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Capitolo XXII
IL RETTORATO DI DON PAOLO ALBERA (1910-1921)
E DI DON FILIPPO RINALDI (1922-1931)
Dopo don Rua, tra il 1910 e il 1931, a capo della Società salesiana si
sono succeduti due Rettori maggiori. L’uno e l’altro possono essere
considerati eredi diretti del Fondatore che hanno personalmente cono­
sciuto e di cui, per anni, sono stati anche collaboratori. Don Albera,
che fu Rettor maggiore dal 1910 al 1921, riuscì, a prezzo di un mo­
mentaneo rallentamento e di sacrifici tremendi, a superare la tormenta
della prima guerra mondiale (1914-1918). Le fondazioni ripresero con
maggior lena e le missioni, in modo particolare, conobbero un nuovo
sviluppo sotto il rettorato di don Rinaldi (1922-1931). Entrambi lascia­
rono un’impressione di santità, che, soprattutto per don Rinaldi, si ac­
centuò ancora dopo la sua morte.
V
1. PAOLO ALBERA (1845-1921)
Un fanciullo affabile e studioso
Paolo Albera nacque a None il 6 giugno 1845, in una famiglia di
contadini relativamente agiati.1 Era l’ultimo di sette figli. I biografi lo
1 Su don Albera, vedi D. GARNERI, Don Paolo Albera, secondo successore di Don
Bosco, Torino, SEI 1939; J.-M. BESLAY, Lì PéreAlbéra,second successeurde SaintJean
Bosco. Esquisse biographique, Auteuil, Editions des Orphelins Apprentis 1956; G .
FAVINI, Don PaoloAlbera, «lepetit Don Bosco», Torino, SEI 1975; E. CERIA, Annali
della Società Salesiana, t. IV: Il rettorato di Don PaoloAlbera (1910-1921), Torino, SEI
1951. Vedi la bibliografia di don Albera e su don Albera in A. PARK, Bibliografia dei
RettoriMaggiori della Società salesiana dalprimo al ter%osuccessore di don Bosco, in RSS 4
(1984) 220-223.

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308 Parte II: L'espansione dell'operasalesiana nelmondo (1888-1965)
dipingono come un fanciullo buono, piuttosto delicato, amante della
scuola e delle cerimonie di chiesa, e mettono in risalto la sua «squisita
gentilezza» che fu, a loro giudizio, uno dei tratti caratteristici di don
Albera per tutta la vita.
Il suo primo incontro con don Bosco avvenne nel mese di ottobre
del 1858. Il sacerdote di Torino, accompagnato dal chierico Rua, era al­
lora ospite del parroco di None, che approfittò dell’occasione per rac­
comandargli quel ragazzo di tredici anni dicendo: «Prendilo con te!».
Don Bosco si rivolse a Rua dicendo: «Prenditi questo caro amico e
dàgli un po’ di esame».2 Dopo un rapido esame di ammissione, l’ac­
cettazione di Paolo Albera all’Oratorio di Valdocco fu decisa seduta
stante.
Il 18 ottobre, Albera fece il suo ingresso all’Oratorio. Nulla di stra­
ordinario distinguerà il nuovo venuto dai suoi compagni. Albera si di­
mostrava cakno^ sorridente, studioso. L’ambiente della casa pareva fat­
to su misura per lui. Il ricordo dj Domenico Savio, morto l’anno pre­
cedente, stimolava i migliori a'Tséguirne le tracce. Ben presto egli si unì a
loro. Stringeva amicizia con Michele Magone, suo vicino di camera. Ma
tempo. Michele, infatti, moriva quasi improvvisamente il 21
859. Don Bosco ne aveva predetto la morte, e questo fatto
iressionò vivamente.
