1988_ViganoE_La_Famiglia_Salesiana_e_don_Bosco_Lettere_del_RM


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EGIDIO VIGANÒ
LAFAMIGLIA
SALESIANA
DI
LETTERE
DEL RETTOR MAGGIORE
elle di ci editrice

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EGIDIO VIGANÒ
LA FAMIGLIA SALESIANA
DI DON BOSCO
LETTERE DEL RETTOR MAGGIORE
Raccolta a cura di Joseph Aubry
EDITRICE ELLE DI Cl
10096 LEUMANN (TORINO)
1988

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Proprietà riservata alla Elle Di Ci - 1988
ISBN 88-01 - 12457-0

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, , • - mLIOl'ECA
OONBOSCO
DOPPIO

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1.7 Page 7

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PRESENTAZIONE
Uno dei frutti più belli da aspettarsi dalla celebrazione del centena-
rio della morte di Don Bosco è certamente una consistenza più forte
e uno slancio nuovo per la «sua» Famiglia.
Rilanciata a partire dal Capitolo Generale Speciale (1971) , la Fa-
miglia salesiana sta per superare la sua fase adolescenziale. Due mo-
menti forti , suscitati da don Giovanni Raineri , hanno segnato la sua
crescita in questi ultimi anni: il Convegno di Studio di Frascati (1-7
settembre 1979) al quale parteciparono SÌ!!- ue ra!Wrese tant' di cia-
scuno dei Gruppi ufficiali che compongono la Famiglia, e il Simposio
di Roma-Pisana (19-22 febbraio 1982) che riunì una ventina di studio-
si di tutta la Famiglia per una riflessione approf~ndita su problemi di
storia, di identità e di comunione.' Non dimentichiamo le tredici Setti-
mane di Spiritualità della Famiglia salesiana che, dal 1973, hanno pro-
curato l'incontro ogni anno a gennaio, a Roma-Pisana, di circa 150
rappresentanti di tutti i Gruppi della Famiglia.
Ma la persona che ha contribuito maggiormente a stimolare i Gruppi
e a confortare la loro comunione e collaborazione, è senz'altro don Egi-
dio Viganò, eletto Rettor Maggiore il 15 dicembre 1977 dal Capitolo
Generale SDB e diventato quindi successore di Don Bosco e «padre
e centro di unità della Famiglia salesiana» (Cost. SDB, art. 126). Vi-
vamente consapevole di questa sua responsabilità, ha intrapreso~-
zione di stimolo dei Salesiani verso i loro doveri «familiari», un'attivi-
tà intensa di contatti e incontri con i Gru i, e anche un lavoro di r" -
ensamento e a rofondimento dell'identità e del ruolo originale di ogni
Gruppo nella Famiglia. Così ha scritto in questi ultimi anni un autentico
' Gli Atti del Convegno di Frascati sono stati pubblicati in offset dal Dicastero per
la Famiglia Salesiana (1980, quaderno di 77 pp.). Gli Atti del Simposio di Roma forma-
no un importante volume curato da don MARIO MIDALI , Costruire insieme la Famiglia
Salesiana, LAS , Roma 1983, pp. S12.
5

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«cor .!!_S» di _lettere, che sono diventate per ogni Gruppo e per l'intera
Famiglia un punto di riferimento preziosissimo e sicuro . .
È sembrato opportuno pubblicare, in occasione del «Don Bosco 88»,
l'insieme di ueste lettere. Ciascuna interessa non solo il Gruppo a cui
viene indirizzata, ma realmente tutti i membri di tutti i Gruppi , visto
che l'appartenenza alla Famiglia e la «vita di Famiglia» suppongono
in partenza la conoscenza dei fratelli e delle sorelle e la ,oapacità di
apprezzare le ricchezze varie e com lementari del carisma salesiano.
Queste lettere coprono un'area di dieci anni 1978-1987), uno spa-
zio non troppo esteso. Per questo , anche se ogni circolare ha una sua
fisionomia datata, abbiamo pensato che non costituiva un inconveniente
presentarle secondo un ordine logico iuttosto che stretta_me~
-
lo ico, per facilitare l'uso della raccolta .
A modo di introduzione viene citato il testo decisivo del Capitolo
Generale Speciale sulla Famiglia salesiana, definito dal Rettòr Mag-
giore stesso «documento fondamentale», ~ na charta della nostra Fé!_-
miglg» (CG21 482 ,514). Dopo la rima lette!a speciale dedicata ~l@
«Madre dell~amiglia», viene quella _%.Ila Famiglia come tale, poi le
lettere relative _e_ uattro Gru i: FMA, Cooperatori, Exallievi , VDB,
e infine la lettera che interessa direttamente li ultimi tre Gruppi in
uanto «laici». Per rappresentare il Gru o s ecifico dei «Saj_e_§_ianf:;·,
è sembrato opportuno inserire alcuni tra gli articoli più significativi
delle loro Costituzioni e Regolamenti.
Dal 1981 il Rettor Maggiore ha proceduto , dopo consultazione del
Consiglio Generale, al riconoscimento di appartenenza ufficiale alla
Fam!glia di sette nuovi Gru i,che ne avevano fatto ~ 2licita doman-
Slli· E un fenomeno che merita conoscenza e riflessione, perché mani-
festa le straordinarie risorse del carisma salesiano. A questi Gruppi il
Rettor Maggiore non ha scritto altra lettera che uella s ecifica del ri-
conoscimento di a artenenza; risulta quindi opportuno includerle in
questa raccolta.
Il testo pubblicato· è quello apparso sugli Atti del Consiglio Gene-
rale della Società salesiana di san Giovanni Bosco .2 D'accordo con il
- - - - - ~---1ah>,ttor Maggiure; smm- snrti aggiunti ~lcum moli e sof o 1 o 1e m 1c~-
~ i di divisione del testo , per facilitarne la ricerca e la lettura; a que-
sto scopo servirà anche ~ ice , molto dettagliato .
2 La sigla ACS significa Atti del Consiglio Superiore; dal 1984 è diventata ACG:
Atti del Consiglio Generale.
~
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Siamo convinti che questa raccolta rappresenti uno strumento mol-
to valido per il ministero del «padre di Famiglia». Contribuirà a far
meglio cònoscere a tutti il carisma articolare di ogni Gru J29 ~ r~f-
forzare la comunione dell'intera famiglia . È un bel regalo da offrire
a Don Bosco a vantaggio dei giovani,al bene dei quali questa Famiglia
è dedicata.
JosEPH AUBRY
Roma-Pisana, Pentecoste 1987
7

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ABBREVIAZIONI E SIGLE USATE
I. Concilio
. AA Apostolicam Actuositatem (laici)
AG Ad Genres (missioni)
CD Christus Dominus (vescovi)
GE Gravissimum Educationis (educazione cristiana)
GS Gaudium et Spes (Chiesa-mondo)
LG Lumen Genrium (Chiesa)
PC Perfectae Caritatis (religiosi)
PO Presbyterorum Ordinis (presbiteri)
UR Unitatis Redintegratio (ecumenismo)
II. Altri documenti ufficiali della Chiesa
CIC Codex luris Canonici
ET Evangelica Testifìcatio (Paolo VI ai religiosi)
EN Evange/ii Nuntiandi (Paolo VI , evangelizzazione)
MC Marialis Culrus (Paolo VI, culto mariale)
MR Mutuae Relationes (vescovi e religiosi)
III . Eventi o pubblicazioni salesiane
ACG
ACS
CGS
CG21
MB
Atti del Consiglio Generale
Atti del Consiglio Superiore (fino al 1984)
Capitolo Generale Speciale (J 97 I- I972)
Capitolo Generale 21 (1977-1978)
Memorie Biografiche
8

2 Pages 11-20

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Introduzione
LA FAMIGLIA SALESIANA
Documento del
CAPITOLO GENERALE SPECIALE SDB (1971)*
Il rilancio dell'idea e della realtà della Famiglia Salesiana è parti-
to praticamente dal Capitolo Generale Speciale. Ma è importante ca-
pire come è nato il problema.
Una certa coscienza comune di molti confratelli si è espressa al ri-
guardo attraverso alcuni dei Capitoli ispettoriali preparatori; per conto
loro, i Cooperatori hanno lanciato ai Capitolari un appello preciso at-
traverso un «Messaggio» quasi provocatorio.
D'altra parte lo studio del tema non è stato intrapreso per una preoc-
cupazione di essere «completi» negli esami degli argomenti che com-
petono a un Capitolo -Generale «speciale». È sorto da radici molto più
profonde, dalla riscoperta della pienezza del «carisma» salesiano: tra-
mite il Fondatore, a chi ha voluto affidare lo Spirito Santo questo cari-
sma , prezioso per tutta la Chiesa? Ai soli Salesiani? No, risponde la
storia, ma a un 'intera Famiglia, nella quale i Salesiani hanno «spe-
ciali responsabilità». Il documento che esprime tale riscoperta inte-
ressa quindi veramente tutta la Famiglia.
CAPO SESTO
LE PROSPETTIVE
DELLA ccFAMIGLIA» SALESIANA OGGI
1. Necessità del tema «Famiglia» nel rinnovamento salesiano
151
I Salesiani non possono ripensare integralmente la loro vocazione
nella Chiesa senza riferirsi a quelli che con loro sono i portatori della
volontà del Fondatore. Per questo ricercano una migliore unità di tut-
ti, pur nella autentica diversità di ciascuno.
* Testo in Atti del CGS XX della Società Salesiana, Roma 1971 , doc. 1: / Salesiani
di Don Bosco nella Chiesa, cap. VI, pp. 114-128; cap. VII, pp. 135-136.
9

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152 2. Il termine «Famiglia»
La parola evoca il fatto di relazioni interpersonali e anche un certo
stile proprio a queste relazioni in coloro che hanno lo «spirito salesia-
no», che è appunto «spirito di famiglia».
Il termine è continuamente adoperato nella tradizione salesiana per
indicare, in forma generica , i legami che intercorrono tra i Salesiani ,
le FMA , i Cooperatori , gli Allievi e gli Exallievi.
Da un esame attento si arriva alla conclusione che il concetto di
«famiglia» si applica in modo diverso ai vari gruppi a seconda della
natura del loro rapporto . I Cooperatori , per es., appartengono alla Fa-
miglia salesiana perché come associazione e personalmente assumono
l ' impegno di attuare nel mondo la missione che il Fondatore ha loro
affidato , in unione con la Congregazione e secondo il suo spirito. Gli
allievi e gli exallievi invece appartengono alla Famiglia salesiana ad
altro titolo, soprattutto in quanto sono stati o continuano ad essere i
destinatari dell'educazione salesiana che può suggerire loro vari tipi
di impegno apostolico.
A) IL FATTO E IL PROBLEMA DELLA FAMIGLIA
DA DON BOSCO FINO AD OGGI
Il problema sorge a partire da un dato storico complesso. Don Bo-
sco, per attuare la sua vocazione di salvezza della gioventù povera e
abbandonata , cercò un ' ampia unione di forze apostoliche nel! 'unità ar-
ticolata e varia di una «Famiglia».
153 1. Don Bosco fondatore carismatico
Nel fondare i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice e i Coopera-
tori che lavorassero nella missione secondo il suo spirito, Don Bosco
diede alla Congregazione salesiana un ruolo speciale.
_ _ _ _ _ _ _ __..,~__._,-=-.__.a..]___,)__.8u.u8U8 Jm.'-"a=nUJicfue""sut.ò.,_p.ur_nella_complessità...dellw:celte-d1·,-=-
verse, una omogeneità d 'intenzione: quella di riunire , in qualche mo-
do, in un vasto insieme tutti coloro che accettavano di lavorare con
lui. «... Dobbiamo unirci in questi difficili tempi ... ».' «Unirci tra noi
e tutti con la Congregazione ... Uniamoci (dunque) col mirare allo stesso
- --
' Dal Regolamento dei Cooperatori , Introduz. , anno 1876.
IO

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fine e con l'usare gli stessi mezzi per conseguirlo ... Uniamoci come
in una sola famiglia coi vincoli della carità fraterna che ci sproni ad
aiutarci e sostenerci vicendevolmente a favore del nostro prossimo».2
Questo sforza di riunione e di comunione prese, ancora vivente il
Fondatore, forme diverse a seconda del grado di partecipazione e dei
servizi a cui si impegnavano i membri. Ricordiamo per titoli : servizio
dell 'Oratorio di San Francesco di Sales; dopo il 1850 partecipazione
in forme diverse alla Società Salesiana fin dalle sue prime origini
(1855-1858); partecipazione giuridicamente possibile, ma non chiara-
mente definita attuata di fatto , di «membri esterni» «affiliati» a que-
sta Società tra il 1864 e il 1874; unione spirituale con le Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, attraverso la persona del Rettor Maggiore, fino agli
inizi del ventesimo secolo, e già dal 1872 circa; partecipazione, infi-
ne , come Cooperatori, laici o ecclesiastici , a partire dal 1876.
Esiste una celebre pagina di Don Bosco che esprime questo dise-
gno: «Ma un'associazione per noi importantissima, che è l'anima della
nostra congregazione e che ci serve di legame ad operare il bene d'ac-
cordo e con l'aiuto dei buoni fedeli che vivono nel secolo , è l'opera
dei Cooperatori Salesiani. Abbiamo la pia Società Salesiana per colo-
ro che vogliono vivere ritirati e consacrati a Dio con la professione
religiosa. Abbiamo l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice per le
giovani che vogliono imitare i Salesiani, per le persone di altro sesso.
Ora è necessario che noi abbiamo nel secolo degli amici, dei benefat-
tori, della gente che praticando tutto lo spirito dei Salesiani, vivano
in seno alle proprie famiglie , come appunto fanno i Cooperatori Sale-
siani; sono essi il nostro aiuto nel bisogno, il nostro appoggio nelle
difficoltà , i nostri collaboratori in quello che si presenta da farsi per
la maggior gloria di Dio, ma che a noi manca nei mezzi personali o
materiali . Questi cooperatori devono moltiplicarsi quanto è possibi-
le .. .» . 3
Il pensiero di Don Bosco sui Cooperatori è da completare con un'al-
tra visione: quella che li colloca nell 'insieme della Chiesa locale, ri-
manendo fedeli allo spirito salesiano. «Ho studiato molto - avrebbe
detto a don Lemoyne il 16 febbraio 1884 - sul modo di fondare i Coo-
peratori salesiani. Il loro vero scopo diretto non è quello di coadiuvare
i Salesiani , ma di prestare aiuto alla Chiesa, ai vescovi , ai parroci sot-
to l'alta direzione dei Salesiani nelle opere di beneficenza, come i
' Bollettino Salesiano , genn. 1878, pp. 1-3.
3 Progetto di deliberato per il I Capitolo Generale, 1877 ; manoscritto di Don Bosco.
11

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catechismi, educazione di fanciulli poveri e simili. Soccorrere i Sale-
siani non è altro che aiutare una delle tante opere che si trovano nella
Chiesa Cattolica. È vero che ad essi si farà appello nelle urgenze no-
stre, ma essi sono strumento nelle mani del Vescovo ... non si deve
aver gelosia dei Cooperatori Salesiani, poiché sono cosa della diocesi,
e che tutti i parroci dovrebbero con i loro parrocchiani essere Coope-
ratori».•
2. I diversi gruppi e la loro storia:
coscienza di un bene comune salesiano e di una reale unità
a) Appartenenti «in senso stretto» alla Famiglia salesiana
154 1) I Cooperatori. - Nella storia trascorsa, a parte un certo trava-
glio per assestare entro regole giuridiche l'appartenenza dei Coopera-
tori alla Famiglia salesiana, non è mai venuta meno sostanzialmente
la coscienza del fatto dell'appartenenza: i Cooperatori sono illuminati
e chiamati, per grazia divina, a partecipare della missione del Fonda-
tore, secondo differenti stati di vita, e richiamandosi al suo spirito.
Questa coscienza vive nel Regolamento della loro Associazione: «As-
sociazione che ha per fine principale la vita attiva nell'esercizio della
carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolante»
(Reg. 1876, III). «Ai Cooperatori salesiani si propone la stessa messe
della Congregazione di San Francesco di Sales cui intendono associar-
si» (ivi IV). «I membri della Congregazione salesiana considerano tutti
i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo e a loro s'indiriz-
zano ... Colla medesima libertà, i Cooperatori si rivolgeranno ai mem-
bri della Congregazione salesiana» (ivi VI).
Pio Xli nel discorso del 12 settembre 1952 indirizzato ai Coopera-
tori in occasione del loro 75 ° di fondazione afferma una loro identità
salesiana: «Cooperatori Salesiani, ausiliari efficacissimi dell'Azione Cat-
tolica... nuovo provvidenziale movimento del laicato cattolico ... Inti-
mamente impregnati dello spirito salesiano ... Uomini e donne che at-
tuino appieno l'ideale salesiano... L'urgenza stessa del vostro molte-
- - - - - --,-,·tic-eiavoro... vi olmliga alla pm ge osa cura e a vostra vita mteno-
re , di quella vita a cui ben provvide la sapienza del Santo dell'azione ,
dettando a voi non meno che alla sua duplice famiglia dei Salesiani
' MB XVII, 25, citato in P. STELLA , Don Bosco nella storia della religiosità catto-
lica , PAS Verlag , Ziirich 1968 , I, pp. 220-221.
12

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e delle Figlie di Maria Ausiliatrice una regola di vita spirituale , ordi-
nata a formarvi, pur senza la vita comune, alla religiosità interna ed
esterna di chi seriamente fa sua l'opera dilla perfezione cristiana» .5
I Cooperatori oggi manifestano questa loro chiara coscienza di ve-
ra appartenenza alla Famiglia salesiana persino nel loro «Messaggio
ai membri del Capitolo Salesiano Speciale»: «Consapevoli di apparte-
nere per il comune Fondatore, per il fine a cui tendiamo, per l'oggetto
precipuo dell'apostolato, per la comunione dei beni spirituali e per gli
stessi superiori all'unica Famiglia salesiana» .
2) Le Figlie di Maria Ausiliatrice. - Anche le vicende che coprono 155
l'arco di tempo 1872-1969 vedono da una parte variare le forme giuri-
diche del rapporto con le FMA dalla dipendenza dal Rettor Maggiore
alla loro autonomia, ma insieme rivelano la preoccupazione di Don Bo-
sco , dei suoi successori e delle stesse FMA, che , pur con queste varia-
zioni, fosse sempre possibile salvaguardare e alimentare uno spirito
evangelico particolare, quello salesiano, per la missione a cui erano
chiamate.
3) Altri membri. - Anche altri Istituti religiosi e secolari (ad es. le 156
VDB), o gruppi organizzati che, in linea con la ispirazione di Don Bo-
sco , sono chiamati a realizzare la sua missione secondo il suo spirito,
appartengono in senso stretto a questa Famiglia.
b) Appartenenti «a titoli diversi» e «in senso largo»
157
alla Famiglia salesiana
1) Gli Allievi e gli Exallievi. - Il modo di appartenenza degli Allie-
vi e del Movimento degli Exallievi alla Famiglia salesiana sorge, ordi-
nariamente, come si è accennato, soprattutto dal fatto che essi sono
o sono stati i «destinatari» della nostra educazione nel clima tutto parti-
colare dello spirito di famiglia. Gli educatori dovranno curare la per-
manenza di questi legami; in tal senso si esprime la «Dichiarazione sulla
Educazione cristiana»: «Continuino una volta terminati i corsi scolasti-
ci ad assistere gli alunni con il loro consiglio, con la loro amicizia e
anche promuovendo associazioni di ex-alunni in cui aleggi il vero spi-
rito ecclesiale» (GE 8). È quanto ci chiedono i nostri ex-allievi ed è
quanto si prefigge l'attuale Confederazione mondiale degli Exallievi
di Don Bosco (cf Statuto 7).
È auspicabile, comunque, che all'interno del Movimento Exallievi
' In G. FA VI N I , Il cammino di una grande idea , Elle Di Ci , Torino 1962 , pp. 203-207 .
13

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per l'educazione salesiana che essi hanno ricevuto, quelli che ne ab-
biano il dono e la volontà si impegnino o come Cooperatori o in gruppi
apostolici per una più intima partecipazione allo spirito e all'azione della
Famiglia salesiana nelle opere che le sono proprie e nella Chiesa locale.
2) Si può parlare poi di appartenenza «in senso largo» alla Fami-
glia di quanti, simpatizzanti e benefattori, mantengono qualche lega-
me con l'Opera salesiana .
3. Le urgenze attuali pongono in termini nuovi
il problema dell'unità e della comunione
158 a) La posizione dei CIS (Capitoli Ispettoriali Speciali)
I CIS in genere hanno auspicato un rinnovato impegno dei Salesia-
ni nel promuovere maggiore unione e più stretta collaborazione tra quan-
ti partecipano allo spirito di Don Bosco e condividono la stessa missio-
ne (cf I e II CIS) .
159 b) La realtà ecclesiale della Famiglia salesiana
Il contesto infatti in cui si muove oggi la realtà della Famiglia sale-
siana e di cui devono avere coscienza i membri che la compongono
è che:
- la Famiglia salesiana è una realtà ecclesiale che diventa segno
e testimonianza della vocazione dei suoi membri per una missione par-
ticolare , secondo lo spirito di Don Bosco;
- la Famiglia salesiana esprime - sulla linea di quanto la Chiesa
ha detto di se stessa - la comunione tra i diversi ministeri al servizio
del popolo di Dio; e integra le vocazioni particolari perché sia manife-
sta la ricchezza del carisma del Fondatore;
- la Famiglia salesiana sviluppa una spiritualità originale di natu-
ra carismatica che arricchisce tutto il Corpo della Chiesa e diviene un
modello pedagogico cristiano tutto particolare .
La «Famiglia salesiana» dunque, vista ne rmstero el.TaCn1esa, acJVl'l
definire la sua identità, la sua missione e le sue forme alla luce delle
dimensioni essenziali della Chiesa; ciò richiede che si parli di vocazio-
ne, missione, servizio, testimonianza, comunione, storicità e rinnova-
mento permanente come di altrettante componenti essenziali di questa
Famiglia.
14

2.7 Page 17

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c) I segni dei tempi
160
L'ampiezza straordinaria e la complessità dei problemi giovanili
odierni spronano il nostro zelo ad accentuare le forme di ripartizione
delle forze operanti in questo settore e la loro mututa collaborazione.
Non si tratta soltanto di una semplice «strategia dell'azione» a livello
umano, ma di costruire insieme un «futuro» alla luce del Vangelo, con
il dinamismo della speranza cristiana6 e sotto la spinta dell'azione di
Dio che realizza nella storia umana il suo Regno .7
B) L'UNITÀ E LA COMUNIONE DELLA FAMIGLIA
(in senso stretto)
NELLA SUA DIVERSITÀ
(un solo corpo con diversi membri complementari)
1. Gli elementi comuni
Volendo rintracciare gli elementi che sono comuni tra i vari gruppi 161
della Famiglia salesiana, bisogna ricordare che essi fondamentalmente
si riducono al fatto di essere chiamati per l'unica missione salvatrice
propria di Don Bosco da realizzare secondo il suo spirito.
Si può dire che la missione sia unica, quella ispirata a Don Bosco,
ma anche che si realizza in una grande diversità di pastorale e di ini-
ziative apostoliche.
Vediamo brevemente prima gli elementi comuni:
a) La consacrazione battesimale (e cresimale) è l'elemento base co- 162
mune a tutti i membri della Famiglia salesiana. In forza di questa con-
sacrazione essi sono chiamati da Dio alla santità cristiana: «Tutti i fe-
deli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita
cristiana e alla perfezione della carità» (LG 40b).
In questo senso tutti i cristiani sono chiamati a condividere lo spiri-
to dei consigli evangelici (cf LG42cde), traducendolo ed incarnandolo
nel proprio stato di vita. Per i Salesiani e le FMA ciò è evidente, pro-
fessando essi i voti religiosi, ma questo spirito anima pure la vita dei
Cooperatori. Nel loro Regolamento Don Bosco richiama una certa si-
milarità e reciproca attrazione tra la vita dei religiosi salesiani e quella
' Cf LG !Oa, 48b; Unit. Red. 2e; GS 93a.
' Cf LG 5, 9b , 35b , 36a; AG 42b; GS 38a, 39b .
15

2.8 Page 18

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dei Cooperatori: «Ai Cooperatori salesiani non è prescritta alcuna opera
esteriore, ma affinché la loro vita si possa in qualche modo assimilare
a quella di chi vive in comunità religiosa , loro si raccomanda la mode-
stia negli abiti, la frugalità nella mensa, la semplicità nel suppellettile
domestico , la castigatezza dei discorsi , l 'esattezza nei doveri del pro-
prio stato .. .». In altre parole, «facendosi Cooperatori salesiani, posso-
no continuare a stare in mezzo alle loro ordinarie occupazioni, in seno
alle proprie famiglie , e vivere come se di fatto fossero in Congrega-
zione» (Reg. VIII/ i e III) .
163 b) La comune vocazione e missione. Tutti i membri della Famiglia
salesiana ricevono dallo Spirito Santo una grazia speciale di illumina-
zione e di decisione di fronte alle urgenze concrete della gioventù po-
vera e abbandonata. Questi due movimenti della «vocazione» e della
«missione» sono correlativi e sostengono la decisione concreta di chi
risponde positivamente a questa grazia. Va subito notato che questa
risposta si articola diversamente a seconda dello stato di vita del singo-
lo (religioso, religiosa, membro di Istituto secolare, o semplice battez-
zato).
Questa comune vocazione si indirizza (in tutti i gruppi suddetti) agli
stessi destinatari . Basti riportare poche parole del Regolamento per i
Cooperatori : «Ai Cooperatori salesiani si propone la stessa messe del-
la Congregazione di san Francesco di Sales, cui intendono associarsi»
(Reg. IV).
164 c) Il comune «spirito salesiano». È l 'aspetto tipico e lo stile spe-
ciale con cui, nella Chiesa di Dio , i Salesiani portano ai giovani di og-
gi l'amore pienamente salvatore di Cristo. Era questa la volontà del
nostro santo Fondatore che scriveva: «Ora è necessario che noi abbia-
mo nel secolo degli amici, dei benefattori, della gente che praticando
tutto lo spirito dei Salesiani, vivano in seno alle proprie famiglie , co-
me appunto fanno i Cooperatori salesiani ... ». 8
165 d) Secondo una forma di fraternità apostolica che parte dal comu-
ne zelo per la salvezza dei giovani e che si differenzia nelle sue espres-
sioni . L'azione di tutti i membri della Famiglia salesiana (intesa come
promozione integrale ed e ucaz1one la fede dei g1ovantpuverr)---as·C'TIC_~ - - - -
me un indirizzo comunitario fraterno e si muove in una linea di corre-
sponsabilità comune; però le espressioni di questa complessa azione
apostolica saranno diverse a seconda dei tempi , delle persone e dei
Manoscritto citato al n. 153.
16

2.9 Page 19

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luoghi. Questa varietà è richiesta considerando, all'interno del movi-
mento stesso, la diversità dei gruppi che lo compongono e quella delle
loro mutue relazioni, all'esterno, l'inserimento dell'azione salesiana
nella pastorale d'insieme a livello parrocchiale, diocesano e regionale.
Pur in tanta varietà di espressioni, lo «stile familiare» caratteristico
di Don Bosco sarà elemento di unità nei rapporti fra i membri della
Famiglia salesiana e nota tipica del loro apostolato.
2. Le differenze
Il tipo di consacrazione e la forma di vita concreta propria di ogni 166
singolo membro della Famiglia salesiana danno origine ai modi diver-
si secondo cui si' realizza la missione salesiana e si vive lo «spirito sa-
lesiano».
Fa parte, infatti, della cattolicità della Chiesa una pluralità di gra-
zie, di ministeri e di operazioni (cf LG 32c) in vista della missione co-
mune; così è all'interno della Famiglia salesiana. Alla sorgente ritro-
viamo sempre una differente vocazione concreta.
a) I Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, avendo ricevuto da 167
Dio il dono della vocazione religiosa, sono tenuti a un impegno mag-
giore, corrispondente al loro tipo di consacrazione, nella realizzazione
della missione salesiana. La loro castità, abbracciata per il Regno dei
cieli e segno palese di un amore indiviso al Cristo, diventa «stimolo
della carità e speciale sorgente di spirituale fecondità» (LG 42c) nel
mondo giovanile di oggi. L'appello di Dio alla povertà, che ricorda
agli uomini come il loro ultimo progresso consiste nel «partecipare co-
me figli alla vita del Dio vivente» (ET 19), li rende anche grati e sensi-
bili all'appello dei giovani «poveri». Finalmente con la professione del-
1'obbedienza «sull'esempio del Cristo, venuto ad adempiere la volontà
del Padre e in comunione con lui ... sono vincolati più strettamente al
servizio della Chiesa e dei fratelli» (ET 23) , realizzato nella vita in co-
mune.
All'interno della Congregazione salesiana e rispetto alle FMA l'u-
nica vocazione religiosa riceve un 'ulteriore diversificazione dal fatto
che essa è vissuta in base alla consacrazione battesimale-cresimale e
sacerdotale oppure battesimale e cresimale soltanto.
b) Così è anche per gli altri Istituti religiosi femminili, mentre gli 168
Istituti secolari, le Volontarie di Don Bosco per es., portano a maturi-
tà la loro consacrazione battesimale-cresimale con la professione dei
17

2.10 Page 20

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consigli evangelici, unite, nella particolare esperienza di carità a cui
si dedicano, dallo spirito salesiano. E realizzano ciò non a partire dalla
vita in comune, ma come dall'interno delle strutture del mondo, im-
merse in esse come il fermento che anima e incrementa il Corpo di
Cristo: «Nell'attuazione di questa consacrazione secolare, le Volonta-
rie si ispirano al messaggio spirituale di Don Bosco, al quale si ricolle-
gano idealmente attraverso il Servo di Dio Don Filippo Rinaldi» (Cost.
VDB 5).
169 c) I Cooperatori Salesiani. Gli impegni cristiani che scaturiscono
dalla consacrazione battesimale-cresimale, orientati dalla vocazione a
far parte dell'Associazione dei Cooperatori Salesiani, vedranno questi
ultimi , immersi nelle attività temporali (cf GS 43), orientati alla pro-
mozione integrale dei giovani poveri e abbandonati, pur senza l'impe-
gno specifico di una consacrazione religiosa e secolare.
170 d) Altri gruppi possibili che si organizzino in linea con la ispira-
zione di Don Bosco , a seconda della fisionomia che si danno e che è
loro riconosciuta dalla Congregazione, potranno essere efficacemente
presenti in questa Famiglia coi loro valori e i loro preziosi ministeri .
3. La comunione nella stessa vocazione di base
e il minimo di unità istituzionale
171 a) Lo Spirito Santo tiene uniti questi «con-vocati». - Alla base del-
la nostra salesianità c'è la chiamata dello Spirito Santo per la realizza-
zione organica, pur nella sua complessità, della salvezza dei giovani
poveri e abbandonati secondo lo spirito di Don Bosco. In questo senso
tutti i membri della Famiglia salesiana sentono autentici i loro legami
reciproci . Don Bosco esprimeva ciò nel Regolamento dei Cooperato-
ri: «I membri della Congregazione Salesiana considerano tutti i Coo-
peratori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo... » (Reg. VI/ 1).
I Cooperatori salesiani sono coscienti di questa vocazione comune .
e la esprimono nel «Messaggio ai membri del Capitolo Generale Spe-
ciale»: «Crediamo . .. che item i siano maturi Qerché tra i Salesiani re-
ligiosi e i Salesiani Cooperatori si instauri , ad ogni livello , un rappor-
to vicendevole di vera fraternità , che costituisca, d'ora in poi , il nuo-
vo stile di vita salesiana all'interno delle comunità educative, opportu-
namente aperte ai Cooperatori, e al di fuori di esse».
172 b) L'unità istituzionale. - I diversi elementi che compongono la Fa-
miglia salesiana richiedono tutti qualche espressione esterna e istitu-
18

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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zionalizzata. Sappiamo con quale insistenza Don Bosco voleva riunire
pubblicamente (anche se con molta flessibilità) le forze dei suoi diver-
si collaboratori. Non è qui il luogo di determinare i modi concreti di
questa unità visibile e di questa organizzazione. Basta affermarne il
principio indiscutibile.
Va garantita l'autonomia di ogni gruppo della Famiglia, perché ogni
gruppo possa esprimere integralmente le proprie ricchezze; ma va pa-
rimenti riaffermato il legame esterno e funzionale dei gruppi, espres-
sione di una comune vocazione salesiana.
c) Il ruolo particolare della Società salesiana. - A partire dalla ini- 173
ziativa dello Spirito Santo che ha ispirato Don Bosco a compiere una
determinata missione con un determinato spirito, vediamo il ruolo dei
Salesiani nella Famiglia salesiana.
Essi hanno innanzitutto una funzione di «stabilità»: vivono la mis-
sione e lo spirito salesiano nella consacrazione religiosa, secondo la
pienezza desiderata da Don Bosco. La loro professione dei consigli
evangelici fornisce gli aiuti necessari per la stabilità e la coerente crea-
tività (nei confronti della missione e dello spirito salesiano) all'esterno
nella Chiesa e all'interno nei confronti dei gruppi che compongono la
Famiglia.
Essi hanno inoltre una funzione di «animazione». I Salesiani rea-
lizzando in se stessi la pienezza della consacrazione (battesimale, cre-
simale e per alcuni anche sacerdotale), sono i portatori e gli animatori,
nella Chiesa e nella stessa Famiglia salesiana, della missione vista nel-
la sua integralità: dalla promozione umana fino alla pienezza della vita
cristiana.
Infine essi svolgono una funzione di «unione», sia all'interno dei
vari gruppi in virtù dell'animazione di cui sopra, sia all'esterno, per-
ché in spirito di servizio propongono i legami con i singoli gruppi e
con i gruppi fra loro.
C) L'INTERCOMUNICAZIONE E LA COLLABORAZIONE
1. Ragioni profonde e scopi da perseguire
Le riflessioni precedenti devono necessariamente portare a comu- 174
nicare le ricchezze di ciascun gruppo perché possano diventare le ric-
chezze di tutti.
19

3.2 Page 22

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È fedeltà dinamica allo Spirito e ai suoi doni, perché il modo origi-
nale e inventivo di ciascun gruppo realizzi la «causa comune» della Fa-
miglia salesiana. Per tale intercomunicazione saremo tutti più illumi-
nati sulla verità attuale e sulla autenticità del dono fatto a Don Bosco
e dei doni che, in linea con quello, lo Spirito elargisce anche a noi;
percepiremo meglio la forza e la fecondità apostolica della nostra mis-
sione e del metodo da adottare; giungeremo a vivere l'esperienza evan-
gelica che , comunicando tra noi e collaborando nell'azione, «ci» arric-
chiamo reciprocamente.
La fedeltà dinamica a Don Bosco nell'intercomunicazione e nella
collaborazione farà dilatare lo spazio della sua intuizione pastorale e
della paternità, che splenderà più luminosa perché ogni aumento di sen-
timenti fraterni , di unione e di impegno tra coloro che si riconoscono
suoi «figli» ne esalterà la dimensione. Questa paternità acquisterà di-
mensioni ecclesiali: Don Bosco infatti è sorgente di religiosi , religio-
se, laici impegnati e consacrati secolari che sono diretta emanazione
del suo lavoro o scaturiti dalla santità dei suoi figli .
Attraverso la corresponsabilità e il dialogo le insopprimibili doti
dei singoli e le indispensabili varietà dei ministeri , da un lato faranno
superare l'uniformità, dall 'altro realizzeranno e rafforzeranno l'unità.
Coloro che hanno il servizio dell'autorità hanno il dovere di stimo-
lare tale contributo utile all'edificazione del Corpo di Cristo (cf AA
3d; PO 9b) .
2. Contenuti e modi dell'intercomunicazione e della collaborazione
175 a) / contenuti. - La mututa collaborazione e l'intercomunicazione
tra i vari gruppi salesiani potranno avere per oggetto: 1) la situazione
concreta nel settore detla evangelizzazione giovanile e popolare secondo
le modalità della nostra missione (cf CGS 58-84); 2) i rapporti con le
organizzazioni esterne nella visione di una pastorale d'insieme della
Chiesa locale; 3) i mezzi utili per una informazione e una formazione
comune in ordine alla missione da compiere .
_ _ _ __1._7._ ,6-.h)-Lmodi.-=-L.:-int.gfGQmYfli{;a-z-iene---e---la-ooll-a-b& a2-iene-nélfl-Senm-da>---- --
identificarsi con la dipendenza dei vari gruppi dalla Congregazione sa-
lesiana. Riaffermiamo, invece, la loro autonomia, sia pure in forme
diverse, nella conduzione interna, come anche nel settore amministra-
tivo .
L'intercomunicazione e la collaborazione devono avvenire nel set-
tore dell'apostolato salesiano inserito nella Chiesa locale. Le modalità
20

3.3 Page 23

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di questo interscambio (rapporti) saranno quindi dettate , di mutuo ac-
cordo, dalla realtà della pastorale della Chiesa locale e dalla natura spe-
cifica dell'apostolato salesiano .
3. Conclusioni
La capacità di evidenziare l'unità della missione e dello spirito sa-
lesiano nella pluralità delle forme e delle espressioni, la creatività e
l'inventiva proprie di ogni gruppo a vantaggio degli altri, ci renderan-
no più credibili nella Chiesa, comunione di salvezza, più efficaci nel
concreto lavoro apostolico, più ricchi nelle realizzazioni personali .
«L'apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane
e cristiane dei fedeli e al tempo stesso mostra come segno della comu-
nione e dell'unità della Chiesa in Cristo che disse: Dove sono due o tre
riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro» (AA 18, citando Mt 18 ,20) .
*
Dal CAPO SETTIMO
ORIENTAMENTI OPERATIVI
11 . I Salesiani per la Famiglia salesiana
Essendo i Salesiani, per volontà e desiderio di Don Bosco , come 189
il vincolo , la stabilità e l'elemento propulsore della Famiglia, ci impe-
gniamo a promuovere in spirito di servizio scambi fraterni, nei modi
e nei tempi ritenuti più opportuni, per un reciproco arricchimento e
per una maggiore collaborazione e fecondità apostolica.
Ci impegniamo a studiare insieme, nell'accettazione corresponsa-
bile della pastorale della Chiesa locale, le condizioni concrete per un'ef-
ficace evangelizzazione e catechesi; di studiare insieme le strutture di
informazione e di formazione che ci rendono abili per questo servizio
ecclesiale e i mezzi più idonei a realizzarlo .
12. I Salesiani per i Cooperatori
Accogliendo fraternamente il «Messaggio dei Cooperatori ai mem- 190
bri del Capitolo Generale Speciale», proponiamo un lavoro d'insieme
per la redazione di un programma di formazione laicale salesiana e
per la compilazione di un volume di letteratura salesiana pertinente.
21

3.4 Page 24

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Proponiamo che un gruppo di esperti, Salesiani e Cooperatori, re-
. diga il loro nuovo Regolamento, dove si precisino, alla luce della dot-
trina conciliare e del pensiero di Don Bosco, i rapporti ai vari livelli
tra l'Associazione e la Congregazione Salesiana.
13. I Salesiani per gli Exallievi
191 Considerato che gli Exallievi sono il frutto della nostra missione
educativa e che essa non si esaurisce al momento in cui lasciano le no-
stre opere, che anzi esige che sia prolungata e sviluppata nel tempo;
e tenuto conto anche delle istanze sorte nel loro Congresso Mondiale:
proponiamo che la cura degli Exallievi sia considerata una delle at-
tività specifiche e preferenziali della Congregazione;
proponiamo che ogni comunità programmi e realizzi questa educa-
zione permanente senza ridurre i nostri contatti con loro solamente ai
ricordi del passato;
proponiamo che ogni comunità sia aperta e pronta a ricevere gli
aiuti di collaborazione, di consiglio e di sana critica ai metodi educati-
vi che gli Exallievi sono in grado di portare.
22

3.5 Page 25

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1. MARIA,
MADRE DELLA NOSTRA FAMIGLIA
«MARIA RINNOVA
LA FAMIGLIA SALESIANA
DI DON BOSCO»
Lettera ai Salesiani, 25 marzo 1978
(ACS 289, gennaio-giugno 1978 , pp. 3-35)
Roma, Solennità del! 'Annunciazione , 1978
Carissimi ,
Vi saluto con gioia e speranza e desidero condividere fraternamen-
te con voi alcuni pensieri che ho nel cuore.
Ognuno di noi suole meditare sugli eventi della propria esistenza,
personali, ecclesiali e salesiani imitando umilmente la Vergine Maria
nel saper custodire e approfondire gelosamente dentro di il ricordo
dei fatti più significativi della sua vocazione (cf Le 2,51) .
La Provvidenza ha sconvolto alcuni mesi fa la mia esistenza con
il fatto della designazione a vostro Rettor Maggiore. Ormai sta dive-
nendo un abito per me la coscienza delle gravi responsabilità inerenti
a questo «servizio di famiglia» , che esige vera paternità spirituale in
profonda sintonia con Don Bosco. Meno male che in casa ci si dà una
mano mutuamente .
Il Signore, però, mi aiuta a percepire anche la bellezza e l'abbon-
danza di grazia e, in particolare, l'aiuto materno di Maria che accom-
pagnano tale ministero, con la gioia di poter entrare in comunione con
voi , con ciascuno e con ogni comunità, per riflettere e crescere insie-
me nella gratitudine e nella fedeltà.
23

3.6 Page 26

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Vorrei avere lo stile piano e penetrante di Don Bosco e la immedia-
tezza di comunione che possedevano gli altri suoi successori, ma a di-
fetto di piacevolezza e di semplicità, ci sia almeno sincerità e sodezza .
Vi sto scrivendo nell'ottava di Pasqua con nel cuore il clima pro-
fondo e gioioso della Risurrezione: questo è il giorno più grande che
ha fatto il Signore! In esso è apparsa per noi la massima novità, scon-
volgente e radicale , che fa saltare ogni visione secolarista del mondo
e obbliga à rileggerne tutti i valori da un'angolatura umanamente im-
pensabile che li relativizza e li assume.
Quanto deve essere costato al Signore far capire agli Apostoli che
cos'era e che cosa apportava in realtà la sua Risurrezione! Con essa
ha inizio la «Nuova Umanità»: l'uomo raggiunge la pienezza del pro-
getto di Dio Padre su di lui, tocca la vera meta della sua esistenza e
acquista la dimensione genuina della sua storia.
Siamo al centro del Vangelo, da dove possiamo percepire con pe-
netrante chiarezza il mistero del battesimo e il significato della profes-
sione religiosa, la vera missione della Chiesa nel mondo e il nostro
ruolo di Salesiani tra i giovani, e dominare tutto l'orizzonte sia del di-
namismo salvifico dei credenti che degli impegni tecnici, economici,
culturali e politici dell'uomo con i loro veri obiettivi.
La Pasqua è proprio il vertice da cui vediamo e giudichiamo tutto
nella fede. È da questa vetta pasquale e nella prospettiva della Risurre-
zione che io vi invito a riflettere un poco sui nostri rapporti con la Ver-
gine Maria , Madre di Dio.
A) PRENDIAMO LA MADONNA IN CASA!
1. Nella luce del Mistero pasquale
Il CG2 l ci invita a rinnovare la dimensione mariana della nostra
vocazione.
- - - - - -----'Sembr-a-er-ma-i--profH-Z.ÌG--i-l-momentO--dw:iYedere_ins · e nostre
convinzioni su Maria e di fare un'accurata verifica della devozione al-
i'Ausiliatrice. Quali sono le relazioni tra la persona viva di Maria e
noi? FiTJO a che punto la devozione alla Madonna è oggi reale e sentita
nei nostri cuori e nelle nostre attività pastorali? È esagerato dire che,
tra noi , la dimensione mariana è in ribasso? Non ci sarà forse urgente
bisogno di un nuovo spazio per Maria nella nostra Famiglia?
24

3.7 Page 27

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Il pomeriggio del Venerdì Santo, mentre ascoltavo la proclamazio-
ne della Passione secondo Giovanni , fui colpito particolarmente dal-
l'importanza che dà l'evangelista alle parole di Gesù morente rivolte
a sua Madre : «Donna, ecco tuo figlio! », e al discepolo preferito che
stava accanto a lei: «Ecco tua madre! »; e ciò che subito dopo aggiun-
ge: «da quel momento il discepolo la prese in casa sua» (Gv 19,26-27).
È un testamento e un programma.
Ho pensato istintivamente alla nostra Congregazione e a tutta la Fa-
miglia salesiana che dovrebbe , oggi, riapprofondire il realismo della
maternità spirituale di Maria e rivivere l'atteggiamento e il proposito
di quel discepolo. E dicevo dentro di me: sì, dobbiamo ripeterci mu-
tuamente come programma per il nostro rinnovamento l'affermazione
dell 'evangelista: «Prendiamo la Madonna in casa! ».
Così saremo «discepoli prediletti» perché cureremo meglio la no-
stra figliolanza battesimale e sentiremo più concretamente i benefici
effetti della maternità di Maria.
E ricordavo l'affetto e il realismo con cui Don Bosco curò filial-
mente la presenza della Madonna in casa, progettando e realizzando
le sue molteplici iniziative sempre in dialogo con lei .
La Domenica di Pasqua, poi, mi balenò alla mente con chiarezza
l'aspetto profondamente realistico della funzione materna di Maria nella
vita della Chiesa.
Meditando sul significato oggettivo della Risurrezione di Cristo, non
a maniera di miracolo come quella di Lazzaro che ritornò temporanea-
mente alla vita mortale, ma in quanto trasfigurazione definitiva della
esistenza umaria e come pienezza effettiva di una Vita nuova, vincitri-
ce del male e della morte e partecipe della gloria di Dio, ho visto emer-
gere di nuovo la figura singolare della Madre di Cristo . Infatti la tra-
sfigurazione pasquale della Risurrezione è un dato concreto realizza-
to , finora , solo in due individui della nostra stirpe umana: Gesù e Maria!
Due di noi, essi vivono la Risurrezione pasquale come primizia e
inizio di tutto il genere umano rinnovato . Essi sono l'«uomo nuovo»
e la «donna nuova»: il secondo Adamo e la seconda Eva.
E lo sono non solo come modello da imitare o semplicemente una
meta da raggiungere, ma proprio come l' unico principio efficace di
rigenerazione e di vita per tutti .
2. Ci fondiamo sulla realtà oggettiva
Vorrei sottolinearé con particolare insistenza che questo è un «fat-
to», ossia , una realtà oggettiva che esiste ed è attiva prima e fuori della
25

3.8 Page 28

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nostra coscienza; non è una «teoria» religiosa o un nostro modo «devo-
to» di sentire , ma un vero «dato» estrinseco, di per sé, al nostro pensie-
ro soggettivo, e a cui si accede con la serietà della conoscenza umana
guidata dalla fede.
Alla base delle nostre convinzioni di fede si trova una realtà con-
creta: ossia, delle persone vive e dei fatti. Su di una tale oggettività
dobbiamo far crescere l'approfondimento della nostra dottrina maria-
na e l'espressione della nostra pietà.
Credere alla Risurrezione, e affermare perciò che Cristo è asceso
e che Maria è assunta al cielo, non vuol dire che essi vivono in un «astro
lontano» da cui potrebbero raggiungere la terra con qualche viaggio
straordinario da astronauti; significa, invece, che sono davvero vivi
per noi, presenti e operanti nel nostro mondo attraverso la nuova real-
tà pasquale della Risurrezione.
·
Maria, dunque, è oggi un personaggio realmente vivo e operante
tra noi; la sua assunzione , per cui partecipa pienamente alla Risurre-
zione di Cristo, è un dato di fede; la sua maternità universale è testi-
moniata dalla Chiesa come una oggettiva e quotidiana realtà di grazia.
Ce lo assicura esplicitamente il Concilio Ecumenico Vaticano II:
la maternità spirituale di Maria «nell 'economia della grazia perdura sen-
za soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell 'Annun-
ciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo
coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo non ha deposto
questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione con-
tinua ad ottenerci i doni della salvezza eterna . Con la sua materna cari-
si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti
in·mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria
beata» (LG 62).
A ragione, perciò, «la beata Vergine è invocata nella Chiesa con
i titoli di Avvocata , Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice. ... Eque-
sto ruolo subordinato di Maria la Chiesa non dubita di proclamarlo aper-
tamente, lo sperimenta continuamente e lo raccomanda all'amore dei
fedeli, perché, rafforzati da un tale materno aiuto, siano più intima-
mente congiunti col Mediatore e Salvatore» (LG 62).
Il partire a un qua ro 1 n eri o-cosr -fortemente-r-eaI-ista-dar-à,- - - - -
alle nostre riflessioni una speciale serietà e robustezza, senza cedimenti
ad atteggiamenti superficiali di sentimentalismo.
Purtroppo si può trovare anche , qua e là, una incontrollata esube-
ranza di fantasia morbosa con espressioni di dÙbbiosa pietà (magari
poggiate su pseudorivelazioni); ciò toglie credibilità alla devozione
26

3.9 Page 29

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mariana e può contribuire a deviare qu.el prezioso patrimonio, oggi in
riscoperta e tanto caro alla nostra missione , della religiosità popolare.
Noi , nel proporci di imitare il discepolo preferito nel suo «prende-
re Maria in casa», intendiamo approfondire con serietà il forte reali-
smo della Risurrezione nell'alveo della tradizione ecclesiale, secondo
lo stile di concretezza tanto consono allo spirito di Don Bosco e così
caratteristico della sua devozione alla Madonna sotto il titolo di Ausi-
liatrice .
B) MOTIVAZIONI
_
PER IL NOSTRO RINNOVAMENTO DEVOZIONALE
Non sono irrilevanti le motivazioni che ci devono muovere a rilan-
ciare la devozione a Maria Ausiliatrice in tutta la Famiglia salesiana.
Ricordiamone alcune tra le più importanti: serviranno a illuminare
e fondare meglio il nostro impegno.
1. La svolta culturale, promotrice di valori umani
Innanzitutto c'è da prendere atto della svolta culturale che si è pro-
dotta con l'emergere di una nuova conoscenza dei valori umani ; essa
ha portato nel costume sociale, nei modi di espressione letteraria e ar-
tistica, nei mezzi di comunicazione e nella sensibilità dell'opinione pub-
blica, uno stile veramente nuovo che influisce anche sulla manifesta-
zione delle convinzioni religiose.
Questo può aver apportato una certa disaffezione verso un deter-
minato tipo di espressione religiosa con un momentaneo disorientamento
in non piccole frange e poi dei dubbi anche dottrinali in certe persone .
Pensiamo, ad esempio, come il nuovo dato culturale della promozione
della donna influisce certamente sulla devozione mariana.
Il Papa ci esorta a tenere in attenta considerazione «anche le acqui-
sizioni sicure e comprovate delle scienze umane» per impegnarci a eli-
minare «il divario tra certi contenuti (del culto mariano) e le odierne
concezioni antropologiche e la realtà psico-sociologica, profondamen-
te mutata , in cui gli uomini del nostro tempo vivono ed operano» (MC
34). Tutto ciò esige certamente in noi un impegno nuovo.
'
2. Il Concilio. La «Marialis Cultus» di Paolo VI
Un'altra forte motivazione è il grande evento spirituale e pastorale
del Concilio Ecumenico Vaticano Il.
Come sappiamo, esso ha toccato profondamente tutta la vita eccle-
27

3.10 Page 30

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siale e in particolare il culto mariano. Chi non ricorda la accesa di-
scussione dei Padri Conciliari al riguardo e le conseguenti esigenze di
rinnovamento in vista della scelta concreta fatta?
La linea mariana del Vaticano II segue una traiettoria nuova , carat-
terizzata dal mistero totale della Chiesa. L'esortazione apostolica Ma-
rialis Cultus di Paolo VI ce ne esplicita ordinatamente le linee direttri-
ci e responsabilizza direttamente anche le Famiglie religiose (come la
nostra) circa la necessità di favorire «una genuina attività creatrice e
di procedere, nel medesimo tempo , a una diligente revisione degli eser-
cizi di pietà verso la Vergine; revisione che auspichiamo rispettosa della
sana tradizione e aperta ad accogliere le legittime istanze degli uomini
del nostro tempo» (MC 24; cf 40).
In particolare, la Costituzione dogmatica sulla liturgia ha incremen-
tato dopo il Concilio una promozione più genuina e creativa del culto
cristiano; ora «lo sviluppo della devozione verso la Vergine Maria, in-
serita nell'alveo.dell'unico culto cristiano , è elemento qualificante del-
la genuina pietà della Chiesa» (MC introd.).
Quindi tutto il senso del movimento liturgico e della riforma del
culto cristiano esige un 'accurata revisione e un nuovo incremento an-
che della nostra devozione mariana .
3. La riscoperta della pietà popolare
Assistiamo, inoltre, a una interessante riscoperta della «pietà po-
polare» (cf EN 48) come un «luogo teologico-pastorale» di concreta
importanza per un rinnovamento realista . In questa riscoperta c'è una
speciale considerazione e una rivalutazione pratica e rispettosa del «po-
polo» al di dentro della comunione ecclesiale, e un discernimento più
comprensivo, anche se sanamente critico, del suo «senso religioso».
Sono due categorie queste, di «popolo» e di «senso religioso», che
debbono avere una risonanza di speciale simpatia nella vocazione sale-
siana.
Orbene, una caratteristica della pietà popolare, comune nelle varie
latitudini , è precisamente la devozione mariana; essa dovrà perciò ve-
ni re studiata e aggiornata anche da noi perché la sappiamo incremen-
tare con acuto discernimento , senz'altro, ma anche con sintoma e crea-
tività pedagogico-pastorale.
4. La presenza di Maria in ogni nascita o rinascita nello Spirito
C'è poi un motivo assai profondo e intimo che ci deve spingere a
un coscienzioso rilancio mariano: è il fatto di considerare la nostra
28

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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vocazione come un «carisma dello Spirito Santo», di cui Maria è la
«sposa» e il «tempio vivo» (cf LG 52, 53, 63, 64, 65; AG 4).
Ora, noi «stiamo vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello
Spirito» con i suoi doni e carismi (EN75), e , quindi, un momento par-
ticolarmente legato al ruolo speciale di Maria: la sua funzione materna
nella vita della Chiesa è un fatto vincolato con ogni «nascita» e «rina-
scita» nello Spirito.
Dunque , così come Don Bosco ha saputo venerare in forma specia-
le e rendere culto alla Madonna per la «nascita» della Congregazione
e della Famiglia salesiana, con non minore amore e iniziativa noi oggi
dobbiamo saperla venerare in forma speciale e renderle culto per il rin-
novamento , che è una «rinascita», della nostra vocazione oggi .
Non ci sarà rifondazione e ripresa per noi senza l'Ausiliatrice; e
invece con il suo materno aiuto noi vedremo crescere gli effetti della
rinascita·anche «miracolosamente».
Tanto più , poi , che Maria è giustamente un particolare modello di
docilità al rinnovamento nell 'ora della più difficile transizione dall ' An-
tico al Nuovo Testamento: essa dà a .tutti la più grande lezione di
fedeltà all 'essenziale e di totale apertura all ' imprevisto dello Spirito
Santo .
5. Maria Ausiliatrice è la Madonna dei tempi difficili
C'è poi una ragione dedotta da un aspetto caratteristico della devo-
zione stessa all'Ausiliatrice : si tratta di una dimensione mariana che
è, per natura , fatta appunto per i tempi difficili.
Don Bosco stesso lo manifestava a don Cagliero con quella famosa
affermazione: «La Madonna vuole che noi la onoriamo sotto il titolo
di Auxilium Christianorum: i tempi corrono così tristi che abbiamo pro-
prio bisogno che la Vergine Santissima ci aiuti a conservare e difende-
re la fede cristiana» (MB VII , 334) .
Orbene , noi stiamo vivendo e sperimentando oggi difficoltà vera-
mente gravi e inedite, sia per la fede dei credenti, per la vita della Chiesa
e per il ministero dei suoi Pastori , che per le riforme sociali e politi-
che , per l'educazione integrale dei giovani e per la promozione dei ce-
ti popolari.
Se quella dell'Ausiliatrice è una dimensione mariana intonata spe-
cificamente alle ore di difficoltà e se Don Bosco e la sua Famiglia sono
stati suscitati dallo Spirito come strumenti specializzati ed efficaci per
propagarne la devozione nella Chiesa, si dovrà concludere che le
29

4.2 Page 32

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attuali difficoltà, tanto complesse e problematiche, della Chiesa e del-
la Società esigono con urgenza da noi un accurato rilancio mariano.
6. Maria Ausiliatrice è la Madonna congeniale al nostro spirito
Un'altra ragione , più particolarmente specifica per noi , è la corre-
lazione intima che si dà, di fatto, tra il nostro spirito salesiano e la
devozione a Maria Ausiliatrice.
Don Bosco non è arrivato per caso a tale devozione; né essa dipen-
de da una qualche apparizione locale; essa si presenta piuttosto come
la maturazione di tutta una linea spirituale e apostolica che si è andata
precisando e sviluppando con gli apporti di determinate congiunture
storiche, lette alla luce di un profondo dialogo personale con lo Spirito
Santo nel contesto di caratteristici tocchi mariani tanto familiari nel di-
venire quotidiano della vita di Don Bosco.
L'Ausiliatrice appare come la cuspide di ciò che Don Bosco senti-
va di Maria: avvocata, soccorritrice, madre dei giovani, protettrice del
popolo cristiano, vincitrice del demonio , trionfatrice delle eresie, aiu-
to della Chiesa in difficoltà, baluardo del Papa e dei Pastori insidiati
dalle forze del male .
Una tale devozione alla Madre di Dio è la concretizzazione pratica
di quella santità dell 'azione che ha caratterizzato la spiritualità di Don
Bosco . Basterebbe ripensare al suo dialogo con il pittore Lorenzone,
a cui chiedeva di rappresentare la Madonna al centro di tutto un gigan-
tesco dinamismo ecclesiale (MB VIII , 4) , o guardare l'attuale quadro
della basilica di Valdocco per scoprire, direi quasi, una connaturalità
tra spirito salesiano impastato d'apostolato ecclesiale e devozione a Ma-
ria Ausiliatrice .
Se, perciò, tutto il movimento conciliare di rinnovamento dei reli-
giosi porta a una riattualizzazione della loro specifica spiritualità, ciò
dovrà significare per noi un forte rilancio della componente mariana
del nostro carisma.
Per tutte queste ragioni , e non senza uno speciale influsso dello Spi-
- - - - -- -i.-i.to...Santo.,..l'.ultimo..CG ci ba richiesto u~pliçim..imp~ no di rinno-
vamento dell'aspetto mariano della nostra vocazione: «Il CG 21, in spi-
rito di fedeltà a Don Bosco alla luce del Vaticano II e della Marialis
Cultus di Paolo VI , invita tutti i Salesiani a riscoprire e a valorizzare
la presenza di Maria nella propria vita e nell'azione educativa tra i gio-
vani» (CG21 94).
Anche la Superiora Generale delle FMA con tutto il suo Consiglio,
30

4.3 Page 33

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in visita fraterna alla nostra assemblea capitolare , ha assunto con entu-
siasmo e operosità l'impegno suggerito dal Rettor Maggiore di sentirsi
privilegiate nelle iniziative di animazione mariana in tutta la Famiglia
salesiana.
Dunque: ci sentiamo oggi chiamati insieme con le FMA e con tutti
i gruppi della Famiglia salesiana a creare un clima e a programmare
attività concrete per far conoscere e amare la Madonna, soprattutto dalle
nuove generazioni di giovani che hanno più che mai fame e sete delle
grandi realtà della Pasqua cristiana.
Anche per loro, oggi , debbono valere e tradursi nella pratica le pa-
role profetiche della stessa Vergine Maria: «Tutte le generazioni mi
chiameranno beata» (Le 1,48) .
C) LA SCELTA MARIANA DI DON BOSCO
È certamente illuminante ricordare , anche se in forma succinta, al-
cuni dati circa 1' itinerario con cui Don Bosco è arrivato alla sua inten-
sa devozione a Maria sotto il titolo di «Aiuto dei cristiani». Essi po-
tranno servire a far percepire meglio il volto spirituale della sua e del-
la nostra vocazione.
1. Durante l'infanzia. Mamma Margherita. Il sogno dei 9 anni
Sappiamo che Giovanni Bosco è nato ed è stato educato in un am-
biente profondamente mariano per tradizione di Chiesa locale e di.pie-
tà familiare.
Basti ricordare come, alcuni giorni dopo la sua vestizione nell 'ot-
tobre 1835 , alla vigilia della sua partenza per il seminario, mamma
Margherita lo chiamò e gli fece quel memorando discorso : «Giovanni
mio(... ) Quando sei venuto al mondo, ti ho consacrato alla beata Ver-
gine: quando hai cominciato i tuoi studi ti ho raccomandato la divozio-
ne a questa nostra Madre: ora ti raccomando di essere tutto suo : ama
i compagni divoti di Maria, e se diverrai sacerdote, raccomanda e pro-
paga mai sempre la divozione di Maria» (MB I , 373).
Mi pare di particolare interesse fare osservare che già ai 9 anni,
nel famoso sogno (che si ripeterà più volte e a cui Don Bos,co annette
particolare incidenza nella sua vita) Maria si affaccia alla sua coscien-
za di fede come un personaggio importante interessato direttamente a
un progetto di missione per la sua vita; è una Signora che dimostra
31

