenrietod-aelglaliMnaaalltiueirovai,..di.net-lel.'orrpueprap.e il Senatore, desidero conoscere il suo parere in
con
-
tut-ta
Oh! questo è un'alffa cosa...
Ebbene, io voglio il suo parere
libertà e franchezza.
sincero,
esplicito,
e
me
lo
deve
dare
32 Testimonianza di D. Tarcisio Savarè.
33 Riportiamo in appendice, allegato n. 62, il testo della lettera.
305
20

33.6 Page 326

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rere
e
s-entiEmesniato. ,Psooicnhbéeinl
Senatore vuole che io esponga il mio modesto pa-
lieto di farlo, ma le chiedo alcuni giorni per riflet-
tervi sopra.
sogna a-ndaGreiupsetrislseirnluon:gmhea. presto, sa? Perché ormai che ci siamo mossi non bi-
Do-poAallcpuinùepareltsrteo,pSareonaetoirle,
spero di
Senatore
poterla accontentare.
e l'Ingegnere si accommiatarono.
Quando giunsero all'auto presso la portineria, il Senatore, mentre con la mano
alla maniglia dello sportello stava per salire, rivolto alf ingegnere, esclamò in
dialetto:
per
un'o-perMa aedsaei gclhi emqeuleil
D. Ricaldone
rifiuta...
è
un
bel
tipo?'..
Gli
offro
tre
milioni
non
gli
--vadaNEpogpnuualrriei!hiDao.mhRiocicaaalrvdiuofintuoetaIn'timoi;nphraaecscdseeiottttneoreàs,covhleteadnrqatoui!eclh<e(
vuole pensarci sopra.
mio orto » (letterale)
Questo dialoghetto dei partenti mi fu poi riferito dallo stesso Ingegner
Bertolone sempre D. Ricaldone che parla).
Qualche giorno dopo, il Senatore non vedendo agivare risposta, chiamò Io
stesso Bertolone e 1o mandò all'Oratorio, con f incarico di sollecitare. Io allora
gli dissi con tutta calma: << Veda, Signor Ingegnere, dopo aver molto pensato e
pregato, avevo preparato una lettera da rnandare al Senatore. In essa, dopo i
doverosi ringraziamenti, per la sua fiducia, e l'espressione della mia ammirazione
per le sue generose idee, facevo presenti Ie difficoltà che potevano ostacolare il
successo delf impresa, come il clima di Torino, che non è certo quello della
Liguria, e tante altre. Poi, timidamente e delicatamente ne proponevo un'altra:
la fondazione e creazione di una Scuola di Eletromeccanica speciolizzata per gio-
vanetti e anche per la formazione tecnica del personale sale§iano... e portare
poi nelle lontane Missioni il conttibuto della preparaziorrc italiana ».
L'impaziente era ora Bertolone, il quale dopo di aver detto che Agnelli
non aveva più pace, mi pregò di dare subito risposta.
Senatore-, Ecco qui la minuta, la farò battere a macchina e la manderò al
All---oraMNLagoesl,iclainlefoads!risacNi, almoanmeleeèlat;tdecderiiacapo,ecrocnosossoomì!cimoom!enta. ndola brevemente. L'Ingegnere l'ap-
-provInòMgepa--ginencneoarfE,mesa,1ea1nldaleltrioeirnrlshoae1a,gacgrqn.oimudniiaaelsmanetomumsaaieacrcstaahmvirnoiega,l?uiapntoaoi, b-sreovdcedoinsvtfiiasntiuttiaassaDiml .oRReebicaanuloddenonngfeion.-ivaiodidrisipsei:-
tere: <( Lei ha ragione, sono sicurissimo che il Senatore sarà più che contento »>.
All'Oratorio dovette consegnargli ad ogni costo la minuta così com'era.
Il Senatore, dopo aveda scorsa, battendo il pugno sul tavolo esclamò: << Ma
306

33.7 Page 327

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sicuro, D. Ricaldone dice bene; così dev'essere! Faremo la Scuola e al più
presto e come si deve >>,
D. Ricaldone concluse: « Ora il Senatore non pensa più che a quell'o-
pera »>.s
E che l'Istituto Agnelli fosse proprio dono della Provvidenza alla Società
Salesiana e alla fede operativa di D. Ricaldone lo dimostra chiaramente questo
episodio che è un vero << fioretto salesiano >>. È ancora D. Teruone a ricordarlo:
<< In una delle prime visite che il Senatore fece a D. Ricaldone durante
le pratiche per la fondazione da lui desiderata, ebbe luogo un piccolo dialo-
ghetto che più di una volta io udii dal suo stesso labbro. Come sappiamo, Don
Ricaldone amava la facezia ed era facondo in battute di spirito.
<< Caro Senatore, gli disse quella volta, lei ha la sua banca dalla quale
attinge copiosi fondi; ma anche noi abbiamo la nostra, non meno potente della
sua...
-
viden-za.
Quale, quale? Mi dica!
Ella ha la sua società,
gli
Istituti
di
Credito,
noi
abbiamo
la
Prov.
il
Sig--norCVehoceghlecioocsdiaiprveruocovhvl eeddinreeo?di ni otunttaobbiliamneocedsesnaariori,ecacpi itaaiuli,tanualnlac.h..e
ma abbiamo
nelle nostre
imprese.
missi--onaNVri eopdneac,raptpeeisrrrceoe. sloenmtapnioe:.
ogni anno viene
Bisogna fornirli
I'epoca della partenza
di tutto, il che porta
dei nosui
una spesa
ingente. Abbiamo avuto anche spedizioni di 100 Missionari. Solamente il viag-
gio a L. 5000 viene a costare un milione e mezzo. E i soldi bisogna movarli! La
Provvidenza ce Ii mandò ».
Il Senatore, continuava D. Ricaldone, sbamava tanto d'occhi come chi non
ha capito bene e vuole penetrare il mistero, poi con un gesto vibrato ed espres-
ls'Oivpoe, reascdlealmlaòq: u-ale
Dunque, è
trattiamo...
la
ed
Provvidenza che mi ha suggedto di fondare
io non ho fatto mai nulla per la Provvidenzal
Queste parole meritavano di essere sottolineate. Sono riportate rigorosamente
testuali; e, pronunciate con forza e in dialetto torinese parvero a D. Ricaldone
scultorie e magnificamente espressive. Perciò il Superiore con ugual forza escla-
mò: << Bravo, Senatore; ed io comincio a ringraziada di quanto ella vorrà farel >>
Il Senatore, benché di singolare bontà e rettitudine, non sognava certo
un'opera missionaria, ma f idea fu certo provvidenziale, celeste adunque >>.
D. Ricaldone soleva dire che le case e le opere già fatte, cioè volute, rega-
late dai governi o dai benefattori per i << loro scopi )>, hanno un peccato d'ori-
gine, cioè nascono ricche, e poi non si mantengono >>. Ma queste, che la Prov-
videnza stessa edificava, non avevano di che temere.
il Il Sen. Agnelli accettò la proposta e offrì il terreno tl 25.7.1936 (dal taccuino
personale di D. Ricaldone del l%6).
j07

33.8 Page 328

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« Noi e voi siamo una sola famiglia ":s
Nel « Notiziario delle F.M.A. >> del 24 dicembre 1951 che dava l'annuncio
della scomparsa del Rettor Maggiore D. Ricaldone, nell'articolo che ricordava
la sua Iigura di padre per tutte le F.M.A. si leggeva: « Egli si compiaceva di
considerare sempre il nostro Istituto, più che seconda famiglia religiosa di San
Giovanni Bosco, quale parte integrante dell'unica famiglia salesiana. Perciò
volle stendere anche a noi tutte le sipirituali sollecitudini del suo grande cuore
e le mirabili iniziative promosse dalla sua vasta mente orgatizzatrice e dal suo
infaticabile zelo d'apostolo »>.
È vero, D. Ricaldone si era donato alle F.M.A. nella stessa misura con cui
aveva lavo,rato per i confratelli salesiani.
Ancora il 25 giugno 1951, a Roma, dopo la car1onizzazione di Madre Maz-
zarelTo, aveva sentito il bisogno di palesare questo suo affetto paterno verso
I'Istituto delle F.M.A.:
<< Dopo il grandioso e indimenticabile trionfo di ieri, io sentii più impel-
lente il bisogno di venire a dirvi che si è acceso in cuor mio più forte la stima
e I'affetto verso il vostro caro Istituto, nuovamente glorificato nella vostra
Confiondatrice »>.s
Il programma segnato per la Società Salesiana, D. Ricaldone 1o mise a
disposizione delle F.M.A. Nell'attuado però, agì con quella discrezione e pru-
denza così squisita in lui e sempre raccomandata a Direttori e Ispettori, che
lasciava tutta la libertà alle Superiore e Suote di aderirvi nella misura e nella
convenienza che a loro più sembrava opportuno.
Ma poiché D. Ricaldone fu subito capito dalle Superiore Maggiori dell'I-
stituto e molto amato, la corrispondenza non mancò mai.
L'attaccamento da parte delle Madri alla sua persona, sentita come prolun-
gamenro di D. Bosco, lo dimostra ciò che accadde nel l9)5 quando D. Ricaldone
come delegato apostolico della S. Sede presso la seconda famiglia di D. Bosco,
vedendo che, per 1o sviluppo consolantissimo dell'Istituto, non riusciva più a
compiere, come desiderava, il suo compito presso di esso, assumeva nella per-
sona del Rev.do D. Giovanni Segala un valido aiutante che 1o rappresentasse e
facesse le sue veci presso le F.M.A..I
La Madre Generale, allora M. Luisa Vaschetti, ne fu penata, quasi temesse di
perdere l'aiuto diretto del Rettor Maggiore che d'ora in poi sarebbe interve-
nuto solo nella persona del suo Delegato.
D. Ricaldone s'affrettò a tranquilizzare la buona Madre, e con una lettera
del 28 agosto 1935, spiegò meglio il suo progetto. Egli non intendeva aflatto
di lasciare di occuparsi dell'Istituto delle F.M.A.; era un suo dovere, e d'al-
3s Espressione di D. Ricaldone, detta il 27.5.L941 uattenendosi con le Superiore
GenersalizCieondfeerellenzFa.Mdi.AD. . Ricaldone alle Superiore delle F.M.A. e F.M.A. Roma, 25.6'195L
Cfr. A.S.C., n. 1.43, L47, p. 77.
37 A.C.S., n. 72, 24.11.L935.
t08

33.9 Page 329

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tronde intendeva seguire in tutto D. Bosco. Ma è proprio da lui che prendeva
esempio. D. Bosco riserbò a l'indirizzo delle grandi linee, e ad altri affidò
tante piccole cose. Orbene, egli intendeva fare questo.
Non era possibile che continuasse a dedicarsi a certi particolari come Con-
fessori, Predicatori degli Esercizi, visite alle case, lettere a molte suore, ecc...
Eppure anche queste cose si dovevano fare. Finora non v'era nessuno diretta-
mente incaricato dal Rettor Maggiore, e queste pratiche o non si facevano o
eranvi parecchi a farle cogli inevitabili inconvenienti. Quando egli avesse avuto
un Delegato per le cose meno importanti e burocratiche, avrebbe potuto occu-
parsi più direttamente delle principali; essere in contatto più diretto e continuo
con la Madre Generale e col suo Consiglio; assistere le Ispettrici; essere sicuro
che si facevano meglio anche Ie alre cose meno importanti, e delle quali gli
si sarebbe dovuto tendere conto.
Forse era stata la parola << Delegato »> che aveva fatto impressione; ma se
era necessario se ne poteva studiare un'altra più semplice. La sostanza era però
quella contenuta nelle considerazioni fatte, le quali dovevano tranquilizzare pie-
namente tutti.
La Madre Generale così rassicurata, si rimise al saggio provvedimento del
Rettor Maggiore. E in realtà D. Ricaldone liberato da tante pratiche minute as-
segnate a D. Segala, poté dedicarsi con pir) profitto alle F.M.A. mediante un
contatto più frequente e immediato con il gruppo direttivo delle Madri Gene-
ru\\izie.
I suoi taccuini personali segnano infatti proprio dopo il l%5 incontri con
le Madri Capitolari,3s con le Ispettrici e Direttrici 3e e anche con qualche comu-
nità di Suore.
Ci sono anche segnate visite che dicono ùttta la sua delicatezza paterla,
così per la malattia di Madre Vaschetti,{ per la morte di M. Eulalia,al per la
morte della Madre Generale, Madre Luisa Vaschetti.a2
Con Madre Luisa ebbe rapporti molto frequenti specialmente negli ultimi
anni, quando il male la logorava lentamente e la teneva penosamente lontana
dal suo lavoro e dal suo amatissimo Centro.
La seguì amorevolmente nella sua << Via Crucis » dagli occhi quasi spenti,
ma dall'anima tltta luce, confortandola con notizie che Ia tenevano aggiornata di
tutto.'d"1
Ma con tutte le Madri ebbe rapporti non sotro di grande benevolenza ma
anche di vera guida. Le Superiore vedevano in Lui veramente un altro D. Bo-
38 Taccuini del l%5,22.4; del 7%6: L7.4;27.6; del L9)7: 22.10; 30.12; del 1938:
23, 14.4
7.1,20 e
2e9.1140;ede2l81.69;47d:epl a7r9te3c9ip:a2z6io.n2e,2a.l8C; adpeitloIl9o4XLI:
29.12; del 1942:
74.7'24.7, ecc.
1.2;
del
1943:
3e
Taccuini del l9)7: 17.3; del
Taccuino del 1935,26 luglio.
l9)8:
2.9;5.72;
del
1919:
2.7;
del
1946:
10.10.
ar Taccuino del 1918, 28 luglio.
a2 Taccuino del l9$, 30 giugno.
a3 In Appendice, allegato n. 63, riportiamo una lettera di D. Ricaldone in cui informa
la Madre sulla causa di beatificazione di Madre Mazzarello.
309

33.10 Page 330

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sco e si confidavano, chiedevano umilmente luce e consiglio. Sui taccuini di
D. Ricaldone sono infatti segnati incontri personali con le singole Superiore oltre
che con la Madre e con tutto il suo Capitolo: è ricordata M. Vicaria, Madre
Promis, spesso ci sono solo cifre, o, il semplice appellativo: Sr.....
Una sua lettera del 13-12-1937 alla Segretaria Generalizia Madre Clelia
Genghini dice in che concetto fosse tenuto dalle Superiore e come fosse sa-
piente e saggio il suo consiglio.{
Tratto cordiale e consiglio opportuno di vero padre ebbe anche con M.
Linda Lucotti, Superiora Generale dopo Madre Vaschetti. Quale Delegato della
S. Sede egli il 24 settembre del 1943 con apposita Circolare la presentò alle
F.M.A. come nuova Madre dell'Istituto, per cui tanto aveva già lavorato a
fianco di Madre Vaschetti, mettendone in luce le doti non comuni di mente e
di cuore. Da allora la seguì, l'aiutò, la confortò sempre. C'è una lettera bellis-
sima di D. Ricaldone in data 9 novembre 1948 scritta a M. Linda prima che
iniziasse la sua visita alle case delle Americhe. È un piccolo condensato di sa-
pienza salesiana. In essa tratteggià l'ideale, il modello della Superiora Salesiana:
deve essere una sorella buona, una mamma prudente, una saggia guida di ani
me.45
Madre Linda nutrì per D. Ricaldone oltre che riconoscenza vivissima per
il bene che egli faceva alla Congregazione, anche fiducia illimitata, per cui fu
sempre pronta a seguirne le direttive; confidente apertura, mosffando umil-
mente le proprie incapacità, i timori, le difficoltà e nello stesso tempo delicata
filiale affezione.
La sua lettera scritta da Siviglia tutta << ricaldoniana » dell'8 matzo l95l
mostra con che linezza ella volesse rallegrare il cuore del buon Superiore ricot-
dandogli la sua Spagna...
<< Ven.mo Superiore e Padre,
...1e porgo l'omaggio di pteghiete e voti, unito a quello di tutta questa
Ispettoria che giustamente va orgogliosa di aver avuto Lei, Ven.mo Padre, per
tanti anni a guida sapiente e paterna.
Quante volte lo sento nominare, con commossa ficonoscenza, dalle suore
anziane che 1o conobbero e ne esperimentarono la bontà provvida e paterna.
I Rev.di Salesiani poi, quando pronunciano « Don Pedro Ricaldone >>, come
si compiacciono di chiamarlo ancora con filiale riverente affezione, si illu-
minano e si entusiasmano lasciando intrawedere tutta la stima, la benevolenza,
la compiacenza che.lei li_lega. Io godo tanto ad ascoltare le une e gli alti, così
come mi compiaccio nel vedere nelle cronache delle Case che esistevano ai
suoi tempi, le memorie delle sue visite paterne. Permetta che la ringrazi di
tutto questo bene da aggiungere a tutto l'altro che ci ha fatto e ci fa...
Um.ma figlia
Sr. Lrr.roa Lucorrr
e Riportiamo la lettera in Appendice, allegato n. 64.
as Presentiamo il testo integrale della lettera in Appendice, allegato n. 65
310

34 Pages 331-340

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34.1 Page 331

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Qual'era il programma che D. Ricaldone si eta prefisso per le F.M.A.?
Molto, per non dire del tutto simile a quello dei Salesiani naturalmente
con quelle varianti necessarie per la natura stessa dell'Istituto.
Egli lo mise subito in pratica fin dalf inizio del suo rettorato, ma lo espose
pubblicamente solo a1 Capitolo Generale XV del 1938 perché gli Ispettori lo
condividessero e 1o aiutassero ad attuarlo in tutte le Ispettorie in cui essi ave-
vano case delle F.M.A.
I1 5 luglio 1938 egli trattò pff primo argomento dell'assistenza alle F.M.A'
-lui
Dopo aver ricordato che era
che la volle fin dagli inizi
opera fondata da D.
dftetta dai suoi figli
Bosco << olffemodo
» esortava: << Per
cara a
questi
motivi l'Istituto delle F.M.A. ci è particolarmente varo e deve essere oggetto
delle nostre cure, anche a costo di sacrificio » e poi continuava che eta dovere
dei salesiani, perché il Rettor Maggiore per volere del S. Padre è Delegato Apo-
stolico dell'Istituto, promuoverne << 1o spirito del Fondatore, il progresso spi-
rituale, morale e scientifico »>.
Ringraziava quindi gli Ispettori che a nome suo avevano fatto le visite ca-
noniche prescritte, ogni due anni, nelle case delle Suore e si rallegrava con loro
per il buono spirito che tutti vi avevano trovato, e per il filiale e devoto
attaccamento alla Società Salesiana e una sincera riconoscenza per il servizio
religioso prestato dai Conftatelli.ft
Dopo aver esortato a continuare in questa assistenza religiosa delle F.M'4.,
D. Ricaldone passò alle direttive che pur non essendo novità, dovevano carat-
terizzare L'azione degli Ispettori in conformità a quelle del Rettor Maggiore.
Come egli formava Direttori e Ispettori secondo il cuore di D. Bosco, così
sentiva l'urgenza che vi fossero superiore autenticamente salesiane, perché in
alcune case di suore la diretrice è solo direttrice e non madre.
Pregava quindi i Capitolari a stimolare i predicatori degli Esercizi e quanti
tenevano conferenze alle F.M.A. di orientare le Superiore locali ad una esatta
comprensione della maternità salesiana.
Per il personale in genere caldeggiò di raccomandare il Sistema Preventivo.
Ma come per i Salesiani la pieffa fondamentale era di avere personale ben
formato, anche per le F.M.A. egli notò l'urgenza di aprire Case di Formazione
più adeguate atrle nuove esigenze, in modo che le suore fossero più preparate ai
loro compiti.
Ultimo punto da lui trattato, ma che tutti li abbracciava ed era il cardine su
cui si imperniava il suo rettorato fu 1o spirito di D. Bosco:
<< ... Stimolate, incoraggiate e aiotate a conservare lo spitito del Nosro
Padre, e perciò a studiare, conoscere, imitare sempre meglio Don Bosco... >>.
Don Ricaldone che così esortava i suoi Ispettori, fu il primo a mettersi
al servizio della F.M.A. e proprio per il suo zelo così instancabile ne ottenne
una corrispondenza piena e una riconoscenza veramente filiale.
46 A.C.S., n. 87, Maggio-Giugno L9)8, p. 28-29
3tt

34.2 Page 332

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Le stesse Suore così attestano:
<< Il Rev.mo Sig. D. Ricaldone, Delegato Apostolico presso le Figlie di
Maria Ausiliatrice e successore di D. Bosco, sentì nel suo cuore paterno le ansie
stesse del S. Padre e del Santo Fondatore per la corrispondenza fedele, nello
spirito e nelle opere della seconda tamiglia salesiana: le F.M.A.
Da accurate note di cronaca stese dalla Segretaria Generale delle F.M.A.
si rileva come assai di frequente il Rev.do D. Ri,caldone portava la sua parola
di consiglio e di incoraggiamento al Consiglio Generalizio delle F.M.A.
In visite particolari, in diretti interventi nelle loro adunanze consigliari,
egli comunicay^ n)tizie di famiglia, dava relazione dei raduni dei Salesiani, parte-
cipando idee ed tniziative utili anche nel campo femminile
Si inuatteneva familiarmente e desiderava gli si ponessero quesiti, si pre-
sentassero difficoltà inconuate e si prospettassero eventuali progetti. Da Buon
padre ascoltava, incoraggiava, qualche volta coreggeva e sempre risolveva.
Il 27 naggio l94l concludeva uno di questi trattenimenti familiari con
queste parole: << Noi e voi siamo una sola famiglia, perciò: unione di pensieri,
di principi, di opere r>.
Anche le F.M.A. notarono la caratteristica di D. Ricaldone: la ptesenza
delicata, opportuna, suscitatrice di bene.
Presente sempre, in ogni ora di gioia e di dolore. Ogni anno nella festa
onomastica della Rev.ma Madre Generale, D. Ricaldone rcgaTava nella medita-
zione del mattino, tesori di spiritualità a conforto e ammaestramento delle suore.
Presente nelle ore solenni del trionfo di S.M.A. Mazzarcllo, racciava in
bellissime, pro{onde conferenze i lineamenti spirituali della Santa e il program-
ma di imitazione delle figlie.
Presente particolarmente nelle ore tragiche della guerra; divenne il quo-
tidiano consigliere, il sostenitore efficace, il padre premuroso in tutte le dolorose
vicende.
Basta ricordare I'assistenza non solo spirituale, ma anche materiale che
volle venisse prestata dai Salesiani alle case delle F.M.A. in Torino e altove,
sia durante i bombardamenti aerei, sia nelle necessità richieste nella difesa pre-
ventiva, sia per riparare le immediate disastrose conseguenze. Pagine di carità
fraterna che resteranno incancellabili nella memoria delle F.M.A..a7
Particolarmente efficace e costruttiva la sua parola nei Capitoli Generali
X nell'anno 1934 e XI nell'anno 1947.
Diede fin dall'inizio delle adunanze il tono soprannaturale ai lavori:
« Abbiate presente che state per eleggere coloro che sono destinate a rap-
ptesentarvi Iddio; e quando si ratta di Dio, ogni considerazione umana deve
scomparire. Non si può eleggere una persona per fade piacete o perché ci ispira
simpatia o per i benefici da essa ricevuti o che si spera di ricevere; niente di
tutto questo, perché tutto questo è umano. Bisogna che ognuna chieda a stessa:
47 Diremo meglio in altro capitolo.
312

34.3 Page 333

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-teràCmhiegralipopriel sneonstetrroà
meglio Iddio? Chi ne farà meglio
Padre S. Giovanni Bosco? »>.
le
veci?
Chi
rappresen-
E concluse il Capitolo del 1947 con Le seguenti parole: « Madre Mazzarcllo
ebbe uno spirito eminentemente soprannaturale. Questo spirito è per voi asso-
lutamente indispensabile, perché avete una vita così attiva che in certi momenti
può sgomentare. Avete tanto lavoro e dovete andare inconffo ogni giorno a
tanti sacrifici...
Sia perenne la santificazione delle vostre attività. Questa santificazione
deve avvenire mediante la preghiera e lo spirito di sacrificio. La cappella sia
l'ambiente migliore, il più decoroso ed il più curato della casa. Le meditazioni
ascoltate e praticate con vero spirito di fede, Ie visite brevi, ma fervorose da-
vanti a Gesù Sacramentato, aMaria Ausiliatrice, a S. Giovanni Bosco, a S. Maria
Mazzarcllo sapranno infondervi 7a torza necessria per affrontare qualsiasi sacri-
ficio... >>.
Soprattutto nei Capitoli Generali egli trarciò con le norme per la vita re-
ligiosa, sapienti direttive intorno alle opere e particolarmente intorno alle case
di beneficenza, alle Scuole Professionali e Agricole, alle Case di Formazione e
agli Oratori e ai Catechismi >>.4
Le sue esortazioni caddero su terreno buono e il piccolo seme cespì e fece
spiga.
Fin dal l%3 egli raccomandò vivamente gli orfanotrofi. Ritornò sull'ar-
gomento parlando alle superiote, Ispettrici e Direttrici in occasione della Beati-
ficazione di Maria Mazzarello: << Attente, attente, attente! Vi sono delle opere
che possono piacervi di più e
le vostre simpatie, perché pare diano mag-
giori soddisf azioni... Non cerc^attteitailresoldo per amor di Dio... Non trascurate le
figliuole più povere, le più umili... ».ae
In occasione del Centenario dell'Opera Salesiana, il 29 dicembre 1941 rivol-
gendo la sua parola alle Superiore del Consiglio Generalizio raccolte nelle ca-
merette di D. Bosco, formulava anche per loro il proposito di vedere accre-
scuito il numero degli orfanotrofi, facendo voti che ogni Ispettoria avesse il suo.
Ispirato sempre dal pensiero di venire in aiuto alle giovani di condizione
povera, e metterle in grado di guadagnarsi << verarnente e onoratamente >> il pane
della vita, diede suggerirnenti ed aiuti per la fondazione di Scuole Profes-
sionali. Dietro i suoi consigli si compilarono con attenta preparazione i pro-
grammi per le nuove Scuole Artigiane, i quali poi formarono oggetto di studio
al Capitolo Generale del 1934.
Tali scuole sorsero e si svilupparono presso le case più importanti delle
F.M.A. e si rasformarono più tardi (per adattarsi ai programmi scolastici go-
vernativi) nelle Scuole di Avviamento Professionale a tipo industriale femmi-
nile. Si aperse pure presso la casa di formazione per neo-Professe di Torino,
4 Ricordi delle benemerenze del Rev.mo Sig. D. Ricaldone a vantaggio dell'Istituto
delle F.M.A. avuti dalla Madre Generale Angela Vespa, il 7J.4.1962.
4e Conferenza del 21 novembre 1918 tenuta a Roma.
31)

34.4 Page 334

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Borgo S. Paolo, la Scuola di Magistero Professionale per la Donna, col princi
pale scopo di formare il personale insegnante per le nostre Scuole Pro{essio-
nali.
Il 2 maggio 1937 è facile di presiedere alf inaugurazione dei locali dove
inizierà questa scuola da lui tanto desiderata.s
Così, sempre per il suo paterno interessamento e incoraggiamento, comin-
ciarono a tonzionarc le prime Scuole Agricole delle F.M.A.: quella di Arignano
(Torino) presso l'Aspirantato Missionario, oggetto delle sue particolari cure, e
quella di Llissà del Valle (Barcellona) nella Spagna, trasferitasi dopo la rivolu-
zione a Palau de Plegamans (Barcellona); e la gtande Colonia Agricola di Moron
neil'Argentina e annessa Scuola Normale per la formazione del personale Inse-
gnante delle Scuole Agricole.
Ma il punto che più stava a cuore a D. Ricaldone, come già a D. Rinaldi,
erano le Case di Formazione e particolarmente gli Aspirantati. Le ampie trat-
tazioni da lui tenute nell'ottobre del 1933 alle Superiore Generalizie e alle
Ispettrici, furono poi uno dei temi studiati nel Capitolo Generale del 1934 e
portarono alla determinazione di far sempte precedere il postulato da un pe-
riodo più o meno lungo di aspirantato. Anche l'altro suo vivissimo desiderio cir-
ca 7a fotmazione delle neo Professe , fatta in Case apposite o presso Ie case ispet-
toriali, con corsi di studi culturali e professionali, sia per il conseguimento
di relativi diplomi, sia per l'addestramento alle speciali mansioni da disimpegnare
nelle case, fu oggetto di attento e continuo studio anche se 7e rcalizzazioni non
furono immediate, data la non facile attuazione, per case, mezzi e soprattutto
personale pronto a farsi guida alle neo-professe.
L'Istituto delle F.M.A. puntò però con sforzo unanime e generoso alla rea-
lizzazione di un suo meraviglioso progetto: creare un Istituto Superiore di
perfezionamento catechistico-pedagogico a Torino, per le F.M.A. provenienti da
tutte le Ispettorie del mondo.
Madre Linda Lucotti, la piccola Madre dagli occhi di cielo, impegnò se
stessa, ogni Ispettoria, ogni Casa, ogni singola suora perché l'opera sorgesse
come frutto di sacrifici personali. Quando ne comunicò la decisione a D. Ri-
caldone, egli le rispose con gioia profonda. Tale opera con << Don Bosco edu-
catore )> e l'Istituto Superiore di Pedagogia del P.A.S. sarebbe stato il contributo
più valido per portare nel mondo il catechismo fatto col sistema educativo di
D. Bosco. Poteva davvero cantare ora il << Nunc dimittis >>.
La sua lettera di plauso la scrisse si può dire alla vigilia del suo trapasso:
1'11 novembrc 1951.
Torino,11-11-1951
<< Rev.ma Madre Generale,
plaudo di cuore alla provvidenziale iniziativa di aprire un Istituto Su'
periore di Pedagogia e Catechetica per le F.M.A.
s Taccuino personale di D. Ricaldone de1 1937, 2 maggio.
3t4

34.5 Page 335

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Penso sia questa una delle opere da attuarsi quanto prima. Urge porre
un argine alla pedagogia
il più temendo flagello
dneall'teupraolcisatanoestr^ate, ^s:ardà'adltirraodnadteo
figr,oranza religiosa,
e vinto solo da un
insegnamento catechistico ben impostato.
Benedico la prowida iniziativa e prego perché abbia il più ampio suc.
cesso.
I trionfi della S.M. Domenica Mazzarcllo sono capama sicura delle bene-
dizioni celesti.
InG.eM.
Sac. P. Rtcar,ooNE »>
L'Istituto fu realtà nel 1954. Fin dal primo biennio all'Istituto di Peda-
gogia e Scienze Religiose venne affiancatala Scuola di servizio Sociale. Entrambe
le scuole ottennero il riconoscimento ufficiale dalla S.C. dei Religiosi con i re-
scritti del 31 gennaio e del 13 giugno 1956.
Con Deueto del 31 gennaio 1966 della S.C. per l'Educazione Cattolica
l'Istituto di Pedagogia e Scienze Religiose fu incorporato all'Istituto Superiore
di Pedagogia del P.A.S. con la possibilità di con{erire gradi accademici.
Con lettera-decreto del 27 giungo 1970 veniva riconosciuta la sua indi-
pendenza, mediante la trasformazione del vincolo incorporativo in semplice
consociazione.
La denominazione di Istituto di Pedagogia fu modificata in quella di Fa-
coltà di Scienze dell'Educazione.
La << Crociata catechistica >> e la << Strenna Catechismo-Oratorio-Formazione
Salesiana »>, furono un vero svegliarino anche per le F.M.A. che si misero in gara
con i Salesiani nella multiforme attività catechistica, rinnovando oratori e scuole
catechistiche.
Egli poi portò anche un soffio nuovo nelle pie Associazioni Giovanili delle
F.M.A. ottenendo la tanto desiderata loro Costituzione Canonica col decreto
del 24 aprile 1940.
Ma fu il problema catechistico a fermentare tutti i vari settori apostolici
delle F.M.A. dalle case di formazione, agli internati, alle scuole, alle stesse case
di riposo de1le suore ammalate. Ci fu un vero rinnovamento che sensibilizzò
maggiormente gli animi ed ebbe anche le sue espressioni esterne di entusias,mo
in convegni, congressi e mostre.
D. Ricaldone tutte le volte che poté, fu felice di presiedere a questi incon-
tri catechistici. 11 9 maggio 1940 inaugurò la Mostra Catechistica della Casa
Missionaria M. Mazzarcllo per neo-professe in Torino.
Il 24 luglio dello stesso anno fu presente a Casanova nel Noviziato Inter-
nazionale per quella grandiosa organizzata dalle Novizie. Nel 1942 il26 ed i\\ 28
giu.gno presenziò ad alcune manifestazioni della Settimana Catechistica, otg ttiz-
zata nella casa Madre Mazzarello.sl
sr Dai taccuini personali di D. Ricaldone.
315

34.6 Page 336

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Spesso D. Ricaldone espresse il suo compiacimento di apostolo e di padre
per tanta adesione delle F.M.A. scrivendo alle Madri.52
Veramente i suoi inviti trovarono sempre una pronta risposta presso le
F.M.A. anche quando egli richiese collaborazione fraterna per l'ampliamento del-
la Basilica di Maria Ausiliatrice e l'erezione delI'altare a D. Bosco santo. Fu
tale la corrispondenza che lo stupì e si sentì in dovere di segnalarla negli A.C.S.
a sprone e incoraggiamento di tutti.
<< Devo dirvi a vosffo conforto ch'è sorta una vera e santa gara ffa le
F.M.A. e i Salesiani. La Rev.ma Madre Generale, la vigilia di S. Piero mi pre-
sentava una vistosa offerta accompagnata da una lista particolarmente gradita,
dalla quale risultava che tutte le case del loro fiorente Istituto avevano svolto
rnolteplici e encomiabili attività per propagare le già dette devozioni e per mol-
tiplicare il numero dei Cooperatori e delle Cooperatrici.
Mentre rinnovo alla Rev.ma Madre Generale e a tutte le sue buone figliuole
il mio vivo ringraziamento per il mirabile apostolato così generosamente com-
piuto e lo addito alla vostra ammirazione, desidero farvi noto che non fu minore
lo slancio dei Salesiani... »>.s3
E già segretamente e santamente complottavano Superiori, Suore e Novizie
per onorare il << super-giubileo »> sacerdotale di diamante del Rettor Maggiore
in modo degno del suo gran cuore e del suo ardente amore per Maria Ausilia-
trice in adesione all'invito del Prefetto Generale, quando, inaspettata, giunse
7a notizia della sua morte. A Casanova avevano fatto un <( patto )>:
<< Patto di Casanova, 27 maggio t950.
Con ardente slancio e vivissimo desiderio di nuovi rionfi per l'opera
meravigliosa dell'Ausiliatrice aderiamo di gran cuore all'invito del Sig. D.
Renato Ziggiotti, Prefetto Generale della Famiglia Salesiana, di unirci nella
preghiera per ottenere dal Signore, per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice
e dei nosri santi Pattoni, che il Rev.mo Signor D. Pieto Ricaldone possa
raggiungere il suo super-giubileo di diamante 11 27 maggio L953, anno dei Ca'
pitoli Generali dei Salesiani e delle F.M.A., del V" Centenario del SS.mo Sa-
oamento di Torino, del 1' Centenario delle Scuole Professionali Salesiane.
Promettiamo di offrire quotidianamente mortificazioni e preghiere se-
condo tale intenzione e sottoscriviamo il solenne impegno, sotto lo sguardo
benedicente dell'Ausiliauice e Madre e con nell'animo la più filiale fiducia
nel cuore dolcissimo di Gesù.
Firmati: Sr. Lrxoa Lucorrr
Sr. Er,vrne Rrzzr
Sr. ANcer.e Vespe
Sac. RBNero Ztc'ctor"rr
Novizie presenti
Direttrici e suore della
Casa Miss. « M. Mazzarello »
Dichiaro autentiche tutte le firme soprastanti:
F.to G. MBruce, Avv.to rotale >>.
s2 Riportiamo in Appendice, allegato n. 66, una lettera che egli scrisse a M. Carolina
Novasconi del Consiglio Generalizio ringraziando per l'adesione pronta delle F.M.A. alla
Crociata Catechistica.
s3 A.C.S., n. 76, 24 Luglio 1936.
3t6

34.7 Page 337

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Certarnente questa offerta ottenne a D. Ricaldone una glorificazione mag-
giore in cielo.
Uguale spirito
D. Ricaldone aveva il dovere come successore di D. Bosco e quale Dele-
gato della S. Sede non solo di in6ementare le opere dell'Istituto delle F.M'4.
La specialmente di meglio far conoscere, conservare, sviluppare lo sprrito del
Santo Fondatore.
Possiamo dire che questo fu il suo impegno più costante. Soltanto la sua
azione già ricordata, in favore della beatificazione e canonizzazione di M' Maz-
zarc77o è rrr,o un poema di spiritualità salesiana somministrata gradualmente
alle F.M.A.
Le sue Strenne poi sui Voti, sulle Virtù, sulla Pietà, sull'Azione apostolica
salesiana, erano state scritte anche per le F.M.A . fatta eccezione di quei punti che
si riferivano esplicitamente alla vita religiosa o sacerdotale del Salesiano, tanto
che le Superiore subito le misero alla pottata delle Suore come libri di lettura
spirituale, densi di genuino spirito del Padre, e altamente formativi.
easbtrnboeesMedseaguiunDpi;du.,afnrRgtciigocpanerldolÀaognr.raermr,aurm,p-fpìputriurcooinflitn,toteòvlfiloveacanas.culheEeegfpudlrieip\\dateuicrtphtuleeeteelFezzc.Macoi;nr.cAfpeo.ers,etranclnozezeme'FeP'pMepere'rArie'iCssfoSuenarelfiernasmviteaeacnelleii-,
l'umiltà.
Nella lettera scritta alla nipote F.M.A., all'istruzione alle novizie, aila con-
fercnza in assemblea plenaria per la canonizzazione di M. Mazzarello c'è sempre
questo invito: << Non dimenticate che il fondamento di tutta la perfezione e di
trrttu lu vita spirituale è I'umiltà: con essa ftionferete su tutto >>.sa
Alle novizie con cui si compiaceva di intrattenersi, tanto che nei suoi viag-
gi appena poteva le raggiungeuà, , Crrurova,ss a Castelgandolf-o,% a Bosto' '
atr" ln foima viva . piuti.r-.h. base di tutta la santità è I'umiltà.
E non sa tfovare alffo pensiero e ricordo più adatto per ricavare un effi
cace ammaesuamenro dalla ìndimenticabile soÈnnità de1la Canonizzazione di
M. Mazzarc7lo che ripresentare la << base inconcussa » della sua santità, già addi-
tata da Pio XI: l'umiltà.
Parlando il
suore conven,rt.
giorno dopo il trionfo in
àn trtte pati d'Italia
S. Pietro, il 25 giugno, a superiore e
e anche dalle nazioni europee più vi
cine, dopo le felicitazioni, nàn fece altro che intrattenerle sull'argomento del-
sa l)alta lettera di D. Ricaldone alla nipote F.M.A. Sr. Angiolina, 8 Luglio 1949
ss 17.4,1939. Da1 taccuino personale di D. Ricaldone.
19.5.1»6. Dal taccuino personale di D. Ricaldone.
s7 6.9.1%6. Dal taccuino personale di D. Ricaldone.
317

34.8 Page 338

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l'umiltà e alla fine tratteggiò il ritratto della suora quale D. Bosco la voleva: una
suora umile.ss
Non è che D. Ricaldone nelf intento di formare le F.M.A. autentiche sale-
siane, e della tempra della loro madre, non toccasse le altre virtù, ma tutte le fa-
ceva derivare dall'umiltà.
Ancora prima della Beatificazione, raccomandava loro la semplicità della
loro Confondatrice, il suo spirito di sacrificio, ma come dirivati e naturali con-
seguenze dell'umiltà.5e
così anche nella conferenza del 21 novembre, dopo aver detto che la san-
tità fiorisce per turti dalla carità e dalla purezza e che M. Mazzarcfro l,acquistò
perché visse di carità e di purezza imitando in tutto e per tutto D. Bosco, ìi fa-
ceva però le domande: perché Ia Madre fu pura, fu ardente di carità, perché
si preoccupò di « tenere gli occhi fissi in D. Bosco >> per imitare la sua santità?
E rispondeva: << Perché era umile. La Beata M.D. Mazzarello fu santa della
stessa santità di D. Bosco, e come D. Bosco fu umile, profondamente umile »>.m
simo
Le animò però anche sempre alTaca.'ità,, intesa come
6r e le spronò al distacco insistendo sulla pratica di
unione a Dio e al pros-
fare con amore lu vo-
lontà di Dio.62
Alle Superiore non pailava molto diversamente: le voleva materne, e come
tali conservarici del genuino spirito. Ma proprio per questo, esemplari nell'u-
miltà, nella carità, nello spirito di sacrificio 63 per essere veri modelli, luce divina
che messa sul candelabro rischiara, riscalda e porta gioia.
Poi, siccome lui stesso Ie aveva spinte a darsi d'attorno per preparare cul-
turalmente e tecnicamente le suore a compiere meglio i loro impegni apostolici,
le mise sull'atterti non solo a non voler preferire opere più vistoie e a trascurare
quelle per Ie giovani povere, ma anche ad un'esatta valutazione della vera
scienza.e
Nel 1945, quando nelf immediato dopoguerra tutti parlavano di << ricostru-
zione » anche D. Ricaldone ne parlò con calore alle Superiore e alle suore radu-
n^te a festeggiare l'onomastico de1la Madre Generale e la fece consistere nella
carità.
La prima ricostruzione doveva essere ricosmuzione personale nella vita di
unione con Dio, nell'amore totale a Lui, che si distacca da tutto e aderisce solo
più alla sua volontà.
La seconda ricosffuzione doveva interessare i fratelli: l'amore al prossimo.
E con quel suo metodo facile, pratico e analitico, presentava trtt. I. possibili
s8 Dalla confetenza
25.6.1951 a Roma.
di
D.
Ricatdone
a
ricordo
della
canonizzazione
di
M.
Mazzarello,
5e
d
6r
Dalla
Dalla
Dalla
conferenza
conferenza
conferenza
di
di
di
D. Ricaldone tenuta a Roma il l4.ll.lgig.
D. Ricaldone tenuta a Roma il 2l.ll.l93g.
D. Ricatdone tenuta a Torino il 14.1.1939.
62 Meditaz.
cotti, 29.10.L948.
di
D.
Ricaldone,
per
la
festa
onomastica
della
Madre
Generale,
M.
L.
Lu-
63
e
Meditaz. di
Conferenza
D. Ricaldo-ne alle Supetiore, Ispettrici e Direttici
di D. Ricaldone tenuia a R6ma il 2l.ll.l9i8.
a
Torino,7.l).l948.
118

34.9 Page 339

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rovine che richiedevano un pronto tisanamento e una riedificazione suila traccia
del << Padre nostro >>, la preghiera della carità. 65
Ma vi sono due conferenze che rimarranno profondamente unite alla per-
sonalità di D. Ricaldone, veramente irrepetibili e che saranno sempre di guida
a tutte le F.M.A.
La prima in ordine di tempo è quella del 5 dicembrc 1938 {atta a Torino
dopo gli onori della beatificazione di M. Mazzarello.
In essa egli riferiva alle F.M.A. le parole che Pio XI gli aveva detto os-
servando e le reliquie della novella Beata e di cui l'aveva pregato a farsi porta-
voce presso Ie suore.tr
La seconda, vero compendio degli ammaesftamend di D. Ricaldone alle
F.M.A., è l'ultima fatta il 29 ottobre 1951 in occasione della festa onomastica
della Superiora Generale M. Linda Lucotti. Fu stampata in fascicoletto tasca-
bile e fu intitolata: << Ultima esortazione... >>.
Fu come il testamento che il 4" Successore di D. Bosco lasciò alle sue {i-
glie. Forse presagiva la fine2 È sorprendente come egli allora volle dire una
parola a tutte: alle superiore, alle insegnanti, alle suore addette ai lavori dome-
stici.
In quest'ultimo incontro D. Ricaldone espose il programma cfie egli aveva
cercato di attuare per le F.M.A.: formare le suore spiritualmente e professional-
mente secondo 1o spirito di pietà e di lavoro, di apostolato di D. Bosco e poi
dare all'Istituto, Superiore dal cuore di madre, pronte a capire le esigenze delle
nuove generazioni con opere apostoliche adeguate e con Case di Fotmazione'67
Il più bell'elogio alla dedizione di D. Ricaldone per le F.M.A' 1o possiamo
prendere dalla sua viva voce, quando egli, nel Capitolo Generale XV dei Sale-
siani, così esortava i Capitolari ad aiutare la seconda famiglia di Don Bosco.
<< Lavorando per I'Istituto delle F.M.A. che è tanta parte della nosla
Famiglia e del cuore di D. Bosco, noi avremo cooperato a una grande missione
di bene, avremo compiuto un dovere impostoci dalla S. Sede, e soprattutto
avremo fatto opera graditissima al nosffo Santo Fondatore e Padre ».68
La Terza Famiglia Salesiana
Eletto Rettor Maggiore, il pensiero dei Cooperatori e delle Cooperatrici
passò a D. Berruti, quale Prefetto Generale. Non per questo si tenne estraneo
al movimento di un organismo così importante per la Congregazione; difatti a
6s Pensieri di D. Ricaldone in occasione dell'onomastico della M. Generale, M. L. Lu-
cotti, 629C.Lo0.n1f9e4r5. .di D. Ricaldone tenuta alle Superiore e F.M.A. a Torino 11 5.12.L%8. Le
quatrro conferenze tenute da D. Ricaldone in occasione della Beatificazione di M. Mazzarello
fìrono pubblicate in un opuscolo nel l%9 e presentate da una lettera introduttiva della
Su-per6io7raDaGll'e«nUerlatilme aM».
Luisa Vaschetti in data 6.1.19)9.
esortazione rivolta alle F.M.A. da1
compianto
e ricordatissimo
Supe-
riore e Padre D. P. Ricaldone nella festa della Madre, -[orino 29.10.195I.
68 A.C.S., n. 87, MaggioGiugno l9)8, p. 3).
319

34.10 Page 340

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loro riguardo lo udirono prospettare qualche nuovo progetto che da tempo
aveva in mente, ma che L'incalzarc delle cose mai gli dava modo di attuare. Era
troppo pressato da problemi immediati, determinati dal periodo bellico e del
dopo guerra. II male del trigemino poi, gli sottraeva giornate intere, passate nella
pura sofferenza e offefia. Don Favini ricorda ,molto bene come questo <( pro-
getto » fosse sempre vivo nella sua mente:
<< Appena eletto Rettor Maggiore, D. Ricaldone affidandomi il « Bolletti
no salesiano »> italiano, mi accennò a dei progetti che aveva in mente per i
cgolioIpsMepreaatttqoourrie:i lc-greiodBreninsodoognnocanhepvoeioinicvghaelimudnaoiv.g.e.iosDsrnioospuocciclaepdamedroiear,mtesocdraiivneDcvh.aeTndorieoainceluo-oi ppeelrr%actho5éri.m-...i
mandasse a tener conferenze nelle loro Ispettorie. Egli mi passava le lettere
cvoanpquIuoree,s-tna.aptuorsatlmillae:nt-e,
tu, altri, sostituirà
non mi esponevo.
D.
Trione,
ma
se
vuoi
andare,
Un giorno fui invitato a pt^nzo, in Capitolo, mente c'era anche il Conte
Rebaudengo, il quale desiderava che io succedessi a D. Trione. D. Ricaldone,
derogando al regolamento dei Cooperatori che non prevede alcun Presidente
della Pia Unione, 1o aveva proclamato Presidente. Perciò, a un certo punto del
pranzo, chiese:
E
-D.
Ma dunque,
Ricald
me Io
Ma, caro
questo Segretario, D. Ricaldone?
Signor Conte, ha qui D. Berruti,
turto
a
sua
disposizione, il Prefetto Generale, cosa vuole di più?
Io feci un cenno al Conte e sviammo il discorso, parlando di altro. Dopo
pranzo, accompagnai il Conte per un tratto di strada e gli feci capire che Don
Ricaldone aveva qualche suo progetto di rinnovazione: conveniva quindi non
insistere.
Sopravvennero i lavori di ampliamento del Santuario di Maria Ausilia-
trice, poi \\a furia de1la seconda guerra mondiale e non se ne parlò più.
Non so bene in quale circostanza,dopo la guerra, accennai a D. Berruti (che
come Prefetto Generale dirigeva la Pia unione) che da 15 anni io attendevo
che D. Ricaldone trattasse dei Cooperatori. D. Berruti glielo disse ed egli mi
chiamò subito:
faccia,
c-on
Cosa vai dicendo? Ma non
tante cose che premono da
ti basta
tutte le
D. Berruti?
parti?...
Come
vuoi
che
io
Io mi scusai dicendo che non pretendevo nulla; avevo accennato al colio-
quio del 1932, ma, per carità, non se ne preoccupasse. Poi gli feci anche osser-
vare che D. Berruti stesso era oberato di lavoro; ne aveva fin sopra i capelli e
godeva poca salute... Egli riconobbe la complicata siruazione aggravata d,alle
urgenze di ricostruzione di quel dopoguerra e continuava a scusarsi che non pote-
va farc di più. Era verissimo: chi non 1o vedeva? Ma intanto egli si affaticava
ancora a comporre circolari che erano veri trattati. E io osai insinuare:
No-n
Ma perché lei perde
l'avessi mai detto: -
ranto rempo a fare quelle circolari?
Perdo tempo? Perdo tempo? Ma
non
sai
che
)20

35 Pages 341-350

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35.1 Page 341

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si tratta della Congregazione? Che siamo in momenti difficili? Bisogna salvare
lo spirito...
cliche
d- a
cVoma pbeetneent-i
seincotenmdouplepilo- romdaireatntcivhee
i Papi fanno preparare le
e poi le firmano. Non è
enci-
mica
necessario...
Non
adesso in
mtani tleasccaset,eprmurinsaarepelnadofrachsee:le-
Non
faccio
è necessario? Non le leggono
io. Se sapessero che le faccio
preparare da altri...
EEd-ceognHlia:al-trraegFpioaonciehp,erhepasatorraogtlueioname....i..c-ongceodnòc,luisnis. istendo perché mi rivolgessi a
D. Berruti per qualunque cosa riguardasse i Cooperatori.
Ma, due anni dopo, nel Capitolo del 1941 egli chiese I'attorizzazione di
aumentare il numero dei Consiglieri Capitolari e sollevò un po' D. Beruti, affi-
dando i Cooperatori a D. Albino Fedrigotti e le missioni a D. Modesto Bellido.
Nel frattempo aveva curato 7a Pia Unione iI Propagandista D. Antonio
Fasulo di sua iniziativa e supplendo coraggiosamente alla mancanza del Segre-
tario Generale, finché non dovette limitarsi alla cura regionale della Pia Unione
in Sicilia, ove si prodigò fino all'ultimo delle sue forze.
Nel 1950 D. Ricaldone mi sollevò dalla redazione del Bollettino e mi
affidò
faceva
la Pia Unione dei Cooperatori,
una volta D. Trione.
dicendomi'
-
Tu dovresti fare ciò che
Mi permisi ,allora di osservargli che D. Trione aveva un prestigio per-
sonale; ma io che cosa avrei potuto ottenere passando di casa in casa a fat
conferenze? Egli poi aveva attuato il programma di organizzazione che i Capi-
toli Generali fin dalf inizio del rettorato del Ven.le D. Rua avevano appro-
vato.
Volle allora tutta la documentazione e mandò una circolarc agli Ispettori
d'Italia perché provvedessero alla nomina di appositi delegati ispettoriali e lo-
cali.
Ispet-torieCoamuinncifioarmmoardsia. ll'Italia - mi disse - poi inviteremo tutte le alme
Mentre gli Ispettori d'Italia procedevano alla scelta e alle nomine, egli
volle che i Cooperatori salesiani partecipassero al Lo Congresso Mondiale del-
l'Apostolato dei laici che si sarebbe tenuto in Roma dal 7 al 14 ottobre del
l95L e fece fare le pratiche per le iscrizioni ùLa grandiosa organizzazione.
I1 23 giugno 1951, vigilia della Canonizzazione della prima Superiora delle
F.M.A., Madre M. Domenica MazzarclTo, quando egli era già a Roma per Ia
solenne cerimonia, io ebbi la grazia di una udienza speciale dal S. Padre
Pio XII.
Allora S.E. Mons. Callori (poi Cardinale di S. Romana Chiesa) mi presentò
come Segretario Generale dei Cooperatori, e il S. Padte mi svelò quanto la Pia
Unione gli stesse a cuore esclamando con calote:
32t
21

35.2 Page 342

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rarli!Io-
- Ma
risposi
bisogna curarli questi
che i Superiori avevano
Cooperatori,
allo studio un
cari Salesiani, bisogna cu-
programma e che 1o avreb-
bero quanto prima presentato a S. Santità; poi esposi la ragione particolare
dell'udienza ed egli benevolmente mi assecondò passando ad alto argomento.
Ma finita l'udienza io corsi subito alla Procura Generale ad informare Don
Ricaldone. Ed Egli soffrendo di quella ammonizione che avremmo dovuto
pmVreaediviep,-novirerteMad,ti,oifa-picaerCenmodcioohpdeeiascrssaisetacoo-irniporasiilcmRaPaoaamnpqcaauh,eennloltoornoncpchapi beocbos-inaoimsiconoesc.amoimariiisnpicmoianpvdeaegrneaat-oIairncCoanoollapoberbaraia'tmo-roi
in qualche grande attività pubblica collettiva...
-Io cEols,mi 1e'ottcitciadsuionnqeupee, rprceapldaeraggqiauraelciolspar,osgue..t.to- di un Convegno Internazio-
nale a Roma in occasione del 75" di organizzazione della nosra 3u Famiglia
Spirituale a forma di Terziario Salesiano (1876-1951).
Avuto il suo incotaggiamento, quando ritornammo a Torino, lo pregai a
convocare i Delegati Ispettoriali d'Italia alla Casa Capitolare per un Convegno
di avviamento di studio nei giorni 7-8-9 settembre 1951.
I1 Convegno, presieduto dal Prefetto Generale D. Ziggiotti, in assenza del
Consigliere dei Cooperatori, D. Fedrigotti, ttacciò ai delegati compiti ben deter-
minati revisione degli elenchi dei Cooperatori iscritti, aggiornamento degli indi-
rizzi, organizzazione delle conferenze annuali e mensili, di convegni locali e re-
gionali e soprattutto la costituzione di cenacoli di spiritualità salesiana presso le
case salesiane, gli Istituti delle F.M.A., i Centri dei Direttori Diocesani e De-
curioni con i,mpegni di apostolato a servizio della Chiesa. D. Ricaldone invitò i
Delegati a pranzo coi Superiori del Capitolo e concluse quel primo memorando
convegno richiamando le norme e gli ideali di D. Bosco, spronando tutti a lavo-
rare intensa,mente ed approvando il progetto di un Convegno internazionale a
Roma per il L952 e di un allro a Torino nel 19fi in occasione del Giubileo d'oro
dell'Incoronazione di Maria Ausiliarice e del Centenario delle Scuole Pro-
fessionali Salesiane.
In ottobre la Pia Unione partecipò al Congresso Mondiale dell'Aposto-
lato dei laici con una qualificata delegazione internazionale >>.6e
D. Ricaldone, che poteva vantare esemplari meravigliosi di cristiani fra le
file dei Cooperatori, come un Conte Rebaudengo già ricordato e come un ragio-
niere Giuseppe Maffei che gli scriveva parole di fede quasi gioiosa pur nel ri-
cordo del figlio Giacomo morto come un santino,T0 pensava a loro come a fer-
6e Relazione di D. Guido Favini.
70 Ecco le espressioni del Rag. Giuseppe Maffei scritte a D. Ricaldone in d,ata ).1,.1938:
« Ci portammo a Torino dove non abbiamo parenti ma tanti ricordi cari del nostro
Giacomino. Immense soddisfazioni uovarono i nostri cuori. Abbiamo potuto pregare alla
tomba del Santo che permise a Giacomo di salire in alto e nella Chiesa dedicata alla
Vergine SS.ma che Giacomo invocava ogni giorno. Abbiamo tovato vivo il ricordo del
)22

35.3 Page 343

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mento evangelico nelle {amiglie, nel lavoro, in tutti i settori della vita sociale
Perciò non cessò di incoraggiare e lavorare per questa vera famiglia sale-
siana.
Cercò soprattutto di sensibilizzare i confratelli ad approfondire la llatura
della terza Famiglia Salesiana; la necessità del suo svilupparsi; la meravigliosa
fecondità di bene che se ne poteva avere se era considerata nel7a sua vera e to-
tale essenza, se si lavorava in essa per le finalità per cui era sorta organizzandola
e formandola secondo lo spirito di D. Bosco.
Al Capitolo Generale XV del 1938, D. Ricaldone nella seduta del 5 luglio
parlò anche dei Cooperatori, fissando l'attenzione dei Capitolari sul Bollettino
Salesiano, quale vincolo di unione dei Cooperatori e stimolò a sostenere, accre-
scere, formare, organizzare Ia Pia Unione.
Egli ebbe espressioni che alludevano a quel panorama grandioso di bene che
egli già vedeva come attuato se i Salesiani si fossero occupati maggiormente di
CSSA.
« Acctescere il numero dei Cooperatori vuol dire rinvigorire molte nostre
opere, aiutare i nostri carissimi missionari, arrivare fino a loro cogli aiuti di cui
hanno esmemo bisogno. Ecco perché insisto e insisterò ancora perchè lavoriate
alacremente a moltiplicare i nostri Cooperatori ».71
Nello stesso tempo richiamava l'attenzione sul vero concetto di << Coopera-
tore )> e scriveva:
« Troppe volte il Cooperatore Salesiano viene considerato sotto l'unico
aspetto di benefattore: dr, lui più che alro, si aspetta e si sollecita la coopera-
zione finanziaria. È questo un grave errore. D. Bosco intese la cooperazione so-
prattutto come partecipazione dei Cooperatori, in diversa forma e misura al no-
stro apostol.ato ».72
Da questa premessa egli trae le conseguenze: invitare i Cooperatori a
lavorare nelle scuole di catechismo e negli oratori festivi. È necessaria la crea-
zione di comitati di patronesse, di cooperatori o anche solo di benefattori e poi
pervaderli di incessante attività.
Nel 1940 parla della necessità di ringiovanire le file dei cooperatori fa-
cendo affluire sangue nuovo, e consiglia di iscrivere nella Pia Unione exallievi
meritevoli che abbiano raggiunto i 16 anni di età.73
Nel dopo-guerca la parola d'ordine per tutti e anche per i salesiani fu:
« ricostruite >>.
La Congregazione aveva macerie, rovine materiali in tutte le nazioni: case
distrutte gravemente danneggiate e nello stesso tempo urgenti richieste di asilo,
di ospitalità per nugoli di rugazzi orfani, senza casa. Ma la perdita più grave era
nostro caro in tutto l'ambiente salesiano dove superiori e compagni gareggiavano nel mo-
sttatci come Giacomo fosse spiritualmente presente ed operante, svolgendo un apostolato
pieno di ptomesse >>.
7r A.C.S., n. 87, MaggioGiugno 1918, pp. 3738-40.
72 A.C.S., n. 94, Novembre-Dicembre 1939.
73 A.C.S., n. 104, Marzo-Aprile 1940.
32)

35.4 Page 344

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quella del personale: le vittime della guerra, delle persecuzioni, erano molte.
La morte di valenti confratelli e Ie malattie di alffi, resi inabili a sostenere
posti di responsabilità o anche solo di lavoro, avevano lasciato vuoti incolma-
bili. C'era quindi una doppia necessità: preparare case di beneficenza, opere po-
polari e sociali di soccorso immediato, e provvedete alle vocazioni. D. Ricaidone
pensò anche ai Cooperatoti che sempre l'avevano aiutato e §ostenuto nelle più
difficili imprese e si erano dimostrati veramente il suo braccio destro, anzi
molto spesso 1a sua <. lungamano )> per arrivare dove egli non era riuscito a
giungere.
Era l'ora della carità: bisognava sollevare tanta gente indigente perche mo-
vasse nella Chiesa il conforto e non si rinserrasse ribelle e astiosa ra le file del
marxismo. Perciò molto chiaramente chiese ai Coopelatori che si immedesimassero
del bisogno dei fratelli e li aiutassero.
Non deve perciò stupire se al Capitolo XVI del 1947 tutto rivolto allo
studio di temi riguardanti la formazione spirituale e morale dei confratelli, il
primo tema fu quello della beneficenza. E fu nella tr^ttazione di questo argo-
mento vitale che si presentò il modo nuovo più dinamico dell'organizzazione
dei Cooperatori.Ta
Se per 7'urgenza dell'ora si doveva immetterli nell'azione caritativa o so-
ciale senza un'adeguata preprazionq l'amore a D. Bosco Ii avrebbe tenuti uni'
ti fra loro e ai salesiani, non avrebbe permesso sbandamenti e avrebbe dato
Ioro la consapevolezza di essere ur,a foru^.
D. Ricaldone non potè attuare per i Cooperatori tutto quello che il suo
cuore e la sua chiaroveggenza di scrutatore dei << segni dei tempi >> avrebbe volu-
to, ma nella limitatezza prcpria della creatura che è remora ai suoi ideali, diede
tutto se stesso senza misura.
Ne è testimonianza, piccola se si vuole, il seguente biglietto mandato da
D. Ricaldone a D. Favini in accompagnamento di una circolare per i Coope-
ratori.
« Camissimo D. Favini,
oggi facendo un po' di violenza all'occhio ancor so{ferente buttai giù la
circolare destinata ai Cooperatori; vedi tu se mi è sfuggito qualche << bouru »
o se convenga aggiungere qualcosa. Vedrò volentieri le bozze. Dio volesse che
potessimo seminare nelle anime come si semina febbrilmente nei campi. Pre-
ghiamo perché il Dorninus messis ce la dia poi abbondante, soprattutto quella
spirituale. Pregate per il vostro
aff.mo in C.J.
Sac. P. RICAtooNs » 7s
74 A.S.C., n.143, Settembre-Ottobre 1947. Breve cronistoria deliberazioni e racco-
mandazioni del XVI Capitolo Generale, p. 27.
75 Questo
plice biglietto
prezioso
unito al
documento
testo della
ritrovato,
circolare.
è senza data, appunto perché era un sem-
(Sembra fosse l'ultima, quella del novem-
bre 1951).
324

35.5 Page 345

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« Voi siete tutti salesiani " 76
Così D. Ricaldone considerava gli ex-allievi; essi erano vera parte inte-
grante della famiglia. Non eta pensiero suo, ma di D. Bosco, e lo ricordò ai
confratelli nel Capitolo Generale XV, perchè ne prendessero coscienza e agisse-
ro di consegùenza.
Egli nella seduta del 5 luglio 1938 riportò questo tratto delle Memorie
biografiche: « Il 17 luglio 1884 D. Bosco, rovandosi circondato da una bella
schiera di ex allievi, in gran parte dell'Oratorio di Valdocco, diceva loro: « Io
col nome di Salesiani intendo significare tutti coloro, che, qui nell'Oratorio di
S. Francesco di Sales furono educati colle massime di questo gran santo: quindi,
per me, voi siete tutti salesiani >>.
Da questa battuta D. Ricaldone ricavava \\a nattra, la finalità, lo scopo
degli ex-allievi: « D. Bosco vuole che noi vi consideriamo come veri salesiani >>.
E come successore di D. Bosco, fece suo il pensiero di D. Bosco e per la
lorc organizzazione lavorò molto e fece lavorare. D. Favini, che fu testimone
oculare di tante iniziative, così testifica: « Degli ex allievi, D. Ricaldone si
occupò affiancando D. Rinaldi nella nuova organizzazione nata nel 1919 in
preparuzione aTf inaugutazione del monumento a D. Bosco. Non saprei però
precisare quanto di concreto egli abbia fatto personalmente di sua iniziativa.
Ma fu felice nella scelta di D. Serié che diede poi il massimo sviluppo duran-
te il suo rettorato. D. Serié non faceva nulla senza dipendere da D. Ricaldone;
molte quindi delle sue irr^iziative riflettevano non solo l'approvazione, ma anche
le direttive di D. Ricaldone, a cui si deve la nomina del Comm. Poesio come
Presidente Internazionale.
Con D. Serié e col Comm. Poesio, D. Ricaldone impresse all'Unione Ex
Allievi, il meraviglioso sviluppo nella organizzazione confederale, salvandone
sempre l'ortodossia di pensiero e di spirito. Non sarà forse facile distinguere
la parte propria di D. Ricaldone e di D. Serié; ma credo che D. Serié non abbia
mosso foglia senza la guida di D. Ricaldone, e molto egli abbia fatto col suo
impulso >>.
ra
Questa
svolta in
documentazione
favore degli ex
è un vero elogio a D. Ricaldone non solo per l'ope-
allievi, ma anche perché gli riconosce il merito in-
discutibile di avere scelto dei collaboratori di specchiata virtù e di grande capa-
cità. E lo è anche per D. Serié che mantenne col Superiore unità di pensiero e
di volontà tale, che anche dagli scritti e dalle circolari non si riesce a capire
chi fosse l'ideatore di tanto e accurato lavoro apostolico. La virtù di D. Serié,
la sua paternità, certamente ebbero il loro fascino diretto sugli ex-allievi. Ma es-
si usufruirono anche molto del lavoro organico e coordinatore di D. Ricaldo-
ne che nel suo primo Consigliere Capitolare trovò un esecutore preciso e zelante
dei suoi piani.
76 Così Don Bosco chiamò gli ex allievi il 17.71884
325

35.6 Page 346

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D. Serié, appoggiato dal Rettor Maggiore, poté iniziare subito il suo la-
voro chiarendo l'organizzazione delle Unioni locali, dei Consigli Regionali o
Ispettoriali, tutti accentrati nella federazione Internazionale.
Nel 1934 per la canonizzazione di D. Bosco gli ex-allievi furono chiamati
a partecipare in modo fattivo alle celebrazioni, o meglio, vennero sollecitati Di-
rettori e incaricati a fat lavorare gli ex-allievi: << Sono proprio essi a volerci
venire in aiuto!
Non desiderano altro (...) domandono non già e soltanto un posto d'onore,
ma anche un posto di lavoro. << Dateci qualche cosa da farel >>, dicono. Ebbene,
appaghiamo il loro giusto desiderio (...). Fissiamo loro un programma e ve-
dremo i miracoli di iniziative, di stupende manifestazioni (...) ».7
Fu veramente questo, possiamo dire, il punto focale dell'azione di D. Rical-
done fra gli ex-allievi; farne degli apostoli, degli attivisti nel bene.
Egli stesso li invitò a collaborare nel 1936 per l'ampliamento della Basilica
e la conseguente diffusione della devozione a Maia Ausiliatrice e a D. Bosco
santo, e nella strenna sugli oratori e il Catechismo li additò come valevoli e pre-
parati catechisti.
Certamente bisognava agire con prudenza, saper scegliere e discernere, ma
anche essere santamente ottimisti e dare loro fiducia. D. Ricaldone era con-
vinto, come già D. Bosco, che spesso dando una responsabilità di un certo im-
pegno, si migliora la stessa persona. Essa infatti, se ha principi buoni, si rende
conto di essete sul candelabro e quindi che deve farsi migliore per essere di
buon esempio. Così sembta sia capitato per il Sig. Rocca Giuseppe, da come
si esprime nella sua lettera a D. Ricaldone che lo aveva chiamato ad assumere
la Presidenza del Patronato della Giovane affidato alle F.M.A.
Torino, 15-L0-1942
<< Rev.mo e più di tutto amatissimo mio Superiore D. P. Ricaldone,
grandissimo piacere mi fece il suo scritto paterno, amichevole, affettuo-
so benche non meritato aff.atto ma ella è buono con tutti, specialmente coi
primogeniti ua i quali vado superbo l'esserci io. Per questo La ringrazio di
tutto cuore, nella speranza di essere un figlio suo degno e naturalmente di S.
Giovanni Bosco. Ma io ho sempre il timore anzi 7a paura di essere un sepol-
oo imbiancato; prego sempre il Buon Dio che mi ispiri, mi guidi, mi soreg-
ga onde non abbia essere tale; ci pensi S. Giovanni Bosco. Ora un pensiero,
una preghiera per l'anima buona del nosro carissimo Aw. Battù che pregherà
per noi. Per obbedienza a lei accetto f incarico affidatomi della Presidenza
del Patronato della Giovane anche se tutti ne erano più degni e meritevoli
di... Me.
Con i consigli suoi e delle ottime suore dirigenti e dei Colleghi del
Consiglio spero e mi auguro di fare, non dico bella figura, ma almeno media e
7 A.C.S., n. 66, 24 Maggio L934.
326

35.7 Page 347

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onesta figura, specialmente tanto bene morale a noi stessi e alle anime che
avviciniamo.
Ora tante preghiere e tanti auguri perché ella riacquisti perfettamente la
salute sua fisica che è indispensabile per la salute morale di migliaia e mi
gliaia di persone. Che il comune e grande amico Don Filippo Rinaldi preghi
per lei! Ringrazio ancora delle sue benedizioni che mi implora dal cielo su
me e su tutta la mia famiglia, e che in parte tasmetterò al mio figliuolo già al-
lievo del collegio di S. Giovanni ed ora prigioniero nel Sud Africa.
Coi sensi della più devota e profonda sottomissione, deferenza, amore fi-
liale, dev.mo in C.J.
GrusEppr EucrNro Rocce >>.
Per l'azione sollecita e intelligente di D. Serié il lavoro svoito tra gli ex-
allievi diede ottimi frutti, tanto che D. Ricaldone già nel febbraio L947 poté
scrivere tutto il suo compiacimento per il lavoro otganizzativo svolto in favote
delle Unioni e incoraggiare a proseguire.T8
Fu in quello stesso anno che, rispondendo agli auguri natalizi del Presidente
Internazionale Comm. Arturo Poesio con una lettera che secondo consuetudine
dava l'orientamento spirituale e apostolico per il nuovo anno, definì il posto
che gli Exallievi occupano nella grande Famiglia salesiana. Così don Ricaldone
si espresse incoraggiandoli ad alimentare nel mondo la devozione a Maria Au-
siliatrice, in occasione dello 80' di consacrazione della Basilica a Lei dedicata in
Valdocco (9 giugno 1948): <<Voi cbe siete all'auanguardia del rnooimento sa-
lesiano... >>.7e
Non fu pura espressione accademica, ma convinzione profonda, tanto che
quando l'urgenza dell'ora richiedeva uno specifico e qualificato intervento a
favore della Chiesa, a difesa della giustizia sociale e della legge di Dio, Don
Ricaldone sempre si appellò agli Exallievi, sicuro di essere da loro compreso
e assecondato nelle sue iniziative apostoliche.
Così, nel 1949 quando i movimenti sociali sfociavano in partiti politici dei
pir) svariati << colori >>, egli li stimolò a mobilitarsi in attività di carattere reli-
gioso, sociale, culturale perché era urgente isftuire e formare sempre meglio i
figli della Chiesa e
gevano i1 bene dei
s<i<nignocali nealafarevonreenlldeosacnoecaonrcrehne tiilsboecniaeli
coloro che si
delle Nazioni.
prefig-
L'iniziativa di far conoscere il Papa già promossa nel 1946,81 la ripresentò
più esplicitamente nel 1950 in occasione dell'Anno Santo con una Lettera-Mes-
78 A.C.S., n. 139.
7e Lettera di D. Ricaldone al Comm. Poesio in data 29.12.1947, «Voci Fraterne»>,
1' febbraio 1948, p.23.
m Lettera di D. Ricaldone al Comm. Poesio in data 72.1.7949, « Voci Fraterne ,r,
febbraio 1949, p.27.
8r Lettera di D. Ricaldone al Comm. Poesio in data 29.1,2.1946, «Voci Fraterne»,
1' febbraio 1947, p.21.
327

35.8 Page 348

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saggio. Gli Exallievi dovevano impegnarsi a far conoscere la persona e l'azione
del Papa in appositi Congressi.82
Negli ultimi anni, poi, non poté non trasmettere a questi suoi cari figli
il suo ardore apostolico in difesa dei principi pedagogici cristiani.
La beatificazione di Domenico Savio, lumeggiando il sistema educativo
di Don Bosco, aveva dato modo di studiare attentamente le correnti pedago-
giche più diffuse e aveva così mosttato i molteplici errori che attentavano alla
genuina concezione educativa cattolica. Ma l'occhio attento e pteveggente di
Don Ricaldone aveva scorto anche gli slittamenti di non poche voci cattoliche
che, proponendo dottrine e metodi pedagogici non totalmente consoni al Ma-
gistero della Chiesa, favorivano le correnti naturaliste.
Ora, gli Exallievi, dislocati in ogni settore della vita sociale, e molti anche
con responsabilità nell'ambito diretto dell'educazione ed ismuzione dovevano
prendere visione della situazione e agire di conseguenza.
Sebbene Ii avesse già stimolati a promuovere Convegni sul Sistema Educa-
tivo di Don Bosco tuttavia, ringraziando per gli auguri di S. Pietro, disse loro
il perché della sua ptima esortazione, mostrando la gravità del fatto:
« Abbiamo bisogno di unirci tutti per arrestare 7a Tava minacciosa della
pedagogica positivista e atea che vorrebbe incenerire il fiore delle più belle spe-
ranze delle future gener azioni »>.u
Questo stesso apppello lo ripeté nel gennaio del 1951 e con espressioni
così accorate che sembra voglia trasmettere agli Exallievi il testamento che la-
scia per loro egli stesso, avvertendo che la sua insistenza potrebbe sembrare
eccessiva, così si introduce e si scusa con il Comm. Arturo Poesio:
« Non le causi stupore che per \\a terza volta io taccomandi ai nostri cari
Exallievi di lavorare in favore della educazione cristiana. Purtroppo sono sem-
pre maggiori e più gravi i danni causati dalla pedagogia naturalista, materiali-
sta e atea che sta awelenando la gioventù in fiore. Noi dobbiamo opporci con
tutte le nostre forze (...) Nelle famiglie degli Exallievi deve essere in fiore
la pedagogia salesiana: anzi essi devono adoperarsi per farla conoscere e prati-
care da altri.
La preghiera ci sostenga in questa immane lotta: alla preghiera però è
assolutamente necessario aggiungere attività multiformi e feconde pet arginare
il male e preparare così una società che si ispiri al Vangelo »>.8s
La fiducia che Don Ricaldone poneva negli Exallievi era ricambiata da
altrettanta stima, venerazione, affetto sincero.
82 Lettera-Messaggio agli Ex allievi in data 24.12.1949, << Voci Fraterne », 1' gennaio
1950, p. 3.
83 Lettera di D. Ricaldone al Comm. Poesio in data 24.1.1950, « Voci Ftaterne >>,
15 febebrLaeiotte1r9a50d,ipD. ).).Ricaldone al Comm. Poesio in data 13.7.1950, «Voci Fratetne >>,
agosto 1950, p. l7l.
8s Lettera di D. Ricaldone al Comm. Poesio in data 30.1.1951, <<Voci Fraterne »>,
1' marzo 1951, p. 51.
)28

35.9 Page 349

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Fra i molti episodi ce n'è uno che per freschezza ed esclusività assomma
tutto l'amore che gli Exallievi ebbero per Don Ricaldone.
Nessuno considerò il tatto, nessuno lo segnalò, nessuno ne visse f intenso
valore affettivo, ranne gli Exallievi che, servendosi dell'abile penna del loro
Presidente Internazionale, 1o divulgarono in tutto il mondo con il loro organo
informativo « Voci Fraterne ».
Durante la sacta funzione della beatificazione di Domenico Savio awenuta
in S. Pietro il 5 maruo 1950, vi fu un episodio inaspettato. Mentre tutti atten-
devano il corteo che dalla sacrestia doveva muoversi verso l'abside della Ba-
silica, improvvisamente scrosciò un applauso sonoro tra lo stupore di tutti.
Infatti in S. Pietro gli applausi annunciano e accompagnano soltanto il Papa.
Chi applaudiva la folla se il S. Padre non era ancora giunto? << Era comparsa
nello spazio libero, verso il baldacchino della Confessione, la veneranda ama-
bile figura di un sacerdote canuto, sorridente che subito tutti riconobbero. Era
Don Ricaldone...Inconsci delle rigorose norme che regolano Ie manifestazioni
nella Basilica, sospinti da un incontenibile slancio di amor filiale, i 20.000 alun-
ni degli Istituti ed Oratori Salesiani e le falangi degli exallievi, stipati in ogni
reparto dell'immenso tempio, spontaneamente, per uno di quei moti istintivi
che per capillarità si comunicano in un attimo fra le masse, avevano voluto sa-
lutare con un espressivo battimano il Padre venerato della Famiglia Salesiana
(...) Si era compreso da tutti che nel IV Successore si era inteso onorare S. Gio-
vanni Bosco nell'ora in cui stava per essere glorificato il Capolavoro del suo si-
stema educativo >>.e
Gli Exallievi amarono molto Don Ricaldone, forse perché, immersi nel
mondo, capirono quanto egli cercasse vie nuove per portare Dio agli uomini
della generazione postbellica così disorientati nei loro principi e metodi di vi-
ta dall'ultima guerra.
Lo sentirono padre, perché, pur animandoli, li sapeva ascoltare, capiva
i loro dubbi e le loro perplessità, e sapeva attendere con fiducia.
In una delle sue ultime aflermazioni sul movimento degli Exallievi si leg-
ge fra figa e riga questo suo amore sempre in attesa fiduciosa: <<L'organizza'
zione degli Exallievi, anche ostacolata e lenta, è opera col.ossale, destinata a
compiere una missione provvidenziale nel mondo... »>.87
I giovani
Gli ex allievi richiamavano naturalmente gli allievi. D. Ricaldone nel suo
grandioso progetto di portare la Congregazione a rcalizzare totalitariamente la
sua vocazione eminentemente catechistica, vedeva gli studenti, gli artigiani, che
per tanti anni erano passati nelle case salesiane e si erano quindi dovuti im-
86 « Voci Fraterne »>, 1" aprile 1950, p. 71,72.
87 << Voci Fraterne >>, 1o novembre 1951, p. 225
329

35.10 Page 350

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bevere di sana dottrina e di parola di Dio, tutti o almeno in gran parte, bravi
catechisti.
Ricordando che D. Bosco scelse i suoi primi catechisti fra i migliori stu-
denti torinesi additatigli da Rettori e Presidi di scuole s e come, più tardi, quan-
do ebbe presso I'Oratorio anche l'ospizio, li prendesse dagli alunni degli ulti
mi corsi, Don Ricaldone incoraggiava a scegliere ra i giovani dei ginnasi e dei
licei, i << leader »> diremmo oggi, che animassero Ia massa dei giovani, e anche i
catechisti, condividendo il pensiero di Pio XI che nel « Motu proprio >> del 1923
raccomandava ai movimenti cattolici giovanili, sia femminili che maschili, « di
coadiuvare il clero in questo genere di ministero, che ad ogni cattolico deve ap-
parire il più santo e il più esemplare >>.
D. Ricaldone aveva una visione dinamica dei giovani: non li poteva pen-
sare solo buoni, li voÌeva anche attivi apostoli. Lo studio di D. Bosco, l'ascol-
to attento della parola dei Pontefici, le stesse voci dei giovani di cui captava
le aspirazioni e Ie nostalgie, gli slanci e gli accasciamenti gli dicevano che essi
volevano crearsi una nuova vita.
Dalle macerie di nazionalismi, di razzismi deludenti, di ideologie politiche
e sociali, di correnti materialistiche o idealiste che per creare il super-uomo
e il super-popolo avevano disrutto l'uomo e i popoli nei loro ideali più no-
bili portandoli all'odio e al'lo scetticismo, essi volevano far sorgere un mondo
del tutto nuovo. Ota il sogno di D. Ricaldone, come quello dei Papi di quegli
anni fu di indirizzare la gioventù a Cristo, perché portasse a Cristo tutta la nuo-
va generazione. E lo sforzo fu nell'organizzare i giovani socialmente e religio-
samente come parte viva del Corpo Mistico, come attivisti della Chiesa, come
azione cattolica.
D. Ricaldone vedeva tutta la portata di questa organizzazione e non ri-
mase spettatore esterno, ma, fedelissimo alla Chiesa ed a D. Bosco, seguì i
Papi, si adoperò con tutte le sue energie per poter raggiungere lo scopo che si
proponeva la Chiesa e che coincideva con il mandato della Congregazione Sale-
siana: formare nei giovani l'autentico cristiano e l'apostolo militante. Perciò
egli nel confronto dei suoi predecessori ebbe il merito di accogliere il movi
mento giovanile di Azione Cattolica, propugnato da Pio XI e da Pio XII.
Il suo atteggiamento di fronte a questo fiorire di apostolato giovanile
voluto dalla Chiesa, non poteva essere altro che adesione filiale. D. Bosco aveva
detto che i Salesiani <, hanno per scopo speciale di sostenere l'autorità della S.
Sede, dovunque si ffovino, dovunque lavorino », perciò era impegno di tutti
favorire l'Azione Cattolica.
Per lui e per la Congregazione era diventato un impegno formale anche
come dimostrazione di riconoscenza per quanto Pio XI aveva fatto per esaltare
D. Bosco. D. Ricaldone aveva impegnato i Salesiani con quattro promesse in
rclazione alle esplicite richieste del Papa:
88 M.8., II, p. 554
)30

36 Pages 351-360

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36.1 Page 351

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-
tolica; -
di sempre più flliale attaccamento al Papa;
di maggior alacrità nella preparazione dei giovani all'Azione Cat-
reagire
--conddtrioi
più intenso lavoro missionario;
crescente attività per la buona
la propaganda protestante »>.s
stampa
con
la
mira
speciale
di
Già D. Rinaldi si era occupato dell'Azione Cattolica e nel 1928 aveva in-
viato una commissione a Roma per studiare e prendere accordi con la direzione
centrale dell'otganizzazione allo scopo di dare ai circoli salesiani di A.C. una
vita più rigogliosa, sempre però in stile salesiano.
Nel 1933 D. Ricaldone costituì u,n'alra commissione coll'espresso incarico
di studiare l'A.C. in genere. Ma siccome in quegli anni si andavano sviluppan-
do le associazioni interne, egli diede alla stessa commissione anche il compito di
redigere un regolamento per dette associazioni. D. Ricaldone ai Capitolari del
1938 spiegò il perché di tale studio: « Ciò si fece non già per opporre un nosuo
regolamento a un altro già emanato, ma perché la stessa Direzione generale di
Roma aveva pregato il Rettor Maggiore di compilare detto regolamento, il qua-
le, nel pensiero di chi ci diede l'incarico, avrebbe potuto eventualmente servire
per tutte le associazioni interne dell'A.C.e0
Raggiunto l'accordo, lo schema fu ancora studiato da parte del Capitolo
Superiore Salesiano, dagli Ispettori, dai Direttori d'Italia convenuti a Roma nel
19J3. Ancora ritoccato, D. Ricaldone nell'anno scolastico 19)4-35, parlò di
questo regolamento a Mons. Pizzardo, al Comm. Ciriaci e ai Dirigenti dell'A.C.:
Don Sargolini e Jervolino. Solo nel 1935 con Lettera-Circolare del 6 gennaio,
D. Ricaldone presentava ai soci il regolamento approvato.er
Ma in seguito all'evoluzione dell'organizzazione questo fu di nuovo messo
in discussione e il 11 maggio 1937,5.8. Mons. Pizzardo pregò i Salesiani di ac'
cettare un nuovo regolamento da lui proposto.
D. Ricaldone fu ancora una volta prontissimo nel seguire i desideri della
Chiesa e con la Lettera-Circolare del 2 febbraio 1937 presentò ai soci Ia lettera
di Monsignore commentandola in questi termini:
« Con filiale devozione noi accettiamo le nuove direttive e a nome di tutti
voi farò giungere al S. Padre l'espressione dell'assoluta adesione dei figli di
S. Giovanni Bosco ai suoi desideti »>.e2
Il problema però nel dopoguerra prendeva altri aspetti e proporzioni per
cui D. Ricaldone ricevette nuovo invito da parte del Papa: quello di creare
in Italia la « Gioventù Salesiana di A.C. »
Ancora una volta D. Ricaldone si trovò pronto all'adesione più filiale:
8e A.C.S., n. 66, 24 Maggro I9)4.
e0 A.C.S., n. 87, << Parlate del Rev.mo Rettor Maggiore durante il XV Capitolo Ge-
nerale, Maggio-Giugno 1938, p. 15.
er A.C.S., n. 68, 6 Gennaio 1915
e2 A.C.S., n. 79 bis, 2 Febbraio 79)7
33r

36.2 Page 352

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<< La nostra risposta fu, come sempre, un atto di filiale sudditanza al Vica-
rio di Gesù Cristo »>.
Le trattative non furono lunghe e si concluserc il 24 maggio 1949 festa
di Maria Ausiliarice, giorno in cui D. Ricaldone firmò lo << Schema di Con-
venzione tra Ia Gioventù Italiana di A.C. e il Rettore Maggiore della Società
Salesiana )>, presente Carlo Carretto, Presidente della G.I.A.C. e il Sacerdote
Federico Sargolini Assistente generale.e3
Nella Lettera-Circolare del 24 dicembre 1949, D. Ricaldone si affrettò
a chiarire lo <, Schema >> perché non sorgessero dubbi e perplessità nei confra-
telli addetti alle associazioni giovani{i e venisse subito applicato, dato che era
in esperimento per tre anni.
L'inserimento del movimento di A.C. nell'apostolato educativo della Con.
gregazione causò a D. Ricaldone non poche spine, spesso dagli stessi confratelli
che sempre non avevano idee chiare circa la posizione pres,a dal Superiore a
nome di tutta l'Opera Salesiana.
D. Ricaldone guardava le cose sull'orizzonte vasto dei Capi. Vedeva come
1'A.C., proprio per il suo carattere apostolico combattivo, era bersagliata e per-
seguitata. Era quindi dell'avviso di accettare e sostenere l'A.C. aiutandola e ali-
mentandola coi giovani delle Case Salesiane, ma anche di non abbandonare o
rascurare i movimenti giovanili salesiani sostituendoli con l'A.C.
Già nel 1937 in una conferenza ai teologi della Crocetta così spiegava: << Voi
studiate le
lo ricordo
q«uCi,ogmpadgeniteto»peublb'Alic.Cam. e-nteS, oleno<<mCoolmtopacgonniete»ntop.oPtrearnònoricsoursdsaistetevrie,
sernpre. Per la loro indole non saranno mai considerate strumento di azione
politica. Si fa guerra all'A.C. perché, dicono, è azione politica. Non 1o è; l'ha
detto anche il Papa molte volte, ma non è stato sufficiente. In qualche na-
zione si fa guerra all'A.C. e domani potrà essere perseguitata anche qui. Ve
lo dico perché capiate come sia necessatio non tralasciare le Compagnie.
D. Bosco ha sviluppato moltissimo i movimenti cattolici dei suoi tempi,
e poiché potrebbe darsi che in un domani non ci restino che le Compagnie, rea-
lizziamoTe come vera e fattiva A.C.
Perciò vi dico: Occupatevi dell'A.C. studiatela, cercate di capirne bene le
finalità, di capirne bene i limiti e i confini allo scopo di non invadere dei cam-
pi che non sono dell'A.C. Va molto bene, quindi, che la studiate nel suo insie-
me di mezzi cristiani per la formazione ctistiana. Ma io sono sicuro di dire il
pensiero del S. Padre quando vi esorto a lavorare anche per Ie Compagnie.
Diceva il Papa che in certe circostanze bastano tre o quattro giovani del-
l'A.C... ma bisogna poter scegliere e fotmare questi pochi, capaci di sostenere
lotte e persecuzioni.
Orbene, dalle « Compagnie »> devono uscire questi elementi scelti... »>.4
eq 3
A.C.S., n. 155, Settembre-Ottobre 1949.
Conferenza di D. Ricaldone sulle «Compagnie»
tenuta
alla
Crocetta
tl
27.5.1937
332

36.3 Page 353

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Dalle parole di D. Ricaldone si può capire quali fossero stati g1i schiera-
menti pro e conro il suo agite nei riguardi dell'A.C.
Chi lo accusava di rimanere ancorato al passato con le Associazioni reli-
giose di D. Bosco ormai superate, e di non aprirsi sufficientemente all'azione
della Chiesa.
Ad altri invece sembrava che egli trascurasse il metodo educativo di D.
Bosco, che desse tloppo campo libero agli esterni, togliendo ai salesiani la for-
mazione dei giovani e l'iniziativa dell'azione apostolica.
D. Ricaldone rispose da par suo a questi imbronciati e poco illuminati giu-
dici del suo operafe durante il Capitolo Generale XV del 1938. Documentò
storicamente, con fatti alla mano il lavoro fatto non solo per studiare ma per
stabilire e fomentare l'A.C. e come a testimoniarlo ci fossero numerosi ex-a'llie-
vi salesiani, membri effettivi e dirigenti, fra le file dell'A.C. Passò quindi alla
difesa con battute molto significative per quanti 1o accusavano di intransigente
immobilismo o, all'opposto, temevano di perdere lo spirito salesiano seguendo
le direttive della Chiesa.es
Che D. Ricaldone favorisse poi in modo tutto particolare « la cornice
delle tradizioni salesiane >> per I'ambiente educativo dei giovani ne è vero monu-
mento a sua lode
religiosa >>, in cui
Ia Strenna << Oratorio
egli moslò di sentire
fle'usrgtiveonz-a
dCi autneachiimsmp6os-taziopnselmpai2ùlsagg-
gioinata dell'oratorio e delle stesse << Compagnie religiose >> perché queste fos-
sero ancora in grado di portare ai giovani le ricchezze dei mezzi che esse con-
tengono quanto a formazione cristiana e apostolica.
Ma più specificamente p'er l'A.C., proprio perché essa vivesse nelle case
e si alimentasse del sistema educativo di D. Bosco, favorì la conoscenza del suo
metodo presso i dirigenti di A.C. e fu veramente lieto quando nel t%4 i\\
Presidente generale della gioventù maschile di A.C. avv. Jervolino chiese al
Papa di avere D. Bosco come loro protettore.%
Nell'ultima << Convenzione »> poi, del 1949, otteneva di seguire il metodo
di D. Bosco.
« Le Associazioni della Gioventù Salesiana di A.C. per la loro formazio-
ne seguiranno lo spirito e il metodo educativo di D. Bosco e avranno come
ideale apostolico Domenico Savio >>.q
Ordinava pure, come poi si fece, che la Rivista << Compagnie Religiose »
trattasse tutti gli argomenti riguardanti la fondazione, lo sviluppo e le attività
della Gioventù Salesiana di A.C., perché fosse alimentata dallo spirito di D'
Bosco.
L'<< Osservatore Romano >> dell',11 giugno 1949 applaudiva alla convenzione
avvenuta tra la G.LA.C. e la Società Salesiana, perché era la confluenza di due
es Vedere fA.S.C., n. 87, Maggio-Giugno 79)8, p. 16-17.
q%
A.C.S.,
Art. i
n. 68, Gennaio 19)5.
deilo '<, Schema di Convenzione
tra
la
G.LA.C.
e
il
Rettor
Maggiore
della
Società Salesiana >>.
333

36.4 Page 354

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forze nel campo educativo che iniziava << il fronte unico di coloro che vogliono
lavorate perché sia edificato Gesù in ogni anima giovanile >>.
Ne prospettava quindi il vantaggio reciproco poiché, mentre la Società
Salesiana pet mezzo dei Superiori e specialmente del Rettor Maggiore geloso
conservatore e vivificatore della tradizione pedagogica lasciata dal Fondatore
approfondiva la pedagogia di D. Bosco nel suo Istituto di Pedagogia presso il
P.A.S., la G.I.A.C. si poneva anch'essa sul piano educativo )> per « formare
educatori e ambienti di educazione >> in difesa della scuola e della famiglia. Così
il vicendevo'le bisogno avrebbe creato l'unità di lavoro e di intesa. L'articolista
con genialità trovava la << sutura ideale >> di questo incontro nel Papa pio XI
<< che fu l'appassionato studioso e glorificatore di D. Bosco, del suo metodo e
della sua opera, ed insieme il fondatore ed il teologo dell'A.C. ».
D. Ricaldone fu anche nel campo dell'apostolato giovanile il vero cul-
tore di D. Bosco. Non tratteremo qui del suo impegno per far conoscere, capire,
amare iI sistema preventivo, il valore delf insegnamento catechistico, poiché
Io faremo in altra sede, ma piuttosto delle forme, dei mezzi di cui si valse D.
Bosco per salvare la gioventù, ancora e sempre validissimi se capiti nella loro
essenza e adattati ai tempi quanto alla loro rcalizzaztoni.
Come abbiamo
Formazione religiosa
a»ccèeninl actoo,mlapesntrdeionndai<<qOuerasttoorisouoFesstutivdoio-e
dCealtleochsifsomrzoo-di
rivalutazione dei mezzi sa'lesiani che 1'uso abitudinario aveva fossilizzato in for
me non più accettate e meno efficaci presso le nuove generazioni giovanili.
Egli innanzitutto, da vero pensatore ricerca I'essenza delle cose, il princi-
pio, la flatlra, 1o scopo, convinto che prima di aderire alle novità è necessario
conoscere << le cose proprie » per sapere e apprczzare in un giusto confronto
con quelle nuove. con questo criterio studiò e ripresentò le << Compagnie >> re-
ligiose volute da D. Bosco. Chiarì la loro natura: << L'origine è eminentemente
Eucaristico. Le Compagnie sorsero per far che i giovani si avvicinassero più
frequentemente a ricevere Gesù e a viverne la vita »>.s
Poi ne presentò la duplice finalità: individuale per la formazione cristia-
na e apostolica del socio; sociale per I'apostolato che ogni membro deve svol-
gere in mezzo ai compagni.
Dunque come non potevano essere sempre valevoli le << Compagnie >>? E
D. Ricaldone ricordando D. Bosco, D. Rua e anche I'importanza che D. Rinaldi
aveva dato ad esse, programmò un loro rilancio perché ogni casa salesiana aves-
se queste Associazioni religiose.
D. Geremia dalla Nora ricorda un episodio in proposito in cui si vede co-
m'e D. Ricaldone, pur sostenendo con molta energia le « cose nostre )>, tuttavia
sapeva cogliere la realtà delle situazioni e approvava solo e sempre ciò che
era più valido ed essenziale. Ecco come dunque risolse la situazione creatasi
negli studentati teologici, ckca \\a vitalità in essi delle « Compagnie Religiose »>.
e8 A.C.S., n. 68, 6 Gennaio 1935
334

36.5 Page 355

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« Nel 1944 eravamo scesi da Montalenghe alcuni sacerdoti per prestare
aiuto nel ministero durante la festività di Maria Ausiliatrice i\\ 24 maggio. Ci
fu molto concorso di fedeli. Ma eravamo pochi salesiani e nessun giovane. A1
pomeriggio passeggiavamo con D. Ricaldone nel cortile deserto accanto alla
Basilica. Uscì il discorso sulle << Compagnie » negli studentati teologici. Nella
fiducia del discorso non fu necessario ardimento per tivelargli alcune situazioni
che avevamo sofferto al riguardo della recente esperienza dello studentato. allo-
ra eraflo « obbligatorie >> le Compagnie in quell'ambiente. Dicemmo: << Che si-
gnificato ha questa obbligatorietà se per loto natura le compagnie sono nate
quaTe mezzo libero ù perfezionamento? E poi che significato hanno tali asso-
ciazioni tra chierici tesi prossimamente al sacerdozio? ». E aggiungemmo: << In
una 'Compagnia' un anno eravamo raccolti 52 (cinquantadue) Soci, quasi metà
dello Studentato! Cosa si poteva fare?... Come attività proponemmo 1o studio
di impegni e iniziative in mezzo ai giovani; per esempio, tearo e passeggiate.
Natural--ente non lavoravamo per l'ambiente del momento, ma ci proiettavamo
avanti e così vivevamo fuori; era una forma di evasione. E chi lavorava? Al so-
lito, cinque o sei. Quanto più si sarebbe fatto se fosse stato possibile lavorare
con chi voleva veramente partecipare. Forse si sarebbero elaborati anche validi
libretti di diffusione religiosa e catechistica ».
Fu una vera sorpresa quando egli, dopo la lunga... requisitotia, in sede
così spontanea, riconobbe (e raccomandò) la necessità della libertà di iscrizio-
ne e partecipazione, di argomenti e di mete formative ptossime e remote. Altre
volte, più tatdi, sentimmo proclamare che 11 suo pensiero sarebbe stato diverso,
ma noi che avevamo udito direttamente da lui in proposito, potemmo chiarire
le idee e ispirare L'azione alla sregua delle parole ascoltate, con grande benefi-
cio degli individui e del,l'ambiente ,r.'
Lo sviluppo delle Compagnie negli Studentati ebbe, sotto Don Ricaldone
tre tappe.
5-6,
1"
ad
e-xpeNrieniteRnetagmolafumesntatbi idTeitol
Capitolo Generale XV (1918), A.C.S.
per 1o Studentato Teologico all'art. t8,
n.91 p.
pag. 35:
<Ia<miSmpi raiesctnoitdulaaistnacoa-npoarSltee. CGpoieumrspe1apogpnseipe-iriintuSaul.seoLvunaiegnlliteaGgnogonisoztareegaCp)aeesrean(dSodSnesSatakrarcerras. miTaeundtttoiiri-igicdhMeieaprriiocaii
in mezzo ai giovani. Si promuovano in esse i cosidetti 'Circoli Spirituali'»>.
e
par2te"ci-pazioMneenctotemel'etespsteimrimoneiantoDoenraGienreamttiaoD, aslilalaNscoiròa
libertà
(siamo
di iscrizione
nel 1944).
p.
3'
16,
(-annNoel1la94C5i)r,coDlaorne
sugli Studentati Filosofici e Teologici, A.C.S. n. l3l
Ricaldone comunicò: « L'esperienza ha anche dimo-
strato che la loro azione negli Studentati è di una efficacia veramente straordi-
naia, quando si saolge nel modo douuto. Quest'azione poi diviene, in questi
Istituti, praticamente universale in quanto alle persone, esserrdo stabilito che
e Testimonianza di Don Geremia Dalla Nora, in data 21.4.1971
335

36.6 Page 356

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tutti gli alunni siano iscritti a qualunque delle tradizionali quattro Compagnie...
La pratica ha anche dimostrato che le Compagnie danno il voluto maggior ren-
dimento quando, oltre ad essere convenientemente otganizzate, sono attentamefite
seguite nello suolgimento delle loro attiaità »>.
Quanto poi all'Oratorio, nella strenna accenfiata, con lento ma chiaro
lineare procedere, egli passa dalla storia alTa natura, aITe realizzazioni dell'ope-
ra, concatenando un settore all'altro per completarli, vivificarli nei loro principi.
La storia, Ia parcla di Don Bosco e dei suoi successori dicono che 1o
<< zelo primario >> dell'Oratorio è << l'istruzione religiosa ».
Chiarita l'essenza, ecco Don Ricaldone calarsi di nuovo nella realtà con-
creta e dare vita all'Oratorio di Don Bosco, secondo Don Bosco.
Ce lo presenta aTlota tutto vita, tutto fremito di gioia, di colori, di musi
che, di canti, tutto dinamico di gite, di attrezzi, di giochi, di gare.
D. Ricaldone come D. Bosco non riesce a darc puri principi e direttive,
ma li incarna in case, in persone, in strumenti, in ambienti, in feste. Ma non
è neppure una caotica animazione di novità, di getto vulcanico di idee; no,
è fluire di una vita in continuo evolversi, come quella dei giovani e potremmo
definirla metodica organizzazione dinamica.
Organizzazione, perché D. Ricaldone non può concepire un Oratorio senza
personale dirigente che si intenda preventivamente in apposite riunioni, senza
squadre, senza registri, senza scuola catechistica, senza biblioteca, senza sussidi
e giochi.
Metodica, perché D. Ricaldone vede lo spirito di {amiglia nascere solo
nell'ordine, perciò l'Oratorio deve aver il suo orario; il suo catechismo rego-
lare non relegato ad un minimo tra partita di calcio e teatro; Ie sue funzioni
religiose splendide; Ie sue feste; il suo programrna di attività apostoliche e ri-
creative... i suoi raduni ed i suoi convegni, le sue gare ecc.
Dinamica, perché D. Ricaldone insegna a guidare i ragazzi seguendoli nel.
le loro esigenze e nei loro slanci, amandoli per quel che sono e per quel che
essi amano.
Tutto quel lavoro immenso di attrezzature di sussidi catechistici che egli
promosse, 1o fece per amore del sensibile, di cui i ragazzi sono avidi. Quegli
ambienti spaziosi, quei cortili e campi da gioco, di cui volle fossero ttacciati
persino i progetti e le piante, erano per venire incontro al bisogno di bello pro-
prio dei giovani.
Questi suoi progetti e suggerimenti presentati come esempi erano sem-
plici avvii che non dovevano rimanere statici, ma dovevano a mano a mano per-
Éezionarsi perché 1'Oratorio, pur rimanendo sostanzialmente 1o stesso di quel-
1o del prato e della tettoia Pinardi quanto allo spirito, doveva continuamente
adeguarsi alle esigenze dei tempi e di luoghi.
Così fu pure un avvio, un esemplare il « Su cantiam >>, il libretto dei canti
giovanili salesianj voluto da lui e af{idato a D. L. Castellotti che, vivendo negli
oratori, aveva conservato una ispirazione musicale assai aderente all'anima del
fanciullo.
336

36.7 Page 357

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Sulle sue tracce ne dovevano sorgere alri sempre più aggiornati e freschi
e già egli ne additava un altro tipo, poliglotta, per tutte le nostre case, realizza-
zione che la guerra impedì.rm
Incoraggiò la << Raccolta di lodi >> (latine e italiane) perché sapeva che
ai giovani piace il canto della Chiesa.
E fu lui che diede il via alla rivista « Voci bianche »>.101 Così pure un esem-
pio che doveva stimolare all'imitazione, fu la cosuuzione del nuovo teatro dj
Valdocco.
Quanto valore educativo egli vedeva nel teaffo e come lo propugnava! Per
lui era un meraviglioso e impareggiabile sostituto del film che fin allora non
mosrava possibilità positive in campo educativo e che perciò escludeva sempre.
D. Ricaldone era pratico di teatri salesiani poiché se ne era occupato molto
fin dai primi anni della sua vita salesiana. Al dire di D. Bongioanni in lui << si
vedeva l'uomo pratico e di esperienza dal come ne parlava. Le sue non erano di-
rettive ponderate a tavolino; nascevano dalle situazioni concrete e vissute: man-
canza di mezzi, ristrettezza di locali, non disponibilità di attori all'ultimo mo-
mento, adattamenti tempestivi, le cento avventure di cui è continuamente costel-
lata 7a messinscena d'un lavoro drammatico in ambienti dilettanti. Ed era a
queste necessità concrete che voleva intonate le pubblicazioni nostre sul teatro ,r'02
Si può capire il suo pensiero circa il teato da quanto egli disse alf inaugura-
zione di quello di Valdocco. Dopo aver ricordato la guema che aveva distrutto il
primitivo e ristretto teatrino di Casa Madre, concluse:
<< Ora quel sogno pauroso è dileguato lontano, e la realtà è più bella di qua-
lunque illusione! Il teatro c'è: il teato per la felicità dei piccoli, per la gioia dei
grandi, per il sereno incontro di gratitudine della famiglia »>. (Nota D. Bongioanni:
magnifica idea, anche tecnicamente e scientificamente precisa, del teatro come
espressione comunitaria di una società, di un ambiente, di una famiglia). « Rin-
graziamo
il nostro
Iddio
senso
d- i
proseguiva
gratitudine
il
in
IV Successore di D.
questa sera piena di
Bsotesclloe,-chelecvoiammeo
al cielo
occhi di
angeli e di santi guardano dall'alto questo meraviglioso fiore sbocciato sulla terra,
che nel suo calice raccoglie Taletizia di industri fanciulli, di infaticabili vegliardi,
di vigorose giovinezze salesiane ». E qui D. Ricaldone, ricordando un testo di
Platone (<( vetera seniores docent >>) in cui il filosofo diceva che un'anfora di cri-
stallo, se sarà infusa per la prima volta di un prezioso liquore, ne serberà l'aroma
e 7a ftagranza per sempre , applicava questa luminosa immagine al teatro ricosffui-
to, benedetto dal sacerdote, consacrato da incantevole fioritura di canti, da esul-
tanza di
traggono
letizia vivificante.
folle di gioventù;
<m< Oagqguie-sto
diceva
teatro
-vuopleuretsroseprpeounaaltrbi adnivdeierrtaim, uenntipraot--
gramma,, un ideale lanciato contro corrente: f ideale e il programma del diver-
timento sano, della letizia benedetta che D. Bosco nel suo tempo, oggi e sempre,
rm Ricordi di D. T. Savarè.
10r Testimonianza di D. Luigi Lasagna,7.ll.1969
102 Ricordi di D. Marco Bongioanni.
317

36.8 Page 358

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propugna per la garanzia della vita di domani, conservando al mondo una giovi-
nezza pvta e serena >>.'o'
Ma dopo aver presentato forme, mezzi, aspetti, esperienze nuove per con-
vincere dell'attualità dell'Oratorio, D. Ricaldone ritornava ancorà a studiarne I'ani'
ma. C'è una sua espressione che impressiona: quest'uomo così dinamico nel suo
tempestivo agire, ffovava nella sua azione l'estasi della contemplazione. Ecco
come manifesta il suo intimo sentire:
<< Studiare l'origine dell'Oratorio festivo è penetrare nel cuore del nostro
Padte, dal quale scaturì il torrente dell'opera salesiana; è navigare verso quell'ec-
celsa fonte dalla quale fluisce 1o spirito del grande patriarca è inebriarsi nell'ardo-
re della carità che 1o infiammava >>.
Anche nel settore giovanile, egli era convinto che se i Salesiani avessero
compreso appieno l'intimo valore delle attività inaugurate da D. Bosco per i gio-
vani e compendiate nell'Oratorio, l'opera da cui era sorta la Congtegazione, allo-
ra tutto il resto: l'organizzazione, l'attualizzazione delle forme sarebbe venuta
come naturale conseguenza:
« È dovere nostro il persuaderci, in primo luogo della necessità e della effi
cacia degli oratori festivi e lavorare perché si moltiplichino dappertutto queste oasi
di salvezza per la gioventù. Solo così potremo dire che abbiamo capito e cercato di
imitare lo zelo che animava il cuore di D. Bosco >>.
103 Ricordi di D. Bongioanni.
)38

36.9 Page 359

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CAPO XXX
L'ORA DELLA PBOVA
GIi anni tragici della guerra
La miglior prova delle doti di capo di D. Ricaldone e della bontà del
programma di governo da lui adottato, fu il memento periodo bellico della se-
conda guerra mondiale.
Scrive D. Marcoaldi:
« Chi è vissuto vicino a D. Ricaldone durante gli anni 1939-45, periodo
della seconda guerra mondiale, non potrà mai dimenticate 7a sua tempra di
autentico << combattitore >>.
Cìera già sta:ta Ia guerra di Spagna, che aveva messo a dura prova i suoi
nervi. Il sessennio della seconda guerra mondiale deve aver contribuito certa-
mente a fiaccarre quel magnanimo, che durò ancora sulla breccia per altri sette
anni »>,1
È vero, se il rettorato di D. Ricaldone godette i fulgori di due Canonizza-
zioni e di due beatiticazioni, fu imporporato dalla più immane tragedia che Ia
storia ricordi.
Nel maggio del 1936 mentre ringraziava Dio per la fine della guerra etio-
pica 2 che aveva f.atto dell'Italia segno di contraddizione e motivo di urti in
Europa, doveva raccogliere i resti dispersi della persecuzione messicana con-
clusasi in modo tragico. E D. Ricaldone sempre con ottimista e irradiante spe-
ranza divina si esprimeva in questi termini:
« Le sofferenze, o più propriamente l'agonia che da parecchi anni rendeva
quasi impossibile la vita a quei nostri cari confratelli, ebbe una fine tagica.
Tutto è perdutol.. Mentre chiniamo il capo e pronunciamo il « Fiat» voluntas
Dei, raddoppiamo le nostre preghiere per il ravvedimento di quella nazione >>.3
In quello stesso 1936, egli viveva momenti di grande trepidazione per la
sua diletta Spagna. Nel suo taccuino personale al 16 agosto annota di racco-
mandare ai confratelli di pregare per qu€sta povera Nazione. Il 22 agosto an-
I Testimonianza di D. Evaristo Marcoaldi, agosto 1969
2 Taccuino di D. Ricaldone del 1936, 6 e 9 maggio.
3 A.C.S., n.75, 24 Maggio 19)6.
339

36.10 Page 360

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nota arrivi: sono Confratelli profughi da Valenza e da Madrid. Il 18 settem-
bre segna:
« Pattenti per la Spagna >> e il giorno dopo, la funzione religiosa che si
terrà in Duomo a Todno per la cara Nazione Cattolica tanto provata.a La sua
pena è veramente grande poiché le notizie che riesce ad avere sono dolorosis-
sime. Ne scrive a tutti i Confratelli per chiedere preghiera fervida:
« Da ffe mesi viviamo una vita di vera agonia pensando alle ftemende
condizioni in cui si trovano i Confratelli e le opere di Spagna ». E poiché tutti
chiedono notizie, vorrebbeto sapere se vi sono vittime, e distruzioni per poter
aiutare, egli informa che non si possono ancora avere notizie precise ma che il
numero dei caduti oltrepassa i qtaranta, un centinaio geme nelle carceri e
moltissimi vanno raminghi, perseguitati a morte. Invita quindi a preghiera
<< fervorosa e costante >>.s
D. Favini che gli fu vicino durante questo periodo, ricorda:
<< Dio solo sa quanto sofferse allo scoppio della rivoluzione bolscevica in
Spagna, che confiscò, devastò o distusse una cinquantina di Istituti Salesiani
e massacrò anche 109 Confratelli e due F.M.A.
Aperse le porte dei Collegi salesiani d'Italia non solo ai Salesiani che po-
terono fuggire alla bufera sanguinaria, ma anche ai Gesuiti e ad altri Reli
giosi, disponendo che anche fuori d'ltalia, dove fosse possibile, le case salesiane
prestassero ospitalità alle vittime innocenti >>.
Negli ultimi mesi del L936 ebbe il conforto di poter mandare D. Serié in
soccorso ai Confratelli spagnoli. L'Argentina non essendo in guema con il Go-
verno Repubblicano spagnolo, aveva diritto di far approdare le sue navi ai
porti spagnoli occupati dalle forze rivoluzionarie.
D. Serié, assai conosciuto in Argentina, ottenne dall'allora presidente Justo
il privilegio di imbarcarsi sulla torpediniera << Tucuman ,>, che faceva la spola
tra Alicante e Marsiglia. Poté così mettersi in contatto coi rifugiati politici di
quella zona rossa che avevano trovato asilo nei Consolati e portare conforto,
aiuto e notizie ai Confratelli.6
Le F.M.A. ricordando quelli anni, alla sua morte così scrissero: « Ri-
criosrsdimaneo scoerretallemesnptaegnDo.leRcichaeldnoenlle'a-goseto
chissà con
del 1936
quale commozione
appena giunte tra
-noilsdasllaa-
patria tribolata, To videro accorrere subito a confortarle e a benedide, interes-
sandosi poi singolarmente di ognuna... »>.7
Trovò confofto alla pena per la persecuzione spagnola nel cuore grande
di Pio XI, quando poté avvicinarlo il 19 maruo 1937 e ne scrisse ai confratelli
perché ne traessero motivo di speranza. Pio XI fu profeta in quell'occasione. Egli
all'udire Ie notizie delle nostre case e soprattutto dei salesiani perseguitati in
a Taccuino del 1936 di D. Ricaldone.
s A.C.S., n. 77, 24 Settembre 1916.
6 D. Groncro SznÉ, Prolili e racconti.
7 Notiziatio delle F.M.A., 24.L2.L951.
340

37 Pages 361-370

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37.1 Page 361

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Spagna si commosse: << Con espressioni teneramente paterne interrotte da un
sigghiozzo mi incaricò di m'andate a quei carissimi fi§liuoli, Salesiani e Suore,
una sua particolarissima benedizione, quale espressione del suo grande affetto
per tutti e per ciascuno in particolare. A nostro conforto ci assicurò, con so-
lenne e presaga promessa, che il sangue sparso sarebbe fonte perenne di bene-
dizioni per l'amata Spagna e per la Famiglia salesiana >>.8
Nel 1939 la prova dolorosa ebbe termine e D. Ricaldone invitava i Sale-
siani a <( onorare la gloriosa memoria dei carissimi confratelli caduti nella Spagna
in testimonianza della fede r> e li pregava al tempo stesso <( di rivolgere gli
aiuti della carità a tante case di quella generosa nazione ridotta dai nemici di
Dio in uno stato veramente miserando ».e
Poi, appena fu possibile, nel 1940 mandò D. Berruti e D. Ziggiotti a con-
solare i figliuoli spagnoli.
A Valencia essi poterono assistere al trasporto dei resti mortali di sei sale-
siani, tra cui anche I'I,spettore D. Giuseppe Calasanz, vittime dei senza Dio.
Ma non aveva neppure avuto il tempo per pensare ad aiutare i figli della
Spagna che già altri venivano travolti da altta guerra. La Germania sotto la
dittatura di Adolfo Hitler nel maruo del 7938 aveva iniziato la sua marcia
alla conquista dell'Europa occupando l'Ausria; poi nel settembre il territorio
dei Sudeti e nel marzo del l%9 aveva invaso la Boemia e la Moravia.
Incoraggiato dai successi effimeri della guema lampo il Fùhrer proseguì
nello sviluppo del suo piano; nell'agosto di quell'anno richiese Danzica alla
Polonia. Danzica fu la miccia che diede fuoco a tutta l'Europa.
D. Ricaldone angosciato informava la Congtegazione della sciagura toc-
cata ai Confratelli polacchi che il 1" settembre vedevano invasa la loro terra
dalle truppe tedesche.
« Col cuore strazi^to devo comunicarvi che sono in verità quanto mai do-
lorose ie poche e incerte notizie giunte a noi delle cinquantadue case che la
Famiglia Salesiana aveva nella Cattolica Polonia, così tragicamente provata.
Ben potete capire Ia nosta angoscia al pensiero di centinaia e centinaia di Con-
fratelli e Suore travolti nelf immane sventura.
Quindi li raccomandava alle preghiere di tutti. Poi esorta ancora ad << una
vita santa e ricca di sacrifici )> per ottenere la pace da Dio giacché <, la guerra,
già scatenata e in procinto di riaccendersi, viene a moltiplicare e accrescere preoc-
cupazioni e pene già tanto gravi »>.10
Dal 1939 è un susseguirsi di violenze, di soprusi, di massacri, di rovine, di
distruzioni: è odio che si scatena in una guerra che ha espressioni di malva-
gità inaudita.
Mussolini che nel maggio del l%9 aveva stretto il così detto <( patto d'ac-
8 A.C.S., n. 80, 24 Marzn 1937.
e A.C.S., n. 95, Settembre-Ottobre 1919.
r0 A.C.S., n. 95, Settembre-Ottobre 1919
341

37.2 Page 362

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ciaio »> con Hitler coinvolse l'Italia nel conflitto con un atto di fotza, facendo
occupare nell'Aprile I'Albania.
Nel 1940 in aprile le truppe tedesche invadono la Danimarca e nel maggio
il Belgio, l'Olanda e il Lussemburgo. L'Italia legata così strettamente alla Ger-
mania non può rimanere neutrale e il 10 giugno di quell'anno Mussolini di.
chiara guerra alla Francia e all'Inghitterra. Il mondo è diviso in due parti:
a tianco della Germania si allineano l'Italia e il Giappone; dall'altra fanno
blocco gli Alleati: Polonia, Francia, Inghilterra, Russia e Stati Uniti. La Francia
assalita su due fronti, quello tedesco e quello italiano, nel giugno chiede
1'armistizio.
Ma un nuovo fronte si apre nella penisola Balcanica. Il l94I è ancora più
tragico di eventi; la guera si diffonde come un incendio. L'Italia, che combat-
te in Africa, perde l'Impero Etiopico. Nel giugno Hitler attacca la Russia aiu-
tato dall'Italia, dalla Romania, dall'Ungheria, dalla Slovacchia e dalla Finlandia.
Nel dicembre di quello stesso anno il Giappone, bombardando di sorpresa la
flotta americana nelle Isole Hawai, entra in guerra e occupa Hong Kong, la
Malesia, le Filippine e Singapore.
Ma col 1942 c'è già un retrocedere delle truppe tedesche ed italiane. Par-
te dell'Egitto occupato da loro nel 1942, già nel maggio del 1943 Ii vede riti
ratsi. La Russia dopo la trionfale avanzata tedesca, nel dicembre t942 lancia
un'offensiva e nell'aprile 1943 icaccia i tedeschi fino a Berlino. L'Armata ita-
liana in Russia è annientata. Intanto 1e forze degli Alleati sbarcano in Sicilia
nel luglio L943 e occupano in poco tempo tutta l'Italia meridionale.
Inizia per l'Italia una seconda tagedia: la guerra civile. Infatti dopo le
conseguenze di una guera non voluta, crolla il governo fascista.
Già alcuni degli stessi minisri fascisti come Grandi e Ciano avevano di-
sapprovato la politica di Mussolini. Il Re e le alte sfere militari volevano un
deciso cambiamento di rotta per cui nella notte tra il 24 e i\\ 25 luglio in una
seduta del Gran Consiglio del Fascismo venne approvato un ordine del giorno
che chiedeva il ripristino di tutte le funzioni statali e l'attribuzione alla Corona
e al Parlamento delle responsabilità stabilite dallo Statuto: questa decisione
presa dalla maggioranza significava sfiducia nella dittatura personale di Mus-
solini.
Vittorio Emanuele III accolse il voto, dimise Mussolini e affidò il Go-
verno al Maresciallo Pietro Badoglio.
L'8 settembre 1943 Badoglio firmò l'armistizio a Cassibile (presso Siracusa)
con gli Alleati. I tedeschi allora, subito occuparono Roma.
Il Re ed i Ministri ripararono nell'Italia Meridionale presso gli Alleati.
Il 12 settembre Mussolini che era sotto custodia, fu liberato dai tedeschi e
nell'Italia del Nord costituì la << Repubblica Sociale >> con sede a Salò (Brescia).
Era in realtà una Repubblica fantoccio poiché serviva ciecamente i nazisti di
Hitler.
Nel 1944 l'Italia si trovò non solo divisa come fronte di battaglia tra
342

37.3 Page 363

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Alleati e Tedeschi, ma anche come popolo, poiché ci fu chi aderì alla Repub-
blica Sociale e chi rimase fedele al governo legittimo.
Intanto gli Alleati aggiunsero al fronte italiano, un altro per prendere fra
due fuochi i Tedeschi: grossi contingenti inglesi e alleati sbarcarono in Norman-
dia dove si aprì il secondo fronte. Il 1945 vide il crollo della Germania: la
lotta subdola dei partigiani dell'Italia settenrionale che non sottostavano alla
Repubblica Sociale limò sistematicamente la resistenza dei tedeschi che do-
vettefo abbandonare Ia << linea gotica » e ritirarsi oltre il Po. Nel marzo di
quell'anno gli Angloamericani sul secondo fronte, passano il Reno, e i Russi oc-
cupano Vienna giungendo fino a Berlino.
Il 25 aprlle i Partigiani italiani occuparono i grandi centri e 11 29 apfile i te'
deschi furono costretti a ritirarsi. I1 7 maggio la Germania si arrese.
Nell'agosto, per fiaccare il Giappone, gli Americani lanciarono su Hiroshi'
ma la prima bomba atomica: era il 6 agosto, Tre giorni dopo un'altra atomica
su Nagasaki. Gli effetti furono spaventosi e terrificanti e il 1" settembte il
Giappone si dovette arrendere.
tn unione, in preghiera, in offerta espiatrice con tutto il mondo
Questo per sommi capi \\a trama degli anni 1939-1945. Su questo cano-
vaccio intriso di sangue D. Ricaldone che ,aveva << carissimi figliuoli » in tutte
le nazioni e di tutte le nazioni, ricamò la sua agonia di Padre e Superiore. Che
cosa doveva fare per salvare, aiutare, guidare ,a Dio questi figli aflidati alle
sue cure?
Che cosa poteva consigliare per salvare, conservare, far progtedire le ope-
re della Congregazione?
D. Ricaldone non mutò programma, né direttive. Rafforzò, per così dire,
il suo piano di lavoro nei suoi elementi fondamentali e più essenziali, convinto
che se fosse riuscito ad atttarli, non solo avrebbe salvato i confratelli, ma
avrebbe gettato i presupposti di una rifioritura di quelle opere che la guerra
di anno in anno distruggeva.
Ecco i punti programmatici. Ancora e sempre l'unità, e quindi la pratica
della carità che mette a servizio dei fratelli. Poi l'osservanza esatta, vissuta in
spirito di espiazione che porti ad una vita esemplarissima; l'a preghiera fidu-
ciosa, specie alla Madonna, che dia ali alla speruflza e slancio al bene.
a) Le tettere circolari
La lettera circolare che predispone gli animi a vivere così gli anni di prova
è quella del giugno 1940, quando anche l'Italia si trovò coinvolta nel conflitto
che ormai
in tutta I'Europa e si estendeva al mondo intero.
<< Sent^oyapflrzoapvario il bisogno di versare nei vostri cuori le pene che ango-
sciano il mio.
313

37.4 Page 364

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Quante volte in questi ultimi mesi si è ripetuta anche nella cameretta de1
vostro povero Rettor Maggiore la scena delle sventure di Giobbe. Attraverso
lettere, telegrammi, visite, fu ed è un susseguirsi incalzante di disgrazie: ancora
non si è spento I'eco di una triste notizia che già altre e a volte ancora più
gravi fanno ressa alla porta.
Assistiamo col cuore straziato al rovinio di centinaia di Case, al crollo di
opere che erano costate immensi sacrifici, alla dispersione ed anche alla morte
di tanti confratelli travolti nella imrnane bufera »>.
Ricorda poi i confratelli rimasti privi di tetto, di vitto, di vestito, di assi-
stenza e chiede aiuto di preghiera e di offerta a Dio di una vita sacrificata, labo-
riosa, santa.
Perciò stabilì che dal 1" ottobre oltte le ordinarie pratiche di pietà, alle
tl ,45 o in altro tempo appropriato, facciano tutti la visita a Gesù Sacramentato,
e nel pomeriggio in tutte le Case vi sia Ia benedizione col SS.mo Sacramento con
la recita di 5 Pater, Ave e Gloria e una Salve Regina... Suggerisce anche economie
che ogni casa può fare per venire in soccorso ai Confratelli provati e incoraggia
ad un lavoro sempre più generoso fra i rugazzi privi dell'assistenza dei genitori
perché veramente tutti vivano praticamente consci della gravità dell'ora.lr
Altra lettera circolare dove D. Ricaldone condensa quanto è possibile fare
nel periodo della guerra, ed espone il programma unico e valevole per tutti, dal
più giovane confratello al Rettor Maggiore, e dove egli riprende i temi della fede,
della preghiera, della osservanza, dell'unità, di una vita di generosa detlizione
nella carità che escogita forme nuove per aiutare e salvare Ie anime, è quella del
dicembre 1941.
In essa invita alla preghiera, all'osservanza ed anche a studiare nuovi mezzi
per sopperire alle << crescenti difficoltà delle comunicazioni »> che non permettono
di far giungere lettere, esortazioni, strenne ecc. Suggerisce perciò raduni di Di-
rettori, Ispettori sul tema: <<Mezzi per rufforzare nel'l'ora presente il sentimen-
to e l'attuazione delle grandi nostre responsabilità davanti a Dio, alla Chiesa,
alla Congregazione, alle anime ».r2
L'argomento della preghiera che deve dare fi.ducia, sicu,rezza, conforto,
ritornerà continuamente nelle sue lettere-circolari del periodo di guera, di-
ventando in alcune non solo invito di fede, ma un punto di vitale del momento
storico.l3
Così pure sarà pratica costantemente ripresentata con espressioni ora ac-
corate ora fervide di sperunza, I'espiazione e il servizio caritativo al prossimo.
Fin dal 1940 aveva consigliato: << la piena ed esarta osservanza delle Co-
stituzioni, dei Regolamenti e delle Tradizioni >> perché << il presupposto inso-
rr A.C.S., n. 99, Maggio-Giugno 1940.
12 A.C.S., n. 108, Novembre-Dicembre 1941.
13 A.C.S., n. 106, Luglio-Agosto 1941; A.C.S., n. 712, Luglio-Agosto 1942; A.C.S.,
n. 111, Settembre-Ottobte 1942; A.C.S.,
tembre-Ottobre 194); A.C.S., n. 121,
n. 116, Maggio-Aprile 194); A.C.S.,
Gennaio.Febbraio L944; A.C.S., n.
n. 119, Set-
124, Luglio-
Agosto 1944.
344

37.5 Page 365

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stituibile per fare del bene alle anime altrui è la santificazione dell'anima
nostra ».
Poi nel l94l Tasciando come ricordo degli Esercizi Spirituali la carità,
aveva raccomandatoT'azione,lo sforzo per diffondere il bene.
Nel 1942 la lettera circolare dell'agosto è un intero p,rogramma diviso in
undici punti, dei quali alcuni sono analizzati fino a scendere a situazioni parti-
colari. Tutti però hanno una forua che incide e non lascia dubbi o incettezze.
Prudenza, carità, osservanza, ecc. ecc... Queste sue esortazioni fanno capo a
una idea fondamentale: << L'ora è solenne e noi sacerdoti e religiosi o abbiamo
il coraggio di santificare noi stessi e di richiamare le anime, e soprattutto i
giovani, alla virilità e alla pratica della onnipotente abnegazione che innalza e
redime, oppure dovremo rassegnatci a vedere e sopportare generazioni paganeg-
gianti... Se, ai piedi di Gesù Crocifisso, sapremo capire gli insegnamenti del-
I'attuale flagello apocalittico, non sarà neppure necessario che ci vengano rin-
novate le esortazioni di generosa sopportazione di fronte alle giornaliere e cre-
scenti privazioni... >>.ra
Per l'unità D. Ricaldone visse anni di vera apprensione. Era così facile in
una famiglia religiosa composta di membri appartenenti a Nazioni in lotta fra
loro, che nazionalismi e le stesse azioni belliche ora in favore e ona a danno del-
I'una e delle altre popolazioni, dessero motivi a dissapori, a recriminazioni.
In più, la reale separazione dovuta all'intemuzione delle comunicazioni,
poteva essere motivo di un graduale atlontanamento dal Centro della Società,
o anche solo di affievolimento nello spirito religioso salesiano. La guerra con
Ie sue malvagità era via apefia a tante possibili aberrazioni, o anche semplici
abusi, se i religiosi non venivano tenuti uniti e forti negli ideali della loro
vocazione.
Per questo Don Ricaldone volle essere centro, per tenere uniti il piìr
possibile i suoi Figli a Don Bosco, alla Congregazione, alla Chiesa.
Come già nel dicembre 1940, allo scopo di unire mandava una stralcio
della lettera inviatagli dagli studenti di filosofia e teologia raccolti dopo I'eso-
do di Hong Kong nella città di Shangai. Essa poteva parlare eloquemente aI
cuore di tutti di unità.
<( Mente in quasi tutto il mondo oggi non si parla altro che di guerra
e di distruzio,ni, noi qui nel nostro nido riscontriamo avverate in pieno le
parole del Profeta Davide: « Ecce quam bonum et quam iucundum habitare
frates in unum )>. Noi oggi siamo oggetto di ammirazione a quanti hanno
occasione di conoscerci. Siamo riuniti nello studentato individui di dieci na-
zioni diverse, ma uno solo è il vessillo sotto cui militiamo, iI vessillo di S.
Giovanni Bosco... >>.rs
E nel 1942 presentava I'altra ancora di salvezza, I'alffo centro a cui ag-
14 A.C.S., n. 112, Luglio-Agosto 1942.
rs A.C.S., n. 102, Novembre-Dicembre 1940.
)4'

37.6 Page 366

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grapparsi: il Papa. L'amore al Vicario di Cristo e a D. Bosco poteva darc
forza per mantenersi uniti e fedeli agli impegni assunti.r6
b) Tutti i mezzi possibili
Egli stesso poi cercò di mantenersi in rapporto con tutto il mondo della
Congregazione, per quanto fosse difficile.
Ricorse a tutte tre vie possibili per far giungere ai confratelli lettere e
messaggi che assicurassero la continuità dell'unione col Centro.
Pet i confratelli della vicina Jugoslavia chiese un salvacondotto per un
Visitatore straordinario tramite il Ministro degli esteri, ma non avendolo
ottenuto, permise al nostro D. Alessi che si trovava a Trieste per impegni
catechistici, di tentare di passare clandestinamente la frontiera allo scopo di
avere notizie dei Salesiani. D. Alessi con molta fatica riuscì a portarsi a Pisino,
passare a Visineda e Montana, ma quando si avvide che la sua presenza non
raggiungeva lo scopo, ma era motivo di sospetti e di danno a quanti 1o ospi
tavano, si ritirò senza poter raccogliere le notizie desiderate.lT
Per la corrispondenza {u di grande aiuto la Posta Vaticana, la via diplo-
matica e anche l'azione intermediaria dei confratelli del,la Svizzera e del Por-
togallo. Per l'invio di messaggi resero un servizio impagabile la Croce Rossa
Italiana, la Croce Rossa Internazionale e soprattutto la Radio Vaticana. Que-
st'ultima fu sempre la via più sicura e sempre a disposizione. Per mezzo di
essa D. Ricaldone potè far sentire la sua voce paterna ai salesiani di tutto
il mondo. D. Berruti condensava le notizie più importanti che D. Ricaldone
voleva trasmettere, in messaggi che poi mandava ai due Padri Gesuiti della
Radio Vaticana: Padre Filippo Soccorsi e Padre Luigi Ambruzzi.
Padre Ambrttzzi ft coi Salesiani più che fratello: era sempre pronto a
ricevere e trasmettere messaggi dandone poi relazione ai Superiori.
Non fu cosa facile neppure far pervenire a tutti gli « Atti del Capitolo
Superiore ». E poichè il « Bollettino Salesiano )> non poteva più essere man-
dato all'esteto, 1o sostituì con un << Notiziario ».
Ma come farli avere? Si crearono vari centri di spedizione a cui Torino
inviava una copia degli « Atti » e del « Notiziario >>. A capo di ogni centro
c'era un Ispettore che pensava alla ffaduzione, alla stampa e alla spedizione
nelle Case che dipendevano dal suo cenro. Fu un lavoro faticosissimo, ep-
pure era il più vitale in quel momento per Ia Congregazione, perchè i Supe-
riori vi vedevano annessa l'l.rnità di spirito e I'unione col Centro.l8
Per conservare questa unione D. Ricaldone chiedeva notizie direttamen-
16 A.C.S., n. 109, Gennaio-Febbraio 1942.
17 Cfr. ANroNro M. Arsssr, Un prete uagabondo a seruizio della Catecbesi, Pro
manuscripto, Cittadella (Padova), 1970, pp. 52-54-55.
18 D. Prarno Brnnurr, Testimonianze raccolte da D. Pietro Zerbino, S.E.I., cfr,
pp. 405-406.
346

37.7 Page 367

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te ai suoi rappresentanti, sempre penato quando non ne aveva. A D. Reyneri
nel 1942 scriveva le stesse taccomardazioni che più esplicitamente faceva nelle
Lettere circolari.
« Cauissimo D. Reyneri,
Torino, 7-L-L942
saluti e benedizioni. Da tempo non ricevo vostre notizie desideratissime.
Irrobustite la carità, l'unione delle menti e dei cuoti. Richiamate tutti a un
forte senso di responsabilità. l,e comunicazioni difficili non devono staccarci,
ma sringerci piùr fortemente a Dio, a D. Bosco, ai Superiori.
Plachiamo la divina Giustizia con una vita santa, con I'esemplare osser-
vanza, colrl accresciuta generosità nel lavoro e nei sacrifici. Comunica queste
cose a tutti. Vivete sotto il manto di Maria Ausiliatrice. Coraggio! Vi benedi-
ce il vostro aff.mo in C.J.
Sac. P. Rrcer.ooNp
Nel marzo, non avendo notizie il cuote del buon Padre incalza con altre
raccomandazioni che sono un estratto di sapienza e di prudenza consumata.
<< Carissimo D. Reyneri,
il tuo lungo silenzio non mi lascia tranquillo. Tu puoi mandarmi notizie
per mezzo di D. Carrà, di D. Alcantara, di D. Massana. E poi c'è anche Mons.
Fietta. Tu ben capisci che adesso specialmente abbiamo bisogno di frequenti
contatti. Bastano notizie sommarie, scheletriche, ma succose e frequenti. So"
prattutto desideriamo sapere se hai rnesso qualcuno al tuo posto; come hai
potuto impostare l'affarc B...; se puoi tenerti in contatto con tutti, se si
aggiustò 7'aff.ate N...; come vi trovate con l'ora presente. Insisti perché ognu-
no senta la sua grande responsabilità. Tenetevi lontano da ogni politica; fate
del bene a tutti, specialmente ai giovani. Raccomanda la pietà, l'osservanza
esemplare, il sacrificio e soprattutto l'unione delle menti e dei cuori nella più
forte carità.
Coraggio! Auguri. Benedico di gran cuore tutti. Pregate per noi e special-
mente per il vostro
aff.mo in C.J.
Sac. P. RrcArooNs >>
Nel 1941 alla vigilia di S. Giuseppe c'è un'altra lettera allo stesso D.
Reyneri. È un gioiello di paternità; dagli auguri per il prossimo onomastico
(l'Ispettore si chiama Giuseppe) agli impegnativi problemi missionari dei Se-
minari.
« Carissimo D. Reyneri,
approfitto dell'occasione propizia per farti i migliori auguri per il tuo
onomastico di domani. Prego perché il Signore faccia scendere sulla tua nuova
e importante missione 7e grazie più abbondanti.
347

37.8 Page 368

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Riceverai senz'altro la dispensa per Don 8...
Ogni tua comunicazione o lettera è per noi motivo di grande consolazio-
ne. Non abbiamo mai sentito così forte il bisogno di esservi vicini, di dirvi
tutto il nostro interessamento e affetto. Coraggio; mantenetevi sereni e fiden-
ti; ci è Madre Maria Ausiliatirce ed opera in noi e per noi S. Giovanni
Bosco.
Raccomanda ai Direttori che mantengano fiorente l'osservanza e soprat-
tutto si manifestino come mai padri affettuosi che vogliono e sanno procurare
amorosamente e gagliardamente il bene dei loro figliuoli. È la carità che ci
deve stringere nel cuote del nostro Padre per fa sì che sosteniamo e moltip1i"
chiamo le sue opere con la pienezza del suo spirito. Insisti perché fiorisca
nella comunità e nei giovani quella pietà eucaristica che è base e chiave di ogni
nostro lavoro e successo pedagogico.
Esorta tutti ad evitate conversazioni che possano in qualche modo affie.
volire la carità; sulle orme di D. Bosco dobbiamo tenerci lontano da qualsiasi
manifestazione di indole politica.
Coltivate con diligenza premurosa le case di formazione moltiplicando e
formando salesianamente Ie vocazioni.
Ti esorto ad appoggiare in tutti i modi le fondazioni dei Seminari della
Bolivia; è un'opera che sta molto a cuore al S. Padre e che, in questi momen-
ti, tutti devono favorire ed appoggiare con il maggior interesse.
Di quando in quando puoi radunate gli Ispettori oppure scrivi loro esor-
tandoli ad inculcare le cose anzidette e quelle che tu giudicherai convenienti
in queste dolorose circostanze.
Siamo tutti salvi ed il lavoro è immenso. La nostra fiducia è inconcussa
e speriamo albeggi quanto prima il giorno sospirato in cui pouemo tutti ac-
compagnare trionfalmente S. Giovanni Bosco dal suo Colle natio all'altare che
lo attende nella Basilica di Maria Ausiliatice.
Invocando su di te, su tutti i confratelli, rutti i giovani e le loro famiglie,
sui salesiani ex allievi e su tutti i nosui benemeriti Cooperatori e Coopera-
trici, come pure sulle suore, sulle loro ex allieve e su tutte le loro opere le
più copiose benedizioni mi professo tuo aff.mo in C.J.
Sac. P. RrceI.ooNs
Quanto calore in quel: << Non abbiamo mai sentito così forte il bisogno
di esservi vicini...! »>.
E poi quella dolce insistenza sui punti chiave: l'osservanza, la paternità,
\\a carità, la pietà eucaristica base del sistema educativo, l'unione degli Ispet-
tori e ancora la speranza in un'alba di pace...! C'è tutto il grande cuore, la
pietà fervida, la mente organizzattice di D. Ricaldone!
c) Le << Notizie >>
Ma se D. Ricaldone richiedeva a tutti notizie, era anche il primo a darle
non appena le aveva, anche se, per il carattere pubblico delle sue Lettere-Cir-
colari non scendeva ai particolari che potevano essere imprudenza in quei mo-
menti difficili. È veramente una tradizione tutta salesiana la comunicazione da
parte dei Superiori delle così dette ,, notizie di famiglia » perchè è proprio
)48

37.9 Page 369

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degli intimi dare cognizione di come vanno le cose; è proprio dei membri di
una famiglia non tÀnere segreti e mettere in comunione gioie e dolori, ed
è quindi elemento di fiducia reciproca e di unione.
D. Ricaldone si servì quindi delle « Notizie »> per fare unità fra Europa
e Americhe, fra Oriente e Occidente, fra nazioni in guerra e nazioni in rela-
tiva pace, tra gli stessi popoli i cui governi si erano dichiarati nemici, ma
che la sciagura e la morte affratellava nel dolore. Le << notizie )> spesso peno-
sissime, ma sempre edificanti per gli eroismi e i sacrifici vissuti dai confra-
telli provati, erano un meraviglioso mezzo formativo per sensibilizzarc chi
.srtoe.srs"eìupesfolottsoepocsotnodaiziiotneir,roprei rdeslulagggeureirreran, upoevreinfcoormragegdiaireacphoistsoilatrtoovanvealleneelslei-
genze del momento: era farc comunità, lamiglia con chi viveva isolato sul
fronte, fta gli internati dei campi di concentramento. Così D. Ricaldone co-
me cominciò ad avere notizie, prese via via a comunicarle considerando que-
sto servizio come un vero apostolato di carità, di unione al Centro, di soli-
darietà coi fratelli provati.
Dal l94l sino al 1946, cioè fino a quando le comunicazioni non ripre-
sero la loro normalità, le sue lettere furono un piccolo notiziario dei fratelli
sofferenti.
Nel 1941 cominciò la serie delle sue brevi relazioni con notizie molto
tristi. Parecchi erano i confratelli morti sui diversi campi di battaglia e rile-
vante era il numero dei prigionieri, dei dispersi e degli internati in campo di
co,ncentramento.19
Con la lettera-Circolare del luglio-agosto 1942 o. l!2, D. Ricaldone potè
dare qualche notizia più specificata per le lettere che gli efano pervenute e
dava anche l'annuncio di una nuova opefa: il Seminario Maggiore e Minore
di La Paz e quello Minore di Cochabamba in Bolivia alfidato ai Salesiani
dalla S. Sede.
Ci voleva tltta \\a generosità di D. Ricaldone per accettare un simile im-
pegno così gravoso, quando il numero dei confratelli vittime della guerra cre-
sceva di giorno in giornol Eppure egli il 22 agosto 1942 scriveva, incoraggian-
te e fermo nel proposito di servire la Chiesa, a D. Reyneri:
<< Appena ricevuto il telegramma riguardante il Seminario Maggiore e
i due Seminari Minori della Bolivia, ho subito scritto a Roma per sapere se
vi fossero state nuove comunicazioni. Finora non ottenni risposta.
Ti dico però chiaro il mio pensiero. Se siete in grado (e votrei lo foste
anche a costo di qualche sacrificio) di accettare il Seminario Maggiore e i due
Seminari Minori, noi saremmo molto contenti.
È un atto di fiducia che ci deve confortare; ed inoltre si tratta di una
missione che deve esserci doppiamente cara, perchè desiderata dalla S' Sede
e destinata alla f.otmazione di Santi Sacerdoti.
re A.C.S., n. 103, GennaioFebbraio l94l
)49

37.10 Page 370

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Vedete pertanto se è possibile accettarla.
Da parte nostra appena avremo i voluti permessi e le possibilità, non
tralasceremo di aiutarvi con l'invio di personale >>.
Alla fine del 1942 nel tristissimo orizzonte mondiale, D. Ricaldone aveva
davanti a la ttagica situazione di << circa 450 Salesiani prigionieri di guerra
o chiusi in campi di concenramento o in luogo di confine, da mesi, a, ,r,
anno, da due anni. Alcuni erano ammalati e gravemente; altri condannati ad
un ozio {orzato, altri esposti ad un freddo rigido; alti. a calori insopportabili.
ce n'erano anche nelle prigioni, condannati al freddo, all'immobfità,-alla spor-
cizia, all'ozio. Molti erano stati uccisi; più di r2o in battaglia; 26 in prigione
o in campi di concentramento; uno era stato martirizzato»>,N
, Questi particolari però D. Ricaldone non li comunicò mai pubblicamente,
preferendo incoraggiare allo spirito di sacrificio, all'espiazione, midiante la mor-
tificazione dei sensi, alla preghiera supplice, ad una vita esemplare.
, Nell'aprile 194321 potè dare alcune notizie confortanti che fecero un po,
da equilibrio con altre dolorose di molti confratelli sofferenti.
<< Le noste missioni continuano a sviluppare l'opera loro pur in muzo
a gravissime difficoltà. Sappiamo che altri gruppi di Missionari iurono inviati
ai campi di concenuamento: ma sappiamo anche che, in quegli stessi luoghi
di esilio, essi svolgono un'azione veramente salutare in favàre-di tanti conna-
azilotni aSliaecedrdiomti oeltceoannfrimatee.lliAvdeevlasuaovuvtiocanroiattioziaercaentota,scahlevi
Mons.
e che
Lucato e gli
un b.ron n.r-
mero di Salesiani del vicino oriente erano ritornati al campo del lavoro dopo
un periodo di reclusione.
Nella cina si erano iniziate alcune opere, sebbene il personale del vica-
riato di Shiu Chow fosse stato internato. Le notizie d,alla Thailandia e dalle
Americhe erano buone; quelle penose riguardavano il numero notevolmente
iacgcrraevsci idutaonndiesiuCboitni fdraaltleellci acsaeduStaileesrioainceamdei nTteornineoll',addei mMpiilmaneon,todedlleal
dovere e
Sardegna,
di Napoli e della Sicilia.
no
Non meno provate
2^-2 dovette annunciare
erano altre case
altri gravi danni
d'Europa. A giugno
in sicilia e la-marte
fratelli. I bombardamenti avevano poi danneggiato altre Case
dello stesso an-
di quattro con-
deflà Ispertorie
Meridionali, di Torino e nuovamenre 1o stesso Oratorio.
Dalle missioni e anche da alcuni campi di concentramento le notizie era-
no, invece un po' rasserenanti: anche se forzatamente obbligati all,inerzia, i
Salesiani sapevano inventare iniziative per confortare e portare a Dio le anime.
sianoNeelle1c9o4m4uDni.còRincealldfoenbebrpaoio: Iavere notizie da più parti del mondo sale-
x
2l
»
D. Prstno Bsnnurr, Testimonianze raccolte
A.C.S., n. 116, Aprite-Ma ggio 1,9$.
A,C.S., h 117, Maggio-Giugno 1943.
da
D.
Zerbino
pietro,
S.E.I.,
p.
407
A.C.S., n. 121
)50

38 Pages 371-380

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38.1 Page 371

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Le Opere del Giappone, della Cina, del Siam, dell'India, dopo periodi
di disorientamento, di riposo forzato o di strettezze, riprendevano gradatamen-
te il lavoro sospeso o rallentato.
Anche nella Palestina e nell'Egitto c'era una ripresa anche se le difficoltà
erano molte.
Mons. Lucato e i suoi Missionari (a Derna) stavano bene e potevano
svolgere attività varie.
Dal Congo e da altre parti dell'Africa le notizie erano rassicuranti. Dalle
Americhe i Delegati speciali D. Reyneri, D. Bertola e D, Tozzi mandavano
buone notizie.
Dall'Europa invece le notizie rimanevano scarse.
Nella stessa Lettera Circolare D. Ricaldone iniziava un elenco lugubte
di case, chiese salesiane d'Italia disrutte o danneggiate gravemente, che ebbe
la sua continuazione in Lettere-Circolari seguenti.24
In vista poi della separazione della Ispettoria Meridionale e Romana, di-
ventate fronte di guerra, dal Centro della Congregazione, con lettela di pre-
sentazione annunciava che sarebbe andato a Roma quale suo Vicario il Pre-
fetto Generale D. Pietro Berruti accompagnato da D. Pietro Tirone, Catechista
Generale e da D. Antonio Candela Consigliere Professionale Generale.
In questa lettera D. Ricaldone riconfermava gli alri Delegati Straordinari
per le Americhe.2s
Nell'agosto 1944 potè dare notizie delle Ispettorie italiane separate, più
tanquilTizzanti; invece quelle dell'Europa non furono ancora ben specificate'26
Solo nel giugno 1946 comunicò con gioia << di aver potuto riabbracciare
nel caro Oratorio alcuni Ispettori di Europa ». << Il primo per ordine di tem-
po fu D. Giulio Moermans, Ispettore ciel Belgio, seguito più tardi da D. Fe-
derico Couche, Ispettore dell'Inghilterra e ultimamente da D. Ippolito Faure
e D. Umberto Amielh, Ispettori rispettivamente del Sud e del Nord della
Francia >> e sottolineava: <( Ben potete immaginare la nostra gioia al conosce-
re alfine dalla viva voce degli Ispettori le notizie di tanti carissimi figliuoli,
delle loro vicende e delle presenti condizioni delle loro opere!.'. »>.27
Nel 1944, D. Ricaldone non potè dare molte notizie perchè anche lui non
riusciva a riceverne. Gli pervenivano i messaggi tomani di D. Berruti che era-
no veramente confortanti: le tre Ispettorie italiane separate avevano ripreso
le loro attività ed erano in pieno fervore di azione per raccogliefe orfani e
ragazzi abbandonati, mentre le F.M.A. erano impegnate per le rugazze.
Per le alre Ispettorie riconfermò le buone notizie della Palestina e del-
l'Egitto, del Giappone, dell'Australia, delle Americhe, dell'Africa.
24 A.C.S., n. 122, MarzoAprile 1944.
2s A.C.S.; n. l2i, 16 Giugno 1944. La lettera di presentazione di D. Ricaldone fa
parte della prima letteia circolare i,nviata da D. Berruti alle Ispettorie dell'Italia Centrale
e Meridionale. Ne seguono alte.
26 A.C.S., n. 1,24, LuglioAgosto J.944.
27 A.C.S., n. 1,35, Maggio-Giugno 1946.
351

38.2 Page 372

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In India quasi tutti i Missionari erano potuti ritornare alle loro case di
missione. Dalla cina, D. Braga annunciava che poteva lavorare con i suoi con-
fratelli. Pena grande invece era non avere notizie da Mons. Canazei e dai suoi
missionari, residenti in territorio in cui non si poteva ancora comunicare.28
Nell'aprile del 1945 D. Ricaldone potè precisare meglio alcune notizie;
quelle delle missioni erano buone: Brasile, venezuela, Tema del Fuoco, congo
e gradatamente anche Cina e Giappone riprendevano vita. Dall'Italia gli vi-
nivano precisate vittime e danni.a
Nel primo dopo guerra a mano a mano che le comunicazioni diventarono
normali D. Ricaldone cominciò a ricevere notizie che tanto aveva atteso invano.
Era la tragedia sofferta da confratelli che ora si rifrangeva nel cuore del
Padre. Egli non disse tutto neppure allora, scrisse in stile laconico le sue co-
municazioni, preferì rianimare con
i martiri e gli eroi che aspettavano
notizie consolanti. Tuttavia ricordò sempre
il suffragio e la continuità del loro esempio
nella vita dei confratelli rimasti.
Nel maggio del 1946 così scrisse: << In questi ultimi tempi mi fu comu-
nicata la morte di altri confratelli che soccombettero nella Russia »>.
così solo allora seppe con dolorosa sorpresa delle penose vicende di Mons.
Guglielmo Piani, Delegato Apostolico nelle Filippine, che, rimasto senza c sa,
dopo Ia disruzione totale della Delegazione, povero, sprovvisto di tutto, gra-
vemente ammalato, fu ospitato e curato dai Padri Benedettini di Manila. Ri
cevette pure notizie di Mons. Ignazio Canazei, Vicario Apostolico di Shiuchow:
avevano molto sofferto nel periodo bellico per la devastazione di opere e di
sedi missionarie. Ma la pena più grande, anche se è u,na vera gloria per la
Congregazione era la morte di re Confratelli trucidati: D. Giovanni Matkovics,
D. Bassano Loreno Faccini e D. Vincenzo Munda.s
D.
1945 3t
Ricaldone nonostante
aveva potuto date ai
iI ritardo di tante notizie, già nel dicembre del
Confratelli una visione genàrale delle vittime e
delle
vero,
rovine accumulate dalla guerra nella congr.guriorr".
il bilancio è olffemodo impressionante e doloroso »>.
E
costatava:
<< È
I calcoli erano approssimativi, in quanto le notizie continuavano a per-
venire a scadenze indeterminate, ma già abbastanza sicuri:
Morti: 334: 323 Salesiani, 21 F.M.A. In Germania !43, polonia g4,
Jugoslavia 27,Italia 23, Austria 18, Francia 13, Belgio 7, Cina 3, Giappone 3,
Inghilterra 1, Lituania 1.
Feriti: 360 Salesiani sui campi di battaglia o nelle incursioni aeree o
nei campi di concentramento.
In tutto ben 704 vittime. E proseguiva: << meno impressionante è
l'elenco delle rovine »:
28 A.C.S., n. 126, Novembre-Dicembte 1944.
29 A.C.S., n. 128, Marzo-Aprile 1945.
30 A.C.S., n. 115, MaggioGiugno 1946.
31 A.C.S., n. 1)2, Novembre-Dicembre 1.945.
352

38.3 Page 373

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D. Bicaldone con D. Serié, D. Reyneri e i superiori argentini del Capitolo Generale
del 1947.