Di quei primi anni dell’Oratorio, riteniamo questo giudizio di Giulio
Barberis che fu suo condiscepolo dal 1861: «Amantissimo del gioco, io
ero continuamente in moto; egli, abbastanza quieto, preferiva passeg­
giare o star ritirato nell’ufficio di don Alasonatti che aiutava in piccole
cose. Albera era assai studioso e primeggiava nella scuola, rivelandosi
di molto ingegno e di grande volontà; ma spiccava altresì per la sua
pietà, per cui era molto amato da don Bosco».3
■^""tjuesto affetto speciale di don Bosco per il suo alunno doveva esse­
re di pubblico dominio all’Oratorio: dicono infatti, che fosse chiamato
—apparentemente senza cattiveria —il «beniamino di ffo^Bqgco». Circa
sessantanni più tardi, don Albera si commuoveva ancora a quel ricor­
do: «Ancor adesso mi sembra di provare tutta la soavità di questa pre­
dilezione verso di me giovinetto: mi sentivo come fatto prigioniero da
una potenza affettiva che mi alimentava i pensieri, le parole e le azio­
ni».4 Un giorno del 1861, fu scelto proprio lui da don Bosco per posare
2 G . FAVINI, DonPaoloAlbera, «lepetitDon Bosco», p. 15.
3 D. GARNERI, DonPaoloAlbera, p. 18.
4 Vedi la sua «Lettera intorno a Don Bosco proposto come modello ai Sale-

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Cap. XXII: IIrettorato di donAlbera edi don 'Rinaldi 309
davanti all’obiettivo al suo fianco: questi in atteggiamento di confessore
e quello di penitente.5
Il Salesiano (1862)
Fin dal primo maggio 1860, lo studente Albera era stato ammesso
«alla pratica delle Regole della Società». Aveva appena quindici anni e
doveva mostrarne qualcuno di meno. Il 27 ottobre 1861, vestiva l’abito
talare e, il 14 maggio 1862, fu uno dei ventidue primi Salesiani che pro­
nunciarono i voti pubblici. Fin da quel tempo, la sua fede in don Bosco
e nell’opera sua era totale.
L’autunno del 1863 segnò un primo cambiamento nella sua vita di
giovane salesiano. Lasciava l’Oratorio e partiva alla volta del collegio di
Mirabello, la cui apertura era stata appena decisa. Là, esercitò mansioni
di insegnantele di assistente. Durante l’anno scolastico 1865-1866, ebbe
tra i suoi alunni un ragazzo vivace, dai capelli rossi, che si chiamava
Luigi Lasagna: ricorderà questo volto quando, nel 1910, scriverà la bio­
grafia del vescovo salesiano del Brasile. Mentre faceva scuola, riusciva
ad ottenere diplomi d’insegnamento e ad attendere agli studi di teologia
in vista del sacerdozio.
Fu ordinato a Casale il 2 agosto 1868. La vigilia, era andato a trova­
re don Bosco per chiedergli, com’era consuetudine, un consiglio o un
ricordo: «Quando avrai la felicità di dire la prima messa - gli disse -
chiedi a Dio la grazia di non scoraggiarti mai».6Don Albera ammetterà
di aver compreso l’importanza di queste parole soltanto più tardi, alla
luce, certamente, delle prove legate alle future responsabilità.
Direttore in Liguria e primo ispettore in Francia (1881)
Nello stesso anno 1868, don Albera fu richiamato a Torino, dove il
superiore gli affidava l’incarico di prefetto, incaricato dei rapporti con
.i
siani nelTacquisto della perfezione religiosa, nell’educare e santificare la gioventù,
nel trattare col prossimo, nel fare del bene a tutti», in ACS 3 (1920) 64. Vedi pure
P. ALBERA, Ijettere àrcolari ai Salesiani, Torino, Direzione Generale delle Opere Sa­
lesiane 1965, pp. 373-374.
5 Vedi G. SOLDÀ, Don Bosco nellafotografia dell’800 (1861-1888), Torino, SEI
1987, pp. 84-87.
6 D. GARNERI, DonPaoloAlbera, p. 34.

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310 Parte II: L/espansione dell'opera salesiana nelmondo (1888-1965)
l’esterno e dall’accettazione dei nuovi alunni. Felice di trovarsi nuova­
mente accanto a don Bosco, all’Oratorio o nei viaggi che faceva, Albe­
ra si persuase —sono parole sue —che «l’unica cosa necessaria per di­
ventare suo degno figlio era d’imitarlo in tutto».7 Si sforzò quindi di ri­
produrre in sé la maniera di pensare, di parlare e di agire di colui che
egli chiamava, con affetto e rispetto ugualmente grandi, padre suo.