4.4 Page 34

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particolari preoccupazioni «pastorali» verso la gioventù : gli si è pre-
sentata, infatti, «a foggia di Pastorella». Notiamo subito, qui, che non
è Giovannino a scegliere Maria, ma che è proprio Maria che si presen-
ta con l'iniziativa della scelta: essa, su richiesta del suo Figlio, sarà
l'Ispiratrice e la Maestra della sua vocazione.
2. Relazione con la persona viva di Maria
Questo senso intimo di un rapporto personale di Maria con lui aiu-
terà spontaneamente Don Bosco a sviluppare nel suo cuore un'atten-
zione e un affetto che vanno più in là delle varie feste dei vari titoli
mariani, localmente più venerati, che certamente egli apprezzava e sa-
peva festeggiare con entusiasmo.
Sarà sempre caratteristico in lui questo atteggiamento di relazione
personale con la Madonna: la sua devozione mariana si dirige a consi-
derare direttamente la persona viva di Maria e in essa contempla e am-
mira tutte le sue grandezze, le molteplici sue funzioni e i tanti titoli
di venerazione a lei attribuiti.
Così si è venuto consolidando nel cuore di Don Bosco un tipo di
devozione mariana che non è settoriale o unilaterale, bensì comprensi-
va e totale, centrata direttamente sull'aspetto vivo e reale più eccle-
sialmente appropriato della persona di Maria.
Scrive don Alberto Caviglia: «Si noti. Parlando della divozione a
Maria, noi lasciamo da parte ogni titolo celebrativo, esortativo o de-
vozionale. È Maria, la Madonna, senz'altro. Volgarmente diremmo:
Quale Madonna indicava Don Bosco, e di quale era divoto il Savio?
Tutte e nessuna. Nel primo sogno dei nove anni, a Don Bosco fanciul-
lo apparve non una Madonna, diciamo così, titolata, ma la Madonna,
Maria , la Madre di Gesù. Al tempo di cui discorriamo il Santo Mae-
stro era divoto della Consolata (la prima statuetta della Cappella Pi-
nardi è quella), la Madonna dei torinesi: e intanto col moto religioso
che condusse la Chiesa alla definizione dell'Immacolata, si venne orien-
tando verso questa e, con spirito squisitamente cattolico e con profon-
da lucida comprensione, volse l'articolo di fede in amore e divozione,
e questa divenne per lungo tempo, e per certi aspetti, la sua Madonna.
E questa additò al Savio fin dapprincipio; a segno che il santo discepo-
lo ebbe in quella prima celebrazione il suo primo momento, e dall'Im-
macolata Concezione denominava la storica Compagnia da lui iniziata» .1
' A. CAVIGLIA , Vita di Domenico Savio , Opere e scritti editi e inediti di Don Bo-
sco, voi. IV , SEI , Torino 1943 , p. 314.
32

4.5 Page 35

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Un simile atteggiamento, unito al peculiare suo genio pratico e al
caratteristico senso storico, portò Don Bosco a inserirsi sempre nel vi-
vo del movimento mariano di più ecclesiale attualità.
3. Nei primi 20 anni di ministero: Maria Immacolata
Così , nei primi venti anni del suo ministero sacerdotale , espresse
questa sua comprensiva devozione mariana privilegiando la singolare
grazia di Maria di essere l'Immacolata. La festa dell'8 dicembre rimane
definitivamente centrale nella sua metodologia pastorale e spirituale. Es-
sa coincide anche con la·data dell 'inizio delle sue opere più significative.
Don Bosco viveva con intelligente entusiasmo il clima ecclesiale
che precedette e accompagnò la proclamazione del dogma dell'Imma-
colata Concezione (1854) e che vide le apparizioni di Lourdes (1858).
Ricordiamo , per esempio, l'importanza che aveva nel suo impegno
educativo la «Còmpagnia dell'Immacolata», che fu a Valdocco la scuola
di preparazione del primo suo ragazzo santo, Domenico SaviÒ, e dei
primi membri della futura Società di San Francesco di Sales . È sinto-
matico aggiungere che, parallelamente, a Mornese, I' «Unione delle Fi-
glie dell'Immacolata» servì a preparare le prime socie del futuro Isti-
tuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
La scelta dell'Immacolata ci mostra, dunque , un Don Bosco inseri-
to nel cuore del movimento mariano più in là dei titoli e delle devozio-
ni locali; è un seguire e venerare Maria, la sua Ispiratrice e Maestra,
così come si sta facendo presente vitalmente nell'attualità della Chiesa.
Però è chiaro che Don Bosco tende a trascendere lo stesso aspetto
strettamente formale del dogma dell'Immacolata Concezione; non si
limita alla prerogativa dell'assenza in lei del peccato originale; egli non
si ferma mai semplicemente alle grandezze, tanto a lui care, della di-
gnità individuale di Maria in se stessa (la sua pienezza di santità, la
sua incorrotta verginità e la sua assunzione gloriosa) , ma tende a con-
siderarle, proprio come lo sono oggettivamente, in rapporto alla sua
funzione personale di Madre di Cristo e di tutti gli uomini suoi fratelli.
La vocazione apostolica di Don Bosco lo porta a scoprire e a sotto-
lineare ciò che fin dal sogno dei 9 anni era come l'immagine originale
della sua «Maestra»: la sua funzione di maternità spirituale.
Così, nella pratica, si percepisce facilmente in Don Bosco la chiara
tendenza ad assegnare un ruolo di aiuto e di protezione all'Immacolata
nell 'opera educatrice e a valorizzare la sua pienezza di grazia come
fonte di patrocinio per la salvezza.
33

4.6 Page 36

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Infatti , già dal 1848 incomincia a scrivere su alcune immagini col-
locate sul suo tavolino di lavoro il titolo di «Auxilium Christianorum» .
Prima del 1862 tale titolo non appare ancora , centrale sintetiz-
zante . Ma si annuncia già un crescendo di sintomi , provenienti sia dal-
le congiunture della vita della Chiesa, sia dall 'indole propria della vo-
cazione di Don Bosco , che lo portano sempre più chiaramente a consi-
derare l'Immacolata come la protettrice che vince il serpente maligno
e gli schiaccia la testa .
4. Dal 1862, scelta definitiva di Maria Ausiliatrice
È con gli anni '60, nella piena maturità di Don Bosco, e propria-
mente dal 1862, che vediamo emergere in lui la scelta mariana del-
! 'Ausiliatrice.
E questa rimarrà la sua scelta mariana definitiva: il punto di appro-
do di una incessante crescita vocazionale e il centro di espansione del
suo carisma di Fondatore. Nell'Ausiliatrice Don Bosco riconosce fi-
nalmente delineato il volto esatto della Signora che ha dato inizio alla
sua vocazione e ne è stata e ne sarà sempre l'Ispiratrice e I; Maestra.
«Un'esperienza di diciotto secoli - scrive Don Bosco attingendo
a fonti autorevoli - ci fa vedere in modo luminosissimo che Maria
ha continuato dal cielo e col più gran successo la missione di Madre
della Chiesa ed Ausil(atrice dei cristiani che aveva incominciato sulla
terra». '
Notiamo che questa scelta dell'Ausiliatrice coincide con alcuni da-
ti di particolare interesse per la nostra riflessione.
- Don Bosco percepiva con sofferta attenzione3 le speciali e cre-
scenti difficoltà sorte per la Chiesa: i gravi problemi delle relazioni
tra fede e politica , la caduta (dopo più di un millennio) degli stati pon-
tifici , la delicata situazione del Papato e delle sedi vescovili , l' urgente
necessità di un nuovo tipo di pastorale e di nuovi rapporti tra gerarchia
e laicato, le incipienti ideologie di massa, ecc.
È indispensabile ricordare che la storia della Chiesa, alla metà del-
1'Ottocento, «è caratterizzata da uno scontro violento tra vecchio e nuo-
vo , fTitltbenrhsrnu-e--conservatori-smo-;-fra--stmttu-Fe-ài-H-M-s0e-i-@tà-u!t:i,- - -- - -
2 G10. Bosco , Maraviglie della Madre di Dio "invocata sotto il titolo di Maria Ausi-
liatrice , Torino 1868 , p. 45. Opere edite, val. XX, p. 237.
3 Cf per esempio , come espressione delle sue meditazioni, la preghiera da lui com -
posta per essere musicata dal Cagliero: «O Maria , Virga potens .. .» (MB XVII , 309-310).
34

4.7 Page 37

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cialmente cristiana e l'affermazione sempre più decisa della città seco-
lare». L'intera vita della Chiesa ne è implicata nei suoi molteplici aspetti:
questioni dottrinali , religiosità popolare, metodi pastorali, prime af-
fermazioni del laicato, peculiarità delle chiese locali . «Ne emerge il
quadro di un periodo nodale nella storia della Chiesa, che ripropone
i termini del confronto fra il cristianesimo e le culture delle diverse
epoche storiche con le quali esso viene a incontrarsi».•
- Inoltre, Don Bosco era rimasto impressionato dagli eventi ma-
riani di Spoleto, visti dall' arcivescovo Arnaldi (che manteneva rela-
zioni epistolari con Torino) e dalla stampa cattolica come manifesta-
zione di Maria Ausiliatrice; essa, dal centro stesso d'Italia , apportava
speranza a quell 'ora di trepidazione per le sorti della Chiesa e del Pa-
pa. Tale intervento miracoloso faceva ricordare la felice soluzione delle
vicissitudini di Pio VII (e di mons . Fransoni a Torino) e così avevano
fatto esplodere un vero entusiasmo mariano tra i fedeli di tutta la peni-
sola (e di Torino) .
- Noi sappiamo, poi , come Don Bosco custodisse e approfondis-
se nel suo cuore il senso della presenza di Maria nella sua vocazione
e nella vita della Chiesa . Le ~ue meditazioni e intuizioni personali al
riguardo le possiamo vedere espresse sia in varie sue affermazioni, per
es., quella già sopra citata a don Giovanni Cagliero (cf n. 5), sia nel
sogno delle due colonne fatto proprio nel 1862, sia nella particolare
benevolenza per il titolo della basilica in costruzione da parte di Pio IX .5
- Infine, ha influito non poco la edificazione del tempio di Maria
Ausiliatrice a Valdocco, portata a termine in soli tre anni in modo con-
siderato dallo stesso Don Bosco come particolarmente portentoso. Non
era una chiesa parrocchiale eretta in vista di un servizio locale già pa-
storalmente programmato, ma doveva essere un luogo mariano di culto
'G. MARTIN A, Pio IX, Chiesa e Mondo moderno, Studium, Roma 1976, pp. 7-8.
' Don Bosco infatti scrive: «Mentre poi si stava deliberando intorno al titolo , sotto
cui porre il novello edifi cio, un incidente sciolse ogni dubbio. Il Sommo Pontefice, il
regnante Pio IX , cui nulla sfugge di quanto può tornare vantaggioso alla religione, in-
formato della necessità di una chiesa nel luogo sopra indicato, mandò la sua prima gra-
ziosa offerta di franchi 500, facendo sentire che Maria Ausiliatrice sarebbe stato un tito-
lo certamente gradito ali ' Augusta Regina del Cielo» (G10 . Bosco, Maraviglie della Ma-
dre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice , Torino 1868, pp. 108- 109. Ope-
re edite , voi. XX , pp. 300-301; GIO. Bosco , Maria Ausiliatrice col racconto di alcune
grazie, Torino 1875, p. 30. Opere edite, voi. XXVI, p. 334; G10. Bosco, Associazione
de ' divoti di Maria Ausiliatrice, Torino 1869, p. 27. Opere edite, voi. XXI , p. 365).
35

4.8 Page 38

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a raggio cittadino, nazionale e mondiale , aperto alle esigenze spirituali
e apostoliche più universali .
Si sa che il tempio è un l_uogo che offre al mondo la presenza di
Dio e di Cristo , come anche di Maria. La teologia del tempio è legata
alle iniziative gratuite di Dio per inserirsi concretamente nella storia
a favore della salvezza degli uomini .
Possiamo dire che per Don Bosco la costruzione di quella chiesa
a Valdocco diviene di fatto una espressione concreta e palpabile di questa
profonda teologia del tempio, vista attraverso la presenza materna e
operosa di Maria: quel tempio è un «santuario mariano» che diviene
il «segno privilegiato», il «luogo sacro» della presenza protettrice di
Maria Aiuto dei Cristiani: «Haec domus mea, inde gloria mea»!
Questo serve a spiegare anche perché Don Bosco dedicasse tutto
se stesso, in quegli anni, a tale impresa: «Solo chi ne fu testimone -
ci assicura don Albera - può farsi una giusta idea del lavoro e dei
sacrifici che il nostro Venerabile Padre s'impose durante tre anni per
condurre a termine quest'opera... da molti ritenuta un'impresa teme-
raria troppo superiore alle forze dell'umile prete che vi si era accinto». 6
Orbene: quali che siano le motivazioni concrete alle origini della
scelta del titolo «Auxilium Christianorum», già di per sé carico di sto-
ria e di una urgente attualità per le congiunture socioreligiose, ci sem-
bra che ciò che per Don Bosco è stato poi determinante è il fatto d'aver
sperimentato, giorno dopo giorno, che Maria si sia costruita pratica-
mente questa «sua Casa» nelle zolle dell 'Oratorio e ne abbia preso pos-
sesso per irradiare da il suo patrocinio.
Il modo con cui Don Bosco parla di questa «Casa dell'Ausiliatrice»
sottolinea meno gli accenni storici, e assl!i più le affermazioni di pre-
senza viva, di fontana zampillante di grazia, di rilancio continuo di ope-
rosità apostolica, di clima di speranza e di volontà d'impegno per la
Chiesa e per il Papa .
Si presenta alla nostra considerazione una vera «lirica dei fatti», che
tiene dietro alla costruzione della basilica e che illumina più vitalmen-
te la scelta mariana di Don Bosco.
Penso che dovremmo riflettere di più sulle conseguenze «spiritua-
li» che ha per Don Bosco (e per noi) il fatto della costruzione di questo
tempio , il suo significato effettivo e la sua funzione fondante nella con-
figurazione definitiva del suo carisma e le conseguenze concrete nella
fondazione e sviluppo della Famiglia salesiana.
6 Leuere circolari di Don P. Albera, Torino 1965 , pp . 285-286 .
36

4.9 Page 39

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Dall'esistenza di questo santuario in poi l'Ausiliatrice è la espres-
sione mariana che caratterizzerà sempre lo spirito e l'apostolato di Don
Bosco: la sua vocazione apostolica gli apparirà tutta come opera di Maria
Ausiliatricè, e le molteplici e grandi sue iniziative, particolarmente la
Società di S. Francesco di Sales, l ' Istituto delle FMA e la gran Fami-
glia salesiana, saranno viste da lui come fondazione voluta e curata
dall'Ausiliatrice.
Penso si possa affermare che l'esistenza del santuario sia diventa-
ta , per l'esperienza viva di tante grazie concrete, più significativa di
quanto forse pensava inizialmente lo stesso Don Bosco; la luce che ir-
radia dal tempio di Valdocco trascende le preoccupazioni pastorali di
quartiere e la storia stessa del titolo per farne una realtà in parte nuova
e più grande: un luogo privilegiato dalla presenza materna e soccorri-
trice di Maria .
E questo dovrà certamente avere delle conseguenze anche per il no-
stro rilancio mariano .
D) ELEMENTI CARATTERISTICI
DELLA DEVOZIONE DI DON BOSCO
Si può parlare di una «originalità» nella nostra devozione ali' Ausi-
liatrice per cui, volendo inserirci nel cuore del movimento mariano più
attuale , si debbano sottolineare e curare alcuni aspetti caratteristici che
risultano distintivi di questa devozione?
Formuliamo la domanda partendo da una preoccupazione partico-
larmente pratica: la sua risposta servirà a illuminare gli aspetti da pri-
vilegiare nel nostro rinnovamento.
Don Bosco è stato, tra i devoti di Maria lungo i secoli, uno dei gran-
di; lo è stato in forma caratteristica con una sua peculiare modalità ,
inserito esplicitamente nel vivo del movimento mariano più attuale e
più incisivo per la Chiesa del suo tempo.
Notiamolo bene: egli si inserì e non inventò la devozione all'Ausi-
liatrice. Entrò nell'alveo di una tradizione già antica e specifica, ma
le seppe dare un volto e uno stile così peculiare che da lui in poi l'Au-
siliatrice è stata chiamata familiarmente anche «la Madonna di Don
Bosco»!
Tentiamo di soffermarci brevemente su alcuni elementi che, sotto-
lineati fortemente dal nostro Fondatore, contribuiscono a dare a que-
sta devozione un volto e uno stile suoi caratteristici.
37

4.10 Page 40

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1. Coscienza della presenza personale di Maria nella storia
Innanzitutto, la viva coscienza della presenza personale di Maria
nella storia della salvezza comporta nella devozione di Don Bosco, co-
me abbiamo già osservato, l'atteggiamento costante di stabilire dei rap-
porti vitali con essa (unendo , certamente, Maria a Cristo in un bino-
mio inscindibile di salvezza: le due colonne del suo sogno!).
Ne consegue che questa devozione mariana si riferisce sempre di-
rettamente alla «persona» stessa della Madonna con tutte le sue gran-
dezze e i suoi titoli; quindi, non si esprime mai in una qualche forma
di concorrenza con le altre devozioni, ma piuttosto in una forma di
convergenza intensiva e di proiezione operativa, per cui ogni titolo e
ogni festa mariana è amata e celebrata sottolineando il suo apporto di
«aiuto» alla salvezza umana.
Questa coscienza della presenza personale di Maria Ausiliatrice è
sentita concretamente da Don Bosco nella propria vita come un dato
oggettivo basilare, un elemento fondante tutta la sua vocazione sia per
quanto definisce la destinazione e lo stile della sua missione apostolica ,
sia per quanto va tratteggiando la fisionomia del suo spirito evangelico.
2. Presupposti dottrinali. Maria «Madre della Chiesa».
Un altro elemento caratteristico sono i presupposti dottrinali della
devozione ali 'Ausiliatrice.
Don Bosco, pur mutuandoli dai più accreditati autori, li ha indivi-
duati e approfonditi con particolare robustezza teologica e con concre-
tezza pastorale. Essi illuminano l ' indole propria della devozione e del
culto a Maria «Aiuto dei Cristiani» e debbono essere coltivati e appro-
fonditi nei suoi devoti. Si riferiscono specificamente alla mediazione
vittoriosa di Maria in favore della fede del popolo cristiano e in aiuto
della Chiesa cattolica guidata dal Papa e dai Vescovi.
«Il bisogno - scrive il nostro Fondatore - oggi universalmente
sentito d ' invocare Maria non è particolare, ma generale; non sono più
tiepidi da infervorare, peccatori da convertire , innocenti da conserva-
re . Queste cose sono sempre utili in ogni luogo , presso qualsiasi per-
- - - -- - -<>e-na-:---Ma-è---l-a--ste-ssa--GhiC?Sa-Gatt.ol.ica-che-è..assalita È assa Iita~o~e~l~le~s.,.u,...e,"---- - - -
funzioni, nelle sacre sue istituzioni, nel suo capo , nella sua dottrina,
nella sua disciplina; è assalita come Chiesa cattolica, come centro del-
la verità , come maestra di tutti i fedeli ».7
' G10 . Bosco , Mara viglie della Madre di Dio in vocata sotto il titolo di Maria Ausi-
liatrice , Torino 1868 , p. 6-7. Opere edite, voi. XX , pp . 198-199 .
38

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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Questo caratteristico aspetto di «aiuto ecclesiale», fondante per Don
Bosco il titolo di Ausiliatrice, non pare sia stato allora legato da altri
devoti o carismatici a titoli mariani .
Certamente esiste già una nostra letteratura, non insignificante, su
questi presupposti dottrinali, 8 ma è necessario che alle riflessioni già
fatte fin qui se ne vadano aggiungendo, dopo la svolta conciliare, delle
altre di particolare attualità secondo la visione rinnovata del mistero
della Chiesa.
Incominciamo col notare che già Don Bosco unì il titolo di «Ausi-
liatrice» a quello di «Madre della Chiesa» che noi, con gioia, abbiamo
visto proclamato da Paolo VI alla fine del Vaticano II. 9 Dobbiamo sot-
tolineare che è appunto «il senso vivo della Chiesa» l 'elemento più ca-
ratterizzante della dottrina dell 'Ausiliatrice.
Con quanta attualità si può rilanciare questa devozione se conside-
riamo l'interesse con cui si è venuto sviluppando, oggi, il suggestivo
rapporto «Maria-Chiesa».
Maria, infatti, è «già» quello a cui tende la Chiesa: ne è la profezia
e il fermento. Essa aiuta la Chiesa a realizzare la sua stessa funzione
di «seconda Eva» in una maternità verginale di grazia. Così «il mistero
8 Vanno particolarmente ricordate le seguenti pubblicazioni:
P. RICALDONE , La nostra devozione a Maria Ausiliatrice, in ACS , sett.-ott. 1948.
Gli undici volumi degli «Atti dell 'Accademia Mariana Salesiana».
F. GIRAUDI , Il Santuario di Maria SS. Ausiliatrice, SEI, Torino 1948.
P. STELLA , Don Bosco nella storia della religiosità carrolica, voi. 2, cap. 7,
PAS-Verlag, Ziirich 1969.
' Cf sopra, nota 2. Il 21 novembre 1964 Paolo VI proclamò ufficialmente il titolo
mariano di «Madre della Chiesa». Si era alla conclusione della III sessione del Concilio
Ecumenico Vaticano II , in cui si promulgò la costituzione dogmatica Lumen Gentium,
che delineava la dottrina conciliare della Chiesa e di Maria. Nel suo storico discorso
il Papa affermò: «La riflessione su questi stretti rapporti di Maria con la Chiesa, così
chiaramente stabiliti dall'odierna Costituzione conciliare, Ci fa ritenere essere questo
il momento più solenne e più appropriato per soddisfare un voto che, da Noi accennato
al termine della precedente sessione, moltissimi Padri conciliari hanno fatto proprio, chie-
dendo istantemente una dichiarazione esplicita, durante questo Concilio, della funzione
materna che la Vergine Santa esercita sul popolo cristiano. A tale scopo abbiamo credu-
to di consacrare, in questa sessione pubblica, un titolo in onore della Vergine suggerito
da varie parti dell ' orbe cattolico, ed a Noi particolarmente caro, perché con sintesi mi-
rabil e esprime il posto privilegiato , riconosciuto da questo Concilio alla Vergine nella
Santa Chiesa. A gloria dunque della Vergine e a nostro conforto , Noi proclamiamo Ma-
ria Santissima Madre della Chiesa , cioè di tutto il popolo di Dio , tanto dei fedeli come
dei Pastori , che la chiamano Madre amorosissima; e vogliamo che con tale titolo soavis-
simo d'ora innanzi la Vergine venga ancor più onorata ed invocata da tutto il popolo
cristiano» (AAS, 56 [1964] 1015) .
39

5.2 Page 42

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della Chiesa si incontra attraverso il volto di Maria. Guardando a lei,
si vede vivere la Chiesa: sono i suoi occhi che spiegano i misteri» .10
Persino uno scrittore non cattolico afferma: «Si può dire che non
si dà una giusta visione della Chiesa se non dove c'è uno spazio per
Maria nella fede e nella pietà. Il rinnovamento della Chiesa è stretta-
mente legato al rilancio di una sana pietà mariana. Si perde il senso
della Chiesa-Madre là dove si perde il senso della vocazione materna
della Vergine Maria». 11
Il suo ruolo materno rappresenta il fulcro del rapporto di Maria con
la Chiesa : entrambe esistono e sono sante in funzione della maternità
ed entrambe generano nella verginità.
C 'è , così , un nesso intimo tra «maternità» ed «evangelizzazione»,
tra «Maria-Chiesa» e «azione apostolica».
Tutto questo risulta significativamente attuale per la nostra spiri-
tualità e ha conseguenze operative determinanti. Quindi la devozione
alt' Ausiliatrice, animata dal più vivo senso ecclesiale, appare in Don
Bosco come una scelta dottrinale precorritrice che lega la «pietà ma-
riana» con il «senso della Chiesa» in una singolare forma di mutua in-
separabilità e di comune crescita.
3. Atteggiamento d'impegno apostolico coraggioso
Tale dottrina dell 'Ausiliatrice comporta, come necessaria conseguen-
za , un atteggiamento d'impegno operativo instancabile e coraggioso
che è stato, in Don Bosco, uno degli aspetti più caratterizzanti della
sua devozione mariana: la Consolata, o La Salette, o l'Immacolata Con-
cezione non avrebbero offerto una appropriata esigenza pratica carat-
terizzante lui e i numerosi devoti (in particolare, la Famiglia salesia-
na) con la stessa forza e la stessa fisionomia apostolica con cui li defi-
nisce l'Ausiliatrice.
Il «senso della Chiesa» si traduce quotidianamente in una coscienza
attiva di «membro» con una profonda spiritualità dell'azione .
Ciò comporta non solo un atteggiamento costantemente generoso
di operosità apostolica in genere , ma un vero e proprio impegno «ec-
clesiale»; ossia, una operosità esplicitamente guidata dalla chiara co-
scienza di essere e di agire come membro corresponsabile di quel Cor-
po di Cristo che è la Chiesa. Ma la Chiesa considerata non in senso
M. MAGRASSI, Maria e la Chiesa una sola Madre, La Scala , Noci 1976 , p. 40.
" MAX TH URIAN, Tradition et renouveau dans l 'Esprit, Taizé 1977 , p. 193.
40

5.3 Page 43

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vago , bensì in quanto «costituita e organizzata come società, sussiste
nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vesco-
vi in comunione con lui» (LG 8).
Un impegno, quindi, particolarmente definito dalla concretezza sto-
rica e situazionale della vita cattolica. Questa opzione realista, cht; può
portare fino al martirio , s'avvicina necessariamente a posizioni di lot-
ta che potrebbero assumere, in determinate situazioni, anche l'aspetto
di una scelta politica; è ciò che accadde un po ', proprio negli anni '60,
nell 'Italia delle apparizioni di Spoleto e della caduta di Roma. Ebbe-
ne, Don Bosco eccelle nel fare della devozione ali' Ausiliatrice un im-
pegno reale per la Chiesa cattolica, evitando sempre di trasformarla
in una bandiera temporale a favore della rivoluzione o della antirivo-
luzione di turno.
Per saper tenere un tale atteggiamento si ispira al criterio pratico
caratteristico dell' «attività materna», che non è mossa da ideologie astrat-
te ma da esigenze vitali, che fa tutto il bene che può anche se non può
arrivare all'ottimo, e che cura più il tessuto delicato della vita che l'e-
laborazione dei grandi programmi.
Può essere sintomatico constatare che non c'è posto per una simile
attività vitale (e quindi non si trova nessun elemento di parallelismo
con Maria) nelle più famose ideologie sociali, per esempio nel marxi-
smo, che pur mostrano varie coincidenze parallele con la strutturazio-
ne ecclesiastica .
Il realismo pedagogico di Don Bosco ha espresso attraverso la sua
devozione mariana una autentica «mistica dell 'azione», nel senso pro-
fondo di san Francesco di Sales ,12 unita permanentemente a una forte ,
anche se più volte nascosta, «ascesi dell'azione».
Per questo io mi permettevo di far osservare ai Capitolari che la
devozione ali 'Ausiliatrice «è legata agli avvenimenti concreti dell 'esi-
stenza , si immerge nel corso vivo della storia, nei suoi labirinti e nelle
sue passioni , ma rimane chiaramente escatologica (Don Bosco direbbe
" religiosa"); non si trasforma in una "crociata di cristianità" ; sente
e partecipa alle vicissitudini socioculturali e ai continui nuovi assetti
dei popoli nell'ininterrotto loro processo di un nuovo grado di libera-
zione, ma non diviene mai "politica" (nel senso ristretto e specifico
del termine) ; è realista ma trascendente, in piena sintonia con la speci-
fica mi ssione della Chiesa» (CG21 590).
12 Cf Traité de l 'amour de Dieu , lib . 7, c . 7, in Opera Omnia V , 29-32 .
41

5.4 Page 44

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E) L'AUSILIATRICE E IL CARISMA SALESIANO
1. L'affermazione di questo legame nella tradizione
Certamente si dà di fatto, e ne sentiamo profonda gratitudine, un 'in-
tima correlazione tra la devozione all'Ausiliatrice e la nostra vocazio-
ne salesiana. Non è difficile mostrarlo , per quanto si riferisce alla sua
origine, in Don Bosco: dal sogno dei 9 anni ai Becchi fino a quello
di Barcellona nel 1886 , dal catechismo iniziato con Bartolomeo Garel-
li al modo con cui ottenne l'approvazione delle Costituzioni della So-
cietà di S. Francesco di Sales, dalla convinzione intima di Don Bosco
espressa in molteplici affermazioni ai fatti prodigiosi da lui realizzati.
Ma le origini non sono che la primizia della sua totale realtà.
Il nostro Fondatore ci assicura che la vocazione salesiana è inspie-
gabile, tanto nella sua nascita come nel suo sviluppo e sempre , senza
il concorso materno e ininterrotto di Maria .
Molte volte lui stesso ha confessato che la Madonna ne è la «fonda-
trice» e la «sostenitrice», e ci assicura che «la nostra Congregazione
è destinata a cose grandissime e a spargersi per tutto il mondo , se i
Salesiani saranno sempre fedeli alle Regole date loro da Maria Santis-
sima» (MB XVII, 511) .
Si è lasciato persin sfuggire questa esclamazione: «Maria ci vuole
troppo bene! » (MB XVIII , 273).
Don Rua, il gran «continuatore» della vocazione di Don Bosco, che
«insegna ai Salesiani a rimanere Salesiani» (come ci ha detto Paolo VI 11),
ha sottolineato con insistenza questa relazione intima tra vocazione sa-
lesiana e devozione ali' Ausiliatrice.' 4
In particolare ci pare suggestivo sottolineare una sua interessante
osservazione nel presenziare l'incoronazione della Madonna a Valdocco,
il 17 maggio 1903; dopo averne descritto con gioiosa effusione la ceri-
monia , soggiunge: «Non dubito punto che con l'aumentarsi fra i Sale-
siani della devozione a Maria Ausiliatrice , verrà pur crescendo la sti-
ma e l ' affetto verso Don Bosco, non meno che l'impegno di conser-
varne lo spirito e d'imitarne le virtù» ."
" Omelia del 29 ott. 1972 nella basilica di San Pietro, durante la cerimonia della
beatificazione di don Rua .
" Cf Lettere circolari di Don M. Rua, Torino 1965 ; per es ., pp. 178 , 293-294 , 348 ,
367-368 , ecc.
" lvi , p. 353.
42

5.5 Page 45

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C'è, qui, l'intuizione chiarissima dell 'interrelazione vitale che si
dà tra la devozione ali' Ausiliatrice e la nostra spiritualità.
Anche Don Albera, nel far riflettere con quella sua delicata sensi-
bilità sugli aspetti più spirituali della nostra vocazione, insiste sulla con-
tinua presenza di Maria; scrive infatti: «Parlando ai suoi figli spiritua-
li, (Don Bosco) non si stancava di ripetere che l'opera a cui aveva po-
sto mano gli era stata ispirata da Maria Santissima, che Maria ne era
il valido sostegno, e che perciò nulla essa aveva a temere delle opposi-
zioni dei suoi avversari».16
Potrebbe considerarsi particolarmente suggestiva, ai fini di questo
argomento, anche una sua allusione a san Francesco di Sales, in quan-
to egli è il grande «caposcuola della salesianità» nella storia della vita
spirituale. Nel descrivere la magnanimità quasi temeraria del nostro
Fondatore, particolarmente nella costruzione del tempio di Valdocco,
don Albera individua in questo straordinario coraggio un elemento di
«salesianità» : «Si mostra così - afferma egli - discepolo del nostro
S. Francesco di Sales, che aveva lasciato scritto: " Conosco appieno
qual fortuna sia l'esser figlio, per quanto indegno, di una Madre così
gloriosa. Affidàti alla sua protezione, mettiamo pur mano a grandi co-
se; se l'amiamo di ardente affetto, Ella ci otterrà tutto quello che desi-
deriamo"». 17
2. Legame vitale della devozione all'Ausiliatrice
con la missione e lo spirito salesiano
Sarebbe, senza dubbio, assai utile approfondire il significato e la
funzione della devozione all ' Ausiliatrice nella nostra spiritualità sale-
siana.
A noi qui basta indicare succintamente qualche suggerimento al ri-
guardo , per ispirare meglio il nostro rilancio mariano.
Sappiamo che una spiritualità è veramente tale se arriva a formare
un tutto organico , dove ogni elemento Ifa la sua funzione e il suo collo-
camento preciso.
Spostare, o non considerare, o sopprimere questo o quell 'elemento
sarebbe incominciare a rovinare tutto.
Ora: la devozione all 'Ausiliatrice risulta di fatto, come abbiamo
" Le/lere circolari di Don P. Albera. Torino 1965, p. 285; cf pp. 169, 223, 22_4,
284 , 466, 477 , ecc .
" l vi, p. 286 .
43

5.6 Page 46

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visto, un fattore integrante del «fenomeno salesiano» nella Chiesa per-
ché entra a formar parte vitale della sua totalità. Non av rebbe senso,
anzi sarebbe deleterio , tentar di separare la nostra spiritualità dalla de-
vozione a Maria Ausiliatrice, così come non si può isolare, perché sa-
rebbe assurdo, Don Bosco dalla Madonna.
La devozione ali' Ausiliatrice è, dunque , un elemento imprescindi-
bile del nostro carisma; ne permea la fisionomia e ne vitalizza le com-
ponenti .
Senza una sana vitalità della dimensione mariana , la nostra spiri-
tualità ne risentirebbe in vigore e in fecondità ; mentre , per altro , la
cura opportuna di un profondo rilancio mariano farà rinverdire tutta
la vocazione salesiana .
Basti osservare come la nostra devozione ali 'Ausiliatrice è in stret-
tissimo interscambio vitale sia con la «missione» salesiana che con lo
«spirito» proprio del nostro carisma.
Innanzitutto, la sua intima vincolazione con la missione salesiana:
è Maria, la «Pastorella» dei sogni, che ne designa l'indole propria e
ne individua i destinatari , assegnandoci un campo di «pastorale giova-
nile»; è la sua caratteristica di Ausiliatrice che apre la missione sale-
siana ai grandi orizzonti dei problemi socioreligiosi di attualità, e a una
chiara scelta di servizio alla Chiesa universale e di collaborazione con
i suoi Pastori ; è la sua materna bontà che ispira la nostra criteriologia
pastorale e ci insegna un metodo d'approccio ai nostri destinatari.
Poi , il suo profondo rapporto con lo spirito salesiano: esso trova
in Maria , vista come Ausiliatrice, la sua ispirazione e il suo modello .
Uno spirito centrato sulla «carità pastorale», ispirato all'amore mater-
no della Madonna e radicato nell 'amore materno della Chiesa, che im-
plica un acuto ascolto dell 'iniziativa di Dio , un'adesione totale a Cri-
sto e una piena disponibilità alle sue vie; uno spirito permeato di spe-
ranza (sicuro dell' «aiuto» dall'Alto) in un clima interiore di sostanziale
ottimismo nella valutazione delle risorse naturali e soprannaturali del-
!'uomo ; uno spirito di fecondità apostolica vivificato dallo zelo per la
Chiesa; uno spirito di operosa iniziativa e di duttilità appropriato alle
vicissitudini cambianti della realtà; uno spirito di bontà e di comporta-
mento familiare con quella ricchezza e semplicità di atteggiamenti che
ha la sua sede nella sincerità del cuore; uno spirito di magnanimità (come
nel «magnificat») che ha l' umile ardimento di fare tutto il bene che si
può, anche quando sembra temerario, lasciandosi guidare dal corag-
gio della fede e dal buon senso , più in là degli estremismi o dei perfe-
zionismi.
44

5.7 Page 47

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Possiamo concludere questi accenni dicendo che, così come nella
vita di Don Bosco la devozione ali' Ausiliatrice, esplicitata nella piena
maturità della sua vocazione , è allo stesso tempo il punto terminale
di un itinerario di crescita e la piattaforma di lancio di tutto il suo vasto
progetto apostolico, allo stesso modo nella spiritualità salesiana essa
costituisce la sintesi concreta delle sue varie componenti e la fonte vi-
tale del suo dinamismo e della sua fecondità . Quindi, ciò che essa è
stata nell'ora della fondazione lo dovrà ritornare ad essere in ogni ora
di rifondazione .
F) NOSTRO PROPOSITO DI RILANCIO MARIANO
Rinnovare una devozione non significa semplicemente cambiare o
intensificare determinate pratiche religiose. Certamente c'è da aggior-
nare la nostra pietà mariana, ma per far ciò bisogna prima assicurare
i valori fondanti della nostra fede , i presupposti dottrinali e l'atteggia-
mento personale e comunitario che ne deriva. La fede e la pietà devo-
no muoversi di pari passo ; se è vero che nella pietà vive la fede («lex
orandi, lex credendi»), è anche vero , soprattutto in un processo di rin-
novamentO, che la dottrina della fede deve guidare la pietà (lex cre-
dendi , legem statuat orandi»). 18
Come giustamente si è fatto osservare: «Il riconoscimento del ruo-
lo della Vergine Maria nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa
implica una pietà che sia conseguente con la verità che la concerne» . 19
Ora , se nella devozione all'Ausiliatrice ci sono degli aspetti dottri-
nali caratteristici, approfonditi e rinnovati dal Vaticano Il, bisognerà
che li conosciamo bene e che ne sappiamo far derivare anche uno spe-
ciale tono di rinnovamento nella corrispondente nostra pietà.
Questo toccherà direttamente i nostri impegni di rilancio in vari set-
tori di iniziative pratiche .
Non posso, qui, scendere ai dettagli; essi devono essere considera-
ti e programmati soprattutto localmente. Indico solo alcune grandi li-
nee di azione affinché servano a ispirare e guidare i vari programmi.
1) La formazione dottrinale appare subito come il primo elemento
da curare; dobbiamo saper rivedere e aggiornare la nostra mentalità
e le nostre conoscenze su due campi complementari :
" Cf enciclica Mediator Dei di Pio XII , nn . 38-40 .
19 MAX THURIA N, o.e. , p. 197.
45

5.8 Page 48

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- sulla figura di Maria nella storia della salvezza alla luce degli
orientamenti conciliari;
- e sui presupposti dottrinali del titolo «Auxilium Christianorum»
in rapporto con la spiritualità del carisma di Don Bosco.
Ecco un vasto compito di studio, di divulgazione e di formazione ,
sia iniziale che permanente.
Il nostro Fondatore rimane il modello e il maestro in questo cam-
po ; ricordiamo, in particolare , i suoi scritti sull'Ausiliatrice. 20
2) Il culto e la pietà mariani costituiscono la vita di una genuina
devozione. Noi possediamo, per questo rinnovamento, l'importante
Esortazione apostolica Marialis cultus di Paolo VI. Dobbiamo farne
tesoro . Ricordiamoci che in questo campo la Chiesa ha progredito as-
sai sia per quanto si riferisce al culto liturgico (cf prima parte della
MC 1-23), sia per quanto riguarda più propriamente la pietà mariana ·
(cf seconda parte della MC24-39). Saper esprimere la nostra devozio-
ne mariana attraverso la partecipazione viva e intelligente al ciclo li-
turgico costituisce la meta più significativa e più pedagogica del nostro
rilancio.
Nel rinnovamento, poi, della pietà mariana il Papa suggerisce quattro
preziosi orientamenti «da tener presenti nel rivedere o creare esercizi
e pratiche di pietà»; essi sono l'orientamento biblico (MC 30), il litur-
gico (MC 31), l'ecumenico (MC 32-33) e l'antropologico (MC 34-37).
L'approfondimento e l'applicazione di ognuno di questi orientamenti
esigono una revisione a fondo del modo con cui concretizziamo la no-
stra devozione.
Quanto ai pii esercizi (cf MC 40-55), oltre al Rosario, per noi vor-
rei aggiungere e sottolineare sia la «benedizione di Maria Ausiliatrice»
composta dallo stesso Don Bosco e approvata esattamente cento anni
fa dal papa Leone XIII, 21 sia la festività di Maria Ausiliatrice a maggio
e la pratica tradizionale del 24 del mese.
20 P . RICA LDONE, Maria Ausiliatrice, I sei libretti di Don Bosco , Elle Di Ci , Tori -
no I951 , pp. 39-44.
" La formula della benedizione fu approvata dalla Sacra Congregazione dei Riti
_ _ _ __ _ ..J.LJ...Q_..lilllg 878 . Credo o ortuno e illuminante (e serve anche per commemorarne
il centenario) trascrivere qui la lettera di Don Bosco al papa Leone XIII (MB XII , ·9·~:- - - - -
Beatissimo Padre ,
Nella tristezza dei tempi in cui viviamo pare che Dio voglia in varie meravigliose
maniere glorificare l 'augusta sua Genitrice invocata sotto il titolo di Maria Auxilium Chri-
stianorum. Fra i diversi argomenti avvi quello della efficacia delle benedizioni coli ' in-
vocazione di questo titolo glorioso che sogliono impartirsi in parecchi luoghi , segnata-
mente nel santuario a Lei dedicato a Torino .
46

5.9 Page 49

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Inoltre bisognerà anche incrementare fortemente il significato e la
portata spirituale del Santuario dell 'Ausiliatrice a Valdocco.
3) I grandi oriuonti d 'impegno ecclesiale, visti nel realismo di ogni
situazione locale, secondo le esigenze di quest'ora tanto pregnante di
futuro, devono divenire l'orizzonte in cui si muove il nostro coraggio
evangelizzatore e la nostra inventiva pastorale. Ecco un campo vasto
e concreto in cui c'è da saper fare una profonda svolta apostolica, ag-
giornando e nutrendo la nostra mentalità con i grandi problemi pasto-
rali della Chiesa e con le pressanti esigenze culturali del mondo d 'og-
gi , soprattutto in vista della gioventù e dei ceti popolari .
Don Bosco ha trovato proprio in quest'area lo spazio preferito del-
la sua inesauribile operosità. La devozione ali' Ausiliatrice ci deve far
divenire fermento cristiano nella costruzione della nuova Società, at-
traverso i giovani e i ceti popolari.
4) Infine , la cura delle vocazioni è stata in Don Bosco una delle
espressioni più efficaci della sua devozione mariana; l'istituzione del-
1'0.M.A. per le vocazioni, a lui tanto cara, ci serve di segno e di spro-
ne. Dobbiamo impegnarci con Maria a rinnovare a fondo tutta la no-
stra pastorale vocazionale; essa esigerà di riattualizzare i grandi valori
del Sistema preventivo e ci insegnerà a misurare la nostra profondità
spirituale e autenticità apostolica con il metro delle vocazioni.
Se noi sapremo animare la Famiglia salesiana in queste quattro gran-
di aree di rinnovamento, e se, insieme con i vari gruppi della Fami-
glia, sapremo programmare una realizzazione, magari anche modesta
in sé, ma cosciente e costante, vedremo ringiovanire e crescere, con
l'aiuto di Maria, il nostro carisma nella Chiesa.
E 1'Ausiliatrice diverrà di fatto anche il fermento di una comunione
Ma affinché tali formale siano stabilite e regolate secondo lo spirito di S. Chiesa,
il Sac. Giovanni Bosco rettore di detto Santuario e dell'Arciconfraternita ivi eretta fa
umile preghiera affinché la formala descritta a parte sia presa in benevola considerazio-
ne , esaminata , modificata, ed ove sia d' uopo, corretta , perché si possa usare nel com-
partire la così detta Benedizione di Maria Ausiliatrice, specialmente nel Santuario a Lei
dedicato in Torino. Ivi ad ogni momento affluiscono i fedeli a farne richiesta con grande
incremento della pietà e spess issimo con sensibile vantaggio nelle loro miserie spirituali
e corporali .
La formala di cui è parola, è una raccolta di giaculatorie già usate ed approvate
dalla liturgia della Chiesa, e qui riunite a maggior gloria di Dio e della B. V. Maria.
Torino , 1O marzo I878.
Sac. Gio. Bosco
47

5.10 Page 50

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più profonda tra i vari rami salesiani: essa apparirà più esplicitamente
la «Madre della Famiglia salesiana»!
Don Bosco «non si è accontentato di amare l'Ausiliatrice, ha fatto
tanto per farla amare! Esiste una specie di patto tra Maria Ausiliatrice
e la Famiglia salesiana. Maria aiuta questa sua Famiglia e ne sviluppa
le opere. A loro volta tutti i membri e i rami della Famiglia, ognuno
a modo suo, diffondono il culto del!' Ausiliatrice, presso gli adulti e
presso i giovani . È un aspetto del servizio salesiano alla Chiesa. È il
significato dell'iscrizione luminosa che Don Bosco aveva letta sulla
grande chiesa dei suoi sogni, e che in effetti fece scolpire sul frontone
della basilica di Torino: ''Haec est domus mea, inde gloria mea: Que-
sta è la mia casa, da qui si diffonderà la mia gloria" . La basilica vi-
vente siamo noi! ». 22
CONCLUSIONE
Carissimi, il CG21 auspica una vera ripresa della nostra devozione
ali' Ausiliatrice; con essa si renderà più genuina e concreta quell 'ani-
mazione salesiana di cui si sente tanto bisogno nelle comunità e con
cui riattualizzeremo il carisma del nostro Fondatore.
Io prego i confratelli di ogni casa di studiarne localmente le possi-
bilità e i metodi, e impegno gli Ispettori con i loro Consigli a inserire
una accurata pastorale mariana nelle programmazioni ispettoriali , in
dialogo anche con gli altri gruppi della Famiglia salesiana, specialmente
con le FMA.
Un immediato incremento della devozione ali 'Ausiliatrice ridone-
rà a tutti ossigeno e speranza e apporterà un vero profitto alla Chiesa.
«All'uomo contemporaneo - ci ricorda Paolo VI- , non di rado tor-
mentato tra l'angoscia e la speranza, prostrato dai sensi dei suoi limiti
e assalito da aspirazioni senza confini, turbato nell'animo e diviso nel
cuore, con la mente sospesa dall'enigma della morte, oppresso dalla
solitudine mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia,
la beata Vergine Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella
realtà che già possiede nella città di Dio, offre una visione serena e
--------allfta-p&rola-rassi.wrnnte.:-1.a~ ittor.ia_della_s_pe.ranza sul) 'ang=o=sc=i=a~,~d=e=ll'-a='------ -- -
comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento , della gioia e della
bellezza sul tedio e la nausea, delle prospettive eterne su quelle tempo-
rali , della vita sulla morte» (MC 57).
22 J. AUBRY , Cooperatori di Dio, Roma 1977 , p. 444 .
48

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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Carissimi, riascoltiamo oggi per noi una delle ultime raccomanda-
zioni di Don Bosco: «La Santa Vergine Maria continuerà certamente
a proteggere la nostra Congregazione e le opere salesiane, se noi con-
tinueremo la nostra fiducia in lei e continueremo a promuovere il suo
culto». 23
Promettiamo a Don Bosco di farlo davvero con filiale intrapren-
denza, imitando la sua grande fiducia e il suo operoso ardimento .
Vi saluto cordialmente, dandovi con gioia la benedizione di Maria
Ausiliatrice.
DON EGIDIO VIGANÒ
Rettor Maggiore
23 Dal «Testamento spirituale» in Scritti spirituali, a cura di J. AUBRY , Città Nuova ,
Roma 1976, voi. 2 ° , pp. 278-279.
49

6.2 Page 52

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2. ccLA FAMIGLIA SALESIANA»
Lettera ai SDB, 24 febbraio 1982
(ACS 304, aprile-giugno 1982, pp. 3-45)
Cari Confratelli,
oggi inizia la Quaresima. Ci stiamo preparando alla celebrazione
del mistero pasquale. L'amore e la sequela del Cristo , Amico e Salva-
tore dei giovani , è l'anima della nostra vocazione. Il Signore ci so-
spinge quotidianamente , dal sacramento eucaristico , a rinnovare la
gioiosa dedizione e l'industriosa nostra operosità nella missione gio-
vanile e popolare.
I miei contatti di questi anni con voi, in varie regioni del mondo,
mi hanno fatto constatare sempre più chiaramente l'enorme esigenza
che c ovunque di una presenza più numerosa e più efficace, più au-
tentica e generosa della vocazione salesiana. Quanta gioventù in tutti
i continenti ha fame e sete di verità e di amore e cerca inquieta degli
amici come Don Bosco.
Sono appena rientrato dal mio terzo viaggio in Africa; questa volta
nelle sue regioni occidentali. Ho potuto dialogare con i nostri primi
missionari del Sénégal e dei Pesi vicini . Nelle missioni c'è urgente bi-
sogno di una presenza salesiana «completa»: non solo di confratelli ,
ma anche di Figlie di Maria Ausiliatrice , di Cooperatori, di collabora-
tori che si ispirino al progetto giovanile e popolare del nostro caro Fon-
datore.
Le necessità e le urgenze dei nostri destinatari ci scuotono e ci fan-
no capire che la missione di Don Bosco esige non so o a nostra pre
senza di consacrati, ma quella di tutta la Famiglia salesiana con gli
svariati gruppi che la compongono.
In gennaio, prima di partire per Dakar, avevo potuto assistere, qui
nella Casa generalizia, alla Settimana di spiritualità sul tema: «Le vo-
cazioni nella Famiglia salesiana». Al mio rientro ho potuto interessarmi
50

6.3 Page 53

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direttamente a un incontro di riflessione, preparato accuratamente e
da tempo con nostri studiosi, sull'argomento specifico della «Famiglia
salesiana» nella sua realtà storico-carismatica.'
Alla conclusione del Capitolo Generale delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice, ho potuto leggere con tanto piacere un articolo delle loro Co-
stituzioni rinnovate, che tratta appunto di questo speciale aspetto. L'ar-
ticolo è situato all'inizio delle Costituzioni nel primo capitolo che de-
scrive l'identità dell'Istituto . Eccolo: «Il nostro Istituto è parte viva della
Famiglia Salesiana, che attualizza nella storia, in diverse forme, lo spi-
rito e la missione di Don Bosco, esprimendone la novità perenne. Il
Rettor Maggiore della Società di S. Francesco di Sales - come suc-
cessore di Don Bosco - ne è l'an1matore e il centro di unità. Nella
Famiglia Salesiana noi condividiamo l'eredità spiritual~ del Fondatore
ed offriamo, come è avvenuto a Mornese , l'apporto originale della no-
stra vocazione» (Cast. FMA 3) .
Inoltre, dopo le mie lettere alle Volontarie di Don Bosco (ACS 295)
e alle Figlie di Maria Ausiliatrice (ACS 301) e l'accettazione, da parte
di tutti i gruppi, del Rettor Maggiore - successore di Don Bosco -
come centro di unità e di animazione della mutua comunione, e dopo
una verifica dell'azione del Consigliere per la Famiglia salesiana alla
fine del quarto anno della sua istituzione, mi sembrava opportuno che
riflettessimo insieme sul tema della nostra Famiglia salesiana. Tutto
questo e il desiderio formulatomi già più volte dal Consigliere, don
Giovanni Raineri , di dedicare una circolare per ricordare ai confratelli
l'importanza e l'urgenza di assumere con più coscienza e competenza
le responsabilità che abbiamo in questo campo , mi spingono a invitar-
vi a meditare su un argomento tanto attuale e fecondo della nostra co-
mune vocazione.
Parliamo della Famiglia salesiana, evidentemente, in base a quanto
afferma l'articolo 5° delle Costituzioni e il corrispondente testo del Ca-
pitolo Generale Speciale (CGS 151-177) .
Fatene oggetto di meditazione, di scambi comunitari e di preghiera.
' Simposio sulla Famiglia Salesiana , 19-22 febbraio 1982.
51

6.4 Page 54

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A) «PREZIOSO RETAGGIO CHE ESIGE FEDELTÀ».
DIMENSIONE ECCLESIALE DI DON BOSCO FONDATORE
E DELLA SUA FAMIGLIA
1. La Famiglia salesiana: realtà ecclesiale da un secolo
La «Famiglia salesiana» di Don Bosco è un fatto ecclesiale.
Indica la compartecipazione nello spirito di Don Bosco e nella sua
missione con i conseguenti legami che intercorrono tra i vari gruppi
di congregati: i .Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperato-
ri , e altri gruppi istituiti posteriormente .
Tutti insieme costituiamo nella Chiesa una specie di «etnia spiri-
tuale». Una tale comunione «sorge a partire da un dato storico com-
plesso. Don Bosco , per attuare la sua vocazione di salvezza della gio-
ventù povera e abbandonata, cercò un 'ampia unione di forze apostoli-
che nell'unità articolata e varia di una " Famiglia"» (CGS 152) .
Essa è ormai collaudata da un 'esperienza vissuta in comune da più
di un secolo.
Dopo il Concilio, i compiti di riflessione e di rinnovamento richie-
sti per chiarire l'identità e per rilanciare l'attualità dei vari carismi del
Popolo di Dio , hanno suscitato un rinnovato impegno per promuovere
una più esplicita coscienza , una maggior unione e una più stretta colla-
borazione tra quanti partecipano a uno stesso carisma .
Parlare della «Famiglia salesiana» non significa , dunque, introdur-
re un discorso di innovazione con fantasia utopistica ; si tratta di un
dato concreto, di un fatto spirituale, che ha una sua dimensione storica
e un suo spessore di verità che interpella seriamente la nostra fedeltà
a Don Bosco e ai tempi .
«La Famiglia salesiana - ci assicura il Capitolo Generale Speciale
- è una realtà ecclesiale che diventa segno e testimonianza della voca-
zione dei suoi membri per una missione particolare , nello spirito di
Don Bosco;
la Fami _Lia salesiana esJ2_rime - sulla linea di uanto la Chiesa ha
detto di se stessa - la comunione tra i diversi ministeri al servizio del
Popolo di Dio; e integra le vocazioni particolari perché sia manifestata
la ricchezza del carisma del Fondatore ;
la Famiglia salesiana sviluppa una spiritualità originale di natura
carismatica che arricchisce tutto il Corpo della Chiesa e diviene un mo-
dello pedagogico cristiano tutto particolare» (CGS 159).
52

6.5 Page 55

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2. Don Bosco fondatore dì un ampio movimento apostolico e spirituale
Forse non tutti, tra noi, si sono ancora impegnati a scrutare con
sguardo acuto e oggettivo il provvidenziale processo storico per cui
Don Bosco è stato, nella Chiesa, un «Fondatore» e, in conseguenza,
tutta la realtà ecclesiale della Famiglia salesiana da lui iniziata. Dob-
biamo saper percepire meglio la dimensione veramente grande della
paternità di Don Bosco e della prospettiva apostolica del suo carisma,
e trovare il modo di onorarlo e riconoscerlo davvero come uno dei gran-
di Fondatori nella Chiesa.
Il nostro Padre si è sentito investito dall'Alto di una vasta missione
giovanile ed ha avuto chiara coscienza di essere stato chiamato, per
questo, a divenire <ifondatore» non semplicemente di un Istituto reli-
gioso, ma di tutto un movimento spirituale e apostolico di vaste pro-
porzioni. L'ampiezza di orizzonti del suo piano fondazionale sgorgava
da una spinta superiore e dalla vastità e complessità delle urgenze dei
destinatari affidati alla sua vocazione.
Si è sentito chiamato a dar inizio a un peculiare impegno di salvez-
za da tradursi in un ampio e concreto «progetto operativo» con il coin-
volgimento di tutte le forze disponibili. Egli stesso diceva: «Una volta
poteva bastare l'unirsi insieme nella preghiera; ma oggidì che sono tanti
i mezzi di pervertimento, soprattutto a danno della gioventù di ambo
i sessi, è mestieri unirsi nel campo dell'azione e operare». 2 «Abbiamo
in corso - esclamava in un'altra occasione - una serie di progetti che
sembrano favole o cose da matto in faccia al mondo; ma appena ester-
nati, Dio li benedice in modo che tutto va a vele gonfie. Motivo di
pregare, ringraziare, sperare e vegliare». 3
Don Bosco è stato magnanimo e audace; ha messo al servizio della
sua singolare vocazione tutte le doti d'intelligenza , di creatività e di
coraggio di cui era stato arricchito, sospinto anche da molteplici doni
e mozioni dello Spirito del Signore.
«Da una parte, talvolta egli sembra persuaso di possedere una spe-
cie d'investitura universale della gioventù abbandonata , dall'altra ha
ben presente che il problema dei giovani supera di gran lunga l'ambito
delle sue opere e fa capo a specifiche responsabilità ecclesiali e civili .
In ambedue i casi , l'invito a occuparsi dei giovani si rivolge anche a
2 Conferenza ai Cooperatori di Borgo S. Martino, I luglio 1880.
3 Lettera a Giovanrii Cagliero, 27 aprile I 876.
53

6.6 Page 56

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persone non ufficialmente inquadrate nelle sue istituzioni, operanti nelle
rispettive parrocchie, città, paesi , famiglie».•
Ebbene: se noi pensiamo che nel nostro secolo il problema delle
masse dei giovani bisognosi «è una realtà che raggiunge oggi dimen-
sioni quasi incommensurabili rispetto a Don Bosco», considereremo
ancor più urgente la necessità di un allargamento di prospettive nel-
!' interpretazione e promozione della vocazione salesiana,
3. I SDB diventino consapevoli dell'ampiezza della loro vocazione
Già il Capitolo Generale Speciale aveva scelto il tema della Fami-
glia salesiana come una delle linee portanti del nostro rinnovamento:
«I Salesiani - è scritto nel documento 1, n. 151 - non possono ripen-
sare integralmente la loro vocazione nella Chiesa senza riferirsi a quelli
che con loro sono i portatori della volontà del Fondatore. Per questo
ricerchiamo una migliore ''unità di tutti , pur nell 'autentica diversità
di ciascuno''» .5
Ecco una «verità» su cui dobbiamo riflettere seriamente: la nostra
vocazione salesiana, nella sua integralità concreta, ci fa partecipare vi-
talmente a una «esperienza di Spirito Santo» vissuta e compartecipata
da tanti altri per interscambiarne mutuamente le ricchezze (CGS 159)
e assumerne con più coscienza d ' insieme i compiti (CGS 160) . Ogni
confratello deve pensare che la sua professione religiosa lo incorpora
simultaneamente alla Congregazione e alla Famiglia salesiana, nella
quale gli offre una vasta area di stimoli alla santità e di collaborazione
apostolica mentre gli spalanca davanti un orizzonte operativo quasi te-
merario e di vero protagonismo ecclesiale e civile .
Perciò, cari confratelli, dobbiamo guardare alla «Famiglia salesia-
na» come a una realtà oggettiva e a una speranza di crescita , con una
sua verità da conoscere e da amare e con molteplici esigenze che ci
faranno progredire nella fedeltà a Don Bosco.
4. Ecclesialità del Fondatore
- - - -- - --Per-eapi-r-e-megl-i0-l-a-deHs-i-t-à--e--fi€ehe~a-àe-J.l.èe----f@Ei-i-t-à--v-i.va--i:iG~Vllta.- - - - -
da Don Bosco e per individuare più a fondo le responsabilità che da
' P. BRAIDO , IL progerro op erativo di Don Bosco e l'utopia della società cristiana ,
LAS , Roma 1982.
' CGS, Presentazione di don Lui gi Ricceri , pp. XVIII-XIX .
54

6.7 Page 57

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essa ci derivano è bene che riflettiamo un po' sulla dimensione eccle-
siale che ha , per dono di Dio , un Fondatore .
a) Un fondatore è suscitato nella Chiesa e per la Chiesa
Forse siamo abituati a guardare a Don Bosco come a una specie
di «proprietà privata» della nostra Congregazione e così non ci accor-
giamo che ne manipoliamo la figura e ne riduciamo la funzione e la
trascendenza storica. Certo noi abbiamo la peculiare capacità di avvi-
cinarci a lui con una «conoscenza di connaturalità» che ce ne facilita
la comprensione e un più giusto e più oggettivo approfondimento , ma
tale capacità deve spronarci a studiarlo nella sua «ecclesialità» senza
riduzionismi che ne offuschino gli orizzonti . Un Fondatore è il porta-
tore di un determinato carisma a tutto il Popolo di Dio ; la Chiesa ne
prende coscienza, si rallegra e si sente arricchita dal suo apporto spiri-
tuale e apostolico, ne benedice i valori, promuove e sostiene l'indole
propria del suo carisma, esige che sia salvaguardata la sua identità,
e cura che se ne difenda l'integrità (cf MR 11) .
I Fondatori , ci ha ricordato Paolo VI , sono stati «suscitati da Dio
nella Chiesa»; per questo i loro discepoli hanno l'obbligo di essere fe-
deli «alle loro intenzioni evangeliche» (ET 11 , 12).
Il Fondatore è un vero «centro ecclesiale di riferimento» da non
rimpicciolire con una visione solo domestica, senz 'altro ben intenzio-
nata, ma forse un po ' pignola e magari bigotta, che ne altera i linea-
menti e ne mutila la missione storica oggettiva.
Il Concilio parla dei Fondatori come di una espressione qualificata
della realtà vitale della Chiesa. 6 La teologia , purtroppo, non ne ha stu-
diato ancora adeguatamente la portata specifica in quanto espressione
di ecclesialità. La funzione storica di un Fondatore va inserita nel mi-
stero stesso della Chiesa nel suo divenire storico: in essa e per essa
è stato suscitato , come una delle espressioni caratteristiche della sua
«vita e santità» (LG 44).
b) Tre aspetti del ruolo singolare di Don Bosco nella Chiesa
Ognuno dei Fondatori ha nella Chiesa una specie di unicità in quanto
iniziatore e modello.
Proprio l'anno scorso , scrivendo alle Figlie di Maria Ausiliatrice ,
indicavo tre aspetti di questa singolarità del nostro Padre.
' Cf LG 45 , 46; PC 2b; AG 40 .
55

