1976_RastelloF_vol1_Don_Pietro_Ricaldone_IV_successore_di_Don_Bosco


1976_RastelloF_vol1_Don_Pietro_Ricaldone_IV_successore_di_Don_Bosco



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VOLUME I

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DON FRANCESCO RASTELLO
DON PIETRO RICALDONE
IV SUCCESSORE DI DON BOSCO
VOLUME I
EDITRICE S D B
VIA DELLA PISANA, 1111 . ROMA
Edizione extracommerciale

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Visto per la Congregazione Salesiana
Sac. Eugenio Valentini
Roma, S-XII-1975
Visto: nulla osta
Sac. Mario Bassi
Roma, 29-XII-1975
Imprimatur
X Giovanni Canestri, Vicegerente
Arciv. tit. di Monterano
Dal Vicariato di Roma )0-l'L976
Esse-Gi-Esse - Roma

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DON PIETBO BICALDONE

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AI VENERATI SUPERIORI
DON RENATO ZIGGIOTTI
v succEssoRE DI DoN Bosco
RETTOR MAGGIORE EMERITO
DON LUIGI RICCERI
vI succESSoRE DI ooN Bosco
FAUTORI DELLA PRESENTE BIOGRAFIA
TENUE OMAGGIO
DI FILIALE OBBEDIENZA

1.8 Page 8

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BIBLIOGBAFIA
'I-.. Metnorie Biogralicbe di San Giouartni Bosco.
2. Bollettino Salesiano.
3. Attl del Capitolo Superiore.
4. GrussppB Ar»o RrcelnoNg, Gli aui di D. Ricaldone.
,. A.M. ArESSr, (Jn prete uagabondo a teraizio della catecbe-rl (Pro manuscripto).
6. D.G. SexrÉ, Prolilo e taccottti.
7. Sac P. ZennrNo, Don Pietro Bercuti.
8. Monervoo rWrnrn, Don Bosco e i Salesiani.
9. Orientaci6n, n 84, a. 1951.
10. Dizionario Biograt'ico dei Salesiani.
ABBREVIAZIONI
M.B. : Memorie Biografiche.
A.C.S. : Atti del Capitolo Superiore.
S.D.B. :
F.M.A. :
Salesiani di D. Bosco.
Figlie di Maria Ausiliatrice.
: Cr. C.S Cronache delle Case Salesiane.
Ag. aut. : Agende autografe di Don Ricaldone.
: Test. V.S.L. Testimonianze di Vescovi, Sacerdoti, Laici.
Ver. S.C.S. : Vetbali delle Sedute del Capitolo Superiore.

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PRESENTAZIONE
Si perrnetta a questo oecchio topo di biblioteca di presentare, in fonrza
piuttosto apologetica, questa blogralia di D. Ricaldone.
Ho letto e riletto quanto D. Fruncesco Rastello ha scritto sul IV Succes-
sore di Don Bosco, in uno stile tutto suo e con un certo entusiasrno gioua-
nile, lui cbe ha già compiato 92 anni.
Al lettore non sfuggirà che queste << Memorie Biograt'iche gli sono costate
72 anni di lauoro, e che lwi ba scritlo per obbedienza. Un'obbedienza dol-
ce e gradita) ma sempre un'obbedienza.
Penso ai suoi poaeri occhi chini sa tante pagine, scrutate non solo con
gli occbiali ma colt la lente, per poter leggere e decifrare.
Penso alla sua tenacia di ricercatore, di professore di scienze mai andato
a riposo, di conoscitore prolondo della teoria Solariana, per auer uissuto a
Parma, a contatto con Dofi Baratta, di cui scrisse la uita.
Penso alla sua esperienza di uita salesiana, proprio nel periodo in cui
Don Ricaldone goaerndua la Congregazione, e a and certa sintonia di stile, di
gltsti, di interessi che ebbe con lui; per cul gli si perdona t-tolentieri se qualche
aolta si è lasciato portdre dall'entusiasmo nel sottolineare certi aspetti e certi
atteggiamenti del « grande » di cui sta scrioendo. Lui ha aa,ato la lortuna
non solo di conoscerlo, ma di oiuere nei suoi tempi, con tutti i problemi e
le preoccupazioni dell'epoca, in posti di responsabilità, cbe gli permetteaano
il contatto e lo scambio di idee col Suo Superiore e Padre.
Se si uolesse tracciare d'un tratto la ligura di D. Ricaldone, si potrebbero
prendere ad imprestito le palole cbe PIO XI disse di D. Bosco:
« Egli era una ligura cornpleta, una di quelle anime che, per qualunque
aia si fosse nuessa, aurebbe certaruefite lasciato grande traccia di sé, tanto egli
era magnit'icamente attrezzato per la uita. Forza, uigoria di ruente, calore di
6uore, e?xelgia di mano, di pensiero, dl affetto, di opere e lurninoso e uasto
pensieto e non comune, anzi superiore di gran lunga alla ordinaria oigoria di
mente e di ingegno e propria ancbe di quegli ingegni che si potrebbero chia-
mare ingegni propriamente detti: l'ingegno di colui che aurebbe potuto riu-
scire il dotto, il pensdtore, lo scrittore ».
E D. Ricaldone lu tale uomo, uomo uelamente superiore per l'intuizione
7

1.10 Page 10

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dei tempi, per lo spirito di iniziatiua, per le superbe realizzazioni compiute
in 40 anni di uita al timone dell'Opera salesiana, di cui quasi 20 come Rettor
Maggiore.
Le cilre hanno una loro eloquenza: lu per 7 anni direttore a siaiglia,
per 6 ispettore nella Spagna, per 72 Consigliere Prot'essionale Generale, pet
10 Prefetto Generale, pel 79 Rettor Maggiore.
Quando assufise la direzione generale delle Scuole Prot'essionali, troaò 32
scuole professionali e 42 scuole agricole. Alla sua morte lasciò 750 scuole
prolessionali e 94 scuole agricole.
All'Esposizione InternazionaLe del Libro e d'Arte Grafica, tenutasi a Lipsia
nel 7914, parteciparono 53 scuole tipograliche salesiane, 57 di legatoria 4 di
londeria di caratteri e tre di litografia, con 42 librerie prouenienti da L8 Stati
d'Europa e d'altri Continenti e liorenti di 3675 allieai. Sì può aeramente af-
fcrmare cbe I'educazione professionale dei t'igli del popolo fu la passione do-
minante di D. Ricaldone.
Non tocca a rne, in questa presentazione, suiluppare e artticipare ciò che
è contenuto dettagliatanaente in questd biografia. In essa si potranno scoprire
i tratti fondamentali detta personalità di D. Ricaldone, che di Don Bosco ebbe
la ternpra, il genio e l'ardimento. Vouei solo late due osseruaZioni, una ri-
guardo alla mole e l'altra rispetto al contenuto. La ligura poliedrica di D. Ri-
caldorue non poteaa lacilmente essere presentata in pocbe pagine. L'autore, mal-
grado l'ampiezza della sua trattdzione, non ba preteso di auerla colta in tutta
la sua interezza e profondità. Ha dato tuttauia la documentazione necessaria per
poterla cogliere.
D'altra parte bisogna sdper distinguere tra i libri di consulta e quelli di
semplice lettura. Quando noi uogliaruo studiare D. Bosco, non ci accontentiamo
di leggere una breoe uita, ma andiamo a consultare le Memorie Biogralicbe. Sarà
ult po'lo stesso quando si uorrà tratteggiare sinteticamente la t'igura e l'opera di
D. Ricaldone o si uorrà studiare an aspetto particolare della saa uita.
E passiamo aLla seconda osseraazione.
Euidentemente per giudicare t4nd personalità di cxì grande rilieoo, occolre
lasciar passare più di un uenticinquennio dalla sua morte.
La statura dei grandi non si coglie sempre da aicino, come non si coglie
il profilo degli alti monti abitandooi troppo sotto.
D'altronde anche i grandi auaenirnenti storici si colgono meglio a distanza
di tempo e si giudicano con maggior oggettiaità nei loro aspetti positiui e ne-
gatiai.
Il primo compito dello storico è la raccolta della documentazione, percbé
senza di questa non si fa storia.
Dopo uerrà la uitica storica, ma qaesta aiene sernpre in un secondo telnpo
quando Ie persone e gli auaenimenti sono già decantati e possono essere con-
siderati con un certo distacco. Oggi è troppo presto. Sono ancora oioi quelli
che ebbero parte in esst.
Ora poi, dopo le trast'orruazioni che, in seno alla Chiesa e alle Congrega'
B

2 Pages 11-20

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zioni religiose, sono auueltute per opera del Concilio Vaticano II e dei Capitoti
Generali speciali, diaenta più dillicile dare un giudizio ualutatiuo su tatto
ciò cbe è stato latto nella prirna metà di questo secolo. Tutto pare così anti-
quato, così sorpassato, da non meritare fieppure più la nostra attenzione. Tutto
è giudicato alla luce degli orientamenti 1nuoai tanto che i precursori di iert
sono posti decisamente alla retroguardia del progresso attuale, e i giganti pos-
sono apparire dei nani.
È un'osseruazione che deue essere tenuta presente, da tutti coloro cbe si
accingono a leggere queste pagine, aflinché non incorlano in questo errore di
prospettiua.
D. EuceNro VerBNrrNr
L)

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2.3 Page 13

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PREIVESSA
Nella storia della congre gazione salesiana Don pietro Ricaldone, quarro
successore di S. Giovanni Bosco, è anello di congiunzione tra il periodo aureo
che comprende il rettorato dei Superiori cresciuti al fianco del Fondatore e da
lui previsti suoi conrinuatori nel governo
il B. Michele Rua, Don Paolo Albera, il
il periodo dei Rettori Maggiori che non
supremo della Congregazione (e cioè:
servo di Dio Don Filippo Rinaldi) e
furono plasmati direttamente da Don
Bosco né da lui previsti suoi successori.
Difatti Don Ricaldone ebbe ancora la ventura di vedere più volte Don Bosco,
di ascoltare
lui quando
qualche sua
dai dieci ai
<< Buona notte »
tredici anni fu
e di avere un
convittore nel
colloquio privato con
Coilelio salesiano di
Borgo S. Martino, ove frequentò le classi del ginnasio inferiore (1gg0-1gs3).
contatti brevi e fugaci, che rimasero senza eco nell'anima del ragazzo, poiché
non moderarono la esuberanza della sua natura; ma furono ,n richiamo inte-
riore quando nella consapevolezza dei diciotto anni dovette dare una meta afr,a
sua vita e decise di entrare a fat parte della giovane Congregazione di Don
Bosco.
*rk*
Nella vita di Don Ricaldone si possono distinguere tre periodi.
II primo (1870-1890) è caratterizzato dalla vivacità della fanciull,ezza e
dalla irrequietezza che domina la sua giovinezza fino ai diciotto anni, quando
finalmente trova la sua via, enra nel Seminario delle Missioni Estere di Val-
salice, come aspirante e poi novizio, e corona il {ruttuoso tirocinio all,età di
venti anni colla professione religiosa, che lo legò per tutta la vita a Don Bosco.
Il secondo periodo (1890-1911) comprende gli anni della sua attività sale-
siana svolta nella Spagna in diverse mansioni, rivelando sin dall'inizio doti non
ordinarie di mente e di cuore. In
il servizio di assistenza dei giovani
tappe successive si afferrna
nel Collegio e nell'Oratorio
il metodo e lo spirito di Don Bosco; sia nell,insegnamento.
sia nel
festivo,
prestare
,.co.rdo
11

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Giovane sacerdote viene eletto Direttore e pochi anni dopo Ispettore'
come Ispettore la fiducia del Rettor Maggiore, il B. Don Rua, gli affidò
il delicato incarico di Visitatore straordiraario delle Case Salesiane di quattro
Ispettorie nell'America Latina.
Il terzo periodo (l9tl-lg5l) è il più lungo. Egli risiede a Torino come
membro del Òapitolo Superiore e ricopre successivamente le cariche di Consi-
gliere Professionale Generale (19Ll-1922); di Prefetto Generale (1923-1932); e
di R.ttor Maggiore (19)2-1951). Questo periodo è il più importante sotto
ogni aspetto. iI porto di responsabilità che occupa gli offre la possibilità di
impegnare generosamente a sàrvizio della Congregazione i molti e grandi doni
. .u.ir.i rlcevuti dal Signore. In particolare \\a ticchezza della sua personalità
si tivelò pienamente nel ventennio del suo rettorato, specialmente quando do-
vette superare la situazione di emergenza determinata dalla seconda guerra mon-
diale e il periodo tu'multuoso di assestamento de1 dopoguerra'
A tanti anni dalla sua morte, chi segue ta sua attività riconoscerà facil-
mente la validità della seguente sintesi: <( camminò col suo tempo e con Don
Bosco ».
Fonti d.'inforrnazione per la compilazione della presente biogra'fia sono i
documenti conservati nell'Archivio della Congre gazione; tra i tanti notiamo una
serie di agende tascabili autografe, alcune delle quali registrano la sua attività
giorno p.r giorno, e sono le più numerose; altre poche sono vefi diari delle
iirir. ,i.uoùinarie fatte a molte ispettorie distribuite in diversi continenti. In
queste agende s'incontrano molto
Ài . q,-ràri contenuti per un pudore che
tdiein1e6dnsas-costreaglegiedleevllaazisounai
pietà: po-
dell'anima
a Dio.
Inolle danno molta luce le testimonianze di Vescovi, Confratelli, Coope-
ratori, professionisti, che ebbero con lui contatti frequenti; in particolare quella
dei suoi segretari.
Il compilatore di questa biografia ci tiene a dichiarare che seguì scrupolosa-
mente la noìn o di accettare soltanto le notizie di fonte sicura, scartando quelle
incerte e non documentate validamente'
Sente ancora il dovere di ringraziare cordialmente i Confratelli e le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice che parteciparono in vario modo alla lunga e laboriosa
fatica.
Per ultimo, ecco due documenti che non hanno bisogno di dilucidazione.
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DIREZIONE GENERALE
Opere Don Bosco
Via Maria Ausiliatice 32
Torino
IL RETTOR MAGGIORE
Torino, 4-4-'61
Carissimo Don Rastello,
in questi giorni pasquali spero che sia stata una celeste ispirazione il
pensiero che mi venne di proporre a Lei 1o studio e la stesura di un lavoro
biografico-storico sul defunto Don Ricaldone.
Molto materiale è stato raccolto dai due segretari Don Tarcisio Savarè e
Don Terrone; ma né l'uno né I'altro possono affrontare il lavoro completo,
che esige forza, tempo, studio d'archivio, ecc...
Non posso indovinare se stando a Casanova ciò Le sarà possibile o se
spostandosi più vicino, per esempio a Totino, pur come cappellano delle F. di
M.A., sarà tolto un impedimento per iI suo lavoro.
Ci pensi, venga a vedere il materiale che abbiamo in Archivio e andremo
insieme a Caselette a parlarc con i due Santi Eremiti.
Ma faccia tutto 17 possibile per dirmi che si metterà al lavoro e avrà così
rnodo di rivivere la sua gioventù illustrando le innumerevoli benemerenze sa-
lesiane, apostoliche e professionali di questa figura imponente di Rettor Maggiore.
Auguri e benedizioni (e io sarò assente da Torino fino al 10-11 c.): vado
a Roma per la consactazione di S.E. Mons. Prata, Ausiliare di La Paz.
Aff.mo Dorv R. Zrcerorrr
Rev.mo Signor Don Ziggiotti,
Casanova 14 aprile l96L
è meglio per me vedere nella sua lettera non la proposta di occuparmi
della vita di Don Ricaldone, ma quasi una ubbidienza.
Sotto questo aspetto mi è più facile tentare il lavoro, quantunque abbia
la persuasione che, a mio riguardo, è molto difficile.
Gradisca i miei ossequi e le sarò grato di un ricordo nella preghiera
Dou FneNcr,sco RASTELLo
13

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PARTE PRIMA
INFANZIA E GIOVINEZZA
(1870.1890)

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a
bffi&w§§
ù
'
:.. t.:
Mirabello Monferrato.

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CAPO I
IL CEPPO
Mirabello 1
Mirabello Monfemato è uno dei mille paesi che costellano le ondulazioni
collinose di quella vasta zona del Piemonte conosciuta col nome di << Monf eruato »>.
Il Monferrato è come una perla nel castone del Piemonte. Esso circoscrive
una parte geografica della regione e ne mette a fuoco le caratteristiche del pae-
saggio, della storia e del suo popolo. Chi dice Monferrato, dice colline.
Le colline, legate fra loro da festoni di valli e convalli, hanno il compito
di portare la ,montagna a71,a pianua e la pianura alla montagna senza forti
scosse e bruschi sobbalzi. Le colline del Canavese e della Valsesia raccordano
la piana, solcata dalle sinuosità del Po, alle cime aspre delle Alpi; quelle del
Monferrato e delle Langhe la raccordano all'Appennino Ligure.
un fiume, il ranaro, scaturito dalle vene alpine dell'alta Liguria, sno-
dando il suo corso tra alture montane e dorsali collinosi, all'altezza di Che-
rasco forma un solco che divide il Monfemato dalle Langhe. Scendendo nell'am-
pia pianura per incontrarsi
il suo corso taglia in due
con la Bormida
il Monferrato.
e quindi
A Nord
sfociare nel po, il Tanaro con
quello dolce e lussureggiante
che raggiunge l'azzurro nastro del Po e ha in casale il suo centro ideale; a
sud quello che fa aspra e ruvida corona intorno a Nizza, Acqui e ovada.
Non è semplice discriminazione geografica, ma reale diversità spirituale
nell'ambito della stessa unità monferrina.
Anzi, se si volesse sottolineare la varietà di paesaggi, di costumi, di vi.
cende, di indoli nel contesto dell'unità del Monfemato che emerge dalla geo-
logia e da1la geografia, dalla storia, dall'ambiente e dall'ethos propri del Éie-
monte, si dovrebbe parlare di Monferrato casalese, acquese, ovadese, alessan-
drino, astigiano, chivassese...
Mirabello è ficchezza del Monferrato <, casalese )>, per cui ci limiti amo a
questa specifica panoramica.
1 Per le notizie storiche su Mirabello cfr. la pag. 1g.
L7
2

3.2 Page 22

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Una vasta distesa di colline che prendono slancio daltr'a tiva sinisffa del
Tataro, s'inarca a poco a poco pfotendendo a1 sole e alle intemperie Castel-
letto, S. Salvatore e Fubine ad Ovest; Villabella, Monte Yalenza e Pomaro ad
Est. Poi, a ventaglio, le colline alzano sulle loro groppe verdi i paesi di Mi-
rabello, Occimiano, Conzano, Lu, Cuccaro, Camagna, Vignale, Frassinello, Ot-
tiglio, Cereseto, Rosignano, Cellamonte, Ozzano, S. Giorgio e |i portano in
omaggio aTla << capitale » del Monferrato: Casale.
Ad Ovest di Casale continua la sinfonia collinare fino ai confini con la
provincia di Torino e Asti. Orti, frutteti, vigneti, campi di grano e di meliga,
giardini di ortensie, dalie, gigli e zinnie. Castelli ricchi di torri e di storia:
Camino, Gabiano, Oviglio, Ozzano, Murisengo, Villadeati. Ogni borgo, un ca-
stello o una torre diroccata. Su quel dolce e sereno rincorrersi di balze colli-
nose svetta il Monte Sacro di Crea. È, forse, il simbolo più genuino della
« monferrinità »>, con quel suo antico santuatio cristiano che si è sostituito ad
un più antico tempio pagano in mezzo ad uno stupendo paesaggio naturale,
che si è fatto squisitamente spirituale.
Mirabello è paese della provincia di Alessandria e della diocesi di Casale;
una grande strada che l'attraversa lo mette in diretta comunicazione con la
prima e la seconda.
Lo bagnano tre rivi. uno detto « delle Garavalde >> e il secondo « campo-
strina », raccogliendo le acque delle colline di Lu e di Conzano, vanno a sca-
ricarsi nel torrente Grana sulla cui desffa si raccoglie il paese. I1 terzo rivo,
detto « Ttaggia )>, scorfe a fnezzo chilometro dall'abitato. A mezzodì si aderge
un colle fruttifero detto il « Poggio della calcina )> per Ia sua cava di calce. La
terra di Mirabello così ben irrligata e coltivata con amore tenace dalla sua popo-
lazione turale sana e laboriosa, è rivestita di lussureggianti vigneti famosi per
vini di ottima qualità che hanno preso il pri.mato sulle altre coltivazioni di
grano, granturco, canapa, lino e foraggio.
Mirabello è terra assai antica. Probabile l'origine romana se licordiamo
ch'esso solge a cinque chilometri dal ligure-romano Vico Jadatino di Occimiano'
fl suo nome (a parte la leggendaria etimologia: << Mira il bello color dell'aurea
luce »>) << lo designa quale luogo dove si ha un bel vedere » (cfr. D. olivieri:
Dizionario di toponomastica pieruontese, 1965, p. 2LB). Ma il nome potrebbe
anche derivare da un locum o templum mitabile dell'età romana.
Nel X secolo, Mirabello, incluso nel territorio del Comitato di Vercelli,
passò per diploma dell'Imperatore Enrico IV del 3 gennaio 1069 a Gregorio
Vescovo di Vercelli. Quindi ai Signori di Bassignana e,
rico I del 1164, a Guglielmo IV il Vecchio, Marchese
con diploma di
di Monferrato.
Fede-
I pir)
antichi feudatari di Mirabello furono i Signori di Mirabello, che parebbero un
ramo degli aleramici Marchesi di Occimiano, estinti sul finire del XIV secolo.
I1 5 novembrc !421 Gian Giacomo Paleologo Marchese di Monfertato infeudò
con titolo signorile, di Mirabello, Antonio dalla Valle, la cui famiglia originaria
18

3.3 Page 23

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dal limitrofo comune di Lu, si frazionò nelle linee dei Dalla Valle di Mirabello
e Pomaro, di san salvatore, di casorzo, di Rosignano. La storia di Mirabello
è
il
tutta da scrivere. Di nessuna utilità,
libricciolo di E. castellato: Memorie
essendo
storiche
privo di qualsiasi senso critico,
di Mirabello, casale 1936.
L'archivio del comune, ordinato e inventariato, per incarico della Sovrin-
tendenza Archivistica per il Piemonte nel 1964 da Aldo di Ricaldone, conser-
va, tta i molti, due documenti fondamentali per la storia locale: il codice dei
catasti, redatto nel l37l (copia di una precedente redazione che risale al finire
del Duecento) è, dopo i codici dei catasti di chieri (1253) e di Moncalieri
(L268-1296) il più antico del Piemonte. Si tratta di un manoscritro di 270
pagine, in grafia gotica, in buon srato di conservazione di basilare impoftanza
per le vicende storiche, familiari, sociali, economiche di Mirabello.
Il secondo è il codice (membranaceo di 97 carte) degli Statuti. Tali Statuti
furono redatti 11 25 apile 1463 e confermati da Giovanni IV paleologo Mar-
chese di Monferraro il 18 maggio 1463, da suo fratello, Guglielmo v[I, il 2
ottobre 1464, e dai Principi di casa Gonzaga, succeduti ai paleologo nel go-
verno del
vincenzo
Monfemato, in persona
i il 19 gennaio 7612,
di
di
Federico Gonzaga
Ferdinando il 10
il 29 dicemb ri
gennaio L620,
t53l ,- di
di Ferdi
nando Carlo il 20 dicembre 1704.
oltre ai Dalla Valle, da Lu, tennero giurisdizione feudale su Mirabello i
Gambèra (1499) con titolo comitale, i solaro (1661)con titolo signorile, i Mon-
tagnini pure con titolo comitale (1773\\.
Le più antiche famiglie mirabellesi, alcuni rami delle quali godettero di
nobiltà, sono i Frascarolo, i
i Nano, i volpe, i Roccia,
Provera, i Bassignana, i Giarola, i capra, i Rogna,
i Raselli, i castellaro. più ampie notizie storiche
sono esposte negli articoli di Aldo di Ricaldone apparsi tra il luglio 1966 e il
febbraio 1969 su Echi di uita parrocchiale, pefiodico della locàle parrocchia
di San Vincenzo.
Mirabello occupa un posro di privilegio nella storia della congre gazione
salesiana, perché ospitò la prima casa aperta da Don Bosco fuori Torino, dr.rdo
inizio così al processo di disseminazione di quel piccolo seme germogliato nel-
l'umiltà dei prati di valdocco, sotto 1o sguardo materno e la protezione potente
di Maria Ausiliatrice.
Nel 1861 Don Bosco aveva aperto a Mirabello un << piccolo Seminario »> asse-
condando l'invito del Parroco e col consenso di Mons. Calabiana, Vescovo della
diocesi di casale. La piccola comunità, alla quale Don Bosco affidava l,onore
e Ia responsabilità di portare fuori dell'oratorio il suo spirito e applicare la
sua pedagogia nella educazione della gioventù, era for,mata da elementi giovani
nei quali Don Bosco vedeva le più belle speranze per la sua congregazione:
Don Michele Rua, direttore, i chierici Bonetti Giovanni, Cerruti Francesco, Al-
bera Paolo, Dalmazzo Francesco e il giovane aspirante Belmonte Domenico.
Il collegio ebbe vita breve, poiché Don Bosco nel 1870 lo trasferì a pochi
t9

3.4 Page 24

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chilometri di distanza, a Borgo S. Martino; ma nei sette anni di attività coltivò
molte vocazioni ecclesiastiche sia per la diocesi di Casale, come per la Con-
gregazione Salesiana.
Nell'anno stesso che i Salesiani lasciavano il paese nasceva a Mirabello
colui che divenne il quarto successofe di Don Bosco: Don Pietro Ricaldone'
La coincidenza è fortuita e si allinea con un'altra coincidenza analoga, che ri-
corderemo a suo tempo. Per suo merito Mirabello ritornò alla tibalta della sto-
ria della Congregazione nel L932, quando il Capitolo Generale convocato dopo
la morte del Servo di Dio Don Filippo Rinaldi per eleggere il suo successore,
con votazione plebiscitaria (83 voti su 87) 1o elesse Rettor Maggiore.
Autorità e popolazione riconobbero il lustro che venne al paese dalla gran-
dezza di questo concittadino e, dopo la sua morte, vollero onofafne la memoria
erigendogli un monumento, dello scultore Gaetano Cellini (autore del monu-
mento a D. Bosco nella Piazza di Maria Ausilialice in Torino) per impulso
del Prof. Paolo Ricaldone, cugino del Nostro.
I Ricaldone
Don Ricaldone discende da una famiglia di nobili agticoltori perrneati di
<( monferrinità )>, di cui fu naturalmente intrisa anche la sua gfande anima.
Egli fu il vero monferrino che, cosciente o no, riflette in sé vicende tel-
luriche, storiche e morali che hanno plasmato la sua terra nel corso dei secoli'
La balaustrata aTpina che salubrità all'aria e nitore al cielo; le colline
dolci e serene che temperano la troppa aspefità della cerchia montana; le dure
continue lotte degli antenati impegnati con il tempo awerso per rendere questa
terra feconda di messi e di vini; una primordiale sanità di costumi e un innato
senso religioso della vita che rova nei campi e nei boschi la sua scuola natu-
rale, danno all'uomo monferrino un complesso di caratteristiche che lo distin-
guono da tutti gli altri tipi piemontesi.
Don Ricaldone ficevette dalla sua gente il vivo senso del reale e del con-
creto ma con un pizzico di fantasia che 1o salvò sempre dalla banalità e dalla
p'diigonnoulnezraia;d\\iarcannitecnhzeanaelllerisscithuioazeionalil'pavvecnotmurpalespseer
presi, ma perfetta pa-
e difficili; un naturale e
non pedissequo attaccamento alle abitudini e alle ttadizioni dei padri che si
apre però sempre con interesse ai progressi della tecnica più avanzata.
Tutto monferrino fu il basamento granitico di onestà, di costanza, di per-
severanza, di tenacia nel perseguire i fini propostisi, che diventava {etmezza
nelle difficoltà e compostezza nel dolore. Intollerante della prepoteflza e del so-
pruso, si inteneriva di fronte a un bimbo innocente e alla bontà autentica.
Così pure ereditò dalla sua gente l.a concezione severa della vita, la visione
20

3.5 Page 25

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chiara dei problemi non disgiunta però mai dal soriso e daIl'humor che favo-
riscono la ponderazione e iI buon senso nello sciogliere le situazioni più intricate.
Il ceppo Ricaldone ebbe origine dal Consortile di Canelli e precisamente
da Alberto di Mcntabone
done), figlio di Guglielmo
(dluioCgaon^elmli emzzoartosratrdaa1tlra11i4p2aeesiild1i 1C5a0n.eSllii
e Rical-
veda in
Appendice l'allegato n. 1.
Tra i figli di Alberto appare Manfredo, che fu il primo a intitolarsi << di
Ricaldone »> originando la famiglia tuttora diramata in più linee in Piemonte.
Non esistendo il diritto di primogenirura, queste famiglie frazionarono il
fraeimduaadtsotaterceoinnaseccravomaltnipvdaaogrnepaecr-oòncoc1omemepercoospgcnrriioevmemeilailnGinuioamsrceeosdtdieidl Befegiuslidiooa-ndt'ioc2rhigsi ilinoedro.ovQeputtaeetlrrloei-
moni feudali. Coll'andare dei secoli questi agricoltori nobili si confusero
con la massa della popolazione rurale e il più delle volte non restò loro
che un cognome che ci è indizio della loro ben difierente condizione so-
ciale in tempi più remoti. Fu quanto accadde alla {amiglia di Ricaldone che
si trasferì da Ricaldone a Bergoglio, kazione di Alessandria, poi a Castelletto
degli Scazzosi, quindi a San Salvatore infine a Mirabello.
I di Ricaldone comparvero a Mirabello nel 1602 in persona di Giacomo,
nato a Castelletto degli Scazzosi nel 1562 e morto a Mirabello 17 26 gennaio
7642, figlio di Bernardo (di Manfredo, di Bernardo, di Zanino). Dalla metà
del seicento fino ad oggi mai non mancarono rappresentanti della famiglia nel
2 FxaNcpsco Guasco or Brsro, Dizionario leudale degli anticbi Stati Saùi e della
Lombardia dall'epoca carolingica ai nostri tenpi, Pinerolo 1911, in B.S.S.S., pag. l9)7.
Per Ìe notizie sulla nobile famiglia di Ricaldone cft. i tre volumi di Aldo di Ricaldone,
tutti con Ia Presentazione a stampa di S.E. il Principe Don Ernilio Guasco Gallarati di Bisio,
Presidente del Corpo della Nobiltà ltaliana; Manlrcdingi Consignori di Canelli, Signori di
Ricaldone, Casale M. 1967. Gli Aui di Don Pietro Ricaldone Rettor Maggiore dei Salesiani,
id. 1967. Cli otto secoli d.i storia di una t'amiglia monferrina, id. 1968. E gli Annali del
Monlerrato (951 1708) con \\a Presentazione a stampa di S.A.R. il Principe Vittorio Ema-
nuele di Savoia, Torino 1972, vol. II, pagg. 1277-1285.
Il materiale d'archivio riguardante la famiglia di Ricaldone, radunato in venti anni di
assidue ricerche sulle filze dei notai di Castelletto Monf., Mirabello, Lu, S. Salvatore, presso
l'Archivio di Stato di Alessandria, nell'Archivio di Stato di Torino, negli archivi dei Co-
muni di Ricaldone, Castelletto Monf., S. Salvatore, Lu, Mirabello, Occimiano, negli archivi
delle singole partocchie dei paesi citati, debitamente fotografato e stampato in formato
18x24, tegestato e inventariato, insieme con molte altre carte raccolte presso privati e con
la documentazione delle conferme dei titoli nobiliari, dello stemma e del motto, spettanti alla
famiglia, da parte delle competenti autorità (Tribunale Civile di Casale Monf., S.M. il Re
Umberto II, il Ministero di Grazia e Giustizia del Regno di Spagna, la Lyon C,ourt del
Regno d'Inghilterra) per complessivi 744 mazzi, che costituiscono un fondo archivistico di
alcune migliaia di atti, importante non soltanto per la storia della famiglia e di molti suoi
personaggi, ma anche delle località citate, è custodito presso la famiglia di Aldo di Rical-
done, in Ottiglio Monfemato.
2t

3.6 Page 26

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Consiglio del Comune di Mirabello. In particolare tra il 1750 e il 1870 e anche
dopo, il paese di Mirabello era occultamente guidato dai di Ricaldone, i quali,
potenti per censo e conoscenza, disponevano della situazione locale come me-
glio ritenevano opportuno. I Ricaldone da cui uscì il IV successore di Don Bo-
sco, furono otiginati da Vincenzo di Ricaldone, figlio di Carlo Antonio (nato il 5
novembre 1669 - | 22 agosto 1756 con testamento 7 dicembre 1748, sposo di
Margherita Bellisana il 2 febbraio 1696), come traspare dal pennone genealo-
gico redatto sui documenti dell'Archivio di Stato di Alessandria, che riportiamo
tra gli allegati, n. 2.
Giuseppe Aldo di Ricaldone, nel suo studio: « Gli Avi di Don Pietro Ri-
caldone, Rettor Maggiore dei Salesiani >>, segnala una nota molto curiosa e pro-
fondamente significativa per capire da che <, humus >> {orte venne Don Rical-
done. Egli ha trovato che: << In Monferato nella vasta regione che include i
temitori dei comuni di Castelletto, S. Salvatore, Mirabello, Conzano, Quar-
gnento, Lu, Giarole, Occimiano, << Ricaldone »> è sinonimo di Mirabello. Il
nome della famiglia è così indissolubilmente legato aL paese, da acquistare, e non
solo in Monferrato, eguale significato. Forse la spiegazione deve ricercarsi nel
motto dei Ricaldone che da secoli è ripetuto di volta in volta con scherzosa
bonomia o con acre malignità nella regione:
- Signùr uardémi da la losna, du tròn
e da cui d'la raqa di Ricald6n -
(Signore, difendetemi dal lampo, dal tuono e da quelli della ruzza dei Ri
caldone).
Semplicemente perché i diversi membri della famiglia dimostrarono in
molteplici occasioni un carattere intransigente, nel difendere le proprie idee e
una reazione a coloro o a quanto non si accordava con i propri principi, che li
fece rispettare e temefe »>.3
Questa fermezza vigorosa la troviamo anche in Don Ricaldone; ma come
virtù cristiana, come fofiezza, che per il trionfo della volontà di Dio e 1o svi-
luppo del suo tegno non cedeva alle difficoltà che vi si opponevano, memore
del monito di S. Pietro: <( Estote fortes in fide ».4
Dei suoi parenti a noi interessano maggiormente il padre Luigi, la madre
Candida, 1o zio Don Giuseppe, il cugino Don Antonio, il fratello Ftancesco coi
figli Don Luigi, Don Vincenzo, Don Igino e Suor Felicita.
L'On. Prof. Giovanni Sisto scrivendo sulla gente monferrina osserva:
« Da questa gente generosa, sana, temperante, rude e pia, può uscire il
3 G. A. or RIcarooNt, op. cit., Casale, << La Grafica Monferrina », L967, pag. 55.
a I Piero V, 9.
22

3.7 Page 27

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politico saggio come il soldato valoroso, 1o scienziato come I'artista, l'impren-
ditore aperto come il lavoratore, l'amministratore onesto come il cittadino probo,
il diplomatico come il pastore d'anime.
Ognuno ha le carte in piena regola per disimpegnare con onore la propria
missione.
Se poi al pastore d'anime Domineddio aggiunge quel << quid » misterioso
che Lui solo sa, allora questo monferrino diventa un Don Bosco, Don Filippo
Rinaldi,s Don Ricaldone »>.
Don Ricaldone fu dawero dello stesso spirito dei suoi santi predecessori,
proseguì nella loro scia luminosa; come loro fu condottiero saggio e ardimentoso
e seppe col pacifico esercito dei suoi figli continuare, anzi intensificare I'azione di
diffusione del Vangelo e di un bene ordinato vivere civile da loro intrapreso.
La famiglia
Primo segno di predilezione del Signore per il Nostro fu l'avergli con-
cesso genitori profondamente cristiani. Luigi Ricaldone e Candida Raiteri cre-
sciuti in un ambiente familiare dove fiorivano la pietà e le virtù domestiche, com-
pirono regolarmente la loro missione, di cui apprezzav^no la nobiltà e com-
prendevano la grande responsabilità davanti a Dio. Ambedue forti e rerti: il
padre, nell'esigere dagli altri quella disciplina rigida e intransigente, che egli
stesso seguiva in fatto di pratica religiosa e di condotta morale; la madre, nel-
I'austerità della vita, unita a comprensione benevola verso il prossimo. Ebbero
in dono dal Signore due figli: Francesco e Pietro.
Francesco, il primogenito, venne ad allietare i genitori nel 1862. Passò tutta
la sua esistenza nella casa paterna e attese al lavoro dei campi insieme al padre.
Visse presso i genitori anche dopo aver preso moglie, dalla quale ebbe ben
dodici figli: di questi, quattro abbracciarono 10 stato religioso: tre nella Con-
gregazione Salesiana: Don Luigi, Don Vincenzo e Don Igino e una, Suor Feli-
cita, nell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. uomo di soda virtù e fede
adamantina, condusse vita integerrima, dedita al lavoro e alla tamiglia.
Pietro fu il secondo fiore della famiglia, sbocciato il 27 luglio 1870. La
pietà dei genitori volle Ia sua nascita alla grazia nello stesso giorno; perciò nel
tardo pomeriggio portarono il neonato alla chiesa parrocchiale, dove il sacer.
dote C. Cognazzo, economo, gli amministrò il sacramento della rigenerazione,
imponendogli i nomi di Pietro Lorenzo. Furono padrini i coniugi Luigi Ri-
s Il Servo di Dio Don Filippo Rinaldi, terzo successore di Don Bosco, nacque a Lu
Monfemato (paese
,ioni ecclesiastiche
limitrofo di
e religiose.
Mirabelto)
Nel 1956,
che
per
vanta un
iniziativa
glorioso primato in fatto di
del Parroco locale, si tenne
voca-
il 2'
Congresso delle vocazioni locali; i partecipanti furono oltre duecento. Pet il clero i Sale-
siani risultarono al terzo posto; per le suore la F.M.A. al primo.
23

3.8 Page 28

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caldone e Luigia Buzio, cugini del neonato. Compiuto il sacro rito, fu riportato
alla madre, che lo accolse con indicibile gioia, diventato figlio di Dio, e (come
voleva l'uso) spense la candela che iI sacerdote aveva consegnato al padrino.
La più intima cordialità unì sempre i due fratelli. Quando potevano 10-
varsi insieme efano felici, poiché si sentivano in perfetto accordo di vedute e
di sentimenti. Francesco seguiva sempre fedelmente i consigli di Don Pietfo, e
questi a sua volta aveva una stima grandissima del suo fratello maggiote.
Papà Luigi
Papà Luigi fu un cristiano esemplare, sobrio e deciso difensore della sua
fede.
In lui spiccavano la pietà religiosa e la carità verso i bisognosi. Curava la
recita de[le orazioni e la santificazione dei giorni festivi; era solito anche ren-
dersi conto dell'attenzione posta dai suoi alla predica, e prima del pranzo vo-
Ieva che gli riferissero sull'argomento trattato dal parroco.
Ben sapendo che una educazione fiacca non {otma il carattere, attese al-
l'educazione dei suoi figli in quel modo virile e austero che dà energia al corpo
e all'anima, insegnando loro ad accontentafsi del poco, a liberarsi dalle esigenze
dei propri comodi e accettare di buon grado i sacrifici e le privazioni della vita.
Aveva iscritto i due figli alla Confraternita di S. Michele 6 ed è probabile
che li facesse partecipare fin da {anciulli alle pratiche di pietà proprie della
Confraternita.
A questi mezzi per prevenire il male, univa un'esatta fedeltà nel correg-
gerli non appena si ,manifestava in loro qualche {allo.
Un giorno Pietro disobbedì alla rnadre. Conosciuto il fatto, papà Luigi
chiamò a il figlio. Pietro confessò la sua mancatza, ma egli 1o punì ugual-
mente anche se la confessione era stata sincera, e aggiunse che se fosse rica-
duto, il castigo sarebbe stato molto più grave. Don Pietro ricordò che disub-
bidì ancora e che poté evitare la punizione paterna solo perché il papà non ne
venne a conoscenza.
Vigilava perché la loro innocenza fosse difesa da ogni pericolo. Alle nove di
sera, figli e nipoti dovevano trovarsi a riposo. Una volta Vincenzo, figlio di
Francesco, arrivò a casa un bel po' dopo le ventuno perché trattenuto da un
impegno imprevisto nell'adunanza dell'Associazione Cattolica. I1 nonno aprì la
faindeosrtLmraairdeseudlalaobvsoeunsateàsi tdsatitazctaouoefirneaolnraeudgll'aeozsrzueor-cc.izhieoEadtVteeilnnladceecvnaazriotdàpisavsseesròssoelami pnploioctevtemeresi unellgrfa;iep-nriolevV.e2r-'
6 Nella Parrocchia vi erano due Confraternite: quella di S. Michele e quella di
S. Sebastiano; i Ricaldone per consuetudine appartenevano alla prima.

3.9 Page 29

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biale. La porta di casa Ricaldone si apriva sempre ai girovaghi (figure caratte-
ristiche delle nostre campagne), che trovavano accoglienza cristiana: per tutti
c'era un pane di frumento, impastato in casa e cotto al forno del paese, un piatto
di minestra, un bicchiere di vino schietto, un confortevole pagliericcio per pas-
sare la notte al coperto. E non dimenticava i poveri del paese.
Come era uso, durante le lunghe sere invernali nella sua stalla si radunavano
i familiari, alcuni vicini, i girovaghi di passaggio. Mentre le donne attendevano
a lavori di rammendo, gli uomini discorrevano dei loro affari e i bambini si
divertivano sino al momento in cui il bisogno di riposo li riduceva al silenzio
e alla immobilità. A un certo punto si recitava la corona del Rosario, guidato
da mamma candida; poi Francesco leggeva gli Atti dei Martiri. Non era lecito
a nessuno dei presenti fare rimostranze o rifiutarsi di pregare. II padrone di
casa 1o avrebbe mandato all'aperto. Guai poi se a qualche imprudente o temerario
fosse uscita di bocca una bestemmia o un discorso sconveniente; papà Luigi non
tollerava tali disordini in modo assoluto.
Quando venivano in paese conferenzieri cattolici a tenere comizi io piazza,
egli si trovava presente coi soci della Società di S. Giuseppe per sostenere le
proprie ragioni.
Fu un gran lavoratore, dalla fibra robusta. rJna volta sentendosi poco
bene chiese alla moglie una tazza di camomilla; quando l'ebbe, la portò alle
Tabbra, ma... \\a camomilla non andava giù. Allora domandò un dito di vino...
di quello là! La moglie portò la bottiglia presa dal cosidetto infernotto, il pic-
colo locale ove si conseruavall vino migliore. Papà Luigi ne versò un poco nella
tazza; poi bevve una sorsata del miscuglio; e continuò a mescere a a sorbire fino
all'esaurimento del vino e della camomilla. Alla fine disse alla moglie: << Grazie
candidin, la tua camomilla mi ha fatto proprio bene »>. E andò al lavoro.
Di carattere austero non dava luogo a manifestazioni sentimentali. « Lo
vidi piangere solo una volta, ricordò Don Pietro, quando tornai dalla spagna, do-
po la morte della mamma. Entrai in casa e papà mi accolse con queste sole
parole:
subito
s-i
11 §6n c'è
ricompose »>.
più!
»
-
E due lacrime scesero lungo le guance. Ma
Fu anche sindaco del paese, dimostrandosi amministratore integerrimo e di
grande criterio pratico. Cattolico tutto di ufl pezzo, sventò e si oppose a ogni
tentativo di inftodurre nel comune e nella scuola persone di dubbia pratrca
religiosa.
Mamma Candida
La madre di Don Ricaldone era una santa donna, più stimabile per le ric-
chezze dello spirito e de1 cuore che per quelle della fortuna. Aveva un'anima
pura e semplice, ma in pari tempo nobile e generosa. La sua pietà affondavale
25

3.10 Page 30

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radici nell'amore di Dio e del prossimo e si nutriva di preghiera, di spirito
di sacrificio, di opere buone.
Prima a lasciare il letto di buon ,mattino, al suono dell'Aae Matia si av-
viava alla chiesa per assistere alla santa Messa e accostarsi alla mensa eucaristica.
Poi attendeva a rigovernate 7a casa. Orientava I'operosità quotidiana verso Dio
e si abbandonava con piena fiducia nelle mani della Pror,'videnza in ogni eve-
nienza.
Una volta, quando era prossima la vendemmia, la grandine distrusse tutto
il raccolto. Possiamo comprendere come rimasero mortificati gli uomini nel
vedere annullato in pochi minuti il frutto delle fatiche dell'anno! La mamma
si limitò a esclamare: << Preghiamo... ahl i nostri peccati..' ».
Tenerezza di sposa verso il ,marito. Amava sinceramente e dimostrava di
com,prendere il carattere forte e buono del suo Luigi. Con delicate sollecitudini
cercava di essergli di aiuto nel governo della casa perché vi regnassero ofdine,
pace, santo timor di Dio.
Del resto anche lei era austera con se stessa, per cui i due coniugi si in-
tendevano perfettamente anche nell'educazione di figli. Pregavano in comune e
insieme condividevano la sollecitudine per i poveri e i bisognosi. Papà Luigi
lasciava, anzi godeva che la sua Candida servisse i poveri, li visitasse nelle
loro malattie e provvedesse ai loro bisogni. Vivendo in campagna, non rafe
volte arrivavano alla cascina poveri fuggiaschi ricercati dalla polizia, ed essa da-
va loro ospitalità e aiuti. Una notte bussarono alla porta due individui, evasi
dalle prigioni, con le catene ancora ai piedi. Mamma Candida diede loro ospita-
lità e, vestitili, li lasciò partire all'indomani di buon'ora esortandoli a cambiar
vita e a pensare alla loro anima.
Tenerezza di madre verso i figli. Don Ricaldone ricordava che nelle sere
d'inverno passate nella stalla, quando s'accorgeva che stava per cedere al sonno,
1o avvicinava e lo trascinava o 1o poftava a riposo. Ma prima di metterlo a letto
lo invitava a dire le preghiere del buon cristiano. E poiché egli non riusciva a
tenere gli occhi
soltanto giocare
aperti
e non
gplriegsuasres.urSrauv,ariapmetoi rceovnolmmeenatelm' -enoAl'hin,voPciadzriionn, etuavSuaoni
Giuseppe:
San Giuseppe Verginello,
custode di Maria e Gesù bello,
custodisci l'anima e il corPo 'mio,
a{finché non offenda il mio Dio,
1o riceva in Sacramento,
per morife Poi contentol
Preghiera sgorgata limpida e fresca dalla devozione popolare vefso l'umile
e grande Capo della Sacra Famiglia, trasmessa dalle buone madri alle proprie
creature.
26

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Tenerczza di madre verso la nuora e verso i nipoti. Alla nuora dava con-
sigli inerenti alla sua missione; e poiché doveva aiutare il marito nei lavori
di campagna, la suppliva nel sorvegliare i nipoti. Fu lei che li allevò nel santo
timor di
il frutto
Dio: e le quattro
della sua pietà.
vocazioni
religiose
sviluppatesi
tra
loro
furono
anche
consacrava la domenica alla santificazione del giorno del signore, come
vuole lo spirito della Chiesa; quel giorno Io distingueva indossando l,abito detto
« della festa ,, com'era uso nelle nostre campagne, e dedicava il poco tempo
libero alla lettura della Filotea e del Bollettino Salesiano. Inoltre seguiva Ia
pratica della via crucis, alla quale faceva partecipare figli e nipotini.
Possedeva la scienza degli umili che camminano alla presenza di Dio, ab-
bandonati alla sua Divina Provvidenza, e vivono mantenendo familiare il pen-
siero della morte.
a ripo-sarPeazailelanz«alre-muelisncala»m>.ava in circostanze dolorose; -
La << remulina »> indicava il cimitero.
dopo tutto andremo
Lo zio Don Giuseppe
Lo zio, Don Giuseppe Ricaldone, era sacerdote grave nell'aspetto, buono e
colto, esemplare per pietà e zelo, molto caritatevole verso i poveri.
Per parecchi anni fu apprezzato insegnante di morale nel Seminario Dio-
cesano a Casale Monferrato. Colpito da disturbi artritici che lo resero claudi-
cante, si ritirò a vita privata nella sua casa (di fronte a questa Don Bosco aveva
costruito il Collegio Salesiano), dove celebrava 7a santa Messa in una stanza
tasformata in Cappella. Il piccolo Pietro (Pidrin, o pidrulin, coms lo chiama-
vano) ed altri suoi compagni servivano come chierichetti.
Dopo la celebrazione egli li intratteneva bonariamente raccontando fatti
della storia sacra o spiegando qualche domanda del catechismo; poi li mandava
a divertirsi nel cortile. A poco a poco iragazzi aumentarono di nuÀero. Don Giu-
seppe allora, accordatosi con certo Gambaro Angelo, impiantò nel cortile il
passo-volante, Ie sbarre ed altri atttezzi, e nacque l'Oratorio festivo, frequentato
da un bel numero di ragazzi.
Inoltre istituì la Società cattolica di s. Giuseppe, che aveva sede nella
sua casa. I soci nelle feste principali distribuivano regali ai giovani dell'Oratorio
e nei giorni di carnevale procuravano divertimenti adatti, quali la rottura delle
pignatte, corse, ecc.
Prestò I'opera sua come insegnante di teologia al chierico salesia,lo Gio-
vanni Bonetti, che, come si è detto, faceva parte del personale del piccolo se-
27

4.2 Page 32

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minario aperto a Mirabello e doveva completare lo studio della teologia in pre-
p^r^ziofle alla ordinazione sacerdotale.T
Nello zio Don Giuseppe il giovane nipote ebbe un vero angelo custode,
che vegliò sulla sua adolescenza e gli prestò appoggio sicuro nei momenti più
difficili. Fu lo zio che consigliò papà Luigi e mamma Candida di avviare il figlio
agli studi; che li consigliò di affidare |a sua educazione ai Salesiani; che sug-
gerì al nipote di entrare nella Congregazione Salesiana. E quando Pietro al-
i'età di 19 anni a Valsalice aveva iniziato la dura lotta per Ia riforma interiore,
fu ancora lo zio Don Giuseppe che 1o sostenne: << Tu
gli scrisse con
sulla vetta del
profondità di intuito
monte o in fondo al
-precqipuiizniodi
non
>>.
sei uno spirito
puoi stare sul
ardente
piano,
m- a
Don Ricaldone, scrivendo di lui a Don Barberis da utrera, lo chiama <( gran
cooperatore e tanto amico di Don Bosco »>'
ll cugino Don Antonio
Insieme allo zio, Don Ricaldone ricordava con gratitudine un aluo << angelo
custode >>, il cugino Don Antonio RicaLdone, figlio di Vincenzo. Era maggiore
di lui di due anni; 1o ebbe compagno di giochi a Mirabello e poi di collegio
a Borgo S. Martino per tre anni. Compiuto l'anno di quarta ginnasiale, nel 1884
enffò come ascritto nel noviziato di S. Benigno Canavese e I'anno seguente emise
la professione religiosa.
Da tempo nutriva il pensiero di andare missionario; nel noviziato il de-
siderio si era consolidato e durante il corso filosofico ne scfisse a Don Bosco'
La sernplicità della lettera dimostra quanto vivo fosse 1o spirito di famiglia che
regnava nella giovane Società di S. Francesco di Sales.
Molto Reverendo Padre,
com'Ella già in parte saprà
volle esser larg"o con me nelle irre
da,ll'ultima
grazie, tanto
mia
che
che le
io rr^elle
scrissi, il . Signore
mie_ preghiere non
cesserò in eter*no di ingraziarlo, e-fra le altre darmi que11a della vocazione di
missionario.
Io già non
pretendo
che
ella
m'invii
tosto
nelle
missioni,
ma
solo
le
dico
il
mio desiderio che da molto tempo nutro in petto.
In vero al pensare alla mia vita passata, piena di peccati, non posso {are
u -.no
grande
di aspettarmi da Lui
di Dio! Egli non solo
altro che castighi; ePpufe, ueda 7a
mi volle rorre dal mondo col farmi
misericordia
studiare, ma
Da oBnorBg7ooNnSee.tltMi,1a8ilr6t5iqÀuDoa.oleDnudBtiraoensstcseoelairlicshCuioaalmlpegrimoaafTnineoonrzinaaola1D8M7o-i0nta, b.Raeull1laoo,e1DalolcnusBui ooillpeCottosiltlomegaeinoletsefsnuenefdfairsseeftmetorpirtroee
ottime" relazioni con Don Giuseppe, di cui ammirava la pietà e lo zelo'
28

4.3 Page 33

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si degnò ancora di darmi la vocazione di sacerdote e di più di sacerdote sale-
siano e di più, voglia il cielo che s'eseguiscano i miei voti o almeno che in me
duri sempre questo santo desiderio. di più, dico, di missionariol
Ah, caro Sig. Don Bosco, e non è questo uno dei più segnalati benefizi
che il Signore mi abbia fatto?
Io mi sento dunque un bisogno di ringraziare il Signore con una vita
tutta santa e piena di opere buone e di fatiche e di sacrifizii.
Se consideromi dal lato mio, vedo che son privo di tutte le virtù e che
non posso sopportare neppure un minimo travaglio, ma considerando che il
Signore sarà meco colla sua grazia, son sicuro che con essa riuscirò a far tutto.
Se adunque, o caro Sig. Don Bosco, desidera che io vada nelle missioni
sono qui pronto, solo confido nel Signore; se poi giudicherà meglio che io
stia in Europa, sono anche prontissimo a fare \\a volontà di Dio e dei miei
superiori.
Quello che maggiormente mi preme si è che desidero molto e la prego
quindi di ticordarsi di me nelle sue preghiere ed io farò almettanto, col
ricordarmi sempre di lei, specialmente nella S. Comunione; mi benedica per-
tanto e prostrato ai suoi piedi Je bacio riverentemente le mani professandomi
della V. paternità.
S. Benigno Canavese, 2 febbraio 1886
umtlissinto e deuotissimo seruitore
Ch.co ANroNro Rrcer,ooNr
Ultimato il corso filosofico, fu destinato da Don Bosco alla Casa di Sarrià
presso Barcellona da dove l'anno seguente passò a Utrera; qui nel 1890 lo rag-
giunse il cugino, anch'egli ormai chierico salesiano. Morì nel 1903, direttore
della Casa di Ronda. Toccò a Don Ricaldone, Ispettore della Betica, comunicare
ai Salesiani 7a notizia della sua santa morte e scrivere di lui esaltando le sue
virtù religiose.
29

4.4 Page 34

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CAPO II
NEL SEIVE LA FUTURA OUERCIA
Le prime classi elementari
A Mirabello la signora Lauta, moglie di Angelo Manfredi,r maestro co-
munale, accoglieva nella propria abitazione i bambini che le famiglie le affida-
vano; non aveva i1 titolo legale, ma usufruiva dell'assistenza che le prestava il
marito. Abitava in un appartamento al primo piano dell'edificio costruito da Don
Bosco e da questi in seguito venduto al Municipio; cosicché il piccolo Pietro
ricevette la ptimissima istruzione in quell'ambiente dove avevano lavorato i
Salesiani sino a pochi anni prima.
I bambini non erano numerosi e avevano modo di divertirsi in un ter-
razzo, che si apriva a levante; questa era senz'altro la principale attività di quegli
innocenti, tra i quali il nostro Pidrulin si distingueva per la innata vivacità, che
non gli permetteva di stare quieto quando la signora Laura sospendeva il diver-
timento e tichiamava l'attenzione sulla « lezione >> del giorno. Un coetaneo di
Don Ricaldone ricorda che nelle innocenti birichinate possibili a quella età Pi-
drulin si mostrava il più avveduto.
All'età di cinque anni la sua memoria regisffò un avvenimento smaordinario,
e cioè Ia uemenda inondazione awenuta a Mirabello nella notte del l0 agosto,
causata dallo sftaripa,mento di un torfente (ora coperto) che atffaversava la
piazza. L'acqua raggiunse m. 2,75 di altezza.
Don Ricaldone accennava scherzosamente ai rii di Mirabello come ad una
caratteristica del paese. Un giorno, avendo commensale a Valdocco il magistrato
Aw. Giovanni Provera di Mirabello 2 gli diceva con quel suo bel modo di raccon-
I Angelo Manfredi fu maestro comunale a Mirabello per 41 anno; era pure orga-
nista della chiesa parrocchiale. Condusse vita cristiana ineccepibile e si prestò per tutte
le opere parrocchiali; in particolare per il Ricreatorio Maschile Ven. Don Bosco. Don Ri-
caldone 1o ricordava con riconoscenza e gli mandava ogni anno gli auguri per il suo
onomastico.
2 L'Aw. Giovanni Provera è il fratello dell'Ing. Angelo, che nel 1938 in omaggio
a Don Ricaldone fece donazione ai Salesiani dell'Istituto di Mirabello. L'Avv. Giovanni
fu per parecchi anni Presidente della Corte d'Appello di Torino e in seguito Presidente
di Sezione alla Corte di Cassazione di Roma.
30

4.5 Page 35

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gatael rsretio'Nd-de'lalilamTEseoccrccuaeioavlllia,eganleiazllearmdi, eeLdnle'ltmaai rasCeagaeismcbrhbapeetuocsaotcmrMionenairtp,ainrabiumlearlovlioamdcs'aloiaerssrGtiodrorneaoninldaqsoui-:ga.n-totrrSoAoanfrlirguirseimolodid'Mel-al.aI'onVsferEperintdeaai.,,l
che per le sue belle doti godeva meritatamente la stima della popolazione. Bo-
nario e paziente, trattava i fanciulli con molta delicatezza e gli scolaretti gli
volevano bene. Anche la vivacità del Nostro trovò in lui quel buon senso che
sa comprendere, tollerare, moderare senza offendere la persona. Poiché, in realtà,
a giudizio di chi 1o ricordava più tardi, il nostro Pidrulin aveva bisogno di es-
sere sopportato con pazienza. Vivacità c agilità 1o carutterizzavano. Ecco un
paragone espressivo della sua agilità.
Don Bartolomeo Fascie,3 Direttore Generale degli studi, quando andava a
visitare il collegio di Penango si compiaceva di rivolgere una domanda (sempre
lPtcau'imettstietr,eosp'nsdearaf)cuhpa'iéinlccsC-ouollolae?d(iesu-urtaeorlesAavnbeFcblrhtaroaencclaeaolsemcgrioegsipaPuovnrsaoatavsefeaemriarnpaaare)sd.eiiDml M'psaroilertrraroilbsanoed.lsleote:sris-uas:c-iCvoamAseiml'eeprraaatiDcsoovinca
Nella seconda elementare ebbe maestro il signor Pietro Gabotto, buono
ma severo; non era però severità arcigna e repellente, ma si palesava fondata
sulla bontà, anche se induceva gli alunni svegli a commettere qualche atto di
indisciplina; in tali casi il maestro ricorreva al castigo. Non c'è dafarc meraviglia
se la vivacità del Pidrin meritasse sovente il richiamo dei genitori non solo per
scappatelle comprensibili, ma anche per la poca applicazione allo studio. Oggi
al fatto non si darebbe grande importanza, ma a quei tempi non si pensava
come oggi.
Ecco un esempio. Il padre aveva incaricato uno dei nipoti, certo Girolamo,
di assistere il Pidrin nel doposcuola, quando arrendeva ai compiti scolastici. 11
fanciullo però non si dimostrava ffoppo contento prestava troppa attenzione
alle spiegazioni del cugino: cosa naturalissima! Non si trattava di svogliatezza,
ma di impossibilità fisiologica; per 1o stesso motivo non si impegnava nel fare
i compiti assegnatigfli; inolre talvolta sbadigliava... Il ripetitore allora senten-
ziava gravemente' - e I'asino sbadiglia! -
3 Don Bartolomeo Fascie « fu l'ultimo dei
udite da Don Bosco >> al quale aveva confidato
Superiori che ci
la iirezione della
p-saurlaasasneimcoandlae['éptaàroldei
diciotto anni ai ventidue, quando dalla natìa Finalpia veniva a Torino per frequentare
l'Università. Fece i1
due.anni, ispettore
pnoevrizdi^oLdoic^i
27 anni e la profesiione religiosa a 28. direttore
e Direttore Gènerale delle sòuole e degli studi per
per
i8.
Intelligenza suprcriore, vasta cultura, cuore grande.
zione fu modello di osservanza religiosa. Amò it
Per la pietà e
nascondimento.
1o spirito di màrtifica-
Dopò aver lungamente
meditato la pedagogia di Don Bosco, si impegnò per farla conoscere ìome mezzo-insosti-
tuibile di apostolato giovanile.
4. Fr_ancesco_ Provera, di Mirabello, nel 1913 si ritirò ne1 collegio salesiano di Penango.
Volendo farsi salesiano, nel 1917 fu mandato nel noviziato di Foglizzo, dove {ece la prii,a
professione nel,1918 all'età di 60 anni; tornato a Penango fecè la professione perpetra
nel l92L; mandato poi nella casa di Mirabello, vi morì nel L942 a 84 anni di ìtà (era
nato nel L858).
3t

4.6 Page 36

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Ad ogni modo quello se ne dolse con lo zio, il quale fu pronto ad appli-
carc la correzione. <<
mani verrai con ,me
Nadonarvaureoi»>s. tEudli'ainred?om- andiisasleleaql ufaanttcroiuldloepl ampaàttLinuoigIio-
Do-
caricò
ancora addormentato sul carro e lo condusse nei campi. Durante il tragitto il
piccolo continuò a dormire; ma arrivato sul posto, dovette guidare i buoi, te-
nendo per mano la corda legata ai due capi alle corna della coppia, mentre iI
padre reggeva con mano ferma la stanga (timone) dell'aratro, che tracciava il
solco.
La mamma intervenne prontamente presso il marito in favore del figliuolo,
mSeaniolDnpoavnudRoteliecvaslodtloulendeiainrrseici,sotveredrneagvanaeallelc2favres6t1qigau1oesna-tni.crhaecciolmgainodrnaoziosneigdueelnlateb, uriopneatemnadmo:m-a:
-qnuoanPrt1oidodreimnse,atatnehirlag-iignaer(dpPòpienur.ri.en. oSa, tqùoudhaiagtltiooScrdehiectr'ie!)fl.alonnee!nSt eginuodnis'imaetstei tgaiundi,iztiiot'lao
fa nent a
sette anni,
Le scappatelle del fanciullo non si possono dire atti coscienti di indisci
plina, ma più che altro esuberanza c^ratteristica della sua struttura psicologica.
Anche quella disobbedienza che rimase impunita perché il babbo non ne
venne a conoscenza è frutto della golosità propria di tutti i bambini. Ma un
pafticolare mostra già la tenacia del futuro Don Pietro nel perseguire quanto gli
stava a cuore. Ecco il fatto. Passando un giorno davanti al forno dove la madre
soleva portare il pane a cuocere e dove gli era stato proibito di entrare, Pi-
drin vedendo il fornaio che sfornava dei Colci, entrò per chiederne uno. Gli
fu subito dato, ma così, scottante com'era, sulla sua manina tesa. La golosità fu
più forte del dolore e il piccolo ebbe il coraggio di sopportare la scottatufa
piuttosto che abbandonare il dolce.
Altri episodi manifestano la sua vivacità. Egli, il cugino Antonio e altri
cinque o sei compagni di classe avevano formato una combriccola e se la in-
tendevano perfettamente nel cercare le occasioni per divertirsi. Un pomeriggio
di primavera il Pidrin invita gli amici a casa sua per cercare nidiate sugli olmi
che stavano allineati in fondo
dice; e senz'almo si arrampica
al cortile. Appena sul posto:
sulla pianta più vicina'mentre
-i
coSmaplgaognioi d-a
egli
terra
s-pciaruntLataan.o..ritcLtaeetcisarpaeèmseiinedfr1iuoqttguuueoidlslaaan;goiannlnleoalrlsaaticrpiacaessrscoaan:aod-paugPnaatesinedcasoiuncd; aagl,uzaoprnodcaiinaai ddeeùsdntraaal,lateercczcaa.-
micia, che vanno a brandellil Arriva in buon punto la mamma... Al suo ti-
chiamo egli scende, malconcio e mortificato: gli amici si allontanano mogi mogi,
mentre egli, come protesta, si fa trascinare verso casa dalla madre, che lo rim-
provera.
Un'altra volta rovistando tra i pali e vari arnesi depositati sotto la tettoia,
la compagnia scopre una ruota e I'asse di un bamoccio. <r Facciamo un passo-
volante >> suggerisce una voce. Ed eccoli al lavoro: interrano un capo del['asse,
sul capo opposto innestano la ruota, a questa attaccano cofde... e il passo-
volante funziona. Li sorprende in quel divertimento papà Luigi; dapprima
)2

4.7 Page 37

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t"
k
I 3l, r T rr
I II
Facciata sud della casa natale di D. Bicaldone
F
ifli
,1, t
'':L:t'"t*
Facciata nord della casa paterna, col busto di D. Bicaldone.

4.8 Page 38

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4.9 Page 39

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sorride, 'ma poi accortosi dell'instabilità del sistema, ne ordina 1o smantella-
mento-
c_hia,leunina
domenica gli amici stavano presso il campanile della chiesa parroc-
attesa del terzo segno per entrare a servire la messa. Pidrin approfittò
dile'lptreimmopocodrisnpicoionnibeiledeplercadmarpeanspileettea,coalolledgrioacerodbiasziniav:oalrtroa,mipnidcuaundnoasivarangtigie,rnisne-
dietro mentre i compagni assistevano, ridendo, a quella prodezza. Ad un certo
punto
vando
si
il
sente gridare'
sacrestano. Fu
u- n
Viene Piot, quaranta capelli!
fuggi fuggi generale di quelli
c-he
Infatti stava arri-
erano a tena; pi-
drin non ci pensò più che tanto e... fu a terra con un salto; riportò una leggera
distorsione che non gli impedì di raggiungere i compagni.
I1 sacrestano era un brav'uomo, di nome Pio. Aveva i capelli così radi, che
lasciavano scoperte molte zone del cranio, per cui 1o chiamavano: <, piot, quaranta
cavii »>. I chierichetti provavano gusto a farlo inquietare, nascondendo o tra-
sportando di
li sgridava.
posto
1o
spegnitoio,
le
scope,
ecc.
ed
il
brav'uomo
si
infastidiva
e
Alle birichinate si aggiungevano le scorrerie e le gite nei vigneti. Evasio
Castellaro, coetaneo del Pidrin ed uno della combriccola, ricorda che seguendo
l'usanza paesana di festeggiare il ferragosto con una merenda quandJ l'uva
cominciava a colorirsi, il gruppo manifestò a mamma Candida il desiderio di
fate 7a scampagnata nei vigneti di papà Luigi.
La buona donna accondiscese e preparò il cestino con l'occorrente per tutti
affinché stessero allegri: pane, salame, formaggio, pollo, e... vino. La passeggiata
fu piuttosto un rincorrersi l'un 1'altro, in garu peiarrivare prima sul postalnel
vigneto poi le fermate presso gli alberi da frutta si alternavano con le corse lungo
i {ilalj alla ricerca del moscato di Spagna; finché, fermatisi all'ombra di una pianla,
ordinarono le provviste sulla tovaglia che la mamma aveva aggiunto e li con-
sumarono allegramente. Un bicchiere di vino genuino alzò il iono dell,allegria.
Don Ricaldone a sua volta ricordava le impressioni indelebili del p".iodo
della vendemmia:, 1,a raccolta dei grappoli, il ritorno lieto del carro ricolmo di
uva, tra i cori festanti dei contadini. Tali rimembranze gli suggerirono poi a Ca-
nelli l'adattamento << vendemmiale » alla musica u"rurrr.nt. mLferrina ii o M"-
gna Giuana >>: viva I'autunno - dolce stagion della vendemmia - oh oh...
Nel Collegio Salesiano di Alassio
Se la tettoia , |'aia, la f1la di olmi che per un lato ra ombreggia, il fienile,
ci parlano dei giochi, della vivacità, delle birichinate del pidrii; se la stalla,
l'ampia cucina, le stanze superiori ce 1o fanno rivedere in attento ascolto degli
adulti, o unito alle loro preghiere fatte in comune, o alle prese con qualche l-a-
voretto manuale più gradito dei doveri scolastici che erano sempre un po, ac-
cantonati; la scala grande a pianterreno era invece gradito porto Ji ritrovà defla
famiglia, dei parenti e di quanti avevano bisogno di un consiglio.
33
3

4.10 Page 40

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In essa papà Luigi riceveva amici, per§onalità del paese e dirigenti delle
Confraternit.
sostenesse la
. i"n loÀ dirc.rt.ua e concertava opere di bene perché in
moralità dei costumi, l'onestà della vita, i principi della
tutto
fede'
si
Ma soprattutto ci piace vedefe qui i più §tretti congiunti di papà Luigi e
di mamma Candida, primo fra tutti Don Giuseppe.
Ricco di prudenza, di calda umanità e di fede limpida, a lui,facevano capo
quando lu *r'turru delie vicende giornaliere cominciava a ingarbugliarsi. Tale
eìa il caso del piccolo Pietro, così diverso da Francesco calmo e misurato; sem-
brava proprio ihe cercasse di disordinare la trama finota sempre lineare e pa-
cifica della famiglia.
La vivacità di Pidrin fu così più di una volta argomento di apprensione
e di discussione ta i familiari nell'estate del 1879,
decisione per I'imminente nuovo anno scolastico.
in cui bisognava prendere una
Papà Luigi lamentò il compor-
tamento àel figlio che, ormai di nove anni, non dava speranza di migliora-
mento, nonost;te la severità del padre, i richiami affettuosi della madre e il
buon esempio del fratello.
Don Giuseppe osservò che un cambiamento di ambiente, l'allontanarlo da
quanto gli era motivo di continua distrazione, il metterlo in un clima di maggior
raccogliÀento avrebbe orientato Ia vivacità verso una attività scolastica più
proficua.
Era una considerazione giusta, ma dove trovare questo ambiente, si doman-
dava papà Luigi e soprattutto mamma candida, che pur nella sua austerità ca-
piva che il figl"ioletto era ancof un fanciullo bisognoso di vig,ilanza materna più
.n. ai una disciplina la quale avrebbe potuto farne un ribelle? Don Giuseppe
allora espose il suo progetto: affidare il piccolo monello ai Salesiani. Egli co-
nosceva il
Religiosa.
cPliimdrainf,apmoiiciaorJa,lla1avcoolmtap, rseinssiaorne.bbde"iogriieonvatantiodsieqnuzeasctahenuilovsauoFatemmigpleia-
ru-àn,o corresse il rischio di non essere compreso; anzi assicurò che avrebbe
avuto una giusta valutazione e i suoi aspetti positivi sarebbero stati valotizzati
ed elevati. Lonsigliò quindi i genitori di affidare il rugazzo ad un Collegio Sa-
lesiano, dove avrebbe goduto di un regime disciplinare basato sulla carità, e
in seguito avrebbe potuto proseguire gli studi.
I1 consiglio di Don Giuseppe venne accettalo; ofa si ffattava di scegliere
tra il Collegio di Borgo S. Martino e quello di Alassio.
\\a prefercnia, quantunque molto distante; proba,bilmente
Quest'ultimo ottenne
perché i genitori pen-
,rrr^no che il clima miie e l'aria marina avrebbero giovato allo sviluppo fisico
del figliuolo.
òon Ricaldone diede alla scelta un altro motivo, e cioè: essendo un po'
troppo scappatello, i suoi parenti 1o mandarono ad Alassio per non aver a temere
di una ,rru frgu. ciò vuol dire che l'ipotesi di una << fuga )> era stata pfospet-
tata in famigli"a. Comunque sia, il Pidrin nell'ottobre del 1879 lasciò il paese, gli
amici, i coÀpagni di scuola e si trovò in riviera, in un lembo della Liguria
1a i più fuuorit"i dalla natura: Alassio. Quanta diversità nel panorama! Le belle
)4

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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colline erano sostituite da una massa pianeggiante di acqua senza confine: il mare,
e da una cornice di monti, coltivati a oliveti.
,, Non più i genitori si occupavano di lui, ,ma molti preti; e invece del fra-
tello e dei pochi intimi compagni mirabellesi, altri compagni assai più nume-
rosi provenienti da regioni diverse.
In quell'anno scolastico 1879-1880 frequentò la terua erementare.
i
Due cose sono notevoli. Poiché non aveva fatto ancora la prima comunione,
Superiori non vollero che fosse rimandato ulteriormente l'irrcontro dell'anima
sua col Signore e 1o prepararono al grande atto. In quell'occasione solenne il
cuore dei genitori gli fu vicino con l'affetto e la preghiera, e i superiori sup-
plirono alla loro assenza circondandolo di attenzioni pariicorari.
A fine d'anno ottenne la promozione, ma il uoto dl condotta confermò la sua
grande vivacità, che gli aveva reso difficile l'adattamento alla disciplina del col-
legio. Ritornando più tardi col pensiero ad Alassio, affermava di aver dato non
poco da pensare ai superiori; e soggiungeva: << rl buon Don cerruti, allora di
rettore di quel collegio, se ne ricorda certamente ».s
Ad Alassio
Bastarono pochi
ebbe
giorni
la possibilità di fare la cura
per distendere sul suo volto
di
una
spiaggia: sole e acq-puear.
putiÀ" abbronzata,
cui quando tornò al paese fu oggetto di meraviglia e di risate da parte dei com-
pagni: egli cefcava di sottrarsi ai loro motteggi appartandosi.
Don Ricaldone ricordò i « bagni di Alassio » al XVI capitolo Generale,
mattando della « Modestia cristiana )>, per ricavare ed inculcare un utile inse-
gna,mento. Riportiamo le sue parole:
I<<
ricordo
superiori
che negli
ualitibmagi nmi edseii(gdieolvl'aannin. o-
Nel 1g7g 6
scolastico) ci
era alunno ad Alassio e
conducevano nel pome-
riggio alla spiaggia per il bagno, debitamente assistiti dal prefetto col bagnino
e da altri confratelli sacerdoti. Noi
ptendere il bagno. La piscina, dove
non abbiamo mai visto i
c'è, si consideri come un
nostri
piccolo
Superiori
mare. se
vi è bisogno per ragioni di salute, si I'opportuno permesso, ma non allonta-
niamoci dal pensiero e dall'orientamento di Don Bosco. Non si malascino mai
le più severe cautele per evitare danni {isici e morali... »>.?
A Borgo S. Martino
Indubbiamente i genitori notarono un cambiamento in meglio nel figliuolo;
ma furono d'accordo che conveniva farTo ritornare in collegio aiche per ifnuovo
anno scolastico. Non più però ad Alassio, anche perché il figlio del Maestro
dd.ee.l.llec^a56SpcSTi^trioloellolenegtusSgunaa,lp:eaes1nri8aino8nir0ee.d;:oiipllosp,erncimoenol d.,1o9v,1eC1no,enrsasinigdtlrioeorvpèòePrarlnoecfeobs,resanioecnmoalneer.eDnozen
ceruti, ambedue membri
e per l"età, dlt bir.rù;;
7 A.C.S., Anno 1947, N. 141, pag. 51.
35

5.2 Page 42

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Manfredi, finito il ginnasio, non vi
tonio sarebbe entralo nel Collegio
faceva ritorno. Nell'ottobre
di Borgo S. Martino per
suo cugino An-
iniziare il corso
ginnasiale; è molto ptobabile che lo zio Don Giuseppe abbia suggerito ai geni
Iori di ,mandarvi ,.,.h. 11 Pidrin, pensando che nell'esempio di Antonio, che era
molto buono, avrebbe trovato uno stimolo a comportarsi bene. A Borgo S. Mar-
tino si fermò tre anni, dall'ottobre 1880 a tutto il 1881, e frequentò \\a qtarta
elementare, la prima e seconda ginnasiale
riodo i suoi gànitori non andarono mai
e
a
pafte
fary7i
della terua. In tutto
visita, quantunque
questo pe-
la distanza
non fosse -oltu. Così, forse, consigliava I'austerità paterna; ma non vi è dubbio
che la visita della rnamma, almeno in occasione delle feste principali dell'anno,
avrebbe giovato non poco al rugazzo. L'affetto materno ha una forza di pene-
trurione,th..ron t.ouì confronto in alcun altro sentimento umano: lo sguardo'
il gesto, la parola della madte avvolgono l'anima in una atmosfera di tenerezza
ine"sprimibilà, di serenità, di fiducia, di speranza che muovono l'anima al bene.
Di questi tre anni accenniamo alle cose principali che hanno qualche ti-
ferimento coll'avvenire del giovane. Al primo anno ebbe come direttofe Don
Domenico Belmonte che, come si disse, aveva fatto parte del primo gruppo di
Salesiani mandati da Don Bosco a Mirabello. Il ricotdo del direttore gli tornerà
utile parecchi anni dopo, quando deciderà di lasciare il Seminario per enffare
nella Congre gazione Salesiana'
Negli anni seguenti fu direttore Don Giuseppe Bertello, sacerdote di molta
pietà, aÀante deflà disciplina e dell'ordine. Si occupa anche della « Schola Can-
torum )>, e un compagno di quegli anni, certo Gatti Giovanni scrivendo a Don
Ricaldone, Rettor Muggior., gli ricordava che Don Bertello lo aveva dichiarato
<< prirno >> nella scuola di canto.
Nell'anno della prim,a ginnasiale, il 22 gi,agno 1882, ricevette il sacramento
della Cresima, conferitogli da Mons. Pietro Maria Ferrè, Vescovo di Casale.
L'esito finale di ogni anno fu buono nelle classificazioni delle materie di
studio; ,meno buono il voto di condotta, sempfe per la troppa vivacità, alla
quale cominciava
Ma il fatto
ad affiancarsi la coscienza di una certa sup€riorità sui
più degno di essere ricordato in questo periodo è
compagni'
il suo in-
conlo con Don Bosco. I1 Santo, seguendo la tradizione di Mirabello, si recava
a visitare i
erano una
suoi figli di Borgo S. Martino una o due volte
veru elargizione di grazta fatta ai Salesiani e
all'anno; le
ai giovani.
sue visite
Il nostro
ebbe così la ventura di vedere più volte Don Bosco, di ascoltare le sue << Buone
notti )>, sempre interessanti, ed una volta anche di avvicinarlo in privato. La
prima volta 1o vide nel novembre del t88t, Don Bosco si era recato a Botgo
^S.
Mnrtino per celebrare
16 novombre per avere
la
la
festa di
presenza
Sd.eCl aSdaon,toti,toelailregidoernl oCodlolepgoiot,etnfanseploartcaotanfe,a-l
rcoza ai Cooperatori a Casùe.
Lu ,e.onda volta fu nel luglio del 1882, perché Don Bosco volle celebrare
la festa di S. Luigi Gonzaga a Borgo S. Martino. In tale occasione la cronaca
regisra due fatti che indubbiamente lasciarono una profonda impressione su
tulti i Superiori e i giovani. La benedizione del Santo guarì all'istante un coa-
36

5.3 Page 43

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t
ll padre di D. Ricaldone: Sig. Luigi Ricaldone.

5.4 Page 44

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5.5 Page 45

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diutore della Casa, Giovanni Bigatti, che teneva il letto sodferente di sciatica.
Volendo poi disporre i giovani a farc una buona confessione, egli fece argo-
mento della « Buona notte »> il fatto del giovane Carlo, richiamato in vita
nel 1849.
Nel raccontare l'episodio meraviglioso, a un certo punto, inavvertitamente
usò la prima persona, dicendo: << Io entrai nella camera... io gli dissi... egli mi
rispose... >>. Poi verso il termine tornò con naturalezza alla terza persona. In-
consapevolmente, permettendolo il Signore, rivelava di essere stato il protago-
nista del grande prodigio.8
II giovane Ricaldone vide Don Bosco la terza volta nel maggio 1883, in
occasione della festa di Maria Ausiliatrice: rutto il Collegio andò a Torino ed è
naturale che Don Bosco abbia voluto salutare questi suoi figliuoli, per ani-
marli ad onorare Maria SS. Ausiliatrice nel Santuario.
L'u,lti'ma volta finalmente vide ancora il Santo nel novembre del 1881
quando, come in passato, si era recato per celebrare la festa di S. Carlo, in quel-
dl'ai nanvovictrinaasrploofisapte^c^iel
20 novembre. Si sa
a quelli delle ultime
che Don Bosco dava libertà ai giovani
classi; I'argomento della conversazione
era generalmente la scelta dello stato di vita, la salvezza dell'anima, o un con-
siglio talvolta suggerito al Santo in via non ordinafia.
A Borgo S. Martino riceveva nella cosidetta << Sala verde » adiacente alla
cameretta dove tiposava.
Anche il nostro studente della terza ginnasiale volle parlare con lui. Nulla
si sa del motivo che lo indusse a tale decisione; tra le varie ipotesi si può pen-
sare che la Madonna abbia voluto quell'incontro che alcuni anni dopo avrebbe
portato i suoi frutti. Don Bosco vide in quell'adolescente smilzo, dallo sguardo
sicuro, dalle labbra atteggiate al sorriso,e il {uturo suo quarto successore? Noi
ameremmo 'pensare che al suo spirito, abituato a vedere nell'awenire si sia al-
lineata la figura di Don Ricaldone dopo quella di Don Rua, Don Albera, Don
Rinaldi; ma questo rimane solo un pio desiderio.
Nella « sala verde »> Don Bosco riceveva in udienza coloro che desidera-
vano visitarlo; dopo di lui così fecero i suoi successori.
Per questo motivo il Servo di Dio Don Filippo Rinaldi Ia teneva in grande
considerazione. << Conservate con gelosa cura, diceva, le magnifiche sale: 7a
« Sala verde » e l'altra attigùa,, la cameretta di Don Bosco; conservatele anche
solo per ricordo »>.
8 M.B, III, 495.
9 I1 sorriso del nostro fanciullo
espressione di gioia, di soddisfazione,
paura; specificamente contro la paura
era
ma
di
stereotipato, sempre uguale; non era quindi
una reazione automatica di difesa contro la
fronte ,al padre, troppo rigido e auroritario,
a cui i1 fanciullo
stereotipato non
per fragilità psichica non sapeva reagire
scompatve del tutto con gli anni; tracce
in
di
modo diverso. Questo sorriso
esso le scorgeva chi fermava
1o sguardo sul suo volto nei momenti di tensione. Con la maturità quel sorriso fu poten-
zt'ato dalla virtù della carità e dallo zelo di guadagnare i cuori specialmente dei giovani
sull'esempio di Don Bosco.
37

5.6 Page 46

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E ne aveva ben donde; a Borgo S. Martino si era maturata la sua deci-
sione di lasciare il mondo per seguire Don Bosco'ro
Ad una svolta
Prima del temine dell'anno scolastico lasciò Borgo S. Martino e andò a
Casale Monf., convittore del Collegio Treuisio,tt dove completò la preparazione
agli esami di ammissione alla quarta ginnasiale, che sostenne con esito positivo
nella sessione estiva presso il Regio Ginnasio « BALBO >> di Casale. Quindi a
norma della legislazione scolastica, nel nuovo anno scolastico fu iscritto e fre-
quentò Ia quarta ginnasiale presso lo stesso Istituto « Balbo », ancora convittore
del << Trevisio »>.
La nuova condizione si differenziava assai da quella precedente; il Convit-
to lasciava molta libertà e la scuola pubblica non sempre controllava f impegno
degli allievi nello studio. Inoltre si trovava nel quindicesimo anno di età, in quel
periodo di evoluzione in cui prevale la immaginazione e la sensibilità sul'la ra-
gione; si accarezzano fantasie, aspirazioni, ideali che allettano; ma com,paiono al-
l'orizzonte con colori vanescenti e contorni non ben definiti; età tormentata dal-
l'ansia di sapere, di conoscere, di gustare, di godere, in contrasto sovente con la
propria coscienza. Solo chi si mantiene fedele alle pratiche di pietà e si affida
ad una guida sicura può evitare gli scogli che insidiano il cammino dell'adole-
scente.
Non c'è da meravigliarsi se il Nostro, trovatosi quasi di sorpresa nella nuo-
va condizione di vita, non abbia saputo superare le difficoltà impreviste, che
Io distolsero dal compimento del dovete, per cui il risultato scolastico finale fu
negativo. Nell'autunno poi non si presentò alla iparuzione, ma entrò nel Se-
minario diocesano.
Maturò tale decisione durante \\e vacanze estive. Nell'ambiente familiare
il calore dell'amore materno e l'esernpio della vita cristiana, laboriosa, mortifi-
cata del padre e del fratello lo indussero a seria riflessione. Si convinse che non
doveva tornare al Trevisio. Pregò, si consultò con lo zio Don Giuseppe; vide nel
Seminario l'àncora di salvezza e decise di seguire 1a nuova via che gli si apriva
dinnazi, probabilmente senza avere un'idea chiaru della natura, dello scopo, delle
r0 Confr. Ceria, Vita del Servo di Dio Don Filippo Rinaldi.
11 Il Collegio Trevisio, in origine era il Collegio S. Clemente, aperto dai PP. Somaschi
in Casale Monferrato nel 1626. Nel 1796, sotto il
PdoPn.òSiol mpaaslaczhzioveanl nceomsoupnpèredsisaC, alsealesceuoi lebecnhiiudseel,
Municipale. Nel 1814 il re di Sardegna reintegrò
dominio francese, la Congregazione dei
i beni confiscati. Nel 1805 Napoleone
Collegio passatono alla Amminisffazione
i Somaschi nella loro opera di Casale,
assegnando loro come sede l'ex-convento. Nel
nicolaicista contro le Congregazioni Religiose,
col nome di Civico Collegio Trevisio; soltanto
1867, imperversando
anche il Collegio S.
nel 1931 ritornarono
la_ persecuzione masso-
Clemente frt laicizzato
i PP. Somaschl (dgn9
i Patti Lateranensi). Venne denominato << Trevisio >> in onore del Dott. Andrea Trevigi,
che ne {u il fondatore e mecenate.
38

5.7 Page 47

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esigenze del Seminario. I suoi non si dimostrarono contenti di questa decisione;
ma egli non volle recedere.
Primo atto della nuova vita che stava per iniziare, fu di indossare l'abito
talare. La madre, come voleva l'usanza, glielo procurò accompagnandoLo con la
ardente preghiera che il figliuolo nella nuova divisa scoprisse la consacrazione
della sua vita a procurare gli interessi di Dio nelle anime. Alla funzione suggestiva
della vestizione, compiuta con solennità nella chiesa parrocchiale, il 4 novem-
bre 1885, giorno in cui si celebrava la festa del S. Rosario, partecipò anche
la popolazione. Circostanza degna di nota: nello stesso giorno a S. Benigno
Canavese, il cugino Antonio concludeva il noviziato emettendo la professione
perpetua che 1o Tegava per tutta la vita a Don Bosco nella Congregazione Sa-
lesiana.
39

5.8 Page 48

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CAPO ilt
LA CRISI DEGLI ANNI DICIOTTO
ln Serninario
È noto quale era lo spirito che regnava nei Seminari del Piemonte nel
secolo scorso. Don Bosco al tiguardo, tra le alte considerazioni, nota che i Su-
periori difficilmente si rendevano accessibili ai chierici, e lamenta che Ia comu-
nione eucaristica si poteva ricevere soltanto ia domenica o in altre solennità.
I1 chierico Ricaldone costatava gli stessi inconvenienti nel Seminario di Casale;
ed essendo vissuto quattro anni nei collegi di Don Bosco, doveva naturalmente
sentire molto accenttata la differcnza tra i due metodi pedagogici.
Ne1 nuovo ambiente, indossando Ia nuova divisa, sentì realmente che an-
che nel suo animo era avvenuto qualche cosa di nuovo; e lo dimostrò coi fatti.
Frequentò ancora \\a quata ginnasiale (la classe di prima rettorica del Semina-
rio) ma con ben altro impegno, poichè al Trevisio aveva preferito lasciare da
parte i libri.
Il sacerdote E. Porrato, suo insegnante, scrisse di lui: « Ebbi a scolaro
nel Seminario di Casale Monferrato il chierico Pietro Ricaldone neIl'anno 1885-
1886 nel cosiddetto ginnasio, una scuola sola che comprendeva 19 studenti, che
io divisi in prima rettorica e seconda.
I1 Pietro era nella prima, tra i migliori di tutta la scuola; nelle varie ma-
terie riportava sempre dal 9 al 10; 10 poi sempre per condotta scolastica. Non
praticavo gli studenti fuori di scuola. Doveva attendere a me, per assolvere il
meno male possibile al mio ufficio. Io lo trovai sempre serio, grave, raccolto.
Si capiva che covava spiriti bollenti, cuore capace di generose azioni. Ricordo
il buon zio del Piero, il grave e colto sacerdote Don Ricaldone, che in quel-
l'anno 1885-1886 mi volle a pranzo a Mirabello insieme a suo fratello, padre
del Piefto, per onorare f insegnante di Ginnasio >>.
Indubbiamente il nuovo ambiente esercitava benefica influenza; la serietà
dell'insegnante si imponeva; 1o studio aveva le sue esigenze quindi il dieci
per la condotta scolastica significava che il chierico era seriamente impegnato.
Ciò poi fu confermato dall'esito finale. A fine d'anno ottenne la migliore vo-
tazionel e, come allora si usava il primo premio. Fu davvero una bella affer-
t Lingua italiana 9*; lingua latina 9 e mezzo; lingua greca 10; aritmetica 9 e
mezzo; geogtafia e storia 10.
40

5.9 Page 49

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mazione, che dovette aprire il cuore dei genitori alle più belle speranze per il
suo avvenire.
L'esito lusinghiero, che in realtà non gli era costaro molta fatica, gli fece
nascere il desiderio di ricuperare l'anno perduto a Casale; comunicò il suo pen-
siero allo zio Don Giuseppe, ottenendone l'approvazione e parole di incorag-
giamento. Si trattava di svolgere il programma della quinta ginnasiale (seconda
rettorica) durante le vacanze estive e presentarsi all'esame a fine settembre.
Lo scopo
all'opera
ndoanrategngieunndgoereco-ntoednerallerediin{ficfiloolsofciahe-
lo stimolava; perciò si
avrebbe incontrato; per
mise
f im-
pegno era sicuro di sè, per il resto non era il caso di pensarci troppo presto.
A suo tempo presentò la domanda al Rettore del Seminario, per essere
ammesso a sostenere gli esami della quinta ginnasiale; ma con suo granCe di-
sappunto ebbe in risposta una assoluta negariva. Che fare? Rinunciare al pro-
getto? L'aveva sentito troppo vivo nell'anima per pensare che fosse un sogno
a,mbizioso, kteahzzabile; d'atrtronde aveva coscienza di essere sufficientemente
preparato per sperare, senza pfesunzione, di superare la prova.
E poi, già si andava sviluppando in lui la fermezza di volontà per cui,
presa una decisione, non si afrestava davanti alle difficoltà che inconmava per
rcalizzarla.In quella circostanza gli si disse non esser facile ottenere che il Rettore
recedesse dalla disposizione presa. Pur tuttavia volLe tentare; questa volta però
affidò I'esito alla Madonna. Incominciò un triduo in onore di Maria Ausiliatri
ce, pfomettendole a grazia ottenuta, di fare celebrare una Messa al suc altare
nella chiesa a Lei dedicata da Don Bosco a Valdocco. Il ricorso a Maria Ausi-
liatrice gli venne suggerito dalla divozione appresa a Borgo S. Martino e la
chiesa di Maria Ausiliarice l'aveva visitata nel 1883, come si è detto.
Non mancavano che tre giorni a1l.a data stabilita per il ritorno in seminario.
Fatto il triduo, si recò a casale; con ragionevole trepidazione si presentò al
Rettore per ricevere la risposta e questa fu positiva! Indubbiamente egli aveva
pregato la Madonna con molto fervore e fiducia! Ma forse più che al suo fer-
vore, conviene dare il merito del fatto alla bontà della Vergine, che voleva con-
quistare titoli di benemerenza presso questo suo figlio, per attirado maggior-
mente a onde sostenerlo nelle difficoltà che ancota 1o attendevano prima di
trovare la srada assegnatagli dalla divina Prowidenza. Dal canto suo non potè
farc a meno di riconoscere f intervento della Madonna, e di consolidarÈ la
fiducia nel suo patrocinio. va da sè che l'esito degli esami fu positivo.
Aveva ricuperato l'anno perduto ed entrava nel corso filosofico. per pre-
miarlo della buona volontà dimostrata, 1o zio Don Giuseppe gli regalò la ., som-
ma Teologica »> di s. Tommaso; prezioso dono che gli fu utilissimo negli anni
seguenti. Don Ricaldone ricordava che nella Spagna tutte Ie sere dedicava un
certo tempo allo studio della Somma; acquistò così un solido fondamento dot-
uinale che gli servì per la predicazione, per Ie conferenze, per gli scritti de-
stinati alla stampa.
Il nuovo corso ebbe la sua impo fiatza Del7o stimolare il Nostro allo stu-
dio; si presentavano nuove discipline, che aprivano nuovi orizzonti alTa mente
4T

5.10 Page 50

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avida di sapere. D'altronde, il felice risultato ottenuto aveva aumentato il pre-
stigio presso i compagni ed egli ne era cosciente e sentiva la necessità di con-
rolidrrio. Quindi si impegnò sevetamente, aiutato dalla memoria felice e dalla
capacità intellettiva; spiccava tra i compagni specialmente nella filosofia. Si
distingueva pure nella « Schola cantofu,m »> sia per il timbro e volu'me della
voce aome per la modulazione; tanto che gli veniva affidata in talune circostan-
ze I'esecuziò ne di pezzi ' a solo '; tatto di secondaria importanza, indubbiamen-
te, ma anch'esso .o.r.o...u, ad innalzarc il tono della superiorità. Una volta
in una conversazione familiare, uscì in questa confidenza: << Per fortuna, non
potei mai dedicarmi alla musica. La sentivo tfoppo; la mia sensibilità chissà
dove mi avreLrbe trascinato! ».
L'esito finale segnò ancora un trionfo: ottenne una votazione lusinghiera 2
che lo mise anche in quell'anno al primo posto in classifica; però non gli venne
assegnato il premio, pàrché la valutazione disciplinare non era allo stesso livel-
lo della valutazione scientifica.
Di questo periodo (biennio 1887-1888) abbiamo anche una bella testimo-
nianza di un suo compagno di studi, Arturo Prati, divenuto Ispettofe delle
Ferrovie Cello Stato. Così egli ricorda il giovane Ricaldone con cui ebbe << sin-
cera e inti,ma amicizia >>:
<< Bontà di cuore, sincerità, rettitudine, ingegno non comune, ecco le doti
che spiccavano in lui. Studioso e diligente egli emergeva sopfattutto nelle ma-
terie scientifiche: filosofia, matematica, disica. Aveva tendenza allo sport e si
segnalava nel gioco del pallone nelle brevi ore di ricreazione.
Amante della musica e possessore di una bella voce di basso o baritono,
egli si dedicava volentieri con me ed altri al canto e all'esecuzione di musica
sacra, sia in privato che in chiesa per funzioni religiose. (Mi sia concessa qui
f immodestia di ricordare di aver composto e dedicato a lui, per suo onomastico,
un mottetto: << Tu es Petrus >> il quale però avrà avuto la breve durata che
artisticamente meritava).
La sua pietà religiosa e la sua adamantina coscienza lo mantennero saldo
e fermo in quella via dalla quale altri sono deviati, e fu ventura somma, che
la sorte gli riservava un eccelso posto di cui lo resero degno le sue alte doti
di mente e di cuore »>.
Anno cruciale
It 1888 fu un anno cruciale per il Seminario di Casale. Fra le cause che
influirono a determinare le difficoltà dell'anno ne ricordiamo due. Morto il
Vescovo Mons. Ferrè nell'aprile del 1886, a succedergli sulla cattedra di S.
Evasio fu eletto mons. Chiesa, il quale morì nel novembre dello stesso anno,
2 Filosofia raztonale 9; filosofia positiva 10; apologetica 9+; storia universale 9;
letteratura 9.
12

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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prima di aver fatto I'enrrata in diocesi. solo nel giugno del 1gg7 il nuovo
eletto, Mons. Edoardo Pulciano, prendeva possesso della diocesi; quindi per
olffe un anno il Seminario non ebbe la guida del suo pastore. In secondo luogo
bisogna tener presente che da tempo nel Seminario casalese f insegnante deùa
filosofia seguiva il Rosmini; lo stesso Vescovo Mons. Ferrè era conosciuto co-
me ardente sostenitore del filosofo di Rovereto.
Mons. Eaoardo Pulciano, animato da sincero zelo apostolico, rivolse il suo
primo pensiero al Seminario e in particolare volle che fossero applicate subito
le istruzioni date da Leone XIII 3 riguardo l'insegnamento della filosofia; la
quale doveva seguire la scolastica di S. Tom,maso. Perciò prescrisse il trattato
del P. Battaglini, tomista, in sostituzione del trattato del Della corte, rosmi-
niano, in uso fino allora.
Il prowedimento del nuovo Pastore non venne accolto volentieri dagli
studenti di filosofia, i quali non nascosero il loro malcontento.
Don Tarcisio savarè ricorda di aver appreso da Don Ricaldone che quando
in seminario si passò dal Rosmini a s. Tommaso, gli alunni provarono un
senso di disgusto e di ribellione per la disinvoltura con cui l'insegnante affer-
essere falso quanto sino allora aveva detto essere vero. Ritennero ciò come
un'offesa alla loro intelligenza.
E << avevo dei compagni veramente intelligenti »!
Quando poi giunse 7a notizia che il 7 marzo 1888 Roma aveva condan-
nato quaranta proposizioni del Rosmini, il malumore si accentuò, destando un
fermento di irrequietezza
che i Superiori avevano il
non conforme allo spirito del Serninario. È chiaro
dovere di richiamare gli allievi a maggior riflessione
e soprattutto ad un maggior spirito di umiltà.
Tali richiami produssero nei chierici la impressione di possibili provvedi-
menti disciplinari e ciascuno Ia sentiva per conto proprio. Anche il Nostro non
ne fu esente! ma il richiamo a considerare seriamente la situazior-ie gli fu salu-
tare. Rivolse il pensiero aIla Madonna, di cui aveva sperimentato la grande bon-
tà; guardò a Lei come unica speranza, corr tutto lo slancio del cuore; fece una
novena in suo onore ed ecco che tutto ad un tratto le cose mutarono e le con-
seguenze temute svanirono.
vemo la fine dell'anno dovette affrontare un'altra prova, che il Signore
permise non inutilmente. Un suo compagno gli aveva confidato di aver preso
la decisione di lasciare I'abito talare per indossare la divisa militare. Nel diso-
rientamento momentaneo dello spirito, comprensibile per quanto si è detto, egli
considerò la eventualità di seguire l'esempio del compagno. Finalmente anche
quell'anno scolastico giunse al termine, atteso da tutti con viva ansietà: dai
centoventi chierici, che pensavano al ritorno in famiglia; dai Superiori insoddi-
sfatti di tutto I'insieme dell'andamento; dal vescovo che aveva seguiro con
repidazione gli atteggiamenti di questi suoi figliuoli. ora bisognava provve-
3 «Validis lirmisque doctrinae praesidiis ». 30 julii 1886
43

6.2 Page 52

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dere. Perciò Mons. Pulciano, prima di licenziare i seminaristi per le vacanze,
li radunò per comunicare una determinazione di sornma impofianza. Dopo aver
messo in àvidenza gli inconvenienti lamentati nell'anno decorso, ffa l'attenzio-
ne generale annunciò che da quel giorno dovevano ritenersi tutti dimessi dal
SeÀnario. Coloro poi che avessero intenzione di ritornare per continuare gli
studi, presentassero domanda di ammissione nel corso delle vacanze, dichiarando
espressamente nella domanda stessa di volere osservare fedelmente le regole
del Seminario.
Mons. Lorenzo Oddone ricordava che Mons. Pulciano rivolse petsonal-
mente al nostro chierico I'invito di fare detta domanda.
La saggia determinazione del Vescovo non poteva destare la suscettibilità
di alcuno; era un invito paterno e chiaro, che esortava ciascuno, nel proprio
interesse, ad esaminare la propria vocazione con il senso di responsabilità, che
la sublime dignità dello stato ecclesiastico suggeriva. Tornato in {amiglia, an-
che il chierico Ricaldone sentì il bisogno di entrare in se stesso per rivedere
la via scelta alla luce delle esperienze f.atte, che avevano lasciato nell'anima un
senso di scontento e di amarczza.
Non {urono giorni di vacanza ma di laborioso travaglio interiore dutante
i quali la grazia, come fenmento, opefava salutarmente. Prese consiglio dal suo
confessore e da persone dotte e pie, che gli suggerirono di ritirarsi per un po'
di tempo in un luogo solitario e santo, e ivi attendere di proposito agli affari
dell'anima sua. Non sembra che il suggerimento volesse e§sere un invito a se-
guire un corso di esercizi spirituali; più verosimilmente quel << po' di tempo )>
e « quel luogo solitario e santo »> indicavano un periodo piuttosto lungo pas-
sato in una casa religiosa.
Ancora la Madonna
L'indicazione ptecisa sul da farsi gli venne dalla Madonna, alla quale ri
corse anche in questa citcostarza. Si raccomandò a Lei, la pregò con fervore
incessantemente ed EIla lo condusse ra i Salesiani.
Agente della Madonna in questa congiuntura fu lo zio Don Giuseppe, al
quale si era confidato; questi <( prima gli propose di pensare alla Compagnia di
Gesù, poi L'andata a Roma per seguire gli studi all'Università Gregoriana; rna
il nipote non mostrava di gradire Ie varie proposte.
Allora gii nominò Don Bosco e la sua Congregazione, e il nipote subito
accolse con gioia f invito »>.
Così Don Luigi Terrone assicura di aver sentito raccontare dallo stesso
D. Ricaldone.
Quando dunque gli si presentò il nome di Don Bosco lo accettò come la
risposta della Madonna alla sua insistente preghiera e senz'altro decise di fare
le pratiche necessafie per entrare nella Congregazione Salesiana. Va da che
in tutto lo svolgimento fu assistito dallo zio prete, il quale ben poteva contare
sull'ascendente personale presso i Salesiani, già suoi alunni di teologia a Mi-
44

6.3 Page 53

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Bandiera della società di s. Giuseppe, fondata dal sac. Giuseppe Ricaldone. Al cen-
tro: Baiteri Candida, mamma di Pietro Bicaldone,

6.4 Page 54

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6.5 Page 55

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rabello, e in particolare presso Don Bonetti, che occupava \\a carica di Cate-
chista Generale.
Il chierico Ricaldone ricordava il primo Direttore avuto a Borgo S. Mar-
tino nell'anno scolastico 1880-1881 (in quell'anno frequentò la qtafia elemen-
tare) Don Domenico Bel,monte, il quale attualmente occupava la carica di Pre-
fetto Generale della Congregazione Salesiana. A lui, dunque, si rivolse con la
seguente lettera:
Rev.mo Signore,
La prego ir volerrli scL,.sare, se tta tante occupazioni, la vengo ad impor-
tunare con questa mia; necessità a ciò fare mi spinge. Allorquando un
figliuolo trovasi in qualche dura necessità, non è egli vero che subito si rivolge
al padre suo, per consigJio e per aiuto? Orbene io pure sono stxto un tempo
(ah tempi felici!) suo figlio, ed ora vengo appunto da lei e per consiglio
e per aiuto. Ciò che io le comunico con questa mia, faccio conto di comuni-
carlo ad un amico, e perciò vorrei che Ella pure non dicesse niente di ciò
che io sono per dirle. Io dunque sono quel Ricaldone Pietro, che un tempo
Ella conobbe già a Borgo S. Martino, e che ora mi trovo chierico nel Semina-
tio di Casale. Da aicuni mesi a qr:esta parte, perrsando seriamente ai casi miei,
mi venneto forti dubbi sulla mia vocazione, cotalché io ero arrivato a tale da
dover romperla con l'abito e indossar tutt'alra divisa. Prima però ho voluto
consigliarmi per bene, e co1 mio confessore e con persone dotte e pie, seguendo
il consiglio delle quali, avrei dovuto ritirarmi alcun tempo in un luogo soli-
tario e santo, per ivi attendere di proposito agli affari dell'anima mia. Ma
dove, pensai io, tovar luogo più adatto a ciò, che I'Istituto dei Salesiani? E
pensando poi a chi rivolgermi in dura bisogna, subito mi si affarciò dinanzi
alla mente il mio antico e sempre caro Direttore, dei cui buoni consigli
e pronti ammonimenti, ebbi la fortuna di godere per alquanto tempo. Ond'è
che io mi rivolgo a lei, acciocché volesse occuparsi in mio favore, appresso dei
suoi buoni confratolli, per ottenere che io potessi far parte di si bella eletta
di clero. Io, come Ie ho già detto, non posso darle nessun affidamento del
mio avvenire; ma certo che se Iddio e la Vergine SS.ma mi daranno (come
ne ho fiducia) forztt e coraggio, certamente dico, che io sarò dei loro. Riguardo
agli studi, io ho già con.rpiuti i miei corsi di filosofia, cosicché se la Sfunoria
Vostra Rev.ma credesse bene di darmi qualcbe o:xere da portdre, io farei i1 pos-
sibile, per rendermene degno. Riguardo al restante, io mi rimetto interamente
alf illuminata saviezza della S.V. Rev.ma.
Sperando ci.re Ella vorà favorirmi d'una, per quanto si può, pronta e nello
stesso tempo consolante risposta e racconrandandomi alle sue oraiioni, le bacio
riverente la destra e mi dico de1la S.V, Rev.ma.
Mirabello, 14 agosto 1888
Umil.mo e Deuot.rzo seruo
RrcarooNe ch. Prrrno
Don Belmonte ffasmise la lettera a Don Barberis, Maestro dei Novizi,
con la seguente nota. <( Domandare in confidenza al Rettore del seminario di
Casale Monferrato, notizie dello scrivente. - Can. Vigliani Rettore ».
45

6.6 Page 56

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Don Barberis a sua volta annotò: scritto 25/8; inoltre domandò informazio-
ni anche al Vescovo di Casale.
Contemporaneamente il Nostro si rivolgeva al cugino Antonio che si tto-
vava a Samià, per comunicargli la flotizia della decisione presa, che certo gli
sarebbe giunta molto gradita, e per pregarlo di far pervenire una parola in suo
favore al Signor Don Rua, Rettor Maggiore.
Nell'estate di quel 1888 Mons. Pulciano, trovandosi a Mirabello per la
visita pastorale, incontrò il chierico e gli domandò:
Int---antEEEobbcecbbeegelnnlleieens,,ztafRaav,ia'cphauilondroecanoneems,ciobchsioenasaialatothSteaipgsienadoredraecenisltldoaia?arriecsVcpdouomaosipitaSatogasrnloenislsaipar(eiCnriao.itnsaì,
Seminario?
Don Terrone).
la quale ritar-
dava poichè a Torino si attendevano le informazioni richieste.
Per inciso, notiamo che anche un altro chierico del Seminario di Casale,
certo Peracchio Giovanni Battista, aveva presentato domanda di essere accet-
tato come Aspirante alla Congregazione Salesiana; anche a suo riguardo Don
Barberis aveva domandato il parere del Vescovo.
Pure Don Bonetti, Direttore Spirituale (: Catechista Generale) della Con-
gregazione, si occupò della faccenda, interessando Don Bertello, Direttore a
Borgo S. Martino, perchè sollecitasse di persona la risposta del Vescovo.
I1 vivo desiderio del Nostro di conoscere l'esito della sua domanda è ben
comprensibile; dalla risposta dipendeva il suo avvenire. Il ritardo Io fece vivere
in uno stato d'animo inquieto, per l'alternarsi del timore e della speranza; que-
sta alimentata da7la parcLa pacata e grave dello zio. Ma per colmare la impa-
zienza, decise di sollecitare la risposta con una seconda lettera. Questa volta
non si rivolse al << Rev.mo Signore >> ma in termini di maggior vicinarza al
<< Signor Direttore >>. La riportiamo in appendice: allegato n. 3.
Due giorni dopo Don Barberis ricevette Ia risposta dal Rettore del Semi-
nario, Mons. Giuseppe Vigliani, uomo dotto e pio, ma piuttosto rigido; era
rimasto costernato per i fatti di indisciplina accaduti in Seminario e scrisse di
non poter dare notizie rassicuranti, causa Ia pietà fredda del chierico e la sua
indole ruvida e resistente sia cogli uguali come coi superiori. Don Belmonte
aggiunse sul retro: « 11 chierico Ricaldone durante la sua di,mora a Borgo S.
Martino non diede mai occasione di lagnanza sulla sua condotta. Io crederei
si possa Éarc la prova di accettarlo in prova. Rimetto ogni cosa nelle mani del
Sig. Don Barberis. »>
Don Bt,r.uoNrr
È chiaro che Don Belmonte nella sua dichiarazione si riferisce all'anno
in cui egli era direttore a Borgo S. Martino e il giovane Ricaldone frequentava
la quarta elementare.
Don Batberis, fatto arbitro della situazione, volle una dichiarazione espli-
cità sull'intenzione del postulante per maggior tranquillità e la richiese all'in-
teressato in una forma che non si pfestava a tergiversare.
46

6.7 Page 57

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SEMINARIO DELLE MISSIONI
Valsalice - Torino, 2 settembre 1888
Signore,
il Sig. Don Belmonte mi masmise la vosta lettera del 28 agosto p.p. af-
finché io, che sono incaricato delle accettazioni ve ne faccia la risposta. Ben
vorremmo potervi dire che accogliamo la vostra domanda, se non vi si oppo-
nesse un grave ostacolo. Le nostre scuole filosofiche e teologiche sono sem-
plicemente per i nostri e per coloro che avessero desiderio assoluto di divenire
salesiani. Ora dalla vosua lettera non si può ricavare che voi abbiate questo
desiderio assoluto di rendervi religioso. Di qui procede il non potervi noi dare
una risposta soddisfacente. Tuttavia noi pregheremo per voi Iddio e Maria
SS. affinché si degnino illuminarvi a conòscere la divina volontà, e vi diano
aiuto a seguirla.
Credetemi intanto in G. e M.
Sac. Grur,ro Bensenrs
La risposta del chierico a quesra lettera fu immediata e data personal-
mente a voce. si recò infatti a Torino, e molto probabilmente per consiglio
dello zio Don Giuseppe, si presentò a Don Bonetti, al quale consegnò Ia lettera
di Don Barberis con relativa busta e manifestò la sua volontà risoluta di en-
trare a far pate della Congregazione Salesiana; tale decisione era in lui matu-
rata dopo molta preghiera e riflessione, e confermata dal consiglio dello zio
Don Giuseppe. Difese la sua causa con tanto calore e sincerità, che Don Bo-
netti non ebbe alcun dubbio sulle buone disposizioni del chierico e, Ticenzia-
tolo con buone parole di speranza, riferì a Don Belmonte il colloquio e col
suo consenso scrisse sulla busta della lettera, nella parte in bianco al disopra
delf indirizzo: è << stato personalmente all'Oratorio per dire che sua intenzione
è di farsi salesiano, a cui aspirava da qualche tempo. Don Barberis risponda
accettando ecc. Don Bonetti »>.
Trasmise quindi la lettera a Don Barberis, il quale a sua volra annotò sul
retro della stessa busta: S. l0/9/88
Acc. Condizione ordinaria.
Perciò l'accettazione del chierico Ricaldone Pietro venne fatta da Don
Bonetti e comunicata all'interessato da Don Barberis con lettera del 10 set-
tembre 1888.
Possiamo immaginare con quale trepidazione il nostro chierico accolse la
lettera tanto attesa, con quale ansia percorse 1o scritto, da quale gioia si sentì
inondare I'anima al lieto annuncio. Con lui gioirono i suoi genitori e 1o zio
Don Giuseppe, che in ciò videro la salvezza del loro caro. Alcuni mesi dopo,
quando già si tovava a Valsalice, ricordando quel giorno, il Nostro lo salutò
come <( l'aurora beata della nuova vita >>.
Diede subito risposta a Don Barberis.
47

6.8 Page 58

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Molto Revetendo Signor Direttore,
I'allegrezza ed itr gaudio che io provai nel ricevere la sua lettera, in cui
a nome dei suoi confratelli mi comunicava che io ero accettato ad essere sale-
siano, fu sommo. Io non trovo parole per ringraziarneli e credo che i,l miglior
ingraziarnento sia il fare in modo, quando sarò ra loro, di rendermi degno
di un tal favore e di comispondere alla chiamata di Dio e della Vergine SS.
degnamente. Ai 24 di questo mese, come Ella mi ha detto, sarò tra troro.
Rinnovando i ringraziamenti e raccomandazioni alle sue orazioni e a
quella dei suoi confratelii, le bacio la destra e mi dico della S.V.R.
Mirabello, 12 settembre 1888
Deu.rno Urnil.rno
Rrcer,oorvr ch. Prnrno
La Tettera, scritta sotto l'impulso di una gioia grande, ma contenuta, è un
documento prezioso, che rivela maturità di sentimento e {erma decisione, frut-
to di lunga riflessione.
Don Ricaldone attribuì la sua accettazione all'intervento della Madonna,
dicendo che la Madonna l'aveva condotto tra i buoni Salesiani. Ciò vuol dire
che, come in passato, ogni qualvolta si era trovato in difficoltà era ricorso non
inutilmente a Maria SS con tridui e novene, così anche ora si era rivolto a
Lei con filiale confidenza perchè rimuovesse gli ostacoli non impossibili, che
avrebbero potuto impedire l'accoglimento della sua domanda. E la Madonna
intervenne in suo favore: egli ne aveva la prova.
Qui si presenta la seconda coincidenza fortuita, analoga alla prima accen-
nata altrove. Nell'anno in cui Don Bosco lasciava la terra per il cielo, colui
che sarebbe stato il suo quarto successore, entrava nell'Istituto di Valsalice co-
me aspirante alla Congregazione Salesiana, proprio presso la sua tomba.
48

6.9 Page 59

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Sala da pranzo della casa paterna.

6.10 Page 60

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7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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CAPO IV
" O SULLA CIIVA DEL N/ONTE
O lN FONDO AL PRECIPIZIO "
Aspirante a Valsallce
Il chierico Ricaldone aveva scelto di servire il Signore tra le file di Don
Bosco dopo matura riflessione, molta preghiera, e dopo aver preso consiglio
da persona prudente. Il passo compiuto .uppr"t"rrturra un'altia srrolta nÉila
sua vita, ma decisiva, I'ultima esperienza dalla quale dipendeva il suo avvenire;
lo aveva compiuto in piena libertà, e soprattutto con profonda convinzione e
volontà decisa. Era venuto il tempo favorevole di mettere la volontà a dispo-
sizione del7a grazia, per vaTorizzare nel modo più degno i molti talenti rice-
vuti dal Signore.
Iniziò la nuova vita con un corso di esercizi s,pirituali.
Dal primo contatto col nuovo ambiente ricevette una impressione vivis-
sima, anche se nel valutarla si vuol tenere conto del lato sentimentale del suo
temperamento. Fu come quando sul palcoscenico awiene un cambia,mento di
scena: gli pareva di ffovarsi in un altro mondo e di essere risorto a nuova
vita. In realtà, quanta differenza tra Casale e Valsalice!
L'ampio cortile di valsalice, aperto al panorama della collina e così vasto
da permettere alTa numerosa comunità lo svago del gioco e il passeggio tran-
quillo, si opponeva al cortile senza orizzonti di Casaie.
Ma soprattutto la differenza si manifestava nel sistema di vita. Il Rettore
del Seminario era una personalità distante dai chierici e quasi inaccessibile;
invece il direttore a Valsalice viveva ra i suoi sudditi; partecipava a tutte le
loro attività, era presente con loro in cortile, in chiesa, in refettorio; chiunque
poteva avvicinado anche in privato ogni qualvolta ne avesse sentito il bisogno;
chiudeva la giornata dopo la preghiera in comune, lasciando la << buona notte )>
a tutta la comunità come fa un padre di famiglia coi suoi figliuoli.
Che dite poi della 4requenza ai Sacramenti della confessione e comunione,
molto ridotta e ,misurata in Seminario, frequente e in piena libertà a Valsalice?
E ancora: i superiori con molta semplicità scendevano dalla cattedra, per pren-
dere parte attiva alle ricreazioni partecipando alle conversazioni e ai gìochi dei
chierici; familiarità non attuata nel Seminario.
Il suo spirito aperto avvertì nel nuovo ambiente la diversità e la bellezza
della pedagogia di Don Bosco: con il passar dei giorni costatava sempre me-
19
4

7.2 Page 62

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glio che 1o spirito di famiglia, la vita eucaristica, l'attività laboriosa soddisfa-
..uurro pienamente le esigenze del suo tempetamento e della sua anima'
La casa di Valsalice al tempo del noslo chierico accoglieva tre catego-
rie di persone: Soci, Ascritti, Aspiranti. Il gruppo più numeroso era quello
dei Socì, formato dai Superiori e dai chierici studenti di filosofia e di teologia.
In totale il catalogo elenca 170 pefsone nel 1888-1889 e 156 nell'anno seguen-
te; una bella e grande comunità teligiosa pef una Congtegazione ancora ai pri-
mi anni di vita.
II Direttore della casa, Don Giulio Barberis, aveva pure la mansione di
Maestro dei Novizi. Anima semplice e retta, affezionatissima a Don Bosco, pio
e zd,alte era ben voluto da tutti. Tra i superiori sono degni di palticolare
menzione Don Luigi Piscetta e Don Francesco Varvello. Tra i soci e gli aspi-
ranti ricordiamo i luturi Servi di Dio: chierici Beltrami Andrea, Czartoryski
Augusto, Ortuzar Camillo; inoltre i futuri Vescovi: Versiglia Luigi (ora Servo
di bio), Emanuel Federico e Munerati Dante. A16i molti onorarono Ia Congre-
gazione per la loro pietà e scienza, in mansioni di grande responsabilità in
patria e nelle missioni.l
A Valsalice era custodita, come reliquia preziosissima, la salma di Don
Bosco, portata lassù da Valdocco silenziosamente la sera del 4 febbraio di quel-
l'anno 1888. Quella tomba divenne ben presto meta di devoti pellegrinaggi.
Quante volte i chierici videro il B. Don Rua prostrato davanti ad essa in lungo
confidenziale colloquio col Padre! E poi si succedevano salesiani, giovani,
exallievi, coopefatori. Le giovani schiere che a Valsalice si preparavano alla
vita salesiana, non erano soltanto i custodi amorosi di quelle spoglie venerate,
ma guardavano quel sepolcro come un farc da cui si irradiava un fascio di
vivissima luce.
II chierico Ricaldone efa stato accettato come Aspirante, e cioè si trovava
a Valsalice per studiare, conoscere e far suo lo spirito della Congregazione
della quale desiderava far pafte; per conoscere la sua missione nella Chiesa,
misuraie le esigenze della vita salesiana e le difficoltà che presentava; d'altra
parte i Superiori dovevano rendersi conto delle sue attitudini e capacità, farsi
un concetto adeguato della sincerità delle sue intenzioni e disposizioni, per dare
a suo rempo un sereno giudizio sulla sua idoneità o meno alla vita salesiana.
Poiché a Casale aveva completato il corso di filosofia, venne ammesso
a frequentare il primo anno di teologia.2 Inolre gli venne aflidato l'incarico
(a lui molto gradito) di prestare la sua opera all'Oratorio festivo di S. Giuseppe
nelle domeniche . feste; I'oratorio era ancofa la palesra classica per I'adde-
stramento delle reclute salesiane. Le sue attitudini vennero ben presto in evi-
denza, dimostrandosi non comuni. Alto di statura, ben portante nella pefsona,
agile nelle mosse, veloce nella corsa, buon battitore nel gioco del pallone, ricco
I Ecco alcuni nomi: Don Balzola Giovanni, Don Bertolucci Amilcare, Don Fascie
Bartolomeo, Don Nassò Marco, Don
2 Ebbe come insegnante tra gli
Pagella
alri, il
Gdoiotvtoaneni,p.ioDoDrronUbLauldigi.i
Piolo'
Piscetta'
50

7.3 Page 63

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d'itiziativa, autorevole nel gesto e nella parola, s'imponeva facilmente ai giova-
ni, guidandoli nei divertimenti in cortile e in teatro, awincendoli nelle Iézioni
di catechismo, assistendoli nelle funzioni religiose.
trovò il campo di lavoro più adatto e più gradito
In una parcla: nell,oratorio
che gli òffriuu una giornata
laboriosa e faticosa da lui vissuta e goduta intensamente.
Però 1o studio della teologia e l'occupazione dell'oratorio non erano le
occupazioni più importanti. Era venuto a Valsalice prina di tatto e soprat-
tatto pet prepararsi intellettualmente, moralmente e spiritualmente a diven-
tare un buon salesiano. Il nuovo ambiente lo invitava a << convertirsi »; il
passaggio dalla vita del mondo a quella dello stato religioso esige di fatto
una vera conversione. Ben presto ebbe Ia sensazione ben chiara di questa
esigenza, pur senza poter valutarne le dimensioni e, per conffasto, sentì la
reazione energica opposta dalla natura.
così ebbe inizio una lotta interiore, che durò lungamente, quasi sino al
termine del Noviziato con variazioni d'intensità e di continuità. Essa apparve
particolarmente intensa subito da principio; difatti ebbe momenti di grande
ttistezza, si sentiva sconcertato, disturbato da timori senza conforto; llbbat-
timento talora lo induceva a detestare il giorno in cui era entrato a Valsa-
lice; allora proponeva di non fermarsi oltre per nessun conto; stabiliva di non
lasciarsi illudere ed attrarre da buone parole, e così via.
A sostenerlo nella lotta giunse in buon punto una lettera dello zio
Don Giuseppe, il quale tra l'altro gli scriveva q,r"1l" frrr. già riferita: << Tu sei
uno spirito arderute e quindi, non puoi stare sul piano, ma o sulla cima del
monte o in fondo al precipizio ».
Queste parole lo impressionarono salutamente; era un richiamo autore-
vole alla riflessione e a71a fortuza; il periodo iniziato avrebbe deciso del suo
avvenite, che non sarebbe stato per lui quello della mediocrità, ma della
preminenza nel bene o nel male. Doveva, dunque, scegliere definitivamente
tra l'angusta via che conduce alla vita e quella spaziosa che cond,.rce alla per-
dizione.3 Poiché si era incamminato no.r ,
fermò il proposito di perseverare in essa.
occhi chiusi
lungo la prima,
ion-
Questo travaglio interiore, si era presentato inaspettato.
Nella vita di Domenico savio, Don Bosco nota (e di proposito) due atti
compiuti dal santo giovane nei primi anni della sua permaneÀza all,Oratorio.
<< venuto nella casa dell'oratorio, si recò in ,mia .rÀ.., per darsi, com'egli
diceva, interamente nelle mani dei Superiori »>.1a
Domenico savio aprì il cuore suo a Don Bosco con la massima con{iden-
za, manifestandogli 1e sue aspirazioni, i suoi desideri; si affidò a lui, il sarto,
perché facesse di sé, la stoffa, un abito per il Signore.
t Mt.7,D-14.
a DoN G. Bosco, Vita di Domenico Saui,o.
5l

7.4 Page 64

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In secondo luogo, per celebrare santamente la novena dell'Immacolata
<<
si
preparò e fece
Gli stessi atti
.on piu..." dell'anima sua la confessione
venriero compiuti dal nostro Aspirante
generale >>.
e con essi
ebbe
tefmine quel travaglio interiore che aveva messo a dura prova Ia sua perse-
veranza. Volle preÀ.ttere la confessione generale assecondando I'impulso inte-
riore; la Madorina, che vegliava su di lui, 1o condusse ai piedi del con{essote;
si rialzò portando nell'anima grande uanquillità e pace.
ad.tp..lrirS.Ierniig"iun.r"tsoee..rr.Éga,1umdi*oteoovnertdrevedaccooigs,"nueèiàpdsaieiurnlfocfaiAcpìcmeaonspnstife.oidreiepunalz'sagas,to,.troiipJ\\,uesprduuleaorleccnuoudnooiftveegasrsaavonirctedaoe.plueSimi recpahaorelrrticivanranisrzteniaaon'amoldlea,i
meta, a chi vuole seguire Gesù Cristo ion la pratica dei Consigli nello stato
religioso, la chiesa a"ssegna una guida particolare, che deve assisterlo amoro-
a,fuenz.c1ioo.fnare,..aseLcasfiatltpuoiei;dnmtaeamèeannitlcehMeaacIeonsmrtoreoadrs"peiiiraNpnroteimvidziiipp.eaIns1dseicvnhaeielldaraicdloiDffRiicriiecleat.tlod.rvoeinaeedneMlolaanespeterrroa-
dei Novizi, Don Giulio Barberis. Questi, nì[. conferenze che, teneva agli
aspiranti periodicamente, aveva insistito sulla necessità che essi nutrissero
.oifid"-u nel Direttore e Maestro e la dimostrassero effettivamente nel <( ren-
diconto »>,
manifesta
cioè in quel dialogo
filialmente quant; è
tra iI. Maesffo e il
necessario che il
discepolo nel quale-,questi
Maestro conosca della sua
vp;,r;iod;t;a.;.,",,mi;;ioa(rcNnaonle"surìe,llu.aossò.dpiiÈcrhictiuoabamlp.l.eao,rr.epiPe,De.rrobonelBnacahgregbureaisdrziisaia^rslpoidnr'ieoYTladasailagelnpauorprnineecr<tiiu<nprpsiaoais)d-,trdeem'va»aan>'icr1.nao'aondmcuo<<ornusptnvòroigcpnoarorironoe
ion .o."". per deciàerl o a farc quel primo rendiconto, che doveva essete
come il fondaÀento su cui si sarebbe basata la sua << conversione »>'
VsnaaoliilcoleeD(Sccoeop.lmeoGbpriiiu^leulrsiueou)cqlc^mueedraisectroeosrriraaedtnstioztdaaentaoseinldtlr'ooeamcrsicpaaesortridiotcaniatépadeiearnpllllaDecsuiprsieritiltmàato,arfneinud;amolemmesreseoannsiatcceaaf,dalademvigaigfrelaiiblazbi3adr1aviiionVg.seaenEl-'-
volle che il rendiconto fosse la
sapeva gradita più d,ogni altra
espressione della sua riconoscenza, l'offerta che
al « padre » della sua anima. Il Signore com-
pensò llrgam".ri. u.r.hl questo utto ài umiltà, aprendo nel cuore del chierico
una sorgente nuova di gioia: il rinnegamento di se stesso'
Un primo bilancio
Il consuntivo dei prima quattfo mesi dell'aspirantato {u più che confor-
tante e rappresentava i trionfi ottenuti dalla gtazra in quell',anima afdente, ormai
non più dìrportu ad accettare il dominio dell'-
si nel servizio di Dio.
Io -,
ma deciso ad impegnar-
La gtazia promosse e diresse la lotta interiore in tutto il suo svolgimento'
52

7.5 Page 65

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specie quando fintensità raggiunse i limiti della esasperazione, fino a provocare
la rottura definitiva col passato e ad orientare 1'anima alla conquista della
santità. A questo traguardo egli giunse con l'aiuto di Maria SS.: nel suo tor-
mento aveva sollevato lo sguardo alla Madonna e, nell'alternarsi della speranza
con lo scoramento, della fiducia con l'abbattimento, aveva farto ricorso alla
Madre buona che, come in passato, continuò a sostenerlo non permettendo la
sua sconfitta in una lotta da cui dipendeva il suo avvenire.
La bontà di Don Barberis aveva conquistato il suo cuore; egli nutriva per
lui stima, af[etto, riconoscenza.
L'affetto apre la via a71a confidenza: questa era assolutamente indispen-
sabile per domandare l'aiuto di cui sentiva urgenre bisogno.
Il Maestro dal canto suo rispose all'ansiosa aspettativa dell'aspirante con
ardore di carità che aveva attinto direttamente dalla parola e dal cuore di Don
Bosco.
Ritornando più tardi col pensiero a questo periodo di ricerca affannosa,
Don Ricaldone poteva dire al suo Maestro che per quanto consentirono 1e sue
forze, fiacche nella virtù, si era adoperato per assecondare i suoi dolci consigli
e paterni ammonimenti. uno sguardo, un gesto, una stretta di mano che egli
ricevesse da lui, bastavano per confortarlo. Dunque , 7a paroTa del Maestro
trovò il cuore del discepolo pronto a riceveda, a far1.a sua, ad applicarla.
Le prove
La confidenza col Direttore 1o condusse ad una esperienza consolante:
ogni qualvolta manifestava nel rendiconto ciò che 1o disturbava o lo affliggeva,
subito acquistava tranquillità e pace. Fu un gran bene per lui aver scoperto un
mezzo così prezioso ,per superare le difficoltà che avrebbe necessariamente in-
contrato. << Figliuolo, entrando al servizio di Dio... prepara l'anima ti,a alla
tentazione ».s
Più che tutto si tratta di stati di ansietà prodotti da turbamento della
coscienza. Ad esempio. In un certo periodo dell'anno è disturbato da un forte
timore di non far bene la confessione; come quando nell'esame che pre.mette alla
confessione settimanale non trova materia atta a1. sacramento; però non gli pare
possibile di avere passato una settiman^ senza offendere il Signore. E, allora
si induce a 'manifestare mancanze del passato; ma non si sente per nulla tran-
quillo.
Un'alra prova di cui non si può dar ragione, è un dissidio interiore di
compiere il dovere del rendiconto e una forte avversione a presentarsi al Di
rettore. Pur sapendo che dal colloquio col Direttore riceve conforto e stimolo
al bene, lo evita; il bisogno insiste fortemente perché entri in quella camera,
5 Eccli. 2,1.
13

7.6 Page 66

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dove è sempre accolto con benevolenza; ma un sentimento più forte lo ferma
alla soglia. In questa lotta penosa e oscura egli resiste come meglio può, ap-
poggiandosi all'aiuto della Madonna, alla quale si rivolge con fiducia'
Ancora un'episodio. Gli aspiranti solevano passafe il così detto periodo
delle vacanze nel collegio salesiano di Lanzo; dal breve soggiorno montano ri-
cevette molto giovamento. Un giorno il Nostro, in seguito a una sudata, sentì
ana fitta dolorosa nella regione dorsale; i superiori credettero conveniente ri-
mandarlo a Valsalice in anticipo pef la cura. Probabilmente si trattava di una
pleurite secca basale; non grave ma fastidiosa per gli suascichi, che possono
ào.ur. anche degli arlri a acutizzarsi nel cambiamento di stagione.6 Dopo un
po, di
.irpor.
tem,po
« sf »,
Don Barberis gli domandò se fosse peffettamente guarito; egli
,poiché in realtà non sentiva alcun disturbo. Più tardi il Diret-
tore gli ripeté la stessa domanda; la risposta fu pure la stessa, sentendosi egli
perfettamente sano. Don Barberis ritornò sul tema :ufia tetza volta e il chierico
ionfermò le risposte precedenti. Però questa volta << non aveva parlato troppo
schiettamente )>, perché cominciava a sentire un po' di malessere. Questa im-
pressione di insincerità 1o rese inquieto; sentiva il bisogno di tranquillizzarc i\\
iuo spirito fin loppo disturbato. Volendo ritrovare la pace, con{idò al Di-
rettore la sua pfesunta insincerità e le cause che l'avevano determinata: non
era stato
Superiore
sincero per superbia; questa
di essere ammalato, egli non
intifadtatiglpi insainlcuuanvain:c-aricsoeetucodicnioan1
p-vuoonctraa5azlsiitorftona6erse.d.b.daic-egillionbe,eonnDceo.ipsDopertursonaipmqiruifiaaeli..r.ie.nRi-izicioavnEtoiovtsaiicl,efdteiedcmefiaoaurnavneinornt,roticedhnauetsoaèpteaomttMiaolrlateSor,iigapanosoSttrurSeet..osa,tMciacagpiogeccirucodnhmermeevpisaele:ar
intercessione di Don Bosco lo volesse ristabilire in piena salute. Sentiva, sì, una
voce interna che gli
tentava di soffocarla.
gArnidcahvea:qu-and!4o 'sidraivloDlgierevtatoarella,
vMaa' ddoanlnDa ireeattoDreon-,Bosfcldo
gli pareva di sentire da essi la stessa voce. Passò il triduo, ed egli si sentiva
peggio. Raddoppiò le preghiere, applicò comunioni, si 'mise addosso medaglie
che prima aveva posato sulla tomba di Don Bosco; tutto era inutile. La stessa
vfaorcòeQlasueemgsrpatazreiad,gumrnidqaauvpeariemlreaalsaetsevpsiosaen, implaaarocplouesr,aeeaqlMuDaanirrteioattdoSorSev.e-tpt.earecovambcahtetedreicepsesrev: in-cerIeo!
Ma vinse finalmente. Domandò al Direttore il permesso di fare un secondo
triduo per ottenere la guarigione da quel po' di male che ancora 1o disturbava,
onde poter incominciare bene il nuovo anno scolastico. Ha fiducia che il
6 A proposito di quest'episodio, Don Luigi Terone ricordava che nel 1940 i medici
crfPooicosttasrotetapriiocaerdl.aersosep-sglòDen:uoìarndivteeiRvuoiinncaa1lp9dpioelaendnu.inraiiet.ellC'n.mo.oanonmltlmao. raifaendabticiboccarsoe.crosÉaipgimc3lioa9:ci'oiidlnofi_ersrnamaudlatilaolvavlaoo.gLioiln,ofPacsrtooetotpft.:ipleFi<<epcRriroìiacrmroite,rad-risodcpiociopiìnrmrìseuuannnsaaie.
visita medica ».
54

7.7 Page 67

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plqueunre,tmsatseosDsdoeisgit!uli-rbsoiaE1codonrèacefafsrnescodh,deamsaniceiunllraocpadiseiotoàct.to.e.nneterarperoioi7chaèégdrliaaszpiMaosadtdoaollnaandaMiraIeod:ovn-unoal,Feipaseatrncvhrooé-,
gli farà la grazia. Il ragionamento ha la sua logica.
Il giovedì santo il nostro aspirante ebbe la consolazione di essere scelto
a rappresentare un apostolo nella funzione della lavanda dei piedi. Pure dello
stesso anno gli rimase impresso un episodio, che molti anni dopo raccontava ai
novizi della Ispettoria Betica. Un ascritto, certo Ginocchio Domenico, si a,m-
malò gravemente e si temeva prossima la sua morte. Don Barberis, che in
quella circostanza doveva assentarsi per parecchi giorni, andò a visitarlo e, tra
MmamidlnioeadstnDaeirqtrAroeaeuiorInalo-iann.enBdofaPiio:nlrEabe-DfreaacrdocdioseneiGssltìlo-oi'Bna.a,sonavgevcnrnbelcDoiznehandisrifoieicasis.olstèlfteamiu,s:mti-noidcoooicnltoorsIonioustsoptoaeerdbnnnrebòtsoebeo,bdfle\\oidae-liincsaetgssemrIes;aerevconninot:toàtame-,nrpmdgameilgiAl;onedsrimsieurdasàoeimslorfdsiatiudcnaGrecftaeioolnnr,mpomterncaiecmonlrh'danioaisoosm:acepnnoonuonmrsìòona.-
di teologia. Lo studio, l'occupazione domenicale dall'oratorio di S. Giuseppe
e soprattutto l'impegno assiduo col quale aveva atteso al lavoro spirituale, 1o
Iasciarono un po' stanco; ma si rimise in forze nel periodo di riposo estivo
passato a Lanzo.
Nel settembre 1889 conchiudeva l'anno di Aspirantato. I Superiori rico-
nobbero la buona volontà dimostrata, che faceva bene presagire ,per l'esito della
seconda prova e 1o ammisero al Noviziato.
Novizio
Il noviziato è la continuazione naturale dell'aspirantato; il nostro ascritto
lo compì a Valsalice, colla stessa guida: Don Giulio Barberis. Attese allo studio
delle materie assegnate al secondo anno del corso teologico e alla domenica
continuò ad esercitarsi nella pratica dello spirito salesiano all'oratorio di San
Giuseppe. Ma la sua preoccupazione fu di proseguire con più ardore nello
sviluppo della pietà, cardine della vita interiore, << utile a tutro, avendo per
delle promesse e per la vita presente e per la futura »>.7
Don Barberis aveva invitato gli ascritti a studiare il modo di rendere
inoffensiva 7'azione dell'implacabile nemico delle anime. I1 tema era molto im-
pegnativo e il Nostro lo affrontò con estrema decisione.
Egli stesso lasciò traccia del lavoro compiuto, che rivela la serietà del metodo
di ricerca, seguito nelto studio di se stesso.
« Io ho molto pensato; di più ancora, ho pregato a questo proposito; ed
7 1 Tim. 4,8.
55

7.8 Page 68

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vn flezzo attissimo all'uopo mi si presentava; ma io cercavo sempre di allon-
tanarlo dalla mente come se fosse un cattivo pensiero. Però malgrado tutti i
miei sforzi esso sempre mi stava innanzi, ed io quasi costretto a pensarvi sopfa,
dovevo convincermi essere mezzo utilissimo, e tale che, bene applicato in
ptlitica, m'avrebbe molto e molto giovato, pef procedefe di qualche passo nella
virtù, e reso forte contfo il nemico. Quantunque senta lipugnanza ed anche non
abbia compreso appieno detto mezzo, 1o esporrò, pfegando il Maesmo che fin
da oru lo ìogfia àpplicare a me e applicarlo in tutta la sua estensione, ond'io
abbia ad avafizare una volta davvero nella virtù »>.
Ha scoperto il suo difetto predominante: la superbia; egli pensa che il
rnezza più atto per renderla inoffensiva sia quello delle umiliazioni. << Lo com-
prendo bene questo che dico, ma sono tuttavia (orzato mio malgrado a scriverlo,
è aggiungo ancora una clausola che vorrei mettere, ma che forse sarà quella
che ,mi farà maggior bene. Ho detto << umiliazioni in tutto )>, ma sovratutto
mi occorrono umiliazioni in cose di studio; poiché è appunto qui dove il diavolo
batte di più, e dove purtfoppo trova il lato debole' Alle umiliazioni io vorrei
unire unialtra cosa, cioè i patimenti; ma per questo io mi rimetto a lei (al
Maestro) intieramente »>.
Don Barberis, vedendo quanto fosse vivo il desiderio del novizio di fare
qualche penitenza corporale, 1o accontentò. Lo si deduce da una frase che il
Àierico icrisse a Don Barberis da Utrera: per combattere la superbia << seguito
usando di quel permesso ch'ella mi aveva dato »>. Quale fosse la penitenza non
si conosce ma se si tiene presente che Don Ricaldone era per temperamento
forte e austefo, non si sbaglia pensando che si trattasse di cosa non leggera,
come sarebbe il cilicio.
Come si è detto, in occasione della ricorrenza onomastica del Direttore nel
gennaio 1889 egli aveva posto la pri,ma pietra dell'edificio della sua conversione
iol primo rendiconto sulla sua vita passata, fatto con grande umiltà e spirito
di fède. Per la stessa circostanza nel 1890 volle porre la seconda pieta. Esa-
minando l'andamento dell'anno tfascorso si era convinto che di tutti gli impe-
dimenti che si erano frapposti onde sviarlo dafr,a ptatica della virtù, il maggiore
era stato la limitata confidenza e poca familiarità col superiore. Ora proponeva
di rimediare, aprendo interamente l'anima al Maestro e confidandogli le pene
che 1o affliggevano, acciocché, conoscendolo sempre meglio, 1o potesse anche
meglio dirigere. Aveva \\a certezza che questo proposito fosse iI dono migliore
e fiù gradito che potesse offrire. La << limitata confidenza » lamentata era
,a.g-dieitculin,adre,rq.,upanedrioodiol
abbastanza
Signore gli
lungo di grande fervore; ma questo cominciò
mandò la prova della malattia nelle vacanze
estive. Da aliora cominciò a trascurare il rendiconto, lasciando passare quindici
aglioDrinrei,tttoarleorpaevrernicteiveerefingalni caoiuvtiendtiicciuniqauvee,vasebnizsaog^nnod'are ad aprire il suo cuore
Alla prima seguì una seconda prova. Per la festa dell'Immacolata alcuni
ascritti avrebbero fatto 7a professione religiosa; egli aveva coltivato la speranza
d'essere nel numero dei fortunati, e durante la novena si preparava al grande
56

7.9 Page 69

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atto che avrebbe colmato di gioia il suo cuore. Ma il Signore aveva disposto
alrimenti. Sorge spontanea la domanda: su quale fondamento aveva basato Ia
sua speranza? Probabilmente su qualche frase generica dettagli da compagni o
superiori.
La disillusione venne quando avrebbe dovuto presentare la domanda, ma
ne fu sconsigliato. Provò una grande sofferenza; per alcuni giorni pianse deso-
latamente. Poi si rassegnò traendo la conclusione che se il Signore non lo
aveva creduto ancora degno di qts,ella gtaziq era suo dovere di impegnarsi con
fervore per rendersene degno.
La delusione subita ebbe una ripercussione sull'atteggiamento del suo spi-
rito. Prima di questo incidente egli nel fare il bene non considerava le cose
speculativamente, ma praticamente, cioè: quando voleva fare qualche buona
azione, qualche pratica di pietà e si,mili, non ragionava troppo su quel che
doveva fare, ma, saputo che il Maestro o qualche altro superiore aveva consi-
gliato la tale o tal altra cosa, si accingeva ,rbito u 'farla senzi indugio. Da questo
punto, invece, cominciò a voler ragionare troppo.
Si rattava, per esempio, di andare dal Maestro per il solito rendiconto
settimanale? Giunto il suo giorno egli si domandava: E << che bisogno c'è poi,
anzi, che obbligo c'è di recarsi ogni otto giorni dal Maestro? Nessuno. Dunque,
posso benissimo aspettare >>. Così passava i quindici giorni. Una voce interna
1o richiamava a riflettere sulla fallacia dei suoi ragionamenti; ma egli alcune
volte non porgeva ascolto, altre volte si sforzava di volgerla ad assecondare il
suo volere.
In tal modo passò un certo periodo di tempo in cui tralasciò il rendiconto.
Finché in uno dei tanti sguardi introspettivi, domanda a se stesso: << Come mai
tu che fosti (almeno per quanto era possibile) così obbediente all'amato Maestro
in tante cose, in questa, che pure è di un'im,poftanza capitale, ti mostrasti così
trascurato? ».
La risposta non è semplice e rivela io sviluppo di una lotta tra la voce della
coscienza che 1o stimola al compimento di una pratica doverosa e la natura che
vi si oppone. Egli avwa promesso di presentarsi al Maestro ogni otto giomi;
ma giunto il martedì (il suo giorno) sentiva che sarebbe stato contento che il
Maestro avesse dovuto assentarsi. E se talvolta succedeva proprio così, egli non
approfittava dei giorni seguenti, ma tramandava aI martedì seguente; che se
anche questo secondo fosse andato a vuoto, rimandava di altri otto giorni,
con suo danno.
Egli attribuiva questo stato d'animo alla superbia che 1o tormentava, ed
era persuaso che si trattava di una prova mandatagli dal Signore. Però se un
altro gli avesse raccontato queste cose, egli non gli avrebbe prestato fede; ma
purtroppo avvenivano in lui.
57

7.10 Page 70

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Una parentesi
Nel mese di maggio il ritmo della vita di novizio è interrotto da una
breve parentesi. Egli è di leva e riceve il precetto di presentarsi al distretto
militare di Casale per le operazioni relative al suo arruolamento; e cioè: estrarre
il numero di leva e subire l'esame medico. Poiché la legge lo consentiva,
l'estrazione del numero venne fatta da suo padre che e§trasse il numero 125.8
Il 22 maggio si presentò al distretto per subire la visita medica in seguito
alla quale venne dichiarato abile, arruolato in prima categoria e lasciato in
.ong.ào ilimitato. Diede subito comunicazione del fatto al chierico Isidoro
Varvello, suo compagno di noviziato a Valsalice, con una lettera che si può
riassumere in poche parole. In una lunga introduzione (poco meno d'una metà
della lettera) preannunzia una notizia dolorosa che con \\a gtazia di Dio, col
patrocinio potente dell'Immacolata Maria egli è pronto a sostenefe, ecc. ecc.
S.grr. .rru-altrettanto lunga descrizione dello svolgimento delie cose. Final-
mente la notizia... dolorosa: « abile di prima categoria >> che porta la deso-
lazione nella sua famiglia.
La letteru, oltre che essere un saggio letterario dell'800, fa meglio com-
prendere la psicologia del chierico nell'atmosfera del noviziato: perciò crediamo
utile tiportarla in appendice, allegato n. 4.
La professione religiosa
Ritornato a Valsalice dopo la brwe parentesi, si ritrovò nel suo ambiente.
Mons. Federico Emanuel tfatteggia in poche parole la sua personalità: << Siamo
stati compagni a Valsalice nell'anno 1889-1890. Io ero studente di filosofia ed
egli di teologia, ma Ia vita era in comune. Don Ricaldone era già sviluppato
come un uomo ed emergeva tra i suoi compagni per il suo compoltamento serio,
mentre era molto gioviale nelle ricreazioni e un vero artista nelle rappresenta-
zioni drarnmatiche; io recitai più volte con lui »>.
Fin dal principio d'anno si erano manifestate nel suo cuore due aspirazioni:
pronunciare i santi voti e subito dopo andare missionario. Egli Ie aveva col-
tivate amorosamente e intensamente con l'approvazione del Maestro, al quale
aveva pure confidato il luogo di missione preferito: ed ora formavano il grande
ideale, di cui sperava ptossi'ma la realizzazione.
inmnluuamMmndeeina8rfooimsCteafrhinolstetosodai.mateoDvlpeiaodivaragàtaluupneMrizoraliabanaiassbdvttieairlsiovbttàa,iinlivezidlaioi annueulesntmsoednerseuireomneesudeermrianoteleedmrvoedaatàgdeelgrimsisotleerrinearvvatatitdozoi?biodadSrsieeesgroctetooocslnaleudnteotuee;mlraiad_learlugeorgga.agutdCreluolehoadlialolioererspmatrrpoaivnbeeigaorvebraoenilgitutenaàn,il
dipendeva dal numèro dei giovani che, avendo estratto un numero basso, fossero dichia
rati abili.
58

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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Don Barberis incitava gli ascritti ad aumentare il fervore, ricordando il
detto: motus in fine uelocior. Nel poco tempo che rimaneva, tutti dovevano
impegnarsi maggiormente per camminare con più slancio e più speditamente verso
il traguardo; poiché non si è mai abbastanza prcparati ill'atto sublime della
professione religiosa. E poiché questa si sarebbe compiuta nel così detto pe-
riodo delle <<vacarae >>, il chierico Ricaldone volle studiare r mezzi opportuni da
applicare per passade con maggior frutto. Dopo aver pregato insistentemente
il Signore e Maria SS. perché lo illuminassero, prese due propositi. Il primo
consisteva nel fare ogni sforzo per mantenere vivo il pensiero della presenza di
Dio. Egli in passato aveva già esperimentato I'utilità di questo mezzo che gli
aveva permesso di compiere le azioni ordinarie con maggior attenzione e dili
genza: anche ora si riprometteva frutti abbondanti.
Il secondo gli fu suggerito dalle angustie che 1o travagliavano in quel tem-
po, le quali richiedevano, oltre l'aiuto delTa grazia, un animo forte e preparato
ai sacrifici. Petciò propose di esercitarsi nello spirito di mortificazione, onde
trovarsi pronto ad eseguire con gioia quanto al Signore sarebbe piaciuto di co-
mandargli. I due propositi non rimasero un pio desiderio; la sua volontà imo-
bustita dal lungo esercizio, era decisa di rispondere alla grazia con fedeltà
per farsi veramente santo. L'attuazione dei propositi costituì l'ultima prepara-
zione il7a professione religiosa.
A fine luglio, avuto il beneplacito del suo Maestro, presentò la domanda
per essere ammeso a compiere il grande atto.
I giorni che precedettero gli esercizi spirituali lo trovarono impegnato in
un controllo più accurato delle singole azioni della giornata.
Gli esercizi spirituali lo videro raccolto e concentrato in se stesso; medi-
tava con commozione profonda sulla bontà usatagli dal Signore, dava libero
sfogo alla preghiera di nngtaziamento, confermava 7a decisione di volere farsi
santo.
Finalmente il 23 agosto 1890, poté appagare la pir) ardente aspirazione
del suo cuore: fece la professione religiosa, legandosi a Dio in perpetuo, alla
presenza del Beato Don Rua, nella cappella dell'Addolotata, elevata sopra la
tomba di Don Bosco.
Quando si alzò dalf inginocchiatoio si sentì veramente rinnovato nello spi-
rito; la professione aveva coronato meravigliosamente l'opera compiuta dalla
grazia nei due anni di preparazione alla nuova vita.
Anche la seconda aspirazione del suo cuore fu soddisfatta: I'obbedienza
lo destinò a utrera, dove l'aveva preceduto il cugino Antonio. La pattenza era
stata fissata il 2 settembre; gli rimanevano quindi ben pochi giorni per i pre-
pafativi.
Ripiena L'anima di santo fervore, si recò a Mirabello per dare I'ultimo sa-
luto ai suoi cari. Quanto era mutatol I genitori avvertirono 7a ffasformazione con
gioia ineffabile; quel figlio per il quale avevano tanto repidato, sarebbe stato
la loro consolazione.
Don Giuseppe, ricordando le parole che gli aveva scritto nei primi mesi
59

8.2 Page 72

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del suo aspirantato, ingraziava il Signore; aveva ormai 7a cettezza che questo
suo nipote sarebbe salito sulla cima del monte.
Il nostro chierico faceva parte di un piccolo gruppo destinato alla Ispet-
toria spagnuola, fotmato da due sacerdoti: Don Carlo Pane e Don Antonio Co-
metti, e tre chierici: Gioacchino Bressan, Luigi Sutera e 1o stesso Pietro Ri
caldone. La comitiva ebbe una buona guida in Don Pane, che da nove anni
si trovava a Utrera, giuntovi col primo drappello di Salesiani nel 1881, ed ora
vi faceva ritorno dopo una brwe visita in ltalia.
I cinque pregarono a lungo nel Santuario di Maria Ausiliatrice; salirono
alle camerette di Don Bosco per ricevere un consiglio e la benedizione da Don
Rua. L'ultimo saluto lo ebbero da Don Barberis, il quale nel congedarli appa-
riva visibilmente commosso. Alle tre del pomeriggio del 3 settembre iniziarono
il viaggio verso la terfa che I'ubbidienza aveva loro indicata come nuova pattia.
60

8.3 Page 73

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PARTE SECONDA
PERIODO SPAGNOLO
(1890-191 1)

8.4 Page 74

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8.5 Page 75

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CAPO V
ALBA DI UNA LUNGA E LABORIOSA GIORNATA
La Gasa di Utrera
IJtrera, posta a 30 km. da Siviglia, capitale dell'Andalusia, fu 7a città pre-
scelta da Don Bosco per mandarvi i suoi figli ad iniziarc I'apostolato salesiano
nella Spagna, dove urgeva provvedere alla educazione morale e spirituale di
tanta gioventù, abbandonata a se stessa, e della classe operaia. « A Utrera ci
prepareremo a cose maggiori )>, aveva detto il Santo, e Io sviluppo che ben
presto ebbe il piccolo seme gettato confermò il vaticinio.
Il primo gruppo di salesiani giunse nella città andalusa la sera di merco-
ledì i6 febbraio del 1881, guidato da Don Giovanni Cagliero, e contava sei
confratelli: il Direttore Don Giovanni Branda, due sacerdoti, un chierico e due
coadiutori; essi vennero accolti dalla popolazione con vive e molte cordiali ma-
nifestazioni di gioia.
Si legge sempre volentieri una pagina fresca di Don Cagliero che descrive
il modo con cui si presentarono alla popolazione. << Nel sabato seguente (al
nostro arrivo) fu cantata da noi una messa in canto fermo all'altare della SS. Ver-
gine, con accompagnamento di harmonium, e bastò per eccitare all'entusiasmo
questi utrerani. Il giorno dopo, domenica, ci facemmo vedere italiani davvero
col canto di mottetti e <(Tantum ergo » in musica. Era, in più, corsa la voce
che alla sera uno di noi avrebbe predicato e si sarebbe data 7a benedizione col
SS. Sacramento nella chiesa del Carmine, già da loro chiamata de los Padres
Salesianos; quindi un affluire di gente da ogni parte. Infatti alle sette della
sera, dopo uno straordinario scampanio, io usciva dalla sacrestia, ed inginocchia-
to innanzi all'altarc della Madonna, diressi la recita del santo rosario in casti-
gliano, come qui si usa; quindi salito sul pulpito e messo sotto i piedi l'a,mor
proprio, gettata da un lato la grammatica e dall'altra la paura, spiegai in lingua
spagnola al numeroso uditorio il nostro programma. Dissi cioe. 1" che cosa
sono i Salesiani; 2' che cosa fossero venuti a {arc neTla Spagna; J' che cosa
hanno fatto in ltalia, in Francia e in America... Calato dal pulpito montai
sull'orchestra, intanto che Don Pane, Don Oberti e il chierico Atzeni con alri
sacerdoti uscivano all'altare per la benedizione. E coadiuvato dai uirtuosi di
caruto Don Branda e suo fratello, con Goiffe che laceta lume, cantammo un
63

8.6 Page 76

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mottetto e Tantum ergo, con tale maestria da riscuotere applausi per due giorni.
Nei crocchi della città poi la conclusione dei discorsi era questa:
« Oh! sì, sì... los italianos son verdaderos mÉsicos!... »>.r
Don Cagliero non poteva scegliere un modo migliore per presentare 1o spi
rito salesiano agli Andalusi, i quali hanno radicata nel cuore la divozione alla
Madonna e l'amore per il canto, che è una delle caratteristiche del loro tem-
peramento allegro e sentimentale.
L'arcivescovo di Siviglia, Mons. Lliuch, volle subito comunicare a Don
Bosco il suo compiacimento per Ia venuta dei Salesiani nella sua diocesi scriven-
dogli il 2l febbraio: << I suoi figli sono amivati a Utrera in mezzo alle dimo-
strazioni di affetto e di gioia di quei miei cari Andalusi... Hanno già cominciato
a lavorare... Spero che faranno del gran bene in Spagna. Ho già loro preparato
un'altra Casa e Écija, che fu sede vescovile di S. Fulgenzio. Non dubiti, caro
Don Bosco, che io satò leur gran Papà »>.
La Casa di Uffera venne dedicata alla Madonna del carmine2 e iniziò
1a sua vita aprendo una scuola elementare destinata ad accogliere fanciulli po-
veri. Nel 1835 gli alunni avevano raggiunto il ,numero di 150, frequentavano
le classi come esterni ed erano i più poveri della città. In quell'anno la penuria
di personale e la situazione finanziaria precaria misero a dura prova la virtù
del Direttore Don Ernesto Oberti, succeduto a Don Branda,3 e imposero il
problema se non fosse il caso di trasportare altrove Ie tende. Don Bosco, messo
al corrente delle difficoltà esistenti, rispose raccomandando di pazientare e
assicurando che avrebbe provveduto ai bisogni esposti da1 Direttore: << Don Oberti
abbia un po' di pazienza e provvederemo )>. Nell'estate dello stesso anno in
città comparve il colera; Don Bosco consigliò un mezzo potente per evitarlo:
portare sulla persona una medaglia di Maria Ausiliatrice, praticare la comunione
frequente, e recitare ogni giorno la giaculatoria O Maria Ausiliatrice, prega per
noi. \\l suggerimento del Santo venne eseguito con molta fede e il colera non
entò in casa, menre in città mieteva I'80 per cento dei colpiti. In seguito
il collegio continuò a pfosperare; il Beato Don Rua nella visita fatta nel 1890
vi trovò oltre 200 alunni.
Verso la méta
Il piccolo gruppo di Salesiani, che era partito da Torino il 2 settembre,
giunse a Utrera il venerdì 12 settembre, tutti un po' stanchi per il viaggio lungo
e disagiato, ma tutti sereni e contenti. L'accoglienza festosa e fraterna ricevuta
dai confratelli diede loro il conforto di sentirsi in famiglia. In particolare do-
1 Boletln Salesiano - febrero 1911.
2
3
Colegio de Nuesta Seflora del Carmen.
Don-Oberti, come si è detto, era succeduto
a
Don
Giov.
Branda,
il
quale
era
stato
mandato da Don Bosco ad aprire la Casa di Sarrid'Barcellona nel 1884'
64

8.7 Page 77

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§
§
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p*. fi,n &i.nt$***
ll ch. Pietro Bicaldone col ch. lsidoro Varvello, nel 1g89.

8.8 Page 78

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8.9 Page 79

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vette essere commovente ed affettuoso l'abbraccio dei due cugini, Antonio e
Pietro Ricaldone.
Dopo alcuni giorni, appena furono installati ciascuno al proprio posto, il
nostro chierico eL,be dai compagni di viaggio il gradito incarico di mandarne
rcTazione a Don Barberis. Egli accettò tale onore con piacere e assolse l'incarico
con una lunga lettera ricca di considerazioni, di notizie, di osservazioni come
era possibile raccogliere in un viaggio, che si proponeva di raggiungere al più
presto 7a méta. Sono impressioni di nuovi panorami, albe e tramonti meravi-
gliosi, ricordi storici, incontri coi confratelli di case salesiane, visite fugaci a
città e santuari. Accenni e descrizioni sobrie e vivaci. Riportiamo alcuni tratti
dei più interessanti.
<< Alle tre pomeridiane del martedì 2 settembre, Ella ci salutava commosso
assai come potemmo scorgere, e noi pure, se per una parte con alTegrezza, pet
l'altra con dispiacere lasciammo Torino e con Torino oh quante e quante cosel
Lasciammo Lei, o caro Signor Don Barberis, che per tanto tempo ci fece da
padre; lasciamo tanti cari confratelli che e con l'esempio e con le esortazioni
cercavano di spingerci innanzi per la via della virtù e della perfezione. Che più?
Lasciammo Maria Ausiliatrice e la indimenticabile tomba del caro nostro Padre
Don Bosco. oh quante emozioni in quell'istante! Ma no, che noi non lasciammo
tutte queste cose; no. Esse vivono tuttora e vivranno sempre ne1 nostro cuore;
speriamo che il ricordo loro abbia a far germogliare nuovi e sempre nuovi sensi
di virtù ed a ridestarli qualora si avessero ad assopire. Sì, il ricordo di Don Bosco,
di Don Rua e di Lei, o caro Padre, sarà sorgente in noi di ubertosi frutti di
santificazione ».
Giunti a ventimiglia a notte inoltrata Ii attende una notizia poco gradita:
il treno per Marsiglia era già partito... che fare? La decisionè fu pronta.
<< Ci sdraiammo sui panconi della stazione e tra il ronzio e le punture dei mo-
scerini e le grida dell'altra gente tentammo pigliar sonno. Chi dormì, chi non
dormì. Alle cinque siamo tutti in faccenda per cercar una chiesa dove dire la
Messa i sacerdoti, e noi fare la comunione. La Madonna ci voleva proprio
bene e la benedizione di Don Rua ci accompagnava. Andammo al duomo à h
trovammo un gentile sacrestano (ché questi è che può tutto in una chiesa) e
un buon parroco che ci permisero di fare le nostre cose. Ringraziato il si
gnore, il sacrestano e gli altri, ritornammo di corsa a71a stazione. Qui si trattava di
giuocar bene il dado e la cosa non potea procedere più prosperamente. La do-
gana non ci molestò e noi potemmo salir nel treno alla volta di Marsiglia.
Fischia il treno, si dice di gran cuore una giaculatoria alla Madonna, e io e
Bressan, altri cesari, gridando: << il dado è gettato >>, via in un cogli altri alla
volta di Marsiglia. La Tevata del sole è un incanto, e quantunque noi non
l'abbiam potuto vedere intieramente, tuttavia assai restammo compresi di am-
mirazione alla vista di questa, che è certamente una delle meraviglie del creato.
« scesi a Marsiglia ci avviammo alla volta del collegio. Giungiamo ina-
spettati: quei buoni confratelli però subito si danno attorno per prepararci e
la cena e il letto per dormire e nello stesso tempo ci circondano di attenzioni
65
5

8.10 Page 80

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e di cure. Trovam,mo qui il caro Don Bonora, il quale fece per noi f impossi-
bile. Si voleva partir subito, ma non cel permisero i cari con{ratelli, e fu
giocoIorua fermarci in Marsiglia due giorni, o meglio un giorno e mezzo. Don
Òr.lo, a intanto, si attorno, e con un profitto di pressoché 50 lire ci pro-
cura il piacere di fare il viaggetto da Marsiglia a Barcellona per mare. Stando
a Marsiglia noi fummo a vedere il celebre santuario « de la Vierge de la Garde >>
dove passavano appunto allora i pellegrini italiani diretti a Lourdes. Pregammo
la Vergine per noi, per tutta la Chiesa, e in modo speciale per la Congre:gaziofle,
e di poi uscimmo da Marsiglia e ci recemmo alla Casa della Provvidenza dove
stannà i novizi francesi. Che cari confratelli! Già tengono tutto 10 spirito di
un salesiano e ci edificarono assai col loro buon contegno. Vedemmo quivi
una annosa quercia, che essi chiamano << quercia di Don Bosco >>, sotto la quale
nel tempo estivo i chierici novizi fanno studio, non da altri assistiti che da una
piccola itutu.tto di Don Bosco, che loro sta di fronte. Che bell'ese'mpiol >>.
Sbarcati a Barcellona fanno una breve tapp1- a Sarrià. Poi Sarugozza, Ma-
drid, Siviglia. E finalmente Utrera.
<< La notte si passa in ffeno tra il sonno e la veglia, e alle 6 si giunge
a Siviglia, la città moresca per eccellenza, della quale si dice che: chi non ha
oisto Siuiglid, flon ha uisto rueraaiglia. La salutammo e via per Utrera. Per
questo tratto non era che un continuo spingere innanzi 1o sguardo per vedere
desiderata città,
pafe una cupola...
che mai non compariva. Avanti...
due confratelli che ci attendono...
fischia la macchina.'. com-
Siamo a Utrera. Il collegio
i magnifico e ci gradì assai. Ella già lo conosce, e quindi non abbisogna di
particolare descrizione. I giovani sono buoni. Presto andremo, anzi già an-
diu-o .o.r essi che sono i nostri maestri di lingua. Speriamo che la Madonna
ci faùt irnparar presto il linguaggio acciò possiamo far un po' di bene a questi
cari giovani ».
Le pri,me impressioni del nuovo ambiente sono buone, si direbbe <( entu-
siastiche ,, .o-" voleva il temperamento del nostro chierico. « Il collegio è ma-
gnifico.,. I confratelli sono amabilissimi. Del Direttore non parlo. Oh che cara
personal Quando 1o conosceremo meglio, sapremo apprezzarlo come si con-
viene »>.
Sono le impressioni della prima settimana della sua vita salesiana; non
pef questo bisogna svalutarle, specie per ciò che dice del Direttore Don Er-
nesto Oberti,s sàlesiano di grande virtù, affezionatissimo a Don Bosco, di cui
aveva assimilato lo spirito; alla pietà univa una prudenza esemplare. Era uno
di quegli uomini che il Signore prepara e manda ad iniziare una sua opera per
darle un solido fondamento a assicurarle un avvenire di bene'
Ndeel1la1asI8sD8Vp4eeotnnDtonoreCinaainrBClvooieasPltctaioocnaeagl. lNiUearflefi1rda9ò0d4laatoDdrinroeònziioBnnoesItcadoleiacl ocploelprlcerhigméiooi;ngdracuolpn1pd9oi0z2idoniai!Sf)ai9slei0csahiaenfiunnoienspl-be1ut8too8nr1ee.
. ....ò'nel clima di Roma sollievo alle sofferenie. Morì santamente 'nell'ottobre dello
stesso anno.
66

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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Fu un ratto amoroso usato dalla Divina provvidenza a Don Ricaldone
avergli dato una guida così valorosa nei primi anni del suo tirocinio.
contribuì anche alla sua formazione la natura dell'opera,
ai r^-
gazzi più poveri della città; l'armonia che esisteva ra i confrate^llpi,enrtealla vita
cIlaouncsueplneiebrir;taoz1idoonizees, alofcaretitfaicl'iocoopnneerlolals'aimtcàcaegntgteaiorlercesleorcleacnroennistl'àee,gdudueecnallzezeiofeensetiecdr,aiisslteaialginri.ardeedloelaltiriegoiouqv.uaretnalil;e;
del calendario liturgico; Ia diffusione del Bollettino Salesiano per aumentàre il
numero dei Cooperatori; la festa del Direttore; la premiazione scolastica. In
una parola, a urera i primi direttori, ma specialmente Don oberti, riprodus-
sero 1o spirito e seguirono la tradizione che vigeva all'Oratorio di Valdàcco.
Al lavoro
Don Bosco considerò il lavoro come fattore di moralità, e lo giudicò tanto
importante sotto questo aspetto, che ne
giorno della sua ordinazione sacerdotale:
i nemici dell'anima... >>.6
fece
<< Il
oggetto
lavoro
del settimo lroposito nel
è un'arma potente conro
I1 1" gennaio del 1876 discomendo familiarmente con i suoi salesiani di-
ceva con visibile compiaci,mento: << Tutti quelli che crescono nella nos6a pia
Società acquistano uno spirito straordinariamente buono ed hanno un amore,
anzi un ardore tale per il lavoro che non so se si possa da altri superare >>.7
. A questo riguardo usava un'attenzione particolare per i chierfui; il lavoro
coveva assorbire I'esuberanza dell'età e della natùra; ne avrebbe guadagnato
ia fedeltà alla vocazione. Ciò tu ben compreso dal Vescovo di Casale Mons.
Ferrè, il quale, volendosi dar ragione del buon andamento del collegro Sale-
siano di Borgo s. Martino, attribuiva il successo a drre segreti, il secòndo dei
quali era il lavoro.
pure
<< Don Bo-oco
il tempo di
accrlmul6
volgere la
su ciascuno tante
mente ad altrc!
cose da
chi può
farc.., che non hanno nep-
appena resprrare, p"nrui.
se può rssere tratto ai rnale! Vi sono a r3orgo S. MarLino due chierichetti, che
non sembrano ancora buoni a nulla. Eppure studiano per sé, si preparano a
csami, fanno scuola, a-.sistono. Come si fa a non cammlnare sicuri rn matetia
di moralità, quando si lavora a quesro modo? >>.8
Il chierico Ricaldone aveva in l'ardore del lavoro. E subito da prin-
cipio 1t., dimostrò luminosamente svolgendo gli incarichi ricevuti con un senso
profondo del dovere.
Gli fu affidata la classe terza elementare. Non possedeva la lingua; ma
aveva incominciato a studiarla con impegno fin dal primo giorno. Faceva poi
6 MB I, 418.
7 MB XII, 11.
8 MB XIII, 889
67

9.2 Page 82

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esercizio durantc le ricreazioni, che trascorreva coi suoi alunni, conquistandone
]a confidenza e l'ammirazione; quei piccoli andalusi focosi e generosi, impulsivi
e servizievoli, si sentivano dominati dalla presenza dinamica del nuovo maestro.
È risaputo quanta impressione
giouarri. Talvìlta ,up.uu battere
esercitino le
tutti, anche
iqupalitàbrfaisviic,hnee_lldaecll'oerdsuac;aetsoeregusiruei
Io., gurbo ,rn arrolo in una accademia, dimostrare decisione in una questione
di gi"oco e simili bravure stabiliscono un primato nella piccola mente dei
gioriani, che misurano col proprio metro le qualità del loro maestro, per cui
le proporzioni non ,orro .irpà,rate e ciò che per sé vale cinque nella loro
estimazione diventa il doppio e anche il triplo.
11 chierico Ricaldone possedeva notevoli capacità di predominio' La sta-
tura di nt. 1,71, registrata alla visita militare, obbligava i fanciulli a guardarlo
dal basso in alto; \\u ,relt rza nei movimenti li lasciava disorientati quando
sfuggiva a quelli che già stavano per raggiungerlo nella corsa; anche l'abituale
so.iio, lu ,roce baritonale contribuivano a fare di lui una persona superiore
alla comune. E i giovani guardavano << Don Pedro )> con ammirazione.
Doveva pure attendere allo studio della teologia, sviluppando i1 program-
ma del terzo anno;
buona cultura nelle
e poiché era ben compreso della necessità di possedere
,.i.nr. ecclesiastiche, indispensabile per l'esercizio del
una
mi
nistero sacerdotale, continuò lo studio con pieno senso di responsabilità' In
quei primi anni la casa di Utrera assolveva anche il compito di « Studentato teo-
logl.o ,; ebbe dunque la possibilità di seguire un insegnamento regolare, che
si svolgeva secondo un orario determinato.
In questo stesso primo anno (indubbiamente per invito del Direttore)
pmsreiisnmetaovinagrpqaurdoeosg',ta.dn.p-t.rtueoplauar^alpzhrioe"npbeaataeczseisollenienerzaiaatoglmlieelenestmea'emsnitiaprreeidr.-euccoLenevsaedngiouffiriaceodilltuàbeac:chielellipegorlsaistoepsrsedo-i
della lingìa e lo studio di quella parte del programma,
ficamentl la Spagna. QrrntÀ ul rèrto gli studi fatti in
che_riguardava speci'
Italia superavano le
esi.g-enze del programma.
A Utrerà .Éb. lu consolazione di assistere ad una grandiosa manifesta-
zione
della
brare
dclaiittfsàeodleaen,lnpSeraofcugineozttiaCotnuaeoerenpedrlelaipaGCrhaeitseaùsa.dDadi'eiSnlatCelesosalilaencgio:ioilapnaecrlornposocamic,ersarziigiogsnitoaebddileildg2iiol cveasleneti--
tembre, festa di S. Matteo, apostolo ed evangelista. Non mancò una accurata
prepalazione degli animi: a tale scopo un sacerdote salesiano visitò perecchie
,.ro1. d.llu città per spiegare agli alunni il significato della consacrazione;
inoltre si tenne un triduo di ptedicazione pet la preparazione immediata, che
.DÉ.onalt.ttviilra.rr,rr.erratriic^.Iicr..lle,os.nbslJroai".cdarieitJàliuliìenorp"ac.rrtoIor.or.s.dooebiieaàuÀcpoic.trrdteirumtll"aiea.roer"au'tlgtcÀobronaarisrd,ciusco.ppeÉeolcelrinoeiodrcroraeoentvmo,aa^pcvdthèaipnerisdeledescuascoav'aonadrpàsoaoouccgecodrearsiaads-loomqla,uair:nalilsoautptsnreutototnatiivavslaeicncmirneesenniitnztàdia{t.eicigoissnctneuiaedsln'aiitaoilfltierci)ono.
68

9.3 Page 83

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fu completata al mattino del 2t. Nel pomeriggio la chiesa si riempì di rugazzi
e r^gazze; alcune classi parteciparono al completo, guidate dai loro professori.
Un Salesiano rivolse ancora un caldo invito a donare il proprio cuore al Sacro
Cuore di Gesr), unico amico di cui possiamo fidarci; poi si mosse in pro-
cessione devota e orante. Il popolo assisteva meravigliato alla sfilata ordinata
di tanti giovani, che cantavano lodi a piena voce. Rientrati in chiesa, seguì Ia
benedizione eucaristica e finalmente l'atto della consacrazione ripetuto da tutti
con grande slancio.
La grandiosa manifestazione fece risuonare nel cuore del Nostro l'eco
del fervore che lo animava nelle celebrazioni del noviziato; ora però il fervore
trovava un motivo particolare: quello dell'apostolato salesiano.
Creatura nuova
Lasciando l'Italia il nostro chierico portava in cuore una grande pena:
l'obbligo del servizio militare, che l'avrebbe costretto a interrompere 1o studio
della teologia, tamandando di tre anni il raggiungimento della meta sempre
in cima ai suoi pensieri: I'ordinazione sacerdotale. E soprattutto l'avrebbe con-
dotto a vivere in caserma, in un ambiente tutt'altro che favorevole alla voca-
zione religiosa. D'altronde, se a suo tempo non si fosse presentato a com-
piere questo dovere, sarebbe stato dichiarato disertore.
La sua pena non ebbe lunga durata, poiché nel mese di novembre una
lettera dei suoi 1o liberava dal pensiero molesto. Quando estrasse dalla busta,
insieme alla lettera, il certificato del Distretto di Casale che 1o dichiarava pas-
sato in seconda categoria, provò una gioia immensa e ringraziò il Signore che
aveva esaudito le molte preghiere sue e quelle dei suoi cari; poiché suo padre
e sua madre avevano pregato forse anche più di lui, e prima di lui avevano
ringraziato il Signore.
I1 fatto di essere passato in seconda categoria lo esonerava dal servizio mi-
litare e 1o obbligava a passare in caserma un periodo di istruzione della durata
di 40 giorni.lo Volle subito comunicare la heta notizia a Don Barberis.
Carissimo Padre in G. e M.
Utrera, 7 novembre 1890
Finalmente! dirà al ricevere questa mia lettera, finalmente si è fatto vivo!...
Lei sa come stanno le cose, e perciò non spenderò parole per iscusarmi.
Ah, caro Padre, come fu buono il Signore con me e di quali benefizi mi
va colmando tutti i giorni... Di questi giorni ticevetti una lettera da casa, 7a
apro e v'incontro denro... indovini che cosa? Ah, Deo gratias, il certificato
per cui io ero passato di seconda categoria. Ah, il Signore aveva accettato il
lD2
l0 Nelle operazioni
della Legge per il
di leva venne passato in 2"
reclutamento allora vigente.
categoria
in
applicazione
dell'articolo
69

9.4 Page 84

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mio piccolo sacrifizio, e ancor più quello dei miei parenti. Don Bosco aveva
latto la grazia! Noi tutti ringraziamo il Signore, Maria e Don Bosco con la
più alta commozione... Ma questo non basta... Maria protegge, sì, protegge in
modo affatto speciale i Salesiani. Non erano passate 24 ote dopo questo fatto
che Bressan rièeve una lettera, la apre ed egli pure incontra il certificato di
seconda categoria... Ah, come explicar esto, se non col dire che Maria e Don
Bosco ci amàno ma ci amano d'un amor grande, infinitol Caro Padre, ella ci
ama e credo che vorrà farci un benefizio: e il benefizio è che su quella amata
e venerata tomba, dove riposa l'incorrotto corpo di Don Bosco laccia farc
una novena di ingraziamento Per
perché possiamo salvare molte e
il benefizio che ci
molte anime, che
venne compartito. Preghi
questo è il nostro unico
desideriò, e perché Maria SS. ci abbia semPre a conservare nella santa nosffa
vocazione. Un'altra volta, che spero satà presto, le scriverò dandole notizie delle
mie occupazioni, ecc. ecc. Colgo l'occasione, caro Padre, pet ingraziarla del
bene che-Ella m'ha +^tto e per dirle ch'io glie ne sarà grato in eterno. Ah sì;
Gesù e Maria le ripagheranno largamente i sacrifizi, che ebbe a compiere per
avviarmi alla virtù. Faccia pregare, o caro Padre, per tutti noi sopta la tomba
di Don Bosco, specialmente pel suo figliuolo in G. e M.
RrcarooNr cH. Pretno
Liberato dal pensiero del servizio militare, attese con maggior serenità
all'adempimento dei suoi doveri. L'approssimarsi del santo Natale gli porse
l'occasione di intrattenersi nuovamente per qualche momento col suo Maesffo.
È una lettera di molto valofe, nella quale affiora la v:ezza del sentimento
di riconoscenza verso Don Barberis; la fermezza della volontà nello sviluppo
della pietà; il fervore cfescente della sua divozione alla Madonna e a Don Bosco;
la sincera volontà di farsi santo.
Utera, 1l dicembre 1890
Carissimo Padre in G. e M.
Ella stessa può immaginare qual sia il mio contento allor che mi accingo
a scrivere a lei, che mi fu tanto amoroso Padre e che con tante cure procurò
il bene dell'anima mia. Sì, caro Padre, in questo istante io mi figuro di tro-
varmi costì in Valsalice con lei e in questo pensiero io tutto mi commuovo. No,
non sarà sterile la di Lei memoria, che anzi spero sarà sempre feconda di
buone risoluzioni e di progresso nella virtrì.
Ah non dimenticherò giammai con l'aiuto di Maria quei santi consigli
che Ella veniva passo passo inspirando alla mia mente e al mio cuore; con-
sigli che purroppo furono talvolta resi vani ed infruttuosi per la mia malfetma
volontà ed incostanza. Mi perdoni, caro Don Barberis, e la benedizione che
io da Lei impetto voglia il Signore che sia capa,rta del perdono eziandio di Gesù
benedetto. Ah quanto in verità è differente la vita di noviziato dalla vita di
collegio, e quanto si vede qui la necessità di aver adornato il cuore di virtù
acciò possano queste fruttificare per la salvezza delle anime. Le occasioni di
farsi dei meriti sono continue, però le stesse occasioni possono essere altresì
occasioni di demerito, se uno non sa armarsi di pazienza e di umiltà. Con 1o
aiuto di Maria e di Don Bosco io faccio quel che posso, e mi trovo contento.
È bensì vero che molte volte quando con ftequenza si succedono le occasioni
70

9.5 Page 85

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allora mi sento perdere d'animo vedendo che vana è la fatica e che invece di
produrre buon effetto riesce a male la cosa, ma le confesso con tutta verità
che in Maria sempre ho inconrato un conforto ed un rimedio efficacissimo.
Quella brutta bestiaccia della superbia, che tanto incessantemente mi assa-
liva, continua ad assaltarmi con tutti i suoi sforzi; e questa tentazione con-
tinua mi fa molto temere e mi lascia alcune volte incerto e inuanquillo l'animo.
Il pensiero della mia vita passata mi è salutare per ricacciare queste tenta-
zioni, che prego il Signore non m'abbiano giammai a vincere.
Preghi, caro Signor Don Banberis, acciò io possa farmi santo, ma santo dav-
vero. M'impetri da Gesù, da Maria e da Don Bosco tutta quella forza che
mi è necessaria per superare ogni ostacolo che si frapporrà alla salute del-
l'anima mia. Buone feste, caro Padre; dal Bambinello Gesù nella notte ven-
turosa io le pregherò ogni sorta di felicità, e forza e grazia per salvare tutte
quelle anime che sono alle sue cure affidate.
Suo in G. e M.
Rrce,r,ooNB D. Psono.
P.S.
colme di
g-razRiai.cellvacairosaDluirtei tdtoiretuDttoi ni
confratelli che le felicitano feste natalizie
Carlos, Don Enrique, Don Francisco, Don
Fenoglio, Don Castellano, Don Miguel, Don Aurelio, Don Antonio, Don Mau-
rizio, Don José, Don Luis, Don Joacquin Corino, Don Juan Bigatti, Don Rafael
(spagnolo) e Don Pedro le augurano molti anni felici e come corona di esse
la eterna gloria.
Il calendario salesiano nel mese di gennaio ricorda due nomi e due ri-
correnze: San Francesco di Sales, la cui festa ricome il giorno 29, e Don Bo-
sco, di cui si commemora il transito beato il giorno 31.
La festa di S. Francesco di Sales era una delle feste salesiane che, come si
è accennato, nel collegio N.S. del Carmine si celebrava con grande solennità.
La divozione al santo, scelto da Don Bosco come titolare della sua Congrega-
zione e proposto a modello ai suoi figli, non era conosciuta ad Utrera; furono
i Salesiani che la introdussero.
Nel collegio dal 2l al 29 gennaio tutta la casa era mobilitata per la buona
riuscita delle celebrazioni. Chi pensava ad adornare la chiesa con pompa e splen-
dore, chi si occupava delle esecuzioni musicali, chi del piccolo clero. La statua
del santo tionfava su di un piedestallo, il << paso »>, che lo presentava al popolo
devoto convenientemente adornato e illuminato d,a ceri. La predicazione della
novena veniva affidata a uno dei parroci di Siviglia, buoni Cooperatori e ammi-
ratori de]l'Opera salesiana. Nel giorno della ,festa 7a parteci,pazione dei fedeli alla
mensa eucaristica ed alle sacre funzioni era straordinaria. Solitamente l'Arcive-
scovo decorava la celebrazione colla sua presenza e colla sua parola.
Spigoliamo alcuni periodi da una lettera con la quale Don Oberti dava
notizia a Don Bosco della festa nel 1885.11
rr Bollettino Salesiano - Maggio - 1885.
71

9.6 Page 86

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Utrera, 1 Aprile 1885
Molto Rev. e Caro Padre
Sig. Don Bosco
Benedetto sia il Signore nella sua infinita bontà e miseticordia, perché in
à il quest'anno, non ostante la nostfa estfema p^overtà di personalerz abbiamo potu-
ordinare una novena a S. Francesco di Sales e festeggiate suo giorno così
solennemente, come forse non si fa in altta chiesa della Congregazione; e
lode agli ottimi e benemeriti Cooperatori che tanto ci aiutano e in tutti
sia pur
i modi,
sicché"si può dire che la festa di
essi. La ,iov.na fu predicata da
S.
me
Francesco di
zelantissimi
Sales in Utrera è tutta opera
Parroci della vicina Siviglia...
di
Il
concorso alla nostrichiesa
via quando arrivammo al
fu sempre gtande,
giorno 28, giorno
a dispetto del cattivo tempo.
in cui dovevamo avere fra
Tutta-
noi il
nostò veneratissimo e am;tissimo Veicovo di Coria, Mons. Matcello Spinola,
il cielo fin dal primo mattino divenne sereno, un popolo.immenso occupò la
chiesa dando così una nuova prova dell'amore e rispetto che nutre per questo
zelantissimo Pastore e Cooperatore insigne. Egli predicò alla vigilia. I1 giorno
29 confessò, diede la s. Comunione, assisté pontificalmente a'lla Messa ca1tat^
e infra tnisiam disse il panegirico del Santo. La chiesa era piena di fedeli, fissi
tutti nell'uomo di Dio che dava sfogo al suo cuore.
de):
(Dopo aver descritto
Ecò, caro Sig. Don
le funzioni del
Bosco, un poco
dpoi mfreurtigtogigd,e-llpeonnosOffbeeprtoi vceorseì
conclu-
fatiche.
Tutti noi lo riconosciamo dalle preghiere sue con cui ci sostiene, m€ntfe noi
facciamo alrettanto per Lei nellà nostra povettà. I1 Signore ci favorisce come
favorisce specialmentè la Diocesi di Siviglia che,- preservata prima- dal colera,
fu pure preservata interamente dalla catastrofe del terremoto. Non è que-
sta una benÉdizione speciale? Oh! preghi per noi, per tutti, Rev. Sig- Don
Bosco, che possiamo Corrispondere àlle sue sPeranze, mcstfarci veri salesiani
e rimediare ton i nostri buòni esempi alla necessità spirituale di questi popoli;
preghi per me, che più di tutti ne ho bisogno.-.Sono il più indegno, ma non sono
ìt Àenò riconoscente e affettuoso dei suoi figli in Gesù Cristo
Enunsro Osrnrr Sec.
Nel 1891 la celebrazione del 29 gennaio conservò lo stesso fervore degli
anni precedenti. Il giorno seguente poi si celebrò un ufficio funebre, con messa
in canto, in suffragio dei Cooperatori defunti.
E il 11 gennaio, terzo anniversario della morte di Don Bosco, vi fu un altro
ufficio frnebie solenne in suffragio dell'anima del Padre. Chiuse il ciclo delle
ricorrenze salesiane la conferenza ai Cooperatori e Cooperatrici nel pomeriggio
dello stesso giorno.
Ma il 11 gennaio il nostro chierico ricordava anche un altro nome: S.
Giulio, e la ricotrenza onomastica del suo primo Superiore e Padre, che a Valsa-
lice era festeggiato con grande entusiasmo perché festa sentita della riconoscenza.
12 La scarsità del personale era dovuta al fatto che I'anno precedente Don Branda
aveva preso con una << schiera sufficiente »> di confratelli per aprite una nuova casa a
Sarrid, come già si è detto.
72

9.7 Page 87

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Egli teneva ben presente che in tale circostanza nel 1gg9 e nel 1g90 aveva com-
piuto due atti di importanza notevole per la nuova vita iniziata; aveva messo due
pietre fondamentali a base dell'edificio spirituale da cosrruire. Nel 1g91, anche
se separato da molte centinaia di chilometri, il suo cuore ritornò a Valsalice, si
ffovò vicino al Padre e, come tante volte in passato, gli manifestò i sentimenti
che 1o avevano ricondotto a lui.
Uuera, 26 gennaio 1891
Amatissimo Padre in G. e M.
se
è
Potrà tacere il
inverso di Lei
mio cuore in una occasione tanto
il mio cuore di_figlio? Ah no! io
cat^ e gtata per un figlio,
Io senò e piofondaménté
sento l'amore che nutro inverso di Lei, che fu mia salvezza e mia guida. vorrei
cvpqhoeuelraarlrseidseennisotctiaronmvnasvinoeaolnogriosinpnueolmlt'eaearleidndoHuebn?lil.pifedisgneislniioqetlurmode,elilenmDtiapodansiriobvBlbeiore,tsnùcce,oh.edfisiLicaeabimnesegonaltozeioscnaoesp-etrìo"dinnui nvscaailoasiarfeilci,cioee
vor.rei potermi prosftare davanti a quella tomba, che formerà sempre l,og-
naegnpqgateiauurtbesatetrbtrittdornesooivialtrrnteaaoiò-ddr,tacesuacfgonalihoIlezreeosa1sleniumiv.laldoeeocieesrhlcd-e7,di_iug7airoiaeoenrgsqoropcglcuoridatiereeaòrariilziazlmslceiPieeoshacea,ninmh_naidcoeifrlohffbeeeeieidiP;sillmtvlaaosej.uidslrilgloeo.rp'.saen.l,ieomr.vso.pa.nt.roeoeoezQVsrrriseouneopopeenrrieòrcesitee,etatpaelismaca.srv.hri.api-oògivermomiraeaasspasoetivenainrtosntruveroàcuaoidleroràcp!i,dlnieeneise"ssrnrotiedmoopàmrraoipvtùace"eiDhu.g"cfnefoncenoo,odnaosnnleacqtBcicehrduio.àueoeissionlrlta-ira.aeoeovrsve.aaconotsu,hguqtriseol,ttuittroae,copm,loldlaiinaee-ti
Una cosa solo so che ella vuole e questa è:
Don Bosco,
ranno tutti
ivemroiesi aslefosriazni,o.tuQtrueesletom, oiecaasiopirpaazdiornei,.
ch'io mi faccia degno figlio di
io
.
pce6rnchBeroòscoJgr.,,o.r.i.,otuiil
tende-
rnotto
che io mi prescelg_o. sì,
un giorno_ mia felicità.
cammini difficili, allora
Don Bosco
E quando
ricorrerò a
sarà mio
mi vemà
Maria, a
modello, mia guida, mio sosregno, e
dato d'incontiarmi'in difficol"tà,'in
Don Bosco e poi a Lei, o caro Don
Barberis, affinché mi aiuti, mi somegqa e mi guidi
terò (co{ne già le diceva nell'alra mia) quan-to è
salvo à[a ,"tu. Ah le
differente la vita det
ripe-
ndrri-
MfnBziasloa.esaslarctnooo»on>d,ec.alhluAle.lna.h.gc,,voiocinritaelatir:ntoiudm<<aDe_Imlolorecnesno.i.gtBl.elneaLorgasb.irooeàgrrlrrieseae,gnMg-msmoeaniaaronsiasuoi,innmcsiachfaòaelcsehsssheepiaaeEnndranliernoaqlzlaualsaaeèmntmttòaMopnraaoesrliimadap.iiviùSrrM,ei'pobale'cabrtheieraaevaaienMtmoeadmriioieasrDrraeamo.r.nià.il
arna, e infinitamente mi ama, e
vittr). Accetti, o caro Padre,-le
questo mi cònsola, mi anima, e
mie più sincere {ericitazioni per
mil iseucocigtaioranlloa
onomastico: mi raccomandi al Signore e
Comunichi i miei saluti e quelli di tutti
di costì, e mi creda sempre
alle preghiere
i coniraÉili di
di tutti^i cari confiatelli.
questa casa ai confratelli
suo aff.mo figlio in Corde Jesu
PB»no Rrcer,ooNr
73

9.8 Page 88

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Dopo poco più di un mese, l'approssimarsi della Pasqua 13 g1i ricorda il
dovere & f"rci presente alle persone care, e tfa queste, già lo sappiamo, occupa
un posto privilegiato Don Barberis. È un'occasione aspettata dal suo cuore rico-
.rori.rr,., .h. .to.t si stanca di rinnovare le espressioni della gratitudine profon-
damente scolpita nell'animo. Ed è bella e confortante la dimostrazione di tali
sentimenti, cÀe si rinnova sempre con grande freschezza e sincerità. Soddisfatto
questo dovere alcune notizie del collegio.
ulla -.tà dell'anno scolastico, hanno luogo
È tempo di quaresima; poiché si è
gli esami semestrali; dopo i quali
si faranno gli esercizi spirituali.
E.co au. tradizioii salesiane sapientissime: a metà dell'anno scolastico
un ripasso
dalla scuola
g"pe.n, erale della materia studiata, controllato da
,r., contollo dello stato spirituale, che serva
esame; vna vacanza
a preparare gli animi
alla celebraiione cristiana della Pasqua. Un'altra tradizione salesiana portata in-
tegral,mente dovunque la congregazione prende dimora. Gli esercizi spirituali
no"n ro.ro semplice notizia di cronaca; scrive: « Faccia pregare e molto affinché si
possano o,,un... buoni frutti, perché vi sono alcuni giovani che abbisognano di
*grazie speciali per porsi sul sentiero della virtù »'
Un'altra iotizia di cronaca con relativo commento: << L'eminentissimo e
celeberrimo Fray zefitino Gonzdles ha scelto il collegio salesiano di Utrera co-
me luogo di ritiro per fare alcuni giorni di esercizi spirituali ». Egli vede in que-
,to f"tà una disposizione della Divina Provvidenza, che apre it passo ai Salesiani
per fare maggior bene alle anime.
Per ultimo uno sguardo alla sua vita interiore e nota che la superbia non
cessa di tormentarlo; ed egli non cessa di fesistere ai suoi assalti colla preghiera
e con quella mortificazionà, di cri Don Barberis è al corrente'ra
E conchiude infine: « Come è buono i1 Signorel Tutte le volte che coll'aiuto
della sua grazia riesco a fare qualche atto di virtù, subitamente Gesù mi premia
un.h. .on frvofi temporali! Ah se io sapessi amarlo davvero questo Gesù, che
fu tanto buono inverro di me; se io sapessi comispondere alle sue gtaizie, ah dovrei
farmi santo! Tuttavia non mi perdo d'animo: so che Gesù e Maria mi vogliono
santo, che essi mi daranno le grazie necessarie; dunque procurerò e mi sforzerò di
esserlo! Gesù mi assista e Maria mi protegga! >>.
A questa lettera unì un biglietto, che porta la lirma del cugino Antonio e la
,ru, .àt quale comunica a Don Barberis una dolorosa notizia la morte dello zio
Don Giuìeppe, avvenuta a Mirabello il 30 gennaio. Eccolo nella sua sempli
cità:
« credo che già le sarà nota la sventura che incolse alla nostra famiglia, che
cioè morì il nostò amatissimo zio Don Ricaldone Giuseppe,ls gran Cooperatore
Salesiano e che {u tanto amico di Don Bosco. Quantunque io sia intimamente per-
13 Nel 1891 la Pasqua cadde il 29 marzo.
la
rs
Non
Don
è difficile indovinare quale fosse
Giuseppe Ricaldone, n. 18 febbr'
quella
1832;
mortificazione.
morto l0 genn.
Vedi Pag. 56.
1891, a 59 anni
di
età.
14