38.4 Page 374

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38.5 Page 375

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Case distrutte o gravemente danneggiate 79. In Italia 37, Polonia 15,
Jugoslavia 8, Ausria 8, Germania 5, Francia 2, Lituania 2, Unghetia 1, Bel-
gio 1.
Case meno gravemente danneggiate 115. In ltalia 55, Polonia 22, Get-
mania 9, Ungheria 7, Francia 6, Austria 5, Jugoslavia 5, Belgio ), Lituania ).
Chiese distrutte: a Sampierdarena - Ferrara - Forlì - Frascati - Capocroce -
Varsavia - Suprasl.
Chiese g/duerÌtente danneggiate: a Bologna, Ancona, Milano, Torino-Agnel-
li, Livorno, Terni, Latina, Palermo-S. Chiara ed alre.
E concludeva la penosa elencazione: « Dovrà forse questo lugubre insieme di
rovine e di sangue trascinarci allo sbigottimento? No, figliuoli carissimi, per-
chè la Divina Provvidenza a conforto nosro ha voluto che a fianco delle ro-
vine, anzi quasi su di esse, si ergesse imponente e confortante il cumulo delle
benedizioni celesti. Menre infatti I'uragano si scatenava furioso sulle Ispettorie
d'Europa la pioggia del'le divine gravie scendeva benefica particolarmente su
quelle di America e di altre regioni >>.
D. Ricaldone non esce indebolito dalla guerra. Da tutte le ferite sof-
fene zamplTlava speranza, spuntavano gemme nuove. Il combattente, ripren-
deva slancio: « Ricominciamo con {iducia la nostra opera tedentrice! >>.32
Ma la sua azione, coadiuvata da tutti i superiori, non si fermò a dare
notizie. Le varie circolari, nelle quali D. Ricaldone ripetutamente invitava a
fare economie e risparmi a favore dei confratelli più bisognosi, accennavano
alla piaga che provoca sempre la guerra: la fame, In alcune nazioni, special-
mente in quelle divenute fronti di guetra, o dove i bombardamenti aerei e le
invasioni avevano distrutto e continuavano a distruggere città intere, pataliz-
zando ogni possibile azione economica e gli scambi commerciaii, vi erano sale-
siani che atftatellati alla popolazione facevano la fame, erano senza indumenti,
senza casa o sistemati in posti di fortuna, ammalati, senza medicine. Nella stes-
sa, e ancor più dolorosa situazione, erano quelli dei campi di concenffamento.
Bisognava poter mandare qualche cosa!
Ne1 1941 i Superiori riuscirono ad inviare pacchi natalizi ai confratelli
prigionieri francesi e alle Case polacche. Più tardi cercarono di far avere qual-
che cosa in Austria e in Unghetia. Ma i bisogni erano tanti e le risorse euro-
pee non sovvenivano alle necessità.
Nel 1945 i Superiori interessarono alloru i buoni Confratelli d'America
che avevano possibilità di mandare aiuti di ogni genere.
Incaricarono D. Tozzi e D. Bertola rappresentanti del Rettor Maggiore
rispettivamente nell'America del Nord e nell'America Centrale e anche D. Gio-
vannini (Ispettore a New York) e D. Fedrigotti (Ispettore della California) a
prowedere ai bisogni dei Confratelli italiani ed europei e ad aiutarli nella
ricosffuzione delle loro case distrlrtte.
32 A.C.S., n. 1,29, Maggio-Giugno 1945
)53

38.6 Page 376

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Poi organizzarono il lavoro di distribuzione in modo che i soccorsi giun-
gessero subito a destinazione. Le spedizioni dovevano essere dirette a Roma
al Rappresentante del Rettor Maggiore che fu scelto nella persona di D. Giu-
seppe Fedel, Direttore della Poliglotta Yaticaoa. Egli aveva l'incarico di fare
sempre dieci patti di quanto gli giungeva dagli Stati Uniti. Cinque doveva
spedirle a Torino per le Ispettorie italiane del settentdone che erano allora
le più bisognose, e le altre cinque alle Ispettorie che avevano richiesto aiuti con
prenotazione.
Nella realtà dei fatti anche questa organizzazione cedette di fronte a un
aggrovigliarsi di difficoltà. Allora si venne alla decisione che gli stessi Ispet-
tori delle Americhe e di quelle Ispettorie che potevano mandare soccorsi, in-
viassero direttamente gli aiuti ai richiedenti.
D. Berruti suivendo a D. Tozzi lo pregavar « Affido alla sua bontà lo
studio del problema degli aiuti per i Confratelli del Belgio, della Francia, di
Don Seelbach (Germania) e di Don lff/agner (Austria). Per ora non credo sia
possibile far qualche cosa per essi, ma intanto è necessario studiare come ri-
solvere il problema quando esso sia passibile di soluzione. Potranno le altre
Ispettorie americane, specialmente quelle del Brasile e dell'Argentina, aiutare
in questo? >>.33
A quest'opera di carità si unirono presto anche i Salesiani dell'America
Meridionale e del Portogallo prolungandola anche nell'immediato dopo-guerra.
Ne erano responsabili D. Reyneri, Delegato Straordinario nel Sud America, e
D. Carrà Ispettore in Portogallo. In data 12 febbraio 1946, D. Ricaldone scri-
vendo a D. Reyneri così lo dngraziava:
« Ho già ringtaziato D. Chaves ed ora ringrazio te per la spedizione fatta
a mezzo del piroscafo << Jame §7. Corner ». Ripeto a te quanto dissi a D.
Chaves: i bisogni sono sempre più urgenti per le difficoltà veramente straor-
dinarie delle circostaoze. Aggiungerò che quasi quasi, vista la difficoltà di
inviare generi (siamo a metà febbraio e nulla sappiamo ancora del << Cor,ner >>
che doveva arrivare a Genova il 20 gennaio), è preferibile che continuiate a
radunare metallico, del quale avremo immenso bisogno appena sia possibile
inviare rimesse >>.
D. Ricaldone tentò anche di mandare personale specie nelle case di Mis-
sione, ma furono vere acrobazie con scarsi risultati. Ci volle tutta 7a pazien-
za e 7a tenacia di D. Berruti il quale il 13 gennaio con molta pena scriveva
all'Ispettore di Madrid che aveva chiesto qualche linforzo: << Sono oramai sei
mesi che lavoro per mandarle personale in aiuto all'Ispettoria. Non può im-
maginare la difficoltà che si rova per i passaporti, i visti e tante altre for-
malità. Inolre sembra che I'eternità abbia steso un velo di protezione sopra
gli uffici dai quali dovremmo attendere le dovute autarizzazioni... )>.34
33 D. Prttno Brnnurr, Testimonianze del Sac. Pietro Zerbirao, S.E.I., cfr. pp. ,08-109
3a Op. cit., cfr. p. 406.
354

38.7 Page 377

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E questo solo per spostare persone dall'Italia alla Spagna; si può pen-
sare cosa non fosse mandare Salesiani nelle Americhe e in Oriente!
D. Ricaldone avrebbe voluto venire incontro a tutti i bisogni e tentava,
tefltava tutte le vie per aiutare i suoi figli.
Capo fra i Gapi
Ma D. Ricaldone, Capo fra i Capi, come riuscì in tempo di guerra a man-
tenersi « in linea » con loro?
Egli mantenne il suo posto perchè vi rimase solo e sempre come sacerdote.
Il rispetto per tutti, la ricerca del vero bene di tutti, il vedere tutto e tutti
in Dio, gli diedero il dominio sugli eventi e sulle persone.
Ossequientissimo vetso i Savoia, come abbiamo già visto, li seguì ancora
e sempre nell'alternativa della guera e del dopoguerra e godette che D. Serié
potesse giungere alle anime dei Reali. Egli cercò di aprire a loro il suo cuore
di Padre e ne fu ricambiato con pari calore. Fu infatti una sorpresa Ia visita
di S.A.R. il Principe Umberto il mattino del fq dicembre t942, tanto che
annota la cronaca di Valdocco, D. Ricaldone che nulla sospettava, stava per
uscire in camion. Erano le 9,15. Umberto di Savoia, saputo che l'Oratorio di
D. Bosco era stato gravemente colpito la notte dell'S dicembre era venuto
a portare le sue condoglianze e a rinfrancare i Salesiani con la sua benevola
parola. Scrisse nel suo notes D. Ricaldone: « Visitò il disastro e poi volle
enmare in Chiesa. Pregò e visitò la Basilica, la Cappella delle Reliquie, l'Al-
tare di D. Bosco >>. Si stava celebrando in quell'ora un umile matrimonio, e
D. Ricaldone che accomp^gnava il Principe, mandò a prendere due graziosi
oggetti religiosi e li consegnò ad Umberto di Savoia perchè li offrisse perso-
nalmente in dono ai novelli sposi.3s
La cronaca di Valdocco a commento del fatto inaspettato e anche dell'at-
teggiamento così esemplare ed edificante di S.A.R. scrisse. << Lasciò in tutti
gratissima impressione >>.s
Nel marzo, in seguito alla morte del Duca d'Aosta, D. Ricaldone che
presenziò ai funerali, ebbe altro contatto con i Savoia e lo annotò nel suo
taccuino.3T
Nell'aprile di quell'anno, tramite il suo Bibliotecario Comm. Prof. Mario
Ztcchi, Umberto di Savoia lo richiese dell'Elenco Generale della Società di
S. Francesco di Sales per <( conoscere nel suo multiforme sviluppo quotidiano,
l'attività insigne di cotesta benemerita Congregazione, nel mondo »>.38 D. Ri-
3s Cfr. « Bolletti,no Salesiano », dicembre 1961.
36 Cronaca di Valdocco 19 dicembre 1942.
'sTaLcecttueirnaodepel rPsornoaf.leMdairDio.ZRuicccahldi,onBeibdlioetle1c9a4ri2o,
12
di
mano.
S.A.R.
il
Principe di
Piemonte
in data 29.4.1943 da Cuneo.
355

38.8 Page 378

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caldone mandandogli l'ultimo elenco pubblicato, che, date le condizioni belli-
che non era molto aggiornato e non rispecchiava la reale situazione della So-
cietà, lo informava di quanto già doveva aver scritto al Principe, e cioè dell'ospi-
talità richiesta ed ora atttr^ta per il Card. Hlond Salesiano, nei possedimenti
sabaudi, e di altre notizie torinesi.
« Approfittando del graditissimo inconto, vorrei pregarvi di presentare
a S.A.R. i miei omaggi personali e quelli della Congregazione. Vi prego pure
di comunicare a S.A.R. che il Card. Augusto Hlond si trova dal 6 aprile u.s.
ospite dell'antica e celebre Abbazia di Altacomba, collocata sotto il protetto-
rato della Casa Reale d'Italia. L'Em.mo Card. Hlond mi prega di presentare
i suoi omaggi a S.A.R. e di assicurada che ogni giorno, mentre prega sulle
venerate tombe degli Avi di Casa Savoia, innalza con animo riconoscente pre-
ghiere e suppliche al cielo per S.M. il Re Imperatore, per S.A.R. e per tutta
la Reale Famiglia... >>.3e
I1 Regio Bibliotecario rispondendo, così interpretava il Principe Um-
berto: << Rivolgo intanto nell'Augusto Nome, i più vivi ringtaziamenti per l'in-
vio gentile dei due volumi e, in modo specialissimo, per gli omaggi personali
di V.S. Rev.ma, della Pia Congregazione Salesiana, dell'Eminentissimo Card.
Hlond che, ospite della Reale Abbazia di Altacomba, ricambia tale ospitalità
nella maniera più degna, pregando per la Maestà del Re Imperatore, per S.A.
Reale e per tutta la Reale Famiglia... »>.4
Ma per il Giubileo Sacerdotale di D. Ricaldone, il Principe stesso volle
fargli pervenire le sue congratulazioni da Napoli dove egli si trovava col nuo-
vo Governo di Badoglio, con un telegramma in data 25 maggio 1941. « Nella
ricorrenza del vosuo 50" anno di Sacerdozio desidero farvi pervenire le più
sentite felicitazioni insieme con i migliori auguri ed il mio cordiale saluto.
Aff.to Umberto di Savoia >>.
Nel taccuino di D. Ricaldone all'8 giugno di quell'anno è annotata una
visita del Principe in cui egli si propone di fargli omaggio dei primi due vo-
lumi degli « Annali della Società di S. Francesco di Sales r>.ar
Nel 1945 D. Ricaldone ebbe ancora rapporti con il Principe, ma, tramite
il Marchese Alfredo Solaro del Borgo che rispose a voce alla sua lettera del
13 maggio.a2
In seguito a7l'abdicazione del Re Vittorio Emanuele III in favore di
suo figlio Umberto avvenuta il 9 maggio 1946, D. Ricaldone presentò a nome
di tutta la Famiglia Salesiana le sue felicitazioni e l'assicurazione di fervida
preghiera.a3 Questo atto di adesione dei figli di D. Bosco alla sua elevazione
3e
4
Lettera
Lettere
di
del
D. Ricaldone al Prof. Mario Zucchi
Prof. Mario Zucchi Bibl. di S.A.R. i1
in data
Principe
7.5.1943 da
di Piemonte
Torino.
a D. Rical-
done in data 1.1.5.794J da Torino.
4r Taccuino di D. Ricaldone, 8 giugno 1943.
a2 Umberto di Savoia in u,n biglietto a D. Ricaldone, da Roma il 1,5 maggio 1945,
lo avvisa dell'arrivo del Marchese.
43 Lettera scritta da D. Ricaldone a S,M. il Re Umberto II in data 12.5.1946.
355

38.9 Page 379

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al trono, dovette giungere gradito al nuovo Re che si fece interpretare presso
D. Ricaldone dal suo Primo Maestro delle Cerimonie. << Sua Maestà il Re ha
molto gradito la sua gentilissima lettera ed ha particolarmente apprezzata i
sentimenti di devozione e di augurio in essa contenuti >>.4
D. Ricaldone favorì poi la continuità dei rapporti quasi familiari di D.
Serié coi Reali.
D. Serié annotò qualche cosa dei suoi rapporti con i Principi e dai suoi
scritti si vede quanto essi fidassero nei figli di D. Bosco e come essi vera-
mente corisposero alla loro fiducia. Così scrisse D. Serié:
<< Già durante la guerra 1939-45, S. A. Maria Josè mi fece chiamare a
S. Anna di Valdieri, dove mi pregò di celebrare la S. Messa e distribuire la
S. Comunione ai suoi figli, allora piccoli: l'attuare Principe Vittorio Emanuele
e Maria Pia. Erano tutti presenti alla S. Messa. La stessa Principessa Maria
Josè si confessò e fece la Comunione.
Un'altra volta mi fece chiamare a Cuneo dove era Direttore del Pensionato
Salesiano D. Cucchi.6
La Principessa entrò a parlarmi in Cappella. Era accompagnata da Maria
Pia, ragazzina di 12 anni. Quando uscimmo dalla Cappella Maria Pia venne
pntuirfitemtsaatagrdeioeilqolausaagnueteardrsaise.smNep:oli-cnitàsoMcn'aoemrcaomminae, lioqlruoDe. lilriectthoeremmi di ahiatud.a-to
i cioccolatini di
Questo per ma-
Un'altra volta mi fece visitare il Castello di Racconigi ove ave\\,ra raccolto
tante famiglie ed alcune comunità religiose che ospitava nel periodo dei born-
bardamenti, per venire incontro agli sfollati.
ccteoarssretue.D-pllMpooepièS:oci-gmhanivaooeNmlrtraooi,vnisbvseoeimtmllaelopitvol.diociVeqcdmauiiere"s,lnaloetlmten,eoaczszgotiannga"innfqioptceureoaerf.cpolh-atoalagmzirnzoaosfPioelearodadrdiaisitstsouoir:tetn-eofrnlaenAccPliteerssiznaezcr,aaipcn-henseosMqequueieessindtteo-i
taufftittit---Doi uPprHaHeQrinrnaautcieaniurplqa'lnèaiguaeiiqolgipunnuRoeeie.esr,rttr-aohSa.aaduMvinrofaeaiiagt,iftmoaomna?neta.tl-i'nihmaap6urenvsesdnioinfneeettiolq.up-eosrttiincaaiostenlelil
di essere case di
mio ufficio tutto
trafelato e
vorrebbero
mpai rdlaisresec:o-n
Ci
Iei.
sono
-
in
portineria
due
persone
molto
distinte
che
44 Lettera del Primo Maestto delle Cerimonie di Corte, Clivio di Panistera a D. Rical
done in data 29.5.1946.
as Anno 194).
46 Forse eta il l7 agosto 1943, poiché nel taccuino personale di D. Ricaldone di
quell'anno in quel giorno c'è questo semplice appunto: « S.A.R. la Principessa di
Piemonte >>.
357

38.10 Page 380

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-
-In
Ma
No,
nnoonncc'è'èD. S. eRmicbarladnoonep?er-sone
que,l momento entrò una persona,
acshseaippoeirsbepepniee. s-sere
la
Duchessa
X,
dchaemav---Sudcoeils[IPCsnipopyoasrmrgpseliao,pbsrratislltoeegiOn..?nteTti-Oa-rri?sadv.e-al-lialaPrPinrcinipceispseassMa aseridauJtaosmèo:d-estaCmenltae,
Principessa
su quella
sotto
panca
di legno che è nel corridoio che dà in cortile verso la Prefettura esterna.
-
hann-o
[S1o1ns7o7Pa,recsoidmeentemadielqlauiC?ro-ce Rossa
detto che qui ci sono degli opusco,li
e vengo
LUX da
in cerca di librettini.
distibuire ai feriti e
Mi
de-
genti nei vari ospedali.
Se ne provvide in
a-bbondanza
e
si
dimosrò
molto
riconoscente.
Quando poi più tardi fui chiamato un'altra volta a Roma, le truppe di
Badoglio attorniavano il Quirinale. Entrai e trovai S. M. Umberto II che pre-
patavr- le va'ligie per andare in Portogallo e mi chiese la benedizione della
Madonna. Si inginocchiò con molta devozione ed anche Ia Regina Maria Josè
votrle ricevere La Benedizione.
Ero stato a trovarl.a anche prima, al Castello di Sarre (Aosta) durante
la guerra. Era il tempo in cui c'erano ancora Ie << brigate della liberazione »>.
Mi fece sapere a mezzo di una dama di compagnia che avrebbe avuto pia-
cere di vedermi.
Pregai D. Molas che era amico dei partigiani di accompagnarmi con la
sua auto sgangherata dietro alla quale i partigiani avevano scritto a c ratteri
cubitali: §7. Don Molasl Arrivati che fummo al Castello di Sarre, uovai la
Principessa che
bile incontrarmi
mi
col
dmisasreit:o.-
L'ho fatta chiamare pet chiedede, se è possi-
Son scesa dalla Svizzera a piedi, attraverso il Pic-
colo S. Bernardo e sono affivata sin qui in incognito, mentre Umberto è giun-
to
da Roma,
Tornato
fianoToardinAos,tipianrlainiccoognnitSo..E-.
il
Card.
Fossati
che
mi
disse.
-PiùRtaisrpdoinidna Qdui irninoa; lechqeunanodnoèpaasrlsaoiluctaomn elanteRepgruindae,npteri.m-a che si imbar-
cassero per il
nigi mi disse
cPhoertqougeallloC,amstei ldloissaeve: v-a
Ricorda
il difetto
quando nel Castello di Racco-
di avere una sola porta? Eb-
bene questo Quirinale ha
E così partirono per
più di cento
il Portogallo.
porte
per
ussils.
-
Poi di là la Regina passò in Svizzera, vicino a Ginevra.
Dal Portogallo il Re Umberto mi mandò a dire che il papà Vittorio
Emanuele III era gravemente ammalato, avrebbe procurato un aereo per an-
dare ad assisterlo. In quel momento però non si giudicò prudente fare un
viaggio di quel genere e si mandò un telegramma al Direttore di Alessandria
d'Egitto D. Faoro e a D. Francesco Laconi, in rapporti di intimità col Re che
358

39 Pages 381-390

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39.1 Page 381

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andava spesso a trovare e si erano fatti molto amici, quando D. Laconi gli
aveva detto che era sardo e che aveva avuto occasione di conoscerlo. Disgra-
ziatamente credo che il Prete non sia arrivato in tempo pet assisterlo nella
trltima ora.
nevraDeuemai nvnoillefap-arlar1e95d7ei-suolai fiRgeliguionali,malilamvaigndiliòa
a chiamare. Andai
dello sposalizio di
a Gi
Maria
Pia. Mi fece dire Ia S. Messa nella sua casa di campagna che non si può
chiamare castello. Potei celebrare, parlare e distribuire la Comunione anche
alla Principessa Maria Pia.
La Regina era molto sofferente e mi diceva mettendo la mano davanti
agli occhi in forma
negli occhi. Son qui
dviicqinuoadaraGtoin: e-vraVpeedrcohèapcpenial
così, come un
famoso oculista
quadratino
Dr. Fran-
ceschetti che mi cura ,r.4?
D. Serié in questi suoi ricordi accenna a rapporti che Vittorio Emanuele
III ebbe nei suoi ultimi anni di esilio con il salesiano D. Laconi. È D. Laconi
stesso che ci testimonia della veridicità di questi suoi contatti con il Re, anzi
ci dice quanto fossero familiari e quale benefico influsso spirituale e religioso
portarono a quell'anima sofferente. Purtroppo essi non ebbero la conclusione
desiderata; infatti vennero a mancare quando il vecchio Re avrebbe avuto
bisogno dell'aiuto di un sacerdote amico.
L'iniziale apertura comprensiva, sacerdotale di D. Ricaldone verso Casa
Savoia portò all'incontro di anime di un Re esiliato con un fodele figlio di
D. Bosco che non ebbe la gioia di accompagnarlo al decisivo incontro con Dio.
Ecco quanto ricorda D. Laconi:
« D. Serié era in ottimi rapporti con iI Principe di Piemonte e con la
Principessa M. Josè. Questo me lo confermò più volte la Principessa Iolanda
ad Alessandria d'Egitto ed il Duca di Bergamo circa due anni fa, quando mi
trovai ad un pranzo presso il Conte Carlo Vialardi di Sandigliano.
Mentre ero ancora in Italia, una volta D. Serié mi disse se poaevo an-
dare al Castello di Sarre (Valle d'Aosta) e parlare con la Principessa M. Josè,
dato che io manovravo in opere di salvataggio di più di una persona nella
Valle, mentre ero Catechista a Bollengo ed avevo con me il Conte Cesare
Maria De Vecchi. Era nel L945. Mi recai a Sarre, ma la Principessa che era
venuta dalTa Svizzera, eta già partita. Quando nel giugno 1947 andai in Egitto,
subito venni in contatto con S. M. Vittorio Emanuele III, dato che avevo del-
le comunicazioni per S. M. da parte di De Vecchi, ed anche perchè accettai
di dare lezioni di ripetizione di latino e di alre materie al figlio della Contessa
Calvi di Bergolo. Così ebbi modo non solo di parlare con i genitori di Pier-
franco Calvi (che frequentava la Scuola D. Bosco di Alessandria, di cui era
Direttore D. Quinto Faoro), ma con S. M. il Re. Questi da parte salesiana fu
avvicinato soltanto da,l sottoscritto, e non corrisponde a verità che avesse rap-
a7 Dagli scritti di D. Giorgio Serié
359

39.2 Page 382

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porti di intimità con altri. La famigTia reale viveva assai isolata, e questo me
lo disse il Re stesso. Ben si poteva fidare di pochi. Con me strinse amicizia
subito, per vari motivi e ciò fin dal nostro primo incontro.
Non ricordo la data, ma ero appena arrivato, forse da una settimana, che
già mi invitò, tramite Pierfranco e il suo attendente di campo. Faceva le veci
del Direttore assente, l'amministratore D. Santoto e fu sorpreso nel sentirsi
chiamare al telefono dalla Villa del Re e chiedere del sottoscritto e sentirsi
dire che il Re avrebbe mandato a prendermi il giorno seguente. E così fu.
Quando ci trovammo insieme mi condusse in uno studiolo, mi fece se-
dere alla sua destra, perchè diceva che dall'orecchio sinistro non ci sentiva
bene. Mi chiese subito come andava, nelle ripetizioni, il nipote e poi si padò
della situazione religiosa (non politica) del Medio Oriente e saputo che io ero
Professore di Scienze Bibliche si parlò di Vangelo e di vari riti, copti, ecc...
I1 Re dimostrava una buona conoscenza e aveva una memoria felice.
Accortosi dal mio nome ed accento che ero sardo, ricordò un suo viaggio
in Sardegna, e del suo passaggio al mio paese, U§rdrsal. Rievocò il posto, il
panorama che gli piacque assai, e poi ricordò che aveva stretto la mano ad
un decorato della- guerra del 1914-18. Ricordava con una meravigliosa precisione.
E tra l'altro questo fatto, come cioè i contadini del paese avessero piantato due
querce sulla strada con ghirlande di rose e di gigli e di altri fiori. Si era in
primavera. E poi ricordò come tn rugazzino della scuola elementare gli avesse
letto un indi-rizzo e poi offerto ufl mazzo di fiori, meglio, come il bambino
avesse offerto il mazzo di fiori non a lui ma ad un generale che andava sempre
fiero delle sue decorazioni.
a
<( Jo
destra,
-all'udilstisme oil
pRoest-o,
ero
così
in
i[
tenuta da campo e stavo non di fronte
bambino non sapeva chi fosse il Re,
ma
ma
quando gli dissero che il Re non era il Generale in prima fila, di colpo gli
tolse i fiori che già aveva offerto e li portò a me che lo abbracciai ».
Poi S.M. disse: << Chissa dove è andato a finire qtel ragazzo! ? » Ed io
gli dissi allora che lo aveva a fianco, seduto accanto a sè, perchè quel rugazzo
ero io. Un mio zio eru Direttore Didattico, e così la Maesffa aveva ptescelto
me per la lettura del breve indtizzo e l'offerta del mazzo di fiori. Tutto que-
sto (questa coincidenza) divertì il Re. E già fin da quel momento mi disse
che lui credeva in Dio, e che il fatto più bello del suo Regno riteneva essere
stato quello della riconciliazione con la Chiesa con i Patti Lateranensi. Tra
I'altro mi disse che lui aveva conservato il titolo di Marchese di Oristano e
e che il più bel messaggio lo ricevette proprio di quando ci fu la riconci-
lisioauzaiRobenQbeyiua!ac-nmodnao;ilarlaicSsec.viSauietodA,ele,esndseaelnr1da9rni2ao9pl.ee«rpIaBlreoptllieeùmdbemelfel i,tneSnleo.gMrsa.amersmdpoar:es--se
mCoi ndsisesreve-t
che
Deus
il suo vivo rin-
crescimento che partivo e mi disse che perdeva un amico. Tra di me pensai
anche in seguito che se fossi rimasto ad Alessandria forse non sarebbe morto
senza i Sacramenti. Ma forse la mia è presunzione e la Divina Provvidenza
360

39.3 Page 383

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dispose diversamente. I1 fatto sta che per quanto io abbia potuto sapere ad
Alessandria d'Egitto, S. M. morì senza confessarsi, e che il Padre Francescano
che accorse lo trovò già morto.
Quando ci fi l'anniuersario della morte, fu celebrata una Messa nel Coro
di S. Caterina, dove dieto l'altar Maggiore è tumulata la salma. Venni invi-
tato alla S. Messa celebrata da un Frate Francescano assistito da due chieri-
chetti. Di italiani c'ero solo io, ed a un certo momento, da una porta late-
rale, entrò pure il Console Generale d'Italia che si chiamava Dr. Spechel (non
ricordo come il nome si scriva). Assisteva la Regina Elena, la Regina Giovanna,
le Ptincipesse, il Conte Calvi ed altri.
Nella Chiesa, dove si vedeva ben poco, vi erano alcune suore francescane
e Figlie di Maria Ausiliatrice. Queste, quando io uscii dal coro accompagnato
dal Conte Calvi di Bergolo, restafono sorprese che io fossi 1à... e prima che
tornassi al Collegio D. Bosco, già tutti sapevano dove ero stato.
I1 Principe Umberto non potè venire a causa del tempo; venne in seguito
ad Alessandria e visitò pure il Collegio D. Bosco. Era direttore D. Faoro.
Quando poi fui Ispettore, fui richiesto di vedere come era la tomba ed
allora presi anche delle foto che spedii a Cascais, e ebbi risposta da1l'Aiutante
di campo di S. M. il Re Umberto II.
Nelle varie conversazioni che ebbi, soprattutto con la Principessa Jolanda,
sempre ho sentito alti elogi sul conto di D. Serié; si vede che godeva di gran-
de s,tima in seno alla Famiglia Reale. Ecco perchè il Re Umberto mandò a
dire che il papà era ammalato e chiese se D. Serié poteva andare a trovarlo.
Quanto D. Serié dice: << Disgtazlatamente credo che il prete non sia at-
rivato in tempo per assisterlo nella sua ultima ora » risponde a verità stando
alle indagini da me fatte ad Alessandria. Tuttavia devo dire che riportai una
impressione buona di S. M. e ripeto, dato il modo con cui aveva preso me
in simpatia, penso che se fossi rimasto, forse si sarebbe confessato. Ma la
storia, già scritta, non la possiamo fare con i e << se >> con i <( ma )>. È chiaro.
Voglio dire soltanto che per me, il Re oramai nel silenzio dell'esilio, nel cedimento
di tutto, doveva pur volgere lo sguardo verso il futuro, verso l'aldilà. Per
mezzo del nipote Pierfrancesco mi fece ripetere che gli dispiaceva che andassi
via. Forse se avesse espresso il desiderio che io restassi avrei chiesto al mio Ispet-
tore D. Garelli, ma sapevo che ero inviato da D. Ricaldone per 1o Studentato Teo-
logico a Betlemme e che la Terra Santa s12 il rposto più adatto per gli studi.
E, perciò non chiesi, restando nella speranza di incontrare di nuovo S.M.
Egli morì prima che ci potessimo rivedere.
Ricordo sempre che mi faceva servire il caffè ottimo, da un servo negro,
come l'ebano. E diceva: << D. Laconi, io non lo prendo, che non mi fa bene >>.
Sempre erano servite d;le lazzine, ma ripeto, il Re non pfendeva mai caffè.
La prima volta che ci vedemmo mi chiamava « Professore >>, ma poi diceva
solo .< D. Laconi »>.
Sono certo che se D. Serié fosse andato lo avrebbe accolto. Grande era
36r

39.4 Page 384

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la stima in cui era tenuto. E se il Re umberto si era rivolto a Lui vuol dire
che nutriva delle buone e fondate speranze.
Forse di alti non si fidava... Ripeto che dopo quanto era successo, si
viveva isolati, ed il Re in modo speciale stava attento alle persone da cui farsi
avvicinare...48
il
Anche dopo il
2 giugno con il
loro esilio D.
<< Referendum
Ricaldone non abbandonò i Savoia. Quando
istituzionale » il popolo italiano optò nella
sua maggioranza pq la Repubblica ed i Reali si rifugiarono in Portogallo, egli
non ttalasciò occasione per confortarli. In Portogallo mosse Salesiani e Figlie
di Maria Ausiliatrice locali perché con prudente delicatezza, ma generosa pron-
tezza, si mettessero a disposizione dei Savoia. Le lettere scritte da Umberto di
Savoia dal Portogallo a D. Ricaldone, rivelano indirettamente le premure che
il Rettor Maggiore ed i suoi figli usarono verso di Lui e la sua famiglia.
« Padre Reverendissimo,
Cinta, 18-10-1946
. approfitto di questa huona occasione per farle giungere questa mia
lettera.
Posso assicurarla che Ia ricordo sempre con il più vivo affetto e con pro-
pfsopenersdmsaoegvrèeadtdoitiu-mdinomeltoipcdeoarnnqfnouoratonsetosmepEnrtteilraenhoptaaizrlsiaeèrmesupdreei elfoadrtoetolleap-cleoorrlomgenr!asinIedroepaFedarcmio-ifgcìltui.ao:ree
soprattutto mi sento così più vicino al Tempio di « Maria Ausiliatrice »> ed a
tutte quelle opere che di si irradiano nel mondo e che anche qui in Porto-
gallo sono così santamente fiorenti.
i.l .
Voglia nelle
suo aff.mo
sue
preghiere
ricordarsi
dei
Miei
e
di
me:
e
mi
creda
sempre
UNISERTo »
« padre gentirissimo!
cascais' 20 gennaio 1947
grazie di cuore della sua buona lettera!
Ric-ambio gli auguri con vivo affetto ricordandola sempre con la più vi
va ed affetuosa riconoscenza.
Da Torino ho buone notizie dei Padri testé qui giunti: da loro e da quel-
li.residenti in Portogallo ho ricevuto tante prorè di bontà ogni giorno à di
ciò ringrazio anche Lei!
ricordGi;racdoisncaIaipmiùiepiromfoignldioaridesvaoluztioi n-e
i
e
miei auguri più
il più rispettòso
fervidi
affetto
e se può mi
filiale-di chi
tanto le vuole bene! e non mi dimentichi nélle sue preghiere.
Come sempre aff.mo Uwsnrro »
4 Dalla lettera di D. Francesco Laconi a D. Francesco Rastello in data 4.10.1970
da Torino.
362

39.5 Page 385

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Per la morte del Babbo, così Umberto di Savoia fece rispondere alle con-
doglianze di D. Ricaldone dal suo Segretario.
« Le preghiere ed i suffragi dei Figli di S. Giovanni Bosco apportano il
maggior conforto al dolore di Sua Maestà.
Le sue espressioni di devozione sono in questo momento anche più care
all'animo dolorante, che è profondamente grato alla Famiglia Salesiana per la
parte presa al grande dolore dell'Augusta Famiglia per i sentimenti confermati >>.4e
L'ultima lettera di Umberto a D. Ricaldone sembra sia quella del luglio
1950 da Cascais.
<< Rev.mo Padre,
Cascais, luglio 1950
ho ricevuto in questi giorni la «Reliquia »> e la << Vita » del Beato Dome-
nico Savio.
Nell'esprimerle tutta la mia viva riconoscenza per tanto gradito dono, in-
vio a Lei, cbn l'assicurazione del mio memore e costante ricordo, i più cordia-
li saluti.
Urnrnr,nto >>.
Anche le Figlie di Maria Ausiliatrice si dettero sempre premura di mo'
strare tutta la loro benevolenza verso i Savoia, e non solo quelle del Porto-
gallol C'è una lettera dell'Ispettrice del Messico di allora (L947) Madre Ersilia
Crugnola, che tornando nella sua Ispettoria e dovendo sostare in Portogallo
per un primo scalo, si recò dai Reali e così poi scrisse a Madre Teresa Pen-
tore, del Consiglio Generalizio:
Lisbona, 13 settembre 1947
" Rev.da Madre Teresa,
Gruzie a Dio il nosto primo volo Roma-Lisbona fu buonissimo' Speriamo
siano altrettanto buoni quelli (e sono 4) che ancora dovremo fare per raggiungere
la nostra meta.
... Ieri siamo andate a fare visita a S.M. Umberto di Savoia. Ci ha ricevute
con vero piacere. Gli abbiamo presentato gli ossequi delle amate Superiore;
li ha graditi e dicendogli noi quanto saranno contente quando sapranno che
siamo venute a farle visita, ha fatto un sorriso di compiacenza.
L'augusto Sovrano ha chiesto notizie della nostra Congregazione, del no-
stro Capitolo. Si è infotmato del Ven.mo Sig. D. Ricaldone e saputo che sta
bene dimostrato di compiacersene cordialmente. Ha pure chiesto notizie di
S.E. il Card. Fossati. Gli abbiamo risposto che era venuto nel giorno stesso
4e Lettera a D. Ricaldone del Segretario Generale di Umberto di Savoia in data
) marzo 7948 da Cascais (Portogallo).
363

39.6 Page 386

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dell'elezione delle nostre Madri a portarci la sua paterna benedizione. Tutte
le notizie le ascoltava con piacere.
Siamo rimaste molto edificate della sua serenità e conformità alla sanra
volontà di Dio. Non è uscita dal suo labbro altra parola che: << Tutto permette
il Signore per il nostro bene. Ciò che lui fa è il meglio per noi! ».
di
-
vSeAed_cedoresuìnnvuucooevleartmoilepSnutigenntloo'Areug,glbiuesantbaeb!iCasmaesonaodS..ea. vtstooiaia:m-soucloMTnratoeennstotiàl,doa'Istbateblsiiasaom.-o
Ci ha poi detto che l'Augusta Sua Mamma ha avuro in questi
speranza
e Lui:
giorni il
conforto di riabbracciare i due figli della compianta sorella Mafalda e cf ha con-
gedate dicendoci di pregare per lui...
Firmato: Sr. Ensrr,re CRUGNoTa >>.
D. Ricaldone intanto si manteneva in rapporti cordiali con alui Prin-
cipi di Casa Reale, residenti in Italia. Nel taccuino è notata una sua visita a
S.A. il Duca di Genova per il I gennaio 1946 e il 1l febbraio dello stesso anno
la venuta a Valdocco della Duchessa di Genova.
La Cronaca di Valdocco ricorda: « Dopo un colloquio con D. Ricaldone,
S.A.R. la Duchessa di Genova visita la Casa. Si intrattiene affabilmente con i
ragazzi dei vari laboratori »>.
Ma è ancora più mirabile pensare D. Ricaldone in rapporti sempre distesi
con i rappresentanti di governo in Italia e nelle diverse nazioni, nonostante le
inevitabili divergenze nel campo religioso, politico, sociale. Eppure egli non fu
mai un opportunista; la sua rettitudine non accettava compromessi equivoci:
schietto nella parola, lineare nell'azione. Non era neppure un bonario ottimista;
sapeva guardare a fondo, informarsi, attendere il momento giusto per agire,
sempre con quella misura di chi è abituato a guardare uomini ed eventi alla luce
della fede. Per questa sua disciplina interiore poté parlare coi fascisti ed oppo-
sitori, coi tedeschi e cogli Alleati, coi partigiani e coi repubblicani di Salò
nella ricerca di un bene superiore suggerito dalla carità cristiana.
La sua prudenza, quella di cui sapeva parlare e scrivere così bene, che
sminuzzava in tutti i particolari, era in lui dono che nasceva dalla fede, si ispi
ruva alTa speranza e agiva nella carità. E conservò ottimi rapporti di vera ami-
cizia con l'antico Ambasciatore d'Italia presso la S. Sede, De Vecchi di Val
Cismon e li allacciò col nuovo: l'Onorevole Dino Alfieri. Erano anime che
agivano per nobili ideali di bene e che forse sarebbero stati coinvolti in vicende
penose; bisognava quindi seguirli. Dalle loro lettere si capisce questa delicata e
preventiva opera di contatto, tatta da D. Ricaldone.
« Rev. Sig. D. Ricaldone,
Rodi,9-11-1940
Vi sono molto grato del vostro così gentil pensiero, dei vostri auguri e
delle
sione
voste preghiete. Di queste in particolare vi ringrazio e
per i miei Cari e per me presso il nostro gtande Santo.
della interces-
Vostro aff.mo
Ds VBccnr »r Var CrsuoN
364

39.7 Page 387

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E nel 1941
« Rev.mo D. Ricaldone,
Revigliasco Torinesc, 2-ll'194L
e
sono molto grato della
degli auguri ricambio
buona, cortese lettera inviatami
di cuore. Auguro, a mia volta,
e
a
delle benedizioni
tutti i Figli di.S.
Gioùnni Éor.o . al loro Rettor Maggiore ogni più alto e lieto successo nelle
loro opere di bene.
In particolare
a
Lei
l'espressione
della
mia
profonda
e
devota
ami-
cizia.
DB VsccFIr or Var, CrslroN
E questa « profonda amicizia », conservata da D. Ricaldone sarà l'ancora
di salvezza per il Ministro dopo quel teruibile 8 settembre 1943-
E il nuovo Ambasciatore presso Ia S. Sede Dino Alfieri così scriveva a
D. Tomasetti nel 1940.
Roma, 1.7-2-1.940
« Rev.mo Padre Tomasetti,
ho saputo che si ffova temporaneamente a Roma il Reverendo P. Ri-
caldone Ministro Generale dei Salesiani.
Se
avere a
egli {osse
cilazione
qui il 21 febbraio, sarebbe
ail'Ambasciara insieme agli
Emmio.mgiraCnadred.pPiaiczezraerd-do i
po]erlo
e Card.
La Puma, ed a Voi.
Grato se vorrete comunicargli questo mio vivo desiderio e farmi avere una
risposta al riguardo, vi invio i miei migliori saluti.
DrNo Ar,rrpnr »>.
Si tratta veramente di rapporti ottimi se c'erano anche gli inviti a ptanzol
E lo testimonia quest'altro scritto:
<< Rev.mo Padre D. Ricaldone
Roma, 11 marzo 1940.
vi ringrazio vivamente anche a nome dei miei Cari delle affettuose parole
e del cottese pensiero che avete avuto.
Sono oltremodo spiacente che i miei molteplici impegni mi abbiano impedi-
to di potervi vedere prima che voi lasciaste Roma.
Spero di essere-più fortunato in avvenire_.e di.potervi incontrare nel
vostro prossimo viaggio a Roma. Mi è gradita l'occasione per porgervi, caro
Padre, i sensi della mia devozione.
DrNo ArrreRI ».
365

39.8 Page 388

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Prima del crollo del Governo Fascista, D. Ricaldone ebbe un incontro a Ro-
ma nel febbraio del t943 con l'Ex Ministro Bottai e l'on.le Padellaro per la
convenzione con I'ENIMS circa le scuole, e ricevette pure una visita di S.Ecc.
il conte Thaon di Revel, ex minisrro delle finanze. Nel suo notes il 26 feb-
&aio 194) D. Ricaldone appunra: << lungo, affabiTe, interessante colloquio »>.
Doveva esercitare davvero un fascino speciale su quei << grandi »> se an-
cora dopo tutti gli anni tormentosi e difficili che seguirono, nel 1949 Thaon
di Revel così lo fingtaziava per gli auguri onomastici:
<< Rev.mo Sig. D. Ricaldone,
Ternavasso, 5 lruglio 1949
sono vivamente commosso e riconoscente per il suo gentile pensiero di
ricordo e di augurio in occasione del mio onomaìtico e in pàri tempo esrema-
mente mottificato di aver lasciato passare la festa di S. Pietro senia rivolgere
a ,Lei, come nei passati anni, il mio fervido augurio per lei e la Famfulia
Salesiana I
Le chiedo venia della dimenticanza e Le accludo il motivo di essa: si
sposa in questi giorni la mia prima figliuola. La sua partenza da casa ci tur-
ba, e ciò le spiega la dimenticanza nei suoi confronti,- che si somma ad altre
innumerevoli di cui mi sono reso colpevole in questi giornil
Mi ha fatto tanto tanto piacere di rivederla alla sèduta dell'Accademia di
Agricoltura in cui si è commemorato l'indimenticabile e nobilissima figura del
Senatore Conte Rebaudengo.
Appenna rientrato nella calma familiare, dopo la paftenz in causa nu-
zrale_della mia primogenita, mi permetterò di farÀi vivò e chiedere ospitalità
per brevi ore, presso di 1ei e gli ottimi suoi collaboratori.
Con il massimo ossequio e grandissima devozione, mi creda sempre
suo aff.mo TseoN pr RevBr Peoro >>.
che ne fu di tutti questi Ministri ed ex minisri che ranta parte ebbero
nel governo fascista? D. Ricaldone arrivò fin dove le possibilità umane glielo
permisero per salvare il salvabile.
Non dubitò neppure di Mussolini, se cercò di aiutare i suoi familiari, di
raggiungerlo tramite la sorella. La Tettera di quest'ultima a D. Ricaldone, mo-
stra come egli attraverso i parenti abbia cercato, forse, di amivare fino a Lui.
Ecco come gli smive la sorella del Duce, Edvige:
« Rev.do Padre,
Premilcuore, L6-8-194)
Il vescovo della mia Diocesi Eccellenza Massimiliani mi ha fatto reca-
pitare a mano la vostra lettera. Gnzie, Rev.do Padre delle vostre buone parole
tanto care al mio cuore in un momento così triste per tutti noi.
Vogliate
scenza per il
rendervi interprete
suo interessamento e
presso il
della mia
S. Padre
devozione
della mia viva ricono-
filiale. Posso assicurare
366

39.9 Page 389

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che né a me né ai miei familiari è stato recato il minimo disturbo. Dei miei
figliuoli tre si uovano vicino a me, il quarto è ufficiale in Piemonte e una quin-
ta è attesa di giorno in giorno qui da Budapest.
Speriamo che Iddio li protegga e che alla nosta Italia vengano risparmiate
altre sciagure. Vi ripeto la mia gratitudine con devoti saluti.
EpvroE MaNcrNr MussoI-tNr >>
Anche l'ex Ministro Federzoni si era legato a D. Ricaldone e a D. To-
masetti,so come amico bisognoso di veri amici e ancora più di sacerdoti.
Molto significativo è il suo biglietto augurale scritto per il Capodanno del
1955 a D. Ziggiotti, Rettor Maggiore. Le sue parole che ricordano « anni tri-
sti » e i « benefici prodigatigli dai Figli del gran Santo »>, fanno rasparire I'azio-
ne delicata di D. Ricaldone e dei Salesiani di allora, che, come per alui << grandi »>
fecero di tutto per aiutarli e confortarli.
Reverendissimo Rettor Maggiore,
« Capodanno 1955
Un antico devoto di S. Giovanni Bosco, in memoria dei tanti appoggi e
benefici prodigati negli anni più tristi dai Figli del gran Santo, invia a Lei ed
a tutta la Famiglia Salesiana l'augurio di ogni bene.
Con particolare ossequio
Lurcr FeopnzoNr )>.
D. Ricaldone mosrò sempre anche grande defetenza e rispetto per le au-
torità locali tanto che, con sua sorpresa, dopo i terribili bombardamenti del
29 e 30 novembre 1942 che colpirono in più parti I'Oratorio demolendo com-
pletamente I'edificio delle camerate degli studenti, egli ebbe la visita alle ore
5 del l0 novembre di S. Eccellenza Vidussoni, Ministro Segretario del P.N.F.
e del Segtetario Federale di Torino Ferretti, exallievo del Collegio di Parma.
Nel giugno del 1943 quando fu eletto Prefetto di Torino l'Avv. Dino
Borsi, egli si fece suo dovere andare ad ossequiare quello uscente passando anche
dal Segretario Federale sr e subito a felicitarsi col nuovo, sottolineando che a-
vrebbe pregato e fatto pregare per impetrare <, le grazie necessarie all'adem-
pimento della sua missione in queste ore particolarmente gravi >>.52
Quando nel luglio di quell'anno vi fu il crollo del governo fascista, D. Ri-
caldone appuntò nel suo notes: <( 26 luglio - Cambio di governo. Raccomando
$ kttera del Ministro Federzoni a D. Tomasetti da Montecatini Terme in data
9 ottobre 1952.
sl Taccuino personale di D. Ricaldone del 1941, 9 giugno.
s2 Dalla lettera di D. Ricaldone all'Avv. Dino Borsi, Prefetto
di
Torino,
in
data
16.6.1941.
367

39.10 Page 390

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di pregare molto »>. Questa 7a tattica e la politica di D. Ricaldone: non chiac-
chiere, non previsioni, non commenti, ma preghiera.
D. Ricaldone fu un vero contemplativo della storia, delle vicende umane.
Tutto filtrava in Dio, e così a tutto poteva mettere mano, con animo staccato,
rimanendo illeso persino dalla polvere della critica così facile a posarsi anche
in chi è in alto.
Eppure se bisognava prendere una decisione era sempre ben chiaro il
suo procedere.
Una proposta Iusinghiera
Nell'ottobre del 1944 il Presidente della G.I.L., On. Renato Ricci, che
aveva trasferito la residenza a Milano, sollecitò un incontro con il Direttore
dell'Istituto Salesiano di Via Copernico e con l'Ispettore delle Case salesiane
della Lombardia ed Emilia. I1 colloquio, lungo e cordiale, ebbe per tema: la
situazione politica e militare e la G.LL. Ormai 7a speranza della vittoria degli
eserciti tedeschi era svanita; la Germania non disponeva ancora di un'arma se-
greta (di cui si parlava anche in Italia) che Ie avrebbe assicurato la superiorità
sul nemico. fntanto l'offensiva degli Alleati stringeva sempre più in un cerchio
di ferro e fuoco le armate tedesche.
L'On. Ricci intendeva consegnare ai Salesiani tutto il complesso della G.LL.:
i giovani assistiti, personale addetto, costruzioni.
I giovani erano circa 1800 dei quali 800 orfani (600 giovinetti e 200 gio-
vinette) dai 9 ai 14 anni.
L'Ispettore fece osservare che ben difficilmente la proposta sarebbe ac-
cettata globalmente; i Superiori non potevano rinunciare alla piena autonomia
e responsabilità nell'assistenza e nelf insegnamento ed avrebbero anche sollevato
obbiezione sulle costruzioni.
Ad ogni modo l'On. Ricci esponesse per iscritto Ia sua proposta e l'Ispet-
tore salesiano l'avrebbe consegnata personalmente al Rettor Maggiore. E così
avvenne.
Nel documento a proposito delle costruzioni (Istituti completamente at-
trezzati) si diceva: << con impegno di restituire tutto a norma d'inventario
quando l'Opera Balilla riprendesse a funzionate>>.
I1 Rettot Maggiore prese in seria considerazione la proposta, ne discusse
coi membri del Capitolo Superiore singolarmente e in sedute capitolari.
Le decisioni prese furono le seguenti:
I Salesiani erano ben contenti di poter rendere un tal servizio alla Patia,
alle famiglie soprattutto, ma inizialmente avrebbero potuto ospitare solo 600
orfani collocando 400 ragazzi nelle varie case salesiane del Piemonte e della
Lombardia e affidando 200 bambine alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Fu sta-
bilito il corredo, la rctta mensile per ogni alunno, il quantitativo di viveri, cioè
pasta, Iegumi, ecc. occorrenti, data la difficoltà di trovare subito tali derrate.
368

40 Pages 391-400

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40.1 Page 391

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D. Ricaldone a Valsatice nel 1947, con D. Cimatti, D. Casetta, D' Ferrari, D. Braga'

40.2 Page 392

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40.3 Page 393

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Escludevano << subito e in modo assoluto >> << l'accettazione di personale
non salesiano e l'offerta di edifici di proprietà della G.I.L. per evitare possibili
complicazioni di ordine politico ».
Per i 3000 alunni non orfani, che usufruivano delle colonie della G.I.L,
si suggetiva all'On. Ricci di entrare direttamente in relazione coi singoli Ditet-
tori di Case salesiane e delle F.M.A. dell'Italia settentrionale per collocare quanti
non potessero rimandarsi alle proprie famiglie.s3
La deliberuzione venne comunicata all'On Ricci e della faccenda non se
ne parlò più. L'On. Ricci continuò ad avere contatti col Direttore dell'Istituto
Salesiano di Milano.
D. Ricaldone non agiva mai << solo ». Egli si faceva precedere e accompa-
gnare dalle preghiere dei suoi figli. Nel 1944 chiese <( pro pace » tridui di pre-
gnheilel'orett,osburep;plvichlee,
turni di adorazione nel luglio, nell'agosto,
matasse si aggrovigliavano e c'era bisogno
nel
del
settembre e
dito di Dio
per dipanatle nella carità.
s3
il
Verbale Cap. Sup. del 19.X.1944.
Cronaca di Valdocco L944; 29, 30,
31
luglio;
28,
29,30
agosto;
25,
26,
27
set-
tembre; 6, 7, 8 ottobre.
)69
24

40.4 Page 394

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CAPO XXXI
LA SUA AZIONE IN ITALIA DURANTE LA BUFERA
Presente a Torino
D. Ricaldone visse la guerra, come sentinella vigile a Torino, al Centro
della Congregazione.
Le bombe non risparmiarono l'Oratorio e ne tremò la stessa Basilica, ma
la sentinella non abbandonò il suo posto. Non staremo a ripeterci, ma ricor-
deremo altri fatti che sempre meglio chiariscono la sua poliedrica figura. L'azione
mondiale verso tutti i Confratelli fioriva nella cerchia più risretta dell'Oratorio:
la fede che si irradiava nei suoi scritti, si illuminava prima per i suoi figli più
vicini, nella sua calma imperturbabile, nel suo sorriso dominatore; la sperunza
in un awenire di pace si animava di preghiera fiduciosa e di azione immediata
di ricupero fra le macerie di Valdocco; la carità degli aiuti e dei soccorsi in
progetti di nuove forme apostoliche e di beneficenza, faceva le sue prove in
Torino e nei dintorni.
Le doloranti e affettuose Lettere-Circolari nascevano iome dalle << Buone
Notti >>, dalle conferenze fatte ai Confratelli di Casa Madre. Tutto ciò che era
dato ai carissimi figliuoli sparsi in tutto il mondo, aveva la sua prima espres-
sione di dono a Valdocco, nella Basilica, ai piedi dell'Altare della Vergine
Maria Ausiliatrice. Si è ftovato un suo manoscritto, autografo; sembra la
traccia di una conferenza, o anche di una lunga << Buona Notte >>. La riportia-
mo per intero in Appendice, perché è uno scritto che rivela I'uomo di Dio,
quando, messo alla prova, itradta da sé solo fede inconcussa, speranza illimi
tata, carità operosa, pur rimanendo uomo sofferente e implorante dal Signore
misericordia e pace. La preparò per un incontto coi Confratelli avvenuto subito
dopo 1o sfollamento ai Becchi delle reliquie di D. Bosco, M. MazzarclTo e Do-
menico Savio poiché nell'Esordio tratta del distacco dai sacri resti e poi ne fa
ancora argomento in seguito.l
È metaviglioso lo slancio finale in cui il desidetio del regno di Dio si
fa trionfo per incoraggiare i timorosi e gli avviliti.
I Vedere Appendice, allegato n. 67
)70

40.5 Page 395

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Già la vigilia dell'Immacolata di quell'anno 1942 alla << Buona Notte >> ave-
va detto parole di sapore profetico con una fotza che aveva impressionato tutti
gli ascoltatori. L'uomo di Dio aveva la sua forua e la sua arma al di delle
violenze e dei mezzi umani:
<< La prova passerà presto, perché tutto ciò che è violento non può durare.
E noi vedremo un rifiorire dell'Opera Salesiana come nessuno può sognarc. La
Congregazione non ha nulla da temere, perché la Società Salesiana è la Ma-
donna. Guardiamo a Lei: il suo manto azzvtro ci dice che tornerà il sereno,
la sua veste bianca ci ricorda la purezza, il nostro distintivo, Ia nostra forza»>.'
D. Ricaldone visse e fece vivere i suoi figli dell'Oratorio e delle case di
Torino nelle ore ragiche dei bombardamenti e delle privazioni in piena luce
soprannaturale. Quando poi l'orizzonte si rannuvolò ancora di più per il crollo
del governo fascista e L'Italia si trovò divisa in due governi e su due fronti,
allora il procedere di D. Ricaldone pur non mutando orientamento, puntò sulla
preghiera; consigliò Ia prudenza. Egli ne dava l'esempio anche nella corrispon-
denza epistolare. A qualche imprudente rispondeva: << Sarò breve anche per
non dare troppo lavoro alla censura >>. E commentava coi segretari: << Speriamo
che capisca che, essendoci una censura a motivo della guera deve essere più
prudente nello scrivere »>.3
La sera del 72 gennaio L944 dando la << Buona Notte >> ai Confratelli, usò
questa espressione: << Raccomandiamo la massima, anzi (per fare un superlativo)
massimissima prudenza! State attenti! » E aveva i suoi giusti motivi per chie-
dere una tal prudenza, ma purtroppo non tutti avevano capito in profondità
le parole, anzi la supplica di D. Ricaldone perché nella conferenza che egli
fece ai Confratelli radunati nella Chiesa di S. Francesco di Sales il 3 apfi7e 1944,
cioè solo dopo 3 mesi, ritornò sull'argomento.a
Si vede che le imprudenze erano state tali, che in più Case salesiane si
erano avute perquisizioni, seccature, grane con autorità militari italiane, fa-
sciste e tedesche.
Padò per ben un'ora e se non fu un rimprovero fu un'accorata ripeti-
zione di quanto aveva raccomandato. Questa volta specificò tutti i casi concreti,
pratici, come può fare un buon padre che si avvede di avere figli buoni, sì,
ma poco esperti e forse troppo semplici e impreparati a sventare le insidie di
chi era sempre pronto a tendere un tranello per far cadere nella rete. D. Ri.
caldone doveva essere molto penato dei casi già sofferti, e perciò fu forte, ora
giustificando la sua preoccupazione, ora mettendo sull'attenti per cose che pote-
vano sembrare banali ed invece erano armi a doppio taglio.
A Valdocco si vivevano ore tragiche e chi più le soffriva era lui, il Padre,
a cui pervenivano tutti i casi successi ora in una casa, ora in un'al[a. Eppure
2 Cronaca di Valdocco, 7.1,2.L942.
3 Testimonianza di Don T. Savarè, Agosto 1971.
a Riportiamo il testo della conferenza in Appendice, allegato n. 68.
)7r

40.6 Page 396

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la paternità con cui trattava ed agiva aveva fatto di tutte le Comunità-Sale-
siane di Torino come un'unica famigTia in cui egli era presente in ogni evenienza
per consigliare, disporre, far eseguire.
A Valdocco gli effetti più disasrosi della guera cominciarono a registrarsi
nel 1942 con l'inizio dei bombardamenti a tappeto su Torino. Gli allarmi erano
molteplici e prolungati, e provocavano lo sfollamento della popolazione civile.
Quasi presago delle imminenti rovine, la sera del 20 novembre Don Ricaldone
consacrò l'Oratorio e tutte le case salesiane a Matia Ausiliatrice col voto di
iniziare, appena finita la guerra, la costruzione di quindici cappelle in onore di
Maria Ausiliatrice ed un Santuario sul Colle dei Becchi se non fossero suc-
cesse disgrazie.s
La notte del 2l novembre << fu notte orrenda >>. L'Oratorio fu salvo per
miracolo. La casa della Crocetta invece fu resa inabitabile. La chiesa dell'Isti
tuto Monterosa gravemente danneggiata.6 17 22 mattina Don Ricaldone era già
fra i muri diroccati della Crocetta. << Avvolto in un ampio mantello che 1o
difendeva dalla nebbia fredda e umida eru fra Ie macerie a darc ordini e diret-
tive ad un centinaio di Chierici per sgomberare il mobilio, i libri, gli arredi
sacri, e caricare quanto era possibile su autocami della FIAT diretti alla volta
di Bagnolo, casa destinata come rifugio per l'Ateneo >>. Ordinò che i Teologi
fossero ospitati provvisoriamente all'Oratorio, ma il 28 li fece partire per
Bagnolo.T
La notte del 29 novembre fu la volta dell'Oratorio: quindici incendi fu-
rono soffocati, per l'intervento generoso dei confratelli. Si salvarono così Casa
Pinardi, le Camerette di D. Bosco per il tempestivo intervento di Don Renato
Ziggiotti, lo studio dei ragazzi e parecchie camerate. D. Ricaldone allora ordinò
di trasportare Ia biblioteca alla Casa Lemoyne e fece sgomberare le soffitte del
materiale infiammabile.
Seguì la notte apocalittica del J0 novembre. << Una bomba colpisce in
pieno il paTazzo delle camerate degli studenti che si accascia al suolo »>. Annota
la cronaca di Casa Madre: « D. Ricaldone col direttore D. Toigo, ancora du-
rante il bombardamento si reca sul luogo del disastro. Non ha che una espres-
sioneD' .-
Sia fatta la santa volontà di Diol Deo gratias!8
Ricaldone si preoccupò allora della Basilica e in
particolare
delf
inco-
lumità delle salme di D. Bosco, di M. Mazzarello e di Domenico Savio. L'unica
cosa possibile era mandarle al sicuro, fuori Torino, e nel dicembre riuscì con
un furgone funebre della Ditta Castellano a fa/re giungete ai Becchi.e
Urgeva anche provvedere alla Casa Madre, sia allo sgombero delle macerie
come a salvare ancora il salvabile. Egli allora chiese aiuto di braccia alTa Casa
5 Cronaca di Casa Madre, 20.11.1942.
6 Cronaca di Casa Madre, 21.11.1.942.
7 Testimonianza di D. Marcoaldi.
8 Cronaca di Casa Madre, 30.11.1942.
e Cronaca di Casa Madre, 26 e 28 dicembre 1942.
372

40.7 Page 397

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di Cumiana e al Rebaudengo; vennero codiutori e chierici: in tutto settanta
che si rnisero ai suoi ordini.
Il 6 pensò allo sfollamento degli studenti interni dell'Oratorio: la casa
di Cumiana li avrebbe ospitati, mentre gli artigiani avrebbero continuato a
Valdocco dove rimanevano tutti i macchinari per le loro esercitazioni.
Intanto pensava ai liceisti di Valsalice che mandò a Chieri. Ma nella notte
dell'S dicembre i bombardamenti colpirono di nuovo l'Oratorio: dalle 20,30
alle 22 la stamperia, la panetteria, il laboratorio degli elettromeccanici, l'infer'
meria subirono gravi danni. Tutte 1e vetrate della Basilica andarono in fran-
tumi. La cronaca segnala: « D. Ricaldone era presente dappertutto: è davvero
ammirabile quest'uomo che ha in sé tanta energia e la cui presenza infonde
tanto coraggiol » E nota: A << cose finite, D. Ricaldone a chi gli parlava di
danni subiti e di pericolo corso non disse altro
Domini quia non sumus consumpti! In confronto di
qsueenlloonchcehhea:n-no
Misedcordia
sofferto altri,
benediciamo il Signore! Noi siamo stati dei fortunati! 10 L'indomani D. Rical'
done decise per lo sfollamento dei ConfratelTi anziani e ammalati. L'11 accom-
pagnò i chierici studenti di filosofia del Rebaudengo coi loro superiori a Mon-
talenghe, dove avrebbero continuato i loro studill e subito fece ritorno a To-
rino.
Gli premeva essere a Casa Madre perché aveva fissato tutto un piano di
azione circa le case salesiane della città, da lasciare aperte o da chiudere, o da
cedere alle autorità, e voleva attuarlo al più presto. Si è trovato infatti proprio
in data 11 dicembre 1942 tn particolareggiato e ben ordinato prospetto che
testimonia il suo cuore di Padre che tutto predisponeva con cura, per salvare
i suoi figli.t2
È pure di quell'epoca << Provvedimenti da prendersi in caso di incursione
aerea )> cioè una lunga serie di raccomandazioni scritte da lui con una compe-
tenza che stupisce, e ravvivate da una fede che si fa norma di salvezza con
pratiche di pietà brevi ma sostanziose.l3
La sera del 5 maggio 1943 in una << Buona Notte » che la cronaca di Val-
docco definì << magistrale » egli disse che aveva provveduto, come Delegato
Apostolico delle F.M.A. perché le suore ed il loro Consiglio Generalizio si
allontanasse da Torino, e aggiunse: << Naturalmente mentre pensavo alle Suore
pensavo anche a voi. Anzi assai prima ci eravamo preoccupati di voi. Ora però
che l'esperienza ha dimostrato che certe misure prese prima non basterebbero
più, d'accordo coi superiori, abbiamo preso alcune determinazioni che porto
stassera a vostra conoscenza.l4
10 Cronaca
11 Cronaca
di
di
Casa Madre, 8 dicembre 1941, notte.
Montalenghe. i Chierici si fermarono
fino il l0 settembre
1945 per
ritornare al Rebaudengo.
12 Vedi « Appendice »> al Capo 31, allegato n, 69.
13 Vedi « Appendice » al Capo )1, allegato n. 70.
la Vedi « Appendice » al Capo 31, allegato n. 71.
373

40.8 Page 398

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Compiuta Ia lunga comunicazione riprese la << Buona Notte ».
Mi direte: E i Superiori?
Quando avremo pensato a voi speriamo di provvedere anche a noi. Si
potrà anche andare e venire; insomma non sarà difficile che la Prowidenza ci
provveda fuori Torino alcune camere ove rifugiarci in caso di necessità e dove
salvaguardare le cose più importanti.
Dunque, andiamo a dormire tranquilli. Preghiamo Maria Ausiliatrice che
specialmente in questo mese e in queste ore gravi si manifesti tenerissima Ma-
dte... >>.
Ed è sorprendente ritrovarc fra le sue carte l'elenco fatto di suo pugno dei
« Gruppi di vigilanza » della Casa Madre.rs Ogni ambiente aveva i suoi <<cu-
stodi! » ...Ma come faceva ad ativare a questi minimi dettagli?
Commovente poi la sua presenza a Cumiana il 2 e 11 9 gennaio t943 per
ricevere gli studenti sfollati e incoraggiarc i famihari che li accompagnavano.
Egli li aveva preceduti per dar loro il << benvenuto »>.16 I1 23 di quello stesso
mese mandò anche studenti del Martinetto poiché Ia casa era stata richiesta
per farne un ospedale militare.rT
Per i Superiori aveva pensato a Caselette. Era stato a vedere il Castello,
Occorreva una buona pulizia a quelle vecchie stanze disabitate. Tutto aprile
durò il lavoro, seguito da Don Ricaldone. I Superiori ne godettero per poco
tempo perché, nel settembre, l'armistizio complicava la sittazione rendendo più
sicura la città; i tedeschi che avevano invaso l'Italta avrebbero potuto requi-
sire il Castello.
fn tanto trambusto ricevette dalla S. Congregazione degli Studi un que-
stionario sull'insegnamento catechisti,co nelle scuole, accompagnato da una let-
tera del Segretario Mons. Ruffini, che lo pregava di << esporre il suo parere >>
ed aggiungere quegli emendamenti che gli fossero sembrati necessafi >>.r8
Don Ricaldone rispose osservando che in un periodo in cui si viveva in
una costante trepidazione di dover troncare ogni attività, magari tragicamente,
e si era assillati da tremende difficoltà di ogni genere, non era possibile fornire
dati sicuri, rispecchianti la rcaltà delle cose.re
Intanto nel luglio di quell'anno ripresero ad imperversare i bombardamenti
e l'Oratorio ne fu più volte il bersaglio, riportando altri gravi danni. La notte
del 13 venne distrutto il teatro interno e parte dell'esterno, il deposito dei fale-
gnami, e andò in fiamme il tetto del laboratorio degli elettromeccanici. I danni
furono ingenti e ci fu anche una prima vittima: il buon coadiutore anziano,
sacrestano della Basilica, il Sig. Brioschi, che morì di spavento. Don Ricaldone
15 Vedi « Appendice » al Capo )1, allegato n. 72
16 Cronaca di Casa Madre del 1943.
17 Cronaca di Casa Madre del 1941.
18 Cronaca di Casa Madre del 1941.
1e Lettera di Mons. Ernesto Ruffini a Don Ricaldone, da Roma, in data 29.6.1943
Vedi in appendice, allegato n.73.
374

40.9 Page 399

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fu ancora in prima linea con i Superiori e confratelli per salvare il materiale
dei vari laboratori. Quello dei falegnami venne tasferito ai Becchi, dove pure
furono sfollati i macchinari della tipografia, mentre quelli della meccanica an-
darono a S. Benigno e tutta la biancheria a Villa Moglia di Chieri.
Don Ricaldone pensò allora agTi afiigiani e con Don Giraudi e Don Toigo.
Direttore dell'Oratorio, andò ad Ivrea per vedere di far posto anche a loro.m
Nell'agosto altri bombardamenti e altri danni: a Valdocco fu colpito il
tetto delle Camerette di D. Bosco e all'Istituto S. Giovanni gli ambienti del-
1'Oratorio.21
Nel novembre fu la volta della bellissima chiesa dell'Istiruto Agnelli.z
Intanto per le continue guerriglie tra partigiani, « repubblichini »> e te'
deschi, D. Ricaldone vide I'opportunità di {ar venire i Teologi a Torino e ne
preparò il soggiorno in Valdocco.23
Dopo poco la Casa di Cumiana fu richiesta dai Tedeschi e tutti i rugazzi
rifugiati dovettero tofnare alle loro famiglie.2a Era un sontinuo susseguirsi
di notizie allarmanti, di intimazioni e un continuo provvedere per spostamenti,
sistemazioni, adattamenti. Come se ciò non bastasse, nel 1944 cominciarono
anche le perquisizioni e gli arresti.
Il gànnàio 1944 segnò ancora distruzioni penose: l'Istituto Agnelli ap'
pena sorto, e così ben attrezzato, venne colpito.25 Nell'ottobre vi fu il penoso
àrresto dell'Ispettore D. Ricceri e di D. Fava, come diremo più avanti. Nel
dicembre, e piecisamente la sera del 26, alle ore 22)0 tutto l'Oratorio fu cir-
condato dalle Forze Armate e sottoposto ad una minuta perquisizione che durò
fino alle 2430.
Don Ricaldone tenne testa a tutto, e i giovani in casa rimasefo sereni e
calmi. I soldati dovetteto ritirarsi senza aver trovato... ciò che non c'era."26
La perquisizione tra il 24-25 aprile del 1945 fu più terribile'
c,è una lettera di D. Tarcisio Savarè del 20 maggio scfitta a D. Berruti
ancora a Roma, veramente graziosa per il tono faceto con cui, a cose passate,
tanto per non impressionare il Superiore lontano, facconta l'episodio con accenni
a tante altre cose che specificherà a voce..'
« Amatissimo Padre in C.J.,
mi pare un sogno poterle scrivere dopo la tremenda burrasca passata. Deo
g" ratiaIsl
et Mariae!
sig. D. Ricaldone continuò a portafe
il
« pondus
diei
et
aestus )> sen-
20 Riportiamo in Appendice il testo integrale della lettera di Don Ricaldone a Mons
Ruffini in data 22.7.t941, allegato n. 74'
2t Cronaca della Casa Madre,8 agosto 1943, 19 agosto 1'94).
z22 Cronaca della Casa Madre, 24 novembre 194J.
Cronaca della Casa Madre, 20 ottobre 194J.
24
5
Cronaca
Cronaca
della
della
Casa
Casa
Madre,
Madre,
27-28 ottobre 1943.
3 gennaio 1944.
% Cronaca della Casa Madre, 26 dicembre 1944.
)75

40.10 Page 400

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za grayi scosse di salute fino allo scorso febbraio. Si prodigò a salvare il
esas.lvialbPilea:rroccoonldraiteClalis(epleettree, sr.inDch.irR:sicocendellea
D. Fava imprigionaii), esterni (per
famigerata Yia Asti), case (per-es.
Rebaudengo che divenne ospedale
lasciati liberi i soli laboratori e Ia
militare; a stento si
cappella dell'oratorio
ottenne che
$estivo e fu
fossero
impian-
- - tata pet i confratelli rimasti senza giovani una cucina fortuna, dormèndo
essi nei laboratori). E cose e casi più grossi ancora! Poi a voce »>.
Quindi dopo aver dato notizie della salute di D. Ricaldone prosegue;
<< L'ultima notte del passato regime a Torino procurò a D. Ricaldone tre
o-re di udtenza. Il_capitano tedesco si incapponiva ìel pretendere la consegna
di due lituani delle file tedesche e ricoverati dai Salesiani.
Prima i fascisti e poi i tedeschi perlustravano la casa: it Sig. D. Giraudi
ebbe una parte importante, tagico-comica, che racconterà poi e§li stesso; ma
intanto, così di notte, poteva succedere qualche cosa di assai grave.
lgccdctaioiaon.ssmssrecEtaeiteia_lt,Deit:lDis'.-aapqpb.RliurfbeifeiZmacoSstesae:aetsllodidaa«teaorrussNoonisacnveek4choaaeiendtsral!e,dia,sn-oNsqigtlteeeoue:.sileEqni-tAiuadlcdaeslaeoulelFemlre'iaassnpac,foaieucfnldfsaigeaaocat!grnouvmsid»:satuiaòavnoeFrrintoroeidaanincn^nrioeoeo:ncvctl-laoaaeoesnnnnactriaar,Siesemyaps4iippiidlceaeetacnsrr1ianeltaotameozmloleztiiainaoazltnviun,zttioeuolnilldiaao-nin.ai.Cn2oogtfDagenepicr.unirchtosatoReetgnis-izcacoìaia'atereelrredrsneaoataucnttiitaatnnee--,
Dopo, ecco le delizie del cannoneggiamento della
docco verso i Partigiani riparati dal muro del cortile
Caserma del
della S.E.I.
Corso Val-
sul Rondò.
Totale: un proiettile 75, sfonda il tetto dell'ufficio archivio del corn-pianto D.
Amadei; un alto apre una breccia nel refettotio di D. Valle ,r.rco Viu Cotto-
lengo; un
toria >> fu
terzo ferisce con schegge D. Alessi,
salvato e solo sramane ha ripreso
che rasportato
la celebrazione
al << Maria Vit-
della S. Messa,
dopo 25 giorni.
Che cos'era sapitato? Perché quell'irruzione, quella ricerca di giovani Li-
tuani proprio all'oratorio? D. Ricaldone sapeva tutto... e non sapeva nulla...
Nella sua bontà, aveva dato ogni possibilità al buon confratello lituano D. Giu-
seppe Zeliauskas di essere sacerdote per i suoi conterranei, che si trovavano a
Torino, ma nella sua prudente s^ggezza non aveva voluto mai sapere nulla pet
non compfomettefe nessuno.
Quella notte pagò la sua carità con I'ansia struggente di chi trema per la
sorte dei figli, ma la sofferse sereno, sicuro che Dio sarebbe stato Padre con
chi cercava di prolungare il suo amore misericordioso tra gli uomini.
27 Ricorda lo stesso Don T. Savarè: << Effettivamente i perquisitori passarono accanto
ai ricerca4r. stretti nell'intercapedine formata da due muri e quinAi... introvabili » (Testimo-
nianza delT'agosto 1971).
376

41 Pages 401-410

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41.1 Page 401

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D. Zeliauskas ricorda altri fatti di quella notte: << Quando nell'autunno
del 1944 i sovietici per la seconda volta invasero 7a Lituania un buon numero
ddaillg'eiosevracnitiolittuedaensic-o
furono smistati, chi
o perché fuggiti da quell'invasione o perché portati via
che si
a fare
rlietirtarivnace-e
di colpo si trovarono in Germania. Qui
in aiuto al regolare esercito tedesco, chi
a Tavome in fabbrica ed i più giovani (specie se studenti) addirittura inquadra-
ti nella truppa come forza ausiliaria. Di questi un certo numero fu inviato
pure in Italia per la lotta contro i partigiani. Appena portati a Torino, senza \\a
minima conoscenza della lingua italiana e dell'ambiente, si sentirono come sper-
duti. Ma si ricordarono che a Torino, al Centro delle Opere Salesiane, prima
cndoeenllllc'aalutgtsueuareolrera-sistuicasiztdiaoemnvep'easpvsoaetrrieelbqBbueoalllecesutstnienotoeclhSaealsceaoslnivaeonzsozcaein. qEulienclgolausaìlinuligntuuaagnioear.ncoDh,euinpnqeudreilvoi-;rao
tedesca ed armati si presentarono a Valdocco a cercare...
Chi li vide arrivare, spaventato chiamò D. Guadagnini, il quale finì per
chiamare me che ero I'unico lituano che si trovava allo'ra in Casa Madre. Il
mcphriieomseini ctproaonvroatrlveoanicnoofnantedtiluleaevvetiacviolniagcniaozpeviat-onic-hfue
con indicibile
di vicendevole
si trattava di
meraviglia di confratelli
gioia ed effusione. Dalle
giovani rastrellati in Li-
ttania, inquadrati sotto una divisa e che venivano a cercare un'anima amica che
potesse essere loro di aiuto nella situazione in cui si trovavano. Da una loro
spontanea e gioiosa espressione avevo capito che avevano bisogno in modo
dpinaartltiiitcutoealdaneroesc-dhiedllf'eianliaullotmoreosnprtieeriptauavarrtloeem. e«oraOdpahrcoDhibiioitcoo-nqfeussa5slu6alnr6cqrin!uae»1.oanDottaoanrleosltieagnrioetisrcmohioepaaI'arlssasoreil-'
stenza a pratiche religiose. In vista quindi di un'assistenza religiosa interessai
il Rettor Maggiote Don Ricaldone che senz'alro mi diede tutti i permessi a
condizione però che mi prendessi anche tutta la responsabilità davanti a chiun-
que. Aggiunse anche di non intrattenerli mai nell'Istituto di notte (cosa del
resto imposta a tutti i Salesiani che vivevano in casa, riguardo alle persone
estanee). Ottenni i necessari permessi dall'allora Card. Fossati che si interessò
molto della cosa e svolsi il mio apostolato. I giovani, in genere verso sera,
venivano a gruppi a Valdocco, deponevano le loro armi nell'Ufficio del Bollet-
tino Lituano. Scendevano nella Cappella delle Reliquie, ed ivi, chiusi a chiave,
Ii confessavo, dicevo Ia Messa, facevo la predica, distribuivo la Comunione. Fi-
nito tutto risalivamo al Bollettino Lituano, riprendevano le armi e tornavano
in Caserma che allora si trovava al Palazzo Reale.
Così dalla fine del L914 all'aprile 1945. In casa più nessuno si meravi
gliava di questi andirivieni di soldati « tedeschi >>, perché vedevano che cosa
facevano e dove andavano a finire. Del resto tutto avveniva sotto gli occhi dei
Superiori maggiori, D. Ricaldone compreso.
Verso il giorno 20 del mese di apile 1945, vennero due di quei giovani
a dirmi che i tedeschi del Comando stavano distruggendo documenti con l'evi-
dente intenzione di lasciare Torino e che nel caso, senza il mio aiuto essi si
177

41.2 Page 402

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sentirebbero perduti. Chiesero che li mettessi in contatto con i partigiani ita-
liani, ai quali essi desideravano unirsi. Prevedendo il pericolo di tale operazione,
cercai di tirarmi indietro. Ma furono lacrimel Conoscevo all'Oratorio di Val-
docco qualcuno che sapevo militare tra i partigiani. L'inconttai, parJ:ai. La cosa
sembrò non solo possibile, ma vantaggiosa per ambo le parti. Incontrato Don
Ricaldone, glielo
re nulla. Ma da
accennai.
sacerdote
Non mi lasciò
e connazionale
fhinaiiretudttici einpdeor'm-essNi doni
voglio sape-
agire, e solo
sullaItnuasepegrusiotonaalendraeispaonrosvabairlietà!il- comando stesso partigiano a Pino d'Asti,
al loro quartiere di divisione e qui contrattai le condizioni di passaggio dei li
tuani: sarebbero stati trattati come veri partigiani e con la possibilità della
mia assistenza spirituale e morale. In tale modo arrivò la notte di terrore a
Valdocco...28
Fra tante pene D. Ricaldone ebbe in quegli ultimi anni di guerra anche
delle consolazioni proprio da quella Torino e in quel Piemonte per cui aveva
tanto lavorato nella speranza di salvare persone e istituzioni. Lo disse egli
stesso nell'apile 1944 padando dell'azione apostolica dei Salesiani di Torino
presso gli operai.
Nonostante le gravi difficoltà incontrate anche per la novità dell'iniziativa,
tuttavia i risultati erano stati ottimi con I'epilogo delle « Pasque » degli operal
e degli impiegati, vera <( pesca miracolosa » di grossi pesci che da anni, non si
erano accostati ai Sacramenti. I confratelli che padavano ai lavorulori ffova-
rono un grande aiuto nei foglietti e nei libretti della Collana << LUX )>.2e
La seconda gioia profonda fu quella che D. Tarcisio Savarè scrivendo a
D. Berruti accennava come di cosa che ebbe tale risonanza da essere ormai
nota a tutti: << il trionfale ritorno dei nosri Santi ».
Quella visione quasi profetica descritta da D. Ricaldone in quegli appuntj
di conferenza o di buona notte del 1942 o 1943 g1à riportati, in cui egli animando
i Confratelli un po' tristi per il recente distacco dalle urne dei cari santi sale-
siani, assicurava che presto sarebbero titornate << in una esplosione di giubilc
e di amore mai visto verso il nosro Grande Santo >> si era effettuata il 13
maggio 1945.
Fu un vero, << magnifico trionfo )> come appuntò lo stesso D. Ricaldone
nel suo taccuino, perché fu l'esaltazione della fede viva e fervida del Piemonte
che accompagnando le spoglie di S. Giovanni Bosco, della B. Maria Mazzarcllo,
di Domenico Savio, del Beato Cafasso e dei Martiri di Torino Avventote e
Ottavio da Castelnuovo a Torino, ributarono un omaggio di riconoscenza
a Dio che li aveva aiutati nei terribili anni della guema.
Il Card. Fossati, Vescovi, Autorità civili religiose, Ordini Cavallereschi,
Congregazioni e ben 200.000 persone fecero corteo alle urne. Fu una dimo-
strazione inaspettata: nessuno supponeva un tale tributo di preghiera, di
28 Testimonia,nza di D. Giuseppe Zeliauskas, 17 maggio L970
2e A.C.S., n. 722, Mano-Aprile 1944.
378

41.3 Page 403

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fedel E fu anche un vero gr.azie del popolo al suo Arcivescovo, che tanto
aveva lavorato per salvare i suoi figli, e a quanti avevano collaborato con lui.
I1 popolo volle che i Cappellani e i sacerdoti eroici che avevano pagato di
persona la loro opera di difesa della popolazione fossero rappresentati da Don
Ricceri e da D. Marabotto i quali dovettero mettersi in prima fila, subito
dopo le urne dei Santi. Con loro fu fatto posto a tutta la popolazione e al Par-
roco del paese più martoriato: Grugliasco.
Molte soste fatte per desidetio degli abitanti nei vari paesi e poi a Torino
nelle ptincipali chiese: in Via Garibaldi, al Santuario della Consolata ed a quello
di Maria Ausiliarice per lasciarvi le reliquie, furono manifestazioni di fervida
e commossa preghiera.
Presente a tutto, a fianco del Cardinale c'era D. Ricaldone, che procedeva
con aspetto quasi ringiovanito.
Tutti i Confratelli che vissero gli anni di guerra a Torino o nelle case
più vicine ed anche 1e Figlie di Maria Ausiliatrice hanno reso testimonianze
meravigliose a lode di D. Ricaldone.
Le F.M.A. hanno scritto: << Nell'ora più tragica dell'ultima guema, chi
non ricorda la paterna sollecitudine di D. Ricaldone per la difesa e l'assi-
stenza spirituale e materiale delle nostre Comunità e case durante i bombar-
damenti? Egli medesimo qui, nella portineria dell'Oratorio, organizzava le ap-
posite squadre di soccorso formate dai suoi figli sacerdoti e coadiutori, con a
capo, talvolta, qualcuno degli stessi superiori capitolari. Come non accennare
altresì alle molteplici altre prove di assistenza e di difesa che per le sue sol-
lecite e vive raccomandazioni ebbero dai Rev.di Salesiani nello stesso turbi'
noso
relle
spcearmiopdaotebdeallicpoer-icoliangqrahvsisdsiim1ià
sdoelollapceor rqtinuaelld'aiiufteorrfora-terntoa,ntperensotastroensoon-
di rado anche a costo di maggiori rischi personali?..s
Ed ecco alcune istantanee durante i bombardamenti: << Nonostante I'età
e le condizioni di salute, era in mezzo a noi durant€ tutti i bombardamenti, con
la sua corona in mano e il suo sorriso consolante in volto >>.3r
<< Nel pericolo dei bombardamenti ancora in corso, fuori, come in gene-
rale, D. Ricaldone dirigeva i lavori per 1o spegnimento degli incendi provocati
dai bombardamenti e dalla pioggia di spezzoni e bombe incendiarie »>.32
D. Marcoaldi, da poco direttore a Valsalice, lo ritrae menre fra Ie macerie
della Crocetta ascolta lui che nell'affanno di non sapere dove sfollare i liceisti
e sentendosi impari a tanta responsabilità, lo pregava di togliedo dalla dire-
zione di tale casa e di rimandarlo a Roma. « D. Ricaldone mi guardò, direbbe
Dante, con quello sguardo che « fa madre sopra figlio deliro >> e quasi dimen-
ticando |'urgenza dei provvedimenti, che si stavano prendendo in quel momento
angoscioso, mi disse con la voce più tenera che poteva emettere: - No, Mar-
30 Dal << Notiziario delle F. di M.A. >>, 24.12.1951
3r Testimonianza di D. Guido Favini.
32 Testimonianza dt D. Demerio Zucchetti.
319

41.4 Page 404

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coaldi, niente Roma. Resta a combattere col Rettor Maggiore e salveremo Val-
salice. Ma datti da fare. A nome mio va a Monte Oliveto e vedi se puoi
collocare il Collegio di Valsalice; diversamente metterò a vosra disposizione
la casa di Chieri...
I1 << combattitore >> aveva già trovato la soluzione! 33 E i liceisti sfollarono
a Chieri dove i tre anni di guerra furono per loro <( tre anni di pace ». Alla
loto << pace )> contribuì la preserza sempre << ad hoc » di D. Ricaldone. Egli
infatti faceva ativare ogni tanto dei camion della Fiat (i trasporti Fiat avevant
libero transito anche sotto i tedeschi) perché andassero nel Vercellese a cari-
care tonnellate di riso per i liceisti...il
A tutto arrivaval Ma il dono più grande fu la sua presenza di preghiera,
di parola con cui accompagnava il lavoro di organizzazione. D. Laconi lo ri-
corda a Bollengo per il suo 50' di Ordinazione Sacerdotale, « Egli si fermò
con noi tutto un giorno, co,mpresa la sera. Ma proprio quella notte Tori-
no fu bombardata e da Bollengo si sentivano i boati delle bombe dirompenti.
Egli si alzò in piena notte
Il Rettor Maggiore è qui
e
al
a noi che eravamo in ascolto
sicuro... ma i miei figliuoli
adisTsoeripneonsciheirsossàoc: o-sa
fanno
e un
peo'c..o.mceonstlaannfoot.z..a-,
Non voleva andare a letto, ma
1o costrinsi a ritirarsi in camera
un po'
perché
con le buo,ne
faceva molto
freddo e poteva prendersi qualche malanno.3s
La pace profonda della sua anima si irradiava a quanti vivevano con lui!
L'apice si ebbe quella notte di tragedia del 25 aprile 1945; la ùevocazione che
ne fa D. Favini è meravigliosa: << Mente i tedeschi mettono a soqquadro Ia
casa, e minacciano i confratelli, D. Ricaldone passa tre ore col Capitano nella
Sala Capitolare ad accendergli le sigarette... »>.s
Calmo, dignitoso, confidando nell'aiuto nella Provvidenza, D. Ricaldone
credeva che una presenza non viene mai meno nella nostra vita: quella di
Diol
Presenza a Boma
E sperimentò questa presenza paterna di Dio sulle Case al di del fronte
di guerra italiano: quelle dell'Ispettoria Romana, Campana e Sicula.
Quando gli avvenimenti bellici fecero vedere il pericolo di un isolamento
della Direzione Generale da gran parte della Congregazione, D. Ricaldone pensò
di farsi presente a Roma, e vi mandò il 21 ottobre 1943 con pieni poteri, chi
fosse iI suo « alter ego >>: Don Berruti.
Questi coadiuvato da D. Pietro Tirone e da D. Antonio Candela, aveva
33 Testimonianza di D. Marcoaldi.
3a Testimonianza di D. Marcoaldi.
3s Testimonianza di D. Francesco Laconi.
36 Testimonianza di D. Guido Favini.
180

41.5 Page 405

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la missione di assistere e confortare i confratelli sul fronte di guerra, e appena
fosse stato possibile, riprendere contatto con le Ispettorie Meridionali e con
le altre che erano sotto il conmollo degli Alleati.
E come già nel maggio D. Ricaldone aveva consigliato le superiore Gene-
ralizie delle F.M.A. a sfollare da Torino e a procurafe 1o stesso esodo a tutte
le suore non strettamente legate da impegni apostolici in città, così anche nel-
l'ottobre invitò la Madre Generale a mandare a Roma una sua rappfesentante'
Nel taccuino personale D. Ricaldone e anche nella cronaca del Noviziato di
Casanova dove dal maggio si erano rifugiate le Superiore Capitolari, sono anno-
tate due visite alle Madri da
La Cronaca per il 20 segna:
parte del Rettor Maggiore:
<( Alle o,re 15 circa, giunge
il 20 e il 29
inaspettato il
ottobre'
Ven.mo
Sig. D. Ricaidone u..o-prgnuto dal Rev. D. Giraudi. Si intrattengono in col'
loq-uipoepr riitva2t9o
con le
ottobre,
Madri, poi salutano la Comunità'.. >>.3i
festa onomastica della Madre Generale,
Santa
Ermelinda,
D. Ricaldone tornò a casanova
mandosi l'intera giornata. Ma è
con D. Giraudi per festeggiare
importante notare che verso le
la
10
Madre, fer-
« i due Su-
periori si intattennero nella sda àele adunanze in colloquio privato con le
Madri e le Ispettrici >>.38
Dopo quàsti due incontri, partono per Roma con la stessa missione dei
tre S.rpàriorì Salesiani inviati, La \\icaria Generale Madre Elvira Rizzi e
l'allora Consigliera Generalizia per gli Studi: Madre Angela Vespa'
Nel novJmbre abbiamo già una lettera di D. Ricaldone a Madre Elvira' Vi
si sente tutta la trepidazione del Padre anche per le sue Figlie e vi si scorge
10 stesso indiùzzo Ji gor"..ro' le medesime raccomandazioni, f identico ofien-
tamento, l'unico e comune ideale.
Torino, 22-ll-1943
<, Reverenda Madre Rizzi,
vpouisiufaoiobbaàiarr.miivogoi,roiccroenmvi udetio'tprceuoprenidmqàzuoieoltlonloer.idtaOetirdaoSuplpeìreòlreitosteriairmeaocRotornamncauq.iuVmileliiraesmidceionmtteuutntaoibcbabivaeamneoi-l
diciamo il Signore.
f.oorrt.oSpaar'pioop.t.iea.lsmotano"ocbhuneoonrlmae av,lromose.tr"na;iept,.feilsseilaanzvtaionrrierasèczeigarpòaanrirdliceS_,oimglanarmorieeln!tSeQigugniro,argderitaacz.iieeairauetcDaa!iocA,onnle--
dando alle case portate i miei saluti e la mia benedizione. Raccomandate che si
intensifichi 1o riirito di pietà perché solo dal Signore possiamo sperare quegli
aiuti di cui tanto abbiamo bisogno'
A1 tempo stesso raccomandate
1o
spirito
di
lavoro
santificato;
è
neces-
sario in quest'ora di prova e di così estremo bisogno, raddoppiare le energie
per far che giunga^il noslo fattivo aiuto dov_unque vi possa essere un bi-
iogno, specialménte-per la gioventù povera ed abbandonata'
37 Dalla Cronaca del Noviziato di Casanova, anno 194)
3s Dalla Cronaca del Noviziato di Casanova, anno 194)
181

41.6 Page 406

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È inolme utilissimo che raccomandiate a tutte di avere una grande pru-
i9n"s\\1id?ie, ,
di..se.ntire la propria
di dimosrarsi vere
responsabilità,
F. ai M.A. in
in mezzo a tanti pericoli e a ranre
tutte le circostanie, in ogni luogo,
con la parola e con le opere.
Per ultimo, oggi più che mai è assolutamente indispensabile che tutte vi-
vano sffette e unite nello
bra di qualsiasi pensiero,
spirito
parola
di
ed
S. Giovanni Bosco, evitando anche
azione contafia aira santa carità.
I'om-
ovunque andiate, portate uno slancio di devozione a Maia Ausiliatrice
ed a S. Giovanni Bosco.
Pregate per noi. Vi benedico di cuore.
Sac. P. RrcarooNe »>
A Roma gli ultimi mesi del 194J furono ancora relativamente tmnquilli.
Nel gennaio 1944 incomrnciò il periodo tragico. rl 22 gennaio le truppe Alleate
sbarcarono presso Anzio, cosicché si vide imminente il fronte nella zona dei
Castelli Romani e delle Catacombe, per cui i Superiori fecero s{ollare allievi,
novizi e studenti di filosofia, Il, 24 gennaio D. Berruti prevedendo prossima la
separazione da Torino, così scriveva a D. Ricaldone:
<< Prima di restare bloccati desidero farle giungere ancora una volta l'espres-
sione del mio affetto filiale ».
Poi dopo avedo assicurato della sua preghiera costante e della fedeltà
alle sue direttive, scrive: << I principali problemi che mi affidò mi pare siano
tutti risolti: restano le incognite dell'avvenire e quelli che si sono accumulati
dietro le altre frontiere. Mi atterrò a quanto mi ha detto) e se sorgeranno dei
dubbi, ricorrerò a Maùa Ausiliatrice e a D. Bosco. Inolre D. Tirone e Don
Candela sono ottimi consiglieri >>.3e
D. Ricaldone in realtà repidava per Roma.
Nel febbraio così rispondeva a D. Marcoaldi Direttore di valsalice, che
g7i aveva chiesto notizie: << Anche noi siamo in continua trepidazione per le
case dell'Ispettoria Romana. Sappiamo che gli studenti di Lanuvio con Don
Berta.erano proprio nel Palazzo di Propaganda Fide a castelgandolfo: voglia
il Cielo che siano stati risparmiati »>.{
Il febbraio si prospettò nero per Roma.
Poiché a castelgandolfo i bombardamenti si intensificavano, fu deciso di
mandare a Roma i confratelli già sfollati a villa di propaganda Fide. Così il
« sacro cuore >> già cenro di numerosi ragazzi sfollati, bisognosi di tutto, dal
vestito al vitto, ospitò anche i Chierici di Lanuvio. rnvece i Salesiani di Fra-
scati, Grottafenata, Genzano e Castelgandolfo formarono Comunità nel Semi-
nario Francese. I1 17 febbraio D. Berruti
manca tutto, persino il lievito del pane »>.al
nel
suo
taccuino
annotava:
«
eui
3e
4
at
DPa.,l?larelernttoeraBrdnni uDrr,._TReicsati.ldmoonneiaanzeD.
raccolte dal Sac. p. Zerbirao,
Marcoaldi in data 14.2.1944'
S.E.L, p.
da Torino.
Op. cit., pp. 447-449.
442.
382

41.7 Page 407

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D. Berruti era penatissimo pef non sapere cosa dare di vitto ai salesiani,
specie a quelli giovani, agli studenti, ma dawero non chiedeva ahtti a D. Ri-
.àldor. nelle stesse sue condizioni per il Nord d'Italia' Si rivolse invece a
D. Fedrigotti in quegli anni Ispettore negli Stati Uniti: ., È una smetta conti-
nua al cuore il u.d.i. questi povefi chierici della Gregoriana e degli Studen-
tati Teologici e Filosofici, pallidi, deboli, poco atti allo studio, con dei vestiti
esterni ed interni che fanno compassione'.' »>.42
Il mese di giugno, con l'entrata degli Alleati in Roma, segnò la fine dei
tempi di terrore e di {ame.
il 5
pomeriggio
gsiui g"anfofoRllòomina
fu in
Piazza
festa: i tedeschi si erano ritirati. Il popolo
S. Pietro e il Papa alle ore 18 si affacciò
nel
alla
ioggiu détt, Basilica, benedicente. D. Berruti che in maggio si era fatto propa-
guiJ.. della Crociat:a Maiana indetta da Pio XII, mentre il popolo {raterniz'
zava con i « liberatori >>, sctiveva:
<< Ma i veri liberatori di Roma sono la Madonna e il Santo Padre, cui il
popolo e tutta Roma professa una illimitata filiale gratitudine e che tutti ormai
ihiu-rrro il Santo. Il mese di maggio celebrato con tanto fervore in tutte le
chiese di
prio nel
Roma,
giorno
ebbe da Maria SS.ma
in cui terminavano i
questa splendida
pellegrinaggi, le
e inattesa
suppliche
risposta pro-
e gli atti di
culto che Roma intera tributò alla Madìnnu d.l biuino Amore nella Chiesa di
S. Ignazio. Quel
Madonna tanto
giorno, 4 giugno 1944, eta I'ultimo
cara ai'RoÀani, prima della notte
degli omaggi solenni
la Vergine liberò la
alla
città
dalla oppressione e dalla fame >>.43
D. Ricaldone aveva in D. Berruti la sua eco. Egli che da Torino chiedeva
a tutti preghiere ed espiazione e aveva proclamata la crociata di Pio XII, cro-
ciata di « tutti » trovatà nel suo Prefetto Generale il portavoce per le Ispettorie
distaccate dal Centro. Non ci fu iniziativa di D. Ricaldone che non fosse cal-
deggiata, rcalizzata da D. Berruti, cosicché si può dire che egli fu vivo e pre-
,e.rt. ur.h. a Roma e nell'Italia meridionale.
brettiQìuafnodgoliestetip-p<e, LcUhXe
a Torino D. Ricaldone aveva
»> per combattere e arrestafe
lanciato la Collana di li-
la propaganda comunista
che già diiagava, subito scrisse a D. Ricaldone per avere I'autotizzazione di
iniziine l'edizione romana. Il 20 aprile con l'approvazione gli chiedeva un'am-
pia benedizione. <( Qui ce n'è un estremo bisogno: sono molti, moltissimi i
àiro...rputi e la vita è resa loro più tetra dai prezzi esorbitanti delle derrate,
c'è un pericolo grande di comunismo, più ancora che costì >>'
O. Ricaldone fu presente a Roma nell'opera
carità squisita di D. Berruti che a Valdocco aveva
dei salvataggi, attravefso
visto e conosceva tutti i
la
si-
lenziosi uaffici del Rettor Maggiore per salvare vite. Basti dire che dopo la
liberazione, il 7 giugno cominciarono a uscire ddl Collegio Salesiano Pio XI di
a2 op. cit., p' 455
a3 Op. cit., p. 455
38)

41.8 Page 408

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Roma, gli ebrei ivi rifugiati: ben 25 adulti olre ai molti ragazzil partirono
riconoscentissimi per
no che mai li aveva
la carità, usata loro, ma specialmente per il .ulon" salesia-
tenuti distinti, ma li aveva accomunati a tatti, facendoli
membri di famiglia, sempre rispettosi della loro credenza religiosa. Gli adulti
specialmente non sapevano come ùngraziare: vollero persino Àsere iscritti fra
gli ex allievi.
nel salvare i
Ma dove D.
ragazzi della
Berruti si mostrò una sola .oru
suada e nell'ospitare gli orfani.
.o,
Ma
D.
di
Ricaldone fu
questo pade-
remo a parte.
Poi, come D. Ricaldone si affrettava ad andarc a vedere le case danneggia-
te o distrutte per soccorrere e consolare, così anche Don Berruti col l"-iet-
tembre cominciò a visitare le case più colpite dalla guerra. Ma appena la « libe-
razione>> riaprì le comunicazioni coll'Italia del Nord, D. Berruti ritornò a To-
rino: era stata conservata, Roma e Torino avevano avuto la stessa vigile paterna
presenza del Rettor Maggiore.
ll dopo-guerra: Ricostruire con Cristo neila Chiesa
D. Ricaldone pur vivendo il presente con tenacia di << lottatore »> e ardore
dj apostolo; spingeva 1o sguardo avanti, come sogliono fare gli uomini di Dio
che sanno conoscere i « segni dei tempi >> e vi si preparano. Cia n.r giugno de1
1944 egli sentì I'avanzare del nuovo mondo, quello che la guerra stava creando
con le sue malvagità, i suoi emori, Ie sue terribili esperienze di sangue e di
distruzioni, e scrivendo nel giugno ai confratelli più responsabili, dell'Ateneo
Salesiano, ragionò con loro su questo prossimo staìo di cose. «...Le tremende
realtà dell'immane conflitto ci hanno collocati davanti a una situazione che
merita tutto il nosffo studio, giacché all'esatta conoscenza dei fondamentali pro-
blemi ch'essa racchiude e alla loro retta e provvida soluzione, è legata h ,àrt.
stessa dell'umanità. Non si tratta più di una scossa locale, di un disordine che
abbia turbato un determinato settore, ma l'intera compagine sociale si viene
sconvolgendo fin dalle fondamenta >>.
Egli quindi proponeva ai Professori dell'Ateneo ai quali particolarmente
si rivolgeva, ma anche a tutti gli insegnanti, la domandu .he riietutamente fa-
ceva a se stesso mentre << sembra crollare tutto un passato >> e da ogni parte
già si affacciano << programmi ricostruttivi »>: « che cosa devono fare i Sale-
siani per prestare valida mano al salvataggio di questa socialità che, sfiduciata
brancica incerta, tutta protesa verso l'avvenire chà vorrebbe rispondere alle sue
nuove ispirazioniT >>
spiegò poi perché si rivolgesse soprartutto ai professori dell,Ateneo sa-
lesiano: l'Ateneo era quello che doveva plasmare i salesiani dirigenti, quelli
cioè che avrebbero dovuto attuare il fine precipuo della Società, ih. oltr. l,
perfezione cristiana
di carità spirituale
dei suoi membri, era
e temporale verso i
ed è anche « l'esercizio
giovani, specialmente i
di ogni opera
più poveri e
fra tutte ie opere eccelle 7a formazione catechistica e morale della gioventù ».
384

41.9 Page 409

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D. Ricaldone scriveva che forse sarebbe stato necessario un rinnovamento
di strutture interne all'Ateneo per migliorare e aggiornare la formazione dottri-
nale, ascetica, apostolica delle nuove generazioni dei Salesiani al fine di ren-
derli più pronti all'ora storica e li invitava a riflettere e a programmare.
Ma più urgente di una ricostuzione interna alla Congregazione che la
adeguasse maggiormente all'ora storica, era quella della società intera grave-
mente ferita non solo dalle rovine causate dal conflitto, ma soprattutto dalla
ignorunza religiosa, gravida di terribili conseguenze perché demolitrice anche di
tutti i valori spirituali. Essa era << così supina tra le masse operaie e a volte tra
le stesse persone colte, quale forse nessuno avrebbe mai potuto lontanamente
supporre; ignotanza che in troppi casi conduce alla conculcazione dei più alti
valori spirituali, e talvolta degli stessi principi più elementari del diritto e
dell'onestà naturali >>.
La situazione presentata era penosa, ma reale perché D. Ricaldone, non
uso a ingrandire le cose e osservatore attento della evoluzione di tutte le classi
sociali, poteva parlare con competenza: di dotti e indotti, di « grandi » e di
popolino.
Ed allora ecco ciò che p'roponeva ai suoi bravi professori: << Ora, in
mezzo al polverio delle macerie che ancor si solleva e ci soffoca, io mi domando
se non sia opportuno, anzi doveroso, da parte dei nos6i insegnanti rimandare,
almeno in parte a tempi più sereni, certi lavori di tendenza spiccamente scienti-
fica onde consacrare qualche loro attività specialmente in questo primo periodo
di febbrile ticostruzione delf immediato dopoguerra, a lavort d'utilità più strin-
gente e richiesti dagli impellenti bisogni dell'ora presente. Quando brucia la
casa, tutti accorrono a spegnere l'incendio »>.
Che cosa dovevano fare praticamente? Dovevano scendere in campo anche
loro presentando la validità della fede e della moralità cristiana con i loro
scritti e i loro insegnamenti ad una umanità scettica, avvilfia, abbrutita dagli
orrori della guerra, e resa sprczzante e indifferente a tutti i valori religiosi
e morali.
E proponeva: << Ognuno di noi nella sua qualità di salesiano, di sacer-
dote e di parte integrante dell'Ateneo, deve anelare di poter svolgere attività,
che mentre siano consone ai propri doveri, siano anche meglio risponde,nti
ai bisogni dell'eta presente )>.
Passava perciò a proporre lavori che conservando tutta 7a sodezza del
tr^ttato scientifico, avessero linguaggio facile, impostazione pratica, presa dalle
circostanze del vivere comune, in modo che fossero comprensibili all'operaio
come al ptofessio,nista.
Anzi, avessero tali agganci con le Loro reali situazioni di lavoro, di fami
glia, di stati d'animo da farsi leggere con passione, da farsi ricercare e richiedete.
D. Ricaldone non voleva Ie solite trattazioni dottinali; ma il catechismo
presentato nella sua pratica realizzaziote, in tutti i settori della vita, perché
diceva: « Nella presente epoca di profonda evoluzione storica, in questo clima
di situazioni nuove per I'individuo, per la famiglia e per la società, van matu-
385
25

41.10 Page 410

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rando man mano, nel campo intellettuale e in quello morale ed economico,
problemi e atteggiamenti non previsti, i quali, direttamente o indirettamente,
possono servire di pretesto per scatenare attacchi, aperti o subdoli, contro la
fede. Bisogni così vasti, complessi, urgenti, reclamano uomini preparati che
possano tempestivamente e con buona atttezzattrra accomere e diradare tenebre,
smascherare errori, segnare orientamenti, appoftare sempre aiuto efficace >>.aa
Questi lavor,i inoltre avrebbero aiutato anche i « gruppi di volenterosi
che si sforzano di far peneftare tra le masse operaie e le stesse persone colte
le verità teligiose che formano il tesoro della fede ».
D. Ricaldone ne parlava con cognizione di causa per i tentativi fatti dai
Salesiani presso gli operai del Piemonte: classe difficilissma da prendere nella
rete di Cristo!
Individuata così la situazione, e i,ncentrata in fuoco soprannaturale la so-
luzione dell'ora storica, D. Ricaldone in questa Lettera-Circolarc senslbiTizzava
a tale impegno tutta 7a parte di'rigente e culturale che poteva in-{luenzare la
mentalità degli alri confratelli e creare << l'opinione pubblica »> salesiana. Af-
fidati ad essa i preliminari dell'azione apostolica, egli passò alla << ricostu-
zione >> individuale dei singoli. Se dovevano essere salesiani capaci di affrontare
la situazione così complessa che orientamento poteva dare loro?
L'uomo di fede non ebbe esitazioni; un unico mezzo li avrebbe resi
<< nuovi >>: Ia preghiera.
E nel giugno 1945 augurando la pace esortò:
<< Stendiamo un velo su questi anni di repidazioni, srazi, rovine inaudite:
preghiamo per Ie povere vittime e corriamo a soccorso dei fratelli che gemono
nel dolore, nella miseria, nell'accasciamento materiale morale. È questa la no-
stra missione >>.
Poi accennando ai tristi casi di quei tempi alcota insanguinati di odio, di
vendette che perduravano, si domandava: « Quale il nosffo dovere in queste
ore decisiveT Pregare e ricominciare con fiducia il nostro apostolato. Sempre,
ma soprattutto quando le nostre tisotse hanno perduto la loro efficacia, bisogna
pregare, pregare con fede, pregare incessantemente ». E ancora incalzava in-
vece di sprecare il tempo << in apprezzamenti politici e nazionalistici » che de-
vono sempre essere tenuti lontani ad ogni costo dalle case e dalle conversazioni
secondo f insegnamento e l'esempio di D. Bosco, << raccogliamoci nella pre-
ghiera; corriamo a prostrarci ai piedi di Gesù Sacramentato e della tenera no-
stra Madre Maria Ausiliamice onde impetrare alla Chiesa, alla Congregazione,
alle nostre Famiglie, alla patria, all'umanità, ordine, amore mutuo, benessere
e pace )>.
La preghiera porterà all'opera ricostuttrice che per D. Ricaldone è << un
setio esame di coscienza »>. << Sono ffoppi coloro che trovano comodo scaricare
sugli altri le colpe del passato; seguia,mo la via opposta... Se noi avessimo saputo
corrispondere con maggior generosità afla grazia del Signore e alla nostra voca-
44 A.C.S., 1,23, Maggio-Giugno 7944
)86

42 Pages 411-420

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42.1 Page 411

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zione, forse avremmo contribuito ad abbreviare e rendere meno terribile la prova...
Rivediamo alla luce delle grazie e benedizioni di Dio il nostro interno e il nostro
esterno, l'insieme tutto della nostra vita ».
Accennava poi ai molti confrateltri v,issuti per mesi e anni rundagi, in pri
gione, sui fronti, nei campi di concentramento. Per questi si dimostrasse carità
ed affetto senza limiti << allo scopo di riportarli gradatamente ad una vita di
- - famiglta poiché, aggiungeva
normale »>.as
| nsgsssnrio che da tutti si ritorni alla vita
E allora ecco passare dalla << ricostruzione » individuale a quella delle comu-
nità, dello spirito di famiglia, dei rapporti di mutua bontà tra confratelli e fra
superiori e figli.
Nella Letteta Circolare successiva dell'agosto 1945, atgurando una << pace
piena, completa, veta, efficace »>, padò di questa ricosffuzione comunitaria: la
pace! Sforziamoci, scrive « di farla regnare in tutta la sua serenità ebeTlezza nei
nostri cuori e nelle nostre case e »> addttava i due mezzi che gli sembravano più
semplici, i più facili, i più salesiani se tuffati nello spirito soprannaturàle della
fede e della carità cristiana; gli incontri, i raduni dei confratelli con il loro diret-
tore e il dialogo da padre a figlio dei rendiconti.
Nei primi, cioè nelle conferenze volute dalle Costituzioni e tanto raccoman-
date da D. Bosco, c'è la famiglia intera che si raduna intorno al suo centro, al
suo superiore, ed egli può istruida, addestrarla, guidarla, conJortarla. Con questo
mezzo il direttore può portare i confratelli alle sorgenti genuine della salesianità,
cioe alle Costituzioni, ai regolamenti, ag7s. esempi di D. Bosco presi dalle Memorie
Biografiche e veramente << ricostruire >> Ia comunità salesiana secondo il pensiero
ed il cuore del Padre e Fondatore.
Poi D. Ricaldone passava al rendiconto investendolo tutto di luce e di fede:
è in esso soprattutto « che ci giunge ancor più viva e diretta la voce del nostro
grande Padle »>. E aggiungeva: << Studiando a fondo la spirituale struttura del
rendiconto, D. Bosco diceva che chi non capisce la sovrana impofianza di esso,
nulla capisce della nostra vita religiosa »>. Poi, dopo aver esortato confratelli e
direttori a non mancare a questo impegno proprio per rcalizzare una << ripresa
ricostruttiva >> concludeva:
<< Noi tutti vogliamo certamente vedere le case salesiane non solo ,material-
mente ricostruite, ampliate, rigurgitanti di giovinezze, ma soprattutto sempre più
spiritualmente fiorenti e feconde. Ebbene, ascoltiamo il nostro Padre; egli, oggi
ancora ci ripete, pet mezzo di questo suo povero IV Successore, che il rendiconto
ben fatto sarà vincolo di unione, crogiuolo ove si incrementi l'unità delle idee e
si rufforzi l'identità delle direttive, sortise di fraternità e di pace, sorgente ine-
sausta di carità, di serena allegria, di vita di famiglia >>.«
Su queste basi D. Ricaldone era sicuro che anche la Società Salesiana avrebbe
avuto la sua <( ricostruzione >>.
4s A.C.S., n. 130, Luglio-Agosto 1945.
46 A.C.S., n. D0, LuglioAgosto 1945.
387

42.2 Page 412

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Ma c'era un grande pericolo da evitare: il credere ai « nuovi profeti >>.
Ne parlò nell'agosto 1946.\\n quella << svolta storica dell'umanità >> si affacciavano
i falsi profeti già additati dal Vangelo, i quali co1 pretesto di prendere nuove
forme apostoliche lanciavano le loro iniziative << criticando le disposizioni del
Papa, dei Vescovi, dei Sacerdoti... >>.
« I novatori che pretendono di costruire dopo aver demolito con orgogliosa
ribellione i rappresentanti di Dio, costoro atziché fare opera ricostruttrice saranno
una vera sventura per la Chiesa e la società »>.
E ricordando che anche D. Bosco prese vie nuove ma sempre le sottopose
all'Autorità ecclesiastica, esortava i Salesiani <( a sceverare qualsiasi novità, pro-
posta iniziativa nel vaglio dell'umiltà e dell'ubbidienza, sottoponendo tutto al-
1'approvazione dei rappresentanti di Dio e seguendone le direttive ».
Fedeltà a D. Bosco era fedeltà al Papa, alla Chiesa e perciò concludeva:
,, È questa l'ora di stringerci più che mai d. Vicario di Gesù Cristo, ai
Vescovi, ai Superiori: chi volesse ricosmuire sopra altre pietre fondamentali,
edificherebbe sull'arena e l'opera sua sarebbe ridotta ben tosto a un ,mucchio di
macerie >>.47
Ecco il programma sempre antico e sempre nuovo per D. Ricaldone: tico-
struire sì, ma con Cristo e nella sua Chiesa.
D. Ricaldone come non cambiò l'ordinamento dato alla Società Salesiana,
così non mutò nulla alla linea di condotta del suo governo. Proseguì il cammino
da tempo tracciato sapendo che solo così poteva rcalizzare quanto Dio attraverso
gli avvenimenti storici assegnava ai figli di D. Bosco nella ricostruzione di un
mondo migliore. I1 lavoro certo era molto e non {acile.
I Superiori finalmente riuniti poterono riprendere la loro attività di governo.
Mattina e sera i Capitolari si trovavano uniti per sistemare le complesse situa-
zioni create dalla guerra.
C'era tutta una nuova impostazione politica da affrontare in Italia. D. Ri-
caldone rimase ancora e sempre sacerdote: « fedele servitore della Chiesa » fm
i nuovi << gtandi » del dopo guerra e fu anche per essi I'amico dal grande cuore,
il successore di D. Bosco.
Gli italiani il 2 giugno del L946 nell'alternativa di avere un governo mo-
narchico o repubblicano, col « Referendum istituzionale >>, scelsero la Repubblica.
Nello stesso giorno fu eletta l'Assemblea Costituente per la nuova Costituzione
che doveva sostituire quella <, albertina »>. Il 29 giugno ebbe un Capo di Stato
provvisorio nella persona dell'On.le Enrico De Nicola. Presidente del Consiglio
dei Ministri fin dal 1945 fu Alcide De Gasperi che durò in carica lino al 1953.
Coi nuovi Capi D. Ricaldone fu quanto mai rispettoso e ossequente come
sempre. Nel suo taccuino del 1946, al J0 settembre, è segnata l'andata al Muni
cipio di Torino per rendere omaggio al nuovo Presidente della repubblica. Olte
i colloqui con i Consoli di Spagna, di Francia e di Portogallo intervenuti, è anno-
47 A.C.S., n. D6, Luglio-Agosto 1946
388

42.3 Page 413

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tato anche uno scambio di saluti col Presidente stesso De Nicola e altri Ministri.
Già dal 7943 egli era in rapporti di vera amicizia con L'Onorevole Giuseppe Ro-
mita con cui ebbe sempre scambi epistolari fino alla sua morte. Erano scritti di
poche frasi, propri degli uomini di aziome, ma quanto cordiali! Nel 1949 l'Ono-
revole ringraziando D. Ricaldone degli auguri onomastici che gli aveva mandato,
terminata il dattiloscritto con una scritta di suo pugno e sottolineava: << e saluta
con affetto >>.
Con l'On. De Gasperi ci fu più che amicizia. C'era tra le loro anime una
comunione di ideali: la stessa visione in Dio degli uomini e della storia; la stessa
certezza della vittoria di Dio sulle piccole ideologie e sui contrasti umani.
C'era una vera intesa come dimostra questa lettera di De Gasperi a D'
Ricaldone.
I1 Presidente
del Consiglio dei Ministi
25-L2-t947
<< Reverendissimo Rettor Maggiote,
oggi finalmente, pomeriggio di Natale, mentre la ridda infetnale della po-
litica ha come una sosta, assolvo al mio dovere di ringraziarla vivamente e de-
votamente della preziosa reliquia di S. Giovanni Bosco e delle augurali e con-
fortevoli parole ch'ella ha voluto rivolgermi.
Nei prossimi mesi correremo dei rischi gravi; e innanzi al duro compito
i nostri mezzi sono assai limitati. Solo la fiducia in Dio e nella preghiera dei
buoni ci può sostenere.
Le sue assicurazioni, a nome della grande Famiglia Salesiana, mi incorag-
giano.
Le forze dello spirito devono prevalere sull'insufficienza dei mezzi mate-
riali. Sento che ci battiamo per una causa che supera la contingenza dei partiti
e degli interessi quotidiani e sono quindi convinto che come non ci manche-
ranno le preghiere, così sarà certo l'esaudimento loro per la salvezza d'Italia.
Mi benedica, Rev.mo Maggiore e mi creda suo devoto
DB Gesprnr ».
De Gasperi era molto in dimestichezza con i Salesiani tanto che, venendo
a Torino nel marzo 1948 per la propaganda elettorale, (la domenica 7 marzo),
scelse la Basilica di Maria Ausiliatrice per soddisfare al precetto festivo e co-
municarsi.
D. Ricaldone che al 5 aveva lasciato Caselette in vista di un incontro col
Presidente del Consiglio, quella domenica ebbe male, per cui D. Berruti dovette
fare gli onori di casa.
Uscito di chiesa, l'On. De Gasperi si intrattenne familiamente a prendere
il caffè con i Superiori del Capitolo, ai quali disse che le sue speranze si fondavano
in gran parte sull'opera del Clero e dei Religiosi: si trattava di dare alla nuova
389

42.4 Page 414

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Italia un volto cristiano.as Le sue parole riportate a D. Ricaldone, gli furono di
vero conforto per iI lavoro che stava svolgendo per quello scopo. Don Ricaldone
riuscì ancora a ricordare il suo amico nel suo 70'genetliaco nel 1951. Fu l'ultimo
omaggio ributatogli a nome di tutta la Famiglia Salesiana.
De Gasperi - Viminale - Roma.
Nome mio e Famiglia Salesiana porgo vivissime {elicitazioni Vostra Eccel-
lenza. Offro
ciali. Vostra
copiose preghiere per
Eccellenza - Famiglia
i-mpaemtaratarePdaa*iaD.io
benedizioni
e
grazie
spe-
DoN RrcarooNr
Rettor Maggiore dei Salesiani
La generosità di Don Ricaldone nelle opere di carità ebbe le più belle e
sollecite manifestazioni anche col nuovo governo: egli guardava al vero bene,
alle anime.
Sul letto di morte riceveva ancora un grazie per il suo ultimo atto di bontà:
l'offerta di ospitalità per i bimbi delle zone alluvionate del Polesine. Il Ministro
Scelba i\\ 23 novembre 1951 gli telegrafava'.
<< Prendo nota generosa offeta ricovero in Istituto dipendenti, 100 bambini
provenienti zone alluvionate et ingtazio vivamente apprezzata iniziativa >>. Scelba.
Gli anni 1946-1948 furono decisivi per l'Italia: il suo popolo era chiamato
alle urne e doveva decidere di sé; non avevala minima consapevolezza di demo-
crazia anche se la voleva; non capiva neppure bene Ia responsabilità del voto;
c'era tanto scetticismo, tanta stanchezza, tanta ribellione! E chi sapeva rnaneg-
giare i sottili fili politici, ne approfittava per soffiare nel fuoco dell'odio e della
violenza non ancora spento e propugnare Ia lotta di classe come unico mezzo di
rinascita e di un awenire felice. I marxisti, comunisti e socialisti, con molta tattica
avevano già fatto molti proseliti e continuavano a farsi strada.
Le votazioni del 2 giugno 1946 mostrarono l'Italia formata da due gruppi
politici dominanti: quello dei democratici cristiani e quello dei marxisti. Durante
l'anno intercorso dalla fine delle ostilità a quel 2 giugno c'erano stati dunque
diversi seminatori in uno stesso campo: chi aveva seminato buon grano, chi
zizzania.
Tra i seminatori di buon grano, anche se prudentemente, ci furono Don
Ricaldone e i suoi Figli Salesiani.
La loro prima arma fu la preghiera unita ad un'azione capillare. Non fu
propaganda politica il loro intervento, ma catechismo intensificato e irradiato in
tutti gli strati della massa popolare. Eta l'attuazione del p,rogramma ideato e
comunicato ai confratelli da Don Ricaldone già nel giugno 1944.4e
4 D. Prcrno Brnrurr, Testinonianze raccolte dal. Sac. Pietro Zerbino, S.E.I., cfr
p. 819.
4e A.C.S., n. 72).
390

42.5 Page 415

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Poi la Madonna, l'Ausiliarice del popolo cristiano, che Don Ricaldone volle
fosse onorata e supplicata intensamente in modo particolare nel maggio prece-
dente il 2 giugno, fu ancora una volta Ia « Vincitrice di tutte le battaglie »>.$
IJn'azione più serrata fu quella per il 18 aprile 1948. Ma questa volta c'era
stata \\a parc7a incoraggiante e ,stimolatice del Papa e sulla sua parola Don Ri-
caldone << calò le reti >>.
L'appello di Pio XII nel messaggio natalizio del L947 era stato come il via
ad una attività di cui Don Ricaldone vedeva I'ugenza; egli però, come sempre,
prima di agire aveva atteso un segno dall'alto. I1 Papa aveva detto: ,, È vera-
mente venuto il tempo in cui ognuno a cui è cara I'eredità dei padri suoi, scuota
il sonno dai suoi occhi e si armi di fede e di coraggio per salvare I'Europa...
A voi tutti perciò, diletti figli e figlie, noi diciamo: la vostra ora è venuta! Nei
giorni di lotta il vostro posto è in prima fila, sul fronte del cambattimento »>.
Certamente erano giorni di lotta poiché si trattava di dare al primo Parla-
mento dell'Italia democratica il maggior numero di membri capaci di sostenere
f idea cristiana. Bisognava quindi preparare quel pro'ssimo 18 aprile in cui vi
sarebbero state le elezioni politiche.
D. Ricaldone era già molto sofferente nel 1948. Passava 1e giotnate sovente
a Caselette ove si tecava almeno nei pomeriggi per attendefe con tranquillità
alla corrispondenza. Ma fu D. Berruti, che sotto la direzione e con 1o stesso ardore
del Rettor Maggiore preparò i Salesiani illa <<battagTia»>.
Il 1' gennaio stese una circolare ai direttori d'Italia per illuminarli e inco-
raggiarli all'azione. Ripetute furono le raccomandazioni agli Ispettori: u È neces-
sario che i Salesiani favoriscano in tutti i modi la diffusione dei principi della
Chiesa che devono guidare i cattolici nelle elezioni: che affianchino generosa'
mente l'opera del clero secolare e dei comitati civici e si prestino a lavorare nel
campo della propaganda nelle forme più svariate »>.
Ma con iltttalz. buona volontà, i poveri figli di D. Bosco mancavano di due
mezzi: quelli {inanziari ed il tempo. Chi avrebbe dato il denaro necessario per
tale propaganda? Chi li avrebbe sostituiti nelf insegnamento? D. Berruti rispon-
deva con le stesse parole che D. Ricaldone aveva già scritto: << Quando c'è f in-
cendio in casa si corre e spegneflo, a costo di qualsiasi sacrificio ». I1 denaro
meglio speso era per la difesa degli interessi di Dio e della Chiesa. Era poi meglio
ralasciare qualche ora di scuola ma salvare le scuole cattoliche. Nel Bollettino
Salesiano del 1' aprile di quell'anno apparve pure un r,"ibrato appello ai Coope-
ratori, che fu diffuso iargamente'ristampato su volantini.
Don Tomasetti, a Roma ad occasione informò Pio XII dell'indirizzo dato dai
suoi superiori ai Salesiani circa l'accesso alle urne e iI Papa ne rimase viva'mente
compiaciuto.
D. Ricaldone non stava però con le mani in mano: occorreva predisporre
s Cronaca
mana nelle case
di Valdocco, 27 maggio.
salesiane sia impartià la
Don Ricaldone dispone
Benedizione Eucaristica
che per tutta la setti-
in vista delle votazioni
per la Costituente.
39r

42.6 Page 416

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un lavoro ben organizzato e anche finanziato. La Cronaca di Caselette, il 2 marzo
di quell'anno segna un'andata di D. Ricaldone a Torino ,per un inconto << con
persone influenti ». D. Ricaldone confidò poi a D. Terrone che aveva parlato
con il Card. Fossati e il Sen. Agnelli. Ci doveva essere stata un'intesa sulla
Trogramtnazione e sul suo finanziamento. Così i salesiani furono veramente <( i
paladini della fede, i paladini del Papa )> come li definì 10 stesso D. Ricaldone
un anno dopo ricordando ai Chierici della Crocetta quei giorni: << Ricordate?
Vi siete vestiti in tutti i modi: sembrava un Carnevale quesra Crocetta! >>.sr
A che cosa voleva alludere il Rettor Maggiore con questa espressione? Al-
l'opera meravigliosa che i Salesiani avevano fatto, pronti all'appello del Papa,
secondo la raccomandazione di D. Bosco che voleva i suoi figli al primo posto
nell'affetto, nell'obbedienza, nella difesa del Vicario di Cristo e della Chiesa.
Difatti ricordando il 18 aprile D. Ricaldone aveva anche aggiunto: << Avrete visto
che gli attacchi erano sempre e soprattutto contro il Papa >>. Come poteva essere
diversamente se l'ideologia marxista vuole sopprimere Dio?
D. Alessi, addetto all'Ufficio Catechistico, ricorda come D. Ricaldone 1o
spronò a lanciarsi nella nuova forma di apostolato: « Lascia per ora ogni altro
impegno e gettati in questa nuova attività. Sai quanto ti voglio bene, ma fatti
anche ammazzare, purché si vincano Ie elezioni. È questione di vita o di morte;
solo se continueremo ad essere un popolo libero, avremo la possibilità di lavorare
a servizio della Chiesa e della Patria >>.s2
D. Berruti fu il portavoce instancabile di D. Ricaldone: spronava, incorag-
giava tutti con la solita sua frase: « Dal 18 aprile dipendela salvezza della Chiesa
in Italia e forse nel mondo! Dobbiamo quindi sacrificarci senza riserve per la
vittoria »>. Sacerdoti e chierici si impegnarono nelle opere organizzative, nei comizi
e nelle predicazioni; i confratelli coadiutori si dedicarono al lavoro rischioso del-
l'affissione dei manifesti. Gli studenti delle case di formazione, in abito borghese,
cominciarono a percorrere città e paesi tenendo comizi, entrando persino nelle case
a isftuire sulla religione, a persuadere, a discutere, a insegnare il ,modo di votare.
E questo in tutta l'Italia.
A Torino, solo il Pontificio Ateneo Salesiano della Crocetta nell'attività
propagandistica impegnò ll2 attivisti di20 nazioni per un totale di 1482 giornate.
Furono battutte 34 piazze di mercato, tenuti 90 comizi pubblici in 69 paesi e 166
comizi volanti, cioè in tutti i possibili luoghi di assembramento, compresi i treni;
furono visitati 159 paesi per controllo dei comitati civici locali.s3
Questo apostolato sviluppato in prima linea non senza rischi personali ebbe
esito veramente consolante. Quel 18 aprile fu una grandiosa vittoria. Fu definita
<( una nuova Lepanto »> e giustamente, poiché alla Madonna tutta I'Italia cre-
dente affidò l'esito di quelle decisive elezioni. D. Ricaldone aveva voluto che
sr Da una conferenza fatta al P.A.S. il 2luglio 1949.
s2 D. A. Arassr, Un prete oagabondo a seruizio della catechesi, Pro manuscripto,
Cittadella (Padova) 1970, pp. 89-90.
s3 Dalla << Relazione sull'attività svolta dalle Case Salesiane d'Italia in preparazione
alla Giornata elettorale, 18 aprile 1948 che fu compilata per ordine di D. Berruti ».
392

42.7 Page 417

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l'Ausiliatrice fosse raffigurata come regina guerriera che stendeva il suo vasto
manto su tutta L'Italia ancora diroccata e ispida di filo spinato, pubblicando e
diffondendo questa significativa rappresentazione in cartoline e stampati di tutti
i generi. Il 18 aprile volle che ininterrottamente, per tttta \\a giornata, fosse
recitato il S. Rosario dinanzi al quadro taumaturgico di Maria Ausiliarice, in
Basilica, da giovani e confratelli, succedentisi in turni di preghiera. A vittoria
ottenuta, il mese di maggio che'seguì, vide il popolo stiparsi nella Basilica, perché
ficonosceva con quelf intuizione che solo dà la fede, che la vincitrice era stata
ancora e sempre Lei, la Madonna.
D. Ricaldone che nel maggio del 1947 tanto aveva incrementato il Con-
gsrteaszsiooniMvarniaenloseettelam<b< rPee1re9g4r8inatrtoiovaMndaorisaieCpaasretelectitpeaqnudaonadotupttaesslòe
sue manife-
la Madonna
Pellegrina, incoraggiò i Salesiani della piccola Comunità a preparare un incontro
solenne con la cara immagine delle Vetgine, perché riuscisse un omaggio di
gratitudine per la vittoria elettorale dell'apri'le. Grazie al suo intervento, il Ca-
stello di Caselette divenne per l'occasione un incanto di luci e \\a Piazza Conte
Cays in cui doveva sostare la statua della Madonna Consolata, un tempio sfar-
zosamente addobbato e risonante di musica vocale e istrumentale, di prose e di
versi, e soprattutto di invocazioni e di preghiere. Egli stesso per quell'occasione
volle offrire alla Vergine Pellegrina una sua composizione: il testo e la melodia
della lode: « Consolatrice, tu vieni a noi >>, lode che per la bdlezza e facile
armonia, in seguito fu adottata per Maria Ausiliatrice e per altti titoli della
Madonna con piccole varianti.
Ma pet quell'occasione D. Ricaldone ebbe la gioia di offrire alla sua Madre
e Regina un altro omaggio a cui tanto pensava e che non riusciva mai a realizzare:
una Circolare su Maria Ausiliatrice. Spesso i suoi segretari l'avevano sentito
rimproverarsi: « Ho in cuore il dispiacere di non aver scritto su Maria Ausilia-
trice >>. E questa espressione di pena gli ritornò sempre finché non mise mano
alla Circolare. E la fine di quel lavoro coincise con la « Peregrinatio Mariae »>
a Caselette. La statua giunse il 21 settembre alle ore 24. Il popolo I'accolse
cantando la sua lode,1à nella piazza del paese, che lui aveva voluto fosse splendida.
D. Ricaldone, sofferente, abituato a ritirarsi subito in camera alla sera, con
sorpresa di tutti i confratelli che non osarono contrariarlo, aspettò la sua
<< Regina ». Voleva rendersi conto come
felice quando poteva regalare alle nuove
l'avrebbero ricevuta?
Case una bella statua
Ldueill'-Auscilhiaeticeera
e che si faceva architetto provetto, arredatore squisito per dare ad essa il maggior
risalto possibile, nella nicchia o sul piedistallo o sull'altare dove veniva collocata 55
s Cronaca di Valdocco 1947, 8 maggio. << Apertura de1 Congresso Mariano nel teaffo
{diaeSlellu'OcphsreasertiNootrrreaiiosldl.pàeoVlrctCiaasapalpaairtdtoesliacoicMpr»òao. ni-tmtuamtlteloa,nLggiilnmheeCagldfegueriololadp-oCrenosIninResidoizculiaaatotladloanaPeqlle'ucAreherlgceloriviind.daeCitiòoMaraidMlr.iaaFmroiaAosedus.saoit<lii<.daItSilriocdcneaaorr»rep.orreitssrieaonlntto-i
particolare alla statua di Maria Ausiliatrice sull'altare della Cappella (Testimonianza di
D. Savarè).
39)

42.8 Page 418

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voleva vedere come l'avrebbero insediata in quelf improvvisato palco di tionfo?
Oppure aveva tante cose da dirle, da offrirle, da raccomandarle? Chi lo
vide quella sera, lo trovò giovanile, raggiante. Forse in quetla notte settembrina
luminosa di stelle e di luci, D. Ricaldone si rivide giovane direttore a Siviglia,
quando preparava feste, processioni magnifiche alla sua Ausiliatrice. Ora, più
modestamente, senza apparati, senza prediche, le offriva una lettera, una lunga
lettera affettuosa dove molte anime avrebbero trovato alimento per diventare
sempre più suoi figli devoti: la circolare sulla devozione alla Madonna Maria
Ausiliatrice.s
I1 giorno dopo non mancò a nessuna dirnostrazione e volle essere presente
anche all'accademia, alla funzione di « addio )> avvenuta in parrocchia a71e 24,
alla stessa ora cioè in cui era affivata. La ctonaca della casa annotò: << Don
Ricaldone era stanco, ma contento... ».5i
D. Ricaldone aveva voluto dfue grazie alla Vittoriosa di tutte le lotte.
56 Soleva dire: « Prima si predicava; adesso le prediche sono le Circolari, le lettere »
(testimionCiarnoznaacda ideDll.a
Savarè).
casa di
Caselette
1948,
2l-22
settembre.
394

42.9 Page 419

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CAPO XXXII
L'UNITÀ NELLA CARITA
I ragazzi della strada
Ciò che aveva programmato per gli altri era legge, prima di tutto, per Lui.
La guerca stimolava la sua proposta di create orfanotrofi, e d'altra parte to.
glieva molti, se non tutti, i mezzi lmafii per realizzatla. Pure egli non ritirò la
promessa, e sapendo che la Provvidenza è più regale dei poveri figli di D. Bosco,
fu uno dei primi a concretizzarla. Quando a Torino i bombardamenti del 1942
fecero le prime vittime e i primi danni, subito egli offerse al Podestà posti
per gli orfani e i bimbi infortunati.
Torino, 2L'lt-1942 XXI
« Signor Podestà »>,
In quest'ora grave per la nostra cara Torino, seguendo gli esempi di S.
Giovanni Bosco, offro, in nome della Famiglia Salesiana, cento posti per gio-
vinetti dagli otto ai dodici anni, orfani o colpiti dagli infortuni di questi
giorni.
Invocando su di voi e sulla cara nosra Città le più copiose benedizioni
celesti mi professo
Vosffo um.mo servo in G. e M.
Sac. PrErno Rrcarooxe
Rettor Maggiore dei Salesiani »
Fu così prontissimo anche ad accettate il « Collegio Illirico »> accafito alla
Casa di Loreto che il Papa affidava alla Congregazione sicuro che avrebbe cu-
rato i 250 orfani sloveni che stavano per giungere, raccolti dai vari campi di
concentramento. D. Ricaldone ne padò confidenzialmente a Monta'lenghe ad un
gruppo di confratelli radunati per i lavori della Crociata Catechistica. Disse
che la casa era priva di tutto; c'erano le mura squallide, ma che la S. Sede
aveva assicurato tramite il Vescovo di Loreto di provvedere alle necessità più
urgenti. << La condizione di quei poveri orfani è pietosa. Sono di tutte le età e
condizioni, senza educazione, senza nulla... Per questo abbiamo ordinato a Bagno-
395

42.10 Page 420

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1o sei novelli Sacerdoti sloveni; essi ci saranno di valido aiuto ». E concludeva
fiducioso: << D. Bosco benedirà! >>.1
Diede anche subito impulso alle opere caritative di sfollamento, in modo
da lasciare aperte le sole case che potevano ospitare bimbe povere, fanciulle
della strada e quanti avessero bisogno di aiuto. Le aiutò pure a otganizzare
prestazioni assistenziali dell'ora, come mense aziendali, soccorsi ai sinistrati,
incoraggiandole a ospitare profughi, prigioneri, ricercati, e le orientò nella as-
assistenza negli ospedali militari dove erano state chiamate a portare il loro
aiuto.2
E mentre lavorava coi confratelli e con le F.M.A. scriveva a tutti: <( ... ri
cordando che ci siamo totalmente immolati a Dio per 7a salvezza delle anime,
prodighiamoci senza riserva nel lavoro, nell'apostolato, nell'assistenza del popo-
lo, dei poveri e particolarmente dei giovani orfani e bisognosi. In queste ore
tragiche dobbiamo essere disposti a tutto, anche per dimostrare coi fatti che
i sacerdoti ed i religiosi in fatto di carità, più che con le parole, la praticano con
le opere, i sacrifici e, quando occorre, con Ie immolazioni e gli eroismi >>.3
Lo seguiva per ardore e impegno D. Berruti, che nel 1944 fu fuoco pente-
costale di carità. Roma stessa, nel periodo dell'avanzata alleata, gli diede modo
di attuare quanto il Superiore indicava. Il più deplorevole male fua gli im-
mani disastri causati dalla guerra e che avrebbe avuto maggiori ripercussioni
nell'avvenire, erano i fanciulli abbandonati a se stessi che passavano tutto il
giorno nelle strade in cerca di un mezzo per campare la vita. Egli li vedeva a
Roma, nei dintorni della stazione, alle Terme, all'Esedra, sui piazzali dei grandi
alberghi, nelle adiacenze delle catacombe e di tutti quei monumenti che atti-
rano i visitatori. Che cosa facevano? Gli « sciuscià » cioè i lustrascarpe. Ma poi
questa attività che procurava lor anche buone mancie, ne suggerì altre: i ra-
gazzi impararono ad essere ladri, biscazziei, borsisti, barattieri. La fame li
spinse a tutto e, poi, forse lo stesso incoraggiamento dei parenti, attanagliati
dalla miseria morale e materiale. Vi erano anche vere organizzazioni capeggiate
da giovinasri di mala vita che sapevano fare piani e colpi di mano. Così alla
stazione, ai porti, agli scali si verificavano svaligiamenti che cominciavano a
impressionare la Pubblica Sictrezza e le Autorità. D. Berruti sapendo di essere
in piena sintonia con D. Ricaldone lanciò un appello ai Salesiani in favore dei
<< rag zzi della strada »>: « Slanciamoci al salvataggio di questa povera gioven-
tù... » E quasi a confermare che questo invito era un ordine, anzi la stessa
volontà di Dio manifesta, giunse la parc7a del Papa coronata dalle voci suppli
che di autorità ecclesiastiche dal clero, delle famiglie religiose, del laicato e anche
di chi non era eccessivamente ligio ai principi religiosi.
Fu lo stesso D. Bemuti che ricordò come il Papa, informato della penosa
situazione di queste squadre di rugazzi e delle misure repressive che si vole-
I Dalla cronaca della casa di Montalenghe, 28 aprlle 1943.
2 Dal « Notiziario de11e F.M.A. », 24 dicembrc 1951.
3 A.C.S., n. 119, Settembre-Ottobre 1941.
396

43 Pages 421-430

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vano adottare disse: « Cerchiamo piuttosto di rieducarli quei poveretti... Per
questo bisogna ricolfefe a D. Bosco. Dite ai Salesiani che desideriamo che si
pr"ndurro crra di qnesti rugazzr abbandonati e raviati e che facciano quanto D.
bcoasrecoaiis§puirpeerioloriroSa>>le.asEianmi ailnddòesuidneraioltodeplerPsaopnaag. gTioutdtievl oVleavtiacnaonochpeeri
comuni'
figli di
D. Bosco scendessero in camPo!
D. Berruti scfisse i\\ 24 marzo: « Abbiamo subito risposto che ogni desi
derio di Sua Santità era un comando per i Figli di D. Bosco e che secondo il
suo invito ci saremmo impegnati ad accogliere il maggior numero possibile di
questi poveri fanciulli nei nosri ospizi e negli orfanotrofi che stavamo aprendo,
nelle ,.rro1. diurne e serali che si sarebbero aperte a questo scopo, negli ofatorl
e dop-Eosictupo..lai.Àquaotmideiatnteircshi ienacvaremmpmo ofupprorocpurriaotoDd. iBmeorrlutiptilipcaefrec>o>.os rdinare ini-
ziative, ,.rp..r.. difficoltà, procurare aiuti mateiali. « Mettiamoci aI lavoro »>
diceva a tutti i
A Napoli
Salesiani, e tutti
11 29 gennaLo i
Io coadiuvarono'
Salesiani scesero
nelle
piazze.
A
Roma
il
1l
marzo 1945 poterono segnare la prima conquista: i sciuscià rimasero avvinti
dall'amore paziente dei Figli di D. Bosco impegnati negli studi alla Gregoriana
che tra una lezione e l'altra riuscirono a dedicarsi a loro, facendo dell'Istituto
S. Cuore il quartiere generale dei rugazzi della stada. Ben presto essi divenne-
ro i « Ragazri ai O. Bosco >>.6 Infatti venivano puliti, vestiti, sfamati, istruiti
nella dottina cristiana, venivano ricondotti a Dio e alla gioia di una vita one-
sta, gioconda, laboriosa.
Anche molti Oratoti si aprirono a questi fag zzi, inaugurando una sezione
per loro a Roma, Napoli, a Messina, a Palermo, aBati. Pure le F.M'A' A Roma
stimolate da D. Berruti iniziavano un lavoro simile perché i rugazzt avevano le
sorelle e bisognava occuparsi anche delle << fagazze della strada >, che non erano
poche e non versavano in situazioni migliori. Le Suore furono generosissime tanto
ilr. O. Berruti poré scrivere: << Le F.M.A. a Roma fanno miracoli tra le ragaz'
ze della strada ».? Anche a Torino in quell'anno le Suore ed i Salesiani nono-
stante la penuria di viveri e l'affollamento delle case rimaste aperte che già
ospitavano ragazzi sfollati da altri collegi, furono pronti a soccofrere i profughi
itiliani e franiesi di sei villaggi cosmetti a ritirarsi per ragioni militari della Val
Roja presso Ventimiglia. Erano famiglie intere con i loro pamoci, in tutto
400 persone. Erano stati raccolti nei locali delle cosidette <( Casermette >> alla
periféria di Torino, ma avevano bisogno di assistenza, erano « spogli di tutto »>
i afftanti
montagne
da fatiche
e fiumi. I
e strapazzi'. avevano fatto marce di dieci ore atffaverso
Paroci avevano chiesto al Cardinale di Torino che i Sale-
siani si prendessero cura dei ragazzi e D. Ricaldone, saputa la cosa, subito si
a
t
.
7
D. Prprno BEtnutr,
É: Èi;;; Éio*"tr,
D. Èi;il Éi**"tr,
Op. cit., p. 497.
Testinonianze
Testim,onianze
Testimonianze
ratcolte
ruccolte
raccolte
dal Sac.
dal Sac.
dal Sac.
Pietro
Pietro
Pietro
Zerbino,
Zerbino,
Zetbino,
qISE'EE''IlI',,'
p
p
p'
4qg
4qg
486'
397

43.2 Page 422

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offerse di ospitare i rugazzi che collocò pafte a Caselette e parte a Cumiana, affi-
dando le bambine alle F.M.A.s
Se si pensa che non avevano altro che i vestiti che indossavano e a tutto
avrebbero dovuto provvedere i Salesiani in quel periodo in cui non si aveva
di che nutrirsi, si può misurare la generosità e la fiducia illimitata nella Divina
Prowidenza dei Figli di Don Bosco.
Nel 1946, quando poté ricevere notizie un po' da tutto il mondo sale-
siano, D. Ricaldone ebbe la gioia di veder rcaTizzato dai suoi figli il sogno che
gli era balenato nella mente e ancor più nel cuore, quella mattiia dell,g dicem-
bre 1941, nelle camerette di D. Bosco.
- Infatti già il 3l gennaio di quell'anno dalla Sicilia riceveva queste notizie
dall'Ispettore Don Manione: « In Sicilia dovunque fiorisce l,operà dei rugazzr
della strada:
s. Gregorio
a Palermo
di catania
in due case; a Messina pr.rro le
vi è un ricovero .o-fl.to di
nostre tre residenzl; a
circa 35, proprio tolti
dal marciapiede, senza usi civili, analfabeti, dat g ai L4 anni (...). e-ciuuti.i
ttoviamo come a
dalle varie parti
dfte6ll'a'ac-ittàs: .scounoorequ-e: lli
ogni giorno almeno 3000
che nessuno vuole... >>.
che
vengono
, . In quel tempo usciva l'Enciclica di pio XII << euemadmodum »> e D. Ri-
caldone, giubilando per aver trovato nella parola del papa Ia conferma del suo
pensiero scrisse a tutti: << Avete certamente letto con filiale devozione l'Enci-
clica << Quemadmodum » nella quale il s. Padre pio xII, esorta i cuori ben
nati a interessarsi efficacemente, anche se con sacrificio, della povera gioven-
orfana e abbandonata. Penso ne siate rimasti profondamente iommossi, per-
che avrete pensato che il richiamo tanto accorato del S. Padre dev'essere accol-
to con slancio e praticità d'iniziative specialmente da noi >>.
<< Ho visto e letto con vero compiacimento quanto i salesiani hanno già
fatto pressoché dovunque in questo r.itor. della cristiana caùtà». E poi foise
pensando alle ultime notizie delle case della Sicilia prosegue: << Più recenti noti-
zie sarebbero motivo di vero conforto a tutti voi, se avessi modo di comuni-
carvele »>.
anc-heQlueinIsdpi edtotoproieacvheer
pregato che si continui in questo
non avessero concretizzato nulla,
lavoro caritativo e che
si impegnino con slan-
cio, dà come un programma d'ordine per il dopo guerra, illumiiato dalla fede
nella paternità divina: « ogni Casa si proponga1., qo.rto'rtraziante dopoguerra,
di accogliere sempre più numerosi i poveri fanciulli orfani e abbandonaù .7a Di-
vina Provvidenza susciterà per quest'ora caritatevole, anime generose e anche
associazioni benefiche che, trattandosi di così nobili intenti, ci presenteranno
decisamente il loro aiuto >>.e
Già il 7 aprile quasi a risposta della sua Circolare, la Sicilia incalzava con
altre notizie: << L'opera dei figli dello strada a catania, Messina, palermo è fio-
8
e
Dai verbali del Capitolo Superiore de11,8.11.1944.
A.C.S., n. 113, Gennaio-Febbraio 1946.
398