A cominciare dal 1871, quando aveva soltanto ventisei anni, acce­
deva a cariche importanti. Prima fu nominato direttore a Marassi, poi,
nel 1872, dopo il trasloco di questa casa, a Sampierdarena presso Ge­
nova. Sotto la sua direzione, l’istituto ebbe ottimi inizi. In un primo
tempo scuola professionale, ben presto estese il suo campo d’azione
aprendo alcune classi di scuola secondaria e, nel 1875, accolse tra le sue
mura un’opera di «Figli di Maria» o vocazioni tardive. Nel 1877, gli
alunni erano trecento. Le doti di don Albera gli conquistarono molte
simpatie, tra gli alunni, presso famiglie di Genova e in arcivescovado.
Nel 1881, la notizia di un suo trasferimento lo gettò nell’inquietudi­
ne. Doveva essere inviato come ispettore in Franci^Nel mese di otto­
bre giunse a Marsiglia, dove la gente lo chiamò affettuosamente «le petit
don Bosco». Per undici anni, dal 1881 al 1892. si adoperò a sviluppare la
giovane ispettoria francese.8 Fu un periodo attivo e fecondo, poiché il
numerom fondazioni passerà da tre a tredici. Per far fronte a questi
impegni, don Albera percorreva il paese in lungo e in largo. Lo si vede­
va in particolare a Parigi, Lilla e Dinan, dove nascevano nuovi istituti.
Lo sviluppo dell’opera salesiana si attuò nonostante serie difficoltà, do­
vute all’ostilità sempre latente del governo francese ed alla mancanza di
mezzi, mancanza sentita talvolta in maniera ossessionante. «Uomo di
azione, soprattutto di azione interiore»,9diceva di lui don Louis Carrier
di Nizza, don Albera baciava in pnmo luogo al progresso spirituale del­
le persone che avvicinava, in particolare dei ragazzi, dei Salesiani, delle
Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Cooperatori.
La partenza da Marsiglia fu per lui un vero distacco. Richiamato a
Torino nel 189|Q^er occupare il posto di catechista genera^ della Con­
gregazione, lasciato vacante dalla morte di don Bonetti, trovò molta
difficoltà ad abituarsi al nuovo tenore di vita. Se prestiamo fede alle sue
«note confidenziali» che incominciò a scrivere dal 1893, il fatto di non
7 P. ALBERA, Lettere arcolari ai Salesiani',p. 363.
8 Vedi F. Desramaut, Paolo Albera,premierprovincial de France (1881-1892), in
«Cahiers salésiens» 36, mai 1996.
9 Citato in D. GARNERI, Don PaoloAlbera, p. 128.
(
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Cap. XXII: II rettorato di donAlbera edi don Rinaldi 311
poter più esercitare un ministero diretto diventava per lui fonte di ma­
linconia. La sua salute gli dava ora qualche preoccupazione. La sua ca­
rica però lo portava a predicare numerosi esercizi spirituali e a spostarsi
sovente in Italia, in Francia e in Belgio.10
^‘
Il fat]to più importante di questo periodo fu il viaggio, già menzio­
nato, come rappresentante straordinario di don^'Rua in America dal
1900 al 1903.11 Per tre anni, percorse con il segretà^r3on Tfaìogero
Gusmano. migliaia di chilometri in condizioni che avrebbero dovuto
essere fatali per la sua resistenza. I resoconti del suo lungo giro attra­
verso le case d’America furono pieni di entusiasmo. Al ritorno, lo ri­
presero malesseri di ogni genere ed il pensiero della morte lo assillava.