9.9 Page 89

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issnuueapsaporrteiccghohelaiergreei-àce9r1iplaogstuiinegnl refainllzeeie.brMeraiecinnctfirianeidtnaimoGieaenbstbiatsmueotafavsceieansstiletoop,rreaogcica..oroemaqànuodaloolcrhemepogelitorovqaaunlelee-
sta perdita,.abbiamo anche provatg
asuiuotai rccai r.imeolatof-f.mdii
giù ed
figli in
assisterci.
G. M.
gjflde consolazione perché dal .i"ìo
Ci benedica tutti ed in paricolare
pài.à
{uesti
ANtoNrro r Pmrno Rrcer»onp
si è detto quale azione ,benefica avesse esercitato sul nipote lo zio Don
G_ru;eppe col consiglio sapiente e coll'esempio della vita sacerdotale irrepren.
sibile, spesa a beneficio del prossimo. Il nostro chierico riconosceva il bene rice-
vuto; ora lo poteva valutare meglio che in passato e nutriva verso questo suo
angelo custode stima, venerazione, riconoscenza.
Don Barberis, rispondendo al suo << carissimo pietro >> dopo Ia pasqua, con
pensiero delicato gli confessa di non aver pagato un debito.oni.utto verso di lui
e lo paga in questa circostanza.
SEMINARIO DELLE MISSIONI ESTERE
E STUDENTATO DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
Valsalice - Totino
Carissimo Piemo,
Torino, 30 marzo 1891
picaldha.ereretsi.gccsFohoaaellcaueercIne'*acdeindoodn.ioocqtheusc.eecshoo_serhtsoicocaop,onnrcso^ntocluo'ualmrsIdaapailfeadfdtevriaaraifrrrnaeeedr aidnpnoridongJepiiircorinpoirniiheloidada.iiiin.ampepgi_roitrsosasorotnonnnzloooeu!rh.lirIconrTo,tearfpdinnràati"toito.ohéÀiJpn;i-deormr;iàc,nooodtrido'nppaeotdiruscaatrirtònoot,i-
mandare la vita di Don Boscò del Despiney16 chè l,anno ,.Éà no" ..r"rtu.putu.
La tua ultima lettera poi mi reiò
giorno, facendoti sempre più uomo, ti
più apostolo.
l_apriaaice,nrecahs.sa.ei;meprsépeprior)
che ai
buono
!rot"ì in
? ,.-p..
FI'b pregato e fatto pregare per tuo zio defunto. prega anche tu per me.
:redimi tuo aff.mo conf.llo
Sac. Grurro Bansunrs
F{ov-9eultntmtnoreao,tI!d6ll9stotltDa.ttdctm:eaohspM,epajarintcna'§chfe-h:rlye4etaldgV-ieNn-v,DiaDziont6z-aemo7alsiapieMnBninf-ooaoessrryecimd,gtota...ia)mm'zDseiaocodntniincsi esoDdeloifr1uraln8nune8acin1eeibcsieoeod,gefEgrularlracafiosnaseldÉugdeiau.eiatClamSonbamgninirtroea"gtppoàrerzeeirsotnesoeo.daddLmaiasicfnaipsurrsemiimmeilraoodsedeedsiiizdaiDeoltrrnoeioen.
75

9.10 Page 90

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Dopo la lettera giunse anche il libro; ma il nostro, pure così avido di cono-
scere meglio Don Bosco, diede soltanto una scorsa al volume, perché non dispo-
neva del i.-po necessario per fare una lettura attenta come richiedeva l'importan'
za dell'argomento. Sentì però il bisogno di ringraziare'
26 aprile 1891
Carissimo Padre in G. e M'
mi
raQ-ulleagleraci ovnesdoelanzdioonechneonLeapi psoermtòparel
mio animo
si ricorda
la carissima sua
di me! Perché,
e come non
io dico, se
si ricord"a
À.; ud in
di me, la cosa più
verità alcune voite
naturale sarà
vedo il buon
che
esito
preghi e faccia pregare per
di azioni che assolutamente
à.Ébo
Ur.irl
attribuire alle preghiere di persone che sono
An che il Signoré le dia ahpia ricompensa
molto amanti di
di tutto il bene
Gesù e
che mi
di
ha
nfsÀa--iomÀt-ntroonhLP.eàonauotrcaonrihnuonecnlgi"obdrcmfaoehzareiaoivofdmuactpoaiholà',gtitoroenomgiiÀlàgl.peniioofdudr,denfi.Umiro.ò.'lieerDng'c"tghoteoeevredeqcneuoidllnaosncbmaaderciololri-epsplrrsiaòebimsprsaaooòrl,laademreadlaepnatlteoeumitrpeieirlodgmdSeioàiegplt.ptpsoiDuraodmcosdhneseenimtDttieoliurpelcairsba.niarmrdimosoo.-i
l" gfi ru"u, parlato dei
a questo pr-oaipeosselnroziomner
pr.=urÈiri,f
deqiuslsaaerascntehtasesag-niocoornnsiaerddaii.vssiseevrmviaizi itioelncmtahibeoildesoigcvhr..eeDi iporrfefertsitsotsarefee;qeuqdaulicenhgdglii
E ;h. di
,"*lrl".
questi giorni io ho scritto ai parenti
L'e racc[mando perciò di far plegare
che mi recherò a prestare detto
acciò quest'inconveniente (che io
,ià""iìr;rpi";.i"-lf,f,r;"i;rr;r1roe,,..;,tdc.insh?g.roacziogiaèifàdniiconensstaaebnEbtailalapuraoàdsusai}mlrc.iu.tuànrmdneioògcluci omemespanamtgoni,oav.l|ooarnraiemdi.asaulmtprpoiali.cqauNraleal-l
sibt.I'nÉ;oue"tiieeao-;nil-nld*s-s-s,tiei^cpi"etos"r.tcsn";aitieth^ai"on"mutue"tèqi.,s-.;ocuu'-fàpfoimaeòipudieilcse-tei.art.mgocriisIbziollÀloi'aipiiiueaono.eoompcnrfs.mrunvco'ieiapp.ielsntaàiàtiasrrAaedegAaÀizmggelhlitnt.ioaiaf[oouoàain.g,crv'rrrsceaIaroegMÉtozntasnlzoeco.aadairhss,rnmoPriiteeiatacoeaommfhusmaddDoeacpdrrrertaeraiotun.Mnili,vmpnileoSv,mraba[eepiBhrg6àmpriioafonaeonaistenason.aersnacnrenecSieostboec.easoisioleseuleegumedmnmpapitc.pialroibeeebenarsnrSrgiaidradsrigimtgileuoosluiunaasbgiatotlbneanaentcrGoemieorthcnim'emfeioaeiee;csirsiàùppslevdtetr,eoueirecmeriartenclnamtlinaoot,tloeMeuods,nmceai'taelozitAoait^vdinofipb.oagreqnebiusgrnruieate..lbtaigetraefomqeaalannluizaeoordaicDdoeondbintpoclnnteeleoiaen----l
a questo suo Povero figliuolo
Prono Rrcar.DoNE Sal.
P.S. - Dica a Don Varvello che è molto cattivo e che perchè adesso è prete
dird;;; di scrivere due linee ad un povero chiericuccio che desidererebbe
;;;;H.
unì-ug.
aìol bilernie.,...aM.;'imcommàpgaingoni,cehcecs' teadr'àuddicireendqouaMlcehsesabutuotntocoilnsgiigolironoc.h'.epelor
aver così poco temPo disPonibile'
16

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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Nel giugno si presentò agli esami per il bacellierato di 1" grado. Aveva fatto
una buona preparazione per quanto dipendenva dalla sua buona volontà; gli sta-
va a cuore fare onore all'abito che portava e alla Congregazione. Quanto all'esito
ottenuto il Signore gli concesse di essere contento, non contentissimo; difatti
riportò molti dieci e un solo sei. Intanto il buon esito dimostrava pure che ormai
possedeva la lingua spagnola non solo con mediocre sufficienza, ma con buona
padronanza.
Non mancò f invito della superbiaccia a compiacersi della bella figua fatta
davanti alla commissione esaminaftice.
L'ultima preoccupazione di quell'anno fu di dover lasciare per qualche
tempo la vita di comunità per ritornare in Italia e vivere per quaranta giorni in
caserma. A Utrera si era trovato molto bene, sotto ogni aspetto; la sua vocazione
si era invigorita in un clima di carità che gli aveva fatto provare il « bonum >> e il
« jucundum »> della vita comune fervorosa, laboriosa, unita e concorde per cantare
ogni giorno le lodi del Signore e stabilire il suo regno nelle anime. Ora il Signore
a tanta dolcezza sostituiva una prova di amore di altra ternpra, propria di una
anima già forte e da fortificare ulteriormente. Annunciò il suo arrivo in Italia sia
ai suoi sia a Don Barberis.
Utrera, 1 luglio 1891
Amatissimo Padre in G. e M.
Ah Il Signore mi confonde e mi fa arrossire di vergogna coi suoi molte-
plici benefizii... e perfino ho paura che mi paghi i meriti (se pur ne ho) in
questa terra... No! non 1o posso credere. È il primo giotno un po' libero che
ho avuto in questo anno, o caro Padre, e voglio subito compiere un dovere
sacrosanto che ho inverso di Lei. Dapprima si unisca, o caro Sig. Don Barbe-
ris, con me a ringtaziare il Signore e la Vergine SS. per il buon esito con cui
vollero coronare i miei esami. Gliene ditò i patticolari quando potrò parlarle;
frattanto sappia che ho riportato molti dieci e un solo sei. Digitus Doruini est hic.
Sì, Gesù Benedetto, Maria SS. e Don Bosco fecero tutto questo. Siano
sempre benedetti! Domani 2 luglio partirò co1 Sig. Don Carlos per recarmi in
Italia. Mi cteda, o caro Sig. Don Barberis, che mi rincresce moltissimo fare
questo viaggio, e se non fosse pet la doppia ubbidienza che mi spinge, molto
volontieri resterei qui tra questi buoni confratelli e allegri andaluces qae me
quieren tnucbissimo. (E continua in spagnolo):
Pronto nos hablaremos; entonces yo le diré muchissimas cosas, todas muy
bonitas, porque ya hace tiempo que deseo hablar con Usted. Pida Usted a Dios
por mi y por todos los hermanos de este colegio que le mandan mucha expressio-
nes y memorias, y Ud. reciba todo el cariflo de este su querido hijo.
L.B,S.M.
Prono RrcerDoNE y Rertpnr
El Peru!!! Sepa ante todo que no quieto hacer sino la voluntad de Dios,
que Dios me ha de manifestar per boca de Ud. Yo pediré y Ud me conoce.
Déme su benedici6n
Cenr.os
77

10.2 Page 92

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Lasciò Utrera il 2 luglio, insieme con Don Carlo Pane, che tornava in Ita-
lia per salutare 1a famiglia prima di pattire per la nuova destinazione assegna-
tagli dall'ubbidienza: il Perù. Li accompagnarono le preghiere e gli auguri dei
confratelli e le acclamazioni dei giovani.
Militare
Rivedeva Torino dopo dieci mesi di lontaoanza. Per lui Torino era so-
prattutto l'Oratorio di Valdocco e Valsalice. All'Oratorio pregò lungamente
davanti all'altarc di Maria Ausiliatrice; poté presentarsi ai Superiori e spe-
cialmente ricevere la benedizione di Don Rua; a Valsalice tutto gli padava dei
due anni di grazia che il Signore gli aveva concesso con divina generosità: la
tomba di Don Bosco, Don Barberis, Superiori e confrate1li... La tomba di Don
Bosco ricevette la preghiera di riconoscenza amorosa; Don Barberis la più af-
fettuosa dimostrazione del suo animo grato.
A Mirabello la casa paterna 1o accolse con il calore dell'affetto profondo,
temperato nelle manifestazioni estefne, ma non per questo meno vivo e sinceto.
I genitori, il fratello, i due nipotini Luigi di sei anni e Giuseppe che aveva la-
sciato in fasce prima di partire per la Spagna, gli furono intorno per festeg-
giarlo. Durante la permanenza in famiglia portò la gioia della vocazione salesiana
e l'esperienza matvrata nell'esercizio dell'apostolato ra i giovani. In quei giorni
fu disturbato da una indisposizione; forse si trattava di un risentimento della
pleurite sofferta a Lanzo; ma si risolse in breve tempo. Ed ebbe anche I'occa-
sione di occuparsi della vocazione di un giovane, già avviato agli studi, che
non era nella possibilità di continuarli. Ne scrisse a Don Barberis, in una lettera
del 24 agosto.
Amatissimo Padre in G. e M.
Mirabello, 24 agosto 1891
Le diceva nella cartolina che pochi giorni or sono le inviava che nulla eravi
di grave incirca della mia salute, ed ora ho la consolazione di scriverle che,
tingraziando il Signore, le cose hanno pigliato ottima piega, e presentemente
mi trovo quasi del tutto ristabilito. Ho ancora un po' di tosse, però assai
poca cosa, e del restante non mi sento alffa indisposizione. Mentre le scrivo
dandole notizie mie le debbo anche parlare di un giovanetto, il quale desidera
ardentemente di entrare da Don Bosco. Egli è srri diciasette anni, robusto di
complessione, ottimi costumi, ed ha già Iatto la prima ginnasiale in Sampierda-
rena. Dovette interrompere perchè, essendo morto mio zio prete il quale pa-
gava
nulla
qualche
affatto,
cosa per lui,
si trova adesso
e suo padre
in condizioni
non
tali
potendo assolutamente
da non poter proseguire
Pi agsauroei
studi. Le posso assicurare (perché 1o conosco e 1o conosceva già prima perso-
nalmente) che è un giovane d'assai buona volontà, è veramente buono, tale
insomma da riuscrire un ottimo salesiano. Avendo giàt flatta la prima ginnasiale
potrebbe anche fermarsi a Valsalice per fare 7a 2 e 7a )".
78

10.3 Page 93

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Però, le ripeto che in fatto di
conoscendo io la condizione di sua
danaro non si può ricavare ntila
famiglia. Veggà Lei, se può fare
affatto,
questa
carità,
tizia.
a questo povero giovanetto che null'altro àspetta che
Se mi potesse rispondere sarebbe per me un grande
É desiderata no-
favore. Ah caro
Padre, non manca che una settimana e poi... Ah faccia p.egare e pregare e pre-
gare acciocchè Gesù e Maria mi rengano ben custodito e difeso ànJe non-ab-
bia mai ad abbandonare i loro dolcissimi Cuori. Mi mandi, o caro padre, una
sua copiosa benedizione e mi creda suo aff.mo figlio in G. e M.
Prprno Rrcar,ooNE
P.S. Tanti saluti da parre della mia famiglia.
Don Barberis gli fece rispondere che avrebbe accetrato il giovane a val-
salice, ma attendeva prima le notizie indispensabiTi anagrafiche. Lieto di poter
comunicare al giovane la buona notizia, si affrettò a mandare le informazioni
richieste.
Amatissimo Padre in G. e M.
Mirabello, 30 agosto 1891
opcactearshniooonresicedemvipurpteorodlviasaprleeorstateonrcaaordb. ieunrnueadficisvacoreoltaic,hsdeuoompioifirgleelci.òmAminllocehl,teoil-pilisagucieoorveca,ungàeiraercacpchcièoùmecabhnbe-i
fdlaieatlnoiooIsadtir.ainLguPtiiagazi iSeaodciniiefiBtnàai.taioEmgLetuni itgèeiaqe,uhmiaai daMassiiirtca7ubraealilcoh1é8e-pasrnei-ngcihheeiardàmh.aaJlvgtiooà,l-ppfai.t.GtaiLuresaeippepièipm,re7ar
ginnasiale.in Sampierdarena.
Padre, se è possibile riceverlo
Abita in via
alle condizioni
Macocettnanante.4n.ellV'aeltaraa,mdiuan. qLuee'r,ipceatroo
e le assicuro che sarà un bell'acquisto. Ed io che ie
mi azzardo. ad assicurarglielo. Tuttavia, ingraziando
dirò? che sto
il Signore, le
bene? irlon
cose vanno
assai meglio e-spero.di rimettermi.completàmente. Tra dormire, le passeggiate
e le.pratiche..d]_qieqà passo. tutro il giorno rapidamente: però qual'dirfJienzu
tra la vita di valsalice o di collegio e quella di casa! vàglia il signore che
abbia a-passar_presto questo tempò, che non abbia a ritornàr più siirile occa-
sione. Non è che le cose vadano
carità,..di pietà, di religione che
male, no;
si respira
però
nella
non si vede qìelro s-psiirito di
congregazionà, .ron parla
che d'interessi mondani, che di ire, c6e di vendette; iÀsomma non si vede,
non si sente, non si respira che secolo, secolo e poi secolo. Mi faccio coraggio
e
e
sppaerrtoirò.tuptteor
da Gesù e da Maria mia
I'armata. La Madonna e
carissima Madre. Martedì lascerò il pàése
Don Bosco mi assisteranno. Un pensiero
olaadil.[rsp.idcr21i^Si_rnlieIatnatmtoot7l1ouvp8a]egie9osdmlr5airlob;lcInavrerreiLreircedn»Gea1oa4vi8t,.eie,9l.if!I1atee1p9p4cpIehaeosri,etlttllotdoentnenbasmmrtueoibarlarn1ae6i8acd8MooS9itmia;trMoapbbtorifraieimnàgglliolao.1io9c(diCa0lde1gilil7elidMen) aroaiaolvgr;Mioiz2a'soil8a;atnotospegl1rcaooe8Jvfsa7eetlos3ravas,a1i;voe9ecmnn0soetot0mrizòr'pdìpìoeainaunr'MpeetoIelonlc'tnild;hsaasaite.injatr"uiCrct;IoaovgsiÉrirÉnesanamaa;ale;asAsilgivlianarl;aneel;;go;ia
79

10.4 Page 94

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mi spaventa ed è quello di dover stafe
Benàetto nel mio iuore. Ah Maria mi
tsaanlvteoràte! mTPaontsiesnazlautpi oatetrutrtici eivSetuepeGreiosrùi
anche da pafte de' miei parenti ed Ella benedica questo suo aff.mo figlio
inG.eM.
PrBtno Rrcar-ooue
Il 2 settembre si presentò al distretto di Casale. Se la sua sensibilità spi-
rituale gli f.aceva provare il disagio della vita fuori comunità fino ad augurarsi
che il tempo deIla permanenza in famiglia passasse presto, che si deve dire del
disagio provato nell'ambiente della caserma e della vita militare?
Egli manifestò la sofferenza a Dor. Barberis in una lettera accotata e ama-
ra. Mai si sarebbe immaginato di dover sostenere una lotta così tremenda' Be-
stemmia e turpiloquio sono normalmente sulla bocca di quei poveri giovani; la
istruzione militare, dovendo essere sviluppata in quaranta giorni, è intensa, si
fa anche in domenica e sottopone le reclute a fatiche enormi. Anche nelle do-
meniche è nell'impossibilità materiale di soddisfare al precetto festivo e di
accostarsi a|la S. Comunione o di fare qualche pratica di pietà. In tale situa-
zione dolorosa egli tingrazia il Signore che 1o volle sottoporre ad una prova
così dura e terribile; confida nel suo aiuto e in quello di Maria SS. e prega
e scongiura Don Barberis che faccia pregare Gesù, Maria e Don Bosco per lui.
Conchiude insistendo: << Preghi, caro Padre, preghi e poi preghi per il suo
aff.mo {iglio.
Pieto Ricaldone Sal. >>
Quella inattesa sosta nel mondo non nocque affalto al giovane chierico,
che trovò modo di fare un po' di apostolato e di rassodarsi nella virtù. Riuscì,
infatti, ad accattivarsi la stima e la simpatia dei suoi superiori e un grande
prestigio fra i commilitoni.
Suo fratello Francesco andava spesso a trovarlo e affermava che Don Pie-
tro, tfasportato da quella vivacità che era propria del suo temp€ramento, e
anche dal suo zelo, radunava i soldati per intrattenerli in oneste ricreazioni,
specialmente col canto di canzoni popolari.
Spesso intervenivano anche gli u{ficiali attirati dalla novità e anche dal
carattere familiare e giocondo degli incontri. Riuscì così a fare anche un po'
di catechismo e a preparare i compagni alla confessione.
Già Rettor Maggiore, si compiaceva di ricordare episodi di questo perio-
do, talvolta a tavola in garu con Don Giraudi, il quale opponeva ai qtarunta
giorni del Rettor Maggiore il suo anno di servizio militare ed aveva anch'egli
varie peripezie da raccontare e le raccontava col tono caratteristico di enfasi
che gli era proprio in simile circostanze. Don Ricaldone narfava in tono se-
miserio e, quando l'epilogo lo comportava, conchiudeva ridendo saporitamente.
Ecco un episodio del genere.
80

10.5 Page 95

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Un giorno di libera uscità andò in Seminario per ossequiare i suoi antichi
superiori. Dopo i complimenti e il pranzetto consumato in compagnia fu invi-
tato a prendersi un po' di riposo. Egli accettò ben volentieri e si ritirò nella
cameretta assegnatagli. A sera non comparve a cena; i Superiori pensarono che
avesse fatto ritorno alla caserma. Egli invece dormiva ancora placidamente, e
continuò a dormire fino al pomeriggio del giorno seguente! Immaginarsi 1a sua
sorpresa e preoccupazione per quello che Io attendeva, come pure i compli-
menti e com'menti dei Superiori del Seminario. Giunto in caserma, il capitano
si mostrò estremamente burbero, quasi collerico; ma udito il racconto fatto
con semplicità paesana dal soldato Ricaldone circa quella solenne dormita, scop-
piò in una grande risata e con tutta amabilità (che lasciò sorpreso ed edificato
l'involontario dormiglione) si limitò a dirgli: << Un'altra volta cercate o di dor-
mire di meno o di farvi svegliare a tempo. Andate ».
Il 14 ottobre venne mandaro in congedo illimitato e, più tardi, ricevette
il foglio di congedo assoluto.
La prova era terminata.
Diede un ultimo saluto ai suoi cari; fece un'ultima visita a Matia Ausilia-
trice a Valdocco e a Don Bosco a Valsalice.
Poi riprese la via del ritorno a Utrem.
8i
6

10.6 Page 96

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CAPO VI
TERRA CALDA PER UN'ANIIVA ARDENTE
Di, nuovo spagnolo
<< Sia tingraziato il Signorel >> furono le parole che sgorgarono spontanee
dal suo cuore rimettendo piede nel collegio di N. S. del Carmine, dove con-
fratelli e giovani 1o accolsero con una dimostrazione di gioia, che egli non si
aspettava tanto viva ed affettuosa e, a suo giudizio, di gran lunga superiore
ai suoi meriti. Dopo oltre tre mesi di assenza, respirava nuovamente in quella
atmosfera sana ed ossigenata di pietà, di cui I'anima sentiva tanto bisogno; po-
teva ancora godere la pace serena e laboriosa.
L'anno scolastico aveva preso l'andamento regolate. Il Nostro ttovò qual-
che novità a suo riguardo; i superiori 1o avevano sollevato dall'insegnamento
ed in sostituzione gli affidarono I'assistenza generale, oltre l'incarico di pre-
parare le accademie e le rappresentazioni drammatiche: due incombenze di mol-
ta responsabilità, che dimostravano la fiducia riposta in 1ui dai superiori, i
quali si erano reso conto delle sue notevoli capacità e dell'ascendente non ordi-
nario esercitato sui giovani. Con la nuova ubbidienza il Direttore gli offriva la
possibilità di aver maggior tempo a disposizione per 1o studio. Difatti nel pros-
iimo gennaio avrebbe dovuto presentarsi all'esame statale del bacellierato di
secondo grado; inolffe si govava al quarto anno teologico, l'anno conclusivo,
che l'avrebbe impegnato assai, poichè sappiamo che, specialmente in questo
ramo, il chierico non si limitava a studiare per l'esame.
Questa attenzione del Direttore gli fu di stimolo per dimosffare la sua ri-
conoscenza, impegnandosi con la massima serietà ne[ compimento di ogni suo
dovere. Nella nuova occupazione non trovò vere difficoltà; la buona riputa-
zione acquistata pfesso i giovani era una base sicura di successo' Anche 1o
svolgimento del programma di studio era assai facilitato sia perchè non esisteva
più sostanzialmente Ia difficoltà della lingua, sia perchè in varie discipline do-
ì.uu ,oltr.rto integrare il programma svolto nel corso di filosofia nel Semi-
nario di Casale.
Scrivendo a Don Barberis alcuni giorni dopo il suo arrivo ad Utrera, ha
due accenni di genuino sapore salesiano: la vocazione e lo zelo per il bene
dei giovani, inolire la propria santificazione. Poichè nei collegi salesiani 7a Ma-
donna manda parecchi giovani chia'mati allo stato ecclesiastico, egli scrive:
82

10.7 Page 97

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« stando la grande incostanza di
abbia quest'anno a dare il nostro
questi andalusi, non
collegio alcun irutto
voglio pronunciarmi se
saÈrianl; pare tuttavia
che tre o quattro abbiano tale intenzione. Lo voglia il signorel , cime si vede,
nel periodo comincia a prevalere la strutrura d.ilu ri.rg,r, spagnola; ma più ché
Ia forma letteraria interessa notare I'osservazione psicologica] che lo mette in
guardia nel dare un
il signore confermi
giudizio in
i chiamati.
fatto di vocazionef il
Egli è professo da un
il problema delle vocazioni con maturiìà di giudizio.
r,ro u.rgurio, però,
anno iltu.r,o, ma
E parimenti sente
è che
sente
la re-
sponsabilità
i suoi figli;
della vocazione salesiana nei due fini proposti da Don Bosco a tutti
per essere fedele ha bisogno di aiuto, e lo domanda insistentemen-
te: << Preghi, o caro Padre, che io possa fare assai del bene a me e a questi
poveri giovani; affinchè io possa essere umile ed in qualche cosa utile alla
nostra congregazione. Ella, amatissimo padre, seguiti a pregare ed a far pre-
gare per me acciò io possa far,mi santo »>.
Nella stessa lettera una Tieta notizia: << Mio cugino sarà presto ordinato
suddiacono e poi... avanti »>. È molto contento e ne ringtazra ìl Signore. Ed
anch'egli gode perchè sappiamo quant'è affezionato d cfgino. E qlando nel
dicembre Don Antonio riceve l'ordinazione sacerdota,le, tritto il coilegio è in
festa. superiori e giovani partecipano alla manifestazione in suo oror.. Indub-
biamente chi si
deva il religioso
trovò più vicino al festeggiato fu
ricco di pietà, che avrebbà onorato
Don pieto, che
il suo ministero;
in lui ve-
e si augu-
rava di potere presto anche lui salire l'altare con la stessa preparazione spirituale.
A fine gennaio der lB92
nere gli esami del bacellierato
il diploma, che gli permetteva
si presentò all'università di siviglia per soste-
di secondo grado. L'esito fu ottiào ottenne
la iscrizionà afl'università. A questo proposito
troviamo un accenno in una lettera, che
il 7 agosto di quell'anno: << Mio cugino
Don Antonio
sta benissimo;
scrisse
egli si
a Don Barberis
sta preparando
per gli esami dell'università, essendosi già esaminato
rispondono in rtalia alTa Ticenza liceale »>. E cioè,
degli alri studì, ih. .o.-
avJndo già conseguito il
diploma di bacellierato di secondo grado, si ismisse all'univerlità; diedÉ anche
g1i esami del primo anno. Ma non potè continuare a frequentare perchè impe-
dito dalle nuove occupazioni dategli dall,ubbidienza.
Anche ora le sue giornate sono molto i,mpegnate, tanto da non permet-
tergli di mandare notizie a Don Barberis, comà avrebbe desiderato. sàlo nel
mese di aprile può soddisfare a questo bisogno del cuore. scrivendo al suo
<< Amatissimo Padre in Gesù e Maria, giustifica il lungo silenzio: << Dacchè
passò la festa di s. Giulio, sono stato giorno per giornolol desiderio di scri-
verle, per raccomandarmi ai suoi consigli ed oiazio-ni, e sempre le occupazioni
mi hanno rubato il tempo ». E che aveva bisogno di cànforto, perchè il
Signore gli aveva dato una croce durissima da port;re; Don Barberis la cono-
sceva e quindi poteva vah:,tarla bene. È una prova che lo umilia, ma non 1o ab-
batte; sente la protezione di Maria Ausiliatrice, che non lo abbandona un solo
istante e 1o assiste con mille e mille grazie. La bontà della Madonna a suo
riguardo 1o commuove; non sa come ilngtaziarla...
83

10.8 Page 98

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dei
A1 piccolo
giorni felici
e misurato sfogo della pena che lo affligge segue il
passati presso Ia tomba di Don Bosco ed anche una
ricordo
caru i'
,orrén
teneva
u,
la
«foerutuanttarogr^annndiisosrimsaoncohechleeiinmqiuleasvtaassneotitepdieidsi e»m>.pRreicogrradtao
l.aricoscrednoa,
del giovedì ,u.rto dIl 1889, quando confuso e commosso sedeva neL presbiterio
deilà- cappella di Valsalice con altri undici compagni migliori di lui, come .rap-
presentanti dei dodici aPostoli.
La lettera contiene pure notizie importanti di interesse salesiano' In casa
tutto procedeva bene; ,r"llu .o*rr.rità continuava a regnare la carità, i1 lavoro
.., ,À.nrrto. Sino alloru i salesiani si erano occupati della istruzione elemen-
tare dei giovani più poveri della
uu"o .oÀ. .rt.rni le scuole del
provvedere anche alla isffuzione
città ed erano trecento quelli che frequenta-
collegio. Ma si sentiva
dei piccoli artigiani. E
urgente il
in_questo
bisogno di
anno i Su-
periori avevano aperto due laboratori; probabilmente quelli di più facile at-
ir"rrururu, e cioei sartoria e calzoleria, che
una cinquantina di << artigianelli »>, come si
nel mese di aprile
chiamavano allora i
contavano già
giovani delle
scrole professionali. Intanlo mettevano in cantiere l'apertura di una tipografia
e legatària. Venne pure costituita una banda musicale, che avrebbe dato pre-
stigié al collegio e riso buoni servizi nelle diverse manifestazioni in casa e fuori'
Una notlzia anche di molta importanza è quella che riguarda la Associa-
zione dei Cooperatori; il loro ,r1r-"io andava aumentando e 1o spirito di Don
Bosco si divulgava in Siviglia.
Prima di porre termine al breve colloquio col Padre doll'anima sua non
può fare u
pasro di S.
-"no
Paolo,
di raccomandarsi
e a testimoniargli,
aclolemesuoegpnrieaglhtriearev,o-ltraie,clhaesgugaianricdoonousncennozato.
o Preghi, carissimo Padre, preghi molto acciocchè
succeda che mentre d.uo'p.rrJu.e per salvare gli
io possa
altri, mi
salvarmi e non
perda io stesso
mi
>>'1
17 ingtaziamento è ,"-p.. r.roro p.r la freschezza del sentimento: << Non si
dimenlichi, caro Padre, ài qrr"rto suo povero figlio. Grazie infinite per tutto
che Ella fece per me; nella ianta Messa sempre Ella ha un luogo preferente, »'
lmp'OroorladtotuSozirviiooaènlog.e-rideàiinàeTd.ostur,tcoiinlaeotÀiv,rio"dspoeiertcatSoiaallalmeedsefeinasetnetcai oapcvehdeerivmasqniueocereilptlloaeobrcdttaahivteaoDsoaininUcoOemnlebeoberraerratlivde.ae-UtlronaDgadinriezui itsoataonnnrnizeoa,deirdlli-i
ànore di Don Bosco a Valdocco. Si chiamò anche e giustamente << festa della
rrdiicaoorrngioi,isg"cpeiounvbzaabnti>ic,>a,cpomeoarpcnehifeastrota^rciz,ciooeng"xlei-eavdllaieevitivstaetatnttoilmarneognrtaai ndcdoieluafaiffmechtigteolianeedgeerlraactiotiullldePignaieod,:recS,huppeee-ri
figli nutrivano verso di lui.
È chiaro
maggiormente
che queste dimostrazioni riuscivano tanto
il drettore aveva saputo guadagnare i
più vive e vere quanto
cuori dei suoi sudditi:
I L Cor. 9,27
84

10.9 Page 99

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la gratitudine non s'impone. Di quelle celebrate aTJttera nel 1892 egli scriveva:
<< La festa del Signor Direttore fu un vero trionfo. La soddisfazione fu gene-
rale e l'amore e la gratitudine manifestata in questi giorni dai giovani al loro
amato Padre fu eccezionale >>.
La buona riuscita della festa era soprattutto dovuta ai confratelli che, uniti
al Direttore da profonda stima e sincero affetto, 1o assecondavano nello zelo
perchè il collegio rispondesse sempre meglio alla sua missione. Per questa per-
fetta assonanza di intenti le notizie di casa << non solo sono buone, ,ma ottime ».
E se in altra lettera aveva scritto che << le cose andavano avanti bene >>, ora
può dire che << presentemente vanno benissimo ».
Però I'entusiasmo dei giovani non gli faceva dimenticare la caratteristica
del temperamento andaluso, molto generoso ma altrettanto incostante. Questo
pensiero gli suggerisce alcune considerazioni le quali, anche se sono espresse
in tono declamatorio, dimostano maturità di spirito salesiano. Dice adunque:
« Mentre da una parte io godevo dell'allegria e del contento generale, per I'al-
tra mi causava profonda pena un pensiero. Diceva: questi giovani assaporano
adesso il candore dell'anima e \\a gtazia del Signore... e fra un mese e nrczzo
si troveranno gettati nel mondo, senza aiuti non solo, ma con quanti pericoli
possiamo im.maginare... e che faranno? Oh una esperienza tristissima mi fa-
ceva tremare! Quante offese non riceverà Gesù Benedetto da queste anime,
che adesso tanto 1o amanol Ah vacanze, vacanzel Quanto sono terribili in que-
sti paesil Con tutto ciò noi seguiteremo facendo il maggior bene possibile sem-
pre confidando nel Signore, che è il solo che I'inuemento alle nostre latiche ».
Le buone notizie di Utrera davano molto conforto a Don Barberis, il qua-
le godeva di ogni trionfo che Don Bosco riport^va pq mezzo dei suoi figli. Ma
un conforto particolare gli venne dalle notizie personali del suo caro Piero:
<< Per parte mia, caro Padre, mi sforzo per aumentare nell'amore di Gesù e
di Maria, che mi fecero tutti i benefizii che Ella sa. Penso spesso all'eternità,
e questo pensiero mi spaventa. Confido nel Signore. Séguito usando di quella
coìncessione lattami e uoglia il Signore cbe io possa soflrire per Lui moltissimo.2
Sperò così corrispondere in qualche modo al suo amore. Ma le confesso che
sono sempre debole e ingrato. Preghi, caro Padre, preghi molto per questo suo
povero figlio ».
Crescere nell'amore di Gesù e di Maria: ecco il tema che la pietà tiene
presente anima, incitandola a perseverare finchè Gesù Cristo sia formato in
essa. La coscienza della propria debolezza è motivo di fiducia nelI'aiuto di Dio.
Prova dell'amore è Ia partecipazione alle sofferenze di Gesù con la ptatica
di mortificazioni corporali non ordinarie e non arbitrarie, perchè consentite dal
Superiore.
La chiusura dell'anno scolastico lasciò in tutti la più grande soddisfazione.
Lo rileviamo dal cugino Don Antonio, che scrivendo a Don Barberis nell'ago-
2 Vedi pag. 35.
85

10.10 Page 100

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sto, nota: << L'anno scolastico è andato magnificamente sotto ogni rispetto:
rispetto a buona condotta degli alunni non si poteva desiderare meglio; in quan-
to aill'esito degli esami fu tale che i diarii ( - giornali) stessi liberali ne par-
larono in bene »>.
L'Oratorio festivo a Siviglia
Il fatto più notevole del 1892 fu l'inizio dell'oratorio festivo a Siviglia.
I buoni risultati che i Salesiani ottenevano a Utrera avevano una eco nella
vicina capitale andalusa, presso le Autorità civili e religiose, presso i Coope-
ratori e quanti amavano sinceramente i,l bene della cittadirranza. Questi assi-
stevano con molta preoccupazione al fenomeno impressionante presentato da
una massa di giovani, figli del popolo, abbandonati a se stessi, che nessuna
provvidenza di carattere sociale pensava a sottrame alle insidie della strada.
Ogni giorno più si sentiva la necessità di porre rimedio, a un così grave
stato di cose; ma come venire in aiuto a quella massa scapigliata, padrona delle
zone periferiche, conro la qua,le anche la polizia si dimostrava impotente?
L'esempio di Utrera suggerì ad alcuni zd,anti e benemeriti cooperatori di ri-
correre ai Salesiani; e d'intesa col Cardinale Arcivescovo, Em.mo Sig. Don
Benito Sarz y Forés, si adoperarono per ottenere che i Salesiani iniziassero un
oratofio festivo a Siviglia. Il Cardinale metteva a disposizione un vasto edifi-
cio abbandonato, che sorgeva ta i due sobborghi della città più desolati e
isolati. Si trattava di un ex convento, {iancheggiato da una chiesa monumentale,
dove tempi addietro operava una comunità di Trinitari; di qui la denominazio-
ne
<< Quartiere della Trinità ».3
Il convento e Ia chiesa dei
Trinitari
furono
innalzati
dal
re
Ferdinando
III
il Santo, dopo che ebbe liberato dai Mori le città di C6rdoba, Siviglia, Cadice
e Murcia. Il convento in seguito alle leggi di esclaustrazione passò per diverse
mani ed in ultimo divenne proprietà dell'arcivescovo di Siviglia che per un
certo tempo vi collocò il seminario minore; chiuso questo, era disabitato.
La chiesa, veramente grandiosa, nel' 1617 minacciò di rovinare, perciò
venne demolita e si costruì quella che ancor oggi si ammira nella sua magni-
ficenza. Il devoto che si introduce nel suo interno può visitare due ambienti
storici: le carceri dove secondo la tradizione del luogo vennero imprigionate
e tofmentate le vergini Giusta e Ruffina, protettici della città, e le loro reli-
3 L'Ordine della SS.ma Trinità fu fondato dai santi Giovanni
Valois e approvato
tradotti in ìèhiavitù
da
dai
Innocenzo III nel
Saraceni ed esposti
1198. Aveva
al pericolo di
ppeerrd-esrceoplao
De Matha e Felice di
fiel d,reis.cL_aattodivdiesai
cristiani
dell'Or-
dine era un abito di lana bianca con croce rossa e azn)tta sullo scapolare e sul mantello.
Attualmente i Trinitari si dedicano alle varie forme di apostolato; in particolare promuovono
la divozione alla SS.ma Trinità, tengono una prefettuta apostolica nel Madagascar e poco
più di cinquanta case sparse in Europa e nelle Americhe.
86

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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quie.a Inoltre la statua del Barnbino Gesù, adorato come re e redentore e co-
nosciuto anche col titolo di << Bambino smarrito »>, perchè la sua festa si cele-
bra la domenica dopo l'Epifania il cui vangelo ricordava lo smarrimento di
Gesù e il suo rirova,mento nel Tempio tra i dottori della legge.
Al di del sagrato, circondato da un muro, si stendeva una spianata va-
stissima nella quale si radunavano turbe di ragazzi per compiere le loro imprese
bellicose, intese a dare sfogo al,le futili ostilità rionali. Erano realm.rt. .i t.r.-
be... ffavagliate ed abbattute, come pecore senza pastore >>.5 E non lottavano
soltanto a pugni a calci, ma a colpi di pietre, lanciate con la fionda molto abil-
mente. Le squadre avversarie poi diventavano solidali contro la forza pubblica
facendola oggetto comune di bersaglio quando cercava di disperderle. È facile
immaginare di quali e quanti disordini morali e materiali fossero autori quei
poveretti nel loro vagabondaggio quotidiano: parole sconce, volgarità, lazzi,
schiamazzi, risse erano accompagnati da alffe ptodezze, tra le quali va ricor-
data la gara sostenuta col Municipio: questo a mantenere in ellicienza I'i,mpian-
to della illuminazione del quartiere, quelli a demolirlo. E non si accontenta-
vano di ridure in briciole i vetri dei fanali centrati in pieno dalle loro fionde
e gli stessi fanali, ma eseguivano Ia distruzione radicale, abbattendo anche i
pali. Chi avesse voluto transitare per quelle vie, a piedi o in carcozza, doveva
essere disposto a ricevere gli insulti di quella rugazzaglia, come toccò alla stessa
Infante di Spagna, che volle tentare l'esperienza nella speranza di essere rispar-
miata; la sua caffozza venne presa di mira e i cristalli mandati in frantumi, con
grande spavento.
Il desiderio delle autorità di Siviglia trovò adesione piena nei Salesiani;
per iniziare I'opera vennero destinati due confratelli della casa di Utrera, i quali
si sarebbero recati nel quartiere della Trinità il sabato pomeriggio, permanen-
dovi sino al lunedì successivo. E poichè nell'exconvento mancava tutto, i no-
stri avrebbero rovato cordiale ospitalità presso i PP. Francescani.
I prescelti furono Don Francesco Atzeni e il nosuo chierico; la loro desi
gnazione per
un e.logio.
un
compito
così
delicato
fatta
da
Don
Oberti
è
per
l-
se
,
ì stessa
I
f due << missionari »> arrivarono sul posto la sera del sabato 23 luglio e
iniziarono la loro missione il giorno seguente domenica 24, accompagnati dalle
preghiere e dagli auguri dei loro confratelli e accolti con fiduciosa speranza
da quanti avevano desiderato la ,loro venuta. Disponevano di una grande chiesa,
di un vasto campo per giochi e di una turba di rugazzi che erano a disposizione
di coloro che volessero occuparsi della loro educazione. Una Valdocco 1846 di
dimensioni maggiori, in terra di Spagna. Ma soprattutto disponevano di una
energia interiore capace di superare qua unque difficoltà: Io spirito di Don
pi.anoasoCttferm.,aanpepoe. ndice, allegato 5, che riporta la pianta del carcere e la spiegazione del
s Mt, 9,16.
87

11.2 Page 102

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Bosco, fia.mma incandescente di amore per le anime giovanili da portare al
Signore.
Dei primordi dell'oratorio festivo di Siviglia abbiamo più fonti di infor-
mazione diretta. La prima è una ,lettera di Don Oberti << Al Rev.mo e caro
Sig
riJ
Don Rua
festivo in
>> in data )l luglio 1892, nella quale
Siviglia si incominciò il giorno 24-25
tra I'altro sffive:
ed oggi è il terzo
<< L'orato-
dì; il pri-
mo lavoro fu di àndare a cercare ragazzi per le strade; 39 ne radunammo; il
giorno dopo erano 62 gtà, quasi tutti veri scamiciati »>'
La seconda è una lettera di Don Antonio Ricaldone indirizzata a Don
Barberis, in data
in questi giorni
7 agosto 1892 (quindici giorni dopo l'apertura). «... saprà come
si aptì un oratorio festivo in Siviglia; secondo che dicono i
catechisti, Don
merosissima; |a
Atzeni
prima
e mio cugino Pietro, l'accoffenza
domenica i giovani furono 62,7a
dei giovanetti è nu-
seconda circa Il4,la
terza, che è (7 Agosto, giorno in cui si scrive) non si sa ancofa, ma si può
pensare che verranno moltissimi, perchè grande è I'entusiasmo in Siviglia, sia
p.r pu.t" dei Cooperatori, come dei giovani »>. Anche Don Antonio dispone le
parole italiane secondo il periodare spagnolo.
La terua fonte è una lettera del Nos6o, scritta nel settembre pure a Don
Barberis. << Presentandomisi I'occasione, le voglio dire due paroline sull'orato-
rio festivo che si aprì in Siviglia. Fui destinato ad accompagnare il R.do P.D.
Francisco Atzeni in quella missione e posso assicurarle che la corruzione e la
necessità non possono essefe maggiori. In due giorni (la domenica 24 e iunedì
25, testa di S. Giacomo, Patfono della Spagna) potremmo riunire 62 poveretti
nudi, sporchi, cattivi in modo superlativo. Il numero crebbe in seguito fino a
150 rugazzotti svelti, budoni, e bisognosi in estfemo. Hanno fondo molto buo-
no . qìu.rto sono discoli e rapaci, altrettanto poi sono docili alla istruzione
ed agli avvisi che loro si danno. Ringrazio il Signore di avermi posto in una
o..rrio.r. dove posso fare un po' di bene a questa gioventù disgraziata. Parmi
stare nella Patagonia quando mi trovo tra una ventina di ngezzi dai 18 ai
20 anni nelle condizioni sopradescfitte ed ignari di Dio, dell'alma, del segno
della croce, di Maria... Ah preghi, caro Padre, acciocchè pos§a far loro molto
bene, insegnando loro ad amare Gesù e Maria >>.
Infine, ecco come lo stesso Don Ricaldone qualche anno dopo rievoca
\\a data nefr.a prefazione alla << Vita delle SS. Giustina e Ruffina ».
« Era il giorno 14 luglio 1892. I colori rosei e purpurei di una splendida
aurora diffondevano a torrenti effluvi di incantevole belTezza sopra la rigo-
gliosa pianun bagnata dalle pure onde del benefico Beta. Due umili religiosi,
p-ur.iuvui .doì
ogni umano conforto, sconosciuti
dirigersi, afrivavano alla città di
e senza conoscere
San Fernando per
il luogo
iniziare
dove do-
e svilup-
pare in questa terra della poesia e dell'amore la grande opera di Don Bosco
che formava l'ammirazione e la meraviglia del secolo XIX.
All'entrare nell'antica Siviglia ricevettero, per disposizione della Provvi-
denza la benedizione del venerando Prelato, successore dei Leandri e Isidori,
88

11.3 Page 103

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che tegge i destini della chiesa Ispalense, onore e pregio della Gerarchia
ecclesiastica »>.
come i nostri riuscirono a prendere contatto con quella turba di scape-
sttati che non riconoscevano autorità e tanto meno awicinavano iI prete? IrLl-
lo stesso modo seguito da Don Bosco: poichè essi non cercavano il prete, era
necessario che il prete cercasse loro. Indubbiamente il primo richiamo fu dato
dall'annuncio del fatto nuovo: i salesiani avrebbero ,p..to un oratorio fe-
stivo nel quartiere della Trinità. Non esistevano allora i potenti e prepotenti
mezzi di propaganda di oggi, ma 7a notizia, messa in circolazione dai coope-
ratoti, passò di bocca in bocca e raggiunse i giovani interessati. Fu questo
il primo invito rivolto alle loro anime, ma fu più efficace f incontro diretto, che
i nostri cercarono per Ie strade del quartiere, avvicinando quanti incontravano.
Non è difficile immaginare il breve dialogo che si svolgeva: iniziato con un sa-
luto amichevole si risolveva con qualche domanda occasionale e si conchiu-
deva con I'invito di seguirli alla sS.ma Trinità, dove avrebbero passato alile-
gramente 7a giornata. Non tutti si sentirono senz'altro conquistati da una no-
vità ancora oscura; però i più allettati dal desiderio di conoscere tale novità
furono i giovani che accorsero il 24 e 25 luglio, piccolo gregge destinato ad
aumentare man mano che i salesiani svolgevano il loro programma. Poichè toc-
cava al loro zelo trasformare i pochi venuti in propangandisti entusiasti. E così
awenne realmente. I due giorni festivi consecutivi erano propizi per farli assi-
stere alla santa Messa e rivolgere loro la parola di Do, presentata con lin-
guaggio semplice, familiare, accessibile a tutti.
Il comportamento dei giovani non si poteva desiderare migliore; si leg-
gevano sui loro volti le impressioni, che si succedevano nell'anima seguendo
il prete all'altare e ascoltando la sua parola. Dopo la chiesa il gioco; e qui
prevalse il prestigio del nostro chierico nel dar prova di bravura, nell'organìz-
zare e animarc 7a icreazione: I'esperienza fatta a Torino all'oratorio di S. Giu-
seppe gli tornava utilissima. Alla sera del 25 alcune parole di lode, I'invito di
ritornare la domenica seguente, accompagnando qualche compagno, la pro-
messa di qualche divertimento, e infine il dono di una immagine o di una me-
daglia di Maria Ausfliatrice.
così venne inaugurato il nuovo oratorio. Il primo contatto con « i rugazzi
della strada »> dava buone speranze per I'avvenire: certamente non sarebtero
tornati soli. E difatti nelle domeniche seguenti il gregge andò aumentando.
un po' alla volta si stabilì un orario, si iniziò l'insegnamento del catechismo,
si insegnò qualche lode e altri canti, si ricorse a varie iniziative rcaTizzabih
nell'ambiente. E così si procedette sino alla fine dell'anno. I primi frutti non
tardarono a 'manifestarsi e ad essere riconosciuti dalle autorità. Più di ogni
altro godevano i buoni cooperatori che si erano adoperati per la venuta dei
Salesiani a Siviglia.
89

11.4 Page 104

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I primi Ordini
Il nostro chierico aveva conchiuso felicemente il corso teologico, perciò,
d'intesa col Direttore, presentò domanda per ricevefe Ja tonsura e i quattro
ordini minori. Fu accolta senza difficoltà; nei due anni passati a Utrera si era
distinto per il suo comportamento religioso; aveva dato prova di grande amore
alla Congregaziofle, di buono spirito salesiano, di volontà forte nel cercare la
propria rantificazione. La buona notizia, che gli apriva l'accesso all'ultimo trat-
io d.l .rm.ino verso la meta de1 sacerdozio, gli riempiva l'anima di una gioia
purissima e volle tosto farne partecipe Don Barberis'
8 settembre 1892
Amatissimo Padre in G. e M'
ben
Quando il M.R. mio
avrei voluto scriverle
Signor Direttore si
una letterina per
disponeva a partile per
partecipar.le alcune mle
l'Italia
notlzle,
.mi.téapplf"e,nfn.usaaimaini minsevi|giauvvi.tnaoeercahtpeooasS^ssuospaaiesmrsioeicÉgulrieoarclceohsecìh.aqewuagelinsanimveom.gLaliaai mlreintitgedrlaiamz,.ieosnadtrieecibocbdaerrioi Lssaetlauitteei
a.gfii-."rri benefizi ricevuti. E,lla, che seTrpr.e..s'interessò della salute e
bsdie.adlcicbnherénrieiondneqi.lul'aAenshitm,i "sacioamrroniaiP,iacdrmerdeieo,iEcrleh1veaesrceihnredaillceSognuròepbreàbrieodreiallmafoimnpdiraooma'llol'easgnsreimiraoaeamclloeian,tSeabncetroen
troverà motivi per
generosità i benché
ammirare le meraviglie del_divino_-Gesù, che. paga con
minimi sacrifizi dimenticandosi delle offese ricevute. Io
ennoitcneorsgaoigagc-zoioime,pe'ceherescpvoralrmrissepfraeorngldaeenrmdeoianilàgliblo'auiavovneenG1iareemsùciaoaÀgprgaieetnintueedrominsaien.ieenseoslllS'oa.cndriiomfimzaioandadilolqegf-oi9nrqzt-faoi
,rro fl4io ingrato. SpèrJche Ella non si dimenticherà di me e darà grazie all'41-
tissim"o ed uila Vergine Maria per i favori celestiali ch,e mi vanno concedendo »'
Premessa una adeguata prcparuzione immediata, il 23 settembre ricevette
la tonsura e i quattro ordini minori a Mllaga dall'ordinario della diocesi, Mons.
Marcello Spinola. E con gioia ancor più grande, il 17 dicembre raccorciava no-
tevolmente la distanza dalla ,meta, ricevendo il primo Ordine maggiore, il Sud-
diaconato, a Siviglia dall'Arcivescovo Card. Benedetto Sanz y Forés'
I1 consuntivo del Nostro in questi due primi anni di tirocinio pratico è
positivo in alto grado, sia che si guardi sotto l'aspetto della pietà come sotto
I'aspetto dello spirito salesiano.
Il suo programma è espresso da queste semplici parole: << So che Gesù
e Maria mi vogliono santo; che essi mi daranno le gtazie necessarie; dunque
procurefò e mi sforzerò di esserlo. Gesù mi assista e Maria mi protegga ».
90

11.5 Page 105

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Nel capoluogo andaluso
<< La notte si passa in treno tra il sonno e la veglia, e alle sei del mattino
si giunge a Siviglia, la città moresca per eccellenza, di cui si dice che: cbi non
ha uisto siuiglia non ha uisto rnerauiglia. La salutammo e via per utrera >>.6
alba
Quando Don Ricatrdone dal treno salutò per la prima
del 12 settembre 1890 era ben lontano dal pensaie che
vdouletaasnniviig-dlioapoalIlaa
capitale dell'Andalusia sarebbe stata il campo di lavoro che la Divina provvi
denza gli aveva destinato. E neppure im,maginava che avrebbe legato il pro-
prio nome alla storia deIl'opera di Don Bosco in quella città nel primo pe-
riodo, dalla nascita oscura alla giovinezza rigogliosa e vigorosa.
siviglia è una delle più antiche città della spagna: è I'antica << Hispalis »>
conquistata da Cesare durante la guerra contro Pompeo e da lui innalzati a co-
lonia romana col nome di « colonia Julia Romula >>. Si ammirano ancora oggi
documenti della sua romanità: un tratto delle mura di cinta con sei torri,-ie
rovine di un tempio , avanzi dell'acquedotto del Cafro di Carmona; inoltre aicuni
sarcofaghi romani, un torso tunicato di Diana e un buon ritratto di Traiano
conservati nel museo di archeologia.
È adagiata sulla sponda sinistra del Guadalquivir (l'antico Beatis da cui
prese nome la regione) ed occupa la vasta superficie delimitata a sud da una
grande ansa concava formata dal fiume.
Monumenti insigni della sua grandezza sono Ia cattedrale, ove si trova
Ia tomba di Cristoforo Colombo e la famosa Giralda, I'Alcdzat, la Torre del
Oro, la Porta del Perdono, la Casa del Duca di Tarifa o << Pilato »>, ecc. ecc.
Dopo la scoperta dell'America in essa si stabilì 7a << casa della Coloniz-
zazione dell'India >>. Inoltre le sedi vescovili americane erano suffraganee della
sede di Siviglia.
È la patria del Murillo, del velàsquez, di Bartolomeo Las casas. Giusta-
mente viene detta la capitale del,la Settimana Santa, per le grandiose manife-
stazioni religiose, che ancor oggi si celebrano in detta settimana, col concorso
di tutta la popolazione.
Il suo clima è tra i più caldi e asciutti di Europa; la temperatura vafia da
un minimo di 0o a un massimo di 460
L'esperienza dei primi cinque mesi prometteva un fecondo avvenire del-
l'oratorio aperto in Siviglia. La frequenza numerosa dei giovani di,mostrava
cor-ì quanto zelo e spirito di sacrificio i due salesiani si erano impegnati nella
difficile missione; d'altronde la vivace docilità di quei monelli li ionfortava
nelle difficoltà quotidiane. Nello stesso tempo appariva chiaro che se si vo-
leva dare uno sviluppo più organico e sostanzioso alla nuova opera bisognava
abolire le Iunghe parentesi settimanali; bisognava cioè trasformare l'oràtorio
festivo in oratorio quotidiano. Questa necessità fu ben compresa da Don
6 Lettera Don Barberis.
9I

11.6 Page 106

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Oberti, il quale prese a cuore la rcalizzazione di una sistemazione che per-
mettesse ai salesiani di stabilirsi a Siviglia.
Nel 1892 le case della Spagna erano aggregate all'Ispettoria Sicula-Ispana,
della quale era Ispettore Don Celestino Durando, membro del Capitolo Su-
periore. Nell'autunno dello stesso anno i Superiori costituirono l'Ispettoria
bpa"g(rBrraorlu..,llochnea)c,oBmaprrceenldloenvaa
le case
con la
di utrera con la succursale di siviglia, Sar-
succursale di Gerona, Santander; e nomi-
nafono Ispettore Don Filippo Rinaldi, il quale conservò la direzione di Sarrià,
dove
Don
Rerinaalltd^itoche-uD.rodnutOo bdeurtDi os.i,oRccuuanedle1lla88fa9c. cFeundqa.uiInndisocsotlanbzeanespilatrcaitttoavdai
di trovare la casa dove i salesiani potessero avere residenza stabile' Presso la
chiesa della ss. Trinità sorgeva l'&convento dei Trinitari, da tempo disabi-
tato e abbandonato; era naturale che Don Oberti posasse l'occhio su quel fab-
bricato. Nello svitruppo della pratica, intesa ad ottenere l'uso dell'edificio, Don
Oberti ebbe un p.èrioro alleato nel Sig. Giovanni Romero, cooperatore sale-
siano e finomato oratore forense, coltissimo
esemplare, che può considerarsi confondatofe
Lu u.nrtn dei salesiani in città fu una delle
umanista, cattolico integrale ed
dell'opera salesiana in Siviglia'
aspirazioni che diressero la sua
attività. Nel 1892 presentò la proposta al Congresso Cattolico svoltosi sotto
Ia direzione dell'arcivescovo; venne accett^ta all'unanimità. Lavorò poi con co-
stanza encomiabile per superare le difficoltà che si presentavano peI Ja ya,liz-
z^ziofrc del disegno e norr si {ermò finchè egli stesso non apprese dalle labbra
dell'Arcivescovo, che concedeva ai Salesiani di stabilirsi <( temporaneamente »
nell,exconvento della Trinità. E volle andafe subito a utrera per comunicare
di persona la lieta notizia a Don Oberti'
Risolto il problema dell'abitazione, Don Atzeni e il suddiacono Pietro Ri-
caldone il 5 gennaio t893 lasciarono utrera e si stabilirono a Siviglia.
Nella n,iova dimora 1i accolse festosa sorella << povertà ,>, che regnava so-
vrana nello squallore delle celle, le quali da lungo tempo non conoscevano
ospiti: nude |e pareti assente ogni arredamento' Non vi era letto, ma-
teiasso, sedie, tavolo, tanto meno
difendersi in qualche modo dal freddo
riscaldamento; si era
i due « missionari >>
d'inverno e per
si servivano di
stuoie grossolane inadatte allo scopo.
Mancavano Ia cucina, il cuoco e un aiuto per i lavori di casa; quindi bi-
sognava fare di tutto e i nostri facevano di tutto' Essi poi non avevano fice-
vuto una gran somma di denaro,
non potev; offrire ciò che non
al contratio...;
possedeva. In
la povertà
compenso
della casa di Uttera
disponevano di una
g.urd. ricchezza: 1'amor di Dio, l'ardore dell'apostolato'
Nel catalogo del 1891 e in quello det i894 |'oratorio di Siviglia compa-
re come ,rCasi Succursale » di Utrera; nel 1891 si legge
Giovanni è direttore, a cui succede Don Buil Mattia nel
che Don
1894. In
Castellano
realtà nei
primi tre mesi del 1891 si succedettero Don Atzeni, Don Pertile, Don Antonio
iìicaldone e Don Castellano; solo il suddiacono Ricaldone non si mosse e ciò
vuol dire che portava il peso maggiore e 1o portava bene. I1 26 maruo, do-
92

11.7 Page 107

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menica delle Palme, f ispettore Don Rinaldi mandò come Direttore Don Mattia
Buil, insieme al chierico Giovanni Dominguez.
La residenza stabile dei salesiani fu salutata con gioia dai rugazzi, per
natura generosi ed espansivi. Quanti aspetti buoni presefitava la loro indole;
la vivacità, l'alTegria, l'amore al canto e ai divertimenti erano tutti fattori po-
sitivi da usufruire ai fini della loro educazione cristiana, secondo il pensiero di
Don Bosco; su di esse Don Ricaldone seppe appoggiare la sua azione per una
naturale disposizione di percezione psicologica.
L'oratotio della SS. Trinità rimase aperto tutti i sette giorni della setti-
mana e fu oratorio e cioè anzitutto e soprattutto luogo di preghiera, di istru-
zione religiosa, e poi di divertimento. Fin dalf inizio l'insegnamento del cate-
chismo ebbe il primo posto; il bisogno di combattere I'ignoranza religiosa era
estremo, e qualunque altra attività, avrebbe avuto ben poco valore al fine da
conseguire, se non si fosse posta come base solida I'istruzione catechistica. In
seguito si iniziarono scuole diurne per raccogliere i giovani del quartiere, che
non frequentavano le scuole pubbliche. E nella scuola quante possibilità di
bene si offtono al maestro per la educazione degli alunni!
Tra l'oratorio di Siviglia e il collegio di Utrera esisteva una relazione di
intima fraternità; Don Oberti seguiva con vigile premura I'andamento di Si-
viglia. Si deve al suo zelo la celebrazione solenne detla festa di S. Francesco
di Sales fin dall'inizio. Nel febbraio Don Rinaldi si era recato a visitare 7a casa
di Utrera e vi si era fermato una quindicina di giorni. Approfittando della sua
presenza, Don Oberti dispose che i giovani facessero gli esercizi spirituali e
la domenica seguente, 18 febbraio, si celebrasse la prima volta Ia festa di S.
Ftancesco di Sales a Siviglia; per assicutare la buona riuscita condusse i gio-
vani del piccolo clero e della scuola di canto di Umera. Anche Don Rinaldi vol-
le essere presente.
La solenne funzione ebbe luogo nella chiesa del1a SS. Trinità, ancora po-
vera e disadorna, con le Messa solenne cafitata e il panegirico, che fu tenuto
dal Pamoco di S. Andrea, Don José Ca,macho,i il quale presentò I'Opera sale-
siana come elemento moruTizzatore di tutte le classi sociali e raccomandò al
popolo di sostenerla.
Al pomeriggio ebbe luogo la prima conferenza ai Cooperatori; la tenne
Don Rinaldi ad un piccolo uditorio, per cui il conferenziere si introdusse colle
note parole rivolte da Gesù ai suoi dodici: <<Nolite timere, pr.tsillus grex >>.8
deve fare meraviglia il « piccolo numero »> accorso alf invito; ra le varie
cause aveva il suo valore anche I'ubicazione della chiesa della SS. Trinità. Ad
il
le
rseuset7abuDeraontenomrJeeoresdnéezlMleaavvreiitarasoCsapimirSaitaculheaosl,eiasndaiecpellaurdòoptaedrirrionscsi cigahniareagdpioienrSev. imArtnoùddreeellasoceidenedzieasl,lacescrteodsnosstiaidcceohroaiepteosarac.tooPmrei.er
Fu tra quelli che s'interessarono maggiormente per l'andata di salesiani a Siviglia e mise
sempre a loro disposizione la sua casa e la sua chiesa, per ospitarli e per la celebrazione
I k. delle solennità religiose.
1.2,32.
93

11.8 Page 108

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ogni modo i protagonisti del,la festa furono i giovani dell'oratorio, che docili
alle indicazioni di Don Ricaldone, seguivano con interesse lo svolgimento del
rito religioso.
I commenti e g1i apprezzamenti della popolazione manifestavano la me-
raviglia, la simpatia, la più ampia approvazione, e ben ragione, poichè assi-
steva alf inizio di un movimento di ffasformazione che prometteva sviluppi
consolanti.
Subito dopo queste prime celebrazioni, Don Ricaldone mandava a Don Rua
alcune notizie della nuova casa.
Viva Gesù, Ntraria, Giuseppe e Don Bosco!
Amatissimo Padre in G. e M.
Ben a ragione avrà Ella
ciali circostanZe di luogo in
diceva ma me: aspetterò a
csluacmiricveeinrtteraotavoilailmSmiog.i.oCDlhuoenngvoRuouslaiele, qncuzaairoondi-nPoavgdisrlteia,pi.oodsessllaeemdspapreree-
qualche buona notizia, che gli riesca di sotrlievo nelle tante Pene e disgusti
che soffre per il bene delle anime nostre.
Orbeni, quest,occasione
terò alcune cose di questa
troviamo noi in Siviglia, e
è arrivata e colla più viva soddisfazione le raccon-
nuova casa. Ella già saprà in quali condizioni ci
come la divina Prowidenza ha _disposto le cose
in modo che ci dessàro senza condiziont 10 stesso edificio che solo volerrano
concederci nelle
interinalmente;
condizioni che Elia
ma da quel giorno
ben conosce.
in cui vidi
E' bensì vero che stiamo qui
il quadro della buona nostra
Madre Maria Auxiliadorà im[erare dal maestoso altare della chiesa della SS.
Trinità, dissi in cuor mio: É chi verrà ad allontanare Maria Auxiliadora da
questo luogo dal momento
non scacciàndo la Madre,
ch'Ella ne ha preso
non ne scacceranno
piosssueosisofi?glFi.d
è
cosa
chiara
che,
Il giorno 5 gennaio il Sig. Don Francesc-o- Atzeni ed io., ricevuta. la bene-
dizione"di Maria=Auxiliadora, partimmo da Urera per andare a stabilirci in
Siviglia. Ella già conoscerà tuite le vicissitudini 'di una casa novetrla. Non
uveÀdo sedie à tutto il restante, andammo a dormire senza cena ed essendo
restati quasi ventiquattro ole senza mangiare, la Provvidenza ci soccorse man-
,dandoci-le cose più indispensabili. Ringraziando il Signore, presentemente ab-
biamo quasi tutto il necesÀario. I superiori cambiarono poscia Don Atzeni ed in
luogo suo mandarono qui Don Domingo Pertile. Ce la passiamo molto bene.
Da quindici giorni a questa parte abbiamo inscritto più di 80 giovani,per le
scuolè durante il giorno. L'oratorio festivo va aumentando considerevolmente
e il giorno 20 del c.m., il Sig. Don Rinaldi, che è venuto a visitare questa casa,
ebbe ta consolazione di dar la santa comunione a '10 dei nostri birichinotti.
In occasione della venuta del Sig. .Don Rinaldi celebtammo con molta solen-
nità i,l giorno 18 del c.m. la festa di San Francesco di Sales ed il giorno dopo
ebbe luogo la conferenza dei cooperatori. Per circostanze particolari la niunione
non era tanto numerosa come si sperava, ma con tutto ciò la festa riuscì
assai bene.
Speriamo che presto si accrescerà il personale di questa casa, perché la
messe-è abbondantissima ed il bene che si può fare molto grande. In Siviglia
si spera moltissimo dai Salesiani e già hanno sollecitato l'apertura di un altro
oratorio festivo in alro punto della città non meno abbandonato e corrotto
che quello dove ci ttoviamo. Se non temessi di fatle perdere un tempo ttoppo
94

11.9 Page 109

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preTioso le direi altre molte cose che certamelrte lei gradirebbe, ma già l,ho
molestato troppo.
d.i.zi.onPeregdhii,eM- afraicaciAaupxreiligaadreorqàu, easftfiinscuhoéi
figli, o caro Padre, e ci mandi la bene-
possiamo ess..e sémpre degni figli di
Don Bosco. Don Perile
aff.mo in G. e M.
la
saluta
caramènte.
Ricordi
a
tutri
e
mi
&eda
Il
suo
Siviglia, SS. Trinità, 25 febbraio t893
Peono Rrcer,ooNs
_ Dovunque i salesiani iniziarono 1a loro opera in favore della gioventù più
bisognosa, insieme alle difficoltà di vario genere ebbero il conforio di incàn-
trare persone benevoli che offrirono i,l loro valido concorso per lo sviluppo del-
I'opera. Anche l'oratorio di siviglia ne ebbe un buon ,rrÀ.ro fin daifinizio;
accenniamone alcuni.
Don Renato ziggiotti da Rettor Maggior ricordò s. E. Mons. Leopoldo
liiljovesvcoGvaoraPya,rsiacrrcivaenMdoonds.i
lui: << Recentemente a Madrid potei visitare
Leopoldo Eijo y Garuy, che mi accolse con
s.E.
una
benevolenza sffaordinaria e mi padò della sua intima amicizia giovanile col
chierico e poi sacerdote Don Pedro all'oratorio festivo di Siviglia. La loro ami-
cizia durò tutta la vita, perchè il lavoro fatto insieme in quegli anni eroici
per la conquista della gioventù scapigliata ma generosa aveva stabilito un vin-
colo di reciproco affetto e di stima senza confronti ».e
Abbiarno ricordato il signor Giovanni Romero; a lui va associata la sua
consorte, Donna Isabel Villal6n y Valdemama, cristiana esemplare e fervente
cooperatrice.
Merita particolare menzione Donna Agnese Benjumea, che fu detta << La
Mamma dei salesiani >>; avere meritato tale titolo è il più bell'elogio che si
possa fare.
Ricordiamo ancora il nome di una benefattrice di sangue reale, legato sin dal-
l'inizio all'oratorio per un caso fortuito che rivela le condizioni di vita e lo spi-
rito dei primi due salesiani. un pomeriggio sul tardi, il suddiacono Ricaldone
attendeva ad uno dei servizi più umili, ma pure voluti dalf igiene, che un occhio
profano avrebbe giudicato indecoroso per l'abito ecclesiastico. La massa dei gio-
vani aveva già lasciato l'oratorio; nel cortile si attardava un piccolo gruppo. Ed
ecco entrare una signora e avviarsi verso di loro. Era Donna Maria Luisa Fernanda
di orleans, la quale, sicura ormai di poter praticare le srade del quartiere della
SS. Trinità senza ricever insulti, vi si era inoltata, aveva fermat^ 7u currozru
presso l'oratorio e, trovata la porta aperta, era entrata per dare un'occhiata. I
ragazzi
Pedro,
al suo
la conobbero e corsero a darne l'annuncio a
7aabbrnigflaianmtae!nvtvo-,
[6n Pedro non si scompose;
poi col caratteristico sorriso e
Don
fece
Ricaldone:
una rivista
-som<m( Daorina
dignitoso comportamento,
e A.C.S., N. 222, anno 1961.
95

11.10 Page 110

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andò inconro all'illustre ospite e si mise a sua disposizione.La principessa espres-
se il desiderio di visitare la casa ed egli la precedette. La nobile donna girò lo
sguardo in quegli ambienti dove la povertà continuava ad essere regina e rimase
profondamente commossa; non pensava nemmeno lontanamente che i due saLe-
siani si trovassero in condizioni così misere. Il giorno dopo a,ll'oratorio arrivò
la Provvidenza; \\a Inlanta mandò mobili per l'arredamento, biancheria ed altre
cose di prima necessità. In seguito continuò a prodigare la sua beneficenza.
Abbiamo notato in precedenza che il 26 marzo, domenica delle Pa|,me, portò
un duplice dono all'oratorio: Don Matias Buil come direttore e il chierico Gio-
vanni Dominguez in aiuto. La cronaca nota che i due passarono la settimana santa
a Uftera e i,l direttore prese possesso della carica la domenica seguente, solen-
nità di Pasqua. Lo accompagnò Don Oberti; fu ricevuto con manifestazioni di
grande cordialità e si fece un'accademia in suo onore. Dire: accadernia è forse dire
troppo; ad ogni modo fu la espressione dello spirito di famiglia secondo \\a tta'
dizione salesiana; possono variare le forme letterarie e musicali, ma qualunque
grado di perfezione abbiano in e nella esecuzione, sono sempre ispirate da
genuino e schietto sentimento {iliale.
il lavoro quotidiano, che teneva occupato Don Ricaldone nell'avvicendarsi
delle occupazioni, scuola, assistenza, catechismo, ecc., aveva una buona base: la
pietà, alimentata dalle pratiche di pietà; a proposito di queste egli ricordava che
\\a piccola comunità le faceva sempre tutte in comune, e si dava anche la <,buona
notte ». Fonte ricca e preziosa di vita interiore era per lui l'Ufficio Divino. Lo
invitava al fervore anche i1 pensiero di una buona preparazione alla ordinazione
sacerdotale che, ben si comprende, stava sempre presente al suo spirito. Intanto
il L" aprile, sabato santo, ricevette l'ordine del diaconato dall'Arcivescovo di Si
viglia, S.E. il Card. Benedetto Sanz y Forés. In tale occasione la sua gioia fu
condivisa dai confratelli e dai giovani con semplicità schietta e sincera.
Come si è visto, la tradizione salesiana, che vigeva a Utrera, era ossefvata
anche all'oratorio di Siviglia; per cui si diede principio al mese in onore di
Maria Ausiliatrice il 23 aprl\\e, distinguendolo con la funzione pomeridiana. Maria
Ausiliatrice da patte sua posava con compiac enza il suo sguardo su quelle anime
giovanili, che si sforzavano di onotarla con freschezza di sentimento e rispondeva
alle dimosuazioni del loro amore filiale operando nei loro cuori come una vera
Madre pietosa.
Attribuiamo a questa azione di Maria Ausiliatice la riuscita di una manife-
stazione vefamente grandiosa che rese celebre quel mese di maggio e riempì gli
animi di stupore e di commozione. Si è accennato allo spirito bellicoso, che
schierava squadre di giovani di diversi quartieri le une contro le altre, quando
si inconravano nello spiazzo prospicente alla SS. Trinità, armati di fionde. Il
grave inconveniente si ripeteva ancora si poteva pretendere di riuscire ad eli-
minarlo in poco tempo. Le buone disposizioni che i giovani dimostravano nel se-
guire le pratiche del mese di maggio suggerì a Don Ricaldone di lanciare una
proposta, che po6à semblafe
se guardata superficialmente; non però
se guardata nel clima di entusi^azszmaord^gliaovanile che il Nostro sapeva suscitare.
96

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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t.
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J
i:
-rx
- lnterno
prigioni
della chiesa della ss. Trinità
dove vennero incarcerate le
a siviglia. A
sante Giusta
destra in
e Ruffina.
.1.
piano:
Accesso
alle

12.2 Page 112

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12.3 Page 113

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<< Tu sei uno spirito ardente... )>.
Egli aveva acquistato realmente un grande ascendente su quella turba di
monelli. Non dunque temerariamente, ma confidando nell'aiuto Je[a Madonna,
lanciò ai giovani la proposta di un fioretto, che doveva dare una prova tangibile
del loro amore verso Ia Madre di Dio: donare a Lei in omaggio le joro fionie. La
proposta era stata preceduta da un discorsetto appropriato, che aveva incatenato
gli animi suscitando una viva curiosità di conoscere .iò .h. Don pedro stava per
domandare; si leggeva sul loro volto l'ansia dell'attesa. euando poi con g.urrd.
solennità Don Ricaldone fece la proposta, i votrti si distesero e Ia prima reazione
fu di consenso entusiastico. Poi i giovani misurarono meglio il sairificio che ri-
chiedeva la pratica del fioretto, ma non ritirarono il consenso, e le fionde comin-
ciarono ad accumularsi davanti alla statua della Madonna; il mucchio cresceva
di giorno in giorno e quando cessò I'afflusso quegli stumenti di lotta si conta-
rono a migliaia.
si procedette al,lora all'atto finale: le fionde, portate nel cortile, vennero
consegnate al fuoco, mentre i giovani e molto popolo, intorno al falò, accom-
pagnavano l'azione distruggiftice delle fiamme con grida di gioia alternate a lodi
della Madonna.
L'episodio fece epoca nella storia dell'oratorio e ,fu documento inoppu-
gnabile della efficacia educativa posseduta dall'oratorio come lo intese Don Bàsco
e della personalità di Don Ricaldone, che cominciava ad affermarsi.
Sacerdote
Quel mese di maggio fu coronato da un'altra celebrazione assai più impor-
tante.
Il giorno 27, vigilia della festa della SS. Trinità, Don pietro veniva consa-
crato sacerdote dall'Arcivescovo di Siviglia, nella sua cappella pl:rvata; assiste-
vano al sacro rito Don oberti, il cugino Don Antonio . qràl.h. àltro salesiano.rn
Quel giorno godette di una relativa tranquillità, poiché le ,manifestazioni
esterne erano in programma per il giorno dopo. Poté quindi raccogliersi in se
stesso ed
gnore. A
effondere i sentimenti del suo cuore in un amoroso colloquio col Si.
ricordo del grande giorno, sul rero di una immagine cÀe porta la
figura di N.s. del sacro cuore, fece stampare la seguent. di-cit.rra, ,, Èenedic,
-atenimiCneaIlmemdbiseeròeattr,iiIcaDsocosrdrumiaitatiunpreoraimt.liQmasiucsMieeelrptsairstopaiopenirilteirgai-citouorrrndPooasmr2.en8loilbam2uass-ugiagniioeqIlleulBviSta9aaz3tciiobe-nuredsoSatlegiIvisipsgàile-ciaetrr»odq.oRuziiioccadoldircooonnnaeot.
chiaramente la natura di quel colloquio, che non si esaurì in quel giorno di luce,
ma continuò con fervore crescente per tutta 7a vita.
La domenica 28 maggio 1893 la Chiesa celebrava la festa della SS. Trinità;
10 Don Ricaldone non aveva raggiunto ancora i 2j anni.
97

12.4 Page 114

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ma i Salesiani a Siviglia celebravano la solennità di Maria Ausiliatrice e quella
della prima Merr, À Don Pedro. Per I'occasione avevano preparato un bel
gr,rppà di giovani (una quarantina) alla prima Comunione. Triplice motivo di
I.rià.rru pIr
festazione il
l'oratorio; ma come
decoro conveniente?
avrebbero potuto i Salesiani dare alla mani-
Mancavano i mezzi; abitavano in uno dei
quartieri più poveri della città e quasi isolato;1a chiesa, poi, quanto efa vasta
,l,..,,u.r,o .r^ dirrdo..ra. A tarli d'impiccio pensò lo zelante parroco di san
Andrea, Don José Camacho, che mise a disposizione dei salesiani la sua bella
chiesa e si prestò a tenere il panegirico di circostanza.
Si potè così stabilire due funzioni: la prima si sarebbe svolta per tempo
nella chiesa della SS. Trinità con la Messa per gli oratoriani, resa più devota
dalle prime Comunioni; la seconda alle ore 11 nella Pagocchia di S. Andrea
co., lu Messa solenne in canto celebrata dal novello sacerdote e col panegirico.
I giovani della prima comunione ficevettero il pane degli angeli dalle mani
dei novello ,u..ùo,", il quale visibilmente commosso, rivolse loro parole det-
dettate dal cuore, .o. gà.d. semplicità, esortandoli ad accettare f invito di
Gesù: « Venite u -. uoi tutti che siete affaticati ed aggravati ed io vi darò
sollievo ,>.r1 Le prime ore di quella domenica furono tutte per loro.
Più tardi, poi, la città assistette ad una processione inconsueta;
i
giovani
dell'oratorio, accompagnati dai salesiani, s'incamminarono in gruppo per por-
tarsi a S. Andrea; lingo l, sffada il gruppo si ingrossava e 'la gente si fermava
stupita per osservare qrei monelli chiassosi e non più pericolosi; meravigliata
n.rÀ. p...hé molti di essi portavano i banchi della chiesa della Trinità, per
avere il posto a sedere durante la lunga funzione'
Don Camacho fece le cose bene: l'addobbo della chiesa e l'ornamento del-
7'altare non lasciavano nulla a desiderare.
Attorno a,l novello saceldote servirono all'altate Don Oberti come plete
assistente, il cugino Don Antonio e
come diacono J suddiacono. Venne
Don G.
eseguita
Bigatti Olivero
la ,messa « De
rispettivamente
Angelis » dalla
<< Schola Cantorum » del collegio di Utrera' A don Juan Romero fu riserbato
l'onore di essere il Padrino del festeggiato.
I1 popolo seguiva devotamente lo svolgimento del rito ed anche gli oratoria-
,rl ,i .o-iorruuuio bene; la solennità delle cerimonie, l'altare splendente per la
icchezzaii ..ri e di fiori, e sopfattutto la persona del loro Don Pedro atti-
rava e concentrava l'attenzione Jei giovani' Fissavano il suo vo'lto ad essi fa-
miliare e vi scorgevano qualche cosa di nuovo mai prima osservato: era il
riflesso dell'anima che per la prima volta esercitava il potere soprannaturale di
rinnovare il prodigio compiuto da Gesù nell'ultima Cena'
Il panegìrico 1,, d"g,o della solennità. Don Camacho sviluppò un tema a{-
fascinanie:
Ausiliatrice
o I1 ,r...doie cattolico in rapporto alla SS.
>>, comprendendo così la triplice celebrazione;
Trinità ed
e 1o lattò
a Maria
con pa-
rrMt. 11,28.
98

12.5 Page 115

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rola semplice ed avvincente e soprattutto con cuore ardente di zelo sacerdotale.
AIla messa seguì Ia cerimonia tradizionale del baciamano; sfilarono per i primi
i giovani oratoriani, i quali si avanzarono verso la balaustra orgogliosi della
p1aren{eurmeenrzoas,a-
come
folla di
se volessero
devoti.
dire:
<< Don
Pedro
è
nostro
,r.
AJ
essi
seguì
In ultimo si tenne la conferenza ai cooperatori, che fu molto breve essendo
l'ora assai tarda: le 15,3Ol
E fu la volta dell'agape fraterna, ofrfefia dalla munificenza del padrino in
onore del festeggiato. È fuori dubbio che non mancarono i brindisi di circo-
stanz^ e possiamo anche immaginare quali furono Ie parole augurali pronunciate
per il sacerdozio di Don Ricaldone, che già si era affermato degno figfio di
Don Bosco coll'azione svolta nel quartiere della SS. Trinità.
Anche un gruppo di giovani (pensiamo che fossero quelli della « schola
cantorum » di utrera) godette della liberalità di Don Juan Romero. La loro al-
legria diede origine ad un grazioso episodio. << Nel modesto banchetto i ragazzi
soffrirono un ritorno atavico. Fu questo l'assalto al plato compuesto, grànde
biscotto imbottito e rivestito di crema offerto al nuovo sacerdoie dagli operai
del Circolo Cattolico. rln barabbino, impulsivo, lo fece cadere; altri completarono
I'opera riducendo in pezzi quel tamburo di delizie. E mentre Don pietro, com-
prensivo, rideva di cuore, un « convertito » autentico 1o avvicinò; nella sua
mano bruna e non molto pulita portava una reliquia del biscotto e, deponendola
sul piatto:
che se non
« Prenda lei, Don Pietro
era per me non l'avrebbe
- esclamò soddisfatto
assaggiato >>.r2
della
sua
opera
-
Alla solennità della prima messa di Don Ricaldone, era presente l'allora
suddiacono Don Antonio Lordn, che succedette a Don José Camacho co,me
parroco di S. Andrea. Egli ricorda che in quella circostanza td\\ Don José dire
e ripetere: << Assistiamo alla messa di chi sarà un alro Don Bosco ». Lo stesso
Don Lordn, mandando a Don Ricaldone le congratulazioni per l'elezione a Ret-
tor Maggiore, avrebbe scritto: « Si è compiuta 7a profezia che fece Don José
Camacho ». Anche senza dar valore di profezia o di predizione alle parole di
Don camacho, esse dimostrano quanto si fosse già affermata la personalità del
Nostro, non solo presso i ragazzi, ma anche presso persone autorevoli del clero
e del laicato.
Nel frattempo all'oratorio succedeva un episodio che avrebbe poruro avere
gravi conseguenze. Circa tecento giovani, vivacissimi come li possedeva Siviglia
e particolarmente la Catrle
loro il chierico Giovanni
del "!ol, stavano ricreandosi nel cortile.
Domìnguez. Ad un uatto comparve un
Stava
uomo
con
dal
volto insanguinato che, agitando un bastone, riuscì ad entare nel folto dei
ragazzi distribuendo bastonate a destra e a sinistra. Alcuni caddero feriti; chi
fugge per lo spavento; chi grida: << .àl pazzo, al pazzol >>
Passato il primo momento di disorientamento, i piccoli selvaggi prendono
l2 Orientaci6n, N. 84, Anno 1951.
99t

12.6 Page 116

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l'offensiva e con bastoni e pietre raccolte qua e là, assalgono l'uomo' Buon per
lui che in quel momento comparve il Direttore di ritorno da S' Andrea, il quale
a stento riuscì a sottrarlo al loro furore. Quale la causa del grave episodio? I1
povero uomo era stato colpito sulla faccia da un sasso lanciato da uno dei mo-
nelli; non sapendo chi fosse il colpevole, volle vendicarsi su tutti. Maria Ausilia-
trice, nel giàmo in cui l'oratorio la festeggiava, in questa occasione si mostrò
vera Madre pietosa. Allontanato l'uomo dal loro campo, i focosi sbaruzzini
ripresero i giochi, nell'attesa di ricevere il novello sacerdote.
Ed ecco ad un tratto le campane suonano a festa, 7a ticteazione cessa d'in-
canto, i giovani cofrono verso l'uscita. Da1 giardino e dalle piante asportano
fiori e rami e si lanciano nel lungo viale che guida al convento gridando: << Don
Pedro! Don Pedro! »> Lo raggiungono col fiato in gola, 1o circondano senza
timore di soffocarlo, e tra « evviva! »> e << battimani »> lo accompagnano trion-
falmente all'oratorio. Egli sorride amabilmente; il suo sguardo passa dall'uno
all'altro perché nessuno si creda dimenticato; l'entusiasmo è colmo: chi grida,
chi canta, chi salta, chi danza... Su quella turba irrequieta domina I'alta persona
sorridente del festeggiato. Viene fatta una disribuzione di dolci, accolti con
acclamazioni e con un pigia pigia generale, perché ciascuno vuole essefe il primo
a riceverli.
Poi, a sera inoltrata, un ultimo addio ed incomincia l'esodo per il ritorno
in famiglia. Alcuni pefò, tra i più vivaci, si aggrappano al cancello di entrata,
non convinti che la festa sia finita... In realtà hanno ragione. Difatti poco dopo
si presenta al cancello una signora accompagnata dalla persona di servizio, che
poiturr^ un ricco vassoio ricolmo di dolci da offrire al sacerdote novello. Per
quei monelli \\a tentazione fu troppo forte. << Sono per noi », disse una voce.
.iM. n. dia uno »>, gridò un'altro; e diedero I'assafto a quella $azia di Dio. Fu
questione di pochi minuti; i primi fecero pulizia rapidamente lasciando a bocca
asciutta i ritardatari. La signora non fu entusiasta dell'incidente imprevisto,
ma conoscendo molto bene gli oratoriani della Trinità, non se l'ebbe a male.
Più tardi poi, verso le ore 20, mandò all'oratorio una banda per onorare Don
Ricaldone.
La sera di quella gioroata così ricca di sante emozioni, Don Ricaldone tro-
riposo nel silenzio della povera cella. Prostrato davanti al Crocifisso diede
libero sfogo alla piena dei sentimenti, che inondavano L'anima; si attardò in
un lungo amofoso colloquio per rinnovare al Signore, alla Madonna, a Don Bosco
il suo ringraziamento e l'impegno di raggiungere la santità con la fervorosa cor-
rispondenza alla vocazione.
L'oratorio è un campo di lavoro, che ogni giorno pfesenta nuove occa-
sioni di apostolato; basta saperle scoplire nei cento e cento rag zzi che, sotto
una fisionomia comune, nascondono profondi segreti di varia natura. Ogni gio-
vane è un poema da comporre e il sacerdote più di ogni altro ha Ia possibilità
di comporlo.
Don Ricaldone nel suo sacefdozio trovò una nuova ùcchezza che, per
quanto presentita, superava di gran lunga quanto aveva immaginato; non po-
100

12.7 Page 117

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teva essere diversamente, poiché i poteri conferiti da Dio all'uomo non trovano
corrispondenza adegtata nei poteri dell'uomo; i primi sono soprannaturali, gli
altri naturali. Per questa ricchezza la sua azione acquistò nuovo valore e per
primi ne beneficiarono gli oratoriani.
Alle celebrazioni di Siviglia, in occasione de1la ordinazione sacerdotale di
Don Pietro, i suoi genitori, il fratello e i parenti di Mirabello parteciparono
spiritualmente, in attesa del giorno in cui Don Pietro si sarebbe recaro al paese
natio. Soprattutto i genitori etano ansiosi di assistere alla messa celebrata dal
loro figliuolo e di ricevere dalle sue mani il corpo di Cristo. Dal canto suo
Don Pietro non era meno ansioso di dare ioro tale consolazione. Ma genitori e
figlio dovettero rinunciare ad appagare subito il desiderio del cuore; remprati
alla scuola del sacrificio, non esitarono ad accettare cristianamente il rinvio
delf incontro. Questo avvenne nell'autunno dell'anno seguente, come attesta
Mons. Oddone (che abbiamo già incontrato) coetaneo di Don Ricaldone.
Non troviamo notizie particolari della solennità, otganizzata in onore del
Nostro; ma certo la celebrazione fu solenne. Basta ricordare quale importanza
si dava (e si dà tuttora) nei nostri paesi alle vocazioni ecclesiastiche, e come
Ia popolazione partecipava già al rito della Vestizione del giovane che aveva
deciso di entrare in Seminario, per festeggiarlo poi con ogni pompa nel giorno
in cui sarebbe ritornato consacrato ministro di Dio.
Inoltre, va notata la grande stima che meritamente godevano i Ricaldone
a Mirabello; in particolare 1o zio Don Giuseppe e i genitori del Nostro. Si ag-
giunga che Don Pietro era stato preceduto dalla fama del suo apostolato sivi.
gliese, almeno dalle notizie che aveva pubblicato il Bollettino Salesiano e da
quelle che aveva mandato Don Antonio, e 1o stesso Don Pietro, ai genitori. In
ultimo aveva pure in suo peso il fatto che Don Pietro, pur così giovane, era giìt
rivestito di autorità: Direttore della casa salesiana di Siviglia. Queste considera-
zioni ci assicurano che la sua prima celebrazione del santo sacrificio a Mirabello
assunse una importanza particolare; il parroco, le autorità civili, la popolazione
si trovarono d'accordo nel prendere le disposizioni opportune affinché la mani-
festazione riuscisse di comune soddisfazione.
Intanto è significativo il fatto che la funzione religiosa, parte centrale
della festa, abbia avuto luogo all'aperto.
Il Prof. Paolo Ricaldone, cugino di Don Pietro, attesta: << Ricordo perfetta-
mente la celebrazione della prima messa in Italia del Rev. Don Ricaldone, per-
ché avevo nove anni, ed ho ancora davanti a me chiara e vivida f immagine
delIa funzione svoltasi a Mirabello, su di un altare provvisorio eretto nella
contrada vicino alla casa dove Don Ricaldone abitava con la famiglia; funzione
alla quale partecipò nu,merosissima la popolazione. Ciò avvenne nel 1894 ».
La funzione all'aperto forse fu causa di qualche disagio per il maestro di
musica e per i cantori, non essendo il canto contenuto dal7a navata della chiesa
sostenuto dall'organo: ma i cafltori delle nostre parrocchie di campagna non
rovano difficoltà insormontabili, tanto è 1o slancio con cui alimentano la voce
dai capaci polmoni.
101

12.8 Page 118

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Don Ricaldone raccontava che in quella circostanza egli tenne I'omelia;
a un certo punto, per un fenomeno di sovrapposizione, passò inavvertitamente
dalla lingua italiana alla castigliana, e si lasciò trasportare dall'enfasi andalusa.
Ma ben presto si accorse che gli occhi puntati su di lui non erano quelli se-
reni del pubblico andaluso, ma gli occhi pensosi dei lavoratori mirabellesi, e
tornò alla lingua italiana con tono più dimesso. Quando ricordava l'episodio,
snoorsrtirdoNeenDdl oobnrcePovneiec6shooiugldg-eio.vran:Mo«afeQsnutooanslcofuuanocMeoirrstaosbeierlvllpòoa:, f-f|oacgof,i6oamiafaspreipùaqrgularealbncedonemelmainepnrltoaovti)òn>.oneill
porgere Gesù Sacramentato ai genitori, al fratello, ai parenti; le ore più belle
le passò coi suoi nella calda intimità della casa paterna.
Non si Iascia Ia lucerna sotto il moggio
La tradizione salesiana continuò ad affermarsi a Siviglia, per cui assurse
subito a grande importanza la festa dell'I'mmacolata Concezione, 1'8 dicembre
<< giorno anniuersario della londazione dell'Oratorio di S. Francesco di Sales >>
in Torino.
Fu una celebrazione <( semplice, bella e soprattutto commovente ». Dalla
rclaziorle si apprende che la parte musicale della messa cantata venne eseguita
dalla « Schola cantorum >> dell'oratorio, formata da una quafantina di rugazzi, i
quali « cantarono in modo da commuovere profondamente coloro che patteci-
pavano alla funzione ,>.r3 La « Schola cantorum »> così ben nutrita rappresenta
un passo avanti nella rcalizzazione delle attività oratoriane, per merito soprat-
tutto di Don Ricaldone: sappiamo che aveva una bella voce, dal timbro ba-
ritonale e che amava gustare la musica, per la quale aveva una sensibilità non
ordinaria.
A1 termine di questo primo anno i Salesiani non sentirono il bisogno di
volgere indietro lo sguardo pef ,misurafe il cammino compiuto; guardavano
avanti sloruandosi di procedere nel lungo cammino che rimaneva da percorrere.
Ma vi fu chi volle fare il punto sui risultati ottenuti e noi con grande com-
piacenza riferiamo la sua testimofiianza.
Verso la fine del 1891 il periodico « Il Pilar >> di Saragozza pubblicò una
composizione poetica a {irma di << Gorgonio >> che rendeva omaggio al sistema
educativo di Don Bosco, con evidente allusione all'oratorio di Siviglia.
Il poeta racconta la storia di tn ragazzo che, rimasto orfano, si lascia tra-
scinare pet la strada del vizio. Lo soprannominavano << Ladroncello >> per la
sua abilità nel furto. Era presente in tutte le liti, sovente passava la notte in
cafcere. Una volta, venne condotto in prigione sotto l'accusa di aver commesso
un reato grave; il Governatore ebbe pietà del suo stato e piuttosto che alla
13 Boletin Salesiano, Marzo 1894.
t02

12.9 Page 119

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prigione decise di affidarlo ai Padri Salesiani... Dopo alcuni anni lo stesso Go-
vernatore fa visita all'oratorio salesiano; viene condotto nei diversi ambienti
ed anche nella chiesa. Dall'organo si innalza una melodia che si spande dolce e
solenne per le navate; egli si sente commosso e vuol conoscere il nome del
Maestro. Gli rispondono: ,, È qvel rugazzo che lei ci affidò parecchi anni or
sono; tiene una condotta esemplare e desidera di essere ammesso alla nostra Con-
gregazione »>. Il giovane e il Governatore si trovano di fronte... È una scena pa-
tetica e commovente.
Conclusione del poeta: Per cambiare e convertire il cattivo è sempre più
efficace la carità che il bastone.la
Lo sviluppo della vita oratoriana alla Trinità è dimostrato anche dall'au-
mento del personale, che nell'anno scolastico 1893-1894, olre il direttore Don
Matias Buil e Don Ricaldone comprende un ascritto coadiutore e due aspi-
ranti, dei quali uno coadiutore e l'altro chierico. Questi, Don Serrano Ema-
nuele, era stato mandato per la sua competenza musicale; quindi la scuola
di canto e la banda, che avevano ricevuto il primo impulso da Don Ricaldone,
avrebbe avuto uno sviluppo più ampio e regolare.
C'era da fare per tutti; sia il direttote che Don Ricaldone erano uomini
di azione e il loro zelo per \\a cristianizzazione di quel numeroso gregge giovanile
imprimeva un ritmo di operosità incessante e accelerato. Funzionavano le scuole
popotari; erano state istituite le compagnie religiose, la scuola di canto, labanda;
esisteva pure un Circolo Operaio Cattolico.
La presentazione della piccola banda musicale (una fanfara) awenne quan-
do i piccoli allievi ebbero imparato la prima marcia, in occasione di una pro-
cessione; il gruppo dei rugazzetti attitava lo sguardo compiacente della gente per
la bella divisa matinara el'atteggiamento dei volti irrequieti nell'attesa di por-
tare Io strumento alle labbra. Don Ricaldone aveva detto loro: << Ricordatevi
che noi cominciamo a contare da cinquantuno, non da uno come fanno gli altri ».
E difatti al momento di eseguire la sonata egli disse forte: <( Marcia numero
cinquantuno! »>, e questa comparve ancora dopo, alternata col canto di inni
e lodi-
Si volle approfittare della festa di S. Francesco di Sales per dare un premio
ai giovani oratoriani. D'intesa comune, i salesiani di Urera e quelli di Siviglia
stabilirono di fare la celebrazione il 29 gennaio a Utrera, e alla domenica se-
guente in Siviglia; l'esecuzione musicale venne affidata alTa << Schola Cantorum >>
dell'oratorio di Siviglia, che avrebbe eseguito la messa << Maria Ausiliatrice »>
composta da Mons Cagliero. Bisogna notare che quei cantori non conoscevano
ancora le note; perciò dovettero imparare tutta la composizione a memoria.
La pazienza del maestro, la disposizione naturale degli alunni, la semplicità
delle melodie ottenero il risultato desiderato. A Utrera sarebbero andati anche
ra Boletin Salesiano, Dicembre 1893
103

12.10 Page 120

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i giovani della banda; inoltre alcuni del gruppo avrebbero dato un tratteni-
mento in teatro.
La prospettiva della gita e la possibilità di dare un saggio della loro abi'
lità furono stimolo potentissimo ai giovani per impegnarsi nella preparazione del
programma. È intuitivo che il regista della manifestazione fu Don Pedro.
La giornata di Utrera riuscì di soddisfazione generale. Preceduti dallo
stendardo di S. Luigi, accompagnati dal suono della banda, gli ospiti vennero
ricevuti colle acclamazioni entusiastiche dei loro compagni. Poi il programma
si sviluppò come si era stabilito. Da tutti si aspettava l'ora della messa solenne:
dagli uni per la smania di farsi sentire, dagli altri per la curiosità di ascoltare
e giudicare. L'esecuzione accontentò tutti.
Anche il saggio teatrùe del pomeriggio ebbe le lodi del cronista: << Dopo
pranzo, quei rugazzi che nel coro si erano diportati da buoni cristiani, ci fecero
godere momenti di distensione; cantarono, recitarono e con le loro frasi andaluse
dette con meravigliosa opportunità, si improvvisarono valenti guerrieri per an-
darc a lottare contro i Mori in Melilla; trasformarono le loro lance in croci
e si convertirono in soldati di Cristo e alla fine in missionari salesiani disposti
ad andare a evangelizzarc i Patagoni »>.1s Non è difficile la interpretazione di
questo periodo: i rugazzi rappresentarono un bozzelto missionario preparato da
Don Ricaldone per la circostanza.
Lo scopo che si erano proposto i salesiani era stato raggiunto. I giovani
tornarono a Siviglia entusiasti della giornata di Urera, più animati a fre-
quentare l'oratorio. Ed anche a Utrera la loro presentazione fu molto apptez-
zata come dimostrazione del lavoro compiuto dai salesiani nella capitale andalusa.
La domenica seguente, 4 febbraio, a Siviglia in S. Andrea si celebrò Ia
festa del Patrono delle Opere Salesiane. I cantori eseguirono la messa già can-
tata ad Utrera. Eta la prima volta che si presentavano al pubblico della città,
il quale manifestò le più favorevoli impressioni; la gente << non cessava di am-
rnirare e lodare i progressi realizzati da quei ragazzi, che pochi mesi addietro cor-
revano verso la perdizione e ora, grazie alla perseverante tenacia dei {igli di
Don Bosco, si vedevano trasformati, ed era difficile riconoscere in quei cori
di voci soavi i terribili frombolieri che rendevano quasi impossibile il transito
nel quartiere della Trinità >>.16
La cronaca nota che alla tunzione del mattino, latta nella chiesa della
Trinità (la così detta << Messa della Comunità » per gli oratotiani e gli alunni
della scuola) prese parte una commissione di operai del Circolo Cattolico con il
suo Presidente, Don Enrique MuÉoz y Camiz, zelanle cooperatore salesiano.
La testa di S. Mattia ricorre il 24 tebbraio; è il giorno onomastico del
direttore Don Buil. Don Ricaldone, in omaggio alla tradizione salesiana, pre-
para una bella dimosttaziote alla quale devono partecipare superiori e giovani.
ls Boletin Salesiano, maruo 1894.
16 Boletin Salesiano, abril 1894.
104

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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In tale circostanza si usava presentare al superiore un dono di preghiere, la
promessa di
un qualche
migliorare la condotta
oggetto necessario per
ef
la
impegno ne110 studio,
casa. Don Ricaldone
inolle l,offerta di
propose di offrire
un teatrino. si sa che nel sistema di Don Bosco il teatro ha .r.rl pr.t. impor-
tantissima e l'oratorio di Siviglia ne serrtiva il bisogno quasi urgànte. Lanciò
dunque l'idea e l'affidò ai cooperatori e alle .oop..utii.i. òonru Inés Benjumea
prese a cuore la tealizzazione della iniziati,ra: nella colletta fatta dopo lu co.r-
ferenza tenuta nel pomeriggio ai cooperatori dal parroco di s. Andiea si rac-
colse la som,ma di 700 pesetas, sufficiente per lo scopo.
Don Ricaldone sapeva parlare ai giovani,
tieri. Il suo zelo poi era ben noto a lJtreta;
e i giovani
per questo
Io ascoltavano volen-
Don oberti lo volle
a predicare gli esercizi di metà anno ai giuvani; era la prima volta che eserci-
tava i7 ministero della parola in tale pratica ascerica . .r" f, ben lieto.
Nell'aprile di quell'anno, in occasione delle feste della beatificazione di
Giovanni d'Avila e Diego di Cadice, il Presidente del « Consiglio Nazionale delle
corporazioni operaio-cattoliche »>, in unione col marchese di comillas, organiz-
zarono un grandioso pellegrinaggio a Roma, che portò ai piedi di Leone XIII
olre 12.000 operai.
Il Nostro, insieme con un canonico di siviglia, guidò il gruppo dell,Anda-
cluhsiioa,aditmutotsor,apnrdo.rvvdeidpeopssroendetaremleentqeuaallitbàisdoignbou,osnaédrgaarneizaza"tteomp, o.hg.iuhsatol,oucn-
ordine col volto sorridente, è ricco di risorse per formare unlatmosfera di
serena al7egtia, asseconda con
invitandoli a infiorare il lungo
naturalezza il seotimento cristiano
viaggio con la recita del rosario e
degli operai
cli alre pre-
ghiere.
Durante la permanenza a Roma, Don Anastasio crescenzi 17 ricorda di
averlo accompagnato alla basilica di S. Pietro: << notai il fervore e la divozione
con cui celebrava le sue prime messe e m'invitò a farc colazione con Iui in un
bar. Veniva da Siviglia e già si era distinto lavorando agli
Mi raccontarono che nelle processioni in onore di Maria
inizi di quella
Ausiliatrice (la
casa.
Ma-
donna Torera, come la chiamavano gli andalusi) dirigeva una banda di
e tamburi; i musicisti portavano un cappello sullo siile dei bersaglieri
tombe
italiani,
che richiamavano molto l'attenzione del popolo ».
il
Il mese e la festa in onore di Maria Ausiliatice, che si celebravano
secondo anno, rivestirono la stessa solennità dell'anno precedente. In
per
iiu
alle funzioni seguì
trici. Questo fu il
una rappresentazione teatrale, ofrferta ai coÀperatori e coopéra-
primo saggio dato dai giovani oratoriani con un programma
ben nutrito e vario.
irrii.r"il, . :aA-nslcTtusdn1ill7e:lollrDl.aro1MSn,poaArlganìnaaa«s;tGatSusraeiolgdaoimCrreiaratenntsocacraee»nn,szeuipclrnce1ees9sls6so1i4v8laa9nm4eqeleunlartaealbeace,hlSiliae.trV"iec"itno.à.canedeniltl'OSdeBslpsaizHinoonrdtise.,l
S. Cuore a Roma,
ieologia. N.i itòi
C-'a.-rab"anchel, Bejar,
105

13.2 Page 122

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L'ultima festa religiosa di quell'anno scolastico fu celebrata nel luglio in
onore delle sante Giusta e Rufina, patrone di Siviglia. Avremo occasione in
seguito di ritornare sull'argomento.
Dalla Cronaca della casa.
<< In questo tempo (agosto) il direttore Don Buil andò a sarrid per predicare
gli esercizi spirituali ai confratelli; 1o accompagnò il maestro di musica, Don
Manuel Serrano.
Nell'assenza dei due, venne a supplirli Don Maurizio Arata da uffera. Don
Pietro e Don Maurizio pensarono di mettere un po' in ordine la casa per
fare una sorpresa all'amato direttore quando sarebbe ritornato. Don Juan Gon-
zàlez concoÀe ail'impresa regalando una cucina e tutta la biancheria neces'
saria; in più diede una buona offerta in denaro >>'
L'uomo propone e Dio dispone. La sorpresa di Don Pletro_ dovette es§ere
grande, q,rrnào il
ili .o*,rni.uva che
25
era
riievette una
"sgtaotroroeletto direttore
ii Oon Mattia, destinato alla direzione della
lettera di Don Rinaldi, colla quale
della casa di Siviglia, in sostituzione
nuova casa << Obra de Don Bosco »'
aperta di recente a Vigo'
106

13.3 Page 123

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CAPO VII
DIBETTOBE
Una ricca umanità a servizio del bene
<<Don Ricaldone è proprio iln aolno ed è molto anato >>. euesto il giu-
dizio che Don Rinaldi diede di Don Ricaldone, scrivendo a Don Rua il 10 gen-
naio 1897 . sono poche parole, misurate e pesate, che acquistano valore dalilau-
torità e dalla santità di chi le scrisse.
Don Rinaldi aveva seguito con occhio vigile l'azione dei salesiani e il
fbiduuocniosaanmdaemnteentoeradenlal'toorautonrigoerimnosgilvioigvliiag;or"osqòrre.,rdigoogvliidoesoc,hperodvavlidseemaegveottrairtoe
ibl i_lisuodsevlill'uopppeora,
aumentando il numero dei
a Don Ricaldone. Il suo
confratelfi e affidando Ia responsa-
occhio esperto aveva scorto in lui
una consistenza spirituale e religiosa, che gli dava sicura garunzia di fare una
buona scelta proponendolo ai superiori comqdirettore;
_ In realtà,7a grande responsabilità assunta con la
i fatti gli diedero ragione.
dignità sacerdotale aveva
dato un nuovo impulso allo spirito di Don Ricaldone, già i.p.gnato nell,ac-
crescimento della vita interiore, dalla quale traeva l'orientamento e l,energia per
I'azione. Primo frutto del suo sacerdozio fu un controllo più attento, un im-
pegno più consapevole per consolidare la pietà, uno studio più accurato per
perfezionare la sua consacrairone all'apostolato.
Quando Don Rinaldi nei 1897 scrisse: << Don Ricaldone è proprio un
uomo )>, affermava che I'impressione provata sin dal lg92 trattando con lui
suddiacono era diventata convinzione. Don Ricaldone, giovane di anni (ne con-
tava 24)
spirito di
aveva dimostrato di possedere
iniziativa, zelo per diffondere
maturità di giudizio, volontà
il bene: qualità che denotano
ferma,
la rna-
turità.
Inoltre possedeva l'anima della vocazione salesiana, lo spirito di Don Bosco;
questo dice la frase:
l'ammirazione già in
« è molto amato ». In realtà ciò che attha
questo suo primo periodo di responsabilità
ma-gfgoiuoremrennote
di
è
I'approfondimento intellettuale dello spirito di Don Bàsco da lui po-sseduto e
l'applicazione pratica che ne fa. Nella lettera con la quale presentò ai salesiani
I'edizione delle Costituzioni fatta nel 1942, esprime un augurio che è anche
preghiera: << Faccia Iddio che ogni salesiano, nell'esercizio Jel suo apostolato,
107

13.4 Page 124

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ovunque e§so si svolga, abbia \\a gioia di avere con Don Bosco >>. Egli espri
meva ciò che già aveva provato cinquanta anni prima a Siviglia, dove nello
svolgimento dellapostolato nel quartiere della Trinità ebbe con Don Bosco'
Si è detto chì f" segno di particolare benevolenza del Signore verso Don
Ricaldone l'averlo affidato alla guida di Don oberti nel periodo del tirocinio
pfatico. Nella nuova situazione di ,.rportubilità ricevette un nuovo segno di
L.n.uol"nz divina nell'avere come guida Don Filippo Rinaldi, maturo di senno
e ficco di prudenza, di pietà e di esperienza. Senza voler togliere nulla ai me-
riti acquisàti nelf iniziaie e
in sei ànni ad una {ioritura
sviluppare I'opera sa-lesiana in Siviglia,
meravigliosa, siamo convinti che il suo
portandola
zelo trovò
in Don Rinaldi un aiuto determinante.
plina interiofe stimava, amava, venerava
E
il
poiché egli per
suo superiore e
virtù e per disci-
ne seguiva il con-
,iglio .ot piena adesione, il Signore benedisse il suo lavoro'
si è pa.into e scritto del « siviglianismo >> di Don Ricaldone come fatto
caratteristièo dovuto all'influenza, che I'ambiente esercitò sul suo temperamento'
vogliamo osservare che egli fin dall'inizio cercò di comprendere.il temperamento,
la isicologia andalusa deJucendola dalla osservazione diretta delle manifestazioni
popolari. dul .o.rt^tto personale con ogni categoria di persone'
Inoltre volle possedere la lingua armoniosa, conoscere la storia gloriosa, la
letteratufa, l'rrte del paese che 1o ospitava. In una parola: volle tt ambientarsi »>,
« acclimatarsi »>, assimilando quanto di buono e di bello scoprì nell'ambiente in
cui viveva,
salesiana in
p.. ..rd... più iccetta ed efficace la sua missione sacerdotale e
ogni ..to di persone: tra i giovani della strada e gli operai dei
campi e deile òfficine; fta i professionisti e i membri dell'aristoffazia.
11 lavoro di « ambientamento >> non gli costò molta fatica. Se ricordiamo
ancora una volta il giudizio dello zio: « Tu sei uno spirito ardente )>; se te-
niamo
,ia.o;
p,r.esreilengtegila'amttoeg-gÈia,mr.enlteottdeerellansor-nra
volontà
avfemo
rivolta ad essere un santo sale-
difficoltà di ammettere che la
,,ru ,r"r.u p.i.ologlu si prestava a licevere quelle forme di esprimere e di agire,
che 1o ..r..o n tiuigliuno >>, cosicché poté impostare il suo apostolato tenendo
conto dello spirito ieligioso (e in particolare della divozione mariana) radicato
nell'anima andalusa, fare leua sul valore eroico della rinuncia e del sacrificio
(si veda 1'episodio delle fionde), sull'entusiasmo, caratteristica manifestazione
dell'amore al canto, alla danza, alla festa.
In una lettera a Don Barberis egli scrive: u È il paese questo dell'allegria >>,
e mentre la penna tracciava queste parole sembra di vedere il suo volto illumi
nato da un benevolo sorriso.
Come abbia saputo sfruttare sapientemente
vede in tutta l'attività del suo periodo spagnolo.
la psicologia andalusa, lo si
In conclusione: il « siviglia-
nismo »> di Don Ricaldone sembra piuttosto un prezioso elemento decorativo
della sua anima forte, generosa, ardente.
« Nei primi giorni del settembre 1894 feci la prima conoscenza di Don
Pietro Ricaldone che, giovane di ventiquattro anni e da un anno ordinato sa-
cerdote, aveva ricevuto dai superiori la responsabilità della direzione della casa
108

13.5 Page 125

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di Sivigiia. Come pani profumati appena sfornati, il noviziato di Barcellona ci
inviava al collegio di Umera: due salesiani di diciassette anni, e facemmo una
breve sosta nella capitale andalusa. Avvisato del nostro arrivo, il direttore venne
a riceverci. Non potrò dimenticare mai l'impressione che fece al mio spirito quella
figuta svelta e giovanile; non certamente per l'aspetto che presentava, niente
conforme alle leggi dell'etichetta: rosso in {accia e grondante sudore, capelli
in disordine, sopraciglia e talare coperte di polvere, cosa che sarebbe stata incon-
cepibile per chi non conosce il modo con cui i salesiani partecipano alle ricrea-
zioni dei loro allievi; ma per il vivo calore di simpatia che irradiava dalla sua
persona, la espressione franca e sorridente del suo sguardo, e la grazia fresca
della sua parc7a, doti tutte che avrebbero costituito i tocchi di pennello più
rilevanti del ritratto del nostro grande Don Pietro Ricaldone. Con squisita ama-
bilità ci salutò, ci diede un abbraccio, domandò notizie del nostro viaggio, di
Don Rinaldi, e degli altri superiori; volle sapere se eravamo stanchi, se ave-
vamo mangiato... e, intelligente com'era, vedendo il nosro impaccio nei rispon-
dere (giacché portavamo quasi intatto il modesto companatico di cui ci avevano
provvisti) prima che aprissimo bocca, già uno dei rugazzi che 1o aiutava enttava
con un fornello ad alcool, un tegamino, olio, uova... Deposto il fornello sul da-
vanzale della finestra, appena l'olio cominciò a crepitare egli, Don Pietro Rical-
done, con grande naturalezza e come se nella vita non avesse fatto altra cosa,
ruppe quattro uova e lavorando di forchetta, risparmiando i tuorli, tra scherzi
e arguzie << Vedete, diceva, qui non abbiamo bisogno di cuoco. Ragazzo porta
il sale, i piatti, quei fritti e... a mangiare! » Si trattenne ancora alcuni minuti par-
lando di iniziative, di progetti, di costruzioni... e poi ritornò in cortile con i
suo barabbini che, non vedendolo ffa loro, sarebbero diventati nervosi; prima
però incaricò il rugazzo del fornello di portarci alTa cattedrale, approfittando
delle due orette di cui disponevamo, e quindi ci accompagnasse al treno di
Utrera »>.1
Ecco una bella presentazione di Don Ricaldone, fotografato in una istan-
tanea, come si offre nei prirni giorni della nuova responsabilità sul campo del
lavoro tra i vivaci oratoriani, durante la chiassosa e polverosa ricreazione. Se-
reno, accogliente, da il benvenuto con Targhezza di cuore ai suoi ospiti; li serve
con quel brio scherzoso, che rende più gustoso e gradito il dono della povertà;
e fa le sue confidenze come a vecchie conoscenze; espone i progetti che i sale-
siani si propongono di rcalizzare alla Trinità, dove i bisogni della gioventù
richiedono provvedimenti urgenti ed adeguati.
I1 tema era stato argomento di conversazione con Don Rinaldi, il quale in
quello stesso autunno costituiva attorno a Don Ricaldone una comunità rispet-
tabile, formata da sedici persone2 (contro le cinque dell'anno precedente).
Questa comunità rappresentava la prima e principale responsabilità del diret-
I Relazione di Don Salvador Rosés S.D.B.
2 La comunità era formata da 7 soci (4 sacerdoti, 2 chierici, 1 Coadiutore); 2 ascritti
coadiutori e 7 aspiranti (4 studenti e 3 coadiutori)
109

13.6 Page 126

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tore, al quale spettava di guidarla con l'esempio e con Ia parola a santificare
la vocazione religiosa nello svolgimento del programma di attività salesiana nello
spirito di Don Bosco. Il secondo impegno consisteva nell'inrodurre e stabilire
in tutto il complesso la tradizione salesiana. Quanto al piano da seguire nello
svolgimento progressivo dell'opera, le idee di Don Rinaldi erano molto semplici
e chiare; egli aveva diretto per tre anni i << Talleres Salesianos » di Sarrid-Barcel-
lona, che avevano acquistato il pieno consenso delle autorità locali e larga flama
di benemererna, giunt^ anche in Italia; ciò che si era f.atto a Sarrid poteva essere
una indicazione di quanto si doveva fare a Siviglia. Alla Trinità non mancava
lo spazio. Riferendosi alle trattative del 1892, il direttore del periodico << Orien-
taci6n »> scrive: << L'Arcivescovo della diocesi, Dott. Sanz y Forés vide con occhio
clinico la prospettiva di apostolato che a questi religiosi (i Salesiani) veniva of'
ferta e con generosità, senza stiracchiamenti affida loro la grandiosa chiesa della
SS. Trinità con i terreni vicini ed anche il luogo che serviva da seminario
diocesano >>.3
Nell'exconvento dei Trinitari aveva preso stanza il seminario minore, che
in quel periodo era chiuso, come si disse. L'Avv. Juan Romero caldeggiò in Curia
f idea di darlo ai salesiani prowisoriamente, durante la chiusura del seminario
minore. E diceva poi scherzando a Don Pedro: << Le cose provvisorie sono
talvolta Ie più stabili. Qui in Andalusia è molto apprezzato il salmo: Beatus
qui possedit... »>. Le costruzioni esistenti avevano soddisfatto alle prime esigenze
dell'oratorio e al funzionamento di scuole elementari per esterni. Abbiamo detto
che si era costruito un salone-teatro. I1 piano per iI prossimo futuro compren-
deva l'apertura di scuole professionali e poi di scuole medie per esterni e per
interni. A Don Ricaldone eru affidato il compito di rcalizzare tale programma.
Gli inizi
Egli procedette subito all'attuazione e nell'ottobre del 1894 poteva ospitare
come interni un primo gruppo di ragazzi poveri e inaugurare i primi due labo-
ratori: quelli di calzoleria e di sartotia.
Nello stesso tempo esponeva alla pubblica ammirazione un complesso di
strumenti musicali per banda, ed eccone la spiegazione. Egli aveva notato che
i giovani operai ad una certa età abbandonavano l'oratorio, che non offriva loro
attrattive capaci di richiamarli a passare le serate alla Trinità.
Avrebbe voluto aprire scuole serali, ma non essendo possibile, ricorse ad
un'iniziativa più modesta: decise di istituire una banda musicale per esterni,
che comprendesse giovani dai 16 ai )O anni. Premise la necessaria propaganda
(ed in questo era abilissimo) per assicurare un buon numero di aderenti; in
seguito annunciò il prossimo amivo degli strumenti dall'Italia, e il giorno stesso
3 Orientaci6n, anno 1951, N. 84, pag. 35.
1i0

13.7 Page 127

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dell'arrivo li espose in bella mostra: lucidi splendenti, dalle for,me snelle ed
eleganti. Consegnatili al maestto, manifestò l'intenzione di presentare solenne-
mente al più presto la nuova banda al pubblico ed ogni sera seguiva i princi
pianti nei loro esercizi. La pazienza del maesffo, l'entusiasmo e la disposizione
naturale dei giovani per la musica, riuscirono a preparare ben presto un pro-
gramma presentabile, cosicché la domenica 2 dicembre si poté {arc la solenne
inaugurazione.
Per I'occasione il salone-teatro era al completo; cooperatori e popolo ac-
corsero all'invito e fu una serata di perfetto stile salesiano: inno a Don Bosco,
rappresentazione del dramma << Un veleno » ossia la protanazione dei giorni fe-
stivi, composto da Don Francesco Fenoglio della casa di Urera, esecuzioni <( a
soli >> e « duetti I »>. suonatori nella nuova divisa (giubba a doppio petto, kepì
con piumetto) e gli srumenti ben ripuliti facevano bella mostra di nella
esecuzione filarono diritto, riscuotendo applausi in abbondanza.
Don Ricaldone sorrideva compiaciuto; a metà spettacolo si presentò al pro-
scenio e presentò la banda mettendo in evidenza 1o scopo cristiano e sociale per
cui era stata istituita. Espose quindi i progetti che i salesiani si proponevano di
effettuare a beneficio dei figli del popolo: progetti che richiedevano l'aiuto dei
buoni sivigliesi, sempre generosi nel sostenere ogni opera buona.
Don Rinaldi aveva preannunciato una sua visita a Siviglia nei primi giorni
di gennaio; arrivò difatti la sera del 4, ricevuto con segni di grande allegrezza,
Don Ricaldone approfittò della sua presenza per otganizzare una festa in suo
onore e presentargli il piccolo mondo salesiano, che andava estendendosi. L'invito
diramato radunò attorno al superiore ecclesiastici, persone distinte, cooperatori,
cooperatrici e popolo; il salone-teatro era letteralmente gremito. Don Ricaldone
presentò I'Ispettore al pubblico e all'Ispettore la banda di recente istituzione.
I giovani interni e quelli dell'oratorio si presentarono da colla esecuzione di
canti e del dramma << I1 sesto martire », seguito da uno scherzo comico. In quei
giorni si videro alla Trinità molti coopetatori e benefattori che venivano ad os-
sequiare Don Rinaldi, per manifestargli, non solo a parole, la loro soddisfazione.
La festa di S. Francesco di Sales, celebrata con solennità nella chiesa di
S. Andrea, merita un cenno perché la conferenza ai cooperatori venne tenuta
dal Cardinal Arcivescovo, il quale con calda eloquenza illustrò l'Opera di Don
Bosco e, riferendosi all'apostolato iniziato dai salesiani in Siviglia, disse con
fermezza e fiducia propria dell'uomo di Dio: << Non dubitate; l'opera di Don
Bosco crescerà anche in Siviglia, sì, crescerà e prenderà lo sviluppo che Ia ur-
pgprereengstseaonnoie,csiemaslpesasitiàraanenis?oi,g-ela»v.olirsPaponsso5tas»s.icEopnodisilnianvteidtsòoimmiafinredadabe:illei-:ad<<cPahireuetscasoroesadcfioalinonmrooeziiziggaiioovvloaarnnoii
disposizione la benefica istituzione. La grande benevolenza dell'Arcivescovo con-
fortava Don Ricaldone a proseguire con slancio maggiore nel difficile ca,m-
mino.
Gli esercizi spirituali, pratica di alto valore, che Don Bosco volle fosse
seguita dai giovani dei suoi istituti, a Siviglia venne introdotta subito in questo
1i1

13.8 Page 128

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primo anno. Si fecero due turni consecutivi nella prima settimana di aprile: il
primo per gli esterni, il secondo per gli interni: Per la prima volta quei ra-
gazzi di vivacità proverbiale si sforzarono di passare tre giorni in un relativo
raccoglimento e di ascoltare più di una predica ogni giorno. Uno dei predi-
catori era 1o stesso ditettore, che sapeva parlare al loro cuore e incatenare la
loro mente.
Egli si era riservate le istruzioni, che i rugazzi chiamavano « serm6n de
risas >>, perché scendeva ad applicazioni pratiche ed anche... facete.
I1 23 aprile a Bologna si inaugurava con la maggior pompa il Primo Con-
gresso Internazionale dei Cooperatori Salesiani, che, preparato con ogni dili
genza e preceduto da una propaganda intelligente, ebbe un esito superiore ad
ogni aspettativa. Il Beato Don Rua lo definì « un triont'o, un'apoteosi della Con-
gregazione Salesiana, preuisto da Don Bosco >>.
Don Ricaldone sapeva approfittare di ogni buona occasione per fare cono-
scere sempre meglio I'Opera di Don Bosco, e 1o stesso 2) aprile invitò i coope-
ratori e le cooperatrici della città ad un trattenimento. I giovani rappresentarono
sulla scena il dramma: <<Lavocazione di S. Luigi >>, ed egli illustrò il significato
e la finalità del grande Congresso di Bologna.
La festa di Maria Ausiliatrice fu un'affermazione solenne che ebbe come
parte centraleT'intronizzazione della Madonna di Don Bosco; ne daremo un cenno
più ampio.
Anche quella del Sacro Cuore si distinse pet la inaugurazione di una statua
artistica preparata dai << Talleres Salesianos » di Sarriri.
Nella festa della riconoscenz^, per Ia prima volta Don Ricaldone ricevette
l'omaggio dei suoi confratelli, dei giovani e dei cooperatori; nell'accademia, nella
celebrazione religiosa, nello spettacolo tearale egli sentì vibrare gli animi di
un sentimento vivo di sincero affetto per la sua persona, poiché tutti vedevano
in lui il giovane salesiano attivo e industrioso, che dedicava con amore e senza
risparmio le sue energie esuberanti per il bene della sua grande famiglia. Co-
sicché la dimostrazione in suo onore non richiese nessun artificio o formalismo
compromesso tra la parol.a e il sentimento, ma l'una era la naturale espres-
sione dell'altro. Ci fu anche una sorpresa: a sera comparve una banda della
città, che tenne concerto in onore del festeggiato.
In teatro si rappresentò il dramma dal titolo << Ieti >>; non v'è alcun cenno
dell'autore ma è facile individuarlo nello stesso Don Ricaldone, il quale pre-
sentava sulla scena il quartiere della Trinità come €ra tre anni addietro, prima
dell'arrivo dei salesiani, allo scopo di mettere in evidenza l'azione benefica com-
piuta dall'oratorio di Don Bosco.
La cerimonia della distribuzione dei premi chiuse il primo anno scola-
stico 1894-1895, che, come tutte le opere al loro inizio, non presentò molte
manifestazioni di particolare rilievo; ebbe però le sue note caratteristiche, tra
le quali il tono della solennità di Maria Ausiliarice e la impostazione della strut-
tura salesiana nello sviluppo di ogni attività.
Chi seguiva il giovane direttore nella sua opera, non poteva fare a meno
112

13.9 Page 129

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La banda dell'Oratorio di Siviglia nel iB95

13.10 Page 130

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14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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di ammirare il suo zelo animatore, la chiarezza defl,e idee, il metodo della
Toro realizzazione, la generosità di donazione, lo spirito di sacrificio, che ben
presto raggiungerà risultati consolanti. Difatti già nel nuovo anno scolastico
si nota un aumento di personale, perché i bisogni sono maggiori; il nu,mero dei
tagazzi interni ed esterni è cresciuto, gli stessi locali non sono più sufficienti
ad accogliere Ie domande presentate al direttore, che prova gra.d. pena nel do-
ver dare un rifiuto. Lasciamo la parola allo stesso Dàn Ricatdorr.f i, una let-
tera di risposta a Don Barberis egli scrive:
Siviglia, 23 novembre 1896
Catissimo Padre in G. e M.
Fu proprio un prezioso regalo la sua cara lettera che ricevei ieri sera.
Oh sì, caro Padre, preghi davvero molto per me, perché mi trovo adesso
qeInsusicecanGosdanolistieaoiasnmtcteioorgmnciioeirsvceaoanlnlai1o5esq0aur;ae. insRttlo'iaanbngpnoreaorrzasiontaonunramidleovearsionlensnoissziàsgTinmvsoaaipineeetrielfemaioocpmlotrosoeepbdvreiianoriergi.pneioarlciaesarslelaaivevbdierenree,.
l'oratorio festivo. Si riempie proprio tutta la chiesa, Liassirt.nrà è veramente
esemplarissima. Le bande
andò a suonare in una
di musièa
accademia
vanno avanti bene. Iersera la banda esrerna
letteraria nel palazzo arcivescovile. Maria
Ausitriatice ne fa dawero delle sue, sa.
In questi giorni spero porer comperare quel bellissimo
Costa 60.000 lire. IIo fiduèia che la-Madonna cercherà il
orto che ci circonda.
denaro; mi ha man-
dato già 5.000 lire in un giorno. speriamo poi poter fabbricare un bell,edificio
per accogliere- adesso J00 interni. Qui ci ricoràiamo molto di lei e speriamo
che p_resto ci farà un'altra visita por an ratito chrular.
oh, la Madonna come ci vuol benel Non so esprimerle la contentezza che
uptpIunrneottatcvoghobréace,pu.nl.elonanrpees.fa.aenrhrstdaoetoi.c,lccppohirrueeoodg.ploeasr.io'aooennocuavh.nseiaLflgaeeusriv,iaauonronloeba.lcsisaCciorohrig-siecmnsooibumr.endoniaIoeernpefreiaic,mdgiorefoeenilÀs,teotmreaadeledlinaismnousteimn.migeecirrleaolfecezsiciilosiseasu,ipmi-el.af"oSap,rciag'e.eznimoioopmrnoeaoi,lii
musica,
organo, piano, bande, balli andalusi, ecc.
il^ paere quesro dell'allegria. La prego
ecc.
voler
saiutare
tanro
tanto
il
EKeezvi.omsoo.5Mlg,oPlti
Rua, al quale non scrivo per non rubargli un
ricordi pure agli alui Superiori del Cà'pitolo
rempo rroppo
Superiore^èd
Ella si ricordi innanzi a Maria Ausiliarice àer suo aff.mo tiglion d.-. trl.
Prsrno Rrcer»oNr
La << bella festicciuola » celebrata in onore di s. cecilia nel 1g96 (altra
tradizione salesiana) fu impreziosita da una funzione non comune. L,Arcive-
scovo amministrò il sacramento del battesimo a due ragazzi, che Don Ricaldone
aveva accolti in casa; una
il rito della rigenerazione.
folla
immensa
gremiva
la
chiesa
e
seguiva
commossa
Le buone notizie comunicate a Don Barberis trovarono conferma nella
tt3

14.2 Page 132

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lettera accennata alf inizio di questo capitolo, che l'Ispettore Don Rinaldi,
dopo una visita fatta alla Trinità, scriveva al Beato Don Rua:
Rev.mo Sig. Don Rua,
Qalt.ee;ìtvusf,raieec-supcn.atarà.onaa'r.crirsÒ,òhec.seid-i;omlpi1afia"nofescttcuaarPaitsnsaeaèadteodprpefrreiaeeaniisnranebnrlelmneeiGdatcneeim.eieC,inscof.stcaa,éahrtaeftreouicv.aroièaiCnpanedocdetdhsei rìUilcuinomsntsroenoeomipr,lqalàtiasnuereeaeedcrrsfaisaotoaeogrm,ectimtccopmraoaennomseria'ancis.mdopddIeolielaslpoeirlfi,'dpteo,doertrsieartnnanoslacrlotaeior.pmodaandoelpomeSlteslai,lvuVre'oilenegpfstnrltaeiceoagoodasvPvi'troloàel'oa.-r,.
che
ci assegnò S. Santità. ..
. . . Q.ietta casa fece pure
grandi
progressi'
Don
Ricaldone
è
proprio
un
uomo ed è rnolto amato. . .
(Don Rinaldi chiude la lettera presentando una difficoltà... liturgica, oggi
di facile soluzione. Dice adunque) :
. . . Sorge una difficoltà per il divieto deila veste di colore, th-e-V'f, oppose
al piccolo cÉro. Qui in Siviglia ne hanno 150 rosse, pagate dal lVlunicipio per
le Drocessioni: non si debbono più usare?
Sempre suo dev.mo in C.J.
F.M. Rmernr
Le Scuole Professionali
Uno dei talenti di Don Ricaldone fu la capacità di intendere i problemi
del lavoro e di organizzarli nella efficenza produttiva; oggi si direbbe che aveva
spiccata attitudine di imprenditore. Lo spirito di Don Bosco dava un'anima
cristiana a questa attitudine.
Aveva iniziato le scuole professionali istituendo i laboratori di sartoria
e calzoleia; è intuitivo il ,motivo per cui questi ebbero Ia precedenza sugli altri
più
b.,
importanti;
birogrruva
la loro apertura richiedeva
proseguire; è la volta del
poca attrezzatura e un solo
complesso che va sotto il
maestro.
nome di
« Scuola del libro ,, É .o-pr.rde i reparti: compositoria, stampatoria, legato-
ria. Inolte conveniva aprire con una certa ltgenzr- il laboratorio dei falegnami,
al quale se ne sarebbe aggiunto uno di fabbri-meccanici' si deve omettere
la àstr.rzion e di armonium e tanto meno la panetteria. Riguardo alla scuola
del libro, poiché nelle sue cose procedeva sempre con metodo,,dufante l'anno
aveva seriamente studiato il progetto nei suoi particolari: locali, attrezzatlye,
personale, mezzi linanziari, ecc. e presentò a Don Rinaldi proposte concrete
\\ll,

14.3 Page 133

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per averne consiglio, approvazione e aiuto. Don Rinaldi approvò, suggerì, in-
coraggiò, lasciando a lui
pio: il personale tecnico
di
ei
supplire a quanto
mezzi finanziari.
egli
non
poi*u
dure,
ud
erem-
con quanto amore si sia occupato delf impresa lo si deduce dal fatto che
niIe_ll3a0mnaonviefemsbtarzeiosnieplootéspfairrietolasasleoslieannnoesini ainusgeurrìazfeiolinceemdeenitenunoevlli'allaobnoeradtoerllia;
festosa atmosfera andalusa.
Per l'occasione la casa fu vestita a festa; il Municipio aveva messo a
disposizione un certo numero di bandiere, gonfaloni, ,..rdi .h. vennero di-
stribuiti in armonica disposizione ad ornamento del caseggiato. L,Infanta di
Spagna aveva accettato 7a Presidenza generale della celeÈiazione, insieme al
sindaco e al Governatore Ecclesiastico della città. La Nobil Donna venne ac-
colta, al suono della marcia reale, dalle Autorità con in testa Don Ricaldone,
e, vedendo tunta ricchezza di addobbi, manifestò la sua gioia e meraviglia al
direttore, il quale con bonaria argtzia osservava:
,, Hoy 7a casa se puede comparar al dnade que daba suntuosidad a las
pl'-'mas del pavo Il real »>.a corteo, seguito da un tel gruppo di persone qua-
lificate e numeroso popolo, si avvia verso i laboratori, dÀve i giovani ,tur.ro
in attesa chi presso le macchine chi al posto di lavoro. ogni macchina ha un
nome, un padrino ed una madrina. La tagTiatina (trancia) e dedicata alla santa
Rufina, il motore della segatrice porta il nome di Don Bosco; la sega quello
di Don Rua, sulle macchine per la stampa si legge rispettivamente: Maria Au-
siliatrice e SS. Trinità.
e
a-l
Il canonico teologo
momento in cui le
in rocchetto e stola
asperge con acqua
benedice le macchine,
benedetta, il silenzio
ad una ad una,
quasi religioso
è rotto dal ronzio dei motori
che iniziano il funzionamento.
messi
in
azione
e
dal
rumor.
delL
ingraltaggi
Ed ecco un bel gesto di Don Ricaldone: prende la prima copia della stam-
pa uscita dalla macchina e 7a offre in omaggio all'augusta lnfinta; è un car-
toncino su cui si leggono le parole di Don Bosco: « colla vostra carità abbia-
mo fondato tipografie nelle varie città e paesi, diffondendo tra il popolo mi
gliaia
poggio
di pubblicazioni in difesa della
dei buoni costumi >>. A mano a
mvaenrioc,hfeomaletrnetocodpeiellaverneivliàgniosta"mp,pa--
te, erano distribuite al pubblico. È facile immaginare l,entusiasmo delle aulo.
rità e del pubblico; assistevano ad una magnifica rcalizzazione di alto valore
sociale e non si stancavano di seguire con 1o sguardo i giovani artigiani che,
sotto la guida del maestro, attendevano con alacrità al làvoro.
La sistemazione dei laboratori non era completa; in particolare, se si
voleva ottenere un miglior funzionamento bisognàvu pr.porì. ai singoli re-
parti maestri d'arte salesiani. All'inizio si era provveduto come màglio si
poteva, ma la soluzione prowisoria doveva durare il minor tempo poisibile,
+ « oggi la casa si può paragonare all'anitra che faceva sfoggio delle penne del pavone ».
tr5

14.4 Page 134

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e se ne comprende la ragione. Le scuole professionali salesiane esigono che il
maeslo d'arie non sia solo un tecnico abile, ma anche un buon educatore,
secondo la pedagogia di Don Bosco. E poiché Don Rinaldi non aveva confratel-
li preparati, .o.rriglia a Don Ricaldone di fare presente la situazione ai superiori
di Torino. Ed egli si rivolse al consigliere Professionale, Don Giuseppe Lazzeto.
Siviglia, 19 gennaio 1896
Carissimo Padre in G. e M.
Ho
b..r";i
ricevuto la
proprio una
csounasoclaazrtioonlineav..e.dReirneg".roamzieanidloSiigl nSorigèneorMe_aarniadiaAmusoiliaavtraicneti
han beneàetio I'opera in poco più
Stiamo ud.rro .tu-f,*ao^ U
sluintia. ner dedicarla ui nortro
di un anno'
vniutaovcoleAllercSivaenstceoGvoiu, scthaeevRerurfàincai,rcPaatlraonmeedi
;"";dit""'pii:lnb;,"A;.?b;u".;;.nhriiua;ìJ;.ni,t-àrS.i,--.o.ta-oVnosco-rahr.rcertrreui.pii.i,cecig"ohirhi.elaiénnEldqevifsguisasaitiamtnocooordenme,dlplseamrasenniandnedeco§erePiìlsosaesevdirtooàicrathcaursheetsetoliba.luEnetnoalmleai e.i,acIchcliieanSmsrl'oiiiagsmnt.PepdIanrsòedzpsrauesetno,tè.orgernpieooefvonfaresnsclceeeai
,rr"i"i^- iÀprssibilità di trovare qrri p.tron" che possono rattare coi ragazzi
senza pericolo.
Frattanto la
to"tu"i. òt, con
ingtazio e la prego di
chJ piacere riievlamo
volersi ricordare di.questi suoi figli
le lettere dei nosui indimenticabili
S"oà.iàti del Capitolol quante volte voliamo col pensiero ad-as.coltarne le
dSiroiimci."io".pd' orDtooslnp. eeRcdiauliae'caeilurstuiu'arorwiaii{sf.imS! uoFpaievnroiroGis4c.,aeeds-MaElu. 1talafeb_einnemdoicdao
speciale il.carissimo
questi suoi figli ed
Psono RrcerDoNe
febbrPai.oS.e-
Noi celebreremo
spero che già st^t6
la festa di S.
tr^ noi il caro
Francesco di
e desiderato
Sales il giorno
stamPatofe.
2
si noti in questa lettera, scritta probabilmente a tatda ora, quando alla
opefosa giornata era seguita La calma del riposo, si noti la b_ella confidenza
e la familiarità cordiale che legava a quei tempi i Salesiani ai Superiori.
Don Lazzero promise di mandare il salesiano per la sta.mperia. Ma non è
tutto; e Don Ricaldone domanda ancora aiuto; spedendo di ritorno un mo-
dulo di ufficio riguardante le scuole professionali di Siviglia, egli scrive:
Siviglia, 8 febbraio 1896
Carissimo Padre,
Le spedisco il
,oddirfuriàn" . La
modulo
ringrazi.o
e mi rallegrerò 'al
pure .rrroìirrn"nt.
sapere.
pèr il
che sia stato di sua sod-
maestro impressore che
rore"-o-rfairle.grnàamfienaflamràenptreo.pQriuoaunndao
possa aiutarci
grande opera
con qualche,maestro lega-
di carità. Abbiamo passato
1r6

14.5 Page 135

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,molto bene la festa di San Francesco di Sales. Preghi per turti noi ed in modo
particolare pel suo aff.mo in G e M.
Pr»no RrcarooNr
A un mese di distanza giunge a siviglia il capo stampatore, il coad. Fer-
rero Francesco; Don Ricaldone ringrazia e rinnova la istanza per avere gli
altri due salesiani, richiesti nella lettera precedente.
Siviglia, 7 marzo L896
Carissimo Padre in G. e M.
È amivato felicemente il caro impressore: spero che farà bene. La rin-
agcrcaizoicoc.hpéeri.l.lìSntigenreosresee qMh-a.rliai
ÈAupsrielisaotripteerlfqubeesntaedòicaasnao, .eFneorriertoutctii
pregheremo
àieAe tante
n-otizie dei cari superiori di rorino e ci disse pure che in S. Benigno vi sono
circa cento novizi artigiani:
Ia grazia della perseveranza
pregheremo
anche un
affinèhé il signore .o.réd,
po' per intereise personale.
a turti
perché
spero ch-e fra i cento ve_ ne sarà qualcheduno
Schpeagclias.iafrnaoniocnapmi opletor
.darà il. contingente
formarli.
di
ipeersr oSnivailgél,iam. asp^perriomcahfeaubnis.ohg"n,ola
Abbiamo ancora due Iaboratori senza capi, i falegnami ed i legatori.
Pi creagrihsi uppeerrinoorii,edcaErollaPcaidbree.neMdiocaltitusattliuetidailnl'ammoadtiosssimpeociDaleonquResutao
ed a" tutti
suo aff.mo
Prono Rrcar»oNn
11 problema dei tecnici salesiani è sempre al primo posto; per avere aiuti,
anche più tardi si rivolgerà a Torino.
Siviglia, 17 febbraio 1897
Carissimo Padre in G. e M.
Le racchiudo l'elenco del personale laico e se c'è qualche cosa che non
stia bene Ia prego a volermelo far notare.
Qui
volmente
andiamo avanti abbastanza bene. I laboratori aumentano considere-
ed i capi vanno avanti discretamente. Speriamo adesso aumentarc la
casa ed allora cresceranno anche i giovani. Tra interni ed esterni ne abbiamo
adesso quattrocento_ e cinquanta, e se ci fosse posto ne avremmo assai di più.
Ci manca il grpg falegname e spero che Ella si ricorderà di noi. I1 Signor
Don Cerruti
stanza bene.
ha
Mi
fatto un qran bene con la sua visita e di salute stava aÉba-
raccomando alle sue orazioni: saluti il Rev.do Sig. Don Rua
e tutti gli altri Superiori del Capitolo e benedica il suo aff.mo in G. e M.
Pspno RrcarDoNe
Lt7

14.6 Page 136

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Come si vede, il giovane organismo è in continuo sviluppo e manifesta
una vitalità potente; al terzo anno di vita il numero dei giovani si è molti-
plicato più volte; segno visibile che il Signore benedice e premia lo zelo dei
salesiani.
Don Ricaldone in realtà seguiva con particolate attenzione amorosa l'anda-
mento delle scuole professionali; ogni giorno faceva una visita ai laboratori,
una visita attenta per rendersi conto dello svolgimento del programma e del-
l,impegno degli alunni. La sua presenza era di stimolo a tutti. Quando poi
vide che i laboratori avevano raggiunto una efficienza più che sufficiente,
presentò alla popolazione i risultati in una ESPOSIZIONE allestita nei locali
stessi.
La inaugurazione ebbe luogo il 1" maggio 1899, alla presenza del cardi
nale Arcivescovo e dell'Ispettore Don Rinaldi.
Come documento-ricordo pubblicò un numero unico dal titolo <( CHARI-
TAS », che voleva essere anche vD ingraziamento pubblico ai benefattori sivi-
gliani, i quali colle loro offerte avevano reso possibile I'impianto e 1o sviluppo
dell. ,.role professionali. Alla compilazione della pubblicaziole avevano dato
il loro contributo scrittori di valore della città.
La esposizione ebbe molti visitatori; la stampa locale e ]e autorità cit-
tadine ne f..".o grandi elogi, riconoscendo la bontà del metodo di insegna-
mento seguito dai salesiani e i lusinghieri risultati conseguiti in così breve
tempo.
Parallelamente alle scuole professionali si svilupparono le scuole elemen-
tari e ginnasiali per esterni e interni. Le aule si ricavarono facilmente dagli edi-
fici esistenti. Però coll'au.mento della popolazione scolastica fu necessario co-
struire nuovi ambienti, che futono pfonti nel 1900; merita essere ricordata la
posa della prima pietra per 1o stile e il calore proprio dell'ambiente.
ll 25 matzo L900, solennità liturgica dell'Annunciazione, la Trinità era
parata a festa. A una certa ora nel cortile convenne un buon numero di per-
sone distinte, che si radunarono attorno al Cardinale Arcivescovo, rivestito
dei sacri paramenti; alla sua destra spiccava il Governatore civile, padrino della
festa. In un settore distinto assistevano i giovani coi loro superiori.
Qual era il motivo di un apparato così insolito? Don Ricaldone stava rea-
lizzando una nuova lniziativa: occomevano nuovi locali per accogliere alffi alun-
ni, che da tempo bussavano alla porta del collegio; ed ora si compiva la ce-
rimonia della benedizione e della posa della prima pieta di un edificio, che
avrebbe fornito cinque aule scolastiche per scuole esterne. Il fatto meritava
di essere celebrato solennemente; per questo erano intervenuti l'Arcivescovo,
il Governatore civile ed alre autorità. Compiuto il rito della benedizione fu
consacrato alla storia da un documento ufficiale e la festa si concluse nel sa-
lone-teatro con una accademia musico-letteraria.
Dopo poco più di tre mesi, il 9 luglio, lo stesso Arcivescovo procedeva
alla benedizione delle aule; anche allora non mancò I'accademia, nella quale
118

14.7 Page 137

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l'Arcivescovo e f insigne cooperatore Don Rafael S6nchez Anaiz esaltarono
l'opera dei salesiani.
La Libreria Salesiana di Siviglia
Appena ebbe funzionante la scuola di stampa, Don Ricaldone se ne servì
per diffondere tra il popolo il buon seme della verità e a tale scopo fondò
la << Libreria Salesiana » di Siviglia, sorella minore della Libreria Salesiana di
Samid-Barcellona.
Il primo volume della collana lo compilò egli stesso e lo dedicò al Car
dinale Arcivescovo di Siviglia.s
Conteneva la « Vita della Sante Giusta e Rufina »>, seguita da una << co-
rona di poesie >> nelle quali i poeti di tutti i tempi esaltarono la grandezza
delle due martiri. Inoltre aggiunse la narrazione tradizionale del « Ni6o per-
dido » e una appendice dedicata al Fratello Toribio de velasco, fondatore dei
Lavoratori Cristiani di Siviglia, che iniziò nel secolo XVIII l'opera redentrice
della gioventù.
La pubblicazione diffusa fta i\\ popolo, raggiunse lo scopo che l'autore
si era proposto: cioè diede l'impulso al rifiorire della devozione verso le due
Patrone di Siviglia, in quel tempo molto trascurata. Anche da Torino, quando
era Rettor Maggiore, seguiva il movimento devozionale e godeva nell'appren-
dere che tale culto era tenuto vivo dai salesiani.
I volumi che seguirono alla vita delle due martiri Patrone di Siviglia,
trattarono argomenti vari: religiosi, devozionali, morali, letterari, ecc.6
Consensi unanimi
Altra benemerenza del Nostro fu quella di aver sviluppato e potenziato
l'azione provvidenziale dell'oratorio. Don Salvatore Rosés ricorda con molto
affetto il merito di Don Ricaldone, direttore.
<< Nel suo poverissimo e nuovo collegio della Trinità, Don Pietro Rical-
done non ebbe bisogno di molto tem,po per cambiare totalmente la fisionomia
dei vecchi quartieri che 1o circondavano, feudo ancestrale di quei celebi Rin-
conetes y Cottadillos, che tanto bene trattò Cervantes nelle sue novelle; e
già i signorini potevano circolare senza che un barabbino sbucando da qualche
nascondiglio gli portasse via la bombetta; e i vicini potevano recarsi ai loro
affaù senza che il Pronto Soccorso dovesse rammendare la loro pelle. Si vedeva
5 Riportiamo in appendice la epigrafe dedicatoria, le << Due parole » di prefazione,
e
un
brano della lettera
6 Vedi appendice
aclheCaDpo.nVJIoIs,éaRlleogcaatoy
Ponsa
n. 7.
diresse all'autore.
Allegato n. 6.
rt9

14.8 Page 138

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più cordialità, più rispetto. Il sentimento religioso, prima mezzo addormentato
. .orn. congelato, dava ora promettenti segni di vita. A tutti era evidente che
la cittadinanza aveva fatto dei progressi.
Com'è logico, questo valse al giovane direttore dei salesiani una fama gran-
de che andava crescendo a misura che si faceva conoscere per le doti straordi-
narie della sua intelligenza versatile e del suo cuore di apostolo.
Alla voce del
sempre accogliente
epodpioslionterirceosnsoastoc,eni tefig- li
perché in quel centro educativo,
del popolo trovavano a qualsiasi
ora visi allegri e braccia aperte, e, lontani dai pericoli della stada si prepara-
vano un
piovvero
aavvDeoninrePoineetrsotov-isitesieunanì croarpaidvaimsietent,ecolaopveorcaetodrii
tutti i
che già
sivigliani;
sapevano
dell'Opera di Don Bosco, autorità, nobili, giornalisti, letterati, uomini di com-
mercio, alcuni per cufiosafe, altri per offrire aiuto, e tutti per ammirare quella
benedizione che era piovuta dal cielo ».
Tra quanti manifestavano la propria benevolenza ed aiuLavano l'opera
salesiana, meritano di essere ricordati in prima linea il Cardinale Arcivescovo
e il clero di Siviglia.
Conosciamo le benemerenze del Cardinale Benito Sanz y Forés; purtroppo i
salesiani furono ben presto privati del suo appoggio: il Signore 1o chiamò a
il 1 novembre 1895, festa di Ognissanti. Mentre si trovava a Madrid nel
collegio delle Suore Carmelitane della Carità, un violento infarto troncava la
sua esistenza, poco dopo aver ricevuto con pietà edificante i conforti religiosi.
I Salesiani perdettero in lui un grande benefattore che li aveva am^ti, ai.ot^li,
protetti come un padre; con cuore riconoscente offrirono al Signore abbondanti
suffragi per I'anima eletta e ne conservarono il ricordo in benedizione.
A succedergli la s. sede aveva designato il vescovo di M6laga, Mons.
Marcello Spinola y Maistte, del quale è in corso la causa di beatificazione e
canonizzazione. Egli aveva stabilito di prendere possesso della cattedrale dei
Santi Leonardo e Isidoro il 13 febbraio 1896. Don Ricaldone 1o ricordava
bene, avendo ricevuto da lui la tonsura e gli ordini minori; per fargli onore
mandò la banda degli interni a Utrera, perché lo accompagnasse a Siviglia, men-
tre i superiori e alunni lo attendevano con la banda dell'oratotio.
La città accolse il nuovo Pastore con grandiose manifestazioni di giubilo;
i salesiani come un dono del cielo. Egli governò la diocesi seguendo la mas-
sima di S. Francesco di Sales, di cui era devotissimo: << Noi Vescovi non dob-
biamo negare mai niente. Se dobbiamo compiere bene la missione che ci è
s17;6 affidrit^, bisogna che siamo come quelle fontane pubbliche, alle quali tutti
hanno diritto di bere e dove non solo gli uomini, ma anche le bestie e le
serpi accorrono a dissertarsi >>.
Subito nei primi giorni aveva fatto una breve visita alla Trinità, dove
giunse senza preannuncio, quindi inaspettato. Don Ricaldone non si smarrì;
fece gli onori di casa come meglio poté accontentandosi di fare una presenta-
zione lampo delf istituto; la banda eseguì la marcia reale, i giovani acclamarono
il Pastore, il quale nel congedarsi promise di ritornare la domenica 22 maruo.
t20

14.9 Page 139

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Don Ricaldone ebbe il tempo sufficiente per orgaoizzare una manifestazione
di omaggio in teatro. Il salone si riempì sino all;inverosimile: i piccoli attori
rappresentarono << La riconquista di Cadice » e un bozzetto intitolato: << L,An-
gelo di siviglia )>, preparato dallo stesso Don Ricaldone, in omaggio all,Arcive-
scovo. In questa occasione accadde un grazioso episodio. La Contessa di Casa
Galindo, insigne benefattrice dell'opera salesiana, aveva dovuto ritardare il
suo arrivo e non trovò più posto in platea... Il direttore con molta delicatezza
e tatto suggerì una soluzione di fortuna e l'accompagnò con la signora che le
faceva da compagna, verso il
Di lì, attraverso i buchi della
palcoscenico, trorrando posto dietro
tela che furono ingranditi, seguivano
il fondale.
la rappre-
sentazione molto bene; quando ad un certo momento la tela si alza ed- esse
rimangono esposte alla vista del pubblico. La scena si svolgeva in Africa. Gli
spettatori, vedendo l'illusffe signora in così comica situazione, attorniata da mo-
sreuettia,Emrudicphepesesrdao,elcilneonparllliaemgergerfai1lzei5ia6i1nc6a.pr-ulatttee<ar(i.sCt-oicnateCdsoessalla,acfadoomlnì?en.a.m. s»ai.iv?ig-rianlae,
domandano Ie
che in nessu-
na situazione critica si smarrisce,
sime: soltanto che mi sedetti alla
rispose
Trinità
eseomraplmiceimaelznotei.n-Ma«roNccieon! tHe,ocapraiss--
sato 1o stretto senza accorgermi e sono venuta a convertire gli infedelil » E
facendo un profondo inchino, lasciò Ia scena e scese in platea", mente il pub-
blico applaudiva fragorosamenre.
Nel tardo pomeriggio dell'11 aprile 1896 i salesiani si trovavano adunati
per la seconda conferenza mensile, che il superiore suole tenere alla comunità,
quando inaspettatamente risuonò la voce del portinaio: « Il Signor Arcivesco-
vo è qui... ». Appena udito l'annunzio, tutta la comunità, preceduta da Don
Ricaldone, scese in portineria per rendere omaggio all'amaiissimo pastore.
l_a
Passati
comunità
i primi momenti, l'Arcivescovo venne a
stava riunita in conferenza. Nla prima
re: << se il signor Arcivescovo si degnasse... », egli
sapere che al suo arrivo
insinuazione del diretto-
subito acconsentì volen-
tieri a rivolgere la sua parola, che i salesiani accolsero con grande gioia.
Per la festa di Maria Ausiliatrice il buon Pastore intervenne alle funzioni
solenni. A metà giugno ritornò tra i giovani delra Trinità. Nel iuglio poi par-
tecipò alla festa di S. Luigi e a quella della distribuzione dei premi a conclu-
sione dell'anno scolastico.T
Per le visite frequenti, e talvolta inaspettato, si direbbe che volesse es-
sere considerato come di casa.
va pure ricordato Don Manuel Gonzdles, il futuro e celebre vescovo di
Mdlaga, anch'egli in cammino verso gli altari, che essendo allora seminarista
viveva più alla Trinità che in seminario.
a,ll,a o'.ttIal
Salesiano?
d,c>iadrDdiioncanuleiB_,nosesplcleionMoel..aB3,.iq,Xgu_aVgnsIidI_Io,sae6lre0aseiaann6ic4, o1f.reaceveqsuceovlroo
di Mito, impressionato dauanti
sprendido erògio: o er. ., .i
t2t

14.10 Page 140

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Fu detto << il Vescovo dei Tabernacoli abbandonati »>; fondatore dell'Ope-
ra delle << Tre Marie >> ossia di tre parrocchiane che a tufno stiano davanti al
tabernacolo; dei << Discepoli di S. Giovanni Evangelista »> e del1a << Riparazione
infantile eucaristica >>. Don Ricaldone conservò il più grato ricordo di lui unito
a quello di sua madre, che tante volte sfamò i salesiani all'inizio dell'opera di
Sivìglia. Prima di entrare
zato"re della cattedrale di
in seminario, Manuelito
Siviglia (il famoso coro
era cbantre ossia
di ragazzi che ha
cantore-dan-
il privilegio
di cantare e danzare davanti al Santissimo solennemente esposto)'
Per l'inloduzione della causa, Don Ricaldone inviò la sua postulatoria
nella quale accennava pure alla carità di quella signora verso. i primi salesiani
di Siviglia. Ricevette pure la biografia del Servo di Dio nella quale si tipro-
drrceva
per le
dal Diario
feste della
di viaggio di
beatific azione
Monsignore a
di Don Bosco
Roma, il
e la sua
suo passaggio da
commozione per
Torino
i tratti
ài bo.rta ricevuti da Don Ricaldone appunto nel ricordo della caritatevole
mamma.
Anche il Sindaco della città, accompagnato dai membri della giunta di
beneficenza, non una volta soia fu guidato dal direttore nelle aule scolastiche
e nei laboratori, e quei signori non nascondevano la loro impressione di mera-
viglia osservando ovunque volti sereni di giovani intenti alla Tezione dell'inse-
g.r""nr. nelle scuole opprt. al lavoro sotto la guida del maestro d'arte nei labo-
i^tori; ovunque ordinè
canto delle macchine e
e silenzio, rotto solo
strumenti del mestiere.
dalla
Con
voce
quale
dell'insegnante o dal
serietà i piccoli arti-
giani si mostravano impegnati nel lavoro; eppufe quei tagazzi, ora docili e
Iilenziosi, nel recente prt.uto costituivano una grave preoccupazione per le
autorità cittadine.
«
terati
cFoamceevaDnoonvilsoiataquainDoHnazRafirc,aaledoDlson-
561iys
Manuel
ancora Don
Sanchez di
CS.asRtorsoé,slu-minlaerti-
dell'università ispalense; i Conti di San Bernardo y de
la serenissim a lnfanta Donna Maria Luisa Fernanda,
Bustillo,
vedova
e
di
sopfattutto
quel Don
Antonio Orléans, duca di Montpensier, che tanta speranza aveva di occupare il
trono di Spagna, egli, figlio di re e padre di regine. oh con quanto piacere
f illustre silnora frequentava quelle povere scuole della Trinità, alveare sempre
rumoroso e sempre allegro dove si produceva un miele squisito! Chiunque a-
vrebbe detto che \\a Infanta di Spagna respirava meglio che non nel suo
immenso sontuoso palazzo di Santelmo'
Ancora mi sembra di vedere la fragile vecchietta dallo sguardo dolce e
mite, dal volto segnato da rughe ma pieno di maestà, vestita umilmente por-
tando sernplici scarpe di panno nero, che il popolo sivigliano avrebbe preferito
.he forsero
labbra. Era
vsearnadmaelin, t"e
.on lo scintillante umorismo che aveva sempfe a fior di
incantevole la modestia in quella signora, che accanto alla
sorella Isabella II era cresciuta alla corte di Madrid, esigente nella sua eti-
chetta cerimoniosa >>.
Se gli dava conforto la corrente di simpatia che gli permetteva di eser-
citare un vasto apostolato sacerdotale nell'ambiente sivigliano che frequentava
t22

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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il collegio, fu di grande consolazione
tissimi i superiori di Torino quando
al suo spirito ricevere
venivano nella spagna
come ospiti gradi-
per curare gli in-
teressi della Congregazione.
rl 4 lebbraio 7896, giorno successivo dell'entrata in diocesi del nuovo
Arcivescovo, Don Ricaldone accoglieva in casa Don Barberis, tra gli applausi
dei giovani,
aveva fatto i
felici di inneggiare ad un
più grandi elogi. Sappiamo
superiore de1
quale fosse la
quale
s1ima,
il loÀ diràttore
l,affetto, la rico-
noscenza che Don Ricaldone nutriva verso il suo Maestro, il quale l,aveva
introdotto nella vita salesiana con tanta bontà, pazienza, sapienza. possiamo
quindi immaginare con quanta gioia abbia ripreso con lui il àialogo confiden-
ziale interrotto dalla Tontananza. Quel dialogo, che nel periodo del noviziato
era limitato al tema della nuova vita da iniziarc, ora si eìtendeva ar temi ben
più vasti della santificazione personale e della responsabilità per la santifica-
zione delle anime affidate dall'obbedienza al suo zelo.
Nel febbraio del 1898 i salesiani della Trinità attendevano alla novena in
preparazione alla festa di S. Francesco di Sales, che eta stata tramandata al
14 febbraio per avere presente Don cerruti, Consigliere scolastico Generale,
e direttore di Alassio nel 1879, quando l'allora pidrin frequentava la terza
elementare. Don Ricaldone si era riserbato Ia predicazione della novena. I1
Superiore arrivò accompagnato da Don Rinaldi e si sentì avvolto da un,atmo-
sfera festosa, che rischiarò il suo volto scarno e abitualmente pensoso. La
presenza dei due superiori accrebbe maggiormente ir fervore relìgioso della
comunità; a Don Cerruti venne riserbata la così detta messa deila lomunione
generale e questa fu veramente tale; Don Rinaldi celebrò la messa solenne in
canto; Ia << schola cantorum » eseguì la messa di Maria Ausiliarice del ca-
gliero, facendo eccezione per il credo eseguito in canto gregoriano. E ciò
intenzionalmente; Don Ricaldone sapeva quanto i Superiori ci" tenessero alle
esecuzioni di compositori sales.iani ed a quelle in canto gregoriano. Nel pomerig-
gio Don cerruti assistette alla conferenza
oratore Don José Roca y Ponsa, presente
dei .oop.ruto.i, tenuta daù,iil.rrtr1
il cardinale Arcivescovo; il supe-
riore godeva di trovarsi in una assemblea così numerosa di persone distirite,
riunite nel nome di Don Bosco e volle ringraziarc; la rrru pr.àI, semplice e ii
tono pacato non avevano nulla del fuoco
i cuori. A sera poi Don Cerruti ricevette
andaluso, ma raggiunsero egualmente
dai giovani un'altra dimoslazione di
salesianità in un'accademia musico-letteraria, nella quale tutto era armonizzato
allo scopo di presentare I'opera svolta in Siviglia àai Salesiani.
Il
Ma la visita illustre, più gradita, più cara fu quella del Beato Don
primo successore di Don Bosco sentiva il bisognÀ di avvicinare tutti i
figli e ogni anno si proponeva di visitare un certo numero di case. Nel
Rua.
suoi
1g99
! re99 nella Spagna, dove l'opera di Don Bosco, sotto 1a guida saggia di Don
Rinaldi andava sviluppandosi mirabilmente. GIi << Annali della Soiietà Saie-
siana » danno un ampio resoconto di questo viaggio. Noi ricorderemo quanto
interessa direttamente Don Ricaldone. La fama che aveva preceduto l,arrivo a
Siviglia del successore di Don Bosco era quella che circonda la figura di un
123

15.2 Page 142

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uomo di Dio, consumato nell'esercizio eroico di ogni virtù religiosa. Quindi
si comprende quale fervore fegnasse in siviglia per preparargli una degna acco-
.g-lienza.
Il Cardinale
Arcivescovo
aveva
raccolto
attofno
a
un
gruppo
di
persone
di grande prestigio,
Dieio Benju111.u,bor,
quali Roca y Ponsa, Manuel srinchez
Èrancisco de Casso, e naturalmente Don
de castro,
Ricaldone, i
Don
qua-
li ii tre sedute elaborarono un programma sostanzioso. Anima e coordinatore
del movimento fu Don Ricaldone.
Don Rua arrivò alla stazione di Siviglia il 18 marzo, accompagnato da
Don Rinaldi
di gente era
e
in
da Don Marenco; 8 una lunga fila di catrozze e una
attesa. Commovente oltre ogni dire fu f incontro tra
moltitudine
i due Servi
di bio, I'Arcivescovo e Don Rua, i quali presero posto nella cartozza dell'Arci-
vescovo e, seguiti da un lungo corteo, si recarono atla Trinità, dove gente del po-
polo e operaiacclamarono calorosamente mentre le tre bande eseguivano inni au-
g-uraliL. a prima visita fu riservata alla chiesa, dove si cantò i1 Te Deum, se-
guito daila benedizione eucaristica. Subito dopo nel collegio parato a festa,
bon Mu.,rr.l Srinchez de Castro, dell'Università di Siviglia, e l'Arcivescovo die-
diògioeirrarrronz"i^apirlnupdb.ore,;inupìvuneolani.,rupitcuoroonncaigellsee'osdisaaopniioietsreaiigndgairanzalztldeeiirdtoareo,ultltataoarnTidtoràiimnevietiàsdd.iatea1Illltaopgrociipiotaotrvàlnov'o,iDcdsinoengduiciRelòrutBeaile, arfriteseops.sottaosedderiilnlSa-.
Ài -"ttl.ro,
Patriarca e Don
infra missam, Don Ricaldone disse il
Rua benedisse e distribuì le medaglie
panegirico del Santo
ai nuovi ascritti alla
Compagnia di S. Giuseppe. Due giorni vennero dedicati alle case di Carmona
e di Cordoba.
Tornato a Siviglia, Don Rua prese parte alle funzioni della settimana san-
ta, manifestazioni imponenti, famose in tutto il mondo. La pietà di Don Rua,
f,r, .,on avendo .rrlù di straordinario, fu di grande
iiovedì santo fece
iei dodici rugazzi
la funzione della lavanda dei piedi
prescelti all'onore di rappresentare
edificazione. La sera del
alla Trinità; quanta gioia
gli apostoli e di ricevere
I'umile servizio dalle mani del successore di Don Bosco'
La sera del sabato santo Don Ricaldone accompagnò
il
Beato
a
san
Be-
nito, dove il Circolo cattolico
letteraria. Nel pomeriggio del
degli operai lo onorò con un'accademia rnusico-
giorno di Pasqua assistette ad una recita; i ra-
gazzi rupptesentarono iid."--. <<Don Micbele de Manara », composta da Don
Ricaldone Per
ll lunidi
Ia circostanza.
dell'Angelo fu
la
giornata
dei cooperatori, i
quali onorarono
Don Rua con un'accademia presieduta dal Cardinale, nel salone del Palazzo
Vescovile.
s
.nn8i;M;oonis.pG..-i-oovt,.6M. aGret.nocuoo. PdroeclluaradtioorceesGi ednierMaalessdae-Ci aSraralerasi,aeni
pr.esso la S. Sede per
infine per alffi cinque
Internunzlio Apostolico del Centro America'
t24

15.3 Page 143

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In quella occasione avvenne la ben nota <( scena finale >>, che produsse
una emozione indescrivibile. Il santo Arcivescovo protestò di non poter ac-
cettare l'invito fattogli da Don Rua di benedirlo, ma che si teneva egli ono-
rato di ticevere, come tutti gli altri, la benedizione del successore di Don Bosco.
Allora Don Rua, quasi facendosi piccolo, si buttò prima di lui in ginocchio;
,ma l'Arcivescovo l'obbligò dolcemente ad ilzarsi e a dare la benedizione a lui
e a tutti. Così dicendo gli si inginocchiava dinnanzi. È più facile immaginare
che descrivere la commozione degli astanti >>.e
La sera di quello stesso giorno fece una visita alle scuole delle F.M.A.,
che avevano preparato un saggio accademico molto ricco, suggerito dal grande
desiderio di onorare degnamente il Beato; ma Don Ricaldone consigliò di ab-
breviare la manifestazione, notando che Don Rua era in piedi dalle prime ore
del mattino.
Fu durante la permanenza a Siviglia che un giorno Don Rua ritiratosi in
camera a tatda sera, si accorse di avere la veste talare ridotta in cattivo stato,
perchè il popolo ne aveva tagliuzzato pezzi senza riguardo, per conservarli co-
me reliquia. Si dolse del fatto con Don Ricaldone, il quale gli rispose: << Non
si preoccupi, Padre, domani avrà una veste nuova. Ma mi pemetta di dirle
che a me questa cosa non è mai succeduta >>.
La giornata di Don Ricaldone
Ai tempi di Don Ricaldone la giornata salesiana alla Trinità cominciava alle
cinque del mattino e terminava alle ventuno; ce 1o dire l'orario, che egli tra-
scrisse nei quaderni dei suoi appunti, per comunicatlo, alla comunità nella con-
f.ercnza a principio d'anno scolastico. È un orario particolareggiato, che regola
il succedersi delle diverse occupazioni sia dei giovani artigiani come degli studenti.
La giornata di Don Ricaldone era piena, intensa e... insufficiente. Per una
disposizione naturale e un profondo senso di responsabilità dedicava tutto il
tempo disponibile agli interessi della casa; questo impegno richiedeva la sua
presenza in ufficio per essere a disposizione dei confratelli, dei giovani, dei
loro parenti e di quanti venivano alla Trinità per motivi particolari; inolre
esigeva la sua presenza nei diversi ambienti della casa, poichè per quanto era
possibile voleva rendersi conto ,personal.mente dell'andamento dei laboratori,
delle scuole, ecc. Nè si pensi che 1a sua visita indisponesse gli animi; tutt'aluo,
poichè mentre l'occhio pàssava da un posto all'altro con molta natutalezza, la
serenità del volto escludeva ogni scopo di indagine per cogliere in fallo.
Era pure impegnato nel ministero delle confessioni, sia nella chiesa della
Trinità sia ptesso famiglie religiose. Rettor Maggiore accennava talvolta alTa
esperienza fatta quando, giovane prete, doveva prestarsi qua e per il mi
nistero in una città come Siviglia. Non mancavano forti motivi che lo obbli-
e Annali, vol. III, pag. )1,
725

15.4 Page 144

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gavano ad uscire in città; tra questi la visita di quando in quando ai benefat-
tori per stimolarne la catità. In una di tali visite giunse al pilazzo di un nobile
signore e lo ffovò in agonia menffe nella camera e nell'anticamera tante dame
e cavalieri parlottavano ffa loro sommessamente. Siccome il moribondo aveva
già ricevuto i conforti religiosi, Don Pedro incominciò ad alta voce le preghiere
per gli agonizzanti, tra f improvviso silenzio e 1a più viva impressione di tutti
i presenti; i quali ben si può dire fecero una specie di esercizio della buona
morte, poichè lo zelante sacerdote riassumeva ogni volta in spagnolo il pen-
siero delle preci liturgiche con cui la Chiesa accompagna i suoi fedeli nel pas-
saggio da questa vita all'eternità.
Non occorre insistere oltre per conchiudere che la direzione coscienziosa
di un'opera salesiana sviluppata nei diversi rami, con una popolazione di più
di centinaia di giovani e una comunità religiosa numerosa, non lasciava al di-
rettore ore libere da dedicare alla propria cultura e ad altre forme di aposto-
lato. Di qui la necessità di prolungare Ia giornata lavorativa alle ore tran-
quille della tard, sera, quando tutti si erano ritirati per il riposo. Così faceva
Don Ricaldone.
In quelle ore di silenzio quante cose potè farc! La vita delle Sante Giusta
e Ruffina, ed altre pubblicazioni edite dalla Libreria di Siviglia, il disbrigo
della corrispondenza, gli schemi di conferenze e di prediche, progetti di svilup-
po, e cosi via, furono pensati ed eseguiti in quelle ore.
Don Ricaldone lavorava molto e... faceva lavorare. Una nota di cronaca
dice: << Alla Trinità siamo carichi di lavoro; non sappiamo più dove voltarci »>.
Questa notizia avrebbe fatto esultare l'anima di Don Bosco!
In tale condizione non gli fu possibile accontentare tutti coloro che 1o
invitavano a tenere predicazioni fuori città. fn circostanze speciali si prestava
volentieri.
Nel 1897 le Figlie di Maria Ausiliarice avevano aperto una casa con
scuola materna; scuole elementari ed oratorio festivo a Jetez de La Ftonteta,
in provincia di Cadice. Nel dicembre dello stesso anno, volendo rendere un
solenne omaggio a Cristo Redentore, si rivolsero a Don Ricaldone, il quale fu
ben lieto di accontentare le suore e il parroco del luogo, e vi si recò con la
schola cantorum e la banda; in tutto una settantina di ragazzi. La funzione ce-
lebrata nella chiesa parrocchiale di S. Michele, non poteva avere esito migliore;
la esecuzione accurata del programma musicale destò l'ammirazione dei fedeli;
e \\a parola di Don Ricaldone, accolta con viva atteflzione suscitava nei cuori sen-
timenti di amore ticonoscente verso Gesù Cristo, Redentore del genere umano.
Nell'autunno dello stesso anno i salesiani aprirono una casa in Carmona
con scuole elementari per i poveri e I'oratorio festivo (Scuola del SS. Sacra-
mento) e la direzione venne affidata al cugino Don Antonio. Don Piero ne
provò molta gioia, poichè apptezz^va grandemente le virtù del cugino, e rispon-
dendo al suo invito si recò a benedire la cappella della nuova casa, a celebrare
la santa Messa e a tenere il discorso inaugurale nella accademia del pomeriggio
126

15.5 Page 145

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dinnanzi ad un pubblico formato in prevalenza da sacerdoti. Il tema gli era
ormai familiarc: la missione affidata da Dio all'umile pastorello dei Becchi.
Elogiò pure doverosamente la grande carità di Donna Dolores de Quintanilla,
alla quale si doveva la fondazione. Ritornò a Carmona il 1 febbraio dell'anno
seguente per tenere la conferenza ai cooperatori.
A breve distanza di tempo, nel gennaio del 1898 si aprì la casa di San
Benito de calatraua, in un quartiere di siviglia a levante della Trinità, che si
trovava nelle stesse condizioni morali lamentate nel 1892 per la Trinità. I1
Card. Sanz aveva iniziato Ie pratiche per dare ai Salesiani chiesa e un mo-
desto caseggiato, residuo di un antico edificio appartenente in passato ai Ca-
valieri dell'Ordine di Calatrava, affinchè aprissero scuole diurne e serali e l'ora-
torio festivo. Il Cardinale le condusse a termine.
In un ignorato sottoscala di quella casa alcot^ in via di ampliamento so-
leva ritirarsi Don Pedro per scrivere i volumi della Biblioteca Sotariana; anzi,
diceva di averla scritta quasi tutta lì, dopo aver consultato riviste fatte venire
appositamente dall'estero e riguardanti l'agricoltura e la questione sociale. Ri-
corderà poi sempre facetamente che per la troppa stanchezza una volta gli
succedette di svegliarsi al mattino inginocchiato ai piedi del letto ove il sonno
l'aveva sopraffatto durante 7a rccita delle tadizionali tre « Ave Maria >>. Una
altra volta si svegliò al mattino sul gradino della porta della chiesa con in ma-
no Ie chiavi che prima delTa mezzanotte non avevano funzionato a causa del-
l'estrema spossatezza.
Colla apertura della nuova casa i salesiani vollero celebrare il decimo an-
niversario della morte del loro fondatore. Per la cerimonia delf inaugurazione
è ancora Don Ricaldone che prepara un'accademia; del resto chi meglio e
più di lui avrebbe potuto presentare agli abitanti del quartiere i risultati otte-
nuti alla Trinità, quale sicura promessa dei risultati che si sarebbero ottenuti
nel nuovo campo di lavoro?
L'Arcivescovo presiedette alla celebrazione, nella quale i vivacissimi biri-
chini di Don Ricaldone, ta i vari numeri, ricordarono in forma di dialogo la
storia de << La entrega de
correLnaomcrionnaarceaI'naouttaorech) e-
lams oblotondaapsp»la>.u-ditaLpaercoilnsbergionaed7eallegrafizoianddeeg(lni oanttoorci.-
nella nuova casa venne ftasferita la sede del Circolo
operaio intitolato a S. Francesco saverio e i salesiani ne assunsero ia dire-
zione (Patronato di operai, scrive Don Rinaldi).
L'intensità e la continuità del lavoro cominciarono a fare sentire le con-
seguenze sul sistema nervoso del Nostro nel 1899.
Nel mese di luglio, per consiglio del medico, si recò a Panticosa, località
in provincia di Huesca, presso la frontiera francese, nota per le sue acque ter-
mili azotate, solforato-sodiche. Sulla via del ritorno a fine luglio il cugino Don
Antonio con delicato pensiero andò ad incontrarlo a Guadajos e lo accompa-
gnò a siviglia dove Don Pietro << fu ricevuto dai ragazzi a suon di banda e
con {ortissimi evviva >>: un bentornalo festoso, dato da cuori esultanti al
direttore amato.
127

15.6 Page 146

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La breve parentesi di riposo gli per'mise di riprendere la consueta attività;
difatti oltre al resto, potè predicare le istruzioni negli esercizi spirituali dei
conftatelli, radunati a Utrera, subito dopo la chiusura dell'anno scolastico.
Però egli aveva fatto troppo assegnamento sulla capacità di ricupero della
sua robusta costituzione; e ben se ne accorse nei primi mesi del nuovo anno
scolastico, in cui fu obbligato a limitare l'occupazione mentale per non peg-
giorare la situazione. Il Signore così disponeva quasi per prepararlo a nuove
responsabilità.
Ma a Siviglia doveva ancora celebrare una cara data storica per la Congre-
gazione Salesiana. L'ultimo giorno del secolo XIX è ricordato in benedizione,
poichè per disposizione del Beato Don Rua nella notte che segnava il uamonto
del secolo in tutte le case nostre si compì I'atto solenne della consacrazione
al Sacro Cuore di Gesù dei Salesiani e di quanti appartenevano in qualche
modo alla famiglia di Don Bosco: allievi ed exallievi, cooperatori e coopera-
trici, benefattori e benefattrici, ecc.
Don Ricaldone, sempre fedele esecutore delle disposizioni dei Superiori,
non fu secondo a nessuno nel preparare gli animi alla celebrazione, della quale
diede relazione allo stesso Rettor Maggiore. La riportiamo in appendice, al-
legato n. 8.
128

15.7 Page 147

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CAPO VIII
SUPERIORE SALESIANO AUTENTICO
La plasmatrice del figlio di Don Bosco
L'ammirazione e il consenso che Don Ricaldone suscitò a Siviglia non
furono un semplice entusiasmo di simpatizzanti, ma l'apptovazione quanti
seguirono Ia sua azione dinamica e costruttiva che 1o iivelò all'altezza della
sua responsabilità e specifica'mente un superiore salesiano con ]a icchezza di
doti che questo aggettivo assomma in sè.
Molti sono i direttori salesiani veramente valenti formati da Don Bosco
o cresciuti nel clima di Don Bosco, tali da poter essere additati come modelli
alle future generazioni. Ma ciò che stupiscè neila riuscita di Don Ricaldone
direttore è l'età (a 24 anni un giovane non è sempre un uomo formato e tanto
meno esperto di direzione) e il possesso dello spirito di Don Bosco (quello
veramente genuino!) se si tiene presente che non aveva passato la sua giovi-
nezza in un ambiente salesiano; il che fa pensare ad una capacità di intuizione
e di assimilazione non ordinaria, confortata da un impegno fervoroso.
chi formò il salesiano, e tanto più il direttore salesiano, in Don Ricaldone?
Se guardiamo indietro, alla sua f.anciullezza, alla sua adolescenza, noi troviamo
già le doti umane occorrenti per diventare autentico figlio di Don Bosco; nel
cocciuto e vivace Pidrin si può già trovare il terreno del futuro Don pietro,
tenace senza ostinazione, attivissimo ,ma nell,ordine.
Se poi consideria'mo il lavoro spirituale da lui fatto con costante e infles-
sibile ardore, sia nell'aspirantato come in noviziato, per diventare tutto di Dio
e di Don Bosco, dobbiamo prendere atto che alle aspettative divine non venne
meno la faticosa ed assidua cooperazione del giovane chierico.
Tuttavia se i due elementi fondamentali del disegno di Dio e della piena
corrispondenza \\mana possono giustificare la riuscita, non riescono p.ìò u
motivare l'inaspettato, si potrebbe dire « prematuro »> sviluppo del saleiiano e
del direttore.
Quale awenimento, quale intervento maturò a tal punto Don Ricaldone
da farc di lui un vero salesiano, specie nella pratica dél sistema preventivo,
e un direttore completo nell'esercizio delle sue responsabilità?
Don Barberis a Valsalice fu il maestro solerte e attento che {avorì lo svi-
t29
I

15.8 Page 148

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luppo in profondità della vita interiore: I'oratorio di S. Giuseppe offrì l'oc-
.riion. di mettere alla prova Ie energie latenti del giovane chierico, ma nes-
suno pensò che il clima di Siviglia avtebbe rivelato già una virtù capace di
dare frutti saporiti.
È vero che il virtuoso Don Barberis incise profondamente sull'anima del
Nosro, che l'esempio dei confratelli impegnati nel faticoso apostolato proprio
nella vocazione salesiana esercitò un fascino salutare di stimolo ad intonare
la sua vita al ritmo della comunità, più che lunghi anni di studi pedagogici.
Ma tuttavia è sempre sorprendente tfovare nel novello sacerdote ventiquat-
trenne un « qualificàto >> in Sistema Preventivo, tanto da potersi già fare mae-
sro dei confratelli con norme e precisazioni proprie dei veterani di lunga espe-
rienza nell'arte educativa secondo gli insegnamenti di Don Bosco'
Col nostro interrogativo non intendiamo insinuare quasi un aspetto mira-
colistico nella formazione di Don Ricaldone, ma semplicemente mettere in
luce che dall'attento esame delle realtà contingenti di doni naturali, di situa-
zioni occasionali e di impegno personale dobbiamo concludere che f intervento
della grazia e la corrispondenza furono per lui un fatto non comune. Ciò non
,trpir!. se si consid.r, .h. l'atteggiamento religioso di Don Ricaldone fu fin
dali'inizio profondamente mariano, come abbiamo ricordato in momenti deci-
sivi della sua giovinezza. Nella sua vita infatti troviamo la Madonna e proprio
la Ausiliarice nei momenti più importanti e decisivi, quasi a voler orientare
e attuare i disegni di Dio. Fu l'Ausiliatrice a indirizzare il chierico Pietro alla
famiglia religiosa di Don Bosco, piuttosto che rienrare in seminario, e perciò
fu Lei a f^rie un suo figlio perchè diventasse un suo propagatore instancabile.
Don Ricaldone fin dall'inizio del suo direttorato si tenne ben vicina la Ma-
dre celeste e la presentò come Ausiliarice ai suoi nuovi figli.
Questo suo procedere sempre guidato da Maria Ausiliatrice è per noi la
chiave di volta che spiega tutta la vita di Don Ricaldone quale religioso, sa-
cerdote, salesiano, supefiofe, fino al veftice delle sue responsabilità come Ret-
tor Maggiore.
Non stupisce quindi il vedere come egli con avvedutezza si valse della de-
vozione mariart dei suoi cari Sivigliani vefso la loro « Madonna della Spe-
ranza >> per far penetfare ed entusiasticamente accettare anche il titolo di
« Ausiliairice ». Nel quaftiere della Trinità infatti il popolo onorava la Ver-
gine come sua << Speranza>> chiamandola più comunemente la « Vergine deila
Mu.u..rru >> perché la sua immagine si venerava nella chiesa di S. Gil che sorge
presso la porta della Macarena. Ma se i sivigliani amavano invocare Maria come
Ioro Speranza, doveva tornafe per loro facile e comprensivo invocarla pri'ma
come Ausiliatrice perchè in quanto tale, diventava veramente àncora di santa
speranzz'. Così, con l'Ausiliatice, Spetanza dei Sivigliani, Don Ricaldone iniziò
ii suo direttorato. L'introfizzare I'Ausiliatrice alla Trinità, non fu per lui un
semplice punto di programma nel vasto quadro delle attività salesiane da rca-
lizzite, flta un procedere convinto, conseguenza logica di quanto aveva detto
anni prima Don Bosco: << In questo tempo è forza proclamarlo, Dio vuole con
110

15.9 Page 149

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molti eccelsi favori glorificare I'augusta sua genitrice invocata col titolo di Ausi
Iiatrice »>,1 e della raccomandazione sua ai missionari: << Raccomandate costante-
mente la devozione a Maria Ausiliatrice >>.2
I1 fatto che il giovane Don Ricaldone scelse la devozione mariana nella
forma ecclesiale concepita da Don Bosco e a questa abbia rivolta tutta la sua
attenzione, gli è di grande merito poichè divenne fattore vitale nella sua la-
boriosa esistenza.
In un giovane ardente e volitivo come lui, poteva prevalere il votarsi
diretto al7'azione col pericolo che 1o zelo iniziale venisse sopraffatto e rasfor-
mato in attivis,mo individualistico.
Non c'è da stupirsi allora che Maria SS. abbia riversato su Don Ricaldone
grazie pafiicolari e I'abbia accompagnato nel corso della sua esistenza di mèta
in mèta sino alla carica suprema.
Lungo tutto il corso della sua vita egli rima*à fedelmente legato e di
pendente da questa Madre celeste e non si muoverà mai senza aver messo
sotto la sua protezione ogni iniziativa ed ogni progetto; diventerà così il Sa-
lesiano secondo il cuore di Don Bosco e tutte le sue imprese avranno frutti
abbondanti.
, così fu per siviglia: egli doveva essere il padre dell'incipiente opera sa-
lesiana, Maria Ausiliatrice doveva regnarvi come Madre e Regina.
Ben sapendo quanto i fedeli sono tenacemente attaccati alle divozioni tra-
dizionali, egli rispettò il sentimento dei sivigliani per la loro << Macarena »>,
non solo, ma lo encomiò e la conoscenza della psicologia del popolo gli sug-
gerì il modo più opportuno per riuscire nell'intento. I1 disegno era molto sem-
plice: inttonizzate una bella statua di Maria Ausiliatrice deàicandole un altare
nella chiesa della Trinità e compiere la cerimonia con la più grande solennità.
La prima parte non presentava difficoltà; bisognava curare la seconda. A tale
scopo dedicò i primi giorni del mese di Maria Ausili attice, iniziato tl 23 aprile,
a stimolare gli animi perchè dimostrassero la loro filiale devozione verso la
Vergine SS. preparandosi a ricevere trionfalmente la sua statua.
'si trattava di un'opera di grande pregio artistico, eseguita dai <<Talleres
Salesianos »> di Sarrid, famosi anche all'estero per le loro produzioni sacre;
rappresentava la Madonna di Don Bosco, che aveva operato tante meraviglie...
e doveva essere ricevuta come si conveniva alla Regina del cielo.
itnricceo!Qrt-uilea.nidDogoimiolvina6anvmiacaosgungiqogursiedilalaprdofoiplalgagiuòlab7ilpaoenrasococtnioazrisadeer-ol
È arriuata Maria Ausiria-
attorno alla cassa, deposta
direttore, visibilmente com-
piaciuto dell'ansia irrequieta con cui i suoi macareni attendevano 1o scopri-
mento della cassa.
A
_
questo proposito
Don
Ricaldone
raccontava:
<< Non
si
sapeva più
a
quali mezzi ricorrere pur di propagare la devozione a Maria Ausiliaticef ogni
I M.B. x, 81.
, 2 M.B. XI 198.
131,

15.10 Page 150

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espediente suggerito dalle circostanze era buono. Quando arrivò la cassa con
la statua di Maria Ausiliatrice, suonammo la banda; ma aspettammo ad aprirla,
per fare ciò durante un'accademia in onore della Madonna; poi una festa ancora
più grande per benedirla Al >>. << vedere il gesto con cui la Madonna Ausilia-
trice teneva il manto regale, che richiamava un cefto atteggiamento dei toreros,
suggerì a quei ragazzi fantasiosi e arguti l'idea peregrina di chiamarla la Vir-
gen TorerL >>.
In questa circostanza la fede di Don Ricaldone domandò a Maria Ausilia-
trice una prima prova del suo compiacimento. La casa efa povera; pensasse Ella
stessa a procurare il denaro pef pagare la sua statua e tutto l'occorrente per
ornare l'à\\tzr:e. Ai piedi della statua appose un cartello con I'elenco di ciò che
era necessario. Da quel giorno il pellegrinaggio dei fedeli fu continuo e la
risposta della Madonna fu degna della sua bontà materna; infatti cominciarono
ad arcivare denari e oggetti che si accumulavano attorno alla statua, disposti
in bell'ordine: tovaglie, candelieti, vasi, lampade, pianete, messale, calice, ecc.
ecc., e non roba dozzinale, ma di pregio. Alcuni doni erano offerti in ringra-
ziamento di favori ricevuti da Maria Ausiliatice. La ctonaca ricorda un gla-
zioso episodio: alcune donne del popolo, osservando i doni esposti, 'mostrarono
grande dispiacere perchè Ia loro povertà non consentiva di fare simili offerte;
offrirono l'opera loro per mantenefe 1a chiesa pulita. Fu l'obolo della vedova
che << gettò nel tesoro più di tutti gli altri >>.3
Questo però fu semplicemente il prologo dei festeggiamenti, i quali eb-
bero il loro pieno sviluppo nel triduo precedente la festa e faggiunsero l'apo-
geo della grandiosità nel giorno celebrativo della solennità.
Per interessare la più Targa zona della popolazione, Don Ricaldone aveva
fatto distribuire in città un opuscolo che illustrava 7a devozione a Matia Ausi-
liatrice e portava il programma delle celebrazioni. Personalmente aveva invi-
tato il Cardinale, il Sindaco ed altre autofità; all'Infanta aveva riservato l'ono-
re di essere la Madrina della cerimonia della benedizione della statua. ave-
va tlaslasciato il clero, i cooperatori e le cooperatrici. La sapiente ptopaganda
diede un risultato meraviglioso.
Il primo giorno del triduo fu dedicato alla benedizione della statua, ce-
rimonia di per molto semplice, ma compiuta in una cornice entusiasmante.
Difatti, aiutati dalla carità dei cooperatori e cooperatrici e, si può dire, dal
concorso di tutta Siviglia, i Salesiani poterono illuminare, addobbare splendi-
damente la chiesa, che presentava un aspetto i'mponente, mai visto in pas-
sato. Il Municipio dal canto suo adornò le strade del quartiere con gonfaloni,
bandiere e numerosi scudi.
La funzione ebbe luogo nel tardo pomeriggio, ma già un'ora prima del-
f inizio la chiesa era gremita di fedeli. La Vergine Ausiliarice sorrideva alla
moltitudine dal suo trono di gloria in un trionfo di luci e di fiori.
3 Mc. XII, 41.
1.)2

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

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sta.
In
si
posto distinto assisteva l'Infanta di
cantano lodi, il salmo << Fundamenta
Spagna
eius »>,
come Madrina
il « Magnificat
della Fe-
». poi il
cardinale arcivescovo, in abiti pontificali, compie il rito tri l,attenzione ge-
nerale. La banda intona la 'marcia rcale. La commozione è vivissima; gli sgulr-
di sono fissi su quel volto,materno pieno di maestà e di dolcezza. poi p. ùego
de valencina, Guardiano dei PP. Cappuccini di Siviglia, esalta Ie glorie di M'a-
ria. La benedizione eucaristica conchiude la funzione religiosa.
Nel cortile una lieta sorpresa attende autorità e fedàh; numerosi e arti-
stici << trasparenti » distribuiti nei vani delle finestre, portano le
lEevvSiavNnateeliaGdniuuoesstragaioeMrnRaiudsfrieengaMu-eanrtiiaEsvAivuirvsipaileiaSttè.riEclaem. .s-tielsCsEaawrddiivimnaaolseietro-a.znieonXe IdIIi
s-critEtev:viv-a
devozione,
che preparò il trionfo finale nel giorno della festa. Di questa ricordiamo 7a fase
culminante: la processione, al1.a quale prese parte una iolla numerosissima, du-
rante tre ofe accompagnò la statua di Maria Ausiliatrice, trionfante nel <( paso )>
preparato con ogni statzo, per le vie del quartiere.
Che la devozione a Malia Ausiliatrice avesse trovato buona accoglienza
negli animi dei fedeli, lo dimostrarono Ie relazioni di grazie attribuite ,l-lu ,ru
intercessione, pubblicate nel Bollettino Salesiano del tempo.
vogliamo ancora ricordare la festa di Maria Ausiliatrice del 1g9g per
la intonazione del tutto singolare che le venne data dal momento storico sof-
ferto dalla Spagna.
Dal 1895 a cuba era in atto la guerra contro ra dominazione spagnola,
così pure nelle Filippine. La spagna aveva difeso quei possedimenti non ri-
sparmiando uomini e denaro; ma le sorti della guerra volgevano al peggio.
Nel mese di maggio D. Ricaldone con un manifesto pubblico i*ita h
popolazione ad
celebrata a alla
un triduo di preghiere in
Trinità. Lo scopo che si
preparazione alla festa che si
p.àfigg.ru era non solo di
sarebbe
indicare
Maria come aiuto dei cristiani in ogni necessità, ma specialmente di invitare
il popolo a pentimento e richiamarlo a maggior {ervore neTla pratica della vita
cristiana. La
riempiendo il
stampa del tempo riferisce che
grandioso tempio della Trinità,
i
e
Sivigliani rispìsero all,appello
dinanzi all,alàre della aiadon-
na di D. Bosco innalzarono al cielo molte preghiere e versarono molte lacrime,
chiedendo a|la Vergine benedetta che pormse il suo sguardo sulle grandi tri-
bolazioni che angosciavano Ia Spagna.
coronò il triduo una devota processione che portò la statua di Maria
Ausiliatrice per le strade e 7e piazze del quartier" à..o-pugn ata da numero-
vsBiisgesllilioomsifaufesdiileslvtir,oilocsehnefnoecIod. niteNcme.priiS,oibgfaninnodrdaiearpleemerolmgeoevnnitfoealoplnnuibcfba,lrciicehivlea<,n<ompalaaso,gr»-u>nautrri,do.i.nanfadu,loe-n.vo.erren-.-
ne collocato dinanzi al presbiterio.
a Vedi appendice (Manifesto), allegato n. 9.
t33