6.8 Page 58

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- «Innanzitutto, un 'originalità speciale: Don Bosco non trova al-
tra strada per realizzare la sua vocazione se non quella di Fondatore ;
si vede quasi forzato a dare inizio a una esperienza inedita di santifica-
zione e di apostolato, cioè, a una rilettura del Vangelo e del mistero
di Cristo in chiave propria e personale, con speciale duttilità ai segni
dei tempi. Questa originalità comporta essenzialmente una '' sintesi nuo-
va '', equilibrata, armonica e, a suo modo, organica degli elementi co-
muni alla santità cristiana, dove le virtù e i mezzi di santificazione hanno
una propria collocazione , un dosaggio , una simmetria e una bellezza
che li caratterizzano .
- Inoltre, una forma straordinaria di santità. È difficile stabilir-
ne il livello, ma non la si può identificare con la santità del canonizza-
to non-fondatore (per esempio, con quella di un san Giuseppe Cafas-
so) . Tale straordinarietà, che porta con sé anche novità precorritrici ,
attira verso la persona del Fondatore, la mette al centro di consensi
e di contrasti, ne fa un "patriarca " e un " profeta " ; mai un solitario ,
bensì un catalizzatore e un portatore di futuro .
- Infine , un dinamismo generatore di posterità spirituale: se l'e-
sperienza di Spirito Santo non è trasmessa, recepita e poi vissuta, con-
servata, approfondita e sviluppata dai discepoli diretti del Fondatore
e dei loro seguaci , non si ha carisma di fondazione. Questo rilievo è
fondamentale: Don Bosco ha avuto doni tutti suoi, che lo accompa-
gnarono fino alla morte e che hanno fatto della sua persona , per dispo-
sizione divina , un centro fecondo di attrazione e di irradiamento , un
"gigante dello spirito " (Pio Xl) che ha lasciato in eredità un ricco e
ben definito patrimonio spirituale». 7
Queste note specifiche di Don Bosco-Fondatore si sono tradotte ,
sul piano dei fatti e della realtà effettuale, nella elaborazione del suo
progetto operativo globale, «sostanzialmente unitario e con caratteri-
stiche proprie , alle quali è possibile ricondurre la molteplicità delle in-
tenzioni e delle azioni della sua dinamica esistenza».8
Con il suo progetto operativo il nostro Padre ha dato alla Chiesa
anche un metodo educativo veramente geniale , fonte di una criteriolo-
gia pedagogico-pastorale ampiamente condivisa, che risponde alle esi-
genze della gioventù e dei ceti popolari e che ha già dato frutti di santi-
tà nei destinatari e negli operatori del suo «Sistema preventivo».
' E. VIGANÒ , Riscoprire lo spirito di Mornese, 24 febbr. I981 ; cf più avanti, pp . 112 .
' P. BRAIDO, Il p rogetto op erativo... , cit. , p. 4.
56

6.9 Page 59

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Il progetto globale di Don Bosco si concentra, dal punto di vista
degli «operatori» , nella convocazione e organizzazione di una com-
plessa associazione di numerosi e differenziati collaboratori: una «Fa-
miglia» che evangelizza la gioventù con il Sistema preventivo .
Se vogliamo essere veramente fedeli a Don Bosco-Fondatore, dob-
biamo , dunque , saper guardare a lui «ecclesialmente»!
B) ASPETTO STORICO: DON BOSCO COSTRUTTORE
DI UNA «FAMIGLIA SPIRITUALE»
1. All 'origine: la carità pastorale nel cuore di Don Bosco prete
Nel principio c'era, nel cuore di Don Bosco, la carità pastorale
con il dono di predilezione verso i giovani . La prima scintilla della vo-
cazione salesiana è l'amore: un amore intenso, ben definito e apostoli-
co, storicamente impegnato con la gioventù povera e abbandonata.
Lì, in quel cuore di prete, si trova la sorgente prima e cristallina
di tutta la Famiglia salesiana.
Si tratta di una passione soprannaturale che centra la totalità della
persona nel mistero di Dio Salvatore; una carità che trova la sua rea-
lizzazione in una radicalità di sequela del Cristo, contemplato nella sua
ansia salvatrice della gioventù, soprattutto di quella socialmente più
umile e indigente. Guardando a Don Bosco-Fondatore, scopriamo la
scaturigine e l'avvio della caratterizzazione del carisma salesiano in
un amore di carità che sottolinea nei suoi due indissolubili poli (il Pa-
dre e il prossimo) l'aspetto di donazione totale di sé a Dio in una mis-
sione giovanile.
2. Prima concretizzazione storica: l'Opera degli Oratori
Egli ha concretizzato storicamente i contenuti dinamici di questa
scintilla-prima nell '«Opera degli Oratori». Per lui l '«Oratorio» signi-
ficava , in definitiva, quello che noi oggi chiamiamo «pastorale giova-
nile», impegnata realisticamente nell'educazione evangelizzatrice del-
la gioventù disorientata ed emarginata, in un 'ora socialmente esplosi-
va a causa di rapidi cambiamenti strutturali e culturali .
Nel principio c'era, dunque, un «cuore oratoriano»! Ossia, un pre-
te della Chiesa locale di Torino posseduto da un 'incontenibile passione
57

6.10 Page 60

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apostolica per i ragazzi poveri e abbandonati. Questo ardore apostoli-
co non si spiega senza l'iniziativa di Cristo Salvatore e della materna
sollecitudine di Maria, i due Risuscitati che guidano la storia della sal-
vezza. E la sua realizzazione definitiva è storicamente legata agli orien-
tamenti del papa Pio IX che diresse Don Bosco nell'opera di fondazione .
Lo Spirito del Signore spinge gradualmente questo prete, abbon-
dantemente fornito di doti naturali e luci e doni speciali , a percepire
l'urgenza e la vastità del compito da realizzare e a industriarsi con rea-
lismo ed efficacia a riunire, animare e organizzare il maggior numero
di collaboratori possibile . Nacque così a Torino l' «Opera degli Orato-
ri»: vi lavoravano preti, mamme, laici agiati e modesti, giovani e adul-
ti ; sotto la guida e la direzione di Don Bosco: egli ne cercava molti
e dappertutto, ma li voleva uniti.
A questo gruppo organico di svariati collaboratori egli diede il no-
me di «Congregazione di San Francesco di Sales»; si preoccupò di as-
sicurarne la stabilità; ottenne l'accettazione ufficiale dell 'arcivescovo
mons. Fransoni (1850), ne procurò il riconoscimento canonico (1852)
precisando, in particolare, la responsabilità del Superiore «per conserva-
re 1'unità di spirito, di disciplina e di comando» (cf MB Xl, 85; IV, 93).
È opportuno fare, riguardo a questo primo embrione di «Congre-
gazione per la gioventù», alcune osservazioni .
Innanzitutto il termine «congregazione» è usato nel suo senso ge-
nerale ed etimologico (dal verbo latino «congregare») di gruppo di per-
sone riunite per collaborare insieme a un medesimo scopo spirituale
e apostolico; esisteva allora un po ' ovunque la Congregazione della
Dottrina Cristiana voluta dal Concilio di Trento, come pure esistevano
altre Congregazioni e Compagnie di laici e di sacerdoti. È interessante
sottolineare che i nomi con cui Don Bosco indicava i «congregati» era-
no: operatori, cooperatori , collaboratori, benefattori (nel senso di gente
che fa il bene) , ossia di gente impegnata operativamente nel campo apo-
stolico . Infatti la qualità dei suoi «congregati» si deduce dal riferimen-
to pratico all' «Opera degli Oratori», secondo lo stile di vita cristiana
e di attività educativa realizzato concretamente nell'Oratorio-tipo di Val-
cco.
La specificazione, poi, «di San Francesco di Sales» intende indica-
re le caratteristiche dello spirito con cui i collaboratori vivono e lavo-
rano tra i giovani: un sistema di bontà, di mansuetudine e di fiducia,
una visione gioiosa di sano umanesimo, una criteriologia apostolica di
dialogo e di amicizia, una metodologia di educazione integrale (cf MB
II , 252-254).
58

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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Tutto questo è ancora una realtà «diocesana», che dovrà fiorire a
poco a poco in universalità ecclesiale non senza gravi sofferenze e con-
trasti .
3. L'avviamento verso le strutture definitive
Alla fine degli anni 1850 e in seguito, lo Spirito del Signore andrà
costruendo lentamente e accuratamente in Don Bosco il «Fondatore»
della sua definitiva Famiglia salesiana.
Egli non ha avuto subito un 'idea chiara, ben pianificata e giuridi-
camente strutturata, del tipo di fondazione che la sua personale voca-
zione gli esigeva. La conoscenza del «dono» di Dio, anche in un Fon-
datore , è normalmente progressiva, non immediata, e nòn è sempre
raggiunta in modo lineare . Dio manda profeti alla sua Chiesa, ma vuo-
le che trovino la loro strada a fatica e progressivamente. Ciò di cui
Don Bosco si sentiva intimamente sicuro era che la Provvidenza lo con-
duceva gradualmente ad essere «Fondatore». Personalmente, si è preoc-
cupato di <ifar conoscere come Dio abbia Egli stesso guidato ogni cosa
in ogni tempo»;• perciò diceva ai direttori (2 febbraio 1876): «Non diede
un passo la Congregazione, senza che qualche fatto soprannaturale non
lo consigliasse, non mutamento o perfezionamento o ingrandimento che
non sia stato preceduto da un ordine del Signore» (MB XII, 69).
a) La Pia Società di San Francesco di Sales
Abbastanza presto, almeno dal 1854, vide la necessità di distinguere
organicamente due categorie trà i collaboratori: «Coloro che erano li-
beri di se stessi e ne sentivano vocazione, si raccolsero in vita comu-
ne, dimorando nell 'edifizio che fu sempre avuto per casa madre e cen-
tro della pia associazione, che il Sommo Pontefice consigliò di chia-
mare Pia Società di S. Francesco di Sales, con cui è tuttora nominata .
Gli altri, ovvero gli esterni , continuarono a vivere in mezzo al secolo
in seno alle proprie famiglie, ma proseguirono a promuovere l 'Opera
degli Oratori conservando tuttora il nome di Unione o Congregazione
di S. Francesco di Sales, di promotori o cooperatori ; ma sempre dai
soci dipendenti , e coi medesimi uniti a lavorare per la povera gioven-
tù» (MB Xl, 85-86).
Nel dicembre del 1859 diede inizio e forma alla «parte centrale e
' S. GIOVANNI Bosco , Memorie dell 'Oratorio di S. Francesco di Sales, Ed . SDB,
Roma I982, p. 16.
59

7.2 Page 62

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differenziata» del!' Associazione per l'Opera degli Oratori, come nu-
cleo promotore e vincolo sicuro e stabile di unione. Con tale scopo
redasse un Regolamento o Costituzioni per questo gruppo di «interni»,
ma con vista a tutti i collaboratori; gli altri sarebbero «aggregati» alla
Pia Società (sia a titolo di «membri esterni» sia inseriti pienamente nel
secolo) e si ispirerebbero allo stesso Regolamento.
b) L'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice
Fin qui, il tutto era in vista della gioventù maschile .
Ma la Provvidenza gli andò suggerendo che doveva fare qualcosa
di simile anche per la gioventù femminile . Su consiglio di Pio IX si
preoccupò di organizzare le «cooperatrici»; e inoltre la Madonna gli
aveva preparato mirabilmente a Mornese, nella diocesi di Acqui , un
gruppo scelto di giovani apostoliche animate da Maria Domenica Maz-
zarello e guidate da don Pestarino. Con esse poté fondare, nel 1872,
l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, «aggregate» anch 'esse alla
Pia Società; il titolo delle loro prime Costituzioni era: «Regole per le
Figlie di Maria Ausiliatrice aggregate alla Società Salesiana». Viveva-
no in comunione di spirito e di missione, sotto la guida e la direzione
di Don Bosco e dei suoi figli , per operare tra la gioventù femminile
quanto si faceva a Valdocco per la maschile .
c) L 'Unione dei Cooperatori Salesiani
La statura «supradiocesana» che l'aveva portato a ottenere dalla
Santa Sede, nel 1864, il decreto di lode per la Pia Società e più tardi ,
il 3 aprile 1874, l'approvazione delle sue Costituzioni, gli procurò gravi
difficoltà e, inoltre, la necessità di un ripensamento per lo statuto dei
«membri esterni».
Si preoccupò quindi di dar loro una forma giuridica nuova
nell '«Unione dei Cooperatori Salesiani»: il 12 luglio 1876. A tal fine
formulò per loro un Regolamento appropriato, assicurando accurata-
mente in esso la comunione di spirito e di missione ; e associò anche
i Cooperatori alla Società salesiana.
È così un dato di fatto , storicamente documentato , che Don Bosco
si è sentito chiamato dallo Spirito del Signore a de 1cars1 mstanca 11-
mente alla salvezza della gioventù , impegnandosi a tal fine a fondare
una numerosa associazione apostolica, una Famiglia spirituale, com-
posta di differenti gruppi e categorie, ma intimamente unita e struttu-
ralmente organica. I tre gruppi fondamentali della Famiglia salesiana ,
istituiti personalmente da Don Bosco, sono dunque i Salesiani, le Figlie
60

7.3 Page 63

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di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori e Cooperatrici. Quando incomin-
ciarono a riunirsi intorno a lui, per la sua festa onomastica, gli ex-Allievi,
li esortava ad essere apostoli impegnati e a farsi Cooperatori (MB XVIII ,
160-161) .
4. Dopo il 1888
a) Separazione giuridica dell'Istituto delle FMA
Dopo la morte del nostro buon Padre (1888) sopravvenne un dolo-
roso intoppo riguardo all 'aspetto giuridico dell 'aggregazione delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice alla Pia Società . Un decreto della Santa Se-
de , «Normae secundum quas» del 1901, esigeva la separazione giuri-
dica degli Istituti femminili di voti semplici dalle rispettive Congrega-
zioni maschili. La separazione fu dolorosa, ma non diminuì il senso
di fraternità e di collaborazione tra l'Istituto delle Figlie di Maria Au-
siliatrice e la Congregazione salesiana.
Solo nel 1917, per interessamento del card. Cagliero, si ottenne una
forma temporanea di nuovo collegamento giuridico, che trovò poi la
sua formulazione stabile nel decreto del 24 aprile 1940 in base al quale
il Rettor Maggiore veniva nominato «Delegato Apostolico» per l'lsti-
tuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Queste sofferte peripezie, prima circa l'aggregazione dei «membri
esterni», e poi delle Figlie di Maria Ausiliatrice alla Pia Società, sono
servite nella pratica a non confondere certe strutture ecclesiastiche di
collegamento, variabili e da adeguarsi ai tempi, con la sostanza cari-
smatica di ispirazione comune giovanile e popolare. La comunione d'in-
tenti e di corresponsabilità non venne mai meno di fatto; oggi, dopo
il Vaticano II , essa ha ripreso con maggior chiarezza e vigore.
b) Il sorgere di altri Gruppi
Posteriormente lo Spirito del Signore ha arricchito con altri gruppi
la Famiglia salesiana, facendoli germogliare dalla sua vitalità in con-
sonanza con nuove esigenze e situazioni . Si tratta sempre, evidente-
mente , di gruppi di «partecipanti alla missione» e non di «destinatari»
dell 'azione salesiana.
Così, per ricordare solo alcuni dei gruppi apparsi nella Famiglia:
l'Associazione degli Exallievi «a titolo dell'educazione ricevuta»;
le Volontarie di Don Bosco per opera di don Filippo Rinaldi a To-
rino, in un contesto comune di Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice ,
61

7.4 Page 64

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Cooperatori ed Exallieve (don Rinaldi manifestava la convinzione di
attuare con questo il progetto di Don Bosco sui «membri esterni», crean-
do uno strumento particolarmente atto per la penetrazione del suo spi-
rito nel mondo);
le Figlie dei SS. Cuori di Gesù e Maria per opera di don Luigi Va-
riara nella Colombia;
le Suore della Carità di Miyazaki per opera di mons. Vincenzo Ci-
matti e di don Antonio Cavoli nel Giappone;
le Salesiane Oblate del S. Cuore per opera di mons. Giuseppe Co-
gnata nella Calabria, ecc. 10
5. Una sola Famiglia
Ognuno di questi gruppi, soprattutto i primi tre, istituiti dallo stes-
so Don Bosco come fondamento e centro vitale della sua Opera , non
possono essere pensati storicamente come a sé stanti e separati; sono
nati e vissuti in mutuo e continuo interscambio di valori spirituali e
apostolici usufruendo così reciprocamente di immensi vantaggi. A tut-
ti «insieme», come se costituissero una sola Famiglia, è affidata la pre-
ziosa eredità di Don Bosco .
C) ASPETTO TEOLOGICO:
LA CARITÀ PASTORALE DEL «DA MIHI ANIMAS»,
ENERGIA UNIFICATRICE DEL «CARISMA» DI DON BOSCO
La Famiglia salesiana di Don Bosco è , dunque, una realtà «cari-
smatica»: ossia, un dono ecclesiale dello Spirito Santo destinato acre-
scere e prolungarsi nel Popolo di Dio, più in là delle circostanze mute-
voli di luogo e di tempo , secondo un determinato orientamento perma-
nente (cf ET 11 , 12).
Il segreto intimo della sua forza di esistenza e della sua vitalità coa-
gulante è il «carisma del Fondatore», manifestazione soprannaturale (non
da carne o da sangue!) e creata (quindi , esistenzialmente umana) dello
stesso Dono increato che è lo Spirito Santo nella Chiesa.
L'espressione «carisma del Fondatore» ha assunto I s1gm 1ca o pre-
gnante di una singolare , ricca e in qualche modo trasmissibile «espe-
rienza di Spirito Santo» (MR 11).
Per una lista de i vari Gruppi , vedi Bolle11ino Salesiano , l sett . 198 I , p. li .
62

7.5 Page 65

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Nei documenti del Vaticano II non si era usato ancora il termine
«carisma del Fondatore»; si parlava piuttosto di «spirito del Fondato-
re» nel senso globale della sua originalità spirituale ed apostolica, o
anche di «ispirazione primitiva», «particolare vocazione», di «indole pro-
pria», di «finalità peculiare». 11 Di qui l'uso un po' elastico di vari ter-
mini per indicare il patrimonio comune.
1. Don Bosco caposcuola di una originale «esperienza di Spirito Santo"
Per capire l'originalità del carisma di Don Bosco-Fondatore pos-
siamo allineare tale carisma tra gli altri carismi fondazionali che han-
no dato origine nella Chiesa a varie Famiglie spirituali: quella agosti-
niana, benedettina, francescana, domenicana, carmelitana, ignaziana,
ecc .
La Famiglia spirituale di Don Bosco, pur ispirandosi alla corrente
dell 'umanesimo positivo di san Francesco di Sales, ha una sua modali-
tà propria e una sua caratterizzazione peculiare.
In tal senso egli appare come un vero «caposcuola» di una originale
esperienza carismatica, punto di riferimento obligato per quanti, sotto
un particolare impulso dello Spirito, si sentono chiamati a condividere
nell'oggi della storia il suo destino e la sua missione nei vari stati di
vita, ognuno al suo grado e al suo livello.
Ciò che unisce tra loro i vari membri di una Famiglia carismatica
è un legame vivo, comune a tutti, che genera in ognuno una specie
di consanguineità e di parentela spirituale con rispetto agli altri, divie-
ne l'anima del loro stile di vita, l'ottica della loro attività e la fonte
della mutua comunione.
Don Bosco, genio di concretezza e paziente organizzatore, si è im-
pegnato con costante e pratica metodologia a far che la sua «espe-
rienza di Spirito Santo» (il suo «carisma» o il suo «spirito di Fondato-
re») si trasfondesse e si perpetuasse in una «comunione organica» an-
che con strutture di stabilità e di armonia operativa; per questo ha do-
vuto ricercare con intuizione e revisione, sperimentare realisticamente
e adattarsi ai suggerimenti e alle possibilità dei tempi. Oggi , per non
tradire il suo «carisma», è necessario situarsi più in là delle modalità
giuridico-ecclesiastiche di associazione che, come dicevamo, sono su-
scettibili di cambiamenti in dipendenza dalle esigenze sociali e dalle
disposizioni ecclesiastiche. Però non si può tralasciare di considerare
" Cf LG 45; PC 2, 20, 22; CD 33, 35/1.
63

7.6 Page 66

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come aspetto integrante del suo progetto di fondazione la preoccupa-
zione concreta di una organicità di comunione e di operatività. Questa
preoccupazione, infatti, emerge costantemente nel lungo processo fon-
dazionale con cui si dedicò a incarnare la sua «esperienza di Spirito
Santo».
Ma riflettiamo , innanzitutto , sulla natura intima del «carisma del
Fondatore».
2. Un certo tipo di carità è l'energia unificatrice del carisma di un Fondatore
L ' inizio e il dinamismo propulsore di questo carisma è la carità,
che costituisce nel mistero della Chiesa «il dono primo e più necessa-
rio» (LG 42) della sua vita e santità .
Il centro del cuore di un Fondatore è la carità che in lui dirige tutto:
gl ' ideali, le ansie , i progetti , gl 'impegni e la ricerca dei mezzi ; loro
forma, li guida e li conduce rettamente verso il fine. È la proiezione
della sua carità che intorno a lui convoca le persone, coordina e armo-
nizza le varie funzioni, i molteplici doni, i differenti stati e ministeri;
sublima le differenze in una organica ricchezza di unità.
Ma perché sia differente e originale nei vari Fondatori , la carità
viene specificata da determinate caratteristiche proprie . Ossia, l'ener-
gia vitalizzatrice del carisma di un Fondatore è, in definitiva, «un tipo
di carità», che dal suo cuore si effonde in un vasto ambiente sintoniz-
zato.
Ogni Fondatore, nel vivere la dinamica integrale della carità , ne
privilegia alcuni aspetti dando origine a stili e fisionomie spirituali dif-
ferenti . Così i Fondatori fanno apparire nella Chiesa modalità origina-
li di carità che servono a proclamare la densità ineffabile della sua es-
senza e a contribuire «a far sì che la Chiesa, abbellita con la varietà
dei doni dei suoi figli , appaia altresì come una sposa adornata per il
suo sposo (cf Ap 21,2) e per mezzo di essa si manifesti la multiforme
sapienza di Dio (cf Ef 3, 10)» (PC 1) .
Ci interessa qui sottolineare l'energia unificatrice che porta in
il ti o di carità vissuto da un Fondatore. Essa ha una vitalità di realiz-
zazione, un fascino di attrazione e una potenza 1 convocazione ali
da aver la fecondità di dar origine a una vera consanguineità o paren-
tela mistica. Non la si può identificare con i tratti spirituali propri di
una funzione ministeriale (sacerdozio, diaconato , ministeri vari) e nep-
pure di uno stato di vita (celibato , matrimonio , vedovanza).
È un vigore divino che permea la sintesi viva dell'esistenza infon-
64

7.7 Page 67

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dendo la feconda capacità di assumere e unificare le differenze di ca-
rattere, di funzione e di situazione .
Come nella Chiesa lo «Spirito Santo» (che è Carità «increata») uni-
sce, vivifica e anima tutte le differenze organiche e funzionali del Cor-
po di Cristo , in modo analogo, anche se a distanza infinita, il «cari-
sma» o la carità specifica di un Fondatore (dono «creato» dello stesso
Spirito Santo) riunisce, fa crescere e orienta le persone e i differenti
valori che convergono insieme per la costituzione di una medesima «Fa-
miglia spirituale» .
si fondono in comunione non solo i diversi temperamenti e gu-
sti, le svariate doti e i doni personali , ma anche le differenti spirituali-
tà che accompagnano le pluriformi situazioni ecclesiali di ministero o
di stato di vita o di ispirazione subordinata all'appartenenza sostanzia-
le alla stessa Famiglia.
Infatti , «carisma» e «spiritualità» non coincidono: nella sintesi esi-
stenziale di un medesimo «carisma» possono convenire armonicamen-
te varie «spiritualità» di tipo ministeriale o di stati di vita differenti.
Perciò in una «Famiglia spirituale» possono venir assunte insieme e mu-
tuamente armonizzate con diversità di dosaggio la spiritualità sacerdo-
tale, quella laicale, quella religiosa (nelle sue diverse modalità), quella
coniugale o quella non-coniugale (per es.; di vedovanza), quella obla-
tiva o vittimale, ecc. (cf LG 41).
Per questo è bello e arricchente sentirsi membro di una «Famiglia
spirituale», dove le variegate differenze apportano chiarificazione d 'i-
dentità e bellezza di armonia: non per confusione o appiattimento dei
singoli, ma per emulazione di ognuno nella propria identità .
3. In Don Bosco è la «carità pastorale salesiana» (essere e fare)
Ebbene: il tipo di carità che vivifica il carisma di Don Bosco è quello
di una carità «pastorale», specificata da una sua peculiare colorazione
che noi qualifichiamo di «salesiana». Ciò significa che l'energia unifi-
catrice della nostra Famiglia bisogna cercarla in quel tipo di amore sa-
cerdotale che ha caratterizzato Don Bosco con una passione travolgen-
te di apostolato tra i giovani, con un suo modo di sentire, di vivere,
di comunicare i valori del Vangelo e di tradurli in un suo progetto ope-
rativo . Lui stesso sintetizzava questo tipo di carità, quasi come in uno
stemma, con l'espressione salesiana : «Da mihi animas, cetera tolle! ».
E qui, cari confratelli, è bene chiarire subito un equivoco che può
causare deviazioni spirituali.
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7.8 Page 68

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In ogni vita veramente apostolica la «carità pastorale» permea l'esi-
stenza stessa della persona : prima di tradursi in un «fare», essa è un
«modo di essere»: è una partecipazione all'amore stesso di Dio, un unirsi
a lui , un donarsi e perdere se stesso per appartenere totalmente a lui
in disponibilità di lavoro per il suo Regno . La «carità pastorale» non
va identificata superficialmente con un compito altruistico da esegui-
re: prima e più ancora è una modificazione intrinseca della propria esi-
stenza, per cui si vive in intima unione con Dio-Salvatore sentendosi
a sua piena disposizione per operare.
Questa affermazione va meditata! È assai profonda; essa tocca la
radice stessa di uno spirito genuinamente apostolico. Riflettendo su di
essa si percepisce anche che il famoso principio «agere sequitur esse»
(l 'operare accompagna l'essere!) non avrebbe mai dovuto significare
un qualche dualismo o un posporre l'agire sull 'essere . «L'azione -
ha scritto acutamente Sertillanges - non è che una forma di essere.
Quando agisco io " sono" agente..., ossia rivesto una forma di attività
che è, per questo fatto, una forma di essere. Le condizioni del mio
essere sono, dunque , anche le condizioni della mia azione». 12
L 'attività della «carità pastorale» non è separata o posteriore al suo
essere: bensì lo accompagna, lo rivela, lo fa rifulgere, lo pienifica, ne
esprime la genuina verità . Non viene «dopo», ma è «dentro» quale co-
stitutivo della sua identità dinamica; essa è radicalmente interiore in
quanto partecipazione dell'amore di Dio.
Così, nella profondità di un'esperienza apostolica di Spirito Santo,
la cosiddetta «estasi dell 'azione» (di cui parla san Francesco di Sales)
risulta, in definitiva , una forma d'interiorità!
Come è illuminante, per noi , tale riflessione! Ci fa capire con mag-
gior chiarezza perché la carità pastorale è il vero «centro» del carisma
e dello spirito di Don Bosco (cf Cast. 40). Da esso sgorga quell 'ener-
gia soprannaturale e intima che ci coaduna, ci imprime una fisionomia
propria, ci alimenta e ci dà entusiasmo , ci unisce in comunione, ci in-
vita alla donazione di noi stessi e alla santità, ci spinge quasi come un
istinto spirituale all 'operosità, all'inventiva, al sacrificio.
4. Da ques o cen ro u1scono I cinque raffispecìfic1
della «comunione salesiana»
Da questo «centro», o sorgente-prima, fluiscono i tratti specifica-
mente «salesiani» della carità pastorale di Don Bosco, come compo-
" A.G . S ERTILLANGES, Il cristianesimo e le filosofie , Morcelliana, Brescia 1949.
66

7.9 Page 69

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nenti del suo carisma. Ne conosciamo già i vari elementi, ma vale la
pena ricordarli ancora una volta , anche se succintamente; essi ci fanno
percepire meglio la natura dell 'energia unificatrice che ci coaduna in
Famiglia spirituale. 13
I tratti della «comunione salesiana» che condividono insieme tutti
i figli e le figlie di Don Bosco sono i seguenti:
• Innanzitutto, come fonte viva, l 'alleanza speciale con Dio secondo
il tipo di carità pastorale che abbiamo or ora descritto: intima unione
con Dio contemplato nella sua bontà di Padre intento a realizzare un
misericordiosissimo e pedagogico disegno di salvezza; e un amore al
prossimo considerato nelle sue situazioni di povertà e di indigenza at-
traverso l'ottica della predilezione per i giovani.
• Poi , lo «spirito salesiano» come stile di pensiero, di condotta,
di atteggiamenti, di gusti, di preferenze, di priorità, di modalità proprie.
• Poi, la «missione giovanile» come partecipazione specifica ai mol-
teplici compiti della Chiesa per la salvezza del mondo.
• Inoltre, il «Sistema preventivo» come una prassi concreta e ori-
• ginale di azione pastorale, che incarna tra i giovani sia la carità sia lo
spirito salesiano sia la sua missione salvifica.
• Infine , un concreto progetto di convergenza nello stile di vita e
di attività, suscettibile di differenziata strutturazione comunitaria nei
vari gruppi e da tradursi in una qualche «comunione organica» di tutta
la Famiglia salesiana.
Queste componenti del «carisma di Don Bosco» equipaggiano la Fa-
miglia salesiana per un 'azione specializzata, rendendola «pronta» a par-
tecipare e «capace» di collaborare nella pastorale concreta dell '«Opera
degli Oratori».
5. Nell'armonia di un'unica Famiglia, ciascuno condivide tutto il carisma,
ma mettendone in maggior rilievo alcuni elementi
Con l'energia del suo carisma Don Bosco unifica nell'armonia di
un 'unica Famiglia apostolica il prete, il laico, il celibe, lo sposato, il
vedovo e il religioso nella varietà di testimonianza delle beatitudini .
Non toglie a nessuno la sua specifica spiritualità sacerdotale o laicale
" Cf E. VIGANÒ , Non secondo la carne, ma nello Spirito, FMA , Roma 1978 , pp.
90-99 .
67

7.10 Page 70

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o religiosa. Il «carisma di Don Bosco» è un 'energia superiore e globa-
le di ordine esistenziale che assume , gerarchizza e tipifica le singole
spiritualità situazionali e funzionali , senza diminuirle o adulterarle, anzi
le irrobustisce e le abbellisce con una propria caratterizzazione.
Come nella comunione della Chiesa tutti hanno tutto, ma ciascuno
a suo modo, così nella nostra Famiglia salesiana tutti hanno tutto il ca-
risma del Fondatore, ma ciascuno vi partecipa e lo esprime a suo mo-
do, secondo la vocazione a cui è stato chiamato e la misura del dono
ricevuto. La ricchezza della vita di una Famiglia spirituale, che nasce
dall 'energia unificatrice del carisma del Fondatore, raggiunge tali li-
velli da escludere che ciascuno dei suoi membri possa viverne al mas-
simo tutti gli elementi. Pur realizzandoli in qualche modo tutti, ognu-
no si concentra preferenzialmente su alcuni di essi, per sé e per il ser-
vizio degli altri . Congiunti assieme , i membri consentono alla Fami-
glia di vivere l ' interezza dei suoi valori al massimo livello.
Così nella Famiglia salesiana possiamo condividere e interscambiare
ricchi valori e numerosi stimoli e testimonianze che rendono più stabi-
le ed entusiasmante la vocazione di ognuno. Possiamo vedere infatti,
per esempio, come i gruppi consacrati sottolineano il vigore e il dina-
mismo della radicalità evangelica; i gruppi non-consacrati proclamano
la centralità della storia umana, l'importanza dei valori temporali e l'in-
dispensabilità di un nesso intimo tra vita di consacrazione e impegno
di trasformazione del mondo (cf LG 31). Nei membri preti viene mes-
so in rilievo un modo specifico di vivere la carità pastorale nell 'eserci-
zio del ministero sacerdotale (cf PO 8) , negli altri un molteplice tipo
di vita e di impegno laicale (nei suoi differenti livelli) , che si caratte-
rizza particolarmente per una capacità di servizio specializzato nella
vasta e complessa missione giovanile. Nei vari gruppi, poi, si vedono
accentuati policromi aspetti spirituali , che non devono mancare in nes-
sun cuore salesiano, ma che sono evidenziati meglio o più caratteristi-
camente in qualcuno dei singoli gruppi e che la comunione della Fami-
glia mette bellamente a disposizione di tutti.
Pensiamo, ad esempio, senza voler essere minimamente completi:
Ai Salesiani, con la loro bontà allegra , l'inventiva pedagogica, l'in-
stancabilità di ammaz10ne , appro ona1menfode-1patrimoniu-spiritt1*- - - - -
le comune e il coraggio missionario .
Alle Figlie di Maria Ausiliatrice, con la delicatezza e la prospettiva
salesiana femminile, la sollecitudine mariana di fedeltà e sacrificio, l'in-
tuito sponsale, materno e fraterno, di servizio e l'intimità della pre-
ghiera .
68

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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Ai Cooperatori, con il realismo del senso della vita, la capacità di
coinvolgere il quotidiano e la professionalità nell'impegno apostolico,
la presenza attiva nella società e nella storia.
Alle Volontarie di Don Bosco, con l'approfondimento della secola-
rità, l'importanza dei valori creaturali, la silenziosa efficacia del fer-
mento nella massa, la testimonianza dal di dentro.
Agli Exallievi, con la forza vincolante dell'educazione salesiana,
la centralità per noi dell'area culturale, il rilancio di una pedagogia ag-
giornata e adeguata in un'epoca di transizione, l'urgenza di una cura
speciale della famiglia cristiana.
Ad alcuni altri Istituti di religiose salesiane, come le Figlie dei SS.
Cuori di Gesù e Maria di don Variara e le Oblate del S. Cuore di mons.
Cognata, con un peculiare filone di spiritualità vittimale e oblativa, già
testimoniata eminentemente da don Andrea Beltrami: esse ricordano
a tutti gli altri membri della Famiglia che l'oblazione di sé e la pazien-
za di «ostia pura e gradita» sono indispensabili ad ognuno nelle peripe-
zie dell'esistenza, nelle incomprensioni, infermità, forzata inattività e
vecchiaia.
E così, agli altri Gruppi, con la loro specifica caratterizzazione.
L'energia unificatrice del «carisma di Don Bosco» ha fatto, dun-
que, sorgere una originale «Famiglia spirituale» articolata e varia; es-
sa costituisce una specie di «ambiente» di temperie spirituale dal respi-
ro universale dove nessuno è escluso, né la molteplicità delle razze e
delle nazionalità, né il pluralismo delle culture, né la patria dei conti-
nenti. Ognuno, con il suo temperamento, con le sue doti, con la sua
vocazione cristiana, può esclamare: ecco, qui in questa Famiglia spiri-
tuale mi sento a casa mia!
Ogni qualità particolare, ogni spiritualità di situazione ecclesiale e
ogni ministero viene rispettato e promosso; lo spirito del Fondatore
non cambia né sopprime le differenze , bensì le assume e le promuove
per essere vissute con più vigore e con peculiare stile di santificazione
e di azione nell'unità armonica di un medesimo tipo di carità.
Possiamo, quindi, lodare il Signore e la Madonna perché, suscitan-
do il carisma di Don Bosco, hanno fatto alla Chiesa un gran bel rega-
lo, di cui ci sentiamo tutti insieme, i vari gruppi della Famiglia salesia-
na, gli eredi e i portatori.
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8.2 Page 72

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D) STORIA RECENTE DELLA FAMIGLIA SALESIANA
Il Vaticano II è venuto a portare afla ventata di aria fresca nella
Chiesa, la quale ha ripensato in profondità il suo mistero: ha rilanciato
in conformità ai tempi la sua missione; ha rispolverato tutta la dottrina
dei carismi e ha invitato le Famiglie spirituali a riattualizzare il dono
ricevuto rileggendo la «memoria» delle origini per riattingervi l 'acqua
cristallina della propria vocazione da rinnovare in risposta ai tempi .
1. Il rilancio capitolare. Il testo-base del CGS
\\
I Capitoli generali e le Assemblee dei vari gruppi della nostra Fa-
miglia si sono dedicati , ormai da vari anni, con serietà di preparazione
e di studiata e sofferta elaborazione a questo delicato compito. Per vo-
cazione e responsabilità storica (cf Cast. 5) toccava prioritariamente
a noi Salesiani rileggere Don Bosco e scrutare l'esperienza comune
del primo secolo della nostra esistenza.
Come ho già ricordato, due nostri Capitoli generali, quello Specia-
le 20° e il 21 °, hanno affrontato direttamente la nostra vocazione nel
suo aspetto di Famiglia salesiana. Il Capitolo Generale Speciale ci ha
dato nel suo 1° documento 14 al capo 6° 1' l'orientamento e la dottrina
fondamentale per poter orientare il rinnovamento .
Il Capitolo generale 21 ha istituito una struttura di servizio nella
nostra Società di S. Francesco di Sales , il «Consigliere per la Famiglia
salesiana», formulando il seguente articolo nelle Costituzioni : «Il Con-
sigliere per la Famiglia salesiana ha il compito di sensibilizzare e ani-
mare la Congregazione per il ruolo ad essa affidato nella Famiglia sa-
lesiana, a norma dell'articolo 5» (CG21, 402-403).
Con l'istituzione di questo speciale Consigliere la Congregazione
ha rinnovato, per potenziarla, la caratteristica volontà di Don Bosco
di far penetrare nel mondo il più largamente possibile lo spirito sale-
siano , Egli lo fece con dei mezzi concreti - la comunicazione sociale
- e soprattutto con l'unione delle persone impegnate e simpatizzanti
con la sua missione giovanile e popolare, che formano appunto la Fa-
- - - - -----1r-Hi-gl-ia-sales.ian,..____-:--_---=-----::-:-:------:-----:-------:-------=-----
Sarà conveniente, cari confratelli , riprendere personalmente e in
" CGS, I Salesiani di Don. Bosco nella Chiesa. ldemità e vocazione attuale della
Società Salesiana, . pp . 1-136 .
" CGS, Le prospettive della «Famiglia» salesiana oggi , nn. 151 - 177 , citato nelle
pp. 9-22 .
70

8.3 Page 73

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comunità il suddetto capo 6° del Capitolo Generale Speciale; esso ri-
mane tuttora il testo orientatore e fondante del rilancio della nostra Fa-
miglia salesiana.
Con una lettura meditata del documento capitolare si potranno per-
cepire due movimenti complementari da curare nel rilancio: una chia-
rificazione progressiva dell'identità dei singoli gruppi, e la crescita del
processo di integrazione e comunione con un qualche supporto di uni-
tà istituzionale.
Il primo movimento comporta la capacità in ognuno dei gruppi di
individuare meglio la propria originale caratterizzazione nell'alveo co-
mune di una Famiglia che non ci rende «uniformi», ma ci armonizza
e coordina con un unico «spirito». Ciò chiarirà sia la coscienza di una
propria giusta autonomia, 16 sia l'indispensabilità di un quadro di rife-
rimento comune . 1'
Il secondo comporta, invece, l'urgenza di una maggior intercomu-
nicazione e collaborazione 18 e inoltre il riconoscimento, la difesa e il
rinnovamento di una struttura di base comune regolata da uno statuto
istituzionale concreto, anche se ridotto al minimo indispensabile, per
assicurare, servire e promuovere adeguatamente l'unità della comu-
nione carismatica.
In una cultura nella quale si moltiplicano di giorno in giorno i rap-
porti fra gli uomini e cresce , a tutti i livelli, l'esigenza della comunica-
zione e dell ' unione delle forze, mi sembra più che mai urgente richia-
mare tutti i figli e le figlie di Don Bosco insieme a rilanciare la Fami-
glia salesiana, affinché «le ricchezze di ciascun gruppo possano diven-
tare le ricchezze di tutti» e, soprattutto, affinché sia maggiormente pre-
sente e più efficace la nostra comune missione giovanile : «Saremo tutti
più illuminati sulla verità attuale e sulla autenticità del dono fatto a
Don Bosco e dei doni che , in linea con quello , lo Spirito elargisce an-
che a noi; percepiremo meglio la forza e la fecondità apostolica della
nostra missione e del metodo da adottare; giungeremo a vivere l'espe-
rienza evangelica che comunicando tra noi e collaborando nell'azione
"ci " arricchiamo reciprocamente. La fedeltà dinamica a Don Bosco
nell'intercomunione e nella collaborazione farà dilatare lo spazio della
sua intuizione pastorale e della paternità, che splenderà più luminosa
perché ogni aumento di sentimenti fraterni , di unione e di impegno tra
" Cf «Le differenze» , CGS 166-170, sopra, p. 17.
" Cf «Elementi comuni», CGS 161 -165 , sopra , p. 15.
18 Cf «Ragioni , contenuti e modi», CGS 174-176, sopra, pp. 19-21.
71

8.4 Page 74

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coloro che si riconoscono suoi "figli" ne esalterà la dimensione» (CGS
174: cf sotto, p . 183).
2. Il cammino percorso per rilanciare la Famiglia
Chi percorre il cammino dei quasi venti anni in cui è nato e si è
sviluppato quello che potremmo chiamare «il Progetto di rinnovamen-
to della Famiglia salesiana» dalla preparazione del Capitolo Generale
Speciale fino agli sviluppi odierni, rimane colpito da una evidente as-
sistenza del Signore.
a) Il CGS, nel clima di aggiornamento conciliare
Il «progetto» nasce infatti quando i Salesiani si pongono ali' opera
per attuare il rinnovamento e l'aggiornamento voluti dal Concilio Va-
ticano Il partendo dall'esplorazione della volontà del Fondatore. Inta-
le clima riaffiora, più viva e attuale che mai, la memoria degli sforzi
di Don Bosco per unire le forze dei buoni per il bene della Chiesa e
della società. E risulta pure che se il cambio di cultura e l'evoluzione
storica hanno modificato il modo e cambiato alcune strutture con cui
egli aveva attuato l'unione tra Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice
e Cooperatori, la ecclesiologia che privilegia la comunione, i bisogni
della evangelizzazione, le nuove situazioni storiche dei giovani e delle
classi popolari hanno reso ancora più attuale la necessità di realizzare
quell'unione, i cui valori profondi sono rimasti immutati. È così che
attraverso i due turni di Capitoli Ispettoriali Speciali arriva alle Com-
missioni Precapitolari, suggerita dalla base, cioè dai confratelli e dalle
comunità, la proposta di rinnovamento della Famiglia salesiana, che
diverrà uno dei progetti capitolari.
Il Capitolo Generale Speciale discusse a lungo tale progetto nei suoi
vari aspetti , giungendo finalmente, come dicevo , alla formulazione da
tutti cònosciuta.
b) Tra il CGS e il CG21
Tra il Ca itolo Generale Speciale e il Capitolo Generale 21 si ebbe
il fenomeno della adesione spontanea d1 a cum lst1tut1 al a am1g 1a sa-
lesiana; segno che, lungi dal considerare il progetto come una possibi-
le intrusione nella loro vita e il ruolo riconosciuto della Congregazio-
ne una diminuzione della loro autonomia, consideravano l'uno e l'al-
tro come una grazia data anche ad essi per una maggiore fedeltà a Don
Bosco. E non furono sentimenti puramente platonici perché l'adesione
72

8.5 Page 75

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prese corpo ufficialmente in molte Costituzioni e Regolamenti, e si mol-
tiplicarono le richieste di rjconosçimento e le riunioni a t4tti i livelli,
sorsero organi di collegamento e di cornuniçazione . E ci fu entusiasmo
e indubbio fervore spirituale un po' dovunque. Qualche ombra era do- .
vuta piuttosto alla manca,nza cli strutture e alla novità della cosa, ma
fu comunque molto tenue e non paragonabile agli aspetti positivi .
c) Il CG2I
In questo clima maturò il tempo del Capitolo Generale 21, il cui
programma ufficiale non prevedeva nessun cenno alla Famiglia sale-
siana. L'argomento si impose da sé, innanzitutto come verifica di quanto
si era fatto degli orientamenti del Capitolo Generale Speciale, e poi
per la precisa richiesta di una quindicina di Capitoli Ispettoriali. Fatto
nuovo fu l'intervento di vari gruppi a cui il Capitolo Generale Speciale
aveva rinosciuta l'appartenenza, che fecero sentire la loro voce con
messaggi che avevano, come denominatore comune, innanzitutto lari-
chiesta alla Congregazione di mettersi in condizioni di adempiere il
suo ruolo animatore e pastorale verso di loro, per svolgere il suo com-
pito di collegamento e, in subordine, di creare gli strumenti necessari
per tutto questo. Ci fu, infine, la presenza e la collaborazione dei loro
rappresentanti in qualche commissione e nell'assemblea capitolare.
Il Capitolo Generale 21 ha preso quindi alcune decisioni di somma
importanza per la Famiglia salesiana, come: l'is_tituzione di un Consi-
gliere per animare a livello mondiale la Congregazione nei suoi com-
piti e collegare i vari gruppi; la riaffermazione della validità del pro-
getto fatto dal Capitolo Generale Speciale; l'indicazione di una pasto-
rale vocazionale per la Famiglia salesiana; l'inserimento nei program-
mi formativi della dimensione «Famiglia salesiana»; la riaffermazione
della preferenzialità di scelta dei collaboratori laici debitamente for-
mati; l'impegno preso davanti a tutti i gruppi di preparare buoni ani-
matori, ribadito come compito prioritario agli Ispettori nel discorso con-
clusivo del Capitolo (CG2/ 588).
d) Gli ultimi quattro anni
Durante questi ultimi quattro anni, negli incontri o visite d'insieme
del Rettor Maggiore con gli Ispettori delle varie aree culturali, il tema
qella Famiglia salesiana fu tn1ttato sempre çome uno degli argomenti
essenziali dell'animazione salesiana.
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8.6 Page 76

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Ci sono le prove che a livello di convinzione e di accettazione non
esistono più zone d'ombra in Congregazione e che si sono fatti grandi
passi anche nel campo dell 'attuazione. Sono nate iniziative di studio,
di animazione e collaborazioni di comunione e di comunicazione. So-
no aumentati i grandi momenti di «Famiglia salesiana»: il Centenario
delle Missioni Salesiane , il Centenario dell'Istituto della Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, il Centenario della morte di santa Maria Mazzarello,
le celebrazioni di anniversari e di ricorrenze attorno al Rettor Maggio-
re, la sua direzione spirituale sempre più condivisa e richiesta. La col-
laborazione a livello di studio e di approfondimento della vocazione
salesiana, di ricerca di impegni comuni come il «Progetto-Africa» , si
è moltiplicata. Tutto questo dimostra che veramente alla Famiglia sa-
lesiana, che ha già un grande passato, non mancano lusinghiere pro-
messe nel futuro.
3. La nostra responsabilità in questo rilancio, specie quella degli Ispettori
Dunque, siamo chiamati a lavorare alacremente per un vero e crea-
tivo rilancio della Famiglia salesiana nella Chiesa, soprattutto noi, ca-
ri confratelli.
Infatti , «essendo i Salesiani, per volontà e desiderio di Don Bosco,
come il vincolo, la stabilità e l'elemento propulsore della Famiglia» ,
dobbiamo impegnarci seriamente «a promuovere in spirito di servizio
scambi fraterni ... e a studiare insieme, nell'accettazione corresponsa-
bile della pastorale della Chiesa locale, le condizioni concrete per un'ef-
ficace evangelizzazione e catechesi ... » (CGS 189) .
Questo impegno dovrà essere assunto e gestito soprattutto a livello
dei responsabili mondiali, delle conferenze ispettoriali e particolarmente
degli Ispettori con i loro Consigli; essi infatti hanno, più degli altri ,
«la capacità di evidenziare l'unità della missione e dello spirito salesia-
no nella pluralità delle forme e delle espressioni, la creatività e l'in-
ventiva proprie di ogni gruppo a vantaggio degli altri». Elementi indi-
- - - - - - ~pens-ab-i-l-i-eJ:ie--«G-i-i:@der.am:i.o-p.iiLcredihili...nella Chiesa , comunione di
salvezza, più efficaci nel concreto lavoro apostolico, più ricchi nelle
realizzazioni personali» (CGS 177).
Per assicurare la crescita retta e progressiva di un tale rilancio bi-
sognerà, però, che continuiamo a curare infaticabilmente, con oggetti-
vità storica e con intuito di connaturalità, la «memoria» delle origini
della nostra vocazione.
74

8.7 Page 77

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E) PROSPETTIVA PRATICA: «AVANTI, INSIEME!»
Ho scelto questi due avverbi stimolanti per qualificare dinamica-
mente il nostro impegno nel rilancio della Famiglia salesiana.
La comunione e la missione ci interpellano.
«Avanti», ci orienta specialmente alla missione; «insieme», ci ri-
corda la comunione.
Anzi, «avanti e insieme», simultaneamente nella comunione per una
maggior efficacia di missione.
La nostra missione tra la gioventù bisognosa dei ceti popolari deve
espandersi in iniziative, in presenze nuove , in inventiva apostolica.
La comunione, nella Famiglia, deve crescere in autenticità e in or-
ganicità. Certo ogni gruppo ha una sua identità con una corrisponden-
te giusta autonomia. Ma per noi oggi l'accento va messo sulla comu-
nione: c una memoria da salvare per incrementare, rinnovandola, l'u-
nione che Don Bosco aveva voluto .
Il mio contatto con i vari gruppi nei diversi continenti mi suggeri-
sce di proporvi quattro obiettivi concreti da raggiungere «insieme» e
da portare più «avanti».
1. Primo obiettivo: rinvigorire la conoscenza di Don Bosco e,
conseguentemente, la nostra carità pastorale
È, questo , un obiettivo di verità e di santità perché si tratta di pro-
muovere, insieme con tutta la Famiglia salesiana, ·una miglior visione
del carisma comune e una maggior intensificazione in ogni persona e
in ogni gruppo di quel tipo di carità praticata in sommo grado da Don
Bosco, che caratterizza e definisce il «cuore oratoriano».
Ora, è bene considerare che la carità non è mai né antiquata
arbitraria; essa è una realtà viva ed ecclesiale.
«Viva», perché è dono attuale dello Spirito del Signore in vista del
presente e del futuro. Essa è in se stessa creativa, come lo Spirito San-
to che la infonde; ama e serve le persone di oggi, quelle eterne del
Dio trino amorosamente curvate sullo scorcio di secolo in cui vivia-
mo , e quelle dei giovani d'oggi lanciati verso l'avvento del 2000 .
«Ecclesiale», perché è partecipazione ed espressione della vita e della
santità della Chiesa come Corpo di Cristo in unità organica, sotto l'in-
flusso vitale dello Spirito Santo che la inabita per farla crescere armo-
nicamente come organismo vivo .
È , quindi , una carità non solo «attuale», ma anche «orientata» dal-
la Chiesa attraverso il ministero della sua Gerarchia e alla luce dell 'ec-
75

8.8 Page 78

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clesialità di Don Bosco: una carità vitalmente connessa con due centri
ecclesiali di riferimento, i Pastori e il Fondatore!
Rinvigorire la nostra carità pastorale non è semplicemente ripetere
e ricordare, ma amare ricercando sotto la guida del Papa e dei Vescovi
e dei successori di Don Bosco, creando e rispondendo alle interpellan-
ze delle persone e dei tempi, appunto come ha fatto il nostro Padre
nel secolo scorso. Ma questo è possibile alla condizione di alimentare
intensamente la nostra santità privilegiando, come vi scrivevo nell' ul-
tima circolare (ACS 303), la profondità quotidiana dell'incontro con
Cristo e l'impegno ascetico.
Cari confratelli, .ricordiamolo bene: rinvigorire in noi il carisma
di Don Bosco non può significare altro che «riprogettare insieme la
santità salesiana» : «O santi salesiani - disse una volta Don Bosco -
o niente salesiani» (MB X, 1078).
Ecco il primo obiettivo di crescita della Famiglia salesiana: «avan-
ti» e «insieme» nell'intensificare quel tipo di carità pastorale che ci fa
sentire con Don Bosco la passione travolgente del «da mihi animas,
cetera tolle»!
2. Secondo obiettivo: l'evangelizzazione educatrice della gioventù!
La carità salesiana porta in se stessa una speciale sensibilità apo-
stolica delle necessità giovanili . Le sue scelte operative devono sorge-
re anche oggi , come ieri a Valdocco, dalla lettura appassionata, con-
creta e pedagogica, dei bisogni dell'ora. Se la «carità oratoriana» è una
risposta esistenziale a certe sfide della realtà giovanile, non ci sarà mai,
per una Famiglia apostolica evangelizzatrice della gioventù, una fissa-
zione definitiva e stabile della sua opera educatrice. C'è bisogno che
la nostra capacità di azione sia sempre come una zolla in primavera
da cui sbocci un germoglio di fresca attualità.
Ecco una enorme impresa per tutta la Famiglia:
- Ripensare insieme il Vangelo perché appaia come il più vero
e il più indispensabile «messaggw» per la g10ventuct'ogg;·--.- - - - - - - -
- Studiare insieme il modo di ricollocare la fede al centro di quella
cultura che cerchiamo di elaborare insieme con i giovani perché risco-
prano il vero senso dell'esistenza umana.
- Aiutarci mutuamente a reinventare la nostra capacità di comu-
nicazione attraverso una struttura linguistica adeguata e accessibile.
76

8.9 Page 79

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- Ricercare insieme, con coraggio e costanza, il rinnovamento delle
nostre strutture di mediazione, che sono entrate in crisi , come ben sap-
piamo, con il trapasso culturale in atto da anni.
Questo complesso e vasto obiettivo ci ha già portati a riattualizzare
il Sistema preventivo cercando di formulare con paziente intelligenza
un rinnovato «Progetto educativo-pastorale»; ci ha portati anche a ri-
formulare e proporre uno schema aggiornato di «Spiritualità giovani-
le». Facciamone oggetto di interscambio tra i vari gruppi della nostra
Famiglia; procederemo più avanti e cresceremo insieme come specia-
listi nell 'evangelizzazione dei giovani .
È da notare al riguardo che, essendo la Famiglia salesiana una realtà
ecclesiale, la sua pastorale giovanile dovrà essere pensata e program-
mata dal di dentro della Chiesa locale (nazionale, regionale e diocesa-
na) . L'avere in cura una porzione giovanile del gregge e l'agire in essa
con uno stile proprio d'azione, non può significare prescindere o esse-
re insensibili al coordinamento e alle mete apostoliche promossi dai
Pastori di tutto il gregge. Purtroppo sussistono ancora tra noi, qua e
, in questo campo, delle difficoltà che risentono di un certo passato
e che vanno superate con coraggio .
3. Terzo obiettivo: privilegiare la formazione specifica di ogni gruppo
e il coinvolgimento del laicato
È fondamentale per tutta la Famiglia che i gruppi curino la propria
identità, la formazione specifica e le iniziative di relazione. È questo
un compito decisivo per la buona salute e l'incremento della comunio-
ne: avere la coscienza chiara sulla propria identità per saperla apporta-
re alla comunione e per farla diventare operativa.
L 'unità nel «carisma di Don Bosco» non sopprime, come abbiamo
visto , le differenze, bensì le assume , le rinvigorisce e le mette in rela-
zione di fecondità apostolica .
Oltre alla cura dell'identità d 'ogni gruppo, una meta oggi partico-
larmente impellente da raggiungere con il concorso di tutti è quella di
far conoscere e condividere i valori salesiani al maggior numero pos-
sibile di «laici». Parlo qui del laicato nell ' accezione precisata dal Con-
cilio .
Nalla Famiglia salesiana c'è un vasto spazio per i laici sia tra i Coo-
peratori, sia tra gli Exallievi, sia (in un ambito più ampio) tra i colla-
boratori delle nostre opere e tra gli svariati simpatizzanti che si consi-
derano volentieri «Amici di Don Bosco».
77

8.10 Page 80

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Vale la pena non sottovalutare l'importanza di un «vasto movimen-
to di Amici di Don Bosco» che costituirebbe una specie di alone o Fa-
miglia salesiana in senso largo; esso può sorgere dalla convergenza di
tanti fermenti, interessi, simpatie, collaborazioni e movimenti.
Nelle associazioni dei Cooperatori e degli Exallievi c'è, poi, una
possibilità di articolazione in sottogruppi, che può dinamizzare e ap-
profondire la loro appartenenza salesiana. Alcuni di questi sottogruppi
esistono già; altri si potranno moltiplicare; per esempio: i «Giovani Coo-
peratori» (un po' ovunque), i «Focolari Don Bosco» (per gruppi di ma-
trimoni in Spagna), gruppi di Exallievi particolarmente impegnati nel-
l'ambito culturale e della scuola, varie Associazioni di tipo mariano,
ecc. Inoltrè, nell'ambito dei simpatizzanti e degli Amici di Don Bo-
sco, c'è tutta una bella possibilità di iniziative urgenti, come per esem-
pio attraverso i mezzi di comunicazione sociale.
In tutto questo campo va favorito, innanzitutto, un accurato impe-
gno di formazione del laicato in quanto tale, alla luce dell'abbondante
dottrina del Vaticano II e dei posteriori documenti magisteriali, speci-
ficando tale formazione con l'angolatura propria del carisma di Don
Bosco, memori che il nostro Padre insisteva nell'orientarli praticamente
a concrete iniziative di bene: egli ripeteva sovente, al riguardo, la ne-
cessità di concretezza in un impegno di «opere di carità»!
Tale lavoro di coinvolgimento laicale amplifica gli orizzonti delle
attività di ogni gruppo nella Famiglia e ci invita a convincerci d'affret-
tare un miglior coordinamento del lavoro e d'insieme .
Siamo una Famiglia di apostoli non rinchiusi esclusivamente nelle
esigenze immediate di un'opera o di un gruppo!
4. Quarto obiettivo: una pastorale vocazionale unitaria!
Infine, ricordiamo che la vocazione salesiana è caratterizzata da quel
tipo di carità che è a monte di tutto il patrimonio spirituale di Don Bo-
sco. Essa è fondamentalmente comune a tutti i membri della Famiglia;
si realizza, però, con modalità diverse a seconda dei gruppi, delle ca-
- - - - - --U-,,g.o.rie...e__delk__persone. Questa comunione differenziata offre vantaggi
non indifferenti per una collaborazione pratica soprattutto nelle inizia-
tive di pastorale vocazionale.
Se pensiamo che Don Bosco è stato «un eccezionale e fecondo su-
scitatore di vocazioni nella Chiesa» concluderemo facilmente che la
sua Famiglia dovrà caratterizzarsi per un particolare impegno nel cu-
rare la dimensione vocazionale di tutta la pastorale giovanile. Non
78

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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dimentichiamo che il dovere di educare e guidare i giovani al discerni-
mento della propria vocazione «nasce dal djritto della gioventù ad es-
sere orientata, prima che da una particolare situazione delle vocazioni
nella Chiesa. Tale azione va fondata negli aspetti essenziali della real-
tà della vocazione: è un'iniziativa divina che sollecita l ' adesione uma-
na , una chiamata che esige una risposta legata a dinamismi psicologici
e religiosi, che richiedono un 'azione pedagogico-pastorale appropria-
ta» (cf ACS 304, p. 63) .
Ma è poi urgente migliorare la mutua preoccupazione nella Fami-
glia salesiana per le vocazioni specifiche di ognuno dei gruppi. In que-
sto campo possiamo fare molto di più se lavoriamo insieme: incontri
di preghiera, di studio, di animazione, di programmazione, d 'infor-
mazione, di comunicazione d'esperienze , di centri comuni di orienta-
mento, di movimenti giovanili , ecc:.
In particolare la cura dei sottogruppi di Giovani Cooperatori e di
Giovani Exallievi merita un'attenzione speciale; è provato che una buona
animazione di questi sottogruppi, mentre è il presupposto per la cre-
scita delle due organizzazioni , è vocazionalmente feconda anche per
gli altri gruppi. In questi ultimi sette anni , per esempio, 70 Giovani
Cooperatori sono entrati nei noviziati salesiani, 52 in quelli delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice, 18 nei seminari diocesani, e 30 in altre Con-
gregazioni.
Vi invito a prendere in molta considerazione le «Conclusioni» a cui
si è arrivati , al riguardo , nell'ultima , la 9a , «Settimana di spiritualità»
della Famiglia salesiana lo scorso gennaio. Tali <<Conclusioni» sonori-
portate nel numero 304 degli ACS, pp . 61-67 .
5. Problemi e prospettive
Evidentemente l'esistenza della Famiglia salesiana comporta anche
problemi , non tutti piccoli né tutti di facile e disinvolta soluzione. Don
Bosco ne ha affrontati parecchi con pazienza, con speranza e con in-
credibile costanza, sorretto continuamente dal suo grande amore a Cristo
Salvatore della gioventù e sfidato dalle inedite e crescenti necessità della
realtà giovanile.
Nel Consiglio Superiore abbiamo dedicato varie riunioni di studio
e di dialogo , più volte e in sessioni differenti, per risolvere ciò che
era possibile e per cercare luci di orientamento su tanti aspetti di un
processo evolutivo ancora in pieno svolgimento che non può prescin-
dere dalle prospettive del tempo . Sono problemi sentiti dai fratelli e
79

9.2 Page 82

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dalle sorelle un po' ovunque e che sono rimbalzati a noi specialmente
attraverso il Consigliere per la Famiglia salesiana.
Prima, però, di enumerare alcuni veri problemi vorrei rilevare che
molte difficoltà di cui a volte si parla sono tali soltanto perché non si
è approfondito abbastanza il concetto genuino di Famiglia salesiana e
forse è proprio questo il primo problema da risolvere mediante una
mentalizzazione a tutti i livelli di Congregazione. La conoscenza dei
contenuti dei due Capitoli Generali 20 e 21 va completata con la lettu-
ra di quanto anche altri gruppi hanno detto sulla Famiglia salesiana e
sul modo con cui essi sentono di appartenervi .
Ad ogni modo può risultare utile far cenno qui rapidamente ad al-
cuni dei problemi più significativi ; provengono dalla vita concreta e
possono stimolare la riflessione e illuminare le prospettive di crescita .
a) Il primo problema è:
Come sviluppare di più e meglio in Congregazione
la coscienza e la realizzazione del ruolo che ci compete nella Famiglia
«In essa - infatti - abbiamo particolari responsabilità: mantenere
l'urìità dello spirito e promuovere scambi fraterni per un reciproco ar-
ricchimento e una maggiore fecondità apostolica» (Cast. 5; cf CGS 189;
CG21 75, 402-403).
Questo ruolo comporta il compito non facile di saper stimolare ade-
guatamente i vari gruppi sia nella loro specifica identità e autonomia,
sia soprattutto nella comunione d'insieme in uno stesso spirito e in una
medesima missione .
Passi in avanti al riguardo se ne sono fatti, ma rimane ancora una
lunga strada da percorrere.
Per fortuna, si è già iniziato uno studio più approfondito dei dati
storici sulla Famiglia salesiana e del pensiero genuino di Don Bosco
al riguardo . Il simposio di questi giorni alla Casa generalizia ne è un
esempio valido e positivo.
I principali gruppi della Famiglia salesiana hanno dietro di sé un
secolo di relazioni, di attuazioni, di interventi della Santa Sede, di di-
- - - - - -rett.i.\\l.e..-deLresponsabili dei vari WQ.I!i di avvenimenti attraverso cui
sono passati. Tutto questo patrimonio di esperienza va studiato, come
«memoria» che illumini la coscienza dei confratelli e renda più preciso
e coraggioso il nostro ruolo di animazione.
È per questo che si è procurato di dare un posto di rilievo al tema
della Famiglia salesiana nella formazione dei confratelli, come potete
costatare nella Ratio (nn. 54, 57 ; 175,182,234; 272 ; 368, 375; 399).
80