Rettor maggiore (1910-1921)
Il 16 agosto 1910, i membri dell’undicesimo Capitolo generale face­
vano di lui il successore di don Rua.12 Sembra che abbia superato di
stretta misura don Rinaldi, allora prefetto della Congregazione. Pensan­
do al suo cattivo stato di salute, l’eletto avrebbe dichiarato tremando:
«Temo che presto dovrete fare un’altra elezione!»13
«Sebbene non l’abbia mai dichiarato espressamente, don Albera do­
vette considerare come mandato precipuo del suo rettorato fare dei
Salesiani uomini di pietà e di preghiera».14 Questo giudizio, espresso da
10 Sulle sue predicazioni durante quel periodo vedi la tesi dottorale di J. l
BOENZI, Paolo Albera on thè Salesian Spirit: Retreat Themes 1893-1910, Roma, Uni- f
versità Pontificia Salesiana 1996.
11 Vedi A. DA SlLVA Ferreira, Brasile -19 01: la visita di donPaoloAlbera. Lette­
re didon PaoloAlbera a donMichele Rua, in RSS 33 (1998) 335-371; M. MENDL, Sale­
sian Begnnings in New York. The extraordinary visitation ofFather Paolo Albera in March
1903, in RSS 30 (1997) 57-114. Si veda pure la corrispondenza ricevuta da Torino
durante quel periodo: G. BARBERIS, Lettere a don Paolo Albera e a don Calogero Gu­
smano durante la loro visita alle case d>America (1900-1903). Introduzione, testo critico
e note a cura di Brenno Casali, ISS Fonti II 8, Roma, LAS 1998; F. PERAZA, La
congregaciónsalesiana aprincipios delsiglo XX. Temas emergentesen la corrispondencia deP.
Giulio Barberis con elP. PaoloAlbera, VisitadorExtraordinariopara America, in RSS 35
(1999) 385-404.
12 Cf la cronaca di questa elezione in Annali IV 1-3. L’autore riporta una frase
che don Bosco avrebbe detto il 22 novembre 1877 a proposito di don Albera:
«Egli è il mio secondo...». La frase interrotta rimase nella memoria di don Rinaldi,
presente alla scena, che l’interpretò nel senso di «secondo successore».
13 Vedi D. Garneri, DonPaoloAlbera, p. 244.
14AnnaliIV 462.

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312 Parte II: L'espansione dell’operasalesiana nelmondo (1888-1965)
don Ceria, può essere corroborato da numerose testimonianze sullo
spirito meditativo di don Albera e dall’esame dei suoi scritti. Nelle let­
tere circolari ai Salesiani, vediamo affiorare spesso questa preoccupa­
zione dominante. In una delle prime lettere appunto su «lo |spirito di
pietà», il nuovo Rettor maggiore esprimeva il timore che l’attività «così
vantata» dei Salesiani, il loro zelo «apparentemente inaccessibile ad ogni
scoraggiamento», il loro entusiasmo «sostenuto fino allora da continui
successi», potesse un giorno venir meno, per non essere stati «feconda­
ti, purificati e santificati da una vera e soda pietà».15 Spirito fine, fami­
liare degH_autori spirituali che amava in modo particolare, don Albera
ha scritto un anno dopo l’altro una serie di piccoli trattati sulla pietà,
sulla disciplina religiosa, sul sacerdote, sulla vita di fede, sull’oEEedìen-
za, sulla castità, sulladolce|za, che fanno diTuTiTteorico delle virtù sa-
lesianeTTnoìtre fece comporre e stampare un libro & Pratiche dipietàx(>e
un Manuale del direttoreP
Benché don Albera non sia stato durante il suo rettorato un grande
viaggiatore come il suo predecessore, tuttavia anche lui sentì il bisogno
di prendere direttamente contatto con i membri della Famiglia salesia­
na. Percorse l’Italia da nord a sud.18 Nel 1913, compì in Spagna un
viaggio di cinque mési, viaggio che il Bollettino salesiano presentò come
un «trionfo grandioso e solenne». A Roma, fu accolto con cordialità dal
Papa Pio X e poi da Benedetto XV, il quale, nel 1915, volle onorare la
Famiglia salesiana elevando mons. Cagliero al cardinalato. Andò in Au­
stria, in Polonia, in Jugoslavia, in Inghilterra e nel Belgio. Il suo ultimo
passaggio a Marsiglia nel 1921 suscitò grandiose manifestazioni di sim­
patia verso la sua persona. Si racconta che un po’ dovunque i suoi
ascoltatori fossero particolarmente felici di sentirlo parlare di don Bo­
sco, di cui riproduceva a modo suo il sorriso e la semplicità.