16.2 Page 152

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Le tre bande della SS. Trinità 5 eseguivano la marcia reale unitamente alle
rlnf.aaiohoaci.tcg"eiAl^diaoudmr.v.serea.ilallznieaailtoùtdccnraioiDc:malem-.lptaoasPnaVvideelovie,tvcarlmaleocaeiMplRcnMeoiatcrrmreadaiamlordminaooAoiznguAieolesiunaisslepiiaaaileitlldr'ruitcsirmdieufcie!olteodlp-terosuiloailptlFaveeiitalnmloecslphaiefieévrrSicvild'sopiienduansreogotpnnaiaaònmir!copfla-'elaelbodn-irlegeaaaloczilscailiosencplsnignooeiiass:nfotvo-oi6nclgoncìrheiMddpiaeoealstl:r--i
- Maria Ausiliatrice, salvaci! -
La Comunità religiosa
Inlziato il suo direttorato con Maria Ausiliatrice, D. Ricaldone lo affron-
con sereno realismo e soprattutto con fede inconcussa nell'aiuto divino.
Il
guidare
compito che
h àmunità
costituisce
religiosa; i
la maggior responsabilità del direttore sta nel
membri che la compongono sono i suoi colla-
Éoratori preziosi e indiqpensabili per lo svolgimento della vasta e complessa
missione ialesiana. Il Diiettore deve essere a tutti guida sicura, prudente, sa-
piente, che cerca in ogni modo di mantenefe I'unità delle menti e dei cuori,
pro.rrundo la propria santificazione nell'esercizio della carità. Sono differenti
ip loro per et;, *lrr.u,
interioref tutti consacrati
temperamento, doti morali, intellettuaii, fisiche, vita
a Dio, ma non tutti perfetti. D. Ricaldone, fin da
principiò, si impegnò per rispondere nel miglior modo alle esigenze della nuo-
va responsabilità.
É R.golu offre al direttore più di una occasione di fare da maestro e
cioè le .o.rf-"r.nr" ed i colloqui a due. Sfogliando i quaderni dove egli annotò
gli schemi delle conferenze àel triennio t897-1899, è possibile formarsi un
foncetto esatto del suo insegnamento
tedratico, ma fu un invito fraterno a
che non ebbe tono
camminare insieme
paternalistico
sulle orme di
D'
cat-
Bo-
,.o, uu.rdo di mira la propria santificazione e il bene delle anime' Espone le
relazioni tra il Superiore i sudditi; ricorda le virtù caratteristiche del Sa-
laelslaianeSsoàp; zotsaraiztditoainluednegdlaiearlcpiSioeistltàteremm,aaorPsiasrneearvveiean,dtmiveoou,cchaaerlliasqtiucpaee.dgDaligàsocguhinaeomdiisvdDiilmu' poBpsootsracpona'orticlaolasruea
preparazione al gluer.ro ed
Ai maesgi teneva qualche
allo sviluppo
conferenza a
dell'opera
parte per
ddairecuni oarvmevea d_igdeattttaictohelepbaarstii-'
colareggiate, indispensabili a
ti n"gol, offr. arrcora
chi iniziava
al Direttore
f insegnamento, utili anche agli
un grande mezzo per guidare i
altri'
suoi
Confratelli: il colloquio con ognuno di essi. Lo spirito di D. Bosco che in-
dica nel Direttore il Padre déila .om,rnità, presume una stfetta unione di
s
bande:
I-lintBiroialetcinonSdailveissiaanao:dsoeipptiieompberett-oocetubbreerr1e8tt9o8tirpipòormtail,ituanrea;
fotoincisione
operaia con
delle
divisa
3
a
doppio petto e kepì con piumettq inlantile con divisa da marinaretti'
B4

16.3 Page 153

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cuori tra superiore e sudditi, stima e rispetto reciproco e la piena confidenza
dei sudditi nel superiore. In tale clima il colloquio p.r.onuì. trova la sua
ragione di essere e Ia sua efficacia. D. Ricaldone ben consapevole di tale im-
postazione, nel colloquio mirava alla formazione e al consolidamento del ca-
rattere religioso; cosicchè il dialogo lasciava nel suddito un impulso salutare
per proseguire nella realizzazione degli ideati salesiani.
I giovani
Abbiamo visto che Don Ricaldone esercitava sui giovani un grande ascen-
dente. Essi awertivano 7a forza della sua persona, ma soprattutto sentivano
L'attrazione del suo affetto: capivano di essere compresi, Àenvoluti, amati.
il
Quando alla Trinità, accanto all'oratorio,
passaggio dalla vita oratoriana a quella del
si aprì un internato, volle che
collegio non fosse brusco, ma
graduale. Inoltre nel primo anno bisognava guidare i giovani nella nuova
strada con pazienza e fetmezza, in modo da ottenere un ambiente convenien-
temente preparato, che avrdbbe fatto scuola ai compagni nuovi nel prossimo
anno. La disciplina del sistema pfeventivo, applicato sapientemente avrebbe
portato ordine, amore allo studio ed al lavoro. La pietà matiana, sarebbe stato
il punto di patenza per giungere alla pietà eucaristica. Le feste religiose, le
celebrazioni civili, la scuola di canto, di banda, il teatro, ecc. avrebbero dato
un notevole contributo come elementi educativi, di sollievo allo spirito ed
al corpo.
Approfittava del tempo di ricreazione per dire una parolina all'uno, fare
un sorriso ad un alffo, osservare i diversi temperamenti. Per favorire la pietà
faceva assegnamento al buon funzionamento delle compagnie religiose, e fin
dall'inizio aveva formato la Compagnia di S. Giuseppe.6
L'amore al signore e alla congregazione lo rendeva sollecito nel favo-
rire lo sviluppo delle vocazioni ecclesiastiche. Sapeva che tra i giovani man-
dati dalla Provvidenza alla Trinità alcuni portavano in cuore il dono prezioso
della vocazione sacerdotale; la pietà, la moralità, 1o studio, la disciplina for-
mavano l'ambiente favorevole allo sviluppo e alla conservazione del dono.
Perciò raccomandava ai suoi Confratelli: << Procuriamo di coltivare le vocazio-
ni in mille maniere, usando di molte sante industrie in classe, in ricreazione,
ecc. raccontando in fine, qualche cosa dei nostri missionari >>.
Quando poi si presentava l'occasione di avere in casa 7a celebrazione della
prima Messa di qualche novello sacerdote, la riteneva come una grazia parti-
2pesoso'stsecetsehresn6eiiaaNfimanmermoelclleo.liasOesssscogeDhnaesi.lmilmaaMaaaCadetosntietmurunoepntalocagesen.r'ciicnao-hncJ-ifaedrrneiincnohezpnacireeds_psiiraasseriaatdtlrreaiieosgmt:ugaelre.snbt:ptaei<btr<oauAdrnoeitiun,i taàp4iaaac'mrolcaaonhmrdeeiomtslrteoaaatpg,tàepaaizralszmqiiu'lieendanenolaeldllaztdorieoicinoofuime,nspn,ta.eomg.eninPsioaeelno;;r
ottimamente almeno non sempre sia bocciato ».
t35

16.4 Page 154

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colare del Signore. Nell'anno scolastico 1897-98 queste grazie furono 1re, poi-
chè tre Salesiani offrirono per Ia prima volta il divin sacrifizio nella Chiesa
della Trinità: D. José Marmoray e D. Santiago Bagué nella festa del S. Rosa-
rcieole;bDra.taJocsoénHoegrnnidnsodleeznndietà,Airladciisl cnoerlslao
Pasqua seguente. La funzione
di circostanza, :una accademia
religiosa
ben pre-
parata riuscirono una vera esaltazione
giouani molto entusiasmo e profonda
del sacetdozio cattolico, che lasciò
impressione, soprattutto in quelli
nei
che
!Ii[à'ul,,.unt.i...ruInno
nel cuore
archivio si
la voie del
conserva il
Signore invitarli delicatamente a servirlo
manoscritto di due dialoghi composti da
D. Ricaldone in tale
gazzi della Trinità e
occasione;
certamente
sono sem,plici,
non furono i
graziosi e briosi, adatti
soli lavori preparati da
ai ru'
lui in
simili circostanze.
Se poi qualche
giovane
gli confidava il
segreto desiderio di
abbracciare
la vita ecclesiàstica, lo seguiva in modo particolare. I1 Rev' Juan Torres Silva,
canonico della
sciuto insieme
S.I. Collegiata di Jerez
a D. Pietio fin dall'età
de
di
la Frontera, scrive: <<
10 anni, anno in cui
Essendo cre-
fui ammesso
nel Collegio della Trinità, fu fin da allora il mio direttore e confessore' Ho
avuto mo"lti frequenti occasioni di provare l'interesse, I'affetto e la preoccu-
pazione che averra verso di me, consigliandomi ed animandomi col tfascofrere
àeg11 anni fino a vedermi sacerdote e seguendomi ancora dopo, occupandosi
di me, animandomi >>'7
Anche D. Francisco Mdrmol, Missionario Salesiano una bella testimo-
trialza, che merita di essere ricordata'
<< Dopo Dio devo la mia vocazione ad una rnedaglietta di Maria Ausilia-
trice che mi diede D. Ricaldone l'anno 1897' Con alcwi tagazzi giocavo nelle
vicinanze della chiesa maggiore; uno di essi disse: << Vengono due preti fore-
stieri »>. Baciamo loro la Àmo. Erano D. Antonio e D. Pietro Ricaldone, li
accompagnammo a visitare Ia Chiesa e usciti ci chiesero: « Andate a scuola? »
-
Si,
,,
EPaadrceia-r.crno
D.
Pielo
diede
una
medaglietta
di
Maria
Ausiliatrice,
che
io conservai per molti
ranno,
«
Isoaràfugi fautnuoitade- i
apni. -
»>.
Primi >>.
Tra poco avrete una scuola; i Padri vi insegne-
<< Dopo aver finito i corsi fui ammesso
pefseverafono come aspiranti. In settembte
interno insieme ad altri,
1'902 andai a finire gli
che non
studi di
iatino a Siviglia e nel 1903 enttai in Noviziato »>.8
Una letiera scritta ad una benefattrice, la quale provvedeva alle spese
QcàÈo"irnieì"iilaala78r..gf"rDfD,uào.z..niaàCàFJrr'iueaazangiiotdnc"*.aeri,Tlseu"co:sofraurJieMnostudlu.rrtSgòtmilttiegalaovt.alicuvtfh.noef'eoecpeneìordpridaòld_areginla.aluoro:nzvJ- iioseDeztreiean.dsztso_oRiodiiDa;ecD.aeS-l-'gldJiavoJluiiungFalaelarninoailitntaotontae.e.snnrleateo1gl9lu'bO0fivo3erag-na1let9cioe0oqrt4ntiuoo, aaeo«nffrtteDauottotouupmrooniaisrnnogSmooai,lnlsetsdSselieoraaenfvnisianoosnieto»»o:..
in India.
t36

16.5 Page 155

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per la educazione di ngazzi poveri affidati al Collegio, rivela il grande af{etto
che nutriva per i giovani e la delicatezza amotevole con cui Ii seguiva. La
riportiamo in Appendice.e
I giovani nella freschezza e nell'acuta sensibilità del sentimento possie-
dono f impulso alla reazione pronta e generosa verso ogni cuore che diÀostra
di amaili; i vivacissimi andalusi ricambiavano l'affetto di D. Ricatdone, accet-
tando docilmente quanto egli disponeva per il loro bene, od anche solo desi-
deruva che essi facessero. E sapevano per naturale intuizione che potevano con-
tare sulla sua benevola e saggia comprensione in certe manifestazioni della
anima andalusa.
Don Guglielmo Herndndez in una lettera smitta al Rettor Maggiore da
Madrid il 17 agosto 1951, dopo avedo ringraziato perchè aveva unito ad una
precedente risposta una immagine di S. Maria Mazzarello e un'alma di S. Do-
menico Savio, manifesta la gioia provata nel vedere sul Bollettino Salesiano
D. Ricaldone fotografato a fianco del S. Padre Pio XII, ed aggiungeva:
« Molto caro D. Pietro, Si ricorda del giorno di S. Pietro dell,anno 1897
nel,collegio della Trinità di Siviglia, nel qualè si giocò con un vitello nel cortile
degli artigiani,- convertito in piazza di ìori? Tutti noi ngazzr ci sentivamo
<( toreros >> e al
ridere. Quanto
nosmo buon D. Pietro gli
seppe il buon Padre farsi
si vedeva ,l'ultimo dente dal tanto
voler bene dai sivigliani! Ah, io
ho ormai sessantasette anni e non posso dimenticare quegli ai-rni ventuiosi.
Gucr,rer,lro HrnxÀNpnz
A sua volta D. Juan Torres ricorda un
rebbe quasi impossibile; ma bisogna vederlo
psicologia di D. Ricaldone.
episodio caratteristico, che
nel clima dell'ambient. "
j.plahr-
<< siamo ai primi anni della fondazione delle scuole della sS. Trinità in
siviglia. E dire siviglia, significa dire allegria, esclusione di pene e spreco di
buon umore; tutto questo regnava in quel collegio sotto l'affabile àirezione
dell'impagabile D. Pietro.
Conoscitore del nostro carattete, ci assecondava nell'organizzazione dei
nostri sfoghi in modo spontaneo. Una di queste manifestazioni
detti Jaleos,r, che si facevano nel cortile delle colonne, dopo
c"erunaro.
i cosid-
con un
motivo più o meno ragionevole (per es. il compleanno di un Superiore, l'ono-
mastico del Prefetto o catechista, ecc.) mentre eravamo a cen^, qualcuno dei
più alti Tanciava l'idea di farc Jaleo; |'iniziativa sussurrata a mezza voce an-
dava prendendo corpo nonostante che l'assistente cercasse di soffocarla; non
riuscendo ci faceva pregare e ci mandava in cortile. Allora i più alti comincia-
e Allegato n. 10.
10 Festa, chiasso, baldoria.
t)7

16.6 Page 156

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vano a gridare: Jaleo!
battevamo le mani e
Jaleol e tutti, perfino
la cosa non cessava,
i piccoli, ci univamo e gridavamo,
nonostante i richiami all'ordine e
le proteste dell'assistente. Immediatamente alcuni toglievano dalla chiesa i
r.ggiolini del presbiterio, altri la guida, le sedie o banchi. Subito dopo, anda-
uamo piuno pìano nel cortile piccolo in attesa dell'uscita dei superiori dal
refettoiio. E all'uscita di D. Pietro, un fragoroso battimano ed evviva riso-
navano dappertutto. Poi i più grandi prendevano per le braccia il buon Padre,
lo facerrano- sedere su un seggiolone ed in nezzo ai battimani ed acclamazioni
di tutti, cominciava la dimos6azione improvvisata. Prendevano posto pure gli
altri superion e rugazzi. Il programma consisteva in un po' di tutto! e cioè:
simularè una <( corrida di toros »> con tutti i suoi dettagli senza che mancassero
le conseguenti peripezie; seguiva dopo una serie di canto flamengo con batti-
mmualnaigirleitfmraiscieinpearbfibnoondsai nfizn^i,vatrrtinpos'aedtiasba(l:lo,
alternandosi
trofe brevi
seuillanas, peteneras,
e sentenziose cantate
,peciàlme.,t. nelle processioni), quasi per predisporre 1o spirito del pubblico
alle preghiere della sera con cui aveva termine la manifestazione verso D. Pie-
tro, il quale somidendo amabilmente e compiacente chiudeva la serata con
Ia << buona notte )>.
Per i giovani andalusi tutte le occasioni erano buone pef fare festa; ma
per quelli della SS. Trinità una delle occasioni migliori si presentava a line
à'rn.ro quando si celebrava la cosidetta << Festa della riconoscenza ». La sen-
tivano uÈr"-.nt" nel suo significato e la godevano intensamente' A loro poi
si univano Superiori e Cooperatori. Merita un cenno particolare quella del 1898,
perchè la manifestazione superò tutte quelle degli anni precedenti come di-
mosrazione << del grande affetto che sia i figli di D. Bosco, sia i Cooperatori
di Siviglia, portavano a D. Ricaldone, instancabile apostolo de1la gioventr) »-
Il vasto .orii|. (il chiosto del convento) fu trasfor'mato in salone-teatro ed
addobbato elegantemente con ricchezza di festoni, emblemi, ecc. Qui la sera
della vigilia si raccolse iI pubblico occupando tutti i posti disponibili; vi erano
rappresJntate tutte le claisi sociali: il clero secolare e regolare, ufficiali del-
l'esercito, membri dell'aristocrazia e operui...
Su tavoli bene in vista facevano bella mostra i doni che cooperatori, coo-
peratrici, operai, giovani dell'Oratorio, i diversi laboratori offrivano al loro
bi..tto... Srrfle scene si rappresentò: << La riconquista di Siviglia >> composta
da Don Ricaldone. Poi prose e poesie, canti e sonate... (tutte e tre le bande
eseguirono i loro pezzi) . Il giorno de1la festa l'entusiasmo fu anche maggiore.
Notevoli due numàri. Anzittutto un bozzetto drammatico dal titolo « L'Angelo
Custode »> nel quale si lumeggiava ed elogiava l'apostolato esercitato da D.
Ricaldone, e poi una sonata eseguita da una banda originale formata da gente
di colore che usava strumenti primitivi: assi, canne, bicchieri, bottiglie, ecc.
ecc.; si diceva inviata da Mons. Cagliero.
118

16.7 Page 157

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Cooperatori e Benefattori
Ma il giovane direttore pur essendo tutto per i confratelli e i giovani,
non trascurò mai gli amici dell'opera Salesiana. Nel 1892 la terua famiglia
salesiana dei Cooperatori contava parecchi membri anche a Siviglia, per me-
rito specialmente del Direttore di utrera, D. oberti. Ma l'oratorio della Tri-
nità, prima, e il collegio dopo, furono i veri centri di diffusione dell'opera di
D. Bosco, che atuas'sero lo sguardo e la simpatia dei Sivigliani di ogni ceto
sociale. Questa istituzione costituiva la terua responsabilità di D. Ricaldone,
il quale ne curò lo sviluppo col senso otganizzativo che già conosciamo e so-
prattutto coltivò lo spirito soprannaturale che doveva animado secondo il pen-
siero del Fondatore.
Ai cooperatori si affiancavano i benefattori; si sa che i cooperatori sono
pure benefattori, ma non tutti i benefattori sono Cooperatori; di essi si ser-
viva la Provvidenza anche in Siviglia per sostenere I'opera salesiana. D. Rical-
done sapeva presentarsi bene ad ogni genere di persone, fossero deli'aristo-
crazia o letterati o professionisti, operai, dame, donne del popolo. L,aspetto
modesto, senza affettazione, la parola semplice e approptiata, il sorriso aperto,
il gesto composto lo rendevano accettevole.
Sapeva inoltre accogliere con tanta sincerità di espressione che toglieva
al visitatore ogni eventuale soggezione o timore di essere inopportuno. Favo-
rito da tale disposizione naturale, affinata dallo spirito religioso, egli si pre-
sentava ai cooperatori ed ai benefattori per stendere la mano in favore dei
poveri rugazzi tolti dalla strada ed ospitati alla Trinità. E quando i debiti cre-
scevano, le visite erano più frequenti. Talvolta bisognava dedicare alcune ore
del mattino e specialmente del pomeriggio; faceva di buon animo il pellegri
naggio, che gli costava sacrificio, ma gli dava occasione di esercitare l'umiltà,
di parlare di D. Bosco, di regalare un'immagine o una medaglia di Maria Ausi-
liatrice, la quale lo aiutava e premiava il suo zelo elargendo grazie abbondanti,
e talvolta stmordinarie. Tale è iI caso riferito dall'illuste Don Domenico De
Casso y Romero.
« Mia Madre Rosario Romero Pascual, sposa del Professore di Diritto alla
università di Siviglia Francesco de casso y Ferndndez, si tovava molto grave.
Soffriva di una pleurite doppia con suppurazione con più di due litri di liquido
e aveva ricevuto già il Viatico e la Estrema Unzione. Erano le otto o nove di
sera, e, nella camera attigua a quella dell'infema facevano consulto tre me-
dici: i dottori Fedriani, Marim6n e, credo, D. ciriaco Esteban. Assisteva f in-
ferma la Serva di Maria Sr. Angiolina. La senrenza dei medici fu che a rnia
madre restavano pochi minuti di vita. Già si sentiva il rantolo. D'improvviso
si presentò in casa (Piazza di Fernando de Herrera, 2) Don pietro Ricaldone
(D. Ricaldone, in linguaggio
casa una signora che è
asgallieseisatnreom). i-.
PHorotosaupnutpoe-zzoddisiseab-itocdhei
in
D.
questa
Bosco
ed una immaginetta di Maria Ausiliatrice; mettano le due cose sotto il cu-
scino dell'inferma >>. così si fece. Erano passati cinque minuti circa quando
r39

16.8 Page 158

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appafve Sr. Angiolina dicendo: << La signora respira normalmente. La signora
ha il polso normale >>. Immediatamente entrarono i tre medici nella camefa
dell'inferma e dichiarono di trovada senza li'quido, con il polso e la respira-
zione normale. Il giorno seguente si alzava dal letto (Morì 18 anni dopo).
Questo fu il primo contatto della mia famiglia con D. Ricaldone. I miei
genitori, in fingtaiiamento, pagarono la prima scuola vicina alf ingresso della
casa della SS. irinità. Mio padre fu uno dei primi Cooperatori. Io stesso lo
sono da molti anni. Chiedo a Maia Ausiliatrice, per intercessione di D. Rical-
done, che mi lasci morire da vero Cooperatore salesiano nella sua grazia.
In quei primi anni delle Scuole Salesiane della Trinità i problemi econo-
mici eranì màlto grandi per D. Ricaldone, che aveva un'a,mmirevole fiducia
nella Divina Provvidenza. Quante volte venne a cas^ nostra, per trovale con-
forto; noi sempre rimanevamo edificati e confortati vedendolo così dolce, co-
umano, così paterno; egli sempre risolveva tutti i problemi con la fiducia
nella Provvidenza »>.
Verso i Cooperatori e Benefattori nutriva profondo sentimento di rico-
noscenza e lo dimostrava in ogni occasione'
Lo stesso D. Domenico de Casso ricotda un gentile episodio. << Nell'anno
l9O5 la nostra f.amiglia soffrì un dissesto (finanziario) economico molto grande.
Sempre trovalnmo conforto in D. Ricaldone. In una circostanza dolorosa egli
ci venne
nomiche.
a f.ar visita e disse
Ho comperato per
alemi uionpdaedcriem:o-
(:
So che si tova in difficoltà
t'n biglietto di lotteria) e
eco-
l'ho
messo ai piedi di
grande cuofe! »
Maria
Ausiliatrice
-
Questo è un piccolo segno del suo
La Casa salesiana era sempre apefta ed accogliente. Nell'ottobre del 1898
il Direttore del Berico di Vicenza con un professore del Seminario Diocesano,
Mons. De Lucchi, visitò i Salesiani di Siviglia, riportando indelebili impres-
sioni per le affettuose accoglienze ricevute.
Racconta un ex-allievo di Siviglia: « Nei primi anni in cui la casa ospitava
un grup-pIoo
futtii...
di giovani poveri,
vado in giro per
un giorno venne a trovare D. Pedro una bene-
la casa, ma inutilmente; finalmente 1o trovo in
cucina in tenuta
mi risponde
da
cuoco, intento
tu fermati qui
a
e
pfeparare 1l
sta attento a
pntaonnzloa.s-ciarVbarudcoiasreubliatop-ie-
turru à
ed egli
a non
va a
lasciaf mancafe il
darc udienza alla
sfuigoncooras.oNttoonlaspaepnretoi lpa-
Accetto la consegna
dire qual motivo mi
abbii attirato e riportato in cortile; so soltanto che quando D. Pedro tornò,
la pietanza era bruciata nella padella e il fuoco sotto la pentola efa spento.
Io mi attendevo il meritato castigo, o almeno una sgridata; invece egli si limitò
a
si
dimi:
rimise
- Peccato!
atl'opera »>.11
Dovremo
ritardare
i\\
pranzo
-
E con ittta naturalezza
Quel giovane non era ceftamente Manuel Ferreira, che nel 1949 scriveva
11 Cfr. Bo11. Sales. 1' gennaio 1952, p. 28
140

16.9 Page 159

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a D. Ricaldone di essere stato <( su primer alumno y st, primer cocinero >> a
Siviglia e che gli ricordava <( aqu€l guisado tan sabroso y exquisito de la
gallinita dorada »>.12
Anche D. Ricaldone ricordava in seguito come in quegli anni alla SS.
Trinità doveva essere sempre pronto a ricevere visite.
Ma D. Pedro non si limitava ad aspettare che persone, umili o elevate,
entrassero a visitare 7a casa sal.esiana; si faceva premura di invitare i Coope-
ratori e Benefattori alle principali manifestazioni religiose, civili e ricreative
celebrate alla Trinità.
Dimostrava poi un interesse particolare per la buona riuscita della confe-
renza annuale prescritta dal Regolamento. Il R. Juan Torres Silva, scrive in
proposito: << Quando organizzava la festa in onore dei Cooperatori e Benefattori,
il giorno di s. Francesco di sales o la domenica seguente, lo vedevamo animato
da grandissimo interesse affinché tutto quanto si faceva risultasse solenne,
brillante e degno di quei signori di alta categoria e che in grande numero ac-
cofrevano al nostto collegio della Trinità. Con molto anticipo scriveva articoli
nei giornali, personalmente si occupava di organizzare i numeri per la solenne
accademia che alcune volte si f.aceva in teatro, attre volte nel cortile delle
colonne. Era instancabile provando, mettendo in movimento tutto il personale
e gli stessi bambini e giovani che dovevano intervenire nell'interpretazione dei
suoi apprezzati Tavori, volendo così dare ai benefattori la dimosttazione che la
loro carità e le loro elemosine davano buoni frutti e che tutti ci sforzavamo
nel dimosffare Ia nosfta riconoscenza. E che scene affettuose, simpatiche, piene
di ammitazione si svolgevano tta quei signori e il nostro amatissimo D. Piefto,
che era presente a tutto e nulla gli sfuggiva. Non poche volte egli stesso com-
poneva il testo che dovevamo recitare, rappresentare sulla scena o cantare, e
sotto la sua guida lo provavamo finché non riusciva a soddisfarlo. Ricordo che
un anno fece le prove di un coro di cinesini presieduti da due cinesi più grandi,
uno dei quali si esprimeva in una lingua inintelligibile, doveva apparire cinese,
poi I'almo raduceva ciò che aveva detto il primo, approfittando così per dire
molte barzellette e indicare al pubblico la necessità che allora si {acevano sen-
tire nella casa. Al dialogo dei cinesini noi intervenivamo con ia nostra strana
canzone del Sutter Klay o con altra simile. Questo piaceva molto a tutti >>.
Partecipava alle gioie e ai dolori dei cooperatori e Benefattori e racco-
mandava alle preghiere della comunità i loro bisogni spirituali e temporali.
Quando 1'11 febbraio 1897 venne a mancare 7a Infanta di Spagna, Donna
Maria Luisa Fernanda, tutta Siviglia prese il lutto, ma specialmente i Salesiani.
Il Bollettino Salesiano 13 pubblicò un meritato elogio della Nobil Donna dettato
da D. Ricaldone; riportiamo in appendice la parte che ricorda Ia benemerenza
della Augusta Signora verso i Salesiani. Si veda allegato n. 11.
il 12 << suo primo alunno e il suo primo cuoco >>
squisito del pollo arrosto ».
13 Boletin Salesiano, Mayo 1897.
« quell'arrosto tanto saporito e
141

16.10 Page 160

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La morte dell'In{anta ebbe viva eco alla Trinità e il tributo riconoscente
di generosi suffragi.
Oramai l'Opera Salesiana alla Trinità di Siviglia aveva messo buone radici
e prometteva uno sviluppo rigoglioso. L'artefice sapiente e umile dell'impresa
faceva suo il passo di S. Paolo: « Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio
che ha fatto crescere. Ora chi pianta chi irriga è qualche cosa, ma è
Dio che fa crescere )>.14 E coi suoi confratelli che avevano irrigato rendeva
grazie a Dio.
CoopIenrataoprpi eendCicoeop-eratatilclei.gato n. !2 - ricordiamo alcuni alti dei numerosi
ta I Cot. ), 6-7
t42

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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CAPO IX
ISPETTORE
Avvenimenti storici
Nelle prime ore del 18 febbraio 1901 lasciava l'oratorio per il cielo Don
Domenico Belmonte, che aveva sostenuto la carica di Prefetto Generale della
congregazione per quindici anni, prima al fianco di Don Bosco e poi del suo
primo successore. La sua chiamata all'eternità venne di sorpresa, e lasciò nel
lutto i salesiani, che piangevano in lui il sacerdote pio, umile, laborioso, affe-
zionatissimo a Don Bosco, modello di ogni virtù religiosa. A sostituirlo il Beato
Don Rua, dopo 'molte preghiere e sentito il consiglio dei membri del capitolo
superiore, chiamò Don Rinaldi Filippo, Ispettore delle case di Spagna. Dando-
gliene comunicazione gli manifest ava l'intenzione di conservagli 7a carica di
Ispettore almeno sino al prossimo Capitolo Generale, che avrebbe avuto luogo
nel 1904. Quanto sia stata felice la nomina del nuovo Prefetto Generale lo
dimostrano i {atti; come il suo predecessore, Don Rinaldi eccelse nella pietà,
nell'umiltà, nella laboriosità svolta in silenzio e nel nascondimento. Alcuni anni
dopo la sua morte Ia fama di santità circondò il suo nome e fatti straordinari
attribuiti alla sua intercessione indussero l'autorità ecclesiastica ad iniziarc 7a
Causa di beati{icazione e canonizzazione.
Giunto a Torino, Don Rinaldi fece presente a Don Rua il suo pensiero
riguardo all'opera Salesiana nella spagna; nel 1901 in quella grande nazione
esisteva una sola Ispettoria, detta di S. Giacomo Maggiore, e contava 19 case;
c'erano buone promesse di sviluppo poiché da molte parti si richiedeva la
andata dei Salesiani; cosicché egli proponeva di creare più Ispettorie. La sua pro-
posta venne accettara, tanta eta la stima che godeva presso Don Rua e i Su-
periori del capitolo; nacquero così la Ispettoria catalana della Mercede con
Barcellona residenza ispettoriale; Ispettoria Castigliana di S. Giacomo Maggiore
con Madrid residenza ispettoriale; Ispettoria Andalusa di Maria SS. Ausiliatrice
con Siviglia residenza ispettoriale alle quali vennero proposti come Ispettori
rispettivamente: Don Aime Antonio, Don oberti Ernesto, Don Ricaldone pietro.
Questi in un primo tempol sono chiamati vice-Ispettori; ciò conferma la prima
intenzione del Beato Don Rua accennata sopra, intenzione che venne abbando-
nata ben presto, difatti.
I Ved. Boll. Sales., e Cronache delle Case ecc. del 1901
r43

17.2 Page 162

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L'anno seguente le tre Ispettorie furono erette canonicamente dalla S. Sede
con Decreto 20 gennaio 1902 ed ebbero la seguente denominazione:
PietroIIIsss. pppeeettttttooorrriiaiaaTCBaeerlrttiaiccgaaonddei siSeM. dGaeiarllicaaoMmSeoSrc.MeAadugesg-iioliraegIsi-pceetIt-sopreetItDsoporeentDtAooirmneeODAbonentrotiRniEiocra.nledsotnoe.
Questa ultima comprendeva sette case, settantacinque confratelli e undici
ascritti. Le case principali per 1o sviluppo raggiunto erano tre: 1a SS. Trinità
in Siviglia, Utrera, Malaga. Le altre quattro: Carmona, Ecija, Montilla, Siviglia
San Benito svolgevano una attività più modesta.
Il nuovo e più alto posto di responsabilità trovò Don Ricaldone pfeparato
a occuparlo degnamente, poiché egli possedeva tutte le doti necessarie per af-
frontare la nuova esperienza, la quale pfesentava, com'è naturale, difficoltà
maggiori, più numerose e più varie di quelle offerte dalla direzione di un col-
legio. Quando ricevette la comunicazione della sua elezione è probabile che non
abbia provato grande emozione, né per vanagloria per filsa valutazione di
se stesso; ,ma abbia accettato la nuova obbedienza in umiltà di spirito, disposto
a servire il Signore nel posto assegnatogli dalla volontà del Superiore.
Quanto ai Salesiani della Spagna, la sua elezione non recò sorpresa;l'opera
di Siviglia portata in pochi anni ad una vita florida, aveva giustamente circon-
dato il suo nome di stima ed apprezzamento. I più validi e autorevoli interpreti
di questi sentimenti furono i confratelli della casa di Siviglia, con una dimostra-
zione che per Ia spontaneità e il calore del clima andaluso forniva la prova
più eloquente della sincerità degli animi; dal « Boletin Salesiano >> stralciamo
quanto segue:
<< Sera indimenticabile quella del primo giorno del mese di Maria Ausilia-
trice del l90L alla Trinitàl Al mite chiarore della luna, tra gli evviva a Matia
Ausiliatrice, a San Giuseppe e a Don Bosco i ragazzi e gli operai inneggiavano
al Rev.mo Signor Don Ricaldone. ...La circostanza di aver ficevuto la bella no-
tizia della sua nomina ad Ispettore proprio all'inizio del mese di Maria e in
giorni consacrati, ndla chiesa della Ttinità, al culto solenne di S. Giuseppe, è
stata interpretata come segno di speciale ptovvidenza e quale pegno di molte
benedizioni >>.2
Il periodo dell'Ispettorato di Don Ricaldone coincide con due fasi sto-
riche di diversa natura: la prima interessa 1a Congregazione, \\a seconda la
nazione spagnola.
Don Rua aveva ricevuto da Don Bosco, come nor'ma, il monito: <( consoli-
dare e sviluppare progressivamente »; fedele esecutore sino allo scrupolo della
volontà del Fondatore, Don Rua ebbe la preoccupazione costante di evitare che
1o sviluppo della Congregaziote avvenisse a danno del consolidamento; e as-
segnò il monito di Don Bosco come tema di studio nei Capitoli Generali del
1895-1898-1901-1904 e più espressamente nei due ultimi. I1 consolidamento,
2 Boletin Salesiano, Octubre 1901
144

17.3 Page 163

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essenzialmente, consisteva nel dare alla Congregazione la sistemazione giuridica
secondo le leggi canoniche, alle quali Don Bosco aveva domandato ed ott".rrto
dalla materna comprensione della S. Sede di ottemperare, in via eccezionale,
come meglio poteva. Tru 7'altro si doveva procedere alla erezione canonica delle
Ispettorie già esistenti, e di quelle di nuova formazione; aTla fondazione di stu-
dentati teologici e filosofici, nonché di altri noviziati, e alla loro erezione ca-
nonica. Per raggiungere tale fine egli non esitò di ricorrere a due mezzi ener
gici: almeno per un quinguennio non aprire nuove case e rinunciare anche alle
opere più sante, afl,atgare quelle esistenti; perfino soppri,mere alcune case
a beneficio delle altre. Erano mezzi «
egli poté constatare i grandi vantaggi
incresciosi
raggiunti
,r, -,
nella
rài.rsari. A cose fatte
formazione intellettuale,
morale e religiosa sia dei novizi, sia dei chierici studenti di filosofia e di teologia.
La seconda fase interessa la storia della spagna. Il primo decennio del
secolo XX fu un periodo molto difficile per questa nazione, che non aveva tran-
quillità religiosa politica né sociale. Nel 1902 era cessata la lunga reg-
genza di Maria cristina, ed il figlio,3 proclamato maggiore di età, salì al trono
di s. Ferdinando col nome di Alfonso XIII. come durante la rcggenza della
madre, il partito liberale e il conservatore si contendevano il potere e si alter-
navano nel governo:l'uno distuggeva ciò che l'altro aveva costruito. Il partito
conservatore era guidato dal cattolico Antonio Maura y Montanez, uomo che
possedeva ottime doti di governo, insieme a onestà, energia, senso politico; egli
oppose sempre una vivace reazione all'azione dei liberali, i quali, ligi alla poli-
tica anticlericale della Francia, cercavano di attuada nel proprio paese. La man-
canza di unione e di organizzazione dei cattolici permise agli anticlericali di ot-
tenere la approvazione di alcune leggi settarie e di promuovere manifestazioni
pubbliche
il Conte
conmo la religione e i
di Romanones, Moret
conventi.
sono gli
José Canalejas,
esponenti del
praxedes M. Sagasta,
settarismo liberale in
questo decennio.
Nel 1901 il conte di Romanones, ministro nel gabinetto sagasta, dichiarò
la « libertà di cattedra » dei professori di Università, abolì l'insegnamento della
religione nel bacellieraro, e contrastò quanto poteva gli istituti rèhgiosi, che at-
tendevano all'insegnamento. Nel 1906 7a maggioranza liberale deilà Cortes do-
mandò provvedimenti contro le Congregazioni religiose. I1 presidente dei mi-
nistri Moret, manifestò la sua intenzione di dichiarare la libertà di culto, il
matrimonio esclusivamente civile e la secolarizzazione dei cimiteri. Nel 1909
ebbe luogo Ia << settimana rossa >> con distribuzioni vandaliche di chiese e case
religiose.
Nel 1910 canalejas colla legge del « candado » (lucchetto) obbligava le
Congregazioni religiose non riconosciute dallo Stato a chiedere il riconoscimento,
limitava la loro libertà e voleva privarle della personalità giuridica; inolte
proibiva 1o stabilirsi di nuove congregazioni sul territorio nazionale.
3 Nato il l7 maggso 1886 da Alfonso XII e da Maria Cristina di Ausburgo.
145
10

17.4 Page 164

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Di fronte all'azione antireligiosa del governo i cattolici non furono indif-
ferenti; nonostante le divisioni,a si trovarono uniti nel promuovere grandiose
manifestazioni di protesta, che non furono inefficaci.
In questo decennio la questione sociale si presentava alle autorità politiche
e religiose in tutta la sua còmplest, gravità. L'economia della nazione era de-
pressa per affetr^tezza nel campo della agricoltura, industria e commercio. In
iiainbgdrriaiccecoclstia.ergnant,aavbtoaa;sqe1uaodp;eerlolabdaueszcsiioosnnsoiemmeei;ara,civiònigfpeeerviraoirleilcaolani ttbiifniosuonogdnosifrsduuetttlalaqmupeaonlpetoosladtzeeinol tntaeevrareelnaiol ,vsidutaoi
venuto itprod,rttiuo per esaurimento. La grande industria e quelle ausiliari
avevano pàco sviluppo. Il .o.tn.rcio era assai ridotto per la impossibilità di
.o*p.,.rà con le alìie nazioni . Tra la popolazione operaia delle città industriali
della Spagna orientale si diffondevano in modo preoccupante idee rivoluzionarie
e p- roApocsoitni 6aansatarcrheiciil. cammino del marxismo si levò P. Vincent, detto il o Pa-
triatca del cattolicesimo sociale nella Spagna »>, il quale diffuse un com'mento
della « Rerum Novarum » di Leone XIII e, coadiuvato dal marchese di Co-
millas, istituì centri cattolici di operai (circoli, sindacati, cooperative ecc.) sparsi
in tutta la Spagna e coordinati da un « Consiglio n ziorrale delle corporazioni
Operaio-cattoliche >> sotto la presidenza dell'Arcivescovo di Toledo. A1 P. Vincent
si aggiunse più tardi il P. Gabriele Peldn e sotto la loro guida I'azione sociale
cattolica dopo il 1910 prese uno sviluppo più consistente.
lspettore e Direttore
Per i primi due anni Don Ricaldone tenne anche la direzione della Tri-
nità. 11 piccolo numero delle case gli permetteva di passare la maggior parte
dell'anno a Siviglia, pur non trascurando di attendere con sollecitudine e vigi-
lanza al buon andamento delle altre. In pratica si trattava di cinque case luori
Siviglia, la più importante delle quali, Utera , eta a due passi dalla capitale atda-
lura ed inJre la conosceva molto bene. La sua attività arrivava facilmente ad
estendersi nel nuovo campo senza trascurare gli interessi della casa ispettoriale.
Toccò dunque a lui p.oÀrrou.r. la celebrazione di due ricorrenze storiche di
indubbia impofianza.
Nel 1902 ricorreva il Giubileo Pontificale di Leone XIII e il decennale
dell'oratorio della SS. Trinità. Egli volle ricordare le due date e dare ad esse un
significato sociale caritativo, costruendo un salone-dormitofio, destinato ad ac-
.ogli.r. giovani orfani e dedicato a S.S. Leone XIII, il Papa della << Rerum No-
varum >>.
Era
a I cattolici
poi profonda
si dividevano in
la scissura tra i
quattro
cattolici
finrattzaionnsiig: ecnatriliestii,
alfonsisti, liberali
costituzionalisti.
e
intransigenti.
146

17.5 Page 165

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Presentò al s. Padre la sua iniziativa per implorare l'Apostolica benedi
zione << quale pegno della divina protezione e come stimolo aiia generosità dei
cuori caritatevoli ».
Beatissimo Padre,
Il Sacerdote Pieto Ricaldone, rspettore dei saresiani della provincia
Blvua.emsStciigl.imaae,repunlratnoescfemfuasoirpnoocuenamleeie:bsnrcuathoozieioppnieieerdsecainolnceieonsnciacidinhepie-ispùctraoìobimvvivlmiiitdieesmennnzeoitrlailimalmielceninttGitteàdiuibdcsioiloeltStoopimvrpiiimg"sorsioniaoi,nidfeviecocalefeilnleninadidlooei
del loro stabilimento
dormitorio, il quale-
in questa capitale,
sarà onorato con
aacncnooglgieiruebi.laproev. eri orfanelli, dei quali i
decisero
il nome
ecoisltrubiurestoundig" iavn.disoasnotiSa,lopnee-r
primi dieci saranno ammessi in q,uesto
dei
Ma.
cuori
quale pegno della
caritatevoli, chiede
divina prorezione e
umilmeÀte la vosta
come stimolo ala
Benedizione per ta
g"peinaeirnoiszitiaà-
drtaiviraeq,uipel segtraloi_rIsiosporeoctitomeroiaamlueennptnoei rddteeullletGticiugabslieileosofafelePrseoiannnttiieficcqÈauelei csdotianbVtri.ilbitSeu.,iròpnèor
i càoperatori
u commemo-
Siviglia, 20-3-1902
La Segretaria di stato in data 2 aprile rispondeva col seguente telegramma
Sacerdote Pedro Ricaldone Salesiano:
santo Padre yingrazia pensiero commemorare suo Giubileo, mediante fab-
bricazione Salonedormitorio, benedice
rauici Salesiane che lo aiutano.
iniziator.i
progetto,
Coopeiatori
e coope.
CRno. Revporr,r
Nel collegio la celebrazione fu solenne; il 24 luglio, data anniversaria
delf inizio dell'oratorio, fu considerato giorno festivo, pur essendo giovedì, con
grande gioia degli alunni. AIla Trinità convennero anche i giovani dell'oratorio di
s. Benito, perché partecipassero al giubilo dei loro compagni; f'rono pure in-
teressati gli exallievi, i cooperatori, le cooperatrici, i benefattori deil,opera
salesiana e al mattino si celebrò .rna Mersa solenne di i,ngraziam.nto ui Si-
gnore per tutti i benefici elargiti nel decennio trascorso all'opera salesiana.
Seguendo la tradizione, Don Ricaldone volle che la fesia avesse la nota di
gioia anche a mezzogiorno, quando le mense della Trinità accolsero i giovani dei
due oratori (una bella schiera!) che in letizia consumarono il pranzo offerto dai
Cooperatori.
Il suo zelo per infervorare i giovani ad onorare la Madonna in modo spe-
ciale nel mese di maggio trovava sempre nuove iniziative. così l'g maggio con-
t47

17.6 Page 166

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caenstsicehaegrloi vailnuenndiiinlttaelircnai.sdeLl'laalleTgrirnaitcào,munitaivpaasasttergagvieartsaòailtiBtoelota
di premio alle
inneggiando a
Don Bosco e cantando lodi mariane; enffati in paese trionfalmente, si porta-
rono alla chiesa dove celebrarono una messa solenne. Fu dunque un vero pel-
legrinaggio ispirato
Aisilialiice, ài"tro
alla
,rro
divozione m^tiafla. 11 24 del mese poi, festa di
invito, parteciparono alla processione centinaia
Maria
di ru-
g^zzi dei quartieri vicini e \\e rugazze del collegio delle F.M-A. Inoltre operai,
Laesli criitiani, cooperatori, insomma tutti i figli di Don Bosco, giovani e i
sostenitori della sua opera si strinsero attorno alla loro Madre e Pauona' Non
mancarono le tre banJe, che aggiunsero solennità alla manifestazione di fede e
di amore.
Il suo primo atto come Ispettore fi 7a foodazione della Associazione degli
Exallievi d.ilu SS. Trinità. Scelse la festa del Parocinio di S. Giuseppe, che
cadeva in maggio e si pfestava molto bene allo scopo perché i primi exallievi pro'
venivano dalle .c,-,ole professionali. Questa festa sarà l'occasione del Convegno
Exallievi anche negli anni seguenti.
La celebrazione seguì Ia tradizione delle feste solenni con una novità: nella
processione si portò ,nu trrova statua del santo Patfiarca, benedetta la matti-
nn; u ,"ru ci iu f immancabile rappresentazione lirico-drammatica, durante la
quale « il nuovo Ispettore di Andatusia » illustrò I'importanza e lo scopo della
Associazione. Vi parteciparcno 44 exallievi.
Intanto inizÀ la visita alle case. La prima la riservò a Utreta, dove era
stato invitato per celebrare la festa di Maria Ausiliauice' Confratelli e giovani
1adofefelrtsitcuueoovsepittràtiem.roFooicrnsogenreisnpsaoqrtuniceeollllla'aortcetiorcbcooresrtdadinaezllia1g8, 9lai0lsl,aiepqrguelsai elpenatreòvgealliularnis'mspooegsmneoorciiaol nnilucoroivcrdooiradinleo-
g..rro in u.r," di superiore a così breve distanza. Gli fu riservata la cele-
Lrazione della messa della comunità, nella quale dieci ragazzi interni e venticin-
que esterni (dell'asilo di S. Diego) fecero la prima comunione. Tenne poi i1
discorso sulle glorie di Maria Ausiliatrice.
In .egrriio visitò Ie alrre case; poté formarsi un concetto più esatto della
situazione di ciascuna e prendere contatto con tutti i confratelli, i quali del resto
non gli erano del tutto sconoscir.rti. La nota caratteristica di ogni visita era il
modo affabile e il saluto di aperta effusione con cui si presentava. Lo notava
con gioia per primo chi gli apriva \\a porta e poi tutti gli altri: confratelli e
giovÀi .h" .tuur.ro ad attenderlo e gli rispondevano con prolungato applauso ed
s Italica, fondata da Scipione l'Africano nel 206 a.C. si elevava sulla riva occidentale
ai;rs;Fi;;.e.-ur;tfm;;it;ijSl.e;;;a.i;l.l-i;"tibp.f,,farLìi"oèr,a"Li;a-nr.isdrzu;rdae1foaeolrnqgiÀm.ìul(iirb.."ip,ivrnmoopiltr'nrpuo).tze,naordfndaqiotrdet.rvìoali.elrèe.tiIrttuoodaTsn,pilrmiaemctiesioaaoemst)netteiprorvm.caoòocetppaésleésoTi,sdb.retgilvao'eaieedvcmnoarlqsièocoiuSolhl.et.itsivisedtisesolasttietags,òord,avdasneeitdgcce_ccilmonih.sosimMaitpelaerveectortdoslaiitmticaidoe.Rdi.mldieRoeieimonesmsfasueiaso:ose,ni,tlrseaieei (dd-rs1lieiuvcf,ipiio5lcu1gr0ipd:lpxacaia.doltva0iiaaf,-o9td-uos0runrou)eia;.,
148

17.7 Page 167

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evviva. Don Ricaldone si presentò sempre con tale amabile aspetto; così pure
si accomiatava sorridente e benevolo.
Era dote naturale della sua indole rendersi conto personalmente di tutto,
Se si aggiunge il senso di responsabilità, vivissimo nel suo spirito, di rispondere
allo scopo che la visita ispettoriale deve perseguire secondo il pensiero del
Fondatore, si comprende quali buoni {rutti portava.
Don Ricaldone era solito visitare le case tre volte ogni anno: la prima
volta a77'inizio dell'anno scolastico, per costatare se le cose fossero a posto ed
eventualmente provvedere ad ogni occorrenza; inolffe poteva dire una buona pa-
rola di incoraggiamento alla comunità e specialmente a qualche confratello che
si rovasse in difficoltà per il cambio di casa, di occupazione, ecc. Alla seconda
dedicava il periodo centrale dell'anno scolastico; eru 7a visita ufficiale desti
flata a ricevere tutti i confratelli e a seguire di persona tutto lo svolgimento
della giornata. La terua aveva luogo negli ultimi mesi dell'anno scolastico. Oltre
a queste visite ne faceva altre alle case di formazione e a quelle dove fosse
necessaria o desiderata la sua preserza per circostanze particolari.
La visita ispettoriale aveva sempre un'intonazione festosa. Ecco quanto si
legge in una cronaca: << Arriva il nostro amatissimo Don Ricaldone per la visita
ispettoriale; è ricevuto in cortile al suono della banda con acclamazioni. A1 po-
meriggio si fa un'accademia; si segue un orario quasi festivo... >>.
È di questo primo anno una gita che ha tutto l'aspetto di una spedizione
missionaria per lo scopo e il modo con cui si compì; e getta una nuova luce
sul temperamento di Don Ricaldone.
A Pozoblanco, località in provincia di c6rdoba, un certo Riccardo Martin,
tormentato da lunga e penosa malattia, aveva promesso di donare una statua
della Madonna alla parrocchia di S. Caterina se avesse ottenuto la guarigione.
Mossi da sentimenti di pietà i Cooperatori salesiani della città decisero di cele-
brare con grande solennità la festa di Maria Ausiliatrice e a tale scopo si ri-
volsero a Don Ricaldone di voler inviare a Pozoblanco la « Schola cantorum )> e
la banda della SS. Ttinità per dare lustro alle funzioni del triduo e della festa.6
Don Ricaldone aderì, e poiché si trattava di propagare la divozione a Maria
Ausiliatrice, volle egli stesso guidare la comitiva; e ne diede l'annuncio ai gio-
vani, i quali si può ben immaginare con quale animo I'accolsero. Pozoblanco
distava da siviglia poco meno di 200 km., viaggio lungo per quei tempi e molto
vario, che eccitava \\a fantasia dei piccoli andalusi; paesi nuovi da scoprire;
una settimana di... libertà!
La comitiva comprendeva una trentina di giovani guidati da Don Ricaldone
6 A Pozoblanco risiedeva la famiglia di Don Rafael Tormo-Garcia, una delle prime
vocazioni_salesiane, allora studente di teologia. Morì a Utrera il 28 giug,no 1964 all'étà di
82 anni. Nella lettera mortuaria si legge: <<Come prova del suo affetiuoJo interessamento a
riguardo dei Superiori sceglieremo tra tanti questo episodio: aveva invitato Don Pietro Ri
caldone, allora Ispettore bisognoso di convalescenza, alla sua casa natia a Pozoblanco, dove
per due mesi gli furono prestate le cure più amorose >>.
149

17.8 Page 168

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e da due sacerdoti della casa. Il percorso: Siulglia-Eciia-Espiel-Alcaraceios-Pozo-
blanco venne fatto in treno sino a Espiel, su carti da Espiel a Pozoblanco.
lusia
Partirono
per l'alta
latemmpaettriantauradeel s2tLivaluegliiol ;caaloErceiiains-oppcohiratambailtea
tende un sacerdote del collegio salesiano, che distribuisce
la padella di Anda-
b-ottaiglllaiestdaizioganzeosaet-.
Verso sera arrivano a Espiel e da questo punto il viaggio assume un altro ritmo.
Lasciamo la parola al Can. Juan Torres Silva, già citato, che apparteneva al
gruppo dei musici. « A Espiel attendevano parecchi carri tirati da muli, che
ci dovevano condurre a Pozoblanco, distante una cinquantina di chilometri, con
tutti i contrattempi e disagi che si possono facilmente immaginare.
Facemmo una fermata ad Alcaracejos per metterci in ordine, sentife messa
e fare colazione; poi nuovamente sui cami fino a Pozoblanco. In questi due
percorsi (quello della sera e quello della mattina) il nosffo instancabile Don
Pietro, montato a cavallo, vigilava paternamente quella c^tovata, animandoci
e rallegrandoci con qudla gtazia andalusa che aveva così bene acquisito.
Finalmente a tarda sera eccoci a Pozoblanco dove tutto il paese ci atten-
deva; arrivammo sani e salvi, ma |a divisa e gli s6umenti... poveretti... in quale
stato I
Qui desidero ricordare un episodio, che mette in evidenza la pietà del
nostro Don Pietro, che sempre si manifestava, senza ostacolare il suo inesausto
buon umore. Quella sera, stanchi come eravamo, dopo cena e prima di pren-
dere possesso dei nostri materassi per dormire, tutti radunati attorno a Don
Piero, dicemmo le preghiere, crollando la testa il meno che potevamo. Mentre
il nostro direttore ci parlava, si sentì dalla sffada una voce forte che cafltavai
« Ave Maria Purlsima... le undici son suonate, è sereno »>. Era il vigile not
turno del paese, che secondo l'abitudine delle nosffe terre, percorreva tutte le
sere il paese portando una lancia e una lanterna e annunciando l'ora e le con-
dizioni metereologiche, se era sereno o piovigginoso, o con molto vento, ecc.
Quell'annuncio svegliò tutti e 1o scoppio di risa fu generale. Lo stesso Don
Pietro non poté dissimulare il suo prudente sorriso. Ma approfittò di quel ti-
sveglio del suo uditorio per fare un elogio di quella abitudine così pia e così
m^riana, raccomandandoci di amarla e di praticarla con frequenza nelle diverse
occasioni che si presentassero durante la giornata >>.
La cdebrazione del triduo e della festa di Maria Ausiliatrice riuscì vera-
mente solenne; Don Ricaldone predicò durante il triduo e la festa; i giovani
svolsero con molto impegno e decoro il loro programma; la processione in
onore di Maria Ausiliatrice risultò grandiosa. Inoltre i giovani si produssero
in due accademie musico-letterarie, novità molto gradite al pubblico, che aveva
circondato gli ospiti con ogni attenzione e il giorno della partenza li accompagnò
per un buon tratto di strada.
Il viaggio di ritorno ebbe una variante'. i gitanti si fermarono a Eclia pet
passare la notte. I signori della città ne approfittarono e vollero che i tagazzi
dessero concerto nella piazza; è impossibile descrivere l'entusiasmo del popolo;
il concerto si proffasse sino a mezzaflotte.
150

17.9 Page 169

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Il giorno seguente, fatta una breve sosta nel collegio di Utrera, il viaggio
riprese il ritmo normale; ma quando apparve in lontananza 7a Gitalda, tra l'entu-
siasmo generale alcuni rugazzi salirono in piedi sul sedile gridando: Evviva
la mia terra! Il cronista commenta: << Cristoforo Colombo non sentì forse tanta
commozione quando i suoi occhi scorsero all'orizzonte il nuovo continente, che
aveva costituito il sogno della sua vita »>.
La gita a Pozoblanco rimase memorabile nel collegio della Trinità. Ma
chi avrebbe pensato Don Ricaldone Ispettore che cavalcava per 50 km. sorve-
gliando la carovana e per rutto il tragitto intesse coi giovani un dialogo vario
e vivace, con canti e preghiere?
Il Boletin Salesiano 7 riportando la cronaca delle feste, scrisse: « Nell'ulti.mo
giorno del triduo salì nuovamente sul pulpito Don Ricaldone, che senza dubbio
è uno dei gioielli piìr apprezzati che attualrnente possiede la Società Salesiana >>.
Già in questo primo anno di vita la giovane ispettoria festeggia l'acquisto
di una nuova casa, aperta a C6rdoba.t Era un'eredità lasciata da Don Rinaldi,
il quale, pressato dalle vive insistenze del parroco della chiesa di s. Lorenzo
di quella città, aveva otrenuro dai Superioii il consenso desiderato. Don Ri-
caldone perfezionò la pratica, firmando I'atto dell'acquisto dei locali messi a
disposizione dei salesiani, e nel dicembre attuò l'oratorio, che venne dedicato
a s. Francesco di Sales. La funzione religiosa della inaugurazione ebbe 1uogo
nella chiesa di S. Lorenzo, con \\a pattecipazione delle autorità cittadine e della
popolazione; Don Ricaldone tenne il discorso di circostanza prendendo come
tema la necessità delf insegnamento del catechismo ai fanciulli. La comispondenza
della popolazione fu superiore ad ogni previsione, tanto che Don Ricaldone
dovette raccomandare lo sfollamento degli alunni. Quando a C6rdoba nel mese
di maggio si celebrò per la prima volta la festa della Madonna di Don Bosco,
I'Ispettore non volle mancare e cantò le glorie di Maria nella chiesa di s. Lo-
renzo con eloquenza ed unzione che tenne avvinti i fedeli, i quali non diedero
alcun segno di stanchezza, nonostante la durata del discorso. Riserbò a anche
la conferenza pomeridiana ai cooperatori ed assistette ad un trattenimento ese-
guito in un teatro improvvisato.
7 Boletin Salesiano, noviembre 1901.
a I.)--28.Ckm6r.daobnao,rd-ecsatpidt4ieS_diveiglialia.pAronvtiinccaiacoolomnoianimroam, asnia,trèovpaatsriualladediedsutrea SdeenleGcauaeddailq-uLiuvcira,-
no; inoltre del filosofo arabo Avettoè e del poeta G6ngora y Argote. Notevoli due grandio-
squi amleonsuimeenntrtai:_-Lil!
ponte
cit!à;
lomano lungo 240 m., largo
la cattedrale, antica moschea
6-,50 m., formato da 16 arcatel per il
dei Catiffi o Rumiadi, la più'grande
dopo quella
1)4 m., co_n
dslla Mecca, è uno dei
19 navate e J50 colonne.
cIal pvoislaitvaotoriredeslil'afertremam,ovreivsacma;enètelucnoglpaitoLlei
m] larga
ammiraò,
a contemplare quel complesso di colonne variopinte, che nella discreta penombra danno la
impressione di. una selva. Da C6rdoba partì Don Chisciotte della Manàa per compiere il
viaggio leggendario descritto dal Cervantes.
t5r

17.10 Page 170

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Distribuzione del personale
Una responsabilità di 'molta importanza, che compete all'Ispettore, è la di
sribuzione dàl personale nelle singole case. Non è un problema semplice, perché
bisogna far fronte a necessità di vario genere con elementi che non sempre
hanno trrtte le qualità richieste. Inoltre presume una buona conoscenza delle
attitudini e della preparazione religiosa, culturale, professionale, didattica dei
singoli individui. Quindi può accadere che in casi particolari, dopo aver tutto
considerato, l'Ispettore debba accontentarsi di risolvere alcune situazioni come
può e non come vorrebbe. Può anche succedere che, seguendo una valutazione
e un concetto personale nell'afiidare determinati incarichi, la sua scelta sia giu-
dicata da un punto di vista diverso dal suo. Cose umane.
Detto questo, costatiamo che Don Ricaldone riserbava alla chiusura del-
l'anno scolalico la sistemazione
distribuzione nelle linee generali
dpeefninsaitvivaaddueralnqteuald'arnondoepl rpeenrdseonndaole,inmcaon^sllia-
derazione ]e necessità rilevate specialmente nelle visite fatte alle case. Scri-
vendo al cugino, direttore a Carmona, per invitarlo a predicare gli esercizi spi
rituali ai giovani di Siviglia gli dice:
Siviglia, 22 aprile l90l
Mio buon Don Antonio,
fare
Don
e il
viMloiigcrhaliÉogTgteioogCi labies.rattri.ed,p'aDolsolesnibsJipioeisn.éeI.lM..psìertratsi,oratDanoleqnuciFlalroma.nb! ciaResiamcloqauBrarlaaninto1c.ìo-E,pcieclorb.cquoounnitiniCunoaorrimneoi:a,
cato Valletti.
La seconda muta incomincia domani: dirai al caro Don Valletti che se
Cvpuaarosletlerfelalamrneoo.g"(NMlioeendsietdarcziirizoinnpiìe)unòetevieldneciarierco.aFmDinboiinraamnAennnottoi snfaiinobca(htIoséfefnuozi.inpornreii)dt.oicrVaniteionsriai-dbsuaontnoqoueeD_odeni
ipongu. Addio. Prega per il tuo aff'mo in G. e M.
Prrrno Rlcerpour,
Nell'agosto si recò a Torino, accompagnato da Don Antonio per pafteci-
pare al IX Capitolo Generale, che si svolse dall'1 al 5 settembre a Valsalice.
in quell'occasione visitò la Prima Esposizione Generale delle Scuole Profes-
sionali e delle Colonie Agricole Salesiane; inolue si recò a Parma ospite di Don
Baratta, per una migliore conoscenza del movi'mento Solariano, come si dirà
più avanti.
Intanto, salito al potere Praxedes S. Sagasta, un suo ministro, i1 Conte
di Romanones, attuava una politica antireligiosa nel campo della scuola; tra
i provvedimenti adottati accenniamo al decreto del 19 settembre 1901 che
era lu prima mossa contro le scuole tenute dai religiosi. Inolffe il movimento
anarchico prendeva piede nella classe operaia e dava segni indubbi della sua
vitalità. Don Ricaldone lo costatava con preoccupazione in una lettera al cugino.
t52

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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Cato Antonio,
tiviglia' 11 ottobre 1901
. mi rallegro che i tuoi tre leviti ti riempiono di soddisfazione e spero
che riuscirai a
sler.est] allora
trascorere un
per il cielo?
anno buono. se nòn avessi delle pene, che guada-
Ah, mio buon Antonio, soffrianio per amòre di
Gesù^Crocifjsso; nel cielo riceveremo l'eterno premio.
dr.oo-b{_fblTQia"mu, iopaelbraòbviosarpmaaroveemnpteiallrepceoinnnsctairdraeesntaatlrilaee,isntdraipsgaoerrtdcehineai;lvmàgetafnazocieecnoadsoDì rli,aoagninacruhclehlaiscmaobnosb.eiageumueaonnzedto.a
Procura di avere molta cura dei novellini. Ricordi
Don Valletti ed almi. Prega molto per il tuo aff.mo
cari
a
Don
Mic"hele,
a
Prsrno RrcerooNs
L'accenno a incidenti e disordini è ripetuto pochi giorni dopo in una let-
tera a Don Barberis, in data 21 ottobre 1901.
bscurroras«sc.ciSoatioaorm..rsiobei_lpesuo..pr.reaS_^ ciauimnsoavr.àuplrcgoaiponrciooo_focrhazeall.e.d. saDtruieotntecg.eivonerendorliebamelrlo,i.aselteousipiaucòasilvmdigaarricqaiueunsnotona
possiamo
cienti e i
dire che le cose vadano
disordini si ripeteranno
meglio, le
forse assai
misure
presto
repreJsive sono"
ed in maggiori
insuffi-
propor-
zioni. L'anatchismo ha fatto e fa immensa strage >>.
Gli « incidenti e disordini >> lamenrari erano Ia conseguenza di una propa-
ganda anticlericale, pedissequa di quella di §Taldech-Rousseau in Francia. Si
erano iniziati, già nel 1900, quando la rappresentazione del dramma << Elettra >>
di Benito Pérez Gald6s, romanziere e scrittore drammatico, ordinariamente ave-
vano come epilogo manifestazioni di popolo per le strade e dimostrazioni ostili
contro i conventi non solo a parole, ma anche con lancio di sassi.
Nella giornata dell'Ispettore gli imprevisti occupano un posto non rrascu-
rabile; e se ne comprende il motivo. Le varie case della ispettoria formano al-
trettante grandi famiglie, nelle quali i problemi della convivenza sono gli stessi
che si presentano nelle famiglie naturali, ma moltiplicati di numero, ingranditi
nelle dimensioni, differenziati per molti aspetti contingenti; inoltre a queste
case guardano i genitori degli alunni, le autorità civili, la gente che in qualche
modo ha relazione con essa. I direttori, come è naturale, tengono l'Ispetìore al
corrente sull'andamento delle loro case; cosicché sul tavolo dell'Isfettore la
corrispondenza port^ notizie confortanti, che si alternano con notizie di incon-
venienti poco piacevoli; sono gli imprevisti che l'Ispettore deve mettere in
preventivo ogni mattina per evitare di essere colto di sorpresa.
Anche a Don Ricaldone non mancarono le preoccupazioni di ogni genere
in dal principio del suo nuovo compito. « Ti ringrazio se fai pregare per una
situazione gravissima - scrive a un direttofe -. prega sul serio; vedo che
153

18.2 Page 172

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Maria Ausiliatrice vi ascolta; vediamo se in questa occasione otterrete ciò che
attendo >>.
Ma ol6e gli imprevisti, ci sono le questioni di fondo. La ptima visita com-
piuta e l'apertura della nuova casa l'aveva messo di fronte ad una realtà poco
piacevole, la scarsità del personale; per questo motivo manteneva ancora la re-
iponsabilità della direzione della SS. Trinità. Il personale non si improvvisa;
è il f.,.rtto di molti anni di preghiera, di sacrifici, di molto lavoro. Proprio in
questo frattempo Don Barberis, a nome dei Superiori, gli domandava un con-
fiatello per le Missioni d'America, bisognose di aiuto. La richiesta gli cagionò
-olt,
poté
p..ra;
fare a
non pensava neppure lontanamente di opporre un rifiuto,
meno di manifestare a Don Barberis la sua pena e fargli
ma non
presente
la difficoltà in cui si trovava, disposto però ad obbedire.
Siviglia, 21 ottobre 1901
Molto Reverendo Sig. Don Barberis,
Il
la
pceahnroourriSaic"igec.hveuDtoofannesRplloianvasetlnedtsois,poeogdlrioàèrndionirelqeuaseusLetiedtiuecemolmpeiettde.srietlioaemttraoiscpdhoeinp.df-oaersmseoennszaatileein:ridèuavgteaiorlee.
,lmeno gli elementi indispensabili pet
Cifpremesso, io non ho nessuna
danifdfiacroeltaàvianntui babllaid- imreegelimo.o.lto
volentieri
fear'pòeTrciciaòolilòoahsfoefeidttiumSouisnpiuesirriaeolruiitlidiarsiipdcooantrtgoioSnpuoep;ressoroinolaorilefeadcchcEieollaanbobntiaoarmneol.achlaesccrieddoi
impossibile
pregare pet
il suo aff.mo in G. e M.
PrBrno RrcetooNB
La scarsità di personale gli dava ,molta pfeoccupazione anche perché 1o met-
teva nella impossibilità di accogliere proposte di nuove fondazioni; si rivolgeva
alloru ai Superiori, i quali non sempre potevano accontentarlo.
Utrera, L6 apùle 1902
Molto Rev.do Signor Don Rua,
Padre amatissimo in G. e M.
Le racchiudo il rendiconto della casa di Carmona; 1e cose vanno bene,
ma potrebbero andare meglio. Ah caro Padre, dappeltutto si-vedono.gli effetti
dciclhoepeilaàen.ttosIoncn.arpSmsocesorziszvdoaeonrdòosipp^epnicùerioarsflueaounrleraanle.srp.ct.ruAeoadgllaeo:Ssasuigonncoahobrep-bDeciaorimnmvooaCg-aleleilartcrnruriootidnmuieceaosnpcddoeailnorgferooagltatteee,nlnletieerilen'da..l,iqtSruobivau.iplgoc-lnheiaoer
s'piritIo
e volontà, perché le
pericoli che-parevano
iiròstanre,
imminenti
come
per il
F.lla sai non sono tropPo
decreto del 19 settembre
buone'
relativo
alle Associazioni reiigiose sono
mersi da quesra genré che è Io
pitreurmoernatoscodmelplaarfsrai:mqausasnotnuenrqiau.eN_otui tstoegpuuitiòamteo-
t54

18.3 Page 173

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facendo tutto il b:ne possibile: queste persecuzioni fanno anche un gran bene
allo spirito. Deo Gratiasl
Adesso parlandole con la franchezza di {iglio a padre re notifico che per
psmuMiispmloitneceaarpafuttsnireerostiiba.eaagore.grnsennfaafDio,ieoztosraidzmmssorieeseneuateirom,nadaslltievceeefahroalrelniccnnaulmconodis;iorrsaoeoiodecczmcciadeoshfhneanoéiedneminzpiocszoseiocgaierthnaslumrieeeomeitgadtdivocv.eniuohsaadigiptetgrileanliiisal.noionitcoanoeSoe:-toucrrsaueaheibl.snsezooisisISalarfpidaàanrulniecdseeoncites:ititnenoaocsodaaninsnvtcsioeeahiafgrmvfee,elllaor-icpraigrmhrcbeliaiieaoitpsstdmnàrfsadaiioaar,iendi',ne,qpnioiàcueoluph.rernnud'peenlaeeeleauilropnolstlelosusocatattvipieatdtviteuaiteàeùo.cin.s,sczcSccdbosieroaoeeo,n,rnnnonlldtllteelooeoaei
scendere
1oro.. Il
ai loro
motivo_
desideri perché non sono disposti a f"are unà sforzo in
principale che adducono è dìgno di considerazione. I
favore
prote-
stanti non solo hanno costruito e aperto scuole, ma hanno pure aperto in quella
povera città un seminario-_protestante, cosicché l'invasionè è completa. I'ioro
sentimenti cattolici ne soffrono e perciò questi buoni signori deiiderano che
ciAsalaedrlcnegiotsivrrigooea_nnsdacic.ochivoeIeoosm,tpoharoesofrnifi_,ldiaftnoadteocnd.cooignatoteloe.dlurnvtecuoeobdtsb-tseeiefrogeaarllszlicosohaaneirptgaesnonerema,vlnqleeaudndeostesiustdeosaaecsaanaorcspioohoeiirddeetaoicopcclemoaez"gseli.6giannisnùtaiitlacuissontslasoiambìtiipoclaii.osccsacIalpol ilcvqaseuuigdeicneasmrosreoari
sono risoho a soivere alla v. R. Si tratta di due chierici ed un pretè. pongo
la cosa nelle sue mani e resrerò tranquilio in Domino della decisiàne che EI"la
prenderà.
Spero non dimenticherà 1'affare de1 noviziato.
Fra breve le scriverò per dare notizie delle altre case, che vado visitando
poco per volta.
Non ci dimentichi nelle sue oruzioni ed in modo speciale preghi per
questo povero suo figlio in C. J. et M.
ProRo RrcerooNp
La risposta di Don Rua, detrata dalle direttive che aveva impartito a pro-
posito del consolidamento delle opere in atto, gli diceva essere imporribil.
accogliere al presente la domanda; se i benefattori volessero ..der. cinque
anni di tempo, la domanda sarebbe in seguito presa in considerazione. Del reito
Don Ricaldone sapeva che già da qualche anno una grande benefattrice atten-
deva con pazienza che i superiori accogliessero la sua istanza di aprire una
Casa di Cadice e già stava costruendo I'edificio... Sapeva inoltre che eniro I'anno
si sarebbe iniziata un'opera a Ronda. Ciononostante, nel dubbio di non aver
presentato la cosa con sufficiente chiarezza, insistette ancora nella richiesta,
facendo presente il gran male che i protestanti facevano specialmente aTla gio-
ventù. Ma i Superiori non ritennero di dover deflettere dalla deliberuzione
presa e Don Durando gli rispose in tal senso. Ma gli interessati alla fondazione
non volevano rinunciare al loro progetto e premevano con un certo senso di
disgusto su Don Ricaldone,
rino. Il loro atteggiamento è
perché a sua volta insistesse
comprensibile; chi guarda ,r,
in ogni modo a To-
o.gr.rir-o all,esterno
e da una certa distanza non può conoscere 7a rca7tà interna che condiziona le
155

18.4 Page 174

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sue attività funzionali; la Congregazione Salesiana dimostrava di possedere
vna forua di espansione straofdinaria, quindi per questa sua vitalità avrebbe
potuto facilmenie disporre di due o tre elementi per iniziafe un'opera buona,
àestinata ad arginare il dilagare dell'errore a Porto Santa Maria. Don Ricaldone
giudicò conveniente fare un ultimo tentativo.
C6rdoba, 16 giugno 1902
Molto Reverendo Signor Don Rua,
Padre amatissimo in Gesù cristo ho ricevuto la lettera del Signor Don
dD;io;ou"lmorJaa.nmn;ddiio;asnpioeningcproeiesnrpi-sloivnsbiotveanedeaiilssdlatuaebnlplzbeeeidtaiz,ineuiionnmanteeep;eicd-ceal'ooilanspoig-orfenotsnooddt-iaepzdlliareoonlnpePor.iusoHreaarotsoP:tic'dimuSerooaScrreiaeendltaa' i
Maria
essere
V' R'
che
im-
che
che
sVoonrorècia"diu. tianlmelelenobiparnoèphteier
importunitatem
dei protestanti.
si salvassero quei poveti tag zzi
Insisto eziandio pel danno che
dovremmo sof{rire noi: si tatta degli Osborne, degli Ibatra che l'anno scotso
ci diedero 25.OOO ptas,, si tratta di moltissime famiglie che stimano impossi
bile una negativa.
Satebbà dawero
alienarsi
i
più
poderosi elementi. Ne son tutti
tanto
p.rrrru.i della affermazione
èhe i Sul.riani andranno al
che ho visio con sorplesa pubblicata
Puerto de Santa Maria. I1 danno che
i.nperiogteiostrannatlii
te fanno è
sono
enorme:
vogliono
iplerdsaunandoercshi)esavreerbrebebbgeraandniosisi(mpeor;cipoqvueersi triusgiagznzoi fsi inpoenrdpoonso'
e d'altrondè sarebbero contenti con salesiani.
Ho creduto dovere di coscienza insistere a questo riguardo: adesso solo
as'petFto.,la,rnsupaariiosp^doistgaiocrhnei
sarà sempre ricevuta con
le scriveìò nuovamente.
-piacere'
Irattanto
preghi
Padre amatisiimo. esami del nostro collegio di Utrera stupendi:
per noi,
st 1270
esaminandi vi
Benedica
furono solo 25 rimessi a settembre. Deo gratias!
questi suoi figli e in special modo questo suo aff'mo
in
C'
J'
PEono RrceLooNB
Tanta insistenza fron rimase senza effetto; Don Durando gli apfì uno spi'
raglio di luce, consigliandolo di rivolgersi alf ispettore della Colombia, Don
Ràtag[ati, il quale avrebbe potuto venirgli in aiuto; inoltre era probabile che
po,.rl. ottenere anche qualche confratello francese. In attesa di questi aiuti
egli promise ai benefattori di iniziare l'opera; ma non se ne fece nulla, come
dl.rno più avanti. Le trattative non ebbero altro seguito, anche perché nel
fratt.mpt si iniziava l'opera salesiana a Cadice, che da sette anni aspettava i
Figli diDon Bosco ed un grandioso edificio era pronto ad accoglierli.
La soluzione del p.obl.-u riguardante il personale continuò a tenete il
primo posto nella sua mente; interessava la comunità dei confratelli nelle visite,
.,. fr..u, algomento di discussione nelle adunanze dei direttori. La meta finale
a cui mirava era l'apertura di case di formazione: aspirantati, noviziati, stu'
dentato filosofico e teologico. Come diremo in seguito, la sua volontà riuscì a
t56

18.5 Page 175

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rcalizzare le prime re case; lasciò ai suoi successori f impegno di aprire lo
studentato teologico.
Intanto per le necessità più urgenti confidò nell'aiuto dei Superiori, non
risparmiò se stesso e domandò ai suoi confratelli il sacrificio necessario. Co-
sicché anche nel secondo anno poté arricchire la Ispettoria di una nuova casa,
c^paeritttà^
a Ronda, che prese il
della Marchesa Teresa
titolo di << Scuole di S. Teresa >> per ricordare la
di Montezuma, la quale volle la istituzione la-
sciando la proprietà di i,mmobili per assicurarne l'esisrenza. Le scuole elemen-
tari dovevano ricevere gratuitamente fanciulli poveri della città; i Salesiani inol-
tre avrebbero accolto come interni un certo numero di ragazzi bisognosi; quantl
ne consentivano le rendite degli immobili.
I1 12 ottobre, festa di N. S. del Pilar, arrivarono i confratelli destinati
alla nuova casa: Don Antonio Ricaldone, che lasciava la direzione di Carmona,
e con lui due sacerdoti e un chierico. Due giorni dopo arrivò Don Ricaldone,
accompagnato da alcuni confratelli, dalla banda e dalla « Schola cantorum )>
della Trinità, perché la festa della inaugurazione rivestisse il carattere delle so-
lennità.
Per Ia scuola
Un altro problema importante che gli si presentò all'inizio, riguardava 7a
scuola. Colla pubblicazione del decreto reale preparato da Romanones, la si-
tuazione scolastica si era aggravata; bisognava provvedere urgentemente, indi-
izzando confratelli, che ne avessero \\a capacità e la possibilità, a sostenere esami
di stato, onde ottenere iI titolo richiesto per l'autorizzazione alf insegnamento.
Occorreva domandare un sacrificio non lieve ad alcuni chierici e sacerdoti,
poiché detta preparazione era un di più che si aggiungeva ai molti impegni
ordinari. Ma il suo esempio agiva efficacemente da stimolo.
Si rivolse anche al cugino.
Mio buon Don Antonio,
Siviglia, I gennaio L902
mi è letteralmente impossibile venire: parto domani pet Màlaga e ritornerò
prima del 17. Interpreta il mio sentimento a quei tre. Ai filosofi invio due
righe. È indispensabile cbe si preparino per piendere il titolo di maestro e
diano l'esame nel p. setternbre. Le materie sono molto facili. È uscito il sata-
nico decreto di Romanones ed è indispensabile che prendiamo dei titoli se
non vogliamo vederci obbligati a chiudere le scuole.
Oh se lo prendessi anche tu! Si ratta della gloria di Dio ed è indispen-
sabile fare uno sforzo.
Conviene che tu venga
Gesìr e Pepe possono dare
a Siviglia subito; comperi
l'esame
i libri e
con grande facilità.
i programmi e poi
faccia un vero sforzo.
Coraggio che ci vedtemo. Addio. Molti ricordi.
Prega per il tuo aff.mo in G. e M.
PrBrno Rrcarpoup
757

18.6 Page 176

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Domandò il sacrificio anche ad alri confratelli, facendo sicuro assegna-
mento sul loro buon spirito salesiano, che fa del lavoro la sua divisa. Però le
disposizioni ministeriali non si limitavano ad esigere che gli insegnanti aves-
sero il titolo accademico, ma stabilivano anche l'accertamento di determinate
richieste, elencate in un formulario, alle quali il Direttote del collegio doveva dare
risposta precisa ed esauriente. Presa cognizione sul da farsi, mandò agli interes-
sati le opportune istruzioni, come Ie circostanze comportavano. In ptoposito
riportiamo in Appendice due lettere scritte al cugino. Si veda allegato n. 13.
I1 problema della scuola per Don Ricaldone non esisteva soltanto in tela-
zione alle esigenze delle autorità scolastiche, ma richiedeva un esame attento
e approfondito sotto l'aspetto della responsabilità assunta dal collegio salesiano
di fronte alle famiglie. Per conto suo aveva raccolto le diverse manchevolezze
osservate direttamente e quelle fattegli presenti dai direttori e conftatelli; si
era fermato a considetare in quale modo si dovesse rimediare, domandando pute
il parere di chi poteva darlo. Ma era necessario discutere tutto il problema in-
sieme ai suoi più diretti collaboratori: i direttori.
A tale scopo dedicò il convegno annuale dei direttori stessi, svoltosi nei
giorni 16 e 17 agosto 1903. Si notò anzitutto che nelle scuole delf ispettoria
si era costatato un doloro fenomeno: e cioè la diminuzione dei tagazzi, i quali
all'inizio accorrevano in massa alle scuole salesiane e poi nonostante \\a musica,
il teatrino, i premi ed alte atrattive le abbandonavano. Quale il motivo del
grave inconveniente? Si doveva attibuire specialmente alla insufficiente prepa-
tazione dei maestri, sia nella cultura, come nelle cognizioni pedagogiche e di-
dattiche.
Per rimediare almeno in parte a questo stato di cose, si decise di chiudere
l'anno scolastico con la prima quindicina di luglio e inviare da quel tempo
fino a settembre, se fosse possibile, tutti i maestri alla casa di Utrera per
frequentare corsi speciali di pedagogia e di quelle materie che avrebbero dovuto
insegnare ai loro allievi. In tal ,modo, insieme all'unità, si otterrebbe anche il
miglioramento dello spirito salesiano. Inolre si stabilì che il direttore di ogni
casa durante l'anno tenesse ogni settimana una conferenza di nattra pedagogica
ai propri maestri, (l'Ispettore si sarebbe informato se detta conferenza avesse
luogo regolarmente) visitasse la classe mensilmente e più sovente, se fosse
possibile durante le lezioni, per accertarsi della eflicenza dell'insegnamento im-
partito.
L'Ispettore a sua volta avrebbe inviato un suo rappresentante a visitare
tutte le scuole dell'Ispettoria possibilmente ogni due o tre mesi od almeno due
volte all'anno.
Essendosi poi ossetvato che molte volte i maesfi non insegnavano con
profitto perché non avevano ben spezzata la materia in modo graduale e pro.
gressivo, e che andava sempre più accentuandosi l'atteggiamento del governo nei
volere che f insegnamento privato non si allontanasse minimamente da quello
ufficiale, si decise di incaricare una commissione, eletta dall'Ispettore, per la
redazione di testi secondo i programmi dettagliati per ogni classe e per ogni
158

18.7 Page 177

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materia; ogni membro della com,missione doveva consegnare il suo lavoro nel
mese di dicembre. Discussi ed approvati i detti programmi, l'Ispettore avrebbe
incaricato determinate persone di preparare i libri di testo, che si sarebbero
presentati al governo per l'approvazione ufficiale. Nella compiTazione di questi
lavori si doveva prendere come base f insegnamento ufficiale e seguirne Ie
norme in tutto ciò che era possibile. Nacque così una bella collana di testi
scolastici (tra cui antologie di poeti e prosatori spagnoli) per le scuole sale-
siane; essa fu dichiarata di << utilità pubblica » dal Ministero della Istruzione.
Infine, considerate le gravi difficoltà che incontavano i Salesiani quando
volevano prendere il titolo di maestro, senza lasciare le proprie occupazioni
(la scarsità di personale rendeva a volte eccessivo il lavoro) si concluse che,
finché l'Ispettoria non avesse uno studentato ad hoc, si inviassero i confra.
telli più capaci nelle case di Utrera e di Montilla, dove avrebbero potuto ar-
tendere con più agio ai loro studi per il Magistero, come già si faceva per co-
loro che si preparavano ad esa,mi di Ticenza della scuola media per il grado
superiore o della università.
Come si vede, le conclusioni pratiche furono di grande importanza e diede-
ro buoni risultati, poiché non rimasero lettera morta; Don Ricaldone era solito
attuare quando giudicava necessario per il bene dell'ispettoria.
La Biblioteca Agraria Solariana
Ma il governo della Ispettoria e la direzione della Trinità sembra che
Iasciassero ancora disponibile una parte delle sue energie, poiché è proprio nel
1902 che getta le basi e prepara il materiale per la realizzazione di una inizia-
tiva di valore eccezionale, che verrà Tanciata nell'anno seguente: vogliamo dire
la creazione della Biblioteca Agraria Solariana, la quale è chiara espressione di
genuino spirito salesiano nel darsi al lavoro sino e oltre i limiti delle proprie
forze, per un impulso interiore che urge e spinge alla diffusione del regno
di Dio.
L'idea dell'opera non nacque da un giorno all'altro, maturò dopo un pe-
riodo di riflessione. Figtio di agricoltori, vissuto sino ai 18 anni in una zona
eminentemente agricola, non era affatto digiuno dei problemi che interessavano
la agricoltura italiana.e Fin da quando era direttore a siviglia gli era giunta
l'eco del << cenacolo di S. Benedetto »> che, iniziatosi nel 1894 nel collegio sa-
lesiano di Parma, aveva radunato attorno a Stanislao Solari r0 ed a Don Cado M.
e Notiamo, di passaggio, che negli anni rascorsi da Don Ricaldone nel Seminario di
Casale, tra gli insegnanti c'era Don G. Caroglio, parroco di Altavilla, conosciuto come <{ agro-
nomo
)>;
t0
S_foulaurnioSdtaeniispliaùo,connavtointiineGd einntoevllaig, ednatpi pdtiimvual-gsaetgouriì
del
la
Sistema Solari.
carriera militare
nella
marina,
dalla quale si ritirò col grado di Capitano di fiegata di-1u classe per stabilirsi nel Parmense
in
un
Iplovdaelroeroasroiduoffeicgiahlieaio(2som, deedtatogliiel
, Borgasso, à
di argento e
km. da Parma.
una di bronzo al
valor
militare
in
azioni
159

18.8 Page 178

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Batatta un gruppo di giovani universitari e di professionisti, che discutevano
con ardore i problemi del tempo.
Era una fucina tormentosa di idee e di discussioni sui principi della « Nuova
Fisiocrazia » enunciati dal Solari con frase incisiva, talvolta prolissa, che Don
Baratta amabilmente tendeva chiara alle ,menti dei convenuti. La nuova fisio-
cr^zia, dopo aver messo in evidenza l'errore agricolo, che aveva portato all'esau-
rimento del terreno, (il Solari chiamava « agricoltufa ladra »> quella praticata
da secoli) e le sue conseguenze economiche e sociali, indicava il rimedio efficace
nel << Sistema Solari >>, frutto di sperimentazione e di geniale intuizione, che, ap'
plicato fedelmente, portava 7a terta ad un alto grado di fertilità, con I'induzione
gratuita dell'azoto atmosferico e colla ruzionale anticipazione della concima-
zione minerale. In ciò stava la chiave della soluzione della questione sociale.
L'idea so ariana e il sistema pratico di coltivazione, che da lui prese il
nome, si diffusero ben presto in ltalia, in Francia e nella Spagna per merito
delle pubblicazioni del Solari stesso, di Don Baratta e di parecchi solariani, in
particolare pef merito di Don Baratta, al quale si devono tre grandi rcaTizza'
zioni sorte a Parma'. la Scuola Agraria Solariana nel 1900, la, Rivista di Agri
coltura (continuazione della Cooperazione Popolare) organo di diffusione so-
lariana,la Biblioteca della Rivista di Agricolturu (1902).
Nella Spagna il sistema Solari ebbe buona accoglienza. Tra i pri'mi ad ap
plicarlo si devono ricordare i Salesiani di Gerona (Catalogna); in questa città
nel 1891 i Salesiani avevano fondato una << Colonia Agricola >> in un vasto po-
dere donato a tale scopo dal Marchese de la Cuadra di Barcellona. Il direttore,
Don Giacomo Ghione,rl fin dai primi anni applicò il Sistema Solari, con esito,
insperato, quintuplicando la produzione del frumento, e nel 1901 presentò i
risultati ottenuti nella Prima Esposizione Generale delle Scuole Salesiane e
delle Colonie agricole Salesiane, allestita a Valsalice, sotto la direzione del
Consigliere Professionale Don Giuseppe Bertello.
L'esempio di Gerona trovò ammiratori e seguaci in tutta \\a zona. Di quel
periodo va ricordato il Conte di S. Bernardo, considerato come il primo agri
di guerra ad Ancona, Gaeta ed al Garigliano) divenne ben presto eccellente agricoltore, che
vide i,n una agricoltura più razionale la base della economia nazionale e la decisiva confutazio-
ne dell'erore maltusiano.
Ii sistema tecnico-agricolo che da lui ha nome è frutto di studio intenso e di intelli-
gente sperimentazione, ed ebbe la più persuasiva allermazione dai risultati ottenuti. Difatti
il Solari in breve tempo al Borgasso portò la deficitaria produzione di 7 q. di frumento
per
poi
ha,
in
a quella redditizia di
varie regioni d'Italia
20 q. Ben presto il « Sistema Solari » si diffuse
e all'estero; divenendo, infine, pratica comune.
nel
Il
Parmense e
Solari ebbe
ld ventura di inconrare il direttore del collegio salesiano di Parma, Don Carlo M. Baratta,
che
fu
11
fI1intSearpc.reGtehiofendeeGleiaecoiml odievunltgròatnoerell'OapraptaosrsioiondaitoTdoerinl osunoepl e1n8s7i6etaollt'eetliàgiodsio2sIocainanlei.;
fece la professione perpetua a Lanzo nel 1879; mandato a S. Pier D'Arena ricevette la
ordinazione sacerdotale nel 1881. Nel 1887 andò in Spagna, a Barcellona e nel 1892 era
direttore a Gerona.
160

18.9 Page 179

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coltore di Spagna 12 il quale applicò nei suoi poderi il sistema Solari e ne fece
una attiva propaganda.
Almo illustre propugnatore fu il Conte del Retamoso, che nel Congresso
di Valencia lesse una memoria entusiastica sul nuovo sistema.
Don Ricaldone, come si è detto, ebbe conoscenza del << cenacolo di s.
Benedetto » e delle sue attività quando era Drettore a siviglia; ed abbiamo
pure notato che nel 1899 aveva acquistato circa mezzo ettaro di terreno addos-
s,ato all'edificio in tutta la sua lunghezza sul lato di ponente. Si trattava di
una piantagione di aranci; essendo questa andata in ,malora perché devastata da
parassiti, il terreno venne coltivato ad orto tranne un piccolo appezzamento colti-
vato a medicaio. In una vecchia stalla si allevavano alcune vacche, che forni-
vano il latte alla Comunità, ed una porcilaia rustica riceveva gli avanzi deTla
cucina.
oltre al rustico, esisteva una graziosa paTazzina, che nel 1902 fo adibita
come prima casa di Noviziato dell'Ispettoria andalusa.
In questo terreno Don Mdrmol ricorda che « i Novizi, sotto la guida di
Don Pieto, facevano le prove del Sistema solari, seminando . rr..oglierdo a
suo tempo )>.
Don Ricaldone chiamò quel pezzo di tera coi fabbricati << una discreta
colonia agricola »>, il Boletin Salesiano la promosse a « splendida colonia agri-
cola sperimentale ,>.13 Non si reca offesa alla memoriu di Don Ricaldone os-
servando che le due frasi rivestono lo stile andaluso. È importante però il fatto
che Don Ricaldone sperimentava il Sistema Solari (anch. l. ,, scala ridottissi-
ma) facendo paftecipare i novizi alle sperimentazioni.
Recatosi a Torino nell'estate del 1901 per prendere parte al IX capitolo
Generale, ne approfittò per fare una visita a paima, dove Don Barutta lo p..-
sentò a stanislao Solari e ai valorosi e vivaci ,membri del « Cenacolo ,. Dallo
stesso Don Baratta ebbe copia delle sue pubblicazioni, ra le quali ricordiamo:
Di una nuova missione
raggiunse in breve \\a
del clero dinnanzi alla
7" edizione). Benefica
questione
influenza
sociale iedito nel 1895,
che clero e laicato cat-
tolico possono esercitare colia diffusione dei nuovi principi economici (1g96).
La libertà dell'operaio (1398).
A valsalice dove si svolsero i lavori del capitolo Generale, visitando la
Esposizione sopra accennata, nella Sezione << scuole di Agricoltura » si fermò
con compiacenza ad osservare 7a parte riservata alia Colonia Agricola di Gerona.
Pensiamo che sia stato per lui una gradevole sorpresa l,iniziativa d,el
12 Il conte di s. Bernard^o fu uno dei più illulti uomini di spagna del suo tempo:
dld{aetevrpneutule_ltogadatetocolh,ltaeiaseSmdnoeaacìviteaostircetae,ArmggisrarasainrmSidaooelaSMdrpi.aiaegsnReotrluloaqSe,eoala,asrommittificounoiisaetsmruosmoidiirfaeairultmosRrpaeeivc.asi iAnndemceleloaaroovSi;aispnsla'eiagmfnglaàariccosoootrriirrsiirresrrpuZeon"fiidioefrunì."zrican.o.uenli'pvr*i.isnirt-oroo--
va scuola economica.
13 Boletln Salesiano, junio 1905.
't6L
1'l

18.10 Page 180

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Bollettino Salesiano, che alla fine del 1901 iniziò una nuova rubrica dal titolo:
« Spigolature agrarie »> che comparve per tutto il 1902, nella quale venivano
.rpl*" in forÀa chiara ed accessibile a tutti la pratica del Sistema Solari' E
..rrr-.n,. provò grande impressione leggendo il Bollettino Salesiano del gen-
naio L9O2; in .rro il Rettor Maggiore, Beato Don Rua, esponendo ai Coopera-
tori e Benefattori il programma delle opere proposte per lo stesso 1902 scri-
veva tra l'altro:
« I1 ritorno ai campi, ecco quale voffei fosse il precipuo campo dei figli
di Don
colonie
Bosco. I
agricole
Salesiani
in Italia
già
.d
da parecchi
ull'.tt.to e
anni consacrano la loro attività
maggiori ceftamente saranno i
nelle
risul-
tati quanao i nostri buoni cooperatori ci procuferanno i mezzi onde fornirci
di tuiti quegli sgumenri che i progressi dell'agricoltura richiedono >>.
« E qui parmi anche opportuno ricordare la scuola Agraria di Par,ma, la
quul., ,o.tu per iniziativa di quei nostri Confratelli sotto la direzione del so-
làrte diretto.. Don Baratta e col consiglio ed appoggio del celebre Stanislao
Solari, che ne è lustro e decoro, promette di riuscire luce di progresso agtaio
e fonte di benessere specialmente per I'Emilia »>.
Lo stesso Bollettino riportava la seguente lettera:
Reverendissimo Signore,
Ho salutato con esultanza grandissima la nuova rubrica apparsa nell'ul-
timo Bollettino Salesiano dal titòlo Note Agrarie, in cui g1i esimi scrittori si
p' ro'poAnigomnooldti itictooolipedrai rbeenae1lma edrei(nfuzsaiocnhee
dei nuovi principi.di agratia'
i buoni Salesiani hanno già
dinanzi
annareloldalrle,,ons.rotreacri"edp'trreàe"lsianmeptneiptoreoa.rc,tLuaeoatrsriscenie.unoSedviaiaa-gfbigr,buiiu*iatnito,giconcon.oollnecsuhponelioaùnedtvsisisivsiniemiunocit.eovnnoQdg,uordaenitsoutmloacazoèsimosnippmiiueaprreeetmr11pi'oloanurtfgaeupnlirqczioòea
pl"rl.ro,
ifr. gtlu
l,espressione
mi àomanda,
del mio personale tssequio. Dell'aiuto del
disponga quel poco che può valere. Ho
mio consiglio,
l'onore di ras-
segnarmele,
Suo'devotissimo ed ubbidientissimo
S'raNrsr-eo Sorenr
Le parole del primo successore di Don Bosco e la divulgazione del Si-
stema SJari fatta dal Bollettino Salesiano diedero f impulso decisivo che deter-
minò Don Ricaldone a concretare f idea di seguire le orme di Don Batatta in'
tetvenendo nell'apostolato sociale della Spagna colla diffusione su larga scala
del pensiero solariano.
Visitando le case dell'Ispettoria e avvicinando proprietari di aziende agri-
cole e contadini, aveva potuto farsi un'idea abbastanza concreta delle condi
zioni sociali dei lavotatori dei campi e dello stato dell'agricoltura nell'Anda-
lusia. Nei fenomeni dell'urbanesimo e della emigrazione, che preoccupavano le
162

19 Pages 181-190

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19.1 Page 181

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autorità, vedeva la conseguenza naturale del sistema di coltivazione, quello
delI'agricoltuta ladta, che aveva portato 7a terra all'esaurimento, con una pro-
duzione assolutamente insufficiente a17a vita dei contadini. A confermatlo nella
bontà della sua idea, ormai chiara sul modo di rcalizzarla, in principio del 1902
il conte di san Bernardo dava alTa luce un opuscolo dal titolo: << Il problema
del pane >> nel quale, dopo aver esposto Io stato economico deila Spagna e
accennato ai palliativi usati per combattere la crisi agricola, indicava nel Si
stema Solari il mezzo efficace per portare iI terreno agratio al più alto grado
di fertilità col minimo di spesa e notava le benefiche conseguenze economico-
sociali che ne derivavano.
Alla luce di quanto si è detto, appare chiaro il significato della lettera
indirizzata al cugino Don Antonio l'11 aptl7e 1.902, nella quale g1i soiveva:
<< Dobbiamo fare qualche cosa... )> e 1o incaricava di fare la raduzione di un
opuscolo della Bibtrioteca Agraria di Parma. Don Ricaldone stava realizzando 71
suo disegno grandioso e coraggioso, che definisce modestamente, << qualche co-
sa >>: la creazione di una collana di libri destinati agli agricoltori. Assunse per-
sonalmente la responsabilità della impostazione e dello sviluppo della iniziati-
va; cercò collaboratori competenti ai quali affidare 7a preparazione di determi-
nati opuscoli; riserbò a 7a compilazione dei primi due volumi, che dovevano
presentare al pubblico la << Collana » mettendone bene ìn luce lo scopo.
Quando al principio del 1901 ebbe sul tavolo i manoscritti che avrebbero
assicurato la continuità delle pubblicazioni per tutto l'anno, dando tempo per
la preparazione di nuovi lavori, lanciò l'annunzio della Biblioteca Agraria Sola-
riana, pubblicazione ,mensile dedicata a fomentare I'agricoltura moderna.
Nel marzo vide Ia luce il primo volume: Pietro Ricaldone: I<< lavoratori,
l'agricoltura e la questione sociale »>; nel mese seguente il secondo dello stesso
Don Ricaldone: << Il clero, I'agricoltura e Ia questione sociale ». I titoli dicono
di per l'tmpofianza deTla ttattazione e la vastità degli argomenti esaminati. Cia-
scun volume conta poco meno di 300 pagine, in ottavo.
Molto opportunamente dedicò il lavoro all'Episcopato Spagnuolo con una
nobile epigrafe:
All'Episcopato Spagnolo
che seguendo le gloriose racce
dei Leandri, Isidori, Ildefonsi e Cisneri
nelle paurose lotte di questo tempo
con generoso slancio e apostolico zelo
lavora per un glorioso avvenire
di pace redentrice
e solido benessere sociale
per la nostra amata patria
questo umile lavoro, povero di meriti
ricco di desideri e bisognoso del valido appoggio
163

19.2 Page 182

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di cosi alta protezione che 1o avvalori e lo presenti
al clero Spagnolo
con riverente sottomissione e filiale affetto
o. D. c.
Si noti quel <, pet \\a nostra amata patria >>, molto significativo.
Il primo volume porta il lusinghiero giudizio di José Roca y Ponsa, Ma-
gistal de la S.LP. di Siviglia, il quale aveva esaminato |'opera per incarico
dell'Arcivescovo. In proposito Don Ricaldone diceva che il giudizio suddetto fu
per lui una sorpresa, certo graditissima; difatti egli aveva chiesto alla Curia
soltanto l'Imprimatur! Fu come un incoraggiamento piovutogli dal cielo.
I1 pubblico fece buona accoglienza alla Biblioteca, che si presentava con
,r.r.ro-. ben conosciuto in Siviglia; la nuova iniziativa illuminò di nuova luce lo
zelo dell'autore e allargò 7a lama della sua cultura, che si dimosuava profonda
nel campo economico-sociale.
Pei evitare italianismi aveva pregato l'Avv. Don Juan Romero, che già
conosciamo come suo grande amico e benefattore, di rivedere i due volumi. Ed
ecco un giorno venirgli incontro l'avvocato
Pedro, por Dios, i qué bizo Usted? Por qué
portando i
no me lo
hdaubeecvhooluumeir.?-QuDé oens
este: << Es noto a todos?
che Don Ricaldone non
>> Notorio, se
aveva ancora
pdriceep!a-ratot4qSuai nltdaotlaavvr-evdaelclaonpsreegfanzaiotonei,l
manoscfitto al revisore.
In seguito Don Ricaldone compilò altri due volumi, il primo dei quali
polemica ad un libro: I<< cereali e le leguminose »> dettato da un Avvocato in
opposizione alle teorie solariane. << Quale polemica, scrisse Don Miguel Alvarez
Chlp.. Non so se ammirare di più il ragionamento sftingato e logico dell'au-
tore, la vastità della scienza e la erudizione contenuta in questo libro, oppure
la carità veramente edificante che risplende in esso >>.
Il secondo: « Il problema del foraggio >> venne salutato dalla stampa << una
delle più importanti e più utili produzioni agricole del tempo )>. L'A. lo de-
dicò « al primer agricultor de Espafra: S.M. el Rey Don Alfonso XIII ».
Dei primi dieci volumi pubblicati nel primo anno otto sono traduzioni di
opere di Solariani italiani già divulgate in Italia dalla Rivista di Agricoltura di
Parma.
Negli anni seguenti predo.minano lavori originali di scrittori spagnoli, in-
sieme a traduzioni di pubblicazioni di vari autori.
Nel 1928 la Biblioteca contava 140 volumi parecchi dei quali ebbero di
verse edizioni; quasi un milione di copie furono diffuse nella Spagna e nel-
l'America Latina, portando ovunque uno stimolo potente di risveglio agri-
colo e procurando notevoli vantaggi alla economia dei diversi paesi.
14 << Don Pietfo, per carità, che cosa ha fatto? Perché non me l'ha fatto vedere? Che co-
sa è quel: noto a tutti? " - Notorio - si dice! ».
t64

19.3 Page 183

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La B.A.s. richiese a Don Ricaldone un impiego di energie superiore alle
gsuiuengpeorsesiiblilictào;maplilt'iompdei grneovisgorarevo; sroicodredllaavadirpeizùiotnaerdei:a<m< Lmìiraimziopnaeraài ocvoesattevuaog-l
dire essere correttore dibozze, perché non avevo altri che pot.r.. farlo>>. A un
certo punto il suo sistema nervoso cedette per l'eccesso dello sforzo; egli do-
vette prendersi un
provato il beneficio
periodo di riposo, che
di quelle acque termali
passò a Panticosa,
nel luglio 1899.
dove
già
aveva
La B.A.S. ebbe lusinghieri riconoscimenti ufficiali. Il primo 1o ricevette
alla Esposizione di c6rdoba nel 1904, nella quale presentò i quindici volumi
già editi ottenendo un Diploma di onore e la Medaglia d'oro. Don Ricaldone
ne dava comunicazione alla <, Rivista di Agricoltura >> di parma, che pubblicava
Ia Tettera nel nu,mero Unico uscito il 1" agosto 1904 come ornuggio a Sta-
nislao Solari.ls Pubblichiamo in Appendice il documento, allegato n. ll .
Nel
Genova i
1914 la B.A.S., ormai adulta, presentava alla Esposizlone coloniale di
96 volumi pubblicati sino allora, accompagnati da una relazione sobria
che illustrava la finalitìt,la diffusione , 7'azione svolta nella Spagna e nell,America
Latina.
Finalmente nel L928 si presentava alla Esposizione Nazionale e Interna-
zionale di Torino coi suoi 140 volumi. La Giuria Ie conferì il Gran premio e
la medaglia d'argento del Ministero.
La B.A.S. fu forse la pubblicazione più benemerita e di maggiore diffusione
nella lingua di Cervantes.
vi collaborarono uomini di primo piano, come il Ministo di stato conte
di S. Bernardo, il Generale di s. M. Giuseppe M. di casanova, il Marchese
Acapulco, il Professore Armando Castroviejo, ecc.
Fin dai primi volumi venne accolta con molta simpatia e per ,molti fu
una rivelazione. Portò un grande risveglio nella pratica agricola in Andalusiaré
e. in tutta la spagna. 11 conte de la cortina affermava che per le benemerenze
di
il
questa iniziativa si sarebbe dovuto innalzare un monumento a Don
quale aveva dimostrato un animo aperto ai gravi e urgenti problemi
pietro,
sociali
e morali della Spagna, una capacità organizzativa non .ornrn", una volontà
cmdSoeaennrfsjooBo.1.luae5enrrnnRii,caiDovrcdiios_ootèns,a-f.riGtdi_gprodnaoignriaAntdamgetDoroisdciooiilplSttcusophernaaegtgounp-eaonuPttneeraeadrmmmEeaeosxspm-asaavifNnrgeàigurseifmtolro-poe:rrer«edocseCietugoonnlitnueiEcnlo»saate--bsripa.1às('eCganoàgalnossrseiisgtfotroeamg1dla9ai,0opì4Àoo.lrrN.-geenlluloIgiolrsactdenosansSlotoeglranarduni,-il
ipbnsdSsnaprpticiosniiaeeitrpdnergigosrimtcaoirnue1òza.aa6itlilttoàttadDlSena,stdioi.noi,ieslpenapntlnrlerreaooesimRarvcincnciavecchaoesamosé.sddlcidaa.eEiii-lnnrmaorciaceecnvc.opaeoolitprtoriopvacuednarotnruoooznotvrilctoeiaaiivdnmdvaieeaeci;iloclnduDatoleatanilocvotnaeenalntursizvirsRaiieeoapìpsrrcneiaiipùaseeelossdrtdiootiiamalincd.rzoedledoImiinosirntpfocisaaaeioaitzllsolecliìoepoerneoanvdsinvueueladdieqidiremouavcilanlseiaadssnonmiuidtòtseroioaptenesiantÉcgteecei1Enlr1oioacniannsiéjddlsiqaeIiei'zpuà'pgnHirpÀoenaopansairzi[liettriiàeontdalntolzaoil,iaiovrouvtoalenò.rpqoetl]dreu'uro;aeivc.citasliuhccInuSaneaosrobieiel-o,.aad,norLbli!iee-,il-
765

19.4 Page 184

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decisa nel superare 1e difficoltà e soprattutto uno spirito di apostolato degnc
di ogni elogio.
Lutti domestici
In tanto fervore di opere il signore lo visitò domandando al suo cuore
una prova d'amore: il 23 aprile 1903 chiamò alla vita eterna l'anima della
,.rr.-u. Egli sentì profonda,rnente la dolorosa perdita, sia perché non gli fu pos-
sibile confor,ur..o., la sua presenza gli ultimi giorni della buona genitrice, sia
perché ricordava,
pugn ro gli anni
non senza pena, l'ansia amofosa con cui
irrequieti d.lla t,-ru adolescenza. In quella
essa aveva
circostanza
accom-
fu per
iui una commovente rivelazione 7a patecipazione al suo lutto, che gli venne
affettuosa e sincera non solo dalle case della Ispettoria, ma da una larga cerchia
di persone di ogni ceto, specialmente in Siviglia; tanta era la stima e la bene-
volenza che circondava la sua persona.
A tutti espresse il suo ringraziamento inviando anche una immagine-ricordo,
che domandavila caritàt del suffragio cristiano e con parole sobrie esaltava la vir-
della defunta
R. I. P. A.
Pregate Dio per l'anima della
Moiì in Mirabello Monferrato
Signora
(Italia)
Donna Candida Raiteri in
il giorno 2) aprlle 190)
Ricaldone'
dopo aver ricevuto i santi sacfamenti e la benedizione apostolica.
,, Levaronri i suoi figli e la chiamarono beata; e il suo marito anche la lodò...
La donna che teme il Signore sarà lodata >> (Prov. 31,2830)'
« Al termine della vita si raccolgono i frutti della opere buone »> (D. Bosco)
« Maria, Ausilio dei cristiani, prega per noi » (300 giorni d'indulgenza).
L'ecc.mo ed Ill.mo signor Nunzio Apostolico, I'Em.mo Signor cardinale
di Toledo e gli Ecc.mi ed Ill.mi Arcivescovi di siviglia, Granada, Burgos, valencia,
Tarragona, Valadolid, Zaragoza, i Signori Vescovi di Avila, Lerida, Malaga,
Palenlia, Pamplona, Santandet, Segovia, Zamora, C6rdoba, e Jaen concedettero
rispettivamente 100-80-40 giorni di indulgenza a l,rfiti quelli tra i loro diocesani
chà praticassero qualche atio di pietà, religione, mortificazione o carità in suf-
fragio della defunta.
Pochi giorni dopo partì per Torino. La Madonna 1o attendeva, quasi per
confortarlo àeila perdita della madre terrena, a pfesenziarc illa sua incotona-
zione di Regina e Aiuto della Cristianità.
Infatti a Torino i\\ 17 maggio si sarebbe compiuta la solenne incorona'
zione di Maria Ausiliatrice. Don Rua volle dare la massima solennità alla cele-
brazione, invitando a parteciparvi
mondo: La sacra funzione avrebbe
salesiani
coronato
e Cooperatori
7a celebrazione
di ogni
de1 III
parte del
Congresso
t66

19.5 Page 185

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rnternazionale dei Cooperatori Salesiani. Don Ricaldone prese parte viva al giu-
bilo di quei giorni, vero godimento spirituale per ogni Salesiano, che assisteva
al mirabile sviluppo del piccoto seme germogliato da pochi decenni nei prati
ignorati di Valdocco.
Partecipò con interesse particolare alla seduta che la seconda sotto-sezione
del Congresso dedicò alla discussione sulle Colonie Agricole, tutta improntata
alla visione e soluzione del problema sociale secondo i principi agrari ed eco-
nomici di Stanislao Solari, e conchiusasi col voto che si propagasse il Sistema
Solari soprattutto per opera dei parroci e dei cooperatori salesiani.
del
bri
dcoeSnlugCireelasnvsaoocor-iloddil'iAqSuve.vsB.teaJansceeodcpeootntoBd,aoiclscoqhtutioaa-lliseneizcdiooinncPeha,irurmsifeae,rlaìun-souadnebeirliplllaiaùntetverauloearsopasodistnimzaioennmzea-
con un saluto a Stanislao Solari ed alla Spagna agricola, che offriva così mi-
rabile promessa di rinascita con la diffusione dell'agricolturu solariana. L'assem-
blea applaudì calorosamente; in quegli applausi Don Ricaldone sentì come un
augurio e un incoraggiamento a proseguire nella sua fatica.
La festa delf incoronazione di Maria Ausiliarice diede luogo ad una di-
mostrazione di fede, di pietà e di amore verso la Madonna di Don Bosco vera-
mente grandiosa e commovente. Un'onda sterminata di popolo invase la chie-
sa, 7a piazza e le vie circostanti. Appena l'Arcivescovo di Torino, S.Em. il
card. Agostino Richelmy, Delegato Apostolico, ebbe deposto Ia gem.mata co-
rona sul capo della vergine, pronunciando Ia formula rituale, la folla scoppiò
in fragoroso applauso e il grido << Viva Maria Ausiliatricel >> salì alle stelle. La
festosa giotnata si concluse alla seru con una solenne processione, nella quale Ia
statua di Maria Ausiliarice incoronata venne accompagnata da un fiumana di
popolo inneggiate. Maestoso il corteo del clero, dei vescovi e dei Principi
della Chiesa.
Non poteva omettere una visita a Mirabello per portare una parola di
conforto al padre al fratello e per pregare sulla tomba della madre.
Abbiamo già ricordato l'incontro col padre; la vista del figlio rinnovò
l'acetbità della ferita ancora aperta, come l'aveva sentita nel momento del su-
premo distacco; lo dimostrarono le lacrime, le prime, versate alla presenza del
figlio.
A Torino non dimenticò i confratelli e i giovani della Betica, specie quelli
di siviglia. Quando rientrò alla SS. Trinità << era carico di immagini e medaglie da
distribuire generosamente quale ricordo delle feste >>. Ma il suo cuore non sj
accontentò del dono materiale; volle che in qualche modo tutti partecipassero
alla gioia spirituale, di cui egli conservava il soave profumo e dedicò alcune
.< buone notti » alla nattazione delle grandiose celebrazioni mariane e salesiane
di Valdocco. La sua parola calda e affascinante, la esposizione colorita, sefiza
esagerare le tinte (e non occorreva; bastava presentare 1a grandiosa realtà)
colpivano la vivace fantasia dei giovani e più ancora accendevano nel loro cuore
\\a fiamma del sentimento.
Il 9 ottobre a pochi mesi di distanza della morte della mamma, accettava
167

19.6 Page 186

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una nuova grande pfova colla morte del cugino Don Antonio, direttore della
casa di Ronda. Nu[à faceva presagire la sua prematura scomparsa, awenuta dopo
solo dodici giorni di malattia, che si manifestò con la presenza di febbre in-
fettiva e si Ànchiuse con la menengite. La cronaca della casa nota che nel mo-
mento del decesso i giovani erano radunati nella cappella in preghiera e quando
venne loro comunicato che il direttore era spirato, scoppiarono in lacrime e sin-
ghiozzi che si udivano anche fuori della cappella.
Don Antonio Ricaldone fu il primo direttore della casa di Ronda, apefia,
come si disse, l'anno precedente; lo zelo dimostrato nell'introdurre la buona
tradizione salesiana e le opere di carità sviluppate gli avevano cattivato la bene-
volenza
Lo
e la
zelo
sctioml aqudailequdaifnfutiseeblbaerdoe^vofzfiaotntaerea
con lui.
Maria Ausiliatrice,
l'amore
che
cercò di infondere neIl'animo dei confratelli verso Don Bosco e la Congregazione
diedero, tra i buoni frutti, anche parecchie vocazioni sacerdotali e religiose, al-
cune delle quali salesiane.
Don Ricaldo te apprezzava assai il cugino e lo aveva chiamato << uno dei
suoi due angeli >>; nella lettera con la quale comunicava ai Salesiani la sua morte,
lo chiama « fortunato »> perché era stato animato da << incessante >> bramosia di
avalzafe ogni di più nelle vie della pir) elevata perfezione, perché aveva potuto
,, pr.r..r,rrri fidente al tribunale dell'eterno Giudice con le mani piene di buone
opere »> e afferma: « Senza dubbio la nosra Pia Società avrà acquistato un
nuovo ed efficace protettore nel cielo »>.
Don Antonio meritava tale elogio, che non fu dettato soltanto dall'affetto
de1 cugino, ma rispecchiava la stima acquistata presso i confratelli per la sua
virtù.
168

19.7 Page 187

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CAPO X
DONAZIONE TOTALE
Una nuova Casa: Cadice
« Ci sono molte domande di aperrura di Case »>. Quando D. Ricaldone
scriveva queste parole provava grande gioia; esse dimostravano l'attualità e la
vitalità della Congregazione Salesiana, la fiducia e la speranza che ponevano in
essa autorità e persone responsabili, alle quali stava a cuore l'educazione cristia-
na della gioventù. Ma una nube ben presto oscura Ia gioia; come dare risposta
alle molte domande? La giovane Ispettoria non era ancora in grado di accogliere
ed anche il centro, dove ferveva Ia grande fucina che preparava gli operai
aveva visto moltiplicarsi fuori misura le richieste di aiuto. Pure conoscendo
tutto questo D. Ricaldone non perdette mai la fiducia. Quando la natura e le
condizioni delle proposte si dimostravano chiaramente fuori della realtà egli
con amabile fermezza faceva comprendere la impossibilità di accontentare i
richiedenti. Così, per citare un caso, trovandosi a Montilla ricevette la visita
di D. Joaquin Garc6n Curato della chiesa di San Matteo di Lucena, accom-
pagnato da D. Antonio Povedano, Religioso Agostiniano, i quali domandavano
l'apertura di una casa a Lucena, piccola città a 25 km. da Montilla; fu facile
a D. Ricaldone persuadere i due sacerdoti a rinunciare al loro desiderio. Quando
invece l'importanza della domanda 1o richiedeva l'appoggiava con ogni dili-
genza. i) questo il caso della fondazione a Cadice, di cui abbiamo fatto cenno nel
capo precedente. La proposta risaliva ancora ai tempi di D. Rinaldi Ispettore, ma
se ne era sempre tramandato l'accettazione. Intanto chi voleva 1'opera, 1a
piissima Donna Yiya aveva iniziato la costruzione di un edificio destinato alla
futura opera salesiana. Ecco come D. Ricaldone prese a cuore 7a pratica per
condurla in porto.
Padre amatissimo in J.M.,
Utrera, 19 febbraio 1901
ho visitato la casa di Ecija e come pomà vedere dalla relazione che le
invio-le cose vanno grazie a Dio un po' mèglio...
In questi giorni andrò a cadice dove c'è una generosa cooperatrice che ha
169

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innalzato un bell'edificio per i Salesiani spendendo circa 750.000 Ptas. Vuole
cncheirceceansso1ai0rino0eprapegriealnz'edzdiiauimncatoezirloann-ide(iraeerztliiigaoliniamene;i)netesasdzaioàenesessaiddesiriaqiuncechsaetriincraaeglldaazizc.iap. sag.asurieneatduuftoctnhodinaio-l
zione di
generosa
eccezionale impofianza e credo che V.R.
benefatmice cie ha posto tutta la sua
procurerà compiacefe_.qxell.a
fiducia nei poveri figli di
D. Bosco.
Ora sto visitando la casa di Urera: c'è buono spirito e le cose vanno
bene, gtazie a Dio. Pet ora niente più pregandola non ci dimentichi nelle sue
preghière e chiedendole la sua benedizione mi professo di V.R.
aff.mo in G. e M.
Pppno Rrcer-ooNs
Può darsi che D. Ricaldone pensasse di ottenere subito un << si »> da Torino,
poiché si rattava di una fondazione di << eccezionale importanza >>. Invece da
torino gli si disse che se poteva provvedere alla nuova casa col personale del-
l'Ispettoiia poteva accettare; in caso contrario differisse; intanto mandasse le
informazioni necessarie.
La porta non era chiusa, quindi appena gli fu possibile si recò sul posto:
ecco le notizie che poté riferire.
Molto Reverendo Signor Don Durando,
Siviglia, 2l marzo 1903
Ho
seconda
visitato la casa
parte che la
che si edifica in Cadice. È un bell'edificio: manca la
benefatrice vorrebbe edificare quan'do noi fossimo
già colà.
La Signora è ricca assai e tutti i suoi beni li vuole lasciare a noi'
Mi lesse il testamento ed io le suggerii alcune modificaziom da farsi onde
il g"oPveerrnoadneosnsoasbibciaonptoeni taerembobeestcahtcei. noi incominciassimo con alcune scuole
esterne ed alcuni orfanelli interni e frattanto si vedrebbe di
parte dell'edificio acciocché tutto potesse funzionare, vale
esterne, le interne ed i laboratori.
finire la seconda
^ dire le scuole
È una eccellente fondazione.
Vorrebbe la benedattrice incominciare in ottobre e mi pare che con quattro
Salesiani si potebbe comispondere ai suoi desideri: tre chierici ed un prete.
La pregà adunque di èsporre questa necessità ai Superiori e di.decidere.
Si tratta'di-una delè fondaziòni più
passaggio dei missionari, come pure
importanti: in una città dove pel
per i nostri viag-ei è di somma
costante
necessità
àu.rJrrtu casa, e d'altronde si tratta pure di una fondazione che avlà vita
p^sirod^porSviaearsesebebnefaordneaculainrdnraeifnriàtuatrtosai.ncCthiaegdtip^cteetarpcsaoìpipiè.ocuonnaumcitetrào,dc'iommpeorltaanbzeaneefdattiricSealeessiiagen.i
avranno quivi un vasto campo
L'anno scorso, seguendò i
d'azione.
suoi consigli,
scrissi
a
Don
Rabagliati
nella
170

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Colombia chiedendo il personale di soprawanzo... ed ancora sto aspettando.
Nulla sappiamo dei confratelli francesi: preghiamo per loro.r
Spero dunqlle una
sentare i miei affettuosi
risposta affermativa e frattanto la prego
saluti all'amatissimo Signor Don Rua ed
di voler
eziandio
pre-
agli
altri Superiori.
Preghi per tutti noi, ma specialmente pel suo aff.mo
PrBrno Rrcaloorlr
Neppure una presentazione così lusinghiera e calorosa ottenne la solu-
zione desideruta. Ma la risposta era positiva e la proposta accettata; difatti ormai
si trattava soltanto di differire l'apertura all'anno seguente.
Finalmente arrivarono due sacerdoti da Orano. Ne diede notizia a Don
Durando.
Amatissimo Padre in G. e M
Siviglia - SS. Trinità, 3-9-190)
Sono arrivati i due primi confratelli francesi, che vengono da Orano;
glielo comuli.co p9r sua manquillità. Procureremo di trattaili con la maggior
carità possibile, affinché si faccia meno doloroso il loro esilio.
Così pure le partecipo che può mandare tutti quelli che voglia e li riceve-
remo a braccia aperte.
Saprà V.R. che abbiamo àccettato la casa di Cadice, nella quale spero che
potremo avere, oltre agli orfani circa cinquanta Figli di Maria, sostenuti dalla
generosa fondafice. È una vera prowidenza e credo che nessuna casa è di così
grande importanza come quella.
Inolre ci sono molte alte domande in attesa, soprattutto quella di Puerto
de Santa Maria; con 7a sperunza del personale della Cilombia, si accettò l'anno
scorso, ma il personale non è venuto e i tre che sostengono le spese della casa
si dimostrano molto spiacenti con me, che in questo affare non posso fare
niente.
d. i
Approfittando
ottenere qualche
di questa riste
cosa almeno per
occasione insisto con V.R. nella speranza
quelle due case. Scusi, amato Padre, tante
molestie; l'affetto che le porto mi fa a volte ardito.
Preghi per noi e benedica questi suoi Figli e in special modo il suo aff.mo
PrBrno Rrceroorur
Finalmente poté realizzare i suoi disegni, ma con notevole disagio personale
e in forma molto modesta. Difatti affidò la direzione della nuova opera a Don
Gioachino Btessan, e lo sostituì egli stesso nella responsabilità della direzione
della Trinità; questo sacrificio appare tanto più meritorio se si pensa che il
1 I confratelli francesi, come si dirà dopo, appartenevano alle case di Orano (Algeria),
cdhiesfoapcperveasnsoionpea,tteemdaenllaataIspinettForraiancEiastenreat(I1s9p0e1tt,oireSDaloensiaCn.i
Durando). A seguito della legge
dell'Algeria arrevano presentaro
domanda di riconoscimento; ma era stata respinta.
t77

19.10 Page 190

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suo stato di salute lasciava a desiderare, come si deduce da una nota della
uonaca di Ecija: « 8 febbraio 1904. Il Direttore nella conferenza raccomanda
di pregare molto per la salute e le intenzioni dell'Ispettore )>.
A Don Bressan diede in aiuto un chierico e un coadiutore, ambedue non
ancora professi e tolti dalla loro casa senza sostituirli. Ed il 17 maruo L904
(dunque in pieno anno scolastico) accompagnò il piccolo gruppo nella nuova
sede. Alla stazione di Cadice li attendeva Ia canozza di Donna Anna Viya e
l'Amministratore dei suoi beni, Signor Emilio Beltrami e furono ospiti della
benefattrice. Dopo pranzo presero possesso del nuovo edificio, che sorgeva
nella borgata di « S. José extramuros ». La costruzione era grandiosa ma non
ultimata; anzi, soltanto quattro ambienti si potevano usufruire ed erano stati
preparati ed attrezzati per l'occasione. Don Bressan avrebbe tenuto dietro ai
lavori e iniziato l'opera, coadiuvato dai due aspiranti.
Una corrispondenza al « Boletin Salesiano »> ricorda questo giorno con grande
soddisfazione.
« Leggendo sul Boletin Salesiano il bene che dappertutto fanno i Figli di
Don Bosco, colui che scrive bramava di vedere presto nella bella Cadice così
incomparabili apostoli. Ma pareva che f inferno fosse congiurato per opporsi al
pio desiderio.
L'opera che ad essi era destinata si innalzava grandiosa, ma con eccessiva
lentezza; e ciò perché i Salesiani per mancanza di personale differivano di annc
in anno la loro venuta. La costanza di quaìsiasi persona che non fosse Donna
Viya sarebbe senz'altro venuta meno nella lotta che durò sette anni.
Finalmente i Salesiani sono arrivati... >>.
Come si disse, gli inizi a Cadice furono molto modesti; ma Don Ricaldone
ricordava quelli assai più modesti dell'oratorio di Siviglia.
Mancava la cappella e {in verso la fine di aprile i Salesiani compirono le
pratiche di pietà nella parrochia di S. José; intanto Don Bressan 'fece adattare
un ambiente a cappella provvisoria, che dal 2 aptile accolse l'Ospite Divino.
I lavori procedevano alacremente e a mano a mano nuovi locali venivano
completati; così si ebbero a disposizione anche un refettorio e la sacrestia della
chiesa, essa pure giunta a buon punto; la sacrestia funzionò come nuova cap-
pella provvisoria. I tre operai della vigna del Signore avevano il loro da fate
per attendere alle varie incombenze di quegli inizi; ma il direttore era sale-
siano di virtù, maturato alla scuola di Don Rinaldi a S. Giovanni Evangelista
in Torino, e i suoi due collaboratori trovavano nel suo esempio una guida ed
uno stimolo efficace.
Già nel mese di luglio la casa era in grado di dare ospitalità ad alcuni
missionari provenienti dall'America e diretti a Torino per prendere parte al
X Capitolo Generale indetto per I'agosto di quell'anno. Il primo gruppo, gui-
dato dall'Ispettore Don Luigi Grandis, giunse 11 24 luglio; seguirono, a pochi
giorni l'uno dall'altro, f infaticabile Don Antonio Aime, ben conosciuto nella
Spagna; Mons. Fagnano e Don Luigi Costamagna. Anche Don Ricaldone accom-
pagnato da Don Francesco Fenoglio, delegato ispettoriale per il Capitolo sud-
772

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detto, venne a Cadice e dimostrò il suo compiacimento per 1o stato avanz to
dei lavori. Poscia si imbarcò con Don Fenoglio alla volta di Genova.
L'edificio, portato a termine per l'inizio del nuovo anno scolastico, << più
che un asilo sembrava tn palazzo >> e in questo pri,mo anno di vita accolse gra-
tuitamente cinquanta giovani interni e centocinquanta esterni dei quartieri vi-
cini, che frequentavano le classi elementari. Nella mente della benefattrice, però,
non era tutto; si sarebbe completata I'opera con l'apertura di scuole professio-
nali ed annessi laboratori. Intanto si pensò alla inaugurazione ufficiale; 1'8 di-
cembre si presentava come la data più indicata; ma in quel giorno ci si dovette
accontentare di compiere con fervore particolare le funzioni ordinarie, attorno
alla statua della « Purisima )>, ramandando al 12 successivo la celebrazione so-
lenne della festa. Precedette la benedizione dei locali, fatta dal Governatore
Ecclesiastico della Diocesi, Don Manuel Afreto per delega speciale dell'Ordina-
rio. Alla semplicità della benedizione dell'edificio scolastico, fece riscontro la
solennità della funzione compiuta nella cappella. Nei primi banchi assistevano
Donna Anna de Yiya, il sindaco, membri del clero, il superiore dei carmelitani
e pochi intimi della benefattrice, ra i quali l'amministratore della sua fa.miglia.
Data 7a vastità delTa navata, i 2OO giovani radunati lasciarono parecchi banchi
liberi. Chi avesse spinto lo sguardo nel coro avrebbe visto un piccolo gruppo
di fanciulli irequieti attorno ad un salesiano; formavano la prima << schola can-
torum )> dell'Istituto già pronta a decorare la funzione con Ia esecuzione di can-
ti liturgici.
compiuto il sacro rito, Don Manuel Afleto pronunciò il discorso di circo-
stanza, rivolto a ringraziarc la pia e munifica benefattrice alla quale si doveva
l'opera di igenetazione sociale iniziata; ad esortare i giovani a corrispondere ai
benefici della educazione che avrebbero ricevuto; ad invocare l'aiuto del Si-
gnore sui Figli di Don Bosco per il felice svolgimento del loro apostolato.
Seguì la Messa solenne in canto celebrata da Don Ricaldone. A completare
la festa, Donna Anna de viya offrì a tutti gli invitati il pranzo che venne ser-
vito negli ampi saloni della nuova costruzione, convertiti in refettori. Alla frutta
non mancarono le note festive di uso: una composizione poetica letta dall'autore,
il Can. Elejaide; canti eseguiti dalla giovane << schola cantorum >>... Produsse
molta commozione un assolo, che eseguì << L'orfanello » di Mons. Cagliero. Con-
chiuse Don Ricaldone, il quale con feconda eloquenza espresse alla benefattrice
la gratitudine dei Figli di Don Bosco, mettendo in evidenza il bene sociale che
sarebbe derivato dall'educazione cristiana impartita alla gioventù di Cadice.
Attività molteplici e feconde
Nel 1904 ricomeva il cinquantesimo anniversario delle apparizioni della
I,mmacolata a Lourdes. Siviglia confermò anche in questa circostanza il suo amo-
re verso la << Purisima »>. Nel mese di ottobre, ad anno scolastico ben avviato,
i maestri della città, con pensiero delicato, di comune intesa vollero promuovere
173

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tra i loro alunni una grande dimostrazione di fede e di amore alla Immacolata.
Si trattava di radunare nella maestosa cattedrale la gioventù maschile e femmi-
nile delle loro classi, per offrire la loro f.anci:ullezza aTla protezione della Madre
di Dio con un atto solenne di consacrazione alla sua materna bontà. L'Arcive-
scovo fu ben lieto di approvare la nobile iniziativa e presiedere la funzione.
Cosicchè il 16 ottobre i fedeli assistettero con commozione ad uno spettacolo
meraviglioso: nella grandiosa vastità della cattedrale, diecimila fanciulli e fan-
ciulle, a fianco dei loro insegnanti, volgevano 1o sguardo a77a statua dell'Imma-
colata, ornata di fiori e di luci col fasto della pietà andalusa. L'aspetto di quel-
Ia assemblea di innocenti, aventi come distintivo nastri azzurri e nastri trico-
lori (simbotro dell'amore verso Maria Purissima e verso \\a Paltia, che nella na-
zione spagnola furono sempre una cosa sola) era imponente. I Salesiani pet
conto loro avevano portato ai piedi di Maria ottocento giovani; e inoltre la
banda della Trinità, che nel sagrato della cattedrale accompagnava l'entrata del-
le squadre nel tempio.
Il Presule padò all'insolito uditorio con tenerezza di padre, esortando tut-
ti ad offrire alla Madre celeste con confidenza amorosa la loro casta innocenza,
perchè Essa la custodisse e la difendesse conro le insidie di Satana. Alle pa-
role del Vescovo seguì l'atto di consacrazione, che riportiamo in Appendice'
La Vergine benedetta sorrideva benigna a quelle anime ingenue, che si
aprivano al suo amore, come nelle prime ore del mattino i fiori dei campi schiu-
dono Ie corolle profumate ai raggi del sole. E gradì ancora l'atto di carità fua-
terna, che seguì l'atto religioso; poichè i fanciulli di famiglia benestante fecero
una colletta in favore dei loro compagni poveri ed offrirono loro un'abbondante
refezione, servita da signore distinte della città.
Tra gli innumerevoli omaggi che la Madonna ricevette dai suoi devoti in
quell'anno giubilare, quello datole dalla gioventù di Siviglia fu certo uno dei
più graditi al suo Cuore di Madre; quell'immensa moltitudine di fanciulli rac-
colti attorno alla statua della Madre celeste ricordava 1o spettacolo descritto
da Don Bosco nel sogno del 1866; e, come allora, la voce della Madre sussur-
al cuore di ognuno di quei suoi figli: << Se voi sarete per me figliuoli devoti,
io sarò per voi Madre pietosa »>.2
Pochi giorni dopo giungeva a Siviglia la doloros a notizia della morte di
Don Oberti, avvenuta il 28 ottobre nella casa del S. Cuore di Roma.
Conosciamo le benemerenze del buon religioso, che aveva diretto a Uttera
il primo gruppo di Salesiani ed iniziato l'opera di Don Bosco nella Spagna.
Don Ricaldone dovette sentire in modo particolare la tristezza della no-
tizia, qttantttnque forse non del tutto inaspettata. Egli aveva trovato in Don
Oberti il direttore saggio, che con mano sicura 1o aveva sorretto nelle prove
del tirocinio, nel muovere, cioè, i primi passi della vita pratica salesiana, e
nutriva per lui profonda riconoscenza. Di lui scrisse: << Sacerdote di ptofonda
2 M.B. VIII, 281
174

20.3 Page 193

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pietà, di straordinaria prudenza, godeva di immenso prestigio ed aveva il dono
di guadagnarsi i cuori ». Ma la vita continua e Don Ricaldone dovette rispon-
dere al tichiamo della morte con uno slancio più generoso nell'azione, se pure
era possibile.
La soluzione a cui eta ricorso assumendo la direzione della Trinità, non
poteva protrarsi lungo tempo; oltre tutto, anche Ie condizioni fisiche non glielo
consentivano; quindi dovette cercarne un'altra, la quale fu ancora un compro-
messo provvisorio. Stimò opportuno mantenere il titolo di Direttore, ma affi-
dare la responsabilità diretta dell'andamento della casa ad un confratello di sua
fiducia; pensava che in tal modo il confratello avrebbe fatto un utile tirocinio
e con minor difficoltà ben presto sarebbe stato in grado di assumere la piena
responsabilità della direzione. Perciò col nuovo anno scolastico chiamò al suo
fianco come vice-direttore Don Antonio Candela.
Nella primavera del 1905 don Ricaldone fu tormentato da una erisipela.
I postumi di questo malessere non gli impedirono di attendere ai suoi doveri,
quando nella stessa primavera Don Filippo Rinaldi e Don Luigi Rocca, mem-
bri del Capitolo Superiore, visitarono le case della Spagna e del Portogallo per
mandato del Rettor Maggiore. Don Rinaldi non aveva bisogno di essere pre-
sentato; il suo ricordo era sempre molto vivo nel cuore dei Salesiani e dei
Cooperatori. Don Rocca si presentava da sè, col suo aspetto abitualmente se-
reno e col tratto bonario, che attirava la confidenza. Don Ricaldone li accom-
pagnò nelle singole case, dovunque accolti festosamente more andaluso.
L'accoglienza ricevuta nel1a casa ispettoriale superò quella di tutte le al-
tre per l'entusiasmo. Don Ricaldone stesso aveva preparato la numerosa fami-
glia alf incontro coi rappresentanti del successore di Don Bosco per mettere in
evidenza i progressi rcalizzati dalle scuole professionali delta SS. Trinità, e
invitò i due Superiori ad inaugurare una esposizione didattico-professionale al-
lestita nei locali del collegio. La data, 2) giugno, era molto opportuna, poichè
vigilia di S. Giovanni Battista e a\\la Trinità si celebrava la ricorrenza del gior-
no onomastico di Don Bosco con una grandiosa accademia.
L'esposizione presentava i lavori eseguiti dai giovani nei diversi labora-
tori, distribuiti con criterio didattico, così che il visitatore poteva facilmente
darsi conto del progressivo miglioramento raggiunto. Ad ogni lavoro, inolue,
era unito un cartello che conteneva olffe il nome e cognome del giovane, le
indicazioni necessarie per dare un giudizio dal lato tecnico professionale. Nella
sezione della « Scuola del Libro >> spiccava la collana della « Biblioteca Agra-
ria Solariana » entrata nel terzo anno di vita e già ricca di ventiquattro volumi.
I1 Successo de77a iniziativa fu lusinghiero. I primi a congratularsi con Don Ri-
caldone e con i suoi confratelli furono i due Superiori, i quali si compiacevano
nel costatare L'affermazione dello spirito di Don Bosco e l'attualità dell'apo-
stolato in favore della gioventù operaia di cui Don Bosco fu convinto assertore
e geniale realizzatore, per immettere nel ,mondo del lavoro il fermento della
educazione cristiana.
La stampa senza distinzione di colore politico e d'ispirazione religiosa e
t75

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sociale, fu unanime nel riconoscere i buoni risultati dell'insegnamento e dei
progressi ottenuti dai Salesiani nella formazione professionale della gioventù
sivigliana. I numerosi visitatori, di ogni classe sociale; ammiravano con com-
piacenza i singoli lavori e i competenti sostavano più a lungo per metterne
in rilievo le caratteristiche.
« Due grandi forze, commentava il Coneo de Andalucia, si unirono a pro-
durre questi mirabili frutti che noi contempliamo: il lavoro e la preghiera.
Il lavoro che è come 1o spirito che informa tutta I'opera di Don Bosco;
la preghiera che è il balsamo che rende il lavoro più dolce, fa l'operaio più
umile, il padrone pir) caritatevole; la preghiera, che è carità, è appunto quella
che mosse i Salesiani a stendere la loro mano al povero abbandonato onde istruir-
1o convenientemente e ridarlo a1la società operaio valente, cittadino onorato,
ottimo padre di famiglia... »>.3
A Utrera i due Superiori trovarono molto conforto nel costatare la buona
tradizione cafitativa conservata nella prima casa aperta dai Salesiani nella Spa-
gna. L'Andalusia era ttavagliata da una grave e persistente siccità e la massa
dei non abbienti soffriva le privazioni della miseria. I salesiani moltiplicarono
la beneficenza ed ai molti giovani che regolarmente già fruivano della loro carità
generosa, ne aggiunsero altri più numerosi: in quel periodo di emergenza ap-
presrarono in collegio la refezione quotidiana a tutti i fanciulli poveri che si
presentavano alla porta. La Provvidenza nofl venne mai a martcate'
Nell'ottobre D. Ricaldone potè dar vita ad una delle grandi aspirazioni
del suo cuore per il bene della Ispettoria: designò la casa di Ecija come casa
di asNpieralnntaotvoeemdbtineizriiòceivl ectotersolaspcorolafestsicsoionreelapteivrop.et-ua NdeelftcaottnefrreamteolloaDpoarnteJ.o-
Torrente nella casa di Cadice. La notizia a prima vista non sembra avere par-
ticolare importanza; ma bisogna pensare che nella mente di Don Ricaldone quel-
la funzione, celebrata con solennità alla presenza dei giovani, era occasione pro-
pizia per favorire lo sviluppo della vocazione in quelle anime, nelle quali iI
Signore aveva depositato il seme. I giovani seguivano con vivo interesse il rito
sia per la novità sia perchè il protagonista era un loro superiore; Don Rical-
done poi rivolse la sua parola, sempre ben accetta, ai convenuti: di compia-
ceflz^ e di esortazione a perseverare al neoprofesso, di ismuzione ai giovani, ai
quali presentava in modo accessibile il profondo significato dell'atto compiuto
dal loro superiore.
Come a Cadice così avvenne in altre case, ad esempio a Siviglia; pure
nel 1905, nella festa di Maria Immacolata il coadiutore Luigi Bigatti fece la
professione perpetua nella chiesa della Trinità presenti giovani e popolo.
Don Candela aveva fatto buona esperienza a7 fianco di Don Ricaldone, per
cui, col nuovo anno scolastico, potè assumere la direzione della casa. Il prov-
vedimento portò sollievo all'ispettore già troppo provato dall'eccessivo lavoro.
3 Boletin Salesiano, agosto 1905
176

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I
a lrx .i§
I
D. Ricaldone, ispettore della Betica nel 1902.

20.6 Page 196

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Una bella notizia anche per D. Ricaldone fu che Mons. spinola, arcive-
scovo di Siviglia, venne crearo cardinale di S.R. Chiesa con grande giubilo di
tutta la diocesi e dei Salesiani, verso i quali si era mostrato sempre padre amo-
revolissimo. Don Ricaldone presentò al Presule le vive congratulazioni anche
a nome di tutti i confratelli e la banda della Trinità eseguì un programma mu-
sicale all'Episcopio in onore del nuovo Cardinale.
_ Don Ricaldone, come del resto i primi salesiani andati nella spagna, si
fece veramente « spagnolo >>, e accettò e mantenne le tradizioni religiose del
popolo spagnolo. Una di quesre, nel giorno dopo l'Epifania stabiliva una fun-
zione in onore del << Bambino Re », per ricordare l'omaggio fatto dai Re Magi
a Gesù Bambino riconoscendolo come Re. In tale giorno tutti i giovani della
casa di S. Benito e le bambine delle F.M.A. di calle s. vicente e calle ca-
stellar si univano ai giovani della Trinità. olre le funzioni del mattino, nel
pomeriggio si portava in processione Ia statua del Bambino Re nel cottile della
casa, e rientrati in chiesa, Don Ricaldone ne ricordava il significato storico, cioè
che nei secoli passati quella stessa statua del Bambino Re precedeva le proces-
sioni degli schiavi che liberati dai PP. Trinitari venivano condotti in patria.
La funzione era una debole eco di quelle grandiose << redenzioni >> che sl cele-
brarono a Siviglia sino al secolo XVIIL Ne diamo un breve cenno in Appen-
dice, allegato n. 15.
Non si era ancora spenta l'eco delle acclamazioni con le quali la popola-
zione di Siviglia aveva manifestata 7a gioia per la elevazione Jel suo Èuitor"
alla dignità di Principe della Chiesa quando inaspettata si sparse la notizia
della sua .morte, gettando 7a cittadinanza nel lutto e nella costernazione. per
dieci anni il Presule aveva governato la diocesi come pastore buono e sapiente,
amato e benedetto dai fedeli; i Salesiani in particolare al cordoglio univano un
profondo senso di gratitudine.
Don Ricaldone visitò Ie spoglie mortali del defunto con una rappresen-
tanza di Salesiani e di giovani; poco dopo il collegio della Trinità . l,òrutorio
di S. Benito resero omaggio alla salma.
11 Bolletino Salesiano scrisse di lui:
« Intelligenza chiarissima, perspicace, ordinata e metodica; assiduo allo stu
dio, uomo di orazione che cercava il consiglio ai piedi dell'altare; anima aperta
a tutti i dolori ed a tutte le pene del prossimo; umile nel comportamenro; cuo-
re pieno di feconde iniziatrve, carattere energico per tutte le opere di Dio:
seminatore costante di virtù e di esempi consolatissimi, animatore del movi
mento sociale cattolico della Spagna; promotore entusiasta, in tutte le ,mani-
festazioni della sua vita, del culto della Madonna; predicatore infaticabile, re-
dattore unico del « Boletin Eclesiastico » della Diocesi; difensore delle prero-
gative della Chiesa, martire del suo sacerdozio, fatto centro degli attacchi delle
sette. E poi verso i Salesiani fu più che padre; ammiratore entusiasra di Don
Bosco,
figli, li
studiò
aiutò
il suo spirito e lo rivelò nei discorsi
sempre. con questo cumulo di meriti
e negli scritti; amò i suoi
e di gloria e credendo di
non aver fatto altro che il suo dovere, muore con la dolce morte dei santi...
177
12

20.8 Page 198

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muofe offrendo gli ultimi istanti a Dio e ai suoi diocesani... muore ripetendo
le parole: « Com'è bello andare nel seno del Signore! ».4
La figtra del grande Cardinale venne rievocata nel 1947 in una seduta
della « Aciademia letteraria » di Siviglia dal Direttore della SS. Trinità, Don
Francesco de 7a ]Hoz in un elaborato discorso in occasione della sua nomina ad
Accademico. Don Ricaldone, avuto copia del discorso, si congratulava con 10
Autore scrivendogli:
Torino, 18 settembre 1947
Carissimo Don Francesco,
ho letto il tuo Discorso Accademico sull'Eminentissimo Cardinale Marcello
S^pinoÈlaudni
santa memoria.
lavoro che onora
te
e
la
nosfta
Società
e
me
ne
congtatulo.
Ho visto che nella penombra del Cardinale hai voluto collocare anche la
mia umile persona. All'amore filiale non si possono rimproverare quelle esa-
g"fsaoemtrarsaotezorMieoiilnlpliiup.ermiarùliDlÀepoa"grntrooofoBccnohodseoncoieclosfeesspadì pnevetlieovdaiCanratleeurrdcpdèiner,elatg-leesiaa,dcleacesmhliléaoicnoesopgslilariinitcnodeeerdlfoliean-liezsniuopoanasetdbrroopenFdtoàenb.ie.deS.alaltnaloeerseelia,spnsuiii,ùoa
com^pMleetantrdeatianvfoincooras.su te e sui tuoi lavori l'abbondanza di celesti benedizioni,
mi raccomando alle tue preghiere. Aff.mo in G. e M.
Sac. Prrrno RrcarooNr
Nel 1906 cadeva il venticinquesimo della Casa di Utrera. Era ben degna
di commemorazione 7a data del 16 febbraio 1881, giorno in cui Mons. Ca-
gliero guidò i primi sei Salesiani in detta città per iniziate I'opera di Don
Bosco nella Spagna. Don Ricaldone volle che la ricomenza storica fosse ricor-
data in tutte le case dell'Ispettoria e ad Utrera rivestisse la massima solennità.
Perciò a Utera si abbinò la celebtazione a quella di San Francesco di Sales
trasportata al 16 febbraio. Tre sacefdoti, exallievi del Collegio, predicarono il
triduo. Il Vescovo di Lystra celebrò la messa solenne; Don Ricaldone fiserb a
la predica. Ii tema trattato venne ricordato dall'illustre Cooperatore Sale-
siano Avvocato José Monge y Bernal nel 1943, quando nel collegio della SS.
Trinità si celebrò la ricorrenza delle nozze d'oro sacerdotali di Don Ricaldone
(lg%-194i) ed egli tenne il discorso ufficiale. Si introdusse rievocando la fe-
stività religiosa celebrata a LJtteru )7 arrni prima (1906); « in quella occa-
sione, dissà, un sacerdote dall'accento sraniero, di grande eloquenza, dal pul-
a
s
BiaoleàteinflnSizailoe"seianèoi,amsaerguuoe1n9te06: .Il
Salesiano
è
il
riassunto
delle
migliori
qualità
di
tutti
gli Istituti Religiosi. Vedi pag. l2L nota 7.
t78

20.9 Page 199

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pito descriveva con vivacità di colori l'entrata trionfale di Gesù in Gerusa-
lemme, nel1a domenica delle palme e concludeva con l'episodio finale che
cascontorcshoott,orraordoàu7ntesaaucaevllcarocalltnvaaonmcomae,zegiatotreniidivteuadroaeininlldaneiosvficodleeellpnaozp.laiieA-lt'rdaes!tedi»osic.sediQveGaiunefeaoslrùiisperrfieaisdrpviiosecesraseitooa-rielGMeevrseaiùssDpdiarioo:cnt-oesPitoaMien,atdresooe-
Ricaldone, che dalle ultime parole di Gesù prendeva lo spunto per mettere in
luce il bene operato dal collegio nei venticinque anni di op.roiità tra i figli
del popolo >>.
Nel pomeriggio vi fu la immancabile accademia musico-letteraria. Due co-
se vanno ricordate. L'orarore ufficiale, il sig. Andrés de Mora Batanero, ebbe
un affettuoso e doveroso ricordo del compianto Don Oberti e le più soavi
parole per il Cardinale Spinola.
Don Ricaldone, chiudendo la bella dimostrazione, invitò gli exallievi ad
operare per la rigenerazione cristiana del loro ambiente di lavoro, e diede let-
tura del seguente telegramma:
<< santo Padre celebrando solennità vigesimoquinto anniversario di quel
collegio arricchita da presenza benemerito superiore Generale salesiano 6 be-
nedice di cuore professori, alunni e exallievi, augura tutti si trovino sempre
concordi nella pratica difesa dei principi cristiani »>.
La casa ispettoriale godette il privilegio di celebrare la festa anniversa-
ria a utrera: il 17 maggio giovani e superiori vi andarono come in pellegrinag-
gio e vi passarono tutta la giornata formando per un giorno una sola famiglia.
Gli ospiti furono ricevuti e tattati con viva cordialità, che trovò pronta riipo-
sta entusiastica e Ia banda della Trinità aumentò il tono festivo con le sue
melodie.
rl 19 marzo fu la volta di Lisbona, dove si inaugurò il nuovo fabbricato
delle Scuole Professionali di S. Giuseppe, costruito su disegno dell,Architetto
Mario ceradini del Politecnico di Torino. Era presente Don Rua e vi parteci-
parono il Nunzio Apostolico, autorità religiose e civili, Cooperatori, popolo.
Ad ossequiare il successore di Don Bosco andò a Lisbona anchà Don Riclldone
accompagnato da Don Candela.
Nel 1906 ebbe intonazione tutta particolare e veramente gradita a Don
Ricaldone la celebrazione del suo onomastico. Alla Trinità la seia de| z) giu-
gno si svolse una gara catechistica, alle quale parteciparono i rappresentanti
di tutte le case della Ispettoria. È superfluo notare lo scopo che Don Rical-
done si prefisse di ottenere da questa manifestazione e disposizioni date
sin dal principio dell'anno per animare i giovani a una seria pieparazione; è
pure ben noto il procedimento seguito nelle singole case per la- rcelta dei can-
didati da inviare alla garu ispettoriale, .mediante gare loiali eliminatorie e il
criterio seguito nefr,a gara ispettoriale per la classificazione dei migliori. Ci
der,
6 Don Rua nel 1906 visitò alcune
Salamanca e Béjar e dal 14 al 22
Case della Spagna:
maruo si traite;ne
aVlLtoisrbiao,nBa,ilb6ago,;tB;ai raecia.l;d-o;,pSpa*n;ta;;n.-
1.79

20.10 Page 200

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limitiamo quindi a un breve cenno sull'esito della garu. Anzitutto le gare fu-
rono due: i'rr.,, p". i più piccoli e I'altra per i più alti. Presiedette S.E. il
Vescovo di Lystra
in due tempi; nel
"pr,imi porirt.giiiopvòanmi odliteodecrleorosaloggcaioled. iLdaemclaamnifaezsiotanzeiodnei
si svolse
componi-
menti lettefati e di esecuzioni musicali in onore di Don Bosco. Nel secondo si
onorò Don Bosco col saggio catechistico. Non occorre notare lo stato di ten-
sione che si leggeva sul volto dei giovani: quelli che stavano sul palco come
attori, gli altri"ahe stavano in platea come spettatori: i primi nell'attesa feb-
brile dàl momento in cui uur.Èb..o dato saggio della loro preparazione; gli
iltri, impazienti di ascoltare come se la sarebbero cavat^ i loro campioni,
era
Si alza Don Ricaldone, accolto
possibile inizrare l'atto solenne
da applausi scroscianti, per dire che
della gara sotto migliori auspici' E
non
pI9-
f,.igis.ergiunra' m-entIo1
Sommo Pontefice, che
catechistico in tutto il
segue con interesse lo
mondo, avendo avuto
svolgimento del-
notizia di questa
norr.f gara
mostrazlone
si
di
è degnato di inviarci,
amoie paterno, che ci
con 1a
servirà
sua
di
sovrana approvazione una
grande incoraggiamento. It
di-
te-
legramma de1 S. Padre dice così:
«
Padre
Rsievc.omPp. iaRciceaaldnonnugnc-io
sQo2le5nandeegi aSraalecsaiatenci h-isSticivaigeliabe-nSedpiacgenaSu-perSioarnitoe
alunni con i òooperatori benemerita Associazio Card. Merry del Val ».
La lettura fu coronata da prolungati applausi'
vani
Quindi ebbero inizio le due gare. La più interessante
più alti. La cfonaca del tempo nota che, dopo due ore
fu quella dei gio-
di susseguirsi inin-
t.rroito di domande e fisposte, tutti i partecipanti erano ancora in gara e si
dovette ricorrere a criteri più minuti e più rigorosi di eliminazione per otte-
nere che rimanessero u .oÀp.t... solo quattro giovani; e dopo quasi un'altra
ora di competizione, tutti e ,quattro rimanevano in piedi; cosicchè la commis-
sione affid8 alla sorte la classificazione finale per la distribuzione dei premi,
il primo dei quali consisteva in un viaggio a Madtid; la sorte favorì un gio-
vane del collegio di cadice (Luca Bravo). Nella gara dei piccoli vinse un gio-
vane della Trinlta (Viedna Martinez). A proposito di questa gara, nella Cro-
naca di Carmona
il nostro Signor
IislpCetrtoonries,taqunaottatr:o<<n2o5)ggi iruaggnaozz1i9h0a6n-no
Come aveva stabilito
preso parte alla garu
catechistica
cominciato
svoltasi oggi
un'opera .È.
a Siviglia. Con questa
,tti..ia le benedizioni
garu il Signor Ispettore ha in-
di Dio e sarà di conforto al
Santo Padre e ai nostri Superiori >>.
lniziative, apertura di nuove case olre che pesare sulla scarsità del per-
sonale pesavr.ro n.rche sulle finanze per nulla floride della Ispettoria; ce 1o
rivela 1o stesso
la celebrazione
Don Ricaldone scrivendo al Rettor
annuale tradizionale all'Oratorio di
Maggiore nell'occasione del-
Valdocco. Si sa che il Ven'
Don Rua volle mantenere la data del 24 giugno per la celebrazione onomastica
del Rettor Maggiore, dando ad essa 1o scopo di << celebrazione festitta di Don
Bosco
giore
>>. In tale circostanza Don
anche a nome di tutta
Ricaldone soleva farsi
l'Ispettoria. Ecco la
presente al Rettor
lettera dell'anno
Mag-
1906.
180

21 Pages 201-210

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21.1 Page 201

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« Amatissimo padre in G.c.
Siviglia' 20 giugno 1906
Nella bella ricorrenza delle feste che si celebrano in suo onore in questi
giorni io,.pure, in
e- prego il signore
nome di tutti questi suoi figli, le offro
e la nosrra Madre Ausiliatiòe acciocché
i più sinceri auguri
si-degnino far sèen-
dere su di Lei le più elette benedizioni.
In modo speciale vogliamo offrire alla V.R. l'augurio della nostra buona
volontà nel perseverare nella vocazione e nell'esatta ìsservanza delle Regole,
acciocché_ possiamo essere sempre
mando alla V.R. i rendiconti delle
degni figti di
case di quesra
Don Bosco.
Ispettoria.
A1
tempo
stesso
N9l manca qualche dispiacere, ma si offre al Signore. Riguardo alle voca-
zioni Ella sa che dobbiamo cercarle specialmente altrove; spiro che non ne
mancheranno. Torna ad agitarsi la questione dei titoli per f insegnamento. 11 di
rettore delf istituto di Siviglia venne a dirci che ad ogni costo doÉbiamo mandare
qualcuno alla università per studiare scienze fisiche e matemariche. Finora ab-
biamo solo titoli e studenti universitari di belle lettere e si impone davvero lo
ottenere titoli di scienze. Io ne
chi li sostituisca è impossibile.
potrei
mandare
due
a studiare,
mu
r.
non
ho
e
l.amFeinnistacnod.qouedsitanomniaavreerlaezaiolmneenrionnuonvabnidgolieatt1ola
V.R. i miei
da mille lire
sinceri auguri
per fargli-ene
un povero presente; ma non ho proprio niente e per un po' di tempo neppure
spetafiza, eccetto la fermissima fiducia nella Divina Prowidenza.
Voglia benedirci e pregare specialmente per il suo aff.mo
PrBrno Rrcer-»oNr,
11 lamento di non avere neppure un biglietto da mille lire da offrire al
Rettor Maggiore (e possiamo credere sulla parola che non aveva proprio niente),
conferma una delle difficoltà, che 1o angustiò durante gli anni del suo ispet-
torato. Le case della Betica vennero tutte aperte con 10 scopo caritativo nel
più ampio senso della parola; non mancarono i benefattori insigni; ma i bisogni
erano grandi... e Don Ricaldone dovette farsi mendicante per sostenere le opere
iniziate. Nel compiere questa missione delicata, rifulse la grande fiducia che
nutriva nella Divina Provvidenza e nella materna assistenza di Maria Ausilia-
trice, ed anche la sua umiltà che ebbe modo di esercitare in parecchie occasioni.
Pochi giorni dopo aver spedito la lettera riportata, partì per Torino, chia-
mato dai Superiori; può darsi che questi, oltre che per altri motivi, volessero
rendersi conto de1 suo stato di salute.
Una lunga parentesi
Per quanto Don Ricaldone fosse temprato nello spirito di sacrificio per
abituale disciplina interiore, dovette piegarsi alle proteste del suo organismo;
nell'estate del 1906 si aprì per lui una lunga parentesi di sofferenza durante
la quale gli fu giocoforza cambiate iI corso della attività usuale, riducendola
al minimo ed anche sospendendola del tutto. Intanto subito dopo gli esercizi
181

21.2 Page 202

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spirituali dell'estate, si ritirò nella accogliente casa di Montilla, dove si fermò
parecchi mesi.
Don Giovanni Canavesio scrive: « Partì per Montilta con un gruppo di
chierici di Utrera. Con essi e con quelli di Montilla organizzava passeggiate
alTa fattoria di Donna Felicitas ed a altri luoghi. Si dimostrò un buon tiratore
col fucile e sapeva cavalcate bene. Tutta la squadra, alla quale apparteneva
anche chi scrive, fece una passeggiata a cavallo a Lucena. La gente stupita di
ceva: <( Estos curas si que son ualientes! >> Questi preti sì che sono coraggiosi! »>.
Colà lo lovò ancora a fine ottobre il Direttore di Ecija, il quale andò a
fatgli visita e a dargli rlotizia degli aspiranti, manifestandogli il desiderio di
tutti di averlo tra loro anche soltanto per qualche giorno. Egli promise, e a
metà novembre effettuò il viaggio. Tta Montilla ed Ecija in linea retta si con-
tano circa 40 chilometri; ma percorrendo la strada ordina-ia \\a distanza diventa
maggiore. La strada migliore passava per C6rdoba, ma in tal caso la distanza
"fa.,rcp\\laUgcihtae
raddoppiata.
a cavallo.
Don
Ricaldone
scelse
il
percorso
più
breve
e
decise
di
Pensava che dopo tutto la gita 1o avrebbe sollevato.
Nella
malato da
cronaca
qualche
di Ecija
mese a
si legge:
Montilla,
« 17 novembre 1906 (sabato). L'Ispettore,
viene a farci una visita. Ha fatto il viag-
gio a cavallo accompagnato da Don Gioacchino Sierra, Don Giovanni Tormo
é d" o, servo. Si ferma tutto il sabato, rallegrandoci colla sua buona grazia
e ricevendoci. Partì con 1o stesso mezzo il lunedì ».
La forma di esaurimento nervoso di cui soffriva efa troppo gtave perchè
potesse rimettersi in pochi mesi di riposo più o meno completo. Pure ferman-
àosi a Montilla, I'inizio del nuovo anno scolastico aveva richiesto 7a sua at-
tenzione per Ia sistemazione del personale, che comporta sempre non poca
pr.o..,rp^rione; lo sanno i direttori delle case, i quali, nel loro zelo, vorreb-
tero aciolti e soddisfatti tutti i loro giusti desideti, in conformità delle ne-
cessità della casa. E poi, quando mai l'Ispettore può riposafe nella certezza che
nelle case tutto si svolga nell'ordine senza inconvenienti? È assurdo preten-
dere tanto. L'esperienza insegna che ogni giorno egli deve mettere in preven-
tivo la possibilità di qualche imprevisto più o meno piacevole. In conclusione:
il riposo di Montilla non aveva dato al sistema nervoso il tono necessario per
affrontare in pieno 7a fatica della carica. Da parte loro i medici consigliavano
un periodo di quiete assoluta. I Superiori scelsero una soluzione che, mentre
per,metteva a Don Ricaldone
pensando giustamente che il
il risposo indispensabile, 1o ,manteneva in carica,
prestigio del suo nome avrebbe contribuito assai
I bro, andamento dell'Ispettoria. Nominarono dunque Don Francesco Feno-
glio, direttore della casa di Montilla, Vice-Ispettore; la scelta ,molto probabil-
L.nt., venne fatta dietro suggerimento dello stesso Don Ricaldone.
Le cose andarono così per tutto il 1907. Don Fenoglio assunse prutica-
mente il governo dell'Ispettoria riferendo e prendendo consiglio da Don Ri-
caldone durante i primi mesi. Più tardi Don Ricaldone potè con animo tran-
quillo allontanarsi temporaneamente dalla Ispettoria. Così il 20 marzo tenne
t82

21.3 Page 203

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conferenza ai Novizi; il giorno dopo partì per Cadice, e s'imbarco per I'Italia
dove si fermò parecchio tempo.
Nella cronaca di Carmona al 16 giugno si legge: << Si riceve \\a notizia
che il nostro amatissimo Signor Ispettore Don Pieffo Ricaldone, attual,mente
a Torino, si trova nuovamente ammalato della malattia che lo tormentava già
prima. I nostri rug zzi più piccoli hanno incominciato una novena affinché si
rimetta in salute. Fanno consistere la novena nella recita di tre Pater a Dome-
nico Savio e una Salve a Maia Ausiliatrice >>.
Un lungo periodo lo passò nel Noviziato di Carabanchel (Ispettoria Cel-
tica). Don Gutiérrez Edoardo, allora chierico professo riennale tirocinante,
lo ricorda:
« Conobbi il Signor Don Ricaldone l'anno 1907 nel Noviziato di Cara-
banchel Alto (Madrid) dove mi tovavo nel mio primo anno di vita salesiana
come assistente dei novizi. I1 Signor Don Ricaldone venne in questa casa in
seguito ad un esaurimento nervoso, dovuto al suo eccessivo lavoro e al suo
ardore nell'eseguirlo. I medici gli avevano ordinato un periodo di riposo asso-
luto dal lavoro mentale e molto esercizio corporale all'aperto. E fu questo il
suo piano di azione nel tempo che si fermò in questa casa, per un periodo
di vari mesi.
Accanto alla casa vi era un orto, che alcuni confratelli coadiutori cerca-
vano di far fruttare a profitto della comunità, ed era che passava Ia maggior
parte della sua giornata. I suoi studi di agricoltura, che aveva approfondito
teoricamente e praticamente in Siviglia, lo misero in condizioni di dirigere gli
incaricati dell'orto ed aiutadi, aprendo loro nuovi otizzonti, insegnando loro
nuovi metodi, che lui stesso aiutava a mettere in pratica.
Fino al suo arrivo I'orto si coltivava a zapp^i Don Ricaldone costruì lui
stesso un aratro che poi adoperava nel lavoro con gran vantaggio per quei
buoni coadiutori, i quali continuarono ad usarlo in seguito. Così impiegava la
sua giornata curando la sua salute e facendo del bene a77a casa.
Alla sera, qualche volta anche durante 7a giornata, nei tempi di riposo,
soleva venire coi novizi a passare le ricreazioni, ed era una benedizione per
il noviziato. La sua conversazione era amena ed atl.raente. Buon parlatore
anche nella lingua spagnola, che conosceva a perfezione e che parlava con un
soave accento andaluso, rendeva la sua compagnia quanto mai piacevole. La
sua conversazione non era per niente pesante. Gli piaceva scherzare, raccontare
fatti e barzellette con una cordialità e naturalezza, che ci sembrava di trattare
con un compagno più che con Lrn superiore. Ma colla stessa naturalezza sapeva
anche introdurre il pensiero di Dio e del soprannaturale, facendo scuola pratica
di spiritualità salesiana.
Ci raccontava episodi dei suoi primi anni di Congregazione, che passò
sotto la direzione di Don Giulio Barberis e in compagnia di Don Beltrami
e altri Salesiani di quei primi tempi. Una volta vide un novizio che leggeva
la vita di Don Beltrami scritta da Don Barberis e gli disse: " Leggete, leggete
questa vita; vi farà tanto bene. Come in alto tempo un personaggio francese
181

21.4 Page 204

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diceva che valeva la pena di studiare 1o spagnuolo per poter leggere il Don
Chisciotte, tanto più noi possiamo dire adesso che vale ben la spesa di studiare
l'italiano per poter leggere \\a vita di Don Beltrami ".
Se tutto in lui era edificante in questo tempo che passò da noi, 1o fu in
modo speciale la divozione con cui pregava e l'atteggiamento raccolto e devoto
con cui eseguiva le sacre cerimonie. Questo si notò specialmente nella Set-
timana Santa che passò con noi. La sùa esattezza e dignità nelle cerimonie, Ia
perfezione nel canto, il divoto contegno ci fecero gustafe queste venerabili
terimonie come mai le avevamo gustate prima. Partì da questa casa lasciando
un caro ricordo in tutti e grande riconoscenza per il bene che ci aveva fatto >>.
Nel lungo periodo della sua assenza, le case delf ispettoria continuarono
a svolgere la loro missione di bene. In una breve relazione riportata dal Boletin
Salesiano 7 si legge che << alla Trinità ed al S. Benito centinaia di rugazzi tice-
vono educazione cristiana ed istruzione letteraria e tecnica; in tal 'modo si pre-
parano onesti cittadini ed abili operai per la società di domani. Le compagnie
religiose di S. Giuseppe e di S. Luigi e dell'Immacolata sono veramente in
pieno rigoglio sia ra gli interni come tra i frequentatori esterni degli oratori »>.
Alla SS. Trinità poi venne allestita una esposizione didattico-professionale,
analoga a quella del 1905, ma arricchita di un'opera eccezionale, che attirò
I'ammirazione dei visitatori; venne esposto un magnifico organo, vero prodigio
di meccanica, costruito dal salesiano D' Matias Cordell.
In ultimo, a seguito della pubblicazione del decreto del 24 luglio 1907,
col quale la Sacra Congregazione dei Riti dichiarava Don Bosco Venerabile,
anche le case dell'Andalusia si unirono al coro grandioso di tutti i salesiani
sparsi nel mondo per ringraziare il Signore, che aveva esaltato il loro Fon-
datore.
Rienlò in Andalusia nel mese di novembre, come apprendiamo dalla Cro-
naca del Noviziato: « 18 novembre 1907 - Dopo lunga assenza, per malattia,
giunse il nostro amatissi,mo Sig. Ispettore Don Pietro Ricaldone »>.
Possiamo immaginare con quali manifestazioni di giubilo Salesiani e gio-
vani salutarono il suo ritofno. La festosa accoglienza fece del bene anche a
lui, che aveva sentito fortemente la lontananza della sua ispettoria, aTla qrtale
la mente e il cuore correvano con immenso desiderio.
Il lungo riposo aveva giovato alla sua salute. Come prima cosa volle
fare una visita alle Case per portare a tutti la sua parola di ingtaziamento per
le preghiere fatte e di esortazione ad impegnarsi a crescere nella virtù e neila
scienza; ovunque si ripetevano manifestazioni di gioia. Nelle visite lo accom-
pagnò Don Fenoglio, il quale continuava ad esercitare I'ufficio di Vice-Ispettore.
Il 7 dicembre compì la funzione sempre consolante della vestizione nel
noviziato e licevette la professione religiosa di alcuni chierici; ^ tatda seta poi
7 Boletin Salesiano, marzo 1908
184

21.5 Page 205

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pfesiedette 7a ttadizionale accademia in onore della Im.mac olata, e il giorno
dopo celebrò Ia festa coi novizi.
Le case di formazione
una delle preoccupazioni di Don Ricaldone fu quella di creare nella gio-
vane ispettoria le case di formazione.
La ispettoria spagnuola di S. Giacomo Maggiore nel 1901 contava 71
dzasias.ocnvsraiinatletcri,reaind6lcze;uoiinqidsueedagciloliien1osd8siritrceiahrda(ieuonrnroiacaitdtoieisrnitoeJrilJbldauecicotliaassidn.aiuciastuoplotrerir;etetoiCrdipaaisrleieGmeddiseirùlal)s'Icsaacporerpltitoiit;ocnrhieinaill.cavhCCiilaooammseaecectedrsi-ii
vede, Don Rinaldi aveva lasciaro un bel gruppo di giovani, Àe si preparavano
a far parte della Congregazione.
e
Nell'anno seguente, istituite le tre Ispettorie, gli ascritti
ciascun Ispettore provvide per conto proprio alle case di
vennero divisi,
for,mazione. Il
primo problema è quello dell'Aspirantato. D. Ricaldone 1o metreva in discussione
nelle adunanze annuali dei Direttori. Riportiamo in Appendice il verbale di
quelle già ricordate dell'agosto 1901, nelle quali si delibeÀ una soluzione prov-
visoria. Si veda allegato n. 16.
Nel 1905 alla soluzione provvisoria, Don Ricaldone sostituì la vera solu-
zione destinando la casa di Ecija come Aspirantato. La cronaca di questa casa
nota:
« Anno 1905 - ottobre Il giorno 9, lunedì, cominciamo, sebbene non
arcora
il Sig.
regolarmente, le scuole dei Figli
Diretrore, Don Juan Castellano.
di
Maria.
Arriva
il
Sig.
Don
pietro
con
i_l tridNuoovedmibprreep-aIr1azgioionrenoa9l ,cmoresroc.olAedrrìiu,aanroivdaeiil
signor Ispettore
miterassi.'
per
predicare
sabato: conclusione del triduo con gran frutto. I1 giorno 12, domenica, il
Signor Ispettore regala ai rugazzi una corona che ha toccato la tomba del nostro
Padre Don Bosco.
Ricaldone poi, ogni anno, mandava un sacerdote a visitare alcuni paesi
della Castiglia, teta notoriamente ricca di vocazioni, ed in tal modo alimentava
in gran parte l'aspirantato.
Già alla fine del primo anno poreva darc a Don Rua buone notizie dei
risultati ottenuti.
Amatissimo Padre in c.J.
siviglia' 20 giugno 1906
T..a
proprio
.bceansea.
{i Ecija,
Dovemmo
dove abbiamo raccolti più di 60 Figli di
pagare i debiti anteriori^, adattare il l6cale,
Maria, va
provvedere
185

21.6 Page 206

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tutto perché tutto mancava; incominciammo la costfuzione del nuovo locale
,pp.o.irto dalla V.R. e finora abbiamo potuto andare avanti, quantunque in
"srandLiostsreptitreiztoze.dei Figli di Maria è eccellente. Speriamo che..quest'anno una
orindicinà possa andaie al Noviziato
,'ion.. Il pèrronale di que11a casa è
e fra tre anni essere utili alla
insufficiente e vedremo se in
Congrega-
questo la
Vergine benedetta ed i Superiori ci aiuteranno >>.
L'aspirantato aveva il suo giornalino'. La uoce di Maria, dove i giovani oltre
le notizie di cronaca, trovavanà letture adatte alla loro formazione. Nell'aspi
rantato oltre le feste ordinarie si celebravano quella della vestizione e quella del-
l'addio. Riportiamo dalla Cronaca.
<< Sabato 73 nouembre - Viene l'Ispettore per imporre la veste a dodici novizi,
che partono quest'anno per il noviziato. Alla commovente cerimonia, svol-
tasi nel pomeriggio, .ru.ro pr.r.nti alcuni genitori dei fortunati. Al termine
il sig. Irp.tto.. rivolse parole di circostanza, facendo vedere che l'atto
comp"iuto dimostfava f infìnita bontà di Dio ed era anche una prova della
generosità dei genitori e dei figli.
Dome,,nvicoaceL4d-i
Festa
Maria
d,,i.
commiato dei novizi. I1 programma è riportato
Nel pomeriggio com,movente accademia nella
nella
quale
alcuni dei nuovi chierici leisero componimenti pieni di affetto e di fervide
esortazioni ai loro compagni, dai quali si accomiatavano. Due erano i
ricordi più ripetuti: divozione alla Vergine SS.ma; fiducia nel direttore »>'
La funzione suggestiva esercitava una benefica teàzione negli aspiranti,
i quali guafdavano .J,i ,rn senso naturale di invidia i loro compagni nella nuova
diuir, . si sentivano stimolati ad impegnarsi con maggior fervore per meritafe
1o stesso premio un giorno non lontano'
La Casa del Noviziato
Don Ricaldone sin dal principio della nuova Ispettoria, aveva proposto
ai Superiori di stabilire il Noviziato nella casa della SS. Trinità, e ciò per vari
motivi. Ricordiamo il vasto terreno coltivato ad orto, a levante del fabbricato;
oltre il rustico vi era una graziosa pd'azzina, che poteva facilmente essere
adattata per ospitare gli ascritti. I Superiori approvarono_ la proposta ed otten-
nero dalla S. Sìde il Decreto di erezione canonica, in data 20 gennaio 1902'
Il primo gfuppo di novizi comprendeva 19 chierici e 5 coadiutori; per
.,nu i.pÉtto.i^ di t.tt. case c'era da accontentarsi. Essi presero possesso dei
locali l'8 settembre di quello stesso anno, festa della Natività della B' V' Maria'
Esisteva il
Don Ricaldone
noviziato, c'erano i
pregò i Superiori
novizi;
perché
ma... mancava il Maestro dei Novizi;
venissero in suo aiuto; e fu accon-
186

21.7 Page 207

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tentato. I Superiori inviarono a siviglia Don Bernardo Magister, Maestro dei
Novizi a Lombriasco, dove per parecchi anni fiorì il Noviziato per le vocazioni
adulte.
Il 6 dicembre ebbe luogo la prima grande festa dell'anno: la vestizione
chiericale e la consegna delle medaglie. Questo giorno costituisce il primo grande
avvenimento per gli ascritti, che lo attendono con ansia e vi si pr€parano con
fervore di neofiti; è, difatti, il primo atto della consacrazione af Signore nella
nuova vita, la consegna della divisa che impegna l'anima a servire Dio nella
Congregazione Salesiana.
La suggestiva funzione venne celebrata nella chiesa della ss. Trinità, al-
l'altarc di Maria Ausiliatrice; vi assistevano i giovani interni ed esterni, alcuni
parenti degli ascritti, Cooperatori e devoti.
Come i giovani, si sentiva emozionato anche Don Ricaldone, che per la
prima volta compiva la funzione. Tocca difatti al Superiore interrogare gli ascritti
sulla loro volontà di indossare la nuova divisa, benedire abiti, candele,Ledaglie;
pregare il Signore per ogni candidato, prostraro davanti a lui che lo spogli del-
l'uomo vecchio e lo vesta dell'uomo nuovo; consegnargli I'abito e la me'daglia.
subito dopo penseranno i superiori, genitori . .oÀprlrri a contendersi l'oÀore
di aiutare l'ascritto a inflTare i bottoni della veste nell,asola.
Ed è ancora compito del Superior e indkizzare 7a parola alle nuove reclute
della miTizia salesiana, per invitarli a rendere grazia al Signore e coryispondere
degnamente alla sua chiamata.
_ La sera di quel giorno e il giorno seguente, Don Ricaldone prese parte alla
refezione coi novizi, compiacendosi di vederli contenti ed allegrì. Forie la sua
mente spingeva 1o sguardo nell'avvenire; gli stava davanti un manipolo più
numeroso di quello che Gesù aveva chiamato attorno a per la diffusione
della Buona Novella. come Gesù, avrebbe dovuto lavorare attorno ad ogni
novizio con zelo per formarli tutti buoni soldati della causa di Dio. Avrebbàro
tutti perseverato? Quale grande nuova responsabilità gli incombeva. Gli impegni
che gli venivano dal governo della Ispettoria non g1i impedirono di seguire
direttamente con assidua vigilanza I'andamenro del noviziaio in questo primo
lsaainanlnionag.duIial vMnitéaa.eilsBtirtsoeo,mgbnpauevoraanmocehenetozseialasnnedtgaeul,uisfsasoec;efDvinaonddeaRllli'csinauilozdioomneleag1lbioou,coomnnaasitgnraloiadnvizaci,oonninoetsecsrevaevlea--
niva alle feste principali, teneva conferenze, ecc.
L'anno si chiuse con la festa della professione religiosa, celebrata in quel-
l'atmosfera di fervore spirituale, che tocca l'apice nell'atto della consacrazione.
La sistemazione della palazzina doveva essere compl etata; egli ne aveva
fatto presente a Torino la necessità e poiché la risposta turduu^, ritornò sull,argo-
mento in una lettera a Don Rua da C6rdoba il 16 giugno:
« La prego, amatissimo Padre, a non dimenticarsi della formazione del
nostto Noaiziato: quest'anno forse avremo una quindicina di ascritti; è una
cosa sommamente necessaria. Ella mi disse in una sua lettera rispondendo a
r87

21.8 Page 208

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questa e ad altre interrogazioni: ne parleremo poi... Aspetto una sua indica-
zione »>.
La << indicazlone )> venne sollecita positiva, ma ad una condizione: che
non si facessero sPese.
Al termine del primo anno, Don Magister ritornò in Italia e Don Rical-
done, non avendo altra alternativa, assunse egli stesso la responsabilità di
Maestro, certamente facendosi aiutare da un sacerdote di sua fiducia. Però
questa soluzione era provvisotia, in altesa che se ne presentasse un'altra migliore
e definitiva.
Intanto ne1 1905 il numero degli asoitti si ridusse a poche unità; perciò
il Noviziato venne sospeso e i pochi novizi furono mandati a Carabanchel, nel
noviziato della Ispettoria Celtica, governata da Don Oberti.
L'anno seguente le cose si avviarono al meglio; difatti ci fu una ripresa
consolante di nuovi ascritti e si trovò anche il Maestro dei Novizi in Don Giu-
seppe Celma, il quale, da un anno si trovava alla SS. Trinità esefcitando la
d.ii.utu missione di confessore. Eletto Maestro, per parecchi anni assolse il suo
mandato con soddisfazione dei superiori.
Il Noviziato rimase in siviglia sino all',aprile del 1909, sempre seguito
nel suo andamento con vigile cura da Don Ricaldone; è bello leggere nella
<< Cronaca >> il suo costante interesse per inculcare 1o spirito di Don Bosco e
Llna
pietà vera ne1 cuore dei novizi.
Ma se l,orto della sS. Trinità,
da
principio
aveva riso to
il
problema
del
Noviziato come meglio era possibile; in seguito, collo sviluppo dell'opera, non
si dimoslò il posto ideale per la formazione reiigiosa dei novizi, ai quali occorre
un ambiente raccolto e difeso dalla distrazione. Don Ricaldone aveva avvertito
la necessità di trasportare il Noviziato altove ed attendeva che la Provvidenza
intervenisse per attuare il suo disegno.
A San josé del valle, borgata a 3) Km. da Jerez de la Frontera, dove la
teffa er2 coltivata ad aranceti, oliveti, orti, campi, Don Rafael Romero y
Garcia8 voleva fondare un istituto a beneficio della gioventù povera della zona.
A tal fine si rivolse ai Salesiani; Don Ricaldone vide in lui la risposta della
Provvidenza alle sue preghiere e aprì il cuore alla speranza.
Fin dai primi contatti fu molto bene impressionato dallo spirito sacerdotale
che voleva beneficare istituendo una scuola pratica di agricoltura' Ma quando
di Don Rafael; lodò 1a carità che dimostrava verso la gioventù della sua terra,
si recò sul posto per dare una forma concreta alla iniziativa, gli parve che la
posizione fosse molto più indicata, sotto ogni aspetto, per stabilife una casa
ài formazione, ed espose con molto garbo al benefattore i motivi che 1o indu-
p'J."iài.rot.Àlr.,i."n68*".rnrIir"atltaoiRJ*-te",eArvpié.o.ezDiSrdo.rceenJaconIaRasoréansFfiidacraoeeollnSdRtVeeeoga'rilomalair,eebCerdpoa,oo,tdvsteaeosndevcredeaoeslrlveeaaarcegÉciiteaoòSnsveeaailvgneoremelettaenainvztrriieasoevtnaedVire,eolalscscVhfcaoeeivcascietvlooeonv.1dJo1Ae.oer1ledml9azeegldtmt"ebeioaerlreanateeaFad1crdooeisslnall'petcveoseesrersadirzcoc,iooziszvinouiooe,o,
dei Salesiani per fondare una scuola agratia.
188

21.9 Page 209

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cevano a pensare così. Don Rafael non accettò senz'altro di rinunciare al suo
disegno e neppure Don Ricaldone volle rinunziare alla sua convinzione; andò
altre volte a San José sempre ben accolto, e fiducioso di riuscire nel suo intento.
Don Canavesio più tardi raccolse alcurni episodi di queste visite dalla viva voce
di lavoratori della terra dipendenti da Don Rafael.
« Racconta Antonio Garcia Gago, Ia simpatia che sentiva per lui e I'ammi-
razione che si attirava Don Pietro quando veniva in queste terre per tr^ttarc
della fondazione della casa.
Una volta Don Pietro 1o sorprese mentre stava arando con un paio di muli;
giovane come era, non sapeva disimpegnarsi bene. Don Pietro gli disse che
non si arava in quel modo. Io, portato dalla confidenza che avevo per lui e
toccato nel mio amor proprio gli risposi: << Che cosa s'intende Lei di questo? >>
Don Pietro gli disse: << Sono anch'io figlio di lavoratori >>. Prese la coppia e
incominciò ad arare con tanta competenza e abilità che ci lasciò tutti stupiti
vedendo come un sacerdote sapesse fare così bene questi lavori di campagna.
Quale fu la conclusione del dialogo? Forse un compromesso. Sta di fatto
che Don Ricaldone nel 1908, prima di lasciare la Spagna per andare nel Sud
America come Visitatore straordinario, invitò don Romeo a Siviglia. La Cronaca
della Trinità nota:
« 1908 - febbraio - Visita il nostro Collegio, accompagnato dal Signor Ispet-
tore lo zeTante cooperatore Don Rafael Romero, che più tardi sarà chiamato col
dolce nome di "el abuelito" (il nonnino). Gli si fece festa, rappresentando in
teatro "I due mendicanti", "I1 gastronomo senza soldi', "La banda di comete" >>.
A conclusione dei colloqui, Don Ricaldone mandò a San José Don Antonio
Toro, perché seguisse i lavori di costruzione stabiliti di comune accordo, affinché
si potesse iniziare l'opera, accogliendo un primo gruppo di orfani bisognosi.
Menre Don Ricaldone attendeva alla nuova missione nell'America del Sud,
a S. José del Valle si dava attuazione ai suoi disegni. L'11 maggio 1908, festa
del Patrocinio di S. Giuseppe, si gettarono le fondazioni dell'edificio che doveva
sorgere addossato alla casa di proprietà di Don Raffaele, e comprendeva un
piano terreno con tre aule destinate rispettivamente a salone per studio, teatro,
refettorio ed una piccola Cappella. Non si ttattava di un grande edificio; ma
richiedeva pure il suo tempo. Ad ogni modo i lavori procedettero di buona
lena, con molto impegno sia per la cosfuzione nuova come per adattare gli
ambienti della casa vecchia alle nuove esigenze; e dopo un mese e rnezzo, i\\
26 giugno, festa del S. Cuore, si poterono accettare i primi orfani. Continuando
i lavori collo stesso ritmo, a metà settembre si coprì l'edificio nuovo e così si
potè iniziare l'opera.
Il 24 ottobre, festa di S. Raffaele, onomastico di Don Romero, i Salesiani
vollero dare una viva dimostrazione di affetto e di gratitudine al loro benefat-
tore. Vennero da Cadice le scuole di banda, i giovani canrori e quelli della
filodrammatica.
Il buon sacerdote celebrò la santa Messa nella chiesa parrocchiale e provò
grande consolazione quando si accostò alla balaustra per distribuire la santa
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21.10 Page 210

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comunione ai giovani raccolti in devoto atteggiamento per ricevere Gesù Euca-
ristico.
Nel pomeriggio poi il festeggiato ricevette I'omaggio di una accademia,
che gradì, dimostrando la sua soddisfazione. << Il mio affanno in tutta la mia vita
-queesgtali mdiassttein-a
è stato quello di
distribuii il Pane
portare anime al Cuore di Gesù; perciò quando
Eucaristico a tanti ragazzi, non potei trattenere
le lacrime. Ecco qui rcalizzato il mio sogno; con la venuta dei Figli del Vene-
rabile Don Bosco in questa teffa, ho visto regnare Gesù ffa questi contadini
bisognosi. Giudico ben impiegati i sacrifici di tutta la mia vita; questa mattina
sono stato compensato abbondantemente »>.
La popolazione seguiva con viva simpatia I'azione dei Salesiani e ne diede
una bella prova partecipando in massa ad una solenne funzione celebrata nella
chiesa parrocchiale in suffragio delle numerose vittime che il terremoto di Messina
(28 dicembre 1908) aveva travolto sotto le rovine dell'Istituto Salesiano. Clero,
autorità e popolo furono presenti; la Cronaca nota che tra gli intervenuti c'era
anche l'Ecc.mo Signor Conte de Morfi, Don Antonio Camacho, senatore del regno.
L'opera, dunque, si era iniziata in favore della gioventù povera della regione,
secondo il desiderio di Don Romero; ma avrebbe poi ospitato il Noviziato, come
desiderava Don Ricaldone. Difatti i Superiori avevano avviate le pratiche presso
la S. Sede, per ottenere il rasferimento del Noviziato da Siviglia a San José:
il Decreto di erezione canonica del nuovo Noviziato porta la data del 5 aprile
1909. Subito dopo si attuò il trasloco. Questo per la scarsità delle vie di comu-
nicazione tra Jerez e San José del Valle e le condizioni poco buone delle strade
stesse, si dovette fare in piccoli gruppi; un aiuto si ebbe dalla catrozza messa
a disposizione da Don Rafael. I primi chierici arrivarono il 29 api7e, gli ultimi
il 4 maggio. Coi novizi giunsero pure i chierici studenti di filosofia.
Il 5 maggio si fece la solenne inaugurazione de1 nuovo istituto con una
accademia musico-letteraia in onore di Don Rafael Romero, al quale facevano
corona i1 fratello Don Vicente, il parroco e il suo coadiutore. Alla sera poi, la
popolazione vide per la prima volta il gruppo dei chierici nella chiesa parrocchiale
ad iniziate il pio esercizio del mese di Maria Ausiliatrice col decoro delle same
cerimonie e dei canti liturgici.
Il 6 maggio ebbero inizio le lezioni. In quella occasione, scrive Don Cana-
vesio, Don Raffaele Romero ricordava che Don Ricaldone era riuscito ad ottenere
da lui di trasportare il Noviziato a San José del Valle e di sostenerlo coi beni
ricevuti da lui, invece di impegnarli in una scuola agricola. E conchiudeva dicendo:
<< Sono contento di essermi lasciato ingannare da D. Pietro >>. Questi aveva portato
a termine la missione nell'America e stava iniziando il viaggio di ritorno in Italia.
Don Ricaldone aveva ancora un altro grande progetto: 10 Studentato filo-
sofico !
Quando si costituì I'Ispettoria Betica, Don Ricaldone dismibuì i chierici
studenti di filosofia in gruppi, affidandoli ad alcune case dove potevano compiere
i loro studi. In un secondo tempo li radunò nella casa della SS. Trinità e fu già
un passo avanti nella soluzione del problema.
190

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22.1 Page 211

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Ma teneva presente la volontà di Don Rua, il quale aveva preso I'impegno di
darc afr,a Congregazione la sistemazione voluta dalla Chiesa, che comprendeva,
tra Ie altre cose, la fondazione di studentati filosofici e teologici.
In una lettera a Don Rua da Siviglia in data 26 giugno L906, scriveva:
<< Adesso pensiamo al nostro studentato filosofico, che deve ad ogni costo in-
cominciare quest'anno: ma è assolutamente necessario qualche aiuto. Io spero che
a tempo debito la V.R. non ci abbandonerà. Siamo nel periodo più critico ed
abbiamo bisogno di un piccolo sforzo da parte dei Superiori in nostro favore ,r.
L'aiuto di cui aveva bisogno si riferiva soprattutto a confratelli insegnanti, pre-
parati sia da1 lato religioso come da quello scientifico al compito così impegnativo
e di grande responsabilità quale è quello di plasmare secondo 1o spirito della
Chiesa le giovani reclute della Congregazione nell'età che decide del loro avvenire.
Nonostante la buona volontà di rcaTizzare il progetto << ad ogni costo » (e la
sua volontà era ben decisa), dovette aspettare altri tre anni, quando la Provvi-
denza gli mandò Don Rafael Romero; a San José del Valle trovò sede arrche lo
Studentato filosofico.
t9t

22.2 Page 212

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CAPITOLO XI
VISITATORE STRAORDI NARIO
Nuovo campo di lavoro: I'America Meridionale
Verso la fine del 1907, quando l'assurda campagna scandalistica, otganizzata e
manovrata dalla massoneria in ltalia a danno della Congregazione Salesiana, aveva
esaurito f impeto travolgente dell'assalto frontale e perso di mordente denigratorio
presso il popolo, il primo Successore di D. Bosco decise di indire una visita straor-
dinaria a tutte le case salesiane a norma delle Costituzioni (Art. -79).
Espose il suo pensiero ai membri del Capitolo Superiore, che furono solidali
nell'appiovarlo e nel gennaio 1908 in tre sedute successive stabilirono Ie modalità
dell'esecuzione. E cioè: si decise di cominciare la visita entro il marzo 1908; si
approvò il documento che determirrava il mandato dei Visitatori; si divisero le
Ispettorie in sedici gruppi e si elessero sedici Visitatori, i quali sarebbero stati
convocati a Torino (fatta eccezione di alcuni per i quali si provvide in altro modo)
per prestare giuramento nelle mani del Rettor Maggiore'
D. Rua diede poi comunicazione della decisione presa a tutta la Congregazione
con lettera circolare in data 18 gennaio 1908, festa della Cattedra di S. Pietro
in Roma.
D. Ricaldone fu uno degli eletti dalla fiducia dei Superiori per compiere
la delicata missione. I1 suo stato di salute era notevolmente migliorato per il lungo
periodo di riposo trascorso senza l'assillo della responsabilità del governo. D'altron-
de Don Fenoglio aveva svolto con soddisfazione l'incarico ricevuto; i Superiori
ne tennero conto per prolungargli il mandato ed affidare a D. Ricaldone la nuo-
va incombenza. Questi accettò il ,mandato con spirito di filiale obbedienza e il
30 gennaio si rovò a Torino per parteciparc alla conferenza nella quale il Beato
Don Rua diede le opportune istruzioni e ricevette il giuramento dei singoli
Visitatori, Il giorno dopo agli stessi venne consegnato il documento ufficiale
della elezione. Lo riportiamo in appendice, allegato n. 17 '
La zona dell'America Meridionale che Don Ricaldone avrebbe dovuto percor-
rere è compresa tra il 30" e il 55' parallelo, da Cordoba nella provincia omonima a
Capo Horn. Uno sguardo aTla carta geografica un'idea della lunghezza dell'iti-
nerario; la conoscenza delle condizioni topografiche e dei mezzi di comunicazioni
allora esistenti in quelle vaste regioni dà un'idea delle difficoltà di ogni genere
che il viaggio presentava. Ma Don Ricaldone non era uomo che si arrestasse da-
192

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D. Bicaldone, coll'ispettore della Patagonia: D Pagliere, e con D, Candela, nel 1908.