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rente: dappertutto il Catechismo giornaliero, ed ora si fanno le preparazioni
per le prime Comunioni e per le Pasque. A Catania se ne ospita oltre 500; a
Messina circa 1000 e molti pure a Palermo'.. >>.
D. Ricaldone commosso e solpreso disse quella volta a D. Berruti passan-
dogli la lettera: << Come sono meravigliosi quei confratelli! I1 loro amore
per la gioventù abbandonata è più ardente del fuoco dell'Etna »>.r0
E altre notizie pervenivano da Roma: I<< due sfilatini con cui è stata ini-
ziata l'opera di redenzione, sono diventati 600 quintali mensili dell'UNRRA, o1-
re alle assegnazioni straordinarie dell'ARI e di altri Enti benefattori. Gtazie
a tali elargizioni, abbiamo potuto otganizzate 6 colonie diurne per 1000 ragaz-
zi circa e 6 colonie permanenti con 1850 tagazzt>>.
Da Caserta i Confratelli annunciavano: « Abbiamo approfittato del pe-
riodo delle v^canze per togliere dalla strada ttttiitagazzi di Caserta. Sono 150
e li teniamo tutto il giorno con noi »>.1r
Ma i ragazzi deilà strada di Roma e di Napoli che avevano dato il via aTla
opera, erano anche a Budapest, aYatsavia,in tutte le città dei teritori sui quali
gli eserciti efano passati bivaccando e lasciando rovine materiali e morali. I
Vescovi e le autorità civili di quelle Nazioni chiedevano i Salesiani a risanare
la piaga di una gioventù abbandonata a se stessa. Le lettere circolari di D. Ri-
.uldoÀ e anche quella così appassionata scritta da D. Beruti a Roma il 24
novembre 1944 12 giungevano ovunque, e, anche se certe volte in ritardo, sem-
pre opportune per scuotere i restii, quelli che D. Berruti scherzosamente chia-
i mava << cristallizzati >>.
e
di
Ma
D.
come la parcla di Pio XII
Berruti, così fu ancora Pio
aveva
XII a^cvovraolonfa^fteà
quella
il coro
del
di
Rettor Maggiore
apptovazione per
tanto lavoro svolto e che si continu^va a svolgere. Nell'ottobre del 1945 egli
volle dare udienza a 2000 sciuscià, che sebbene guidati dai Salesiani, non riusci-
rono a comportarsi secondo ]e regole di etichetta delle udienze... Ma il Papa
aveva goduto del loro vociare, tanto che 11 24 febbruio dell'anno dopo ne rice-
veva a;cora 6, rappresentanti di tutti i loro compagni di Roma. In quell'occa-
sione aveva detto: « So quanto i Salesiani fanno per questi ragazzi'.. sono
proprio contento... Salutate i vostri collaboratori, i vostri confratelli; portate
loro la mia benedizione e il mio compiacimento >>.r3
L'opera dei rugazzi della strada sorta da una necessità del momento sto-
rico, ebbe poi la sua forma stabile a Roma nella fondazione del << Borgo Ragazzt
di D. Boscà »> al Forte Prenestino, nel 1948, propfio tra i quartieri più popola-
ri di Roma. Quella Casa nel centro della cattolicità è come il simbolo vivente
dell'ideale apostolico salesiano: i ragazzi abbandonati e poveri. E poiché que'
sta azione di puterno soccorso fiorì in tutto il mondo e specialmente dove i
to
tt
12
13
Op. cit., p. 498.
op. cit., p. 5oo.
AD..CP.S. .',Brnn-.n1u2n6,,
Novembre-Dicembre 1946
Testimonianze raccolte dal
col n. J da Roma.
Sac. P. Zerbino, Torino,
S'E.I.,
p.
503
399

43.4 Page 424

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mezzi di assistenza mancavano, quella casa è anche un segno, un monumento vi-
vo di riconoscenza aTla Provvidenza di Dio che non lasciò mai delusi i figli di
D. Bosco, anzi li sorprese con le sue munificenze divine.
Quanto scrisse allora D. Bemuti fu storia autentica di carità eroica e di
interventi miracolosi: <( Mentre Ia povertà cresce dovunque, f indigenza si {a
sentire anche nell'interno dei nostri Istituti e i viveri salgono a ptezzi proibiti
vi, i confratelli delle regioni in cui si abbatté la bufera della guerra non solo con-
tinuano a prodigarsi in un lavoro superiore alle loro forze indebolite dagli stenti,
dagli strapazzi, dal vitto insufficiente e dall'orgasmo di una vita di spavento
e di terrore, ma allargano la cerchia delle opere di beneficenza, dando al mon-
do l'esempio di illmitata fiducia nella Provvidenza e di una carità che non
conosce confini >>.14
E le testimonianze giungevano da un capo all'altro del mondo. Lo stesso D.
Berruti nel L946 poteva scrivere: <<La casa di portici (Noviziato dell'Isp. Napo-
letana) ha prove tangibili della Provvidenza. Si lavora assa,i per la ciità: ora-
torio festivo fiorente, opera per i rugazzi poveri e straccioni che desta l'ammi-
razione della città, delle autorità, de11'UNRRA, colonie estive di 5oo ragazzi. rl
direttore senza grettezza ai rugazzi, aile famiglie bisognose, a chi ricorre... In
altri anni il Prefetto della casa doveva andare a elemosinare il pane per i No-
vizi presso le case salesiane vicine. Adesso vi è abbondanza di tutto. C'è per-
fino la farinabianca. si a tutti e ne rimane anche per i rentun novizi ».1s
La stessa << regale » Provvidenza giungeva alle case del vomero, di Torre
Annunziata, di castellamare (Isp. di Napoli) che avevano spalancato le porte
ai rugazzi. A Roma il direttore del collegio Pio XI, D. Antonioli, che era stato
un po' esitante a iniziare l'opera per i giovani poveri per la mancanza di mezzi
e che solo fidando sulla parola di D. Berruti che gli assicurava l'aiuto di Dio ave-
va accolto giovani orfani e poveri, il 17 ottobre 1945 scriveva: « Il Signore ci
benedice: abbiamo abbondanza di tutto e possiamo aiutare largamente l'Ispet-
tore e le altre Case ».
così dal Giappone dove << Tafame )> era stata grande ed era durata a lungo,
Mons. cimatti il 74-9-1945, dopo 5 anni di guema scriveva al Rettor Maggiore:
« Quanto alla parte amminisrativa, il signore ha premiato la nostra povertà e
miseria; in questi anni non ho avuto preoccupazioni di sorta. Non ho debiti e
posso far fronte alle future evenienze con qualche sia pur modesta riserva. Oh,
la Provvidenza!... Le nostre relazioni con le autorità iiuili, -ilituri e politiche
furono improntate a vicendevole comprensione... Poi, che vuole? Noi non ab-
biamo edifici che facciano gola... sanno che non abbiamo fondi... che lavoriamo
per i poveri... Evviva D. Boscol >>.
E nell'agosto del 1946 D. Ricaldone a edificazione e a sprone di tutti, ri
portava nella sua lettera circolare 16 una lettera dell'Ispettore della Cina, D. Car-
M Op. cit., p. 464.
ts Op. cit., pp. 588-589.
16 A.C.S., n. l)6, Luglio-Agosto 1946
400

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lo Braga che Io aveva <( profondamente commosso ». Diceva: << La Provvidenza
alla quale ci siamo perfettamente affidati non ci lascia mai senza il necessario.
Mai come in questi anni passati abbiamo costatato che l'avere noi tanti orfani
e tanti ragazzi poveri, ha richiamato sulle nostre opere le simpatie ed il generosc
aiuto di ogni ceto di persone. Come già saprà, abbiamo saldato i nostri debiti,
abbiamo ampliato parecchie opere e anche quest'anno abbiarno costruito a Shan-
gai, a Kum Ming, a Suchao Fu, dando così modo ai confratelli di accogliere più
giovani (...). Quasi ogni giorno ricevo domande di nuove fondazioni e non riu'
sciamo ad accontentare tutti. Per quest'anno ci accontentiamo di andare a Pe-
chino... »>.
Era 7a << Banca » salesiana che funzionava a meraviglia: quella che D. Ri
caldone aveva fatto conoscere al Sen. Agnelli e che i Salesiani di tutto il mondo
a loro volta additavano ai loro benefattori: la Divina Provvidenza! Il commento
di D. Ricaldone alla lettera di D. Braga è una testimonianza che ovunque i Sale'
siani ottenevano dalla famosa << Banca )> quanto desideravano, perché « la di-
vina scintilla della carità >> animava il loro lavoro eroico: « Dal Bollettino Sale-
siano avete appreso quanto sia stato il bene operato in questi ultimi anni dar
Salesiani a favore della gioventù povera e abbandonata, specialmente in deter-
minate regioni ov'era più urgente il bisogno. La divina scintilla della carità, re-
se, in non pochi casi, veramente eroici nei sacrifici e nel lavoro i nostri cari
confratelli >>.
D. Ricaldone era santamente orgoglioso dei suoi figli, e aveva solo un de-
siderio: << Io mi auguro che la provvidenziale scintilla arda sempre più poten'
temente in tutti i cuori, perché solo dalle immolazioni della carità noi possiamo
riprometterci quell'azione redenttice che contribuisca a salvare la povera uma-
nità ».
I « salvataggi »
Abbiamo accennato alla delicata opera di ospitalità e di soccorso a favore
di perseguitati politici e di prigioniei fatta da Salesiani a Roma stimolati da D.
Berruti, e dalle F.M.A. incoraggiate da D. Ricaldone, e abbiamo anche ricordato
i giovani lituani assistiti spiritualmente da D. Zeliauskas a Valdocco.
Sono piccole scintille di una grande fiamma che bruciò in quegli anni I'ani-
ma del Rettor Maggiore e che comunicò con la sua larghezza di vedute e la sua
grandezza di cuore ai confratelli. Chi gli visse accanto testimonia: << Nessuno for-
se saprà mai il bene, anche di ordine umano e materiale, che D. Ricaldone ope-
nel tempo dell'immane flagello della guerra. E ciò non soltanto perché era
pericoloso farlo apertamente, ma anche e specialmente per la sua umiltà e perché
per natura era contrario ad ogni sorta di vana ostentazione... Quante raccoman-
dazioni, quante missive per mezzo di persone fidate, e posso dire a,nche quante
40r
26

43.6 Page 426

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vite salvate per i suoi buoni uffici »>,17 Mentre passioni malvagie, ideologie
inumane, odio di parte, vendette personali davano \\a caccia all'uomo, D. Rical-
done coi suoi figli si faceva cacciatote di anime cercando fin dove era possibile
la salvezza anche delle vite umane. La guerra diede modo a lui ed a quanti se-
guivano i suoi esempi di vivere fino all'eroismo il << Da mihi animas! »>.
A seconda dei casi o agiva direttamente o dava via libera ai suoi figli più
fidati. Così fece con D. Zeliauskas per i suoi compatrioti lituani, come già ab-
biamo ricordato.
Ai Salesiani che si offrivano per soccorere i perseguitati politici, diceva:
<< Non voglio sapere nulla. Ma hai tutti i permessi di agire e solo sulla tua
personale responsabilità >>.
Ma dove poteva fare lui non sacrificava i figli. Un fatto eloquente è ricorda-
to da D. Terrone.
<< Un giorno festivo il popolo di Caselette che gremiva la Chiesa Parocchiale,
udì il Prevosto D. Giovanni Colombero fare questa solenne dichiarazione du-
runtela predica: « Io debbo lavita al Rev.mo D. Ricaldone, il Superiore Gene-
rale dei salesiani. Senza il suo efficace intervento, io oggi non sarei qui a
compiere questa funzione. Egli stesso si presentò quando io ero in prigione in
Via Asti al Generale tedesco ed a quello italiano e ottenne la mia 'libetazione.
La mia riconoscenza sarà eterna >>. I1 Prevosto era stato prelevato dai Repubbli
chini e tradotto in carcere dove rimase per 40 giorni, sempre in pericolo di essere
mandato al muro. Quali fossero i capi di accusa, svelò egli stesso nel 1958 nella
testimonianza che fece in un celebre processo (Faletto): carità verso tutti i sotr-
dati e combattenti, senza distinzione di nazionalità, partito o religione.
Ad un bravo dottore che viveva in trepidazione per timore di essere pre-
levato da un giorno all'altro e che non si sentiva sicuro in nessun posto, gli man-
a dire: << Lei scelga la tal casa (e la nominava) o qualunque altra della no-
stra Congregazione (e ne nominava parecchie) e stia tranquillo »>. Quel bravo
dottore che non en mai stato praticante, dopo la liberazione, si sentì mutato e
fece una buona morte confortato dai Sacramenti della Chiesa >>.18
Era a disposizione di tutti e molti sapevano che ricorendo a Lui non
avevano mai una risposta negativa.
Anche il Teologo Vincenzo Barale, Segretario del Card. Fossati sperimentò
la carità di D. Ricaldone per due fratellini ebrei figri di un musicista, maestro di
violino, ricercato, e desideroso almeno di mettere in salvo i due figlioletti.re E
più tardi quando lui stesso per i suoi atti di bontà fu obbligato ad allontanarsi da
Torino, godette la bontà squisita del Rettor Maggiore che gli mandava i Sale-
siani di Milano, l'Ispettore D. Francesco Rastello e il Direttore del << S. Ambro-
gio » D. Luigi Besnate, a rallegrarlo con doni. Dalle sue lettere si può intuire il
molto che fece per lui:
17 Testimonianza di Don Luigi Terrone.
18 Ricordi di D. Terrone.
le Lettera di Mons. Vincenzo Barale in data 24.11.1943
402

43.7 Page 427

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« Rev.mo Sig. D. Ricaldone,
Cesano Boscone, L8-9-1944
mi permetto di farle giungere il mio gtato ricordo da questo luogo di
esilio, dove mi ffovo bene sotto tutti gli aspetti, ma che è pur sempre luogo di
esilio. Ringrazio delle preghiere fatte per questo Povero sottoscr.itto che ha
disturbato e preoccupato un po' tutti! << Fiatl >> proprio di cuore col desiderio
di uniformarmi sempre di più alla volontà di Dio. Mi ricordi al caro D. PeI-
legrini. L'e bacio le mani e le porgo devoti ossequi.
Teol. VrNcrNZo BARALE ».
Quel « aver disturbato )> e <( preoccupato un po' tutti >> dice quanto D. Ri-
caldone deve aver << maneggiato »> per evitargli l'esilio, ma non vi era riuscito.
Furono però pratiche che ebbero il loro peso, se dopo un mese circa, c'era già
stato il ritorno:
Torino, 22-L0-I944
<< Rev.mo Sig. D. Ricaldone,
sono ptofondamente commosso dinanzi a tafite dimosrazioni di paterna
benevolenzà da parte della S.V. Rev.ma. Io, così piccola cosa, oggetto delie at-
tenzioni del successore di S. Giovanni Bosco!
Ne rimango commosso e confuso e non trovo parole adatte ad esprimere
\\a mia gratitrdlne. Legga lei tra le righe e interpreti i miei sentimenti. A Mi-
lano soÀo venuti a farmi visita e a portarmi la preziosa benedizione della S.V.
il Sig. Ispettore ed il Direttore di S. Ambrogio: la loro presenza mi ha ri-
portato a Valdocco e nel Santuario della cara Mamma, Ma-ia Ausiliatrice. Poi
ho ricevuto gli auguri ed i voti suoi: li ho ritenuti come auspicio certo di un
prossimo ritorno
iivata inaspettata
a Torino. Non so neanch'io perché! Pochi giorni
la sorpresa ed il mio ritorno a Torino lo si deve
dopo ar-
considerare
come un premio che i1 Buon Dio ha voluto dare alla preghiera perseverante
di molti, fra i quali i benemeriti figli di D. Bosco.
Deo gratias di cuore, al Signore, a Lei Rev.mo Sig. D. Ricaldone, a tutta la
Congregazione Salesiana. Il Signore ne accolga ora i voti e mi renda meno in-
degnì della grande grazia che mi ha fatto chiamandomi a servizio suo e dei
miei fratelli.
Mi benedica ancora e sempre e mi voglia credere suo
dev.mo e obbl.mo
Teol. VrNcBNzo Baner-r »
D. Ricaldone era squisito nell'aiutaret artivava ai minimi particolari. Così
lo ricorda D. Terrone. Pensava al pacchetto di caffè (mandatogli dai Confratelli
di America) da far giungere al Prof. B. che lo curava; alle scatole di alimentari
per un altro Professore, ai sigad per un terzo signore... m Allora erano doni pre-
r Ricordi di D. Terrone che veniva incaricato da D. Ricaldone di portare i pacchi
agli interessati.
40)

43.8 Page 428

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ziosissimi che facevano esultare le famiglie che li ricevevano: il caffél Cosa da
<< borsa nera »... e trovado! E poi a che prezzo!
La compitezza nelle opere di bene era una caratteristica di Don Ricaldone
e la voleva anche nei confratelli: l'amore non dice mai basta, e la carità deve
essere completa. Perciò anche se l'assistenza di D. Zeliauskas aveva provocato
una notte di paura a tutto l'Oratorio, volle che portasse a termine la sua missio-
ne. Quei ragazzi lituani quando si fossero sciolte le formazioni partigiane, che
cosa avrebbero fatto? Dovevano guadagnarsi urr puzo di pane, quindi D. Ze-
liauskas provvedesse!
Ed i primi posti di lavoro furono trovati nelle case salesiane di Valdocco,
di S. Giovanni, principalmente di Valsalice, dove era direttore D. Marcoaldi.
Racconta D. Zeliauskas: <r Ma in nessuno di questi posti i giovani, abituati
ormai ad un diverso stile di vita, poterono accontentare i dirigenti che li ave-
vano accolti in qualità di « famigli ».
Ragione per cui io fui cosretto a cercare per i giovani in parola, una di-
versa sistemazione. Una parte 'furono fatti passare come profughi (gli Alleati
infatti non tenevano come profughi chi aveva fatto parte delle formazioni mi-
litari tedesche) e ricevuti nei campi di profughi di Reggio Emilia, di Modena,
di Bologna. Almi entrarono nei reparti polacchi del Gen. Anders che aveva ope-
rato nell'Italia sud (Bari, Brindisi, Taranto) e che ora stavano emigrando in
Inghilterra. Io stesso fondai nella nosra casa di Pisa (Via dei Mille,5) un
« Collegio Universitario Lituano » per quei giovani che a causa della guerra
non avevano proseguito i loro studi universitari. Per sostenere finanziaria-
mente l'iniziativa, quello stesso anno 1945 raggiunsi, con mezzi di fortuna, Ro-
ma, entrai in contatto con un fondo Lituano di aiuti americani. E così una
qpuoaterraonntionaesdsei regiiosvcarnitti i-ai
questa volta provenienti da
corsi regolari dell'Università
tutte le parti
di Pisa o alle
dsc'Iutoalleiasp-e-
cializzate di Firenze. Così fino al1947, in cui il gruppo passò a Roma, in un col-
legio creato apposta, che però si sciolse di a poco a causa specialmente della
emigrazione. E se nel 1952 si poté fondare per i giovani profughi lituani l'Isti-
tuto di Castelnuovo D. Bosco, molto favore si ebbe da quanti furono aiutati da
me in tempo di guerra e subito dopo, e che ora erano sparsi in tutto il mondo »>
E poi per mostrare quanta parte D. Ricaldone avesse avuto in questa as-
sistenza ai giovani lituani, anche se non agì direttamente, egli conclude: << Quale
parte nell'opera di salvataggio e di sistemazione dei giovani lituani concreta-
mente ebbe D. Ricaldone non saprei meglio precisare se non con i seguenti
brevissimi e conclusivi accenni:
1. A ragion veduta permise che io mi occupassi di quei giovani, special-
mente in vista della loro assistenza religiosa e morale;
2. Seppe ed approvò la mia opera intesa a sa'lvare le loro vite con I'aiu-
taili a disertare datrle formazioni di occupazione, passando nelle file partigiane,
anche se, per prudenza, non votrle addossarsi la responsabilità;
l. Diede la sua (almeno) tacita approvazione per la provvisoria siste-
401

43.9 Page 429

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mazione dei medesimi giovani nelle case salesiane rrel periodo di scioglimento
delle formazioni partigiane;
4. Approvò ed incoraggiò I'iniziativa di fondare per tutti questi gio-
vani il << Collegio Universitario Lituano » di Pisa, affidando all'al7oru Prefetto
Generale D. Renato Ziggiotti di seguire ed assistere lo svilupparsi delf inizia-
tiva stessa.
Quest'ultimo Superiore non solo fu largo interprete e solerte esecutore del-
la volontà di D. Ricaldone nel tempo su accennato, ma ancora già come Prefetto
generale ed in seguito come Rettor Maggiore dimostrò tutta la sua comprensione
e simpatia per l'opera salesiana lituana che si sviluppò a pro dei giovani pro{u-
ghi lituani, dispersi in tutta I'Europa e, si può dire, nel mondo intero e ciò con
Ia fondazione dell'Istituto Salesiano per i Lituani a Castelnuovo D. Bosco ».
E a questo punto il caro Confratello ricordando il molto fatto sofferto pen-
sa a un futuro luminoso perché preparato da tanto martirio e conclude la sua
testimonianza con un elogio a onore di D. Ricaldone che con tanta latghezza
di cuore indiizzò i suoi figli verso la carità più eroica:
<< Ma ,qui la storia non è ancora chiusa. E non è lontano il giorno in cui
la Congregazione Salesiana s'accorgerà di aver scritto una delle pagine più
belle di carità cristiana verso i più diseredati »>.2r
Un « salvataggio >> per nulla facile che mise in gravi rischi i Salesiani fu
quello dell'Ex Ministro fascista, Conte De Vecchi di Val Cismon, unito in
rapporti di vera amicizia alf intera famiglia salesiana e specie a D. Ricaldone,
il quale a sua volta, si sentiva legato a Lui da vincoli di profonda gratitudine per
tutto I'aiuto dato alla celebrazione di D. Bosco in Campidoglio. D. Ricaldone
anche in questo caso, andò << fino in fondo », fino a missione compiuta.
I1 Conte quale membro del Governo Fascista, dopo la caduta di Mussolini
fu ricercatissimo. D. Ricaldone lo volle salvare. Nel 1944 chiamò un con{ratello
fidatissimo, D. Tommaso Demaria e gli affidò una missione delicata. Si trattava
di andare a Penango ad awisare il Direttore, D. Giuseppe Zavattaro, perché pre-
parasse un appartamento per il Conte De Vecchi in un posto isdlato e sicuro.
I,l Piemonte era sotto iI conrollo delle truppe tedesche e di bande parti
giane. Vi erano l0 cm. di neve e D. Ricaldone sapeva che il buon confratello
avrebbe dovuto fare il viaggio a piedi rischiando molto; ma sapeva anche che po-
teva fare pieno affidamento su di lui e Io mandò. D. Demaria ricorda quella
pericolosa maratorìa. Lasciò Torino di buon mattino ed evitando strade fre-
quentate, e attraversando le colline giunse ai Becchi dove c'era Don Molas che
era un intermediado valente presso i tedeschi. Da lui ebbe indicazioni e ripartì
per Piea toccando Valversa e Portocomaro. Qui seguì i binari della ferovia da-
to che i treni non funzionavano. Alle 22 giunse a Penango. I Confratelli non
riuscivano a riconoscerlo e a crederglil Erano i tempi di spie e di violenze...
D. Demaria si accordò col Direttore e f indomani riprese la via del ritorno.
2r Testimonianza di D. Giuseppe Zeliauskas, L7.5.1970.
405

43.10 Page 430

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Alle 18,10 entrava all'Oratorio. D. Ricaldone lo aspettava con ansia. Poteva av-
visare il Conte; D. Zavattarc avrebbe subito provveduto'z
In realtà le vicende del Conte De Vecchi si svolsero ben diversamente dai
piani predisposti da D. Ricaldone, ma egli fu prontissimo a mutarli per poterlo
salvare. Come De Vecchi fu ricercato dalla Polizia egli si rifugiò nella casa sa-
lesiana di Montalenghe. Di D. Laconi 1o accompagnò a Bollengo col nome
di D. Antonio Porta come amico e sacefdote; rimase nascosto fino al 5 gen-
naio L945. Poi il buon salesiano a cui D. Ricaldone aveva affidato ['ex ministro,
1o condusse con per un mese in Val d'Aosta, figurando sempfe come sacer-
dote suo amico. Quindi passando per Torino sostò, sempre clandestinamente,
a Castelnuovo Don Bosco. Ricercato, riuscì a raggiungere Roma dove 10 tennero
nascosto i Salesiani delle catacombe di S. Callisto. Ma la sosta a Roma non dava
sictrezza, per cui D. Ricaldone pensò a molto più lontano. I Salesiani d'Ameri-
ca l'avrebbero potuto aiutafe. Così l'ex ministro sotto il nome di Valeriano
Bueno rcl t947 paftì per l'America del sud.z Ecco la sua lettera a D. Ricaldone
dal1a nuova Patria che gli assicurava 7a vita, e dalla sua provvisoria ma tran'
quilla dimora, nel collegio salesiano di Buenos Aires:
Collegio Pio IX - Buenos Aires, venerdì 20 gfugno 1947
« Reverendissimo e carissimo Don Ricaldone,
sono giunto a destinazione martedì 17 seta assai felicemente. Se si ec-
cettua il bànale inconveniente della perdita del bagaglio non ho avuto se non
un fortunatissimo viaggio sia in partenza, come in volo, come all1arrivo. Hcr
trovato Don Vico, assai lontano, in Patagonia, l'Ispettore era già partito e non
aveva lasciato speciali incarichi, almeno così mi si disse. I1 suo, telegramma,
non avendo chi-lo spiegasse, era apparso alquanto oscuro; quando potei illu-
strarlo io stesso, tuttò fu chiarito. L'accoglietza è stata ugualrnente affettuosa,
specialmente per I'intervento del Padre Silva che avevo già ben conosciuto per
bontà dei membri del Capitolo che gliene avevan paflato per raccomandare
le cose mie. Sono soltanto al terzo giorno di permanenza ma già Posso spera-
re di organizzare fiofi troppo tardi le cose mie, naturalmente nelle dovute for-
me e in modo da non abusare di nessuno.
I1 mio pensiero è corso subito e ricorte ad ogni istante a Lei per sliogli,e-
re un inno ii gratitudine per qua[to ha voluto farc, ha fatto e sta facendo
per me. La ricònoscenza non ha limiti in me. Mi rammarico, ridotto come
iono, di non poter adeguatamente cotrispondere come-vorrei, e per ora tra-
duco in preghiera
Congregazione del
quanto le debbo. Per
figli di S. G. Bosco
Lei e per il
domando al
S-Ciganpoitroel,oper.impear
tutta la
di chiu-
derJgli occhi, di corrispondere in qualche modo a tanta carità ricevuta.
§i abbia intanto un abbraccio infinitamente devoto dal
suo aff.mo amico
VarBnreNo Bur'No (Dr Vrccur)
22 Testimonianza di D. Tommaso Demaria.
23 Testimonianza di D. Francesco Laconi, 27.6.1970.
406

44 Pages 431-440

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44.1 Page 431

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E dopo qualche mese a D. Tomasetti
« Carissimo e Rev. D. Tomasetti,
Buenos Aires, 19-11-1947
so da Giorgio, mio figlio, quanto e corne ella abbia voluto disturbarsi nelle
difficilissime circostanze che sono state superate nei giorni scorsi in forma
provvidenziale.
Ella ha voluto aggiungere con I'antica amicizia che mi è infinitamente
cara, cotesta e altre mille e mille ragioni onde son debitore alla Congregazione
salesiana mille volte della stessa esistenza. Le antiche ragioni che costituivano
già da sole un legame indissolubile si sono ingigantite e moltiplicate. È pro-
prio vero che I'amore e la carità, il più gran dono di Dio, ha infinite risorse
quanto Dio stesso.
Se abbiamo per molti anni, in tempi più felici, operato insieme in forma
così schietta e devota al servizio di S. Romana Chiesa e dello Stato Italiano e
de1la Congregazione Salesiana che è pure una istituzione sacra e immensa,
Ella ha voluto ricordarsene nell'ora del maggior dolore per i miei e per me.
Voglia gradire, La prego, Ella che sa, l'espressione insieme della mia affet-
tuosa antica amicizia, e della mia gratitudine profonda.
Con questi sentimenti mi abbia sempre il suo ric.mo ed aff.mo
CssenB Dr Vsccnr Dr VAL CrsrroN ».
Il Conte scrisse anche sovente a Don Baitezzati, Direttore del1'Istituto S.
Tarcisio in Roma che l'aveva accolto con cuore di fratello celando la sua persona
sotto il titolo e le vesti di un << Monsignore »> di passaggio a Roma... Don Bat-
tezzati ha molti ricordi di quel periodo di vita clandestina romana dell'exmini
stro, ma i più significativi sono quelli dopo il ritorno dall'Argentina. In essi
c'è un particolare che mette in luce a quali delicatezze giunse Ia bontà di Don
Ricaldone per l'amico perseguitato e la viva riconoscenza del suo beneficato. Don
Battezzati racconta: << Come il Conte tornò in ltalia, il giorno dopo il suo
amivo, venne a S. Tarcisio. Si inginocchiò in direzione e volle confessarsi, come
faceva ogni quindici giorni in camera, quando era qui da noi. Allora egli assi-
steva alla s. Messa e faceva la Comunione tutti i giorni, avendogli concesso già
S.S. Pio XI l'indulto di aver la Messa in casa propria, ovunque si trovasse. Ri-
cordo che venne ancora a ffovarci nel Nata,le t947 o 1948. Seppi che ebbe poi
una paralisi che' 1o inchiodò per anni e anni nel letto, ridotto ad un rudere,
ma sempre paziente fino alla morte. Conservo ancota presso di me una coperta
di lana bleu-oscuro, cedutagli da Don Ricaldone nel viaggio dal Piemonte a
Roma. Era quella che il Rettor Maggiore usava d'inverno in auto. Quando il
Conte me
fattore ».
la
consegnò,
mi
disse:
-
La tenga lei; è un ricordo del ,mio bene-
Sul caso del Conte de Vecchi, abbiamo da Don Francesco Laconi a cui fu
affidata la persona dell'exministro fascista, un'ampia documentazione di tutte
le pericolose peripezie sofferte per salvare questo ricercato politico. Di essa ri-
407

44.2 Page 432

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portiamo solo le prime pagine che presentano la decisione di Don Ricaldone di
fare tutto il possibile per aiutare il Conte, perché sono di particolare importanza.
Esse, infatti, lumeggiano, con la coraggiosa adesione del confratello, anche il
procedere retto, lineare di Don Ricaldone come amico di un'illusre quanto sfor-
tunata autorità politica.
Ecco come ricorda Don Laconi:
« Ai primi di novembre del 1943 vengo convocato a Torino da Don Rical-
done; mi trovavo aflora a Bollengo, nello Studentato. Ricordo che arrivai verso
sera all'Oratorio. Come mi annunziai, Don Savarè pochi minuti dopo mi disse
che Don Ricaldone mi aspettava in camera sua. Fu che appena entrato contro
il suo solito, mi diede un abbraccio e poi mi invitò a sedere. Iniziò così:
Bosco-. Mio caro Laconi, noi Salesiani dobbiamo essere come ci voleva Don
Che diresti tu, se uno che ci ha reso dei grandi e segnalati favori viene a
trovarsi in necessità di avere il nostro appoggio e soccorso? La mia risposta fu
pbpriroloenptpraieoer paseeiurrrtzaqarueeesstiattoaii.zipLoenaris:Co-noen.gSrDeigg..aDRzii.ocnRaelidcaoelnddeoinoreip,triensodeio:dmo-avnredVmiaemmdooi,
fare tutto il possi-
io ti ho chiamato
questo favore. So
che conosci bene la Valle d'Aosta... Gli avvenimenti potrebbero durare a lun-
go e prima che ci siano delle soluzioni, tutto può capitare. Sai che a Montalen-
ghe abbiamo il Conte De Vecchi. Il posto non è sicuro, e poi troppi ne par-
lano. Ho pensato che tu potresti condudo a Bollengo e tenerlo con te, sen-
za che nessuno lo sappia, eccetto il Direttore, e, al massimo il Prefetto D. Bon-
vicino, ma nessun altro. Sei dispo'sto a fare tutto questo2 Te la senti? Guarda
però che la cosa non è così facile come a prima vista può sembrare. Non devo fi-
gurare, per questa volta, io la Congregazione, perché se tu fossi scoperto
dai tedeschi o da quelli della repubblica di Salò, sarebbero dei guai seri.
A questo punto io capii che le cose si facevano serie anche per me e che
quanto D. Ricaldone mi chiedeva comportava dei rischi molto gravi. In altre
parole potevo rischiarci la testa, lasciarci la pelle. Gli eventi attraverso i quali
andai incontro, le varie vicende non smentifono questi miei presentimenti. Tale
però era il mio affetto ed il mio attaccamento, stima e ammirazione per il
Rettor Maggiore che non esitai a dirgli che se voleva che giocassi anche la testa,
io ero disposto e che poteva contare su di me. Ero certo di andare incontro a
delle possibili avventure, non per amore di avventure, ma per la dedizione
alla Congregazione e |'amore che sentivo per il Rettor Maggiore, ero disposto
a fare quanto mi aveva detto.
Qui D. Ricaldone si fece serio e poi con una franchezza di cui gli sarò sem-
pre grato,
iniziativa.
Fmigi lidoismsei:o-,
Tu
se ti
dovrai agire come se tutto debba avvenire di tua
dovessero scoprire... caso mai ti dovessero anche
arrestare, guarda che ti dovrò smentire. Cioè io dirò, per non compromettere la
Congregazione ed i Superiori che tu hai agito di tua iniziativa.
Questo era un parlare chiaro, ed io apptezzai proprio in quel momento la
completa chiarczza del mio Superiore Maggiore. I rischi erano gravissimi; D.
408

44.3 Page 433

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Ricaldone li intuiva e quasi presentiva, e perciò dovevamo mettefe tutti e due
le carte in tavola. Così la mia risposta finale fu questa:
grega-zionLee. iPdeirspnooni gSaacdeirdmoeti
come crede e come giudica.
e Religiosi Salesiani si tratta
Appartengo
di sottrarre
alla con-
più gente
.h" porriu-o, di tutti i colori, alla morte e alla strage. Lo farò. A lei chiedo sol-
tanto una promessa ed è questa: che lei mi assicuri che nol caso che dovesse
succedere qualche cosa, perché i tedeschi od alri mi potrebbero arrestare, ed
u.rch. .ottoporre a degli interrogatori (io non mi illudevo), Lei manderà non uno
qualsiasi, ma un membro del capitolo superiore a spiegare ogni cosa ai miei
genitori. Lei dovrà salvaguardare dopo, il mio nome e il mio onore. Accetto a
queste condizioni.
D.
tempo.
Ricaldone si alzò,
Verrai a cena con
nmoii,apbboriadccoipòoelepopri emghi iedriessfea:re-moHuaniaarlciuunnieonoereddeil
Capitolo a cui parteciperai anche tu, e così vedremo di intenderci meg'lio. In-
,r*o ,r., p.nru già , .o-" intendi eseguire il tuo piano, prima del trasferimento
del Contè da Montalenghe a Botrlengo e poi come intendi fronteggiare ogni
-possibile pericolosa evenienza >>.24
Questa \\a schiettezza e la prudente
carità
di
D.
Ricaldone'
Giustamente, scrive D. Terrone, è ancora << troppo presto per far cenno ad
altri salvataggi »>, anche perché D. Ricaldone su di essi fu riservatissimo e ne
rimasero a conoscenza soio i Confratelli incaricati per praticare e per ospitalità'
Ma c'è un'altra lettera del Senatore Burgo che, accennando a'lla « dolorosa vi-
cenda >> dice quanto D. Ricaldone si adoperò per lui'
Como, Casa di Cura Vilia Aprica, 15'7-'44'
« Illusffe caro Amico,
mi consenta di chiamarla così, in questo mio scritto che l'aggravatosi mio
vecchio disturbo renale, mi ha impedito-di inviarle prima come avrei vivamen-
te desiderato.
sono
Comunità
ora
che
e molto clamorosamente a ringraziarla e per
Ella dirige e per le preghiere fatte innalzare
parte ptesa con la
al Datore di ogni
bpiaeolunsseteiH,baieoleff.;imni.cmrohrlatté.orsrced"oemcisnoipdmlePeeritaeatcmolouoncndfetiied-f,oao,nsEscllehalaefPsapratoorttàavevcrsildeauefltlrnoaivzfemardaimeairiedp,corolciomniròsoisesscanihmtievriài,cmedpnioidfcrauhi'ciusApinmeorriacarieivmela--
ri, con cui procurò intrattenermi, memofe del suo costant€, pregiato attacca'
mento ed
Ve11ò
ausilio alla nosra causa'
anche col ricordo e rimpianto
vivo,
delle
liete
ore
lascofse
a
lei
vi-
cino, in unione al compianto, comirn. Amico Conte Rebaudengo-, e. nella {idu
.ia éi potere urr.o., ,rriti spiritualmen_te, assieme, impetrare dal|'Altissimo, un
non lontano migliore avvenire per la diletta nostra Patria.
Frattanto é nell',attesa di tale auspicato incontro, voglia illustre caro
Amico, accettare 1'espressione della più profonda nosra gratitudine, col1'as-
24 Testimonianza di D. Francesco Lacofi, 2 luglio 1971
409

44.4 Page 434

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sicurazione del sincero attaccamento alla persona ed alla grande
Ella compie per il bene di nosma gente e della Patria *r.toiirtu.
opera
che
i. n
voglia anch-e
occasione di S.
accettare il nosuo grazte per
Luigi ed avermi con i sensi
la gtadita Benedizione inviataci
della migliore devozione
aff.mo suo
Sen. Lurcr Bunco »>
Pure gli Ebrei trovarono scampo un po' in tutte le case salesiane, anche
presso le F.M.A. di sassi. La casa di Piossasco ospitò profughi, così pure quella
di canelli, di villa Moglia e del colle. Erano luoghi un po' fuori Àano e per
qualche tempo potevano celare le persone.
un caso a cui si può accennare è quello del Professor Jona Luciano, atttal-
mente Presidente della Banca di San Paolo, poiché egli stesso ailla morte di D.
Ricaldone, in seduta del Consiglio comunale di Torino dichiarò pubblicamente
la riconoscenza verso l'estinto per aver ailtato lui e la sua famiglia nel periodo
più critico della sua vita.
Don Giuseppe Zav'attato, a\\lora Direttore di Penango come già si disse,
ricorda il caso piuttosto grave del Prof. Jona. Fu il Prof. Valletta che ricotse a
D. Ricaldone per salvare I'amico Jona che, quando egli aveva uno studio di
commercialista in Via Garibaldi a Torino, aveva Tavorato alle sue dipendenze.
Don Ricaldone mandò la moglie del Professore presso le F.M.A. di Diano d'Al-
ba, i figli li affidò ai Salesiani di Lombriasco, poi fece accompagnare il profes-
sore da D. serié, a Penango. Quella sera era andato anche il Prof. Bussi della
FIAT a vedere il suo << nascondiglio »>. sostò a Penango circa otto mesi, ma poi
scoperto, D. Ricaldone lo fece accogliere dal Parroco di Montafia.
In questo modo egli si salvò insieme ad un industriale biellese ed anche ad
altri dieci giovani che a Penango trovarono rifugio. Erano rugazzi che non si
sentivano di unirsi ai partigani, né tanto rneno di passare fra Ie file dei Te.
deschi. La Casa di Penango visse in continuità ore di trepidazione.
D. zavatt^ro non diceva mai di no, cosicché ad ogni amivo o passaggio di
tedeschi o di fascisti in paese, i giovanotti preavverriti correvano dai sàlesiani
per trovare rifugio nei solai e nelle soffitte della loro casa!
La caità, attirò la protezione visibile di Dio tanto che mai quei generosi
confratelli subirono perquisizioni. Solo una volta vennero ufficali e soldati te-
deschi per avere in prestito lettiere e materassi che poi restituirono.2s
Per la salvezza dei figli
Ma se D. Ricaldone si adoperava e si faceva aiutare dai Confratelli per sal-
vare gli esterni, quanto più non agiva e metteva in moto tutti quanti pot.lruno
giovare alla causa, quando si trattava di figliuoli.
2s Testimonianza di Don Giuseppe Z^vattarc.
410

44.5 Page 435

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I1 caso di D. Lobacz Giuseppe, salesiano polacco, gli fu dolorosissimo; non
arrivò in tempol
Ecco cosa capitò. Nell'agosto del 1944 i partigiani aiutati dagli Americani,
prepararono un'oifensiva in provincia di Cuneo contro le SS Tedesche che te-
,.uàro le vallate con rutrrye provenienti dalla Polonia. I1 Comitato di Libera-
zione che cercava Cappellani per i partigiani, saputo che D. Lobacz, Salesiano,
era polacco, 1o pregò I m.tterri in contatto con i soldati polacchi incorporati nel-
le truppe tedesche, per vedere di rabbonirle.
Egli acconsentì, ma {'r.r preso per una spia e... nell'agosto del 1944 scompar-
ve. Don Ricaldone, come lo seppe, non si dette più pace. Iniziò le ricerche, ten-
tando tutte le vie. Ma non approdarono a nulla. All'inizio di novembre, Don
Demaria, venuto a conoscenza della storia di Don Lobacz, si offerse a Don
Ricaldone per una ricerca. Egli ne rimase commosso. Gli diede una dichiarazione
che 1o incaiicava di visitare le Case Salesiane come Direttore del,la Rivista « Gio-
ventù Missiott^tia>> e prima di congedarlo non seppe dirgli altro che: << Dio ti
benedica! »>. Don Demària partì in bicicletta per le Alpi di Mondovì, zona do-
v'era scomparso Don Lobacz, nell'intento di appurare qualche notizia. Era im-
presa non lacile e il rischio era grande, perché si era nella fase acuta della lotta
ira partigiani e tedeschi. Da Torino passò a Yezza d'Alba e poi ad Alba che era
in Àuro alle SS Tedesche. Qui ottenne dal comando tedesco un lasciapassare
e proseguì per Pollenzo, Cherasco, Benevagienna. Dopo una sosta
dovì, Curia, chiedendo, indagando. Nessuno ne sapeva nulla,
andò a Mon-
aveva vi
sto nessun sacerdote. A Vicoforte passò in Seminario e al Santuario.
tizia emersa dall'indagine: una donna, spiando dalle persiane, aveva
Unica
visto i
no-
te-
deschi spingere su un camion un sacerdote e portarselo via con loro alle due di
notte, nel mese di agosto, paftendo per ignota destinazione' Bisognava sposta-
re l'indagine tra i soldati polacchi fuggiti in montagna con i Partigiani. Fu la
strada b,rona. Un sotrdato polacco passato ai partigiani aveva ricevulo rrotizia
che la colonna tedesca .i era spostata in Liguria e che Don Lobacz era colà in
prigione. Don Demaria si precipitò a Torino per avvertire Don Ricaldone.26
Subito Don Ricaldone si mise in comunicazione con l'Ispettore della Ligure
Don Garbarino perché cercasse il confratello Don Lobacz. L'ispettore cercò, chie-
se e seppe che era stato portato con i detenuti politici alle carceri di Marassi di
Genova. Si precipitò a Marassi, ma non 1o trovò più: da due giorni efa stato
srasferito alle carceri di Milano. Immediatamente comunicò la cosa ai confra-
telli di Milano, avvisando Don Ricaldone che viveva febbrilmente questa corsa
affannosa e sempre deludente per il ritardo di giorni, di ore. Quando i confratelli
di Milano p".r.riono di avere finalmente raggiunto Don Lobacz, seppero che era
già partito per l'Austria destinato al campo di Mathausen.21 Eta la {ine! Mathau-
sen, allora, era sinonimo di morte crudele, terribile!
26 Testimonianza di Don Demaria, aprile 1970.
27 Testimonianza di Don Garbarino, 26 marzo 1970.
4lr

44.6 Page 436

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Don Ricaldone non si dette per vinto. si è trovata , selza data, la minuta
della supplica preparata da Don Ricaldone al Maresciarllo Graziani per la li
berazione di Don Lobacz:
<< oggile9ttoo:ttLoibbereraaziovniceodfoerlteSa(cMeordnodteovDì-c.uGnieuos)epdpaelleLAobuatcozr,itàpotleadcecsoc,haerreesctaotno-
dannato.
Il
fessore
pfarettsoso- i
D. Lobacz fu daL 1939 fino al momento della
Licei filosofici salesiani di Torino e Foglizzo.
sua
cartura
pro-
Non ebbe mai rcTazioni neppure epistolari
plare in tutto. Il suo Superiore Provinciale, nei
con esterni e fu sempre esem-
primi giorni di ottobre avendo
saputo della presenza di soldati polacchi nella zona di Mondovì, pensò che D.
Lobacz avrebbe fatto volentieri un pellegrinaggio a quel santuariÀ, dando così
comodità ai polacchi di compiere i loro doveri religiosi. D. Lobacz accettò. Sa-
rebbe stato bene che avessero interpellato prima il Comando Tedesco, anche per
avere i necessari documenti; purtroppo il Superiore D. Lobacz pensarono
a ciò.
D. Lobacz il giorno 6 ottobre partì dal suo Istituto di Foglizzo; pernot-
a Fossano; giunse il giorno 7 al Santuario di vicoforte, il giorno g si prestò
per il ministero sacerdotale ai Polacchi: il giorno 9 era catturato.
Considerazioni:
1. D. Lobacz fu sempre di condotta esemplare in tutto.
2. Non ebbe mai relazioni con esterni di nessun genere.
3. stette solo ur- giorno a vicoforte e solo per qualche ora prestò il suo mi-
nistero sacerdotale.
4. come avrebbe egli potuto in così breve spazio di tempo ordire complotti o
combinare spionaggi, quando il suo unico desiderio ..à di .ipurtire subito e
ritornare al suo Istituto per fare scuola?
5. È probabile che D. Lobacz trovandosi con i suoi pamioti si sia commosso
e che, padando delle tragiche vicende della patria abbia potuto pronunciare
qualche espressione che sia stata fraintesa. Ma noi sappiamo che il dolore
nostro e altrui ha bisogno di tanta comprensione e compatimento.
6. I mesi di prigionia e le sofferenze patite possono essergli computati come
espiazione.
7' Don Lobacz è molto sofferente di salute e non pomà rendere servizi alle
Autorità tedesche qualora fosse addetto al ,lavoro.
8. I suoi superiori assicurerebbero le autorità tedesche di vigilare severamente
D. Lobacz onde evitare I'ombra di sospetti.
I superiori salesiani chiedono \\a grazia della liberazione di D. Lobacz per la
4t2

44.7 Page 437

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memoria di oltre cento salesiani tedeschi ufficiali e soldati eroicamente caduti sui
campi di battaglia>>.
Nel taccuino personale del 1945 di D. Ricaldone, il 27 gennaro troviamo
segnato anche un inconffo con i:l Viceambasciatore germanico pef trattare an-
cora in favore di D. Lobacz. Ma come la lettera, neppure questa insistenza a vi-
va voce giovò. Il caro D. Lobacz moriva il 3 maggio di quell'anno a Mathausen
all'età di 53 anni.
Grande fu il dolore di D. Ricaldone'per non aver potuto salvarlo e per la
mancanza di notizie sulla sua tragica fine.
fnaspettato fu pure il caso dell'Ispettore Don Ricceri e di Don Fava. Il
30 ottobre il primo venne chiamato dalla polizia tedesca, venne fermato e asse-
gnato alle carceri di Torino. D. Ricaldone avvisato da D. Trummer che aveva
accompagnato D. Ricceri, si allarmò e chiamò il Direttore dell'Oratorio Don
Toigo. Nessuno sapeva nulla. La stessa cosa capitò a D. Fava. D. Ricaldone man-
subito D. Pavese in Federazione per sapere che ne era di D. Fava. Anche lui
era stato arrestato per ordine del Federale e internato in Via Cernaia.
Novembre fu tutto speso per liberare i due confratelli e sollevarli in tutti
i modi. D. Toigo fece 1a spola da Valdocco alle << Nuove »> di corso Vittorio pres-
so Don Ricceri.
L'11 novembre D. Ricaldone stesso andò con D. Ziggiotti da D. Fava.
Nel taccuino di D. Ricaldone nei giorni 13, 14, 15, 16, Il novembre c'è
la laconica annotazione: <( continuano pratiche per D. Fava e D. Ricceri >>.28
Ma quale intreccio di ansie, di trepidazioni, di incontti, di lettere, di sup-
pliche, di interventi velano quelle poche parole! E quanta, quanta preghiera nel-
l'attesa di quei giorni che parevano a tutti, e tanto più a lui, il Padre, intermi-
nabili! Lo si intuisce dallo scatto di gioia del Cronista di Valdocco che il 17
novembre scrive: << Ritorna scarcerato l'Ispettore! Festeggiatissimol >>.
Quante angustie in quel 1944.
Aveva appena goduto di quel ritorno, che dieci giorni dopo, 11 27, gli an-
nunciavano che le truppe tedesche avevano occupato la casa del Colle'
L'anno si chiuse con la perquisizione dell'Oratorio nel giotno di S. Stefano:
26 dicembre.
D. Ricaldone che appariva così calmo, padrone di sé, una salda quercia sotto
lo scrosciare della bufera, nelf intimo gridava al Signore tutto il suo calvario di
padre: << Domine, etsi ex omni parte angustias me premunt, gratias ago tibi, et
sursum post tenebras spero lucem. Festina, Domine, et noli tardare quia nunc
28 Taccuino personale di Don Ricaldone del 1944. Don Fava era stato arrestato in
sFvcoeeàmgneuumritatoiosleeaadfltlo'iumivcNpacrirosueivdoaeirinresaz,u:aaoRvideviniensnapeutÉgotsnaeaMnnaattainPrefsraienadacvieani vlisi.aeurQpòi euiereendsxotetiteafefdtesousttceuiannatdotcoaroi eldlienxagiiaodPl.ilviaEeirsvstaisogeiamndndiiiol,it_Laadorlelemiel,_bvfrofaiiagcusillfciiftoiaocniaddelreoeal
lcaosinuvaocltaottuDra.-dFaavpaa,rtdeirdeetitopraertidgiianLiocmhberilaoscceor,cacvhaenoa. vIenvaquoessptaitaintsoosilpeMttaatan_ftrreagdeindiia,
veliva
creduto
complice degli uccisori.
413

44.8 Page 438

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est tribulatio magna, qualis non fuit. Sed tu, Domine, ex omnibus tribu,lationibus
liberabis nos et nos gaudebimus scientes quod spes tua non confundit >>.2e
Nella preghiera trovava la torza di ripresa e di portare il peso della sua
responsabilità superando le difficoltà delle distanze e delle comunicazioni per-
ché il suo intervento giungesse a tempo e fosse efficace. Le ambasciate, la Cro-
ce Rossa internazionale, autorità civili e religiose, i vari organi della S. Sede
conobbero le lotte sostenute da Don Ricaldone tenacemente insieme ai suoi
figli per avere notizie, dare aiuto e confortare. In particolare la sua azione per
ottenere la liberazione di confratelli dell'India fu intessuta di pazienza ed insi-
stenza nel condure il dialogo colle autorità indiane.
L'11 giugno 1940 a Bandel (Calcutta) la Polizia entrò nella casa sale-
siana e arrestò tutti i salesiani italiani, rinchiudendoli con centinaia di civili ita-
liani e altri 15 missionari nel campo d'Almednagar presso Bombay. La spiega-
zione era chiara: il giorno prima l'Italia era entrata in guerra.
L'Ispettore D. Scuderi, anche rlui internato, fu eletto dai 600 uomini del
campo, loro Cappellano. Fu mirabile nel prodigarsi al bene spirituale e materiale
degli internati. Coi confratelli organizzò gruppi di studio, corsi di religione, scuc-
le di materie varie e creò persino un periodico: << Fides nostra >> che veniva dat-
tiloscritto e girava nel campo per tener viva la fede e alto il morale.
Adiacenti al campo c'erano attendamenti di prigionieri: erano soldati ita-
Iiani. Si può pensare 7a gioia dell'incontro fra compatrioti e come questo fu un
mezzo per fare del bene a quei poveretti che costituivano come il « collegio »
a cui i Salesiani rivolsero tutte le loro cure.
Nel febbraio 'del L94l però tutto il campo civile fu trasferito a Deoli, a
100 Km. da Bombay, e allora con grande pena i Salesiani dovettero lasciare i
loro cari soldati italiani.
A Deoli rimasero orto mesi per passare nell'ottobre di quello stesso anno
nel campo di Dehra Dun, a Nord di Delhi. La posizione era migliore e anche i
baraccamenti più decenti, ma sempre toppo popolati. Nel marzo del 1941 con
pena e con gioia insieme, i nostri Salesiani del Sud videro arrivare nel campo i
confratelli del nord e ancora atrri del Sud-India. In tutto eruno l44l Vi erano
anche chierici e coadiutori; 95 erano dell'Ispettoria del nord. Per alcuni l'inter-
namento fu molto lungo: durò 75 mesil Anche qui si fecero apostoli. Pregavano,
studiavano, erano a disposizione di tutti facendo scuola di religione, di lingue,
di matematica. Fecero studi sulle << Memorie Biografiche » di D. Bosco, sulle
« Circolari >> dei Superiori, tradussero libri in inglese, prepararono volumetti
per una co'llana missionaria.
Diciannove chierici fecero i loro studi teologici con serietà e precisione tan-
to che furono ordinati sacerdoti nello stesso Campo dall'Arcivescovo di Agra.3o
Furono veramente esemplari quei missionari salesiani, lo attestò D. Pietro Meliga
» Taccuino personale di D. Ricaldone del 3L.12.1944.
30 Cfr. D. P. Btnnutr, Testimonianze raccolte dal Sac. P. Zerbino, S.E.I., pp. 408-409
4t4

44.9 Page 439

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che, vivendo con loro, ne vedeva le virtù eroiche esercitate quotidianamente con
7a naturalezza propria dei veri figli di D. Bosco: « ...Come ci siamo sentiti orgo-
gliosi di essete sailesiani! Vi posso assicurare, come teste oculare per due anni (e
ne avrete le prove da più alte fonti), che i Salesiani si sono distinti per regolarità
di vita, pelspirito di povertà, per spirito di corpo, per osservanza scrupolosa
delle Regole e per amore della bella virtù... »>.31
Come non poteva D. Ricaldone preoccuparsi per questi figliuoli carissi-
mi? Fin dai primi mesi, coadiuvato da tutti i Superiori, si appigliò ad ogni mezzo
per ottenere la liberazione. Quando questa parve irraggiungibile, bussò a
tutte'le porte serlrndosi di tutti gli appoggi e le conoscenze più alto{ocate sia ec-
clesiastiche che civili e militari per ottenere a quei confratelli a,lmeno un ratta-
mento che rispettasse la loro vita di consacrati.
Furono anche interessati Mons. Mathias e Mons. Laravoire Morrow così
influenti nell'India, e quando tutto fu inutile, si susseguirono le raccomanda-
zioni perché li visitassero, li raccomandassero al Comandante del Campo affinché
alleviasse disagi e sofferenze e specia,lmente ne abbraviasse l'internamento.
Quando aveva bussato a tutte le porte, Don Ricaldone rimaneva costante-
mente fermo ancora presso una e la batteva ora con tocco dolce, ma insistente,
ora con fotza fiduciosa, ora con ansia trepida: la porta della preghiera. Questa
non lo deludeva mai; gli si spalancava in risposte inattese, forse a scadenze im-
previste, ma sempre superiori all'aspettativa. Così fu la preghiera iI suo bussare
per i Missionari dell'India: la liberazione dei fratelli tardò, ma quella missione
fiorì di vocazioni nel dopoguerra, in maniera inimmaginabile.
Ma a D. Ricaldone giungevano anche notizie di casi immediati e di fatti
compiuti. Erano aresti, morti. Belgio, Olanda, Polonia, Germania, Russia.,. chi
li poteva contare? Eppure appena poteva avere nomi, dati, D. Ricaldone anco-
ra cercava, indagava per avere notizie.
Gappellani Militari
Attraverso D. Luigi Pasa, salesiano, che dal 1943 era Cappellano volonta-
rio dei campi di concentramento germanici e che poteva avere comunicazioni
col Nunzio apostolico a Berlino, S. E. Mons. Orsenigo, chiese notizie di tre sa-
lesiani di cui sapeva solo che erano mancati. Cos'era capitato? D. Pasa scrisse
a Monsignore e poté avere una sua lettera in cui c'era un breve, commovente
racconto della morte dei tre bravi salesiani. La spedì a D. Ricaldone e il cuore
del Padre leggendola si commosse; aveva dei figli eroici. Queila lettera era un
prezioso documento da conservare, tanto che rimandandola a D. Pasa scrisse:
« Ti rimando l'originale, quantunque avrei preferito che fosse rimasto nel no-
stro archivio »>.32 Ecco il documento:
31 Lettera di D. Pieuo Meliga a D. Berruti. Cfr. Op. cit., pp. 409-4L0.
32 Lettera di D. Ricaldone a D. Pasa in data 2) novembre 1945 da Torino.
4t5

44.10 Page 440

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<< Reverendo Don Pasa,
Eichstatt, 20 otrobre L945
a buon diritto ella mi chiede qualche notizia circa i suoi rre confratel-
li, chiamati da Dio al premio eterno. Purtroppo non ebbi con tutti uguale
dimestichezza di vita. Quello che mi fu più vicino, anche perché concittadino
della capitale germanica, fu Padre Martino Cristofori, e gli avevo soitto da
Eichstatt, rispondendo ad una sua affettuosa lettera, le mando la mia risposta,
molto più che il precipitare degli eventi ha impedito che questa mia lettera
gli giungesse. Caro Don Cristofori, tanto umile nella sua pur così notevole cul-
tura letteraria, tanto servizievole pur nella spossante uguaglianza e monoto-
nia del suo lavoro, così pio da attribuirsi tarto volenrieri l'Ufficio di cerimo-
niere, nonostante le sue distrazioni che si sarebbero dette morbose e che
offrivano così allegra materia per i commenti a funzione finita, ed il primo a
goderne era lui stessol
Ho conosciuto Don Ezio Florìani solo agli ultimi mesi, mi parve un vero
santino: amava i suoi soldati internati, come un Rettore può amare i suoi con-
vittori. Era felice che un buon soldato aveva nel campo continuato le prediche
del mese di maggio, e ne fece un ampio rapporto alla nunziatura. La sua morte
occorsa menffe era in viaggio per celebrare una Messa vespertina in un cam-
po, fu rimpianta da tutti, come se ciascuno avesse perduto il miglior amico:
i più addolorati furono i soldati.
Don Puiiys, il lituano, era altro tipo; buono, serio, ma audace, deciso e
abilissimo nella sua mansione non facile: era cappellano dei suoi connaziona-
li. Conosceva fin dalla Patria i metodi russi, e quando poté, se la cavò. Si
dice abbia passato l'Elba a nuoto, non è confermato, ma è certo secondo il
sua carattere. Povero Pui§ys, era tanto fiero del suo D. Bosco. L'Elba fu pas-
sata uionfalmente, ma mentre credeva di essere sicuro, aveva raggiunto la ri
va del suo cimitero. Pochi giorni dopo, recandosi per un ufficio pastorale poco
discosto, era vittima di un banale incidente di itrada procuraò dalla moto-
cicletta, che usava volentieri a risparmio di tempo...
Caro Don Pasa, non aggiungo elogi speciali, perché tutto è detto dicendo
che esplicarono la loro cura d'anime con spirito salesiano e Lei che in questo
lavoro è maestro, e dello spirito salesiano è campione, perché non conosce
fatichs, può bene immaginarsi quanto zelo hanno dedicato questi tre salesiani
al loro compito e quanta riconoscenza hanno mietuto. Ah questa guerra! che
conta le vittime solo a numeri, proprio come un numero distingueva i poveri
internati, quanto sarebbe più esatta se contasse anche le personalità che sono
cadute, non per sommafle, ma per illustrarle ad edificazione di questo povero
mondo che va perdendo gli elementi della sua migliore fisionomià moralè.
Ella che conosce le mie rcTazioni più vive con tutti questi defunti, può
credere anche con che dolore ne parli e con quale sacerdoàle riconoscenzà li
ricordi spesso nelle mie preghiere; sia questa I'espressione della mia con-
doglianza.
Dev.mo Cr,sana Onsnwrco r>.
Gome lupi davano la caccia all'uomo, ma essi furono « pescatori di uomini "
Chi ripeté D. Bosco e visse col suo cuore di Padre gli orrori del fronte, il
terrore delle prigioni, {e angherie dei campi di concentamento, furono i Sale-
siani che, chiamati come cappellani militari o andati volontariamente, condivi-
416

45 Pages 441-450

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45.1 Page 441

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sero coi loro fratelli più tormentati e angaiati, brutture e sofferenze che solo
I'odio può creare.
Giunse a ta,li vette di eroismo la loro opera, che D. Ricaldone nell'agosto
t946 a conoscenza degli episodi di soli alcuni di loro pensò di raccogliere << le
relazioni dei confratelli militari e specialmente dei Cappellani sulle attività re-
ligiose e caritatevoli svolte durante itr loro servizio di guema >>, così pure quelle
dei Confratelli che, pur non essendo mobilitati, avevano resi servizi di non or-
dinario zelo a beneficio della Patria e della società, e dava l'ordine aD.Ziggiotti
di darne comunicazione.33
Egli di fatti, conosceva l'opera solo di alcuni più vicini o che era riuscito
a seguire, ma e gli alti? Erano più di 100 i Cappellani militari salesiani sparsi
ovunque, e molti, pur non avendone il nome lo erano di fatto. Le documentazioni
del loro operato sarebbero state <( le più belle pagine per g1i Annali della
Congregazione durante questi anni dolorosi >>.
Don Ricaldone aveva avuto sempre un'attenzione speciale per i confratelli
chiamati al servizio militare, specialmente per i Cappellani Militari la cui mis-
sione non era per nulla facile e nello stesso tempo non senza pericotro. Fin dal-
l'ottobre del L939, quando in Europa si accendevano qua e i primi fuochi di
guerra scriveva:
<( ... esorto quanto so e posso i Sigg. Ispettori e Direttori a prendersi le più
affettuose cure dei Confratelli sotto le armi: Ii seguano con la preghiera, con le
frequenti lettere e con tutti quegli aiuti che possono loro procurare: lodo questi
Ispettori che inviano ad essi una circolarina mensile o quindicinale. Sono nostri
figlioli e devono sentire che siamo loro effettivamente e praticamente vici-
no... ,r.'
Quando poi tutto il mondo divenne un vasto fronte di battaglia in quella
letfera circolare n. Ll2 del luglio-agosto 1942 così densa e così supplichevole
per ottenere la bontà delle opere e la santità della vita, aiuti e conforti ai hateT-
li più provati, egli rivolse anche una parola di lode e di incoraggiamento ai cap-
pellani militari: È questo il luogo ed il momento più opportuno perché io rivolga
una parola paterna e affettuosa ai nostri bravi confratelli soldati e ai nostri ze-
lanti cappellani militari che sanno tenere così alta la bandiera del sacerdote e del
salesiano. Coraggio, figliuoli carissimi: noi continuiamo a pregare per voi perché
il Signore vi assista nella vostra ardua missione e nel compiere eroiche e cnren-
ti espiazioni ». E poi li premuniva contro possibili pericoli. « Da parte vostra
però vigilate di non allontanarvi mai dalle nostre sane tradizioni. Nessuno, per
una mal intesa cottesia, si lasci andare a fumare, fosse anche solo sporadica-
mente. È facile conratre una abitudine non buona, ma riesce poi assai difficile
liberarsene. fnvece è bello ed edificante saper compiere, con piccoli sacrifici, no-
bili espiazioni ».
33 A.C.S., n. 1.36, LuglioAgosto 1946.
34 A.C.S., n. 95, Settembre-Ottobre 1939
41

45.2 Page 442

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Egli non poteva conoscere gli eroismi di tutti questi suoi figliuoli carissimi,
ma dei vicini poteva dire molte cose. Trattava con loro per i suoi <<salvataggi >>
e sapeva, oh, quante cose sapeva, pur se << non voleva saper nulla»> come disse
a D. Zeliauskas per i suoi giovani lituanil
Aveva e poteva trattare con Cappellani di tutti i tipi. Un cappellano della
questura di Torino in D. Emilio Vico; un Cappellano dei << rasttellati >> nei cam-
pi di concentramento e nelle prigioni di Torino in D. Demetrio Zucchetti; un
cappellano dei partigiani in D. Luigi Cocco; un cappellano degli ospedali in D.
Aldo De Ricci; un improvvisato cappellano dei prigionieri inglesi in D. Luigi
Tavano; un... <( tutto fare per tutti salvare >> in D. Molas; e poi D. Luigi Pasa
prima Cappellano degli Avieri italiani e poi cappellano volontario degli inter-
nati in Germania con il quale riusciva ancora a comunicare.
Anche di altri più lontani aveva notizie, ma non poteva seguirli perso-
nalmente; talvolta veniva a conoscelza del loro coraggioso apostolato quando già
erano morti, come fu per D. Vittorio Floriani, per D. Pui§ys e tanti alri. Per loro
scrisse nell'apdle del 1943: I<< nosti cento e più cappellani sui diversi fronti
si mostrano veramente degni figli di S. Giovanni Bosco: li raccomando caldamen-
te alle vostre preghiere ,>.35
Paderemo di quelli che furono a contatto diretto con lui non perché la
loro dedizione abbia superato quella dei Confratelli salesiani Cappellani militari
di altre nazionalità,, ma solo perché avendo avuto continuità di rapporti con lui,
dimostrano di essere stati come il prolungamento della sua azione paterna'
Don Vico fu un vero capolavoro di santa audacia e ancofa più di santa astu-
zia, animata da una carità senza limiti. Chiamato nel periodo della « Repubblica
Fascista »> quale Cappellano della Questura, con facilità e naturalezza sorpren-
dente si occupò dell'attività partigielna senza destare sospetti e diventando così
ponte di salvezza fra i due fronti opposti per moltissime persone.
Sul taccuino di D. Ricaldone molte volte egli segnò, in quegli anni: " Affa'
re con D. Vico ».
Era chiaro: c'erano persone da salvare.
La sua carità fu così grande che 1o stesso comitato Militare Regionale Pie-
montese di Liberazione Nazionale, i7 7 giugno 1945 gli rilasciava questo at'
testato:
<< I1 Sacerdote salesiano D. Emilio Vico, ha dato fin dal novembre 1943
opera intelligente ed attiva in favore del movimento di Liberazione Nazionale.
Firmato: II Capo di Stato Maggiore
Col. G. FroRr >>
Era un giusto riconoscimento all'opera svolta fin dall'inizio del movi-
mento
Nella relazione che D. Vico dovette fare sul suo operato per richiesta dei
3s A.C.S., n. 116, Marzo-Aprile 1943
418

45.3 Page 443

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superiori, si vede l'uomo schivo di parlare di sé, dallo stile scarno, affuettato.
Tuttavia anche dalla brevità dello scritto si può intuire quanto non è detto.
I viaggi che fece per missioni partigiane furono una tentina. Una ventina
di persone per suo interessamento ottennero la libertà. Salvò anche due suore
del Cottolengo, gli operai di Torazza che lavoravano nello stabilimento FIAT e
l'intera popolazione di Lombriasco minacciata da rna forte rappresaglia.
Ospitò anche varie persone influenti nel suo ufficio per poi nasconderle in
luogo sicuro e sottrarle così alla ptersecuzione della Repubblica Fascista. Inol-
tre come Cappellano insisteva presso i comandanti e agenti affinché sapessero
rendersi utili in quei servizi possibili a favore delle popolazioni.
I Tedeschi però alle << Casermette »> si accorsero che D. Vico si interes-
sava dei rastrellati e lo allontanarono. Allora non potendo più recarsi sul posto,
intetessava altre persone.
Chi lavorava alle << Casermette » e non solo là, con cuore di Padre, era
il confratello D. Demetrio Zucchetti a cui D. Vico poteva appoggiarsi con si-
curezza. Fu un padre per quei poveri rastrellati e poté fare molto non solo per
l'aiuto morale, ma anche materiale di D. Ricaldone.
Egli ricorda: « Negli anni 1943-1944 fino all'aprile del 1945, prestava
assistenza ai rastrellati dai tedeschi che deportavano in Germania... Questi po-
veretti venivano strappati dalle loro case con quello che avevano addosso; ave-
vano bisogno di tutto: comunicare notizie alle famiglie... vestiari... cibo..., ecc.
e per questo occorreva denaro e D. Ricaldone fu sempre larghissimo e pronto a
dare. Quanti biglietti da mille mi diede! Ed allora valevano ».
L'azione di D. Zucchetd fu quanto mai benefica e molto accetta da parte
dei « rinchiusi >> che sempre lo ricevevano con gioia, perché erano sicuri di avere
da lui aiuto morale e materiale.
Vi erano tra i rastellati uomini e donne, fanciulli e fanciulle (ragazzi di
soli 14 o 15 anni); operai, contadini, professionisti, ex militari, ex ufficiali,
carabinieri, invalidi di guerra. Erano tutti solo accusati di non volersi sotto-
mettere ai tedeschi e di favorire i patigiani. Dopo sosta più o meno lunga, era-
no mandati in Germania, su carri bestiame, in vagoni sigillati.
Le conversazioni di D. Zucchetti con i rastrellati erano brevi e sempre con-
tollate dai tedeschi e dai Repubblicani. Egli portava loro pane, frutta, indu-
menti e talvolta denato. V'era poi 7a parte morale, spirituale che donava a tutti
consolazione e spetanza. I pacchi erano sempre conrollati; qualche volta 1o
stesso D. Zucchetti fu perquisito nella persona pensando celasse qualche ordi
gno. Poi i sospetti diminuirono e poté entrare con maggior libertà, benché a vol-
te avesse ancora noie e sospetti.
I poveri rasrellati erano stati presi chi in casa, chi in viaggio, chi sul
lavoro, chi persino in Chiesa. Caricati su di un camo, giungevano al Campo di
Corso Stupinigi: « Caserma Nizza » in stato miserando. Chi era partigiano ve-
niva torturato, battuto, derubato degli oggetti più cari e spogliato di tutto.
L'unica speranza era nel sacerdote; egli portava aiuto e conforto. Molti aiuti
vennero dai superiori e lo stesso Card. Fossati donava alimenti ed indumenti
419

45.4 Page 444

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per i poveri sofferenti. D. Zucchetti poté far avere molte lettere ai parenti e
consegnarne molte ai poveri detenuti; era pure in comunicazione telefonica con
alcune famiglie. Portavano loro anche libri e tabacco. Il tabacco era quasi tutto
fornito dai Salesiani che, non fumando, avevano a disposizione dei poveretti
tutto quello che era assegnato dalla « tessera ». Negli ultimi mesi distribuì
anche denaro per la somma di L. 15.000. Egli organizzava anche festicciole
per le feste più belle. A Natale ed a Pasqua oltre la S. Messa vi era pure il
canto di mottetti eseguito da un gruppo di giovani dell'Oratorio Salesiano del-
l'« Agnelli >>. Dopo la S. Messa festiva vi era la distribuzione di indumenti ai
più bisognosi. Per Natale S.E. il Card. Fossati mandò il dolce per tutti e D.
Ztcchetti procurò sigarette e un quarto di vino. Si celebrò pure un matrimonio,
rcgolarizzando la situazione di due giovani per i quali si ottenne la libertà.
Quante volte poté sospendere inumani castighi che dovevano essere inflitti
a tutti per... cose da nulla! Molte volte per punizione erano sospese le visite
domenicali dei parenti e allora D. Zucchetti interveniva e otteneva clemenza e
perdono per tutti. Si sentì dire più volte, anche dopo la guerta: << Eravamo ab-
bandonati da tutti, eccetto che dal sacerdotel »>.
In realtà D. Zucchetti seguiva ognuno individualmente come un vero pa-
dre. Quando si accorse che molti erano deportati senza aver la soddisfazione di
veder esaminati i loro documenti, inviò una sentita protesta al Prefetto, invi-
tandolo a provvedere. Gli promisero che non si sarebbe più deportato gente in
quel modo, ma purtroppo furono solo parole. Nonostante tutto riuscì a sal-
vare molte persone. Bisognava presentare i documenti o pagare profumatamen-
te! D. Zucchetti si recò più volte al Comando Militare per portare documenti e
raccomandazioni e quasi mai invano. Per la sua opera parecchi non partirono per
la Germania.
Durante le feste natalizie invitò il Cardinale al Campo perché in suo omag-
gio Iiberassero 12 uomini e il favore fu concesso. Così avvenne a Pasqua per
l'onomastico ed il compleanno di D. Zucchetti. Ottenne la liberazione di oltre
una quarantina di persone. Ad altti invece, non potendo fare altro, indicò la
via da seguire per avere la libertà.
Negli ultimi mesi giungevano al campo quasi tutti partigiani; molti erano
già stati alle << Nuove >> o in Via Asti e portavano i segni delle torture sul loro
corpo. D. Ztcchetti li avrebbe voluti salvare tutti, ma purroppo per molti ve-
niva l'ora tristissima, angosciosa della partenza per la Germania. Egli allora
cercava di incoraggiarli, di dare loro fiducia e offriva la possibilità di confes-
sarsi e comunicarsi, facendo venire alcuni Salesiani perché 1o aiutassero. La par-
tecipazione era generale. Per questi ultimi D. Zucchetti con la grazia divina e
il conforto spirituale aveva ancora doni nascosti e preziosi: seghette, scalpelli,
arnesi con cui aprirsi qualche breccia nel carro bestiame. Parecchi riuscirono a
fuggire durante il viaggio servendosi di quegli oggetti. Schivo di ogni ricompensa
materiale, D. Zucchetti ebbe sempre grande tributo di affetto e di riconoscen-
za; in lui tutti videto, in quelle ore tristi, l'uomo di Dio, superiore ai partiti,
pronto a dare a tutti aiuto e conforto, il vero sacerdote.
420

45.5 Page 445

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Alla fine della sua missione D. Zucchetti ricorda di aver incontrato un
giorno D. Ricaldone. Il Superiore si accorse che quel figliuolo era disfatto
dalla fatica, dalle pene morali condivise con i « suoi rastrellati >> e fu lui che lo
invitò ad andarc un po' dai suoi parenti: « Senti, ora vai un po' a casa tua a
riposarti... » e gli diede il denaro pet il viaggio.
'Cappellano volante di prigionieri inglesi, fu D. Luigi Tauano che, cono-
scendo la lingua, era chiamato un po' ovunque dove si trovavano questi pove-
retti: chi prigioniero, chi ricercato, chi fuggiasco. Nel 1943 D. Sangalli Giusep-
pe, cappellano nel campo dei prigionieri inglesi, presso il « Tiro a segno >> di
Stura nella Zona del Rebaudengo, lo chiamò in aiuto ed egli si recò più volte
a celebrare la S. Messa e a portare donativi.
Il 22 agosto di quell'anno il Parroco di Castiglione Torinese lo introdusse
in un Campo di lavoro di prigionieri inglesi alla <<Rezza )> presso Gassino.
poteva fare molto bene persino col Pastore anglicano e il suo figliuolo che diri-
gevano a p^rte le loro celebrazioni religiose. Ma forse perché molti simpatiz-
zarono per lui, già il 2 settembre gli venne proibito I'accesso.
D. Tavano non si disarmò e, nel mese dopo, in ottobre, trovò altro lavoro:
nell'Ospedale Militare centrale c'era un gruppo di inglesi malati. Se li fece tutti
amici con la sua affabile bontà. Fra essi c'era il Capitano d'aviazione Fergus-
son di Blackley presso Manchester, che era cattolico. Egli riuscì a fuggire e D.
Tavano passò ore non roppo rassicuranti in Questura.
Anno di grandi traffici per salvare inglesi tu il 1944. D. Luigi Tavano ti-
corda: << All'Epifania dell'anno 1944 giunse a Torino accompagnato da un Pa-
dre Orionino polacco un britannico dello Yorkshire, Edwatd Woods, già solda-
to in Palestina. Non potendolo tenere in casa, in attesa di prendere contatto
con chi faceva andarcinsvizzeru gli inglesi, lo prese in casa a Villa Salette (Stra-
da Fenestrelle - Torino) il Padre Polacco Ferus. In attesa di poter partire per
7a Svizzeta 1o accompagnammo al n. 1 di Corso Regio Parco dove c'era un ame-
ricano, Roberto Chassidy. Entrambi però dovettero presto sloggiare: il \\X/oods
faceva la spola tra la suddetta Villa, la casa salesiana di Via Cottolengo 32 eYia
Giulio 20, dove si fermava solo di giorno.
Fallito il tentativo di raggiungere la Svizzera, dopo rassicuranti in{orma-
zioni, 1o accompagnammo a Caselette dal Rev.do Patroco che già attendeva
a molti altri inglesi. Ma anche di il 31 gennaio, dovettero sloggiate assieme
ai patrioti. Il Parroco per questi aiuti dovette passare un mese di prigione in
Via Astil
L'8 gennaio 1944 per invito di alcune suore F.M.A. andai alla Astanteria
per confortare Andrea Caveney, inglese, ferito al femore e alla gamba, dai
Tedeschi a Vallo Canavese, menre dava segnalazioni ad altri compagni che
poterono fuggire. Egli era di Middlesborough (25 Lincoln St.) e fu preso a
Tobruk: era cattolico. Gli portai libri ed altro in diverse visite, fino a marzo.
La Signora Pagliano Amalia gli portò vino e cibarie e i degenti dell'Astanteria
fecero collette per vestiti, specie quando seppero che doveva partire per la
Germania col freddo e senza essere guarito. I1 Dott. Vidili ed altri rischiaro-
421

45.6 Page 446

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no assai per dichiararlo più volte inabile a trasporti. Alf inizio dello sciopero di
marzo, venne poftato all'ospedale militare centrale, sorvegliatissimo; solo la
Pagliano riuscì ad avvicinarlo arrischiando una tremenda rappresaglia. Si seppe
che fu a Novarz. e nulla più. Dopo previo invito di D. Biancotti da parte del
Parroco del Lingotto D. Serra, il 10 marzo 1944 andai in casa del Sig. Gabrie-
le Tesio, Via Pio VII 122 - Torino. Vi erano 6 inglesi oltre il figlio ed altri
italiani. Con loro dovetti più volte aghe da paciere perché erano piuttosto dif-
fidenti. Dissi messa nel loro rifugio il giorno dopo Pasqua e per il S. Natale.
Erano di grande conforto per loro le mie visite. Quando il Sig. Tesio fu denun-
ziato potei farlo rifugiare con 4 inglesi presso i nostri confratelli del Colle.
A liberazione awenuta li rividi quasi tutti in casa del Sig. Tesio.
Un'a7fta volta nell'andare alle << Nuove »> di Torino per visitare Morandi
Riccardo, nell'infermeria, incontrai il Britannico Roberto l-ister che era stato
ferito a Coazze in uno scontro tra tedeschi e partigiani. Anche per lui feci quan-
to potei per sollevado e aiutado »>.
Il lavoro di D. Tavano fu difficile, segretissimo, fatto con tanta circo-
spezione e anche con poca o scarsa soddisfazione, perché raramente raggiunge-
va il suo scopo. La stessa diffidenza di quei poveretti che spesso temevano di
tutto e di tutti, la lingua inglese, erano di grande ostacolo per ogni tentativo di
bene in loro favore. Don Ricaldone sapeva dell'apostolato di questo suo fedelis-
simo segretario, e non solo aiutava lui, ma anche i suoi collaboratori. E Don Ta-
vano sapeva che la stessa sua vita poteva correre pericolo da un momento allo
altro. Un pomerigio disse al collega Don Savarè, che mai dimenticò, queste pa-
role: << Devo uscire. Se non torno più, qui vi sono varie commissioni da fare.
Questo pacchetto poi, è tutto compromettente. In caso di perquisizione, sappi-
ri regolare »>.5
E D. Luigi Cocco? Fu amico di tutti i partigiani. La << formazione Franchi »>,
il « Corpo Volontari della Libertà »>, il Partito Liberale Italiano; il C.L.N. Com-
partimentale Ferrovie Statali; Ia Commissione riconoscimento Qualifiche par-
tigiani per la Lombardia,lo stesso Ministero della Difesa della Repubblica Ita-
liana, tutti, con certificati, diplomi d'onore, medaglie al merito riconoscono
l'opera incessante di questo figlio di D. Bosco in favore dei Partigiani, per la
salvezza dei quali si espose a pericoli gravissimi. La motivazione del Ministero
delle Difesa per Ia decorazione al valore militare di D. Cocco, così esalta il suo
operato:
« COCCO DON LUIGI di Giacomo, classe 1910, da Grugliasco (Torino)
Sacerdote animato da alto spirito patriottico, sosteneva volontariamente la lotta
di resistenza e collaborava attivamente con una missione militare operante in
temitorio occupato dal nemico. Sospettato e sottoposto a stretta sorveglianza,
non desisteva dalla sua attività. Successivamente arrestato e percosso riusciva
con mirabile fteddezza e fermezza ad imporsi al nemico riacquistando la libertà
36 Testimonianze di Don T. Savarè, Agosto 1971
122

45.7 Page 447

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continuando nella sua opera altamente pauiottica. Zona di operazioni: agosto
1944, apile 1"945 >>.37
D. Cocco li porta ancora tutd nel cuore quei cari fratelli ricercati, pedi-
nati, gli ostaggi di Grugliasco, Condove e Carignano; i venti polacchi scappati
dalle file dei tedeschi provenienti dal Veneto; i Lituani passati al Comandante
Alberti e tutti i morti ed i feriti raccolti con le macchine della C.R.I. nei giorni
dell'insurrezione...
Quanti volti cari gli passano davanti: il Capitano Monti (Felice Montino)
salvato con documenti falsi; Gigi Martignone (Prof. Zinif) cercato a lungo;
Osvaldo della « Franchi )> catturato e ferito; il Comandante Fino; il Sudafri-
cano Alam William Farbes tenuto con per 3 mesi e mezzo dal gennaio allo
aprile L945; il Capitano Tacchelli nascosto in casa sua fino alla Libe-
tazione.
E quando {urono catturati i massimi esponenti della « Missione Augusto »>?
Carlo Milan, Giorgio Costa, il Maggiore Moschini, il Maggiore Di Costanzo, il
Capitano Giorcelli, Pistoi...
Quante trattative per liberarlil Ma non riuscì a salvare Riccardo Bandeolo
della . Franchi »> che fu fucilato e D. Cocco ne fu penato come per la morte di
un figlio! Raccolse tutto ciò che era appartenuto al povero e buon Riccardo e
ne seguì la salma perché non venisse seppellito come sconosciuto. Poi cercò di
rianimare i superstiti dei due gruppi << Franchi >> e << Missione Augusto )> met-
tendo in rapporto i loro Capi: Capitano Giovine e Maggiore Cemato.
Ricorda anche l'irruzione delle SS tedesche iI 23-24 aprile nell'albergo
Nazionale;la perquisizione... ed i ceffoni che si prese... Per fortuna si acconten-
tarono di quellil I1 27 apriTe, invece, fu preso ostaggio con altri 4 Militari della
C.R.I. e portato alla « Brigata Nera »>, ma erano gli ultimi atti di violenza di
poveri fuggitivi e tutto passò.
D. Cocco avrebbe sempre voluto andate in prima ltnea fra i combattenti, ma
il Maggiore Creanti e la Prof. Tettamanzi non vollero mai che lasciasse Tori-
no; egli era di maggiore utilità ove si trovava, fiamma di amore, di luce,
di speranza, ministro di salvezza per chi fuggiva, per chi cercava pane, abiti,
documenti, notizie e anche per chi attendeva la sentenza di morte.
D. Cocco, tenente cappellano, si trovava in viaggio all'Armistizio dell'S
settembre. Era a Grosseto: per fuggire alla cattura dei tedeschi si diede alla
macchia. Da allora cominciò instancabile fru i partigiani pet salvare molti soldati
e ufficiali italiani dalla deportazione in Germania.
Egli, giunto in Piemonte con altri militari datisi alla macchia, si mise in
contatto con tutte le bande dei partigiani alle quali mandava i vari fuggiaschi.
Tutti poi, assisteva spiritualmente essendo per loro vero padre e ministro di
grazia e di perdono. Fu l'amico dei partigiani di Forno di Coazze, della Val
37 Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Roma 5.2.1969.
423

45.8 Page 448

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di Lanzo, il Consigliere e primo aiutante dei loro capi: Manfredini e Monti a
cui ogni tanto raccomandava, come nuove reclute, gruppetti di giovani e di ex
militari fuggiaschi. Fu a contatto col gruppo di Cumiana guidato da Silvio Geuna
e trattò col Maggiore Creanti, con Savoretti, col Maggiore Zuna per aiutare dei
militari boemi fuggiti dall'esercito tedesco.
Riuscì a far aver armi a77a missione Augusto guidata dal Tenente Carlo
Milan, ad avvisare il Tenente Blandini perché si mettesse in salvo, a formare un
gruppo autonomo di militari nel basso Canavese.
Quante, quante persone rifugiò, aiutò, fece scappare... Fu un'odissea con-
tinua di viaggi, di messaggi, di incontri. In camera sua aveva la radio della
<< Missione Augusto >> che funzionò fino al giorno della liberazione. La sua casa
era poi a disposizione di tutti per riunioni clandestine; se ne servì il Partito
Libetale e la Gioventù Liberale, il Comitato Liberazione Nazionale cittadino,
il C.R.M.P.; il Fronte della gioventù, la Divisione Torino... Non ci fu giorno
che non ebbe con Partigiani o ricercati politici, per agevolarli nella loro andata
ai monti. Quando poi qualcuno veniva catturato, egli lo seguiva fino alle carceri
di V. Asti, << Brigata Nera >>, per poterli far uscire. Seppe persino fornire tes-
sere e documenti perfettamente imitati, per salvare tante persone che diversa-
mente sarebbero state mandate in Germania o condannate alla fucilazione. Ospi
anche i ferrovieri scioperanti...
Sullo stampo di D. Cocco era Don Molas: 1o stesso stile di generosità e di
eroismo acrobatico.
Se D. Cocco fu il « partigiano di Dio »>, D. Molas fu <, avventuriero di
Dio ». D, Molas non eM né cappellano, né militare, partigiano. Era il Rettore
del Santuario di Maria Ausiliatrice al Colle D. Bosco. Che fece questo figlio di
D. Bosco iI cui cuore ardeva della carità più incondizionata per i suoi fratelli
sofferenti? Si mise a disposizione di tutti. Lo sapeva anche D. Ricaldone che a
Lui ricorreva in tutti i casi: D. Molas sapeva, D. Molas provvedesse, si ricorresse
a D. Molas..-
D. Ricaldone era sicuro: bastava che lo avvisasse di questo o quel caso, D.
Molas sarebbe arrivato a tutto ed a tutti.
Così 1o presenta il Prof. Giacinto Giordano nel suo libro: << Vita di chirur-
go tra i partigiani >>:
« ...fu allora che i patrioti ricorsero al potente aiuto di Don Molas. Questo
simpatico e veramente ardito prete salesiano, paraguayano di nascita, intelligen-
tissimo, tutto nervi, direttore della casa salesiana dei Becchi, presso Castelnuovo
-tsatrtoim, dcuuinrirateongddooliausrenpe'opcetitarimmlmaeesnmsteoacdlcoahlilnsacaPadmoolbinzioaiatadTgeeliiddpearsilcgf aiion-ndiuessrtii.iaeElreacRodisevìde,ilclpaaottdoeimtTumottrooinaoan,icdnooora--
recarci sia di giorno sia di notte, a lenire le sofferenze dei feriti e dei malati
partigiani, bisognevoli d'interventi d'urgenza ».
Tutti quelli che ebbero a tratta,re con D. Molas ne rimasero avvinti: era
I'uomo di Dio, il vero figlio di D. Bosco, il fratello buono, semplice, tutto cuo-
re, volontà, azione dinamica a servizio degli infelici.
424

45.9 Page 449

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Ecco come il donatore della lussuosa macchina ne parlava scrivendo a D.
Ricaldone per una richiesta fatta ancoru da lui:
Molto Rev.do D. Ricaldone,
Torino, 21.9.t945
il buon amico D. Molas ricordando gli aiuti dati ai Partigiani mi ha pro-
spettato l'opera potente a cui Ella si sta adoperando per Ia necessità di ricreare
un'umanità più buona e f.attiva, e mi ha fatto presente come quest'opera abbi
sogni di aiuti per la sua urgente tealizzazione. Le premetto che i miei aiuti
sono andati sempre indifferentemente e apoditticamente a tutte le opere oneste
di bene con l'intendimento profondamente cristiano di sollevare nel limite della
mia possibilità le miserie dell'umanità. Così oltre all'aiuto persistente dato al
buon D. Molas nella sua immane fatica durante tutto il periodo di lotta parti-
giana, ho aiutato quei galantuomini che mi sono stati amici come D. Molas e
così i Barbato, i Mauri, i Renato, i Bellandi, ecc. che pur appartenendo a
fazioni ed idee diverse si sono dimosrati onesti e degni di aiuto per I'ideale
comune della causa per la quale tutti combattevano e soffrivano.
Il buon D. Molas non ha avuto bisogno di perorare troppo Ia sua causa che
io ho sentito subito tanto buona e santa da meritare la massima assistenza ed
appoggio. È per questo che sono lieto di metterle a disposizione la prima
somma di L. 50.000 con l'accluso assegno a Lei intestato.
Sono grato a D. Molas per avermi dato la possibilità di contribuire ad una
nuova opera di bene, e sono certo che il buon seme gettato potrà dare il rac-
colto auspicato per il rinnovamento morale della nostra gioventù.
La prego vivamente di volermi conservare la tanto ambita sua amicizia e
di gradire I'espressione deferente della mia più alta stima e considerazione.
Rrvrr,ra FnaNcBsco.38
Lo stesso D. Ricaldone stimava e amava molto D. Molas, perché anche se
<( avventuriero di Dio >> rimaneva sempre figlio esemplare, umile, semplice, con
I'anima piena di Dio e perciò staccato da tutto e da tutti. Queste due lettere che
riportiamo, dicono quanto D. Ricaldone lo seguì negli anni duri della guerra e
quanto D. Molas gli rimase filialmente unito, considerandosi << 1'ultimo dei suoi
figli ».
La prima è del 20 Mano 1945.
<< Rev.mo Sig. D. Ricaldone,
Amatissimo Padre,
depongo nelle sue mani il resoconto della sottoscrizione di Castelnuovo
di cui le avevo fatto parola, mentre colgo questa opportunità per tingtaziaila
38 I1 Sig. Rivella Francesco fu un grande industtiale di Torino per le sue pelliccerie,
conceria, tintoria e confezione.
425

45.10 Page 450

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con riconoscente affetto delle paterne, per me preziosissime parole dell'ultima
sua lettera che conservo come norma della mia vita. Le due volte che in que-
sti ultimi cinque anni potei avere un suo breve scritto mi sentii come una ru-
giada rinfrescarmi 1o spirito in questo periodo di vita in cui mi sembra di
attraversare un arido desetto. La rir,grazio tanto, Padre, mentre le chiedo una
benedizione per ottenermi dall'Ausiliatrice e dal nostro Padre D. Bosco, 1o
spirito di preghiera di cui sento tanto bisogno. Coi migliori auguri di Buona
Pasqua, bacio le sue mani con filiale affetto. L'ultimo dei suoi figli
Don Moras ».
Ed ecco la seconda: a cose finite D. Molas desiderava ritornare « nel grup-
po )> nascosto fra i Confratelli:
Amatissimo Padre,
Colle D. Bosco, 7-6-1948
voglia gradire i più fetvidi auguri di un povero suo figliuolo. Con quanta
riconoscenza egli la ricorda nelle sue meschine preghiere per la gtande gra-
zia che gli concede di potet dimorare in questi luoghi santi, dove mi sento
tanto contento e felice.
Poco posso fare e questo talvolta mi impensierisce perché forse i miei
Superiori si aspettano di più da me. Anch'io desidererei fare o essete in grado
di fare di più e non sempre ci riesco.
Ma Ia buona volontà non mi manca e cerco di supplire in altre forme la
deficenza del mio lavoro.
Se talvolta ho qualche ansietà è quella di non essere tanto << eccellente >>
in questa Terra dove tutto ci invita ad <. eccellere >>.
Voglia la sua benedizione, amatissimo Padre, fare in modo che alme-
no << marci nel gruppo )) se non proprio in prima flla tra i più perfetti dei
miei Confratelli dai quali ho tanto da imitare.
Se però, amatissimo Padre, se i Superiori desiderassero che io lasci il
mio « piccolo paradiso temestre >> e ceda il posto ad alffi che meglio sappiano
compiere le mie mansioni, io in filiale umiltade e pronta obbedienza farò
ciò che mi dicono.
Ringraziandola ar,cora una volta per tutta la sua bontà e porgendole i più
sentiti auguri di buon onomastico, bacio la sua mano di padre.
Suo dev.mo figlio in Don Bosco
Don Mor.es.
Tra un D. Zucchetti alle carceri, un D. Cocco ai monti, un D. Vico in
Questura, un D. Tavano che girava fra i Campi dei prigionieri e un D. Molas
che con una disinvoltura che si dovrebbe definire <( santamente audace »> gira-
va in macchina, D. Ricaldone aveva tutto uno Stato Maggiore di << pescatori di
r-romini )> per poter fronteggiare la orribile << caccia all'uomo >>.
D. Ricaldone poté seguire un alro suo degno figliuolo, Cappellano milita-
re, nonostante fosse lontano e di cui si servì ancora per aiutare a salvare: Don
Luigi Pasa.
426

46 Pages 451-460

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46.1 Page 451

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Le lettere che D. Ricaldone poté inviargli nelle sue diverse e importanti
missioni, mostrano come egli sentisse che il suo zelo sacerdotale, il suo amore
di Padre, la sua attività di servizio per i più bisognosi trovava in D. Pasa Ia
rcalizzazione concreta e in quello stile salesiano che egli desiderava fosse la ca-
ratteristica dei cappellani militari salesiani.
D. Pasa nel l9)5 fu chiamato militare dell'Aeroporto di Aviano (Udine)
dove rimase fino all'8 settembre 1943. Fu in questo periodo che egli raccolse
i maggiori frutti della sua fatica apostolica. Per i suoi Avieri fu padre, amico,
maestro, medico e soprattutto fu un vero educatore salesiano, plasmatore di
cristiani.
Per i suoi figliuoli analfabeti istituì corsi, facendo conseguite 7a licenza
della 5" elementare e della J' Media. Per loro fece costruire una bella Cappel-
la con una lapide ricordo per i compagni caduti per la Paria. Essi la vollero
dedicata a D. Bosco, perché D. Pasa li portava a Dio parlando di D. Bosco,
presentandolo come modesto, insegnando i suoi principi. D. Ricaldone lo sapeva
e ne godeva animandolo a tutto sperare dal momento che egli seguiva le trac-
ce del Padre Santo.
Il 16 Maggio 1938 gli scriveva:
<,, Godo che il nostro Santo Fondatore sia sempre più conosciuto e amatc
dalle anime affidate al tuo zelo >>.
Nello stesso anno il 1' novembre lo incoraggiava a creare il clima di fami-
glia fta gli allievi sulle orme di D. Bosco:
<< Sforziamoci di corrispondere alle grandi aspettative attuando in pieno con
la pietà eucaristica, col 'lavoro santificato, con la carità che infiora la serena
allegria di vita di famiglia, il programma del nostro Santo Fondatore e Padre >>.
L'11 febbraio l9)9, quasi facesse una riflessione personale sugli esiti
veramente confortanti dell'apostolato di questo suo figliuolo, gli scriveva: ..r È
proprio vero che con 1o spirito di D. Bosco possiamo ottenere frutti abbondanti
in tutti i campi dell'apostolato »>.
Quando la guerra riportò a D. Pasa i suoi avieri feriti a morte, egli non
ebbe più pace. Hanno scritto di lui i suoi ragazzi: << Troppo lungo sarebbe
enumerare I'assistenza data ai militari ammalati e feriti di guerra, le disposi-
zioni e preparativi per le onoranze funebri ai caduti in incidenti aviatori, il
conforto spirituale agli Avieti dislocati in Africa e Sicilia, celebrando il Divin
Sacrificio anche sulla linea del fuoco, non badando con quel suo spirito gati-
baldino, alf incolumità della propria persona.3e
Quando con I'Armistizio del 19$ molti dei suoi figliuoli furono deporta-
ti in Germania, per non abbandonarli, prese una decisione eroica: partì come
Cappellano Volontario per i Campi di concentramento germanici. I suoi bene-
3e Ad maltos anmos! Numero unico dedicato al Rev.mo Prof. Luigi Pasa S.D.B. già
Cappellano Militare dei Campi di internamento in Germania e Polonia nella ricorrenza
del suo 25' di Sacerdozio, decennale della Liberazione, 1929-7955. Assoc. Reduci dalla
Prigionia, dall'Internamento e dalla Guerra di Liberazione.
427

46.2 Page 452

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ficati che a guerra finita poterono tornare alle loro case non seppero mai dire
tutto il bene che D. Pasa fece per loto. Ricordano i<< mille sotterfugi per lenire
la sofferenza dei suoi compagni, il trafficare per poter scrivere a S.E. Mons. Orse-
nigo, Nunzio Apostolico a Bedino, per ottenere medicinali, viveri che pur-
ffoppo non riuscirono a colmare le esigenze del campo, ma portavano in quel
mare di desolazione, di fisico abbandono una goccia di conforto e di aiuto.{
Raccontano le mille feste organizzate da lui nelle baracche, una Mosra
dell'Artigianato, i cori, le commedie, e quanto poteva dare, almeno per brevi
ore, un po' di gioia e lasciava che il pensiero andasse alle persone care, al di
dei reticolati con corrente elettrica, dei riflettori e delle sentinelle, alle case
lontane dove non c'era il freddo e la fame, dove la neve non era così diaccia come
quella della Polonia. D. Pasa seppe talmente lenire con suo amore le sofferenze
di masse umane affamate e lacere, deluse quasi sempre nelle loro speranze, che
i superstiti, scrivendo in << Tappe di un calvario >> la storia di quei giorni non
ne tratteranno mai con odio, con faziosità: nol Don Pasa aveva insegnato loro
ad amare, a perdonare, a pregare. Egli ne dava l'esempio e si dava da fare per
salvare.
Fu solo un immenso amore di Dio e dei fratelli che gli diede l'ardire e la
{orza fisica, nel 1943, a tornare in Italia atrraverso il Belgio e la Francia, a pero-
rare presso il Papa la costituzione della missione Pontificia e a ritornare in
Germania per visitare 2.000 internati. Percorse 50.000 Km. bruciato da febbre
di carità divina.
Così descrisse quell'avventura d'amore l'On. Prof. Paride Piasenti, uno dei
tanti internati, ricordando Don Pasa:
<< D. Pasa, il 12 maggio 1945 part\\ da §Tietzendorf per l'Italia con non so
quanti quintali di lettere, biglietti, dispacci, messaggi di 10 o 12.000 uomini per
le loro famiglie... L'Europa era ancora tutto un sussulto, una tragedia infer-
nale... E D. Pasa partì sempre concitato e sbuffante, sempre emozionato ed im-
petuoso... e ce la fece! Arrivò a Roma, si fece ascoltare dai sommi poteri politi-
ci; andò dal Papa ed ebbe subito a sua disposizione la Radio Vaticana. Si pre-
sentò a tutte le porte: supplicò, tempestò, chiese, protestò, gemette, ricordò che
c'erano al mondo semivivi, negletti, lontani, almeno 700.000 italiani...
Ma il fatto più incredibile, più pazzesco, l'avventura più assurda fu che si
mise in testa di ritornare in Germania, e ci riuscì! Chi era a 1ùTietzendorf la
sera del 16 luglio L945 si sente ancora nelle orecchie il grido: È << tornato D.
Pasa! »>. e difatti era tornato... con un sacco di notizie per tutti e con autocarri
per i primi rimpatrii... »>.41
Veramente l'amore di Crist<l fu il suo stimolo! Quando tutto ritornò alla
normalità, egli pensò ad alt-i fratelli bisognosi che volevano ritornare ad una
« vita normale »> e non 1o potevano fare nella loro Patria. Si recò allora in Argen-
n Op. cit., p. 26.
at Op. cit., p. ll.
428

46.3 Page 453

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tina per assistere gli emigrati o meglio centinaia di italiani clandestini 1à sbar-
cati.
Hanno scritto: << Occorrerebbero pagine e pagine per poter parlare con
calma e serenità dell'opera sua: il correre da un ufficio argentino all'altro per la
sistemazione dei nostri connazionali, per ottenere liberi sbarchi e l'ardua fatica
per il collocamento di circa 400 clandestini, che rappresentavano la nota più
dolorosa alla sua fatica e al suo gran cuore di italiano ».
Il suo ufficio in Calle Mareno a Buenos Aires era un porto di mare. Gente
che andava per consigli, pef informazioni, in cerca di lavoro, di assistenza e per
tante alme cose, grandi e piccole che finivano per confluire dove Padre Pasa
era pronto a intervenire e a sistemare i suoi postulanti.a2
Provò il conforto di avere presso di D. Pasa anche s.A. Reale iI Duca
Aimone di Savoia rifugiatosi a Buneos Aires e mofente. Lo confortò, 1o assi-
stette fino alla fine e poi avvisò la consorte e provvide ai suoi funerali che
per desiderio dell'estinto furono semplici ed austeri.
Anche D. Ricaldone si valse di D. Pasa per rintracciare ed avere notizie di
Confratelli, e aiutare, sempre aiutare i più sofferenti. Già nel 1942, il 2 marzo,
non sapendo dove raggiungerlo, gli
occuparsi dei Confratelli di Derna.
scriveva tramite la Procura per pregarlo di
Aveva infatti saputo che D. Pasa li aveva
visti:
faccio
« Porta
pregare
loro i miei saluti e la mia benedizione e assicurali che
per loro. Portaci poi tante loro notizie e sappi indicarci
prego e
ii modo
di comunicare con essi per via celere e sicura >>.
Nel 1944, avute sue notizie, dopo una sua andata in Germania, gli scris-
se la sua gioia nel saperlo bene e impegnato in così meraviglioso apostolato e lo
incoraggia a mettersi in relazione con qualche casa salesiana vicina, sia per avere
aiuto, assisteflza e confofto personale, e sia per avere notizie di questi con-
fratelli e mandarle ai superiori.a3
Da una lettera di D. Ricaldone del 12-6-1944 si capisce che D. Pasa non
solo aveva avvicinato i confratelli, fta aveva trovato anche degli ex allievi
desiderosi di scrivere al Rettor Maggiore. D. Ricaldone ne è felice e scrive:
<< Grazie delle tue due lettefe e di quelle dei carissimi ex allievi. Ti prego di
dire a tutti la mia riconoscenza, assicurandoli delle preghiere mie e della Con-
gregazione. Mantenetevi sereni e fiduciosi ... Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco
faranno che si abbrevii la prova »>.
Nell'agosto del 1945 D. Ricaldone mandò un messaggio urgente ,r D. Pa-
sa: « Veda se tra gli internati può rinracciare « I1 Capitano Gaita Aldercaro,
fratello del nostro .^ro Auuo.uto Tullio Gaita, del campo di concentramento di
Wietzendorf, nella speranza che gli possa accelerare il ritorno in Patria »>. Un
mese dopo gli scriveva per tingraziarlo. << Seguiamo tutti con grande interesse
le attività cÉe svolgi a favore dei nostri fratelli internati e prigionieri in Ger-
a Op. cit., p. 26.
43 Lettera di D. Ricaldone a D. Pasa del 3l.l'1944.
429

46.4 Page 454

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mania. Bravo: continua! Il Signore ti darà un grande premio per il bene che
hai potuto farc »>.e
Aveva potuto ottenere qualche cosa per il capitano Gaita? Forse. D. pa-
sa agiva, ma non scriveva. D. Ricaldone aveva avuto pure ramite il suo inte-
ressamento le notizie dei tre confratelli salesiani morti, da S.E. Mons. Orseni-
go e glielo {aceva sapere ringraziandolo.
Quando seppe che D. Pasa di ritorno in Italia riuniva e accompagnava dal
Papa i valorosi e fedeli ufficiali da lui curati e assistiti nei campi di concen-
tramento ne esultò e gli ricordò paternamente: << Ho appreso pure con gio-
ia che, a totale compimento del voto fatto in prigionia, u.ii"t. .rel mrggio v-.n-
turo a questo Santuario di Valdocco per dire il vostro << grazie » alla Vergine
Ausiliatrice e a S. Giovanni Bosco. Sarete i benvenuti! >>.as
D. Ricaldone lo seguì anche in Argentina. Appena giunto, subito gli scris-
se. significativa questa lettera del 15 gennaio 194g in cui, se (osse stato pos-
sibile, cercava di calmarlo nel suo ardore apostolico...: <<...ora continua, *uìo,
grande calma e senza voler fare tutto in una volta. opere di questo genere han-
no bisogno di essere prima molto ben meditat.... ,r.G
di
continuò ad essere
azione intelligente e
vicino al carissimo D. pasa, quando,
dinamica in Argentina, il signore lo
dopo due anni
rapiantò nella
pace del santuario Ravennate della « Madonna Greca >>. Era un brusco pas-
saggio, ma anche D. Pasa si rivelò il vero figlio di D. Bosco che seppe fare
per la Madonna prodigi di amore portando a lei ancora tante anime. D. Rical-
done 1o incoraggiò e 1o confortò con affetto tenerissimo:
« Carissimo Don Pasa,
Torino, 8 settembre 1951
l, a
.ol puoi
tua lettera.
immaginarc
la gioia veramente grande
che mi hai procurato con
Desidero dirti che ho avuto sempre per te I'animo
II
essere
Signore ci guida,
certi che la mano
e _talvolta ànchè
che stringiamo
per sentieri
è sempre la
di fratelro e di padre.
scoscesi, ma possiamo
mano di un padre il
quale, olme che Padre è pure onnipotente.
l. a
_PAiabgbai.pd-eelrcs. 1c>uieonrea
fiducia
e va a.
nel signore: rifugiati con morta frequenza nel-
cercarJ il vero cònforto ai piedi del s. Taber-
nacolo.
di
Il signore terrà in gran conto
sacrifici veramente grandi.
il
molto
bene
che
tu
hai
fatto
anche
a
costo
ora sono felice di saperti in cotesto santuario e in cotesta città, dove
poffai fare tanto bene.
4 Messaggio di D. Ricaldone a D. Pasa del 28.8.L945
45
6
Lettera
Lettera
di
di
D.
D.
Ricaldone
Ricaldone
a
a
D.
D.
Pasa
Pasa
in
in
data
data
5.6.1946.
1i.1.1.948.
430

46.5 Page 455

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Tratta tutti con grande affetto e carità e cerca di atthare specialmente i
p- iìr
lontani.
Sii apostolo
delle
care
devozioni
a
Maria
SS.
Ausiliatrice,
e
S.
G'
Bo-
sco eTai lbBen. eDdoicmeedniicocuSoarveioi.l tuo aff.mo in G. e M.
Sac. Pretno RrcarooNr >>.
Gli elogi per D. Pasa sono raccolti in un libro, pubblicato per il 25' del
suo Sacerdozio'. " Ad multos annos! » tanto sono numerosi!
Dal Papa Pio XII alle più svariate associazioni di assistenza, di soccorso;
dai Ministri a tutti gli organi, Dicasteri, Comandi Militari; tutti, autorità reli
giose e civili hanno riconosciuto l'apostolato meraviglioso di questo ancor più
teraviglioso salesiano. Ma i più belli, i più realisti, i più veri, sono quelli degli
stessi internati dei vari Campi: di Beniamino, di Sandbostel, di 'ff/ietzendorf'
Ecco come lo descrive il Maggiore Antonio Mauro che fu un suo protetto nel La-
ger XB di Sandbostel in Germania: << 11 nostro Cappellano, il Salesiano Prof.
Luigi pasa, infaticabile e coraggioso, nonché degnissima persona, era, si può
dire, l'anima del Campo. In quei tempi di gravi vicissitudini e di esteme priva-
zioni... soltanto Dio nàn ci aveva abbandonati, e il Cappellano era un po'il man-
dato di Dio. Il Cappellano diceva Messa di plimo mattino, confessava ed as-
solveva interminabili fit. ai prigionieri; assisteva gli ammalati e portava loro
fiso, pasta e altri generi che aveva raccolto a chicco a chicco in mezzo a noi;
poi si recava a fapporto, ogni giorno, dal Comandante tedesco e da quello ita-
iiun , u.o-butt... la di,rÀrna battaglia per la nostra esistenza. Ci riuniva al
vespero per le orazioni e girava poi ogni se1a, con ogni tempo, la voce rauca e
il vìlto paoiazzo per il freddo, rivestito della semplice tonaca, tenuta insieme
cofi rozzi punti dati sui brandelli, e con una coperta sulle spalle. Girava di ba-
racca inburucca, sino a tarda sera, a portarci, col Rosario, la parola confortevole
del Signore >>.47
I1 segreto di D. Pasa come di tutti i cappellani di D. Bosco fu la Madonna.
D. Pasa la chiamò per i suoi soldati << Madonna del buon ritorno )> perché que-
sto era l'aiuto che essi le chiedevano.
E D. Ricaldone, così filialmente devoto della Madonna, pef questo comune
amore mariano, sentì di poter con maggior sicutezza contare su questi figli, e non
si stupì che nonostante tutti i pericoli, i rischi, essi {urono e rimasero evange-
lici << pescatori di uomini >>.
Essi erano ancora più suoi, petché proprio per questa devozione e forma
apostolica, erano i suoi più intimi collaboratori, gli strumenti più validi della
Società Salesiana in quell'ora storica.
a7 Op. cit., p. 15.
43t

46.6 Page 456

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Gli operai
In quegli ultimi anni di guerra l'odio, che una carità ingegnosa e coraggiosa
cercava di ricacciare
riti, non era vinto
più ancora dannose
con ogni forma assistenziale curando iiolpi ,t...utié f.-
e tentava nuove vie apparentemerrt. pu.ifi.he, ma forse
perché abbellite da progetti di ricostruzione, di benessere,
di giustizia, di fratellanza umana.
A chi aveva l'anima attelta all'assalto del mondo, pervenivano questi sban-
dieramenti di ideologie che pur gloriandosi di opporsi al totalitarismo, al na-
zionalismo, al razzismo, al nazismo, al fascismo, propugnavano lo stesso odio, Ia
stessa <( caccia all'uomo )> sotto le nuove etichette di lotta di classe, marxismo,
comunismo.
D. Ricaldone mentre tendeva l'orecchio a tutto il mondo, rimaneva in
ascolto della vecchia e marroriata Europa, covo di tanti errori e anche di quel-
la effervescente Italia settentrionale che, divenuta una dei fronti di guerra più
decisivi, faceva esplodere le ultime cartucce degli antichi odii, accendendo i fuo-
chi dei nuovi. A D. Ricaldone non sfuggì come quelle stesse forze che lotta-
vano disperatamente sui monti contro nazismo e fascismo potevano trasformarsi
in altrettanti focolai di odio, se non fossero state ben orientate; capì che quella
popolazione piagata da servizie e crudeltà di ogni genere poteva esplodere in
ribellione violenta se i propagatori delle nuove ideologie avvessero avuro campo
Iibero per i loro addottrinamenti materialisti ed atei.
A Roma i rugazzi della strada affamati se non fossero stati soccorsi sareb-
bero diventate incentive esche per tumulti e ribellioni organizzate da chi voleva
fare dell'Italia un centro, una porta europea al comunismo.
A Torino, e nell'Italia settenrionale in genere, non era questo il pericolo
numero uno. Non era \\a fame ad esasperare le masse, ma la fabbrica. euel la-
voro che non riusciva a gtadagnarsi il vitto necessario, che era fatto sotto
f incubo dei bombardamenti e più ancora delle rappresaglie tedesche e fasciste,
quel lavoro che procurava armi e prolungava la guema, quel lavoro che produ-
cendo anche per la guerra creava i capitalisti e livellava sempre più la massa, era
sorgente di ribellione, di esasperazione, di lotta. E c'era chi lavorava su questa
stanchezza, su questo avvilimento, su questa sorda disper azione.
D. Ricaldone che già in spagna e più tardi come consigliere professionale
aveva approfondito la questione operuia capiva che per salvare l'Italia dal peri-
colo comunista bisognava pensare agli operai.
Tutti i complicati problemi sociali, economici, lavorativi, agitati dagli ope-
tai, avevano un'unica soluzione. D. Ricaldone l'aveva già detto parlando chia-
ramente ai'cooperatori salesiani di Bologna nel 1917, quando aveva loro propG.
sto l'erezione di scuole professionali per la preparazione di operai speciàliz)ati
nel settore siderurgico: « Vi è un solo punto ove possono incontarsi i lati di
ogni angolo, il vertice. vi è un so o luogo ove potranno inconrarsi, compe-
4)2

46.7 Page 457

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netrarsi in effusione di carità, il cuore del ricco e quello del povero: Dio ».4
Egli poi additava la causa della lotta di classe, che i più proclamavano come
soluzione della questione operaia, nell'allontanamento da Dio dell'operaio, e
perciò la necessità urgente di elevare le masse operaie non solo nel campo pro-
fessionale, ma anche nel campo spirituale riportandolo alla fede »> che illustra e
nobilita di luce più fulgida ogni attività »>. E così incoraggiava:
« ...delle nostre masse operaie noi dobbiamo procurare I'elevazione comple-
ta: al rinnovato vigore del braccio, al progressivo sviluppo della tecnica, alle
ascensioni nel campo dell'arte deve andare unito, il miglioramento e l'elevazione
del cuore »>.
Quella sua convinzione era valida anche allora.
Egli perciò pur offrendosi per I'accettazione di orfani, pur insistendo presso
tutte le case anche dell'Italia settentrionale perché si aprissero ai ragazzi pove-
ri e abbandonati,a Torino non ripeté l'azione romana di D. Berruti, non avrebbe
centrato la situazione del settentrione. Fu felice quando seppe che da Valdocco
ogni domenica dei confratelli partivano per Via Moncrivello, al Regio Parco, do-
ve avevano aperto un oratorio popolare per togliere dall'abbandono tanti ragazzi
di periferia, e ancor più quando seppe che a Lanzo i Salesiani avevano << addo-
mesticato i»> giovani della « Mala »> trasformandoli a poco a poco in veti rugaz-
zi di D. Bosco. Era una organizzazione di giovani dai 10 ai 18 anni sorta per
far staffetta e spionaggio in favore dei partigiani delle vallate di Larao. Ma gra-
datamente 7a vita di disagi, di paure, di lotta dava a\\ gruppo fisionomia provo-
catoria inferocendo quei poveri giovani di strada, sffacciati, audaci, provocato-
ri che diventarono veri teppisti. Finita 7a Totta partigiana il loro bersaglio furo-
no i << tagazzi per bene >>, specie se di famiglia un po' agi^ta. I Salesiani scesero
in campo e se Ii guadagnarono tutti. Per queste iniziative D. Ricaldone lasciava
il pensiero ai confratelli incaricati, applaudiva, ma personalmente mirava ad
altro, pensava agli operai. E ttovò che trampolino di lancio per lanciarsi fta
quelle masse di malcontenti e tumultuanti, poteva essere l'Istituto << Edoardo
Agnelli >> affidato ai Salesiani fin dal l94l dal Senatore Giovanni Agnelli. Ave-
va anche un amico della stessa ternpra del Senatore, il Professot Valletta che dal-
I'Agnelli ereditò l'amor per questa opera dei Salesiani. Di poteva scoccare la
scintilla di un'azione apostolica operaia, e così fu. Già nel 1942,il 7 dicembre, D.
Ricaldone si trovò all'Istituto Agnelli col Prof. Valletta e il Prof. Bussi. Tenne
un discorso ai dirigenti e agli impiegati della FIAT distribuendo poi copie di vo-
lumi di catechismo che egli stesso compilava, << Il Re dei libri », medaglie, pre-
ghiere.ae Nel 1943 il crollo del Fascismo e la susseguente occupazione tedesca
che non esitava a rasportare in Germania giovani rasuellati e operai specializ-
zati pff mantenere in vita le sue indusffie, creò poi uno stato di esasperazione fra
4 Noi e la classe operaia, Sec. P. RrcerooNr, Bologna, Sc. Tip. Sales., 1917, p. 14.
Conferenza tenuta da D. Ricaldone ai Cooperatori e Cooperarici Salesiane di Bologna il
24.2.1917 nella Chiesa della Santa.
ae Dal taccuino personale di D. Ricaldone del 1942.
433
28

46.8 Page 458

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le masse operaie dell'Italia settentrionale. La FIAT fu una delle industrie che
più risentì di questa tensione, data 7a massa operaia che impegnava nei suoi sta-
bilimenti. " Elementi partigiani si erano infiltrati tra gli operai per sabotare
il lavoro e aumentare il malcontento, creando uno stato permanente di ribellio-
ne. I tedeschi minacciavano di deportare tutte le maestranze e di far saltare
quanto rimaneva ancora intatto.
I dirigenti del grosso complesso erano preoccupatissimi e si rivolsero a D.
Ricaldone di cui avevano massima stima e che già li aveva aifiati nascondendo
in diverse nostre Case modelli, progetti, disegni, pezzi di incalcolabile valore
perché non fossero distrutti o asportati )>.s
Così nel febbraio di quell'anno D. Ricaldone riceveva questo invito dai
Dirigenti della FIAT:
F,I.A.T.
I1 Vice Presidente
Totino, 5 febfuaio 1943
M.R. Don Ricaldone,
come già sapete il gruppo FIAT intende promuovere un'efficace azione
di assistenza religiosa ai propri dipendenti.
In questi giorni gli intendimenti nosti sono stati in linea di massima
pienamente approvati da S. E. il Card. Arcivescovo di Torino. In particolare
S. Eminenza si è degnato accogliere il nostro desiderio che tale e tanta opera
a pro delle masse torinesi venga alfidata alle esperti e zelanti cure della Società
Salesiana.
Avuta dunque la necessaria autorizzazione dell'Autotità Ecclesiastica com-
petente, ci tivolgiamo ora a voi, per pregarvi di voler assumere la direzione del-
le opere religiose, che desideriamo vedere fiorire a beneficio di tutti i nostri
dipendenti.
L'amicizia, che lega la vostra società alla nosta e le comuni preoccupa-
zioni per il benessere del ceto operaio ci confortano nel convincimento che la
cooperazione delle nostre due società non possa che tornare proficua sotto
ogni aspetto.
Confidiamo pertanto che, ancora una volta, la Società Salesiana possa ve-
nirci inconro ed aiutarci validamente nel non facile compito, cui da parte no-
stra deleghiamo il Dr. Bussi, pregandovi di volerlo ricevere e benevolmente
ascoltare e consigliare.
Vogliate gradire, Signor D. Ricaldone, i nostri anticipati sensi di grazie
ed i nosri ossequi.
Cons. Naz. G.C. Camerana
Dott. Grau Ceuo CoNru C. ».
s ANroNro M. Arrssr, Un prete oagabondo a seroizio della catecbesi, Promanuscripto,
Tip. Bertoncello, Cittadella (Padova), 1970, p. 64.
434

46.9 Page 459

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Egli desiderava iniziare un'azione di assistenza morale, caritativa, religiosa
agli operai nella forma che l'ora e le esigenze degli stessi lavoratori richiedevano.
Sarebbe stato niente altro che un aspetto di azione catechistica, una vera cate-
chesi per gli operai. Questa era la necessità urgente di Torino, dell'Italia setten-
trionale così ricca di fabbriche, di industrie e della stessa vecchia Europa annerita
dal fumo delle foreste di ciminiere che ovunque si elevavano.
Quanto egli si adoperò per sensibilizzate autorità religiose e civili in que-
sto settore lo si può capite scortendo la fitta sua corrispondenza, diretta ad orga'
nizzare questo nuovo genere di apostolato. Ebbe un collaboratore intelligente,
aperto al problema, e ardente come lui in Don Serié. A noi basterà vedere ciò che
fece personalmente per Torino: in tutte Ie cose egli dava l'avvio; mostrava la
via; poi incoraggiava a seguirlo, lasciando allo zelo dei figli e alle circostanze
provvidenziali di Dio a inraprendere anche altre strade più profittevoli, aperte
ad orizzonti più vasti. A quella lettera di invito tanto attesa, egli rispose in
un giorno consacrato alla Madonna, l'lL febbraio, quasi a mettere anche questo
movimento, come ogni altra sua iniziativa, sotto la protezione materna della
Vergine: <<...siamo ben lieti di poter prestare l'opera nostra, onde cooperare
alle alte finalità che si propone la FIAT a vantaggio di tutti i suoi dipendenti >>.
Il compiacimento dell'Arcivescovo di Torino Card, Fossati per questa
azione dei Salesiani, fu di vero conforto e incoraggiamento. Il 1943 vide un fio-
rire di tante iniziative per organizzare ed impostare il lavoro. D. Ricaldone men-
tre si inconuava coi dirigenti, specie il Prof. Valletta e il Dott. Bussi, per fis-
sare i primi organi direttivi, come gli uffici di consulenza e assistenza religiosa
per i vari centri FIAT della città e le Conferenze di S. Vincenzo per l'assisten-
za caritativa, chiedeva l'aiuto dei suoi figli migliori, non solo quale cappellani
operai, ma come scrittori per operai. Fu nell'aprile di quell'anno e ptecisamen-
re il giorno L3 che a Montalenghe radunò un gruppetto di salesiani
e parlò loro di foglietti, di libretti catechistici per operai: i foglietti ed i libret-
ti LUX.st
D. Alessi ricorda: « Fummo scelti in diversi sacerdoti, ritenuti particolar-
mente adatti a questo genere di lavoro e invitati a prepararci per questa nuo-
va attività.
A me fu affidato 1o stabilimento RIV, fabbriche di cuscinetti a sfete, uno dei
settori più delicati di tutto il complesso, con circa 8000 dipendenti fra operai
ed impiegati. Per oltre un mese lavorai all'esterno, prendendo contatti con i di
rigenti e con alcuni dipendenti che dovevano prepararmi la strada, prima di af-
frontare la massa lavorarice nei diversi settori. Mi misi con impegno a studia-
re l'ambiente in cui dovevo operare, raccogliendo difficoltà, obbiezioni, pregiu-
dizi contro la Chiesa, il Papa, il Clero, preparandomi a dare delle risposte chiare
e concise. Ripassai tutta la teologia in chiave esistenziale, per una catechesi più
ardente, più personale, più immediata. Da questo studio fatto con altri due ne
sr Cronaca della casa di Montalengbe.
435

46.10 Page 460

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risultò un grosso
dottrina cattolica
ivnolmuamneie:ra-
piaAnmaiceo,coansvcionlctae!nt-e
in cui presentavamo
ai lavoratori »>.s2
tutta
la
Il libro fu pubblicato come opera di un certo Piero Alfasa, persona inesi-
stente, poiché il nome, chiarisce D. Alessi << era dovuto alla combinazione dei
cognomi di coloro che l'avevano compilato: Piero in omaggio a D. Ricaldone
che ci aveva incoraggiati, Alfasa dalle prime lettere dei cognomi: Alessi, Fan-
tozzi, Savarè <( tre sacerdoti salesiani.s3 Don Antonio Cojazzi poi, da pari suo,
commentò le illustrazioni, menue al Colle D. Bosco la stampa fu seguita da
vicino con premuroso zelo da Don Faustino Boem.
Ne furono tirate ben 80.000 copie e dovevano essere di{fuse in gran parte
alla FIAT; l'acquisto sfumò poi per un malinteso all'ultimo momento.s4
Anche il Prof. Valletta non stette con le mani in mano, e quando il Diret-
tore dell'Istituto Agnelli andò a fargli gli auguri pasquali gli chiese: « Che co-
sa fate a77a Barcieru? »> << Raccogliamo i rugazzi nell'oratorio, curiamo la chiesa
pubblica, facciamo opera di assistenza agli operai... >>. Quest'ultima attività era
alloruTa più importante, quella per cui D. Ricaldone tanto aveva scritto. Il Prof.
Valletta la incoraggiò, e per raggiungere tutta la popolazione, suggerì come opera
che avrebbe sostenuto finanziariamente, di pensare a qualche scuola diurna e
serale per gli operai, specie i giovani, in modo da promuovere lo sviluppo socia-
Ie della famiglia. Così nel settembre si aprì una scuola aziendale, il doposcuola
e una scuola serale. Ma, purtroppo i bombardamenti del novembre distruggen-
do le sedi dell'Oratorio, fermarono tutte le iniziative. I Salesiani però non si
arresero, e, aiutati dalla FIAT si rimisero al lavoro.
Nel maggio il Prof. Valletta fece ffasportare una lunga baracca dell'antiarea
dalla collina torinese nel cortile salesiano dell'Agnelli, barucca che divenne il
primo laboratorio della scuola. Nel giorno dell'inaugurazione D. Ricaldone ed il
Prof. Valletta si incontrarono e si parlarono per Ia prima volta come amici
di lunga data che avevano uguali visioni e previsioni ed erano quindi animati
dagli stessi ideali di bene per gli operai.
pcoletdai<<rliaDcvooospfrtoouzpliaoenrbeoenl-terediszuiinofn'eoerrmad.aerQollanuoeblaagruicocorcnnavoe-rnsaacrpeqreudmeaetrssasoalii,
prowisoria della com-
appoggiati ad un ban-
due Capi un rapporto
duraturo di stima e di amicizia ».ss
In quel 1943, nonostante le inevitabili difficoltà proprie di tutte le opere
incipienti e dell'ambiente, fu impostato il lavoro organizzativo e si ebbero i pri-
mi frutti.
Furono creati 9 uffici di consulenza e assistenza religiosa nelle stesse fab-
briche, retti da sacerdoti salesiani. Così pure si costituirono conferenze speciali
per l'assistenza caritativa dei dipendenti FIAT bisognosi in dieci centri. Due di
s2 AuroNro M. Arrssr, Un prete uagabondo a seruizio della catecbesi, pro manu-
scripto, Tip. Bertoncello, Cittadella (Padova), 1970, pp. 64-65.
st
il
Op.
Op.
cit.,
cit.,
p.
p.
65,
65.
nota
1.
ss «Bollettino Salesiano >>, ott. L967, p. L7.
436

47 Pages 461-470

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47.1 Page 461

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queste conferenze furono per le sole sezioni femminili. Le famiglie assistite nel-
I'anno furono 105 e vennero fatte oltre 300 visite a operai degenti negli ospe-
dali.
Quanto all'assistenza religiosa, vennero fatti 1500 Catechismi e orgariz-
zati numerosi cicli di « 3 giorni »> in preparazione alla Pasqua con risultati con-
fortanti. Un esempio di questi tridui per le Pasque operaie ce lo ha lasciato an-
cora D. Alessi nel suo prezioso volumetto di ricordi apostolici. Nel marzo del
1944 egli affrontò per Ia prima volta questa fotma apostolica. 11 22 maruo, co-
me prima sera, ha per uditori 108 persone fra cui 18 donne. Parla in un salone
interno dello stabilimento della RIV di Torino, in Via Brione. I presenti sono in
gran parte elementi ostili, venuti per ascoltare e poi decidere se sabotare Ie
conferenze o lasciare gli altri liberi di intervenire. Ma poiché iI sacerdote parla di
Dio e della sua legge eterna che guida il mondo e che deve guidare anche l'uo-
mo, l'uditorio non ha nulla da eccepire, anzi, alla fine D. Alessi si sente dire
da un caporione: << Così va bene! Avete detto delle verità che vanno bene per
tutti. Domani potete parlare anche per 50 minuti »>.
La sera seguente del 1l marzo gli ascoltatori sono raddoppiati: centoses-
santacinque uomini e 107 donne. L'argomento è la legge morale che Dio ha
dato all'uomo. Tutti seguono attenti per 45 minuti, e D. Alessi commenta: << Lo
argomento vi deve interessare fortemente, perché, nonostante le sirene diano il
segnale dell'allarme, nessuno accenna a muoversi, I dirigenti stessi ne restano me-
ravigliati, giacché al primo segno tutti sono soliti fuggire prontamente, tanto
pir) che il salone dove ci roviamo non offre protezione alcuna >>. L'ultima sera
del 14 matzo, gli ascoltatori sono 384 e desiderosi diconfessarsi, tanto che i L2
sacerdoti chiamati apposta hanno tutti il loro lavoro e non riescono ad accon-
tentare tutti. L'indomani mattina 15 marzo, la chiusura è con Messa e comunio-
ne in fabbrica, con la presenza del Card. Fossati che celebra, parla ai Lavorato-
ri e distribuisce le comunioni. Racconta D. Alessi: <( L'appuntamento è pet le
7,30; mezz'ora prima dell'inizio del lavoro. Ma già un'ora prima sono numerosi
quelli che attendono di confessarsi dai 12 Confessori che hanno fatto ritor-
nare... Sono presenti anche i Dirigenti dello stabilimento: Ing. Savio, Ing. Ansel-
mi, Ing. Rolle e il Direttore Ing. Bertolone... Le comunioni superano ogni aspet-
t^tiv^'. 450 ». Lo stesso D. Alessi scrivendo queste care memorie dice come tutti
i partecipanti accettarono il libretto « Buona Pasqua » della « Collana LUX » che
servì loro per partecipare comunitariamente aTla f:unzione, e riporta come di-
mostrazione del reale frutto che produsse quel primo tentativo, un episodio tra i
tanti di commossa adesione.
« Significativo il gesto di un operaio. Mi offre 500 lire che inutilmente
tento di rifiutare. Un ingraziamento, dice, del bene che ci avete fatto. Fate dire
delle Messe perché il bene seminato in me e nei miei compagni continui a da-
re buoni frutti ,r.s
s ANroNro M. Ar,nssr, Un sacerdote uagabondo a seruizio della catechesi, proma-
nuscripto, Tip. Bertoncello, Cittadella (Padova), 1970, pp. 67-68-69-70.
437

47.2 Page 462

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I libretti LUX andarono a ruba e furono distribuiti, sempre fra gli ope-
rai, anche 800 volumi di cultura religiosa. Le « Conferenze FIAT » nate da una
<< Conferenza di S. Vincenzo >> entusiasmarono il Prof. Valletta che le sostenne
ovunque. Così pure volle partecipare alla prima « Pasqua FIAT » celebrata nel-
la Chiesa dell'Agnelli con funzione devota e festosa. Anche questa iniziativa pro-
seguì ogni anno con esiti sempre più soddisfacenti per la cura con cui D. Setié,
specie nelf immediato dopoguera, le preparava.
Da tutto questo complesso di lavoro, nacque I'opera dei Cappellani FIAT,
carissimi anch'essi al Prof. Valletta che tutti gli anni soleva radunare per rin-
graziarli, incoraggiarli e mostrar loro le esigenze più gravi degli operai.
Tutta l'attività del 1943 prese uno sviluppo maggiore nel 1944.
L'O.N.A.R.M.O. (Opera Nazionale Assistenza Religiosa Morale Operai) tenendo
una giornata di studio il 27 gennaio L944 a Torino, chiese ospitalità a Valdoc-
co per avere la parola di D. Ricaldone.
Presiedette i raduni del mattino e del pomeriggio il Card. Fossati, si di-
scr.Ìsse a lungo e D. Ricaldone parlò.
Nel febbraio fu un continuo susseguirsi di incontri per decidere sulle vere
e proprie << missioni operaie >>.
Lavori e accordi preparatori si svolsero col Prof. Valletta, il Prof. Bussi
e D. Biancotti,sT poi con D. Serié,s8 e infine col Cardinale.se
Il 27 febbr^io D. Ricaldone stesso fu invitato a celebrare la S. Messa ai
Soci delle Conferenze di S. Vincenzo, gruppi FIAT. Segna sul suo taccuino:
« Riunione - Discorsetto. Ben riuscito tutto. Deo gratiasl ,> Era la prima!
I1 26 matzo è chiamato allo stesso scopo dai soci delle .< Conferenze ».
Patla a 1400 operai e segna nel taccuino: << molto bene! >>.
ll 2 apile 1o vogliono le famiglie dei dipendenti FIAT.
Il 7 maggio la << Conferenza di S. Vincenzo »> e i\\ 27 i bimbi degli operai.
D. Ricaldone era felice! Erano piccoli passi, ma intanto le porte si aprivano e
il sacerdote raggiungeva non solo il lavoratore, ma la sua famiglia.
Quanto D. Ricaldone disse ai Soci delle « Conferenze di S. Vincenzo >> del-
la FIAT in quel 2" raduno del 7 maggio 1944 raccolti nella Cappella delle Re-
liquie di Maria Ausiliatice, incise così profondamente nelle loro anime che
essi vollero fosse pubblicato in un opuscolo di 15 paginette e considerato come
il programma di vita e di azione delle « Conferenze ,> stesse.o
Egli in quell'occasione dopo essersi rallegrato degli esiti consolantissimi
delle « Pasque FIAT »: << Avete lavorato e oggi ritornate con il cuore colmo
di gioia )>, aveva esortato i soci a lanciarsi ancofa e sempre alla conquista del
mondo dando loro come un programma di azione. Di questo, con il suo fer-
vore e la sua chiarezz^ aveva fissato 4 punti: « Attirate le anime al bene e a Dio.
s7 Taccuino personale di D. Ricaldone, 3 febbraio 1944.
s8 Taccuino personale di D. Ricaldone, 22 febbtaio 7944.
se
o
Taccuino personale
Fu stampato dalla
di D.
scuola
Ricaldone,
tipografica
24 febbraio
salesiana di
L944.
Torino
438

47.3 Page 463

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1)con lacarità;2) con il lavoro; 3) con il sacrificio e con ]e immolazioni; 4) con
Ia preghiera >>.
Nel giugno 61 e nell,agosto 62 è chiamato anche dalle sezioni femminili: le
operaie FIAT.
In quell'anno ebbe anche la gioia grande di risultati inaspettatamcnte fe-
condi delle « Pasque operaie » e delle << Pasque impiegati >>. Le Comunioni
Pasquali furono preparate da ben 43 tridui fatti un po' dovunque con la
partÈcipazione complessiva di 21.000 persone appartenenti a 12.500 famiglie'
I ritorni a Dio furono molti... e la partecipazione quasi totale nonostante pa-
recchi operai fossero sfollati e i predicatori venissero continuamente disturbati
dai bombardamenti che costringevano a sospendere per recarsi nei rifugi.
Nell'aprile, D. Ricaldone contento dei risultati, volle scriverne a tutti i
soci; ora |'iniziativa era ben incamminata e prometteva frutti copiosi; tutti
sull'esemplar e orgarizzato pfesso la FIAT avrebbero potuto prendere spunto
e attuare nelle varie città un'azione apostolica similare.63
D. Ricaldone era veramente entusiasta di questa azione apostolica perché
eminentemente catechistica e profondamente consona al bisogno stofico
dell'umanità errante fra tante ideologie contraddittorie, e sempre più assetate
di Dio.
A D. Marcoaldi, ancora sfollato a chieri coi liceisti di valsalice, il 14
febbraio 1944 scriveva con l'afdore di un vero apostolo: << For'mate cotesti
cari figliuoli nella pienezza dello spirito salesiano acciocché siano domani quel
fermento salutare di cui Ia povera società presente tanto abbisogna >>.
E poi raccomandava:
., Vi
a lavorare, oltreché per cotesti cari giovani, anche per il po-
polo, per "grolirtooperai, Pet
movimento per la Pasqua
i rugazzi. Favorite la campagna «
degli operai; prodigatevi in tutti
LUX >> ed
i modi per
ora il
licon-
durre le anime a Dio ».
La sera del 22 aprile del 1944 D. Ricaldone dava 7a Buona Notte ai giovani
e ai confratelli dell'Oratorio per l'inizio del mese di Maria Ausiliatrice proponendo
questo fioretto generale per tutto il mese: « Con purezza di vita e fervore di
pietà preghiamo, affinché per intercessione di Maria Ausiliatrice ritornino a Dio
le anime e specialmente gli operai e i loro dirigenti ».
La sua anima era tutta presa dal desiderio di salvare la massa operaia dal-
le insidie di tanta propaganda atea e materialistica che dilagava e seminava odio.
Si era introdotto dicendo: « Gli uomini hanno fatto fallimento: nessuno è
riuscito a darc la pace al mondo sconvoltol Bisogna pfopfio pregare! >>. Era
I'antica e sempfe nuova e infallibile arma che sfoderava D. Ricaldone: la preghie-
ra! E anche per i lavoratori chiese: pvrezza di vita e fervore di pietà, cioè una
6t 25 giugno celebra per le operaie di Borgo S. Paol0 e disffibuisce i premr.
62 I7 agosto e a,ncora 20 agosto.
63 Vedère A.C.S., n. 122, Marzn-Lprtle 7944.
4)9

47.4 Page 464

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preghiera vitale operativa e di supplica fiduciosa per aiutare i fratelli a ritornare
a Dio. Disse: << Ritorno delle aruirne a Dio! »> Povere anime e specialmente
poveri operai e dirigenti loro! Stassera è arivato un gruppettino dei nostri cari
Missionari (D. valentino, D. carnevale, D. Fogliasso) che predicarono tridui
pasquali in Diocesi di Acqui: Altare, Ferrania, Cairo ecc. Ci raccontano cose
che strappano le lacrime. AIffo che una predichetta al giorno com'era in program-
mal Sette, otto, fino a dieci conferenze al giorno hanno tenuto a tanta povera
gente che ascoltava i sacerdoti perché parlavano loro non per interesse proprio,
ma per spirito di apostolato e per il bene delle anime. Gli operai desiderano
di ritornare a Dio, perché al sentire la parola di Dio si ridestano in loro i nobiii
sentimenti che hanno in cuore. Disgraziatamente si è lavorato tanto per offuscare
le menti con I'errore e infrangere il cuore con una vita che non ha nulla di santo,
nulla di morigerato. Durante tanti anni questa povera gente è vissuta in tale
febbre: ed ora deve tornare a Dio, con l'aiuto della grazia e per intercessione
di Maria Ausiliatrice.
Impegnamoci perciò in questa prutica di vero amor del prossimo, di vero
amor di Dio. Nella S. Messa, nella comunione, nelle preghiere, nel Rosario,
nelle visite, pratichiamo questo fioretto generale. Farà del bene anche a noi
perché il Signore ci darà il cento; il mille per uno.
La nostra cara Mamma, Matia Ausiliarice ci dia di vedere rcoJizzato nel
suo mese le aspirazioni che sono nel cuore di tutti »>.#
certamente le difficoltà c'erano e non poche, ed egli stesso non le nascose
ai confratelli perché non si facessero illusioni mettendosi per questa via aposto-
lica, ma quale azione evangelica non comporta sacrifici e rischi? Ma c'era la
preghiera che animava dove gli uomini intalciavano, ostacolavano e anche
solo erano inetti a concludere. L'anno L945 fu proprio anche anno di prove
per l'apostolato degli operai. Infatti 17 22 gennaio di quell'anno D. Ricaldone
con D. serié e il Direttore dell'Istituto Agnelli, stesero tutto un programma
di assistenza sociale religiosa ai dipendenti della FIAT per l'anno appenu iririu-
to. Ma c'era anche il programma dell'onarmo e D. Ricaldone per aprire ad esso
la via mandò i Salesiani, a mano à malo che le porte si aprivano, in alcune
fabbriche. I figli di D. Bosco erano accetri ovunque sia dagli operai che dai
dirigenti, tanto che le Pasque anche del 1945 richiesero ben 49 tridui con la
partecipazione dell'80, del 90 e persino del 100 per 100 dei lavoratori.
I libretti ed i foglietti « LUX » distribuiti salirono a 8.000.000.
Nel luglio il Card. Fossati, si trovò con D. Ricaldone per martare
dell'O.N.A.R.M.O.
Nell'agosto il Rettor Maggiore fu impegnato a stendere un memoriale
sùll'azione svolta alla FIAT e 1o presentò al Cardinale Il 28 di quello stesso
ff Dalla Buona Notte data da D. Ricaldone Ia sera del 22.4.1944.
440

47.5 Page 465

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mese. Stavano sorgendo delle difficoltà. Infatti a commento di questo incontro
egli appunta sul suo taccuino: " Temo non si ottenga nulla »>.6s
I Cappellani dell'O.N.A.R.M.O. volevano subentrare al lavoro iniziato dai
salesiani. L'8 novembre D. Ricaldone presiedette ad una riunione & Cappellani
di questa organizzazione per <( spiegare la situazione >> 6 ma dovette gradualmente
cedere il posto all'O.N.A.R.M.O. che entrò con D. Esterino Bosco nel campo
già arato e seminato. Fu episodio un po' penoso, ma non tolse la gioia della
strada ormai tracciata dall'ardente pioniere di Dio: D. Ricaldone!
Nacque persino una barzelletta, non si sa se veramente storica o solo creata
per l'occasione. Si diceva che gli operai chiedessero a D. Esterino: << Lei è
salesiano? »> E lui: « Sono D. Esterino Bosco ». « Salesian o Dun Bosc per nui
fa l'istess! >>.67
I Salesiani lavorarono sino all'ultimo e proprio in quell'anno 1945 così
allarmante per i vari avvenimenti politici italiani, si sacrificarono ancora di più
che negli anni precedenti, pensando solo alla salvezza dei cari operai. Gli avveni-
menti politici dell'aprile e del maggio che culminarono nella liberazione, non
ostacolarono le Pasque che furono ancora frequentatissime e trovarono i Salesia-
ni in prima linea anche nei giotni più pericolosi. Essi rimasero nelle fabbriche
persino di notte per impedire, in quelle ore di lotta, atti inconsulti, violenze,
disordini. Quando poi dovettero ritirarsi, D. Ricaldone non si arrestò. A lui
premeva fare il bene, aprire le vie, seminare. Che poi altri raccogliessero a lui
non interessava più; bisognava proseguire, non fermarsi.
Don Burlina, uno degli apostoli di fabbrica, ricorda che nel 1946 D. Rical-
done, per fare fronte alla situazione operaia, proponeva altre forme, cioè un
apostolato anche esterno, fuori f.abbtica, cioè affiancare ad ogni stabilimento
un organismo che svolgesse azione ricreativa, culturale, formativa per le giornate
festive e libere dei lavoratori, una specie di oratorio festivo, ma per gli operai.6
D. Ricaldone vedeva lontano e vedeva bene. Ebbe il conforto di ricevere
anche per quelf iniziativa, l'approvazione personale del Papa. D. Beruti infatti
che cercava a Roma di emulare lo zelo del Padre almeno nella diffusione dei
foglietti e libretti LUX con una edizione romana, quando il 19 luglio 1945
ottenne una udienza da Pio XII, gli parlò di tutte le iniziative salesiane del
periodo bellico. Egli raccontò che, quando spiegò l'attività in favore degli operai
per contrastare i7 dilagare del comunismo, organizzata dal Rettor Maggiore,
il « Papa se ne compiacque »>.6e
Fu questo riconoscimento la ricompensa più gradita che animò D. Ricaldone
e i suoi figli a continuare a lavorare in questo campo apostolico.
6s
tr
Dal
Dal
Taccuino personale di D. Ricaldone del 1945.
taccuino personale di D. Ricaldone del 1945.
67
6
« Salesiano e D. Bosco per noi sono la stessa cosal »>, Testimonianza
Testimonianze raccolte da D. Tavano nel 1966 e da D. Burlina.
di
D.
Savarè.
@ Diario di D. Beruti: da D. Prr,rno Br,nnuu, Testiruonianze raccolte dal Sac.
P. Zerbino, S.E.I., p. 459.
44t

47.6 Page 466

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Già Papa Leone XIII aveva detto a Don Bosco: << Voi, neppure voi conosce-
te l'estensione della vostra missione e il bene che essa deve portare in tutta la
Chiesa. Voi avete la missione di far vedere al mondo che si può essere buon
cattolico e nello stesso tempo buono e onesto cittadino; che si può fare gran
bene alla povera e abbandonata gioventù in tutti i tempi senza urtare con
|'andazzo della politica, ma conservandosi ognora buoni cattolici. Il Papa, la
Chiesa, il mondo intero pensa a voi, alla vostra Congregazione e vi ammira; e
il mondo o vi ama o vi teme. Non siete voi, ma Dio che opera nella vostra
Congregazione »>.70
r << Memorie Biografiche », XVII, 99-100.
442

47.7 Page 467

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CAPO XXXIII
" HAEC EST DON/US N/EA: INDE GLORIA N/EA! "'
. La ricerca e la cura delle vocazioni è questione di vita o di morte » 2
Nelle famiglie i piccoli sono sempre i più circondati di cure e di attenzioni
perché i meno provvisti di autodifesa e più bisognosi di guida e di sostegno. D'
Ricaldone vide in questo posto i giovani ascritti e per loro ebbe sempre una
attenzio,ne speciale. Abbiamo già visto quali rapponti di cordialità e affettuosa
paternità ebbe con i giovani aspiranti, novizi, chierici e giovani coadiutoti. Sen-
za inteilerite, animava, consigliava e se non poteva fare di più trovava quella
parola che rasserenava e apriva i cuori.
D. Z^vattaro ricordava che chierico, appena sfornato dal Noviziato doveva
proseguire gli studi di liceo con a'ltri tre compagni: Albizatti, Rinaldi e Tabac-
co: dovevano prepararsi all'esame di licenza ginnasiale e mancavano dei testi
usati a Valsalice dove avrebbero dovuto subire la prova.
Il Prefetto anche lui in difficoltà (si era nella prima guerra mondiale
19L5-1918), disse di aggiustarsi, di chiedere i libri al Bibliotecario D. Bretagna.
Ma D. Bretagna non li aveva. Che fare? « Allora ricorrere ai Superiori Maggiori
per questioni da nulla era la cosa più naturale: si incontravano ogni giorno e
si interessavano di noi. Abbiamo espfesso la nostra situazione a D. Ricaldone.
Eravamo in quattro. Egli ci disse: « Fatemi la lista di tutti i libri di cui avete
bisogno ». Qualche giorno dopo arivava dalla SEI un pacco di libri per ognuno
di noi. C'erano tutti i testi di cui avevamo bisogno ».3
D. Luigi Tavano ebbe da D. Ricaldone l'abito talare il J ottobre L925 nel'
le Camerette di D. Bosco. Era con altri 4 novizi destinati al Noviziato di Cow-
ley in Inghilterra dove spontaneamente, nel loro giovanile ardore avevano chie-
sto di andare, per essere subito missionari.
Egli non dimenticò più le parole 'loro rivdlte da D. Ricaldone nella cir-
costanza della cerimonia: << Voi siete i previsti e successori di Domenico Savio,
che in una << distrazione » vide Pio IX far luce tra la nebbia in quell'isola.... Pen-
I « Mem. Biogr. >>, II, 344. Parole dette dalla Madonna a D. Bosco.
2 A.C.S., rt. 78, 24 Novembre 1936, p. 4.
3 Testimonianza di D. Giuseppe Z^v^ttato del 27.2.1970.
443