9.3 Page 83

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b) Un altro problema è quello di stabilire il grado di responsabilità
e il generç di rapporti
che la Congregazione ha o deve avere con ognuno dei gruppi
Nella comunione d'insieme ciascun gruppo ha una sua giusta auto-
nomia e un suo tipo peculiare di vincolazione con la Congregazione .
Il nostro ruolo di animazione dovrà adeguarsi alla specificità di ognu-
no, anche se rimane aperto, come più caratteristico della Famiglia in
quanto tale , un vasto campo di animazione comune .
Per insistere sulla comunione bisognerà conoscere e saper rispetta-
re l'autonomia di ogni gruppo e la sua situazione giuridica; conoscere
le differenti necessità e le varie richieste vincolate con l'ànimazione
della Congregazione per rendere un servizio appropriato e in più con-
creta consonanza con le nostre possibilità.
Per questo è urgente dar vita, a livello ispettoriale, a strutture di
formazione, di animazione, di comunicazione, ecc., per la Famiglia
salesiana.
c) Un problema particolarmente delicato
è quello dei criteri di appartenenza alla Famiglia salesiana
L'articolo 5 delle Costituzioni considera storicamente inclusi per
fondazione nella Famiglia salesiana i Salesiani, le Figlie di Maria Au-
siliatrice e i Cooperatori; inoltre gli Exallievi «a titolo dell 'educazione
ricevuta».
Sappiamo che vi fanno parte ufficialmente anche le Volontarie di
Don Bosco (cf CGS 156, 168). Tali gruppi hanno confermato questa
loro appartenenza sia con dichiarazioni ufficiali , capitoli generali , as-
semblee, statuti , regolamenti , articoli costituzionali e regolamentari ,
sia con il loro comportamento pratico .
Altri gruppi posteriori, che si riferiscono per fondazione ai Sale-
siani e alle Figlie di Maria Ausiliatrice e si considerano praticamente
come facenti parte della Famiglia salesiana, hanno modificato le loro
Costituzioni e documenti ufficiali dichiarando di volersi adeguare in
un loro modo specifico alla comunione nel carisma di Don Bosco.
Era quindi utile convenire sui criteri di salesianità e stabilire un «pro-
cedimento» i;iffinché il Rettor Maggiore con il suo Consiglio e con l' as-
senso dei Responsabili degli altri gruppi potesse dichiararne ufficial-
mente l'appartenenza.
Il Consigliere per la Famiglia salesiana ha riunito, con la collabo-
razione dei responsabili dei gruppi principali e di alcuni nostri periti,
81

9.4 Page 84

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un insieme di osservazioni e di criteri, studiati poi e approvati «ad ex-
perimentum» dal Consiglio Superiore, che si terranno presenti in tale
procedimento. Nella sezione Documenti degli ACS 304, troverete ap-
punto gli «Orientamenti adottati dal Consiglio Superiore per il ricono-
scimento di appartenenza alla Famiglia salesiana». 19
d) Un altro problema, già più volte discusso,
è quello della «natura» dell'appartenenza degli exallievi
Il Capitolo Generale Speciale ha avviato la riflessione affermando
che «vi appartengono a titolo dell'educazione ricevuta, che può espri-
mersi in vari impegni apostolici». Sembra dunque che, per capirne la
natura e per chiarirne le difficoltà emergenti, bisogna dirigersi sia agli
impegni apostolici nell'ambito della cultura soprattutto nel suo settore
educativo (che è come la patria della missione salesiana), sia ai valori
del Sistema preventivo, che è una delle componenti del «carisma di
Don Bosco».
Intanto, in molte regioni l'associazione degli Exallievi è fiorente
e dinamica e merita generosa animazione da parte nostra.
e) Altri elementi di sfida
Infine, se consideriamo la profonda evoluzione sociale e culturale
avvenuta sotto l'impulso dei tempi, gli apporti ecclesiologici del Vati-
cano II, il rinnovamento della vita religiosa, il rilancio del laicato nel
Popolo di Dio, la promozione della donna nella Società e nella Chiesa,
la mutevole novità della realtà giovanile, il salto di qualità nella co-
scienza e nel dinamismo dei popoli, la situazione problematica di alcu-
ni continenti e delle loro masse giovanili, il pluralismo ideologico e
gli schemi politici di tanti Stati, troveremo molti altri elementi di sfida
che ci interpellano anche sull'identità, sul funzionamento, sulla pro-
mozione e sulla efficacia apostolica della Famiglia salesiana .
Ho voluto ricordarvi alcuni problemi per far intuire meglio che ci
oviamo ancora di fronte a un notevole lavoro di studio e di verifica,
in un processo evolutivo appena iniziato.
Una verità, però, rimane chiara: la Famiglia salesiana acquista sem-
pre più importanza col progredire del tempo!
" In questa Raccolta pp. 241-246.
82

9.5 Page 85

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Conclusione. Un tema di vitale rilievo per il nostro futuro
Il progetto embrionale ispirato dall'Alto a Don Bosco negli anni
'40 e '50 del secolo scorso è cresciuto e si è andato evolvendo omoge-
neamente durante la vita stessa del Fondatore . Da quell'embrione, ini-
ziato da Don Bosco come sacerdote diocesano nella Chiesa locale di
Torino con l'unione di molte forze per aiutare la gioventù povera e
abbandonata mediante !'«Opera degli Oratori», si è sviluppata ed è ma-
turata, a poco a poco e sempre in forma provvidenziale, una struttura-
zione più articolata e di maggior stabilità di vera «Famiglia spirituale»
nella Chiesa universale. Nella coscienza stessa di Don Bosco è andata
emergendo e chiarendosi la sua personale vocazione di Fondatore nel-
la Chiesa (1859: Salesiani; 1872 : Figlie di Maria Ausiliatrice; 1876:
Cooperatori), facendo di lui l'iniziatore di un nuovo carisma nel Popo-
lo di Dio, quale «caposcuola» di un peculiare stile di santificazione e
di apostolato.
Già nel 1899 il Bollettino Salesiano, nell'articolo editoriale del mese
di febbraio, descriveva così l'eredità di Don Bosco Fondatore: «Ci è
grato poter cogliere tutte le occasioni per dimostrare ai nostri Coope-
ratori e Cooperatrici che essi con noi e con le Suore di Don Bosco for-
mano un'unica grandiosa famiglia, animata da un medesimo spirito nei
vincoli soavissimi della cristiana fratellanza».20
Questa Famiglia, ormai articolata chiaramente nei suoi gruppi fon-
damentali, è andata poi sviluppandosi «in sintonia con il Corpo di Cri-
sto in perenne crescita» (MR 11) .
Dopo il Vaticano II essa ha ripreso una più chiara coscienza della
sua natura carismatica.
Oggi tocca a tutti i figli e le figlie di Don Bosco, «insieme», assicu-
rarne l'identità e la vitalità. E in questa corresponsabilità di tutti , spet-
ta a noi , cari confratelli, un ruolo vocazionale e storico di specifico
servizio e di animazione con «particolari responsabilità».
-Dunque, se vogliamo amare veramente Don Bosco, sforziamoci di
conoscere meglio la Famiglia salesiana e di dedicarci con generoso sa-
crificio e con intelligente coraggio a promuoverne e rinvigorirne la co-
munione e la missione .
Facciamo memoria delle sue origini storiche, per crescere in fedel-
e fecondità .
" Bollettino Salesiano, febbr. 1899 , p. 29.
83

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Maria Ausiliatrice, che ha guidato Don Bosco in tutto , illumini an-
che noi e ci aiuti!
Un fraterno saluto a tutti nell'aspettativa della gioia pasquale.
Con cuore «oratoriano»,
DON EGIDIO VIGANÒ
84

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3. I SALESIANI DI DON BOSCO
Dalle Costituzioni e Regolamenti
della Società di san Francesco di Sales
Nelle lettere di questa raccolta il Rettor Maggiore ricorda spesso
e con insistenza ai Salesiani le loro «particolari responsabilità» verso
la Famiglia salesiana. Ma nessuna sua lettera sintetizza l'identità spe-
ciale dei SDB. Tale identità viene molto bene precisata nelle «Costitu-
zioni e Regolamenti», rinnovati nel 1984.
Perciò il Rettor Maggiore ha ritenuto utile inserire in questa rac-
colta alcuni articoli di quel testo, che specificano la figura e la posi-
zione dei Salesiani nella Chiesa e nella Famiglia , e precisano le loro
responsabilità nei riguardi dell 'intera Famiglia salesiana.
*
I. DALLE COSTITUZIONI
DELLA SOCIETÀ DI SAN FRANCESCO DI SALES
Cap. I. LA SOCIETÀ DI SAN FRANCESCO DI SALES
«lo stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura... Io susciterò per
loro un pastore unico.. . Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pa-
store» (Ez 34, 11.23).
Art. 1. - L'azione di Diò nella fondazione e nella vità della nostrà Società
Con senso di umile gratitudine crediamo che la Società di san Fran-
cesco di Sales è nata non da solo progetto umano, ma per iniziativa
di Dio (cf Mem. Or. 16). Per contribuire alla salvezza della gioventù,
«questa porzione la più delicata e la più preziosa dell'umana società»
85

9.8 Page 88

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(MB II, 45) , lo Spirito Santo suscitò , con l'intervento materno di Ma-
ria, san Giovanni Bosco.
Formò in lui un cuore di padre e di maestro , capace di una dedizio-
ne totale: «Ho promesso a Dio che fin l'ultimo mio respiro sarebbe
stato per i miei poveri giovani» (MB XVIII, 258).
Per prolungare nel tempo la sua missione lo guidò nel dar vita a
varie forze apostoliche, prima fra tutte la nostra Società.
La Chiesa ha riconosciuto in questo l'azione di Dio, soprattutto ap-
provando le Costituzioni e proclamando santo il Fondatore.
Da questa presenza attiva dello Spirito attingiamo l'energia per la
nostra fedeltà e il sostegno della nostra speranza.
Art. 2. - Natura e missione della nostra Società
Noi , salesiani di Don Bosco (SDB), formiamo una comunità di bat-
tezzati che, docili alla voce dello Spirito, intendono realizzare in una
specifica forma di vita religiosa il progetto apostolico del Fondatore:
essere nella Chiesa segni e portatori dell'amore di Dio ai giovani, spe-
cialmente ai più poveri .
Nel compiere questa missione, troviamo la via della nostra santifi-
cazione.
Art. 3. - La nostra consacrazione apostolica
La nostra vita di discepoli del Signore è una grazia del Padre che
ci consacra (cf LG 44) col dono del suo Spirito e ci invia ad essere
apostoli dei giovani .
Con la professione religiosa offriamo a Dio noi stessi per cammi-
nare al seguito di Cristo e lavorare con lui alla costruzione del Regno.
La missione apostolica , la comunità fraterna e la pratica dei consigli
evangelici sono gli elementi inseparabili della nostra consacrazione,
vissuti in un unico movimento di carità verso Dio e verso i fratelli.
La missione dà a tutta la nostra esistenza il suo tono concreto, spe-
cifica il compito che abbiamo nella Chiesa e determina il posto che
occupiamo tra le famiglie religiose.
Art. 5. - La nostra Società nella Famiglia salesiana
Da Don Bosco trae origine un vasto movimento di persone che, in
vari modi, operano per la salvezza della gioventù .
Egli stesso, oltre la Società di san Francesco di Sales , fondò l'Isti-
·tuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e l' Associazione dei Cooperatori
86

9.9 Page 89

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salesiani che, vivendo nel medesimo spirito e in comunione fra loro,
continuano la missione da lui iniziata, con vocazioni specifiche diver-
se. Insieme a questi gruppi e ad altri nati in seguito formiamo la Fami-
glia salesiana (cf Progetto CGJ , ms DB; MB XVII , 25).
In essa, per volontà del Fondatore, abbiamo particolari responsa-
bilità: mantenere l'unità dello spirito e stimolare il dialogo e la colla-
borazione fraterna per un reciproco arricchimento e una maggiore fe-
condità apostolica.
Gli Exallievi ne fanno parte per l'educazione ricevuta . La loro ap-
partenenza diviene più stretta quando si impegnano a partecipare alla
missione salesiana nel mondo.
Art . 6. - La nostra Società nella Chiesa
La vocazione salesiana ci situa nel cuore della Chiesa e ci pone in-
teramente al servizio della sua missione.
Fedeli agli impegni che Don Bosco ci ha trasmesso siamo evange-
lizzatori dei giovani, specialmente dei più poveri; abbiamo una cura
particolare per le vocazioni apostoliche; siamo educatori della fede negli
ambienti popolari, in particolare con la comunicazione sociale; annun-
ciamo il Vangelo ai popoli che non lo conoscono.
Contribuiamo in tal modo a edificare la Chiesa come Corpo di Cri-
sto affinché, anche per mezzo nostro , si manifesti al mondo come «sa-
cramento universale della salvezza» (LG 48 ; GS 45).
Art . 7. - La nostra Società nel mondo contemporaneo
La nostra vocazione ci chiede di essere intimamente solidali con
il mondo e con la sua storia (cf GS 1) . Aperti alle culture dei paesi
in cui lavoriamo, cerchiamo di comprenderle e ne accogliamo i valori,
per incarnare in esse il messaggio evangelico.
Le necessità dei giovani e degli ambienti popolari, la volontà di agire
con la Chiesa e in suo nome muovono e orientano la nostra azione pa-
storale per l'avvento di un mondo più giusto e più fraterno in Cristo.
Art . 8. - La presenza di Maria nella nostra Società
La Vergine Maria ha indicato a Don Bosco il suo campo di azione
tra i giovani e l'ha costantemente guidato e sostenuto 1 specialmente nella
fondazione della nostra Società. ·
' Cf MB VII , 334 ; XVII , 258; XVIII , 439.
87

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Crediamo che Maria è presente tra noi e çontinua la sua «missione
di Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei cristiani».2
J
Ci affidiamo a lei , umile serva in cui il Signore ha fatto grandi cose
(cf Le 1,48), per diventare tra i giovani testimoni dell'amore inesauri-
bile del suo Figlio .
Cap. II. LO SPIRITO SALESIANO
«Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello
che dovete fare. E il Dio della Pf!Ce sarà con voi» (Fil 4,9) .
Art. 10. - La carità pastorale al centro del nostro spirito
Don Bosco ha vissuto e ci ha trasmesso , sotto l'ispirazione di Dio,
uno stile originale di vita e di azione: lo spirito salesiano.
Il suo centro e la sua sintesi è la carità pastorale, caratterizzata da
quel dinamismo giovanile che si rivelava così forte nel nostro Fonda-
tore e alle origini della nostra Società: è uno slancio apostolico che
ci fa cercare le anime e servire solo Dio.
Art. 11. - Il Cristo del Vangelo sorgente del nostro spirito
Lo spirito salesiano trova il suo modello e la sua sorgente nel cuore
stesso di Cristo, apostolo del Padre (cf LG 3; AG 3).
Nella lettura del Vangelo siamo più sensibili a certi lineamenti del-
la figura del Signore: la gratitudine al Padre per il dono della vocazio-
ne divina a tutti gli uomini; la predilezione per i piccoli e i poveri; la
sollecitudine nel predicare, guarire, salvare sotto l'urgenza del Regno
che viene; l'atteggiamento del Buon Pastore che conquista con la mi-
tezza e il dono di sé; il desiderio di radunare i discepoli nell'unità della
comunione fraterna.
Art. 12. - Unione con Dio
Operando per la salvezza della gioventù, il salesiano fa esperienza
della paternità di Dio e ravviva continuamente la dimensione divina
e a sua attività: «Senza di me non otete far nulla» Gv 15 ,5).
Coltiva l'unione con Dio, avvertendo l'esigenza di pregare senza
sosta in dialogo semplice e cordiale con il Cristo vivo e con il Padre
che sente vicino. Attento alla presenza dello Spirito e compiendo tutto
per amore di Dio, diventa, come Don Bosco, contemplativo nell 'azione.
' DB , Maraviglie della Madre di Dio, Torino 1868 , p. 45; Opere edite (OE) XX , 237 .
88

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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Art , 13. - Senso di Chiesa
Dal nostro amore per Cristo nasce inseparabilmente l'amore per
la sua Chiesa, popolo di Dio, centro di unità e comunione di tutte le
forze che lavorano per il Regno .
Ci sentiamo parte viva di essa e coltiviamo in noi e nelle nostre
comunità una rinnovata coscienza ecclesiale. La esprimiamo nella fi-
liale fedeltà al sµccessore di Pietro e al suo magistero, e nella volontà
di vivere in comunione e collaborazione con i vescovi , il clero, i reli-
giosi e i laici.
Educhiamo i giovani cristiani a un autentico senso di Chiesa e lavo-
riamo assiduamente per la sua crescita. Don Bosco ci ripete: «Qualunque
fatica è poca, quando si tratta della Chiesa e del Papato» (MB V , 577).
Art. 14. - Predilezione per i giovani
La nostra vocazione è segnata da uno speciale dono di Dio, la pre-
dilezione per i giovani: «Basta che siate giovani, perché io vi ami as-
sai».3 Questo amore, espressione della carità pastorale, dà significato
a tutta la nostra vita.
Per il loro benè offriamo generosamente tempo , doti e salute: «lo
per voi studio , per voi lavoro , per voi vivo , per voi sono disposto an-
che a dare la vita». •
Art. 15. - Amorevolezza salesiana
Mandato ai giovani da Dio che è «tutto carità», 5 il salesiano è aper-
to e cordiale, pronto a fare il primo passo e ad accogliere sempre con
bontà, rispetto e pazienza.
Il suo affetto è quello di un padre , fratello e amico, capace di crea-
re corrispondenza di amicizia: è l'amorevolezza tanto ·raccomandata
da Don Bosco .
La sua castità e il suo equilibrio gli aprono il cuore alla paternità
spirituale e lasciano trasparire in lui l'amore preveniente di Dio.
Art. 16. - Spirito di famiglia
Don Bosco voleva chè nei suoi ambienti ciascuno si sentisse «a ca-
sa sua», La casa salesiana diventa una famiglia quando l'affetto è
3 DB , Il Giovane Provveduto , Torino 1847 , p. 7; (OE Il, 187).
• DoN RuFFINO , Cronaca dell 'Oratorio, ASC 110, quaderno 5, p. 10 .
' DB , Esercizio di divozione alla misericordia di Dio, Torino 1847 , p. 81 ; (OE II,
151 ).
89

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ricambiato e tutti, confratelli e giovani , si sentono accolti e responsa-
bili del bene comune.
In clima di mutua confidenza e di quotidiano perdono si prova il
bisogno e la gioia di condividere tutto e i rapporti vengono regolati
non tanto dal ricorso alle leggi, quanto dal movimento del cuore e dal-
la fede (cf MB XVII, 110).
Tale testimonianza suscita nei giovani il desiderio di conoscere e
seguire la vocazione salesiana.
Art. 17. - Ottimismo e gioia
Il salesiano non si lascia scoraggiare dalle difficoltà , perché ha pie-
na fiducia nel Padre: «Niente ti turbi», diceva Don Bosco (MB VII, 524).
Ispirandosi all'umanesimo di san Francesco di Sales , crede nelle
risorse naturali e soprannaturali dell'uomo , pur non ignorandone la de-
bolezza.
Coglie i valori del mondo e rifiuta di gemere sul proprio tempo :
ritiene tutto ciò che è buono (cf 1 Ts 5,21), specie se gradito ai giovani.
Poiché annuncia la Buona Novella, è sempre lieto (cf Fil 3, 1) . Dif-
fonde questa gioia e sa educare alla letizia della vita cristiana e al sen-
so della festa: «Serviamo il Signore in santa .allegria». 6
Art. 18. - Lavoro e temperanza
«Il lavoro e la temperanza faranno fiorire la Congregazione» (MB
XII, 466) ; la ricerca delle comodità e delle agiatezze ne sarà invece
la morte (cf MB XVII , 272).
Il salesiano si alla sua missione con operosità instancabile, cu-
rando di far bene ogni cosa con semplicità e misura. Con il suo lavoro
sa di partecipare all 'azione creativa di Dio e di cooperare con Cristo
alla costruzione del Regno .
La temperanza rafforza in lui la custodia del cuore e il dominio di
sé e lo aiuta a mantenersi sereno.
Non cerca penitenze straordinarie, ma accetta le esigenze quotidia-
- - - - ---J=..cÙ · unce della vita a ostolica: è pronto a sopportare il caldo e
il freddo, la sete e la fame, le fatiche e il disprezzo , ogm vo lac n....-- - --
si tratti della gloria di Dio e della salvezza delle anime (cf Cost. 1875 ,
XIII , 13) .
' DB , Il Giovane Provveduto, Torino 1847 , p. 6; (OE II , 186).
90

10.3 Page 93

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Art. 19. - Creatività e flessibilità
Il salesiano è chiamato ad avere il senso del concreto ed è attento
ai segni dei tempi, convinto che il Signore si manifesta anche attraver-
so le urgenze del momento e dei luoghi.
Di qui il suo spirito di iniziativa: «Nelle cose che tornano a vantag-
gio della pericolante gioventù o servono a guadagnare anime a Dio,
io corro avanti fino alla temerità» (MB XIV, 662).
La risposta tempestiva a queste necessità lo induce a seguire il mo-
vimento della storia e ad assumerlo con la creatività e l'equilibrio del
Fondatore, verificando periodicamente la propria azione.
Art. 20. - Sistema Preventivo e spirito salesiano
Guidato da Maria che gli fu Maestra, Don Bosco visse nell'incon-
tro con i giovani del primo oratorio un'esperienza spirituale ed educa-
tiva che chiamò «Sistema Preventivo». Era per lui un amore che si do-
na gratuitamente, attingendo alla carità di Dio che previene ogni crea-
tura con la sua Provvidenza, l'accompagna con la sua presenza e la
salva donando la vita.
Don Bosco ce lo trasmette come modo di vivere e di lavorare per
comunicare il Vangelo e salvare i giovani con loro e per mezzo di lo-
ro. Esso permea le nostre relazioni con Dio, i rapporti personali e la
vita di comunità, nell'esercizio di una carità che sa farsi amare.
Art. 21. - Don Bosco nostro modello
Il Signore ci ha donato Don Bosco come padre e maestro .
Lo studiamo e lo imitiamo, ammirando in lui uno splendido accor-
do di natura e di grazia. Profondamente uomo, ricco delle virtù della
sua gente, egli era aperto alle realtà terrestri; profondamente uomo di
Dio, ricolmo dei doni dello Spirito Santo, viveva «come se vedesse
l'invisibile» (Eb 11,27).
Questi due aspetti si sono fusi in un progetto di vita fortemente uni-
tario: il servizio dei giovani. Lo realizzò con fermezza e costanza, fra
ostacoli e fatiche, con la sensibilità di un cuore generoso. «Non diede
passo, non pronunciò parola, non mise mano ad impresa che non aves-
se di mira la salvezza della gioventù ... Realmente non ebbe a cuore
altro che le anime» (don Rua, Lett. 24 ag. 1894) .
91

10.4 Page 94

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Cap. IV. INVIATI AI GIOVANI
Art. 38. - Il Sistema Preventivo nella nostra missione
Per compiere il nostro servizio educativo e pastorale, Don Bosco
ci ha tramandato il Sistema Preventivo.
«Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione , la religione e
sopra l'amorevolezza» (MB XIII , 919) : fa appello non alle costrizioni ,
ma alle risorse dell'intelligenza, del cuore e del desiderio di Dio, che
ogni uomo porta nel profondo di se stesso.
Associa in un'unica esperienza di vita educatori e giovani in un cli-
ma di famiglia , di fiducia e di dialogo .
Imitando la pazienza di Dio, incontriamo i giovani al punto in cui
si trova la loro libertà. Li accompagniamo perché maturino solide con-
vinzioni e siano progressivamente responsabili nel delicato processo
di crescita della loro umanità nella fede .
Art. 40. - L'oratorio di Don Bosco criterio permanente
Don Bosco visse una tipica esperienza pastorale nel suo primo ora-
torio, che fu per i giovani casa che accoglie, parrocchia che evangeliz-
za, scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi da amici e vivere
in allegria.
Nel compiere oggi la nostra missione , l'esperienza di Valdocco ri-
mane criterio permanente di discernimento e rinnovamento di ogni at-
tività e opera.
Art. 41. - Criteri ispiratori per le nostre attività e opere
La nostra azione apostolica si realizza con pluralità di forme, de-
terminate in primo luogo dalle esigenze di coloro a cui ci dedichiamo .
- - - - - - - -Acttu-iamG-1.a-eari.tà.salYific_a_di Cristo, or anizzando attività e opere
a scopo educativo pastorale, attenti ai bisogni qell'ambiente e della Chie-
sa . Sensibili ai segni dei tempi , con spirito di iniziativa e costante dut-
tilità le verifichiamo e rinnoviamo e ne creiamo di nuove.
L'educazione e l'evangelizzazione di molti giovani, soprattutto fra
i più poveri, ci muovono a raggiungerli nel loro ambiente e a incon-
trarli nel loro stile di vita con adeguate forme di servizio.
92

10.5 Page 95

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ARTICOLI in rapporto diretto con la FAMIGLIA SALESIANA
Art. 28. - I giovani chiamati per un servizio nella Chiesa
Rispondendo alle necessità del suo popolo, il Signore chiama con-
tinuamente e con varietà di doni a seguirlo per il servizio del Regno .
Siamo convinti che tra i giovani molti sono ricchi di risorse spiri-
tuali e presentano germi di vocazione apostolica.
Li aiutiamo a scoprire, ad accogliere e a maturare il dono della vo-
cazione laicale, consacrata, sacerdotale, a beneficio di tutta la Chiesa
e della Famiglia salesiana.
Con pari diligenza curiamo le vocazioni adulte.
Art. 47. - La comunità educativa e i laici associati al nostro lavoro
Realizziamo nelle nostre opere la comunità educativa e pastorale.
Essa coinvolge, in clima di famiglia, giovani e adulti, genitori ed edu-
catori, fino a poter diventare un 'esperienza di Chiesa, rivelatrice del
disegno di Dio.
In questa comunità i laici, associati al nostro lavoro, portano il con-
tributo originale della loro esperienza e del loro modello di vita.
Accogliamo e suscitiamo la loro collaborazione e offriamo la pos-
sibilità di conoscere e approfondire lo spirito salesiano e la pratica del
Sistema Preventivo.
Favoriamo la crescita spirituale di ognuno e proponiamo, a chi vi
sia chiamato, di condividere più strettamente la nostra missione nella
Famiglia salesiana.
Art. 48. - Solidali con la Chiesa particolare
La Chiesa particolare è il luogo in cui la comunità vive ed esprime
il suo impegno apostolico. Ci inseriamo nella sua pastorale che ha nel
vescovo il primo responsabile (cf C/C 678/1) e nelle direttive delle con-
ferenze episcopali un principio di azione a più largo raggio .
Offriamo ad essa il contributo dell'opera e della pedagogia salesia-
na e ne riceviamo orientamenti e sostegno.
Per un più organico collegamento condividiamo iniziative con i grup-
pi della Famiglia salesiana e con altri istituti religiosi.
Siamo pronti a cooperare con gli organismi civili di educazione e
di promozione sociale.
93

10.6 Page 96

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Art. 126. - Il Rettor Maggiore
Il Rettor Maggiore, superiore della Società salesiana, è il succes-
sore di Don Bosco, il padre e il centro di unità della Famiglia salesiana.
La sua principale sollecitudine è di promuovere, in comunione con
il Consiglio generale, la costante fedeltà dei soci al carisma salesiano
per compiere la missione affidata dal Signore alla nostra Società.
Art. 137. - Il Consigliere per la Famiglia salesiana
Il Consigliere per la Famiglia salesiana e per la comunicazione so-
ciale ha il compito di animare la Congregazione nei due settori.
A norma dell'articolo 5 delle Costituzioni promuove la comunione
dei vari gruppi, rispettando la loro specificità e autonomia. Orienta inol-
tre e assiste le ispettorie, affinché nel loro territorio si sviluppino, se-
condo i rispettivi statuti, l'Associazione dei Cooperatori salesiani e il
movimento degli Exallievi.
Promuove l'azione salesiana nel settore della comunicazione sociale
e coordina in particolare, a livello mondiale , i centri e le strutture che
la Congregazione gestisce in questo campo .
II. DAI REGOLAMENTI GENERALI
Cap. IV. IL SERVIZIO ALLA FAMIGLIA SALESIANA
Art. 36. - Responsabilità delle comunità
È dovere dell'ispettore e del direttore , coadiuvati dai rispettivi de-
legati, sensibilizzare le comunità perché assolvano il loro compito nel-
la Famiglia salesiana.
La comunità, d'intesa con i responsabili dei vari gruppi, in spirito
di servizio e rispettandone l'autonomia, offre loro l'assistenza spiri-
tuale, promuove incontri, favorisce la collaborazione educativa e pa-
- - - - - -- torale-e-c-0lt-i-va- ~ i-I-com.une..irnpegnQ_JJer -le'-vo-c-az-io-ni'.'--"----------
Art. 37. - Verso le Figlie di Maria Ausiliatrice
Prestiamo alle Figlie di Maria Ausiliatrice, in risposta alle loro ri-
chieste e secondo le nostre possibilità, l'aiuto fraterno e il ministero
sacerdotale.
Còllaboriamo con esse per approfondire la spiritualità e la peda-
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10.7 Page 97

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gogia di Don Bosco e per tenere viva la particolare dimensione maria-
na del carisma salesiano.
Art. 38. - Verso i Cooperatori salesiani
Ogni comunità senta il dovere di sostenere e incrementare l'Asso-
ciazione dei Cooperatori salesiani .a beneficio della Chiesa. Contribui-
sca alla formazione dei suoi membri, faccia conoscere e promuova que-
sta vocazione, soprattutto tra i giovani più impegnati e tra i collabora-
tori laici .
Art. 39. - Verso gli Exallievi
La comunità mantenga rapporti di amicizia con gli Exallievi con
una speciale attenzione ai più giovani . Si interessi a loro favorendo oc-
casioni d' incontro, di formazione e di collaborazione.
Incoraggi e sostenga l'Associazione degli Exallievi di Don Bosco
e insieme con essa cerchi di avvicinare quanti se ne sono allontanati.
Aiuti i più sensibili ai valori salesiani a maturare la vocazione di
cooperatore.
Art. 40. - Verso le VDB e gli altri Istituti
Prestiamo la nostra assistenza spirituale alle Volontarie di Don Bo-
sco e agli istituti religiosi e secolari che nei loro statuti affermano di
vivere un progetto di vita apostolica conforme allo spirito salesiano,
hanno fatto richiesta di adesione alla Famiglia salesiana su mandato
della loro Assemblea o Capitolo generale, ed hanno ricevuto il dovuto
riconoscimento da parte del Rettor Maggiore.
Art. 41. - Il Bollettino salesiano, vincolo di unità
Il Bollettino salesiano, fondato da Don Bosco, diffonde la conoscenza
dello spirito e dell'azione salesiana, specialmente di quella missiona-
ria ed educativa.
Si interessa ai problemi dei giovani, incoraggia la collaborazione
e cerca di suscitare vocazioni.
È inoltre uno strumento di formazione e un vincolo di unità per i
vari gruppi della Famiglia salesiana.
Viene redatto secondo le direttive del Rettor Maggiore e del suo
Consiglio in varie edizioni e lingue.
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10.8 Page 98

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Art. 103. - Il Rettor Maggiore
(...)Promuova riunioni e incontri (SDB) e favorisca la conoscenza
delle attività apostoliche della Congregazione nell 'ambito della Fami-
glia salesiana.
Art. 147. - Responsabilità dell'Ispettore
(... ) L'Ispettore, mediante opportuni contatti con i diversi gruppi
della Famiglia salesiana e tramite il suo delegato , cercherà di favorire
il senso di appartenenza e l'approfondimento della comune vocazione.
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10.9 Page 99

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4. LE FIGLIE
DI MARIA AUSILIATRICE
«RISCOPRIRE
LO SPIRITO DI MORNESE»
Lettera alle FMA, 14 maggio 1981 *
(ACS 301, luglio-settembre 1981, pp. 3-69)
Alla Reverenda Madre Generale,
alle Superiore e alle Suore
dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice
In occasione della prossima ricorrenza centenaria della morte di santa
Maria Domenica Mazzarello (14 maggio 1881) lei, Madre Ersilia Canta,
ha avuto la bontà d'invitarmi a dirigere una parola di partecipazione
viva , di affetto spirituale e di orientamento a tutte le laboriose e bene-
merite sorelle dell'Istituto . Lo faccio con tanto piacere. Mi sento a ca-
sa, in famiglia, con la gioia festosa della consanguineità vocazionale,
in una parentela di primo grado ._Vivissime grazie!
Ma c'è di più : per il «successore di Don Bosco» un centenario tanto
significativo è interpellanza e dolce responsabilità a sentire l'impulso
dello Spirito ad approfondire e a far amare sempre meglio la comune
eredità spirituale che ci coinvolge nell'impegno di salvezza della gio-
ventù .
La figura della Mazzarello e lo spirito di Mornese sono due realtà
che non riguardano solo le Figlie di Maria Ausiliatrice, ma anche i
* Saranno utilizzate le sigle seguenti per due opere spesso citate nella Lettera: MACC.
= F. MACCONO , Santa Maria D. Mazzarello, Confondatrice e prima Superiore genera-
le delle FMA , Z volumi , FMA , Torino 1934, ristampa 1960; Cronist. = Cmnistoria
dell 'Istituto delle FMA , 5 volumi , FMA , Roma 1974-1977.
97

10.10 Page 100

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Salesiani e tutti i membri della nostra Famiglia spirituale. Il loro ap-
profondimento porta ricchezza salesiana a tutti.
Sono andato a rileggere le preziose lettere di Madre Mazzarello che
fanno percepire, in un linguaggio semplice e diretto, la sostanza della
sua esperienza spirituale.
Ho meditato anche le cordiali e penetranti «strenne» che don Filip-
po Rinaldi inviò a Madre Luisa Vaschetti negli anni '28- '3 I; ho cerca-
to di respirarvi l'insuperabile clima paterno e l'intuito di animazione
di un successore di Don Bosco che, oltre ad essere santo, seppe testi-
moniare per congenialità di cuore, per convivenza di anni e per matu-
razione personale, il suo più gen·uino spirito.
Cosciente dell'importanza dell'invito fattomi, non potevo restrin-
gere la mia parola a un saluto formale ; perciò mi sono impegnato, da
tempo, a riflettere e a pregare per offrirvi una meditazione non super-
ficiale improvvisata (purtroppo un po' lunga), sui valori e sul signi-
ficato della nostra fraterna comunione nelle origini.
Ho avuto presente il primo obiettivo che voi stesse vi siete propo-
ste per questa celebrazione centenaria: riscoprire lo spirito di Mornese
per rinnovare in esso le comunità. Santa Maria Domenica Mazzarello
ci stimola a farlo con competenza unica: si tratta del suo capolavoro!
A Mornese, come a Valdocco, noi troviamo quella porzione di ter-
ra santa che ci trasfonde «nostalgia di paese natio», mentre ci arricchi-
sce con tanti preziosi dati di cronistoria. Giustamente noi, «con senso
di umile gratitudine, crediamo» che la nostra comune vocazione «è na-
ta non da solo progetto umano, ma per iniziativa di Dio» (Cast. SDB
1), ossia «per un dono dello Spirito Santo e per l'intervento diretto di
Maria» (Cast. FMA l).
Don Rinaldi, per connaturale intuizione, in occasione «del 50 ° an-
niversario della santa morte dell'umile Serva di Dio, posta da Don Bo-
sco a pietra fondamentale» del vostro Istituto, faceva, per voi, una scelta
perspicace: vi invitava a ( ~onoscere ed imitare di più la vita interiore
di Don Bosco». Egli , infatti, era convinto che il principale merito di
Maria Domenica Mazzarello era stato quello di aver «saputo riprodur-
re bellamente in lo s irito di vita interiore e di apostolato del Fon-
datore , divenendo a sua volta modello imita
' DoN F. R1 N ALDI , Strenna per l 'anno 1931 .
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11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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A) SIGNIFICATO DEL CENTENARIO:
CELEBRARE «UN DONO NUOVO DELLO SPIRITO SANTO
ALLA CHIESA»
Permettetemi d'incominciare un po' da lontano; innanzitutto con
una osservazione generale circa l'iniziativa divina della nostra comu-
ne vocazione.
Il Concilio Vaticano II ci ha invitati a riscoprire la dimensione «ca-
rismatica» della vita religiosa e a evidenziarne le ricchezze «spiritua-
li». Alle origini dei singoli Istituti non c'è una «teoria» e un «sistema»
di un pensatore, ma una «storia" o una «esperienza» vissuta secondo
una speciale e concreta docilità allo Spirito Santo. Ognuna delle nu-
merose e svariate «esperienze çli Spirito Santo», apparse nella Chiesa,
ha una sua ministerialità nella missione del Popolo di Dio. Per questo
ogni Famiglia religiosa ha un' «indole propria» con un suo «stile parti-
colare di santificazione e di apostolato» (MR 11) che deve essere ri-
compreso e riattualizzato nei secoli successivi alla luce genuina delle
origini.
1. Necessità di una precisazione storica
Il «ritorno alle fonti» di cui parla il Vaticano II non solo richiama
la matrice evangelica di ogni vita religiosa, ma anche la molteplicità
storica dei modi di realizzarla (cf LG 41-42; PC 1) .
Ne viene come conseguenza che, per ricomprendere e riattualizza-
re la propria identità, una Famiglia religiosa non può appellarsi solo
al Vangelo. Ciò che vale per tutti in generale (il Vangelo!), ha bisogno
ancora di essere precisato, riverberato e specificato nella storicità di
una propria esperienza di Spirito Santo . La Chiesa si preoccupa di sal-
vaguardarne la peculiare «indole» e «missione» (PC 2b) come un dono
ricevuto dal suo Signore. Così, se il Vangelo costituisce in assoluto
e per tutti la «Regola suprema» (PC 2a) , la direttiva prossima d'impe-
gno per ogni Famiglia religiosa è il progetto spirituale .e apostolico del
proprio Fondatore (PC 2b).
La storia della nostra nascita salesiana alla Chiesa è legata all 'au-
rora di una nuova epoca di civiltà industriale e tecnica. Il dono che
ci ha consegnato lo Spirito Santo porta in la bellezza e le ricchezze
di una novità religiosa: siamo stati chiamati a testimoniare e a lanciare
verso il futuro i permanenti valori della sequela radicale di Cristo in
una società che è diventata secolarizzata e pluralista. Urge per noi rin-
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novare la coscienza di una missione tanto esigente; così sapremo af-
frontare l'odierno trapasso culturale senza lasciarci coinvolgere dal-
1'opinione che l'emergenza di una nuova cultura comporti l'affossa-
mento della nostra vita religiosa.
Non possiamo pensare che lo Spirito Santo, a Valdocco e a Morne-
se , abbia avuto una previsione così ridotta del divenire umano: solo
fino al 2000 ! Sappiamo al contrario, dall'esperienza dei secoli, che la
comparsa dei grandi fondatori parla allo storico della Chiesa della tem-
pestività di questi suoi interventi ; essi appaiono programmati in fun-
zione dell'avvenire; ci mostrano, in ogni secolo, una delle più rilevan-
ti conseguenze della risurrezione pasquale: che il vero Signore della
storia è Cristo!
2. Due precomprensioni inaccettabili
Sono da scoraggiare, perciò , certe sottili teorie aprioristiche in vo-
ga , accettate troppo facilmente da alcuni teorici della vita religiosa.
Una di tali opinioni vorrebbe che, nella storia della vita religiosa,
tutto venisse giudicato e misurato partendo dai grandi modelli del mo-
nachesimo : la vita religiosa, così, si sarebbe manifestata in pienezza
nelle antiche forme monacali; le forme posteriori implicherebbero, piac-
cia o non piaccia, una qualche decadenza. Oggi, la sfida dei tempi nuovi
starebbe dimostrando la precarietà degli Istituti di vita attiva che avreb-
bero indebolito la chiarezza della consacrazione; per non morire do-
vrebbero avviarsi verso un nuovo monachesimo.
Un'altra teoria, possiamo dire opposta, penserebbe invece che la
vita religiosa sia sorta all ' inizio piuttosto come un embrione , in forma
non piena ma germinale, per poi crescere e perfezionarsi lungo i seco-
li. Il suo sviluppo si sarebbe intensificato ultimamente con l'accelera-
zione dei cambiamenti e avrebbe raggiunto la sua maturazione negli
Istituti secolari. Questi rappresenterebbero oggi lo stadio più perfetto
della vita consacrata. E così tutta la vita religiosa, nelle sue svariate
forme storiche, apparirebbe ormai come superata; di qui l'attuale sua
crisi.
Si vede subito che nessuna 1 queste ue pos1Z1om nspe 1rte--sm1.m;:c-- - - -
le iniziative dello Spirito Santo nei molteplici carismi dei fondatori.
In pratica, secondo tali opinioni, esisterebbe un solo carisma fon-
damentale di vita consacrata (come modello già fatto o come seme da
sviluppare) e oggi i segni dei tempi starebbero invitando le nostre due
Congregazioni a una conversione di rotta verso uno di quei due ideali
100

11.3 Page 103

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indicati: un qualche tipo di monachesimo o una forma di Istituto seco-
lare, secondo l'opinione che ci piace di più.
Noi , al contrario, partiamo da una constatazione ben differente. Sia-
mo umilmente e profondamente convinti che il nostro progetto di vita
evangelica è specialmente valido proprio per il futuro , perché racchiu-
de in sé, per un dono nuovo dello Spirito, una originale adeguazione
della vita religiosa ai tempi . Anzi , sperimentiamo (anche attraverso la
fiorente pluriformità della nostra Famiglia salesiana) che non esiste op-
posizione, bensì complementarità e mutua emulazione tra le diverse
varietà di Istituti religiosi e di forme di vita consacrata nella Chiesa.
E questa conclusione ci aiuta ad essere più fedeli e ad approfondire
continuamente i valori della nostra vocazione.
Non credo sia stato inutile l'aver accennato a queste strane opinio-
ni ; esse, anche se solo insinuate nella mente, scalzerebbero in radice
i grandi temi del centenario che stiamo celebrando. Purtroppo non so-
no opinioni inventate artificiosamente.
3. Facciamo memoria di ieri per la vita di domani
Cento anni fa, nel 1881 , Mornese appariva per noi avvolta in den-
sa nebbia; la si guardava da lontano con sguardo triste: là erano rima-
ste solo delle tombe tanto care . Oggi è «terra di sole», zolla feconda
e sacra, ricca di rimembranze dinamiche! Bella e lanciata al futuro es-
sa infonde davvero nel cuore nostalgia di paese natio! La vita nata lì
più di cento anni fa è cresciuta e prosegue.
Anche a Mornese : 1'avvenire incomincia ieri!
Noi facciamo memoria (e anche un po ' di nostalgia perché c'entra
il nostro cuore con tutti i sentimenti!) non per rifugiarci nel passato ,
bensì per rifornirci verso il futuro.
Ricordiamo una morte , eppure parliamo di nascita ; l'evento è suc-
cesso a Nizza, eppure pensiamo a Mornese; contiamo, per la Madre ,
44 anni e 5 giorni di età (pochi!), eppure il nostro conteggio si preoc-
cupa del metro dei secoli.
Perché?
La risposta è facile per chi crede a un dono nuovo dello Spirito Santo:
si tratta della densa vitalità di un patrimonio spirituale nato da poco
nella Chiesa. La morte di santa Maria Domenica Mazzarello è oggetto
di celebrazione e non di rimpianto perché è un gesto che esprime in
sintesi tutta la sua vita nello Spirito.
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11.4 Page 104

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L'aurora del 14 maggio 1881 ha segnato il «dies natalis» della
Madre. La sua vita terrena si è spezzata come un sacramento di dona-
zione; nessuno dimostra maggior amore di chi dà se stesso, e la Madre
si era offerta vittima per l'avvenire dell'Istituto. Ci sono delle morti
che, ad imitazione di quella di Cristo sulla croce, proclamano l'abbon-
danza di perfezione nel cuore; non sono semplicemente l'ultima goc-
cia di un'esistenza; ma il suo frutto più maturo: la sua ora!
Il paese di Nizza Monferrato è stato il luogo geografico del de-
cesso; ha un suo spessore di storia e una sua propria riserva di valori.
Ma ciò che in esso troviamo di più prezioso è la sua fecondità di terre-
no di trapianto per il giovane albero sbocciato e formato a Mornese.
Non respiriamo per le sue strade aria di campanilismo paesano, ma
solo gratitudine, ammirazione, coinvolgimento. , noi a Nizza vedia-
mo il campanile di Mornese.
Madre Mazzarello è morta giovane, dopo solo otto anni e poco
più di nove mesi di professione come Figlia di Maria Ausiliatrice . Ep-
pure noi scopriamo nella sua esistenza una originale esperienza di Spi-
rito Santo che permane viva nel tempo e che attraverso la lunga dura-
ta dei secoli si rifarà sempre ancora a lei.
Ecco perché, celebrando il centenario della sua morte, noi faccia-
mo memoria per domani!
Una esperienza di Spirito Santo, come è il «patrimonio salesia-
no» di Don Bosco, non raggiunge la sua statura perfetta nella morte
del Fondatore e dei suoi più importanti collaboratori; anzi , in quel mo-
mento si trova appena alle sue origini, come un neonato di buona salute.
Lo Spirito gli ha dato vita e una sua fisionomia in vista della cresci-
ta , in sintonia con il corpo di Cristo che è la Chiesa sempre in svilup-
po. È lo Spirito stesso che inserisce tale dono nuovo in un divenire
storico che coinvolge collaboratori, discepoli e successori, a cui Egli
s'impegna di elargire tutti gli elementi necessari per una fedele comu-
nione e partecipazione con la sorgente iniziale (cf MR 11) .
Così l '«es erienza salesiana» non è stata fatta una volta per sem·-
pre e in modo uniforme , né a Valdocco ne a ornese; non emnno,11n-=-- - - -
mento di marmo, ma è una vita di Spirito Santo; e la sua vitalità di
trapianto , di adattamento e di crescita è imprevedibile, anche se in una
fedeltà che cura lo sviluppo delle fattezze di un medesimo volto ben
definito.
Dicevamo che il Concilio ci ha parlato di un ritorno alle origini;
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11.5 Page 105

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lo ha fatto precisamente per insistere sull'omogeneità dell'evoluzione
del dono iniziale; le origini sono il quadro di riferimento con cui fare
una revisione per restare acqua chiara e genuina come quella fresca
delle sorgenti , evitando i possibili inquinamenti del lungo percorso .
Soffermarsi a meditare sul significato vitale della morte di Ma-
dre Mazzarello diviene per noi una vera ossigenazione per il futuro.
Andiamo a contemplare nel passato quelle energie di Spirito Santo che
sono state seminate a Mornese un secolo fa appunto per far nascere
nell 'ambito femminile il carisma salesiano dato a Don Bosco, e ritor-
niamo alle sorgenti di tale dono dello Spirito per farlo crescere e adat-
tarlo ad altri paesi e in altri tempi .
Inoltre, celebriamo la nostra comunione con la Chiesa celeste.
Santa Maria Domenica Maz,z,arello vive oggi con san Giovanni Bosco;
nella gloria continuano insieme a percorrere le vie della storia e ad es-
sere presenti nella Congregazione dei Salesiani di Don Bosco, nel vo-
stro Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e in tutta la Famiglia sa-
lesiana: legame vivente e glorioso tra origini , presente e futuro! È la
comunione misteriosa e reale tra Chiesa pellegrinante e Chiesa cele-
ste: noi «non veneriamo la memoria dei santi solo a titolo d 'esempio ,
ma più ancora perché l' unione di tutta la Chiesa nello Spirito sia con-
solidata dall'esercizio della fraterna carità» (LG 50) . Così il centenario
diviene l'espressione straordinaria di questa meravigliosa e insondabi-
le realtà che congiunge il Fondatore e la Confondatrice di ieri ai figli
e alle figlie di oggi e di domani, li coinvolge nell'unica e multiforme
esperienza di Spirito Santo sgorgata dal cuore di Don Bosco e vissuta ,
ormai nella gloria , dalla Mazzarello insieme con lo stesso Don Bosco
e, in una operosa e coraggiosa fede, dai figli e dalle figlie tuttora in
cammino sulle strade della storia e nelle contrade del mondo.
Voi , dunque , non siete delle nostalgiche; il nostro non è un sempli-
ce rimpianto! Infatti ci immergiamo nella comunione dei santi per cer-
care, con loro, ragioni ed energie di futuro nel passato, impegnati a
individuare nelle ore della fondazione i grandi contenuti di un partico-
lare dono dello Spirito Creatore e a lanciare la sua incontenibile vitali-
tà di crescita più in là di ieri.
103

11.6 Page 106

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B) MOLTEPLICITÀ DI PERSONE E DI AVVENIMENTI
PER L'UNITÀ DI UN PROGETTO
Incominciamo a enumerare alcuni degli innumerevoli dati sparsi.
1. Nomi e date che fanno pensare
Ricordiamo dei nomi: mamma Margherita ai Becchi; papà Giusep-
pe a Mornese. Contrade con famiglie povere e lavoratrici di una cultu-
ra contadina cristiana che si avvierà presto al declino .
«Giovannino» e «Maìn» che seguono una via diversa da quella cor-
rente dei compagni e delle compagne .
Don Bosco diviene prete e si sente chiamato a ordire la trama di
un originale tessuto ; lo accompagnano e lo consigliano don Giuseppe
Cafasso, il papa Pio IX.
Maria Domenica Mazzarello si sente chiamata a qualcosa di spe-
ciale e, finalmente , a collaborare con Don Bosco: l'accompagnano e
la consigliano don Domenico Pestarino prima, e poi don Giovanni Ca-
gliero .
1854: proclamazione del dogma dell ' Immacolata Concezione di
Maria . A Valdocco e a Mornese sorgono rispettivamente la Compa-
gnia dell'Immacolata e le Figlie dell ' Immacolata; vi sono protagonisti
i giovani, Domenico Savio e Angelina Maccagno!
1859: inizio della Società di San .Francesco di Sales a Torino.
1860: il tifo fa strage a Mornese; Maria Domenica si sente invitata
a cambiare la rotta della sua esistenza.
1862: don Pestarino si fa salesiano di Don Bosco ; da Torino porta
a Maria e Petronilla il primo consiglio del Fondatore: «Pregate pure,
ma fate del bene più che potete, specialmente alla gioventù! ».
Gli anni '60 sono per Don Bosco l'approdo definitivo alla devozio-
ne a Maria Ausiliatrice , nel cui onore costruisce la basilica di Valdoc-
co. Già prima, a Mornese, il 24 maggio 1843 , era stata eretta nella
- - - - -- rraZIDIIe-U'ei-MazzareH1- 1:1na-ea17pe-Ua- a@d-icata-all:Ausiliatric""'-- - - - - -
l864: Don Bosco arriva per la prima volta a Mornese con i suoi
ragazzi per una delle famose passeggiate autunnali : Maria Domenica
si sente affascinata dalla sua santità.
1865: inizio della fabbrica del famoso collegio (che avrebbe dovu-
to essere salesiano) a Mornese.
104

11.7 Page 107

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1866: Don Bosco manifesta di essere chiamato a fondare anche una
Congregazione religiosa femminile.
1869: Don Bosco nuovamente a Mornese lascia quattro importanti
consigli alle Figlie dell'Immacolata (che vivono già in comunità nella
casa costruita da don Pestarino) : esercizio della presenza di Dio; amo-
re al lavoro; formazione alla amabilità e alla gioia; zelo per la salvezza
delle anime.
1871: Don Bosco , seguendo il consiglio di Pio IX e con il consen-
so del suo giovane Consiglio Superiore, decide la fondazione dell'Isti-
tuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. È interessante rilevare, qui, che
Don Bosco vuole stare al parere del suo Consiglio ma vi premette un
mese di discernimento spirituale; solo dopo ne richiede il parere (cf
MB X, 597). Si tratta, dunque, non solo di una cosa importante, come
è chiaro, ma anche di una decisione che coinvolge la vita e le respon-
sabilità della Congregazione dei SDB.
1872, 5 agosto: Maria Domenica e altre 14 giovani si donano al
Signore: 11 con la professione religiosa e 4 solo con la vestizione. Don
Bosco presenta Maria Domenica come loro superiora, assicurando che
la vera «Direttrice sarà la Madonna».
1874: morte improvvisa di don Pestarino. Nella prefazione delle
vostre prime Costituzioni Don Bosco raccomanderà alle vostre preghiere
«l'anima del molto reverendo Don Domenico Pestarino, primo Diret-
tore delle Suore di Maria Ausiliatrice, del quale il Signore si servì per
gettare le fondamenta di questo Istituto» (Cronist. III , 432). Ora cre-
sce di più la figura di Maria Domenica Mazzarello e l'Istituto si avvia
già a espandersi in forma prodigiosa in altre sedi e nelle missioni.
1879: trasloco a Nizza Monferrato: addio Mornese!
1880: rielezione unanime di Madre Mazzarello.
1881: la Madre dice a una sua giovane missionaria: «Mi sono of-
ferta vittima al Signore» , e Don Bosco conferma: «La vittima è gradita
a Dio e fu accettata».
14 maggio 1881: santa morte.
Questa enumerazione selettiva di persone e di fatti ci fa pensare a
un gran Tessitore più in là della Mazzarello e più in alto di Don Bosco,
lo Spirito del Signore! Don Bosco diviene fondatore anche dell'Istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice per un disegno che non era nelle sue
prospettive e che gìi viene manifestato prima che lui stesso pensi a una
105

11.8 Page 108

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qualche programmazione. Vi si dedicherà solo in docilità ai segni di
un esplicito piano del Signore. E Maria Domenica Mazzarello ne di-
viene confondatrice non per sua scelta, ma per un insieme di circo-
stanze provvidenziali che la invitano passo dopo passo a mettere vir-
tuosamente le sue doti a disposizione di un progetto voluto dall'Alto
e a prepararvisi con iniziative coincidenti, nel loro piccolo , con quelle
di Valdocco.
Così il nostro sguardo al passato, verso le origini , ci porta a sco-
prire, soprattutto , un disegno dello Spirito del Signore arrivato a Don
Bosco e a Madre Mazzarello attraverso un esplicito e materno inter-
vento di Maria . Varie persone e tanti fatti .per un superiore progetto
dello Spirito Santo!
2. Coincidenze significative
Il progetto divinò viene anche tessuto attraverso numerose condi-
zioni e situazioni umane , che hanno in sé una certa disposizione a una
eventuale convergenza. Noi troviamo somiglianze impressionanti tra
il primo Mornese e il primo Valdocco, che possono aiutare a capire
perché Maria Domenica abbia «simpatizzato» immediatamente con Don
Bòsco.
L'ambiente culturale di entrambi è quello dei semplici, poveri e la-
boriosi contadini piemontesi; tutti e due, Giovanni e Maria Domenica,
ognuno a suo modo , hanno un temperamento forte e realista, di gran-
de capacità attiva e di iniziativa, atto a influire sugli altri e a trascinar-
li, un intuito penetrante e un giudizio equilibrato e sicuro, un forte senso
del trascendente da esprimere nel! 'azione.
Entrambi hanno assimilato le concrete vi1iù popolari della gente con-
tadina, permeate di una saggezza cristiana maturata tra la zappa e il
martello , quasi che un simile patrimonio avesse avuto bisogno di esse-
re salvato per venire trasmesso più in là della fine di un 'epoca .
In tutti e due si vede crescere un amore di carità orientato verso
la predilezione della gioventù bisognosa. Don Bosco è rivolto a questa
- - - - - --,,..;··à-nei--segne-Ei-ei-111We-anni;_M · Domenica, do o essersi offerta al-
la Madonna a 18 anni, s'impegna nel catechismo delle fanciulle e e e
mamme , e a 25 anni, appena guarita, diviene l'anima del piccolo gruppo
delle Figlie dell ' Immacolata, che si dedica generosamente alle ragazze
povere.
L'intervento della Madonna, poi , è chiarissimo nei due casi. In par-
ticolare è interessante osservare che è sotto la sua protezione di Imma-
106

11.9 Page 109

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colata che si vanno preparando i primi membri delle due Congregazio-
ni dell ' Ausiliatrice. Don Bosco è il fondatore, il grande «patriarca» del
carisma salesiano suscitato nella Chiesa per la gioventù! Ma la sua opera
di fondazione dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice lascia am-
pi spazi d'intervento e di partecipazione attiva alla Mazzarello e alle
sue compagne.
3. Un largo margine alle iniziative mornesine
Don Bosco sapeva che le prime Figlie di Maria Immacolata, guida-
te da don Pestarino, possedevano una soda formazione spirituale che
risaliva alla scuola genovese del suo amico il teologo Frassinetti, che
tanto benefico influsso ebbe nella zona. Erano perciò un gruppo di gio-
vani , la cui impostazione di sequela del Cristo gli dava affidamento
per una adeguata incorporazione al suo proprio progetto carismatico .
Il primo contatto tra Maria Mazzarello e Don Bosco, il famoso 8 otto-
bre del 1864, ha lasciato il cuore della Mazzarello magneticamente
orientato, come una bussola, verso il santo Fondatore .
La presenza diretta di Don Bosco a Mornese negli anni di fonda-
zione però sarà piuttosto sporadica: ci andò una quindicina di volte .
Nei vari incontri, abbastanza limitati nella durata , egli si rendeva cer-
tamente conto con sollecitudine di tutto l'andamento della comunità in-
cipiente, faceva osservazioni occasionali anche su argomenti pratici,
ascoltava singolarmente le suore, faceva opportune conferenze forma-
tive alle novizie , alle professe e alle superiore. Non aveva tempo di
fermarsi molto, proprio perché era impegnato intensamente nella sua
opera di fondatore; stava assicurando nella Chiesa la permanenza del
suo patrimonio fondazionale.
Ad ogni modo , aveva trovato una maniera pratica ed efficace per
essere sempre presente a Mornese, in modo mediato ma assai valido ,
attraverso qualche sacerdote salesiano ben qualificato e scelto da lui
personalmente. Prima, con don Pestarino, tanto benemerito già dagli
inizi e dal 1862 pienamente incorporato allo spirito nuovo di Don Bo-
sco; e poi , dopo la morte di don Pestarino, soprattutto con don Gio-
vanni Cagliero, suo luogotenente con il titolo di «Direttore Generale»,
incarico che eserciterà per un lungo arco di tempo e con una peculiare
incidenza: aveva speciali doti, una ricca personalità e una totale ed en-
tusiasta fedeltà all'esperienza di Spirito Santo vissuta a Valdocco .
Don Bosco, quindi, non andò a vivere a Mornese per incominciare
a fare , con il gruppetto delle prime giovani, ciò che con tanta fatica
107

11.10 Page 110

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aveva già operato a Valdocco: formarsi i suoi primi discepoli. No; e
penso che sia per due motivi. Il primo, perché la sua «esperienza cari-
smatica» era ormai matura e riconosciuta autorevolmente dalla Chie-
sa, e poteva ben essere un sicuro punto di riferimento per un 'esperien-
za spirituale femminile , incipiente e pienamente affine , direi «consan-
guinea» ad essa.
Il secondo, perché aveva trovato provvidenzialmente quel gruppet-
to di giovani animate da Maria Domenica Mazzarello , fondato e pre-
parato non senza uno speciale intervento dello Spirito Santo (che tutto
aveva guidato e guidava), e perché era persuaso che tale gruppetto,
sotto la direzione di qualche suo valido e santo sacerdote, avrebbe sa-
puto , in modo originale e al femminile , assimilare nella santità e nel-
l'apostolato di servizio alle ragazze e alle giovani lo «spirito di Val-
docco».
C) IL PATRIMONIO SALESIANO
DI DON BOSCO FONDATORE
1. Il patrimonio carismatico comune delle origini: Valdocco
Dunque, proprio per poter parlare bene di Madre Mazzarello e ca-
pire il suo segreto più intimo e il suo lavoro di strutturazione dello spi-
rito di Mornese , è necessario rifarsi alla originale esperienza di Spiri-
to Santo iniziata e vissuta da Don Bosco . Nessuno potrà mai capire
«Mornese» senza «Valdocco».
Una simile affermazione risulta ancor più importante se pensiamo
che lo Spirito del Signore ha fatto incontrare la Mazzarello con Don
Bosco non perché tale avvenimento rimanesse un fatto episodico lega-
to al momento storico delle origini, ma piuttosto in vista di un progetto
aperto sul futuro , che vede loro due e i loro figli e figlie «vocazional-
mente uniti» e incamminati insieme sulle strade della storia nel servi-
zio a la gioventù pupufare--e-bisegn0s,a-,. - - - - - - - - - - - - - - - -
Affrontiamo, quindi , una riflessione particolarmente vitale proprio
per noi oggi. Vogliamo tentare con genuinità un sincero e oggettivo
esame della nostra mutua comunione nel patrimonio carismatico delle
origini , convinti che ciò assicura una maggior fedeltà nostra a Don Bo-
sco e a Madre Mazzarello .
·
Permettetemi perciò, care sorelle , alcuni brevi accenni al grande
108