22.4 Page 214

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22.5 Page 215

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vanti alle difficoltà nel compimento del dovere, quando questo richiedeva fatica
e sacrificio; ma accettava l'una e l'altro con calma e decisione. La sola domanda che
avrebbe potuto farsi riguardava le sue condizioni di salute; il suo organismo, non
ancora ben assestato, avrebbe resistito fino in fondo? La risposta era pronta: non
gli sarebbe mancato l'aiuto del Signore per portare a buon termine I'ubbidienza.
Questa, d'aluonde, era in perfetta sintonia colle aspirazioni della sua anima mis-
sionaria. A quel tempo l'America era molto più lontana di oggi dall'Europa ed allo
zelo degli operai evangelici offriva vaste distese ancora inesplorate. Le gesta dei
nostri (che dal 1875 operavano nel nome di Don Bosco in parecchie repubbliche)
narrate dal Bollettino Salesiano esercitavano un fascino suscitatore di santi ideali
nelle giovani schiere salesiane, che guardavano con ammhazione le figure luminose
dei pionieri lanciati da Don Bosco alla evangelizzazione della Patagonia, della Pam-
pa, della Terra del Fuoco. Erano sulla bocca di tutti i nomi leggendari di Mons.
Cagliero, Mons. Fagnano, Mons. Lasagna, Mons. Costamagna, Don Milanesio, Don
Beauvoir, ecc. Il pensiero di perconere quelle terre, visitare le residenze, vivere per
qualche tempo la vita del missionario dava all'anima di Don Ricaldone sussulti di
grande commozione e gioia.
Prese commiato dalle case dell'Ispetroria, dagli exallievi, dai cooperatori, rac-
comandando alle preghiere di tutti il buon esito della sua missione . Il 4 marzo
1908 tenne conferenza ai novizi esortandoli a corrispondere alle grazie divine,
perché il Signore domanderà stretto conto del modo con cui furono usufruite;
li animò a portare con orgoglio il nome di Figli di Maria Ausiliatrice e di Don
Bosco.
Lasciò siviglia per cadice dove diede l'ultimo saluto ai confratelli e ai
giovani di quella casa e il 7 maruo si imbarcò con Don Candela alla volta di
Buenos Aires, accompagnato dagli auguri e dalle preghiere di tutta la Spagna
salesiana. I quattordici giorni di navigazione non furono inutili; ne approfittò
per rivedere il progtamma della visita, studiato nelle sue linee generali, lasciando
poi alle circo,stanze la definizione dei particolari.
La città di Buenos Aires segnò l'inizio della rcalizzazione missionaria, che da
anni occupava la mente e il cuore di Don Bosco tormentato dalla ardente pas-
sione della salvezza delle anime. Al primo gruppo di valorosi, che il 14 dicem-
bre 1875 pos€ro piede in tera argentina, accolti alla banchina del porto (e fu
gradita sorpresa) da duecento emigrati italiani, si può applicare 7a parc7a di Ge-
sù: << Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il
suo regno »>.1 I'1 gruppo comprendeva cinque sacerdoti, un chierico, quattro coa-
diutori. Pio IX li aveva ricevuti in udienza speciale la festa di Tutti i Santi nel
t875: << Desidero che cresciate in numero, perché grande è il bisogno e copiosis-
sima è poi la messe fra le uibù selvagge ». I1 desiderio del santo Pontefice ave-
va una sicura garanzia di attuazione nel sogno profetico di Don Bosco del tg72 e
avrebbe avuto una conferma in quello del t8Sl.2
Lc. 12, )2.
M.B. X, 54; XYI,386.
793
IJ

22.6 Page 216

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Nel 1g0g l,<< opera salesiana nella Repubblica Argentina comprendeva:
1) l,Ispettoria di S. Francesco di Sales, retta dall'Ispettore Don Giuseppe
Vespignani;3
2) il Yicariato della Patagonia Settentrionale (Ispettoria di S. Francesco
Savetio) con Mons. Giovanni Cagliero, Vicario Apostolico, e Don Stefano Paglie-
re Provicario per la Missione e Ispettore, e Don Bernardo Vacchina Ptovicario
per il Chubut.
3) La Prefettura della Patagonia Meridionare (Ispettoria di S. Michele)
retta dal Prefetto Apostolico (ed Ispettore) Mons. Giuseppe Fagnano; compren-
deva case situate in territorio argentino (tre), cileno (cinque) e nelle Isole Mal-
vine (una). Riportiamo in Appendice la cronologia della visita alle singole case
delle Ispettorie: allegato n. 1.8.
lspettoria di S. Francesco di Sales
Don Ricaldone sbarcò a Buenos Aires il 24 maruo, accolto con molta cor-
dialità dall'Ispettore Don Giuseppe Vespignani e dai Salesiani della metropoli
argentina. Inizia la visità il 29 marzo e la conchiuse il 20 luglio, impiegando
quasi quattro mesi a visitate le 18 case della vasta ispettoria.
L'opera salesiana comprendeva case di formazione, palocchie, collegi, ora-
tori festivi, orfanorofi, scuole professionali delle quali due a tipo agrario, l'as-
sistenza religiosa degli emigrati italiani. Esse erano distribuite in quattro provin-
ce: Buenos Aires, Santa Fé, Cordoba e Mendoza; dodici formavano il nucleo
principale e si rovavano vicino alTa Casa ispettoriale nella provincia di Buenos
Aloimreestfril.eIlalnreum^erdoisdtaenizceomnfaragtgeiolliri;2M03e;ndaoszoaitltai
più
21.
lontana,
distava
ll75
chi-
Da Buenos Aites a Mendoza, si sale progressivamente sino a quota 760. La
vasta pianura, che comprende le province di Buenos Aires, Santa Fé, Cordoba,
3 Don Giuseppe Vespignani nacque a Lugo (Ravenna) il 2 agosto 1854 da una famiglia
profondamente criitiana che di.d. alla Chiesa ue sacerdoti Salesiani e tre Religiose: due
F.M.A. e una Carmelitana.
Da giovinetto frequentò ii ginnasio dei
Seminario di Faenza, Clìiamato af sacerdozio,
Benedettini di
si vide ffoncare
Cesena e
a mezzo
poi 1o completò ne1
il suo sogno da.una
violenta malattia polmonare che 1o ridusse in fin di vita. Ripresosi, continuò g1i studi di
teologia in casa. Poté ricevere l'ordinazione sacerdotale nel 1876. Gradatamente_ si riprese
tantJche poté andare a Torino,
affascinò eà egli si fermò con lui
desideroso di conoscere Don
circa un anno. Don Bosco 1o
Bosco.
accolse
11 Santo Educatore 1o
fra i suoi Figli ed egli
professò nella Società Salesiana il 25-12-1876. Sempre debole in salute, fu guarito da una bene-
àizione di Don Bosco tanto che partì missionario in Argentina, mandatovi dal Santo come
maestto dei ,novizi. Là, visse ben diciassette anni al fianco di Mons. Costamagna._Ne1 1894 gli
Csuou,pà1cenct.rsereirdgieils.iteoaterleesscaiPoalemrnsoeiefa.ensdNosi,rieoednltatao1lers9ea2lee2nseAifalugncroiocclhsoleailagonmi.tooMa,PttooaiorniìntIosXaIcntdhataeilmiBageulnaeitneAoI^rsigtl_eA1npi5rt$ie.ngtsiee.nnFndeaaeitrotliocCh.1Iiles9qsp3ite2oerltootao*ST1reauo,psrfieaonlrmnoiod.aròe,V_cibshesceneoomd1rea9a
è onorata nella chiesa di San Carlos a Buenos Aires.
194

22.7 Page 217

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insieme allaPampa, è coltivata a frumento e il 95Vo dd|.a produzione totale.
Nella provincia di Cordoba si inconrano i primi rilievi collinosi (le << sierras »>)
e proseguendo, nella provincia di Mendoza che si distende lungo Ia catena delle
Ande, si ammirano le maestose cime montagnose, tra le quali il monte Aconca-
gua, la cima più alta della cordigliera, che raggiunge i 7000 metri. A Mendoza
prevale la viticoltura.
I1 viaggio attraverso quelle regioni non doveva essere senza interesse per
Don Ricaldone. Il Visitatote non era del tutto sconosciuto nell'America Latina;
difatti le pubblicazioni della Biblioteca Agraria Solariana erano state diffuse an-
che in quelle repubbliche di lingua spagnola, specialmente nelle Scuole Agricole
Salesiane. Il suo nome, quindi, era noto e circondato da stima.
« El Mensajero >> di Bahia Blanca 1o disse sacerdote di vasta cultura, illustre
figlio di D. Bosco, che portò un grande contributo al progresso agricolo nella
Spagna.
I1 primo colloquio, com'è naturale, fu riservato all'ispettore Don Giuseppe
Vespignani, non ignoto a Don Ricaldone, e la prima visita alla casa ispettoriàie.
Di Don vespignani Don Ricaldone scrisse nella << Relazione » « Il M.R. Don
Giuseppe vespignani è un santo salesiano, esemplare sotto ogni riguardo, pieno
di zelo e di costante attività, conoscitore profondo dello spirito salesiano e man-
tenitore dell'esatta osservanza delle nostre Regole. È assai stimato dai suoi di-
pendenti, godendo piena fiducia pressoché di tutti; è pure stimato assai dai
cooperatori e dalle autorità, specialmente ecclesiastiche »>.
Lo stesso Don Ricaldone nella lettera-necrologio colla quale nel 1932 comu-
nicava l,a notizia della morte del venerando e valoroso missionario, ne scolpiva
la figura morale scrivendo: << Aveva sortito da natura un'anima trona, irg.-
nua. Era incline a pensar bene di tutti, ed apprczzare tutti, a una cortese
quenza verso i superiori non solo, ma a una riguardosa ossefvanza anche
osse-
cogli
eguali e inferiori. La semplicità del suo occhio puro si rifletteva effettivamenle,
giusta l'asserzione evangelica, nel suo corpo, rivestendone di spiritualità gli stessi
sensi e comunicandogli ciò che S. Basilio chiamò: aliquid iarn non carnis in
carne »>.
, La casa Ispettoriale sorgeva al Almagro, sobborgo di Buenos Aires, e ripro-
duceva nella sua struttura e sviluppo l'oratorio di valdocco . Era intitolaia a
Pio IX e vi prosperavano Ie << Escuelas de Artes y oficios »; in più i salesiani
officiavano la parocchia; pamoco era lo stesso rspettore Don veìpignani. Don
Ricaldone poteva scorgervi in forma più ampia Ia casa della Trinità Ji Si"lgllu. Vi
lavoravano quarantasei salesiani, il numero dei giovani si avvicinava ai 600 tra
artigiani e studenti. Fiorivano inoltre 1'Oratorio festivo, la pia Unione dei Coo-
peratori e quella degli Exallievi. Nella c^sa err- vivo 1o spirito di Don Bosco; re-
gnava carità, si coltivava la pietà, il lavoro sovrabbondava. E a questo proposito
Don Ricaldone costata l'eccessivo carico che pesa sui chierici, i quali accusano
sintomi di esaurimento e << preparano una generazione di nevrastenici ». eui è
chiaru 7a voce dell'esperienza personale.
Merita conoscere anche il giudizio sul direttore: << Il sacerdote pedemonte
t95

22.8 Page 218

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Luigi, direttore di questà casa, è stimato dal suo personale ed_è zelante nel com-
pim"e.rto del suo dovere. Fa di tutto per il bene della casa, che è molto grande
e complicati ssima. La sua salute però è assai precaria e nofi potrà lorse durare
nxolto ter?zPo nella sua caica.a
Nella Casa Ispettoriale D. Ricaldone fece pure conoscenza con D. Ernesto
Vespignani, il quale aveva seguito il fratello D. Giuseppe prima entrando nella
Coniègrrione, poi andando missionario nell'Argentina. Preparò i disegni di ben
79 Àsàuzioni, chi.te, cappelle, santuari ed istituti educativi in Italia e in Ame-
rica.
Nella città di Buenos Aires i Salesiani avevano altri cinque operosi centri
di attività religiose e sociali.
It Collegio Leone XIll era stato apefto nel sobbotgo Palermo del quartiere
Belgrano p.i.o.rt.nrtare la propaganda protestante molto attiva in quella zona
. uJcogli.u, orfani per le scuole elementari e scuole professionali; aveva l'orato-
rio fesiivo fiorentissimo. I1 Visitatore trovò la comunità (erano tedici confratel-
li) unita e laboriosa.
Fu lieto di dedicare ffe giorni all'Oratorio lestiuo di Alrnagto, uno dei più
rigogliosi, che aveva già dato parecchi sacerdoti alla Chiesa e a|la Congregazione:
D. Giorgio Serie è uno dei tanti.s
Poi, nel cenro di Buenos Aires visitò l'Oratorio di S. Caterina,
Subito dopo,l'opera della Boca, che aveva fatto patlare di sé. Essa prende-
va il nome dalia località detta << Bocca del diavolo » perché in quella zona malfa-
mata,lamassoneria aveva posto la sua sede e inoltre vi confluivano tutte le cose
di cattivo augurio.
Lasciò per ultima l'opera presso la chiesa << Mater Misericotdiae >>, conosciu-
ta comunemente come la « Iglesia de los italianos », perché era st^ta costruita da
emigrati italiani. Fu la prima residenza scelta da Don Giovanni Cagliero nel
187t. il direttore, Don Serafino Santolini, lasciò in Don Ricaldone una profonda
impressione: << è esemplare sotto ogni riguardo; i rapporti fra lui e il personale
sono eccellenti. Lavora assai per attendere ai Soci, i quali riconoscono in lui
un vero padte. Ha pure cura degli alunni e se ne toccano con mano gli effetti
la
a Il « {orse
fibra robusta
» mitiga il valore del pronostico. Don Pedemonte, nato al]a Bocca, possedeva
del bulon ceppo ligurè, che 1o sostenne sino all'età di 86 anni, sempre in
attività ammirevole. Dal 1895-al tgtt fu direttore; dal 1911 al 1934 resse successivamente
i; ì;p;,,*i; della
gioia di ,riirt.."
patagonia, Perù, Bolivia, Cuba, Messico. Fondò opere
allo Iviluppo della Chiesa e della Congregazione. nella
grandiose; ebbe la
tera delle visioni
Bu-riiouià.m{n.ftoe,is.rrhifltA(.eia,gictvrd"rqe"i"nrrDeeà.roaaDfentoocB.Be,aeoii"dgslBincaooemrs.s.toauCS.td-oiDtri.^idiguRieasienetdtntolueaargtieitosai,nuliàIpaseenpgreei(olCltatroChnrasaoeurtlae,la,enMgltfaeeeiob)dmoeS_rbilainto.loesFsaadriaaeaDnnllcoloC'ieand,at.àipBsAiodteoslmigclouo8a.ì6SgfruaaopnnecenJi-uiiodlarlaoe
Bernal, ricco
i-genitori a
allora la sua
come Consi
gii".. p.r- la c.rru degli Oratori Festivi e deila Federazione Mondiale degli Exallievi, si
àedicò ì[e diverse
RifJs.ro in
res[onsabilità con
lui iuci mirabili di
fervore di spirito
pietà sacerdotale,
e zelo atdente.
di predilezione
f.t..rti,-i tribolatr. Apprezzatissimo e ricercato per consiglio e direzione
pspeirrigtulia_leu.mIlili,siuosorfi-
cordo è in benedizione.
196

22.9 Page 219

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benefici. Comanda paternamente... A lui si deve se la vita comune e la pietà sono
edificanti »>.6
Ora è la volta delle sette case distribuite nella provincia di Buenos Aires.
La
di
più importante è
formazione, che
quella di Bernal, a
accoglie aspiranti,
1J chilometri da
novizi, studenti
Buenos Aires. È la casa
di filosofia. Inolte c'è
l'oratorio festivo, una chiesa pubblica e scuole per esterni. I Sa,lesiani dispongono
di 11 ettari di tereno, quindi non manca lo spazio per le diverse comunità. I
confratelli sono 34; i novizi 15.
La cronaca della casa riassume i primi anni con una sintesi tacitiana: << poca
chiesa, molto lavoro, scarso pane )>. Don Ricaldone si fermò undici giorni; tiovò
un ambiente di famiglia, unito ed osservante; e lavoro in abbondanza per tutti.
Direttore e Maestro dei Novizi era Don Nicola Esandi, il futuro Vescovo di
Viedma.
A san Isidro tre confratelli attendevano al collegio s. Elisabetta, opera di
poco sviluppo, e a La Plata, al collegio S.
chiesa pubblica. Poscia, a cinque chilometri
dciudoirseta,nazlal'oèralatovriooltafedsetiivSoa"les,dian,indui
Ensenada, città e porto sul Rio della Plata. Ivi la vita dei Salesiani è veramente
difficile; fanno del loro meglio lavorando nel Collegio, nell,Oratorio festivo
e nella Parrocchia.
Proseguendo, incontra le due case di '[Jrribelarrea, a 79 chilometri da Bue-
nos Aires. 41 collegio s. Michele è annessa una capellania; ma è un'opera assai
ridotta. Invece la scuola Agricola dispone di ha. 400 di terueno . nrme.oro be-
stiame tta cavalli, bovini, pecore, ecc. Però i giovani interni sono pochini: 35,
dai 9 ai 73 anni. La cronaca della casa nora: <( L'illusre padre, molto addentro
in fatto di organizzazione agraria,
« Il Direttore buono, di criterio,
diede le norme
di poca salute,
fondamentali
non aveva il
per questa Casa.
personale compe-
tente per curare l'azienda.
Raggiunse infine l'ultima casa della Provincia; il convitto Don Bosco di
s. Nicolàs de los Arroyos, a km 279 da Buenos Aires. La città per la sua vi-
cinanza agli Indi, offriva la possibilità di preparare missioni in loro favore, e
inoltre, di prestare assistenza religiosa e sociale agli Italiani colà emigrati in gran
numero dalla Liguria e privi di sacerdoti e di maestri. I1 Direttore è « uomo di
Dio, ottimo, forse troppo semplice >>. Il prefetto, Don Giorgio serié, « un po'
malandato di salute; ha doti intellettuali ottime; buon criterio, qualità morali buo-
ne; ha l'abilità necessaria per il suo ufficio ».
asldVcOaAe,uniouevr'aigipneim_nPoeevvoseriznatiucu,a.auido_vtceiaAone,eolplagnrlrn5ari,et:icssedvgdo1aC-ainnirece5toeofarl5neòtSdsgrct^eemo;reiealre-eraalnuagat,tta-lnfcr-mSidznooaNuiiegoo,onedAnlnrveèteoeiogmiflrc.iitliuecuocraeeandansrtcnieittezcsotsziaadaonzsenf^ieoa-mtll-liarne'naAPtosnoneapr;pg.i,gÀrnere-ceoaslsohinmfcasneeatonàMis,nIt.gsd'ioahtmiMlàaonioenososDdsed.moreeiìS.nmpalvloeàReoipicrtvlisoacGapditnrasea.muidtlttdoEaouoveotcnaiepnGìatc,aemerloaei,,lr;tdnclidafaerdiuBunagde-i,eeg.IilrotsaisPaup,tiiten'rosèueepsgtnsftDtioecia-oaÀluitmourrtoesososno-oirvgAidusaicMaiudpmht;ncÌiioecsàezc1sfhneer9aDtts:.eo5ezusoll2iiieiorcvlna.aroaf.mgSc,Da7i"pheao.,i.6ennUro.ntrte,,onaoÀaaela.lnidirrnlltlinlrreaoeni-.,ii.
r97

22.10 Page 220

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Proseguendo il viaggio, nella vicina provincia di s. Fé, visità a Rosario il
Collegio
citta iiu
S. Girseppe
important.
coi"..rrol. .le-entrri e scuole professionali. Rosario
della Repubblica Argentina dopo Buenos Aires, per il
era la
porto
e le ùdusrie. Gli italiani formavano un terzo della popolazione; sacerdoti sale-
siani di quando in quando visitavano le loro colonie agricole, che abbondavano
nelle vicinanze della città. Molti convittori erano figli di Italiani e altri moltissi-
mi frequentavano l'Oratorio festivo.
Nàila provincia di Cordoba v'erano due case. Anzitutto \\a Colonia Agricola
Vignaud, ptrta nel cuore di un latifondo (kmq. 35 di supetficìe) di proprietà
del-Sig. Vignaud, buon cristiano il quale si era accapaffato un bel gruppo di emi-
grati
bo.,
iiemàntesi,
ni.rldone è
lavoratori forti e
soddisfatto della
intelligenti, che seppe fare suoi collaboratori'
comunità salesiana; trova la chiesa frequentis-
sima; l'opera presenta un bell'avvenire. E certo non mancò di intrattenersi con
q,rei'buoni figii del Piemonte, parlando il loro dialetto, interessandosi delle loro
famiglie, del lavoro, del paese
i òordobu, capitale-della
natio...
provincia,
prosperava
la
seconda
opera:
il
Colle'
gio Pio X, nato in umiltà e povertà, come la tettoia Pinardi e cresciuto in breve
Lrnpo in un edificio per scuole professionali su disegno di Don Ernesto Ve-
spignani. I1 Direttore ha qualità eccellenti, zelo, spirito di sacrificio, ed è molto
,liÀuto.' La vita comune buona; l'Oratorio festivo fiorente'
Dopo cordoba lo attendono altre due case nella provincia di Mendoza per
.o.pl.tr.. la visita all'Ispettoria. Ma apre una breve parentesi. Per i\\ 24 giugno
gli exallievi del Pio IX Buenos Aires avevano organizzato una manifest^ziofue
Ai f.d" e di amore in onore di Don Bosco Venerabile; non poteva 'mancare il
rappresentante del Rettor Maggiore. Don Ricaldone, dunque, vi prese parte e
urrir,.,," ad una dimostrazione veramente grandiosa; alunni, exallievi, coopera-
tori risposero all'appello con entusiasmo. Uno dei cortili trasformato in sala da
pranzo per l,occario.r., accolse un buon migliaio
bon Ricaldone prese la pada, stimolando tutti
di
a
convenuti.
coltivare i
Al brindisi finale
sentimenti rigene-
ratori conrenuti nel1o spirito di Don Bosco, ereditato da Don Rua. Non occorre
dire quale fervore di consensi ottenne la sua parola calda ed eloquente.
La provincia di Mendoza è situata nella zona preandina, e si può chiamare
il Monfeirato
case salesiane.
dell'Argentina; viene detta
Nel .À,.o della Capitale:
la <( terra del
Mendoza, vi
vino >>. Vi fiorivano due
eta la prima: il Collegio
Don Bor.o, con scuole, chiesa pubblica, ed oratorio festivo. La seconda, molto
p,purirm, p^no.r1tavnates,tosotergmevitaoraioRvoidveeovadealbbMaenddioon,adtaovneelufninadpifofeproelanzziaonreelniguimosearo' sUanae
b.nefrtffic. offerse ha. 40 di terreno ed i Salesiani fondarono la « Scuola Vini-
bAe;ll;e;#7lsi;Dt;it;o";uni zGioionl.vi,;ra;à;n;ii1n, iiaGf",h'i§etir"or"aìiìf.feiui;
il fondatore del Collegio Pio-X, che arricchì
cattolica popol119 n2ligna;.il Circolo cattolico
il periodico « Vita Coloniale », rivolte al bene
di buone e
di studi; la
specialmente
d*"e"g-l-i emigrati italiani.
r"-!r"-gioul.tia, l'amore al lavoro,
cuore, gli catt"ivarono ia stima e l'amore
l'abilità
di ogni
nel trattare gli
ceto di persone
affari,
la
grande
bontà
di
198

23 Pages 221-230

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23.1 Page 221

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cola Don Bosco »>, che oltre la scuola specializzata viti-vinicola, aveva le scuo-
le elementari e l'oratorio festivo. Non c'è bisogno di dire che Don Ricaldone vj
si trovò a suo agio. Ecco le sue parole: « il collegio è una zona vinicola che oc-
cupa più di 200 ettari. La Scuola viti-vinicola Don Bosco dispone di ha. 26 di
vigna. Buona produzione. Eccellente cantina fornita di tutti gli attrezzi necessari,
capaci di circa quattro mila ettolitri. ottimo gabinetto chimico-enologico.
Il direttore Don Achille Pedrolini, è religioso esemplare e ha ottime qua,li-
per disimpegnare il suo ufficio. GIi manca però la salute. Ma forse ciò stesso è
un po' conveniente in questa casa, che per le sue eccellenti condizioni venne
destinata agli ammalati. Infatti quasi tutti i suoi residenti furono mandati per
motivi di salute e iI bravo direttore se ne prende cura veramente materna. Vita
esemplare >>.
I1 6 luglio lasciava Rodeo del Medio e ritornava a Buenos Aires. Don Ri
caldone chiude \\a rclazione sulla Visita fatta, con questo giudizio;
« chiudo pertanto questa già lunga rcTazione affermando ancora una volta
che, malgrado le osservazioni fatte, mi gode I'animo di poter attestare che in
questa ispettoria si lavora assai in conformità del vero spirito salesiano e che
si sta facendo un bene immenso >>-
lspettoria di S. Giuseppe . Uruguay
Questa Ispettoria comprendeva quindici case, delle qua,li undici nell'Uru-
guay, due nello stato brasiliano di Rio Grande (confinante con l'Uruguay) e due
nel Paraguay; queste due ultime, a motivo della loro Tontananza, vennero asse-
gnate ad altro visitatore. Don Ricaldone rimandò ad altro tempo il viaggio nel
Brasile e visitò dapprima le case dell'Uruguay. otto di queste erano distribuite
in un raggio di venti chilomeri dalla capitale e cioè: tre a Montevideo, villa
col6n e due a Manga nel dipartimento di Montevideo; inoltre Las Piedras e La
Paz oel dipartimento di canelones. Mercedes apparteneva al dipartimento di So-
riano a km. 276 da Montevideo e due a Paysandù nel dipartimento omonimo,
a km. 379.
Le case principali erano sei; le opere quelle stesse della vicina Repubblica
Argentina. L'Ispettoria contava 111 confratelli e 12 ascritti.
Don Ricaldone sbarcò a Montevideo il 22 luglio, proveniente da Buenos
Aires, dopo quindici ore di navigazione nel Rio de la Plata, ricevuto al porto
dalf ispettore Don Giuseppe Gamba e da vari confratelli, con segni di viva cordia-
lità. Iniziò la visita il giorno stesso dell'arrivo e la portò a termine il 9 settembre.
La casa Ispettoriale di l\\4ontevideo è il « Collegio Don Bosco »> di Montevi-
deo, ben noto per gli apprezzati: <<Talleres Don Bosco »>, le scuole elementari e
1'oratorio festivo.
Il lungo colloquio coll'Ispettore gli rivelò le doti preziose, che adornavano
il suo animo, delle quali ebbe chiara conferma a mano a mano che procedeva nel-
la visita alle diverse case. Ed ecco il giudizio che ne dà: << Don Giuseppe Gamba
199

23.2 Page 222

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ha delle ottime qualità per ben dirigere una Ispettoria. Conoscitore dello spi
rito salesiano, osservantà, luuotuto.", difensore acerrimo dell'autorità dei supe-
riori, ha lavorato immensamente per ben organizzare I'Ispettoria secondo Ie
prescrizioni delle costituzioni. Attende con impegno allo sviluppo e direzione
delle sue case »>.8
Anche il Direttore della casa, Don Riccardo Pittini, lasciò in lui una ottima
impressione: « Ha doti eccellenti per disimpegnatela sua_carica. Non gode però
di'troppa salute; ciononostante ha Ia massima cura dei confratelli e fa del suo me-
g* lio
i.r dirigerii santamente.
quindì naturale che nel
Procura
Collegio
in ogni modo 1o
D. Bosco la vita
sviluppo della casa
comune si svolgesse
»>.e
in
grande armonia di sentire e di operare secondo 1o spirito di D. Bosco. Quantun-
q1re nel 1908 Don R. Pittini non godesse troppa salute, visse ancora 53 anni e
àorì il 10 dicembre 1961 all'età di 85 anni, dopo una vita intensa quant'altre
mai di attività missionaria. Chi non ha letto le « Memorie Salesiane di un Arci-
vescovo cieco? ». In quelle pagine autobiografiche l'anima dell'Arcivescovo di
Santo Domingo e Primate delle Indie, risplende corne fiamma che arde e non
consuma, alirientata da una sofgente indefettibile: l'amore alle anime da conqui
stare al Regno di Dio.
In quèste << Memorie » Mons. Pittini ricorda il primo incontro con D- Ri-
ctneaovlsdidtoiecnoaerqesuciarnilveelVnudisioit,ial-tofureAtuvdreeovllo'RAcmeotentootiscrcaMiLutaaogtingDaio. rRneiec1daletd9lol0an8eC. paSeniropnloaitzepzvaraizmifoainnvedoe'latalldoariaMqpuorenol---
la multiform e azione educativa, catechistica e missionaria, che 1o portò sulle ali
di uno zelo ardente dalla Patagonia al Giappone e gli rifletté in fronte Ia gloria
del Padre canonizzato nella Pasqua del 1934 »>.
A Montevideo esistevano altre due case: il Collegio del S. Cuore e quello
di S. Francesco di Sales. Nella prima D. Ricaldone si fermò tre giorni; cinque
confratelli disimpegnavano le diverse mansioni: ufficiatura di una cappella se-
mipubblica, scuole elementari per esterni che
torio festivo e un centro di assistenza sociale
accorrevano
intitolato a
molto
Mons.
numerosi' Ora-
Lasagna. T1 Vi
sitatore si compiace del buono spirito che animava la piccola comunità.
La seconda casa contava appena un anno di vita e la sua apertura fu una
vera provvidenza per quel quartiere popolare (detto Bella Vista), perché la gio-
8 Don Giuseppe Gamba è ancora ricordato in benedizione nell'Uruguay, dove D. Bosco
1N",;"roi,É;riti;n^":r.;u..r;-gi;iò'l"Àrr.rVÀ^png,pi'dlifrr.,.r"Éi,*àr-nmàie;abl;nl;ot;1e"nc3niht.9nà.i5éeb.,rLbipiclroe.loVr dne2luin8s.1raeD7ennssònaponino.cnnSRois,unuaasnabeemicglliialttià1i.gv.8aigt.71.ifof71Firdaueòg.alddoipliorroievagitezoovèilo,poenad.r.nsefi_esoòarevv.dediel_en9rlt,rlelp'eaI,s9ssptcaeleiatbartbtttoeoetrr.adiucagenuilco'ldia_mteealps-l'.drUumoiaronuprtlgtuaaeundagrindeya-,i
àÈ^jp,9.!o-.n0f.n.-8ttd-tilf^u,à,ut.o^-pnpaM...t-iiiot"Àrnf.ditt"ra.LiìvrroiadadplmeiitstoD,umi.ia."iilrDRamJ"zuiiocoiroarDranttledrn..ootBes-ndeocelrs.aa1eccrnoiovspanisserfieieimdmtbramoebosceaMshvieineoalrcnefcoseilra.nctr"tg?iartio6iituntt,e"td.iriosnpezeneiiogdiJsiuiliusditmalg.ou.d-iirtovaettoeronnqndoudno<eoam<dl:zuliaiino-aSanc.naaresEclGeaolbiiqarnsbcueepioilnaiilmeultivolpdidcivaudreeceeelnesllarctreeeegvprideàdeueibrlllnoibvtnàSelimtcdaachnenehtreooee1
*i ,iouuuo dinanzi a un sacerdoie di doti intellettuali e di zelo apostolico non comune.
200

23.3 Page 223

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ventù vi cresceva abbandonata, senza alcuna assistenza religiosa. Trovò un sacer-
dote zelante e laborioso e un chierico malaticcio addetti all'Oratorio festivo; il
chierico poteva dare ben poco aiuto, cosicché D. Ricaldone nota: <( fa tutto il Di
rettore Don Guerra Marino ». Nella visita latta in precedenza f ispettore Don
Gamba aveva lasciato scritto: <( questa piccola casa marcia bene sotto tutti gli
aspetti »>. Forse alla mente di D. Ricaldone in quell'occasione affiorò il ricordo
del periodo iniziale dell'Oratorio di Siviglia, che ,pure era sorro per l,opera di
un sacerdote e di un chierico, ricchi di amor di Dio e di povertà, in condizioni
ambientali analoghe... E avendo notato 1o zelo dei due Salesiani scrisse: « Si può
dire che questa casa, quando possa svilupparsi maggiormente, è destinata a fare
un gran bene >>. Previsione facile, suggerita dall'esperienza sivigliana e avveratasi
pienamente.
A undici chilometri dalla capitale, aVilla Col6n, visitò il Collegio Pio,10 la
prima casa salesiana aperta nell'Uruguay nel 1877 . Venne intitolata Collegio Pio
perché Don Luigi Lasagna,tl il fondatore, essendo stato ricevuto in udienza dal
grande Pontefice Pio IX prima di partire per l'Uruguay, gli aveva promesso che
avtebbe dato il suo nome al primo istituto che avrebbe fondato. I1 Collegio
aveva le scuole elementari, ginnasiali e liceali (corso superiore di bacellierato). A
proposito di queste scuole superiori l'Ispettore aveva manifestato f intenzione di
abolirle perché frequentate da un numero esiguo di alunni. Don Ricaldone fu
decisamente di parere contrario; i corsi di bacellierato, disse, sono Ia palesra do-
ve si formano i giovani maestri salesiani e rendono un grande servizio all'ispetto-
ria, perciò anche se gli studenti fossero pochi, bisogna tenerli aperti. Così aveva
fatto egli stesso nella ispettoria Betica. I1 Consiglio di D. Ricaldone venne seguito;
dieci anni dopo Ie quattro classi del corso avevano una buona popolazione scola-
stica. Nella cronaca del Collegio Don Herman Horne, allora catechista, descrive
1o sviluppo della visita. Riportiamo il testo integrale, perché una idea chiara
del senso di responsabilità con cui Don Ricaldone intese ed assolse il compito
di visitatore non solo al Collegio Pio, ma in tutte le case visitate.
4 << agosto 1908 - Arriva il Rev.mo D. Ricaldone per compiere la visita
canonica a71a Casa. Lo accompagna il suo Segretario D. Candela e il Rev.mo
Ispettore don José Gamba. In quel tempo si conosceva già il valore del visitato-
re Salesiano, di non comune virtù, di grande prudenza, di ffatto squisito e molto
abile nel disbrigo degli affari della congregazione. si era guadagnato l'affetto, Ia
stima, e il rispetto di tutti i Salesiani che lo avevano trattato intimamente.
r0 I1 Collegio di Villa Col6n si chiama Pio e quello di Buenos Aires si chiama Pio IX.
ne-l-l.'U__r1u1gMuaoyn.s.RLicuciagmi eLnatesagdnoataftuo,
mandato da D. Boico nel 1876 ad
svolse la sua missione con l'ardore
inrziate I'opera salesiana
di un apoitolo. Costruì
collegi fondò giornali e società cattoliche, tra le quali la Socierà degli Oratori festivi. Si rese
benemerito nel campo della agricoltura e delle sòienze; fondò Ossérvatori metereologici, dei
quali i1
chizzare
pi rGinacuipcaholes.èEqsuteesleloladisuVail1maisCsiooln6en.dDinai mquicaanndeo1iBnraqiuilaen. dCoonmsaancdraatovaVmeisscsoiovnoarni"e1a1c8a9t1e.-
due anni dopo perdeva la vita in un tragico incidente ferroviario.
20r

23.4 Page 224

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Orc 17,30: Conferenza alla comunità. I1 Direttore Don Juan de Dios Orte-
za lesse la lettera di D. Rua, con Ia quale delegava tutta la sua autorità a D. Ri
caldone, affinché rcalizzasse in Domino, ciò che meglio gli pareva per la gloria
di Dio e bene della Congregazione e confratelli. Chiedeva gli si obbedisse e ri-
spondesse con sincerità alle domande che egli crederebbe fare per il bene della
Congregazione e Confratelli. La lettera scritta in italiano, fkmata da D. Rua e
dal suo segretario Don Calogero Gusmano. Subito dopo il Visitatore prese ia pa-
rola.
1" portava il saluto di D. Rua e la sua benedizione pef tutta la comunità.
2" parcle di D. Rua: dì a tutti i confratelli che D. Rua vuole che abbiano
cura della loro salute, prezioso tesoro che Dio ci ha dato.
3" fece notare come la Congregazione, senza guardare a spese, aveva in-
viato i suoi Visitatori a tutte le case salesiane, anticipando così i desideri di S.S.
Pio X per tutte Ie Congregazioni e Ordini. Poi per conformarsi allo spirito della
Chiesa chiede a tutti il giuramento, per obbligarsi in coscienza a dire la verità su
tutto ciò che comunicassero a Lui, come Visitatore. Il testo del giuramento stam-
pato in foglietti era del tenore seguente: Giuro di rispondere con tutta la aerità
alle domande che mi aenissero fatte. Dio e questi Santi Vangeli trzi aiatino.
<< Ognuno, stesa la mano sui Santi Vangeli, pronunciò il suo giuramento. Con
questa cerimonia finì la riunione. Tutti molto impressionati.
Giorno 5. - S'inizia la visita a tutta 7a casa. D. Ricaldone la eseguisce fino
al minimo dettaglio. Osserva ed esamina tutto con occhio esperto. Vista di lin-
ce: Immediatamente dava i consigli dovuti, per correggere in pro o in conmo.
Quanto buon senso e quanta chiarczza di vedute!
Pada pazientemente con tutti i confratelli. Con quanta facilità capiva tutti
i problemi e questioni che gli si esponevano anche se non tanto chiari né molto
ordinati. Che precisione nelle sue risposte, osservazioni e correzioni! E sempre
amabile! Sempre sorridente Padrel
Giorno 8. - Termina la visita. Fu completa.
Giorno 9. - Domenica - Dopo la Messa delle 9,30 tutto il collegio e tutti
i Salesiani si radunano in salone. Parlò D. Ricaldone, rivolgendosi specialmente
ai rugazzi. Raccomandò loro: 1" frequenza ai santi Sacramenti della Confessione
e Comunione ben fatte; 2" evitare le cattive compagnie; 3" ingtaziare Iddio di
potersi formare in un collegio religioso e salesiano. Poi narrò un fatto storico (co-
il di.d. sempre le Buonenotti agli alunni) con il garbo con cui egli sa farlo;
traendo infine una riflessione morale.
Subito dopo gli si offrì, come sollievo e non come omaggio (Don Rua 1o
aveva proibito per il suo rappresentante) un breve e semplice ffattenimento let-
terario-musicale. Piacque e fece alcune osservazioni per correggefe qualche ter-
mine.
Alla sera tenne l'ultima conferenza. Commentò I'ultima parte dell'Oremus
dello Spirito Santo: << Da nobis in eodem Spiritu fecta sapere... I »> << Salesiani
dovevano vivere dello stesso spirito. Per questo era necessario: 1' conoscere
202

23.5 Page 225

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il Sistema Preventivo. Lo spiegò brevemente e lo proclamò gloria della Con-
gregazione; 2' Pietà: utile per tutto. Radicaila. Don Bosco si servì di essa per
rcalizzare il bene; J" unione coi superiori. Lodò D. Rua. Idem degli altd Supe-
riori del Capitolo. Raccomandò sottomissione agli ordini dei Superiori maggiòri
e agli alti Superiori; 4" Esaminare il nostro modo di pensare, agire ed essere. So-
lo così vedremo i nostri difetti e deficenze nel servizio del Signore. Conoscendo-
ci ci correggeremo. Modelli: Don Bosco, Don Rua, Don Beltami...; 5" Devozio-
ne a Maria Ausiliatrice: propagarla. Imitare D. Bosco nell'amore verso di essa.
Giorno 10. - Don Ricaldone parte per la casa di Las piedras, dove va a
farc \\a visita. La sra pafiefiza si sentì immensamente. Non solo i Salesi ani ma
anche gli stessi alunni interni la sentirono. Tre giorni dopo, accompagnati dal
Sig. Direttore e da altri Superiori gli alunni interni si recarono a Las Piedras per
salutare il ricordato e buon Superiore. Che grata sopresa ricevette D. Ricaldone
da tale visita! >>. Fin qui la cronaca di Don Herman Horne.
D. Ricaldone riportò un ricordo vivissimo e caro del suo soggiorno a villa
Col6n, dove ffascorse giornate godendo il bene di una << vita comune fiorente
ed eccellente spirito di obbedienza >>, che si svolgeva sotto la direzione amabile
di Don Giovanni Moratorio, il quale « ha qualità eccellenti per il buon disimpe-
gno della sua carica: osservante, intelligente, oculato, prudente; fa del suo me-
glio per ben dirigere i confratelli. È stimato dai soci, godendone la loro piena
fiducia ».
L'attenzione minuziosa che D. Ricaldone rnetteva nel visitare gli ambienti
e seguire 1o svolgimento di tutta I'a,ttività quotidiana era stata notata dai Confra-
telli e diede origine ad un grazioso episodio durante la refezione del 7 agosto.
Tra i santi ricordati in tale giorno dal Martirologio si legge la seguente
commemorazione: << En Candia san Mir6n Obispo, ilustre por milagros » (In
Candia S. Mirone Vescovo, illustre per miracoli). A questo punto il direttore, che
aveva preso molta confidenza con D. Ricaldone, commentò la commemotazione
proclamando S. Mirdn Patrono del Visitatore. L'uscita inaspettata e il somiso
chiaro comparso sul volto di D. Ricaldone furono accolti da uno scroscio di
applausi e segni di viva ilarità. Il Visitatore rideva di cuore anche lui e volle che
7a proclamazione fosse celebrata con un buon bicchiere di uino. Per parecchi anni
alla stessa data, quando ritornava S. Mir6n, si ricordava l'episodio del 7 ago-
sto 1908.
D. Ricaldone chiamava il Collegio Pio « cantuccio di Paradiso >> e vi ritornò
per brevi fermate, quando gli si presentava l'occasione.
Quando nel l9)4 alcuni salesiani dell'Uruguay, venuti in ltalia in occasione
della festa per la canonizzazione di Don Bosco, gli fecero visita e gli portarono
i saluti degli altri confratelli, in particolare di Don Herman Horne, domandan-
dinogteliasterolo».riEcorsdiamvaise-
<< Se 1o ricordo? Quanti bei momenti mi fece
a cantare una melodia che un bambino aveva
trascorrere
eseguita in
quel momento. Erano passati 26 anni e la sua memoria ne conservava il ri-
cordo.
Da Villa Co16n si portò successivamente a Las Piedras (dista 20 km. da
203

23.6 Page 226

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Montevideo) a La Paz (a 16 km. dalla Capitale). La piccola comunità di Las
Piedras, composta da quatro confratelli, era sufficiente per ufficiare la parrocchia
e opere annesse e l'oratorio festivo. Piccola comunità ma ben ordinata e fedele
nella osrer,ranza rcligiosa sotto la guida del Ditettore-Parroco che ne dava lo
esempio.
A La Paz funzionava una Vicaria alfidata ad un sacerdote salesiano che ,, fa
tutto quello che può »> per soddisfare le esigenze spirituali della popolazione ed è
stimato assai. A lui dedica una giornata; due a Las Piedras.
A Manga, nel dipartimento di Montevideo, da cui dista 16 km. sorgono due
Case, la prima delle quali, la più importante della Ispettoria, comprendeva il
Noviziato, 1o Studentato Filosofico e lo Studentato teologico; la seconda una
Scuola Agricola.
I Salesiani disponevano di 405 ha. di terreno, non mancava quindi lo spazio
necessario per la vita indipendente delle varie comunità. D. Ricaldone dedicò otto
giorni alla prima Casa e quattro alla seconda.
I1 Direttore del Noviziato e Studentato era D. Piani Guglielmo: <( santo
salesiano, sobrio, prudente ed assai stimato dai suoi dipendenti, di cui gode la
piena fiducia. È pure Maestro dei Novizi ed ha le qualità necessarie a questo sco-
po; ui si dedica con ffutto. La formazione dei novizi è solida e ben diretta »>.r2
Ai due Studentati dedicò un interesse particolare, come richiedeva la loro
impoftanza. Si dichiara soddisfatto della serietà dell'insegnamento che « si regge
su solide basi »> e sente il bisogno di dare << una lode speciale all'Ispettore, che
facendo sforzi titanici riuscì a organizzare il suo studentato teologico >>. Egli, pur-
troppo non era ancora riuscito ad aprirlo nella Ispettoria Betica con grande suo
rammarico.
Nella Scuola Agricola si fermò quattro giorni; ci sono dieci confratelli, dei
quali sette coadiutori tutti di buono spirito. Direttore della Scuola è 1o stesso
Ispettore, ma 1o rappresenta un Vice-Direttore che fa da vero direttore: Don
Paolo Peruzzo: è di ingegno svegliato e possiede le qualità necessarie allo svi-
luppo tecnico della scuola. Ai salesiani si riconosceva il merito di aver migliorato
e promosso la cultura del frumento.
A Mercedes, la principale città del dipartimento di Soriano, posta a 276
Km. da Montevideo, Mons. Lasagna nel 1892 aveva aperto una casa, dedicandola
a S. Michele in omaggio a Don Rua. Don Ricaldone nota le buone qualità del
Direttore e la vita comune fiorente. Le scuole per esterni, I'oratorio festivo e la
cura della Parrocchia vicina di Soriano, danno lavoro abbondante ai sei con-
fratelli della comunità.
12 Mons. Guglielmo Piani andò Missionario ancora Chierico nel 1894; destinato .{a1
Beato Don Rua a[à Casa di Las Piedras, dove era Direttore l'allora Don Felice Guerra, di-
venuto poi Arcivescovo. Mons. Pittini, allora chierico pure a Las.Piedras, scrisse: « 11 Chieri-
co Guglìelmo
,rnu guìd, >>.
Piani fu per la casa un -rero regalo;
A25 anniiuccesse a D. Guerra nella
d!i1reszuiooneesedmel_lapiocafusa;pdeut enoainnuindoosptoimaossloune-
r. ,À.h. la caica di Maestro dei Novizi. Lo stesso Mons. Pittini asserisce che << durante un-
dici anni uscì da11e sua mani un manipolo di Salesiani che furono l'orgoglio della Congregazio-
ne nell'Uruguay ». Poscia fu ispettore; Delegato Apostolico ,nelle Filippine e nel Messico.
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23.7 Page 227

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Trovandosi a Mercedes seppe che a Fray Bentos, subito al di tà del Rio Ne-
gro, funzionava un frigorifero, il primo impianto eseguito nell'America del
Sud. Lo volle visitare minutamente, ma non gli permisero di enrare nel locale
delle macchine, che custodivano il segreto della produzione del freddo.
Gli rimanevano da visitare le due case a Paysandù Q79 km. da Montevideo)
nel dipartimento omonimo: il Collegio N.S. del Rosario e il collegio D. Bosco.
Nel primo si fermò una settimana e riportò ottime impresioni sia del Direttore,
esemplare sotto ogni riguardo, prudente, laborioso, benvoluto dai Confratelli;
sia per l'andamento della casa. La vita comune è bene osservata, lodevole il si
stema educativo, in fiore le compagnie religiose. Le scuole per esterni, l'orato-
rio festivo, la Pamocchia sono ben curari. Lanota più bella èchela casa molte
uocazioni.
A1 Collegio D. Bosco passò un'intera giornata col direttore e col chierico
che lo aiùtava. Funzionavano due scuolette, l'oratorio festivo e la cura parroc-
chiale di una Chiesa donata dal Vescovo e dedicata a S. Raimondo Nonnato.
Il 10 settembre lasciò Paysandù, diretto a Buenos Aires, seguendo la via
più diretta dalla navigazione sul fiume Uruguay. Dopo una breve fermata a Bue-
nos Aires, il 14 settembre ritornò a Montevideo, per distendere la relazione delle
visite fatte. Stralciamo alcuni periodi.
<< Le Case tutte di questa Ispettoria fanno veri sacrifici per sostenere le ope-
re di formazione del personale; meritano un vero plauso, perché, conoscendo le
loro strettezze, Ta Toro generosità riesce più ammirevole »>.
« Vi è un lodevole slancio per iI canto gregoriano e la musica sacra; si è
fatto assai, e tutti riconoscono che i progressi ottenuti a questo riguardo nella
repubblica sono dovuti quasi totalmente ai Salesiani »>.
« L'Ispettoria presentemente è bene incamminata e offre le più lusinghiere
speranze )>.
In realtà anche qui aveva incontrato salesiani di grande valore, che lavo-
ravano nella vigna del Signore per propagare il suo regno nelle anime, come vole-
va il cuore di D. Bosco.
Tornato a Montevideo si imbarcò per il Chubut, tramandando al mese se-
guente la visita a Rio Grande.
lspettoria di S. Francesco (Vicario Apostolico di S. Franc. Saverio)
Questa Ispettoria comprendeva le case salesiane disribuite nel Vicariato
Apostolico della Patagonia Settenmionale, formata dai territori della Pampa, di
Neuquén, del Rio Negro e del Chubut e le case nel sud della provincia di Buenos
Aires.
Vicario Apostolico era Mons. Giovanni Cagliero; (< tanto nomini... »>, il
quale aveva come coadiutori due Pro Vicari: Don Stefano Pagliere (che rivestiva
anche Ia carica di Ispettore) per i temitori della Pampa, Neuquén, Rio Negro (Pa-
tagonia settenrionale) e D. Bernardo Vacchina per il Chubut (Patagonia cen-
trale). Le case erano 18; i confratelli 109; g7i ascritti 42.
205

23.8 Page 228

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La vastità dei territori, la dislocazione delle case, la viabilità, la natura
d€t mezzi di trasporto rendevano più difficoltoso il compito del Visitatore, il
quale non per questo sentì diminuire il fervore irttziale; al contrario, godeva al
pensiero di poter percorrere la terra dei sogni di Don Bosco e di vivere per qual-
che giorno a fianco dei valorosi operai di avanguardia, testimone attento e ammi-
rato dalla loro fatica quotidiana.
Impiegò poco meno di cinque mesi nella visita; per 1o stesso numero di
case nell'Ispettoria di S. Francesco di Sales furono sufficienti meno di ue mesi.
II Chubut, il territorio più vasto della Repubblica Argentina (misura 250.000
Kmq.) contava circa J0.000 abitanti, radunati in gruppi scaglionati lungo la
costa, perché I'interno era costituito in gran parte da pampas aride e secche. La
popolazione cosmopolita comprendeva italiani, francesi, spagnuoli, inglesi, tede-
schi, polacchi, russi, e cinesi.
Esistevano pure molte tribù di indi. Quanto a religione predominavano i
cattolici, coi quali conviveva una minoranza protestante divisa in varie sette.
Una gran parte degli indi era cattolica,l'altra pagana.
I Salesiani avevano due case: la prima a Rawson, la seconda a Trelew. Pro-
prio nel 1908 le benemerenze del loro apostolato missionario avevano ricevuto
un riconoscimento autorevole in un documento ufficiale mandato al Presidente
della Repubblica dal Governante del territorio. « I Salesiani conquistarono de-
gnamente un bel posto in questa nostra patria. Essi educando i nostri indi, furo-
no la nostra avanguardia nelle popolazioni pagane e oggi sono i nosti collabora-
tori volontari nella incorporazione e trasformazione dell'indigeno. Sarebbe vera
ingratitudine e slea1tà misconoscere che le loro scuole furono le prime a diffon-
dere in queste regioni Ia lingua nazionale>>.
D. Ricaldone, come si è accennato, dopo una breve fermata a Montevideo,
il 21 settembre si imbarcò sul << Presidente Roca »> e dopo tre giorni di navi
gazione prese terra a Porto Madryn, accolto dal Pro Vicario del Chubut, D. Ber-
nardo Vacchina.
A 5 km. dal porto sorgeva Rawsoru costuita sulle due sponde del fiume
Chubut, congiunte da un ponte lungo 113 metri. L'opera dei salesiani (13 con-
fratelli) si sviluppava nella Pamocchia, nel Collegio con scuole e laboratori di Ar-
ti e Mestieri, nella cura spirituale dei malati nell'Ospedale del Buon Pastore e
dei carcerati.
Nel 1908 re salesiani avevano iniziato una seconda opera a Trelew
paese di oltre 2000 abitanti a 15 km. da Rawson; aprirono un collegio e costrui-
rono una Chiesa. Essi non limitavano la loro attività alle due case, ma periodi
camente visitavano cenfti abitati circostanti ed intrapendevano escursioni aposto-
liche di diversa durata al sud del territorio, talota nel corso di diversi mesi
si trasportavano in varie località abitate, catechizzandole e a,mminisftando i sacra-
menti.
Leggiamo nella << Cronaca » della casa di Rawson Ie seguenti notizie sulla
visita di Don Ricaldone. << Si occupò con molta abilità e paternamente, minu-
ziosamente di tutto, guadagnandosi le simpatie di tutti. Uomo dotato di bontà, di
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penetrazione, di prudenza e scienza di governo, ha saputo interpretare bene la
volontà dei Superiori e la sua missione. Partì il 12 ottobre essendosi guadagnato
l'affetto e Ia stima di tutti, lasciandoci pieni di riconoscenza verso Dio e verso
la sua persona. Deo gratias et Mariae! >>.
Si fermò nel Chubut diciannove giorni; ciò fa pensare che abbia voluro fare
qualche escursione nei luoghi di missione.
Il 12 ottobre salì sul piroscafo << Roma »> diretto a Buenos Aires dove alivò
dopo tre giorni di navigazione.
Fatta una breve sosta, il 17 ottobre riprese la navigazione sul << saturno >>
diretto a Rio Grande do Sul.
Le due case in questa terra brasiliana contavano pochi anni di vita; la prima
era stata aperta nel 1901 per iniziativa del parroco locale, il quale aveva agito
con molto realismo; volendo avere i Salesiani acquistò una casa a Rio Grande
e mandò a Torino il denaro necessafio per il viaggio dei cinque confratelli, che
i Superiori avevano destinato alla nuova opera; nacque così il Lyceu do Artes y
Oficios Leào XIII.
La seconda casa venne aperta nel t904 a Bagé per l'interessamento di un
comitato di buone persone che, ad imitazione del paroco di Rio, avevano raccol-
to i fondi e prepararo un edificio che fungesse da convitto e da esternato con
scuole elementari e secondarie. Don Ricaldone trovò nove confratelli; ciò vuol
dire che c'era del lavoro per nove, ricordando che in tutte le case dell'Ispettoria
il lavoro era abbondante, E qui il lavoro non era facile, poiché aBagé, iome in
altre regioni, la religione era del tutto trascurata e i primi a portarne le conse-
guenze erano i giovani, che crescevano ignoranti con tutte le conseguenze deTla
ignorunza.
Don Ricaldone costatò lo sforzo e perseveranza dei Salesiani, sicuro che sa-
rebbero stati coronati da risultati confortanti.
Il Direttore Don Pietro Rota, era di Lu Monferrato, valoroso missionario
delle prime ore, che coprì per 22 anni 7a carica di Ispettore.
_celebrò aBagé la festa di ognissanti, poi ritornò a Buenos Aires seguendo
per la seconda volta 7a navigazione del fiume Uruguay. E proseguì in treno per
Bahia.
Qui esistevano tre comunità salesiane, rispettivamente nel collegio Don Bo-
sco, della S. Famiglia, nella Pamocchia di N. S. della Mercede e nella chiesa della
Pietà.
L'Ispettore D. Pagliere accolse il visitatore al suo arrivo e lo accompagnò
al Collegio D. Bosco, casa ispettoriale, dove la sera dello stesso giorno 1notu, lu
cronaca) << alle 18,30 iniziò la visita tenendo la conferenza di apertura ai con-
fratelli »>. La tatica del viaggio sembrava che non avesse inciso sulla efficenza
delle sue energie fisiche.
visitò le tre opere con la ben nota attenzione, benevola e paziente. rl 7
novembre aveva inizio il mese di Maria, mese di grazia, che, al ,oò u*or. u..ro
la Madonna, fu occasione propizia per animare confratelli e giovani ad onorare
con vero fervore la Madre celeste, la Madonna di Don Bosco.
207

23.10 Page 230

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Chiuse la visita il 14 novembre, e nello sresso giorno partì per la Pampa
accompagnato da D. Pagliere.
La Pampa centrale confina a levante con la provincia di Buenos Aires e com-
prende una estesissima pianura (90.000 kmq.) che è interrotta qua e da leg-
gere ond,rlazioni e zone sabbiose che si alternano a zone ricoperte di boscaglia.
La tauolu, posta in Appendice, allegato n. 19, un'idea della estensione di que-
sto territorio, che nel 1,910 contava 70.000 abitanti (dei quali 40.000 cattolici),
distribuiti in quaranta centri.
Nel 1908 forniva il pascolo a olte 5 milioni di capi di bestiame. I Salesiani
avevano stabilito tre residenze, dislocate lungo la ferrovia che unisce Buenos Ai-
res e Bahia al territorio. La prima risaliva al 1896 ed era stala apefia nel centro
<< General Acha >>; quattro confratelli attendevano alla Parrocchia, al grandioso
collegio Maria SS. Immacolata con scuole per esterni ed interni, all'Oratorio fe-
stivo ed al servizio religioso pfesso le carceri. La vita non era facile; tra l'altro
l'acqua scarseggiava e bisognava raccogliete quella piovana; f illuminazione era a
petrolio. D. Ricaldone osserva che il Parroco-Vicario foraneo, D. Pietrc Orsi,
<< è veramente benemerito per 1o spirito di sacrificio e le opere di zelo r.
La seconda residenza venne apefta nel 1897 a Victorica, piccolo centro di
1100 anime. Qui D. Ricaldone rovò due Salesiani: un sacerdote e un coadiuto-
re e due opere: la Parrocchia e il Collegio Maria Ausiliarice; inoltre venne in
contatto di una realtà penosa ed impensata: l'isolamento del sacerdote e le diffi
coltà che incontrava nella sua missione per la incorrispondenza della popo-
lazione.
Nella terza, aperta nel 1898 nel cenffo <<General Lagos >>,la situazione era
anche più penosa: un solo salesiano attendeva alla parrocchia di S. Rosa di
T'eay, formata da una popolazione di 2000 anime, d'indole difficilissima , tra 7a
quale la setta massonica e 1o spiritismo diffondevano l'empietà e la scostumatez-
za. Molti bambini morivano senza il battesimo e gli adulti senza sacramenti. Co-
lonie di Italiani, lontani dal centro, domandavano con insistenza la visita di un
sacerdote almeno una volta al mese, disposti a costruire Ia Chiesa. La mancanza
di personale non permetteva di soddisfare il loro desiderio.
Il 22 novembre il Visitatore ritornò a Bahia portando scolpite nel cuore
1e figure dei sette salesiani, piccolo gregge impegnato a contrastare il dominio di
satana in quei vasti territori. << La messe è molta, gli operai sono pochi )>; come
era doloroso costatare la verità delle parole di Gesù! Con inusitato fervore pre-
il Padrone della messe perché mandasse operai nelle sue terre'
Sempre accompagnato dall'Ispettore, i7 25 novembre si rimise in cammino,
diretto aFortin Mercedes, città a 100 Km. da Bahia, posta sulla riva sinistra del
Rio Colorado, su un'altura che domina la vallata. Il viaggio richiedeva poco meno
di una ventina di ore in catroza, su strada tutt'altro che asfaltata e possiamo im-
maginare quali sobbalzi producevano le careggiate irregolari incise dai veicoli
che la percorrevano.l3
13 Per trasportarsi da un posto all'altro, dove non c'erano treni, si usava un veicolo chia-
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24.1 Page 231

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Mons. Cagliero vi aveva stabilito una residenza nel 1895 e cosruito un or-
fanotrofio presso i ruderi di un forte abbandonato, detto Mercedes; sorse così
il collegio S. Pietro capace di un centinaio di alunni; in breve tempo in quella
zona deserta si formò un centro abitato. I Salesiani fondarono una colonia agri-
cola e con un lavoro paziente e tenace di bonifica iniziarono le varie culture pro-
prie di una grande azienda: prati, campi, frutteto, vigneto e piante forestali.
Anima dell'impresa fu il direttore D. Pietro Bonacina. D. Ricaldone valutò
da esperto la grandiosità dell'impresa compiuta sotto i due aspetti: sociale e re-
ligioso: il deserto si era trasformato in un'oasi di prosperità materiale e spi-
rituale. Ai quattro confratelli non mancava il lavoro. La parcla confortatrice e
animatrice del Visitatore, così affabile nei modi e così profondo conoscitore dei
loro problemi, fu di stimolo per intensificarc 7a loro missione.
Risaliti in vettura, i nostri pellegrini dopo altri cento chilomeri raggiunsero
Patagones e Viedma. I due centri sorgono di fronte I'uno all'alro: il primo
addossato a una collina sulla riva sinistra, il secondo in pianura sulla riva destra
del Rio Negro.
A Patagones c'erano due opere: una Parrocchia e il Noviziato. La Paroc-
chia di N.S. del Carmine con annesso Collegio S. Giuseppe fu la prima po-
vera residenza atperta dai nostri nel 1g79. D. Ricaldone trovò quattro confratelli.
Il Noviziato ebbe il decreto di erezione canonica nel 1902, ma solo nel 1904
i primi dieci novizi ricevettero l'abito chiericale da Mons. Cagliero.la
L'8, festa dell'Immacolata, si faceva la solenne chiusura del mese di Maria.
Egli partecipò alle funzioni e dopo la processione cantò le glorie della Ma-
donna.
Leggiamo nella << Cronaca » della casa: << Dalla visita fatta alTa chiesa e ai
libri pamocchiali si mostra molto soddisfatto; come pure del Collegio e delle
scuole. Non approva 7a situazione del Noviziato, che è troppo in contatto coi
giovani esterni e manifesta il desiderio che sia trasportato in luogo più isolato >>.
Dopo sei giorni di permanenza, atraversò il Rio Negro e pose piede nella
capitale del territorio omonimo: Viedma. Qui i salesiani (una bella comunità di
25 con{tatelli) avevano un complesso di opere di grande impofianza. Il collegio
S. Francesco di Sales, con scuole per studenti e scuole professionali; Ia Scuola
Agricola S. Isidoro, la Parrocchia di N. S. della Mercede e l'Ospedale S. Giu-
seppe. Il 15 dicembre la visita alle quattro case era compiuta.
Ora è la volta delle sei case dislocate tra i due grandi fiumi: il Rio Colorado
e il Rio Negro; si rratta di un percorso in vettura di l75O Km. La prima casa,
marciando verso ponente, si tova a Guardia Pringles, a 90 Km. da Viedma. È
mlaenracathoec-h<i(ellaasvugealvklaei reuas»laa>toodinllaigeeidnsilziugaoe.intPzeaam,ttpasivpaeMncoioenssd.eimCppaorgseltiaecrooondesdiébelrr'eaaaligaku.reiDdap.toaRritdcaaatillldecooncaeodmiuusetoafrvaeaceBmvaaocncltoios.MlCao'nàgsraa.-
Cagliero_e-gli antichi mis_sio_nari, e sem-pre potevano celebrare Ia S. Messa nella casa degli
incaricati delle tenute o degli stessi padroni, chiamati <( puesteros o estancieros ». A11e vol-te
anche dovevano celebrare all'aperto, dieao la diligenza.
la Nel 1908 c'era un solo novizio, nel 1909 nessuno.
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24.2 Page 232

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un centro molto importante, dove ffe salesiani officiavano la Parrocchia, esten-
dendo la loro attività alTa popolazione dispersa nel contado. Riportiamo dalla
<< Cronaca » della casa: <( Il 17 dicembre 1908 alle 6 di sera, in vettura da Vied-
ma, arriva il Padre Visitatore accompagnato dal Padre Pagliere e il Segretario D.
Candela. Senza nessuna perdita di tempo, dopo i saluti di uso, tiene la confe-
telzd e i Salesiani prestano il giuramento. Poi visita tutta 7a casa, cominciando
dalla Chiesa: il S. Tabernacolo, la pietra dell'altarc, il confessionale, il fonte bat-
tesimale, gli oli santi, i libri parrocchiali, la cronaca ecc.
18 dicembre - Tutta la mattina il Padre Visitatore riceve il tendiconto dei
Salesiani. Poi visita la tenuta e per ultimo tiene la conferenza di chiusura.
19 dicembre - Il Padre Visitatore e gli almi Salesiani partono per Conesa ».
Dunque: D. Ricaldone aniaa alle 6 di sera, dopo ore ed ore di vettura e,
senza nessuna perdita di tempo iniziala visita. Ci domandiamo: non sentiva il bi
sogno di una pausa dopo un lungo viaggio così disagiato? Pensiamo di sì; pure
ammettendo la resistenza eccezionale della sua fibra tobusta, questa non
poteva andare oltre certi limiti; qui è evidente lo spirito di sactificio e di mor-
tificazione, che abitualmente lo sorreggeva nel compimento del dovere.
conesa si incontra a 110 Km. da Pringles, in una ansa sulla sponda desffa
del Rio Negro. Divenne residenza stabile dei Salesiani nel 1891; ora due sacerdo-
ti attendevano al bene spirituale e temporale degli indigeni e semindigeni, sparsi
su una vastissiEna zona.
Proseguendo per al6i 20 Km. la comitiva raggiunse Choele Cboel, altro
centro stabilito da Mons. Cagliero nella isola più grande ffa quelle formate dalle
ramilicazioni del Rio Negro nella zona; tre salesiani esercitavano I'apostolato mis-
sionario su una immensa distesa di territorio, dove vivevano sparpagliate qua e
olre 2000 anime redente da Gesù Cristo.
Avanzando sempre verso ponente di 200 Km., s'incontra Roca, il quarto
centfo missionario del Rio Negro, dove il numero dei confratelli (sono otto) che
formano la comunità, dice di per l'importanza del centro.
D. Ricaldone arriva il 24 dicembre; celebra in letizia le feste natalizie in
un clima di fervore mai provato, che la sua parola rivela ai confratelli ed ai fede-
li. La Natività di Gesù nella grotta di Betlemme, avvicinata e meditata nella
immensità della Pampa Patagonica: quale sublime fonte di elevazione!
A Roca fu largo di consiglio e di incoraggiamento a D. Alessandro Stefenel-
li, direttore e parroco, perché continuasse I'opera coraggiosa di sfruttamento del-
la fertilità prodigiosa di quella zona patagotic^.
Il 29 dicembre risalì in carrozza coi due compagni di viaggio, diretti a
Chosmalal, nel territorio confinante del Neuquén. Reggeva le redini D' Stefe-
nelli.ts
ls Al benemerito P. Stefenelli i1 governo Argentino intitolò una stazione ferroviaria
del Rio Negro.
210

24.3 Page 233

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La distanza da coprire è di olre 400 Km., per srade non sempre facilmen-
te praticabili; viaggio, dunque, disagiato, che i nostri accompagnavano in pre-
ghiera.
La sera del 31 dicembre li trovò in piena Pampa; sotto la volta del cielo
stellato, incomparabile padiglione disteso dall'onnipotenza di Dio sul nosrro
piccolo globo; a mezzanotte i nostri cantarono l'inno del ringraziamento a piena
voce; e pare di vedere quei volti nei quali la poesia dell'ora ha cancellato i segni
della stanchezza; p^re di sentire la loro voce chiara e sicura scandire nel ritào
gregoriano f inno dei s.s, Ambrogio e Agostino; e la mente segue le onde sonore
che si propagano negli spazi immensi, ripetendo: Te Deum làudamus...
superato il confine della Pampa, entrarono nel territorio del Neuquén, nel
punto in cui confluiscono il Limay e il Neuquén per dare origine al Rio Negro.
A 5 Km. dalla confluenza dei due corsi d'acqua si tova il primo centro abitàto,
che, come il territorio, prende il nome del fiume Neuquén.
I1 3 gennaio del nuovo anno, dopo sei giorni di viaggio la comitiva è accolta
con fraterna cordialità dai confratelli delta casa di Cbosrnalal. La città è posta
sulla sponda sinistra del fiume Neuquén al centro di un grandioso anfiteatro ìutr-
rale, formato da altipiani dietro i quali si eleva Ia imponente catena della Cordi
gliera; davanti si stende una campagna fertile, coltivata a vigneti, orti, giardini.
Quatffo Salesiani esercitavano l'apostolato missionario in una zona avente un rag-
gio di 200 Km. Abitavano 'presso la povera chiesa parrocchiale, in una misera
casetta di fango; due di essi, D. Matteo Gavoto (Direttore) e D. Bartolomeo
Panaro (Parroco) addetto alla missione, erano veterani, venerati dalla popolazio-
ne. La visita durò quattfo giorni.
Ancora una casa: quella di Junin de los Andes, per completare la visita.di
quelJa Ispettoria; ma per raggiungerla bisognava ritornare a Neuquén, non es-
sendo tracciataTavia diretta da Chosmalal. Il 7 gennaio dunque, la comitiva rifece
la via di Roca, ancora guidati da D. Stefenelli. Arrivarono alla meta dopo sei
giomi di viaggio penoso con molte peripezie ed awenture. E sì che Stefenelli era
abile ed esperto nel reggere i cavalli e si era comportato molto valorosamente.
Il superiore della missione di Junin de los Andes era D. Domenico Milane-
sio; D. Ricaldone gli aveva dato ospitalità a siviglia nel 1903, come ricorda la
cmroisnsaiocnl adreiollaDT.rDinoitmà:in-go
27 gennaio
Milanesio,
crh9eo3te-nne<<uRnicaevceomnfmeroenlazavsisuitllae
del celebre
missioni e
dopo fece una colletta pro missioni »>.16
16 D' Domenico Milan_esio_partì per l'America nel 1877, con la terua spedizione e lavorò
sempre_ nell'Argentina e nella Patagonia. Le sue relazioni riportate
sono riboccanti di fervore apostolico. « Da una rassegna detàgliata
dal Bòllettino Salesiano
dell'opera svolta dall'in-
- faticabile missionario soive La Parria
la-ne-sio aveva atffaversato, a.cavallo,_ben
degli Italiani di Buen6s
5Ovolte le,Cordigliere
dAeilr1eesA-ndecoens, taincthoetaDle.,
Mi-
dal
1880 a 1914, sempre
il giro dglla terral Di
a cavallo, TabeTTezza di 65.210 km., vàle a dire orre
una_cultura-non.c,omuner raccolse in vari opuscoli le
una'volta ,
sue pazienti
Àrrro
osser-
vazioni linguistiche; nel 1915.ebbe_1'elogio dei competenti un suo studio suila etimologia
aril)cana.
sione dei
equiadriotomciecnotemnpaarrioatid- e4l_lae11sacoPpaetartgaodneiall.'ANmeelri1c8a9, 2e,galill'vesi ppoosritzòiondeuedniuGmeenroovsai ,griunppoci iad-i
2Lt

24.4 Page 234

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D'accordo con I'Ispettofe, Don Milanesio era disceso a Neuquén per ospitare
nella sua cartozza D. Ricaldone e i suoi tre accompagnatori, D. Candela, D.
Desiré di Buenos Aires e D. Felice Ortiz che ritornava a Junin in cerca di sa-
lute. D. Pagliere si era congedato da D. Ricaldone dovendo trovarsi a Bahia dove
11 24 gennaio iniziavano gli esetcizi spirituali dei confratelli.
Il 2l gentaio il Visitatore e il suo segretario raggiunsero in treno Neuquén
dove già li attendeva D. Milanesio. I1 quale << con la sua lunga e trasandata bar-
ba, ùiriò nello stesso giorno il viaggio a lui ben noto di 400 Km.! Per tale
impresa egli stesso aveva preparato il veicolo, servendosi di un affusto di canno-
ne; voleva rendere meno disagiato il cammino al fappresentante del Rettor Mag-
giore. Con trtta 7^ sua buona volontà I'affusto non era molleggiato e corleva pef
la campagna seguendo un incerto tracciato di strada, sballottando i passeggeri.
Guadarono vari affluenti del Li,may, fiumi vorticosi; passarono le notti riposan-
do per terta,i pasti furono confezionati da Don Milanesio con le provviste por-
tate. Dopo sette giorni raggiunsero la residenza missionaria, non però a bordo del
veicolo che li aveva caricati a Neuquén; ce 1o dice la Cronaca di Junìn de Los An-
des.
28 gennaio l9O9 - « A sera arriva cavalcando una mula il Rev. P. Don Pe-
dro Ricaidone, Visitatore Straotdinario, mandato da Torino; il suo segretario D.
Candela pure su mula; e con essi il P. Domenico Milanesio, il P. Felice Ortiz
e il P. Desiré; questi tre ultimi un po' a piedi e un po' come era possibile ». Che
cosa era Successo? Il << carro » preparato con cura da D. Milanesio non aveva
resistito al collaudo severo sino alla meta; pef cui 1o si dovette abbandonare e
ricoffere ad espedienti di fortuna per compiere 1'ultima tappa' I viaggiatori si ser-
virono alternativamente delle due mule.
D.
Junin de los Andes era un
Milanesio vi aveva stabilito
paesello posto
una residenza
ai piedi delle Ande, a 780 m. s.m.;
fissa nel 1895. Il campo di questa
missione misurava una supefficie pari a due terzi di quella dell'Italia, con circa
10.000 abitanti, parte indi o discendenti di indi e parte immigrati. L'anno pre-
cedente D. Milanesio in una escursione apostolica aveva percorso 2l'50 Km. Dan-
done relazione al Ven. Don Rua concludeva con le seguenti notizie. « A Junin la
missione gode di alcuni ettari di terreno, gtazie a71a bontà di D. Carlos Cernados,
signore di,-rnu vasta fattoria che abbraccia 20 leguas quadradas.t1 Noi vedendo
ne-lla coltivazione della terfa un grande mezzo di benessere pef questi paesi, ab-
biamo pensato seriamente di lavorare il temeno che ci è stato concesso e coltivatlo
con il àoppio fine: di ricavare qualche utilità e stimolare f interesse di questi
abitanti, iq"uli, nella gran m^ggioralza o per ignoranza o pef ttascutatezza, ab'
bandonano quasi del tutto la terra, anche se così si vedono poi obbligati a tta'
scinare .r.r" ,itu povera, semiselvaggia e nomade. È vero che si è dovuto lottare
indi. Molto fece a beneficio
i.iu."t. della colonizzazione
dei nostri
italiana in
emigrati presso le
Arg:entinà, scrisse
locali autorità argentine. Fautore
in proposito articoli ed opuscoli,
esponendo consigli che gli valseto non pochi encomi del R. Commissariato d'emigrazione.
17 g0 kmq.
2t2

24.5 Page 235

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per molti anni con molte difficoltà: ma finalmente, con lo sforzo nostro e la
buona volontà di alcuni vicini che si decisero a seguire il nostro esempio, qualche
cosa si è ottenuto. Oggi, difatti, nei dintorni di Junin e nello stesso paesello, si
vedono dappertutto campi di grano e cereali, alberi da frutto, orti e perfino giar-
dini che rendono belle le abitazioni.
Ecco qui, amatissimo Padre, le poche notizie che desideravo darle. se il
Signore mi vita, presto, solo o accompagnato, intraprenderò un'altra missione
altrove, e mi farò il dovere di comunicarle notizie.
Aff.mo figlio nei Cuori di Gesù e di Maria.
DonrBNrco MrreNssro Pbro
Missionario Salesiano
A Junin D. Milanesio aveva costruito due collegi: uno per giovani, l,altro
pet ragazze, questo affidato alle F.M.A.18 Inoltre esisteva la Parrocchia dedicata
a N. S. della Neve. ci si può domandare: come potevano i due missionari atten-
dere ad un impegno apostolico di così immense proporzioni?
D. Ricaldone si fermò sette giorni; e furono ben spesi. La cronaca della
casa ci fa sapere che egli « il 30 gennaio presiedette agli esami deTle rugazze ne7
collegio delle F.M.A., presenti altri Padri e rurte 1e autorità del posto. Inoltre
predicò alle suore un ritiro di tre giorni. visitò i dintorni di Junin e Rizo; il 3 a
sera tenne Ia conferenza di chiusura della visita >>.
Il giorno dopo condotto ancora da D. Milanesio (che aveva provvisto un
nuovo mezzo di trasporto) lasciava la residenza ed iniziava il viaggio diretto alle
case della Patagonia meridionale.
<< Da Junin andiamo a s. Martin de Los Andes per la rraversata della cordi
gliera, che facciamo in quattro giorni, arrivando a valdivia (cile) la sera del 7
febbraio. Il viaggio si fece a caval7o,200 Km. olre la traversata di due laghi: il
lago Pirihueco (10 Km.) e il lago Panguipulli (37 Km.) ».
così D. candela, che si limita a indicare nomi e distanze anche per questa
taversata, la quale doveva essere non poco faticosa e non senza pericoli. Oggi
si compie comodamente in ferrovia e più celermente in aereo; ma a cavallo era
ben diverso. A questo proposito D. Ricaldone ricordava che il disagio gli venne
anche dalla cavalcatura; egli dovette adattarsi al cavallo cileno, che ha una anda-
tura diversa da quello argentino. Dopo una giornata di viaggio i passeggeri si
distesero a teffa sfiniti e si addormentarono di un sonno profondo, che durò sino
al mattino tanto era 7a stanchezza accumulatal
E se la bellezza dei panorami portava sollievo allo spirito, 1a varietà del cli
ma e l'asperità delle strade rendevano faticosa la marchia. Si era alla fine del-
l'estate, quindi la temperatura non era calda all'inizio, ma addentrandosi nella
montagna le cui cime erano coperte di neve, bisognava difendersi dal freddo. La
t8 In questa casa si santificò Laura Vicufla (1891-1904).
213

24.6 Page 236

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parte meridionale del Neuquén conserva ancora oggi la sua beTlezza selvaggia.
Èu chiamata da alcuni la << Svizzera argentina »>; ma dalla Svizzeru si differenzia
per la stessa natura; dilattilabellezza dei panorami elvetici è anche dovuta all'in-
i.ru..r,o dell'uomo; al contrario, quella andina mantiene l'aspetto naturale, sel-
vaggio nel senso etimologico della parola, e questo in una estensione assai mag-
giore.
Da Bahia a Valdivia D. Ricaldone aveva pefcofso 1950 Km. in vettura e
circa 200 Km. a cavallo.
L'Ispettoria cilena era governata da D. Luigi Naile che diede il benvenuto
cordiale
fraterna
à O. nicaldone ed ai suoi accompagnatori e
in tutte le case dell'Ispettoria. D. Ricaldone
gli
si
offerse l'ospitalità
limitò a fate una
visita rapida a Concepci6n, Santiago, Linares, Talca, che inconrò nel percorso
,r.rso V^lparaiso, dove giunse il 16 febbraio. Qui s'imbarcò sul vapore inglese
<< Orissa »> e 11 2l mattina scendeva a Punta Arenas, accolto da Mons. Fagnano.
Prefettura Apostolica della Patagonia Meridionale
un
Eccolo, adunque, all'ultima
certo aspetto più interessante'
tappa
della
sua
missione
-
la tappa sotto
La Prefettuia Apostolica della Patagonia Meridionale (Ispettoria S. Mi-
chele) aveva una
abitanti, in gran
sup;rficie di
parte civili,
507.000
ed una
Kmq. ed
miootanza
una popolazione di 50.000
di Tehuelches e Fueghini.
Comprendev* f) ii territorio di S. Cruz con due case: S. Cruz e Rio Gallegos
in territorio argentino.2) Le Isole Magellaniche con quattro case in territorio
cileno: Puntafenas, due a Dawson, Porvenir; e due in territorio afgentino:
Cabo Pefia e Ushuaia. 3) Le Isole Malvine con una casa: Port Stanley. Totale:
9 case e 48 confratelli.
Prefetto Apostolico ed Ispettore salesiano ela Mons. Giuseppe Fagnano,
altro eroico pioniere della dilatazione del Regno di Dio.m D. Ricaldone dedicò
alla visita due mesi: dal 2l febbraio al 22 apriTe.
rs D. Luigi Nai, allievo dell'Oratorio, aderì alf invito di Don Bosco e si fermò con lui,
e(1n8t3ra7n-1d9o01^),
iart far
éeila Congregazione Salesiana. Fu successivamente
ispettore in Palestinà (1901-1906) e nel Cile (1906-1924).
direttore- a S. Benigno
Chiuse la sua attività
s-alesiamnaMaolln'Os.raGtoiurisoe,pdpiereFttaogtelandoellnaacCqausea
Capitolare, nel 1912.
a Rocchetta Ta,naro (Asti)
nel
di Asti passò all'Oraiàrio, òve compleìò gli studi ecclesiastici e decise
d_i18fa44r.sDi saalleSseiamnion.arDioi
indole aidente, schietto e'di intelligenza iperta, prese
nàt tSZl; fu iuccessivamente direìtore a-S. Nicolàs
Éuiugon.r e nel 1884 Prefetto Apostolico del1a Tera
patte alla prima spedizione missionaria
de los Arroyos,.Parroco a Viedma e
del Fuoc_o, di cui iniziò la evangeltzza-
zÒsaico.uuinolo,àrl.eòd,ir.uo,nerPaaatu"onlnrrnt.ia,ri ,dcAiaonrppeùponie.at,lsDle.fuFipnraaedbnrubtsSeritacriiòlaels0pidauenraiei nmenuainFtdt.poMeonll.naiA;te.si,ousfaiou1nPqdfuriòeuafmleil,etetpud_Mteua1ienpfaogrinrmcadhonòe,dPdiciamovrisrdio.sefcfsvuciaoìhinleaii,ndc_dhicuioeDessafaflwuaìdscceoaitlnseSe,..
i.1li;9,t1r6,ti.1a17,,2rP"aronàwnriiiidudeltiànezratiàv,,eulraincvicaoonleedicnmo&neerDictaiiorpa,ettsrèpriiilsrtiPitcoahreaddidisesoal.lacrsifuicaiop,roaflolengdraia.piMe-toà,t.ìsaemSpalinctitiaàg, ofidnue-l
2t4

24.7 Page 237

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Se nel percorrere 7a Patagonia settentrionale aveva dovuto assoggettarsi
a disagi non leggeri e prolungati, non minori disagi gli procurò questo viaggio
sia per il clima che per 7a navigazione.
L'arcipelago della Terra del Fuoco infatti per la sua posizione geografica
ha due zone climatiche piuttosto difficili.
La zona cordiglierana per le sue cime coperte di ghiacci e per la corrente
marina fredda del Pacifico Ausrale, è fredda, umida, coperta spesso di neve,
o pantanosa di pioggia, e quasi sempre plumbea per iI cielo nuvoloso.
La zona pampeana ha invece atmosfera subtropicale secca, fredda, e su di
essa si stende un bel cielo sereno. Ma non mancano piogge e nevi spesso
causate dalle correnti fredde dei ghiacciai, che i venti violenti fanno precipitare
in forma vertiginosa.
Si aggiunga la difficoltà della navigazione che nell'arcipelago fueghino f in-
furiare dei venti e delle tempeste e la presenza di innumerevoli scogli rendevano
1o spostarsi da un'isola all'altra molto difficile e pericoloso.
Ma abbiamo visto con quanta forza d'animo Don Ricaldone, aveva affron-
tato le asperità delle terre patagoniche; con uguale disposizione avrebbe soppor-
tato i nuovi sacrifici tanto più che 1o accompagnava 1o stesso Mons. Fagnano,
veterano ed intrepido navigatore dell'arcipelago.
Punta Arenas è situata su1la sponda orientale dell'ultimo lembo del con-
tinente sud americano, che si protende verso il polo sud ed ha per confini
lo stretto di Magellano e il Canale Smith. Fu scelta come primo centro mis-
sionario salesiano nel 1887, residenza del Prefetto Apostolico e casa ispetto-
riale. Nel collegio S. Giuseppe una bella comunità di ventun confratelli atten-
deva all'apostolato missionario proprio delle condizioni di quella zona.
D. Ricaldone si fermò a lungo per avere di tutto una cognizione adeguata
dalla viva voce di Mons. Fagnano e dei confratelli; e dopo che ebbe compiuto
la visita a tutte le case, vi si trattenne ancora per quasi un mese.
Lasciata Puntarenas passò all'isola di Dawson, che sta aI cenmo deIl'arci-
pelago fueghino, misura 1330 Kmq. e dista da Puntarenas 50 Km. È chiamata
la << perla dello stretto di Magellano ». Colà vi sono due case; la prima apetta
nel 1889, costituiva \\a Missione di S. Raffaele, con nove confratelli; la secon-
da (aperta nel 1898) formava la Missione del Buon Pastore, con 5 confratelli.
Mons. Fagnano nel 1890 aveva ottenuto un Decreto, col quale il governo
Cileno gli concedeva l'uso e I'usufrutto dell'isola per venti anni e, inoltre, gli
consegnava 500 capi di bestiame, coll'obbligo di restituire 1o stesso numero
di capi allo scadere della concessione. D. Ricaldone poté ammirare le cosuu-
zioni numerose fatte dai Salesiani per dare l'abitazione alle famiglie degli indi;
in più due collegi: uno per gli indietti tenuto dai Salesiani e l'altro per le in-
diette tenuto dalle F.M.A.
La cronaca della Missione dice: « Nel 1909 Mons. Fagnano accompagnò
nelf isola il secondo visitatore straordinario, il Rev. Don Pedro Ricaldone. Non
c'è da meravigliarsi se in questo periodo era notevolmente diminuito il nu-
mero delle famiglie indigene della missione. Stava per scadere il contratto di
215

24.8 Page 238

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concessione temporanea delf isola ai Salesiani e questo fatto consigliava di non
ricevere più indi. D'altra parte la tubercolosi aveva fatto strage tra la popola-
zione. LÀrivo del Rev. Don Ricaldone coincide con l'epilogo di un episodio
che avrebbe potuto mettere una nota tragica negli Annali della Missione.
« I1 Rev. Padre Luigi Carnino, direttore della Missione S. Raffaele a Da-
wson, e quattro confratelli coadiutori, Giovanni Sikora, Valentino Slabosz, Ber-
nardino Occelli e Giovanni Ferrando, erano sbarcati sulla costa della Terra del
Fuoco per andare alla Missione di Rio Grande, costeggiando il Lago Fagnano.
La golitta li lasciò alle sponde del fiume Azopardo, ma non fu possibile ai
viaggiatori farsi srada perchè il terreno era molto accidentato (alberi, liane,
spiÀà, ecc.). Dovettero rimanere quarantacinque giorni in quel luogo, senza altro
,lirn".rto che carne di cavallo e di volpe. Quando già si davano come perduti,
apparve la nave che conduceva alf isola Dawson il Rev. Don Ricaldone e li
raccolse. Il Padre Carnino ha scritto il diario di questo episodio che è, di certo,
molto interessante »>.
Dalf isola Dawson si trasportò alTa Tera del Fuoco: così era chiamata
l,isola più grande dell'arcipelago fueghino. Misura 48.000 Kmq. dei quali 28.000
appartengono politicamente al Cile e 20.000 all'Argentina.
Nel 1898 ai Salesiani era stata affidata una Parrocchia a Poruenir, piccoTa
borgata iniziata da un gruppo di cileni sbarcati nel 1881 sulla baia omonima,
q,rr.i di fronte a Puntarenas. Due Salesiani attendevano all'apostolato in quella
regione. Nel cenro della stessa isola, ma in territorio afgentino, nel febbraio
del tSSl Don Beauvoir con altri Salesiani avevano stabilito una seconda sede
a Cabo Pefia. La missione venne detta della Candelora perchè si era iniziata nel
mese in cui si celebrala festa di quel nome; pef la sua posizione efa facilmente
acccessibile a tutti i selvaggi sia del nord come del sud. D. Ricaldone vi trovò
una bella comunità di nove salesiani, la più numerosa dopo quella di Puntarenas.
Scendendo da Capo Pefra raggiunse[Jshuaia, iI paesetto pirì australe del con-
tinente Sudamericano. Due salesiani officiavano la cappella di N.S. della Mer-
cede, che occupava il centro dell'isoletta, la quale, oltre le case civili per |a
popolazione, ospitava uno stabilimento carcerario, in cui erano detenuti i << cam-
pioni internazionali della delinquenza >>.
tore
Dalla cronaca
col segretario;
dveislliatòcIaascaa.s-a
Il 16 febbraio 1909
e pare che sia partito
affiva il signor
soddisfatto »>.
visita-
Compiuta la visita nell'arcipelago fueghino, passò nel territorio di S. Cruz
dove esistevano due case: l'una Rio Gallegos e l'altra a S. Cruz.
A Rio Gallegos i salesiani erano andati nel 1888; la posizione non invita-
va a fermarsi per iI paesaggio monotono e triste e I'infuriare dei venti. Nella
missione due salesiani attendevano alle necessità spirituali della popolazione,
formata in prevalenza da spagnoli.
Dalla cronaca: u 11 15 marzo arriva col vapore << Patagones »> Mons. Fa-
gnano con iI Visitatore straordinario Padre Pedro Ricaldone e il suo segre-
tario. Dopo alcune ore si rimbarcano Der S. Cruz >>.
In questo secondo centro lavoravano quattro salesiani. Don Ricaldone giun-
2t6

24.9 Page 239

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se un mese e mezzo prima che venisse benedetta la bella chiesa parrocchiale
eretta dai nostri missionari. Difatti il 3 maggio Mons. Fagnano compì il so-
ailelnncnnooelle1rg9iti0oo9,Spi.lrceGrsueoznvteciroenncocsldecseuiaol slTetiecpireietroearisuotteorernibtiàbeeclp'iovarirlaio.tloePrrideosisfgoersaltanivdoPe.alrIornodceqcuhpeiealrloels,osistpeteesvsraoa
svolta dai salesiani e dalle F.M.A. Alla visita delle missioni ii Viritatore
dedicò cinque giorni. rl 20 marzo collo stesso vapore << patagones >> discese a
Rio Gallegos e proseguì poi per Puntarenas.
_Nella casa ispettoriale si fermò una settimana, quindi si imbarcò per Mon-
tevideo su un piroscafo inglese che faceva scalo alle Isole Malvine (Is. Éaftland).
Ne approfittò per visitare l'ultima casa dell'Ispettoria di s. Michele a port
stanley. Qui i Protestanti erano in maggioranza ed avevano una bella chiesa
col loro pastore anglicano. La Chiesa cosruita dai Salesiani ed eretta a paroc-
chia portò grande sollievo ai cattolici.
D. Ricaldone a proposito di questa missione osserva: <( Disgraziatamente
nell'esercizio del ministero sacerdotale si ottiene assai poco: la ftequenza ai
santi sacramenti è pressoché nulla. Credo che le nostre speranze si deLbano ri-
porre nel lavoro delle suore ».
Le F'M'4. avevano cura delle scuole parrocchiali maschili e femminili e
ben presto si poterono costatare i benefici effetti del loro zelo. Ne dava con-
ferma otto anni dopo Don Migone in una lettera alla superiora Generale:
« con la maggior soddisfazione le comunico che le suore di port stanley
stanno facendo gran bene; sono da tutte molto ben viste ed hanno saput;
cattivarsi le simpatie generali ».
<rl 22 aprile 1909, dice la cronaca, ebbe luogo la visita straordinaria a
questa casa salesiana, fatta da D. Pieffo Ricaldone, che si ferma tra noi soltanto
questo 22 aprlle. Gli diedi tutti i dati e le informazioni desiderate >>.
Una nota di Don Borgatello:
« Nel 1909 D. Pieffo Ricaldone fece visita a tutte le singole missioni della
Prefettura
Maggiore,
Apostolica
il Rev.mo
di
D.
Mons. Fagnano, in nome e rappresentanza del Rettor
Michele Rua. Fu accolto da tutti coi segni più vivi
di stima e di simpatia, sia per l'alta autorità di cui era investito, quul. rappre-
sentante del Rettor Maggiore della congre gazione, come pure p.i l. ,re- àoti
personali che Io rendono caro e amabile a quanti 1o conoscono. Veniva accom-
pagnato dal suo segrerario D. candela. D. Ricaldone tenne conferenze in cia-
scuna delle missioni che visitò, osservò ogni cosa, si informò dell,andamento del-
le case, padò con tutti i confratelli in particolare e di tutto prese appunti per
tutto riferire poi al sig. Don Rua. La sua visita fece del gràn b..,e a tutti i
confratelli, che si trovano tanto lontani dal centro della Congre gazione e sen-
tono la nostalgia dei superiori maggiori. Nella festa di pasqua predicò in par-
rocchia e fu altamente applaudito da tutti per la sua .loqr.nrà e per l, cor-
tettezza della lingua spagnola ed ebbe molte congratulazioni dai parrocchiani »>."r
2l Sac. M. Borgatello - Patagonia meridionale e Terra del Fuoco.
217

24.10 Page 240

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Preso congedo da Mons. Fagnano e da quelle tefre t€stimoni dell'eroismo
di anime generose consacrate ailà causa del
Una breve sosta a Montevideo per salutare
mente, scende a Buenos Ayres, chiudendo
lr'Iesgpneottdori eDeioc, olansfrcate_llPi;orptoSi,tafninleayl.-
così il cerchio del lungo pellegri-
naggio iniziato il 24 matzo dell'anno precedente, che l'aveva portato a visitare
,.r]rà.r,u Case salesiane e quasi altrettante delle F'M'A'z
In attesa del piroscafo che lo riporterà in Europa distende le ultime rela-
zioni sulle
colata nel
visite compiute e
celebre ,antrrario
va in pellegrinaggio a venerare ]a Vergine
di Luidn. È una grandiosa basilica di stile
Imma-
gotico
nella quale viene custodita una statua della Vergine portata dalla Spagna che
con manifestazioni soprannaturali aveva dimostrato di aver scelto quella località
per essere onorata. Nell'ottobre del
irona dell,Afgentina, dell'uruguay e
tqlO N.S. di Lui6n venne dichiarata
del Paraguay. ln questo santuafio il
Pa-
po-
polo argentin"o va ininterfottamente a prostrarsi davanti alla sua « Sefiora de
Luj6n r"e vi affluiscono pure pellegrinaggi da altre n zioni sudamericane.
L'8 maggio Don Ricaldone si congedò dall'America'
Giunse a Torino il L' giugno un po' stanco fisicamente ma lieto per la
meravigliosa esperienza vissuta nel contatto coi valorosi missionari, che ono-
ravano Don Bosco mantenendosi fedeli al suo programma: Da mibi animas-..
Aft'tictio in corporalibus, gaudium in spiritualibus23
Portava nell'anima scolpito il grandioso panofama delle terre percorse;
aveva presenti vive e luminose le serene figure degli operai evangelici impe-
gnati fàrvidamente nella impresa divina di dissodamento e di fetilizzazione di
luelle
stolica
,rastissime zone; gioiva ricordando
in pieno sviluppo e dal suo cuore
i frutti già maturati dell'azione apo-
saliva la preghiera ardente di ringra-
ziamento ul Sigrro..,-perchè 1o aveva chiamato alla Congregazione Salesiana;
mai come allora aveva compreso \\a grazia della vocazione ricevuta; quanto me-
glio ora apprezz^va il privilegio di essere figlio di D' Bosco!
D. Antonio Candela, il fedele segretario che l'aveva accompagnato in tutta
la sua lunga peregrinazione, ci ha lasciato la traccia del percorso compiuto e
le date d"il". iiu.tt. fermate. In più queste poche righe: « Non ricordo episodi
particolari, ma sì f impressione profonda che D. Ricaldone lasciò non solo nei
.o.rfrutelli, ma anche nei Cooperatori, amici, nelle autorità civili ed ecclesia-
stiche per Ia sua competenza universale in questioni scolastiche, professionali,
a"gricoploer,ràpdr.o*bralelmai
sociali, ecc' >>.
lingua spagnola
alla
perfezione.
Si
dimosrò
lavoratore
infati-
cabile, sottomettendÀi
una settimana qualche
u-rràggi lunghissimi a cavallo, in vettura (viaggi di
volta) nella Pampa, attfaverso la Cordigliera' Le sue
<< Buone Notti »> erano un modello ed erano ascoltate dai giovani con fruizione
deih
22 La
MJre
visita alle
ò..r..ul"
Case delle FMA non
,.n.rrr .o"f..*za alla
aveva titolo canonico. Don Ricaldone per
comunità religio,sa ed alle. alunne, portando
invito
il sa-
f"i" ar"ttS,.MGaiodvreanGnei nCerriasolestoemdoe' lle altre Madri de1 Consiglio Superiore.
2t8

25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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e grande profitto; sapeva interessarli con istorielle, apologhi (i1 cammello, le
Iingue) e applicazioni pratiche »>.
Bisogna convenire che avrebbe potuto dire qualche cosa di più. col giu-
dizio di Don Candela collima il giudizio che leggiamo nella Cronaca del Colle-
gio Pio di Villa Col6n ed estendiamo a tutte le case visitate.2a
<< Passò come N.s.: seminando il bene, spargendo conforti ed affetto e por-
tando via i cuori. Bastavano i primi momenti di contatto intimo per apprez-
zarc \\e preziose qualità dell'inviato di D. Rua: virtù non comune, g.undà^pr,r-
denza, tratto squisito, abilità nel disbrigo degli
stima e il rispetto dei salesiani e dei giovani »>.
affari.
si
guadagnò
l,affettà,
la
24
servano
Don Casagrande
di lui un grato
Giuseppe scrisse: << Quelli che hanno conosciuto D. Ricaldone con-
ricordo per lo spirito ampio ed allegro con cui trattava tutti e con
barzellette sempre opportune, quèsta è
non salesiani. Ha anche il g.randissimo
ciavano quando egli fu Visiratore r.
l'impressioÀe non solò dei salesiani Àa anche di alri
merito di aver incoraggiato molte opere che incomin-
2t9

25.2 Page 242

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CAPO XII
" ASCENDE SUPERIUS ))
Ritorna in Spagna
Don Ricaldone, compiuta Ia missione alfidatagll era giunto a Torino il
1 giugno del 1909, ma soltanto nel settembre rientrò nella Spagna; rimase
du"q". assente ben diciotto mesi. Durante questo lungo periodo l'Ispettoria
Betica continuò la sua vita operosa, guidata da Don Francesco Fenoglio' Nono-
stante la Tontananza e il molto lavoro, il suo pensiero ricorreva sovente alle case
che aveva lasciate nel1a Andalusia, le seguiva con la preghiera e trovava il
tempo per farsi presente con circolari e
Ecijà leggiamo:
to.é t.gg. una
<< Gennaio 1909
circolare mandata
-da
Ne1la
Don
lettere; nella cronaca della
prima conferenza dd. mese,
Ricaldone dall'America >>. E
casa di
il diret-
riceveva
notizie che 1o tenevano al corrente dei principali awenimenti'
Di tutto questo periodo ci limitiamo a notare i fatti più salienti.
Anzitutto, \\a puit n u di Don Candela aveva lasciato la casa ispettoriale
senza direttore; fino alla chiusura dell'anno scolastico in corso 1o supplì Don Fe-
noglio; poi i Superiori elessero direttore Don Esteban Giorgi.
Le case celebrarono con particolare devozione la festa di Don Bosco vene-
rabile; in tutte le cappelle cessarono le melodie meste del Requiem e tisuonò
il canto festoso del Gloria.
Nei mesi
Don Michele
di giugno
Foglirro,'
e luglio la Betica ricevette il Visitatore Straordinario:
Ispettore delle case salesiane del Venezuela e della
Giamaica.
come già si disse venne iniziata la nuova opera a S. José del Valle. Nel
novembre la o Schola Cantorum » di Eciia prese parte al Congresso di Musica
sacra celebrato nella cattedrale di Siviglia, come omaggio al regnante Pontefice
Pio X, restauratore della Musica liturgica. Le esecuzioni in canto gregoriano e
1 Don Foglino Michele, naro a Nizza Monferrato ne1 1858, venne accolto all'Oratorio
<;à..àlrìi f*"Tfi*"Àoà.ruÀinr"oe.t'o,JdoearcldhDiVen"oeannnteoeBzfsouiaasecccleacor,|;dddplateaelrftinMbìereaalsns1cri8ooc8bora3ue,sctfhadui,eegrrdiiLdac^upoScppteraienmtidraolU'lUodnriiurateigl.fiutioNnaryaeetlctdio1vi9nit1l0aa:.rfqtiuruaissactcrioottaurlpsteiist,opgpedlodiaiizuiIuolstnipnmeeftiotmorairtsnee--
ni, parte a Nizza Monferrato, parte a Piossasco, dove morì nel 1918'
220

25.3 Page 243

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musica polifonica vennero eseguite dalla << Schola Isidoriana » di Madrid e
da quella salesiana di Ecija. Quest'ultima fu una rivelazione per il pubblico ed
ottenne un vero rionfo. Quando D. Ricaldone ricevette la bella notizia, do-
vette provare molta consolazione, poiché egli stesso aveva fondato ed assistito
la scuola nel suo sviluppo, assegnandole il compito di seguire lo spirito e le
isruzione del Motu Proprio emanato da Pio X.
che
g-iornAantcehdeellelacsaestetimdealnl'Aanrdoaslsuasiadevlis1s9e0r9o,gcihoernei bdbietrpeepridparzoiotangeonniesltlae
tragi-
il ca-
talano Francisco Guardia Ferrer, alto esponente della massoneria. I maggiori
danni Ii subì l'Istituto Salesiano S. José di Barcellona; per fortuna non si la-
lnentarono vittime.
Se si paragona quello sfogo anarchico con la rivoluzione iniziata nel 19)6,
la settimana rossa del 1909 appare un gioco da bambini; ma ciò non toglie
nulla alla violenta esplosione dello spirito anticlericale che in pochi giorni
bruciò chiese, saccheggiò monasteri, profanò tombe, distrusse istituti di bene-
ficenza e di cultura.
D. Ricaldone ritornò nella Spagna nel settembre 1909; a Torino dovetre
anzitutto presentare ai Superiori 7a relazione del suo viaggio ed illustrarla a
voce nei suoi particolari. Dovette pure pensare alla salute; I'usura a cui aveva
sottoposto il suo organismo avevano nuovamente inciso sul sistema nervoso già
alterato per eccessiva tensione in anni antecedenti e non ancora bene assestato
quando era partito per l'America. I Superiori stessi costatarono il fatto e vol-
lero che si prendesse il necessario riposo; anzi 7o mandarono a §Terishofen
nella Baviera, per praticare la cura Kneipp, allora in voga per certe forme pato-
logiche.2 In conclusione: sbarcò a Cadice iI 21 settembre; e ricevette il saluto
affettuoso e caloroso da una buona
il Vice Ispettore Don Fenoglio e il
rappresentanza
Segretario D.
AdnetiocnoionfrLaotefrllei dcoo.nN^elcappoo-
meriggio arrivarono D. Candela 3 e D. Salvatore Rosés. L'incontro ristabiliva
il contatto delle persone, non quello delle anime che non era mai stato interotto.
I1 giorno seguente, si legge nella cronaca di Cadice, << avemmo la gioia di
avere tra noi il Signor Ispettore che fu salutato con vero affetto da tutti. Al
pomeriggio arrivarono D. Dionigi Ferro, Direttore di Màlaga e Don Firmino
Molpeceres, direttore di Car,mo »>.
Questi, tornato alla sua casa, esprime le sue impressioni con delicatezza com-
movente: È << arrivato il nostro amatissimo Ispettore Don Pieffo Ricaldone.
È arrivato alquanto migliorato dalla sua malattia.
Porta molte cose dall'America e racconta graziosi episodi occorsigli nei
suoi viaggi. La sua sola presenza ci serve di stimolo e allegria. Maria Ausiliatrice
ce Io conservi per molti anni nella nostra Ispettoria >>.
2 Sebastiano Kneipp, medico e sacerdote, parroco a Werishofen (Baviera) propagatore
del metodo di cura idroterapico, che da lui prese il nome.
3 D. Candela
direttore, di Utrera,
aveva fatto ritorno a Siviglia poco dopo l'arrivo
in sostituzione di D. Giuseppe Manfredini, eletto
a
il
Torino, perché
15 lugii6 1909
eletto
Ispet-
tore della Ispettoria Tarragonese
221

25.4 Page 244

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Tra le << ,molte cose »> portate dal sud America, più di ogni alua atffasse
l'attenzione un esemplare di guanacoo che per molto tempo offrì momenti
di svago ai confratelli e ai giovani della casa ispettoriale; e inolme futono am-
mirate alcune enormi vertebre di animali vissuti in epoche lontanissime'
Anche Siviglia gli diede il « Bentornato )> non meno sentito e gioioso ed
in forma più grandiosa.
Come era nel suo sti1e, D. Ricaldone riprese subito l'attività della catica,
iniziando la visita alle case; si era alf inizio dell'anno scolastico e Ia visita era
necessaria per darsi conto di persona della situazione di fatto.
La prima visita la riservò a S. José del Valle, casa nuova ed anche la
più importante. Vi si recò il 28 settembre per la inaugurazione del nuovo annc
scolastico. Leggiamo nella cronaca:
« Si iniziava I'alba del 28 settembre (1909) mentre il periodo di vacanze
giungeva al ramonto. I preludi del nuovo anno non potevano essere più belli;
10 stesso giorno arcivava a1 collegio, dopo un anno e rnezzo di assenza, il Re-
verendissimo Sig. Ispettore Don Ricaldone.
L'accoglienza all'amato Padre non poté essere più affettuosa e cordiale; l'af-
fetto dei figli traboccava in acclamazioni di entusiasmo al contemplare nuova-
mente quel volto pieno di bontà, paterno, sempre illuminato dallo splendore
di un sorriso amabile. Come padre amante che ancora non conosce il minore dei
suoi figli, il buon Superiore accorse premuroso alla recente nascita di questa
fondazione per prodigarle personalmente il tributo del suo consiglio e conforto,
già prima inviato per lettera di paterna sollecitudine. I giorni trascorrevano
ascoltando quelle impressioni meravigliose che il Padre aveva raccolte in terre
americane e che custodiva gelosamente nello scrigno della sua anima; tornava
da spigolare nei ca,mpi ubertosi della Congre gazione e le spighe più belle le
portava per i suoi figli di S. José del Valle conveltite in consigli luminosi. Ho
percofso, diceva in conferenza il 1" ottobre in occasione dell'Esercizio di Buona
Morte, le nostre case di America, e come I'anima mia si sente riconoscente al
Signore vedendomi figlio di una Congregazione così grande nella sua estensione
e così straordinaria per gli esimi esempi di virtù, che si vedono fiorire nei
suoi collegi!
Oggi voglio farvi riflettere su due cose che hanno richiamato la mia
attenzione quando parlai con quei confratelli di America: la prima la chia-
rczza di coscienza, la sincerità di spirito verso il Superiore, così necessaria per
il buon andamento della nostra opera; e la seconda è l'amore fortissimo verso i
nostrAi nbcuhoeniseSul'apemrioorrei..v. e-rso il nostro Signor Ispettore si era manifestato spon-
a Il guanaco è un ruminante selvatico del Perù e delle montagne più alte dell'America
Meridionalé. Appartiene alla famigha dei Lama. È grosso come un vitello di alcuni mesi, ha
collo lungo, gambe alte, non ha corna. La voce si awicina al nitrito del cavallo; è molto
veloce né11a corsa al galoppo; ha pelo lungo, lanoso, usato dall'uomo per fare coltri,
calze, ecc. Gli indigeni 1o adoperano come bestia da soma.
222

25.5 Page 245

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r
I
taneo e abbondante in forma familiarc, non poté mancare una ,manifestazione
pubblica, che desse Ia più fervida accoglienza al Buon Padre, e questo si rea-
lizzò in una Accademia Musico-Letteraria che in suo onore si celebrò il giorno
I dello stesso mese.
Partì il giorno seguente per Siviglia in compagnia di D. José Torrens.
Prima di partire scattò una fotografia ai Novizi che affettuosamente attornavano
la macchina che doveva portare i due Superiori >>.
Proseguendo nelle visite costatò sempre meglio la penuria del personale,
che si era maggiormente aggravata per il fatto che i Superiori avevano dispo-
sto di alcuni tra i migliori confratelli della Betica per altre mansioni in alre
Ispettorie. Tra gli altri il Drettore della casa di S. José, D. Adolfo Toro, era
andato missionario in Colombia; destinato a Bogotà, vi morì il 21 gennaio 1910,
pochi mesi dopo il suo arrivo.
Non sapendo come provvedere alla sua sostituzione, D. Ricaldone assunse
la direzione della casa. Accettando il sacrificio, era convinto che non gli si
sarebbe domandato alro contributo; invece una lettera da Torino gli annun-
ciava di dover fare un'altra rinuncia: quella di Don Tanguy, direttore di Mon-
tilla. Ecco con quanto accoramento manifesta Ia sua pena a D. Rinaldi.
Carissimo Padre in C.J.
Cadice, 7 ottobre 1909
Quello di Tanguy in questi momenti è stato un fulmine a ciel sereno.
Scrivo a D. Cerruti dicendogli:
Segue la esposizione delie molte difficoltà create dalla penuria di per-
sonale.s
E continua:
« Tra tutti non ffoviamo nessuna soluzione, quelia di chiudere la casa
di Montilla dovuta at 'patti fatti con il Conte ed i genitori dei rugazzi.
Vedano dunque se possono mantenere per questi mesi lo status quo e
in luglio Don Tanguy poffà andare. Possono anche vedere se Don Antonio
Loffredo è adatto per ciò che hanno bisogno: è mio segretario, Consigliere
Scolastico, ecc., però faremmo a meno di lui.
Ciò che è bello è che si toglie, si toglie... e non sostituiscono... Don Man-
fredini, Don Dionisio, Don Luis, Don Ortega, ecc. ecc. e poi... Infine, Deo
gratias !
s Don Ricaldone Rettor Maggiore agli Ispettori che si rivolgevano ai Superiori doman-
dando aiuti o facendo presenti le difficoltà per cedere confratelli richiesti dai Superiori ri
spondeva: << Conosciamo le vostre difficoltà, le abbiamo avute anche noi, siamo stati ispettori
anche noi ». Parlava con cognizione di causa, per esperienza vissuta e sofferta.
223

25.6 Page 246

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Mandino, per carità, due per lo Studentato filosofico perché almeno pos-
siamo formare bene il personale.
Quest'anno forse raduniamo a S. Josè circa 35 a 40 chierici.
La rendita è di 20.000 ptas. circa e forse possiamo sostenerci. Io procuro
di conseruare la calnta, come Lei dice, ma... Chi cerca di togliermela? Non dica
che sono cattivo perché lei sa bene che gli andalusi, lasciando ogni scherzo,
siamo ragazzi... abbastanza buoni. Infine, abbia pietà di noi. Preghi per noi
e benedica in modo speciale questo suo aff.mo
PnoRo Rrcer-oottp
P.S. Oggi parte Mons. Costamagna per Buenos Aires
A questa faceva eco una lettera di D. Fenoglio da Utrera allo stesso
D. Rinaldi; da essa veniamo a sapere che le condizioni di salute di Don Ri
caldone non erano molto buone e perciò i Superiori avevano confermato D.
Fenoglio come Vice Ispettore in suo aiuto.
La lettera merita di essere conosciuta perché rivela quanto era vivo lo
spirito di Don Bosco.
Signor Don Filippo Rinaldi
Signor Prefetto Generale,
Utrera, 9 ottobre 1909
abbia la bontà di scusarmi se per la seconda volta in tre anni oso chiedete
al Capitolo che voglia ritornare su una decisione che mi riguatda. Si tratta della
mia andata a Montilla e del cambio di D. Tanguy.
Motiui generali
1) Togliere Don Tanguy dopo che questa Ispettoria perdette D. Man-
fredini, Ortega, Dionisio, Ossentin... veramente questo è un colpo tertibile per
1'Ispettoria.
2) Sopprimere case, ora che la scuola è incominciata è impossibile.
l) Così pure non si può limitare il lavoro delle case perché ora gli impegni
sono stati presi e non c'è altro rimedio che finire l'anno.
4) Se io vado a Montilla bisognetà cambiare il Direttore di Màlaga: e
chi si mette al suo posto?... Invece se, io vado a Mdlaga, vado come Vice-
Ispettore con sede in quella casa e D. Dionigi Ferro continuerà come Diret-
tore. L'anno venturo poi si vedrà.
5) Se io non vado a Màlaga, non solo la casa continuerà con il disordine
dell'anno scorso, ma anche 5 studenti di Filosofia che sono 1à, rimarranno
senza scuola; cosa che non capiterebbe se io vi andassi.
Motiui di D. Ricald.one
6) D. Pietto non sta niente bene e non potrà proseguire sino alla fine
dell'anno. Quindi bisogna facilitargli
Basti sapere che Don Pietro non può
il lavoro e non farglielo
dire ancora il Breviario.
più
difficile.
224

25.7 Page 247

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t
II
§
E
§
È.
.,
't
D, Ricaldone a cavallo, quale visitatore straordinario della patagonia nel 190g.

25.8 Page 248

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25.9 Page 249

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7) È necessario che D. Piero abbia chi più o meno lo aiuti. Trovandorni
io a Màtlaga come Vice Ispettore, anche se non sono vicino, lo posso aiutare
in qualche cosa; ma se devo stare in Montilla non avrò tempo per occuparmi
di Lui.
8) Non si dica che si potrebbe essere Vice Ispettore con sede a Montilla
petché già abbiamo visto ciò che succedette nei ffe anni che dovetti fare così:
il collegio che aveva 52 ragazzi scese a 25. Cioè, non si fa bene né una cosa
7'altra.
Motiui particolari rniei
Premetto:
1) Che io ringrazio pro{ondamente per la prova di fiducia che mi diedero
i su,periori nel rieleggermi nella stessa carica. Iddio li ricompensi!
2) Assicuro che io vado decisamente dove mi mandano, con la piena fi-
ducia che è Dio che mi manda. Se i Superiori desiderano io vado, anche se
dovrò soffrire fallimento. Dio prima di tutto.
.l ) Però, dopo aver espresso la mia riconoscenza e la mia obbedienza credo
anche di essere obbligato a manifestare le difficoltà che rrovo.
Continuo la numerazione generale.
9) Io non ho le forze necessarie per sollevare ciò che è caduto. II collegio
di Montilla ha oggi 53.000 ptas. di debito; non ha uediti ed ha pochi ragazzi.
Io credo che se vado, si finirà per chiudere la casa.
10) Andando via Don Tanguy, rimaniamo senza professore di francese e
il Professore di C6rdoba è molto esigente.
11) La casa non ha Prefetto: D. Tanguy si sforza per fare lui tutto; ma
io non 10 potrei.
12) Il mio stato di salute non è ora come prima: sofdro di calcoh renali
nefritici. Mi sembra che essendo direttore di Montilla, nelle condizioni già
dette, la cosa andrebbe forse peggio. A me non importa la salute; la sacrifico
se c'è bisogno, per obbedienza; ma credo di dover far presente la cosa.
E qui finisco. La prego di farmi il favore di comunicare questa lettera al
Signor Don Cerruti, al Signor Don Albera e al Capitolo, se ce ne fosse iI
bisogno. Dichiaro ancora una volta che io vado dove mi mandano: ho parlato
solo per dovere.
I miei rispettosi ossequi al Signor Don Rua e a tutto il Capitolo. La prego
che non mi dimentichi nelle sue preghiere.
Aff.mo in J.C.
F. FBNocrro
I Superiori compresero il valore delle difticoltà prospettate; dal canto
suo D. Rinaldi non mancò di patrocinare la causa; cosicché il desiderio espresso
dall'Ispettore e dal Vice-Ispettore venne soddisfatto. Purtroppo il disturbo
nefritico accusato da D. Fenoglio era grave, tanto che dopo pochi mesi 1o con-
dusse alla tomba; difatti morì il 20 maggio dell'anno seguente a M61aga.
Intanto D. Ricaldone continuò la visita ispettoriale alle case, dovunque
accolto con segni di giubilo, evviva ed acclamazioni.
225
15

25.10 Page 250

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A Carmona uovò allestita una esposizione di lavori scolastici: disegni
e lavori manuali. Prese fotografie e Iodò Superiori e giovani.
Ai primi di ottobte accompagnò a Eclja Mons. Giacomo Costamagna al
quale gli Aspiranti fecero una accogTienza come si conveniva ai meriti del Ve-
scovo missionario. In un trattenimento a cui furono invitati anche i Coope-
ratori della città, la << Schola Cantorum »> eseguì vari brani di musica polifo-
nica (si ricordi il successo ottenuto dalla « Schola »> nel Congresso di Siviglia);
altri giovani rappresentarono scene della vita di Don Bosco. Il Vescovo rin-
graziò commosso e da Cadice, prima di imbarcarsi per l'America, vo1le ancora
mandare la sua benedizione a quei buoni Salesiani ed agli Aspiranti. Ancora
a Ecija nel novembre Don Ricaldone compì la funzione della Vestizione e la
festa dell'addio tradizionale già ricordato.
Vogliamo ora riportare un episodio svoltosi nel Collegio di Cadice. Il
5 dicembre si presentò al Direttore il capitano di un vapore italiano (il Cam-
ber,mere), che aveva fatto scalo nel porto; si disse ex allievo di Don Bosco e
pregò il Direttore di andare a benedire la nave e l'equipaggio. Superiori e gio-
vani, con la banda in testa, furono tosto al porto e salirono a bordo della nave.
La banda eseguì la marcia Reale spagnola, ascoltata dagli uri sull'attenti, dagli
altd a capo scoperto con fierezza andalusa. Poi il Direttore compì i1 rito della
benedizione (in primo piano campeggiavano il quadro del S. Cuore di Gesù e
un altro di Maria Ausiliatrice). Superiori e giovani furono oggetto di cortesie
da parte del capitano e dei marinai, che distribuirono dolci e vino; la banda
chiuse con note festose la visita; e la comitiva lasciò la nave portando in cuore
il grato ricordo dell'amabile accoglienza ricevuta da un ex allievo di Don Bosco.
Don Ricaldone per il buon andamento della casa di San José poteva fare
assegnamento sullo spirito religioso del personale addetto al Noviziato e allo
studentato; egli poi vi si recava con molta frequenza e si fermava per un tempo
considerevole.
Così il mese di dicembre di quel primo anno lo passò quasi interamente a
S. José. C'erano parecchie cose che si inserivano tra la festa dell'Immacolata e
quella del S. Natale: I'inaugurazione del II piano del fabbricato ultimato nel
mese precedente; f inaugurazione di un armonium che avrebbe aggiunto decoro
a1le esecuzioni musicali; alcune professioni religiose fatte nel fervore dell'Im-
macolata, il fervorino della Novena affidato ai Novizi, ecc. fn quel periodo,
per sua iniziativa, si introdusse l'abitudine di usare la lingua italiana durante
l'ora di lavoro, stabilita nel pomeriggio, e durante il petiodo natalizio; ai
« Villancicos » cantati davanti al Presepio si alternavano canti italiani tadi-
zionali e melodici. fntanto, dopo le feste, il lavoro consisterà nel sistemare il
tratto di terreno che dovrà diventare cortile per la ricreazione. Nei chierici
regna grande entusiasmo; l'anima di tutta questa atlegria è I'Ispettore, il quale
sa interessare i Chierici in tanti modi, anche con giochi di prestigio. « Ai
gaudi delle feste, commenta il Cronista, si aggungono quelli che vengono dalla
compagnia di così buon Padre »>.
Nell'anno nuovo, alla vigilia della festa dell'Epifania, c'è un'altra novità;
226

26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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si distribuisce il primo numero della « Eco del Valle >>, un giornalino settima-
nale voluto dall'Ispettore (i Novizi e gli studenti di Filosofia non porevano
essere da meno degli Aspiranti) che doveva raccogliere Ie manifestazioni e gli
avvenimenti delle due comunità, per tramandarli alle generazioni future, costi-
tuendo così un vincolo di unione nelle tradizioni salesiane.
Il ciclo delle feste si chiude la sera dell'Epifania con una passeggiata
presso un corso d'acqua in fondo alla Valle, guidati dall'Ispettore che scattò
parecchie fotografie. Poi si rientra nella scia dell'oratorio regolare. Ricorrendo
il primo venerdì de1 mese, D. Ricaldone in conferenza svolge iI tema fonda-
rnentale dell'obbedienza rcligiosa. Il giorno dopo assiste agli esami di filoso-
fia dei chierici.
La morte di Don Rua
Al principio del 1910 da Torino giungevano notizie inquietanti sulle con-
dizioni di salute di Don Rua. In tutte le case della Congregazione si pregava
con fervore per ottenere dal Signore che conservasse ancora per altro tempo il
primo successore di D. Bosco, preziosa reliquia vivenre del Fondatore, << I'altro,
Don Bosco »> all'amore dei Salesiani. D. Ricaldone aveva disposto che in tutte
le case dell'Ispettoria si facesse una novena a Maia Ausiliarice per la guari-
gione dell'infermo e sollecitava notizie da Torino, mentre continuava a stimo-
lare giovani e confratelli a perseverare nelle preghiere.
Ancora il 2 aprile si rivolge a D. Gusmano, segretario del capitolo supe-
riore per avere notizie: << Le sarei grato se mi desse qualche notizia del Rev.mo
sig. Don Rua. Qui si prega molto e speriamo ». Quattro giorni dopo il 6 aprile
un telegramma gli comunica che I'anima di D. Rua ha lasciato la terra per
iI cielo dove lo attendeva D. Bosco per << lare a rnetà >> con lui anche néra
gloria della beata eternità. D. Ricaldone risponde a D. Gusmano:
Molto Rev.do Sig. Don Gusmano,
la notizia della morte dei Sig. D. Rua ci ha afflitti profondamente: quan-
tunque aspettata, il nosto dolore è immenso. Si fanno copiosi suffragi, si
p-reparano_splendidi funerali, ma soprattutto ci raccomandiamò alla sua prote-
zione perché da tutti si dice a corc abbiamo un altro santo in cielo.
In questa lettera non vorrei parlare di altra cosa, ma siccome certi affari
sono piuttosto urgenti mi scusi se forse sono causa per lei di aumento di
lavoro.
?er_sua maggior comodità unisco in foglio a parte alcuni quesiti a do-
mande. Pregandola a voler salutare i cari Superiori,-assicurandoli-delle nostre
preghiere mi raccomando alla sua ripetendomi suo aff.mo
Psono RrcarpoNE
227

26.2 Page 252

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Erano di una cefta importanza le preoccupazioni che gli procuravano quei
« certi affai >> se ne fa cenno anche e nonostante la situazione eccezionale nella
quale si trovavano impegnati i Superiori; si trattava infatti della ammissione
o no dei « Figli di Maria »> al Noviziato, in seguito alle nuove esigenze delle
<< Declarationes )> emanate dalla S. Congregazione dei Religiosi (7 settembre
1909).6
Le funzioni di suffragio per l'anima di Don Rua fr.rrono soLenni in tutte
le case delia Ispettoria, colla partecipazione de1le autorità religiose e civili e
popolo. Quella celebrata a Siviglia supefò tutte le alte; \\a Chiesa della Tri
nità..u gremita di fedeli come nelle maggiori manifestazioni di fede; assistet-
tero l'Arcivescovo e clero, autorità cittadine, i giovani del collegio e dell'Ora-
torio, Cooperatori e Cooperalici, popolo. Disse l'orazione {unebre da pari suo
f illustre Roca y Ponsa, che già conosciamo, al quale non dovette riuscire molto
difficile assolvere l'onorifico incarico, poiché era stato testimonio delle im-
pressioni di santità lasciate a Siviglia dal Successore di D. Bosco nel 1899.
Un alro periodo di un mese trascorso a s. José comprende gli Esercizi
Spirituali nella terza decade di aprile e due terzi del mese di maggio. Don Ri
caldone chiude gli Esercizi colla predica dei ricordi, tratteggiando a vivi co-
lori la figura di D. Rua.
Inizia poi il mese di Maria Ausiliatrice.
Ma dobbiamo ricordare una cerimonia religiosa dovuta alla sua iniziativa,
realizzata di intesa col grande benefattore Don Raffaele Romero: la benedi
zione di una croce che aveva fatto intalzare sulla cima del monte' sul fianco
del quale sofgeva f istituto salesiano. La cerimonia si compì il 5 maggio, festa
dell'Ascensione. Per l'occasione aveva fatto venire a S. José la banda di Cadice.
Nel pomeriggio tutta la popolazione e molta gente venuta da letez de
la Frontera e da Cadice, seguendo la strada chiamata della « Herejia >>, sale
alla vetta. Tra i pellegrini c'è il venerando Don Raffaele Romero, che si ap-
poggia a due angeli custodi: D. Ricaldone e D. Bressan. La banda accompagna
la moltitudine con 1e sue esecuzioni. Raggiunta la vetta, nel silenzio devoto
della folla, il vecchio Don Raffaele benedice la croce monumentale, alla quale
af{ida la difesa del paese, e dell'opera salesiana sottostanti. Seguirono discorsi
di sacerdoti; ulti,mo parlò D. Ricaldone. << Quando 1o vidi avanzarsi per par-
lare,
va a
raccontava Antonio
dire D. Pietro, che
nGoantcisaiaagDiàosntaCtoandaevettsoiod, adicsosliotrroacmhee:l'h-annCoheprceocsea-
duto? - Ma quale non fu il mio stupore quando lo sentii parlare con tanta
6 La S. Congregazione interpretando l'articolo 6' del « Decreto Auctis admodum >> di
S. S. Leone XIII, itaÉiliva gli anni di studio necessari ai religiosi per la loro promozione alle
Ordinazioni sacre.
Don Ricaldone, chiarita la situazione ai Superiori e fatte
situazione dei Seminarii di Spagna, poté mandare iegolarmente in
le indagini
Noviziato i
del caso sul1a
« Figli di- Ma-
ria » che avevano superato i 4 Àni di studi ginnasiali, risolvendo così localmente gli « a{fari »
preoccupanti.
228

26.3 Page 253

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facilità ed eloquenza che il pubblico 1o applaudì con entusiasmo e per me il
suo discorso superò tutti gli altri »>.
Anche D. Raffaele era visibilmente commosso. Terminata la {wzione, fer-
1o sguardo sulle case sparse nella pianura che si stendeva ai piedi del mon-
te e lacrime di commozione gli irrigarono il volto. Alzando gli occhi alla ooce,
che si ergeva alta e solenne come promessa di protezione potente, mormorò som-
messamente il << Nunc dimittis... ».
Intanto la folla aveva preso la via del ritorno e si ricomponeva il gruppo
di Don Ricaldone e Don Bressan con in mezzo Don Raffaele.
Sul tardi, fuochi artificiali e concerto della banda. In Collegio nei giorni
seguenti si succedono accademie in onore di Maria Ausiliatrice, conferenza di
Don Ricaldone sulla devozione alla Madonna di D. Bosco e su alcuni aspetti
missionari del suo viaggio; queste ultime rese più interessanti da proiezioni
luminose, illustrate con vivacità di esposizione ricchezza di particolari ed epi-
sodi interessanti.
La necessità di possedere titoli legali di studio per mantenere aperte le
scuole, consigliò l'Ispettore ad integrare il programma dello studentaro, in mo-
do che servisse di preparazione agli esami di magistero da sostenere presso le
scuole pubbliche, dedicando a questo scopo il tempo delle vacanze estive.
La morte di D. Fenoglio, quantunque non imprevista, portò il lutto in
tutta l'Ispettoria e in particolare fu sentita da D. Ricaldone. La sua chiamata
all'eternità privava l'ispettoria, già molto provata, di uno dei suoi membri me-
glio dotati e più in vista per le sue virtù.
Era andato nella Spagna nel 1886, ,mandato da D. Bosco, portando con
un grande amore alla Congregazione ed un vero entusiasmo per l'apostolato
salesiano. La lettera scritta a D. Rinaldi rivela il suo spirito religioso.
Già nel gennaio 1910 scriveva che i suoi giorni erano contati, 1o arguiva
dalle terribili sofferenze, che andavano crescendo, indice del processo evolu-
tivo del male che insidiava il suo organismo. Fu edificante ta sua pietà nel-
l'accettare tutto, pienamente rassegnato alTa volontà di Dio che 1o chiamò al
premio il 20 maggio, in età di 56 anni.
Subito dopo la morte del Beato Don Rua, il Prefetro Generale Don Rinaldi
aveva indetto il Capitolo Generale XI, per la elezione del successore, convo-
cando i membri a Valsalice per il 4 agosto, giorno di inizio degli esercizi spi-
rituali per i Capitolai; Don Albera predicò Ie isruzioni.
Don Ricaldone vi partecipò con Don Bressan Gioacchino, delegato ispet-
toriale.
Dopo gli esercizi spirituali il 16 agosto l'assemblea elesse Rettor Mag-
giore Don Paolo Albera. Essendosi riconosciuta la necessità di separare le due
cariche di Economo Generale e Consigliere Professionale, sino aL7oru affidate
ad un solo Capitolare, Don Giuseppe Bertello fu confermato Economo Gene-
rale e Don Vespignani Giuseppe venne elerto Consigliere Professionale. Ambe-
due questi Capitolari non amivarono al termine del loro mandato; il primo
venne colto dalla morte sulla breccia, tre mesi dopo, il 20 novembre, e Don Al-
229

26.4 Page 254

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bera chiamò al Capitolo in sua vece Don Clemente Bretto. I1 secondo quasi
contemporaneamente rinunciò alla catica.
I1 nuovo anno scolastico trovò Don Ricaldone ancora direttore a S. José,
dove passava tutto il tempo che gli rimaneva a disposizione; questa presenza
attiya, freq'ìtente e prolungata esercitava una influenza decisiva sul buon anda-
mento della casa e in particolare sulla formazione salesiana dei chierici. Detto
questo, ricorderemo ancora alcune cose dei primi mesi dell'anno 1911.
<< Il giorno dell'Epifania sbocciò un nuovo fiore nella vita del collegio;
lo portarono i Magi tra i doni che adornarono ed arricchirono il presepio di
S. José del Valle ». Quel fiore era l'Otatorio Festivo, che venne inaugurato in
quella solennità.
L'amore che D. Ricaldone nuliva fin dal tempo del suo noviziato per
questa opera fondamentale di redenzione giovanile scaturita dal cuore di D. Bo-
sco, I'aveva fatto apostolo dell'Oratorio; e 1o volle anche a S. José dove i Chie-
rici avrebbero ccminciato ad esercitare l'apostolato tra i giovani sotto la guida
di un esperto salesiano.
Quel mattino il cortile brulicava di ragazzi, che guardavano meravigliati
preti e chierici prendere pafte alla loro ricreazione; cosa nuova per loro.
Egli continua a Tavorure con intensità non diminuita. È bello notare che,
visitando le case, queste presentavano sempre una nota di gioia. Ecco un detta-
glio di cronaca.
« 1g11 - carmona - 10 gennaio - Arrivò il nostro amatissimo signor Ispet-
tore D. Pietro Ricaldone per farc la visita Ispettoriale.
Fu ricevuto entusiasticamente dai bambini che si trovavano in cortile.
Lo stesso giorno si fece una piccola accademia in suo onore alla quale
assistettero i Cooperatori. Il Sig. Ispettore manifestò la sua soddisfazione per
il progresso delle scuole e per il buono spifito che regna tra i Salesiani >>.
Una lettera inaspettata
Intanto era maturato il fatto sopra accennato: la rinuncia di Don Vespi-
gnani. In un primo momento Don Albera aveva sperato che questi recedesse
dal proposito manifestato, ,ma non fu così; i gravi motivi addotti persuasero
il Rettor Maggiore ad accettare la tinuncia. Dopo avete consultato i membri
del Capitolo chiamò a sostituirlo D. Ricaldone al quale diede la comunicazione
con la seguente lettera.
J.M.J.
Torino, 15 gennaio 1911
Carissimo D. Ricaldone,
Mi
ti scrivo in modo confidenziale e
sembra però di doverla commettete
Da quaiche tempo si moltiplicano
quasi commettendo una indiscrezione.
per i buoni eifetti che ne
i progetti su1 conto tuo.
S^siegpuairralnònod.i
230

26.5 Page 255

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mandarti Ispettore a
che tu fossi Ispettore
rino quale Consigliere
Buenos Aires, si
dPirotfuetstsaiolnaaslep.ag- na,
scrisse che
si propose
sarebbe stato conveniente
infine che tu venissi a To-
ptaettraq.Ii5:daeunestgrprrriitigamurdiaarpdroauqn-laepttomi cfaougrsgoiinoèoraunsnzciaacartdmaetei,lnictleatpepirerzorolodcarSreeudpoaellsraiiodcreoosvsaraàurenebasbeàfgougimiiràea,caponsazi
regolare- Ho bensì nellé mie mani una
forma di lettera ed espressa in modo
rinunzia di D.
tale che non
Vespig.runi, Àu .rr^ a in
si pi5 considerare come
documento. da potersi mettere in archivio. Ma
zia giungetà dall'America. Non si voleva anche
te la nomina dell'Economo Generale che è D.
ben p."rà ,nu formale rinun-
nella^ stessa circolare annunzia-
Bremo e quella del consigliere
Professionale che sarebbe D. Ricaldone. credo però che qrunto anche fac-
cia qualche difficoltà, non si muterà pensiero.
pari
Piuttosto è il caso che tu poco alla volta e
le cose in modo da poterti assentare. Per
senza dir parola ad alcuno pre-
l'anno .ori..rt" non si nomìne-
rebbe alcuno per surrogarti. Tu stesso continueresti a farc da Ispettore sino al
termine dell'anno.
Quando sarai qui, noi pomemo a viva voce intenderci e cercare colui che
potrebbe prendere Ia tua successione.
Nessuno sa che ti scrivo in questo senso. Può darsi che anche D. Rinaldi
che è con te sempre in grande intimità, te ne scriva. comunque sia, la cosa pel
momento deve rimanere tra noi.
Prega molto per la congregazione.
opera di D. Bosco e di D. Rua.
Dio
ti
aiuti
a
continuare
meno
male
la
Prega per me
Aff.mo amico
Sac. P. Arnrn,r
come accolse \\a notizia D. Ricaldone? ce Io dice la lettera di risposta a
D. Albera, nella quale con accorata sincerità manifesta le impressioni dellanima.
Inspectoria Bética de
Maria Auxiliadora
SEVILLA
Apartado 37 - Particular
22 gennaio lgll
Amatissimo Padre in C. J.,
La sua lettera del 15 c., che ricevei ieri aBcija ove faceva la visita ispetto-
riale, mi lasciò in una vera costernazione. Riconoico che la colpa di quesia de-
terminazione è tutta mia per non essere stato totalmente chiàro co' miei Su-
periori...
ta
d_ i
Ella non
prestigio
il posto a cui
sa, amato
jmmenso
Ella vuol
Padre, che sarà un vero scandalo
qd.euasntidnoarslios. a-p-pia che un soggetto
per morti
ài qr.rtu
e una perdi-
fatta occupa
Io vorrei che Ella conoscesse realmente la mia ignoranza specialmente nelle
scienze filosofiche, per cui mi vedrei continuamente esposto a còmpromettere gli
interessi della nosta Pia Società.
Già dissi in lettera anteriore quali siano le mie condizioni fisiche che mi
obbligheranno di continuo ad esserè di vero scandalo ai confratefli.
231

26.6 Page 256

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Ma
,rurr"in
soprattutto, amato Padre, la
.'o.ul.. Che direbbero tanti
prego a.voler ponderare la mia
confratelli che mi conoscono se
assoluta
si giun-
gesse ad effettuare la sua proposta?-
non
Io non
,.udi..
so
gli
che partito plgiiat.. Credo che in coscienza
inteiessi deila" nosla amata Congrega?gn2.
debbo rinunziare per
Abbia pietà di que-
sto suo pove'ro figliuolo e specialmente della nosra Pia Società'
io àon avrei voluto diè neppure una parola se si fosse trattato
rS""o"n.ti-Jp..i.riàmainpfeerriolare
all'attuale,
carica u .ri
ne-avrei ringraziato.di
^pn.znit, destinarmiìreda che
cuore
manco
di occ,pa-
Iddio e i
affatto di
coÀdizioni .
bebbo
t.ito I'obbligo di
aggiungere ci[ che
manifestarlo alla V'R'
forse non ho ancora esposto
alla
V.R.,
quantun-
q". tuio"or.Eir. iin"r.-o Signor DonRua..di santa memoria cioè da circa cin-
q'rr. unni soffro un non lieve"ronzio nell'udito. prodotto da. catarro.o sclerosi'
àsendo esposto forse a perdere I'udito. Insomma sotto ognl rlguatdo.sono un
;;;;;;t; à11u Co.,g..grzione, e se qui si fa qualche cosa, ciò si deve alla bontà
d..^i o-ure.striroc-a'fr"irmcoanffriadtueclliia' che la V.R. conoscendo adesso almeno in parte la mia
n^.iu^ul-l-.itotà".rdoqer"'s..i.srrtt"ei rtgàlritodtaranllilaaradmdedtieoarp'minpiidneearògzinol"inem: piefrreàpstaot.avenrteo-pioregìehgieureitoaclcaviils.iStaignisopreettIoerifaalce-
a1le-
sei case che ancora mi
Pregando con tutto il
restano.
fervore
dell'anima
mia
1a
V.R.
ad
avere
pietà
della
Congregizione mi ripeto suo dev.mo figlio in C J'
Prono RrcerooNB
I1 pregio principale di questa lettera sta nella sincerità. Don Ricaldone
,.riue quelli .h. p..,ru, afferma ciò di cui è convinto. Non si giudichi umiltà di
cattivai"g, o sotiile fariseismo od anche un fenomeno di bassa pressione mo-
rale. È uia realtà che egli ricerca ogni sera nel silenzio della cella al cospetto
del Signore.
!ustus prior accusatol est sui (Ptov. 18, 17)'
irlella Spagna intanto continuava la lotta contro
la
Chiesa.
I1
minisro
Ca-
nalejas n.l àié-bre del 1910 aveva presentato al parlamento_la così detta
1.gg. d"l u candado
gi$azioni religiose
»>,7
non
che poneva il catenaccio ai cattolici: obbligava le Con-
riconosciute dal Concordato a chiedere il riconoscimen-
Io,"limitava lJloro libertà e voleva privarle della personalità giuridica.
Il popolo cattolico organizzò energiche proteste, mentre la legge si discu-
teva a7 pu.ln-.n,o. Ma intanto era
salesiani, provvedessero a tutelare
bera mandi sul posto Don Filippo
necessario che i Religiosi, e quindi anche-i
le loro proprietà. A questo scopo Don A1-
Rinaldi, il quale, consapevole della gravità
del compito, n.
la soluzione alla Madonna; e, come già in alffe circostanze.
mise ai'piedi d"i?Mfidaòria SS. la sua supplica umile e confidente: <<Cara Madre
SS.ma, pàrto per la Spagna. Vi raccomando il viaggio e il fine per cui 1o faccio.
Senza.Vìi .ron fr...no .rullu o solo spropositi. Benedite il vostro povero F. R. »>.
7 Cfr. sopra, p. 145
232

26.7 Page 257

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La supplica ebbe il suo immancabile efietto che non sorprese Don Rinaldi, il
quale in un semplice atto legale ebbe la soluzione desiderata.
Egli era giunto nella Spagna nel mese di febbraio. Conclusa felicemente
la missione principale, si incontrò con Don Ricaldone, e possiamo ben intuire
quale fu il tema più importante della conversazione: Ia sua chiamata a Torino.
Del resto egli stesso ne dà conferma in una lettera a Don Albera, come dicia-
,mo nelle pagine seguenti. La parola calma, sicura del buon Superiore portò
nell'anima di Don Ricaldone serenità e fiducia. Intanto 1o accompagnò a visi-
tare la nuova casa di formazione a San José del Valle e il grande benefattore
dei Salesiani, Don Raffaele Romero, a Jerez de la Frontera.
Riportiamo dalla Cronaca di San Josè del Valle:
<< 28 {ebbtaio - Con grande gioia riceviamo il Signor Don Filippo Rinaldi,
Prefetto Generale, accompagnato dall'Ispettore.
I mano - Con grande amabilità Don Rinaldi ci riceve ad uno ad uno
lasciando a ciascuno un ricordo scritto su una immaginetta di Maria Ausiliatri-
ce. Alla sera gli dedichiamo una breve accademia quasi improvvisata, ma che
riuscì bene. Siccome tra i numeri c'erano alcuni canti di Rossini, Verdi, ecc.,
Don Rinaldi prese l'occasione per raccomandarci il canto gregoriano, tanto ap-
prezz^to dal Ven. Don Bosco.
2 matzo - La meditazione è predicata da Don Rinaldi ed in essa, come nel-
le buone notti precedenti, insistette sulla mortificazione ».
La pratica della mortificazione appartiene all'essenza della vita cristiana;
Gesù 1o indicò con due parole scultorie: « Abneget semetispsum ». Parlando
ai novizi e ai chierici salesiani, Don Rinaldi volle dare un insegnamento secondo
1o spirito salesiano: parlò della mortificazione, spiegando che essa nella vita
salesiana è necessaria e consiste specialmente nel lavoro e nell'adempimento
esatto di ogni dovere
Durante la
dare una breve
sreulaazpieornmeaanel nRzeatt^orS.MJaogsgéioDreo.n
Rinaldi
si
fece
premura
di
man-
Amatissimo e caro Padre,
S. José del Valle, l-3l9ll
Ecco fin dove sono venuto. È una povera casa e scrivo sul1'unico foglio di
carta bianca che rovo nella mia camera.
Da Madrid abbiamo dovuto venite a Siviglia per fare una soittura ed il
notaio ci chiese tre giorni di tempo; pensai quindi d'impiegarli venendo a questo
ncviziato.
È una casa scomoda pet venite, ma ha mezzi per vivere. Ha settecento-
cinquanta ettari di terreno quasi tutto affittato. Anche qui sto studiando se si
può fare qualche cosa per assicurarla, ma ci vorrebbe molto tempo e Canalejas
pare che il 6 presenterà il suo progetto di legge per le associazioni. Chissà che
cosa ne uscirà fuori: è impossibile prevederlo; gli stessi senatori coi quali mi
sono trovato non osano dire il loro parere. Noi abbiamo progettato varie opera-
zioni. ma inciampiamo in mille difficoltà. Sopra tutto ci mancano istrumenti
di plocura.
233

26.8 Page 258

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A Madrid andò all'aria I'assicurazione della casa di Sarrid perché doveva-
mo chiedere nove procure, i mandati delle quali sono sparsi per l'Italia e Spa-
gna, e Dom Aime è nella Colombia. Tenteremo qualche cosa d'altro, ma avre-
mo tempo? Io spero venerdì di firmare una sctittura di ipoteca a Siviglia e poi
partire per la Cataloia: Don Manfredini vorrebbe che proseguissi per Alicante,
non so ancora se 1o compiacerò.
Qui sono tanto riconoscenti della lettera che scrisse loro V.R.; a proposito
posso assicurarla che le sue lettere fanno del gran bene dovunque giungono: Deo
gratias !
Spero di essere a Torino pel 12, ma chi 1o sa? Siamo a discrezione di notai
ed avvocati che hanno poca fretta e mille scrupoli.
Tante cose ai Capitolari. Don Ricaldone è pronto a sobbarcarsi la respon-
sabilità della nuova carica. Mi fa sperare bene il vedere che accetta per obbe-
dienza.
Tutti i confratelli la ossequiano e mi incaricano di conoincerla a venire a
visitare la loro casa.
Mi benedica. Suo in C. J.
F. Rrrveror
Subito dopo Ia visita di Don Rinaldi il Vescovo di Cadice aveva propo-
sto ai Salesiani di assumere la cura della Parrocchia di San José del Valle e
Don Rafaele R<.imero aveva appoggiato molto calorosamente Ia proposta del
Vescovo. Don Ricaldone raccolse diligentemente tutte le informazioni necessa-
rie e le presentò ai Superiori caldeggiandone l'accettazione.
" Fu una buona scelta " 8
Intanto poiché nel colloquio avuto con Don Rinaldi la volontà di Dio si
era manifestata chiaramente, Don Ricaldone ,mise il cuore in pace in attesa di
ricevere la nomina ufficiale al nuovo incarico. Questa non era imminente. Di-
fatti Don Albera, comunicando al Capitolo Ia lettera di rinuncia formale di
Don Vespignani nella seduta del 13 maruo 191,1 , soggiungeva che non avrebbe
provveduto alla nomina del successore prima del mese di maggio.
Intanto {. 17 marzo scriveva a Don Vespignani:
<< ... Ebbene, se così ti piace, ti darò anch'io del tu, sebbene vi abbia un
poco di ripugnanza. Abbiamo ricevuto la tua rinuncia da Consigliere Professio-
nale. Certo mi rincresce che le condizioni di cotesta ispettoria ci mettano nella
necessità di accettarla. Anche gli altti membri del Capitolo si sono rassegnati
a questo fatto, mostrando quanto sarebbe stato loro più caro fare altimenti »>.
Don Ricaldone non comunicò ad alcuno la decisione che 1o riguardava e
continuò a {arc \\a visita ispettoriale alle case. Nel mese di marzo e di aprile
cadevano diverse solennità religiose; tra le alre la festa di San Giuseppe, gli
8 Dalla lettera di Don Maurizio Arato al Rettor Maggiore Don Albera in data
7 -7-t9tt.
)74

26.9 Page 259

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esercizi spirituali dei giovani, la settimana santa e la Pasqua, 7'inizio del mese
di Maria Ausiliatrice, ecc. Quindi lo si trova a darc i ricordi nel giorno della
chiusura degli esercizi spirituali, successivamente a Màlaga, a San José; passa
la settimana santa a Cadice spiegando dal pulpito le stazioni della Via Crucis,
fatta dal Direttore.
Al 3 maggio fa l'ultima visita a San José; stava per lasciare la Spagna defi
nitivamente, ma nulla trapelò né dal suo volto sempre accogliente e sorridente,
né dalle sue parole. Tenne l'ultima conferenza alla comunità; ricordando il te-
ma della meditazione svolta da Don Rinaldi, parlò della croce che ognuno deve
portare, insistendo sul carattere di necessità che ha la mortificazione, se si vuole
giungere alla santità.
Quattro giorni dopo, domenica 7 maggio, presiede a Siviglia un convegno
degli exallievi delle case dell'Andalusia, per commemorare il Patrocinio di San
Giuseppe. Alla celebrazione religiosa ed a quella ricreativa partecipano anche
i cooperatori e le famiglie di exallievi. All'adunanza riservata agli exallievi è
ancora la sua parola viva che desta l'entusiasmo ed incita i presenti a stringersi
sempre più compatti attorno a Don Bosco nell'associazione dei suoi exallievi,
chiamati a svolgere una grande missione di bene nella società.
Della sua ormai prossima paftenza ne aerbum quider;a. fn tanto prepara la
<< Relazione su1lo stato della Ispettoria » che trasmise al Rettor Maggiore. La
concludeva con alcune notizie che lo riguardavano personalmente, riportiamo
quelle che ci interessano.
« Debbo confessare che nella salute ho migliorato assai in generale; però
l'udito mi pare che vada peggio, specialmente quando prendo qualche raffred-
dore; allora mi costa fatica capite tutto e bene. Tutto quest'anno, al vedere
che non servo a nulla, presi la risoluzione di fare almeno la volontà di Dio,
rna la faccio con molta imperfezione e poca generosità.
Non osai insistere acciò la V.R. cambiasse la risoluzione presa a mio ri-
guardo; ma dopo avere esposto tutto al Sig. Don Rinaldi, il quale era incari-
cato di comunicarmela, non osai insistere oltre, perché credeva mancare al pro-
posito preso. Le assicuro però che sono ogni più convinto della mia inde-
gnità ed inutilità, specialmente poi colla poca salure e col difetto dell'udito.
Ad ogni modo io mi metto nelie sue mani, come in quelle di Gesr) e di
Maria Ausiliatrice. Voglia, buon Padre, aiutarmi a salvare l'anima mia colle sue
preghiere e coi suoi consigli >>.
Non aveva arrcora spedito il suo scritto che riceveva I'invito di recarsi a
Torino, per cui al fondo della lettera troviamo il << post scriptum »>:
« P.S. - Scritta questa mia ricevo l'ubbidienza. Non mi resta che ripetere:
Fiat voluntas Dei. Fra tre o quattro giorni partirò alla volta di Torino »>.
L'ubbidienza, alla quale si riferisce nel P.S. è nella seguente lettera:
Carissimo D. Ricaldone,
G.M.G. Torino, 6 maggio Lgll
Sarà data in questi giorni alla stamperia una circolare in cui si annunzia
235

26.10 Page 260

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ai confratelli che fu accettatala rÌn:unzia di D. Vespignani da Consigliere Profes-
sionale, e che è eletto invece di lui D. Pietto Ricaldone.
Se quindi vuoi evitarti molte noie, come hai scritto al Sig. D. Rinaldi, sa-
rebbe opportuno partissi quanto prima. Poresti dire che io ti ho invitato a
venir alla festa di Maria SS.ma Ausiliatrice. Così non si pensa che tu parta
definitivamente.
Sappiamo tutti che tu ti sei arreso a lasciare Siviglia unicamente per non
disubbidire. Ap,punto per questo noi siamo tutti persuasi che il Signore ti be-
nedirà, e che come Consigliere porai essere di molto vantaggio a1la nostra
cara Congregazione. So che in generale tutti i membri della nosra Pia So-
cietà applaudiranno alla tua elezione, perché ti amano e ti stimano molto.
Incaricheremo D. Candela a farc da tuo Vicario pel momento, e poi aggiu-
steremo le cose definitivamente.
Ti auguro buon viaggio.
Prega .molto per me che sento tanto iI bisogno di aiuto.
Credimi sempre in Corde Jesu
aff.mo amico
Sac. Peoro Arssnl
Egli partì per Torino il 18 ,maggio e il giorno stesso comunicò la notizia
della partenza alle case della Ispettoria, senza fare accenno al motivo, che, del
resto, venne intuito. La Cronaca di Montilla nota:
« 18 maggio - Il nostro amato Ispettore è partito per Torino. Abbiamo il
timore che non ritorni ffa noi ».
Nella comunicazione alle case aggiungeva che durante la sua assenza, lo
avrebbe sostituito Don Candela, al quale si limitò di scrivere due righe: « Mi
assento. Vieni a Siviglia; troverai una lettera sul mio scrittoio »>. In questa let'
tera gli diceva di farc le veci dell'Ispettore sino a nuove comunicazioni da To'
rminaolm. -entePoniemi sisueoiilvbiargegviiaeri,oveolepnicdcoolefacreosiennmelloadvoaclihgeettnaesdsiuncoui
si
di
serviva nor-
casa sapesse
niente, l'affidò a un commissioniere esterno, che faceva le commissioni dell'Isti-
tuto Salesiano. « Portatemela alla stazione ferroviaria per la tale ota, ma non
dite nulla ad alcuno ,>.
Quel brav'uomo depose \\a valigia in casa sua in attesa dell'oru indicata
da Don Ricaldone. La cosa non parve chiara alf.a moglie, la quale volle sapere
di chi fosse quella valigetta e, temendo un inganno, corse al collegio: << De
quièn es esta rnaleta? >> Tutti la conoscevano'. <<De Don Pedrot » I1 quale alla
stazione I'attese invano; cosicché dovette partire senza i\\ breviario. La valiget-
ta 1o raggiunse due giorni dopo a Madrid.
Giunse all'Oratorio la sera del 22 maggio. Quante volte durante il ven-
tennio passato, amivando dalla Spagna aveva varcato la soglia di quella casa
ospitale, la culla della Congregazionet E ogni volta Ia sua anima si raccoglieva
in fervorosa preghiera nella chiesa di Maria Ausiliatrice; ogni volta incontava
con gioia i Superiori, verso i quali nurirra sentimenti di venerazione e di sin-
cero affetto.
Ma questa volta l'atmosfera del suo spirito era diversa; entrava all'Oratorio
236

27 Pages 261-270

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27.1 Page 261

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per prendervi dimota e per dividere coi Superiori la responsabilità del governo
della Congregazione... Si sarebbe trovato a fianco di Don Albera, Don Rinaldi,
Don Cerruti, Don Barberis... tutti circondati da una aureola di buona fama
ben meritata. Appartenevano ad :una generazione che aveva avuto Ia sorte di
essere vissuta con Don Bosco fin dalla giovinezza e ne aveva respirato e assi-
milato 1o spirito. Si sentì piccolo dinanzi a loro ed ebbe più forte la convin-
zione della sua indegnità. L'affabilità che i Superiori gli dimostrarono al primo
inconro, dalla quale traspariva la fiducia, gli diede maggior serenità di spirito.
Alcuni giorni dopo, nella seduta del 6 giugno, il Rettor Maggiore lo pre-
sentò ufficialmente ai membri del Capitolo Superiore come Consigliere pro-
fessionale.
Il Bollettino salesiano comunicò \\a notizia al mondo salesiano nel mese
di giugno.
Il « Boletin Salesiano >> (edizione spagnola) riportò la notizia, facendola
seguire dalla seguente considerazione:
« Le case andaluse perdono un superiore di eccezionale capacità, le cui
lodi non dobbiamo farle qui, petché è molto conosciuto il suo merito sia nella
Spagna come nell'America. L'unico pensiero, che può loro servire di consola-
zione, è che tutta la nostra Pia Società guadagna ciò che esse perdono. Al nuovo
membro del Capitolo Superiore inviamo i nosti auguri >>.e
Don Ricaldone enrò a far patte del Capitolo Superiore a metà della sua
vita terrena; all'età di 40 anni, 9 mesi, 18 giorni; e vi rimase per l'altra metà:
40 anni, 6 mesi, 10 giorni.
Carisma salesiano
Crediamo utile chiudere questo primo periodo della vita salesiana di Don
Ricaldone (1890-1911) fissando le linee della sua fisionomia morale e religiosa.
Egli andò nella Spagna subito dopo aver coronato il tirocinio del novizia-
to con la professione religiosa. Come già si disse, se a Vaisalice ebbe la ventura
di essere guidato dalla mano paterna e ferma di Don Giulio Barberis per met-
tere solide basi della nuova vita secondo lo spirito salesiano, nella Spagna ebbe
la ventura non meno grande di sviluppare la sua formazione sotto 10 sguardo
vigile di Don Oberti e di Don Filippo Rinaldi.
Chierico, sacerdote, direttore, ispettore, ecco le tappe successive del suo
ca.mmino, che gli aprirono un campo sempre più vasto di apostolato, nel quale
impegnò col ferrnezza e generosità i molti talenti ricevuti.
Premettiamo il giudizio di due sacerdoti salesiani.
Don Maurizio Atato, che passò parecchi anni con Don Ricaldone a lJtrera,
poi a Siviglia, ne1 1905 andò missionario nella Colombia e si trovava a Mo-
e Boletin Salesiano - julio-agosto 1911
237

27.2 Page 262

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squera, direttore e maestro dei novizi, quando gli giunse la notizia della chia-
mata di Don Ricaldone al Capitolo Superiore. Scrisse alloru al Rettor Maggiore
la seguente lettera:
Mosquera, 7 luglio 1911
Rev.mo Signor Don Paolo Albera, Rettor Maggiore,
Amatissimo Padre: approfitto volentieri dell'andata a Torino di Tallone e
di Don Luigi Variata, per mandarle il mio affettuoso saluto e così pure inviar-
7e il ruio cordiale augurio per la buona scelta del nuooo Consigliere Prolessionale
Don Pietro Ricaldone. Non ho ricevuto ancora 7a notizia ufficiale, ma Don
Tomaso Tallone me l'ha assicurata e perciò stesso, ancora prima, le manifesto la
mia gioia per I'elezione di così degno e competente confratello a caica così co-
spicua.
I salesiani dell'Ispettoria Betica, quanto avranno sentito la sua separazione!
Io ci penso molto e penso alla pena che ha recato a loro la notizia che Lei, ca-
rissimo Padre, Io aveva portato a occupare I'alta catica rimasta vuota per la ri-
nunzia di Don José Vespignani. D'alffa parte non potei a meno che rallegrarmi
perché il Capitolo Superiore avrà un solido aiuto in lui e allo stesso tempo egli
avrà un vasto campo per spiegare il suo zelo e prodigiosa attività in favore della
amata Congregazione.
Ammiro dunque e lodo il senno con cui il nosro amato Rettor Maggiore
copre Ie cariche vacanti del Capitolo Superiore e chiedo di cuore a Dio Nosro
Signore che conservi per molti anni il nuovo Consigliere Professionale per
sollievo e conforto di tutto il Capitolo e pet il bene della Congregazione.
A viva voce D. Tommaso Tallone le darà notizie di questa sua casa; dal
carissimo D. José Bertola già ha saputo 7a notizia della edificante e santa morte
del Signor Don Lotenzo Fonseca e come durante la sua penosa malattia si ri-
cordasse con piacere di lei.
Petdoni, amatissimo Padre, tanto parlare e raccomandi molto a Dio questa
t" particolare il più povero e bisogno dei suoi figli che bacia la sua
ff;i":
Sac. Meunrcro ARATo
Il secondo giudizio è di Don José Fern6ndez, Ta cui vocazione salesiana
sbocciò sotto lo sguardo di D. Ricaldone.
« Si guadagnò la confidenza e stima di tutti i Confratelli dell'ispettoria,
allora molto ridotta. Bastava sapere: << lo ha detto D. Pietro » per tenerlo come
un oracolo sia in liturgia o caso di morale ecc. Non ticordo se 1o si chiamasse
Signor Ispettore, ma D. Pietro soltanto, il che è indizio di quella confidenza
e di quello spirito di famiglia che seppe radicare nell'Ispettoria e che è stato
sempre marcatissimo.
Gli anziani ricordano la natttalezza con la quale si faceya la distribuzione
del personale per il nuovo anno: l'ultimo giorno degli Esercizi Spirituali an-
nuali accorrevano tutti all'ufficio di D. Pietro e lui o il suo segretario, nell'uffi-
cio oppure alla porta, consegnavano a ciascuno Ia lettera d'obbedienza, che lo
stesso interessato comunicava ad alta voce tra t'aflegtia e curiosità di tutti ».
2)8

27.3 Page 263

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un aspetto non trascurabile della sua fisionomia, che venne messa in evi-
denza sia dai Salesiani come da altre persone, fu I'amore che nutrì e dimostrò
pet 7a nazione spagnuola della quale studiò ed esaltò le glorie religiose e civili,
la nobiltà dei sentimenti, il temperamento esuberante ed espansivo. Imparò la
lingua di cervantes e << la parlava meglio del 99vo degli spagnoli ». La *u rot
era soltanto cono'scenza grammaticale ma stilistica, ottenuta dalla lettura dei
classici. Sapeva usarla con eloquenza sobria, col timbro andaluso caratteristico,
parlando sia dal pulpito sia da qualunque cattedra.
Amò la spagna come second a Patria ed in particolare I'Andalusia, terra
di Maria SS.ma.
<< Fu un fiore dato a Siviglia e Siviglia gli diede il suo aroma >> scrisse
José Monge y Bernal.
Il coadiutore Salesiano Francisco Diaz Paredes scrive: « Quello che face-
va sì che D. Piero si impossessasse di noi dal primo istante, fu I'affetto che
metteva in tutto ciò che era sivigliano. Imparò a parTate lo spagnolo in anda-
luso. GIi venivano fuori le barzellette come ad un autentico macareno (abitante
del quartiere sivigliano della Macarena). Tutti 1o capivano meravigliosamente
quando parlava, perché pailava il nosro linguaggio. Ciò che c'è di sraordina-
rio è che personaggi
Roca y Ponsa,
della
si
Svievdigelivaancoolptaendd'aelrloerada-lle
Sdnchez de
sue labbra
castro, Herrera,
quando patlava.
ciò vuol dire, secondo me, che Don Pedro aveva un dono simile a quello della
Pentecoste per gli Apostoli: tutti lo capivano »>.r0
Ed ancora: « Molti anni [a D. Pedro mi indirizzò una lettera dall'rtalia
(che ho consegnato al Sig. Ispettore) nella quale mi diceva:
D.
R-inalLdiacvoingiDlia.
di Natale l'abbiamo passata molto felici, nella camera di
Antonio candela e altri superiori, cantando villancicos (pa-
storali natalizie) spagnuoli ed animati dallo spirito di Siviglia ».
Portò il ricordo della spagna scolpito nell'anima sino all'ultimo giorno.
<< Voi siete stati roppo buoni con me e adesso il mio cuore non può (e nep-
pure vuole) uscire da quella bella Andalusia »> soiveva da Torino a Don José
Diaz Hurtado.
L'apostolato svolto tramite I'Oratorio festivo è un'altra nota della sua
genuinità salesiana.
L'oratorio festivo, suo primo campo di azione nel quartiere della SS.ma
Trinità, quando fu Ispettore 1o volle introdotto in tutte le case dell'Ispettoria,
ove non esistessero difficoltà particolari per aprirlo.
Don Juan Torres Silva, che già conosciamo, ci una preziosa testimo-
nianza.
È << superfluo affermare il grande affetto che il nostro Don Pietro sen-
tiva, come santo salesiano, a ciò che costituiva la passione dominante del no-
stro Pad.re e Fondatore S. Giouanni Bosco. Per questa ragione la fondazione di
10 In questa affermazione è evidente la esagerazione suggerita da grande familiarità.
239

27.4 Page 264

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un Oratorio Festivo, il suo perfezionamento, le sue attività e tutto quanto ri-
guarda l'oratotio, era per D. Pietro motivo di grande preoccupazione e inte-
resse, di speranze e di gioia.
Per f invito aTIa fondazione dei due Oratori festivi di Arihuela (Alicante)
e di Jerez de la Frontera,
comunicavo o di persona
la
o
soddisfazione di D. Pietro era
per lettera lo svolgimento di
grande
quelle
quando gli
opere e il
frutto che si otteneva.
In una delle mie visite a Torino, mi esprimeva \\a gioia con 1a quale si
leggevano nel refettorio del Capitolo Supetiore i foglietti che mensilmente gli
inviavo e che egli cercava di far capire ai Superiori.
<< L'Oratorio di S. Domenico Savio di Jerez de la Frontera fu per lui di
grande gioia, perché esso era stato la grande speranza che egli aveva alimen-
tata fin da quando era Direttore in Siviglia.
Io ricordo, che essendo bambino, organizzò una passeggiata a Jetez de la
Frontera coi musici e cantori del Collegio di Siviglia; colà si fece una bella ac-
cademia e percorremmo le strade principali suonando parecchie marcie. D'allo-
ra eru7a sua preoccupazione quella di fondare un Oratorio in Jetez, che grazie
a Maria Ausiliatrice, e dopo anni, ota è un fatto. D. Pietro inviò da Torino
le sue congrattlazioni con un bel biglietto che si conserva nell'Oratorio >>.
Juan TonnES SrLvA
Canonigo de la S. I. Colegial. Jerez de la Frontera
Applicò ed insegnò ad applicare il Sistema Preventivo; cercò 1o sviluppo
delle Compagnie religiose, creò in Siviglia un centro per la diffusione della
Buona Stampa.
Si occupò z,nche della classe operaia. Nella Spagna esistevano centri cat-
tolici istituiti da P. Vincent, coadiuvato dal Marchese di Comillas. Egli ne aprì
in diverse Case; tra le altre a S. Benito di Sivigiia, a Mdlaga, a Montilla.
Egli seguiva il movimento che la « Rerum Novarum )> aveva determinato
anche nella Spagna, sviluppando energie latenti nel clero e nel laicato cattolico
e non rimaneva testimonio muto della dottrina sociale della Chiesa, ma come
gli era possibile Ia propagava con la parola e cogli scritti. In ptoposito va ri-
cordato il lancio coraggioso della « Biblioteca Agraria Solariana »> divulgata con
successo in tutta la Spagna e nell'America Latina.
Le benemerenze acquisite dalla sua attività nel campo sociale furono rico-
nosciute anche dalla Giunta di Governo della Azione Sociale Popolare che 1o
nominò suo Membro Consultore:
La Giunta di Governo della
AZIONE SOCIALE POPOLARE
compiendo ciò che è determinato nell'art. 15 dei suoi Statuti, secondo il quale
.. pràcurerà che formino parte della Officina Centrale di Lavoro come membri
240

27.5 Page 265

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D. Ricaldone, consigliere Professionale Generale, cot circolo Michele Bua, il g mag.
gio 1918.

27.6 Page 266

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27.7 Page 267

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consultori, le persone eminenti per la loro conoscenza o esperienza adegtate
ai fini della Associazione, si compiace di nominare Lei, MEMBRO coNSUL-
TORE della citata officina, nella fiducia che la sua valida cooperazione con-
tribuirà al maggior bene dell'azione sociale cattolica.
Barcellona, L2 marzo 1908.
Presidente
M. Menquns
Direttore
GABRTEL PereN S. J.
Segretario
R. Mono
Ben consapevole poi degli scopi altissimi affidati alla Associazione Ex
Allievi sia per i singoli individui sia per la loro azione nella società e sia an-
cora fiancheggiando direttamente e indirettamente la Congregazone Salesiana,
la accudì con un'attenzione ed amore tutto particolare.
Diffuse la Pia unione dei cooperatori e procurava alle case e ai giovani
bisognosi l'aiuto di Benefattori, disposti a sostenere con le loro ricchÉzze le
opere di carità.
verso queste persone manteneva e dimostrava un vivo sentimento di rico-
noscenza, in ogni citcostanza, lieta o triste.
D. canavesio artesta che la famiglia cabello de Alba ricordava con grandc
soddisfazione e riconoscenza, la delicatezza ed attenzione che D. pietro ebbe
verso la loro madre quando, tornato dall'America, amivato a Montilla, si vide
sorpreso da grande concorso di persone che facevano coda per parlare con Iui,
anche se per pochi minuti; per soddisfare tutti si decise di limitare il tempo
della visita a dieci minuti, che il suo segretario
giunse iI turno della menzionata signora, che
si incaricava di segnare. euando
era una delle famiglie che accol-
sero nella propria casa i primi salesiani che andarono a fondare la casa di Mon-
tilIa, D. Pieffo si trattenne parlando con essa affabilmente e quando il segre-
tario awertì che il tempo era passato gli rispose che per quella famiglia e per
quella signora nofi c'era tempo limitato.
Il conte de la cortina lo chiamava il suo grande amico D. pietro e gli
scriveva di frequente; alla fine della seconda guerra mondiale, nel L945, il con-
te desiderava fare una nuova fondazione nella Parrocchia di S. Agostino; quan-
do gli si disse delle difficoltà che offriva una nuova casa salesiana nella stessa
città, egli scrisse a D. Pietro, il quale rispose che non si metressero delle dif-
ficoltà al Signor Conte. Non si rcalizzò Ia fondazione per altre difficoltà che
non partivano da noi.
Passò parecchi periodi di riposo presso il signor conte de Ia cortina; questi
ricordava sempre con ammirazione la giovialità e la virtù di D. pietro, così
pure la sua abilità in molte alrre cose.
Nel marzo del 1900 si trovò al capezzale del conte di casa Galindo per
assisterlo nelle ultime ore della sua esistenza terrena. Pochi giorni dopo ritornò
per fare visita di condoglianza alla Contessa.
Non mancò a D. Ricaldone ciò che si può considerare come Io sfavillìo del
carisma salesiano: l'amabilità gioviale. A prima vista può sembrare superficia-
24r
16

27.8 Page 268

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lità o mancanza di carità, ma non è così. Ecco il fatto, ricordato dal R. Juan
Torres Silva, che già conosciamo, Can. de la S.I. Colegial.
« Don Federico Pareja, un venerando sacerdote, già canonico della chie
sa cattedfale di Palma di Maiorca, fattosi salesiano, era stato nominato diret-
tore dell'Oratorio di S. Benito di Calatrava, casa succursale della SS.ma Trinità.
La sua vita si svolgeva in mezzo a difficoltà, per cui andeva sovente alla
Trinità pef ottenere da D. Ricaldone, Ispettore, qualche aiuto finanziario o
consiglio per problemi della stessa natuta.
Per D. Ricaldone la visita di D. Federico costituiva un'occasione di gra'
devole effusione alla quale partecipavano i confratelli, poiché avveniva durante
la refezione del mezzogiorno. D. Ricaldone al momento opportuno gli dava una
buona notizia dicendo .d uff.trnurdo che gli avevano assicurato che D. Federico
aveva guadagnato alla lotteria o che una buona persona gli aveva lasciato qual-
ch. .ola p.i t.rtu.n.nto, o cose simili. Altre volte D. Ricaldone si rallegrava
con lui pèrché presto sarehbero finite le tribolazioni della casa di S. Benito;
dando pèr certo questo fatto, proponeva a D. Federico di organizzare una fe-
sticciolà in S. Benito, ffia... che fosse una vera festa dove si mettesse in evi-
d.enza 7a grande generosità del suo direttore. D. Federico si sforzava per affer'
-ur.
vere
chelrrtto quello era un
quelle congrat.rlazioni, e
sogno
che la
e che non c'era niente di fondato
sua casa era sempre molto povera
per rice-
ed abbi
sognava dell'aiuto di tutti, ecc.
Don Ricaldone con amabile linezza si serviva della cara ingenuità di Don
Federico, per trascorfere un momento di affettuosa effusione insieme ai con-
fratelli ».
Vita interiore
L'attività che D. Ricaldone esercitava nelle varie for'me dell'apostolato
affondava le sue radici nel fervore del suo spirito. E il grado di fervore interno
si manteneva costantemente a temperatufa elevata perché attingeva energia
soprannaturale da sorgenti indefettibili: la pietà eucaristica e mariana; ed era
difesa da ogni dispersione dalla virtù dell'umiltà.
La sua umiltà è frutto di una lotta continua e dura. Egli riconosce sin-
ceramente le molte imperfezioni, i gtavi difetti che offuscano la sua natura e
se ne accusa. Le stesse indisposizioni fisiche, che non gli permettono di seguire
in tutto la vita comune, gli fanno temere di essere causa di scandalo ai confra-
telli. Dobbiamo ritenere che le espressioni lette nelle due lettere scritte a D.
Albera, da noi riportate, non sono figure retoriche, ma esprimono una convinzione
profonCa e ben radicata di una coscienza che si specchia in Gesù Cristo esempio
di perfezione.
Che dire Cella sua pietà mariana? Basta ricordare il suo zelo nel diffon-
dere la devozione a Maria Ausiliatrice tra i giovani e tla il popolo. Ecco, a
modo di esempio, come invitava il cugino Don Antonio, direttore, ad onorare
Maria Santissima.
242

27.9 Page 269

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1'Imm-aco<<laOtara; ,comraioggbiouodnunAqnuteo.nio, ci dobbiamo preparare bene per la festa del-
soprattutto questa povera casa di Siviglia ha bisogno di grazie molto spe-
ciali, che spero ci conceda la nostra Madre amatissima.
inesa--ustaCCfooomrnaeteggvdiioe,pl rDceop.naAfroanrtettooaneliomd:eeisgneli
di Maria? Onorate
Maria Ausiliatrice
aiuti necessari.
molto Ia
abbiamo
nostra Madre!
la potente ed
Devi industriarti per cercare ogni giorno nuovi mezzi, coi quali onorare
Maria »>.
Accennò una volta all'entusiasmo che aveva potuto suscitare nella spagna
per l'Ufficio della Madonna durante la seconda Messa festiva.
A Ecija mise come maestro di ,musica un certo Don Juan Dominguez, pic-
colo di statura, ma abilissimo: faceva sentire e imparare la musica con meravi-
gliosa facilità e buon gusto. I Salesiani avevano ricevuto quella chiesa pubblica
quasi deserta: ed incantarono e entusiasmarono i fedeli appunto con l'Ufficio
della Madonna. Quel bravo Don Juan affidava le tre lezioni così: a un soprano
la prima, a un tenore la seconda, a un basso 7a terua. E poi curavu
mente I'espressione del canto dei Salmi e degli Inni. << Volete farmi^cuogsnalfgirrua--
Mdiatad?on»na-
»>.dEicecvoanclolurdoevl'aIspqeutetosrtieriDco.rPdieddricoe-ndo<:<
Fatemi sentire
<< Se vogliamo
l'ufficio della
far rivivere lo
spirito salesiano, curiamo questa bella pratica ».
La pietà eucaristica in D. Ricaldone si manifestava in ogni contatto colla
SS.ma Eucaristia, specialmente nella celebrazione della S. Messa. Dalle sue lab-
bra venne raccolto un episodio che raccontò 17 17 marzo 1946 e si riferiva al
periodo del suo ispettorato.
e
un grande cooperatore della spagna
attirato verso di noi nella forma seguente.
fu
convertito
-
era mi561sdsn1s -
A Màlaga i salesiani avevano iniziato l'opera in una casetta ove pareva
fossero convenute tutte le pulci della città. Avendo il Sig. Baldomero èhirru
sentito par7arc molto dei Salesiani, volle andare a vedere quei preti. Entrò nel
cortile senza patlare con nessuno e restò incantato al vedere la familiarità con
cui i Salesiani trattavano quei giovani che erano i precursori dei moderni sciu-
scià. Tornò altre volte semDre senza parlare con nessuno e restava per delle
ore a contemplare quello spettacolo. La moglie 1o rimbrottava perché da quando
aveva cominciato ad andare dai Salesiani, in casa non si poteva più liberare
dalle pulci.
Poco a poco si avvicinò al direttore, cominciò a ftattare con lui, con gli
altri salesiani e poi con Don Pedro, col quale strinse una cordiale ed intima ami
cizia. Ritornò alle pratiche religiose e si mostrò assai generoso con i Salesiani.
Quando D. Pedro andava a M67aga, Don Baldomero 1o invitava a qualche
gita, .ma prima ascoltava la sua Messa. Una volta disse: << Lei, Don pedro, non
ha nulla di straordinario quando dice Messa, nqa si uede che è aru Prete che crede.
Invece ne ho visti altri dei quali bisogna dire che non credono a quello che
fanno >>. A comprova della sua pietà mariana ed eucaristica, riportiamo in Ap-
243

27.10 Page 270

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pendice, allegato 19, un breve elenco delle Pie Associazioni a cui fu ascritto
e delle facoltà a lui concesse durante la sua permanenza in Spagna.
Ma dove si coglie a fondo l'interiorità di D. Ricaldone, sacerdote e sale-
siano è nelle sue lettere, nelle quali si fa guida a giovani Confratelli, espri-
mendo in poche nofme ciò che di meglio egli ha sperimentato, di cui si ali-
menta quotidianamente e da cui deriva il frutto del suo apostolato.
Il giorno della ordinazione sacerdotale è senza dubbio il pirì importante
ne1la vita di colui che è chiamato a servire Dio nel santuario. In quella so-
lenne circostanza egli voleva essere presente ai neoleviti non solo con la pte-
ghiera, ma singolarmente per ciascuno affidava allo scritto il suo consiglio,
Ecco quanto scriveva a Don José Diaz Hurtado.
Siviglia, 2l dicembre 1910.
Carissimo Don José,
puoi immaginarti con quanra gioia ed affetto ti mando i miei cordiali au-
g" uri
per la tua ordinazione sacerdotale!
Ti ho seguito passo passo nella tua
fancirtllezza
{ino
a
vederti
innalzato
a servire all',Altare-1o sa bene il signore quanto intensi sono stati sempre
i miei desideri di aiutarti affinché poÉssi amivare ad essere un buon figlio di
D. Bosco e un santo sacerdote.
con giubilo verrei a partecipare de1le celesti gioie della_tua.prima Messa,
ma dinnan"zi al timore che questo non sia possibile, ti invio alcuni poveri consi-
g" li,
che non hanno alro valore che l'affetto che li anima.
Anzitutto non dimenticare che il miglior modo di corrispondere
alla bontà
del Signore che si è degnato intalzarrr tarrto,.è inabissarti ogni giorno nella
p^olveIrné
del tuo
secondo
niente
luogo
rgiaomnomsacei ncdoontfiidianrdeeginnotedisrceosssìoe: leilvagtiaordniosticnhzeionqeu.esto
ac-
cadesse tu ti perderèsti miseramente. Tanto più ci uoviamo vicini a Dio, tanto
più dobbiamo convincerci della nostra nullità e Per questo dobbiamo aspettale
iutto dalla sua infinita bontà e misericordia.
Sta lontano dai pericoli e pensa alla terribile responsabilità che abbian.ro
contratto
Non
con la nostra elevazione.
dimenticare che il pane della
pietà
deve
essere
il
nosro
alimento
quo-
stiodpiarantotuettolacpoinetuànsill.gsotimloosloa
con 1o studio della teologia, con le letture
esame di coscienza che giornalmente deve
-pie e
fissare
il bilancio della nostra attività spirituale.
Tieni conto che 1e dignità nòn devono far sì che la confidenza filiale vetso i
nostri Superiori diminuisà; àflai, non dimentichiamo che a più dignità, più ne-
cessità.
Per tutto l'altro una dolce serenità condita col baisamo della prudenza deve
regolare tutte le tue azioni e una imperturbabile confidenza in Dio e in Maria
Aisiliatrice ti riempiranno di quella pace che affascina le anime che devi gua-
da"gnCarheiepdeerndilo
cielo.
al Signore
che
ti
colmi
di
felicità,
ti
benedico
professandomi
tuo
aff .mo
P. RrcelpoNp
244

28 Pages 271-280

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28.1 Page 271

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_ con 1o stesso spirito veniva in aiuto ai sacerdoti, ai quali i superiori per
la prima volta affidavano la responsabilità della direzione. Leggiamo la lettera
mandata nel 1911 a D. Salvatore Rosés, che nel settembre di quello stesso
anno era stato eletto direttore della casa di Utrera.
Al carissimo D. Salvatore Rosés:
ci.a.lm1e"ntMeod;te1ia1sai.sleesmiapnrei,
e con tutti molto affettuoso.
che, lasciando i loro genitori,
Sei padre di rutti e spe_
sanio che nei Superàri
devono trovare altrettanti padri affettuosi e teneri.
na.le;2.i"l_trel mppriommo edgolvioeriempd_elelgDatiore, tetodrea
è la formazione e la cura
sua volta più profittevole
le anime, è quello che il Direttore impiega con i suo] Confratelli.
del
pet
suo perso-
i ragazzi e
dsiir_eptrt3eo"sreiNnilotinndoo:lvaces'rcèeiairdleidmochvaeiairmedaidrreiicctehuviteatrmieiaorclgòi nnsifqrmuapteeosllleio.siNarmoennednbitci.s.oonÈgtni.qauDae.sspiRoeuritalarmiemecpzhzoeoseepsiasùii
efficace per. dirigere bene una casa e per fomèntare la carità e lo spirito di fairi-
glia per evitare e sroncare ogni classe di disordini.
4" Nel rendiconto sopratrurto dobbiamo mostrarci padri affettuosissimi. La-
sciamo
slirito
le cose odiose per un'altra
salesiano: abbiamo tutto il
occasione. Parliamo molto
santo coraggio necessario
delle cose dello
per trattare dei
dilgtti, della
I confratelli
passione dominante, del lavoro necéisario
in genere desiderano questo e vanno così
per l'acquisto delle virtù.
àcquistando maggior con-
fidenza a misura che vedono maggior interesse da parte nàstra per for"Àarli alla
vita di fede e di santità. Io penso che una delle maggiori manìanze che possa
commettere un Direttore sia quella di fascurare i rendiconti e di non procu-
IbTilgi
gh_g vengano
delle perdite
fatti con grande
delle vocazioni
interesse
di alcuni
e profitto..
coifratelli
D. Rua faceva responsa-
i direttori, che lascura-
vano questo punto così fondamentale.
que_ll.i5."ch_Uenaarrciuvaranosppeecriallae
dobbiamo averla
prima volta alle
verso i Salesiani
case e quelli che
più
ie
giovani, verso
Èanno partico-
lare bisogno. Bisogna manifestare grande interesse affetto verso di esii, biso-
gna parlar loro con frequenza, facilitare con opportuni schiarimenti e opportuni
c.onsigli il compimento dei loro doveri, sostenerli e incoraggiarli nei in-omenti
di crisi e prevenirli nelle difficoltà e lorte che
mezzo più facile per acquistarci la loro stima e
dovranno trorrare.
confidenza.
euesto
è
i1
6' Procuri il direttore che_nessuno possa accusarlo di non compiere il pro-
prio d-o-vere_ perché allora poca. forza avrebbe egli per esigere la obbàienza degli
altri. Non lasciare pertanro di ricevere ogni mese i reÀdiconti, di fare te d"ue
conferenze mensili, di mettere tutto l'impegno perché si faccia regolarmente e
bene l'esercizio di Buona Morte, perché si faccia l'adunanza pff il cÀo di morale
e. soprattutto perché ci vedano sempre fedeli ed esatti nelle pratiche di comuni
e nel compimento dei nostri doveri, e ancora di più percÀé vedano tutti che
siamo sempre.i primi quando si tatta di mortificazione, di sacrificio, di zelo per
le anime, di aiuto ai confratelli e di manifestare con opere il nosro afferto.
7" Prevenga il Direttore i bisogni dei confratelli, li accontenti nelle roro
giuste petizioni, manifesti loro stima, Iaccia iI possibile per circondarli di atten-
zioni e quando riceve avvisi e osservazioni di mancanze è disordini capitati, s'in-
formi e provveda. Evitiamo però che il personale si formi in un aÀbiente di
suscettibilità, di critiche e di pettegolezzi.
245

28.2 Page 272

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8" Non faccia pace col disordine. Visitiamo, vigiliamo-e correggiamo; sem-
pre con amotevolezì,a, ma allo stesso tempo con costante fetmezza'
9' Adunare ogni mese e con più ftequenza, se è possibile, il Capitolo della
Casa;
rurti,
lasciare che
mirigare le
iutti espongano
discussiòni con
il loro parere, manifestare apprezzamento
pensieri di iede, di amore alle anime e
per
alla
ccounrigàrmegòaczhì-eonteu:ttsiiacmonoosdcifaennosocrhiesneomnprdeifdeenldleiamCoostiiltunzoiosntrio
e Regolamenti
capficcio, ma
.e pro-
l'osset-
vanza religiosa e gli interessi delle anime.
10" Fomentiamo con prudenza e fotza l'unione; difendendo i superiori di
fendiamo noi stessi. Non scopriamo i difetti degli alri: siamo sempre disposti
a non lasciarli intravedere ed a coprirli e scusalli col manto della carità' Questo
è attirarsi la stima e la confidenza di tutti.
11. Non dimentichiamo mai che tutta la Iorza degli individui e della con-
greg"naozsiotnrae
l-a
sta
vita
nel1a vita interiore,
è eminentemente
nell'unione con Dio. E per questo stesso che
attiva, plocuriamo ricordafe con frequenza i
vantaggi e la assoluta necessità della vita di fede, della perfezione, del raccogli-
mento, della ben intesa pietà.
12' Non si faccia mai pace col disordine; tutta la carità col colpevole, for-
tezza dolce, ma irremovibile con gli scandalosi.
1l' debolezze, concessioni intempestive ».
Concludendo: D. Ricaldone possedeva tutti i requisiti richiesti per essere
supefiore capitolare e fu felice e facile profeta Don Maurizio Arato, scrivendo
, il. Alb..r, rr « ...i1 Capitolo Superiore avrà un valido aiuto in lui e allo stesso
tempo egli avrà un vasto campo per spiegare il suo zelo e prodigiosa attività
in favore dell'amata Congregazione »>.
1r Ved. lett. a pag. 2)8.
246

28.3 Page 273

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PARTE TEBZA
AL CAPITOLO
SUPERIORE

28.4 Page 274

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28.5 Page 275

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CAPO XIII
CONSIGLIERE PBOFESSIONALE
(1911-1922)
Don Giuseppe Bertello
Don Albera presentò il nuovo Consigliere Professionale alla Congr egazione
con la circolare del 15 maggio 1911:
« Nel por termine a quesra circolare debbo darvi una notizia assai im-
portante per la nostra Pia Società. Il Signor Don Giuseppe vespignani, che ia
fiducia degli elettori nell'ultimo Capitolo Generale aveva chiam ata alTa carica
di Consigliere Professionale, ritornato in America per ultimare alcuni affari la-
sciati sospesi durante la sua assenza, s'avvide, per 1e speciali condizioni fatte
a quell'Ispettoria e annesso Vicariato Apostolico, che non era possibile allon-
tanarsi senza grave detrimento di quelle importantissime opere che ha tra mano.
Insistette quindi più e più volte per essere esonerato, e ultimamente, con una
letteta tutta ispirata a vivo affetto alla nostra cara Congregazione, con edifican-
te spirito di umiltà e di sacrificio, di nuovo rinunciò alla carica cui era stato
elevato. Le ragioni addotte sembrarono a me e agli altri membri del Capitolo
così gravi da indurci ad accettare le sue dimissioni.
A surrogarlo quale consigliere Professionale mi parve dover eleggere il
signor Don Pietro Ricaldone, che resse per molti anni l'Ispettoria Betica di
Maria Ausiliamice nella Spagna. A tutti son note le virtù e attitudini del nuovo
membro del Capitolo Superiore; nutro quindi fiducia che tale elezione incon-
trerà il gradimento dei confratelli ed auguro ch'egli possa fare molto bene alle
nosre scuole professionali secondando il gagliardo impulso loro dato dal com-
pianto Don Bertello >>.1
L'accenno alle << virtù e attitudini del nuovo membro del capitolo supe-
riore » non ebbe il significato di un complimento benevolo; rispondeva alla
realtà, proclamata autorevolmenre dalla pietà di Don Albera; l'augurio poi che
questi rivolse al nuovo eletto ebbe pieno compimento poiché Don Ricaldone
ctoaldqoune1ellDoveocnnhneeTtaaurcTfiaosirroianiSo, ascvaoarmràèesreiCccooonnrddsaoiglicilehrmee i1PooroczfueioostseDio»on.anlTeB,àenirltnaaSrfiudgonloagi lfDiidoruinfceiAarlìbi:ne«rlauQ-ig"urlaiipndodissotsaeD.do«anTl Ruseti---
condo successore di Don Bosco.
249

28.6 Page 276

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secondò fervorosamente l'impulso dato dal suo predecessore alle scuole pro-
fessionali e le portò ad un alto e qualificato livello di efficenza'
Qui è doveroso, prima che necessario, dare uno sguardo all'opera intelli-
gente svolta da Don Éertello nei dodici anni del suo Consiglierato Professio-
iale, poiché con lui si chiude il periodo della fanciullezza di questa benefica
istituzione inrziata da Don Bosco nel 1853 con l'apertura dei due primi labo-
ratori per calzolai e sarti, ed ha inizio il periodo della giovinezza caratterizzata
da .r.ro sviluppo organico progressivo promosso dalle vivaci energie potenziali
messe in attività.
Sino al 1900 Ie nostre scuole pfofessionali ebbero il carattere di appren-
dimento artigiano; i giovani passavano le ore del giorno nel laboratorio, dove
i capi d'arte li avviavano all'apprendimento e all'esercizio del mestiere; alla
sera poi ricevevano lezioni di cultura generale corrispondente al corso di avvia-
mento.
Don Bosco nell'ultimo Capitolo Generale da lui presieduto (il IV, tenuto
a Valsalice nel 1886), stabilì il principio informatore delle scuole professionali
quali egli le aveva concepite, principio scolpito nel seguente enunciato: << I1
fine che si propone la Società Salesiana nell'accogliere ed educare questi gio-
vanetti (artigiani) si è di allevarli in modo che uscendo dalle nostre case, com-
piuto il loro tirocinio, abbiano appreso un mestiere onde guadagnarsi onesta-
mente il pane della vita, siano ben istruiti nella religione ed abbiano le co-
gnizioni siientifiche opportune al loro stato ». Dunque: le scuole professionali
i-li Oo., Bosco avrebbero dovuto sempre tendere al raggiungimento di queste
mete: dare ai giovani artigiani buona pratica professionale, buona cultura reli-
giosa, buona cultura professionale. Don Bertello, eletto Consigliere Professio-
nale nell'VIII Capitolo Generale (1898), per la grande capacità intellettuale,
la volontà forte e decisa, e ancora per il grande amore che portava a Don Bosco
fu |'uomo del momento; nel principio del Fondatore distinse due elementi di
valore diverso: uno accidentale, contingente, soggetto ad evolversi, l'altro so-
stanziale da mantenere integro in tutti i luoghi e in tutti i tempi. Seguendo
questa sapiente valutazione iniziò la slla azione, che alle scuole professionali
,àl"ria.,. Ji.d. q,r.l << gagliardo impulso » giustamente riconosciuto da Don Albera.
Tra le benemerenze di Don Bertello due emergono sulle altre. Egli fu il rea-
lizzatore delle indicazioni espresse dal Capitolo Generale VII (1S95) e nell'VIII
(1898) riguardanti l'istruzione degli artigiani, e il mandato affidato al Consigliere
Professionale di compilare a principio d'anno un programma <( non solo per Ia
parte della istruzione intellettuale, ma anche per la manuale ».
Il problema non efa semplice; dapprima egli lo studiò nella sua concre-
rczza. Come ogni buon salesiano, non era un teorico della scuola: possedeva
una buona esperienza. Essenzialmente si ftattava di passare dalla tecnica gram-
maticale letteraria, alla tecnica teorica professionale; inoltre di distribuire tempo
e prograflrmi armonicamente facendoli procedere di pari passo; e ancora di as-
,.!rrr. al corso professionale un periodo di anni sufficiente per assicurate il
raggiungimento dei fini che Don Bosco si era prefisso sin da ptincipio. Im-
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28.7 Page 277

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postato, così il problema, volle conoscere statuti e programmi di scuole pro-
fessionali nazionali ed estere, visitando accuratamente le migliori. Infine chiamò
a collaborare capi e tecnici salesiani e professionisti non salesiani, coi quali in
frequenti adwanze esaminò e discusse suggerimenti e proposte.
Frutto di questo lungo e paziente lavoro furono i primi programmi teo-
rici e pratici per sarti, calzolai, falegnami, scultori e legatori che nel l9o2 (e
poco dopo anche per i tipografi) mandò alle case. La loro applicazione pratica
suggerì miglioramenti, che egli introdusse in una seconda edizione eseguita nel
1906. A questa, nel 1910, fece seguire I'edizione definitiva, che rimase il do-
cumento base per le scuole professionali salesiane. Per cui a ragione si deve
dire che Don Bertello fu il vero formulatore e organizzatore dei programmi del-
le nostre scuole professionali, alle quali diede un'impostazione salda secondo lo
spirito di Don Bosco e le esigenze del tempo.
Don Bertello fu pure il rcalizzatote di una deliberazione presa dal capi-
tolo Generale del 1886, già ricordato, che diceva: << In ogni casa professio-
nale si faccia annualmente una esposizione dei lavori compiuti dai nostri alunni
e ogni tre anni si faccia una esposizione generale. Se Ia prima parte della dispo-
sizione capitolare aveva avuto effettuazione qua e 1à, la seconda parte per
difficoltà particolari non era stata effettuata. Don Bertello, misurando nel suo
gtande valore la manifestazione, ruppe ogni indugio, superò ogni ostacolo e
già nel 1901, in occasione del IX capitolo Generale, presentava ai Salesiani
e al pubblico la Prima Mostra Professionale di tutte Ie scuole professionali e
colonie agricole salesiane, allestita nell'istituto di Valsalice, dove ebbero luogo
le riunioni capitolari.
A questa ne fece seguire altre due, allestite all'Oratorio, I'una nel 1904,
in occasione del X capitolo Generale: vi concorsero 39 case, delle quali L7 ita-
7iane,3 dell'Asia e 11 dell'Ameica;L'ahra nel 1910, in occasione del XI Capi
tolo Generale: vi parteciparono 55 case. Quest'ultima è la più importante poiché
meglio delle precedenti seguiva un criterio didattico, che illustrava e precisava
nei suoi elementi essenziali il metodo salesiano. In fondo è il criterio seguito an-
che in seguito in dette manifestazioni.
Preparati i programmi, tenne dietro personalmente alla loro diligente ap-
plicazione. I direttori dovevano comptendere la necessità di promuovere effica-
cemente 1a isffuzione dei giovani artigiani e ritenere come grave dovere prov-
vedere i maestri nel formare il quadro del personale. Volle che la valorizzazione
delf insegnamento fosse anche dimostrata dagli esami semesuali, dati con serietà
con l'intervento di maestri esterni, e dagli esami finali dati con tttta 7a possibile
solennità. Le scuole professionali nel collegio salesiano dovevano prendere posto
allo stesso livello delle altre scuole ginnasiali e tecniche.
I Coadiutori maestri d'arte furono oggetto delle sue attenzioni particolari;
è degna di nota una circolare del 1907 dal titolo modesto ma ricca di contenuto
sostanzioso: << Alcuni avvertimenti di pedagogia per uso dei Maestri d'arte della
Pia s.S. »>. Ricorse alla competenza dei migliori invitandoli ad espone il loro
parere sulla preparazione necessaria ad un coadiutore per essere preposto alla
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28.8 Page 278

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scuola nei singoli laboratori. Inoltre affidò ad alcuni maesri d'arte I'incarico di
compilare i primi testi scolastici per le scuole professionali salesiane, in armonia
coi relativi programmi.
confrQatueellsi tcaoaindiizuitaotriivaedeebbbbeeuunn'aoccsoviglulipepnozammooltoltofefcaovnodroe.vGolenneelll'a1m90b2ieinl tceoadde.i
Pietro Cenci presentava in veste litografica il « Nuovo metodo di taglio » per gli
artigiani del laboratorio di sartoria; e nel I9O7 la prima edizione tipografica.
Nella circolarc del 24 novembre 1908 Don Bertello annunciava un'altra novità:
« I1 confratello Giani sta compilando un manuale del sarto; è uscito il primo
fascicolo, destinato ai giovani del primo anno di tirocinio »r. E nel 1910 presen-
tuva altte due pubblicazioni: la seconda edizione delNuouo rnetodo di taglio so'
pra ricordato , e
Gr..on.. I due
il Piccolo manuale degli
primi laboratori, aperti
allieai calzolai
da Don Bosco,
del confratello Giovanni
ebbero i primi manuali
scolastici.
A dimostrazione del suo amore a Don Bosco, si deve ancola ricordare Ia
sua insistenza presso i direttori perché coltivassero le vocazioni tra i giovani arti-
giani e Ie favorissero in ogni modo, anche sostenendo qualche sacrificio.
La sua apertura per lo sviluppo delle scuole professionali si rivela anche da
un documento che riportiamo; è il verbale autografo di una seduta, alla quale
intervenne l'Economo Generale Don Luigi Rocca, e il coadiutore De Lara, diret-
tore della tipografia dell'Oratorio.
« I1 giorno 18 del mese di gennaio 1908 si sono trovati insieme i Sigg. Don
Rocca, Don Bertello e il confratello De Laru per discorrere circa Ia convenienza
di acquistare per la tipografia dell'Oratorio una macchino linotype. Secondo le
spiegazioni date dal confratello DeLara,la macchina ad una cassetta, verrebbe a
costafe L. 15.000 dapagarc in rate di L.300 mensili. Egli crede (e Io dimostra
facendo vedere un certo numero di campioni) che con quella macchina si possa
eseguire in forma abbastaiza pulita ed elegante qualunque sorta di lavori cor-
renti. Ritiene che non sia per mancare il lavoro e con una giornata di otto ore se
ne cavi la quota mensile, lo stipendio dell'operaio e tutte le spese di funziona-
mento in guisa che dopo qualche anno la macchina sia pagata e possa lavorare
per esclusivo profitto della casa.
Una macchina a due cassette sarebbe più ticca di tipi, ma costa L. 19.000
e deve pagarsi con rate di L. 500 mensili.
Tutto considerato, i convenuti furono di parere che convenga acquistare la
macchina, alla condizione che debba servire come corredo della scuola tipografi-
ca e prestafsi, in conformità di un regolamento da compilarsi, alf isruzione degli
allievi sia pef esercizio di correzione, compimento e impaginatuta delle forme,
sia per esercizio di composizione >>.
I1 « gagliardo impulso >> dato da Don Bertello alle scuole professionali regi-
strò progressi encomiabili; esse si distinguevano per la esecuzione di manufatti
a perfetta opera d'arte e buon gusto, che destavano meraviglia'
I programmi poi furono ammirati e lodati dai competenti e presi in con-
siderazione dall'Ufficio del Lavoro di Roma.
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28.9 Page 279