47.8 Page 468

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sate quale grande incarico avete ricevuto e quale fiducia in voi ripongono i
superiod vostrir Mi capitò di visitare a Londra qualche anno fa la sua famosa
torre ch'era servita come prigione. Ebbene, vi trovai aflcota, come mi mostra-
rono, questa frase: << Servire Dio è regnare! »> scritta sulle pareti scure sotter-
ranee, da martiri della fede prima della loro morte! Voi de,lla veste nera, co,l
noviziato, vivrete tali ideali! Il Signore è con voi, fatevi coraggiol >>.
E non dimenticò anche la bontà di mandadi con altri futuri novizi missio-
nari a visitare i Becchi mettendo a loro disposizione niente meno un pulman.
una impressione incancellabile provò il giovanotto Agostino Pugliese che
volendo entrare nella famiglia salesiana, si inconffò una prima volta con D. Rical-
done: << La prima impressione che ebbi di D. Ricaldone, fu di un Padre buono
ma deciso; mi fece qualche domanda, mi lasciò parlare e mi congedò dicendomi
che ci saremmo intesi benissimo anche per il desiderio che allora gli espressi di
andare nelle missioni »>. Entrato in Congregazione il giovane Pugliese rivide Don
Ricaldone in Noviziato. << Durante il noviziato D. Ricaldone venne a Foglizzo pa-
recchie volte ed io 1o avvicinai come gli altri. Verso la fine dell'anno anch'io fe-
ci Ia domanda per andare missionario in India: ero già in relazione con Mons.
Mathias che era stato mio catechista a s. Gregorio di catania. D. Ricaldone
venne a Foglizzo e mi chiamò; si
quell'anno avevo avuto qualcosa
informò
che era
dsetlalatomdiaiagfanronsigtilciaa,todeclolamme iuansaaluptreob-a-
bile lesione
polmonare, i
psoulmpeornioarrie m- i
e mi disse che, per un
avevano destinato al sud
riguardo alla mia debolezza
Africa, precisamente a Cler-
mont, vicino a Capetown, dove il clima mi avrebbe giovato ,meglio che in As-
sam, e che, emessi i voti, avrei potuto andare a salutare i miei e poi partire per
Cowley,Oxford a irnparare un po' di inglese: di là a suo tempo sarei andato
a clermont. Noll'estate ero stato alcuni giorni a Torino (8-10 giorni) e avevo su-
bito un piccolo intervento nell'Ospedale O.P. Barolo, rimanendo poi nella
Infermeria della Casa Capitolare. La sera stessa dell'operazione D. Ricaldone
mi venne a trovare; il suo atto di carità mi commosse. Non avrei certo sperato
che il Prefetto Generale avrebbe potuto andare a visitare un semplice novizio.
Anche le sue visite alle case di formazione erano gradite e ricordate! Lo
stesso Don Pugliese ricorda che, entrando nel gennaio del 1925 nel noviziato
di Cowley, vi trovò ancora vivissimo il ricordo della visita di D. Rica'ldone: <( ave-
va entusiasmato tutti i giovani insegnando e facendo cantare le canzonette aI-
lora in voga in piemontese: « Bondì care maraie » e qualche altra di cui non
ricordo il titolo, per es. « Magno Giuana », ecc.
Si era acquistato larta di buon giocatore di criket, di tennis, di foot-ball.
Da uomo aperto aveva compreso che bisognava incontrare la gioventù inglese
sul suo terreno, ne aveva acquistato la stima e se ne era conciliato gli af-
fetti >>.
A Cumiana divenne di casa specialmente quando, in seguito ad una malat-
tia, vi passò parecchio tempo in convalescenza. È ancofa D. Pugliese a rac-
contare: << Ricordo come nelle ricreazioni del dopopranzo intrattenesse gli aspi-
ranti sotto i portici della scuola, dove c'era un po' di ventilazione, con giochi di
444

47.9 Page 469

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prestigio o facendo esperimenti
pelo strappato alla coda di una
col pendolo
mucca
-
una chiave
ad un
do canzon^etttatecciantapiemon-
tese »>.4
Anche D. Laconi ha bellissimi ricordi su don Ricaldone come coltivatore
di vocazioni. Così scrive: « D. Ricaldone era un uomo che sapeva ragionare e
airrt^va a tagionare. Durante il mio ultimo anno di ginnasio a Penango aiuta-
vo D. Pierino Scotti in Infermeria. I1 Catechista era Don Mellica. Ricordo che
venne a Penango D. Ricaldone. Visitò la casa e quando fu in infermeria, dopo
aver conversato con D. De Paoli, un anziano salesiano che conobbe Don Bosco, si
fermò a visitare anche i locali delf infermeria e poi quello delle docce. Si congra-
tulò con noi aspiranti per l'ordine e la pulizia, e poi, quasi con un sorriso ar-
guto e malizioso, ma sempre patefno, passò il dito sopra il termometro che in-
dicava i gradi dell'acqua quando veniva scaldata. Lo ritirò coperto di polvere!
Rimasi allibito,
sefsusgegree!e-sattiMina
ma D. Ricaldone disse tutto calmo:
non aggiunse altro. Era l'uomo che
tutto.
-educSaevmaparellaquparelcchiseiocnoes,a
ci
ad
Fu poco tempo dopo che, ritornando a Penango, mi chiamò e mi accolse
con un grande sofriso. Per me si trattava di decidermi se fatmi salesiano o no.
Mio padre aveva permesso che andassi a Penango a studiare, ma che mi faces-
si religioso e sacerdote non ne voleva sapere. Tanto meno che andassi nelle
missioni. Ero il primogenito della famiglia e ci teneva che restassi a casa con
lui, oppure che seguissi ben altra strada.
L'inconro ed il co'lloquio con D. Ricaldone per me fu decisivo. Egli mi
chiese con tono amabile se volevo farmi salesiano e andare nelle missioni. La
mia risposta fu decisiva
condizione che mi mandi
endelilma mTeerdriaatdaet l-FuoScoo.no
disposto
e
1o
voglio,
ma
a
Ricordo che D. Ricaldone mi guardò sulle prime sorpreso e poi mi disse:
-AveEvopseercnhtéitovuuoniaabndeallrae
nella Terra del
conferenza con
Fuoco?
proiezioni
di
D.
De
Agostini,
il grande missionario ed esploratore del Sud America, ed aveva parlato con lui
pieno di entusiasmo. D. De Agostini mi aveva fatto desiderare e sognare quel-
lu t rr^ ed il Sarmiento da esplorare e scalare! Inoltre io avevo uno zio salesiano
a Punta Arenas. Tutti questi agganci mi facevano desiderare le Missioni Fueghi-
mnea.nDda.rtRi iicnaldInognheilmteriraas?coAltnòzei amndiradiisasef:ar-e
Ma sai che io avevo pensato di
il Noviziato e a studiare filosofia
proprio ad Oxford. Ti troverai bene e imparerai la lingua inglese. Senza esi-
tazione alcuna io
pieno di nebbia,
edihssoi:s-entiNtooc, hneonpimoviemsaenmdpirein.
Inghilterra:
è
un
paese
tutto
che
D. Ricaldone si mise a ridere e poi mi disse più o meno
anche nella Terra del Fuoco c'è la nebbia!?! Ti serve come
cporseìp: a-faziMooae;saei
poi abbia,mo bisogno che tu impari l'inglese per poi servirtene quando andrai
a Testimonianza di D. Agostino Pugliese del 5.5 1970.
445

47.10 Page 470

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laggiù nell'estremità dell'America. Non potei dire di no. Egli allora mi disse
che avrei fatto 7a vestizione prima di andare ad oxford, e quindi avrei dovuto
fare una visitina a casa di una settimana. E così fu! >>.s
D. Ricaldone sapeva raggiungere i suoi beniamini anche nelle loro case di
villeggiatura, arrampicandosi con passo da atleta (era ben allenato dalle visite
fatte in oriente!) fino ai paesini alpestri. Nell'agosto del 193L fu una vera sor-
presa per i Novizi di Ivrea vederlo arrivare in visita nella loro dimora di
Dondena! Quando li lasciò quei rugazzoni avevano i,l cuore piccolo e gli diceva-
no: << Perché non resta con noi a lungo? >>6 Questa paternità di prefetto gene-
rale la conservò, anzi 7a perfezionò da Rettor Maggiore, nel senso che divinne
più profonda, più universale, quasi più consapevole dei fini per cui gli era
eTargita da Dio e delle mete che doveva raggiungere. Non perse p.. rrrllu in
tenerezza e
i problemi
attenzione,
generali dei
anzi:
suoi
il fatto singolo lo
figli, a puntts,alizzar
aiutava a comprendere meglio
concretamente gli aspetti teo-
rici delle possibili soluzioni.
D. Luigi Bogliolo ricorda 7a prontezza con cui risolse il suo caso: egli, man-
dato in Equatore nel 1929, aveva insegnato filosofia in quella repubblica. Do-
veva iniziare il corso di teologia e in cuor suo avrebbe tanto desiderato farlo
regolarmente alla << Gregotiana »> di Roma. Pur essendo disposto a frequenta-
re il piccolo studentato di quella Repubblica, verso la fine dell'anno scrisse co-
sì a D. Ricaldone: << Adesso che debbo cominciare gli studi di teologia, è un
peccato che la Gregoriana sia così lontana! Dopo quattro anni d'insegnamento
della filosofia mi sentirei così preparato )>.
A << giro di posta, scrive D. Bogliolo, con ,mia incredibile sorpresa (il caso
al7oru eru più unico che raro) l'amatissimo Rettor Maggiore mi rispondeva: << Ap-
pena terminato il tuo anno, vefrai a Roma per compiere gli studi teologici. Ho
già scritto in proposito al tuo Ispettore »>. Cominciai aLlora a comprender la gran-
dezza del suo cuore paterno. una tale notizia, proprio in un Àomento in cui
sentivo tutta 7a stanchezza di un lavoro straordinario, compiuto in condizioni
difficili per molti motivi, quella notizia, mi faceva dimenticare tutto e mi riem-
piva di entusiasmo per la mia vocazione. Quando giunsi a Torino, mi accolse
con tale paterno trasporto che rimasi commosso. Per giunta volle che io, umi-
le chierichetto, andassi una volta a mensa con i superiori del Capitolo. Anche
durante gii studi teologici mi seguì sempre paternamente e ogni volta che
venendo a Roma si fermava al << S. Cuore »> mi chiamava per nome in mezzo agli
altri. Bastava questo per ridarmi nuove energie e nuovo entusiasmo, sempre
pronto a qualunque sacrificio che mi avesse chiesto »>.
D. Angelo Gallenca ricorda finezze << materne » di D. Ricaldone. Essendo-
gli morto un fratello, dovette ritardare 'la professione religiosa di un giorno per
cui non poté emettere i voti con i suoi compagni alla sua presenza. Tuttavia in
quel giorno D. Ricaldone ugualmente vi avviiinò a,l Novizio Gallenca e disse
s
6
Testimonianza di D. Francesco
Testimonianza di D. Luigi
Laconi
Tavano
del 2.7.1971.
(rnaruo 1968).
446

48 Pages 471-480

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48.1 Page 471

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anche a Lui la parolina all'orecchio come aveva fatto coi nuovi professi. Gli
sussurrò: << Sii sempre Angelo di nome e di fatto! »>. Ricorda pure altre sue
delicatezze, << In una sua visita improvvisa a Foglizzo in noviziato, enrò da solo
in chiesa mentre io scopavo; appena Io vidi scappai di corsa per avvisare qualcu-
no dei Superiori. Egli mi chiamò indielo e mi disse affabilmente: << Perché
scappi così? Hai paura di me? >>.
Quando poi come tirocinante fui al Rebaudengo ebbi occasione di vederlo
più volte p..ihe per l'ampliamento della Basilica di Maria Ausiliatrice andavo
tutti i giorni da1 Rebaudengo a Valdocco con una squadra di giovani pef scopa-
r. lu .Éi.sa. Tutte le volte egli ci aspettava e ci dava qualche cosetta per di
mostrare Ia sua riconoscenza per il lavoro che facevamo. Alla mia ordinazione
sacerdotale ,mi scrisse un biglietto con questo augurio: « Sia il tuo sacerdozio
santo e santificante! »>.
D. Bertetto lo ricorda da Prefetto Generale quando andava a Foglizzo per
salutare i Chierici dello studentato filosofico. Sapeva sempre abbinare alla
cordialità del pranzo e del gioco delle bocce, la parola sapiente di verità e ricca
di particolare unzione, della conferenza. Poi lo sentì padte premufoso e delicato
quando si ammalò, e sempre pronto a rispondere alle sue lettere che da Roma
M§aligignidoirreir,runuealladusuraanptenmil acoarnsdoatda iateRoolomgaia, .vRolilceorsdaalutpaurerefuqauai npdroim, ei lge1ttiostRudeettnotri
della Gregoriana e 1o fece con una cordialità più di fratello che di superiore.
L, sierru cordialità orientata sempre ad una paterna azione formativa la
sottolinea anche D. Geremia Dalla Nora ricotdando una visita dell'allora novel-
1o Rettor Maggiore.
« Nel 1931 D. Ricaldone venne a fare visita ai chierici di {ilosofia dello
Istituto Missionario Conti Rebaudengo. La sua visita destò un visibilio di
entusiasmo nei chierici, nei confratelli del Magistero, nei giovani. Egli ebbe mo-
do di intrattenersi con la caratteristica sua amabile conversazione, in cortile,
passeggiando su e giù, con una schiera di giovani salesiani. Uno di essi nella
iibertà della confidenziale conversazione espresse un parere che poteva suonare
imiverenza verso i Superiori, ma che aveva solo scopo, così parve, di far
sorridere se non proprio ridere. Il Superiore si fece serio e richiamò con
f.ermezza al senso della misura e del rispetto affermando che la giocondità non
può mai essere a spese della verità e della carità. Debbo dire che quel compagno
àccolr. con riconoscenza 1l richiamo, perché anche se fermo, fu compiuto con
tatto paterno e con stima ».7
51 può dire, senza temere di errare che D. Ricaldone, come fu Rettor Maggiore
si impegnò rper plima cosa a visitare le Case di Formazione' I suoi taccuini in-
fatti iono .rt itittt.trotto elenco di visite ad aspirantati, noviziati e studentati,
quasi volesse studiare l'ambiente delle singole case per poi venire ad una
conclusione programmatica per tutte.
7 Testimonianza di D. Geremia Dalla Nora in data 21.4'1971
447

48.2 Page 472

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di
Gli anni che vanno dal l9i5 ar 1938, riportano visite assidue
formazione specie dal giugno al novembre: è una frequenza, si
alle case
direbbe,
prestabilita. Dopo il 1938, le malattie, le guerra, l'età, gli limitarono i viaggi,
ma non lo distolsero da'llo studio che diventò più attento per il vertice ormai
raggiunto: la Casa di Formazione << principale >>: il pontificio Ateneo Salesiano.
È meraviglioso costatare come sia le testim onianze individuali dei con-
fratelli chierici sia quelle delle Cronache di queste Case, indistintamente, notino
la familiarità del tratto e la parola saggia e ricca di pietà di D. Ricaldone, Tanto
per portare un esernpio attingiamo dalla Cronaca di Monte Oliveto. Nel settem-
bre del 1934 troviamo: << visita improwisa del sig. D. Ricaldone che prima si
trattiene familiarmente con i novizi in cortile, poi in Cappella rivolgà alcune
parole >>.
Leggiamo ora la testimonianza di D. carlo Pettenuzzo che, aspirante a
Penango e poi a Foglizzo, così ricorda D. Ricatrdone in visita ai chierici: « Fin
da quando fu eletto Rettor Maggiore nel 1,932, ebbi occasione di vederlo molte
vo(te e sempre sereno e cordiale.
coi suoi profondi occhi, sorrideva di gusto con noi, aspiranti e poi chie-
rici, e ci contava tante barueTTette da rendere Ia sua compagnia graditissima. ci
faceva alle volte la sorpresa di venire a ffovarci ,".rru pr.-uuuisA (specialmente
d'estate nella villeggiatura) ed era sempre una festa per noi il poter srare con
lui, anche solo per poche ore. Il suo aspetto bonario è amabile ci infondeva co-
raggio, fiducia e confidenza. I suoi gesti ampi e significativi si imprimevano in-
delebilmente nei cuori. Le sue parole solenni e lente, quando ci parlava e ci
predicava, erano assimilate dal nostro animo con facilitÀ e gioia. Molte volte
ci parlava della Spagna sua prediletta ».s
una nota caratteristica riscontrata nelle << cronache >> di queste case di
formazione è che sempre le
vi », o << brevissime »> ma
visite di Don Ricaldone erano
frequenti. Egli non voleva «
<( irnprÀvvise >>, <<
sorprendere >r, il
bre-
che
non sarebbe stato nello stile familiare salesiano, ,ma vedere bene e chiaramente
la realtà della vita dei suoi figli, e .questa era prudente saggezza di pajre.
dialità, ne ha Don Muzio, direttore allo Studentato di s. Callisto in Roma dal
1945 al 1948: << Don Ricaldone venne una volta a s. callisto, a1 tramonro, per
una breve visita. Niente ricevimento, niente discorsi: una " Ave Maria " dinirrzi
alTa grotta della vergine, un'amabile
nita con il
rimprovero
canto:
perché
-io
I'l sole dietro
avevo preso a
conversazione coi chierici lungo il viale,
ai monti è tramontato... E cÉe occhiata
cantare con lui, prima che avesse finito
fi-
di
di
intonare! >>.e
Invece, tra le documentazioni dei molti salesiani che conobbero Don Rical-
done fin dalle case di formazione o come aspiranti, o novizi o studenti, nota pe-
8
e
Testimonianza
Testimonianza
di
di
Don
Don
Carlo Pertenuzza,
Giuseppe Muzio.-
da
Barcellona
(Spagna),
2j.7.1g66
448

48.3 Page 473

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culiare è risconffare come egli, conosciuto f individuo personalmente, non 1o
abbandonasse più, ma quasi avesse solo quel figliuolo a cui badare, continuas-
se a seguirlo anche da lontano, a non perderlo d'occhio, e a giungere sempre
in tempo per dargli quell'aiuto, per dirgli quella parola proprio nei momenti
più irnportanti e cruciali della vita.
Anche la testimonianza di Don Pettenuzzo circa i suoi incontri con Don
Ricaldone, come quella degli attri, non si chiude al periodo di formazione, ma
continua e rivive di fresco amore paterno dopo anni ed anni. Egli ricorda il
suo ultimo inconro avvenuto il 10 settembrc l95l (ne erano passati degli
anni! ).
<< Quando andai a congedarmi da lui alla vigilia di venire in Spagna, ri-
cordo, tra le altre cose belle e care, che mi
Non prendere 1o spagnolo sotto gamba, (alla
fleecgegeqruae),straisptaectctaomsaenmdparzeiolnee:co-se
degli spagnoli e non ti mettere in politica. Mi diede la sua paterna benedizione
e per essa e per le sue parole posso dire, dopo quindici anni di permanenza in
questa cara e generosa e nobilissima nazione, che mi sono sempre trovaco bene
e mi trovo bene come salesiano e come italiano »>.
. L'avvenire della nostra Società è soprattutto nelle Gase ove si forma il per-
sonale " 10
Questa frase D. Ricaldone ,la scrisse nella prima Lettera-Circolare che,
quale Rettor Maggiore, mandò ai Confratelli dopo Ia sua elezione. Era quindi
già una sua profonda convinzione, frutto delle molte espetienze di cui si era
arrirchito nel corso delle sue varie funzioni di Superiore. Non stupisce quindi
che una delle prime voluminose circolari che sono come pietre fondamentali
dell'edificio non solo deL suo governo, ma della stessa Congregazione, sia sulle
Vocazioni,ll subito dopo quella che ratta dello scopo della medesima: << San-
tità e purezza>>,|2 dare cioè alla Chiesa sacerdoti e apostoli santi per illibatezza
di vita.
D. Ricaldone era un vero ricercatore di vocazioni. Egli era persuaso che le
vocazioni fioriscono in qualsiasi nostfa opera purché i Superiori siano esempla-
ri Figli di D. Bosco e con i giovani si adottino questi mezzi: padare di Don
Bosco; parlare delle missioni; curare la pietà eucaristica e .mariana; interessare
i giovani alla Liturgia »>.r3
Non era però di facile accontentatura ed aveva principi severi da cui non
si allontanava: << Non accettiamo i giovani già provati da altre Congregazioni,
o illegittimi, o figli di ignoti >>. E soleva anche dire: « La nostra Congregazione
10 A.C.S., n. 58, 24 Giugno 1932.
11 « Formazione del perionale salesiano », A.C.S., n. 78, 24 Novembte 1916.
12 A.C.S., n. 69, )I Gennaio 1935.
13 Testimonianza di D. Evaristo Marcoaldi, agosto 1969.
449
29

48.4 Page 474

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non è per convertiti »>. E sebbene fosse proclive come D. Rinaldi alle vocazioni
adulte, pure poneva dei limiti: << Dopo i 45 anni non accettiamo più le voca-
zioni >>. Questi soggetti dovranno anche loro fare un po' di vita di Comunità e,
a quell'età, non si adattano >>. Così pure per gli Ordini era severo: << Non spin-
giamo mai agli Ordini! Qualche votrta forse ciò si fece un po'; ma sempre tali
casi procurarono poi seri fastidi »>.14
Di questa sua severità non faceva misteri, anziD. Eugenio Valentini ricorda
che nel giugno 7936 pailando ai chierici egli riferì loro 1e parole dettegli da
Pio XII: « La più grande carità che si possa usare a questa povera Santa Madre
Chiesa, è di essere rigorosi nell'ammissione ai Voti ed agli Ordini Sacri. << Princi-
pio che egli non abbandonò neppure dopo l'ultima guerra quando per moltepli-
ci motivi in parecchie Nazioni le vocazioni cominciavano a scarseggiare. Ne ren-
de testimonianza D. Fedrigotti che, nel 1947, venuto a Torino per il Capitolo
Generale (era Ispettore nel Messico), incontratolo per la prima volta dopo il
suo arrivo nel cortile di Valdocco, pensando di fargli cosa gradita, disse a modo
di saluto: « Vengo dal Messico e godo dirle che abbiamo più di 400 Aspirantil
Ed egli pronto: « Motivo di più per sceglierli sempre meglio! ». << Questa rispo-
sta mi parve allora e penso ancora che fosse veramente programmatica per D.
Ricaldone; il suo assillo era l'accurata selezione del personale in formazione.
Forse fu questa sua severità che poté far credere a qualcuno che egli fosse meno
paterno e meno buono >>.
Anche il suo giudizio su criteri di scelta circa temperamenti, propensioni,
caratteristiche psichiche, poté sembrare severo, ma per chi, come lui, dopo
anni e anni di superiorato aveva avuto a che fare con centinaia di confratelli
e ne conosceva la santità nelle sue più sublimi altezze come l'umanità nelle più
deprimenti bassezze, era solo sapienza e vero amore degli individui e del,la Con-
gregazione. Ecco una lettera sua che getta luce ai suoi prudenti criteri. La scris-
se a D. Valland che nel 1936 eru confessore nello Studentato Teologico di S.
Callisto a Roma:
« Carissimo Don §7a11and,
Torino, 1 febbraio 1916
riceverai presto la dispensa, di cui ho già potuto trattare in Capitolo.
Riguardo ai Coadiutori, come pure in generale sempre che si uatti di
vocazioni, siate santamente accurati e rigidi: è questa 7a parola d'ordine che
da parecchi anni ci ripete il S. Padre, sono questi gli insegnamenti appresi alla
scuola del nosro Santo Fondatore. Va da sé che per i Coadiutori l'acctratezza
e 7a viglTarrza devono essere maggioti, non avendo essi la difesa del santo abito
e gli aiuti particolarissimi della cultura religiosa e soprattutto del Breviario e
della S. Messa.
A riguardo poi delle lune, vomei dirti che il fenomeno da attribuirsi ai
cangiamenti atmosferici o a simili concause, 1o dobbiamo pure considerare un
la Testimonianza di D. Tarcisio Savarè,
450

48.5 Page 475

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fenomeno profondamente morale. Tutti siamo soggetti alle impressioni dello
ambiente e d'altronde 7a teffa del nostro corpo subisce le vicende di quella che
la circonda; ma Iddio all'anima 7a fotza necessaria per dominare la materia
e il corpo. Orbene, se qualcheduno è talmente debole di volontà, di torza mota'
le, di càrattere da lasciarsi influenzare dagli'elementi in guisa tale da perdere
quella serenità, quella calma, quel dominio insomma di noi stessi senza di cui
non vi è vittù solida né si può concepire successo di apostolato, ciò vuol dire
che abbiamo da fare con soggetti che non son fatti per la vita di comunità,
per essere educatori. La vita di comunità mentre presenta immensi e soavis-
;imi vantaggi, è però vita di inevitabili contrasti, di mutuo sopportamento ed
esige per òiò stesso dominio delle proprie passioni e forza per dominarsi an-
chè qua.ndo siano in gioco le cosidette depressioni o avversità atmosferiche. Per
gli educatori poi la serenità, I'uguaglianza di carattere, Ta calma, sono conditio
sine qua non per qualsiasi successo anche modesto. Pertanto alla stregua di que-
sti principi sforzatevi di vigilare e di non aprire le porte a quei poveretti che
coi loro incessanti mutamenti di umote e di carattere sono croce a se stessi e
1o diventano poi per gli altri.
S. Francesco di Sales con la sua carità e dolcezza ci richiami alla imitazione
sempre più perfetta del nostro Santo Fondatore.
Benedizioni a te ed a tutti. Pregate per il vosro
aff.mo in C.J.
Sac. P. RrcarooNr,
Ma se era guardingo per le accettazioni, era ancor più attento quanto alla
formazione. Non per nulla scrisse sulla formazione del personale specificando
le rattazioni per ogni grado di preparazione:
Aspiranti,rs Novizi,r6 Studenti di filosofia e di teologia...r7 Si devono for-
mare degli autentici figli di D. Bosco, bisognava rimanere fedeli a D. Bosco in
tutto e per tutto; questo egli volle dire in quelle sue lettere circolari e questo
egli ripeté ad occasione ai varÌ interessati.
A D. Nervi addetto alle Novizie delle F.M.A. che gli esponeva una nuova
prassi di formazione trovata nell'opera del Saudreau così scriveva nel l9)9:
Torino, t2-3-L939
« Carissimo Don Nervi,
Se avessi conosciuto ptima il libro del << Saudreau >> non te lo avrei com-
prato. Qualora poi volessi servirtene per la formazione di coteste novizie, ti
direi chiaramente che non expedit.
rie
S.
La nostra ascetica devi
Biografiche e dagli soitti
BerÀatdo, S. Grègorio e
aSdt.tiinTSgo-e.mGrlma. aBdsoaoscScoh..eFVrtaiinscfooensrnocoirpadoniinSioaPmleasad,tredi,raiatltllaee
Memo-
i -quali
abbon-
dante.
15 A.C.S., n. 78, 24 Novembre 19J6.
16 A.C.S., n. 93, Maggio-Giugno 1939.
17 A.C.S., n. 1"31, Settembre-Ottobre 1945
451

48.6 Page 476

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Le visioni e rivelazioni sono carismi sraordinari, concessi ad anime elet-
tissime. Fondare su di essi 7a formazione è pericoloso: la fantasia e l'amor
proprio pomebbero avere la prevalenza.
Noi invece dobbiamo in generale percorrere la via ordinaria, e perciò non
dobbiamo ricomere costantemente a mezzi sfiaordinari.
La nostra pietà eucaristica, le altre pratiche, la santificazione deÌle azio-
ni di ogni giorno, il lavoro fatto per Iddio e con Dio, 7a vita di famiglia, l'ub-
bidienza filiale, la confidenza, la carità e la forte dolcezza, l'umiltà pratica e
costantemente ptaticate la santità che è purezza, f inalterabile fedeltà a S. Gio-
vanni Bosco, la povertà vissuta, ecco i grandi capisaldi della nostra ascetica,
che vuol essere amore che ci innalza a Dio e ci conduce alle anime per salvarle.
Pertanto anziché ricorrere a citazioni di visione, di apparizìoni straor-
dinarie, di una vita che insomma si svolge nelle più alte regioni della mistica,
vedi di condurre coreste novizie pei sentieri salesiani, fatti di semplicità, di
fecondo lavoro, di sacrifizi, di serena allegria nello spirito e ambieÀte di fa-
miglia.
Ti benedice il tuo aff.mo in C.J.
Sac. P. RrcArooNr >>
Bisognava seguire la strada ffacciata da D. Bosco e non altre. Per questo
scrivendo a D. Gutierrez, Maesro dei Novizi a Mawlaishillong (India) gli ri-
corda uno dei principi che per lui era fondamentale per la formazione dei sa-
lesiani perché costantemente usato da D. Bosco: la pratica dell'umiltà per vivere
abitualmente la verità del proprio nulla e del tutto di Dio, del proprio servizio
alla Congregazione dello scopo della vocazione.
Torino, 17-7-1946
« Carissimo Don Edoardo,
tingrazio te e per mezzo ttro i confratelli carissimi ed i novizi tutti, degÌi
auguri e delle preghiere. Dirai loro che li ricordo ogni giorno e prego perché
il Signore li formi nello spirito del nostro amatissimo Padre. Prego anche per-
ché il loro lavoro di formazione si faccia sulla base di una profonda umiltà.
Non avremo dei santi salesiani se non abbiamo dei novizi ihe abbiano sa-
puto calpestare l'orgoglio, vincere la vanità, sradicare la superbia, acqui-
stare una profonda umiltà di pensieri, nelle parole, nelle opere. Senza umiltà
non sapranno pregare, senza umiltà non sapranno ubbidire, senza umiltà
non sapranno essere caritatevoli, senza umiltà non sapranno avere confidenza
coi Superiori e non si lascieranno dirigere da essi.
Negli scrutini tenete conto di quesro punro tanto importante e fonda-
mentale in ogni formazione religiosa.
Coraggiol Vi benedice di cuore il vostro.
aff.mo in C.J.
Firmato: Sac. P. RrcerooNB >>
452

48.7 Page 477

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I suoi insegnamenti diretti alle giovani speranze della Congregazione erano
tutti impregnanti di spirito salesiano.
Nella cronaca della casa Missionatio di Ivrea si legge che nella prima sua
visita, dopo la elezione a Rettor Maggiore, parlando ai confratelli e agli ascritti
dichiarò: « Se io avessi a tradire D. Bosco o cambiare le Regole, meglio per
me morire! Sarebbe una grazial »>.
E fu sempre decisamente << boschiano >> nei suoi trattenimenti coi chieri-
ci. Dando i ricordi degli Esercizi Spirituali agli studenti della « Crocetta >>, in
quello stesso anno della sua elezione, svolse questi pensieri piuttosto forti, ma
molto chiari e pratici:
« 1' Il mormoratore mastica sterco e fa come il cane che va in cerca
di rifiuti da rosicchiare. Lo spirito di critica fa morire tutte le iniziative. Lo
spirito di partito e di politica (lettura dei giornali) impedisce la tranquillità
pet la propria formazione religiosa.
2' Ci riposeremo in Paradiso.
3' Nelle tempeste della vita diciamo: << Domine, salva nos, perimusl >>.18
Punti cardine sui quali soleva ritornare erano << il distacco effettivo, chiaro, se-
reno Il >>. << Regno dei cieli è... violenza. Nulla di buono vi è senza sacrificio »>.
<< Il dovere è la volontà di Dio; è perciò petfezione beatificante anche quaggiù.
Ogni dovere è quindi grande avafiti a Dio »>.re
Altro punto che toccava sempre con le nuove reclute, era la purezza
con quella praticità che scendeva alla vita, alle manifestazioni spicciole e con-
crete: <( Familiarità sì, ma santa; carità senza amicizie particolari ecc. Cuore,
cuore, sì; amore, amore, sì; ma sempre guidati dalla tagione.
Nella prova del fuoco (tirocinio) chi cade? Quelli che vengono meno alla
purezza con troppa familiarità sdolcinata.
In certi casi, è vero, i Superiori potrebbero fare di più, ma se ci fosse
la pratica della pwezza, tutti sarebbero al sicuro e tutti sarebbero salvi. Il mez-
zo per conseguire tale ptrezza pratica, D. Bosco ce 1o nella SS. Eucaristia
e nella Confessione. Sono mezzi invalutabili; se ci pensassimo! »>. E conclu-
deva: « Per santificarci ci vuole la preghiera che è f indirizzo della vita santa,
il lavoro che ne è i! mezzo generale, e la temperanza che ne è quello parti-
colare >>.m Dell'intera conferenza ci sono stati fotniti ampi appunti da Don
Pietro Femero, a'llora studente teologo. Li riportiamo in Appendice, alle-
gato 75".
Dal ,medesimo abbiamo avuto gli appunti di un'altra conferenza tenuta da
Don Ricaldone il 6 novembre l%5 alla Crocetta, dove confluivano chierici di
tante nazioni; è il Padre che parla ai figli come detta il cuore e l'espetienza su
di un tema che è sempre di attualità, spronando all'unità e ad una autentica
18 Ricordi di D. Eugenio Valentini.
le Da una conferenza tenuta alla Crocetta il 16 novembre l9)).
il
20 Appunti
5.12.t9)4.
di
Don
L.
Tavano,
allora
teologo
alla
Crocetta.
Da
una
conferenza
tenuta
453

48.8 Page 478

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formazione non solo intellettuale ma spirituale completa, fonte di vera fe-
licità.
<< Sono contento di vedervi e rivedervi, di salutarvi e soprattutto di au-
gurarvi un anno felice con tutta I'effusione del mio povero cuore. Siete nume-
rosi: bene! Una bella " Società delle Nazioni". La nostra comunità c'impone
una sola cosa: volerci bene! Noi non siamo destinati a fare politica: chi
|a tocca ne resta macchiato. Innalziamoci sopra, al settimo cielo. Ricordatevi:
noi prima di tutto siamo cattolici, siamo di Gesù, del Papa e di Don Bosco, sen-
za distinzioni di Nazioni. Perché cordiale, sincera ed intima sia la nostra vicen-
devole affezione, lasciamo la politica ai politici: pailiamo d'alto tanto le cose
non cambiano. Invece dobbiamo pregare affinché regni la carità, e regni in tut-
ti i cuoril
Sia
Auguri!
felice! La
-felicQituàecsotomapnlentao
sia per voi di grande profitto in
sarà in cielo, ma possiamo cercare
tutti i sensi.
la felicità re-
lativa quaggiù.
Il possesso della verità ci rende felici. Per voi questo è il tempo migliore
per imbeversi di verità. Siete nello studentato anche per la scienza: però non
solo per la scienza, ma soprattutto per la formazione.
C'è la felicità della conoscenza di tante cose che devono giovare al vostro
cuore.
Non studiare per il desiderio di sapere, neppure per curiosità umana; la teo-
logia la dobbiamo studiare con sentimento soprannaturale, perché essa ci parla di
Dio e di ciò che si riferisce a Dio; dobbiamo studiarla con metodo e impegno amo-
roso, filiale, di modo che Dio sia più amato e servitol La formazione intellet-
tuale si innesti in quella spirituale, non viceversa!
Alla vostra formazione e perfezione cooperano i vostri Superioti; perciò cor-
rispondete con cuore e volontà. La disciplina deve essere esemplare! Finché vi
è Ia nostra volontà, non vi è I'ombra della perfezione cristiana, religiosa,
salesianal Solo con l'obbedienza, la povertà e la castità diventate uomini
nuovi.
Richiamatevi spesso lo scopo della vostra vocazione: ricordate S. Bernardo
che sovente si ripeteva la domanda: << Bernarde, ad quid venisti? È, ora che do-
vete perfezionarvi; e inutile aspettare di essere perfetti poi! Ora studiate e
imitate Don Bosco. La santità sacerdotale è la perfezione della carità: abituatevi
con piccotri sacrifici...
Rinnovo a tutti gli auguri di un anno felice, grandemente proficuo per
scienza, sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini, pienamente uniti nella ca-
rità: cor u?ruru et anima 'unal >>.
E agli Aspiranti di Penango in montagna a Chiusa Pesio: << Portate l'atto di
amor di Dio in posti dove non fu mai pronunciato ».
Nel 1940 il 1" giugno diede i "Ricordi" degli Esercizi Spirituali ai neo-
ordinandi della Crocetta e, commemotando l'inizio del Centenario della prima
messa di D. Bosco, puntualizzò la vocazione sacerdotale. Dagli appunti che ne pre-
se D. Eugenio Valentini possiamo cogliere il suo insegnamento così ecclesiale e sale-
454

48.9 Page 479

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siano. Eccoli: << Le parole di Mamma Margherita sono la più bella predica di pri
ma messa; Ricordati che cominciare a dire messa, vuol dire incominciare a sof-
frire...
Gesù nel Cenacolo, agli apostoli disse Ia stessa cosa: Mementote sermonis
mei. Non est discipulus super magistrum. Si persecuti sunt me et vos persequen-
tur. La vostra ordinazione è ordinazione di guerra: Gesù fra gli "osanna" udiva
già il " crucifige ". Fortunati voi se saprete soffrire, " ut adimpleantur quae
desunt passioni Christi in carne vestra" >>.
Amore fattiuo: "Qui non ardet, non incendit". L'amore deve essere basa-
to sul sacrificio. Ci sarà sempre sacrificio, perché disgraziatamente ci sarà sem-
pre peccato e perché fortunatamente ci sarà sempre amore. Predicate il "Ver-
bum Dei"... non in persuasibilibus humanae sapientiae verbis »>. « Qui vos audit,
me audit, qui vos spernit me spernit". Devota celebrazione della messa, altrimenti:
nessun frutto. Devota
tione fungimsl').
deinde servetur".
-
Sre.vAitambdreolgBiore: v"iDairgion:it"aospussacDeredio"t!a-lis
"p16
prius
Christo lega-
nascatur, sed
Il mondo cerca in tutti i modi di denigrare il sacerdote. Se si toglie da
un villaggio il sacerdote per 50 anni, quel paese ritorna ne'lla barbarie. Il sacer-
dote nella storia favorì tutte le opere di misericordia. Don Bosco promosse le
vocazioni in tutta Ia sua vita. Un sacerdote dell'Archidiocesi di Bologna che ave-
va dato alla Chiesa 350 sacerdoti, in tarda età continuava a fare scuola ad un
piccolo, per indkizzarlo alla stessa meta, e diceva che staaa saluando la so-
cietà!
Abbiamo attualmente 200 istituti e ,migliaia di confratelli, quelli di Germa-
nia, di Polonia, de11'Olanda, del Belgio nel turbine della guerra. Sono nelle
mani di Dio!
Il sacerdote non va da solo in Paradiso. Che S. Pietro ci accolga circon-
dati da un intero Oratorio festivo di anime salvate »>. Così gli appunti di Don
Valentini.
Anche scrivendo alle case di formazione, non mancava di esprimere i prin-
cipi basilari salesiani per una soda vocazione. Ecco cosa raccomandò nel 1945
o 1946 ai Novizi di Mawlay in India con una sua risposta a D. Gutierrez: 2r
« Carissimo D. Gutierez,
rispondo alla lettera del 29 dicembre u.s. Anzitutto ringrazio te e cotesti
cari figli delle preghiere che avete fatto per noi. Pregate ancora: ne abbiamo
grande bisogno.
Ti prego poi di dire ai carissimi novizi che li saluto e li benedico di
gran cuore. Ho letto la loro lettera e prego perché i loro propositi siano
efficaci. Raccomando loro re cose:
L) Un grande amore a Gesù Benedetto manifestato per mezzo dello
spirito di lavoro e di saoificio.
2r Lettera di D. Ricaldone senza ptecisazione di data. Si suppone sia del 1945 o
del 1946 perché anteriore per numero di elencazione alla precedente già citata.
4',5

48.10 Page 480

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2) Un grande amore a Mafia Ausiliatrice manifestato con lo spirito
di purezza e di umiltà.
3) Un grande amore per S. Giovanni Bosco manifestato con la pietà
eucaristica e 1o spirito di lavoro santificato.
Fatevi coraggio! Abbiamo bisogno di molti apostoli, ma di aposto'li se-
condo il cuore di Dio e di Maria Ausiliatrice e 1o spirito del nostro grande
Fondatore. Vivete felici nella carità e pregate pel vosto
aff.mo in Gesù e Maria
Sac. P. Rrcar.»oNr,
E nel 1950 all'Ispettore di Argentina D. Guglielmo Cabrini mandò anche
un pensiero agli aspiranti:
« Agli aspiranti della casa di fotmazione Domenico Savio di Cotdoba (Ar-
gentina)
« Ai cari,ssimi aspiranti:
l) Pwrezza di vita
2) Pietà eucaristica
3) Buon esempio
E sernpre sotto il manto materno di Maria Ausiliatrice ».
P. Rrcer,ooNs R.M.
Come si può vedere, D. Ricaldone sia che parlasse agli aspiranti come ai
teologi o ai futuri ordinandi al Sacerdozio, mirava a darc idee, principi che
promuovevano la formazione totale dell'uomo, del religioso, del salesiano edu-
catore, del sacerdote. C'è perciò la verità compenetrata di ascesi e l'ascetica vivi-
ficata dalla dottrina; c'è poi tutta la << via salesiana »> per raggiungere la perfezio-
ne nella sua semplicità e sodezza: volontà di Dio, pietà eucaristica e mariana;
distacco e povertà; purezza e carità gioiosa; pratiche che non escludono lo stu-
dio, l'approfondimento teologico e scientifico, al contrario 1o richiedono nella
umile consapevolezza di non poter fare nul,la senza Dio e quindi del bisogno di
conoscedo sempre più adeguatamente.
Interessantissimo è studiare i ricordi che D. Ricaldone lasciò aI P.A.S. il
2luglio 1949. Egli commentò agli studenti la strenna dell'imminente Anno
Santo 1950: << Conoscere, amare, difendere il Papa >>. Ma vi premise un << cap-
pello »> che ci interessa per capir l'attualità degli insegnamenti che D. Bosco
dava ai suoi figli. Egli non stava mai << sulle nuvole )>; era un uomo pratico per-
ché sapeva mettere in Dio tutta la vita e la ripensava nella sua luce di verità,
confutandone tutti i possibi'li errori.
Riportiamo in Appendice la su indicata inroduzione, nella quale presenta
alcune "novità" pullulate qua è nel campo teologico, liturgico, ascetico, ecc.,
che appaiono il preannunzio di quella contestazione for,male esplosa dopo il
Concilio Vaticano II: Si veda la prima parte dell'allegato 76".
456

49 Pages 481-490

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49.1 Page 481

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Don Ricaldone non trascufava nessun mezzo fotmativo: dal personale ad-
detto a'lle case di formazione, agli insegnanti; dall'otario di vita, al programma
di studi; dalla funzionalità degli edifici, il|'atttezzatura scolastica. Ne poté dire
qualche cosa Don Eugenio Valentini che fu sempre con cariche di responsabilità
in case di formazione ed ebbe su di l'occhio attento di Don Rica,ldone, specie
quando lo volle direttore dell'Ateneo. Ma era occhio buono, per cui egli ne
god.tt. e se ne servì in tutte le circostanze, particolafmente nel periodo più
difficile di assestamento del P.A.S.: << Mantenni sempre Ia più completa aper-
tura con Don Ricaldone, su tutti i problemi che angustiavano l'Ateneo, anche
quando non condivideva i miei giudizi e mi riprendeva per qualche provve-
dimento >>.
Quando poi dopo un triennio di direttorato al Rebaudengo, lo trasferì nel
1948 Direttore alla Cfocetta, Don Valentini attesta: <<Le rclazioni divennero
allora più strette ancora»>, anche se qualche volta non si accordavano su certi
punti.
Ricorda: << Di mia testa, ma basandomi sulla esperienza degli anni prece-
denti (1932-1914: Consigliere Scolastico alla Crocetta), volli ottenere che la
ascesa agli Ordini Sacri fosse più libera e consapevole. Pregai quindi quelli del
IV corso, già suddiaconi, di non fare tutti ,la domanda per il Diaconato, e rom-
pere così la tradizione che il corso si presentasse tutto intero all'ordinazione. Vo-
i.rro che ognuno si presentasse quando si sentisse preparato. Circa la metà ade-
rirono al Àio invito. Giunse intanto a Valdocco \\a notizia che la metà del IV
Corso era stata sospesa dall'ordinazione. Fui mandato a chiamare; ma diedi fran-
camente la spiegazione. Volevo maggiore libertà dei Superiori nell'ammettere
agli ordini, ienza far subire un'umiliazione ai non ammessi; e volevo in pari
tàmpo maggior libertà e consapevolezza nei candidati, nel fare la domanda. In-
t..p"lluto Jai singoli prima della domanda, avrei dissuaso quelli che non rite-
nevo abbastafiza prepafati, anche se sostanzialmente idonei e questo per otte-
nere da loro un maggior impegno. Date queste spiegazioni, non mi proibì di agi-
re in tale maniera >>. Sebbene al suo occhio attento non sfuggissero manchevo-
lezze nelle persone e nelle opefe, tuttavia D. Ricaldone anche per Ie case di
formazione .ron fu mai un pessimista. Si, c'era ancora molto da fare e poco
alla volta si sarebbe fatto, ma c'era anche tanto di bene e di virtù autentica.
Una volta, dopo aver ascoltato alcune disapprovazioni, e certa critica troppo
esigente, sbottò a difesa della casa messa in questione: « A Ivrea il Signore ci
manda tanti giovani buoni! I'1 povero D. Corso « sustinet pondus diei et sestus )>'
Pet disgrazia alcuni criticoni trascurano il molto bene che si fa, e si fermano ai
nei, alle deficienze e debolezze, << putantes se obsequium praestare Deo ». Poi
vanno a queste case di formazione, paflano con l'uno o con l'altro confratello e
demoraliziano il personale e gli fanno perdere la fiducia e la confidenza nel
Superiore >>.2
2 Testimonianza di D.T. Savarè.
45

49.2 Page 482

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chi vide ciò che fece D. Ricaldone per Ie case di formazione in pericolo per
le condizioni di guerra, e come personalmente si adoperò senza badie a fatiche
e strapazzi per mettere al sicuro aspiranti, novizi e studenti, può avere testimo-
nianze certe del suo grande amore per questi suoi figli più giovani. Ne abbiamo
già parlato in vari momenti, ma è bello che ancora qui parli di ,lui un insegnanre
della crocetta, D. Agostino Pugliese, che visse col padre quelle ore di ango-
scia e lo vide già malandato in salute, anziano e affaticato, farsi un << comandan-
te in gamba » per riorganizzareTa{amiglia dei suoi studenti, dar loro una nuova
casa, ed essere per tutti motivo di serenità, di conforto.
« La notre del 20 novembre 1942 fu tremenda per la crocetta: il bom-
bardamento a tappeto aveva colpito e reso inabitabile Ia nostra Casa. Cessato
il bombardamento D. Castellino ed io corremmo all'Oratorio.
Le case di corso vinzagTio ardevano quasi tutte, da una parte e dalla
altta. D. Ricaldone era ancora in piedi. Accolse \\a notizia serenamente; si in-
formò se nessuno si fosse fatto male. Poi ci rimandò con la promessa cl-re l,in-
domani mattina sarebbe venuto lui. Di fatto f indomani per tempo venne. E co-
minciò a disporre le cose con calma ma con decisione. un comandante in
gamba! Nella mattinata stessa dispose che la comunità sgombrasse per Bagnolo
Piemonte, i cui aspiranti furono mandati altrove. Allo stesso scopo chiese alcuni
camions alla FIAT.
Quando personale e masserizie e provviste furono sgombrate, fece rima-
nere alla Crocetta D. Nigra, D. Pugliese con qualche altro volontario per custo-
dire la casa e per sgombrare anche le macerie. Si pensi al trasferimento della
biblioteca e del Museo Biblico. Egli stesso diresse i lavori con un'energia e una
decisione che fino allora non aveva conosciuto. ogni giorno, mattino e pome-
riggio, vi accorreva dall'oratonio infaticabilmente. E non solo dirigeva, .ma non
disdegnava di prendere la pala ed il piccone, di aiutare a caricare i camions,
ffascinando col suo esempio i più riottosi. Frequentemente, se non tutti i gior-
ni, montava lui stesso in macchina e accompagnava il materiale, si rendeva conto
del modo in cui si erano sistemati i confratelli a Bagnolo, voleva perfino essere
informato di ciò che si aveva per mangiare giorno per giorno. Altri superiori
vennero a vedere, ma non presero parte ai lavori, vedevano e ritornavano al-
l'Oratorio. A me diede ordine di badare che i volontari del lavoro fossero trat-
tali bene a tavola. E, all'occomenza, sapeva provvedere lui stesso.
In una quindicina di giorni tutto fu sistemato alla meglio e anche i volon-
tari andarono a Bagnolo. Ma quel lavoro straordinario lo stancò veramente.
Anche a Bagnolo la comunità della crocetta non fu abbandonata. ogni
settimana io tornavo a Torino sotto il pretesto del mio servizio al Tribu-
nale Ecclesiastico, ma in realtà per informare D. Ricaldone sull'andamento
delle cose, sulle necessità della comunità, cui egli venne sempre in aiuto con
generosità. E non eravamo soltanto noi che avevamo bisogno in quel tempo!
Se ricordo bene, proprio all'indomani del disasro della Crocetta egli annunciò
458

49.3 Page 483

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che insieme col Capitolo Superiore aveva fatto un voto che avrebbe edificato
il tempio di S. Giovanni Bosco ai Becchi a fine guerra »>.23
ste..a affettuosa sollecita cura di padre l'ebbe per gli studenti di fi-
tosofia rifugiatisi a Montalenghe. Così 1o ricorda D. Dalla Nora: << Durante la
gue6a D. Ricaldone venne più volte a Montalenghe ove era sfollata la Facoltà di
Éilosofia del PAS, infondendo sempre fiducia. Una volta, osservandoci, ci co-
municò l'irnpressione di un Docente Universitario, suo amico i1 quale gli aveva
detto:
Vedo,
-ma
Ma come sono giovani
non ho paura: è una
mquaelastttiiaPrcohfeesgsuoarrii!s-ce
A1
da
che
sola
lui aveva risposto:
con gli anni - E
sorrideva sereno e compiaciuto.
Notevoli i suoi incontri all'inizio di ogni anno accademico, quando, alTa
Messa dello Spirito Santo, dava nell'omelia, i1 « la >> al nuovo ciclo scolasti-
co, con profondi richiami di sapere e di ascetica, in un robusto e chiaro timbro
di salesianità >>.
. Una specie di 'Manuale della formazione del personale salesiano'»
L'amore e le cure che D. Ricaldone ebbe per Ie vocazioni e la loro for-
mazione religiosa e salesiana non potevano rimanefe incarnati solo nei suoi
diretti interventi di consiglio e di aiuto platico. Come per ogni altro settore
della Congre g zio1e il suo spirit o otganizzativo gli impose come un dovere di
fissare pei iscritto non tanto il suo pensiero quanto quello di D. Bosco e dei
suoi successori e poi coficretizzrir\\o in una serie di norme che fossero per tutti
guida per rimanere nella scia del Fondatore, così fece anche pef le case di
fo.-rriorr.. La prima opefetta che egli compose fu quella già citata sulle vocazio-
ni, che egli manàò come Lettera-Circolare il 24 novembrc 1936 ai confratelli, sot-
to il titòlo generico di << Formazione del personale salesiano »>.24
Presentàndo il suo lavoro egli ne motiva l'origine. Dalle discussioni fatte
a Torino nei raduni di Ispettori e Direttori delle Case di formazione nello
ottobre 19ll sulla formazione del personale a partire dalla ricerca delle voca-
zioni, {ino al compimento degli studi teologici'
<< Mi parve, scrive D. Ricaldone, che avrei fatto un lavoro utile svilup-
pando organicamente in tutte le sue parti questo tema veramente vitale per la
nostra Congregazione ».
Pr.r..1r.ri poi il suo progetto, e cioè di fissare in successive circolari tut-
to ciò che rig.rardavu, nelle sue diverse fasi, la formazione del petsonale in modo
da poter uu... ., come una specie di Manuale della formazione del personale
salesiano >>.
Chiarì quindi i punti che voleva svolgere:
<< La presente iircolare comprenderà una prima parte preliminare sulle
a Testimonianza di D. Agostino Pugliese, 5.5.1970.
za A.C.S., n. 78
459

49.4 Page 484

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vocazioni, seguita dalla trattazione sugli << Aspiranti ». Verranno in seguito le
parti riguardanti rispettivamente i << Noviziati », gli <( Studentati filosofici », il
<< Triennio pratico »>, gli << studentati teologici » e gli << Studenti quinquennali
e universitari >>; ed infine a modo di appendice, alcune considerazioni e norme
circa i Capitoli locali e i Consigli Ispettoriali che ben possiamo considerare
ambienti adatti e vere palestre per la formazione del personale direttivo »>.r
opera invece di meditato esame, attento studio, preciso ordinamento, con-
ttollato confronto di antiche e nuove esperienze, furono i « Regolamenti » pre-
sentati da D. Ricaldone dopo il capitolo Generale XV come A.c.s. n. 91 del
gennaio-febbruio 1939.
In essi c'è tutta l'attenzione vigile, premurosa di un padre che interpella i
figli più esperti, ne valuta i pensieri e le esperienze e con loro decide un pro-
gramma che però valga solo come esperimento.
Durante un sessennio esse infatti vennero esaminate e vagliate nella vita
pratica; per le eventuali modificazioni o aggiunte necessarie.
Troviamo invece tutti gli insegnamenti che D. Ricaldone occasionalmente
esponeva e scriveva agli ascritti salesiani delle case di formazione e anche al
personale addetto ad esse, negli A.C.S. n. 93, nuova parte di << Formazione del
Personale salesiano >> dedicato al Noviziato.26
Essa è una continuazione della pnima riguardante le vocazioni e gli aspiran-
ti e ne è il comp,letamento in quanto è nel noviziato che l'ascritto mette le
basi della sua formazione religiosa e salesiana.
La trattazione è densa anche se chiara perchè tocca molti punti: dall'en-
trata in Congregazione fino alla Professione.
L'opera pur essendo diretta ai soci salesiani addetti alle case di formazione,
tuttavia in alcune sue parti è utilissima a tutti i confratelli. C'è D. Bosco e i
suoi Successori, ma nella visione organica e succosa di D. Ricaldone.
In questa tt^ttazione egli così difinisce l'essenza dell'ascetica salesiana:
« è potenza operarice, immolazione di menti e di cuori per il regno e il trionfo
di Dio; è come dice 1o stesso nosfto Patrono, << L'amore in ardore »; è carità
sitibonda di anime >>. Per questo << l'ascetica salesiana non è fine a se stessa, ma
addestamento alla redenzione delle anime. << Ecco perché stimola i nuovi mem-
bri più che a indugiare in speculazioni e sottigliezze dottrinali a irrobustire la
volontà, arricchendola di abiti che ne plasmino il carattere e l'allenino a quell'azio-
ne disinteressata che si prefigge la salvezza del prossimo e non già il personale
godimento spirituale >>.27
L'ascietica salesiana intesa in questo suo aspetto redentivo è necessaria-
mente basata sull'Eucarestia perché << l'ascetica dell'amore non può alimentarsi
se non alla più ricca sorgente dell'amore, l'Eucarestia. ond'è che, non solo
l'orientamento della pietà salesiana, ma l'intiera vita salesiana è spiccamente
2s A.C.S., n. 78, 21 Novembre 1936
26 A.C.S., Maggio-Giugno 1939.
27 A.C.S., n. 93, p. 207.
460

49.5 Page 485

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eucaristica, a tal punto che la stessa nosffa pedagogia, che ha essa pure come
essenza la carità, fu da S. G. Bosco basala prevalentemente sul sacramento del-
l'amore, dal quale tfae tutta .la sua eflicacia ». E poi con concetto unitario
meraviglioso , da pati ilo, firralizza tutta l'ascetica, la vita, l'apostolato.
Ecco perché egli come pratica conseguenza unisce alla formazione ascetica
quella pedagogica perché essa è come una modalità della carità opefosa e, proce-
dendo dalla stessa causa: l'amore, e vivendo nello stesso ambiente di pietà
eucaristica, l'una diventa completamente all'altra.28
A questo ttattato segue, secondo la promessa fatta, la letza puntata di
« Formazione del Personale Salesiano »> che riguarda gli « Studentati Filosofici
e teologici »>. Essa però fu pubblicata dopo un lungo intervallo di ben 6 anni
precisamente nel settembre-ottobre 1945 col n. L31 degli A'C.S.
Che cosa era successo da determinare una sosta nei lavori di compilazione
di D. Ricaldone?
Una nuova grande, meravigliosa fondazione nel settofe formativo del per-
sonale salesiano.
ll P.A.S. creatura ricaldoniana
Era sorto il Pontificio Ateneo Salesiano.
È tradizione salesiana che risale a Don Bosco la cura solerte pef dare ai
sacerdoti la migliore formazione. Le antiche Costituzioni della Pia Società negli
articoli 2,78,87 , 164-169 mentre fanno proprie le disposizioni del Codice di
Diritto Canonico, aggiungono alcune particolari precisazioni da praticarsi nella
formazione dei sacerdoti. Nei Regolamenti poi, dove parla dei Noviziati e degli
Studentati, sono specificate ancor più ampiamente le norme da seguirsi negli
Istituti destinati alla {ormazione dei chierici.
Don Ricaldone che tanto aveva già preso ,in considerazione i consigli di
Pio XI fatti personalmente a lui circa la scelta e la formazione dei nuovi Soci,
quando uscì la Costituzione Apostolica del medesimo Papa << Deus scientiarum
Dominus » che tfacciava i nuovi programmi di studi eccelsiastici e i nuovi indi-
izzi da seguirsi negli Atenei, fu stimolato a impegnarsi in una impresa non
facile, ma che ol1e ad essere un atto di pronta adesione ai dchiami del Papa,
avrebbe dato un impulso di nuova santità e fecondità apostolica alla Con-
gregazione.
Egli il 1' maggio 1936 sottopose allo stesso Sommo Pontefice Pio XI la
sua << audacia >>, cioè 1o pregò di attotizzare i Salesiani a iniziare un Corso
Superiore di studi Teologici e Filosofici in conformità alla Costituzione da lui
ernaflata, allo scopo di ottenere poi, a suo tempo dalla S. Sede le relative
facoltà teologica, giuridica e filosofica col diritto di conferire titoli accademici.
28 A.C.S., n. 93, confrontare pp. 216-217
461

49.6 Page 486

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I1 consenso di Pio XI e Ia sua benedizione diede il via a77a grande impresa.s
Don Ricaldone a opera teaTizzata, ne diede il merito, dopo che a Dio, ai
Papi, ai cardinali e a quanti veramente vollero e sostennero il nuovo Ateneo
salesiano, ruttavia l'artefice vero dell'Ateneo, fu lui. Dal 1936 al 1940 i suoi
taccuini sono per molti mesi piani di battaglia per la conquista della meta
sognata 3c e dopo la scaTata, e la vittoria, sono ancora e sempre tempestati da
continui interventi, incontri, visite, per la facoltà beniamina << l'Istituto Supe-
riore di Pedagogia »> 3r e le attrezzature, i programmi che l'Opera esigeva.
La portata delf impresa poteva logorare il sistema nervoso più solido, e in
realtà limò gradatamente le energie di Don Ricaldone in continua tensione di
sollecito intervento e di fidente preghiera.
La Società Salesiana eveva già in molte Ispettorie i suoi Studentari Filo-
sofici e Teologici. Don Ricaldone fra questi, scelse l'Istituto Internazionale
« Don Bosco >> in Torino al quale affluivano già salesiani da tutte le nazioni,
per trasformarlo in Ateneo Ecclesiastico, adeguandone secondo la nuova Co-
stituzione di Pio XI l'organizzazione degli studi e le relative attrezzature scien-
tifiche.
La cosa non fu facile perché richiese un duplice lavoro: uno esrerno presso
gli organismi della santa sede e uno interno in seno alla congreg azioneìt.ru
per sensibilizzare Superiori e confratelli al nuovo progetto e dare veramente
I'otgatizzazione richiesta agli studi sacri. Delle prime ricorda alcuni particolari
Don Pugliese che fu l'aiurante più fidato in vaticano del Rettor Maggiore.
<< Tutte le volte che andavo a rrovarlo, Mons. Roberti (prima Rettore
dell'Institutum utriusque Juris, poi Sottosegretario della S.c. dei Seminari
e delle Università degli Studi, poi uditore di Rota e finalmente segretario
della S.c. del concilio, poi cardinale), già mio professore, insisteva perché
mettessi nell'orecchio di Don Ricaldone la « pulce » dell'Ateneo. Finalmente
dopo l'approvazione di Pio XI questi ne parlò a s.E. Mons. Ruffini, allora
Segretario della S.C. dei Seminari e poi Card. Arcivescovo di palermo. Allora
costituì la prima Commissione di studio: D. Valentini, e il sottoscritto e sotto
la guida di D. Candela. In un secondo tempo, anche alri furono interessati alla
Facoltà di Teologia e di Filosofia. Debbo confessare che insistetti molto perché
anche la Facoltà di Diritto venisse inclusa nelle trattative e feci intervenire diret-
tamente Mons. Roberti.
Don Ricalc-one, uomo intelligente e pratico, si rese subito conto che la
cosa era fattibile e, contro la mentalità dello stesso Capitolo Superiore, fece
fare le pratiche per le me Facoltà...
Una volta mente attendeva per le udienze già fissate, ricordo che passò
2e A.C.S., n. 99, Maggio-Giugno 1940
_Fe.b.briljoT, aMccaurzinoi,
p^ersonali di Don Ricaldone: 1936
Settembre; t939 Febbraio, Aprile;
Giugno, Luglio; 1937
194d Giugno] Ottobre.
Mxzo;
I93g
Taccuili personali di Don Ricaldone: i941 Ottobre, Giugno; 1942 Gennaio, Feb-
braio, Aprile, Ottobre, Novembre; 1944 Lugho; 1946 Aprile, Ottòbre, ecc.
462

49.7 Page 487

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pomeriggi interi nella Chiesa del Gesù o nella Chiesa delle Stigmate a pregale
e mi disse: << Ora che ho tempo ho tante cose da dire a Gesù Sacramentato! »>.
Quando ormai le pratiche erano avanzate, incaricò D. Gennaro a farc le
cose ufficiali, continuando ad affidare a me quelle che richiedevano un certo
tempo di preparazione accarta e vigile. Ricordo la gioia che ebbe quando gli
portai il Decreto di erezione. Ma ricordo anche il senso di amarezza che era nei
suoi occhi quando tornavo da Roma con notizie poco confortevoli; non efa
scoraggiamento perché Don Ricaldone non si scoraggiava mai; era proprio ama-
rezza per la incomprensione degli alui »>.32
Don Terone ricorda il lavoro di persuasione fatto da Don Ricaldone
con costante e tenace pazienza plesso i Confratelli. << Ricordo le riunioni fre-
quentissime, le raccomandazione personali, le conferenze perché alla Facoltà
fosse dato 7'indirizzo da lui voluto e che egli credeva il migliore e più proprio
dello spirito della Congregazione. Non è poi facile dire quanto gli sia costato
la stesura del programma esposto nel primo articolo del primo numero della
Rivista << Salesianum ,r. Dopo d'averlo scritto, corretto e fatto esaminare dai
Capitolari e da Confratelli, Professori di fiducia e competenti, lo ritoccò an-
cora, 10 portò con a Roma in un viaggio che dovette fare, ed io, che ebbi
I'onore di accompagnarlo, non saprei dire quante volte alla Procura lo ribattei
a macchina. Spiegabilissima la sua preuccupazione, perché era sicuro che qualche
accenno non avrebbe incontrato l'approvazione incondizionata e voleva preve-
nire rispondendo in precedenza. Alcuni anzi gliene paflarono; ma egli non mutò
di un iota il suo pensiero, che poi sostenne e ribadì in tutti i discorsi che
avevano luogo nelle assemblee della Facoltà, e perfino più tardi in occasione
del conferimento delle prime lauree. Fui presente quando fu discussa la prima
tesi di laurea in filosofia al « Rebaudengo )>, presenti molti professori e distinti
personaggi. Padri Gesuiti e Domenicani si congratularono calorosamente con
lui per 7a saggezza e la opportunità dei suoi suggerimenti e raccomandazioni >>'
Dopo una severa esperienza di studio e di programm^zio\\e per le disci
pline teologiche, {ilosofiche e di diritto canonico, Don Ricaldone alf inizio
del 1940, incoraggiato da Pio XII, presentò alla Sacra Congregazione dei
Seminari e delle Università degli Studi, formale domanda di erezione canonica
del Pontificio Ateneo Salesiano con le tre Facoltà di Teologia, Diritto Cano-
nico e Filosofia.
Il 3 maggio il Santo Padre si degnava di accondiscendere alla domanda e
fkmava il Decreto dell'approvazione canonica.
Don Terrone ricorda la gioia che Don Ricaldone provò quando ricevette da
Roma il Decreto dell'erezione.
« Egli stesso volle portare il Decreto alle Sedi, leggendolo con voce com-
mossa e con entusiasmo, commentandolo ed esprimendo la riconoscenza e della
Congregazione a cololo che avevano lavorato per ottenere il beneficio, primo
32 Testimonianza di Don Agostino Pugliese, 5.5.1970.
463

49.8 Page 488

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fra tutti Mons. Ruffini, poi Cardinale Arcivescovo di palermo e altri prelati.
un grande applauso scoppiò quando, al termine della lettura, egli bacio il
Decreto ».33
con questo solenne riconoscimento da parte della Santa Sede infatti, la
Società Salesiana era in grado di preparare convenientemente i Professori dei
suoi numerosi Studentati Filosofici e Teologici sparsi in tutte le parti del
mondo: preparadi presso la culla della congregazione, non solo con una soda
formazione scientifica, ma anche con una efficace formazione religiosa sale-
siana.
Quanto Don Ricaldone aveva rcalizzato nel settore tecnico professionale
cioè avere Maestri d'arte formati in Centi di Studi professionali salesiani, ora
1o vedeva attuato anche per studi sacri superiori dei suoi figli: poteva dare alla
Congregazione docenti di « stile salesiano >>.
Il Decreto coronava un'attività intetminabile e paziente, un insieme di iruzia-
tive che spesso non furono capite come parte di quel tutto che ora fioriva nella
cteazione grandiosa dell'Ateneo Salesiano. Passi in avanti per il riconoscimento
erano stati: il Museo Biblico inaugurato fin dall'anno scolastico l%8-19j9 da
lui curato con tanto amore e interessamento; la ricca biblioteca che egli portò
da 10.000 volumi a 60.000; gli Istituti di fisica, di biologia
sperimentale; il Museo di Etnologia; il << Salesianum »> rivista
e di fsicòtogia
fondata da lui
per meglio provvedere alla formazione teologica e filosofica dei Salesiani e
del clero in genere.
Avuta l'approvazione, il 16 ottobre di quello stesso anno 1940, si ebbe
l'inaugurazione del primo anno accademico del Pontificio Ateneo Salesiano pre-
sente l'Em. card. Arcivescovo di Torino Maurilio Fossati. Già 1'11 ottobre
era venuto da Roma a visitare le Sedi delle Facoltà del nuovo Ateneo, sistemate
in parte alla « crocetta »> e in parte al « Rebaudengo )>, s.E. Mons. Ernesto
Ruffini, Segretario della S. Congregazione dei Seminari e delle Università degli
studi. La presenza di queste due significative rappresentanze della chiesa, e
specialmente le loro entusiaste espressioni di compiacimento per il perfetto
aggiornamento curato anche nei minimi particolari nel nuovo Ateneo, furono
con iI Deoeto di Pio XII il sigillo di Dio all'opera instancabile e vittoriosa di
Don Ricaldone.s
Ma il lavoro non era dawero ultimato: il Decreto era la prima tappa.
C'era ora da consolidare tutto l'edificio.
Eletto Gran Cancelliere dell'Ateneo, Don Ricaldone pensò di mettervi
a capo della scuola un Salesiano dotto e sperimentaro. Don Gennaro fu il
primo Magnifico Rettore. ogni facoltà doveva avere il suo decano da cui
dipendevano i professori delle varie cattedre.
Primo decano della facoltà teologica fu il prof. Don Eusebio vismara;
33
s
Testimonianza di Don Temone.
« Bollettino Salesiano », Dicembre
1940
464

49.9 Page 489

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della facoltà giuridica il prof. Don Agostino Pugliese, della facoltà filosofica
il prof. Don Giuseppe Gemmellaro.
Le cattedre erano molte e tutte coperte da Professori Salesiani valenti;
ed esperimenti. Ma bisognava continuarli nelle nuove generazioni; per cui
Don Ricaldone ebbe costante premura di scegliere fra i confratelli più capaci,
i futuri docenti del P.A.S.
Molti, restii a questi studi superiori che impegnavano tutta la vita, allon-
tanando dall'apostolato diretto coi giovani, se li guadagnò con la sua bontà
di padre, dando loro fiducia, affezionandoseli personalmente proprio come fece
Don Bosco con i primi salesiani. Alcuni di loro furono, per così dire, sue crea-
ture: come il Direttore Don Eugenio Valentini che dal l9)2 volle fra i Teo-
logi e nel 1945 elesse direttore prima della sezione del P.A.S. al << Rebaudengo »>
e poi alla << Crocetta >>. Don Valentini ricorda ancora il « complimento >> che
gli fece in occasione di tale elezione: « Mi disse che ero un individuo che ave'
vo sempre pensato con la mia testa, ma che mi dava ugualmente questo atto
di fiducia, sicuro che avrei dimostrato quella docilità necessaria al compito
che mi affidava ».
Creature sue furono: Don Bertetto, Don Luigi Bogliolo, Don Pugliese
che sentirono Don Ricaldone come un secondo padre tanto furono aiutati da
lui nei loro studi. Don Bogliolo ricorda le peripezie e gli imprevisti dei suoi
studi. Per fortuna ebbe sempre al suo fianco Don Ricaldone che ne capì tutte
le esigenze e lo incoraggiò, provvedendogli i necessari aggiornamenti a raggio
internazionale.
<< Appena laureato in teologia, per causa della guerra, non potei più ritor-
nare all'Ecuador dove ero atteso. Mi fu detto di prepararmi alf insegnamento
della Teologia fondamentale nel neonato Pontificio Ateneo Salesiano. Presi
starza alla Crocetta e cominciai a prepararmi. Non dissimulo che, fresco degli
studi teologici, ero molto soddisfatto della nuova obbedienza. Non erano an-
cora passati 20 giorni, quando un giorno Don Ricaldone mi chiamò e mi
disse: « Senti! Ho bisogno di un Professore di Cosmologia nella Facoltà di
Filosofia. Tu hai già fatto scuola di Filosofia per diversi anni, sei laureato,
dunque, per ora, va al << Rebaudengo ». Fu così che passai dagli amati studi
teologici a quelli filosofici. E ci sono ancora.
Nel 1947 eravamo in pieno periodo post-bellico, con tutte le conseguenze
che conosciamo, quando ricevetti un invito a prender parte ad un Congresso
di Filosofia nel Belgio. Non aveva alcuna speranza di potervi prender parte.
Unicamente, « pro forma »>, ne feci cenno a Don Ricaldone. Con mia viva
sorpresa mi disse: << Va' pure e prenditi un compagno >>. Insieme a Don Franco
Arnerio, per la prima volta, dopo la seconda guerra mondiale, per mezzo suo
potei così prender parte al Congresso di Filosofia delle Società Filosofiche di
Lingua Francese, a Bruxelles ed a Lovanio. Con quanto vantaggio lo può giu-
dicare chi si dedica agli studi di questo genere.
Già fin d'allora Don Ricaldone aveva f idea esatta delle esigenze di coloro
465
30

49.10 Page 490

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che dovevano, per dovere e per obbedienza, dedicarsi interamente agli studi
nel nosfto Ateneo.
L'anno seguente un altro invito. Questa volta dalla Spagna. Si teneva
un Congresso di Filosofia a Barcellona, in occasione del doppio centenario di
G. Balmes e di F. Suarez. La risposta immediata fu la medesima >>. Va' e
prenditi un compagno »>. Aggiunse però una frase che non sapevo cosa volesse
significare: << Otto giorni prima della partenza per la Spagna passa da me >>.
Così feci. Mi trattenne in amabile conversazione un bel quarto d'ora, poi ad
un tratto aprì un cassetto del suo scrittoio e mi colmò le mani di biglietti e di
monete spagnole, aggiungendo: << Questo è per te; fatti pagare il viaggio dalla
Casa. Se troverai qualche libro o qualche altra cosa utile, prendila pure. Al
ritorno mi darai conto di tutto ».
Facevo un'alra indimenticabile esperienza del gran cuore paterno di Don
Ricaldone. Queste cose non si possono ricordare senza un sentimento di viva
riconoscenza.
Tornando dalla Spagna mi recai da lui, come d'intesa, per render conto
delle spese fatte e per restituire il denaro che mi era rimasto. Mi ascoltò e
poi aggiunse: << Con il denaro che ti è avanzato comprati qualchs libro ».
Questo era il cuore di questo nostro grande padre e superiorel E quanto
era stimato anche fuori della Congregazionel Sentii una volta farne I'elogio
dall'Em.mo Catd. Larraona, come uno dei più grandi superiori religiosi da lui
conosciuti!
Nonostante questa bontà, la sua intelligenza e la sua presenza fisica, il
suo occhio penetrante, incutevano soggezione. Dinanzi a lui si sentiva di essere
alla presenza d'un uomo non comune, d'una personalità superiore, quale real-
mente era >>.3s
Don Pugliese ricorda invece Ia tenacia di Don Ricaldone nel << difendere >>
le sue miglioti speranze dai lusinghieri inviti (ma che in fondo erano anche
un po' egoistiche pretese) di chi voleva godere dei salesiani più preparati frutto
di tanti sacrifici per la Congregazione. Don Ricaldone doveva « tener duro ,,
perché l'Ateneo richiedeva in continuazione personale scelto. D'altra parte ca-
piva che non doveva chiudere orizzonti, perché spesso i passi dei figli aprono
vie impensate alla Congregazione.
Ecco come Don Ricaldone si comportò per Don Pugliese:
<< Da parecchio tempo Don Ricaldone aveva resistito alle richieste di
Mons. Roberti che mi avrebbe voluto Professore del Pontificium Institutum
Utriusque Iuris; del Card. Aloisi Masella, che, divenuto l'ultimo nostro Card.
Protettore, avrebbe voluto avermi come impiegato della S.C. dei Sacramenti,
di cui era Prefetto; di Padre Lanaona, che, divenuto Sottosegretario della
S.C. dei Religiosi, mi avrebbe voluto impiegato alla stessa S.C. dei Religiosi,
dove aveva avuto I'accortezza di circondarsi di un bel gruppo di ex-alunni a
3s Testimonianza di Don Luigi Bogliolo
466

50 Pages 491-500

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50.1 Page 491

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lui fedelissimi; del Prof. Bertola dell'Università di Torino che insisteva perché
mi si facesse prendere la libera docenza nell'intento di farmi atfidarc l'incarico
della nuova cattedra di Diritto Canonico che allora si veniva istituendo nelle
Università italiane. Alla fine Don Ricaldone mi chiamò e mi ordinò di prepa-
rutmi a prendere parte al primo concorso universitario come Libero Docente o
come titolare, non per conquistare una cattedra, mi disse, ma per il prestigio della
nosua Facoltà di Diritto Canonico, di cui mi aveva fatto Decano, intendendo
che, anche vincendo il Concorso, avrei dovuto rinunciare alla cattedta conten-
tandomi del titolo, si era pure così inteso col Prof. Bertola. Sfortunatamente si
ammalò e non potei più vederlo per più di un anno.
Quando chiesi ai Superiori di prender parte al Concorso per Cattedre,
già bandito, mi si disse che Don Ricaldone aveva cambiato idea e che era
desiderio dei Superiori che non mi impegolassi con le Università profane. Quan-
do finalmente riuscii a parTaryli di nuovo, tiferii a lui come si erano svolti
i fatti ed egi mi disse: << Non mi hanno detto niente! Tu avresti dovuto ese-
guire i miei ordinil ».
Nel 1943 il P. Larraona mi fece includere tra i membri della Commissione
Pontificia allora eretta per lo studio e I'attuazione della riforma degli studi
per i religiosi candidati al Sacerdozio. Ebbi allora occasione di frequentare la
S.C. dei Religiosi ogni settimana, appena le comunicazioni tra Nord e Roma
furono ristabilite.
Nel 1948, invitato da Don Ricaldone, il P. Lamaona venne a Torino,
ospite suo. In quell'occasione il buon Padre rinnovò le istanze e solo allora
Don Ricaldone cedette. Ma stabilì che io sarei andato a Roma appena sarebbe
stato possibile, rimanendovi per un semestre, mentre per l'alffo semestre sarei
tornato a Torino per dare lezioni alla Facoltà di Diritto Canonico, il cui Deca-
nato era passato a Don Fogliasso.
Intanto si veniva concretando il programma del primo Congresso Inter-
nazionale dei Religiosi, che si tenne effettivamente a Roma dal 26 Novembre
all'8 Dicembre 1950, al quale presero parte numerosi Salesiani; 10 stesso Don
Ricaldone vi mandò una sua delegazione. In qualità di addetto alla Segreteria
del Congresso, partecipai a tutti i lavori preparatori e alle sessioni congressuali,
passando a Roma la maggior parte del L949-1950, alle dipendenze di S.E. Mons.
Larraona divenuto segretario della S.C. dei Religiosi ».$
Se ebbe momenti di incertezza circa gli studi dei suoi figli, fu solo perché
temette di esporli, più che di aiutadi. Infatti, se ci teneva alla loro prepara-
zione culturale, guardava però sempre in primo luogo alla loro formazione
sacerdotale e salesiana.
Quanto poi egli lavorò e fece lavorare i Professori degli Studentati per
una progtammazione scientifica, adeguata alla serietà degli studi delle disci
pline ecclesiastiche, lo testimoniano gli A.C.S. N. 138 bis che raccolgono i
s Testimonianza di Don Pugliese, 5.5.1970.
467

50.2 Page 492

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Programmi per gli Studentati, frutto di lunghe e laboriose esperienze fatte
per anni e anni da diverse Commissioni di Professori, in vari Studentati, con
alunni di diverse nazionalità. Egli personalmente e direttamente se ne occupò
sempre, poiché aveva direttive precise in proposito , anzi 'on punto chiave da
sostenere e da far accettare.
Uno dei suoi segretari Don Luigi Tavano, ricorda con che insistenza egli
asseriva che la filosofia doveva essere portata a livello popolare, come era
avvenuto per la teologia, che si era fatto << catechismo » per il popolo. La fi-
losofia presenta delle verità, che interessano anche il contadino, il lavoratore,
perciò bisognava renderla più alla portata di tutti.37 Questo lo diceva nel L939.
egli,
Ma già nel 1938
commentandolo,
a Don Gennaro
espose il suo
che gli presentava
criterio-base circa
'gtnli
abbozzo di « Ratio »
studi superiori dei
Salesiani. Per Don Ricaldone la verità per se stessa non poteva bastare ad un
figlio di Don Bosco, essa doveva diventare vita.
Il salesiano non è uno scienziato, ma un educatore e un educatore cri-
stiano perciò i suoi studi devono avere sempre carattere pastorale.
<< Don Ricaldone era nemico dello scientismo e naturalismo, scrive Don
Luigi Tavano al riguardo, e volentieri citava frasi di Don Chisciotte per smor-
zare nello scherzo la sua pena nel leggere certi scritti di confratelli che vi
idqnuci liibn,uahvoaannsosteu»nd>s.ioaS.t.oo. lePaviaùSdavlio-rmelte:e--meabnbPceaa!aran-cahperVeaonrdrdeeirrbebseedvodapiroaea:Svdaeliar msscaaonlercsamo!..au.nnCcaah!liemtstcearnriavce:a
-vuolEeclcaogqrauziiaudniaDciohel
crede
Noi la
nel volontarismo!
nosra parte!.. Ma
Volontarismo? Volontà?
c'è poco da fidarci! ».s
Ci
Ma leggiamo la sua lettera a Don Gennaro e subito apparirà chiaro il suo
pensiero:
Car.mo D. Gennaro
Torino, 23-l-1938
Ho letto 7'abbozzo: sta bene: Mi permetto fare qualche osservazione.
1) Desidero che la Ratio non sia qualcosa di scheletrico, ma sia rigurgi-
tante di vita. Perciò le Commissioni, anziché limitarsi a fissare i punti dei
singoli programmi, li rendano vivi indicando prima di ogni singola materia e
talvolta prima anche di speciali ffattazionil
a) In qual modo, con quale metodo, con che criteri spiegare la mate-
ria stessa;
menti,
b) Cor, quali sussidi didattici
carte, atlanti, pitture, ecc. ecc.
c) A quali risultati pratici di
--vitaffoinvnsisteisgusnttaaom,ricephnaetso,toporpuaelòer,eeasssspecreeetcicifaaalc,i,ilaidtpaootcloou;--
getica, ecc., dovrebbe condurre quelf insegnamento.
2) Vedrei molto volentieri applicare agli Studi Superiori quelle sapienti
377'estimonianza di Don Luigi Tavano che risale all'8.5.1939
387estimonianza di Don Luigi Tavano in data 27.12.1970.
468

50.3 Page 493

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norme di pedagogia, di metodica, di vita pratica materiata o meglio perfusa
tutta di zelo apostolico che abbiamo ereditato dal nostro Santo Fondatore.
3) Anch'io amo ripetere frequentemente con Tertutlliano che « Veritas
est antiquitas »> ma al tempo stesso non posso dimenticare che sono figlio di
S. Giovanni Bosco, e perciò ripeto a voi: Iddio ai suoi Santi affida un movi-
mento provvidenzTale, che, riferendosi al bene dell'uomo, interessa perciò
stesso tutto il piano della Provvidenza a rigtardo dell'umanità.
Credo pertanto che la verità antica non disdegni di rivestirsi atmaverso
i secoli di quegli indumenti esteriori, che non intaccandone, anzi difendendone
e conservandone intatta la sostanza, le diano i'l carattere, il gusto, vomei dire
la linea e la sagoma contingente del momento.
Perciò andate pure ad attingere alle fonti antiche, siate dei buoni archeo-
logi, ma non dimenticate i gusti, le esigenze, i bisogni, vomei perfino dire
i capricci degli uomini con cui siamo destinati a convivere e che abbiamo il
dovere di condume a Dio.
4) Per questo motivo credo si debba assegnare un programma più ampìo
alla pedagogia e alTa catechetica.
Naturalmente queste materie possono informare la pastorale. Nel redigere
i programmi dei tre insegnamenti si possono armonizzare le singole esigenze,
in guisa che, anziché interferenze, si abbiano ffe parti che completino un piano
d'insieme.
Sono idee dettate affrettatamente sì, ma dal vivissimo desiderio di coope-
rare con voi a un lavoro della massima importanza per I'avvenire della nostra
Società.
Coraggio. - Vi benedice il
V. aff.mo in C.J.
Sac. P. RtcarooNe
Questo principio, poiché trovava un po' di opposizione tra i confratelli
che, dediti totalmente agli studi forse smarrivano il carattere pratico del loro
insegnamento, egli lo ribadì in tutte le circostanze e in tutti i modi, spesso
anche con forza.
Don Dalla Nora asserisce che in seguito ad una istanza che tendeva a
chiarire il suo pensiero circa l'attività dei Docenti del P.A.S. Don Ricaldone
disse: È << stato sempre mio desiderio che i Professori, menre attendono allo
studio sistematico e profondo, si applichino anche al Ministero ne1le sue varie
forme, specialmente di conferenze, esercizi spirituali, predicazione al popolo,
particolarmente nelle feste e vaca;nze e in quelle << infra annum >>, chè con
questo confronto non solo fanno del bene, ma lo ricevono anche in grazia del
contatto diretto coi gruppi e con le anime ». E Don Dalla Nora continua:
« dimostrò il suo compiacimento per quanti di noi alle feste dedicavano varie
ore alle confessioni nella Basilica di Maria Ausiliatrice in Torino. Questa sua
approvazione tornò di conforto a costofo, che non raramente erano bersa-
gliati da altri, i quali col pretesto della totale dedizione allo studio, avevano
il coraggio di trascorere l'intera mattinata festiva in giochi e futilità, poi invo-
cavano a giustificazione la presunta parola o il presunto pensiero del Rettor
Maggiore, Gran Cancelliere dell'Ateneo. Egli mi confermò che la pensava sem-
469

50.4 Page 494

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plicemente al contrario di questa gente presuntuosa caparbia e ambiziosa ».3e
Don Bertetto ricorda l'insistenza di Don Ricaldone << perché si desse so-
prattutto alla teologia quelf indirizzo formativo e vitale che è richiesto dai
compiti pedagogici salesiani, offrendo egli stesso magnifiche occasioni proget-
tando e attuando le varie collane: << Lux >>, << Veritas )>, e i « Quaderni di
Predicazione »>.
Questo fu argomento della Lettera-Circolare del Maggio-Giugno 194440
che fece epoca nella storia della Congregazione non solo perché chiarì le fina-
lità apostoliche del P.A.S. ma incrementò e sviiuppò l'altra sua creazione: il
Centro Catechistico.
C'è a proposito una lettera di Don Ricaldone a Don Gemellaro, decano
della Facoltà di filosofia. Nella sua forza, mostra tutto Don Ricaldone quale
padre e quindi srenuo difensore di una sua creazione, di un'opera che lui ave-
va voluto con tutt'alfio scopo e che ora figli, non cattivi, ma forse inesperti
e ignafi, orientavano verso mete altisonanti ma vuote di contenuto.
La letteru, essendo stata trovata senza data,4l lascia il dubbio se sia stata
mandata al destinatario. Comunque, anche come sfogo del proprio sentire, essa
è documento preziosissimo per cogliere integralmente il pensiero di Don Ri-
caldone.
Il condensato di questa lettera è nel seguente monito caldo e forte:
« Restiamo fermi alle nostre radizioni fatte di semplicità, ma ricche di
buon senso, di chiarczza, di sana praticità, di equilibrio. E soprattutto nutriamo
noi, e le anime che ci sono affidate, di pietà umile, di sacrifici generosi, di
ubbidienza filiale senza di cui si va in sicura rovina. Fissiamo pertanto gli
occhi nel nostro Padre, seguiamo le virtù, gli esempi, lo spirito ed evitiamo
ogni pericolosa novità >>.
Per le facili deviazioni a cui potevano sottostare i corsi degli studi degli
Studentati in genere e dell'Ateneo in ispecie, Don Ricaldone quando si propose
di trattare degli « Studentati Filosofici e Teologici »> capì che era meglio riman-
dare la parte programmatica e didattica delle discipline in una Lettera-Circolare
a parte. Infatti nel Settembre-Ottobre 1945 scrisse sugli Studentati in generale,
sui loro professori, sugli alunni, sulla formazione che doveva essere impartita in
queste Case,a2 e solo nel Dicembre t946 fece pubblicare i << Programmi e le
Norme per gli Studentati >> con un'Appendice riguardante gli studi da farsi nel-
l'Aspirantato, nel Triennio pratico e nel Quinquennio Teologico.a3 Quest'ultimo
fu lavoro non suo, ma seguito e portato a conclusione dalla sua tenacia. Egli
3e Testimonianza di Don Geremia Dalla Nora in data 21.4.1971. Egli ricorda persino
la data di questo colloquio avvenuto il 27 o 28 gennaio 1951.
40 A.C.S., n. 12).
al È scritta nel periodo bellico, come risulta dalla frase <.t appena sia ritornata la pace r.
42 A.C.S., n. 131.
43 A.C.S., n. 138.
470

50.5 Page 495

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stesso lo volle presentare prima che venisse fra le mani dei confratelli nella
Lettera-Circolare che ne precede la pubblicazione.a
Tutto questo intenso lavoro di Don Ricaldone, fatto con i suoi figli mi-
gliori e più culturalmente preparati, e che qualche volta sembrò assurgere a
u.r" lotta per la pluralità delle vedute e di principi, era sostenuto in vista di
un unico e solo grande ideale: formare autentici salesiani: religiosi, sacerdoti,
educatori, dirigenti, superiori compenerati e imbevuti dello spirito di Don
Bosco, che a loro volta sarebbero stati forgiatori delle nuove generazioni salesiane'
Poteva riuscire più comodo continuare come si eta fatto, cioè mandare
presso altre Università cattoliche i futuri docenti della Congregazione'. ma
pur arricchendosi di scienza e di dotrina, sarebbero rimasti privi di un paral-
felo e comp"rato studio dello spirito salesiano. Oppure, ottenuta I'erezione del-
l'Ateneo, ,i pot.uu lasciare che questi seguisse semplicemente i programmi di
tutte le altre Università ecclesiastiche che erano molto seri e impegnativi ma
privi naturalmente dell'ossigeno salesiano. Don Ricaldone non era l'uomo dei
facili accomodamenti a scapito dell'essenziale: volle raggiungere 1o scopo per
cui l'opera era stata voluta e riconosciuta dalTa Chiesa. Perciò egli rimase
ancora presente e accanto al P.A.S., per tutto il primo decennio della sua vita,
cioè finché non vide che il disegno dell'Ateneo autenticamente <( Salcsiano >>
era compiuto e dimostrava tJrla cefta maturità.
Ai suoi collaboratori che spesso rimanevano perplessi di fronte a tante
difficoltà, egli con quella forza di volontà che 1o c^ratterizzaya soleva rispon-
dere: << Bisogna fare. Non vi ho chiamati perché mi facciate delle difficoltà, ma
perché mi aiutate a superade. Teniamo pfesenti gli insegnamenti e gli esempi
àl Oon Bosco nella creazione delle sue grandi e molteplici opere. Egli incomin-
ciava subito, col i nezzi che allora aveva a disposizione, e poi lungo la strada,
alla luce della esperienza e secondo le necessità dei tempi e delle persone, ag-
giustava correggeva, fino a giungere a presentare agli occhi stupiti del pub-
L[.o ,r.r'op.ra di una rute- perfezione. Il nostro Padre non creò i Regolamenti
dei suoi istituti a priori, a tavolino; ma essi furono il coronamento di una
vita, di un'esperienzà vissuta... che aveva avuto la prova del tempo e dei fatti.
Avanti dunque ».as E il tempo gli diede ragione.
Dal primo discorso programma, alla lunga preparazione alle graduali at-
tuazioni sempre più imponenti e precise, nulla lasciò di intentato, anche se si
era nelle difficoltà del periodo bellico, per rcalizzare il vasto disegno concepito'
Lo possiamo seguire passo passo, citando letteralmente le direttive che espose al-
1'assemblea degli insegnanti ed allievi in un discorso tenuto pochi giorni innan-
zi alla apertura del primo anno accademico. Anzitutto paflò di sodezza di
studi. È << bene che il P.A.S. dia alf inizio della sua vita ufficiale, anche un
modesto segno di vita: d'alrottde non può non state a cuore alla S. Sede che
44 A.C.S., n. 118, Novembre-Dicembre 1946
a5 Don Pietro Ricaldone londatore e primo
Gran Cancelliere
d'el P.'4 S', di
Don
E. VerrNrrNr in << Salesianuz », Ottobre-Dicembre 1951'
47t

50.6 Page 496

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codesti suoi Istituti, destinati a presidio e tutela della verità e della Chiesa
stessa, siano conosciuti e apprezzati. Noi faremo tutto ciò molto modesta-
mente in omaggio alla gravità dell'ora presente, che consiglia la massima com-
postezza anche nelle cose lecite. Ma quanto più modesta e senza sfoggio sarà
la forma, altrettanto più robusta e costruttiaa sia la sostanza, più intenso e
gagliardo lo sforzo di tutti, per far che iI P.A.s. risponda effettivamente e
pienamente all'aspettazione della Chiesa, della nostra Società e delle anime »>.
Poi presentò il valore, I'essenza del compito che li attendeva: <( Voi però
non siete solo degli insegnanti: siete soprattutto degli educatori, e perciò non
dovete limitarvi a buttare il seme nel solco. Vedete come fa l'agricoltore: egli
non dimentica il seme sparso nel campo, ma lo controlla e 1o fa oggetto d'inin-
terrotte cure. Non limitatevi ad insegnare: controllate il vostro insegnamento
perché riesca praticamente fecondo.
« Insegnate in conformità degli Statuti dell'Ateneo e delle nostre tradi-
zioni. Preparatevi: non divagate in disgressioni meno necessarie; non ingom-
brate la mente con vane erudizioni. Formate gli alunni alla serietà degli studi,
all'approfondimento delle singole materie, e assicuratevi che abbiano capito e
non frainteso. Non curate solo gl'ingegni più eletti, ma tutti senza eccezione
di sorta.
<< Se riuscirete a dare ai nostri studi superiori questa intonazione pratica,
voi avrete compiuto uno dei vostri più stretti doveri e reso un alto e proficuo
servizio alla Congregazione e alla Chiesa »>.
Infine chiarì gli impegni degli alunni: << Persuadetevi anzirutto che, se
per tutti il tempo è prezioso, per voi è preziosissimo. Non sciupatelo questo
tempo, la cui preziosità fu talvolta parugonata alla preziosità stessa del Sangue
del Divin Redentore. Fate buon uso di questo tempol Studiate, non però
secondo i vostri capricci, ma secondo l'ordine stabilito degli Statuti, e inculcato
dai vostri Professori. Non vorei però che voi pensaste, cari figlioli, che si
diventi dottori con la molteplicità dei libri. Vedendo le ben fornite Biblio-
teche e tutta quella icchezza di volumi e riviste, forse taluno può essere indot-
to a pensare sia quello il mezzo più efficace per acquistare la scienza. No,
non vi illudete. È bene, è vantaggioso disporre di molti libri, per le dovute
consultazioni. Ma chi effettivamente studia, anche se non sarà 7'homo unius
libri di cui parla S. Agostino, diverrà però man mano 1o studioso di pochi
libri sodi, profondi, costruttivi, ben scelti >>.6
Il 7 maggio L942 a chiusura della giornata del Papa così delineò il fine
dell'Ateneo: << Voi qui nell'Ateneo vi date all'alta speculazione. E sta bene.
Ma vi ripeto ora ciò che insistentemente vi ho altre volte raccomandato: adde-
stratevi soprattutto al lavoro fattivo, all'apostolato serio, a1le manifestazioni
di zelo. Non dimenticate mai che tutte le speculazioni hanno sempre solo
6 Dalla conferenza di D. Ricaldone tenura ai Professori e agli alunni del p.A.s.,
1.t0.1940.
472

50.7 Page 497

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quest'unico scopo: la salvezza della società: e che la salvezza della società è
condizionata, assolutamente condizionata alla salvezza della gioventù. Lavo-
riamo, perciò in questo senso. Se ne perdefanno, sì, dei giovani, ma la gran
rnurru ,i salverà: e sarà poi nel momento opportuno il fermento buono che
scuoterà al bene f intera società ».
Don Geremia Dalla Nora, docente in quel periodo al P.A.S. ricorda le
missioni apostoliche che completavano le sue intense giornate di studioso con
esperienze vive di vita pastofale. Così egli scrive: << Ricordo una missione che
mi tornò molto utile. Dal 2) dicembre del 1949 al 6 gennaio 1950, fummo
inviati in 4 a Carbonia in Sardegna: Don Suraci, D. Luigi Ricaldone, D. Pietro
Braido ed io. Avemmo predicazione continuata per Ie varie categorie otganizz^-
te dallo zelante Parroco che morì neppure un biennio più tardi. Carbonia negli
anni sessant a tu affidata alla Congfegazione per qualche anno. Allora, come
ora (mi pare), dipendeva dal,l'oNARMO. Si trattava di una città di oltre
50.000 abitanti, raccolti dalle varie pati d'Italia, specialmente Sicilia, Calabria
ed Emilia, e adibiti al duro lavoro della miniera, che allora rendeva poco. Era
impossibile attendere all'istruzione religiosa con forze così esigue: due sacer-
doii stabili. Alla fine, nel viaggio di ritorno per Torino, facemmo un esposto
alla S. Sede e lo consegnammo a Mons. Giov. Battista Montini, allora sosti-
tuto alla Segreteria di Stato. lvlons. Montini si rese conto della situazione, e
nel giro di un mese provvide ad inviarvi il valido rinforzo di tre giovani sacer-
doti zelanti. I1 buon parroco, un veneto, ci ringraziò con effusiva riconoscen-
za, per quanto facemmo noi e per quanto ottenemmo dalla S. Sede >>'
Il servizio di questi elementi capaci dato alla Chiesa giovava grande-
mente a loro stessi che più consapevoli delle esigenze delle Diocesi e delle neces-
sità del popolo, pot"urno meglio orientare negli studi teologici ed ecclesiali i
futuri saierdoti e apostoli salesiani. Per questo Don Ricaldone caldeggiaYa an-
che il « lavoro fattivo >>.
Il 13 dicembre 1945 al termine della Commemofazione del Concilio di
Trento, ritornò su un'altra caratteristica dell'Ateneo. Egli si introduceva di-
cendo:
tazione
<< Ho osservato con
figura da una parte
compiacenza
la cupola di
che sul programma
S. Pietro e dall'altra
della Commemo-
iI Catechismo' I
due disegni sono indovinatissimi. Essi concordano con quanto io ho raccoman-
dato trnL
presentato
vlaoltveosatlraRedtotottrrinMaagdnoicfiucmo,enatiaPtaroafebsasoseri,daigSliaaclrlaieSvic.rQittuuaran,ddo iavSraenteti
Èadri, di opinioni di teologi; sappiate discendere alla spiegazione piana, tra-
sformatela in catechismo. Così si è fatto a Trento. Discussa, precisata la dot-
trina della Chiesa, si è
chiamato 'ad Parochos',
fatto
ma il
il catechismo. Questo
pensiero dei Padri fu
catechismo venne quindi
quello di preparare il Ca-
techismo 'ad pueros'. Questo è il grande lavoro che bisogna saper compiere' È
inutile essere ricchi di scienza se tale scienza è inaccessibile al popolo. Ora io
dico ai Professori; Voi siete qui per insegnare a coloro che insegneranno alle
moltitudini. Insegnate come si deve potgere questo insegnamento: questa è
la parte più importante della vostra missione. Fate dunque dispute teologiche,
473

50.8 Page 498

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scolastiche: io ne godo assai, ma dopo procedete alla volgaizzazione di quanto
avete discusso »>.
Queste direttive che Don Ricaldone cercava di inculcare ad ogni occasione,
le ritroviamo compendiate negli A.C,S. N. l3L <<Formazione del Personale
Salesiano »> che riguarda gli Studentati.4T
Il ritardo della stesura di questo trattatello << Studentati Filosofici e Teo-
logici » nei confronti dell'opera precedente: « Il Noviziato >>, uscito sei anni
prima, ora appare chiata: egli voleva che fosse esperienza vissuta e non sempli-
ce manuale creato a tavolino. In esso quindi c'è oltre che il pensiero di Don
Ricaldone, anchc la convalida della prova: le attuazioni proposte erano fatti-
bili se si fossero applicati integralmente i principi e le norme.
Ma Don Ricaldone che conosceva bene gli uomini sapeva pure che nessun
trattato o programma avrebbe ottenuto considerazione, e sarebbe stato quindi
seguito, se prima non ne fossero stati convinti della loro bontà quanti dove-
vano adottarli. Perciò, ancora e sempre, egli non si stancò di ripetere e di
additare le linee direttive da seguirsi. Ancora 40 giorni prima di morire, il L5
ottobre 1951, all'apertura dell'anno accademico egli lasciò sia ai Professori che
agli alunni dell'Ateneo, tre norme di vita << che possono essere considerate
come il suo testamento spirituale per questa opera che occupò tanta parte della
sua mente e del suo cuore )>.
Ai Superiori: buon esempio nell'unità. Cooperazione non solo alTa forma-
zione intellettuale, ma anche religiosa e morale degli allievi. Metodologia pra-
tica nelf insegnamento )>.
Agli alunni: I'umiltà soprattutto intellettuale. Il senso di responsabilità
per la scelta di cui furono oggetto. La tendenza a71a pefiezione in ogni campo,
nell'imitazione di Don Bosco ,>.4
La " Facoltà Beniamina ',4
Don Ricaldone con l'erezione dell'Ateneo Salesiano fu felice ma non an-
cora soddisfatto: doveva raggiungere un altro traguardo. Il volere un Ateneo
proprio, significava distinguerlo dagli altri per il suo volto specifico, e per la
Società di S. Francesco di Sales questa distinzione era la salesianità. Se cioè Ia
Congregazione si differenziava da77e altre per una sua spiritualità anche il suo
Ateneo doveva avere nei confronti delle alte Università ecclesiastiche un suo
stile particolare.
Lo studio delle scienze ecclesiastiche per il figlio di Don Bosco doveva
a7
4
Settembre-Ottobre 1945.
Don Pietro Ricaldone londatore
e
primo
Gran
Cancelliere
del
P.A.S.,
di
D.E.
Ve-
LENrrNr, ottobre-dicembrc L951.
ae Così D. Ricaldone chiamava la Facoltà di Pedagogia del P.A,S, Testimonianza di
D. Savarè, L9-l-1970.
474

50.9 Page 499

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rivelare lo stesso spirito che animava la sua vita, doveva avere cioè una
modalità sua propria per cui approfondendo le dottrine sacre perfezionasse
contemporaneamente la spiritualità e questa a sua volta meglio illuminasse
lo studio.
Ora \\a salesianità dello studio, e perciò la salesianità dell'Ateneo, Don
Ricaldone la riconobbe nelf indirizzo pedagogico. Secondo lui il vero figlio
di Don Bosco doveva saper applicare tutte le verità teologiche alla vita reale
dando ad esse una applicazione pedagogica.s
Come appassionato studioso delto spirito di Don Bosco e cultore del
suo carisma, egli, subito dopo la sua canooizzazione stimolando i Salesiani
a studiarne la vita, le opere, il pensiero, si fermava in modo particolare a sot-
tolineare f importanza di capirne il metodo pedagogico: « ... nella educazione
giovanile non andiamo a mendicare idee, direttive, metodi, fuori di casa nostra,
fortunatamente possediamo un tesoro di regole e di tradizioni che altri ci
invidiano e che noi forse non sempre sappiamo bastevolmente apptezzare. Stia-
moci "mordiclls" attaccati ». E ne spiegava il perché: « Il sistema educativo
di Don Bosco trae il suo succo vitale dalla carità euangelica >>.sl
Nel 1939 nell'opera « Oratorio
religiosa » parlandone da pari suo, ne
fceosgtliiveova-,
Catechismo
come era suo
s-olitoF,olr'mesaszeinoznae.
Dopo aver detto che Don Bosco, con alfti eminenti educatori, considerò Gesù
Cristo il più potente, il più abile, il più necessario operatore nell'educazione, e
nello stesso tempo il solo modello e la perfetta immagine dell'opera che si deve
fare, concludeva: <( Questa fu la sua persuasione e la sua pratica: questa l'anima
dell'educazione salesiana >>.s2
Egli aveva capito che il Sistema pfeventivo di Don Bosco era fondamen-
talmente teologale: A << noi Don Bosco lasciò un'eredità preziosa, una Pedagogia,
che volle chiamare <( sacfa », per fafci capire che la vera pedagogia non sarebbe
tale se non fosse sostenuta e tutta pervasa da principi soprannaturali )>.s3
Questa era la nota distintiva della Società Salesiana come Opera educativa
della gioventù, questa doveva essere la nota unitaria dello spirito e dell'apo-
stolato della Congregazione, il principio coordinatore di spiritualità e di azione,
e quindi anche di preparuzione, di formazione, di studio.
Ma Don Ricaldone fin dai suoi primi richiami su questa verità si avvide che
eSSa era ancora troppo poco conosciuta nel suo valore essenziale, nella sua
sostanza vltale, capì che gli animi erano ancora piuttosto chiusi e impreparati
a riceverla. Diventò poi cosa ardua quando si trattò di presentarla agli studiosi.
I confratelli immersi per anni in studi speculativi non coglievano un possibile
indlu:tzzo unitario di studi, di azione e di ascetica in un sistema educativo!
Don Ricaldone vedeva invece l'Ateneo, nella sua << realtà salesiana )) solo a ser-
$ Testimonianza di Don Enrico Bonifacio.
5r A.C.S., n. 66, 24 Maggio 1934.
s2 A.C.S. n. 96, Novembte-Dicembre 1939.
s3 A.C.S. n. 157, Gennaio-Febbraio 1950.
475

50.10 Page 500

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vizio della Pedagogia. Pensò allora che se gli avesse potuto affiancargli un
Istituto Superiore di Pedagogia e meglio ancora innestare in esso Ia Facoltà
di Pedagogia, avrebbe per lo meno concretizzato in una creazione stabile la sua
caratteristica distintiva e come tale lo avrebbe impegnato a studiarla. Così
egli la presentò ai confratelli nell'estate l94l in vista del suo sorgere col
prossimo anno accademico: << Per preparare sempre meglio Soci Salesiani all'alta
missione di educatori secondo il Sistema Preventivo lasciatoci in eredità preziosa
dal nostro S. Fondatore, abbiamo potuto alfine attuare una aspirazione da
tempo accatezzata, aptendo cioè il prossimo anno scolastico nell'Ateneo Ponti-
ficio Salesiano a fianco delle ue Facoltà di Teologia, Diritto Canonico e Filo-
sofia, un Istituto Superiore di Pedagogia. Esso si propone, non solo di valoriz-
zare e diffonde sempre più i principi della Pedagogia cattolica, ma di mettere
pure nel dovuto rilievo il fine senso psicologico e formativo del nostro Parono
e Dottore di S. Chiesa S. Francesco di Sales, il cui nome decora il nostro
Pontificio Ateneo, ed in{ine di illustrare in paricolar modo il sistema e le
idee pedagogiche del nostro S. Fondatore, proclamato con ragione il più insigne
educatore dei nostri tempi.
Nel sullodato Istituto vogliamo anzitutto formare gli insegnanti di peda-
gogia per Ie nostre Case di Formazione, perché da esse possano uscire Salesiani
esemplari ed educatori attrezzati e aggiornati nella pedagogia e nella didat-
tica >>.s
Ma solo n<l 1946 Ricaldone rivelò apertamente lo scopo per cui aveva
voluto I'Istituto di Pedagogia.
I1 7 giugno di quell'anno commemorandosi il quinto centenario della
morte di Vittorino da Feltre, egli così 1o chiarì a proposito della pedagogia:
« Vi dirò quale è Io scopo per cui abbiamo voluto che sorgesse questo Istituto
di Pedagogia; e vorremmo lasciarlo in testamento ai nostri successori.
<< Noi siamo una Congregazione di educatori. Dalla Chiesa prima e da
Don Bosco poi, abbiamo ricevuto un'eredità preziosa: la Chiesa ci la sua
Pedagogia; Don Bosco ci ha lasciato la sua Pedagogia. Come figli della Chiesa
e di Don Bosco dobbiamo mettere in valore questo tesoro, conservarlo, difen-
dedo, tramandarlo ai tardi nepoti intatto e, se possibile, ancora più bello e più
splendente. Perciò abbiamo voluto fondare una Istituzione che difenda e tra-
mandi integro il parimonio educativo della Chiesa e di Don Bosco.
<< Voi, Professori, formerete una falange di educatori che porteranno nella
sua integrità questo tesoro a tutte le Case sparse in tutto il mondo. Con ciò
avremo assicurato quell'unità di ir,dilizzo che tanto ci preme e che vogliamo
ad ogni costo conservare, perché è condizione necessaria della nostra vita
e della nostra Opera, e senza la quale la nosma Opera non avrebbe ragione di
essere. Ecco perché ci siamo dati d'attorno per organizzate qtesto fstituto, e
per ottenerne l'erezione in Facoltà. Non intendiamo che quanto si è già fatto
54 A.C.S., n. 106 LuglioAgosto 1941
476

51 Pages 501-510

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51.1 Page 501

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sia una mèta raggiunta, ma vogliamo che sia l'inizio di nuovi e più ampi indi-
rizzi. Nel mio pensiero la Facoltà di Pedagogia dovrebbe avere in un certo
modo la prevalenza su tutte le altre. Avremo sempre il Sacerdote che conosce
le discipline ecclesiastiche, il giurista, il chierico che prima della Teologia avtà
messo buone basi di filosofia. Ma questa è una formazione che abbiamo comune
con i Seminari e con le altre Famiglie Religiose. Vi è però una formazione
pedagogica e salesiana che non abbiamo in comune con nessuno. Vi è una forma-
zione che ha un'anima, un sistema, un metodo nostro.
Se noi, disgraziatamente, li lasciassimo perdere, avremmo il Sacerdote,
il Teologo, il Filosofo, il cultore del Diritto, ma non avremmo più il Salesiano,
I'educatore che tramandi e viva il pensiero di Don Bosco.
<< Vi siete accorti che mi sono servito di un paradosso, per meglio farvi
comprendere il mio pensiero; perché ci premono tanto la Facoltà di Filosofia e
quelia di Teologia .orn. t.rtt" le altre discipline ecclesiastiche. Ma secondo il
mio pensiero (e credo di non sbagliarmi) questo della formazione del nostro
persoìale nei principii educativi della Chiesa e di Don Bosco ci è tanto essenziale
che senza di essa cesseremmo di essere Salesiani.
<< Vi esorto a darc grande importanza alla Pedagogia. Noi dobbiamo lottare
contfo una lunga tradizione, ch. lo qui non discuto, sostenuta oggi ancora da
grandi Istituti Religiosi, i quali credono che con la Facoltà di Filosofia ce ne sia
d'^r^n , anche per la Pedagogia. Mi permetto di dissentire. Non basta più oggi
una Facoltà di Filosofia con a fianco alcuni cotsi di Pedagogia, trattati alTa
stregua di qualsiasi altra materia. Dopo la « Divini Illius Magistri >>, dopo la
g.ur-d. Enciilica del Papa sulla educazione cristiana della gioventù, la Pedagogia
a.u. .rr".. elevata su un più alto trono. Deve essere indubbiamente fondata
sulla Teologia, sulla Filosofia, e su alle discipline, ma ha bisogno di un più
ampio respiio. Si parla già dovunque di « Scienze pedagogiche »>. Adunque vi
a ,rnu ,ciàza pedagogica, che ha biiogno di quella libertà di movimento, che le
consenta di còmpiere un lavoro conispondente ai bisogni dell'opera. Bisogna
formare n,rou. g.na, azioni, e non si formeranno senza una pedagogia profon-
damente cattolica e cristiana.
n È necessario poi reagire ad un'idea che si è diffusa qua e 1à, basata sulla
falsa interpretaziofie di una frase di Don Bosco, quasicchè egli avesse posseduto
I'arte delltducazione, ma non ne avesse avuto la scienza. È falso. Un professore
cdrei dPaedaamgoeg;iac'èalpl'iuùnpiveedrasgiogiadinevlieSnisnteamuanPrgeivoernnotivomci hdeisisnet:u-tti
D. Ricaldone
questi volumi
che dobbiamo insegnare.
Don Bosco fu effettivamente un gtande pedagogo e un grande pedagogista.
Tocca a voi, tocca all'Istituto Supedore di Pedagogia, dimostrare questo e pre-
sentarlo al mondo.
« Vi ho detto una parola da padre. Ve l'ho detta per il desiderio di gettare
un seme nelle voste menti e nei vostri cuori: cercate di dare all'Istituto di
il Pedagogia massimo sviluppo »>.
Ma era principio che non entrava facilmente in chi, anche in buona fede,
477

51.2 Page 502

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avendo avuto altra impostazione nei suoi studi, trovava poco scientifico il criterio
voluto da D. Ricaldone. D. Ricaldone non disarmò: avrebbe conrinuato a seguire
da vicino I'Ateneo e la Facoltà di Pedagogia e il tempo gli avrebbe dato
ragione.
D. Savarè colse dalla sua viva voce questa asserzione che poi attuò fedel-
mente e decisamente.
e
il,
« Particolarc
'salesianum'.
vigiTanza esigerà sempre l'Ateneo, e specialmente la pedagogia
Il controllo di Roma garanrisce l'oriodossia cattolica; que-l1o
del Rettor Maggiore, l'ortodossia Salesiana. Alcuni professori, portati dalla
speculazione, vivono un po' nelle nuvole e non pensano a certi sconvolgimenti
di idee che possono portare, ad esempio, nei riguardi del Sistema preventivo.
Quando feci notare a D. Caviglia 7a Tacuna (sulla direzione extra-sacramentale
data da D. Bosco a Domenico Savio) nel suo studio sul Venerabile Giovinetto,
mi rispose: << solo Lei, come superiore, poteva notare questo. vi supplirò negli
studi
gli «
su Magone e Besucco
statuta )> stampati,
». Così
per la
si stava già per portare alla S.C. dei Seminari
approvazione definitiva, quando D. Berruti
si accorse di una disposizione, circa l'elezione del Rettor Magnifico, che avrebbe
Iegato le mani al Rettor Maggiore: venne srampata ùna nuova redazione su di
una striscia di cafia, poi incollata sopra quella che non andava bene.
specialmente per 1^ parte pedagogica
caso) a una revisione preventiva: non si
dobbiamo anche
tratta infatti di
ricorrere,
semplici
se è il
indagini
scientifiche, ma di pratica applicazione dei nostri Regolamenti e dello spiiito
di D. Bosco, ossia di ciò che deve essere custodito gelosamente insieme alle
Costituzioni dal Successore di Don Bosco. E se qualche professore non si adatta,
è meglio cercargli un'altra occupazione »>.
Questa Facoltà gli costò saoifici e sofferenze tanto più intime perché gli
venivano oltre che dalle difficoltà incontrate presso persone . o.gu.ri della S.
Sede,ss anche da quelle provocate da confratelli non troppo illuminati. Tuttavia
erano grandi le speranze che poneva in essa e continuò a lottare. Ecco ciò
che confidò un giorno al suo segretario Don savarè in proposito: un awenire
metaviglioso di bene era
A << noi conviene che la
aperto
Facoltà
a questa Facoltà, ricca
Pedagogica abbracci il
ài àutentici educatori:
minor numero di anni
possibili, sia pure presupponendo tutto ciò che si deve insegnare in filosofia e
teologia. Dovrebbe essere per i nostri sacerdoti. All'inizio ,i f, .o-. si può
e si accettano anche i chierici. Ma se si riuscirà a fatla frequentare da persone
mature, essa diventerà come il naturale vivaio dei futuri Direttori e Maestri
di novizi per le singole Ispettorie. con il contentino del titolo, vengono qui, ci
conoscono, li conosciamo, li comoboriamo dello spirito di Don Bosco,li formiamo
come devono essere, perché a loro volta formino bene gli altri >>.
Il genuino pensiero di Don Ricaldone sulla Facoltà di pedagogia ce lo
55 Abbiamo visto
S. Congregazione degli
come ancora nell'Ottobre
Studi.
del 1946 uovasse fiera resistenza
presso
la
478

51.3 Page 503

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ricorda anche Don Dalla Nora a cui confidò in
mi sono proposto di essere assolutamente fedele
paterno
a Don
Bcoolslocqou. ioS:isc6co-me
Io
ho
coscienza di ttovarmi in posizione di grande responsabilità, e di partecipare
ormai all'ultima generazione che convisse accanto al Padre e che di lui visse, così
ho ritenuto necessario stendere per scritto quanto da lui appresi. Solo questa
è stata la preoccupazione dei molti miei interventi scritti e orali. Ora sto
attendendo alla redazione dell'aspetto propriamente educativo della poliedrica
figura di D. Bosco. Mi consta che voi in pedagogia vi dibattete e studiate:
io spero lasciarvi una piccola trattazione in due-6e volumetti su << D. Bosco
Educatore >>. Ivi mi sforzo di << fotografarlo »>, cioè di ritrarlo oggettivamente
e così di tacciare le piste sicure di ricerca e di studio anche per voi dell'Ateneo.
Perché (concluse), l'Istituto di Pedagogia l'ho voluto affinché si appro{ondi
scano in forma sistematica le linee della metodologia educativa cattolica in genere
e in specie della originale metodologia educativa di Don Bosco ,r.s?
A D. Ricaldone in questo periodo di dura e appassionata Totta per la
« Facoltà beniamina )> non mancarono figli che compresero appieno il suo pen-
siero e che 1o aiutarono nel suo ardente desiderio di avere il riconoscimento
ufficiale da parte della Chiesa in questo settofe di studi. Era in quei tempi Con-
sultore della S. Congregazione del Concilio il Salesiano D. Giuseppe Muzio, già
membro attivissimo dell'Ufficio Catechistico del Vicariato di Roma. Egli sapeva
benissimo la difficoltà che D. Ricaldone trovava alla Congregazione degli studi
per l'Istituto Superiore di Pedagogia, e per la familiarità di rapporti che aveva
con personalità eminenti e per la stima che godeva in Vaticano, sicuro di fargli
cosa gradita, tentò di sbloccare la situazione o per lo meno di chiarirla.
Avvicinò il Card. Pizzardo, Prefetto della Congregazione, per sentire da
lui quali erano le reali difficoltà e che cosa si sarebbe dovuto fare per superarle.
Difficoltà reali: la Facoltà di Pedagogia non c'era neppure nelle Università
dello Stato, non c'era all'Università Gregoriana e poi i Salesiani non sembravano
abbastanza preparati. Non avevano pubblicazioni importanti in materia.
fn una conversazione quasi amichevole D. Muzio poté rispondere che le
difficoltà non erano oggettiuarnenle molto consistenti, ma poté anche com-
prendere che soggettiuamente non erano per il momento superate e che non
sarebbero superate tanto presto.
Durante le vacanze del 1951 D. Muzio fu a Torino e riferì a D. Ricaldone
quello che aveva sentito e quello che aveva risposto e anche la sua impressione
che l'approvazione dell'Istituto non sarebbe venuta se non più tardi. D. Rical-
done non poté nascondere il suo forte rincrescimento. Spesso lo interruppe
per precisare, per correggere, per protestare; infine diede a D. Muzio ampie
informazioni sull'Istituto di Pedagogia che stava perfezionando la sua otga-
che
fuscQomueesutonainrcivoenltarzoi,onriecodrdi aciòDocnheDaavlelavaNcoorast,itauvitvoenlanemiol i2la7eoil28tesgseuntnoadioi,
alle ore
tutta la
17,
sua
azione.
s7 Testimonianze di D. Geremia Della Nora in data 2l-4-197L
479

51.4 Page 504

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nizzazione e intensificando la sua azione anche con importanti pubblicazioni e
fruttuosi contatti con l'Università di Lovanio, ma non dimostrò nessuna inten-
zione di insistere.
L'animata conversazione si era svolta dopo il pranzo, nel cortile, presso
il refettorio dei superiori e D. Muzio ricorda ancora un grazioso particolare:
« D. Ceria che ci aveva osservati da non so quale angolo recondito, appena
D. Ricaldone mi congedò per salire alla sua camera, mi corse incontro presso
lplaaiùpcoaarumtisnaaebrdiilaeelals'Ifosfrmtoitinsutoatongddloi imriPisepcdooansgio:ugn-iaafpfNareniesnnsootseola:d-iCtoranCggorisecagoac! zDio, n.ceoRsiadceaclg'dèlo?i n.S.e.t-updeilrI.oo..ra»cv.osa8l
Effettivamente D. Ricaldone non credette opportuno insistere allora presso
l'Autorità Ecclesiastica. Considerò prudente che l'Istituto conrinuasse a svi-
luppare la sua missione all'ombra del P.A.S. e a prestare il suo servizio anche
fuori del P.A.S., in corsi di conferenze molto apprezzati. Le difficoltà e le
diffidenze si sarebbero attenuate fino a scomparire. Infatti i Superiori ebbero
poi Ia sorpresa di sentirsi invitati a ripetere la domanda di approvazione uffi
ciale. Ma D. Ricaldone non era più e non ebbe Ia soddisfazione terrena di vedere
coronata dall'approvazione della Chiesa anche quest'opera del suo laborioso
e fecondo Rettorato.
Tuttavia ebbe un altro grande conforto che venne ugualmente a suggel-
lare il suo intento pedagogico: il riconoscimento della Chiesa della santità di
un alunno di D. Bosco. La beatificazione di Domenico Savio, per cui D. Rical-
done aveva tanto lavorato proprio perché sentiva che se si fosse ottenuta sarebbe
stato il pratico riconoscimento del valore sacro della Pedagogia di D. Bosco,
giunse il 5 maruo 1950 a rassicurarlo che egli aveva capito esattamente la peda-
gogia di D. Bosco: essa era veramente il fulcro unitivo del lavoro e della
preghiera, dell'ascesi e dell'azione nella vita salesiana. Annunciando la immi
nente Beatificazione del << piccolo gigante >> così scriveva con entusiasrno in-
contenibile:
« Domenico Savio Beato! ci par di sognare. Dopo il L" aprile 1934, il 5
marzo del 1950 segnerà senza dubbio 7a data più bella e più gloriosa per
l'umile nostra Congregazione. La più bella, perché in quel giorno la Chiesa
porrà sull'Altare il figlio accanto al Padre, alla cui eminente santità farà magni
fico riscontro il candore di una giovinezza fiorita nel giardino del suo Oratorio;
la più gloriosa perché con l'esaltazione del discepolo di D. Bosco, il Vicario
di Gesù Cristo consacra in certo modo il sistema di educazione cristiana, che
il Santo fissò in norme sicure, applicò ai suoi alunni e lasciò in eredità alla
sua famiglia religiosa: insigne onore questo, che finora non è toccato a nessuna
delle tante Congregazioni insegnanti »>.
E dopo aver stimolato ad un esame di coscienza sulla pratica del Sistema
Preventivo, aggiunge:
s8 Testirnonianze di D. Giuseppe Muzio, 25 agosto 1971.
480

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D. Ricaldone e D. Giraudi in S. Pietro per la beatificazione di Domenico Savio
(5 marzo 1950).

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51.7 Page 507

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« Qui è proprio il caso di richiamare un monito che il Card. Cagliero
amava ripetere nelle sue conferenze: << Guardiamoci dal cadere nel genere
comune, perdendo di vista la nosta dillerenza specilica.
Come educatori salesiani ci differenzia dalla comune degli alri il Sistema
Preventivo, quale fu insegnato e praticato da D. Bosco e quale abbiamo oggi
la consolazione di veder levato al cielo dalla Chiesa nella Beatificazione del
nostro caro Domenico Savio »>.se
E nella lettera seguente parlando dei festeggiamenti svoltisi a Roma e un
po' dovunque per il novello Beato additò come frutto di tali solennità una
maggiore devozione a Domenico Savio intesa come << programma e stendardo
di educazione cristiana e salesiana »>.o
Infatti la sua Beatificazione era << come un espresso comando » che Dio
faceva ai Salesiani di lavorare con tutte 7e forze per praticare sempre meglio
il Sistema Preventivo nel mondo e mediante le risorse e gli accorgimenti con
cui 1o rese pratico e fruttuoso il Santo Fondatore ».6r
Ma D. Ricaldone nel suo studio sullo spirito di D. Bosco e nel meditativo
confronto con le reazioni pro e contfo che esso suscitava nelle nuove generazioni
salesiane, capì che queste ultime puntando sui nuovi metodi scientifici, trova-
vano D. Bosco un santo educatore ma non un pedagogista. Esse forse pensa-
vano che 7a sua azione pedagogica meravigliosa era frutto di personali carismi,
di santità individuale, più che opera di un vero sistema educativo. Tutt'al più,
dal momento che il Sistema Preventivo aveva dato frutti meravigliosi, questi
dovevano attribuirsi al fatto che la prassi educativa di D. Bosco ingranava con
le strutture sociali e culturali della sua epoca.
Nell'ora attuale invece, i giovani moderni richiedevano altre pedagogia
altro metodo: ci voleva una educazione programmata più scientificamente, e
D. Ricaldone accennò a questa possibile (e di fatto reale) situazione, creatasi
nell'ambiente educativo salesiano, nel Capitolo Generale, del 1938.
. Don Bosco educatore »
Nella prima seduta del 25 giugno trattò della Pedagogia Salesiana e fra
l'altro mise in guardia contro queste equivoche interpretazioni, progettando
già un rimedio:
.< È vero, D. Bosco fu anzitutto e soprattutto un educatore, un pedagogo,
senza lasciare però di essere anche un gtande pedagogista. Basterebbero per
dichiararlo tale, le mirabili pagine del Sistema Preventivo! E poi tutte le vite
dei giovani da lui scritte sono dei veri tesori di dotrina pedagogica. Inoltre,
59 A.C.S., n. 156, Novembre-Dicembre 1949
«) A.C.S n. 158, Aprile-Maggio 1950.
6l A.C.S n. 159, Luglio Agosto 1950.
481
31

51.8 Page 508

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disseminata, in tutti i suoi scritti, nelle sue conferenze, nei suoi discorsini, nelle
sue padate, v'è tale copia di materiale pedagogico, quale forse pochi possono
immaginare.
Per questo ho disposto che vengano raccolti e convenientemente rag-
gruppati questi preziosi elementi, dando per quanto sia possibile alTa ruccolta
una forma organica. Vi assicuro che ci troveremo dinanzi a un vera e ricca
miniera <<.62
Nasceva in quel Capitolo Generale XV, almeno come progetto, il suo capo-
lavoro << D. Bosco Educatore >>, l'opera che fu come il tributo personale di
D. Ricaldone per la santa causa di una educazione profondamente evangelica
della gioventù.
Uno studio sul Sistema Preventivo non era una novità perché vi erano già
stati dei tentativi da parte di esimi Salesiani. Ma forse non era ancora venuta
l'ota di Dio per la pubblicazione di tale lavoro. Ciò si può dedurre leggendo la
Iettera scritta dallo stesso D. Ricaldone non ancora Rettor Maggiore, a D. Carlo
Simona, che aveva tentato un lavoro pedagogico su D. Bosco.
« Carissimo Don Simona,
Torino, 2-III-I9)2
...Mi duole poi di non poterti dare ampie informazioni rispetto al tuo
manoscritto di Pedagogia.
I1 compianto Sig. D. Rinaldi aveva avocato a la cosa e la trattava
personalrnente; ti dirò tuttavia quel tanto che io conosco al riguardo: 1) 11
Sig. D. Rinaldi disse ripetutamente che non credeva ancora arrivata l'ora di
pubblicate un trattato di pedagogia salesiana perché mancavano appunto 1e
Memorie Biografiche degli anni più maturi del nostro B. Don Bosco.
2) Era tanto persuaso di ciò che proibì di stampare un Trattato di
Pedagogia Salesiana soitto dal carissimo D. Barberis di s.m.; ti faccio notare
che qudl Ttattato serviva (sia pure manoscritto) di testo nei noviziati e stu-
dentati e aggiungi che era già composto e se ne erano corrette Ie bozze.
tolo
3) Del tuo lavoro ce ne parlò una
e ricordo che le impressioni di D.
oRidnuaeldyi 6nhosn-erasneo
nfoanvoererrvool-i.
in Capi
Seppi da
altri, che anzi, negli ultimi mesi, manifestamente espresse lo stesso giudizio.
Il manoscritto fu rinracciato tra le carte del compianto Rettor Maggiore.
Dopo quanto ti ho manifestato ti persuaderai facitlmente che i Capito.lari,
i quali hanno condiviso per tanti anni il pensiero del compianto Sig. D. Ri
naldi non possono ora separarsene, soprattutto, poi, sede vacante.
Non conosco il lavoro, ma a te resterà sempre la soddisfazione di aver
studiato ed approfondito il pensiero pedagogico del nosro Padre e ciò, mentre
avtà accresciuto in te l'amore verso di Lui, ti avrà stimolato maggiormente
a calcarne le orme-
Coraggio, carissimo D. Carlo. Uniti a Dio ttoveremo luce, forza, conforto
per la perfezione nostra e la salvezza delle anime. Saluta tutti e prega per il
tuo aff.mo in C.J.
Sac. P. RrcerooNr >>.
62 A.C.S., n. 87, Maggio-Giugno L938, p. 4 e 5
482

51.9 Page 509

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Questa lettera mostra con quanta serietà procedessero tutti i Superiori in
questo campo così delicato e non facile, proprio per le correnti pedagogiche natu-
ralistiche che si facevano forti di procedimenti scientifici e pseudoscientifici.
Tuttavia, pur esigendo serietà di studio e approfondimento di ricerche,
D. Ricaldone, da Rettor Maggiore, incoraggiò sempre a raccogliere se non altro,
date, prove, fatti storici, esperienze, in favore del Sistema Preventivo tanto
che trattando del Noviziato, dove parla della preparazione pedagogica da
darsi ai novizi egli così si epresse:
i << Se nostri maestri di pedagogia non si limitassero a prendere degli
appunti per fissarli sul diario scolastico, ma durante alcuni anni, si volessero
sottoporre alla dolce e fruttuosa fatica di stendere e correggere le loro lezioni:
noi saremmo in grado di avere fra pochi anni a disposizione della Congrega-
zione un ricco materiale, utilissimo per alcuni lavori da darsi alle stampe »>.6
Era poi felice quando qualcuno dei suoi professori impugnava Ia penna
in difesa dell'educazione cristiana, ma... li avrebbe voluti più atdenti sostenitori
del Sistema di D. Bosco! Perché tanto poco coraggio avevano questi suoi figli
nel presentarlo come modello, menffe lui ardeva di fado conoscere come il
perfetto educatore?
Ecco come scrisse a D. Valentino Panzarasa:
<< Carissimo Don Valentino,
Torino, 5-4-1942
Alleluia! Santa Pasqual
Ho letto il tuo articolo sull'educazione della volontà. Anzitutto felici-
tazioni perché ti sei deciso a sctivere. Bravo e avanti. E poi felicitazioni
perché hai avuto un po' di cotaggio nella disanima del Lindworsky.
Ho detto ùù po', perché avrei voluto che ne avessi avuto di più. L'Autore
capovolge tutto, e, se non tutto, troppo distugge, per poi dirci... che cosa?
Valore? Ideale? e ciù parole!
Come se in passato non si abbiano sempre av'uto in vista i oalori e gli
ideali! E quali valori e quali eccelsi ideali!
Ma se gli ideali ed i valori non mancheranno mai... e allora? Mancò e
manca chi li voglia raggiungere. Ed eccoci ab ovo. Come si raggiungono? Se
l'ideale è lontano si fanno dei passi per avvicinarlo, se in alto si salgono dei
gradini con I'identico scopo di conquistarlo.
Ma che cosa sono i passi ed i gradini se non ripetuti atti della volontà
che tende al raggiungimento di un valore o di un ideale? Ci troviamo adun-
que... come prima... È tutto un gioco di parole, uno sforzo enorme Per parere
nuovo senz'esserlo, per sferzare e forse anche sprezzare quella "antiquitas"
che Tertulliano chiamava "veritas' fin dai suoi tempi.
Io non credo che noi dobbiamo permettere che si vadano smantellando
principi solidissimi (non li enumero per brevità) solo, ripeto, per la deprecata
mania novecentesca di gridar la croce addosso al passato... venendo, poi, al
63 A.C.S., n. 93. MaggioGiugno 19)9, << Formazione petsonale salesiano », Noviziato.
48)

51.10 Page 510

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vero tirar delle somme, a dire con altre parole ciò che fu sapientemente inse-
gnato da tanti e tanti maestri e santi che pur valevano qualche cosa.
A misura che si procedeva nella rlettura del tuo articolo pensavo tra me
e me: Come verrebbe a proposito qui la parola, la dottrina, l'esempio di
S. Giovanni Bosco. L'accostamento di D. Bosco a S. Ignazio avrebbe giovato
agf insegnamenti ed esempi di entrambi.
fu
Invece al mio caro D.
addirittura dimenticato,
Bosco non {u concesso nemmeno di
condannato all'ostracismo. Eppure
sfaervcia-pfoulinuon.o..
psicologo che abbia più di tanti altri con intuito sapiente e con luce di santità
approfondito lo studio del,la volontà e soprattutto abbia saputo guidarla, disci
plinarla, irrobustirla con gli splendori e i carismi dei più ricchi valori e santi
ideali fu proprio il nostro grande Padre, Don Bosco.
Io spero che in avvenire anziché attingere solo ad altre cisterne, forse
dissipate, avrai anche frequentemente sulla penna quel D. Bosco che porti
profondamente radicato nel cuore.
Coraggio! Auguri rinnovati! Ti benedice il tuo aff.mo in G. e M.
Sac. P. Rrcerooun »
P.S. - Un'altra cosa: lodate e incensate roppo; lo dissi anche ad altri.
Dovete essere anche in ciò più moderati e guardinghi.
In realtà i suoi figli anche migliori non riuscivano a seguirlo nel suo
ardente amore a D. Bosco che lo portava a intendere con chi*ilza I'essenza
del suo carisma! Eppure D. Ricaldone non fu facile entusiasta, pronto ad applau-
dire purché si parlasse di D. Bosco. Lo dimostra un episodio avvenuto nell'ultimo
anno della sua vita con D. Valentini. È D. Valentini stesso che lo racconta:
« Nel 1951 fui invitato dal Sig, D. Ziggiottl allora Prefetto Generale a
sostituire D. Sinisuero nel fare una conferenza a Yetona sulla spiritualità di
D. Bosco. Accettai volentieri. Preparai Ia conferenza. Ma ecco che fui chiamato
improvvisamente da D. Ricaldone. Mi presentai a lui, nella sala capitolare,
dove, ad un tavolinetto, stava correggendo 7e bozze del suo << D. Bosco edu-
catore )>. Mi accolse con un aspetto abbastanza severo e mi disse, tra il serio
ed il faceto, che potevo ringraziare il Signore, perché in quel momento non
aveva la dentiera. Quindi mi domandò se avevo fatto l'esame di coscienza.
Risposi di sì, ma che non mi sentivo colpevole di nulla. Allora esrasse un
programma in cui era annunciata la mia conferenza; e mi chiese con il permesso
di chi, avevo io accettato un tale incarico. Risposi che, non col permesso ma
con la preghiera del Prefetto Generale. Allora si calmò ma volle che dicessi
apertamente all'inizio della conferenza che non parlavo ufficialmente e neppure
come direttore del Pontificio Ateneo Salesiano, ma solo a titolo personale, perché
l'argomento era difficile e compromettente. Glielo promisi e tutto finì lì. << Fino
all'ultimo il suo amore a D. Bosco ebbe tali esigenze da farlo definire da alcuni
un geloso, quasi ostinato custode e difensore dello spirito del Fondatore.
Ma se tali erano le sollecitudini che D. Ricaldone aveva coi suoi figli,
484

52 Pages 511-520

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52.1 Page 511

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perché egli come aveva fatto sempre per tutto e in tutto, non si metteva alla
loro testa e non li precedeva con un lavoro sul Sistema preventivo di D. Bosco?
Tanto aveva meditato ed esperimentato in 50 anni di responsabilità nella
Congregazione, tanto aveva anche attinto direttamente da coloro che avevano
vissuto a contatto di D. Bosco! Perché non dava lui « il via »>, almeno ad una
raccolta di quanto di meglio D. Bosco aveva lasciato di scritti, di pensiero, di
attuazioni sul suo sistema educativo? Fu forse la domanda che egli stesso si
fece più volte e a cui tardò a rispondere per quel senso profondo di umile
riconoscimento della propria incompetenza. Che egli fosse consapevole di avere
come dono elargitogli da Dio in vista della sua missione di Successore di D. Bo-
sco e di conservatore del suo spirito, una intuizione profonda di quanto era
essenza e sostanza di spiritualità salesiana è evidente, dalla sicurezza con cui
sostenne i suoi principi direttivi quali espressioni del genuino spirito del Fon-
datore. Ma nel campo pedagogico egli non portava una qualifica di studi, tale
che gli permettesse di controbattere in sede scientifica le correnti contrarie
all'educazione cristiana.
Chi lo decise a tale lavoro così impegnativo nell'ultimo periodo della sua
vita quando da anni e anni lavorava su questo importante argomento?
Il Salesiano Don Antonio Zitta nella commemorazione deIla morte di
D. Ricaldone parlando della sua ultima opera <( D. Bosco educatore »> disse che
iI Superiore, come per tutte le altre sue imprese attese un segno dall'alto per
immettersi in tanto lavoro perché 1o sentiva quanto mai superiote alle sue capa-
cità. E il segno venne: « Quando vide Domenico Savio, il miglior frutto di
D. Bosco educatore nella gloria degli altari, allora gli parve di ascoltare dalle
labbra del Padre l'atteso invito, ultima solenne chiamata che 1o spingeva a con-
sacrare i preziosi ultimi anni della sua vita ad esporre f insieme degli insegna-
menti che di un adoloscente poterono fare un santo ».n
Così D. Ricaldone a ottant'anni, in mezzo ad un lavoro estenuante e con
la responsabilità del governo di una Congregazione di 16.000 membri, intraprese
l'ultima fatica: compilò « Don Bosco Educatote »> in due volumi di complessive
1.400 pagine!
Ma il motivo più vero e più profondo che lo spinse a compiere tale impres4
lo rivelò in via confidenziale a D. Renato Ziggiotti, e poi a D. Gennaro in data
23 febbraio 1952 il segretario di D. Ricaldone, D. Tarcisio Savarè.
Questi così scrisse a D. Gennaro:
« 11 Sig. D. Ricaldone si riprometteva di recevere, circa D. Bosco Educatore,
autorevoli consensi riguardanti, non tanto \\a ttattazione in se stessa, quanto il
metodo del Santo Educatore e il suo influsso largo e benefico sulla pedago-
gia sacra.
E perché?
Fin da quando il Card. Schuster, nel discorso per la canonizzazione, disse
# Commemorazione tenuta il 15-12-1951 nella Cattedrale di Buenos Aires.
485

52.2 Page 512

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che non si sarebbe meravigliato qualora D. Bosco venisse a suo tempo dalla
Chiesa proclamato << Dottore >> della cristiana educazione della gioventù, il Sig.
D. Ricaldone si preoccupò che D. Bosco fosse sempre più universalmente cono-
sciuto in quanto Educatore.
MsiaenmaoF, rlri'eIustttBiitiuostgaorliaefSnicutbipederi-iotarelei dvpiorPeluoemcdcaiugdpoaigziDaio.nneCelafPuvriogonlnitaoif,ic-gioli
oltre la conclusione
Annali della Società
Ateneo Salesiano, le
delle
Sale-
cele-
brazioni del Beato Domenico Savio e finalmente D. Bosco Ed.'ucatore >>.6
Dunque D. Ricaldone scrisse << Don Bosco Educatore )> quasi a procu-
rargli la << tesi »> per il suo Dottorato! »6
Questo meraviglioso figlio di D. Bosco, tanto aveva amato e amava il
Padre da desiderare per lui il titolo di << Dottore di S. Chiesa »> nel campo peda-
gogico e quindi di provvedere tutto quel corredo di attestazioni autorevoli che
avrebbero potuto facilitargli la proclamazione del << Dottorato pedagogico ».
Ora, poiché a coronamento delle varie opere e degli scritti già fatti redigere
mancava una raccolta sul pensiero e l'operato di D. Bosco quale educatote, egli
pensò che come Rettor Maggiore della Canonizzazione, doveva alcora offrirgli
qugsto ultimo tributo d'amore.
In questa nuova luce << D. Bosco Educatore »> diventò uno dei più splendidi
elogi che D. Ricaldone stesso, tutto preso nel magnificare il suo amatissimo
Padre, senza volerlo, intessé al suo rettorato. Poiché con questo ultimo lavoro
egli mosuò di aver voluto assolvere il mandato di trasmettere ai figli tutta la
preziosa eredità salesiana ricevuta come 4o successore di D. Bosco fino all'apo-
teosi di un possibile dottorato glorificante il Padre come Maesro degli educatori.
L'Arcivescovo di Torino, Card. Maurilio Fossati ingraziando D. Ziggiotti che
gli aveva fatto pervenire i due volumi di « Don Bosco Educatore )> così si
esprimeva:
<< So che D. Ricaldone ci teneva moltissimo a questa sua pubblicazione
e dal Paradiso ne ha certamente benedetta Ia stampa: fu il più assillante suo
pensiero anche sul letto della sua ultima infermità che lo tolse ai Salesiani ed
a noi, ed aveva messo nella compilazione di quest'opera tutto iI suo cuore.
Vorrei dire che questi due volumi costituiscono il suo testamento e la sua più
viva raccomandazione a Chi dovrà succedergli nel governo e nella guida della
grande Famiglia Salesiana. I principi dati da D. Bosco per I'educazione della
gioventù debbono rimanere come la pietra fondamentale dell'Istituto pur adat-
tandoli alle esigenze dei tempi: io sono convinto che alffi sistemi potranno
anche destare entusiasmo per qualchs tempo, ma saranno ben lungi dall'ottenere
i risultati raggiunti da un tanto Maestro: si dovrebbe finire per ritornare a
Lui ed alle sue esperienze. A plasmare l'animo dei giovani per formarli alla
vita non è sufficiente l'educazione: ci vuole il Santo col suo spirito di abne-
6s
e
Lettera di D. Tarcisio Savaré a
Una testimonianza del medesimo
D. Gennaro in data »-2-7952.
Don Tarcisio Savaré, ricavata da
una
lettera
a
Don
Francesco Rastello in data 29-4-197J, si riporta in appendice, allegato n.77.
486

52.3 Page 513

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gaziole e di sacrificio, con tutte le sue sfumature di un amore paziente, soprat-
iutto con quella fiamma di apostolo che forma l'anima per Iddio ed usa di
tutti i mez;i idonei pet costruire I'uomo completo, che sarà buon cittadino ed
ottimo cristiano nella società.
Elevo quindi il mio pensiero alla memoria di D. Ricaldone, del servo fedele
che ha cercato di trasmettere ai posteri la preziosa eredità ricevuta dal Padre,
e mi auguro di cuore che questa sua pubblicazione sia letta e meditata da quanti
hanno il pesante carico e la delicata responsabilità della educazione della
gioventù >>.67
Ancora una volta la Chiesa, pet mezzo di un suo Principe, confermava
e applaudiva all'operato di D' Ricaldone.
fr Dalla lettera del Card. Maurilio Fossati Arcivescovo di Torino a D. Renato Ziggiot-
ti in data 5-4-1952.
487

52.4 Page 514

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CAPO XXXIV
LA SUA PASSIONE DON/INANTE
Non erano cose per Lui
D. Ricaldone fu insignito di alte onorificenze da parte delle autorità civili
che riconoscevano in lui doti non comuni e specialmente 17 realizzatore di opere
veramente benefiche per il popolo, attuate per la sua preveggente aderenza
alle esigenze più profonde e urgenti, sia spirituali che materiali.
Dalle umili popolazioni di Castelnuovo D. Bosco e di Mirabello che lo
vollero
avere,
la
prima
come
«
Cittadino
onorario
1
»>
e
Ia
seconda
come
<< Fi.
glio illusre »>,2 fino alla maestà del Re d'Italia che si degnò di nominarlo
« motu proprio »> da prima Cavaliere di gran croce )> decorandolo del << Gran
cordone
della
Corona
d'Italia
3
»>
e
poi
«
Grande
Ufficiale
dell'Ordine
dei
SS.
Maurizio e Lazzaro »>,4 egli ricevette plausi, consensi in tutti gli ambienti e da
tutte le classi sociali.
Furono specialmente riconosciute le sue benemerenze nel campo agricolc
per le scuole professionali agrarie da iui aperte e incrementate con programmi
ed esperienze del tutto nuove e fruttuose sia in Italia che all'estero. Il 7 apri
Le 1938, S.M. il Re d'Italia su proposta del Ministro dell'Agricoltura e delle
Foreste S.E. Rossoni gli conferì la « Stella d'oro al merito rurale per il Pie.
monte >>.
Questa alta distinzione aveva carattere di premio personale e col << Di-
ploma di 1" classe )> qual era stato destinato a D. Ricaldone, coronava le sue
« benemerenze eminenti ed eccezionali » nel campo dell'agricolturu nazionale.
Il Ministro Edmondo Rossoni fu forse quello che ne godette di più
perché così ne scrisse a D. Ricaldone:
I 13 Maggio 1»).
2 19 settembre 1937
3 6 dicembre 1917.
a 26 maggro 7943.
488

52.5 Page 515

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<( Roma, 3 maggio 1937.
Sac. Pietro Ricaldone
Direzione generale Opere D. Bosco
TORINO
Sono molto lieto di averle fatto cosa gradita con l'attribuzione della Stel-
la di 1" classe al Merito Rurale.
Celebreremo le benemerenze sue, dei Figli di D. Bosco in occasione del-
\\a mia prossima venuta a Torino.
Preciserò quanto prima la data, accordandomi con D. Tomasetti e col
Conte Corelli.
La prego accogliere i miei ossequi migliori.
Dev.mo
EorroN»o Rossour »>
Due anni dopo, il 26 novembre 1939,la Regia Accademia di Agricoltura
di Torino lo volle « Suo Socio Onorario ».
Dal canto suo, D. Ricaldone fu sempre conmario a << Stelle »> ed a << Cor-
doni », ma per dare lustro alla Congregazione, si adattava anche alle « Stelle! »
E ne venne un'altra, iI 2l aprlle 1940. Ancora S.M. il Re si degnava di insi
gnirlo della « Stella d'oro ,> al merito della Scuola. Questa volta chi ne gioì fu
['ex allievo Padellaro, Direttore Generale dell'Ordine Medio che gli scrisse:
Ministero dell'Educazione Nazionale
I1 Direttore Generale
dell'Ordine Medio
« Carissimo e Rev.do Don Ricaldone,
4-5-r940
non una stella, ma una costellazione spettava a chi rappresenta la con-
tinuità dell'azione di D. Bosco e la incatna con tanta perfezione.
Se a Torino vedete il Comm. Guida ringraziatelo perché ebbe per voi
parole veramente belle.
Credetemi vostro
aff.mo PaoruLARo >>
Ma dovette goderne anche D. Ricaldone, più tardi in una circostanza
del tutto particolare ie cui le onorificenze tornarono molto utili alla Congre-
gazione.
D. Savarè ricorda che un giorno entrò in ufficio con D. Giraudi e l'Avv.
Masera e con grande suo stupore gli chiese: << Dove hai messo il documento de!
'Gran Cordone'? >> D. Savarè lo prese dall'Archivio e glielo consegnò. L'Avv,
Masera allora esclamò con grande soddisfazione: << Il Re riconosce il Rettor
489

52.6 Page 516

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Maggiore dei Salesiani! ». Quel documento risolveva in senso favorevole per la
Società Salesiana una successione testamentaria...
D. Savarè asserisce: << Fu l'unica volta che D. Ricaldone benedisse in
cuor suo di essere... << Gran Cordone! ».
<< Quando poi un Prelato d'America scrivendogli circa l'Ateneo Salesianc
1o aveva chiamato, per uno svarione dattilografico, ievece di « Gran Cancel-
liere »> dell'Ateneo, << Gran Candelliere » egli ne fece oggetto di scherzosa bar-
zelTetta in tutte le occasioni che questo « lapsus calami » tornava a sua umilia-
zione >>.
A D. Ricaldone stava sommamente a cuore più che tutti i riconoscimenti
e le lodi umane, l'approvazione di Dio su1 suo operare.
Quando ue'autorità ecclesiastica a nome della Chiesa gli esprimeva il suo
compiacimento, D. Ricaldone vedeva in esso l'assicurazione che camminava
strl tracciato del Fondatore. Se poi questa autorità era il Papa, allora D. Ri
caldone sapeva anche piangere di gioia, leggere in ginocchio le parole di ap-
provazione, come fece per l'autografo di Pio XII in occasione del suo giubileo
sacerdotale e baciare gli incartamenti come avve;rne quando giunse il Decreto
di approvazione dell'Ateneo Salesiano.
Ma a chi guardò con occhio attento e ripensamento alle sue o.pere di im-
menso valore e di gran portata mondiale, specialmente dopo la sua morte, non
poté sfuggire che fra tante onorificenze altre due avrebbero decorato bene la
sua figura: una per la crociata missionaria e l'altra per la crociata catechistica.
Forse pensò a queste due attività apostoliche lo scultore Cellini quando
scolpì il monumento che Mirabello, sua città natale, volle erigergli nel novem-
bre 1956, poiché nel gruppo D. Ricaldone è rappresentato in piedi, in atteg-
giamento paterno tra due giovanetti: uno con abiti civili e l'altro ricoperto
di pelli. Quella statua non si allontana molto dalle sculture fatte in onore
di D. Bosco e questo è profondamente significativo a ricordo dell'opera di
D. Ricaldone, poiché egli non si discostò di un passo dall'orientamento del
Padre e, approfondendo il suo spirito, lo i:rterpretò nelle opere più care al
suo cuore: \\a formazione cristiana dei giovani con un'azione catechistica mis-
sionaria.
Ma a dieci anni di distanza dalla sua ,morte, il 5" Successore di D. Bosco,
D. Renato Ziggiotti, dava inizio all'erezione del monumento più glorioso e più
significativo pe, perpetuare 1o zelo apostolico salesiano di D. Ricaldone.s
Nel 1961, infatti, per suo volere si iniziava la cosruzione della nuova
sede del Centro Catechistico Salesiano. Il Catechismo era stata la sua pas-
sione dominante, l'ideale apostolico a cui si erano assommate e si erano unificate
tutte le altre sue iniziative di bene. Egli vedeva in un Centro Catechistico il
cuore della Coagregazione poiché il suo scopo era il Catechismo a servizio della
missione educativa giovanile.
s A.C.S., n. 222, Novembre-Dicembre 1961
490

52.7 Page 517

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Il quinto successore di D. Bosco dava a questo Centro una sua sede
stabile e conveniente.
Nel breve giro di due anni e mezzo un imponente edificio sorse nella
borgata f,eumann di Torino e fu il Cearo Catechistico Editoriale della Congre-
gazione, quello vagheggiato dal 4' Successore di D. Bosco, quando l'8 dicem-
bre 194t, come si disse a commemorazione del 1" Centenario dell'opera sale-
siana
sco i
S- upuenriaorileeziogneettòe
idl ipcicacteoclohissmemoe-di
egli radunò
senape nel
nelle camerette
terreno fecondo
di D.
dello
Bo-
zelo
dei suoi figli.
La Casa dedicata il 29 ge:naio 1963 a S. Francesco di Sales, per l'im-
ponente complesso di attrezzatùre, laboratori, magazzini, per biblioteca e uf-
ficio di redazione di riviste e opere editoriali che dà possibilità di sempre più
operoso incremento al movimento catechistico, è il pir) bel monumento in
memoria di D. Ricaldone, quale studioso, ideatore, scrittore, apostolo dell'at-
tività catechistica.
Egli non poté vedere questa grandiosa reaTizzazione, ma sicuramente ne
ebbe la certezza poiché atcofa una volta la parola del Papa venne a convali-
dare la bontà delf impresa che egli aveva iniziato.
Infatti, D. Ricaldone, forse spinto dal presentimento che fosse l'ultima
udienza, il 26 giugno 1951, in occasione della canonizzaziofle di S. Maria Do-
menica Mazzarello, umiliò al S. Padre con gli omaggi del Consiglio Geeeralizio
delle F.M.A., un dono catechistico che raccoglieva in forma concreta tutta la
multiforme atrività rcalizzata fino allora dal Centro Catechistico Salesiano, e
cioè una <( vetrina catechistica )> contenente copia delle singole produzioni ca-
techistiche, riviste, sussidi ietuitivo-visivi, ecc.
Pio XII ne rimase ammirato e si intrattenne a lungo ad esaminare ogni
singola edizione, i numerosi e ben studiati sussidi, avendo parole di elogio
per l'attività del Cenro Catechistico e della sua Libreria.
In questa udienza, che fu l'ultima per D. Ricaldone, ci pare di vedere
il congedo del 4' Successore di D. Bosco dal S. Padre Pio XII, corgedo in
cui egli volle consacrargli il suo lavoro catechistico e ne ricevette il
consenso più benevolo, diremmo entusiasta. Fu questa la più bella « Stella »>
al merito dell'insegnamento catechistico e il << Gran Cordone » che lega D. Ri-
caldone perennemente alla Congrcg zione ed alla Chiesa, perché il Papa ri-
conobbe in Lui il profondo conoscitore e rcalizzatore dello spirito e della
realtà salvifica della Chiesa.
Scrisse << L'Osservatore Romano »>: << Fu l'l.rltima udienza, ma fu anche
la più cara. Certo, in quel ricordo di un sì alto e ambito compiacimento, per
lui (D. Ricaldone), uomo di fede, ci fu un messaggio del cielo. Noe aveva la-
vorato invano, né per solo ma per la Chiesa. Lo diceva il Papa. E in questo
pensiero si coronò il suo luminoso tramonto >>.6
6 Da .< L'Osservatote Rornano », 2l-22 gennaio 1952
49r

52.8 Page 518

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« Ouesta è l'opera delle opere " 7
I1 movi,mento catechistico suscitato da D. Ricaldone non ebbe lo scopo
di vivificare un settore dell'apostolato salesiano e tanto meeo di favorire una
iniziativa locale o anche nazionale. Come tutte le sue attività esso prese l'awio
da Valdocco, dal Centro della Congregazione, ma il progetto di D. Ricaldone
interessava tutta la Società Salesiana, anzi 1o pensava come presupposto per
un rineovamento catechistico organizzato di tvtta 7a Chiesa.
D. Ricaldone, cultore del carisma salesiano, cenffò l'essenza della sua at-
tività apostolica nel catechismo.
D. Bosco infatti, per ottenere una lettera commendatizia in favore della
sua nascente Congregazione dal Vescovo di Casale nel 1868, gli inviava un
cenno storico della medesima e così scriveva: << Questa Società nel suo principio
era un semplice catechismo che il Sac. Giovanni Bosco, col consenso e col
consiglio del Teol. Luigi Guala e Cafasso Giuseppe, ecc.s
E più tardi il Card. Cagliero disse: << Tutto nella nostra Coegregazione,
non ha altra finalità che essere amo per pescare anime per mezzo del Catechi-
smo )>. Queste dichiarazioni esplicite a suggello di tutta 7a vita e missione
apostolica di D. Bosco furono i presupposti che, studiati in profondità e stimo-
lati dal Decreto « Provido sane »> di Pio XI del gennaio 1935, sollecitarono Don
Ricaldone a ue rilancio dell'azione apostolica salesiana dalle sue sorgenti alla
sua unica ,meta: il catechismo.
La varietà, la molteplicità delle opere aposroliche sviluppatesi per neces-
sità di ambienti, condizioni sociali e storiche facilitava un disorientamento circa
I'origine, i mezzi e 1o scopo a cui tendere. I mezzi più diversi: scuole di ogni
tipo, collegi, orfanotrofi, varie forme assistenziali caritative, tutto era stru-
mento utilissimo se rimaneva fermo il punto che li promuoveva e lo scopo a
cui dovevaeo mirare.
D. Ricaldone con la sua ricchezza interiore di genuina salesianità e con
la sua realistica adercnza ai tempi e alle necessità dell'epoca, vide che bisognava
riportare la pluralità delle opere all'unicità degli intenti. La stessa intuizione
che ebbe della situazione salesiana lo condusse a vedere la soluzione delle com-
plesse realtà sociali e religiose della Chiesa nell'unica forza accentratrice del
catechismo, contemporaneamente fonte e scopo della sua missione.
Il Decreto di Pio XI del 1935, come già abbiamo detto, e più ancora la
sua diretta parola ai Superiori nel 1938, furono ancora I'intervento dall'alto
che segnarono l'ora di Dio per l'azione di D. Ricaldone. Pio XI così si era
espresso coi Superiori Maggiori: << Bisogna che diate nuovo slancio di attività
agli Oratori festivi e alla pefietta organizzazione dell'insegna,mento catechistico >>.e
I1 XV Capitolo Generale tenutosi in quel medesimo anno, <( in omaggio
7 Espressione di D. Ricaldone
8 << Mem. biogr. », Vol. IX, p.
per indicare
61.
l'attività
catechistica.
e A.C.S., n. 88, Luglio-Agosto 1.9)8.
492

52.9 Page 519

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al Vicario di Cristo, costituì subito due commissioni per studiare il vitale argo-
mento delf iesegnamento catechistico... >>.10
Successivamente le Commissioni proposero di celebrare il Primo Cente-
nario degli inizi salesiani, con un Convegno Catechistico Internazionale da sta-
bilirsi nil 194L. In esso avrebbero dovuto aver luogo anche « uea magnifica
e istruttiva esposizione di libri, sussidi, metodi,
grammi, qrradàrni, registri, risultati, diagrammi,
delle iniziative diverse, dei
insomma di tutto ciò che i
pro-
figli
di Sun Giovanni Bosco fanno nel mondo per rendere più efficace l'insegna'meeto
del catechismo >>.11
D. Ricaldone, come sempre, volle mettersi in testa aifigli e cooperare anche
lui personalmente a questo rinnovameeto catechistico della Congregazione con
un'opera e dichiarò: << Ho in animo di aiutarvi io pure in questa nobile im-
p..rà non solo con le pteghiere e le esortazioni, ma con un'apposita circolare
sugli oratori festivi e sulf insegnametto catechistico, da pubblicarsi, con I'aiuto
del Signore, prima dell'8 dicembre !939 »>.12
Queste le linee programmariche di un vasto piano che negli anni sus-
seguenti si attuò gradatamente seguito in tutte le sue fasi e nelle sue parti
con attenzione capil,lare e cura affettuosa da Don Ricaldone. Egli intrapren-
deva questa attività al divampare di una guefra immane che non risparmiò
nessun popolo e nazione e le conferì il si,mbolo di lotta pacrfica, ma afdente, e
la estese a tutto il mondo: fu una vera crociata, « la crociata catechistica ».
Ma D. Ricaldone la volle uaicamente in vista dell',ora srorica, come con-
rappeso alla cultura materialista, come fimedio all'ignoranza religiosa, come
baluardo contro l'immoralità e l'ateismo? Certamente questi furono i motivi
che sollecitarono il movimento. Egli stesso lo scrisse nella voluminosa circo-
lare, l'opera che egli aveva promesso: <( Oratorio festivo, catechismo, formazione
religiosa »>. Uscita puntualmente prima del terrnine del 1,939 r>.13 In essa scrisse
delle mutate condizioni ambieetali della famiglia, della scuola, dove i geni-
tori e insegnanti erano impreparati a darc ai giovani una confacente istruzione
religiosa e quindi una soda formazione cfistiana. Anzi, spesso i padri e le
madri erano occasio:re di inciampo e gli stessi maestri erano pfivi di suffi-
cienti nozioni... Tutto poi nella società, i costumi, la moda, i divertimenti, la
stampa, Ie ideologie, gli stessi Governi contrari alla Chiesa favorivano a scri-
stianrzzare le masse e soprattutto i giovani che crescevano ignari delle più
semplici verità religiose.la
Ma certamente, anche se il clima spirituale della società del suo tempo
non fosse stato tale da richiedere ur risveglio catechistico, D. Ricaldone l'avreb-
10 A.C.S., n. 88, Luglio-Agosto 1938.
1r A.C.S.; n. 88,'LugiioAgLsto 1938. Sulla stessa
proposta
ritorna
negli
A'C'S',
n
95,
Settembre-Ottobrc L939.
12 A.C.S., n. 88, Luglio-Agosto 1938.
13 A.C.S., n. 96, Novembre-Dicembre 1919.
14 A.C.S., n. 96, Novembre-Dicembre l%9. Ctr' p. 14-24
493

52.10 Page 520

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be indetto ugualmente perché il << segno dei tempi »» per la congregazione sale-
siana era stata \\a canonizzazione del suo Fondatore e quindi del suo spirito
e della sua missione apostolica nella Chiesa.
Questo <( segno >> autenticameate salesiano, propulsore della << crociata >>
egli f imprimeva nella suenna data per il 1940t << S. Giovanni Bosco ci invita
a mantenere sempre e praticamente nel massimo onore, nelle nostre case e in
particolare negli Oratori festivi, l'i;rsegnamento catechistico e Ia formazione
religiosa ».rs.
D. Ricaldone era più che convinto che la società salesiana era unica-
mente voluta da Dio per l'istruzione catechistica. Ricordano quanti più da vi-
cino collaborarono con lui per la crociata catechistica, che egli viveva e traeva
tutto il suo entusiasmo di iniziative e di lavoro da questo concetto: << La
nosffa Coigregazione è sorta per I'isruzione religiosa, tutto quello che si fa,
che si tenta in ,questo grande settore, è rendere il più grande e prezioso ser-
vizio alla Congregazione, alla Chiesa »>.
La massima che poi sovente ripeteva ai suoi figli era questa: << Se vuoi
veramente bene alla Congregazione, airtta, lavora in questo settore ».16
E nei momenti di stanchezza, Don Alessi ricorda che li rianimava di-
cendo: << voi sapete che questa è l'opera delle opere, l'attività salesiana per
eccellenza. Dal Catechis,mo dipende la vita della Chiesa , 7a salvezza della civile
società, la salute eterna di ogni singola anima. Voi siete i Crociati della causa
più santa e pir) meritoria >>.17
La crociata catechistica dunque sorse come espressione di genuino spi-
rito salesiano e tinnovamento nell'esse nza animatrice del suo apostolato, fu solie-
citata dall'ignoranza religiosa segnalata dai Papi, ma ebbe anche fona di sviluppo
dall'umile consapevolezza riconosciuta e accettata da D. Ricaldone della inade-
guata preparazir:ne dei Salesiani all'insegnamento religioso. Basterebbe per con-
vincersene rileggere tutte le Lettere-Circolari, le opere sulla Formazioee del
personale salesiano, alcuni commenti delle Srenne dove egli invita, stimola,
[a programmi tassativi per gli
dQeullianqmueentondioolo-gia
circa lo studio,
catechistica.
aasdoivitetirs-i
dagli Aspiranti ai Sacerdoti
livelli, non solo della dottrina,
del
ma
Egli era convi:rto infatti che, quanto a conoscenza teologica e scritturi-
stica, aveva Confratelli specializzati, ma quanto a Catechisti veramente capaci
di insegnare la dottrina sia ai bimbi come agli operai o alle person. .olt.,
ne aveva ben pochi. A questo riguardo D. Favini ricorda una bàttuta di Don
Ricaldone, che dice con quale umile cognizione della insufficienza e imprepa-
razione della Congregazione egli avesse intrapreso un'attività che ad o..tlo
esterno poteva sembrare un'esuberanza trionfalistica delle proprie prerogative.
ls A.C.S., n 95, Settembre-Ottobre 1919.
16 Testimonianza di D. Antonio Suraci, Pasqua 1967
17 Testimonianza di D. Alessi.
494

53 Pages 521-530

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53.1 Page 521

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Un giorno D. Faviei dissertando con lui sul modo con cui i Confratelli
incaricati si presentavano d. Clero secolare per la campagna catechistica si
permise di osservargli: << Ma scusi, lei crede proprio che noi Salesiani sap-
piamo insegnare il Catechismo meglio dei Parroci e di tanti alri Religiosi, spe
cialmente dei Fratelli delle Scuole Cristiane? »>
gli al<t<tiS,tachzeitftaoc-cio mtuittdoisqsuee-stoèl...be»>n.18 per stimolarvi ad insegnarlo almeno come
Per questa coesapevolezza egli fin dall'inizio mise al lavoro le case di
formazione e le nuove generazioni: erano loro che dovevano diventare falangi
di catechisti: « ...gli studentati teologici e filosofici, le Compagnie religiose e
le Associazioni di Azione Cattolica, prendano l'insegnamento catechistico come
tema delle loro riunioni, dei loro studi e del Congressino annuale. Altrettanto
si faccia in tutte le alre Case di formazione »>.1e
Ma poi si tivolse anche ai Confratelli maturi che potevano dare << un più
ampio sviluppo alla crociata catechistica, non limitandola ai soli giovani, ma
estendendola anche agli adulti »>. E dopo averli stimolati a curare l'istruzione
religiosa nelle scuole medie e professionali, insiste perché la impartiscaio ancora
più completa ai liceisti, ai giovani degli oratori festivi e studino nuove folme
per istruire nella religione i padri di famiglia, i gruppi degli ex allievi.
Addita quindi come un ottimo mezzo per questi ultimi le conferenze
di S. Vincenzo, le scuole diurne, lavoratori, agricoltoti, tutta la massa del po-
polo che più è carente di conosceeza religiosa. Passa poi ad impegnarli ad
un apostolato particolare: la diffusione degli opuscoli e foglietti catechistici a
carattere divulgativo e che i Superiori hanno pensato di far pubblicare.2o
Ma D. Ricaldone salì ancora più in alto: si rivolse ai professori dell'Ate-
neo nelle cui mani era riposta la {ormazione dei futuri catechisti. Essi << nel-
f insegnameeto impartito agli alunni, nello scrivere libri ed articoli, nel tenere
lezioni e corsi speciali a sacerdoti e persone colte non devono dimenticare 'mai
la caratteristica del loro insegnamento e lavoro, v^\\e a dire << l'orientamento e
la formazione catechistica ». E spiega: « Il fine delle discipline ecclesiastiche
in tutte le loro ievestigazioni senza eccettuare le più elevate non è mai sempli-
cemente speculativo (...); esso tende sempre ad un determinato scopo pasto-
rale... Nei seminari e ancor più negli Atenei Pontifici, si vogliono anzitutto
formare degli apostoli ».
Poi li esorta a scrivere lavori sulle verità della religione, non però a << ten'
denza spiccatamente scientifica )>,
contrasto con f indole filosofica e
tmeoalo^giccaard^ettlelarescpuaosltao,raalneziil
che
dice:
non è in
« L'appli
caziofie di un orientamento
e chiara cornice scientifica,
pastorale ben
ma svolto a
inteso
scopo
-divuclognatteivnouto-
cioè in un'ampia
potrebbe costi-
18 Testimonianza di D. Guido Favini.
le A.C.S., n. 88, Lug1io-Agosto 1938.
20 A.C.S., n. 115, Gennaio-Febbraio 194).
495

53.2 Page 522

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tuire uaa diff.ercnza specifica del nostro Ateneo e tale, se ben attuata, da me-
titare anche il plauso delle supreme Autorità ecclesiastiche »>.21
Interessò al movimento anche ie F.M.A. fin dal gennaio 1939 come parte
integrante della Famiglia Salesiana e impegnate anch'esse a vivere in pie-
nezza 7o spirito del Fondatore attuandone la specifica missione catechistica:
« Le F.M.A. daranno, ne sono certo, a questo movimento salutare, I'adesione
e I'impulso delle loro magnifiche energie ».2
Madre Linda comunicò Ia lettera del superiore a rutto l'Istituto e ripe-
tutamente in quell'aneo 23 incoraggiò le suore a mettersi « con il massimo im-
pegno )> a lavorare << per la nuova santa Crociata >>.
D. Ricaldone, parlando nel luglio l94o a superiore, suore e novizie in
occasione dell'inaugurazione della Mostra Catechistica allestita nel Noviziato
di Casanova, le stimolò all'apostolato catechistico e lasciò loro questo ricordo
programma: « Il Catechismo sia la vostra prima ,missione e l'arde:va della
vostra anima >>.24
Tutto questo risveglio di energie in tutti i settori partiva ancora dalla
convinzione che non era azione momentanea promossa dal centenario del 1" Ca-
techimo di D. Bosco solo esigenza più vasta legata agli eveati sociali dei
popoli, ma atttazione genuina della missione di D. Bosco, e perciò delle sue
istituzioni, nella Chiesa e in favore della Chiesa.
così D. Ricaldone sottolineava nel 1940: « ...nei modi e con le possibi
lità che vi saranno concesse cortinuate a svolgere con zelo tenace la crociata
catechistica. Essa infatti non deve essere un lampo di fugace operosità, mr
bensì un lavoro metodico costante, sempre aggiotnato, per àggiungere in que-
sto campo veramente nostro tale praticità e compet enza da poter rneritare
l'ambito titolo di catechisti modello. Il cumulo di attività catechistica di questi
ultimi alni è stato in verità consolante e ciò che più conta, ricco di frutti;
molto però resta da fare. E godo di sapere che dal lavoro seriamente compiuto
mediante l'approfondimento di questo rilevante problema è scaturita o si è
maggiormente rudicata in tutti la persuasione che f insegnamento catechistico
è difficile assai e perciò esige studio assiduo e preparazione curata se si vo-
gliono raggiungere le sue altissime finalità.
Né si pensi da taluni che la crociata catechistica debba limitarsi ad essere
ùfla preparazione sia pur solerte alle feste centenarie: no, essa vuol essere so-
prattutto forte proposito d'imitare D. Bosco catechista e di collocarsi effet-
tivamente all'avanguardia in questo settore preferito della nosffa missione »>.s
Il rilancio catechistico nella missione ecclesiale dell'Istituto se ebbe un'on-
data iniziale di entusiastica ripresa non fu turtavia fuoco di paglia, ma un
21
n
a
24
2s
A.C.S., n. 723, MaggioGiugno 1944.
Lettera di D. Ricatdone alla M. Generale Luisa Vaschetti, Gennaio 19i9
Circolari della Madre Generale del gennaio,
Cronaca del Noviziato di Casanova (Torino)
A.C.S., n. 102, Novembre-Dicembre 1940.
febbraio, dicembre
24-7-1940.
1939.
496

53.3 Page 523

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il
,-.f,
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Or tF
aq
**
à
q
!l Capitolo Generale del 1947, in pellegrinaggio ai Becchi.