La prima guerra mondiale Ì1914-1918Ì mise a dura prova la Con­
gregazione e, con essa, il Superiore generale. Quasi la metà della Con-
15 P. ALBERA, Lettere circolariai Salesiani, pp. 28-29.
16 Pratiche dipietà in uso nelle case salesiane, Torino, Scuola tip. salesiana 1916. Il
manuale è stato influenzato dal Catechismo di Pio X, ma poco dal movimento li­
turgico. Vedi P. STELLA, Il manuale «Pratiche dipietà in uso nelle case salesiane» (1916).
Momentidella suagenesi, in [F. DESRAMAUT (Ed.)], La vita dipreghiera delreligioso sale­
siano, Colloqui sulla vita salesiana 1 (Lyon, 10-11 settembre 1968), Torino-Leu-
mann, LDC 1969, pp. 185-201.
17Manuale delDirettore, S. Benigno Canavese, Scola tipografica salesiana 1915.
18 Vedi per esempio lo studio di uno dei suoi viaggi: A. LENTI, Contributo alla
lettura e alla valorizzatone dellefonti archivistiche. Il viaggio di don PaoloAlbera in Sicilia,
Malta e Calabria nel 1914, in RSS 2 (1983) 123-144.

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Cap. XXII: Il rettorato didonAlbera edi donRinaldi 313
gregazione fu chiamata sotto le armi e si veniva ben presto a conoscen­
za di casi dolorosi in cui alcuni confratelli erano stati obbligati ad anda­
re all’assalto gli uni contro gli altri.19 Molti collegi furono requisiti per
essere trasformati in caserme o in ospedali. Una delle conseguenze del­
la guerralirche durante il suo rettorato non si potè tenere alcun Capi­
tolo generale. Don Albera fece tutto il possibile per rimanere all’altezza
della situazione, raccomandando per esempio ai responsabili di aiutare
moralmente e materialmente i confratelli militari, insistendo perché
fossero mantenute le opere esistenti, intervenendo personalmente in
favore dei rifugiati e degli orfani di guerra. A partire dal 1916 e fino al
I mese di dicembre del 1918, scriveva ogm^e^una^Lettera, j:.ollettiva^ai
\\V
Salesiani chiamati
segrme e aw l fronte.
aInllefinaer-m, n-i>,olneottsetraantceh.ele
spi elerd°gPigteevea
con avidità nelle ca-
iml rail,lentamento cau­
sato dalla guerra, con delle ripercussioni notevoli anche in America e
nelle missioni, la Congregazione riprese il cammino in salita appena
cessate le ostilità.20
Durante il rettorato di don Albera non mancano le iniziative che
dimostrano lo sviluppo dell’opera salesiana. Si accettarono, a richiesta
della Santa Sede, cinque nuovi territori di missione: Katanga (Africa
centrale) nel 1911, Rio Negro (Brasile) nel 1914, Shiu-Chow (Cina) nel
1917, Gran Chaco (Paraguay) nel 1920 e Assam (India) nel 1921.1 Sa­
lesiani mossercTpure i primi passi in tre nuovi paesi europei: Ungheria
(Szentkereszt nel 1913 e Budapest nel 1920), Germania (Wùrzburg nel
1916, noviziato di Ensdorf nel 1920, Essen nel 1921), e Irlanda (istituto
agricolo di Pallaskenry nel 1919). In America centrale, dove mons. Ca-
gliero era delegato apostolico e intemunzio, tre furono le fondazioni:
un collegio a Comayaguela, che fu il primo collegio cattolico del Hon­
duras,21 una scuola a Granada, nel Nicaragua, e un aspirantato a Aya-
gualo, nel Salvador. A Cuba, l’arcivescovo salesiano di Santiago, mons.
Felice Guerra, chiamò i Salesiani nel 1917 ed essi fecero il loro ingresso
nell’isola, prima nella sua città episcopale, poi a Camaguey e a L’Avana,
19 Nel Brasile, i Salesiani furono anche chiamati per ristabilire la pace tra im­
migrati di diverse origini. Cf A. FERREIRA DA SlLVA, L'andata dei Salesiani a Santa
Caterina delBrasile, in RSS 12 (1988) 197-220.