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Don Bertello raccolse il frutto della sua opera dodicennale in un prezioso
opuscolo, che diede alle stampe nel 1910 (pochi mesi prima di chiudere la sua
esistenza terrena) in occasione deTla terua Esposizione generale già ricordata.
L'opuscolo porta il titolo: <( Le scuole Professionali Salesiane » ed egli lo
presenta al lettore col motto: << Coi ternpi e con Don Bosco >>.
Felice sintesi dello spirito salesiano, che è garanzia della continuità e dello
sviluppo dinamico dell'opera di Don Bosco nel tempo.
Degno successore
Don Bertello ebbe un degno successore in Don Pietro Ricaldone. si avver-
tiva al primo sguardo la differenza del loro aspetto esteriore: l'uno abitualmen-
te serio, quasi accigliato, misurato nelle parole, pronunciate in tono fermo, con
una cadenza caratteristica; 1'alto abitualmente sorridente, affabile ed accogliente
nel gesto e nelle parole. Ma ambedue possedevano egualmente icchezza di doni
intellettuali, di virtù religiose, di spirito salesiano; ambedue forti, laboriosi, pron-
ti e generosi nel sacrificio; ambedue fedeli interpreti dello spirito di Don Bosco.
Don Ricaldone occupò la carica per undici anni, dal 15 maggio lgll aI 2)
apfile 1922, operando con lo zeTo e l'alto senso di responsabilità che già cono-
sciamo. Era il più giovane dei capitolari, dei quali godeva la stima, la fiducia e
l'affetto, che ricambiava con un vivo sentimento di venerazione ed umile e sin-
cera collaborazione. Don Molfino2 ricorda: « Nei primi anni del suo consiglie-
rato professionale Don Ricaldone aveva molto a cuore una certa iniziativa. Ne
aveva padato confidenzialmente col segretario; ne aveva scritto nella Spagna;
aveva già ottenuto quanto gli occoreva per 7a rcalizzaziorre, ndla cettezza che ii
Capitolo Superiore avrebbe approvato a pieni voti. Invece, portata la cosa in ca-
pitolo e discussa, l'idea non venne approvata. Allora egli non ne fece più
parola, e al segretario che gli chiedeva perché non attuasse la sua idea, senza
accennare minimamente al Capitotro, disse: << Ho ponderato meglio la cosa e ho
trovato che non merita di essere attoata ». Egli per principio faceva sempre ri-
gorosamente suo quanto venisse deciso in Capitolo. Com'è naturale, consacrò la
sua attività principalmente allo sviluppo delle scuole professionali; l'oizzonte
ristretto della regione andalusa si era esteso ai continenti nei quali prospera-
vano 69 scuole professionali e 15 scuole agrarie salesiane disuibuite nei vari
stati.
Si presentò ai confratelli con molta semplicità e modestia, scrivendo nella
Circolare 3 del 24 luglio 1911: << Il Consigliere Professionale invia un affettuoso
saluto a tutti i confratelli e li prega di volergli essere larghi d'aiuto, special-
2 I1 fedele segretario, di cui parliamo più avanti.
3 La Circolare mensile che il Capitolo Superiore inviava a tutte le case, precorritrice
degli « Atti del Capitolo Superiore » (A.C.S.).
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28.10 Page 280

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meflte con le loro preghiere, onde possa compiere meno indegnalnente ii diffici-
le compito assegnatogli >>. Fatte alcune comunicazioni, concludeva: << Ricorda le
frequenti esortazioni del non mai abbastanza compiaflto Sig. Don Bertello circa
la necessità di coltivare le vocazioni fra gli atigiani e gli allievi delle colonie agri-
cotre ». Quasi volesse indicare sin dall'inizio il problema, che egli stesso ed i suoi
confratelli dovevano considerare sempre attuale.
I primi contatti coi Salesiani della Casa Madre furono carutterizzati dal7a
sua affabilità. Egli non era del tutto nuovo all'Oratorio, poiche l'avevano visto
nei suoi frequenti ritorni dalla Spagna e la sua ligu;ra alta, slanciata sorridente,
attirava I'attenzione di chi gli passava accanto. Inolue all'Otatorio giungeva
l'eco di tutto il mondo salesiano e non solo i confratelli ma anche i giovani co-
noscevano nome e fasti di fspettori, direttori, missionari, sia di quelli che, af-
fluendo a Torino per fare visita ai Superiori, erano invitati a darc la << buona
notte )>, a celebrare la messa della comunità, sia di quelli dei quali padavano i
Superiori stessi e il Bollettino Salesiano.
Don Ricaldone era stato preceduto da buona fama e si 6ovò subito circon-
dato da una calda atmosfera di simpatia. Era tanto naturale ricambiare il suo
sorriso quando 1o si incontava, ed era tanto facile rispondere al suo saluto ed alle
sue domande di occasione. Più confortante ancora trovarsi nel suo ufficio, dove
la conversazione affabile induceva a confidenza. << L'avvicinarlo voleva dire rima-
nere conquiso e quando occofreva \\a parola d'incoraggiamento e uno stimolo
d'entusiasmo era sempre pronto a dire la parola stimolatrice >>.
D. Giovanni Gutiérrez, che già conosciamo, ricorda: « Ebbi la fortuna di
incontrarmi con Lui di nuovo, quando mi trovavo nello studentato di Foglizzo
per compiere lo studio della Teologia (19L0-13) e nelle mie andate all'Oratorio
ho avuto occasione di ripetere le esperienze di Carabanchel e confermarmi nello
affetto e nella stima che sempre mi aveva ispirato. Ecco uno dei tanti episodi. Un
giorno andai all'Oratorio ed entrato nel cortile mi sento chiamare per nome
da lontano. Meravigliato, perché non ero conosciuto nella Casa Madre, mi guardo
d'attorno e vedo... D. Ricaldone; corro verso di lui, che mi accoglie con grande
ccahrfefiaadcbocilhpitieàerraeftaamr.mi-idpiicMaecee:rIe-'a. vEe!svm1a1id,reaettctthoeenminnoeslininugaugarapdsaperavuogalnfeaodleaa,!ucVtioliemeneceop,novceihreussafòazcioicnniaemspeoeguruiutnona,
bel po' di tempo »>.
I Coadiutori in particolare erano ben lieti di trovare sempre aperta la
porta del suo ufficio e ne approfittavano. Un momento caratteristico del suo
spirito di famiglia era quello della ficreazione dopo pratzo; l'appuntamento era
in cortile dove la sua conversazione sempre ricca di notizie e di episodi, impegna-
va un bel gruppo di giovani in un vivace dialogo, oppure al gioco delle bocce,
dove si disputavano allegre partite, dividendo vittorie e sconfitte e gli immanca-
bili commenti degli spettatori, sempre pronti a dare consigli e a farc retrimina-
zioni.
La stima cresceva quando maestri d'arte gli prospettavano problemi al la-
boratorio ed alla scuola; trovavano in lui una grande apertura di mente, buona
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29 Pages 281-290

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29.1 Page 281

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preparazione, il consiglio opportuno e l'aiuto necessario; egli incoraggiava a
studiare a fondo i singoli problemi, a presentarli con chiatezza e documentazio-
ne per poterli discutere sul piano pratico; esortava ad avere pazienza e fidu-
cia, quando non era possibile rcalizzate subito la soluzione desiderata. Nella sua
parola si sentiva letmaza e verità. La stima poi aumentava in maggiore pro-
porzione quando dal campo professionale e scotrastico si passava all'azione pe-
dagogica del coadiutore e alTa vita spirituale del religioso. Allora risplendeva
7a ricchezza del suo spirito salesiano, che veniva confermato dalla pietà con la
quale si vedeva compiere le pratiche di pietà, sopra tutto celebrare a77'altare.
Esemplare in tutto nella pratica della vita comune, esigente con se stesso,
destava I'ammirazione e il rispetto in coloro che in qualunque modo, poco o
molto, egli invitava a collaborare per la rcalizzazione dei suoi disegni e lasciava
in tutti una impressione gradevole per il modo con cui li trattava. Ai suoi se-
gretari non lasciava mai mancare il lavoro, ma essi erano stimolati dall'esempio
della sua attività, che non era possibile uguagliare. Si aggiunga l'apertura della
mente ai sempre nuovi problemi dei tempi, la sua competenza nel discuterli
e la parola d'incoraggiamento e di lode detta con schietta sincerità a tempo op-
portuno.
Era anche ammirevole il profondo spirito religioso, che dimostava ac-
cettando il giudizio del Superiore, rinunziando al proprio. Quante volte fu
notato, da chi gli era vicino, che egli dopo aver riflettuto seriamente su de-
terminate questioni, esponeva iI suo parere al Superiore e non esitava a fare
propria l'opinione diversa o contraria del Superiore.
L'opera compiuta da D. Ricaldone, come Consigliere Professionale rivela
una mente acuta, chiar4 ordinata, riflessiva nella quale fin da principio l'edifi
cio delle scuole professionali aveva una valida consistenza ed occupava un po-
sto preminente. Rivela un cuore ardente, ricco di fede di zelo, che si entusia-
sma per la beTlezza delf idea da sviluppare, nella quale ciò che più l'attira è Ia
visione del benessere spirituale ed economico come meta da raggiungere in fa-
vore della gioventù povera. Rivela una adesione totale e sincera a D. Bosco.
D. Guidi Favini conserva ancora vivo nella memoria il ricordo delle im-
pressioni destate nell'ambiente dell'Oratorio dal nuovo Consigliere Professio-
nale »>.... Non è facile descrivere l'entusiasmo che suscitò D. Ricaldone qui allo
oratorio quando, ne1 1911, fu chiamato in Capitolo come consigliere Profes-
sionale al posto di D. Giuseppe Vespignani.
<< Veniva io mezzo a noi rugazzi, specialmente durante la ricreazione del
dopo pranzo. Un po' tra noi studenti; più spesso e più a Lrngo tra gli artigia-
ni. I1 suo sorriso, il suo bel tratto,la confidenza che dava a noi rugazzi, le me-
raviglie che ci raccontava della Spagna e della sua visita nella Patagonia, 7a
conversazione sempre attraente ed affascinante, i dialoghi che intrecciava con noi
sulla condotta, sugli avvenimenti dell'oratorio, sulle materie scolastiche, sulla
nostra salute, sui nosffi di casa...le notizie salesiane che ci dava, i canti che ci
insegnava... conquistavano i nosffi cuori.
« E noi vedevamo in Lui il Superiore dell'avvenire. Giocava al pallone
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29.2 Page 282

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da maestro coi nostri assistenti ed anche con qualcuno dei nostri compagni più
abili. Con gli artigiani poi si intetessava di tutti i loro problemi: scolastici, pro-
fessionali, morali.
<< Promosse conferenze di sociologia nel Circolo Don Rua fta gli artigiani
degli ultimi corsi; incoraggiò la mandolinistica, l'Azione Cattolica, ecc'
<< Quando parlava 1o si ascoltava sempre con avidità straordinaria. Le sue
<< buone notti >> erano un incanto. Quando celebrava la messa nella cameretta
di Don Bosco per gli allievi di 4" ginnasiale o per gli artigiani del IV e V
Corso, ci incantava con fervorini sempre interessantissimi. Così, quando tene-
va le conferenze domenicali nell'anticamera attuale delle camerette di Don Bo-
sco. La Domenica sera dopo le funzioni, si avvicendavano quasi tutti i Supe-
riodi del Capitolo e ognuno lasciava irr noi cate impressioni. Ma Don Rical-
done aveva un vero fascino. Anche la sua predicazione era brillantissima e noi
godevamo quando egli celebrava o parlava nella chiesa di Maria Ausiliatrice.
Gli Artigiani poi gustavano moltissimo le sue conferenze sociali »>.
Don Pieuo Zerbino scrive: << Passai all'Oratorio quatto anni, dal L916
al 1920, come studente; i miei ricordi su Don Ricaldone sono molto vaghi' Ri-
cordo bene che veniva volentieri a passeggiare con noi e ci teneva allegri con i
suoi racconti di viaggi e di usi e costumi spagnoli; ricordo che predicava in
Maria Ausiliatrice in certe solennità; soprattutto però mi è rimasto impresso
il lavoro da lui fatto per allestire la Mostra Professionale del tgZO. Fu un suc-
cesso di cui si occupò ampiamente il Bollettino Salesiano »>.
La direzione generale delle scuole professionali era più che sufficiente per
assorbire l'attività di una persona ben dotata. Don Ricaldone accettò altri impe-
gni, sempre disposto ad eseguire la volontà dei Superiori ed a compiacere il de-
siderio dei confratelli. I1 Rettor Maggiore gli affidò missioni di fiducia, al-
cune delle quali 1o tennero lontano da Torino per un tempo considerevole. Le
più importanti furono le visite straordinarie compiute alle case degli Stati Uniti
e del Messico nel 1912-L9B; alle case d'Otano e parte della Spagna nel 1914-
l9l5 e alle case della Palestina nel 1918-1919. Nello stesso periodo altre mis-
sioni di ,minore impottanza 1o portarono in molte case sia in Italia come
all'estero, come si dirà a parte; in tal modo estendeva il contatto col corpo vivo
della Congregazione.
Sempre disponibile
Mostrò subito Ia sua piena disponibilità per qualunque incarico gli venisse
proposto dai Superiori. Da pochi giorni aveva preso possesso del nuovo ufficio
quando il Rettor Maggiore gli offerse 1'occasione di rivedere la Spagna.
A Barcellona, tutto era pronto per f inaugurazione della cripta del Tibida-
bo; e in tale circostanza la presenza de7 Rettor Maggiore era necessaria, tanlo
più che avrebbe permesso a Don Albera di presentarsi pet la prima volta ai Sa-
lesiani, ai benefattori e cooperatori della nobile nazione. Fu certo un atto di
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29.3 Page 283

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delicata attenzione la scelta di Don Ricaldone a compagno di viaggio; dopo Don
Rinaldi nessuno più di lui era indicato per stare a {ianco del Superiore in quella
occasione. Ma forse Don Albera tenne anche conto del fatto che Don Ricaldone
aveva lasciato la sua ispettoria insalutato ospite e l'incontro col suo successore
e coi direttori delle case andaluse era non solo opportuno ma vantaggioso.
L'assenza da Torino durò 17 giorni, dal 6 al 2) giugno.Il lungo percorso
in teritorio ftancese venne alleggerito da pause in case salesiane, dove exallie-
vi e cooperatori presntarono l'ossequio della loro devozione al Rettor Maggiore.
A Barcellona giunsero il 10 giugno, ricevuti alTa stazione da vari gruppi
di cooperatori, cooperatrici, exallievi, ecc., e alle scuole professionali di Sarriri
dal suono della banda e dagli applausi dei giovani.
La Spagna cattolica festeggiò il secondo successore di Don Bosco in modo
degno delle sue radizioni; fu una gara mai più vista dei più illustri benefattori
che lo visitarono, cosicché egli a mala pena poté dedicare qualche poco di tem-
po alle case salesiane di Barcellona, Matar6 e Gerona.
I festeggiamenti ebbero luogo la domenica 11 giugno e il sabato e dome-
nica seguenti.
L'11 giugno fu dedicato a rendere omaggio al Superiore, colla partecipa-
zione di tutte le case salesiane di Spagna, le più vicine al completo, le più lon-
tane con una rappresentaDza. Don Ricaldone, quindi, si trovò circondato dal
gruppo dell'Andalusia e possiamo ben comprendere quale scambio di senti-
menti intercorse nell'incontro.
Don Albera a mezziogiorno ebbe, graditi commensali, Autorità e perso-
nalità distinte. Toccò a Don Ricaldone rispondere ai brindisi dei convenuti e lo
fece da pari suo, rendendo omaggio alla simpatia e alla generosità spagnola
verso l'Opera Salesiana, e ricordando con viva riconoscenza 1I Marchese de
Pascual da poco scomparso.a
Don Albera chiuse ringraziando per l'accoglienza ricevuta. A sera poi, nel
cortile degli artigiani preparato e ornato a festa, ebbe luogo una solenne acca-
demia nella quale Don Albera ricevette I'augurio di tutta la grande famiglia: Sa-
lesiani, giovani, cooperatori, exallievi. Anche in questa solenne manifestazione
Don Albera affidò a Don Ricaldone f incarico di esprimere il suo ringraziamen-
to; le sue parole furono coronate da calorosi applausi.
Non meno solenni riuscirono i festeggiamenti del 17 e del 18 seguenti. La
sera del 17, sabato, S. E. Mons. Laguatda, Vescovo di Barcellona, precedette
illa benedizione della Cripta, con tutto 1o splendore della liturgia. I1 giorno
seguente, le sante Messe si succedettero con grande concorso di popolo; alla
messa solenne celebrata da Don Albera con assistenza pontificale di S. E. Mons.
Ferrero, Vescovo di La Plata, i fedeli furono così numerosi che molti non po-
terono entrare nella Cripta.
a Per notizie sulla famiglia De Pascual si veda M. B. XVIII, passim.
257
17

29.4 Page 284

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Terminate le feste, i due Superiori lasciarono Barcellona e iI 2t giugno
rientrarono all'Oratorio.
Tornato in sede Don Ricaldone riprese il lavoro di impostazione e di coor-
dinamento. Riunì commissioni di studio, visitò alcune scuole professionali.
Ma nell'ottobre dovette aprire un'altra patentesi: Don Albera lo volle con
nella visita che si era proposto di fare alle case salesiane aperte da pochi anni
in diverse città dell'Impero austro-ungarico. La visita durò poco meno di un
mese, dal 13 ottobre al 9 novembre; per Don Ricaldone fu una nuova espefien-
za salesiana, poiché anche in quei climi, così diversi dal clima mediterraneo, la
pedagogia di Don Bosco si affermava validamente con ottimi risultati.
La prima meta fu Oswiecim, raggiunta dopo olue 24 orc di reno, inter-
rotto solo da una breve fermata a Vienna, per celebrare la S. Messa. A Oswie-
cim si solennizzava il primo decennio di fondazione dell'opera, che compren-
deva: scuole ginnasiali e professionali, e la chiesa pubblica; per Don Ricaldone
fu molto interessante conoscere il funzionamento e i risultati delle scuole pro-
fesionali.
La visita durò 5 giotni e le celebrazioni furono solenni. Proseguendo, le
tappe successive furono: la casa di Darsawa, che accoglieva adulti, aspiranti allo
stato ecclesiastico; Przemysl, dove si inaugurò un nuovo edificio costruito per
dare maggiore sviluppo alla vita dell'oratorio; Cracovia, dove dal 1 settembr3
alcuni Salesiani avevano assunto la direzione dell'Asilo Lubormiscki.
Rimanevano altre tre case: I'Istituto di Hagenmùllergasse a Vienna,s che
ricevette il secondo successore di Don Bosco con manifestazioni di viva cordia-
lità; lo Studentato Filosofico e Teologico di Radna, nel quale un bel gruppo di
chierici si preparavano al sacerdozio, e la casa di Lubiana che, come Oswiecim,
celebrava il decennio di fondazione; l'opera comprendeva: oratorio, scuole ele-
mentari interne e pensionato per rugazzi che frequentavano il ginnasio nelle
scuole pubbliche.
Da Lubiana i due Visitatori si portarono a Trieste dove pernottafono e
alla sera dell'indomani l'Oratorio salutava festosamente il loro ritorno. D. Albe-
ra lasciò in tutti una soave impressione di bontà serena e profonda. Certamente
D. Ricaldone non avrebbe potuto allontanarsi da Torino con animo tranquillo
se non avesse avuto persone di fiducia sulle quali potesse contare; i suoi se-
gretari erano davvero collaboratori preziosi ed affezionati.
s A Vienna Don Ricaldone ebbe un incontro che rievocò con compiacenza nell'ultima
sua
opera su
,i Verso
Don Bosco (« Don
la fine del 1911,
Bosco educatore »> vol. I,
chi soive accompagnava
pag. 38).
il Ven.to
Don
Albera
nella
visita
alle case dell'Ausria, della Polonia e della Jugoslavia, precisamente a Vienna ebbi la sorte
d'intrattenermi con il celebre P. Krammer, professore di pedagogia in quella Università.
Egli aveva studiato a fondo l'opera educativa di
sincero. Appunto nel corso di quella indimenticabile
Don Bosco, divenendone
convetsazione il chiar.rno
ammiratore
Professore,
parlando dell'opuscolo scritto da Don Bosco sul Sistema
ihe io ho trovàto maggior ricchezza di sano contenuto
Preventivo,
pedagogico,
me ipdicesvaap: ie-nti Vei
assicuro
pratiche
norme educative i,n quelle brevi pagine che in tanti volumi in foglio, i quali pur vanno per
la magCgiiòorepro-va. che non basta leggere superficialmente il prezioso rattatello ».
258

29.5 Page 285

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Abbiamo detto << i suoi segretari », perché D. Ricaldone, da buon orga-
nizzatote, sapeva servirsi or dell'uno or delI'aluo per sviluppare i suoi progetti.
Ma il vero segretario fu uno solo: D. Domenico Molfino. Ne aveva sentito par-
lare in bene più d'una volta. Sapeva che aveva lavorato nelle Scuole Professiona-
li Salesiane per ben ventitré anni; dei quali diciannove nell'Istituto Salesiano di
S. Paolo in Brasile, due a Lisbona, uno aFfuenze; in questa scuola fu insegnante
di matematica, contabilità, disegno; capo ufficio dei Laboratori, consigliere
Professionale. Durante la sua permanenza a S. Paolo dette scuole professionali
si presentarono a due esposizioni; l'una nazionale a Rio de Janeiro nel 1900,
l'alfta a s. Luigi (u.s.A.) nel 1904 ed ottennero la massima onorificenza per la
presentazione dei lavod eseguiti e dei programmi.
D. Molfino possedeva una buona pratica di scuole professionali e D. Rical-
done Io sapeva; cosicché nel 1911, quando si disponeva a ritornare nel Bra-
sile, D. Ricaldone lo invitò a fermarsi a Torino. D. Molfino non dimenticò mai
quel primo incontro, e ricordava le parole del dialogo avvenuto nel luglio del
1,9rt.
<< Tu sei D. Molfino; ho sentito dire che ti occupi volentieri di scuole pro-
fessionali; ti piacerebbe venire a lavorare con me?
-
ciamo-
unOVphoa,letntnootnideltiieram-meircei4zy-iasyc4haevreisdypauorssiotofging-cihuénmtovaivsnrueobmnitoosoi»l.sSeigp.oDtr.òRaicccaoldnotennet,ar-la.
fac-
Accanto al Sig. D. Ricaldone, D. Molfino si trovò proprio bene e a sua vol-
ta D. Ricaldone trovò in lui il vero segretario, di cui aveva bisogno. Fu, difatti,
l'interprete fedele ed esecutore int,-.lligente del pensiero e della volontà del su-
periore il quale gli dimostrò sempre piena fiducia.
Nelle assenze frequenti e talora lunghe del consigliere Professionale, il
Segretario teneva dieffo alle varie incombenze, cosicché non ne veniva danno.
Inoltre, e questa è nota molto importante, egli nutiva una vera predilezione
verso i Confratelli Coadiutori.
Il periodo della grandegueffa non arrestò l'attività di D. Ricaldone, al
contrario, la aumentò, sia nella costante vigilanza richiesta dalle difficoltà con-
tingenti, sia per assecondare i desideri del Rettor Maggiore, il quale, tanto sen-
sibile per le necessità in cui si trovavano molti giovani che la guerra aveva pri-
vato del padre, iniziò l'opera caritativa in loro favore, aprendo due case desti-
nate a raccogliere gli orfani della classe sociale più povera e quindi più biso-
gnosa, quella dei contadini; Ia prima a Monte oliveto in prossimità di Torino,
l'altra al Mandrione, alle porte di Roma. E poiché i giovani venivano dalla
campagr,a, le due case ebbero un indirizzo agrario, molto modesto nella prima,
completo nella seconda.
La villa di Monte oliveto era già stata proprietà dei certosini. Acquista-
ta dai Salesiani nel 1915, ricevette i due primi orfani di contadini morti in
guerra, il 29 maggio 19L6.
La casa al Mandrione, anch'essa comprata nel 1915, si aprì ai primi sei
orfani, anch'essi figli di combattenti agricoltori caduti per la pattia. Nel 1920
259

29.6 Page 286

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il numero dei ricoverati salì a 62 e si iniziò così un nuovo fabbricato che poté
ricevere un maggior numero di orfani.6
Don Ricaldone visitava sovente queste due Case che tanto gli stavano a
cuore, tutte le volte che gli era possibile.
Nel concistoro segfeto del 6 dicembte 19L5, il papa Benedetto XV aveva
proclamato la creazione di sei nuovi cardinali, ta i quali annoverava Mons. Gio-
ianni Cagliero, Arcivescovo Titolare di Sebaste, Delegato Apostolico nella
America Centrale. Questi aveva ricevuto la notizia inaspettata a S. José de Co-
starica, sua residenza, e manifestando al Card. Gaspari, Segretario di Stato, vivi
sentimenti di gratitudine vefso il Sommo Pontefice, si dichiarava non poco
umiliato considerandosi privo di meriti per tanta dignità, ma assai consolato
pensando che ben lo meritava la Società Salesiana a cui apparteneva'
Partì alla volta di Roma il 9 novembre a bordo del piroscafo << Bologna »>.
I1 Rettor Maggiore non poteva mancare di trovarsi al fianco dell'ardente
figlio di D. Bosco in una occasione così fausta; lasciò dunque Torino il 3 di-
cembre accompagnato da Don Ricaldone e fece sosta a Sampierdarena in attesa
dell'arrivo del piroscafo; nel pomeriggio del 5 dicembre sulla banchina del por-
to di Genova, dava il primo affettuoso abbraccio di congratulazione a nome
di tutta la Congregazione al grande Missionario. La sera stessa Monsignore,
Don Albera e Don Ricaldone, partivano per la Capitale, dove ricevettero il
messaggero pontificio, Mons. D'Amico, che portava il biglietto di nomina.
A[. parole di congratulazione e di augurio del Prelato, rispose il cuote
salesiano del Cardinale: << Dica a S.S. che io sono il minimo fra i minimi, ma mi
rallegro della elevazione alla porpora fion propter me sed propter meosi non
p., À., ma per i miei confratelli... Sono vecchio, ma quando si latta di lavoro
sono sempre giovane >>.
Don Ricaldone passò a Roma col Rettor Maggiore tutto il mese di dicem-
bre: ed ebbe iI suo da fare. Nel diario di quei giorni le parole che si ripetono
sono: visite, visite numetose, lettere, telegrammi, lavoro, lavoro enofme. Invero
egli fungeva da segretario in quella citcostanza e ciò voleva dire che partecipava
ai n.r*erori impegni del nuovo Cardinale, regolava il movimento intenso di
persone che si determinò attorno a Lui, attendeva allo smistamento dei fasci di
i.tt.r. e telegrammi provenienti dall'America e da ogni parte d'Italia'
Oltre questo, Don Ricaldone si occupò di diversi interessi a nome di Don
Albera, presso le Congregazioni romane'
I festeggiamenti con i quali i Salesiani onorarono doverosamente e con
grande er.rltanza il loro primo Cardinale, misero don Ricaldone a contatto di
Àolte pe.sonalità ecclesiastiche e laiche, che incontrerà in seguito nelle sue
visite a Roma.
Don Albera e iI suo fedele compagno di fatiche fecero ritorno a Torino iI
6 Nel 1913 la Scuola Agraria al Mandrione fu ffasferita alle Catacombe di S. Callisto
che dalla Santa Sede venivanò affidate alla custodia dei Salesiani.
260

29.7 Page 287

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J0 dicembre e l'oratorio li salutò con una manifestazione di grande e cordiale
esultanza.
Nel 1917 Don Albera ricorse ancora a Don Ricaldone per aggiungere alle
sue incombenze g1à numerose anche il governo temporaneo della Ispettoria
Subalpina, in sostituzione dell'Ispettore Don Emmanuele Manassero costretto
al riposo da grave infermità.7 La Subalpina comprendeva trentuno case distri-
buite nelle province di Torino, Alessandria e Novara; inolre dipendeva dallo
Ispettore anche la Missione della Cina; la supplenza durò per fifita la seconda
metà dell'anno scolastico 191.6-17. Egli passava varie ore del giorno a s. Gio-
vanni Evangelista, la casa ispettoriale; e visitava le altre case secondo l'oppor-
tunità e la necessità.
Don Favini ricorda: « Io ebbi da lui le prime obbedienze come ripetitore
di francese durante 7e vacanze del l9l7 a S. Giovanni Evangelista, poi in set-
tembre come assistente dei Figli di Maria a Penango. veniva a Penango due o
tre volte al mese: si interessava di tutto e di tutti. Sempre in ricreazione coi
Figli di Maùa ci insegnava lodi e canti spagnoli, amene canzoncine in italiano,
facendo lui le note del canto, con qualche accordo sull'armonium che noi por-
tavamo sotto il portico a sua disposizione »>.
In questo periodo di fervorosa operosità, il Signore provò la sua fede,
domandando agTi affetti più santi un sacrificio dolorosissimo. Durante Ia nove-
na del S. Natale del 1919 aveva fatto una breve visita al padre già molto avanti
negli anni ed al fratello Francesco; ne1 febbraio una lettera dei nipoti Io chia-
mava con urgenza a Mirabello dove padre e fratello tenevano il letto colpiti
dalla « spagnola »>. rn tale circostanza gli fu di conforto la parola affettuàsa
del Rettor Maggiore.
Carissimo Don Ricaldone,
J.M.J. 9 febbraio 1920, Torino
APrbebgihaemreomroicedveul tnoolsattotuma ecgalrioisspimeraicthueofiucalerittaamcmonalaptei.nDa idoaviocgalipaitochlaeri.ru
possa darcene migliori notizie. ciò che non può fate 7a cura dei Àedici, noi
1moe,spmVeaorigaamlinaochiedl adSeiMginaCorariaepictSooSlna,froiAruerasdrieliiatttuurirtctteai .ilQanuofeassmttiiigcslaioarnisocshiimesisecenontnizmfaraedtneurlibli.bnioondseoveio
di
es-
sere profondamente desolata.
Ti sono sempre
aff.mo in C.J.
Sac. P.q,oro Ar-nsna
scr.ittai
Riplrtiamo in appendice, allegato n. 20,
da Don Manassero, nella quale comunica
la lettera di saluto-congedo ai Confratelli,
che è temporaneamente" sostituito da Don
Ricaldone.
261

29.8 Page 288

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Purtroppo quando ricevette la lettera del Superiore, il sacrificio era com-
piuto; Dio irruu chiamato a le due anime: il padre rispose alla chiamata
il 9 febbraio, il fratello il giorno seguente.
Don Ricaldone li aveva assistiti, consolati, preparati a morire; ne aveva ri-
cevuto con arnmirabile fonezza il loro ultimo respiro. Ma il dolore lo aveva
provato duramente. Solo la fede, la sua fede adamantina, poté confortaflo e
iollevarlo alla generosa accettazione della volontà di Dio.
Per quanto fosse apparso esternamente tranquillo, la sua anima così for-
te anche negli affetti, ne fu scossa nel più intimo, e lasciando la casa paterna,
sentì il bisogno di aprirsi con i familiari per trovare nel contatto degli affetti
domestici, oire che nella preghiera, quel calore di fede e di speranza che dona
sollievo all'anima.
Scriveva ai familiati: << ...Ho pianto perché io amavo tenefamente il pa-
dre e il fratello. Non ho potuto fare a meno di non sentire il rammarico che la
natura ispira, ma, dopo di avef pregato, ho detto a me stesso: << Sia benedetto
Iddio diìverli accolti nel seno degli eletti e tolti da questa valle di pianto... ».
E in un'altra lettera: << ... Parmi un sogno il pensare che questi nostri cari
siano morti in un breve lasso di tempo. 7n mezzo al dolore che sì fatta di-
sgrazia mi cagiona, esclamo: «
per loro. Sia benedetto il suo
Il Signore
Nome, ed
li ha presi perché questo era il meglio
adorati siano sempre i suoi Divini se-
greti. Conosco che la Prowidenza fa lutto bene e tutto dispone per il me-
!Iio. Erru ha diritto di raccogliere ciò che ha piantato e di prendere i {rutti
quando sono maturi... »>.
Ancora negli utimi anni della sua vita, Don Ricaldone ricordava lo strazio
di quei giorni, e il vivo appello che aveva dovuto fare allo spirito di fede per
confortare se stesso e i suoi.
Apostolato Salesiano
Alle attività proprie della direzione delle Scuole Professionali (direzione
nel senso pieno e iioè, t.upottsabilità di una presenza vigilante e operante che
dà impulso, direttive e ne segue lo sviluppo), D. Ricaldone ne aggiunge altre,
proprie del Superiore Salesiano. Vogliamo riferirci all'apostolato religioso da lui
esercitato sia nell'Oratorio, come nelle altre Case della Congregazione. Esso
costituisce un bel documento della sua spiritualità.
LaCronaca della Casa Madre registra sovente il suo nome: in certe solen-
nità celebra la S. Messa della Comunità o agli artigiani o agli studenti; tiene la
conferenza ai confratelli nel giorno dell'esercizio della buona morte; la
buona notte; pef la festa dei SS. Pietro e Paolo (giorno onomastico di D. A1-
bera) tiene il discorso in Basilica; durante la guerra predica un liduo di eser-
cizi spirituali ai soldati nella Chiesa di S. Francesco di Sales; talvolta nella so-
lenne distribuzione dei premi agli artigiani pronuncia il discorso di circostanza:
262

29.9 Page 289

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<< Alato discorso, commenta un giornale per uno di essi, nel quale l'oratore
spiega il nobile scopo della istituzione dondata dal ven. D. Bosco per la rigene-
razione morale del progresso economico »>.
Il Coad. Francesco Berra ricorda: « Durante I'anno l9L7-I8 D. Ricaldone
partecipò e presiedette molte nostre festicciuole, con l'indimenticabile diretto-
re Sig. D. Bernardo Savaré, In particolare ricordo che a fine d'anno otto arti-
giani andarono a Valsalice a farc gli esercizi spirituali e cinque di essi entrarono
in noviziato »>.8
Non si vuol dire che il « diario » di ogni anno fosse così fitto di visite ma
è certo che ogni anno queste furono numerose. Diamone un cenno come risulta
dalle Cronache delle singole case.
Le case di formazione: Foglizzo, fvrea, S. Benigno Canavese, Penango, go-
dono sovente della sua presenza amabile e desiderata. Nelle conferenze, nelle
prediche, nei rendiconti, nelle accademie ha modo di padare di Maria Ausi-
liatrice, Di D. Bosco, del suo spirito, della Congregazione e vocazione salesiana;
argomenti tutti ricchi di attrattiva per la sua anima e sostanziosi nello svolgi
mento perché la lunga preparazione gli suggerisce la forma più adatta e la espe-
rienza della Spagna, dell'America e delle case visitate, gli offrono esempi nume-
rosi di pura salesianità.
Dopo le case di formazione è naturale che le case aventi Scuole Professio-
nali fossero oggetto particolare delle sue visite; abbiamo già detto che vi si re-
cava sovente, superando i disagi del viaggio e delle stagioni e talvolta pagando
i tributi dei disagi, come avvenne nel settembre del 1918. Imperseverava ancora
Ia grande guerra; dopo una visita fatta alla Scuola di Canelli, proseguì per Sam-
pierdarena; e qui lo fermò un attacco di reni che 1o cosuinse a tenere iI letto
per diversi giorni. Accettò l'immobilità con serenirà di spirito e i dolori non gli
spensero il sorriso abituale. Così ebbe quindici giorni di... riposo.
La visita alla scuole Professionali talora aveva per oggerro la partecipa-
zione alla celebrazione di qualche solennità religiosa o scolastica.
così nel febbraio del l92l si recò a sampierdarena per tenere la conferen-
za salesiana ai Cooperatori; una prima nella Chiesa della Maddalena a Genova,
una seconda nella Chiesa di S. Gaetano a Sampierdarena.
A Verona, il 2 giugno 1921, celebrandosi la festa di Maria Ausiliarice,
nella Cappella dell'Istituto parlò ai Cooperatori ed amici dell'Opera Salesiana
di un argomento a lui molto caro: le Scuole Professionali.
Leggiamo il commento che fece il << Coriere del mattino »> locale.
« Simpatica figura di prete questo salesiano coltissimo; è oggi in Italia
uno dei più strenui propugnatori dell'isuuzione professionale dei lavoratori ar-
8 Quanto alle visite fatte nelle diverse Case, si veda in Appendice il diario registrato
da lui nell'anno L919; si tenga presente che era rienuato all'Oratorio il 6 maggio, reduce
dalla Palestina! (Allegato n. 21).
263

29.10 Page 290

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tigiani, di cui ha sistemato Scuole modello apprezz^tissime in Italia e all'estero.
If hvoro compiuto attesta la vasta attività e le larghe vedute di questo geniale
Sacerdote in un campo che finora è stato pressoché trascurato dalle iniziative
private e dalle Istituzioni statali.
« Nella sua interessantissima conferenza si introdusse con rapido studio
psicologico sociale dell'anima giovanile. Espose, in rapporto alla vita cristiana
i'ambiente in cui cresce oggi la gioventù, ambiente sovente disastroso special-
mente nell'officina. Disse come urga contrapporre a masse di giovani fuorviati
alre masse di giovani moralmente forti, professionalmente ben preparati. Illu-
strò poi 1o spirito delle scuole professionali salesiane'
<< Don Ricaldone patla con signorile cotrettezza di lingua e plastica effi-
cacia; presenta le sue esperienze, i ricordi dei suoi viaggi all'estero con un ac-
cento caldo e gesto espressivo, che conferisce alla sua parola un vero potere di
persuasione. È eloquenza di chi non cerca di ostentare la propria personalità,
ma difende la buona causa ed attua un ideale di bene con visione sicufa, con fe-
de, con disinteresse generoso e con cuofe di apostolo ». (Il Corriere del mattino
- Verona, Domenica 5 giugno 1921).
I1 5 giugno, tre giorni dopo, a Milano tenne la conferenza Salesiana nella
Cappella dell'Istituto.
In anni diversi a Canelli festeggiò l'Immacolata; a Lombriasco la festa
del S. Cuore, a S. Benigno quella di S. Cecilia, S. Giuseppe e così via.
Ritornò a Verona 1'8 dicembre l92l; era giorno di festa per Ia ricorrenza
religiosa e per altri tre .motivi: ricorreva il trentennio dell'Istituto, si inaugurava
i1 nuovo laboratorio dei meccanici, si benediceva la bandiera dell'Unione ex-
a1lievi.
<< Don Ricaldone, al mattino, prima della messa solenne in canto, benedis-
se la bandiera degli exa,llievi e infra missam tenne il discorso di circostanza, toc-
cando e del vessillo benedetto allora e del mistero del giorno, Maria Immacola-
ta, preservata dal peccato originale. Nel pomeriggio alla inaugurazione del
nrlovo laboratorio per meccanici, dopo il discorso dell'Ispettore Don Fedele Gi
raudi e 1a benedizione impartita dal Cardinale di Verona, pfese la parola per
cdoeni glar<a<btAouvlraaertvsoiariddedinlel'aollnepzeicrauasnecuosmdailtpeosiuriaitoane:q,-u-aliPfiacofasfestoiram:mouctdooirrnieccorhmeelpigiqaioucseeesn,tzoac'ièviilli
più bello
e militari
con piena padronanza dell'argomento mise in luce 1o spirito e lo scopo delle
,.uolè prof.ssionali salesiane, distibuite in molte parti del mondo, per la re-
denzione deIl'operaio e ricordando le visite fatte in varie Nazioni di Europa
e del nuovo continente incatenava sempre più I'attenzione dell'uditorio, che alla
fine proruppe in un lungo applauso a questo infaticabile propagatole dei prin-
cipi sociali cristiani >>. Così la Cronaca della casa'
più di una volta Don Albera gli affidò f incarico di predicare e di presie-
dere gli esercizi spirituali dei confratelli nelle diverse Ispettorie. Nel 1912 lo
troviamo ne1la Ispettoria Romana; da una lettera del Rettor Maggiore stralciamo
alcune righe.
264

30 Pages 291-300

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30.1 Page 291

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Carissimo D. Ricaldone;
J.M.J.
Torino, 2 settembre 1,912
d.e.l
oggi mi
2-r5_oalogosto u.s.
è dato di scriverti due
Mi rallegro delle buone
righe in risposta
notizie che mi dai
alla m
intorno
cizi di cotesta Ispettoria.
carissima
agli eser-
cbfrouanotseniAgillnlisi casehloeensioindacn'maoi.lrotaErlagtsogsfiioacnnomotneentneittoniititacodoprnpnioreeasrcsvaeienvcrnahocneoodnlegiluocvaorerosier; oDovar.vanaRnnsiotciaadgmlidgcooioolnntoeos.pbfSieeriplntiueceari oelde'ccahhaveeerciioftacteuotstonoti-i
la tua conoscenza...
Spero che presto sarà terminata
tutti i confratelli e prega per me.
la
tua
missione
e
che
ci
rivedremo.
saluta
Tuo aff.mo amico
Sac. P. AlsBna
Don Virginio Battezzati conserva gli schemr delle isruzioni tenute da Don
Ricaldone agli ordinandi dello Studentato Teologico di Foglizzo nell'aprile del
l9I4; lo spirito di fede, Ia virtù della pietà, lo spirito di mortificazione dimostra-
to nell'osservanza dei santi voti, lo spirito di sacrificio nella ,missione del sa-
cerdote, furono i temi trattati con competenza ed unzione.
Nel 1916 presiedette gli Esercizi spirituali nell'Ispettoria Ligure, ad Alas-
sio.
In ultimo, ricordiamo la muta svoltasi nell'agosto del 1919 nel collegio
Manfredini di Este. Tru gli esercitandi si trovava il chierico Renato Ziggiotti,
che scrive: « Il mio secondo incontro con Don Ricaldone avvenne invece a
guerra finita nell'agosto del l9l9 a conclusione degli esercizi spirituali in pre-
parazione all'ordine del suddiaconato, un anno e mezzo dopo il congedo, otte-
nuto per il fortunato privilegio come studente universitario, nell'aprile del
1918. E fu al Collegio Manfredini di Este, il mio collegio ove ero enrato al-
lievo a 7 anni nel 1899 e nel quale sarei poi divenuto sacerdote l'g dicembre
del 1920.
« Don Ricaldone venne a presiedere gli esercizi e mi ricevette una seconda
volta per ascoltare il mio rendiconto generale e darmi I'assicurazione che il Si-
gnore mi voleva sacerdote, pur con gli studi teologici compiuti, prima, durante
e dopo le avventure di guerra, poco regolarmente, nel corso di ben sei anni e
mezzo.
Quale conforto al mio cuore vedermi finalmente aperta la via al Sacer-
dozio e forse anche alla vita missionaria, a cui mi ero offerto dalle lincee del
Carso fin dal settembre del 1916, nella speranza che il Signore mi salvasse dai
pericoli della guerra.
Glielo dissi ed Egli ne prese nota: ma purtroppo i disegni di Dio furono
ben diversi dai miei e le missioni dovetti vederle soltanto dopo la di lui morte,
ma come viaggiatore festoso e festeggiato, senza il più piccolo merito.
2(t5

30.2 Page 292

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Eravamo pochi nelle case in quel dopoguerra e il mio Ispettore, il caro
Don Giraudi, per tre volte ottenne di trattenermi a far la missione in Patria'
Io gliel,ho p.idonutr; ma chissà se in Paradiso ora non avrà qualche ri-
morso!?... >>.
La corrispondenza epistolare
È noto che Don Ricaldone attendeva alla corrispondenza come a un dovere
di grande importanza; purtroppo l'Archivio possiede poche lettere sue dirette
ai aonfratelli nel perioJo del suo Consiglierato Professionale (neppure quelle
mandate al suo fedelissimo segretario durante le sue assenze da Torino); siamo
così privati di documenti preziosi che, se si giudica dalle lettere esistenti di pe-
riodi successivi, rivelano \\a ricchezza dei doni ricevuti, del suo spirito salesiano
e della sua pietà. Se ne ha una pfova dalla lettera seguente, che è una risposta
a Don Vincenzo Sinisrero, allora studente di Teologia a Foglizzo.
Scuole Professionali
e Agricole della
Pia Società Salesiana
(Opera Ven. D. Bosco)
Torino, 12 gennaio l92l
Carissimo Sinistrero,
un po' in ritatdo, ma cordialmente ricambio i- tuoi auguri, I miei? Li pre-
sento ogni giorno al Signore: in queste feste poi feci per te speciali preghiere.
Orà, ri"spondendo a quanto mi scrivi, non. solo aPprovo- ma. lodo e inco-
raggio
,roli.o
\\a tua risoluzione. Tutta la
,rr...rso è in ragione diretta
ndoesgtlriasfgìtraznidechzzeaamvfoermaleo,_falattochpiearvespd-oi g_loiagrncii
di noi stessi e rivestircl di Gesù Cristo. Ci fu ripetuto tante volte che l'umiltà
è verità, anzi S. Francesco di Sales le definiva
la granÉe, l,essenziale verità pratica per noi è
il coraggio della^veritil Ora
f imitazione di Gesù Cristo
se
ed
in fiò consiste tutta la perfezione, ne conseguita che noi dobbiamo togliere.di
mezzo tlftto ciò che a-tale imitazione possa frapporre ostacoli, togliere cioe
tutto quello che vorrebbe usurpale un posto. riservato a Gesù, togliere insomma
ciò chè purtroppo è nostro, il nostro orgoglio'.
tn cia aevè consistere il grande lavoro della nosta peffezione ctistiana,
relig"Eiosaq,useasctoerdlaovtaolero. è frutto di fede: Io studio, la co:rtemplazìone di Gesù;
è frutto^di esame: 1o studio di noi stessi alla luce di Gesù; è frutto di sacri
{icio: abbattere, togliere, sradicare la superbia; è frutto di amore: conoscere,
andare a Gesù, rivestirci di Lui, farci « divinae consortes naturae »>.
Coraggio. Maria Ausiliarice ci sia di faro, guida, conforto, sempre tene-
rissima Madre.
Saluta tutti e prega pel tuo affezionatissimo
P. RrcarooNr
266

30.3 Page 293

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Anche
Ferndndez:
quando lasciò la
<< Per molti anni
Spagna continuò
il suo amore alla
la bella usanza. Dice Don José
congregazione lo portò a orien-
tare ed a infervorare i novelli sacerdoti con una vera << cafta rnagna >> che man-
dava a tutti quelli che gli comunicavano 7a notizia della loro ordinazione sacer-
dotale. ro stesso conservo come il migliore dei miei ricordi di quel gran giorno
una affettuosa e lunga lettera, piena di consigli pratici, commentando opportu-
namente il mio motto sacerdotale, stampato sull'immaginetta-ricordo che io
gli mandai. Di questo possono fare testimonianza molti e molti salesiani che,
come me, conservano questo prezioso documento, e 10 stesso Signor Don Ri-
caldone manifestò ingenuamente questa sua pratica, credo in occasione delle
sue Nozze d'argento sacerdotali, quando espresse il suo ringraziarnento in un
piccolo biglietto, che inviò a tutti i salesiani che gli fecero le congratulazioni in
questa occasione >>.e
Don José Hurtado ha conservato alcune lettere di Don Ricaldone e per
quanto siano poche e brevi quelle scritte nel periodo in cui fu Consigliere Pro-
fessionale, pure ci mostrano la sua delicata paternità.
Nonostante il lavoro e gli impegni, non dimentica i suoi figlioli dell'amata
spagna e li segue, li sostiene, arrivando con il suo scritto familiare, buono, ver-
gato più col cuore che con la penna, nei momenti più dolorosi della vita. per la
morte della mamma, don Hurtado riceve la lettera di Don Ricaldone del 24
luglio 1913 che si apre con un caldo: << Mio buon Pepe >>, e continua in parole
affettuose e pensieri di fede: << Capisco tutta la pena e per questo mi faccio
premura di associarmi al tuo dolore assicurandoti che nelle mie povere preghiere
non lascerò di suffragare l'anima della tua santa mamma (q.l.p.d. riposi in
pace!). se per una parte è grande iI tuo dolore, per l'altra deve servirti di bal-
samo il ricordo delle virtù della tua mamma. Io che ebbi occasione di cono-
scerla, posso assicurarti che era veramente un'anima tutta di Dio e sono sicu-
ro che tu avendo perso una madre in terra, hai trovato efficace protettrice in
cielo. stai appena incominciando la tua vita e già vedi che cosa è questo esilio:
a misura che avanziamo è inevitabile lasciar dietro le persone care, si rompono
i lacci più affettuosi e il vuoto si fa intorno a noi. È il signore che vuole che ci
persuadiamo che Egli soltanto può riempire il nostro cuore appunto perché
Egli costituirà la nostra beatitudine per sempre... )>.
Del 1 gennaio 1920 è I'incoraggiamento all'apostolato più generoso con
opportune direttive perché dia frutti copiosi e rinsaldi Ia vocazione: << So che
il vosro lavoro con gli esterni buoni risultati e me ne compiaccio e do grazie
a Dio. vedete che il lavoro più urgente è quello che si fa co1 popolo. Istruitelo
bene nella religione e allo stesso tempo organizzate i più grandicelli e date loro
una buona istruzione cristiano-sociale. Ptocurate di formare voi stessi e armate-
vi bene per poter rispondere adeguatamente alle difficoltà che vi si presentas-
sero. Soprattutto irobustiamo in noi lo spirito di Don Bosco, lo zelo, Ia morti-
e Si veda in Appendice il testo completo della lettera: allegato n. 22.
267

30.4 Page 294

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ticazione, la vita di unione con Dio, l'amore a Matia Ausialiamice. Coraggio!
Lavora per Dio e per le anime. Sta' allegro >>.
Altie volte è un semplice augurio, ma sempre formativo e di fede robusta:
« Sint Jesus et
pensiero della
Maria
morte
in mente, in corde, in ote
serva a santificare sempfe
»> (del
di più
4 gennaio
la nostra
1917). « ... Il
vita >> (del 22
aprile 1920).
Da tutta l'attività così molteplice, così complessa, così varia e impegnativa
di Don Ricaldone quale Consigliere Professionale, rapela sempre il fondo della
sua anima: Dio! Le anime da salvare!
Egli viveva il suo dinamismo operativo nella tranquillità e amorosa con-
t.mplazion. delle verità eterne e la effondeva nelle anime che avevano la for-
tuna di avvicinarlo.
Chiudiamo la serie di queste testimonianze presentando la sintesi di un
ben nutrito epistolario, conservato da Sr. Felicita Ricaldone, F.M.A. nipote
di Don Ricaldone.
Alla detta nipote, entr^ta nel Noviziato di Nizza Monferrato, il J0 novem-
bre I9l7 scrive: << Dacché ebbi la fortuna di assistere alla tua vestizione e ve-
derti nel piccolo paradiso del Noviziato, mi proposi di scriverti ogni mese onde
cooperare io pure, fosse anche in parte minima, alla t:ua formazione »>'
Fedele alla promess a inizio ad una serie di lettere, nelle quali con so-
dezza di dottrina ascetico-teologica tradotta in genuino spirito salesiano, tratta
della vita religiosa, cominciando dalla prima fase: il Noviziato. Presenta innan-
zitutto la guida: « Iddio si manifesta nel tempo del Noviziato soprattutto per
mezzo della Maestra, e la Novizia pet mezzo della Maestra deve rendersi sem-
pre degna di Dio. È questo lo spirito della Chiesa e perciò il volere di Dio »;
l"indile doti di una buona Novizia devono essere: « fiducia e confidenza illimi-
iata nella Maestra, una docilità fatta di umiltà e di ubbidienza, una pieghevo-
lezza atendevole e disposta a qualsiasi sacrificio ». Ma 7a fotmazione di qual-
siasi abito buono esige fatica e tempo, soprattutto l'aiuto dall'alto che si ottie-
ne colla preghiera, il fervore nelle pratiche di pietà, il filiale ricorso a Maria
Ausiliatrice, soprattutto colla presenza di Dio mantenuta viva mediante le gia-
culatorie e frequenti comunioni spirituali.
In seguito descrive il lavoro che la novizia
deve
fare
per
corteggere
i
suoi
difetti. Degna di nota la trattazione profonda, e ricca di pratiche applicaziorli,
sullo spirito dell'Istituto, che è lo spirito di Don Bosco; « La F.M-A. che non
lo conoscesse e non 1o possedesse sarebbe un corpo senz'anima, un cadavere ».
Infine passa in rassegna il coredo di virtù che deve acquistare; in partico-
lare tfatta in disteso della fede, e 1o fa con l'entusiasmo dell'uomo che non so-
1o ne conosce la dottrina, ma ne vive in profondità 1o spirito vivificante.
La corrispondenza continua anche dopo che la nipote ha fatto la professio-
ne religiosa, sebbene con gradua e diminuzione di frequenza; il suo consiglio
giunge sempre ad orientarla e illuminarla nelle diverse situazioni della vita comu-
n", .o1n. pure nelle varie ricorfenze dell'anno che interessano la vita di pietà,
quali la Quaresima, il mese di Maria Ausiliatrice, gli esercizi spirituali, ecc.
268

30.5 Page 295

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Quando sr. Felicita gli comunica che ritornerà a Nizza Monferrato per fre-
quentare la scuola normale egli le risponde: << Lo studio mentre è mezzo per
arricchire f intelligenza di utilissime verità e per renderti atta a farc un maggior
bene alle anime, deve contribuire a farti più umile e più amante del signore,
Verità Somma.... La licenza normale nelle tue mani non sarà un titolo di va-
nità, ma Ia tessera, il contrassegno, il ricordo di uno stretto dovere di zelo sa-
crificato, eroico >>. Coerente a questi principi è il programma che le traccia al.lo
inizio dell'attività educativa: « Se vuoi riuscire nell'opera educatrice delle gio-
vanette devi persuaderti che anzitutto è indispensabile amarle ». E le addita il
modello e la misura di tale amofe: << Gesù, che volle assoggettarsi ai tormenti
più oribili, alla stessa morte in croce, per ciascuna di tali giovanette )>.
Non manca mai l'incitamento alla preghiera, alla confidenza in Dio; così
pure è frequente f invito a coltivare la devozione filiale a Maria Ausiliarice e
a D. Bosco. Raccomanda la sottomissione piena ai superiori per spirito di fede
e di carità, quindi senza commenti e mormorazioni; l'amore e la fedeltà al do-
vere che è amore e fedeltà a Dio.
In ogni pagina di questo epistolario, assieme a tanta delicatezza d'animo si
avverte uno spontaneo ffaboccare di icchezza interiore; ricchezza costituita dal-
l'acquisito patrimonio di gtazia e di solide virtù cristiane e religiose.
269

30.6 Page 296

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CAPO XIV
SCUOLE PROFESSIONALI: " CON DON BOSCO E
COI TEIVPI "
Direttive
Come voleva il senso di responsabilità in lui spiccatissimo e favorito dalle
disposizioni innate di spirito di iniziativa ed organizzazione, Don Ricaldone mise
a fuoco la situazione delle scuole professionali salesiane, nell'ampia visuale
offerta dal posto che occupava. Tenendo conto di ogni elemento acquisito dal
suo predecessore nella sistemazione teorica e platica, nella preparazione didat-
tica e pedagogica, e tenendo presente ciò che pet dette scuole si faceva in
Italia e all'estero, perfezionò l'edificio seguendo linee direttive ben definite,
che si possono indicare come segue: seguire fedelmente Don Bosco mante-
nendo inalterato l'essenziale delle scuole professionali, indicato chiaramente dal-
lo stesso Fondatore, e promuovere il loro sviluppo progressivo in armonia col
progresso della tecnica. In sintesi si può dire che perfezionò le disposizioni prese
da Don Bertello per Le arti del legno, del libro, dell'abbigliamento; le estese
al ramo della meccanica e della elettotecnica; organizzò Ia scuola agraria.
Se come direttore ed ispettore fu sua caratteristica praticare e inculcare 1o
spirito di Don Bosco, questa caratteristica in lui si accentuò vivendo a contatto
con gli eredi autentici dello spirito di Don Bosco, cresciuti ed educati alla vita
salesiana dallo stesso Fondatore. In seguito andò prendendo sempre maggior
vigore nella sua mente fino a diventare rigidità (che poté sembrare eccessiva,
ma non 1o era) nel periodo del suo governo della Congregazione come Rettor
Maggiore.
In conformità. a tale magnifico ideale, fin da principio, con molta chia-
tezza e {ermezza insistette perché la case con scuole professionali mantenes-
sero titolo eindirizzo
è legato lo spirito di
dato alla loro apertura;
fede e quella robusta
s<<paetq^nuzeastanefelladedltiàvi-na
affermava-
Provvidenza,
che rese così grande Don Bosco; da essa derivano i vantaggi che procura allo
spirito f intimo contatto coi giovani, le forti correnti di simpatie verso l'opera
salesiana, la beneficenza, \\e vocazioni tra gli artigiani ».
Nelle scuole professionali vedeva una delle più alte benemerenze e ge-
niali prerogative della nostra Congregazione; quindi Ie difese sempre, energi-
camente. I gravi disagi della grande guerra, aggravatisi nel, 1917, avevano posto
270

30.7 Page 297

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in discussione la chiusura di qualche scuola professionale; egli intervenne nei
singoli casi, incoraggiando e stimolando singoli ispettori e direttori, dando istru-
zioni per ottenere che nessuna interrompesse la sua attività benefica. Uno dei
motivi addotti più di frequente a coonestare la chiusura, era la mancanza di
capi d'arte salesiani; tale mancanza non costituiva un motivo sufficiente per
chiudere o sospendere la scuola. In tale caso conven^iva supplire ricorrendo ad
esterni stipendiati. Né bisognava lesinare troppo riguardo allo stipendio, se l'ope-
raio aveva le qualità professionali richieste, insieme a onestà e franca profes-
sione di fede.
. Quando nel pri'mo dopoguerra per le difficoltà del momento si prospettò
la possibilità che qualche casa con scuole professionali si rasformasse in Con-
vitto o Collegio con pensione fissa, sentì il dovere di impedire tale cambiamento.
« La nosfa scuola professionale forma un'opera completa e bellissima nel suo
genere e, per la sua tangibile rispondenza ai gravi bisogni sociali, costituisce
uno dei motivi per cui è maggiormente apprczzata l'opera salesiana, talora anche
da chi milita in campo diverso >>. Perciò fa viva istanza << perché la posizione
privilegiata lasciataci dal nostro Fondatore in tale campo non venga menoma-
mente abbandonata, neppure nei casi in cui la scuola professionale potesse ve-
nire sostituita da un'altra opera buona »>.
A tale fine richiamò alla mente dei confratelli le genuine caratteristiche
delle scuole professionali << onde assimilare quanto possa renderle sempre più
stimate e perfette nel loro genere, senza essere però tentati di svisarle menoma-
mente dalla geniale loro essenza nata da7 cuore del nosto ven. Don Bosco >>.
rlsse sono un'opera di assistenza e di carità, e perciò sempre attuali, perché
danno ai giovani aftigiani una formazione religiosa, morale, sociale, professiona-
le adeguata, cosicché lasciando la scuola per entrare nell'ambient" àiffi.il. d.l
lavoro, essi sanno tenere il loro posto come cristiani, convinti della necessità
di mantenere e difendere la loro fede, e come lavoratori abili e capaci. E poiché
subito dopo la prima grande guerra il movimento associativo andava sviluppan-
dosi con ritmo accelerato nella classe operaia, Don Ricaldone, valutandone le
conseguenze, volle che ai giovani artigiani degli ultimi corsi fosse data una pre-
patazione sociologica intesa a far loro conoscere le differenze caratteristiche tra
le varie correnti sindacali, per premunirli dal pericolo di false ideologie, pre-
sentate nella luce di giuste rivendicazioni economico-sociali. Esortava quindi i
direttori di assistere i giovani usciti dalle nosre scuole professionali, oltre che
nella ricerca di lavoro, anche nella iscrizione a confederazioni di intonazione
cristiana.
Il coad. Francesco Berra scrive: << Quando il Sig. Don Ricaldone era con-
sigliere Professionale Generale, funzionava egregiamente all'Oratorio fra gli arti
giani il circolo « Michele Rua »>, per gli allievi del 4' e 5' anno. Nel 19r.7
era catechista Don Rodolfo Fierro, noto scrittore di cose salesiane, e Presi-
dente il vicecapo dei sarti, Sig. Alessio Sofia, coadiutore salesiano. Il segretario
del sig. Don Ricaldone, sig. Don Molfino veniva ogni mercoledì per l, .on-
ferenza di sociologia e ci teneva al corrente dei principali avvenimenti mondiali.
27t

30.8 Page 298

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All'inizio dell'anno Don Ricaldone venne ad inaugurare il ciclo di dette con-
fetenze e tenne una magnifica conferenza, ,molto adatta al7'tditorio, sulf im-
portafiza e necessità di conoscere la sociologia cristiana, l'Enciclica « RERUNI
NOVARUM » ed il movimento che la precedette, il codice sociale di Malines,
€cc. ecc. Disse ancora che avrebbe desiderato venire egli stesso a farci le
confefenze, ma non essendogli possibile, mandava il suo segretario di cui tes-
seva i più caldj elogi. In tutti gli uditori le parole convincenti di Don Ricaldone
fecero molta impressione e ben ricordo che tra di noi se ne parlò per molto
tempo )>.
La fedeltà ai principi informatori di una istituzione non significa immo-
bilismo, conservare 7o status quo delle sue strutture. Fin da principio egli
avvertì la necessità di portare i miglioramenti richiesti dalle mutate condizioni
dei tempi. Ma soprattutto notò il grande dislivello di sviluppo esistente tra
le scuole professionali di tipo industiale e quelle di tipo agra.rio. Queste si
trovavano ancora nella prima fase della loro esistenza; sentì quindi il bisogno
di farne oggetto precipuo della sua attenzione, per portarle sullo stesso piano
delle consorelle. Conosciamo l'apostolato sociale da lui esercitato nella Spagna
in favore dell'agricoltura con la Biblioteca Agraria Solariana e la sua competenza
in ,materia. Si accinse quindi con fervore alla non facile impresa.
La circolare del 11 agosto l9l2 segna f inizio della rcaTizzazione del di-
segno già maturato nella sua mente. « Prima di accingerci alla intensificazione
di sviluppo delle nostre scuole agricole... fa d',uopo che, lungi dall'illuderci
con speciosi ottimismi, noi riconosciamo lealmente ed in tutta la loro estensione
le gravi difficoltà che dovremo sofmontare, per affrontarle con maggior proba-
bilità di riuscita ».
A questo scopo formulò una serie di quesiti, che dovevano essere studiati
e ponderati dai confratelli addetti alle scuole agricole; su certi punti consiglia-
u, di ,rdi.. il parere di persone esterne, << onde portare un maggiore e più il-
luminato conributo di conoscenza e di platicità al lavoro che ci siamo pro-
posti ».
Le scuole agricole salesiane erano ottantotto dislocate in vari continenti;
si denominavano << Colonie Agricole » e si differenziayano per la loro imposta-
zione. Ad esempio, la colonia agricola << Faravelli )>, presso Canelli, zona emi-
nentemente viticola, accoglieva prevalentemente figli di contadini; in essa pre-
valeva l'esercitazione pratica sull'insegnamento teorico. A Parma, nel collegio
S. Benedetto, Don Baratta aveva fondato e prosperava una scuola agrafia de-
stinata ai figli dei fittavoli e piccoli proprietari; in essa ptevaleva l'istruzione
teorica. A Lombriasco, fioriva una scuola pra,ticr- di agricoltura, che armonizzava
l'insegnamento teorico con la pratica.
Quest'ultima, posta a pochi km. da Torino, fu scelta da Don Ricaldone
come scuola atta all'attuazione dei suoi disegni.
La vicinanza gli penmetteva di recarvisi con molta frequelza per ttatte'
nersi col direttore e coi confratelli sull'argomento che gli stava tanto a cuofe;
272

30.9 Page 299

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erano lunghe conversazioni e discussioni settimanali, che toccavano tutti i parti-
colari dell'organizzazione teorica e pratica. Frutto di tanto lavoro fu la stesura
del programma del primo tipo di scuola pratica di agricoltura, con un corso di
tre anni, di orario generale e particolare, invernale ed estivo, cinque ore quo-
tidiane circa tra scuola e studio e quasi sei ore di esercitazioni pratiche nel-
I'azienda annessa alla scuola. Questo tipo di scuola, che rappresefita i\\ mezzo
più adatto per elevare gradatamente gli allievi allo studio teorico dell'agricol-
tura, per il suo carattere teorico-pratico ebbe un compito di primo ordine che
fu più tardi riconosciuto da non pochi studiosi ed anche dal Ministero della
Pubblica Ismuzione,
Abbiamo accennato alla scuola agraria aperta da Don Baratta a Parma
nel 1900. << In Italia, scriveva L'affezionato divulgatore del pensiero Solariano,l
manca assoluta,mente qualunque insegnamento agrario per i figli del popolo e
per tutta quella classe di piccoli proprietari, di fattori, di mezzadd, che è pur
tanto numerosa ed importante per la vita economica del paese. Mi parve cosa
buona il creare una scuola che servisse precisamente ad indirizzate nella nuova
agricoltura tutti quei giovani che, non intendendo di percorrere un corso di
studi, volevano almeno acquistare quelle cognizioni, che più erano necessarie
pet la pratica della loro condizione. La scuola cominciò assai modestamente; in
capo ai tre anni fissati dal programma, si ebbe il corso completo frequentato
già da olre quaranta alunni ».
Don Ricaldone conosceva questa istituzione fin dal suo inizio e Ia seguiva
nel suo sviluppo, aspettando che si presentasse l'occasione per darle una sede
conveniente alla sua natùra e finalità. L'occasione si presentò nel 1919, quando
nel comune di Montechiarugolo, a 77 km. da Parma, venne posto in vendita
un exconvento passato attraverso diversi proprietari e ultimamente adibito a
deposito di concimi chimici. Facevano parte della proprietà una chiesa ed un'area
cintata di circa tre ettari, con un laghetto ali,mentato da acqua sorgiva.
Don Ricaldone presentò al Capitolo Superiore la proposta di trasferire la
scuola da Parma a Montechiarugolo e la proposta venne approvata. L'11 no-
vembre l9r9 i Salesiani iniziarono il primo anno scolastico, che nonostante le
molte difficoltà degli inizi, si chiuse con soddisfazione destando le migliori spe-
ranze per il suo avvenire.
Difatti la scuola ebbe vita prospera e preparò tecnici addestrati ed exal-
lievi affezionati. La menzionò insieme a quella di Lombriasco, di Cumiana, del
Mandrione, di Canelli, di Corigliano d'Otranto, il dott. Giovanni Donna d'Ol-
denico nella commemorazione di « Don Pietro Ricaldone, Sociologo e Agro-
nomo )>, tenuta all'Accademia di Agricoltura di Torino il )O marzo 1952, come
una delle più belle rcalizzazioni, quale « tipo di scuola pratica di agricoltura
che è fta i migliori esperimenti fatti per abilitare i giovani alla direzione o alla
conduzione di aziende agricole, giovani dirigenti di azienda che sappiano altresì
1 Benerre, Il pensiero e la aita di Stanislao Solari.
)11

30.10 Page 300

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andare incontro ai nuovi ideali sociali delle masse, per la riabilitazione della
personalità del collaboratore nell'ambito dell'azienda stessa >>.2
Nel 1917 Don Ricaldone spediva alle case un opuscolo dal titolo: << Le
Scuole Professionali Salesiane in Italia nell'anno 1916 >>, che vogliamo ricordare
come titolo di benemerenza del Consigliere Professionale. Esso contiene le
informazioni date a\\ Ministero per l'Industria, Commercio e Lavoro, in risposta
ad anaToga richiesta da parte dello stesso Ministero, e riguardano f indole ge-
nerale, l'indkizzo didattico, dati specificati e riassuntivi delle iscrizioni nell'anno
scolastico l9L5-1916, il numero degli insegnanti e notizie sulle manifestazioni
delle scuole.
La rclazione mette in evidenza 1o scopo benefico ed educativo delle << Case
Salesiane di Arti e Mestieri »> non disgiunto dallo scopo professionale di istru-
zione teorica e tirocinio pratico per formare un operaio qualificato capace di
provvedere a e alla sua futura famiglia. Molto interessanti sono i dati riassun-
tivi, dai quali appare manifesta I'ampiezza dell'opera svolta dalle Scuole Pro-
fessionali in favore dei figli del popolo.
L'opuscolo, che si apre con la lettera del Ministero tichiedente le infor-
mazioni, si chiude con una seconda lettera dello stesso Ministero, a lode dell'in-
faticabile zelo di Don Ricaldone, che riportiamo.
MINISTERO
per l'Industria, il Commercio e il lavoro
ISPETTORATO GENERALE DELL'INDUSTRIA
Div. XXII - Sez. 1 - Insegnamento industriale
N" del protocollo 923
Risposta a lettera del 25 gennaio 1917
Roma, addì 24 febbraio L917
Mi è pervenuta la pregevole relazione della S.V. sulle Scuole Professionali
ed Agricolè di codesta Pia Società Salesiana, e mi affretto ad inviarle vive pa-
role di compiacimento per l'opera che esse svolgono da lunghi anni a vantaggio
del p-AoÀpcohloe. le pubblicazioni d'indole didattica, in uso presso le Scuole stesse,
attestano dal giande senso di pfaticità che anima i dirigenti la benemerita As-
sociazione, e òom. realmente èssi intendano la funzione e gli scopi dell'inse-
g"namPeenrtoI'ipnrovfieosscioonrtaeles.e, tanto dell'interessante Relazione, quanto delle prege-
voli pubblicazioni, io porgo vivi ringtaziamenti alla S.V. non senza aggiungere
che questo Ministero è grato a codesta Spett. Società per quanto ha saputo
fare per rendere veramente utili e proficui gli insegnamenti che impartisce.
P. il Ministro
Monpunco Er-re
Sottosegr. di Stato per l'In., Comm. e Lavoro
2 GrovlllNr DoNNe, o'OrorNrco, Don Pietro Ricaldone Sociologo ed Agr,onomo, <r Anna-
li dell'Accademia di Agricoltura di Torino », vol. XCIV, Adananza del 30-3-1952, pag. 17-18.
274

31 Pages 301-310

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31.1 Page 301

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II personale insegnante
chiarite le direttive e fissato il programma, Don Ricaldone passò all'azione.
si era già fatto moko, ma bisognava proseguire. chiese la cooperazione di
quanti avevano esperienza per aver servito la causa in lunghi anni di lavoro;
bisognava fare uno sforzo collettivo per un rilancio delle Scuole Professionali
sia industriali come agricole per portarle all'altezza delle nuove srutture sociali
ed economiche.3
consacrò perciò le sue ,migliori energie per procurare il miglioramento e
il consolidamento di << quella creazione geniale di Don Bosco »> che deve es-
sere il Coadiutore Salesiano nelle Scuole Professionali e Agricole. Persuaso che,
per ben risolvere il problema dell'insegnamento e attuare il progresso tecnico era
necessario dispome di un personale idoneo, esorta gli ispettori e i diretton
a voler continuare colle cure più sollecite ad occuparsi de7la formazione del per-
sonale addetto alle Scuole Professionali e Agricole, perché sia all'altezza delle
esigenze sempre crescenti di queste scuole. << Un capo d'arte Confratello, attivo,
economico e specialmente di buono spirito religioso è veramente una benedi-
zione per la Scuola Professionale che lo possiede »>.
Ed anzitutto vuole che ogni confratello abbia un giusto concetto della
importanza che ha i1 << lavorare tra i poveri artigiani e >> apprezzi il grande va-
lore di tale missione affidatagli dall'ubbidienza.
Alla preparazione religiosa e morale si aggiunga 7a preparazione di cul-
tura generale, di scienze sociali, e professionale. A questo riguardo le case di
S. Benigno e del Martinetto offrivano la possibilità di perfezionamento pro-
fessionale per la scuola del libro, del legno, di sartoria e ài calzoleria; ma ion
erano sufficienti ai bisogni e pertanto, finché non si avessero speciali istituti,
dove i giovani confratelli coadiutori potessero compiere la loro formazione tec-
nica, artistica e pedagogica, Don Ricaldone pregava gli ispettori e direttori di
rendere più intenso il loro interessamento perché non mancasse ai capi e vice-
capi il necessario corredo di istruzione tecnico-professionale. << ciò pomà rag-
giungersi talora per mezzo di lezioni speciali impartite da persone competenti;
altre volte si otterrà lo scopo frequentando per qualche tempo determinati corsi
o istituti. In tutto questo si abbia però sempre di mira la parte religiosa, per
non esporre i confratelli a pericoli ed occasioni che potessero danneggiarne la
vocazione o 1o spirito religioso »>.
E qui si noti la sua previdente attenzione, l'attualità e l'adercnza del suo
pensiero alle necessità del domani. Difatti, fa notare che per certi rami, quali
la meccanica, l'elettrotecnica, ecc., era assolutamente necessario avviare aliuni
confratelli ai corsi superiori di meccanica e di ingegneria industriale. << Solamen-
te così pofemo prevenire Ie sorprese e soprattutto avere alla direzione delle
nostre scuole un personale della cui competenza non sia possibile dubitare >>.
3 Circolare del 24 maggio 1974.
275

31.2 Page 302

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Inoltre, non si dimentichi, egli ammonisce: « Non è lontano il giorno in cui
si richiederanno insegnanti con speciali diplomi anche negli istituti professio-
nali privati. Si potrà forse obiettare, previene Don Ricaldone, che per ora tali
titoli non sono ancora richiesti nelle nostre scuole, e che d'altronde, il carat-
tere modesto delle medesime non esige tale profondità di preparazione tec-
nica ed artistica da parte dei confratelli che le dirigono >>. E risponde: << Non
rugionava in questo modo il nostfo Ven. Fondatore che fin dagli inizi dell'opera
,,rà, p..u.n.ndo gli eventi, e non badando a samifici e difficoltà che parevano
insormontabili, Àandava i suoi primi figli a frequentare le Università onde
avere i necessari diplomi; i tempi gli diedero ragione e l'esempio di Don Bosco
venne a costituire come un programma per altri istituti. È vero che si tratta
di nuovi e non lievi sacrifici, ma non v'ha dubbio, come scriveva il compianto
Sig. Don Bertello, che se noi Salesiani uogliaruo lauorare pto icuamente a aafi'
taggio dei ligti det popolo dobbianzo anche noi m'ilouerci e camminare col se'
,olo, oppropriandoci quello cbe in esso u'ha di buono, anzi precedendolo, se ci
è possib-ile, sulla strada dei ueraci progressi, per poter autoreuolmente ed effica-
cemente compiet/e la nostra missione: tali lurono le massirne e tali gli esernpi di
Don Bosco >> (n. 105, 24 maggio l9l4).
Più tardi fitorna su questo tema; le scuole professionali ed agticole, per la
loro direzione e sviluppo esigono un personale non solo intelligente, ma dotato
di particolari attitudini e disposto a procurarsi un sodo corredo di istruzione
sociale e tecnica. << All'uopo giovetebbe assai che negli studentati'.. si trovasse
modo di fare un corso di conferenze professionali e sociali >>. Sollecita ispettori
e direttori a fornite ai confratelli opportunità e mezzi di istruzione sempfe più
ampi nelle materie rispettive.
La sua insistenza fa pensare a gravi difficoltà incontrate da ispettori e
direttori per assecondare pienamente le sue direttive; ma egli veniva loro in
aiuto incoraggiando, consigliando ed anche risolvendo egli stesso le difficoltà
presentate.
Per conoscere ,quale lisposta avevano avuto le sue laccomandazioni, prega
i Sigg. Ispettori delle case d'Europa di volergli comunicare quali conlratelli delle
rispettiue ispettorie salanno inscritti nel prossirto anno 1919-7920 a corupiere
studi superiori o uniuersitari di agraria, ingegneria, meccanica ed elettrotecnica,
disegno, scienze economiche e so'ciali >>.
Prega inoltre quei conlratelli che sentissero propensione a tali studi e in
generale all'apostolato tra i nostri giovani operai ed agricoltofi, a naanifestare
ial, proprosione ai Sigg. Ispettori e al Consigliere Professionale Generale.
Venuto a conoscere che in qualche casa,a dopo 7aer superato non piccole
difficoltà, si riuscì a destinare qualcbe conlratello a corsi superiori di disegno,
di meccanica ed eilettricità, di agtonomia, ecc., « non ba parole che bastino ad
esprirnere tutta la gioia per tali lodeaoli sforzi >>. Si noti il valore di questa espres-
a Circ. Mens. 24-l-1920
276

31.3 Page 303

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sione, non di enfasi retorica, ma di profonda gioia contenuta nel dominio del
suo temperamento. Rivolgendosi poi ai confratelli che frequentavalo i corsi
accennati, li esorta vivamente a << corrispondere con tutte le loro energie alla
fiducia dei superiori, prestandosi, per quanto era possibile, nonostante i loro
studi, a beneficio della propria casa, seguendo anche in quesro l'esempio Ia-
sciatoci, fin dai primi tempi della Congregazione, da coloro che Don Bosco
aveva destinati agli studi universitari ».
Però quanto si è detto non basta...; perciò esorta caldamente i Sigg. ispet-
tori e direttori a fare che il narilero dei cont'ratelli destinati ai suddetti corsi
si accresca sempre piìr.
A un anno di distanza nel t92!,s dopo aver fatto il punto sullo svi-
luppo raggiunto dall'insegnamento professionale, egli nota: « Naturalmente per
impartire tale insegnamento, occofre un personale idoneo, ed è per questa ra-
gione che tante volte si è insistito sulla necessità che ha ogni casa ed ogni ispet-
toria di prepararselo. Se questo personale non si è venuto formando tra i nosffi
confratelli, sarà necessario supplire con personale esterno >>. Conclusione amara,
ma logica!
Egli stesso invitò personal'mente molti confratelli ad iscriversi a facoltà e
corsi superiori, e li seguiva nei loro studi. Però lasciava a loro la decisione.
Scrive Don Favini: « Fu per riguardo aTTa mia salute che nel I9l9 mi mandò
assistente e insegnante di agtaria a Lombriasco con la prospettiva di mandarmi
poi all'università di Pisa, per rendermi utile nel campo agrario. Ma io ero
portato più per le lettere. A Lombriasco veniva quasi ogni settimana ad inco-
raggiare Don Lazzero, che iniziava il suo direttorato e star dietro a me; un
giorno che gli dicevo di non sentirmi fatto per 7'agratia, mi rispose: « Ma ti
sei fatto salesiano per far quel che ti piace o per servire la Congregazione in
quel che occorre? >> E continuò parlandomi appassionatamente del bisogno di
portare le nostre scuole agrarie all'altezza dei tempi. Alla fine dell'anno però
si accorse anche lui che io ero più fatto per le lettere e lasciò che il nuovo
ispettore, Don Lucchelli, mi richiamasse all'oratorio come assistente di seconda
ginnasiale >>.
I1 problema della formazione dei Coadiutori fu sempre vivissimo per Don
Ricaldone, sebbene non tutti i confratelli coadiutori siano addetti alle case pro-
fessionali.6 Tuttavia, in quanto sono in gran parte anch'essi veri lavoratori im-
pegnati nelle più svariate mansioni a beneficio del buon andamento delle case,
egli ne fece punto programmatico delle sue responsabilità.
Cercò di promuovere la loro formazione ùmana, religiosa, professionale.
Nella circolare del 24 ottot:re l9l2 ha parole incoraggianti per i cari confra-
telli Coadiutori che prestano volentieri l'opera loro nell'assistenza, nel fare
s Circolare Mens. 24-2-L921.
6 Per i coadiutori addetti alle scuole professionali egli pensava alla creazione di « Isti-
tuti speciali », è già nel 7914 aveva compilato uno schema di programma del Corso di Ma-
gistero professionale.
277

31.4 Page 304

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qualche po' di scuola, specialmente negli oratori festivi, vero apostolato di
bene efficace tanto raccomandato da Don Bosco e da Don Rua.
Si compiace con lofo poiché senza dubbio non verfanno meno le benedi-
zioni celesti, ed esorta tutti a prestarsi volentieri a questi uffici quando l'opera
loro sia richiesta dai superiori locali.
Sono per tutti i Coadiutori Ie esortazioni aIla fedeltà nell'osservanza delle
regole, all'amore alla vocazione, alla pratica della poveltà evitando leggerezze ed
abusi, dannosi quanto mai allo spirito religioso.
Ma non si ferma alf incoraggiamento pura'mente verbale; passa alla realiz-
zazione pfatica di qualche iniziativa che sostenga la loro vocaziorre; e perciò
raccomanda caldamente ai direttori che li chiamino spesso a o nei rendiconti
o in particolari colloqui, s'infotmino del loro ufficio, delle difficoltà che in-
contrano e diano loro quei consigli e quegli aiuti che servono a incoraggiarli
ad adempiere bene l'ufficio loro assegnato. Si assistano nelle necessità spirituali
e temporali, specialmente quando divenuti anziani, dopo aver speso il meglio
della loro vita nelle opere della Pia Società, hanno particolari bisogni. Ricorda
a questo proposito I'affetto paterno di cui ci lasciarono così edificanti esempi
il nostro Ven. Padre e l'indimenticabile Don Rua vetso i nostri (cari) Coadiutori,
e si conservino religiosamente dappertutto queste belle tradizioni di eletta ca-
rità cristiana.
In questa opera paterna di formazione e di assistenza egli diede esempi di
bontà squisita. In ogni inconffo con ciascuno di essi nelle visite alle case, li
accoglieva con un sorriso chiaro, con parola affettuosa ed appropriata ad ognuno;
li tratteneva in affabile e sostanziosa conversazione; li congedava con una pa-
rola di lode quando efa meritata, di incoraggiamento se doveva richiamarli per
qualche inconveniente. Tantr- era la benevolenza, che tutti si allontanavano da
lui con la sicurezza di essere stati compresi e di aver trovato chi Ii amava ve-
racemente.
Il Sie. Guido Colombini, veterano illusue dell'arte del libro e plurideco-
rato con medaglie d'oro alle molteplici esposizioni nazionali ed internazionali,
dichiarato << Latréat du travail » di prima classe, affetma con grande convin-
zione che tutte le sue pubblicazioni e i suoi brevetti nell'arte del libro hanno
avuto dal Sig. Don Ricaldone propulsione iniziale, incoraggiamento e poi ap-
pfovazioni significative di Padre carissimo e di grande intelligenza. Molte sono
le lettere con cui alfermava il suo interessamento per la scuola del libro. Ma
come di questa, così il Sig. Don Ricaldone s'interessava con lo stesso animo delle
altre arti dell'artigianato in cui erano impegnati i confratelli. Egli ricorda come
avvenne la sua destinazione all'Oratorio. Nel 1904 era partito missionario per
Sucre (Bolivia) dove si fermò fino al 1.914.Tornato in Italia, incontrò la madre
sua a Milano, non avendo potuto egli andare a Trento, soggetta alla Austria,
perché non gli era stato concesso il passaggio in territorio austriaco. Il pre-
fetto della casa gli propose di fermarsi a Milano come capo legatore, rimettendo
la decisione a Don Ricaldone, Consigliere Professionale, il quale rispose: << I1
tuo desiderio è di andare in un piccolo laboratorio, ecc. Vieni dunque all'Oratorio
218

31.5 Page 305

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dove ti fermerai come capo del laboratorio dei legatori »>. Proprio al contrario
di quello che egli desiderava.
Scrive il Sig. Raffaele Venturi:
Bologna, 20 febbraio 1965
Le notizie che mi chiede in merito alla attività di Don Ricaldone, di ve-
nerata memoria, come Consigliere Professionale, si ricollegano per me al nostal-
gico ricordo del periodo aureo delle nostre Scuole d'Arti e Mestieri.
Ecco il mio debole giudizio.
Persona attiva, dinamica, sempre vigile nelle questioni professionali. La
sua direzione fu quanto mai preziosa, avendo egli conosciuto il mondo com-
merciale americano, tenne dieffo a tutto quello che poteva giovare al pro-
gresso della cultura tecnica ed otganizzativa:
1) facendo visite frequenti alle Case Professionali, interpellando Ie mae-
stanze, dando consigli di aggiornamento;
2) facendo preparare testi professionali, mandando all'estero capi d'arte
per studiare I'organizzazione e le tecniche pirì progredite;
3) facendo preparare testi tecnici e d'arte legatoriale dal Salesiano Mae-
stro Pio Colombo e dandogli l'incarico di visitare le biblioteche pubbliche di
tutta Italia per fotografare rilegature artistiche di ogni stile ed epòca.
Fu abile nel dare direttive perchè i Salesiani fossero sempre presenti nelle
esposizioni fiazionali ed estere (Lipsia, Copenaghen, Parigi, Bologna, Bolzano,
Milano...).
L'idea sua principale fu di organizzare e potenziarc le Scuole Professio-
nali con personale specializzato e ben quotato: idee che si agitano oggi per
ottenere alta produzione con personale sempre aggiornato.
Rerreue VrNtunr
Formazione dell'allievo
Don Ricaldone si occupò pure ,minuziosamente di una completa formazione
dell'allievo che frequentava le scuole professionali salesiane. Secondo le sa-
pienti disposizioni di Don Bertello, essa si effettuava in un periodo di cinque
anni, seguendo un programma di cultura generale e di teoria professionale e,
parallelamente, un tirocinio pratico della stessa durata. Quanto alla rclazione
tra insegnamento teorico e tirocinio pratico, lo stesso Don Bertello aveva sta-
bilito la norma: metà ore alla scuola e metà al lauoro.
Don Ricaldone camminò in questa direzione, apportando modificazioni
suggerite dalla necessità dell'aggiornamento. Così, fra le materie di cultura
generale mise in valore I'insegnamento del disegno (che era piuttosto trascu-
rato per vari motivi) sia generale che professionale. Ad illustrare la sua impor.
tanza, nel 1914 dedicò una << Circolare speciale » alla quale allegò copia del
<< Bollettino del disegno »>, che dava indicazioni utili per l'impianto e Ia prov-
vista dell'occorrente ad una scuola regolare di disegno: banco. armadio, com-
passi, carta, ecc.
279

31.6 Page 306

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Le sue sollecitudini non poterono essere soddisfatte in tutte le case; egli
comprende le difficoltà, ,ma queste devono essefe superate; i difettori devono
convincersi che il Disegno professionale non deve più essere considerato come
un lusso o come insegnamento semplicemente utile, ma come strumento indi-
spensabile, uno dei fattori più importanti pef la fotmazione dell'allievo. An-
cora nel 1919 ebbe un richiamo piuttosto vivace notando che in ogni Istituto
Professionale la scuola di disegno professionale non deve essere un puro desi-
derio, ma un fatto compiuto.
Quanto all'insegnamento professionale, intendeva che fosse considerato non
soltanto come scuola di lavoro, antidoto detla corruzione e della miseria, ma
<( come mezzo precipuo di collegate, coordinare e moltiplicare le forze vive di
un paese per renderlo più ricco e più forte >>.
Insisteva quindi perché fin dall'inizio dell'anno scolastico si osservasse
1'orario, rispettando il tempo dato all'insegnamento, che deve procedere di
pari passo colle esercitazioni di laboratorio: è << cattivo sistema tramandare 1o
insegnamento teorico in favore del tirocinio pfatico »>. Anche durante l'anno
è un errore sacrificare la scuola a beneficio del lavoro. Inftazioni di tale genere,
se tollerate, « ingenerano nei giovani disistima delf insegnamento, rilassatezza nella
disciplina e offrono in generale ben pochi di quei vantaggi economici che si
adducono a gixtilicazione delle infuazioni stesse )>.
Queste disposizioni erano valide per tutte le scuole professionali, qualunque
fosse la condizione economica dei giovani ricoverati nella casa salesiana; la
questione finanziaia non doveva essefe causa d'inosservanza de7 rcgolamento e dl
discriminazione. E lo dichiata con fermezza: « Il fatto che noi accettiamo gio-
vanetti che la Provvidenza ci manda e di preferenza i più poveri, non ci deve
quasi persuadere che ad essi basti qualche rudimento di mestiere, qualche
parvenza di scuola e di tirocinio. Fare così, sarebbe non corispondere alla no-
stra missione, sarebbe creare degli spostati e degli infelici; sarebbe fare
torto all'opera di Don Bosco e alla fiducia che in noi pongono giustamente i
nostti benefattori >>.
Va qui notata la bella iniziativa introdotta fin dal l9l) a7l'Oratorio, come
risulta dalla cronaca; agli artrgiani venivano procurate conferenze di grande in-
teresse per la loro formazione culturale e morale, tenute da professionisti com-
petenti, quali il Prof. Bettazzi, il Dott. Forni, il Prof. Barone.
Un valido mezzo per promuovere il miglioramento della formazione degli
alunni delle Scuole Professionali consisteva nel dare loro buoni manuali tec-
nici, che svolgessero con metodo e con chiarezza i ptogrammi compilati da77a
direzione centrale per ogni disciplina. L'esperienza fatta a Siviglia colla prepa-
razione della Biblioteca Agraria Solariana gli fu di grande utilità nella nuova
impresa, alla quale si accinse fin da principio del suo consiglierato.
come la Scuola di Lombriasco gli aveva offerto le condizioni per dare la
sistemazione alla Scuola agraria, così l'Oratorio e la Casa di S. Benigno gli
diedero la possibilità di contatti personali continui con maestri d'arte per di-
280

31.7 Page 307

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scutere con essi sui programmi e sui testi per la Scuola Professionale, coadiu-
vato dal fedele segretario Don Molfino.
Già nel giugno del tgtz comunicava una notizia molto interessante: <( Nel-
l'intento di facilitare l'insegnamento di una buona teoria professionale nelle
nostre case d'arti e mestieri, il Consigliere ProfessionaTe ha conchiuso un con-
tratto colla Società Anonima Internazionale per la diffusione della Buona Stampa
(oggi la S.E.L) per la pubblicazione di Manuali Professionali, per ciascuna arte»>.
Questa notizia veniva come conclusione di un disegno di avanzata fase di rea-
lizzazione. Difatti, in antecedenza, dopo aver compilato un elenco generale dei
testi occorrenti, aveva riunito alcuni confratelli che davano maggior affidamento
per competenza nei diversi rami professionali e per spirito salesiano; con essi
aveva invitato a collaborare parecchi insegnanti esterni, scelti tra i molti, che
già erano in relazione con le nosre scuole. E assegnò loro la compilazione dei
testi scolastici, distribuendoli secondo Ie competenze. Ma per chi conosce Ia
mentalità di Don Ricaldone non fa meraviglia se l'affidamento dell'incarico di
così grande importanza venne accompagnato da una serie di indicazioni didattiche
indispensabili per ottenere lavori adatti ai giovani alunni, chiari nella esposi-
zione, accessibili alla loro capacità, sobrii nello sviluppo, senza essere però àefi-
centi e così via. Inoltre, egli si riserbò il controllo dei lavori, e a tal fine di
tanto in tanto gli incaricati dovevano presentargli Ia parte compilata per le
opportune eventuali osservazioni. Dando notizia di questa attività scolastica
scriveva: << Sebbene persone competenti lavorino con grande amore e zelo per
la preparazione dei testi scolastici e si abbia fiducia di fare opera meritevole,
pure non sarebbe discaro al Consigliere Professionale ricevere dai confratelli e
dai nostri amici più studiosi amanti dell'arte 1oro, tutte quelle osservazioni
che uedessero bene di fargli pervenire prima della pubblicazione. Similmente
riceverà con animo grato qualunque lavoro stampato o manoscritto, qualunque
manoscritto, qualunque contributo di studio o di esperienza iguardante Ia mate-
ria dei manuali e promerte di tener conto di tutto quello che sarà giudicato
utile a1 miglior esito delle pubblicazioni ».
Il criterio di cercare il giudizio di alti su pubblicazioni destinate comunque
alla diffusione, 1o seguì anche per le molte opere che egli stesso compilò ,pecirl-
mente durante il suo lungo Rettorato.
I primi frutti della sua operosità in questa direzione si ebbero nello stesso
1912, quando poté far spedire alle scuole professionali i primi opuscoli che
negli anni seguenti vennero seguiti con regolarità dagli altri messi in cantiere.
Così videro la luce tre gruppi di manuali:
l' - La Biblioteca delle Scuole Professionali, formata da 2J volumi o
tra:tati professionali per i diversi rami.
2' -Un Corso di disegno per le scuole professionali.
l" - I libri dell'agricoltore: 9 volumi.
A questi bisogna aggiungere non pochi altri volumi pubblicati dai salesia-
ni in alre nazioni, dove esistevano nostre scuole professionali.
28r

31.8 Page 308

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Don Ricaldone, come si disse, presentandosi ai Salesiani aveva opportu-
namente accennato alle frequenti esortazioni di Don Bertello sulla necessità di
coltivare Ie vocazioni tra g1i afiigiaii e gli allievi delle scuole agricole, notando
che queste erano vitali proprio per 1o stesso sviluppo delle scuole professionali
I Coadiutori , infatti, nella Congre gazione esercitano una missione insostituibile,
e si sentiva sempfe più il bisogno della loro opera. Perciò consigliava la let-
tura delle Circolari scritte su questo tema di impottanza somma da Don Rua e
da Don Albera; inoltre richiamava l'attenzione suj <<lamigli »>, che, nel concetto
originale di Don Bosco, sono buoni cristiani, desiderosi di convivere coi Sale-
siani, prestando I'opera loro in compenso dell'assistenza spirituale e tempora-
le. Non di rado alcuni (specialmente buoni campagnuoli) per le loto doti perso-
nali e per la cura che se ne ebbe, divennero buoni confratelli coadiutori, fea-
lizzando così una delle più ripetute e caldeggiate raccornandazioni dei Superiori.
La sua insistenza fu premiata; poté costatare con viva soddisf azione I'aumento
delle vocazioni tra gli artigiani. Con gioia tributò pubblicamente una lode spe-
ciale alla casa dell'Oratorio ed a quella di Sarrid-Barcellona, che si erano mag-
giormente distinte.
Negli A.C.S. del 24 dicembre t920 egli intervenne esclusivamente pef sen-
sibtTizzare i confratelli sul problema delle vocazioni di buoni coadiutori; tra
le varie considerazioni una si distacca da quelle fipetute comunemente.
« Riuscirà parimenti utile esaminare se gli Istituti nosffi sorti con precisa
fisionomia di beneficenza, ne conservino f indirizzo e i lineamenti caratteristici.
A nostro insegnamento, e pur limitandoci all'Italia, giova ricordare che alla
morte del nostro Ven. Fondatofe, su 24 case eranvi 9 scuole professionali:
oggi su 126 istituti vi sono 17 scuole professionali; la percentuale è discesa
dal 37,5 a\\ 14 per cento )>.
Ad ogni epoca Ie sue scuole
Quanto fosse aderente alle necessità delle scuole professionali e pronto a
realizzare i miglioramenti richiesti dai tempi, lo dimosra la tempestività con
la quale seguì la evoluzione de1le scuole dei fabbri-ferrai'
La grande guerfa aveva dato un forte incremento allo sviluppo della mec-
canica, verso la quale si orientavano le famiglie per i loro figliuoli; valga il
fatto che le domande licevute dalla Direzione di Valdocco di giovani bramosi
di avviarsi alla meccanica, nel 1916 raggiunsero la eloquente cifra di circa 800.
Ebbene, in quello stesso anno, pur essendo in piena guerra, all'Oratorio si
iniziò una scuola di fabbri-meccanici a fianco della scuola di fabbri ferrai.
Pure in quell'anno i Salesiani a Sarri6',-Barcellona aprirono due nuove scuole,
rispettivamente di eletricità e di meccanica.
Don Ricaldone poi, nel febbraio del 1917, tenendo la Conferenza Sale'
282

31.9 Page 309

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siana ai Cooperatori e Cooperatrici di Bologna, nella chiesa della Santa,T alla
presenza dell'Arcivescovo S.Em. iI Card. G,usmini, invitava i Cooperatori a fon-
dare nelle scuole professionali dell'Istituto Salesiano locale le differenti branche
dell'arte del femo. La proposta venne calorosamente applaudita e il Cardinale,
prendendo la parola a chiusura della manifestazione, la fece sua. <( ...E11a, con
ardita iniziativa, volendo rendere pratico il pensiero e fecondo questo annuale
convegno, ci propose 7a fondazione della scuola delle differenti branche del-
l'arte del ferro nell'Istituto professionale della nostra Bologna. Ed io, plaudendo
alle sue parole, più ancora alla praticità dell'utilissi,ma opera proportr, le assi-
curo che essa avrà non solo il mio plauso, ma tutto il mio concorso ».
In questa circostanza Don Ricaldone incontrò per la prima volta colui che
sarebbe stato il suo immediato successore nel governo della Congregazione: Don
Renato ziggiotti. << Mi trovavo a Bologna, scrive 1o stesso Don ziggiotti, all'ospe-
dale militare, ove trascorsi quatro mesi del l9l7 pennu .um elettrica ai
nervo radiale del braccio sinistro, che era rimasto contuso in un pauroso scoppio
di bombe sul carso al Dosso Faiti, la notte del 2 gennaio. Fèrita provviden-
ziale che mi obbligò ad uscire dal fronte e mi permise di vivere vita regolare
religiosamente, studiando e facendo esami di teologia e di università, conàden-
domi ogni sera la gioia di convivere coi confratelli nel nostro Istituto, dove
nelle ore libere facevano capo ospiti graditissimi, i confratelli militari dislocati
in quella città, sacerdoti, chierici, coadiutori.
. << Fu in quel periodo che potei avvicinare per la pri,ma volta il Sig. Don Ri
caldone e, come gli altri confratelli militari, fargli il mio rendiconto, nel quale
mi incoraggiò a perseverare nella vocazione. I1 mese seguente ricevetti da To-
rino la seguente lettera.
Mio caro ziggiotti,
Torino' L2 marzo l9l7
sono riuscito a sbrigare ]a corrispondenza più urgente che trovai al mio
ritorno ed eccomi da te.
Ti mando un'edizione dell'Imitazione di Cristo che non è di mio gradi
mento, ma
voluto più
non se ne trovano delle migliori.
piccolo e veramente tascabile-, ma,
I1 libro di meditazioni
che vuoi, la guerra è
ltavrei
arivata
anche a quello.
itlazGiounAsemd)>ionisg,tnepisosmmaoatdiioaavvbeobrgliolaioaapsppgeeiornavaraesreica.heuQltsuimoaplaortaraattulpìttoosieidcl oesnseiddcaeorenaddsoisziiloicbnoreno:osddceeelllrlaae
« Imi-
anche
prima
non rimane nessuna copia.
A Este D. Gallo gradì assai il tuo gentile ricordo: qui, poi, i Superiori
7 S. caterina da Bologna. (1413-1463). Figlia del nobile Giovanni Vigri, all'età di 14
anni lasciò la corte del Duca d'Este per consacràrsi al Signore. Più tardi enirò'in Monastero
insieme ad altre
da Clemente XI
gnioevla1n7i,1p2r.oIfel sssaunodocolrapoR, etguottloardaeilnlecoCrtraoritstose, .
fedeli nel Santuario del Corpus Domini detto della Santa, in
Fu ascritta nell'albo dei Santi
è esposto alla venerazione dei
Boiogna.
283

31.10 Page 310

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m'incaricano di contraccambiare i tuoi saluti con voti di guarigione e felicità.
Ricordo con piacere i giorni passati con voi e non vi dimentico mai nelle
mie oreshiere. MÀteniamoai ,niti nel Cuore di Gesù, nell'apostolato della de-
vozione a Maria Ausiliatrice e nello spirito, missione, ideali del nostro Ven.
Don Bosco.
Coraggio Post nubila phoebus. A co_te_sti cari amici saluti cordialissimi
e tu pregà qrralche volta pel tuo aff'mo in C.J.
P. RrcarooNr,
<< Insieme alla lettera ricevetti pure una copia della Imitazione di Cristo
che ho sempfe poftata con me e che anche ora mi sta innanzi, doppiamente
c^r^ acclra;^mente rilegata, sottolineata e annotata. Non ricordo bene se fu
per sua ispirazione che mi ricopiai nella prima pagina bianca- quella bellissima
preghiera Ji S. To-.aso << qua petuntur virtutes viro apostolico necessariae >>:
o c"oncedimi, o Dio di misericordia, che io con fervore desideri, con pfudenza
ricerchi, con sincerità riconosca e in perfetta guisa adempia quel che a te piace,
a onore e gloria del tuo nome. Aprimi tu il sentiero della vita, e quanto da rne
vuoi fa' che io sappia, fa' che io operi come occorre e conviene all'anima mia.
Dammi fortezza, Signo.. mio Dio, nelle cose prospere ed awerse, che in
quelle io non pr"rrÀu, in queste mi abbatta; e di niente io goda o mi dolga,
." .ror di ciò che a te mi avvicini o da te mi allontani. Non ad altri che a te
solo, io ambisca piacere o tema dispiacere... >>.
11 tema dellaggiornamento fu sempre pfesente nella mente e nell'opera di
Don Ricaldone. Si era appena conchiusa la guerra sul fronte italiano con la vit-
toria del 4 novembre 1918, ed egli nella Circolare del 24 dello stesso mese
scriveva: « I1 cresciuto numero delle scuole professionali e industriali, sorte
negli ultimi tempi per iniziative pubbliche e private, f inditizzo e 1o sviluppo
1oÀ i-pr.rro, mentre mettono in maggior luce l'eccellenza dell'opera del nostro
Padre, i1npongono pure a noi il dovere di perfezionare e adattate I'opera stessa
ai bisogni presenti.
<< I1 nostro tipo di scuole professionali, che nella sua modesta struttura con-
tiene il meglio che si conoscainlatto di scuole professionali per operai, fa d'uopo
renderle sempre più consone e rispondenti sia allo sviluppo preso da alcune
arti e mestieri, sia alla nuova classif icazione imposta dalla natuta stessa delle più
recenti industie, sia finalmente a quei metodi di lavoro che prevalgono oggi
giorno, perché più rapidi, più precisi, più scientifici.
<< Per quest'opera di adattamento è necessario che ogni Ispettore vi con-
corra con quell'interessamento cosciente, con quello studio, spirito di iniziativa
e forte attività che l'argomento reclama >>.
Esortando Ispettori e direttori a fare qualche sacrificio per dotare Ie scuole
professionali e agricole di buon materiale didattico e di capi d'arte capaci, anche
u pugu...rto, ricorda quanto fece Don Bosco per dotare le scuole professionali,
specialmente quelle del « Libro >> che all'Esposizione di Torino del 1884 pre-
sentarono la raccolta più completa e geniale che si sia forse,mai vista!
281

32 Pages 311-320

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32.1 Page 311

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Invitato a dire il suo parere per quanto riguarda l'opera di Don Ricaldone
nel campo dell'agricoltura, Don Pietro Gullino, che lavorò lungamente con lui,
dichiara: « Debbo distinguere la sua azione in due settori:
1) attività riguardo alla didattica: ossia la formazione e lo svolgimento
delle scuole agrarie salesiane.
a) Le volle plasmate sul sistema educativo di Don Bosco.
A) Le ideò e promosse a catattere pratico, secondo le esigenze delle re-
gioni o dei luoghi in cui si stabilivano.
c) Le volle fornite e dotate di ogni sussidio didattico e pratico (locali, mac-
chine, laboratori scientifici, ecc.).
d) Ebbe in tutto una spiccata grandiosità secondo la sua mentalità.
2) Attività che illustrarono l'uomo nel campo agrario sono:
a) le sue pubblicazioni riguardanti il « Sistema Solari >>. Tradusse libri
relativi a detto sistema che formò una lusinghiera rivoluzione agraria e sociale;
detti volumi fecero parte della Biblioteca Agraria Solariana edita a Sivigtia.
b) L'azione nello svolgimento dell'agricoltura pratica, nei poderi annessi
alle rispettive scuole; l'occhio esperto e la solerzia dell'agricoltore monferrino
che danno valore all'insegnamento impartito dalla scuola stessa, ben dotata di
insegnanti salesiani oggigiorno in discreto numero, grazie a77a sua organizza-
zione e decisione nell'affrontare i bisogni che I'arte dei campi richiede sempre
crescenti ».
D. PrBrno Guu-rNo
È resoconto e testimonianza scheletrica, ma quanto mai eloquente!
Altra dimostrazione della sua sensibilità di percezione dei bisogni dei tempi
e ptontezza di iniziativa rcalizzattice è data dalla apertura delle scuole profes-
sionali per esterni.
Egli le distingue in scuole diurne e serali: le diurne sono di due gradi:
scuole preparatorie od elementari (per giovanetti dai 10 ai 14 anni) e scaole
apprendisti operai (per giovanetti dai 12 anni in su). L'orario è di otto ore
giornaliere, delle quali metà sono dedicate allo studio e metà all'esercitazione
pratica.
Le sue preferenze però sono per \\a Scuola Professionale Serale pet giovani
lavoratori desiderosi d'istruirsi e perfezionarsi nel proprio mestiere. La durata
del corso ordinariamente non supera i sei mesi; le lezioni sono quotidiane con
orario variante dalle ore 19 a71.e 22, e ad esse non deae mai mancare I'insegna-
nxento della dottrina uistiana, né la frequerna obbligatoria degli allievi all'ora-
torio festivo.
Ritorna su questo argomento nella circolarc del 24 maggio 1919 animan-
do specialmente le case d'Europa ad aprire scuole professionali ne1 prossimo
285

32.2 Page 312

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anno scolastico, perché, ricorda, << con esse si attirano nella nostra orbita giovani
operai e si consetva vivo il contatto col popolo lavoratore ».
Un altro punto che gli stette a cuore fu I'amministazione delle suddette
scuole. Deve essere curata in modo particolate Ia contabilità, che costituisce
come il termomero dell'amministrazione, il controllo del movimento economico.
Così pure scese ai particolari di una oculata assistenza igienica forse un
po' trasandata in alcune case.
Ebbe poi molto intetessamento per il personale esterno che sostituiva
quello salesiano mancante. I vari maestri, capi, operai, ecc., dovevano essere re-
tribuiti bene, mutuati, assicurati , trattati non solo con giustizia, ma con la bontà
e la magnanimità del cuore di Don Bosco. Scriveva: <( ...non permettiamo che
partiti sovversivi e puramente laici ci sorpassino nel trattare bene gli impiegati ».
Tutto quello, poi, che riguardava il buon funzionamento della scuola, anche
se di minot importanza, formava oggetto del suo attento studio: orario, pro-
grammi, pagelle, registri, didattica, esami, iniziative per suscitare l'emulazione
negli alunni, premiazioni, relazione finale al Consigliere Professionale, ecc.
Cercò pure di favorire, di stimolare la cooperazione tra le case e le scuole
professionali che spesso presentava difficoltà, soprattutto dovute a incompren-
sioni e visione unilaterale del problema. Perciò prega i confratelli che, in via
ordinaria, diano sempre la preferenza alle nostre case d'arte e mestieri e alle
nostre scuole e colonie agricole per la fornitura di quanto può essere da queste
provveduto, e che queste, a loro volta, corrispondano convenientemente a tale
fraterna prefercnza, sia trattando con gentilezza e puntualità non inferiore a
quella usata cogli esterni, sia nel favorirle quanto è possibile nei prezzi.
I1 suo interessamento andò, però, oltre la scuola, perché egli, pure da Consi-
gliere Professionale, rimase sempre e prima di tutto Padre.
Ai direttori e confratelli raccomandò vivamente di tenersi in relazione coi
loro exallievi artigiani, per il bene spirituale e temporale dei giovani stessi.
Voleva che li aiutassero a trovare lavoro, o pensione se lontani dalle famiglie,
e che continuassero ad assisterli in tutti i modi perché si conservassero, anche
nei pericoli della vita lavorativa, buoni cristiani.
Una iniziativa, che dimostra come egli sentisse al vivo la formazione com-
pleta dell'operaio cristiano, fu l'istituzione delle Bibl,ioteche popolari. La cir-
colare che riportiamo in Appendice, allegato n. 23", e che egli mandò a quanti
potevano sostenere l'opera, documenta il senso pratico, realistico del suo il-
luminato apostolato per Ia classe operaia.
I particolari a cui scese per le scuole professionali d'Italia, non poté certa-
mente averli per quelle estere, né, nella sua saggia prudenza, volle mai definirli.
Lasciò libertà agli Ispettori di seguirne 1o sviluppo nelle singole nazioni, affi-
dando a loro di precisare norme e regolamenti secondo le esigenze locali.
Per tutte però fu principio basilare la disposizione che egli aveva dato
con 1a Circolare del 24 febbraio 1921 .In Appendice, allegato n. 24", ne ripor-
tiamo i «Programmi»>.
286

32.3 Page 313

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Le scuole professionali dalla loro istituzione alla ioro salda sistemazione
erano passate dalla loro funzione di apprendistato a quella di insegnamento
teorico-pratico. vigeva il principio: I<< nostri laboratori non abbiano scopo di
lucro >>; pro e conffo tale principio si era discusso parecchio. Finalmente Don
Ricaldone 1o integrò con soddisfazione di tutti in una nuova formula: I<< nostri
laboratori non abbiano scopo di lucro, ma siano vera scuola. Tuttavia pro-
ducano per quanto è compatibile con la condizione di scuola ».
Esposizioni, professional i
Con le esposizioni professionali, che Don Bertello aveva messo in onore
con tanta energia, i Salesiani si proponevano di raggiungere diversi scopi sia
nell'ambiente della scuola, sia in quello esterno. Difatti esse erano mezzo potente
di emulazione per gli allievi e stimolo per gli insegnanti, interessati gli uni
e gli altri ad esporre lavori eseguiti in laboratorio, che sarebbero stati esami-
nati da una giuria di esperti e classificati secondo il merito. Nell'ambiente esterno
esercitavano una propaganda efficace tra le autorità, i benefattori, gli amici e
i competenti di scuole professionali, poiché presentavano i risultati del metodo
seguito dai Salesiani per preparare i giovani a1la loro professione.
È più che naturale pensare che nel piano di azione di Don Ricaldone le
esposizioni fossero considerate della ,massima importanza; pensare diversamente
vorrebbe dire non conoscere Ia sua m,entalità, 1o spirito che lo animava.
come primo atto, nel 1912, fece spedire a turti gli Ispettori un certo numero
di copie dell'opuscolo che illusrava 7a Terza Esposizione Salesiana, allestita da
Don Bertello, perché oltre ad animare la buona volontà dei confratelli a pro-
curare un possibile miglioramento, servisse pure come remota preparazione ad
alre esposizioni.
A differenza di quanto avevano fatto Don Bertello e i suoi predecessori,
promuovendo specialmente grandiose mostre o esposizioni generali, alle quali
partecipavano tutte le case di arti e mestieri d'rtalia e dell'estero, Don Rical-
done stabilì che di regola, salvo gravi impedimenti, ogni casa di arti e mestieri
facesse ogni anno la propria esposizione didattico-professionale. Tale esibizione
avrebbe stimolato gli alunni ad una salutare emulazione ra di loro; offerto alle
famiglie una dimostrazione della praticità della scuola; infine richiamato I'atten-
zione dei competenti e aperto un dialogo costruttivo tra questi e i nostri in-
segnanti.
Però Don Ricaldone oltre alla mostra annuale raccomandava pure mostre
regionali o anche nazionali, quando il numero degli istituti professionali fosse
notevole; mostre promosse da una o più ispettorie d'accordo con Ia Direzione
Generale delle Scuole Professionali. È ancora il Dott. Giovanni Donna d'olde-
nico a riconoscere questo grande merito di Don Ricaldone per <( aver promosso
la partecipazione delle scuole agricole salesiane alle esposizioni regionali, na-
zionali ed internazionali, sia per stimolare la capacità degli allievi, sia per dif-
287

32.4 Page 314

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fondere i risultati pratici della sua esperienza a favore degli agricoltori e degli
studiosi ».8
Esposizione didattico-professionale di Liegi
La prima esposizione che si incontra nel periodo del Consiglierato di Don
Ricaldone, ebbe luogo a Liegi nel 1912. Fu una rassegna e presentazione del
lavoro compiuto dai Figli di Don Bosco nel campo professionale per com'me-
morare iI venticinquesimo dell'accettazione di quella casa, {atta da Don Bosco.
Vi parteciparono tutte le case del Belgio, e anche le case delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, i vari circoli e le altre Opere Sociali sorte a lato dei nostri isti-
tuti. L'esposizione fu inaugurata da Don Albera Rettor Maggiore 1a domenica
12 maggio e destò il più vivo interesse nei molti visitatori. Persone compe-
tenti in fatto di insegnamento professionale non esitarono a mosmafe la loro
piena soddisfazione. « Noi siamo meravigliati di quello che abbiamo visto e la
nostra impressione più consolante è che questa esposizione deve avere un feli-
ce domani, poiché è una splendida documeitaziofie dell'alto valore educativo
dell'insegnamento professionale dato dai Figli di Don Bosco »>.
Esposizione lnternazionale del libro - Lipsia
La seconda occasione si presentò nella classica Esposizione Internazionale
del libro di Lipsia nel 1914. Poiché i Superiori avevano approvato f idea di
approvarci, Don Ricaldone preparò una << Memoria sulle Scuole Salesiane del Li-
bro »>, che illustrava I'organizzazione e la complessiva potenzialità delle nostre
Scuole del Libro, dimostrata dai dati obbiettivi. Alla « Memoria » allegò prove
e saggi di allievi, lavori di esercizio pratico, fotografie, ecc., ecc.
La prima guerra mondiale, iniziata il 28 luglio del 1914, indusse il Comi
tato Promotore della esposizione a dichiarare fuori concorso »> la intera Sezione
Italiana, alla quale appartenevano le nostre scuole e al rilascio del diploma cor-
rispondente. Nel comunicare tale notizia ai confratelli Don Ricaldone scriveva:
« Abbiamo fiducia, e ce 1o assicurano alcuni periti, che ebbero occasione di
esaminare ogni cosa, che il contingente da noi presentato, sebbene modesto e
raccolto da più scuole, non avrebbe temuto un giudizio anche severo, dato l'or-
dine e il nesso logico che ci eravamo sforzati di mettere in evidenza e i felici
risultati ottenuti nelle nostre Scuole del Libro ».
I Op. cit., p. 19. L'oratore ricorda anche le ben meritate onorificenze conferite a Don
Ricaldoneì << Stella d'oro al rnerito rurale, distinzione data per benemerenze eminenti ed ec-
cezionali, concessagli il 7 aprile 1938, non poteva quindi essere più degnamente meritata »;
.o.. pri. fu un v:ero onorè p.r l'Accademià d'Agricoltura di Torino averlo come Socio Ono'
rario
to, il
$er
22
designazione dell'Asìemblea
settembr€ dello stesso anno
fatta il
(cfr. p.
25 gfugno
19 e 20),
1939
e
con nomina
per
Reale
Decre-
288

32.5 Page 315

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La Presidenza della Fiera restituì il materiale ricevuto; Don Ricaldone dan-
done notizia agli interessati, esprimeva il desiderio di trattenere a Torino parte
del materiale (e ne dava l'elenco) per utiTizzarlo in determinate circost anze per
il bene generale della Congregazione. Non sappiamo quanti aderirono alla i-
chiesta, ma dovettero essere in buon numero perché nello stesso 1914 egli poté
disporre di detto materiale dovendo preparare una esposizione celebrativa del
primo centenario della nascita di Don Bosco, che cadeva nell'agosto del 1915.
A tal fine aveva nominato un comitato, che si mise subito al lavoro. Ma I'esten-
dersi dell'incendio che divampava sempre con maggior violenza nell'Europa non
consentì 7a rcalizzazione della manifestazione; tutto il lavoro di organizzazione
fu sospeso e Don Ricaldone comunicava la decisione ai direttori con una Circo-
lare speciale in d.ata 20 febbraio 1915.
Era appena cessata Ia grande guerra, e subito riprese iI progetto della espo-
sizione. Si presentava una occasione favorevole eccezionale e bisognava approfit-
tarne' La grande guerra a\\ieva tramandato anche \\a realizzazione di una Jelibe-
razione presa dagli exallievi salesiani raccolti a congresso nel 1911: l'erezione
di
Il
un monumento a Don Bosco nella piazza di
monumento si sarebbe inaugurato nel maggio
Maria Ausiliamice in
del r92o col concorso
Torino.
di una
larga rappresentanza di exallievi e di cooperatori provenienti da tutti gli Stati
ove esistevano case salesiane.
neva
Il titolo dato: Mostra didattico-prot'essionale dice
Don Ricaldone ne71'organizzarTa.. << Noi vogliamo
quare intento si prop-eod-
dare un'idea precira
organica di quello che intendiamo fare nell'avvenire, dimostrare cioè, dove ten-
dono i nostri sforzi e quale perfezione vogliamo raggiungere »>.
Le case furono invitate e sollecitate a contribuire al buon esito inviando
dati, osservazioni, proposte, fotografie, disegni, ecc., come si richiedeva dai di-
versi moduli spediti a tale scopo. Egli definiva la mostra << una modesta presen-
tazione a vantaggio e stimolo delle nostre Scuole Professionali ed Agricole, fatta
dalla Direzione Generale, mercè il concorso dell'esperienza comune )>.
Raccolto tutto il materiale richiesto, si procedette alla revisione accurata
dei programmi scolastici, apportando modificazioni e ampliamenti suggeriti dai-
I'esperienza; inoltre vennero corredati di tutti quei sussiài necessari per il loro
completo svolgimento, distribuiti in sei gruppi: Arti Grafiche; Arti dell,abbi.
gliamento; Arti del legno; Arti metallurgiche ed elettriche; Arti edilizie; scuole
agticole.
il
Il coad. Francesco Berra ricorda'. <<Era da poco finita1,a grande guera e
Sig. Don Ricaldone lavorava con grande impegno per riorganizzare li Scuole
Professionali Salesiane.
<< Nonostanre le molte difficoltà, per il maggio del t9z0 (data delf inaugu-
razione del monumento a Don Bosco sulla Piazza Maria Ausiliatrice) volte far
rivivere le Esposizioni Professionali per le quali prima della guerra si era tanto
adoperato il suo predecessore Don Bertello.
« Approfittando della nuova cosruzione, che era sorta dove ora vi è il
grandioso teatro dell'Oratorio, e del cortile adiacente, allestì una grandiosa Mostra
289
19

32.6 Page 316

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Professionale ed Agricola Didattica e Programmatica che destò vivissimo entu-
siasmo e generale simpatia nei numerosi visitatori.
<< La cosa che più attirava I'attenzione nei mesi che precedettero la Mosffa,
era il vedere il Sig. Don Ricaldone, Superiore Capitolare, prendere parte attiva
non solo alla programmazione generale, alla sorvegli^nza genetica, ma anche ad
intervenire manualmente dove ve n'era bisogno.
<< Pareva in quei giorni la presenza di Dio personificata, poiché dappertutto
si trovava, per incoraggiare, correggere, aiutare, consigliare, ecc., perché tutto fiu-
scisse nel migliore dei modi ».
La Mostra venne sistemata in due padiglioni, uno dedicato al ramo agri-
colo, l'altro al ramo industriale ogni padiglione poi comprendeva divetsi reparti.
La disposizione seguìta presentava all'occhio del visitatore il programma
didattico illustrato di ogni attività professionale salesiana. Additava ai discenti
tutto il tirocinio da percorrere; ai docenti presentava la scuola e i mezzi didat-
tici ritenuti più idonei; ammaesrava il grande pubblico (genitori, industriali,
tecnici, ecc.) mettendo in bella luce una delle branche sino allora più negletta,
cioè f istuzione professionale ed agficola. In particolare attirava la gente il
reparto destinato alle industrie agricole: enologia, caseificio, apicoltura, ecc.
La Mostra fu benedetta dal Rettor Maggiore, Don Paolo Albera, la sera
del 19 maggio 1920 e aperta al pubblico il giorno successivo'
Per tutta la sua durata (maggio-settembre) i visitatori affollarono i padi
glioni, visitatori di ogni ceto sociale. I consensi furono generali ed entusiasti.
Molti tecnici, autori di opere professionali, scrissefo nel LIBRO D',ORO della
Mostra le loro più lusinghiere impressioni e giudizi. Non mancarono tra i visi-
tatori alcuni apertamente contrari ad ogni fede religiosa, ma si dichiararono sin-
ceri ammiratori di quanto avevano visto.
La visitarono anche Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti, i quali nel l9l9
avevano dato vita all'<< Ordine Nuovo » di cui Togliatti fu tedattore capo, e
al Congresso di Livorno nel L92l furono tra i fondatori del partito comunista
italiano.
Accompagnati dallo stesso Don Ricaldone, ebbero agio di ammirare la pra-
ticità del metodo ed il progresso tecnico, l'abilità degli insegnanti ed il profitto
degli alunni. Dovettefo riconoscere che Don Bosco si manteneva all'avanguardia
nell'elevazione della classe operaia e nella cura dei giovani lavoratori. Stupirono
non poco apprendendo che i maestri d'arte erano religiosi, in borghese, legati
dai voti e totalmente consacrati al bene dei giovani, senza stipendio retri-
buzione.
Don Ricaldone spiegò che essi vivevano fraternamente in comunità con
sacerdoti e chierici, con pari diritti ed identico tattamento. Così è la vita reli-
giosa: nessuno ritiene nulla in proprio, tutto si mette in comune. Quando ad
alcuno occorfe qualche cosa, il superiore provvede. << Comunismo perfetto » cioè
<< Vita comune! I >> due dovettero convenire. Non avevano un'idea della vita
religiosa di comunità, antica quanto la Chiesa e pratic^ta in mille forme attra-
verso i secoli. E la loro ammirazione esplodeva naturalmente in ampi consensi.
290

32.7 Page 317

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Allora Don Ricaldone Ii portò ad una considerazione: che per fare del
vero comunismo ci vogliono tre cose essenziali, indispensabili, collaudate dalla
esperienza dei secoli... E poiché i due non sapevano quali fossero, scandendo
vbeenrteà,Iecassitlliab,eo:b<b< eTdrieenczoasle>c>oIncdhuieusreis-ero.aMcuai
noi
egli
ci impegnia,mo
terminò Ia sua
con voro: po-
dichiarazione:
« Senza queste tre cose, senza questi tre voti fatti spontaneamente, liberamente,
volontariamente, non ci sarà mai comunismo. Si potrà abusare di questo nome
e chiamar comunismo ciò che non è comunismo: sarà una finzione convenzio-
nale come tante alre; la realtà è ben altra cosa! >>.
Anche Don Ricaldone sorrideva e nel suo sorriso c'era l'amabile soddisfa-
zione di aver detto loro una grande verità. I due non poterono dargli torto
e si accomiatarono stringendogli cordialmente la mano.
chiusa la Mostra, Don Ricaldone raccolse le osservazioni e i suggerimenti
dati dai tecnici e competenti di scuole professionali; Ii esaminò con animo se-
reno e a.'r),tezz^ di indagine e dedusse le modificazioni da apportare ai programmi
nella prossima edizione. Questa vide la luce
i programmi per le scuole professionali di
in due tempi: nel l92L uscirono
tipo industriale; nel 1922 quelTi
per Ie scuole professionali agricole. Si veda in Appendice.
A un mese di distanza, nel mese di Maria Ausiliatrice, a Valdocco si inau-
gurò una esposizione modesta ma di grande valore, per ricordare il 25' dell'opera
missionaria svolta dai Figli di Don Bosco nella Patagonia meridionale. Venne
allestita da Don Maggiorino Borgatello, che aveva passato molti anni in quella
zona impervia e presentava la visione della missione salesiana nella Terra del
Fuoco. Don Ricaldone assecondò la bella iniziativa, tanto più che conservava
viva nell'anima le emozioni provate nella recente visita fatta in quella estrema
zona del Sud America, dove andavano spegnendosi me categorie di Indii: i
Tehuelches, gli Alacalufes e gli Onas.
La esposizione occupava tre sale e il porticato ad esse adiacente. Nelle tre
sale attirava l'attenzione un'artistica serie di fotografie, disposta ad ornamento
delle pareti; le aveva preparate il nostro missionario Don Alberto De Agostini,e
che in otto anni di paziente e intelligente lavoro, seppe riprodurre tutte le me-
ravigliose bellezze panoramiche di quelle terre australi. Nel cenmo delle sale,
in apposite vetrine, erano esposti preziosi esemplari della fauna e della flora.
All'esterno, sotto il porticato, vennero ricostruite le povere capanne delle tre
categorie di Indii.
Anche questa Mostra raggiunse lo scopo per cui era stata preparata: quello
di dare una visione realistica del campo da evangelizzare affidato ai Salesiani
nella Terra del Fuoco, e di suscitare nei cuori l'amore all'apostolato, dimostrato
concretamente colla preghiera e colle buone opere.
e Si veda in Appendice un cenno sull'opera del confratello, allegato n. 25.
29r

32.8 Page 318

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CAPO XV
VISITATORE STRAORDINARIO
Negli Stati Uniti e nel Messico
(14 novembre 1912-23 maggio 1913)
L'impulso dato all'aggiornamento delle Scuole Professionali non diminuì
di vigore qr^rdo verso lali". det tgL2Don Ricaldone dovette assentarsi perché
*u.rduro dìl R.ttor Maggiore a fare una visita straordinaria alle Case Salesiane
degli Stati Uniti e del ùessico, e compiere una missione esplorativa in Canadà'
Lasciò Torino nel pomeriggio del 14 novembre assieme a tre confratelli
inglesi diretti a Londra. Durante i1 viaggio si esercitò nell'uso della lingua
i.rll.r. e non inutilmente. Fatta una breve sosta a Parigi per celebrare la S'
M".rru, ripartì subito dopo per Calais e nel tardo pomeriggio scendeva a Londra,
dove 1o
Don Àabagliati e Don Massa. Anche nella capitale inglese
Ia sosta^ftut.nddi.upuo.,cohe ore; infatti il giorno seguente partì per Liverpool e si
imbarcò sul ,, Mauritania » diretto a N. York, dove giunse dopo cinque giorni
di navigazione, con
porto dall'Ispettore
mare
Don
agitatissimo e
Coppo Ernesto
cIoendseagulreintceonsofrfafeterellni' za
fisica,
accolto
al
Le case salesiane negli Stati Uniti erano otto, cinque nello Stato di N. York,
vicine l'una all'altra; tre nella lontana California, pure a poca distanza tra loro.
Si trattava di sette parrocchie e di un istituto: a queste opere erano addetti
45 confratelli e precisamente: 31 sacerdoti, 4 chierici e 10 coadiutori.
1Mons. Ernesto Coppo fu compagno di studi di Don fucaldone nel collegio di-Borgo
S. Martino e poi
vembre del tà98
,nel Seminario di CàsÀe.
guidò il primo gruppo
dEinstalesnieanllai dCeosntignraegtiaazilol'aness.igstieànszaacesrpdioritteu.aNleedl engol-i
emigrati italiani a Nlrova York; upòrto1àto delicato e faticoso. Nel 1922 i1 24 dicembre venne
.o.rir.iuto Vescovo nel Santuario^ di Maria Ausiliatrice in Torino e nominato Vicario Apo-
rrAi." ia KiÀberley (Ausmalia), dove guidò un bel gruppo di Salesiani destinati a quella
missione molto
Nel 1929
difficile.
tornò in
Italia
e
poi
negli
Stati
Uniti
dove
si
fermò
sino
al
1936,
anno
in
cui
si stabilì definitivamente
Don Ricaldone, dando
a Torino.
I'annunzio
della
sua
morte
scrisse
di
lui:
«
Trascorse
l'ultimo
periodo di vita sotto'i nostri occhi; esempio mirabile di umiltà profonda.e.di zelo indefesso,
ài
ai
obti" di se stesso e di lavoro
Oio, delicatissimo di coscienza,
per la
ricco di
gloria di Dio
ìita interiore,
e la salvezza del1e anime >>. Uomo
fu esempio luminoso di osservanza
religiosa.
292

32.9 Page 319

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una visita ordinaria avrebbe richiesto poco più di un mese; ma quella
attidata a Don Ricaldone era straordinaria, anche nel senso che nelle dre par-
rocchie di N. York era maturato uno stato di disagio sia nelle dr. .omrrità
salesiane come nelle comunità parrocchiali e proprio per dissipare le cause di
que§ta situazione incresciosa Don Albera aveva mandato sul posto Don Ricaldone.
A N. York quattro sacerdoti salesiani dal r9o2 avevano Ia cura della par-
rocchia della Trasfigurazione per gli italiani, in 20 Mott Street; altri quatro
fin dal 1898 erano addetti alla Parrocchia di Maria Ausiliatrice, pure per ita-
liani, in 12 th street. Don Ricaldone dedicò 15 giorni a queste d,re opère; fa-
cendo la spola dall'una a71'altta residenza, volle rendersi conto dello stàto reale
delle cose. Conosceva la relazione mandata ai Superiori in proposito, ne aveva
parlato a lungo con l'Ispettore Don Coppo ora era la volta di ascoltare e in-
terrogare gli attori. In questa delicata mansione la sua azione fu ammirabile, per-
ché guidata da prudenza, condotta con avvedutezza, portata a buon fine con
fermezza. In conclusione risultò che imprudenze, pettegolezzi, gonfiature erano
le cause degli inconvenienti che si erano verificati nella Parrocchia di Maria
Ausiliatrice. La festa dell'Immacolata portò ia pace negli ani,mi. Don Rical-
done celebrò in questa Parrocchia la messa della Comunione generale e tenne un
fervorino di occasione; predicò ancora alla messa delle 11 ed alla funzione dei
pomeriggio, dopo 1a solenne processione. I fedeli intervennero in numero
mai visto. Rese Ie grazie a Dio ed a Maria Ausiliarice, volle comunicare subito
ai superiori I'esito della sua missione a N. Y., poiché sapeva con quanto in-
teresse la seguivano da Torino.
Padre amatissimo in C.J.,
Hawthorne N. Y. 11-12-1912
bHisaowgthnhooordnpeia.u.ssnSa-tepoadi1oo5vedsgisigoi i.rosncrinriniv;eenlrlloeentduautvetroeciialmseparidoccireeNsdseuowtodeyclholaerkcpeeelrebrirreenr.iqrsu"ee.rs.atisovcneioenccnahiverazed-i
za si sarebbe dovuto spendere tanto tempo. Ad ogni modò vedrò se sono capace
di dire le cose più importanti nel minor-tempo possibile.
DoN Crnnurr
segue Ia relazione; in capo ad essa Don cerruti appose il suo giudizio, con
la sua grafia inconfondibile: « Bene; è una splendida relazione >>.
La lettera continua:
Mi fermerò a Hawthotne fino a Natale e in questo frattempo vedrò di vi-
sitare le case di Hawtorne
di partire pel S. Francisco
e di
ove
Port Chester. Nei primi di gennaio farei
mi asperrano per gii esercizi" spirituali.
conto
o
a
Q^Iulevbiaecggsiiopaoltrceabnbaedaànidnarqeu, emsat'ePricnacepAarlbee'imrt-pèisasibsailesk.aStcehw?oasnsiaar
Montreal
5l' ed in
quest'epoca mi dicono che sia bloccato dalle nevi: vedremo a1 ritorno.
293

32.10 Page 320

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L'impressione ricevuta finora è questa: che I'America del Nord merita di
ecÉhsiseÉeisrieii,amsfedd.liialt;i"tarsie;tofèiamnueenlnctdeaemtsep;r[omoiinmsatmarcteonId'sinoi dqpiureiezsrzteloandnaaozsdiotafnarisomi naidslleseioponopeses;armenoanoaèvserneree.celFes.isnpaorrirooa-
forse siamo un po' al buio.
Auguri""
P. Rrcel»oNn
Figlio ubb. in C. J.
La lettera surriferita s'incrociò con quest'altfa, che val la spesa di leggere
perché dimostra la delicatezza dei sentimenti di Don Albera verso Don Ricaldone.
J.M.J.
Torino, 12-12-1912
Carissimo Don Ricaldone,
do'-ei-el nboatu.boosbnuuiacrvcm"eiaaosgoJgòrtiiicoleasvcuhumletoliustsoicigoohonnaepmccooohtnrletacoi"ttipciooiaf,nucoeesracleoeff-rildepearebttauge.henieanmolootizsdietai. taoRiuidntegarlrlateizicaaomcseoo.miFlpoi.eSrrsiegencoporeenr
t.tt.ru
So..o
1" difficoltà si presentavano sotto un
.h" avendone pi..r" .o.or..nza potrai
aspetto- alquanto div.erso dal vero'
più efficacemente aiutare i nostri
l.oi.rio-..b.eirnrei.eUci hedeaglpliprbetzazti^i mUonitt^i.ntAossiicsuarcarrilfiicpi ocihespfeacnianlomepnet1e.bcehnee
noi,,vogliamo
delÌe anime.
Èu.cio ,roti perché èssi siano intiefamente sottomessi a qualunque cosa pafesse
b-neo-nsetrNMeaoictioeritnnidvcearierclsscocaorezmoiocpcihaio]egmnSnaiiaanomdmnaoortecisoeaollpiercaòonranopstiisegdlrleiaicrèopeo.mrerppgaohg,ienmfoea;ntesiilarmmicoioorudpinarmoitsios_dimsioosvpeviniratitegog. nioellien
Spagna. È per me un gran sacrificio; anche di questo pazienza!
Addio. Saluta tutti e Prega Per me
Tuo aff.mo amico in C.J.
Sac. Paor-o ALsBna
La lettera del Rettor Maggiore tanto affettuosa e piena di fiducia recò gfan-
de conforto a Don Ricaldone, che proseguì la visita alle altre case accompagnato
da Don Coppo.
A Haithorne vi eru la comunità più numerosa di tutte le case dell'Ispet-
toria: 16 conffatelli, dei quali 8 sacerdoti, 4 chierici e 4 coadiutori; inoltre era
l'unica casa che svolgeva la sua attività come collegio. Don Albera aveva an-
IneugnicoiaCtorislatosfouraoa-pCeorltorrmabcooandquHeaswtethpoarrnoele, :n-elle«
Nel 1908 si
vicinanze di
aprì il nuovo Col-
Nuova York, ove
fjicemente abbiamo potuto trasportare quel collegio italiano cosl caro al cuor
mio e del S. Padre, già aperto provvisoriamente in Troy »>.2 Il collegio ospitava
z (Bollettino Salesiano, gennaio 1909). Troy apefta nel 1901, venne abbandonata nel 1909
294

33 Pages 321-330

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33.1 Page 321

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64 giovani (la capacità era di 120), dei quali 2l polacchi, aspiranti al sacerdo-
zio. Don Ricaldone costatò mar.canza di indifizzo generale e speciale e propose
che si seguitasse a sviluppare la sezione polacca per le vocazioni e che si ini
ziasse una sezione per le vocazioni salesiane.
Per quest'opera egli pone il problema: deve continuare il collegio? La
casa fu chiusa cinque anni dopo.
A Paterson, a pochi chilometri da N. York, due sacerdoti accudivano una
piccola parrocchia dedicata a S. Antonio, affidata ai salesiani nel 1911. Tutto
bene-
E finalmente la parrocchia di N.S. del Rosario a Port Chester, poco lungi
da N. York; eta stat^ accett^ta l'anno precedente (1912) per l'assistetza di
numerosi emigrati italiani e polacchi; vi attendevano due sacerdoti.
Il 7 gennaio 1913 chiudeva la visita delle cinque case. fn questo periodo
fu anche notevole la sua partecipazione all'apostolato domenicale nelle quattro
parrocchie, specie con la predicazione; la loro vicinanza gli permise di alternare
la sua presenza ora nell'una ora nell'altra; latto questo che conferiva assai al
perfezionamento della sua missione.
Trovò tempo anche per donare qualche ora alle case delle Figlie di Maria
Ausiliamice. Infine mandò a Torino Ia relazione di questa prima fase del suo
mandato; da essa sralciamo due giudizi. Il primo riguarda I'Ispettore.
« Don Coppo è stimato assai dall'Autorità Ecclesiastica e dalle persone
esterne, i confratelli di buono spirito hanno fiducia in lui. È di riconosciuta
santità »-
Il secondo riguarda lo sviluppo dell'Opera salesiana. Anzitutto << conviene
sistemare le opere attuali, prima di promuoverne altre »>. In secondo luogo,
« tenuto conto dell'attuale organizzazione degli Stati Uniti, la nostra Congre-
gazione avrebbe aperto un avvenire splendido nelle scuole professionali ed agri
cole, non essendovi quasi nulla in questo campo )>.
Probabilmente si riferiva all'apertura di dette scuole, quando nella lettera
mortuaria di Mons. Coppo già citata, scriveva: << Quando nel 1912 visitai
quella Ispettoria vi ammirai il grande bene compiuto e con lo stesso Don
Coppo si abbozzò un piano iniziale per f impianto di altre nostre opere ».
La domenica 12 gennaio, con Don Coppo partiva per la California, secon-
da fase della visita all'Ispettoria Statunitense. Partiva dalla parrocchia di Maria
Ausiliatrice e, fatto certamente molto gradito per il suo significato, i due visi-
tatori furono accompagnati fino a New Jersey dai soci del Club S. Luigi della
parrocchia.
A Buffalo si fermarono poche ore per celebrare la S. Messa nella chiesa
degli Scalabriniani e raggiungere in vettura le imponenti cascate del Niagara.
rl 14 altra fermata a chicago pure per la S. Messa e una rapida visita alla città.
Risaliti in treno alle otto di sera, vi passarono notte e giorno con disagio, inson-
nia e febbre; finalmente alle 22,30 scesero alla stazione di S. Francisco, accolti
con grande cordialità da Don Piperni e da un gruppo di confratelli, e fu questo
il primo conforto alla stanchezza.
295

33.2 Page 322

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Il malessere manifestatosi durante il viaggio faticoso obbligò Don Ricaldo'
ne, e due giorni dopo anche Don Coppo, a tenere iI letto; il medico riscontrò
una forma influenzale (e a Don Rica,ldone un accenno di bronchite) che li co-
strinse al riposo forzato pef una buona settimana. Lasciato il letto, Don Rical-
done riprese l'attività sotto il conrollo del medico.
Nella California i Salesiani ofliciavano tre parrocchie: due a S. Francisco
e una nelle vicinarze, a Oakland. Attendevano ad esse tedici confratelli (11 sa-
cerdoti e due coadiutori).
La visita non richiedeva molto tempo nè molta fatica, tanto più che non
esistevano matasse da districare.
La parrocchia più importante era quella dei SS. Pietro e Paolo accettata
nel 1896; sei sacerdoti curavano una popolazione di circa ventimila emigrati
italiani. I1 direttore e parroco, Don Piperni, godeva la fiducia e le benevolenze
di tutti per la sua bontà.
La seconda pafrocchia, detta del << corpus christi », dapprima fu succur-
sale della parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, ma nel 1898 si dichiarò indipen-
dente. « Hl .rn bell'avvenire, osser\\ra Don Ricaldone, e potrà svilupparsi bene.
Il direttore ha al fianco un sacerdote molto virtuoso e ben accetto )>.
La terza pasocchia, a Oakland, dedicata a S. Giuseppe, venne accettata
nel 1902 per accudire gli interessi spirituali di immigrati portoghesi. I1 diret-
tore, Don Galli Giuseppe, è zelante, laborioso, amante della Congregazione, ben
voluto dalla popolazione. Anche i suoi aiutanti, due sacefdoti e un coadiutore,
sono di buono spirito, di buona volontà, lavoratori. Dalla cronaca della casa
apprendiamo che « gli fu offerto un rattenimento: si rappresentò l'Amleto di
Shàk.rp.ur. in inglese »> e che rivolse ai giovani la sua patola n fu ascoltato
con venerazione ed applaudito da tutti »>.
Don Ricaldone si fermò nella california sino al t6 febbraio, dedicando un
mese intero alle tre case. Le sue giornate furono intense; anche qui alle man-
sioni proprie della visita, aggiunse l'esercizio del ministero con la predicazione
domenicale, conferenze alle diverse Associazioni parrocchiali, fervorini, ecc. E si
prestò per le confessioni. Il solo sollievo che si prese consistette nel fare qual-
.h" pr.i.ggiata in località di interesse particolare, quale il << Golden Gate Parck >>
(parco della porta dorata), la visita all'Università di Berkeley, ai cimiteri, a
S. Rosa, ecc.
Tenne numerose riunioni dei direttori ed ebbe discussioni particolari per
esaminare Ia situazione e dare un indirizzo nettamente salesiano allo sviluppo
della missione. Di tale argomento trattò anche col Vescovo della diocesi. Le
discussioni poftarono, fra l'alro, a formulare un progetto di molta impoftanza
riguardante una casa di aspiranti per gli Stati Uniti, da aprirsi nella Ispettoria
Subalpina.
il to f.bbtuio, domenica seconda di quaresima, predicò al mattino, fece
alcune visite di congedo e nel pomeriggio iniziò il viaggio per il Messico, via
Los Angeles e S. Antonio. Don Coppo 1o accompagnò sino al confine'
Dopo diciassette ore di treno scendono a Los Angeles, celebrano nella chie-
296

33.3 Page 323

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sa Cattedrale e sono ospiti per brevi ore dei PP. del Saoo Cuore di Maria.
Subito dopo pranzo riprendono il viaggio e per due giorni percorrono l'ovest
monotono del Texas, steppa arida ricoperta prevalentemente da vegetazione er-
bacea, in contrasto con la zona dell'est, ricca di piogge . .or, ,no sviluppo
agricolo e industriale molto grande.
A S. Antonio, posto di confine per enuare nel Messico, il problema da
risolvere è di ottenere dalle autorità competenti il permesso di variare la fron-
tiera. In questo bisogno, lo soccorse il P. Rosa dei PP. del s. cuore che lo
invita ad andare a|la loro residenza. Don Ricaldone accetta l'offerta con rico-
noscenza e Don Coppo prende congedo da lui, che gli promette di incontrarlo
nuovamente ben presto a New York.
Intanto approfitta di questo tempo, completamente a sua disposizione, per
mandare a Torino 7a rclazione sulla visita californiana.
Amatissimo Padre in C.J.,
S. Antonio Texas, 27 febbraio 1911
sono qui a sant'Antonio di Texas tra i buoni pp. dell'Immacolato Cuore
d.i Maria. Dal.gio-rno. 10 ogni comunicazione col Messico fu interrota; pare
che tra un.paio di giorni sarà possibile proseguire.
a.ll.e
Approfitto-.di queste
case di California.
ore
libere
pei
darLe
ragguaglio
della
visita
fatta
Ed anzitutto Le devo dire che appena amivato a San Francisco, f influenza
con un accenno di bronchite mi tenne a letto per otto giorni, così che dovetti
perdere dieci giorni.
accompagnò il P. Coppo il quale volle pure essermi compagno nel-
f influenza.
id.dsiiinaveonprrsi(os,Dtoeri_iolarcpgiB3ouornoena_flirlovealenattrtei,i_dnllddieoeivdttsoidoaz_ciliredoaeesnlti1iaetf1ooneaorrni,sMieicanoagcsmoiioaalenenfAoprcauuapissreieeiùllliiandstoerairiaclelsa:esev),imaoIIntrpnoai;rpieeàgeeirpqnnareseedirrsasetltleeeoi tCtèsviocosnoocieppricolzeleairhosasnnotoaeirrctiieeeonssuacsphliteetoeàr-
ssvtiÌvlui,ppcaorlleegl'oi,psecruao,lneosptrrao_fensosinonsaollioendèlalegrpicaomleo,cecchci.e ma- anche negli oratori'fe-
nei
Ho trovato
S_uperiori_ e
diensitduertitoi_odttiimsevil.udpisppaorseiiicoonni,veanmieonrreemaellnateCol'nog"preegàaznioosntera, .fiducia
La
stito dj
Rivoluzione del Messico
visitare quelle case, ma
mi ha
furono
fatto perdere diversi giorni. Avrei desi-
tante-le insistenze e"d'aluonde mi pa-
reva che in.queste.circostanze
inolte studiare insieme il da
conveniva portare loro un po'di conforto'ed
farsi perché pare che le coie vadano per una
brutta china.
Partirò, se Dio vuole, domattina, quantunque mi dicano che i treni non
circolino ar,cota tra Saltillo
altra srada. Mi benedica
e
la
capitàle.
vedrò
se
posso
prendere
qualche
A{f.mo P. RrcarooNB
L'accenno alla rivoluzione richiede una breve dilucidazione. La dittatura di
Porfirio Diaz, che fu presidente del Messico dal 1877 al 1911, portò alla forma-
297

33.4 Page 324

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zione di una oligarchia, che si era assicurata ogni privilegio in tutte le fonti di
benessere socialÀ, lasciando gli indiani nella servitù di fatto e il popolo nella
miseria economica, intellettuale, morale con la piaga del matrimonio civile, causa
della instabilità della famiglia, il vagabondaggio, la morbilità e mortalità straor-
dinarie. Interprete del diffuso malcontento del popolo fu Francisco Madero, che,
imprigionato nel giugno del 1910 per le sue idee rivoluzionarie, riuscì ad evadere
dui .r..".. e a rifugiarsi oltte il confine, a S. Antonio del Texas, dove completò
\\a preparazione della rivolta, la quale, al suo rientro in paffia alla fine dello stes-
so anno, percorse come un ufagano il Messico intero, travolgendo la dittatura
e 1a struttura economico-sociale da essa creata.
Madero salì alla
sembra per opera di
Presidenza nel 1911, ma due anni dopo cadeva assassinato,
un suo generale ribelle, che gli successe nella presidenza. Il
,uo gorr!..ro àurò un solo anno, per causa della ostilità degli Stati Uniti e dei
disordini interni.
11 sabato 22
febbraio,
Don
Ricaldone,
poteva
riprendere il
viaggio,
pas-
sare il confine a Laredo; la domenica non poté celebrare e continuò il viaggio
sino a Monterey, dove ebbe cordiale accoglienza da P. Prats del S. C' di Maria.
Fece visita afle figLe di Maria Ausiliatrice, che furono liete di riceverlo e al-
I'indomani, 24 det mese, averlo per la celebrazione della S. Messa e ascoltare la
sua parola.
Riprende il viaggio per Tampico; qui assiste a77a patenza di un treno di sol-
clati diretti a Satillo, per soffocare moti rivoluzionari. Che le cose non fossero
pacifiche glielo dimostrò poco dopo un incidente inaspettato; difatti incontrarono
lr-, g.,_,ppo di ribelli, i quali fecero una ispezione, ma <( no hacen nada; vista la-
rtiÀora, (.ron fanno niente; è una vista compassionevole).
Ancora una notte in albergo e all'indomani, senza aver potuto celebrare,
pafteflza per Città del Messico.
A Hìichapdn l'attendevano I'ispettore Don Piani con alcuni Salesiani. Poco
dopo, a Tambazr, 1o accolse una commissione di exallievi e alTa stazione di Messi-
co una rappresentanza di
Collegio Sal.riu.,o, dove
Cooperatori. Accompagnato da bel cofteo enlò nel
gli alunni, radunati in cortile gli diedero il benvenuto
con applausi ed evviva.
Quella sera nel diario annotò: << 27 febbraio: a casa. Deo gratias! >>' E ne
aveva ben donde. Dobbiamo credere che quel << Deo gratias » gli sia sgorgato
dal più pro{ondo del cuore. Dopo undici giorni di viaggio estenuante (S. Franci-
sco dista da Città del Messico circa 4.500 chilometri) e le notti passate parte in
treno e parte in albergo sentiva il bisogno di riposo e di tanquillità.
Don Piani, preavvisato del suo arrivo, aveva disposto le cose in modo vera-
mente degno di lode per dargli il benvenuto in terra messicana.
298

33.5 Page 325

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Nel lVlessico
La Ispettoria Messicana contava cinque case, delle quali due nella città
di Messico, e settantasei confratelli (29 sacerdoti, 16 chierici,2l coadiutori e 10
ascritti).
L'ispettore Don Piani cinque anni prima aveva ricevuto Don Ricaldone
come visitatore straordinario a Manga nell'Uruguay (ricordiamo l'elogio che del-
la sua virtù fece il Visitatore); ora lo riceveva nella stessa veste di Visitatore
straordinario in una nazione molto provata dalla rivoluzione.
I Salesiani però godevano buona fama presso le autorità ed erano benvolu-
ti dal popolo: nel novembre del 1912, essendo in discussione alla camera la que-
stione sociale per trovare una soluzione ai frequenti scioperi che parulizzavano
il lavoro nelle grandi fabbriche, il deputato cattolico Avv. Eugenio Elguero svol-
se in un magnifico discorso la << Rerum novarum >> di Leone XIII e citando gli
esempi di eminenti sociologi, nominò pure Don Bosco con queste parole: << La
questione sociale esiste disgraziatamente in mezzo a noi da qualche tempo, non
certamente nella forma minaccevole d'Europa, ma sotto un'altra forma ancor
più terribile, più degna di compassione. I1 Pàrtito Cattolico hainiziato una serie
di Congressi che le circostanze politiche hanno obbligato a sospendere; in essi
si bandì TaCrociata contro tutti gli elementi dissolventi della massa operaia.
<< Il cattolicesimo sociale del sec. XIX ci sta predicando continuamente que-
sta santa crociata coll'esempio di Don Bosco, i1 prete degli operai, il quale co-
minciò la sua missione nel 1841, raccogliendo per le strade della città di Torino
una dozzina di rugazzi abbandonati, e alla sua morte nel 1888 lasciava nei suoi
collegi 30.000 ragazzi,30.000 orfanelli che si andarono trasformando in operai
intelligenti, Iaboriosi e perseveranti!... )>.3
Fatto visita di dovere all'Arcivescovo e al Delegato Apostolico, e di pietà al-
la celebre basilica dedicata alla Vergine di Guadalupe,a si mise subito a di-
sposizione dei confratelli.
Intanto l'Ispettore aveva convocato a S. Giulia i direttori per presentadi
al Visitatore, il quale ne approfittò per esaminare con essi, in diverse riunioni,
problemi di interesse generale e avere dai singoli notizie della propria casa.
Subito dopo iniziò la visita nella Casa Ispettoriale.
3 Nel
nell'esaltare
discorso del
la figura di
Deputato Aw. Eugenio
Don Bosco ingrandisce
Elguero si
il numero
sente l'esuberanza messicana
dei giovani ospitanti nelle
che
case
salesiane. Le cifre sono irreali... ma è solo frutto di facondia e di entusiasmo.
a Dopo le apparizioni della Madonna avvenute nel dicembre l53l si cominciò a
v_enerare
Verso il
f immagine,
1575, venne
lasciata stampata nel mantello di Juan Diego, in
cosmuita una chiesa al posto dell'antica cappèlla e
una piccola cappella.
che aitualme.rte se.ue
da sacrestia alla parrocchia. Ne1 1662 l'Arcivescovo
ficio di maggior ampiezza, e nel 1695 si iniziarono
si finì nel 1709. Venne consacrata dall'Arcivescovo
lj:ulaanvoPréi rpezerduenlaa
Serna
chiesa
benedisse un
più sontuosa
Ortega y Montàfre2. It tèmpio venne
edi-
che
am-
pliato dall'Arciv. Labastida e convertito
insignita con il titolo di Basilica. Si può
in collegiata nel 1749. Finalmente nèl 1894
dire che è il centro religioso della nazione. È
v.r,n.
situara
a .nord de1la città di Messico, su una collina chiamata: « Collina del Tepeyac ».
299

33.6 Page 326

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Questa, intitolata a S. Giulia, perché aperta nel quartiere omonimo nel
Igg2,la un solo corpo con la chiesa pubblica e il collegio delle Figlie di Maria
Ausiliatrice; la chiesa separa i due istituti. Comprendeva le scuole elementari,
medie e le scuole professionali. Per tanto lavoro Don Ricaldone notò la scarsità
del personale e il pericolo che 1'eccessiva occupazione recasse danno alla salute.
Fu però molto soddisfatto dell'andamento della casa. Del resto come si è detto,
il collegio era molto apptezzato dalle Autorità; aggiungiamo una prova a quella
sopra riferita. Nell'agosto dell'anno precedente i Salesiani avevano allestito una
mostra didattico-professionale delle scuole professionali di S. Giulia. L'inaugura-
zione era stata fatta dall'ex-Presidente De TaBatra, il quale volle ringraziare i Sa-
lesiani, perché avendolo invitato a quella festa, gli avevano dato occasione di
cgcoihusentastteraarlse'oforinaldtoporrnoeog-rensesèlococurgooosrgetalindoteseoi dndioi qsoutsreipliflteiagrSleicciuoogsleeì rilpmluroisfdteresi lsleaiodnuvaeclari.ato<rv<iiMrdteeùsl,lsadicgeoilol-'vaertnetaùge,-
della scienza, che essi appresero alla scuola del loro immortale Fondatore, il Vene-
rabile Don Bosco >>.
Nel quartiere di S. Ines, della stessa Città di Messico, quatffo sacerdoti at-
tendevano con zelo alla Chiesa del S. Cuore di Gesù. Don Ricaldone passò tre
giorni in loro compagnia.
La Casa di Puebla era la più complessa, perché casa di formazione e colle-
gio: conteneva l'aspirantato, il noviziato, il corso filosofico e inoltre le Scuole
professionali; la comunità contava 20 confratelli e 8 ascritti. Don Ricaldone vi si
fermò tutta la settimana Santa e la {esta di Pasqua celebrando le funzioni. La Cro-
naca della casa ricorda un piccolo incidente occorsogli il sabato Santo: << du-
rante il canto delle litanie dei Santi, per il molto calore alcune candele si pie-
garono ed una di esse fece cadere il candeliere, che batté sul capo del celebrante
producendogli una leggerafetita ». Nel giorno di Pasqua, chiudendosi la visita, si
festeggiò il Visitatore; inoltre, alla sera, gli exallievi offrirono un lunch alla
comunità, in suo onore.
I1 lunedì dell'Angelo, sempre accompagnato dall'Ispettore, fece ritorno a
Città Cel Messico, portando con le,migliori impressioni per il buon spirito sale-
siano riscontrato; in particolare osservò con grande compiacenza che il Direttore
e il Maestro dei novizi, per le belle doti di mente e di cuore, godevano la stima
e 1'affetto dei sudditi.
Aveva bensì notato un grave inconveniente nell'ubicazione infelice dello
edificio e sopratrutto nella condizione dei laboratori che minacciavano rovina;
ma I'Ispettore era impegnato a porvi rimedio e stava studiando il progetto di una
nuova sistemazioqe.
La fermata a Città del Messico gli consentì di fare una passeggiata alla zo-
na tLrristica di Xochimilco, dove laghetti e aiuole di fiori offrono ore di sollievo
ai visitatori. Xochimilco viene chiamato << la Venezia messicana »>. È posto in-
cantevole per i suoi paesaggi, facendo parte dei vari laghi della o Valle de Mexi
co >>. Infatti le sue acque comunicano con quelle dei laghi Chalco e Texcoco. Si
lova nella regione sud-est della Città de1 Messico, piuttosto vicina ai due grandi
300

33.7 Page 327

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vulcani che dorninanol'orizzonte: il Popocatepetl e l'Iztaccihuatl. Storicamente è
importante perché fu qui che gli indii Toltecas si fusero coi Mexhicas formando
la grande civiltà « azteca»>, sintesi di tutte le altre civiltà indigene. In appendice,
allegato n. 26, dferiamo la graziosa leggenda.
Subito dopo visitò il collegio Don Bosco di cristo Redentore a Morelia.
Leggiamo nella cronaca della casa: <<25 matzo lgli >>. << Arriva l'Ispettore con
Padre Ricaldone. Un gruppo di Cooperatori Io ricevono alla stazione. All'entra-
ta nel collegio è ricevuto dalla banda dei giovani; il collegio è imbandierato. Du-
rante la permanenza visita la casa... I suoi consigli danno buoni risultati. In que-
sti pochi giorni si cattivò l'affetto e la stima dei nostri e degli esranei ».
Anche qui ci sono scuole professionali che, non per cattiva volontà, non
sono quali dovrebbero essere. Egli commenta: << Scolasticamente si dovrebbe e
potrebbe fare assai di più per organizzate quelle povere scuole professionali »>.
L'ultima casa dell'ispettoria è il collegio s. spirito di Guadalajara, la comu-
nità comprende otto confratelli (5 sacerdoti e I coadiutori). Il direttore, buon re-
ligioso e pieno di buona volonrà, sostiene i suoi collaboratori che sono troppo po-
chi. La casa ha davanti a un bell'avvenire di sviluppo.
Ritornato a città del Messico, trova ancora lavoro: visite, conferenze, udien-
ze ai cooperatori, ecc. L'8 aprile è il giorno di commiato i pranzo di addio, grup-
po fotografico, benedizione di una bandiera; a sera rappresentazione in teaffo,
poi l'ultima buona notte.
Tutte le case delle Figlie di Maria Ausiliatrice del Messico invitarono e ri-
cevettero con giubilo Don Ricaldone. I1 programma è sempre lo stesso, ma lo
incontro è sempre nuovo nei diversi istituti, Le suore, le novizie, le educande, le
exallieve manifestano la loro gioia con canti, breve indirizzo di benvenuto. Egli
ringrazia, porta i saluti della Rev.da Madre Generale, la benedizione del Successo-
re di Don Bosco e dona in abbondanzala paroTa di Dio, che veniva ricevura come
dono molto gradito.
Il_meLtaitovisdietal
alla ispettoria
bene costatato
messicana lasciò nel suo cuore piena soddisfazione.
andava anzitttto all'ispettore Don Piani, salesiano
di grande virtù che sapeva guadagnarsi i cuori. Nelle case fioriva 1'osservanza re-
ligiosa e Ia disciplina; inoltre la buona volontà dei confratelli attendeva a meglio
organizzare le scuole e rimediare alle insufficienze. Ovunque aveva notato la vi-
talità delle due principali organizzazioni che operano di concerto coi salesiani:
quella dei cooperatori e quella degli exallievi.
L'ispettore gli aveva prospettato il problema delle vocazioni che, purmoppo,
erano poche; per rimediare Don Piani aveva animo di ricorrere all'aspirantato
di Penango, sostenendo le spese di un certo numero di Figli di Maiia desti-
nati alle missioni del Messico. A questo proposito Don Ricaldone nota: <, Con-
vemebbe studiare seriamente questo punto onde vedere se fosse il caso di pre-
parare (in Italia) una casa speciale per coloro che dovranno poi recarsi in paesi
dove si parla 1o spagnolo, allo scopo di fare studiare seriamente Ia lingua {in dai
primi anni ».
colla visita alf ispettoria del Messico, la sua missione è terminata; il 19
301

33.8 Page 328

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aprile, celebratalas. Messa di buon'ora, parte per Vera Crux, accompagnato da
Don Piani. Pernottano all'Hotel Messico; all'indomani si acco,miata dalf ispetto-
re non senza manifestargli l'animo suo grato per tante gentilezze ricevute e si
imbarca per New York. Dieci giorni di mafe, con molto disagio e privo del con-
forto della celebrazione della Messa. La ptima notte è terribile; per di più la nave
prende il mare solo due giorni dopo l'imbarco! Dopo due scali, il primo a Pro-
gresos il secondo all'Avana, finalmente scende a Nuova York, dove si ferma una
settimana per la definizione di alcune cose lasciate in sospeso, e per un ultimo
incontro con Don Coppo.
Qui 1o raggiunge la seguente lettera di Don Albera:
Carissimo Don Pedro,
J.M.J. Salamanca, 7i 7 apille t973
Quante volte avrei
l'Espafial Specialmente
voluto scriverti durante questo mio viaggio attraverso
in Andalusia ad ogni momento qualcheduno mi no-
nimàva D. Pedro, e se le persone non ti avessero nominato, di te avrebbero par-
lato le muraglie e tutte cose che io inconmavo nelle case da me visitate. So-
vente ebbi otcasione di metavigliarmi vedendo ciò che si fece dai Salesiani in
Andalusia, o meglio ciò che facesti tu in questa regione di Spagna con mezzi
certo molto inferiori al bisogno.
Hai lasciato un'immensa eredità di affetto in tutte le persone che ti co-
nobbero; sicché non era possibile passare alcuni istanti coi Cooperatori e Coo-
peratrici senza sentirmi i nominare e rimpiangere la tua lontananza. Molti mi
fecero promettere che saresti ritornato a vederli e passare alcuni giorni in loro
.o-pugìir. Questo ti
ferto in questi paesi,
scrivo non già per cerimonia, ma per dirti che se hai sof-
il Signore nè ha largamente ricompensato. Dio alterna
le
g-ioHieb
ed i dolori.
ricevuto qui
in
Spagna
la
t:ua
rclazione
sulla
California.
Si
vede
che ti
sei fatto una giustà idea del1e cose. L'ho letta io ed ora la mando a Torino per-
che la leggano anche gli alti membri del Capitolo. Quando sarai di ritorno, pat-
leremo ditutto ciò cÉe conviene fare. Dio èi illumini, e specialmente ci mandi
buon personale. Per ora non ti scrivo altro a questo proposito.
io
Ii mio viaggio
non c'enffo-fer
pneiernStèp.a-gSnoanèo
un trionfo
come una
di D. Bosco e della sua Opera. Certo
immagine senza pregio, che ricorda
un santo, e quindi essa stessa rimane onorata per la persona che rappresenta.
Come ci stimàno e ci amano! In alcuni luoghi dimenticano anche alcune rtiserie
e vedono di buon occhio il poco che facciamo e che abbiamo anche f intenzione
di fare.
Ti ricordarono specialmente D. Baldomero Ghiare, il conte de La Cortina
e tanti altri che ora non ricordo.
Saluta i confratelli dicendo che io faccio assegnamento sulla loro virtù e
sulla buona volontà che tu dici hanno di far onore alla nostra Pia Società'
Fa coraggio a Don Coppo. A lui tocc^ in modo che il frutto della tua
visita sia duraturo.
Scrivo mentre vengono a vedermi ora quelli di casa ora alui; perciò a
salti.
s Città e porto nel GoUo del Messico (Yucatan).
302

33.9 Page 329

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Ho ricevuto la tua lettera dal Messico. Abbiamo ùngraziato il Signore che
ti abbia preservato da noie maggiori che avresti potuto patire
Portai queste tue notizie in casa Murube e Mu6oz. Come se ne rallegrarono
tutril
Spero che anche il Messico sentirà il frutto della tua visita.
Arrivederci presto. Prega per me
Tuo aff.mo amico
Sac. P. ArsEn*
Era ormai in procinto di imbarcarsi per l'Italia; ma sentì il bisogno di dare
subito risposta aTla lettera del Rettor Maggiore.
COLUMBUS INSTITUTE
Salesian Fathers of Ven. Don Bosco.
Hawtorn, N. Y.
Rev.mo ed Amatissimo Padre in C.J
Hawtorn, 24-4-1913
Non ho parole per ingraziarla della sua paterna ed affettuosa lettera che
è stata di grande conforto al mio
i miei gravi difetti e mi anima col
spirito.
pensiero
I1
di
suo
un
cuore di
bene che
Padre sa nascondere
fu opera di M. Ausi-
liatrice, e sudore di tanti buoni confratelli che io non potr'ò dìmenticare giam-
mai per I'affetto, la pazienza e la bontà con cui mi seppero tattare.
a-ltroDcehbebcoorlmipaertemdied, 'ianmnuamtisesriemvooliPabdernee, fcizhi,e
il Signore- non ha fatto e non fa
ma iisgraziatamente la mia corri-
spondenza è troppo limitata e |iacca, senza slancio nei sacrifizii, specialmente
quando si tratt-a_di qualcosa che possa ferire il mio grandissimo amìr proprio.
Quante volte debbo vergognarmi nell'ascoltare i rendiconti di tanti coÀfràteli
esemplarissimi e nel dover consigliare mille mezzi di perfezione e santità ch'io
non son capace
ci raccomanda
Mi aiuti
di mettere in pratica. Ho bisogno di quèllo spirito di fede ch'ella
e ch'io mi sono sforzaro d'iÀculcare in quèsti cari confratelli.
colla sua benedizione e colle sue preghierè onde non abbia ad
essere. pietra di scandalo. Quando penso ai miei innumerevoli peccati mi vergo-
gno di essere in questo posto, provo un'immensa pena per il norne della Congie-
gazione e ho paura di essere pietra di inciampo è di disordine. vorrei farle-un
lungo rendiconto poiché oggi feci la confessione mensile
ne il mese di Maria Ausiliamice, ma non ne ho il tempo.
onde incominciare
Sappia però che io
be-
so-
no un figlio ingrato verso Dio, verso Maria Ausiliaffice e vèrso-la nostra cara
congregazìone. Ho ricevuto troppi benefizi e la mia ingratitudine è un motivo
costante di vergogna pel mio cuore.
Riceva i filiali saluti di rutti questi cari confratelli, preghi per me e bene-
dica la mia missione.
Sempre suo Dev.mo figlio in C.J.
Prerno Rrcar,ooNB
Al mattino del 28 aprile partì per il Canadà, ultima meta della sua mis-
sione. Si fermò a Montreal, Quebec, ottawa per trattare con le autorità religio-
se dell'apertura di Case Salesiane, secondo le richieste fatte a Torino dalle stesse
autorità.
303

33.10 Page 330

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Ritornato a Nuova York, il 10 maggio si imbarcò sul transatlantico « Maje-
stic »>, ossequiato al porto da Don Coppo ed altri confratelli. Sbarcò a Plymouth
il 17 maggio. Poi: Londra,Parigi, Torino, dove giunse i\\ 23 maggio.
Nella Spagna e nell'Algeria
(30 dicembre 1914-23 maggio 1915)
Abbiamo notato come Don Albera nella visita alle tre Ispettorie della Spa-
gna nel l9l3 aveva raccolto la viva eco di un sentimento profondo di simpatia
e di stima che perdurava immutato verso Don Ricaldone nel cuote dei Salesiani,
dei Cooperatori ed Exallievi; volle quindi procurargli la gioia di rivedere quel
primo campo della sua operosità salesiana, incaricandolo di fare una visita straor-
dinaria alle Case di quella nobile nazione, includendo nel suo itinerario le due
Case di Orano nell'Algeria. Pensava in tal modo di sollevarlo alquanto dal peso
del Consiglierato.
Nel 1914 in Europa si era scatenatalabuleru di quella che venne definita la
grande guerra (1914-L9LB).
La scintilla, che provocò il pauroso incendio, scoccò il 28 giugno l9l4 a Se-
rajevo, dove l'Arciduca ereditario Francesco Ferdinando d'Ausffia e la sua consor-
te vennero assassinati. Ad un mese di distanza, il 28 luglio, f incendio divampò
nel cuore dell'Europa, e a fine del 1914 aveva investito già dieci Stati; nel 1915
si estese all'Italia ed alla Bulgaria; nel t9t6 al Portogallo ed alla Romania, e nel
1917 varcò gli oceani associando alla << inutile stage )> gli U.S.A., il Brasile, gli
Stati dell'America Centrale ed anche Ia Cina.
La Spagna fu risparmiata dal flagello; non poteva però non risentire le con-
seguenze di tanto sconquasso; la visita straordinaria perciò, anche per questo mo-
tivo, aveva la sua giustificazione, tanto più che l'Ispettore dell'Andalusia, Don
Antonio Candela, il Direttore di Montilla, Don Giovanni Tanguy e il Direttore di
S. José del Valle, Don Camillo Vial, tutti e te cittadini francesi, erano stati ri-
chiamati a prestar servizio militare e si movavano in Algeria.
<< Partii da Torino il l0 dicembrc 191.4 ed arrivai a Marsiglia il 11. Veden-
do che avrei dovuto perdere diversi giorni aspettando il piroscalo per Orano, se-
guitai fino a Barcellona. Il 4 gennaio partii per Alicante, ove potei imbarcarmi
il 6 ». Così D. Ricaldone in una lettera al Rettor Maggiore.
A Marsiglia aveva saputo che conveniv a andare ad imbarcarsi ad Alicante,
dove il giorno 6 avrebbe fatto scalo un piroscafo diretto a Orano. Approfittò di
quei giorni per una breve visita alle case incontrate lungo il tragitto: Matar6,
Sarrid, Yalenza, Alicante: festoso incontro coi Confratelli e coi giovani. Del suo
passaggio a Yalenza, Ram6n Andreu, ex-allievo del Co legio, rievocò la << Buo-
na notte » ascoltata. << La visita di D. Ricaldone fu breve, rapida, ma grstosa e
di grande importanza. Di essa mantengo nell'anima un <( ricordo >> che se non fos-
se stato inciso profondamente, non sarebbe ritornato vivo oggi, dopo quasi qua-
304

34 Pages 331-340

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34.1 Page 331

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ranta anni, quando il fortunato scrivente, allora dodicenne, era alunno interno
di quel collegio.
« Quella visita, come quella di qualunque Superiore, ebbe una degna conclu-
sione e
notte »,
cmuolmmiennòto-
come
delizioso
non
che
dsoovloevaaglei sasleurnenci oinstì?er-ni
con la classica << Buona
è riservato gustare; e in
- quella occasione se
dolcissima espressione
la memoria
casrigJiana,
Dno. nRèicainldfeodneeleda-ndocopnropvaarodlaelflaacisleu,a
corretta e
portento-
sa immaginazione, ci trasportò alle teme degli infedeli, dove l'obbedienza 1o in-
viava e nelle cui foreste e luoghi sconosciuti esistono tantissimi bambini da cri-
stianizzare, che Don Bosco desiderava riscattare, e quali greggi di agnelli e pecore
ammansiti dalla grazia divina, tadunare negli Oratori e Laboratori Professionali
dei Salesiani, sotto il manto prorettore della Vergine santissima, la nostra Ausi-
dliaotltcici.e...sÈoltpaenrtoquveisctohie-do,discsaeri-giovveanngi ovaalecnhziieadnei,rvlei nvoonstdreenparreog, hniéergei,omcaotlttoelip, rneé-
ghiere per quei poveri bambini che ancora non conoscono Iddio e perché l'opera
salesiana si radichi e il frutto missionario sia ottimo ».
Così finì il Padre Ricaldone quella sua memorabile << Buona notte » che è
perdurata nella mia memoria fino ad oggi.
subito dopo ad uno ad uno diede la sua mano a baciare... sì, io baciai la
tua mano... quella sera, Padre Ricaldonel »>.6
Giunse ad orano 7a mattina del 7 gennaio, ricevuto al porto da D. Beissiè-
res ed altri confratelli.
In Algeria i salesiani avevano due case, tutte e due in orano, l'una al cen-
tro della città e l'altra nel punto più elevato, a Eckmùl; D. Beissière Leone te-
neva praticamente la direzione delle due case, aiutato nella prima dal fratello D.
cipriano. I Salesiani erano srati chiamati perché si occupassero della gioventù
oranese, figli di famiglie europee, che crescevano abbandonati a se stessi. Aveva-
no inolffe una casetta, con annesso un po' di temeno, a Bousseville, che era adibi-
ta come modesta villeggiatura per i giovani nel periodo delle vacanze e come
casa di ritiro per gli Esercizi spirituali degli otto Confratelli.
L'impressione riportata dal Visitatore fu più che buona, ottima. Nei con-
fratelli trovò fiorente la disciplina religiosa e spirito di sacrificio edificante.
Come sempre, anche qui rendiconti, conferenze, prediche, buone notti. E
poiché la popolazione di orano era formata da gruppi di nazionalità varie, spe-
cialmente da spagnoli ed italiani, Don Ricaldone predicò al popolo nelle diveise
lingue: francese, spagnola ed italiana. Prese contatto con autorità e cooperatori e
con vera soddisfazione notò la grande stima che l'opora svolta dai Salesiani gode-
va presso tutti.
visitò anche le due case delle F.M.A. A orano ebbe la gioia di rrovare in
casa per tutti i cinque giorni della sua permanenza, Don Antonio Candela, Don
Giovanni Tanguy e Don Camillo vial, in buone condizioni di salute; godevano
6 « Orientaci6n », gennaio 1952.
305
20

34.2 Page 332

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di molta libertà nella nuova situazione: Don Tanguy era il portalettere del Reggi-
mento, Don Vial infermiere in un ospedale militare. Ya da che desideravano
la fine della guema per poter ritornare alle loro case.
La breve permanenza di Don Ricaldone a Orano venne rievocata da Do'n
Cipriano Beissière, nell'occasione in cui mandò a Torino copia della cronaca
dell, cara di Orano, in ottemperanza alla disposizione di Don Ricaldone Rettor
Maggiore.T
Al molto Reverendo Padre Don Ricaldone
Superiore Generale della Congregazione Salesiana.
Molto Reverendo e amato Padre, che lieta sorpresa e al tempo stesso che
intima gioia efa stato per noi, vostri figli dell'Africa del Nord, quando al prin-
cipio de"1 191), esattamente il 7 gennaio, in piena g'uelra, vi avevamo visto sbar-
caìe in temitorio oranese, portaÀdoci col vosuo delicato e dolce sorris_o le. pa-
terne benedizioni del molio Reverendo Padre Paolo Albera, Rettor Maggiore,
e il buon ricordo degli altri Superiori.
Delegato per la- visita dellè nosffe Case di Spagna, avevate rìnnovato, a
16 anni dI distànza, il gesto indimenticabile dell'irnmortale Don Ruas che,Iacen-
do 1o stesso viaggio in-senso invetso, aveva voluto comprendere nel suo itinera-
rio anche la visita ai suoi figli di Orano.
Mi sembra ancora di vèdervi, Reverendo Padre, sia all'Oratorio S. Luigi
dove, dando la buona notte ai tostti rugazzi parlavate loro ota in francese ora
in italiano
saggio per
ora
fare
in spagnolo; sia
l'esèrc"izio della
a EckmùIh dove, approfittando
buona morte, avevamo avuto il
b4ee1nevodsi tpoarplaasr--
viì tu-per tu; sia infine a Bousseville dove, come in un'a1tra Betania, avevamo
gustato l'i.r.urrto della vostra conservazione, la saggezza dei vostri consigli e il
conforto dei vostri incoraggiamenti.
Che dolci ricordi! Da allora il tempo è passato; in quel tempo non era-
vate che il Delegato del II Successore di s. Giovanni Bosco. Ed ecco che
dopo quasi 20 aini, a vostra volta Rettor Maggiore,,voi reggete.con mano che
,roi, mai vacillato e che speriamo non debba vacillare per molto tempo (così
chiediamo a Dio), il timone della Società Salesiana'
Occupandovi'dell,insieme come se non doveste curarvi dei particolari, e di
ogni
rùto
p^uairtViioelna.rtei
come se
Ispettoti
non aveste da
il vosto vivo
pensale a
desiderio
tutto l'insieme, avete manife-
che ognuna delle nostre case
rediga la propfia i.onu., pef arricchire così gli Annali, già gloriosi, della nostra
cara Congregazione.
11 piivilegio dell'età e dell'anzianità, che nessuno
-..ro
oggi e
ài
mi
esseie testimone dell'opera di Orano
ha valso, per obbedienia, f itcartco di
dalla
riunire
m'invidierà, mi ha per-
sua fondazione fino ad
in fascicolo i ricordi di
questi o 50 anni di apostolato salesiano nell'Africa del Nord.... »
F.to AssÈ Cvp. BprssrÈnE,
Sac. Salesiano
7 A.C.S. 24 novembre l9)5, n. 72.
8
valore
L'affermazione dimostra in quale concetto era
dal 29 ottobre 1972, giorno in cui la chiesa
tenuto Don Rua; essa
proclamò in S. Pietro
1BcE_qAuTigO
pieno
il 4"
successore di Don Bosco.
306

34.3 Page 333

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Di nuovo nella Spagna
s'imbarcò ad orano il giorno 11 e il giorno seguente scese a cartagena. ven-
ti anni di apostolato esercitato con fetvore in tema Andalusa ricca di entusiasmo,
non potevano rimanere assenti dalla memoria e dal cuore di D. Ricaldone; il
ricordo di quegli anni laboriosi e fecondi lo accompagnò nel viaggio da Cartage-
na a C6rdoba, primo breve incontro di volti bene i.mpressi nella sua anima, e
divenne sempre più vivo e fresco coll'awicinarsi alla meta: Siviglia. Giunse alla
Trinità inaspettato, provocando una esplosione di gioia che culminò in una fe-
stosa accademia a71a sera, in suo onore,
, sua prima preoccupazione fu dare al Rettor Maggiore relazione della visi-
ta fatta a Orano: riportiamo la conclusione.
padre amatissimo in c.J.
Siviglia' 16 gennaio 1915
eccomi a darle alcune
fermai a C6rdoba e il 15
notizie... rl L2 feci
anivai in incognito
ritorno a
a Siviglia.
cartagena,
il
14
mi
. Q,ri, in questi giorni, non potei ancoia fare nullai le visite occupano la
glofnata.
Faremo un programma per la visita delle case. Tutti la ingraziano di
acamovvimernerce.iminoptaeenanddsacaitarotopu. itrqtueoun,.af-noSdrusopeeErisolrliead_omivnriàdq-iiumeedpsèiteeglluadbroebloidruoiensnezteacmi.rcpAoosdtamonagz"geng'ieiomrdeoaddoqi ilaqàunetteollmoinòcchoae-l
I- a
di
psru_Taeusgtetrina,.tdasdiuteipsesi irmliooarroi,vsisgaiitoluavtaieneidt,ucototmio,apgsegprie.actoiarlimreicnoterdialnoSicgo. ncaarfdfeinttaolea,
riconoscenza
m'incaricano
Le ultime e terribili notizie-del
Se Ella potess.e, ilrcpta occasione,
stcerrivreemreoutonahalenttneoriniamp^arellsasfiaomnaigtoliatuctt6i.re-
dsd.oi.i bpraarLosIco,pcaoocmsnpretgraoedongonddooaicsrhdmcderiiielpvtaearilnemlefcsaeeeronnrelrttabeaab:rzeaeioqaniduioeimdÉlpiigèeirtriaucòonsttsmaib.tlooue;rntmiseao.i rrSatiudn.eotStieetbuiastsstitiuivapdaneeoarlilvèoaadnvmtieic.iainsoprn.eac'giarlemzeznatee
Voglia benedire, amatissimo Padre, il suo
aff.mo figlio in C.J.
PrBrno Rrcer,poNr
Il diario del suo soggiorno nella Spagna registra giornate di lavoro, letteral-
mente piene.
qvtspraouounlavrtoetasf.voiftnau-p3e!0pilei.no0ss0!top?qr0taetuetrvtegtdorieltaetndmintmtnaeeoalierlmeoi.oriemmAl7anaa9toncG1vee5iiatrnoailiedli'l,a3odl-sttdèpeaerlerrlpoeraieodMmlcistgàepiaosorttadossoaafsio,mldalneienedlvonòmapteesaaitncròsisrenaoirleclcaivemooole.uMdsmLaeacellereols'as;Fliiciplganònal,ocrivehorieeÉmgdceinaiiolsnaMnt,.oreRiacaddrefàeepfallallAe'aAloluebccshroSiuileitzaDaszrraooaicn,ceeefRaccicnoohevmneneedclrsoee-i
307

34.4 Page 334

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Non è possibile seguire la sua attività nelle singole case. D'altronde ciò vor-
rebbe dire ri.al.ure il ritmo di una stessa melodia, bella fin che si vuole, ma sem-
pre la stessa. Perciò è meglio limitarsi a notare le varianti di qualche importanza.
Fece centro della sua permanenza 7a casa ispettoriale di Siviglia, dove si fer-
lungamente e a più riprese. È necessario dire che le case di quella che fu
h sua ilpettoria, gli .o.rf.r*utono stima ed affettuosa cordialità, vibrante nella
caratteristica espansività andalusa?
Egli conosceva i ricevimenti al suono della banda insieme agli evviva di quei
giouani- sempre pronti a fare festa, e li gradiva e dimostrava il gradimento con il
Ieo.f.inirgorabz.ianva.roctoon"
col largo gesto delle
paterna benevolenza.
braccia;
e
ascoltava
le
parole
di
benvenuto
Iniziò la visita alla casa della SS.ma Trinità, ove si trattenne per oltre 15
g-ei.oigrenni,zetudtetillecopmepisloentieine
ogni
delle
ora, eppure insufficienti per
cose. Nel suo vivo desiderio
soddisfare alle molte
di rispondere a tutte
l. ii.hiest., si recò anche alle carceri per celebrare la S. Messa ai detenuti.
Una novità: il 28 gennaio a Siviglia cadde la neve; da 28 anni non nevicava
nella capitale dell'Andalusia.
la
Al pomeriggio del 30
Compigniu ai S. Luigi,
gceonnnaSioupsei rpioorritòed^leJxtraellriae,via. cIclogltiooranlloa
stazione da tutta
dopo, domenica,
f.rt, ,o1".r.r..... di prima classe. Qui 1o raggiunge una lettera del Rettor Mag-
giore.
J.M J.
Carissimo Don Ricaldone,
Torino, 1" febbraio 1915
Desidererei prima di tutto che la tua salute migliorasse durante la tua
dimora in Andalusia. Perciò raccomando di non occupàrti eccessivamente' Che
visiti le case, che tu faccia qualche visita ai principali benefattori, questo va
bene;
porrl
,mitoa.ncuh.ee,lelaotcucaupsaazniionisniaoanlqsuiaannotoepcces{ioivrete. .VQourreesitochèeipl eprr-iqmuoanmdootivtou
che mi mosse a consigliarti un viaggio in Spagna'
Anche, senza lavàrare tanto, il iemplcà soggiorno in cotesti luoghi a cui
sei tanro aifezionato, i1 trovarti con i caii confr.atelli che tu stesso hai iniziato
,if,
"Mi,,i
salesiana, faià molto del bene
consolano le belle notizie di
a tutti insieme ed a ciascuno in particolare'
Orano. Conosco molto bene lo spirito di
DtBao.tindcuBolseìipscosoirènrrsoeoloLavenetoi.ns',Èietcrqeourvtioan.dcAhi enncoshnaerefobcboleenmsmuoeoltroafvrdaigatlneienlloosseoleeilgorlpiimepurueoòvdoeatr.teelunDeioreninirLzisieauotlen-
avrebbero molto a soffrire della sua assenza. Per ora cefto non si pensa nep-
p' ureCdoimfparreenddoeiqcuaamnbtio. si saranno rallegrati i confratelli francesi che sei stato
a visitare, specie quelli dell'ispettoria andalusa.. Dio
.to .itornrtè d loro posto! Éurtroppo non c'è un
volesse che potessero. pre-
raggio di speranza che si
faccia 1a pace!
dei
eui ie cose vanno secondo
pìemii agli artigiani. Tutto
il solito. Ieri abbiamo
andò molto bene. Per
fatto 1a distribuzione
il freddo mancarono
varii invitati.
108

34.5 Page 335

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Don Molfino si occupa meglio che può delle cose riguardanti il tuo uffi
cio: perciò puoi stare molto ranquillo e pensare solo alla tua sanità.
Dio ci prowede il necessario per vivere, sebbene si sentano purffoppo le
conseguenze della guerra.
Prega per me. Saluta tutti.
Tuo aff.mo amico
Sac. P. ArsBna
Ancora una volta è commovente la paternità delicata del cuore di Don Al-
bera, che illumina e vivifica le espressioni di questa lettera; Don Ricaldone ne
sentì il profumo soave, e volle manifestare senza indugio il suo grato animo, dan-
do contemporaneamente le prime notizie dalla Spagna salesiana.
Amatissimo Padre in Gesù Cristo.
Siviglia, L2 fiebbraio 7915
La ringrazio della sua affettuosissima lettera che mi servì di grande con-
forto. Di salute sto molto meglio, ma devo confessare, che non àssecondo i
suoi desiderii riguardo del lavoro. Ne ho trovato troppo ed anche con le mi-
gliori volontà non è cosa facile sottarvisi. Ad ogni modo non dimenticherò le
sue paterne raccomandazioni che sono prova di un affetto che mi confonde.
A Siviglia dovetti fermarmi una quindicina di giorni perchè le visite as-
sorbivano quasi tutto il tempo.
La casa in generale va bene. Circa 200 interni e J00 esterni. Oratorio
festivo fiorente. Laboratorii un po' deficienti per matcanza di personale abile.
Le scuole. in generale bene. Personale animato da buona volontà. Scorgo il
pericolo di una lunga interinità (manca l'Ispettore D. Candela).
A Urera l'anno scorso fu un anno di prova per quel povero coÌlegio.
Trovai il personale, specialmente il più giovane, che attraversava una brutta
crisi di sfiducia, che ormai è al termine. Credetti prudente fermarmi tutro il
tempo necessario per parlare con tutti onde aiutadi a superare la lotta. Im-
piegai 15 giorni e faccio conto di ritornare.
Godo comunicarle che ovunque si conserva un soave rico,rdo della sua
visita e tutti mi pregano di presentarle saluti ed omaggi. È facile che per
I'affare de1 servizio militare convenga fare una visita a Ceuta o a Melilla ìe1
Marocco; non so se mi sarà possibile. Insomma, senza volerlo, gli affari si
moltiplicano ed il tempo passa. Col l' marzo probabilmente comincerà a fun-
zionare in modo regolare la casa di Alcald. Mi recai pure a Mor6n per la
fondazione della Marchesa di Sales.
Voglia Padre benedirmi.
Suo aff .mo in C.J
P. Rrcer»oNe
Dopo Utrera visitò Carmona e M61aga. Nell'una e nell'alma casa le cose
vanno bene sotto ogni aspetto. Scrivendone a D. Albera aggiunge:
309

34.6 Page 336

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<<Da Màlaga, ove mi trovo, mi recherò a Ceuta nel Marocco pet vedere
se è possibile àprire colà una casa onde ottenere con questo mezzo l'esenzio-
ne dal setvizio militare. Le sctiverò il risultato.
Frattanto vedo
buona volontà, non
che il
riesco
atefminpiroePnaeslsl'aepeocchaep,remfiaslsgar.adDo'al'litnrotenndseomlaivcoornoviencIoa
ognor più che converrebbe poter trovarsi durante gli Esercizi Spirituali per
ridu.rai" i Direttori ed insistere con gli altri su certi punti di massima im-
-pofiafIioza.non voglio nulla che non sia la volontà del Superiore. Espongo sem-
plicemente il mio povero parere. Vi sarebbeto due vie.
1' Sapere sè E[a mi indica di rimanere in Spagna sino al termine degli
Esercizi; in questo caso potrei visitate tutte le case e presiedere gli Esercizi e
la riunione dei Direttori.
2' Fermarsi in Spagna sino al 15 maggio; titornare a Torino e testarvi
fino ai primi di giugno. Ritornare in seguito in spagna, presiedere gli Eser-
cizi e visitare le case restanti.
Ripeto che non desidero nulla; solo intendo fare I'obbedienza.
aff.mo in C.J.
P. RrcerooNr »
Anche a Ronda tutto procede bene. Egli aveva d^to notizia della sua presen-
za nella Spagna ai soli Direttori delle case, i veri interessati. Ma si accorse ben
presto che la voce era corsa, per cui, malgrado l'impegno di viaggiare in in-
iognito, le persone esterne si portavano al Collegio e gli « rubavano »> molto tem-
po. Eru però sempre tempo ben impiegato quello concesso alle udienze dei
cooperatori e benefattori e amici ed estimatori dell'Opera Salesiana.
Le tappe successive sono Montilla, C6rdoba, Cadice.
A Montilla si avverte l'assenza del Direttore, D. Giovanni Tanquy; ma si fa
del bene. Il Conte della Cortin^ aveva fatto iniziare i lavori per completare il
fabbricato.
Le scuole di C6rdoba sono frequentatissime; fatto consolante: più di 400
esterni sono gratuiti.
Menle viaggiava verso Cadice scrisse a D. Gusmano. Forse il motivo prin-
cipale che suggerì questa lettera fu di sollecitare una risposta dal Rettor Mag-
giore.
Carissimo D. Gusmano,
C6rdoba, 23 marzo l9l5
le scrivo dal treno: vado a Cadice. Ancora mi rimangono tre case; a Sivi-
glia non ho visitato le persone più addette a noi. Aspetto istuzioni dal Ven.mo
Si-g.
D. Albera riguardo alla visita delle altre case.
Grazie delle reliquie, spero che ne avrò a sufficienza.
Qui
si impone
una
soluzione per liberarsi dal servizio militare. Fui a Ceuta, ma le cose non si
presentano molto bene... In generale nelle case vi è buona volontà e buono
spirito.
)t0

34.7 Page 337

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Penso con freqaenza alle caramelle ed ammiro ogni più la bontà der
cuore. magnanimo dell'amatissimo Sig. Don Francesia...!
d.imeAntiic-hcai rdi-eSl usupoeriod tutti saluti òordialissimi; nelle sue preghiere non si
aff.mo in C.J.
P. RrcalooNp
Le case della Betica lasciate per ultime furono: Cadice, Ecija, S. José del
Valle.
Per le prime due, nulla di particolare, l'andamento generale era soddisfa-
cente. A. S. José del valle, la casa di formazione tanto caru a7 suo cuore, la sua
visita ebbe una risonanza particolare.
Leggiamo quanto scrive la cronaca.
<< 9-17 aprile 1915, visita del Rev.mo Sig. D. Pietro Ricaldone. Alle gioie
di quelle feste di Pasqua del 4 aprile, si unisce il ripudio di una annunciata vi-
sita: il Rev.mo Sig. D. Pietro Ricaldone, il caro superiore che tante attenzioni
aveva avuto per la casa di Noviziato di S. José del Valle, ritorna un'altra volta
per illuminare, accatezzare con iI suo sorriso i luoghi così cari dell'aiuola salesia-
na. I giorni che precedettero il suo arivo fissato per il 9, si impiegano nel pre-
parafe la casa ed adornarla per il ricevimento del caro ospite.
Nella data annunciata arriva il Padre superiore, accompaglato dal Rev.mo
Sig. Ispettore, o meglio, incaricato degli affari dell'Ispettoria, Sig. D. Stefano
Giorgi e dal Sig. Diaz Paredes.
11 ricevimento è estremamente affettuoso; si leggono alcuni componimenti
di benvenuto; sulle labbra del Padre (D. Ricaldone) fioriscono i sentimenti del
cuote che possono tradursi in queste espressioni: non me ne sono andato, figliuo-
Ii miei; sono sempre stato in mezzo a voi.
Le arcate del portico ripiene di luce di primavera e la ridente facciata del
collegio, vestita come campagnola rustica in giorno di festa, sembrano avvolgere
il padre che ritorna in un amabile sorriso di alTegrezza.
11 aprile 1915, Domenica di quasirnodo (Domenica in Albis).
zioneMpersosnausnoclieannqeu.e..sptearplaariolles,upcehriiohrae:vi-ssuLtoa
pace sia con voi... con che emo-
più da vicino Ia strage del mo-
mento... Lapace sia con voi che vivete negli atrii del signore; con voi che vi nu-
trite dell'alimento sostanzioso della fede; la fede non può produrre Ia sovversio-
ne degli spiriti... Didimo non crede alle parole del Maestro; si è raffreddata la
sua fede. La vecchia Europa non sente correre nelle sue vene la fede dei suoi an-
tenati. Confida più nella potenza dei suoi cannoni che nelle parole dell'onnipo-
tente...
La voce del Padre esce avvolta ra i veli dell'emozione... Fede! Fede! che
dal cuore delle nazioni belligeranti sorga la preghiera semplice ed umile dello
Apostolo: Signore mio e Dio mio!
I giorni passarono velocemente nella compagnia piacevole e santa del Buon
Padre e Superiore. Le sue conferenze vanno seminando scie di luce orientatrice.
3tt