53.4 Page 524

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53.5 Page 525

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reale e ben fondato orientamento unitario, progressivo dell'azione apostolica
della Società Salesiana, tanto che il padarne fu una necessità costante per D. Ri
caldone. Egli ne fece continuamente argome:lto nelle sue lettere-circola* ora
studiandolo nei suoi ptincipi, ora presentandolo nelle diverse programmazioni;
divenne, per così dire, l'anima dell'attività salesiana. Il problema catechistico
fu per tutti il problema dell'ora e fu sentito così urgeete e risolutivo che fu
indispensabile creare un organo che aiutasse tutta la Congregazione a vivedo e
a svilupparlo nella sua totalitarietà di principi e di azione.
ll piccolo granello di senapa
Si sentì il bisogno di un organismo la cui competenza tecnica in materia,
desse garaezia di efficacia alle direttive impartite dai Superiori e questo sorse
nel luglio del 1939.
D. Ricaldone 1o creò e lo chiamò « Ufficio Catechistico Centrale Salesiano »>,
Sebbene fosse sotto la sua diretta dipendenza e di fatto l'abbia seguito sino
alla morte, tstt^vi^ egli vi prepose il 2 luglio un vero Salesiano apostolo: Don
Pompilio Bottini.
Vi era già una commissione permanente che soprassiedeva alle direttive
generali della rinascita catechistica, presieduta da D. Giorgio Serié e D. Piero
Tirone, e formata da Professori di Studentati viciniori e da Direttori di case
di formazione. Ma un ufficio era indispensabile. D. Bottini che aveva compreso
in pieno la volontà di D. Ricaldone fu il suo braccio destro. Con lui furono
chiamati in un primo momelto Don Ugo Bisi, e Don Guido Setti.
Ma già nell'ottobre troviamo che la cerchia dei collaboratori si era a7-
largata. In data 14 ottobre sul suo taccuino D. Ricaldone segnò i nomi della
« Commissione Catechismo »>: D. Bottini, D. Bisi, D. Leoncio, D. Pette;ruzzo.
Certo che i primissimi furono pochi e il lavoro da organizzare fu invece rnolto.
D. Setti ricorda: << Sovente, alla seru ci fermavamo in Ufficio anche dopo
le preghiere. Immancabilmente dopo un quarto d'ora o anche meno il Superiore,
scorgendo la luce accesa ci raggiungeva e: << Che fate? molto lavoro!? No, ro,
non dovete vegliare a lungo. Ho già fatto io questo sbaglio e 1o sto scontando.
Andate a letto. Caso mai aTzatevi un po' prima domani mattina. Andate a letto
subito, figliuolil »> E non transigeva.
Forse per questo nol permetteva che ci addossassimo altri incarichi di
apostolato: neppure la Messa ad orario fisso, nessun apostolato fuori regola.
« Se incominciate a dissiparvi in molte attività, terminerete col non combinare
nulla ». D. Ricaldone aveva ragione >>.6
Egli li premuniva, li « difendeva »> dalle altre r,ichieste apostoliche che
poteva;ìo ora impostare un'opera, darle precise finalità, fissarne i mezzi, otganiz'
6 Testimonianza di D. Guido Setti, 26-3-1.970.
497

53.6 Page 526

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zarla con un piano di attività ben specificato. D. Ricaldone, come era suo solito,
anche negli inizi di questa opera non facile, fu presente ad ogni suo passo,
vigile ad ogni suo sviluppo. I Confratelli poi già così pochi erano anche richie-
sti a parlare ai Coevegni, ai Congressi, ad aiutare nelle mostre catechistiche
che 1o stesso movimento catechistico promuoveva, e perciò egli si sentì ancor
più impegnato a sostenere l'opera e i << carissimi figliuoli >> che vi lavoravano.
Quando essi tornavano dalle loro missioni propagandistiche, egli voleva
avere da loro un dettagliato racconto di quanto avevano fatto, e godeva visibil-
mente se le relazioni veeivano anche confermate da lettere, da resoconti che
magnificavano l'azione dei suoi catechisti.
« O quam speciosi pedes evangelizantiuml »> diceva loro sorridendo aI ri-
torno dai faticosi giri. « Come godo del bene che avete fatto! Vorrei avere
tanti salesiani da consacrare a questo apostolato! Ogni Casa, ogni Salesiano do-
vrebbe essere un araldo di questa Crociata! »>.n
A questo proposito D. Alessi ha dei ricordi persorali bellissimi. << Quando
tornavo stanco, spossato da un viaggio, mi riceveva subito e voleva una detta-
gliata rcTazione sul lavoro svolto. Ricordo la compiacenza e la gioia che gli si
leggeva sul viso nel sentire il bene operato e quanto la nostra presenza ed il
nostro lavoro fosse gradito e desiderato. Ogni proposta che gli presentavo, rac-
colta spesso da questi contatti con la realtà, trovava ie lui un cuore aperto,
entusiasta, generoso. Carico di anni e ricco di esperienza, conservava come pochi
un animo giovanile, aperto a tutti i problemi dell'apostolato, a tutte le esi-
genze della Chiesa e della società.
Mi dimostrava spesso la sua gioia e tenerezza con qualche dono: un libro,
un dolce, uea bottiglia, una primizia che gli avevano offerto e che era lieto
di donarci...
Durante i viaggi si lagnava se ogni tanto non gli scrivevo. Una volta rimasi
due mesi senza farmi vivo.
rimpr-ove..Sr.oDta.uveNo oopnetrrdeesgvvuioifnlatzeramgvlioiaslrlteearelraaidnpuonplaeizrnieaa,t-um.ttiodiislseCaapl irtiotolornSou,pceornioraeriapedrcihdéoltcee-
:ressi loro una relazione sul lavoro compiuto e su quanto il nostro Centro andava
operando in ogni regione d'Italia.
Una delle più grandi soddisfazioni era ricevere qualche lettera da un Ve-
scovo in cui 1o si fingraziava per il lavoro svolto da qualche membro del Cen-
tro >>.4
<, Quando poi dovevamo raccontare insuccessi e vicende non riuscite, soleva
ripetere sempre coA nuovo calore: « Vedi, io sono figlio di contadini e la terra
, Testimonianza di D. Alessi, uno dei più zelanti Salesiani che presto fece parte
dell'Ufficio Catechistico.
28 Antonio M. Alessi, Un prete aagabondo a seraizio della catechesi, Cittadella (Pa-
dova), 1970, p. 144-147.
498

53.7 Page 527

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per noi è la grande maesffa: quando la tempesta, il maltempo rovina e porta
danno, il contadino guarda, misura il disastro, poi alza lo sguardo al cielo e si
ri,mette al lavoro, pieno di fiduciosa sperunza così dobbiamo fare noi »>.2e
Fu proprio questa sua tenace volontà, questo sano ottimismo anche negli
insuccessi che sosteane I'Ufficio Catechistico e lo spinse a direttive di lavoro e
di marcia.
Egli sapeva vaToizzarc tutti e sovente accennando ai Confratelli impegnati
in lavori che sembravano periferici e di poco conto, usciva in espressioni si-
mili a questa: << Davanti a Dio non hanno mieor merito dei nosti attivisti
che toccano con mano e godono i frutti del comune lavoro, quelli che con sacri-
fici nascosti e spesso ignorati, ci aiutano a reaTizzarlo, magari nell'umile fatica
di confezionare dei pacchi »>.s
I Co:rfratelli che lavorarono con lui nel settore catechistico erano colpiti
dal fatto che egli nonostante il suo grande lavoro nel governo della Congrega.
zione e la sua età, fosse così aperto e aggiornato in fatto di didattica e peda-
gogia. Con interesse seguiva ogni tentativo di esperienza, ascoltava con piacere
e pazienza le relazioni del lavoro che si veniva svolgendo in tante Diocesi
d'Italia, sempre felice di mettersi a servizio dei Vescovi oltre che della Con-
gregazione. Voleva sensibilizzare tutti al grave problema e dare efficace aiuto
di personale e di materiale didattico. Non c'era settore di cui non avesse com-
petenza e in cui non portasse il suo valido contributo di dotrina, di aggior-
namento. Un caso fra mille lo ricorda D. Setti circa la Mostra catechistica al.le-
stita dai Salesiaai di Torino in Borgo S. Paolo.
<< La Campagna Catechistica lanciata dal Superiore non trovò tutte le porte
spalancate special,mente da parte del clero locale. Per vincere tale resistenza,
il Superiore invitò diverse nosre Case e Oratori ad otganizzare delle mostre
catechistiche. Una delle più grandiose fu allestita dall'Oratorio di S. Paolo di
Torino. Alla vigilia dell'inaugurazione D. Ricaldone ievitò i membri dell'Uffi-
cio catechistico ad andare con lui per una prima visita. Percorse e visitò minu-
ziosamente tutta l'esposizione dando suggerimenti, lodi e consigli. << Molto bene,
disse alla fine. Siete stati proprio bravi. Avete lavorato molto e con intellige:rza.
Ma... avete trascurato una cosa molto importante: la statistica! Cetchiamo di
rimediare. Quante famiglie avete in Parrocchia? Quanti rugazzi dovrebbero fre-
quentare l'Oratorio? Quanti vengono in media?
Supponiamo 1200 su 3000! Ma 200 possono essere delle altre Parrocchie
viciniori. Dove vaneo gli alui 2000? Perché non vengono? Su fate ancota uno
sforzo! Lavorate magari durante la notte, ma fate un altro cartellone. Se voi
che siete degli specialisti, che avete a disposizione cortile, Iocali, teatro, ecc.,
avete questi risultati, che cosa succede in quelle Parrocchie che non hanno nulla
, Testimonianza di Don Suraci, Pasqua 1967.
30 Antonio M. Alessi, Un prete uagabondo a seruizio della catecbesl, Cittadella (Pa-
dova), 1970, p. 6.
499

53.8 Page 528

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di tutto ciò? » Il cartellone riuscì uno dei numeri più attraenti e irteressanti
della Mostra.3r
Allo scopo di poter giovare fattivamente, anzi di avviare al nuovo lavoro
i suoi primi collaboratori, Don Ricaldone non rascurò nulla. Sul suo taccuino
già fin dal 1938 trovia,mo segnato il suo intervento al Coevegno catechistico di
Milano, i suoi contatti col Card. Salotti,32 i suoi inconti con Confratelli com-
petenti dell'estero, come Mons. La Ravoire che già scfiveva manuali catechi-
stici in inglese,33 con Cardinali ed autorità ecclesiastiche che eraeo intetessati
al problema e ne sentivano l'urgenza come il Card. Marmaggi,u il Card. Roberti
e Mons. Veneziani.3s
Era poi attentissimo alle voci dei Vescovi, alle « onde di ritorno >> dei
parroci, dei superiori religiosi che avevano indetto e partecipato a Convegri
e congressi catechistici, per raccogliere i loro giudizi le loro proposte, i bisogni
delle loro diocesi e delle loro Parrocchie. Sempre a questo scopo, non lasciava
di intervenire a inaugurazioni di mostre, a convegni, taduni, incontri, persino
alle gare catechistiche dei ragazzi perché proprio ir quegli ambienti circoscritti
poteva sentite tutte le voci e da loro poteva fiorire I'aggiornamento più aderente
alle esigenze delle anime.
Ma il suo aiuto non fu solo di belle parole e di incoraggiamenti. D. Ri-
caldone ci mise del suo, e diede subito, come abbiamo visto, una prima opera
catechistica. La stampa la salutò « una delle più importanti pubblicazioni cate-
chistiche dei suoi tempi >> e che << avrà vasta ripercussione perché segna auto-
revol,merte le direttive di un importante movimento che è già in atto e pro-
durrà con \\a grazia divina, fecondi risultati >>.s
Si trattava
zione religiosa >>.
della circolare «
In essa il nuovo
UOfrfaictiooriCoaFteecshtiisvtioco-
troCateIachpiisamniofic-azioFnoermdae-l
lavoro che avrebbe dovuto svolgere: erano direttive e programmi molto con-
creti e fattibili. Le att'tazioni si sarebbero poi snodate a catena a mano a mano
che gli animi si fossero sensibilizzati, favorendo proposte e richieste di aiuti
e di sussidi.
I primi a muovere le acque furono gli Studentati filosofici e teologici, i
Noviziati e poi gli Oratori sia dei Salesiani che delle F.M.A. Furono essi ad
inaugurare le prime mosre che portarono geniali ed utili contibuti catechistici,
a programmare gare, dispute catechistiche, Giornate del Catechismo, convegni,
inco:rtri.
D. Ricaldone andò sempre ad inaugurare le più vicine e fu osservando at-
tentamente quella di Chieri che scoprì nel suo ideatore, l'insuperabile D. Bot-
tini.
31 Testimonianza di D. Guido Setti, 26-3-1970
32 8 settembre 1918.
33
*
11. novembte 1938.
4 maggio l94l e maruo-apile
1942.
3s ottobre 1946.
36 Da << L'Osservatore Romano >>, 1940.
500

53.9 Page 529

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I suoi taccuini dal 1939 in poi sono disseminati di questi << appuntamenti
catechistici »>: gli aeni 1939 e 1940 sono i più intensi. Le più belle mosue ca'
techistiche italiane furono quella di Chieri a cui intervenne persino il Card.
La Puma nel luglio-agosto 1939; quella dello Studentato Teologico della Cro-
cetta, quella di Foglizzo, di lvrea, di Roma, nello Studentato Teologico del
S. Cuore e in quello filosofico di S. Callisto. Nel 1940 fu inaugurata la Mostra
dello Studentato di Monteoftone, dell'Oratorio festivo di Valdocco e di molte
Case delle F.M.A. fra le quali emerse quella di Casanova inaugurata dallo stesso
Rettor Maggiore (24 luglio). I Co:rvegni, i congressi, l.e gare, furono a càtena.
Ma è interessante notare, come alternati a questi « appuntamenti catechi-
stici » diremo così << propagandistici »> sui taccuini di D. Ricaldone ci sono se-
gnati altri <( appuntamenti catechistici » di altra natura che si potrebbero defi
nire « lavorativi o orgatizzativi ». Sembra che l'attento Superiore dopo aver
visto, seetito e parlato, raduni i suoi « pochi »> e con loro ragioni sul pro e
sul contro e venga a nuove decisioni e disposizioni.
Non erano incontri a giorni fissi, no: erano le varie circostanze che li ri
chiedevano. Quante volte c'è la nota: << Commissione Catechismo >> oppure << Ra'
dueo per Catechismo )>, oppure semplicemente è annotato il lavoro in corso
come: <( Revisione Catechismo... )> <( pef quadri catechistici... »> << Re dei libri »
« Al
stico
C« oRllieun-iondeispcluesnsaiorniae
libretti
Ufficio
LUX » o ancora << Riunione Ufficio catechi-
catechistico »> << Tutto personale L.D.C., Fil-
mine », ecc.
In questi raduni, in cui D. Ricaldone faceva parlare e patlav^, ascoltava
e si faceva ascoltare, nacquero tutte le rcalizzazioni. Di presero voce entu.
siasta tutte le raccomaedazioni, le richieste, le sollecitazioni che D. Ricaldone
periodica,mente scriveva nelle sue Lettere-Circolari sempre così rigurgitanti di
iniziative e soprattutto di ardore apostolico! Erano così specificate, chiarite, già
persino programmate che era proprio un... peccato non attuarle! 37
Ancora sempre da quei raduni cominciò la realizzazione dei prim*i sussidi
didattici e organizzativi. Il primo fu « I1 Re dei libri », testo di catechismo a
colori, per le 5 classi elementari. Fu elaborato da due commissioni presiedute
dallo stesso Rettof Maggiore e riuscì un vefo modello di tecrica e di didat-
tica.
Il nuovo testo fu studiato a lungo perché volle essere il più attraente e
più apprezzabile dei libri scolastici. << La maggior preoccupazione dei compi-
latori fu quella di adeguare la forma alla mentalità delf infanzia e della fan-
cirtTlezza, per rendere accessibile alle teilere intelligenze le grandi verità della
fede, i principi della morale cristiana ed i tesori inestimabili della grazia, espo-
e
37 Vedere
Direttori p..
g--loi Art.tC. .Se..,conn.g1re0s6s,i,Lumgàlior-pAegioiusltmo e1.r9t4e1scinuocleuidpireccaitseac.hdiissmpoosieziopneir,caaItsepcheltstoti;ri
gÉèlhti .Aud.aC."r.St.t'.ai,;ieig.rlietAt>l.'CA, .tGSene. nenno.aeilo2-cF)o,èmbMbearaigiogPio1r-o9Gf4eiu)sgidonoroived1e9pb4rbo4agnrdaoomvamenacshpteiuetgltoaar-lo'uonrfia'earznsitoianmceaetcneatcotheiccshatiitsectciochaiisltopicreoor
scritti, ecc.
501

53.10 Page 530

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sti con discrezione e sviluppo progressivo in modo da fornire nel quinquennio
elementare tutta la cultura necessaria ad una soda istruzione religiosa >>. Così
spiegava il Bollettino Salesiaeo dell'aprile 1941 presentando il pri,mo frutto
editoriale della « Crociata catechistica » e riportando il gradimento del S. Padre
Pio XII e di S.E. il Card. Francesco Marmaggi, Prefetto della S. Congregazione
del Concilio ai quali il Rettor Maggiore aveva mandato copie della prima edi
zione. Ambedue ebbero parole di lode e di approvazione.
D. Ricaldone aveva molto lavorato nella stesura di questi testi special-
mente per i primi tre volumi destinati aIle classi dei più piccoli. Erano i più
difficili per una esposizione chiara e cornpreesibile ai bimbi, dei misteri più
profondi della fede. Don Jojeusaz ricorda un episodietto in proposito, che ci
presenta D. Ricaldone non (< Capo »> dell'« Ufficio Catechistico, ma umile colla-
boratore fra i Confratelli e tutto impegnato alla ricerca del vero bene, senza
nessun riguardo per la sua persona. Nella stesura e correzione del « Re dei
libri
per
i»p-rimiil
Sig. D. Ricaldone rileggeva, ilaceva sovente
tre volumi). Il sottoscritto batteva a macchina
ogni
ogni
lezione (questo
correzione, poi
presentava Ia lezione alla Commissione della quale faceva sempre parte il Sig
D. Ricaldone. Una volta egli aveva rifatto una lezione. D. Castellotti trovaedo
questo rifacimento per una lezione precedentemente già quasi approvata, pen-
sando che fossi stato io a rifare così, perdette la pazienza ed esclamò: « Chi
è quel cretino che ha fatto questo? »> Io rimasi male, ma il Sig. D. Ricaldone
subito: << Sono io » Tableau! Ma volle che ci si attenesse alla dicitura pre-
cedente, metteedo in disparte ogni suo personalismo e continuò serenamente
a Tavotate con slancio e fervore, dicendo che aveva appunto costituito una com-
missione perché facesse e non perché approvasse quanto egli faceva »>.38
Da cosa nasceva cosa e così si iniziaro;ro anche le « Filmine a scopo
catechistico. Infatti l'Ufficio Catechistico Salesiano con Convenzione firmata il
17 ottobre 1939 assorbì tutta la produzione catechistica che era stata elaborata
in lunghi aeni dalla Editrice « Casa Cultura Religiosa Popolare » di Viterbo.
Dr-re anni dopo iI Cardinal Marmaggi aflidava a D. Ricaldone ed ai suoi colla.
boratori il delicato compito di una laboriosa revisione fatta parcla per parola
del Catechismo di Pio X. Era un lavoro non lieve, ma anche il primo riconosci-
mento che la S. Sede dava all'Ufficio Catechistico Salesiano quale vero organo
competente. Ecco come rispose D. Ricaldoee alf invito dell'Em.mo Card. Mar-
maggi per tale impegno:
<< Eminenza Reverendissima,
20-5-7941
L'Em.za Vosra, nell'udienza concessami il 10 maggio ebbe parole di pa-
terna benevolenza per il lavoro catechistico compiuto dai Figli di S. Giovanni
Bosco. Inoltre per un nuovo atto di particolare bontà mi affidava, in via
38 Testimonianz.a di D. Marcello Joyeusaz.
502

54 Pages 531-540

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54.1 Page 531

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del tutto confidenziale, f incarico di fare le cortezioni giudicate più necessarie
al cosiddetto Catechismo Piccolo di Pio X.
Mentre tinnovo a V. Em.za l'espressione della mia profonda gratitudine
per
una
la benevolenza e fiducia dimosratemi, oso umiliare
preghieta, ed è che si compiaccia farmi conoscere,
a
in
Y. Emza Rev.ma
quella forma che
g" iudicAheme,
opportuna,
basterebbe
il lavoro già fatto.
una copià del piccolo
Catechismo
interfoliato
con
le
correzioni scritte.
In conformità
del
desiderio
espresso da
Y.
Em.za
ci
sforzeremo
di
ri
durre il più possibile le correzioni da farsi.
NatùralÀente io mi obbligherei al più assoluto segreto e darei a tal fine
\\e
-gaBraancziioe
che V. Em.za giudicasse opportune'
la S.P., chiedo una speciale benedizione
e
con
affetto
devoto
mi
professo di V. Em.za Rev.ma umilissimo in G.C.
Sac. P. Rrcatoottp »>
Don Savarè ricorda: << Il lavoro venne eseguito su distinte colonne (Testo
tradizionale, Emandamenti, Motivi degli emandamenti, Spazio bianco per le
osservazioni dei Consultori), fu stampato al Colle Don Bosco e pfese:ltato in
omaggio al Santo Padre Pio XII, il quale si compiacque di sfogliarlo atterrta'
mente. A
proposta
uunnacevrirtogoplaunptoeresmcalagmgòio: r-chAianrcahzeaudneal
virgola!
testo »>.
Bravi!
-
Si era infatti
Ma urgeva definire bene, innaezittrtto, nell'interno della Congregazione,
il posto, la finalità dell'Ufficio Catechistico Centrale Salesiano. Nella concezione
di Don Ricaldone doveva essere il centro propulsore dell'attività catechistica
della Società Salesiana alla quale facessero capo tutti i Figli di Don Bosco per
avere direttive e aiuti.
Scriveva perciò nell'agosto del l94l: << L'Ufficio Catechistico Centrale può
suggerire :lorme e procurare il ,materiale occorrente per le conferenze, le lezioni
e le Mostre ».
Era però necessario che sorgessero in ogni Ispettoria Uffici Catechistici
Ispettoriali in dipendenza da quello Centale per favorire L'azione catechistica
di carattere locale e sveltire e agevolare Ie rcalizzazioni delle attività promosse
da quello centrale: << Penso eon sia difficile ad ogni Ispettore avere un grup-
petto di sei o più Salesiani, ben preparati, i quali abbiano sempre pronte brevi
e facili conferenze sui principali argomenti che possono essere trattati nei Con-
gressi suindicati. Inolte sarà pure facile avere altri sacerdoti disposti a farc
lezioni pratiche illustrandole con blevi iofme pedagogiche e didattiche ». L'Uf-
ficio Catechistico Ispettoriale poi, oltre ad avere a sua disposizione questo per'
sonale preparato, doveva mettere a disposizione di quanti l'avessero richiesto
« un ben scelto materiale didattico, collocato in appositi cassoni, da spedirsi
i dovunque si debbano svolgere Congressi »>.3e
3e A.C.S., n. 106, LuglioAgosto 1941.
503

54.2 Page 532

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Se la funzione dell'Ufficio Catechistico Centrale era di essere ur vero centro
propulsore e coordinatore del movimento catechistico con vari uffici catechistici
ispettoriali e in mancanza di questi con le singole case, aveva anche bisogno
di un organo informatore e formatore che 1o mettesse in coetinuo contatto con
loro e ne alimentasse il fervore.
D. Ricaldone nel 1941 pensò che a tale scopo poteva servire la Rivista
<< Catechesi »> che da anni lavorava per portare nelle scuole un insegnamento ca-
techistico sempre più valido. Essa era sorta nel 1932 sotto l'autorevole patroiato
del Card. Schuster, diretta da due Sacerdoti Lombardi: Mons. Montalbetti e
D. Perini e dal Salesiano Don Cojazzi. D. Ricaldone l'aveva sempre sostenuta e
raccomandata ai Confuatelli,€,ma ora la sentiva come parte vitale dell'Ufficio
Catechistico, con una funzione tutta particolare e ancora più apostolica. Egli la
rilanciò daldogli come ditettore un membro dell'Ufficio Catechistico: il valente
D. Girolamo Luzi, e assegnandole un nuovo programma, anzi un ffiplice pro-
gfamma:
« 1) di formazione dei catechisti, perché corrispondano sempre meglio
alla loro nobile e delicata missione;
2) di informazione aggiornata del movimento catechistico e delle varie
esperienze didattiche;
3) di preseetazione di sussidi che servono a rendere interessante ed
efficace lo svolgimento delle lezioni >>.a1
Così D. Ricaldone poneva le fondamenta di un prezioso organismo col
quale stimolare, promuovere, realizzare attività catechistiche in tutto il mondo
salesiano. L'Ufficio diventava davvero iI centro del movimento apostolico della
Società, e perciò dopo la guerra prese il nome di « Ufficio Catechistico Salesia-
no >>. Esso però no:r rimase una esclusività della Società, legato unicamente agli
Uffici Catechistici Ispettoriali ed alle singole Case, ma anche organo a servizio
della Chiesa. Infatti proprio per questa irradiazione e dftamazione negli altri
piccoli centri della Congregazione, poté snellire il suo lavoro, muoversi con
più agilità e mettersi a comptreta disposizione dei Vescovi che attraverso i confe-
rcnzieri e propagaadisti salesiani 1o venivano a conoscere ed apptezzare. Con
questa organizzazione D. Ricaldone dava modo alla 'Crociata Catechistica' di
diventare da 'salesiana' anche 'diocesana' e assurgere a movimento ecclesiale.a2
La L.D.G.
L'attività dell'Ufficio Catechistico specie all'inizio in cui il materiale, i
libri catechistici erano pochi o non esistevano affatto, richiedeva tutta una in-
teisa attività editoriale. D. Ricaldone se ne awide fin da quando si pubblicò
40 A.C.S., n. 9 e A.C.S. n. 92.
al Dal << Bollettino Salesiano », Febbraio 1919.
42 A.C.S., n. 106, Luglio-Agosto 1941.
504

54.3 Page 533

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« Il Re dei libri ». Pensò allota di affiancarc all'Ufficio un organismo che
l'avrebbe completato e rinforzato e cioè una Editrice tutta a sua completa dispo-
sizione, prevalentemente impegnata a pubblicare opere e ,materiale catechistico.
Nacque così la << Libreria della Dotrina Cristiana >>: un'audacia p^zzesca pet i
calcoli umani, date le difficoltà in cui si trovava f industria caftaria e in modo
speciale la stampa ie quel periodo di guerra, ma un atto di fede per la pietà
fidente di D. Ricaldone. E la fede soppiantò i calcoli umani.
L'8 dicembre 1941, primo Centenario della lezione di Catechismo di Don
Bosco a Bartolomeo Garelli, D. Ricaldone, come si disse, promise, con i Supe-
riori Maggiori, nella cameretta dove 5J anni prima era morto S. G. Bosco, di
fondare presso la casa natiala << Libreria della Dottrina Cristiana »>.43
Uea nuova e vera Editrice, ma non una nuova otganizzazione a stante,
ma uno strumento dell'Ufficio Catechistico.
Così, sul Colle D. Bosco, I'Istituto Bernardi Semeria rcalizzò un triplice
sogno di D. Ricaldone: una Editrice, una Scuola di Arti Grafiche che preparava
personale salesiano specializzato in tipografia, fotoincisione, litografia, legatoria,
libreria e un orfanotrofio per ragazzi che potevano anch'essi ricevere uea qua-
lifica tecnica.
Stabilita 7a Libreria della Dottrina Cristiana al Colle, D. Ricaldone volle
subito che la sua inserzione in quella Casa fosse ben chiara sia ai Superiori
e al personale dell'Istituto Bernardi Semeria che la riceveva, sia a quelli che
sarebbero diventati membri dirigenti o lavoratori. Era bene poi che la sua
posizione amministrativa fosse specificata anche nei lapporti coi Superiori Mag-
giori e l'Economato centrale, per cui il Capitolo superiore stabilì in data 8 di-
cembre 1941 alcune norme che ripottiamo in Appendice, allegato n' 78.
Già vedemmo come gli diede una specie di « Vademecum )> per la sua
nuova missione,* ma poi non lo lasciò solo e gli si fece presente in ogni sua
difficoltà.
Egli stesso ricorda tante circostatze in cui l'intervento di D. Ricaldone
fu provvidenziale per lui così nuovo nel campo amministrativo ed inesperto
di lavori editoriali:
<< Inviato improvvisamente al Colle D. Bosco come Prefetto di quella
Casa, voleva che tenessi ben distinta e separata non solo la contabilità, ma
anche la cassa per ogni singolo reparto (Casa, Laboratori, campagna, Santuario,
Libreria).
" Non è giusto, diceva, che se ci sono dei risparmi nei vari settori, vadano
indistintamente tutti a finire in cucina. Bisogna pensafe all'atffezzafi)ta, alla
biblioteca, alle migliorie di ogni reparto ".
Desiderava ed esigeva che la contabilità fosse esatta ed aggiornata. Un
giorno venne al Co'lle D. Bosco, senza alcun preavviso, verso le 13,J0. Radunò
il Direttore, il Prefetto, il Capo-Ufficio e disse "Alle 15 tengo Capitolo. Trat-
43 A.C.S., n. 108, Novembre-Dicembte 1941.
ar Vedere: appendice capitolo 27, allegato n. 45'
505

54.4 Page 534

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teremo della vostra casa. Sarà un'adunanza della massima importanza. Avrei
bisogno che entro un'ora mi consegnaste i dati, i più aggiornati e precisi pos-
sibili, sulla situazione economica di tutta la Casa e dei singoli reparti ". Non
ci fu difficile accontentarlo. Qualche giorno dopo venne apposta al Colle per
dirci che tutto era andato bene anche per merito nostro e perciò ringraziava >>.a3
Quando poi cominciarono a sorgere le difficoltà finanziaùe, D. Ricaldone
fu il mediatore illuminato che risolse le situazioni più scabrose.
« La Libreria Dotrina Cristiana cominciò la sua attività editoriale con un
mutuo di circa quattro milioni fatto dall'Economato al tasso del 5Vo. Quando
gli interessi giunsero alla forte somma di 300.000 lire, feci presente al Supe-
riore che tale onere non ci permetteva il prezzo delle pubbli cazioni al livello
da lui voluto. Anziché depennare di autorità tale debito, mi disse: " Vai dal
Sig. D. Giraudi, fagli la proposta che se ti avesse condonato gli interessi matu-
rati, gli avresti restituito tutto il capitale prelevato, entro una determinata
scadenza. Fa' la proposta, riferiscimi la risposta, e poi lascia fare a me ". Di-
fatti tutto si accomodò con comune soddisfazione ».ft
Desiderava però che i suoi figli, (assicura Don Setti), diventassero esperti,
uomini capaci a sbrigare e a risolvere le difficoltà. Allora quando i confra-
telli 1o consultavano quale unico e diretto superiore dell'incipiente Ufficio
Catechistico Salesiano e della Libreria della Dotrina Cristiana, egli prima di
dare una risposta immancabilmente rivolgeva una domanda: << Come faresti
tu? >>. Poi aggiungeva il suo parere, commentando: << Vedete, bisogna tener
sempre conto della esperienza degli altri. Sapete che cosa è I'esperienza? È
una serie di sbagli. Sapeste quanti sbagli hanno fatto queste mani! Ora è no-
sro dovere cercare di impedire che altri li ripetano »>.47
Così di volta in volta a seconda le occasioni, D. Ricaldone insegnava e
formava dei competenti. Ricorda ancora D. Setti: << Diversi confratelli addetti
all'Ufficio Catechistico avrebbero voluto sfornare pubblicazioni a getto con-
tinuo con alte tirature. Fatto presente al Superiore le difficoltà economiche,
egli mi rispose: " Non devi mai spegnere l'entusiasmo dei collaboratori. La-
sciali sempre parlare. Quando poi si tratta di venire alla realizzazione, ricordati
di non fare mai il passo più lungo della gamba. I debiti fanno sempre paura.
Hanno fatto paura anche a D. Bosco. Noi non siamo chiamati a farc tutto il
bene. L'iniziativa che economicamente non è capace di sostenersi da sé, non
va portata avarti a scapito di altre opere. Sarebbe immorale " »>.4
Ugualmente si faceva Maestro e Padre del Coadiutore Rossotti che, alla
Poliglotta di Roma, lavorava per edizioni romane di quanto il Centro Catechi-
stico pubblicava a Torino.
Si ffattava di accettare un'opera di un Monsignore che la proponeva alla
L.D.C. pet la pr-rbblicazione, e Rossotti non sapeva cosa rispondere. D. Rical-
as
6
Testimonianze
Testimonianze
di
di
D.
D.
Guido
Guido
Setti
Setti
fatte
fatte
il
i1
26-3-1910.
26-3-1970.
a7 Testimonianze di D. Setti, 26-3-1970.
a8 Testimonianze di D. Guido Setti, 26-1.1970.
506

54.5 Page 535

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done non scrisse un ordine, ma fece ragionare il confratello sul pro e il contro
della proposta guidandolo così ad ùfia rnattrrazione di criterio.
<< Quanto a Monsignore, veramente ci mettiamo in un'avventura. Se la
spesa è di L. 55 bisognerà venderlo almeno a L. 100. Facendo i\\ 30Vo noi restia-
mo con il libro a L. 70; dando il l5Vo per libro all'autore e cioè L. 10,50,
noi restiamo con L. 4,50 per libro con tutte le spese.
Si potrà metterlo a L. 150 o 130?
forse l'autore non vorrà. Preferiremmo
Diranno
che la
ccohmepèosuiznioaneesangoernazfioonsese-coseì
fitta anche se il libro aumentasse di due segnature.
Riguardo al 10 o l5Vo per l'autore si tratterà poi con D. Setti. Ad ogni
modo la Libr. Dotr. Crist. accetta e fa stampare il libro A >>.ae questa lettera
D. Ricaldone faceva seguire per il Confratello, anche lui alle prime armi e per
di più in un ambiente non salesiano e molto importante quale organo della
S. Sede, un piccolo decalogo di comportamento. Lo riportiamo in appendice
perché il decalogo inviatogli da D. Ricaldone rispondeva ai desideri che il
Superiore aveva per tutti i confratelli coadiutori, circa il modo di disimpe-
gnare i ioro incarichi. Si veda allegato n.79.
Ma D. Ricaldone, come era suo solito, aiutò la Libreria Dottrina Cristiana
anche assai <( praticamente >> e cioè sostenendo con offerte che facevano diret-
tamente a lui le molteplici spese dei nascenti laboratori, incoraggiando così
anche quei bravi figliuoli che senza adeguata prepa'razione si immettevano con
volontà ardente in nuove esperienze di stampe, di illustrazioni, di fotoincisioni,
di litografie...
Parlando di lui come organizzatote, abbiamo già visto come prese in con-
siderazione il coadiutore Fabris che tentava i primi « fumetti >> su argomenti
sacri sovvenzionandogli anche la spesa del laboratorio. E fu con questi aiuti eco-
nomici e morali che egli scoprì dei valori e diede il via ad opere meravigliose.
Nel 1945 aveva lasciato al Colle una forte somma (un milione a quei
tempi era qualche cosa) a disposizione dei confratelli addetti al Laboratorio
delle filmine perché potessero aver modo di far le prove e i viaggi necessari
per risolvere i problemi del loro settore e portare tutte quelle migliorie che
le nuove tecniche promettevano. Questa sua larghezza di vedute e special-
mente la fiducia data a quei confratelli che allora erano giovanissimi di anni
e di esperienza, diede i suoi frutti. Dopo sei anni di prove e di riprove,
nascevano le filmine a colori.
Ecco come racconta il coadiutore Enzo Spiri che ne fu il geniale com-
positore.
« Poco tempo prima che D. Ricaldone morisse (forse un mese prima), mi
rccai a Torino per fargli vedere il risultato di una prova di filmine a colori
ottenuta nel nostro laboratorio. Era una primizia, perché in Italia era uscito
solo qualche documentario a colori, e solo negli stabilimenti di Ferrania ove
ae Lettera di D. Ricaldone al Coadiutore Giovanni Battista Rossotti in data 8-11-194r.
507

54.6 Page 536

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veniva fabbricata la pellicola. Attesi in anticamera perché D. Ricaldone srava
ricevendo Don Leoncio, il Preside dell'Istituto di Pedagogia del P.A.S. Mi
fece passare dicendomi di fare un poco in fretta dovendosi fra poco recare
ad aprire il nuovo anno accademico all'Ateneo. Gli proiettai alcuni quadri di
filmina. Quando seppe che erano stati eseguiti da noi, chiamò D. Giraudi...
gli disse: " Guarda cosa possono fare i nosfti Coadiutori!...". Era commosso,
prevedeva il bene che si sarebbe potuto fare con quel mezzo nel campo cate-
chistico.
Poi chiamò il segretario, gli disse di cercare D. Leoncio e di avvertirlo
che non sarebbe andato per l'inaugutazione dell'anno accademico. Fece avvi-
sare l'autista e con me partì per il Colle a vedere ed organizzare per la nuova
atttezzatura del ]aboratorio.
Fu il suo ultimo viaggio al Colle ».$
D. Ricaldone in quel primo decennio di vita della L.D.C. seguì, si può
fdiicteililainsuqaueagttliivaitànnpiadssiogpuaemssao:esidini tdeorepsosgauvearrad;egsl'i
acquisti
favoriva
di carta così dif-
ed incrementava
le edizioni romane dei foglietti « LUX >> e dei testi catechistici; si occupava
di macchinari e della loro sistemazione; scendeva fino ai particolari della
scelta delle illustrazioni per i testi, dei disegni, dei colori, dei corpi di stampa,
delle copertine...
<< Sul Centro Catechistico, testimonia D. Alessi, aveva disegni e speranze
che solo il futuro, ce lo auguriamo, potrà vedere rcalizzati.
diceva in tanti colloqui privati e quando ne parlava la voce
-gli
Dobbiamo, mi
si infiammava
di santo entusiasmo, arrivare presto ai cortometraggi e films catechistici. Dob-
biamo puntare anche sui cartoni animati, sugli albi e fumetti a grande tiratura,
procurando di manovrare i mezzi più moderni di informazione e propaganda
se vogliamo giungere a tutti.
Aveva fatto studiare dai tecnici della FIAT un grande autotreno, attrez-
zato con cuccette e cucina, pef una mostra permanente e dotato di proiettoti,
per girare I'Italia e l'Europa in lunghi viaggi di propaganda.
Pochi sanno come aveva iniziato delle trattative per acquistare in blocco
gli stabilimenti cinematogtalici F.E.R.T. rimasti danneggiati dalla guerra, giun-
se a pensafe che al Colle D. Bosco la vasta estensione di terreno con numerose
piante ornamentali avrebbe anche potuto servire per girarvi eventuali ester-
ni di filrns.
Non aveva esitato di mandare allo sbaraglio due giovani coadiutori invian-
doli per un mese a Cinecittà perché studiassero la tecnica più progredita per
la produzione dei films. Aveva persino interessato un confratello d'America
petché visitasse 'Disneyland ' e prendesse contatti con quel magnate dell'in-
dustria cinematografica per una eventuale coproduzione. Io stesso fui incari-
cato di qualche sondaggio presso alcune Congregazioni religiose per il lancio
tr Testimonianze del Coad. Enzo Spiri, 18-1-1970.
sr Lettera di D. Ricaldone al Coad. Rossotti in data 8-10-1945 e 8-11-1945
508

54.7 Page 537

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collettivo di grandi films educativi di cui già stava curando--alcuni soggetti'
Il maggior conffasto, per cui le trattative finirono nel nulla, fu che, men-
tre altri ,ol.uuro creare dei film in economia, con soggettisti e artisti nostri,
lui mirava alla conquista dei grandi mercati'
wood- ,
Dobbiamo mettere a iervizio della Verità i
pagandoli meglio degli altri produttori, se
migliori
vogliamo
ciare films che si i-io.rgunJ e raggiungano la grande massa
attori di Holly-
d-veel rpaumbebnlitceo
lan-
>>.s2
Ma anche puntando verso grandi mete, D. Ricaldone fimaneva attento
al minimo quotiàiano... Nulla gli sfuggiva e neppure le"' osservazioni, quando
erano necessarie!
alla
D. Setti ricorda
vigilia del suo
1'<< aut-aut »
onomastico,
per i << calzoncini ridotti a nulla »>. << IJn anno,
sicuro di fargli cosa gradita, gli recapitai la
p- rima,,
copia del volume " Oratotio festivo "
Bàvi, è proprio un bel regalo. Me 1o
di D. Murari'
leggerò questa
notte
"
ci
disse'
Al
mattino mi manda a chiamare:
-,,socnoomfeotomgarai fviei
siete permessi di mettere quelle illusrazioni?
dal vero, fatte a gruppi di nosffi rugazzi dell'oratorio
di
Va;,ldeorcrc.oll!.
" gli sPiego.
gÀb.'rà.,
quei calzoncini ridotti a nulla!... Anche se dal vero,
,ro., poiiu,,o,"no., dobbiamo esibi4i in pubblico. O togliete
vi ho segnato o mandate tutto al macero. Così imparate ad
le immagini che
essere più guat-
dinghi ". Per fortuna, si poté rimediare! >>.s3
Ma se D. Ricaldone ìra così deciso e voleva che la << commissione cate-
chista >> tenesse conto del1e sue ossefvazioni, egli stesso, considerandosi suo
membro, era il primo a sottostafe alle critiche che questa faceva ai suoi lavoti'
D]p.zsarauio.osbCnnAsìaoil.apetlolsIe-aosmrnai asnqi.muuà"egee"LgluleUeaplr.bXei.vmbrroni"eliu:t7naatreooicaàdgcvdecnereleciizclblihaloaibtbineecredzeo.zvemtaoUtfoimlnduniitivostoiseavidnoswi.pinevireAsiao,anfsogrcdulnioheuodeldialpeirucrpeialmv.et.tie.romarRiedie,aasmciquncuuuootntaiiintlanaoltaadzlca:oviooto«monsriDmii "vDeiirsiSidsg.fieoeIoRnvrDiietocliIaCmcaeldolEaloorpnnrroeo"ae-,-i
scritto ridotto in quello stato, allibì:
prio
-cheGilR, deitstsoer
con quel
Maggìor.
pe.rra in mano... voi giòvani,
sorriso tra lo scherzoso e
sta diventando vecchio e
invece, sapete tutto, avete
l'ironico, si vede pro-
non sa più tenere la
studiato i libri grossi"'
tere
tSuittaeccleorcseor.rhez.io"nài
rimasto molto
e concluse:
Àortificato.
Sorrise,
accettò
senza
discu-
sottom- essHoaai
fatto bene! Sono contento! Anche
quello che avete deciso; la legge è
il Rettor Maggiore
uguale per tutti'
deve
stare
Altra volia ebbe la delicatezza di rispondermi per scritto, portandomi le
s2 Antonio M. Alessi, IJn prete aagabondo a seruizio della catecbesi, Cittadella (Pa-
dova), 1970, p. 7$'144.
s3 Testimonianza di D. Guido Setti, 26'3'1970.
509

54.8 Page 538

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ragioni per cui aveva creduto opportuno scrivere in quel dato modo. Conservo
ancora quel documento che attesta una umiltà insospettabile in un uomo della
sua grandezza, del suo equilibrio, della sua cultura »>.s
Anche << Il mio catechismo )>, nuovo testo per l'insegnamento catechistico
ai rugazzi delle scuole elementari, fiorì da un umile rerocedere di D. Rical-
done dai suoi progetti.
dgdoeranl fepicTaoielr,espriteleimrmc'oRheneesiasioldaetpneicesolrtirboalordi.Dsi't.uceadAtilecoeci_sòhesisli:loma<o<tseNtdnaoomenvvpeaaevraadan.iscrqorta.urrateo.ts,otfoaaacnniclquehuoesveuosllaooipt.tpprotraoerlc,e.ueE.Japer.uDnttte.osmeRmteiicnipoatreel--
laborato e affidato alla S.E.I.
vog,lia- moMgaiuèngueorpepao
costoso, mi permettevo dirgli con filiare confidenza. se
tutri dobbiamo farne uno più agevole, più semplice,
soprattutto più economico.
i
Si arrese e volle partecipare personalmente a molte sedute per discutere
criteri
In
che ci avrebbero
questo clima di
guidato nella compilazione
collaborazione fraterna, di
del nuovo tesìo
zelo apostolico
>>.55
veramente
ardente e tenace, di appassionata ricerca, visse il suo primo decennio Ia L.D.c.,
vero sostegno, complemento dell'Ufficio Catechistico.
_ Forse per il primo decennio Don Ricaldone sperava di portare la L.D.c.
a Roma, infatti nel 1950 confidò a Don Muzio: u Ah! r. potessi trovarmi una
degna sede romana per la Libreria della Dottrina Cristiana »>.s Ma per allora
non poté rcalizzare che una più
di via MarsaTa. La degna sede
stretta collaborazione
romana in via della
con la Libreria
conciliazione la
Salesiana
videro i
suoi successori.
D. Ricaldone fu l'anima della Libreria della Dottrina cristiana e poté
esserlo efficacemente perché non era im,preparato all,arduo compito.
I1
seguito
suo vivo interessamento per la
con lo stesso amore con cui
Società Editrice
un figlio segue
intetnazioiale che aveva
una istituzione paterna,
1'aveva preparato provvidenzialmente a questa nrova intrapresa.
dteisfsfiecLiilai Sisna.lEecs.uiLainssioiarpltaernipcsoaòmroceodneavmeiannnitearonzmitoenisefsoirdomenalil'rapenetruiiccnaoaloLSsibeo,rceile,ratiàaveAsvanaloesnseiimamnaparecinhrerotev-meatpìo-i
pronto a sostenerla ed aiutarla.
Nello stesso capitolo Generale xVI egli ne aveva parlato come valido
aiuto all'apostolato salesiano, non solo nel campo scolastico ed educativo per
la bontà dei suoi testi, ma anche come editrice àe1 Bollettino Salesiano. L,ave-
va additata a questo scopo agli Ispettori
tiratura in lingua nazionale del Bollettino
esteri che
Salesiano.t
avevano
in
progetto
una
s Testimonianza di Don Alessi.
-L,r-rt.ad,ssettil,l,AaTAe.)C(slPot.iSoamd'.lo,roonvniaa.A)n,llz4r1as)9s,7dr0Si,,ebIptJton.emn2-9pb.Grreeiut-eOsteatopabpgreacbMoLno9dz4oi7o.a, C2sa5epruiat6igzloioostdGoee1lnl9ae7r1ca.aleteXcbVesI,i,
pro manuscripto
p. g0.
510

54.9 Page 539

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I taccuini personali di Don Ricaldone mostrano i suoi fipetuti intef-
venti alla S.E.I. ora per l'inaugurazione e la benedizione dei nuovi impianti e
macchinari,$ ora per riunioni di carattere organizzativo e consultivo.se
La L.D.C. era solta perché il Centro Catechistico e la Congregazione potes-
sero disporre di una Editrice << esclusivamente consacrata alla diffusione del
CatechisÀo ».d Così la L.D.C. si affiancò fraternamente alla S.E.I' mantenendo
iI suo programma. Don Ricaldone così l'aveva voluta e così la poté presentafe
a Pio
1g51,
xu, dopo un
quando offrì
decennio
al santo
di vita, nel 1951. Nell'udienza
Padre la << Vetrina catechistica
del 26 giugno
» per la Par-
rocchia intitolata al suo nome, S. Eugenio, in Roma, Don Ricaldone racco-
glieva i frutti di una fedeltà assoluta al programma tracciatole nel 19'1t.
Che cosa esponeva la << Verina »?
Il Santo Padre poté trovarci gli esemplari di tutta la produzione cate-
chistica elaborata fino allora dall'Ufficio Catechistico Salesiano Cenffale e rea-
lizzati dalla L.D.C. Era una vasta produzione tendeva a raggiungere tutti gli
strati sociali: << dal bambino all'adulto, al vecchio; dal contadino all'operaio,
al borghese, alla persona colta »>.6r
Eiano state perciò pubblicate opere per la formazione degli insegnanti di
religione e dei mìestri ài catechismo per un totale di 10.000 esemplari, fra
cui primeggiava 1l testo di Don Ricaldone: « Oratorio festivo - Catechismo e
ForÀariorr. religiosa
scuola di religione:
collane: ., Veiitas »
»; così pure guide per la preparazione
in questo settore colpirono l'attenzione di
di otto volumi; « Fides » di quattordici;
immediata alla
Pio XII le tre
« Fulgens » di
quatfio. Clerano pufe opefe per agevolare ai sacerdoti una predicazione a conte-
nuto catechistico: erano i << Quaderni di Predicazione >> fatti per categoria.
Seguivano poi i testi di catechismo didatticamente e tecnicamente curati:
per la preparuzione ai sacramenti; per le scuole elementafi, medie e superiori;
per il popolo, le famiglie, gli adulti di media cultura, ecc.
Successo immenso ebbero i vari sussidi intuitivo-visivi, che attrassero I'oc-
chio attento di Pio XII, per genialità di inventiva, gusto artistico, vivezza di
colori, bellezza di forma.
Con la macchina « Docens »> figuravano nella << Vetrina >> anche le filmine
Don Bosco: alcune centinaia di esemplari.
Don Alessi che ebbe il piacere di presentare e spiegare al Santo Padre
i diversi lavori ricorda:
<< I1 Santo Padre si fermò lungamente ad esaminare le singole produzioni,
s8
se
)t-10-l%5, 76-12-19)9,
1. dicembre 1937;2
22-7 -1949.
maggio 1939;
B
giugno 1939;24 matzo 1942; D
aprile
1942. 6 Da « I1 Centro Catechistico Salesiano >>, Presentazione ai Membri del XIX Capitolo
Generale 1atta dal Direttore Prof. Don Angelo Ferari, Torino Leumann, Maggio 1965,
p. 2l e 22.
fuglio 1952, p. 77.
5rr

54.10 Page 540

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compiacendosi vivamente della vastità e varietà dei sussidi didattici, destinati
ad agevolare grandemente un insegnamento che è il più difficile e il più im-
portante di tutti... I1 Papa li prendeva in mano, Ii guardava, e sfogliava i
testi con visibile interesse ed ammirazione >>.62
Il centro catechistico aveva pure studiato un compless o di mezzi orga-
nizzativi a favore delle Pamocchie e delle Diocesi secondo le disposizioni del
Decreto << Provido Sane »> che andava dalla raccolta di direttive pontificie e
legislative a disposizioni per l'organizzazione della Congregazione della Dot-
trina Ctistiana, da moduli per le relazioni e ispezioni diocesane e parrocchiali
a buste per organizzate 7a Festa della Dotffina Cristiana. La L.D.C. aveva
rcalizzato pure tutto un accurato sussidio organizzativo per le Scuole di Cate-
chismo sia delle Parrocchie che degli Oratori: registri, schede di iscrizione, tes-
serine di presenza, libretti di preghiera, moduli per interessare i genitori sui
progressi catechistici dei figli, pagelline per i voti, premi, diplomi, medaglie
per gli esami finali, cartelloni per concorsi di gruppo al fine di stimolare la
presenza e lo studio; persino i << punti premio >> o << denaro oratoriano >> con
cui provocare la presenza assidua e premiare il profitto individuale. A com-
plemento c'erano pubblicazioni di carattere ricreativo e apostolico come << le
Compagnie », << Giochiamo )>, << Vita Oratoriana >>.
Il santo Padre avvertì pure I'angolino modesto, ma pur così vitale, pro-
pagandistico della « Vetrina », e cioè quello che presentava il materiale neces-
sario per tener vivo il movimento catechistico e influire sull'opinione pub-
blica: erano volantini, striscioni, manifesti, cataloghi, pubblicaziàni pubblici-
tarie, fino a raggiungere il vertice con le riviste.
In quei dieci anni di intenso lavoro la L.D.c. olte ad aver un nuovo in-
cremento in « Catechesi » dandole doppia vita in un'edizione per le scuole
medie e superiori, e un'alfa per la scuola elementare e parrocchiale, n: aveva
create due nuove, volute, incoraggiate, sostenute, difese da Don Ricaldone:
<< Teatro dei giovani )> con una prima edizione maschile e una seconda femmi-
nile, a cui faceva capo tutto il movimento dello spettacolo educativo, e << voci
bianche ,> per la diffusione di una musica sacra e ricreativa rispondente a1le esi-
genze educative e pratiche degli ambienti parrocchiali, oratoriani e scolastici.
uno
Don Alessi ricorda che a
i primi « propagandisti »,
questo punto
precisando le
Don Ricaldone presentò ad uno
diverse attività di cui eravamo
ad
in-
caricati nel complesso quadro del programma catechistico. << venuto a me, po-
sandomi lungamente le mani sul capo,
per diffondere ovunque quesra santa
cmroicdiaistsaed: a-lla
Bravo! Continui a viaggi'ate
quale dipende la vita della
Chiesa e 7a salvezza delle anime!
Volle quindi informarsi sull'attività svolta fino allora e rimase vivamente
soddisfatto del risveglio catechistico in varie regioni, esortando paternamente
Cittad6e2l,lAaN(TP.aodrvoIova$),ry19ll7t0,
[Jn_prete
p. 138.
oagabondo a
serttizio della
catechesi,
Pro manuscripto,
512

55 Pages 541-550

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55.1 Page 541

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easmseonPzltiiiapoleliXceaIrIuersggieliinnttseefroeprszesiròplaeprodeiifsfduteosnvideoenvreeendsiseesml eRpereesgenpgoiuùditloiarDtgaainomtoe-nmte;a,.6t3-eriaulen
lavoro così
così accura-
tamente studiato e preparato. Saputo che il Centro Catechistico aveva la sua
Edimice nell'Istituto Salesiano di Arti Grafiche al Colle Don Bosco, chiese
quanto petsonale fosse addetto a così vasto e complesso lavoro: << Quanti sono
i Salesiani che attendono a quest'opera tanto importante? »>
zione.- Venticinque, Santità, - lispssg Don Ricaldone con manifesta soddisfa-
Ammirato, sorpreso, Pio XII constatò: « Sono roppo pochi... troppo po-
chi... »>.s
I1 piccolo granello di senapa era diventato albero frondoso, ma l'opera era
troppo importante per non desiderare che si aggiungessero a quei primi alri
apostoli.
Forse 1o stesso Don Ricaldone in quel tramonto della sua laboriosa gior-
nata, guardando al molto fatto si domandò come aveva potuto osare tanto e come
era riuscito ad attuare una così vasta azione catechistica!... Forse gli passò da-
vaflti 7a dolce visione delle umili origini e 1o sviluppo progressivo di quella
complessa rcalizzazione. (Riportiamo in Appendice dagli A.C.S. n. 115, genn.-
febbr. 1943 l'annuncio ufficiale dalla prodigiosa collana « LUX >>: allegato n. 80
e dalla Cronaca della Casa di Montalenghe, 13 aprile 194), quella che si può
chiamare la sua « Magna Charta )> programmatica: allegato n. 81, tutto questo,
perché ci aiuta a penetrare la sua poliedrica figura provvidenziale con l'impo-
nente visuale del grandioso disegno, tanto che vien fatto di dire: « Digitus Dei
est hic»>).
Forse ricordava pure le prime 10.000 L. consegnate a D. Alessi per affron-
tare le spese di stampa degli opuscoletti che poterono essere messi al modestis-
simo prezzo di una lira l'uno... Ricordava il fallimento subito, quando tentò
di rivolgersi a valenti penne del mondo culturale cattolico per la stesura di
qualche libretto « LUX >>. Non riuscivano a scrivere in manieta facile e attraente!
Allora aveva dovuto nuovamente ripiegare sui suoi attivisti, più popolari e
accetti... Ricordava le due commissioni destinate alla revisione degli scritti per
questa Collana per il popolo... Quante discussioni con la prima che aveva il
compito di esaminare i copioni in amivo e presentare per ognuno un giudizio
scritto I
Spesso non bastavano i ritocchi; c'era il rifiuto, tanto era esigente! Ma
anche la seconda non era sempre facile ad una subita approvazione! Ritoccava,
emendava.6s Queste adunanze gli avevano occupato ore, ote ed ore...
63 Cfr. p. 138-139; ANroNro Amssr, Un prete oagabondo della catecbesi, Pro manu-
scripto«,
Cittadella (Padova), 1970.
Cfr. p. 2), Il contributo
della
Congregazione
Salesiana
alla Crociata Catecbistica,
L.D.C., luglio 1952.
6s Cfr. ANroNro M. Arpssr, Un prete oagabondo a seruizio della catechesi, Promanu-
scripto, Citradella (Padova), 1970, pp. 18-20.
5t)

55.2 Page 542

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Per poter attendere a tutto questo lavoro assai impegnativo era passato di porta
in porta presso tutti gli studentati, cercando personale competente... Aveva
bussato specialmente al Centro della cultura della Congregazione, all'Ateneo,
spiegando, illuminando, infervorando con parola calma e suadente, progettando
umilmente possibili programmi che non volevano ostacolare orari e iniziative
scolastiche, ma che volevano solo emulare gli ardori di Don Bosco... e aveva
atteso in preghiera...
<< Si vorrebbe... dare vita ad una bella collezione di volumi manuali, agili,
ben curati, di facile &vulgazione, destinati a diffondere ta le persone di ordi
naria cultura, tutti quei punti delle discipline ecclesiastiche, filosofiche, stori
che, sociali che possono servire a difendere e a diffondere le verità della nostra
Fede »>. Aveva anche insegnato ad agevolare il lavoro, inserendo quello dello
scrivere con quello dell'insegnamento: << ... A questo proposito vomei insistere
perché ogni Professote andasse man mano fissando quei punti delle proprie mate-
rie che meglio si prestino ad essete poi svolti in speciali volumi con gli intendi-
menti già indicati... »> e che tutti « spiegando i trattati delle discipline loro asse-
gnate, prendano sempre in particolare considerazione quei punti che per le loro
applicazioni pratiche, possano interessare all'intera massa dei fedeli o una
determinata categoria... »>.6
Così erano sorte le Collane « Fides >>, << Veritas »>, << Fulgens »>. D. Ricaldone
in quella visione retrospettiva forse rivedeva il viso intimorito di Fabris, il
buon Coadiutore del Colle che gli mostrava con trepidazione i suoi tentativi di
« fumetti >> di argomento sacro e ultimamente il Signor Spiri con quella primizie
di filmine a colori... Così, sempre così: il minuscolo seme di senapa del Vangelo
ripeteva la sua crescita meravigliosa in arbusto alto e verdeggiante anche nella
storia del Centro Catechistico Salesiano e della sua editrice.
La fede aveva spostato montagne, trapiafltato alberi e quella preghiera,
quella continua preghiera aveva fecondato tutti i piccoli semi. Ora lo stesso
Vicario di Cristo, lo ingtaziava per aver creduto e sperato per la rcalizzazione
di tanto bene. Così faceva scrivere all'allora Sostituto della Segreteria di Stato
Mons. Montini, ora Papa Paolo VI, dopo la memorabile udienza: << ... Rallegran-
domi di cuore per il Centro Catechistico Salesiano per una così ben ispirata
iniziativa, Sua Santità fa voti che f iniziativa stessa abbia negli ambienti sco-
lastici e di studio religioso tutto il favore di cui è degna... >>.67
Ora era una realtà di gioial Ma I'uomo di azione non si lasciò sopraffare
dai ricordi e continuò nell'azione. I1 Papa aveva ragione, aveva detto bene:
« Sono troppo pochi... troppo pochi... >>.
66 A.C.S. n. 12) Maggto-Giugno 1944.
67 Leffera soitta da Mons. Montini in data 20 luglio l95l a D. Alessi, il Salesiano che
tanto aveva lavorato per portare in Vaticano la « vetrina catechistica »> e aveva presentato
a S. Santità i vari articoli didattici, i sussidi, g1i opuscoli, i testi ecc.
Cfr. ANroNro M. Arpssr, op. cit., pp. lJ5-L40.
51.4

55.3 Page 543

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. L'orientamento catechistico: differenza specifica del nostro Ateneo " ut
La rcalizzazione del lavoro compiuto e presentato al Papa, appariva come
opera di un forte gruppo di elementi qualificati e bene organizzati, mentre in
realtà era stato il frutto di un lavoro tenace e generoso compiuto da pochi
Confratelli sostenuti da Don Ricaldone che aveva creduto a Don Bosco e aveva
trasmesso il suo credo ad un pugno di volenterosi.
Il più grande e vivo sogno di D. Bosco era stato f insegnamento religioso.
Questa e non altra era l'unica eredità vitale lasciata ai suoi figli. Ora, l'asso-
luta cefiezza che D. Bosco aveva ancora qualche cosa da dire alla Congrega-
zione e al mondo intero e precisamente che la salvezza veniva dal Catechismo,
sostenne e animò quel piccolo gruppo di Confratelli.
Ma perché 7a fiaccol,a non si spegnesse, bisognava che altre mani tese nella
stessa speranza, fossero pronte a prenderla, ed alimentarla. Già 1o stesso D. Ri-
caldone quando non solo più i Direttori e gli Ispettori lo avevano richiesto di
Confratelli preparati, ma gli stessi Vescovi e Parroci per i loto Convegni e Con-
gressi, avevano sentito come scarseggiassero quelli che egli bonariamente chia-
mava i<( galoppini e propagandisti del Catechismo >>. In un decennio di vita
del Centro essi avevano sostenuto il peso e la fatica di ben 102 Convegni Cate-
chistici, 46 Mostre, 808 Giornate, 69 Settimane Catechistiche. Egli li vedeva
sempre pronti, audaci, ma anche stanchi e spesso malati. Non erano mancate
delle gravi perdite: D. Bottini deceduto moppo presto nel 1944 e D. Luzi
nel 1946.
In molte diocesi questi propagandisti si erano trattenuti per mesi, orga-
nizzando congressi parrocchiali, vicariali, zonali, con centinaia di conferenze
di aggiorna,mento didattico-pedagogico tenute in tutte le regioni d'Italia; confe-
renze di categoria in fabbriche, università, carceri, nonché numerose missioni
al popolo e dibattiti pubblici. I pratici << ordini del giorno »> formulati nelle
Settimane e Congressi organizzati dal Centro Catechistico Salesiano erano di-
ventati sovente tassative disposizioni di Sinofi Diocesani... Giornate Catechi
stiche erano state tenute in tutti i Seminari maggiori e nei Pontifici Seminari
regionali.6e
Gli attivisti del Cenuo Catechistico Salesiano avevano la loro efficacia
anche perché erano persone che si preparavano. Don Ricaldone, nemico della
imptovvisazione e dell'approssimativismo, sognando di avere al Centro una
« équipe >> specializzata di missionari del Catechismo che percorressero l'Italia
per debellare l'ignotanza religiosa, aveva ffacciato come un programma per
rendere le missioni catechistiche più efficaci e aderenti alle necessità delle
diverse popolazioni.
Il suo principio era questo: << Spiegate le verità fondamentali della fede
68 A.C.S., n 12) MasgioGiugno 1944.
@ Da: Contributo della Congregazione Salesiana alla Crociata Catechistica, L.D.C.,
Luglio 1952 p. 15. Cfr. anche ANroNro M. Arlssr, ,op. cit., pp. l3l-134.
515

55.4 Page 544

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in maniera facile e semplice, confutando con chiarczza e sodezza di argomenti
7e affermazioni di coloro che non la praticano o la combattono >>.70 Questo me-
todo veniva applicato nelle più disparate condizioni di ambienti e dava ovunque
frutti abbondanti. Riportiamo in Appendice quanto Don Alessi scrive sullo
svolgimento della missione, come l'aveva programmato Don Ricaldone: allegato
n. 82.
Nell'Anno Santo 1950, la S. Congregazione del Concilio avendo cono-
sciuto la capacità del Centro Catechistico Salesiano, aveva affidato ai Salesiani
tutta l'organizzazione e segreteria del Congresso Internazionale indetto per il
10-14 ottobre con tutto il pensiero della Mosra che doveva essere allestita al
Palazzo della Cancelleria. Fu un lavoro di grande responsabilità che meritò elogi
incondizionati a Don Ricaldone e all'Ufficio Catechistico Salesiano.
Come mai anche il Vicariato di Roma si appellava all'Ufficio Catechistico
Salesiano? Era stato chiamato a dirigere f incipiente Ufficio Catechistico del
Vicatiato uno zelante Salesiano: Don Muzio. Egli, coms parroco di S. Maria
Ausiliarice in Roma e come insegnante di Religione era in relazione non solo
con il Vicariato, ma anche con la Congregazione degli Studi che aveva inco-
minciato I'organizzazione delle Scuole cattoliche nella F.I.D.A.E. e così pure
con la Congregazione del Concilio impegnata a Frogrammare l'insegnamento
religioso nelle parrocchie e nelle scuole, insistendo sulla necessità di costituire
in ogni Diocesi un Ufficio Catechistico in piena efficienza. A Roma c'eta appena
un incaricato molto zelante che però non poteva rispondere alle nuove esigenze,
Ed ecco che Monsignor Traglia, Vicegerente, a nome del Cardinal Vicario,
chiamò Don Muzio e gli propose non solo di aiutare f incaricato diocesano del
Catechismo, ma di costituire un Ufficio Catechistico in piena regola. Pensando
allo zelo catechistico di Don Ricaldone, il buon Confratello poté rispondere
che la Congregazione Salesiana avrebbe certamente approvata la sua nomina
a direttore dell'Ufficio Catechistico di Roma, ma che per il corrente anno sco-
lastico, avendo alme responsabilità all'Istituto S. Callisto, non avrebbe potuto
subito lavorarc ad orario pieno.
Naturalmente Don Muzio subito informò i Superiori pregandoli, se aves-
sero accettato, di esonerarlo dagli altri impegni e a permettergli di sistemarsi
alla Procura, vicino al Vicariato. Don Ricaldone, felice per tanto onore e
specialmente perché vedeva che il movimento catechistico si faceva strada anche
a Roma e venivano chiamati i suoi figli migliori, non potendo di suo pugno
subito scrivere a Don Muzio gli fece rispondere da Don Giraudi, Economo
generale: << Ma cetto, devi accettare; a S. Callisto manderemo un altro! » Don
Muzio confida: << Comiciarono così i miei anni di direzione catechistica (1948-
1956) secondo le particolari necessità del Vicariato, ma con 1o spirito e I'entu-
siasmo suscitato dalle iniziative catechistiche del nostro Rettor Maggiore ».
Sistemato l'Ufficio e ordinate le pratiche più urgenti per la distribuzione
degli incarichi di Religione nelle Scuole pubbliche, assecondato dai Superiori
70 ANroNro M. Arrssr, Op. cit., p. 73
5t6

55.5 Page 545

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ecclesiastici, Don Muzio pensò subito a provvedere perché I'anno 1949 fosse
per la Diocesi di Roma un anno di risveglio catechistico ben deciso e ben attrez-
zato per promuovere e dirigere un più organico ed efficiente insegnamento reli
gioso. Tra Ie programmazioni annunciò che in settembre ci satebbe stata una
« Settimana Catechistica Diocesana >> e che in tempo opportuno due propagan-
disti sarebbero passati nelle varie Prefetture parrocchiali per adunanze di pre-
parazione.
Intanto chiese a Don Ricaldone che gli mettesse a disposizione per un mese
due propagandisti del Centro Catechistico Salesiano. Si può ben pensare con
quale premura e con quale gioia Don Ricaldone accolse la domanda! Andarono
a Roma in marzo e aprile Don Alessi e Don Suraci e otganizzarono conferenze
di Clero e di Catechisti nelle varie zone o prefetture di cinque o sei parocchie
ciascuna. Tutto procedette bene: contenti i propagandisti, contenti i parroci e
i fedeli, e specialmente il Vicariato e la F.LD.A.E., cosicché Don Muzio ebbe
presto il conforto di annunciare a Don Ricaldone che la Congregazione del
Concilio avrebbe indetto per il 1950 un Congresso Catechistico Internazionale
e che il Centro Catechistico Salesiano sarebbe stato invitato a collaborarc per la
sua otganizzazione e a p,reparare una esposizione catechistica.
Don Ricaldone ricevette poi immediatamente anche I'invito u{ficiale e ne
fu felice.
In realtà 7a collaboruzione del Centro Salesiano fu molto apptezzata dal
Vicariato e dalla Congregazione del Concilio che ne ebbe un validissimo contri-
buto per il primo Congresso Catechistico Internazionale. I Salesiani si fecero
veramente onore e si giovarono di questa possibilità apostolica pet condurre
avanti il loro programma apostolico catechistico. Don Salvesrini, che collaborò
con la Segreteria anche alle stesure degli Atti del Congresso, ci mise denro,
tra le comunicazioni scritte, la bella trattazione di Don Ricaldone sugli Oratori.
La gioia per lo sviluppo della iniziativa catechistica e per iI prezioso servizio
reso alla Chiesa dai suoi figli, confortò grandemente Don Ricaldone. Il Centro
Catechistico di Torino con la sua Libreria della Dottrina Cattolica, poi il P.A.S'
con il suo Istituto di Catechetica, furono sempre pirì apprezzati dal Vicariato di
Roma, dalla Congregazione del Concilio e dell'Azione Cattolica. I Salesiani
infatti furono chiamati a collaborare con l'Ufficio Catechistico del Concilio e con
quello dell'Azione Cattolica (CENAC) divenuto poi Ufficio Catechistico Na-
zionale.Tr
Ma l'esperienza romana mostò una volta di più al Rettor Maggiore l'ur-
genza di specializzare i suoi figli in questo settore e di moltiplicarli.
Egli, fin dal primo tempo del suo rettorato, aveva sempre promosso la
formazione catechistica, oltre che I'istruzione religiosa adeguata, di tutto il
personale salesiano in formazione.
I ttattati riguardanti i vari tipi di case di forme,zione, i Regolamenti con
?1 Testimonianze di Don Giuseppe Muzio, Roma 25 agosto l97l
5t7

55.6 Page 546

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programmi e orari di studio, insistono tutti sull'istruzione dottrinale, liturgica,
scritturistica a vari livelli per le diverse categorie di confratelli e sottolineano
anche la necessità di corsi di catechetica per qualificarli come catechisti. Egli
non vi aveva escluso nessuno: << Tutti dovevano essere catechisti », dai coadiu-
tori meno prcparati culturalmente fino ai professori. Ma dovevano essere pre-
parati perché sapeva quanto fosse difficile l'arte di comunicare ai piccoli e ai
grandi, agli ignoranti ed ai colti la verità della fede: era molto più facile studiarle
pet istruzione altrui, proprio perché l'insegnamento della religione non era
addottrinare l'intelligenza, ma muovere tutta 7a vita di un uomo, toccare tutto
il suo essere: mente, cuore e volontà e disporlo a rice.rere la scintilla della
fede.
La sua opera: <( Oratorio festivo, Catechismo, Formazione religiosa >> trattò
ampiamente il problema dei catechisti, la necessità, l'urgenza, 7a preparazione
spirituale; specialmente dove prendere i catechisti, quale programmazione dare
a queste scuole...?2 Aveva tanto insistito di rendere catechisti i giovani: studenti,
oratoriani, ex allievi. Anch'essi convenientemente preparati potevano, come ai
tempi di D. Bosco, essere validi collaboratori dell'insegnamento della religione.
Ma Ia Crociata Catechistica che aveva moltiplicate le attività e gli impegni
dell'ufficio o Centro Catechistico aveva mostrato a D. Ricaldone l'esigenza fon-
damentale e perciò stesso vitale, di avere non solo catechisti, ma maestri qua-
lificati di catechisti. Come gli studenti di teologia avevano i Ioro docenti, così i
catechisti dovevano avere i loro, allo scopo di avere anche al Cento co,rfratelli
che con l'ardore apostolico unissero una preparazione qualificata.
La catechesi infatti richiedeva dei Teologi, degli Esegeti in Sacra Scrittura,
dei Pedagogisti, dei Liturgisti, dei Catecheti. Ci voleva dunque un Istituto
Superiore Salesiano di Catechetica che preparasse questi maestri di catechesi,
come c'erano le Scuole Salesiane superiori di Arti e Mestieri che ne preparavano
i Maestri.
Non sarebbe stato creare un doppione al Centro Catechistico. Il Centro
sarebbe rimasto sul piano pratico della ricerca, della divulgazione, della orga-
nizzazione, mentre l'Istituto di Catechetica si sarebbe impegnato nell'indagine
scientifica per la formazione del personale più qualificato a serizizio del Centro
per dare alle sue rcalizzazioni catechistiche un contenuto sicuro di dottrina,
di pastorale, di pedagogia salesiana.
D. Ricaldone guardò al novello Ateneo; la sua programmazione, i suoi
Statuti erano stati compilati con questa finalità. Perciò non era cosa nuova
asserire che I'eredità di D. Bosco ai suoi figli era stata il catechismo, l'isruzione
religiosa ai giovani e al popolo e di conseguenza che essa richiedeva una loro
preparazione rivolta principalmente a questo scopo. Era una realtà di sempre.
Ma fino a che punto si era tenuta presente?
Quando la Crociata Catechistica richiese operai ed operai, Don Ricaldone
72 A.C.S., n. 96, Novembre-Dicembre 1939, specialmente pp. 59-62,64,67,75,80,
217. 219, ecc.
5i8

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si trovò con << pochi »> capaci. I Volontari forse erano molti, ma i preparati erano
risultati pochi. « Troppo pochi » aveva detto il Papal
In che modo si era allora capito D. Bosco? Fino a che punto si era creduto
al suo credo?
Quanti efano convinti che la Società Salesiana era un << Catechismo »>? Le
case di formazione, gli Studentati, annualmente sfornavano catechisti compe-
tenti o solo bravi religiosi e sacerdoti?
Si poteva ancora essere Salesiani se al Religioso, al Sacerdote, al perito tec-
nico o ai professore non era unita la qualifica, pure a diversi livelli, di catechista?
D. Ricaldone non fu I'uomo della novità, ma della profondità. Se si scava,
se si va all'essenza delle cose, si trova la verità. La verità non è mai nuova, ma
è anche sempre novità di vita se accettata e portata in quella stessa circostanza
concreta che l'ha voluta studiare e conoscere.
D. Ricaldone fu l'uomo che seppe scavare e trovare la verità, e, 6ovatala,
egli era solito mostrarla ai figli rifacendo con essi la strada della ricerca che
egli per primo aveva percorso; così li metteva in diretto contatto, a tu pef tu
.on èrro e ne faceva dei convinti. Egli infatti era sicuro che solo con uomini con-
vinti le opere non sarebbero rimaste strutturazioni vuote di contenuto , appan-
naggi di una finalità che non conseguivano. E D. Ricaldone puntò il dito sul-
l'A1"eneo: bisognava partire dalla cima che dominava la valle perché quelli che
erano chiam ati a guardare dall'alto vedessero la verità con l'occhio e col cuore
di D. Bosco.
Quell'Ateneo che iI Papa, e perciò la Chiesa aveva <( riconosciuto >> nella
verità e nella realtà dei suoi intenti, fino a che punto era consapevole delle
sue finalità? Fino a che punto li attuava e li rcalizzava?
La Lettera-Circolare del giugno 1944 rivolta ai professori dell'Ateneo in
particolare, e a tutti gli insegnanti in generale, fu uno scavafe profondo e severo
nella coscienza della intera Congregazione per un rilancio dell'azione apostolica
salesiana come genuino movimento catechistico.
Così scrisse D. Ricaldone ai docenti dell'Ateneo:
« V'invito anzitutto a voler misurare tutta la portata dell'articolo 2' degli
Statuti (P.A.S.). Esso dopo aver ricordato che fine precipuo della Società Sale-
siana, oltre la cristiana perfezione dei membri, è I'esercizio di ogni opera di
carità spirituale e temporale verso i giovani, specialmente i più poveri, e che
tra dette opere eccelle 7a formazione catechistica e morale della gioventù, ag-
giunge, come logica conseguenza di questa premessa che: << fine dell'Ateneo è
qqduuoeettllrlleoinaadliterfeoprcmihùaeraesgogpniooranalttaaesmsaeettnrptegizùz-aintutirmsalaì'sm|cqeieunnatetnifticcooandn-ireesscneoe, nlsleemcsoaangcdgtoieoirdippsrrcoinipfoclininpdeiitdeàeldilnai
dottrina cattolica, specialmente quei chierici salesiani che sembrino più disposti,
rendendoli il più possibile atti a coltivare ed a far progredire le stesse sacre disci-
pline, soprattutto quelle che sono ofdinate a pfomuovere l'istruzione catechi-
stica >>.
Poi D. Ricaldone ricorda come lo stesso afticolo a7 parugrafo 2', dica in che
51,9

55.8 Page 548

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modo si debbano raggiungere queste finalità, quindi fa questa constatazione che
diventa incoraggiamento, esortazione: << Come ben vedete qui si pada non di
un argomento accessorio di secondaria impottanza, ma del fine principale e più
rilevante, << in primis », del nosro Ateneo. Soprattutto poi ci si rammenta uno
stretto dovere: si parla di un lavoro che deve essere mandato ad effetto << haec
efficiuntur >>; di un lavoro che ha un suo orientamento speciale e così rilevante
da costituire il fine specifico delle nostre attività come Salesiani e come membri
del corpo insegnante del nostro Ateneo >>.
Poi, ricordando f impegno strettissimo di corrispondere ai fini della So-
cietà Salesiana ai quali è legata 7a salvezza di innumerevoli anime e di « man-
darc a effetto le finalità di una delle più ragguardevoli opere Pontificie che
la Chiesa fa sorgere qua e in parsimoniosa misura », conclude: « è evidente
che Ia decisione da prendersi è una sola, e cioè corrispondere con animo devoto
al dovere »>. E viene alle deduzioni: << La prima è che i Professori del nosro
Ateneo nell'insegnamento impartito agli alunni, nello scrivere libri e articoli,
nel tenere lezioni e corsi speciali e sacerdotali e a persone colte non devono dimen-
ticare mai la caratteristica del loro insegnamento e lavoro, vale a dire << l'orien-
tamento e la formazione catechistica >>. E spiega che questa modalità oltre ad
essere prettamente salesiana è anche genericamente di tutti i Seminari.
<< Nei Seminari e ancor più negli Atenei Pontifici, si vogliono soprattutto
formare degli Apostoli che sappiano domani, dalla cattedra, dal peryamo, nel-
l'esercizio del ministero pastorale, perpetuare con zelo l'opera redentrice de1
Salvatore divino >>.
E spiega aflcora: << tutta la meravigliosa e complessa struttura delle eccle-
siastiche discipline è sempre a tutela e presidio, a chiarimento e divulgazione
del tesoro della verità della nostra fede racchiuso nel piccolo e grande libro
del Catechismo >>.
La circolare è densa di concetti, di ragionamenti, di testimonianze per
sottolineare, evidenziare << l'orientamento pastorale del nostro Ateneo »>.
È un orientamento che
cornice scientifica, ma volto
una differenza specifica del
<na< obsescntroopino1Asdtsei6vnue-logaectiovtnoatlee-n,ustopeocbtrieoeènbbianettuupnae'traasm,indpoaiacmoesectrihittuiaairrreea
anche il plauso delle Supreme Autorità Ecclesiastiche... »>.
È ancora un orientamento << del tutto aderente alle tradizioni del nostro
Pattono (S. Francesco di Sales), il quale giusta l'elogio della Chiesa, seppe
divulgare a vantaggio delI'universale ceto dei fedeli, con ampiezza, sodezza e
sicrrrezza di dottrina, con spontaneità,, chiarczza e forza di stile, con mirabili
attrattive di forma, le più elevate verità della Fede ».?3
Abbiamo già visto come per attuare L'indiizzo pastorale dell'Ateneo, D. Ri-
caldone affiancò ad esso l'Istituto Superiore di Pedagogia quale incarnazione
viva e operante del mandato educativo di D. Bosco da inserirsi nella forma-
zione scientifica e quale mezzo unificatore dell'ascesi e dell'azione pastorale.
73 A.C.S., n. 1,23, MaggloGiugno 1944.
520

55.9 Page 549

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Ota, ss veramente questa complementarità e unità si fosse realizzata, 1l
frutto di immediata conseguenza sarebbe stato il catechismo. Non è fotse la
formazione catechistica la sintesi meravigliosa della scienza religiosa come la
pedagogia cristiana?
La Congregazione Salesiana non era sorta come Istituzione di pura istru-
zione religiosa e neppure come istituto di educazione: D. Bosco la volle << un
Oratorio >> cioè un'opera per la formazione cristiana della gioventù, dove la
istruzione religiosa diventa forza educativa e la pedagogia cristiana la modalità
salesiana dell'insegnamento religioso. L'Ateneo Salesiano adunque doveva avere
le branchie per diventare un vero Istituto Superiore di Pastorale cristiana e
salesiana, dove l'educatore ed il teologo si potevano fondere nell'unità del
salesiano tipico: catechista e formatore di cristiani.
Nel Capitolo Generale XVI del 1947, il secondo tema delle trattazioni fu
sulf istruzione religiosa e assommò le esperienze della Crociata Catechistica con
quelle dell'Ateneo e dell'Istituto di Pedagogia. Le deliberazioni che ne segui
rono mostrarono come si era latta evidente la necessità di una preparazione cate-
chistica generale di tutto il personale salesiano. I Capitolati dopo aver ricor-
dato che già i Regolamenti, gli Atti del Capitolo e i << Programmi e Norme >>
avevano prescrizioni chiatissime al riguardo e che perciò dovevano essere sem-
plicemente << richiamate ed attuate in tutte le case di formazione, prendevano
in esame particolarmente ogni tipo di ascritto, dall'Aspirante al sacerdote spe-
ciaTizzato quale conferenziere di propaganda catechistica e la loro possibile e
preparazione qualificata. Giunti ai teologi, i Capitolari fecero la se-
^gdueegnuteatnaota: << Il Capitolo Generale invita i Superiori a {at rcdigere un pro-
gramma particolareggiato di pedagogia e didattica per i vari anni di forma-
zione salesiana e plaude all'Istituto di Pedagogia del Pontificio Ateneo Sale-
siano, che rnira ad essere un uiaaio di tale magistero catecbistico >>.1a
D. Ricaldone era riuscito a portare i Capitolari sull'argomento che tanto
gli stava a cuore e a convincerli della necessità di una tale deliberazione.
A chiusura del 2" tema, il Rettor Maggiore rivolse parole conclusive ai
Capitolari. Parlò della difficoltà che presenta una lezione di catechismo ben
fatta, delle necessità quindi di formare catechisti capaci, colti. Trattò quindi del-
l'urgenza della preparazione catechistica perché era elemento vitale per la Con-
gtegazione << nata con un catechismo >> dal momento che 1o stesso D. Bosco
volle << che si considerasse I'inizio della Società Salesiana l'8 dicembre 1841 ».
Poi chiarì: «...Quando si trattò di creare nell'Ateneo un Istituto Supe-
riore di Pedagogia, destinato a rasformarsi col tempo in una vera Facoltà Pe-
dagogica, noi abbiamo inteso che questa Facoltà avesse 1o scopo non solo di
mettere in valore la pedagogia cattolica e particolarmente il sistema pedago-
gico di D. Bosco, ma di conribuire alla formazione di buoni catechisti, di uo-
mini che domani, nei nostri studentati filosofici e teologici, possano rendersi
eco del pensiero di D. Bosco e al tempo stesso di quella didattica progredita
74 A.C.S., n. 14J, Settembre-Ottobre 1947. Capit. Gener. XVI, p. 29.
521

55.10 Page 550

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che vogliamo incorniciata nel sistema pedagogico del santo. Possa dirsi di cia-
scuno di noi come di D. Bosco, che fu un grande catechista e per mezzo del
catechismo contribuì a17a salvezza delle anime »>.?s
Erano parole ir-requivocabili da cui appariva luminoso il pensiero, la diret-
tiva di D. Ricaldone per l'Ateneo. Anzi, come era suo solito, perché queste
sue parole non rimanessero solo bella eloquenza, scese subito ad una rcalizza-
zione pratica da mettersi in esecuzione al più presto: << Prego il Consigliere Sco-
lastico Generale di insistere presso i Professori, specialmente di dogmatica, per-
ché, dopo 7a spiegazione di una tesi, ne facciano sempre l'applicazione cate-
chistica, e così pure presentino le obiezioni non solo in forn-ra scolastica, ma an-
che e sempre in forma popolare »>.76
L-r quello stesso anno, nel luglio, partecipando al Capitolo Generale XI
delle Figlie di Maria Ausiliatrice, come Delegato della s. Sede, gertava anche
nel loro campo 1o stesso piccolo seme di senapa evanglico perché diventasse
pianta: il progetto di un Istituto Superiore di Scienze religiose. Durante la
Crociata Catechistica D. Ricaldone aveva costatato come le Superiore delle
F.M.A. e tutte le suore, aderendo fin dagli inizi al movimento, avevano lavo-
rato molto e assai bene. Lo zelo della Madre Generale, Madre Luisa Vaschetti,
che con ripetute circolari aveva stimolato le suore a dedicarsi alla crociata <, con
il massimo impegno ,r,7' ,, con tutte le loro forze ,r,78 facendo il catechismo in
tutti i campi del loro apostolato,Te aveva messo in luce 7a capacità, delle F.M.A.
tanto che Don Ricaldone le aveva richieste anche come collaborarici della
rivista << Catechesi ,, e della Collana « LUX )>, per i libretti e foglietti indiirzzati
all'elemento femminile. Alcune suore poi, erano state chiamate dalla fiducia
di Vescovi a tenere relazioni in Congressi Catechistici Diocesani indetti per Re-
ligiose e per Maesfte, come a Messina, a Torino, Asti, Milano, Mondovì, Porto
Maurizio, Padova, Bergamo.so Tutto questo dimosffava che, se anche l'Istituto
delle F.M.A. avesse unificato le sue forze apostoliche nel realizzare totalitaria-
mente ed esclusivamente la finalità della sua missione, cioè il Catechismo,
sarebbe risultata una forma evangelizzattice meravigliosa nel campo femminile
e giovanile a servizio della Chiesa.
Il Capitolo Generale XI delle F.M.A. segnò un passo avanti in questo
orientamento dal momento che I'argomento centrale fu: « L'Istruzione cate-
chistica »> e Ie deliberazioni favoriscono una maggiore formazione teologica e
catechistica delle Suore.
Le concludeva e le ricapitolava D. Ricaldone con queste programmati-
che parole:
1
]7!7
Aq.q, n. 1,$,
A C S , n. 74),
Circolare della
Settembre-Ottobre 1947. Capitolo
Settembre-Ottobre 1947. Capitolo
Madre Generale Luisa Vaschetti,
Generale XVI, p. 14.
Generale XVI,-p. 34.
24 gennaio 193§.
78 Circolare della Madre Generale Luisa Vaschetti, 24 febbraio l9)9.
7e
80
CIlirccoonlatrriebudteolladeMllaadCreonGgreengaezraioleneLuSiaslaesiVanaascahlelattiC, r2o4ciadtiacecmatbercehils9ti)c9a.,
L.D.C.,
Luglio
1952, p. 26 e 27.
522

56 Pages 551-560

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56.1 Page 551

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« Il vostro Istituto dovrà, col tempo, avere un piccolo Corso Superiore,
in cui raccogliere le suore particolarmente dotate d'intelligenza e di buona
volontà, provenienti da ogni parte del mondo; un centro internazionale in
cui si dia una complet a fotmazione pedagogica-religiosa a coloro che dovran-
no poi &ffondere il " verbo catechistico " e contribuire così più efficacemente
alla salvezza delle anime e al compimento della missione a voi affidata >>.81
Il desiderio di D. Ricaldone fu seme che cadde in buon terreno. La Ma-
dre Generale di allora, M. Linda Lucotti, nel 1951 attvava già il grande pro-
getto del Rettor Maggiore e gliene dava notizia. Era un ultimo raggio di sole
Ihe veniva ad illuminare il ffamonto vicinissimo di D. Ricaldone. Egli fece
ancora in tempo nel novembre a congratularsi con la Madre con una lettera
che tramanda a tutte le generazioni delle F.M.A. l'unica finalità che egli
pensò dovesse avere la Scuola quando la propose:
<( ...Plaudo di cuore alla provvidenziale iniziativa di aprire un Istituto
Superiore di Pedagogia e Catechetica. Penso sia questa una delle opere da
attuarsi quanto prima.
d'altrondà l'ignoranza
Utge porre un argine alla pedagogia
religiosa, il più tremendo flagello
naturalistic ed
dell'epoca sarà ^dtiera^;-
data e vinta solo da un insegnamento catechistico ben impostato >>'82
Anche per le F.M.A. come per i Salesiani il catechismo unificava l'asce-
tica e l'aziine apostolica; \\a prepatazione scientifica e la sua modalità pe-
dag-ogica.
Con
la
creazione
di
questi
Cenli
o
Istituti
Superiori,
D.
Ricaldone
non
intedeva circoscrivere in una salesianità intransigente gli studi e la prepara-
zione professionale e apostolica dei suoi figli. Egli, apefto a tutte le voci del
mondo, non era davvero di mentalità chiusa, ripiegata su se stessa unicamente
sollecita del suo interesse. D. Ricaldone, era anima pentecostale: la luce irra-
dia, il fuoco si propaga! voleva cenacoli sì, ma per dare alla chiesa ed al
mondo veri apostoli. Li voleva salesiani, è vero, ma perché potessero dare in
pienezza quanto la Chiesa e il mondo aspettava da loro. Voleva l'unità di spi-
iito nella fedeltà al Fondatore, ma perché fosse wa forza convogliata verso
una meta e non agitazione fluttuante nelle più dispersive imprese. Egli anzi
voleva un ascolto intelligente di tutti, perché esso avrebbe giovato, come ce-
mento unitivo e costruttivo, all'unità interna.
Mandò quindi i suoi figli con scelta prudente alle altre Facoltà Catto-
liche di Teologia, Pedagogia, Catechetica proprio per sentire le voci di tutte,
per sentirsi in comunicazione con loro, per diventare pafie attiv^ e cosffut-
irice della Chiesa. Fu anche uno degli impegni più inderogabili del Centro
Catechistico di stare in continuo contatto con i principali Uffici Catechistici
Nazionali e coi Centri Internazionali di studio e di ricerca pastorale-catechistica
oltre che con quelli della Congregazione, proprio con 1o scopo di completare
8r A.C.S., dell'Xl Capitolo Generale delie I'M.4. p. 27.
82 Lettera di D. Ricàldone a1la Rev.ma Madre Generale,
M- .
Linda
Lucotti
in
data
lt-tt-t951.
523

56.2 Page 552

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la formazione culturale dei suoi membri e attingere ovunque informazioni e
orientamenti da vivificare poi con spirito Salesiano e tradurre in iniziative
pratiche.
Questa stessa apertura D. Ricaldone la lasciò come sua eredità, nei riguardi
delle altre Congregazioni Religiose. Lui, così pronto a favorire tutti, insegnò
quanto c'era da guadagnare nel procurare il bene di tutti e di ciascuno, proprio
ai fini di un maggior consolidamento nell'unità e nella fedeltà allo spirito eicle-
siale di D. Bosco.
Una forza di unilà ed un ponte di unione
un mezzo di collegamento insostiruibile fra questi organi di studio e
Movimenti apostolici, fra Istituzioni e Istituzioni, D. Ricaldone lo sentì nella
stampa. Ad essa si poteva dare una duplice funzione: una formativa e l'altra
informativa. L'intento formativo I'avrebbe resa rnezzo di unità interna: quello
informativo strumento di collegamento, di scambio di idee e di unionà con
tutto il mondo.
D. Ricaldone come autentico figlio di D. Bosco fu un vero apostolo della
Buona stampa, ma ricordando i vari centenari delle prime pubblicazioni di
D. Bosco scrittore, giornalista ed editore 83 aveva rilevato che essa ha una vera
funzione apostolica solo quando la si rende << buona )> per contenuto, per for-
ma letteraria, per veste tipografica.M così, in questa triplice perfezione, egli
se ne servì per unificare e collegare, per formare e informare.
Come D. Bosco, egli fu scrittore, con le sue numerose opere; editore
dando vita alla L.D.C., e anche formatore di scrittori animando confratelli
valenti a impegnarsi come scrittori in opere di alta cultura o di carattere divul-
gativo, come biografi e storici, come redattori e cronisti.
Ebbe anche il conforto di vedere rcalizzaro un sogno espresso poi al capi-
tolo Generale XV, quello cioè « di veder sorgere anche in altre nazioni qualche
grande centro editoriale ».s
Uno di questi, e tra i primi, fu certamente quello giapponese, messo in
avvio dalf infaticabile missionario Don Vincenzo Cimatti di santa memoria.
Ne costatiamo uno sviluppo meraviglioso, dopo i primi tentativi ed umili
inizi, in seguito soprattutto alla visita staordinaria in Giappone compiuta da
Don Ricaldone allora Prefetto Generale, per cui possiamo affermare .É. ,"nz
dubbio furono anche le sue direttive e i suoi incoraggiamenti a lanciare Don
Cimatti nell'ardita impresa. Del resto l'animo attento e il cuore assetato delle
cose nostre, il contatto coi Superiori e confratelli specialmente nelle assem-
^ 83 A.C.S.,
Stampa.
n. 125, Settembre-Ottobre
1944, (Jn Centenailo e l,Apostolato
della Buona
A.C.S., n. 1-19, Gennaio-Febbraio 1947 sul Centenario de Il Giouane Prouueduto.
8f s
4qq,
A.C.S.,
n.
n.
87,
87,
MaggioGiugno
Maggio-Giugno
1938. Cap. Gener.
1938. Cap. Gener.
XV,
XV,
p.
i.
11.
tl.
524

56.3 Page 553

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blee dei Capitoli Generali, dove Don Ricaldone metteva al corrente delle
varie iniziative editoriali per la diffusione del pensiero cristiano, ebbero certa-
mente un influsso non indifferente a seguire l'esempio di Don Bosco e dei
suoi successori per diffondere la buona stampa. I1 pensiero di Don Ricaldone
lo ritroviamo qrasi aTla lettera, come assorbito dai suoi scritti e incitamenti
insistenti, nelle
più formidabile
dichiarazioni di Don cimatti, che chiamò la,stampa «
che vi sia al mondo, srrumento di bene o di male »;
l',arma
istillò
?ortemente nell'animo dei confratelli del Giappone la
forma di apostolato la più forte, per cui i salesiani
questione della stampa,
devono essere in prima
linea; ebbe di mira l'intensificazionà deila vita cristiana, mirando a trasformare
i cristiani, specie i giovani, in apostoli nel loro ambiente sociale; infine invitò
e spinse i *r-rf.ut.ll"i al sostegno e alla collaborazione diretta o per mezzo di
altri ricercati, scelti e attirati a prestare l'opera loro a tale impresa.
Fin dal 1910 fondò
iniziò l'editoria con una
la tipografia << Don Bosco
breve Vita di Don Bosco,
»>, ancor oggi in
diffusa in tutto
fiore, e
il Giap-
pone. Seguì a
ira i cristiani,
breve dist^nza di
con una tiratura
tempo un giornalino mensile di
di mille copie, e pensare che i
erano solo circa seicentol I1 bene dunque si diffondeva anche
collegamento
loro cristiani
tra i pagani'
Fu quindi la volta di una sefie assoftita per argomenti di foglietti concisi,
uiur.i e chiari simili ai nosui libretti LUX; poi \\a vita di Domenico Savio
di Don Bosco ladotta in giapponese; già nel I%L ha inizio \\a collana << Let-
ture Cattoliche »; ecc.
come si vede la spinta non fu indifferente, e quanto ne godeva Don Ri
caldone, quando ne riceveva notizie nelle frequenti lettete di Don Cimatti,
molte delle quali pubblicate nel Bollettino Salesiano. E quel bene continua an-
cora, specialmente con la stampa e diffusione a livello nazion4\\e del Vangelo
e della Sacra Scrittura, in una serie diretta ed edita dai nostri Salesiani'
Intanto sotto il suo rettorato si apersero parecchi e fiorentissimi altri
Centri Editoriali. Fra
solo per \\a icchezza
tanti, quello che strabigliò f intero mondo salesiano
e bellezza di pubblicazioni ma soprattutto per il
non
suo
,o.g.r" e il suo affermarsi pfoprio nel tragico periodo della guerra, fu quello
cinàse di Hong Kong. NatÀ dal nulla, in un clima di stenti, di fame e di
sacrifici di ogni g.r.i., aveva raggiunto in poco tempo una fioritura di opere
impressionante,
L'Ispettore D. Carlo Braga così esponeva i prodigi della Ptovvidenza in
favore d.lla Stumpa Salesiana, prodigi che non stupivano i missionari, che
vivevano in un'atmosfera di fede e di preghiera, ma che commuoveva <( pro-
fondamente » D. Ricaldone.
<< per l,opera della buona stampa siamo, in alcuni generi, alla testa del
movimento: sono più di duecento volumi usciti con una somma di circa rnezzo
milione di copie. Le do i titoli delle collane: Fiori del cielo, Letture catto-
liche, Collana ascetica, Collana dei classici cinesi purgati, Letture amene per
la gioventù e le Famiglie, Collana per bimbi, Collana del teatro educativo,
Collana di Opere Musicali.
525

56.4 Page 554

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I Vescovi ed i Missionari ne sono entusiasti e non riusciamo ad accon-
tentare tutte le richieste... >>.e
Ma anche D- Ricaldone vide fiorire prodigi in favore delle pubblicazioni
a cui voleva indiizzare la Congregazione.
Ne1 gennaio 1936 egli mandava una lettera-circolare che accennando ini-
zialmente allo zelo apostolico di D. Bosco per la stampa cattolica, veniva poi
a ffattate ampiamente della « corona Patrum salesiana ». che cos'era?
Non era una novità nella sua origine, perché era già stata un desideri.r
di D. Bosco. Egli avrebbe voluto avere un « collegio di studiosi di storia
Ecclesiastica, che liberi da ogni altra occupazione si mettessero interamente in
questa materia e la sviscerassero e la pubblicassero a decoro ed in servizio
della Chiesa ed in difesa del Pontificato Romano >>.
da
D. Ricaldone raccogliendo
D. Francesia e D. Tamietti, e
questa eredità trasmessa alla congre
seguendo D. Rua che aveva prosegoilo
-gl,aozpio.nr,e
di D. Bosco nel settore della letteratura cristiana facendo iommentrre àlri
scrittori latini da D. Ubaldi e da D. Sisto Colombo sia come testi scolastici,
sia come opere di alta cultura, proponeva di proseguire questi lodevoli sforzi
<< nelf intento di diffondere la conoscenza del giande-pamimonio letterario della
chiesa antica >>. D. Ricaldone additava a tale scopo lo studio dei s. padri per-
ché « Maestri impareggiabili di dotrina e disciplina su cui si ergeva il rnagi
stero della Chiesa. Furono essi che con le apologie difesero e chiarirono il
dogma, che
guidarono i
diedero i primi ttattati di morale, .h. .o., le omelie esegetiche
fedeli alla compensione della s. scrittura e con le loro Agio-
grafie esaltarono la santità cattolica. D. Ricaldone, chiamato a formare sacer-
doti e salesiani sullo stile di D. Bosco che si era nutrito del ricco patrimonio
dottrinale della Chiesa, voleva avere lo stesso cibo sostanzioso con iui alimen-
tare le nuove generazioni e perciò non aveva trovato di meglio che le Opere
dei Santi Padri, i<< più eloquenti e illuminati assertori della dotrina e i fon-
datori dell'ascesi cristiana »>.
_ se la lettura patristica avesse informato di i programmi di studio dei
chierici nel campo teologico, esegetico, catechistico àd as.etico si sarebbero
avuti sacerdoti salesiani moralmente formati, profondamente dotti ed essen-
zialmente ecclesiali.
A questo fine
zione d_egli Scrittori
egli proponeva la Patristica come
Cristiani iniziata da D. Bosco
ripresa
della
pubblica-
una commissione di confratelli sacerdoti ne programmò una serie e così
sorse la << Collana Patrum >> Salesiana. Papa P,io xI À.rro a pafte dell,inizia-
tiva, la
mandò
benedisse aricchendola di sapienti consigli
il 1" volume: « Dialogo del Sacerdozio di
e quando D.
S. Giovanni
Ricaldone gli
crisostomo »
commentato dal dotto Salesiano Don Sisto Colombo, lo gradì moltissimo.
sempre al fine di dare opere sostanziose e sicure ai confratelli <( come
necessario complemento per la formazione e cultura sacerdotale »> D. Ricaldone
86 A.C.S., n. 136, LuglioAgosto 1946
526

56.5 Page 555

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progettò altre Collane: << Collana dei Massimi Oratori Cattolici ,> 87 e la << Col-
lana Ascetica >>.E8
« L'Archivio di casa Madre in valdocco conserva il " campione di bros-
sura " chiesto da D. Ricaldone e fu preparato dalla S'E.I. per \\a Collana degli
Oratori Saryi (Corona Oratofum). Egli era del tutto deciso e pronto all'im-
presa tanto che ne parlò con i Padri della Civiltà Cattolica, ai quali faceva
uiri,^, ,.-pre che io,.uu, andando a Roma, per seguite una tradizione di
D. Bosco.
Quei Padri gli suggerirono di cominciare con un florilegio degli scritti
del P. Segneri, itaLiano.
Ma la guerra ormai incombente e poi le iniziative catechistiche L.D.c.
stroncarono {r"rtu iniziativa e I'altra, gernella, di una Enciclopedia Cattolica >>'8e
Port. q,r.rt. basi di formazione-dottrinale attinte alle pure sorgenti del
mglbra..arfigi,Ccirshia.terev.rigo)d>lieadsl.cl1sar1iur"ste<aC<lOdehsaip.iareDunr,ei.eLegeeslmiffpfetiyeirntnciesòee,daimctniocenehncelfiufndeseeirdapdictraiecnodDdmie.aSrenC..deGaarvliiioamav, elaeenntino«i
dalle sorgenti
Memorie Bio-
nuovi studi di
Bosco , e0 ini-
,iuua ui lavoro di ìaccolta e di pubblicazione di altre fonti veramente primi-
genie che correvano il tischio di andare perdute se non ci fosse stato chi le
iadr.,r.r. in forma organica. Nel 1939 a tal fine pregò D. Ceria ad iniziarc
la stesura degli « Annali della Società Salesiana >>. Era un lavoro che D. Albera
g1à aveva progettato e affidato ad un confratello, ma per la morte improvvisa
di quest'ultimo il lavoro si era arenato.
Nel 1941 D. Ceria poté già consegnare al Rettor Maggiore iI 1' Volume
degli Annali. D. Ricaldonà, ingraziando il caro Confratello tanto solerte, a nome
di tutti così present ava il lurraro ai Confratelli: « La lettura di questi Annali
sarà di grundà giovamento alla conservazione dello spirito del nosro Fondatore
e Padre >>.et
Altro lavoro che D. Ricaldone
grafia dei confratelli esemplari per
seguì con paziente sollecitudine fu la
viriù e dedizione alle anime: erano i
bio-
figli
Ihe meglio avevano capito e assimilato 1o spirito di D._ Bosco, perciò rispec-
chiarsi in essi .ru ,..nd... sempre più nell'intimità dell'anima di D. Bosco'
Fin dal novembre 1935 egli richiese un lavoro capillare ai Direttori e
Iudsoipgteluiuttt.otredroi l^peue.rrccahrsaeeccado"agslicuerrinveierfsteui tvpteeorieleibnnioougtinrzaiefvieopluopmsesreibi uilpinidùiceomi,CeIstoiptneefvrtaototleirli-lai
deefulentci,ro-nachine-
per Ispettoria.
XV
87 euesta collana
come fattibile solo
come pure l'Enciclopedia
nel 1919. A.C.S., n. 87
Cattolica la presentò
al Capitolo
Generale
rteimnatastt8&iov8oTA"-e.dCOsit.iS.Drn.S,o. nnRrira.ictn7aazl)da.,ofrnd2.ei4.ÉDG.efTrnran.rÀaciio"sri"o1g9S1r6^a.varèali'nArdcahtiavilo-3-G1e97n1e.raIl1izicoacmopmioenetesdtiimboronsiasnuzraa
era
del
eo A.C.S. n.73, 24 Gennaio 1916.
er A.C.S., n. 106, Luglio-Agosto 1941.
527

56.6 Page 556

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Nulla doveva andare perduto di quanto poteva confibuire per ritrovare
lo spirito, le tradizioni salesiane.
mo-Eaglltiristpeessrosptuodii
personalmente si incontrò
biografici sulle figure più
con confratelli capaci e ne sti-
tipiche della Congre gazione: s2
fu lui a sostenere i bellissimi lavori di D. Caviglia-su Domenico SaviJ, Besrrcco
Francesco e Magone Michele, seguendo attentamente le ricerche del Confra-
tello. Animò a questo scopo anche le F.M.A. orientando a tale lavoro le nuove
scrittrici che venivano ad aiutare la già veterana biografa dell,Istituto: Sr. Mai-
netti Giuseppina.e3
Anche in questo settore D. Ricaldone stesso volle contribuire ad un ritor-
no alle fonti e scrisse quei 13 volumi di formazione salesiana che sono una
miniera inesauribile di salesianità e costituiscono un vero <( Corpus Asceti-
cum )> per la Società Salesiana.
tini
Furono
così ne
volumi che gli richiesero un'enorme quantità di lavoro. D. Valen-
parla: << In essi c'è da ammirare una chiatezza, vna praticità ed
una profondità non comuni. si rileva subito a prima vista la profonda cultura
patristica e ascetica, che pure si era acquistata al margine del suo estenuante
lavoro quotidiano, e un possesso sicuro della dottrina. ci confidò parecchie
volte come avesse dovuto consultare talvolta
ficili, ma che non sempre ne uscì illuminato
rig't'ardava iI modo di presentare detti punti
specialisti in
à convinto,
difficili alla
materia nei punti dif-
soprattutto in ciò che
comprensione di tutti,
anche di coloro che non avevano fatto studi profondi. Era questo uno dei suoi
cavalli di battaglia: una scienza che non è messa a portata di tutti e che non
ha attttazioni pratiche, ha poco valore e poca ragion d,essere.
La sua ultima fatica ft il suo << Don Bosco Educatore » in due volumi
di complessive 1400 pagine. Fu quesro davvero il suo canto del cigno. Lo rifece
ben dieci volte e non ne usciva mai sufficientemente soddisfatto. Sentiva tutta
la sua responsabilità al riguardo >>.ea
con questa collana << Formazione salesiana » (I serie) egli lasciò ai figli
tutta una presentazione organica della
le virtù teologali; della vita ascetica
vita
con
di grazia trattando in 3 volumetti
4 opere sulle virtù cardinali, sul-
l'Umiltà e la vita di pietà nelle devozioni fondamentali cristiane e salesiane:
(Sacro cuore, Maria Ausiliatice e il papa); della vita religiosa con i trattati
sui tre Voti; e infine della vita apostolica salesiana con altri tre libri sull'Ora-
torio Festivo e Don Bosco Educatore (in due parti). si riprometteva pure di
inserirvi un florilegio delle circolari di Don Bosco, Don Rua, Don Albera e Don
Rinaldi: sarebbe stato prezioso per la lettura spirituale dei confratelli.
Volle però che questa collana non rimanesse sua esclusività e iniziò una
e2 Dal taccuino
A^trbrera e D. Barutt^i
q..r.^"ryI.^
24-9-1918
D dj Ricaldone, 1,g-_1,2-1935
decide per monosrafie.
decide
per
la
biografia
di
D.
g.hereo3 .D_a.l taccuino personale di D. Ricaldone,"4-7-1946 per la vita di M. Caterina Da-
ea Don
Valentini in
Pietro Ricaldone Fondatore e primo cancelliere
« Salesianum», Ottobre-Novembre 1951.
de1
p.A.s.
di
D.
i
Eugenio
528

56.7 Page 557

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seconda serie con le opere di D. Ceria: << D. Bosco con Dio »>, << La vita reli
giosa negli insegnamenti di S. Francesco di Sales )> e <( Profili di coadiutori
salesiani >>.
Le approvazioni che D. Ricaldone ricevette ancora vivente per questi suoi
scritti, furono moltissime, sia da autorità ecclesiastiche, Vescovi, da Congrega-
zioni e Superiori Religiosi, sia da umili confratelli religosi e sacefdoti.
Padre Arcadio Larcaona C.M.F., da competente intenditore, così gli scri-
veva da Roma il 1'novembre 1946: <<...Volevo prima sfogliafe i quattro vo-
lumi per poter così parlare a ragion ueduta.
Serie Case di Formazione: non ho potuto ancora approfondire, ma in
quel che ho potuto leggere, ho trovato con gioia tutto quello che ormai sapevo
e così sperauo. Chirr., pratiche, lungimiranti e complete le circolari. Non sol-
tanto daranno alla numerosa e operosa Famiglia Salesiana norme sicure e fecon-
de di ogni sorta di beni, ma ci daranno anche in questo opportunissimo mo-
mento spunti preziosi per la legislazione comune. Nei due modi ha cooperato
V.P.Rev.ma al bene della Chiesa, nel maggior bene dei salesiani e di tutti i
Religiosi.
Serie Formazione salesiana. Che dire dei volumi destinati all'alimento spi-
rituale quotidiano dei suoi figli e figlie? L'idea è ben provvida.Dt fatti malca
l'anima all'apostolato specifico, al regime, per quanto sapiente e peculiare, alla
formazione, se anche soda e robusta e temprata, fino a che l'ascetica non è
stata elaborata ed è diventata mafcata e consapevole la forma che il Signore
vuole, quella che è stata data come grazia ai Fondatori e all'Istituto.
sarà una dolce e profonda consolazione qua e in Paradiso il lavoro dedi
cato a così santa e feconda impresa... >>.
Già nel 1943 11 Vescovo di Agrigento dopo aver letto alcuni suoi com-
menti alle Strenne, gli scriveva ammirato: << Mio Rev.mo Padre, ho letto e
meditato le lettere pastorali che la P.V. ha dirette ai suoi religiosi e ne sono
rimasto profondamente edificato e commosso. Da esse traspira una grande
vita interiore, una ferma volontà di essere sempre fedeli allo spirito di S. G. Bo-
sco, una catità senza confini, uno zelo ardentissimo ed una singolare avvedu-
tezza. Si rallegrino adunque i Salesiani di possedere un tanto Padre... >>.es
E dopo la morte di D. Ricaldone il più anziano Vescovo Salesiano che
aveva ancora conosciuto personalmente D. Bosco e che era impregnato di sale-
sianità fino alle midolla, scrivendo di D. Ricaldone, così commentava: << Olte
alla sua meravigliosa attività, si devono ricordate i molti suoi scritti dottrinali
sulla perfezione religiosa. Per me due sue opere sono specialmente da ricor-
dare: il Truttato sugli oratori, che compendia tutti gli insegnamenti relativi
alf istruzione religiosa dati dalla Chiesa, dai Papi e condensati nei Canoni
es Dalla lettera a D. Ricaldone di Mons. Giovanni Battista Pertzzo, Vescovo di Agri-
gento, in data 2l-5-194), da Agrigento.
529
34

56.8 Page 558

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del Diritto Canonico e negli scritti e nelle radizioni lasciateci da S. Giovanni
Bosco. L'alro t^ttato è quello dei due volumi intitolati: << D. Bosco Edu-
catote )> ove è meravigliosamente sintetizzato tutto il sistema preventivo in
pratica nella formazione dei giovani a17a vita cristiana.
Queste due opere a mio parere, dovrebbero far parte dei libri di testo
negli Studentati filosofici e teologici: sono due documenti preziosissimi che
fanno onore alla mente, al cuore e allo zelo di Don Ricaldone »>.%
I1 Segretario di D. Ricaldone, D. Tarcisio Savarè ricorda che varie Con-
gregazioni Religiose gli chiedevano copia dei commenti alle Strenne, ma poi-
ché queste nella loro prima edizione erano pubblicati come <( Atti del Capi
tolo >> doveva sempre rispondere di pazientate fino alla pubblicazione come
volumi della Collana <<Fotmazione Salesiana »>.
Don Antal dall'Ungheria scriveva che vi erano varie famiglie religiose che
attendevano i << Commenti » di D. Ricaldone. Gli Agostiniani erano i primi
a ticercarli.
D. Tozzi quando era Ispettore in Inghilterra ricevette questo elogio per
D. Ricaldone da un Gesuita. Era in treno ed il Padre vedendolo immerso nel-
la lettura di un libretto gli chiese:
<< Permette, Padre, che cosa sta leggendo con tanto interesse? ».
<< Santità è purezza » gli rispose D. Tozzi, e, passandogli il libretto lo
invitò a guardado: << Dia pure uno sguardol »>
Dopo averlo scorso qua e 1à, il Gesuita ammirato gli disse: << Beati voi
che avete un Superiore che vi parla tanto chiaro >>.
A1tra creazione voluta da D. Ricaldone per una sempre più adeguata for-
mazione salesiana e preparazione professionale dei confratelli coadiutori, fu
una rivista tutta per loro. Era stata richiesta da molti, ma la guerra aveva sem-
pre impedito la sua rcalizzazione. Col Capitolo Generale XVI egli poté final-
mente annunciada e alfidarla al Consigliere Professionale Generale.eT
L'organo che invece non volle cedere... a nessuno fu il « Bollettino Sale-
siano >>. Ne era responsabile il Prefetto Generale quanto a redaziofle, ma egli
1o volle sempre sotto la sua direzione quanto a contenuto formativo, poiché
lo sentiva elemento importantissimo, anzi vitale per 1a stessa Famiglia Sale-
siana, i Cooperatori e le Cooperatrici. Non era una rivista qualunque che dif-
fondesse notizie salesiane a benefattori ed amici; era una vera scuola di forma-
zione attraverso la stampa. Sì, c'era tutta 7a parte informativa, ma questa, ap-
punto perché anello di congiunzione e argomento di dialogo rivolto sia alf in-
timo di famiglia come è il Cooperatore, sia all'amico occasionale come è il
e6 Testimonianza di Mons. Federico Emanuel in data 29-t2-19, da Sampierdarena
(Genova).
poumasrcaligarge9ii__7loreACag.oConL.lsSau.r.,imP-cnerho.ltefe1. ,4]lG'13ae,vnSeg.)ive.uatgtenvmoo,blur1et9a-O4e8ttoisbnoresotec1nc.9ua4tsa7i..onCAe.aCpd.eiSt.ll.',oGnneo.nme1ar4.s7tXi,cVoMIa.dgLigaiDo-r.GiviRisutigcanaocldoo1mn9ie4n,8c.co(mNaeed
530

56.9 Page 559

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semplice simpatizzante, doveva essere ben plogrammata, ben presentata sotto
ogni aspetto.
D. Savarè ricorda, per esempio, che D. Ricaldone, << sul Bollettino e sulla
stampa salesiana in genere, voleva che stess,imo attenti a non lodarci, e interro-
gandolo una volta se non era il caso di riprendere l'uso di alcune manifesta-
zioni solennissime con intervento di autorità, discorsi, ecc., uso che pareva
ormai passato ad altre Congregazioni più giovani di noi, mi rispose: " Siamo
in epoca non più di sbandieramenti, ma di otgarizzazione ". E con questo
stile voleva che si lavorasse anche nel settore della stampa >>.
Quando poi il Bollettino intraptese nuove edizioni in lingue estere, quanta
maggior cura e prudenza richiedeva per ogni alticolo perché non uftasse suscet-
tibilità nazionali, locali, ecc. In proposito il Bollettino Salesiano di edizione
spagnola dei giugno 1952 scriveva: << D. Pietro Ricaldone incoraggiò sempre
il Bollettino Salesiano. Per le particolari cifcostanze di guerra, nell'anno 1943,
dispose che le edizioni del Bollettino, nelle diverse lingue, cominciassero a far'
si fuori d'ltalia, nelle singole nazioni.
L'edizione spagnola fu la prima che ricevette questo onore e questa re-
sponsabilità.
Il 4" Successore di S. Giovanni Bosco si adoperò con paterna cura perché
1o spirito del Bollettino spagnolo si conservasse integro. Ci consta che egli ne
leggesse tutti i numeri e non solo lui, ma anche gli altri superiori maggiori.
Sappiamo pure, per aveflo ascoltato dalle sue labbra e per aver testimo-
nianze iiritte di suo pugno, che il contenuto del Bollettino meritò sempre la
sua più sincera approvazione.
Chi ha conosciuto il carattere del 4' Successore di D. Bosco così ricco di
ferrea energia, rivestita di patema dolcezza, può capire il valore della sua
approvazione.
D. Pietro Ricaldone conobbe tutte le nosre difficoltà e lo sforzo, alcune
volte eroico, per sostenerlo, ma sempre ci incoraggiò a sperare in Dio.
Uno dei suoi più grandi desideri da lui ripetutamente manifestato fu
l'aumento, non tanto delle tirature del Bollettino, quanto dei Cooperatori Sale-
siani spagnoli, che poltano come conseguenza naturale I'altro aumento. Questo
scrisse in una lettefa rivolta ai Cooperatori spagnoli e pubblicata da noi nel
numero di aprile 1,947 . Le sue parole non furono vane. Egli ebbe la soddi-
sfazione, al chiudersi della seconda gtrerra mondiale, di constatare il reale au-
mento di tirature in confronto dei duri anni del 1939 »>.
In realtà, fin da Prefetto Generale, in quanto compito spettante a lui,
D. Ricaldone curò moltissimo il Bollettino Salesiano dando anche alla sua Re-
dazione, abitudini che non sempre chi 1o seguì poté realizz^re' Per es. Egli
da Prefetto era solito radunare mensilmente i redattori del Bollettino Salesiano
nelle varie lingue (allora facevano le loro tirature ancora a Valdocco), per cui
gli intetessati pensarono che così dovesse continuare D. Berruti. Ma il nuovo
Prefetto non aveva la fibra fisica, la fesistenza di D. Ricaldone e non riuscì a
continuare quella usanza.
53t

56.10 Page 560

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Don Berruti stesso, penato, non ne flaceva un mistero e ne parlava fami-
liarmente con gli intimi. A D. Luigi Tavano spesso diceva: << Come arcivare a
tutto nel mio ufficio? Bisognerebbe rassomigliare a chi c'era prima di me. E
queste adunanze mensili del Bollettino come effettuarle ed efficacemente come
prima? Me Io suggeriscono, ma come si fa?! ».e8
Allora D. Ricaldone sovente presiedeva ancora lui le adunanze perché
non voleva, non poteva lasciarlo... solo il << Bollettino >>.ee
Così quando diede la direzione del Bollettino a D. Favini, gli lasciò come
norma di seguire il metodo del suo antecessore Don Amadei, ma per vari mesi
volle avere fra mano tutto il manoscritto prima che fosse mandato alle stampe.
Visto poi che il nuovo direttore lavorava bene, si accontentò di rivedere le
bozze, finché, sicuro di quel suo figliuolo, Io rimise definitivamente a D. Ber-
ruti.100 Questa sua vigilanza non era frutto di mancarrza di fiducia o desiderio
di accentramento, ma unicamente senso di responsabilità che era tanto più
sentito quanto più era profonda la persuasione che il Bollettino non era una
« rivista di un Santuario >>, ma l'organo della terza Famiglia Salesiana e non
doveva fare dei Cooperatori dei semplici benefattori ben aggiornati sulle noti-
zie delle opere da loro aiutate, ma farne dei cristiani praticanti e apostoli seria-
mente impegnati. Questo D. Ricaldone spiegò conforza al capitolo XV del 1918.
<<Don Bosco chiamò il "Bollettino": " Vincolo di unione dei nostri Coo-
peratori "... f Cooperatori avevano bisogno di un organo che li unisse e indi-
rizzasse, e D. Bosco diede loro a tal fine il Bollettino, che, nella mente del
nosro Padre, dev'essere lo strumento efficacissimo di quella propaganda tanto
e sempre da lui voluta, perché si avveri il precetto evangelico: " Videant opera
vestra bona... ". E poi riprendendo il concetto sul valore formativo e unitivo
dato da Don Bosco al Bollettino insisteva: " Per questo gli stava a cuore
che esso fosse pubblicato sotto i suoi occhi ".
Egli stesso infatti ne dava le direttive e ne seguiva la pubblicazione occu-
pandosi di tutto ciò che 1o riguardava. " Del Bollettino, egli diceva, è direttore
il Rettor Maggiore ". Il Bollettino deve essere sempre nelle mani e alla di-
tetta dipendenza del Rettor Maggiore; è per mezzo del Bollettino che le
membra sono richiamate e vivono unite al capo per attuarne Ie direttive ».10r
Ma essendo vasta e molteplice l'attività apostolica dei Salesiani e diretta
a varie categorie di persone, D. Ricaldone fu largo, anche se sobrio nell'agevo-
lare alte pubblicazioni analoghe, che avessero un reale scopo di formazione
e informazione. Allo stesso modo fu conffario a quelle che egli chiamava
« foglietti », stampati dalle Case << in veste letteraria e tipografica deplorevole ,>
per propaganda locale e che sovente non avendo sufficienti notizie da dare,
« sconfinavano in altri campi >>.102 No, o si pubblicava con serietà e per ben
e8 Testimonianza di D. Luigi Tavano.
ry Testimonianza di D. Luigi Tavano.
100 Testimonianza di D. Guido Favini.
r0r A.C.S., n. 87, MaggiaGiugno 1938, p. 37 e 39
r02 A.C.S., n. 87, Maggio-Giugno 1918, p. 37 e 39.
532

57 Pages 561-570

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57.1 Page 561

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ordinato apostolato religioso, o era meglio lasciar stare e diffondere quanto già
veniva stampato dal centto. Ma quando sorse il Centro Catechistico e quando
l'Istituto Superiore di Teologia e Filosofia stava per assurgere ad Ateneo, cioè
per prendere il ruolo di vera Università, D. Ricaldone fu il primo a pensare
à riuirt. che collegassero queste Istituzioni salesiane agli altri similari del-
la Chiesa.
Abbiamo già visto come impostò la nuova << Catechesi >> del 1939 perché
risultasse un vero organo formativo per catechisti, insegnanti, sacerdoti dediti
ai catechismi parrocchiali, e nello stesso tempo ponte di collegamento con gli
altri Centri Internazionali di Catechetica per scambio di idee, di iniziative,
di metodi.
Una creazione nuova di D. Ricaldone nel campo delle Riviste fu <. Salesia-
num )> organo di studio, di formazione e di informazione degli Studentati Sa-
lesiani e in particolar modo dell'Ateneo. Egli annunziava \\a nuova rivista tri-
mestrale a tutta la Congregazione nell'apile 1939 con parole di raccomanda-
zione in quanto pubblicazione « destinata a costituire un patrimonio »>.103
Nel 1" numero uscito nel gennaio del 1939 con f indicazione: « Anno
1' Gennaio-Marzo L939, N. non si accenna aftatto alle sue origini, ma uni-
camente che il Direttore fesponsabile è il Sac. Dott. Andrea Gennaro dell'Isti
tuto Internazionale << D. Bosco » di Torino e che la rivista è edita dalla S.E.I.
Le prime pagine portano la presentazione di D. Ricaldone che ne espone
lo scopo con una lunga dissertazione su S. Francesco di Sales. Così egli si
inroduce: « Nel titolo è l'orientamento della Rivista ». E quindi spiega:
« Pare superfluo parlare di programma e indugiarsi ad espodo: scopo e meta
di ogni pubblicazione cattolica è diffondere e di{endere il patrimonio della
Fede, al servizio e sotto la guida della Chiesa, per dilatare il Regno di Gesù
Cristo, mediante la salvezza delle anime. Ma poiché ogni stfategia ha la sua
tattica conquistatrice e difensiva, così " salesianum " sintetizza I'orientamento
delle sue aitività nel glorioso nome del Salesio che ne decora la testata ,r.'u
Quindi
Vescovo di
D. Ricaldone dopo aver lumeggiato 7a dottrina, l'ascetica del Santo
Ginevra nell'ambiente stofico della riforma e più che al6o il modo,
il metodo, la prassi del suo insegnamento e della sua ascesi tutta pervasa di
semplicità, praticità, amore e dolcezza, conclude: « Individuata la strategia del
paciiico Conquistatore del Chiablese, tutta pefvasa di sapiente semplicità e
di accogliente dolcezza, illustrata la feconda praticità che Egli volle sempre a
coronamento della sua ascesi, sintetizzata nell'amore che, nelle sue effusioni
di zelo, evangelizza e conquista, attravefso anche le più eroiche immola-
zioni, pare logico fissare l'orientamento di " salesianum " nel motto che fu
a S. Francesco di Sales norma di apostolato fin dalf inizio del suo ministero
sacerdotale, e che S. G. Bosco lasciò come programma e strenna ai suoi figli:
" Da mihi animas coeteta tolle! " »>.ls
ro3
1&
A.C.S., n. 92, Maruo-Aprile 1939.
Da << Salesianum >>, gennaio-marzo
l9)9,
n.
1,
p.
1
!2 105 11 Salesianum >>, gennaio.marzo l9)9, n. 1, p. 9.
533