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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centro di riferimento di tutta la nostra Famiglia spirituale che è il pa-
trimonio salesiano di Don Bosco, la sua esperienza dello Spirito (MR
11) o il suo carisma.
Ho già avuto l'opportunità di parlarvene il 20 aprile 1975, in occa-
sione del vostro Capitolo Generale XVI; qui lo faccio con un'altra ot-
tica, preoccupato di approfondire la vostra comunione e di cogliere l'or-
ganicità dello spirito di Mornese.
Faccio riferimento soprattutto a quella «esperienza» salesiana fon-
tale che è il «dono nuovo» di Valdocco. In passato tale «esperienza di
Spirito Santo» era designata globalmente con le formule pregnanti «spi-
rito di Don Bosco», «spirito di Valdocco» o «spirito salesiano». Tali
espressioni indicavano complessivamente i vari aspètti e le diverse com-
ponenti dell 'esperienza carismatica di Don Bosco fondatore . Alcuni stu-
diosi, oggi , preferiscono distinguere nella complessità della prassi vis-
suta dal Fondatore ciò che sarebbe «carisma» da ciò che sarebbe «spi-
rito»: sottolineando col primo termine l'iniziativa di Dio nei doni spe-
cifici dello Spirito Santo, e col secondo termine la risposta umana del
cuore e della mente del Fondatore con i vari aspetti ascetico-morali
e pedagogico-pastorali in cui ha saputo esprimerla.
Queste precisazioni concettuali, astrattamente chiare e in sé anche
utili, ci fanno correre il pericolo di presentare il nostro tradizionale
termine «spirito» (spirito di Don Bosco, o di Valdocco, o di Mornese)
con una significazione riduttiva, che non darebbe ragione deUa totalità
degli elementi oggettivi contenuti nella prassi vissuta. Per questo pre-
ferisco usare l'espressione ampia di patrimonio salesiano di Don Bo-
sco, piuttosto che qµella di «carisma» o di «spirito»; con essa, però,
intendo riferirmi a ciò che oggi sj chiama globalmente «carisma del
Fondatore». 2
2 Nei Documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II non si usa mai l'espressione
«carisma del fondatore»; se ne descrivono, sì , alcuni elementi ma si usa la terminologia:
«spirito dei fondatori », «ispirazione primitiva degli istituti", «lo spirito e la finalità pro-
pria dei fondatori », «particolare vocazi01ie de)l 'istituto», «indole propria», «ispirazione
primitiva degli istituti» (cf LG 45 ; PC 2 , 20.22; CD 33.35,1; 35 ,2 ; e anche Ecclesiae
sanctae II 16 ,3. Il testo da consultare è quello latino; purtroppo molte traduzioni sono
state affrettate e improprie).
Il primo uso ufficiale (nei Documenti del magistero) dell'espressione «Cilrisma dei
fondatori » lo troviamo nell ' Esortazione Apostolica Evangelica testificatio del papa Pao-
lo VI. In tale documento, rinnovarsi «secondo il carisma dei fondatori » significa mette-
re in pratica quanto dicono i Documenti conciliari riguardo alla fedeltà «allo spirito
dei fondatori, alle loro intenzioni evangeliche, all 'esempio della loro santità» (ET 11).
Un chiarimento autorevole dell 'espressione di Paolo VI «carisma dei fondatori» lo
109

12.2 Page 112

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2. A Valdocco: la fatica del «fondare»
Sappiamo che Don Bosco è stato suscitato da Dio per iniziare una
peculiare esperienza di santità e di apostolato a favore della gioventù.
Egli stesso aveva , ed è un caso singolare nella storia dei fondatori, una
chiara coscienza di essere stato chiamato a «fondare». La sua impresa
era delle più ardue. I fondatori di altri Istituti religiosi avevano trovato
collaboratori maturi per virtù, per scienza e per esperienza. Egli , in-
vece, dovette formarseli promuovendo e iniziando dei ragazzi. Ebbe ,
sì, uno straordinario collaboratore nel papa Pio IX , che chiamava «il
nostro Confondatore» (MB X, 6) , ma lo ebbe piuttosto come insepara-
bile guida nella chiarezza di un discernimento autorevole , nella origi-
nale determinazione della forma di vita della Congregazione, nel ma-
gnanimo progetto e nell'audacia di una multiforme Famiglia spiritua-
le , nella forza della costanza e nel coraggio dell'universalità . In quan-
to , però, alla modellazione pratica di un primo gruppo di discepoli fe-
deli che lo accompagnassero nell 'esperienza quotidiana, ha dovuto cer-
carseli ed educarli con lunga e paziente pedagogia: «Ho bisogno di rac-
cogliere giovanetti che mi vogliano seguitare nelle imprese dell 'Ora-
torio. Accettereste voi di essere miei aiutanti?» (MB III, 548-550).
In questa prolungata e geniale fatica pedagogica fu sorretto sempre
dalla profonda convinzione di adeguarsi a un esplicito progetto divino :
«Come si siano fatte le cose, io appena saprei dirvelo ... Questo io so,
che Dio lo voleva» (MB XII , 78). «Narrai al Papa tutte le cose che ora
paleso a voi. Nessun altro mai le seppe . Ma taluno potrà dire: Queste
cose tornano a gloria di Don Bosco. Niente affatto. A me tocca solo
di rendere un conto tremendo intorno a quello che avrò fatto nell 'a-
dempiere la volontà divina. Con questo disegno manifestatoci dal Si-
gnore io sono sempre andato avanti, e questo fu l'unico scopo di quan-
to finora operai . Questo è il motivo per cui nelle avversità, nelle per-
troviamo poi nel documento Mutuae relationes, dove si presenta una descrizione globa-
le della realcà di 1ale carisma. In essa convergono vari aspetti (sia nell ' ora fondaziona le
come nella susseguente tradizione genuinamente vissuta): «Un'esperienza dello Spirito,
trasmessa ai propri discepoli per essere da questtvissuta;-custod·i·t-a, approfondita-e..c-,,-~ -
stantemente svi luppata in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita», ciò «com-
porta anche uno stile particolare di santificazione e di apostolato, che stabilisce una sua
determinata tradizione in modo tale che se ne possono cogliere adeguatamente le varie
componenti» («eius obiectiva elementa»; MR 11 ).
Ecco perché non abbiamo voluto assumere una certa terminologia che potrebbe rin-
chiudere la visione del «carisma di Don Bosco» e dello «spirito di Mornese» in un ' ottica
riduttiva .
- --
110

12.3 Page 113

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secuzioni , in mezzo ai più grandi ostacoli non mi sono mai lasciato
intimorire ed il Signore fu sempre con noi» (MB VII, 664) .
Don Bosco, in un primo momento, aveva tentato di rifuggire dal
fare «il fondatore», ma dovette ricredersi; lo fece, sì, con tutte le sue
forze , ma per ubbidienza a un volere del Signore . Sappiamo che dis-
suase un certo don Allievi dal fondare una Congregazione (MB VII,
49) , perché non vedeva in quel caso sufficienti dati ed espliciti inviti
di ordine soprannaturale.
Per conto suo, avrebbe voluto entrare come rriembro in qualche Isti-
tuto religioso; non lo fece perché vide che non era quella la volontà
del Signore per lui. «La Vergine Maria .:..... assicurò egli stesso - mi
aveva indicato in visione il campo nel quale io doveva lavorare. Pos-
sedeva adunque il disegno di un piano, premeditato, completo, dal quale
non poteva e non voleva assolutamente staccarmi. [... ]Volli osservare
con maggior diligenza se già esistesse qualche Istituzione nella quale
io potessi aver la sicurezza di eseguire il mio mandato, ma non tardai
ad avvedermi che no. ·[... ] Questi furono i motivi che mi trattennero
dall'ascrivermi a qualche Ordine o Congregazione di religiosi. Quindi
ho finito collo starmene solo, ed invece di unirmi a soci già provati
[...] dovetti andare in cerca, secondo che mi era stato indicato nei so-
gni, di giovani compagni che io stesso doveva scegliere, istruire, e for-
mare» (MB III , 247).
Così Don Bosco è fondatore per profonda coscienza di docilità allo
Spirito; sa di adeguarsi a un disegno manifestatogli dal!' Alto. Sarà por-
tatore di un «dono nuovo», con cui egli abbellirà la Chiesa: questo è
il suo compito storico; in esso troviamo la sua originalità e la sua gran-
dezza.
3. La «unicità» del Fondatore
«Parlare della nostra "originalità carismatica" - ha scritto don Rie-
ceri - .non vuol dire assegnare a Don Bosco la genialità del pensatore
che scopre nuove dimensioni teologiche o antropologiche. [... ] Cer-
chiamo nel nostro Padre l'originalità del ''fondatore'' , ossia la sua fe-
conda e geniale collaborazione a quel dono che lo Spirito Santo depose
inizialmente nella sua persona per farlo crescere e diffondere nel mon-
do a salvezza della gioventù» (ACS 292, p. 10).
Noi andiamo constatando, col correre degli anni, che ci troviamo
di fronte a un Santo di eccezione, da cui è originata (oggi ormai pos-
siamo affermare ciò che ieri solo si intuiva) una «grande corrente spi-
rituale» nella Chiesa e, con la tradizione viva e la riflessione in atto,
111

12.4 Page 114

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sta delineandosi una «scuola vera e originale» di santificazione e di apo-
stolato.
Nella storia della Chiesa sono molte le fondazioni , ma sono pochis-
sime le vere correnti o scuole che permeano il mondo con un peculiare
soffio evangelico.
In questa prospettiva Don Bosco va giganteggiando nel tempo e il-
luminando la personalità dei santi della sua scuola (per es., santa Ma-
ria Domenica Mazzarello , san Domenico Savio, il beato Michele Rua,
ecc.) , così come illumina e guida tutta una crescente Famiglia spiri-
tuale, alla cui vista Paolo VI ha parlato giustamente di «fenomeno sa-
lesiano».
Gli aspetti della sua vigorosa personalità di fondatore , che ne de-
terminano la più chiara e assoluta unicità di iniziatore della sua «gran-
de corrente spirituale», si sprigionano da una scintilla prima, che è l'in-
tuizione geniale o il germe nuovo deposto dallo Spirito nel nucleo più
profondo della sua persona e che fa blocco con la sua esistenza e non
lo abbandona assolutamente più.
È, in Don Bosco, la folgorazione interiore di essere segno e porta-
tore dell'amore di Cristo ai giovani, descritta magnificamente nel suo
sogno dei nove anni . Tale scintilla di Spirito Santo (o germe nucleare
della sua personalità) sviluppa in lui alcune caratteristiche che ne sot-
tolineano l'unicità.
- Innanzitutto, un 'originalità specialei Don Bosco non ttova al-
tra strada per realizzare la sua vocazione se non quella di fondatore ;
si vede quasi forzato a dare inizio a una esperienza inedita di santifica-
zione e di apostolato , cioè a una rilettura del Vangelo e del mistero
di Cristo in chiave propria e personale, con speciale duttilità ai segni
dei tempi. Questa originalità comporta essenzialmente una «sintesi nuo-
va», equilibrata, armonica e a suo modo organica degli elementi co-
muni alla santità cristiana, dove le virtù e i mezzi di santificazione hanno
una propria collocazione, un dosaggio, una simmetria e una bellezza
che li caratterizzano .
-
-
-
-
- --
ne
~ -ln<JÙ/:e..,--un~~~
il livello, ma non la si
~pu~òa!<ilo~dr~ed~nz:tn.·i~afi~rc~iaa~red~ic~osa~nn~l~ati~tàs!a::-~nE~ti'2tdà~i~fdf~eicl~i~clea~nso~tan~bi~zi~zlia~r--: __ _ __
to non-fondatore (per es., con quella di un san Giuseppe Cafasso) . Ta-
le straordinarietà, che porta con sé anche novità precorritrici, attira
verso la persona del fondatore, la mette al centro di consensi e di con-
trasti , ne fa un «patriarca» e un «profeta»; mai un solitario , bensì un
catalizzatore e un portatore di futuro .
112

12.5 Page 115

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- Infine, un dinamismo generatore di posterità spirituale: se l'e-
sperienza di Spirito Santo non è trasmessa, recepita e poi vissuta, con-
servata, approfondita e sviluppata dai discepoli diretti del fondatore
e dei loro seguaci, non si ha carisma di fondazione. Questo rilievo è
fondamentale: Don Bosco ha avuto doni tutti suoi, che lo accompa-
gnarono fino alla morte e che hanno fatto della sua persona, per dispo-
sizione divina, un centro fecondo di attrazione e di irradiamento, un
«gigante dello spirito» (Pio Xl) che ha lasciato in eredità un ricco e
ben definito patrimonio spirituale .
Le note quindi di un fondatore, che non si riscontrano nei santi suoi
collaboratori e in altri santi (prescindendo dal loro grado di perfezione
nella carità), sono: una speciale originalità, una straordinarietà di ruo-
lo nella santità e una intensa capacità generatrice di posterità. Lo ve-
diamo assai chiaramente in Don Bosco.
4. Gli elementi costitutivi del patrimonio salesiano
Ora, il «dono nuovo» e il «disegno manifestato dal Signore» a Don
Bosco è stata un'esperienza spirituale e apostolica vissuta inizialmen-
te a Valdocco, cresciuta e precisata con gli anni , trapiantata con vitali-
tà in tante parti e convogliata poi nel fiume di una tradizione sufficien-
temente definita e organica. Ad essa si applicano perfettamente le pa-
role del documento della S. Sede sui rapporti tra i vescovi e i religiosi:
«Un 'esperienza dello Spirito, trasmessa ai propri discepoli per essere
da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata
in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita» (MR 11) . Tale
«patrimonio del Fondatore» si manifesta attraverso «uno stile partico-
lare di santificazione e di apostolato» , vissuto in «una sua determinata
tradizione» , che ci pennette di cogliere con adeguatezza e di indivi-
duare con oggettività le sue componenti.
Ma quali sarebbero le componenti o gli elementi costitutìvi della
originale esperienza di santificazione e di apostolato di Don Bosco?
Don Ricceri, nella circolare che ho sopra citato, ci assicura che il
Capitolo Generale Speciale dei Salesiani ha datò una risposta concreta
a tale domanda; e ci aiuta a enumerare le principali linee portanti del-
l'originalità carismatica e spirituale di Dort Bosco (ACS 272 , p. 10).
Le enunciamo semplicemente.
a) Innanzitutto, un modo originale di Alleanza con Dio per cui Don
Bosco appare come il «patriarca» di una nuova Famiglia spirituale. Si
113

12.6 Page 116

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tratta di percepire il mistero di Dio come di un Padre che ha speciali
iniziative verso di noi; saperlo contemplare e ascoltare nella fondazio-
ne di questa alleanza. Saper sperimentare la sua presenza nella sequela
del Cristo partendo da un'ottica originale che sottolinea in lui l'infinita
bontà, la gioia e la pace, l'instancabile preoccupazione di salvezza, la
profonda simpatia verso i piccoli e i poveri, l'ineffabile e indissolubile
unità in lui tra l'amore al Padre e la redenzione del mondo.
Non è facile definire la peculiarità di questa «alleanza»; bisogna piut-
tosto saperla percepire e descrivere attraverso la modalità concreta con
cui Don Bosco ha vissuto e manifestato le virtù dell'alleanza , ossia la
sua fede , la sua speranza e la sua carità! La prima componente della
sua «esperienza nello Spirito» è proprio questa originale iniziativa di
Dio incarnata in una «vita interiore teologale», animata e sorretta co-
stantemente dalla «grazia di unità» che permea vitalmente tra loro (nel-
la carità pastorale) l'amore verso Dio e l'amore del prossimo, caratte-
rizzati col dono della predilezione verso i giovani. 3
b) Una seconda componente è l 'invio da parte di Dio a partecipa-
re in Jorma attiva e specializzata alla missione della Chiesa. Si tratta
di un invio concreto che viene dal Padre attraverso Cristo e il suo Spi-
rito: «La missione non può mai consistere solo in un'attività di vita
esteriore: [... ] per sua natura la missione della Chiesa altro non è se
non la missione dello stesso Cristo continuata nella storia del mondo;
essa pertanto consiste principalmente nella compartecipazione al!'ob-
bedienza di Colui (cf Eb 5,8) che offrì se stesso al Padre per la vita
del mondo» (MR 15).
Noi sappiamo che, per Don Bosco, questa missione passa ininter-
rottamente attraverso il materno intervento di Maria che lo dirige in
forma preferenziale verso la gioventù bisognosa dei ceti popolari . Egli
è stato scelto per diventare l'amico dei giovani, la loro guida, il loro
padre e maestro; gli è stato assegnato uno spazio particolare nella Chiesa
come «missionario della gioventù», soprattutto quella povera e biso-
gnosa.
La componente della «missione» non si identifica direttamente con
l'azione esterna o con la prassi materìate--c!r mrchnarni-sm0-1:1-ma-ne.;....n.o.n_ _ _ _
sarebbe allora un elemento «carismatico»; è bensì il dono di un invio
autorevole che suscita nel cuore, con l'aiuto della vita interiore teolo-
gale , un atteggiamento tutto speciale di docilità e di obbedienza. Tale
3 Cf la strenna di quest'anno 1981: La vita interiore di Don Bosco, Roma.
114

12.7 Page 117

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atteggiamento illumina e nutre costantemente la coscienza di una pro-
pria funzione ministeriale nella Chiesa: essere «i segni e i portatori del-
l'amore di Dio ai giovani» (Cast. SDB 2), «lavorare tra la gioventù
per aiutarla a raggiungere la piena maturità in Cristo» (Cast. FMA 1).
c) Una terza componente è un determinato stile di mentalità e di
vita spirituale.
È il processo di adattamento delle doti umane, del temperamento,
delle fibre del cuore, dell'esperienza di convivenza, della creazione
di ambiente e del clima di vita realizzato, sotto la guida dello Spirito
Santo, dallo stesso Don Bosco per dare una risposta adeguata al dono
dell'alleanza e della missione ricevuta.
È una realtà complessa e ricchissima, difficile da definire e che si
trasmette vitalmente. Implica grande «bontà» con familiarità e simpa-
tia di comportamento: tra la gioventù «non basta amare», bisogna sa-
per farsi amare! Implica l'esercizio dell'«estasi dell'azione» secondo
il motto «lavoro e temperanza». Implica volontà di disciplina ascetica:
l'amorevolezza è impossibile senza una oculata mortificazione dei sensi
che assicuri lo splendore della purezza. Implica una visione ottimista
della realtà, ispirata all'umanesimo di san Francesco di Sales. Implica
coraggio ecclesiale e buon senso sociale per testimoniare una cattolici-
tà operosa, senza rispetto umano e senza estremismi ideologici . Impli-
ca zelo ardente e creativo per la salvezza della gioventù, secondo lo
stemma scelto da Don Bosco: «Da mihi animas, cetera tolle».
d) Un 'altra componente è il cosiddetto Sistema preventivo, ossia
un peculiare criterio e modo di fare apostolato tra i giovani . Per tra-
durre la «missione» ricevuta da Dio in una immediata «pastorale» pra-
tica, capace d'incarnarsi nelle varie situazioni storiche e nelle diffe-
renti culture, c'è bisogno di un insieme di atteggiamenti spirituali, di
criteri apostolici e di princìpi metodologici che ne guidino la prassi.
È ciò che ha saputo fare genialmente Don Bosco sotto un'assistenza
dello Spirito Santo così costante, da dover affermare che questo suo
progetto pedagogico-pastorale è parte integrante della sua «esperienza
dello Spirito».
Infatti esso non è semplicemente una formula programmata per il
funzionamento di un'opera, né un sistema di concetti per un trattato
di pedagogia, ma una «saggezza operativa» e una «criteriologia pasto-
rale» della mente e del cuore dell'educatore: evangelizzare educando
ed educare evangelizzando attraverso la ragione, la religione e l'amo-
revolezza!
115

12.8 Page 118

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A ragione il grande papa Paolo VI, alludendo ai valori permanenti
del Sistema Preventivo, ha detto: «I princìpi umani e cristiani nei quali
si basa la sapienza educatrice di Don Bosco portano in valori che
non invecchiano . Non è difficile scoprirne il segreto, giacché tale in-
comparabile esempio di umanesimo pedagogico cristiano ... affonda le
sue radici nel Vangelo». 4
e) Infine, un 'ultima componente da considqare è quella di una for-
ma peculiare di vita evangelica. Don Bosco ha scelto per i suoi Sale-
siani (e lo conferma poi anche più chiaramente con ciò che ha voluto
per le Figlie di Maria Ausiliatrice) la forma di vita religiosa, contras-
segnata da una priorità dell'obbedienza (in vista della missione) e da
una maniera «familiare» di vivere e di lavorare «insieme». Sappiamo
quanto è costato a Don Bosco questo progetto e come lo ha assicurato
pazientemente con la redazione e l'approvazione papale delle Costitu-
zioni.
L'essere «Congregazione religiosa» e non «Istituto secolare» o una
delle altre possibili Associazioni della Chiesa, non è un fatto spiritual-
mente indifferente per il gruppo interessato e, nel nostro caso, per tut-
ta la Famiglia salesiana; è al contrario, un elemento integrante e quali-
ficante l' «esperienza di Spirito Santo» vissuta e trasmessa dal Fondato-
re a quel determinato gruppo. Ciò influisce anche su tutta la Famiglia
spirituale del Fondatore in quanto attraverso tale gruppo le assicura
un centro dinamico e condensato di identità e di vitalità.
Don Bosco è stato ispirato dall'Alto a volere per noi una determi-
nata forma di vita evangelica, duttile e adattata ai tempi, agile e dispo-
nibile per la missione tra la gioventù, di armoniosa permeazione tra
autenticità religiosa e cittadinanza sociale, 5 tra fedeltà alla sequela del
Cristo e duttilità ai segni dei tempi, stabilendo nelle Costituzioni degli
elementi di «diritto spirituale», espressione anch'essi di un'ispirazione
carismatica. Infatti, nel mistero della Chiesa come «sacramento» di sal-
vezza, che è simultaneamente «Corpo di Cristo» e «Tempio dello Spi-
rito», non c'è opposizione tra «elementi istituzionali» e «valori carisma-
- - - - - -tic.~è_ · osto un interscambio vitale per cui si danno - nella no-
stra particolare «esperienza di Spirito Santo» - anc e eg 1 aspentts ·-
tuzionali che appartengono, di fatto, al carisma del Fondatore . .
' Discorso al PAS, 26 ottobre 1966.
' Vedere , per esempio, il sogno del Personaggio dai dieci diamanti , in ACS 300,
e più avanti pp. 131 - 141.
116

12.9 Page 119

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Così fa parte del patrimonio ereditato da Don Bosco fondatore, per
noi SDB e per voi FMA, anche uno speciale progetto comunitario di
vita evangelica.
Tutto questo era opportuno premettere per poter parlare con più
concretezza e profondità di ciò che ammiriamo e celebriamo come spe-
ciale opera di santa Maria Domenica Mazzarello, lo «spirito di Mor-
nese».
D) L'APPORTO ORIGINALE DI MADRE MAZZARELLO
1. Fondatore e Confondatrice. Due istituzioni «consanguinee»
Nel primo articolo delle vostre Costituzioni si afferma: «San Gio-
vanni Bosco ha fondato il nostro Istituto ... Santa Maria Domenica Maz-
zarello, partecipando in modo particolare e con fedeltà creativa al ca-
risma di fondazione, è divenuta nell'Istituto madre e confondatrice» .
Quale sia stato il compito fondazionale di Don Bosco per il vostro
Istituto e quale il ruolo di collaborazione di Madre Mazzarello lo pos-
siamo veder riassunto in una preziosa testimonianza lasciataci dal card.
Cagliero . «Incaricato da Don Bosco della direzione del nuovo Istituto
- afferma il Cagliero - dovevo sovente conferire con lui per avere
sicuro indirizzo nella formazione dello spirito religioso e morale delle
suore. Egli sempre amabile, mi tranquillizzava con dire: ''Tu conosci
lo spirito del nostro Oratorio, il nostro sistema preventivo ed il segreto
di farsi voler bene, ascoltare ed ubbidire dai giovani, amando tutti e
non mortificando nessuno, ed assistendoli giorno e notte con paterna
vigilanza, paziente carità e benignità costante. Orbene, questi requisiti
la buona Madre Mazzarello li possiede e quindi possiamo stare fidenti
nel governo dell'Istituto e nel governo delle suore. Essa non ha altro
da fare e altro non fa se non uniformarsi allo spirito, al sistema e carat-
tere proprio del nostro Oratorio, delle Costituzioni e deliberazioni sa-
lesiane; la loro Congregazione è pari alla nostra; ha lo stesso fine e
gli stessi mezzi , che essa inculca con l'esempio e con la parola alle
suore, le quali , alla loro volta, sul modello della Madre , più che supe-
riore , direttrici e maestre sono tenere madri verso le giovani edu-
cande''» .'
' Memoria storica del card. Cagliero scritta nel I9 I8 e conservata nell 'Archivio della
Casa generalizia delle FMA , citata da MACC. I, 274.
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12.10 Page 120

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Che bella e acuta testimonianza questa del card. Cagliero! In essa
si percepisce chiaramente che Don Bosco è fondatore anche dell'Isti-
tuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che la sua esperienza carismati-
ca si allarga in tale direzione e che l 'esperiénza di Madre Mazzarello
è tutta illuminata e polarizzata verso quella del Fondatore, verso il «pa-
trimonio salesiano» che essa vive ed esprime fecondamente al femminile.
E possiamo qui evidenziare anche un altro aspetto, certamente de-
licato ma assai importante.
La fondazione dell 'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice non
riguarda unicamente la vita indipendente del medesimo in un futuro
a stante; ma concerne pure il suo inserimento nel progetto carisma-
tico globale di Don Bosco: la sua Famiglia spirituale e apostolica, quella
che allora esisteva.
Don Bosco, infatti , ha vincolato intimamente l'Istituto con la sua
Congregazione, ne ha coinvolto il dinamismo apostolico e la progetta-
zione missionaria, ne ha aperto i servizi verso l'Associazione dei Coo-
peratori . 7
' Le prime Costituzioni dell'Istituto portavano significativamente questo titolo: Re-
gole o Costituzioni per le Figlie di Maria Ausiliatrice aggregate alla Società Salesiana
(Torino 1885; Cronist. III , 431ss). Nella prefazione , poi, Don Bosco concludendo una
lista di intenzioni scrive: «Pregate altresì per la Pia Società Salesiana alla quale siete
aggregate , e non vogliate dimenticarvi di me che vi desidero ogni felicità» (ivi, 432) .
Sappiamo bene quanto madre Daghero e don Rua e tutti si preoccupassero e soffris-
sero per una retta applicazione del famoso decreto Norma e secundum quas del 1901 ,
perché , se si era obbligati a cambiare la forma giuridica di aggregazione , nessuno in
Famiglia voleva che questo incidesse sulla realtà fondazionale e spirituale della profon-
da comunione salesiana (cf CAPETTI G., Il cammino del/ 'Istituto nel corso di un secolo
II , 202ss, FMA , Roma 1973). Il decreto esigeva la separazione degli Istituti femminili
di voti semplici dalle rispettive Congregazioni maschili.
Più tardi , un decreto del 19 giugno 191 7, con cui la S. Sede nominava il Rettor
Maggiore dei SDB (pro tempore) Delegato Apostolico per le FMA , reintroduceva un
qualche legame giuridico che, salvando l'autonomia propria dell ' Istituto, ne richiamava
la vincolazione spirituale (cf ivi, III , 115ss). Ciò avvenne in seguito alla supplica rivolta
dal card. Cagliero al papa Benedetto XV , il quale , benignamente annuendo , stabilì e
decretò che il Rettor Maggiore fosse nominato Delegato Apostolico per un quinquen-
nio. Il decreto venne rinnovato alle successive regolali scadenze,-fine-a~uaAàQ,-CG,.s_ _ _ _ __
altro decreto del 24 aprile 1940 , tali facoltà del Rettor Maggiore furono incluse nell'e-
lenco dei Privilegi Salesiani concessi da Pio XII .
Le forme giuridiche possono ben cambiare. Ciò che conta è la nostra fedeltà alle
origini e l' impegno reale di crescita nella mutua comunione di spirito e di missione.
Don Albera commentava la sua nomina a primo Delegato: «Cammineremo così in-
sieme, in modo che le nostre menti e i nostri cuori , uniti a Don Bosco, ci aiutino a rag-
giungere lo scopo a cui eg li mirava per i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice».
118

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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Egli era stato ispirato dall 'Alto non solo a fondare la Congregazio-
ne dei SDB e l 'Istituto delle FMA perché avessero uno sviluppo e una
storia autonomi, ma a fondarli perché fossero vocazionalmente, spiri-
tualmente e apostolicamente consanguinei, membri di una stessa Fa-
miglia salesiana, per percorrere in solidarietà di spirito e di missione
le strade del futuro nel servizio alla gioventù.
Ha voluto, perciò, che il vostro Istituto trovasse una fonte di unità,
di sostegno e di animazione nella Congregazione dei SDB da lui espli-
citamente fondata sui doni e sulle fun zioni del ministero sacerdotale.
Non pensiamo, per carità, a far affiorare nessun genere di dipen-
denza : «La loro Congregazione è pari alla nostra»; pensiamo piuttosto
alla realtà e all 'importanza della comunione: «Ha lo stesso fine e gli
stessi mezzi ... del sistema e carattere proprio del nostro Oratorio». Ie-
ri la nostra mutua comunione si esprimeva con una determinata moda-
lità giuridica; oggi la forma giuridica è un 'altra, più in consonanza con
la promozione sociale ed ecclesiale della donna. Ciò che importa è evi-
denziare che un fedele sguardo alle origini ci interpella profondamen-
te su una nostra maggiore sensibilità di Famiglia.
2. Madre Mazzarello entra nella «costellazione» delle origini
Risulta davvero arricchente approfondire la figura di Madre Maz-
zarello, non in modo isolato e quasi a sé stante, ma situandola nel gran
quadro di riferimento del «patrimonio salesiano» di Don Bosco fonda-
tore. Dobbiamo guardare non solo alle sue virtù e meriti personali,
ma al posto provvidenziale che occupa nell'ora della fondazione, e met-
terla in relazione anche con la globalità delle ricchezze spirituali e apo-
stoliche di tutta la nostra grande Famiglia.
D'altra parte, nell'ora di fondazione non c'è solo Don Bosco, an-
che se egli rimane fortemente al centro, con la sua unicità, come attore
principale. Per capire e valutare meglio lui stesso e il dono polivalente
affidatogli dallo Spirito, bisogna far riferimento anche (l 'abbiamo già
accennato) a mamma Margherita, a don Cafasso, a Pio IX, a Madre
Mazzarello, a don Rua, a don Pestarino, ecc. Intorno a Don Bosco si
muovono, nell'ora della fondazione , alcune persone di Spirito Santo
Madre Daghero , dal canto suo , in una apposita lettera-circolare che palesava tutta
la sua gioia, rifaceva un po ' la storia dell ' Istituto, la sua dimensione mariana e ricordava
che Don Bosco, appunto per ispirazione di Maria , aveva voluto l'Istituto fin dagli inizi
«con lo stesso spirito e l' identica missione della Società Salesiana» (ivi , III, I 19-120).
119

13.2 Page 122

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e un tessuto provvidenziale di eventi che collaborano nel dare origine
al suo grande patrimonio carismatico .
Certo: rimane vero e centrale quanto dicevamo sopra. Tutte queste
figure, in ordine al progetto divino sul carisma del Fondatore, sono
dome satelliti che lo circondano e l'accompagnano, lo consigliano o
lo coadiuvano, ma non lo determinano in modo sostanziale. L'autore,
infatti, del carisma è lo stesso Spirito del Signore , che ha acceso la
scintilla del tutto proprio nell'intimità del cuore di Don Bosco.
Ad ogni modo dobbiamo riconoscere che, da questo punto di vista ,
c'è per noi ancora molto da meditare e da ricercare per prendere giu-
sta visione di tutto il disegno di Dio sulla nostra comune vocazione.
Segnalo alcune piste per tale ulteriore riflessione.
Finora si è prevalentemente insistito su ognuna di queste figure quasi
per se stessa, in considerazione della personale bontà e attività di cia-
scuna in riferimento alla propria Congregazione o Istituto. Se le guar-
diamo dall 'ottica più vasta del comune «patrimonio salesiano» e nella
più ampia prospettiva della Famiglia di Don Bosco, ne risulta ampliata
e meglio identificata la figura storica di ognuno di essi e anche quella
dello stesso nostro Fondatore .
In particolare, Madre Mazzarello ci viene a mostrare come il cari-
sma salesiano si è esteso adeguatamente nel mondo femminile . Il suo
ruolo proprio è stato specialmente quello di collaborare a creare la «sa-
lesianità religiosa femminile»; e così essa è divenuta lo strumento del-
lo Spirito Santo per allargare l'esperienza carismatica salesiana a be-
neficio anche della gioventù femminile .
3. La luce propria di Madre Mazzarello
La celebrazione di questo centenario ci offre un'occasione straor-
dinaria per contemplare lo specifico e importante ruolo di collabora-
zione fondazionale di Madre Mazzarello come «prima e tipica religio-
sa salesiana» nella nostra famiglia e come attiva çonfondatrice dell 'I-
stituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
- - - - - ----S'=enz-a-àu0-0-ie-i-I--s-u1+rem0-A.utore....c
tro comune carisma è lo
Spirito Santo ; è lui che ha ordito il tessuto e ha dotato ogni collabora-
tore delle qualità necessarie per realizzare con esattezza il ruolo com-
plementare a lui assegnato .
In quanto al vostro Istituto, il sostanziale intervento di Don Bosco
nella sua fondazione non solo «non ha fatto violenza al piccolo germe
che lo Spirito aveva suscitato in Mornese per opera della Mazzarel-
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13.3 Page 123

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lo ,8 ma ha lasciato esplicitamente più che sufficiente spazio per gli ap-
porti della sua creatività.
Il biografo della Santa conferma questa affermazione asserendo che
Maria Domenica, prima ancora di incontrare Don Bosco, «aveva già
per impulso divino, sempre sentita e dimostrata una chiara inclinazio-
ne a occuparsi delle fanciulle; ancora giovane nel suo mondo aveva
aperto un laboratorio modello per giovanette e fondato un fiorente ora-
torio festivo senza avere esperienza e forse neppure conoscenza, o al-
meno avendone poca, di laboratori e di oratori ; in casa Maccagno in-
sieme con la buona e mite Petronilla aveva già il minuscolo ospizio;
nella casa dell'Immacolata aveva accolto altre fanciulle, e si erano unite
a lei per coadiuvarla alcune sue compagne e l'avevano eletta superio-
ra. Quindi la Mazzarello era già a capo di una comunità quando co-
nobbe Don Bosco. Il germe della vocazione pedagogica che Dio le aveva
infuso era già, a sua stessa insaputa, molto sviluppato e maturo per
grandi frutti . Infatti - conclude - quando conobbe Don Bosco, i suoi
programmi e il suo metodo, trovò che tutto ciò corrispondeva piena-
mente ai suoi sentimenti ; e si era subito sentita presa da vivo trasporto
per assecondare in tutto il santo sacerdote nel bene» (MACC. I, 239).
Comprendiamo da questo come quella «naturale attitudine» di Ma-
ria Domenica, constatata dalle due suore di Sant' Anna (mandate da Don
Bosco per aiutare ad avviare la nuova fondazione) , di plasmare il na-
scente Istituto con lo spirito del Fondatore (cf Cronist. II, 26) , quel
«felice studio di imitare in tutto Don Bosco» osservato dal Cagliero (Cro-
nist. Il, 106) non ha nulla del plagio di una ingenua contadinella. Era
l'adesione cosciente e libera alla interiore chiamata dello Spirito San-
to , che aveva trovato in Don Bosco e nel suo carisma la sua ultima
esplicitazione , il suo definitivo significato.
Inoltre Madre Mazzarello, in tale creativo e vitale impegno, porta
tutto il peso della sua ricca e forte personalità, della sua capacità d'ini-
ziativa, della sua intuizione, maturata sotto la guida saggia ed esigente
di don Pestarino (cf MACC. I, 29-30) . Più si studia il clima, l'ambien-
te , il tessuto delle origini a Mornese, più si scorge nitida l'impronta
lasciata dalla Mazzarello.
L'insieme di questi elementi, fusi armoniosamente nella sorgente
delle origini , costituisce ciò che si è bellamente chiamato «spirito di
' C. COLLI, Contributo di Don Bosco e di Madre Ma zzarello al carisma di fonda-
zione dell'Istituto delle FMA , FMA, Roma 1978 , p. 92 .
121

13.4 Page 124

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Mornese», che è l'apporto specifico della Mazzarello come confonda-
trice.
Dobbiamo anzi aggiungere che lo spirito di Mornese è tutto model-
lato sulla testimonianza viva di Madre Mazzarello; essa lo ha incarna-
to palpabilmente nella sua persona durante la sua breve vita di Figlia
di Maria Ausiliatrice, e lo ha portato alla pienezza di una fruttifera ere-
dità spirituale con la sua morte.
4. Il profondo significato della sua morte
Madre Mazzarello lasciò definitivamente Mornese il 4 febbraio
1879. Il suo è stato un atto magnanimo di distacco; vi tornò ancora,
come di passaggio , il 23 settembre dello stesso anno per la morte del-
1'amatissimo babbo . Pochi mesi dopo, il 12 aprile 1880, veniva messa
in vendita persino la storica prima casa delle FMA a Mornese.
a) Il tocco conclusivo dello «spirito di Mornese» (1879-1881)
Dal febbraio 1879 al maggio del 1881 trascorrono solo due anni
e pochi mesi, che non si qualificano nella storia dell 'Istituto per una
qualche novità spirituale desunta dalla sede geografica di Nizza Mon-
ferrato, ma per il trapianto sano e fecondo dell'albero di Mornese.
Questo biennio di vita della Madre aggiunge allo spirito di Morne-
se il collaudo del trapianto totale. Lo possiamo considerare come il
tocco conclusivo dello «spirito di Mornese», datogli dalla Mazzarello
con il gesto più maturo della sua umile creatività di «prima» Figlia di
Maria Ausiliatrice: la sua santa morte.
Questo tocco finale è insieme «gesto perfettivo» e «solenne testa-
mento».
Madre Mazzarello aveva una coscienza perspicua (illuminata dalla
sua profonda unione con Dio e sorretta dalle sicure prospettive di Don
Bosco) del suo ruolo tanto influente e fondante per l'avvenire dell 'Isti-
tuto . Perciò curava che l'esperienza emblematica dei primi anni, ossia
che lo «spirito di Mornese» divenisse un patrimonio ricco, pieno di lu-
- - - - - -..P.,e,e-r-i-wtati~o....e...c · · ivamente ti ico , come un modello autorevole
curato da Dio per la crescita dell 'Istituto . Ci sono a cune affe nrrarionr· - - - -
esplicite della Madre in cui traspare questa sua coscienza di «pietra fon-
damentale» del futuro grande edificio: «Se quel che dice Don Bosco
ha da avverarsi - diceva- , la nostra Congregazione è destinata a spar-
gersi per tutto il mondo ; si andrà fin anche nel! ' America; però sevo-
gliamo che si conservi in essa sempre lo stesso spirito e si faccia sempre
122

13.5 Page 125

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del gran bene , è necessario che noi, le prime della Congregazione, siamo
non solo virtuose , ma lo specchio nel quale, quelle che verranno dopo
di noi, abbiano a vedere risplendere il vero spirito dell'Istituto. Dob-
biamo vivere, operare, parlare in maniera che esse possano e debbano
dire: ''Che fervore vi era fra le nostre prime sorelle! Che osservan-
za! ... Che spirito di umiltà e di povertà! ... Che obbedienza! ... ''. Così
esse, seguendo il nostro esempio, potranno continuare a far vivere fra
loro il vero spirito dell'Istituto. Perché, dovete sapere che quando le
suore saranno poi tante e tante, difficilmente potranno avere il fervore
che possiamo avere noi adesso che siamo poche; moltiplicandosi le suore
e ingrandendosi la Congregazione, lo spirito per forza ne avrà a soffri-
re, e lo zelo e il fervore a poco a poco andranno diminuendo. Così
disse Don Bosco che successe in tante Congregazioni. Ma se noi, che
siamo le prime, incominciamo ad essere rilassate, se non amiamo, se
non pratichiamo l'umiltà e la povertà, se non osserviamo il silenzio,
se non viviamo unite al Signore, che faranno poi le ·altre?» (MACC.
I, 399-400).
Quanto sono santamente semplici ed espressive queste parole che,
mentre esalano il profumo di una vera umiltà (simpaticamente inge-
nua), manifestano il vivo senso di una missione storica ricevuta dalla
Provvidenza .
Ebbene, dicevamo che il tocco finale dell'ultimo biennio, dato dal-
la Madre allo spirito di Mornese, comportava innanzitutto un gesto per-
fettivo.
Si tratta di qualcosa che non è stato fatto a Mornese, ma che ne
completa e ne perfeziona i contenuti. È il senso profondo e vissuto della
propria disponibilità per il Regno e del distacco del proprio cuore as-
solutamente da tutto (anche da ciò che è umanamente più caro) per cui
si è aperti al trapianto: per andare a Nizza, in Francia, in America,
o in qualunque continente. Più ancora: è il dono di sé fino all'ultima
goccia, fino ali' oblazione vittimale della propria esistenza, fino a una
morte che sia espressione di amore e, quindi, che ha ancora il signifi-
cato di un gesto pregno di fecondità.
L'apertura di amore al trapianto, al distacco, alla morte viene così
inserita dalla Madre nello spirito di Mornese come suo modo perfetti-
vo e conclusivo. Quello di Mornese è, perciò , uno spirito che non solo
permea e fa maturare salesianamente la vita ricevuta, ma che inoltre
la effonde nella missione, fino a consentire di donarla in una morte
fatta pasqua.
La Mazzarello visse l'ultimo biennio lontano da Mornese quasi per
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13.6 Page 126

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completarne il patrimonio spirituale: pensò all'Istituto più che a se stes-
sa, visitò le prime case recentemente aperte , accompagnò le missiona-
rie ai porti spalancati sull'America, andò in Francia, si offerse vitti-
ma , si ammalò a St. Cyr (dove fu visitata tre volte da Don Bosco) e
rientrò a Nizza per il suo gesto supremo: il tutto come degno epilogo
al capolavoro dell'intera sua vita , lo spirito di Mornese.
b) Solenne testamento
Il decesso della Madre a Nizza sigla la sua opera di confondatrice
con la firma più autentica: quella di un solenne testamento! Solo la morte
ci ha potuto far scoprire a poco a poco tutto l 'apporto , originale e de-
terminante , della Mazzarello al «patrimonio salesiano». Anche per que-
sto tale morte è particolarmente significativa. Finalmente si è potuto
scoprire quale sia stata la sua missione storica!
Nella sua funzione di prima Superiora generale sembrava a tutti
che sarebbe stato meglio fosse vissuta di più ; invece la morte ci ha sve-
lato che come Confondatrice dell'Istituto aveva già svolto e compiuto
ottimamente il suo specifico ruolo .
A chi domandasse perché la Provvidenza ha disposto che gli anni
di Superiora generale di Madre Mazzarello fossero di una durata così
breve nel confronto di quelli di Madre Caterina Daghero che le succe-
dette e che durò in carica ben 43 anni, la principale e più immediata
risposta che si potrebbe dare è appunto questa: a lei è toccato come
compito la creazione e la maturazione definitiva dello «spirito di Mor-
nese» ; e questo era già definito e compiuto all 'aurora del 14 maggio
1881 .
Ecco la sua delicata e qualificata responsabilità di confondatrice.
5. Il ruolo del «con-fondare»
Il vero ruolo di confondatrice comincia nella Mazzarello propria-
mente quando è costituita responsabile del nascente Istituto. In quel
momento riceve come una investitura che impregna tutta la sua perso-
- - - - - --l'.lal-i-t-fl-e...l.e-e · ce un ruolo s ecifico, molto maggiore e più impor-
tante di quello di Superiora, anche se è intrinsecamente vmco mu-c,..,uTr1r1- - - -
esso.
L 'improvvisa morte di don Pestarino, il 15 maggio 1874, neppur
due anni dopo la vestizione e la prima professione, potrebbe essere letta
in simile chiave. Fu una morte sentita assai dolorosamente da Maria
Domenica e dalle compagne perché don Pestarino aveva avuto tanta
124

13.7 Page 127

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parte nella nascita e nella crescita della loro esperienza spirituale; e
ad umano avviso appariva una morte francamente prematura; ma la
distanza del tempo e l'ottica della fede ci fanno pensare che la scom-
parsa di don Pestarino è servita oggettivamente anche a mettere in luce
la parte di protagonismo svolta dalla Mazzarello nelle ore della fonda-
zione.
E qui potremmo citare, quasi a paradossale commento, quella sua
incredibile ma spiritualmente assai espressiva affermazione, quasi di-
rei, di ruolo: «Se anche, per un impossibile, don Pestarino lasciasse
Don Bosco, io resterei con Don Bosco! » (Cronist. Il , 106) .
Certamente, come abbiamo già detto , la Mazzarello ha sentito e vis-
suto coscientemente questa responsabilità. Noi oggi ammiriamo il suo
ruolo di confondazione come una missione sublime e un incarico glo-
rioso; ma essa lo ha svolto nella più genuina semplicità, quasi come
spontanea espressione di docilità allo Spirito, rivestendolo quotidiana-
mente e naturalmente della massima umiltà.
È curioso osservare oggi che, per un insieme di elementi , ma so-
prattutto per il naturalissimo atteggiamento di umiltà della Madre (qual-
cuno arriverà più tardi persino a dire che era «troppo umile» per voler
disimpegnare un simile ruolo) , si sia dovuto aspettare fino al processo
di beatificazione per conferirle appunto il titolo di «confondatrice»; ed
è da rimarcare che tale titolo è stato proposto non in casa (Superiore
e Superiori nostri), ma dai competenti della S. Sede che ne stavano
analizzando la vita e l'opera; anche se in quell'epoca al titolo non si
attribuiva la densità semantica evidenziata solo in seguito alle illumi-
nazioni del Vaticano II.
Don Ferdinando Maccono, che conosceva tanto a fondo la Madre
e che era il vicepostulatore della sua causa, aveva accolto con esultan-
za la proposta fatta da Roma, che però venne in un primo tempo frena-
ta. Solo il 20 novembre 1935 (e non senza posteriori polemiche) rima-
neva approvato definitivamente dal papa Pio XI che alla «Serva di Dio»
corrispondeva veramente «il titolo di confondatrice» dell ' Istituto delle
FMA.
È un titolo il cui significato concreto non può essere univoco per
ognuno dei casi in cui si applica (Benedetto e Scolastica , Francesco
d ' Assisi e Chiara, Vincenzo de' Paoli e la Marillac, Francesco di Sa-
les e la Chantal , ecc.), ma deve venir precisato volta per volta, secon-
do l'attuazione storica della persona a cui si applica, leggendolo evi-
dentemente come correlativo al rispettivo fondatore perché si tratta,
in effetti, di una con-fondazione. E nel nostro caso la storia lo illumina
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13.8 Page 128

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nella prospettiva di un Istituto «incorporato» o «aggregato» (i termini
sono di Don Bosco) a una Famiglia spirituale comprendente, allora,
la Congregazione salesiana e i Cooperatori.•
Non c'è bisogno che io stia qui a enumerarvi i vari argomenti che
confermano la validità del titolo; lasciatemi solo citare un brano di una
lettera inedita di don Maccono scritta da Nizza il 22 marzo 1935 all'al-
lora nostro Procuratore presso la S. Sede don Tomasetti: «Mi permet-
ta di manifestarle interamente il mio pensiero [...]. Chi legge attenta-
mente la vita della Mazzarello vede che[ ... ] il fondatore è Don Bosco :
d'accordo; ma chi preparò le future religiose, chi le formò, chi le in-
dusse ad aver caro il sacrifizio ed amare anche la fame - poverissi-
me, anzi miserabili come erano - , chi le sostenne nei momenti più
difficili mentre tutto pareva crollare, fu la Mazzarello. Don Bosco, per
l'indole sua, per evitare dicerie e contrasti con la Curia di Torino, ecc . ,
visitò poche volte Mornese (una quindicina di volte in tutto) [.. .]. Chi
faceva , era la Mazzarello.
Vi era Don Cagliero, Don Costamagna; ma tutti e due dopo la morte
di Don Pestarino. Hanno tutti e due grandi meriti; ma, in confidenza ,
Le faccio osservare che erano di carattere ben diverso dalla Mazzarel-
lo e da Don Pestarino, specialmente Don Costamagna; e che si deve
proprio alla virtù, alla prudenza eccezionale della Mazzarello se le co-
se andavano e andarono bene . Ella era forte nel fare le sue osservazio-
ni , e per prudenza cedeva sempre, anche quando vedeva che i due pren-
devano deliberazioni sbagliate (e siccome erano tutti e due umili e ret-
ti, lo confessarono poi essi stessi); il governo dell'Istituto quindi era
reso alla Mazzarello anche più difficile; le sarebbe stato molto più fa-
cile se avesse solamente dovuto trattare con Don Bosco e Don Pestarino.
Nella Vita della Mazzarello questo non lo dico apertamente, per
evitare ammirazioni ... ; ma sto sempre alla verità , e un lettore attento
vede quante difficoltà ha saputo superare la Mazzarello con la sua eroica
prudenza, col suo eroico dominio di se stessa, con la sua faccia ·sem-
pre lieta e sorridente per il suo eroismo di virtù.
Ora per tutto questo e per altri motivi , io per me sono convinto che
la M elio merita il titolo di confondatrice». '0
Dunque: la morte della Santa è stata, a una par -e;-unLD-cco-fina-le-- - - -
allo spirito di Mornese come gesto perfettivo dei suoi contenuti perché
divenissero trapiantabili dovunque e sempre; e, dall 'altra , ha tolto il
' Cf la precedente nota 7.
" Dall ' Archivio Salesiano Centrale, Casa generalizia SDB, Roma .
126

13.9 Page 129

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velo sull 'apporto personale, tanto caratterizzante e significativo, della
Mazzarello nell'ora della fondazione.
Il patrimonio centrale di tale apporto è quello «spirito di Mornese»
che costituirà per sempre il sangue vivificatore del vostro fiorente Isti-
tuto .
E) LO SPIRITO DI MORNESE
È certamente assai delicato affrontare in poche pagine il tema tanto
vitale e complesso dello spirito di Mornese. Le sue note caratteristiche
sono parecchie: non è possibile entrare ad analizzarle una per una , e
non è facile discernere i nessi che le legano l'una con l'altra fino a com-
porre un tutto armonico e vitale.
Vorrei, perciò, limitare la nostra riflessione, che si è venuta svi-
luppando al di dentro di una visione globale del «patrimonio salesia-
no», a individuare alcune linee portanti che facciano percepire i linea-
menti del volto spirituale della Figlia di Maria Ausiliatrice nella fami-
glia di Don Bosco .
Mi sembra questa la forma migliore di celebrare la memoria della
morte di Madre Mazzarello: fissarne le fattezze che permangono flori-
de e limpide nella tradizione viva.
Mi rifaccio un po' a quanto ho predicato io stesso alle Ispettrici tre
anni fa . 1 1 E inoltre terrò presente il sogno del Personaggio dai dieci
diamanti, di cui lei, reverenda Madre, alcuni mesi fa mi ha voluto ri-
cordare la ricorrenza centenaria (nel prossimo settembre) affinché ne
facessi un ricordo o un commento. Mi sono dedicato a studiarlo 12 e
penso che qualche luce potrà gettare anche qui , ora , su questo tipo di
riflessione che vi offro circa lo spirito di Mornese.
1. Due difficoltà da superare
Quando mi dedicai a preparare le conferenze alle Ispettrici, arriva-
to al tema dello «spirito di Mornese» si sono presentate alla mia mente
due grosse difficoltà: la prima consisteva nel fatto che la descrizione
corrente di tale spirito mi sembrava rispecchiasse una situazione cui-
11 Cf E. VIGANÒ, Non secondo la carne, ma nello Spirito, FMA , Roma 1978, pp.
101-124 .
12 Cf ACS 300. Ve ne raccomando la lettura'
127

13.10 Page 130

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turale e religiosa ormai superata; la seconda, che in un primo momen-
to non mi apparivano chiare le linee fisionomiche attraenti, indicanti
una bella personalità spirituale; mi pareva di vedervi piuttosto un in- .
sieme, magari eroico, di pratiche ascetico-morali che, oggi, poteva an-
che scoraggiare.
Però era solo una prima impressione, simile a quella nebbia mattu-
tina che sparisce con l'alzarsi del sole .
È pacifico che, nel divenire del tempo , nessuna istituzione (neppu-
re la Chiesa) vive più secondo il tipo culturale delle origini : l'ora pri-
ma rimane emblematica e i suoi eroismi costituiscono per sempre un
ideale trascinante.
Lo stile di vita in Mornese , poi , era anche il riflesso di un «eroi-
smo» imposto da sitµazioni crudeli e da un tipo di povertà e di mortali-
tà che non era raro in tanti paesi depressi non solo del Piemonte . Sa-
rebbe antievangelico voler ripristinare oggi una simile situazione. An-
che le modalità di ascesi a Mornese ubbidivano a canoni locali e del-
1'epoca, ormai certamente superati.
A nessuno viene in mente oggi di esigere lo stesso tipo· di orario,
di cibo, di formazione, ecc. Bisogna saper individuare nella prassi di
allora i valori permanenti da riattualizzare alla luce del Vaticano II,
rivivendoli e riesprimendoli nelle forme culturali e religioso-ecclesiali
di oggi secondo le differenze culturali e di situazione delle case, assi-
curando la perfetta aderenza all 'ascesi cristiana e alla più genuina tra-
dizione salesiana.
Se non si fa qut,:sto sforzo di reinterpretazione e di «riacculturazio-
ne» , care Superiore, Ispettrici e Direttrici, c'è il pericolo (non imma-
ginario purtroppo) di creare false idealizzazioni, conflitti di coscienza
e, soprattutto, di presentare lo spirito di Mornese non già come quel-
l'ideale simpatico ed entusiasmante che caratterizza ogni FMA, ma quasi
come uno spauracchio da caverna ascetica .
Per fortuna chi è vissuto a Mornese in quei tempi ci ha descritto
esperienzialmente il trascorrere delle giornate con pagine immortali,
ci ha parlato di «paradiso», e ci ha fatto percepire un «clima penteco-
- - - - - - -s-t-al.e>>-,G-i--1:ia-gr.idato____con__gioia : «Come era bella la vita!» (Madre E.
Sorbone).
Di fronte a simili testimonianze le differenze culturali tra ieri e og-
gi divengono trasparenti . Per me non è stato difficile individuare e am-
mirare i grandi valori , semplici e potenti, dello ~pirito di Mornese, che
devono permanere non solo oggi , ma sempre nel vostro Istituto ..
Quando predicai alle Ispettrici ho anche cercato di risolvere la
128

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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seconda difficoltà, strutturando le linee portanti dell 'eredità mornesi-
na intorno a due centri d ' interesse: «l 'aspetto mistico» che racchiude
l'entusiasmo della vocazione, e «l'aspetto ascetico» che descrive una
pedagogia di fedeltà. E dicevo loro: «Ho voluto insistere prima sull 'a-
spetto mistico perché penso che forse si è calcato troppo la mano sullo
stile fortemente ascetico che maggiormente impressiona alla prima let-
tura. Ma l'ascesi cristiana è un frutto; bisogna stare attenti, è frutto
di una convinta ed entusiastica unione con Dio!». 13
Oggi, dopo lo studio del sogno del Personaggio dai dieci diamanti ,
mi accorgo che quei due centri di interesse possono essere approfondi-
ti , precisati e completati autorevolmente in forma più chiara e quasi
scultorea. È ciò che cercherò di fare ora.
2. Un presupposto: Don Bosco è centro di riferimento
Nello spirito di Mornese c'è anzitutto un dato centrale, ribadito con-
tinuamente dalla Mazzarello , che costituisce un po' il presupposto , l'at-
mosfera e la struttura organica in cui inserire tutto l'insieme delle va-
rie note: è il «patrimonio salesiano!». Don Bosco appare come un cen-
tro catalizzatore che attira tutti gli elementi costitutivi dello spirito di
Mornese e dà loro una fisionomia e una consistenza.
Si è detto che a Mornese la Mazzarello e le sue compagne sono
state capaci di tradurre al femminile il «dono nuovo» dato dallo Spirito
a Don Bosco . È vero , ma l'opera della Mazzarello con le sue compa-
gne è molto di più di una «traduzione».
Oggi si parla molto di «inculturazione» e in certe situazioni , per
esempio in Africa, se ne scoprono le particolari difficoltà e la vastità
di fondo. Ebbene, la creazione della «salesianità femminile» per opera
della Mazzarello si avvicina di più al complicato travaglio di un pro-
cesso di inculturazione che a quello assai più semplice di traduzione .
A Mornese, infatti, si trattò di vivere e di esprimere con cuore e
stile di donna
- sia l'originalità salesiana di Alleanza con Dio attraverso una vi-
ta interiore di Fede, Speranza e Carità catalizzate dal dono di predile-
zione verso la gioventù;
- sia la partecipazione attiva alla Missione della Chiesa con una
coscienza viva dell'invio ricevuto da Dio per una specializzazione apo-
stolica a favore della gioventù bisognosa;
" E. VIGAN Ò , Non secondo la carne , l 13 .
129

14.2 Page 132

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- sia lo Stile di vita spirituale creato da Don Bosco a Valdocco
(= «un tipico modo ascetico-mistico salesiano») con le sue svariate e
significative note;
- sia il Sistema preventivo come saggezza operativa o criteriolo-
gia pastorale nella maniera di realizzare la missione;
- sia, infine, la Forma peculiare di vita evangelica secondo una
chiara e concreta scelta religiosa, in una congregazione duttile e adat-
tata ai tempi.
La complessità di questi differenti aspetti fa vedere la delicata va-
stità e le non lievi difficoltà del lavoro realizzato. Il cosiddetto «spirito
di Mornese» è stato impegnato in ciascuno di questi aspetti: è difficile
e pericoloso delimitarlo con qualche schema aprioristico.
Abbiamo detto che lo spirito di Mornese è opera della Mazzarello
con le compagne. Ma tale spirito si riferisce in tutto, come a faro illu-
minante, a fonte ispiratrice e a polo a cui tendere, al «patrimonio sale-
siano» di Don Bosco .
Anche oggi, come ieri alle origini , come sempre nel futuro, lo spi-
rito di Mornese dovrà coltivare, per essere autentico , questo valore
centrale: l'attrattiva, la conoscenza, l'assimilazione, la riattualizzazione
del «patrimonio salesiano» di Don Bosco!
Assicurato questo presupposto, possiamo individuare le note salienti
che lo caratterizzano per poi tentarne una lettura un po ' più organica
e dinamica.
3. Le note salienti dello spirito di Mornese
Quali sono le sue caratteristiche?
Enumeriamo le principali con un certo ordine, ma senza troppe
preoccupazioni, in questo momento, di una loro strutturazione organica:
a) Innanzitutto : spirito di f ede; pietà fervente, semplice, pratica;
costante cura dell'unione con Dio; fervore per l'Eucaristia; certezza
nell ' aiuto della Provvidenza; vivo senso del paradiso; speciale devo-
- - - - - --z=.1,.,o~n~ec-=a-11·a Macto1111F,7r"San- Ehusep-pe-e-all-'-A-ng©-l0-cus t.od.____ _ _ _ _ __
b) In secondo luogo: energica rottura con i gusti mondani; intima
e coraggiosa partecipazione alla croce di Cristo; eroica povertà e sen-
so di mortificazione; delicata e splendida purezza in un continuo eser-
cizio del dominio di nella sensibilità e nel cuore; forte abnegazione;
permanente temperanza;
130

14.3 Page 133

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c) Inoltre: semplicità di vita; buon senso ed equilibrio di giudizio;
una spontanea predilezione per l'umiltà; un lavoro incessante e gioio-
so che dà un tono spartano ad ogni giornata; spirito di famiglia con
facile comunione fraterna; convivenza in santa letizia; istintiva e co-
sciente corresponsabilità; grande obbedienza e senso del dovere; am-
mirevole esercizio dell'autorità religiosa, partecipata comunitariamente
e sostenuta da cordiale fiducia; filiale rispetto per Don Bosco e i supe-
riori.
d) E poi : zelo ardente per la salvezza delle giovani nello spirito
del sistema preventivo; amore materno, ad un tempo tenero e forte;
amore imparziale che sa adattarsi alle debolezze di ciascuna; disponi-
bilità missionaria insieme a un generoso senso di Chiesa; devota ade-
sione al Papa e ai vescovi ; magnanimità nelle iniziative apostoliche as-
sumendo, anche con sacrificio, le esigenze di preparazione culturale
da esse richieste.
e) Infine: sincero attaccamento alla propria consacrazione religio-
sa; chiara ed entusiasta eoscienza della scelta fatta con la professione
e vivo senso d'appartenenza all 'Istituto; desiderio di conoscere, stima-
re e praticare le Costituzioni; ininterrotta preoccupazione e cura della
propria formazione e delle nuove vocazioni in continuo arrivo.
Tutto questo costituiva la grande ricchezza spirituale di quella po-
vera, piccola e giovanissima prima comunità di Mornese. In essa tutte
le suore contribuivano alla formazione e alla crescita del bene comu-
ne , ma chi ispirava e creava e incoraggiava e guidava e dava esempio
era Maria Domenica Mazzarello . Ella è insieme la principale creatrice
e il primo modello dello spirito di Mornese ; nella sua persona si ri-
specchiano, con forza esistenziale e viva , una per una tutte le note sa-
lienti sopra enumerate .
4. Le «fattezze fisionomiche» dello spirito di Mornese
a) Il sogno dei diamanti , letto in chiave «rinaldiana»
E ora permettetemi un tentativo curioso: provare a tracciarvi i li-
neamenti del volto salesiano incarnato e abbellito nello spirito di Mor-
nese. La spinta a tentare una simile prova me l'ha data lei, Reverenda
Madre. Infatti mi verrà in aiuto qui, come insinuavo sopra, il sogno
del Personaggio dai dieci diamanti, letto in chiave «rinaldiana», ossia
131