34.8 Page 338

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Un giorno è la considerazione della santa virtù dell'obbedienza con il corteo sa-
lutare di tutti i suoi valtaggi; altro il pensiero della carità fraterna o dei frutti
che produce il rendiconto
Irrtu.i irrr.gnamenti sono
e la pratica tradizionale dei
alternati con le escursioni
circoli
sature
di
di
pietà; questi sa-
allegrezza, nelle
quali il Pid.e mett. la nota pittoresca con l'aneddoto piacevole o con la rie-
.io."zione dei ricordi di ieri ridestati nella mente e nel cuore dai luoghi visitati:
così fu la passeggiata fatta il giorno 15 ad Hatillo.
In questo stesso giorno il Rev.mo D. Pietro Ricaldone fu ossequiato con
.l.u gruriàru accademia musico-letteraria, alla quale assisté gran
blico"che unì il suo fervore e il suo affetto ai sentimenti della
_quantità di pub-
famiglia salesiana
in onore dell'Illustre OsPite.
la
Un cielo triste e piovoso copriva la mattirra del 17 aprile,
paftenza dell'Amato Padre; ma I'orario tracciato si compie
giorno fissato
nonostante il
per
cat-
tlaivàpitoegmgpLo.piCcci hfuiarvoanoco<<ncfoomrzmaiastiu)i>ctoepneerrit,onpriodmeelscsoecdchi idoceordflai,gaepllpalvaausii,
mentre
pazienti
.uuulli pronti ad attraversare il fango della srada.
Il iempo semplifica il commiato. Dieto la tendina tessuta dai fili dello sffo-
scio, si inttavede ii veicolo in forma confusa come figura che rievoca un qualche
cosa che fu ed incomincia a penetrare i limiti del passato. Così la cronaca.
22
Ultimata Ia visita
aprile, per trattare
delle case, convocò ad Utrera tutti i
di alcuni problemi molto importanti
Direttori dal
riguardanti il
19 al
bene
della Ispettoria.
Fece quindi ritorno a Siviglia dove un cumulo di facce'nde lo trattennero si-
no a fine mese. Intanto, avendo ricevuto da Torino la risposta desiderata, visitò
successivamente Salamanca, Madrid e la casa del Noviziato a Carabanchel e
quella dello Studentato filosofico e teologico a Campello. D. Giovanni Gutiérrez
ricorda:
« Dopo il mio studentato andai a\\la casa di fotmazione di Campello dove
ebbi occasione d'incontrarmi ancora con D. Ricaldone nelle due visite a questa
casa. Ricordo una sua visita nell'anno 1915. Era andato a Madrid a prendere 1o
scettro per il quadro di Maria Ausiliarice e volle {arcelo vedere nel suo viaggio
verso Torino. Òi spiegarra con entusiasmo la
del Principe Czartoriski, il bel ricordo che
sua origine, dai gioielli della
era per la famiglia salesiana
madre
e i fe-
steggiameÀti che si prepafavano in Torino per la sua collocazione nel quadro,
ch. .orì bene combinerebbe colla preziosa corona che già aveva dalla solenne
incoronazione. Era però molto preoccupato per la piega che prendevano gli
avvenimenti politici. L'ltalia stava per entrafe in guera e lui commentava con
pena i mali che potevano venir per la nazione e per la Congregazione, come puf-
rroppo avvenne. Ricordo di altta sua visita a Campello. Aveva poco tempo, ma
uu.* futto uno sforzo per venire a farci visita. Arrivò stanchissimo e con poco
tempo disponibile. Per non stancarlo di più, i superiori della casa pensarono di
inviiarlo soltu.rto pef una piccola conferenza a una delle due Compagnie che vi
erano, e cioè a quella dei maggiori. Però i piccoli se la presero perché erano stati
negletti e dopo lu conf.re.rza andarono subito da Don Ricaldone a chiedere che
3t2

34.9 Page 339

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andasse da loro. Fu inutile che i superiori cercassero di far loro vedere che era
stanco ed era un abusare della sua bontà. Il buon Superiore, sebbene non poresse
occultare la sua stanchezza, acconsentì di accontentare anche i suoi piccoli amici
e si intrattenne con loro per ben tre quarti d'ora con un bell'apologo.
« Un beduino in una notte piovosa nel deserto cede alla domanda del suo
cammello di lasciargli mettere Ia testa denro la tenda, ma poi occupa tutto 1o
spazio, lasciando il padrone in un cantuccio ». Il modo con cui descrisse la sce-
na, con abbondanza di dettagli, le belle applicazioni che fece sulla cura che si deve
avere nel principio delle tentazioni e dei mali piccoli, mi diedero una giusta idea
di come deve essere la predicazione per i piccoli perché sia fruttuosa »>.
Lasciato Campello, dirigendosi verso Ia frontiera, visitò successivamente Ali-
cante, Valenza, Barcellona, Matar6, Gerona, dove conchiuse la sua missione.
Di questa visita straordinaria di Don Ricaldone beneficiarono sernpre tutte
le comunità delle F. di M.A. che ebbero il dono della sua paterna parola.
Partendo da Torino, Don Ricaldo,ne aveva messo nella sua borsa una car-
tella, che conteneva alcune domande ricevute dal Rettor Maggiore: a Ceuta nel
Marocco, a Bernal, a Fuentes, a Mérida, a Granata nella Spagna si desiderava
la venuta dei Salesiani. Nel suo itinerario egli inserì quest'ultima città e vi si recò
per avere dalla viva voce dei richiedenti le informazioni in modo da poter pren-
dere in considerazione la proposta e presentarla al Rettor Maggiore.
ll 2l maggio Don Ricaldone si congedava dai Salesiani di Gerona e alle ore
2l iniziava il viaggio, a lui familiare, diretto a Torino, dove arrivò nel primo
pomeriggio del 2) maggio, alla vigtlia dell'entrata dell'Italia nel conflitto che
devastava I'Europa.
313

34.10 Page 340

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CAPO XVI
NELLA PALESTINA (1918-1919)
Verso Ia terra di Gesù
Per la quarta volta ]a fiducia del Rettor Maggiore affidava a D. Ricaldone
la missione di Visitatore Straordinario. In proposito egli possedeva f insegna-
mento di tre buone espefienze; ma quella, che stava per affrontare presentava
nuovi aspetti perché lo avrebbe messo a contatto con la psicologia, a lui sco-
nosciuta, del mondo orientale della Palestina.
L'Ispettoria Orientale di Gesù Adolescente comprendeva dieci Case delle
quali quattro fuori della Palestina e cioè una ad Alessandria d'Egitto, una se'
ceonpdreaciasaCmoesntatentianoBpeoiltigeemaaltlr,eBdeutleemamSem, irCnere-misalen,seGierrimusaanleemntmi nee, lGlaiaPfafale,stNinaa-
ydaercl1\\t19l-4-1q9u1e8s,tenuellltaimqeu,atlreanf nime plaercoasOattdoimBaenitogesmi aelr,adsucrahnieteratloa
grande gueffa
a fianco degli
Imperi Centrali, furono occupate successivamente prima dai Turchi e poi dai
Tedeschi: due subito allo scoppio della guerra, due l'anno seguente e la quinta
nel 1916. Cessato il conflitto vennero restituite ai Salesiani, ma in quali con-
dizioni disastrose è facile immaginare.
Nelle dieci Case lavoravano 84 Salesiani: 54 preti,10 chierici e 20 coadiu-
tori: I'elemento Arabo era composto da 19 confratelli: 14 preti, 2 chierici e
I coadiutori.
che
rTisraalivi aduaell'egproucpapii,nEcuruoipielogerudppAoraAbora, beosisdteivDa .unBaellcoenritaI
incomprensione,
enrò nelle file
I 11 Canonico D. Antonio Belloni andò nella Palestina nel 1850, mandatovi dalla
Sttuo.aCdleoe.nsgGtirnegidaaazitolonSedeamdlliionPaSrroioppiardgitaionBddeaeitlFgSiiadigleanoecrdoem,asfeoseningdsnòeagtlon'OaapnletPeraadtrdiiaeSrcllaaactorSaalaSnttcianriotFtuadrmai iGgeleiardusiirnaeletftmaovmreoer,espcdhiereii
giovani poveri ed orfani, ed aiutato
à 8.t1.--., Beitgemal, Cremisan e
da benefattori costruì tre Orfanotrofi, rispettivamente
acquistò il terreno di quello di Nazareth. In- que-s.ta
VoDsnpi.dle'B,eeranerdidloolb,opeodonnaieissfaeisìcgi-nacg-tu-rrlreò-oagreaLearg'ali.lluaiga"t-gaasrciteoleloagninsaootCzinioaonunlncegiétulràleanagidwaCcezeooliolnnl'lOnganerbpeeoegSrrraaaeazt,iiooenprsaiei,neancnrShaida;eduleDofesopi'ravomnBoaalolavtseeacmnocmooogatntcenloi-ilfnueadvisliuetpòvDiaarac.eorcB§mDcophe.siocuBssonuo,taoosnci:feoac.lmoill!li8agq-bld9lio.ae1a-.-.
ratori; alcuni, inveie, preferirono pasràre al
Morì santamente ne1-1903, compianto come
Clero del
il « Padre
Pat_riarcato.
degli orfani
Fu
».
religioso
esemplare.
314

35 Pages 341-350

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35.1 Page 341

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della congregazione salesiana; tale dissidio, del resto comprensibile, degenerò
in aperto malcontento per causa di un nazionalismo accentuato da parte degli
Arabi, favorito prima dalla guerra italo-turca del 1911-1912, poscia dall'en-
trata in guerra dell'Italia a fianco degli stati alleati nel 1915. per questo stato
di fatto i Salesiani Italiani dovevano ritornare inltalia, e si radunarono a Giaffa
per l'imbarco, lasciando la direzione delle case agli Arabi, ai quali non parve
vero di approfittare di un'occasione così propizia per effettuare quelle che
giudicavano le loro rivendicazioni, e sconvolsero l'ordine delle cose. Ma agli
rtaliani non fu possibile partire; ritornati, quindi, alle loro Case vollero risia-
bilire le cose come le avevano lasciate. Di qui I'inizio di disordini, che a Betlem-
me, dove erano stati mandati sette sacerdoti Arabi, si manifestarono di gravità
eccezionale.
Mons. Barlassina per parte del Pariarcato e l'fspettore Salesiano interven-
nero con adeguati provvedimenti al fine di arginare Io scandalo; e ne riferirono
I'uno alla s. sede, I'altro al Rettor Maggiore. Si imponeva l'intervento diretto
dei Superiori per porre fine a tanto disordine. D. Albera vide
il superiore capace di condume a buon fine una missione così
in D. Ricaldone
delicata, che ri-
chiedeva somma prudenza, molto tatto, fermezza e fofiezza; e appena l'immane
incendio che aveva divampato furiosamente sull'Europa mandò gli ultimi guizzi
sugli informi cumuli di macerie, 1o nominò Visitatore Straordinario dell'Ispet-
toria Orientale di Gesù Adolescente, conferendogli tutte Ie facoltà ordinarie e
straordinarie necessarie aI compimento della sua missione. Il documento di
nomina porta 7a data del 4 novembre 1918, giorno della cessazione delle osti-
lità sul fronte italiano; il secondo, quello che conferisce le facoltà, è in data
6 novembre 1918.
Nel pomeriggio di questo stesso giorno D. Ricaldone, dopo avere racco-
mandato con grande fervore e confidenza a Matia Ausiliamice e al Venerabile
D. Bosco iI buon esito de1la obbedienza ricevuta, iniziò il viaggio verso la
Terra di Gesù. Fece la prima tappa a Roma, ove si fermò tre settimane; tappa
indispensabile per conferire con autorità ecclesiastiche e civili su quanto con.
cerneva il suo mandato. In una prima riunione col Procuratore Generale presso
Ia S. Sede, D. Dante Munerati,2 I'Ispettore della Palestina, D. Sutera, e l;Ispet-
tore dell'Ispettoria Romana, D. Arturo conelli, ebbe un primo scambio di idee,
che portò alla decisione di consultare il Vice Segretario della Congregazione dei
Religiosi, Mons. vincenzo La Puma; questi ripeté il consiglio ih. i.r pr....
denza aveva dato a D. Munerati; cioè: la soluzione della dolorosa questione,
nei riguardi dei responsabili richiedeva piuttosto clemenza che severità e in-
dicava a quali Canoni del C.D.C. si dovesse a pteferenza ricorrere, se la situa-
zione lo richiedesse. Ebbe poi parecchi altri colloqui col procuratore e i due
Ispettori.
Alcune pratiche inerenti al viaggio richiesero la sua presenza alla con-
sulta e all'Ambasciata Britannica; è noto che quando una pratica entra nel la.
2 11 futuro Vescovo di Volterra.
3r5

35.2 Page 342

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birinto della burocrazia bisogna armarsi di pazienza e attendere il giorno in cui,
dopo i vari traslochi da un tavolo all'alro, abbia tfovato la porta di uscita. Tra
ur impegno e l'altro, e in attesa di ricevere dai Salesiani di Napoli I'avviso
dell'arivo del piroscafo diretto ad Alessandria (si ricordi che la guerra era
cessata da pochi giorni e la ripresa della oryanizzazione in ogni famo era neces'
sariamente lenta) visitò i laboratori dell'Ospizio del S. Cuore, parlando ai
giovani artigiani sul tema a lui molto caro della loro formazione professionale,
intellettuale e morale. Visitò più volte la Scuola Pratica di Agricoltura del
Mandrione per studiarne la sistemazione ed a tale fine chia'mò a Roma l'archi-
tetto Giulio Vallotti.3
Rispose all'invito del Parroco del Testaccio e vi si recò per celebrare
la messa e predicare agli operai.
Quasi a sollievo di giornate intense, visitò alcuni dei monumenti più in-
signi della Roma pagana e cristiana.
La sera del 22 novembre lasciò la Città Eterna con D. Sutera diretto a
Napoli dove {ece la seconda tappa, prendendo ospitalità nel nostro Istituto al
Vomero. Passa una settimana tranquilla: predica al popolo, tiene conferenza
ai confratelli, ai giovani; visita le chiese di Napoli, la Casa Salesiana di Castel-
lamare, il Santuario della Madonna di Pompei. In un pomeriggio viene con-
dotto in gita turistica, che comprende la rotonda di Posillipo, le solfatare di
Bagnoli, Pozzuoli, le isole Nisida, Procida, Ischia.
Finalmente nel pomeriggio del 30 novembre, si imbarca per Port Said; lo
accompagnano D. Sutera, alcune F.M.A. e Suore del Cottolengo.
L'ambiente dei passeggeri a bordo è buono. I cinque giorni di navigazione
nel Mediterraneo sono disturbati dalla burrasca; un mattino il rullio della nave
è così forte che non permette la celebrazione della santa Messa. Al 6 dicem-
bre sbarcano a Port Said; e nella stessa sera scendono ad Alessandria. Passò
la festa dell'Immacolata all'Istituto Salesiano e proseguì per il Cairo. Qui biso-
gna aver pazienza e attendere il permesso delle Autorità competenti per pro-
seguire il viaggio: I'attesa dura una settimana, che per D. Ricaldone non andò
perduta. La occupa nel far visita alle Autorità religiose e diplomatiche ita-
liane, e poiché il tempo glielo permette, ammira i monumenti dell'antica civiltà
egiziana: piramidi, sfingi, le tombe dei Mamelucchi e altri indicati dalla tra'
dizione cristiana, quali la fontana e la casa della Madonna.
Finalmente, il 15, tutto è a posto e il giorno dopo può continuare il
viaggio verso la meta ultima: Gerusalem'me. « Viaggio tenibile >> egli scrive,
che richiede un giorno e mezzo per arrivare a Gerusalemme, dove è accolto
con cordialità dai confratelli dell'Orfanorofio. Però il primo saluto l'aveva ri-
cevuto dai confratelli di Beitgemal, che si erano rccati a77a stazione per dargli
3 Bella figura
monumenti di àrte,
di coadiutore Salesiano. Onorò
chiese e istituti di educazione.
RlaelCigoionsgoregeaszeimonpelarceoned_imficoòltecocol sptrruozfuiomnoi,
delle virtù: umiltà, carità...
316

35.3 Page 343

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il benvenuto; e fu atto di squisito sapore salesiano det venerando direttore, D.
Bianchi Eugenio.
Conforme al suo stile, che (ben 1o sappiamo) non conosceva stanchezza,
in quello stesso pomeriggio iniziò il suo compito. Fu sua premura fare vi-
sita a S.B. il Patriarca Mons. Filippo Camassei ed al Vescovo Ausiliare Mons.
Luigi Barlassina: tutti e due gli prospettarono la gravità eccezionale della
situazione e manifestarono il timore di un peggioramento e il conseguente
acuirsi dello scandalo.
Altre tre visite volle fare subito; la prima all'Ing. Barluzzi, rappresentante
dell'Associazione per gli Italiani all'estero (Presidente Ernesto Schiapparelli a
Torino) che sovvenzionava le Opere Salesiane di Oriente; la seconda alle Figlie
di Maria Ausiliatrice, e 7a terza a D. Bianchi che teneva il letto a Beitgemal.
Nei due giorni di permanenza nella Città Santa ebbe la consolazione di
celebrare la,messa al S. Sepolcro e all'altare di S. Maria Maddalena: con quanta
pietà e con quanta umiltà di cuore domandò al Redentore luce e carità per il
difficile compito di pacificazione che l'ubbidienza gli aveva affidato.
Gli incontri di Cremisan
Lo iniziò subito; e per godere di maggior tranquillità si ritirò nella Casa
di Cremisan dove ricevette ad uno ad uno i sette protagonisti degli avveni-
menti deplorevoli di Betlemme, a scopo informativo. Ascoltò con inalterata
pazienza e attenzione la esposizione delle loro querele, riportandosi alle cause che
le giusti{icavano. Non limitò il tempo, fece contestazioni; prese appunti
rivolse domande, chiese spiegazioni; poté così penetrare alquanto nella loro
psicologia e mentalità. E, infine si persuase che solo un miracolo della miseri-
cordia divina avrebbe potuto smuoverli dalle posizioni assunte, alle quali si
mantenevano tenacemente legati, tanto da renderli irremovibili. Solo il Signore
avrebbe potuto impedire uno scandalo, le cui conseguenze non era possibile
rnisurare. Si rivolse quindi alla comunità, invitando a pregare molto fervosa-
mente e insistentemente; inoltre, approfittando delle v^ca\\ze natalizie, decise
di radunare a Cremisan tutti i Sacerdoti della Palestina, per partecipare ad un
corso di Esercizi spirituali. Da quel ritiro rascorso nel silenzio e nella medi-
tazione, egli si riprometteva il trionfo della grazia, una vera ., conversione >>,
un cambiamento interiore indispensabile per ottenere 7a paclficazione degli spi
riti. Quelle anime avevano bisogno di luce per vedere ciò che la passione oscu-
rava, di umiltà per capire ciò che l'amor proprio impediva di capire. Per
impetrare un dono così segnalato, passò la festa di Natale a Betlemme, celebrò
due Sante Messe all'altare di S. Giuseppe e 7a terza all'altare della S. Grotta;
soprattutto in questo luogo sacro dove il Verbo di Dio apparve nella umiltà
della nosra natura, per portare all'umanità la riconciliazione con Dio affidò a
Gesù il ravvedimento di quei cuori. Fece subito ritorno a Cremisan, e presie-
dette agli Esercizi spirituali che si svolserc dal 26 al 11 dicembre; vi parteci-
3t7

35.4 Page 344

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parono ventisei sacerdoti, e cioè tutti gli indigeni e, degli altri, quelli la cui
presenza non era stretta,mente necessaria nelle Case: i due gruppi antagonisti
si trovarono uniti in una sola Comunità.
Il primo incontro non fu certo incoraggiante, ma non bisognava perdersi
d'animo; bensì aumentarc \\a preghiera e la fiducia nell'aiuto di Dio. Difatti,
scrive D. Ricaldone al Rettor Maggiore a << misura che si procedeva, le cose
presero una piega migliore, tanto che credetti giunto il momento di proporre
una soluzione radicale. Proposi cioe ai Sacerdoti ltaTiani e Tedeschi prima, e
agli Arabi poi, di chiedersi solennemente perdono in chiesa, nella funzione di
chiusura. Un rappresentante per ognuna delle due parti avrebbe letto un indi
izzo a\\ rappresentante del Rettor Maggiore, manifestando i più espliciti senti-
menti di devozione e ubbidienza all'autorità, chiedendo scusa dei dispiaceri
arecati al di Lei paterno cuore, e in seguito chiedendo perdono ai confratelli
e concedendolo agli altri: al tempo stesso tutti si sarebbero dichiarati pronti
a fare qualsiasi saoificio che I'ubbidienza loro avrebbe imposto sull'altare della
pace e della carità. Tre degli Arabi non si vollero arrendere; con grande di-
spiacere di tutti non si poté chiudere gli Esercizi con quella solenne dimostra-
zione di amore. Uscendo però, vi fu un abbraccio pressoché generale e gli
Arabi ben disposti si sentivano quasi umiliati. Uno di quelli che erano stati più
ribelli e audaci, venne a dirmi che egli era disposto a tutto. Pare che l'avver-
sione dei tre suddetti alla pubblica manifestazione, fosse motivata dal timore
che io li avrei mandati in Italia. Ad ogni ,modo il blocco in parte era
già sfasciato. Aumentammo Ie preghiere e da quel giorno (31 dicembre) io
seguito a conferenziare per ridudi alle buone. Ho dovuto scegliere questa via,
anzitutto perché più cristiana, più conforme all'art.2214 del codice, ove si tratta
De Poenis, più in armonia con 1o spirito di D. Bosco e alle tradizioni della
nosffa Pia Società e anche perché mi ero convinto che era assolutamente ne-
cessario evitare un processo come essi avrebbero desiderato »>.
Chiusi gli Esercizi spirituali, si recò a Gerusalemme per presentare gli
auguri di Capodanno alle Autorità religiose e civili: fece visita al Patfiarca, a7
Rappresentante del Governo Italiano, Marchese di Soragna, al Governatore
Militare Britannico; da tutti ebbe cordiale accoglienza, cordialità che trovò con-
fermata ogni qual volta dovette ricomere a loro per motivi inerenti alla sua
missione, della quale dette Autorità erano perfettamente al corrente.
Tornato a Cremisan, riprese la sua opera, non più al solo scopo infor,ma-
tivo. Oramai si era f.atta una idea chiara della situazione, ne conosceva Ie cause
e lo sviluppo; inoltre aveva penetrato lo sguardo nella mentalità e nella psi
cologia dei confratelli indigeni. I fatti lamentati avevano cause remote, rimaste
latenti in principio; tra di esse bisognava annoverare alcune imprudenze da parte
dei confratelli europei. Per il momento la prudenza suggeriva di limitarsi ad
ottenere un aggiustamento che salvasse con decoro il principio dell'autorità e la
disciplina religiosa. A tale scopo si mise ancora a completa disposizione dei
sette sacerdoti interessati, per ascoltarli nuovamente senza limiti di tempo (ta.
luni, dopo aver patlato otto ed anche dieci ore non avevano ancora detto tutto)
318

35.5 Page 345

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e discutere il loro comportamento, mettendo in evidenza le responsabilità as-
sunte.
fn questa analisi critica D. Ricaldone era maesto; e ne aveva dato prova
a New York nel 1912. ora seguiva Ia stessa strada: la strada della carità,
che richiedeva comprensione, pazienza inesauribile; ma nello stesso tempo la
strada diritta, della fetmezza, che quando si tratta del principio dell'autorità
non deflette e non esita a mettere a tempo opportuno l'aut aut: decisione e
fermezza. Ma confidava soprattutto nella preghiera. convinto che solo essa
avrebbe potuto vincere le tenaci resistenze ancora esistenti, raccomandò che
da tutti e in tutte le case si pregasse assai; ben presto cominciò a vederne i sa-
lutari effetti. Finalmente il 26 gennaio poteva comunicare a Don Albera la buo-
na notizia di aver raggiunto una soluzione, che lasciava soddisfatti tutti gli
animi.
La soluzione raggiunta consisteva soprattutto nella nuova distribuzione del
personale nelle Case dell'Ispettoria e specialmente dei sacerdoti Arabi della
casa di Betlemme; questi accettarono tutti I'ubbidienza che a cinque di essi
richiedeva un grande sacrificio; quello di lasciare \\a patria e recarsi in Italia.
Tutti accettarono, qualcuno però all'atto di compiere il sacrificio rimase titu-
bante; l'ultimo Io inconrò ad Alessandria d'Egitto, il giorno stesso in cui si
imbarcò per rientrare in rtalia; in un breve colloquio 1o persuase a compiere
I'ubbidienza.
Dando la buona notizia a D. Albera, egli faceva notare ai superiori che la
soluzione raggiunta, ritenuta provvidenziale dalle autorità ecclesiastiche e civili
di Gerusalemme perché da tutti si temeva un gravissimo scandalo, non doveva
giudicarsi definitiva. << Sono convinto che si debba pensare subito e seriamente
a qualche cosa di più concreto e radicale, se non vogliamo trovarci a breve
scadenza in peggiori condizioni »>.
Un provvedimento urgente riguardava la lingua: È << necessità assoluta per
i Salesiani di conoscere l'arabo »>. A tale scopo proponeva che a cominciare da
quello stesso anno si scegliessero ra i giovani di Penango una dozzina dei
migliori e si mandassero a cremisan, dove avrebbero potuto proseguire i loro
studi e mettersi subito a studiare alacremente l'arabo.
Visita alle Case e ai Luoghi Santi
Raggiunto così lo scopo principale, procedette a svolgere la seconda par.
te del programma: la distribuzione del personale e la visita alle Case. Di-
stribuì il personale d'intesa con l'Ispettore, tenendo presenti le diverse ne-
cessità; non mancavano le difficoltà da superare per andare incontro ad esi-
genze particolari, ma procedendo con calma, tutto andò a posto senza urti e
malumori. A questo proposito è doveroso notare il buono spirito che regnava
nei confratelli della Ispettoria, come poté costatare lo stesso D. Ricaldone, il
319

35.6 Page 346

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quale ebbe per essi parole di vero elogio. L'episodio di Betlemme non poteva
oscurare la buona fama dell'Ispettoria.
Le Case presentavano due problemi fondamentali. Anzitutto quello squi-
sitamente economico, di rimettere i locali in ordine perché potessero funzionare;
si è già accennato ai danni plocurati dalle truppe che avevano occupato i nostri
istituti durante il primo conflitto mondiale; aggiungiamo ora che in qualche
Casa si trattò di vero saccheggio vandalico, come si dirà a suo luogo. Don Ri
caldone interessò vivamente i1 Governatore Inglese e le autorità consolari ita-
liane per ottenere il risarcimento dei danni.
Il secondo problema riguardava 1o scopo stesso delle case e la loro fun-
zionalità. Infine nei nuovi incontri coi confratelli Don Ricaldone si proponeva
di rendere più efficace l'azione di stimolo e di incoraggiamento svolta fin dal
suo arrivo in Palestina.
La sua prima visita a c^r^ttere ufficiale la fece alla casa di Gerusalemme.
In questa città era un umile esternato che ospitava una sessantina di gio-
vani, in gran parte piccoli, i quali dopo aver ricevuto un lavoro di sgrossatura,
andavano a perfezionarsi nelle lingue (inglese e francese) presso altri istituti.
È chiaro che Don Ricaldone non provò entusiasmo per questo stato di cose.
D'altronde sapeva che il Consolato Italiano si interessava attivamente per ot-
tenere che le cose cambiassero e faceva assegnamento sui Salesiani per svilup-
pare un'opera che rispondesse efficacemente ai bisogni locali. Si aggiungeva che
nelle brevi visite fatte a Betlemme si era convinto che le scuole professionali
in quella casa non avevano possibilità di sviluppo; quindi gli pareva naturale
propore ai Superiori di trasferirle a Gerusalemme, dove, se ben dotate e ben
dirette, erano destinate a fiorire. Di questa sistemazione trattò più di una
volta col Marchese di Soragna.
Nei giorni che passò a Gerusalemme, Don Ricaldone ebbe il conforto di
farc la << Via Crucis » percorrendo la così detta << Via Dolorosa >> che inizia
presso la Torre Antonia (costruita per difendere la spianata del Tempio e che
ora è Moschea di Omar) e termina al S. Sepolcro, centro della Basilica omonima.
Celebrò la S. Messa all'altarc dell'Addolorata che si trova sul monte Cal'
vario, tra quello della Crocifissione e quello eretto sulla buca in cui venne pian-
tata \\a Croce di Gesù.a Quindi, rifacendo la « Via Dolorosa >>, visitò la Cap-
pella della Flagellazione, il Pretorio; poi lasciando a desra il Tempio e a sini-
stra la Piscina Probatica, uscì dalla Porta Orientale, per entrare nell'Orto del
Getsemani.
Atraversando il Cedron si trovò nel Getsemani e salendo per un sen-
tiero tortuoso raggiunse il monte Oliveto (oggi vi si arriva in automobile, ma
nel 1919 bisognava fare 7a faticosa salita a piedi) ove fra i muri diroccati cu-
a L'altare dell'Addolorata e quello della Crocifissione sono proprietà dei Cattolici
Latini, quello della Croce dei Greci Ortodossi che ne concedono l'uso ai Cattolici Latini
solo al Venerdì Santo, a notte, durante la ptocessione detta « delle sette Parole »>.
320

35.7 Page 347

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stoditi dai Mussulmani si venera una impronta di piedi su una pietra: si dice
che I'abbia lasciata Gesù nel giorno dell,Ascensione.
A cremisan i salesiani avevano 7a casa di formazione dei giovani aspi
ranti alla vita salesiana.
Essa possedeva circa settanta ettari di terreno roccioso, sistemato per la
coltivazione della vite e dell'olivo. Ma allora non vi erano giovani pèr un
motivo molto semplice, di cui è bene dare un cenno.
I Salesiani di questa casa furono
Arrestati la sera del 5 dicembre 1917
protagonisti
dalla porizia
di una brutta
turca, furono
avventura.
condannati
all'esilio con deliberazione del giudice, senza processo. La motivazione uffi-
ciale dell'arresto
terrato i pali del
e della pena inflitta fu una biffa; li accusarono <, di aver at-
telefono che core tra Beitgemal e cremisan, spezzand,o i fili ».
Le arrtorità ben sapevano che questa linea non esisteva. Il vero motivo qual
era? I1 viaggio
che li condusse
verso I'esilio
da cremisan
fu
a
una ffiste odissea
Keskin, nel cuore
drrata un mese e
dell'Anatolia, dove
mezzo,
arriva-
rono verso la fine del gennaio 1918. Dieci salesiani, attruppati con altri set-
tanta _condannati, percorsero il lungo cammino patte a piedi carichi dei loro
bagagli, su smade impervie seminate di ciottoli . di pi.,..; parte su autocarro
sgangherato che coi suoi traballamenti sconquassava i'organi.mo; parte in fer-
rovia, facendo sosta in prigioni luride, sempre pigiati coÀe le acciughe. Inutile
dire
do,
le sofferenze causate dai disagi fisici à -àràfi, dalla stanch ezz-a,
dalla fame, dalla sete. Finalmente, dopo la vitioria degli Alleati,
d.al fued-
il 6 no-
vembre 1918, furono
il viaggio di ritorno
rimessi in libertà e
che li portò prima
cinque giorni dopl, poterono iniziate
a costantinopoli,^ e'ii lj dicembre a
Gerusalemme. Gli esuli rientrati nella loro Casa, ripresero il lavoro dimenticando
l'ingiuria subita.
La cronaca della casa annota: « D. Ricaldone, costata la buona volontà
del personale della casa e trova degno di encomio l,osservanza religiosa. Lascia
preziosi suggerimenti riguardanti la parte agricola: vigneto, olivelo, frutteto,
cantina, rimboschimento, che sono come uno sviluppo di quelli 1asciati dal
Venerato D. Rua nel 1908 ».
Data
in questa
nasiale, il
I'estensione del terreno, D. Ricaldone propone ai Superiori di mandare
casa un gruppo di Figli di Maria; vi si può sisteÀare il corso gin-
noviziato, Io studentato filosofico.
La terza visita ufficiale toccò a Nazaretb (16-22 febbraio). Nazareth è la
città di Mafia, della sacra Famiglia, è 1a città adottiva di Gesù. Il suo nome
significa << Fiore di Galilea » ed è più che appropriato poiché la sua verde bel-
lezza icamata di pini marittimi, di palme, à-'ulivi, di iicaie nane e d,aranceti
ne fa un luogo amenissimo.
con
Il Direttore della Casa non era ancora
i confratelli di Cremisan. A Nazareth i
tornato dall'esilio
Salesiani curavano
che aveva diviso
un Orfanotofio,
intitolato a Gesù Adolescente. si è detto << curavano »>; l,imperfetto bisogna
intenderlo nel senso più vero, di cosa del passato, non più del presente. Difatti
questa povera casa subì l'ingiuria del saccheggio più esecrando: lo scempio
32t
21

35.8 Page 348

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più grave fu la profanazione del luogo sacro, la cripta, e la deturpazione sacri-
i"gu?.ll. statue del S. Cuore, di Gesù Adolescente, di Maria Ausiliatice..'.
Pure gravi, ma di altra specie, furono le asportazioni e le devastazioni
vandaliche nelle coltivazioni agricole; pef fare un esempio: nei vigneti venne-
ro distrutte tutte le molte migliaia di viti. Per darsi conto di tanta desolazione,
bastarono poche ore, ore di triste meditazione.
D. Rùaldone si fermò una settimana e approfittò di quella perm^rrenza
per alimentare la sua pietà visitando come pellegrino i_ luoghi sacri alla me-
toria del Redentore. ò..tr*.rt. anch'egli fu awinto daL mistero divino che
aleggia
piu"rr",rra
in
di
questa umile e incantevole cittadina posta come
Ésdrelon, sugli ultimi contrafforti delle montagne
un
del
fiore >>
-L«ibano.
nella
Al tempo della visita di Don Ricaldone, nelle piccole case sotto gli albe-
ri, la vita scoffeva ancora Serena, senza novità: non industrie, n6n opifici, non
costruzioni moderne. Le donne, nei loro costumi
che avvolge tutta la persona
to numerosi!) e della casa.
-
ancofa oggi non si
voicvcaucpia-no
caste nel lungo velo
che dei bimbi (quan'
La prima visita fu alla stupenda Basilica che racchiude la grotta dell'An-
nunciaziÀe. Celebrò la S. Messa là, dove il mistero dell'Incarnazione è ricordato
da un quadro che riptoduce la visita dell'Angelo Gabriele alla Madonna, e da
una scritta sotto l'altare che dice: <<Verburn caro bic lactutrt est >>'
A duecento meffi dal santuario, sorge una chiesa dedic^t^ a s. Giuseppe;
la tradizione vuole che sia stata eretta sulla casa dello Sposo di Maria SS'ma:
ha tre navate; nel centro è raffigurata la Sacra Famiglia; ai due lati, rispettiva-
mente, il sogno di S. Giusepp. è il suo beato transito. Anche in questa chiesa
Don Ricaldone celebrò e predicò con grande effusione di pietà'
Poco lontano da questa chiesa visitò un edificio antico, detto ancora oggi:
<< La Scuola del Messii »>, perché si dice che occupi l'area dell'antica Sinagoga
frequentata da Gesù.
Altre località attfassero la sua attenzione: una cappella, che sorge sopra
un'altura un po' fuori di Nazaret, dedicata a S. Maria del Tremore. Narta la
ladizione .h. lu Madonna, all'udire il tumulto della gente che usciva dalla Si
nagoga dove poco prima Gesù aveva preso la parola, uscisse atterrita dalla
,rà-dìrno.u,. rr.d"ndo lafolla spingere il suo Figlio diletto (Lc.4,29) lo seguisse
fino a questa altura, dominante un terribile precipizio. Di qui la denomina-
zione di Monte Tremore. Da questa rupe nuda, schiaffeggiata dai venti che ven-
gono dal mare o scendono dall'Hermon, Don Ricaldone poté spaziare sulla
Galilea.s
Infine Don Ricaldone scese a visitare Ia chiesa di S. Gabriele, non lon-
,urr-rs.,-Ini;Hq=ua.il;u;n;;q1u1e';s1ta1gfiio"neorliezzovnatleli,.cohreros,irarpi rtoanvoo_lodz'zinatod.tinoin,.iiml. itsaoblii,ltiacriooloTrai.bSoir
nella lon-
contemqla
il;11;'i.lià-J.à.a" U",irliiu Ji
;ì.i;-.;;;;i d.[, graid.rza
É;-il. dove Saul fecé errocare
Sisara conuo B_arak
d'un uovo. Di lassù
esiDceebrocaraM, _eqguh1ild4d9olae,gdraanldlianteo
dalla pitonessa lo spirito di Samuele'
scese dal
opposto,
322

35.9 Page 349

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ctahniaamdaatalla|ach<<ieFsoantdani as.d-eGlliausSepigpneo,raeM7aari<a<
Fontana
»> dagli
della
Arabi
vergine
crisiiani
>>, ancora oggi
e mussulmani.
Venerati i monumenti che attraverso i secoli ricordano ai fedeli i grandi
misteri della bottega di Giuseppe artigiano, Don Ricaldone volle fare un pio p.l-
legrinaggio nei dintorni di Nazaret, in quei luoghi consacrati ulla ,torL dail.
grandiose manifestazioni di Gesù Figlio di Dio.
Dapprima si recò a cana e a Tiberiade. Da Nazarer si va verso cana per
auitannsncaeahsrevtrriiuallddneaaeggrfcailaai npislcppheoveilsalgaingcdidahaeteandtivdecaiadetevaersoaciccihBlriaeeprdtroegimlrocamhonedemiosciiraaoacctquNouslae.otlAaladnll'aiianeGgl*ereie.ssGùsu.ol.iIrlrdurervo.lrimlàplaaingaegsideivoaretnts-iuontig-tfeirttrrd.e-,i
una lunga « galabìa », a capo coperto, accoccolati sui talloni, fanno veramente
pensare ai tempi di Gesù.
Lasciata cana Don Ricaldone si recò a Tiberiade, discendendo sino al li
vello del mare rnediterraneo tra vaste distese di campi fertili. Poi la strada sci-
vola tra rocce brune di origine vulcanica dove tra sasso e sasso appena c,è un
pugno di terra subito si apre un fiore, vive abbarbicato al fusto ài una vite
o di un olivo o riesce a biondeggiare un campetto di frumento o di orzo. Ad
un tratto la stada precipita incontro alla città, che giace sulla riva del lago
a 209 metri sotto il livello del mare.
Delle città nominate dal vangelo non resta che Tiberiade, costruita con
pietre scure, un po' più a nord della parte moderna, quella attraversata tante
volte da Gesù.
Il giorno dopo fu Ia volta della gita a cafarnao, aMagdala, a Betsaida e al
Monte delle Beatitudini. costeggiando il lago, Don Ricaldone vide i pochi ru-
deri di Magdala (Megdel) e quelli di cafarnao (Kefer Nahum). Di Betsaida
non si identifica neppure più la località, tanto meno le sue rovine. Da Cafarnao
Don Ricaldone salì al Monte
tutto il lago nella sua vastità,
delle
sotto
Beatitudini. Di
forma di arpa.
lassù
si
può
abbracciare
Sempre costeggiando il tago di Genezareth fino a1la « chiesa del primato »
Don Ricaldone giunse al luogo detto in arabo << El Tabga »> (termine che risale
aTla parola greca_<( Eptapegon »> ossia <( sette fonti »). Qui c'è pure la roccia
detta << Mensa christi »>, perché si pensa che Gesù risoìto mangiò con i di
scepoli dopo la seconda
il 1ago, è il luogo della
bel 'mosaico del v o vI
pesca miracolosa. Non morto rontano, tia la strada e
moltiplicazione dei pani e dei pesci, ricordato da un
secolo, che rappresenta una cesta piena di pani e due
pesci.
Ritornato a Nazareth a sera avaflzata, si concedette poche ore di riposo,
go]ché all'indomani prima dell'alba, eru già in sella, in caàmino per il N.ionte
pTaatbioer.sRraadggeiuimnspeelraviec,imcoasdteogpgoiatteredoarc.a.*u-b.ri,roteredbi incativaelclaetnatispcehri.6sentieri diru-
6 La strada carozzabile venne costruita solo nel 1923
32)

35.10 Page 350

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Ricevette un'accoglienza squisita dai PP. Francescani; 7 celebrò la S. Messa
nella chiesa della TraJigurazione, visitò il Convento e subito riprese la sftada
del ritorno potando u*o.u negli occhi la luce, il verde, }a vastità dell'oriz'
zonte, goduii .,, qrella cima delle tende di Dio! I1 monte Tabor infatti si
po,r.tb. dire un monte « vedetta » poiché tiene sotto controllo la valle di
h,sdrelon, tutto il corso del eison e Meghiddo, i monti Gelboe e persino il
Giordano e il Karmelo fino al mare.
La sera stessa chiudeva la visita con la conferenza ai confratelli.
Il giorno dopo (21 febbraio) celebrata la S. Messa alle quatlo afi'altarc
dell'Ann"unciazioni, lasciò la città di Maria per portarsi a Giafla dove giunse
la mattina seguente; viaggiò dunque tutto il giorno e proseguì anche la notte'
pnaor.t,e.rcuavaillcapriìùdoin"dpìcua.rt.o;i.f,ours.tetrrloiu.scLe'iltsineeprearriovissietagureitolupoegr.hriagsgtoiurnicgierdei
Giaffa
quelle
terre, ricordati dalla Bibbia, e le bellezze naturali.
ba Nazareth, infatti, si scende tra pini marittimi verso la valle di Yezreel,
e si raggiunge Afule, nel centro della valle, e poi si va verso Genin' Per ore
. o.. ,i- rrl. an.o.a verso Sichem, ma in quella stagione Don Ricaldone poté
avere il diversivo di godere della visione della Samaria tutto un fiore!
Anche se il diario non 1o nomina, si pensa che sostò al Pozzo di Giacobbe.
Avendo proseguito iI viaggio di notte, Don Ricaldone non poté vedere le
rnoltissime .oui.r.
tra il Nebal e il
sparse nella piu.r,rt, di Saron,
Garizim i pascoli ubertosi e i
e inravide appena nella
vasti campi di frumento
valle
e di
orzo. Scese poi verso il mare dove si trova ancora traccia della magnifica strada
fiancheggiata da alte colonne
Quindi proseguì dritto iino
marmoree, delle quali alcune sono
alla litoranea, per poi costeggiare
ancora in
il mare
piedi'
e tag
g"iungAereGGiaifafaflai8Saallepsriaimnioocscoulepadvealn2o2aflecubnbiraloioc.ali di affitto, aàattati alla meglio
per far funzionare scuole per Italiani. Però non si raggiungeva lo scopo, poiché
gli Italianl a Gia{fa si cÀntavano sulle dita di una mano, e quando le visitò
L)on Ricaldone (a fine febbraio t9l9) Ia popolazione scolastica contava una
cinquantina di alunni e gli Italiani erano la minoranza. A suo giudizio non con'
veniva continuare così.
Durante la visita arrivarono
dall'esilio
Don Rosin,
Don
Gerbo, il
chierico
Resigno e il coadiutore Braga, che dopo la liberazione si erano fermati a Co'
stantinopoli per aiutare Don Puddu, direttore della casa'
Ciafla Èa i suoi ricordi biblici e e Don Ricaldone visitò la casa di Simone
e la tomba di Tabita.
7 proprio nel 1919
L'architàtto'Arrluzzi fece
idPi Ptu. tFtoranpceerscsaanlviapioenielvasnaolva]1b.ilnerdimeai
pietra dell'attuale
santuari precedenti'
Basilica.
8
e
fattrice
Sil;;;
;;;É il
RGd.§"ieioicagioità"fpr"aidooavè, ecijllrhi,iiaem('ntAat*iircv.tautaeicuvJ9oaoi3co'pio6,'pim-o,e$,pm.rrfee,.pn,.iPud"iertrieouirmetr^pdoardaevlisal'saininopcftuooriolrsatdomo,sulJòpararirteePfeani.,epecteqlrlhraouepiCcasghhribgeèiebncsecriafihisclaiuiagsGfcia<o<iemttrò:nneoltislTei.lpzali zrbv(eaAiisstsa>it>oot..ni eIu1an0c,9boc-e1nen7fet)loa.-
124

36 Pages 351-360

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36.1 Page 351

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Ritornato a Gerusalemme cogli « esiliati »>, ricevette un'accoglienza fe-
stosa; e godette anche lui della dimostrazione di affetto fraterno fatto ai re.
duci, dopo oltre un anno di assenza {orzata.
Nello stesso pomeriggio partiva per Beitgemal, accompagnato da Don Rosin
e dal coadiutore Braga.
Beitgemal è una terra deserta, divorata dalla mil.ai,a Si trova all'inizio del.
la Sefelah vicino a Beit-Scemes (Artuf). È torrida d'esrate e l'estare è lunghissima.
Povera d'acque fino all'inanizione; patria di sciacalli che di notte guaiscono
sulle aie abbandonate o sui pianori, con un lamento molto simile al pianto
dei neonati. Don Ricaldone li udì nelle notti che passò colà, nell'oscurità per.
fetta perché alTora a Beitgemal non arrivava ancora la corente elettrica e non
si aveva che acqua piovana. oltre gli sciacalli, allora viveva la jena. Ci sono
vipere e serpenti grossi come un braccio e scorpioni a piacimento. Ci vuole
un coraggio missionario a tutta prova, anche oggi, per vivere a Beitgemal.
Eppure la Sefelah, digradante verso il mare, ha le sue beTTezze inopinate:
tra febbraio e marzo ci si alza al mattino e si ha la sorpresa di vedere il
deserto tutto punteggiato di anemoni rossi. Se c'è stata nel brevissimo inverno
una benedizione di acque, l'orzo e i prati trasformano la Sefelah in una col-
lana di zaffiri intrecciata margherite giganti e ai gigli del campo, che non
sono bianchi, ma variano sul lilla-viola. Lenti i greggi attraversano quelle bel-
lezze pure a perdita d'occhio, alternandosi con la maestosa goffaggine dei cam-
melli in carovana
scendendo da Gerusalemme in catrozza, Don Ricaldone scorse di lontano,
a sinisra di Beit-Scemes un castello sul cocuzzolo d'una collina, che si è ten-
tati di definirlo << medioevale » per i suoi merli, le sue torri e i suoi contraf-
forti: eru la scuola Agricola Salesiana, costuzione di solida viva pietra. Il
Visitatore dovette raggiungere il castello-fottezza, almeno nell'ultimo tratto, a
dorso di mulo.
Anche qui le accoglienze furono cordialissime, come già per i primi in-
contri del 79 gennaio e per la prima lunga visita ufficiale alla sua Scuola, dal
29 gennaio al 12 febbraio.
Lasciati i confratelli in quell'atmosfera di gioia che esplodeva in un in-
crocio di domande e di risposte sulle peripezie dell'esilio, commentate con va-
rietà di escla,mazioni, Don Ricaldone salì a salutare Don Bianchil0 ancora indi-
sposto per una caduta da cavallo.
. ,o
cerdote
Pfuom, aEncdgaetonioa
Blanchi, venuto da Rimini a stare con Don
Beitgemal dal Rettor Maggiore Don Albera
Bosco nel 1880, già sa-
nel novembre éel tStZ
e vi rimase sino alla morte. Vi andò preceduto da meritata fama di grande pietà, paternità,
amore a_ Don Boslo, acquistate nella direzione
virtìr rifulsero a Beitgemal e tennero uniti a
delle
lui i
case di Fogtizzo e
confratelli, ln una
di Ivrea. Le
collaborazione
stesse
amo-
rosa, alle quale si dgvono i buoni risultati della scuola, riconosciuti
che gli conferì la Croce dell'Ordine di S. Giorgio (O.B.E.).
anche dal governo inglese,
Durante la guerra mondiale, egli fu il padre affettuoso di tutti i Salesiani de11a Pale-
stina, che si rifugiavano a Beitgemal, unica casa a cui fu concesso di rimanere aperta, sebbene
)25

36.2 Page 352

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A Beitgemal i Salesiani dirigevano una scuola di agricoltura alla quale era
annessa una vasta proprietà di 550 ettari di tefreno, coltivato a cereali, oliveto,
vigneto e bosco. La malaria, in certe annate, rendeva particolarmente difficile
la vita nel periodo estivo. Inoltre, la popolazione dei paesetti circostanti era
mussulmana, perciò i Salesiani si trovavano nella impossibilità di compiere la
loro missione religiosa ed educativa. La casa poi, portava anch'essa, come
tutte le altre, il peso dei danni prodotti dalla guerra.
A Beitgemal Don Ricaldone, come si disse, si era già fermato nel gen'
naio e anche ai primi di febbraio. A questa visita dedicò altri quindici giorni,
dal 27 febbraio al !2 marzo. Non deve fare meraviglia il fatto che egli abbia
dedicato tanto tempo a questa casa. Si trattava di un'opera alla quale occor-
reva dare una sistemazione conveniente, che richiedeva uno studio accurato.
Anzitutto era necessario stabilire con chiarczza 7'inditizzo dell'istituto. Dopo
maturo esarne, d'intesa col direttore e col prefetto, si convenne di dare vita
a una scuola ptatica di agricoltura. Inoltre si concertò un piano di sistema-
zione del podere e le costruzioni da eseguire. A questo scopo si ricorse al-
l'opera dell'Ing. Barl'rzzi il quale si recò sul posto e con Don Ricaldone di
scusse i piani e preparò i disegni delle cosuuzioni rurali necessarie. Nella
cfonaca della casa si legge: « Don Ricaldone, Visitatore Straordinario, mani-
festò un interesse tutto pafticolare per Beitgemal; vi si trattenne a più riprese
per parecchio tempo, studiando l'opera in tutti i suoi dettagli e nelle possi-
tilite d.l suo svolgimento. Dedicò quindici giorni alla visita speciale della
scuola; tenne ripetutamente confer.enze con il direttore e il prefetto, e dopo
aver parlato con tutti i confratelli e constatatene le buone disposizioni, lasciò
scritte norme e direttive da seguirsi nell'avvenire e che non potranno essere
modificate senza l'espressa autorizzazione del Capitolo Superiore »>.
Queste norme comprendevano 1e seguenti sezioni: scopo delf istituto; si-
stemazione del podere; cosruzioni; industrie agrarie; disposizioni varie (ogni
sezione comprendeva una serie di norme pratiche).
« Il Sig. Don Ricaldone, oltre il predetto programma, lasciò disegni, sche-
mi e dettagliate istruzioni. Dispose pure che Don Sacchetti (il prefetto della
casa) si recasse quanto prima in Italia per concretare le precedenti disposizioni ».
In sostanza, Don Ricaldone voleva che la scuola di Beitgemal corfispon-
desse a tutte le esigenze già da tempo programmate pet Ie Scuole di Agricoltura
dal Consigliete Professionale.
Riportò una buona impressione della comunità religiosa: confratelli di
buono spirito, sacerdoti zelanti ed ottimi coadiutori. Tributò una lode speciale
all'economo, Don Eigmann, per la condotta << nobilissima » tenuta verso i
rrdotta all'inazione ed in compagnia con 200 soldati turchi. Dovette assistere a sequestri,
confische e depredazioni. Quandò, dopo lunghi studi e ricerche,
di S. stefano in Beitgemal-(l'antica Gafatgamala), egli organizzò
venne
la Pia
scoperto-
Opera del
sepolcro
Perdono
Cristiano, in onore dèl Protomartire e iniziò la costruzione di un tempio decoroso presso
la sua tomba. La memoria di Don Bianchi è ancora oggi in benedizione.
326

36.3 Page 353

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confratelli italiani nei momenti assai difficili dell'antagonismo tra Arabi e Ita-
liani, Dal poco che si è detto risulta quanto mai evidente quanto gli stesse a
cuore la sistemazione della scuola e delle coltivazioni; non si limitò a dare con-
sigli, ma interessò anche le autorità di Gerusalemme per mezzo det Consoli
d'Italia e di Spagna, ai quali rivolse I'invito di visitare 7a casa. Ai primi di
aprile si trovò a riceverli e fu loro guida per spiegare le necessità della scuola.
Dopo pranzo ci fu un'accademia in loro onore; poi una cavalcata nella vasta
proprietà ancora guidati da Don Ricaldone che esponeva da persona competen-
te la sistemazione studiata. Nei giorni seguenti convocò a Beitgemal i diret-
tori della Palestina, per trattare diversi argomenti suggeriti dalla visita straor-
dinaria. Le riunioni si svolsero al mattino e al pomeriggio dei giorni 4, 5,6 mar
zo; esse lasciarono in tutti gli animi un clima di distensione e di fiducia, un
aumento di fervore per rimarginare le ferite lasciate dalla guerra e dare nuovo
impulso all'attività nelle singole case.
A sollievo dello spirito dedicò qualche po' di tempo a visitare luoghi
storici; egli ricorda nel suo diario la Valle dei Terebinti, §7ad Boulos, Beit
Gibrin con le sue grotte.rr
La zona doveva essere un posto strategico; infatti vi sono ruderi di una
prima fortezza f.atta costruire da Roboamo e poi quelli di un'altra che risale
ai tempi dei Crociati. Vi è pure I'abside di una chiesa bizantina. Ma ciò che
interessa soprattutto è Ia collina di Beit-Gibrin con le sue grotte che sono un
insieme di labirinti curiosissimi. Forse erano abitazione degli Horiti o degli
Edomiti. Forse in esse si nascose Davide perseguitato da Saul. Certamente anche
Don Ricaldone ebbe l'impressione, dopo la visita di tali grotte, di essere stato
più che in caverne di uomini primitivi, in eremi di cenobiti, di segre-
gati dal ,mondo »>, tanto il tuffo nell'antico e nel sacro è profondo nello scen-
dere in quel labirinto.
Subito dopo, Don Ricaldone volle andare a 1ù7ad Boulos o « Valle di S.
Paolo »>, lungo la quale corre la plurimillenaria strada che dall'Egitto sale alla
valle di Saron, fino in Siria. i Salesiani coltivano un orto produttivo per
l'abbondanza di acqua.
Aveva lasciato per ultima la visita a17a casa di Betlemme. Non vi si recò
direttamente; accompagnato da Don Rosin, per la strada di Beit-Atab e il
Cabo, raggiunse Cremisan, ove ebbe importanti colloqui con alcuni confratelli;
qui ricevette \\a notizia dolorosissima della morte di Don Clemente Bretto.l2
i
CroclriaBtieaitff_idGairbornino,
da
la
Gibelin
chiesa e
o Beit-Gibelin, come la chiamavano
l'ospizio da loro cosuuiti.
gli
Ospedalieri
a
cui
sco
12 Don Clemente Bretto, timido di carattere,
fu nominato direttore spirituale delle F.M.A.,
amante della
incarico che
vita nascosta, da
tenne per molti
Don
anni
Bo-
con
zelo instancabile e grande spirito di sacrificio.
Fu porcia Ispettore ed infine Economo Generale. Nel 1908 accompagnò Don Rua nel
iMrlaogrgìiopiìanmPenatleesctionma;eneerla19vi1s1suDtoo. n Albera 1o volle con nella visita alle iase della Spagna.
327

36.4 Page 354

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sempre a cavalTo proseguì per Gerusalemme, ove vide il Marchese di sora-
gna e I'Ing. Barluzzi per il piano di Beitgemal.
La sera del 14 marzo giunse a Betlentrue e vi si fermò fino al 24.
I,n questa casa i Salesiani, prima della guerra, avevano l'oratorio festivo,
scuole gratuite per gli esterni, alunni interni delle scuole elementari ed artigia-
ni (sarti, calzotrai, falegnami, fabbri, legatori) tutti poveri or.fanelli ospitati gra-
tuitamente. Direttore era Don Mario Rosin, salesiano di ottimo spirito, cotrto,
arnante della Congregazione, di grande spirito di sacrificio e lavoratore indefes-
so. Mandato in esilio dalle autorità turche, la casa divenne purtroppo il teatro
principale di noti scandali. Abbiamo già detto del rientro di Don Rosin in Pa-
lestina; ma non era ancofa tofnato a riprendere il suo posto a Betlemme; atten-
deva disposizioni da Don Ricaldone il quale, se ritardò il suo insediamento, ave-
va buoni motivi.
Terminata la guerra, il 13 gennaio si riaprì la scuola per gli esterni e si
cominciò pure ad accettare orfani come interni.
La comunità merita le lodi di Don Ricaldone: sacerdoti, chierici, coadiutori
hanno buono spirito religioso, sono lavoratori e buoni salesiani. A Betlemme ci
sono ancora tre del gruppo « ribelli )>, ma prowisoriamente; uno dei ffe non
si decide ad accettare l'ubbidienza per l'Italia, ma posto davanti all'aut aut, ce-
de... sul momento, e l'ultima parclala dità solo più tardi.
Nel gennaio Don Ricaldone aveva già visitato i luoghi di Betlemme più
cari alla pietà cristiana: si era recato alle << Vasche di Salomone >> a circa quatto
chilometri da Betlemme. Queste vasche, cioè tre vasti serbatoi alimentati da una
sofgente, si atffibuiscono a Salomone che li aveva fatti costruire per bagnare i
giardini citcostanti la \\ortezza, di cui ora rimangono i ruderi. L'acqua che racco-
!ti. 1, terza vasca più in basso, essendo il terreno collinoso, incanalata, va a
bugr^r. gli orti fertilissimi del villaggio Ortas, I'antico << Hortus conclusus ».
Poi aveva fatto visita ai Fatebenefratelli che amministrano la clinica e il
dispensario di Tantur, a quattro chilometri da Gerusalemme e da Betlemme.l3
Dedicò una giornata a pellegrinare nei molti luoghi che la ffadizione dice
essere stati santificati dalla presenza della Sacra FamigTia: 7a così detta << Grotta
del latte »> scavata in un tufo bianco, non molto lontana dal Presepio e dalla
<< Casa di S. Giuseppe >>, dove si crede che la Madonna sostasse per nulire il
Bimbo Gesù. Quindi Ia vicina << Casa di S. Giuseppe », dove abitò la Sa6a Fami-
glia prima della fuga in Egitto ed ebbe la visita dei Re Magi; e << Beit-Zahur »> o
« Villaggio dei Pastori »>, dove sorge il santuarietto del « Gloria in excelsis >>, co-
struito in forma di tenda e arricchito di pitture pregevolissime. Per ultimo il vici-
no << Raanat », antico santuario ora diroccato che era stato costruito sul luogo
della comparsa degli Angeli nella notte santa, e il vicino << Campo di Booz e
Rut >>.
tra
13 Questa
1a prùna e
Fondazione ospitaliera dei Cavalieri
la seconda grande guerra; passò poi
di
in
Malta era stata aflidata ai Salesiani
parecchie mani. Molti internati e re
spodestati vi trovarono rifugio.
)28

36.5 Page 355

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Dedicò due giorni ai luoghi in cui visse s. Girolamo: la cella e la << Grot-
ta della Natività »> dove il Santo viveva, pregava, scriveva, si macerava a sangue.
Nel ritorno avevafatto una sosta alla << Cisterna di Davide »>, chiamata dagli Ara-
bi « Bir Daud »>, che si trova all'entrata di Betlemme.
un'a1tra gita ebbe per meta il << Monte dei Franchi », che fu fortificato da
Gionata e da Simone Maccabeo e su cui poi Erode il Grande vi costruì la città
<< Erodium »>.
In questa sua ultima sosta a Betlemme, D. Ricaldone non ci concesse più
altro sollievo, se non il conforto tutto spirituale di celebrare ancora ,.rnu lrolt.,
e per l'ultima, alla sacra Grotta.
Il 1' marzo si recò ancora a Beitgiala, pittoresco villaggio cristiano, posto
fra magnifici ulivi e vigneti a circa Km. 2 dalla nostra Casa di Cremisan, e quin-
di si licenziò dai confratelli.
con la visita della casa di Betlem,me il compito principale della missione
di D. Ricaldone può dirsi esaurito, ma rimangono ancora proLlemi non seconda-
ri emersi dalla visita che Io impegnarono per qualche tempo.
Lasciò Betlemme il 23 marzo per ritornare a Gerusalemme. passando per
Tantur, posta a metà sffada ffa Betlemme e Gerusalemme, sostò a visitare i
resti del Castello crociato. Tantur doveva essere un punto strategico, ma ora è
una località puramente sontuosa per iI suo vastissimo oliveto e il verde dei suoi
cipressi. La vista che si gode da Tantur è una delle più suggestive: I'occhio spa-
zia liberc sul deserto di Giuda fatto di nude montagne bruciate, che si stenào-
no fino alla depressione del Mar Morto, celando il Convento-fofiezza di San Saba
dove gli eremiti antichi vivevano con le fiere, che esistono ancora oggi... Al di
del Mar Morto, le cui acque, nelle limpide albe, occhieggiano di aza)rro argen-
teo, i Monti di Moab d'indefinito colore, tagliando l'ultimo orizzonte. Si notano,
da Tantur, ben visibili I'Herodium al di qua del Mar Morto, e Macheronte al di
ià: due monti famosissimi: il primo per la strage degli Innocenti e il secondo
per il martirio di S. Giovanni Battista. Da Tantur D. Ricaldone andò a Gerusa-
lemme a piedi per la strada che porta aGiaffa, strada che pare divida due mondi
diversi: a sinisra 7avita, frutto della rugiada del cielo e dell'acqua di fonte o di
cisterna: mandorli in fiore a marzo e l'orzo verde tenero: a destra il deserto
nudo... Non si può non pensare a Davide errante nel deserto di Giuda, e alle infi
nite lotte tra Filistei ed Ebrei.
Giorni di attesa e di preghiera
In questo periodo dovette lamentare un gran disagio: la mancanza di con-
tatto coi Superiori. rl 7 maruo scriveva al Rettor Maggiore da Beitgemal; « A tut-
t'oggi non mi consta che costì si siano ricevute le mie relazioni; so da una let-
tetina di D. Gusmano che si ricevette una mia cartolina da port Said o Alessan-
dria e che per mezzo del Ministero seppero del mio arrivo in palestina. euesta
difficoltà di comunicazioni rende ancor più difficile la penosa situazione di que-
329

36.6 Page 356

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sta povera Casa. Sono all'oscuro di tutto, con la mancanza di notizie salesiane e
di qlefle che riguardano più direttamente queste Case e la missione affidatami »>.
Non si fidava del sàrvizio posrale, perché la corrispondenza era controllata
dalla censura e si serviva di persone fidate dirette in Italia, per comunicare coi
Superiori.
Sapeva che presso lo Stato Maggiore Inglese esisteva un incartamento che
riguardava i noti fatti di Betlemme ed anche <( nostre lettere e alcune del Rettor
Mag"giore >>.
Alttu causa
di
disagio
fu
il
ritardo
che
subiva
la
ptatica
inoltrata
presso
le
autorità per ottenere il permesso del ritorno in Italia. L'aveva iniziata il 1 feb-
braio; pur pensando che avrebbe dovuto attendere, non si aspettava che I'attesa
dovesse protrarsi così a lungo. Nella lettera del 7 marzo, sopra citata, scriveva:
« È da molto tempo che iniziai le pratiche per il mio ritorno; ma temo che Ie
cose vadano molto per le lunghe. Le autorità inglesi stringono i freni ogni giorno
più e riesce pressoché impossibile di muoversi a chi non sia mil'itare. Le pro-
Àerse fatt.mi prima e anche fecentemente dalle più alte autorità non sono pra-
ticamente che garbatissime parole; nessuno ha la colpa dei ritardi, ma sta il fatto
che non si parie. Ad ogni modo il lavoro non manca e a quello della congrega-
zione si ugji.rng. l'altrò non indifferente di muovere pedine, sollecitare influen-
ze, visitare autorità e uffici per la partenza »'
A Gerusalemme, dove si ferma quasi inintemottamente sino al 7 aprile, Don
Ricaldone dedica una parte della giornata anche alla visita ai Luoghi Santi'
Già per la festa di s. B.t.d.tto, 11 2l matzo, partecipò con Don Vismarala
a1le funziòni nella chiesa dei PP. Benedettini: Messa solenne in canto gregoriano
con assistenza pontificale di Mons. Badassina, e aveva visitato anche il Cenacolo,
a
poca distàflza
Nei giorni
dal Monastero'
successivi celebrò
all'altare
dell'Addolorata
e
visitò
il
S.
Sepol-
cro e il « Gallicantus », località sul monte Sion che ricorda la triplice negazione
di Pietro.
poi, nella cappella de11'<< Ecce Homo »>, che si trova nel convento dei Fran-
cescani Minori. Visitò pure il Museo archeologico rcalizzato dai Padri e qui am-
mirò f interessante riproduzione del Tempio di Salomone.
Poiché il tempo glielo permetteva, si concedette una gita ad Emmanus, a
diciotto chilometri da Gerusalemme, passando per Abu-Goch'rs Emmanus è domi-
nata dal campanile, dalla Chiesa e dal Convento dei PP. Francescani. La località,
tXde-Ro-eeIr-dXpli-i"grioiidlsolvai.psaiiaArtDQitr,imùlohuebenòevaasa,t.ElialtetuutrfeleastogirenicreiebsooaiivrlatoietaamteànVnanndriieèuseo*gtmlilcedDaaonianorseraenìGroagcpBsiihiaieotooiafanrsnfgmaecigoo.ialrd,dtctIraeo.slevelSlaogemqeau-usaeelpatnrrnutarodiaordnoionmeoiltioln'leasgtdbnasidoeaunteornoicladfasITurertpoeijl,lgioamrrdiali-toca-oigThrgeeieiesdecttrotisrriocat,pohaipieemSprt^Giàapema,aenrlarrdtpeuai.il.gsraeizagnleonliecaFluromiboopm,i.glmieoderliierzisdad.zcsevoaiape,ltcastnrrocspiieivfeeiocaccnncionizo.holaaonoi.
arrivava nel tempo richiesto,
S"it. collina^che domina
venivano
Abu-Goch,
bruciati
vi è il
vivi.
luogo
dove
ristette
l'Arca
dell'Alleanza.
330

36.7 Page 357

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ticca di pini marittimi, posta sul versante che degrada verso il mare, è come un
belvedere che mostra beTlezze fra le onde degradanti dei colli che emergono nella
pianura in prossimità del mare.
Don Ricaldone celebrò la s. Messa nella chiesa consacrata dal card. Fer-
rari nel 1,902 e che racchiude a sinistra la << casa di cleofa »>, dove Gesù si ma-
nifestò ai discepoli a\\lo spezzare del pane. Dopo aver pernottato nella << Casa
Nova »>, cioè nella parte adibita per i pellegrini, Don Ricaldone partì di buon
mattino per Ain-Karem, detta anche << S. Giovanni in montana >> perché patria
di S. Giovanni Battista. La strada corre tra rocce nude e desolate fino allo *.ttr-
re di alti cipressi che preannunciano I'arrivo. << Ain >> vuol dire << fonte ». Il vil-
laggio eta infatti sorto proprio in grazia di una fonte, che ne aveva fatto una
fresca oasi. La valletta, anche oggi, è tutta verde di vigneti, chiusi tra muriccio-
li a secco, alternati a ficaie, mandorleti e melograni lungo le strade. per un
sentiero orlato di verde, si sale con un po' di fatica fino ad una collinetta dove
si trovava 7a casa di campagna di Zaccaria, ora Basilica della Visitazione, perché
qui avvenne f incontro di Maria vergine con la cugina Elisabetta e qui si spri-
gionò il canto del << Magnificat ».16
Nella cittadina, invece, e precisamente nella navata sinistra della chiesa par-
rocchiale (e anche santuario) si venera la casa di Zaccaria che diremo invernìle,
dove nacque il Battista.
A un'ora di cam.mino, ad occidente, trovasi il così detto <, Deserto di S.
Giovanni » perché si crede sia stato abitato dal prodigioso giovinetto. I France-
scani vi hanno costruito un Convento e hanno trasformato in cappella la grotta
dove probabilmente il Precursore prendeva il suo riposo.
Prima di lasciare Ain-Karem, Don Ricaldone si recò a visitare la tomba di
Padre M. Alfonso Ratisbonne, presso le Religiose « Dame di Sion >>. Esse con-
servano con grande venerazione le stanzette da lui abitate e il suo sepolcro.
Da Ain-Karem, in poco più di mezz'ora, Don Ricaldone fu a Gerusalemme.
sempre nell'attesa della partenza, ancota sante messe celebrate nei luoghi
più cari alla sua pietà: al S. Sepolcro, alla cappella della Flagellazione e della
Crocifissione; a,ncora una volta la « Via Crucis ,> per la << Strada Dolorosa >> e
poi Ie ultime visite per sistemare opere, per confortare, sostenere, incoraggiare i
confratelli.
Finalmente a fine maruo riceve I'autorizzazione per il viag.gio di ritorno.
Accompagnato da Don Rosin, fece un'ultima visita a Beitgemal per ricevere
il generale Levreuse e il Console d'Italia, invitati a visitare scuola e podere in
relazione al piano di sistemazione progettato. Poi diede I'ultimo sa,luto ai confra-
telli di cremisan ed a quelli di Betlemme: qui trovò l'ambiente tranquillo. Al
mattino tenne conferenza a71a comunità e presentò D. Rosin, confermato Diretto-
re della Casa.
ca-hlle'i.mdb-ic1o6ecscQiautdueirlalnaed_liM1ua9nd3ao9ngnfroau,ttaecolpsaetripnuiaietsotcraol'nacdthteueraesleeeconrniusdopovaorlmasiatarranedtuiizal irofiiongelic,ohSed.arElalalciscsahfbtiauegdtteea
anche il pozzo
aveva rib^altato
degli Innocenti-
331

36.8 Page 358

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La Cronaca scrive: « Il Sig. D. Mario Rosin riprende la direzione dell'Orfa-
notrofio. Quattro anni di guerra
sua enefgia e la sua dedizione per
e un anno di prigionia
l'Orfanotrofio, il quale
non hanno fiaccato Ia
a poco a poco ripren-
de Ia sua fisionomia »>.
I1 pranzo è assai festoso, poiché insieme a D. Rosin ci sono gli altri com-
pagni di esilio.
Nel pomeriggio Don Ricaldone prende congedo dalle autorità religiose,
militari e consolari a Gerusalemme e alla seta inizia il viaggio di ritorno.
Lasciava la Palestina, dopo quasi quattfo mesi di permanenza, con la buona
coscienza di avere cercato gli interessi della Congregazione e delle anime con fer-
vorosa dedizione. La preghiera ,\\a pazienza, la (etmezza, la longanimità avevano
avuro ragione di tutte le difficoltà incontrate; tutti i confratelli avevano accetta-
to l'obbedienza; arrche i sette di Betlemme, quattro dei quali dovevano recarsi
in Italia. Più tardi, cinque dei sette, lasciarono la Congregazione ed entfarono
a far parte del Clero del Patiarcato. La Cronaca della Casa di Betlemme com-
menta: << E Deo gratias! Così finisce il grave dissidio, che nessuna autorità umana
riusciva più a comporre >>.
Nella Palestina le F.M.A. avevano due Case: una a Beitgemal intitolata a
S. Giuseppe, ed un'altra a Gerusalemme.
D. Ricaldone, rispondendo all'invito della Superiora, andò più di una
volta nella loro cappella a celebrare la Santa Messa, dopo la quale predicava la
meditazione. Ricevette le Suore anche in particolare.
Ritorno in ltalia
I,1 ritorno ebbe le sue difficoltà. Arrivò ad Alessandria dopo quattro giorni
di viaggio, nel pomeriggio del 15 aprile; ad Artuf ebbe la gradita sorpresa di tro-
uur. D. Bianchi con parecchi confratelli e giovani, venuti a dargli l'ultimo salu-
to; a Lidda arrivò con dodici ore di ritardo, tfoppo tardi per celebrare; aKantara
dovette sbrigare le pratiche per potef continuare il viaggio e passò la notte al
Lazzaretto dei colerosi sotto la tenda.
Il giorno dopo, domenica delle palme, gli inconvenienti furono più gravi;
difatti non gli fu possibile celebrare e poi la lungaggine delle pratiche per otte-
nere il visto per proseguire il viaggio gli fece perdere I'unica corsa del teno;
ottenne però di usufruire del treno merci della sera; consumò pranzo e cena
sulla piattaforma e pernottò a Ismaelia, ospite dei PP. Francescani; era il lunedl
della Settimana Santa.
Accompagnato da P. Teofilo, diede uno sguafdo al,la città; poi all'ufficio del
controllo dei documenti e pafienza per il Cairo.
Qui incontrò due Salesiani che avevano ricevuto |'obbedienza per Torino;
uno di essi lottava ancora internamente; la parc7a di D. Ricaldone 1o persua-
se a compiere il sacrificio.
\\7)

36.9 Page 359

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Ad Alessandria si fermò nove giorni; celebrò le funzioni del triduo della
Settimana Santa, e presiedette gli esami professionali degli artigiani.
Nella Casa delle Suore, invitato dalla Diretmice, tenne un riduo di confe-
,renze ed assistette alla Professione religiosa di alcune Suore, conchiudendo la
funzione con una appropriata esortazione sui doveri di una Figlia di Maria Ausi-
liatrice come religiosa e come educatrice secondo 1o spirito del Ven. D. Bosco.
Nella Cronaca della Casa Salesiana si legge: « 15 aprile L9l9 - Ritorna dalla
Palestina il Rev.mo D. Pietro Ricaldone, che si ferma nell'Istituto fino al 2)
del mese. Sembra che la permanenza presso di noi lo sollevi alquanto dalle pene
sofferte in Palestina. Lascia a tutti un ricordino »>.
Nel pomeriggio del 2) aprile s'imbarcò per l'Italia; quattro giorni di mare
senza il conforto di poter celebrare la messa. Questo conforto l'avrà a Messina, la
domenica in Albis, nel Collegio Salesiano della Boccetta.
Il giorno dopo è a Catania, accompagnato dall'Ispettore D. Minguzzi. La
Cronaca delle Suore ricorda una sua visita: << Pada con accento infuocato di Ge-
(arrivava dalla terra di Gesù). Siccome sta per incominciare il mese della
Madonna, dice che per onorare la Vergine bisogna voler bene al Figlio; lascia
come fioretto di ricevere ogni giorno Gesù nella S. Comunione >>.
Nel pomeriggio del 30 aprile parte per Roma. Cinque giorni sono sufficien-
ti per diversi inconti. Importante ra gli altri quello con Mons. La Puma, il
quale consigliò di preparare una relazione da mandare a Propaganda ed alla
Congregazione dei Religiosi.
Lasciò la Capitale il 5 maggio; pernottò a Sampierdarena e il giorno se-
guente chiuse il viaggio di ritorno; accompagnato da D. Vacchina 17 e D. Cu-
vello scese a Torino, ricevuto alJ,a stazione da D. Molfino con altri confratelli.
Rienttò all'Oratorio dopo sei mesi di assenza.
La missione compiuta nella Palestina costò a D. Ricaldone molta fatica.
Per trasportatsi da una Casa all'altra si servì di tutti i mezzi: le cavalcature ,lo-
cali, camion, automobile, ffeno merci... ed anche percorse qualche chilometro a
piedi. Dalla sua bocca non uscì mai una parola di lamento. Il Signore benedisse
il suo zelo infaticabile e ridonò 7a pace alle nostre Case, nelle quali, come si dis-
se, lavoravano buoni e virtuosi con{ratelli. Infuse in tutti nuovo fervore di spi-
rito, animandoli a riprendere l'apostolato interrotto dalle vicende belliche e sa-
nare Ie ferite ancora aperte.
I molti contatti avuti accrebbero il prestigio della Congregazione presso le
autorità ecclesiastiche e civili, che da buoni intenditori, ammirano in lui la chia-
rczza del pensiero, l'apertura della mente, l'amabilità del tratto, la dirittura mora-
le che emanavano dalla icchezza della sua vita interiore.
17 Parroco Vicario foraneo di Rawson, ne1 Chubut (Rep. Argentina).
333

36.10 Page 360

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37 Pages 361-370

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37.1 Page 361

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PARTE OUARTA
PREFETTO GENERALE
(1922.1932)

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37.3 Page 363

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D. Ricaldone, Visitatore in Palestina, con D. Sutera ispettore, nel 19i9

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37.5 Page 365

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CAPO XVII
LE NUOVE RESPONSABILITA
Il 29 ottobre l92l Don Paolo Albera, secondo successore di Don Bosco,
chiudeva serenamente Ia sua operosa giornata, tutta consacrata al bene della
congregazio,ne, nella fedeltà allo spirito di Don Bosco. Attuando le disposizioni
delle costituzioni, il, Prefetto Generale, Don Filippo Rinaldi, convocò il XII Ca-
pitolo Generale, che nella seduta antimeridiana del 24 apfile 1922 elesse lo sresso
Don Filippo Rinaldi nuovo Rettor Maggiore.
il
Don Bosco aveva previsto in lui
nome a Don Giovanni Bonetti, il
il suo terzo successore e ne aveva confidato
quale, a sua volta, lo rivelò al fratello di
Filippo, Don Giovanni Rinaldi. Questi seppe mantenere il segreto e, solo il 26
aprile, due giorni dopo la elezione, lo rese di pubblica ragione- Don Bosco aveva
detto che i primi suoi re successori sarebbero stati Don Rua, Don Albera e Don
Rinaldi.l
Rimasta vacante 7a carica di Prefetto Generale, nella seduta pomeridiana del-
lo stesso 24 aptlle l'assemblea capitolare chiamò Don Pietro Ricaldone a co-
prirla.
Le due designazioni furono accolte con unanime consenso dai Salesiani,
consapevoli del lungo servizio prestato alla Congregazione con molto amore e zelo
illuminato sia da Don Rinaldi, nel silenzio operoso, come da Don Ricaldone
nell'azione dinamica.
Fu grande ventura per Don Ricaldone la sua elevazione a vicario di Don
Rinaldi, diventando così il suo più diretto collaboratore e il più affezionato te-
stimonio della sua pietà esemplare. Si può ben dire che tutta la sua vita sale-
siana si sviluppò all'ombra del Servo di Dio, del quale godette la guida saggia
e prudente e subì il fascino della virtù religiosa.
Il Prefetto Generale, come si è detto, è il più diretto collaboratore del
Rettor Maggiore, il quale si serve della sua op.ru p.. il disbrigo delle molte in-
combenze che giornalmente si allineano sul suo tavolo di lavoro, provenienti
dai vari settori dell'Opera Salesiana. È un susseguirsi costante, senza intelu-
zione, di notizie e di comunicazioni che presentano problemi da risolvere; tal-
I Crnre, Vita del Seruo di Dio Sac. Filippo Rinatdi, pag. 275-276.
337
22

37.6 Page 366

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volta di ordinaria amministrazione, talaltra di grande impottanza, ed anche di
gravità eccezionale.
Don Ricaldone, come Prefetto Generale, da principio aveva alle sue di-
pendenze anche l'ufficio della contabilità; infatti fin dal tempo di Don Bosco
il d..r".o lo custodiva Don Rua. Però, Don Conelli, Economo Generale, insi-
stette affinché coll'aggiornamento delle Costituzioni al Codice di Diritto Canoni-
co, la contabilità fosse affidata all'Economo Generale. Don Ricaldone, invece,
tenne duro per la << tradizione >> e, dato il parere contrario dei Capitolari, chiese
ed ottenne che le sue motivazioni per la « ffadizione » 2 fossero trascritte nei ver-
bali del Capitolo Superiore.
Inolrè Ie Costituzioni affidavano al Prefetto Generale (art. 70) la responsa-
bilità del governo ordinario della Società quando il Rettor Maggiore fosse assen-
te o impedito; ed anche la responsabilità di fare le veci de1 Rettor Maggiore nel-
le cose di cui avesse ricevuto speciale incarico'
Ancora: l'at. 67 dei Regolamenti gli affidavaLa cura dei missionari durante
la loro assenza dalla missione; l'art. 412 gli assegnava la presidenza dell'Ufficio
Centrale dei Cooperatori, che doveva riunirsi almeno una volta al mese.
Il Prefetto Generale aveva pure responsabilità di vigilanza generale sul San-
tuario di Maria Ausiliatrice, servendosi a tale scopo del direttore della Casa
Capitolare e poi del Rettore del Santuario.
Verso il Rettor Maggiore Don Ricaldone nutriva in gran misura stima,
affetto, venerazione; 1o sente, lo chiama e lo riconosce come Padre, profondo
conoscitore della santità di Don Bosco, dal quale aveva ticevuto l'impronta genui-
na dello spirito salesiano. Fedele interprete ed esecutore delle sue direttive, 1o
sollevò da ogni peso di ordine disciplinare nei confronti dei con{ratelli, riserban-
do a h còrrezione, il richiamo e la sanzione quando era richiesta per il bene
dei sudditi; in tal modo lasciava apenalavia all'azione della paternità del Rettor
Maggiore. Nel rendere questo servizio al Superiote agiva previa intesa con lui;
mirava dritto al fine: il bene del confratello; affrontava serenamente la situazio-
ne, parlava alla ragione ed al cuore; cercava con fetmezza, non disgiunta dalla
carità, il tavvedimento del suddito.
Le qualità che già abbiamo avuto modo di apprezzate in lui furono preziose
per abbracciare le dimensioni della nuova responsabilità.
I1 lavoro ordinario richiedeva tutte le ore della giornata, che si svolgeva col
ritmo abituale dalle prime ore del mattino dedicate alle pratiche di pietà alTe tat-
de ore della sera. Ma ben presto si aggiunsero altre incombenze, che 1o trova-
2 In realtà nelle Costituzioni all'articolo 76 si leggeva che I'Economo Generale doveva
ail"gRireet<t<osroMttoaglgaiodriereizniotenrevedneivlaSupperiloibreer>a>m. Èentuen, 'eacttora, v,pèprsuon1il9,sdueol-laV-i.ctraardioiz,ionneel,leqcuoasnedoamcmioèi-
nistrative. DJi Borco fece cose- meravigliose anche per
tutto appariva intestato a Don Bosco J che Don Bosco
questol È da notare
chiese ed ottenne da
che
Pio
ag-li inizi
IX parti
ctiocloalrai rfiicfaocltoàl.tàAdncahPe iDooXnIR(ivciavldaoenve,ocaipipoernaacufalott)oeRseettonreMvaaglsgeiorpee, rchiniecsoeraeggdiaortetecnonnecrpeatar--
mente tante iniziative.
)38

37.7 Page 367

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rono disponibile all'appello del Superiore. Cosicché il panorama della sua opero-
sità assunse sviluppi non ancora raggiunti in precedenza; inoltre è ricco, organico,
armonioso in ogni sua parte. Ovunque si posi lo sguardo, riflette una luminosità
chiara e varia, dove si accentua I'energia della volontà ,7a costanza della virtù, lo
amore al sacrificio, la pietà che autentica testimonianza di servizio per la
causa di Dio.
Tanta luminosità non esclude la presenza di zone d'ombra, ma tascurabili
per numero e intensità. Confratelli anziani così 1o ricordano in quel periodo:
c«hDeadPi rpeiefetàttoinGceonmeruanlee.-Si
scrive
alzava
DoordninFaarivaimnie-nte,pcaortrenceipqauvaasisetumtptriei
alle prati
Superiori
Maggiori di allora, alle 4,30; celebrava la S. Messa alle 5 e si tovava alla prima
meditazione delle 5,30 letta dal caro Coadiutore Vallotti. Così partecipava alla
lettura spirituale e alla Benedizione Eucaristica che prendeva alle li. Ed era
alle preghiere della sera nel coro di Ma,ria Ausiliatrice ed alla << buona notte )> di
Don Francesia. C'era Don Francesia che vegliava e, se qualcuno dei Superiori
non seguiva I'orario, chiedeva subito se stava ,male.
Naturalmente quando era assente e quando dava la << buona notte »> ai gio-
vani (molto desiderato e invitato) faceva le sue eccezioni. Dopo Ie orazioni gene-
ralmente imitava Don Rua e faceva il suo giro per i cortili recitando il Rosario,
con salutari effetti nei confratelli... girovaghi.
Anche alla seconda messa domenicale ed ai vespri, se era in casa, non man-
cava mai.
Così la sua confessionale settimanale a Don Molfino generalmente.
Nel 1925-1926 oryanizzò la propaganda missionaria e scelse anche me pel
gruppo dei conferenzieri che mandava qua e là, con proiezioni luminose, a susci-
tare interesse per le nostre missioni, raccogliere vocazioni ed aiuti.
Quando tornò dalla visita alle missioni dell'India portò bellissimi films e
passò lui stesso in varie città a tenere confetenze missionarie.
Nel 1928 io ero catechista al Martinetto e facevo scuola di Religione nello
Istituto Industriale di Corso S. Maurizio (oggi Istituto Avogadro). Mi consigliò
di condurre i giovani a fare Pasqua aMaria Ausiliatrice e si prestò lui stesso,
con altri Superiori, a confessare in sacrestia; poi tenne in teatro 7a conferenza
missionaria illustrando un suo film dell'India. Professori ed allievi uscirono
entusiasti e passarono a visitare i nostri laboratori riportandone una grande
impressione pel contegno dei giovani atigiani al lavoro, sebbene i laboratori
nostri fossero più modesti dei loro.
La scuola di Religione in quegli anni, 1927-1929, non eta ancora statale; eru
un tentativo del Card. Gamba, finanziato dall'Ufficio Catechistico Diocesano di
Iorino.
Un episodio che può far del bene è questo. Nel 1926, da Borgo S. paolo io
scendevo ogni mattino a predicare il mese di Maria Ausiliatrice alla funzione de-
gli artigiani in Basilica. Un giorno volli fare una volata oratoria prendendo
spunti da Lacordaire. Tra confratelli e giovani crebbe l'entusiasmo. A colazione,
339

37.8 Page 368

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gli Ispettori convenuti a Torino per le celebrazioni del 50' delle Missioni da va-
ii. nuriori di America, mi facevano i complimenti. Ad un tratto entra Don Rical-
done. Appena mi vede si rabbuia in volto e mi investe: << Dove hai la predica
che hai fatto stamattina? >>.
-
-Io
Ho solo gli appunti
Tirali fuori.
-
li estrassi di tasca. Ed
risposi io, ancora incerto
egli: << Dalli qua »>.
se
facesse
sul
serio.
Me li fece
cordatelo bene.
apezzi
e
poi:
-
se predichi ancora così, sarà ]'ultima volta: ri-
Gli Ispettori si squagliarono. Io gli baciai la mano, uanquillizzandolo, e ta-
gliai la corda.
Don Puertas, addetto allora all'Ufficio del Bollettino Salesiano in lingua
spagnola, ricorda come fosse fedelissimo all'orario della vita comune, tanto che
r. àn.h. tornava da
cinque. E quando il
svuiaogfgisi i^cot,aatddaunnotcteer,toalpl'iunndtoom, adnovi estitetrocveadveare
in chiesa alle
ad un orario
di vita .orì ,.r.uto, ricorda come ripetesse sovente con tanta pena: <( È il mio
rnaggior sacrificio non poter prendere più parte alla vita comune. Eppure vedo
che devo fare così >>.
Abbiamo poi tre episodi che mettono in luce la profonda umiltà di Don
Ricaldone e la sua sottomissione filiale al Rettor Maggiore. Il primo 1o riportia-
mo da Don Ceria.3
<< Un padre è sempre padre, anche con i 'poveri figli prodighi' Nel 1929 a
Bosconero, paese poco lontano da S. Benigno Canavese, menava vita miserima
un sacerdote, che aveva lasciato la Congregazione quand'era in America. Ormai
vecchio rimbambito e oberato di debiti, riceveva gli alimenti da una buona ui-
stiana, che gli poftava un po' di minestra e di pane. Non celebrava più, perché
il Vescovo da tempo 1o aveva sospeso, non potendo più andare all'altate decen-
temente vestito. Più volte l'avevano udito esclamare: <( Signore, ho fatto i ca-
pricci ed ora me li fate scontare ».
I1 direttore della casa di S. Benigno Canavese, Don Silvio Santini, cono-
sciute Ie sue tristissime condizioni, ne informò il Preletto Generale, il quale gli
rispose che da troppi anni quel disgraziato era luori e che uscendo aoeaa troodto
modo di andarsene col portafoglio ben lornito sperperando poi tutto col uiaggia'
le all'estero in compagnia di sfruttatorl. Don Rinaldi, messo al corrente delle cose
dal medesimo Don Santini, gli disse: È << vero che Don M. ci ha abbandonato,
ma noi in questo momento non dobbiamo abbandonarlo. Farai conoscere al Pre-
fetto il mio desiderio che si faccia tutto il possibile per soccorrerlo »>.
Si cominciò allora di ricoverarlo al Cottolengo. Data pertanto una genefosa
offerta alla Piccola Casa, vi fu trasportato a spese del Capitolo Superiore dopo
essere stato vestito da capo a piedi. dopo alcuni mesi divenuto furioso (pare
che fosse alcolizzato) venne fatto accogliere dal manicomio, dove non visse più
3 E. Crnra, Vita del Seruo di Dio Don Filippo Rinaldi,
)40

37.9 Page 369

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di un anno. Don Ricaldone mandò ai funerali il Consigliere del Capitolo Don
Vespignani, già Ispettore del povero defunto >>.
Il secondo, pure interessante, riguarda la proposta d'una sistemazione finan-
ziafia da definire tra i Salesiani e le F.M.A., per il servizio religioso prestato dai
salesiani nelle diverse case delle F.M.A. Don Ricaldone portò l'abbozzo di uno
scritto dove si proponevano cifre determinate. Don Rinaldi prese il foglio, lesse
e poi con tranquillità lo ripiegò, 1o fece a pezzi e li lasciò cadere nel cestino della
carta usata. Don Ricaldone accettò la lezione e della cosa non se ne parlò più.
E seguì questa norma anche da Rettor Maggiore.
Il teruo è una lettera di Don Rinaldi. Egli conosceva l'umiltà del suo Prefet-
to Generale e come questa si realizzasse sempre in serena docilità, per cui, quan-
do era necessario, anche da lontano lo raggiungeva col suo paterno consiglio,
come avvenne durante la visita che egli stava facendo all'Ispettoria Belga. Nella
lettera, già, citata, del 22 dicembre, così 1o ammonisce: « ... In Capitolo non
si vide bene quella serie di circolari colla tua firma. Quella per Lombardo Radice
parve un'invasione del campo scolastico: le altre una sottrazione di autorità al
Superiore... >>.
Perché profondamente umile, fu sempre uomo semplice e retto, distaccato
dalla sua persona. Così lo ricorda Mons. Cognata, Salesiano, Vescovo Titolare
di Farsalo, che ebbe sempre l'impressione, fin da quando Don Ricaldone era
Prefetto Generale, che egli << esercitasse I'autorità come sacra responsabilità di
nanzi a Dio, a servizio della congregazione e della chiesa »>. E ricorda un epi-
sodio: « In una solenne manifestazione salesiana all'Istituto S. Cuore di Roma,
in cui venne a supplire il sig. Don Rinaldi impedito per salute, essendo presenti
parecchi Vescovi, lo consultai sulla conveniente assegnazione dei posti; ed egli,
con un accenno di sorriso e con tono di semplicità mi rispose << Se debbo essere
considerato quale rappresentante del Rettor Maggiore, conviene che io segga al
centro >>.
Nel 1922 e 1923 abbe ancora al suo fianco come segretario il fedele Don
Molfino, che in seguito venne sostituito da Don Alfonso Pellegrini. Inoltre si
serviva dell'opera di Don Luigi Ferrari e di Don Luigi Beccuti. Nel primo perio-
do del nuovo ufficio godette di una relativa tranquillità, che gli permise di pren-
dere piena conoscenza della nuova responsabilità; ma fu un periodo di breve
durata.
Delle due organizzazioni, quella dei cooperatori e quella degli Exallievi,
Don Ricaldone non si occupò espressamente; lasciava che facessero i segretari
incaricati, pur essendo largo di consiglio e di incoraggiamento, e presiedendo spes-
so i loro convegni e tenendo la conferenza annuale ai Cooperatori. Solo nel no-
vembre l93l gli A.c.s. pubblicarono una sua comunicazione riguardante la
iorganizzazione e 1o sviluppo della Pia Unione dei Cooperatori e delle Coopera-
trici. La riportiamo integralmente in Appendice, allegato n. 27 .
)41

37.10 Page 370

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Le sue prime intraprese
L'anno L923 gli portò parecchie novità.
Nel mese di gennaio fu costretto a tenere il letto, perché colpito dalla « spa-
gnola >>,a
distrrbo
come annota egli stesso in un notes personale. N9n
leggero di breve durata; lo si comprende dalle
1i trattò di
due lettere
un
se-
guenti.
il Rettor Maggiore, scrivendogli dalla Sicilia ai primi di matzo, gli diceva:
Modica, 4 marzo 1923
Caro Don Ricaldone,
Ti ho seguito nella fiM male;ttia ed ho pregato per te; voglio sPerare
che ormai le cose siano ben awiate.
Nonlavorateoratroppo,maservitideisegretarii
Il mio viaggio volge verso la fine, domani ritornerò a Catania
Sac. F. RrNer.or
Egli stesso rivela la gravità della situazione in cui venne a ffovarsi rispon-
.lendol Don Virginio Battezzati, Maestro dei Novizi a Lavrinhas nel Brasile.
Torino, 19 giugno L923
Carissimo Don Battezzati,
solo ora, t9lvlll92J ricevo la tua del 22 marzo; non so a che atlibuire
i- l
ritardo.
Sto rimettendomi
dalla
gravissima
malaltia
che
mi
condusse
alle
porte
de11'eternità.
D. Prrtno Rrcet»oNs
Forse fu in questa circostanza che gli venne amminisffata I'Unzione degli in-
fermi. Egli però dichiarava di non essersi accorto di nulla; glielo riferirono i
segretari. Ricordando questa sua esperienza raccomarrdava di amminisffare detto
sacramento in tempo conveniente, quando il malato dimostra di essere cosciente.
chi conobbe la forza d'animo non ordinaria di Don Ricaldone, non si me-
raviglia se anche in tale periodo cruciale egli mantenne il controllo di e, su-
p.aut, la crisi, riprese progressivamente il suo lavofo, senza imprudenze ma an-
si
a Si
propagò
driasspeidSapÀaegitneolianutnuattafolr'mEuarodpia,e-pdirdrreamntiae
influenzale che,
la prima guerra
partendo
mondiale,
datrla Spagna
mietendo, si
disse, più vittime che non la stessa guerra.
342

38 Pages 371-380

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38.1 Page 371

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che senza debolezze. A fine marzo Don Rinaldi rientrò all'Oratorio ed egli andò
a passare la Settimana Santa e le feste di Pasqua ad Ivrea; pensava che la salubri
del clima, la posizione dell'Istituto con l'ampio respiro della serra morenica,
I'ambiente a lui famigliare avrebbero favorito la ripresa dell'organismo.
Con apposita circolare,s nel maggio del 1923, il Rettor Maggiore comu-
nicava ai Salesiani che << la S.C. di Propaganda Fide, per decisione del S.P.
Pio XI aveva indetto una Esposizione Mondiale delle Missioni, da tenersi nei
Palazzi Vaticani nell'anno 1925 >>. Con tale manifestazione celebrata nell'An-
no Santo il Vicario di G.C. mirava a <( promuovere un vasto e profondo ri-
sveglio religioso nel ,mondo, un maggior incremento delle opere missionarie e
di evangelizzazione »>. Aggiungeva che il Prefetto della S. Congregazione << aveva
fatto pervenire a tutti i Superiori Generali degli Ordini e Congregazioni Re-
ligiose un formale invito a parteciparvi nel modo migliore >>. <<La nostra Pia
Società, scriveva Don Rinaldi, sente il dovere di portarvi tutto il suo contri-
buto volenteroso, filiale, completo... Accresce ancora forza all'invito la circo-
stanza che l'anno 1925 è pure il primo Giubileo d'Oro delle nostre Missioni...
Che se non riusciremo ad esporre il nostro materiale prima di mandarlo a
Roma, lo esporremo poi a Torino, appena sarà di nuovo disponibile »>. Elen-
cate poi le missioni salesiane che dovevano figurare nelle Esposizioni, e il
<< materiale missionario >> da preparare e spedire, conchiudeva: <( Ogni Ispet-
tore nomini un confratello che sotto la sua responsabilità sia come f incaricato
ispettoriale di questo movimento tanto per quanto riguarda i Salesiani quanto
per le Figlie di Maria Ausiliatrice, che si tenga in diretta comispondenza colla
Commissione Centrale di Torino dipendente dal Capitolo Superiore. Tale Com-
missione verrà tosto nominata. Intanto si è già stabilito come presidente di
essa il Sig. D. Ricaldone, e come segretario e delegato presso la S.C. di Pro-
paganda il confratello D. Domenico Mofiino >>.
Si trattava, dunque, di allestire due esposizioni: una quale partecipazione
a quella mondiale nel Centro del Cattolicesimo, l'altra Salesiana nel cenro del-
l'Opera Salesiana. Il tempo richiesto per 1a preparazione, la spedizione e la
conveniente disribuzione del materiale non permise di anticipare la totinese
alla romana.
Appena nominata la Commissione, Don Ricaldone Ia suddivise in due sezio-
ni; la prima operava a Torino sotto la sua diretta sorveglianza, la seconda a
Roma sotto la direzione di Don Molfino, il quale non era alle prime prove in
fatto di organizzazione e fu prezioso strumento di coordinazione tra la Con-
gregazione Romana e il Capitolo Superiore. I1 tempo disponibile per giungere
al traguardo del completo allestimento era sufficiente, ma non abbondante;7a
preparazione in loco del materiale (si pensi a esemplari della fauna, della flo-
ra, a riproduzioni folcloristiche, alla compilazione di prospetti, monografie, ecc.
ecc.), la spedizione, la disribuzione in apposite vetrine nel padiglione Vaticano
s A.C.S., giugno 1923
343

38.2 Page 372

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rappresentavano tre momenti di grande impegno. Don Ricaldone fu il centro
propulsore, che con una serie di circolari stimolò opportunamente e assidua-
mente gli incaricati ispettoriali nel loro lavoro. Li invitava a compenetrafsi
della grave responsabilità che pesava su tutta Ia Congregazione, li sollecitava a
non risparmiarc fatica, petché la pattecipazione alTa Mostra Vaticana doveva
rappresentare la somma dell'opera di tutti.
Tra le circolari merita un cenno particolare quella che ebbe per oggetto
\\a preparazione di carte geografiche « dei luoghi in genere ove si svolge l'Opera
di Don Bosco e in particolare dei luoghi di Missione ». Gli incaricati dovevano
servirsi di carte geografiche della propria regione e, usando segni convenzionaTi
riprodotti nella circolare, segnare le opere salesiane (comprese quelle delle F.M.A.)
nella località ove esistevano. Queste catte servirebbero per la pteparazione del-
le carte da esporre alle Due Esposizioni.
In conclusione: la vigile direzione del Prefetto Generale trovò generosa
corrispondenza in ntti i suoi collaboratori di Torino, di Roma e delle Missio-
ni e il 21 dicembre 1924, giono stabilito per la solenne inaugurazione, fatta
dal S. P. Pio XI, anche il grande padiglione riserbato alle Missioni Salesiane
presentava agli intervenuti la ricca documentazione del servizio prestato alla
Chiesa dai Figli di Don Bosco nel primo cinquantennio di attività missionaria.
Su tutto I'insierne di quel complesso armonioso nella sua varietà, dominava Ia
grande statua di Don Bosco e, pufe in posizione preminente, attirava I'atten-
zione un ingrandimento fotografico che riproduceva la commovente scena del
congedo da Don Bosco dell'apostolo dell'America Meridionale, il futuro Cardi
nale di S.R. Chiesa Giovanni Cagliero.
Il nostro padiglione occupò uno dei primi posti per il numero, la ric-
chezza e la originalità degli oggetti inviati, e non fu sufficiente per accoglierli
rutti.
A conforto dei Salesiani e in particolare dei nostri Missionari, Don Ri-
caidone mandava la seguente comunicazione: <( all'Esposizione Missionaria Va'
ticana le nosme Missioni meritarono ripetutamente il sovrano compiacimento
e frasi assai lusinghiere del S. Padre, nonché il plauso di eminenti personaggi
e di molti amici dell'opera nostra )>.
I1 9 gennaio 1926 1o stesso S. Pontefice presiedette la solenne cerimonia
de1la chiusura. In tale occasione, rispondendo all'indirizzo di omaggio rivol-
togli da S.E. il Cardinal Van Rossum, Prefetto della S.C. di Propaganda, con'
fermò il proposito già da tempo manifestato, di conservare la preziosa suppel-
lettile... << rimarrà come Museo Missionario, come scuola, come libro sempre
aperto... ». Al discorso seguì la « distribuzione delle ricompense »>: la medaglia
di benemerenza con diploma, istituita da Pio XI con Motu proprio.
Il fervore per la celebrazione della fausta ticorcenza cinquantenaria delle
Missioni Salesiane, dal cuore ardente di Don Rinaldi si irradiò in tutto il
mondo salesiano, La pteparazione ebbe inizio fin dal 1923, mediante il più
intenso sviluppo dato all'azione missionaria, sia colla pubblicazione di un ap-
posito periodico Gioventù Missionaria »), sia coi numerosi comitati missio-
344

38.3 Page 373

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nari (locali, regionaii, nazionali), sia col partecipare all'Esposizione vaticana,
sia finalmente col suscitare tra i Cooperatori, tra gli Exallievi, e in modo parti-
colarissimo tra gli allievi dei nosri istituti e oratori un vivo entusiasmo per le
nostre Missioni. Nel giugno del 1925 Don Ricaldone presentò ai membri del
Capitolo Superiore un programma di quello che si sarebbe potuto fare per una
degna celebrazione. I1 capitolo lo approvò e Don Rinaldi comunicò alla Con-
gregazione il piano generale dei festeggiamenti.
Don Ricaldone non aveva atteso la dichiaruzione ufficiale di Pio XI riguar-
do la creazione di un Museo Missionario. rl 24 gfugno 1925 scriveva: <( ...pare
che il s. Padre, soddisfatto dell'esito ottenuto, intenda prolungare l'Esposizione
oltre iI dicembre 1925 e trasformarla poi in una specie di Museo Missiona-
rio con sede propria ». E si domandava: « come faremo noi pertanto a prepa-
rare la grande Esposizione Missionaria che, giusto l'annunzio del Veneratissimo
Rettor Maggiore dovrà tenersi nel prossimo 1926 a Torino per il cinquantenario
delle nostre Missioni? »>. Dopo aver osservato che si disponeva di un certo
numero di elementi che non avevano trovato posto a Roma, invoca ancora
una volta l'efficace concorso dei missionari per f invio di altro materiale, no-
tando che la manifestazione di Torino, oltre a mettere in luce l'opera missio-
naia tra gli infedeli, doveva documentare 7'azione svolta dai Figli di Don Bo-
sco particolarmente in America, in favore degli emigrati europei e dei loro
figli.
con elementi folcloristici decorativi raccomandava di << mandare qualche
animale vivo, specialmente uccelli o altri piccoli animali interessanti (forse
pensava al guanaco portato a Siviglia nel 1908 di ritorno dal sud America, che
aveva tanto divertito i giovani andalusi), come pure qualche pianta esotica od
altro.
L'Esposizione venne allestita in un imponente edificio di recente costru-
zione, di cui occupò il pianterreno e il primo piano sopraelevato; tra sale e sa-
loni si notavano più di venti reparti. Il tempo disponibile per il complesso Ia-
voro della preparazione era molto limitato, poiché l'inaugurazione era stabilita
al 16 maggio. La responsabilità di giungere al traguardo nel tempo prescritto
ricadeva su un gruppo di Salesiani volonterosi, guidati personalmente da Don
Ricaldone. D. Eugenio valentini, scrive: « Don Ricaldone aveva promesso che
per la data fissata la Mostra Missionaria sarebbe stata pronta. Alla vigilia del-
f inaugurazione si era in ritardo sulla tabella di marcia; sembrava impossibile
poter riuscire ad ultimare il lavoro. Ma egli lavorò e fece lavorare firtta, la
notte e al mattino seguente tutto era pronto »>.
Apriva la serie dei reparti una sala di quallficazione, dedicata alla glo-
ùficazione di Don Bosco, dove I'umile casetta dei Becchi contrastava vivace-
mente colla grandiosità dei plastici rappresentanti lo sviluppo della sua opera
nel mondo, e una geniale rievocazione del sogno fatto a Barcellona nel 1gg6
indicava a1 Santo l'espansione delle Missioni iniziate nel 1875.
con Don Bosco si volle ricordare in modo particolare il cardinale G. ca-
gliero, dedicando al grande Apostolo un reparto, nel quale la sua figura cam-
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38.4 Page 374

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peggiava in un dipinto ad olio e tra gli altri soggetti si notavano i suoi indu'menti
caiiinalizi, un letto da campo usato nelle escursioni apostoliche, e un armo-
nium che aveva adoperato nella Patagonia.
Negli altri reparti si succedevano le Missioni di America, dell'Asia, del-
1'Austraiia, tutte ben rappresentate da abbondante materiale, ricco e disposto
con senso di misura.
Le Gase di formazione
La terza novità che 11 192) portò a D. Ricaldone la leggiamo nella co-
municazione fatta dal Rettor Maggiore negli A.C.S. (24-9-t923). Coll'aiuto della
Divina Provvidenza 6 i Superioii, ne| 1923, poterono attuafe un disegno di
grande importanza. Acquistarono in Torino una casa << la Crocetta ,> nella qua-
i. ,.rrpo.àrono lo stuJentato teologico internazionale, che dal 1904-1905 fun-
zionaua nella Casa di Foglizzo. E a Foglizzo ritornò il Noviziato, che aveva
trovato sede provvisoria ad Ivrea; la Casa di Ivrea a sua volta ebbe lo scopo
esclusivo di attendere alla formazione degli aspiranti missionari.
Quale l'origine degli aspiranti missionari? Don Tarcisio Savarè la racconta.
<< Fu un'epopea giovanile. Don Bernardo Savaré, direttore a S' Benigno,
aveva sbirciato sui brogliassi che Don Lemoyne faceva colà stampare su carta
da bozze, per ordine cronologico, i sogni di D. Bosco, in preparazione alle
Memorie Biografiche: e 1o aveva colpito il sogno di giovanetti che combattono
contro i guerrieri e poi partono per varie pafti del mondo (M.B. XIV, 123).
Se ne riàrdò quando fu fatto Direttore della Casa Madre (1918) e invitò
D. Pedemonte i p6j1u1, della Patagonia ai giovani dell'Oratorio, e così altri
Missionari, oltre i Superiori del Capitolo.
Fece epoca una conferenza diD. Ricaldone di ritorno dalla Palestina, oltre
che una Via Crucis da Lui predicata coi ricordi freschi dei Luoghi Santi. Nel
1918 si ebbe anche il Documento Missionario Pontificio. Più tardi, nel 1922,
durante il Capitolo Generale tenutosi a Valdocco, si caldeggiò f iniziativa di
alcuni Ispettori di portare con qualche studente di IV ginnasiale (non c'era
allora Ia V ginnasiale).
Da notare che a Penango si preparavano i Figli di Maria, che erano piut-
tosro avanti negli anni e non più giovanettil L'Ispettore del Chile, Don Nai,
aveva pagato a Penango per 12 Figli di Maria, ma dietro richiesta del nuovo
Rettor Maggiore Don Rinaldi, ne cedette sei agli Stati Uniti. Ad essi ci unimmo,
nella partenza pet le Missoni, noi dieci dell'Oratorio:
4 in Patagonia: D. Castano, D. Fogliasso, D. Consonni e Varesio (ex);
2 in Ecuador: D. Giarola e M. (ex);
6 Fu Don Adolfo Tornquist strumento della Provvidenza, poichè egli acquistò la casa.
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38.5 Page 375

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1 negli Stati Uniti: D. Giovannini;
2 in Palestina: D. Brusa (in Diocesi) e Padoan (ex);
1 in Chile: il sottoscritto D. Savaré Tarcisio.
L'anno dopo: Prando (+ ) in India, D. Pomati in Cina.
Già sacerdoti, partirono D. Massimino (Cina); D. Taricco (Uruguay) senza
contare quelli che entrarono qui in Italia.
Fra le carte trovate alla morte di Don Bernardo Savaré c'era la copia, poi
a me
potet
inviata,
partire
della lettera con
per il Chile. Si
vceudi eglcihcehile'adveevova-letctaomeecaonmseiorvDatiarecttoomree
-docud-i
mento, perché non mancarono oppositori alla mia parter:za, data \\a giovane età
di 14 anni non ancora compiuti. Fatto sta che la Vestizione di noi partenti
per gli stati uniti e per il chile, fatta da Don Rinaldi in Maria Ausiliatrice
(22 luglio 1922) lu una scintilla elettrica: dunque si poteva partire da giovani
per le missioni!
Piowero le domande (suscitate ben presto anche da << Gioventù Missio-
natia >>); ma come, dove soddisfarle?
Ecco Ivrea per la lingua inglese. E per quella spagnola? Ecco Penango,
dove al principio furono mandati alcuni della 2 ginnasiale di valdocco (1924-25)
per amalgamare salesianamente i nuovi venuti, dato che i Figli di Maria erano
stati trasferiti altrove. Foglizzo stesso, per qualche tempo, fu anche Aspiran-
tato per studenti e artigiani. Poi, a mano a mano, altre Case si aggiunsero a
queste.
Il Capitolo Generale del 1922 fu l'occasione per realizzare, a cominciare
dalla Casa Madre stessa e poi dagli Aspirantati Missionari, il << sogno »> di
Don Bosco: giovanetti che affilano le armi e poi si spargono per il mondo. E
Don Ricaldone, assecondando i desideri e le direttive di Don Rinaldi, inca-
nalò e organizzò questa moderna crociata giovanile ».
All'inizio dell'anno scolastico, nell'ottobre del 1923,la Crocetta ospitava
ben centoventi chierici, studenti di teologia, provenienti da tutte le parti del
mondo per formarsi nello spirito di Don Bosco; la Casa di Ivrea contava cen-
tosessanta aspiranti missionari. Don Rinaldi scriveva: << Essendo queste due
opere di carattere internazionale, si è creduto bene di porle direttamente sotto
la dipendenza del capitolo Superiore, anche per assecondare il voto espresso
ripetutamente negli ultimi due capitoli Generali. Perciò la sorueglianza dt
queste due Case, anzicbé all'Ispettore, sarà d'ora innanzi alfidata al Preletto
Generale, quale incaricato dal Capitolo Superiore.
A questo punto dobibiamo notare che dal l9l2 al 1926, anno in cui venne
eretta canonicamente la Ispettoria Cenfiale, le case di fotmazione apparte-
nevano all'Ispettoria Subalpina, tranne alcune (come le due sopra ricordate e
nel 1925 la casa di Penango) e che dipendevano direttamente dal capitolo
Supetiore. I Superiori visitavano queste case in occasione di solennità particola-
ri; Don Ricaldone con maggior frcquenza, con impegno specifico di sorve-
gliare l'andamento generale e particolare, in armonia con lo scopo che do-
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38.6 Page 376

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veva qualificarle. Seguiamolo qua e 1à, attingendo notizie dalle Cronache e
dalle testimonianze di confratelli.
Per l'Aspirantato di Penango, D. Luigi Bogliolo attesta quanto segue:
« Ebbi la fortuna di conoscere il Sig. D. Ricaldone abbastanza da vicino, per
quanto può conoscerlo un ragazzo, come allora ero, fin da quando entrai nella
casa di Penango per fare il mio aspirantato nel 1924.
Era il primo anno di svolta storica per quell'antico Istituto, divenuto
proprio quell'anno sede di giovani aspiranti missionari. Si trattava di adattarlo
ed ampliarlo notevolmente. Se ne occupò attivamente D. Pielo Ricaldone,
allora Prefetto Generale della Congregazione. Lo vedevamo comparire setti-
manalmente per seguire lo stato dei lavori, ma anche per seguire noi giovani
che egli conosceva ad uno ad uno. Si intratteneva con noi nelle ricreazioni e
veniva spesso nello studio ad insegnarci a cafit^fe. Si metteva egli stesso al
piccolo armonium e suonava le più belle canzoni del repertorio salesiano: il
<< Su cantiarn! ». Insieme ai canti burleschi e giocosi, che mettevano un tono
di serena letizia nell'ambiente e ricordavano il leggendario direttore dell'Oratorio
di Siviglia (Spagna), riuscimmo ad imparare una bella scelta di lodi saue in lin-
gua spagnola: la lingua ufficiale dell'Istituto di Penango che aveva come scopo di
preparare il personale per le Ispettorie e le missioni del Sud America. Ricordo
ancora con quanto amore e con quanta pazienza ci dettava e poi eseguiva lui
stesso ,per primo la musica di alcuni indimenticabili canti, come ad esempio:
Corazòn Santo, tu reyndras, La Virgen Maria es nuestrd protectora, Es Maria
Auxiliadora dulce faro de la mar.
Ancor oggi mi risuona all'orecchio quell'accento di viva devozione con
cui egli, cantando, trascinava anche noi che imparavamo senza fatica, quasi
senza accorgercene.
A noi aspiranti faceva molta impressione la sua pietà, forte, agli antipodi
di ogni sentimentalismo com'era il suo carattere. Si rendeva manifesta spe-
cialmente quando si preparava a celebrare la S. Messa, quando si recava al-
7'altare e durante la stessa celebrazione. Ttta 7a forza della sua sraordinaria
volontà sembrava concentrata in ciò che stava compiendo. Recitava le parole
con chiarczza e con calma, ma soprattutto pronunziate con una carica di fede
che creava attorno a un'atmosfera soprannaturale. Ma, ripeto, senza sentimen-
talismi. La {ede era in lui una forza che si comunicava, eru la vita della sua
vita e della sua azione. Ciò traspariva ancor più quando parlava. Aveva certa-
mente non comuni doti di eloquenza; ma la sua parola così densa di contenuto
e così elegante, era animata dalla fede viva che la dettava e per questo so-
prattutto ci rendeva sempre migliori.
Fra le tante cose che ci insegnava ce n'era una cui teneva tanto: l'ordine
e la pulizia della Casa. Veniva ad osservare come la facevamo e non mancava
di darci pratiche lezioni al riguardo. Una volta avevo l'incarico di spolverare
la ringhiera dello scalone, in ferro battuto, ornata di volute. Vi mettevo tutto
f impegno ed era quasi orgoglioso quando 1o vidi avvicinarsi, pensando che mi
avrebbe rivolto qualche complimento. Appena mi fu vicino mise un dito fra
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quelle volute dove difficilmente poteva entrare lo strofinaccio e senza far
motto lo ritrasse tutto impolverato. Non dimenticai mai più quella lezione
pratica sulla diligenza e serietà con cui bisogna amare l'ordine e la pulizia.
Nella lunga assenza del suo viaggio, attraverso le missioni dell'Oriente
(India, Cina, Giappone) si tenne sempre in rapporto epistolare con noi. Quan-
to godevamo quando il Direttore, D. Bonvicino ci leggeva quelle lettere, che
ci infiammavano di spirito missionario! Forse non pochi dei miei compagni
debbono la riuscita nella vocazione alf ideale missionario così accuratamente da
Lui coltivato nei nostri cuori! Quando poi ritornò, venne a farci una visita
prima di tagliarsi la bella barba bianca che si era lasciata crescere nei lunghi
mesi di viaggio, tenendoci una conferenz^ talto bella, che avremmo voluto
non finisse più.
Alcune volte accompagnava il Rettor Maggiore D. Filippo Rinaldi, ed
era commovente la devozione diliale con cui circondava la sua persona, proprio
come se fosse Don Bosco stesso. Quest'attenzione si accentuò sempre più negli
ultimi anni di vita del grande Servo di Dio.
Era senza dubbio un effetto della sua fede di religioso verso colui che
rappresentava Dio e Don Bosco.
Al termine del mio Aspirantato andammo a Villa Moglia-Chieri, per fare
il nostro Noviziato, ma il numero dei novizi era talmente grande (ben L22),
che si rese necessaria la divisione e, dopo due mesi, la metà di noi prese la
via di Cumiana. La casa era vuota perché appena cosffuita, ancora bisognosa
di molte rifiniture. Fu una gran fortuna, perché l'artefice di quella scuola
agricola er,. ancora il Sig. D. Ricaldone, un maestro in fatto di agricoltura.
Girando per Ie Missioni aveva costatato che l'azione missionaria non può li
mitarsi a71a predicazione del Vangelo: occorrevano tanti bravi confratelli mae-
stri nelle scienze agricole e professionali per portare alle genti, insieme al
messaggio cristiano, i migliori ritrovati della civiltà. È in questa luce che
prende tutto iI significato la grande idea di D. Pietro Ricaldone: Ia costru-
zione degli Aspirantati per studenti, destinati aI sacerdozio, per agricoltori e per
le varie specializzazioni professionali (1'Istituto Conti Rebaudengo, I'Istituto
Agnelli, il Bernardi Semeria del Colle Don Bosco). Delle Missioni aveva una
idea davvero completa, qual'è oggi delineata dal Concilio Vaticano II.
Se a Penango lo vedevamo qualche volta ogni mese, a Cumiana veniva
almeno una volta alla settimana, quando non due o tre. Era la sua casa pre-
fefita: \\a seguiva in tutti i suoi particolari e spesso compariva con personaggi
di passaggio a Torino, Vescovi, Missionari, personalità del mondo ecclesiastico
e civile. Avvertiva sempre in antecedenza, perché i nostri superiori ci prepa-
rassero ad un ricevimento cordiale, gioioso e un po' fragoroso, come voleva
Don Bosco.
Al termine del Noviziato, fatto interamente sotto i suoi occhi, guidati
da quel grande maestro di salesianità che fu il venerando Don Luigi Terrone,
Don Ricaldone mi annunciò che sarei andato a compiere gli studi filosofici al-
l'Università Gregoriana di Roma. Si può immaginare il mio entusiasmo e la
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mia commozione Era una grazia di impoftanza straordinaria, di cui soltanto
in seguito compresi tutta la portata e doveva decidere del mio avvenire sa-
lesiano »>.
La cronaca del noviziato di Ivrea registra parecchie visite di Don Rical-
done, specialmente in occasione di solennità religiose.
Don Eugenio Valentini ricorda per il 1922: « Dopo il rendiconto Don
Ricaldone mi diede questi ricordi: 1) Stimarci nulla conoscendoci bene; 2) te-
nere gli altri più avanti di noi in tutto; J) essere sempre contento che g1i
altri siano fatti segno di preferenze e che riescano bene; 4) per noi essere con-
tenti dell'ultimo posto in ogni cosa e degni solo di disprezzo; 5) farc frequenti
comunioni spirituali >>.
Nel giugno del 1923 vi si trattenne per parecchi giorni; portava la notizia
che col prossimo anno scolastico i novizi avrebbero traspoftato le tende a Fo-
glizzo, lasciando tutta la casa a disposizione dei Caglierini; ai Novizi poi fece
l'augurio di acquistare, nella nuova dimora, 1o spirito di regolarità di Don Rua
di s.m. e lo spirito di sacrificio di Don Beluami.
A Foglizzo il noviziato ebbe breve durata, poiché nel settembre 1925 i
novizi fecero un altro trasloco lasciando la casa a disposizione di aspiranti mis-
sionari, studenti e artigiani, e traslocarono a Villa Moglia: situata in località
isolata, si prestava assai bene come casa di noviziato. Il 24 giugno t925 i
Superiori ne fecero l'acquisto e nel settembre seguente i primi novizi la oc-
cuparono.
Don Eugenio Valentini, che fu assistente e insegnante nel nuovo novizia'
to, ricorda una visita di Don Ricaldone, che è perfettamente secondo il suo
stile: « Nel primo anno del noviziato della Moglia (L925'1926) veniva talvolta
a fare visita ai novizi. In una di queste circostanze il coad. Angelo Burlando,
autore di molti drammi e commedie, e che in quell'anno faceva il noviziato,
adattò alcuni versi ad una vecchia canzone piemontese, e la fece cantate da
tutti i novizi. Il successo fu strepitoso e Don Ricaldone fu contentissimo. Il
testo diceva:
La barbera'n pò aeiota
fa sté alegher, fa sté'n pìota, la pasé tuti i nzagun.
Su beiournne giil na Pinta,
dumie 'n drinta,
ad unùr 'd dun Ricaldùn
giù cb'a bun!?
Ma in quel periodo il pensiero dei Superiori era rivolto in modo parti-
colare alla Crocetta. Erano troppo evidenti i vantaggi che essi attendevano dalla
sistemazione dello studentato teologico internazionale in Torino, perché, tra
? Traduzione: La barbera un po' vecchiotta, far stat allegri fa star in gamba, la
passar tutti i fastidi. Su beviamone una pinta: diamoci dentro, diamoci dentro, a onore di
Don Ricaldone: giù che è buono!
350

38.9 Page 379

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l'alffo, avrebbe permesso un contatto più aderente e continuo tra la comunità
dei confratelli e i Superiori del Capitolo. Don Ricaldone, per f incarico ricevuto,
più d'ogni altro seguì fin da principio lo svolgimento della vita comune; por-
tando in ogni contingenza la sua parola autorevole ed efficace. Fu egli stesso
che il 13 settembre 1923 accolse il primo gruppo di chierici nella nuova casa.
Radunati nella cappella si canta il Te Deum di ingtaziamento dopo il quale
Don Ricaldone dà il benvenuto svolgendo quesro pensiero: << Se Platone racco-
mandava grande riguardo nell'educazione dei giovani perché il loro cuore, co-
me un calice, conserva per sempre il profumo del primo liquore, cioè dei
primi insegnamenti; così gli studenti teologi presenti, primi abitatori della
casa nuova, devono subito diffondervi il profumo della virtù e della osser-
vanza rc\\i:giosa, sì da creare una buona traàizione che, faciliti la pratica della
virtù e della formazione religiosa a quelli che verranno dopo ». Durante l'anno
scolastico fa visite frequenti, per quanto 1o consenrono i gravosi doveri della
sua carica. Spigolando dalla cronaca nel periodo che precede la sua elezione
a Rettor Maggior, 1o si trova presente per la visita ispettoriale; sovente per la
conferenza mensile solita a tenersi nell'esercizio della buona morte; in altre
conferenze svolge temi di pedagogia salesiana; più d'una volta predica le istru-
zioni nel corso degli esercizi spirituali; dopo il ritorno dal suo viaggio nel-
l'Estremo Oriente, 1e Missioni {ormano il tema di parecchie con{erenze, e, tra
queste, rna la dedicò al commento della relazione sulla ffagica morte di Mons.
Versiglia e Don caravario trucidati da pirati cinesi perché impedivano di im-
possessatsi di alcune catechiste cinesi, che accompagnavano i due missionari.
L'episodio per Mons. Versiglia era scontato fin dal giorno in cui aveva posato
il piede sul territorio cinese. Per comprendere questa affetmazione riportiamo
quanto scrive Don Sante Garelli su « Mons. Luigi Versiglia Vescovo e marrire >>.
<< Don Versiglia andò missionario in Cina. io lo raggiunsi,nel 1918, quando
egli fu nominato Superiore della nostra Missione di Shiu.Chow. Quale capo
spedizione io avevo ricevuto da Don Albera (secondo successore di Don Bosco)
f incarico di portargli un dono... Glielo presentai il giorno in cui a Macao
potemmo sedere per la prima volta alla mensa di {amiglia.
Nell'offrirgli a nome di Don Albera il regalo di un bellissimo calice con
cui celebrare il santo Sacrificio nelle feste più solenni della liturgia io gli ri-
volgevo alcune parole di congratulazione e di augurio. Egli ascoltava attenta-
mente, ma con l'occhio era evidentemente in una visione lontana, più lontano
del
che
dono che io tenevo
quando in Cina un
in mia mano. Poi parlò:
calice si sarebbe riempito
<<
di
-sanDguoenl'Boopsecroa,
disse, vide
salesiana si
sarebbe meravigliosamente diffusa in mezzo a questo popolo immenso. Tu mi
porti il calice visto dal Padre; a me riempirlo di sangue per l'adempimento
della visione »>.
Non è facile dire come noi restassimo a quelle parole. Presentivamo tutti
che quella era una profezia e ci ffovavamo in ffemendo contrasto di sentimenti
tra l'auguranne o lo scongiurarne il doloroso e pur glorioso compimento >>.
Chiusa la lunga parentesi, torniamo a Don Ricaldone per mettere in evi-
351.

38.10 Page 380

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denza la sua sensibilità nel partecipare aTla vita comune e a77e tradizioni. In
occasione de77a tradizionale gita annuale fatta dalla Comunità, egli in qualche
modo si trovava presente. Così nel L925 la meta fu 7a casa dei Becchi; colà i
chierici trovarono Don Ricaldone che li attendeva per partecipare alla loro
serena allegria e prendendo spunto dalla casa nativa di Don Bosco, parlare
della povertà e dello spirito di sacrificio; ,nelI'agosto dello stesso anno la Co-
munità andò a Roma; egli si portò alla stazione per augurare buon viaggio alla
comitiva. Una volta la gita seguì f itinerario Avigliana - Giaveno - Cumiana -
Pinerolo - Lombriasco; egli prese parte al pranzo preparato a Cumiana. Cose
piccole, ma ,non senza valore.
Don Albino Fedrigotti scrive: « Il mio primo contatto con lui awenne
quando ero studente alla Crocetta; ricordo, sia pure vagamente ora, le sue
magistrali conferenze e istruzioni, che duravano generalmente un'ofa; ma non
stancavano, tafita era la belTezza degli argomenti e il modo con cui li trattava.
Ricordo soprattutto una conferenza che ci tenne, in un momento delicato in
cui sembrava che ci fosse qualche accenno di divisione e di nazionalismo tra
gli allievi; padò sul tema della carità con molta efficacia; ne eravamo tutti pro-
fondamente impressionati; ma l'emozione arrivò al colmo quando Don Vismara,
artista dei momenti opportuni, al fondo della chiesa intonò a gtain voce: << lJbi
caritas et amor, ibi Deus est ». La foga del canto disse tutta 7a nosta adesio-
ne a quello che il conferenziere ci aveva detto.
Qualche volta accompagnava alla Crocetta il Signor Don Rinaldi' Devo
dire che io restavo atrquanto mortificato al vedere Don Rinaldi lasciato quasi
solo con qualche chierico, mentre una gran turba di altri circondavano Don
Ricaldone; era un tributo alla sua brillante convetsazione e alla sua capacità
di attirare i conftatelli a sé. L'aspetto modesto e silenzioso di Don Rinaldi na-
scondeva tanti tesori di bontà e di sapienza! >>.
Don Giulio M. Haro ricorda quanto segue: << Come studente all'Istituto
Internazionale Don Bosco (Torino-Crocetta) negli anni 1924, 1925, 1926 e
1927 ebbi l'occasione non solo di conoscere il Rev.mo Sig. Don Ricaldone, al-
lora Prefetto Generale, ma anche di fare parecchie volte con lui il rendiconto
e ascoltare i suoi sapienti consigli e assistere specialmente alle sue conferenze
assai interessanti e formative. Le sue conferenze vertevano principalmente so-
pra temi di pedagogia , di formazione religiosa , di azione sociale ecc. e lascia-
vano profonda impressione in tutti noi. In esse ho potuto costatare in modo
speciale:
rici
d-ellal'inC1rso1cse5t5tae
che aveva 7'amato superiore perché la formazione dei chie-
fosse cornpleta affinché potessero far fronte con onore agli
urgenti bisogni della Congregazione nei diversi paesi;
allegr-ia,
16 plsrnura per inculcare
enmo i limiti del decoro
in tutti lo
religioso;
spirito
di
responsabilità
e
di
sana
camp-i
il desiderio vivo di comeggere
delle nostre attività, compreso Io
esagerazioni o deviazioni nei diversi
sport. Nel foot-ball voleva che si os'
7\\)

39 Pages 381-390

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39.1 Page 381

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D, Bicaldone a Farnborough nel 1924, visitatore in lnghitterra.

39.2 Page 382

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39.3 Page 383

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servasse la debita moderazione per conservargli il carattere di onest a disttazio-
ne-. siccome in quel tempo c'erano nell'Istituto studenti troppo appassionati per
tale sport, in una conferenza espresse il gaudio che sentiva ,r.J.rdo l,ailejria
dei giovani confratelli nel cortile; lamentando però che tale allegria si vedJsse
qualche volta perturbata da scene niente edificanti... E concluJ con enfasi:
<< Io non so come un chierico, con i suoi ordini sacri, possa lanciarsi come una
fiera urtando, maltattando, attemando tutto ciò che ortrcola i suoi passi... »>.
dato
Non
l'alta
dovette
stima e
dire altro
il rispetto
perché iI
che tutti
rimedio
avevano
fu immediato...
per il venerato
cosa naturale,
superiore.
Nelle passeggiate sraordinarie in genere lo avevamo con noi. voleva far-
ci conoscere personalmente certe case salesiane che conservavano ricordi inde-
lebili dell'opera del nostro Santo Fondatore e padre. In quelle passeggiate
regnava sempre la più grande allegria, che fomentava egli stesso intonàndo
certi canti di sapore specialmente missionario >>.
. Anche i primi ricordi su Don Ricaldone di Mons. Angelo Muzzolon ri-
salgono ai primordi di vita della crocetta e ci svelano l,umiltà di ascolto del
Prefetto Generale e la sua pro{onda pietà.
<< Un giorno D. Ricaldone era venuro alla crocetta per parlare coi reolo-
gi. Arrivato
zootecnia e
il mio turno gli
della conoscenza
ddeici ov:a-lori
D. Ricaldone, lei clre è
nutritivi degli alimenti
specialista in
veda ciò che
mangiamo noi e se con questa dieta è logico che ci giri Ia testa e che si spen-
dano tanti soldi in medicine e ricostituenti. Egli prese il foglio che io gli por-
gevo, Io
ragione;
lesse e studiò con attenzione e dopo -i
è una dieta povera di proteine. ciò che
mdairnrg.i'a-te
Ti.ingrulio,^huj
vi riempe lo sto-
maco di carboidrati, ma vi lascia il cervello debole. CerÀerò di aggiustare que-
sto affare. Effettivamente ordinò che ci servissero ogni giorno die pietu.rze di
carne
c'era
_beisocgi ndoie»d.e
i1 permesso di chiedere in più
Lo stesso Monsignore ricorda
un prrro
urr.oìr, «
di formaggio quando
ogni q,riridi.i giorni
ci faceva una conferenza e veniva da Valdocco alla Crocetta" in comprgnia d.l
segretario facendo a piedi i quattro chilometri di percorso. Strada fr..ido l"g-
geva ,la corrispondenza e dava le norme al segretarìo per le risposte. un giorno
iunocmomo imncoltoIaocccounpfearteon, zaaccuoisrìe: s-ta
voi
poco
sapete
tempo
che
per
il prefetto Generale
dedicare alla lettura.
è un
Anzi,
posso dire che io sono << homo unius libri ». E sapete di quale? Del brevia-
rio. Ecco perché adesso vi parlerò sulla lezione dell'ufficio di oggi. Eccola...
La lesse e ,la spiegò »>.
Uomo di, consiglio
Tenne per principio di non lasciare mai le lettere dei confratelli senza
risposta, possibilmente scritta di suo pugno e solo per forza maggiore dettata
al segretario. In particolare provava gioia quando pot.rm aiutare àl consiglio,
357
23

39.4 Page 384

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suggerito dalla sua esperienza, coloro che si rivolgevano a lui in determinate
circostanze.s
Un betrl'episodio sulla sua larghezza di mente e di cuore lo ricorda Don
Mario Ghiglieno.
o Q,rÀdo io,
metodo scientifico
già quarantenne
-od".to, tutto
e dopo 20 anni
sperirnenta'le e
di formazione
induttivo, gli
mentale
confidai
al
in
un mio rendiconto, il tormentoso e inutile sforzo per adattatmi ai vecchi testi
e argomentazioni a quei tempi ancora in esclusivo uso da noi (un esempio: L'azio'
n. di .rn corpo su un altfo-da lui separato, senza che ci sia un altro corpo che
li unisca è impossibile perché... ,, ..f,rgrut ». Che è proprio come dire: Perché
noi non 1o capiamol) È lri, il caro D. Ricaldone col suo bel sorrisetto: « Ti
fa tribolare eh? Ma tu abbi pazienza e sta tfanquillo ». Ma dopo una decina di
giorni, mi vedo arrivare da Èarigi cinque bei volumi del Traité di Philosophie
delf iliustre Cardinal Merciet, gloria dell'Università di Lovanio, nei quali tutto
era chiaro e... razionale ; fra l'àltro francamente chiarendovisi che la famosa af-
fermazione di quel <( repugnat »> era insostenibile, essendo <.< una classica peti-
zione di principio »>.
Che sollievo per me, di non dover afiatto contorcere la verità su poveri
schemi umani « se volevo esser un buon prete ».
D. Paolo Giacomuzzi ricorda: << Quando Don Ricaldone efa Prefetto Ge-
nerale,
aveva
il Sig. Don Rinaldi d'intesa
autorLzato 7a costruzione di
con Don Vespignani e l'architetto
un fabbricato necessario. Iniziati i
Vallotti,
lavori, si
ebbe l'impressione che il progetto fosse inadeguato allo scopo. Urgeva 7'astotiz-
zazione modificarlo. A chi domandarla? Per ben due volte cofro a Valdocco
e prima ancora delle ore d'ufficio avvicino il Sig. Don Ricaldone, espongo la
situazione e chiedo l'una e l'altra volta di potere prolungare la costruzione di
altri sei metri. La seconda volta, dopo avere esaminato i calcoli eseguiti mi dice:
-ficopltaà1sc,hefatfeo,rsmeasnaroenbbdeirtoe
nulla.
sorte
e-
Aveva visto
si addossò la
l'urgenza, la necessità, le dif-
responsabilità della decisione.
In altra occasione potei ammirare la sua delicatezza.
Nel 1929, per incarico del sig. Don Rinaldi, mi doveva aff]rdare un incari-
co che, forr., prì.va troppo arduo per me e fuori della vita di comunità. Perciò
unRteloerfigtutiivonerstoruMs.daadAvgialtglio.eior-arqeu)uaAemsldil,oierastatcimrsibvieieonavepamrdpeidetreosp:odan-rialvmeIcendhneitfareienropndeeoerniddce6iocronimsvtoaii,.vcJDahooerioplfoimsnociontiodnooqiiuldeStieuagmpnieupnrnoiiog.(dregierieàel
primo incailco, i Superiori me ,ne avrebbero assegnato un altro (e 1o specifica-
ia) di cui per il momento non doveva fare cenno a nessuno, pensassi invece alla
responsabilità di prepararmi nel modo migliore a soddisfare le nuove esigenze »'
p,i.eÀ-Ors.,-ia-"sinaRVi, .ip"ègo-lear,tt""ita"lo.ernIvSorap:^eilnltattsroAcrrpuièapi;riee, naMdSDiac. eeoBsneatrlnRociugednnneeaoitsoeNueoZrzleieglvctg"taieirorasetitiLadaeivCrriasianppDh_eoaossTnta(oBrPwisraapnose,liotlnteiveC)a;lom{lSuesuncsdt_ie,oAaeadf.lreDiVctotaiitn.tdoASirrrieiontavtoeCldrdlioai;-
allegato n. 28.
)54

39.5 Page 385

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<< Fu Don Ricaldone, attesta Don Luigi Bogliolo, che, inco,ntrandomi, ap-
pena laureato in filosofia, mi disse a bruciapelo: << Ti piacerebbe andare a in-
segnare filosofia nell'Ecuador? >>
Era tale l'ascendente e il prestigio che aveva su di noi, che mi limitai
a
il
rispondere: <<
tuo Ispettore
Se
»,
me
mi
dloissoer.dEinamlei ip, rceosmenepoassDoodnirepadoilonoM?o)n> t-aldo<<
Ecco allora
exispettore
del Messico ed allora ispettore dell,Ecuador.
_ Mentre compivo il mio tirocinio in quelle terre lontane, insegnando filo-
sofia, continuavo a mantenere rapporti epistolari con lui. Mai che .![ .rrl ,bbi,
lasciato mancare una pronta e delicata risposta »>.
Largo e buono fu anche sempre con gli esterni, per i quali sapeva essere
vero amico, tanto che a lui, così onerato di lavoro e responsabilità, si osava
chiedere anche minuti favori come... i francobolli esteri... la lettera affettuo-
sa del signor Rizzardi, in data 8 marzo 1927, a testimoniarlo. Don Ricaldone
è in India come visitatore straordinario e il buon Signor Rizzardi così lo prega:
« ...giacché lei si è ricordato di rne, permetta che io le rechi un disturbo. Éo
anch'io una mania fissa, ed è la raccolta dei francobolli. Se andando per le Indie,
nell'Afganistan, nel rurchestan, nell'India interna, ecc. ecc., ffovìrà qualche
francobollo per la mia raccolta, la prego di metterlo da parte e di ricordarsi
di me, e quando ritornerà in Italia me li manderà a VeÀna o me li porterà
lei stesso »>.
Il Coad. Francesco Berra ricorda:
« Nel 1926 mi trovavo all'oratorio contento del mio lavoro di vice-capo,
quando il Sig. Don Molfino già a settembre inoltrato mi fece avere un bigliettino
comunicandomi che dovevo prendere la responsabilità di Capo in un'alla scuola
professionale.
d_ito
Dala la mia giovane (25
e dopo matura riflessione mi
anni) e poca esperienza imasi alquanto stor-
presentai al Sig. Don Ricaldone lgia prefetto
Generale) facendogli presenti le mie grandi difficoltà.
come era suo costume, mi lasciò parlare a mio agio e poi, facendo leva sul
senso di responsabilità e fiducia in Dio che deve avere ogni salesiano mi pre-
sentò Ia cosa così naturale, normale e facile, che andai fiducioso alla nuova ob.
bedienza.
_ Ricordo in proposito come mi raccomandò di padare sempre bene dei pre-
decessori, di fare tutto d'accordo coi superiori, di non badare alle critiche, e
di titornare dopo un paio di mesi: ciò che feci sovente con mio grande vantaggio,
sempre più ammirato di un Superiore che in mezzo a taflte grandi r.rpo.rruÈilità
trovasse modo di imrnedesimarsi con i miei problemi e darmi ogni vàlta consi
gli tanto opportuni >>.
Già da Prefetto Generale, come poi continuerà da Rettor Maggiore, anche
se paternamente comprensivo, sapeva con bel garbo richiamare all'ordine qua-
lora ci fosse stato pericolo di possibili sbandamenti. Le sue lettere si conser-
vano calde, familiari, ma i principi vi sono esposti con fermezza e chjarezza. Ecco
come orienta un confratello addetto aTla terza Famiglia Salesiana dei Cooperatori:
355

39.6 Page 386

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24 gennaio 1926
Carissimo Don Fasulo,
Felicitazioni e incoraggiamenti! Ed ofa pefmettimi una osservazione. Il
Signor Don Rinatdi e proiiio spiacente di vedère che non si tiene conto delle
osiervazioni latte da iU ò da n" , propotito degli elenchi dei Cooperatori-
Decurioni e di certe circolari.
Stabiliamo per semPre:
l' - La Éiu U.rio.r. ha la sua Sede a Torino e non altrove; perciò nes-
suno deve usare l'intestazione << Pia Unione dei Cooperatori »'
2. - superiore dei cooperatori è il Rettor lVfa-ggiore; perciò negli elen-
chi dei Decuriòni si mette solo il nome del Rettor Maggiore'
3. - Le case mertano f intestazione loro propria. Ad esempio: Istituto
Salesiano - Cibali - Catania, e mai << Pia Unione )> o cose analoghe'
Ho già richiamato Don Perin: tu vigila che non avvenga altrove; eviterai
tt aero dispiacere a1 Signor Don Rinaldi.
Questo chiaro richiamo è una nuova prova di affetto e di incoraggiamento
del tuo aff.mo in C. J.
Sac. P. Rrcar,ooNs
Ugualmente padre, ma deciso e fermo è con il noto e famoso missiona-
.io .rp'ior"tore Dà., Alberto De Agostini, al quale vuol dimostrare che la di-
sciplina religiosa non si oppone alla ricerca scientifica' Riportiamo la lettera in
Appendice, allegato n. 29.
Don §p.iurio ha una testimonianza di grande importanza sulla prudenza di
Don Ricaldone Prefetto Generale. Egli talvolta, prima ancora di proporre que-
stioni delicate agli altri Capitol ari, amava sentire iI parere di {idati confratelli
anziani che con la scienza avevano l'esperienza di molta vita salesiana.
Ecco cosa Don Spriano dice di lui:
<< Vero tipo monferrino: poche parole, molti fatti. Osservatore oculato,
prima di decidere spesso si umiliava a chiedere il parere dei suoi dipendenti' ln
certi tempi dell'annò, radunava alcuni confratelli(la sua cetra), io ero tra quelli,
per chiedere consiglio: poi decideva risolutamente. Era intransigente nei casi
di scandalo: tagliava corto: fuori! »>.
356

39.7 Page 387

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CAPO XVIII
N/ISSIONARIO DI FATTO E DI NON/INA
Visitatore Straordinario in Francia e nel Belgio
GIi anni che seguirono immediatamente la conclusione della grande guerra
(1914-1918) furono anni ravagliati per tutte le nazioni europee che avevano
partecipato al conflitto. Le potenze vincitrici avevano dettato i trattati di pace
con una valutazione tanto lontana dalla realtà storica, che con gli stessi lattati
misero le basi di un prossimo scontro di popoli. << Fra venti anni avremo una
altra guerra »>, si disse dall'uomo della strada; e fu veramente così.
Anche le case salesiane dei paesi belligeranti dell'Europa avevano visto
la loro attività mortificata degli eventi passati. Per cui nel l9i3 i Superiori vol-
lero portare ai confratelli delle case della Francia, del Belgio, dell'Inghilterra e
della Irlanda il conforto di una visita straordinatia. Don Rinaldi p..ria di ,ffi-
dare questa missione a Don Ricaldone, che sapeva ben preparato, sotto ogni
aspetto, ad assolverla. E, come sempre, Don Ricaldone accettò l'ubbidienza. E
questa fu per lui l'ultima novità del 1923.
oltre alle case salesiane doveva visitare anche quelle delle F.M.A. Svolse la
sua missione in due tempi: dal dicembre 1923 al 24 mauo 1924 visitò la Francia
e il Belgio. Nel giugno e luglio successivi visitò I'Inghilterra e l'Idanda; l'inter.
vallo fra i due tempi 1o passò a Torino.
Dalle relazioni presentate ai Superiori si rivela il Visitatore che già cono-
sciamo: affabile e forte, preciso e minuzioso ma non pedante, attivo ed in-
stancabile, ricco di pietà e di dottrina, di spirito salesiano, signore della pa,
rola.
Dovunque, ricevette accoglienza cordiale, e cordialissima dove incontrò con-
fratelli che già avevano t^tt^to con lui.
L'ispettoria francese contava ventisei case: diciannove in Francia e sette
in territorio africano.
Va ricordato che i nostri confratelli in Francia, anche durante il conflitto
mondiale, poterono continuare a svolgere il loro apostolato grazie agTi accorgi-
menti legali attuati a suo tempo per non incappare nella trappola della famosa
legge di persecuzione contro gli Ordini e Congregazioni religi,ose.
Don Ricaldone, partito da Torino la sera del 1 dicembre 1923, alle nove
del mattino seguente riceveva il benvenuto « cordialissimo » alla stazione di
357

39.8 Page 388

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Lione, dalf ispettore Don Bessière (già direttore a Tunisi, quando Don Rical-
done vi andò come Visitatore nel 1915) e da Don Candela, direttore dell'istitu'
to S. Leon di Marsiglia. E pur avendo passato tutta la notte in treno, iniziò sen'
z'altro il suo compito; il che non ci fa meraviglia.
Lo seguiamo nel suo itinerario a volo d'uccello. Dedicò i primi venti giorni
alla visita delle case del nord e di Parigi, cominciando da Abri du S. Coeur, re-
sidenza provvisoria dell'ispettore in attesa di potersi tasferire nella vicina Lione;
successivamente visitò I'istituto S. Ireneo a Caluire, piccolo aspirantato con
scuola elementare; la scuola agricola di Pressin, magnifica tenuta di ventidue et-
tari presso Lione; la casa di formazione a Chateau d'Aix, che accoglieva un orfa'
notr;fio per fag zzi di scuole elementari e ginnasiali, il noviziato, lo studentato
filosofico e teologico; c'era posto per tutti, essendo la proprietà vastissima (10 et'
tari di tefreno) la popolazione poco numerosa, e cioè: L8 novizi, 4 studenti di
filosofia e 3 di teologia. Qui celebrò la festa dell'Immacolata e si fermò una buo'
na settimana.
Proseguì per Parigi, dove i Salesiani lavoravano con molto zelo in quattro
<( Patfona,ges )> con ofatorio festivo e in un Pensionato per studenti universitari.
ll Zi dicembre atrraversò la frontiera, diretto a Liegi. L'ispettoria belga
contava dodici case, delle quali nove in Europa con novanta conffatelli e tre
nel Congo con ventidue confratelli. Don Ricaldone passò nella casa ispettoriale
tutto il periodo natalizio e il capo d'anno seguente. Qui 1o raggiunse la seguente
lettera di Don Rinaldi.
Torino, 22 dicembre 7923
Caro Don Ricaldone,
mi fa piacere la tua pregiata. Tante grazie. Ho fiducia che la tua visita
farà del bene
se. Dovunque
ai confratelli
assicura tutti
"cdheu]ilconròpsoffdoeallaffenttso.,
società francese, belga,
e grande, per loro'
ingle-
me cshteanaellehg"orot.anRtiocobridsaogtincoh. eFeillicbiefneesten.oLnossi pfairitsoendziaSc.oFnrtraanscteos.cPotdegiaSaPleesr
e di Don Bosco ti accomPagni
Tuo in C. J.
Sac. F. RrNeror
Dedicò il mese di gennaio e la prima decade di febbraio alle altre otto case
e visitò successivamente f istituto S. Luigi Gonzaga di Hechtel, la scuola Alberto
I di Verviers, f istituto S. Raffaele di Sougné-Remouchamps, f istituto S. Filippo
Neri di Ixelles, l'istituto Don Bosco a Grand Bigard, l'orfanatrofio S' Giuseppe
Ci S. Denis §7estrem, l'orfanatrofio S. Carlo di Tournai e la scuola S. Cuore
di Antoing. Di queste case la più importante è f istituto don Bosco a Grand By-
gafd, comprendente il noviziato e lo studentato filosofico; segue Tournai con 14
confratelli, S. Denis con 9 e Hechtel con 8 confratelli; le altre rispettivamente
con 5, 4, 3 salesiani.
358

39.9 Page 389

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A sougné lo raggiunse una seconda lettera di Don Rinaldi, che ritornava a
lui per prevenirlo contro prevenzioni che avrebbero nociuto alla sua missione.
caro Don Ricardone,
Torino' L0 gennaio 1924
^ n9n
Quando
ho più
vada a
avuro tue notizie dopo
Marsiglia converrà cÉ.
la prima che mi hai
sappia che qualcuno
scritto
è prevenuto
della
tua amicrzia con Don Candela e si teme la patzialità nei tuoi gìudizi.
Si dice che non c'è in quella casa 1o ìpirito di Don I Bo"sco. Superiori
non
Poi
vivono 7a
vedrai tu
vita dei
il resto.
rugazzi; non
Ci sono dei
giuocano con
tipi difficili,
loro,
come
non
sai.
danno
confidenza.
MlsibcauerrcatIànorenodvlltaiireepnfaeonrrootmenlanasezeiiroevndocei,oerdnbeetbloalezdpiopei nrrteseuostenctonaotl.lee..,vciPiso1eintalrtetBeocerlDuelg".otioancmoiBlemenSipstoirsge"ndnroeedri,oeccctohihenegfiimuaèitpdeueil.lndi.NairAeofbinsbitmeutratart^a.i
mille benedizioni.
Tuo aff.mo in C. J.
Don Frrrppo RrNar,or
si noti con quanta libertà Don Rinaldi invita Don Ricaldone ad essere pru-
dente; egli sapeva che Don Ricaldone avrebbe accettato di buon grado il suo
invito.
A Bruxelles si recò alla Nunziatura ad ossequiare il Nunzio Mons. Gaetano
Cicognani e Mons. Clemente Micara, Uditore.
visitò pure l'Esposizione rnternazionale aperta in quell'anno nella in-
dustriosa città, per quanto poteva interessare nel campo del progresso.
Come Visitatore straordinario volle presentare i sensi di devozione dei Sa-
lesiani al Card. Mercier, Arcivescovo di Malines e Primate del Belgio. L'illustre
porporato godeva giustamente larga fama per dotrina, per la coraggiosa difesa
del popolo belga durante il lungo periodo della occupazione tedesca (1914-1,9tg)
e per le « Conversazioni di Malines >> iniziate nel l92l (vero precursore del
Concilio Ecumenico Vaticano II) per studiare la possibilità di unione della
Chiesa Anglicana alla Chiesa Romana.
A Tournai visitò gli stabilimenti Desclée; e fece una disgressione alla vici-
na Melles, dove l'Ispettoria francese aveva aperto una casa per aspiranti allo
stato ecclesiastico, con scuole elementari e ginnasiali; spiccava un bel gruppo di
Figli di Maria (oltre quaranta) dai 15 ai 25 anni. L'opera godeva stima ben me-
ritata, poiché la vita religiosa era in fiore.
Prima di riatraversare la frontiera per visitare le Case del Sud della Francia,
ritornò a Liegi nella Casa ispettoriale per incontrarsi coll'Ispettore e attendere
ad alre incombenze. Tra I'altro dedicò un intero pomeriggio ad Harleem, in
temitorio Olandese, ove I'attendeva un buon parroco che metteva a disposizione
dei Salesiani un terreno per un'opera in favore del popolo. Prese quindi commia.
to dai confratelli e dopo tre ore di treno, attraverso una, zona che portava i segni
359

39.10 Page 390

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delle devastazioni prodotte durante il conflitto mondiale, scese a Parigi, ripren-
dendo subito il treno, diretto a Morges, pfesso Losanna, ove l'ispettoria francese
aveva aperto una seconda casa fuori del territorio nazionale. La legge, espressione
del proiestantesimo, non permetteva ai religiosi di gestire istituti religiosi, perciò
Saleiiani e Figlie di Maria Ausliatrice vestivano abiti borghesi. La casa ospitava
ragazzi delle scuole elementari e medie ed altri che attendevano ai campi; di
.rJi ,n terzo efano di nazionalità svizzen. Don Ricaldone trovò ordine, pietà
ed ottimo spirito.
Qui gli giunsero notizie poco confortanti.
Torino, 1,4 febbraio 1924
Caro D. Pietro,
come ti scrissi con cartolina, continua Ia tua visita. A me sarebbe Piaciuto
che potessi passare marzo
fetto, ma t; fai del bene
iancTootersintioc. oVnafrriaetecloliseed.reioclasmoannoocloantpernestoendzai
f.adrenlePruen-
sa6iiicio. Da tutte le case visitate ricevo ottime impressioni del tuo passaggio.
Deo gratias!
Per tua norma'io
irregolarità. I1 medico
non'sono a'porio p"1 .ooa.' L"'oto, ,,,u to"
va curandomi senza dirlo a me ed agli altri,
-oltu
come
an"ginSaiapineoctonreisll.,e mani di Dio. Prega perchè riempia bene la mia ora'
Sac. F. RrNaror
Le condizioni di salute di Don Rinaldi destarono in Don Ricaldone una
certa preoccupazione; però Don Rinaldi non gli aveva detto che i medici, pef Ie
po.o trro.r. condizioni del cuore, esigevano il riposo assoluto, e cioè che so-
,p.nd.rr. ogni attività, compreso il disbrigo della corrispondenza. Ignorando ciò
Don Ricaldone continuò la sua missione.
A Romans f istituto nostro era l'opera più fiorente della diocesi; l'Orato-
rio svolgeva un'azione provvidenziale; in città imperava l'anarchia e I'anticleri-
calismo; l'Oratorio attirava i giovani con varie attività e dava loro una soda
formazione catechistica e religiosa.
A Montpellier i Salesiani erano riusciti ad assicurarsi la proprietà di un edi-
ficio in stato di buona conversazione e di sei ettari di terreno. Le scuole elemen-
tari accoglievano orfanelli, Ie due prime classi ginnasiali coltivavano aspiranti
alla vita ècclesiastica; in più c'era un piccolo gruppo di agricoltori e un labora-
torio per calzolai. Si lavorava molto con spirito salesiano.
In questa città un ecclesiastico altolocato, dopo una conversazione avuta
con
non
Don Ricaldone
mi meraviglio
cfheecelaavi onsotsratriCqounegsrteagraiz'filoensesioanbeb:ia-
lo
con uomini come
sviluppo che ha.
questo
La pima decade del mese di marzo la passò a Marsiglia. In questa popo-
losa ed àp"roru città mediterranea i Salesiani avevano tre opele: l'Istituto di
360

40 Pages 391-400

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40.1 Page 391

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s. Léon, diretto da D. candela, con scuole professionali, classi elementari, oru-
torio festivo; e due Oratori festivi dislocati in altri quartieri della città, cia-
scuno affidato allo zelo di un sacerdote-
L'Istituto S. Léon viveva in condizioni difficili; nello stabile principale
avevano sede le scuole municipali; \\a parte occupata dai Salesiani era di pro-
prietà del fisco, che aveva deciso di metterlo all'asta. Nonostante queste preoc-
cupazioni, nei confratelli c'era buono spirito.
D. Ricaldone ricorda due episodi; al suo arrivo a Marsiglia dopo aver ri-
cevuto l'ossequio cordiale di benvenuto da D. Candela, questi gli comunicò la
dolorosa notizia della morte della Madre Caterina Daghero, Superiora Generale
delle F.M.A.l
11 5 marzo, ritornando in automobile a S. Léon da S. Jér6me, ove aveva
fatto visita alle F.M.A., I'automobile si sconuò col tram. << Ringraziando il si
gnore (annota egli) rimanemmo illesi, ,malgrado il gravissimo pericolo in-
colso ».
La Navarre è la penultima casa da visitare. La proprietà (che porta i segni
di un lungo abbandono) è vastissima: misura 300 ettari di terreno, con ampio
caseggiato. In tanto spazio vivono poco più di un centinaio di giovani nei quali
regna lo spirito di famiglia.
E finalmente è a Nice,la prima casa apetta in Francia da D. Bosco nel
1875. Qui l'opera è completa: scuole elementari e ginnasiali, scuole professio-
nali, Oratorio festivo, Parrocchia.
Ela casa che presenta maggiori difficoltà. Don Ricaldone si fermò otto gior-
ni per rendersi conto della situazione; e nella conferenza di chiusura suggerì con-
sigli opportuni per il miglior andamento della vita comune e un apostolato più
efficace.
I1 23 maruo prese la via del ritorno, una sosta involontaria a Vallecrosia
permise ai nostri confratelli, alle Suore e alle loro allieve di avere il dono di una
sua buona parola.
A savona volle visitare Don Antonio Riccardi 2 gravemente ammalato.
Dopo un'ultima breve fermata a Sampierdarena, finalmente scese a Torino,
ricevuto aTla stazione dal fedele Don Molfino, con confratelli.
Nei quattro mesi passati in Francia e nel Belgio visitò cinquantuna casa:
ventotto salesiane e ventitré delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
si dichiarò soddiisfatto della visita compiuta e rendeva gtazie al signore
per aver costatato ovunque molto buono spirito e grande amore alla Congre-
gazione, un lavoro intenso per 1o sviluppo del regno di Dio nelle anime,
I Madre Caterina Daghero successa
tuto quando aveva 25 anni, 1o tenne per
sua vita santa.
alla Santa Confondatrice nel
43 anni. La sua morte rrnt,
governo dell'Isti-
f"u l'epilogo della
2 Il Sac. Antonio Riccardi eta partito per le Missioni ne1 1885 e lavorò successiva-
mente nella. Patagonia,
diciotto anni e morì a
^Snaevol nPaeirIù
e nel Messico, dove
15 maggio 1924.
fu
ispettore.
Tornò
in
Italia
dopo
361

40.2 Page 392

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molto zelo per promuovere le vocazioni. Le poche cose imperfette, inevitabili
in ogni comunità, erano largamente supefate dalle molte cose buone. Godeva di
poter ripetere che dappertutto regnava 1o spirito di Don Bosco.
Si fermò a Torino poco più di due mesi, sino al 4 giugno.
Prima di ogni altra cosa prese a cuore le condizioni di salute del Rettor Mag-
giore e facendo eco al consiglio dei medici, insistette presso I'in{ermo perché si
co.r..ders. un periodo di riposo assoluto, fuori Torino; Don Rinaldi cedette alle
affettuose premure e si recò a Nizza Monfetrato, accolto con venerazione dalle
F.M.A. e pfese stanza al Noviziato S. Giuseppe nella residenza del Cappellano.
La posizione della casa offriva allo sguardo un panorama che ricreava la
mente; l'assenza di qualunque disturbo circondava l'animo di silenzio e favoriva
la vita di unione con Dio a lui familiare. In tanta ranquillità trovava grande
sollievo, confortato anche dalle attenzioni e dai riguardi che le Suore gli usavano,
prevenendo e provvedendo a tutto quanto richiedevano le sue condizioni.
Naturalmente non poteva dimenticare I'Oratorio, il centro della Congrega-
zione e ne seguiva lavita operosa colla preghiera, Dopo una settimana di riposo,
comunicava sue notizie a D. Ricaldone.
Nizza, 28 apile 1924
Caro Don Ricaldone,
sono oggi sette giorni che faccio il signore nel vero senso della parola
piemontese. Credo di-trovarmi meglio, quantunque non siano scomparsi tutti
i sintomi del mio male. I riguardi che mi usano sono senza fine e nessuno
viene a disturbarmi. Al dott- Clerico puoi dire che sto alle sue prescrizioni
e tutto procede regolarmente: i miei saluti e la mia riconoscenza.
Preparate il ricevimento a Mons. Gamba.3
Inauguràzione Chiesina della Crocetta fissata aI 1,5 .
Congiesso di Venezia: pare riuscito bene; rallegramenti a D. Trione.
Tu'abbi .riu d"ttu ,ulri.. it Signor" ti benedica.
Tuo in C. J.
D. F. RrNer.pr
Le buone notizie consigliarono a Don Ricaldone di fare una visita al Vene-
rato Superiore insieme con alcuni confratelli, ra i quali D. Conelli; membro del
Capitolà Superiore, persuaso che D. Rinaldi l'avrebbe graàita assai. Ne ebbe
conferma della lettera seguente:
3 I1 nuovo Arcivescovo di Torino, che succedeva al Card. Richelmy, era Mons. Giu-
sf.eipépel'eGnatmrabtau,'nVeellsacoDvoiodcei sNi oilva4ra,mealegtgtoio
da Pio
L924,
XI nel
accoho
Concistorio
in trionfo
del
per
20 dicembre 192);
l'unanime concorso
dei clero, delle autorità e del
siano ricÉvette una affettuosa
popolò. La sera- de11'8 maggio nel
e càlorosa manifestazione da tutte
-leteaAfsfosodciealzl'iOonrai tCoaritotolSicahlee-
cittadine; vi parteciparono prelati e parroci e S.E. Mons. Pinardi. Don Ricaldone fappfe-
sentò Don Rinaldi.
362

40.3 Page 393

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caro D. Ricaldone,
Nizza' 11 maggio 1924
tante grazie della tua, della visita di D. Conelli e del bene che mi hai
fatto venendo con la carovana.
Da quel giorno incominciai un vero miglioramento, avendo preso tutti
i giorni il digipuratum, oggi posso dire che il cuore è a posto.
Tuttavia ho bisogno di sentire il medico.
Inolre qui ho delle cure veramenre eccezionali. Le suore di qui saranno
mai compensate adeguatamente per le delicatezze, spese e fatiche senza limiti
fatte pur di giovarmi, ma è pur certo che certe cose io posso chiederle solo
a Balestra ed a Montecchio.
Perciò giovedì ritorno a Torino a cominciare la novena di Maria Ausilia-
ffice. Anche costì è possibile continuare le cure se saranno necessarie. A buon
arrivederci adunque. Andrà con me D. Zolin. Tanti saluti a rutti.
Tuo in C. J.
Sac. F. RlNelor
La preparazione della Mostra Missionaria era a buon punto: le commissioni
lavoravano con impegno; Don Ricaldone, presa visione di ogni cosa, si congratulò
coi suoi collaboratori, dando consigli opportuni per condurre l'opera a termine
nel tempo stabilito.
Intanto da Roma giungeva una buona notizia che lo interessava, come in-
caricato della sorveglianza sulla Casa di lvrea. La S. Congregazione di Propa-
ganda Fide, con Decreto in data 30 aprile 1924 concedeva all'Istituto Cardinal
Cagliero di Ivrea il riconoscimento canonico di « Seminario per Aspiranti Mis-
sionari Salesiani ».
Vi'sita alle Gase dell'lspettoria lnglese
La sera del 4 giugno L924Don Ricaldone lasciava Torino, diretto a Londra.
Fatta una breve sosta a Lione ed a Parigi, amivò a Battersea Ia sera del giorno
6. Non era la prima volta che si recava in Inghilterra, vi era stato nel 1912, come
si disse. Possedeva la lingua inglese da sostenere la conversazione, tenere un
modesto discorso, fare una predica od una confereflza; conosceva Ia storia, il
temperamento, gli usi e costumi del popolo britannico; perciò non incontrò dif-
ficoltà particolari nel compimento della sua missione. Molti Salesiani di quella
Ispettoria conoscevano le sue belle doti per contatti personali avuti in preceden-
za; alti avevano sentito lodare le sue buone maniere, il tratto affabile e digni-
toso, la sua cultura.
La visita era attesa. L'Ispettore Don Scaloni scriveva a Don Gusmano:
363

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Salesian School - Surrey Lane,
Battersea, S. §f. 11
Rev. Sig. Don Gusmano,
London, 23 maggio 1924.
. Aspetto con impazienza il Sig. Don Ricaldone. Più
tarda a venire, e più temo che non possa darci tutto il temPo necessario per
farsi un criterio esatto delle cose nostre. Gli affai urgenti, gli esercizi spiri
tuali, e tante cose impreviste 1o richiameranno a Torino in Agosto... e Iddio
solo sa quanto è necessario che almeno un Superiore Maggiore sappia in che
mondo viviamo.
Preghi per noi, riverisca i Superiori e mi creda
Suo dev.mo nel Signore
Sac. Fr. SceloNr
Le tredici Case dell'Ispettoria erano variamente distribuite: sette nei sob-
borghi o a poca distanza dalla capitale; due nell'Irlanda; una nelf isola di Guer-
nesey, e tre nel Sud Africa, nella Colonia del Capo. Queste ultime non le visitò.
A Battersea limitò il primo incontro al un colloquio coll'Ispettore ed alla
conversazione familiare colla comunità durante \\a cena; è facile immaginare il
susseguirsi di domande e risposte di quel dialogo. La sera stessa, dopo solo re
ore dall'arrivo, si rimise in viaggio, avendo come meta Guernesey, isola del
gruppo delle Normanne nel canale della Manica; così per due notti consecutive
riposò alla meglio in treno o su nave.
A Guernesey nel 1901 l'Ispettore delle case di Francia (f isola geogtafica-
mente appartiene alla Francia) aveva trasportato temporaneamente la fiorente
opera di Dinan, in previsione della imminente pubblicazione del decreto gover-
nativo di espulsione dei religiosi. Era un aspirantato che accoglieva giovani po-
veri, soprattutto bretoni, che manifestassero segni di vocazione sacerdotale od
allo stato religioso; parte studenti, parte apprendisti di giardinaggio. Diede al
noviziato parecchi buoni salesiani ed ai seminari diocesani buoni sacerdoti. La
Comunità comprendeva venti confratelli, tra i quali Don Teodoro Harmel, nipote
di Leone Harmel, industriale ben noto per le benemerenze acquisite nel campo
del lavoro, avendo introdotto riforme ispirate alla dottrina sociale cristiana.
Don Ricaldone si fermò una settimana, con grande soddisfazione dei Supe-
riori e dei giovani, i quali in realtà si sentivano un po' isolati in quella piccola
isola; furono giorni di festa, rallegrati da accademia, passeggiata, gruppo fotogra-
fico, ecc.
Ritornato alla Casa Ispettoriale (Battersea) dedicò una giornata alla Chiesa
dei Polacchi. A Londra in Patriot Square Cambridge Heat nel 1904 Don Rua
aveva mandato un piccolo gruppo di Salesiani polacchi, che avrebbero dovuto
prendersi cura dei loro connazionali sparsi nella metropoli e ufficiare una Chie-
sa (detta dei Polacchi). Inoltre prestavano l'assistenza ai polacchi degenti nei
vari ospedali e facevano funzionare scuole serali per i fanciulli e le fanciulle
di quegli emigrati.
364

40.5 Page 395

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Subito dopo partì per l'Inr,aNoa dove prosperavano due opere iniziate da
pochi anni. Una Scuola Agricola era stata aperta nel l9l9 in una tenuta acquista-
ta a Paliaskenry, in località detta Copseweood, per l'interessamento di Mons.
Davide O'Duyer, Vescovo di Limerick il quale, quando era giovane prete, per in-
vito di Don Bosco si era fermato all'Oratorio per insegnare la lingua inglese
ad alcuni chierici destinati alle Missioni. La Scuola era ben avviata e il Col-
legio, intitolato a Maria Ausiliarice, era stato riconosciuto come Istituto Agri-
colo dal Ministero dell'Agricoltura, che assegnò anche un sussidio. Trattandosi
di scuola agricola Don Ricaldone si rovò nel suo ambiente preferito; visitò il
podere insieme ai giovani, discorrendo delle varie colture e sistemi di coltiva-
zione. Anche qui feste con accademia e gruppo fotografico.
Si fece un dovere di far visita al Vescovo, a Limerick.
La seconda opera, il Collegio S. Isidoro di ril/arrenstown, era pure una
Scuola di agricoltura, voluta dalla Sig. Elisa Lynoh, che a tale scopo aveva lascia,
to ai Salesiani la sua proprietà, per dare ai ragazzi poveri del paese la possibilità
di ricevere f isftuzione teorica e pratica agricola.
Anche quest'opera (iniziata nel 1922) venne riconosciuta dal Dipartimento
dell'Agricoltura come Collegio di Agricoltura.
Visitate le tre case più lontane da Battersea, quelle rimanenti non richie-
devano grandi spostamenti.
Battersea è un sobborgo di Londra; ivi i Salesiani iniziarono l'opera nel
1887. Don Ricaldone trovò una Comunità di trenta religiosi, che ufficiavano la
Parrocchia del S. Cuore, a {ianco della quale fioriva una scuola parrocchiale per
fanciulli e fanciulle sia cattolici che protestanti; la pamocchia vantava un buon
numero di conversioni e la scuola godeva un ben meritato prestigio; la stessa
autorità scolastica le aveva tributato particolari elogi. Completavano I'opera
l'Oratorio festivo, un Ospizio per Orfani con scuole tecniche, per artigiani ed
un
nucleo di aspiranti alla
A proposito di questi
'tita religiosa.
ultimi, poco prima
dell'arrivo
di
D.
Ricaldone,
il
Direttore scriveva al Rettor Maggiore.
Salesian School - Surrey Lane
Battersea, London, S. §7. 11 - 192)
Amatissimo Signor Don Rinaldi
Abbiamo accettato poco tempo fa citca 16 Figli di Maria, merà graruira-
mente nella speranza che 1a Provvidenza ci mandi i mezzi per il loro man-
tenimento.
Giacchè questi Figli di Maria studiano per diventare Salesiani ed alcuni
Missionari, e d'alta parte le nostre risorse materiali sono assai limitate (le
condizioni linanziarie ci preoccupano molto in questo anno), sono a pregare
la S.V. a voler comunicare al Superiore di questa casa il privilegio bènigna-
mente concesso dal S. Padre al Rettor Maggiore di applicare con elemosina le
messe duplicate o binate dei nostri Sacerdoti Salesiani nel giorno di domenica
ed alri giorni festivi. Se la S.V.R. si degnerà di concederci singolare favore,
noi le saremo grandemente riconoscenti.
365

40.6 Page 396

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Non mi dilungo a darle notizie di questa casa. Attendiamo il promesso
Visitatore il quale speriamo potrà farsi un'idea chiara delle condizioni noste
e farne relazione accurata al Rettor Maggiore.
Le tornerà grato il sapere che nel passato gennaio Ia nosffa casa ha ve-
duto due riuscitissimi convegni di ex-allievi (circa 90) e di Cooperatori Salesiani.
che
Quanto all'organizzazione
non si possano presentare
interna della
ai conftatelli i
casa poco si potrà fare fino a
nosri Regolamenti in lingua in-
glese. Tuttavia la pace in casa, si lavora abbastanza volentieri, e qualche
èosa si fa. Sapendola assai occupato, non oso rubarle tempo prezioso e finisco
col presentarle i filiali rispetti di tutti i confratelli
aff.mo e obbedient.mo suo figlio
Sac. ANcBro FneNco
Don Ricaldone si fermò dieci giorni.
A questa Opera si può applicare a proposito ciò che egli era solito dire:
<< Dove non si ebbe paura di impostare subito le cose, come Don Bosco ci ha in-
segnato, l'Opera prosperò. Altrove si esitò e l'Opera stentò ».
Fu per lui una nuova esperienza quella di << assistere agli sport, presiedere
alla distribuzione dei premi nel saggio finale, tenere il discorso di circostanza >>.
Questa nota di cronaca merita una dilucidazione. É risaputo quanta impoftanza
si è sempre data a77a ginnastica ed alle esercitazioni sportive dalla legislazione
scolastica in Inghilterra. I1 ptogramma comprende vari esercizi in palestra e
giuochi nel campo sportivo; questi variano secondo le stagioni: football, rugby
ecc. nelf inverno; cricket, tennis, nuoto nell'estate. Inolre nei due ultimi mesi
dell'anno scolastico i giovani si allenano per la << Giornata dello sport »>, che vie-
ne celebrata alla chiusura dell'anno e consiste in gate di corsa, salto ecc. Alla
manifestazione intervengono i parenti degli alunni e i loro benefattori. Verso
sera, terminati i giuochi, i vincitori ricevono il premio (diploma, coppa, statuet-
ta, medaglia...) da qualche personalità invitata per l'occasione.
Don Ricaldone presiedette a questa festa a Farnborough, a Chertsey, a
Burwash; pronunciò il discorso di chiusura e consegnò i premi.
La visita a Battersea si svolse dal 25 giugno al 4 luglio, comprendeva quin-
di Ia festa dei S.S. Pietro e Paolo; questa coincidenza forse non fu fortuita. Co-
munque sia, ta festa fu celebrata come una delle maggiori solennità secondo la
tradizione salesiana; Don Ricaldone tenne il discorso e pet certo la sua parola
portò nelle anime le vibrazioni di una fede, che nel clima locale si sentiva
più robusta.
Fuori chiesa gruppo fotografico, brindisi a cena e rappresentazione in
teatfo.
In un pomeriggio visitò §7embley, il palazzo delle esposizioni. A Londra vi
è tutta urrazona formata unicamente da gallerie epalazzi adibiti a Musei; ve ne
sono circa una dozzina,
A Farnborough, cittadina a sud-ovest di Londra, da cui dista quaranta chi-
lomeri, i Salesiani nel 1901 avevano accolto l'invito di Mons. Giovanni Cahil,
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40.7 Page 397

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Vescovo di Portsmouth, il quale metteva a loro disposizione una Casa perché
fosse un ospizio per orfani di ,marinai e di soldati; inoltre a{fidava una Parroc-
chia. D. Ricaldone incontrò una comunità di 17 religiosi, dei quali nove sacer-
doti. Anche qui ci fu la << giornata dello sport »>. fnoltre la visita fr rulTegrata
da una nota festosa: la prima Messa di un novello sacerdote. In teaffo si rap-
presentò il dramma « S. Alessio »> e il giorno dopo il film sulla Passione.
A Ponente di Londra, a poca distanza da Farnborough, un'altra cittadina
ospitava i Salesiani: Cherthsey (Surrey). Tredici confratelli lavoravano nella
Parrocchia, dedicata a S. Anna, e nell'Istituto, con scuole elementari frequentate
da circa 150 giovani, dei quali un centinaio interni.
Giuochi e giornata sportiva.
Don Ricaldone lasciò 7a casa dopo quatto giorni di permanenza per torna-
re a Londra dove presiedette una riunione di Cooperatori. Ripartì subito per
Burwash nella Contea di Sussex, a nord-ovest di Londra, da cui dista 80 chi-
lometri.
Egli aveva visitato questa casa nel maggio del 19L2. Anche qui: parrocchia
e scuola elementare. La Tocalità, in piena campagta e lontana dal traffico, favo-
riva il raccoglimento, per cui nel 1907 vi si trasferì da Battersea il noviziato e lo
studentato filosofico, che vi rimasero sino al 1920. Godeva fama di casa sale-
siana modello per merito di Don Enea Tozzi.a
Don Ricaldone rivide la parrocchia S. Giuseppe e la scuola preparatoria sa-
lesiana che accoglieva fanciulli fino ai dodici anni. Ebbe anche la presidenza dei
giuochi, distribuzione premi, ecc.
Da Burwash passò a East Hill Vandersworth, sobborgo di Londra (presso
Battersea) dipendente dal Vescovo di Southwark, il quale nel 1901 aveva affi-
dato ai Salesiani un Oratorio privato dedicato a S. Maria Maddalena con cura
paffocchiale e scuole esterne. Ben presto, con l'aiuto dei cattolici, venne costrui-
ta una bella chiesa, che poté soddisfare tutte le esigenze del culto a beneficio
dei fedeli.
a Don Enea Tozzi nacque a Lugo (Ravenna) il 7 giugno 1874. A undici anni andò
nel collegio salesiano di
zione. A diciasette anni
Faenza,
entrò a
dove compì
Foglizzo i il
gli studi di
Zg ottobre
glnnasio e maturò
Don Rua gli diede
la sua
l'abito
voca-
chie-
egrSTiclooiuacrcilinneeot.onàa.1fneS1Anraì2olei4vlsdeionasnnopatavcoi.tre,ramLèmilabearn2esnt3uondaindebeoelluvrollaoe'Onmsgrtaedbsircnseoopen1rdao8iolnn9tntt72aoo,,nlp1eiol8ecv9eesr1muli,aolb1rzsoseeautcl1aroeo8rp9v7riraoo.dzmfeeinosotseeiro,enggielilsi tpVrfeea.rrtcop..o.eorvtuaobarg-Mnulecoiilanla'rOses.rcalrBetiotetrrittaiaòdpg-epCnlelaai,
pace
1898
aEinbsboeIn_dgdshiusifblatiertoerralreeasrpiBcohnusirewasbatielsithàd,eqniuoSinnudpliieenrvioierlcihSeeudd1oeAirforciovcana{rroaanteoCllais.peeImruTpzorieaw-pnirloenstuaoo, Cgalaeirrneeetmtrooorsanott.oeNnceeal-l
1926 i_Superiori gli affidano l'ispettoria inglese che egli dirige fino al 1941. Dopo un anno
come Ispettore negli Stati Uniti dell'Ovest, è mandato Dèlegato del Rettor Maggiore a
visitare l'ispettoria_anglo-irlandese,.quella degli u.S.A. dell'est e dell'ovest, il Messicq Cuba
e l'America Centrale. Nel 1946 è di nuovo ispettore negli Stati Uniti dell'ovest, dove iimane
fino al 1950. Quindi passa come direttore a Newton. Muore a 84 anni, benemerito di tanto
lavoro compiuto a vantaggio della Congregazione e della Chiesa, a Scherfield English, il
26 febbaio 1958.
367

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I1 Vescovo, Mons. Amigo, volle Don Ricaldone ospite a cena.
Qui il 16 luglio ricevette la notizia dalla elezione di Madre Vaschetti a
Superiora Generale delle F.M.A.
E finalmente eccolo alla casa di Cowley, lasciata per ultima, alla quale de-
dicò una intera settimana.Era stata aperta da soli quatto anni nel sobborgo di
Cowley, e a poca distanza da Oxford, in un edificio di proprietà dei Francescani,
con annessa una chiesetta eretta a parrocchia. Ciò che indusse 1'apertura della
opera a Cowley fu la vicinanza dell'università di Oxford, che permetteva ai no-
stri di frequentarla, onde procurarsi i titoli di studio indispensabili per aprire
scuole e collegi.
A Cowley venne trasportato il noviziato e 1o studentato filosofico; si aprì
l'oratorio festivo, che ben presto fu frequentato da oltre 150 giovani, in massi-
ma parte protestanti o areligiosi.
Don Ricaldone trovò una bella comunità di 24 novizi e 34 chierici studenti
di filosofia, olre il personale della casa.
Tra le manifestazioni notiamo una accademia in suo onore e la rappresen-
tazione delle « Pismine ».
Ultimata la visita delle case, presiedette la riunione dei direttori convo-
cati per discutere i problemi delf ispettoria, i quali ovvio) non differivano
nella sostanza da quelli di ogni altra ispettoria salesiana, ma dovevano essere
risolti secondo le condizioni particolari dell'ambiente. Ecco i temi rattati: Vo-
cazioni - Come promuovere lo spitito religioso nei confratelli e negli allievi - Aspi-
rantato, noviziato, stuclentato - Come lavorare oggi e domani.
Seguì la festa del commiato cordiale e vivo, coronata da brindisi a tavola e
dal gruppo fotografico.
Lasciato Cowley si portò a Lancashire, diretto a Bolton, città industriale
situata srrl lembo metidionale dell'altipiano detto << Foresta di Rossendale >>.
Una fermata di poche ore a Manchester g1i permise di dare uno sguardo a quel-
f industrioso cenffo del mercato cotoniero.
Il viaggio a Bolton richiede qualche dilucidazione. I Salesiani sentivano
imperioso il bisogno di avere una o più case nel nord dell'Inghilterra, ad es. a
Liverpool, Manchester, Bolton... dove i cattolici erano numerosi, ferventi ed in-
fluenti. « I1 nord, scriveva f ispettore, è il giardino di buone vocazioni per tutte
le diocesi e per le congregazioni religiose >>. Lo stesso ispettore aveva manifesta-
to questo desiderio a Mons. Casartelli Ludovico Carlo, Vescovo di Salford, di
origine italiana ed ammiratore di Don Bosco, che aveva conosciuto personalmen-
te. I1 Vescovo promise il suo interessamento, e non furono solo promesse, poiché
pirì tardi il Vicario Foraneo e il Collegio dei Parroci di Bolton acquistarono per
i Salesiani una bella e vasta proprietà, molto adatta per una scuola secondaria.
Il viaggio di Don Ricaldone a Bolton aveva lo scopo di ossequiare Mons.
Casartelli e di visitare casa e terreno dove I'anno successivo (1925) i Salesiani
aprirono un collegio-convitto.
Compiuta la sua missione, si concesse il pomeriggio dell'ultimo giorno per
dare uno sguardo alla cattedrale di S. Paolo, alla Torre di Londra ed al London
368

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Museum. Il 26 luglio lasciò l'Inghilterra diretto a Liegi, dove inaugurò una mo-
stra professionale, preparata dai nostri, e presiedette ad un Convegno di ex-
allievi.
A Parigi fece visita al card. Dubois. Il j0 rientrava all'oratorio, lieto di por-
tate al Rettor Maggiore l'eco del fecondo lavoro che i suoi figli dell,ispetroria
inglese svolgevano per lo sviluppo del regno di Dio nelle anime.
Don Ricaldone godeva di una eccezionale resistenza alla fatica, cosicché ri
tornato dalla laboriosa missione, attese alle esigenze del suo ufficio colla stessa
fteschezza e serenità come se avesse lasciato il suo tavolo di lavoro la sera
precedente. Ma si tenga presente che tal resistenza fisica era sostenuta da un ecce-
zionale spirito di sacrificio; due caratteristiche ben note al Rettor Maggiore, iI
quale gli affidò un nuovo incarico.
<< L'articolo 62 dei nosui Regolamenti dice: La cura delle Missioni è affida-
ta a uno del capitolo superiore, a ciò delegato dal Rettor Maggiore. valendomi
di tale facoltà, delego a ciò il Reu.mo Don pietro Ricaldone, eirletto Generale.
Già per altre sue atmibuzioni egli è in rapporto coi nostri missionari, e mi pare
quindi il più indicato anche per ragioni di semplicità. Essendo poi egli, coluiche
fa Ie veci del Rettor Maggiore, tale delegazior. ,o., diminuisce lrel cont"tto .h.
io desidero conservare coi miei carissimi missionari, così lontani e alle volte espo-
sti a così gravi pericoli e sorprese >>.s
Prima di seguire lo sviluppo di questa nuova incombenza che tenne dietro
immediatamente (si confrontino le date) alla conclusione della visita alle case
dell'Inghilterra, osserviamo che l'avvicinarsi della data di apertura della Espo-
sizione Missionaria Yaticana richiese il suo fattivo interessamento perchi il
salone riserbato ai salesiani fosse pronto sotto ogni aspetto per il giorno della
inaugurazione. Abbiamo già detto quale esito ebbe dettà Esposizione-. così pure
abbiamo dato un cenno della Esposizione Missionaria Salesiana fatta a Valdocco
nel 1926, concludendo
rc a77a Congregazione.
che
Don
Ricaldone
in
queste
due
manifestazioni
fece
ono-
collo stesso slancio egli accettò la volontà del superiore. Ma mentre si ac-
cingeva ad assumere
guiva passo passo il
tutte le gravi responsabilità di questa nuova incombenza se-
Rettor Maggiore, allora piuttosto sofferente; Don Rinaldi,
infatti, doveva seguire il comportamento dei suo cuore, evitando tensioni in
questa delicata impresa risolvendo egli stesso questioni che giudicava sfavorevoli
in quanto potevano avere riflessi emozionali. A questo fatto si riferisce Don Ri-
naldi nella lettera seguente.
Monte Oliveto, 16 agosto L924
Cato Don Ricaldone,
Pinerolo
La mia cura continua benino
Penso lunedì a sera col teno che giunge a Torino alle
di arrivare costì.
s A.C.S., 24 giugno 1924, n. 25
369
24

40.10 Page 400

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Se vi fosse Forni a portarmi a Valsalice andrei a salutare gli esercitandi e dopo
le orazioni passerei a dormire a Valdocco.'.
inl'orm-RiactooHrd-;o
uarie cose cbe ni preoccapa?ro...
che il compianto Don Albera mi
e sento il bisogno di esserne
disse chiaro che voleva saPere
tslueiattcopà,esreq'cunuaornisodtosreitg,àiaànoechrraeesm-paovònelstnoadbogilritaiànv,etmeneapg-ièlei ncuaeltriftmiod.iucchmieaesseie. nQgtrouaaniln_dbteoisraoicgomnnoeosndcoeinnszeasgoupireseer
tutto quello che fai...
Il'Signore ti dia forza e la srta grazia per portare la vera croce che hai
sulle spalle ed abbimi presente nelle tue orazloni'
Aff.mo in C. J.
Sac. F. RrNelor
P.S. - Vedo che arriva alle 18,20 circa: essendo molto presto posso an-
dare a piedi a valsalice e basterebbe che Forni andasse colà alle 21 a prendermi.
La virtù eroica di Don Rinaldi e l'amore alla Congregazione gli permise in
seguito di visita,re molte case d'Italia, quelle della Polonia, Ungheria, Baviera,
V[nna e della
lante sostituto
Spagna, sicuro di avere nel
per ogni necessità durante
Prefetto Generale
le sue assenze da
un attento
Torino. In
e vigi-
questi
p'Ceorniosdigilideuree
lutti funestarono la Congregazione:
ciel Capitolo Superiore, avvenuta l'8
GiovÀni Cagliero, che si spense a Roma il 28
la morte di Don Luigi Piscetta,
ottobre 1925 e quella del Card'
febbraio 1926. Don Rinaldi ri
cevette la prima dolorosa flotizia a Varsavia.
Vatsavia, 10lXl1925
Caro Don Ricaldone,
Ieri sera ricevetti la tua lettera del 27 settemble colle notizie buone di
Don Piscetta; questa mattina
tatevolmente riiervarono per
invece mi comunicarono il telegramma che cari-
ufl momento più appropriato.. Fiat. La impres-
sione e Ia pena sono granài come il vuoto che lascia Don Piscetta, ma << quo-
modo Deo'placet, ita
per il àiscorio di
lactum est. Sit
trigesima: Don
nomen Domini benedictum"' »'
Alessio Barberis o Don Vismara
o
Don
Rota.
Il Signore ti sorregga nelle tue fatiche'
D. F. RrNalor
La seconda notizia 1o raggiunge a Siviglia nel 1926.
Siviglia, 2 marzo 7926
Caro Don Pietro,
Egli
I1 Signore si prese il nostro catdinale, sia
lascia" rn gr.rrà" vuoto. La tua lettefa sulla
benedetto in tutte
sua malattia la lessi
le cose.
dopo il
370

41 Pages 401-410

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41.1 Page 401

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telegramma della morte. Ero amivato qui il 28 a sera, si troncarono le feste
e domani faremo un funerale coll'assistenza del Cardinale Arcivescovo di si
viglia.
f-i.g.li.oFpunreedrail-elertodieTqriugaessiimpraim. oEgloegniitoo:
è il 1' Cardinale, il 1" missionario,
spirituale di Don Bosco,...
un
Siviglia 8 marzo 1926
Qui è inutile dirti che mi chiamano tutti tue notizie e che ti ricordano morto.
Intanto Don Ricaldone prendeva visione dei problemi missionari specifici
della Congregazione, che si presentavano sempre più vivi a mano a mano che si
estendeva il campo dell'apostolato missionario. Egli possedeva le esperienze ac-
quisite nella visita fatta alle nostre missioni nella repubblica argentina e alle
case del Medio Oriente.
come delegato del Rettor Maggiore le sue atribuzioni erano ampie, ma
sempre con pieno rispetto dell'autorità del Rettor Maggiore.
Quali erano i compiti del Delegato? Ecco i principali.
fnteressarsi delle case destinate ad accogliere vocazioni missionarie e alla
loro preparazione. Interessatsi delle singole Missioni, tenendosi in relazione coi
missionari per consigliare, sciogliere dubbi; stimolando i << chiamati »> ad acco-
gliere l'invito del Signore; raccogliendo le domande dei confratelli che deside-
ravano recarsi in luoghi di missione; promuovendo tra i cooperatori un movi-
mento di simpatia verso le missioni, concretata nella f.ormazione di comitati
aventi per scopo di cercar sussidi, ecc.
come già si disse, 1'11 novembrc 1925 cadeva il 50'delta partenza del
primo gruppo di missionari mandati da Don Bosco nel sud America. Don Rical-
done assecondando la volontà di Don Rinaldi e prendendo da lui ispirazione,
plogettò un programma di azione articolato in sette serie di manifestazioni, che
ebbe l'approvazione del capitolo superiore e venne attuato quasi per intero. Lo
riportiamo in Appendice, allegato n. 30.
Don Ricaldone fu anche un attivo e zelante promotore delle spedizioni mis-
sionarie.
Indubbiamente la spedizione più solenne ed irnportante fu quella commemo-
rativa del cinquantenario; così ne suisse negli A.C.S. il 24 febbraio 1925: << Ri-
cortendo il cinquantenario delle nostre missioni, sarebbe bello iniziare i festeg.
giamenti con una notevole spedizione di missionari. Fu stabilito che le domanJe
dei volonterosi che desiderano partire siano rivolte allo scrivente. Vorrei pregare
i generosi a farlo con sollecitudine, onde poter iniziare le pratiche in tempo op-
portuno. Converrebbe altresì che i proroganti il servizio militare facessero cono-
scere l'anno della proroga e le condizioni dei loro studi classici o professionali >>.
L'appello non
sentì il bisogno di
cadde nel vuoto;
ringraziare.
fu
raccolto
da
molte
anime
gànerose
ed
eg[
<< Ringrazia sentitamente quanti risposero all'appello in favore delle mis-
)71

41.2 Page 402

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sioni. Ringrazia specialmente i confratelli d'America che si offrono per andare
a lavorare in altti continefiti »,6
La funzione dell'addio al folto gruppo di missionari venne inserita al cen-
tro di altre due manifestazioni. La prima si svolse al mattino dell'll novembre
1925 nel Sanruario di Maria Ausiliarice; nella sua semplicità racchiudeva un
grande significato di impegno missionario; Don Rinaldi, dopo la celebrazione
della S. M.rru, impose l'abito ecclesiastico a un numeroso drappello di giovani
aspiranti missionari circondati da parenti e amici.
I1 giorno successivo ebbe luogo la commemo razione del cinquantenario nel
te^tro di Valdocco, presenti il Principe di Piemonte per la famiglia reale, prin-
cipesse di Casa Savoia, rappresentanti del Governo, Autorità civili e militari. Ten-
.r. il dir.o.ro co.mmemorativo, da pari suo, l'Em. Card. Pietro Maffi, Arcivescovo
di Pisa.
Nel tardo pomeriggio dell'11 novembre si ripeteva la funzione di addio del-
1,11 novembrc 1815; i primi missionari furono 10: presente Don Bosco e gui-
dati da Don Giovanni Cagliero; ora erano 224 (172 Salesiani e 52Figlie di Maria
Ausiliatice), presente il Card. Cagliero, unico superstite della prima spedizione'
Nessuno poteva come lui vivere quel momento così solenne, con tanta pura emo-
zione soprannaturale, rievocando il servizio reso alla Chiesa in mezzo secolo di
uportolrio vissuto in gran parte nelle immense distese delle terre patagoniche.
<< Cinquanta annifa con i miei nove compagni io ascoltavo come ascoltavate voi,
e Don Bosco occupava il mio posto. Ed oru? Soli Deo bonor et glorial >>. E pro-
seguiva offrendo ai nuovi missionari consigli suggeriti dalla lunga esperienza: co-
se vive ed attuali, coronate da un caldo suggerimento: << Siate apostoli ed evan-
gelisti; proponetevi una cosa sola: far conoscere ed amare N.S.G.C., e propagate,
io-" ,ròl.rru Don Bosco, la divozione a Gesù Sacramentato ed a Maria SS. Ausi-
liatrice, e voi pure vedrete che cosa sono i miracoli >>'
In un fremito di commozione i Superiori diedero l'abbraccio ai partenti,
confidando all'orecchio 1'ultimo augurio.
I1 tema delle « vocazioni missionarie »> in Don Ricaldone occupò un posto
di primo piano e non ralasciava occasione per inculcarlo sia in contatti personali
u uo.. e per iscritto, sia nelle conferenze, sia nelle comunicazioni ufficiali' Noti
ficando la data di inaugurazione della Esposizione Missionaria a Valdocco, si
augura che attiri molti visitatori, ma soprattutto susciti motrte vocazioni. Ricorda
ai Salesiani come uno dei mezzi per suscitare vocazioni sia quello di coltivare la
associazione << Gioventù Missionaria »> e la diffusione del periodico omonimo;
inoltre rispondendo a lettere di confratelli ne approfitta per esortarli all'azione.
Valga quanto scrive al direttore della casa di Astudillo nella Spagna:
Infine vorrei sapere se avete già iniziato qualche propaganda speciale, se
avete già molti indirizzi di persone alle quali ricorrere se potete fare qualche
6 A.C.S., 24 aprlle L925, n. 29
312

41.3 Page 403

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cosa con « Gioventù Missionaria >>; se avete ideato un fogliettino speciale, fosse
anche solo di quattro pagine, ma vibrante di entusiasmol che si ficcia leggere
da tutti. rnsomma desideriamo essere ben informati per meglio guidarvi e-àssi-
stervi. In attesa di una tua letrera ti comunico che it Signore còntinua a man-
darci tante buone vocazioni e che inoltre, in questi gioini, ci fa concepire le
miglioti speranze di poter aprire una nuova casa missionaria. Saluta cotésti ca-
rissimi confratelli
il vostro
e
bravi
giovani.
Vi
auguro
ogni
bene
e
vi
benedice
di
cuore
aff.mo in C. J.
Sac. P. RrcAlooNe >>.7
Quando poi Don Rinaldi gli affidò I'incarico di Visitatore Sraordinario
delle nosre Missioni nell'Esremo Oriente e per lunghi mesi si trovò a contat-
to colla realtà concreta del problema della evangelizzazione in quei vasti conti-
nenti, le vibrazioni del suo cuore diedero al suo appello una tonalità mai prima
raggiunta. Ecco un saggio. Dalla Cordigliera Assamese, alla vista delle centinaia
e centinaia di milioni di anime che vivono ancora nelle tenebre dell'errore, do-
manda alle Ispettorie d'Europa il dono di due sacerdoti per i bisogni più urgenti
di quelle missioni.
« Certo è un sacrificio che si esige. Però se tutti potessero farsi anche una
pallida idea dello stato di questi infelici nostri fratelli, come pure dello srazio
continuo del cuore dei nostri missionari impotenti non solo a seminafe, ma a
raccogliere I'abbondante messe che biondeggia, non v'ha dubbio che tutti i figli
di Don Bosco gareggerebbero per riempire in parte il piccolo vuoto lasciato da
coloro che Iddio chiama a redimere queste anime r>.8
Ma questo primo slancio di carità apparve ben presto insufficiente. Man
mano che percomeva il lungo cammino la realtà prendeva maggiori proporzioni
e si traduceva in un'ansia di pensiero e di sentimento che ebbe come naturale
conclusione la proposta fatta a D. Rinaldi di un vasto programma di azione
col titolo significativo di << Crociata Missionaria >>.
Il Servo di Dio fece sua la proposta di D. Ricaldone e affidò l'appello ac-
corato alle pagine del Bollettino Salesiano (aprile 1928).
Scrive Don Ricaldone dall'oriente: « Perché, mi sono chiesto molte volte,
perché mai il successore di D. Bosco non alza la sua voce e tutti invita ad ini-
ziare una santa crociata in favore dei popoli dell'oriente, come già fece D. Bo-
sco per i popoli e le terre dell'Occidente? Creda, Padre veneratissimo, è so-
prattutto 1'Oriente che deve essere oggi oggetto delle preoccupazioni, delle cu-
re, del lavoro assillante delle anime buone! Qui non possiamo, non dobbiamo na-
scondedo, sono gioco i granci interessi, i problemi vitali dell'avvenire dei popo-
li. un oriente cristiano sarà caparra di sicurezza, di pace pel mondo, mentre di
7 In data 2l-Il-1928.
8 A.C.S., 24-Y-1927, n. )9
373