57.2 Page 562

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Appoggiandosi alla presentazione di D. Ricaldone, la Direzione di « Sale-
sianum » esplicitò meglio il fine della pubblicazione: << lo scopo e l'indole della
Rivista è chiaramente indicato nella presentazione che ne fa il venerato Supe-
1mlse1nsti-
Studiare i problemi teologici e
con Ia bontà e soavità del loro
filosofici, conribuire ad illuminare le
Parono S. Francesco di Sales e del
loro santo Fondatore Don Bosco; ecco il programma e lo spirito che anima
i Professori della Scuola Superiore Salesiana di Teologia e Filosofia.
I1 motto col quale chiude il suo articolo il Venerato Rettor Maggiore, essi
vogliono sia lo scopo supremo dei loro lavori scientifici.
Educati alla dolcezza del salesio e di s. Giovanni Bosco, intendono di
bandire dalla Rivista ogni spirito di critica acerba, ed ogni scritto che da tale
bontà non sia ispirato.
avere questo sapore di
Tutto
bontà
-e
Articoli, Note,
di dolcezza>>.16
Recensioni,
Notiziario
-
deve
Con questa Rivista D. Ricaldone lanciava i suoi Professori dell'Ateneo
nelf immenso e difficile campo della cultura ecclesiastica. Non già << sperimen-
tati e sicuri padroni, ma come umili gregari, animati dall'unico desiderio di
portare il loro piccolo e modesto contributo nel grande edi{icio della scienza
teologica e filosofica »>.1m
La Rivista avrebbe fatto conoscere al mondo colto ed ecclesiale, l'impegno
dei figli di D. Bosco nell'approfondire le scienze sacre secondo le diretàve
del Magistero
insegnamento.
della Chiesa e il loro metodo catechistico di divulgazione
A sua volta essa avrebbe trasmesso all'Ateneo salesiano
e di
l'eco
di ritorno di questa sua voce proveniente dagli altri Atenei ecclesiastici, dagli
altri Centri di studio, per un confronto, uno scambio di idee e avrebbe arric-
chito la Società Salesiana intera di tutta la pluralità di luci di cui l'unità della
verità splende e si riveste. E per la << Sua Facoltà beniamina )>, per l'Istituto
superiore di Pedagogia, D. Ricaldone non pensò a pubblicare nessuna Rivista?
Essa non avrebbe dovuto potuto essere un doppione di << Salesianum >>
sconfinare in << Catechesi »>... Ma forse la creazione di una apposita rivista di
pedagogia poteva costituite in quei primi tempi di assestamento a livello scien-
tifico degli studi pedagogici della Congregazione, un pericolo per la facilità di
sbandamenti che tale impegno procurava? o forse i,I fatto che la s. Sede
tardava a riconoscere una vera e propria Facoltà di Pedagogia ritardò 7a rcaliz-
zazione a data indefinita? Non si sa. Sta il fatto che nella mente di D. Rical-
done e ancora più nel suo cuore una Rivista di Pedagogia ebbe vita e scopi e
finalità sue proprie. Infatti nel suo taccuino personale del 1939 in data 18
febbraio c'è un'indicazione quanto mai laconica, ma ricchissima di contenuto.
Egli per quel giorno appuntò: << Riunione per la Rivista di Pedagogia-Commis-
sione >>. Dunque l'aveva già pensata! e non solo pensata, ma già le aveva dato
una commissione perché Ia studiasse e 7a rcalizzassel,
Il sogno di D. Ricaldone divenne realtà storica nel gennaio 1954 quando
lM
t0
Op.
op.
cit.,
cit.,
p. 10.
p. 10.
531

57.3 Page 563

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uscì dalla S.E.I. il 1' Numero della Rivista salesiana di Pedagogia << Orienta-
menti Pedagogici >>. Erano i figli di D. Ricaldone, i professori del Rebaudengo,
quelli che àgù uu.u, prepafato mandandoli a specializzarsi in pedagogia nelle
varie Università estere, a formare il comitato di Redazione.
Ma D. Bosco aveva lanciato reti da pesca anche in ambienti di media cul-
tura per raggiungere l'operaio e il professionista, lanciando una rivista amena
che conserrrava però sempfe la caratteristica di formare e di informare sulle
verità religiose: << Le Letture Cattoliche »>.
D. Ricaldone pensò anche a << Le Letture Cattoliche »>. Fin da Pre{etto
Generale nel 1927 , ne affidò la direzione ad una mente capace e ad una valida
penna: Don Favini che incoraggiò e sostenne nel'la redazione e nella diffusione.
Quando poi nel 1936 vi fu I'Esposizione Internazionale
tolica a Romal aflestita nella Città del Vaticano, per celebrate
della Stampa Cat-
il75'della fonda-
zione de << L'Ossefvatore Romano », D. Ricaldone se ne valse non solo per
un'ampia i,llusffazione di tutta la stampa salesiana, ma anche per rimettere in
loce le << Letture Cattoliche » di D. Bosco. Infatti proprio nell'aprile di quel-
l'anno esse raggiungevano il 1000" fascicolo. Era davvero un'occasione ottima
di propagandalhe-ueniva a dare un po' di pubblicità all'opera silenziosa e
,".rà..-fita fino allora, per rilanciare fra le masse la rivista che tanto favore
aveva incontruto ai tempi di Don Bosco.
Don Rica,ldone anche da Rettor Maggiore continuò a seguire le << Letture
Cattoliche » interessando per i suoi fascicoli ottime penne di Salesiani e di valenti
scrittori del clero e del iaicato. Impegnò pure la S.E.L per una più adeguata
veste tipogr afica
getica, È 1.,,,r."
in modo che \\e tratlazioni d'indole morale, religiosa, apolo-
amene ed edificanti di scrittori qualificati, presentati in edi-
Iione più moderna, suscitassero maggior interesse fra il pubblico »>.1G
E come non pensare ad una rivista per i giovani?
A questo scopo D. Marcoa,ldi ricorda gli intenti di D. Ricaldone e come
,«nGcihov. a^nii
giovani
».
egli
riuscì
a
dare
una
rivista
che
volle
proprio
chiamare
Fu sempre suo vivo desiderio rilanciare, in forma moderna, l'antico « Ami-
co della
principio
g-dio.vle,n"t.ù.
». Quel periodico
XX dall'Ispettoria
voluto da D. Bosco, era stato ripreso al
Salesiana della Sicilia, ma da anni ne era
..rrurà la pubblicazione. D. Rica,ldone pensò, dopo la guerra del'39'45 di ripre-
sentarlo con gli stessi intenti, ma con il titolo vivace: Giovani!
Fui interrogato anch'io se sapevo suggefire un Salesiano da mettere alla
direzione del peiiodico, ed io feci subito il nome di D. carlo cappello, giovane
insegnante a Valsalice, che maneggiava agevolmente la penna e si era addestrato
ad Isprimersi con brio ed efficacia, al,Ia scuola dt D. Coiazzi. Dalla penna
felice, D. Cappello pubblicava articoli per giornali e riviste, articoli che egli
faceva approvare puntualmente da D. Coiazzi, dato a lui come revisore dal-
I'Ispettore.
ls Cfr. «Bollettino Salesiano», Maggio 1%6, pp. 110, 111, 112
535

57.4 Page 564

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La proposta di D. Cappello fu accettata e << Giovani >> timpiazzò L'<< Amico
della gioventù )>.roe
Abbiamo anche visto come D. Ricaldone applaudisse alf iniziativa di D. Ber-
ruti per un'altra rivista giovanile, quella missionaria: << Gioventù Missiona-
ria >> e come ne fu il primo sostenitore dandogli come direttore un valente mis-
sionario: D. Demetrio Ztcchetti.
Queste riviste ci volevano, perché la gioventù poteva trovare in esse, se
conservavano 1o scopo per cui erano sorte, pascolo di idee, ricchezza di espe-
rienze positive e maturare convinzioni profonde difficilmente cancellabili.
Egli così scrisse al Ministo Pavolini che aveva mandato una Circolare per
promuovere periodici giovanili moralmente sani e costruttivi:
« Eccellenza,
E_cceplleenrmzaetutentepl_acuhseoinvivnaommeentme isoenetidtoelplaerF1aamcigirlciaolaSraelensi.an2a01ri0v0o/lPgaG
a Vosta
prot. da
voi rivolta ai direttori dei Periodici Giovanili allo scopo di richiamarli ad un
senso di più sentita responsabilità di fronte alTa formazione della coscienza
della Gioventù Italiana. È per noi rutti motivo di grande conforto sapersi così
altamente appoggiati nell'opera educativa che stiamo compiendo,
con Io spirito di S. Giovanni Bosco per plasmare giovinezze che
in nome e
con le loro
virtù, attività e sacrifici, fattivamente contribuiscano alla grandezza della Pa-
tfia nosffa.
Invocando sull'alta missione di V. Ecc.za e di tutti i Vosri Collaboratori
le più copiose benedizioni celesti, mi professo dell'Ecc.za Vostra
Obbl.mo nel Signore
Sac. P. RrCeroONB »> 110
Ma a coronare gli sforzi della Famiglia salesiana nel campo dei periodici
giovanili a scopo formativo pur se in veste dilettevole, 111rnJurru una rivista
per \\e ragazze. D. Ricaldone ne sentiva Ia lacuna, ma non si pronunciava per-
ché non era progetto facile, e per il carattere femmini,l. ,rr..bt..o dovuto im-
pegnarsi le F.M.A. La lunga esperienza che aveva di pubblicazione di riviste,
gli mosffavano la via ancora ffoppo ardua per le suore, che per quanto annove-
rassero valenti scritffici, erano incompetenti di redazioni gioìnalstiche, di
stampa,. di programmazione, di impaginazione di articoli... Nexun, aveva espe-
rienza delle cento difficoltà da superare, non tanto per far sorgere una rivista,
quanto per stabiTizzarne l'esistenza. come osare allora u pnlurc di un pro-
getto che sembrava più che altro un rischio? Fu il Capitolo Generale IX jelle
F.M.A. del luglio 1947 a venir incontro al superiore chiedendogli ciò che egli
non osava proporfe.
r@ Testimonianza di D. Evaristo
llo La lettera è senza data.
Marcoaldi,
agosto
1969
536

57.5 Page 565

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Fra Ie proposte varie, quasi conseguenza logica della trattazione sull'istru-
zione catechistica, ci {u 11 22 luglio la richiesta della pubblicazione di una
rivista per le giovinette allo scopo di controbilanciare 7a stampa immorale che
faceva tanta strage fua le rugazze!
D. Ricaldone ascoltò molto attentamente i progetti per tale Rivista, ma
quando l'assemblea si aspettava il suo consenso, con sorpresa generale egli
consigliò << di pensarci ancora bene prima di decidere in proposito »>.
Egli mise in luce le difficoltà non tanto per iniziare quanto per sostenere tale
pubblicazione, provenienti dalle spese non indifferenti, ma soprattutto dal conte-
nuto della rivista che per vivere doveva avere un forte mordente sulle giovani
a cui era stata destinata e che perciò bisognava individuare bene per età ed esi-
genze intellettuali e morali al fine di non madire lo scopo educativo della pub-
blicazione e nello stesso tempo soddisfare alle inclinazioni positive delle rugazze.
Egli era « favorevole alla proposta )>, ma temeva che il programma pre-
sentato non convenisse alla natura della rivista e al pubblico ancora poco ben
definito a cui si voleva dedicare.
Invitò perciò a sospendere momentaneamente la discussione e <( a pregare
il Signore )> per aver luce su di un argomento << di così vitale importanza>>.trr
Era stanchezza, s{iducia questa sospensione di D. Ricaldone di fronte ad
una proposta che accarezzava i suoi sogni? No, era saggia prudenza, avvedu-
tezza paterna; era esperienza di anni, di persone, di lavoro.
Il giorno dopo I'argomento venne ripreso ed allora D. Ricaldone fu più
esplicito e sottolineò con forua i punti chiave che si dovevano sostenere nella
rivista se si voleva fare di essa uno strumento educativo in veste dilettevole.
E questi furono: Ia « fedeltà costante al fine che le è assegnato perché non
avvenga come di altre pubblicazioni del genere che, sotte per uno scopo
nobilissimo hanno poi deviato su tutt'alro binario »; assegnarle come pubblico
le ragazze delle scuole medie inferiori e superiori; dade un campo maggiore di
bene rendendola adatta anche alle figliuole che non frequentano gli Istituti delle
F.M.A.; sottoporne ogni numero, prima di darlo al'le stampe, alla revisione di
una commissione espressamente nominata dalla Superiora. E concludeva: « Non
basta infatti che essa non contenga nulla contro la fede o contro Ia morale,
bisogna anche che vi sia mantenuto integro 1o spirito salesiano >>.
E la rivista nacque così, sulla roccia granitica dello spirito salesiano per
essere messaggio di fede, di sperutuza e di carità alle adolescenti.
Il gennaio del 1950 vide il suo primo numero col titolo << Primavera >> e
bussò timidamente anche all'Ufficio del 4' Successore di D. Bosco. Aveva una
veste tipografica ancora impacciata di piccola contadina, che, nonostante por-
tasse al mondo una bracciata di fiori, muoveva i suoi primi passi un po' gof-
famente... Ma il 4' Successore di D. Bosco aveva mostrato anche a lei la via
di tutte Ie imprese, le fioriture, le << primavere » salesiane: Ia fedeltà a D. Bo-
sco e la preghiera fiduciosa a Maria Ausiliatrice.
irl A.C.S. del Capitolo Generale XI delle F.M.A., 16-24 luglio 1947, pp. 106, 107
537

57.6 Page 566

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Così D. Ricaldone risposte al saluto di << Primavera »
« Il Sac. P. Ricaldone
Torino, )l-l-1950
Rettor Maggiore dei Salesiani di D. Bosco Santo gradisce il saluto di
<< Primavera >>: si compiace di vederla con le mani ricolme di promesse: Ie
augura il calore di una estate feconda e la raccolta traboccante dell'autunno.
Ciò avverrà se le scritffici di « Primavera )> avranno costantemente l'occhio
fisso in S. Giovanni Bosco che a tutti traccia il cammino del suo spirito, e se
umilmente porranno la loro fiducia in Colei, al cui amore è legato ogni vo-
stro vefo successo.
Di cuore benedico Redattrici e Letrici.
Sac. P. Rlcetootte >>
5)8

57.7 Page 567

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CAPO XXXV
LE ULTIN/E LEZIONI DI DON RICALDONE
La sua virtù fondamentale
Giunti all'epilogo del nostro lavoro ci domandiamo: << Quale fu la virtù
fondamentale che ornò l'anima del 4' Successore di Don Bosco? »>.
Forse la povertà, che praticò esemplarmente e di cui scrisse tanto bene?
O 7a pvezza, di cui fu modello sacerdotale impareggiabile, cantore sublime e
strenuo difensore? Od anche il lavoto santificato, che logorò la sua forte tempra
monferrina sull'esempio del Fondatore? O ancora la carità, che lo rese Padre
forte ed affettuoso nel governo dei suoi figli?
A chi sarà dato di scoprire il << segreto del Re »? Appunto perché <( segreto >>
è difficile e rischioso il volerlo individuare. Ma guardando a tutta la vita di
questo Grande e ripensando a quanto egli scrisse come direttiva ai suoi figli al
suo tramonto, dopo una lunga esperienza di vita religiosa e sacerdotale sofferta
e amat^, ci pare che Don Ricaldone al nostro interrogativo, risponderebbe:
<< L'umiltà », perché << l'umiltà è splendore di verità, rende gioconda la vita fa-
miliare e sociale, è lo scudo della castità, è la virtù che allarga il cuore a servizio
del prossimo ed è fonte di bontà e mitezza>>.r
Una certa sicrttezza di non essere troppo lontani dall'aver colto il vero
« segreto del Re » ci viene dalla confidenza che 1o stesso Don Ricaldone si lasciò
sfuggire nel 1943 in una delle Messe celebrate per il suo Giubileo Sacerdotale al
Colle Don Bosco. Nell'Omelia fatta in una di esse, egli che cercava di non
lasciar trasparire nulla del suo intimo, confidò: « Fin dal noviziato, ogni giorno,
uno dei miei propositi alla fine della meditazione, riguarda l'umiltà >>. E Don
Savarè che riporta queste parole commenta: <( Chi l'avrebbe mai pensato, vedendo
in Don Ricaldone la figura di un dominatoreT Con tante doti personali, con
tanto sviluppo della Congregazione, egli sentiva il bisogno di umiliarsi >>.2
E non fu un proposito ripetuto come consuetudine pietistica, ma c'è una
I Dall'ultima lettera scritta da Don Ricaldone ai Cooperatori, nella quale comuni-
ca la tradizionale Strenna per il 1952, pubblicata nel « Bollettino Salesiano » del 1 gennaio
1952. Era la stessa Strenna che già aveva comunicato ai Salesiani e alle F.M.A. (4.C.S., n.
t6r, r95t).
2 Dalla o Buona notte » di Don Tarcisio Savarè ai teologi di Bollengo, 25-11-1966.
539

57.8 Page 568

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catena di fatti a comprovare la volontà decisa di quest'anima ardente che puntava
alle vette per non rimanere imprigionata nelle valli anguste del proprio io.
Don Ziggiotti, Prefetto Generale, pensava di lanciare per iL L952 un anno
di preparazione alla Messa di Diamante (1953) di Don Ricaldone. Orbene,
egli nella lettera mortuaria riporta questa dichiarazione certamenre da Iui
ricevuta: << Preparano tante cose pel'53; ma non so come il Signore mi tolleri,
mentre disonoro la Congregazione e i Successori di Don Bosco >>.
D'altra parte il fatto che nei suoi scritti 1à, dove tocca questa virtù aI
suo stile un tono assai vibrato ed energico e ama riportare quanto di essa dicono
i Padri, specie San Bernardo, mosffa come egli la studiasse con attenzione parti-
colare. Si nota come cercasse anche di scoprirla nella vita dei Santi e di metterla
in luce come elemento di base della loro ascesi.
Basta pensare a Madre Mazzarcllo. Con che entusiasmo tratteggiò la ligura
di questa semplice contadinella che assurse all'onore di meritare il titolo di
Confondatrice delle F.M.A. proprio perché fu insigne per umiltà! Si sente
la passione dell'« asceta quando, constatando che tutto in lei fu frutto di umiltà,
mette in luce l'azione di Dio e la corrispondenza pronta e generosa della Santa
stessa. Essa vivendo nella realtà del suo nulla, rese possibile a Dio di operare
in lei << grandi cose )>.
E come incoraggia tutti, specie chi è agli inizi della vita religiosa o sacer-
dotale, a incamminarsi con fervore nella via dell'umiltàl E a chi viene gravato
di responsabilità, di missioni difficili non minimizza gli oneri, ma stimola ad
accettarli ed a portarli a compimento con 7a pratica dell'umiltà che in tutto
confida in Dio.
Ai novelli Direttori che facevano rilevare la propria incapacità per tale
carica, soleva rispondere: <. Conserva questa persuasione, che è il vero tali-
smano per far bene il Direttore »>. E spiegava che dall'umiltà nasce il pregar
bene, lo stare alla Regola, il consigliarsi, il trattare con bontà, ecc.
L'espressione: <, molto saprai fare se ti consefverai umile rr,3 come anche:
« il fondamento di tutta la perfezione è l'umiltà; con essa ttionferete su
tutto »>,4 e altri simili consigli sono comunissimi, familiari nelle sue lettere:
erano le rotaie su cui egli si muoveva.
Don Ricaldone scrisse molto e con competenza di ascetica: trattando delle
virtrì teologali e cardinali, dei voti e della pietà, egli fece una completa espo-
sizione della vita cristiana e religiosa; ma il fatto di aver steso un volumetto
sull'umiltà, mostra come egli la sentì elemento fondamentale di tutto l'edificio
della perfezione. Questa ttattazione che era programmata come settimo volu-
metto della Collana, dopo dovette dare la precedenza a << Don Bosco educa-
tof e >>.s
3 Dalla lettera di Don Ricaldone a Don Luigi Bogliolo il 20-9-19r.
a Dalla lettera di Don Ricaldone a Sr. Angiolina F.M.A. sua nipote, i\\ 18-9-1949.
s A.C.S., 24 Agosto 1950, dando ragguaglio circa la << Collana Formazione Salesia-
na )>, aveva sctitto: << Anche i manoscritti delle quatto virtù cardinali e di qualche a1-
tra principale virtù, quale la Pietà e l'Umiltà, già preparati da tempo e specialmente du-
rante il forzato isolamento di guerra, aspettano solo l'ultimo ritocco >>.
540

57.9 Page 569

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Il Signore gli diede il conforto alla vigilia del sr-ro trapasso di sapere che
il lavoro sulla virtù a lui tanto cat^ err^ stato completamente dattilografato per
la stampa. Infatti, il 23 novembre, come Don Tertone fu avvisato delle gravi
condizioni del Rettor Maggiore, si precipitò da Caselette a Torino. Trovò Don
Ricaldone già in quel grave sonno di coma da cui si risvegliava se interpellato.
Allora Don Terrone tentò di richiamarlo dal torpore, e inginocchiatosi al fianco
gli sussurò all'orecchio: << Signor Don Ricaldone, ieri ho terminato di copiare
a macchina la Strenna sull'Umiltà ».
Don Ricaldone ebbe una scossa, come risalisse dal buio alla luce ed escla-
mò: « Deo gratias! Deo gratias! »>.6
Nell'ascetica cristiana l'umiltà è il fondamento di tutte le virtù, in quanto
pratico esercizio di corrispondenza e di valoizzazione delle virtù infuse.
Tutta l'ascetica si riduce a vivere di grazia, a vivere pienamente in gtazia,
a vivere la gtazia: in una espressione sola, a vivere la vita di Dio.
ora dice Don Ricaldone: << Per andarc a Dio, per vivere della sua vita,
èzionneece. sMsaariioinchseistceirestmacochaibabmaostadrvarl^lasnoopsrtaraq-ueshtiicpulanbtoi rc;hqeusi ocn'èo
tutta la perfe-
I'assenza e 1l
compendio della vita clistiana >>.7 << Essenza )> e << Compendio )> questo spo-
gliaÀi della nosra vita, cioè questa umiltà integrale! Tale fu l'umiltà di Don
Ricaldone; di qui tutta la sua vita che fu volontà di Dio, vita di Dio.
" L'umiltà è splendore di verità "
si disse che l'umiltà è il coraggio della verità e D. Ricaldone ripeté 1o
stesso concetto, ma in stile salesiano, quando disse che « è splendore >> di
verità. Egli infatti la vestì a festa, togliendole la gtandezza eroica del <( corag-
gio >> e lu f... tbrillare dello scintillio che piace ai r^gazzi e che possono avere
le cose comuni, le cose quotidiane.
L',umiltà di D. Ricaldone fu turra così; una trama di episodi giornalieri,
di fatti domestici, di battute di conversazione, ma per chi le seppe captare,
sotto quell'apparcnza modesta, vi trovava lo « splendore » e ne rimaneva
abbagliato.
b. Bogliolo provocò questo fulgore nell'ultima estate di D. Ricaldone.
« Lo incontrai l'ultima volta nell'estate del l95l a Caselette, dove stava
ritirato a riposare lavorando.
Andai a trovarlo con un Monsignore della Curia di Torino. Lo ricevette
con quella cordialità signorile e patefna che lo distingueva e lo intrattenne a
prunà con quella conversazione che incantava. Quel bravo Monsignore che non
aveva ancora avuto l'occasione di conoscerlo da vicino, timase così impressionato
che non finiva di tesserne gli elogi.
6 Ricordi di Don Terrone della giornata, 23'71'1951.
7 Da una lettera di Don Ricaldone a Don Guglielmo Cabrini, Ispettore Argentina,
del 14-12-19)2.
541

57.10 Page 570

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Fu in quell'occasione che mi feci ardito a fargli una domanda. D. Rinaldi
aveva incominciato a stupire il mondo con i suoi miracoli e la sua causa di
beatifrcazione aveva preso un ritmo sorprendente. Gti dissi in modo forse un
po' impertinente: « Ma Lei che gli è vissuto tanti anni al fianco, non s'era
accorto della sua santità? » Ed Egli candidamente mi rispose, al plurale: « Non
ce ne siamo accortil )>.8
L'umiltà di D. Ricaldone ebbe quella voita bagliori singolari perché senza
avvedersene egli, riconoscendo la santità di D. Rinaldi, metteva in luce la sua.
Una volta, un tale, scrivendo a D. Ricaldone usò questa espressione: << Io
non mento né fingo. Se sapessi fingere a quest'ora sarei già Rettor Maggiore ».
Il segretario D. Savarè Ia venne a conoscere quando D. Ricaldone dettan-
dogli la risposta mandò alf interessato in cambio dell'insulto parole benevoli,
riflessioni adeguate, espresse con perfetta calma e padronanza di sé.
D. Ricaldone non sapeva davvero mentire fingere, preferiva essere
forte ma veritiero. Lo sperimentò D. Zerbino da chierico che dopo una udienza
con lui andata... male, dovette convenire che era uno di quegli uomini di governo
che se è necessario, non remono di dire la verità a costo di perdere popo-
larità. Egli, nella sua inesperienza e ingenuità si era presentato a D. Ricaldone
per perorare la causa di un suo compagno che ne aveva combinate di grosse...
Ma il povero « avvocatino )> aveva dovuto ritirarsi confuso e timoroso con la
causa persa... D. Ricaldone aveva difeso la verità con forza e il chierico Zerbino
per spaventato capì che il Superiore sapeva sacrificare anche l'individuo
per il bene della Comunità.e
Non sopportava neppure chi cercava di ingarbugliare, fare sotterfugi, na-
scondere. Un giorno non riuscendo ad affetare tutta la verità di una situàzione,
andò dai suoi << galoppini » dell'ufficio catechistico e disse a D. Bottini: << se
voglio sapere come stanno le cose devo chiederle a voi >>. euesto buon confra-
tello, infatti, nei suoi giri di propaganda catechistica nelle case, vedeva tante
cose e poteva chiarire.
un'altra volta in uiadunanza convocata
perché i riuniti esponessero le loro osservazioni
da1lo stesso Don Ricaldone
circa il nuovo fstituto di Pe-
dagogia, fu molto contento dell'intervento di D. Bonifacio che osò negare e
chiarire alcr-rne a{fermazioni fafie da altri. D. Ricaldone che faceva appuntare
quanto ognuno diceva, prontamente pregò di modificare ciò che prima era stato
affermato e annotato.r. Non sapeva poi davvero fingere o falsare situazioni e
atteggiamenti.
Una confidenza f^tta a D. Ghiglieno ce 1o mostra turto rasparenza: il vero
uomo umile e onesto, che non prende pose, ma si fa attento scolaro di quanto
Ia vita insegna ogni giorno e ascolta tutti per imparare da ognuno qualche cosa.
<< vedi, il Rettor Maggiore dei Salesiani deve essere stimato da tutti una
8 Testimonianza di D. Luigi Bogliolo.
e Testimonianza di D. Pietro Zerbino, 17-9-1968
r0 Testimonianza di D. Enrico Bonifacio.
542

58 Pages 571-580

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58.1 Page 571

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persona anche istruita, E io che non ho fatto l'università e neanche il liceo (ma
provvide che lo facessero gli altri) ogni volta che mi trovo con uno « specia-
lista >>, cioè con uno che molto bene sa di qualche argomento (anche come
stimar bene un bovino) io ascolto e cerco di imparare almeno una idea. Perché
così dovendo trattare con tante persone di tutte le specie, riesco come si dice,
<< di tutte le canzoni )> a saperne almeno una nota. E poi succede che qualcur-ro
mi dice: «Ma lei se ne intende un po'di tuttol ». E qualche volta io rispondo:
,, Eh, sì, un poco )>.11
Era così consapevole di poter ricevere sempre luce dagli altri che gli era
familiare richiedere ai confratelli il loro parere: << Tu che ne dici? E >> << voi
come fareste? ».
Queste sue domande che non erano fatte per posa o per curiosità, ma per
conoscere il pensiero altrui, sono uno spioncino sulla consapevolezza dei suoi
limiti. D. Ghiglieno ricorda di essere stato anche lui richiesto da Don Ricaldone
con un suo: <( Che ne pensi? »>. << Dopo la sua elezione a Rettor Maggiore in-
contrandomi
vieni a fare
all'Oratorio (io ero di Casa a
due passi con me per Torino.
Cumiana) mi disse:
Così fu. Dopo poca
-straDdaopmoi
pr^nzo
disse:
-di
Ho in pensiero di non attendere tanto direttamente alle F.M.A.
nominare un mio delegato che pensi ad esse. La Congregazione
Credo bene
si è estesa,
è aumentata ed io penso che sarò assorbito interamente dai Salesiani per coI-
rispondenza, udienze e circolati. Tu che sei stato segretario particolare di
Don Rinaldi sai che le Suore occuperebbero abbastanza il Superiore... Ne hanno
bisogno! Per questo le affiderei
mente annuii che faceva bene,
paderuln'esmpieorideenlzeagaftaot.taChneelnteempepnosic?h-e
Natural-
stetti col
Servo di Dio »>.12
<< Lo splendore della verità )>, tanto più vivo nei Santi quanto più si avvi
cinano a Dio, aveva in Don Ricaldone bagliori che lasciavano meravigliati, edi-
ficati quanti avevano la fortuna di rimanere tocchi. << Un giorno, scrive Don
Francesco Rastello, ricevetti una Sua lettera con accluso uno schema, scritto di
suo pugno, che doveva essere la ffaccia di una ttattazione di argomento cate-
chistico. Nella lettera mi diceva di riflettere sullo schema e di fare le osserva-
zioni opportune. Gli rimandai lo schema dichiarando che non osavo interferire,
ecc. Mi rispose semplicemente: <( Non hai capito »>, Veramente non avevo capito
I'umiltà del suo gesto >>.13
Don Marcoaldi, Direttore di Valsalice quando l'Istituto ospitava anche i
chierici filosofi dell'Ispettoria Subalpina, doveva tenere ad essi la presuitta
conferenza settimanale di formazione salesiana. Le sue lezioni, che erano un com-
mento chiaro, pratico, vivo di esperienze, destavano tale interesse tra i chietici
che la loro fama giunse fino all'orecchio di Don Ricaldone. « Chi 1o avrebbe
potuto pensare >>, scrive in proposito Don Marcoadi. « Don Ricaldone mi mandò
rr Testimonianza di D. Mario Ghiglieno in data ll'3-1966.
12 Testimonianza di Don Mario Ghiglieno, l7-j-1966.
13 Testimonianza di Don Francesco Rastello.
543

58.2 Page 572

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a chiamare; mi disse della soddisf azione dei chierici per quei modi di istruirli
e mi chiese di leggere gli appunti, che io preparavo volta per volta.
come capita ai veri « Grandi » tenne in molta considerazione quei miei
scarabocchi e mi domandò addirittura... 11 permesso di valersene per il suo la-
voro su « D. Bosco Educatore >>. Giunse al punto di pregarmi di fare poi una
revisione de1le bozze di stampa del primo volume su << Don Bosco Educatore >>
quando il tipografo gliele avesse consegnate.
Logicamente, dovetti obbedire; ma quel gesto di umiltà, assai significa-
tivo in un uomo della templa di D. Ricaldone, non potei più dimenticarlo.
Lui che aveva tutta 7a pteparazione per essere maestro e dare direttive >>.ra
La consapevolezza dei propri limiti fu fortissima in D. Ricaldone, ma poiché
egli era profondamente umile, questa non paralizzò la sua azione, ma 7a tra-
sformò in collaboraizone cioè in richiesta di aiuto e in scambio di reciproca
fiducia.
La consapevolezza delle deficienze personali e anche la visione oggettiva
di quelle altrui, 1o portava anche a riconoscere gli sbagli e ad accetta.ii.o..
taTi senza giustificarli scaricandone la colpa sugli uni e sugli altri. Se lo sbaglio
si era fatto, se ne doveva prendere atto per rimediare se ciò era possibile, o
almeno per evitare di ripetedo. Rimuoverne Ie cause? Sì, certamente, ma le
persone... finché, si è uomini... sbaglieranno sempre, compreso il Rettor Mag-
giore.
E parlando un giorno delle sue circolari, oiticate da alcuni perché rroppo
lunghe, le giustificò ricordando i suoi primi anni in Spagna, quando, inerperto
e solo, prese decisioni che furono veri sbagli e disse: << se noi, allora lontani e
soli, avessimo avute così raccolte queste norme, quanti sbagli di meno avrem-
mo fatto! sì, abbiamo f.atto i nostri sbagli: ma abbiamo toccato con mano
l'aiuto della Provvidenza, senza il cui aiuto avremmo sbagliato molto di più ».
Dunque, anche lui aveva sperimentato la confusione dello sbaglio, anche
se fatto in buona fede!
Qualche volta, anche da Rettor Maggiore, << forse fidandosi delle prime
impressioni, gli avvenne di fare troppo assegnamento su qualche confratello.
Diede così piena fiducia ad un giwane coadiutore, affidandogli incarichi molto
delicati, e poi, dopo poco, questi lasciò la congregazione. Altra volta chiamò
ad una carica di grande responsabitrità un confratello che non possedeva le doti
necessarie, forse abbagliato da7 suo buon spirito e anche dal dono di avere
parola facile e attraente >>.rs Erano errori di cui doveva poi subire le conse-
guenze! E sapeva anche i tristi strascichi di mancanze di fedeltà alle Regole:
allora non era più questione di sbaglio, ma di una catena di sbagli difficile a
spezzarsi.
Quando ebbe a ff^ttare un caso, fonte di gravissimi fastidi, di un confra-
tello che i Superiori immediatamente responsabili avevano ammesso alla pro-
la
1s
Testimonianza
Testimonianza
di
di
D. Evaristo Marcoaldi,
Don Francesco Rastello.
Agosto
1969
544

58.3 Page 573

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,,
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L >v
D. Ricaldone a Valsalice nel 1947, con gli ispettori e delegati dagli Stati Uniti:
D. Tozzi, D. Zavatt'aro, D. Rinaldi, D. Giovannini.

58.4 Page 574

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58.5 Page 575

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fessione derogando a qualche norma regolamentare, fece quest'umile riflesso:
« Ogni qual volta abbiamo fatto qualche cosa fuori della S. Regola, abbiamo
poi dovuto pentircene »
Se si trattava di errori personali era facile per lui revocare una disposizione;
più difficile quando erano implicati altri non sempre disposti a riconoscere l'er-
rore. Allora interveniva lui, specialmente quando si trattava di persone esterne
e ne andava di mezzo la Congregazione.
Egli, riconoscendo l'errore, chiedeva scusa a nome del colpevole, con tale
garbata sincerità, che l'offeso ne rimaneva rabbonito e quasi confuso.
Così capitò per il Signor Giuseppe Manelli al quale egli scrisse una lettera
dove, put chiedendo scusa per la pena arrecata, cercò di giustificare chi ne fu
la causa.
« Egregio Signore,
t9.t0.1942
sono dolentissimo che le cose abbiano preso una piega ben contraria all'at-
tesa, ai desideri.
Il Sig. Don F... certamente è andato oltre Ie sue intenzioni e vi prego
di scusarlo se, senza volerlo, ha potuto recarvi pena, come d'altronde la
reca a me.
Lo so, l'affare è spinoso, ma vi assicuro che non si è ralasciato di fare
tutto ciò che Ia prudenza consigliava.
A volte per non aggravare maggiormente il male si viene a manifestazioni
di relativa toTTeranza in attesa di momenti opportuni.
Pertanto continuiamo a pregare e speriamo che la Divina Provvidenza
disponga le cose in modo che tutto possa avviarsi ad una buona soluzione.
Dimentichiamo tutto ciò che abbia potuto turbare la pace e manteniamoci
uniti nella carità cristiana. Invocando sulla S.V. e sulla vostra Famiglia le più
abbondanti grazie celesti, mi professo
obbl.mo nel Signore
Sac. P. Rrcer,ooue >>
Un capolavoro di umiltà è la lettera che D. Ricaldone scrisse a un sacer-
dote di S. Severino delle Marche. In essa c'è la carità che scusa chi ha sba-
gliato e a sua volta chiede perdono per la pena tec^ta; 7a compitezza che vuole
in qualche modo riparare; e anche la virtù di D. Ricaldone che si sente << un
povero salesiano » ottantenne bisognoso di compatimento e di preghiera.
Che cosa era capitato? 11 Reverendo Don Angeloni di S. Severino si era
imbattuto in un salesiano ucraino il quale, oltre a non conoscere bene l'italiano
era sotto l'impressione di falsii preti che recentemente 1o avevano ingannato
presentandosi a lui con talare e il « Celebret >>. Nuovo poi dell'ufficio, dopo
quel primo smacco, diffidando di tutti, doveva aver trattato poco benevol-
mente il Rev.do D. Angeloni, che se ne era lagnato con D. Ricaldone forse in
modo eccessivo. La risposta di D. Ricaldone deve avere non solo calmato... ma
edificato.
545

58.6 Page 576

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<< Rev.mo Sig. D. Angeloni,
27 ottobre 1948
la
rispondo
mia pena,
alla
non
sua
per
lettera del 22
il tono della
c.m. Non so dide quanto sia stata grande
sua lettera, ma perché non fu accolta con
benevolenza la sua tichiesta. Posso dide che, in altri casi simili io stesso perso-
nalmente, qui e all'estero, mi sono affrettato praticamente a dimostrare e
anche con vistose offerte quella carità tanto inculcataci da S. Giovanni Bosco
specialmente vetso i Sacerdoti. Non per scusarci, ma per essere oggettivi le
dirò che quel povero sacerdote è un Ucraino Russo poco conoscitore della
lingua e da poco in quell'ufficio e aggiungerò che, proprio di recente, fummo
ingannati da alcuni che si presentarono vestiti da preti e con il Celebret. Ma
ciò non scusa la ma,ocanza di carità verso della sua persona e perciò voglio
essere
che i
io stesso a chiedere umilrnente scusa. Parmi
poveri figli di S. Giovanni Bosco si studiano
poi di poterla assicurare
di seguire fedelmente 1o
spitito del loro Santo Fondatore, pur riconoscendo tutti di essere ben lontani
dalle virtù e dalla santità del Padre. Mi preme poi assicurarla che saremo
felicissimi di riceverla e ospitarla in questa nostra Casa per dimosmarle prati-
camente la [ostra stima e il nosro affetto.
A titolo di dovetosa riparazione intendo che Ella parecipi ora e sempre
e nella più ampia misura di tutte le preghiere e opere buone che si còm-
piono nelle case e missioni salesiane nel mondo. E lei abbia la bontà di pre-
gare per questo povero salesiano prossimo agli ottanta a chi si prepara a pre-
sentarsi a'l ttibunale di Dio. Voglio sperare che la carità del nostro Divin
Salvatore ci sringa e santifichi nel suo cuore. Godo professarmi della S.V.
Rev.ma
umil.mo in G.C. e M. Sac. P. RrcerooNr'
indegno Successore di Don Bosco >>
Anche i confratelli sapevano che Don Ricaldone non tardava a chiedere
scusa quando si accorgeva che il suo temperamento l'aveva portato a trasmodare.
<< Ricordo un incontro con lui una sera dopo cena, al termine di una gior-
nata di lavoro intenso. Era molto teso, ma io me ne accorsi ffoppo tardi.
Mi ascoltò attentamente; poi rimproverandomi di trascuratezza nel seguire
alcune indicazioni dei Superiori, ebbe parole talmente forti che mi turbarono
assai; non trovavo il motivo di tanta severità.
La mattina del giorno seguente, venuto a conoscenza del mio stato d'animo,
mi chiarnò, e con parole calde di carità e di umiltà mi ridonò la calma,>.r6
Ma a testimoniare la profonda umiltà di D. Ricaldone c'è un fatto ricor-
dato da D. Marcoaldi. In realtà chi era stato incolto nell'errore non era Don
Ricaldone. Egli aveva cercato solo di tiparado e poiché si trattava dell'Arcive-
scovo di Torino, I'amicissimo Cardinal Fossati, nella pena di averlo disgu-
stato, f). Ricaldone vi rimediava con un prowedimento molto severo.
Quando però si convinse che non c'era colpa né errore da parte di nessuno,
ma forse un po' di esagerazione e di lettura f.atta... senza occhiali... e dopo una
16 Testimonianza di Don Francesco Rastello.
546

58.7 Page 577

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cattiva digestione, revocò Ia sentenza. Ma lasciamo che D. Marcoaldi racconti
lui stesso il fatto. « Ai primi del 1950, noi, Salesiani del Piemonte, eravamo
tutti presi dalla prossima beatificazione di Domenico Savio, l'allievo dell'Ora-
torio di D. Bosco, che in modo particolare sentivamo <( nostro >>.
In quei giorni uscì al pubblico il nuovo ritratto del giovane, eseguito dal
pittore Caffaro-Rore Mario e che la Postulazione dichiarò ufficiale.
D. Cappello al Giornale della D.C. « Popolo Nuovo » affidò un suo arti-
colo scritto con brio giornalistico, nel quale metteva a raffronto il nuovo volto
di Domenico Savio con quello di un tedesco, che per decenni aveva tenuto la
piazza. Nel Domenico Savio <.< tedesco » lo scrittore vedeva un allarnpanato se-
minarista stile « 800 » e giù... alcune pennellate su un certo tipo, già troppo
noto nella letteratura del genere.
il
Io non
Segretario
aDvoenvoLloevtatotol'avertnicnoeloinqculealslasem, dauttriannateinlaculeiz-ionecodsia
eccezionalel
religione, a
d-ir-
mi che il Rettor Maggiore mi voleva immediatamente a Valdocco, nel suo
ufficio.
Terminata l'ora mi affretto a raggiungere I'Oratorio. Nel parlatorio tovo
D. Giraudi e D. Ceria. Seduti attorno ad un tavolo stavano combinando una
dicitura. Appena mi videro, cessarono di attendere al foglio e D. Giraudi mi
disse, mostrandomi il
pello!.l? Ha pubblicato
guinorantatilceo: lo-
Vedi che guaio ha fatto il suo
contro i Seminadsti e il Cardinale
D.
ha
Cap-
man-
dato una fotte lettera a D. Ricaldone, che ne è costernato. Adesso stiamo
preparando
Cascai
:un^ tittattazione che deve uscire sul << Popolo Nuovo!
dalle nuvole! Prima di salire dal Rettor Maggiore
s>p> i-egai
che
io
non avevo letto l'articolo, petché solo alla sera posso dare un'occhiata ai gior'
nali; che D. Cappello aveva il revisore assegnatogli dall'Ispettore e che mi con-
sentissero di leggere quel famigerato scritto che aveva provocato le ire dell'Arci
vescovo. Mi misi a leggere con calma quella colonna e mezza, mentre gli altri
tornavano al trafiletto per una riffattazione.
Terminata la lettura mi permisi di far osservate: che io non trovavo niente
di ereticale in quello scritto; che le frasi giornalistiche andavano prese nel loro
contesto: che forse Sua Eminenza ayeya sentito il commento poco sereno di
qualche curiale il quale aveva visto in quelle battute chissà quale ruina per il
nuovo Seminario di Rivoli; che una ittattazione peggiorava il male, perché
pSoeccohni dleogmgoenboalsetacvoalounnnaecdoertei sgeiorrinsapolisetainavlleacleetrteesrtaandoel^l'Attrrcaivtteisdcaovuon. trafiletto.
Invece seppi che D. Ricaldone mi aveva chiamato per dirmi che proibissi
a D. Cappello di scrivete ancora e gli facessi sapere che era senz'alto tolto da
Direttore della Rivista << Giovani >>.
Il prowedimento preso << ab iratu »>, mi parve tanto esagerato che osai
dire a D. Giraudi e a D. Ceria: - E Voi non avete fatto considerare la gravità
17 Era stato D. Marcoaldi a proporre D. Cappello come Direttore della Rivista
<< Giovani ».
547

58.8 Page 578

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del,la decisione? Permettereste che un vecchio si presenti al Giudice Divino con
una
sentenza
D. Ceria
così ingiusta per le sue proporzioni?
mi parve alquanto impressionato: D.
G-iraudi
rispose:
già
pat-titaP. rMovaa,cai tuo,noseresedi ivaDtle. nRteic! a-ldoEnec, i
provai. Purtroppo
il provvedimento
la
fu
smentita era
riconosciuto
esagerato e revocato. È difficile rovare Superiori che sappiano dire: << Ergo
erravimus! ;,
-.18
" L'umiltà rende possibile e gioconda la vita familiare e sociale »
Il riconoscimento sereno, senza amatezza strzzosa delle proprie deficienze,
rende possibile f incontro con il prossimo perché d1lata al massimo la capacità
di comprenderlo e di amado così com'è, con gli stessi limiti e fragilità che ri-
scontriamo in noi. La propria debolezza e insufficienza rcnde l'occhio dell'umile
aperto con bontà e con dolcezza sul fratello; insegna a vedere l'ombra in rap-
porto della I'r.rce e perciò anche ad amatla, non in quanto è carenza di sole, ma
perché fa desiderare il sole.
L'incontto familiare e sociale nasce quindi per l'umile nella comunanza
della debolezza u.rr,ata, ma non per provocarla con alterigia sarcastica, e nep-
pure per avvilirla in amaro e infecondo pessimismo. L'umile se ne serve come
base di comprensione, di compatimento da cui partire per scusare e far fiorire
un reciproco aiuto nel bene.
Don Ricaldone si meravigliò forse quando veniva a sapere che confratelli
e superiori lo criticavano e non vedevano in buona luce il suo operare? No.
Sapeva benissimo che non piaceva un suo detto, perché non si prestava spesso
ad una interpretazione benevola, tuttavia la considerava una norma sapiente:
<< Govetnare con mano di ferro in guanto di velluto »>.
Egli stesso però si trovava tanto difettoso e poi sapeva che è inclinazione
di natura notare i difetti alffui, giudicare l'operato alrui. In propo'sito l'espe-
rienza e più ancora la presenza di Dio nella sua giornata l'aveva reso molto
guardingo. Non era l'uomo dai lunghi e complicati ragionamenti, ma sapeva
dire molte cose, racchiudere tutto un trattato ascetico in una sola frase, in una
semplice battuta.
Il Card. Giovanni Testa fece suoi, due di questi 'motti ' che mettevano,
come si sul dire, con [e spalle al muro chiunque avesse pensato di avere motivi
sufficienti per spuntarla. A chi scriveva borbottando su questo o su quello
soleva rispondere: << Non usare inchiostro troppo nero »>. A chi invece con legge-
rezza sentenziava su tutto e su tutti: << È sempre dillicile giudicare il prossimo »>.
Molti si presero come programma di vita quel motto, sintesi stupenda di
umiltà e di carità, che egli diede come strenna nel 1933: << Pensare bene di
tutti, parlare bene di tutti, fare del bene a tutti ».
18 Testimonianza di D. Evaristo Marcoaldi, Agosto 1969
548

58.9 Page 579

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Egli l'attuò per tutta la sua vita.
D. Mario Ghiglieno ha lasciato al riguardo questa preziosissima testimo-
nianza sulla bontà di D. Ricaldone:
« Nelle moltissime ore in cui ebbi la gioia di trovanmi in dimestichezza
con lui, quando veniva a rifugiarsi a Cumiana per allentare un poco la molla
sempre tesa e vi si appartava sotto un tettuccio solitario che si era fatto fare lon-
tano da casa <( per poter lavorare un po' tranquillo >>, mai, assolutamente mai,
neppure una volta, mi accadde di udire da lui una parola di condanna e nep-
pure di diplorazione per i tanti malevoli derattori che ben sapeva avere. E
neppule di nessun altro, sopra, sotto, né accanto a sé; se giudicava i fatti
o i detti, scusava la persona. Così anche e soprattutto in questo, era un
grande >>.re
Era perciò sempre « possibile >> vivere, tratt^re con D. Ricaldone. Anche
i caratteri meno felici, anche quelli che avevano il suo stesso temperamento e
la sua stessa fotza di dominio e quindi facili a provocare scintille trattando con
lui, bastava che avessero un po' di umile comprensione per trovafsi subito bene
in sua compagnia. Si trovò egli, << comandante >> davanti a un << generalissimo >>:
Don Giraudi; eppure collaborano con retta intenzione cercando il bene della
Congregazione.
Le difficoltà ci furono per tutti i Capitolari e prima di tutti per D. Rical-
done stesso, che vedeva i suoi Collaboratori << masticare poco dolce >> come ebbe
a dire sorridendo di D. Ziggiotti nei primi tempi, in cui 1o aveva chiamato a
ricoprire \\a catica di Consigliere Scolastico Generale. Don Luigi Tavano sentì
questa esptessione in bocca di D. Ricaldone che la disse per tutta risposta a
chi gli mosrava D. Ziggiotti come poco adatto per essere Superiore Capito-
lare: u Già, ad alcuni sembrò che D. Ziggiotti masticasse poco dolce nei primi
mesi che fu qui. Ma io vedo che fa il suo compito, ed aiuta anche il buon
D. Beruti che non sta troppo bene >>.m
La severità di D. Ricaldone sofferta da qualcuno come forma eccessiva di
autorità, era più che altro moto primo del suo temperamento impulsivo, provo-
cato da un senso di responsabilità che lo rendeva intransigente su certi punti
come l'osservanza, la moralità, l'obbedienza. Era esplosione esterna, qualche
rarissima volta anche violenta, se si vuole, ma prodotta da autentico ze7o, mai
da acredine o da risentimento.
A D. Valentini che era rimasto mortificato per essere stato pfesente ad un
rimprovero un po'.... << forte »> che aveva fatto al suo Prefetto Generale D. Zig'
giotti, disse poi con molta bontà quasi per togliergli quell'impressione e spe-
iirl-.nt. per evidenziare le doti diD.Ziggiotti: << Vedi, devo insegnargli a fare
il Superiore >>.21
Una scusa per giustificare il cuore, la volontà dei suoi << carissimi figliuoli »
re Testimonianza di D. Mario Ghiglierc, 8-4-1967
m Testimonianza di D. Luigi Tavano.
2r Testimonia,nza di D. Eugenio Valentini.
549

58.10 Page 580

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l'aveva pronta per tutti anche se prendeva visione dei fatti come oggettivamente
si presentavano.
A chi pada di un Direttore che rendeva gravosa la vita di Comunità
per il suo tratto asciutto: <( Non sorride mai! >>, osservò bonariamente: << Pove-
retto, avrà forse il trigemino che gli f.a male, come il mio. Allora è impos-
sibile sorridere »>.2
Era poi edificante e anche piacevolissimo quando, giustificando, scusando,
sapeva portare la situazione incresciosa creatasi per la mancata virtù di qualcuno,
in clima scherzoso con i suoi accostamenti arguti e le sue battute umoristiche.
Allora il disagio momentaneo che poteva stagnare in mormorazione e agghiac-
ciarsi in disgusto, si scioglieva in una tisata generale.
Ricotda D. Pugliese come Ia bontà di D. Ricaldone risolse la cocciutag-
gine presuntuosa di un Confratello.
al
<< Una volta in
Rebaudengo. Li
agdoisritgoe-va
non
D.
Rriiccoarlddoonle'a. nDno'im-profevcviisgoli
Esercizi Spirituali
la temperatura si
abbassò e la sera faceva piuttosto freschetto. Al mattino D. Ricaldone mi spedì
con la sua macchina a fatmi date delle coperte da un confratello coadiutore che
custodiva la casa di Castelnuovo Don Bosco, temporaneamente chiusa e affidata
alla cuta di D. Stella, ditettore dei Becchi. Il Coadiutore non si arrese e mi
fece tornare senza nulla, dicendomi che egli riconosceva solo gli ordini di Don
Stella e di nessun altro.
Alle sera D. Ricaldone diede una buonanotte amenissima, tratteggiando
magnificarnente la figura del Coadiutore Salesiano, che chiamò scherzosamente
<( cane fedele » e riferì I'episodio tra I'ilarità generale >>.8
Più delicato fu l'incidente capitato al Colle. Ma D. Ricaldone seppe anche
allora con finezza di padre ristabilire I'equilibrio nel gruppo e riportare il sereno
in quella gita lavorativa che doveva essere anche distensiva. D. Terrone fra i
molti ricordi taccolti su D. Ricaldone, ha anche questo, indice di quel dominio
di che viene da un'umile bontà di cuote.
<< In occasione di certi lavori campestri al Colle, D. Ricaldone aveva con-
dotto con sé alcuni Confratelli competenti, D. Gullino, D. Stella e qualche
alfto.
Quando la comitiva arivò alla zona dove ora trionfa il magnifico frutteto,
D. Ricaldone, volendo prendere alcune misure, mandò a chiedere il triplometro
ad un confratello coadiutore, che in basso, a qualche decina di metri, stava
lavorando. Prese le misure, rimandò il triplometro; ma dopo alcuni minuti, ri-
cordando un altro particolare, rimandò a prendere la canna. Il confratello,
alquanto contrariato, si impazientì e consegnandola disse ad alta voce: « Spero
che ora basti, non verrete mica a prenderla una terza volta, io debbo lavorare »>.
Egli non pensava che le sue parole sarebbero arrivate distintamente alla comi-
tiva, che in quel momento attendeva in silenzio. D. Ricaldone che aveva udito
2
a
Testimonianza
Testimonianza
di
di
Don T. Savarè.
D. Agostino Pugliese.
550

59 Pages 581-590

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59.1 Page 581

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bene, non disse nulla, ma si era accorto
maluccio per quella lagnanza. Rimandata
che i confratelli erano rimasti un po'
la canna e ripreso il cammino, dopo
alcune parole sul lavoro in corso, prese a tessere l'elogio di quel giovane capo
.".pugi", lodando la sua attività, il buono spirito:
uoltà É un po' troppo vivace, è un temperamento
<f(oMrtae,-
auatgogriituanrsioe..-.
qualche
». Allora
io, abusando forse della confidenza che il superiore mi concedeva, mi permisi
di interrompere, sia pure
e volevo continuare, ma
scherzevolmente:
una bella risatina
<< Eh, si
di tutti
capisce! È
mi troncò
di
la
Mirabellol »
frase. Il più
allegro parve allora D. Ricaldone. A me nessuna parola: solo un gesto con la
mano che significava: certe cose non si dicono!
piccole inezie, ma sicuro indizio di buon cuore e di paterna compren-
sione.2a
Quanta bontà ebbe D. Ricaldone per capire i << meno capiti » e consolare
gli... « umiliati ».
D. Luigi Tavano, a cui D. Ricaldone non lasciava sfuggire nulla e quindi
abituato a ricevere piccole o grandi << lavate di capo » ficorda come un giorno
(se lo segnò persinò nel taccuino: 16 giugno l»9) D. Ricaldone con bontà
riconoscente g1i di..., << Un Segretario può santificarsi più che un Rettor Mag-
giore! >> Con quell'espressione i1 Superiore mostrava al suo caro aiutante quanto
Iapirre il suo lavoro, come ne misurasse tutto il sacrificio silenzioso e nascosto
che comportava, e quanto gli era riconoscente per il suo filiale aiuto generoso
. buono. E a chi sapeva che aveva bisogno della sua comprensione, ancora
qualche
lri . fl,
tera D.
giR'riolictrianmlodàopnr-eimmadàii irriinmnggorraraizzreiiaavmfeaecenpteosrc.crhÈivéeDrea.vueLnvaaocolesnetitmecrphareealossauapotutnetoosmtiane:te-«rpNrleealtlaadreeletttòi-l
suo pensiero ed eseguite la sua volontà anche a rischio della vita »>' Era verol
E questa attestazione giunse a dare <( non lieve conforto! »'
E che finezza per il piccolo studente orfano così umiliato in quella sera
di festa! Forse fu proprio ia bontà di D. Ricaldone a fare del piccolo Pietro,
D. Pietro Ricardino, Salesiano.
Ancota oggi ricorda quella serata di S. Pietro a Valdocco'
o Il signore quella sera ha voluto punire ,la mia <( superbietta )>.
Era la festa dl O. Ricaldone e, al solito, io dovevo dire il discorsino di
occasione! Ma il testo mi
l'avevo assimilato alfatto.
era
La
stato dato da studiare da poco tempo e io non
repidazione del momento aggravò il mio stato
d'animo e fu un fiasco solennissimo. Facevo pena a tutti ed a me stesso. Ma mi
stava bene la umiliazione. Il giorno dopo D. Ricaldone mi chiarnò nel suo uffi-
cio e... mi consolò.
D. Bo6a dovette aver sofferto non meno di me, perché lui, consigliere,
aveva tanta fiducia nel suo <( oratore ufficiale >> e quella sera invece'.. »>2s
Come consolò il piccolo oratore impappinato D. Ricaldone?
24 Testimonianza di D. Lugi Terone.
2s Testimonianza di D. P. Ricatdino, »'8'1969
551

59.2 Page 582

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Lo disse egli stesso un pomeriggio a cumiana, dopo I'accademia. Lo fece
chiamare e gli disse: « oggi il Signore ti ha fatto una grande grazia, perché... ».
Dopo quella festa << irnpappinata » e rasformata in gaudio d'anima dalla com-
prensione di D. Ricaldone, il Ricardino, divenuto D. Ricardino, ogni anno scri
veva a D. Ricaldone per ricordare con lui l'anniversario della sua umiliazione...
inizio del << dono di Dio! ».
Ma questa delicata, larga comprensione non era solo per gli intimi di fami-
glia e l'abbiamo già notato in parecchie circostanze del,la sua vita. Sapeva capire,
scusare e anche molto perdonare. Così gli fu possibile essere in buoni rapporti
con tutti, dialogare, anzi Tegarsi in intimi rapporti di amicizia con quanti vol-
leto accettare il suo sorriso e la sua mano sempre tesa.
Una [inezza nobilissima ricordata da D. Terrone:
« Era il giorno 19, festa di S. Giuseppe. D. Ricaldone mi chiamò: << pren-
di questa lettera, mi disse, e portala al cottolengo consegnandola nelle mani
di Padre Talenti: 'u oggi è il suo giorno onomastico »>. Arrivai alla piccola casa
quando il Padre era già in Coro con i Sacerdoti per il canto delle ore. pregai
che 1o invitassero ad uscire per un minuto solo, dovendo io consegnargli una
lettera a mani proprie. Venne subito continuando a canticchiare; prese la lettera
che io gli presentai, Ia mise rapidamente in tasca, senza guardarla e tanto meno
apljrla. Potei appena dirgli che Tamandava D. Rica,ldone, che egli si era già vol-
tato ed incamminato al coro, dopo aver detto il rituale <<Deo gratias! »>.
Qualche tempo dopo in un crocchio, mentre si parlava delle molteplici
varietà
il mio
di spirito, di metodi ecc... io con una leggera
fulmineo incontro con Padre Talenti. E D.
punta di malizia, raccontai
Ricaldone, con tutta sem-
plicità: << Il cottolengo fa così (non ci tiene all'etichetta, alle forme d'uso). Non
c'eta alcun bisogno di darti alre soddisfazioni»>.
<< Capisco, replicai, ma mi sembrò allora che Ia busta non fosse tanto
leggerall! >>.
<< E con ciò? Erano trenta mila lire (Noto che si era prima della guerra).
Ma il Cottolengo fa tanto per noi. Sono sempre pronti a& accogliere i nostri.
Temo anzi che qualche volta noi abusiamo della loro carità. Non faremo mai
tanto quanto il Cottolengo si merita »>.
E fu anche tanto magnanimo nel perdonare perché fu profondamente
umile. I suoi atti di bontà scendevano all'offensore con naturalerru, .o-. .or.
dovute; non li faceva mai pesare. volle largheggiare per essere come D. Bosco,
che si considerava << il povero D. Bosco >>, bisognoso dell'aiuto di tutti. così
quando al Cottolengo morì il Canonico Colomiatti che aveva tanto ostacolato
la Causa di beatificazione di D. Bosco, D. Ricaldone mandò ai suoi funerali una
fitta rappresentanza di confratelli, come fosse stato iI più grande benefattore
della Congregazione. La cosa stupì talmente che i preti secàlari scherzosi dicevano
in piemontese: « I salesian l'han pagalu binl ».27
26
n
Padre Talenti
Testimonianza
era l'allora Superiore Generale.
di Don T. Savarè, « I Salesiani
l'han
ricompensato
bene!
»
552

59.3 Page 583

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D. Pugliese ricorda un altro episodio:
« Una volta un ufficiale della Curia di Torino mi pregò di chiedere se
avesse potuto alloggiare al nosffo << Istituto S. Cuore »> in Roma dovendosi
recare qualche volta per terminare i suoi studi. Riferii a D. Ricaldone. Si fece
serio, pensò un momento e mi disse: « Sì, perché quella persona ci fece tanto
male! »> E aggiunse: « Don Bosco ttattava così chi awersava la nostra Con-
gregazione >>.28
D. Ricaldone guardava gli uomini e le cose con gli occhi di Dio, che è
Padre e vede e guarda tutti nella figliolanza d'amore del suo Unigenito.
In questo sguardo tutto rimaneva imbevuto di fede, per cui le fragilità,
le incomprensioni, le stesse ingiustizie naufragavano nella paternità di Dio che
sa ricavare il bene anche dal male. Gli uomini? Che potevano fare gli uornini
contro Ie opere di Dio? Si agitassero pure; Dio avrebbe detto sempre lui l'ulti
ma parola.
Con questa logica si spuntavano tutti i dardi lanciati alla persona del Rettor
Maggiore, alla Congregazione e alle sue opere; non riuscivano neppure a scal-
fire la pace e l'imperturbabilità di D. Ricaldone. Non è che non ne soffrisse, ma
aveva le sue scappatoie: una la più vitale, era la preghiera. Da questa ne usci-
va sempre rinfrancato e con la fiduciosa cettezz^ di essere con Dio; trovava la
grazia dell'atto buono, della pazienza, afiche della risposta che sapeva mettere
le cose a posto. Di queste sue risposte sapienti che troncavano la parola in bocca
e i pensieri neri, ne conoscevano tante i suoi segretari.
Eccone una. D. Savarè aveva commentato <( un fatto del giorno »>. << Nella
tal nazione aspettano che noi costruiamo gli edifizi e poi se li pappano ». E
D. Ricaldone: << Questo è il meno. L'essenziale è di conservare il buono spirito
e fare guerra al peccato ».
L'uomo umile è veramente un sapiente, semplificatore della vita e la sa
prendere come è, senza drammatizzatla appiattirla. Questa intima bontà di
cuore si rifletteva nella sua abituale serenità di volto.
Il Teologo Peyron di Torino che ebbe modo di avvicinarlo qualche volta
trovò che in lui impressionava << 1o spirito di serenità, il sorriso abituale, il farsi
tutto a chi aveva dinanzi come se non avesse avuto altra persona o altra cosa
da farc. Sembrava, awicinandolo, che ci aspettasse da un pezzo e ci deside-
rasse »>.3
Abbiamo già visto come il suo sorriso colpì anche all'estero. Durante i suoi
viaggi come Visitatore straordinatio con facilità attirò la confidenza dei con-
fratelli, che incontrava per la prima volta, per quel suo sorriso che apriva i cuori.
E fu quel suo aspetto semplice, familiarc in tutti i suoi atteggiamenti, che si
cattivò la simpatia e incise sugli animi sopratrutto dei confratelli giovani e
dei nuovi ascritti.
Ricorda D. Guido Favini: << Di una sostenutezza e dignità pari al grado
28 Testimonianza di D. Agostino Pugliese.
2e Testimonianza del Teol. D. Michele Peyron, 28-11,-1969.
553

59.4 Page 584

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e al posto che così degnamente occupava, era di una alfabilità incantevole anche
con le persone umili. Ricordo il mio entrare al Noviziato, quando, circondato
dalla numerosa schiera di nuovi ascritti, si inratteneva con tutti indistin-
tamente a ridere, anzi a sorridere di compiacenza delle {acezie, di per insi
gnificanti, che l'uno o I'altro andava raccontando, intercalandole alle sue, sem-
pre esilarantissime e quanto mai piacevoli.
È risaputo come occupasse il suo tempo in un lavoro continuo e instan-
cabile; ciò nonostante si intratteneva con comitive di confratelli e di giovani,
di passaggio all'Oratorio, con tale spontaneità e seltza dar segno di uolerla
finire, tanto da far pensate a qualche indiscreto se per caso avesse nulla da farc.
Era questa una sua prerogativa e una virtù che lo rendeva degno del nome di
Padre, avvicinandolo sempre più a,lla grande figura del Santo Predecessore e
Fondatore »>.
Come piaceva aD. Ricaldone la conversazione familiare, argutamente scher-
zosa! Era già sempre immerso in pensieti gravosi, in situazioni inricate e sen-
tiva per e per gli altri come un bisogno, scrollare da,lle spalle almeno per
qualche istante, tante preoccupazioni per avere poi la forza di portarle bene,
senza neppure farle sentire agli altri. E poi lo scherzo fine è elemento di fu-
sione, perché getta scintille di luce; la battuta argvta e aggraziata fa entrare il
sole dell'unione dove l'indiff erenz^ vorrebbe immusonirsi nell'individualismo.
A tavola perciò non si portassero preoccupazioni e fastidi. Dopo il tempo
di lettura voluto dalla regola e sempre fedelmente osservato (rarissime le ecce-
zioni), seguiva il tempo della conversazione; egli stesso la iniziava rivolgendosi
con una punta di atguzia all'uno o all'altro Capitolare, o ad un commensale di
passaggio.
Ricorda D. Fedrigotti:
« A tavola era faceto e amava stozzicarc bonariamente l'uno o I'altto, con-
tento di doversi poi difendere da qualche contrattacco contro ls « glorie » della
sua nativa Mirabello, di cui decantava i quatro << rivi »>; anche se si trovò
in serie difficoltà quando, D. Giraudi, che era il più formidabile avversario nel
difendere i campanili, poté arrivare a dimosrargli che le risaie della sua Ver-
celli erano più alte delle « Colline » di Mirabello!
Quando ritornai dalla mia visita all'India, avevo lasciato crescere la barba:
era quel che era; sarei anche stato disposto a tenermela in permanenza. A ta'
vola però notavo che D. Ricaldone mi guardava un po' di traverso, finché un
giorno sbottò: « Mi pare, disse, che sarebbe tempo che certi sgorbi sparissero
da questa tavola »>. Io accusai il colpo e risposi: « Eppure io conosco uno che
a questa tavola ha conservato la sua barba per lungo tempo ». Alludevo alla
bella barba bianca che egli aveva portato di ritorno dall'India. ,, Sì, ribattè
pronto, ma quella era una barba! » Mi detti per vinto e me la feci tagliare >>.
Ma cosa erano queste « glorie » di Mirabello diventate così famose che
ritornavano in campo quasi ogni volta che qualche nuovo ospite sedeva a
mensa coi Superiori e incuriosito ne faceva domanda? Era una piacevolissima
serie di barzellette monferrine che prendevano l'avvio dai 'quattro fiumi' e dai
554

59.5 Page 585

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'quattro castelli ' di Mirabello fino alla domestica del notaio che sapeva parlare
in latino e monderrino.
Con grande serietà Don Ricaldone così annunciava i 'quattro fiumi mira-
bellesi ':
«U de la Vetna
Urìdela Tocia
Urìdela Campustrina
Urìdela Grana >>.
« Il rio della Verna
Il rio della Tocia
I1 rio della Campustrina
I1 rio della Grana »>.
E poi i quattro castelli, individuabili dagli spalti, dalle vie, dalle cappelle
del paese! Persino S.E. Provera, nativo di Mirabello, strabiliò e rise di gusto
a tale presentazionet
Le barzellette poi in vernacolo monferrino, (talune attinte da raccolte di
poesie dialettali), raccontate da lui con quella cadenza che volutamente faceva
più paesana, esilaravano tutti, Don Ricaldone compreso, che sembrava le tro-
vasse nuove ogni volta che le diceva. Eccone una:
<<Cor mundam crea
E 'ltraduiva: -
»C-rea
sl dsiva'l
l'è 'l cozur
me
del
Prevost. (:
mund » (E
diceva il
traduceva:
mio
Crea
del
Prevosto)
è il cuore
mondo).m
un
E 1o
pezzo
dsipeczoiradleoncehesaanvietavariodci otuntttroo?il-colAeraq,ureislpsoesme,plsiceinoznaescchoempgolirscih: iedeva
<< Qui 'nt al cassiot j hoen I'ultima (Qui nel cassetto abbiamo l'ultimo
marela
pezzo)
'tn'hai basta'd vint centim?... (Ne hai abbastanza di venti centime-
Ma adès ch'ai pens: propi ieri
'l l'hoen dacia a me sourela! »
tri ? ).
(Ma adesso che ci penso: proprio ieri)
(li abbiamo dati a mia sorella!)
E quell'autorità del paese che andò dal Prefetto della Provincia a dire
che volevano anche loro la sirena?
Dopo un gustoso dialogo, in dialetto il primo e in italiano l'altro) il
Prefetto intemoga:
-
-
E che voltaggio avete?
Voltaggio?!... Ah, 'l nost pais
a I'è voultà vers Fubine!
(Voltaggio? Ah, il nosto paese)
voltato verso Fubine!
- altro paese -)
Quando toccava l'Oriente gli episodi ameni gli fluivano dalla mente e
dalle labbra a cascatelle, ed era un godimento per tutti. Dal pollo arrosto tanto
§ <<Crea» - Celebre Santuario romanico-gotico, nel Monferrato, tra Asti e Casale,
presso Moncalvo. Ai Monferrini naturalmente catissimo, corne la pupilla degli occhi.
555

59.6 Page 586

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cercato nei bagagli e ritrovato poi dopo giorni ormai puzzolente da un cane
che abbaiava e guaiva vicino a un pacco, al fachiro che in India gli predisse tre
cose: 84 anni di vita, una grande eredità e che dopo morte sarebbe andato su-
bito al Nirvana senza passare per il ventre di una mucca.
Ma anche in Italia ne capitavano delle belle, specie in certi paesini. Egli
raccontava:
« Alla festa della SS.ma Trinità un parroco cominciò la sua predica così:
-nonOiogg; iilvisescaorànduonlaopcraepdiisccao
nuova, divisa in
io e non voi; il
tre punti:
terzo non
il
Io
primo
capite
lo
capite voi,
voi io!
I1 primo: non capisco perché non mi aiutate a rrparure il tetto della vostra
bella chiesa; il secondo: non capite il dovere di far Pasqua; il terzo: oggi è la
festa della SS.ma Trinità che è un mistero non capito da voi e neppure da
me! >>.31
E come godeva quando i confratelli non 1o lasciavano solo a mantenere
il clima di gioia e intervenivano con le loto battute e le loro barzellette!
Allora Ie riprendeva ,7e valoizzava e Ie spiegava agli ospiti che per non
afferavano subito, specie se raccontate in dialetto come avveniva per Ie << cam-
pane )> del bravo coadiutore Luigi Canali. Questo caro confratello che dai tempi
di D. Rua serviva i Superiori a mensa, quando suonavano le campane a Valdoc-
co, a Montalenghe o altrove, se le circostanze lo permettevano, le imitava su
scala musicale con esclamazioni amenissime in dialetto: « Pan salam, strachin,
furmagin!l! Vin bon, bon, bon! >>.32
D. Ricaldone non favoriva lo schetzo per mettersi in mostra; creato il clima,
lasciava che gli altri lo alimentassero.
Come godette, per esempio, a\\ pranzo fatto al S. Cuore a Roma in onore
del nuovo Vescovo Salesiano Mons. Luigi La Ravoire Marrow, che a fine pre.rvo
si alzò a parlarc.
È 1o stesso Vescovo di Krishnagar a ricordare il suo discorsetto: <( Le mie
ultime parole furono rivolte al carissimo D. Ricaldone. Cominciai dicendo che
si trattava di una'vendetta''. <<7a vendetta del candeliere». A queste parole
notai la curiosità e anche una certa ansietà in alcuni presenti: forse temevano
che questo 'americano' stesse per rovinare la festa!
« D. Ricaldone, ripresi, << alla mia nomina di Vescovo fece questa osser-
vazione: ti abbiamo posto sulle spalle una bella croce »>.
Continuai: << Soltanto pochi mesi dal mio noviziato e prima professione a
Puebla, Messico, nel 1913, il nostro Rev.mo D. Ricaldone ci fece una visita
straordinaria. Passò la settimana santa con noi. Per questo le cerimonie acqui-
starono solennità. Io ero incaricato del coro e della sacrestia. Tutto andò bene
fino al sabato santo. Avevo ben istruito l'aspirante che mi aiutava in sacrestia
perché facesse tutto il necessario mentre dirigwo iI coro.
3l « A te una piccola, a me una pinta grossa: di quel vin buono da bere in un
cantone... )>.
i2 Ricordi di D. Luigi Tavano.
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59.7 Page 587

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Secondo le rubriche antiche, il Celebrante ed i Ministri rimanevarro pro-
strati ai piedi dell'altare durante il canto delle litanie dei Santi, prima di inco-
minciare la Messa. In questo tempo, i sacrestani stavano rimettendo i candelieri
e i vasi di fiori sull'altare. Disgtaziatamente il mio aiutante non mise bene il
candeliere che cadde sull'altare ed una parte colpì la testa del nosro ospite.
Egli si alzò e andò in sacrestia. L'aspirante mi corse incontro piangendo e disse:
<rIJo ammazzato 1I Padre Ricaldone >>. Fortunatamente \\a feùta era leggera. Fu
bendata e il nostro santo superiore poté celebrare la Messa. Quando ci incon-
trammo poi, egli mi disse in spagnolo: <<
E terminai così il mio discorso: << Ecco!
Me Ia pagardst
Ora ci siamo.
Q» u-estla\\1[ès
la
la
pagherai!
vendetta
d-el
candeliere! ,r. Cr fu una risata generale e tutti batterono le mani ».33
E come stette allo scherzo quel giorno, che, trovandosi con D. Terrone e
D. Tavano, quest'ultimo uscì con una trovata che esilarò tutti e che poi ritornò
sempre come argomento sollevante specie nelle ore.'. critiche!
Don Luigi Tavano sosteneva che, per smaltire più in fretta Ie commissioni,
aveva ideato una bicicletta che, come le lepri e i conigli, potesse accelerare in
salita e rallentare in discesa, mediante un cubo... Don Ricaldone accolse le incom-
prensibili spiegazioni delf inventore, sentenziando: << la chiameremo ' tabicù '
(Tavaniana bicicletta cubica). A simbolo di immediata presenza, di aiuto, di
lovaro segretariale ». E da tutti si rise di cuore.y
E per portare la nota salesiana della gioia, sapeva improvvisarsi poeta ver-
nacolo non solo per i suoi figli, ma persino per il buon Cardinale di Torino.
Per i tre segretari, da Roma compose << Nostalgia bocciofila )>, un vero
<< saggio di buon umore )> come Ia definì lui stesso nella lettera di accompagna-
mento.
« Carissimo Don Tarcisio,
Roma, 16.4.1939
1' Spedite le lettere
2' Rimando Ie liste
3" Spero di essere a Torino verso la fine della prossima settimana
4' So che D. Bertuti non sta bene: abbiatene cura
5" Qui molto lavoro: tempo ottimo, salute buona
6' Come saggio di buon umore leggete la « Nostalgia bocciofila »
Allegri! Vi benedice il vosro aff.mo in C.J.
Sac. P. RrcarpoNp
ts Dalle memorie di Mons. Luigi La Ravoire Morrow, 29-10-1939.
3a Ricordi di Don T. Savarè, ottobre 1971.
557

59.8 Page 588

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NOSTAIGIA BOCCIOFILA
« Ai piè del Cenisio,
è ver che Tarcisio
in dura tenzone
sconfisse Terrone
conquise Tavano
col boccio alla mano?
Che fu dur lo scotto?
Tremendo il cappotto?
Gioite, che il giorno
del nosfio ritorno
già spunta, già brilla,
già vivo scintilla!
Gioitel Il campione
di Lodi, carpone,
con voi sarà sotto
lo stesso cappotto!
Ma tosto risorti,
più fieri, più forti,
vi veggio rinati,
di all6r coronati,
sbucare di sotto
del greve cappotto!
È giunto il Tavano!
Tabicù alla mano! »>
Qualcuno potrà domandarsi stupito, forse persino deluso: Come? Un
Superiore con tanti pensieri e preoccupazioni perdeva il tempo in queste cosette?
possono tornare gradite, ma via!!!...
Ma chi era vicino a D. Ricaldone sapeva che quando egli componeva versi,
umanamente parlando non era buon segno. Come un'allegria più festosa in Don
Bosco annunciava che nuqve soffererve e preoccupazioni si erano riversate nel
cuore del Padre, così Ie poesie di D. Ricaldone erano il campanello di allarme
del ritorno, in forma grave, dei dolori del trigemino. D. Savarè attesta: << Per
dominare le sfitte del suo povero nervo trigemino, con incredibile sforzo di vo-
lontà si poneva taTora a comporre versi in dialetto. Così, dal dolore, sbocciò
quel sonetto piemontese all'Em.mo Cardinale Arcivesco di Torino in occasione
del suo 70" genetliaco. Il sonetto venne pubblicato su << Voci Fraterne )>, natu-
ralmente senza firma ,>.3s Eccolo:
« SONET
con na cita coa.
EMINENSA! I l'ai propi 'n gross sagrin
A l'è na spina c'am forata tùt:
Un magon, na giaunissa c'am fa brùt,
C'am sopata e neuit sensa avei fin.
3s Il sonetto fu composto per il 24-5-1945: S. Em. il Card. Maurilio Fossati, Arcive-
scovo di Torino, entrava nei 70 anni.
558

59.9 Page 589

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E pur, l'è nen possibil che Turin
A peussa desmentià che'l CARDINAL
A I'a salvalo d'an diluvi d'mal,
Spatarand da per tut e mach dal bin!
Ca n'a cavane tanti da i ambreui,
Ca l'è stait al nos bon Pare! I persunè
E tuti i disgrassià l'ero i so fieui.
Ma anlora chi c'tacona cost afè?
L'è armanach c'a dis che propi ancheui
al CARDINAL l'à commensà a stantè (70!)36
Gnun regret, EMINENSA! '1 coeur an dis
ca l'an sempre un bon cavic coi ca sun
An t'la festa d'Matia Ausiliatris! >>.
SONETTO
con una piccola coda.
Eminenza! Ho proprio un grosso fastidio (dispiacere)
una spina che mi punge tutto
un timore, un giallo che mi rende brutto
che mi scuote giorno e notte incessantemente.
Eppure non è possibile che Torino
possa dimenticare che il Cardinale
l'ha salvata da un diluvio di mali
operando ovunque e sempre il bene.
Che ha tolto molti dagli imbrogli,
che è stato il nostro Padre! I prigionieri
e tutti gli infelici erano suoi figli.
Allora come si aggiusta questa faccenda?
È l'almanacco che dice che proprio oggi
il Cardinale ha cominciato i 70!
Nessun turbamento, Eminenza! I1 cuor mi dice
che hanno sempre un buon auspicio coloro che son nati
nella festa di Maria Ausiliatrice!
x La finezza dall'Autore con questo verbo,
e montese « stanté »>: ossia, <( stentare )> << settantare
sta ne1 doppio significato
,> (trovarsi a settant'anni).
del pie-
Il signi-
iI ficato di <1 stentare >> introduce << Gnun regret, Eminensa »>'
559

59.10 Page 590

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" L'umiltà è lo scudo della castità "
Don Ricaldone parlò della purezza con tale abbondanza di argomenti e con
tale bellezza di forma, che taluni pensarono che egli avesse colto in questa virtù
l'essenza della spiritualità salesiana. Egli dovette quindi chiarire in una Lettera-
Circolare 37 che ciò non è esatto anche se la virtù della castità è una caratterisrica
della complessa e pur semplicissima ascerica di Don Bosco. Don Ricaldone fu il
cantore della castità salesiana 38 lumeggiata dall'aggettivo che dal Senatcre Cri-
spolti le era stato dato di 'selvaggia',3e perché in lui fioriva dall'umile sentire
di sé. Dalla profonda consapevolezza dena fragilità creaturale era concepita
come una virtù di difesa della divina bellezza di cui Dio aveva arricchito tutto
l'uomo: anima e corpo. Per Don Ricaldone la purezza era intesa nel senso
generale di vita di grazia, di esclusione del peccato, perciò ne patlava poi in
senso specifico di virtù, come la tempetanza. Da essa allora, secondo S. Tom-
maso, traeva argomento per trattare della verecondia, dell'onestà, dell'asti-
nenza, de77a sobrietà, della castità e della pudicizia, della continenza, dell'umiltà
e de1la mansuetudine.4
Chi non è profondamente umile non sente il bisogno di Dio, non sente il
bisogno di premunirsi. una falsa sicurezza di lancia l'uomo con orgogliosa
presunzione nei pericoli e spesso fa delle vittime. Chi non scese nelle profon-
dità dell'umile sentire di sè che ebbe Don Ricaldone, trovò esagerati i suoi
avvisi, le sue ripetute raccomandazioni, le sue parole così forti, simili a grida
di allarme su tale materia. Certe volte la sua severità a chi non sapeva, poteva
sembrare fuori luogo, e solo dopo si capì che la sua \\ermezza prevedeva un
pericolo. D. Terone ricorda come a certuni parve un'idea fissa di D. Ricaldone
quella di scrivere e predicare tanto contro Ia soverchia cura dei capelli. Egli
invece aveva la dolorosa esperienza che questa sciocca ambizione era un indizio
di lento slittare verso la perdita della vocazione per cui vi reagiva con 7a forua
decisa di un padre che vede un suo figlio scherzare sull'orlo di un precipizio.
C'è un episodio che lumeggia questa sua fotza e anche la sua umiltà nel rico-
noscere di averla lasciata mutare in ira.
<< Un giorno, ritornando dalla città, invece di passare per la portineria, infi-
37 A.C.S., n. 157, Gennaio-Febbraio 1950.
38 A,C.S., n. 69, << Santità è ptrezza », Gennaio 1935.
3e Cfr. Don Ricaldone, I uoti, volt. II,
vaggia » non piacesse, perché letterariamente
p. 84 e 88. Sebbene a qualcuno quel « sel-
richiamava <( persona zotièa, incivilè )>, tutta-
via Don Ricaldone 1o
perisoli e da scandali
»co,npseerrcvhòéngellisseenmsob,racvoamecheegslicsoplpieisgìòe,
di « risetvato, appariato da
bene l'atteggiamènto voluto
da Don Bosco nelle Costituzioni, art.37: <<Si fuggano le conversazioni èòi secolari, dove
questa_virtù possa cotrere pericolo, e soprattutto con persone di alro sesso». Le primis-
sime Costituzioni
persone di sesso
(M.B. VII 883) invertivano l'ordine: «
diverso e dei medesimi secolari ove si
4o Fuggire le conversazioni delle
prevedè pericolo per questa vir-
trì ».
altro
re e
4iDsneosDsncaoonReufeincsdaaselidocllonoenanelfseetre>er>si-ncszoeardFda.Mvi a.DAc..hRielicDasalodcnoenrRedointteeanlsduatilaessoaiallnelaovaCsrdioictrreeotvt:aa«ib1Rei)gÀLue-2a-dr1da,9ol4p4à.ullelpipioer,saolnl'aeltad-i
560

60 Pages 591-600

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D. Bicatdone e Mons. Carinci nella Procura dei Salesiani di Boma.

60.2 Page 592

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60.3 Page 593

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lammo il passaggio grande, essendo spalancato il portone. Ed eccoci proprio
faccia a faccia con un Confratello sacerdote, il quale togliendosi il cappello, baciò
la mano al Superiore. Scoperse in tal modo la sua capigliatura, oltreché lunghis-
sima, disordinata, arrtflata in modo sconveniente.
Il Superiore che conosceva già altre deficenze del confratello e 1o sapeva
già avvertito, non si trattenne; egli mise la mano sulla testa, strinse una ciocca
di capelli e scuotendolo gli ripeté: <<Tag7ia, taglia questi capelli >> e lo lasciò
mezzo stordito. Mi avvidi subito che D. Ricaldone era rimasto male per avet
perso il conuollo in quel gesto eccessivamente forte; infatti rivolto a me esclamò
il tono penoso: « Vedi che parte ho fatto? » e tosto tacque come confuso.
Duole il dirlo, ma non passò molto tempo che quel povero Salesiano, refrat-
tario ad alri richiami, non certamente per i soli capelli, finì per abbandonare
la Congregazione e passò << ad vota saecularia ,>.ar
Castità ' selvaggia' sì, ma come risoluzione tenace di non cedere alla pas-
sione e anche solo alla natuta accomodante. Ma guardata in se stessa, 7a purezza
per Don Ricaldone fu luce abbagliante, come quella solare. Il suo temperamento
esuberante non poteva concepirla come posta sotto il moggio, musorna e restia
fino allo sgarbo e alla mancanza di buone maniere. Questa sarebbe stata una
pùrezza non di stile cristiano né salesiano, inconcepibile per lui, centro di attra-
zione nei raduni e nelle conversazioni. Tutte le virtù, e tanto più la pùrezza,
erano per lui << splendore >> divino.
Ma allora perché << selvaggia »? Perché non doveva essere luce umana, ma
splendore divino che doveva irradiare da tutta la persona del figlio di Don
Bosco.
Tale eru la pttezza propugnata da Don Ricaldone e non altro. Trasparen-
za che richiedeva uno spogliamento radicale: non solo il corpo, ma soprattutto
lo spirito doveva raggiungere uno stato verginale. Ecco perché l'umiltà era la
custode della putezza.
Con i suoi figli in questa materia era suo principio mostrarsi Padre, ma
non accarezzandone i difetti, le inosservanze, le debolezze, ma promuovendo
I'esatta osservanza delle Costituzioni e dei Regolamenti.
Non andò oltre, richiese di più di quanto prescrivevano le Costituzioni,
portandole però alla pratica delle più estreme esigenze, dal momento che la
perfezione non deve calcolare il 'fin qui' del lecito, ma lanciarsi verso 'il fin
1à' delle vette. E ciò riputava doveroso da parte sua, specialmente avendo come
trasformata in succo e sangue la massima di Don Bosco: « Bisogna che nel Ret-
tor Maggiore quasi si incarnino le Regole: che le Regole e il Rettor Maggiore
siano come la stessa cosa ,>.42
Fu veramente Padre, specialmente con i confratelli pericolanti in questo
temeno sdrucciolevole, e quelli che furono salvati dal suo braccio teso per
sostenerli conobbero che la strz^ pùrezza non ebbe di 'selvaggio' che il grido
4t Testimonianza di D. Terrone
42 M.B., XII, 81.
56r
36

60.4 Page 594

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di angoscia, che segnalava il pericolo e richiamava il religioso al dovere di
mantenersi fedele alla sua consacrazione.
In questi casi penosi egli era riservatissimo, procedendo di persona perché
il caso non si allargasse. Quanti salvataggi, ma anche quanta angoscia quando
attiyava tardi, quando ormai il cuore era già troppo compromesso e la volontà
succube della passione.
Ma se i1 confratello si lasciava ricuperare, era sobrio, delicatissimo verso il
poveretto. Le prediche stonavano; una parola in più poteva essere inopportuna.
Così agì sempre. << Quando fu Prefetto Generale un giorno il Direttore della
Casa Madre gli disse che un sacerdote non voleva che assolutamente gli aprisse
le lettere. E
Avutala la
aDpoernseRiaclalaldpornees:en-zaLdaeplriDmiareltetottreera.
Pchuertrgolpi paorcievraa,pcoortmaplaroma emtteen-t.e
<( cum foemineo sexu >>. Fece venir a quel sacerdote e gli disse: << Senti che
cosa ti scrivonoll! ».
che non volevi che il
Ricaldone gli suggerì
iEDriigmreleittdloeirsedseatiIpaareplenritdsteeserreaI.eaQgleugteituegnrliegu?ebn-bdiod:ìI-le
È forse per quesro
sacerdote allibì. Don
tutto si spense nella
preghiera e nel silenzio, e nel gran cuore del Superiore »>.a3
Ma la sofferenza di D. Ricaldone era grande quando in ambienti cattolici
serpeggiavano teorie che, pensando di salvaguardare finnocenza dei giovani, la
esponevano invece al pericolo di annientamento completo aprendo la strada al
vizio opposto. Se queste ideologie fossero venute da nemici della Chiesa non
se ne sarebbe stupito, ma il fatto che personalità e organismi della Chiesa che
si occupavano della gioventù cattolica se ne facessero paladini con tanta sicu-
tezza, non poteva darsene pace.
Abbiamo già visto come intervenne presso vescovi e autorità, come mise
sull'attenti i confratelli, come corse ai lipati quando la rivista cattolica <( Cre-
dere >>a presentò un libro del Teodori: Conquiste che sbandierava f informa-
zione sessuale come buona e formativa per i giovani.
Persino il Pto(essor Gedda vi aveva contribuito scrivendo 7a prefazione.
Che dire? Se il libro fosse stato segnalato per persone mature, la presentazione
era giustificata, ma << Credere >> in grassetto, augurava « al libro ampia diffu-
sione fra i giovani >> senza distinzione di sorta.
Come abbiamo già ricordato D. Ricaldone si sfogava con Don Muzio,as
penatissimo. Egli era vero educatore secondo il cuore di Dio e di Don Bosco
e perciò non ragionava a fi di logica stando a tavolino fra libri e riviste e
ricavando le sue teorie dalle chiacchiere di medici e psicologi; ma egli parlava
per esperienze concrete, vissute coi giovani, nei cortili, nelle camerate, a scuola,
nelle officine, ^ teatro, negli sport ed anche in confessionale! Che ne sapevano
a3 Ricordi di Don Tarcisio Savarè.
44 << Credere >> anno VIII, n. 45, p. 3. Già la stessa rivista (anno XYII, n. 38, 22
ottobre) aveva fatto pubblicità di un « Catechismo >> del Bettazzi su argomento sessuale.
Don Muzio voleva protestare anche per il << Catechismo ,r.
as Abbiamo riportato in Appendice del Capo XXV, allegato $', la sua lettera
de11'11 dicembre L939 a D. Muzio.
562

60.5 Page 595

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i medici, gli psicologi, i maesri e gli scrittori dei misteri delle anime che si
aprono solo nella segretezza della confessione?
Quando poi queste teorie trovavano eco favorevole tra i Salesiani, allora
la sua voce si faceva accotata e chiedeva davvero una castità « selvaggia » per
chiudere le porte e troncare la strada alf impurità dilagante. Era salvare il pa-
trimonio di Don Bosco, parte vitale del suo spirito; era difendere la stessa
Congregazione intaccata nelle sue basi, era dar credito alla voce di Dio che
tramite Domenico Savio si era fatto sentire in sogno a D. Bosco: << L'avvenire
della Congre gazione sarà splendidissimo ed apporterà salute ad una infinità di
anime, ad una condizione però: che i tuoi figli siano devoti della Beata Vergine
e sappiano conservare la virtù della castità, che tanto piace agli occhi di Dio »>'ft
Tutte le volte che D. Ricaldone richiamò l'attenzione contro queste idee
condivise anche dai buoni, 1o fece sempre partendo da un concetto di umile
sentire di sé: << Anche ora come al tempo del diluvio e del fuoco sulla Pen-
tapoli ci sono i << giganti famosi >> che si credono chissà cosa, e poi portano
in una grande corruzione di mente e di cuore: sono i << setza Dio » e perciò
diffondono f imputità... »>. << Non lasciamoci ingannare da certe allodole in fatto
di educazione della castità, ma attacchiamoci ai principi di Don Bosco... >>' << Non
-bdiiacmiIaomtepomr:ep-piasrIaoonrcohi:coualnme bgmiraaiteni d-iedeaePvlvu-erntriorSepepcsoioasnsoopnetouttecaa:nmuonbniacstaoi,mnmopoadviianDst.piseBsgoimgsicooo,!.»imO>.mp<<peDunorsebo:.-
Prepariamoci con la pùrezza della vita... »>.
<< Don Bosco diceva che la moralità dei giovani dipende dalla moralità
dei soci >>.47
Così D. Ricaldone premuniva i suoi salesiani, riportando a Dio e non fi-
dandosi del proprio io; additando Ia sapiente dottrina della Chiesa e non cedendo
alle teorie degli uomini.
Anche lui, personalmente, come Superiore, pure in questo campo non parlò
mai in suo nome, ma sempre in nome di D. Bosco , in forza delle Costituzioni.
Questo annullamento di sé, era il vertice della sua purezza. Se l'umiltà porta
alla illibatezza di tutto il vivere dell'uomo, deve essere anche purezza, verginità
dello spirito, e petciò annullamento totale del proprio io. D. Ricaldone non
poteva quindi più padare in nome proprio, ma solo in nome di Dio e di Don
Bosco. Ecco cosa scrisse D. Terrone, quasi a conclusione delle molte testimo-
nianze su D. Ricaldone che egli raccolse: << L'impressione che io riportai nei
lunghi anni di vicinanza al caro superiore è proprio questa: << Non cercò mai
qude sua sunt; invece col suo contegno, nel suo incessante lavoro mi pareva che
sempre dicesse: faccio questa o quest'altra cosa perché piace a Dio quae placita
sunt Ei facio sernper>>.
6 Patole dette in sogno a D. Bosco da Domenico Savio. I1 Santo ne patlò ai gio-
vani
dqelDl'Oalrlaatocorinofeirlen2z2a-L2te-1n8u7t6a
(M"8., XII, 593).
da D. Ricaldone ai Confratelli
di
Casa Madre
per l'Eser-
cizio di Buona Morte del t-12-1943.
563

60.6 Page 596

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In tutte le sue imprese egli cercò solo e sempre la gloria di Dio o della
Chiesa, di D. Bosco, della Congregazione, guardingo perché non ci fosse nulla
di suo se non il lavoro, il sacrificio nascosto, 7a fatica e se era nella volontà di
Dio, perché no? anche la gioia dell'esito raggiunto.
Ripeteva: Specialmente nelle imprese che riguardano la gloria di Dio ed il
bene delle anime, dobbiamo stare attenti che non c'entri il proprio io: la su-
perbia guasta tutto, anche sotto colore di zelo ,>.4
Sì perché anche Don Ricaldone sentiva il peso della sua umanità, così ricca
di doni e di tante imprese, e sentiva il bisogno di sigillare ogni sua iniziativa con
la retta intenzione di lavorare solo per le anime.
Dice Don Alessi: << Mi trovai presente quando lesse la notizie,, comunica-
tagli da Roma, della sicura Beatilicazione di Domenico Savio. Alzò gli occhi al
ceietalon:ti-
Grazie,
confratelli
o
e
Signore!
giovani
Non per me, che non ne sono degno, ma per tanti
innocenti, ai quali è dovuto questo trionfo dell'an-
gelico Domenico
Quando poi
Savio. Sì, è proprio loro, è anzitutto loro questo trionfo
riceveva delle negative, come quella per l'estensione della
- >>.
festa
di Maria Ausiliauice, diceva con tutta umiltà << Forse volevamo far troppo ,>.ae
Per questa verginità di azione, egli cercò per quanto poté, di operare in
modo che la destra non sapesse ciò che aveva fatto la sinistra. Nessuno, per
esempio, avrebbe mai saputo che D. Ricaldone aiutò moltissimo il Cardinal
Fossati nell'erezione del nuovo Seminario arcivescovile di Rivoli, se nella casa di
Caselette non avessero letto nel periodico: << Il nuovo Seminario » le sue offerte
<< non esigue >>.so
Il mettere sempre in ombra << Don Ricaldone ,> perché fosse solo in luce
il 4' Successore di D. Bosco, fu suo impegno costante. È cosa che abbiamo
già notato nei suoi scritti: egli cercò solo il pensiero di D. Bosco; nella corri-
spondenza non parlò mai di sé: nella sua pietà così semplice, direi << sotterranea »
sullo stile del Padre, che solo ai più intimi apparve come l'uomo per eccellenza
unito a Dio.
D. Ricaldone dando una definizione della pietà salesiana, desuisse la sua
personale pietà: << La pietà è anzitutto un'attività interiore >>.
La sua umiltà divenne così magnanimità appunto perché non facendo
mai ostentazione di sé, fece brillare sul candelabro la purissima luce di Dio.
Quanto più le circostanze portavano a metterlo in luce, tanto più egli, con
battute scherzose o con soppesate riflessioni, si abbassava verso terra.
Il giorno della sua elezione vedendo che sulla Piazza lvlaria Ausiliatrice
vendevano le cartoline con la sua fotografia, egli ripeteva così il loro annunzio
di vendita: << Don Ricaldone... quattro soldi!!! ».sl
Quando poi nel 1,947 si pensava alla sua rielezione, D. T. Savaré ricorda:
a8 Testimonianza
49 Testimonianza
di Don
di Don
Joyeusaz.
Luigi Tavano.
so Cronaca della Casa di Caselette. 29-t0-1949
sr Ricordi di D. Savarè.
564

60.7 Page 597

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« La sera prima, menffe stavo per accomiatarmi da lui, mi disse con fare
giulivo: << Dunque, è l'ultima seral >> Poi si fece serio e aggiunse: << Ma!... mi
fanno osservare che D. Berruti non ha proprio salute. Basta. Sia fatta la vo'
lontà di Dio >>.
Intuìi che, nelle informazioni che al Capitolo Generale si scambiano gli
elettori sugli eligendi, egli aveva ventilato il nome del degnissimo D. Berruti
nella speranza di poter deporre sulle di lui spalle la grave ctoce del Rettorato >>.
Don Luigi Tavano ricorda che già in precedenza Don Ricaldone gli aveva
raccomandato di tener ordinatissimo l'Archivio a motivo della possibile sua non
rielezione, onde facilitare il compito al nuovo Rettor Maggiore.
Nel dicembre àel 19$ molti lo sentirono prendersi burlescamente in giro
per troncare le lodi che gli venivano da tutte le parti per le prove di coraggio
che aveva dato nel soccorrere, ancora sotto l'imperversare delle bombe, quanti
erano stati sinistrati. Esclamava: « Oh, povero Rettor Maggiorel Si è dato alla
disperazionel » E poi spiegava di essere giunto in quei giorni nello stendere il
commento alla sftenna sulla <. Speranza » al peccato di disperazione.s2
Tutte le occasioni erano buone per umiliarsi, ma Io faceva con tanta spi-
gliatezza e piacevolezza che pareva in lui un fare abitudinario. In realtà la sua
vita non era più un intrecciarsi episodico di atti di umiltà, ma uno stato di
umiltà. Era motivo di umiliarsi il successo riportato al Congresso Eucaristico di
Budapest dove fece fare bella figwa a17a Congregazione perché scrisse: << Parlai
poco o nulla, olre a leggervi il << compito »> che D. Antal mi aveva prepa-
rato... »; s3 come il dono del confratello coadiutore Rossotti che ringraziò così:
<<... grazie per i biglietti, che, per un povero contadino come sono io, sono vera-
mente di lusso r>.sa
" L'umiltà allarga il cuore a servizio del prossimo "
L'umile sentire di lo portava a considerarsi un confratello fra i confra-
telli, perciò con 1o stretto dovere di lavoro intenso proprio di tutti i membri
della Congregazione, che lo disimpegnano come espressione genuina della po-
vertà salesiana. I1 lavoro! Da vero monferrino e da vero figlio di Don Bosco
egli ne fu un appassionato. Non per questo non ne sentì il peso, specie quando
neppure più l'ardore del suo zelo riusciva a domare il male che demoliva la
sua resistenza fisica. Ma anche allora il lavoratore si fece violenza e resistette
fino all'ultimo eroicamente agli assalti del trigemino.
La sua resistenza alla fatica spesso sbalordiva. Don Terrone ne fu testimone
parecchie volte, ma quel giorno Don Ricaldone raggiunse il colmol << Dopo
alcune assenze di vari Superiori che erano stati in visita straordinaria, le sedute
s2 Ricordi di D. Savarè.
s3 Dal diario di D. Luigi Tavano, )l-5-1938.
sa Dalla lettera di D. Ricaldone al Coad. Rossotti in data 8-10-194,
565

60.8 Page 598

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capitolari erano quotidiane e in numero di re: alle 9,30, alle 15, alle 17,J0 con
un breve intervallo alle L6)0. Ricordo che lo stesso venerando Economo Don
Giraudi, benché in ottime condizioni di salute, ne sentiva il peso, e un giorno
si fece un dovere di pregare Don Ricaldone di aversi maggior riguardo e di
AnCobanbpiiateomslaaogrie,traaDnretoo.nIllaGvSioruarpoue!dr-iiorteoQrrnuisòaplocahsleelacgchioaerrnincoao,ndmotepamol,easasnrecis,hpceohpseteasrifrusigeunlaatirvdsaotebsaesganl.ieD'alo-trni
Giraudi però non disarmò e I'indomani, a nome dell'intero Capitolo e con la
briosa delicatezza tltta sua propria disse che non si poteva permettere al Supe-
riore Generale tanto eccesso di fatica. E Don Ricaldone con piacevole serenità:
R-liseneicinaanVtlovdoMiaonsnrnatitaeèniingntsrceritaosraereznge-iouc.mdoaiodl,egeEnsulpeloasraltotsolvalpi,ooanorpsmtraotozroaiiDodbsnuioeoneengnsgisasGlieiutleledainrntusaizts,eeuau:md;a--ima.fpoasrAroEttvanhenit,cactroesmhipsemieìesèpnftiuortapeamecfaferohutevtrnio,oon.ogni,irto,aovtzonluieeloettasnifoatnDifcefoeeiroriitelo,-nD.:nza-eonDofigosmSgine-ii
che, e nonostante reagisse sempre contro il male, tuttavia il costante, graduale
rincorrersi di malanni sfaldò la roccia monferina. « Abbiamo tanto lavoro »>,
era il ritotnello che ripeteva a chi lo pregava di fermarsi, almeno un poco, o
almeno di rallentare il ritmo lavorativo, alcune volte eccessivo per l'età e i
disturbi che Io travagliavano.
« Don Spriano una
una fortissima tentazione
quente da lei per cutarla,
vh-oo.ltaavQuoutsoaòlelad?itre-gnltia:Vzie-odneenSddigoindioirrmeDeaodqincuiRaclihcceuanlvdoeondngei o,lonhroood:aiCvfuorento--
f-soirgsleCi heDl'suopnneiczRaziicmtauledttdoeinclieenaupnceahnenmefeal d-piceinrEamdeefe.f.icg. almicirasissspimaoias,ehposeorarnrliacdoesrnaudatoas:na-tloutedHa-a.fai rreQa,guitaoalnene?t,i
scritti da
Fin
drivaeld1e9re3!3-
;.ss
aveva
dovuto
sospendere
per
qualche
tempo
le
ordinarie
attività per esaurimento nervoso e altri disturbi. Nella seconda metà del 1934
non stava ancora bene tanto che in giugno non poté riprendere il lavoro e Don
Berruti scrivendo a Don Serié, lo informava: « Il Sig. Don Ricaldone va sem-
pre meglio, ma ' lento pede', e non è ancora in condizione di attendere agli
aflati ,>.s6
Quale insidia minava quella robusta tempra? Nel 1934 una radiografia
rivelò una atonia cistifellea che aggravava i disturbi del fegato ormai abituali.
Ma c'era qualche cosa di più grave. Nella sua cartella clinica compilata
dal Prof. Mario Dogliotti il 27 apiTe 7944, c'è questa segnalazione che chia-
risce: << Il Sac. Ricaldone Pietro... negli anni 1905-t906 ebbe re forti risipole
alla testa con febbri da 40' a 41". Nel 1930 ebbe i primi sintomi di dolori al
ss
s
Testimonianza di Don Puertas.
DoN Prr,rno Brnnurr, Testimonianze
raccolte
dal
Sac.
Pietro
Zerbino,
SEI,
p.292.
566

60.9 Page 599

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tigemino: si parlava di sinusite sfenoidale. I dolori si acuvano di anno in
anno: nel l94O-I941 divennero insopportabili >>.
Pochi furono a conoscenza di questo terribile male che tormentò per dieci
anni Don Ricaldone prima che ne desse notizia il suo successore Don Ziggiotti
nella presentazione del vol. III della Collana << Fotmazione Salesiana >>: << Vita
di pietà ». Non era cosa da poco se egli a causa di questo grave disturbo decise
di non andare più in visita alle case. <( Come presentafmi, diceva, se non posso
neppure sorridere? Mi crederebbero arrabbiato! >>. Era vero; Don Berruti,si
infatti, che gli viveva vicino scrisse che « dolori acutissimi, residui o rinnovamento
della malattia del tigemino, gli immobilizzavano i nervi tacciali impedendogli di
parlare, sorridere, upiir. lu bocca, grrardare o semplicemente muovefe l'occhio »>.$
Queste crisi erano così frequenti,
dispensa dalla recita dell'Ufficio Divino
che
per
$ 19)7 egli dovette chiedere la
impossibilità di leggere. E in data
5 jennaio l%7 gli fu commutata con la recita della terza parte del Rosario r>.se
Era poi un male che non si poteva prevedere e quindi ancor più insidioso
e umilianie, impedendogli di esporsi a viaggi, a ficevere e fare visite. Gli rima-
neva il lavoro a tavolino che gli pefmetteva di ritirarsi o per 10 meno non lo
lasciava esposto alla considerazione alttui.
Ma ligio com'era al dovere, che sentiva come un servizio da rendere alla
Congregazione, D. Ricaldone non si risparmiò. Ma se egli era dimentico di sè,
il male non si dimenticava di lui e Io colpiva all'improvviso e con la massima
violenza, talora anche durante riunioni pubbliche riducendolo in condizioni
penosissime e imbaruzzanti.
Un giorno a Milano, mentre si trovava sul palco d'onore accanto al Cardi-
nale, venne assalito dal male. Non volle abbandonare il suo posto; ma quale
efoico sforzo per nascondere la sofferenza, frenare le conttazioni del volto e
quei gesti che in privato poteva permettersi!
D. Terrone depose: « Chi non si trovò mai pfesente durante quegli assalti
non può farsene la più piccola idea. Interrogato da noi, disse che il più atroce
ntul di denti sarebbe stato un sollievo in confronto del dolore che cagiona il tri-
gemino, e aggiungeva: come se un sistema, un complesso di tenaglie si ac-
canissero a lacerarc la povera guancia' »>'
E nonostante questo male così atroce, egli continuava alavotate. Don Luigi
Tavano in quei periodi di ritorno del male e di inoudimento, così 1o ricorda:
« Spesso 1o incontravo nel corridoio antistante alle camere dei Superiori Capi-
tolari che passeggiava con la corona bruna del rosalio tra le mani. Sopravvenen-
dogli una fitta del trigemino, si irrigidiva, aspettava che passasse, non senza
pòsroheps,peoSntttiaagrvreoaraq.s,upseeiiittdibofealnocerciidaaelittrtioonclsi-o. lQitiuE;inptdoaiilvssoiilrataicvoveimasvpparoimnaeellvvoaasdftiuicndetienondlozoio:en-deiopDe1eroolsagefgaqutuiiavasole!.
v Dal « Bollettino Salesiano », 1 dicembre 1961.
58 Ved. Nota in Appendice, allegato n. 83.
se Suprema S.C. Sancti Officii, Prot. 904111)6, Roma (gennaio 1937).
567

60.10 Page 600

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Egli allora col fazzoletto alla faccia si distraeva aprendo lettere e leggendole,
dettando risposte, o dicendomi a chi dovevo portarle ».
Ma oltre i suoi segretari chi, senza volerlo e senza saperlo ha intessuto
il più bel panegirico all'eroico lavoro sostenuto e portato a compimento con
amore e precisione, nonostante tanta sofferenza fisica, fu 1o stesso D. Ricaldone
che nei taccuini segnò gli arresti e le riprese, le giornate di crudo patire e
quelle di intensa attività, I'alternarsi delle ore lavorative e quelle di forzata
sospensione da ogni occupazione.
Dal 1933 c'è un progressivo avanzare del male al nervo trigemino fino a
raggiungere il vertice dello spasimo nel 1941.
Poi olffe a questa sofferenza dominante, e, per così dire, abituale, c'erano
quelle occasioni di raffreddori, influenze, disturbi al fegato, disturbi a1 cuore,
attacchi di ernia, dolori di capo, bronchiti, ecc.
Nell'anno 1934 il male al trigemino si svelò nella sua natura e non più
come possibili sinusiti. Gennaio e febbraio furono mesi disturbati da tossi e
influenza. Nell'aprile, proprio nei giorni della canonizzazione di D. Bosco,
D. Ricaldone ebbe « dolori acuti di denti con gonfiore »>.Il 24 maggio, una cor-
rente di aria in Basilica durante la solenne funzione matiana gli procurò una
nevralgia fortissima che 1o costrinse a letto per alcuni giorni senza poter cele-
brare la S. Messa. Oh, quanto gli costò sempre questa forzata rinuncia! E
tutti i giorni che ne rimaneva privo segnava tristemente sui taccuini un << senza
Messa >> che gli era più penoso dello stesso male fisico.
Ai primi di giugno riprese le attività, ma << con grandi dolori »; gli pareva
di non poter più resistere. Giugno e luglie furono mesi tremendi. Dovette
andare anche a Chianciano per la cura dei disturbi del fegato. In agosto e
settembre fra alti e bassi volle tentare un ciclo di visite per le varie Case di
for'mazione nelle loro sedi estive e vi riuscì. Ma ad ottobre dovette sostare a
Montalenghe e in novembre rimettersi nelle mani dei medici per disturbi
all'apparato digerente.tr
Iniziò i1 1935 con malesseri che in febbraio sfociarono in acuti dolori facciali.
Dovette persino rinunciare alla celebrazione della Messa e se fece tale sacrificio era
segno che non poteva fare diversamente.
A Maruo gli consigliarono una sosta in riviera, dove il clima più mite forse
avrebbe mitigato il male. Ma i quindici giorni diYaruzze giovarono poco, poiché
l'aprile seguente fu penoso. A maggio tentò una cr-rra a Uscio e ne sentì solo un be-
nessere momentaneo in giugno, poiché a luglio fu dinuovo assalito da disturbi inte-
stinali. Verso la fine di agosto vi fu una ripresa ed egli annotò sul notes: « Dopo 20
mesi di malattia e di sofferenza, fr-r quesro il mese migliore. Deo gratias! Do-
mine, in gaudio, in angustiis, in cruce fiat semper et ubique voluntas tua, sola
voluntas tua >>.61
o Taccuino personale di D. Ricaldone del 7%4.
61 Taccuino personale di D. Ricaldone del 1935,31 agosto.
568

61 Pages 601-610

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61.1 Page 601

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Nel dicembre si accentuarono i dolori facciali tanto che a fine d'anno nel-
la preghiera di ringraziamento che era solito comporre per offrire al Signore
I'anno trascorso, fra I'altro scrisse: << Anche I'ultima notte fu ricca di dolori:
fiat, fiat voluntas tua! Anno di prova per malattie »>.62
Il gennaio del 1936 fu doloroso: dovette alternare un po' di lavoro con
ripetute soste a letto, perciò fu un mese con molti <( senza messa )>. Il mese
di febbraio tornò a Yarazze e ne ebbe giovamento, tanto che fino a giugno poté
lavorate col <, suo ritmo »>. Il 1' giugno ci fu un allarme: << forte nevralgia ».
Ma per fortuna fu una crisi di breve durata, che però si ripeté ad agosto, in
ottobre, con una puntata tremenda il l0 dicembre. Non potendo celebrare
scrisse: « Signore, vi ringrazio di aver potuto passare l'ultima notte dell'anno
guardandovi e soffrendo con voi, Crocifisso. Le mie piccole sofferenze per i
carissimi figliuoli della Spagna ».63
Chi sapeva di queste nottate di immolazione e di offerta? Nessuno, per-
ché spesso l'indomani mattina D. Ricaldone compariva nel suo ufficio con gli
occhi più cerchiati, il volto un po' contratto, ma pronto al suo lavoro.
Ma quel gennaio 1937 non poté nascondere iI travaglio del male; non
riuscì neppure ad alzarsi e sulle paginette di molti giorni dovette appuntare
sul taccuino << senza Messa >> e in altri << Messa con fatica »; « S. Messa con
molto stento »>; << Messa stentatamente >>; in quelle mattine la Messa più che
celebrata, era patita fino allo spasimo.
Provò dinuovo il clima mite di Yarazze ma fino a maggio furono più
numerosi i giorni di sofferenza che quelli di benessere. Eppure c'era tanto la-
voro! Ma il Signore avrebbe provveduto; D. Ricaldone ne era certo. E infatti
il Signore gli concesse un periodo di mesi buoni >>, dal maggio del 1937 al
30 aprile del 1938 il trigemino Io lasciò in pace e poté riprendere il lavoro. II
90 aprile ci fu di nuovo una forte nevralgia che si prolungò fino al 9 maggio; il
Signore non ricordava che D. Ricaldone era atteso a Roma e poi a Budapest
per il Congresso Eucaristico Internazionale? Certamente, ricordava; infatti il
male scomparve per ritornare terribile a cose finite dall'l I al 27 luglio, quasi
per datgli modo di fecondare con la sofferenza le parole dette ai Congressisti.
Il 28 luglio gli scivolò dalla penna questo grido di aiuto: Deo gratias! Parce
mihi Domine! ».d
Il 1939 fu anno di tante iniziative e di intenso lavoro; c'erano altre spine:
i primi disastri del conflitto europeo. Qualche acuta nevralgia in giugno, in
luglio, in ottobre, in dicembre, ma D. Ricaldone non vi badava neppure. C'era
la Polonia, il Belgio, l'Olanda in fiamme e tanti figli soffrivano i terrori della
guerra e della persecuzione. Ma il 7940 \\a resistenza al male ebbe un crollo;
D. Ricaldone dovette amendersi; unì la sua sofferenza a quella dei figli portati
nei campi di concenramento.
62 Taccuino personale di D. Ricaldone del t9)5, )t agosto.
63
«
Taccuino
Taccuino
personale
personale
di
di
D.
D.
Ricaldone
Ricaldone
del
del
t936, 3t
t9)8, 28
dicembre.
luglio.
569

61.2 Page 602

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Il 24 gennaio cominciò la nevtalgia, ma ormai abituato a queste comparse
continuò il ritmo normale del lavoro. In marzo dovette andare a Roma per
ftattarc dei Privilegi e non ebbe indugi. Ma 1à, un forte raffreddore lo fermò;
iI trigemino riprese l'assalto e l'obbligò a tenere il letto. Riuscì a ritornare a
Torino, ma qui ricevette inviti a convegni, a visitare mostre catechistiche; si era
in piena Crociata e il fervore aveva esplosioni di attività feconda in ogni Casa.
Tutti volevano il Rettor Maggiore perché inaugurasse, benedicesse, dicesse la
sua parola. Chi sapeva del suo male? Ed egli andò, felice di quella ripresa cate'
chistica: Genova, Chieri, Crocetta, Ie F.M.A. di Torino, Novara, Rebaudengo,
Valdocco, Bollengo, Trino, Casanova, Bagnolo, Valsalice, e poi la solenne
inaugurazione del primo anno Accademico del Pontificio Ateneo Salesiano in
ottobre, la visita di Mons. Ruffini.
Attese ai molti impegni con il << suo )> ritmo. Ma il Signore non era del
suo stesso parere. Nel 1940 venne alle strette, ridimensionò il suo ritmo con le
malattie e specialmente con le terribili conseguenze della guerra che si sviluppava
con crescente intensità. D. Ricaldone si arresel Che cosa poteva fare se non
accettare umilmente il << ritmo »> di Dio, abbandonato filialmente al suo bene-
placito? Le opere erano di Dio e non sue; la parte sua era di dare Ia collabo-
tazione con amore. E poi, Dio non aveva ftetta come lui. Il fatto stesso che
molti dei suoi, spesso i più intimi, non Io capissero, non era segno che egli aveva
un ritmo troppo accelerato? Dio è padrone del tempo e solo lui sa dosarlo.
E poi quella sofferenza nascosta e così umiliante che Io costringeva a ritirarsi
per non impressionare con le contrazioni involontarie e violente dei muscoli
facciaTi, non fecondava il campo della Congregazione più che Ie visite, Ie confe-
renze? Così egli giunse ad << affermare che quel disturbo era <( provvidenziale >>
perché egli non potendo affrontare viaggi e visite a case lontane, si occupava
a scrivere non pochi volumi a pro di tutti i confratelli e dar vita a opere che
poteva iniziare e sistemare solo restando al centro delle Opere Salesiane >>.6s
D. Ricaldone aveva fatto tesoro dell'umile racconto di un vecchio confra-
tello di Piossasco, che, a lui in visita agli ammalati, aveva voluto narrare una
storiella. L'aveva così colpito che il giorno dopo la ripeté ai teologi della Crocetta:
<< Ieri a Piossasco trovai un vecchio monferrino malato. Gli chiesi: << Come
va?
».
Per
tutta
risposta
mi
disse:
<< Mi
pailu
cun
chila
6
>>
e
indicava
una
statua
della Madonna! E poi mi raccontò sempre in dialetto mirabellese una sto-
riella: « Una volta N.S. con S. Pietro e gli Apostoli, voleva passare da un paese
per raggiungere un altro nel Monferratol Via facendo incontrarono una bellis-
sima catrozza. Disse S. Pietro a N. Signore: « Chiediamo al conducente se
possiamo usarla anche noi atrmeno per un po' di strada? >>. << Fa come credi >>
rispose il Signore. S. Pietro chiese e ottenne. Così giunsero ad un paese dove
qtregli si fermò dopo essere stato da S. Piero ingtaziato a dovere. Ma non
avevano ancora raggiunto la meta ed ecco un carro con due mucche venire
6s Ricordi di D. Terrone.
tu Io parlo con lei.
570

61.3 Page 603

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avanti. S. Pietro chiede se potevano salire e ottenne il favore. Arrivati al paese
voluto, S. Pietro disse al Signore: << Signore, ringraziatelo voi »>. Il Signore
ringraziò, ma solo con parole. Continuando la via alloru S. Pietro sbottò: << Ma,
Signore, non potevate dargli qualcosa invece di ingraziarlo
« Sì, certamente; questa notte infatti gli morrà la mucca che
solo
era
così! 7 »>
a destra
d-el
carro... »> << Eh, Signore, che modo è questo di ingtaziare?! ». E il Signore
proseguì: « Poi lui stesso si ammalerà dal dispiacere... >>. << Ma, Signore, così
non val, così non va! )> << E dopo alcuni giorni morrà! ,r. ,, Oh, oh, oh,... ». « Eh,
sì, caro Pietro, deve venire in Paradiso e finir di soffrirel >>. « Ah, ah! >>, fece
allora S. Pietro, che finalmente aveva capito. Così, concludeva D. Ricaldone il
buon confratello mi volle spiegare la logica della Provvidenza divina riguardo
alla sua infermità »>.67
Questa <<logica della Provvidenzat, divenne la sua, e con essa spiegò ogni
cosa, ma specialmente dominò la sua volontà dinamica che a volte parve
prepotente; e l'uomo d'azione divenne l'uomo della Volontà di Dio. Così
1o ricordano dopo la sciagura del 30 giugno 1935. La notizia della gita dell'Ora-
torio del Rebaudengo finita tragicamente gli giunse al mattino a colazione. Ne
rimase come fulminato: non se l'aspettava. Prese subito i provvedimenti del
caso ma con l'occhio fisso in Dio, e nel taccuino segnò: Requiem aeternam
dona eis Dominel Signore, consolate noi e le famiglie Ai )>.68 confratelli com-
mentò così la sciagura: « Il Signore sa quel che fa, e ha tutto permesso per il
nostro bene >>.@
In un'altra circostanza mosffò quale perfezione avesse raggiunto la sua
rassegnazione e uniformità alla Volontà di Dio.
<< Un giorno a Caselette mentre io facevo compagnia a D. Ricaldone nel giar-
dino della casa, racconta D. Terrone, un messo da Torino, mi recapitò una
lettera di un superiore del Capitolo. Era diretta a me ed ero pregato di comuni-
cargli con tutta prudenza il contenuto al Venerato Superiore. Ma mentre mi
accingevo ad apfirla, egli me la chiese e apefiala lesse serenamente, senza dimo-
strare il minimo segno di sorpresa, di pena o di turbamento. Quando giunse
alla fine, consegnandomi la lettera: << To', prendi e leggi >>, mi disse in tono
calmo. Era comunicata la {tcilazione di tre sacerdoti salesiani Polacchi. Egli
intanto si era raccolto in preghiera, certamente offrendo a Dio lo srazio del
suo cuore di Padre. Poi espresse con parole il pensiero che aveva formulato nel
silenzio religioso: « Sia fatta la volontà di Diol ». Quella sua rassegnazione mi
commosse ed edificò. Così aveva esclamato il servo di Dio D. Rua, quando
gli cor-rsegnarono il telegramma che annunciava la morte tragica di Mons. Lasa-
gna; anche allora io ero presente. Così tutte le anime eroicamente generose )>.
L'umile è il vero uomo di fede ed è il solo che riesce ad essere padrone
07 Ricordi che D. Luigi Tavano si appuntò 11 2-l-1938 dopo aver ascoltato Don Ri-
caldonfel ,
reduce dalla visita
Taccuino personale
d'inizio d'anno agli
di D. Ricaldone: 30
ammalati di
giugno 1935.
Piossasco.
@ Ricordi di D. Savarè.
57t

61.4 Page 604

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di e degli eventi. Così fu D. Ricaldone. Tutti, tanto i suoi figli, come i Ve-
scovi, le autorità civili e le personalità ecclesiastiche che vollero intessere le sue
lodi dopo Ia sua morte, tutti unanimamente riconoscono fra le sue caratteristiche
più salienti « il grande dominio di ». L'elogio di Monsignor Andrea Sapelak,
(S.D.B.), Esarca apostolico degli Ucraini in Argentina, è ripetuta anche se in altri
termini, da tutti: <<La figura di Don Pietro Ricaldone, IV Successore di Don
Bosco, ha proporzioni di uomo del tutto eccezionale; ma ciò che impressiona
più di tutto in lui, fu il grande dominio di sé. Questa virtù di saper dominare
in tutto e sempre se stesso, 1o rese capace di governare quasi con nattralezza
e con sicurezza la numerosissima famiglia di D. Bosco, sparsa in tutto il mondo >>.
Era diventato così connaturale in lui questo fissarsi in Dio e porre ogni
cosa nella sua lrrce che la più grave sciagura come il più piccolo incidente non
alteravano l'equilibrio interiore.
Così quando dopo tanta fatica gli aspiranti di Montalenghe nel 1914 videro
il loro lavoro frustato da un imprevisto cedi,mento del terreno argilloso, egli
sorridente minimizzò l'inconveniente e fece loro coraggio perché riprendessero
a lavorare di br-rona lena. Se aspiravano alle missioni dovevano prepararsi a dif-
ficoltà maggiori: « Non perdetevi di coraggio! C'è il buon Dio che vede tutto... »
e l'aspirantino Castelli non dimenticò più quella frase e, divenuto D. Castelli e
Missionario salesiano in India, in ogni circostanza ricorda: « C'è il Buon Dio
che vede tuttol >>.70
Accettando abitualmente in ogni circostanza la volontà di Dio, ne sapeva
parlare con grande efficacia. Vedeva nell'umile Vergine Maria il modello ideale
e così spiegava il suo 'Fiat mihi secundum verbum tuum '. << La Madonna
obbedisce pur non comprendendo il mistero altissimo della Incarnazione del
Verbo. Ecco una prima lezione per noi: ubbidire anche quando non sappiamo
spiegarci il perché di certi ordini. Caso pratico: << Sto tanto bene a Torino,
perché i Superiori mi mandano in un'altra Casa? >>. Caro figliuolo, non ragio-
nare così, ma ripeti anche tu all'Angelo, al tappresentante di Dio: << Si faccia
di me secondo la tua parola! »>.
E anche le altre parole della Madonna erano fatte per i Salesiani... « Quae-
cumque dixerit vobis, facite >> (Jo. 2,5).
« Così la Madonna esorta noi altri Salesiani a fare qualunque cosa ci venga
comandata dal suo Divin Figlio. Il buon salesiano obbedisce: venga egli mandato
ra i lebbrosi o tra i Kivaros dell'Equatore, fa sempte la volontà di Dio, mani-
festata da quella dei Superiori. Stiamo attenti a non mettere dei limiti a quel
quaecumque. Non ne seguirebbero i miracoli >>.71
In questa stessa visione di fede e di umile adorazione dei piani di Dio.
abbiamo già uirto come interpretasse gli eventi storici. Non poteva non essere
70 Testimonianza di D. Angelo Castelli, 19 aprile 1966 a Vellak Kinar, Coimbatore
(India).
7l Parole di D. Ricaldone dette in occasione dell'Accademia in onore deil'Immacolata
1'8 dicembre 1941.
572

61.5 Page 605

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ottimista anche nella ttagedia della guerra, perché ben sapeva che sopra uomini
ed eventi c'è Dio. Bisognava solo lasciarlo agire e seguirlo docilmente senza
limiti e senza ritorni: bisognava credere e operare, pregare e sperare.
<< Fede in Diol La vittoria sarà di Dio e perciò nosra, che ci roviamo
nel campo di Dio. La fede ci sostenga in questi tragici momenti, nei quali
tanti confratelli, tante opere, tante famiglie nostre e dei giovani e degli amici e
cooperatori soffrono prove durissime. La fede ci spinga a lavotare, a prodigarsi
in favore dei giovani, degli orfani, dei poveri e di chiunque abbia bisogno del
nostro aiuto. La nostra fede in Dio, viva e operosa, sarà coronata! >>.72
72 Parole di D. Ricaldone dette in occasione dell'Accademia in onore dell'Immacolata
l'8 dicembre 1943.
57)

61.6 Page 606

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CAPO XXXVI
" DAL FORTE È USCITO lL DOLCE " (Giud. 14, 14)
" L'umiltà è fonte di bontà e mitezza »
D. Berruti lasciò scritto di D. Ricaldone: <( Il carattere specifico della sua
virtù è l'abbandono in Dio accompagnato e motivato da illimitata fiducia nella
sua paterna Provvidenza. Essa è la ragione della sua calma imperturbabile di
fronte ad avvenimenti e fatti interni od esterni che turbano gli altri e lasciano lui
tranquillo e sereno »>.1
Infatti, quando nel 1940 i suoi malesseri divennero tali da togliedo com-
pletamente dal campo di lavoro, egli si trovò proto a questa prova doppiamente
penosa per lui che al dolore fisico univa la pena di lasciare fta tante preoccu-
paziont D. Berruti di salute cagionevole. Il 31 ottobre di quell'anno ci fu il
segnale dell'arresto momentaneo ma penosissimo. Ritornò la nevralgia con
attacchi violenti che non gli diedero sosta di giorno né di notte. In più, forti
disturbi allo stomaco.
I1 Prof. Bottino e il Dott. Vidili pensarono che i1 clima mite della riviera
Ligure potessero giovargli e appena fu in forza gli permisero il viaggio. Il 14
novembre Don Ricaldone a stento disse la S. Messa e patì per S. Remo, dove
l'attendeva una piccola villa, lasciata non molto tempo prima ai salesiani in
eredità da un benefattore. I1 soggiorno ligure fu un vero calvario, tanto che il
20 dicembre, sentendosi peggio, volle ritornare a Torino. Ma il freddo piemon-
tese l'obbligò a rimettersi in treno per la Liguria e il 27 dicembre era nuova-
mente a s. Remo. Ma fu una sosra penosa di grande sofferenza. Il 3 febbraio
1941 decise il ritorno a valdocco; non resisteva più e sperava in un inter-
vento chirurgico, perché il male era divenuto insopportabile e temeva di impaz-
zirel Così passò quel periodo di S. Remo.
Lo poté documentare giorno per gio,rno D. Terrone che fu scelto come
compagno, segretario e infermiere fidato.
« Sul finire del dicembre 1940 fino ai primi di febbraio del t94t, D. Rical-
done per consiglio dei dottori e insistenza dei Capitolari passò una quarantina
I Autografo di D. Berruti.
574

61.7 Page 607

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di giorni a S. Remo per riposare e rimettersi da prolungata stalchezza. Era un
periodo in cui il male al trigemino si era fatto sentire in modo crudele. Si spe-
rava che il clima della Riviera di Ponente contribuisse a rccargli qualche sollievo.
Fu invece il conffario. Furono settimane di dolori atroci, quali io penso nessuno
possa immaginare. Gli assalti del male erano quotidiani e talota anche più volte
al giorno. Basti dire che, per ben 34 notti, non poté chiudere occhio. Era uno
schianto anche per i Confratelli che con amorosa soilecitudine 1o assistevano,
impotenti a lenire in qualche modo i suoi dolori.
Chi scrive queste pagine, dormiva nella stanza attigua in comunicazione
con la sua, sempre pronto alle chiamate che egli, malgrado le mie preghiere
perché non temesse di disturbarmi, riduceva al minimo. Sapeva che non potevo
recargli altro sollievo all'infuori di poche parole di conforto e della compagnia,
tanto da far parere meno lunghe quelle ore dolorosissime.
Ricordo un episodio. Una notte, verso le 24, fui destato da un grido più
forte del solito. Balzai dal letto e andai al suo capezzale. I dolori erano così
forti e lancinanti che 1o sfiguravano ed egli quasi non riusciva a parlare. Quar-rdo
il dolore si calmò alquanto, mi ordinò di sedermi presso di lui su di una
polmona a dormire. Ma come riposare se mi accorgevo dai sospiri e dalle giacu-
latorie labbreggiare che egli continuava a soffrire? Ad un tratto l'infermo scoppiò
in una risata prolungata, clamorosa, che mi spaventò. Scattai in piedi e avvici-
nandomi, dissi: << Ma perché ride così? Cosa si sente? Che cosa è stato? » Ed egli
ceiQlouanGebtiblrnlaeausnapsvaCaanraodanloedtlieedclhesliueerelrlere;i,cecoidolrdpiGoaevr:rtaea-nneosCMlc'oelairrdmrdooiòcrnaeie,n,dpiteelolrlnc',Emhocéecs?dlt.era.a.sgni-laiaasmtotiAecnoalltoeactmahfaeeacrlicelcaotaorsng:aoa-nèddaorEidllcueocitobtsrloopa!ecqsc-siuaoi
ripetuto per prendersi in giro, mi rinfrancarono, perché io avevo temuto si trat-
tasse di delirio, e peggio ancora, cioè delle temibili conseguenze che il trigemino
cagiona. In un momento di sofferenza meno atroce, l'umile sentire di affiorò
con una battutta umoristica, forse per sollevare il povero segretario »>.
D. Terrone durante iI soggiorno a S. Remo mandò ripetutamente a Don
Beruti ed ai colleghi segretari notizie del Rettor Maggiore, per cui dalla sua
corrispondenza si può ricavare come un diario della sofferenza che assalì in
forma violenta il povero paziente. Andato più che altro per riposare, dopo il
primo periodo di novembre e dicembre abbastanza buono, ecco che nel gennaio
ritorna l'antico nemico: il male del trigemino.
«( D. Ricaldone) ha capito ora che è ammalato... forse gli pare di essere
più ammalato di quanto allora credesse... Risparmiamolo! ...2 Ma si vede che il
lavoro arriva anche a S. Remo e D. Terrone se ne lagna con D. Tarcisio:
« ... Hanno tutti ragione, ma egli non dovrebbe occuparsi, e se si insiste, si
occupa a fondo e si stanca. Come fare?... »>. Poi finalmente può scrivere: << È
il primo giorno che si sente vefamente sollevato »>.3 Si era ai primi di dicembre
e la bronchite al clima mite si scioglieva.
2 Ddla lettera di D. Tetrone ai Segretari, l9-ll-L946.
3 Dalla lettera di D. Terrone a D. Savarè, 2-12-1940.
575

61.8 Page 608

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Tutto dicembre è buono anche dopo i sei giorni passati a Torino. Anzi,
dopo la nebbia e il freddo piemontese, l'aza)rro e il sole della Liguria vengono
ancora più vùorizzati. D. Terrone è soddisfatto perché rova D. Ricaldone sereno,
con buon appetito e... << tano per distrarsi lavora per il catechismo ».a Ma il 6
gennaio improvvisamente il tempo diventa brutto. D. Ricaldone non potendo
uscire << si mette a tavolino e cede a71a tentazione di lavorare con pericolo di
esagerare )> e con fare burbero D. Temone conclude: << Sorveglieremo e ci im-
porremol7... »>.5
Ma questa volta non è il lavoro che sta in agguato per cogliere di sorpresa
l'ammalato. La temperatura abbassata gli procura un forte raffreddamento.6 È
f inizio di un martirio che si concluderà con un primo intervento al nervo rige-
mino. Infatti il giorno 13 D. Terrone scrive a D. Beruti: <<La sera del 12,
dopo cena, improvvisamente è assalito dal vecchio dolore al trigemino. Per
alcune ore non ha tregua, finché non prende il consueto << Gardan >>... Questa
notte era molto sfiduciato e parlava di partire per Torino ».7
Il giorno 1.4, poco dopo la mezzanotte, ritornano i dolori in forma acuta.
E il 20 Io stesso D. Ricaldone segna sul suo taccuino: « Giornata di passione.
O crux ave! Spes unica... Dulce lignum! ».
Il 25 D, Temone dà notizie non ancora buone a D. Berruti: ondate temi-
bili di dolori: << In qualche momento di sofferenza acuta. espresse nuovamente
il proposito di fare ritorno a Torino ».8
Il 27 \\e notizie si aggravano: << Tutto ieri, domenica, dolori al trigemino
con intervalli di riposo più o meno lunghi. Questa notte, idem, dolori quasi
continui... È molto depresso e sfiduciato. Pur sopportando con incredibile for-
tezz^ e pazienza edificante il temibile male, dice che le cose non vanno bene:
« Sento che vado giù » e pensa a Torino. Poco fa ha detto: << Se non va bene,
domani partiamo >>. Si capisce che sono parole dettate dal male, ma esprimono
chiaramente 10 stato dell'animo suo >>.e
La lettera del 28 non è molto più tranquillizzaltei << Questa notte non fu
molto brutta: ha riposato parecchie ore. Però il dolore lo tormenta sempre,
o poco o molto, giorno e notte... L'influenza si può dire totalmente scomparsa,
ora non resta che la nevralgia... ».r0
D. Ricaldone 11 29 segna sul suo taccuino di aver potuto celebrare la
S. Messa; ne è felice perché è dal 10 che riceveva la Comunione a letto e proprio
S. Francesco di Sales nel giorno della sua festa gli concede tanto favore: << Deo
gratias et Sancto nostro Patri Francisco! »>.11
Il 25 gennaio di quell'anno aveva ottenuto f indulto di poter prendere
a Dalla lettera d,i D. Terrone a D. Savarè, 2-l-1941.
s Dalla lettera di D. Temone a D. Savarè, 6-l-1941.
6 Dalla lettera di D. Terone a D. Berruti, l0-l-194L.
7 Dalla lettera di D. Terrone a D. Berruti, l3-l-1941
8 Dalla lettera di D. Terrone a D. Beruti, 25-1-1941.
e Dalla lettera di D. Temone a D. Berruti, 27-l-1941.
r0 Dalla lettera di D. Terrone a D. Berruti, 28-7-1941,.
1r Dal taccuino di D. Ricatrdone. 29-l-1,941,.
576

61.9 Page 609

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bevande e medicine prima di celebrare la S. Messa,r2 ma quando i dolori erano
acuti anche quel piccolo aiuto non era sufficiente a dargli forza bastante per la
celebrazione. Appena si sentì in grado di fare il viaggio, decise senza altre
revoche di lasciare S. Remo, tornare a Torino e chiedere un intervento al chi-
rurgo.
Ma prima e soprattutto era uomo di fede e sul suo taccuino al 9 febbraio
segna: << Inizio riduo a Domenico Savio >> e poi << Non chiedo nulla, ma se è Ia
volontà di Dio e conviene a me e alle anime che io guarisca, fiat voluntas
Dei! »>.r3
Il 10 annota: « Miglioramento notevole. Scendo in Basilica per il 2" giorno
del triduo ».
L'11: << Cessata Ia nevraTgia. Vado in Basilica per il 3" giorno del triduo ».
Il 12: << Inizio il 2' triduo di preghiere a Domenico Savio »>.
I1 15: << Inizio il 3" triduo di preghiere a Domenico Savio »>.
È una ripresa insperata che sorprende tutti. 11 « Piccolo Gigante vuole
proprio bene al Postulatore « primissimo » e più zelanle della sua causa di
beatificazione!... e D. Ricaldone a sua volta è profondamente commosso, quasi
impressionato: non si aspettava tanto! Cosicché decide di far pubblicare Ia
grazia sul << Bollettino Salesiano )> senza mettere però il suo nome per non far
parlare roppo di sé, dato che nessuno sa delle sue sofferenze. Ecco come egli
presentò 7a grazia ricevuta, alla ditezione del Bollettino:
<< Grazia per intercessione di Savic Domenico.
Ripetute volte ricorsi con fiducia al Ven. Servo di Dio, Domenico Savio
e sperimentai sempte l,'efficacia del suo patrocinio.
Verso la metà del1o scorso gennaio, ricaddi in una influenza maligna ac-
compagnata da tremente nevralgie. I dolori erano così violenti che si pensava
a un intervento chirurgico.
La sera del febbraio iniziai un tiduo al Ven.le Domenico Savio. Durante
1a notte del giorno L0 le nevralgie violente sparirono e non si sono più ri
petute.
Mente ringrazio Iddio che volle rendete efficace la protezione del suo
servo e invito tutti ad invocarlo con fiducia, esorto a pregare perché Iddio
voglia afftettare la glorificazione dell'angelico giovanetto >>.
Il 23 maruo i confratelli ebbero la gioia di rivedere tra loro il Rettor
Maggiore, ed egli fovandosi così prodigiosamente risanato, non perse tempo,
subito riprese le attività ordinarie che dal novembte 1940 aveva lasciato.
Sembra ringiovanito! Neppure I'otite dell'aprile 1o {ermò.
In maggio Roma lo attendeva e si fermò parecchio: dal ) al 19.
12 Suprema Sacra Congregatio Sancti Officii, Num. Prot. )65/L947
13 Dal taccuino di D. Ricaldone, 9-2-L941.
577

61.10 Page 610

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Ma forse chjese troppo al suo fisico che da poco si era ripreso, e a Monta-
lenghe il 6 giugno ebbe un collasso. Giorni senza Messa, poi di nuovo al
lavoro... Ma quello era il passo bersaglieresco di D. Ricaldone, e non quello
di Dio!... Così a luglio ritornò la nevralgia terribile che durò tutto il mese e
continuò in agosto. D. Ricaldone er^ al vertice della sopportazione e sentiva che
l'arco così teso si sarebbe spezzato. Disse a D. Berruti: << Bisogna venire a una
conclusione, se no divento matto dal dolore »>.1a Nel suo taccuino al 27 luglio
aveva scritto: << Deo gratias et Mariae. Anni isti in gemitibus: sed tu Deus fuisti
mihi adiutor »>.1s
In realtà da tempo D. Ricaldone chiedeva un intervento chirurgico, ma il
Prof. Bruzzone che lo curava, lo sconsigliava sempre nel timore che venisse
compromesso I'occhio, e per alleviargli il male si limitava a faryli sul viso delle
applicazioni elettriche. Ma queste ormai non avevano più nessuna efficacia. Don
Berruti allora ne padò al Prof. Mario Dogliotti che fu de1 parere di iniziare
gli interventi.
Nella cartella clinica di D. Ricaldone del 27-4-L944 roviamo nell'anno
1941: <<In agosto il Professor Mario Dogliotti, dopo maturo esame, fece un
primo intervento il 29 di detto mese. Il 1' settembre fece l'operazione definitiva
al ganglio; per tre giorni durarono ancora le sfitte, poi sparirono fino al 1942 »>.
Di quel primo intervento D. Ricaldone segnò sul suo taccuino: << Inter-
vento ore LL e I/4... Dolori irresistibili. Mezza iniezione. Continua I'opera-
zione »>.16 Che cosa aveva voluto dire? Lo spiegò D. Terrone che assistette all'atto
chirurgico: << Il professore iniettando lentamente l'alcool a gr. IOOVo verso il
ganglio, sapendo di procurargli dolori tremendi, chiedeva al paziente << Le faccio
molto male, eh? » E quasi avrebbe voluto sospendere. Ma D. Ricaldone:
<< Avanti, Professore, spinga, spinga; il dolore che ella mi procura non è para-
gonabile al male che ella cerca di curare e vincere >>.
Dopo tali interventi e medicazioni, attesta ancora D. Terrone, egli ripren-
deva il suo ordinario lavoro come se non avesse mai avuto alcun disturbo ». In
realtà il male non era troncato e lasciava ancora degli strascichi. L'occhio spe-
cialmente era il più offeso, tanto che il Prof. Dogliotti da Catania scrivendo
al Dr. Vidili insisteva perché pregasse D. Ricaldone di non leggere e scrivere.lT
Dopo 12 mesi, nel settembre dell'anno successivo, gli interventi dovettero
essere ripetuti. Questa volta operò alla seconda branca del nervo il Prof. Luigi
Biancalana, essendo il Prof. Dogliotti assente.ls
La guerra continuava ad infuriare; i bombardamenti distruggevano e porta-
vano terrore e disorientamento: i << carissimi figliuoli » di Torino avevano tanto
bisogno della ptesenza del << Padre >>, e il Signore gli concesse di nuovo mesi di
14 Testimonianza del Coadiutore Sig. Bianconcini.
15 Dal taccuino di D. Ricaldone, 27-7-7941.
16 Dal taccuino di D. Ricaldone, L-9-1941.
17 Lettera del Prof. M. Dogliotti, Catania, 29-9-L941.
18 Cartella clinica del 27-4-1944. Gli interventi avvennero il 24 e il 26 settembre
t942.
578

62 Pages 611-620

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62.1 Page 611

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relativo benessere tanto che dopo l'intervento non accusò più nevralgie fino
all'aprile del 1943. Ma in quell'aprile riprese il martirio. D. Ricaldone, anche
in vista degli occhi che risentivano degli interventi, cercò di tirare avanti e di
sopportare i ripetuti attacchi nevralgici attendendo, negli intervalii che il male
gli concedeva, all'Ufficio Catechistico, alle adunanze capitolari e all'Ateneo. Ma
in settembre si sottopose ad un 5" intervento.re
L'esito purffoppo, anche se immediatamente tolse ogni dolore, non ebbe
lunga durata; già a metà marzo del 1944 ripresero i dolori. Diventarono tal-
mente forti che il 2 aprile il Prof. Dogliotti operò nuovamente alla seconda
branca.
Nel taccuino D. Ricaldone segnò: << Temo sia stato debole (l'intervento);
continuano i dolori »>.m Infatti aveva sfitte alla parte destra del labbro superiore;
toccando il sopracciglio destro della parte più bassa i dolori gli rimbaizavano
al labbro, vetso il canino. Invece dopo tre giorni di continue nevralgie, il male
cessò d'incanto e per ben 14 mesi, cosa mai verificatasi prima di allora, non si
fece più sentire.
L'anno 1945 segnò alri disturbi, ma di altra natura e solo nel giugno vi
furono sinto,mi allar'manti al trigemino. Furono violenti e il 19 giugno, man-
cando il Prof. Dogliotti che prestava servizio sul fronte russo, il Prof. Bianca-
lana compì il 7' intervento! Fu penosissimo, durò un'ora! D. Ricaldone, molto
sofferente annotò: << Temo non sia riuscito »>.21 Fu dopo questo intervento che
D. Tavano nella notte sentì il povero Superiore chiamare aiuto e si dovette
prowedere con l'autoambrrlanza per sollevado da tanto strazio. Nei giorni 10-L4
giugno D. Ricaldone segnò nel taccuino: « Dolori trigemino ». Il 14 il Professore
ripeté l'intervento. D. Ricaldone annotò: << Pare riuscito ». Nel luglio e nell'a-
gosto liberato da tanti spasimi, come se nulla fosse stato, si buttò nel lavoro,
ma il cuore già aff.aticato dagli interventi e da tanto male, ebbe un collasso.
Per tutto settembre e ottobre dovette condurre una vita più riposante.
Era tale il sollievo che provava dopo gli interventi che egli si sentiva come
ringiovanito e, non fermandosi a costatare il passato, si slanciava in avanti.
Ma nel 1,946 le ansie della guerra e Ie fatiche del dopoguerra che compor-
tavano problemi di ripresa, di ricostruzione, lo fermarono fin dal gennaio. Non
si ttattava della solita nevralgia, era il cuore sempre più stanco, il fegato alquanto
compromesso gli occhi affaticati, l'influenza, la tosse e poi anche un eczema
alle gambe che l'obbligata a cambiarsi le calze tre volte al giorno 22 e talvolta Io
costrinse a tenere il letto. Nel febbtaio si parlò di convalescenza, ma fu un
prolungamento di malessere che durò tutto marzo e sfociò nel risveglio della
tertibile nevralgia. Il 25 marzo il Prof. Dogliotti fece il f intervento alla se-
re Cartella clinica del 27-4-7944. L'intervento fu fatto l'8-9-1943 dal Ptof. Do-
gliotti.
m Taccuino di D. Ricaldone, 12-4-1944.
21 Taccuino di D. Ricaldone, 9-6-1945.
22 Testimonianza del Coad. Infermiere Sig. Angelo Scolari che lo curò a Valdocco.
579

62.2 Page 612

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conda branca. Ma non ebbe esito buono tanto che fu ripetuto il 17 apri1e.23 Il
18, 19 e 20 aprile D. Ricaldone fu obbligato a stare a letto: moho sofferente
annotò sul suo taccuino: « Sento che l'intervento non è riuscito; terribile ne-
waTgia. Viene il Prof. Biancalana per combinare l'intervento gangliare ». Infatti
per il 20 aprile è segnato: « Alle 14,10 Biancalana e Dogliotti per f intervento
gangliare (ganglio inferiore), pare riuscito r>.24 È l'11'e ultimo intervento! Anche
il rigemino si farà ancora sentire quasi a ricordare al Superiore che non è un
vittorioso, e che esso è sempre pronto a sottoporlo alla prova dei suoi tormenti;
tuttavia gli 11 interventi consigliarono di non andar oltre per conservare l'occhio
che vedeva ormai molto poco.
Ma se il tigemino pare rabbonito, c'è tutto l'organismo stanco e logoro
che si rifiuta di continuare una operosità così intensa e dopo una estate e un
autunno buono, a Roma, dove c'è tanto da fare, s'impunta e richiede a Iorua
il letto.
Con sforzo Don Ricaldone 11 26 ottobre riesce a mettersi in piedi e ad
andare in Vaticano: ha I'udienza col S. Padrel Dal 26 ottobre al 4 novernbre non
riesce a celebrare, e tra letto e lettuccio riesce a sbrigare commissioni , a parlate
con personalità ecclesiastiche per il disbrigo di pratiche urgenti, e poi il 5,
appena sente di poter sostenere il viaggio, ritorna a Torino. Si direbbe alla fine
e invece in dicembre, chi bussa alla porta del suo studio lo trova curvo sulle
carte e pronto a ricevere il visitatore col soriso sulle labbra.
Negli ultimi anni, dal 1947 al 1951, se non ebbe più attacchi al trigemino,
ftr ugualmente e ripetutamente sofferente, perciò obbligato a periodi di soste
fra letto e lettuccio. Il suo organismo era logoro e non resisteva più all'intensità
del lavoro.
Il collasso del 12 marzo l94B impressionò e spavenrò un po' tutti. Si
credette di perderlo tanto che gli fu amministrata l'Unzione degli Infermi. I
dottori Vidili, Bottino e Giacomazzo non riuscivano a dargli vita. Un salasso
effettuato alla sera di quello stesso giorno non gli fu di giovamento. I1 giorno
dopo, nel pomeriggio, un rantolino che si prolungò per un'ora gettò I'allarme.2s
Ma non era <<7a chiamata >> e la forte fibra superò ancora una volta la crisi.
Gradatamente riprese il lavoro, fino a riassumerlo in tutta la sua intensità.
Dimentico di sé, non ricordava il pericolo passato e in breve esauriva quel
poco di forze racimolato con tante curel C'era di che amareggiare quanti con
filiale premura cercavano di aiutarlo, per evitare una ricaduta! C'è tutta la pena
e anche un po' di disappunto di un cuore di figlio nell'appunto che fa il suo
segretario, il 22 settembre 1950, quando deve di nuovo segnare un periodo di
malessere del Superiore troppo mortificato e accondiscendente: << Siccome il
segretario di Mons. Carinci e Monsignore stesso tennero in tutto il viaggio il
23 Taccuino di D. Ricaldone del 1946.
24 Taccuino di D. Ricaldone del 1946.
2s Taccuino personale di Don Ricaldone, 12-13 marzo 1948
580