14.4 Page 134

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secondo l'acuta e penetrante spiegazione che ne ha fatto don Filippo
Rinaldi , terzo successore di Don Bosco.
Noi ci fermiamo alla prima scena del sogno. Lo facciamo per ten-
tare d'avere una visione più organica dello spirito di Mornese.
È importante poter abbozzare questa visione più organica perché
l'originalità e l'indole propria di una vita spirituale non sta tanto nel-
1'elenco delle sue note: esse, infatti, comportano delle virtù che sono
sostanzialmente uguali in tutti gli impegni di santità; sta piuttosto nella
loro disposizione, nella loro simmetria e armonia globale, nei loro mutui
legami e in certe sottolineature che ne costituiscono la fisionomia spe-
cifica.
I diamanti del sogno indicano le note salienti della vita spirituale
salesiana: non stanno a designare propriamente una lista di «virtù», ma
piuttosto gli atteggiamenti e i valori esistenziali che caratterizzano uno
stile concreto di vita.
Prima di spiegare i contenuti dei singoli diamanti (cinque sulla par-
te anteriore: Fede, Speranza, Carità, Lavoro e Temperanza ; e gli altri
cinque sul dorso del manto: Obbedienza, Povertà, Premio , Castità, Di-
giuno), don Rinaldi sottolineava nella visione: innanzitutto il «Perso-
naggio» con il manto, come un tutto ; poi la sua «posizione frontale»,
ossia il Personaggio visto di fronte o in faccia ; e poi la sua «prospetti-
va posteriore» , ossia il verso del manto.
Per don Rinaldi il Personaggio che porta il manto e in cui si unifi-
cano, come in un solo splendore, le luci di tutti i diamanti , è Don Bosco.
La sua posizione frontale con la peculiare disposizione dei cinque
diamanti sul petto e sulle spalle mostra il volto della vita spirituale sa-
lesiana, ossia quei lineamenti fisionomici che devono essere bene visi-
bili e apparire chiari a tutti.
E la sua prospettiva posteriore con la studiata disposizione degli
altri cinque diamanti descrive la nervatura, di per non immediata-
mente visibile (quindi da mantenere piuttosto riservata), che da tergo
infonde consistenza ed energia di costanza a tale vita; racchiude i se-
greti del vigore salesiano . 14
Ebbene: io direi che risulta assai suggestivo applicare questa tripli-
ce prospettiva del sogno a un tentativo dilettura orgamca detlo sptrtto.------
di Mornese .
" Cf il mi o commento in A CS 300.
132

14.5 Page 135

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b) Il Personaggio
Al centro, come personaggio che sostiene il tutto e a cui convergo-
no le linee portanti delle caratteristiche sopra elencate , c'è Don Bosco
con la sua affascinante esperienza nello Spirito. Ne abbiamo già fatto
cenno or ora; e quanto detto, anche se assai breve , è per noi , qui già
sufficiente.
Qual era la preoccupazione di fondo di Maria Domenica Mazzarel-
lo , delle sue giovani compagne e anche di don Pestarino a Mornese?
Guardare a Don Bosco! Essere totalmente coinvolte nel suo progetto
perché ispirato dall 'Alto.
Per incarnare nel nuovo Istituto tale esperienza nello Spirito e rive-
stirla delle doti , della bellezza e delle qualità femminili c 'era bisogno
di duttile creatività e di spirituale maternità, entrambe sature della mas-
sima e persino minuziosa docilità e fedeltà al Fondatore .
c) Lineamenti fisionomici
La disposizione dei cinque diamanti nella posizione frontale del man-
to ci aiuta a individuare le fattezze del volto salesiano delle Figlie di
Maria Ausiliatrice a Mornese.
Anzitutto il diamante del cuore: la Carità , nel suo duplice slancio:
verso il mistero di Dio e verso i bisogni della gioventù. Fervore di unio-
ne con Dio con l'intensità femminile della sposa; e zelo ardente per
la salvezza delle giovani con le finezze della madre: un cuore divergi-
ne sposa permeato dal dono materno della predilezione verso la gio-
ventù .
E poi sul petto, vicino al cuore, i diamanti della Fede e della Spe-
ranza: l'uno con la caratteristica di una permanente visione divina del-
la realtà e della vita sottolinea nello spirito di Mornese il clima sopran-
naturale e la profonda pietà; l'altro, indicando le ragioni della coscien-
za e della magnanimità nella progettazione apostolica , sottolinea che
lo spirito di Mornese è costruito sul fondamento di un sicuro aiuto dal-
1' Alto , soprattutto da parte dei due risuscitati: Cristo e Maria. Il Cristo
presente e fatto cibo nell'Eucaristia; Maria presente «in dolce atto d 'a-
more» come Ausiliatrice.
Questi primi tre diamanti mettono in luce l'assoluto primato di al-
cuni valori nello spirito di Mornese: quello dei dinamismi teologali («le
virtù dell'alleanza!») che permeano ogni atteggiamento della Figlia di
Maria Ausiliatrice e costituiscono il nucleo che dà personalità e brio
a tutta la sua vita spirituale .
133

14.6 Page 136

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La strenna di quest'anno ci ricorda precisamente che l'elemento di
maggior grandezza della Mazzarello è quello d'aver saputo imimte e
sviluppare in sé la vita interiore secondo l'originalità caratteristica di
Don Bosco.
Finalmente sulle spalle, ma davanti e bene in vista, i diamanti del
Lavoro e della Temperanza. Nel Personaggio del sogno questi due dia-
manti sono a sostenere tutto il manto. Don Bosco insisteva enorme-
mente su questo binomio «Lavoro e Temperanza»; esso farà fiorire le
nostre Congregazioni.
Più sopra ho voluto annoverare, tra i dati significativi del tessu'to
«prenatale» dello spirito di Mornese, due brevi consigli di Don Bosco
a Maria Domenica e alle Figlie dell'Immacolata: «Pregate pure, ma
fate del bene più che potete»; e il secondo punto dell'orario program-
ma del 1869: «Amore al lavoro; mi mantengo col sudore della mia
fronte!» .
Sono consigli decisamente caratterizzanti.
Il «lavoro» incessante fu certamente una delle note salienti della vi-
ta a Mornese; un lavoro accettato e spontaneo, impastato di amore e
di allegria , fatto con umiltà e serenità. Un lavoro arricchito femminil-
mente anche dalle preoccupazioni domestiche della cucina , della guar-
daroba e della pulizia della casa.
È interessante osservare come Don Bosco, quando tratta della pre-
ghiera con le sue suore in formazione a Mornese, quasi istintivamente
passa a far cenno del lavoro . Per lui , sappiamo, la pietà si esprime
nel lavoro disinteressato, sacrificato; e il lavoro, così come lui lo in-
tende, non è né concepibile né possibile senza una intensa e profonda
pietà: una pietà, però, che non si colloca a fianco del lavoro, ma che
lo penetra totalmente e gli dà il suo ultimo significato.
Poi, la «temperanza», ossia la misura in tutte le cose; la dobbiamo
vedere rispecchiata nella semplicità di vita, nel sano criterio o buon
senso, nello stile austero e insieme sereno di ogni giornata, mai fatto
di modi grossolani , ma abbellito sempre dalla gentilezza femminile,
dominio di sé e nel discernimento degli altri con acutezza e anche
con un po' di furba intuizione femminile .
Ecco: queste sottolineature «del volto» nello spirito di Mornese in-
dicano ciò che una Figlia di Maria Ausiliatrice deve saper «mettere in
vetrina», ciò che esprime la sua fisionomia sociale, ciò che rende sim-
patica alle giovani e a tutta la gente l'indole propria della vocazione
salesiana di Don Bosco .
134

14.7 Page 137

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d) La nervatura ascetico-religiosa
Infine, sul dorso, la nervatura del vigore e della costanza.
La disposizione dei cinque diamanti della parte posteriore del man-
to svela il segreto ascetico e religioso che assicura la possibilità e ani-
ma il vigore e la costanza della vita spirituale della Figlia di Maria Au-
siliatrice.
Vorrei notare subito che è soprattutto nel vasto ambito di una peda-
gogia ascetica che c bisogno di saper «tradurre al femminile», in for-
ma delicatamente adeguata e assai particolare, lo stile salesiano di Don
Bosco.
È qui che ha avuto una intuizione e una creatività tutta sua la Ma-
dre Mazzarello. Qualcosa di questo ci lascia intendere il biografo, for-
se senza volerlo , quando , facendo un confronto tra l'educazione rice-
vuta da Don Bosco e quella ricevuta dalla Mazzarello, afferma che l'u-
no , «come colui che doveva avere per i giovani e figli spirituali , non
solo affetto di padre, ma cuore di madre, era stato formato alla virtù
da una madre piissima, accorta e virile; Maria Mazzarello , invece, fu
formata alla virtù specialmente dal padre, come quella che, alla dol-
cezza propria della donna , doveva aggiungere la fermezza dell 'uomo ,
nell 'educare le fanciulle e dirigere le consorelle» (MACC. I, 6).
Tocca a voi , care sorelle, percepire e custodire tanti elementi più
particolarmente caratteristici della vostra eredità in questo campo: quelli
che ormai, dopo ben cento anni di vita vissuta e di tradizione collauda-
ta , possono considerarsi , diciamo così , autorevolmente confermati.
1) Il fulcro dell 'Obbedienza. Al centro del quadrilatero brilla l' ob-
bedienza, verso cui convergono gli altri raggi .
Se voi scorrete le conversazioni fatte da Don Bosco alle suore di
allora troverete che, nel loro insieme, mettono chiaramente in eviden-
za l'atteggiamento di allegra obbedienza. Dai criteri che egli dà a don
Pestarino per discernere quali dovranno essere le «pietre fondamenta-
li» dell 'Istituto(= «quelle che sono ubbidienti , anche nelle cose più
piccole») (MB X, 598) , fino all'ultimo ricordo che sul letto di morte
lascia alle sue Figlie («Ubbidienza. Praticarla e farla praticare,;; MB
XVIII , 502) , domina la priorità dell'obbedienza. Egli vuole che si dia
molto peso al! 'obbedienza religiosa (Cronist. II, 37) , poiché come il
sacco senza cucitura «lascia sfuggire ogni cosa, così la religiosa , se
non ha la cucitura dell 'obbedienza, non può conservare nessuna virtù
e cessa di essere religiosa» (Cronist. II , 339). Certo , lo stile gioioso
d'obbedienza spontanea, cordiale, filiale, è possibile solo con un certo
stile veramente materno (non maternalista) di esercizio dell'autorità.
135

14.8 Page 138

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L'obbedienza religiosa comporta un forte e quotidiano senso d'ap-
partenenza al proprio Istituto (a Mornese era tale che dava vita al na-
scente Istituto!) e una conoscenza di simpatia accompagnata da una as-
sai pratica volontà di applicazione delle,.&Ue Costituzioni .
2) Il diamante della Povertà sottolinea nello spirito di Mornese la
rinuncia alle comodità, la fuga da ogni imborghesimento e la volontà
di prescindere dalle affettazioni della moda; nella cura, però , del de-
coro della persona e della dignitosa e modesta presentazione di sé. Il
senso comunitario dei beni (pochi , in verità!) e la dipendenza nel loro
uso era naturalissimo e quasi istintivo a Mornese.
L 'aspetto apostolico della povertà: i destinatari , lo stile, i mezzi ,
erano, si può dire , il clima stesso di tutto il paese. Di non poteva
nascere un Istituto per gente-bene, per aristocratici . Anzi Don Bosco
ha dovuto mandare qualche signora e due suore dell'Istituto della mar-
chesa Barolo per coltivare un certo stile e certe esigenze culturali che
sono indispensabili a suore educatrici della gioventù.
È bene non dimenticare questo blasone delle vostre origini , come
Gesù non ha mai dimenticato Betlemme e Nazaret (... «che cosa può
venir di buono da Nazaret?»). Deve servire ancora oggi per guidare
la scelta preferenziale per i poveri , fatta non con illusorie ideologie
classiste, ma motivata dalla «beatitudine della povertà» nel discorso della
montagna e vissuta tanto profondamente e gioiosamente dalla Vergine
Maria.
3) Lo splendore della Purezza. Don Pestarino, presentando Maria
Domenica a Don Bosco , la definisce «un giglio di purezza» (MACC.
I, 206). La sua non era una castità ombrosa piena di tabù o di comples-
si, ma serena e disinvolta. «Posso attestare - dice un'allieva di quei
tempi - che la castità era la sua virtù prediletta [... ] . Nel suo porta-
mento, nel suo vestito , nei suoi discorsi appariva in tutto modesta, e
raccomandava tanto alle ragazze questa virtù» (ivi, 121). E «in queste
raccomandazioni metteva tutta la sua anima, e le parole le uscivano
dal cuore così vive e accalorate che le fanciulle restavano santamente
_ _ _ _ _ _ ___i!wmQressionate ed eccitate a praticarla» (ivi, 122) .
La Madre voleva la disinvoltura , la nettezza, a simpatia ma non
le moine e i gesti e gli atteggiamenti sdolcinati.
Le sue preoccupazioni pedagogiche in questo campo erano esigenti
proprio in vista di poter applicare l 'amorevolezza del Sistema preven-
tivo . Penso che, in questo punto, Maria Domenica abbia dovuto pro-
porsi e risolvere ·vitalmente un problema nuovo e importante.
136

14.9 Page 139

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Sappiamo che per Don Bosco «l'educazione è cosa di cuore», e che
una carità che si traduce in bontà, in simpatia, in amicizia, ossia in
«amorevolezza», è il cardine del suo progetto educativo. Sappiamo che
nella casa salesiana non basta che i giovani siano amati , ma che essi
stessi «sappiano di essere amati» (MB XVII, 111) . La trasposizione di
tutto ciò in un ambiente salesiano femminile doveva certamente far sor-
gere qualche difficoltà; il rischio era o di lasciarsi travolgere dall 'e-
motività e dal sentimentalismo, compromettendo sia la propria consa-
crazione nella castità sia l'azione educativa, o comprimere talmente
i movimenti del cuore da tradire il sistema educativo di Don Bosco.
Nella Memoria storica del card. Cagliero vien riportato il seguente
discorso che la Madre ha fatto alle suore di Mornese: «...Noi che ab-
biamo la stessa missione verso le giovanette, dobbiamo usare del cuo-
re come Don Bosco: ma Don Bosco è un santo, e noi non lo siamo
ancora; perciò dobbiamo temere di noi stesse, perché per natura noi
e le ragazze siamo più cuore che testa! e, per giunta , cuore sensibile,
attaccaticcio e debole» (MACC. II, 135).
Il Cagliero ci ha conservato anche un'altra testimonianza: «Ricor-
do come nell 'ultima sua malattia, nell 'ultimo colloquio con me, la se-
ra prima della sua morte , mi raccomandassè, dopo gli interessi dell'a-
nima sua, la vigilanza sulle velleità del cuore, le tendenze alle sdolci-
nature ed affezioni troppo umane e sensibili cqe pareva si fossero in-
trodotte nella comunità» (ivi, 234).
Madre Mazzarello risolse brillantemente questo problema con l 'e-
sempio della sua vita. Essa, che da don Pestarino è detta «di cuore molto
sensibile» (ivi , I, 207), «esercitava l'ufficio di superiora da vera ma-
dre; non aveva sdolcinature, era piuttosto risoluta, ma aveva tanta per-
suasiva» (ivi , Il , 239) .
Enrichetta Sorbone ripensando ai primi anni testimonia che «il suo
era un governo energico, risoluto , ma amorevole: ci trattava con fran-
chezza sì, ma ci amava come una vera mamma religiosa; aveva un non
so che, che ci trascinava al bene , al dovere, al sacrificio, a Gesù, con
una certa soavità, senza violenza; essa vedeva tutto, prevedeva il bene
e il male di tutte le figlie, pronta sempre a provvedere sia per il fisico
che per il morale , secondo il bisogno e la possibilità» (ivi , 240).
Ho creduto bene dilungarmi un po ' su questo aspetto perché porta
con sé tanta parte dell'ascetica salesiana e perché ha costituito uno dei
punti più delicati nell'opera di trasposizione al femminile del patrimo-
nio salesiano di Don Bosco .
Nella nostra spiritualità ha un'importanza speciale questo aspetto
137

14.10 Page 140

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che va più in là della castità in se stessa, perché va alla ricerca del suo
«splendore»: non solo essere casti, ma brillare per un simpatico splen-
dore della nostra purezza.
Ad ogni modo , nonostante tutta questa importanza ed originalità,
nonostante che sappiamo quanto Don Bosco insistesse sulla purezza ,
il sogno colloca il diamante della castità sul retro del manto e in subor-
dinazione all'obbedienza. C'è da riflettere al riguardo!
4) Al di sotto del diamante della castità c'è quello del Digiuno. Don
Rinaldi ci dice che non si riferisce solo al cibo e alle bevande , ma alla
mortificazione dei sensi, quasi a indicarci che l'amorevolezza salesia-
na ha bisogno dello splendore della purezza, ma che ciò risulta impos-
sibile senza una disciplina d'ascesi .
Ora, se c'è qualcosa nello spirito di Mornese che appare a chiun-
que in forma chiara e concreta ed emerge quasi prepotentemente dalla
biografia della Madre e dai primi tre volumi della Cronistoria, è pre-
cisamente la familiarità quotidiana con la mortificazione e l'abnega-
zione. Si viveva a Mornese un'energica rottura con i gusti mondani
e una generosa e industriosa partecipazione alla croce di Cristo. Ci ba-
sti ricordare la memorabile conferenza di Madre Mazzarello alla fine
del 1880: «La vita religiosa - afferma quasi in testamento - è, di per
sé, una vita di sacrificio, di rinunce e di privazione; la vùa di comunità
e l'ufficio impongono già spesso di mortificarci .. . e basterà così? No ,
no! Una buona suora non si accontenta di quello che le circostanze por-
tano con sé; ma trova il modo di andare più avanti per amore del Si-
gnore, delle anime e della sua povera anima. C'è la mortificazione della
testa , della volontà, del cuore, dei sensi ; c'è l'obbedienza, c'è l'umil-
tà, che sanno domandarci tanto , anche se nessun occhio e nessun orec-
chio umano se ne accorge. Sorelle e figlie mie: povertà e mortificazio-
ne , obbedienza e umiltà , osservanza delle Costituzioni e castità, sono
tutte virtù così unite fra loro da farne come una sola . [.. .]Se vogliamo
farci sante ... (chi è che non lo vuole? ... si alzi in piedi quella che non
lo vuole! ... ) dobbiamo praticarle tutte queste virtù; l'abbiamo giurato
- - - - - ---.1·-m:ianz.Lall.'.altare , e i no · an eli custodi l'hanno scritto a caratteri
d'oro , per ricordarcelo spesso e mettercelo innanzi nell'ora della mor-
te». E conclude: «Siamo suore sul serio , e l'anno nuovo sia davvero,
per tutte , vita nuova!» (Cronist. III , 300-301).
A Mornese l'abnegazione e ·1a mortificazione erano proprio di ca-
sa. Don Bosco stesso manifestava al Cagliero «la sua grande sorpresa»
di trovare tanta capacità di distacco dal mondo e di slancio verso il
138

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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mistero della croce (MACC. I, 148); anzi gli sembrò quasi esagerata;
infatti, dopo lo stillicidio delle morti in giovane età interverrà più vol-
te direttamente per moderare il rigore del tenor di vita (cf Cronist. II,
235-236 , 249-250; MACC. Il , 59-60).
In quanto a un certo settore di mortificazione particolarmente utile
alla psicologia femminile , la Madre insisteva sui seguenti aspetti: «Fug-
gire la vanità che impedisce ogni bene, essere sincere a qualunque co-
sto, perché la bugia è figlia del demonio ; non stare mai in ozio perché
l'ozio è la ruggine dell 'anima» (Cronist. I, 127-128) . Insisteva sovente
contro la vanità e l'insincerità. «I difetti che più sovente combatteva
erano la vanità , l'ambizione e i raggiri e ci inculcava assai - depose
Madre Eulalia Bosco - di cercare di comparire belle dinanzi a Dio
e di imitare la Madonna» (MACC. I, 421-422) . Altrove si afferma che
«come a Mornese , così a Nizza, i vizi contro i quali parlava più spesso
erano la vanità e la finzione e guai se si accorgeva che qualcuna avesse
detto la bugia o fingesse una bontà che non possedeva» (ivi, Il, 104) .
L'esigenza di un «digiuno ascetico» tocca , dunque , le fibre vive del
cuore, dei sensi e della psicologia femminile.
Quasi a conclusione di tutto questo intenso impegno ascetico mi pare
opportuno, anzi sintomatico, ricordare anche il famoso sogno delle ca-
stagne in cui vengono suggeriti a Don Bosco alcuni criteri di discerni-
mento dell'idoneità delle candidate alla vita dell'Istituto . Anche que-
sto aiuta a precisare certe esigenze dello spirito di Mornese .
«Fa' la prova - dice la donna del sogno - a metterle nell 'acqua
dentro la pentola. La prova è l'ubbidienza .. . Falle cuocere. Le marce,
se si premono con le dita, schizzano subito fuori il brutto umore che
hanno dentro . Queste gettale via. Le vane , ossia vuote , salgono a gal-
la. Sotto con le altre non istanno , ma vogliono in qualche modo emer-
gere. Tu prendile con lo schiumatoio e buttale. Bada ancora che le buo-
ne , quando sono cotte, non è presto fatto a ripulirle. Bisogna prima
levar via la scorza, poi la pellicola. Ti parranno allora bianche bian-
che; eppure osserva bene: alcune sono doppie: aprile e vedrai nel mezzo
un 'altra pellicola, e nascosto c'è dell'amaro» (MB XV, 366) .
La metafora rivela tutto un delicato esercizio di discernimento e
di pedagogia ascetica.
5) Infine , il diamante del premio. Lo sguardo al paradiso e l'inti-
ma sicurezza del premio è come l'atmosfera di tutta l'ascetica salesia-
na. Lo si vede chiarissimamente anche a Mornese. Ma qui vorrei met-
tere in luce uno speciale tono familiare, più sottolineato dalla delica-
tezza e dall'intuizione femminile .
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Innanzitutto ci troviamo in una specie di «pedagogia del paradiso»:
è la cura dello spirito di raccoglimento nei tempi di silenzio . Per noi
oggi , immersi in una civiltà tecnica bombardata continuamente dal fra-
stuono di tante sensazioni, è importante sottolinearne il valore ed il si-
gnificato. «Perché - si domandava Madre Mazzarello - una suora
deve essere silenziosa? Per poter unirsi più facilmente a Dio e parlar-
gli; per fargli conoscere i suoi bisogni, per ascoltare la sua voce, i suoi
consigli , i suoi insegnamenti! Se una suora non parla, ma pensa alle
cose del mondo e si perde in pensieri vani, inutili e sta investigando
quello che si farà o si dirà di lei, se pensa alla buona riuscita d'un lavo-
ro o ad una parola udita qua e là .. . ditemi: questa religiosa avrà osser-
vato il silenzio? Eh no! Perché avrà taciuto materialmente, ma il suo
cuore e la sua mente avranno sempre parlato , e non saranno stati uniti
a Dio» (MACC. I, 400) .
Così, l'esercizio del raccoglimento nel silenzio deve essere come
uno squarcio di paradiso aperto sull'orizzonte della giornata di lavoro.
Ma poi c'era in casa una concezione assai concreta del paradiso,
che implicava l'amicizia e il dialogo con persone vive , presenti, che
erano proprio di famiglia , aiutavano , davano gioia, animavano, con-
solavano, lenivano, infondevano coraggio e assicuravano la costanza.
Enrichetta Sorbone l'ha descritto per sempre con quella penetrante
espressione: «Qui siamo in paradiso, nella casa c'è un ambiente di pa-
radiso!» .
Ebbene, le due principali persone che ricordano costantemente a
Mornese l'ineffabile valore e significato del premio , sono i due risu-
scitati: Cristo e Maria! Essi proclamano in casa, ogni giorno , cosa c'è,
per noi , più in là della croce!
Può essere emblematico , al riguardo , un episodio della vita di Mor-
nese. Si narra che «fra tanti volti sereni, fa contrasto un giorno la fron-
te triste di una postulante: " Perché sei così seria?" . " Non ho fatto
la comunione stamattina! .. . e la giornata mi è lunga, lunga... e non
finisce più e con quel fuoco che iersera ha cercato di accendere nei
cuori la madre! O Gesù mio, perdonatemi . In questa casa non si può
vivere senza la comunione! (Cronist. II , 363) .
Veramente, usando la pittoresca espress10ne I mons. ostmmrgna,
Gesù «la faceva da assoluto padrone in quella casa»: era alla sua pre-
senza che si viveva e a lui si ricorreva per alimentare la comune letizia
e stemperare le eventuali angosce.
E insieme a Cristo, l'altra presenza di paradiso, che faceva assapo-
rare il gusto del premio, era quella della Madonna , viva e sollecita,
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15.3 Page 143

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considerata la vera Superiora della comunità: la Mazzarello si sentiva
la sua «vicaria», e perciò «usava ogni sera deporre ai suoi piedi la chia-
ve di casa» (MACC. I, 310). Mi azzarderei ad affermare che tutta l'a-
scesi della Mazzarello aveva un'ispirazione mariana: gli aspetti asceti-
ci dello spirito di Mornese come la docilissima obbedienza, la sponta-
nea povertà, lo splendore della purezza, la riserbatezza della mortifi-
cazione, della semplicità e dell'umiltà, il sacrificio del dono di sé in
una totalità materna e in un costante e affettuoso riferimento a Gesù ,
portano nettamente l'impronta di Maria. In tal modo che , guardando
la vostra prima comunità a Mornese, la Madonna potrebbe dire, come
della basilica costruita per lei a Valdocco : «Questa è la mia casa; di
qui uscirà la mia gloria!».
F) IL FASCINO DELL'IDENTITÀ SALESIANA
ALLA SCUOLA DI MADRE MAZZARELLO
Ci eravamo proposti per la nostra riflessione di approfondire il pri-
mo obiettivo che avete formulato per le vostre celebrazioni centena-
rie: «Riscoprire lo spirito di Mornese per rinnovare in esso le comunità».
Ebbene, penso che qualche luce al riguardo l'abbiamo trovata, an-
zi, da parte mia vi posso dire d'aver gustato di più e con gioia, alla
scuola di santa Maria Domenica Mazzarello, il fascino della nostra iden-
tità salesiana.
1. Un lungo percorso
Sono partito da lontano con alcune riflessioni generali: mi sono ac-
corto, cammin facendo, che abbiamo situato la nostra riflessione nel
cuore stesso dell'identità salesiana: percepire che si tratta di un «dono
nuovo» nella storia della Chiesa; un dono originale e attuale, dotato
di grande vitalità per il futuro. Lo sguardo alle origini è stato come
un allenamento per il rilancio. Guardare con nitidezza, attraverso tan-
te persone ed eventi, l'unità di un progetto che non poteva dipendere
né dalla genialità di Don Bosco, né dalla santità della Mazzarello, è
stato un rassicurarci che si tratta di una iniziativa del Signore guidata
dalla sollecitudine materna di Maria: un «dono», una «esperienza di
Spirito Santo», un «carisma» .
: noi chiamiamo questo patrimonio salesiano «il carisma di Don
Bosco» perché lui ne è stato il portatore e realizzatore primo, il «fon-
datore»: un 'alleanza originale con Dio e uno stile di vita e di apostolato
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15.4 Page 144

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che, come un fiume, sorge da lui e si inoltra fecondo nella storia, for-
mando una grande Famiglia in comunione di vocazione.
Abbiamo cercato di determinare con cura e fedeltà le componenti
di tale esperienza, già chiare e definite , anche se in seme, a Valdocco.
Ci siamo rallegrati nel constatare che, nel disegno di Dio, tale cari-
sma doveva estendersi anche in favore della gioventù femminile; così
abbiamo potuto ammirare , in forma umanamente inspiegabile , tutto un
magnifico tessuto provvidenziale di preparazione, in cui la partecipa-
zione originale e creativa di Maria Domenica Mazzarello sveia l'unità
del progetto divino e ce ne mostra il fascino; ben a ragione, dunque,
Pio XI ha qualificato la Madre con l'espressivo titolo di vera confon-
datrice dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Il suo apporto, infatti , è stato caratteristicamente fondazionale : in
pochi anni (dalla professione alla morte non arrivano a dieci!) essa rea-
lizza, guida e assicura quella cosiddetta «traduzione» della salesianità
di Don Bosco al femminile che è come il suo capolavoro e la più gran-
de eredità spirituale che ha lasciato : lo spirito di Mornese.
Ci siamo dedicati a meditarne le ricchezze, non solo per individua-
re i suoi contenuti (sebbene in modo molto sintetico) , ma per coglierne
le linee portanti, lo stile di vita e di azione , la fisionomia , ciò che di
esso deve apparire di più per farsi amare dalle giovani ed entusiasmar-
le , e ciò che (anche se conviene piuttosto nasconderlo al pubblico) ne
è la nervatura, la difesa e il serbatoio di tutto il suo vigore.
Tutto questo l'abbiamo fatto per aiutare a riscoprire, con senso di
attualità , il suo straordinario valore ; per rivalutarne le ricchezze nel-
l'unità del «patrimonio spirituale» di Don Bosco ; per risvegliare così
il fascino della nostra identità salesiana.
2. Un chiaro proposito. Il messaggio del Centenario
Adesso tocca a voi, care sorelle, programmare la realizzazione della
seconda parte dell 'obiettivo «rinnovare le comunità nello spirito di Mor-
nese! ».
Fatelo come memoria rinnovatrice del messaggio di vita che vi ha
lasciato santa Maria Domenica Mazzarel o con a sua mor e.
Nell 'ultimo suo giorno, ci dice la Cronistoria , mentre sta parlando
con sforzo a Madre Caterina Daghero , interrompe un momento , «si
raccoglie in se stessa e, a sollievo proprio e della vicaria , ricorda: ' 'Che
padre buono abbiamo in Don Bosco! Egli è tutto , per l'Istituto, io sono
niente! L'opera sua è di Dio e della Madonna; e nella sua virtù e nel
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15.5 Page 145

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suo consiglio, come mi ha assicurato Don Cagliero, l 'Istituto avrà sem-
pre il suo appoggio! " .
Nel pomeriggio torna il direttore generale [don Cagliero] , e la Ma-
dre lo intrattiene per circa tre quarti d'ora sugli interessi dell'anima
sua, su certi difetti che pare vadano facendosi strada in alcune delle
sue figlie, e per le quali scongiura di provvedere al più presto affin-
ché, col tempo, non abbiano a compromettere il buono spirito dell'I-
stituto. E termina con un atto di profonda gratitudine e di preghiera:
"Oh, che grazia mi ha fatto il Signore di essere e morire sposa di Ge-
sù, figlia di Maria e di Don Bosco! Ah, che questa grazia la faccia
pure a tutte le mie sorelle, che ho sempre tanto amato e che spero di
avere per sempre in cielo!''.
Quando don Cagliero le rinnova la sua benedizione anche a nome
di Don Bosco , l'inferma si accende in volto ed esclama: "Questa be-
nedizione del caro padre, dopo quella di Dio , è per me il massimo con-
forto!" » (Cronist. III , 388-389).
Questo straordinario atteggiamento della Madre verso Don Bosco,
riespresso nel momento solenne che conclude di fatto il suo compito
terreno di confondatrice, dev 'essere valorizzato e approfondito conti-
nuamente. C'è in esso tutto un «orizzonte aperto», e la Madre vi si af-
faccia con la massima fiducia.
Infatti, se lo spirito di Valdocco esisteva già prima di quello di Mor-
nese , la missione di Don Bosco fondatore era ancora in atto mentre
egli viveva; per la Mazzarello, il «patrimonio salesiano» non era anco-
ra collaudato con il gesto perfettivo della morte di Don Bosco . Per lei
è bello e normale guardare a Don Bosco come a «segno ancor vivo»
dello Spirito, aperto a nuove possibilità di sviluppo e a nuovo eventuale
adeguamento della sua «scintilla prima» alle mutabili esigenze dei tempi.
Io credo che possiamo trovare qui il grande messaggio di questo
nostro centenario: intensificare l'identità salesiana guardando a Don
Bosco «vivo» nella Chiesa che continuamente cresce fino alla statura
perfetta del Cristo!
3. Conclusione. Ruolo «femminile» e «materno» delle FMA
nell'insieme del carisma salesiano
Ma è bene, finalmente, che io concluda!
Reverenda Madre Ersilia Canta e care sorelle tutte, leggevo in un
bel libro recente alcune profonde riflessioni di un teologo ortodosso,
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15.6 Page 146

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Pavel Evdokimov , sul tema: «La donna e la salvezza del mondo». Vi
si sottolinea il profondo legame che si scopre nella storia della salvez-
za tra lo Spirito Santo e il femminile .
Secondo una famosa espressione ortodossa, nell'intimità di Dio «lo
Spirito è la " maternità ipostatica", esso rivela il Figlio al Padre e il
Padre al Figlio». E, nell 'economia terrena , lo Spirito discende su Ma-
ria per far nascere per noi il volto del Padre; nell'ora dell 'incarnazio-
ne interviene non come sublimazione dell'opera dell'uomo , ma facen-
do sì che Maria partecipi delle ricchezze della maternità in una chia-
rissima verginità. E così quando discende sugli apostoli il giorno di
Pentecoste fa nascere la Chiesa, Corpo di Cristo; e quando discende
nell 'Eucaristia sul pane e sul vino fa nascere la presenza reale della
carne e del sangue di nostro Signore. «Secondo la profezia di Gioele
(citata da Pietro il giorno di Pentecoste) lo Spirito lavora attraverso
il tempo; e trasforma il corpo della storia in corpo del regno». 1' È un
lavoro di «maternità! ».
L 'opera dello Spirito è una sollecitudine di maternità! E la Chiesa ,
che è il suo tempio, è mossa da lui per una funzione materna nel tem-
po. Anche i grandi carismi dei fondatori sono doni dello Spirito per
questa feconda missione ecclesiale. Perciò è importante che in una Fa-
miglia religiosa ci sia una forte presenza femminile che sappia intuire
con particolare acutezza e realizzare con delicata generosità i valori
e i compiti della propria vocazione nella Chiesa.
Quando all'origine di una corrente spirituale il Signore aggrega a
«un uomo insigne» (LG 45; PC 1-2) anche una «donna insigne», allora
introduce in quella «esperienza di Spirito Santo» una prospettiva di mis-
sione e di crescita particolarmente importante e promettente. La arric-
chisce con una fine sensibilità per lo «spirituale»; le assicura una spe-
ciale sintonia con la maternità della Chiesa e con una premurosa fedel-
ai suoi ideali ; la fortifica contro certe tentazioni di secolarismo ateo ,
le quali sogliono rivelarsi «essenzialmente maschili nell'atrofia del senso
religioso della dipendenza dal Padre». 16
Se pensiamo , d'altra parte, al profondo significato che ha nella ri-
velazione il binomio «uomo-donna», ci apparirà più perfetta una Fami-
- - - - - - g-1-ia-Spi.ci.tnale così com . Uomo e donna formano, insieme, nel-
l'Eden, I' «immagine» vivente di Dio; ognuno di essi svela, in forma
complementare, qualcosa dell 'insondabile sua intimità. Nel mistero della
Trinità due Persone sono inviate per la nostra salvezza, il Verbo e lo
" P . Ev ooKrMOV , la donna e la salvezza de l mondo , Jaca Book , Mil ano 1980 .
" lvi , 154ss.
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15.7 Page 147

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Spirito Santo; esse proiettano le fattezze della loro personalità nel vol-
to di Cristo (Verbo incarnato) e in quello di Maria e della Chiesa (Tem-
pio dello Spirito). Cristo e Maria, nuovo Adamo e nuova Eva, sono
le primizie della risurrezione che proclamano insieme l'immagine de-
finitiva del grande Mistero.
Ebbene: nelle grandi Famiglie spirituali, cominciando da quella di
sant' Agostino e di sua sorella (innominata, ma che diede inizio, con
alcune compagne, all 'esperienza femminile della Regola agostiniana) ,
e poi giù con san Benedetto e santa Scolastica, san Francesco d'Assisi
e santa Chiara, e altre sante coppie di fondatori, la presenza della com-
plementarità femminile è segno di una peculiare pienezza e importan-
za del carisma, della sua feconda longevità e della sua ricchezza di ap-
porti alla missione della Chiesa.
Se tutto questo è vero , vorrà dire che l'apporto femminile di santa
Maria Domenica Mazzarello e dello spirito di Mornese al carisma sa-
lesiano è solo incominciato nel passato e deve crescere del futuro . Non
può ridursi a una specie di privilegio da contemplare all'interno dell 'I-
stituto, ma dev'essere un compito da realizzare in più coraggiosa espan-
sione. Voi, care sorelle, siete dunque chiamate a vivere in attualità la
vostra preziosa complementarità spirituale e a farla fruttificare . Siete
chiamate a proiettare la vostra salesianità femminile più in là del vo-
stro Istituto; non tenetela nascosta , non vivete in essa quasi con dei
complessi e sulla difensiva, ma con entusiasmo e convinte del suo va-
lore ecclesiale e storico , facendo sentire vivo nel mondo il suo fascino
spirituale . La vostra testimonianza rinvigorirà l 'intero patrimonio spi-
rituale di tutta la Famiglia salesiana .
Con Madre Mazzarello guardate a Don Bosco! Riascoltate ancor
oggi i suoi primissimi consigli: «Pregate pure, ma fate del bene più
che potete , specialmente alla gioventù». «Crescete nell'esercizio della
presenza di Dio; amate il lavoro; portate a tutti amabilità e gioia; siate
nella Chiesa ausiliatrici per la salvezza! ».
Don Bosco e Madre Mazzarello ottengano al vostro Istituto e alla
nostra grande Famiglia di maturare in quella santità salesiana che farà
dì noi tutti insieme dei veri «segni e portatori» dell'amore di Dio alla
gioventù.
Abbiate un quotidiano ricordo della Famiglia salesiana e, in essa,
del successore di Don Bosco nelle vostre preghiere.
Con affetto nel Signore,
Roma , 14 maggio 1981
DON EGIDIO VIGANÒ
145

15.8 Page 148

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5. LE VOLONTARIE DI DON BOSCO
Lettera alle VDB, 24 settembre 1979*
(ACS 295, gennaio-marzo 1980, pp. 52-76)
Con intima gioia dirigo questa mia lettera a lei , gentile signorina
Anna Marocco , Responsabile Maggiore , al Consiglio Centrale dell 'I-
stituto e a voi tutte, carissime Volontarie di Don Bosco, in occasione
del 60 ° anniversario della prima professione emessa dalle sette signo-
rine zelatrici, che diedero inizio alla vostra originale consacrazione sa-
lesiana nel secolo. Ringrazio vivamente lei, signorina Anna , che ha
avuto la bontà d'invitarmi a farlo. Era un desiderio che nutrivo nel cuore
da tempo; ma il suo invito, che suggeriva concretamente un evento sto-
rico da commentare, mi ha indotto meglio e con più efficacia a realiz-
zarlo.
Il movente che mi anima a scrivervi è qut;llo di una mia umile col-
laborazione per assicurare al vostro Istituto una sempre maggiore vita-
lità, secondo la sua indole propria nell'ambito della Famiglia salesiana
di Don Bosco .
Mi sta molto a cuore, e lo sentirò sempre come un dovere, il com-
pito che vedo descritto neJl'art. 59 delle vostre Costituzioni rinnovate .
Esso riconosce nel Rettor Maggiore, come successore di Don Bosco,
colui che è chiamato a:
- far da centro di comunione con tutta la Famiglia salesiana (cf
art. 60) di cui è parte viva l'Istituto (cf art. 5) ;
- curare la fedeltà allo spirito di Don Bosco e al suo messaggio
- - - - -------e;;:-v;--;"a'"n;:;-g;;;ec;-t1-:c,"o'.----,.c,__,,._a,= tr.-t;-4-;"-3-4-;-3-St-e-premtt0-veme----l-'-1n1-i-tà-+l-i::t--.---597-j)..;,.._ _ _ __
* Saranno utilizzate le sigle seguenti per due documenti spesso citati nella Lettera:
PF = Motu Proprio Primo Feliciter di Pio XII (12 marzo 1948) ; QC = Quaderno Car-
panera. Conferenze spirituali di Don Rina/di alle Zelatrici di M. Aux. (191 7-1928) , ed.
privata VDB , Roma I980, pp. 202 + I 8. Più volte anche è citato Documenti e Testi: col-
lana pubblicata dall ' Ist. VDB dal 1972 (una decina di volumetti; il QC è il voi. V).
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15.9 Page 149

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- incrementare l'impegno per la missione assegnata a Don Bosco
per la Chiesa (cf artt. 33, 49 , 59) ;
- garantire e approfondire la speciale natura dell'Istituto (art. 59)
in cordiale intesa con gli organi responsabili del medesimo;
- assicurare l 'assistenza spirituale a tutti i livelli (cf art . 60) .
Ora, è proprio in vista di tale ministero che mi intratterrò a com-
mentare con voi l'evento significativo di quelle prime consacrazioni,
anche per approfondire tra noi un dialogo già aperto , ma suscettibile
di intensificazione e di incremento.
A) LA VOSTRA STORIA. 60 ANNI DI CONSACRAZIONE
1. L'evento del 1919, nelle camerette di Don Bosco
Esattamente 60 anni fa, il 26 ottobre 1919, nella cappella presso
le camerette di Don Bosco, alla presenza del card. Giovanni Cagliero,
di don Filippo Rinaldi (direttore del gruppo) e della rappresentante delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, ebbe luogo la prima professione dei con-
sigli evangelici da parte delle sette zelatrici che iniziavano in forma
associata una nuova esperienza di consacrazione salesiana. Nel discor-
so tenuto subito dopo la storica funzione, il card. Cagliero sottolinea-
va, come aspetto fortemente emblematico, che la nuova istituzione «ave-
va la grande fortuna di nascere nel luogo sacro a Don Bosco , dove Egli
stesso aveva ricevuto i primi santi voti e le prime promesse - sessanta
anni prima( ... e c'era proprio anche Cagliero!) - da coloro che ave-
vano dato vita e sviluppo alla grande Opera Salesiana». Alludendo , poi,
a questa felice coincidenza la qualificava profeticamente come un «se-
gno di predestinazione»: «Le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno la loro
culla in Mornese , ove Sr. Maria Mazzarello abitava e pronunciò i suoi
voti . Voi dovete dare importanza a questo segno di predestinazione spe-
cialissima»! (in QC, p. 83).
Può anche essere un particolare interessante, per noi che celebria-
mo un 60 ° anniversario, far osservare che la prima consacrazione del
gruppo delle sette zelatrici occorreva proprio alla stessa distanza di 60
anni dall 'inizio della Congregazione dei Salesiani di Don Bosco: infat-
ti il caro Padre «dichiarò esplicitamente il suo proposito di formare una
Congregazione religiosa» esattamente nel dicembre 1859 (CERIA, An-
nali, I, pp. 29-33).
147

15.10 Page 150

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Dunque: la prima consacrazione del gruppo iniziale delle zelatrici
salesiane nel mondo si è verificata nello stesso luogo in cui aveva avu-
to origine la Congregazione religiosa dei Salesiani ; la vostra consacra-
zione è nata quale partecipazione viva e originale al vigoroso albero
carismatico di Don Bosco .
In quel suo discorso , or ora citato, il card. Cagliero affermò pure
che da tale momento era sbocciato un «nuovo virgulto» sull 'albero sa-
lesiano: «Ora... è necessario che il Superiore, signor Don Albera (2 °
successore di Don Bosco) , si occupi di voi , prenda questo nuovo vir-
gulto, questo primo gruppo , sotto la sua protezione : a questo fine glie-
ne ho già parlato questa mattina» (QC 84).
È indispensabile ed essenziale, a mio avviso, che sappiate conside-
rare e approfondire il significato permanente e vitale di tale fatto. L 'in-
dole propria di ogni Istituto di origine carismatica, e perciò anche del
vostro , non deriva da schemi ideologici o canonici prestabiliti , ma da
una esperienza concreta e peculiare di vita vissuta nello Spirito Santo .
Lo dice chiaramente il documento «Mutuae relationes»: tale indole pro-
pria «si rivela come un 'esperienza dello Spirito, trasmessa per essere
vissuta , custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia
con il Corpo di Cristo in perenne crescita. .. ; (essa) comporta, poi , uno
stile particolare di santificazione e di apostolato , che stabilisce una sua
determinata tradizione in modo tale che se ne possano convenientemente
cogliere gli elementi obiettivi» (MR 11).
Quindi c'è tutto uno spessore storico di «esperienza», di «trasmis-
sione», di «custodia», di «approfondimento e sviluppo», ossia di una
«tradizione» viva da considerare attentamente per cogliere l'identità e
la vitalità di un Istituto carismatico. Per questo può risultare assai rile-
vante riflettere, qui con voi, sull'evento della prima consacrazione del
1919.
2. Il germe vivo di un genuino carisma dello Spirito
a) Iniziativa carismatica dello Spirito e risposta umana di dono totale
La consacrazione non è in primo luogo un'azione del consacrato
stesso, ma di Dio, dello Spirito di Cristo che anima la Chiesa: il con-
sacrato risponde, si offre, si dona . Lo vediamo chiaramente nella con-
sacrazione sacramentale del Battesimo, della Cresima e dell 'Ordine:
l'iniziativa è di Dìo ; è lui che «unge con l'olio di letizia» dello Spirito
Santo marcando o sigillando con un suo segno spirituale , carico di
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16.1 Page 151

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efficacia di salvezza, il «consacrato» o l'«unto», a immagine del «Cri-
sto» ( = unto o consacrato).
Nella consacrazione realizzata attraverso la professione dei consi-
gli evangelici succede qualcosa di analogo. In essa si radicalizza la pree-
sistente consacrazione dei Sacramenti orientando in forma totalizzante
il «professo» ad essere «segno e portatore» nel Popolo di Dio di uno
speciale aspetto del mistero di Cristo.
Questo sigillo dello Spirito Santo viene attraverso la donazione di
un determinato carisma e la crescita in esso fino alla risposta persona-
le dei chiamati nell'oblazione totale di sé con l'emissione dei voti. Certo:
alle prime origini di ogni gruppo carismatico tutto ciò abbisogna anco-
ra di una esplicita dimensione ecclesiale di approvazione gerarchica
e di mediazione liturgica che dia a quel carisma il suo senso autentico
di partecipazione alla sacramentalità della Chiesa; ma se nei suoi pri-
mi inizi si tratta davvero di un carisma genuino dello Spirito Santo,
in esso esiste già il germe vivo, in gestazione, del futuro Istituto, an-
cor prima del suo riconoscimento ufficiale nella Chiesa.
Ora, in quella prima emissione di voti delle sette zelatrici, noi ve-
diamo l'inizio storico del!' «esperienza spirituale» del vostro Gruppo
di consacrate nel mondo. Lì il sigillo dello Spirito ha già messo gli
elementi vitali di tutto lo sviluppo posteriore; la crescita omogenea che
ne seguirà potrà comportare anche importanti novità in dialogo coi se-
gni dei tempi e «in sintonia con il Corpo di Cristo» (MR 11) che cresce
continuamente nella storia, ma ha già in sé l'identità vitale di tutta la
sua esistenza.
b) Incarnazione inedita della salesianità nel secolo
Domandiamoci ora, con oggettività storica, in che cosa consista que-
sta identità vitale. La risposta non è difficile: avete un prezioso tesoro
al riguardo nelle «Conferenze» dettate da don Filippo Rinaldi al primo
gruppo delle «Zelatrici di Maria Ausiliatrice della Società di S. Fran-
cesco di Sales» nel secolo, e raccolte con fedele diligenza dalla segre-
taria, sig.na Luigina Carpanera.
Si tratta di una incarnazione inedita dello spirito salesiano di Don
Bosco nel secolo: un modo nuovo di manifestare quel sigillo dello Spi-
rito che era già testimoniato dal carisma di Don Bosco; un virgulto ori-
ginale e audace, la cui linfa vivificante procede da una radice già esi-
stente, ossia un'esperienza spirituale ardita che si caratterizza per i va-
lori salesiani lanciati nel solco della storia da Don Bosco. Non per nul-
la il vostro nome definitivo diverrà quello di «Volontarie di Don Bosco».
149

16.2 Page 152

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L'iniziativa consacrante dello Spirito Santo ha stabilito dunque, come
si può constatare oggettivamente nella vostra tradizione , i contenuti di
questa prima consacrazione. Essi sono le grandi linee evangeliche scol-
pite dall'Alto nella «salesianità» di Don Bosco, vissute dalle nuove pro-
fesse in intima simbiosi con i peculiari valori e le esigenze esistenziali
della vita nel secolo: una vocazione, uno spirito , una missione, uno
stile apostolico, ripensati, armonizzati e testimoniati nella scelta espli-
cita e permeante della vita nel mondo.
Sia la iniziativa divina dello Spirito Santo, sia la risposta umana
della professione dei consigli evangelici convergono a determinare un
tipo nuovo di «unzione», ossia una «consacrazione nel secolo», che è
una vera novità nella Famiglia salesiana e che costituisce l'inizio vitale
e l'anima permanente di questa vostra originale realtà associativa.
Tale consacrazione è la forza intrinseca che vi porta a vivere con
indivisa dedizione la fede cristiana secondo un progetto evangelico for-
mulato alla scuola di Don Bosco , per essere segni e portatrici di un
aspetto peculiare dell'amore di Cristo all'umanità. La scelta di «vita
nel secolo» è un elemento peculiare che permea tutto questo vostro pro-
getto evangelico, senza cambiarne l'identità salesiana anche se la tra-
sforma nelle modalità , tipiche a voi , di testimonianza e di azione.
La «salesianità» non è , dunque, un aggiuntivo alla vostra consacra-
zione, ma la sostanza stessa che la costituisce e la fa vivere.
3. Un lungo iter di identificazione:
dalla «fondazione» fino alla «elevazione» ecclesiale a secolarità consacrata
Quel 26 ottobre 1919 portava in sé alcune cose chiare, ma anche
altre piuttosto oscure.
I tempi non erano maturi. Non si sapeva distinguere ancora tra «vi-
ta consacrata» e «vita religiosa»; non si conoscevano gli «Istituti seco-
lari»; non si aveva l'attuale visione positiva del mondo; non si era arri-
vati a formulare il «carattere secolare» come proprio e particolare dei
laici ; si era approfondita l'ecclesiologia del Popolo di Dio come la
ro orrà poi il Concilio Ecumenico Vaticano Il . Era chiara la consa-
crazione salesiana attraverso 1 cons1g 1 evange ic1;
:ianr:hr:scelt7!-- - - -
di vita nel mondo. Ma non era chiara la qualificazione del gruppo: si
trattava di Figlie di Maria. Ausiliatrice nel secolo, ispirandosi a certe
Costituzioni religiose? Oppure di Cooperatrici salesiane con voti indi-
viduali, facendo riferimento al Regolamento di Don Bosco per i Coo-
peratori?
150

16.3 Page 153

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Per anni ci si è mossi un po' in un senso un po' nell'altro ; finché
non apparve nel 1947, dopo la seconda guerra mondiale, la preziosa
costituzione apostolica «Provida Mater» del papa Pio XII.
Anche i cambiamenti del nome del gruppo venivano a indicare una
certa instabilità della ricerca per una precisa definizione della forma
di vita: prima il gruppo era denominato «Zelatrici di Maria Ausiliatri-
ce» nel mondo, e poi «Cooperatrici oblate di S. Giovanni Bosco». Si
nota, già in questo cambio, un progresso nella ricerca: da «religiose»
nel secolo, si passa a «laiche» (Cooperatrici) oblate .
Un tale processo di ricerca ha fatto sempre emergere, però, che
era inerente già alla prima consacrazione un «modo proprio» di essere
segni e portatrici nel mondo dell'amore di Cristo secondo lo spirito
di Don Bosco; si sperimentava vitalmente che questo modo proprio era
inserito nel secolo per vivere e manifestare il carisma salesiano in una
forma ancora inedita; e se ne cercava un'appropriata qualificazione,
che non si ritrovava certamente nella vita religiosa e neppure sempli-
cemente nella condizione laicale.
Infatti questo vostro modo proprio di essere nella Famiglia salesia-
na vi differenzia dalle Figlie di Maria Ausiliatrice per la «secolarità» ,
e dalle Cooperatrici salesiane per la «consacrazione» .
Eravate, nella nostra Famiglia, un virgulto veramente speciale an-
che se in essa c 'era clima, humus favorevole e inclinazione a far cre-
scere questa vostra novità! Di fatti tutto il carisma di Don Bosco, di
forte impegno creativo nell 'evangelizzazione, è proteso radicalmente
verso un tipo assai coraggioso di dialogo della Chiesa col mondo: evan-
gelizza educando ed educa evangelizzando, si apre alla promozione uma-
na situandosi con audacia nell'area culturale a favore della gioventù
e dei ceti popolari. Dobbiamo senza dubbio riconoscere in Don Bosco
una mentalità e una ecclesiologia propria della sua epoca, ma essendo
egli fortemente inabitato dallo Spirito e sentendosi portatore di un im-
portante carisma di fondazione, era profeticamente precursore dei tempi
e tendeva a operare e a orientare il suo vasto movimento spirituale verso
le novità volute dal Signore della storia. D'altra parte, nella stessa spi-
ritualità di san Francesco di Sales c'era già chiara una riscoperta della
santità nel mondo (cf Filotea).
Don Rinaldi, anche lui traboccante di Spirito Santo, nel formare
con tanta cura quelle giovani oratoriane scelte tra numerose altre per
la consacrazione nel mondo , intendeva «realizzare l'opera che Don Bo-
sco aveva lasciata incompiuta» . Egli esprime questa sua convinzione
fin dalla prima conferenza del 20 maggio 1917: «Da parecchio tempo
151

16.4 Page 154

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i Rev. mi Superiori ricevono diversi inviti affinché si costituisca una
Società di Figlie di Maria Ausiliatrice nel secolo .. . I Superiori accol-
sero sempre bene questi desiderata , tanto più che questa cosa era vera-
mente nella mente e nel programma del venerabile Don Bosco . Nella
relazione che egli stese dell'Opera sua, parlava appunto di due distinte
classi di persone, osservanti una stessa regola, una delle quali formas-
se Comunità e l'altra vivesse nel mondo, per ivi promuovere lo spirito
della Congregazione nel!' esplicazione pratica dell 'azione» (QC 3-4).
Né Don Bosco, né don Rinaldi, nel parlare di «salesiani esterni»,
potevano avere l'idea concreta degli attuali Istituti secolari; ciò che es-
si esprimono e cercano di spiegare non si può identificare semplicisti-
camente con questo nuovo tipo secolare di consacrazione nella Chie-
sa , ma certamente manifesta un'apertura e una ricerca che approdano
quasi connaturalmente a tale meta.
D'altra parte è chiaro che la strutturazione definitiva della vostra
associazione in «Istituto secolare» non si può considerare come la vo-
stra fondazione: esistevate prima della costituzione apostolica «Provi-
da Mater»; il carisma della vostra speciale consacrazione viveva già
da decenni.
La vostra fondazione, dunque, non coincide con l'atto di nascita
degli Istituti secolari nella Chiesa, ma la precede storicamente anche
se ne viene arricchita ed elevata. È così anche per gli altri Istituti seco-
lari : una cosa è la nascita ufficiale nella Chiesa di questo nuovo e sin-
golare tipo di vita consacrata, autenticata dal riconoscimento e dalle
disposizioni della Sacra Gerarchia , e un 'altra cosa è la fondazione di
ogni singolo Istituto per iniziativa dello Spirito Santo attraverso «emi-
nenti uomini e donne».
Certo, la nascita ecclesiale degli «Istituti secolari» ha apportato a
voi una profonda chiarificazione, un forte impulso di crescita e l'ur-
genza rinnovatrice di una revisione alla luce dell'ecclesiologia conci-
liare. Lo afferma lo stesso motu proprio «Primo Feliciter»: «Le Asso-
ciazioni . .. che possiedono in modo certo tutti gli elementi e i requisiti
prescritti nella Costituzione apostolica Provida Mater Ecclesia non de-
___ _ __ffi.n.o_e___n_Q1Lpossono essere lasciate arbitrariamente, per qualsiasi pre-
testo , tra le comuni Associazione di fedeli (cc . 684-725), ma necessa-
riamente devono essere portate ed elevate alla natura e alla forma pro-
pria degli Istituti Secolari , che meglio risponde al loro carattere e alle
loro necessità» (PF I).
È ciò che esige, d'altra parte, la stessa «Provida Mater» nel suo nu-
mero 9 (Doc. e T. I, 44).
152

16.5 Page 155

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Ci saranno, quindi, nella storia di tanti Istituti Secolari due momenti-
chiave per la loro identificazione:
1) la ,ifondazione», a cui bisognerà rifarsi come a fonte carismati-
ca per determinare gli aspetti peculiari della loro indole propria;
2) e la «elevazione» ecclesiale a secolarità consacrata, a cui biso-
gnerà guardare come a punto indispensabile di riferimento per qualifi-
care e vivere la natura e la forma della loro identità.
Per voi, la strada percorsa dalla «fondazione» con don Filippo Ri-
naldi fino alla «elevazione» a Istituto secolare di Diritto pontificio è
stata lunga: sei decenni in cui siete passate innanzitutto da Pia Asso-
ciazione laicale privata ad Associazione laicale pubblica e, dopo il ri-
lancio e la maggior affermazione dal 6 gennaio 1956 in poi, sotto il
rettorato di don Renato Ziggiotti attraverso la dinamica attività di don
Luigi Ricceri e dei suoi collaboratori, siete finalmente approdate al ri-
conoscimento di Istituto secolare diocesano, e poi elevate al grado di
Istituto secolare di Diritto pontificio con decreto della S. Congrega-
zione per i Religiosi e gli Istituti secolari il recente 5 agosto 1978: il
papa Paolo VI aveva approvato antecedentemente tale elevazione ap-
ponendo la sua firma, come potete contemplare nel libretto delle vo-
stre Costituzioni e Regolamenti, il 26 luglio 1978.
La vostra piena identificazione ha toccato così la sua meta. Essa
fondata sia sulla ricchezza carismatica della fondazione, sia su quel
processo di evoluzione ecclesiale, anch'esso opera dello Spirito del Si-
gnore, che si è verificato alcuni lustri prima del Vaticano II con la «Pro-
vida Mater», è cresciuto nel Concilio stesso e si è andato sempre più
chiarendo dopo il Concilio. Tale processo, prolungato e complesso,
non è chiuso, anche se è sostanzialmente maturato. Esso impegna an-
cor oggi la riflessione dei competenti e potrà ancora crescere in chia-
rezza , ma ha già dato ormai una fisionomia ben definita alla vostra in-
dole propria.
Conviene sottolineare, qui , che l'evoluzione ecclesiale e dottrinale
che ha portato alla realtà degli Istituti secolari costituisce una vera «ele-
vazione qualitativa», perché tocca intimamente i vari elementi costitu-
tivi della vostra vocazione salesiana e infonde o tratteggia in essa una
fisionomia peculiare.
A ragione Pio XII aveva presentato l'originalità degli Istituti seco-
lari come un dono, una «grazia grande e speciale» dello Spirito Santo
per la Chiesa attuale (cf PF introd.; Doc. e T. I, 57: si può parlare,
quindi, del «carisma» degli Istituti secolari nel Popolo di Dio).
153

16.6 Page 156

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E Paolo VI, commemorando il 25° della «Provida Mater» ha potu-
to affermare che «quel documento fu un evento importantissimo per
la vita della Chiesa di oggi» (Disc. 2 febbr. 1972; Doc. e T. I, 81).
Dunque: l'elevazione «alla natura e alla forma propria degli Istituti
secolari» comporta una grossa novità che pervade tutta la vostra realtà
fondazionale, toccando dal di dentro le sue varie componenti e pro-
spettando per il vostro Istituto «l'inizio di un nuovo slancio verso il
futuro» (Paolo VI - Doc. e T. I, 82).
B) LA VOSTRA IDENTITÀ
1. La vostra secolarità consacrata
L'elemento che è alla base di questa novità è la dimensione secola-
re della vostra consacrazione: alla sua luce i consigli evangelici acqui-
stano veramente un significato nuovo.
a) Dottrina conciliare: dimensione secolare della Chiesa
Per capirlo meglio bisogna rifarsi a una delle linee «più importanti
e più chiare del Concilio: la presenza della Chiesa nel mondo» (Paolo
VI). È tutta la costituzione pastorale «Gaudium et spes» che illumina
questa grande linea di rinnovamento: «La Chiesa ha coscienza del fat-
to che essa esiste nel mondo, che "cammina insieme con tutta l'uma-
nità, e sperimenta insieme col mondo la medesima sorte terrena, ed
è come il fermento e quasi l'anima della società umana'' (GS 40). Essa
perciò ha un 'autentica ,dimensione secolare, inerente alla sua intima
natura e missione, la cui radice affonda nel mistero del Verbo incarna-
to, e che si è realizzata in forme diverse per i suoi membri» (Paolo
VI - Doc. e T. I , 83-84) .
Già prima della «Gaudium et spes», nella costituzione dogmatica
«Lumen gentium», c'era stato un vero capovolgimento della qualifica-
zione dei «laici» nel Popolo di Dio. Invece di seguire la terminologia
ecclesiastico-canonica in uso (dedotta dalla differenza di consacnzt~-~ - - - -
ne sacramentale del «Laico» in rapporto all '«Ordinato» nelle strutture
della Chiesa), si preferì una descrizione tipologica del «Laico», indu-
cendola dalla sua situazione esistenziale nel mondo: in tale ottica «il
carattere secolare è proprio e particolare ai laici: essi vivono nel seco-
lo; .. .ivi sono da Dio chiamati a contribuire , quasi dall 'interno e a
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16.7 Page 157