41.4 Page 404

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verrebbe una costa,nte e tremenda minaccia se sconvolto e aizzato dall'odio bol-
scevico e anarchico »>.
Le Missioni avevano bisogno urgente di missionari, di mezzi finanziai di
generi di prima necessità. Per provvedere a tanti bisogni D. Ricaldone suggeriva
do. p.oporte: << Vi sono delle nobili persone che o ebbero in eredità, o accu-
111,lrrono con la loro intelligente fatica, fortune ingenti, e vivono sconfortate
perché mancanti di prole. Perché non dire loro in nome di Dio, che adottino co-
Le figliolanza spirituale un gruppo, una famiglia di aspiranti missionari, che si
pro.rrii.ro la gioia di fondare un Istituto ove raccogliere tante e tante vocazioni
che altrimenti andtebbero perdute?
E un altro appello io penso si possa e si debba fare... Per svolgere un'azio-
nsieonvaerraiem. e.n..teNoefnficsaicetfonveelrl'aOnrnieont1e00ab0bpiaemrsoonbeisogegnneorodsieadlmisepnooste10a00faBreorislesMacisri--
ficio di L. 20.000 per sostenere, coi relativi interessi, un aspirante missiona-
rio? »>.
Le due proposte ebbero una vasta risonanza, specialmente tra i Cooperatori
e Benefattorid"ll'Op"., di Don Bosco. Merita di essere ricordata la risposta più
vistosa, riportata dal Bollettino Salesiano dell'aprile 1928.
Grociata Missionaria
L'appello per la crociata Missionaria ci porge occasione di iniziare su-
bito la pagina d'oro in modo veramente splendido.
Il §.n. Conte Eugenio Rebaudengo farà sorgere in Torino alla memoria del-
la compianta sua nobile consorte Contessa Teresa Ceriana l'Istituto Missionario
ContAi nilecbhaeuldee«ng1o00d0es)>tipneaftsoon^e
tofmare
invitate
dei
da
missionari coadiutori Capi d'afte »>.e
D. Ricaldone risposero all'invito e si
sono moltiplicate poiché ancofa oggi il Bollettino Salesiano mantiene apeta 7a
pagina'dedicata alle << Borse Missionarie »>.
Tornato in Italia, ricco della nuova espefienza, Don Ricaldone poteva
ripetere con verità « Charitas Christi urget nos ».10 Poiché intensificò la sta azio-
ne in favore delle Missioni e si fece portavoce delle loro necessità in numerose
conferenze, illustrate da proiezioni, tenute in molte città d'Italia.
La preparazione della spedizione del 1928 è all'insegna della Crociata, che
si dilata ,ttiu'r.tto il Bollettino Salesiano ed altra efficace propaganda. Sffive ai
Salesiani: << Ormai è giunto a tutti f invito, la supplica ardente del successore
di D. Bosco: la sua voce ha trovato certamente la via dei cuori. Siavi in tutti una
santa gar,- per contribuire con slancio al pieno successo della crociata. Ne avrete
ampia ricompensa a vantaggio delle anime e delle opere affidate alle vostre
cure r>.tt
e Bo11. Sales., 5-V-1928.
to 2 Cor. 5,14.
1r A.C.S., 24-Y-1928, n. 44.
)74

41.5 Page 405

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E soprattutto esortava quanti sentivano la divina chiamata, di rispondere
generosamente.
L'appello divenne più pressante nell'anno della Beatificazione di D. Bosco.
<< La presenza dei capi missione, convenuti da ogni parte del mondo, mentre
ha accresciuto 1o splendore delle feste della Beatificazione dando loro il carat-
tere della più ampia cattolicità, ha suscitato, ovunque, un potente risveglio di
spirito missionario.
... I Capi missione però hanno fatto conoscere al nosuo Venerato Rettor
Maggiore... i bisogni molteplici, urgenti, improrogabili in cui versano. Urge per-
tanto prepararc rinforzi efficaci. La spedizione dell'anno della Beatificazione de-
v'essere espressione degna, adeguata dell'apoteosi del B. D. Bosco.
A nome perciò del nostro Venerato Rettor Maggiore rivolgo un caldo appel-
lo a tutti, ma particolarmente ai sacerdoti, acciocché accorrano con slancio alla
salvezza di quelle anime che furono I'aspirazione e il programma della meraviglio-
sa operosità del B. D. Bosco >>.r2
La spedizione missionaria di quell'anno fu imponente, poiché i Missionari
furono 276, dei quali I73 Salesiani 103 Figlie di Maria Ausiliatrice. Splendore
di eroismo portò alla << Crociata Missionaria »> I'eccidio di Mons. Versiglia e di
Don Caravario.
Anche alle Missioni Salesiane, come quelle che le precedettero nella evan-
gelizzazione di popoli ancora avvolti nelle tenebre dell'emore, il Signore conces-
se che all'eroismo dei pionieri, i quali consumarono la vita giorno per giorno
nella fatica dell'apostolato, si aggiungesse l'eroismo del martirio cruento e Que-
sto a corona della esaltazione di D. Bosco fatta dalla Chiesa elevandolo all'onore
degli altari.
Mons. Luigi Versiglia, Vicario Apostolico di Shiou Chow accompagnato da
Don Callisto Caravario e da un gruppo di maestri e catechistesse, menue risa-
livano il fiume delle perle verso Lin Chow furono assaliti e derubati dai pirati,
i quali vollero rapire le catechistesse; ma trovato nei due missionari una resi-
stenza risoluta ed inaspettata,Ti assalirono brutalmente fracassando loro le brac-
cia; poi trascinatili in una boscaglia compirono il massacro e li fucilarono. Il 1a-
gico episodio avvenne il 25 feb&aio 19J0.r3
n ... É con trepida commozione che rivolgo, quest'anno il consueto appello
per la spedizione missionaria, così scriveva Don Ricaldone.
Non giudico necessaria l'esortazione che dovrei fawi a nome del nostro Ve-
nerato Rettor Maggiore, quando, con sovrana eloquenza, vi ha già parlato il
sangue dei nostri Fratelli caduti eroicamente sul campo dell'apostolato.
I nomi di Mons. Versiglia e di D. Caravario sono lo stimolo più efficace.
Il sangue dei martiri ebbe, attraverso i secoli, prodigiosa fecondità; e noi
sappiamo che sono molti i generosi confratelli che aspirano ai più eccelsi eroismi.
Mi lirnito a dirvi che tutte le nosrre missioni hanno estremo ed urgente bisogno
12 A.C S., 9-VII-1929, n. 49.
t3 8o11. Sales., 1910, pag. 100 e seg
375

41.6 Page 406

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di personale e pafticolarmente di sacerdoti. Siccome le pratiche per le partenze
sono piuttosto lunghe, prego i candidati di voler inviare le loro domande con
sollecitudine.
Il Signore, nel cui nome e per la cui gloria corrono i missionati a salvezza
delle anime, ricompenserà ampiamente le loro fatiche e i loro sacrifizi »>.14
Instancabile poi fu lo zelo di Don Ricaldone quale propagandista della Cro-
ciata Missionaria. Conferenziere molto apptezzato, subito dopo il ritorno dallo
Oriente, pur non tascurando gli impegni della sua carica di Vicario, peregrinò
in molte città, dove i Salesiani o un gruppo di Cooperatori o Cooperatrici gli
offrivano una sala ed un pubblico desideroso di approfondire la conoscenza della
storia della Chiesa impegnata nella conquista pacifica dei popoli al regno di Dio'
Adattando la sua esposizione alla categoria dei suoi uditori (talvolta giovani di
collegio e di oratorio, oppure gente del popolo, professionisti, intellettuali) illu-
slava Ia situazione delle missioni salesiane nell'Estremo Oriente quali le aveva
conosciute nella loro realtà. Popolazioni numerosissime sparse in vastissimi ter-
ritori da evangelizzare; uno stuolo di apostoli ardenti, che ricordavano il << pu-
sillus grex » del Vangelo (Lc t2,32) insufficienti per la grande impresa; |e gra-
vi necessità spirituali e temporali di quei nostri fratelli, alle quali urgeva prov-
vedere, non fosse altro per un senso di solidarietà umana. Proiezioni fisse e ci-
nematografiche documentavano efficacemente la parola del conferenziere.
Nelle case di formazione, specie negli istituti missionari, la sua conferenza
coronava \\a gionata dedicata a71a celebrazione delf ideale missionario, alimen-
tando in quei giovani cuori la fiamma della vocazione.
Per dare un'idea della sua attività nell'anno della beatificazione di Don
Bosco riportiamo in Appendice, quasi per intero, I'agenda dei suoi impegni: aI-
legato n. 31.
Il contributo di attività che diede alle missioni non si può misurare adegua-
tamente; tutt'al più si può dedume in una certa misura dai risultati esteriori con-
seguiti. Questi peraltro, non sono merito esclusivo di Don Ricaldone, poiché
si sa che Don Rinaldi, mentre ispirava ed animava diverse imprese, usava tacefe
e lasciare al suo Vicario l'attuazione pratica.
Si deve alla sua assidua vigilanza e gatbata insistenza se l'Archivio Centrale
fu arricchito della « Relazione annuale delle opere missionarie »> che i Vicati, i
Prefetti Apostolici e gli altti Capi-missione dovevano mandare al Capitolo Supe-
riore e quindi alla Congregazione di Propaganda.
Tali rendiconti gli furono utili per seguire gli sviluppi progressivi, aiutando,
conciliando, proponendo i riordinamenti necessari.
L'impulso dato alle spedizioni missionarie è documentato dalle spedizioni
eseguite.
14 A.C.S., 24-IV-t9)0
376

41.7 Page 407

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Spedizioni missionarie
Anno
7924
1925
t926
t927
t928
t929
t930
t93t
Totale
Salesiani
101
t72
108
150
85
173
110
t32
r.031
F.M.A.
5
52
30
t9
37
103
20
54
320
Totale
106
224
118
L69
t22
276
r)0
186
1..351
Gli lstituti Missionari
A coronamento della << Crociata Missionaria »> assecondando il pensiero di
D. Rinaldi organizzò gli Istituti Missionari di Ivrea e di penango già in atto, e
quelli di nuova istituzione di Cumiana, di Bagnolo e dei Conti Rebaudengo.
Di quest'ultimo venne benedetta la prima pietra nel pomeriggio del 13 giu-
gno 1929; alla cerimonia diede grande solennità 7a patecipazione di p..rorrulità
eminenti, religiose e civili, la presenza del Consiglio Superiore dei Saleìiani e dei
rappresentanti della Congregazione convenuti a Torino pr la celebrazione del
Capitolo Generale. Disse il discorso di circostanza Don Vincenzo Cimatti, valo-
roso missionario nel Giappone. I<< missionari, disse, sono i più strettamente in-
teressati al nuovo Istituto »>, che definì <( una nuova gemma ihe si aggiunge alla
corona di Don Bosco e sarà un santuario di bene ».ls
Scopo dell'Istituto è la formazione dei maestri d'arte destinati alle Missioni.
sull'Istituto Missionario di cumiana diremo qualche cosa di più. Anzitutto
D. Rinaldi ne aveva determinato 1o scopo, scrivendo sugli ACS. « Già da alcuni
anni le nostre Case d'Ivrea, di Foglizzo e di Penango raccolgono quasi 600 gio-
vani che si preparano nella preghiera, e negli studi sacerdotali e professionali a
divenire futuri sacerdoti e coadiutori delle nostre Missioni; però ci mancava anco-
ra un'opera di prima impofianza. La domenica 17 luglio scorso, alle cascine Nuo-
ve di cumiana, nella campagna lasciata dalle benemerite sorelle Flandinet, per
la fotmazione di personale missionario, si diede principio alla Scuola Agricola
Missionaria, con la benedizione solenne della statua di Maria Ausiliatrice posta
sul cornicione dell'ampio edificio destinato a raccogliere i chiamati dal Silnore
alla vita religiosa missionaria nell'esercizio pratico e ruzionale della coltivazione
rs Bo11. Sales., agosto 1.929
16 A.C.S., 24 luglio 1.927.
377

41.8 Page 408

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della terra, che deve darc i mezzi per sostenere le Missioni e rendere un pò per
volta i selvaggi stabili e alfezionati alla vita di famiglia prima, e poi alla vita
di società ». Alla festa non era pfesente D. Ricaldone, che svolgeva la sua missio-
ne nell'Estremo Oriente.
A un anno di distanza, il 29 luglio 1928 ebbe luogo f inaugurazione della
Scuola in una cornice di solennità e di entusiasmo che faceva vibrare i cuori
per la nuova istituzione, la quale conteneva in la promessa di un lusinghiero
àvvenire per la causa delle missioni. A questa cerimonia dettefo lusro e tono
festivo numerose autorità e rappresentanze qualificate. Il discorso venne pro-
nunciato dall'On. Paolo Boselli. It Boll. Sal. (settembre 1928) così commentava:
« Il desiderio vivissimo del Sig. D. Rinaldi di vedere ultimato l'Istituto Missio-
nario di Cumiana è stato finalmente soddisfatto; d'ora innanzi il suo cuore pa-
terno gioirà col poter accogliere quegli aspiranti che la Provvidenza gli invierà _e
che a éumian", àtt..rde.tdo all'agricoltura, impareranno ad essefe un giorno abili
maesri nelle future Colonie Agricole Missionarie.
È quasi superfluo notare con quanta attenzione Don Ricaldone seguiva pas-
,o purro qrr.sta scuola nel suo sviluppo graduale e gli aspiranti che formavano la
popolurio.r. scolastica. Dapprima funzionò il Corso dell'Avviamento Professio-
nale Tipo Agrario; di poi al suo fianco si aggiunsero un corso pfeparatorio e
quattro classi dell'Istituto Tecnico Agrario. La scuola in un primo tempo fu di-
ihi^rutu sede di esame per l'abilitazione tecnica dalla Autorità scolastica e subito
dopo ottenne il riconoscimento giuridico. I primi periti agrari conseguirono il
Diploma di Abilitazione nel 19J7 e furono sette. Don Ricaldone andò a Cumiana
nei giorno della chiusura della sessione estiva di esami per congratularsi cogli
abilitati, ai quali volle dare un premio: la visita ad alcuni istituti e aziende agta'
rie. Realtà penosa: di questi primi << periti agrari » solo uno rimase in Congre-
gazione!
La
sentava
vsecruaomlaen-te
che per
bene in
f interessamento personale di Don Ricaldone si
tutte le sue strutture: atttezzatvra scolastica dei
pre-
vati
gabinetti scientifici, cosuuzioni rurali moderne e funzionali, lavori di bonifica del
tv.irs.i.tnarooneodCisa6ridbiunzailoi,nVeersaczoiovni,alPerdineclliepicduiltuCraes,aecRce.a-le,
ricevette
Ministri,
molti ospiti; la
Autorità scola-
stiche, Senatori e Deputati, Professori di Università, Presidi di istituti statali con
allievi. Don Ricaldone, ogni qualvolta gli era possibile, accompagnava 91 ospiti
nella visita, illustrando nei particolari i risultati ottenuti'
Fra i tanti ricordiamo re visitatori'
I1 primo è Don Rinaldi. - Don Virginio Battezzati ricorda. « Eravamo nel
mese di maggio del 1931. Precisamente il giorno 12, trovandomi con Don Rinal-
di nel piccolo ballatoio, che dall'edificio centrale, al primo piano, si sporge al
cortile àefl'interno dell'Istituto, uscì più o meno a dire queste parole, che io
scrissi in giornata su un quaderno, dal quale riporto: « Belle Ie costruzioni, anzi
grandiose. Alf inaugurazione l'on. Boselli nel suo discorso per la circostanza, deno-
Ài.,ò tul. costruzione << Castello della nobiltà di Don Bosco >>, volendo alludere
all'fstituto, che era destinato a preparare espefti agricoltori >r. E dopo breve
378

41.9 Page 409

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pausa riprese: <( Sì, tutto bello, ordinato e organizzato esternamente. Ma la par-
te interna, la spirituale, come andrà? ». Pare volesse accennare alla riluttanza che
Don Bosco aveva all'inizio di impegnarsi in scuole agrarie, per la difficoltà della
assistenza e per Ia natura stessa della scuola che presentava difficoltà particolari
per la formazione alla vita religiosa »>.
Il giorno dopo, 13 maggio, di sua iniziatiua, tenne ai confratelli una con-
fercnza. In essa (come leggo nel quaderno accennato) ua I'altro disse: << C,è da
esser soddisfatti della casa per ciò che ho visto di esteriore »>, poi si estese a parla-
re del lavoro riferendosi al sogno di Don Bosco, detto dei << diamanti >>, conclu-
dendo: << Don Bosco lavorò molto, ma con la fede, con I'unione con Dio, con
fine soprannaturale... Il lavoro per essere meritorio deve essere sostenuto dalla
fede... ». Continuò a considerare oltre il diamante del lavoro, altri diamanti del
sogno, altre virtù, indicate per il salesiano, e conchiudeva: << TJn'a\\ffa volta, quan-
do verrò a cumiana per passarvi un'alra setimana, vi parlerò degli alri dia-
manti ».
Ma non tornò più »>.
Il secondo visitatore è il principe siamese Damrong che venne nell'agosto
del 1930.
Dopo il benvenuto dato in inglese dal sig. Don Ricaldone, un allievo rivol-
se un fervido omaggio a S. A. Reale, il quale si levava in piedi per dichiarare il
proprio compiacimento per la vibrante ospitalità trovat^ a Torino e per riafferma-
re la propria simpatia per gli ordini Religiosi che nel suo paese lavorano e van-
taggio della sua popolazione.
Ricordò poi ai giovani che Ia felicità terrena è concessa so amente a quelli
che sapranno accoppiare i fini temporuTi a77e idealità spirituali. Seguiva quindi
la visita all'edificio scolastico ed ai fabbricati rustici della vasta tenuta. TJn signo-
rile infresco riunì ancora ne1 teatro della scuola il Principe e la folla delle
Autorità. Poi nel congedo le note dell'inno siamese e della marcia reale saluta-
rsopnoondle'ovsapaitegitiallnudsotrer,ip-etutialmqeunatlee
col viso illuminato da un sorriso
il cappello in segno di saluto.
di
letizia
ri-
I1 terzo visitatore che vogliamo ricordare è il Senatore Agnelli, che fece la
sua visita quando Don Ricaldone era Rettor Maggiore. Ne era stato intermedia-
rio f ing. Bertolone della R.I.V. che era amico di Don Bonvicino allora diret-
tore a cumiana. I1 Sen. Agnelli ammirò la praticità del mobiletto che negli
spogliatoi serviva a ciascun ragazzo per sedersi (e così mettersi gli scarponi o
gli zoccoli da lavoro) ma che era anche ripostiglio per Ie calzature, attaccapanni e
deposito per qualche atffezzo di lavoro: massima comodità nel minimo spazio.
Se è vero che a Cumiana Don Ricaldone poté attuare le idee esposte nel
suo libro << La scuola agricola salesiana >>, bisogna anche dire che le costruzioni
dipendevano « dall'ufficio Tecnico dell'Economato >> che non sempre era ese-
cutore fedele dei progetti del Superiore. Così avvenne che mentre Don Ricaldone
era Visitatore in oriente, costruì la stalla con materiali e linee troppo appari-
scenti, fino a dare l'impressione di lusso.
Don Ricaldone (come Don Temone ben ricordava) ne provò vivo dispia-
379

41.10 Page 410

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cere, ma nella sua umiltà si prese in pace tante critiche di confratelli... senza
girartre all'Economato.
Ecco ora il giudizio di Don Mario Ghigl.ieno.
<< La grande e aggiornatissima Scuola Agraria Missionaria di Cumiana-Bivio,
fu una manifestazione della sempre pratica genialità di Don Ricaldone; e se in
qualche aspetto particolare può apparire un po' troppo elegante, è un'opera
degna della sua antiveggente genialità, la cui fama, come innovazione, nel ra-
zionale insegnamento della moderna a,gficoltura, arrivò {ino ai Ministri di Roma,
che mandarorr*o te dei loro ispettori a visitarla. E dai quali, mentre facevo
vedere loro il punto superfluo e razionale laboratorio di chimica ad uso degli
studenti, ebbi il piacere di udirli dire tra loro: << Lo vedi? Così noi (Ministeri)
ci lasciamo precedere dai privati nella perfezione dei mezzi pq insegnare con
praticità i'l perfezionamento della nostra agricoltura! Questi ci fan vedere quel
che dovremmo fare prima noi >>.
Quella scuola, impiantata da lui così, oltre che insegnamento coi fatti di
quanto più si potesse ricavare da terreni disprezzati perché mal livellati e poco
permeabili e perciò soggetti al dannoso ristagno delle acque piovane, fu in realtà
anche un fruttuoso investimento di tutte le somme che vi si spesero pel cor-
reggerli, in macchine moderne, lavori di livellamento e di scoli, ecc., che già
dopo soli tre anni mostrarono alla meraviglia dei contadini circostanti quanto di
pusiinaùnceaomdmeipnmetetee«gnltiinoeseCsgionpmaonmteteissss>e>io-anvaerbrioeondmilaiacanlodrianott.oeVgderaarlallea.eLpdaroinqgtureealldliegi,teacnotBemoee-mudimaii aaafafvenencdnheearreseacldea-
che si faceva in ltalia: << per essere più efficace, dovrebbe cominciare dai cer-
velli ».
Proprio quello che la mente illuminata di Don Ricaldone voleva, impiantan-
do non più una delle vecchie <<Fattorie modello »> ma una vera e propria
Scuola, e di carattere non solo elementare, ma, se pur anche con que'llo, netta-
mente medio-superiore, per formare dei ben aggiornati periti agrari .
E tutto ciò non solo già per l'Italia, ma proprio per poterli mandare, così
bene anche intellettualmente formati, nei paesi di missione, dove I'insegnare
è come aumentare di molto e con meno fatica i prodotti locali del suolo. Don
Ricaldone aveva ben capito come fosse un aiuto capitale per fissare ed aflezio-
narc alTa loro terra la gente, sempre pirì o meno nomade dei paesi di missione;
ahimé, che morto lui, troppo pochi furono a intender questo.
Un altro direttore di un istituto agrario statale, alla meraviglia di qual-
cuno al vedere quel Laboratotio di chimica per gli allievi, rispose: « In Belgio
hanno già laboratori di chimica così anche le scuole per le buone massaie »>. Na-
so di quel talel
Intanto è certo che la imponente trasfigwazione (più che ,miglioramento)
di quel fondo, ricevuto in dono in condizioni di passività agratia, ne ha talmente
daeccrlroeMs-ciiustfooanreiolbebvseatelorsicroeumpreeoralatloerecsthuuet<t<e-Cluemnsieapnlesacea»sf>aopt,teesrcophloeérisplaootcsehuteaicopra,ezrciohmneaolsletii
volesse ven-
sistemazione.
essa sarebbe
t80

42 Pages 411-420

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42.1 Page 411

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stata una macchia sulla persona di Don Ricaldone, quasi che egli avesse <, fatto
spfecare tanti denari >> quasi come per un perditempo. E io sapevo invece cosa
dirne.
per
Qualcosa posso
testimoniare del
dire
mio,
-sopcraonucnludseuolagrasunadeluantgtoa
ercroTiaczoio. nMe iDaocncaGddheigdliieinnoco-n-
trarlo proprio quella sera in cui, dicendo l'Ufficio Divino lungo il vialetto di
accesso alla scuola di Cumiana, mi passa accanto rapida una moto col cartoz-
zino di fianco, in cui sedeva un uomo vestito dimessamente, con un berretto da
ciclista, un po' calato sugli occhi, che mi fa un mezzo sorriso. Ma chi sarà quel
tale? Quasi mi ricorda quel sorrisetto...
Rincaso tosto, cerco di sapere... e solo dopo un'oretta me lo rivedrò davanti
nel suo normale abito talare e col suo abituale benevolo sorriso: << Sì, sì, sono
proprio io... di ritorno dalla Spagna. Ma... quei poveri figliuolil Quanti non li
abbiamo più ».
Con rischio gravissimo della vita (ed anche delle previe torture) aveva vo-
luto andare a confortare con la sua presenza, pag ta volentieri anche con quel
rischio, quei nosri confratelli così atrocemente provati con tante uccisioni »>.ri
17 Allude al ritorno dal suo viaggio in Terra Tanagonese, durante la rivoluzione spa-
gnola: di tale visita parleremo in seguito. Yedi pag. $6.
381

42.2 Page 412

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CAPO XIX
VISITATORE STBAORDINARIO ALLE IVISSIONI SALESIANE
NELL'ESTREIVO ORIENTE
Torino-Bombay
Negli A.C.S. de|24 dicembre 1.926 L Rettor Maggiore dava la seguente co-
municazione:
<< ... Ora sono lieto di potervi comunicare che nel giro di questi ultimi anni i
membri del Capitolo Superiore hanno visitato quasi tutte le nosme Case d'Europa e
d'America, riportandone consolantissime notizie. Adesso restano ancora a visitare
le Case dell'Africa e quelle dell'Otiente.
Quanto a queste ultime, il Bollettino vi ha messi al corrente dello sviluppo
straordinario preso dalle nostre Missioni dell'India e della Cina, e di quello che
promette la nuova rnissione del Giappone. I bisogni di esse, per la diversità di
razza e per varie alffe cause, sono affatto differenti da quelli delle missioni d'Oc-
cidente: ho pensato quindi che il più indicato a uisitarle fosse colui che ebbe già
da me l'incarico di vegliare in modo speciale sopra questo importantissimo tamo
della nostra Società, voglio dire il nostro caro Don Pietro Ricaldone.
Senonché, pet la Tunghezza del viaggio, e per l'immensa estensione del
campo da visitarsi, egli dovrà timanete lontano di qui per una decina di mesi;
e il vuoto che egli lascerà è così grande, ch'io non mi sento forze bastevoli per
riempirlo personalmente. Perciò ho deciso di assegnare, durante questo periodo,
una parte delle sue atffibuzioni a Don Fedele Giraudi, e la parte rimanente a Don
Pietro Tirone; il primo 1o supplirà per tutto quello che riguarda i Cooperatori
e gli Ex-allievi, iI secondo per l'intera corrispondenza e per i provvedimenti ri
guardanti le Missioni »>.
Il nuovo incatico avrebbe completato nella mente di Don Ricaldone il va-
sto panorama dell'Opera di Don Bosco, che nel suo sviluppo teneva il ritmo acce-
lerato, previsto dal Fondatore.
Lasciò Torino il 21 dicembrc del 1926 e vi fece ritorno il 9 dicembre 1927 .
Visitò successivamente le missioni dell'India, della Cina, del Giappone e guidò
il primo manipolo di missionati alla nuova missione del Siam.
Redasse un diario del suo viaggio apostolico, ove segnò, giorno per giorno
alcune note ed impressioni, poche e concise, ed anche qualche episodio. Il desi-
derio del lettore di trovare notizie pure interessanti, ma non pertinenti allo scopo
specifico del viaggio, rimane mortificato. In realtà Don Ricaldone non aveva
382

42.3 Page 413

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tempo da spendefe meno proficuamente, tanto erano dense le sue giornate; si
limitò quindi a stendere sulle pagine del notes tascabile, poche righe di cronaca
al termine di ogni giorno.
Sarebbe troppo lungo seguire tappa per tappa gli innumerevoli incontri da lui
avuti, oltreché con i Confratelli e Ie Suore di Maria Ausiliatrice, anche con le
autorità religiose e civili dei vari paesi, per conoscere a fondo esigenze e difficoltà,
vagliare situazioni, prendere provvedimenti, suggerire modifiche capaci di rendere
sempre più viva e feconda la presenza dei missionari in quelle terre, ove la pene-
Itazione cristiana è ostacolata dal grande rivolgimento ancora in atto, che ha
scosso e sconvolto il colosso asiatico.
D. Ricaldone, lo sappiamo, godeva di costituzione fisica eccezionale che gli
consentiva di affrontare lavoro e fatica fuori dell'ordinario; ttrttavia leggendo il
suo diario, pare quasi impossibile che abbia potuto reggere a uno sforzo massa-
crante, continuato ininterrottamente per dodici mesi. Percorse oltre 61.000 Km.
servendosi di ogni mezzo di trasporto pef terra, per mare, per fiumi: treno, auto-
mobile, cavallo, elefante, carro tirato da buoi, portantina e parecchi chilometri a
piedi; piroscafo, lorcia, barca; in climi caldi, in condizioni atmosferiche variabili
dall'ala alla pioggia, secondo regioni e stagioni!
La necessità di adattarsi a usi, costumi, cibi diversi e talvolta poco appedbili,
la estenuante fatica di interminabili colloqui con i confratelli e persone di ogni
genere: Vescovi, Autorità Consolari, religiosi, suore, benefattori, giovani, fedeli;
la responsabilità di decisioni importanti che doveva prendere di volta in volta,
erano fatiche da {iaccare chiunque.
Nella virtù della pietà, trovò il sostegno indispensabile per superare ogni
ostacolo; fu sempre fedele alle pratiche di pietà; in alcune circostanze non ebbe
la possibilità di celebrare il Divino sacrificio e lo nota con rammarico; quando
inconttava situazioni di molta impofianza faceva pregare ed egli stesso per conto
suo ricorreva a tridui ed anche a novene propiziatorie, aggiungendo qualche mor-
tificazione.
Nel 1927 Ie missioni affidate ai Salesiani nell'Esremo Oriente si trovavano
nell'India, nella Cina, nel Giappone e nell'Australia; esistevano due Ispettorie,
una Prefettura Apostolica e due Vicariati Apostolici, precisamente;
L'ispettoria dell'India di S. Tommaso Apostolo;
La Prefettura Apostolica dell'Assam;
L'Ispettoria della Cina di Maria Ausiliatrice (comprendeva anche il Giap-
pone);
Il Vicariato Apostolico di Shiu Chow;
Il Vicariato Apostolico di Kimberley nell'Australia.
Quest'ultimo non era compreso nell'agenda di Don Ricaldone.
Il 24 dicembte L926, dopo la celebrazione della santa messa Don Rical-
done lasciò Torino diretto aYenezia in compagnia di ue chierici: due professi:
Anderson Agostino e Haughey Guglielmo destinati all'Assam, il teruo, Robaldo
Pietro, aspirante, destinato alla Cina. Alla stazione gli diedero l'ultimo saluto,
l'ultimo augurio e Ia rinnovata assicurazione del ricordo nella preghiera un bel
383

42.4 Page 414

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gruppo di confratelli, ffa i quali D. Candela e D. Tirone del Capitolo Superiore
e il fedele ed affezionato D. Molfino.
A Milano ed a Verona gli Ispettori gli porsero l'ossequio dei confratelli; a
Venezia celebrò il S. Natale coi salesiani e coi giovani del Coletti. Nel pomeriggio
del 25 dicembre sale a bordo del piroscafo Pilema; sul molo sono schierati i
giovani dell'Istituto coi loro superiori per l'ultimo saluto. Egli nota: << Speriamo
che le preghiere di tante anime buone ci ottengano un viaggio felice ». Intanto
i nostri viaggiatori si sistemano in due cabine a due posti; egli sceglie come
compagno I'allora aspirante Robaldo. Poi si presenta al Capitano della nave col
quale stabilisce la celebrazione della Messa alle ore 8,J0 nella sala della
prima classe. Le note di questa prima parte del viaggio nel notes di D. Rical-
done sono scarne e magre; per fortuna vi supplisce il diario completo del Ro-
baldo.
Il Pilema leva le ancore poco prima di mezzanotte. Al largo del Mediterra-
neo il mare in burrasca fa sentire i suoi effetti sui passeggeri. A Port Said nelle
poche ore di fermata Don Ricaldone visita lacasa salesiana; è un incontro cordia-
le coi Confratelli e coi giovani. Dopo cena tutta la casa lo accompagna al porto;
D. Rubino e D. Puddu 1o presentano al direttore del Lloyd, il quale vuole che
prenda posto in cabina di prima classe. D. Ricaldone cede alf insistenza del Di
rettore, ma solo quando questi gli dà l'assicurazione che il chierico suo compagno
di cabina rimarrà solo. Già il Capitano della nave gli aveva fatto la proposta
di salire in prima classe, ma lasciando il chierico in compagnia di un viaggiatore
indiano. D. Ricaldone delicato e prudente, allora non aveva accettato, preferendo
rimanere compagno e custode del suo figliuolo, piuttosto che godere maggiorc
libertà e comodità.
Il l1 dicembre chiude l'anno con la recita del Te Deum ed annota: Deo gra-
tias !
1"' gennaio 1-927: il Signore ci conceda di entrare nel nuovo anno. Inten-
diamo e vogliamo sia tutto per la maggior sua gloria e a vantaggio delle anime >>.
Si naviga in pieno oceano. All'altezza del golfo persico una tormenta di sabbia
itnraveisttezoilnapiruoasncqaufoilla-! tutti soffrono. Impossibile fare nulla. Ma presto si rien-
Robaldo, inesperto di viaggi, ma attento osservatore, nel suo breve racconto,
sa cogliere l'aspetto paterno di D. Ricaldone che ebbe per i re compagni atten-
zioni e tfatti di bontà veramente singolari e del tutto salesiani, togliendo loro
ogni soggezione proveniente dalla sua superiorità anche nei particolari più delicati
della convivenza.
Il viaggio da Yenezia a Bombay che dutò ben 17 giorni, mostrò all'<< aspi-
rante »> tutto occhi e cuore in ammirazione sorpresa e commossa del suo superiore
così profonda,mente umano e di squisita interiorità, un D. Ricaldone veramente
Padre e Sacerdote. Si trova in cabina a dormire con lui! Che sgomento... ma ogni
disagio è superato dagli ordini semplici, precisi e ben ponderati di D. Rical-
done che sa togliere e il suo <( segretario >> da ogni preoccupazione, con molta
molta naturalezza. Poi, dopo la S. Messa, eccolo pronto alla meditazione in
384

42.5 Page 415

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D. Bicaldone con il comm. Lo-Pa-Hong, cooperatore salesiano,
gi Colombo, direttore della Casa Madre, nel 1925.
a
valdocco,
con D.
Lui-

42.6 Page 416

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42.7 Page 417

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comune con i suoi tre figliuoli ai quali stabilisce un programma dove, con le
pratiche di pietà, c'è posto per ore di studio di lingua inglese e italiana e ore
di sollievo.
L'alloru aspirante salesiano fu tocco dalla passione musicale del superiore
che nelle ore di ricreazione insieme ai suoi chierici c^ntava lodi sacre, motivi po-
polari e canti ricreativi. Egli li aveva fatti raccogliere in un libretto; n Su can-
tiam »> e li aveva portati con sé. Non solo animava il futuro maesro di musica
a suonare pezzi sacri sul pianoforte neI salone soggiorno del piroscafo durante
la sua celebrazione della messa, ma egli stesso nelle ore di sollievo si rnetteva alla
tastiela per pezzi a quattfo mani.
Questo fare così familiate del Superiore aveva subito attirato anche la cor-
diale simpatia del Capitano di bordo, dei passeggeri e specialmente dei sacerdoti
e delle religiose che facevano 1o stesso viaggio.
Il Robaldo ricorda le lunghe conversazioni che D. Ricaldone reneva con
un Frate Agostiniano, ammiratissimo del Superiore Salesiano e il suo ratro pa-
terno e riservato con le suore Canossiane dalle quali accettò in dono il panet-
tone di capodanno, ma che volle poi dividere con loro in serena allegria. E aI
giovane osservatore non sfuggì che D. Ricaldone facendo le parti, riservò a sé la
fetta più piccola.
Nel pomeriggio del 10 gennaio il piroscafo getta I'ancora nel porto di Bom-
bay. « 8106 Km. di marel Deo gratias et Mariae! »>. euesto il commento di D. Ri-
caldone.
L'lspettoria Indiana di S. Tommaso Apostolo
Il primo saluto dell'India gli fu dato a bordo del pilema dal signor Aranha
e dal sig. Pinto a nome di Mons. Mathias; essi si misero u .,ru dirposizione
per il disbrigo delle pratiche di sbarco e di ogni altro servizio.
Così li presentarono aiPadri Gesuiti per l'ospitalità
seguente li guidarono in una rupida visita alla città.
della
notte
e
il
mattino
Bombay è la città più occidentilizzata dell'India, pur mantenendo le carat-
teristiche della varietà dei gruppi etnici e dei culti religiosi.
Subito, nel primo pomeriggio i nostri si rimisero in viaggio per calcutta:
2095 km. percorsi in circa 40 ore in carrozzone scomodo . uifollrio, riposando
come era possibile per due notti consecutive. Il panorama delle zone attraversate
non riposava né ricreava 1o spirito; si succedevano campi aridi e miseri villaggi.
Ma D. Ricaldone sapeva condire tutto di amenità, da rallegrare quei lunghi
giorni di viaggio persino con la simpatica ricreazione di un suo consi§lio: il Ào-
baldo lo nominò Consigliere scolastico e i due altri giovani inglesi uno Prefetto e
l'altro catechista. In un clima così sereno emergeva, però, sempre lo spirito di
pietà irradiato dal raccoglimento, dalle profonde osservazioni del Superiore su
fatti e persone.
Il Robaldo non dimenticò più le lacrime di commozione di D. Ricaldone
385

42.8 Page 418

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di fronte ai maomettani che, in treno, nelle ore stabilite, si prostravano bocconi
a terra in adorazione e preghiera ad Allah, senza nessun rispetto umano.
A Calcutta il benvenuto cordiale e affettuoso di Mons. Mathias e confratelli
compensò largamente i disagi del viaggio'
L'Ispettoria di S. Tommaso comprendeva quattro case; Ia ptima a Calcutta,
le altre tre al sud: una a Meliapor e due aTaniorc; contava 15 Confratelli: 9 sa-
cerdoti, 1 chierico, 5 coadiutori. L'ispettore Mons. Luigi Mathias, si uovava
nell'India dal 1922.
A questa Ispettoria D. Ricaldone dedicò un mese.
Inizia la visita il giorno stesso del suo arrivo, alla casa di Calcutta; dove 5
Confratelli (3 sacerdoti e due coadiutori) non erano toppi per attendere alle
opere esistenti: la cura della Parrocchia-Cattedrale; scuola professionale, assisten-
za agli emigrati italiani ed operai. La casa, che al secondo anno di vita, si pre-
sentava sotto i migliori auspici e D. Ricaldone fu lieto di sentire dalla viva voce
dell'Arcivescovo la sua soddisfazione.
Esaurito il compito, il 16 gennaio
per
Madras
I
in
compagnia
di
Mon-
signore; sono altri 1650 Km. percorsi in treno con due notti consecutive di riposo
relativo.
La linea ferroviaria costeggia l'oceano: si succedono pianure irrigate da
grandi fiumi ad altre aride e torride. Il disagio più grave sta negli sbalzi di tem-
petatuta, mano mano che si procede verso il sud c'è un continuo cambiamento
che influisce sugli abitanti stessi e tanto più è sentito da chi non vi è abituato'
Ricevuti alla stazione da Don Hauber, direttore a Meliapor e da Don
Mederlet, direttore a Tanjore, si portarono subito a Meliapor 2 dove dal 1908 due
Salesiani curavano la Missione Quasimodo, Ia parrocchia e un orfanotrofio per
rag zzi di origine europea. Poi passarono a Tanjore, a 356 Km. da Meliapor, attra-
u.iro ,n, bellissima pianura coltivata a riso, itigata dal fiume Cauvery. Tanjore
è il granaio del riso ela maggioranza degli abitanti sono bramini, la setta sacerdo-
tale degli indu.
Vi erano due case salesiane; nella prima (orfanotro{io pet ragazzi nati in-
diani) 4 salesiani attendevano alle scuole professionali ed a scuole primatie, me-
die e superiori. Nella seconda tre sacerdoti officiavano la Parrocchia del S' Cuore
e curavano la Missione.
Qui gli ospiti furono accolti con un solenne cerimoniale in perfetto stile
indianà. Siesi Jal meno, Salesiani, giovani e un gruppo di cristiani fecero ala
al loro passaggio e li accompagnarono al sagrato della chiesa dove si erano raduna-
ti moltif"d.ii" labanda. Dopo i primi saluti futono fatti sedere; allora Don Me-
1 Lo stato di Madras nel L967 assunse la nuova denominazione di Tamizhgan (Casa
dei T-aj ml,illé).tirpo.,
,on^ drtti ai S.
antica cirtadina in irva al mare, oggi è un. sobbcrgo
to*-uso perchè, secondo ta tradiziòne, corrisponde.al
l9uoi gMoaddoravse.
Nella
l'apo-
;;"i; S. To--uro subì il
i.- gf"ri"* .àfq"ie. Don
mRiàcratlidrioon, eso.r6get.lat,grcaonndsiooslaazcioantteeddrai leceolemboranriemai,l
che ne conserva
Santo Sacrificio
all'altare del Santo.
386

42.9 Page 419

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dedet, un giovane e un cooperatore porsero il benvenuto, misero loro al collo il
tradizionale collare di fiori e in mano u\\ mazzetto con un limone in mezzo, come
manifestazione di rispetto, di riconos cerza e di affetto secondo l'antica tradizione
indiana.
Don Ricaldone rispose ai saluti ed all'omaggio ricevuti; poi aI suono della
banda si entrò in chiesa per la solenne benedizione eucaristicà.
I festeggiamenri continuarono nei giorni della sua permanenza a Tanjore:
accademie, cinema, giochi di destrezza, canti in thamly, una rappresentazione in
teauo durata quattro ore. Ex abundantia cordis...
Il problema centtale di queste tre case era se i Salesiani dovevano rimanere
o trasportarsi in altra zona; i Salesiani non avevano la proprietà degli immobili,
ma affittavano dall'Autorità religiosa e stava per scadere il termine della affit-
tanza. La questione venne discussa in varie riunioni tenute con Mons. Mathias, i
direttori e confratelli, inolte con Ie autorità ecclesiastiche locali.
Don Ricaldone costatò che in queste residenze si faceva un gran bene; ma
dovendo rinnovare il contatto di affitto, bisognava prendere una decisione circa
l'avvenire; a tale scopo raccomandò di pregare.
Al 1" febbraio si congedò dai confratelli e giovani di Tanjore e partì per il
North Arcot pei visitare il Distretto di Arcot (provincia della regiÀne di ua-
dras) che era stato offerto ai Salesiani; dall'esito di questa ispezione"dipendevano
le sorti di Meliapor e Tanjore. Fu un lungo giro con iupp. ,r,r-.rose, un percorso
di 1500
tirata da
km. fatto
buoi.
parte
in
treno,
parte
in
auto
ed
"n
breve
ffatto
in
canozza
A Pondichemy ebbe una lunga conferenza, presente Mons. Mathias, col ve-
scovo Mons. Morel, assistito dal suo Vicario e dal suo Segretario, in una serena
atmosfera si chiarirono i punti principali de1le condizioni-proposte ai Salesiani;
poi il Segretario accompagnò gli ospiti a visitare alcune delle stazioni più impor-
tanti del territorio. Il Distretto è povero; capitale è vellore, a 150 km. da Mr-
dras; i protestanti americani avevano opere importanti con scarsi risultati.
Fece anche una puntata a Bangalore, una delle città più belle e più attaenti
per il clima e visitò il Vescovo, il quale 1o assicurò che avrebbe accolio volentieri
una Casa Salesiana, Don Ricaldone pensava a una casa di formazione.
La missione offeta ai Salesiani comprendeva tutto il Distretto di Arcot,
tranne una zona al nord appartenente all'Archidiocesi di Madras.
Tornato a Madras, la conclusione ben vagliata e ponderata, ft la decisione
di non rinnovare il contratto d'affitto a Meliapor ed a Tanjore e di accettare I'of-
ferta del North Arcot; mandò quindi al vicario Gener. di Meliapor Mons. Tei-
xeira la disdetta per le due residenze e a Mons. Morel l'accettazione della Mis-
sione visitata.
La sera dell'S febbraio, dopo aver preso com,miato dal vicario Generale dai
confratelli e dai giovani, ritornò a Calcutta sempre in compagnia di Mons. Ma-
thias, col quale nel lungo viaggio ebbe scambio di vedute .ìo1iri. sui vari argo-
menti interessanti I'avvenire delle Missioni.
A calcutta si fermò ancora una settimana dal 10 al 16 tebbtaio. poiché era
387

42.10 Page 420

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in progetto la costruzione di un grande istituto per Scuole Professionali, visitò
pu.è..Éi terreni in località diverse. Poté pure visitare l'Indian Museum, che trovò
molto interessante, specialmente per Ia sezione etnografica.
Il 12 febbraio nel Diario scrive: << Incontro con I'astrologo-indovino. Senza
nulla domandargli mi disse che << sarei vissuto sino a 84 anni; avrei avuto molti
mezzi per fare carità; morendo non sarei passato per il corpo di una vacca, ma
invece mi sarei unito subito a Budda!!! >> Buona la prima metà de1 vaticinio, rna
la seconda...!
Nel pomeriggio del 16 febbraio partì con Monsignore alla volta di Shillong
nell,Assam (844 km.); alle 11 delf indomani giunsero alle sponde del Bramaputra,
ove li attendeva il battello per la taversata.
sr. Teresa Merlo, Ispettrice della F.M.A. nell'India, dà la seguente testi-
monianza. Mi è caro deporre alla venerata memoria del compianto Reverendissi-
mo Signor Don Ricaldone alcuni personali ricordi. Quantunque forse possano sem-
brare di non molta importanza essi tuttavia rispecchiano la grande, paterna bontà
del Reverendissimo Signor Don Ricaldone e la sua prudenza e saggezza,.
Alf inizio del l9i7 il Venerato Superiore, allora Prefetto Generale, fece la
sua visita in India, 6attenendosi per vari giorni nella missione di Tanjor, non
molto lontana dalla quale si rovava la nostra incipiente Casa'
Avem,mo così la grande fortuna di avvicinare sovente il buon Padre, il
quale, pur avendo il tempo limitatissimo, tuttavia si prestò sempre con granCe
iarità, a darci tutti quegli insegnamenti preziosissimi per svolgere un fecondo
apostolato in terra missionatia. Generosamente si prestò per un Corso di con-
fercnze is6uttive, tenute al posto della lettura spirituale, conferenze impregnate
di vero spirito salesiano, infàcate di zelo per le anime e sommamente pratiche.
In esse .'in.rlc^uu l'amore alla vita missionaria, un sano ottimismo, un vivo de-
siderio d'imparare la lingua, il bisogno di adattarsi agli usi e costumi del Paese,
il dovere di lodur. og.ri.o.u e di farsi tutte a tutti, per tutti conquistarc alla
Fede. Consigli e incoraggiamenti che furono la base del nostro lavoro missiona-
rio in India. Il bene fatto in questo breve passaggio fu incalcolabile e le im-
pressioni di bene restarono indelebili nei cuori di coloro che ebbero la fortuna
di poterlo avvicinare.
Durante questa visita Egli ebbe a dire diverse cose e a fare pronostici ri-
guardo alle nostre Case e a numerose vocazioni che poi pienamente si avverarono.
Visitando a Bombay la famiglia di uno dei nostri migliori Benefattori, quel
buon signore gli presentò le sue due figliuole, studenti delle classi medie, affinché
le volesse b.".di...
disse al Papà: << Di
Egli paternamente benedisse, e poi, additando la
questà ne faremo una Figlia di Maria Ausiliatrice
più piccola
». Il padre
sorridendo disse: << òh, .ro, questa è troppo biricchina, piuttosto l'alta >>. Ed
invece proprio la predetta da Don Ricaldone divenne un'ottima Figlia di Matia
Ausiliairicà che dal L940 a oggi porta il suo prezioso contributo materiale e mo-
rale nella nostra scuola Normale di Vellore.
In fede
Suor TBnrse MBnI-o
Tokyo, 3l maruo 1954.
Ispetrice F'M'A'
t88

43 Pages 421-430

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43.1 Page 421

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La Prefettura Apostolica dell'Assam
La S. Sede affidò la Prefettura dell'Assam ai salesiani nel 1922, nominando
Prefetto Apostolico Mons. Luigi Mathias.
Nel 1927 contava nove cenri missionari (dei quali tre a shillong) e cinquan-
tadue Salesiani: 14 sacerdoti, 26 chiei.ci, 12 coadiutori; un << pusillus grex )> con
un vasto territorio da evangelizzate.
D. Ricaldone si fermò nelt'Assam dar 17 febbraio ar 14 aprile, portando
ai missionari delle varie residenze abbondanza di parcla di Dio e di affetto
paterno.
Giunto al Bramaputra, trovò ad attenderlo Don Piasecki Leone, direttore
e Parroco a Gauhati sulla sponda opposta; fatta 7a
venuto i giovani dell'Orfanotrofio. Proseguì subito
traversata gli
per Shillong;
diedero
quatro
il ben-
ore in
moto caf, atffaverso una vegetazione lussureggiante e panorami incantevoli.
L'accoglienza fattagli nella Casa della Immacolata Concezione dalla numerosa
comunità fu cordialissima. Qui trovò, tra le altre, due lettere di D. Rinaldi.
Caro D. Ricardone,
Torino' getnaio 7927
confido che sia giunto felicemente all'Assam
L'8 febbraio ci sarà la Plenaria per D.
e ti mando il mio saluto
Bosco; pregate anche voi;
sarebbe
l'ultima per le virtù.
Ho ricevuto lettere da cotesti bravi chierici e novizi... ti prego scusarmi
se questa volta non rispondo, essendo tu costì. Tuttavia li fingiziol laccio loro
1. m1el augxrl e sopratturro prego perchè si preparino ad avere beato il nostro
Padre D. Bosco colla santità della-vira.
Preghino anche per me.
In C. J. Sac. F-. RrNarpr
Caro D. Ricaldone,
Torino, 8 febbraio 1927
l. a
G^Aeneqruaelestocopraunmto_sso.mreo1r6iudsell'b8ernicisesvimo oil.
telegramma da
sei il primo a
quantunque non sarai il primo che la riceverai.
D. Tomasetti che
cui do la notizia
N.otizie buone vengono accompagnate da alfte gravi. D. Trincheri: a §7au-
toonville bruciò
dai rivoluzionari
la chiesa. Missioni Mato Grosso
colà rifugiati. ... possiamo dire
de-predate e spogliate di tutto
chà il diavolo'n6n dorme. ...
In C. J. Sac. F. Rrueror
come si disse, a Shillong i Salesiani lavoravano in tre opere, aperte nel 1922.
D. Ricaldone iniziò la visita all'Orfanotrofio di s. Antonio, che aveva scuole ele-
mentari, medie e scuole professionali. Lodò il buono spirito che regnava nella
comunità formata da 15 confratelli, tta i quali vide con molta soddisfazione il
nipote chierico Igino.
)89

43.2 Page 422

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Passò poi all'Istituto Immacolata Concezione, dove fungeva da Direttore 1o
stesso Mons. Mathias. Era casa di formazione, con aspirantato, noviziato, stu-
dentato filosofico e teologico; quindi di importanza primaria quale vivaio della
Prefettura Apostolica. Vi-si fetmò dieci giorni, dando a tutti tra possibilità e la
soddisfazione di intessere un dialogo prezioso perché eccezionale, ma soprat-
turto vantaggioso sotto ogni aspetto. Si noti che gli ascfitti e gli studenti pro-
venivano tJlti dall'Italia. « Questa casa è una soave spera11za per l'avvenire
della Congregazione nell'India... >> lasciò scritto il Visitatore'
V, riloàrtu in particolare la domenica 20 febbtaio, che si distinse per molte
manifestazioni, qualila conferenza ai Cooperatori e l'accettazione delle Socie di
Maria Ausiliaricè. Inoltre la riunione della Comunità cristiana, che svolse un bel
programma folkloristico con magnifiche evoluzioni della squadra ginnastica e
.u.rli
uol..
popolrri; in ultimo seguirono discorsi dei capi. A tutti
.uid. parole di ingraziamento, di incoraggiamelto, di
D. Ricaldone
augutio. Fg
ri-
un
g"nioi.runo,"gd.ira"nlle,"gr.iUa,U,".raun,aircn".orotamfeasntiofessat;aznioenlepodmi eparicgegieo
di carità. Anche la dome-
accompagnò i chierici a
Mawtuir,
dove
assistettero
alla
<<giniasen
3
»>
spettacolo
semplice
ed
edificante'
ru situ, a piedi, in lieta e vaia conrr.rrazione riproduceva quello spirito di fa-
*pig.iiiun,oichèe^fsaecciloendvoedlearemDenoten
di Don Bosco doveva
Ricaldone circondato
regnare nelle case salesiane'
da quello stuolo di giovani
ardenti, che tengono
più voci concernente
dietro al
7a patria
suo passo non lento, impegnati in un dialogo a
lontana e la nuova missione. « voglia il signore
.h. 1"
,firiro
mie povere raccomandazioni servano
cristìano, religioso e salesiano che
a mantenere e a
tanto mi edificò
ntforzare quello
nei giorni indi
menticabili passati trii rari figliuoli di questa Casa »>. Questo il suo augurio.
Nella ierza Casa di Shillong, sette confratelli attendevano a diverse opere:
alla Parrocchia del Divin Salvaàre, alla Missione, ad un Ospizio per vecchi e
all'Oratorio Festivo.
I1 2 marzo iniziò la visita ai sei centri missionari, distribuiti rispettiva-
mente nei sei distretti dell'Assam; in ciascun centro risiedeva un sacerdote'
Secondo la loro dislocazione, li distibuì in tre grtrppi, facendo Shillong come
cen6o Ci riferimento. Ad ogni residenza dedicò in media due giornate' tempo
più che sufficiente per intraltenersi col missionario ed incontrare la Comunità
cristiana.
11 primo gfuppo comprendeva Jowai, Raliang e Nongbah, un circuito di 154
km. percorsi a cavallo.
ad
jo,.uy
esempio,
dtsta 52 km. da Shillong; il
l'aver sbagliato strada; una
cvaiadgugtaiodnaocnafvual_losendziaMinocnisdiegnntoi,req, upaelir,
grazia di Dio senza notevoli conseguenze; il cavallino di Don Ricaldone a un
J"rro p.rnro non ce la faceva più, per cui il cavaliere dovette lare a piedi gran
parte del tagitto.
ir gforl.krlroor3i,sGticihnec,I.arriavSpupernneglso,enonorta,vzpeiroernosieGntetianatieuaas-leri,enlsaèazgioguinnigai.nsanudi.cuit.neamnziaredliegiiocsriisatilatenri,nautniaaspmeacnieife.-sdtai zCioonni-
390

43.3 Page 423

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La Missione è intitolata a s. Teresa di Gesù Bambino; è il centro più im-
portante e assai promettente e vi è la possibilità di aprire scuole professionali;
allignano parecchie sette protestanti, discordi tra loro, ma d'accordo nell'osta-
colare la missione cattolica.
Nel primo venerdì del mese (4 maruo) ha la gioia di inaugurare una nuova
cappella coila celebrazione della S. Messa. Come curiosità storica gli venne indi-
cato il luogo deve si combatté l'ultima battaglia tra Inglesi e Khasi, vari monu-
menti, ra i quali Ia pietra dove si pagavr. il tributo al re Khasi, il sentiero se-
guito dagli orsi per discendere dalle alture durante la notte.
Con altra cavalcata di 28 km. raggiunsero la Missione di Maria Immacolata
a Raliang. Don Ricaldone presiede una riunione di uomini e li esorta ad essere
missionari e apostoli tra i loro fratelli pagani; visita poi le varie coltivazioni di
patate, makarò, mais e raccomanda aI direttore di studiare se convenga aprire
una scuola agricola, per fornire agli indigeni i mezzi di una esistenza meno
travagliata; si raggiungerebbe anche 1o scopo di attirarli più facilmente alla fede.
Nongbah terza residenza, è a 18 km. da Raliang. Rimane edificato dal conte-
gno dei cristiani nell'assistere alTa celebrazione della S. Messa e della parteci-
pazione di un buon gruppo alla mensa eucaristica. Dopo la funzione i cristiani
presentano
i
loro
doni:
chi
due
o
tre
uova,
chi
due
o
tre
arance.
Al
«
Rangbah
a
»>
e a Monsignore di più, agli altri di meno.. Poi accompagnano per un buon
tratto i due visitatori, che lasciano la residenza diretti a Shillong per iniziare iI
secondo circuito meno faticoso del primo, perché percorso quasi tutto in treno
od in automobile.
Fatto sosta a Gauhati per trattare della sistemazione delle Figlie di Maria
Ausiliatrice in altra località ove possano sviluppare la loro attività missionaria,
visitò successivamente le due residenze di Badarpur e Haflong nella pianura
del Bramaputa. L'accoglienza dei cristiani è cordiale; ovunque costata la buo-
na volontà e Io zelo dei missionari.
La Missione S. Giuseppe di Badarpur comprende le vallate surma e Syllet.
D. Tormo attende a due parrocchie e, inotre, ai coloni cattolici dei giardini Tea,
Ia comunità più antica della ,missione, che ricorda ancora la venuta dei porto-
ghesi.
Hallong è stazione climatica, situara sui (monti) cachar hills. Discesi dal
treno ebbero 7a gradita sorpresa di trovare Don Raygasse che li attendeva con
Lr.n enorme elefante. Dalla stazione al paese vi è quasi un'ora di salita faticosa;
il missionario volle risparmiare ai visitatori la fatica e sostituire al cavalTo
1'elefante.
La poetica cavalcatura ebbe il suo incidente. A un tratto l'animale dà un
tremendo barrito e si ferma; aTza un piede nel quale si è conficcato un grosso
chiodo; Iiberato dall'importuno oggetto riprende il cammino.
La Missione è dedicata a s. Agnese; si sta cercando terreno per impiantare
a « Rangbah » è titolo di superiorità e vuol dire <( capo )>. Qui è dato a D. Ricaldone.
391

43.4 Page 424

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opefe. I cfistiani offrono una piccola lappresentazione teatrale, che è gradita
e dà l'occasione a D. Ricaldone di distribuire immagini e corone, << Benedico 1o
zelo e 7a buona volontà del carissimo Don Raygasse Enrico », scfive D. Rical-
done. E ritorna a Shillong; è il 13 marzo, vigilia della festa di S. Giuseppe e si
fa un po' di allegria in onore del Custode di Gesù. Lo stesso giorno di S. Giuseppe,
dopo 1u messa della comunità, sale in auto per raggiungere la rnissione dei SS.
Pietro e Paolo a Lait Kyn sew. Salgono a Cirapungì, località del mondo dove
vi è la massima di pioggia; nella discesa il panorama è stupendo: fanno ala mon-
tagne tagliate a picco e precipizi imponenti. Ai piedi di Leiki-Nze li attendono un
gruppo di ragazze e di paggi in costume Khasi ed il popolo; cantano un inno
e rivolgono un saluto di << benvenuto )> ai Visitatori, poi li accompagnano can-
tando i nostri inni tradizionali; è una scena commovente. Si giunge ad una salita
veramente ripida, è una scala; ed ecco Lait Kyn sew. Sul sagrato della chiesa
attende un bellissimo gruppo di persone in costume, che entra nella Casa di
Dio, dove viene celebrata la benedizione solenne. La giornata dell'indomani (20
mar:zo) lasciò una traccia profonda nell'anima di Don Ricaldone; fu la rivela-
zione dello zelo di Don Bars Emmanuele. Al mattino cantò la mes§a solenne
sd, piazzale della Chiesa, ove una folla imponente di 1500 cristiani seguirono il
sacro rito con un contegno edificante, incuranti ed indifesi dal calore dei raggi
solari.
Nel pomeriggio ebbe la gioia di assistere ad un grandioso << giniasen »>,
che diede f idea del grande lavoro compiuto dal Missionario. Presenti 3000 per-
sone. In quell'occasione lesse un discorsetto in Khasi. L'adunanza si chiuse
con la Benedizione Eucatistica solenne.
Più tardi davanti a una moltitudine immensa (5-6 mila) venne fappresen-
tato un dramma e proiettata una pellicola cinematografica.
Don Ricaldone commenta: << Giornata indimenticabile; se vi fossero 6e
sacerdoti si farebbero miracoli di conversioni; in molti paesi chiedono maestri
e catechisti, mancano i mezzi. Domine, adveniat regnum tuum ».
Sulla via del ritorno a Shillong fecero una breve fermata a Cirapungi; qui
vennero accompagnati dai cristiani in una capanna dove avevano pfeparato i
doni per i visitatori; vi furono discorsi, canti e una supplica: domandano una
chiesa ed una scuola!
A sera fientrano nella Casa dell'Immacolata a Shillong. Qui, ormai avviato
verso la conclusione della visita, Don Ricaldone fadunò i missionari per due
giornate di studio.
Anzitutto annuncia due novità: la Visitatoria dell'India è stata elevata a
Ispettoria, e nominato Ispettore Mons. Mathias. Inolte Monsignore lascia
la direzione della Casa dell'Immacolata Concezione e lo sostituisce nella carica
D. Ferrando Stefano.
In diverse sedute vennero discussi i vari problemi attuali concernenti il
buon andamento delle Stazioni e Residenze. Poi tenne una serie di conferenze
sulla formazione della personalità e sulla vita religiosa. Infine assiste ad un
392

43.5 Page 425

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Giniasen, con grande concorso di popolo; e chiuse la manifestazione leggendo
un discorso in Khasi.
Il giorno della partenza (era il 2 aprile), scrisse nel Diario: ,, È con pena
che si lasciano tanti cari figliuoli. Il Signore li benedica e renda sempre più
degni di D. Bosco »>.
Nel pomeriggio partì per Gaubati, lasciata per ultima. Oltre I'Orfanotrofio,
i Salesiani (1 sacerdote a 2 chierici) attendevano alla,missione dalla Yallata
Bramaputra di Diluyarh, dei Garos hills. Nei quatrro giorni della visita con sod-
disfazione poté affermare che la missione aveva già compiuto un lavoro vera-
mente straordinario.
Il 6 aprile lasciò l'Assam portando con i più cari ricordi dei confratelli,
giovani e cristiani; atraversò il Bramaputra e partì per Calcutta.
A sua volta Mons. Mathias scrisse: s
<< La visita in India (di Don Ricaldone) fu per tutti noi di grande consolazione,
conforto, incoraggia'mento e sprone per un più intenso lavoro apostolico, sem-
pre e dovunque secondo 1o spirito del nosfo Santo Fondatore. Mai come
allora comprendemmo il « Benedictus qui venit in nomine Domini >>.
Il 10 aprile Don Ricaldone si imbarcò per il siam, sempre accompagnato da
Mons. Mathias.
Visita nel Siann (Thailandia)
Il programma di Don Ricaldone comprendeva anche l'inaugurazione della
nuova Missione affidata dalla S. Sede ai Salesiani nel Siam, oggi Thailandia.Era
quindi necessario fare un sopraluogo preliminare per perfezionare con le autorità
locali le intese e prendere conoscenza delle residenze.
Imbarcatosi il 10 aprile a calcutta, sull'Arankola, nel terzo giorno di navi-
gazione entrarono nel delta dell'Irrawaddi, e due ore dopo giunsero al porto di
Rangoon in Birmania; una fermata di 48 ore permise loro di visitare la città.
Alla Casa dei P.P. des Missions Etrangères appresero una brutta notizia dal pro-
curatore, rimasto solo perché gli altri Padri si erano recati al funerale di un
loro confratello assalito di notte a scopo di rapina e crivellato di ferite con sedici
colpi di falcetto.
Visitarono il grande collegio dei Fratelli delle Scuole Cristiane, la lebbrose-
ria, i dintorni della grande Pagoda; c'era molto concorso di popolo, perché si
celebrava la festa dell'acqua a motivo del 19 dell'anno; uppr.r.i.o che è segno
di rispetto e di affetto buttare acqua addosso.6
s
6
Morvs. L. Marsras, 40 anni d.i Missione in India, pag. 216.
La lesta dell'acqua cade sempre nei mesi di aprile-maggio, a
seconda
della
luna
di
primavera. I Birmani celebrano tale festa per una settimana. Èla festa della nuova gestione
e. consiste nel gettarsi l'acqua addosso, piuttosto in grande abbondanza, gli uni vérso gli
alffi e a vicenda, con grandi grida di gioia e di entusiasmo, divertendosi così un monào
qga!4o possono
di abbondanza e
ben inzuppare
di benedizione
d'acqua il prossimo.
del Signore. L'acqua
I1 significato suo
però-deve essere
pèulqiìuae. sNtoo:nèhase-gpneor
nulla significato di purificazione dei peccati, anche se è una festa religiosa.
39)

43.6 Page 426

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I Birmani amano le feste; racconta la leggenda che un giorno Iddio chiamò
a ruccolta tutti i popoli per dare a ciascuno una caratteristica.
dcoomntainnudiònonopnurvee,deecncdoolIiaplroersoenctai r-a.tte<r(isStiocnao!
in
».
festa
»,
gli
fu
- E << i Birmani?
risposto. << Ebbene,
Nel pomeriggio del 14 ripresero il mare sull'Ellenga diretti a Pennang.i
Qui era venuto ad incontarli Don Canazei lgnazio, Ispettore della Cina,
che diede notizie poco confortaoti. La condizione della Missione era molto tri-
ste; l'uragano bolscevico lasciava dietro di distruzioni e desolazione ovunque
passava; tutti i giorni giungevano a Shangai dalf interno missionari e suore
che raccontavano, amareggiati, le rovine compiute dalle milizie rivoluzionarie.
Anche la situazione dei nostri era incerta e precaria per la xenofobia inocu-
lata e sviluppata nell'animo dei bolscevici.
Dopo sette ore di reno raggiungono la frontiera; entrando nel territorio
siamese « salutano con alcune preghiere la nuova missione affidata ai Sale-
siani » e dopo 17 ore scesero a Bangkok, ospiti del Vescovo, dal quale in un
primo colloquio ricevette uno schema di conffatto circa Ia nuova missione.
Tra le numerose opere che attestavano 7a fotza e la vitalità della Chiesa
in quel paese, primeggiavano il Pontificio Seminario, che educava al sacer-
dozio 118 chierici provenienti da tutte le parti del mondo e la grande scuola
dei Fratelli di S. Gabriele con circa 6.000 allievi, in maggioranza pagani.
Accompagnati da un Padre della Missione, ridiscendono al sud per un so-
praluogo ai vari centri che saranno affidati ai Salesiani: Banpong, Donkrabuang,
thawà, Kamburì, Raburì che diverrà Ia residenza del primo Prefetto Apostolico
di Bang Nvok khuek che sarà il centro della missione, con seminario, parrocchia,
scuole maschili e femminili. D. Ricaldone vuol rendersi conto di tutto. In barca
si portò anche a Kok Mattanoi e a Meklong sr-rlla foce del fiume omonimo. Fu
r-rna ispezione accurata, durata sette giorni, dalla quale raccolse una serie di que-
siti che discusse con i suoi accompagnatori.
A Bangkok ebbe un ultimo colloquio col Vescovo, sempre molto cotdiale;
visitò istituti culturali e i,monumenti caratteristici della città: pagode, iTPalazzo
reale, il Budda in un blocco di iaspide, un altro Budda gigante di 40 metri di
altezza. Avvicinò diverse personalità, anche in rclazione aTla apetura di una
scuola professionale che gli veniva sollecitata da varie parti. Prese contatto con
la piccola colonia di italiani colà residenti, tra i quali i sigg. Manfredi, Tavella,
Cerradini, Ravella e I'Ing. Perotti che gli assicurano ogni loro appoggio.
Il 30 aprile si imbarcò per Hong Kong.
I1 viaggio durò diciassette giorni. Con un battello di piccolo cabotaggio
raggiunsero Ream in Cambogia, protettorato francese. Di qui proseguirono
in auto per Phuom Penh, capitale dello stato, <( paterna'mente accolti dal Ve-
scovo lVlons. Bouchet >>. I1 giorno seguente su un'auto di fortuna, con una mar-
cia di 267 km. raggiungono Saigon (I'attuale capitale del Vietnam del sud) ospi-
7 Pennang, nome malese, indica l'albero che dà la noce, quasi come quello di Betel.
Il Sultano la vlndette agli Inglesi, che la trasformarono in un magnifico giardino'
394

43.7 Page 427

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tati dai PP. delle Missioni Estere di Parigi. Qui Mons. Mathias prende congedo
dal Superiore per ritornare nell'India.
Ossequiate le autorità e fatta una rapida visita alla città, il mattino se-
guente si imbarcano sul << Claude Chappe » e, toccando successivamente Quinhon
e Tourane, alla sera dell'S Maggio scendono a tena nel grande porto di Haiphong,
nel Vietnam del Nord, ospiti della Procura delle Missioni. Proseguono il mat-
tino seguente per la capitale Hanoi, dove li attende D. Giovanni Casetta, al
quale Don Ricaldone comunica la destinazione per Ia nuova missione nel Siam.
Alla Delegazione il Vescovo lo prega, anche a nome degli altri Vescovi del pae-
se, di fondare una scuola professionale e accettare la direzione di un seminario
regionale che di comune accordo hanno in animo di fondare. Egli presenterà
la proposta al Superiore Maggiore. Visitate le opere caritative più importanti
della città, fa una passeggiata con S.E. il Delegato Apostolico; passeggiata di
lavoro, oggi si direbbe perché dedicata a discutere argomenti missionari. In par-
ticolare il Delegato insiste per la fondazione di scuole professionali.
Tornati ad Haiphong si imbarcano per Hong Kong. Quando toccano Hoi-
How nelf isola di Hainam, <( è il primo lembo di terra cinese, nota sul diario:
Signore, benedite tante povere anime e attiratele nella luce della fedel >> Poco
dopo inconrarono l'isola di Sancian, << che ricorda il luogo ove morì il grande
apostolo delle Indie, S, Francesco Saverio >>.
Finalmente al mattino del 16 maggio entrano nella grande rada di Hong
Kong, uno dei più grandi centri commerciali del mondo, affittato agli inglesi per
99 anni nel 1898.
Nella Cina e nel Giappone
Nel 1927 in Cina esistevano la Ispettoria di Maria Ausiliatrice (Ispettore
D. Ignazio Canazei) e il vicariato Apostolico di Shiu Chow (vicario Apostolico
Mons. Luigi Versiglia). L'Ispettoria comprendeva le case di Macao e di Shan-
gai, due stazioni missionarie rispettivamente a Shekki e a Siulam; inoltre le tre
stazioni missionarie diMiyazaki, Ota, Nakatsu nel Giappone, aperte nel L925.
I1 Vicariato Apostolico di Shiu Chow comprendeva il grande Istituto Don
Bosco a Shiu Chow e numerose residenze missionarie.
In totale i missionari erano 59 (più 24 ascritti) nell'Ispettoria, 25 nel Yi-
cariato. Don Ricaldone fece la visita in due tempi; nel primo tempo si fermò
nei cenri di Macao e Shangai; di qui passò in Giappone; ritornato a Shangai
visitò le stazioni del Vicariato.
Sbarcato a Hong Kong il L6 maggio, proseguì per Macao, ricevuto al molo
dai Confratelli e dai novizi che lo accompagnarono alla Casa dove gli diedero il
benvenuto e, raccolti nella Cappella, cantarono il Te Deum di ringraziamento.
Nell'Ospizio << Maria Immacolata >> di Macao era stato uasporrato il No-
viziato e lo Studentato Filosofico, perché a Ho Si, dove si trovano, il movi
mento bolscevico rendeva la situazione molto incerta.
395

43.8 Page 428

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Questo primo contatto con la realtà aveva grande importanza per Don Ri-
caldone, come si può ben comprendere.
Si fermò nove giorni tra i << digliuoli » di Macao e fu lieto di costatare
che nella casa regnava buono spirito religioso.
Monsignor Michele Arduino, allora giovane chierico e appena professo ri-
corda ancora I'episodio tanto arguto che gli capitò facendo il suo rendiconto a
Don Ricaldone e che mostra con quanta paterna bontà egli ascoltava e incorag-
giava i suoi carissimi figlioli missionari. Scrive: « D. Ricaldone fu tanto com-
prensivo nel ricevere i rendiconti e quando io gli dissi che avevo difficoltà ad im-
patare il cinese con tutti i nove toni, egli ridendo mi disse che si meravigliava
che un piemontese non riuscisse a fate il << toni >>... ,, (: lo << stupido »),
Chiuse la visita il 24 maggio, celebrando solennemente la festa di Maria
Ausiliatrice, resa più solenne dalla partecipazione di Monsignore Versiglia e di
altri tre Prelati: Mons. José de Costa Nufres (portoghese, poi cardinale), Vesco-
vo di Macao, Mons. Forguet, Vicatio di Canton e Mons. \\X/alch.
Insieme a loro si recò a fare visita al Governatore della città.
Il giorno seguente, prese commiato raccomandando ai Novizi di fare una
novena secondo Ia sua intenzione.
Si imbarcò per Shangai, ma fece una breve sosta a Hong Kong dove si in-
contrò con Mons. Enrico Valtorta dell'Istituto Missioni Estere di Milano (PI-
ME), Vicario Apostolico di Hong Kong, e visitò I'orfanotrofio, che detto Mon-
signore era disposto a cedere ai Salesiani.
L'importanza di avere una Casa a Hong Kong, specialmente nelle circo-
,tu.rr. d.i momento, indusse Don Ricaldone all'acquisto. Hong Kong in quel
periodo era il luogo più sicuto della Cina; inoltre risolveva il problema aperto
dalla rivoluzione. Però si riservò di dare la risposta definitiva al suo ritorno dal
Giappone.
Riprese il mare insieme con Mons. Versiglia sul Mantua che costeggiando
la Cina, il 30 mattina gettav^ I'ancora a Shangai; al porto li attendevano il Sig.
Lo Pa Hong, Don Garelli e Don Fochesato, che 1o guidarono alla casa di alfitto
dove i nostri avevano cercato rifugio, in seguito agli avvenimenti rivoluzionari.
Accolto al suono della banda, dte rugazzetti e il Direttore rivolsero un saluto al
Superiore; egli rispose in francese e il Sig. Lo Pa Hong tradusse in cinese.
Dai primi colloqui coi confratelli venne messo al corrente deila critica situa-
zione, creata alla missione dai bolscevici.
Gli affai del Sig. Lo Pa Hong andavano molto male. Nel marzo i soldati
avevano occupato l'Ospizio S. Giuseppe che ad un anno dalla sua apertura ospi-
tava duecento giovani, i quali imparavano un mestiere in uno dei sette diversi
laboratori, dotati di macchinario moderno.
Gli usurpatori lasciarono ai nostri un dormitorio al )" piano dello edificio
nel quale si fermarono i giovani più piccoli (una rentina), assistiti da1 chierico
cinese aspirante Andrea Tan.
Quanto ai confratelli, dopo varie peripezie, si rititarono con una quaran-
tina di giovani in una casa presa in affitto in Ping Liang Roud.
)96

43.9 Page 429

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Don Ricaldone aveva in precedenza ricevuto notizie poco rassicuranti dal-
I'Ispettore, come si è detto. Ma sul posto potè valutare la situazione in tutta
la sua gravità. In una prima visita all'Ospizio, nel vedere i locali ridotti in uno
stato miserando e le condizioni di vita dei piccoli, a7 tetzo piano, esclamò: .. È
una pena ». E per confortare i giovinetti ritornò tra loro una seconda volta per
celebrare la Santa Messa.
Visitò le opere realizzate dalla carità di Lo Pa Hong, che definì: << in pic-
colo l'opeta del cottolengo »>. Fece pure un sopraluogo in diverse località, dove
si offrivano terreni per costuzione.
Ma sua cura ptincipale fu il dialogo coi singoli confratelli e le riunioni te-
nute per tattare della situazione, discutendo le soluzioni possibili per andare
incontro all'avvenire.
I1 31 maggio celebrò la festa di Maria Ausiliatrice alla quale parteciparono
anche i piccoli relegati al 3" piano dell'Ospizio.
Nel dare la b'uona notte a71a vigilia della festa aveva animato tutti a cele-
brada con fervore, perché, disse, « Maria Ausiliatrice si mostrerà soprattutto qui,
in queste dolorose circostanze nostra Buona Mamma >>.
La festa riuscì bene. Anche le giornate passate a Shangai furono laboriose
ma utiiissimei ora possedeva una chiara conoscenza dei problemi da risolvere;
timandò ogni decisione al suo ritorno dal Giappone. Intanto raccomandò di
pregale.
I1 4 giugno, accompagnato da Don Canazei, si imbarcò per Kobe, terra giap-
ponese, dove scese dopo ffe giorni di navigazione.
Le tre residenze missionarie affidate ai Salesiani si trovavano nel Kyushu,
l'isola più meridionale tra le grandi isole dell'Impero del So1 Levante. Prima di
visitarle Don Ricaldone si recò a Tokyo, ove il Delegato Apostolico desiderava
incontrarlo.
A Kobe lo attendevano Don Cimatti ed un Padre delle Missioni Estere. I1
Padre condusse gli Ospiti alla residenza delle Missioni, dove vennero accolti con
molta cordialità. Qui in una lunga conversazione, da Mons. Castanier, Vescovo di
osaka, ricevette << sapienti consigli >> riguardo Ie caratteristiche del popolo giap-
ponese, la formazione dei missionari e le opere da svolgere.
La sera stessa, accompagnato da Don Cimatti, partì per Tokyo, un per-
corso di 690 km. Dopo il riposo della notte, fin dalle prime luci dell'alba, Don
Ricaldone seguì con interesse il succedersi dei panorami della nuova terra. La
visione suggestiva del Fuji, il monte sacro che eleva maestosa la cima sulle ca-
tene montagnose che la fiancheggiano; la cima, bianca per la neve che la ri-
copre, si tinge di rosso al sorgere del sole. Subito dopo, in contrasto, Yokohama,
il più grande porto dell'Impero, portava
le ferite del terremoto del 1923.
Dopo tredici ore di corsa, il treno si fer^mr,òcoitna perfetto orario nella stazione di
Tokyo.
Ne1la grande metopoli, il Nostro si fermò tre giorni, ospite del Delegato
Apostolico Mons. Mario Giardini, Batnabita, che 1o accolse con grande affetto.
I1 rappresentante della S. Sede in un primo colloquio, tra Ie altre cose, gli co-
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43.10 Page 430

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municò in via riservata, la sua determinazione di mandare a Roma la proposta
di elevare la nostra missione a << Missione indipendente » (Il Superiore preco-
nizzato era Don Cimatti). Gli disse inoltre, che gli stava molto a cuore che i Sa-
lesiani fondassero qualche opera, preferibilmente una Scuola Professionale ben
attrezzata a Tokyo.
In colloqui successivi ricevette tutte le informazioni di ordine giuridico,
amministrativo, pastorale necessarie per favorire lo sviluppo dell'apostolato in
Giappone (dei mezzi atti a sviluppare la missione).
Fece visita all'ambasciatore d'Italia, Conte Della Torue, che 1o volle a
colazione all'ambasciata. Si recò ad ossequiare S.E. Mons. Rey, Arcivescovo del-
la città. Volle anche prendere diretta visione della Scuola Industriale superiore,
della facoltà universitaria di agricoltura, ed infine di una Scuola Professionale,
che visitò con l'occhio dell'esperto: programmi, or^ti altrezzatura. Soddisfatto
di quanto aveva appreso, la sera del 10 giugno lasciò la capitale diretto alle
residenze dei nostri, la prima delle quali si ttovava a Nakatsu, a 1360 km. da
Tokyo. La mattina dell'11 giugno annota sul diario: << 34'anniversario della mia
Ordinazione Sacerdotale... senza poter celebrare la S. Messal Signore, fatemi un
santo sacerdote Salesiano! ». Poi al sorgere del sole, l'occhio si riposa sulf im-
mensa distesa dell'Oceano Pacifico e dalla parte opposta ammira il panorama ver-
deggiante delle colline coltivate a riso, dove contadini coi cappelli di paglia a
forma conica caratteristica, si aggirano ripulendo il seminato, che compare come
un ricamo tracciato sul terreno.
Il treno incontra Nagoya, grande città industriale. Proseguendo, la ferro-
via costeggia il lago Biwako, il più grande del Giappone; attraverso una cam-
pagna « stupendamente lavorata >>. Inconffa successivamente Kyoto, l'antica ca-
pitale in cui fiorì la cultura Heian del secolo IX e conserva ancora Ia fisiono-
mia classica della civiltà giapponese; Osaka, detta la Manchester del Giappone,
i cui abitanti sono cordiali ed espansivi in contrasto con quelli di Kyoto; Kobe,
uno dei più grandi porti giapponesi. Poi Okagama, Hiroshima, che sarà la prima
grande vittima della bomba atomica. Infine appare I'isola sacra di Miyajima, ove
si trova il celebre tempio di Itsukishima, e poco dopo il treno termina la sua corsa
a Shimonoseki. Ancora un quarto d'ora di navigazione e giunge a Moji.
Scrive Don Cimatti: << Don Tanguy e Don Piacenza vennero a incontrarci
a Moji. Saliti in reno, dimenticando 7a stanchezza del viaggio, era un vero
fuoco di ffla di domande, di notizie attese ansiosamente.
Ancora due ore di treno e finalmente è a Nakatsu, ricevuto da D. Liviabella
e dal Card. Merlino Alfonso. In casa, dopo brevi parole di saluto la buona
notte e poi va a riposo perché << stanco del uiaggio >>. È vicina 7a mezzanotte;
aveva lasciato Tokyo alle 18,10 del giorno precedente; la stanchezza era piena-
mente giustificata.
Nakatsu è posta all'estremo confine nord della provincia di Oita' Contava
20.000 abitanti, in prevalenza agricoltori. I cristiani sono rari; una decina in
città e ben pochi nel disttetto.
I nosffi (3 sacerdoti e un coadiutore) si trovavano in quella residenza solo
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44 Pages 431-440

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44.1 Page 431

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da quattro mesi. Avevano iniziato il loro apostolato con l'Oratorio quotidiano
per ragazzi e ragazze in giorni distinti, i primi risultati del loro zelo erano pro-
mettenti.
La domenica, primo giorno della visita. D. Ricaldone celebrò le funzioni
religiose; dopo disuibuì una medaglia e dolci agli intervenuti, che in maggio-
tanza etano pagani.
In contatti avuti col Superiore dei Trappisti e con alcuni Padri delle Mis-
sioni Estere di Patigi si parlò dei mezzi più efficaci di evangeTizzazione in Giap-
pone, il tema che gli stava a cuore più di ogni aluo e le conversazioni furono
molto utili. Pure molto istruttiva riuscì la visita ,minuziosa ad una scuola e1e-
mentare. Lasciò Nakatsu nel pomeriggio del quarto giorno per portarsi a Oita.
Oita, è capitale della provincia e contava 40.000 abitanti in continuo
aumento.
La casetta della missione è discreta; la sala-cappella piccola, ma i cristiani
in città erano una ventina, e quelli in provincia pochi assai. Anche qui l'Orato-
rio quotidiano fu la prima forma dell'apostolato dei nostri e D. Ricaldone poté
costatare i buoni risultati ottenuti. In una bella accademiola con canti di ra-
gazzi e ragazze gli venne dato il << Benvenuto >> la sera del suo arrivo. In un po-
meriggio successivo con viva soddisfazione assistette ad una gara catechistica
nella quale i partecipanti erano tutti pagani tranne uno cristiano: vinse un pa-
gano; seguì pure con interesse le varie competizioni di una gara sportiva. Ottima
impressione riportò dalla visita della Scuola Professionale di Stato e della Scuo-
la Commerciale Superiore, per la proprietà degli ambienti e la ricca dota-
zione di materiale didattico. Si fece un dovere di andare ad ossequiare il Sin-
daco ed il Prefetto della città.
Ad un'ora da Oita c'è Beppu, celebre stazione climatica; vi si recò in un
pomeriggio e scrisse: << Forse qui converrà aprire un centro, appena si possa >>.
Sabato 18 giugno, Don Cimatti ritorna a Miyazaki.
Il giorno dopo, domenica, conclusivo della visita, fu il più denso di sante
emozioni. 41 mattino ebbe la gioia immensa di amministrare il santo Battesimo
ai primi sette pagani convertiti dai nostri: una madre con quattro figli, una gio-
vane di circa 20 anni e un bambino. Compiuto il rito, celebrò la S. Messa. Nel
pomeriggio, i giovani, in massima parte pagani, gli offrirono una piccola espo-
sizione dei loro lavori di scuola e di casa. E finalmente dopo cena, in una ben
riuscita accademia, con grande partecipazione di pagani, si alternarono canti,
dialoghi, bravi discorsi, tra i quali quello di un padre di famiglia, pagano, che
ringraziò per quanto i nostri facevano per i loro figliuoli. Seguì la distribuzione
di premi e un discorsetto di Don Ricaldone che veniva tradotto da un professore.
Egli scrive nel notes: << Deo gratias. Bellissima giornata, malgrado il mal di te-
sta ».
I1 mattino seguente si accomiata; porta con le più soavi impressioni: I<<
confratelli (due sacerdoti e un coadiutore) fecero miracoli ».
Meta del viaggio è Miyazaki (a 222 Km. da Oita), capitale di provincia,
che ebbe la fortuna di ricevere i primi missionari Salesiani. Il viaggio, vario e
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interessante perché attraverso le montagne, è rallegrato dalla compagnia dei Con-
fratelli di Oita che tengono viva la conversazione.
Miyazaki è un cenffo importante; la residenza ha una casa buona e una
residenza assai bella. In città vivono olre J00 cristiani e un numero maggiore
nel dismetto. Qui I'oratorio quotidiano diede i primi buoni risultati; in partico-
lare vi è l'Associazione dei Padri di Famiglia. In questa casa i Salesiani passarono
i primi tempi di vita missionaria e in essa si radunano ogni anno per ritemprare lo
spirito nel corso di esercizi spirituali. Il Superiore è Don Cimatti; lo coadiuvano
un sacerdote, Don Cavoli Antonio, ed un coadiutore, il Sig. Guaschino Luigi.
Ad attendere Don Ricaldone si trovarono atrla stazione i due salesiani ed
un gruppo di cristiani, i quali all'arrivo del treno esplosero nei caratteristici
,<Banzai >> di saluto al Visitatore; nella residenza, parata a festa, gli diedero il
benvenuto fanciulli, padri di lamiglia, confratelli con canti e discorsi.
Don Ricaldone si fermò del 20 al 29 giugno; fece visita alle autorità, alla
scuola professionale statale ed a quella agricola, che definì << magnifica! »>; vi-
sitò pure alcuni monumenti tra cui il gran tempio di Jimmu. Ma il cenro della
visita fu la predicazione degli esercizi spirituali ai confratelli convenuti a Miya-
zaki e \\a luattzLzione dei problemi attuali coi singoli missionari e in conferenze
specifiche.
I,n una accademia nella quale gustò le tipiche suonate eseguite con stru-
menti giapponesi, lesse un discorsino di ringraziamento in giapponese, atten-
tamente ascoltato ed applaudito; riferendo l'episodio, commentava: « Quella vol-
tcaap-irc
e non {u
ciò che
la sola nel
dicevo »>.
viaggio
in
Esftemo
Oriente
-
mi toccò parlare senza
La mattrna deI 29, festa dei SS. Pietro e Paolo, diede l'ultimo affettuoso
saluto; i missionari tornarono alla loro sedi confortati e riconoscenti al Signore
per I'abbondanza di grazia ricevuta; anche Don Ricaldone lasciò Miyazaki e, ac-
compagnato da Don Cimatti, partì per Nagasaki. Era soddisfatto; aveva tro-
vato le residenze bene avviate; si lavorava con frutto; grande merito spettava al
Capo-missione, Don Cimatti, lavoratore, osservante, ottimista, di pietà soda; egli
godeva la stima e la fiducia dei confratelli e delle autorità ecclesiastiche. Oggi
Ia figura di Don Cimatti è circondata da una luminosità che testimonia l'amore
delle anime che infiammava il suo cuore; solo il Signore conosce nelle sue di-
mensioni la dedizione con la quale nei quaranta anni di attività missionatia in
Giappone egli operò per la diffusione del regno di Dio ra i pagani.
Si viaggia attraverso regioni montagnose; Don Ricaldone osserva che solo
le vallate sono coltivate; Ie montagne e i colli sono tutti coperti da bosco. Anche
nelle altre zone del Giappone aveva notato 7a mancanza di prati; presentata
I'osservazione al Direttore della Scuola Agricola di Miyazaki, questi gli rispo-
se: << Mancano i prati perché non c'è bestiame e il bestiame non si alleva perché
il buddismo proibisce di mangiare carne bovi'na >>.
Prima tappa del viaggio ft Kagoshima, la terra dove approdò S. Francesco
Saverio; voleva tingraziare i PP. Francescani per I'aiuto che prestavano ai Fi
gli di Don Bosco.
400

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Visitatore in Giappone, e precisamente a Miyazaki, nel ig27. Da sinistra a destra:
coad. Merlino, D. Piacenza, D. cimatti, D. Ricaldone, D. canazei, D. Liviabella.

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La seconda tappa la fecero a Nagasaki, capitale della provincia giapponese
più cristianizzata, Ta terra dei martiri che testimoniarono Ia loro fede nella per-
secuzione scatenata nel 1597. È pure sede della Diocesi. Scopo della fermata era
l'i'ncontro col nuovo vescovo Mons. Gennaro Hayasaka, il primo Vescovo Giap-
ponese di Nagasaki 8 elerto nel marzo 1926 , dopo la morte di Mons. Jean Claude
combaz. Approfittò del poco tempo libero tra un inconto e l'altro per vi-
sitare istituzioni e monumenti storici: così il Seminario, la Scuola Apostolica
dei Marianisti; la Chiesa del luogo dove i vecchi cristiani riconobbero i missio-
nari; il monumento commemorativo del ritorno dei cristiani, la chiesa dei martiri
poco distante dal luogo dove subirono il martirio; il vulcano di Sakurajima (visi-
ta <( interessantissima »>).
Ebbe la gioia di celebrare il sa,nto Sacrificio all'ahare della scoperta e nel
giorno seguente nella chiesa parrocchiale di Urakami, presso Nagasaki: <<la
magnifica chiesa era piena di fedeli che tennero un contegno esemplare ,>.
Nel pomeriggio del 3 luglio, si accomiatò dal vicario Generale che con
cuore paterno l'aveva accolto e ospitato; diede l'ultimo saluto al << carissimo >>
Don Cimatti e s'imrbarcò per fare ritorno a Shangai.
Si era fermato in Giappone dal 7 giugno al 3 luglio. Lasciava il vasto Im-
pero del Sol Levante, arricchito di nuove esperienze missionarie sviluppate dai
nostri in un popolo, di cui aveva ammirato la disciplina, il progresso industriale
meraviglioso fatto in poco più di mezzo secolo; la fame del sapere e la febbr:
di imparare; le scuole numerosissime, i begli edifici largamente dotati di mate-
riale scientifico. Ma soprattutto 1o allietava la sperunza di un continuo svi-
luppo delle nostre missioni, che già all'inizio avevano dato frutti consolanti.
sbarcò a shangai nel pomeriggio del 4 luglio, doveva risolvere la dolorosa
situazione della nostra missione, penosa e molto delicata, che richiedeva l'aiuto
dall'alto e somma prudenza.
Incominciò quindi una novena al venerabile Don Bosco per conoscere la
volontà di Dio e volle il consiglio dei me missionari più direttamente responsa-
bili, Don canazei, Don Garelli, Don Bernardini. La soluzione in loco stava
nelle mani del vescovo (vicario Apostolico) S.E,. Mons. Paris, poiché qualunque
fosse, per rcalizzarla occorreva il suo consenso. Preparò quinJi un pro memo-
ria con le proposte da esporre al giudizio del vescovo, e, ricevuto in udienza,
le espose con semplicità e chiarezza. L'esito del colloquio fu negativo; lo co-
municò ai tre confratelli, raccomandò loro di pregare e rimandò al domani la
Fiti.'.uu.Nkk-uau_oog8kkaaaIsl,ae-Kk1iau6tmplileduaramgdtleaoiovtoaa,1ll9aVs2ae7pgscaa(oq,rvìtMeaol_ciyMnhaeoozrnad_sk-g.idioFeerelnfrioosnoaidtnlaaod,-pdoTcehhlliaervK.vpy'eauntesivnhazuae.orde-pitàrD.nn.aeR.lnliac1an.lduiooenveap)rDolavioinDcceioiseciesddiii
1«N9M,er-ali.sdsANiicpoeo.nmlsetb1oirn9leicd2ai8dp-'eerM-nldidy1ea9inz6tMae1ki,yiv>aeezananfOfkeidiitacactraoefanuatraiMoSnloaaonlesDss.tiiaoaCccnceiiam.stNeiadetdtilia11«ol9aiPt1arD5eifocqÉocuteentossMtiaAd6pvnioessFnt.ounplkiecuioeoetkl»eoavafHpiianieroaratdaa<i<,vlPepr1nre9itmfa4er0toe-.
Vescovo.
401
26

44.6 Page 436

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decisione definitiva che fu di chiudere la casa d'affitto, rimandare a casa il
maggior numero di giovani, inviare gli al6i a Nan Tao. Don Garelli si offerse
glicrouri*rdroei rc"luo*i"s.srteitseèsopdDai rofleanrtmoG)aarcsrheielplide-orvaesevsraaisnsteoerrlavi li«lroegCgdoiasaìtdi6oi0nrmruaingtoasrziozolio, dscacauimo1lee0r,oanreief,1e(6titloar3nion' ,ip-ilaa-
boratorio p.r
corrile pei la
,àrti, calzolai, falegnami, lavanderia
ricreazione dei giovani, neppure la
e cappella; non
cucina propria.
un palmo
In questa
di
si-
tuazione rimasi io solo coi ragazzi per ben L8 mesi »>.e Comu'nicata la decisione
ai confratelli, Don Ricaldone indisse un triduo di ingrazramento al Signore << per
averci fatto conoscere chiaramente la sua volontà, e per chiedete forza per ese-
guirla con generosità ed allegria >>. La chiusura temporanea di Shangai permet-
Luu l'^p..ti,ra ad Hong Kong. Chiuse i conti col Signor Lo; si recò
italiano Comm. Galanti per fingraziarlo di quanto aveva fatto per
ed ottenne da lui il viaggio gratuito dei confratelli ad Hong Kong e
dal Console
i Salesiani,
il rasporto
pure gratuito del materiale. Fece visita a Mons. Tau nelf isola di Tsoeng Ming,
.h. ,rotr"rza affidarc ai Salesiani tutte le scuole del suo Vicariato di Nankiu. Il
13 luglio fu il giorno dell'addio. Don Ricaldone scrive nel Diario: << Si parte ra
il
^pianto generale »>.
Arreua pfomesso
a
Mons.
Valtorta,
Vicario
Apostolico
di
Hong
Kong,
di
dargli risposta circa l'acquisto dell'Odanotrofio di
nelllisola per conchi.rdere, assistito da Don Canazei
detta città' Scese
e Don Bernardini.
quindi
I col'
loqui furono cordiali, sefeni e benevoli; Monsignore cedeva ai Salesiani, che ac-
ceitavano, l'orfanotrofio e Ia parrocchia; avrebbe mandato uno schema di con-
venzione conforme alle discussioni tenute.
Il 4 agosto 7a casa di Hong Kong era una realtà; DonPedtazzini ('nomina-
to direttorà del'orfanotrofio di Macao) prendeva possesso degli immobili; 1'ar-
chitetto Casella pfeparava il progetto di costruzione di una casa secondo le
indicazioni date d-aDon Ricaldone, il quale il giorno stesso scriveva a Don Molfino
per comunicargli I'elenco del materiale da spedire alla nuova casa'
A Macao aveva stabilito il raduno dei confratelli delf ispettoria cinese per
il corso annuale di esercizi spirituali, che si tennero dal t9 al 26 luglio, seguiti
da diverse riunioni dei sacerdoti, dei coadiutori, del Consiglio Ispettoriale, del
Capitolo della Casa. Furono giornate laboriosissime dedicate alla sistemazione
deia ispettoria nelle attuali vicissitudini, conseguenze della rivoluzio'ne bolscevica
in atto. Non ultima preoccupazione fu la preparuzione della spedizione per la
nuova missione nel Siam; comunicò la nomina di Don Pasotti come Superiore
e Maesrro dei Novizi; con lui sarebbero andati Don casetta ed i novizi.
La mattina del 6 agosto diede lladdio ai confratelli e s'imbarcò per il con-
tinente per visitare il vicariato di Shiu Chow. È con lui Don Canazei. Nel po-
meriggio scende a Canton, dopo 135 km. di navigazione nel grande delta dello
Sikiang (fiume dell'ovest; ha u'n percorso di 1900 km).
e Bo11. Sales., maggio 1929
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A Canton fu accolto paternamente da Mons. Fourquet ed ebbe con lui un
lungo colloquio sul tema missionario. La grande esperienza del prelato si di
mostrò nei sapienti consigli sulle doti, la condotta, le iniziative, ecc. del mis-
sionario. Don Ricaldone li aggru,ppa in dodici articoli; sono veramente interes-
santi e certo gli giovarono nel proseguimento della sua missione.
403

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CAPO XX
VISSE L'EROISTVIO DEI IVISSIONABI
ll Vicari,ato Apostolico di Shiu Chow
Il Vicariato Apostolico di Shiu Chow appattiene al Kwang Tung, provincia
della Cina centro-meridionale, che con(ina con I'Indocina e comprende anche
l'isola di Hainaun. Il capoluogo è Canton, situata nel delta del « Fiume delle
Perle ». Lungo la costa si trovano dipendenze di Hong Kong (possedimento in-
glese) e di ùacao (possedimento portoghese). Di questo campo missionario af-
iidato ai Salesiani riportiamo in Appendice i dati statistici a\\ I ltglio 1927 .
La zona è in prevalenza montuosa, percorsa da catene di monti, che rag-
giungono sino 2000 rn. di altezza, e di colline solcate da valli; numerosi corsi
d'acqua si raccolgono in fiumi che costituiscono le vie principali di comunica-
zione e di trasporlo delle merci, poiché nel 1927 il temitorio era atffaversato dal
sud al nord d; un'unica linea {erroviaria, che collegava Canton a Shiu Chow;
questa poi nel periodo del disordine rivoluzionario, funzionava irregolarmente.
Èer il tiasporto delle merci esistevano i << portatori ,> di professione, i quali si
servivano di ,r., gt"rro legno come giogo, portante alle due estremità delle fu'ni,
colle quali legavano le merci. Non vi erano vere sffade, ma piuttosto sentieri
di pochi palmi di larghezza e trascurati.
Il clima è temperato.
Era diviso in undici Sotto-Prefetture delle quali otto avevano le residenze
missionarie. I Disttetti pefò erano nove poiché le Sotto-Pre{etture di Lin Chow
ne avevano due.
In Appendice, allegato n. )2" i dati statistici del Vicariato al lluglio 1927.
Distribuzione dei Distrettil
umc,.ace,soenoncteodvIronriCdesuiilrlolcednadeo<ii<aidrdloeneimvtoiteaomrnnsiiohzi amzcdaikniizakeio<àls<en,irtictabi»msisesaocan"giiaipznsdozacaiifutfotiunero»snooersndreanàgpÀeulrlileazelazsla-epamtnriotsi»senusuaccionihlonzienèieagetudrscaaasisinecStsorohiintlniteuiossieuCnp,orhoelodeniwtuztaein,olrtzeInrinaiaoltra«iilottdtir.noeivmNee.aaersNtllcaizamnuztonauestriniattrdelo'->i
quesii nomi sono romanizzati secondo l'ortografia francese e altri secondo l'ortografia. in-
eiese. Di
Zi^rrl^
qui si può capire
sàssa località.'Qui
il perchè della diversa ortografia usata
si-è cercato di trascrivere i nomi con
dai
una
missionari nel desi
certa uniformità di
principi ortografici.
404

44.9 Page 439

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Sud
1. Ying Tak
afftdato a Don Luigi Boccassino
Centro
2. Shiu Chow affidato a Don Carlo Braga
Nord
3. Chi Hing
4. Nam Yung
5. Yan Fa
6. Lok Chong
affidato a Don Umberto Dalmasso - Don Domenico Correa
affrdato a Don Vincenzo Munda
affidato a Don Giuseppe Cucchiara
affidato a Don Galdino Bardelli
Ouest
7. Yeung Shan
8. Lin Chow
9. Lin Shan
affidato a Don Pietro Parisi
affidato a Don Beniamino Ronchi
affidato a Don Giovanni Cavada
La visita al vicariato di shiu chow fu indubbiamente la più grande fatica
sostenuta da Don Ricaldone nell'Estremo Oriente. Partito da Macao il 6 agosto,
vi fece ritorno il 30 settembre. Percorse 225) km., dei quali 854 in teno, 603 a
cavallo, 475 inbarca,235 in lorcia,2 86 in portantina.3 I disagi non si contano:
i mezzi usati per passare da una residenza all'altra; la viabilità ridotta al trac-
ciato da percorrere, il caldo talora soffocante, il riposo su assicelle in uso nelle
residenze, la levata sovente alle quattro del mattino, talvolta alle tre e rflezzo
ed anche alle due; il vitto non sempre confacente alle necessità dell'organismo
costituiscono un duro e severo rodaggio della resistenza alla fatica del Visita-
tore, che nel diario accusa il disagio con poche
viaggio faticoso; amiviamo stanchi e affamati;
noterelle, quali
non si dorme
claeussaegiluecraìtlid: o-
e
i topi; giungemmo abbastanza sfiniti; venti chilometri a piedi; il calore crivel-
la il corpo con granini e granoni di ogni specie.
Alcuni giorni prima di iniziare la visita soiveva a D. Rinaldi da Shangai:
<< ...'parto per l'interno. Di questi giorni 40.000 bolscevici attraversano il nostro
2 <,
poretti».
Lorcia »
È una
è parola del dialetto
grossa barca.fluviale
macaense e
(sul tipo e
vuol dire << barcone rimorchiato da va-
formato delle caratteristiche <<giunche»
cinesi,
tutti i
ma senza
canali del
vele)
delta
rimorchiata da un vaporino. Allora, innumerevoli lorcie Jolcavano
del Fiume delle Perle, provvedendo'alle comunicazioni. Sulle lorcie
pi rceanndaelvi aanlolorpaosetroanaollai,nbfeelsl'tea.tmi dega1i.ipoi,ravtiai,ggqiuaatonrdi,o
merci e si viaggiava
questi assaLvàno le
come si poteva. poiché
lorcie, quelli del vapo-
rino__tagliavano la corda che le univa a loro e se andavano lasciando labaria in mano agli
assalitori.
vssrpi.tipaaeagnsgrgsahoi'reieinL.l_?devm,<aitaa<olgnnpsgotoaoiargalettnbaobanreeatil-snepptaaoasnrte»ztiavdaaiteeeerialelaprsauemtnnircaoahml epdse_ieziùedzmoipaiaicdrdepci.oioldrvetuia,metsoeinsrnitizaavncigoachgnoegpuieadnrvtaauarndasopìeeet.ca.i.olevmodqelitunaocaoctctpoiooemmrpteouodrtrareto.atdttSeoiircretice.lolalmpaneedpoiel,eri
405

44.10 Page 440

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Vicariato per scendere su Canton ». Il fatto non contribuiva certo a rendete
la visita più agevole.
Lasciò Macao, come si disse, iJ 6 agosto, accompagnato dall'Ispettore D.
Carrazei; il giorno seguente fece sosta a Canton.
fdiitinYeiTnreagnrieoTnad,k"og, ,aprit.os.urn.dnedlil.aellvacisadiptiaso.tlruPiobagurozti;itooenedpardoCeseiagdnutieosnntrdeiont,tciosènutbfraòitcoiptreedrodppaorrimsiilordaigilsiodtrniesettrteodtetdol-i
Shiu CÉow, nel centro; di qui passò ai distretti del nord: Chi Hing, Nam Yung,
yanFa, Lok chong; chiuse il giro raggiungendo direttamente shiu chow. Po-
scia discese ancofa u Vlttg Tak e visitò i tre distretti dell'ovest: Lin Chour, Tung
Pi, Yeung Shan; ritornutdo p.t la stessa via chiuse il secondo giro a Shiu Chovr'
Il Distretto di YingTak è uastissimo (2500 k-q.), in prevalenza montuoso,
con 800.000 abitanti
confucianesimo, nelle
che
altre
,rivono poveramente. Nella classe colta prevale il
il buddiimo e il taoismo; è diffuso il culto degli
spiriti. I cristiani sono pochi, sparsi qua e in piccoli gruppi'
Nel distretto lavoà ,n solo missionario, D. Luigi Boccassino, che nel po-
meriggio dell'S agosto accoglie con grande cordialità Don Ricaldone nella resi-
denzà principal. di Lin Kong How; il mattino seguente il Visitatore saluta i
cristiani che hanno assistito alla celebrazione della Messa. In questo primo con-
tatto D. Boccassino lo mise al corlente della situazione della missione. Dopo il
pranzo riprese il viaggio per Shiu Chow. D. Boccassino 1o accompagnò al treno
à lo f"..- salire sul bagagliaio, giustificando la scelta col fatto che la presenza
dei soldati, i quali avevano la precedenza, consigliava i civili a sistemarsi nel
bagagliaio,',rrundo come sedili i propri bagagli, che in tal modo si trovavano al
sicuro.
Nel
vastissimo
distretto
in
cinque
località
esisteva
una
casa
per
il
Missio-
nario; in molte altre i cristiani mettevano a disposizione del Padre una stanza
p- er
pregare e compiere le funzioni religiose.
ilbistretto di Shiu Chow si trova al centro
del
Kwang
Tung
e
i
ffistiani
sono poco numerosi. Quando D. Ricaldone scese dal treno a Shiu chow non
trovò nessun Salesiano alla stazione; buon per lui che aveva compagno di viag-
gio D. Canazei, il quale lo condusse al collegio Don Bosco. Possiamo immagi-
Irr. q,rul. tru-brsio portò al,la comunità Ia comparsa inaspettata dei due Su-
periori. Quale il motivo delf incidente? La confusione causata dai rivolgimenti
politici e dai movimenti delle truppe, che avevano sempfe la ptecedenza sugli
olt.i, r.grruua anche nel servizio ferroviario di quella unica rete; per cui molte
volte si efdettuava una sola corsa giornaliera e talvolta anche questa era soppressa.
Ad ogni modo al sorriso di D. Ricaldone rispose con esplosione di gioia
la Comunità accorsa attorno a lui.
L'episcopio e la casa salesiana erano i due cenri di operosità missionaria.
Nel primo riiiederra Mons. Versiglia, Vicario Apostolico; nell'Istituto D. Bosco
"siion.raalin. oDl.eRsiccaulodleoneelermimeanntadròi
superiori per interni ed esterni e scuotre pro{es-
a più tardi la visita a questo disretto; la prima
sosta fu breve ed ebbe soprattutto lo scopo di inrattenersi con Mons. Versi-
406

45 Pages 441-450

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45.1 Page 441

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glia che gli fornì indicazioni e notizie sulla attività missionaria del Vicariato.
Iniziò quindi subito il viaggio che doveva portarlo nei quattro disretti del
nord. Le residenze dei missionari erano dislocate in zone prive di ogni servizio
logistico e si raggiungevano o a cavallo o con la barca o in portantina.
La pima parte del circuito comprendeva una cavalcata di 350 km. circa;
nel,la second a pafte si alternavano tratti a cavallo con tratti in barca ed alri
inportantinaoapiedi.
Poscia si diresse alle residenze del Distretto di Chi Hing, che insieme al
distretto di Nam Yung forma un teritorio vastissimo attraversato, da oriente ad
occidente dal {iume Pak Kong, in gran parte navigabile. Vi sono molte piane
soleggiate, coltivate a riso, e catene di colline ricche di legname da cos6uzione
e di bambù. La missione eru affidata allo zelo di D. Dalmasso Umberto e dei
suoi due collaboratori: D. Munda Vi,ncenzo e D. Correa Domenico. D. Dalmasso,
venuto appositamente a Shiu Chow, guidava il gruppo composto dal Visitatore,
dall'Ispettore, dal Chierico Terpin Alessandro e dal servo di D. Dalmasso.
All'aurora dell'11 agosto (la levata si era fatta alle 3,30) la comitiva ini-
ziavala marcia, accompagnata degli auguri della comunità, che osservava con una
certa curiosità D. Ricaldone nella esibizione di cavaliere, il quale, con le redini
in pugno ed il sorriso sulle labbra, dimostrava sicurezza e padtonanza. Ecco come
Io stesso D. Dalmasso descrive il viaggio awenturoso.
<< La giornata prometteva assai bene, sole, pioggia, quindi tutti ci
si mise di buona lena per affrontare la non lieve fatica. Ma i,l cavallo detto
Silaoa pensò lui a darci fastidio; focoso ed indomabile, buttò tre volte a teffa
il Sig. D. Canazei, e poscia, morso, né {orza umana valse a tenerlo. Fu gioco-
forza rimandarlo. Rimanemmo in quattro con tre soli cavalli: brutta faccenda
per chi aveva in vista 84 km. da digerire. Anche il Sig. D. Canazei, quel giorno,
poco in salute, ci dava un po' preoccupazione; ma si fece animo e tirò avanti co-
raggiosamente. A mezzogiorno breve sosta a Tai Kiao, per fare uno spuntino.
si cerca nei cesti un pollo, che era stato preparato apposta per far onore al su-
periore, ma non si trova... Per fortuna il mercoledì era giorno di mercato a Tai
Kiao e dovemmo accontentarci di ciò che offrivano gli ambulanti; confezione al-
la cinese piuttosto controproducente. (Il pollo c'era, e venne trovato I'indomani
nella residenza di Chi Hing e lo rivelò il cagnolino di casa il quale, mentre i
nostri si riposavano, girava intorno ai cesti annusando e scodinzolando e a un
tratto puntò decisamente su di uno, raspando come per scoprire il contenuto.
Andò in suo aiuto uno della comitiva che aprì Ia cesta dove stava la cassetta
della macchi,na fotografica; di si sprigionavala przza avvertita dal cane. Nella
cassetta uno dei servi invece della macchila aveva deposto il pollo, che per il
forte calore si era decomposto).
a << Silao »> vuol dire <( morto >> ed è usato dal popolino hakkà come in-rprecazione.
Quel cavallo era così focoso che solo D. Dalmasso riusciva a cavalcarlo e qualche volta
neppure lui. Non é da meravigliarsi che gli stallieri che avevano da fare con questa bestia
l'abbiano maledetto tante volte con f imprecazione suddetta, da larla divenire il suo nome.
407

45.2 Page 442

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La
comitiva
si
rimise
in
cammino;
Ia
slada
è
deserta,
siamo
al
<< Kuo
cet
5
»>
del sesto mese e nessuno è in viaggio.Inoltre ,questa via ha sempre la nomea
di essere infestata dai banditi. Vicino a Piam Phu, indico al Sig. Don Ricaldone
il luogo dove furono svaligiati i servi di Monsignore, che vi perse tutto il ba-
gaglio. Passiamo pure per Ki Loung, ove anni fa i miei servi pure furono spo-
gliuti, . solo giorni fa D. Munda ebbe un incontfo coi pirati. Il Sig. D. Rical-
done sorride
p-roteggged. if",,i
e
il
mi dice:
viaggio si
-Non
compie
mi metti paufa; abbiamo la Madonna che ci
senza incidenti; lasciamo da parte come il buon
Terpin, compatendo il servetto, provò a caricarsi del suo peso, col pericolo di
fiaciarsi ,la clavicola. Non diciamo come anche il Sig. D. Ricaldone lasciò il suo
cavallo per caricare i bagagli dei servi. Sono avventure che lasciano il missionario
tranquillo.
A tardissima ora, quasi a tentoni si giunge a Kwon Hou, stanchi, affamati
e assetati. ci attendeva un'alta sorpresa: la residenza del missionario era
ben chiusa, ma sprovvista di ogni conforto: i soldati l'avevano svaligiata qualche
giorno pfima. Che fare? Ringraziammo il Signore e andammo a .fiposo, distesi
51-, du. assi (D. Ricaldone ricorda quella notte, disturbata dal caldo, dalle zan-
zare e dai... topi, e scrive: « Deo gratias! »>).
Alle tre del giorno seguente si era già in piedi ed alle sette si giunse a
Chi Hing, pensando alla sorpresa che avrebbe plovato D. Munda nel vedere arri-
vare quell'esercito di
ci colmò di gentilezze.
cavalli
Qui il
e cavalieri inaspettati! Egli si fece in quattro e
Sig. D. Ricaldone si fermò tutto quel giorno. Vi
sitò la Casa
popolazione
ài
di
dintorni.
195.000
Il distetto
abitanti, di
di Chi Hing affidato a D. Munda
cui 10.000 nella città capoluogo;
aveva una
i cattolici
una novantina in tutto, e nel capoluogo una sola famiglia è cristiana. Carutteri-
stica del distretto sono molti castelli usati da gruppi di famiglie per difendersi
dai pirati. La chiesetta è povera ma sufficiente. Vi sono due altre piccole re-
sidenze >>.
Nel Distretto di Nana Yung;6 Don Ricaldone aveva stabilito con Don Dal-
mazzo di celebrare la solennità dell'Assunta.
Perciò D. Dalmasso aveva preceduto il Visitatore per ultimare i prepara-
tivi del ricevimento. La strada è pianeggiarrte, ma sferzata dal sotrleone; onde
s I Cinesi pagani hanno anche loro feste e ricorrenze che sono regolate dal Calendario
Lunare. Essi chiàrÀano queste solennità (hakkà) <( cet )>. << Cet »> vuol dire « nodo >> come
sarebbero i
<( passare il
nodi
nodo
del bambù; << Kuo >>
» e cioé << fare festa
vuol dire <( passafe
». Di questi « cet
», perciò << Kuo cet t>
» ne hanno- parecchi
vuol
e la
dire
loro
importanza varia da posto a posto. Non avendo il riposo domenicale essi si riposano quando
Kuo <<
cet >>.
6 Il disretto di Nam Yung aveva re residenze; quella in città, la più piccola, chia-
mata pomposamente Yong Leu (palazzo europeo) perché a due piani, menme le case cinesi
,tto..rà eiano tutte soltànto col piano terrèno. Era una residenza abbastanza meschina,
ma comprata
le altre-due
(o
Li
cosruita) dai nostri
Heu Kiao e Chang
Salesiani per avere un piede
Kong erano nella campagna.
^Latecfiita.indiciNttàa,mmY-eunntrge
408

45.3 Page 443

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evitare le ore più calde D. Ricaldone si mise in marcia all'aurora del 14, vigilia
dell'Assunta e verso mezzogiorno giungeva a Nam Yung, città di circa j0.000
abitanti, lunghissirna (il nostro Don Colombo Giuseppe andato missionario nel
r9r9, la chiamava <( quarantamiglia »). D. Dalmasso gli aveva assicurato che
avrebbe mandato qualcu,no alle porte della città; non trovando nessuno pro-
seguì sino alla residenza di Li Hen Kiao, dove non era aspettato così presto e i
cristiani furono sorpresi menre stavano ultimando i preparativi per il ricevi-
mento.
La celebrazione dell'Assunta riuscì solenne. Un centinaio di cristiani nuovi
e catecumeni vennero da ogni parte a venerare Maria e ad ossequiare il Rap-
presentante del Rev.mo sig. D. Rinaldi. La cappella, alle funzioni, era gre
mitissima, quale fu mai. Dopo la Messa D. Ricaldone ebbe la gioia di ammini
strare il Battesimo a sette adulti, ai quali impose il ,nome dei sette Superiori
del Capitolo: Filippo, Piero, Giulio, Fedele, Barrolo,meo, Giuseppe, Antonio
(così aveva fatto anche in Giappone).
Le funzioni del pomeriggio le celebrò achang Kong, un paesello a 12km.
di distanza, con 300 abitanti e una buona comunità di 230 cristiani; ha la re.
sidenza grandiosa e tutta in pietra. Il Visitatore ricevette una accoglienza trion-
fale, fta sventolio di bandiere, spari di petardi e di rumorosi mortai, che misero
a festa tutta la verde conca. Si passò una bella serata familiare ed anche all'in-
domani si ebbe una bella funzione in chiesa, sebbene di giorno feriale.
Il 16 agosto D. Dalmasso 1o accompagnò in città al yeung Lao, la cui
bella facciata era pavesata a festa tra fiori e ghirlande ed iscrizio,ni inneggianti
al Superiore, si ripeté un bel ricevimento dei cristiani della città, pochi d1 n,-,-
mero, ma veramente ferventi ed edi'ficanti; un the intimo valse a cementare
ancora di più la cordialità e I'armonia.T
visitate le tre Residenze del Distretto di Nam yung, portando con il
ricordo del fervore cristiano costatato, si rimise in cammino per visitare le
altre Residenze,
prima Residenza
vrietorsronacnudiosi-direpseser
altra via
fu quella
-di
al Distretto
Fong Thung,
di chitting. La
sulle moniagne,
affidata a D. Correa.
FoNc THuNc dista una otrantina di Km. da Nam yung, e la strada è in
salita; perciò volendo arrivare a17a meta in serata, la levata venne anticipata
alle 2,30. A mezzogiorno durante una sosta a ching Kong per fare uno spun-
tino, un giovane, colpito dalla bella barba bianca di D. Ricaldone gli rivolse
cedppmeorroevaaialncveg,nhcaglgiensupieotonaalvrilgzerizn.uzh.ioeaziIstnzl1elseei immdilaaiaislstCferstpraerieoeatent,ldtricao..ucurIhiemdenf,,,ieopnduNrli'nd.aoaiatrmnNidcada.ain.!mtYi4aumueqrriannuoelgtemne.sit,(netecen,oactmvveaptesueeevizrlaczp-hdeuSuéirinvegaaii.n_ffeDgsitroqtloaio-lunaaiedllvRuioYiitivac"odeaonipliidggtrroiiMnelnLcteieitsiiipu's)nva,ioia"lsme.Àvritaeaòe(vrliuraisonn,oiMoglodopiqsoesulireiiltaoufnuefreiaeaudsrnlmeiiàdolreieispnpe)iizeecreae-r-
,?
vembre
<1y ^9I2171. er
nos»>
foglio
delle
Missioni
Salesiane
in
Cina,
Anno
VIII,
n.
1,
15
no_
409

45.4 Page 444

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qualche domanda; poiché non otteneva risposta, volgendosi a D. Canazei com-
mentò: Così vecchio non sa ancora parlare?
Ripresa la marita, adffontano una salita ripidissirna; si aggiunge la pioggia
e non è più possibile cavalcare, per cui il restante del viaggio (e sono parec-
chi km.) 1o fanno a piedi.
In prossimita dèlh meta D. Coffea con un gruppo di cristiani gli danno
il n benvenuto » e 10 accompagnano alla residenza dove viene accolto con gli
spari tradizionali. È sera; la staflchezza si fa sentire. Il giorno seguente 1o de-
,licò interamente a D. Correa, alla comunità dei cristiani che sono 350 e alla
mbaismsbioùn;eI.
Nel paese fioriva I'industria deTla carta, ottenuta dalla Tavotazione del
disgiaziatamente i Funanesi e che venivano per lavorare nelle cartiere
avevano abituato quasi tutto il paese a fumare l'oppio. D. Ricaldone, sempre
avido di conoscenza, visitò una cartiera per conoscere il procedimento della la-
vorazione.
È ora la volta della residenza di Don Munda a Chi Hing'
nata
Ecco un'altr
è calda, fin
^daoi tptarnirtniniachdiliokmme.trdi ai
superare in
cavalli non
condizioni
rispondono
precarie. La
per cui due
gior-
terzi
del cammino viene fàtto a piedi... e possiamo facilmente immaginare in quali
condizioni giunsero alla residenza alle 18, tenendo presente che si erano messi in
cammino ullr 5,3O del mattino. La cordialità di D. Munda e il riposo del giorno
seguente (era sabato) fecero dimenticare la fatica; non però il dotrore delle ferite
alÉ gambe (cagionate a Don Ricaldone dal guado di un torrent: per andarc a
Fonf Torrng) che la lunga marcia aveva fortemente irritate. Così D. Munda poté
a tulto suò agio intrattenersi col Visitatore e parlare di e della missione'
Ed anche i Chierici De Amicis,ro Battezzati Pietro, Terpin Alessandro che erano
venuti alla residenza per \\a festa dell'Assunta, ebbero l'opportunità di avvici
nado. Ai cristiani D. Ricaldone consacrò la domenica mattina. Nel pomeriggio
riprese il cammino per il Distretto di Yan Fa.
eiinl.;r.c"fupii8i-.otiLpa'bi.nrai.dimtufaubsnùrua,iralr6pedriemi er>lelr)aninctcnioaondrvitvaauernsnnio't,laanbnvuoeotrrtlaoeagncfnoheoebsfubiuroenilraeiinriauundltodiilmariovepanepÀtrooa. llqleaounientia,sdgtulalaisa.itnrrgeidae-unqsstutetraeiagdsi)oetinlepalulome-l.oleogNtnotee,illn'aaedinpuocotaolcirtaaaa
,r..".o
e
,i. facevano una pasta che
« Funanesi >> cioè abitanti
distesa su tralicci di
della provincia del
Fbua-mNbaùmd(ivOetntuta-vNaancaritna
mandarino)
cioè
i*à
de1la provincia cinese
q".ìi.'trrroio assi.m.
immedi^tr-.rri. a nord
a quelli del luogo. Essi
daevel vKawnaonitnutnrgo,d- ovtetonivilanvoiziaossdoildfautmi apreer
lr;-;;i§'e-É;;o-i;;n!,p"Éf.bdfprteiii;-iU.r,òìi;so,;iiorAnDv;c,eiioov"-lÀlSnena;tir.dioue-Dlioònp<eCcu(..aàdpr.hA.l-peorinmti.às"ovi2ti,vicuhso,aifasuslv-rabeieoe>sern>nitcscs'tdeim,eòoioqròrevadleuearacidiscda:vicilaviuvi«saòincnecDnorucsuuonnos.nmoera'Raihrm.oìgiacnlHgmabiaivauaealcdommsgoor)iaiennnmitlneeAfietrmta.amovacsteoòbgenliliultln_ieneleaeorrtvetnaeeaqlidtqducgecauooroDlnieeanetceeofuddonrmaseitcosm.olDleng-dM.oe_iDmslalB1cenaleeooeosrsreesociesinmototluaredCttevatisoeohszctrtaioorroeroin,itttpiatepleuaftereadtfr-ettqtiiqcuteutuapsuo1utesitndeor.i
.tu.iere"in».("Df".-
perfectionis. Maria praestet
De Amicis Antonio).
tibi
vitam
puram
et
iter
tutum.
Paterna
Instituta
410

45.5 Page 445

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una cavalcata (erano rimasti con un solo cavallo) di circa 15 km. li portò
a Kong How; di qui in barca (una trentina di km.) raggiunsero Pak Min; poi
ancora a cavaTTo per altri 25 km. ed eccoli aYan Fa.
Il Distretto conta 60.000 dbitanti e 340 cattolici. La missione è succursale
di Shiu chow. Nella residenza 1o attendeva D. cucchiara Giuseppe coi giovani
della scuola e i musici; dopo una breve fermata (gli operai stavano riparando la
casa) lo accompagnarono a Hong Khai (residenza prowisoria), accolto festo-
samente dai cristiani. Qui ebbe la gioia di rivedere il nipote D. Vincenzo, ve-
nuto da Shiu chow in occasione della {esta dell'Assunta. un bel gruppo di cri-
stiani assistette alla sua Messa; anche qui come negli altri distretti il problema
più importante era quello della preparazione dei catechisti. All'indomani, 24
del mese, la meta da raggiungere era Leu Ha shi nel distretto di Lok chong, a 66
Km. di distanza; perciò si mise in cammino prima dell'alba, accompagnato- da D.
Cucchiara, il quale aveva proweduto la portantina per lui, .onor..ndo Ie diffi-
coltà del viaggio.
Dopo quattro ore e mezzo di strada sostarono nella residenza di rhung
Tong e, rifocillatisi si rimisero in marcia, i portatori erano stati sostituiti, ma dopo
pochi chilometri non ce la facevano più, per cui quando si giunse ai piedi deila
montagna, egli lasciò Ia portantina e salì sul cavallo di D. Cucchiara. Superata
la salita faticosissima, verso notte giunsero in vicina,nza diLe. Ha Shi. Foituna-
tamente D. Bardelli era venuto loro incontro con lanterna e li guidò alla re-
sidenza dove i cristiani lo attendevano per dargli il benvenuto.
Il Distretto di Lok Chong contava 90.000 abitanti con 725 cattolici, distri-
buiti in tre residenze: 4OO a Leu Ha Shi, 100 a Pak Heung,25 a Log Chong.
È coronato per tre lati dalla giogaia dei monti che Lin, le cui cime raggiun-
gono dai 1500 ai 2000 metri, e a sud da colline e montagne che Io ,.p-uro
dal distretto di Shiu Chow. L'incantevole struttura fisica giustifica il ìome.
A Leu Ha shi f incontro della sera {u necessariamente breve; quello del
mattino seguente in chiesa fu più sostanzioso; dopo la S. Messa D. Ricaldone
disttibuì medaglie e D. Bardelli rivolse a norne suo parole di ingtaziamento, di
incoraggiamento e di augurio per la loro comunità.
Nel pomeriggio coi due missionari raggiunse la residenza di pak Heung;
una passeggiata di citca 25 km. a cavallo. Il viaggio fu disturbato da un forte
temporale che li costrinse a
rizione degli stra'nieri quella
rifugiarsi in una casa cinese; alla
buona gente ebbe timore, ma la
bimaipbraovbviaisnacaa-pepai-l
sottiso di D. Ricaldone li rasserenò e agli ospiti offrirono il the. Un'altra diffi-
coltà la trovarono nell'attraversare un torente straripato. Infine, dopo quatffo
ore di matcia la comunità cristiana di Pak Heung li accolse coi consueti spari
di mortaretti. In questa residenza c'era u.na bella chiesetta, \\a casa comoda, i
cristiani fervorosi; ad essa dedicò ntfia la mattina del 26 agosto e fu soddi
sfatto per quanto poté costatate. A 12 km. circa da Pak Heung v'è Lok
chong, capoluogo del distetto; vi si porta nel pomeriggio. Anche questo viag-
gio ha il suo ricordo purffoppo non lieto: lungo la strada inconrrano un cada-
vere nudo; è forse una vittima della rivoluzione o della giustizia umana, abban-
471

45.6 Page 446

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donata così ad esempio salutare? Nella residenza, come si è detto, si stava
lavorando per renderla rispondente ai bisogni; essa diventerà il centro del di-
stretto. L'incaricato della missione era D. Antonio Saino, buono e laborioso.
Compiuta così la visita dei distretti del nord, D. Ricaldone ritornò a Shiu
Chow per recarsi ai distretti dell'ovest.
Lok chong-Shiu chow: la distanza non è molta, ma percorsa in barca di-
venta piuttosto lunga (una barca a remi, ,non un fuori-bordo) e richiede tutta
la giotnata del sabato 17 agosto. La barcheggiata si iniziò sotto gli auspici
della calunnia; il barcaiuolo che la sera precedente aveva fatto il contratto di
trasporto, quando vide i due europei si rifiutò di mantenere l'impegno, perché
t"-.uu che quei forestieri rovinassero i bambini per fare medicine. La diceria
calunniosa eta nata dal fatto che i missionari cattolici raccoglievano i bam-
bini appena nati, abbandonati, e anche i ciechi, che nessuno voleva; la diceria
fu poi ttilizzata dai comunisti nella loro campagna di odio. Un'altra avventura,
ma... a lieto fine, I'ebbero presso Yeung Khiau, nella svolta del fiume; un
ordine imperioso dalTa fiva intima al barcaiolo di accostare questi ubbidisce
con trepid;zione, pregando i missionari di mettersi in vista. Sulla sponda una
quindicina di pirati armati li attendono discutendo tra loro' Tutto finì in uno
scambio di sorrisi.
A Shiu chow dedicò il pomeriggio della domenica a visitare con Mons. ver-
siglia la residenza di Ho Shi, sobborgo di Shiu Chow sulla sponda occiden-
taie del fiume; c'era una piccola comunità cristiana, un colleggetto per gio-
vani catecumeni, ed una chiesetta. Purtroppo, causa la rivoluzione, si era
dovuto lamentare la defezione di molti cristiani, battezzati di recente. Visitò
pure la Casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice che avevano la scuola con l'Opera
àeila Santa Infanzia, il Ricovero dei vecchi e la scuola per le Catechiste in-
digene.rr
La tabeTTa di marcia di D. Ricaldone era regolata dal principio dell'usura
del tempo; il lunedì, 29 agosto, all'alba lasciò Shiu Chow con D. Canazei, di'
retto ai distretti dell'Ovest.
A Ling Kong How un contrattempo: D. Boccassino, che doveva accom-
pagnarli era fuori residenza; toccò quindi aD. Canazei procurare la barca per
il viaggio. Lalunghezza del percorso (140 km. circa) richiedeva parecchi giorni
e sulla barca si doveva mangiare, dormite, fare le pratiche di pietà ed anche
celebrare. Inolffe bisogna notare che si andava contro corfente, perché si risa-
liva il fiume. In questi casi la navigazione era molto più laboriosa; sulla riva
ll << La scuola « Maria
tecnico, con lezioni private
nell'aniica casa di miìsione;
Ausiliatrice » di Shiu Chow comprendeva le elementari e il
di musica, pittura, inglese, ed un laboratorio. Si iniziarono
un labirinto di stanze e stanzette, vera negazione di edificio
scolastico. Attecchì ugualmente mentre si provvedevano mezzi e terreno per_un.locale
proprio. In meno di séi mesi sorse l'edificio,, vero prodigio di prestezza e miracolo vivente,
essàndo stdto illizidto nei momenti loscbi del giugno 1925, quando le autorità consolarì,
incerte de|l'oscuro domani, e preoccupate della nostra sorte, insisteuano cbe almeno le
Suore si rilugiassero ad Hong Kong, in attesa degli awenimenti che prospettavano una
guerra imminente » (dal Bollettino Salesiano, 1927).
412

45.7 Page 447

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due robusti uomini tiravano 7a barca con lunghe corde di pelle di bambù 12 men-
tre quelli di bordo lavoravano puntando i remi sul fondo del fiume e cante-
rellando le loro sonnifere nenie. A bordo degli stretti scafi si stava appena ran-
nicchiati o distesi su due assi, molestati dal caldo e dal fumo della cucinetta
sempre in attività. I cinesi dormicchiavano di giorno, e di notte quando si
poteva chiudere occhio, essi cominciavano la chiassosa conversazione che si
protraeva sino al mattino, o appestavano con Ie loro fumatine di oppio.
Subito all'inizio si aggiunse un secondo contrattempo: due ufficiali sali-
rono abusivamente sulla barca togliendo ai nostri ogni libertà di azione; duran-
te il viaggio poi disturbavano coi loro discorsi proratti sino a notte avanzata.
Ma I'inconveniente più grave si ebbe al mattino, perché per la loro presenza
non fu possibile celebrare la S. Messa. Giornate poco buone per le prime tre
passate in barca senza 7a possibilità di movimento. Al terzo giorno poi si pre-
sentò al loro sguardo un macabro spettacolo: il cadavere di una donna posto
nella cesta di un maiale: << questo è il castigo dato agli adulteri; anzi, in gene-
rale mettono nella cesta i due colpevoli, legati dorso contro dorso >>. Verso
mezzogiorno fecero tappa a Ham Kwong, dove c'era una residenza missionaria.
Qui si presentò D. Boccassino, accolto da un sospiro di sollievo. D. Canazei
lasciò D. Ricaldone per andare a Hong Kong a conchiudere la convenzione
riguardante la nuova casa; D. Boccassino prese il suo posto. « Vidi D. Rical-
done un po' inquieto, scrive egli, perché da due giorni non aveva potuto cele-
brare la S. Messa. Egli non poteva parlare perché ignaro della lingua, e D. Ca-
nazei scusava L'igtoranza dei militari che avevano preso posto sulla barca affit-
tata appositamente dai missionari per proprio uso. Parlando con questi uffi-
ciali spiegai loro che noi missionari abbiamo certi doveri religiosi, tra cui la
Messa, che non si è celebrata sulla barca, perché vi era troppo disturbo. Essi
allora mi assicurarono che sarebbero stati zitti, composti, senza fumare... fa-
cessi pure.
Quando comunicai il buon esito al Superiore, non poteva essere più con-
tento del ritrovato. Gli ufficiali poi alf indomani mi prestarono pure le loro
valigie per far l'altare nel mezzo della barca. D. Ricaldone indossò i paramenti
ed io mi disposi a servire la Messa, con l'occhio però a quei pagani perché
non uscissero in sciocchezze pet la meraviglia. Finita la Messa soggiunsi: « Ora
io farò lo stesso; mantenete il silenzio ». E fu fatto. Guai se avessi detto: bi-
sogna star zitti per un'ora intiera... impossibile!... << Questo fu il piacere più
grande ch'io abbia fatto al nostro Visitatore. La Messa è tutto, no? >>.
Oramai si era entrati nel distretto di Yeung Shan. Verso le ore 16 del
2 settembre, sesto giorno di forzata inetzia muscolare. D. Ricaldone decise di
raggiungere a piedi la residenza missionaria; una passeggiata di una ventina di
chilometri. Giunsero presso le mura della città a notte fatta: <, Le porte
erano chiuse »>.
i
12 La nosffa corda è ffoppo pesante: invece con la
Cinesi fanno le loro corde leggere e lunghissime.
pelle
del
bambù
lavorata
a
treccia,
4t3

45.8 Page 448

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Ecco come D. Mario Rassiga ricorda l'arrivo di D. Ricaldone alla poveris-
sima residenza di Yeung Shan, la sera del 2 settembre 1927 . << Il Sig. D. Pie-
tro Parisi di s.m., rnissionario del Distretto di Yeung Shan, (mio predecessore
diretto perché fui proprio io a succedergli in quel distretto) mi narrava che
quando il Sig. D. Ricaldone giunse a Yeung Shan fu di sera e lo accompa-
gnava il Sig. D. Luigi Boccassino, missionaio, a\\Loru, del Distretto di Ying Tak.
Yeung Shan, città mandarinale un tempo fiorente e poi decaduta, en alloru
circondata da alte mura e le porte della città si chiudevano all'imbrunire. Né il
Sig. D. Ricaldone, D. Boccassino sapevano che la poverissima residenza
missionatia non era dentro la città, rna fuori della porta del Sud, nel breve
ratto di terreno tra le mura della città e il greto del fiume che passa appunto
a sud della città stessa. D. Boccassino quindi, seguendo la strada, giunse alla
porta dell'Est a quell'ora, naturalmente, già chiusa. D. Boccassino aveva una
voce formidabile e così, gridando, svegliò i custodi perché venissero ad aprire'
I custodi, saputo quello che voleva, gli diedero indicazioni sulla ubicazione
della residenza: costeggiassero le mura della porta del fiume e, dopo aver
oltepassato la Porta Civile, e la porta del Sud, avrebbero trovato la residenza.
Si rimisero in cammino, quindi, lungo le mura. Tra le mura e il fiume vi era
uno spazio che serviva (e i nostri non lo sapevano) come campo per le esecu-
zioni capitali. Passano di 1à, vedono un lumicino per terra, e, avvicinatisi, con
raccapriccio scorgono il corpo di un poveraccio che era stato fucilato qualche
ora prima. Finalmente dopo aver domandato altte indicazioni, giunsero in
porto, inaspettati a quell'ora... D. Parisi li accolse con grande gioia, ma non
poté offrire ai graditissimi ospiti che acqua calda dolcificata con zucchero
rosso... Le premure di D. Parisi furono ricompensate dalla parola e dal sorriso
di D. Ricaldone. Ma questi portava sul volto i segni della fatica; perciò si
abbreviò il tempo del primo incontro per dargli modo di distendersi sul duro
letto che già conosciamo. Purtroppo il caldo e la stanchezza gli impediscono
di dposare.
I tre distretti dell'ovest formano il gruppo nord-ovest del Leng Nam
Tou.13 Tutta la zona è montuosa, fuastagliata da fiumicelli e torrenti che danno
al paesaggio beTlezza e varietà indescrivibile. La popolazione complessiva si
aggira sul milione, cifra incerta perché mancavano statistiche. Sui monti si ffo-
vano ancora tribù di aborigeni chiamati Maio Tzi, i quali discendono raramente
in città e solo per portarvi i loro prodotti: legna, meliga, tè, travi per costru-
zioni che barattano con vari oggetti di cui abbisognano. Non riconoscono l'au-
torità dei mandarini e si governano da con leggi pariarcali.
Come in tutto il Vicariato, il clima è temperato e la produzione si riduce
al riso, granotufco, canna da zucchefo, arachidi, canfota, cannella, sesamo.
Nei me distretti vi erano sette residenze; Lin Chow, Tong Pi, Tzai Kong,
Yeung Shan, Lai Fao, K'i Tam, I t'au Shu.
13 Leng Nam Tou o Nam Shiu Lin sono due denominazioni per indicare la regione
nord del Kwangtung che comprendeva il Vicariato di Shiu Chow.
4r4

45.9 Page 449

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Nonostate avesse passato una <( notte impossibile »> per il caldo e la stan-
chezza, la mattina dopo,3 settembre, D. Ricaldone era in piedi già alle ore 4;
compiute le pratiche di pietà si congedò da D. Boccassino e, accompagnato da
D. Parisi continuò la sua peregrinazione. Attraversato il fiume, puntarono su
K'i Tam, ad una quarantina di chilometri di distanza, dove essendovi un buon
numero di cristiani, si era costruita la residenza principale in piena campagna.
«
piedi,
dI1opsoenatvieerros-erpesgcgriivaetoDtr.aRlaessriigsaai-e
malamente lastricato e largo quattro
si inerpicava su per la montagna, per
poi ridiscendere e risalire più volte, dovendosi attraversare parecchie catene
di monti prima di giungere di nuovo in pianura. La regione montuosa è anche
scarsamente popolata e, su quella via, si poteva camminare anche due o tre
ore senza inconftare anima viva. Fu appunto in quel viaggio, fl^rraya D. Pa-
risi, che
"Ma D.
il Sig. D. Ricaldone
Pieto, D. Pietro,
d-ovemseornaovigqliuaetostid4i 0q0u.e00lla0.0so0l0ituddiinCein-esi?m"i .diEcedvaio:
a sfotzarmi di spiegargli che ve ne erano molti, anche su quei monti, ma in
paesetti nascosti nelle varie vallate... Le mie parole però non persuasero il
Sig. D. Ricaldone! ».
Di quel viaggio ricordiamo un altro episodio. Siccome il viaggio Yeung
Shan-K'i Tam durava un'intera giornata e, per via, non era facile trovare di
che rifocillarsi, ela abitudine di portarsi appresso il desinare e di consumado
a metà strada, sui monti, presso una fontana di freschissima acqua, così gradita
nel calore estivo, che D. Parisi l'aveva denominata la << Fontana Angelica »>.
A questo punto D. Ricaldone annota: << Fontana alJ,a cima; non si trova
nulla per rifocillarsi un pochino ». Che cosa era awenuto? Una cosa molto
semplice: D. Parisi aveva incaricato il suo cuoco-servo-portatore di preparare
un pollo per il desinare. Il cuoco eseguì l'ordine, ma aTla pafi.enza, ne1 tram-
busto dimenticò il pollo. D. Ricaldone prese I'incidente con filosofia e si
accontentò di qualche sorso di acqua fresca; dopo un breve riposo ripresero
il cammino. Giunti finalmente in pianura si fermarono presso uno di quei
chioschi dove si trova sempre qualche cosa da comprare per mangiucchiare.
D. Patisi vide che era in vendita del wong t'ong ko' (schiacciata di farina di
riso e zucchero
sé. Il venditore
giallo)
brandì
e ne ordinò un bel pezzo
le sue forcibi, le pulì con
Wt il Sig.
lo straccio
D. Ricaldone e per
nero con cui puliva
7a tavola e tagliò il puzo. Il Sig. D. Ricaldone vide... la manovra, e quando
D. Parisi trionfante gli porse la sua parte gli disse: << LavaTo almeno con un
po' di »>; avutolo così lavato provò a mangiado, ma l'impressione fu più
forte dell'appetito perché, appena assaggiato, 1o restituì a D. Parisi dicendo:
« Dallo da mangiare al cavallo »>. E nota argutamente: Il vecchio del cha-tin
col cautchù.l4 Dopo un'altra buona ora di strada giunsero alla piccola resi-
denza di I t'au Shu << dbbastanza sfiniti ». Qui D. Parisi ,poté offrire al Visi
tatore una cena frugale, ma appetibile e le assicelle per il riposo della notte.
la Il vecchio del cha-tin, cioè della schiacciata che sembrava fatta con cautchù cioè
con gomma.
415

45.10 Page 450

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Dedicò tutta \\a mattina del giorno seguente alla comunità cristiana; le
cose non andavano troppo bene, poiché un antico capo pirata ostacolava
I'azione del missionario; l'ambiente era freddo e si verificavano deplorevoli
defezioni.
Nel pomeriggio proseguì per K'i Tam, la residenza principale, a 10 chilo-
metri dalla precedente; trovò un bel gruppo di 120 cristiani; oltre la Chiesa
e la residenza esisteva la scuola e la casa delle Kuneong.
È ora la volta del distretto di Lin Chow. I1 tempo è piovigginoso e vi
sono circa 45 km. di strada. Per non amivare sul tardi D. Ricaldone la la
levata alle tre e alle cinque è già in cammino, ancora insieme a D. Parisi, il
quale gli indica i paeselli dove vivono gli aborigeni, nascosti nelle gole delle
montagne; purtroppo anche tra loro i comunisti seminavano le loro idee
ateistiche.
Nel primo pomeriggio D. Ronchi li accoglie nella residenza; 7i accoglie
col suo << tradizionale >> sorriso. Egli ha la direzione del gruppo di Lin Chow
città di circa 60.000 abitanti. Da lui dipendevano D. Parisi, D. Cavada e il coa-
diutore Michele Leung Kai Man.
Visitata la residenza del capoluogo, D. Ronchi lo accompagna alle altre,
che sono a pochissima distanza tra loro e due giorni sono sufficienti per
esaurire il conrpito.
All'alba del 7 settembre insieme a D. Ronchi attraversava il fiume Pak
Kongls passando sul caratteristico ponte copelto che unisce le due sponde. Fis-
sando lo sguardo sulla montagna lo colpisce 1o staglio di una roccia, che sem-
bra 7a statua di Maria Ausiliatrice. A Nga Lin Tong inconta la prima resi-
denza; raccoglie un gruppetto di cristiani che avevano quasi apostatato. Visi-
tata 7a casa e la chiesa proseguì a Tung Pi, residenza affidata a D. Cavada.
Anche qui Ia comunità cristiana è piccola, e la incontra alla sera e alla mat-
tina seguente, in chiesa. Ancora due residenze; quella di Chii Kong a circa
12 km. da Tung Pi e quella di Wu Kong Tdv a circa 5 km. da quest'ul-
tima. La prima ha una scuoletta ben tenuta, la casa è ancora oggi agli inizi.
La seconda ha la scuola fiorente e i cristiani ferventi.
Ultimata la visita nei tre distetti, D. Ricaldone ritorna a Lin Chow capi-
tale del distretto, e mente attende I'arrivo della barca che dovrà ricondurlo
a Lin Kon How, sbriga la corrispondenza.Tta le altre ecco una lettera al Segre-
tario del Capitolo Superiote.
Lin Chow, 9 settembre 1927
Carissimo D. Gusmano,
sono qui in attesa della barca che deve ricondurmi a Shiu Chow e ne
approfitto per rispondere alla sua carissima del 28 giugno.
dosi
ls È uno dei
con l'affluente
tre affluenti che forma il
che viene da Shiu Chow
Siu Pak
prende il
Kong.
nome
Esso a
di Pak
Lin Kong How, unen-
Kong nord » fiume).
41.6

46 Pages 451-460

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46.1 Page 451

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Kt'"r,À&,. *-*
D. Ricaldone coi direttori di Spagna a Sarrià . Barcellona nel tg3l

46.2 Page 452

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46.3 Page 453

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I uiaggi qui nell'interno sono problematici in tutti i sensi, non ui sono
strade, non oi sono caualli e le barcbe uanno quando possono. L'incontro dei
pirati arresta ogni attiuità; l.i-ho aisti ancb'io, mà dourei-dire che a mio riguardo
t'urono assai cortesi: ci scatnbiarurno persìno dei sorrisetti e non ci recaronò noie.
La vita in barca è poetica, direbbe un poeta, ma non finisce mai; dopo
quattro o cinque giorni quel non potersi alzarc, quel fermo, quelle cento altJe
cose... fanno desiderare l'andare
E poi... quei piratil
a piedi...
ma comè
si fa
se .À.uno
i
sentieri?
ora
Sempre
ritorno
buona
a shiu
salute malgrado
chow; non so
l'essere
quando
circondato dal colera e altri morbi.
arriverò, ma spero incominciare gli
esercizi spirituali verso il 75, fare tre giorni di riunioni e verso la fine di sét-
tembre recarmi a visitare le missioni del Yeung Shan.
di
spero iniziare
novembre... Le
il ritorno verso il 20-25 oftoÉre ed essere a Torino alla fine
distanze sono enormi e le comunicazioni impossibili, ecc.
Sac. P. Rrcerpore
Labarca arrivò la mattina del giorno dopo, il 10 settembre; in quella data
ricorreva la festa pagana della luna 16 e i barcaiuoli compirono i riti della loro
superstizione. Il percorso di circa 240 chilometri lo compirono in due giorni,
a differcnza dell'andata, ora si scendeva verso la foce; si remava sino alla notte;
cosicché verso le 2l dell'Ll settembre D. Ricaldone approdò a Ling Kong
How e pernottò nella residenza di D. Boccassino.
Il giorno dopo rientrava all'Istituto Don Bosco di Shiu chow, ricevuto al
suono della banda, circondato da tutta la comunità, che lo acclamava festante.
Alla « buona notte >> annunciò che all'indomani avrebbero inizio gli eser-
cizi spirituali sempre tempo di grazia esuberante; in quell'anno si svolsero in
un clima spirituale eccezionale, favorito dalla presenza e dalla parola del Supe-
riore, distribuita con sapienza, carità e bontà salesiana nelle isruzioni e negli
incontri orientativi personali.
Ad essi seguirono tre giorni dedicati a ,riunioni di gruppo e plenarie,
tenute in una sala del nuovo episcopio, per discutere i vari problemi emersi
dalla Visita Straordinaria, e quelli presentati dai confratelli.
Il 25 settembre, domenica, D. Ricaldone prese congedo dai confratelli e
dalla comunità dei cristiani, i quali tutti vollero testimoniargli la loro ricono-
scenza come era nelle loro possibilità, in chiesa con una comunione generale,
fuori chiesa con accademia e rappresentazioni folcloristiche nella caia tutta
al
16 La festa
15 dell'ottava
della luna è
luna, quindi
uno dei
sempre
più caratteristici
in plenilunio. È
« cet » del
detta pure
Calendario
festa della
Lunare.
luna di
Cade
metà
autunno perché è da notare che, secondo il Calendario Lunaìe, le stagioni cominciano un
mese.e
dei- riti
a fare
mezzo prima che da noi. Vi è una leggenda unita a
superstiziosi in onore della luna, menué tutti, pagani
cena. sui luoghi più alti,__o magari semplicemenìe-sul
questa
ò no,
sfei sdlaiveertoi npoa"gaadniafnadnanreo
tetirzo sopra la casa, e ad
ammirarvi 1a luna che in quell'epoca è veramente luminosa e splendìnte (ben inteso
sqougalniodnoonroegna,lèarenuavgoliloa)m. Ficai mcoomsiesdoanonpòui rneeil
dolci confezionati
periodo natalizio si
ptoeffireq' uesta festa, che
il panettone.
si
417
27

46.4 Page 454

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pavesata con bandiere e festoni. mancò l'esibizione del classico dragone''?
La giornata si chiuse con |a benedizione solenne, fuochi, giuochi di forza
e di destrezza, e con I'ultima << buona notte » del Visitatore'
Il giorno seguente ancofa un saluto, un augurio, una benedizione. Poi
insieme a D. Canazei. partì per Canton; 1o accompagnarono pure D. Ronchi e
D. Parisi, che scesero a Lin Kong How e un gruppo di chierici che proseguirono
per Macao. Conchiudeva l'esperienza cinese con sano ottimismo giustificato dalla
iealtà missionaria in atto, sia nell'animo ardente del Vicario Apostolico Mons'
Versiglia, intelligente, zelarrte, amante della Congre gazione, sia nei confratelli
dei quali aveva àmmirato
1o ,firito di lavoro e di
il buono spifito, la pietà efficace,.l'osservanza fedele,
sacrificio edificante, il vincolo saldo che li univa ai
Superiori.
D. Ricaldone doveva ancofa visitare le case di Shek Kei e di siu Lam
dell'Ispettoria cinese, situata nel distretto di Yeung Shan. A questo scopo si
.ru fermato a Canton, dove il treno giunse alla mezzanotte del 26 settembre,
avendo impiegato quindici ofe per percoffere i 240 chilometri che intercor-
rono 1a St',i" Clro1l,, e Canton. Si a gia accennato alle cause del disservizio di
questa unica linea ferroviaria; in questo viaggio D. Ricaldone ebbe la prova
àche del disordine che regnava: soldato, richiesto del biglietto dal control-
lore, rispose puntandogli conuo Ia rivoltella.
R Stet-fei, capàluogo del disffetto, i Salesiani erano andati nel 1918;
fu la prima vera missione affidata alla nostra Congregazione in Cina' Contava
i50.0ò0 abitanti, aveva una residenza con chiesa ed un gruppetto di cristiani.
Politicamente apparteneva alla Repubblica Cinese, ecclesiasticamente dipendeva
dal cosidetto Patronato portoghese.
A Siu Lam, distante circa 40 chilometri da Shek Kei, i Salesiani andarono
nel l9I3; è la città più popolata del distretto e la sua residenza comprendeva
il miglior complesso di àpere. Dipendeva da Shek Kei: così pure altre due
piccole residenze l'una a Tau Moon; 1'al6a nella Lappa. Unica via di comuni-
cazione è il fiume sul quale navigava la caratteristica lorcia cinese: D. Rical-
done se ne servì per raggiungere Siu Lam (8 ore di viaggio per 108 chilometri
circa) dove ,r.nnà rrl.rtuto dagli immancabili spari, sventolio di bandiete, di-
scorsi. Curava la missione D. Teodoro §trieczorek; un alro salesiano D. An-
tonio Martin Tavorava nella missione di Tau Moon. Da Siu Lam passò a Shek
Kei, dove trovò una bella comunità di 1700 cristiani e due missionari: D. Gio-
g;c.i;;ip;hii-r;.eo*lir;;ig;ra,hoitg;7-;ill.sr;*D"cririoi.a..lrno-ètot;a.unfha,todiitt.ateit-oftr1oi.irlcp^dbtoipreuodna"lmirlg,tuasoop.igtà,rioipsvniipeclaaerero,iditcdnetrcuuasoiortginaastloinoe,notdcraaeciooc:c^nrcèupimocpluaraolarò'meovrbeinmamroaotcbtaegcrpl,anoge_etbipmiureapnapigogèloeoesrsàprtacpeae4.oca,rv.i0nzaerdetildeoeoeev_'rloesrpDdsi.oisieeù.ànspi.:TimeSpcatcrrietelnooavt,evmrociscaol.etoia.lÈdom-qQpieuÈrosvreosraat.lrinarlalereddnep-niotopcdttoerieaesi,lnsdiinenaspgneeoiugtrlrapraoottesmmoaansbltidioeniranael;i-'
,"if. .^. , prundere .in premio esposto, o ,rna-6orsa di danaro: in_ qualqnque modo agisca
É'.u r"o ranàggio, se ries^ce. Desta'quindi l'ammirazione,
divertimento J.-gio.o come abbiamo noi. Questo al tempo
_non
della
vaivseitnadod.i.iD-c.inReiscia, ldnoensesu(n19a2lt7r)o.
418

46.5 Page 455

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vanni siara e D. stefano Bosco, questi addetto alla missione della Lappa. coi
quattro confratelli, in varie adananze esaminò a fondo il problemà fonda-
mentale del momento e cioè se conveniva rimanere nel distretto di Heung Sham
o meno, per via del Patronato; volle che ciascuno esponesse le ragioni in pro
e contro. La conclusione fu che si imponeva una sistemazione con l'Autorità
Ecclesiastica; a tale scopo bisognava anzitutto pregare. Il j0 settembre in lorcia,
raggiunse Macao.
Visita Manila e saluta la Gina
Fa poi una visita lampo, un'andata e ritorno Macao-Manila, compiuta dal
2 al 9 ottobre, con la permanenza di due giorni nella capitale delle Filippine.
Durante la lunga navigazione scrisse la seguente risposta alle novizie di Pessione.
4 ottobre L927
Dal mare cinese vi mando il ringraziamento più vivo per le preghiere che
avete fatte per me, ne toccai con mano ripetutamènte l'effièacia. Ho irisitato le
voste consorelle dell'India e della Cina che lavorano con frutto, generosità e
sacrificio. Tutte vi salutano, tutte guardano a voi...; il campo è imÀenso, sono
più di 900 milioni d'anime da salvare.
Siate tutte missionarie: ora con la preghiera, domani, se così piacerà al
Signote, coll'opera, col sudore, financo tol- sangue.
Preparatevi: l'umiltà sia il fondamento di tutto: senza di essa non faremo
mai nulla di bene. La catitìt sia l'aspirazione cosrante dei vostri cuori. Iddio è
carità,. I.a perfezione è tutta
eterna è ardore di carità.
nell'esercizio
della
carità; la felicità
temporanea
ed
l,a
Ma,
caità,
e
è
l'umiltà e la carità,
il sacrificio infinito
sdi ialGimeesnùt.aFdatiesapcerrirfiacnioto-finsudll'oarCariocpeicècol,luimsailcri,-
fizi
-_Mdaorima aAnuissilaiareuteiceprevpiasraiatesepmeipgieraMndaid, rfienaanmcooropseal
martirio.
e tutta la
vostra
forma-
zione si svolga sulle orme, nello spirito, sotto llispirazione del nosto Venera-
bile D. Bosco.
d..i
.beCnoenptinriumaate_dai
pregare
morire.
per
me
affinché
possa
salvarmi
l'anima
e
fare
un
po'
Vi benedico di cuore il vostro
aff.mo in Corde Jesu
Sac. Prrrno Rrcer,ooNp
Al porto di Manila eru ad atrenderlo il Delegato Apostolico Mons. Gu-
glielmo Piani con I'allora D. Luigi Laravoire ed il coadiutoie Giovanni Castelli,
che lo
tatore
accompagnarono
e il suo ospite
alla Delegazione. L'incontro fu cordialissimo; il Visi-
rievocarono con grato ricordo I'inconro del 1913 nel
Messico, che aveva lasciato nei loro cuori impressioni profonde di grande
soavità.
419

46.6 Page 456

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Le due giornate (troppo poche per il Delegato, senza possibilità di allun-
garle per il Visitatore) furono dedicate anzitutto allo scopo che aveva deter-
-inuto il viaggio
poi a contattiion
e
i
cioè
PP.
visitare la chiesa che si voleva offrire ai Salesiani; e
Benedettini, Gesuiti, Domenicani; inoltre visitò alcuni
monumenti e istituzioni di cultura; tta gli altri Ia Cattedrale, dove notò con
compiacenza che si praticava la devozione a Maria Ausiliattice, e 1a nuova
università. Con Mons. Piani trattò diversi problemi riguardanti le missioni, suo
argomento preferito; ma soprattutto ammirò nel Presule la grande umiltà e
piàtà; egli fece il rendiconto al Superiore con la semplicità di un novizio e lo
pregò di tenere la conferenza alla piccola comunità'
Nel pomeriggio del 7 ottobre, Mons. Piani e i due confratelli 1o accompa-
gsnuaitrio. nLo'a^blbrpaocrctioo;
ad essi si erano uniti
a Mons. Piani lasciò
il Provinciale e il Superiore dei PP. Ge-
nel suo cuore una grande pace, la pace
che viene dagli uomini di Dio.
Il 1l ottobre a Macao, sbriga atrcune pratiche lasciate in sospeso; icon-
fratelli durante 1l pranzo esprimono i sentimenti filiali di gratitudine; alla sera
poi un'accademia ben riuscita corona 7a giornata.
La mattina seguente tutta la casa e numerosi Cooperatori 1o seguirono al
porto; il piroscafo si mise in movimento al suono della banda, mentre dalla
tanchina . dutlu tolda del piroscafo centinaia di mani si agitavano salutando'
E lo raggiunge pure un'affettuosa letterina, tanto più preziosa in quanto
sta a dimostrare come D. Ricaldone avesse il dono di risolvere le situazioni
più penose senza lasciare malcontenti anche da parte di chi aveva dovuto rice-
,r.re du lui un parere, una decisione contraria ai propri desideri. È il Sig. to
Pa Hong, che con tanta pena perdeva i Salesiani quali collaboratori delle sue
opere di bene in Shangai e che gli scrive:
« Molto Reverendo Padre,
...voi avete lasciato laCirta in questi giorni (la data è del lo ottobte 1927,
e Don Ricaldone lasciava la Cina il t3 dello stesso mese) per fare ritorno a
Torino. Io vi auguro buon viaggio e apptofitto di questa occasioae per rin-
graziarvi delle cuÉ particolari cÈà voi uu"i. ,rrrto per l'Istituto S. Gi.useppe di
Shangai. In questo homento il collegio è occupato dai soldati e noi non pos-
sdiiamDiJo.laNvooriarneoncoambebiasmi odocvhreebdbae.raÈs-suegnnaarpcei npae,rmilamèomanecnhteo..l.aNSoaintsaiaVmoolopnetrà-
suasi che noi ricominceremo a lavorarÀ al Collegio di S. Giuseppe per la sal-
vezza della gioventù cinese e per Ia maggior gloria di Dio, grazie alle vostre
preghiere e a
voglia
quelle dei
presentare
vostri confratelli.
al Reverendo superiore
Generale
i
miei
ringraziamenti
per tutto c"iò cire ha latto pet 7a fondazione dell'Istituto S. Giuseppe di Shangai
che porterà un brillante risultato per la gioventù cinese.
J. Lo P,l HoNc ».
« Lasciamo tanti carissimi figliuoli. Il Signore li colmi di benedizioni >>,
così D. Ricaldone scrisse nel suo Diario. Sostò due giorni ad Hong Kong per
120

46.7 Page 457

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dare uno sguardo alla nuova casa e le ultime disposizioni per la sua siste-
mazione.
Nel frattempo arrivarono i confratelli destinati al Siam e con essi, la mat-
tina del 16 ottobre, riprese la navigazione.
<< Abbracciamo l'fspettore, Don Bernardini (eletto direttore di Hong Kong)
e i confratelli venuti a salutarci. Alle 10 si parte >>.
La nuova missione nel Siam
Menfe il piroscafo lo allontana velocemente dalle missioni visitate, il suo
pensiero è ancora presso i missionari che ha lasciato, e scrive a tutti i confratelli
di Hong Kong, di Macao, del Vicariato, del Giappone; lettere particolari indi
izza al7'rspettore, a Mons. versiglia e ad alcuni altri missionari. E non dimen-
tica Mons. Piani coi due confratelli di Manila. Bella manifestazione di pater-
nità del Superiore.
A mezzogiorno del 25 ortobre la comitiva scende alla banchina di Bang
Kok, nel delta del fiume Menam a 30 chilometri dalla foce. È capitale dello
Stato e sede del vicariato Apostolico del Siam (ora Thailandia). Don Rical-
done presenta la comunità salesiana a S. E. Mons. Peruos e al Ministro d'Italia
S. E. barone De Rossi, che Ii accolgono molto cordialmente. Degno di nota:
nel consolato i chierici eseguiscono la nota barcarola del Boito: << La notte
diffonde... ». All'indomani il vaporetto Ii porta a Ban Kong; alla sede della
Missione. Viaggio bellissimo con paesaggi meravigliosi; ma i1 vaporetto fa una
strada lunga, lunga... e ariva a destinazione alla mezzanotte. La comunità pren-
de possesso della nuova casa; D. Ricaldone con D. Pasotti, direttore, stabi-
lisce quanto riguarda il buon andamento della vita comune, e riceve i confra-
telli ad uno ad uno per animarTi a bene operare. Poi con una felice ioiziativa,
promuove un incontro ra i nostri chierici e quelli del Seminario locale. Nel
pomeriggio della domenica, 30 ottobre, in una accademia familiare, ciascuno
espone un pensiero dettato dalla circostanza e il Visitatore dona ancora a tutti
Ia sua parola animatrice e confortatrice per il benessere della nuova Missione.
L'addio finale ebbe luogo prima dell'alba presso I'altar.e; dopo la S. Mes-
sa, benedicendo con effusione di cuore nel nome di Maria Ausiliatrice quel « pic-
colo gregge »>, pfese commiato.
« Alle 6,10 il battello ci separa dai carissimi figlioli di Ban Kong. Che il
Signore Ii renda sempre più degni figli di D. Bosco »>.
D. Pasotti lo accompagnò a Bang Kok, dove I'attendeva il Vicario Apo-
stolico Mons. Perros, col quale trattò argomenti di grande impofianza per la
nuova missione e ne ebbe preziosi consigli. I1 Ministro d'Italia poi lo volle
ospite a colazione e gli assicurò il suo appoggio per l'apertura di una scuola
professionale, desiderata dal Vescovo. Riportiamo in Appendice, allegato n. 33,
il prospetto del personale della nuova Visitatoria del Siam.
Qui praticamente D. Ricaldone pose fine alla sua missione. Il 2 novem-
bre mentre il treno 1o portava verso la {rontiera, il suo pensiero tornava a Ban
42r

46.8 Page 458

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Kong << invocando le più elette benedizioni sui carissimi figliuoli che iniziano
la missione nel Siam »>.
Nel viaggio di ritorno, D. Giovanni Guarona lo accompagnò sino a Torino.
I molti giorni della navigazione furono impiegati per la corrispondenza e pet
mettere a punto le note della visita eseguita. Con Mons. Mathias rivide le case
della Prefettura Apostolica dell'Assam. ll 24 novembre il suo Diario narra un
episodio pietoso. In pieno Oceano, in navigazione da Bombay-_ad Aden << si
,.op.. un .rrron. alla deriva. Il piroscafo lo accosta e 1o solleva a bordo;
.o.rri..r. naufraghi, vittime di un temporale di quattordici giorni prima. È una
scena impressionante. Riuscirono a mettersi in un cassone che serviva per
l'acqua; erano otto; di essi 6e mofirono; un vecchio e vn ragazzo giacevano
srrl iondo quasi moribondi; da molti giorni non avevano né cibo acqua. Ai
poveretti u..rgoro prodigate le migliori cufe; puftroppo il ra:Eazzo dodicenne
muore in serata. Si spera di salvare il vecchio »>.
A Suez, Cairo, Porto Said, breve cordiale incontro coi confratelli del posto;
l'8 dicembre scende aYenezia, dove riceve le prime accoglienze del felice ritorno
in Italia dai Superiori e giovani delle case salesiane della città.
La bella barba bianca attirava gli sguardi, ma non mascherava
il
sortiso
ben noto a quanti Io attorniavano.
In Appendice riportiamo il percorso in km. compiuto nel viaggio di andata'
ritorno da Torino a Torino: allegato n. 34.
ll Vescovo di Shillong ricorda
Chiudiamo la nartazione fatta con quanto scrive Mons. Stefano Ferrando.
<< Dopo 41 anni ricordo molto bene la visita di Don Pietro Ricaldone nel-
l'Assàm. La cronaca di quei giorni memorandi si tfova nel Bollettino Sale-
siano, anno 1927 (29 marzo e giugno 7927) e nel libro " 40 anni in India "
scritto dall'Arcivescovo di Madras, Mons. L. Mathias.
Dopo tanti anni noi possiamo valutare l'importanza di quella visita, e
collocarla nella vera luce che a fasci gloriosi da quel tempo s'irradiò in tut-
ta I'India.
Due dinamici leaders. Furono D. Pieffo Ricaldone e D. Luigi Mathias,
poi vescovo di Shillong e arcivescovo di Madras-Mylapore, che in quel tempo
staua ul timone della nave salesiana in India. La navigazione non era facile, ma
con illimitata fiducia nell'Ausiliarice i1 giovane capitano aveva irrlalzato la ban-
dieru Ardisci. e spera. Era il medesimo programma di D. Ricaldone. Erano due
capitani che s'intendevano a meraviglia! Consci della grandezza della loro mis-
siJne, no., si lasciarono mai scoraggiare dalle immense difficoltà e da loro
imparammo quel sano ottimismo, quell'ardimento, quel coraggio, quell'eterna
giàvinezza chà do"eurno portare I'opera salesiana in India a taTi altezze. Io
ero al cofrente di certe difficoltà e spine pungenti di quei giorni; ma sempre
uno spirito di serena gioia e spetanza regnò durante Ia visita'
/.))

46.9 Page 459

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Missionario e apostolo. Era stato un atto di grande coraggio trasportare
dall'Europa ogni anno schiere di giovani in India per compiervi gli studi, e sul
campo del loro futuro lavoro prepararsi ad essere missionari. Acclimatandosi
al posto, imparavano la lingua, le abitudini della regione: così l'India diven-
tava la loro seconda patia. Ma non pochi criticavano quel metodo, chiaman-
doTo azzardato con spreco inutile di denaro, con difficoltà derivanti dalla scar-
sezza di personale. Ma il coraggio di D. Ricaldone che dava tutto l'appoggio
all'idea di Mons. Mathias ebbe ragione. Era un'ondata di giovinezza che s'avan-
zava al raggiungimento del più bello ideale. D. Ricaldone eru al corrente delle
difficoltà; ma I'esperimento non deluse le sue speranze. Egli stava preparando
in quei giorni " La CROCIATA MISSIONARIA " che avrebbe Tanciata in tut-
to iI mondo. Quei giovani erano i suoi Crociati-Giovani oociati. Per raffor-
zare questo movimento sorgeranno numerose Case di Formazione Missionaria.
Sarà un'ondata di entusiasmo travolgente che datà così tante vocazioni.
Don Piemo Ricaldone fu uno dei grandi propulsori di questo movimento.
Noi in Assam comprendemmo che Don Ricaldone amava non soltanto le Mis-
sioni ma fu un vero missionario e per le Missioni viveva.
In circuitu mensae tuae. Se i missionari sentono il dolore del distacco
della famiglia, lo sentivano molto di più quei giovanetti dai 16 anni in su che
venivano lanciati così lontano dal cuore della mamma e del babbo. Don Rical-
done venne fra noi come un amico, un fratello e diede il massimo impulso alla
vita di famiglia. In hymnis et canticis! Trovò che questo era lo spirito che
regnava sotto la guida di Mons. Mathias. Alla sera dopo cena ci radunavamo
tutti attorno alla tavola dei superiori: si cantava, si ascoltava le pagine vissute
di Mons. Mathias nella passata guerra... Si andava a gara a raccontare storielle
e barzellette amene... Don Pietro Ricaldone era felice, contento di trovarsi in
un ambiente così santamente allegro. Anche lui ci insegnò nuovi canti. I gio-
vani chierici alla domenica prendevano d'assalto qualche villaggio vicino: chi
portava I'altarino portatile, chi una pentola, chi 1o zaino col pane, chi imma-
gini per spiegare il Catechismo... Era chiamata: " Passeggiata apostolica ". Don
Ricaldone venne con noi e s'interessò di questo nuovo apostolato giovanile.
E prese vivo interesse a tutti gli altri mezzi di evangelizzazione. Come am-
mirò lo zelo indefesso e travolgente di Don Vendrame! Ad alcuni sembrava
poco opportuno uno zelo che spingeva Don Vendrame a girare di casa in casa
a circondarsi ovunque di fanciulli, a fare << Jingiaseng »> : riunioni, nelle case
protratte fino a notte alta...
Una notte ritornavamo a casa dopo aver preso pafte ad una cena col
Governatore, e trovammo Ia Chiesa ancora un poco illuminata. La dentro c'era
Don Vendrame che dopo una giotnata laboriosissima prcgava... " Qui è l'anima
de1l'Apostolato " commentò Don Ricaldone e fu contento.
Don Ricaldone aolle essere missionario come Don Vendratrze. E così si
spinse nelle stazioni missionarie nel cuore della giungla. Allora si andava a
piedi camminando talora dal mattino alTa seru, o cavalcando dei cavalli, quan-
do si poteva. Una volta Mons. Mathias e Don Ricaldone nel loro viaggio a
423

46.10 Page 460

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cavallo fino a Jowai caddero
l'onore, perché tutti e due
e
si
si fecero male. Non
vantavano d'essere
lo dissero subito per
perfetti cavalletizzi.
salvare,,.
A lowai
si era agli inizi & una missione in cui Suore, Salesiani, e quel santo che fu
Don Domenico Farina, vivevano in un ambiente di povertà, privazioni e perse-
cuzioni, che creavano gli eroi. Don Ricaldone divise i sacrifici del dormire,
del mangiare del povero Don Farina che non teneva niente per sé, che dava
tutto ai poveri. Con le sue barzellette e storie allegre, Don Farina divertì un
mondo Don Ricaldone.
A Raliang, venti chilometri più in dentro, Don Ricaldone s'incontrò con
Don Giovanni Mazzetti, che era solo e curava anche una piccola colonia agri-
cola. Don Ricaldone fu contento e diede norme sagge per sviluppare quel posto
che considerava d'onore per Ia Congregazione, perché si poteva insegnare ad
amarc la terra che cibo ai poveri e col pane del corpo si poteva compiere
l'opera più bella di religione e civiltà.
La visita alla stazione missionaria Laitkynseut fu un trionfo pel buon
Padre. Godette immensamente benché Dio solo sa quanto sofferse. Per arri-
vare a quel paese, un vero nido di aquila in cima ad una montagna ripida, il
sentiero voleva piedi e mani di sotto. Di tanto in tanto si fermava, allargava
le mani e diceva: « Che bel panorama!... >> Non nego: eravamo in mezzo a
panorami incantevoli: ma Don Ricaldone si fermava ffoppo spesso e compren-
demmo il significato: era molto stanco. E poi quei cibi a cui non era abituato
e quel rusticano che non era l'Asti spumante del suo Monferrato... Ma
egli: Sempre avanti! In un villaggio prima della meta finale, fu accolto da 200
cattolici. Don Bars il sacerdote incaricato di quel distetto, aveva loro inse-
gnato a cantare canti italiani, piemontesi, inglesi, spagnuoli, e naturalmen-
te Khasi.
E cantavano: "Che bel nasin cal'ha 1'formighin... e Don Ricaldone bat-
twa le mani e caltavai Do, Re, Mi... Viva Don Bosco " ecc. Cantarono anche:
" Bondì, care maraie ", un canto antico piemontese e Don Ricaldone si com-
mosse. E altri altri canti che non finivano più.
A Laitkynsew vi fu un raduno di più di 2000 persone. Don Ricaldone
cantò la Messa, ma volle predicare in Khasi. Don Bars gliela tradusse; vi era
però un suono che non veniva giusto. Poi sentendo Don Bars a pronunciarlo,
con^prese il buon padre che quel suono compare tal quale in una patola pie-
montese: e tutto fu a posto. E come rideva allora Don Ricaldone! Lesse,
rilesse la predica e al momento la pronunciò così bene che fece strabiliare tutti.
Io credo che volesse darci una lezione perché imparassimo bene Ia lingua, o
meglio, volle mostrare a quel popolo come lo amasse.
Di ritorno ci fermarnmo a un paese chiamato Mawsrnal e ci sedemmo al-
l'ombra di quelle pietre monolitiche che ricordano gli anni passati. Alcuni giorni
prima Don Bars aveva battezzato 125 persone in quel villaggio. Don Ricaldone
pregò con loro, li benedisse e diede loro un ricordino. A Mawsmai Don Rical-
done comprese f importanza del "Catechista ", la lunga mano del Missionario.
424

47 Pages 461-470

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47.1 Page 461

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chiuse la perraanenza del suo soggiorno in Assarn col prendere parte
al Congresso dei Cattolici a Shillong.
I Khasi sono buoni parlatori e piuttosto lunghi e verbosi. Don Ricaldone
Il i li ascoltava e si faceva dire il senso da un sacerdote vicino, senza mostrare segni
di noia e stanchezza. giorno dopo prendeva il congedo da tutti novizi e
chierici che si mostravano molto
blei ". Egli partiva soddisfatto.
addolorati.
Li
salutò,
col
saluto
khasi
"
Khu-
Aveva veramente ricevuto l'investitura di missionario e poteva lanciare la
sua " Grande Crociata ".
t SrnraNo FBnneNoo
Vescovo di Shillong, Assam. India »
425

47.2 Page 462

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CAPO XXI
IL " PLUS LAVORO " DI DON RICALDONE
Due grandi awenimenti
« Il bene che devono compiere i veri figli di Don Bosco non manca mai.
Nella quasi totalità, ciascuno, oltre I'occupazione principale assegnatagli dall'ob-
bedienza, ne ha sempre altre secondarie che da sole basterebbero ad occupare
un altro confratello. Questo " plus lavoto " è pressoché una caratteristica della
vita salesiana e 1o si accetta con generosità ». Cosl scrisse Don Rinaldi negli
A.C.S. del 6 gennaio 1929.
La carattetistica del <.r plus lavoro »> in Don Ricaldone risplende in grado
eminente.
Da vero figlio di Don Bosco egli fu sempre prontamente disponibile a rea-
lizzate iniziative suggerite dal bene delle anime ed assumere qualunque incom-
benza che il Superiore gli offrisse in aggiunta al dovere ordinario. Nel periodo
spagnolo il « plus lavoro »> 1o accettò con molta naturalezza fin dall'inizio del
suo tirocinio pratico. Ricordiamo, per esempio, che quando era Ispettore man-
tenne per due anni anche la responsabilità di direttore; e che assunse I'impe-
gno giuuoro di creare la « Biblioteca Agraia solariana »>. E abbiamo anche
notutò che il << plus lavoro >> lo condusse ad un grave esaurimento, che lo ob-
bligò a interrompere ogni attività per un non breve periodo di tempo. Quando
poi entrò a far pate del Capitolo Superiore, Don Albera prima e Don Rinaldi
àopo gli afifidarono via via incarichi e mansioni che egli ficevette con molta
nattralezza ed eseguì con senso di responsabilità. Nel periodo del suo Retto-
rato \\a ptatica del « plus lavoro >> lo accompagnò sino all'ultimo, come vedre-
mo a suo tempo.
Intanto continuiamo a seguiflo nel suo ufficio di Prefetto Generale.
Nel 1928 Don Rinaldi per faf fiorire sempre più la vita spirituale nella
Congregazione stabilì che nel mese di agosto si tenesse una muta di esercizi
spirituali a Valsalice, riservata ai confratelli coadiutori. La disposizione venne
accolta con vero
DsuocnceRssionrai,ld2i 5-0,
entusiasmo
presso la
e diede risultati meravigliosi.
tomba del Venerabile Padre e
<<dLeai sssuùo-i
scriveva
immediati
Coadiutori, convenuti dalle principali case d'Italia e alcuni
anche dall'estero, apparvefo, dufante quei dì, a me ed agli a'lri superiori che
li accompagnavano, di una esemplarità e di una pietà veramente edificante,
426

47.3 Page 463

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rinnovando lo spettacolo di tutte le principali virtù dei tempi eroici della Con-
gtegazione... »>. Vorremmo proseguire nella citazione, per l,alto valore che la
testimonianza acquista dalla santità dell'anima che la dettò. Ma ognuno potrà
leggerla negli A.c.s. del 24 settembre 1928. Diamo piurtosto il-motivo per
cui ricordiamo l'iniziativa di D. Rinaldi: << L'ultima giornata di quel ritiro a
valsalice venne consacrata a77o studio pratico delle vocazioni e della forma-
zione professiona'le dei coadiutori ». D. Rinaldi affidò la ffattazione dei due temi
rispettivamente all'Economo Generale D. Fedele Giraudi, ed al prefetto Ge-
nerale D. Pietro Ricaldone.
D. Ricaldone assolse il suo compito con competenza di esperto ed affet-
to di padre. Trattò della formazione professionale, tecnica, prrii., e ammini-
strativa dei coadiutori; su questo tema le sue idee erano molto chiare, matu-
rate nel periodo del suo Consiglierato Professiona,le, e noi le conosciamo. Egli
vuole che i giovani aspiranti arrivino al Noviziato ben preparati moralmente
e professionalmente; dopo il Noviziato la casa di perfezionàmento li accoglie
per migliorare Ia loro formazione.
Insiste, sull'urgente necessità che i migliori frequentino corsi superiori
presso scuole di Stato onde ottenere titoli legali richiesti dalle autorità scola-
stiche per avtorizzarc il funzionamento delle nostre scuole. AIla conferenza
fece seguito una animata discussione, che dimostrò con quanto interesse i con-
fratelli avevano seguito il conferenziere.
Allenato a portare a termine ogni impresa affidatagli dall'ubbidienza, i due
grandi awenimenti che fermentavano già fin dal 1928 non lo trovarono impre-
paràto. Già nel t928 ila Congregazione Salesiana visse in un'atmosfera di Jer-
vida speranza nell'attesa del capitolo Generale e della Beatificazione di Don
Bosco; due fatti della più grande importanza.
sdaerel b2«b4eIlgdicouavgpunitotool1ote9n2Ge8eren-eqraucleehsetX'a, nIcInoIom,-epsesarcpigevrteaev,aasi eriacl ogRniodenottioleer
Maggiore negli A.c.s.
nostre costituzioni si
colla debita autortzza-
zione della S. sede venne rimandato, e ve ne davo notizia negli A.c.s. dell'ot-
tol»e 1927, aggiungendo che a suo tempo vi avrei avvertiti della nuova data di
convocazione. Ora sono in condizione di potervi dire una parola a questo riguar-
do: non s'è ancora stabilita la data precisa, ma posso assicurarvi ih., indip.r-
dentemente dalla Causa di Beatificazione del
il nuoao capitolo Generale xIII lo tefferuo
nostro ven.
senza lallo
padre Don Bosco,
entro l'anno 7929,
e non prima del mese di rnaggio »>.
Quali
mento? È
erano
facile
le << gravi ragioni »> che avevano consigliato
intuirle; si sperava fondatamente che nel
un tale
1929 la
p-Broeavtvifeicdai--
zione di Don Bosco sarebbe stata proclamata solennemente in s. pietro; la
presenza dei rappresentanti della Congregazione a,lla cerimonia avrebbe conri-
buito a darc alla festa il senso della universalità.
il
r due
Capitolo
avvenimenti richiedevano una adeguata preparazione, che impegnò
Superiore nello studio accuraro della programmazione, Ia q,ruie n.l
quadro generale dei diversi settori presentasse un tutto armonico. I primi
427

47.4 Page 464

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schemi furono quelli da presentare alla discussione della futura Assemblea Capi-
tolate, Ia quale, come aveva annunciato una ultima comunicazione negli A.C'S'
del 6 gennaio 1929 (si noti la data, che non è, come di consueto, i\\ 2q del
mese), si sarebbe adunata a Valsalice il 7 luglio 1929 per partecipare a un
corso di esercizi, dopo i quali, il 14 luglio, si sarebbe aperto il capitolo
Generale.
Gli schemi si riferivano ai tre temi proposti per la discussione:
1) formazione e cultura del personale salesiano;
2) scuole professionali e agricole;
3) missioni.
D. Ricaldone ebbe una parte cospicua nella impostazione e nello sviluppo
degli schemi.
Si pensava anche, e soprattutto al secondo avvenimento, che tutto dava a
sperare di prossima scadenza; era quindi necessalio tracciate per tempo le linee
generali di ciò che si dovesse farc dai Salesiani, dai Cooperatori, dagli exal-
lievi e dai collegi ed omtori per onorare degnamente il Fondatore,
Noi daremo un semplice cenno dei due grandi fatti per ricordare il contri-
buto valido dato da D. Ricaldone come Prefetto Generale per il migliore esito
della celebrazione.
La << faustissima notizia )> venne data da D. Rinaldi negli A.C.S. del 6
aprile L929 con parotre che ancora oggi suonano care ad ogni figlio di D. Bosco
e lo invitano ad esultate e giubilare << con pienezza di gioia ». D. Rinaldi accen-
na sobriamente alle manifestazioni che avrebbero luogo a Roma, a Torino e a
suo tempo, in tutte le case Salesiane e cioè in tutte le parti del mondo.
Da parte sua D. Ricaldone a nome e per incarico del Rettor Maggiore
ricordava ai Salesiani Ia necessità che tutti concorressero efficacemente con filiale
esultanza a rendere più solenni le prossime celebrazioni. Anzitutto offrissero
l'aiuto della preghiera, pef attirarc le benedizioni celesti sulle iniziative e
manifestazioni che si sarebbero svolte ovunque a glorificazione del Fondatore
e Padre. Un secondo aiuto era di ordine materiale: le feste in programma
accrescevano notevolmente e urgentemente 1e spese; era facile comprendere di
quanto improrogabile gravità fossero gli impegni dei Superiori, che d'altronde,
erano dell'intera Congregazione. E poiché l'opera salesiana è sparsa in tutto il
mondo, l'omaggio a Don Bosco deve essere di tutte 1e nazioni in nobile gata
di affettuosa ed efficace ammirazione. E conclude nei succitati A.C.S.: « Tutti,
ne siamo sicuri, vorranno interessarsi, ora e in seguito, con attiva ptopaganda
e iniziative varie, presso i Cooperatori, gli exallievi e le anime caritatevoli,
perché contribuiscano generosamente all'erezione dell'altare che, in onore del
Beato, verrà innalzato nella Basilica di Maria Ausiliatrice >>.
A Roma il 2 giugno nella Basilica di S. Pietro, il giorno seguente nel
cortile di S. Damaso, si radunò una moltitudine di fedeli, provenienti da tutte
le parti del mondo, << così numerosa da essere quasi innumerabile, così fitta
e compatta da apparire come un sol corpo mosso da un'anima sola ».
128

47.5 Page 465

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A questa folla plaudente Pio XI disse: << Noi per grazia di Dio abbiamo
potuto elevare Don Bosco, come segno alle genti, all'onore degli altari. Voi da
tutte le genti siete venuti a rendetgli tributo veramente così universale nella
attualità della Beati{icazione, nella gloria così splendida di S. Pietro in Va-
ticano »>.
Erano davvero accorsi da tutte le parti del mondo i figli di Don Bosco
per onorare il loro Padre proclamato dalla Chiesa Beato. Non mancava nep-
pure un rappresentante delle Isole Filippine nella persona del futuro Vescovo
salesiano Luigi La Ravoire Morrow, allora segretario di Mons. Piani, salesiano,
Delegato Apostolico a Manila. Egli ricorda un episodio della Beatificazione di
Don Bosco, avvenuto in S. Pietro, che rnostra l'oculatezza di Don Ricaldone,
perfetto otganizzatorc di feste e celebrazioni religiose, a cui nulla sfuggiva e
che sapeva sempre mantenersi signorilmente calmo anche nelle situazioni più
impreviste. Così ricorda colui che sarà poi Vescovo di Krishnagar:
<< Dio solo sa come riuscii a trovare in S. Pietro un posticino davanti alla
tribuna dove stava il Conte Rebaudengo seduto tra Don Rinaldi e Don Rical-
done. La funzione era in corso. Don Ricaldone mi riconobbe: gli baciai la mano
ed egli mi introdusse a Don Rinal& al quale pure baciai la mano. Poco dopo le
candele sotto f immagine del nostro Beato sull'altare del Bernini, non si sa
come, diedero fuoco alla tavola che le sosteneva. I pompieri, che erano pre-
senti, prontamente spensero il fuoco, ma dovettero spegnere anche le candele.
Don Ricaldone era un po' allarmato, ma disse semplicemente: " Ci mancava
che tutto andasse in fuoco ". E Don Rinaldi per consolarlo aggiunse: " Don
Bosco è sempre 1o stesso... umile anche nella sua Beatificazione: non volle il
lusso di tante così numerose candele ". I1 Conte Rebaudengo assentì somi-
dendo... I giornali non fecero menzione di questo incidente... >>.
A Torino il 9 giugno, il trionfale corteo che, partendo da Valsalice percor-
rendo Ie vie centrali della città accompagnò la salma del Beato a Valdocco,
presentò uno spettacolo grandioso e commovente alle migliaia di persone che
facevano ala al corteo, in attesa di poter posare lo sguardo sul corpo di Don
Bosco e rivolgergli una preghiera.
Il corteo si svolse composto e ordinato per quattro ore « in una magnifi-
cenza unica di luce, di fiori, di profumi, di preghiere, di canti, di musiche, di
evviva e di applausi imefrenabili ».
Don Rinaldi, ammirato egli stesso della grandiosità del trionfo, dopo
averlo goduto con la gioia commoventissima delle lacrime, dichiara: << Non è
stata opera degli uomini ma del Signore, da noi si è fatto del nostro meglio
perché riuscisse imponente e ben ordinato, fia lo straordinario, che è stato
l'anima di tutto è Dio che ce l'ha messo )>. Tutti contribuirono al mionfo di
Don Bosco ma la mente oiganizzatrice, a Roma come a Torino, fu Don Ri-
caldone.
Scrive Don Antonio Suraci:
<< Torino è sempre stata la città delle magnifiche parate, sfilate e cortei
per le sue ampie vie, ma penso che una manifestazione quale si svolse il 9
429

47.6 Page 466

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giugno t929, per il ritorno della salrna di Don Bosco dalle colline di Valsalice
alla tena di Valdocco, al canto del brioso e popolare motivo: " Giù dai col-
1i... " non ne vedrà mai simile.
L'atima di questa manifestazione fu il Rev.mo D. Ricaldone, che si rivelò
un meraviglioso e esperto organizzatote. Nel suo calcolo tecnico per lo spo-
stamento delle masse, nella precisione d'orario per inserire i folti gruppi distac-
cati lungo il percorso, noi giovani dell'Oratorio di quell'anno siamo stati la
" prova pratica ".
Al suono della banda, colla gioiosità più spensierata, siamo sfilati prima
in fila d'otto, poi di dieci, infine per dodici attorno alla Basilica di Maria Ausi-
liatrice, mentre il Signor D. Ricaldone con l'orologio alla mano ne calcolava il
tempo, il percorso. Freschi dello studio della Storia Sacra, quei giri ci richia-
mavano i sette giri attorno alle mura di Gerico... ma tutti eravamo allegri e
seteni perché lui stesso ci infondeva entusiasmo e brio, caratteristica che ha
sempre mantenuta il buon Superiore e alla quale deve la riuscita di molte sue
audaci iniziative.
Lo tividi nell'anno del mio noviziato (1930) tascorso a Monte Oliveto
(Pinerolo) dove giungeva dalla vicina Cumiana. Il venerato nostro Maesto
Desri.acvoTamemrproioancseeevm,aplerdegiaaatocscsaiosllltt'eiinrcecoiapniiefnenostestatrsieosrcaooglargdi Aidagliitriàamt-ipar,ocdwiaislcaoStniigdnauotctreovrDai,.ssRoovilcoeandldteeosn-ideercohesedi
di rallegrare i giovani della scuola »>.
Don Ricaldone non poté assistere all'ingresso rionfale della salma di Don
Bosco in Basilica.
Egli infatti, durante il corteo si era dato anima e corpo per dirigere e con-
trollare ogni cosa stancandosi non poco. Un suo amico, medico, vedendolo assai
affaticato, gli procurò una bibita, la quale, invece di giovargli, gli mise il fuoco
in corpo: credeva di morire e, senza dir nulla a nessuno, corse a buttarsi sul
letto. Per fortuna il corteo eru alla fine e la salma di Don Bosco stava già per
arrivare a Maia Ausiliatice. Così, mentre il carro trionfale di Don Bosco giun-
geva alla Basilica, Don Ricaldone soffriva acerbamente nella sua camera.
Poiché al rionfo torinese del 9 giugno avevano partecipato, contribuendo
notevolmente alla esaltazione di Don Bosco, Cardinali, Vescovi e Missionari, a
questo gruppo illuste per dignità, per i meriti delle opere compiute, Don Ri
caldone offrì la possibilità di visitare i grandi stabilimenti della Fiat. Il 10 giu-
gno su automobili bedine messe a disposizione dallo stesso Presidente della
Casa Indusmiale, raggiungevano l'edificio principale ricevuti con deferenza àal
Senatore Agnelli, dalle autotità municipali, dai dirigenti. Don Ricaldone stesso,
rimessosi atrquanto dalla indisposizione del giorno prima, fece la presentazione
dei personaggi che il Senatore Agnelli salutò con nobili parole: << Sono lieto di
ricevere alla Fiat le loro Eminenze, i Monsignori, i Missionari; porgo loro di
cuore il mio benvenuto. Dare questo benvenuto mi è tanto più caro in quanto
ricotdo di avet conosciuto personatrmente Don Bosco, e la sua immagine illu-
minante pada sempre al mio spirito »>. Al tetmine dell'indirizzo, 1o stesso Sena-
430

47.7 Page 467

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tore Agnelli accompagnò i visitatori nei rq>arti, dove gli operai attendevano alla
loro fatica quotidiana, sino alla pista che occupava l'ultimo piano dell'edificio.
Gli illusui ospiti tributarono alla guida illustre i più cordiali elogi per
quanto avevano ammirato.
Don Ricaldone poi, rendendosi interprete dei loro sentimenti, scrisse al
Sen. Agnelli:
« On. Senatore, ho il graditissimo incatico di manifestale, coi sensi della
più viva gratitudine, l'espressione della ammirazione profonda plovata dagli
Em.mi Cardinali, dagli Ecc.mi Vescovi, dai CapiMissioni, dai Missionari nel
visitare i grandiosi stabiiimenti della Fiat. L'impressione da tutti sentita alla
visita delf imponente e sapientissima organizzazione, che tanto onora la pa-
ria nostra, rimarra indelebile e avrà largo eco presso tutti i popoli della terra
ove lavorano i nostri Missionari.
Alla S. V. Ill.ma ma al cui genio sapientemente organizzatore e tenace è
dovuto lo sviluppo della più grande indusuia italiana, ai suoi solerti coopera-
tori, ai bravi operai della Fiat, il plauso e i voti dei visitatori convenuti da
ogni punto del globo.
A nome della Commissione ordinatrice, godo professarmi con profonda
osservanza della S.V. Ill.ma
F.to: Sac. Prr,rno Rrcer»oxB
Prefetto Generale dei Salesiani »
Tale lettera è riportata dal Bollettino Salesiano del 1929, pag. 229.
AlIe celebrazioni di Roma e di Torino seguirono quelle nel mondo, ovun-
que era un cenffo salesiano, di exallievi, di cooperatori. La più solenne e im-
ponente {u quella fatta nella Basilica Santuario di Maria Ausiliarice in Val-
docco, che attirò una massa innumerevole di devoti da vatie regioni per tutti
i giorni del triduo e della festa. In questo giorno poi << dal mattjno sino all'im-
brunire il pellegrinaggio devoto non ebbe un attimo di sosta. Di ora in ora la
folla si tinnovava, ma sotto l'ampia nayata del Tempio lo spettacolo commo-
vente della folla pigiata davanti agli altai si è perpetuata pet tutta la gior-
nata, dando luogo a commoventi episodi di viva fede cristiana >>.
La Madonna con materna bontà ricambiava il tributo di amore ricevuto
da questo suo figlio prediletto che, affidato a Lei dallo stesso Divin Redentore,
in Lei aveva riposto tutta la sua fiducia e per mezzo dei Salesiani e delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice aveva diffuso in tutto il mondo il suo culto sotto il
bel titolo di Ausiliamice dei Cristiani.
Don Ricaldone partecipò fervorosamente a molte di queste celebrazioni:
ne ricordiamo due: quelle di Mirabello e di Giaveno. A Mirabello, 1o sappiamo,
si era fermato il primo sciame della nuova tamigTia religiosa nata a Valdocco.
Il paese intero (autorità e popolazione) volle celebrare la elevazione agli altari
di Don Bosco con particolare solennità.
431

47.8 Page 468

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Poteva Mirabello dimenticare il privilegio, che avrebbe fatto registrare il
suo nome negli Annali della Congregazione Salesiana?
Del resto Don Ricaldone, Vicario de1 Rettor Maggiore, era un suo figlio,
che aveva già fatto parlarc molto di sé.
La sera della vigilia, clero, autorità e popolo accolsero con tripudio la reli-
quia espressamente portata dallo stesso Don Ricaldone...
L'indomani, 8 settembre, la {esta si iniziò con migliaia di comunioni, e la
partecipazione entusiastica della popolazione si intensificò alla Messa cantata,
durante la quale Don Ricaldone disse il panegirico del Beato. Alte due ceri-
monie furono: un riuscitissimo convegno all'oratorio femminile Don Rua, dove
il Dott. Primo Baldi e il Prof. Gabotto esaltarono il Beato, e lo scoprimento
di una lapide nel locale del primo Collegio Salesiano.
A Giaveno Don Ricaldone rappresentò Don Rinaldi. I1 Rettore del Semi-
nado volle che la celebrazione del novello Beato riuscisse una dimosmazione
di riconoscenza pet il bene che il Seminario aveva ricevuto da Don Bosco; e
tutto riuscì conforme ai suoi desideri. La novena prepatò gli animi dei gio-
vani seminaristi spiritualmente; il giorno della festa fu solenne per la parte-
cipazione devota dei giovani al banchetto eucaristico nella Messa della comunità,
e alla Messa in canto per la esecuzione magistrale di musica sacra, e per l'ome-
lia, che presentò 7a vita interiore di Don Bosco. Alle celebrazioni religiose si
aggiunse quella fatta nel teatro del Seminario, addobbato splendidamente, dove
un Padre Banabita presentò Don Bosco all'uditorio giovanile in una setie di
aneddoti ben scelti e meglio detti, dai quali emergeva la santità dell'educatore
e le sue relazioni col Seminario di Giaveno.
Il Capitolo Generale XIII, a dfifercnza della comunicazione fatta, venne
aperto il 9 luglio e si chiuse il 20 successivo, dopo aver tenuto 18 adunanze.
È degno di nota un episodio sernplice, ma molto significativo. In apertura
della prima seduta I'Assemblea, su proposta di Don Riccatdo Pittini (il futuro
Arcivescovo di Santo Domingo) si alzò in piedi in segno di plauso e di gratitu-
dine verso il Capitolo Superiore per la magnifica organizzazione ed esito delle
feste per la beatificazione di Don Bosco.
Notiamo ancora che Don Ricaldone fu confermato nella carica di Prefetto
Generale con una buona affermazione di fiducia: 80 voti su 88 (917o).
Nelle discussioni dei temi proposti egli intetvenne autorevolmente por-
tando il contibuto della sua lunga esperienza. Accenniamone alcuni.
Sulla {ormazione del personale presentò due ordini del giorno che ven-
nero approvati, con essi si domandava la istituzione del terzo anno del corso
filosofico; e 7a fondazione di studentati teologici.
Inolme insistette sulla necessità di assistere, guidare, correggere i chie-
rici durante il tirocinio pratico.
Quanto alle scuole professionali, mise l'accento sulla fiducia nella Di-
vina Provvidenza nell'accettare giovani poveri; per i figli della borghesia ope-
ruia \\a pensione sia conforme alla possibilità reale. Vuole che sia evitata certa
aristoctazia, che affida gli uffici più umili ai più poveri. Insiste sulla apertura
432

47.9 Page 469

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Nuovo Rettor Maggiore all'uscita dell'aula delle elezioni, il iz maggio 1932. Alla sua
destra: D. Bufillo Uguccioni, direttore della Casa Madre.