62.3 Page 613

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finestrino aperto, per delicatezza il Rettor Maggiore non disse nulla e si buscò
un bel raffreddore ,>.26
Così pure nella laconica annot^ziorte del 25 giugno 1951, come si coglie
l'ammirazione per un vecchio stanco e affaticato che, nonostante il malessere
che sopporta da giorni, vuole completare i trionfi romani della canonizzazione di
Madre Mazzarcllo con la celebrazione della Santa Messa per le Figlie di Maria
Ausilialice nella loro casa ispettoriale, tenere per loro due discorsi corlmemo-
rativi e, come se non bastasse, presenziare al ptanzo dato al 'Sacro Cuore' a
personalità ecclesiastiche e civili. Va avanti a fotza di superamenti e riesce ad
arrivare alla fine e a leggere il brindisi. Subito dopo si ritira e titorrta alla
Procura. È disfatto e si mette a letto. Tutti si allarmano e si chiamano ue
dottori.2T
Così tra alti e bassi, tra collassi di cuore e forti bronchiti, tra disturbi di
fegato e forti emicranie, tra infiam,mazioni agli occhi e influenze periodiche,
in alterna vicenda con periodi di calma, il Rettor Maggiore proseguì il suo
cammino sino in fondo, con pazienza illimitata. Ripensò qualche volta alla sto-
riella del Confratello di Piossasco? Al « Gruzie » che il Signore sa donare ai
suoi amici?... Forse. Ma ora egli non aveva più bisogno di fare domande come
San Pietro; aveva perfezionato I'esperienza essenziale, che nel camminare sulle
orme del Signore, si gode la sua pace, concessa da Lui a chi si abbandona fidu-
cioso nella sua volontà.
Perché abbiamo paflato del lungo, silenzioso Calvario di D. Ricaldone
trattando della sua umiltà e pfoprio come <( fonte di bontà e di mitezza? ,>.
Perché la sofferenza fisica è da tutti naturalmente temuta ed evitata ed è
per molti causa di avversione o almeno di accettazione difficoltosa. Per D. Ri-
caldone dal temperamento di tenace lottatore, essa poteva diventare fonte di
irritazione e portatlo alla dwezza di modi. In lui niente di tutto questo. È
poi doveroso notare che dopo aver considerato nelle direttive divine il com-
pl.rro luuoro che egli fece durante i1 suo rettorato, lo si consideri anche nel
suo retroscenir umano. Su che cosa costruiva 1o Spirito Santo quell'azione che
lasciava ammirati gli uomini? Su una umanità, ricchissima di doti meravigliose
dello spirito , ma tatlata da un rodìo continuo di mali nella componente mate-
riale, in un fisico così penosamente vulnerato che la volontà per quanto forte,
non poteva frenare nelle sue contrazioni spasmodiche.
L,urp.tto era attraente, occhio vivo, sorriso amabile, parola chiara, pene-
trante, il tratto compitissimo; ,ma sotto quell'apparenza agiva una sofferenza di
piccoli e grandi disiurbi, e per il trigemino anche una ttagica possibilità di
cecità...
26 La nota del tacorino richiede una precisazione. Mons. Carinci, invitato da Don
RnDteeiucnrantaIledn2ortoen2east,ubenbtttetao.slmssibaeltrto.tyeai1mlogbivartetecoct1oro(9mo5pdl0fafegèvlneleò4nn0pineokravmtiiseT.t)roaeirliand1òesR,ellageorubseatpotuaimdtreieoondbgdeioleil .CeMaDospnuoisbtniogitlnooRoidrSceoau_ppledoeorinaMoelroecn.posDeilgleotnnodDreeR.h.ciBcasaotteelsdzscoszooa-.
non d7issTeancuc1ulianoep«erssiobnuaslecòdiunDobnelRriacfafrleddodnoer,e2>>5. giugno 195L.
581

62.4 Page 614

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Questo il fondo umano realisticamente vero su cui operava lo Spirito
Santo.
Accettarsi come si è, come Dio ci vuole e ci accetta, è vera umiltà e si
chiama << mitezza >>.
Questa virtù ha le sue manifestazioni nella parola sempre dolce e buona,
nel sorriso comprensivo, nel tratto amorevole. Ma queste non sono le sole
espressioni di animo mite.
C'è una mitezza più radicale: quella che sa costruire sui ruderi e non
s'impunta a voler materiale di prima scelta. D. Ricaldone nel periodo del suo
rettorato accettò umil,mente tutte le limitazioni che gli venivano dal suo
fisico tormentato, che gli impediva di agire nel modo e con f intensità deside-
rata. Costruì sul materiale che Dio gli aveva lasciato.
C'è la mitezza che sa artendere e camminare al passo degli altri. D. Rical-
done che prevedeva ed era in anticipo di anni sui contemporanei per concezioni
e at:'r)aziofli, seppe stare praticamente al passo dei confratelli. Talvolta |i 1ovò
impreparati, chiusi a certi problemi; li trovò magari più illuminati, ma incerti
e titubanti; e lui che avrebbe bruciato Ie tappe, seppe sostare e attendere.
C'è anche 7a mitezza di sentirsi difettoso e di riconoscersi tale, di sapere di
non essere compfeso e amato, e di amare questa penosa situazione.
D. Ricaldone fu un mite perché accettò i suoi limiti. Lui, così attento a
tutto, alcune volte aveva dovuto segnalare nei suoi esa,mi di coscienza deile
intemperanze nelle parole, negli scatti; delle decisioni << ab iratu >> che erano
stati veri sbagli; delle impazienzenelT'azione. E poi lui che andava al fondo delle
cose, aveva certr.mente scavato nella sua debolezza e vi aveva trovato l'uomo
malato, impressionato dal male.
'Scavando aveva trovato solo più un povero uomo, un miserabile << gran
candelliere »... Così si era sentito, così si era riconosciuto, così si era presen-
tato: <( Le mie manchevolezze vi muovano a pregare per me, affinché non
avvenga che mentre predico per dovere agli altri, abbia poi a perdere I'anima
mia >>.28
E fu mite anche nel lasciare che alcuni non lo capissero, 1o contaddicessero,
non gli fossero favorevoli... la sua persona contava poco ed era bene che « di-
minuisse »>. Ma le opere erano della Congregazione, di Dio: le opere dovevano
<< crescere >> e secondo lo spirito di D. Bosco!
Mitezza dunque profonda, vitale ,quella di D. Ricaldone, divenuta con-
naturale al vivere di tutti i giorni, e che non poteva essere davvero scalfita da
una impulsività o da una parola più forte. Fu mite perché accettò se stesso
come era e gli altri come erano. E fu accettazione di tutta \\a sua vita salesiana,
in particolare del rettorato; e non in modo qualunque, ma con amore! Qui
non alludiamo al rettorato di D. Ricaldone come realizzazione di opere, come
organicità di programmi, come direttive di attività apostoliche, perché queste
sono cose di Dio e che egli potebbe ottenere anche dalla 'roccia', come I'acqua
28 A.C.S., n. 74, 24 maggio 1916, p. 135
582

62.5 Page 615

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nel deserto; ma pensiamo al Rettorato come fatto, conquista personale di Don
Ricaldone. Egli lo accettò e 1o visse ora pef ora con 7a forza del mite che sta
sulla croce, la ama e aspetta tutto e solo da Dio.
La preghiera, fonte della sua Pace
Come poté arivarc a tanto?
È lo siesso interrogativo che
si
faceva
il
Prof.
Mario
Dogliotti
dopo
i
vari
intefventi fatti a D. Ricaldone: << Non ho mai incontrato talta forua e coraggio
in un ammalato ; non so dove attinga tanta fesistenza>>.2n E noi possiamo dirci
la stessa cosa riguardo al suo posto di comando e di lotta: dove attinse tanta
forza? Sono i suoi taccuini personali a rivelarcelo, se la sua stessa vita, le sue
parole, i suoi scritti non fossero sufficienti. Consideriamo solo quelli del suo
.",,o.uro. I piccoli notes si aprono e si chiudono con una preghiera composta da
lui, perché ogni anno aveva la sua ragione di essere nella preghiera. Noi l'ab-
biarno
,terg
già visto,
preghiera
circostanze speciali di
con una invocazione,
gioia o di
un grazie,
dolore richiamavano questa
un sospiro di speranza, un
pentimento, un proposito.
Qoi .iè t,.riru la spiegazione
do.r. lrofondamente b"o"o che
-ondo, il dolore, \\a gioia: tutto!
Come per vincere le grandi
di D. Ricaldone mite, e perciò di D' Rical-
ama Dio, il prossimo, se stesso, \\a vita, il
perché tutto è in Dio e Dio è il suo Tutto.
e tragiche ore stoliche additò ai figli la pre-
ghiera, così igli per amare e santificare tutte le sue ore, pregò e ,fu, e restò con
Éio nell,ora à.1 luuoro, del riposo, della malattia, della gioia, della prova, della
vittoria. Con Dio infatti non da temere. Aveva detto ai confratelli nel periodo
bellico: « Abbiamo grande e assoluta fiducia nella bontà, onnipotenza e fedeltà
di Dio. Egli è nostro Padre. Egli tutto dispone per il nostro bene. Perciò accet-
tiamo tutà dallc sue mani, gioie e dolori, successi e prove, ofe tfisti e ore liete,
persuasi che di tutto il Signore si servirà poi per il nostro bene e specialmente
per la nostra felicità eterna ,r.s
Ed ecco le sue preghiere, le sue <( ore )> con Dio, i suoi << anni con Dio >>.
Il primo anno di Rettorato, L9)3, si apre nel nome del Signore: << fn nomine
Domini, amen! »>, e si chiude con un grazie a7 Signore della croce e della gloria,
e alla sua celeste Madre: « Sit nomen Domini benedictum in prosperis et in
adversis, in exultatione et in cruce. Deo gratias et Mariae >>.3r
I1 l%4 è tutto un esultare di graduali << Deo gratias )> per i trionfi fomani
e mondiali di D. Bosco proclamato Santo.
Per l'anno 1935 Maria Ausiliatrice è invocata come suo particolare aiuto
3' 0
Ricordi di D. Terrone.
Érrona Notte data in Casa
Madre a
cornmento
della
Strenna sulla
Speranza,
31
d--i.ce-mxbre«
1942.
Sia benedetto
il
nome del Signore
negli avvenimenti
prospeti e avversi,
nella
gioia e nella croce. Siano rese grazie a Dio e a Maria SS. »
583

62.6 Page 616

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e segna il 1' gennaio con un « Maria Auxilium christianorum ora pro me >>.
Forse presagiva un anno di prova? certamente egli si sentì incapace e insuf-
ficiente a tanta responsabilità! perché chiude il 1935 con una supplica che è un
riconoscimento pieno, voluto di ciò che vede e accetta: << Domine, parce servo
tuo! Gratias ago tibi propter magnam misericordiam tuam. Deo gratias: anche
l'ultima notte fu ricca di dolori: fiat, fiat, voluntas tua.
Anno di prova per malattie. Sit nomen Domini benedictum! Domine, num-
quam mea voluntas sed semper et in saecula tua fiat! Miserere, Domine, mise-
rere mei et tuae Piae Societatis. Fac, Domine, secundum magnam misericordiam
tuam quod ego nescio nec possum facefe >>.32
Il 1' gennaio del 1936 dopo il segno di croce iniziale di ogni anno, aggiun-
ge: << Domine, omnia tecum ad maiorem tuam gloriam ». E poiché deve iniziare
l'anno senza poter celebrare la S. Messa c'è un canto di amore e di dolore:
« Fiat voluntas tual Ubi est amor, non est dolor; sit dolor pignus amoris >>. Anno
duro che si chiuderà con quell'offerta per i << carissimi figliuoli » della Spagna
e che avrà il suo prolungamento nel nuovo anno: <( Deo gratiasl per aver
incominciato l'anno nella sofferenza! Domine, pati, pati, pro te ».
I1 1937 si chiude con un grazie al Signore, alla Vergine Ausiliarice e a
D. Bosco. Con eguale ricorso e rendimento di grazie a Dio, alla Vergine e a
D. Bosco, si apre e si conclude anche il t938 che è tutto un Deo gratias per
la beatificazione di Madre Mazzarello. 11 L»9 1o trova preparato ad una sempre
più amorosa adesione a Dio: << Domine, semper voluntas tual Parce mihi >>: 33
preludio forse alle molte sofferenze del l94O che invocano l'aiuto di Dio.
<< fn nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, Amen. Deo gratias et
Mariae. Dolor ,meus in conspectu meo semper. Et hac prima nocte os meum
perforatum est doloribus. Et qui mecum est non dormiet. Semper Deo gratias ».3a
11 1940 era stato anche l'anno del :O' della sua professione religiosa e
allora sente il bisogno al suo chiudersi, di ringraziare e di chiedere perdono:
<< Agimus tibi gratias pro universis beneficiis tuis, mihi tam abundanter in hoc
anno concessis, qui vivis et regnas in saecula saeculorum. Parce, Domine, servo
tuo et remitte illi omnia peccata sua. Deo gratias et Mariae >>.3s
L'anno dr guerra 794t 1o sente arrivare gravido di pene e perciò chiede
un'assistenza speciale allo Spirito Santo, alla Madonna, all'Angelo Custode per
e per i confratelli: << fn nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, Amen. Veni
Spoecriettu3à2ttS<i<aSileiassiaebnceaon.lieFdsaei t'tc,ooomilsp_iigannolomareet,udsaee!lcSPoniigedntoàolrasei!gìunSoaigrnego,rraeanbdnbeoi nmmliiasseerrmiicciooarrddviioaalocdniiòm,chemeeaiosdeenmfolpànrepsiaoe
e non posso fare »>.
mi
3g 3
«
«
lascia.
Signore, sia fatta sempre
Nel nome del .... Siano
Anche in questa prima
ia tua volontà! Abbi pietà di me! ».
rese grazie a Dio e a Maria ss. La mia
notte 1a mia bocca è stata dilaniata dai
sofferenza non
dolori. Anche
cecehspiseiv,rid3voosenS«acigTognlniiotrmruee,tentcdinhiiaeomnsvuoidvoogii rrpemaezircrieeàcga.pntiSe.i ernSmetiaupinrtseoteicsrieoialsitneudooegririeabsszeeieecnogèalrfi.aicDzoii,ieoaSaeimgDnaeioorMce»o,asa(rìicbaafbrbiS.bSpos.ien,a.tdlàmandotee1ml2te0un/4ot)e.secorvno-
584

62.7 Page 617

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Sancte Spiritus, reple cor meum et tui amoris in eo ignem accende. Amen.
Maria, esto Salesianorum semper auxitium. Angele Dei esto custos mei. Sancte
Peffe, vo o tecum dicere: Domine, tu scis quia amo Te! »>.ft
Bellissima la finale in quel << Domine, tu scis quia amo Te >> che trova la
sua eco nella preghiera di chiusura dell'anno: « Deo gratias et Mariae Auxilia-
trici; S. J. Bosco ora pro nobis. Domine, laetatus sum etiam pro diebus et annis
quibus vidi mala! Sit nomen tuum benedictum nunc et in saecula. Amen! »>.37
La preghiera del 1' gennaio 1942 risente della tragedia dei bombardamenti
aerei e delle distruzioni effettuate. Come è accorata quella richiesta di fede,
che ritornerà per tutto l'anno fino a farsi promessa di fedeltà con la preghiera
del l1 dicembre! << Maria Auxilium Christianorum adiuva nos. S. Joannes Bosco
esto nobis Pater. Quasi dolores mortis circumdederunt nos et omnia nostra in
gemitibus. Credo, Domine, adauge fidem meam... >>.38
« Adiutor esto nobis, Domine, in ffibulationiLrus quae invenerunt nos
nimisl Domine, pati et mori pro te! »>.3e
Le preghiere di questi anni di guerra sono suppliche appassionate, grida di
dolore e di fede, di angoscia e di speranza; sono dei piccoli capolavori di uma-
nità e di gtazia; c'è I'uomo in lotta che sembra essere ravolto dalla bufera del
male e del dolore, e l'apostolo che crede, che vuole sperare, che vuole accettare,
che si vuole abbandonare al suo Dio.
La preghiera del 1' gennaio 19$ è un grido di angoscia: << Domine, cla-
mor noster ad Te veniat. Et si ambulavero in medio tribulationis, tu Domine,
spes rnea, vivificabis me et salvum me faciet dextera tual >>.o
E si concluse il 31 dicembre con una accettazione amorosa: << Domine,
gratias agimus tibi in omnibus: haec est voluntas tua, proindeque nostra.
Maria, sit nomen tuum benedictum. S. J. Bosco esto nunc et semper nobi-
scum )>.41
L'anno 1944 diventa preghiera ancora più supplichevole: << Domine, innova
dies nostros et ex omnibus tribulationibus quae circumdederunt nos, libera
animas nostras. Amen. Maria, adiuva nos »>.4'
36 <, Nel nome del... Vieni o Spirito Santo, riempi il mio cuore e accendi in esso
il fuoco del tuo amore. Amen. Maria, sii sempre l'Aiuto dei Salesiani. Angelo di Dio
sii
il
mio custode.
37 Siano rese
San Pietro,
grazie a Dio
voglio dire
e aMaria
Acuosniliraeric-e;.SS.-igGnioorvea,ntnui
sai che io ti
Bosco prega
paemr on!o-i.
».
Si-
gnore, mi sono mantenuto sereno anche nei giorni e negli anni nei quali sperimentai il dolore!
Sia benedetto il tuo nome ora e nei secoli. Amen! ».
no.i
_P3a8d_ r1eo.
gennaio, 1942: « Maria Aiuto dei Cristiani.
Come dolori di morte ci oppressero e iltte
aiutaci. S. Giovanni Bosco sii per
le nostre cose sono fra le angoice.
Credo, Signore, aumenta la mia fede... ».
3e J1 dicembre 1942: « Sii il nostro aiuto, o Signore, nelle tribolazioni che incon-
tramm{o
abbonda,nti!
« Signore, il
Signore, patire e morire per te >>.
nostro grido giunga a te. E se dovrò camminare
in
mezzo
alle
dif-
Of^icoM_l_taà4r,irat.,ui,Sl iSgtuingoonroenroetm,i merinisagiarsabpzeeiarnamendozeapt,teomr. oiSg.dnaGiriacooivs.vaiBt:aoqiueceosc,toasntaèlaolaratutueaasdveeomsltporranemc,oipnesarnclovei r>a>è. i!1a». nostra >>.
42 « Signore, novella vita ai nostri giorni, e da tutte pene che ci circondano
libera le nostre anime. Amen. Maria. aiutacil ».
585

62.8 Page 618

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Come aveva preveduto bene sottolineando quel ., circurndederunt nos >>l
Fu invero anno di ansie terribilil Ancora sotto l'impressione della perquisizione
notturna del 26 dicembre segnata nel taccuino con un « Deo gratias! Et cum
sceleratis reputati sumus »>.43 D. Ricaldone così consacra al Signore l'anno che
ormai passa nell'eternità: << Domine, etsi ex omni parte angustiae me premunt,
gratias ago tibi, et rursum post tenebras spero lucem. Festina, Domine, et noli
tatdare, quia nunc est tribulatio magna, qualis non fuit.
Sed tu, Domine, ex omnibus tribulationibus liberabis nos et nos gaudebi-
mus scientes quod spes tua non confundit, Deo gratias! >>.«
Il L945 è anno di supplica accorate', quasi un piangere prolungato su tante
miserie.. Pianto che si placa in un grazie adorante allafine, quando il dono della
pace viene a ricompensare ogni dolore. La preghiera del 1,' gennaio è un fluire
di parole che sembrano singhiozzi:
<< Maria, esto mihi Mater et adiutrixl Angele Dei, custos es mei! Deus
meus, in te confido quia qui in te conflidit non minorabitur' Ne elongaveris,
Domine, auxilium tuum a me; exurge, adiuva nos, guia egeni et pauperes facti
sumus nimis! ».as
Menre invece il grazie del 31 dicembre è povero di espressioni, quasi
D. Ricaldone sentisse il bisogno di gustate nel silenzio e nell'adoruzione la bontà
infinita di Dio: << Gratias, Domine, quia perpercisti iniquitatibus nostris et do-
nasti nobis pacem »>.ft
Poi venne il 1946 del dopoguerra, con il grande impegno della ricostru-
zionel D. Ricaldone invoca la Madonna perché tanti sono gli etrori che minac-
ciano la povera umanità e forse sono più perniciosi della stessa guerfa: << Maria,
mater nostra, adiuva nos! Parce nobis Domine... quiat tot et tam magna mala
pacem appellant! Tu solus, Domine, das et dabis nobis paceml »>.47
L'anno si chiude con un esultante grazie, un piccolo « Magnificat ricaldo-
niano >>, per tutti i benefici concessi a lui ed ai suoi figliuoli:
<< In nomine Paris et Filii et Spiritu Sancti. Amen. Gratias, Domine,
omnibus diebus vitae meae quoniam, misertus mei, audisti, exaudisti atque me
prospere in omnibus eduxisti! Gratias, Mater amantissima; efficax constansque
S. J. Bosco filiorum ubicumque Auxiliatrixl Gratias, dilectissime Pater, mihi,
che, daao3p««oSS1iigaénitonergnere,abzsreieab,tboteonirelnSileilganpoelurnece!e.AmnAicfhforepeptftrraaimtigaSllioigsncdoearleleoreagtninisopianamrtveoo,_lseitroattiatiardn_anrrionevgerpareazrticio!h.>é>_. eosrpaelloa
snoofiferrietonrinaeèregÀraondneellqauaglieoianosnapfuendmoaic.hMe achtui ,spSeigrnaoirne,
ci
te
libererai da
non rimane
ogni ttibolazione
confuso; gtazie,
e
o
-Signorel ».
4s <( Maria,
siimi
madre
e
aiuto.
Angelo
di
Dio,
sei
il
mio
custodel
Dio
mio
in
te
confido, perché chi in te pone la sua fiducia, non sarà deluso. Non tenere, o Signore, lon-
tlno da me il tuo soccorso; sorgi, aiutaci perché siamo poveri e miseri al massimo! >>.
a6 « Ti ringrazio, Signore, perché hai perdonato le nostre colpe e ci hai donato 1a
p-ace »n. « Maria, Madre nostra, aiutaci! Abbi pietà di noi, Signore, ... perché tanti chia-
mano pace anche grandissimi mali! Tu so1o, Signore ci dai e ci darai la pace! »'
586

62.9 Page 619

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cunctisque filiis tuis, et pax in angustiis, lux, scutum, balsamum, gaudiuml >>.a8
L'anno seguente, i\\ 1947, si apre ancora con una richiesta: \\a grazia di
essere ricercatori e ricostruttori della vera pace, perché Dio ci vuole nella
pace:
<< Homines, viam pacis nescierunt: sint ergo saltem opera Societatis nostrae
et fidelium omnium, opera pacis et non afflictionis quia in pace vocavit nos
Deus >>.*'
Gli accresciuti malori gli fanno aprire l'anno 1948 con una preghiera sup-
plichevole per un aiuto alla sua persona, che, sotto il peso degli anni sente
venirsi meno le forze. << fn nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. Ne
projicias me in tempore senectutis cum defecerit virtus mea ne derelinquas me.
Maria semper mecum »>.$
Il suo cuore stanco presentiva qualche all'arme? Ci fu in realtà il collasso del
marzo che lo portò agli esmemi, tanto da ricevere I'estrema unzione.sl Si ri-
prese, la sensazione della morte gli rimase profonda e chiude l'anno con una
preghiera meditativa sulla fine che sente prossima: << Deo gratias et Mariae. Ego
enim iam delibor et tempus resolutionis meae instat ».s2
Con lo stesso pensiero rivolto alla nullità della vita, inizia il 1949, ma
c'è ancora e sempre la Madonna a sostenerlo come << constans Adiutrix »!
<< In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. Mafia, Mater et con.
stans adiutrix mea! Anni mei sicut aranea meditabuntur >>.53
Ed è anno di travagli, di sofferenze fisiche e di pene, vissute però sempre
nella fiducia e sotto lo sguardo di Dio: << Semper cum gratiarum actione, peti-
tiones meae innotescunt apud Deum. Deo gratias et Mariae! »>.s
Il taccuino del 1950 porta scritta di suo pugno solo più la preghiera di ini
zio d'anno, quella del 1.' gennaio, poi è tutto annotato dai suoi segretari. Non
ha neppure più quella di fine anno. Questa preghiera è l'ultima che troviamo sui
taccuini di Don Ricaldone, poiché il notes del tS:1 non contiene più i suoi
scritti, ma solo gli appunti affidati alla penna e alla memoria dei suoi segretari.
4 « Nel nome del ... Grazie Signore, te 1o dirò per tutti i giorni della mia vita, per-
ché hai avuto pietà di me, mi hai ascoltato, mi hai esaudito e mi hai condotto in salvo
in tutte le circostanze. Gtazie, o Madre amatissima, Ausiliatrice efficace e costante e in
ogni iuogo dei Figli di S. Giovanni Bosco! Grazie, dolcissimo Padre, a me e a tutti i tuoi
figli, pace nelle tribolazioni, luce, difesa, conforto e gaudio! ».
ae « Gli uomini non conoscono la via della pace: quindi siano almeno le opere
della nostra Società e di tutti i fedeli opera di pace e non di pena, poiché Dio ci ha
chiameatiTaalclacupinacoe
».
personale
di
Don
Ricaldone,
1
gennaio
1948: « Nel
nome de1 Padre
e... Non mi abbandonare nel tempo della mia vecchiaia, quando verranno a mancarmi le
forze non lasciatmi solo. Maria sii sempre con me! »>.
sl Taccuino personale: 12, Li marzo 1948.
s2 Taccuino personale, J1 dicembre 1948: « Siano rese grazie a Dio e a Maria. Già
infatti sono ormai stato sciolto e il primo tempo del mio scioglimento mi sovrasta ».
s3 Taccuino personale, 1 gennaio 1919 « In nome del Padre e ... Maria, Madre e
costanste
mio Aiuto! I miei anni quali fila di ragno si possono considerare! ».
Taccuino personale, f1 dicembre 1949: << Sempre con sentimento di
riconoscenza
sono rivolte al Signore le mie suppliche. A Lui e a Maria il mio grazie ».
587

62.10 Page 620

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Nella sua brevità è molto bella: c'è lo slancio del cuore sempre ardente e la
realistica visione dell'anima meditativa: << In nomine Patris et Filii et Spiritus
Sancti. Amen. Per singulos dies benedicam tibi... Mensurabiles posuisti dies
meos. Maria semper Mater mea >>.ss
Quell'anno, forse come non mai, Don Ricaldone sentì << mensurabiles >> i
suoi giorni, poiché l'argomento della morte gli fu familiare. Colpisce special-
mente una sua buona notte data 11 22 l,uglio, di cui il segretario segnò i punti
da lui sviluppati:
<< 1' Cupio dissolvi et esse cum Christo . 2o Fare ogni cosa come se fosse
l'ultima della vita. 3' Essere sempre più salesiano: se nascessi 8 volte, mi farei
88 volte salesiano... 4' Armonie di Maria Ausiliatrice e di Don Bosco >>.s6
Ma anche qui, come nelle preghiere, ogni pensiero ha il suo fremito giova-
nilmente salesiano e il suo colpo d'ala nella visione soprannaturale, nella certezz^
della fede, e la speranza apre orizzonti sereni e dispone ad una attesa serena.
Così Don Ricaldone divenne I'uomo mite e, come dice la preghiera del
1947 , l'uomo della pace, che ha la pace in e la irrudia sugli altri.
Don T. Savarè non può dimenticare il « rimedio » di Don Ricaldone per
le sue notti insonni... Diceva con semplicità al suo segretario: << Quando non
riesco a prendere sonno per qualche sffaordinaria preoccupazione, m'immagino
di rovarmi ai piedi della Madonna del Rocciamelone con tanto candore di neve
e tanto azztJtto di cielo, e non penso ad altro >>.s7
Sono preghiere di conquista, l'abbiamo visto; sono superamenti continui,
ma tutte raggiungono l'equilibrio, la calma nel << Fiat voluntas tua, Domine! >>s8
e nel grazie << sia benedetto il Signore »>.s
E prima di lasciare i suoi << carissimi figliuoli >> che cosa poteva dire se
non ancora una parola di mite bontà, di pace serena, di abbandono fiducioso
alla volontà di Dio, espresso in quel triplice invito di concordia fratetna e di
intimità con Dio, con la Vergine Ausiliatice e con D. Bosco? E per loro dettò
al Segretario queste parole: « Viviamo sempre e tutti nel cuore e nello spirito
di S. G. Bosco. Viviamo sempre e tutti nel cuore, nello spirito e nella pùrezza
angelica di Maria Ausiliatrice. Viviamo sempre e tutti nel Cuore di Gesù, sulla
sua croce, nella fiamma del suo amore che ci farà eternamente felici in Para-
diso »>.0
Il 4' Successore di Don Bosco dallo spirito del Padre aveva attinto la sua
essenza: l'umile e mitezza. Così, senza pose, come servo buono s fedele, attese il
ritorno del Padrone e fino all'ultimo illuminò la casa con 1o splendore della sua
lampada accesa.
i 55 Taccuino personale, 1 gennaio 1950: « Nel nome del Padre e del ... Ti benedirò
per
osgnTi agciocruninoo.
Hai stabilito miei giorni misurati... « Maria
personale di Don Ricaldone: 22 luglio 1950.
siimi
sempre
Madre
».
s7 Testimonianza di Don T. Savarè.
s8 Fra.se che gli fioriva solitamente sulle labbra all'annuncio di qualche notizia do-
lorosa.
59 Invocazione che D. Ricaldone ripeteva ad ogni fitta dolorosa provocata dalla nevral-
gia
a1etriDgeamllainLoet(tTeersatimMoonrtiaunazriaa
di
di
Don
Don
Berruti).
Ricaldone,
20
dicembre
195!.
,88

63 Pages 621-630

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63.1 Page 621

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L'appuntamento che non poté annotare
La notizia non sorprese nessuno.
Il 4' Successore di D. Bosco si era incontrato definitivamente col Signore
il 25 novembrc l95l alle 15,38; a questo inconffo si era preparato da sempre
e aveva perfezionato \\a preparazione nell'ultimo periodo della sua vita con
maggiore intensità di amore. Non l'aveva potuto segnafe sul suo taccuino come
faceva solitamente per tutti i suoi appuntamenti, perché era il Singore che
doveva venire a << prenderlo » e il giorno, l'ora, l'istante, erano iniziativa sua.
Bisogna saperlo attendere e ancora una volta saper conoscere il « segno »> del
<< suo tempo ».
Per D. Ricaldone f incontro del Signore non fu dolce sorpresa o gioiosa
improvvisata, ma un dolce, gioioso eternarsi del1a sua Presenza. La sua venuta
la concepì come la conclusione della sua giornata laboriosa, tutta impegnata a
conservare integro lo spirito del Fondatore nei suoi figli; come un « SI >> tica-
pitolativo che non avrebbe più avuto bisogno di ripetersi ad ogni ora, ad ogni
avvenimento perché si sarebbe eternato in un << Amen >> perenne di amore.
Quando i suoi malanni salivano a stati allarmanti, chi meno si allarmava
era lui. A D. Tarcisio Savarè dopo una crisi di cuore avuta nel febbraio 1945
cmdoisòsseperc:eh«aevCvhiesoratnfofd,aoclmoamtnaoen.dtoiCanhdtieaamfcaacrmnet.iinIqouuiapanednroiòltnvdzuiciooci otamul!eSyfyiug-rn.oo6nrroe:EIe-
Non badare alle
il Signore 1o chia-
ripetute infermità,
che si succedevano.
Don Terrone che gli visse accanto negli ultimi mesi, recandosi da D. Ricat-
done sovente a Casellette per ultimare « D. Bosco Educatore » attesta: « Gli
ultimi mesi di D. Ricaldone furono una vefa preparazione alla morte. Mentre
negli anni precedenti non voleva che si parlasse dei suoi disturbi di salute per
non impressionare i confratelli, allora soleva parlarne egli stesso apertamente,
dicendo che era tempo di pensare al rendiconto finale. Un solo pensiero 1o
preoccupava ancora fortemente: varare a1 più presto il suo ultimo lavoro « D. Bo-
sco Educatore ».
Nella Cronaca della Casa poi sono riportate alcune slte espressioni e de-
cisioni che fanno pensare come egli sentisse la presenza del Signore in luce
nuova, vicina ad eternarsi.
« Verso la fine di luglio, scrive D. Terrone, come preparazione al suo
prossimo genetliaco, D. Ricaldone volle raccogliersi in rigoroso ritiro facendo
gli Esercizi Spirituali dal 19 al 25 con alcuni confratelli che non avevano potuto
andare in altre case )>. Presagiva forse che quello fosse l'ultimo suo compleanno?
La cronaca della casa annota: « Si segue l'orario regolamentare per le pratiche
di pietà: istruzioni, meditazioni, ecc. D. Ricaldone dice che, mentre compie
uno suetto dovere imposto dalle Regole, riposa egregiamente, preparandosi così
61 Da una lettera di D. Tarcisio Savarè scritta a D. Berruti che era a Roma in data
20-5-1945 in cui gli dava notizie de1 Rettor Maggiore.
589

63.2 Page 622

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anche all'ultima {atica intellettuale per D. Bosco. Non si occupa di nessun'altra
cosa; non vuole neanche ricevere posta. Siamo edificatissimi ».
Il 27 luglio è il giorno del suo compleanno: compie 81 anni. Dopo un
breve soggiorno a Torino ritorna a caselette e la cronaca il 2 agosto 1o pre-
senta giovanile, vivace bocciofilo e vincitore imbattibile: « D. Ricaldone oggi ha
disputato una grande, brillante partita, e con avversari in gamba. Ha vinto per
1.2 a zero... E non fu gioco di complimenti o di benevola condiscendenza; tutti
si erano impegnati a fondo, conoscendo la sua bravura e dovettero costatare
che il miglior accostatore dei sei giocatori era veramente Iui. occhio sicuro,
equilibrio, senso della distanza e della forza. Si scorgono le doti di un Superiore
Generale... in cose di ben alra importarzat. Anni 82 incamminati! Dominus
conservet eum ».
Ma, ecco dopo qualche giorno, 1'11 agosto un richian-ro, uD (( segno »> da
concatenarsi al genetliaco... Un telegramma annuncia la morte di D. Felice
cane coetaneo e compagno molto affezionato di D. Ricaldone. Egli ne rimase
turbato e fortemente impressionato. <( In quel giorno e nel giorno appresso
ripeté più volte che anche per lui Ia chiamata era vicina. << D. cane, diceva, aveva
81 anni come me. Io mi sento stanco, il cuore è debole e f insonnia mi tor-
menta ».62 La sera del 12 agosto, sempre sotto f impressione penosa della morte
dell'amico, lascia caselette per Torino: desidera una visita medica. Ma il
dottore non trova nulla di preoccupante in quel fisico malandato, ma ancora
resistente e D. Ricaldone per il 6 è di nuovo a Caselette, curvo sulle << sudate
carte >> di « D. Bosco Educatore ».
Il 25 agosto portò a termine il 2" volume dell'opera e ponendo \\a lirma
all'ultima pagina, con un sospiro di sollievo,
Nei giorni che seguirono quel uaguardo
ersacglgamiuòntora, glgaiasnutae:so- ddiDsfeaoziognraetiaesra!
visibile a tutti poiché egli ne parlava ai confratelli e agli ospiti. Ma D. Terrone,
che sapeva leggere nelf intimo dell'anima del Padre, per la lunga, affettuosa
convivenza avuta con lui, notò che dopo il 25 agosto il tono della sua conver-
sazione si sarebbe detto del << Nunc dimittis ». << Quante volte l'ho udito escla-
rnare: <( Siamo alla fine, adesso basta! >>.63
D. Terrone ravvisò anche una dolce ffistezza ne7 saluto del 1i ottobre.
D. Ricaldone non si accomiatò da Caselette, come soleva fare ogni anno al chiu-
dersi della stagione autunnale in vista delle brevi scappate che avrebbe fatto nei
mesi freddi; quella volta pareva guardare ogni cosa, salutare ogni confratello
come chi sa che non tornerà più. « Partendo lasciò capire molto chiaramente
che non sarebbc più tornato alla Casa Cays, dove per tanti anni era venuto a
lavorare. E intendeva accennare alla sua prossima fine ,>.fl Quel distacco era un
altro passo verso Ia casa del Padre. Il novembre, di per già così triste e in
quell'anno eccezionalmente buio per le piogge torrenziali e persistenti (si ricor-
dino le inondazioni del Polesine) sembrò un persistente richiamo alla caducità
62 Testimonianze di Don Terrone.
63 Testimonianze di Don Terrone.
6a lestimonianza di Don Terrone.
590

63.3 Page 623

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del tutto, e nello stesso tempo, per le feste torinesi in onore di S. Maria Maz-
zarcLlo, un gioioso annuncio alla eternità del cielo. E fu la pioggia, il vento,
il freddo dell'11 novembre e il mionfo finale della glorificazione della Santa che
complottarono per l'uttimo <( segno »>.
Quella sera a Valdocco si inaugurava il nuovo salone-tearo e in onore
della Madre Mazzarcllo Ia compagnia drammatica dei giovani studenti pre-
sentava al pubblico << Le pistrine »> di D. Lemoyne. Vi era presente l'Em'mo
Card. Protettore Aloisi Masella. Fuori, vento, fteddo, pioggia torrenziale. D. Ri-
caldone, stanco per gli impegni della giornata, non credette opportuno esimersi dal
partecipare all'ultima manifestazione della festa; 1o sentì un dovere, sia verso
l'augusto ospite, come verso i suoi carissimi figliuoli e le F.M.A. tutti uniti nel
ffibutare un omaggio festoso alla Confondatrice dell'Istituto F.M.A. salita alla
gloria degli altari.
D. Ricaldone scese dalla camera e poiché la pioggia cadeva dirotto, portata
dal vento anche sotto i portici, andò in macchina sino alla porta del nuovo
teatro. Preso posto al fianco del Porporato, avvertì la corrente d'aria che cir-
colava nella platea, ma rimase cordiale e faceto a far compagnia al Cardinale.
A spettacolo ultimato salì in camera; non si sentiva bene; accusò un malessere
generale.
Il Signore da quella sera prese a contare i giorni per fissare sul taccuino
del suo servo vigile e attento I'appuntamento finale. D. Ricaldone e con lui i
suoi figli 1o sentivano vicino, e, pure con sentimenti diversi 1o attendevano, il
primo sempre sereno e impegnato nel compimento del dovere quotidiano, gli
alri (e con essi i medici) vegliavano trepidanti.
Il Signore non ebbe premura.
Non fissò l'appuntamento il 16 novembre, quando all'una di notte l'insor-
gere dell'asma cardiaca fece temere imminente la catas[ofe. Che anzi, superata
la crisi, nel pomeriggio del giorno seguente I'infermo lasciò il letto e presiedette
una riunione dei superiori del Capitolo, convocato di utgenza. Subito dopo ri
tornò a letto e non lo lasciò più. Perché simile imprudenza? I1 motivo lo rivelò
ad un segretario che a tarda sera si permise di dirgli: << Ah signor D. Ricaldone...
quel Capitolo di oggi »...
un
a-ltro
Bellissimo Capitolo, tispose, e mi
simile. Abbiamo deciso di offrire
sentirei di alzarmi subito per tenerne
al Governo Italiano alcune centinaia
di posti per i poveri figliuoli di famiglie alluvionate del Polesine. Charitas
Christi urget nos!
L'amore di Gesù Cristo gli aveva dato 7a forza e il coraggio del gesto
compiuto.
E se al 22 le condizioni peggiorarono e il suo stato venne riconosciuto
<< grave, molto grave >> dai medici non era ancora il momento del traguardo;
ma il momento dolcissimo del S. Viatico.
Toccò al Prefetto Generale Don Renato Ziggiotti darne l'annuncio ai con-
fratelli e alf infermo. Egli nella lettera mortuaria così riporto il fatto: << Con la
59r

63.4 Page 624

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sua solita calma mi
Sono contenl6t _
rispose:
yy.6s
-
Oh, bene; venga il Signorel Disponi subito tutto.
Quante volte Don Ricaldone aveva raccomandato di preparare in tempo
i confratelli a ricevere il S. Viatico! Ora era venuta la sua'ora'e dava un
esempio edificante di fede e di coerenza. Prima del Viatico disse a Don Savarè
che gli chiamasse il suo confessore abituale, che era Don Molfino.6 L'ammini-
strazione del Viatico fu preceduta dalla lettura dell'uttimo messaggio che il
Rettor Maggiore indhizzava a tutti i Salesiani prima di chiudere il suo pelle-
grinaggio terreno. Lo lesse il Prefetto Generale.
Carissimi figliuoli, non potendo parlarvi vi lascio tre ricordi.
1) Viviamo sempre e tutti nel cuore e nello spirito di S. G. Bosco;
2) Viviamo sempre e tutti nel cuore, nello spirito e nella pùtezza
lica di Maria Ausiliatrice;
^flge-
3) Viviamo sempre e tutti nel cuore di Gesù, sulla sua croce, nelle
fiamme del suo amore che ci faùt eternamente felici in Paradiso.
Vi benedico tutti di gran cuore, vi domando perdono delle mancanze com-
messe e vi assicuro che se il Signore vorrà accogliermi in Paradiso, ogni giorno
pregherò per voi e per tutte 1e vostre intenzioni.
Poscia tra la commozione generale f infermo ricevette l'Ospite divino e si
raccolse devotamente nel ringraziamento. Poi si rivolse a Don Ziggiotti che
era rientrato, e disse: << Hai visto che è andato tutto bene? ».67
Quella giornata fu coronata dalla visita del Card. Fossati, suo grande amico,
e dalla benedizione del S. Padre, trasmessa da Mons. G.B. Montini, Sostituto
della Segreteria di Stato.
Il mattino seguente, prima dell'alba ebbe il conforto del Sacramento degli
infermi e per l'ultima yolta quello della S. Comunione. Seguì l'apparente notte
di letargo.68 Tre giorni di assenza? o non piuttosto di presenza ancora più viva
a Lui che si faceva sempre più luminosamente presente?
L'uomo che aveva voluto farsi presente a tutti, in quei giorni di prolun-
6s Dalla Lettera Mortuaria di Don Ricaldone scritta da Don Ziggiotti, 20 dicembre
1951. | « Bollettino Salesiano » del 1952 a p. 2 riporta anche un'a1tra frase, ma moho ana-
loga: « Oh, ben volentieri, venga, venga pure Nostro Signore! ».
Nella commemorazione della morte di D. Ricaldone fatta a Mirabello fu detto invece
che_ egli rispondesse: << Laetatus sum in his... ». D. Toigo il 14 maggio 1970 predicando
a Casanova ricordò la scena a cui era stato presente e disse che D. Ricaldone rlcevette 1o
annuncio de1la fine con l'esclamazione: << Sta bene! Subito i sacramenti! >>.
R_ica,ldSoonteto, pDostSealvearvèa. reieglivterrosvioònicaheu1na
teste presente a1la scena quale fu i1 segretario di D.
più esatta è quella da noi citata a cui-aggiunse solo
la prima esclamazione: << Deo gratias! che a noi manca, commentando che « eÉno i suoi
pensieri da tempo!... ».
I segretari presenti sono del parere che f infermo ebbe più espressioni e che ciascuno
ritennetr
come
Don
essenziale ciò
Ricaldone in
che più 1o aveva impressionaro.
assenza di Don Molfino era
solito
confessarsi
da
Don
Ceria.
67 Testimonianza di Don T. Savarè.
68 Testimonianza di Don Romeo Tavano.
592

63.5 Page 625

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Cappella ardente di D. Bicaldone, nella chiesa succursale di Maria Ausiliatrice

63.6 Page 626

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63.7 Page 627

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gata agonia, poté ancora sffapparsi dall'isolamento di una penosa sonnolenza;
egli rispose ancora e rispose ogni volta che i suoi figliuoli 1o chiamavano, quasi
volessero arrestare quel lento spegnersi della vita. Mostrava particolare gradi-
mento all'udire la giaculatoria: ' Maia Auxilium Christianorum, ora pro nobis '.
Così pure quando si accorgeva che Don Ceria recitava il Breviario accanto.6e
Qualcuno pensò che i\\ 24, Commemorazione di Maria Ausiliatrice, la Ma-
donna avrebbe preso con il suo fervente devoto; 'ma neppure quello fu il
giorno fissato per f inconffo, bensì il giorno seguente, anniversario della mor-
te di Mamma Margherita, che sotto il suo Rettorato, prese ad essere considerato
come anniversario globale di tutti i defunti genitori dei confratelli salesiani.
Il 25 novembre, due ore prima di spirare, Don Ricaldone tornò presente
ai suoi figli che accanto gli contavano i respiri. Alle 13 un allarme {ece accor-
rere tutti. Don Resende Costa che era vicino al letto, vide il buon padre « aprire
gli occhi, guardare in alto, abbozzate un sorriso a cui il viso disfatto dall'agonia
non riuscì più a dare un'espressione di gioia, mentre le labbra sibilarono: « Stel-
la matutina »>. 70
Poi il moribondo riprese il respiro regolare, benché molto debole. Alle
15,20 ecco I'ultimo segno. Don Terrone che si trovava inginocchiato a terra a
sinistra del morente, controllandone il polso attese anche lui quell'attimo.
<< I1 respiro, che da poco tempo si era fatto molto faticoso, divenne meno
affannoso, più calmo; il cuore prese a pulsare più lento e più debole. Poi due
respiri lenti, e mentre nella stanza qualcuno scandiva il nome di Gesù, l'anima
di Don Ricaldone lasciò il corpo mortale.
L'appuntamento era stato fissato da sempre per le 15,38 del 25 novembre
l95l.7t Le campane a morto suonarono insolitamente e ci fu gente accorsa in
piazza ed in Basilica ».
La eredità
Alla morte del Servo di Dio Don Filippo Rinaldi, la Congregazione contava
Case n. 646
Professi n. 8.350
Novizi n. L.057
Alla morte di Don Pieto Ricaldone la Congregazione contava:
Case n. 1.076
Professi n. 15.182
Novizi n. 1.182
6p Don Luigi Tavano ricorda che in quegli ultimi giorni, tra ordini e contrordini, ci
fu la proibizione di ammettere chi volesse fargli visita, per non disturbare f infermo; e ne
seguì un comprensibile risentimento da parte di alcuni confratelli venuti da lontano.
70 Dalla << Orazione funebre » di Don Joào Resende Costa, Ispettore di S. Paolo
(Brasile), poi Arcivescovo di Belo Horizonte.
7l Appuntò nel taccuino di Don Ricaldone del 1951 al giorno 25 novembre, il suo
segretario Don T. Savarè, che seguì ora per ora il suo Superiore morente:
<<Orc 2 allarme
ore 12 allarme
ore 1J allarme
Ore 15,18 requievit in Domino ».
59)
38

63.8 Page 628

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CONCLUSIONE
L'onda di ritorno
<< Tutte le strade di Torino portavano a Valdocco >> così scrisse il « Popolo
Nuovo » di Torino il 27 novembre 1951 commentando l'afflusso veramente
impressionante di gente che si accalcò in quei giorni a Valdocco, per rendere
omaggio alla salma del Rettor Maggiore dei Salesiani.
I1 Bollettino Salesiano del 1" gennaio 1952 come numero speciale dedicato
a Don Ricaldone, tentò di segnalare tutte le condoglianze ricevute dalle somme
Autorità religiose e civili a pattire da S.S. il Papa Pio XII e dal Presidente del1a
Repubblica Luigi Einaudi, fino ai più semplici cooperatori, benefattori, amici
delle Opere Salesiane di tutto il mondo.
Cercò anche di elencare le personalità intervenute ai funerali, assommando
i più nella fitta massa di popolo che si accalcava a ondate ptesso la salma;
ma non poté dite tutto. C'erano alue strade in quei giorni che portavano a
Valdocco, ma nessun giornale né bollettino fu in grado di segnalarle: le strade
del cuore.
I suoi << carissimi figliuoli >> seppero del decesso del Padre un po' in ritardo,
perché non udirono la comunicazione data subito per radio poiché ai Superiori
Capitolari era sembrato l'annuncio più immediato.T2 Ma le vie dei cuore, libere
dalle difficoltà delle comunicazioni, non segnalarono ritardi.
I figli furono tutti presenti alla sua salma « nel cuore di Don Bosco, di
Maria Ausiliatrice, di Gesù >>, in quell'unità di intenti e di preghiere che il
Padre tanto aveva cercato e voluto.
Quelle strade che partendo da Valdocco egli aveva percorso di persona o
cogli scritti per raggiungere i suoi figli e le loro opere diffuse in ogni conrinente
portavano ora I'onda di ritorno e davano alla personalità di Don Ricaldone
luminosità e grandezza fino allora non conosciute.
I primi a raggiungere Valdocco furono le genri del popolo, quelli per
cui Don Ricaldone era stato attento osservatore e grande organizzatore di
opere. Si assieparono attorno alla salma e furono espressione viva dell'amore
operativo di un Padre che li aveva saputo conquistare e attirare nell'orbita
di Dio. Vi fu chi baciò la veste di un missionario quando seppe che eru app^r-
tenuta al defunto,T3 chi quasi bisticciò per avere una immagine ricordo per
portarla agli ammalati, a dei bambini.Ta
Ecco, si può dire che, nella misr-ira con cui Don Ricaldone si donò al
mondo, iI mondo ritornò a lui per un ricambio di affetto e di gratitudine.
Così, disse molto bene il Superiore della Piccola Casa della Divina Prov-
videnza di San Giuseppe Cottolengo, che spontaneamente senza alcuna intesa
72 Dal Verbale del Capitolo Superiore. Riunione tenuta il 25-11-1951
73 Da «Voci fratetne», Gennaio 1952, p. 15.
Testimonianza di Don Favini.
594

63.9 Page 629

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il 26 novembre mandò nella Chiesa succursale della Basilica tutti gli addobbi
funebri più belli che aveva, per preparare una degna Cappella ardente al suo
grande benefattore.T5
E fu molto signi{icativo il saluto dell'amico De Maistre che, avvisato dal
figlio del grave lutto, quasi ad interpretare il sentimento del popolo, scrisse:
<< Il re dei Salesiani è morto. Oh, viva il re! e che re buono, amabile, sorri-
dente, comprensivo... >>.76
Ma ancora prima del riconoscimento del De Maistre, chi esaltò l'eroicità
delle virtù di Don Ricaldone furono i medici che lo curarono.
Già Don Terrone aveva sentito di quanta stima i dottori 1o circondassero,
perché, accompagnandoli, nelle diverse visite, si era reso conto con quale
interesse ed affetto si adoperassero per lui e come si profondessero in ringra-
ziamenti per la graditissima visita, quasi che i beneficati fossero stati loro.
Ma il loro riconoscimento personale fu più probativo alla morte, dopo che
avevano potuto costatare la sua Lotza d'animo e virtù eroica nel sopportare
con mite pazienza tutti i suoi mali, fino all'ultimo! 77
Mitezza che era diventata desiderio di patire: << Più ancora, Signore, più
ancora »> e si era poi trasfigurata in quel dolcissimo abbraccio patelno: << Vivia-
mo sempre e tutti uniti... ». Quel <( sempre )> sapeva di assoluto, di eterno e
quel ., tutti >> parve volersi realizzare subito attorno alla sua salma.
La notizia del decesso del Rettor Maggiore dei Salesiani si diffuse rapida-
mente in città, tanto che già nel pomeriggio della domenica, la folla accorse
alla Casa Madre di Valdocco.
Ma Don Ricaldone giaceva composto, quasi sorridente, ancora sul suo
povero letto, per cui furono fatti enffare nella modesta cameretta solo Ie auto-
rità, come rappresentanti di tutte Ie classi sociali di quel popolo che egli tanto
aveva compfeso.
Primissimo fra tutti, l'Em.mo Cardinal Arcivescovo Maurilio Fossati, poi
il Prefetto, il Sindaco, il Preside della Provincia e altre personalità di Torino.
La gente fu pregata di sostare in cortile, di pregare in Basilica... Dessero
modo e tempo di preparare un luogo più conveniente, più spazioso dove
esporre alla veneruzione pubblica la salma del buon Padre... Poi avrebbero potuto
avvicinarlo tutti.
L'invito fu suasivo e il popolo, per quella serata riste e fredda, si accon-
tentò di vedere le luci accese nella stanzetta e I'andare e venite silenzioso di
Salesiani e Salesiani.
A loro, ai figli più intimi, non si poté negare di vedere il Padre così
come li aveva lasciati, nel suo letto, in quella umile cameretta, e tutta la notte
fu un incessante pregare presso le sue spoglie.
All'indomani, lunedì 26 novembre, la salma fu portata nella vicina chiesa
succutsale parata a lutto, in piazza Maria Ausiliatrice.
7s Testimonianza di Don Terrone.
76
z
Dalla lettera del Sig. De Maisue a
Cfr. Bollettino Salesiano, dicembte
Don Ziggiotti,
1951.
)0-lt-1951.
595

63.10 Page 630

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Scrisse il Bollettino Salesiano: « Dalle 8 del mattino, quando si apersero
i cancelli, fino a tarda sera, fu un continuo commovente pellegrinaggio di
persone di ogni ceto e condizione, che si segnavano riverenti, sostavano a lungo
pensosi e oranti, offrivano ai sacerdoti di servizio, oggetti da fat toccare alla
salma e si aprivano un varco ka 7a {olla per uscire »>.78 In certe ore quattro
sacerdoti erano impegnati a far toccare lu ,alm" dai più disparati oggettitff.rtl
dal popolo: medaglie, immagini, corone, veli, occhiali...
Don Ricaldone ebbe le estreme onoranze martedì 27 novembre. Iniziarono
con una solenne Messa in suffraggio, celebrata nella Basilica di Maria Ausilia-
trice dal Rev.mo Prefetto Generale Don Ziggiotti,
Quindi 7a baru fu riportata nella chiesa succursale, dove, alle 13,30 venne
sigillata la cassa. Alle 14,30 iniziò la sfilata del corteo che procedette per il
percorso solito a farsi dalla processione in onore di Maria Ausiliarice.
Rienrata la baru in Basilica, ebbe le estreme esequie. Poi, portata a spalla
da sei Salesiani all'autofurgone, partì per il Cimitero.
nella Cappella mortuaria, ebbe l'ultima assoluzione, quindi venne por-
tata alTa Tomba della Famiglia Salesiana da un gruppetto di confratelli Coa-
diutori. Ancora un'ultima benedizione; poi la salma scese lentamente nel
buio sotterraneo per occupare il loculo n. 20 dove riposa in attesa della risur-
tezione.Te
Fu un fatto evidentissimo: i funerali di Don Ricaldone erano srari un
fionfo! Sulle labbra di chi seppe osservare, vennero sponranee queste espressio-
ni: << sembra un trionfo, non un funeralel » << solo alla processione di Maria
Ausiliatrice si vede tanta follal ». E i più anziani aggiunsero: « Sembrano i
funerali di Don Boscol »>.e
L'Em.mo Cardinal Fossati presenziò tutte le cerimonie circondato da un
folto corteo di Vescovi venuti dalle varie Diocesi del Piemonte. Chi era stato
impossibilitato a presenziare di persona, aveva mandato rappresentanti: Vicari
Generali, Rettori di Seminari, Cancellieri di curia, di modo che turra la chiesa
del Piemonte fu presente per onorare questo suo figlio illustre. La Diocesi di
Torino e quella di Casale Monferrato (Mirabello Monfemato apparteneva alla
Diocesi di Casale) si distinsero, come era naturale, per il numero dei rap-
presentanti.
Il Procuratore Generale dei Salesiani presso la s. sede, D. Francesco To-
masetti, vescovi Salesiani e Ispettori erano venuti da ogni parte d'Italia e
d'Europa per unirsi al capitolo Superiore, al consiglio Generalizio delle F.M.A.
e ai fortunati confratelli che avevano avuto il privilegio di accompagnare un
gruppo di allievi a darc l'ultimo tributo di amore al Padre comune.
I Cooperatori e gli Exallievi, poi, con Dame Patronesse e Amici delle
opere salesiane, non contenti di essere rappresentati dai loro Presidenti e
78
D
« Bollettino
Riportiamo
Salesiano »>, 1
in Appendice,
gennaio
allegato
1952, p. 6.
n. 84, le epigrafi
poste
della
eBas«iBlicoal,leltatinsoecSoanldesaias.nrorl>>s,u1o.
sarcofago.
gennaio
L952,
p.
lO.
la prima sulla porta
596

64 Pages 631-640

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64.1 Page 631

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Direttori, giunsero a gruppi, in squadre a presenziare alle onoranze funebri.
Accanto a loro si schierarono rappresentanti qualificati di tutti gli Ordini, Con-
gregazioni e Istituti Religiosi maschili e femminili, i quali mandarono anche
gruppi giovanili delle loro Opere. Ma ciò che più impressionò, fu l'accortere
di autorità e personalità del mondo politico, sociale, economico, culturale. La
loro presenza disse quanto Don Ricaldone fosse entrato nel mondo del lavoro
e avesse saputo incidere in quelle anime come amico e come Sacerdote facendo
balenare la bontà di Dio anche fra il dinamico disbrigo dei loro affari. Il « Po-
polo Nuovo >> tentando di dare una spiegazione per un tale omaggio di grati-
tudine e di affetto, fece il seguente commento riportato dal Bollettino Sale-
siano: << La sua grandezza di Sacerdote era confermata dal privilegio dei grandi:
il di essere, dopo trapasso, ancora più amato »>.81
Vennero il Prefetto, il Sindaco, il Pteside della Provincia, seguiti da altre
personalità, come il Generale Comandante la Piazza di Torino, il Generale dei
Carabinieri, il Presidente della FIAT, il Rettore dell'Università, il Provvedi-
tore agli Studi, il Capo Compartimento delle ferovie, il Presidente dell'UNITAL-
SI, da Assessori e Consiglieri della provincia di Torino e delle provincie vici-
niori, specialmente delle autorità di Mirabello.
Non mancarono Senatori e Deputati ed anche esponenti della Casa Reale:
i Duchi di Pistoia e di Bergamo. Fu commovente vedere vicino ai parenti
più stretti: la nipote Sr. Felicita, il Prof. Paolo Ricaldone e i nipoti, gruppi
di bimbi e bimbe di scuole pubbliche e private, f innocenza tanto amata e difesa
dal IV Successore di Don Bosco; Dame della Croce Rossa, Barellieli e Sorelle
dell'UNITALSI che ricordarono il tenero affetto che egli ebbe per gli ammalati;
e gli Insegnanti delle vari e Associazioni Cattoliche, gli educatori cristiani per
cui egli si era tanto battuto per difendere e sostenere la loro azione pedago-
gica cristiana!
Tutto il mondo che Don Ricaldone ayeva amato venne a Valdocco. E
giunsero anche i lontani, con scritti di sentito cordoglio e di grande stima
per l'estinto.
Le espressioni più confortanti furono quelle del S. Padre Pio XII che
definì Don Ricaldone <( servo buono e fedele della Chiesa I >>.82 telegrammi e
le lettere si accatastarono e divennero cumoli sui tavoli dei Superioril
Em.mi Cardinali, Ecc.mi Vescovi, Superiori di Ordini e Congregazioni
Religiose, Presidenti di Associazioni e Movimenti Cattolici, ebbero parole di
fede e di conforto per la Famiglia Salesiana rimasta priva di tanto Padre.
Offriamo come esemplare di tanti scritti di illustri prelati, la lettera di
Sua Eccellenza Mons. Alfonso Carinci:
81 « Bollettino Salesiano », 1 gennaie 1952, p. 6.
82 << Bollettino Salesiano r>, 1 gennaio 1952, p. 17
597

64.2 Page 632

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Rev.mi Fratelli
<( Roma, 27 Nov. 1951
Con vivo dispiacere ho appreso la morte del caro D. Pietro Ricaldone.
smpiitraitEosrpdairiiutSun.aGlbsuio-ovnanupnnai'd4Brneoismsceaom.dÈpireDpesioro;mnroiidsiepdneotcelco,hrosiaesvama plalraesbaeopmanartabàziliedoni-eN, .mSea.raspeuecnroanludcioaulalon-
felice passaggio alla vera vita:
'Non timui mortem coelum cum liber adiret
sed dolui, fateor, consortia perdere vitae'.
scrive S. Damaso Papa sulla tomba della sorella Irene. Altrettanto dobbiamo
dire noi. Non possiamo godere più della sua compagnia, ma 1o sappiamo nostro
avvocato presso Dio e Maria Ausiliatrice. La Società Salesiana dà lavoro alla
S.C. de' Riti olre S. Bosco. Sta sulla buona strada anche D. Rua le cui virtù
hanno già superato il secondo esame; D. Rinaldi pare che non rimarrà troppo
indietro e poi... i Martiri... Deo gratias!
Gradiscano le mie condoglianze nel senso esposto; e preghino per me,
affinché possa raggiungere nella beata patria i testé nominati e gli altri Sale-
siani che ho conosciuto.
Mi è grato professarmi
D.mo confratelro
t Arrollso Ca.nrNcr
cooperatore Salesiano eletto da D. Albera »>.83
Il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei Ministri,
Senatori e Deputati, Prefetti, Presidi di Provincia, Sindaci, Questori, Rettori
Magnifici di Unversità, Provveditori agli studi, Presidi di Scuole, Direttori di
Case editrici, di Compagnie di Navigazione, di Banche, scrissero parole di cor-
doglio così calde e sentite che sembtarono dettate da cooperatori, da exallievi,
cioè da cuori di figli e di amici carissimi.
Quella morte realizzava quell'unità che il grande cuore di Don Ricaldone
aveva sempre desiderato attuare fra i suoi Figli e con tutte le forze del bene.
Ma questo andare personalmente alla sua salma, questo scrivere il proprio
sentimento di stima e di pena, sembrò poca cosa. Bisognava unirsi, parlare
di lui insieme, ricordado e rivivere i suoi insegnamenti, come lui voleva!
Lo stesso giorno dei funerali, alla Radio fu trasmessa una riuscitissima
commemorazione del Nostro che diede il via a una catena di celebrazioni fune-
bri e commemorative intotno alla sua persona quale sacerdote e IV Successore
di Don Bosco, e alla sua azione apostolica quale uomo dei suoi tempi.
I primi a commemorarlo furono i torinesi. I1 26 novembre il Preside
della Provincia, Pro{. Grosso in seduta plenaria parlò magistralmente di Don
6i Archivio clalla Casa Generalizia, R. 2, XII DRZ.
598

64.3 Page 633

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Ricaldone alla Giunta provinciale. Il 1' dicembre fu il Sindaco di Torino,
Avv.
della
Peyron a ricordare al suo Consiglio l'opera svolta dall'estinto in favore
citià, specie degli operai. Nella ricorrenza trigesimale poi il Vescovo di
Casale M., Mo.,r. Angriiani, exallievo Salesiano, rievocò la figura del IV
Successore di Don Bosco a un folto pubblico di fedeli raccolto per la circostanza
nella Basilica di Maria Ausiliatrice.
Fu un tributo di stima e di affetto degno del Presule e di Don Ricaldone.
Non ci fu in città o paesi dove lavorano Salesiani e F.M.A. od anche solo
esiste una Associazione di Cooperatori o di Exallievi che non dedicò una gior-
nata commemorativa a Don Ricaldone.
superiori capitolari, Ispettori, Direttori, semplici salesiani, Parroci coo-
peratori, Sacerdoti amici, Cooperatori ed exallievi laici, tutti seppero trovare
con facilità argomenti e spunti per lumeggiare I'anima, \\a vita, l'attività di Don
Ricaldone. Era stata una figura poliedrica e da lui tutti potevano attingere
e imparare, ciascuno nel suo settore di lavoro, ciascuno nella sua specifica mis-
sione e vocazione.
Chi coronò le ripetute commemorazioni con opera degna di encomio fu
il paese natale: Mirabello Monferrato. Come già dicemmo,e dopo cinque anni
dalla morte del suo concittadino, Mirabello fu nobilmente fiera di inaugurare
un artistico monumento a Don Ricaldone, dono del Prof. Paolo Ricaldone, e
opera dello scultore Cellini. I1 giovane artigiano e f indio p^gano che il IV
S,r..error. di Don Bosco avvicina a con le braccia aperte e lo sguardo sorri'
dente, sintetizzano le grandi mete di Don Ricaldone, e fissano nel tempo
I'ideale missionario ed educativo salesiano sempre r,alido per la generazione
presente e le generazioni future.
,.**
Tutte le strade della Congregazione Salesiana, dalle viuzze di Mirabello
a quelle di Torino, dell'Italia, d.il'È.rropu e quelle olreoceaniche delle Americhe
e dell'Estremo Oriente portano una impronta del passaggio di Don Ricaldone
vivo, operante in preghiera, e in ascolto, sorridente, forte e mite'85
Linsieme .oordinuto di queste tracce avrebbe costituito le strutture e la
sostanza della figura del IV Successore di Don Bosco. Impresa che presenta
molta difficoltà, come ognuno può capire.
Le pagine che presentiamo vogliono essere un tentativo di rcalizzazione
dell'impresa. Ad maiorem Dei gloriam.
Torino, 1 luglio 1975
e Ved. Capo XXIV
8s Aggiungiamo in Appendice
tre
Allegati
(8r,
86,
87)
che
riassumono
alcune
bene-
merenze di Don Ricaldone.
599

64.4 Page 634

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64.5 Page 635

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APPENDICE

64.6 Page 636

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64.7 Page 637

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ALLEGATO N. ]8
(Appendice al Capo XXII, p. 8)
Maggio - Giugno 1932 - X
LA VOCE DI MONTE OLIVETO
iL NUOVO RETTOR MAC,GIORE DEI SALESIANI - « Don Bosco quinto >>
L'ho udito chiamar così, e la frase mi parve assai felice, quantunque non sia
dell'uso. Il nuovo Rettor Maggiore eletto con votazione unanime il 17 maggio dai
rappresentanti dei Salesiani di tutto il mondo
Don Bosco, come 1o furono gli altri suoi tre
acnotnevceenssuotiriachTeo,rionlotre-
è per noi
alla fedele
ancora
eredità
dello spirito, ne ripeterono tutti in modo speciale anche qualche lineamento della
fisionomia morale: Don Rua, la forte santità; Don Albera, la fine linea ascetica
aureolata di bontà; Don Rinaldi, la vigile e operosa paternità.
E Don Bosco ritorna ancora una volta tra noi, dopo breve assenza, nella figura
slanciata e nell'occhio penerante di Don Ricaldone. Perché Don Ricaldone ha negli
occhi una sua luce profonda che atrae e affascina, vorrei dire in modo speciale i
giovani, se non sapessi di positivo che anche uomini maturi si sono sentiti conquidere
e avvincere dalla spirituale elevazione e dall'ardore di bene che brilla in quella luce.
Io che non ho conosciuto il Beato, leggendo e sentendo dire di lui che molte
meraviglie
scrutando
operava cogli occhi, quasi {ossero di continuo
nell'intime latebre delle coscienze, infondendo
ivrrigaodrieatai ddiulnu'caenidmivainfiaac-ca
e abbonacciando un cuore in tempesta, figgendoli infine nel futuro e leggendovi chia-
ramente attraverso i misteriosi
nosra mente ha bisogno talora
vdeilic-oncrheotarteroivnatfoigsupreessreo aalissiaisunaotiucraolnece(gttiai)cvcehdéerlea
gli occhi di Don Bosco in quelli di Don Ricaldone. Anzi, come ci è lecito credere
che il beato Fondatore, partendosi di qui, abbia lasciato in dono a Don Rua la sua
mano ferma e saggia, a Don Albera la mente eletta, a Don Rinaldi i1 cuore (non solo
quello carneo che egli piamente compose in prezioso reliquiario) ma quello dell'af-
fetto paterno riboccante di tenerczza per figli, così è consolante per noi il pensare
che i suoi occhi meravigliosi e taumaturghi il beato li abbia legati in preziosa etedità
al suo quarto successore.
Con questi occhi Egli continua oggi a guardare paternamente dall'Oratorio di
Torino la Congregazione tutta, dopo che ebbe agio di vederla e conoscerla interamente,
in numerosi e lunghi viaggi apostolici, ne1le sue singole parti, nelle sue case e nei
suoi membri dei cinque continenti.
Abbiamo dunque nuovamente il nostro gran Padre vivo in mezzo a noi e a Lui
ci abbandoniamo filialmente, sicuri e fidenti che Egli ci condurrà alla Madre Ausilia-
trice e l'Ausiliatrice a Dio.
Trsunzro Lupo
60)

64.8 Page 638

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ALLEGATO N. ]9
(Appendice al Capo XXIV, p.7))
Ricordi del Ven.rno Rettor Maggiore D. P. Ricaldone dati al P.A.S. della Crocetta il
2 luglio 1949.
Figliuoli carissimi,
rivolgiamo innanzitutto un pensiero di felicitazione e di rallegramenti cordiali a
questi bravi confratelli che hanno fatto la loro Professione Perpetua. Ai rallegramenti
e alle felicitazioni promettiamo di aggiungere copiose preghiere.
siete Ainveatettefsaattode-i
Riecosrodic. hQeulei sat'aventneofainttiobmeangegi-o
i
al
Santi Esercizi Spirituali, ed ora
Giubileo del Santo Padre ed in
preparazione all'Anno Santo praticheremo i seguenti ricordi:
CONOSCERE . AMARE - DIFENDERE IL PAPA
Prima però di farne un breve commento, è bene premettere una costarazione.
Dopo ogni sconvolgimento religioso, politico, sociale, si awera un fatto del quale noi
stessi siamo stati testimoni, ed è, che si sviluppa e suscita nei cuori un forte senso
di prurito di novità e di riforma. Ciò avvenne anche dopo l'immane tragedia che ha
insanguinato per tanti anni questo povero mondo.
D. Bosco nell'ultimo capitolo del proemio alle Costituzioni parla di cinque difetti
da evitare, ed il primo di questi difetti è precisamente iI prurito di riforma. 11 plù
delle volte non si sa che cosa si voglia, ma è certo che purtroppo se ne parla dapper-
tutto con una insistenza che denota un vero sconvolgimento di menti e di cuori.
Penso che non sia fuor di luogo accennare ad alcune di queste novità e riforme.
Nel
Risorto:
claamcrpooceteloalosgiicloas-cia
Non si vuole più Gesù Crocifisso, ma in sua vece Gesù
in disparte, eppure Gesù ha detto che chiunque voglia
seguirlo deve portare la croce, e ogni giorno! In un Congresso di Sacerdoti vi fu chi
propose che non si celebrassero tante Messe, quasi fossero uno spreco. Basta che in
un Paese si celebri alla domenica
novitQà uliatutrrogicceant-o
purché si canti
e più sacerdoti
munagaisMtraelsmsean; tneatiul rMalmatetunttieno-
fanno un pellegrinaggio ad
e qui si affaccia la
e le Lodi.
un Santuario celebre;
ce n'è da vendere con una Messa celebrata da un Sacerdote. Eppure noi crediamo
fermamente alf infinito valore del S. Sacrificio per i vivi e per i Defunti.
si
Nel
tratta
cdaitncpooseasdceetttiec.oL-a
dMevi obzriounceianaollaleMlaabdbornana-
non so se devo parlare
avrebbe, secondo taluni,
-quesmtoa
scopo determinato, e cioè di appagare nell'uomo quel senso che lo porta verso l'alffo
sesso. Parlando alle donne si dica altettanto riguardo a N. S. Gesù Cristo! I1 Cielo
mi perdoni di aver osato tanto... Ma è bene che 1o sappiate.
Nel campo Religioso
della luce della fede! «
q- ui
Via
vos
i fronzoli! Si
audit » bisogna
sfrondi l'ubbidienza dell'aureola e
intenderlo in un modo ben diver-
sroob-a
deelpsoeitt«ecreantitoon, adbeillemoebdsieoqeuviou!mMniopstarrulamv!a»no-
Il voto di Povertà: cianfrusaglie,
l'altro giorno di un fraticello tutto
attillato, il quale in una certa cittadina andava egli stesso a comprare le migliori siga-
604

64.9 Page 639

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rette, quelle del bocchino argentato o dorato; e certe brave mamme calcolavano che
quel beato fraticello fumasse per un valore di almeno 100 lire al giorno! E voi ricor-
derete forse iI latino maccheronico messo in bocca a quell'ingenuo frate laico: « In
fumigationibus et spiritualibus »; voleva dire che si cercava di spegnere la « fumi
gatio » con le cose
simili spiritualità.
-
o meglio -
con le bibite spirituali. Iddio ce ne scampi da
Non parliamo poi della Castità. Ma che cosa vogliono questi vecchi barboni! Si
aprono una buona volta le porte e senza tanta paural L'educazione sessuale si faccia
collettivamente e scprattutto
figlio che sgridava sua madre
molto
perché
chiaramente e senza reticenze!
non voleva insegnarc alla figlia
-ciò
Ricordo di un
che la mamma
con linguaggio volgare chiamava cose poco pulite; io non ripeto le patole usate
dalla mamma.
ll Teatro? I1 teatro alla salesiana? I1 teatro misto ci vuolel
Ricordo che un Reverendo lo volle nel suo teatrino. Seppi che dopo qualche
tempo i frutti del teatro misto coffevano già per le strade con scandalo della popo-
lazione. E poi perché tanto riserbo nelle scelte dei drammi? Bisogna presentare le
passioni come sono, e purtroppo non manca qualche Sacerdote o religioso che scri
vono vere sconcezze; non è così che si salva la gioventù e le anime; al contrario si
conducono al fango ed alla rovina.
ll nudisrno? Tutto sta nell'abituarsi. E così si sono visti sulle spiagge e sui monti
cose riprovevoli: preti e gruppi di religiosi in vesti alla moda dei bororos, e non
mancarono reverendi che si presentarono in sacrestia in costume da bagno assai suc-
cinto per celebrare la S. Messa.
Nel campo educatiuo? Sistema preventivo? Ma questa è roba dell'ottocentc; adesso
c'è l'educazione novecento; e si fanno avanti gli imberbi riformatori che scorrfessano
tizquaust?aatosgMLigui'a8And,0uapgtaotelionrrnitntioàaoims?nionosMrpiemaapsdeosazesadzslteooocs,nisaeogolllrodaicd!irigaeNsinoooidvnnneoon:pstluleeùab,nbcfeaaliitrbctepàbomai.ardol-maenioporLasiiùigebl!amaez-przptràiee, dNlc'vaaiogiusvoittuogocogiahloceenvh. euesorianqvmoau!.oan--vdiossPLnu'auotsritsnroiosrvtpmeipnao-èi
I'assistente, sia pure nella forma più amorosa... avviene ciò che deve avvenire. Non
si violenta invano la ragione; non si può andare conffo natura, non si può sovvertile
l'ordine imposto da Dio. I ragazzi sono fatti per obbedire e non per comandare!
E poi in pratica che cosa avviene? O effettivamente i giovani si governano da
e allora si dovranno deplorare ffistissime sorprese e conseguenze; oppure l'auto-
governo dei giovani in realtà non esiste, perché tra le quinte vi è chi tira i fili dei
burattini e allora non si ha più un autogoverno, ma un'ingannevole commedia e una
volgare ipocrisia! I1 fanciullo che ptetenda impancarsi e fare da uomo prima del
tempo è presuntuoso o un mostro. E poi: fode parietem! e si vedrà a quali eccessi
possa trascinare il sowertimento dell'ordine.
Io potrei continuare ad elencarvi non poche di queste cose, assicurandovene
l'autenticità e la storicità; non vi dico una cosa che non sia un fatto! Ma per risp€tto
a voi e per rispetto anche a me, non oso aggiungere altro. Ora io vi domando: Ma
sono queste le novità che si vogliono? E' questo il prurito di riforma? La Chiesa
apre le braccia a qualsiasi innovazione che possa recaÌe vantaggio alle anime; D.
Bosco voleva che noi fossimo all'avanguatdia non solo nelle macchine tipografiche,
ma in tutto ciò che possa giovare all'educazione dei giovani e alla salvezza delle anime.
605

64.10 Page 640

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Ora, io vi domando se le cose testé elencate possono in qualsiasi modo recare gio-
-vleaminNenonotnovaèazliqoleuneiasnctoihmeiel.np-oriuprVietorimcdeoitntoerisrfeocomrmoeavsepcnehgteoanndooii
avervi tutti consenzienti quando dico:
possiamo approvare; non sono queste
inffodotte nella nostra amata Congre-
gazione.
E notate bene: non bastano nemmeno, contro queste cose, i mezzi repressivi.
Io ricordo come conseguenza dell'altra guera, quella del L915, ricordo un povero sa-
cerdote che doveva certamente essere squilibrato, perché pretendeva di rendersi im-
mune del peccato tuffandosi nel peccato. La conclusione fu ben triste: andò a finire
in prigione.
Ricordo una Congregazione fiorentissima, il cui Superiore in un momento deci-
sivo, per salvare la compagine
Sacerdoti, persuaso con ciò di
<( pereat
rendere
unus, sed non unitas! >>
un grande servizio aIla
-suasFcaacmciiòglidai
colpo 60
Religiosa
ed alla Chiesa.
Ormai anche noi siamo 16.000 e non dobbiamo stupirci se disgtaziatamente ci
può
mise
essere qualche manchevolezza.
in testa di riformare la nosra
UConngproevgearzoioensea. lIt1atoCa-pitodloopGoeqnueerasltea?.g..uemrraaq-uellosi
era composto di vecchi barbogi! Poveretti, avevano il torto di aver condotto la nostra
Società ad occupare 1l teruo posto fra le Congregazioni. Essi credettero che non ci
fosse nulla da riformare, ma semplicemente da tallorzare l'osservanza religiosa onde
renderla sempre più esemplare e mantenersi così sulle rotaie sulle quali ci aveva
collocato D. Bosco.
Questo poveretto invece pensava che fosse necessario sovvertire tutto, comin-
ciando dal Capitolo Superiore, e poi gli Ispettori... e poi forse anche voi, perché un
giorno potreste divenrare Ispettori... I1 fatto sta che egli... non è più tra noi!
Ma, come vi ho detto, non bastano nemmeno i mezzi repressivi, è necessario
qualche cosa di più grande, di più efficace che giunga alle fibre dei cuori, qualche
cosa che rappresenti tutta l'integrità, la bellezza della nosra Fede, che incarni tutta
quanta la carità cristiana, e questo qualche cosa, sapete che cos'è, miei cari figliuoli?
E'proprio
Papa >>.
il
ricordo
degli
Esercizi
Spirituali:
-
<<conoscere) arilare, difeidere il
D' Bosco diceva ai suoi tempi: « In questi giorni è necessario più che mai che
nnoovi ici,sctroinngtoiamilofusntreestttoamperuntreit,ofodritermifoernmtea,acloPnatrpoa!q»ue-sta
Ecco il rimedio
febbre insanal
contro
le
fare
l) Conoscere il
studi profondi,
sPoappraat-tuttFoodrotugnmaatiticvio, isctuhdeiicnhequseesrtvooAnoteaneroafafovreztaerclalasovrotestrdai
fceodnes.idIeoranndoonlostdoogampaatirclaamrce-nte,sacroembebeilfuVoicrialruioogdoi
-GesnùonCrsistotoa,
patlarvi
come il
del papa,
Successòre
di Pietro, come vindice e il fulcro delle unità, come colui che, col suo primato di
giurisdizione e di magistero, deve durare fino alla consumazione dei secoli. Il suo
primato ci rende certi della sua infallibilità e perciò sicuri nel cammino che dobbiamo
percorrere per mantenerci nella fede e nella ptrezza dei costumi.
Fortunati voi che potete imobustire ogni giorno queste idee belle e profonde. Io
vorrei suggerirvi di diventarc i paladrni del Papa e delle sue prerogative. perché oggi
-si
dveosiid1eoravei1detrtieo!n-fo
quasi si mette in disparte la chiesa; anzi quasi si fa vedere che
della Chiesa, menrre però si combate il papa. Si vuole la morte
del Papa, si vuole far tacere il Papa, si vuole ad ogni cosro che il papa sia eliminato,
perché tutti sanno che la Chiesa non può sussistere senza il Papa e che il giorno in
606

65 Pages 641-650

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65.1 Page 641

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cui
ma
-se
per
per
nosta ventura non vetrà mai, perché <( portae
un impossibile spatisse i\\ Papa, sparirebbe la
inferi non
Chiesa.
praevalebunt
»>
-
Leggete quel magnifico libro delle « Controuersie )> scritto dal nostro S. Fran-
cesco di Sales. Si resta commossi scorendo quelle pagine. L'amote grande del nostro
santo Parono verso il Papa lo muove a scouere le pagine più betle dei Padri, dei
Santi, dei Teologi, per sceglierne i titoli più leggiadri coi quali infiorare 7a Tian dei
Papa, magnificarne le prerogative e commentarne 7e gtandezze.
Fortunati noi Salesiani, che abbiamo le idee di S. Francesco di Sales accolte e
proclamate da D. Bosco. Il Papal Se 1o considerate storicamente, voi troverete che
in qualsiasi settore Egli primeggia, nelle lotte contro la schiavitù, nelle rivendicazioni
sociali, nel progresso delle arti e delle scienze: in qualsiasi evoluzione che potesse
recare vanraggio agli uomini il Papa è sempre stato alla testa di ogni salutare movi
mento. Non vi è novità, anche la più atdita, che egli non abbia abbracciato pel bene
dell'umanità. Ancora oggi l'accademia pontificia accoglie gli scienziati più celebri
della terra: essa è il cento delle più progredite modernità. Il Papa pur essendo
l'uomo eterno che rappresenta Gesù Cristo e
a77a salvezza, è pure l'uomo che incarna ciò
gchueidadi-
attraverso
più grande,
ui tsileecoelid-effilceaacnei,mien
tutti i campi, giovi alle società e alle nazioni.
Vedo che il tempo passa e non posso più dilungarmi in altre cose che pure il
cuore di un figlio vorrebbe esprimere per glorificare il padte!
2)
Vicario
Arnare il Papa
di Gesù Cristo,
-cheP, einrchcée?rtopemroqduoe, lclooncthinetaab1b'aiapmploicadzeiotntoe:dpeellrachRéedeegnlzi ioèneil
atmaverso i secoli in una forma meravigliosa ed è bene che noi consideriamo queste
sue prerogative, ricordiamo questi suoi benefici per essergli ticonoscenti, per riamarlo.
Ma D. Bosco non è stato un sentimentale; uomo pratico, volle dimostrare coi
fatti che << probatio amoris exhibitio operis >>. Opere, opere vogliamo anche noi sul suo
esempio, e perciò ricordiamo che il Papa parla con le sue Encicliche, con i suoi De-
creti, attraverso gli organi che formano i suoi dicasteri, le Sacre Congregazioni.
Figliuoti carissimi, quando il Papa parla, si ubbidisce. Lungi quindi da noi quello
spirito di oitica e di mormorazione del quale ho parlato negli ultimi Atti del Capi
tolo e che spero abbia trovato la via dei vosmi cuori. Voi vedete come purtroppo si
parla del Papa; come di un uomo qualunque. Qualsiasi ignorante miserabile si arroga
il diritto di giudicare il Papa; tutti pretendono di saperne mille volte di più del Papa.
E così la parola del Papa non trova la via di molti cuori, non è udita, è criticata,
perversamente interpretata. I suoi decreti non sono osservati, le sue decisioni non
sono prese in considerazione. Attenti! Non s'incomincia a dire che in tutte le cose
vi è anche la parte umana?... Poveri noi... Quando si guarda la Chiesa con gli occhi
della carne vi è il pericolo di diventare ciechi. Solo gli occhi soprannaturali, gli occhi
della Fede che devono poi convertirsi nella luce del « Lumen gloriae », ci fanno vedere
l'eccelsa realtà delle cose della fede e della vita soprannaturale. Perciò, miei cari fi-
gliuoli, state attenti! Non lasciatevi rascinare a mormorazioni, a critiche, e sappiate
fare, come faceva D. Bosco; quando qualcuno avesse osato in sua presenza parlar
male del Papa, egli alzava subito la voce in sua difesa.
E perché non ricordare a nostro incoraggiamento quel poco che anche noi ab-
biamo {atto in questi ultimi anni per dimostrare praticamente il nostro amore al
Papa?
Pio XI, il Papa delle Missioni, si sforzò di accendere in tutti i cuori la fiamma
missionaria; e noi abbiamo indetto 1a Crociata Missionaria, che ebbe un risultato ec-
607

65.2 Page 642

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claezsioonciaeltmà,eninteblausssinogehieforros.e-
Pio
ancor
XII
più
ratristato dalf
in alto, esortò
ignoranza religiosa
tutti ad illuminare
che affliggeva
i fratelli che
vivono nelle tenebre dell'ignoranza e dell'errore; e noi ci siamo lanciati con ardore
in tutto il mondo a svolgere la Crociata Catechistica, benedetta dal Papa, dai Vescovi,
dal clero e speriamo sopratrutro da Dio. Ancora Pio XII, ma le rovine e le fiamme
di una guerra apocalittica e inaudita, alzò ripetutamente la voce per proclamare la giu-
stizia sociale cristiana, e noi siamo andati agli operai e abbiamo intensificato con
l'apostolato della parola e degli scritti l'istruzione sociale ua i giovani e nelle masse.
E quando turbe di rugazzi erravano per 7e piazze e per le vie, piombati nelta pirì
vergognosa miseria materiale e morale, noi abbiamo raccolto nei nosri Oratori e nelle
nosre Case quegli sventurati orfani e derelitti.
Alla voce del Papa abbiamo aperto non pochi seminari e gli abbiamo offerto i
nosti migliori salesiani per reggere la Chiesa nel mondo.
D. Bosco per il suo amore al Papa iu chiamato il Garibaldi del Vaticano; nel-
l'Assam i salesiani sono indicati dai Protestanti come l'esercito dei Romani. E che
avete fatto voi l'anno scorso in preparazione al 18 aprile? Lo ricordate? Vi siete ve-
stiti in tutti i modi: sembrava Carnevale questa cara Crocetta! Santo Carnevale! San-
te lotte! Eravate i paladini della fede, i paladini del Papa.
Noi, figli di D. Bosco, non solo quando si tratta di Encicliche, Decreti ed alme
disposizioni, direi tassative, dobbiamo seguire il Papa, ma anche quando consigli,
anche come uomo privato, come diceva D. Bosco, dobbiamo sempre essere con Lui.
conoscerlo, amarlo dobbiamo questo nostro Padre amantissimo, il vicario di
Gesù cristo, amarlo con rutto il cuore. Ah, come l'amava D. Bosco! Egli era sempre
disposto, quando si tattava del Papa, a darc a Lui tutte quelle manifestazioni che
fossero nelle sue possibilità. Ricordate le ll lire dei primi giovani? Ricordate quella
signora che portò una vistosa somma a D. Bosco perché desse una merenda ai suoi
giovani? D. Bosco ne parla loro ed essi: << No, D. Bosco, noi rinunciamo alla me-
renda! Mandi questo denaro ar Papa; gli scriveremo una lettera per dirgli che gli
vogliamo bene, tanto e tanto bene! » L'amote si prova col sacrificio. Piccolo sacrificio,
si dirà. oh, nol rn w rugazzo questo non è piccolo sacrificio, è un piccolo eroismo!
D.
B3os)cDo irleipnedteérespielssPoacphae-lo
Se 1o
scopo
amiamo, dobbiamo essere disposti a difenderlo.
principale per cui egli aveva fondato la Società
Salesiana è precisamente quello di difendere il Papa. Rileggere con frequenza l'articolo
49 delle costituzioni: è tutto un programma di amore e di difesa del papa. si
dice chiaramenre che in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni occasione, vale a dire
sempre, noi dobbiamo essere disposti a difendere il Papa. D. Bosco 1o difese con la
parola viva. Quante volte risuonò la sua voce a difesa del Papal E' noto a rutti l'epi-
sodio di D. Bosco che nel 1854 raccontava ai suoi giovani la vita di S. Clemente,
essendo presente, senza che egli 1o sapesse, il Minisro Rattazzi.
La domanda indiscreta di un giovane che fece dei raffronti tra Clemente e Pio IX
mise a dura prova il nostro Padre, il quale però seppe rispondere con tale prudenza
e fortezza da meritare poi gli elogi del Minisrro.
E' proprio vero che per entrare in Paradiso bisogna essere anche santamente
furbi! Il Papa, giusta le nostre costituzioni, è l'arbitro e superiore supremo a cui
tutti i Soci saranno in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni Sua disposizione, umilmente
e riverentemente sottomessi; principale sollecitudine dei soci deve essere quella di
promuovere e difendere con tutte le forze l'Autorità e l'osservanza delle leggi della
Chiesa e del suo Capo, Supremo legislatore e Vicario di Gesù Cristo sopra la tera.
608

65.3 Page 643

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Monumento di D. Ricaldone a Mirabello.

65.4 Page 644

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65.5 Page 645

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Diceva il nostro Padre che il principio dell'Autorità divina nel suo Capo visibile
è la base della nostra santa Cattolica Religione.
Nei ricordi confidenziali dei suoi Successori, raccomanda che l'eligendo sia cono-
sciuto pel suo attaccamento alla S. Sede e a tutte le cose che vi si riferissero. Vuole
inoltre che l'eletto dia tosto notizie e offta se stesso e la Società al Papa, supremo
Getarca della Chiesa.
« Figli mier, diceva, ritenete come nemici coloro che, con le parole e gli scritti,
offendono l'Autorità del Papa
avesse come centro il Papa; a
».
tal
-fineEagvlievaavrsecbrbitetovqouluattoffochveolluamSi,tomriaa
della Chiesa
l'opera sven-
turatamente andò perduta.
Nel 1861 in un opuscolo dal titolo « LA CHIESA » pubblicò un caloroso ap-
pello ai Cattolici perchè si unissero in difesa del Papa.
Dobbiamo cogliere ogni occasione, ripeteva, per stringere gli uomini alla
S. Sede. Quanto è da deplorare che tanti Cattolici rimangano indifferenti davanti
agli attacchi, alle calunnie, contro il Papa! Il nostro Padre invece apptofittava di
tutte le circostanze per tesserne l'elogio. Quando si tratta del Papa, diceva ai suoi
figli, dobbiamo tovarci sempre in prima fila a sua difesa!
Che cosa non fece per la definizione dogmatica dell'Infallibilità Pontificia!
Questo suo atteggiamento faceva che fosse osteggiato dai suoi avversari.
Nel 1868 scrisse e pubblicò un fascicolo delle « Letture Cattoliche » dal titolo
« I Papi da S. Piero a Pio IX >>. Ci rimase inoltre quel magnifico trattarello del
« Giovane Provveduto » che è un vero tesoro!
D. Bosco non fece mai della pietà sentimentale: egli fu un grande volitivo ed
uno strenuo difensore della Chiesa e del suo Capo. Quando il Piemonte e gran
parte d'Italia era priva di Pastori che dirigessero i fedeli nelle rispettive diocesi,
D. Bosco si convertì in animoso pellegrino che percorse tante volte la via che da
Torino conduce a Firenze, a Roma e viceversa. Quasi aveva abbandonato le cure
dell'Oratorio e della Congregazione per occuparsi unicamente della Chiesa e del Papa.
Anche noi, figli carissimi, dobbiamo essere disposti a compiere questa nobile
difesa, ogni volta che se ne presenti l'occasione.
Alcuni di voi fra poco saranno sacerdoti: ebbene, dilettissimi sacerdoti No-
velli, siate i Sacerdoti del Papa: siate i Sacerdoti del suo Giubileo, i Sacerdoti del-
I'Anno Santo: ovunque andiate siate i suoi figli più devoti;
Gli alri poi si preparino a questa altissima missione. I Salesiani di ogni
tempo, alla scuola di D. Bosco e dei suoi Successori, hanno sempre imparato questa
magnifica lezione: la conoscenza, l'amore, la difesa, la venerazione per il Papa.
Dal letto di morte diceva a D. Cagliero e poi al Card. Alimonda: « Ah, dite al
Papa che i Salesiani Io amano e che hanno come scopo principale la sua difesal ».
Dobbiamo sventolare anche noi la bandiera del nosro grande Padre sulla
quale è scritto: Tutto col Papa, pel Papa, amando il Papa. La parcla del Papa
voleva D. Bosco che fosse la nostra regola in tutto e per tutto. Già fin dal L862
diceva ai suoi primi figli: « È tempo ormai che ci stringiamo sempre più attorno
a Pio IX e che con Lui combattiamo, se fa d'uopo {ino alla mortel >>.
Voi sapete che io oon sono capace di fare della retorica; alla mia età poi
sarebbe cosa sconveniente; d'altronde il più delle volte i voli oratori lasciano il
tempo che trovano. Permettete però che vi ricordi un {atto storico: Avete udito
ricordare tante volte il celebre detto dei Magiari: << Moriamur pro Rege nostro,
Maria Teresia! ».
609
39

65.6 Page 646

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Il nostro bravo D. Antal, qui presente, all'udire queste parole, sono certo
gongolerà di gioia, non è veto? Ma ciò che importa sapete è che quel popolo eroico
davanti ad una donna che aveva in braccio un tenero bambino, ingaggiò la guerta
e riportò uno splendido trionfo.
Oggi, figliuoli carissimi, non si tratta di una donna, di un bambino,
ma della Chiesa, di N. S. Gesù Cristo e del suo Vicario in tema. Permettete per-
tanto che dica io pure: <( Morianzur pro rege nostro, Summo Pontifice! »>.
Schieriamoci a sua difesa e se le circostanze lo esigessero diamo generosa-
mente la vita per Lui. Se poi il Signore non ci chiede il sacri{icio della vita,
promettiamogli di essere costantemente e sempte i difensori della Chiesa, nostra
Madre e del Papal Così Sia!
Torino, Crocetta 2.7.1949
ALLEGATO N. 40
(Appendice al Capo XXV, p. 143)
OPERE DEL SAC. PIETRO RICALDONE - Rettor Maggiore
- Vida de las Santas Justa y Rufina, Sevilla, Tip. Salesiana, 1896, pp. 238.
-
-
-
-
Maria Auxiliadora en Sevilla, Sevilla, Tip. Salesiana, 1897.
Los labradores, la agricoltura y la cuéstion social, Sevilla, Tip. Salesiana, L903.
El Clero, la agricoltura y la cuéstion social, Sevilla, Tip. Salesiana, 1903.
Las leguminosas y los cereales, Sevilla, Tip. Salesiana, 1905.
- El problema forral'ero, Sevilla, Tip. Sales., L905, pp.260.
- I1 Cooperatore Salesiano, Torino, Tip. Salesiana, L916, pp. 88.
-
-
Noi e la classe operaia Bo'logna, Scuola Tip. Sales., 1917, pp.33.
Santità e putezza. A ricordo deila Canonizzaziore di S. G. Bosco, Torino,
S.E.I., 1915, pp. 204.
- Fedeltà a D. Bosco Santo, Torino, S.E.I., 1936, pp.203.
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Povertà, Torino, S.E.I., pp. 398.
Oratorio Festivo, catechismo, formazione religiosa, Torino, S.E.L, 1940, p. 332.
I Voti, 2 voll., Colle D. Bosco, L.D.C., 1943-44.
Amico, Ascoltal Colle D. Bosco, L.D.C., L945, pp. 399.
L'Esercizio della Buona Morte, Totino, S.E.I. 1947, pp. 118.
Le virtr) teologali, S voll., Colle D. Bosco, L.D.C., 1945-50.
La Pietà. Maria Ausiliatice. Il Papa, Colle D. Bosco, L.D.C., 1951.
La Pietà: Vita di Pietà - L'Eucarestia - 11 S. Cuore.
D. Bosco Educatore, 2 voll., Colle D. Bosco, L.D.C., 195L.
610

65.7 Page 647

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ALLEGATO N. 41
(Appendice al Capo XXV, p. L45)
Lettera di D. Ricaldone a S. E. Mons. Euasio Colli, Vescouo di Parrta
Eccellenza Rev.ma,
sono stato e devo dire che sono ancora perplesso prima di mandarle l'acclusa
lettera.
Ma poicl-ré è forte il fermento vorrei almeno prevenire qualche esplosione meno
riguardosa. Forse già conosce l'articolo del Casotti: a buon conto 1o poffà vedere
nell'acclusa busta. In essa ffoverà pure una protesta contro l'inaudito svarione.
Per non infliggere al Casotti una mortificazione troppo grave ometto 7a data
e la firma. E' un supetiore di un'umile congregazione religiosa che manifesta la
sua pena e l'enorme sua sorpresa a V.E. Segretario Generale della Commissione
Generalizia di A.C. per lo sconsigliato articolo.
E' bene che il Casotti sia richiamato alla responsabilità di pedagogista catto-
lico. Con alra enormità di questa fatta sarà liquidato per sempre.
Purtroppo non è questa
Prof. Gedda non ne ha certo
lnaesssuuanparcimolapa-:
mcahièamDiairmetotolare-
disftazione. Il
responsabile di
buon
« Gio-
ventù Italica »>. Forse è bene che sia messo a giorno di tutto.
Ripeto però che io desidero assolutamente rimanere nell'ombra: ho inteso
compiere un'opera di carità.
Come me, porebbero ptotestare tutti i Superiori di Famiglie Religiose, de-
dite alf insegnamento. Mi rincresce rubarle un tempo prezioso, ma è bene che
V.E. conosca queste cose. Mi raccomando alle sue preghiere e le chiedo la benedizione.
72 ottobre 1939
di v.E.
Sac. P. RrcerooNr
ALLEGATO N. 42
(Appendice al Capo XXV, p. 145)
Lettera di D. Ricaldone a S.E. Mons. Euasio Colli, Vescouo di Parma.
13 Ottobre 1919
Eccellenza Rev.ma,
come capo di un'umile famiglia religiosa sento il bisogno di riversare una
gtande pena nel suo cuore paterno.
Forse non è sfuggito a V.E. un articolo di Mario Casotti su « Gioventù
Italica » Anno XIX, settembre n. 9, pag. 205 ss.
6tt

65.8 Page 648

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Chi, come me, professa la più alta stima verso il Prof. Casotti e il Prof. Gedda
si associa di cuore alla pena che essi devono aver provato al rendersi conto delle
conseguenze dello sconsigliato articolo.
Ma i superiori delle famiglie religiose, olre la pena, provano un senso di
velo sgomento.
Non pochi religiosi vomebbero insorgere conffo la bassa denigrazione, in verità
si fa dura fatica a frenare il loro giusto sdegno.
Tutti poi deplorano che, per mettere in evidenza una pretesa conversione del-
1'4.C., siano state accolte sulle pagine di un autorevole organo del movimento cat-
tolico le pirì maligne asserzioni. Non è certo dando in pasto vere o supposte man-
chevolezze dei religiosi alla gioventù che si conffibuirà a formarla sanamente.
D'altronde migliaia di ex allievi di tutte le famiglie religiose sarebbero pronti a
insorgete per smentire le arbittarie e volgari affermazioni di fiocco-verde se le
conoscessero.
Ma perchè mai il bravissimo Prof. Casotti, appena iniziata f inchiesta, si
affretta a pubblicare subito /a prima risposra2 Non sarebbe stato prudente aspet-
tare? Interpellare non solo l'accusatore ma anche gli accusati? Perchè awolgendo
nell'anonimo il denigratore e f istituto denigrato, si vogliono coinvolgere e imbrat-
tare del fango di fiocco-verde tutte le famiglie religiose consacrate all'insegnamento?
Purtroppo è 1o stesso Casotti che al presentatci le calunniose affermazioni di
fiocco-verde ci dice: si comincia a mettere mano su qualcosa di concreto. Ma dun-
que, egli ritiene che quelle calunnie siano qualcosa di concreto? Eccone un saggio:
1. Le case religiose di educazione sono presentate come prigioni.
2. I Superiori di dette Case sono divisi in due categorie: buoni e cattivi; a questi
poi si af{ibbiano epiteti disonorevoli nella cornice di una mistissima presentazione.
3. In certi istituti nulla di buono; tutto è tigore e punizione: una parola e zac,
la purizione cadeaa inesorabile: anzi <<le punizloni lioccauano a più non posso>>.
4. L'ingiustizia è all'ordine del giorno <<i uoti brutti poi t'ioccauano per inezie...
Ma loro (i superiorl) non lo capioano.
5. I Fatti? Uno, e deplorevole. Il Casotti non sa chi sia fiocco-verde, che potrebbe
essete anche uno scervellato, un denigratore: in << Gioventù Italica »> invece
<< Fiocco-verde »> diventa la bocca della verità, le sue parole sono servite come
oro puro.
6. Ciò che fiocco-verde dice della preghiera e della vita cristiana nelle case teli-
giose di educazione è non solo denigratorio, ma ributtante. Ma come mai può
« Gioventù Italica » dare ricetto a simili volgarità che coprono di fango indi
stintamente tutti gli educarori religiosi e i loro alunni?
7. Fiocco-verde poi, non contento di infamare i suoi compagni di collegio, copre
di nuova infamia anche quelli del suo paese: naturalmente per dire che nem-
meno uno è buon cristiano, mentre egli...
Ed eccoci alla conclusione: mentre egli, rovinato negli istituti religiosi,
trova la salvezza nell'A.C.
Ma era dunque questa la tesi che si voleva dimostrare? Innalzare un mo-
numento all'4.C. sulle macerie delle case religiose di educazione?
I commenti? Viene fatto d'esclamare: Poveri S. Benedetto, S. Domenico,
612

65.9 Page 649

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S. Francesco, S. Ignazio Calasanzio, S. Antonio M. Zaccaria, S. Giovanni Bat-
tista de la Salle, S. G. Bosco e Murialdo! Poveri loro figliuoli! Poveri allievi
ed ex allievi!
Ma dovremmo anche dite e con maggior fammarico: Povera « Gioventù Ita-
Iica! » Povero Prof. Casotti che con questa enofme distrazione ha gravemente
compfomesso le sue non dubbie doti di psicologo e pedagogista! Per un elementare
senso di delicatezza verso gli Istituti religiosi, verso la gioventù, verso la verità,
verso 1a pedagogia cattolica, sarebbe stato bene aspettare, indagare, accertarsi
prima di screditare opere, pelsone, sistemi educativi e coprire di fango tanti e tanti
ex allievi delle famiglie religiose che d'ordinario occupano i primi posti tla i diri
gdeanptriigdieolnl'eA,.Cip.oecrictih, eprniveill'daritifceodloe..v.eCnogmoneopPortaratincnamo eanntceorqauaglliificIsattiitucotimReelgigeiontsei
di eduiazione ospitare riunioni, congressini, settimane di studi, esercizi spirituali
di giovani di A.C. se vengono denigrati sulle stesse riviste di A.C.
Non potrà certo
mento cinematografico
lcaanscoellilatares, minenutnitasuccrciteicssaiv-o
la cosidetta smorfia del penti-
articolo le disasfiose conseguenze
di questa pubblicazione, che non sappiamo come sia sfuggita al Direttore respon-
sabile.
Ed ora? Dovranno forse le famiglie religiose ingaggiare una campagna a propria
difesa? Purtroppo il rimedio causerebbe conseguenze ancor più funeste del male.
Quale riparazione potrà loro essete data?
Con quale slancio potranno lavorare, denigtati
in
simil modo
nell'organo
più
autorevole dell'4.C.
Eccellenza, pefdoni questo sfogo a un padre che vede vilipesa la sua famiglia
e proprio da chi forse vomebbe aiutarla e difenderla.
Mi benedica.
Di V. Ecc. Rev.ma dev.mo in C.J.
Sac. P. RrcerPoNr
ALLEGATO N. 4]
(Appendice al Capo XXV, p. 145)
Lettera di Don Ricaldone a D. Giuseppe Muzio.
11 dicembre 1939.
Carissimo Don Muzio,
come già ti dissi, mi duole assai che il carissimo Prof. Gedda e cotesti cari
amici abbiano provato dispiacere pel noto atticolo.
Stando le cose come mi scrivi, D. Serié manderà alle case l'acclusa comu-
nicazione.
I1 tuo articolo? Sarei di parete che non si mettessero cenci in piazza. Se poi
6t)

65.10 Page 650

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voleste proprio pubblicare qualcosa, sarebbe meglio non riesumare 1'articolo,
parlare di D. Gaudioso: le polemiche suscitano sempre malumori e non grati
utili ricordi.
Dovreste pertanto limitarvi a dire con chiarezza e senza sottintesi:
1. Quale sia la tradizione della Chiesa, riatfermata esplicitamente da S.S. Pio XI
nell'Enciclica << Dell'educazione Cristiana della Gioventù >> e sancita col Decreto
del S. Ufficio.
2. Quali siano state le direttive e norme dei grandi santi educatori: tra i quali
si può citare, come tu hai fatto e bene, Don Bosco.
J. E concludere che si debbono assolutamente evitare le discussioni pubbliche
procedendo invece giusta ie direttive di Pio XI.
Forse non sarebbe fuor di proposito ricordare le parole del Manzoni: << L'amore
è necessario in questo mondo, ma ce ne sarà sempre di troppo. Non è cosa utile
in verità coltivarlo: perchè volendo coltivarlo non si fa che provocarlo dove non
ve n'è bisogno. Vi sono alri sentimenti di cui abbisogna la morale e che uno scrit-
tore deve, nella misura delle sue forze, fat penefare sempre piÉ nelle anime, quali
la pietà, l'amor del prossimo, la dolcezza, l'indulgenza, lo spirito di sacrificio ».
Detto ciò io dovrei finire, ma, a riprova dei miei timori, ecco l'ultimo articolo
CREDERE, anno VIII, n.45, pag. J. In esso è riprodotta Ia prefazione der pro-
fessor Gedda al libro « Conquiste » del Teodori.
La Direzione di CREDERE, in grassetto, augura « al libro ampia diffusione
tra i nostri giovani >> senza distinzione di sorta. Mi permetto di pensare che tale
diffusione sarebbe una svenrura.
Hai letto quel libro? oseresti darlo a un giovane delle nostre case o dei
nosti Oratori? Il libro non è soitro per i giovani, ma per psicologi, medici e
persone adulte.
Purtroppo i medici, trattando della puezza, ne fanno, anche senz'avvedersene,
un problema fisiologico e biologico: è la loro forma mentis.
All'incontro i sacerdoti, specialmente educatori e che perciò senza trascurare
il corpo devono preoccuparsi di preferenza dell'anima, sono portati per formazione
e obbligati per missione a considerare la purezza soprattutto sotto I'aspetto mo-
rale e soprannaturale.
Conoscendo la virtù e l'anima squisitamente apostolica del bravissimo Pro-
fadeasmsqoaurleeG1-1ei dddceahl,leobiqssupoegirsnitteoor;epbnrbooebnleabmvaeasrernaoilinl cddoeoravtt'geogsreisoerodeiirldraiPrttgraoltifoe-sdsoarcier,medceoidivncuioodnleesleilcoI'marpvinorei,sbtmbroea
di Dio che, oltre ad avere una speciale missione, ha imparato a conoscere i bisogni,
i rimedi delle anime, in nome e coll'aiuto di Dio Redentore nel sacramento della
Penitenza.
I1 linguaggio del dottore, malgrado le migliori intenzioni di chi parla o scrive,
risulterà troppe volte eccessivo, incon.rpleto, fisiologicamente clinico, meno oppor-
tuno insomma, non foss'alro che per l'inevitabile morbosità di certi termini tecnici
e di certi richiami biologici che suscitano curiosità malsane.
La sapiente e angelica delicatezza richiesta per trattare di quest'argomento
bisogna cercarla in un confessore santo, saggio, conoscitore di giovani atffaverso il
ministero sacerdotale ed educativo.
E poi, come i medici hanno, e giustamenre, il coraggio di sconsigliare ai pro-
6t4

66 Pages 651-660

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66.1 Page 651

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fpsacrononfiafdinneialemlaeanloitirlaoeicpaierlgtfe,g.iola.,.eclotetstitìuaarfngacohdmeiennloitbii rèdiomdvrieegmmlimoedosiciaainnveaoreptreailrttcaeotvtiaitdgaagreiiomindicinoirmsictporrireddnasirieoDniaio,i
ir,", au lui chiamati all'altissiÀa missione di guidare e salvare le anime, ebbero a
tal fine una formazione del tutto speciale, completata man mano praticamente nel
ministero della confessione
Questo ii povero mio
questo- angelico patrimonio
e nella vita pastorale'
parere. comè vedi, ci deve stafe a cuote la difesa di
iella Chiesa, tanto inculcataci da S. Giovanni Bosco.
Preghiamo. Ti benedice il tuo
aff.mo in C.T.
D. Pietto Ricaldone
ALLEGATO N. 44
(Appendice al CaPo XXVI, P. 177)
Segretari di D. Ricaldone Rettor Maggiore-
Coloro che si succedettero come segretari personali del Quarto Successore di
D. Bosco furono sette:
1 D. Brusadelli Giuseppe (t 4'll'1967);
2 D. Perolari Andrea (ora delegato ex-allievi a Bta);
) D. Savarè Tatcisio (ora Confessore alla Crocetta);
4 D. Tavano Luigi (ora segtetario di D. \\X/illiams alla Pisana);
5 D. Tavano Romeo (ora segretario dell'Economo generale);
6 D. Terrone Luigi (t 26-4'1968);
7 D. Turra Ernesto (ora confessore a Verona).
D. RCicoamldionnceiòPDre.feBttrousGaedneelliranlee. lD1u9e32a,nensisdeonpdoo,gniàelsLta9t3o4,segglileftuafidoaptoercsoomnaelecodl-i
Iega D. Savarè.
Nel l»5
D.
Brusadelli
si
ammalò.
D.
Savarè
continuò
da
so10
fno
al
1936,
quando gli fu dato come coilega D. Tuffa, il quale si ammalò nel 1937.
Nel 1918 D. Luigi Tavano venne chiamato al posto di D' Turra'
Oltre i due segreiari al piano degli Uffici, dal 1935 ve ne fu un terzo, D. Ter-
rone, al piano
Nel 1941
della Sala Capitolare e delle
D. Terrone venne destinato
camere dei Superiori'
alla incipiente opera di
,
Caselette
e
nel
1945 venne supplito, al piano della Sala CapitoÌare, da Don Savarè, ripresosi da
insidiosa infermità.
A1 posto di D. savarè, al piano degli Ufiici, venne chiamato D. Perolari' Poco
dopo lr.rr.r. chiamato come collega di D. Perolari, D. Romeo Tavano, essendo stato
il isr-ro cugino D. Luigi
namenre I'Archivio del
quando sarebbe spirato
dato in aiuto all'Archivio Generale per inserirvi opportu-
Rettor Maggiore in vista del Capitolo Generale del 1948,
il tempo àil R.ttotuto di D. Ricaldone, salva una riele-
zione, che D. Ricaldone non riuscì a scongiurare'
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ALLEGATO N. 45
(Appendice al Capo XXVU, p. 2L2)
Manoscritto di D. Ricaldone conseg?rato a D. Setti in data 11.12.L942.
1" carità, carità, carità: il Prefetto deve essere soprattutto l,uomo della carità.
2
Filiale e cordiale sottomissione
rità e il prestigio.
al Direttore; costante intesa; sostenerne I'auto-
3" Occupati anzitutto della .tua perfezione e del bene spirituale dei tuoi confra-
telli.
4 L'efficacia del tuo apostolato dipende dal tuo buon esempio come sacerdote
e salesiano.
5' Calma, serenità, buone maniere con tutti, specialmente quando non puoi conce-
dere qualche cosa.
6' Non usare 1'ro né il mi: il denaro è frutto di lavoro e dei sacrifici di tutti.
7" Nessuna precipitazione: ascolta tutti, rifletti, prega, chiedi consiglio al direttore.
8o ordine, pulizia, esattezza; possibilmente non far aspertare; se puoi dare,
subito.
9" Sii fedele alle riunioni settimanali da noi prescritte.
10' Manifesta stima e confidenza verso il capo-ufficio dei Laboratori.
11" Segui rutto, ma fa lavorare i tuoi aiutanti.
12" I registi siano tenuti bene e aggiornati.
13" Le tre amministrazioni: casa, laboratori, libreria, siano divise, ma formino sotto
\\a t:ua vigilanza :una cosa sola.
14' Guerra ai debiti: è questa 7a parcla d,ordine.
15' Procura che il lavoro dei laboratori sia costante e ben fatto.
16" Si deve dare il massimo impulso alla libreria.
77" Una ben studiata propaganda darà buoni risultati.
18" Procura che il vitto sia sano e che vi sia in tutto la massima economia.
19' Nelle relazioni con le suore poche parole e molto riserbo.
20" Attento agli abusi; non permetterne, sradicare quelli introdotti.
27' Mar'ia Ausiliatrice e S. G. Bosco benedicano la tua missione.
22' Loda sempre i tuoi antecessori, non avere programmi personali; volere solo e
i sempre ciò che stabiliscono le Costituzioni e Regolamenti.
2l' Niente ti turbi.
24 Ttto pel Signore.
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66.3 Page 653

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ALLEGATO N. 46
(Apendice al Capo XXVII, p. 213)
Una preziosa lettera di D. Ricaldone a an Direttore - D. Fedrigotti.
<< Carissimo Direttore,
Torino, L7 ottobrc 1932
benedico Te, i confratelli, i giovani, gli amici tutti del tuo Istiruto. Vedo che
hai incominciato con le migliori disposizioni; bravo, continua cosìl Col desiderio di
aiutarti ti darò qualche consiglio.
Anzitutto dillida di tet tltt^ la confidenza sia in Dio, in Maria Ausiliatrice, nel
nostro S. Giovanni Bosco.
Se sarai umile, saprai pregare, ti unirai a Dio, avrai tutto l'aiuto della Sua on-
nipotenza.
Ricorda che non devi ricevere ispirazioni o direttive dalle usanze del Paese in
cui vivi, ma dalle nostre Regole, dai nostri Regolanenti, dagli esempi ed insegna-
mefiti di D. Bosco, dalle sue idee, direttive, virtù, tradizioni. Iddio suscitò D. Bosco
perché compisse una grande missione e gli diede mercdi, sistemi, opere da attuare:
ed è anche necessario attuarli contro corrente, anche se udrai tipetere: ma qui non
si fa così. Gli Uomini provvidenziali sono talvolta, anzi sempre, dei trasformatori,
dei veri riformatori. Non cedere pertanto, ma attua tutto e sempre il programma di
Don Bosco. A misura che sarà conosciuto, vettà apptezzato e 1o si vortà attuato inte-
gralmente anche costì.
Parla rnolto bene D. Bosco,Iallo conoscere, appoggia il tuo agire su di Lui: non ti
verrà mai meno la base.
Sii Direttorc salesiano: sii D. Bosco che pensa, che patla, che opera. Anzitutto
e sempre Padre: rappresenti Iddio che è Padre; rappresenti D. Bosco, che è il nostro
Padre; rappresenti S. Francesco di Sales, il santo della carità soave, della paternità.
FA' osseruare soaaetnetlte, teflacernettte le Regole, i Regolamenti, le Ttadizioni
nostre.
Ricorda ai Confratelli che il nostro primo dovere è I'esenzpio: Prenditi ctra di
tutti: fa' che nessuno possa dre: il Direttore non fa il suo dovere. Leggi, medita,
pratica tutto ciò che riguarda il Direttore.
la massima irnportanza ai Rendiconti: senza di essi è impossibile dirigere la
Casa. Ricevi tutti, senza distinzione, anzi chiama tutti nella fi)a stanza; ascoltali con
bontà, lasciali sfogare, compatiscili, incoraggiali, indirizzali nelle vie della perfezione;
fa' udire la parcla buona, fa' che li conforti il soriso di D. Bosco.
Nei rendiconti non dare avvisi disgustosi e riprensioni; ciò potrai farlo, occot-
rendo, in aluo tempo e luogo.
Fa' ogni rnese le due conlerenze, patetne, confortanti, amabili. La tempesta
stronca e distrugge, la pioggia soave è feconda.
Ogni ruese pure la riunione del Capitolo: anche qui carità, umiltà, cercando solo
il bene e mai il trionfo delle nosre idee, la soddisfazione dell'amor proprio.
La lezione di Testarnentino ai Chiericl sia una scuola di pedagogia pratica, tn'or-
data di spirito di famiglia. Sii tutto per i confratelli: amali, aiutali, da' loro tutto il
tuo appoggio.
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66.4 Page 654

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L'ed.ucazione dei giouani sia quale la volle D. Bosco nell'ambiente di rna soda
pietà, tltta pervasa di carità. Coltiuate le Cornpagnie: date importanza all'Esercizio
della Baona Morte, alle manifestazioni religiose.
Nella Casa st.avi ordine, pulizia, amore allo studio, uita salesiana: sia pure in
massimo onore il Sistema Preuentiuo. Attento allo smodare dello sport, ai costumi
leggeri ed indecenti. Non illudetevi: le passioni sono costì tanto forti come qui, e il
demonio non è diverso . Arginate il naturalisrno inuadente; l'uomo non è solo corpo,
anzi lo spirito deve dominare e spiritualizzare il corpo.
Coltiuate i Cooperatori; fate conoscere D. Bosco come esso è. Dillondete la de-
uozione a Maria Ausiliatrice e vedrete i miracoli. Coraggio! Sul binario salesiano arri-
veremo a meravigliose mete; fuori di esso la rovina, la morte.
Vedi in queste affrettate parole tutto l'affetto che ti professo. Ti benedico. Vivi
felice.
Tuo aff.mo in C.J.
Sac. P. Rrcalooue
ALLEGATO N. 47
(Appendice al Capo XXVII, p. 213)
Lettera di D. Ricaldone a D. Campanini in data 15.11.1944
Sulla direzione spirituale del direttore
« Carissimo D. Campanini,
Torino, 15 11.1944.
rispondo alle tue richieste: tu le chiami "fantasie", ma per contro esse sono cose
assai impottanti.
La prima riguarda la posizione del Direttore Salesiano di fronte al can.518 che
proibisce ai Superiori di ricevere in modo ordinario le confessioni dei propri sudditi.
La risposta l'ha già data una lunga esperienza ed è che il Direttore Salesiano è
rimasto sostanzialmente quale 1o volle il nosro Santo Fondatore.
Il Direttore Salesiano, infatti, praticamente altro non è che il rapptesentante di
D. Bosco, incaricato di far che nella casa a lui afrdata, la vita e le opere di carità
si svolgano secondo lo spitito, le Costituzioni, i Regolamenti, le Tradizioni e il siste-
ma educativo di D. Bosco stesso. Per questo è da augurarsi e a tal fine si deve pre-
gare, perché ogni Direttore sia un alffo Don Bosco.
Le Costituzioni all'articolo 111 dicono letteralmente così: è uffizio del Direttore
governare la casa tanto nelle cose spirituali che nelle scolastiche e materiali. Ciò si-
gnifica anzitutto che il Direttore è responsabile del tesoro spirituale della casa che
gli è affidata. E qual'è questo tesoro? Esso è costituito dai valori spirituali della
Congregazione, dai Soci, dagli alunni e dalle anime a cui ha il dovere di occuparsi.
I valori spirituali deÌla Congregazione sono lo spirito di D. Bosco, le Costituzioni,
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66.5 Page 655

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i Regolamenti, le tradizioni, le disposizioni dei Superiori, che devono essere gelosa-
mente conservati e fedelmente pfaticati mediante l'osservanza esemplare e la disci
plina religiosa.
I valori spirituali dei Soci sono le loro anime, la loro vocazione, il loro progresso
nella virtù, l^ es^ttezza nel compiere i propri doveri.
I valori spirituali dei giovani e delle altre persone dipendenti in qualsiasi modo
dalla Casa, sono le anime loro, la loro istruzione religiosa, la loro formazione morale,
Ia loro educazione integrale.
Le cose scolastiche e materiali sono a tutti note. Orbene di queste e dei valori
spirituali su elencati chi è direttamente responsabile davanti a Dio, alla Congregazione,
a1le famiglie, alla Società? Il Direttore.
Come vedi si tratta di un compito che incute spavento. Limitandomi anche solo
a parlare dei confratelli, tocca al Direttore mantenerli nell'integrità della vita salesiana,
rendere sempre pirì soda e perfetta la loro vocazione, stimolarli e guidarli all'acquisto
di una perfezione religiosa e sacerdotale contenuta nella cornice più bella e completa
di spirito genuinamente Salesiano.
Ciò suppone un lavoro direttivo illimitato, costante, amotevolmente paterno.
Ecco perché nel pensiero e nella pratica di D. Bosco, il Direttore della casa ha
la vera direzione spirituale dei Soci: vale a dire tocca soprattutto a lui mantenere e
accrescere nell'Istituto f integrità della vita salesiana attraverso un coscienzioso lavoro
formativo dei soci, curandone nel miglior modo la direzione spirituale, salesiana, sa-
cerdotale.
Risulta pertanto che la responsabilità del Direttore, appunto perché così totale
e piena, è sommamente grave e risulta pure che ad una così completa responsabilità
deve corrispondere un completo controllo sulle persone e sulle cose.
Avverti però che l'avere il conrollo di una persona o casa non vuol dire sosti-
tuire quella persona nelle sue mansioni e neppute fare direttamente quella cosa.
Sarà invece sufficiente che il Direttorc indiizzi, consigli, corregga, ammonisca, in
una parola che si adoperi perché ciascuno, compiendo esattamente il proprio dovere,
cooperi al buon andamento della Casa.
Il Direttore perciò non è, e non deve pretendere di fare personalmente le parti
clel Prefetto, del Catechista, del Consigliere, del Professore o di altri; no, egli deve
fare il Direttore, essere cioè il conservatore e il propagatore dello spirito salesiano
in tutte le mansioni, opere e manifestazioni di bene della propria casa. A lui, tocca
conservare al suo istituto la particolare fisionomia voluta da D. Bosco, a lui rendere
sempre pirì perfetti e spiccati i caratteri distintivi dell'anima salesiana tra i confra-
telli che gli sono affidati acciocchè l'educazione dei giovani e la formazione spirituale
delle anime risultino in tutto conformi alle direttive e allo spirito del nostro Padre.
E' questo il motivo per cui si vuole che il Direttore sia libero da qualsiasi alra
mansione e che si trovi abitualmente in casa) non solo per esercitare il suo paterno
controllo, ma anche per essere costantemente a disposizione dei confratelli per even-
tuali colloqui, consultazioni e specialmente per il rendiconto, chiave di volta per il
buon andamento della casa, crogiuolo ove il fuoco della carità fonde e assimila menti
e cuori, fucina meravigliosa ove si forgia, affina e perfeziona tutto ciò che più diret-
tamenre riguarda l'applicazione dello spirito del nostro Padte a vantaggio delle anime.
I1 Direttore poi, fedele al noto programma di Don Bosco il quale diceva che l'abi-
lità de1 Superiore consiste, non nel fare, ma nel lar fare, non agisce direttamente sui
giovani, ma attraverso 1'opera dei conftatelli, aiutandoli e guidandoli a compiere nel
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66.6 Page 656

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modo migliore le loro differenti mansioni a pro del bene fisico, intellettuale, morale
dei giovani stessi.
Soprattutto poi e innanzitutto il Direttore, è e dev'essere padre; solo così egli
potrà esercitare in nome di D. Bosco su tutti i suoi figli, quella missione di paternità
e direzione spirituale che consiste appunto nel mantenere i figli nello spirito e sulla
via maestta ffacciata dal Fondatore.
Il Padre è sempre desideroso di aiutare i figli e per il bene loro è disposto a
rinunciare a letture e studi geniali, a tutto ciò insomma che 1o possa disrarre dal-
l'esercitare con la più accurata preparazione mediante colloqui, consigli, conferenze,
prediche, sermoncini della sera, la sua alta missione spirituale che è quella di guidare
i confratelli alla perfezione religiosa, salesiana, sacerdotale e di lavorare con essi alla
soda formazione dei giovani.
Anche a questi, e particolarmente ai più grandicelli, il Direttore potrà concedere
privati colloqui specialmente per consigliarli nelle loro oisi e quando si ratti di
decidere circa la propria vocazione.
Come vedi il Direttote salesiano continua ad esercitare sui confratelli e sui
giovani una missione formativa e spirituale di capitale impofiarva e possiamo essere
certi che se le cose dette venissero fedelmente praticate, tutte le case salesiane sareb-
bero quali le voleva S. Giovanni Bosco »>. (Una seconda parte si trova in Appendice
al Capo XXIX, allegato 58).
ALLEGATO N. 48
(Appendice al Capo XXVII, p. 215)
Lettera di Don Ricaldone ai Direttori Salesiani,
« Carissimi Direttori,
Torino. 13 giugno 1951
sono lieto di rivolgere la mia parola ai carissimi Direttori dell'Ispettoria Cen-
trale. Lo avrei fatto volentieri a viva voce, ma devo partire per Roma.
1) Anzitutto dovete sentire la vostra grande responsabilità di essere i Direttori
dell'Ispettoria Centrale. Tutti sanno che essa è la pupilla degli occhi dei Superiori.
Inoltre le vostre Case sono quasi tutte Case di Formazione.
2) E'necessario pertanto che l'esemplarità religiosa regni in tutte sovrana. E'
naturale che il buon esempio deve partire dai direttori, i quali devono sentire il
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66.7 Page 657

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dovere di essere i primi nella pietà, nell'ossetvanza delle Pratiche religiose, nel lavoro,
nel sacrificio, nello studio e nel propagare le opere del nostro grande Padre, S' G.
Bosco.
3) Appunto perché nessuno può dare ciò che non ha, Proculate di studiare bene
D. Bosco, le Cosiituzioni, i Regolamenti, le Tradizioni e le Circolari dei Superiori,
affinché non succeda che i dottori in Israele non conoscano, e perciò non pratichino
facciano praticare, la legge.
4) Soprattutto
ricevere ogni -.r"
vi raccomando di non tralasciare mai le conferenze mensili, di
i rendiconti, di fare le riunioni Prescritte per il capitolo delle
case, il Caso di Morale e la Liturgia ecc.
5) Non tralasciate mai la lezione di Testamentino, che ha 1o scopo di radunare
settimanalmente attorno a voi i chierici per dare loro norme, consigli, parole di con-
forto e di incoraggiamento.
6) Procurate che ]'Esercizio della Buona Morte sia fatto in modo esemplale:
hic labor.
7) Visitate le classi e procurate che l'insegnamento sia dato nel modo migliore
a profitto degli allievi.
8) Netle vos6e case deve regnare sovrano l'ordine e risplendere la pulizia e pro-
prietà: si deve conoscere che si stanno formando dei futuri educatori.
9) Vi raccomando caldamente l'assistenza salesiana. Essa deve essere universale,
e cioè fatta da tutti, per tutti e dappertutto.
10) Sia specialmente delicata l'assistenza nella chiesa e delicatissima quella nel
dormitorio. Gii assistenti non si avvicinino mai al letto
metta neppure l'ombra di una leggetezza, che potrebbe
degli allievi e
essere motivo
non si per-
di scandalo
tra gli alunni.
11) Nell'assistenza si eviti tutto ciò che può essere conftario alle nostre [adi-
zioni. Non si vada a braccetto, non si prendato i rugazzi pe1 mano, non si facciano
loro carezze di sorta, non si ricevano assolutamente nelle camere e nessuno si Per-
metta d'intrattenersi da solo a solo con qualche tag2,zzo in un luogo isolato'
12) Nelle case di formazione debbono essere assolutamente aboliti i castighi:
bastano quelli cosidetti morali indicati da S. Giovanni Bosco'
t3) Tra i giovani si evitino le mondanità e più ancora ffa i confratelli.
14) Attenti al demonio cinematografico! Si faccia e bene il teatro, e così Pure
si preparino le accademie od altri trattenimenti del genere.
15) Soprattutto poi non dimenticate che la forza del nostro lavoro educativo sta
nell'unità: unità di pènsiero e unità di opere. Ciascuno sappia sacrificare qualche cosa
per mantenere sempfe più forte l'unità; essa sgofga e si rafforz-a_nella carità, nella
Lontà, nelle buone maniere e nella dolcezza di S. Francesco di Sales'
16) Mai critiche né mormorazioni: andate a sfogare il vostro cuore ai piedi di
Gesù Saoamentato, di M. Ausiliatrice, di S. G. Bosco.
17) Tutti poi ricordate che la base e l'ambiente del nostro lavoro educativo sono
la pietà nelle sue diverse forme.
621

66.8 Page 658

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18) Ciascuno di voi sia fervente apostolo delle devozioni a Gesù Sacramenraro, a
M. Ausiliatrice, a S. G. Bosco ed al Beato D. Savio.
Vi benedice di cuore il vostro
aff.n.ro in G. e M.
Soc. P. Rrcar»our,
P.s. - Importantissimo - Pensate davanti a Dio, al quale dovrete presenrarvi per es-
sere giudicati, che, forse, certe vocazioni non si sarebbero perdute se da parte vostra
vi fosse stata maggior vigllanza, maggior bontà ed esattezza nel rendiconto, una carità
più soave ed accogliente, come quella di S. G. Bosco ».
ALLEGATO N. 49
(Appendice al Capo XXVII, p. 2t6)
Lettera di D. Ricaldone a D. Renato Ziggiotti per la sua elezione ad Ispettore in Sicilia.
« Carissimo D. Renato,
Torino, 22.1.7936.
od.egrgaii.hcphe:ercòovsviaofegaclviiorapiienprtvreaenntstieatetnoeinraml aivnectdiocelirpecoacrihilsesminmiooonrDirnis.gpìzoaisgriiugn-ioÉetpntpti;ouruenreraigilnitu,Aotaitpiapudr*goeulfriCit?taepRriitiocpoloer.-r
soddisfare a un tuo desiderio di avere qualche p.nrÉo.
1" La prudenza è il sale di tutte le virtù. L'acquisterai e praticherai fomentando in
cuor tuo l'unione con Dio e rafforzando la carità. In tàl modo i tuoi pensieri e
le tue parole avranno quel numero, peso e misura con cui Iddio fa tutte le cose:
le _tue azioni poi attingeranno alla fonte dell'amor divino ogni loro finalità, mo-
dalità ed orienramento.
2 Fa' in modo che nello svolgimento della tua missione, sparisca tutto ciò che è
tuo e rimanga solo la gloria di Dio come termine, S. Giovanni Bosco come ispi
ratore e guida, la salvezza delle anime come crogiolo nel quale si dissipino le
nosme meschine tendenze e pretese.
3' Ascolta molto, parla poco, sii riservato nei giudizi; lentissimo nel promettere,
prontissimo nel mantenefe; caritatevole negli apprczzamenti, sommamente cauto
nel manifestarli,
denza di tutti.
fedele
nel mantenere i
segreti in
guisa da meritarsi la confi-
4' Il Superiore è un generale che conduce l'esercito alla vittoria. Perciò deve in-
fondere coraggio, mantenersi calmo, sereno, equanime; suscitare iniziative, slan-
622

66.9 Page 659

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cio prudente, costante ottimismo. Anche la correzione dev'essere santamente
eccitàtrice quasi a ripresa di tempo perduto e a nparazione di passate manche-
volezze. Si corregge non per smorzate le arditezze dello zelo ma per incanalare e.
se necessario, suscitarle o risuscitarle tfa gli incerti e gli avviliti.
5' Governare è plasmare o mantenele in efficienza un organismo. L'azione spora-
dica è slegata, anziché una macchina perfetta e
grande, di elementi senza collegamento e senza
è un ammasso, sia pur
u^tntiavafu, nzione operativa. Agisci
organicamente e abbi sempre plesente tutto l'organismo pel renderlo ognota più
perfetto ed efficiente. Le menti organiche creano i successi'
6" Delenda Carthago! Hic labor! Pietà eucaristica come fondamento e ambiente del
noslo lavoro educativo. Perciò vita interiore in noi e messa in opera con alacrità
e costanza ua i giovani con tutti quei mezzi che abbiamo appreso alla scuola del
Padre, e cioè frequenza ai S. Sacramenti, Compagnie, A. C., amore allo studio,
teatro educativo, ricreazioni salesiane, vita di famiglia, santa allegria. Coraggio!
Ti benedice di cuore il tuo aff.mo In C. J.
Sac. P. RICAtoonn >>
62)

66.10 Page 660

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ALLEGATO N. 50
(Appendice al Capo XXVU, p. 219)
Salesiani consacrati Vescoui nel periodo del Rettorato di D. Ricaldone (L932-L95L).
Cognome e Nome
nato Sac. Vesc. Arc. Card. Morto
1. COGNATA Giuseppe
2. PRIANTE Vincenzo
l. FERRANDO Stefano
4. MATHIAS Luigi
5. ESANDI Nicola
6. TAVELLA Roberto
7. OLACHEA Marcellino
8. PITTINI Riccardo
9. ROTOLO Salvatore
10. SELVA Giuseppe
11. LA RAVOIRE Luigi
12. LUCATO Giovanni
13. ITURRIZA Francesco
14. ALVAREZ Yittorio
15. CHIRICHIGNO Fortunato
16. SAK Giovanni
17. MASSA Pietro
i8. PASOTTI Gaerano
19. CAICEDO Julio
20. TURCIOS Giuseppe
21. RADA Candido
22. APARICIO Arnold<r
21. COSTA Giov. Battista
24. VANHEUSDEN Renato
25. TROCHTA Stefano
26. CHAVES Orlando
27. MUZZOLON Angelo
28. ARDUINO Michele
29. BORIC Vladimiro
30. DOMITROVITSCH Giuseppe
11. CAMPELO Antoni«r
12. CARRETTO Pierro
ll. MARENGO Oreste
14. BARANIAK Antonio
1885
1881
1895
1887
t876
1893
1889
1876
1881
1886
1892
7892
1903
1887
1878
1875
1880
1890
1884
1884
t905
1908
1902
1888
1905
1900
1898
1909
1905
189)
1904
1972
t906
1904
1909
1912
192)
L91.3
1900
1918
t9t2
1899
1905
t9t4
1927
t922
1928
1914
1910
1899
t905
t916
t907
t920
1931.
L937
1933
1919
1932
L927
1925
1933
1930
t923
7936
1939
t932
19)0
t933
1933
t9)4
19)4
t9)4
L935
rit
t937
t939
1939
1939
7940
1940
1939
t94r
1941.
1942
L943
7945
1946
L946
1947
t947
L948
1948
1948
1949
1949
t950
795t
L95l
t95r
rxs
1935
X
19)4
o
t946 dim. IJr
1935
1947
X
H
L969
1956
7957
1972
1944
1965
1948
1.963
1972
196I
1969
1956
1.962
1958
t95)
1946
1968
1.950
7958
1968
1958
L974
1.972
t973
1962
624

67 Pages 661-670

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67.1 Page 661

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ALLEGATO N. 51
(Appendice al Capo XXVII, p. 228)
I suoi dirigenti
Mernbri del Capitolo Superiore
Anno 1911
D. Rinaldi Filippo Rettor Maggiore
D. Ricaldone Piero Prefetto Gener.
D. Tirone Pietro Catechista Generale
D. Giraudi Fedele Economo Generale
D. Fascie Bartolomeo Cons. Scolast. Gen.
D. Vespignani Giuseppe Cons. Profess.l
D. Candela Antonio Consigliere
D. Gusmano Calogero Segretario
Anno 1932
D. Ricaldone Pieto Rett. Magg.
D. Berruti Pietro Pref. Generale
D. Tirone Piero Catechista Generale
D. Giraudi Fedele Economo Genetale
D. Fascie Bartolomeo Cons. Scolast. Gen
D. Candela Antonio Cons. Profession.
D. Serié Giorgio Consigliere
D. Gusmano Calogeto Segretario
' Morì il 15 gennaio 1932 (prima della elezione di D. Ricaldone a Rettor Maggiore)
ALLEGATO N. 52
\\Appendice al Capo XXVII - I suoi dirigenti - p. 228)
Menbù del Capitolo Superiore eletti da Don Ricaldone,
I Confratelli chiamati a far parte del Capitolo Superiore da D' Ricaldone nel
periodo del suo rettorato sono: D. Ziggiotti Renato, D. Fanara Roberto, D. Ma-
nione Secondo, D. Bemuti Piero, D. Serié Giorgio, D. Bellido Modesto, D. Fedri
gotti Albino.
Quanto alla loro elezione bisogna distinguere i casi normali (quelli che si pre-
sentarono nelf intervallo ra due Capitoli Generali successivi) e casi eccezionali
(quelli che si vetificarono dutante i Capitoli Generali).
625
40

67.2 Page 662

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Casi nornali
D. Ziggiottr Renato eletto Cons. Scol. in sostituzione di D. Fascie Bartolomeo
morto nel 19J7.
D. Ziggiotti Renato eletto Prefetto Gener. in sostituzione di D. Berruti Piero
morto nel 1950.
D. Fanara Roberto eletto Cons. Scol. in sostituzione di D. Ziggiotti Renato nomi
nato Pref. Generale.
D. Manione Secondo eletto cons. Scol. in sostituzione di D. Fanara Roberto morto
nel 1951.
Le elezioni fatte da D. Ricaldone erano di sua competenza.
Casi eccezionali
l D. Berruti e D. Serié
Eletto Rettor Maggiore D. Ricaldone, gli fu chiesto se, trovandosi già riunito
il Capitolo Generale (XIV) non fosse il caso di eleggere:
-
-D.
il Prefetto Generale al suo posto
il Consigl. Profess. per la morte di D. Vespignani
Ricaldone rispose che quel Cap. Gener. era solo
(1931).
elettivo
del
Rett.
Mag-
giore. Perciò subito dopo quel Capit. Gener. egli procedette a eleggere:
--Q- uaDDDli...
Berruti Pref. Generale
Candela, Cons. Profess. successore di D. Vespignani
Serié, Consigl. Gener. al posto di D. Candela.
canonisti aveva consulta D. Ricaldone? Lo ignoro.
Ricordo però che, prima di quel Capitolo Gen. D. Emanuele Manassero (Inca-
ricato di noi Gregoriani ed eletto Delegato dell'Isp. Romana al Cap. Gener.) fece
consultare confidenzialmente uno dei Professori di Diritto Canonico della Grego-
riana, indicandogli persino gli articoli delle Costituzioni in latino: att. 122 (Ld
Capitulum Generale pertinet...) e art. 61 (Mortuo Rectore Majore, Praefectus...
Capitulum Generale convocabit ad electionem Rectoris peragendam). E quel Profes-
sore, ponderata la cosa, esclamò: « Generi per speciem derogatur ». E spiegò che,
se in linea teorica, genericamente, l'Art. L22 diceva essere il Capitolo Generale
per tutti gli afiari della Società, tuttavia, in linea pratica, specificatamente I'art. 6l
derogava ad esso, poiché riservava alla sola nomina del nuovo Superiore Generale
il Capitolo Generale convocato dal Prefetto Generale dopo la morte del Rettor
Maggiore.
D. Ricaldone dovette pure avere tra mario il testamento confidenziale di
Don Bosco (varie volte gli vidi un notes, su cui esso era ricopiato, almeno per
quello che rigr-rardava il Rettor Maggiore) con la raccomandazione (che ora si legge
in M.B. XVII, 260): « Se nella elezione del nuovo Rettor Maggiore venisse a
mancare qualche membro del capitolo, il Rettor Maggiore usi del suo diritto e
completi il numero dei consiglieri supplenti pel tempo che deve corere prima
del sessenio fissato per la elezione generale dei singoli consiglieri o membri del
Capitolo ».
Quindi D. Ricaldone procederte in virtù dell'art.67: Unusquisque ex Capitulo
626

67.3 Page 663

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Superiore sex annos munere suo manebit... Si quis autem eorum morte (D. Ve-
spignani) vel quacumque alia causa (D. Ricaldone) e (,D. Candela) cessaverit a
proprio ufficio, antequam sexennium adimpleverit, Rector Major (D. Ricaldone) eius
munus tadet, cu! melius in Domino judicaverit (D. Berruti, D. Candela, D. Serié).
2" D. Bellido e D. Fedrigotti
I1 Capitolo Gen. XVI (L947) approvò la proposta (fatta, come poi fu rile-
vato, da D. Ricaldone stesso e dai suoi Consiglieri) di portare da ) a 5 i Consi-
glieri Capitolari.
Non avrebbe potuto quel medesimo Capitolo Gen. procedere anche alla ele-
zione dei due nuovi Consiglieti?
Bisognò attendere |'approvazione della S. Sede, da cui dipendeva l'esistenza
dei nuovi ufici. Dopo la pratica romana (1948, A.C.S., 144'6'8) Don Ricaldone
nominò D. Bellido e D. Fedrigotti (1949, A.C.S. 145-5).
Ma prima aveva interpellato personalmente per iscritto ogni membro del Capitolo
Superiote, chiedendo che gli facessero per scritto due nomi, in doppia busta (durante
le sue assenze voleva che il Prefetto Generale aprisse la comispondenza, come
Vicario: ma in quel caso, no, neppure per isbaglio la seconda busta) e che tenes-
sero presenti alcune caratteristiche, quali: età press'a poco enffo tali anni, salute,
lingua, esperienza di governo ecc. (Dovetti battere a macchina la lettera per ciascull
Capitolare: non so se qualche superiore l'abbia conservata). Mi rovai presente
quando aprì le buste delle risposte. Non ne palesò il contenuto, ma alla fine
esclamò con soddisfazione: « Vedo, che più o meno, ci siamo ». E mise tutto
nella cattella « Cap. » (: afiari da uattare in seduta capitolare).
Insomma: Costituzioni, D. Bosco, prudenza di govetno.
ALLEGATO N. 53
(Appendice al Capo XXVII - I suoi dirigenti ' p. 228)
D. Ricald.one celcaua l'unità dei suoi collaboratoù secondo il pensiero di Don Bosco.
... Infatti le Costituzioni (Art. 68 erano drasticbe nei loro riguardi come per
nessun altro Confratello: .,. extla domum, in qua R. M. commoratur, residere
ordinarie non porerunt. Conjunctissirne pratetea cum R.M. vivant eique PAREANT,
de omnibus, que sui muneris sunt, eum edoceartt, eiusque mandata et monita
ACCIPIANT, quae sociis significent »).
D. Bosco volle così! E la Congregazione si conservò e si espanse così! cfr.
Cost. art.55: R.M. potestatem habet in omnes provincias, domos et soclos quoad
spiritualia et tenìPoralia ».
Cfr. M.B., XIII, 285: « D. Bosco volle modificata l'espressione ("al Capitolo
Superiore") con sostituirvi "al Rettot Maggiore" »>. E spiegò: << Nominandosi il
627

67.4 Page 664

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Rettor Maggiore è già tutto inteso; poiché la Regola dice che nelle cose d'im-
portanz egli raduni il suo Capitolo. Dicendosi altramente, pare si voglia far la
cosa senza il Rettor Maggiore, menue a lui spetta il dispome tutte le cose della
congregazione. In tutte le cose di rilievo si faccia sempre capo al Rettor Mag-
giore; egli poi, se vede spettare esse a qualche ulfizio particolare, affiderà una
faccenda al prefetto, un'altra all'economo o a chi di ragione. Ma se le cose sono
di maggior rilievo, radunerà il Capitolo ».
Cfr. M.B., XIII,281: l'argomenro delle Ispettorie tirò in campo la questione
dei poteri che bisognava riconoscere nel R.M. Su questo terreno D. Bosco tendeva
maifestamente ad allargare i limiti, mirando a ortenere che tutto l'andamento
generale della Società dipendesse dal R.M. vi fu chi credetre bene di muovere
un'osservazione. Finché si ffattasse di D. Bosco personalmente, tutti volevano
che egli avesse ogni autorità senza limitazione di sorta, ma bisognava pensare a
quelli che sarebbero venuti in seguito. E appunto per questo, intemuppe b. Bor.o,
io vado guardingo e sto bene attento che non s'intralci l'autorità del R.M. Se si
trattasse di me, non avrei questo bisogno, perché già nel poco e nel molto mi
lasciate fare quanto mi sembra; e poi, avendo io nelle mani il filo di tutte le
cose, non si potrebbe quasi neanche agire diversamente. Ma io devo badare a
quelli che verranno dopo di me ».
Tuttavia D. Bosco aveva i piedi per terra e pose per sé (umilmente) e pei
suoi successori (prudentemente) due articoli: at. 75 (.Directoris quoque Spiritualis
est Rectorem Majorem reuereilter adrnonere quoties in illo gravem negligentiam
perspiciat in Constitutionibus Societatis exsequendis vel in earum observantia pro-
movenda) e afi. 64 (Si forte contingat, quod Deus avefiat, ut Rector Major
gravissima officia sua negligat, Praefectus vel quisque de Capitulo Superiore, una
cum membris eiusdem capituli, poterit Rectorem elficaciter admonere. euod si
non sufEciat, idem Capitulum de hac re Sacram Congregationem Negotiis religio-
sorum Sodalium praepositam certiorem faciat, cuius auctoritate, Rector Major deponi
potest ».
ALLEGATO N. 54
(Appendice al Capo XXVIll, p. 249)
Lettera di Don Ricaldone a Don Rubino.
<< Carissimo D. Rubino,
Torino, 28-7-7932
sarò ben lieto di avere un abboccamento con S.E. Parini. Non posso nascon-
derti però che provo una grande pena al sapere che egli ci ha messo in stato di accusa
presso molti e, ciò che più rincresce, presso lo stesso Capo del Governo e Sua
Maestà il Re. Non s'era mai avverato un fatto simile e io sono persuaso che
il nosto lavoro non meritava un simile trattamento. Ho già detto a te che i due
628

67.5 Page 665

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piccoli incidenti indicatici da S.E., come capi di accusa, non meritavano che si
desse loro tanta importanza.
Un console che conosca l'ambiente peruano non avrebbe mai dovuto invi
tare i Salesiani ai festeggiamenti di Garibaldi.
Domani un altro vorrà inneggiare a Giordano Bruno, e dirà ai Salesiani che
si rifiutano d'intervenirvi che sono antiitaliani.
L'addurre che a Cuba la bandiera italiana nel nostro Istituto era roppo pic-
cola non mi pare una cosa seria da parte di chi formulò l'accusa, il quale do-
vrebbe pur sapere che proprio alla Lnavana noi fummo ripetutamente accusati di
fare troppa italianità.
Ti ho già detto che i Superiori dell'Argentina e del Cile si recarono da S'E.
per riverirlo, pet invitarlo a visitare 1e nostre Case, ma quello dell'Argentina
non 10 poté avvicinare e quello del Chile non riuscì ad ottenere sia pure una
breve visita. Ora domando chi ha potuto informare S.E. Siamo condannati senza
neppure essere ascoltati; ed invece è parola sacra quella di informatori che non
avremmo timore né dificoltà di contraddite.
Le cose stanno in modo ben diverso. Ed io mi domando come mai si sia
potuto distruggere d'un ratto tutto un passato di sacrifici e di dedizioni quando
forse chi oggi è accusatore presso S.E. occupava ben altra posizione di fronte
all'Italia nostra.
Sono di ieri le accuse che si accumulavano sul nostro capo presso quasi tutte
te repubbliche americane perché eravamo considerati addirittura come la longa-
mano d'Italia allorché si fecero quelle magnifiche dimostrazioni alla nave Italia,
a S.E. Giurati, a S.A. il Principe di Piemonte, al Gen. Badoglio, a S.E. Orlando,
a S.E. Caviglia, a De Pinedo, e tanti e tanti alri.
Oggi invece S.E. Parini va in America, non visita, non ascolta che i calun-
niatori ed eccoci accusati e messi in pessima luce financo presso il Sovrano.
E intanto si vuole che apriamo nuove scuole, quando tu sai come fummo
ttattati nel vicino Oriente ove le nostre aule e i nostri Istituti erano una vet-
gogna edilizia mentre non mancarono i milioni per altre opere' Con che cuore
si possono aprire ttattative avendo dinanzi un passato ed un presente che non è
certamente motivo di conforto di stimolo?
Che vuoi? Certe cose amareggiano l'animo. Ti ditò di più. Non è giusto
che noi rimaniamo in istato di accusa; così non è possibile lavorare con slancio
accingersi a nuove iniziative.
Ho detto a re queste cose in via assolutamente confidenziale, perché so quanto
ti stia a cuore il nostro buon nome e il bene della Congregazione.
Lo sai che a Torino sei sempre ricordato con grande affetto. Mi raccomando
alle tue preghiere.
Sempre tuo aff.mo in C.J.
Sac. P. RrcalPoNr >>
629