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modo di fermento, alla santificazione del mondo; ... a loro particolar-
mente spetta di illuminare e ordinare tutte le realtà temporali ... secon-
do Cristo» (LG 31).
In forza di tale descrizione tipologica la «Lumen gentium» mette
in rilievo una concreta distinzione ecclesiologica tra «Laico» e «Reli-
gioso»; si tratta di una differenza esistenziale inerente alla loro stessa
forma di vita e di impegno nel Popolo di Dio. Sarebbe stato assai op-
portuno che avesse portato a non usare più il termine «laico» e «laica-
le» secondo il significato in voga anteriormente. Purtroppo non è stato
così (cf, per es., il decreto «Perfectae caritatis» in cui si usa il qualifi-
cativo di «Istituto laicale» per indicare delle Congregazioni religiose
non clericali). Di fatto rimane e circola una pericolosa ambiguità, an-
che oggi, nell'uso del termine «Laico» nella Chiesa: a volte si include
il concetto di «secolarità», a volte invece si prescinde dalla secolarità
per indicare la «non-ordinazione» (senza contare la strana accezione
antiecclesiale in voga nell'ambito sociopolitico!).
Ad ogni modo la «Lumen gentium» ha lanciato un significato più
positivo e più aderente al travaglio storico, chiarendo e approfonden-
do ampiamente il carattere secolare proprio dei laici.
In tal senso sono poi stati sempre più arricchenti gli orientamenti
postconciliari del Magistero (cf, per es., l'esortazione «Evangelii nun-
tiandi», 70).
Vale la pena ricordare, in particolare, la prima enciclica di Gio-
vanni Paolo Il, «Redemptor hominis», che apre l'orizzonte a una co-
raggiosa antropologia evangelica in cui Cristo e la sua Chiesa appaio-
no intimamente vincolati con la dimensione creaturale del divenire del-
1'uomo.
b) Le VDB si situano sul versante «laicale», ma in quanto consacrate
(attraverso la professione dei consigli evangelici)
Ebbene: è su questa piattaforma secolare che si inserisce ed è lan-
ciata nella storia la vostra consacrazione.
Voi , Volontarie di Don Bosco, non vi situate sul versante «religio-
so» nella Chiesa: non siete affatto «religiose», non vi affiancate alla
forma di vita delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Il vostro giusto posto
si trova sul versante «laicale» : siete «laiche», e in tal versante vi situate
piuttosto a fianco delle Cooperatrici salesiane. Sì, direbbe Paolo VI,
«restate laiche, impegnate nei valori secolari propri e peculiari del lai-
cato, ma la vostra è una secolarità consacrata» (Doc. e T. Il, 86). E
qui, in questa speciale forma di vita secolare, appare la condizione a
155

16.8 Page 158

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voi propria, che vi distingue in parte anche dai laici (e quindi, per voi,
dalle Cooperatrici salesiane); essa è la consacrazione attraverso la pro-
fessione dei consigli evangelici . Non è una cosa da poco, o una realtà
superficiale; non è un elemento estraneo trapiantato artificialmente dal
versante religioso sul versante laicale; al contrario, tale consacrazione
costituisce l'anima della vostra secolarità e la sostanza della vostra vo-
cazione. Siete impegnate come i laici nei valori del mondo , ma perché
e in quanto «consacrate». Non solo vivete nel secolo come situazione
di fatto, ma avete optato fondamentalmente, ossia avete scelto, per vo-
cazione ricevuta dallo Spirito Santo, di assumere la secolarità come
una missione evangelica e come una funzione ecclesiale . E così lavo-
stra secolarità differisce in certo modo (perché è più cosciente e più
globalmente oggettiva) da quella dei semplici laici in quanto , pur es-
sendo impegnate negli stessi valori del mondo, volete vivere e lavora-
re «non tanto per affermare l'intrinseca validità delle cose umane in
se stesse, ma per orientarle esplicitamente secondo le beatitudini evan-
geliche» (Paolo VI - Doc. e T. Il, 87) .
La secolarità, qui, non è più concepita nel dualismo che oppone
il Mondo alla Chiesa, e neppure come una concessione di minor radi-
calità; ma come un gran valore creaturale suscettibile di essere per-
meato in se stesso da Cristo fino alla radicalità dei consigli evangelici.
I valori escatologici della vostra consacrazione non oppongono la «vita
della risurrezione» alla «storia dei secoli» , ma proclamano la verità ori-
ginalissima del mistero di Cristo, in cui «la risurrezione tanto poco con-
traddice l'incarnazione, che anzi ne rappresenta il compimento» (U.
von Balthasar).
È l'affascinante linea della «Redemptor hominis», in cui Cristo è
presentato come «Redentore del mondo! In lui si è rivelata in modo
nuovo e più mirabile la fondamentale verità sulla creazione, .. .in lui
il mondo visibile, creato da Dio per l'uomo - quel mondo che, essen-
dovi entrato il peccato , stato sottomesso alla caducità " (Rm 8,20)
- riacquista nuovamente il vincolo originario con la stessa sorgente
divina della Sapienza e dell 'Amore» (RH 8).
c) Secolarità e consacrazione vissute nell 'unzta e armmmrr-- - - - - - - -
La vostra , dunque , è una vera «consacrazione» e una vera «secola-
rità»: una consacrazione secolare o una secolarità consacrata, vissuta
in una simbiosi vitale assai originale . È il vostro titolo speciale e di-
stintivo , che vi fa diverse dai religiosi e dai laici (cf Paolo VI - Doc.
e T. I, 78) .
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16.9 Page 159

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La secolarità, che vi distingue dai religiosi, e la consacrazione , che
vi distingue dai laici, non sono due cose , ma un'unica realtà viva; so-
no due aspetti di un 'unità . Ambedue questi aspetti sono coessenziali
alla vostra identità e devono essere curati e sviluppati in intima armo-
nia. La sopravvalutazione della secolarità nuoce alla vostra consacra-
zione; la sopravvalutazione della consacrazione può alienarvi dalla vo-
stra missione nel mondo. Il segreto della vostra spiritualità sta tutto
nell'assicurare l'unità e nel vivere l'armonia di questi due aspetti . Paolo
VI ci assicura che una simile consacrazione secolare costituisce «l' inti-
ma e segreta struttura portante del vostro essere e del vostro agire. Qui
è la vostra ricchezza profonda e nascosta , che gli uomini in mezzo ai
quali vivete non si sanno spiegare e spesso non possono neppure so-
spettare. La consacrazione battesimale è stata ulteriormente radicaliz-
zata in seguito ad una accresciuta esigenza d ' amore , suscitata in voi
dallo Spirito Santo; non nella stessa forma della consacrazione propria
dei religiosi , ma pur tuttavia tale da spingervi ad una opzione fonda-
mentale per la vita secondo le beatitudini evangeliche. Così che siete
realmente ' ' consacrate' ' e realmente '' nel mondo' ' .. . Così, dalla vo-
stra vita consacrata, anche la vostra attività nel mondo - sia personale
che collettiva. .. - riceve un più spiccato orientamento verso Dio , re-
stando in certo qual modo anch ' essa come coinvolta e trasportata nella
stessa vostra consacrazione» (Doc. e T. II , 88-89) .
È proprio questo il motivo per cui vi dicevo poc'anzi che l'eleva-
zione della vostra Pia Associazione a Istituto secolare è stata portatri-
ce, per il futuro, di una forte novità spirituale , che non si apparta , e
meno si oppone , al carisma fondazionale , ma ne precisa intimamente
la natura e la rinforza in una forma di vita più audacemente ecclesiale.
2. La vostra salesianità
a) La salesianità caratterizza costitutivamente le VDB
tra i tanti Istituti secolari
Alludendo al sigillo dello Spirito Santo che , 60 anni fa, vi faceva
nascere salesiane, dicevo che la sua unzione spirituale veniva a radica-
lizzare la già presente consacrazione del Battesimo e della Cresima;
in modo analogo l'approvazione della vostra secolarità non intacca
cambia la fontale salesianità del sigillo; piuttosto la chiarifica, la pre-
cisa e la lancia verso il futuro alla luce del! 'approfondimento e del rin-
novamento conciliare delle mutue relazioni tra Chiesa e Mondo.
157

16.10 Page 160

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La vostra secolarità consacrata non viene, così, a sviare o a dimi-
nuire la vostra salesianità, ma piuttosto a elevare la sua realizzazione
in un modo più qualificato e più chiaro nel mondo. Costituisce quindi
per voi un appello a una fedeltà creativa che vi immerga sempre più
intelligentemente nel carisma di Don Bosco, per una sua presenza più
genuina ed efficace nella storia. La vostra tessera d'identità è simulta-
neamente secolare e salesiana; solo in tale integrità essa è l'anima del-
la vostra santificazione, l'energia prima della vostra crescita e del vo-
stro divenire.
Siete nate e cresciute nella Famiglia spirituale di Don Bosco . Il ca-
rattere salesiano dell 'Istituto non è e non può considerarsi marginale,
tale da potersi esaurire in una semplice dichiarazione di principi e di
intenti, per quanto nobile e sincera. Non può neppure rappresentare
un elemento estrinseco e quasi accidentale. Va invece ritenuto, come
abbiamo visto, elemento costitutivo e vitale. La posteriore elevazione
a Istituto secolare esige più un ritorno che un allontanamento dalla fon-
dazione salesiana, anche se temporaneamente, forse per esigenze di
metodologia di crescita, ha potuto porre una certa enfasi piuttosto sul-
la considerazione delle esigenze specifiche della secolarità.
L'aspetto secolare, infatti, non è sufficiente a determinare la vostra
indole propria, almeno per due constatazioni facili da percepire: la prima
è che, esistendo tanti Istituti secolari tra loro differenti, bisognerà che
ognuno di essi possegga qualche elemento carismatico, proprio ed esclu-
sivo, che proceda da altra fonte e serva a distinguerlo dagli altri ; la
seconda è che l'estensione della secolarità è, di per sé, così vasta e
svariata che ammette porzioni e gradi differenziati di assunzione e di
servizio in dipendenza dalle determinazioni di una scelta di fondazio-
ne . Non tocca ad ogni singolo Istituto secolare fare tutto! Ognuno por-
ta umilmente solo il suo granello d' arena: ossia, ognuno deve sentirsi
con realismo un semplice sussidio di complementarità. Così come ci
sono tante Congregazioni diverse nella Vita Religiosa , in forma analo-
ga si ritrovano nella Chiesa svariati tipi di Istituti nella Secolarità con-
sacrata.
- - - - - - -Bn--s-imtl.e-t>lui:al.ism.o.,_irutt della fecondità dello Spirito Santo, fa
vedere l 'esigenza di una precisazione carismatica nella vostra m o e
propria; essa è indispensabile per delineare autenticamente la fisiono-
mia della vostra identità di consacrate secolari; ed è proprio in tale esi-
genza che si scopre l ' assoluto bisogno e l 'importanza per voi della sa-
lesianità!
Infatti , tra gli Istituti secolari il vostro si distingue dagli altri per
158

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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la salesianità: lo dice lo stesso suo nome! Vi qualificate appunto , «da-
vanti alla Chiesa e al mondo , come figlie spirituali di Don Bosco eco-
me testimoni del suo carisma» (Cost. 49). Il 1° articolo delle vostre
Costituzioni rinnovate afferma che voi costituite «un Istituto secolare
che tende a realizzare nella Chiesa una missione particolare secondo
lo spirito di san Giovanni Bosco»; e l'art. 4 ° aggiunge: «Nell 'attuazio-
ne di questa missione accogliamo il messaggio spirituale .di Don Bosco
al quale ci ricolleghiamo idealmente attraverso il servo di Dio don Fi-
lippo Rinaldi e facciamo oggetto preferenziale della nostra azione apo-
stolica i destinatari a cui Don Bosco fu inviato», e cioè, come spiega
l'art. 33, «i giovani, specialmente più poveri, il ceto popolare, levo-
cazioni e le missioni».
b) La salesianità immette le VDB nel campo della cultura
Ora, qual è l'area secolare in cui vi immette preferenzialmente questa
vostra salesianità?
Il campo privilegiato in cui si fa presente caratteristicamente il ca-
risma salesiano nel mondo è quello dell'educazione o più generalmen-
te della cultura. Don Bosco ha fatto coscientemente questa scelta per
tutta la sua Opera (cf circolare di don L. Ricceri su «I Salesiani e la
responsabilità politica», ACS 284, ott.-dic . 1976, pp. 16-18) . Non si
tratta qui della cultura in senso illuministico di élite intellettuale, di
erudizione, di raffinatezza, ma nel senso antropologico più fondamen-
tale e comune che ha segnalato la «Gaudium et spes» nel Concilio (nn.
53-62), e che ha saputo descrivere così incisivamente l'Episcopato
latino-americano nella recente III assemblea di Puebla: «La cultura co-
intesa, comprende la totalità della vita di un popolo; l'insieme dei
valori che lo animano e dei disvalori che lo debilitano e che al venir
partecipati in comune dai suoi membri , li riunisce in base a una stessa
"coscienza collettiva" (EN 18). La cultura comprende, inoltre, le for-
me attraverso cui quei valori o disvalori si esprimono e si configura-
no , ossia, i costumi, la lingua , le istituzioni e strutture di convivenza
sociale, quando non sono impedite e represse dall'intervento di altre
culture dominanti» (Puebla, n. 387).
È un campo d'impegno , questo , che comporta una preoccupazione
antropologica e umanista , che mira con particolare interesse a tutto il
sistema educativo della società civile e che si inserisce nella porzione
più fragile e più suscettibile di plagio, la gioventù, ma anche più viva
e dinamica e più aperta alle prospettive di futuro dell 'uomo nel secolo.
Pensando, inoltre, al grave dramma deplorato da Paolo VI dell 'at-
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17.2 Page 162

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tuale scissione tragica tra Vangelo e cultura (EN 20), si scopre anche
l ' urgenza di una presenza autenticamente sana e cristiana in quest'area
culturale. Se poi considerate in particolare la vostra condizione fem-
minile e l'accelerazione che la storia sta imprimendo alla promozione
dlela donna, troverete ancora un altro appello di maggior urgenza per
un impegno in questo settore socioculturale .
c) Varietà dei modi secolari di intervento salesiano
Nell'area della cultura ci sono tanti modi secolari di intervento. In-
nanzitutto molte professioni e attività laicali mettono , per se stesse, in
condizione di operare direttamente per i destinatari della missione di
Don Bosco . Ma poi, anche se si svolgono dei ruoli professionali con
influsso solo indiretto, è sempre auspicabile e da ricercare un sovrap-
più di intervento libero; don Rinaldi diceva appunto alle prime consa-
crate nel secolo che «per quanto una persona sia occupata tuttavia ha
sempre un avanzo di energia; questa dev 'essere utilizzata specialmen-
te da voi con un indirizzo e uno scopo speciale, conciliandola assieme
al vostro stato . Le Opere di Don Bosco sono tali che potete farle in
qualunque posto vi trovate» (QC 46-47) . La Volontaria può, così, in-
serirsi in attività riguardanti esplicitamente «le Opere di Don Bosco»
o collaborare, con stile secolare, agli impegni degli altri gruppi della
Famiglia salesiana: è infatti inerente alla sua tradizione vissuta, opera-
re lodevolmente, proprio perché secolare consacrata, anche quale col-
laboratrice e animatrice dei rami laicali dell'impegno salesiano nell'im-
menso campo dell 'educazione e della cultura.
Per realizzare la missione salesiana, il Signore ha sviluppato in Don
Bosco e nei suoi, attraverso l'intervento materno di Maria, un caratte-
ristico spirito evangelico con note peculiari che servono ad animare ,
irrobustire e difendere anche la vostra specifica consacrazione . Don
Rinaldi è stato per voi, in questo , un maestro insuperabile che dovete
saper valorizzare abbondantemente .
Non è ora il momento di entrare nei contenuti della vostra salesia-
nità; qui volevamo semplicemente affermarne la assoluta indispensa-
- -- - - -ll-ilità-e.-la sua effi cacia fondante e costituente l'identità delle Volonta-
rie di Don Bosco.
Il dosaggio con cui assicurare l'armonia intrinseca tra salesianità
e secolarità consacrata non si deduce come una formula da imposta-
zioni astratte , ma è un equilibrio di vita indotto dall'esperienza spiri-
tuale vissuta in fedeltà con le origini e in comunione di discernimento .
Se la secolarità consacrata apporta la natura e il modello della forma
160

17.3 Page 163

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di vita, la salesianità determina le modalità , l'estensione, l'area , il grado,
lo stile, la fisionomia della testimonianza e la scelta dell'impegno nel-
l'azione apostolica.
C) IL VOSTRO SFORZO
1. Urgenza di una formazione integrale
La consacrazione di 60 anni fa proclama certamente anche l ' im-
portanza della formazione. La figur.a di don Rinaldi, nella preparazio-
ne delle prime professioni , appare come quella del formatore , del di-
rettore spirituale, in totale sintonia con lo Spirito Santo .
Nei decenni successivi l'Istituto è maturato e cresciuto, ha raggiunto
la sua indispensabile e giusta autonomia che gli conferisce particolari
iniziative e responsabilità. Ebbene: tra queste responsabilità occupa un
posto privilegiato, con incondizionata priorità di attenzione, quella della
formazione della Volontaria: una formazione armonica e integrale che
sappia far crescere in simbiosi viva la salesianità e la secolarità. Fino-
ra , nella Famiglia salesiana, solo il vostro Istituto è portatore di questa
originalità, di tradurre lo spirito di Don Bosco nella secolarità consa-
crata o di .assumere la secolarità nella consacrazione salesiana.
Questa originalità così attraente non è, di per sé, facile ; anzi com-
porta un aspetto delicato , arduo e anche pericoloso. Non la si può vi-
vere con genuinità se non si ha , dal di dentro , una forte spiritualità.
A ragione don Rinaldi insistette tanto sulla vita interiore: pensate, per
esempio, alle sue penetranti conferenze sulla «pietà».
Paolo VI ricordava i rischi di questa originalità in cui si imbatte
ogni Istituto secolare con una espressiva immagine agonistica: «Voi cam-
minate sul fianco d ' un piano inclinato, che tenta il passo alla facilità
della discesa e che lo stimola alla fatica dell'ascesa. È un camminare
difficile da alpinisti dello spirito» (Doc. e T. I, 77).
Essere «nel mondo e non del mondo , ma per il mondo» è certamen-
te affascinante , ma rischioso: l ' «abbagliante attualità» della vita umana
«nelle sue virtù e nelle sue passioni, nelle sue possibilità di bene e nel-
la sua gravitazione verso il male, nelle sue magnifiche realizzazioni
moderne e nelle sue segrete deficienze e immancabili sofferenze», de-
ve essere avvicinata con una robusta fede cristiana e, per voi, anche
con una vigorosa mentalità salesiana.
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17.4 Page 164

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A questo dovrà dirigersi sempre, come nella prima ora, tutto lo sfor-
zo della formazione: di quella iniziale e di quella permanente!
Certamente, in questo campo, le trattazioni teoriche da sole non
bastano : i principi debbono essere calati nella vita , e la vita - lo si
sa - è tale un insieme organico che non consente nessuna forma di
atomizzazione degli elementi che la costituiscono.
Penso pertanto che sia un impellente bisogno dell 'Istituto quello di
realizzare un grande sforzo di formazione integrale. Per formare si do-
vrà, certo , anche saper presentare alla Volontaria ora l'uno ora l'altro
degli aspetti della sua vocazione: lo sforzo, però, tenderà all'integra-
zione , cioè a far percepire ogni aspetto non avulso e come a sé stante,
ma vitalmente inserito nel suo organico contesto . La formazione, più
che un insegnamento , è un 'esperienza di vita e di lavoro illuminata e
sostenuta dalla riflessione , dalla preghiera e dalla direzione spirituale .
Per sua natura evita l'unilateralità di qualsiasi settorialismo , e cresce
nell 'esperienza integrale della vita .
Il principio o canone direttivo lo trovo bene espresso nel 2 ° artico-
lo delle vostre Costituzioni: «Con un 'unica chiamata speciale , siamo
da Dio consacrate nella professione dei consigli evangelici e inviate
per l'apostolato vissuto nel mondo, secondo il carisma proprio del no-
stro Istituto».
E il carisma dell'Istituto evidentemente coinvolge in pieno, come
abbiamo visto , la salesianità quale sua componente , coessenziale con
la secolarità, ma fondante e specificante.
È chiaro che tutto questo esige uno studio lungo e appassionato di
Don Bosco e del suo spirito , in modo che alla Volontaria venga offerta
una visione totale della sua vocazione, che la distingua da qualsiasi al-
tra secolare consacrata. Proprio come ha fatto don Rinaldi con le pri-
me Zelatrici .
Così , da un tale sforzo condotto in profondità, risulterà che nessun
aspetto della vocazione della Volontaria verrà a mancare della sua spe-
cifica caratterizzazione salesiana: non la vocazione in quanto chiamata
di Dio e risposta della creatura; non la maniera di considerare e di vi-
vere i singoli consigli evangelici e le virtù cristiane; non la ros ettiva
dell ' impegno secolare nella Chiesa; non la attività apostolica nel con-
testo della missione per la gioventù e il popolo; non la vita di preghie-
ra e di crescita nella santità; non la stessa vita di comunione nella Chiesa
e nell'Istituto. In ogni momento, insomma, e in ogni atteggiamento pra-
tico della sua esistenza , la Volontaria potrà e dovrà provare l'intima
gioia di sentirsi alla scuola di Don Bosco.
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17.5 Page 165

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È un traguardo non facile da raggiungere , ma bello e necessario ,
se non si vuole che la Volontaria vada incontro a pericolose crisi di
identità nella sua vocazione .
Un tale lavoro e un tale sforzo penso siano oggi tanto più necessari
e urgenti in quanto le Volontarie provengono da diversi ambienti e non
c'è più un obbligo esplicito per le medesime - come al tempo di don
Rinaldi - d'aver fatto parte di organizzazioni salesiane.
Inoltre, l'Istituto è ancor più particolarmente chiamato a impegnarsi
nella forma~ione soprattutto in considerazione della sua natura secola-
re, la quale esige che gli elementi comuni e fondamentali qello spirito
salesiano vengano approfonditi, assimilati e vissuti secondo il modo
proprio di «secolari consacrate». Ed è qui che si renderà necessario
e indispensabile - accanto a quello dei Salesiani e delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, dei Cooperatori, ecc . - il contributo vostro di Volon-
tarie , in quanto donne e donne consacrate nella secolarità, con tutta
la ricchezza della vostra particolare sensibilità, in una esperienza di
vita che è vostra e non è, finora (come abbiamo già osservato), di nes-
suno degli altri Gruppi della Famiglia salesiana.
2. La comunione nella Famiglia salesiana
La vostra forma di vita prescinde da una convivenza di struttura
comunitaria; siete secolari e non religiose. Però la comunione costitui-
sce anche per voi, come per ogni consacrato, il valore centrale della
vostra crescita nell'amore: Dio è comunione; la Chiesa è comunione;
la storia dell'uomo è una ricerca di comunione.
Un settore particolare e privilegiato dell 'esperienza di comunione
di una Volontaria è quello della Famiglia salesiana. L 'evento delle pri-
me professioni , che commemoriamo , ci fa vedere con tanta chiarezza
che voi siete nate in piena comunione di Famiglia. Ebbene: voi cresce-
rete e migliorerete sempre più la vostra identità intensificando tale co-
munione .
Negli anni '70 , dopo il Capitolo Generale Speciale di noi Salesia-
ni, si è andata concentrando l'attenzione sul tema della «Famiglia sale-
siana» per i vari gruppi che si ispirano a Don Bosco. Si è scoperto che
nessuno di questi gruppi può ripensare integralmente la sua vocazione
specifica senza riferirsi a quelli che con lui sono portatori dello spirito
e della missione del Fondatore. Per questo si è incominciato a ricerca-
re insieme una miglior unità dei vari gruppi, pur nella autentica diver-
sità di ciascuno (cf CGS 151).
163

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Ci sentiamo chiamati tutti a far crescere la coscienza di un bene
comune donato dallo Spirito e di un più concreto ed esplicito inter-
scambio salesiano.
L ' intercomunicazione e la collaborazione tra noi possono intensifi-
carsi nell'approfondimento della nostra sequela di Cristo, nella fedeltà
allo spirito di Don Bosco, nel rinnovamento della sua missione, e nel-
l'azione concreta e , quando si può , concordata tra i giovani e il popo-
lo. Questi aspetti comportano dei valori comuni a tutti anche nella plu-
ralità delle forme e delle espressioni , sia dei gruppi stessi, sia della
varietà culturale e pastorale delle Zone in cui si opera. Dobbiamo sa-
per testimoniare dinamicamente nel Popolo di Dio l'unità di ispirazio-
ne e di impegno apostolico , che anima quel «fenomeno salesiano» di
cui parlava con tanta ammirazione Paolo VI.
Il processo di rinnovamento postconciliare comporta, per la nostra
comune crescita spirituale, una coscienza e un incremento della vita
di comunione di tutti nella Famiglia salesiana, sforzandoci , ciascuno
nel suo ambito, di essere solidali e pratici. Un grande obiettivo storico
ci accomuna: l'annuncio di Cristo alla gioventù e ai ceti popolari. Per
fare questo abbiamo rilanciato insieme l'aspetto mariano della nostra
spiritualità, il progetto educativo di Don Bosco, il senso dell ' universa-
lità della nostra vocazione nell'impegno missionario , le esigenze di pre-
senza e collaborazione nella Chiesa locale attraverso una pastorale de-
centrata, ecc.
In particolare urge oggi rivalorizzare, con l'aiuto stimolante di tut-
ti, la qualità di servizio del ministero sacerdotale da parte della Con-
gregazione dei Salesiani , promuovere una programmazione di pasto-
rale vocazionale che ci interpelli e ci arricchisca mutuamente , miglio-
rare gli strumenti di interscambio e di informazione, cooperare con ma-
gnanimità in certe strutture specializzate di studio e di riflessione, cre-
scere nella collaborazione locale di qualche nostro impegno apostolico
d'insieme , insomma : essere insieme e più fattivamente fedeli a Don
Bosco, oggi.
A questo livello dinamico di Famiglia salesiana tocca anche a voi,
care Volontarie di Don Bosco , intervenire apportando la vostra ma-
gnifica originalità e ricevendo la linfa comune che vi darà più slancio
e più creatività! Situandovi in questa comunione di Famiglia, potrete
precisare meglio la fisionomia spirituale della vostra secolarità consa-
crata, determinare con più concretezza il vostro orizzonte apostolico
e riscoprire un'intelligente collaborazione pratica nell'azione, adeguan-
dovi alle situazioni sociopolitiche e al grado di sviluppo della Famiglia
164

17.7 Page 167

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salesiana locale. I tempi e le convulsioni soci.ali esigono elasticità e ini-
ziative diverse per l'incremento del carisma di Don Bosco a favore dei
destinatari , a lui assegnati dal Signore Gesù e dalla sua Madre Maria,
Aiuto dei Cristiani.
Conclusione
Ecco , gentile signorina Anna e carissime Volontarie tutte, alcune
riflessioni orientatrici, che la celebrazione del 60 ° delle prime consa-
crazioni nelle camerette di Don Bosco mi ha suscitato nel cuore per voi.
Le affido alla materna bontà dell'Ausiliatrice perché le faccia frut-
tificare nella vostra mente e nei vostri propositi, e divengano un sussi-
dio di crescita nella fedeltà .
Scusate la lunghezza, ma è la prima volta che tratto con voi il te-
ma, tanto delicato e suggestivo, della vostra singolare vocazione sale-
siana. Ho voluto considerare questo mio intervento di adesione e di
congratulazione anche come un servizio inerente al mio stesso mini-
stero, e ho cercato di esercitarlo in un clima di cordiale e aperto spirito
di fraternità squisitamente salesiano. Desidero assicurare il mio fatti-
vo interessamento per l'Istituto, e la mia quotidiana preghiera, nell 'Eu-
caristia e nel Rosario , per la Responsabile Maggiore, per le compo-
nenti il Consiglio Centrale, per tutte e singole le Volontarie e anche
per i miei cari confratelli vostri Assistenti .
La gioia, la fedeltà e la speranza aprano al vostro Istituto le pro-
spettive di una intensa fedeltà e di una promettente crescita nella Chie-
sa del Signore.
Con l'affetto di Don Bosco,
DON EGIDIO VIGANÒ
Rettor Maggiore , Successore di Don Bosco
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17.8 Page 168

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6. I COOPERATORI SALESIANI
«L'ASSOCIAZIONE
DEI COOPERATORI SALESIANI»
Lettere ai SDB e ai Cooperatori, 6 giugno 1986*
(ACS 318, luglio-settembre 1986, pp. 3-42)
I. AI SALESIANI
Roma, Festa del S. Cuore 1986
Cari Confratelli ,
un saluto cordiale da parte di tutti i membri del Consiglio generale
e mia; siamo riuniti in sessione plenaria: preghiamo e lavoriamo in-
teilsamente per voi.
Desidero con questa mia invitarvi a leggere con attenzione la lette-
ra che ho scritto ai nostri Cooperatori e che vi offro in questo numero
degli Atti.
Come sapete, il 9 maggio scorso la Sede Apostolica ha approvato,
attraverso la Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari, il nuovo
testo del «Regolamento di vita apostolica» dell'Associazione dei Coo-
peratori salesiani. La data è significativa perché 110 anni fa, appunto
il 9 maggio 1876, il papa Pio IX, grande amico di Don Bosco e sua
guida nella delicata opera di Fondatore, riconosceva l'allora «Pia Unio-
ne» , il cui Regolamento era stato redatto con cura e con ormai collau-
data esperienza dal nostro caro Padre.
* Saranno utilizzate le sigle seguenti per due documenti spesso citati nelle due Let-
tere: RVA = Regolamento di Vita Apostolica dei Cooperatori, approvato il 9 maggio
l 986; DetV = Dominum et Vivificantem, enciclica di Giovanni Paolo II su llo Spirito
Santo, 18 maggio 1986.
166

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Io ho voluto promulgare l'importante documento alcuni giorni do-
po, il 24 maggio, solennità di Maria Santissima Ausiliatrice, nella ba-
silica di Valdocco gremita di fedeli e di membri della nostra Famiglia.
Il fatto riveste una importanza vitale per tutti noi .
L'azione perseverante di Don Bosco
Don Bosco non considerò conclusa la sua lunga e travagliata mis-
sione di Fondatore finché non riuscì a dare una struttura valida e una
propria Carta d'identità a questa Associazione . Essa era stata presen-
te , in certo modo e in germe, già agli inizi del suo progetto a favore
dell'Opera degli Oratori .
Dopo l'approvazione del 1876 Don Bosco curò personalmente l'or-
ganizzazione e la diffusione dei Cooperatori, diede inizio (1877) alla
pubblicazione del Bollettino Salesiano, formulò orientamenti e diretti-
ve per i confratelli.
Nel primo Capitolo Generale della nostra Società (1877), a cui Don
Bosco assegnava particolare importanza («Desidero che questo Capi-
tolo faccia epoca nella Congregazione; così, morendo io , si vedranno
le cose già tutte aggiustate e composte») (MB XIII , 243), volle si trat-
tasse (nella quarta Conferenza generale) dei Cooperatori e del Bolletti-
no Salesiano: «Una associazione per noi importantissima, che è l'ani-
ma della nostra Congregazione e che ci serve di legame ad operare
il bene d'accordo e con l'aiuto dei buoni fedeli che vivono nel seco-
lo ... praticando tutto lo spirito dei Salesiani ... Questi Cooperatori de-
vono moltiplicarsi quanto è possibile ... I Direttori ed in generale tutti
i Soci Salesiani a fine di aumentarne il numero parlino sempre bene
di questa associazione .. . e non se ne faccia la proposta se non a perso-
ne già conosciute per la loro pietà e probità». 1
Don Bosco stesso si dedicò a fare le prime conferenze per l'orien-
tamento e il consolidamento del! ' Associazione. Leggiamo nelle Me-
morie Biografiche che nel mese di gennaio del 1878 egli tenne la pri-
ma conferenza a Roma nella chiesa delle nobili Oblate di Tor de ' Spec-
chi , presente il card. Monaco La Valletta, Vicario di S. Santità. E il
16 maggio tenne l;:i seconda conferenza a Torino nella chiesa di S. Fran-
cesco di Sales (cf MB XIII, 624ss). Insisteva spesso sulle modalità ori-
ginali di apostolato dei Cooperatori, sulla loro provvidenziale impor-
' Cf M. V ERH U LST , / verbali del I ° Capitolo Generale Salesiano, 1877, ed . criti-
ca , UPS , Roma 1980, pp. 126- 141 e 366-372 (tesi dottorale dattilosc ritta) .
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17.10 Page 170

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tanza e sulle «grandi cose» che il Signore si sarebbe degnato di fare
con loro e con noi insieme. A poco a poco si andarono precisando an-
che gli aspetti organizzativi e normativi.
Da don Rua ad oggi
Nel Capitolo Generale 10° (1904), don Rua poteva già codificare
alcune direttive per i confratelli a riguardo della promozione dell 'As-
sociazione in un regolamento (37 articoli) «ad uso dei Soci Salesiani
in ordine alla Pia Unione dei Cooperatori». Vi si diceva:
- che ogni Salesiano «non manchi di far conoscere e di far ap-
prezzare ognor più questa Pia Unione»;
- che gli Ispettori «designino un contratello il quale si occupi , in
aiuto a loro e sotto la loro dipendenza , di tutto ciò che concerne lo svi-
luppo e il regolare funzionamento della Pia Unione nella loro Ispettoria»;
- e che vi sia in ogni Casa «uno speciale incaricato dei Coopera-
tori , in aiuto del Direttore» .
L'esortazione finale ricalcava le parole del Regolamento di Don Bo-
sco : «Tutti i membri della Pia Società Salesiana considerino i Coope-
ratori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo e prestino ad essi aiuto
ogni volta che la propria opera possa giovare alla maggior gloria di
Dio e a vantaggio delle anime». 2
Dopo il Concilio Vaticano Il, nel Capitolo Generale Speciale (1971),
i capitolari, che avevano studiato il tema della «Famiglia salesiana» e
ripensato l' identità dei Cooperatori, redassero una risposta al messag-
gio ricevuto dagli stessi Cooperatori . Vi si afferma : «In fedeltà dina-
mica al Fondatore ci dichiariamo desiderosi e pronti a "rivitalizzare
la vostra Associazione , perché , finalmente , si completi il geniale pro-
getto tanto caro al Fondatore''. Abbiamo preso coscienza chiara che
sarebbe un vero tradimento se non riuscissimo a fare questo lavoro ,
e crediamo che a ragione voi lanciate il vostro appello» (CGS 734).
Questo solenne impegno è confluito nel nostro testo costituzionale
approvato dalla Sede Apostolica (1984), che afferma esplicitamente la
particolare responsabilità dei Salesiani verso di loro (Cost. 5) , e asse-
gna al Consigliere per la Famiglia il compito di «orientare» e di «assi-
stere» le Ispettorie «affinché nel loro territorio si sviluppi l'Associa-
zione dei Cooperatori salesiani» (Cost. 137).
Nei Regolamenti Generali, poi , si stabilisce: «Ogni comunità senta
' Cf Gu mo FA VINI, Il cammino di una grande idea, Ell e Di Ci , Torino 1962 , p. 199.
168

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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il dovere di sostenere e incrementare l' Associazione dei Cooperatori
salesiani a beneficio della Chiesa. Contribuisca alla formazione dei suoi
membri, faccia conoscere e promuova questa vocazione, soprattutto
tra i giovani più impegnati e tra i collaboratori laici» (Reg. SDB 38).
Anche nel testo rinnovato del Regolamento dei Cooperatori, dopo
aver descritto il ministero del Rettor Maggiore come Moderatore su-
premo dell'Associazione che «ne garantisce la fedeltà al Progetto del
Fondatore e ne promuove la crescita» , si ricorda la peculiare e indi-
spensabile funzione propria che hanno gli Ispettori e i Direttori: «Gli
Ispettori salesiani - si legge nel testo - , nell'ambito delle specifiche
responsabilità della Società di S. Francesco di Sales, fanno presente
il ministero del Rettor Maggiore a livello locale e garantiscono, con
la collaborazione dei Direttori, soprattutto i vincoli di unità e di comu-
nione. Provvedono all'assistenza spirituale dei Centri e coinvolgono
le loro proprie comunità religiose nel disimpegno generoso di questo
servizio di animazione» (RVA 23) .
È l'ora del rilancio
Cari Ispettori, cari Direttori e Confratelli tutti, queste indicazioni
di tutta la nostra tradizione e della nostra Regola di vita sono un urgen-
te appello di operosità apostolica . Se vogliamo rilanciare nella sua in-
tegrità il carisma di Don Bosco, in questa vigilia delle celebrazioni cen-
tenarie dell '88 , dobbiamo sentirci portatori di una «particolare respon-
sabilità» nel promuovere e animare un «vasto Movimento di persone»
(Cast. 5) , curando in particolare l'Associazione dei Cooperatori. Sin
dalle prime nostre origini essi sono stati impegnati nella comune mis-
sione giovanile e popolare, la quale ci interpella continuamente più in
là delle opere esistenti.
Il progetto di Don Bosco sui Cooperatori ci fa percepire l'audace
e genuina dimensione apostolica del carisma salesiano nell ' unione di
molte forze per il servizio del Regno . Noi e i Cooperatori serviamo
la stessa missione!
Noi siamo per loro i fratelli «consacrati» , «vincolo sicuro e stabile
voluto espressamente da Don Bosco... (quale) centro propulsore di que-
sto movimento di battezzati» (CGS 732).
Essi sono per noi, secondo la forte affermazione di Don Bosco ,
«un'associazione importantissima, che è l'anima della nostra Congre-
gazione». I Cooperatori infatti ci spronano a una maggiore e più dina-
mica fedeltà alla comune vocazione salesiana (cf CGS 733), ricordan-
169

18.2 Page 172

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doci il criterio permanente della nostra azione apostolica , che pone al
centro del cuore salesiano l'esperienza oratoriana (cf Cost. 40).
Oltrepassando il criterio delle opere , questa esperienza ha bisogno
di numerosi operatori , assai più in là della necessaria presenza dei Sa-
lesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Sono infatti tanto gravi e
molteplici le urgenze della gioventù bisognosa che esigono sempre più
abbondanti forze d'intervento; è così complessa l'area dell'azione edu-
cativa e culturale che richiede , insieme ai consacrati ed ai sacerdoti ,
la presenza attiva e competente di laici generosi; è così vasta e mute-
vole la problematica giovanile che reclama , oltre al rinnovamento del-
le opere già tanto benefiche , una continua inventiva e audacia di pre-
senza apostolica e , non poche volte , in settori dove solo i laici possono
essere presenti e operare efficacemente. La missione salesiana, alla luce
di ciò che ad essa possono apportare i Cooperatori , ci obbliga a non
rinchiuderci in casa , ma ad avere quello sguardo sociale ed ecclesiale
che muoveva il nostro Padre a cercare molte forze per rispondere ai
problemi giovanili e popolari della società.
Bisogna soprattutto sottolineare la ragione di fondo che tocca la no-
stra stessa identità di eredi del patrimonio di Don Bosco. Dopo l'ap-
provazione postconciliare delle Costituzioni delle Figlie di Maria Au-
siliatrice (1982) e delle nostre (1984), la recente approvazione del «Re-
golamento di vita apostolica» dei Cooperatori (1986) porta con sé la
visione completa di come si deve rinnovare e vivere , con attualità e
in prospettiva di futuro , il carisma del nostro Fondatore. Esso è affi-
dato simultaneamente e principalmente a questi tre Gruppi, centrati sul
ministero di unità del suo Successore. Dobbiamo prendere coscienza,
quindi, che inizia un'era nuova per la nostra Famiglia, e che diventa-
no più concrete e vaste le esigenze della nostra rinnovata fedeltà al Fon-
datore.
Da questa prospettiva si vede meglio perché deve crescere la co-
munione di spirito e la collaborazione d'impegni in questi tre Gruppi
della Famiglia salesiana, anche in beneficio degli altri Gruppi . Non
possiamo ripiegarci passivamente nella difesa dei traguardi raggiunti,
ma dobbiamo riconquistare quel dinamismo di «Movimento di perso-
ne» che caratterizzò l'intraprendente apostolato di Don Bosco. «Se un
povero prete - diceva il nostro Padre in una conferenza ai Direttori
nel 1876 - con niente e con meno di niente, perché bersagliato da tutti
e da ogni parte, poté portare le cose fino al punto in cui ora si trovano;
se, dico nuovamente, un solo fece tutto ciò che voi vedete e con nien-
te , qual bene il Signore non aspetterà da trecentotrenta individui [era
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18.3 Page 173

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il numero dei confratelli in quell'anno!], sani , robusti, di buona volon-
, forniti di scienza, e coi mezzi potenti che ora abbiamo in mano?
Qual cosa non potrete fare appoggiati alla Provvidenza?
Il Signore aspetta da voi cose grandi ; io le vedo chiaramente e di-
stinte in ogni parte... Se qualcuno mi ricorderà queste mie parole nel-
1'anno venturo, io vi potrò far vedere grandi cose che il Signore que-
st'anno si è degnato di iniziare, e specialmente una che vi riempirà di
stupore [si riferiva alla fondazione dell ' Associazione dei Cooperato-
ri] .. . Queste, ... mentre già mi troverò nella mia eternità, porteranno
rilevanti conseguenze per la salute delle anime, a gloria di Dio: giove-
ranno al bene universale della Chiesa, saranno cagione di gloria - sì,
lasciatemi dire questa parola - alla nostra Congregazione .. . Voi stes-
si vi meraviglierete e sarete stupiti nel vedere come voi abbiate potuto
fare tutto questo innanzi agli occhi dell'universo e pel bene dell'umana
società» (MB XII , 82-83).
Sarà davvero necessario allora, cari Confratelli, che ogni Ispetto-
ria promuova il rilancio dell'Associazione dei Cooperatori . Ciascun
socio dovrebbe avere una copia del nuovo Regolamento dell'Associa-
zione: la sua lettura aiuterà a riflettere sui contenuti dell 'articolo 5 del-
le nostre Costituzioni e sugli articoli 36, 38 e 39 dei nostri Regolamenti .
Ogni Ispettore poi, insieme con il suo Consiglio e con i Direttori,
studi questo documento, per rinnovare e intensificare le iniziative da
promuovere al riguardo nelle case. Si tratta di una porzione viva del
nostro carisma; ad essa Don Bosco attribuiva la possibilità di fare «gran-
di cose». Non è un 'opera in più ; è parte di noi stessi ; è un grande ap-
porto di energia nel «Movimento»; è una promessa di più intensa fe-
condità ; è una crescita di fedeltà al Fondatore e un'esigenza d'identità
salesiana .
Nella conferenza ai Direttori, poc'anzi citata, il nostro Padre con-
cludeva dicendo: «Il Signore fu Colui che incominciò le cose. Egli stesso
diede loro l'avviamento e l'incremento che hanno , Egli col volger de-
gli anni le sosterrà, Egli le condurrà a compimento. lddio è pronto a
fare tutte queste grandi cose che contribuiranno all'aumento meravi-
glioso dei soci . Una sola cosa Egli richiede da noi: che noi non ci ren-
diamo indegni di tanta sua bontà e misericordia. Finché noi corrispon-
deremo alle sue grazie col lavoro, colla moralità, col buon esempio ,
il Signore si servirà di noi , e voi vi stupirete che si sia potuto far tanto ,
e che possiate fare tanto ... ; dobbiamo esclamare: ' 'Omnia possum in
Eo qui me confortat" » (MB XII , 83) .
Cari confratelli , l'attenta riflessione sulla lettera ai Cooperatori
171

18.4 Page 174

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(riportata in questi Atti) e sul loro nuovo Regolamento ispiri propositi
pratici in ogni Ispettoria e in ogni Casa.
Don Bosco interceda e ci stimoli!
Con affetto,
DON EGIDIO VIGANÒ
II. AI COOPERATORI
Roma, Festa del S. Cuore 1986
Cari Cooperatori e Cooperatrici,
il 24 maggio scorso, solennità di Maria Ausiliatrice, ho promulga-
to il testo rinnovato del vostro «Regolamento di vita apostolica» a To-
rino nella basilica di Valdocco, gremita di popolo: è stato un evento
assai significativo e portatore di speranza . Il documento, frutto di tan-
ta preghiera e lavoro, assicura alla vostra Associazione l'identità sale-
siana ed ecclesiale per inserirsi con attualità nella preparazione del Terzo
millennio della Fede cristiana.
Con l'approvazione pontificia del vostro Regolamento si conclude
l'opera di consolidamento postconciliare delle tre grandi colonne del-
la Famiglia salesiana poste da Don Bosco : i Salesiani , le Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, i Cooperatori. Così saremo insieme e con audacia apo-
stolica i principali portatori della vocazione salesiana per il futuro.
La promulgazione di questo Regolamento acquista, in tale conte-
sto, una portata storica non indifferente.
Prenderne coscienza (voi, noi Salesiani e le Figlie di Maria Ausi-
liatrice) significa comprendere la peculiare responsabilità a cui ci ha
chiamati lo Spirito del Signore in questo scorcio di secolo.
A) NELLA LUCE DELL'ITINERARIO
DI DON BOSCO FONDATORE
Perché si è dovuto rivedere il Regolamento redatto dallo stesso Don
Bosco?
Pensando al senso di Chiesa, all'ansia costante di operatività e alla
duttilità nell'adattarsi ai tempi del nostro Fondatore, possiamo dire che,
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se egli fosse vissuto oggi, sarebbe stato il primo a volere questo impe-
gno di rielaborazione .
1. Necessità della rielaborazione del Regolamento
Don Bosco infatti aveva la sensibilità del divenire della società e
della Chiesa e intuiva, per sintonia con lo Spirito, il compito di futuro
racchiuso nel suo carisma nascente. Era convinto che la veste che egli
poteva dare nel secolo scorso alla vitalità di un dono ecclesiale tanto
urgente era una specie di «brutta copia» iniziale, ricca di vitalità pro-
pria, ma bisognosa, nei piani della Provvidenza, di venir trascritta in
«bella copia» (cf MB XI, 309; XII, 39) . Aveva la coscienza del Fonda-
tore che sta dando vita a una Famiglia spirituale destinata a crescere,
ad evolversi e a durare nei secoli.
Egli fu suscitato da Dio agli albori di una nuova epoca storica.
Percepiva i segni iniziali del superamento della civiltà rurale: un
nuovo modo di essere città, una differente organizzazione del lavoro,
un ripensamento di tutta la società, l'avvio di un concreto protagoni-
smo popolare; intuiva, insomma, anche se oscuramente, il primo muo-
versi sotterraneo di forze sociali che esigevano già subito criteri e im-
pegni pastorali inediti. Emergeva sempre più l'urgenza di rivolgersi
ai giovani poveri e abbandonati e ai ceti popolari; nei cambiamenti già
iniziati appariva in situazione di pericolo la loro fede cristiana che avreb-
be potuto e dovuto essere, invece, un fermento per la nuova società .
Per questo chiamò intorno a sé i Cooperatori , imbevendoli di uno spi-
rito apostolico nuovo .
Un ideale apostolico, dunque , che esige per la sua stessa caratteri-
stica nativa di doversi adattare ai continui cambiamenti e alle situazio-
ni in sintonia con l'evoluzione dei tempi e con gli orientamenti del Pa-
pa e dei Pastori della Chiesa.
Orbene : nel Vaticano II il Santo Padre e i Vescovi di tutto il mon-
do, riuniti per ben quattro anni in Concilio, hanno riconsiderato e ap-
profondito l'identità e la missione della Chiesa in risposta alle sfide
dell 'incipiente nuova epoca. I Pastori ne hanno definiti i principi di
identità e gli orientamenti di azione : è emersa una ecclesiologia rinno-
vata che esige dai cristiani di ripensare a fondo la propria vocazione
nel Popolo di Dio per il mondo , rivedendone in particolare i ministeri,
i carismi, gli impegni.
Ecco perché anche ogni Gruppo della Famiglia salesiana ha dovuto
rielaborare i documenti fondamentali della propria indole carismatica.
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Secondo la nuova prospettiva conciliare era necessario ripensare se-
riamente la vocazione battesimale di tutti i fedeli e il significato eccle-
siale del carisma delle varie Famiglie spirituali; due aspetti, questi , par-
ticolarmente importanti appunto per la vostra Associazione.
«Essere cattolico» oggi comporta una forte coscienza di discepolo,
aperta a tutti nel dialogo , ma portatrice di una robusta identità cristia-
na e di una coraggiosa formazione alla testimonianza nella società.
«Sentirsi incorporato» a un concreto carisma della Chiesa esige, poi ,
di condividerne l'indole specifica progettata dal Fondatore per riattua-
lizzarla in consonanza con i valori dei segni dei tempi.
Ecco il perché di tanto accurato lavoro di rielaborazione del primo
Regolamento scritto dallo stesso Fondatore per voi.
2. L'itinerario del discernimento fondazionale
a) La fondazione dei tre Gruppi complementari
Agli inizi, i Gruppi fondamentali di quella che oggi chiamiamo «Fa-
miglia salesiana» apparivano come un piccolo seme appena gettat9 nel
solco, non ancora germinato, sviluppato, articolato .
Don Bosco era partito con l'idea insistente della missione giovanile
e dell'urgenza di avere in forma permanente molti collaboratori : «Sia
una congregazione, sia quel che si vuole: io ho bisogno di erigere ora-
tori , cappelle, chiese, catechismi , scuole, e senza un personale a me
devoto non posso far nulla» (MB III, 454).
Al centro del suo cuore sacerdotale c'erano i problemi della gio-
ventù bisognosa e della religiosità e fede dei ceti popolari . Si sentiva
chiamato e inviato da Dio per suscitare un movimento di persone im-
pegnate con lui ad affrontare con coraggio tanti problemi . Il travaglio
del discernimento lo portò a poco a poco a percepire chiaramente d'a-
vere una vocazione di «Fondatore»: il compito non era facile. Inco-
minciò pieno di fiducia nella Provvidenza e pose al servizio di tale causa
tutte le sue capacità.
Seppe così sviluppare le potenzialità racchiuse nel seme iniziale.
Solo dopo più di trent'anni , nell'arco che va dal 1841 al 1876, passan-
do da principio attraverso un impegno diocesano , raggiunse laboriosa-
mente il livello mondiale di un carisma de1la Chiesa universale. Dalla
prima embrionale «Congregazione di S. Francesco di Sales», approva-
ta dall 'Arcivescovo di Torino mons . Fransoni, fino alla fondazione dei
suoi tre Gruppi consacrati e secolari , c'è tutto un processo di crescita
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e di chiarificazione verso un comune spirito, una comune missione e
una comune corresponsabilità apostolica. Oggi Cooperatori e Coope-
ratrici, Figlie di Maria Ausiliatrice e Salesiani sono chiamati e inviati
«insieme» a promuovere «un vasto movimento di persone che, in vari
modi , operano per la salvezza della gioventù» (Cast. SDB 5).
Don Bosco, nel suo operare, cercò sempre l'aiuto dei laici. Per que-
sto, quando non poté realizzare il progetto sui «Soci esterni» aggregati
alla Società di San Francesco di Sales , che avrebbe voluto inserire nel-
le Costituzioni dei Salesiani, si dedicò a elaborare (a partire dal 1874)
un nuovo e più ampio progetto da proporre ai buoni cattolici per ope-
rare il bene.
Presentato a Pio IX il suo abbozzo, vide che il Santo Padre si me-
ravigliava che in esso ci si preoccupasse solo degli uomini e non delle
donne (Don Bosco infatti stava progettando per le donne una Associa-
zione a parte, aggregata all'Istituto delle FMA) (MB Xl , 73; XII, 84);
capì immediatamente la vitale importanza di quanto gli fece osservare
il Papa: «Le donne ebbero sempre parte principale nelle opere buone,
nella Chiesa stessa, nella conversione dei popoli. Esse sono benefiche
e intraprendenti nel sostenere le opere buone anche per inclinazione
naturale, più che gli uomini. Escludendole, vi privereste del più gran-
de degli aiuti» (MB XI, 73-74) . Don Bosco accolse la preziosa e reali-
stica indicazione del Sommo Pontefice, -e poté posteriormente perce-
pirne i grandi vantaggi avendo sviluppato in questo senso la «Pia
Unione».
Bisogna riconoscere che Pio IX ha avuto un'illuminata e determi-
nante partecipazione in tutta la fondazione sia dei Salesiani, sia delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, che dei Cooperatori . Don Bosco stesso ,
inviando il primo saluto al papa Leone XIII appena eletto, affermava:
«Questa Congregazione (e conosciamo l'ampiezza di significato che tale
termine aveva nella sua mente) è stata consigliata , diretta , approvata ,
dalla veneranda memoria di Pio IX» (MB XIII, 485).
Il nostro Fondatore voleva che i Cooperatori costituissero una «As-
sociazione di opere buone» o una «Unione cristiana nel bene operare»
intimamente legata a lui; doveva essere una specie di «Terz'Ordine»
degli antichi , con la differenza che in quelli si proponeva la perfezione
cristiana nell'esercizio della pietà; qui si ha per fine principale «la vita
attiva, nell'esercizio della carità verso il prossimo e specialmente ver-
so la gioventù pericolante» (Reg. Coop. 1876, cap . III).
Tale progetto carismatico maturò finalmente nel Regolamento nel
1876 e nelle iniziative che lo accompagnarono e lo seguirono.
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Così il progetto di Don Bosco si esprime, in sintesi integrale e in
forma articolata ma complementare , nella Congregazione dei Salesia-
ni , nell 'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e nell'Associazione
dei Cooperatori . I tre documenti fondamentali descrivono l'identità e
l'indole propria di ciascun gruppo; presi insieme costituiscono l'itine-
rario pratico seguito dal Fondatore per assicurare il futuro dell '«Opera
degli Oratori» iniziata a Torino nel 1841.
Nel Regolamento di Don Bosco è affermata la indispensabile pre-
senza di voi Cooperatori nel carisma salesiano; si insiste sull ' intima
vostra unione con la Congregazione salesiana (e analogamente con le
FMA) in sincera e intensa fraternità di Famiglia («un cuor solo e un'a-
nima sola»!), coltivando tutti insieme un senso dinamico di Chiesa, con
sincero affetto e concreta adesione al ministero del Papa e dei Vescovi .
b) Don Bosco cura l'incremento vitale dei Cooperatori
L'anno seguente, nell'agosto del 1877, Don Bosco lanciava il Bol-
lettino Salesiano, come mezzo d'informazione, vincolo di unione , sti-
molo all'inventiva della carità e strumento particolarmente atto a far
crescere la vostra Associazione.
Dopo la pubblicazione del Regolamento , bisognava incrementare
vitalmente l'Associazione e formare sempre più la mentalità dei Sale-
siani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice perché ne fossero entusiasti
animatori. Nella conferenza annuale del 1877, Don Bosco faceva os-
servare: «L 'Opera dei Cooperatori Salesiani è appena incominciata e
già molti vi sono ascritti . Se ne vedrà il grande sviluppo .. . Si è stabili-
to, a questo proposito, di stampare un Bollettino che sarà come il gior-
nale della Congregazione (oggi diciamo "della Famiglia") , perché sono
molte le cose che si dovranno comunicare ai detti Cooperatori. Se ora
sono cento Cooperatori, il loro numero ascenderà a migliaia e migliaia;
e se ora siamo mille , allora saremo milioni .. . Cerchiamo di far cono-
scere quest'Opera: essa è voluta da Dio» (MB XIII , 81).
Anche nel Capitolo Generale 1° (Lanzo, sett. 1877), la quarta del-
le 26 Conferenze generali fu dedicata ai Cooperatori: «Una associa-
zione per noi importantissima, braccio forte della nostra Congregazio-
ne [a cui, non dimentichiamolo, erano aggregate anche le FMA] . I Coo-
peratori e le Cooperatrici Salesiane non sono altro che buoni cristiani
i quali, vivendo in seno alle proprie famiglie, mantengono in mezzo
al mondo lo spirito della Congregazione di S. Francesco di Sales» (Ope-
re edite XXIX, 468) .
Il Capitolo stabiliva perciò: «I Direttori ed in generale tutti i Soci
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salesiani (e FMA) si adoperino per accrescere il numero dei Coopera-
tori» (ivi , 469).
Anche ai parroci salesiani raccomandava che una delle loro solle-
citudini nella relazione con il popolo fosse quella di favorire l'Asso-
ciazione dei Cooperatori Salesiani (cf Reg. per le Parr., MB XVIII ,
697).
E crebbe tanto l'Associazione che già nel 1880 Don Bosco poteva
dire in una conferenza a Borgo San Martino: «Dal 1876 ad oggi i Coo-
peratori e le Cooperatrici sono cresciuti sino al numero di trentamila,
e vanno aumentando ogni giorno» (MB XIV, 543).
Alla morte di Don Bosco (come si legge nel decreto per procedere
alla sua canonizzazione) erano già circa ottantamila (MB XIX, 242) .
Vediamo, dunque, un lungo itinerario' di esperienza di Spirito Santo
attraverso il quale Don Bosco ha cercato pazientemente di discernere
il disegno suggeritogli da Dio; imboccò finalmente _la strada definiti-
va, dopo essersi incamminato per altri sentieri, risultati di fatto non
praticabili.
Sono rimaste costanti, ad ogni modo, alcune componenti che costi-
tuiscono la struttura portante della vostra Associazione: un senso so-
ciale e operativo della propria cattolicità ricevuta come dono nei sa-
cramenti del Battesimo e della Cresima; una missione ecclesiale e ci-
vica di servizio alla gioventù bisognosa; una cura intelligente e corag-
giosa della fede popolare in un'epoca di intensi cambiamenti; un pecu-
liare metodo pastorale e l'importanza dei vincoli di unione con la So-
cietà di S. Francesco di Sales e di comunione con l'Istituto delle Figlie
di Maria Ausiliatrice per viverne genuinamente il caratteristico spirito
evangelico.
Si tratta, come vedete, di un 'autentica condivisione della vocazio-
ne salesiana: siete corresponsabili con noi della vitalità del progetto
del Fondatore nel mondo (cf RVA 5).
Don Bosco oggi avrebbe perfezionato il suo progetto considerando
attentamente la rinnovata ecclesiologia conciliare soprattutto in riferi-
mento alla secolarità. È appunto quanto si è cercato di fare in questi
anni, condensando la riflessione vostra e nostra nella rielaborazione
di questo «Regolamento di vita apostolica».
' Va le la pena rileggere il già c itato studio del benemerito don GUIDO FA VINI , Il
cammino di una grande idea.
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3. ·La duttile vitalità del carisma , affidata alle persone
Per vivere con genuinità la vocazione salesiana è necessario cono-
scere e assumere i valori vitali delle sue origini , della sua crescita, della
sua attualità ecclesiale e della sua prospettiva di futuro. Non si deve
trascurare una seria conoscenza non solo della vita del Fondatore, ma
anche della cronistoria posteriore della sua Famiglia spirituale, cer-
cando di scoprire negli apporti degli eventi di ieri ciò che essi conten-
gono di vitalità e di proiezione in avanti come speciale docilità al Da-
tore del carisma. Lo Spirito Santo è sempre originale; non si sa da do-
ve viene e dove va, ma fa crescere e maturare; ci si può porre in sinto-
nia con lui attraverso l'ascolto orante e un illuminato discernimento .
Se guardiamo la vita del nostro Fondatore possiamo farci un'idea
del travaglio che comporta una vera docilità. A ragione si è detto di
Don Bosco che appariva (anche , e soprattutto, agli amici) come un «mi-
stero», perché pienamente aperto allo Spirito del Signore, il quale non
faceva scoprire (neppure a lui immediatamente) da dove venisse e ver-
so dove lo conducesse . Ad ogni modo era chiara l'intuizione globale
espressa con eloquenti simboli già nel sogno dei nove annj , da lui più
volte ricordato e meditato in età matura: il campo e il metodo di azio-
ne, la dedizione intelligente e generosa, la necessità di collaboratori
per realizzare e prolungare una missione tanto urgente. Egli ha dovu-
to , però , operare un lungo lavoro di discernimento, innanzitutto «per-
sonale» - fino a individuare con chiarezza la sua vocazione di Fonda-
tore -, e poi «fondazionale» per dare un volto concreto e un 'organiz-
zazione valida alla sua Famiglia spirituale. Passò così per diverse tap-
pe di chiarificazione fino a poter dare una identità e una struttura pro-
pria, prima ai Salesiani poi alle Figlie di Maria Ausiliatrice e, infine,
a voi Cooperatori.
I tre Gruppi, portatori principali del suo carisma, sono stati invitati
dal Vaticano II a imjtare il Fondatore rimanendo aperti, in conformità
con la loro natura storica ed ecclesiale , alle esigenze del costante svi-
luppo del Corpo di Cristo in perenne crescita (cf MR 11).
La vostra Associazione, riconosciuta già vitalmente presente nelle
prime origini dell 'Oratorio (il Decreto di approvazione del 9 maggio
1986 ricorda la figura esemplare di Mamma Margherita) (cf RVA , p.
10) , ha ricevuto dal Concilio Vaticano II una nuova vitalità. L'esperien-
za e il travaglio di ieri devono servire per illuminare quella fedeltà di-
namica che è necessaria oggi , in un'ora di rinnovamento che comporta
una sincera adesione alle origini e un 'oculata duttilità ai tempi nuovi.
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Bisogna senz 'altro curare l'organizzazione dell 'Associazione e il
nuovo testo del Regolamento ne indica le strutture portanti. Ma questo
è solo un aspetto, diciamo così, strumentale. Ciò che deve preoccupa-
re voi e noi è la vitalità del carisma, ossia di quell'energia di carità
che sa rilanciare l'ardore , l'inventiva, la generosità e l'instancabile di-
namismo apostolico di Don Bosco, di Mamma Margherita e dei primi
collaboratori di Valdocco.
Il cammino per raggiungere tale vitalizzazione passa, soprattutto,
attraverso il cuore di ognuna delle vostre persone: il dono dello Spirito
Santo è per l'uomo interiore . I valori evangelici contenuti nel Regola-
mento rinnovato hanno bisogno di venire «personalizzati». I portatori
di un carisma nella Chiesa sono sempre delle «persone» che hanno ascol-
tato la chiamata del Signore, fatta «per nome» e con il «tu» di una pre-
dilezione che inizia un'alleanza da vivere in gioiosa e fedele amicizia;
per questo ogni persona si sente impegnata a far fruttificare nella Chiesa
il dono ricevuto. Il cuore di ogni Cooperatore e di ogni Cooperatrice
è depositario di un'alleanza d'i salvezza, è arricchito da una speciale
grazia che lo rende partecipe della potenza dello Spirito del Signore,
e si sente lanciato e abilitato a operare nella storia collaborando all'im-
portante missione ecclesiale assegnata a Don Bosco. ·
Si tratta, dunque, di ravvivare e di rinvigorire le vostre persone e
di curare tutto ciò che costituisce l'anima dell 'Associazione e le infon-
de vita e movimento .
4. Responsabilità particolare degli animatori
Il rinvigorimento delle persone e di quest'anima esige due poli di
riferimento da rivisitare continuamente per vivere in tensione fecon-
da : uno è il patrimonio spirituale ereditato dal Fondatore , l'altro è la
risposta profetica da saper dare alle attuali interpellanze sociocultura-
li . Questo debbono tener presente soprattutto gli animatori della vo-
stra Associazione, ossia i Cooperatori dirigenti e gli Ispettori e le Ispet-
trici e i Delegati SDB ed FMA, ma anche tutti i Cooperatori e le Coo-
peratrici. Il futuro dell ' Associazione è legato fortemente a una com-
prensione aggiornata, realistica e rinnovata del dono apostolico fatto
da Dio alla Chiesa attraverso Don Bosco.
Gli animatori, perciò , a qualunque Gruppo salesiano appartenga-
no , devono aver coscienza del cammino percorso da Don Bosco nella
sua vocazione di Fondatore , e conoscere integralmente (non solo per
ciò che si riferisce al proprio Gruppo) la vera dimensione del carisma
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a lui affidato; di esso voi , Cooperatori e Cooperatrici, siete parte viva
ed essenziale, perché egli non considerò realizzata la sua opera di Fon-
datore se non dopo l'erezione della vostra «Pia Unione». Nella sua mente
e nel suo cuore vi considerava fratelli e sorelle «esterni»; è bello vede-
re come iniziava una sua circolare del gennaio 1881 ai Cooperatori e
alle Cooperatrici: «Con grato animo mi presento a voi , o rispettabili
confratelli e consorelle in Gesù Cristo» (Boll. Sal. genn. 1881 , 1-3) .
Secondo Don Bosco, l'espressione «a modo di Terzo Ordine», con
cui presentava la forma della vostra Associazione, aveva un significa-
to peculiare che sottolinea un aspetto originale, perché, col dire sem-
plicemente «a modo di» o «come» Terz 'Ordine, voleva indicare lavo-
stra distinzione dagli antichi Terzi Ordini , che si proponevano soprat-
tutto una cura speciale della vita di pietà, mentre la vostra Associazio-
ne è stata fondata per esprimere gli impegni del Battesimo e della Cre-
sima in concrete opere di carità specialmente a favore della gioventù. 2
Ma più in là di questa denominazione (che non è mai stata usata
ufficialmente nella tradizione salesiana, perché né i Salesiani né le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice sono denominati 1° e 2° «Ordine»), c'è la
realtà di una comune concreta missione da realizzare «insieme», unen-
do tutte le forze disponibili.
B) ASPETTI ESSENZIALI
DELLA VOSTRA IDENTITÀ DI SECOLARI SALESIANI
Don Bosco cercò di coinvolgere, come abbiamo visto, il maggior
numero di persone per realizzare la sua vasta missione ; considerò pre-
ziosa la collaborazione dei membri del clero diocesano per la loro co-
nosciuta competenza nel! 'animazione degli altri ; ma puntò su un gran-
de numero di laici . Egli voleva risvegliare «lo spirito cattolico»,3 evo-
leva far capire a tutti l'urgente «bisogno che vi è oggi che i buoni cri-
1 Può essere utile ricordare che l ' anteriore Cod ice di Diritto canonico - I 9 I 7 -
distingueva i «Terzi Ordini » dediti alla vita di pietà (can. 702 § I) dalle «Confraternite»
dedite al culto pubblico (can. 707 § 2) e dalle «Pie Unioni o Sodalizi» dediti a opere
di carità (can. 707 § 1). Il nuovo Codice, invece , un significato più ampio e com-
prensivo ai Te rzi Ordini , come associazioni pubbliche di fede li (can . 303 ; 677 § 2;
298-320) ; per questo l' attuale Dec reto di approvazione del vostro Regolamento usa an-
cora questo termine.
' G. FAVINI , Don Bosco e l 'apostolato dei laici, SEI, Torin o 195 2, p. 85; le due
citazioni seguenti sono tratte dalla p. 79.
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stiani si uniscano fra loro per promuovere il bene e combattere il ma-
le , perché l'unione fa la forza»; cercava di tradurre la religiosità dei
cristiani e il loro senso di preghiera in opere di carità: «Oggi , oltre
al pregare, che non deve mancare mai - diceva - bisogna operare,
intensamente operare, se no si corre alla rovina»; in una parola inten-
deva «scuotere tanti cristiani dal languore, per diffondere l'energia della
carità» (RVA 50).
1. L'energia della carità tra i laici
(importanza di acquisire la spiritualità laicale)
La missione di Don Bosco esigeva molti impegni laicali legati so-
prattutto all 'educazione della gioventù popolare per migliorare la so-
cietà: «Volete fare una cosa buona? - diceva appunto ai Cooperatori
-. Educate la gioventù. Volete fare una cosa santa? Educate la gio-
ventù. Volete fare cosa santissima? Educate la gioventù. Volete fare
cosa divina? Educate la gioventù. Anzi (al dire dei Padri): questa fra
le cose divine è divinissima» (MB XIII, 629).
«Questa Associazione - affermava ancora - ha per iscopo di uni-
re i buoni cristiani a fare del bene alla civile società» (MB XVI, 21).
Ora è proprio in questo campo che si sta progredendo assai nella
Chiesa, soprattutto dopo il Vaticano II . Oggi la coscienza del laico,
come membro attivo del Popolo cristiano, ha molte più luci che nel
secolo scorso e le si sono aperti nuovi e vasti orizzonti sociali ed eccle-
siali .
Quindi, la vostra Associazione ha bisogno di approfondire e di as-
similare sempre più la dottrina conciliare sul laico: gli impegni del sa-
cerdozio battesimale e della Cresima, l'inserimento nella Chiesa loca-
le, le sfide che i cambi socioculturali lanciano alla fede, l'insegnamen-
to del magistero circa i compiti temporali , la testimonianza cristiana
nella famiglia , i valori di una autentica laicità che dista molto dalle de-
viazioni del laicismo , ecc.
I mezzi indispensabili per promuovere questa coscienza sono quel-
li comuni ad ogni buon fedele : l'ascolto della Parola di Dio, la rifles-
sione sui suoi contenuti, sui testi del Vaticano II, sugli orientamenti
pastorali del Papa e dei Vescovi; l'esercizio della preghiera quotidiana
e una adeguata frequenza dei sacramenti dell'Eucaristia e della Peni-
tenza; l'accettazione del mistero della Croce soprattutto in quelle si-
tuazioni della vita che esigono coscienza e coraggio di ascesi; la dedi-
zione a una qualche attività apostolica.
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In particolare è indispensabile curare, attraverso una competente
scuola di animazione, quegli aspetti che caratterizzano la «spiritualità
laicale» , in quanto tale.
Possiamo ricordare, tra le note più significative di tale spiritualità,
le seguenti:
a) L'animazione cristiana degli impegni temporali che appartiene
specificamente alla missione del laico, sia nella famiglia che nell 'am-
bito culturale e sociale. Egli deve sentirsi simultaneamente «cittadino»
e «credente» traducendo la sua fede nel Cristo in costante sforzo di tra-
sformazione del mondo.
b) Una sensibilità, acuita dalla fede, che muova il laico a discerne-
re continuamente i segni dei tempi in comunione con la Chiesa locale
e a prendere parte attiva e autenticamente cristiana all'odierno proces-
so di «liberazione sociale», differenziato secondo le situazioni concre-
te in cui vive. Il laico è chiamato a collaborare per far crescere una
cultura più vera, una civiltà del lavoro più giusta , una solidarietà uma-
na più universale: compito questo assai impegnativo per tutto il Popo-
lo di Dio (da vivere con differenti vocazioni) .
c) L'attenta considerazione del «quotidiano», nell 'ambito del suo
carattere secolare, che offre alla carità del laico una miniera inesauri-
bile, anche se nascosta e modesta, di vera e pratica testimonianza evan-
gelica; così egli può dar ragione, in un mondo che passa, delle risorse
vitali della speranza cristiana.
d) La cura diligente della propria «professionalità», di ciò che si
riferisce al suo retto esercizio e al suo assiduo perfezionamento, che
dia all'esistenza del laico il tono concreto della sua partecipazione alla
missione della Chiesa nel «permeare e perfezionare l'ordine delle real-
tà temporali con lo spirito evangelico» (AA 5).
e) Infine, la coscienza sempre più esplicita di quanto afferma il Con-
cilio: «le condizioni odierne richiedono che l'apostolato dei laici sia
assolutamente più intenso e più esteso» (AA 1) , anche nell'ambito spe-
cifico della evangelizzazione e santificazione che presenta loro «mol-
tissime occasioni» più in là della sola «testimonianza della vita» (AA
6). In questo senso il Vaticano II ha sottolineato l'importanza per i lai-
ci di una forma associativa di apostolato: «Infatti le associazioni sono
di sostegno ai propri membri e li formano all'apostolato, dispongono
bene e guidano la loro azione apostolica, affinché possano sperarsi frutti
abbondanti» (AA 18).
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Ed è qui che appare , come mediazione evangelica di sintesi , la pre-
ziosa eredità dello stile originale di vita cristiana sperimentato e lan-
ciato, per voi Cooperatori e Cooperatrici , da Don Bosco con il suo
«spirito salesiano». La «spiritualità laicale» indica, in forma ancora ge-
nerica , un insieme di aspetti da curare; ma lo si può fare in molti mo-
di . Lo «spirito salesiano», invece, suggerisce un modo tipico e già col-
laudato di farlo.
2. Lo spirito salesiano di Don Bosco
(la spiritualità laicale è da vivere con modalità salesiana)
a) E uno stile originale di vita e di azione,
frutto di una tipica esperienza evangelica
«Guidato dallo Spirito Santo - dice il testo del vostro Regolamen-
to rinnovato- , Don Bosco ha vissuto e ha trasmesso ai membri della
sua Famiglia uno stile originale di vita e di azione: lo spirito salesiano.
È una tipica esperienza evangelica che caratterizza e dà tono con-
creto alla presenza e azione nel mondo , alle relazioni con i fratelli e
al rapporto con Dio . Ha la sua sorgente nel cuore stesso di Cristo , si
alimenta nell 'impegno apostolico e nella preghiera, e pervade tutta la
vita , rendendola una testimonianza di amore .
Il Cooperatore accoglie questo spirito come dono del Signore alla
Chiesa e lo fa fruttificare secondo la condizione secolare che gli è pro-
pria» (RVA 26).
In questo articolo si trova il vertice dei vostri impegni di formazio-
ne salesiana. L'amore cristiano è una prassi vissuta che non può venir
identificata semplicemente con una dottrina e neppure con una spiri-
tualità generica . Si esprime e si vive in una sintesi concreta con un volto
definito .
Quando il Regolamento parla di «spirito salesiano» intende descri-
vere i tratti caratteristici della esperienza evangelica collaudata nella
scuola di Don Bosco quale peculiare stile di vita, sintesi di criteri di
giudizio e di metodologia di azione . Non è un 'analisi concettuale delle
relazioni con Dio e con il prossimo , e neppure la presentazione dottri-
nale della spiritualità di uno stato o di un ministero, ma la descrizione
dei lineamenti spirituali individuanti la vocazione salesiana; ne consi-
dera attentamente le fattezze visibili e pratiche che la contrassegnano
nel vissuto (ossia fa sua tipologia), mettendone in risalto alcuni conno-
tati , così da poter precisare una fi sionomia spirituale propria .
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19.6 Page 186