47.10 Page 470

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48 Pages 471-480

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48.1 Page 471

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di scuole professionali serali. Quanto ai coadiutori, dopo il Noviziato, siano
mandati al corso di perfezionamento.
Sul tema delle Missioni tributa una lode agli Ispettori che nell'ultimo ses-
sennio hanno dato 796 missionari: 463 dall'Italia, 3I8 dall'Europa, 9 dal-
I'America e chiede ad essi il contributo di almeno un sacerdote nel prossimo
triennio. Tratta anche degli Aspiranti e delle borse missionarie.
Intanto le condizioni di salute di D. Rinaldi cominciarono a peggiorare
nella seconda metà del 1929; il peggioramento si accentuò norevolmente nel-
l'anno seguente, e nel r93t ebbe alternativa di prosrazione che lo obbliga-
vano a non mettere piede fuori della camera, e giorni nei quali si illudeva di
essere in grado di evadere alla vigiTanza dei suoi a{fezionati assistenti e cusro-
di. D. Ricaldone, da parte sua, si addossava il « plus lavoro )> e, per quanto
poteva, lo liberava da fatiche e preoccupazioni e coll'aiuto dei medici nel
19J1 ottenne dall'infermo che lasciasse a lui il disbrigo oneroso della corri-
spondenza, riserbandosi di metterlo al corrente del contenuto delle lettere.
Cinquantenario Romano
Nel 1910 cadeva 7a ricorcenza cinquantenaria dell'opera salesiana nella
città Eterna, ricorrenza veramente degna di essere celebrata, se si pensa con
quanto amore D. Bosco aveva accolto l'invito del Vicario di Gesù cristo di
erigere nel quartiere del Casmo Pretorio di Roma un Tempio dedicato al Sacro
cuore. L'invito augusto realizzava il vivissimo desiderio di D. Bosco di avere
una casa nel centro della cristianità. I1 programma delle feste comporrava
fatiche e disagi, superiori alle possibilità di D. Rinaldi, il quale incaricò D. Ri-
caldone di ra,ppresentado, presiedendo alle diverse manifestazioni. Queste fu-
rono quattro, e due di esse di importanza sraordinaria. Ne daremo un bre-
ve cenno.
La prima manifestazione, com'era naturale, ebbe luogo nell,Ospizio del
S. cuore, dove 1'11 maggio una imponente folla di exallievi inneggiò al Beato
D' Bosco, promettendo fedeltà agli insegnamenti ricevuti dai suoi figli. D. Ri
caldone portò il saluto e la benedizione del Rettor Maggiore, si congratulò per
il lavoro compiuto dall'unione e spronò i soci ad essere apostoli di bene nel-
l'ambiente della loro professione. I1 convegno si chiuse con una breve ma
significativa cerimonia nel cortile dell'Istituto si inaugurò un monumento a
D. Bosco, eretto per iniziativa degli exallievi.
Nel pomeriggio dello stesso giorno la famiglia Salesiana aveva program-
mato di tributare un doveroso omaggio di devozione al Papa di D. Bosco.
A tale scopo convennero nel cortile di San Damaso Salesiani e F.M.A. (tra
questi D. Ricaldone e vari membri del capitolo superiore, la Madre Gene-
rale delle F.M.A. e varie Madri del consiglio Generalizio), cooperatori e coo-
peratrici, exallievi e allievi delle due famiglie; una massa di quindicimila per-
sone, che accolsero il S. Padre al suo comparire con una interminabile ova-
133
28

48.2 Page 472

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zione. Dopo il canto delle « acclamationes »> D. Ricaldone si appressò al Trono
Pontificio e lesse un indirizzo nel quale, ricordato la filiale e devota solleci-
tudine di D. Bosco nel costruire la Chiesa del S. Cuore ed accennato alle
altre opere aperte dai Salesiani e dalle F.M.A. nel cinquantenario che si cele-
bruua, pro.egiirrr, ., Ed ecco ormai condotte a buon punto le grandi scuole
professionali che la Congregazione Salesiana, consacrandovi l'eredità patefna
ài .rn .o.rfratello, ha voluto costruire, perché {ossero dedicate al nome della
Santità Vostra, con il convincimento che questa vicinanza al Papa non solo
continui a moltiplicare le divine benedizioni sulle opere nostre in Roma, ma
ne estenda il beneficio anche a tutte le altre opere del Beato Giovanni Bosco
nel mondo. Contemporaneamente e accanto all'Istituto Professionale " Pio
Xf ", per desiderio e munifico incoraggiamento di Vostra Santità, sta sor-
gendo il grandioso tempio dedicato alla celeste Ausiliatrice »>.r
Era ben giusto che un monumento imperituro s'innalzasse alla memoria
del Pontefice, che, proclamando beato il nostro Fondatore e predicandone
ripetute volte con l'augusta sua voce le virtù, ha dato all'opera di Lui la
massima benedizione ed ha comunicato in pari tempi a tutti noi la sicurezza
che sulle orme del Beato Giovanni Bosco si cammina bene per le vie del-
l'apostolato.
Nel fare umile omaggio a17a Santità Vostra delle anzidette scuole profes-
sionali, dopo due anni d'intenso lavofo, in gran parte compiute, noi rinnovia-
mo nel nome del Beato Giovanni Bosco la protesta del nostro attaccamento
fedele e filiale al Papa e in modo particolare all'augusta persona di Vosta
Santità. Così è riportato nel Bollet. Sales' del luglio 1930.
La risposta del s. Padre all'indirtzzo di D. Ricaldone che, « definì sobrio,
positivo, storico racconto >> fu degna del grande Pontefice, il quale affetmò di
avere ragioni particolari e care di partecipare al santo fremito di cuore a cui
la celebrazione cinquantenaria dell'opera Salesiana in Roma dava luogo e tali
ragioni erano o{ferii da ricordi carissimi del passato, e cioè: l'aver visto nel
pri*o ,nto del suo sacerdozio, l'inizio della costuzione del magnifico san-
iuario del Sacro Cuore; poi f inconro personale con D. Bosco, e l'aver potuto
<( passare con lui alcuni giorni di gioia e di consolazione, che solo può valu-
tare chi ebbe quella divina ventura >>, << Dopo 50 anni di vita attiva..' quella
stessa divina iàeffabile bontà che tutto aveva così sapientemente condotto,
avrebbe concesso al Sommo Pontefice di proclamare e dectetare al Beato Don
Bosco gli onori degli altari »>.
1 Don Rinaldi presenrando la nuova opera ai Cooperatoti nel lolt.-Salesiano del giugno
tzl1irai.o9rtnr2ii.9ce'.«,e,ds, Ecererl"divrncgei'uivo.no.agavrepoirniàaatreaiorlmrul.èg."Sipu,udairoooed, ttnàcpaohetcmereucehnidétaaeclnoul'ldanoa^ompedScorouoraelanctoecforrligopiernndeitn'seopeug-itdennrt-iiiivrmannaeauunvzonteiooraransmeEog\\lgiuoMaria9ialaeirc!g.iea.g» icunAhgnuesnf,ialeeiavsl6osocirceo,enc!docmiorMere-arqeriuaeallAll'oeuresd-ii
ia fausia occasione della beatilicazione di Don Bosco venne scelta per la posa della
prima pieta.
434

48.3 Page 473

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Ringraziò infine i Salesiani di aver voluto associare il nome del Vene-
rato Don Bosco al suo <( povero flome )> ed espresse particolare gratitudine e
riconoscenza perché avevano unito il suo nome al nuovo Istituto Professionale.
Il giorno seguente, 12 maggio, ricomeva la festa onomastica di Pio XI;
la data era stata scelta di proposito come la più indicata per Ia terza ma-
nifestazione.
Alla presenza d'una accolta qualificata di personalità ecclesiastiche e civili,
che rappresentavano rispettivamente la S. Sede e la Curia Romana, 1o Stato
Italiano e la Città di Roma, varie famiglie religiose, e naturalmente Salesiani
e F.M.A., e inoltre di molto popolo, ebbe luogo la inaugurazione dell'Isti-
tuto Professionale Pio XI.
Toccò ancora a Don Ricaldone pronunciare il discorso ufficiale. Ricordò
l'episodio passato alla storia nel suo profondo significato, delle 33 lire rac-
colte da Don Bosco tra i suoi tagazzi poveri e mandate a Pio IX, esule a
Gaeta nel 1848. Ricordò ancora con quanto amore il novello Beato servì la
Chiesa in obbedienza al Vicario di Gesù Cristo e con quali parole inculcò ai
Salesiani l'amore ai Romani Ponte{ici: <( quando ci danno un consiglio, più
ancora, quando manifestano un desiderio questo sia per noi rin .oàu.rdo ,.
Sull'esempio del Fondatore, il suo terzo successore, D. Rinaldi nella fausta
ricorrenza del Giubileo del S. Padre e nel suo giorno onomastico, offriva
all'augusto Pontefice le << Scuole Professionali Pio XI ».
Il nome di cui si fregia l'Istituto era garunzia della educazione integral-
mente cristiana che i giovanetti affidati ai figli di Don Bosco avrebbero rice-
vuto. Don Ricaldone trattò poscia della questione operaia e del mondo del
lavoro ricordando l'azione svolta da Don Bosco in questo campo a favore
della gioventù artigiana per prevenire e arginare le funeste conseguenze che
si prospettavano alTa nuova generazione.
Quando il Vicario di S.S., I'Em.mo Card. Pompili impartì la benedi-
zione rituale all'edificio, prendendo la parola affermò di sentirsi autotizzato
a dire che << offerta più gradita i Salesiani non avrebbero potuto tarc al
S. Padre ».
Colla visita ai locali ebbe termine la manifestazione.
Quarta manifestazione orgarizzata per la commemorazione cinquantenaria
fu un Congresso dei Cooperatori e del Clero, e si svolte nell'Ospizio del S. Cuo-
re. Vi presero parte un gruppo di Arcivescovi e Vescovi, un centinaio di Sa-
cerdoti e laici, e Mons. Faberi, Direttore Diocesano dei Cooperatori di Roma.
Don Ricaldone in apertura porse il saluto del Rettor Maggiore e dopo le
relazioni e discussione relativa, chiuse il Congresso porgendo a tutti il ringra-
ziamento dei Salesiani.
Una delle più immediate conseguenze della buona riuscita del cinquan-
tennio dell'Opera Salesiana in Roma, fu certamente il nuovo incarico che il
Papa assegnò ai figli di Don Bosco e di cui Don Ricaldone si fece sollecito
interprete ed esecutore.
Il 21 luglio 1930 così scrive all'Iqpettore della Ispettoria Romana:
435

48.4 Page 474

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<< Il Santo Padre ha voluto dare una nuova prova di fiducia e di bontà
patefna ai figl:. di Don Bosco affidando loro la custodia di uno dei più insi-
gni monumenti di Roma cristiana: le Catacombe di S. Callisto.
È desiderio vivissimo del nostro Ven. Rettor Maggiore di corrispondere
nel miglior modo alla benevolenza e alle giuste aspettative del Santo Padre...
Ti prego pertanto di voler scegliere un buon confratello coadiutore, sicu-
ro, prudente, osservante, che possa rispondere pienamente allo scopo >>.
Due visite nella Spagna
Nella Spagna inquieta, repubblicani e socialisti si erano alleati ed ave-
vano vinto le elezioni dell'aprile 1931, proclamando la seconda repubblica'
I1 nuovo governo seguì una politica ispirata ad un estemismo separatista che
portò subito funeste conseguenze, poiché nel maggio un turbine rivoluzionario
si scatenò contro chiese e conventi, provocando devastazioni, incendi, rovine'
I Salesiani dell'Ispettoria Tarragonese, pagarono anch'essi un alto tibuto alla
furia anticlericale; la casa di Alicante fu saccheggiata e completamente di-
strutta dall'incendio; così pure l'aspitantato di Campello. Le case di Villena
e di Alcoy, subirono pure esse gravi danni, la prima più della seconda. So1-
tanto la casa di Alcoy, passati i primi giorni, poté riprendere la sua attività
senza incontrare gravi ostacoli.
I Superiori, preoccupati per la situazione in cui si trovavano le case ali-
cantine, deliberarono alcuni provvedimenti da attuarsi a tempo opportuno e
incaricarono Don Ricaldone di recarsi nella Spagna per portare ai confratelli
il conforto del cuore paterno del Rettor Maggiore e dei Superiori tutti, e pre-
sentare all'Ispettore e ai Direttori le proposte deliberate dal Capitolo. Don
Ricaldone fu pronto; non si nascondeva le difficoltà la delicatezza della
missione, ma faceva assegnamento sull'aiuto del Signore e sulla materna assi-
stenza di Maria Ausiliamice.
Lasciò Torino i\\ 27 maggio e il 5 giugno era di ritorno; fu dunque breve
la sua petmanerza nella Ispettoia Tarragonese, ma sufficiente per rendersi
conto de visu dello stato delle cose e avere le informazioni desiderate dalla
viva voce dei confratelli, e confortarli ed animarli a confidare nell'aiuto del
Signore.
Ritornò nella Spagna quattro mesi dopo, nel settembre, anche allora man-
dato da D. Rinaldi allo scopo di prendere notizie attendibili sulla reale situa-
zione politico-sociale di quella nazione.2
Di questa seconda visita D. Giovanni Canavesio scrive: << 70 settembre -
A mezzogiorno si presenta D. Pietro Ricaldone accompagnato dal Sig. Ispet-
tore, da Don Juan Canavesio e da D. Sebastidn Pastor. In refettorio gli si
2 A questa visita si riferisce l'episodio ricordato da Don Gliglieno, come abbiamo ripor-
tato a pagina 381.
436

48.5 Page 475

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il benvenuto e niente di più perché siamo in periodo di esercizi. Alle quatro
incominciamo a parlare con lui; affinché possa passare tutto il personale si è
determinato che ognuno non stia più di
D. Pietro ha una parola di conforto per
cinqué minuti.
ognuno, viene
Il
ad
cuoie paterno di
essere come una
mcdniinooiiosecttantzireoldieco,voosniiinaleaemns.idiuomsdio.uosiopIalitSeloeprnpsiosaciiaingocennhrrdiaoitpài,amdsreiootiinmncsfuoiouidntoluaioaicrgncveithgaieaeedgitènetggoiilqiDedSurieeueolelspslettieoasnrun:sioeoomirnliglel.eiezbqcInzueitoieuarnisdaloitt1ilolsaii;tmpratdiarolsiplimsasattaeeustinemttctrrtoiaaiercncidontisiiostdataisr,ànliobezrnloasaaolilaalebiznncguiiaoroaundcnsneueaa-il
del rigoglio della Congregazione in Germania, in polonia, nelle missioni, ecc.
TL settembre - ultimo giorno di Esercizi. D. pietro celebra la messa di
comunità. A1 momento
sta e Nona D. Pietro
della Cornunione si cantano mottetti scelti.
riceve la professione dei novizi seguenti:
Dopo Se-
Feliiisimo
Aparicio, Modesto cabano, Angel carretero, JesÉs Gallego, Alelandro Guarde,
Juan Herndndez, Filomeno Notario, Miguel Rodrigucz, Simon Herndndez e
dei coadiutori Salvador
chierico di M. Garcia.
GInallesgeog,uGitoabcini ofeHceernladnpdreezdiecaJodseéi
percz; i
ricordi
triennali del
inquadrando
magistralmente quelle parole del sogno di D. Bosco; come dev,essere il Sale-
siano: religioso, lavoratore e temperante, animato dalla fede, dalla speranza
e dalla carità.
Eravamo nella {unzione quando giunse una commissione di Arcos inte-
gtata dal Parono della casa incendiata, autorità dell'altro regime, il coadiu-
tore di san Pieffo ed alcuni operai per chiedere che si ,p." .rrorrn-ente il
collegio nella sua antica casa o in un altro posto più cenrale. Sono ricevuti
da D. Pietro e dal sig.
giorni. In refettorio si
Ispettore il quale promette rispondere
fecero frequenti brindisi felicitando i
loro tra alcuni
nuovi professi.
si cantarono belle canzoni ed anche canzoni popolari italiale e D. pietro ci
parlò per la terza volta inculcando l'amore verso i tagazzi poveri e la rettitu-
dine e semplicità nell'obbedienza religiosa. Alle ore i9 pr.tirono per cadice
nella nostra macchina il sig. D. Ricaldone, il Sig. Ispettore, il nostio sig. Di-
rettore e D. Juan Canavesio »>.
Le informazioni portate da D. Ricaldone ed altre pervenutegli in seguito
contristarono profondamente il cuore di D. Rinaldi, il quale volle fare-par-
teci,pi della sua ansia tutti i salesiani, rivolgendo ,rn u..oruto appello negli
A.c.s. del 24 novembre 1931, in favore della nazione così provata dai fàr-
menti della rivoluzione.
mmpeeirtètl,e<a<oPdlstrripiemammgaenogaddloiiocfacivnattaroirallueicta,aaor,mecmoolatsiievì iogficreadarvaeriimtl,làatevndmi teecialhlaipeleudprnorsegeslagaeupnciettaaermtraiptaàenirnedsneiqzcpauuaezcrisotoitcnliàoet,l.eacpmrhirpeepgi,r'maefgteeihrpciephereréer-
essa e in
in quella
modo
nobile
speciale per
nazione. Le
le numerose nostre case ed opere che fiorivano
ho poste sorto la protezione di Maria Ausilia-
trice: supplicatela anche voi, mattina e sera, con insistenza filiale, onde fac-
437

48.6 Page 476

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cia presto sentire a quei nostfi carissimi confratelli tutta l'efficacia
pot""r. aiuto e la piinezza della sua materna
sogno di questa misericordiosa Madre, ma i
cpofontferzaitoenllei .d_iAbShpiaamgnoa
del suo
tutti bi-
sono in
màggiori ,t rttrr* e perciò le nostre. preghiere siano anzitutto per essi. Pre-
ghiàmo ora e sempre ion la certezza che non ci verrà mai meno l'aiuto potente
àelu ,rortru Ausiliatrice, finché |e saremo figli devoti e amantissimi ».
La « Messa d'oro " di Don Rinaldi
Nella vita del sacerdote l'anno cinquantenario della sua otdinazione sacer-
dcoomtaeleraicshsiuammeoudnisgigrantifiticuadtionediveimrspoorDtainozapeparrgticlioliancreo;mlparepniestiàbil.ig. lieeloinpnruemseenreta-
voli doni di grazii ricevuti nella celebrazione del Sacrificio deIl'altare; ed
anche come invito non ricusabile a rientrate in se stesso nel silenzio della cella
per rivedere con scrupolosa diligenza con quale senso di responsabilità furono
udssteimal tPaiD,iaoddntreiesR,orèienrniag-aelidomraiiamzaioivdnnreies. ibtrcbfahietgài'lrinn, iuzitiraqitvouaanqtuoi eapsstesoercaionlnndRoaeniItdtoo2r3i Msdaeicgnegtmimiobreerne,ti1sd9i 3di1ias.pfLfoenatetovga,iondioai
a celebrare la ricortenza con particolare fervore'
Spettava al Prefetto Generale dare comunicazione del fausto evento e
pr.r".ìu.. un piano
ienza. Riportiamo in
dAippaezniodniceeple'afpupnelaloddeignDaocnomRmicaelmdoonraez:ioanlelegdaetollanr.ic3o5r-.
lnterregno
Don Rinaldi aveva preso visione del programma compilato dal << caro
Prefetto Generale »> d'accordo con gli al6i membri del Capitolo Superiore, per
fteivsate-gcg"hiaeretuitltisquuoeciinpqreupaantreastiivmi onodni
sacerdozio; lasciava
avrebbero spostato
dire
l'ora
e- fafe, ma sen-
di Dio. Questo
scaehdnetikpme;eùrnm.t,oisOetr^rfrripr.rrìu.r-irvr,uordpilnp'prruosnisobcroapnneorcqbduéealllesaidsguiliaiugdeuincltaizmuaaascliehetetrearpaop,tresoscvsrvietetatd_uuptreobraragelidlaAis.pCgoi.orSrie.a,
mezzi"di chiamata in vari punti àefla stanza, perché potesse agevolmente ser-
virsene
panelli
in
io
qualunqua oa.oraarrru, commentò: << Con due vicino
me ne andrò e voi non ve ne accorgerete. In quel
e con tanti cam-
momento questo
i"i t. indicava il cuore) farà tac e io me ne resterò bello e tranquillo senza
ne"ppEur
pensare ai
f, pr.f"tu.
vostri campanelli ».
Il 5 dicemtre volle
dare
un
saluto
a
Don
Cartier,
che
ave-
va intravisto passare nel corridoio; poi, levatosi in piedi, l'aveva congedato
s Vedi Appendice al Cap' )Q(I; allegato n. 36"
438

48.7 Page 477

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impartendogli la sua benedizione; tornò quindi a sedere accanto al letto e
rimase solo per pochi istanti... il cuore rallentò i battiti e tacque... Lo tova-
rono con gli occhi chiusi, la testa leggermente reclinata sulla spalla destra.
superiori e confratelli si raccolsero attorno al buon padre. Don Rical-
done gli amministrò l'unzione esrema e recitò le preghiere rituali. poi radunò
i membri del Capitolo Superiore per stabilire e coordinare le disposizioni da
prendere nella luttuosa circostanza; come ben si comprende, non poche erano
le esigenze che derivavano dalla morte del Rettor Maggiore.
« chi si abbassa saù, innalzato » (Lc. l4,rl). Don Rinaldi passò ra sua
vita nel nascondimento, nel silenzio, in umile ascolto del signoré, coltivando
con amore lo sviluppo della vita interiore, dalla quale traeva luce e {ervore
nel compimento della missione affidatagli dall'ubbidienza in posizioni di respon-
sabilità sempre maggiori: direttore, ispettore, prefetto generale, rettor mag-
giore. Ritornata l'anima a Dio fu innalzato al cospetto degli uomini da una
manifestazione di cordoglio, che autorità e popolo diedero accalcandosi inin-
teffottamente attorno alla sua salma esposta nella chiesa succursale della Basi-
lica di
pagnò
Maria Ausiliatrice. E più
il fereuo nel percorso di
ancora
corso
dall'interminabile corteo, che accom-
Regina Margherita, piazza di pora
Palazzo, via cottolengo, per sfociare nella Basilica, dÀve l'Arcivescovo di ro-
rino impartì l'ultima benedizione.
Ma l'innalzamento della umiltà di Don Rinaldi esplose quattordici anni
dopo la sua morte colla guarigione miracolosa di suor Mafia tarla De Noni,
religiosa della congregazione Missionaria della passione; a ecco come. Il 20
aprile 1945 la suora suddetta viaggiava sul tram elettrico nel percorso villa-
nov-a-Mondovì. La guerra continuava, specialmente nelle regioni ln c,ri agivano
lgfeaettrfooi rf-mebreairztsii;oagninliioppadaritritguicinaonlaaeer,erceoIoamceosmunoperalalar,scoporiolmpvipitnarocviianvisdpaimceunpntaee;rot.im,Éeodbltbi"e.s.oIoan'omilirntpdraaisbmsoelguè-
completamente stritolata. Portata in clinica venne medicata senza alcuna spe-
runza. La superiora della suora si rivolse con molta fiducia, insieme alla
comunità, a Don Rinaldi, perché ottenesse dal signore il miracolo. E venne
la guarigione miracolosa, riconosciuta come tale anche dai medici.
I sentimenti di profondo affetto e di grandissima srima, direi di vene-
tazione, che Don Ricaldone aveva per Don Rinaldi sia come Superiore e ancor
più come Padre che dagli anni del1a Spagna 1o aveva seguito e aiutato, si
possono cogliere dalla lettera familiare scritta ai novizi di Monte Oliveto nello
stesso dicembre; diversamente da lui, così schivo nel palesare il suo intimo,
non si potevano aspettare manifestazioni della sua pena filiale. Egli scrisse:
<< ...Siete anche voi ancota tutti compresi della grave perdita del nosmo buon
Padre e vi unite al plebiscito che ci giunge da tutte le parti, che è non solo
plebiscito di condoglianze, ma di adesione agli insegnamenti e più ancora di
esaltazione dell'amata Congregazione, a cui tutti, confratelli e ammiratori, pro-
a Vedi poi a pag. 609 e seg.
439

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testano di voler servire sempre con intiera dedizione. Orbene, miei cari, il
Padre scomparso è e resterà sempfe vivo tra noi come esemplare magnifico
di vita ,uleriana; sappiatene dunque onorare la memoria con imitarne le grandi
virtù di umile e indefesso lavoratore, sempre in cerca di anime e della gloria
di Dio; fate vostro iI suo abituale raccoglimento e Ia familiarità con le cose
soprannaturali; il suo grande amore pef Don Bosco, col meditarne la vita, le
idàe, lo spirito e la grande missione, per sempre meglio capire quale dono il
Signore vi abbia fatto nella santa Vocazione... »>.
Morto il Rettor Maggiore tocca al Prefetto Generale sostituirlo nel go-
verno della Congregazione sino alla elezione del nuovo Superiore' Prima cura
di Don Ricaldone fu di comunicare la notizia dolorosa a tutta la Congrega-
zione; nella lettera necrologica egli chiamo Don Rinaldi << amatissimo nostro
Padre »>. Quanto ai provvedimenti più urgenti da prendere riguardo ]e ono-
ranze funebri da tributare allo scomparso e la convocazione del Capitolo Ge-
nerale per la elezione del suo successore, ne trattò coi Superioti del Capitolo
in diverse sedute; e con circolare in data 16 dicembre convocò il Capitolo
Generale, comunicando le disposizioni prese al riguardo'
<< L'apertura di detto Capitolo si farà alle ore 18,10 del giorno 16 mag-
gio del liSZ nella chiesetta di S. Francesco di Sales, primo giorno della novena
aeflo Spirito Santo e secondo di quella di Maria Ausiliatrice. Il Capitolo Ge-
nerale sarà preceduto
dizioni del cielo: i
da un triduo di preghiere pef invocare su di esso le
membri del Capitolo Generale sono pregati di
bene-
pten-
dervi parte.
La sede del Capitolo Generale XIV sarà la Casa Madre di Valdocco, ora
tanto più caru a\\ nostfo cuore perché, oltre a lovarsi all'ombra della Basi-
lica di Maria Ausiliarice, è ridiventata veramente Casa Paterna colla presenza
del nostro Beato Padre Don Bosco, davanti alla cui urna taumaturga poranno
prosmarsi i Figli imploranti luce e aiuto ».
Chiudeva la lettera laccomandando ancora alle preghiere di tutti « l'ani-
ma eletta del nostro amatissimo Signor Don Rinaldi. Quantunque noi abbiamo
ferma fiducia che sia volato al Cielo a celebrarvi il suo Giubileo Sacerdotale
e di lassù impetri, in unione del Beato Don Bosco, di D. Rua, di D. Albera e
di tanti altri virtuosi Confratelli, grazie specialissime alla nosra Società e
al prossimo Capitolo Generale, tuttavia, sapendo di far cosa gradita al nostro
buon Superiore e Padre, preghiamo »>.
Nel mese di gennaio, dopo avere resistito ai sintomi di un malessere
che sperava di superare facilmente, fu costretto a tenere il letto per quasi
due sàttimane, tormentato da feLrbre alta; però non rimase inattivo e attese alle
cose del giorno come glielo permettevano i momenti di minor disturbo. In
quei giorni un nuovo lutto funestò il Capitolo Superiore; la morte di Don
èiw"pp. Vespignani, Consigliere Professionale. Ecco come Don Ricaldone ne
l'aÀnuncio: ., Nel rardo pomeriggio di lunedì 11- gennaio, rovandomi a letto
con un leggero fatto influenzale, egli venne a rallegrarmi col suo sorriso
buono e i suoi voti augurali, conditi sempre di soave pietà. Più nol rividil
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Alla mattina del giorno seguente, verso Ie 6,30, si udì un tonfo nel vicino
coridoio. seppi che poco dopo, alla voce del Direttore, erano accorsi l'in-
fermiere ed alri con{ratelli, i quali trovato D. Vespignani che giaceva a terra
colpito da emorragia cerebrale con seguente emiplegia destra, lo sollevarono
e lo trasportarono nel suo letto. Il medico, subito accorso, lo dichiarò gravis-
simo. Gli si amministarono i conforti religiosi, che ricevette in piena cono-
scenza e con speciali manifestazioni di pietà ». Tre giorni dopo il Signore lo
chiamò al premio. Don Ricaldone, nella lettera necrologica dopo aver messo
in chiara evidenza i grandi meriti del defunto, concludeva: << Particolarmente
luminosa fu Ia sua giotnata; ricchi i manipoli raccolti; profondo I'affetto che
seppe guadagnarsi dappertutto e da tutti; largo il rimpianto come apparve
dai funerali imponenti e dalla viva partecipazione di ogni ceto di persone
dell'Italia e dell'Estero »>.
Superato il periodo febbrile, riprese l'attività abituale; ma più tardi il
medico lo sottoposte ad una cura, che richiese f intervento del dottore per
oltre due mesi.
In questo periodo precapitolare continuò a visitare le Case di forma-
zione per domandare preghiere fervorose per il buon esito del prossimo capi-
tolo Generale.
Anche in alcune Comunità delle FIM.A. presiedette la cerimonia del-
f imposizione della Medaglia alle Postulanti, e nel mese di maggio si recò a
Nizza Monferrato, per la festa di chiusura del cinquantenario di fondazione
dell'Istituto delle F.M.A.
Si giunse così al tempo del capitolo Generale, che preceduto da un triduo
di preghiere, si aprì, secondo Ie disposizioni date, la sera del 16 maggio nella
Chiesa di San Francesco di Sales ad ore 18.30. Don Ricaldone diede il benve-
nuto ai convenuti, chiamati a compiere un atto di grande responsabilità per
l'avvenire della Congregazione. Subito dopo prese 7a parcl,a Don Fascie, Rego-
latore dei lavori, il quale lesse gli articoli del Regolamento sul capitolo
Generale.
Il giorno seguente, 17 maggio, in apertura della seduta antimeridiana
Don Ricaldone commemorò degnamente Don Rinaldi e Don vespignani, se-
guito dai Capitolari con religioso raccoglimento.
Poi, compiute le formalità regolamentari si procedette alla votazione per
la elezione del nuovo Rettor Maggiore.
ll responso delle urne
Mons. Riccardo Pittini ricorda:
<< Era la seconda volta che assistevo a questa suprema assemblea del-
1'organismo salesiano, magnifica espressione della libertà di parola e della
sorprendente trasfigurazione di interessi nazionali e particolari in quello cat-
tolico e universale della Famiglia salesiana ancora satura della tradizione e
dello spirito del Fondatore. Ivi parlano tutte le Nazioni e tutte le tazze per
441

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bocca di uomini che provengono fin dai confini esgemi del mondo: però la
varietà si atmonizza sempre nell'unità"'
Allo scrutinio mi toccò leggete i nomi degli eletti, prendendoli dall'urna,
Però non si trattò di nomi, ma del quasi unico nome, Don Pieuo Ricaldone:
e lo andai ripetendo con intima soddisfazione dell'anirna mia, al veder concen-
trata nel più perfetto rappresentante di Don Bosco la volontà de1 Capitolo
Generale.
Lo avevo conosciuto per la prima volta a Montevideo quale visitatore
dell'America Latina nel 1908. Si poteva fin d'allora pronosticare in Lui il
futuro Rettor Maggiore; il Rettor Maggiore della Canonizzazione e di quella
multiforme azione educativa, catechistica e missionaria, che lo portò, sulle ali
di uno zelo ardente, dalla Patagonia al Giappone e gli rifletté in fronte Ia
gloria del Padre canonizzato la Pasqua del 1934 >>.
I Capitolad presenti in aula erano 87. Al primo scrutinio Don Rical-
done ottenne 83 voti; Don Tirone, Don Fascie, Don Berruti ebbero un voto
ciascuno; una scheda venne deposta bianca nell'urna.
Don Fascie proclamò Don Ricaldone Rettor Maggiore. L'assemblea co-
ronò la pro.lar.r"rio.re con un lungo applauso, al quale rispose Don Rical-
done ringraziando e accettando la croce. I rappresentanti della Congregazione
con la .òru".g"nr" del consenso unanime sul nome di Don Ricaldone vollero
giustamente riconoscere le doti non comuni di intelligenza, di cuore, di virtù
morali, di pietà, di amore alla Cogregazione, che rifulsero in lui nei quaran-
tadue anni di servizio prestato in ogni ramo di attività salesiana ed ecclesiale'
Don Bosco aveva scelto il suo quarto successore.
In quella circostanza ritornò alla mente di D. Ricaldone il giudizio che lo
zio D. Giuseppe gli aveva manifestato nel periodo del suo noviziato: << Tu
sei uno spitito ardente, quindi non puoi stare sul piano, ma o sulla vetta del
monte o in fondo al precipizio >>? In realtà ora si trovava sulla vetta del
monte, non per libera scelta, ma per umile accettazione e sottomissione al
beneplacito del Signore.s
Nel pomeriggio dello stesso giorno della sua elezione dedicò la prima
visita ai Confratelli della casa di Piossasco; disse loro parole di conforto,
impartì la benedizione di Maria Ausiliatrice e domandò la carità delle loro
preghiere. Tutto ciò con semplicità, nell'atmosfera calda della nuova pater-
nità ricevuta.
Questa preferenza, che inaugura la sua nuova attività salesiana sembra
stia a segnare una caratteristica del suo Rettorato; sembra voglia dire: Anche
se portato sulla cima del monte rimarrò fratello coi miei fratelli sofferenti;
le vette mi mostreranno solo le vette dell'amore, la vastità degli orizzonti a
cui deve giungere la donazione di un padre. E ciò comprese sempre meglio
s A proposito della elezione di Don Ricaldone a Rettor Maggiore si veda una nota in
Appendice al Cap. 2L, allegato t. )7".
142

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49.1 Page 481

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nel corso del rettorato, quando la sofferenza lo raggiunse e gli fu compagna
di viaggio per un buon tratto di cammino.
L'omaggio dell'Arcivescovo di Torino
S. E. Mons. Maurilio Fossati, appena ricevuta la comunicazione della
elezione di Don fucaldone a Rettor Maggiore, con magnifico atto di cordiale
adesione volle maniJestare personalmente e prontamente il suo compia-
cimento all'eletto.
A tale desiderio Don Ricaldone rispose con pari magnificenza: indisse
una seduta dei Capitolari alle ore 1"7 di quel pomeriggio, dedicato al ricevi-
mento dell'Arcivescovo.
Cordialità e semplicità c ratterizzarono la seduta.
Mons. Mathias, Prefetto Apostolico dell'Assam, rivolse un devoto indi-
izzo all'Ospite, presentando la cafia geografica del mondo, cioè i Capitolari
provenienti da ogni continente. L'Arcivescovo di Torino si congratulò con
I'eletto, di cui conosceva le doti eccellenti e con pensiero molto gradito pro-
mise che non sarebbe mai stato assente dalla solennità di Maria Ausiliatrice.
E fu fedele all'impegno fino alla morte.
Don Ricaldone chiuse la seduta rivolgendo ai Capitolari una calda esor-
tazione di mantenersi sempre uniti alla sacra Gerarchia, seguendo l'esempio
di Don Bosco.
Un atto di deferenza molto apprezzato dai Capitolari fu Ia gita a Cumiana
ed ai Becchi organizzata il 19 maggio.
A Cumiana (Scuola Agricola Missionaria) egli guidò il gruppo nei vari
locali scolastici, laboratod ben atttezzati. Subito dopo li condusse in visita
alle diverse componenti dell'azienda, stalla, porcilaia... costruiti secondo le
esigenze dell'agricoltura moderna; in ultimo le coltivazioni. Don Ricaldone
ispiratore ed esecutore di quel complesso agricolo-indusriale fu la guida idea-
le che soddisfece tutte le richieste dei visitatori.
I1 pomeriggio andarono in pellegrinaggio ai Becchi. Qui parlarono le cose
al cuote dei pellegrini. Ancora non si discutevano progetti atti a rendere iI
doveroso omaggio alla santità di Don Bosco e alla missione ricevuta dall'alto.
La casetta, i luoghi storici delf infanzia, i dintorni avevano una eloquenza
che conquistava \\e anime e le teneva in santa contemplazione. I1 giorno se-
guente, 10 maggio si tenne la seduta conclusiva del Capitolo Generale.
Rientrato a Valdocco iniziò il corso della nuova responsabilità, che 1o
accompagnò sino alla morte, per quasi vent'anni.
443

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APPENDICE

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ALLEGATO N. 1
(Appendice al Capo I, p. 22)
RTCALDONE (di)
Fam. piemontese, del Ducato di Monfemato. Prese il cognome dall'antica
sign. feudale sul Comune di Ricaldone a 7 km., da Acqui Terme, nel medioevo
(1000-1100) terra del consortile di canelli, composto da 50 famiglie discese dai
dòruini, rnilltes, equites longobardi e franchi diramati in pochi stipiti agli albori
del sec. XI, già enfiteoti delle chiese di Acqui e di Asti, poi vassalli dell'Impero
per la « constitutio de feudis » di Corrado II (28 maggio 1037). Così risulta
dai Cartari editi dalla Soc. St. Subalpina e dai più recenti studi sulla feudalità
piem. Un ramo dei Signori di Montabone, Consignori di Canelti, Conti d'Acquosana,
si intitolò con cognome di: di Ricaldone, dal feudo ottenuro, nella divisione
dell'eredità avita, in persona di Manfredo di Ricaldone (n. ll35 c.) considerato
1o stipite della fam. Man{. di R. si trasferì con i sign. di Cassine e con
alre fam. del Consortile di Canelli (quali i Guasco, i Trotti, i Balbi, etc.) nel
1.1.77 tn Alessandria, dove abitò nel quartiere di Bergoglio, olre Tanaro, e vi morì
fru il 3 mar. e 1l 16 ag. 1192. Nel L232, dtstrnuo Bergoglio, 7a fam. si trasferì
a Castelietto Monf., dove abitò fino al 1590. Dal 1596 al 1602 in San Salvatore
Monf. Dal 16$ aI 1885 nel limitrofo Mirabello quindi in Casale Monf . La fam.
ricoprì cariche civili amministr. (podestà, sindaci, consoli, etc.) nelle local. ricord.
Bartolomeo di R. (1lrr-7420) vicaio gen. dioc. di Savona. Bernardo (II) giura,
2l magg. 1.533 a Carlo V. Manfredo (III) il 7 genn. 1560 e il 5 ott. t567 a
Guglielmo Gonzaga, duca di Manrova e march. di Monf. Bernardo (IV) il 6 nov.
1637 e il 12 nov. 1652 al duca Carlo II Gonzaga e ad Isabella Cl.aru, arcid.
d'Austria. Giacomo (II) nel 1665 24 sett. a Ferd. Carlo Gonzaga, etc. Antonio
vincenzo, e Giovanni Maria (f. di Gio.-Lorenzo di Pieto Maria) camp. di Russia
(1811): al primo, decr. di pensione l1 dic. 1817 di S.M. Carlo Felice Re di
sardegna; il secondo con atto 2) genn.1818 dichiarato deceduto in Russia.
Diversi membri si distinsero nelle guerre d'indip. naz.: Lorenzo (f . di Pietro,
di Lorenzo, di Pietro) camp. 1848, Evasio (f. di Domenico, di vincenzo) carnp.
Brigant. med. arg. V.M., 1 marzo 1862, Giuseppe (f. di Francesco) camp. di
Libia, t Tripoli 79 ag. 7912, ecc. Numerosi gli eccles. tra i quali Don Piero
I'orenzo (f. di Luigi, di Pietro, di Giuseppe Maria), (Mirabello Monf. 27 lug.
1870, Torino 25 nov. 7951), Rettor Maggiore della società salesiana (r»2-
1951).
Scuola
Stella d'oro al merito
(2) matzo 1940), Gr.
Rurale (21 apr. 1918) Stella d'oro al
Uff. dett'Ord. della Cor. d'It., (6 dic.
mer. della
1934), So-
cio Accad. Agric. di Torino (22 sett. 1939), autore di 2I vol. di ascetica e 9
di agraria. A11a morte, com. di Torino gli dedicò una strada, il com. di Mira-
be11o Monf. cosuuì un monumento. La fam. è elencata tra quelle di nob. ori-
ginaria nel Dizionario Feudale degli stati sardi (l9ll) a pag. 2133, in quanro i
/l R. furono, quali signori di Ricaldone, vassalli delf impero. La geneal. (completa da
Manf. di R. (1135-1192) all'attuale rappr.) e la storia della fam., edite in tre voll.
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a stampa con le presentazioni pure a stampa del Presid. del Corpo della Nob. It.,
sono state plesentate al Tribunale Civ. di Casale Monf. il quale con sent. 12 sett.
1966 ripristinò il cognome in uso dal ll5O al 7756, tettificando la forma: Ricaldone,
in quella << di Ricaldone »>. In assenza della R. Cons' Arald., S.M. il Re, volle,
con sue LL.PP. 14 ott. 1969, conf. la nob. della fam., insieme cor. la Arma:
d'oro al castello di nero di tre torui merlato alla gbibellina. Cimiero: una testa
di ceruo fiascente dall'elmo, al nat. Sostegni: due leopardi affrontati rampallti,
tenenti ufi rarno di spine rosse. Motto: SrcwÙn uARDÉMI DA LA LosNA DU TRoN - E
DA cur D'LA RAqA DI RICALDoN. (L'arma è anche iscr. nel Reg. del Re d'Armi
di Madrid e immattic. nei Reg. della Lyon Court di Edimburgo).
Giuseppe Ald,o Al,essandro di Ricaldone, Cittadino Onorario di Ricaldone, per'
in archiv. e paleografia, aut. di numer. monogr. di storia piem., giornal., public.,
membro corrisp. del Coll. Arald. e della Soc. Suisse d'Héraldique membro assoc.
dell'Accadémie Internat. d'Héraldique, cav. di grazia del S.M.O. Costant. di S. Gior-
gio, n. a Casale M. 7 febb. 1935, f. di Carlo (n. a Casale 18 febb. 1897, camp. di
guerra 1915-18, volont., pluridec., t 20 giugno 1961) e dl Adelaide Dorotea Durando
(n. a Casale 6 lug. 1901), sp. 3 ag. 1963 prof . Matilde lzzia (olim d'lzzia), f di Fran-
cesco Emanuele e di Elisabetta Grilto (fam. di Ottiglio, qualif. nob. dal 1482),
lOttiglio Monl.).
Libro d'oro detta Nobiltà ltaliana. Roma 1975, Edizione XVI, a cura del Collegio
Araldico. Le pagine 1983 e 1984 elencano la Famiglia - di Ricaldone -.
ALLEGATO N. 2
(Appendice al Capo I, p. 22)
Pennone genealogico della linea di Carlo Antonio di Ricaldone donde uscì
Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei Salesiani. La genealogia della famiglia
di Ricaldone, completa di documenti e notizie, dal 1150 a1 sec. XX, è pubblicata
nell'opera di Aldo di Ricaldone: Annali del Monlerrato (951-1708), Torino 1972,
vol. II, pagg.1277 -1285.
CARLO ANTONIO
Nato a Mitabello il 5 novembre 1669.I,1 6 febbraio 1728 Proweditote del Comune.
consigliere dal l73o al 1735. Testò il 7 dicembre 1748, morì 11 22 agosto 1756.
Sp. 1) Margherita Bellisana di Sebastiano, da Lu, iI 2 febbraio 1696, morta il 10
dicembre 1720, sepolta nella Cappella del SS. Rosario, nella Pamocchia di
S. Vincenzo di Mirabello.
2) Il 26 marzo 7724, Anna Lucia Provera morta il ) agosto 1741.
I
VINCENZO
Nato a Mirabello il 5 ottobre 1702. Possedeva 50 moggia di terreno ne1 territorio
di Mirabello, amministrati con il ffatello suo Pietro Maria. Morì il 19 1uglio 1782
e fu sepolto nella chiesa di S. Sebastiano in Mirabello.
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D. Ricaldone dopo la nomina a Rettor Maggiore, mentre si avvia coi confratelli verso
la Basilica di Maria Ausiliatrice.

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Sp. 1)
2)
il
il
13
2)
gennaio
gennaio
1728 Caterina de
1731, Maryherita
Arnbrosiis morta il 20 febbraio 1730.
de Ambrosiis, sorella de11a defunta.
I
GIOVANNI BATTISTA
IlNato a Mirabello 1'8 novembre 1711. Ereditò nel 1758 i numerosi beni in Mirabello.
7 dicembre 1758 consegnò a catasto le proprietà agricole. Consigliere della Comu-
nità di Mirabello dal t770 al 1778. Morì il 1J ottobre L79o e fu sepolto nella cap-
pella del SS. Rosario nella chiesa di San Vincenzo di Mirabello.
Sp. Bartolomea Provera morta il 30 gennaio L792.
I
GIUSEPPE MARIA
Nato in Mirabello il 2 gennaio 1762. consigliere della Comunità. Sindaco di Mi-
rabello dal 1801 al L814. Morto il 19 aprile 1819 lasciando un patrimonio di
100 moggia di campi e vigne.
Sp. 11 gennaio 1780 Clara Maria Provera morta il 7 febbraio 1801.
I
PIETRO FRANCESCO
Nato a Mirabello il 15 novembrc 179L. Consigliere del comune di Mirabello. Qualifi-
cato nei documenti del tempo << benestante >>. Morto il 6 dicembre 1868.
il Sp. a Cellamonte, Felicita Coppo nata nel 1798, morta a Mirabello 13 agosto 1875.
I
LUIGI CLEMENTE
Nato il 1' luglio L837 a Mirabello. Sindaco del luogo per più anni. Morto il 9 feb-
braio 1920.
Sp. il 23 febbraio 1857 Candida Raiteri di Luigi e di Maria Zavanone, di 22 anni.
PIETRO LORENZO
Nato a Mirabello il 27 luglio 1870.
ALLEGATO N. ]
(Appendice al capo I e III, p. 46)
Lettera del Ch. Pietro Ricaldone a Don Dornenico Belmonte in cui sollecita una
risposta fauoreuole alla domanda di essere accettato in Congregazione.
Reverend.mo Signor Direttore,
dopo aver lungamente ed invano aspettato una risposta a17a mia lettera, mi per-
suasi alfine che forse essa non giunse insino a Lei, ed andò perduta; ond'è che io
in questa ripeterò ciò che dissi nell'alffa. Io adunque vengo a lei non solo come
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29

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ad un mio Superiore, ma come Padre ed amico, cioè io desidererei che lei non dicesse
niente di ciò che io le parteciperò con questa mia. Può però parlare liberamente col
Molto Rev.do Don Rua, il quale, credo che a quest'ora sarà già stato informato della
bisogna, dal mio cugino Ricaldone Antonio, il quale si trova in Ispagna. Deve dun-
qrr"iup..", Reverenà.mo Signor Direttore, che io sono quel tale Ricaldone Pietro che
iei conobbe già anni addietro a Borgo San Martino, e che ora mi ffovo Chierico nel
Seminatio di Casale.
Orbene a me erano venuti forti dubbi sulla mia vocazione, e consigliatomi per-
ciò col mio confessore e con dotte e pie persone, ebbi da loro per parere, di ritirarmi
in un luogo solitario e santo per ivi attendere di proposito agli affati dell'anima mia'
Io, che
quanto
avevo già fatto esperienza nei collegi di Don
fosse adatto a ciò l'Istituto dei Salesiani, vi
Bosco, e avevo già
feci subito sopra i
conosciuto
miei divi
samenti; e rivolgomi pelciò a Lei acciocché voglia occuparsi presso dei suoi buoni
Confratelli, onde io pos.a far parte di bella eletta di clero. Io ho di già compiuti
i miei corsi di filosofia, e conto anni 1.8. In riguardo a tutto il resto, io mi rimetto
intieramente
io abbia da
alf illuminata
lei ricevuto
saviezza della S.V. Reverend.ma. Quando
un qualche riscontfo, porei recarmi io
pelò come spefo,
stesso da lei per
parlafe di proposito su tal punto. La prego a voler rispondere entlo la settimana, ed
i., ,tt.r, di una .rru, ,u..oÀurdomi alle sue orazioni, e baciandole la destra mi pre-
gio di dirmi
Della S.V. Reverend.ma umil.mo e Devot.mo servo
RrcerPoilts Ch. Prrtno
Mirabello, 28 agosto 1888.
ALLEGATO N. 4
(Appendice al Capo IV, p. 58)
Lettera del ch.co Ricaldone al cb.co lsidoro Varuello
Mirabello, 2) maggio 1890
Caro Isidoro,
coll'anin.ro profondamente angosciato e con 1o spirito abbattuto e addolorato
mi preparo a darti :ufia notizia che tu giammai non ti salesti aspettata e che io
pur rifuggiva anche solo dal pensare. Quanto sono ascosi e quanto inesplicabili
i disegni della Prowidenza divina e quanto vani e quanto folli i nosfi pensieri
di fronte alla mente di Colui che tutto regge con sapienza in nita e tutto dirige
all'unico fine della sua gloria che in tutte le nostre azioni dobbiamo ognora cer-
care. Sì, caro Isidoro io sono afflitto, io sono angosciato, io sono veramente
prostrato di animo e di forze, ma colla grazia di Dio e col patrocinio dell'Imma-
colata Maria io sono plonto a tutto sostenefe che la Provvidenza abbia su di
me disegnato, ed a soflrire lassegnato quanto piacerà al Signore di far pesare
su di me! chè per grandi che abbiano ad essere i miei patimenti e amare le mie
450

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50.1 Page 491

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afrlizioni, giammai verranno a conffaccambiare neanco minimamente e scancellare
le grandi e terribili ofiese ch'io recai al buon Gesù.
Caro Isidoro, rose e gigli io m'ero sognato allora che stavamene per fare
ritorno al tetto natio, e pensando alle purissime gioie della famiglia, all'amore dei
conoscenti e degli amici, alf incantevole bellezza dela natura, alla dolcezza dei
colli aprichi e dei lussureggianti vigneti tutto io mi sentivo rimescolare dentro
di me stesso ed un raggio di contento veniva ad inondare il mio viso, ed ora?
Ahi straziante pensiero... Ma no. Iddio così volle e così sia. Insorga pur forte
l'indomata natura, matteggi a suo grado la folle famtasia, irrompano pur gagliarde
le malnate passioni... un pensiero a Gesù benedetto, un'aspirazioni a Maia e
tutto dentro di me tornerà in calma, e da una volontà forte e costante tutte
soggiogate le corrorte tendenze, potrà l'animo mio ritornato alla calma primiera
ancor rivolgetsi al Dio crocifisso e le aspirazioni del cuore voleranno veementi a
quei due Cuori che racchiudono nella loro sintesi quanto vi può essere di buono,
di bello, di caro, di amabile, di dolce, di santo quaggiù in terra e lassù in cielo.
Animo dunque e le preghiere che tu farai imnalzate costì su quella tomba che
solo realmente si apprezza allorché anche per poco si abbandona, varranno a pre-
disporre l'animo mio a fare in tutto e per tutto la volontà di Gesù Benedeìto.
Senti pertanto come procedettero le cose. Giunto presso dei miei parenti la sera
del martedì venni tantosto a sapere che la visita io non I'avrei subita che nella
giornata di giovedì chè avuto riguardo al numero grande dei soldati avevano i
superiori pensato bene di fare due sessioni. La giornata di mercoledì passò per
me in continua trepidazione ed aspettativa onde sapere quanti si avrebbero fatti
buoni, chè ciò saputo io avrei subito potuto fare un'induzione e conoscere quanti
sarebbero ancora occorsi per soddisfare al numero che si esigeva dal governo.
Fu una spina che mi rafisse profondamente il cuore \\a notizia venutami
alla sera che pochissimi eransi trovati abili al servizio militare. Da quell'istante
la mia speranza andava grado grado dileguandosi e ciò che prima neppur io
sospettava si convertì in breve in una tristissima realtà. Al mattino del giovedì
io mi reco cogli altri miei compagni a Casale. Passo in Seminario, saluto il Rettore
e mi fermo l.,nga pezza a discomere seco lui e mi faceva pure a manifestargli
quei dubbi che cotanto travagliavano il mio cuore. Sforzavasi il buon vecchio di
farmi coraggio, ma una voce crudele mi ripeteva denro che io cessassi pur ancor
dallo sper,are. Esco dal Rettore e mi fermo un'ora a parlare cogli antichi compagni
d'una volta... Ti racconterò poi...
Esco e mi avvio al luogo destinato per la visita. colà mi unisco cogli alui
del mio paese e verso le 10 comincia la funzione. E qual disinganno e quale
temibile disavventura non mi attendeval Di Mirabello eravamo 28 e di questi 19
erano salvi. Tre furono rimandati ad una prossima visita ed una fu riformato, cosic-
chè ben vidi che su 28 soli 6 furono soldati e ma questi fui compreso io pure.
Quanto ti dico in riguardo a Mirabello s'avverò eziandio per gli alri paesi, e
perciò puoi immaginarti qual pena e quale strazio non dovessi io provare nel sen-
tirne leggere e 12 e 13 di seguito tutti di )" categoria. Allorquando mi presentai
nella sala della visita potei sapere che pochi ancora mancavano, ma domandando
ai compagni che mi sravano vicini conobbi che erano quasi tutti salvi... che
fare? Mi raccomandai alla Madonna. Ripetei tre o quattro volte la bella giaculato-
mriai :tr-ovaFssiai tevqouluanletasioDseiai
-diveenumtoi
tenni preparato
allorquando mi
a qualunque evento. come
dissero che io ero ,abile di
io
1"
45r

50.2 Page 492

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categoria non ti saprei ben dire. Solo questo io so, che rimasi come Smemorato
e più non sapeva che facessi, che dicessi. Uscii di là. Tutti i miei compagni
mi furono d'attorno e mi compassionavano: io facendomi sforzi violenti cercava
di apparire tranquillo e fassegnato e laceva coraggio a quegli stessi che volevano
infonderlo in me. Ricevo il biglietto. Me 1o pongono sul cappello. Corro difilato al
Seminario. Vergo il telegramma e mando a sPedirlo. Mi fermo alcuni istanti coi
compagni. Esco e vado con alcuni compagni pel pranzarc. Puoi capire che appetito
io n'avessi. Giro un poco. Sono \\e 5,40 salgo sul lanwai. Sono a casa. Non ti
dico la desolazione della famiglia. La madre sospifava da una parte, il padre
tentava di farsi coraggio dall'altra, il fratello, amici conoscenti... EIa una pietà!
Non so che giorni safanno per me questi pochi che mi ferrnetò a casà. Io cerco
di far coraggio a tutti. Mi sforzo di ridere, di mangiare, di star allegto (1o sa Dio
come io stia!). Ritornerò presto. questa lettera a leggere anche al Direttote,
o digli il contenuto. Salutalo tanto. E intanto piuttosto che far ciance fa pfegare,
pfegare, pregare, pregare; insomma capisci ciò che ti voglio dire. Povero Oratotio
festivo. Miei cari giovanetti, care speranze.
Caro Isidoro, partecipa ai compagni il contenuto di questa lettera. Io non so
che abbia scfitto. Una cosa sola è per me necessaria: rassegnazione e pteghiera.
Addio. Tutto tuo in Gesù e Maria
PIETno RrcerooNr
ALLEGATO N. 5
(Appendice al CaPo Vl, p. 87)
PIANTA DEL CARCERE SOTTERRANEO
dove furono rinchiuse e poi martirizzate le sante Giusta e Rufina
o
@
6
o
7
o
I
rl
2
I
10
o
'12
N.B. - Si accede dal fondo della navata centrale della chiesa della Trinità di Siviglia
(Spagna) pet mezzo di una scala, il cui inizio è circondato da una ringhiera
di ferro, come si può vedere da fotografra.
452

50.3 Page 493

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SPIEGAZIONE DEL PIANO
Dal numero I al 2 - Tragitto che c'è dall'ultimo gradino fino a penetrare nelle
carceri.
Dal numero 2 a\\ 3 - Trugitto verso la cappella in cui è uasformato il vano del
carcere.
3 - Entrata della Cappell,a. Questa misura J18 cm. di larghezza, 105 di ltnghezza,
cioè dalla parete interna della nicchia che forma « el retablo >> (cioè una suc-
cessione di figure dipinte e scolpite rappresentanti lo svolgimento d'un fatto),
fino al palio dell'altare; e dal palio dell'altare al cancello d'entrata ci sono
161 cm.
4 - Cella sotterranea, la cui porta è di 37 cm. di altezza e 5j di Tatghezza; si
ignorano la forma e le dimensioni del suo interno.
5 - Altare della Cappella. Sull'altare si rrova un resro di colonna spezzata dove
{urono fustigate le Sante: misura 79 cm. di altezza, Sl di diametro. Ai lati ci
sono le effigi delle Sante.
6 e 8 - Ci sono due anelli di metallo nella volta: l'uno dista dall'alro 225 cm.
Si dice che a questi anelli furono appese le Sante e che la distanza l'una
dall'altta fu suficiente per impedire loro di awicinarsi, privandole anche di
questa consoTaztone.
7 e 72 - Ci sono due fori aperti nella volta. Si dice che mediante questi fori il
sindaco (giacché comunicano con l'abitazione del sindaco) poteva udire ciò
che dicevano i carcerati.
13 - L'altra cella sotterranea: si mova all'estemità delle carceri, la cui porta misura
81 cm. d'altezza e 57 di Targhezza: si ignorano la loro forma e dimensione.
14 - Sta la porta chiusa, munita di una scala che serviva, in altri tempi, per comu-
nicare coi Chiostri del Convento. Da questo posto al n. J dove c'è I'entrata
della Cappella l'altezza è di 200 cm., la lunghezza di 904 cm.; di laryhezza il
braccio destro della Cappe,lla è di 1r7 cm., il sinisto di 153 cm.
9 - C'è l'enuata che conduce al pozzo chiuso da una griglia, la cui lunghezza è di
21 metri e 74 cm.; Targhezza 102 cm., altezza 182. Di mano a mano che ci
si avvicina al pozzo il pavimento e il tetto diventano assai stretti, e ci sono
sei gradini che oflrono la possibilità di raggiungere la sponda del pozzo. La
circonferenza del pozzo è abbastanza larga e la sua profondità non tanro,
poiché si vede chiaramente i,l fondo a poca distanza, ed è comune toccare
I'acqua con le mani.
10 e 11 - Segnano la situazione dei gradini e del pozzo di cui si dice al n. 9.
453

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ALLEGATO N. 6
(Appendice al CaPo VII, p. ll9)
L lntroduzione alla uita delle Sante Giusta e Rulina
<< Ecco, lettore amabile, I'origine di questo naeschino lavoro e l'origine, a sua
volta, della dedica che 1o intesta. Inviato dall'obbedienza a qjrest^ casa salesiana di
Siviglia, mi toccò la sorte ineffabile di poter tutti i giorni scendere nelle saoe Car-
ceri dove patirono gloriosissimo martirio le insigni sorelle Giusta e Rufina, e questo
mi accese il desiderio vivissimo di far rivivere, nella misura delle deboli forze, la
devozione a queste valide parone dell'antica Hispalis, pubblicando la loro vita che
oggi ti prcsento.
Dicono che l'amore è cieco, e con ragione, perché solo l'amore alle Sante poté
chiudermi gli occhi, afinché non vedessi il cumulo di dificoltà che mi avrebbero
senza dubbio indotto a desistere da un'impresa così superiore alle mie capacità e
attitudini io, che con più ragione del poeta, poteva esc amafe, con supplichevole
invocazione:
Ma deh! che aI pensiero
Ingrato mi risponde il nuovo accento.
Il manto della tua benevolenza, caro lettore, coprirà tutte le imperfezioni che
si affolleranno alla tua mente man mano che ti inolfferai nella lettura di questa vita
e, voglia Iddio, possa con questo mio povero lavoro concorrere all'esaltazione e
culto delle preclare vergini sivigliane.
La mia soddisfazione sarà immensa nel sapere che con la pubblicazione della
vita delle Sante Patrone feci cosa gradita e accetta a Siviglia, poiché questo è il mio
ardente desiderio, giacché l'eco dolcissimo delle feste di Maria Ausiliatrice risuona,
quale celestiale armonia, nelle mie orecchie, e il ronzio dei motori dei nosffi labo-
ratofi, che la tradizionale cafità del popolo sivigliano impiantò, sono e saranno sem-
pre uno stimolo potente che mi spingerà a cercafe tttti i mezzi possibili per espri-
mere atrla città di Maria il mio costante amore e gratitudine ».
2. Epigrale - Dedica
AeDdmsrioiecsnGsimviAioepBnnlsleola'ecEsvroecrc-avocode--eldqlelluianceaStosillsiolmtv'osaireigmmouliamamostticier-eliaeesttniolallzaruAtaeovsloftedrirniionsisvscvii-gilitmivtntùiooesrseS---imvuecarcdeSaegnei,sglltllsael'n'eoamtosirptreieumonDd-sitioteononelsodoeMef-gfdiruaeeaLrlccdle-aeeiall-ganomidlo'ASroviuderpeeteniontlreoIrle's)illa.ipl-duryoosfrfMoilf'einm-adeVmaseotfssrerceodtoatet-volleoe-
3. Attestazione di Don Josè Roca y Ponsa
L'illustre Don
faziotte indiizzata
Josè Roca y Ponsa 1o pfesentò al
all'Autore, nella quale tra l'almo
pubblico con una
dice: « Mi piace
lettera-pre-
moltissimo
l'amore che profuma tutte le pagine in questa terla di Maria e del sole, della pietà
e dei fiori, della fede e dei saporiti frutti della natura. Se mi si permette la frase,
dirò che ha il profumo di fiore di arancio dei nostri giardini e ha sapore di Siviglia
in tutti i suoi capitoli, dimostrando così che, se Siviglia ha fatto suo 1o spirito sale-
siano, i salesiani si sono impregnati dello spirito sivigliano, che è amore vivo, puro,
intenso, delicato a questa bella teua senza uguali, che piace a tutti e piace a Dio »'
454

50.5 Page 495

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ALLEGATO N. 7
(Appendice al Capo VII, p. 1I9)
Elenco delle pubblicazioni della Libreria Salesiana di Siviglia
- La uita delle Sante Giusta e Rufina. D. Prsrno RrcerooNB.
-
Fiori di maggio. D. ElvreNusr SeNcnsz or Casrno, Professore nella Università
di Siviglia.
- La uita spirituale ossia lettere a Teofila. Rev. Don Aunnocro os Ver,BNcra.
-
Letture graduate di lrancese moderno. JraN MoveNuN, Professore della Scuola
di Commercio di Siviglia.
-
Brani scelti dei migliori classici spagnoli (2 volumi). Prarno Rrcar.»oNB Pbro.
Salesiano.
- Catechismo della Dottrina Cristiana. P. Rrper,pe.
- Opere del P. Anbrogio de Valencina. Otto volumi.
-
Maria Ausiliatrice in Siuiglia. Raccolta di grazie ottenute per intercessione di
Maria Ausiliatrice, D. PrBrno RrcerpoNB.
-
Bellezze Siuigliane. Omaggio a D. Rua che nel 1899 visitò le case salesiane della
Spagna. L'elegante opuscolo contiene i gioielli letterari con cui i migliori ingegni
sivigliani contribuirono al grandioso omaggio di venerazione e di affetto ributato
al Venerato Rettor Maggiore Don Michele Rua, l'erede delle virtù del grande
apostolo detrla gioventù Don Bosco.
-
collana << saloiarno la giouentìt ». Una serie di opuscoli adatti ai giovani del
tempo.
-
Biblioteca Agraria Solariana. Consta di 140 volumi. Questa iniziativa merita una
trattazione particolare; se ne parla nel testo.
ALLEGATO N. 8
(Appendice al Capo VII, p. 129)
Relazione di Don Ricaldone a Don Rua in occasione della Consacrazione al S. Cuore
compiuta in Siuiglia il )l dicernbre t900.
Rev.mo Sig. Rettor Maggiore,
Siviglia, 15 gennaio 1901
con vera soddisfazione e gaudio le comunico la relazione della bella festa che
si realizzò in questa casa della SS.ma Trinità la sera memorabile det 11 dicem-
bre 1900.
A tempo opportuno si diede inizio al triduo, che ebbe un carattere specialis
455

50.6 Page 496

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simo di solennità e fasto. Le tre sere del triduo, dal pulpito si trattarono argomenti
che servirono a mettere in risa,lto tlfita 7^ bellezza ed efficacia della devozione al
Sacratissimo Cuore, riuscendo a destare in tutti i più ardenti desideri di consacrarsi
quanto prima e interamente a quel Deifico Cuore.
Giunse final,mente f istante sospirato. La chiesa era stata Prepamta in anticipo
e tutti i nostri rugazzi avevano prepafato aonvenientemente il loro cuore affinché
fosse degna dimora di Gesù Re e Redentore delle nostre anime.
Per disposizione prowidenziale conribuì una ammirabile circostanza a fare più
indelebile il ricordo di quella solenne sera. Tre dei nostri confratelli dinnanzi a tutta
la comunità emisero i Santi Voti e le assicuro che quell'ora che trascorremmo din-
nanzi al Santissimo Sacramento e dinnanzi a Matia Ausiliatrice, intimamente uniti
dai bei vincoli della carità religiosa, fu veramente un'ora di Paradiso. Conchiuso
l'atto, si ultimarono i preparativi per dare inizio alla commovente e imponente fun-
zione.
La chiesa si riempiva sempre più di fedeli e a\\le 23,30 si fece l'Esposizione del
Santissimo e tutti rimanemmo dinnanzi all'Augusta Presenza pregando devotamente.
Venti minuti dopo, i Ministri del Signore, preceduti da numeroso clero, entrarono
in presbitero e subito si fece la rinnovazione dei Voti Battesimali, dopo i quali noi
Salesiani rinnovammo anche solennemente i Voti Religiosi.
Subito dopo si diede inizio alla celebrazione della S. Messa durante la quale si
comunicafono tutti i nostri ragazzi e numeroso popolo. Alla fine si impartì la Bene-
dizione risultando tutto molto commovente. Si protrasse la Esposizione Eucaristica
fino a mezzogiorno, alternandosi i conftatelli e i tagazzi nell'adorazione.
Alle ore 10,10 si ebbe un'alra Messa cantata conclusa la quale si impose a
tutti i r^gazzi il distintivo del Sacro Cuote e con Ia Benedizione solenne si pose
termine alla bella cerimonia, che lasciò nell'animo di tutti 1e più grate impressioni.
Quello stesso giorno apparirono per tutta la casa dei cartelloni nei quali erano
scritte espressioni allusive alla festa. Tutti desideravano allora una cosa sola, ossia,
non allontanarci mai più dal Sacro Cuore di Gesù, appartenendoGli in tutto e per
tutto, farci veramente apostoli della sua devozione ed essere oggi e sempre e ovun-
que figli fedeli e amanti del suo Cuore adorabile. Questi sono i nostri voti: ci be-
nedica, amato Padre, aÉfinché siamo fedeli alla nosra solenne consacrazione e regni
in questo modo sempte Gesù nelle nosfie anime. Queste sono in brevi linee le
nosre grate impressioni di quel memorabile evento.
Ci raccomandiamo alle sue preghiere e mi ripeto a nome di tutti sempre
aff.mo in C. J. PtnTno Rrcar-ooxe
ALLEGATO N. 9
(Appendice al Capo VIII, p. 133)
Riportiarno alcuni brani del Manilesto per la lesta Maria Ausiliatrice in Siuiglia
alla Trinità.
« Da Siviglia che è per antonomasia Ia tetra di Maria e la fonte feconda di
ogni generosa impresa e santa rnrziattva, lanciamo in questi giorni i'l grido di "Ev-
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50.7 Page 497

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viva Maria Ausiliarice"! e questo grido riecheggierà per tutte le parti di Spagna e
cullandosi dolcemente sulle acque giungerà alTa gtaziosa peda delle Antille e alle
remote isole delle Fi,lippine, svegliando in tutti i cuori nuove forze e comunicando
agli araldi spagnuoli forza e lena, farà di ognuno di essi un eroe o un martire.
Orsù, dunque, Sivigliani!... venire tutri a coprirvi col manto di Maria Ausi
Iiatrice! >>.
E' la Spagna, che fu un giorno l'ammirazione del mondo; essa che ebbe per
colonie un continente e per provincie regioni che oggi costiti.riscono il temitorio di
gtandi potenze; essa che lottò da sola conffo il potere del continente africano; essa
che in ogni pagina della storia ha un poema di eroismo e in ogni epoca una epopea
di gloria e possedeva domini sui quali non tramontava il sole; essa che nelle scienze,
nelle arti, nelle lettere, nella industria e nel commercio giunse al culmine della ci
viltà; essa attualmente con le vesti insanguinate, srappato il reale manto, pri-
vata del suo splendido diadema e illuminata dai sinistri bagliori di te guerre, per-
corre afflitta la fatrdica via dell'amarezza, rrofi rimanendole delle sue passate glorie
che il ricordo ».
I figli di Siviglia uniti ai figli di Don Bosco, di,menticando tre pene e necessità
provate, e ricordandosi soltanto di quelle della patria, per re giorni domandarono
misericordia per la Spagna, vittima di nemici interni ed esterni, impoverita, oltrag-
giata, ttadita, isolata e senza avere sulla tema chi I'aiuti; fissando i suoi occhi ba-
gnati di lacrime
gnore, contro di
nel cielo, dice per
te solo ho peccato;
bocca dei suoi figli prosrati nel
ma abbi pietà di me secondo la
imtemmepnios:ità-
Si-
della
tua misericordia!
ALLE,GATO N. 10
(Appendice al Capo VIII, p. 1}7)
La lettera che riportianao è la traduzione della lettera autografa, cbe attualmente è
conseluata da un Cooperatore Salesiano d.i Malaga (Spagna).
Molto apprezzata it Gesù e Maria,
confermando 7a notizia che le comunicar a mezzo del telefono, circa il decesso
del poveretto Paco, desideto ora dade alcuni particolari relativi alla bella morte che
il Signore gli concedette.
'Come già le avevo indicato, la malattia del cuore faceva in questi undici mesi
dei rapidi progressi e si moltiplicavano le sofferenze del malato. Nei primi giorni
della settimana scorsa perdette l'appetito e si lagnava della mancanza di respirazione.
Il medico disse che conveniva prepararlo, giacché sembrava prossima la fine. Nono-
stante egli si alzava ancora, e il venerdì ultimo fece gli esercizi in onore del S. Cuore
con tutti, confessandosi e comunicandosi. Il sabato si mantenne alzato tutto il po-
meriggio, ma si vedeva che il male and^va progredendo. Le sera di questo giorno
gli indicai che si preparasse per fare il giorno seguente la Comunione, poiché io pen-
savo celebrare la Messa nell'infermeria. Accettò volentieri, e prima che si mettesse
a letto 1o confessai. Poverino, non ne aveva bisogno! Passò la notte molto agitato e
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senza poter chiudere gli occhi. Al mattino presto andai a vederlo e salutandomi dis-
se: O << Signor direttore, io oggi muoio, sto molto male! ». Procurai animarlo, lo
esortai perché si disponesse a fare la S. Comunione e subito alle cinque e mezzo,
celebrai la S. Messa che sentì con devozione e si comunicò con fervore. Dopo, ve-
dendo che si era calmato alquanto, scesi in chiesa per confessare, rimandando alri
vicino a lui. Alle otto vennero ad awisarmi che il povero Paco stava peggio, e ac-
corsi con premura per assisterlo. Difatti, era molto grave: lo incoraggiai e preparai
per ricevere degnamente il sacramento degli infermi. Intanto i suoi compagni non
lasciavano di pregate per lui dinanzi all'altare di Maria Ausiliaffice. Venne il dot-
tore Fedriani e ci disse che il povero Paco era agÌi ultimi: difatti 1o si vedeva molto
ansante per la mancanza di respirazione. Io gli suggerivo delle giaculatorie e atti di
amore di Dio che egli ripeteva con fervore. Verso le ore 11, vedendo che il male
si faceva più grave permettemmo ai suoi compagni che venissero, uno ad uno a ve-
derlo e a congedarsi da lui. Quale quadro commorrente! I1 povero Paco apriva gli
occhi moribondi che incontravano 1o sguardo pieno di vita dei suoi buoni amici,
che venivano a dargli l'ultimo saluto e a raccomandargli che si ricordasse di loro
quando si trovasse con Maria Ausiliattice. Egli non lasciava di ripetere atti di pen-
timento e d'amore: era rassegnato alle disposizioni di Dio e gli piaceva andare con
Maria Ausiliatice.
Con una medicina che gli ordinò il medico, si sollevò alquanto, e verso le 12
era molto sollevato. Volle che io andassi a mangiare e lui pure prese un tuorlo
d'uovo con latte. Si mantenne sollevato fino alle ore I e conversava familiatmente
con alcuni dei Superioti e compagni che attorniavano il suo letto. A quell'ora ve-
dendo il miglioramento, scesi un momento, ma non stando per niente ttanquillo,
ritornai in camera dopo un quarto d'ota. Egli intanto aveva domandato di me.
Quando atrivai mi disse: << Sto molto male: le gambe stanno gonfiando ». Gli sug-
gerii una giaculatoria e gli dissi che N. Signore sulla ctoce aveva patito moltissimo
di più. M'ascoltò e poi quasi subito ponendomi le sue braccine al collo mi doman-
dò: « Signor Direttore, morirò io questa settimana;' ».
« Figlio mio, gli risposi, ciò che Dio vorrà. Non è vero che tu vuoi ciò che Dio
vuole? >> « Io, si signore, mi rispose »... e dicendo qlleste parole, se\\za agonia, diede
tre lunghi sospiri e placidamente spitò. Morte invidiabile! Rimase col volto tran-
quillo senza mutare lineamenti. Erano le re e venticinque minuti? La sua anima,
senza dubbio, sarà volata in cielo e di pregherà per i suoi fratellini, per i suoi
indimenticabili benefattori e per noi tutti, Superiori e ragazzi che tanto 1o amavano.
Subito 1o si preparò per mettedo nella cappella ardente. Da quell'ora fino alle
10,10 del giorno dopo, oggi lunedì, 1o visitarono a turno tutti pregando senza inter-
ruzione per l'eterno riposo della sua anima. In chiesa si fecero ieri sera speciali suf-
fragi e questa mattina si fece comunione genetale di tutti i tagazzi. Quale spettacolo
bello offre la caità. cristiana!
Alle 10,10 andammo processionalmente alla camera funebre e i suoi compagni
portarono la cassa in chiesa. Si collocò sul catafalco attorniato dai rugazzi che por-
tavano numerosi nastri bianchi e di molto clero, i musici cantarono una solenne
messa con vero amore e tenetezza. I1 funerale finì all'una e la cassa poftata dai suoi
compagni e accompagnata da essi e dai Superiori si incamminò verso il cimitero. La
scena era molto commovente e sffappava lacrime. Ad un certo punto si mise il ca-
davere sulla carrozza bianca e i ragazzi pregando e dicendo il rosario Io seguirono
fino al camposanto.
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si scoprì la cassa e per l'ultima volta salutammo il nostro amato Paco, che
con il volto sorridente e gli occhi semiaperti sembrava dirci: arrivederci in cielo!
Recitammo l'ultimo responsorio, si chiuse la cassa e una volta fatta scendere al
posto di classe media, secondo lei ci aveva indicato, i suoi compagni sparsero su di
lui la terra che speriamo gli sia molto leggera.
Quanto conforto dovrà esperimentare iI suo cuore, o pia signora, al sapere che
mediante Ia sua carità ha inviato un'anima in cielol Le dirò con S. Agostino: Hai
salvato un'anima, ebbene, hai predestinato la tua.
Ah se tutte le anime cristiane e favorite dai beni di fortuna intendessero così
la cristiana carità! Quanto presto cambierebbero le cose e quanto bene si potrebbe
fare! Non le invio le mie condoglianze, ma le faccio gli auguri.
Noi non lasceremo di raccomandare il nostro buon Paco al Signore; celebre-
remo le Messe che lei desidera e altre che noi offriremo volentieri per il suo eter-
no riposo.
I ngazzi offriranno durante molti giorni la santa comunione per lui, e lui dal
cielo ci pagherà tutto.
La prego di partecipare questi particolari della morte di Paco alle sue sorelle.
Il povero Pepito arriverà oggi o domani, e procureremo lavorare con lui per
vedete se riusciamo a fatne un omino.
Ferdoni se sono stato lungo, ma Ie confido che avevo bisogno io stesso di que-
sto sfogo prendendo la penna due giorni dopo di aver assistito e suffragato il mio
povero Paco.
Riceva l'espressione dei sentimenti di cristiana gratitudine, che in nome del po-
vero defmnto le invio; non ci dimentichi nelle sue preghiere, presenti i miei ossequi
alla sua distinta famiglia e non lasci di pregare per quesra casa e in speciale per il suo
aff.mo in Gesù e Maria
Pretno RrcarpoNs
ALLEGATO N. 11
(Appendice aL Capo VIII, p. l4l)
Dall'<< Elogio >> per la Inlanta di Spagna, Donna Maria Luisa Fernanda, pubblicato
d.a Don Ricaldone in morte della Nobil Donna.
Dopo aver accennato alle virtù che adornavano l'anima dell'Estinta, alla sua
pietà, alla sua carità per cui si dimostrò vera madre dei poveri, aiuto dei derelitti,
conforto dei bisognosi, continua: << Fu entusiasta e zelante Cooperatrice Salesiana;
cooperò in mille modi affinchè a Siviglia potesse prendere maggior inoemento e
sviluppo l'Opeta di D. Bosco. Visitava essa stessa la nostra Casa, si compiaceva mol-
tissimo nel trattare coi ragazzi e godeva nel vederli occupati sia nello studio, sia
nei laboratori della nosta Scuola Professionale. A,umentò in grande misura il suo
amore per la nostra Pia Società Salesiana quando seppe che ad essa apparteneva il
459

50.10 Page 500

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Principe Czartotiski' con il quale era pafente, e si compiaceva nell'udir parlare delle
eroiche virtù di quell'anima grande e generosa.
Riposi in pace, poiché, colei che fu in vita protetrice dei Salesiani, e anche
se le sue eroiche virtù ci fanno sperare che la sua anima si tovi in Paradiso, tut-
tavia, come prova di gratitudine e di riconoscenza pet tutto quello che fece per noi,
abbia dai nostri benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatici preghiere di suf-
fragio che, unite alle nostre le ottengano il riposo eterno >>.2
ALLEGATO N. 12
(Appendice al Capo VIII, p. 142)
Alcuni dei distinti e benemeriti Cooperatori e Cooperatrici
D. Ricaldone ricorderà per tutta Ia vita quei cuori tanto generosi. Oltre i già
segnalati ricordiamo D. Diego e D. Pablo Benjumea, fratelli di Donna Agnese; D.
Anselmo Rodriguez de Rivas, D. Manuel Alperiz, D. Ramon Ibarra, D. Alejandro
Quijano; il genero del Marchese Ulloa, Avvocato D. Enrique Mufloz; le famiglie
Murube y Escribano, a cominciare dalla caritatevole Donna Tomasa, succeduta alla
Contessa di Casa Galindo come Presidente delle Patronesse. Tra le Religiose sono
da ricordare la Rev.da Madre Consolacion, delle Suore Riparatrici di Siviglia (era
figlia del Marchese di Casa Ultoa) e Donna Dolores Arnero (figlia di Donna Agne-
se) che dopo la morte della madre e del marito si titirò nella visitazione di Sivi
glia, ove visse e morì santamente. La veneranda Matrona Donna Agnese Benjumea
aveva mandato, al principio dell'opera salesiana in Siviglia, i suoi due nipotini Pe-
drito e Fernandito (Future Conde de Bustillos) con l'aria di {ate una passeggiata;
ma erano accofnpagnati dal precettore, che aveva l'incarico di vedere, informarsi e
ri,ferire. Oltre il Conde de Bustillos, anche il Conde de la Cortina mantemà costante
corrispondenza epistolare con D. Pedro fino alla morte di questi.
ALLEGATO N. 13
(Appendice al Capo IX, p. 158)
Lettere per preparare un ordinartento legale delle scuole.
Mio buon Antonio.
Siviglia, 22 maggio L902
Ti rimetto:
1 - Copia legalizzata della R.O. di approvazione della nosra P.S. Tienila in ar-
chivio.
di
Va'lsIa1licPer;inicl ipPerinpacsipseò
un
era
anno (1889) insieme
ascritto e compiva il
a D. Ricaldone nella
Noviziato, il Chierico
Casa Salesiana
Ricaldone era
asplrante.
2 « Boletin Salesiano », Mayo 1897
160

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2 - Copia semplice in carta di dieci centesimi della stessa R.O. affinché tu la ri-
metta al Sindaco o al Signor Arciprete.
-3 - Se al Sig. Sindaco si mandò qualche documento telativo a questo affare, puoi
inviargli insieme con la copia semplice della R.O. la sollecitazione che io ti
invio: non dimenticarti di firmarla. Se il Sindaco non inviò niente puoi allora
intenderti con il Sig. Arciprete.
4 - Ti invio pure la ap'provazrone del Sig. Arcivescovo: fa una copia per te e ri-
mettila al Sig. Sindaco o pure al Sig. Arciprete insieme con la copia della R.O.
Procura di fare questo subito perché è urgente. Domani, Maria Ausiliarice
verserà sui suoi figli la abbondanza dei suoi doni. Coraggio, caro Antonio: dopo il
Calvario, il trionfo. Buttati nelle braccia di Maria. Mille affettuosità a quei cari Con-
fratelli. Ptega molto per il tuo aff.mo
Pepno
Caro Don Antonio,
Utrera
verrò se il Signore 1o vuole, giovedì pomeriggio. Se ti presentano un foglio per-
ché tu risponda dirai così:
-1 Pia Società di S. Ftancesco di Sales volgarmente chiamati Salesiani.
2 - Data della fondazione.
J - Nome del Direttore (se Io domandano).
- 4 (Fine) Educazione della gioventù specialrnente povera.
5 - Approvato con decreto reale i che conservano Superiori negli archivi generalizi
e ohe si può chiedere se lo desiderano.
6 - (Perché non si adempì il deceto del Sig. Gonzàlez?) Perché i Superioti che
trattano queste cose nulla determinarono.
E se chiedono alte cose ,procura rispondere con prudenza. Addio. Perdona que-
sta fretta. Ricordi. Prega per il tuo aff.mo
PrBtno
Villaverde, 1 settembre 1902
Carissimo Don Antonio,
t'avviso che è indispensabile che prima del giorno otto o al più tardi il dieci,
sia tutto presentato nelf istituto. Fa' in ftetta dunquel Coraggio. Scrivimi due pa-
role: qui starò fino al 7. Prega affinché possa fare un po' di bene. Come vanno i
tuoi bravi? Coraggio!
Ordine, ptiizia, vigilanza e sopratutto generosità e sacrificio. Mille affetti a tutti
e prega per il aff.mo
Prptno Rrcar-ooNr
46r

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ALLEGATO N. 11
(Appendice al Capo IX, p. 165)
Lettera di Don Ricaldone alla << Riaista di Agricoltura >> di Parnza.
A nome e in rappresentanza della «Biblioteca Agraria Solariana » invio un affet-
tuoso e cordiale saluto all'insigne Maestro ed ai suoi zelanti discepoli di olr'Alpi, che
con tanta generosità e non poco sforzo sventolano la gloriosa bandiera, che è simbolo
di sicura rigenerazione.
Le lotte ci devono comunicare nuove forze e crescente coraggio, allo stesso modo
con cui s'infiamma l'intepido guerriero nella vivacità del combattimento.
L'idea solariana, nonostante gli inqualificabili attacchi che così rudemente e diret-
tamente le si rivolgono, supetando ostacoli e vincendo difficoltà, otterrà trionfi splen-
didi, giacché al comparire della rutilante aurora tra le nubi del mattino, è giocoforza
che prendano vergognosa fuga le ombre della notte.
Anche nella Spagna ferve agitatissima e forte la lotta: però quale arta di trionfo
l'idea Solariana ha ricevuto ora nuova approvazione autorevole, un nuovo stimolo di
generoso coraggio, una confetma solenne e incontestabile mediante le lusinghiere ri-
compense concesse ai nosffi modesti lavori.
I1 29 maggio il Ministto di Agricoltura consegnava al rappresentante della Reda-
zione della Biblioteca Agraiana Solariana tra gli evviva e battimani di numeroso pub-
blico, il Diploma d'onore e Ia medaglia d'oro che la Giuria dell'Esposizione di Cordoba
aveva concessa alla nosffa umile pubblicazione.
La ragione e la verità alfine s'impongono. Post nubila Phoebus.
Siviglia, giugno 1904
P. Rrcer,ooNs
Direttore della « Biblioteca Agraria Solariana »
ALLEGATO N. 15
(Appendice al Capo X, p. 177)
Pregbiera e t'unzione cbe si suolgeua a Siuiglia in occasione delle grandiose << re-
denzioni >>
« Vergine Immacolata e benedetta! Ecco qui ai tuoi piedi questo figlio che ti
venera e ti ama. Anche se il mio cuore appena sa sentire e la mia bocca esprimere
gli affetti della tua pietà, pur tuttavia io ti dico, Madre, che mi rallegro vedendoti
così pura e così bella, che ammiro la tua gloria e gtandezza e I'anima si sente con-
fortata sapendo che Tu mi ami.
Anch'io, o mia Signora, voglio amatt| lodarti sempre ed essere il tuo schiavo
e servo fedele.
Ricevimi come tale, che così voglio essere. Ottienimi le grazie di cui ho bisogno
per essere un buon cristiano.
Mi metto sotto il tuo manto azzvtto. Guarda, Madre mia, che sono ancota fan-
462

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ciullo. Irrobustisci la mia fede, conferma la mia speranza, accendi il mio cuore del
tuo amofe >>.
Diamo un breve cenno delle grandiose « redenzioni » che si celebravano a Si-
viglia.
Il giorno in cui si attendeva l'amivo di una nave redenrice proveniente dal.
l'Africa, il popolo accorreva in massa al porto del Guadalquivir (Beta).
Ed ecco dalla nave (che portava spiegati al vento i vessilli della Croce, della
Madonna e del1'Ordine Trinitario) gettate le ancore, scendono a terta gli schiavi li
berati; la gente segue con visibile commozione quelle ombre di esseri viventi, pal-
lidi, malvestiti, in uno stato miserevole, dalla pelle abbronzata, che portano sul petto
il distintivo dell'Ordine, la croce blu e rossa. Li accompagnano i Religiosi Procu.
ratori, lieto per il felice esito delle loro imprese caritatevole. 11 gruppo che desta
maggior commozione è quello dei fanciulli e fanciulle...
Ma subito inizia la ptocessione; la folla accompagna i liberati disposti in due
file mentre i religiosi intonano il salmo: In exitu Israel de Aegipto; il Trisagio della
SS. Trinità, le Litanie della Madonna. Alla porta dell'Osario li attende l'intera co-
munità dei Trinitari e la statua del Bambino Gesù, Re e Redentore portata su di
un ricco « paso », che viene a ricevere gli schiavi riscattati. Subito i fanciulli attor-
niano il <( paso )> e la processione prosegue cantando il « Benedictus Dominus Deus
Israel » mentre \\a fiolla acclama freneticamente i religiosi. Raggiunta la chiesa, qui
si chiudeva la commovente manifestazione col canto del Te Deum ed alue preghiere
di ringraziamento.
ALLEGATO N. 16
(Appendice al Capo X, p. 185)
<<Adunanza dei direttori a Siuiglia>> - 16-17 agosto 1903.
Fornento di oocazioni - Figli di Maria I - I1 loro sostentamento e sviluppo.
Essendo il punto delle vocazioni di trascendentale impottanza per la vita della
nostro Pia Società, si ritotnò a parlare, come negli anni scorsi, sulla questione
dei Figli di Maria. S'insisté sulla necessità che tutti i Direttori si dedichino con
attenzione preferente a coltivare questi giovani, e poiché oggi non tutte le case
sono in condizione di avere almeno due classi per questo scopo e ciò per la
scarsità del personale, riconoscendosi inolne che quando i Figli di Maria non sono
ben curati si rovinano le vocazioni, si determinò:
1) che i primi due corsi si facciano a Malaga e i1 terzo a Siviglia finché la Provvi
denza non ci preparerà una casa ad hoc.
2) Per il sostentamento di quelli che vanno alla casa di Malaga si fece la seguente
distribuzione:
-
-
Utera si impegna di sostenere 10 giovani;
C6rdoba si impegna di sostenere 3 giovani;
' Così si chiamavano gli aspiranti.
46)

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-
-
-
-
Ronda si impegna di sostenere 3 giovani;
Montilla si impegna di sostenere 2 giovani;
S. Benito si impegna di sostenere 1 giovane;
Carmona si impegna di sostenere 5 giovani.
La casa di Màlaga, che già tenne gratuitamente quest'anno 12 giovani conti
nuerà a fare maggiori sforzi.
La casa ispettcriale terrà pure gratuitamente tutti quelli del J" anno.
S'insistette inolre sulla convenienza che quando si scelgono ed ammettono
i figli di Maria, si proceda con senno e discrezione, affinché non si ammettano
nella nostra Pia Società dei soggetti le cui condizioni morali, fisiche e intellettuali
non siano degne di raccomandazione ».
Fonti de11e vocazioni sono gli Oratori e i collegi; ma anche i paesi, dove la
vita parrocchiale è in fiore. Sappiamo che D. Bosco si rivolgeva ai Pamoci pregan-
doli di inviargli i giovani che dessero affidamento e segni di vocazione; ed egli
stesso accettava inviti di predicazione qua e là, approfittando della circostanza
per' incontare giovani da condurre all'Oratorio.
ALLEGATO N. 17
(Appendice al Capo XI, p. 192)
Torino li 31 gennaio 1908
XX Anniversario della morte del Ven.le Don Bosco
Oggetto: Nomina e presentazione de1 VISITATORE STRAORDINARIO
Carissimi figli in G.C.
Non poche lievi furono le difficoltà che si incontrarono per mettere mano
alla mia visita straordinaria alle Case, che vi annunziava colla mia lettera circolare
n. 15 del 18 gennaio 1908. Tutte però me le fece superare la sperunza che dalla
medesima la nostra Pia Società sia per ricavare ubertosi {rutti.
Vi presento pertanto il M. Rev.do Sig. D. Pietro Ricaldone incaricato di
vlFc'Aihrsaerintglaecer.eensEtciagnoalniS,oadcmvoieemSriemo. Fiv-orai ntfuceutetsdegceioàlleladcCioPamSasatuealnegdsiocena-lilta'oIs,mdpheeea1trltiaold'ariPoiuaanttaoUalrgeriuogPnuiradaeyafVaemnitctauaerrdaidaieAtolSep.goAaGspttaioougslsilcteioapldipcdieoid-daSri.edSMegailnl--i
ordini che giudicherà necessari all'esecuzione del suo mandato ed ognuno è obbli-
gato ad obbedirgli. Interrogherà tutti: Ispettore, Direttore e Soci. Riceverà da
ciascuno i1 giuramento de oeritate dicenda, giusta 1a formula da me prescritta e
potrà anche, ove 1o stimasse conveniente, fare formale divieto, a mio nome, di
palesare, fuorché al Rettor Maggiore e suo Capitolo, le domande fattegli e le
risposte date, a meno che fossero cose comunemente note.
Spero, Carissimi, che vorrete non solo rispondere alle sue domande, ma, co-
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ll Capitolo Generale del 1932.

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51.7 Page 507

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gliendo l'occasione propizia, manifestargli spontaneamente quanto credeste u ile far
conoscere a lui, e per mezzo suo a me sullo stato e bisogni dell'Ispettoria, della
casa e dei Soci. I Sigg. Ispettori e Direttori in modo speciale vorranno, ne sono
certo, usare al mio inviato i riguardi dovuti alla sua qualità e le cure che la carità
suggerisce e aiutarlo nel compito affidatogli fornendogli i mezzi necessari ed
opportuni.
Lo spirito del Nostro venerabile Fondatore, che senza dubbio aleggia in tute
le case, ove i suoi figli si sforzano di praticare ciò che Egli coll'esempio e colla
parola ci ha insegnato, diriga il lavoro di questo visitatore da me delegato. Egli
è anche incaticato di portare a ciascuno i più affettuosi saluti e la benedizione dil
Vosro aff.mo in G. e M.
Sac. MrcnrlE, Rue
Rettor Maggiore
ALLEGATO N. 18
(Appendice al Capo XI, p. 794)
Per dare una idea della continuità e intensità del laaoro compiuto riportiamo la
cronologia delle uisite alle case delle singole Ispettorie.
1. ISPETTORIA DI S. FRANCESCO DI SALES
1. B. Aires Almagro - Coll. Pio IX
25 marzo-8 apr17e
2. B. Aires Belgrano - Coll. Leone XIII
8-11 aprile
l. B. Aires Almagro - Orat. S. Francesco di Sales 1,2-15 aptile
4. Bernal: Noviziato - Studentato
17-28 apile
5. B. Aires - S. Caterina
29 aprile-3 maggio
6. B. Aires - Boca
5- 9 maggio
7. B. Aites - Mater Misericordiae
9-13 maggio
8. S. Isidro - Coll. S. Elisabetta
14-1.6 maggio
9. La Plata - Coll. S. Cuore
79-22 magglo
10. La Plata - Ensenada
22-23 maggio
11. Uribellarea - Sc. Agricola
25-30 maggro
12. Uribellarea - Capellania
25-30 maggio
13. S. Nicolds de los Arroyos
2- 6 giugno
1.4. Rosario - S. Giuseppe
6-11 giugno
15. Vignaud - Col. Agricola
12-15 giugno
16. Cdrdoba - Coll. Pio X
1.6-21 giugno
I1 24 gfugno: al Coll. Pio IX di Buenos Aires
17.
presiede
Mendoza
una
riunione
di
exallievi,
cooperatori, ecc.
27 giugno-2
luglio
18. Rodeo del Medio
2-6 luglio
465
30

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2. ISPETTORIA DI S. GIUSEPPE
1. Montevideo: Don Bosco
2. Montevideo: S. Cuore
J. Montevideo: S. Francesco di Sales
4. Villa Col6n: Collegio Pio
5. Las Piedras: Collegio S. Isidro
6. La Paz
7. Manga: nov. stud. Partocchia
8. Manga: Scuola agricola
9. Mercedes: Collegio S. Michele
10. Paysandù: N.S. del Rosario
11. Paysandù: (Succ.) Collegio D. Bosco
22-31 tuglio
31 luglio-2 agosto
3 agosto
4-10 agosto
10-13 agosto
L2
14-2^g2oasgtoosto
22-26 agosto
28 agosto-2 settembre
2-9 settembte
7 settembre
]. ISPETT'ORIA DI S. FRANCESCO SAVERIO
1. Rawson - missione
2. Trelew - missione
3. Bahra Blanca - Coll. D. Bosco
4. Bahia Blanca - Pamocchia
5. Bahia Blanca - Chiesa
6. General Acha - Parrocchia - Collegio
7. Victorica - Parrocchia
8. Gen. Lagos - Parrocchia
9. Fortin Mercedes - Col. Agricola
10. Viedma - Parrocchia - Sc. Profess.
11. Patagones - Noviziato
L2. Patagones - Pamocchia
13. Pringles - Par'rocchia
14. Choele Choel - Missione
15. Conesa Sur - Parrocchia
16. Roca - Parrocchia
17. Cosmalal - Panocchia
18. Junin de los Andes - Parrocchia Coll.
24 settembte-12 ottob. 1908
24 settembre-l2 ottob. 1908
5-12 novembre
5-12 novembre
5-12 novembre
14-19 novembre
19-20 novembre
2l-22 novembre
25 novembre-1) dicembre
25 novembre-15 dicembre
25 novembre-15 dicembre
25 novembre-15 dicembre
17-18 dicembre
19-24 dicembre
19-24 dicembre
24-29 dicembte
3-7 gennaio 7909
4 gennaio
4. ISPETTORIA S. MICI]ELE . PATAGONIA MERIDIONALE
1. Punta Arenas (non fa visita)
2. Ushuaia
3. Rio Grande
4. Porvenir
5. Gallegos R.A.
6. S. Cruz
7. Isola Dawson - M. S. Raffaele
8. Isola Dawson - M. Buon Pastore
9. Punta Arenas
10. Port Stanley
2l-25 lebbraio
26-27 lebbraio
28 lebbraio-5 marzo
9-LO marzo
L5-20 marzo
16-19 marzo
26-)l marzo
31 marzo-l apile
6-18 aprile
22 aprlle
466

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ALLEGATO N. 19
(Appendice al Capo XII, p. 244)
Durante la sua permanenza nella Spagna fu ascritto a Pie Associazioni e gli
vennero concesse diverse facoltà. Ecco un breve elenco, documento anche questo
della sua pietà mariana ed eucaristica.
1. Ascritto alla Arciconfraternita del SS. Rosario e alla Associazione Generale
de1 Rosario Perpetuo.
2. Ascritto alla Lega Sacerdotale Eucaristica per promuovere la Comunione gior-
naliera.
3. Zelatore della Congregazione Universale della S. Casa di Loreto.
4. Facoltà di benedire e imporre l'abitino piccolo della B.V. del Monte Carmelo.
5. Facoltà di imporre 1o scapolare ceruleo in onore della B. Maria V. Imrnacolata.
6. Facoltà di benedire cotone del S. Rosario applicando le indulgenze dei PP.
Crociferi.
8. Facoltà di imporre il S. Scapolare del Cuore Immacolato della B.V.
7. Facoltà di impore i 5 scapolari.
9. Facoltà di imporre e benedire « Trisagia SS.mae Trinitatis et Ordinis SS.ma
Trinitatis scapularia >>.
ALLEGATO N. 20
(Appendice al Capo XIII, p. 261)
Lettera di Don E. Manassero ai Cont'ratelli della lspettoria Subalpina, come saluto
di congedo e presentazione di Don Ricaldone come << Ispettore » ad interim.
Carissimi confr. militari della Subalpina,
Torino, 27 giugno 1,917
Alle lettere pervenutemi ultimamente da voi ho tardato a rispondere in attesa
di potervi comunicare la seguente notizia.
Con l'assenso del Rev.mo Sig. Albera lascio in questi giorni l'ufficio ispettoriale,
del quale temporaneamente assumerà la responsabilità e gestione il Rev.mo Sig.
D. Ricaldone. Io adunque mi congedo dai conf. ringraziandoli per la cortese som-
messione e pel fraterno afietto addimosmatim.i in questi anni, e pregando scusarmi
se talora le mie buone intenzioni si esplicarono infelicemente nell'opera o nel matta-
mento. Rimanendo alla segreteria il Sig. D. Pistamiglio, non vi sarà difficoltà pei
recapiti; e f intervento del Rev.mo D. Ricaldone gioverà a rinfocolare sempre
meglio quell'afiettuosa comispondenza che finora passò tra noi.
Mi raccomando al vostro fratetno ricordo assicurando che io rimarrò ognora
vostro afi.mo in C. J.
D. EulxrrnlE MANASSERo
467

51.10 Page 510

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ALLEGATO N. 21
(Appendice al Capo XIII, p. 263)
Cronologia delle uisite alle case latte da D. Ricaldone nel l9l9
11 maggio
1.3-14 maggio
1 giugno
3 giugno
5-6 giugno
15-16 giugno
19-20 giugno
5-7 luglio
l2-l) lug\\io
20-22 luglio
27-28 \\uglio
29 l'uglio
31 luglio
1-3 agosto
4-11 agosto
12 agosto
13 agosto
14 agosto
15 agosto
16 agosto
17 agosto
L8-28 agosto
29 agosto
30 agosto
31 agosto
1 settembre
2 settembre
3 settembre
4-6 settembre
7 settembre
8-9 settembre
10 settembre
21-22 settembre
28-J0 settembre
1l-15 ottobre
21. ottobre
2 novembre
6 novembte
8 dicembre
13-15 dicembre
18-19 dicembre
25-26 dicembre
S. Benigno
Lombriasco
Valsalice
Cam, D. Bosco
Penango
Canelli
Lombriasco
Lanzo
S. Benigno C.
Castelnuovo d'Asti
Canelli
Luserna
S. Benigno C.
Parma
Milano
Intra
Parma
Sondrio
Milano
Treviglio
Vetona
Este
Venezia
Trieste
Gorrzia
Gorizia
Mogliano
Schio
Verona
Iseo
Milano
Torino
(Torino) Parma
Canelli
Mirabello
Valsalice
Partenza per Parigi
Ritorno a Torino
S. Benigno C.
Canelli
iVIirabello
Penango
168

52 Pages 511-520

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52.1 Page 511

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ALLEGATO N. 22
(Appendice al Capo XIll, p. 267)
Lettera al Sac. nouello Don José Fernandez con speciali riflessioni e ricordi sul
sacerdozio.
Mio carissimo Don José,
Torino, 6 giugno t9l2
ho ricevuto l'immaginetta-ricordo del1a tua ordinazione sacerdotale e mi faccio
premula di inviarti le mie pirì cordiali congratulazioni e i voti più ardenti di felicità
e di fecondissirno apostolato. Allo stesso tempo mi permetto inviarti alcuni consigli
nati al calore delÌ'afietto che ti porto e così rascorrere alcuni momenti in compagnia
del mio buon Pepe, che fin d'ora ha abbondanti titoli per essere chiamaro << Don
José ».
Anzitutto, figlio mio, ricorda che d'ora in poi non ti appartieni più. Se si è detto
che è cristiano << qui Christi est )> con quanta maggior ragione il sacerdote deve
essere totalmente ed assolutamente di Cristol Non sei più del mondo, non sei
più niente della terra, neppure degli studi: sei di cristo. ogni giorno pertanto
esamina il tuo cuore per vedere se in esso tutto è di Cristo senza riserva
alcuna.
Però il Salvatore « exinanivit semetipsum factus oboediens usque ad mortem >>,
(< mortem autem crucis » tutto per amore delle anime. Ecco qui tracciato il pro-
gramma della tua vita.
Senza umiltà non c'è vita cristiana e tanto meno ancora vita sacerdotale;
scruta l'abisso delle miserie del cuore umano e umiliati sempre, umiliati molto.
L'umiltà aumenta a misura che più chiara risulta la propria conoscenza: studiati
dunque senza posa. Però non pensare che l'umiltà abbia a generare in noi timidezza,
scoraggiamentt, inazione; anzi, nessuno è più santamente audace dell'umile, nessuno
sente maggiori iniziative, nessuno è più efiìcace e operativo di colui che sa di poter
contare in tutto sull'imesistibile potere del braccio di colui che ha promesso di
versare in abbondanza le sue grazie sugli umili. Neppure ci sono le ombre della
tristezza nel cuore dell'umile, perché colui che non cerca se stesso, si invanisce
con gli esiti che riconosce non suoi, si turba per gli insuccessi perché la sua
volontà è totalmente identificata con que11a di Dio.
L'umile è logicamente obbediente e la sua obbedienza arriverà fino alla morte
quando fosse necessario: però io voglio ricordarti la morte di croce. S. Paolo diceva:
<< confixus sum cruci ». Ed ecco il sublime apostolato del sacetdote. Guai a noi
se cercassimo altra cosa! Tutti gli scoraggiamenti, le cadute, gli scandali hanno la
loro origine in questo lamentevole sbaglio. c'è un solo cammino per andare in
cielo, un solo cammino per portare le anime in paradiso e quel cammino è il
cammino del Calvario, << per multas tribulationes...l ». Colui che non è disposto a
soffrire e a soflrire molto, sarà un sacerdote disgtaziato... forse uno spergiuro, un
apostata. ogni redenzione suppone una croce, un calvario ed essendo ogni opera
buona una vera redenzione, puoi dedurre come è inconcepibile l'apostolato del
bene senza il calvario.
E' nella sofierenza, è sul calvario doce si arrivano a capire i divini arcani dello
469

52.2 Page 512

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zelo. <( Sitio! » esclamava il Redentore... Quella sete divina di anime saranno capaci
di comprenderla soltanto quelli che sofffono e cercano la soflerenza. Se preten-
diamo estinguere la nosra sete bevendo il calice delle soddisfazioni e piaceri del
mondo, saremo dei disgraziati. I1 Signore ci ha generati in mezzo ai dolori della
sua passione: noi soltanto lra le soflerenze de1 dolore riuscifemo a dare anime a
Cristo... lo zelo non può spiegarsi in un altro ambiente. Le anime si portano « ad
lucem... per crucem )>.
Oltre ad essere sacerdote tu sei salesiano e il sacerdote salesiano deve cetcare
la sua ispirazione nel modello che il Signore volle mettergli dinnanzi: il nosffo
modello è il nostro Padre, il Ven. Giovanni Bosco.
Sforzati adunque per arrivare ad essete un saceldote secondo 1o spirito e il
cuore di Don Bosco.
Don Bosco fu il sacerdote animato dallo spirito di fede, infiammato dalla
carità, sostenuto da1la preghiera, eroico per la sua costanza'
La fede, base di tttta la vita cristiana, dwe essere l'atmosfera del sacerdote,
i1 sangue del1e sue vene, i battiti del suo cuore, la guida della sua vita. Quando
si indebolisce la fede, il sacerdote si sommerge nelle acque melmose del mondo
come Piemo nelle acque del mare quando il dubbio penetrò nel suo spirito.
Coltiva, accresci la fede; falla crescere gigante nel tuo cuofe; essa è il timbro
divino degli apostoli.
<< Deus charitas est )>; tutto il segreto sta nella chiara intelligenza di queste
parole. Non poche voite non sappiamo ciò che è carità, e per questo soffriamo
iamentevoli sbagli... per questo pretendiamo cercare e praticare la carità... ci allon-
taniamo da Dio; ... rimaniamo con I'orpel|o. Ah chissà se invece di cercare Dio
e solo Dio non cerchiamo forse noi stessi! Come spiegare certi insuccessi? La
risposta è troppo evidente: « qui non colligit mecum... disperditl >>. Non etavamo
con Dio... tra sottili apparelze di carità c'era l'amor proprio... c'eravamo noi...
sempfe noi!
Poressimo conoscere i sublimi incanti, i divini segreti della preghiera del Vene-
rabile Don Giovanni Boscol Perché il nostro Padre rcalizzò tanti prodigi? Petché non
si perdette d'animo giarnmai? Perché possedeva il segreto dei trionfi più stupendi?
La risposta bisogna cercarla nelle qualità della sua pteghiera, la quale era umile,
afdente, priva di ogni intromissior-re dell'amor propfio, animata da un sovtano spirito
di fede e per questo perseverante sino alla sublime importunità che ci insegnò il
Salvatore.
Però iI Venerabile Giovanni Bosco appunto perché era uomo di fede, apostolo
di carità, modello di preghiera fu modello consumato di costanza. Sono i superbi
che si perdono d'animo, sono quelli che confidano in se stessi che si scoraggiano;
scno quelli che non sanno pregafe che mancano di fede, quelli che non sentono nei
loro petti gli ardori della carità; questi sono quelli che alla prima difficoltà indie-
treggiano, si scoraggiano, diffidano e cadono.
Non allontaniamo dunque mai i nostri occhi da questo sublime modello di per-
fezione salesiana.
Ma come ricordare il nostro Venerabile Padre senza dire che lui fu f incompa-
rabile apostolo, f instancabile propagatore della divozione verso Maria Ausiliatrice!
Non dimenticare che questo apostolato allo stesso tempo che costituisce uno dei no-
stri doveri, che non possiamo eludere è allo stesso tempo un timbro di gloria, una
fonte di felicità, una sicurezza di trionfo per i figli di Don Bosco, procuriamo che
470

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questa divozione e questo amore giungano a costituire in noi la nostra stessa natufa
affinché non ci sia momento, non ci sia azione che non sia ispirata, compenetrata
dall'aroma di questa soavissima divozione. E al nome dolcissimo di Maria Ausiliatrice
unisci, allaccia sempre i nomi dei nosti gloriosi Padri: Don Bosco, Don Rua.
Ma adesso mi accorgo di avere oltrepassato tutti i limiti della discrezione... Co-
sa vuoi! E' tanto dolce pet un padre intrattenersi con i suoi figli! Io vorrei che ar-
rivassi ad essere un sacerdote santo secondo il cuore del nostro Venerabile Padre e
per questo ho cercato di dirti qualche cosa di quello che l'esperienza mi suggerisce
affinché anche con il mio granello di sabbia mi sia dato contribuire alla tua santifi-
cazione.
Addio, figlio mio; ti benedico con tutta l'effusione della mia anima, e tu non
ti dimenticare di pregare per me affinché possa salvarmi.
,{,ffettuosi ricordi a tutti e credimi sempre tuo aff.mo in C.J.
P. RrcelooNr,
ALLEGATO N. 2]
(Appendice al Capo XIV, p. 286)
Circolare speciale del 29.1.1920.
Oggetto: Biblioteche popolari,
Ill.mo Signore,
col sorgere e moltiplicarsi di circoli giovanili e di tutta una fioritura di asso-
ciazi.oni professionali cattoliche si fa sentire più urgente il bisogno di mettere a di-
sposizione dei soci avidi di letture, libri morali, istruttivi e utili alla loro cultura
generale e professionale.
A tale scopo si propone la formazione di biblioteche popolari le quali mente
possono avere un materiale comune pet ciò che riguarda la cultura generale, abbiano
un materiale specifico a seconda del loro indirizzo professionale. Siccome poi le sud-
dette associazioni possono raggiungere un grado assai diverso di sviluppo, così par-
rebbe conveniente stabilire per ciascuna biblioteca un programma minimo, medio,
massimo.
A rendere pratico il progetto si propone di incominciare a stabilire due tipi di
biblioteche: una per circoli e associazioni di indole agtaria, I'altra per circoli e asso-
ciazioni d'indole professionale.
Ora, si fa appello alle persone competenti pregandole di voler indicare per le
materie in cui hanno speciale preparazione, quelle opere a loro giudizio più rispon-
denti allo scopo, specificando pure quali giudicherebbero utili al programma minimo,
quali al medio, quali al massimo. Si pregano poi gli egregi signori collaboratori di
avere sempre presente le seguenti considerazioni:
1) Si tratta di operai che in generale hanno un'ismuzione elementare;
471

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2) Che le suddette associazioni non dispongono di grandi mezzi finanziati;
3) Dagli operai sono preferite le letture facili e piacevoli anche quando si
tatta di argomenti tecnici.
Conoscendo quanto sia la competenza della S.V. la preghiamo:
indican-do
di voler notare nei fogli acclusi le
possibilmente editore, libreria, ecc.
opere
rispondenti
a1lo
scopo
indicato,
libri
ch-e
di voler dare uno sguardo allo schema
le sembrassero opportuni, ecc. ecc.
generale
sottostante
indicando
quei
Segue indicazione delle diverse discipline che riguardano i due tipi: agrario e
professionale.
P. RrcerpoNr
ALLEGATO N. 24
(Appendice al Capo XIV, p. 286)
Progratnmi per le Scuole Professionali,
Nel 1921 pubblicò i programmi riguardanti le scuole indusriali disribuiti in
re fascicoli.
ll primo lascicolo dal titolo: <<Coltura generale per gli artigiani )> contiene Pro-
grammi e norme riguardanti l'ismuzione religiosa, letteraria, scientifica, grafica di dise-
gno generale dei seguenti corsi:
a) Elementare con tre classi, corrispondenti alla 3u-4"-5" elementate.
à) Complementare con due classi corrispondenti alla 2" e Jo classe dell'av-
viamento.
c) Di perfezionamento con una classe corrispondente oggi alla 1u o 2u classe
della scuola tecnica industriale.
Precedevano orari generali e particolari delle materie, la distribuzione generale
delle ore della giornata. Ogni materia del programma era preceduta o accompagnata
da norme sapienti, frutto di profonda cultura pedagogica e di esperienza.
Nel fascicolo vi erano pure i programmi per Ie scuole esterne diurne e serali e
come appendice quanto riguarda i locali, l'arredamento scolastico di ogni cotso, i sus-
sidi didattici, le opere di consultazione per gli insegnanti e gli allievi più anziani.
Il secondo lascicolo dal titolo: « Arti metallurgiche » per fabbri-ferrai, mecca-
nici, fonditori, elettricisti, segnò un passo decisivo di avanzamento nel settore mag-
giormente in sviluppo in quegli anni. Contiene quanto riguarda il programma degli
insegnamenti teorici e delle esercitazioni progressive didattiche di officina, nonché
le esercitazioni di lavoro, dei cinque anni di tirocinio e del sesto anno di perfezio-
namento. Seguono norme didattiche, distribuzione di ogni materia per ogni anno del
corso, un elenco completo del fabbisogno didattico, sussidi, macchinari ecc., del
laboratorio scuola e di quello individuale per ogni alunno, ecc.
472

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Il terzo grosso e denso fascicolo, omettendo norme particolari, contiene i pro-
grammi generali di tutto f insegnamento professionale ed agrario impartito dai sale-
siani, diviso in sei categorie: arti grafiche, arti dell'abbigliamento, arti del legno,
arti metallurgiche ed elettriche, arti edilizie e scuole agricole: col titolo generale:
<< Programmi >>.
Nel 1922 videro la luce altte due pubblicazioni riguardanti le scuole agricole.
!. un grosso lascicolo (con molte figure intercalate nel testo) dal titolo:
<< Scaole agricole salesiane >> programmi e norme. Nella prima parte ratta delle
<< Scuole agricole elementari » in quattro anni, corispondenti alle classi 4u, 5", 6",
7o elementari per i figli dei contadini, esponendo il programma particolareggiaro
di ogni materia pet ogni singola classe o corso annuale. Indi tratta delle scuole
agricole di primo grado in tre anni per i figli di proprietari e per la preparazione
razionale e pratica di futuri capi-azienda'. sono le cosiddette « Scuole pratiche di
agricoltura »>.
Esposto il programma delle materie per ognuna delle tre classi o corsi annuali
presenta per ogni mese dell'anno scolastico-agtatio, da settembre sino ad agosto,
un magnifico saggio di programma dell'insegnamento teorico agtario coordinato
quanto è possibile, con l'esercizio prarico corrispondente.
Nella seconda parte si occupa delf impianto di una scuola agricola, scendendo
sino ai particolari più minuti e cioè, del terreno ed estensione di esso, delle
sistemazioni del fondo, degli edifizi, del museo agrario, delle macchine agrarie,
delf irrigazione, delle varie colture delle indusrie agrarie, dei gabinetti di chimica
di topografia, di scienze naturali, di fisica,
^tegrriaarliea,e prodotti necessari, dell'orario estivo ed
dando di ognuna
invernale, della
l'elenco del ma-
distribuzione ra-
zionale delle ore giornaliere, del personale, dei mezzi sussidiari e rermina con un
elenco delle opere della biblioteca che ogni scuola agricola deve avere.
2. Inoltre, coll'aiuto del1'architetto Mario cerradini dell'Accademia Albertina
di Torino, diede alla stampa un secondo grande lascicolo in loglio con 16 fitte
pagine di testo e 14 tavole, dal modesto titolo: « Scuola Agricola Salesiana >>. Norme
per gli edtfizi e il loro arredamento.
E' uno studio dettato da una lunga esperienza che D. Ricaldone aveva fatto
dopo aver visitato quasi tutte le Case della Società; radusse questa esperienza in
disegni in scala, con tutte le norme costruttive e con chiare spiegazioni, mettendola
al servizio di chi volesse cosruire una << Scuola agricola moderna >>.
Questa pubblicazione destinata smettamente agli Ispettori de11a Società sale-
siana e ai Direttori Interessati, ma pervenuta per combinazione alla conoscenza di
qualche esperto costruttore di Istituti, fu oggetto di grandi encomi. Lo stesso
Prof. Cerradini diceva graziosamente a D. Ricaldo
Quando a scuola mi si
presenta l'occasione, dico sempre: consultiamo il nosffo autore. E tiro fuori la
Scuola Agricola Salesiana.
11)

52.6 Page 516

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ALLEGATO N. 2'
(Appendice al Capo XIV, p. 297)
Cenno della uita e opera d,i Don Alberto De Agostini.
Don Alberto De Agostini nacque il 2 novembre 1881 a Pollone Biellese (Ver-
celli) ai piedi delle prealpi piemontesi. Dalla sua gente ereditò la passione della
montagna che col passar degli anni crebbe con lui.
Conobbe i Salesiani a Cuorgnè presso i quali frequentò il ginnasio. Forse fu
in quegli anni che la chiamata di Dio si fece sentire. Le vette e il sacerdozio pote-
vano essele una stessa chiamata e avere un'unica risposta? Alberto vide nella Fa-
miglia Salesiana la possibilità di unire i due appelli e rcalizzaili in unità: sarebbe
stato sacetdote e missionario di D. Bosco e come D. Bosco. Lo tloviamo infatti a
18 anni novizio a Foglizzo.
Nel 1902 è professo e nel 1905 si lega a Dio e alla Società Salesiana in per-
petuo. Nel 1909 è sacefdote, pronto per le missioni. La sua acs)t^t^ preparazione
scientifica 1o predisponeva non solo ad un'opera missionaria di conquista spirituale,
ma anche ad un'attività di vero pioniere e di studioso. I sogni di Don Bosco sulla
Te6a del Fuoco esercitarono su di lui un fascino eccezionale e i suggerimenti del
fratello, l'insigne geografo Giovanni, lo decisero a dedicarsi aIle missioni della Pata-
gonia.
Spiritualmente e fisicamente pr€parato, dotato di un vivissimo spirito di osser-
vazlone e di intuizione geniale fece sua patria dal 1910, le estreme e inesplorate
terre dell'America del Sud. I primi otto anni dal I9l0 al 1918, li dedicò all'apo-
stolato e ai viaggi di esplorazione nella Patagonia meridionale e nella Tema del Fuoco.
Un secondo periodo, che va fino al t946, lo spese per l'esplorazione delle catene
andine (dal 47" al 52 parallelo, soprattutto nelle regioni ghiacciate a Sud del 49")
alle cui vetre diede la prima nomenclatura che rievoca figute della civiltà cristiana e
italiana'. monte Cagliero, Pio XI, Milanesio, Matconi, ecc.
Anche l'arcipelago Fueghino tta i paralleli 52 e 56", fu campo di minute esplo-
ruzioni. I1 terzo periodo rimase incompleto, poiché silenziosamente si spense la sera
di Natale del 1960 nella Casa Madre di Torino.
L'ultima tappa l'avrebbe condotto ad esplorare il sottosuolo magellanico.
In numerose opere scritte con stile narrativo scintillante; in documentazioni fo-
tografiche e cinematografiche di precisione altamente scientifica e di squisita beTTezza
artistica, Don De Agostini lasciò documentato tutto il suo lavoro di missionario, di
esploratore e di scienziato. Don Bosco aveva visto in sogno quanto Don De Ago-
stini rrovò nella realtà. Il padre diede al figlio inrepido e fidente le premesse del
suo lavoro di esploratore, e il figlio confermò con la sua ricerca appassionata la ve-
rità delle visioni del Padre. Ma Don De Agostini non andò solo in cerca di vette
materiali; fu sempre ed anzitutto sacerdote e missionario, Amò la scienza ma preferì
le anime. In una sua opeta sctive: << In quattro mesi ho percorso Km 2150, ammi
nistrando 579 battesimi, 545 cresime, rego\\arizzando 15 matrimoni... ». I Salesiani
hanno ammirato nel loro confratello esploratore e geografo tra i massimi d'Italia « il
figlio umile ed esemplare, il sacerdote in cui la scienza ha onorato la fede e la fede
ha santificato 1a scienza... » Bollettino Salesiano », febbraio 1961).
174

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ALLEGATO N. 26
(Appendice al Capo XV, p. 301)
Graziosa leggenda sull'origine dei << giardini galleggianti >>.
Xochimilco è famosa per i suoi giardini galleggianti chiamati « chinampas » fab-
bricati dagli indi del luogo.
Racconta la storia che nel I e II secolo, cioè dall'anno 1 al 194, Acatonalli, il
primo dei diciannove re deÌla dinastia Xochimilca si stabilì nella parte sud est della
Valle di Anàhuac, cioè del1a Valle de México. In un primo tempo queste terre erano
soltanto affittate, ma nel XIII secolo e precisamente nel 1263 vennero richieste in
dono al re de Azcapotzalco chiamato Tlotzin Pochot, che ne era il proprietario.
Questi accondiscese a patto che gli indi gli presentassero come segno di grati-
tudine e di ossequio un qualche cosa di originale; egli infatti desiderava rcgalare alla
figlia, per le sue nozze, niente meno che un giardino galleggiante. I sudditi si misero
all'opera. Cosruirono :ula zatteta di regolari proporzioni legando dei tronchi di alberi
con rami di salice molto abbondanti sulle riviere della laguna; poi vi misero sopra
della terra fertile capace di alimentare delle piante di poca radice e vi seminarono le
più svariate qualità di fiori, tra cui il
do il giardino fiorì, lo portarono al
« cempoalxochitls >> e il << xomexochitls ». Quan-
capriccioso re che rimase sorpreso delf ingegno
dei suoi sudditi e della bellezza del giardino galleggiante. Come aveva promesso, diede
loro in proprietà le terre che essi occupavano. Fin qui la storia.
Attualmente queste zattere si fabbricano ancora e sono specialità degli indi, che
posseggono il segreto delle loro fiabesche cosruzioni e non 1o rivelano a nessuno, ta-
smettendoselo da padre in figlio. Questi giardini galleggianti costituiscono \\a carutte-
ristica di Xochimilco.
ALLEGATO N. 27
(Appendice al Capo XVII, p. 341.)
Per la riorganizzazione e lo soiluppo della Pia Unione Cooperatori. Dagti Atti del
Capitolo Superiore.
« I1 Prefetto Generale
raccomanda di lavorare efficacemente per la riorganizzazione e 1o sviluppo della
Pia Unione dei cooperatori e delle cooperatrici salesiane (art. 9 cost.). I sig.ri Ispet-
tori e Direttori rileggano e facciano rileggere quanto il nostro Fondatore scrisse sopra
questo importantissimo argomento, al quale egli dava la massima importanza.
Allo scopo di facilitare questo lavoro, che sarà ampiamenre coadiuvato, nel pros-
simo anno, dai diversi Bollettini, si abbiano presenti le seguenti norme:
a) Siavi in tutte le Case l'Ufficio e un Incaricato di compiere detto lavoro in
475

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conformità di quanto stabilisce L'art. 172 dei Regolamenti. Lo stesso dicasi dell'Uffi
cio Ispettoriale (Att. 162 REG.);
A) presso i competenti Uffici (Art. 172-362) siavi I'elenco aggiornato di tutti i
cooperatori e di tutte le cooperatrici;
c) si mandi, non più tardi della fine di marzo, detto elenco al Prefetto Ge-
nerale;
d.) s'abbia cura di indagare se il Bollettino è recapitato, a tempo debito e di
prowedere qualota vi fossero dei disguidi.
ghi,
dei
CaSonacophppeeiargamrtaoovrcii,h-me avcioannscoshnpeoedrqpeuelafobeudo1inàB, n-oollmeptetuinsriaroleepsicpaonono,.
delle manchevolezze in certi luo-
danno, non solo della Pia Unione
Si rifletta che I'organizzazione e la diffusione dei Cooperatori e delle Coope-
ratrici ci aiuteranno, nel modo più efficace, a superare Ia crisi che pesa particolarmente
sulle Istituzioni che, come ]a nostra, vivono della carità delle anime buone ».
ALLEGATO N. 28
(Appendice al Capo XVII, p. 354)
Alcune lettere che lo rnanifestano << uortlo di consiglio >>.
Torino, 22-lX-1922.
Carissimo Don Persiani.
Ben di cuore accondiscendo alla tra domanda. Ma la carezza che tu desideri io
faccra a codesta Ispettoria bambina non è questa mia condiscendenza ma bensì la
preghiera che innalzo al Signore perché benedica e fecondi ogni tua iniziatlva e ricolmi
te e tutti i tuoi confratelli colla pienezza dello spirito di Don Bosco.
Coraggio, mio caro. Confida in Dio: è dalla fede lorte vissuta che riceverà luce
e fotza la tua nuova missione. Unito costantemente, setenamente a Dio, tutto ti sarà
facile e mai vi sarà turbamento nel tuo spirito. Il primo buon esempio che darai ai
tuoi confratelli sia quello di una pietà illuminata, pratica, basata sull'umiltà, rischia-
ruta dalla fede. Sii Èadre: e l'amore del tuo cuole paterno attingilo ogni giorno dal
Cuore di Gesù, dagli esempi e massime di Don Bosco. Sii padre sempre e con tutti,
ma specialmente nell'ora della prova e con i figli meno riconoscenti alle tue cule o
financo prodighi.
Nella paternità, fatta di carità, è tutta la forza del Superiore. Sii calmo, sereno,
amabile, specialmente quando l'amore dovrà manifestarsi nel consiglio, nel1a corre-
zione; anche, anzi specialmente in questi casi, la tua carità incoraggi, sollevi, faccia
capire che nel tuo cuore rinasce piena la fiducia dinanzi ai ptopositi di vita migliore.
Ascolta molto, parla poco: sii parco nel promettere, generoso nel dare. Raduna
con frequenza il tuo consiglio. Lascia ad ognuno l'ampia libertà di espolre la pro-
pria opinione . La t:ua forza sia nelle Costituzioni, Regolamenti e in ogni disposizione
dei Superiori; da queste fonti ricava la tua dotttina, il riflesso di ogni tuo consiglio,
avviso, ordine, correzione. Ai tuoi consiglieri manifesta affetto e confidenza.
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Le tue prime e più diligenti cure siano ai Direttori. Visita possibilmente due
volte, con calma, e diligentemente le tue case. Nelle visite ascolta tutti senza ecce-
zione, visita tutto anche i luoghi nascosti, fatti un'idea chiara dell'andamento morale,
intellettuale, amminisrativo del1a casa. Abbi cure più diligenti ed affettuose per gli
ammalati fisici e morali. In tutto però abbi cura di sostenere l'autorità del Direttore
e di accrescerne il prestigio. Insisti perché sia viva 7a pietà, generoso il lavoro fatto
con spirito di fede, forte e sincera l'unione dei cuori, praticato il sistema preventivo,
osservato il silenzio della sera, fatto mensilmente e da tutti il rendiconto, mai trala-
sciate le due conferenze mensili, serena e costante l'allegria, curata 1a pulizia, sano e
gradito il cibo nella sua povertà, nelle visite, nelle vacanze, ecc.
Diffondi e fa' che tutti diffondano la devozione di Maria Ausiliatrice. Parla e
parlino tutti molto di Don Bosco, dei nostri grandi Padri, delle cose e glorie nosre,
delle missioni, dei nostri Venerabili.
Coltivate con ogni diligenza le vocazioni, curate la formazione dei Chierici e
la perseveranza dei professi. Abbiate fede e perciò a{,frontate con generosa prudenza
le opere di carità che stavano a cuore a Don Bosco.
Abbiate cure più amorose per i più poveri materialmente e moralmente. Tenete
in fiore gli oratori festivi, amate i poveri artigianelli e agricoltori, date la preferenza
agli istituti ove sia possibile coltivare le vocazioni. Non aver timore che sianvi troppi
candidati alle missioni; sarà questa la prova migliote della bontà dello spirito nella
tua Ispettoria. Per ogni missionario che darai, il Signore ti manderà altre molte vo-
cazioni e farà scendete sui tuoi Istituti speciali benedizioni.
Organizza i Cooperatori e gli exallievi: queste due potenti organizzazioni sono
{onti di elemosine, baluardi di difesa.
Soprattutto poi sii in frequente corrispondenza con i tuoi Superiori per averne
aiuto, consiglio, conforto. E fa' che le menti e i cuoti di tutti convergano al centro
e in particolare al cuore di chi Iddio ha prescelto a depositario del pensiero e dei
sentimenti di Don Bosco, a Padte della nostra cara famiglia salesiana.
... Ed ora mi avveggo che, essendomi proposto di rispondere due brevi parole
alla tua lettera, il cuore mi ha portato ben lungi dalla mia intenzione. Sappimi scu-
sare: è affetto, è il desiderio del tuo bene e di quello di codesti tuoi confratelli,
alunni, ed opere che mi ha {atto parlare.
Coraggio. Viviamo uniti in Dio, in Maria Ausiliatrice, in Don Bosco. Saluta tutti
e prega per il tuo affezionatissimo in C.J.
Sac. P. RrcelpoNs )>
Scrive Don Renato Ziggiotti: << La seguente lettera del settembre 7924 7a pro-
vocai dal Sig. D. Ricaldone già Prefetto Generale, dopo la mia nomina a Direttore
della nuova casa di Pordenone. A 32 anni di età, con un tirocinio di guerra, studi
teologici accomodatizi, gli esponevo le mie perplessità... ed egli mi animò paterna-
mente a fare l'obbedienza. E' un programma completo, riassunto del Manuale del
Direttore.
A1 termine del sessennio di Pordenone dovetti fare il secondo pericoloso salto a
Torino, per assumere il peso dell'Ispettoria Centrale e in quella occasione ebbi dal
Sig. D. Ricaldone l'aiuto più paterno, Ia preparuzione del personale, i consigli quasi
quotidiani che mi isradarono a lavotarc nelle Case di formazione, campo per me
nuovissimo e di alta responsabilità, cui mi pareva di essere assolutamente impreparato.
411

52.10 Page 520

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Carissimo Don Ziggiotti,
Torino, l-9-1924
Non volevo mandarti un semplice biglietto di saluto e congratulazione e perciò
tardai a risponderti.
Oggi godo di poter passare con te alcuni minuti e sarei felice se, con qualche
consiglio, riuscissi utile a te e alle anime che ti sono affidate.
Sta bene: fa' innanzitltto e sempre la volontà del Signore. Non sono le occu-
pazioni, ma il modo con cui si disimpegnano che ha valore e metito dinnanzi a Dio.
Sii Direttore secondo il cuore e 1o spirito di Don Bosco. Leggi con frequenza i
punti de1le Costituzioni e Regolamenti ove son fissati i tuoi doveri: rileggi poi atten-
tamente i << Ricordi » di Don Bosco e il « Manuale del Direttore » del Sig. D. Albera.
Vedrai che da queste letture vetrà, rufforzato in te il ptimo, costante grande do-
vere del Direttore, ch'è di essere con tutti e sempre Padre. E' proprio il caso di ripe-
tere'P-adreamcàoiect ofancfraqtueolldi:
vis.
mostra
loro
grande
confidenza,
affetto,
desiderio
di
aiutarli.
Quando puoi favorirli fa capire il tuo piacere: quando devi negare qualche cosa
manifesta tutta la tua pena. Raduna mensilmente il tuo capitolo: dà la più ampia
libertà di esporre, suggerire, indicare ciò che ciascuno giudichi conveniente al bene
della Casa. Non aver mai paura della verità: è nel suo ambiente che vive e si nf.forza
la carità.
Fa' le tue conferenze mensili: in esse richiama i confratelli allo spirito di fede,
all'unione con Dio, alla carità, al sacrificio, al lavoro, all'osservanza delle Regole. Dà
alle tue con{erenze una intonazione fraterna, famlliarc, paterna.
Sii rigidamente costante nel ricevere i rendiconti ogni mese e da tutti. E' qui
la chiave del buon successo nella direzione, il vincolo dell'unione, il gran rnezzo pet
dirigere, per {ormare, per riuscire. Prendi l'abitudine di chiamare ogni mese, tu stesso,
tutti i confratelli con motivo dell'esercizio della Buona Morte.
Coi confratelli più bisognosi di aiuto e compatimento, coi chierici, coi coadiutori,
cogli ammalati, sia ancor più paterno il tuo affetto, più delicate le tue cure.
Sii padre coi giovani, con tutti e in tutto.
Abbi cura del loro corpo, della salute, della pt:Jizia, delf igiene, del cibo, della
tettezza nei dormitori, refettori, soprattutto nei luoghi di decenza, in tutta 7a casa.
Abbi cura del1a loro formazione intellettuale, visita le scuole, tieniti informato
dell'andamento degli studi, della proprietà dei libri e quaderni, della scuola di cate-
chismo e religione in particolare.
Specialmente poi abbi cura della loro formazione morale: il nostro sistema edu-
cativo poggia tutto sulla carità, sulla religione, sulla pietà; dà a questa grande im-
pulso, particolarmente alla S. Comunione. Serviti della predicazione domenicale, del
sermoncino della sera, di colloquii privati per rendere sodo il carattere cristiano,
cosrante la pratica della virtù. Coltiva le vocazioni in particolare colla cura delle
Compagnie.
Fa' che l'educazione sia eminentemente e tutta salesiana, poggiata sul sistema
preventivo.
La tua casa sia un cenro di devozione di Matia Ausiliamice e di movimento
missionario. La r:ua {orza tutta in Dio, la tua vita abscondita cunn Christo in Deo. La
tua pace quella del dovere compiuto. L'ambiente de11a casa, la serena allegria del volto
di Don Bosco.
478

53 Pages 521-530

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53.1 Page 521

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Coraggio!! saluta tutti. Finisco perché non c'è più spazio. Ti benedice di cuore
il tuo aff.mo.
D. P. Rrcer-oottB
A Don Paolo Colussi, eletto Direttore, elargisce norme
Carissimo Don Paolo,
Torino, 5 febbraio 1910
ti soivo e nome del Rev. Sig. Don Rinaldi e del Capitolo Superiore per comu-
nicarti che sei stato eletto Direttore della casa di Lisbona. Ricevuta questa lettera
mettiti subito a disposizione di D. Giorgi e va ad occupare il posto che ti fissa l'ub-
bidienza.
Noi preghiamo perché possa essere un Direttore secondo 1a mente e il cuore de1
nostro Beato Don Bosco. Anzitutto prega molto: confida solo e sempre nel Signore,
mai in te, né negli uomini.
Sii umile e considerati come Io stumento più povero nelle mani di Dio.
La vita interiore sia Ia tua lotza, parla sempre bene dei tuoi predecessori e
lodane l'operato. Non aver fretta di fate modificazioni: esamina, rifletti, consulta,
prega e poco alla volta senza scosse fa quello che esige il bene delle anime.
Ricevi ogni mese e anche con più frequenza se sarà necessario, i rendiconti dei
confratelli, è questa la chiave di volta pel buon andamento de1la casa. Li riceverai
nel tuo studio, lascia che tutti si aprario e sfoghino con filiale confidenza e libertà.
I1 più delle volte i confratelli hanno solo bisogno di vuotare in un altro cuore le
pene del loro cuore. Nel rendiconto non sgridare mai, non dire cose spiacevoli, inco-
raggia, sii amico, fratello, Padre.
Fa' ogni mese le due conferenze: parla di vita spirituale, della perfezione, della
vita religiosa, di Maria Ausiliatrice, di Don Bosco, della Congregazione, del modo
migliore per fare il bene ai giovani.
Mostra grande fiducia nei confratelli, incoraggiali sempre, non awisarli mai in
pubblico, parla bene di loro con tutti, sostieni la loro autorità.
Tra i giovani coltiva la pietà, la ftequenza ai santi Sacramenti. Formate le com-
pagnie, ordinate le scuole, i laboratoti, mettete ordine, plultzia, disciplina, santa allegria,
sefeno entusiasmo.
Siate severi per ciò che riguarda la moralità: nessufì scandalo sia tollerato. Se
in casa non vi sarà iI peccato avrete le benedizioni del Cielo.
Coltiva i Cooperatori, organizzateli e fate una ben ponderata e attiva propaganda.
Siate apostoli della divozione di Maria Ausiliarice e del Beato D. Bosco.
Coraggio. Incomincia con slancio nel nome del Signore.
Ti saluta e ,benedice di cuore il tuo aff.mo in C. J.
Sac. PrBrno RrcerpoNB
A11o slesso, che gli presentava le difficoltà incontrate rispondeva:
Torino, 29 agosto 1930
1) Vivi unito a Dio con spitito di fede e pietà: da solo non riuscirai a nulla.
479

53.2 Page 522

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2) Spogliati di te stesso: è questa la condizione per unirti a Dio, perciò guerra
alla superbia, alla vanità, allo spirito mondano.
l) Cerca solo la gloria di Dio e mai te stesso. Dio e anime: ecco tutto il tuo
grande ptogramma.
4) Vedi, con fede profonda e costante Iddio nei suoi rappresentanti. Amali, ub-
bidiscili con filiale confidenza, sii sempre unito a loro come a Dio, che rappresentano.
5) Parla poco e rifletti prima di parlare. Nolite jiudicare et t'ton judicabirnini.
Evita le critiche e le mormorazioni.
6) Sii santamente ottimista e il tuo ottimismo nasca della tua confidenza in Dio
e dalla diffidenza di te stesso.
7) Noaitates deuita. Abbiamo le Costituzioni, i Regolamenti, le Tradizioni: è
questa la via da seguire. Sii esemplarmente, costantemente osservante.
8) La Congregazione ricomincia ir Portogallo; ne siete i fondatori. Sentite tutta
la responsabilità che pesa su di voi. Gettate le fondamenta: si costruirà su di esse.
La Congregazione sarà come l'avrete iniziata e avviata.
9) Sii fedele al S. Preventivo, fornenta la pietà e la frequenza ai SS. Sacramenti,
base di esso.
L0) Manete in caritate; ma non dimenticare che lortis est ut rnors dilectio. La
carità si alimenta e si espande coi sacrifici; senza di essi non avrete frutti di re-
denzione.
11) Santa delicatezza, forte riserbo, purità illibata nel trattare coi giovani e con
qualsiasi altra persona. Se mancasse ciò faremmo opera deleteria.
12) Amate l'ordine, \\a puJrzia, la disciplina in un ambiente di soave dolcezza.
13) Studiate, amate, imitate sempre più e meglio il nostro D. Bosco. Parlatene,
diffondetene la divozione e i santi insegnamenti.
14) Siate apostoli della divozione a Maria Ausiliatrice.
15) Mai partiti, mai politica, mai nazionalismo. Unità di mente, di cuore, di
azione nel nome e con lo spirito di Don Bosco.
16) Niente ti turbi. Sempre santamente allegro. Rendi felice chi ti circonda, colla
bontà e carità.
17) Coraggio. Un gran premio ci aspetta con Gesù, Maria Ausiliarice e Don
Bosco eternamente in cielo.
Sac. P. Rrce.rooNs
Molto interessante è un gruppetto di lettere di risposta a Don Virginio Battez-
zati, Maestro dei Novizi a Lavrinhas nello Stato di S. Paolo in Brasile.
Carissimo Don Battezzati,
Torino, L6-VII-L922
Rispondo subito alla tua carissima e mentre ti ringrazio delle {elicitazioni vorrei
esortarti a non lasciare di pregare per me.
480

53.3 Page 523

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Godo delle consolanti notizie che mi comunichi e voglio sperare che saranno
anche migliori in awenire.
La risposta alla rua domanda non è tanto facile perché se in tutte le cose è
pericoloso generalizzare, il pericolo diventa maggiore allorché si ratti di discernere
ma gli spiriti e i caratteri, che, come ben sai, si differenziano non poco I'uno dal-
l'altro.
Ad ogni modo, in via di massima, non conviene insistere, e meno ancora spin-
gere, quando si tratta di soggetti fiacchi e deboli nel1a castità, di individui molli e
ignavi, di eccentrici, di giovani di poco criterio pratico, di soggetti chiusi, pessimisti,
sussumoni, di caratteri violenti e attaccaticci. Pio X diceva essere preferibile esclu-
derne dieci buoni anziché ammetterne uno cattivo. Nei casi particolari poi giova
pregare assai, provarli nel oogioÌo dell'umiltà, del lavoro, del sauificio, della confi-
denza, e considerare anche gli antecedenti di famiglia.
... Facciamoci coraggio. Forma cotesti giovani allo spirito di fede, di umiltà, di
saoificio, di lavoro, di confidenza, di santa allegria. Salura tuti e prega per il tuo
Aff.mo in C. J. P. Rrcer.»oxs
carissimo
Tteno' 29-vrl-1924
Ti ringrazio della bella lettera. Ritorno dalla visita alle case dell'Inghilterra e
approfitto, in viaggio, di un momento libero per risponderti.
Deo gratias delle buone notizie. Difficoltà? Ne troveremo sempre se non ci
allontaniamo dal7a via del Calvario.
Coraggio. Badiamo molto alla sosranza, spirito di fede, vera umiltà, sacrifizio
generoso, rinunzia al proprio giudizio, lavoro diretto dall'ubbidienza, costante allegria.
Non temere di escludere toppi, temi invece di aprire le porte a chi possa essere
causa di scandalo e rilassatezza.
Nelle piccole cose badiamo anche a certe usanze del paese. Non vanità seco-
laresche: però pulizia.
Pei capelli in certi paesi c'è I'esigenza della spartita. Se potete evitarlo è meglio.
Si può tenerli ordinati senza toppe storie.
Certo si può aspettare ben poco da chi, dutante il periodo di formazione, non
sia capace di fare il piccolo sactilizio del ciuffo o della spartita.
Comunque, siete sul posto, combinate coll'Ispettore, stabilite e poi esigete. Pel
resto vinci i cuori con l'affetto e le volontà coll'amore e la bontà: è questo il nosmo
sistema. Non debolezze, perché lortis ut rtors dilectio, ma carità che sa immolarsi.
Addio: sta santamente allegro e spandi l'allegria santa e serena intorno a te.
Saluta tutti e prega pel tuo aff.mo in C. J.
P. Rrcelooxn
Carissimo D. Battezzati:
Torino, 3-L-L926
Ricambio di cuore gli auguri. Deus qui Charìtas est, ?naneat senzpre nobiscum
in humilitate et gaudio crucis. Arnen!
Fatevi coraggio. Formate cotesti cari giovani a un forte spirito di fede che 1i
481
31

53.4 Page 524

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porti e li unisca a Dio; a una profonda umiltà base della loro preghiera e ubbidienza;
a una carità ricca di sacrifizi, rinunzie, mortificazioni; a un lavoro generoso, gaio,
irradiato di fede che lo renda soprannaturale; a quell'allegria che è frutto di pace e
del dovete compiuto, che non vede oscufo, che diffonde ottimismo sereno e rende
stabile e soave 1o spirito di {amiglia.
Maria Ausiliatrice di cui dobbiamo essete figli e apostoli ci faccia sempre meglio
conoscete, amare, imitare Don Bosco.
Vi benedice di cuore il vostto aff.mo in C. J.
Sac. P. RrcerooNe
La risposta seguente venne sctitta a Don Battezzati quando era a Cumiana.
Totino, 7-l-1932
Carissimo Don Virginio.
Grazie di tutto. Sono tanto utili ed efficaci le preghiere! Continuiamo a pre-
gare pef il carissimo D. Rinaldi: anche se non serviranno a Lui salanno di grande
giovamento a noi.
Bravi: lavorate alla formazione di codesti cati figliuoli. Devono rivivere nelle
case missionarie specialmente i Savio, i Magone i Besucco: rivivranno al soffio
del nosmo zelo e più che tutto del nostro buon esempio.
Fede, pietà, unione con Dio, santificazione del lavoro, slancio per essere a
tutti umilmente di buon esempio e nel compiere piccoli sacri{izi con serena alle-
gria; ecco i punti sui quali giova insistele mentle vi sforzate di condurli a Dio
nel Sacramento dell'Amore e al Beato Don Bosco che deve essere loro Padre e
Modello.
Maria Ausiliatice benedica i vostti storzi. Manete in charitate.
Vi saluto e benedico. Ptegate per me
Sac. Prerno RrcerPonB
Aff.mo in C.J.
Fu ricco di consigli anche con la nipote Figlia di Matia Ausiliatrice Suot An-
giolina, che, come diretrice sentiva tutta la responsabilità della sua catica.
« ...Non preoccuparti di nulla. Devi avere un desiderio solo, quello di fare
sempre ed ovunque la santa volontà di Dio. Ricorda però che non dobbiamo
suggerire noi al Signore quale debba essere la sua volontà. Mettiamoci {iduciosi
nelle sue mani e nulla ci turbi. Non è la casa, l'occupazione, \\a carica che ci deve
importare: bensì di santificarci con semplicità e generosità in qualsiasi luogo e occu-
pazione. Sta' dunque santamente allegra... >>.
In un'altra fa come un piccolo ffattarello di direttorato...:
« ...Sarai felice facendo l'obbedienza: perciò fa generosamente quanto ti ha
detto la Sig. Ispetmice. Sii missionaria dove ti trovi. A,bbi dei Missionari la fede,
l'umiltà, lo zelo, lo spirito di saoificio.
Colle Suore sii madre: ascolta molto, pada poco, non promettere ed invece
generosamente quando si può e conviene.
482

53.5 Page 525

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Colle giovani sii serena, uguale di carattere, solo preoccupata del bene delle
loro anime, soprattutto costante.
Colle persone esterne usa di grande prudenza e carità; parla sempre bene
ed usa maniere cordiali e sincere senza affettazione. Soprattutto poi vivi sempre
unita a Dio. Sforzati perché l'osservanza sia non solo esatta, ma piacevole. Porta
dovunque ed a tutti il sorriso sereno e santo del Beato D. Bosco. Fomenta in tutti
i modi la devozione a Maria Ausiliatrice. ... ».
E ancora in un'altra dell'ultimo periodo in cui fu Prefetto Generale; è degli
ultimi mesi, dell'aprile 1932, un mese prima di essere Rettor Maggiore:
« ...Tu poi stai tranquilla: ricorda che la perfezione sta nel fare con serenità
e generosità la volontà di Dio. Noi siamo poveri sffumenti nelle sue mani: l'essen-
ziale è la piena docilità e santa allegria.
La scopa è sempre scopa; oggi serve a scopare la stalla e domani la sala.
Il turibolo spande profumi fra Ie luci, le sete, gli ori dell'altare e subito dopo è but-
tato in un cantuccio della sacrestia: non deve insuperbirsi prima avvilirsi dopo.
Così noi: siamo umili strurnenti di Dio per fare la sua volontà dove, quando e pel
tempo che a lui piacerà... >>.
Sapeua trouare la uia del cuore
Le letterine scritte periodicamente al confratello coadiutore Clitheroe Vittore
che dopo anni di indefesso lavoro a S. Benigno era stato mandato a Cape Town
in Sud Africa, mostrano la bontà di Don Ricaldone. Nonostante tutti i suoi impe-
gni, egli ffova modo e tempo per dare al generoso confratello notizie del suo amato
campo di lavoro lasciato ai primordi e ora completamente trasformato, perché senta
quanto è ricordato da chi ha vissuto con lui gll inizr dell'opera e da tali vincoli
di carità sia rinfrancato e spinto a donarsi con uguale dedizione alla nuova opera
del Sud Africa.
Carissimo Clitheroe,
Torino, 1,4 gfugno L928
solamente adesso tta le mie carte ammucchiate dopo la lunga assenza trovo il
tuo biglietto auguratre e ti rispondo quindi con grande ritardo.
Sai che ti ricordo sempre e ti rivedo ancora a S. Benigno, menrre sei così
lontano. Volentieri sarei passato anche dal Capo, ma la mia assenza da Torino era
già troppo prolungata e dovetti rinunziare a questa mia soddisfazione: ti avrei rive-
duto con tanto piacere... Sii sempre devoto di Maria Ausiliatrice: ritienila come la
tua vera Mamma, come la tua Guida e Maestra e stà sicuro che tutto ti riuscirà
bene. Lavora da buon figliolo di Don Bosco, volentieri, pensando sove[te al premio
del paradiso, santificando il tuo lavoro con le giaculatorie e l'unione con Dio, e così
ti latai tanti meriti... ».
I1 19 agosto 7929 ritorna al buon coadiutore: « ...ti ricordo sempre con af-
fetto e posso assicurarti che a S. Benigno è sempre vivo il ricordo del buon
Clitheroe che ci teneva tanto allegri. Se vedessi come S. Benigno è trasformato! Vi
sono due magnifici laboratori pei Falegnami e pei Meccanici, e ora si è ultimato un
483

53.6 Page 526

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bellissimo laboratorio per le macchine tipografiche. Ti do queste notizie perché
so che ti fanno piacere. Coraggio: lavora sempre con spirito di fede, sii diligente
nella pietà e procurate che regni tra tutti la squisita carità. Coi giovani Pratica
sempre il sistema di D. Bosco e otterrai frutti abbondantissimi... ».
E ancora il 17 tuglio l93O: <<...Ti ticordo sempre con affetto paterno: anche
a S. Benigno ti ricordano sempre. Anche lontani ti siamo vicini col cuole e con
1o spirito e ti seguiamo in tutti i tuoi passi e sempre ti raccomandiamo alla nostta
cara Ausiliatrice... >>.
Parole calde di Padre a cui potevano sempre stare unite le raccomandazioni
senza che queste pesassero, ma anzi, rendendole graditissime e desiderate'
ALLEGATO N. 29
(Appendice al Capo XVI, p. )56)
Lettera di Don Ricaldone a Don Alberto De Agostini
Carissimo Don De Agostini,
Torino, 7 marzo 1928
Mi affretto a rispondere alla tua lettera.
Anche io avrei avuto piacere di salutarti prima che partissi.
In quanto al tuo improvvisato viaggio alla Tena del Fuoco solo devo dirti
che era intenzione dei Superiori che nulla si facesse senza ptima esserti presentato
al Sig. Ispettore e avere combinato ogni cosa con lui.
Per evitare appunto almi malintesi procurerò di fissare in questa lettera il
nosro pensiero; ne mando copia al sig. Ispettore:
l. Filna della Terra del Fuoco
a) Sviluppato il negativo, ne farai, d'accordo col Sig. Ispettore, quel numero
di copie positive che Don Manachino e Don Serié ne richiederanno e poi mande-
rai ne1 modo più sicuro il negativo a Don Molfino perché formi parte del nostro
materiale missionario.
A) Qualora credessi
rrattandosi di più copie
conveniente fare anche per noi un positivo, petché
riesca minore, non avremmo difficoltà a rifondere
la spesa
il costo.
2. Spedizione alla Cordigliera
a) Lrvittttto ti presenterai al tuo Ispettore Don Manachino.
A) Qualsiasi tuo progetto deve essere esposto e apProvato da lui.
c) E' nostra intenzione che i lavori da compiersi e da pubblicarsi poi, siano
tali da potere e dovere portare il distintivo Salesiano.
/) Non intendiamo permettere imprese che possano coinvolgere Iinanziaria'
mente la Congregazione e suscitare in qualsiasi misura competizioni politiche o anche
solo audacemente amischiate.
484

53.7 Page 527

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e) Comunque si vuole che qualsiasi determinazione presa in pieno accordo col
Sig. Ispettore sia messa per iscritto, ad evitare incresciosi malintesi.
). Quale sarà il tuo laooro?
a) Siccome vai a disposizione del Sig. Ispertore, intendiamo di lasciare a lui
Ia più ampia libertà e tutta la responsabilità riguardo alle tue occupazioni.
A) Se egli crederà usufruire le tue doti e inclinazioni per lavori illustrativi
della missione patagonica sia per un film che tramandi ai posteri gli usi, costumi,
ffadizioni teligione, caccia, pesca, giuochi, superstizioni, leggende di coteste tribù
prossime ormai a spegnersi per morte o assorbimento, sia per rimame in fotografie,
diapositive, film, la natura, fauna, flora, ecc. senza escludere i grandi impianti, Iavoro,
industrie della civiltà moderna riguardante pozzi di petrolio, cave, estazioni del-
1'oro o altri metalli, bacini, dighe, canalizzaztone, pastorizia, allevamento del bestia-
me, frigoriferi, conserve, trasporti) ecc. come pure e soprattutto per illustrare, nel
modo indicato, con verità, semplicità, naturalezza i\\ lavoro compiuto dai Salesiani
e dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, se per rurte queste cose il Signor Ispettore
vomà usufruire della tua attività e abilità noi ne saremo contenri... Anzi crediamo
che convenga raccogliere il materiale indicato come documentazione storica sia a
scopo di vantaggiosa propaganda.
c) Intendiamo però che in tutto ciò la tua dipendenza dal Sig. Ispettore,
sia completa, costante e senza eccezioni di sorta per il bene tuo e comune tranquillità.
Ecco quanto mi premeva comunicarti. Desideriamo liberarti da qualsiasi legame
che possa turbarti e rascinarti fuori di casa.
Solo vivendo \\a vita religiosa in tutte le sue manifestazioni determinate dalle
Costituzioni, dai Regolamenti sarai felice e dal tuo lavoro ne scatureranno meriti
abbondanti.
Coltiva la pietà, ama il raccoglimento, vivi nella carità, santifica il lavoro col-
l'unione con Dio e vivi felice.
Coraggiol Fa che i Superiori possano essere contenti dell'opera tua. Ti saluta
e benedice il tuo
aff.mo in C.J.
Sac. P. Rrcer-ooNr
ALLEGATO N. ]O
(Appendice al Capo XVIII, p. 371)
Proposto da Don Ricaldone, approoato dal Capitolo Supeùore, il Prograrnrta d.i
azione per la commemorazione del 50" delle rnissioni salesiane.
DAL VERBALE DEL CAPTTOLO SUPERTORE (17_6_1925)
1) Una grande funzione e numerosa spedizione di Missionari per 1'11 novembre p.v
2) Consacrazione della chiesa della S. Famiglia di Borgo S. Paolo (Torino).
485

53.8 Page 528

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3) Piccoli Congressi missionari nelle varie case dov'è possibile, nazionali nelle varie
nazioni, internazionale a Torino.
4) Intensificare la confezione di parameui sacri e almi oggetti utili ai missionari.
5) Rendere più solenne e {ervorosa la funzione del 24 di ogni mese con speciali
intenzioni per Ie missioni già esistenti e per quelle di ptossima fondazione;
diffondere « Gioventù Missionaria » e biografie dei nosri Missionari.
6) Preghiete, consigli pratici per suscitare e avere buone vocazioni missionarie; sug-
gerire la costituzione di Borse missionarie.
7) Aprire succutsale Istituto Card. Cagliero all'esteio; cominciare a stampare « Gio-
ventù Missionaria >> in lingua spagnola.
,L'anno cinquantesimo correva dall'11 novembre 1924, all'LL novembte 1925.
Poichè coincideva con l'Anno Santo proclamato da Pio XI, pef non distfarfe la
pietà dei Cooperatori il Rettor Maggiore stabilì che le celebrazioni salesiane fos-
iero anticipate nella terra nella quale approdarono i primi salesiani e che altrove
rimanesse nell'anno scolastico 1925-26.
ALLEGATO N. ]1
(Appendice rtl Capo XVIII, p. 376).
L'Agenda di D. Ricaldone nel 1929
Cennaio
2 - Piossasco
6 - Foglizzo
12 - Alla Crocetta
1l - Conf. Mission. alla Crocetta
19 - Partenza suore per l'India
Montodine - Crema
23 - Con{. alla Ctocetta
27 - Conf . mission. a Cuneo ore 17
Febbraio
I - S. Francesco a Valsalice
Conf. a Chieri nel Duomo ore 15
ai Cooperatori
7 S. Francesco a Penango
10 - Conf. a S. Giovanni
Messa e predica suore
1l - Crocetta
24 - Perugia - Conf. Mission.
Marzo
l-Conf.aCuneo
10 - Bra
17-Conf.aMilano
19 - Mattinetto - Perugia
28 - A S. Paolo: Suore: 150 Pr. Com.
29 - Castelnuovo
J4 - Messa a S. Paolo - Ivrea
Aprile
3 - Cumiana
4 Riunione Dir. e Isp. delle Scuole
Agricole
5 - Gita coi Dir. e Isp. a Cumiana e
Lombriasco
6 - Verona
7-Confer.aVerona
18 - Cumiana - con D. Giraudi
25 - Chiusura S. Esercizi a Cumiana
486

53.9 Page 529

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26 - Di.re al Podestà di Torino se al 2
vuol fare un messaggio al mondo
annunziando Ia Beatif. di D. Bosco
27 - Pisa
28 - Livorno - Conferenza
Maggio
5- Valsalice
7- Cumiana
9- Liceisti Valsalice
t2- Orat. S. Paolo viene a Maria Ausil.
per la Messa cantata. Alla seta re-
cita in teatro per la Giunta Dioce-
sana per il Giubileo del Papa.
t9- Adunata Oratorii: Monterosa-Agnel-
li - Cumiana
20- Pellegrinaggio Patronesse S. Paolo
21. - Pellegr. Monterosa
25- Ivrea
28- Valsalice
)q- D. Rinaldi va a Roma
3l- U dienza Pellegr. Piemontese
Giugno
1 - A Roma coi Capitolari
1l - Prima pietra Rebaudengo
16 - Pellegrinaggio ai Becchi
26 - Crmiana
29 - Esercizi spirit. Ctocetta
J0 - Esercizi spirit. Ctocetta.
.\\ettembre
7 - Mirabello
13 - Chiai
14 - Chiari - Chiusura Esercizi
15 - Castelnuovo
18 - Vestizione a Foglizzo
19-Vestizionealvrea
21 - Vestizione a Penango
Ottobre
7 - Crescentino
17 - Conf. mission. a Biella - Teatro So-
ciale
19 - Milano - Monza: Pollaio modello
20 - Como: feste in onore di D. Bosco
dai Guanelliani
27 - Discorso del Beato: ore 16
Conferenza: ore 20
Nouernbre
12 - Conferenza - Crocetta
23 - Acqui
24 - Acqui
27 - Confer. Crocetta
28 - Chieri: lapide a D. Bosco
29 -Bagnolo - Cumiana
30-Casale-Mirabello
Luglio
6 - Esercizi Crocetta - Chiusura
8 - Triduo a D. Bosco alla Crocetta
14 - Ivrea - Ore 6 monumento
2l - Certosa Chiusa Pesio con D. Rinaldi
24 - Biella - Conf. missionaria
27 - Cumiana con Mons. Coppo
Agosto
20 - Esercizi Confratelli - Centrale
2l - Riunione Dirett. Case Missionarie
25-27 - Riunione Ispettori
Dicetnbre
I - Cumiana
5 - Milano: avicoltura
8 - Penango
9 - Cumiana
1l - Triduo in cattedrale
14 - Confer. alla Crocetta
24 - Ivrea
26 - Conf.er. alla Ctocetta (Vigilia Eserc.
Spirituali)
27 - Bagnolo
J0 - Cumiana
J1 - Conferenza
487

53.10 Page 530

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ALLEGATO N. ]2
(Appendice al Capo XX, p. 404)
Dati statistici del Vicariato Apostolico di Shiu Cbou al L' luglio 7927.'
GENERALITA'
Superficie
Popolazione
Cattolici
Dismetti
34.000 Kmq.
2.506.046 abitanti
3.646
11
PERSONALE
Sacerdoti
t4
Sacerd. Indig
1
Suore'
9
Catechiste 3
76
Maesmi
3L
Maestre
7
Battezzatoti
\\5
Battezzattici
t7
OPERE
Seminario:
Corso preparat. - alunni r5
Corso minore - alunni
7
Corso maggiore - alunni
4
SCUOLE:
Miste
17 - scolari 49L
Catechistiche 5 - alunni 82
Catechistichefemmin. 4 - alunne 66
Catechisticheinfer. 2 - alunni 23
Profess.masch. 1-alunni 26
Profess.femmin. 1-alunni t4
Collegimasch. 2-alunni t70
Collegifemmin. 1-alunne 25
Collegi di catech. 1 - alunni L4
Brefotrofio
1 - bambini 21
Ricoveromasch. 1-degenti 9
Ricoverifemmin. 1 - degenti 5
Stazioni
52
Chiese pubbl.
8
Cappelle con residenza
26
Cappelle senza residenza
7
Cimiteri
5
Dispensari
15
ALLEGATO N. ]]
(Appendice al Capo XX, p. 421)
VISITATORIA DEL SIAM DI S. PAOLO
L927
Visitatore: Sac. Pasotti Gaetano
Direttore: Sac. Pasotti Gaetano
DANG NOK KHUEK
I92j
,
Professi
Studentato filosofico e missione con varie ch.t. Alberti Innocente
residenze
ch.t. Ardissone Vincenzo
' « Bollettino Salesiano », Settembre 1928.
' e'Nel Kwangtung
l'evangelizzaztone vengono
le Suore
chiamate
e le Catechiste che si sono consacrate a1 Signore per
indistintamente con l'appellativo di Kuneong, che lette-
ralmente vuol dire: << giovane non sposata >>.
488

54 Pages 531-540

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54.1 Page 531

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ch.t. Bainotti Giorgio
ch.t. Bottain Egidio
sac. Caccaglio Paolo
ch.t. Carnini Giobbe
ch.t. Casetta Carlo
ch.t. Castellino Bartolomeo
ch.t. Ceccarelli Andrea
ch.t. Comaschi Giovanni
sac. Curti Rafiaele
coad.t. Degano Giuseppe
ch.t. Della Torte Carlo
coad.t. Dellavalle Ernesto
sac. De Rosa Armando (non ci fu)
sac. De Vincenzi Nicola
ch.t. Galuppo Giuseppe
sac. Martin Antonio
sac. Pinaffo Giuseppe
coad.t. Raviolo Vittorio
ch.t. Seneca Vincenzo
ch.t. Sormani Battista
ch. Stacul Paolo
ch. Terpin Alessandro
ch.t. Vitrano Andrea
BANPONG
1927
Missione
Direttore.. Sac. Pasotti Gaetano
lTATPHLENG
t927
Missione
Direttore: Sac. Pasotti Gaetano
ALLEGATO N. ]4
(Appendice al Capo XX, p. 422)
VIAGGIO IN ESTREMO ORIENTE
Torino - Venezia Km
Yenezia - Bombay
Bombay - Calcurta
Calcutta - Madras
Madras - Tanjore
Tanjore - Trichinopoli
Tanjore - Cuddalore
Tanjore - Pondicherry
Polur - Chepet
Chepet - Arni
Arni - Vellore
Vellore - Katpadi
Katpadi - Mattupalaiam
Mattupalaiam - §Tellington
Wellington - Mysore
Misore - Bangalore
Bangalore - Madras
Madras - Calcutta
425 tr
8 106 m
2095 tr
L650 tf
356 tr
99 aut
L45 tr
133 tf
2' aut
25 aut
l8 aut
6 tt
427 m
75 tf
177 aut
109 tf
))8 tf
1650 tr
Riporto
Calcutta - Shillong
Shillong - Mantuar
Shillong - Jowai
Jowai - RaÌiang
Raliang - Nongbagh
Nonbagh - Shillong
Shillong - Gauhati
Gauhati - Baduspur
Baduspur - Haflong
Haflong - Gauhati
Gauhati - Shillong
Shillong - Leikingew
Leikingew - Shillong
Shillong - Gauhati
Gauhati - Calcutta
Calcutta - Rangoon
Rangoon - Penang
Km 15879
844 tr
9 aut
52 cav
28 cav
18 cav
56 cav
108 aut
364 tr
80 tf
284 tr
108 aut
64
64
108 aut
736 ff
1488 m
7397 m
Riporto
Km 15879
Riporto
Km 21687
489

54.2 Page 532

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Riporto
Km 21687
Penang Prai
Prai - Bangkok
11 m
Ll55 tr
Nel Siam (visita missioni)
Da Bangkok a Ream
Ream - Saigon
Saigon - Haiphong
Haiphong - Hanoi
Hanoi - Haiphong
Haiphong - Hong Kong
Hong Kong - Macao
Macao - Hong Kong
Hong Kong (giro isola)
Hong Kong - Shangai
328
650 m
504 at
1584 m
101 tr
101 tr
1018 m
74m
74m
65 at
1504 m
Shangai - Kobe
1424 m
Kobe - Tokyo
Tokyo - Nakatsu
Nakatsu - Ttappisti
Nakatsu - Oita
Oita - Miyazaki
Miyazaki - Nagasaki
690 rr
1359 rr
50 aut
104 r
222 tt
608 tr
Nagasaki - Shangai
Nell'is. di Ts'ong Ming
Shangai - Hong Kong
Hong Kong - Macau
Macau-Canton
Canton - Shiu Chow
Shiu Chow - Kong How
Kong How - Chi Hing
Chi Hing - Nam Yung
Nam Yung - Kam Kong
Kam Kong - Nam Yung
Nam Yung - Fong Tung
Fong Tung - Chi Hing
881 m
35 port
155) m
74m
l)5 tr
231 tr
80 cav
t5 cav
55 cav
'1.2 cav
t2 cav
80 cav
78 cav
Chi Hing - Kong How
Kong How - Pak Min
Pak Min - Hong Khai
15 cav
J0 bar
25 car
Hong Khai - Leu Ha Shi
66 port
Leu Ha Shi - Pak Heung
25 cav
Pak Heung - Lok Chong
12 cav
Lok Chong - Shiu Chow
65 bar
Shiu Chow - Lin Kong How t24 tr
Lin Kong How - Yeung Shan 140 bar
Lin Kong How - Yeung Shan
Yeung Shan - I Tau Shu
I Tau Shu - Ki Tam
Ki Tam - Ling Chorv
20 port
36 cav
10 cav
45 cav
Riporto
Km 17L67
Riporto
Km 37167
Ling Chow - Tung Pi
36 cav
Tung Pi - Tchu Kong
L2 cav
Tchu Kong - \\ù/u Kong Tau 5 cav
\\X/u Kong Tau - Tung Pi
t4 cav
Tung Pi - Lin Chow
36 cav
Lin Chow - Lin Kong How 240 bar
Lin Kong How - Shiu Chow 124 ff
Shiu Chow - Canton 240 tr
Canton Shiu Law
180 lor
Shiu Law - Sek Kei
40 lor
Sek Kei - Macau
87 lor
Macau - Hong Kong
74 m
Hong Kong - Manila 1164 m
Manila - Hong Kong
1164 m
Hong Kong - Macau
74 m
Macau - Hong Kong
74 m
Hong Kong - Ivatow )42 m
Ivato§/ - Bangkok
)120 m
Bang Koj - Nok Khuek
85 bat
Bang Nok Khuek - Bangkok 85 tr
Bangkok - Penang
1166 ff
Penang - Calcutta
2885 bast
Calcutta - Gauhati
7)6 LI
Gauhati - Shillong
108 aut
Shl1long Gauhati
108 aut
Gauhati - Calcutta
7)6 tf
Calcutta - Bombay
2095 ff
Bombay - Andhery ecc. 65 aut
Bombay - Venezia
8106 m
Suez - Cairo
1)6 aut
Cairo - Port Said
190 tf
Venezia - Torino
425 tl
Km 61119
Riepilogo finanziatio
Entrate
Uscite
L.83.216,00
L. 81.827,000
490

54.3 Page 533

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ABBREVIAZIONI
aut
automobile
bar
barca
cav
cavallo
lor
lorcia
m
mare
port
portantina
tT
treno
Note al resocofi.to linanziario
1. Le entrate provennero a D. Ricaldone dall'Economo Generale.
2. D. Ricaldone pagava Ie spese di viaggio e di soggiorno anche per coloro che
lo accompagnavano.
3. EgIi non lesinava nelle mancie.
4. Forniva ai Direttori delle Case per ospitalità ricevuta ed inolre come offerta
per i bisogni della missione.
ALLEGATO N. 35
(Appendice al Capo XXI, p. $8)
Per il 50mo di sacerdozio del Rettor Maggiore Don Filippo Rinaldi,
« E' col cuore ripieno della più viva esultanza che comunichiamo la fausta
notizia a77a famiglia salesiana tutra.
Sì, il 2l del p. dicembre l'amatissimo nostro Rettor Maggiore entrerà nel suo
cinquantesimo di sacerdozio!
La MESSA D'ORO del terzo Successore del Beato Don Bosco susciterà palpiti
di affetto e di giubilo filiale in migliaia e migliaia di cuori in ogni paese, nelle
regioni più remote, ovunque siavi una casa, una missione, un gruppo di cooperatori,
di exallievi, un ammiratore del Beato Don Bosco.
La data memoranda dovrà essere solennizata con speciali festeggiamenti che
feremo noti appena ne sia ultimato il programma.
Frattanto anticipiamo un pensiero, espressione, ne siamo certi, dei palpiti, delle
aspirazioni di molti cuori.
I nostri benemeriti cooperatori e benemerite cooperatrici hanno appreso con
gioia il decreto della Sacra Congregazione dei Riti che annunzia la riassunzione del
Processo per 1a canonizzazione del Beato Don Bosco. Noi preghiamo, facciamo voti
491

54.4 Page 534

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ardenti che albeggi quanto prima il giorno della santificazione del nostro Fondatore
e Padre.
Ma al tempo stesso conoscendo a prova l'ardente amole che Don Rinaldi ha
per il Beato Don Bosco, pensiamo che in previsione e prepatazione del fausto avve-
nimento, nessun omaggio gli sarebbe maggiormente gradito nelle sue Nozze d'Oro
dell'altare da innalzarsi in luogo degno nella Basilica di Maria Ausiliatrice, in onore
del grande apostolo della gioventù.
Andremo così incontro al vivo desiderio già espresso dal venerato Rettor Mag-
giore nella lettera indirizzata ai Cooperatori nel gennaio del 1929: « Bisogna pre-
parare nella Casa Madre dell'Opera Salesiana una degna accoglienza a Don Bosco
per il giorno che sarà, come speriamo, elevato agli onori degli altari. Egli dovrà
avere un altare non solo bello e decofoso, ma anche un posto capace di accogliere
i suoi figli e i numerosi devoti, che accorteranno ad invocarlo'
All'appello del Padre risponderanno con santo entusiasmo i figli devoti.
Ma di queste care iniziative ne parleremo più ampiamente nei prossimi numeri
del Bollettino ».
Frartanto invitiamo tutti: Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, Cooperatori
e Cooperatrici, Exallievi e Alunni, Benefattori e ammiratori del Beato Don Bosco
a pregare per il nostro venerato Signor Don Rinaldi e a preparare alacremente una
comune, efficace azione per far che sia una consolante e Pronta realtà I'omaggio
che vogliamo offrire al Beato Don Bosco e al suo terzo Successore.
(Da1 « Bollettino Salesiano », Giugno l911)
Quindi esponeva il programma ideato, che comprendeva:
l. La Giornata di preghiera, come apeftura dell'Anno Giubilare, da celebrarsi in
ogni casa Salesiana e delle F.M.A.; e specifica il modo con cui svolgersi. Doveva
essere il primo segno di compattezza spirituale intorno a Colui che si vuole
onorare »,
2. L'olt'erta per la Messa d'oro: individuale, da parte dei cooperatori, ex-allievi, ex-
allieve, alunni ed alunne.
3. Riunione dei Cooperatori e delle Cooperatrici per la festa del Patrono S. Fran.
cesco di Sales o per l'anniversario della Morte del Beato D. Bosco, in cui olre
alle funzioni proprie di tali adtaanze, si richiami il ricordo del fausto avve-
nimento.
4. Convegni di Ex-allievi ed ex-allieve; << per testimoniare tutta I'esultanza del loro
grato animo » per colui che ha dato l'impulso organizzativo alle singole asso-
ciazioni.
5. Riunione degli Alunni e delle Alunne; o il 26 maggio, giorno onomastico del
Sig. D. Rinaldi, o il 9 giugno, giorno nel quale all'Oratorio Salesiano di Torino
si soleva celebrare ufficialmente l'onomastico del Rettor Maggiore.
Infine ricordava quanto stava molto a cuole allo stesso Sig. Don Rinaldi, ripor-
tando le stesse sue parole: « Il Beato D. Bosco dovrà avere (nella Casa Madre del-
l'Opera Salesiana) non solo un altare bello e decoroso, ma anche un posto capace
492

54.5 Page 535

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di accogliere i suoi figli e i numerosi devoti che accomeranno ad invocarlo ». E Don
Ricaldone aggiungeva: << Confidiamo che l'impulso alla grandiosa impresa vemà dato
dal1a generosità dei Cooperatori. Attendiamo adunque la risposta a questo appello! ».
Le feste progettate non poterono essere realizzate; il Signore aveva chiamato il
Servo buono e fedele a celebrarle in cielo, ancora prima che avessero inizio in terra.
(Dal « Bollettino Salesiano », Dicembre 1931)
ALLEGATO N, ]6
(Apperdice al Capo XXI, p. 438)
Parte della lettera ai Cooperatori che D. Rinaldi ritirò per accondiscendere al desi-
d.erio dei Capitolari.
siani,«u-na
Mi sia
parola
permessa, scriveva
intorno a una data
Don Rinaldi nella sua ultima circolare
che mi riguarda e che è già stata
ai
Sale-
dal
Bollettino Salesiano e da altri periodici. Di questi giorni ho preso vis^inonntertfdiiaetlapro-
gramma compilato dal caro Prefetto Generale e dagli altri membri del Capitolo Su-
periore per festeggiare, durante 1l 1932, il cinquantesimo anniversario della mia Ordi
nazione sacerdotale e prima Messa.
E' un programma di grandi proporzioni, che rivela tante buone intenzioni e
ottimi sentimenti. Suppongo che i miei Capitolari se la siano intesa con Nostro Si
gnore e che tutto proceda regolarmente. Non è il caso che vi parli Ci me, perché non
tengo più preziosa di me la mia vita e non ricuso il lavoro finché al Signore piacerà
richiedermelo e darmi le forze di compierlo. Tuttavia, io che sono più vecchio, ricordo
come in un tempo ormai lontano si facessero dei grandi progetti per la Messa d'Oro
del nostro Beato Fondatore; ma si fecero troppo presto e andarono in fumo. Ventun
anno dopo, per Don Rua, si sperava di essere più fortunati, tanto che si era già
celebrato il primo giorno del suo anno Giubilare con grande entusiasmo; ma tutto fiiri
lì, perché fu chiamato a perennare la sua Messa d'Oro fra gli splendori e gli osanna
dei Santi.
Conviene quindi che noi tutti lasciamo iare aI Signore quello che è meglio per
me, per voi e per la nosffa diletta Congregazione >>.
Ed esprimeva il desiderio che si dilatassero le finalità dei festeggiamenti, invitando
tutti a celebrare un Giubileo nel quale i membri della Famiglia Salesiana parteci-
passero e cooperassero al trionfo di Gesù Sacramentato in tutti i cuori.
(Da1 « Bollettino Salesiano ,r, Anno LVI, 1' febbraio 1932 (X), Numero 2, pp. 35-36).
493

54.6 Page 536

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ALLEGATO N. ]7
(Appendice al Capo XXI, p. 442)
A proposito della elezione di D. Ricaldone a Rettor Maggiore
Nel ricordare il primo incontro del giovane Piero Ricaldone, studente della
terza ginnasiale nel Collegio Salesiano di Borgo S. Martino, con Don Bosco ci doman-
- dammo:
successore ?
Don Bosco vide nel giovane che gli stava dinnanzi il futuro suo quarto
In proposito ascoltiamo ora due voci venute dall'America. La prima viene da
Alta Gracia nell'Argentina ed è del Salesiano Don Cesare Lardi ' che soive:
<< L'attuale Rettor Maggiore dei Salesiani predetto tale nel 1882 dal Beato D.
Bosco a uno studente dell'Oratorio.
Al sottoscritto un giorno del 1882 dopo d'essersi confessato con Don Bosco, gli
disse: << Tu non sei fatto pel mondo. Il Signore ti chiama con Don Bosco sotto il
manto di Maria Ausiliarice e quando avrai conosciuto molti collegi, potrai vivere e
morire tranquillo in quello, che più ti piaccia e convenga, chiedendolo al mio suc-
cessore (spiccando bene le siÌlabe) Don Pietro Ricaldone ».
Questo nome a me causò sorpresa, perché allora non si conosceva altti superiori
che Don Rua, Don Francesia, Don Giovanni Cagliero, Don Lazzero... Domandai ad
altri più vecchi di collegio, se c'era nell'Oratorio o a S. Benigno un superiore di nome:
D.
tal
Piero
nome.
REicdaldioonceom- e
e mi si rispose
allora pensava
che non
restar in
c'era nessun Chierico,
Pattia, mi dimenticai
prete di
presto del-
l'aneddoto
Ma col trascorrere degli anni sopraggiungendo i fatti corrispondenti fecero colla
reminiscenza risuscitare nella mia mente le parole del Beato Don Bosco.
Ed in maggio 1932 erano appena partiti da Buenos Aires Ispettori e Delegati
per la elezione del nuovo Rettor Maggiore, quando il L0 maggio con data anticipata
del 1l feci partire una mia lettera ad hoc direttamente a.bsoluta: « Al Reverendissimo
Rettor Maggiore dei Salesiani
Signor Don Pietro Ricaldone - Torino
Ed ho ricevuto a suo tempo una gentile, paterna e Altografl risposta ad hoc.
Ed ora piacemi dar pubbliche e sentite grazie al Beato Don Bosco ed al suo
degnissimo e reverendissimo Successore attuale.
Posso giurare e giuro per Dio ch'è pienamente conforme a verità quanto lascio
scritto >>.
Alta Gracia - R. Argentina - Dicembre 19J2.
Sac. Salesiano Cesare Lardi
Postscriptum - Dirigo la presente relazione all'Ill.mo e Rev.mo Signor Direttore del
Bollettino ltaliano, acciocché \\a laccia pubblicare ad Mal'orem Dei Gloriam, se
1o crede bene in Domino.
'D. Cesare Latdi n. 29.YL18$ nel Canton Ticino. Entrò nell'Oratorio nell'ottobre
1880 e frequentò la 5u ginnasiale. Nel 1881-4 fece il Noviziato a S. Benigno dove emise la
professione perpetua nel 1885. Partì per le missioni subito dopo.
494

54.7 Page 537

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Ci si permetta di osservare:
1. Nell'Archivio del C.S. non esiste traccia della lettera che Don Lardi afferma di
aver spedito iI 10 maggio 1932 al Rev.mo D. Pietro Ricaldone Rettor Maggiore.
2. Don Ricaldone incontrò D. Lardi nel 1908 nel Collegio D. Bosco di S. Nicolas
de los Arrojos e diede di lui il seguente giudizio: << Pare che si tratti di una testa
poco equilibrata.
J. Don Giorgio Serié, (che si trovò nella stessa casa con D. Lardi) intemogato dallo
scrivente, rispose: << Conviene accertare le date; però D. Latdi eta molto sffambo>>.
4. Don Licciardo Dememio dice: << Ciò che afferma D. Lardi può darsi che sia
frutto di fantasia dovuto all'età; fatto questo che si verificava in confratelli vec-
chi che avevano conosciuto Don Bosco >>.
La seconda voce viene da Cuenca (Equatore) ed è di D. Gioachino Spinelli' il
quale in occasione delle nozze d'oro sacerdotali di Don Ricaldone (1943) pubblicò
un opuscoletto di poche paginette 10 x 15.
L'Ispettore D. Giuseppe Corso scrisse la presentazione; si voleva offrire ai Coo-
peratori alcune note biografiche di D. Ricaldone e il cumiculum del1a sua attività
non ordinaria sviluppata a servizio della Congregazione nelle diverse mansioni di:
direttore, ispettore, consigliere professionale generale, prefetto generale.
Le << note » sono precedute dall'Autografo che S. S. Pio XII indirizzò al Nostro
per la fausta circostanza e seguite da una statistica riguardante 1o sviluppo raggiunto
dalla Congregazrone nel 194).
D. Spinelli premette alla sua esposizione la seguente dichiarazione: « Chi scrive
queste pagine (su D. Ricaldone) ebbe la fortuna di essere suo compagno di noviziato
e di studio e afferma di aver sentito dire che D. Bosco prima di morire pronunciò
queste parole: « Uno che attualmente è seminarista sarà mio successore »>. Questo
seminarista era D. Pieto Ricaldone, che nel 1888 era studente di teologia nel Semi-
nario di Casale.
Come si vede, le due voci non sono confortate dal suffragio indispensabile di
testimonianze, che garantiscano l'autenticità del fatto. Delle due, la seconda sembra
più degna di fede.
' Don Gioacchino Spinelli fu compagno di D. Ricaldone nell'anno di Noviziato 1888-89
a Valsalice.
Partì per le missioni dell'Equatore con Mons. G. Costamagna nel dicembre 1889, subito
dopo la professione religiosa. Per 23 anni ebbe la responsabilità del1a Direzione successiva-
mente a Cuenca, Sig Sig, Gualaquiza.
495

54.8 Page 538

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54.9 Page 539

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INDICE
a,

54.10 Page 540

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55 Pages 541-550

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55.1 Page 541

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Presentazione
Premessa
P"g. 7
)>
11
PARTE PRIMA
INFANZIA E GIOVINEZZA (1870.1890)
Mirabello
I Ricaldone
La famiglia
Papà Luigi
Mamma Candida
Lo zio don Giuseppe
Il cugino Don Antonio
Capo I: Il ceppo
Capo II: Nel seme la lutura quercia
Le prime classi elementari
Nel Collegio Salesiano di Alassio
A Borgo S. Martino
Ad una svolta
In Seminario
Anno cruciale
Ancora la Madonna
Capo III: La crisi degli anni diciotto
Capo IV: <<O sulla citna del ruofite, o in londo al precipizio"
Aspirante a Valsalice
Un primo bilancio
Le prove
Novizio
Una parentesi
La professione religiosa
L7
20
2)
24
25
27
28
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42
44
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49
» 52
» 53
55
)> ,8
)>
,8
499

55.2 Page 542

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PARTE SECONDA
PERIODO SPAGNOLO (1890-1911)
La Casa di Utrera
Verso la meta
A1 lavoro
Creatura nuova
Militare
Capo V: Alba di una lunga e laboriosa giornata
Capo VI: Terra calda per un'anima ardente
Di nuovo « spagnolo >>
I primi Ordini
Ne[ capoluogo andaluso
Sacerdote
Non si lascia la lucerna sotto i1 moggio
Capo VII: Direttore
Una ricca umanità a servizio del bene
Gli inizi .
Le Scuole Professionali
La Libreria Salesiana di Siviglia
Consensi unanimi
La giornata di Don Ricaldone .
Capo VIII: Superiore Salesiano autentico
La plasmarice del figlio di Don Bosco
La comun jtà religiosa
I giovani
Cooperatori e Benefattori
Avvenimenti storici
Ispettore e Direttore
Distribuzione del personale
Per la scuola
La Biblioteca Agraria Solariana
Lutti domestici
Capo IX: Ispettore
IJna nuova casa: Cadice
Attività molteplici e feconde
Una lunga parentesi
Le case di formazione
La Casa del Noviziato
Capo X: Donazione totale
500
Pag. 6)
» 64
)>
67
)>
69
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78
)>
82
)>
86
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90
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>> 129
>> 134
>> 735
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157
)> 159
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)> 169
)> 17)
)> 181
185
)) 186

55.3 Page 543

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Capo XI: Visitatore straordinario
Nuovo campo di lavoro: I'America Meridionale
Ispettoria di S. Francesco di Sales
Ispettoria di S. Giuseppe - Uruguay
Ispettoria di S. Francesco Saverio .
Prefettura Apostolica: Patagonia Meridionale
Ritorno in Spagna
La morte di Don Rua
Una lettera inaspettata
Fu << una buona scelta ,>
Carisma salesiano
Vita interiore
XII: Capo
<< Ascende superius >>
Pag. 192
» 794
»> 199
» 205
>> 214
220
)> 227
»0 )>
)> »4
»7 )>
)> 242
PARTE TERZA
AL CAPITOLO SUPERiORE
Capo XIII; Consigliere Prolessionale Generale (1.911 1922)
Don Giuseppe Bertello
. Degno successore
.
Sempre disponibile
Apostolato Salesiano
La corrispondenza epistolare
Capo XIV: Scuole professionali: <<Con Don Bosco e coi tempi>>
Direttive
Il personale insegnante
Formazione dell'allievo
Ad ogni epoca le sue scuole .
Esposizioni professionali
Esposizione didattico-professionale di Liegi
Esposizione Internazionale del libro - Lipsia .
Negli Stati Uniti
Nel Messico
Nella Spagna e nell'Algeria
Di nuovo nella Spagna
Capo XV: Visitatore straordinario
Capo XVI: Nella Palestina (1918-1919)
Verso la tera di Gesù
Gli incontri di Cremisan . . .
Visita alle case e ai Luoghi Santi
Giorni di attesa e di preghiera
Ritorno in Italia
» 249
» 253
256
)> 262
)> 266
270
275
279
282
287
288
288
)> 292
299
)> )04
>) 307
>> )r4
>> 3!7
» 319
>> 329
» )32
501

55.4 Page 544

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PARTE QUARTA
PREFETTO GENERALE (re22-t»2)
Le nuove responsabilità
Le sue prime intraprese
Le case di formazione
Uomo di consiglio
Capo XVII: Le nuoue resqonsabilità
Pag. 337
>> )42
>> J46
>> 353
Capo XVIII: Missionario di latto e di notrzina
Visitatore straordinario in Francia e nel Belgio
Visita alle case dell'Ispettoria inglese
Crociata Missionaria
G1i Istituti Missionari
»> )57
» )6)
>> 374
>> 377
Capo XIX: Visitatore straordinario alle Missioni Salesiane nell'Estremo Oriente
Torino - Bombay
L'Ispettoria Indiana S. Tommaso Apostolo
La Prefettura Apostolica dell'Assam
Visita nel Siam (Thailandia) .
Nella Cina e nel Giappone
)82
.)> 185
.)> 189
.)> 391
.>) 395
Capo XX: Visse I'eroismo dei missionari
Il Vicariato Apostolico di Shiu Chow
Visita Manila e saluta la Cina
La nuova missione nel Siam
Il Vescovo di Shillong ricorda
)> 404
)> 419
)> 42t
» 422
Capo XXI: Il <<plus laooro>> di Don Ricaldone
Due grandi awenimenti
Cinquantenarioromano . . .
Due visite nella Spagna
La << Messa d'oro »> di Don Rinaldi
Inrerregno
II responso delle urne
L'omaggio dell'Arcivescovo di Torino
»> 426
>> 433
>> 4)6
>> 438
>> 438
>> 441
»> 44)
502

55.5 Page 545

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APPENDICE
N. 1:
N. 2:
N. ):
N. 4:
N. 5:
N. 6:
N. 7:
N. 8:
N. 9:
Nobiltà della famiglia Ricaldone. (Capo I)
Prospetto genealogico dei Ricaldone. (Capo l)
Lettera del ch. Ricaldone suitta a don Belmonte. (Capo III)
Lettera del ch. Ricaldone al ch. Isidoro Varvello. (Capo IV)
Pianta del carcere delle Sante Giusta e Rufina. (Capo VI)
Introduzione alla vita delle Sante Giusta e Rufina. (Capo VII)
Elenco delle pubblicazioni della libreria Salesiana di Siviglia. (Capo VII)
Lettera del ch. Ricaldone ai Rettor Maggiore. (Capo VII)
Ma,nifesto per la festa di Maria Ausiliatrice in Siviglia nella chiesa della Trinità.
(Capo VIII)
N. 10 Traduzione della lettera attografa conservata da un cooperatore salesiano di Malaga.
(Capo VIII)
N. 11: Elogio per l'Infanta di Spagna Donna Maria Luisa Fernanda. (Capo VIII)
N. 12: Cooperatori e cooperauici. (Capo VIII)
N. 1l: Lettere di Don Ricaldone al cugino Antonio. (Capo IX)
N. 14: Lettera di Don Ricaldone alla « Rivista di Agricoltura »> salesiana. (Capo IX)
N. 15: Funzione solenne con la Consacrazione a Maria Immacolata in occasione del1e gran-
diose <r redenzioni ». (Capo X)
N. 16: Adunanza dei Direttori a Siviglia. (Capo X)
N. 17: Lettera del Rettor Maggiore Don Michele Rua nel ventesimo anniversario del Vene-
rabile Don Bosco. (Capo XI)
N. 18 Cronologia delle visite di Don Ricaldone nell'Argentina. (Capo XI)
N. 19 Associazioni alle quali Don Ricaldone venne ascritto con facoltà particolari. (Ca-
po XII)
N. 20: Lettera che comunica la decisione dell'Ispettore Don Manassero Emanuele di riti
rarsi per salute. (Capo XIII)
N. 21: Cronologia delle visite fatte da Don Ricaldone nel 1919 in Italia. (Capo XIII)
N. 22: Lettera a un Sacerdote Novello di Don Ricaldone. (Capo XIII)
N. 23: Circolare sulle Biblioteche Popolari. (Capo XIV)
N. 24: Programmi per le Scuole Professionali. (Capo XIV)
N. 25: Cenno della vita e opera di Don Alberto De Agostini. (Capo XIV)
N. 26: Graziosa leggenda sull'origine dei giardini galleggianti. (Capo XV)
N. 27; Per la riorganizzazione e lo sviluppo deila Pia Unione Cooperatori. (Capo XVII)
N. 28: Alcune lettere che manifestano Don Ricaldone uomo di consiglio. (Capo XVII)
N. 29: Lettera di Don Ricaldone a Don Alberto de Agostini. (Capo XVII)
tl: N. 30: Programma per la commemoruzione de1 50" delle Missioni Salesiane. (Capo XVIII)
N.
L'Agenda di Don Ricaldone nel 1929. (Capo XVIII)
N. 32:
N. l3:
N. 34:
N. 35:
N. 16:
N. 37:
Dati statistici del Vicariato Apostolico di Shiu Chow al 1" luglio 1927. (Capo XX\\
Visitatoria del Siam di S. Paolo. (Capo XX)
Viaggio e visite in Estremo Oriente. (Capo XX)
Per il 50" di sacerdozio del Rettor Maggiore Don Filippo Rinaldi. (Capo XXI)
Parte della lettera di Don Rinaldi ai Cooperatori. (Capo XXI)
A proposito della elezione di Don Ricaldone a Rettor Maggiore. (Capo XXI)

55.6 Page 546

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