67.6 Page 666

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ALLEGATO N. 55
(Append.ice al Capo XXVIll, p. 266)
Risposta di D. Ricaldone ad una Circolare di Mons. E. Rulfini.
Eccellenza Reverendissima
9 dicembre 1942
Mi vorrà scusare se, tavolto dalle durissime prove che incalzano e assillato
dall'urgenza di provvedere allo sfollamento di numerosi Istituti e alla sistema-
zione di tante opere e persone, non mi fu possibile rispondere prima alla domanda
di V.E. riguardante il P. Gemelli, fondatore del Paedagogium, al quale sarebbe
stato afEdato dal Ministro dell'Educazione Nazionale f incarico di studiare il pro-
blema pedagogico inerente all'insegnamento religioso nelle scuole.
Il problema, a mio modesto avviso, è di tale trascendenza, che non credo
possa essere risolto da un solo uomo.
D'altronde, se ho ben capito, qui non si tratta delle Università (campo
delle conoscenze ed esperienze del P. Gemelli), ma bensì delle scuole elementari,
medie e superiori. ora, per tentare di risolvere il problema pedagogico dell'inse-
gnamento religioso in tali scuole, mi parrebbe utile, anzi necessaria, una lunga,
molteplice, contfollata esperienza; e non credo possa bastare quella (che pure
vi è nel caso nosro) di un solo uomo. Forse le famiglie religiose dedicate alf in-
segnamento potrebbero apportare dati di fatto ed esperienze diuturne e conrollate.
Pirì che il pensiero di chi dall'alto della speculazione si accinga ad un lavoro di
sintesi, è forse maggiormente consigliabile nel caso nostro un lavoro pratico, ana-
litico, frutto di soluzioni e mete raggiunte attraverso Ia pedagogia religiosa vissuta.
V.E. farà di queste mie modeste osservazioni quell'uso che giudicherà bene.
Sarebbe penoso però che tante famiglie religiose e tante scuole catechistiche venis-
sero a trovarsi di colpo davanti a un fatto compiuto e di fronte a una soluzione
del ponderoso problema forse meno opportuna o anche in contrasto con dati e
risultati acquisiti.
Mi perdoni, se quesre poche idee sconnesse risentono troppo delle anormali
condizioni di questi giorni.
Mentre raccomando me e la Famiglia Salesiana alla carità delle sue otazioni,
con cordiale ossequio mi riconfermo
di V.E. Rev.ma
dev.mo in C.J.
Sac. P. Rrcer,»oNr
630

67.7 Page 667

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ALLEGATO N. 56
(Appendice al CaPo XXVIII, P.2$\\
Risposta d.i D. Ricald.one a D. Eruilio Miotti, Missionario a san Paolo (Brasile).
t-lt-1928
Mio caro Don Emilio,
la tua lettera mi fece molto piacere; parlate sempre con confidenza, solo così
potranno sapersi e sistemarsi le cose.
Con la stessa confidenza ti dirò chiaramente il mio pensiero. Anzitutto noi
non abbiamo incaricato nessuno
Brasile; credemmo venir meno
di dirvi ciò che
all'afietto che vi
pensiamo dell'opera nostra nel
portiamo incaricando altri di
dirvi ciò che abbiamo nel cuore. Siete nosri figliuoti carissimi e avendo qualcosa
da comunicarvi intendiamo farlo direttamente e non pel mezzo di altri.
E che sia così lo prova il fatto che coloro i quali, senza averne ricevuto alcun
incarico, vollero maniiestarvi il nostro pensiero, vi scrissero delle cose che noi
nbnoioansmtrQpoi e,rCnsasocnirndaiftomrtoaoatebnelbloiicaidhmeeeol snvBeoonrnalzus'atpiollet.ripoea-dsr"lcraèorrnovffieasvldssioiiaamacbohlbterieai.mndEooen'pmlofnaareinlasdmoaaoptcophrcueznzniaVomiisointaoiltnorlaesvtiomorioavmieoable-i
opere. Ciò che
e Direttori ed
dovevamo
anche ai
dire in casi speciali, lo abbiamo detto ai Sigg.
Confratelli quando 1o giudicammo opportuno.
Ispettori
Il punto
unico sul quale abbiamo insistito è quello di limitare le nostle opere alle nostre
forze per *itrt. il male di
danno della formazione dei
gaiovevar nffioeppcoonPepfseornicaoleloedsteelrlanovonceallzeionneoserefoCrmaaseziocnoen
dei Chierici. E sappiamo di avervi tutti consenzienti non solo, ma che lavorate
per ordinare le cose diversamente.
Anzi, il carissimo D. Vespignani tornò ammirato e ripeté molte volte che
non si sarebbe mai aspettato .È", .on così poco personale, si {acesse tanto bene'
I1 pericolo è nell'eccessiva e non proporzionata espansione, nell'eccessivo elemento
estÉrno che, senza che ce ne avvediamo, porà introdurre mondanità e spirito non
nrcdoaioupaollseo'iratrirrreNzioaf.iaoopdoninpnoeerrnceaeleoilsalnfiefibtiocnrC.eoaronaccn,nenerbgeetribeqldel'dgloradrasrialzgac.iiDorlhodvrmneoatieoit,es.t.incicenthQeovte,euud,scateocteloiitotrdevSnainiutìseprsuenpesnrtireferiiaotibretsreobiseiecdndhiltlsiaoaect{unadecsovidrsseiestiatioecegilaueavbznvoeieoeusrnrtsltooearasigoadsml,eiuaasolpltvreiie,emltrspaeoiooesranocrrsiizogaopigonnaeinoe.ireuIg,ectuaoSaiadtdluildeoapidlrerulaeae--
varli e amarli riuscirete a fate miracoli.
Noi vi guardiamo con fiducia assoluta e vi amiamo come figliuoli carissimi'
L'avvenire del Brasile è grandioso e la Congregazione è destinata a fare
di cui oggi non possiamo prevedere la vastità e gra\\dezza. voi. siete
un bene
le pietre
fondamen"tàli dell'Òpera Salesiana
la tremenda responiabilità, come
gregazione sarà irande se saprete
iniziata sotto auspici così grandiosi; avete tutta
ne avete la gloria, del vostro awenire. La Con-
seguire fedelmente le direttive, le opere, le virtù,
gli esempi, 1o spirito di D. Bosco.
63t

67.8 Page 668

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La vostra
Co.stituzioni e
forza, dopo Dio e Maria Ausiliatice,
Regolamenti, nel vosffo attaccamento
è tutta nell'osservanza delle
filiale alle nostre ffadizioni,
nel tenervi strettamente, fedelmente, completamente, filialmente uniti al successore
di D. Bosco, ai vosri superiori, come mebra unite al capo e al cuore da cui rice-
viamo indirizzo e vita.
La nosma forza non è nelle grandi case e nelle opere vistose, ma bensì
nella nosma umiltà, pietà,
spirito di santa osservanza,
carità, nel
nell'unione
nostro sacrificio, in
e santa fusione dei
una parola
cuori, nella
nel nostro
vera cono-
scenza e imitazione di D. Bosco.
Coraggio dunque!
quale D. Bosco attinse
Siate apostoli della devozione di Maria Ausiliarice,
sempre ispirazione e valido aiuto. Vivete nella santa
dalla
alle-
gria e sia questa il sorriso della pace dei cuori, il riflesso della carità che unisce
e feconda.
Ti ricorda con affetto e ti benedice di cuore il
tuo aff.mo Sac. P. RrcarooNs
ALLEGATO N. 57
(Appendice al Capo XXVIII, p.284)
Lettera di D. Ricald.one a Don Sterpi, Superiore della piccola opera della Dioina
Prouuidenza fondata da D. Orione.
« Reverendissimo e carissimo Padre Generale,
9-2-1944
una breve assenza dall'oratorio mi impedì di rispondere subito alla sua gra-
ditissima comunicazione. Personalmente e in nome della Famiglia Salesiana pr"ido
vivissima pare alla gioia
Il nostro Fondatore
del suo fiorente Istituto per
e Padre, S. Giovanni Bosco,
lq'aupapnrodvoazoitotennendee, ldleopÀoeg"loulne-.
ghe e penose pratiche, l'approvazione delle costituzioni, icrisse ai suoi figli, queste
memorande parole: << Le nostre Costituzioni, o Figliuoli in G.C., furonà definiti
vamente approvate il 3 aprile 1874. Questo fatto deve essere da noi salutato
come uno dei più gloriosi per Ia nosua società, come quello che ci assicura che,
nell'osservanza delle nostre Regole, noi ci appoggiamo a
siamo dire, infallibili, essendo infatlibile il giudizio
tasi
del
stabili, sicute .,'dipeollra-
Capo Supremo
Chiesa che Ie ha sanzionate >>.
Da allora il nosro carissimo Padre non si stancava di parlare delle Regole
nelle conferenze, nelle circolari, nei Capitoli Generali. E diceva: .,euest,appràva-
zione tornerebbe di poco frutto se le Regole non fossero conosciute e fedelmente
osselvate »>.
Possiamo dire che questo era l'argomento da lui più frequentemente trattato
e inculcato.
Nella povera mia esperienza ho sperimentato che nessun tema è oiù oppor-
632

67.9 Page 669

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tuno ed efficace per mantenere i soci fedeli nell'osservanza e più filialmenre e
saldamente attacc^ti alla Congregazione.
Ogni altta voce o raccomandazione può essere considerata come cosa nosua
personale; la voce della Regola invece è la voce, oltreché del Fondatore, della
Chiesa e perciò di Dio. Prego e faccio pregare perché ogni Religioso della sua
Congregazione sia l'incarnazione e l'attuazione costante della Regola anche nelle
più piccole cose. D. Bosco, sul ponte della nave nel porto di Genova, conse-
ggfoianviaa,^il
Mons.
libro
Cagliero che
delle Regole
AmerUicnaa-.Congregazione che
guidava un numeroso gruppo di Missionari alla Pata-
e gli diceva: - Ecco D. Bosco che va con voi in
veda nelle Regole il Fondatore con la pienezza del
suo spirito e si proponga di imitarlo in tutto, sempre e dovunque, è una Con-
gregazione destinata ai più lusinghieri successi a salvezza dei soci e delle anime.
E' questo il mio povero voto e I'umile mia preghiera. Rinnovandole le più
cordiali felicitazioni mi professo suo
aff.mo in G. e M. Sac. P. RICALooNT ».
ALLEGATO N. 58
(Appendice al Capo XXIX, p. 292)
Parte della lettera di D. Ricaldone in risposta a D. Campanini Giuseppe. La sua prirna
parte è liportata nel Cap.27" (V. Appendice, allegato n.47).
t5-71-t944
<< ... Premetto che quando si tratta dell'accettazione di un aspirante si mandano
sempre all'interessato le condizioni di accettazione, nelle quali è spiegato chiaramente
che cosa sono i nostri coadiutori: l'aspirante che perciò entra nelle nosffe case sceglie
egli stesso liberamente di essere coadiutore.
Se desiderasse essere accettato per 1o stato sacerdotale sarebbe senz'altro indi
rizzato alle case di aspiranti al sacerdozio.
Premetto ancora, che, nella nostra società, sono sorte e vanno sorgendo pressoché
dovunque case speciali destinate a71a lormazione dei nostri aspitanti, siano chierici
che coadiutori. In dette case gli aspiranti hanno agio di studiare la loro vocazione
durante un periodo di quatfto o cinque anni. Inoltre anche ove non sono sorte
ancora le menzionate case, gli aspiranti coadiutori devono essere preparati, studiati e
provati almeno due o te anni, prima di essere inviati al noviziato. Durante gli anni
di formazione essi hanno tempo di riflettere se si sentono chiamati alla vocazione di
salesiani coadiutori o meno.
In quegli anni i direttori se vedessero tra gli aspiranti coadiutori qualche spiccata
vocazione allo stato sacerdotale la prenderebbero in seria considerazione e, trovatala
ben fondata, di certo la asseconderebbero.
633

67.10 Page 670

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Chi pertanto va al Noviziato come coadiutore ci va con piena coscienza di avere
quella vocazione e non altra. Infine, ancora, durante I'anno di noviziato egli avrà
tempo ed agio di studiare la sua vocazione, e in caso di dubbi, ricevere consigli e
direttive opportune.
Quando pertanto un socio ha fatto la professione religiosa come coadiutore, dob-
biamo conchiudere ch'egli l'abbia emessa con grande poùderutezza e setietà.
Perciò se in seguito qualche coadiutore dicesse di sentirsi chiamato allo stato
sacerdotale, è necessario procedere con Ia massima cautela, perché può rattarsi di
una prima impressione o di una velleità, a volte di un disgusto o anche di un po'
di crisi, oppure di un desiderio di cambiare per fini umani. Il più delle volte è facile
ridare con appropriate considerazioni la calma a quello spirito turbato. Qualora poi
il coadiutore insistesse, gli si faccia anche considerare che essendo già un po' avanti
negli anni, non ha più quella elasticità di mente tanto necessatia per gli studi, i
quali sono già di per piuttosto difficili e soprattutto lunghi: la loro durata infatti
in generale dovrebbe essere di almeno dieci anni.
Gli si dirà pure chiaramente che l'esperienza ha dimostrato nei casi di poche
eccezioni fatte, che o i richiedenti si sono stancati, o furono vittime di esaurimento
mentale, o perdettero del tutto la salute e taluni la stessa vocazione.
Sono questi i motivi per cui i superiori, per principio non concedono tale pas-
saggio se non in qualche caso eccezionalissimo. Fare diversamente satebbe aptire la
via a disordini e funeste conseguenze.
E' poi da supporre che nessuno pirì che i Superiori abbia interesse di dare alla
nostra Congregazione molti e santi Sacerdoti: perciò, anche se in qualche speciale
circostanza non permettono il passaggio di un coadiutore alla vocazione sacerdotale,
si deve dedurre che essi hanno seri motivi per agire così e nessuno deve avere la
pretesa di indagare per conoscerli e valutarli: si pensi piuttosto che la prudente carità
dei Superiori saprà sempre nascondere i difetti e difendere il buon nome di tutti... ».
ALLEGATO N. 59
(Appendice al Capo XXIX, p. 294)
Dalla rievocazione della figura di D. Ricaldone tenuta dal Coad. Sig. Guido Can-
toni al Colle D. Bosco il 19 dicembre 1951, riportiamo i consigli che D. Ricaldone
aueua lasciato ai conlratelli fondando l'Associazione « MARCELLO ROSSI ».
« "Marcelli", marciate senza pretese ma costantemente.
La santità è la retta per raggiungere la vetta.
Si alimenta con piccoli bocconi.
Eliminare gli sbalzi.
Sforzarsi.
Marciare magari a zig zag senza sgomenti e pentimenti.
"Rossi" di carità. La carità è anche amore, non sempre l'amore è carità.
La vosffa carità sia ardente e fiammante.
634

68 Pages 671-680

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68.1 Page 671

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La carità non è di parole, ma di opere e saoifici.
Vogliatevi bene e amatevi santamente.
Fate ciò che altre volte avete fatto, awisatevi e correggetevi fraternamente.
Soprattutto poi praticate la carità, diffondendo intorno a voi luce di buon
esempio.
Avanti dunque, nel nome del Signore. Chi intraprende un viaggio pensa prima
ai rifornimenti. Rifornitevi, figliuoli carissimi, del pane sostanzioso della preghiera e
soprattutto del Pane celeste che dà, conserva ed accresce la vita dello spirito. Durante
il vostro viaggio non allontanatevi dalla via maestra della Regola dell'ubbidienza, evi-
tate gli ostacoli: il primo e il più grande è l'amor proprio, il secondo l'incostanza
che può degenerare nella trascuratezza, nell'indolenza.
Attenti ai malandrini, agli assassini della carità: la critica e la mormorazione
sono i depredatori delle comunità e seminano al loro passaggio rovine e motte.
Coraggio! Immergetevi ogni giorno nel bagno salutare della carità, ne uscitete
ringagliarditi e disposti a camminare a passi da gigante e a compiere Ie più ardue
ascensioni. Regni sovrana oggi, domani e sempre in mezzo a noi la carità ».
ALLEGATO N. 60
(Appendice al Capo XXIX, p. 295)
Lo spirito rtissionario si mantenne sempre uioo nella Congregazione come preziosa
eredità del Fondatore.
Il Ven.le D. Rua non ebbe la possibilità di visitare le terre dove lo zelo dei
suoi figli propagava il Regno di Dio, quantunque lo desiderasse ardentemente. Ma
si tenne in contatto coi missionari riservando a la corrispondenza; diede largo
spazio sul Bollettino Salesiano alle relazioni mandate dagli stessi missionari sul lavoro
di evangehzzazione compiuto; curò le spedizioni annuali dei nuovi missionari in
corrispondenza dei bisogni.
Nel i908 approvò l'iniziativa di due valorosi missionari in Cina: Don Luigi
Versiglia e D. Giovanni Fergnani, i quali fondarono l'associazione " Apostolato del-
f innocenza >>.
D. Paolo Albera affidò la suddetta associazione allo zelante D. Samuele Vosti,
che la riorganizzò e \\a diffuse con una serie di pubblicazioni, e nel l92l pet suggeri-
mento di D. Rinaldi, Prefetto Generale, la trasformò nell'« Associazione della Gio-
ventù Missionaria >> (A.G.M.).
Con D. Filippo Rinaldi Rettor Maggiore si sviluppa una attività eccezionale del
suo spirito missionario. Egli fu l'ispiratore, D. Ricaldone, Prefetto Generale, l'orga-
nizzatote.
Sorsero gli uffici: missionario, della stampa, della propaganda missionaria ecc.
E
I
nel 1928 nasce la Rivista « Gioventù Missionaria )>, organo
gruppi dell'A.G.M. si stabiliscono in tutti gli Istituti ed
uficiale
Oratori
ddeelil'AS.aGle.sMia.n-i e
635

68.2 Page 672

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delle F.M.A. ed organizzano adunanze, convegni, congressi. Si determina un movi-
mento che D. Rinaldi defin\\ un sorriso di Paradiso. Ancora D. Rinaldi istituì il La-
boratorio Dame Patronesse per le missioni salesiane; aprì alcuni Istituti missionari
(ad es. quello di Ivrea); nel 1925 e 1926 fece allestire due mostre delle missioni sale-
siane, rispettivamente a Roma ed a Torino; mandò D. Ricaldone a visitare le missioni
dell'Estremo Oriente. Da queste visite nacque la Crociata Missionaria.
ALLEGATO N. 61
(Appendice al Capo XXIX, p. 301)
Per dimosrare come D. Ricaldone seguisse anche nei particolari le cose di Case-
lette riportiamo il testo di una sua lettera a D. Terrone. La lettera non ha data; ma
dal contesto si deduce con cefiezz che venne scritta nel dicembre del 1948.
Carissimo D. Terrone,
D. Tarcisio è dal dottote: leggo e scrivo io. Ho ripassato la lettera alla contessa.
Parlai io a D. Gioioso della mucca: non impressionarti. Se si recasse loro di-
sturbo, faremo direttamente. Con me non disse nulla, ma solo che lo stesso Corbellini
si recherebbe al Castello.
Se viene, tattatelo molto bene. Se vi fosse qualche bell'oggetto come regalo forse
1o gradirebbe.
Basta dire che noi aspiriamo solo ad avere mucche che diano da 18 a 20 litri.
Non cambierei la svizzera giovane; I'alua bella se da 11 litri non conviene te-
nerla. Le due piemontesi le darei per una buona svizzera. Ad ogni modo vedrai: certo
che è un ptoblema gravissimo riuscire a tener a posto una buona stalla. Qui bene... ma
D. Tirone al Cottolengo ller una cura.
D. Puddu non è ancora a posto. 80 giovani con influenza, idem almeno 40 con-
fratelli.
CD'.èBqeuriruMtioensD. L. aGiRraauvodiirep.a-rtiraInonodisacrfeitnaememntees. e' in volo per l'Argentina e il
BrasiBleen-e pdeurelomescsai sdsoi .aEsselanzcao. m- ierDa .cCosaandceoslata?nel Belgio.
Auguri e benedizioni a te e a tutti.
Pregate pel v. aff.mo in G. e M.
Sac. P. RrcerpoNr
Buona chiusura dell'anno giubilare. Augurissimi
1 D. Berruti e D. Giraudi partirono per i1 Brasile il 1'gennaio 1949 da Ciampino.
636

68.3 Page 673

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ALLEGATO N. 62
(Appendice al Capo XXIX, p. 30r)
Lettera di D. Ricaldone - senza data
A S. Ecc.
il Senatore Agnelli
Direttore della FIAT
TORINO
Eccellenza,
ho l'onore di esporre a V.Ecc. alcune considerazioni che giudico importanti. Le
è noto che i Salesiani di D. Bosco svolgono l'opera loro ormai in tutto il mondo.
Senza parlare delle numerose case di Europa, essi hanno aperto oltre 50 istituti nei
cenri civili dell'America e molti pure negli altri Continenti. Le missioni loro affidate
ua gli infedeli ed i selvaggi occupano una superficie di oltre 2.700.000 Kmq' Per
fornire il personale ad opere cotanto numerose ed estese si sono aPerti imPortanti
Istituti. Tra questi, fecentemente, una Scuola Agricola a Cumiana per la formazione
costante di olte 200 Missionari Agricoltori, che, dopo un'accurata preparazione, ven-
gono mandati in tutto il mondo.
Fu nostra viva preoccupazione che tutto il materiale scientifico e il macchinario
agricolo della scuola fosse di fabbrica nazionale. Siamo convinti che sia questa una
delle forme più efficaci di sana espansione commerciale e industriale della Paffia nostra.
Quando infatti alle numerose Scuole Professionali e Agricole Salesiane sparse in
tutti i continenti, noi avremo formato, ogni anno, migliaia di giovani operai e agri-
coltori alla conoscenza e all'uso di prodotti e di macchine italiane sotto la guida di
Capi italiani, soprattutto allora avremo efficacemente conribuito a quella attiva espan-
sione che è nei voti di tutti. Tra le macchine che desideriamo far conoscere e pro-
pagandarc all'estero v'è l'ultimo modello della trattrice agricola FIAT e a tal fine
vorremmo che il massimo Istituto Industiale d'Italia, così saggiamente diretto da
V. Ecc., facesse dono alla nosra Scuola della suddetta macchina. Siamo convinti che
nessuna propaganda sarà, col tempo, più efficace di questa.
L'opera altamente benemerita e patriottica, incontrerà certamente il plauso di
tutti. Menre porgo a V. E. e all'On.le Consiglio i più vivi ringraziamenti anche da
parte dei nostri Missionari, con devota osservanza di
V. Ecc. um.mo P. Rrcer,ooNB
N.B. Questa lettera non porta data; si presume che sia stata scritta nella primavera
del 1934, poiché dalÌa Cronaca dell'Istituto Tec. Agrario di Cumiana risulta che il
ffattore venne ricevuto in detta primavera.
63;

68.4 Page 674

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ALLEGATO N. 6]
(Appendice al Capo XXIX, p. 109)
Lettera di D. Ricaldone a Madre Luisa Vascbetti, Superiora Generale delle Figlie di
Maria Ausiliatrice.
<< Rev.ma M. Generale,
7.VII.|»7.
da Montalenghe ove mi trovo per quella "Povertà" che mi sta tanto a cuore, le
mando a nome mio e di tutta la famiglia salesiana le più vive congratulazioni e {eli
citazioni per il suo ottantesimo. Com'è consolante volgere indiero 1o sguardo e tro-
varvi tanti e tanti anni spesi a farc la volontà di Dio secondo 1o spirito del nostro
gran Padre S. Giovanni Bosco. E' vero, non mancarono e non mancano le croci, ma
esse si convertono in gioie quando pensiamo che vengono dal cuore stesso di Dio,
che le permette e vuole per il nosuo maggior bene.
Formulo per lei i migliori auguri di altri anni, quanti piacerà al Signore, spesi
pure totalmente secondo il suo beneplacito a vantaggio delle anime.
Le scriverò presto per rngraziatla di quanto hanno fatto le buone Suore per
M. Ausiliatrice e pel comune Padre S. G. Bosco.
Frattanto le auguro un viaggio e una permanenza felice sia ad Arignano che
a Sale.
oggi stesso ho mandato una circolare alle case esortando a pregare per il buon
esito della Congregazione Antipreparatoria. Mi compiaccio pensare che le feste cin-
quantenarie del 1918 siano giocondate dalla proclamazione della santità della Ven.
M. Mazzarello.
Sac. P. Rtcetoour >>.
ALLEGATO N. 64
(Appendice al Capo XXIX, p. 110)
Lettera di D. Ricaldone a M. Clelia Genghini, Segretaria Generale del Consiglio Gene-
ralizio delle F.M.A.
« Rev.da Madre Genghini,
L3.L2.L937.
ho voluto pfegare e meditare prima di rispondere. Veda nella povera mia parola
un augurio e sarei lieto risultasse un aiuto.
Ella ha già attinto alle fonti eucaristiche la carità che sopporta, spera, e, sull'altare
del sacrificio si converre in azzurro di pace.
Ha pure cercato di evitare tutto ciò che può suscitare o ferire suscettibilità creando
638

68.5 Page 675

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situazioni penose o anche solo discusse. Fortunatamente, come segfetaria, si trova
nella felice condizione di non addossarsi responsabilità odiosità.
La Segretaria infatti non interloquisce nelle discussioni, ma si limita a prenderne
esatta nora: non ha responsabilità di decisione di voti; non ha autorità disciplinare
diretta, ma solo comunica quanto le viene ordinato; essa è totalmente a disposizione
della Madre Generale e delle Madri del Consiglio per eseguirne o ffasmetterne gli
ordini.
Tutto ciò la colloca in una posizione invidiabile e al sicuro di dispiaceri, poiché
eseguendo ordini chiari e precisi ne verrà semPre un perfetto accordo.
Venendo ora al caso concreto della ristampa del libro delle lodi sacre e del libro
delle preghiere parmi che la soluzione sia molto semPlice.
Chi decide è la Madre Generale in unione alle Madri del Consiglio' La Segte-
taria non prende parte alle discussioni. Tocca pertanto alle Madti dire come e quando
debbono ristamparsi detti libri.
Qualora poi alla segretaria fosse affidato f incarico materiale di occuparsi delle
prariche tipografiche od editoriali, essa si limiti ad eseguire fedelmente quanto è stato
deciso in Consiglio. Con questa chiara sua posizione è impossibile che sorgano disagi.
Alrettanto faccia in simili circostanze, evitando che si possa dire che la segre-
taria interviene in misure disciplinari, nel concedere o negare permessi, o in altre
tali faccende. Si fa solo quando si è ricevuto un incarico chiaro ed esPlicito.
Forse non le ho detto nulla di nuovo, bensì quanto praticò in passato. Sono
convinto però che questa linea di condotta giovi alla sua pace e ad una più soave
unione dei cuori. Ed ora che le dissi con semplicità quanto attinsi nella preghiera e
nella meditazione non mi resta che invocare su di Lei e del suo lavoro le più
copiose benedizioni.
Preghi per me. In C. J.
Sac. P. Rrctr,ooNn >>.
ALLEGATO N. 65
(Appendice al Capo XXIX, p. 310)
Lettera di D. Ricaldone a Madre Linda Lucotti, Superiora Generale delle Figlie di
Maria Ausiliatrice.
<< Rev.ma Madre Generale,
9.tt.L948.
porti alle sue care figliuole d'America il sorriso di S. Giovanni Bosco e la bontà
materna della Beata Matia Mazzatello insieme al suo ardente zelo.
Carità, sempre carità, carità con tutti e specialmente per quelle figliuole che
sembrano più lontane dalla perfezione. Sia Madre con tutte. In ogni circostanza. Solo
l'amore di Madre sa conquistare i cuori delle figliuole.
La sua visita non ha tanto il carattere di rallorzare la disciplina, quanto di far
6)9

68.6 Page 676

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convergere le menti e i cuori delle F.M.A. al Cenro della Congregaziore e partico-
larmente verso la Madre Generale che, alla luce della fede, rappresenta Iddio ed è
la depositaria dello spirito di S. G. Bosco e della Beata M. Mazzarello. Lasci perciò
tutta la libertà alle suore di parlare, di sfogarsi, di dire ciò che pensano, anche se
talvolta può parere che le facciano perdere tempo.
E' qui soprattutto che deve manifestarsi praticamente e pazientemente l'amore di
Madre. Nessuna fretta perciò, né precipitazione e meno ancora scarri, ma solo bontà,
longanimità, renetezza materna.
E' pteferibile visitare una sola Ispettoria dando modo a tutte Ie suore di aprire
con somma libertà il cuore alla Madre, anziché visitarne due affrettatamente e lascian-
do dei cuori malcontenti.
Non dica mai: "In questa casa mi fermerò due, quattro, sei giorni,,; dica invece:
"Sarò felice di restare in mezzo a voi finché mi darete lavoro,,.
Buon viaggio dunquel Imiti ella pure Gesù che passò seminando dapertutto a
piene mani, bontà, carità, benefici su tutti. Per il buon esito della sua missione metto
da questo momento a disposizione sua Ie povere mie preghiere e quelle di tutta la
Società Salesiana.
Dal nosfo caro Santuario invoco su di Lei e sul suo percorso apostolico le più
ampie benedizioni di Maria Ausiliamice, di S. Giovanni Bosco, della Beata M. Maz-
zarello.
Preghi per me, in G. e M.
Sac. P. Rrcaroour >>.
ALLEGATO N. 66
(Appendice al Capo XXIX, p. 316)
Lettera di D. Ricaldone a M. Carolina Nouasconi del Consiglio Generalizio delle
Figlie di M. Ausiliatrice.
« Rev.da Madre Carolina Novasconi,
Torino, 9.3.L942.
le F.M.A. delle Ispettorie d'Italia mi hanno procuraro per mezzo suo una grande
gioia. Non si poteva commemorare in modo più pratico e vantaggioso la data Cente-
naria della prima lezione di catechismo con cui s. G. Bosco iniziò l'opera sua.
Ho letto con ammirazione ed edificazione le brevi, ma succose e complete rela-
zioni delle attività che si svolgono nei numerosi vostri Oratori Festivi e ringrazio
e benedico il Signore. Vorrei far giungere a tutte l'espressione del mio vivissimo
compiacimento: anzi a tutte vorrei dire che S. G. Bosco dal cielo vi somide e bene-
dice, mentre ra Beata M. MazzareTTo vi ripete: "coraggio, mie buone figliuole, rende-
tevi specialmente negli Oratori festivi e nelf insegnamento del catechismo sempre più
degne del nostro Fondatore e Padre.
640

68.7 Page 677

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Che dire poi del "Catechismo della sofferenza" composto e illustrato dalle F.M.A.
raccolte nella casa di riposo di Villa Salus?"
Non si possono leggere senza profonda commozione quelle preghiere, nelle quali,
ad ogni parola, è tanta luce celeste e soprattutto ardore di carità. Lacrime di conso-
Iaziote sgorgano spontanee dagli occhi considerando quelle risposte cementate di fede
massiccia, imperlate di generosità senza limiti. Quanto avrà gioito il cuore dolcissimo
di Gesù, e quali benedizioni non avrà fatto scendere su quelle anime infiammate di
pratico amorel Al termine della edificante lettura ho ripetuto nelf intimo del mio
cuore: oh, com'è vero che nelle famiglie religiose le ammalate compiono iI lavoro
più arduo e proficuo attirando con maggiore abbondanza le benedizioni celesti sulla
loro Congregaztonet.
A tutte, pertanto, in particolar modo alle care ammalate, desidero giunga l'atte-
stazione delle mie felicitazioni e del mio plauso incondizionato.
Sono certo che il glorioso passato è capara di un awenire ancora più ricco e
fecondo. Mando a tutte una speciale benedizione con la sicurezza in crore che essa,
menffe è premio del lavoro compiuto, soprattutto è seme di una messe esuberante di
fiori e di frutti. Mi raccomando tanto tanto alle vostre preghiere.
InG.eM.
Sac. P. RrcetpoNp >>.
ALLEGATO N. 67
(Appendice al Capo XXXI, p. 370)
Conlerenza del Reu.do D. Ricaldone sulla lede inconcttssa e sperdnza illimitata nelle
proue della uita.
Miei cari figliuoli,
Totino, 4.L.1943.
fra tutte le sventure che ci hanno colpiti in questi ultimi due mesi, forse nessuna
ha sttaziato tanto il nosffo cuore, quanto quella pena che abbiamo provato la mattina
del 26 dicembre testè passato, allorquando iI nosmo carissimo Padre S. Giovanni
Bosco presente nel suo corpo glorioso rientrava, dopo che ne era uscito nel 1888,
per la prima volta nel cortile dell'Oratorio e purtroppo per brevissirno tempo, per
abbandonarci; e noi con gli occhi inumiditi di pianto 1o abbiamo visto partire e
siamo rimasti con un vuoto nel cuore. Vorrei dire che di tutte le sventure passate
questa in cetto modo ne sia la sintesi e come il calice che racchiude tutte le ama-
rezze da noi provate in questi giorni. Ricordo quella fredda mattina, quando giunti
al Colle D. Bosco i duecento giovani dell'Istituto, confratelli e suore accorsero ansiosi
col cuore pieno di tenerczza, ma anche di gioia, attorno a quel furgone, quando il
direttore lesse un bellissimo, filiale, affettuoso messaggio a1 nostro caro Padre, ed io
dovetti rispondere, le parole purtroppo restavano strozz^te in gola e morivano sulle
labbra. Si piangeva: e il dolore nostro era veramente ineffabile.
64r
41

68.8 Page 678

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Non vi stupirete se allora, bisognoso di conforto, mi sia ricordato dei grandi
Santi dell'Antico Testamento che quasi impersonano il dolore, e abbia aperto la S.
Soittura e abbia letto la storia di Tobia e Giobbe. Ed il Signore me lo concesse
il conforto, me 1o procurò grande, ineffabile Ia gioia allorquando lessi le parole che
l'Arcangelo Raffaele tivolse a Tobia: « Quia acceptus eras Deo, necesse fuit ut ten-
tatio probaret te >>...
Vi confesso che mi son sentito rivivere, riconfortato, pieno di gioia e di letizia,
eesdsihpouerescnlaemaastsoa'.p-orinMo alaiosoqauveitsàt,eppearcrole
le voglio dire ai miei cari figliuoli
partecipino alla mia Tetizia. Perché
affinché
eravamo
accetti al Signore, fu necessario che la tentazione ci mettesse alla prova.
Voi conoscete Ie prove di Tobia e di Giobbe. Per Tobia, la cecità. Per Giobbe
la perdita dei beni, una malattia ripugnante che ricoperse tutto il suo corpo.
Ma soprattutto conoscete che il Signore ci ama, è contento di noi. Ed il Signore
non vuole il nostro male, vuole il nostro bene: e se il Signore ha permesso al de-
monio che fosse strumento di male, noi dobbiamo gioire, perché sappiamo che questa
tentazione non è alro che una manifestazione della cofitentezza, della soddisfazione
del Signore verso di noi.
Perciò, miei cati figliuoli, riconsiderando le vicende passate, che anche noi siamo
stati provati, dobbiamo credere che certamente il demonio è stato strumento per
causarci questo male; egli come con Giobbe ha operato con noi, come con Giobbe,
per privarci delle nostre opere, sotmarci i nostri figli, intaccarci nel nostro corpo
così vicino allo spirito e così intaccare Ia fermezza della nosra fede.
Ma, grazie a Dio, anche noi possiamo meritarci Ie parole che leggiamo nel Libto
di Tobia: << Il Signore ha permesso queste cose, acciocché il tuo esempio, come quello
di Giobbe, passasse alla posterità ». Anche per noi ha permesso le dure prove con
questo stesso motivo, af{inché si tramandi ai posteri l'esempio di ciò che noi abbiamo
sofferto, fatto. Tobia e Giobbe non si lamentarono dei loro mali, si mantennero fetmi
nel timore di Dio, anzi resero grazie a Dio in tutti i giorni della loro vita. Anche noi
ci siamo mantenuti fermi, anche noi siamo venuti con maggior frequenza, con più
grande fervore nella nostra cara Basilica per pregare con maggior veemenza, con più
sentimento, con intenso amore.
Rallegriamoci adunque (vorrei dire che tutti dovremmo fare così): voruei che spe-
cialmente coloro che dal pulpito della Basilica dovranno parlare, rivolgessero parole
di conforto: siano cessate le lamentele, Ie geremiadi, le parole ed espressioni tragiche.
Rinfoderiamo queste spade roteanti, sempre minacciose di castighi e sventure. Miei
cari, conro chi vogliamo rivolgere i dardi delle nostre frecce? Contro queste buone
persone che vengono a pregare? Ma no, sono uomini devoti che si accostano ai SS.
Sacramenti, sono buoni soldati inginocchiati a pregare con tanto fervore. Coloro che
forse meriterebbero parole di minaccia e castigo purffoppo non vengono in chiesa.
Diciamo parole buone e di conforto! Lasciamo stare la guerra! Cessiamo di dire che
Dio castiga! Dio è Padre infinitamente buono e misericordioso. Egli sa quando debba
fare giustizia! Diciamo invece parole buone, confortevoli, carezzevoli. Che questa
gente senta versato abbondante balsamo di conforto sulle loro piaghe, che senta rina-
scere ed acctescersi la fiducia nella bontà di Dio.
Stasera, per darvene l'esempio, voglio appunto dirvi delle parole buone, di con-
forto, affettuose, incoraggianti. Riflettiamo un momento: « Che cosa è successo? ».
Petché noi siamo accetti al Signore, perché egli ci vuol bene, ci stima, ha fatto
gli elogi di noi, si è accesa f ira del comune nemico verso di noi. Vedendo questi Sale-
642

68.9 Page 679

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siani che compiono opere che hanno tutte come finalità la salvezza delle anime, il
demonio si scagliò conro di noi.
Spagna: quaranta su settanta nosfie Case, tovinate, danneggiate, disffutte dal
Comunismo Bolscevico.
Germania: con persecuzione larvata parecchie nosffe Case, molte nostre opere
sono state sopPresse.
Polonia tantc martoriata: cinquantadue case salesiane così fiorenti, in un'ora di
sviluppo meraviglioso, stroncate, annientate.
Lituania: cominciava a dare frutti così belli e consolanti, calpestati, in preda a
malvagità inaudite.
Europa: quante case e opere ridotte ai minimi termini, molte dissipate, distrutte!
Missioni: i nostri fratelli in mezzo a mille disagi, privi di conforto e di aiuto,
col cuore veramente sttaziato, assistono alla distruzione delle opere che costatono su-
dori, sacrifici, sangue.
Qui, nella culla dell'opera salesiana, quanti crolli intorno a noi e nel nosro
stesso Oratorio!
Il demonio ha oeduto forse di abbattere il nostro spirito, di fiaccare la nosffa
fede. E come se tutto ciò non fosse bastato, è andato oltre; dopo le opere ha voluto
sopptimere i figlil Quasi ha cercato di seccare le fonti delle vocazioni. Le presenti
condizioni, le circostanze, le vicende in cui si vive rendono difficilissime le comuni
cazioni; hanno imposto il distacco dei figli dai parenti, dalle sedi, ove essi con zelo
ardente svolgevano la loro attività. I1 demonio ha cercato di moltiplicare le vittime.
110 nella Spagna imporporarono col loro sangue il manto della nostra Congregazione,
rendendolo eternamente glorioso.
A centinaia si contano i caduti in questo periodo. Quante vittime! Confratelli
caduti al fronte, alti rinchiusi nella prigione, vittime del fuoco e nei campi di con-
cenffamento, nascosti nelle case ospitali.
E purtroppo la lista non è finita. Ne abbiamo nelle steppe della Sibeda, nelle
prigioni, nei campi di concentramento. Ne abbiamo forse (non lo sappiamo nemmeno!)
negli antri e nelle caverne in attesa che splenda un po' di luce e pace sicura. Quanti
morti, quante vittime!
I1 demonio si era ripromesso fotse di intaccare la compagine della nostra Con-
gregazione, di mettere in pericolo la nosffa vocazione.
Miei cari figliuoli, non lo ha ottenuto. Lo tenterà ancora: ma ci toverà ancor
più forti e gagliardi più che mai.
Non ancora soddisfatto, il demonio ha tentato rna terza prova. Dopo aver cet'
cato di distruggere le opere, dopo di aver fatto ogni sforzo pet distruggere i f,gli, volle
cercare di distruggere persino ciò che è essenziale, vitale in noi. I1 cattivo, il malvagio
seminatore ha seminato I'odio per mezzo dei discorsi, dei giornali, dei libri, delle
parole. Si vuole l'odio! Gesù Benedetto (ricordiamolo in questo tempo natalizio) è
venuto Bambino su questa terta à portarci il calore della catità, ma dai malvagi non
si vuole iI fuoco della carità, ma I'odio satanico. E noi sappiamo che la carità è l'es-
senza della vita cristiana, della vita religiosa, della vita salesiana. Ma il demonio
circuit per vedere se può penetare nei nostri cuori, che devono essere ripieni di carità,
e potervi così versare odio mortifero!
figli
Egli fa
quasi a
rendergli
ai tempi
conto. I1
dSiigGnoiorebbdeev-e
quando il
avet detto
Signore ha chiamato i suoi
parole di lode ai figli di D.
Bosco, e allora i1 demonio: ...« li vedrai fiaccati, li vedrai abbandonati! ».
643

68.10 Page 680

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Non è successo così? E in futuro?
Opere: sostenerle! Mantenete le posizioni più che potete; se sarete perseguitati
in una città, fuggite in un'altra, fino alla fine del mondo.
E voi avete assistito a questi pellegrinaggi e vi siete prestati, anche voi stru-
menti di queste trasmigrazioni. E oggi, con gioia, parlando delle opere a noi più
vicine, vi posso dire che sono fortunatamente tutte a posto.
A Bagnolo è andato l'Ateneo Salesiano e gran parte dei nostri chierici di Chieri;
Chieri ospita il Liceo di Valsalice; Monte Oliveto accoglie gli studenti di S. Gio-
vanni; Cumiana, il posto più bello, abbiamo voluto che ricevesse la parte più vicina
al nostro cuore: già un bel gruppo dei
teva contenere un centinaio di allievi,
endosomrai csaarriagninoovaanlim-enopr3im60a.
dicevano
L'amore
che po-
dilata i
cuori, direi quasi che si sono diTatati gli spazi, i dormitori, le scuole per aprire le
braccia ai cari figliuoli dell'Oratorio; il Rebaudengo ha trovaro la sua sede, parte al
Colle S. Giovanni Bosco, parte a Montalenghe; il Martinetto troverà la sua sede a
Cumiana. Il Signore, con aiuto veramente sraordinario ci ha aiutati a proteggere le
nostre Case ed a conservarle; e questo avviene ancora alla periferia.
Manteniamo le nosre posizioni. Si inizieranno qui dei corsi speciali pei nostri
artigiani e questo sarà il principio felice di nuova opera. Moltiplicarle. I1 Ginnasio
a S. Giovanni rimane; il Liceo a Valsalice rimane. Le opere si sdoppiano, si molti
plicano e prosperano. Questo è un fatto olremodo consolante per noi. Sono convinto
che succederà, alla ripresa, come già nella Spagna, ove tutte le case sono nuovamente
aperte e, se avessimo personale, invece di ottafita, ne avremmo cento. Così succederà
in Germania, così nell'Europa; così in tutto il mondo. L'essenziale si è che ci mante-
niamo fedeli a D. Bosco con il lavoro, così come ce 1o ha lasciato in eredità preziosa
il nosto Padre; lavoro fatto di sacrificio, ma fatto secondo le nostre Regole, i Rego-
lamenti, le Tradizioni. Manteniamo le nostre opere in conformità del nostro spirito.
Il demonio vuole sopprimere i figli? Ciò non avverrà. Ciascuno di noi lavorerà
più sacrificatamente per suscitare vocazioni. La prova è un grande crogiuolo per le
vocazioni vacillanti ed io sono già persuaso, sicurissimo, così come si avveta nella
Spagna; hanno più vocazioni adesso di prima. Anche nel tempo doloroso della prova,
quando è più accanito e sraziante il nostro dolore dobbiamo lavorare (come udivamo
le scorse sere nella lettura spirituale in bocca a D. Rua) per dare figli alla nostra
Madre, procurando cioè numerose vocazioni e difenderlel
Ciascuno di noi col buon esempio, colla parola, col consiglio buono, colla parola
e col consiglio fraterno. Quando vediamo chi ne ha bisogno, perché negarlo? I sa-
cerdoti invece di lasciarsi andarc all,a facile critica, a1la parola di poca carità contro il
fratello, che in un momento di incertezza, di smarrimento ha mancato: accostiamolo;
chiniamoci come il Samaritano e curiamone le ferite con affetto fraterno. Solo quando
diamo qualche cosa di noi, i nostri sacrifici danno rendimento. Le parole sono facili:
fatti ci vogliono!
Soprattutto pensiamo a noi. Ci sono anime che rimangono scosse, che soffrono
tentennamenti. I1 demonio si propone di perdere i figli della Congregazione; stiamo
attenti a noi stessi, talforziamo la nostra vocazione. Attenti agli altri. Facciamo di
tutto acciocché si conservi anche in mezzo aIIe tribolazioni; accostando le nostre croci
alla croce di Gesù, prendendo con santo slancio questo calice e bevendo fino alla
feccia ci rendiamo degni delle anime; pieni di amore: riaccendendo più vigorosa la
fiamma della carità nelle nostre anime. Cerchiamo di non opporre bamiere al fuoco
che Gesù venne a portare sulla terra e vuole vedere queste fiamme salire fino al cielo.
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69 Pages 681-690

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69.1 Page 681

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Coltiviamo con maggior slancio questa carità che ci unisce e ci rende forti e (ve 1o
voglio dire) ci fa oggetto di lode da parte del ptossimo, cioè delle pelsone eterne:
« I Salesiani si sono fatti onore per la loro unione, per lo slancio di carità e di amore
verso il prossimo! » Rendiamo onole a Dio e, per conto nostro, cerchiamo di rendere
forte questa nostra tradizione.
Nàn è forse la carità che regge le altre virtù, che pervade di un soffio divino
tutte le altre virtù? Che cosa sarebbe l'obbedienza senza I'amore? Una cosa servile,
mofta, tutta guasta in radice. Se noi non vediamo Dio degno di infinito amole, quando
noi ci sottomettiamo al Superiore, la nostra obbedienza sarà vana; non potfà conver-
tirsi in sudditanza veramente filiale.
La povertà è espressione di sacrificio; ed i sacrifici si sopportano volentieri solo
p.. u.or.. Si arriva all'eroismo, solo quando l'amore pervade tutta ]'anima. La
castità senza l'amore è parola vana. Solo l'amor di Dio può sopprimere in noi l'amore
dei sensi e della carne. Solo quando ci ,sentiremo spinti fino a Dio, ci staccheremo dal
fango del1a terfa e ci solleveremo in alto, alla preghiera che è il palpito (lo abbiamo
udiio) del cuore, sospiro dell'anima che vuole innalzarsi verso l'amore infinito. Cer-
chiamo di pervadere tutte le virtù di questa cafità, di questo fuoco di amofe.
Sringiamoci foftemente al nosto Padre D. Bosco. Il demonio ha tentato un
ultimo coipo con noi. Ha dovuto pensare così: Se riesco a togliere D. Bosco dall'Ora-
torio, queiti figli, se li riduco senza padre, senza pastofe, safanno come pecore di
sperse; non ricordandosi del Padre, non si sentiranno stimolati a imitatne le virtù,
a coltivarne 1o spirito.
Ma non dev,essere così. Noi faremo come i figliuoli giovani, che hanno un cuore
nobile, geneloso ed hanno sempre il pensiero rivolto al padre loro. A Lui quando è
lontano rivolgono i pensieri e gli affetti del cuore con espressioni tenere e generose;
del padre parlano ogni
nerci in modo tale che
momento
al ritorno
eabsbotparaatteuftftoonddeicroenvoercsood: i-noNi Ioai
vogliamo mante-
sua compiacenza,
il suo amore, le sue carezze.
Se D. Bosco è lontano, ci ricorderemo di Lui, parleremo di Lui, andremo più
sovenre dinanzi al suo altare per dirgli il nostro amore, per pregarlo che voglir conser-
varci tali, che abbia a dirci al suo ritorno:
che si delizi a effondere le tenerezze del
s-uo
Bravi! Sono proprio
grande cuore.
contento
di
voi!
-
Pensiamo al ritorno di D. Bosco, quando Torino, il Piemonte, l',Italia, il mondo
tutto esulterà, avrà fremiti di commozione, perché D. Bosco litorna. Pensate di vedete
la Congregazione qui riconvocata; vedremo qui i Salesiani, le F.M.A. venuti da tutte
le parti del mondo, vedremo gli allievi, turbe di Cooperatori e devoti.
Pensate ai paesi dove passerà il corteo: la popolazione in massa schielata per
tfibutare omaggi in onore del nostro Santo; pensate alle moltitudini qui a Torino,
lungo le strade pavesate. Pensate alla gioia da cui saremo pervasi quando sfileranno
teo;ie interminabili, quei cento e più Vescovi e cardinali e tutte quante le autorità
ecclesiastiche e civili.
E quando arriverà qui a Valdocco, all'Oratorio? Ricordo la Piazza di M'A' nel
1929 (toccava a me allora dirigere il corteo), non Potei parlare! Ma se non parla la
voce della gola, parla il fuoco del cuore.
Ebbene, miei cari figliuoli, rendiamoci degni di questo trionfo, di quello che noi
sognamo col nosro affetto di figli, colla preghiera e soprattutto con la nosfa continua
esemplarità di vita salesiana.
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69.2 Page 682

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ALLEGATO N. 68
(Appendice al Capo XXXI, p. 371)
Conlerenza in Cbiesa. lruportanti conunicazioni. Prudenza in tutto. Poi, nulla ci turbi.
Miei cari figliuoli,
Torino, 3.4.1944.
le attuali citcostanze, di una gravità. eccezionale, mi hanno consigliato di venire
a lawl alcune comunicazioni di somma impottanza.
Avete visto che le modalità stesse della vosma entrata in questa Chiesa hanno
avuto un carattere insolito. Noi abbiamo bisogno di ffovarci proprio soli. Ma, la-
sciando ogni preambolo, passo senz'alro ad alcune comunicazioni importantissime.
Anzitutto una norizia confortante. Domani avremo la gioia di ospitare qui nel
nostto Oratorio tutto l'Episcopato della Provincia e Circoscrizione Piemontese, pre-
sieduto dal nostro amatissimo Cardinale Arcivescovo. Quanta sarebbe la soddisfazione
di D. Bosco se vivesse ancora, al vedete qui convenuti tutti i Vescovi del Piemonte!
11 nostro cardinale, tanro benevolo verso di noi, avendo qualche difficoltà per
fare la riunione in Episcopio o presso la consolata, come avveniva in passato, mi ha
scritto una letterina proprio familiare, che mi ha fatto taoto piacere: << Non sappiamo
dove andare... Veniamo all'Oratorio! » E Deo gratias! Noi saremo felici di vederli do-
mani qui con noi e faremo loro accoglienza lrete e serene come suol dirsi. Racco-
mancio che la casa sia ben pulita, con gli ambienti tutti ordinati acciocché i Vescovi
visitandola abbiano a riportare buona impressione.
Soprattutto preghiamo molto. Se i Vescovi, malgrado tutti i disagi del viaggio e
le difficoltà dell'ora presente, si radunano qui, vuol dire che hanno delle cose ben
gravi da ttattare e dei problemi di una ben eccezionale importanza, e che non riguar-
dano soltanto loro, ma le anime, 1a Chiesa e anche noi.
V'invito a pregare per i Vescovi Subalpini, acciocché nella giornata di domani il
Signore faccia scendere su di essi in misura abbondante le benedizioni celesti: li as-
sista, li guidi, li somegga e conforti. Io presenterò Loro i vostri auguri e l'assicurazione
del1e vostre preghiere.
Ed ora vengo al punto più importante. Ho voluto prendere nota di tutto perché
non vorrei dimenticare nessuna cosa.
Ricorderete che ripetutamente si era raccomandato di usare grande prudenza nel
parlare, nello scrivere, nelle uscite, nel togliere di mezzo oggetti, libri, scritti che in
qualsiasi modo avessero potuto compromettere gf individui o la Casa o la Congre-
gazione.
Si era raccomandato insistentemente di non parlare di politica, di partiti, di
guerra e cose simili. Si era ricordato frequentemente, e con vere esortazioni, di pen-
sare ciascuno alle sue responsabilità, che è responsabilità grave, assai grave in questi
frangenti.
Si era ripetuto che l'imprudenza di uno solo avrebbe potuto compromettere la
Casa stessa, la Congregazione, la Chiesa.
Avevamo pregato gli Ispettori, che, recandosi nelle Case, si facessero eco di
queste raccomandazioni; Ie ripetessero, le ricordassero a tutti i confratelli.
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69.3 Page 683

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Tutto ciò 1o saPevate'
Puftroppo devo dire che non tutte le raccomandazioni furono da tutti capite'
Forse io e gli alti non abbiamo saputo esprimerci chiatamente'
I fatti hanno dimostrato che questo mio timore non è infondato'
Le prove.
Ci furono amare imprudenze nel patlare e nello scrivere. Ho ricevuto io stesso
delle lettere tali che mi ficero dire: « Ma è possibile che dopo tutto quello che si è
detto si possa scrivere così? >>.
è
Si era
mancata
qdueatlctohedifraesveitapreocqoumalissiuatsaita^pspiraezpzuarmeeantotitodliocodsiebpenoeli'tiche:
ma
forse
non
Si era iaccomandato di non uscite. Purroppo sono continuate le uscite e qual-
cuno fu vittima.
Si era detto di esaminare dappertutto, ciascuno nella propria camera: oggetti,
cofrispondenza, libri, biglietti. I fatti hanno dimostrato che alcuni non furono osse-
quenti.
E che cosa è avvenuto? Che si destarono sospetti qua e là. Che furono fatte per-
quisizioni. che qualcuno, più di uno, è già in prigione. che le case e la congrega-
zione sono compfomesse. Che per sventatezza di uno solo qualche casa ha corso gfa-
vissimi pericoli. E' dunque necessario parlare più chiaro.
Vi dirò pertanto (e spero di essere chiatamente compreso)
che
vi
sono
incaricati
ste'pdeecsiQaclhiuipi eeirnranscooorpiitnrielenVdagetirioccira.nnNiofeapvecofilrectrtoealattuvanarae\\apdreonlvloaat?ipziaace(s.cQioucaclacunnootizèiaal)ndcahteo
dei delegati
a Cumiana'
Non so chi sia e desidero noì .aperlo. Ha detto la cosa. A Cumiana abbiamo gli SS'
-raduDnoi plao
un paio d'ore il Direttore
Eua comunità e raccomandi
viene chiamato e gli si dice: «
a tutti una grande prudenza >>'
Bisogna
che
lei
-«
Ma perché?
Perché noi non
scherziamo:
noi
mettiamo
al muro
>>'
-«
Scusate, che
Ve 1o dico io:
cosa c'è stato?
è circolata questa
notizia
)>'
fo << non 1o so >>.
-DopLoo
so io.
due ore
sapevano
già
\\a
notizia
paltita
da
Torino.
Questo
sarebbe
suffi-
ciente, non dico propìio per andafe al muro, ma certamente per prendetsi alcuni
anni di reclusione.
atten-ri
anche
Per questa volta si perdona, ma raduni la sua comunità e dica che stiano
d- a
Stoìicol E ci hannà detto chiaramente che vi sono
preti, frati, suore, che vanno un po' dappertutto.
agenti travestiti,
Incominciano a
a volte
scanda-
gTiare, a putlui" male essi sressi e del governo e dei tedeschi e della repubblica e di
iunt" ,ltr. cose e quando sono riusciti a conoscere il parere delf individuo, procedono
a giudicarlo e condannarlo.
Nelle nostre case vi sono dei giovani incaricati di fare 10 stesso. Ve ne sono
qui all'Oratorio e ne conosco in altre case. Parlano, ascoltano, riferiscono. Sono fatti.
ùon parliamo poi degli Oratori Festivi. Vi sono di quelli che si fingono devoti e
vanno nella saciestia, ai confessionali. Vi sono dei visitatori che si fingono amici, coo-
peratori e che vengono nelle direzioni, nelle prefettute, negli uffici, nei cortili con 1o
stesso identico
dere consiglio:
rs.eopdoe.voQnuoesotinsoonPorefsaetnttia: rnsei sasufanrecoilmsmolednattoo!,
Vengono magari
se devono o no
per chie-
scappare'
647

69.4 Page 684

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Domandano che cosa pensiamo noi della repubblica, dei ribelli, della politica, della
guerra. Essi parlano male per indurci a farc al.trettanto e poi accusarci. Non aggiungo
alffo. Questa è storia.
Miei cari figliuoli, bisogna che ci persuadiamo una buona volra che è assoluta-
mente necessario stare attenti: attenti nel parlarel Non fidatevi di nessuno, dico: di
nessuno! Ve l'ho detto in Basilica ripetutamente: ve lo ripeto qui.
Non parlate mai di politica, di guerra, di partiti. D'alronde voi lo vedete; sono
già cinque anni di guerra e nessuno è riuscito ancora ad aggiustare le cose. Non le
aggiusteremo noi, in cortile, in refettorio, in qualche momento perduto.
Non parlate mai delle cose intime della Congregazrone: dell'orario della casa,
del lavoro che si fa, delle cose amministative e di soldi. Non parlate di che cosa si
mangia: tutto ciò può essere frainteso e motivo di dispiaceri. Non parlate di prov-
viste, di compere, di cose simili. Attenti i nostri bravi proweditori!
Non parlate di prezzi, di borse bianche o nere o di cose simili.
Attenti i Confessoril molto attenti! Quando vi fanno certe domande, passate
oltre. Ricordate. Quando si rattava di invadere gli Stati del Papa, vari soldaii chie-
devano a D. Bosco iI suo parere, se potevano o non potevano. volevano sentire da
Lui. E D. Bosco: << Fare una buona confessione: vedrete, vi farà del benel »> Ecco
una bella risposta.
Attenti i predicatori, i nostri zelanti Predicatoril Mordetevi la lingua. State at-
tenti, ché non compromettete solo voi, ma 7a Congregazione, Ia Chiesa.
Attenti i Prefetti! molto attenti! Sono i più insidiati. Attenti i segretari! Il se-
gretario è l'uomo del segreto e basta che egli dica: « ro non so >>. Non si metta in
conversazioni che possono diventare pericolose e magari lacci nei quali facilmente si
cade.
Attenti i maestri e professori nella scuolal Abbiamo non uno, e nemmeno cin-
que, e nemmeno dieci, ma moltissimi fatti di professori, anche nostri, accusati dagli
allievi che avevano capito o interpretato a rovescio. Ma intanto i dispiaceri ci furono
e si dovettero fare cambi spiacevoli e d'urgenza.
Attenti i nosri bravi Capi! Devono tattarc con certe persone... << che cosa ne
pensa Lei?... ».
Ecco-unaIobpueonnsao
che se tutti
risposta.
andassero
a confessarsi,
le cose andrebbero
molto
bene
».
Attenti gli addetti all'Oratorio festivol E' il luogo più pericoloso. Attenti nelle
portinerie e attenti nei cortilil
E passiamo
Facciamo anche
allo scrivere. Abbiamo raccomandato
un po'di economia! Non scriviamo
tanto di non
se non c'è un
scrivere
vero.
roppo.
prop.io
bisogno. Immaginarsi se questo è tempo di auguri! E' tempo di Misererel Tuti,al'più
due parole aTla famiglia. Ma poi scrivere a compagni, piofessori, ad amici, non è
questa l'ora opportuna.
Nelle lettere non si parli mai, neppure indirettamente di politica. Attenti a non
mettere frasi oscure nelle lettere. Vi posso dire che una frase di questo genere ha
conffibuito a mettere uno in prigione. << Sono stato in montagna! ,> ia censura ne ha
avuto da vendere e dalla montagna si è passati alla prigione! Nemmeno gli scherzi
sono tollerati. Non si faccia dello spirito! In pratica: è meglio servirsi di unà semplice
cartolina, breve, schematica. Ordinariamente io incomincio così la cogispondenza:
« Telegraficamente, per non dare lavoro alla censura >>. IJno, due, tre punti. Meno
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69.5 Page 685

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patole possibili. Il tempo della retorica è passato, ma anche nelle cartoline si usi la
massima prudenza. Un semplice biglietto ci ha procurato crucci e dispiaceri. Ed è
cosa tanto dolorosa ed umiliante vederci richiamati all'ordine.
Attenti nel conservare le cose: in ufficio, in camera, nella scuola. Conservare le
lettere... di chi? E' proprio di questi giorni che i perquisitori leggendo certe lettere,
accennando a1 Direttore dicevano ad un individuo: << Fai farc ben brutta figura al
tuo Priore ». Si ratterà magari di lettere sentimentali e si dirà: « E' di mia sorella! »
Ma nessuno lo sa; stracciatele. Fate tutti un buon esame di coscienza. Distruggete
gli scritti compromettenti. Esaminate le vosrre carte, i libri, i quaderni, perché in
queste perquisizioni non s{ugge nulla. Esaminate gli appunti; togliete di mezzo qual-
siasi frase, giudizio, apptezz^mento compromertente. Così certi diari ov'è detto: « E'
successo questo e quello » e vi si fa sopra un po' di filosofial Non è questo il mo-
mento.
Esaminate tutto. Pensate che la perquisizione potrebbe venire anche qui, anche
stassera. Bisogna che 1o abbiamo ben fisso in testa! Attenti ai libri. Che libri avete?
In qualche baule sono stati trovati dei romanzi niente edificanti. Se qualcuno avesse
il permesso di leggere libri proibiti, cerchi di fare in fretta. Non ho mai avute tante
richieste di permessi per leggere libri proibiti. Dio non voglia che i cosidetti lavori
scientifici diventino malefici e conducano alla perdizione.
Attenti alle Riviste! « Ma è per l'arte! » Miei cari, vi dico subito che i perqui-
sitori quando vedono certe cose nelle nosffe mani dicono senz'altro: « E voi siete reli
giosi? E son queste cose da religiosi! ».
E' ben triste sentirci rinfacciare certe cose! Attenti a certi foglietti, buttati girì
dagli areoplani. Per alcuni è bastato l'averne trovato qualcuno in un baule.
Attenti ad appunti e notizie della radio: sono cose di una gravità eccezionale.
Attenti ai libri che non siano conformi alle idee presenti. Quanti autori ed editori
sono in prigione per pubblicazioni non conformi alle idee dell'ora presente!
Attenti alle fotografie. Voi non potete dire: « E' di mia sorellal » Ma chi rova
una fotografia di questo genere è in diritto di dirci: E << voi, religioso, coflservate
queste cose? >>.
Attenti alle fotografie o collezioni artistiche. Povera artel O meglio, povera mo-
rale: come poffà accomodarsi con certa arte? E alle volte si conservano certe cose! E
le scuse non vengono credute.
Attenti a non conservare denaro. I perquisitori dicono: « Noi sappiamo che i
Religiosi fanno voto di povertà... E voi... Qui ci sono dei biglietti da millel Come
mai? ».
E questi sono fatti! Niente vale i1 dire: << Questo è danaro dei Laboratori ». Ma
se è dei Laboratori, perché lo tieni tu? Portalo in Prefettura. Nemmeno il Prefetto
può tenerlo: si deve dare al Superiore: è stabilito così!
Cari figliuoli, voi capite che sto facendo una bruttissima conferenza. Ma è l'af-
fetto che vi porto che mi fa pailarc così; perché vorrei che non vi capitasse nulla
di male, perché quello che capita a voi, io lo sento più di voi per il bene che vi
voglio. Perciò, per amor del cielo, attenti!
Di uno, presso del quale si rovò del denaro, fu detto dai perquisitori: << Ma
costui è
In
ctenrtpi abzazuolli>>fu-ronDoeoroGvraattiiacsol mchmeesstiibsiilai,
detto solo
scatole di
così!
qui,
scatole
di
1à.
«
Ma
questa è forse una cucina, una dispensa? ».
- Ma... -
649

69.6 Page 686

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« Non c'è ma che tenga! ».
E
troppo
i commestibili diventano
sono cose storichel
un
capo
d'accusa
per
andare
in
prigione.
-
Pur-
In un baule si erano trovati indumenti da teatro. Quando amivò il tempo di
andare in refettorio, quei tali si misero a scherzare e beffeggiare i confratelli che
passavano: « Teatro! Teatro! » Ed il povero direttore era presente.
Avevamo raccomandato che si stesse molto attenti alle cosiddette armi anche del
teatro. Noi, grazie a Dio, alre armi non ne abbiamo mai usate. Ebbene, qualcuno
si è compromesso ancl-re con Ie armi del teaffo.
Perciò, guardate bene dappertutto. Se c'è qualche cosa, avvisate subito i Supe-
riori. Fate spatire tutto, fosse anche solo un grosso coltello.
Nei teatri stare atrenti ai colteili militari: calzoni, giubbe, berretti, scarPe, stivali.
Ci fu un momento in cui molte cose militari o dei depositi andarono in giro' Guai
se qualcuno avesse indumenti di questo genere. Quello è già un motivo suficiente
per condanne gravissime. Esaminatevi bene.
Negli Uffici si veda se vi sono dei documenti riservati e delle cose compromet-
tenti. Si proceda con grande cautela, si chiedano spiegazioni e chiarimenti, ma si
cerchi di far sparire tutto ciò che possa prestarsi a malintesi o a false interpretazioni.
Attenti alle uscite. I più gravi dispiaceri li abbiamo proprio avuti per le uscite.
Perché alle volte si vuole anche andare a fare il curioso; ed allora uno è preso d'oc-
chio magari per il suo atteggiamento... » Chi sarà costui?
Per questa sola imprudenza vi It una gravissima perquisizione in una casa con
risultati assai dolorosi. E' necessario che non si esca più senza il permesso del Diret-
tore. Questo deve valere per tutti. I1 portinaio deve prendere nota di tutti quelli che
scno passati per la portineria. Questo ricordiamo noi che fece D. Rua in circostanze
che non avevano la millesima parte di gravità delle circostanze presenti. Vogliamo
salvaguardare tutri; noi non vogliamo che I'imprudenza di uno metta tutti in condi
zioni disastrose. Nessuno prenda impegni con persone esterne. Sembra impossibile, miei
cari figliuo1i, ma sono fatti.
Qualcuno senza capire ciò che faceva, prese impegni che erano vere imprudenze
e potevano compromettere 1a Casa. Fai presto tu a dire: « Ci penso io! Nasconderò
io! Mi aggiusto io! ».
Caro fig1iuolo, in queste ore tragiche non puoi e non devi addossarti responsa-
bilità compromettenri. Tu non sei solo, ma hai cento confrateili che possono essele
vittime di una tua imprudenza. Anzi, tu puoi compromettere tutta la congregazione!
Evita pertanto di prestarti per corrispondenze non chiare, per conservare pacchi,
oggetti, qualsiasi cosa, missione o missiva che si presti a interpretazioni, sospetti od
altro. Noi facciamo del bene a tutti come sacerdoti, ma senza compromettere lo stesso
nostro ministero. Oggi si parla di tante tendenze, di repubblicani, di patriotti, di
partigiani. Noi non siamo chiamati a giudicare tali cose e perciò stiamo zitti, pronti
però a fare del bene e ad esercitare la carità come sacerdoti con tutti e semPre'
Nessuno poi tratti con autorità senza previo accordo coi Superiori. Voi non sa-
pete quali possano essere le speciali situazioni e gli impegni dei Superiori in questi
momenti con le Autorità. Potrebbe anche darsi che quello che sembra in sé onesto e
buono, in quel dato momento non convenga chiederlo.
Soprattutto poi si eviti qualsiasi passo o relazione che possa anche lofltanamente
destare sospetti; ognuno ricordi sempre che ha dietro di i confratelli, ha la Casa,
la Congtegazione.
650

69.7 Page 687

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Come vedete, I'enumerazione fu lunga: ho voluto però dirvi tutto, perché, come
vedete, si tratta di cose molto serie. Un solo atto meno prudente, sve[tato, può con-
durte a conseguenze disastrose.
Per amore del cielo, stiamo attenti e vigiliamo! Vi ho parlato con chiarezza pa-
terna e, forse, anche, se volete, con fottezza paterna. E' il cuore di un padre che
grandemente e intensamente vi ama e che appunto perché vuole il vosffo bene, ha
sentito il bisogno di parlarvi così, di mettervi suli'avviso, di tracciarvi la via da per-
comere, indicandovi i pericoli da evitare. Devo infine aggiungere una cosa molto pe-
nosa, ed è che qua e incominciano a giungere alle nostre Case precetti per presen-
tarsi ai dirigenti del lavoro. Noi in virtù del Concordato siamo esenti dal servizio
militare, ma purtroppo si è cercato di girare attorno al Concordato, istituendo il set-
vizio di lavoro, con cui anche i religiosi coadiutori e i chierici che non siano in sacris
e al termine degli studi, possono essere inviati in Germania per servizi di lavoro.
Si sono già fatte pratiche per scongiurare questo pericolo: preghiamo e speriamo.
Nessuno però faccia nessun passo senza intendersi con gli Ispettoti, i quali, in caso
necessario, ricorreranno ai Superiori. Altrove questa prova tremenda è già in atto,
da anni.
Perciò vi esorto a pregare, a moltiplicare le suppliche, le espiazioni, i sacrifici
per impeuare da Dio quella pace che venga a mettere termine a questa situazione,
che diventa di giorno in giorno intollerabile. Preghiamo! Preghiamo! Purtroppo anche
in altri tempi abbiamo visto partire i nosri cari chierici e coadiutori pet il servizio mi-
Iitare. Ricordiamo quando ne avevamo centinaia e migliaia sotto le armi. Quei bravi
figliuoli seppero anche allora fare onore alla Congregazione con pùtezzà di vita e con
un apostolato fecondo. Anzi, ricordiamo che al termine della grande guerra, il Rettor
Maggiore ebbe la gioia di ricevere un documento dalla S. Sede nel quale si diceva
che i figli di S. Giovanni Bosco si etano distinti in particolare modo pet la loro pre-
patazione, il loro zelo e per notevoli attitudini all'apostolato. Questo fu a tutti di
grande conforto. Quei figliuoli sono tornati, anzi, molti sono qui presenti che mi
ascoltano. Noi siamo certi che se il Signore volesse esigerci un'alta volta quel dolo-
roso sacrificio, i nostri bravi chierici e coadiutori saprebbero manifestarsi sempre e in
tutto degni figli del nosto grande Padre. Per parte nosra li accompagneremmo con
la preghiera, l'affetto, con tutti gli aiuti possibili e al ritorno 1i riabbracceremmo con
la più pura gioia.
Ho finito. Innalziamo, figliuoli carissimi, 1e nostre suppliche al cielo per implorare
da Gesù Risorto \\e grazie di cui tutti abbisognamo in queste memende ote di prova
e di sofferenza.
L'attuale situazione ci dice una volta di più che disgraziatamente gli uornini che
si sono attaccati alla terra. che sono vissuti e vivono in terra, ora essi stessi si per-
suadono che, quella terra che avrebbe dovuto essere un paradiso terresffe, l'hanno
invece convertita in un inferno.
Per questo Ia Chiesa presentandoci Gesù Risorto, ci ricorda le parole di S. Paolo:
Quae sutsum sunt sapite, quae sursum sunt quaerite. A noi soprattutto, suoi figliuoli
e discepoli prediletti Gesù dice: <( Gustate le cose del cielo! >> Ma per gustarle biso-
gna averle nella mente e nel cuore. Bisogna che effettivamente ci sappiamo staccare
dalle cose della terra, le quali troppe volte non ci danno che dispiaceri e disillusioni.
Staccarsi dalla terra vuol dire pensare a Dio, unirci a Lui, fare nostri i suoi pensieri,
le sue parole, le sue opere, amarÌo , fare Ia sua volontà, salvare le anime.
Se avtemo gustato davvero le cose del cielo, non ci sarà più bisogno che Gesr)
65r

69.8 Page 688

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Risorto ci ripeta tante volte: << Gustatele! », ma gli diremo: « Gesù, noi abbiamo
sentito questo gusto, veramente squisito, celeste e vogliamo cercare di staccarci ogni
giorno più dalle cose della tema ».
Accostiamoci, dunque a Dio, figliuoli carissimi, con pienezza di fede. Venga, ven-
ga la fede in nostro aiuto, in questa tenebra che ci soffoca e opprime. Illumini della
sua luce le cose della terra perché le vediamo nella piccolezza loro e del nostro nulla.
Ma soprattutto la fede illumini le cose del cielo, affinché le vediamo nella loro bel-
lezza e ci sentiamo costantemente portati a Dio. Uniti a Lui saremo veramente felici.
Niente ci turbi. Facciamoci coraggio. Forse è l'ultimo anno delf immane tragedia.
Come siamo stati forti in passato; siamolo in avvenire, confidando in Dio, nella
nostra tenera Mamma Maria Ausiliatrice e nel nostro caro Padre D. Bosco.
(17,20-1.8,20).
652

69.9 Page 689

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ALLEGATO N. 69
(Appendice al Capo XXXI, p. 373)
Disposizioni prese da D. Ricaldone per lo slollanento
71.72.7942
Giovani già
sfollati
Oratorio
studenti
I atigiaoi
I Martinetto
S. Giovanni
Val Salice
Artig. Rebaudengo
Salesiani I Crocetta
Chi deve
sfollare
Vecchi
Personale non necessatio
Giovani Oratotio
Chierici Rebaudengo
i Casa Madre
FI
H
Fl Oratorio
Ò
frr
a
Le Chiese
devono
rimanere
aPerte
Oratori
festivi
( La Casa non può essere abbandonata
I i laboratori - accogliere operai? estetni?
Casa Capitolare
I1 Santuario
La Direzione
Alleggetire
Maria Ausiliatice
S. Giovanni
S. Paolo
Val Salice
Crocetta
Monterosa
Rebaudengo
Agnelli
Valdocco
S. Paolo
Crocetta
Monterosa
Valsalice
Rebaudengo
S. Luigi
Cedere
alle autorità
o ditte
Val Salice
Rebaudengo
S. Giovanni
Martinetto
Monte Rosa
S. Paolo
Riservarci 1'Oratorio
653

69.10 Page 690

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ALLEGATO N. 70
(Appendice al Capo XXXI, p. 373)
Prouuedimenti disposti da D. Ricald.one da prendersi in caso di incursione aerea
1) Anzitutto confidare in
mantenersi it grazia di Dio,
Dio, in
calmi e
Maria
sereni.
Ausiliatrice,
in
s.
Giovanni
Bosco
e
2) Si provveda ad una sorveglianza totalitaria degli edifici. A tal fine si divida
i1 fabbricato in tanti reparri e si assegni ad ognuno di essi possibilmente due
Coadiutori e due chierici o sacerdoti.
del
-l) E' necessario che gli addetti agli speciali repani prendano
reparto loro affidato, specialmente degli ultimi piani ed in
visione esatta
modo partico-
larissimo del tetto e del soffitto, per rendersi esatto conto dell,ubicazionè dele
porte, scale, botole di accesso ai sottotetti e ai tetti.
d. i
4) Ogni
martelli.
reparto
sia
provvisto
almeno
di
una
scure,
di
una
sega,
di
un
paio
5) Soprattutto si prendano misure preventive e cioè:
a) si asporti senz'alrro
mandi altrove in luogo sicuro;
turto
ciò
che
si
crede
importante
e
lo
si
metta
o
a) si sgombrino i sottoretti e l'ultimo piano di turto ciò che possa cosri-
tuire materia infiammabile e pericolosa;
c) si avvisino i confratelli e 1e persone dela casa di aprire, appena udito
l'allarme, le porte, le finestre, 1e persiane delle proprie abitazùni e àei corridoi;
z.ione,
d)
e
si tengano preparati e ben distribuiti nell'urtimo piano mezzi di estin-
cioè vasche, secchi pieni d'acqua, sabbia piuttosto abbondante, qualche
coperta o anche materasso di poco valore per bagnarli opportunamente e servir-
sene per coprire le fiamme degli spezzoni incendiari;
e) si ricordi che contro gli spezzoni
estintori e la sabbia. L'acqua invece è meno
guere i1 fuoco di mobili od almo, provocato
incendiari hanno grande eficacia gli
consigliata e dovÀ usarsi per estin-
dagli spezzoni;
l) si
candela, per
abbia cura
il momento
di
in
cpuriovweemdàetroeltlaucl,eilluemleinttarizciaonc.opnrÈpbileli.,r;o^p'pure
pezzi
di
g) sia noto a tutti ov'è f infermiere con la cassetta pronto-soccorso;
A) sia pure noto colui che ha il comando di tutte le squadre e si stabilisca
una squadra di riserva per accorrere dove il bisogno sia maggiore.
6) vi sia un incaricato al telefono per chiamare i pompieri, e poiché il telefono
pouebbe anche essere non servibile, siano una o due persone ru.lt.
recarsi in bicicletta a chiedere l'aiuto dei vigili del fuoco.
"
disposte
a
_ 7) ove sia possibile, vi sia un posto di vedetta, sul campanile o in alro luogo
elevato,
il tetto
per avvertire
ed il sofitto
7a presenza degli incendi. Siccome però gli spezzoni
delle camere senza essere avvertiti è b-ene ìhe gli
perforaio
ìncaricati
della vigilanza, appena cessato il pericolo delle bombe, percorrano il ieparto loro
assegnato onde scoprire gli spezzoni o gi'incendi già iniziati.
654

70 Pages 691-700

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70.1 Page 691

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8) In luogo visibile della casa siavi un quadro nel quale risultino i reparti
assegnati ai singoli gruppi coi nomi dei rispettivi Confratelli'
9) Si raccomandi agli addetti ai singoli lepalti la massima
sima prudenza. Si eviti di camminare allo scoperto e si_scelga
vigllanza e la mas-
il momento oppot-
tuno ànde non espotsi al pericolo del bombardamento. Ogni reparto abbia almeno
una maschera.
10) Appena dato il
menro o ii gettito degli
segnale d'allarme, e finché non
spàzoni, ci si ritiri nel ricovero
è cessato il
per recitare
bombarda-
le seguenti
preghiere:
a) atto di dolore
b) tna retza p^rte del Rosario
c) Tre Ave Maria, ognuna seguita da:
d) Salve Regina
e) Pater, Ave, Gloria a S. G. Bosco con la giaculatoria: ., Sancte Joannes,
ofa pro nobis ». « Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis ». Queste preghiere,
se ltncursione si prolunga, si possono ripetere, due o tre o anche quatro volte.
L1) Acoesciamo la nosra fiducia nella Misericordia divina, nell'aiuto efficace
di Maria Ausiliarice e nella patefna protezione di S' G. Bosco; facciamo inoltre
frequenti invocazioni agli Angeli Custodi e ai nosrri santi Protettori.
ALLEGATO N. 71
(Appendice al Capo XXXI, p. 373)
Disposizioni coTnufiicate il 5 maggio 1.943 in una buonanotte << tuagistrale >>.
« 1o Anzitutto coloro che non si sentono di rimanere in città, perché il loro
sistema nervoso non 1o consente, 1o manifestino prima del 15 maggio ai rispettivi
direttori, afinché si provveda a mandarli altrove.
2u I Diretrori poi, invitino gli ammalati, gli anztarri, gti invalidi a lasciate To-
rino. In queste ore tragiche si renda meno terribile la responsabilità dei superiori
con una disciplina esemPlare.
3. Allo stesso modo che l'autorità civile ha determinato coloro che devono
rimanere al loro posto, anche noi abbiamo stabilito chi sono coloro che devono
rimanere.
Le direzioni delle due case.
Il personale della Pamocchia e del Santuario.
I1 personale amministrativo delle segreterie.
I1 petsonale scolastico necessario.
I1 personale addetto alla difesa degli edifici.
655

70.2 Page 692

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il
4" Naturalmente i superiori si sono preoccupati dell'incolumità di tutti. Perciò
personale che rimamà all'oratorio in parte andrà a dormire dove vi sia un
rifugio sicuro.
L'altta patte, quella assolutamente e strettamente necessaria, avrà all'Oratorio
usmnieotnrtaseptteraicsidealrievasrptiofeusgaailori,pleelvarasoncntuisaislecimonase,rcuepzseisoarnreqiouveceshrteroàrsiimni ièazmiastàatapbqeuilriatonl'atocnhdpearmiemesasno.toSsiiecacoltamasesdaipfiievesaraò-
delle due Case ».
ALLEGATO 72
(Appendice al Capo XXXI, p. 374)
Disposizioni di D. Ricaldone prese in uista dei bombardalilenti torinesl. Sono docu-
menti che risalgono ar 1940. (Dall'Archivio di casa Madre - vardocco).
GRUPPI DI VIGILANZA - CASA CAPITOLARE
1' EDIFICIO ECoNoMATo E TERRAZZA - D. Bisi, D. coin, casteri, Bortotas.
2' EDIFICIO CAMERE DEI SUPERIORi - D. De Ricci, D. Boem, Rezzaro,
Delcurto.
3" PALAZZO AUDISIO - D. Setti, D. Rocci, Tarozzi, Bottesi.
4" CAMERE DON BOSCO - D. D,Amico, D. Vico, peloi, Montecchio A., Cocco.
5' BASILICA - D. Spalla, D. Praxum, pezzi, Toue, Altini.
6" FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE - D. De Maria, Gigi, Armini, Brentolan,
Brigzys.
7, CASA LEMOYNE - Tesio e Brignone.
8o Gruppo di riserva - Fantini, Bertola, Meda, Bertaggia, Stringari, Turetta (trovarsi
tra la portineria e il rifugio-accesso).
GRUPPI DI VIGILANZA CASA MADRE
1' CASA PINARDI - D. caustico, D. Bealessio, Ch. Della valle, coad. Re, coad
Appendino.
2" CASA FILIPPI - D. Maffi, D. Pignocco, D. perolari.
3" CAMERETTE ARTIGIANI - D. Ghidella, D. Fissore, Coad. Bracco.
4' LEGATORI Coad. Baldi, Felicetti.
5' TIPOGRAFIA Coad. Pemone, Colli, Orsini.
6' ORATORIO FESTIVO - D. Zanotto, D. Cocco, Mellano.
7. TEATRO INTERNO - Coad. Merlino, D. Sangalli.
8. STUDIO STUDENTI - Meotto, Busatro, Frascarolo, Rizzato.
656

70.3 Page 693

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9" CAMERE STUDENTI - D. Zati, Coad. Costa.
10" INFERMERIA - D. Vemi Camillo, Coad. Candi, Billi.
11' MAGAZZINO LEGNAME - Graneris, Da Parma, Battoraro, Ronzani.
12" PANETTERIA - Coad. Lusso, Lamberto.
11" FIGLIE DI M.A. Cia Salerno - D. Raffaeli, Giampaoli, Tagliaferri.
14" S.E.L - D. Vemi Mario, Ch. Gianotti, Botto, Coad. Roncoroni, Jans e Mattio
15" RISERVA - D. Sartori, D. Opezzo, D. Ferrarino, Calliari, Francesia, Sabbatini
ALLEGATO N. 7]
(Appendice al Capo XXY, p. 374)
Lettera-Questionario di Mons. Ernesto Rulfini, Segretario della S. Congregazione
degli Studi a Don Ricaldone.
S. Congregazione dei Seminari
e delle Università degli Studi
Reverendissimo Signore,
Roma, 29 gtugno 194)
inviando l'unito 'Questionario, prego la S.V. Rev.ma di esprimermi al riguardo
il suo parere, aggiungendo al Questionario stesso quegli emendamenti che Ella cre-
desse necessari od utili.
Mi valgo assai volentieri dell'occasione per porgerle auguri fervidi e cordiali,
mentre prego il suo grande Patrono, l'Apostolo Pietro di volerla aiutare a supelafe
omnes adversitates.
dev.mo e afi.mo in G.C.
EnNrsto RurrrNr
Segret.
I1 Questionario riguarda:
insegnamento religioso nelle scuoie (ore, testi, mezzi)
libri d'indole religiosa nella biblioteca
pratiche di pietà - apostolato - ex alunni
Biblioteca insegnanti - Sistema filosofia - mezzi :usati
perché tutto l'insegnamento sia cristiano.
Assistenza religiosa ai professori.
Contatto con famiglie e relativo apostolato.
657
42

70.4 Page 694

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ALLEGATO N. 74
(Appendice al Capo XXXI, p. 375)
Lettera di D. Ricaldone a Mons. Ernesto Rulfini - Segreteria della S.C. dei Serninari
e delle Uniuersità degli Studi, in risposta ad una sua d.el 29-6-1943.
Eccellenza Reverendissima,
Torino, 22 hrylio 1943
Rispondo al suo ven. foglio N. 0263 l$.
Poiché la bontà di V.E. giunge al punto di chiedere l'umile mio parere circa
il Questionario, e siccome so che V.E. desidera conoscere ciò che veramente si
pensa, non solo da noi, ma anche da altri a riguardo di tali moduli nelle presenti
citcostanze, Le dirò in coscienza il frutto del mio studio e delle mie indagini.
1) Anzitutto il modulo è di tale ampiezza che richiederebbe un tempo enorme
per riempirlo, a meno che taluno preferisca rarsi d'impiccio con risposte vaghe e
inconcludenti.
2) In secondo luogo è opinione generale che, in queste ore sempre più dure,
quando la maggior parte degl'Istituti sono sconvolti, vivono con mezzi di fortuna
ed in costante trepidazione di dover stroncare ogni attività magai ragicamente,
i poveri dirigenti al ricevere simili documenti da parte de1le Autorità, sia civili
cl.re ecclesiastiche, provano un senso di mestizia e sgomento, sicché il più delle
volte, assillati dalle tremende difficoltà di ogni genere, incominciando dai viveri e
dalla più rudimentale atfiezzaù)r^ scolastica, si vedono nell'impossibilità di sob-
barcarsi al nuovo lavoro che richiederebbe tempo e dispersione delle povere energie
di cui si può ancora dispore.
J) In terzo luogo e per logica deduzione si è convinti che simili lavori stati
stici fatti in
teche, senza
condizioni tanto
la possibilità di
asnuossrmidai ldi i-datftuicoi,rilosnetdaen,iindalol cparloi pinriaodaatmti,biseenntzea,
biblio-
con la
uente agitata e il cuore sconvolto dalle vicende dei parenti, della famiglia religiosa,
della Chiesa, delia
sia possibile fornire
dPaatri iase, ri-,
in simili condizioni, ripeto, si è convinti
controllari e rispecchianti la realtà delle cose.
che
non
4)
trovano
Si
in
aggiunga infine che
squilibrio nervoso e
tanti poveretti
perciò sarebbe
-benedirnigoennatig,girnasveagrlinacnotni,
naulloievvi ila-vorsi,i
sempre prolissi e pesanti quando si tratta di dati statistici, mentre non riescono a
sbrigare quelli già eccezionali e disagiati da cui sono oppressi.
Eccellenza, questo è il povero mio pensiero, condiviso dai miei confratelli e
da molte persone che non hanno modo o animo di esporlo.
Voglia il Cielo che spuntino presto giorni migliori per una ripresa più ga-
gliarda ed efficace.
Permetta che aggiunga che nelle ultime incursioni abbiamo avuto danni assai
ingenti, specialmente in parecchi Istituti e specialmente a Torino: forrunatamenre
nessuna vittima.
Siamo assillati dalle operazioni di sfollamento de11a maggior parte dei nostri
658

70.5 Page 695

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Istituti ormai in tutta ltalia, mentre altri vengono requisiti e le comunicazioni ed
i mezzi di trasporto diventano sempre più difficili o addirittuta impossibili.
di V.E. Rev.ma
uml.mo setvo in C.J.
Sac. PrBtno Rrcer.PoNB
S.E. Rev.ma Mons. ERNESTO RUFFINI
Segretario della S.C. degli Studi
ROMA
ALLEGATO N. 75
(Appendice al CaPo XXXlll, P. 453)
5 dicembre 1934 - (mercoledì) - CONFERENZA DI DON RICALDONE ALLA
CROCETTA
Relazione tra purezza e carità (Strenna: Putezza...)
Gradisco, miei cari figli, questi sentimenti (era stato letto un indirizzo di
saluto e di auguri) e vi posso assicurare che se nei vosffi cuori vi è amore, anche
nel cuore del padre palpita tutto l'afietto, ed è disposto anche ad immolarsi se è
necessatio. Avéte ricordato 1a mia malattia: badate che non c'è nessuna malattia
saamnma a-latic. oEscani tdaicTeevraesga: 1D1 oSnignBoarrebemriish-a;
perciò
dato un
plocurate di non divenire mai
grande premio non PeI i lavori
latti ma per i dolori e le malattie per lui sopportate. L'essenziale è che noi fac-
ciarno sempre la sua santa volontà: questa è la perfezione.
con piacere ho pensato a voi, alla Crocetta (chè quando si hanno grosse croci,
si desidera una << Ctocetta >>).
Nella novena dell'Immacolata: direttamente o indirettamente tiguardano questa
festa.
Una domanda: Perché Don Bosco ha voluto tanta solennità nella festa del-
i'Immacolata?
--PotrEMe'sat.Ie.'i.nipnizesireocghdeairlllm'OSi picgehnreoareD-.hioa
disposto
nulla fa
questo inizio all'8
a caso, ma tutto
dicembre?
dispone << ordine
et
Tnensura >>,
Perché dunque f inizio in quel giorno?
Sono convinìo che il Signore volle f inizio in quel giorno perché quella festa
fosse per i
ir.do
figli
.É.
di Don Bosco un richiamo costante alla uirtù della purezza.
per quesro anche, Don Bosco volesse tanta solennità nella
festa
dell'Immacolata.
Essendo ne11a sfera dei « perché >>, un'altra domanda: -
Perché il povero
659
42*

70.6 Page 696

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Rettor Maggiore che vi parla, perché dopo la prina srrenna sulla carità, diede per
seconda quella della purezza?
Ciò non
Mi sono
awenne
persuaso
senza riflessione e fervente preghiera.
che dopo la srrenna dell,amòre, viene
Mi spiego.
la pi"rrn.
Ecco le ragioni.
voi sapete in che
iPadrieiteologi.
consiste
la
perfezione:
consiste
nell,amore.
così
S.
Tommaso,
Chiamandoci alla perfezione, Dio ci chiamava all,amore.
preveMntaivon,oiesiial msoisteedmuacaptoreriv. e-ntivDooèn
Bosco ha
per Don
scelto
Bosco
come suo
il sistema
metodo il
dell,amore.
sistema
Massima considerazione per questa virtù come religiosi, è Ia prima virtù come
salesiani.
L'amore a cui ci richiama Don Bosco ha qualcosa che lo distingue dagli altri
amori, qualcosa che
Tutti i Santi si
oserei
fecero
dire non è solo
tali per l'amore.
accidintale ma
Ma osservare i
sostanziale.
vari santi:
di
Mosè infrange le
I Profeti conffo
amore.
tavole della legge: arto di ira? No,
Israele e almi popoli si scagliarono
è atto di amore.
con invettive: erano
atti
a
Anacoreti:
se stessi.
si
isolarono:
praticavano
l'amore, ma non
pensavano
che
a
Dio
e
si vedono certe cose che non ci sono in Don Bosco: amore cioè rivestito di
benignità, che è un fuoco che scalda e non brucia.
Caritas patiens est, benigna est...
Ci come patrono S. Francesco di Sales, il mite.
La dolcezza vince tutto e tutti. Ci sarebbero citazioni senza fine, se le racco-
gliessimol
Don Bosco olre a questa dolcezza vuole l'arnoreuolezza: qui non c'è più il
padre, c'è la madre!
I1 mio sistema è tutto poggiato sulla ragione, sulla religione e amorevolezza.
Ancora di più: vi raccomando la lamiliarità: vita di famiglia è radizione sale-
siana. Don Bosco il collegio 1o volle, non collegio ma famiglia.
svougonloeInalafRafmoammigailgia:licaco, inlas\\oavnucooamlreitan.e.i.fevcsu'tèaozlleiaonucinadariicao, msmaoarcnehcaechifteanimsigppìlriveoes.nsiNtoono:anpneobr:assoDtnaao-gnagmiBoaorsdeceoil
ragazzi, ma
con tutto il
bisogna che essi conoscano
caore: ecco la chiaue.
di
essere
amati.
Fàr
capire
che
li
amiano
Dunque la nosrra carità ha qualcosa di più che altri religiosi.
Carità: a) benignità; A) amorevolezza; c) familiarità.
ds_ainptiatQàruladersavtliol.apdeteorllòadèepluTaranecpzhwzeae.uzHznao.peAprsircceoesltooiclaa-mrgeonSmtueeb:nitntooelddlaoaplSloaomqcaumnianodnTiizehzooalozgsioeicnnaeti:tSog.uiTlaorbmdisamorgaJnslooa
dice che la santità consiste nella mondezza: nella purezza!
Accanto a1 nosro sistema abbiamo bisogno di un'arma che ci difend a dai gtavi
pericoli in cui si può incorrere: ecco allora Don Bosco parlare della ptezza.
La prowidenza stabilisce (benediciamolol)
Congregazione il giorno dell'Immacolata!
stabiliice
la
nasciti
della
nostra
Prediche, scritti e tutro di Don Bosco annuncia pùtezza.
vfeirrtmùocainratqteureissttiacavnirotùs,ran:ondoebbnifatmi -o
Panegirico: bella virtù,
distinguerci pel candorel
chi
per
non si sente
eccellenza. La
660

70.7 Page 697

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Sempre per noi salesiani: la purezza è la prima virtù: Venerunt mihi omnia
bona pariter cum illa (si applica invero alla sapienza, ma per noi...).
Don Bosco ha su questo punto un insieme di raccomandazioni da aver fatto
dire dal Senatore Crispolti che la purità che Don Bosco vuole è una << purità sel-
uaggia >>. Bella
(Catitas prosit
faradsoem. -nes,Mfaami siloialriitcaosi
giouani: Don
non expedit).
Bosco vuole l'amore, ma puro
Discende a patticolari a cui è
disceso nessun altro educatore: né prendersi per mano, abbracci, carezze. Vuole
che siamo di moralità conosciuta: quindi anche esteriore. Si eviti come la peste
le amicizie particolari.
Si abusa un po' troppo della parola << amore >>, così pure della parola << cuore »>.
Si bada solo alla spinta dell'appetito sensibile: lo si spoglia della ragione che lo
guidi. Se dopo la cura di questa virtù per I'entrata in Congregazione, fu messo
un'altra prova più lunga: il tirocinio pratico, il motivo è che il riennio pratico
è la prova del fuoco, in cui soccombono molti. Quelli che son caduti è sempre
così: statistica delle defezioni, Ia più tiste ed anche la pir) consolante: non ve ne
sono quasi più ra i preti ed i professi perpetui: ma molti nel tiennio pratico: è
una cosa che d'alffa parte consola: c'è una epurazione e purificazione della Congre-
gazionet Chi non è sicurissimo, se ne vada! (Don Bosco).
Ecco dunque la relazione tra 1e due strenne.
La ptrezza nei giovar-ri: 7a vita eucaristica, fonte e sostegno.
Anche per tutti noi: la Comunione è la salvaguardia, la forza per mantenerci
e mantenerli puri. Non vuole che si lascino mai soli: perché i loro cuori puri fos-
sero il tempio di Gesù eucaristico: anche noi dobbiamo formare comunità: i con-
fratelli non rimangano mai sc1i, isolati. Siamo sempre occupati, noi e i giovani!
Ricordiamo i1 nostro stemma: lauoro e temperunza!
La preghiera è la prima cosa: sta da sé!
I1 lavoro indefesso ci mantiene puri!
La temperanza difende la nostra purezzal
Con la preghiera, i1 lavoro e la temperanza si vivtà una vita pura: allorra
saremo veri figli di Don Bosco: puril
Di{Ionderemo anche intorno a noi nei nostri giovani il profumo di questa
virtù, caratteristica nostra particolare!
Chiediamo così questa grazia all'Immacolatal
Da « Appunti » di Don P. Ferrero, allora studente teologo.
ALLEGATO N. 76
(Appendice al Capo XXXIII, p. 456)
Ecco le considerazioni che Don Ricaldone espose prima di suolgere il tema della
<< Strenna >> (Conoscere - amare - dilendere il Papa >>).
« Dopo ogni sconvolgimento religioso, politico, sociale, si avvera un fatto del
quale noi stessi siamo stati testimoni ed è che si sviluppa e suscita nei cuori un
66r

70.8 Page 698

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fotte senso di prurito di novità e di riforma. Ciò avvenne anche dopo f immane
tragedia che ha insanguinato per tanti anni questo povero mondo.
D. Bosco nell'ultimo capitolo del proemio alle Costituzioni parla di cinque
difetti da evitare, ed il primo di questi difetti è precisamente il pruùto di riforma.
11 più delle volte non si sa che cosa si voglia, ma è certo che purtroppo se ne
parla dappertutto con una insistenza che denota un vero sconvolgimento di menti
e di cuori. Penso che non sia fuor di luogo accennare ad alcune di queste novità
e riforme.
Nel carnpo teologico
Gesù Risorto; la croce la
-si
Non
lascia
si vuole più
in disparte;
Gesù Crocifisso,
eppure Gesù ha
ma in sua vece
detto che chiun-
que voglia seguirlo deve portare la croce, e ogni giorno! In un Congresso di
Sacerdoti vi fu chi propose che non si celebrassero tante Messe, quasi fossero
uno spreco. Basta che in un paese si celebri alla domenica una messa; natural-
mente, e qui si afiaccia la novità liturgica, purché si canti magistralmente il Mattu-
tino e le Lodi. Quatmocento e più Sacerdoti fanno un pellegrinaggio ad un San-
tuario celebre; ce n'è da vendere con una messa celebrata da un sacerdote. Eppure
noi crediamo fermamente alf infinito valore del S. Sacrificio per i vivi e per i
defunti.
si
Nel
tratta
dcaimcpooseadsceettteic.oL-a
dMeviobzriounceianaollaleMlaabdbornana-
non so
avrebbe,
se devo parlare
secondo taluni,
-quesmtoa
scopo determinato e cioè di appagare nell'uomo quel senso che 1o porta verso
l'alro sesso. Parlando delle donne si dica riguardo a Nosro Signore Gesù Cristo!
Il cielo mi perdoni di aver osato tanto... ma è bene che 1e sappiate.
Nel campo
della luce della
religioso
fede! I1
«-
Via i
qui vos
fronzoli! Si sfrondi l'ubbidienza
audit » bisogna intenderlo in un
dell'aureola e
modo ben di
versoIl-
e poi
uoto di
« rationabile obsequium nosuum! ».
pouertà: cianfrusaglie, robe del sertecento,
del
Medioevo!
Mi
parla-
vano l'altro giorno di un fraticello tutto attillato, il quale in una certa cittadina
andava egli stesso a comperare le migliori sigarette, quelle del bocchino argentato o
dorato: e certe brave mamme calcolavano che quel beato fraticello ne fumasse
per un valore di almeno 100 lire al giornol E voi ricordate {orse il latino macche-
ronico messo in bocca a quell'ingenuo frate laico: << In fumigationibus et spiritua-
libus »: voleva dire che si cercava di
meglNioo-n
con le bibite
parliamo poi
spirituali. Iddio
della castità.
spegnere la << fumigatio
ce ne scampi da simile
>> con le cose
spiritualità!
-
o
Ma cosa vogliono questi vecchi barbogi! Si aprano una buona volta le porte
e senza tanta paura! L'educazione sessuale si faccia collettivamente e soprattutto
molto chiaramente e senza recitenzel Ricordo di un figlio che sgridava sua madre
perché non voleva insegnare alla figlia ciò che la mamma con linguaggio volgare
chiamava cose poco pulite: io non ripeto le parole usate dalla mamma.
Il teatro? I1 teauo alla salesianaT Il teatro misto ci vuole!
Ricordo che un reverendo 1o volle nel suo teatrino. Seppi che dopo qualche
tempo i frutti del teatro misto correvano già per le strade con scandalo della
popolazione. E poi perché tanto riserbo nella scelta dei drammi? Bisogna pre-
sentare le passioni come sono e purtroppo non manca qualche sacerdote o religioso
che scrive vere sconcezze: non è cosi che si salva la gioventù e le anime; al con-
trario: si conducono al fango e alla rovina.
Il nudisruo? Tutto sta nell'abituarsi. E così si sono visti sulle spiagge e sui
monti cose riprovevoli: preti e gruppi di religiosi vestiti aÌla moda dei bororos
662

70.9 Page 699

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e non mancalono revefendi che si pfesentarono in sacrestia in costume da bagno
assai succinto per celebrare la Santa Messa.
adessNoecl 'cèanl'epdouecda.zuicoanteiuon'.ov-eceSnistote;mea
preventivo? Ma questa è roba dell'Ottocento;
si fanno avanti gli imbetbi rinnovatori che
sconfessano tutto un glorioso passato, gridando: la faremo noi la pedagogia nuova'
Purtroppo i saggi dati non si possono dire in pubblico. Libertà ci vuole! L'autorità?
Ma adesso ci sono le città dei rugazzi, l'autogoverno! L'assistenza? Ma, per amor
del cielo, non se ne parli più! Noi che siamo vissuti quasi ormai 80 anni in
mezzo alla gioventù, abbiamo sempre visto che quando non vi è I'assistenza, sia
pure nella forma più amorosa... avviene ciò che deve avvenire. Non si violenta
invano la ragione: non si può andare contro natura, non si può sovvertire l'ordine
imposto da Dio. I ragazzi sono fatti per obbedire e non per comandare! E poi in
pratica che cosa avviene? O effettivamente i giovani si governano da e allora si
dovranno deplorare tristissime solprese e conseguenze; oppule 1'autogoverno dei
giovani in realtà esiste, perché tra le file vi è chi tira i fili dei burattini e allora
non si ha più un autogovelno ma una ingannevoÌe commedia e una volgare ipocri
sia! Il fanciullo che pretende impancarsi e fare da uomo pfima del tempo o è
presuntuoso o un mostro. E poi: fode parieteml e si vedrà a quali eccessi può
mascinare il sovvertimento dell'ordine!
Io potrei continuare ad elencarvi non poche di queste cose, assicurandovene
l'autenticità e la stoticità; non vi dico una cosa che non sia un fatto! Ma per
fispetto anche a me, non oso aggiungere altro. Ora io vi domando: Ma sono queste
le novità che si vogliono? E' questo il plufito di riforma? La Chiesa apre le brac-
cia a qualsiasi innovazione che possa lecafe vantaggio alle anime: D. Bosco voleva
che noi fossimo all'avanguardia non solo nelle macchine tipogtafiche, ma in tutto
ciò che possa giovare all'educazione dei giovani e alla salvezza delle anime.
Ora, io vi domando se le cose testé elencate possono in qualsiasi modo recare
giovamento alle anime. Vi conosco, e spero di avervi tutti consenzienti quando dico:
Non è questo il prurito di riforma che noi possiamo approvare; non sono queste
le innovazioni che noi permetteremo vengano introdotte nella nostra amata Con-
gregazione.
E notate bene; non bastano nemmeno, contro queste cose, i mezzi repressivi.
Io ricordo come conseguenza dell'altr^ g\\ett^, quel1a del 7915-18, ricordo un po-
vero sacerdote che doveva certamente essere squilibrato, perché pretendeva di ren-
dersi immune dal peccato tuffandosi nel peccato. La conclusione fu ben triste: andò
a finire in prigione.
Ricordo una Congregazione fiorentissima, il cui Superiore in un momento de-
cisivo, per salvare la compagine << pereat unus, sed non unitas! >> scacciò di colpo
60 Sacerdoti, persuaso con ciò di tendere un grande servizio alla sua famiglia
religiosa ed alla Chiesa.
Ormai anche noi siamo 16.000 e non dobbiamo stupirci se disgraziatamente
ci
si
può essere qualche manchevolezza. Un povero esaltato
mise in testa di rifotmare la nostra Congregazione. Il
-Capdiotoploo
questa guerra
Generale!?".
m- a
quello era composto di vecchi barbogi! Poveretti avevano il torto di aver condotto
la nostra Società ad occupare il terzo posto tra le Congregazioni. Essi credettero che
non ci fosse nulla da riformare, ma semplicemente da rafrorzare l'osservanza reli-
giosa onde renderla sempre più esemplare e mantenersi così sulle rotaie sulle quali
ci aveva collocato D. Bosco. Questo poveretto invece pensava che fosse necessario
sowertir€ tutto, cominciando dal Capitolo Superiore, e poi gli Ispettori... e poi forse
66)

70.10 Page 700

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anche voi, perché forse un giorno poreste diventare Ispettori!... I1 fatto sta che
egli non è più tra noi!
Ma, come vi ho detto, non bastano nemmeno i mezzr repressivi, è necessario
qualche cosa di più grande, di più eflìcace, che giunga alle fibre dei cuori, qual-
che cosa che rappresenti tutta f integrità e la bellezza della nostra fede, che incarni
tutta quanta la catità, cristiana, e questo qualche cosa, sapete che cosa è, miei cari
figliuoli? E'proprio il ricordo degli esercizi spirituali: <.Conoscere - amare - difen-
dere il Papa! >>.
D. Bosco diceva ai suoi tempi: « In questi giorni più che mai è necessario
che noi ci stringiamo strettamente, fortemente a\\ Papa >>. Ecco il rimedio contro le
novità, contro il funesto prurito di riforma, contro quesra lebbra insanal ».
E poi iniziava e commentava la sffenna.
Con questi insegnamenti così « aggiornati » D. Ricaldone seguiva le sue mi
gliori « speranze )>
ALLEGATO N. 77
(Appendice al Capo XXilII, p. 486)
DON BOSCO « DOTTORE »?
Testimonianza di D. Tarcisio Savarè.
Don Ricaldone accarezzava l'idea di promuovere a suo tempo, tra il vasto pub-
blico dei devoti di D. Bosco, un movimento in favore di « D. Bosco Dottore di
S. R. Chiesa » appoggiandosi anche sul giudizio espresso in proposito dal pio Card.
Ildefonso Schuster, Arcivescovo di Milano. E volle concludere << D. Bosco Educa-
tore )> accennando al << Dottorato >> in forma velatissima (essendo la cosa molto pre-
matura ):
« Oh, pcssa il Sistema Preventivo di D. Bosco... penerare ovunque... Cesserà
allora, completamenre, l'accorato lamento già registrato da Isaia: lJbi doctor paruu-
lorum? Ma dov'è iI dottore dei fanciulli? Gloria eterna adunque a D. Bosco Educa-
tore, il cui serto l'Altissimo renderà, ne siamo certi, sempre più fulgente ».
D. Ricaldone si riprometteva d'inviare << D. Bosco Educatore » a molte perso-
nalità del clero e del laicato cattolico, appunro per suscitare un movimento pro Dot-
torato. La morte glielo impedì.
Ne parlai con D. Manione, che prescrisse ai tirocinanti, come testo di studio
pedagogico << D. Bosco Educatore ». Ma D. Manione mi rispose: « La gloria di D.
Bosco quale fondatore e Patriarca (paragonabile a S. Benedetto, come dice il Card.
Schuster
Ad
o-gnpi amreondtoe,sipsaezmienpzrea
di
e
D. Manione)
amenl
supera
quella
di
Dottore
>>...
I{o voluto interrogare D. Favini. Il quale mi assicura di aver ripetutamente
udito, a Torino e in Lombardia, dal Segretario particolare del Card. Schuster Mols.
Macchi, morto Parroco di Niguarda, questo pensiero del suo Cardinale: <<Nessun
Dottore di S. Chiesa aveva tanta materia per essere decorato di quel titolo quanto
D. Bosco: in carattere divulgativo, però, e non scolastico ».
664

71 Pages 701-710

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71.1 Page 701

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ALLEGATO N. 78
(Appendice al Copo XXXIV, p. 505)
Disposizione del Capitolo Superiore salle relazioni Istitato Bernardi Senteria - Li-
breria della Dottrina Cristiana al Colle Don Bosco.
« 1 - Nella Casa Salesiana, Istituto Bernardi Semeria, vi sarà una duplice ammi
nistrazione: l'amministrazione della casa religiosa propriamente detta e l'amministta-
zione della Libreria della Dottrina Cristiana e della Scuola del Libro: tipografia,
litografia, legatoria.
2 - L'amministrazione della casa propriamente detta riguarda nella parte attiva,
le pensioni dei giovani, le elemosine delle messe, le offerte per il culto ed altre, i
prodotti della campagna e delle relative piccole aziende; e, nella parte passiva, le
spese di manutenzione del personale, dei giovani, de1le suore, del culto, della luce,
de1 riscaldamento, il vestiario; e per la campagna: degli attrezzi, delle sementi, con-
cimi, ecc.
J - L'amministrazione della « Libreria della Dotuina Cristiana » e della Scuola
del Libto comprenderà tutte le entrate che possono risultare dai lavori eseguiti nella
tipogtafia, litografia e legatoria, e dalle vendite rcalizzate dalla Libreria: a queste
entate faranno riscontro le spese per carta, per gli inchiostri ed altri prodotti neces-
sari alle singole scuole per l'esecuzione dei lavori, e una pensione da determinarsi
per ogni confratello addetto alla Libreria o alla scuola del Libro.
4 - Le due amministrazioni avranno una contabilità distinta sempre sotto f im-
mediato conmollo del Prefetto: però quella della « Libreria della Dottrina Cristia-
na » e della Scuola del Libro avrà a capo ed alle dipendenze del Prefetto un sacer-
dote con il nome di capo ufficio e i necessari contabili.
5 - Separatamente dalle spese d'impianto ancora necessarie, i Superiori, per
mezzo dell'Economo generale, mettefanno man mano a disposizione dell'amministra-
zione della « Libreria della Dotrina Cristiana » e della Scuola del Libro una somma
da consegnarsi al Direttote e da investirsi esclusivamente per la << Libreria della
Dottrina Cristiana » e la Scuola del libro. Di questa somma l'amministrazione della
« Libreria della Dotrina Cristiana >> e della scuola del libro pagherà ogni anno
all'Economo Generale l'interesse del 5Vo. Passato un periodo di tempo (da deter-
minarsi dai superiori a seconda delle circostanze), l'Amministrazione della « Libreria
della Dottrina Cristiana » e della Scuola del libro, olre alf interesse del 5Vo comin-
cerà a pagare una percentuale del capitale fissata dal Capitolo.
6 - Ogni anno verranno presentati all'Economo Generale due rendiconti ammi
nistrativi, quello della casa propriamente detta e quello della << Libreria della Dot-
rina Cristiana » della Scuola del Libro.
7 - L'amministrarzione della "Libreria della Dottrina Cristiana" e della Scuola
del Libro avrà a sua disposizione, sotto la responsabilità del Direttore e del Prefetto,
una riserva di denaro necessario a sopperire ai suoi impegni. Però, al termine del-
l'anno amministrativo vemà consegnata all'Economo Generale quel soprappiù che
sarà giudicato non necessario allo sviluppo della "Libreria della Dottrina Cristiana"
e della Scuola del Libro ».
665

71.2 Page 702

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ALLEGATO N. 79
(Appendice al Capo XXXIV, p. ,07)
Piccolo Decalogo mandato da D. Ricaldone al Coad. G. B. Rossotti della Poliglotta
di Roma.
l-. Trattare con grande cortesia gli impiegati e gli opetai: senza mai scendere a
dimestichezze.
2. Ricevere amabilmente tutti; le conversazioni però siano brevi e senza divaga-
zioni su argomenti che non riguardano la tua carica.
l. Sii molto cauto e ptudente nel parlare. Parla solo e semPre bene di tutti, del
tuo antecessorre, dei tuoi collaboratori, dei tuoi superiori, delle Autorità eccle-
siastiche e civili e delle altre Famiglie religiose.
4. Ricorda che maneggi beni della S. Sede e perciò amministrali con avvedutezza
e grande spirito di povertà.
5. Prendi nota di tumo; non fidarti della memoria. Così eviterai di non sapere ciò
che avevi promesso o stabilito prima.
6. Non decidere subito, ma prendi tempo per poter ri{lettere, consultare e così
decidere ponderatameote.
7 . Pratica ed esigi la massima pr;Jizia nelle persone, nella tipografia.
8. Sii molto ordinato in tutto, ma specialmente nella regisrazione e in tutta Ìa
parte amministrativa.
9. Devi essere pronto a rendere conto di tutto ad ogni momento, appunto perché
avrai proceduto sempre con rettitudine, in pieno accordo col Direttore e con
la massima diligenza.
10. Ricorda che anche tu rappresenti S. G. Bosco e la Congregazione davanti a Dio
e al suo Vicario in terra.
Ti benedice il tuo aff.mo in G. e M.
Sac. P. RtcAtooNs,)
ALLEGATO N. 80
(Appendice al Capo XXXIV, p. 511)
ANNUNCIO UFFICIALE della COLLANA LUx
(A.C.S. n. 115, genn.-febbr. 1943)
Febbraio L943. Ecco l'annuncio uficiale della prodigiosa collana << LUX »; « Fo-
glietti di 4 pagine e libretti di 32 facciate nei quali verranno svolti temi che abbrac-
cino e presentino, sotto forma popolare, tutta la dotffina e la morale cristiana >>.
Ne indicò così l'origine, il contenuto e le finalità: « Per la preparazione della ma-
666

71.3 Page 703

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teria in veste e forma adeguata, interessai i Professori delle nostre Facoltà e un gruppo
di Salesiani volenterosi e attrezzati. Dopo un primo lavoro di consultazioni e prepa-
rativi è stato fissato un vasto programma di azione (...).Ho raccomandato che la
dotttina sia sicura e soda... la forma piana, spigliata, a volte dialogata... esposizione
possibilmente in forma positiva... Sarà accetta I'argtzia, ma si vuole esclusa l'acre-
dine, il sarcasmo, la polemica... Verrà pure evitato tutto ciò che abbia sapore di
politica, di partiti... Si vuole affermare ed esporre la dottrina, dissipare l'emore, ma
soprattutto attirare le anime con carità e dolcezza>>.
Ma aveva scritto di una realtà o solo di un sogno ben ptogrammato? Era stato
un atto di grande fede! Infatti aveva dato I'annuncio della pubblicazione di tale
collana in questi termini: « Voglio sperare che un gruppo di detti foglietti e libretti
possa venire in luce quanto prima... ». E poi subito aveva cercato gli autori, i com-
pilatori: « E confido che non pochi di voi, dopo averli letti, sentiranno nascere in
cuore vivo il desiderio di partecipare attivamente a questo importante apostolato »>1.
Praticamente i compilatori che aiutarono, gli ideatori e i programmatori li ebbe solo
nell'aprile seguente...
' A.C.S. n. 715 - Gennaio-Febbraio 194)
ALLEGATO N. 81
(Appendice al Capo XXXIV, p. 513)
La << Magna cbarta »> progratnmatica per il centro catechistico \\dalla Cronaca della
casa di Montalenghe).
Montalengltc, 13 aprile 194): Un gito nel parco, poi...
<< Fece portare sotto, alcune sedie all'ombra del cedro prospicente la casr, sopra
il teatro; fece chiamare tutti i professori, ptesente pure l'Ispettore, e parlò loro del
grande progetto a cui aveva già accennato nelle visite precedenti; della divulgazione
cioè di fogli e opuscoli di atgomenti vari di vita cristiana.
Parlò anzitutto dei foglietti ed opuscoli da divulgarsi in mezzo al popolo di
bassa istruzione.
Di questi foglietti assicurò che per la festa di Maria Ausiliarice sarebbero
usciti i primi 50 numeri con Lln cinquemila copie per numero.
Così degli opuscoli di 32 pagine ciascuno, spera di potet far uscire i primi 10
numeri per la stessa data.
Siccome però questa campagna deve essere nel suo pensiero, la continuazione
logica della crociata catechistica iniziatasi prima con la gioventù; cosi tutta l'opera,
avrà un nesso logico, chiaro. Ci saranno quindi re serie:
1 ) Le verità cristiane - Credo
2) I comandamenti - Morale
-l) Vita cristiana - Grazia
667

71.4 Page 704

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Ognuna di queste serie abbraccia 10 categorie e ogni categoria è suddivisa in l0
temi. Cosicché sono già pronti circa J00 temi ».
La cronaca di Montalenghe raccolse anche i nomi dei collaboratori della Collana
per persone colte. << Oltre a questi opuscoli e {oglietti, il Rettor Maggiore accennò
ed invitò alla cooperazione per la compilazione di una nuova serie di volumetti
di circa 150 pagine per persone colte, di una cultura media (intellettualisti-profes-
sionisti). Anche questi volumetti petò, verseranno su argomenti di vita crisriana
cattolica.
Espresse subito il desiderio che si cooperasse senz'alro per quest'opera, pos-
sibilmente per la fine del mese con almeno due libretti. I Confratelli assicurarono
l'amato Padre che non due ma sei volumetti potevano essere pronti quanto prima.
Passò quindi ad accennare alla cooperazione che i chierici potevano dare a
quest'opera, durante le vacanze estive, durante le quali essi uniti in società, a
gruppi di due o più, sotto la guida di un professore, pouanno radunare n:ateriale
e poi compilare qualcuno di detti volumetti.
Accennò pure alla sua volontà che anche estranei alla Società cooperassero
all'opera e perciò incitò i professoti a pensare a nomi di personalità che r,otessero
cooperare (dietro retribuzione anche lauta) a questa crociata santa.l
Alla domanda rivoltagli sul modo di divulgazione, il Venerato Superiore espresse
così il suo pensiero. Prima di tutto si intese già con tipografi circa la forma, il
formato e la presentazione elegante, dei foglietti, opuscoli, libretti (questi ultimi
tascabili e rilegati).
Con gli operai pensa di procedere a base delle Conferenze di San Vincenzo de'
Paoli. Quando c'è il trinomio: obolo - dolore - foglietto buono, I'esito è infallibile.
Intanto sarà inviata a tutti i Vescovi, per ora dell'Italia settentrionale, a tutti
i Parroci e a tutti i cenmi o uffici catechistici diocesani un'apposita circolare, riguar-
dante 7'iniziativa. Accennò pure alle varie fonti e tipi a cui attingere il materiale
per la compilazione di tali volumetti (Morale internazionale...). Come sarà la for-
ma? fu chiesto al Rettor Maggiore, il quale così rispose: « Non polemica, non poli-
tica, non astio o acredine, ma forma piana, faclle, fatta di giudizi e afiermazioni, di
pacifica presa di posizione, atraente e rasserenante )>.
Di tali norme invierà quanto prima un ben dettagliaro prospetto. Tutta questa
grandiosa opera è compresa nello spirito delle nostre Costituzioni, secondo I'at. 9
delle medesime e del Capitolo Generale VII del 1892.
Concluse dicendo che egli era sicuro dell'esito finale dell'operazione. Anche se
però non ci fosse possibile vedere l'esito felice, ma dovessimo subirci l'umiliazione,
noi accetteremo l'umiliazione, frutto più prezioso ed efficace agli occhi di Dio che
non I'esito brillante esteriore che potremmo desiderare.
E a questo proposito ci richiamò alla mente il pensiero di S. Agostino, che
cioé Dio non ha mai chiesto a nessun uomo l'esito della fatica, ma solo la buona
volontà e la retta intenzione.
Questo grandioso inquadramento organico di tanto materiale e indicazioni rac-
colte
niale
ciata
da tante parti, come fu detto sopra, il Sig. D.
c-atelcohisctoicnacegpiisàceinccoomrseosppeonr talanegaioevennece»s.sarra
Ramicpallidfrocnaezio-ne
per intuizione ge-
della grande cro-
' I1 plimo libretto de11a Collana fu opera di S.E. Mons. Angrisani, Vescovo di Casale
« Luce nella tempesta ».
668

71.5 Page 705

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Il fervore di D. Ricaldone si era comunicato come fuoco a legrta secca tanto
che il 28 aprile la Cronaca di Montalenghe ebbe la gioia di annotare nuovi colla-
boratori con opere già pronte:
« Anche oggi con somma nostra gioia giunse 1a noi il Veneratissimo Signor
D. Ricaldone. Si intrattenne coi soli superiori su argomenti vari.
Crociata catechistica per il popolo - libri e foglietti.
Lesse il titolo di 250 operette già pubblicate in Slovenia, e che egli farà tra-
durre e rimaneggiare per il nosffo scopo. Prese atto del contributo della nostra
casa: due volumetti di D. Valentino, pronti, uno di D. Gemellaro e uno di D.
Gianola... ».
ALLEGATO N. 82
(Appendice al Capo XXXIV, p. 516)
Missione Catechistica secondo il programna di Don Ricaldone.
Nel suo libro « A seroizio della Catechesl » Don Alessi così ricorda 7o suolgi-
rnento della ntissione, come I'aueua progrdmrnata D. Ricaldone.
<< In genere si faceva così. Si andava qualche mese prima per studiare l'am-
biente, prendere contatti ed accordi... Si insisteva molto per un'accurata e intensa
preparazione psicologica onde creare un clima di attesa e interessando le varie
organizzazioni e associazioni per una proPaganda capillare nei diversi ambienti...
I1 popolo veniva diviso per categorie: laureati, operai, fanciulli, adolescenti, giovani,
uomini, signorine, mamme... secondo i diversi ambienti. Si iniziava con una medi-
tazione per tutti in Chiesa... Durante il giorno poi avevano luogo le conferenze
di categoria... Alla sera si terminava con una predica in chiesa per tutti, spesso in
forma dialogica, dove questo genere era gradito... Particolari dibattiti venivano
organizzati, quando se ne riscontrava l'opportunità, con i comunisti, i protestanti,
su punti controversi, in ambienti non impegnati... Di grande aiuto erano anche le
filmine proiettate in chiesa o all'aperto... Per la buona riuscita di una missione oc-
correvano almeno 2 settimane: la prima era dedicata ai piccoli e all'elemento fem-
minile, per averne poi dei collaboratori nell'invitare 1'elemento maschile per la
seconda settimana... Durante tutto il tempo si teneva aperla una mosfia catechi-
stica, con scritte ideologiche e abbondante esposizione di libri, testi, opuscoli, adatti
alle varie categorie... Ogni missione poi doveva mirare a qualche cosa di concfeto:
valorizzarc la messa, la santificazione delle feste, la pietà... e concludersi con una
confessione e comunione generale... Nel1a chiesa principale rimaneva esposto il Van-
gelo ed il Catechismo, aperti su di un leggio, tta due ceri, davanti all'altate mag-
giore. Si terminava quasi sempre con una processione solenne facendo sfilate il
Santissimo, il Vangelo ed il Catechismo aperto, per significare la duplice presenza
di Ctisto nella Parola e nel Sacramento.
It piazza, prima del discorso finale e della benedizione, un rappresentante per
categoria, faceva solenne promessa di fedeltà agli insegnamenti divini ».
669
43

71.6 Page 706

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ALLEGATO N. 8]
(Appendice al Capo XXXV, p. 567)
Nota sulle sofferenze prodotte dal trigemino al rnalato.
Chi non ha esperienza per sofferenza personale o per studi scientifici o anche
per aver seguito e curato individui colpiti da nevralgia al nervo trigemino non può
capire il martirio che D. Ricaldone sofierse. Ancora al XLI Congresso italiano di
Stomatologia tenuto a Roma nel 1970, medici anestesiologi e chirurghi hanno di-
scusso il caso per poter lenire la sofierenza del malato e di fronte alf insufficienza
dei farmaci hanno dovuto confessare che il dolore che si sforzano di combattere è
una delle sensazioni più complesse ove le componenti più varie si intrecciano.
Basta pensare sulle ramificazioni dell'originario tronco de1 migemino, prove-
nienti dall'encefalo, per valutare la panoramica delle sue manifestazioni dolorose.
Infatti il tigemino ha una duplice attività: quella motrice che si prolunga sui
muscoli masticatori e quella sensitiva a cui fa capo tutta la sensibilità del cap<;
atraverso l'azione di me branche: la oftalmica, la mascellare e la mandibolare.
Poiché in D. Ricaldone la sindrome dolorosa superò i limiti sopportabiti di
tempo e di intensità, egli si sottopose ripetutamente ai metodi messi a disposizione
della anestesiologia, cioe alla alcoolizzazione delle vie nervose colpite. Iniezioni
all'alcool in un tfonco periferico o allo stesso « ganglio di Gasser )), stazione ner-
vosa che è all'origine delle tre branche del migemino, sbloccano dal dolore le rispet-
tive aree di sensibilità e di motilità.
ALLEGATO N. 84
(Appendice al Capo XXXVI, p. 596)
Ecco l'epigrale esposta al portone della Basilica di Maria Ausiliatice alla morte
del Reverendo Rettor Maggiore Don Pietro Ricaldone:
SOLENNI SUFFRAGI OFFRIAMO
PER L'ANIMA DEL SACERDOTE
DON PIETRO RICALDONE
QUARTO SUCCESSORE DI
SAN GIOVANNI BOSCO
Sul sarcofago che racchiude la sua salma è stato scritto:
« Questo sarcofago racchiude le spoglie mortali di ,Don PIETRO RICALDONE
Rettor Maggiore della Società Salesiana e quarto Successore di S. Giovanni Bosco.
Nato il 27 h4lio 1870 a Mirabello Monferrato e morto nell'Oratorio di Torino
il 25 novembre 1951, governava 7a Congregazione dal 1,7 maggi,o 1,932.
Gli annali Salesiani diranno delle sue opere; i superstiti ne ricordano commossi
gli esempi di pietà, di laboriosità, di zelo e di fedeltà inconcussa al Santo Fon-
datore >>.
670

71.7 Page 707

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ALLEGATO N. 85
(Appendice al Capo XXXVI, P. 599)
VISITE STRAORDINARIE INDETTE DAL RETTOR MAGGIORE
D. Pietro Ricaldone 1932'7951
I spettoria
V isitatore
1932
Ligure-Toscana
Lombardo-Emiliana
Romano-Sarda
Veneta
D. Candela A
D. Serié G.
D. Tirone P.
D. Serié G.
7933
Centrale
Campano-Calabra
Novarese-Elvetica
Sicula
Polacca N.S.
Portoghese
Spagnola (Barc.)
Argentina
D. Fascie B.
D. Tirone P.
D. Serié G.
D. Tirone P.
D. Tirone P.
D. Serié G.
D. Candela A.
D. Berruti P.
1934
Belga
Francese (Lione)
Inglese
Jugoslava
Spagnola (Madrid)
Spagnola (Siviglia)
Ungherese
Tunisina
Stati Uniti Est
D. Titone P.
D. Serié G.
D. Serié G.
D. Candela A.
D. Candela A.
D. Serié G.
D. Tirone P.
D. Serié G.
D. Serié G.
1.9)5
Antille
S. Salvador
Colombia (Bogotà)
Equatore
Messico
Stati Uniti Ovest
Venezuela
D. Titone P.
D. Tirone P.
D. Candela A.
D. Serié G.
D. Serié G.
D. Serié G.
D. Candela A.
I spettoria
Visitatore
Argentina
Argentina
Brasile S. Paulo
Cilena
Peruviana
Uruguay
India (Madras)
t9)6
D. Tirone P.
D. Bemuti P.
D. Berruti P.
D. Serié P. *
D. Tirone
D. Serié G.
D. Berruti *
D. Tirone
D. Candela *
D. Berruti
1937
Austriaca
M.O. (Betlemme)
Cinese
Giappone
India (Calcutta)
Thailandia
D. Tirone P.
D- Tirone P.
D. Beruti P.
D. Candela A.
D. Candela A.
D. Candela *
D. Berruti
Germania
79)8
D. Serié G.
L939
Subalpina
Ligure-Toscana
Spagnola (Madrid)
Spagnola (Barcell.)
Spagnola (Siviglia)
D. Berruti P.
D. Ziggiotti R.
D. Serié G.
D. Serié G.
D. Serié G.
Centrale
Subalpina
1940
D. Segala G
D. Scelsi P.
671,

71.8 Page 708

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I spettoria
Visitatore
Campano-Calabra
Ligure-Toscana
Lombardo-Emiliana
Novarese-Elvetica
Romano-Sarda
Sicula
Veneta
Inglese
Portoghese
Stati Uniti Est
Stati Uniti Ovest
D. Rivolta P.
D. Ortu A. +
D. Berruti
D. Borino L.
D. Bortoluzzi A.
D. Mussa F.
D. Manassero E.
D. Simonetti G.
D. Candela A.
D. Berruti *
D. Ziggiotti
D. Tozzi E.
D. Tozzi E.
Jugoslavia
Tunisia
L94t
D. Tirone P.
D. Candela A.
Veneta
Brasile (C.G.)
L942
t943
1944
D. Bortoluzzi A.
D. Raineri G.
1945
Brasile (S. Luigi)
Cilena
Equatore
Uruguayana
D. Raineri G
D. Raineri G
D. Bertola G,
D. Raineri G
1.946
Ligure-Toscana
Lombardo-Emiliana
Veneta
Francese (Lione)
Polacca
Argentina
Brasile (S. Paulo)
D. Candela A.
D. Tirone P.
D. Ziggiotti R.
D. Candela A.
D. Tirone P.
D. Raineri G.
D. Raineri G.
I spettoria
Visitatore
Adriatica
Romano-Sarda
Belga
Inglese
t947
L948
D. Tirone P.
D. Tirone P.
D. Candela A.
D. Fedrigotti A.
1949
Austriaca
D. Fedrigotti A.
Germania (Munchen) D. Fedrigotti A.
Olandese
D. Candela A.
Portoghese
D. Fedrigotti A.
Venezuelana
D. Serié G.
Cinese
D. Bellido M.
Giapponese
D. Bellido M.
India
D. Fedrigotti A.
Thailandia
D. Bellido M.
1.950
Inglese
Argentina
Colombia (Bogotà)
D. Fedrigotti A
D. Bellido M.
D. Serié G.
L95l
Inglese
Portoghese
Argentina
S. Salvador
Cilena
Equatore
Peruviana
Stati Uniti Est
Stati Uniti Ovest
D. Fedrigotti A.
D. Candela A.
D. Bellido M.
D. Serié G.
D. Bellido M.
D. Fedrigotti A.
D. Fedrigotti A.
D. Candela A.
D. Candela A.
672

71.9 Page 709

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ALLEGATO N. 86
(Appendice al Capo XXXVt, p. 599)
Prospetto delle benemerenze del nostro Rettor Maggiore D. P. Ricaldone
Re ggenza dell' I s pe t toria s pagnuola
Propaganda solariana nel campo della agricoltura
-- Biblioteca de11'agricoltura.
Corne Consigliere Prolessionale:
- Organizzazione e sviluppo delle scuole professionali agricole.
Corne Preletto generale:
-
-
-
-
-
-
-
Impulso all'apostolato missionario
Case di fotmazione
Visita alle Missioni di Oriente
Crociata missionaria
Esposizione missionaria Yaticana e Salesiana
Organizzazione dell'Uficio Stampa e dei Cooperatori
Orgatizzazione del1e feste della Beatificazione
Come Rettor Maggiore:
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Disciplina religiosa (Circolari)
Riordinamento degli studi sacri (Ateneo)
Crociata catechistica
Fondazione dell'Istituto Bernardi-Semeria ai Becchi
Poliglotta Vaticana
Feste per la canonizzazione
Pubblicazioni: catechistiche - formative - ascetiche sociali
Esercizio della Buona morte per i Cooperatori
Ampliamento dell'Opera degli Oratori
Pel Giubileo del Santo Padre
Libreria della Dottrina Cristiana
Accettazione di nuove missioni
Orfanotrofi.
673

71.10 Page 710

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ALLEGATO N. 87
(Appendice al Capo XXXVI, p. 599)
Breue dilucidazione di alcune benernerenze d.el Rettor Maggiore Don Pietr,o Ricaldone
1. - Mostrò grande zelo nel mantenere 1o spirito del Fond.atore sia nella società Sa-
lesiana sia nell'Istituto delle F.M.A.
-
-
Con una premurosa vigilanza sulla conservazione delle radizioni paterne,
per mezzo di visite suaordinarie indette in tutte 1e Case delle due Con-
gtegazioni,
-
con numerose lettere circolari dirette a tafrotzarc l'osservanza religiosa, a
fissare le tradizioni e a migliorare la tormazione religiosa-ascetica salesiana.
2. - Diede incremento agli studi ecclesiastici nella Congregazione:
-
Ottenne inlatti dalla Santa Sede l'erezione del Pontificio Ateneo Salesiano
con le Facoltà di Filosofia, Teologia, Diritto Canonico e Istituto di Pe-
dagogia;
-
iniziò la pubblicazione della << Corona Patrum » di cui, alla sua morte, erano
già pubblicati 10 volumi dei PP. Greci e 11 dei PP. Latini.
l. - Diede un forte impulso all'apostolato nissionario:
-
-
visitò personalmente tra gravi disagi e stenti le principali Missioni Salesiane;
creò nuovi Istituti Missionari sia per i candidati al Sacerdozio, sia allo
scopo di preparare operai evangelici specializzati per la direzione di Scuole
Professionali e Agricole;
-
inviò alle Missioni uno stuolo di 1.629 missionari. Gran numero di essi
andarono da giovani a completare in tema di missione la loro formazione
all'apostolato affin di poter acquistare più prontamente con la cultura, l'amo-
re a quelle Nazioni e l'adattamento al clima, agli usi sociali e allo spirito
nazionale. Questo numero sarebbe stato maggiore se la guerra non avesse
intemotto sin dal 1940 l'annuale spedizione missionaria;
-
infine suscitò tra i Salesiani, gii allievi e i Cooperatori fervori di zelo fattivo
per 1e Missioni che assunsero 7a forma e la lorza di una vera Crociata
Missionaria.
4. - Diede incremento agli Oratori Festiui, l'opera classica lasciata da D. Bosco
in eredità ai suoi f,gli,
-
Essi si sono moltiplicati in gran numero che affiancano ormai rutti gli
Istituti Salesiani, oltre a quelli, pur essi numerosi, che costituiscono casa
a sé.
5. - Spiegò una multiforme attività a servizio della Chiesa per fomenrare, facilitare
e render gradito 1o studio del catechismo ffa i giovani e nel popolo cristiano, e
per meglio formare e
i
grande dovere.
^ttrezzare
membri della Società Salesiana a questo
614

72 Pages 711-720

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72.1 Page 711

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-
A tale intento fondò pure una nuova Casa Editrice'. <<La Libreria della
Dottrina Cristiana >>.
6. - Per commemorale il Centenario delle Opere di Don Bosco deliberò che si
fondassero 50 nuovi Or{anotrofi, uno per ciascuna ispettoria Salesiana"
7. - Acquistò pafticolari benemerenze nella soluzione della qrtestione operaia.
-
-
-
Diede infatti un grande impulso alle Scuole Professionali e Agricole;
ne aumentò il numero e ne perfezionò l'organizzazione e I'attrezzattta;
curò in particolar modo la formazione
sonale specializzato diigente, e, con
religiosa e tecnica del numeroso per-
la cristiana educazione, il progresso
professionale della gioventù operaia che in esse viene educato;
-
fondò collane agricole in Spagna e in Italia e propagò il sistema solariano
in regioni che non 1o conoscevano'
8. - Coronò i festeggiamenti deila Canonizzazione di Don Bosco, che costituirono
soprattutto a Roma e a Torino un apostolato del santo, con 1o splendido arn'
plianento della Basilica di Matia Ausiliatrice in Torino'
9. - Seruì deuotarnente e lilialmente :la Santa Sede
-
sia accettando, anche con sacrifici non lievi,
con cui owiare a parricolari gravi necessità
nuove missioni e altre opere
della Chiesa (Alto Orinoco -
Derna - Riesi - Seminari di Bolivia);
-
sia curando con particolar zelo e afietto il funzionamento e il progresso della
Tipografia Potiglàtta Vaticana e di altre opere affidate alla Società Salesiana
dalla fiducia della Santa Sede.
675

72.2 Page 712

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72.3 Page 713

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INDIGE

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72.5 Page 715

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PARTE QUINTA
RETI'OR MAGGTORE (t9)2-195t)
Capo XXII: L'uonao del montento
Rettor Maggiore
Echi e risonanze
A Roma
A1 lavoro - programma d'azione
La prima lettera-circolare
Nel primo periodo (1932-1945)
Le doti del Superiore
Giubileo sacerdotale
Efficacia della celebrazione
Lavoro unitario
Le celebrazioni piìr significative
Preparazione personale
Rielezione nel 1947
Continua il lavoro
I1 segreto del Re ,
Capo XXIII: Sacerdote ledele alla Chiesa
Il suo ideale .
Sacerdote
Collaboratore dei Papi
Amore, fedeltà al Papa: Pio XI
Pio XII
Coi Cardinali Protettori
La Procura Salesiana presso la S. Sede
Coi Vescovi
Rendersi utili alla Chiesa
<< Servus fidelis et prudens >>
I non piccoli calvari
La Roma cattolica lo stimava
Grande amicizia
Capo XXIV: Ciltore dcl <, carisma salesiano ,,
La Salesianità in Don Ricaldone .
Studioso dello spirito di D. Bosco
Le Strenne
Le date
Pag 7
)>
8
)>
10
11
)>
t2
T2
)>
t3
)>
t5
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t7
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>)
20
)>
22
)>
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34
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46
47
49
53
57
6)
65
68
)>
70
)>
71
)>
73
679

72.6 Page 716

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I « Luoghi Santi » Salesiani
Gli amori del Padre
Culto alla caratteristica mariana del carisma di Don Bosco
Per la glorificazione di Don Bosco
11 « codificatore >> dello spirito di Don Bosco
Capo XXV: L'uomo della presenza
La sua giornata fu una presenza
Presenza a Dio
Presenza in casa
Presenza ai vicini:
a) con Ie udienze
A) con le visite
Presenza ai lontani:
a) con i viaggi
b) con la corrispondenza
c) cogli scritti
Organizzatore
Capo XXVI: Il Superiore ed il Padre
« Tra di voi il Superiore sia tutto »
La maestà della legge
Il Padre
Con gli ammalati
Coi medici
Coi parenti dei Confratelli
Capo XXVII: Formatore di Superiori
<< Troppo grande è il bisogno che abbiamo di buoni Superiori >>
I suoi dirigenti
i « Le menti organiche creano successi >>
Maestro dei Vescovi
Coi suoi più diretti aiutanti: i Capitolari
Capo XXVIII: Prete sernpre, coi grandi e coi piccoli
11 suo orientamento
In ascolto di Casa Savoia
In ascolto dei « Grandi »
In ascolto del mondo de11a cultura e de11a tecnica
In ascolro dei giovani
In ascolto del popolo
Dall'<, ascolto » all'<, unità organizzata>>
Come otganizzò e unì
I Coadiutori
I Missionari
Un sogno ed una realtà
Capo XXIX: La Famiglia Salesiana
680
Pag. 76
»81
»87
>> 9l
» 101
» 106
» 106
>> ll2
» 116
>> L27
» 110
t> 7)2
» 138
>> 146
)> 155
» 160
»> 168
)> 179
)> 190
» 196
200
209
2t6
2t9
227
)> B5
)> 237
)> 247
)> 256
» 266
»> 272
277
)> 283
)> 291
»> 295
»> 297

72.7 Page 717

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Come sorsero i « Centri »
« Noi e voi siamo una sola famiglia »
Uguale spirito
La Terza Famiglia Salesiana
« Voi siete tutti salesiani »
I giovani
Pag. 299
108
3t7
319
)25
)29
Capo XXX: L'ora della prooa
Gli anni tagici della guerra
In unione, in preghiera, in o{ferta espiatrice con tutto il mondo
a) Le lettere circolati
b) Tutti i mezzi possibili
c) Le « Notizie r>
Capo fra i Capi .
Una proposta lusinghiera
>) )39
» 343
)> 343
)> 346
)> )48
)55
)> )68
Capo XXXI: La sua azione in ltalia durante la but'era
Presente a Torino
Presenza a Roma
I1 dopo-guerra: Ricostruire con Cristo nella Chiesa
)> 370
380
384
Capo XXXII: L'unità nella carità
I rugazzi della strada
I (< salvataggi »>
Per la salvezza dei figli .
Cappellani Militari
Come lupi davano Ia caccia all'uomo, ma essi furono << pescatori di uomini >>
Gli operai
)> 395
)) 401
)> 410
)> 415
») 416
)> 4)2
Capo XXXIII: <<Haec est donaus mea: inde gloria mea! »>
« La ricerca e la cura delle vocazioni è questione di vita o di morte » .
. )> 44)
<< L'avvenire della nostra Società è soprattutto nelle Case ove si forma il personale » >> 449
<<Unaspeciedi,,Manua1e,,dellaformazionede1personalesalesiano»>> 459
I1 P.A.S. creatura ricaldoniana
» 46t
<< Don Bosco educatote >>
474
. » 48r
Capo XXXIV: La sua passione dominante
Non erano cose per lui
«
Il
Questa è l'opera delle opere
piccolo granello di senapa
»
La L.D.C.
« L'orientamento catechistico: dilletenza specifica del nostro Ateneo»>
Una forza di unità ed un ponte di unione
)> 488
)> 492
)> 497
»> 504
)> 5t5
524
681

72.8 Page 718

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Capo XXXV: Le ultime lezioni di Don Ricaldone
La sua vittù fondamentale
« L'umiltà è splendore di verità »
« L'umiltà rende possibile e gioconda la vita familiare e sociale »
« L'umiltà è 1o scudo della castità »
« L'umiltà allarga il cuore a servizio del prossimo »
Capo XXXVI: <<Dal lorte è uscito il dolce » (Giud. 14,14)
« L'umiltd è {onte di bontà e mitezza >>
La preghiera, fonte de1la sua pace
L'appuntamento che non potè annotare
La eredità
Conclusione: L'onda di ritorno
Pas.5)9
» 541
» 548
» 560
» 565
)> 574
» 583
589
>) 59)
)> 594
AI)PE,NDICE
N. t8: La voce di Monte Oliveto. (Capo XXII)
N. 19: Ricordi del Ven.mo Rettor Maggiore don Ricaldone dati al P.A.S. della Crocetta il
2 luglio 1949. (Capo XXIV)
N. 40 Dal « Dizionario biografico dei salesiani )) a cura dell'ufficio stampa salesiana -
Torino, 1969, p.236: Opere del Sacerdote Piero Ricaldone R.M. (Capo XXV)
N. 41 I-ettera di Don Ricaldone a S. Ecc. Mons. Evasio Colli, Vescovo di Parma (12 ottobre
1939), Capo XXV)
N. 42 Lettera di Don Ricaldone a S. E. Mons. Evasio Colli, Vescovo di Parma (13 ottobre
1919). (Capo D(V)
N. 43: Lettera di Don Ricaldone a Don Giuseppe Muzio. (Capo XXV)
N. 44: Segretari di Don Ricaldone R.M. (Capo XXVI)
N. 45: Manoscritto di Don Ricaldone consegnato a don Setti in data 11 dicembre 1942.
(Capo XXVII)
N. 46: Una preziosa lettera di Don Ricaldone al Direttore Don Fedrigotti. (Capo XXVII)
N. 47: Lettera di Don Ricaldone a D. Campanini sulla direzione spirituale del Direttore
(15 novembre 1944). (Capo XXVII)
N. 48: Lettera di D. Ricaldone ai Direttori Salesiani. (Capo XXVII)
N. 49: Lettera di D. Ricaldone a D. Renato Ziggiotti per la sua elezione ad Ispettore
in Sicilia. (Capo XXVII)
N. 50: Salesiani consacrati Vescovi nel periodo del rertorato di D. Ricaldone (1932-1951),
(Capo XXVII)
N. 51: Membri del Capitolo Superiore. (Capo XXVII)
N. 52: Membri del Capitolo Superiore eletti da D. Ricaldone. (Capo XXVII)
N. 5l: D. Ricaldone cercava l'unità dei suoi collaboratori secondo il pensiero di Don Bosco.
(Capo XXVII)
N. 54: Lettera di D. Ricaldone a D. Rubino. (Capo XXVIII)
N. 55: Risposta di D. Ricaldone a una circolare di Mons. E. Ruffini. (Capo XXVIIi)
682

72.9 Page 719

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N. 56 Risposta di D. Ricaldone a D. Emilio Miotti Missionario a San Paolo (Brasile).
(Capo XXVIII)
N. Lettera di D. Ricaldone a D. Sterpi Superiore delia Piccola Opera della Divina
'7 Provvidenza fondata da D. Orione. (Capo XVIII)
N. Parte della lettera di D. Ricaldone in risposta a D. Campanini Giuseppe. (Capo XXIX)
N. '589 Consiglio di D. Ricaldone per l'Associazione <r Marcello Rossi ». (Capo XXIX)
N. 60 Lo spirito missionario - eredità del Fondatore. (Capo XXIX)
N. 61 Lettera di D. Ricaldone a D. Terrone. (Capo XXIX)
N, 62 Lettera di D. Ricaldone al Senatore Agnelli. (Capo XXIX)
N. 6l Lettera di D. Ricaldone a Madre Luisa Vaschetti Superiora Generale delle Figlie
di Maria Ausiliatrice. (Capo XXIX)
N. 64 Lettera di D. Ricaldone a Madre Clelia Genghini Segretaria Generale del Consiglio
Generalizio de11e F.M.A. (Capo XXIX)
N. 65 Lettera di D. Ricaldone a Madre Linda Lucotti Superiora Generale F.M.A. (Capo
xxlx)
N. 66: Lettera di D. Ricaldone a Madre Carolina Novasconi del Consiglio Generalizio
delle F.M.A. (Capo XXIX)
N. 67: Conferenza di D. Ricaldone sulla fede e sulla speranza. (Capo XXXI)
N. 68: Conferenza e importanti comunicazioni di D. Ricaldone. (Capo XXXI)
N. 69: Disposizioni prese da D. Ricaldone per 1o sfollamento (11 dicembre 1942). (Capo
xxu)
N. 70: Provvedimenti disposti da D, Ricaldone da prendersi in caso di incursione aerea'
(Capo XXXI)
N. 71 Disposizioni comunicate il 5 maggio 19$ in una buonanotte «magisrale ». (Capo
xxxl)
N. 72: Disposizioni prese da D. Ricaldone in vista dei bombardamenti torinesi. (Capo XXXI)
N. 7l: Lettera-questionario di Mons. Ernesto Ruffini. (Capo XXXI)
N. 74: Lettera di D. Ricaldone a Mons. Ruffini. (Capo XXXI)
N. 75: Conferenza di D. Ricaldonet p\\rezza e carità. (Capo XXXIII)
N. 76: Considerazioni esposte da D. Ricaldone prirna di svolgere il tema della « Strenna »
(Conoscere, amare, difendere il Papa). (Capo XXXIII)
N. 77 Don Bosco « Dottore »>? - Testimoniarua di D. Savaré. (Capo XXXIII)
N. 78: Disposizioni del Capitolo Superiore sulle relazioni tra Istituto Betnardi Seremia e
Libreria della Dottrina Cristiana al Colle Don Bosco. (Capo XXXIV)
N. 79: Piccolo decalogo mandato da D. Ricaldone al coad. Rossotti alla Poliglotta di Roma.
(Capo XXXIV)
N. 80: Annuncio ufficiale della Collana << Lux »> (A.C.S. 11r, 1943). (Capo XXXIV)
N. 81: La << Magna Charta » programmatica per il Centro Catechistico. (Capo XXXIV)
N. 82: Missione Catechistica secondo il programma di D. Ricaldone. (Capo XXXIV)
N. 8l: Nota sulle sofferenze prodotte dal trigemino al malato. (Capo XXXV)
N. 84: Epigrafe in morte di D. Pietro Ricaldone R. M. (Capo XXXVI)
N. 85r Visite straordinarie indette dal Rettor Maggiore D. P. Ricaldone (19)2-195L).
(Capo XXXVI)
N. 86 Prospetto delle benemerenze di D. Ricaldone R.M. (Capo XXXVI)
N. 87 Breve delucidazione di alcune benemerenze di D. P. Ricaldone R. M. (Capo )(XXVI)

72.10 Page 720

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