20 In Europa centrale, l’ispettoria austro-ungarica, governata da don Tirone,
potè mantenersi e anche svilupparsi nonostante le gravi difficoltà. Cf S. ZlMNIAK,
Don Pietro Tirone, Superiore delllspettorìa Austro-Ungarica (1911-1919), in RSS 17
(1990) 295-346.
21 Vedi J.A. RrVERA NÙftEZ (Ed.), Ochenta anos de labor salesiana en Honduras,
1911-1991, Tegucigalpa, Imprenta y Offset Ricaldone 1992.

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314 Parte II: L/espansione dell'opera salesiana nelmondo (1888-1965)
con scuole, oratori e parrocchia. Per rafforzare i vincoli di tutte le co­
munità disperse nel mondo con il centro della Congregazione, fu ini­
ziata il 24 giugno 1920 la pubblicazione periodica degli «Atti del Capi­
tolo Superiore della Pia Società Salesiana».
Da molto tempo la salute di don Albera era cagionevole; ciò non
gl’impedì tuttavia di raggiungere i settantasei anni. Morì il 29 ottobre
1921. Il secondo successore di don Bosco lasciò il ricordo di un uomo
di Dio dall’anima limpida, mite e sapiente.22
2. FILIPPO RINALDI (1856-1931)
Una vocazione adulta
Per quelli che l’hanno conosciuto da vivo e più ancora per quelli
che costatarono l’efficacia della stia azlone^dopo la morte, don Rinaldi
fu un uomo sorprendente.23Da giovane, esitò a lungo prima di ricono­
scere la chiamata di Dio e raggiunse il sacerdozio soltanto perché spin­
to in qualche modo da don Bosco. Diventato salesiano e finalmente
Rettor maggiore, seppe nascondere, sotto un’apparenza di estrema sem­
plicità, grandi qualità naturali e virtù straordinarie.
Era nato il 28 maggio 1856 a Lu, un paese del Monferrato, dove i
suoi genitori coltivavano un bel podere. A cinque anni, il giovane Filip­
po vide per la prima volta don Bosco. Era il mese di ottobre 1861. Con
la sua scorta di giovani villeggianti, l’apostolo di Torino aveva fatto a
Lu un ingresso così clamoroso che il ragazzo avrebbe esclamato: «Quel
prete conta più di un vescovo!».24
22 Vedi il giudizio di C. SALOTTI (mons.), In memoria di D. Paolo Albera, Rettor
Maggiore dei Salesiani e secondo successore del Ven. D. Bosco, Roma, Scuola Tipografica
Salesiana 1922, pp. 12-16.
23 Per la bibliografia di don Rinaldi e su don Rinaldi vedi A . PARK, Bibliografia
deiRettoriMaggiori della Società salesiana dalprimo al terreosuccessore di donBosco, in RSS
4 (1984) 223-225. Biografie principali: E. CERIA, Vita del Servo di Dio sac. Filippo
Rinaldi, tergoSuccessore di San GiovanniBosco, Torino, SEI 1948; R. FIERRO TORRES,
E lSienpmjpios Don Felipe Rinaldi. Rasgos biográficosdeltercersucesordeSanJuan Bosco,
Madrid, Sociedad Editora Ibérica 1950; L. LARESE-Cella, Il cuore di Don Rinaldi,
ter%o Successore di S. Giovanni Bosco, Torino, L.I.C.E. - R. Berruti & C. 1952; P.M.
RINALDI, Bj love compelled. The HfeofFr. Philip Rinaldi, ThirdSuccessorofSt. John Bosco,
New Rochelle, Salesiana Publishers [s.d.]; L. CÀSTANO, Beato Don Filippo Rinaldi
1856-1931. Vivente immagne di Don Bosco, suo ter%o successore, Leumann (Torino),
LDC 21990.
24 C f E. CERIA, Vita delServo diDio sac. Filippo Rinaldi, p. 12.