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Come la natura umana , comune a tutti nella sua essenza, si espri-
me in tratti fisionomici particolari, in modo analogo la vita battesimale
presenta dei modelli di santità con caratteristiche individuanti proprie ,
dando origine a differenti scuole spirituali. In esse la «spiritualità» di
un ministero o di uno stato di vita viene coinvolta di fatto in uno «spiri-
to» concreto, quale espressione tipologica della sequela del Cristo .
Tra noi, «Famiglia di Don Bosco», nell'alveo del comune «spirito
salesiano» confluiscono di fatto diverse «spiritualità»: laicale , sacerdo-
tale , religiosa, coniugale, di consacrazione secolare, ecc.
Don Bosco diceva appunto che voi Cooperatori vivete e testimo-
niate «nel mondo» lo spirito da cui i Salesiani e le Figlie di Maria Au-
siliatrice sono animati nella loro «vita consacrata». Infatti, voi siete chia-
mati a vivere lo stesso spirito di Don Bosco nella condizione secolare
a voi propria. Il vostro compito vocazionale consiste nel saper incar-
nare i valori generali della spiritualità laicale (se siete laici) o sacerdo-
tale e diaconale (se siete sacerdoti o diaconi secolari) nel caratteristico
stile di santità e nel metodo di azione del carisma di Don Bosco. È
uno spirito di comunione che non vivete da soli, o in forma dissociata,
bensì come membri di una Associazione che assicura a ognuno l' iden-
tità , la vitalità , l'appoggio , la revisione, la gioia e la speranza di una
profonda fraternità evangelica: «"Uniti con un cuor solo e un 'anima
sola" - dice il Regolamento - vivono in comunione fraterna, con
i vincoli caratteristici dello spirito di Don Bosco» (RVA 19/1).
Lo stesso Diritto canonico, parlando delle Associazioni come la vo-
stra , dopo aver affermato che si tratta di fedeli che «vivono nel mondo
e partecipano allo spirito di un Istituto religioso» (can . 303) , esorta questi
Istituti di vita consacrata ad «averne cura con particolare sollecitudine,
affinché siano permeati del genuino spirito della loro Famiglia» (can.
677 § 2).
Questo «spirito» è una componente vitale del carisma del Fondato-
re. È, nella nostra Famiglia, un 'armonia di forze interiori , che rende
idonei a realizzare la missione , che va perfezionando l ' ottica speciale
con cui si giudica la realtà, che sviluppa una tipica sensibilità di fronte
ai problemi giovanili e popolari , che irrobustisce una mentalità equili-
brata e positiva , che fa percepire la bellezza di essere nati e la predile-
zione nell 'essere stati chiamati per nome , che comporta soprattutto la
crescita di una gioiosa contemplazione del mistero di Dio: del Padre
di misericordia che per amore crea e perdona, del Figlio Redentore
che per amore s'incarna e si sacrifica, dello Spirito Consolatore che
per amore trasforma e santifica.
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19.7 Page 187

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Così , lo spirito di Don Bosco appare anche nella sua luce di dono
prezioso per tutta la Chiesa.
b) La spinta mistica: carità pastorale
che rende «veri Cooperatori di Dio» nel servire il prossimo
Supponendo, dunque, alla base della vostra coscienza associativa
lo «spirito salesiano», dovete curare il dinamismo interiore che ne de-
riva perché è l'anima della vostra Associazione.
Il Regolamento presenta innanzitutto, come condizione fondamen-
tale di questo spirito, un tipo peculiare di «vita di fede» che sia vera-
mente «impegnata» nel quotidiano. Tale condizione comporta due at-
teggiamenti caratterizzanti.
Il primo è quello di «sentire Dio come Padre e Amore che salva;
(di incontrare) in Gesù Cristo l'Unigenito Figlio (che è) l'Apostolo per-
fetto del Padre; (e di vivere) in intimità con lo Spirito Santo (che è
il potente) Animatore del Popolo di Dio nel mondo» (RVA 27). Ossia:
un tipo di vita interiore che trova in Dio stesso l'impulso di una intensa
operosità salvifica: l'ardore dell'apostolato, «da mihi animas»! È que-
sta la radice o «l'aspetto più profondo della vostra vocazione: essere
veri "Cooperatori di Dio" nella realizzazione del suo disegno di sal-
vezza» (RVA 27,3) .
Il secondo atteggiamento è di sentirsi chiamati e inviati a una mis-
sione concreta: quella di «contribuire alla salvezza della gioventù» (RVA
1) , impegnandosi «nella stessa missione giovanile e popolare di Don
Bosco» (RVA 3) .
Quindi ogni Cooperatore, proprio per la sua esperienza interiore
del mistero di Dio, vive una fede impegnata che lo rende «intimamente
solidale con il mondo in cui vive e nel quale è chiamato ad essere luce
e lievito. Crede nelle risorse interiori dell'uomo; condivide i valori della
propria cultura; accetta le novità con senso critico cristiano, integran-
do nella sua vita ''tutto ciò che è buono'', specie se gradito ai giovani»
(RVA 29,1).
Ecco perché al centro dello spirito salesiano c'è, quale «spinta mi-
stica», quella carità pastorale che spinge ad operare instancabilmente
per il Signore. Don Bosco l'ha sintetizzata ed espressa nel motto: «Da
mihi animas, cetera tolle», e l'ha testimoniata eminentemente «facen-
do presente tra i giovani l'amore misericordioso di Dio Padre, la cari-
tà salvifica di Cristo Pastore e il fuoco dello Spirito che rinnova la ter-
ra» (RVA 28,1) .
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19.8 Page 188

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c) Operosità rivestita di bontà tipicamente «salesiana»
Don Bosco, poi, ha voluto rivestire questa operosità apostolica di
bontà semplice, cordiale e gioiosa; ossia di uno stile di vita e di azione
che «tende a suscitare rapporti di fiducia e di amicizia, per creare in-
torno a sé un clima di famiglia fatto di semplicità e affetto. (Ogni Coo-
peratore) è un operatore di pace che cerca nel dialogo il chiarimento
e l'accordo» (RVA 31 ,2). È , questa, una caratteristica veramente di-
stintiva dello spirito di Don Bosco ; lui stesso ha voluto designare que-
sto suo stile con il qualificativo di «salesiano» perché vedeva in san
Francesco di Sales un «modello di amabilità , di zelo apostolico e di
vero umanesimo» (RVA 28,1).
L'ha proiettato nella prassi attraverso quel modo di agire tra i gio-
vani che egli chiamò «Sistema preventivo»: il suo stile di azione, detto
anche «metodo della bontà», poiché":
• usa la persuasione e non l'imposizione, e fa appello sempre alle
risorse interiori della persona, rendendola progressivamente respon-
sabile della propria crescita;
• crede nell ' "azione invisibile della grazia nel cuore di ogni uo-
mo " e nel valore educativo dell'esperienza di fede;
• fiducioso nella forza trasformatrice dell'amore, cerca di arriva-
re al cuore, e procura di farsi amare con maturità e trasparenza» (RVA
15) . Questa bontà si manifesta in un clima di speranza gioiosa che su-
scita simpatia, infonde ottimismo e promuove allegria. È un'espres-
sione di gaudio interiore che procede dalla dimensione pasquale della
fede cristiana, portatrice della suprema novità, in peculiare sintonia con
le inclinazioni della psicologia giovanile .
d) La metodologia ascetica: «lavoro e temperanza»
Intrecciata con la «spinta mistica» della carità pastorale fatta bontà,
c'è, nel nostro spirito, un'esigente «metodologia ascetica», abbellita
dal sorriso di un volto ilare. Don Bosco l'ha espressa con un binomio
assai realistico: «lavoro e temperanza» (cf RVA 30,3) . Questa «meto-
dologia» porta con sé una vera ascesi dell'azione, vissuta con costanza
tra le fatiche e le difficoltà del quotidiano: è la croce personale da por-
tare come liberi cirenei. Essa è accompagnata da una disciplina co-
stante e oculata per il dominio delle proprie inclinazioni e passioni fi-
no a raggiungere quell'equilibrio di efficace moderazione di sé nella
condotta e di saggezza critica di fronte alle ideologie dell'ambiente ,
come espressione di attiva prudenza cristiana.
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Nello spirito salesiano «ascetica» e «mistica» si permeano mutua-
mente secondo quanto dice la seconda lettera di san Pietro: «Mettete
ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la co-
noscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza,
alla pazienza la pietà, alla pietà l'amore fraterno, all'amore fraterno
la carità» (2 Pt 1, 5).
e) Sotto la protezione di Maria
Per custodire e sviluppare questo «spirito» (descritto nel capitolo
4 del vostro Regolamento) Don Bosco ha riconosciuto esperienzialmente
una ininterrotta protezione mariana: non solo perché ha potuto verifi-
care «l'intervento materno di Maria» (RVA 1, 1) agli inizi della sua vo-
cazione e in tutto il suo sviluppo, così da considerarla sempre sua «Mae-
stra e Guida», ma soprattutto perché più universalmente, nella stessa
storia della salvezza, ella «ha cooperato in modo assolutamente unico
all'opera del Salvatore e non cessa di cooperare come Madre e Ausi-
liatrice del Popolo cristiano» (RVA 27,2). Un motivo particolare, poi,
per un tratto così caratterizzante di questo spirito, è che la carità pasto-
rale della vostra Associazione consiste nell' «imitazione della sollecitu-
dine materna di Maria, che intercede per il Cooperatore e lo aiuta quo-
tidianamente nella sua testimonianza» (RVA 28,2): infatti l'Ausiliatri-
ce è, con la «sua presenza viva», la «Guida speciale della Famiglia sa-
lesiana» (RVA 35,1).
C) PER UN RILANCIO DELL'ASSOCIAZIONE
La solenne promulgazione del Regolamento costituisce certamen-
te, cari Cooperatori e Cooperatrici, un evento che esige un rilancio
dell'Associazione. Vorrei qui riunire alcuni suggerimenti operativi che
vi muovano a formulare dei propositi pratici.
1. Alcune interpellanze operative
a) La prima di tutte è, evidentemente, quella di studiare, interio-
rizzare e mettere in pratica i contenuti di questo vostro Progetto di vita
apostolica. È un compito di formazione permanente a favore di una ac-
cresciuta interiorità spirituale, di taglio secolare (cf RVA 7), capace
di permeare il tessuto del quotidiano (fatto di rapporti familiari, pro-
fessionali, culturali, sociali ed ecclesiali) con i valori evangelici dello
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spirito salesiano. Urge, oggi più che mai, rafforzare l'«uomo interio-
re» . Un impegno, dunque, che serva per l'identità cristiana dei singoli
ma anche come stimolo per la stessa Associazione e per tutta la Fami-
glia salesiana.
b) Tale compito deve essere accompagnato da una particolare at-
tenzione a ciò che il Vaticano II ha proclamato circa la «secolarità»,
e , in modo particolare, circa la vocazione e missione del «laico» nella
Chiesa. La dottrina conciliare richiede oggi una coscienza molto più
ampia e più coraggiosa del «sentirsi cattolico» in un mondo pluralista
e pervaso dalla terribile tentazione di immanenza temporalista . Il ma-
terialismo che caratterizza il nostro tempo in vaste zone sociali si ri-
solve in quel terribile «peccato contro lo Spirito Santo» che non ha re-
missione.
A questo riguardo il Papa , nella sua recente enciclica «Dominum
et Vivificantem» dice che , in una mentalità materialista , «l ' orizzonte
dei valori e dei fini dell'agire è strettamente legato all'interpretazione
come " materia " di tutta la realtà ; (si presenta così come) lo sviluppo
sistematico e coerente di quella ''resistenza' ' e opposizione, denuncia-
te da san Paolo con le parole: "La carne ha desideri contrari allo spiri-
to " » (Det V 56). È una missione irrinunciabile per il cattolico, oggi ,
quella di saper proclamare e testimoniare la presenza attiva dello Spi-
rito Santo nella storia e i suoi valori vivificanti e trasformatori della
vita personale, familiare e sociale.
c) Inoltre , la crescita in interiorità porta necessariamente con sé ,
per un Cooperatore salesiano, alla revisione e all ' intensificazione del-
le proprie iniziative apostoliche. Emerge, perciò, un appello a rinno-
vare i propri compiti di testimonianza e di apostolato: in famiglia (RVA
8) , nel matrimonio (9), nell ' ambiente di vita e lavoro (10) , nella realtà
sociale (11) , nelle opere salesiane, «specialmente negli Oratori , nei Cen-
tri giovanili , nella Scuola» (RVA 16, 17) . Bisogna riconoscere che le
strutture dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice offrono un
campo assai concreto e organico per le iniziative apostoliche . In tal
senso vorrei anche ricordare , soprattutto ai più giovani, l'ambito del
volontariato missionario così vasto e attuale.
In ogni situazione il Cooperatore deve sentirsi coinvolto con perso-
nale responsabilità e spirito d'iniziativa per svolgere la missione co-
mune «secondo le sue capacità e possibilità». Così ciascuno arricchirà
l'Associazione, e quindi la Famiglia salesiana, con una crescita di iden-
tità :
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«i Cooperatori adulti e anziani apportano - dice il nuovo testo
del vostro Regolamento - la ricchezza di un'esperienza matura e di
una lunga fedeltà;
i Cooperatori giovani, portatori del dinamismo delle nuove ge-
nerazioni , concorrono alla missione comune con la loro propria sensi-
bilità e dedizione;
i Cooperatori provati dal dolore e impossibilitati a svolgere un'at-
tività , fanno fruttificare l'apostolato di tutti con l'offerta della loro sof-
ferenza e preghiera;
i Cooperatori sacerdoti e diaconi, la cui presenza è utilissima,
offrono il servizio del proprio ministero specialmente per la formazio-
ne e per l'animazione» (RVA 20,3) .
d) Un ambito particolarmente urgente da curare in profondità e fe-
deltà al Magistero è quello dell'insegnamento sociale della Chiesa.
Esso è di somma attualità; è delicato e complesso; è misconosciuto
o travisato con troppa facilità . Eppure è posto alla base dell'impegno
cristiano per il rinnovamento della società e per l'avvio di una civiltà
dell'amore.
In questo insegnamento dei Pastori si trovano i principi fondamen-
tali, i criteri di giudizio e le direttive di azione per l'urgente impegno
di trasformazione culturale che comporta l'educazione delle persone,
la solidarietà dei popoli, l'umanizzazione integrale del lavoro. Trovia-
mo una sintesi illuminante di tali orientamenti nel capitolo 5 ° della re-
cente Istruzione vaticana su «Libertà cristiana e liberazione».4 L'arti-
colo 11 del vostro Regolamento esprime sinteticamente l'atteggiamen-
to del Cooperatore di fronte a queste esigenze ecclesiali . Anche se l' As-
sociazione, in quanto tale , «rimane estranea ad ogni politica di parti-
to», tuttavia si interessa per una robusta formazione dei suoi membri
in questo ambito; infatti, «interviene coraggiosamente, seguendo le di-
rettive della Chiesa locale, per promuovere e per difendere i valori uma-
ni e cristiani . Illumina e stimola i singoli Cooperatori ad assumere re-
sponsabilmente i propri impegni nella società» (RVA 11,2).
e) Un altro campo di azione in cui la Famiglia salesiana si è propo-
sta di crescere, in fedeltà a Don Bosco, è quello della Comunicazione
sociale, soprattutto in vista dell'educazione della gioventù e della co-
scienza cristiana dei ceti popolari. Urge oggi che voi Cooperatori siate
4 Congregazione per la dottrina della fede , 22 marzo 1986 .
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presenti cristianamente nel vasto mondo dei «mezzi» di comunicazione
sociale, specialmente dove si definiscono piani e programmi che toc-
cano punti nevralgici della retta formazione delle coscienze. Essendo
la comunicazione una delle vie più incisive, di fatto , nella nuova cultu-
ra che emerge (perché influisce fortemente sull'opinione pubblica e sulla
configurazione della città dell'uomo) , si dovrebbe curare molto la pro-
fessionalità e l'intervento di coloro, tra voi , che sono qualificati al ri-
guardo. Il Regolamento considera l'impegno dei Cooperatori in que-
sto campo come una «attività tipica» da preferire : infatti, «l'impegno
nella comunicazione sociale crea cultura e diffonde modelli di vita tra
il popolo» (RVA 16 ,1) .
j) Infine , mi è caro ricordarvi, come interpellanza operativa da pri-
vilegiare, quella di intensificare i buoni rapporti, la comunione frater-
na e la collaborazione con gli altri Gruppi della Famiglia salesiana
(RVA 5) . Questo si ottiene «attraverso la conoscenza e l'informazione
reciproca, il vicendevole aiuto spirituale e formativo, e il coinvolgi-
mento negli impegni apostolici comuni» (RVA 22,1).
In questo senso vanno curati meglio anche i servizi informativi de-
stinati a far circolare esperienze, notizie , testimonianze, iniziative che
stimolino ed elevino il rendimento spirituale e apostolico di tutti . In
particolare dovete favorire costantemente nelle varie nazioni la diffu-
sione e promozione del «Bollettino Salesiano», a cui Don Bosco colle-
i Cooperatori e il loro apostolato.
L'incremento di un senso più vivo delle esigenze di comunione e
di collaborazione nella Famiglia salesiana ridonderà in beneficio della
Chiesa, soprattutto delle Chiese particolari in cui convivono i vari
gruppi.
Infatti il nostro senso rinnovato di Famiglia non è quello di costrui-
re una «cappella a parte», bensì quello di essere «insieme» il vero cari-
sma di Don Bosco, ossia un dono più autentico e più efficace da appor-
tare salesianamente alla Chiesa locale .
2. Movimento spirituale, nella docilità allo Spirito Santo
Ancora uno stimolo.
Ho letto e riletto l'ultima enciclica, «Dominum et Vivificantem»,
del nostro papa Giovanni Paolo II . È una delle meditazioni più profon-
de e più lucide che ci orienta a percepire come è intimamente inserito
il «Mistero» di Dio nella storia degli uomini attraverso la presenza vi-
vificante dello Spirito Santo.
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Lo Spirito del Signore ci fa conoscere le inclinazioni della «carne»
e dello «spirito» al di sopra delle miopie ideologiche circolanti e ci do-
na la potenza dell ' amore come unico efficace motore del vero divenire
umano, liberandoci dai diversi determinismi derivati dal materialismo.
Leggendo l'enciclica potrete cogliere meglio i contenuti dei due fronti
della lotta tra il bene e il male così come appaiono nell'odierna società:
quello della «vita nello Spirito» e quello del «peccato contro lo Spirito» .
Il Papa invita tutti a rafforzare «l'uomo interiore» in preparazione,
già fin d'ora; del grande Giubileo con cui la Chiesa celebrerà l ' avven-
to del Duemila. Si tratta di risvegliare una sensibilità escatologica che
dia un tono di più viva speranza al nostro tempo storico marcato dal
prossimo inizio del Terzo Millennio del Cristianesimo . L' uomo è la
via della Chiesa, ma lo è in quanto uomo interiore, perché «Dio tra-
sforma il mondo umano dal di dentro , dall'interno dei cuori e delle
coscienze» (DètV 59); ecco perché la Chiesa è, in definitiva, «il cuore
dell ' umanità» (DetV 67) .
Il papa Paolo VI ci ricordava che già dai tempi del Vaticano II «noi
stiamo vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello Spirito. Si
cerca da per tutto di conoscerlo meglio. Si è felici di porsi sotto la sua
mozione. Ci si raccoglie attorno a lui e ci si vuol lasciar guidare da
lui» (EN 75) .
Lo Spirito Santo è, appunto, il portatore di un «nuovo inizio», di
una «nuova creazione», dell' «uomo nuovo»: si presenta come Colui che
è Signore e dà la vita, e che «con mirabile provvidenza dirige il corso
dei tempi e rinnova la faccia della terra» (GS 26).
La nostra Famiglia salesiana è convinta della presenza vivificante
dello Spirito alle origini della propria vocazione; inoltre ha considera-
to gli impegni postconciliari di questi ultimi due decenni (in cui si so-
no rielaborati i testi fondamentali della identità dei tre Gruppi fondati
da Don Bosco) come un cammino di docilità allo Spirito Santo che ci
ha visitati perché riattualizzassimo e promuovessimo il carisma da lui
donato al nostro Fondatore.
Ci sentiamo oggi interpellati dallo Spirito Creatore a rilanciare in-
sieme un vero «Movimento spirituale», ossia un modo nuovo di vivere
la nostra comune vocazione che si radichi in una più autentica interio-
rità apostolica, che privilegi una più attuale inventiva pastorale, che
incida di più socialmente nella promozione della gioventù e nell 'evan-
gelizzazione delle culture e dei ceti popolari, che senta più universal-
mente l'ansia missionaria, che risvegli il coraggio e la gioia d 'apparte-
nenza a una Chiesa cattolica in dialogo ecumenico.
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Nella mia lettera sulla Famiglia salesiana del febbraio 1982 usavo
due avverbi , «avanti» e «insieme», come motto che ci doveva guidare
verso alcuni obiettivi di rinnovamento. Ebbene, penso che l'espressio-
~e «Movimento spirituale» interpreti appunto quel motto , mentre sin-
tetizza ed esprime con più concretezza quanto ci proponiamo di ravvi-
vare, e cioè la «vita nello Spirito» sia per le singole persone che per
ognuno dei Gruppi: vogliamo che la nostra vocazione venga testimo-
niata con più profonda interiorità, con più fraternità e comunione, con
più agile dinamismo , con più duttile pastorale, con una presenza più
attraente e coinvolgente tra i giovani, e con più incisività sociale.
Per questo è indispensabile in tutti un 'attenta docilità allo Spirito
Santo, alla sua presenza animatrice e ai risultati della visita che d ha ·
fatto nei lavori di rielaborazione delle nostre Carte d' identità.
Non pretendiamo di organizzarci in schiere compatte e rumorose
(anche se il rumore dei giovani non ci dispiace) , ma desideriamo esse-
re operatori competenti di un tessuto di autenticità cristiana nel raggio
concreto, anche se modesto, delle nostre presenze locali, che sono d'al-
tra parte numerose e situate in ogni continente.
La Famiglia salesiana, ripresentata come Movimento spirituale (cf
Cosi. SDB 5), proclamerà così l'attualità del carisma di Don Bosco
oggi e nel futuro . Un vero carisma si caratterizza - come afferma il
documento «Mutuae relationes» - per «una continua verifica della fe-
deltà verso il Signore, della docilità verso il suo Spirito, dell'attenzio-
ne intelligente alle circostanze, della visione acutamente rivolta ai se-
gni dei tempi, della volontà d'inserimento nella Chiesa, della coscien-
za di subordinazione alla sacra Gerarchia, dell 'ardimento nelle inizia-
tive, della costanza nel donarsi, dell ' umiltà per sopportare i contrat-
tempi» (MR 12).
Don Bosco stimolava ogni Cooperatore e ogni Cooperatrice ad es-
sere veramente «cattolico» di fede convinta e vissuta , coraggioso e in-
traprendente: «Non temere! Dio è con la Chiesa in tutti i giorni fino
alla fine dei secoli: tocca ai cattivi di tremare dinanzi ai buoni e non
ai buoni di tremare dinanzi ai cattivi» (MB VI , 482) ; «Combattiamo
con il Papa per la causa della Chiesa che è quella di Dio! Facciamoci
coraggio! Lavoriamo di cuore. Iddio saprà pagarci da buon padrone .
L'eternità sarà abbastanza lunga per riposarci» (MB VII , 164).
Conclusione. La presenza viva dell'Ausiliatrice
Cari Cooperatore e Cooperatrici , eccomi alla conclusione. Lo stu-
dio e l'interiorizzazione del nuovo testo del vostro Regolamento di vita
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20.5 Page 195

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apostolica deve segnare l'inizio di una nuova tappa nella vita dell' As-
sociazione. Ci aiuteremo mutuamente nella preghiera, nelle iniziative
di servizio e di organizzazione, negli impegni di formazione e in quelli
urgenti di promozione vocazionale. Il nostro Consigliere per la Fami-
glia salesiana e la Vicaria generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice
sono già interessati e disposti a muovere animatori e animatrici per que-
sta nuova tappa di crescita. Intanto poniamo tutta la nostra fiducia nel-
la Vergine Ausiliatrice, Madre della Chiesa; siamo convinti della sua
presenza viva e la invochiamo frequentemente (cf RVA 35,1) ; ci affi-
diamo a lei come a Maestra e Interceditrice materna, sempre premuro-
sa e presente.
Il 23 maggio 1884, vigilia della festa dell ' Ausiliatrice, Don Bosco
tenne una conferenza ai Cooperatori nella basilica di Valdocco a Tori-
no : «Già prossimo alla fine dei miei giorni - disse - io godo immen-
samente nel vedere che, invece di scemare, i favori di Maria aumenta-
no ogni giorno e in ogni parte. Tutti i giorni, ora da questa , ora da
quell'altra contrada anche lontanissima, si ricevono lunghe esposizio-
ni di grazie straordinarie, ottenute a intercessione di Maria Ausiliatri-
ce . E i Cooperatori Salesiani e le Cooperatrici sono gli strumenti di
cui si serve Iddio per propagare sempre più la gloria della sua Genitri-
ce. Voi tutti ne dovete essere contenti e intanto riporre la più grande
fiducia nel patrocinio di Maria» (MB XVII , 149) .
Il nuovo testo del Regolamento è stato consegnato ad alcuni vostri
rappresentanti lo scorso 24 maggio appunto nella basilica di Valdoc-
co , come se venisse a voi dalle mani della Madonna. «È certamente
significativa e di grande importanza - afferma il Decreto di promul-
gazione - la data di questo atto solenne. Il Santo Padre Giovanni Pao-
lo II , rivolgendosi ai membri del Congresso Mondiale, rappresentanti
dei Cooperatori Salesiani di tutto il mondo , li esortò caldamente a va-
lersi " dei suggerimenti e della materna ispirazione di Maria SS . Ausi-
liatrice, vostra speciale e potente Patrona"» (cf RVA, pp. 13-14).
Confidate, dunque, in Maria Ausiliatrice; impegnatevi; e sperate!
I Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice pregano per voi e vi
accompagnano.
Io vi raccomando a Don Bosco e vi benedico, mentre ammiro la
vostra testimonianza e vi ringrazio per i vostri molteplici e fecondi im-
pegni.
Con vivo affetto nel Signore,
DON EGIDIO VIGANÒ
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7. GLI EXALLIEVI
«GLI EXALLIEVI DI DON BOSCO»
Lettera ai Salesiani, 19 marzo 1987*
(ACS 321, aprile-giugno 1987 , pp . 3-43)
Roma, Solennità di S. Giuseppe, 19 marza 1987
Cari Confratelli,
la Strenna di quest'anno (di cui spero abbiate meditato il commen-
to) ci invita a intensificare la comunione e l'azione della Famiglia sale-
siana perché cammini verso 1' 88 (e oltre!) come un vero «Movimento
ecclesiale» di missionari dei giovani . Nella Famiglia, i vari Gruppi con-
sacrati hanno già i loro testi e sussidi, nati dal rinnovamento concilia-
re , che li possono guidare a una maggior autenticità. Ultimamente i
Cooperatori hanno elaborato il nuovo testo del loro Regolamento di
Vita Apostolica di cui voi, cari confratelli, spero abbiate tutti avuto
una copia . Siete anche stati stimolati già da una mia lettera circolare
a dedicarvi a comprendere bene il pensiero di Don Bosco al riguardo
e ad assumere personalmente e comunitariamente la responsabilità della
loro animazione (cf ACG 318) .
Ora desidero riflettere e approfondire insieme con voi l 'importan-
za degli Exallievi , la natura della loro Associazione e la ragione speci-
fica della loro partecipazione alla Famiglia e , quindi , alla missione di
Don Bosco.
Considero questo un tema rilevante nel rinnovamento della nostra
* Saranno utilizzate le sigle seguenti per due documenti spesso citati nella Lettera:
St . = Statuto della Confederazione Mondiale degli Exallievi di Don Bosco, Roma 1976
(2 1 art.); DAg = Documento aggiunto allo Statuto: norme e indicazioni integrative , Roma
1976 (16 nn .).
194

20.7 Page 197

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Congregazione. Ogni confratello ha bisogno di riflettere su di esso,
e le comunità ispettoriali e locali sono invitate a rivedere e rilanciare
la loro concreta corresponsabilità per l'animazione e la rivitalizzazio-
ne di questa immensa e promettente Associazione.
Il cuore e l'attività del salesiano non possono infatti esaurirsi al-
l'interno della sua casa. Le riflessioni che vi presento possono consi-
derarsi un approfondimento e uno sviluppo sia della circolare sulla Fa-
miglia salesiana (cf ACG 304, apr. 1982) sia di quella sulla promozio-
ne del Laico (cf ACG 317, apr. 1986).
Il punto di riferimento: «a titolo dell'educazione ricevuta» (Cast. 5)
Punto di partenza e di riferimento è l'articolo 5 delle Costituzioni,
il quale afferma che gli Exallievi fanno parte della Famiglia salesiana.
come ragione della loro appartenenza «l'educazione ricevuta»; questa
educazione fa nascere di fatto in essi livelli differenti di partecipazione
più o meno stretta alla missione salesiana nel mondo. La recente «Gui-
da alla lettura delle Costituzioni Salesiane» osserva che «gli Exallievi
sono, di per sé, particolarmente preparati, appunto per l'educazione
ricevuta, ad assumere una responsabilità di collaborazione secondo le
finalità proprie del progetto salesiano . La scelta evangelizzatrice fatta
da non pochi di loro non è alternativa af titolo dell 'educazione ricevu-
ta, ma è una sua espressione privilegiata: non costituisce, quindi, un
titolo differente da applicare a una specie di nuovo Gruppo». 1 Penso
che quanto viene affermato dall'articolo 5 ha bisogno di una più atten-
ta considerazione da parte nostra; servirà a richiamarci alcuni impegni
concreti da non trascurare e che esigono in noi chiarezza di visione
e consapevolezza di responsabilità.
A) UNO SGUARDO ALLA STORIA
1. Una Associazione nata spontaneamente, dall'educazione ricevuta
Il titolo d'appartenenza degli Exallievi alla Famiglia salesiana «per
l'educazione ricevuta» è denso di contenuti e carico di valori. Ci spro-
na a un ampio esame di coscienza circa la nostra attività educativa e
' Il Progeuo di vita dei Salesiani di Don Bosco. Guida alla lettura delle Costituzio-
ni salesiane, Roma 1986, p. 115.
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pastorale. Uno sguardo alla storia delle origini ce ne rivelerà l'impor-
tanza , indicandoci i vincoli che nascono da un 'autentica pedagogia sa-
lesiana.
L'Associazione degli Exallievi non ha avuto direttamente un «fon-
datore»; come scrive don Ceria, essa è nata «con la forza delle cose
che traggono origine e vita da cause naturali e spontanee» (Annali I ,
715); è sgorgata dallo spirito di famiglia del Sistema Preventivo all ' O-
ratorio di Valdocco. Don Bosco stesso aveva scritto che il suo stile
d ' educazione «rende amico l'allievo , (e fa che l' educatore possa) par-
lare col linguaggio del cuore sia in tempo dell'educazione , sia dopo
di essa , (anche quando l ' antico allievo) si troverà negli impieghi , negli
uffizi civili e nel commercio». 2 È un metodo educativo che ha portato
a profondi cambiamenti di condotta (per esempio, Michele Magone) ,
a raggiungere le vette della santità (per esempio, Domenico Savio) e
a una permanente comunione di ideali e di sentimenti con gli educatori
lungo tutta la vita (ecco, per esempio , gli Exallievi) . L'atmosfera di
convivenza, di allegria, di promozione e di amicizia, respirata da gio-
vani di origine, cultura e condizioni sociali differenti , ha in la forza
di creare tra educatori e allievi una specie di parentela spirituale con
vincoli di mutuo apprezzamento, di affetto , di ideali di vita che si pro-
lungano nel tempo .
«Gli allievi si sentivano amati da Don Bosco, non come semplici
discepoli, ma come figli , per cui , una volta adulti , sorse tra di loro
naturale il pensiero di ritornare alla casa paterna. Così continua a ri-
prodursi questo ritorno spontaneo alle Case di educazione dove si se-
mina quel " sensus revertendi" sentito dagli Exallievi e si lavora con
lo stesso spirito e metodo di Don Bosco. Il Movimento Exallievi non
fu quindi istituito dagli educatori come associazione post-scolastica con
elementi scelti , con finalità associative, ma venne su da sé», con la vi-
talità di un Carisma nelle sue origini. 3
2. Diciassette anni con Don Bosco
Il Gruppo Exallievi cominciò a prendere consistenza quando vive-
va ancora Don Bosco. Il primo inizio si può porre nel 1870 per il gior-
no della sua festa , il 24 giugno. In quell'anno si riunirono ufficialmente
' Il Sistema Preventivo, testo dalle Cost. , p. 238.
' Cf U . BASTASI , Guida organizzativa del Mo vime1110 Exallievi di Don Bosco, Tori-
no 1965 , p. 8.
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una dozzina di antichi allievi; si diedero come capo il simpatico e ge-
neroso Carlo Gastini, che considerò sempre l'Oratorio come la sua se-
conda famiglia ; s'impegnarono a cercare un maggior numero di ade-
renti ; nominarono poi una commissione per organizzare meglio in se-
guito quelle annuali manifestazioni di affetto e di gratitudine .
Così la festa aumentò di anno in anno diventando un vero trionfo
della riconoscenza. Qualche anno dopo si dovette dividere la manife-
. stazione in due incontri: in domenica per gli Exallievi laici, e in giove-
dì per gli Exallievi sacerdoti ; questi ultimi erano non pochi e ad essi
il buon Padre raccomandava continuamente la cura della gioventù (cf
MB XIV , 512-514). A poco a poco, soprattutto dopo la morte di Don
Bosco, si suddivisero in gruppi locali , in unioni e società, fino alla ve-
ra organizzazione promossa da don Filippo Rinaldi .
Il periodo che va dal 1870 al 1888, ossia i 17 anni di relazioni di-
rette con Don Bosco vivo , sono per noi un momento privilegiato su
cui riflettere; possiamo percepire con più incisiva chiarezza il signifi-
cato del titolo d'appartenenza alla Famiglia «per l'educazione ricevuta».
Sappiamo quanto Don Bosco amasse i suoi allievi; terminato il lo-
ro curricolo educativo, non li dimenticava , li seguiva, li aiutava , li in-
vitava , li accoglieva , li incoraggiava, li orientava ancora, li ammoniva
se fosse il caso, si preoccupava del loro bene soprattutto spirituale. «Ve-
do - disse loro in uno di quei nUmerosi incontri .- che molti di voi
hanno già la testa calva, i capelli incanutiti e la fronte solcata da rughe .
Non siete più quei ragazzi che io amavo tanto; ma sento che ora vi
amo ancora più d'una volta, perché colla vostra presenza mi assicura-
te che stan saldi nel vostro cuore quei principi di nostra santa religione
che io vi ho insegnati e che questi sono la guida cfella vostra vita. E
poi vi amo ancora di più, perché mi fate vedere che il vostro cuore
è sempre per Don Bosco .. . (e vi dico) che sono tutto vostro nel fare
e nel pensare, in ogni mia azione. Voi eravate un piccolo gregge: que-
sto è cresciuto, cresciuto molto, ma si moltiplicherà ancora. Voi sare-
te luce che risplende in mezzo al mondo , e col vostro esempio inse-
gnerete agli altri come si debba fare il bene e detestare e fuggire il ma-
le. Sono certo che voi continuerete ad essere la consolazione di Don
Bosco» (MB XVII, 173-174).
E in un'altra occasione : «Una cosa più di ogni altra vi raccomando ,
o miei cari figlioli , ed è questa : dovunque vi troviate , mostratevi sem-
pre buoni cristiani e uomini probi ... Molti di voi hanno già famiglia.
Ebbene , quella educazione che voi avete ricevuta nell'Oratorio da Don
Bosco, partecipatela ai vostri cari» (MB XIV , 511).
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. In quelle riunioni di antichi allievi il. caro Padre - assicura il can.
Berrone - «non mancava mai di esortarli ad essere perseveranti nel
mantenere in mezzo alla società lo spirito dell'Oratorio; e molti di lo-
ro in quella circostanza ricorrevano a lui per consiglio» (MB IX ,
885-886) .
Nel 1883, durante il suo viaggio a Parigi, Don Bosco stesso par-
lando del suo metodo educativo rispose a chi esprimeva dei dubbi sulla
perseveranza dei giovani artigiani una volta usciti dall 'Oratorio eden-
trati nell 'esercito o nel mondo del lavoro: «A Torino - disse-, il
sabato sera e la domenica mattina, veng~no molti a confessarsi. Nel-
!'esercito italiano poi si sa benissimo che i provenienti dai nostri labo-
ratori sono praticanti ; infatti li chiamano i " Bosco" . Se ne trovano
in tutti i gradi della milizia» (MB XVI, 167) .
E il 26 luglio 1884, quasi a testamento raccomanda agli antichi al-
lievi: «Ovunque andiate e siate, rammentatevi sempre che siete i figli
di Don Bosco, i figli dell 'Oratorio... Felici voi se non dimenticherete
mai quelle verità che io ho cercato di scolpire nei vostri cuori quando
eravate giovanetti» (MB XVII, 489).
Anche nelle altre case salesiane da poco fondate si verificava que-
sta comunione di vita per l'educazione ricevuta . Così, per esempio,
leggiamo che a Montevideo sotto la guida di don Lasagna, che vi portò
lo spirito dell'Oratorio , non pochi giovani «sia quando andavano alle
vacanze sia dopoché lasciavano il collegio , mettevano su nelle loro ca-
se veri oratori festivi»; e così si venne formando un 'organizzazione di
oratori presieduta dall'exallievo dott. Lenguas con un piccolo Regola-
mento dal titolo suggestivo di «Oratori festivi di Montevideo gestiti dagli
Exallievi del Collegio Pio» (MB XIII , 164).
Durante gli anni di contatto diretto con Don Bosco ci sono due ini-
ziative particolarmente significative per gli antichi allievi .
L_a prima è dell'anno 1876 , quando Don Bosco poté finalmente lan-
ciare la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani dopo lunghi anni di espe-
rienze e progetti . Egli dava molta importanza a questa sua fatica di Fon-
datore e invitava gli antichi allievi più impegnati a iscriversi in questa
Pia Unione . In una delle manifestazioni degli antichi allievi che segui-
rono quella data Don Bosco dirà : «La proposta di eccitare ciascuno di
voi all'incremento dell'Opera dei Cooperatori Salesiani , è una propo-
sta delle più belle, perché i Cooperatori sono il sostegno delle opere
di Dio , per mezzo dei Salesiani ... è (un'opera) fatta per scuotere dal
languore, nel quale giacciono tanti cristiani , e diffondere l'energia della
carità» (MB XVIII , 160-161) .
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Così nel 1887 - come scrive don Favini (in «Don Bosco e gli Exal-
lievi») - «i Cooperatori figuravano ufficialmente per la prima volta;
... e siccome gli antichi allievi andarono a gara a farsi iscrivere alla
Pia Unione (come attesta una lettera del can. Anfossi : MB XIII, 612)
erano probabilmente in prima fila» nella manifestazione degli Exallievi. 4
La seconda è dell'anno 1878. Don Bosco propone agli antichi al-
lievi una «Società di mutuo soccorso» per far fronte alle difficoltà: «Fate
che questo vantaggio non si limiti solo a voi, ma si estenda a quei gio-
vani di buona condotta che uscissero dall'Oratorio, od a quei compa-
gni che già voi conoscevate, od a tutti voi che siete radunati qui» (MB
XIII, 758) . Carlo Gastini, capo degli antichi allievi, si preoccupò su-
bito dell 'organizzazione servendosi di uno statuto compilato anni ad-
dietro dallo stesso Don Bosco per un 'identica istituzione tra i giovani
operai (MB XIII , 759).
Don Bosco, dunque, offriva ai suoi giovani la possibilità di far frut-
tificare «l'educazione ricevuta» , o nel gruppo impegnato degli antichi
allievi, o nella Pia Unione dei Cooperatori, o nella vita sacerdotale e
religiosa , o nella sua Congregazione salesiana. Ciò che interessa sot-
tolineare era l'importanza che egli dava alla fecondità operativa del-
1'educazione nell'Oratorio.
3. Don Rinaldi ispiratore e organizzatore
Dopo la morte di Don Bosco gli antichi allievi continuarono con
don Rua le loro manifestazioni annuali facendo della festa del Rettor
Maggiore il grande giorno della riconoscenza. Da quando don Rua chia-
a Torino dalla Spagna, dove era Ispettore , don Filippo Rinaldi af-
fidandogli l'importante ufficio di suo Vicario o Prefetto generale (os-
sia dal 1° aprile 1901) , i vari gruppi degli antichi allievi ebbero uno
straordinario animatore e un valido organizzatore.
a) Come Prefetto generale (1901-1922)
Durante i vent'anni della sua carica di Prefetto generale don Rinal-
di riuscì a smuovere le cose con umile discrezione, facendo apparire
in primo piano gli antichi allievi stessi o qualche confratello suo stretto
collaboratore; e così si poté dare struttura organica a un movimento
di affetti , di riconoscenza, di ideali di vita che facesse dell ' «educazio-
ne ricevuta» una forza più viva e operante.
' U. BASTASI , Guida, p. 235 .
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Nel 1906 fondò con gli antichi allievi a Torino il «Circolo Giovan-
ni Bosco» che fiorì ben presto in una delle migliori. filodrammatiche
salesiane e servì d'esempio a organizzazioni simili.
Nel 1907 a un confratello inviato in Spagna diceva: «Cura molto
gli Exallievi: sono la nostra corona; o, se vuoi , sono la nostra stessa
· ragione di esistere, perché essendo noi una Congregazione educatrice,
è chiaro che non educhiamo per il collegio, ma per la vita. Orbene,
la vera vita , la vita reale comincia per essi quando lasciano le nostre
Case».'
All 'animazione don Rinaldi aggiungeva il senso lungimirante della
necessità di un 'organizzazione, ispirandone concretamènte le modali-
. Il 25 giugno 1909 lanciò l'idea di una Confederazione internazio-
nale; per promuoverla si valse della benemerita «Commissione degli
Antichi Allievi di Don Bosco» che promuoveva, fin dal tempo di Ga-
stini, le annuali manifestazioni a Valdocco. La struttura nacque for-
malmente nel 1° Congresso internazionale degli Exallievi del 1911 ,
quale Federazione delle varie unioni locali, circoli e società . Fino al-
lora si erano chiamati «Antichi Allievi»; da quella data in poi (e già
prima con don Rinaldi) si chiameranno «Exallievi».
Nel giugno del 1912 si poté già costituire il «Consiglio direttivo»
e nominare il primo Presidente nella persona del prof. Piero Gribaudi.
«Si scrisse non a torto - commenta don Ceria - che questo fu un fatto
nuovo nella storia della pedagogia» (CERIA, Annali I, 712) .
In quegli anni don Rinaldi , confessore delle suore e assiduo anima-
tore del loro Oratorio femminile, si preoccupò pure dell'organizzazio-
ne delle Exallieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice, affinché cresces-
sero e si strutturassero anch 'esse in Federazione.
b) Come Rettor Maggiore (1922-1931)
Come Rettor Maggiore si interessò costantemente per il buon fun-
zionamento e la vitalità dell 'Unione Exallievi e soffriva nel sapere che
non tutti i confratelli ne avevano ancora compresa l'importanza; per
questo la raccomandava alle cure degli Ispettori e dei Direttori: «Alcu-
ni credono - disse in un convegno di 25 Ispettori e 300 Direttori a
Valsalice nel 1926 - che l'Organizzazione degli Exallievi sia opera
inutile, e perciò la trascurano. Ricorderei loro che gli Exallievi sono
il frutto delle nostre fatiche. Noi nelle nostre Case non lavoriamo per-
ché ci paghino la pensione, o per ottenere che i giovani siano buoni
' U. B ASTA SI, Guida, p. 20.
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solamente mentre stanno con noi , ma per farne dei buoni cristiani. Per-
ciò l'Organizzazione è opera di perseveranza: con essa vogliamo ri-
chiamarli se sono fuorviati; .. .ci siamo sacrificati per loro e il nostro
sacrificio non deve andar perduto» (ACS 36, 518).
Trovandosi una volta in un convegno di Exallievi - attesta il cav.
Arturo Poesia - ed «avendo appreso che questi erano assai preoccu-
pati di far fronte integralmente alla spesa di Lire 1.500, che rappre-
sentava il costo del banchetto, per non aggravare in alcun modo le fi-
nanze dell'Istituto, il Servo di Dio, pur compiacendosene, ci tenne a
dichiarare che, quand 'anche una Casa salesiana avesse in cassa soltan-
to 1.500 lire, egli avrebbe approvato che tutte fossero impiegate per
il banchetto degli Exallievi, perché nessun sacrificio sarebbe stato più
gradito al suo cuore, qualora ciò giovasse a veder raccolti intorno a
sé i suoi figlioli». 6
Osserva don Ceria: «Fu detto scultoriamente e con tutta verità che
don Rinaldi ''disciplinò con genialità d'intuizione il Movimento Exal-
lievi e lo volle qual forza viva , organica e operante nel mondo del
bene"».'
Cari confratelli, ho voluto sottolineare, pur brevemente, l'opera e
il pensiero di don Rinaldi , perché la sua figura oggi rinasce nei nostri
cuori con la speranza della sua prossima beatificazione. Di lui ha detto
don Francesia (vissuto tanti anni vicino al nostro Fondatore) che gli
mancava solo la voce di Don Bosco, ma che tutto il resto l'aveva. Fu
un fedelissimo e fecondo discepolo del Padre che ne intuì il cuore e
la magnanimità e che ne sviluppò alcuni semi preziosi non ancora ger-
minati. Conosciamo, per esempio, la storia delle Volontarie di Don
Bosco; anche quella degli Exallievi è altrettanto chiara.
Scrive infatti il cav. Arturo Poesio: «L 'eloquenza (di don Rinaldi)
era semplice, spontanea, paterna e convincente . Soltanto una volta as-
sunse un aspetto e un linguaggio di autorità dichiarando , nella sua qua-
lifica di Rettor Maggiore della Società Salesiana, che l'organizzazione
degli Exallievi deve essere considerata nel novero di quelle "novas fa-
milias'' per merito di Don Bosco fiorite nella santa Chiesa, a cui si
allude nell 'Oremus proprio del Santo».8
L'intercessione di don Rinaldi ci aiuti oggi a promuovere, in una
6 CO NGREG . PE R LE C AUS E DEI SANTI , Positio , Roma 1972 , p. 32.
' E. C ERJA , Vita del Servo di Dio Sac. Filippo Rina/di, SEI, Torino 1951 , p. 252.
8 CONGREG . PER LE CAUSE DEI SANTI , Positio, Roma 1972 , p . 28.
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Chiesa rinnovata dal Vaticano II, la promettente Associazione degli
Exallievi come Gruppo dinamico della Famiglia salesiana.
4. L'appellativo scelto: Exallievi «di Don Bosco»
È bello e stimolante notare che la denominazione data agli antichi
allievi delle nostre Case non è quella di Exallievi «salesiani», bensì quella
di Exallievi «di Don Bosco». La considero una scelta che, formulata
storicamente per la prima volta all'Oratorio e continuata poi ovunque
nel tempo e nello spazio, è per noi veramente e concretamente pro-
grammatica. Gli Exallievi sono nati, diciamo così, per autogenerazio-
ne (come abbiamo visto) dall '«educazione ricevuta» da Don Bosco e
dai suoi primi collaboratori. Un'educazione che costruì legami di vita
e che volle esprimersi sempre nel solo nome di colui che l'aveva ispi-
rata e sviluppata con donazione di cuore e con genialità pedagogica,
e che aveva concentrato tutte le sue doti e i suoi straordinari doni nel
trasmetterla ai suoi: «Basta che siate giovani, perché io vi ami assai;
per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono disposto a
dare la vita» (cf Cast. 14). Don Bosco si dedicò davvero all ' educazio-
ne dei giovani con tutta la sensibilità del suo cuore oratoriano, «con
fermezza e costanza, fra ostacoli e fatiche: ''non diede passo, non pro-
nunciò parola, non mise mano ad impresa che non avesse di mira la
salvezza della gioventù"» (cf Cast. 21). I suoi allievi lo sperimentaro-
no di persona e sentirono nascere in sé stessi i profondi vincoli di fi-
gliolanza, di riconoscenza e di testimonianza dei valori contenuti nella
sua amorosa opera educativa.
È in lui che troviamo il segreto originale e le ricchezze pedagogi-
che di una educazione che crea legami di famiglia.
Nel 1° Congresso degli Exallievi del 1911 si decise di erigere un
monumento alla memoria di Don Bosco sulla piazza di Maria Ausilia-
trice a Valdocco. Il periodico mensile «Federazione», apparso nel 1913;
raccoglieva l'adesione entusiasta e la collaborazione di numerosi Exal-
lievi ed Exallieve che vi «figuravano senza distinzione». 9 Tra i 62 boz-
zetti fu scelto , non senza difficoltà, quello dell'artista Gaetano Cellini.
Il primo presidente degli Exallievi, prof. Gribaudi, ne diede la moti-
vazione scrivendo che «in un monumento nei prati di Valdocco Don
Bosco non poteva essere rappresentato che in mezzo ai fanciulli. L'a-
vevamo visto così, sempre così. Io stesso, che pure avevo solo dieci
9 E. CERJA, Vita del Servo di Dio... , p. 254.
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anni quando entrai nell'Oratorio, ero rimasto meravigliato nel vedere
la folla di fanciulli che quasi pendevano dalle mani di lui , quando at-
traversava il cortile. Gli correvamo tutti attorno , e ci accontentavamo
di toccare con un dito la sua mano; ed egli ci sorrideva con quegli oc-
chi suoi scuri , vivacissimi ... Quello era Don Bosco, il padre nostro,
il padre di noi fanciulli». ' 0
A causa della prima guerra mondiale l'inaugurazione del monumento
si fece solo il 23 maggio 1920. Fu un'apoteosi, con tre congressi inter-
nazionali dei Cooperatori , degli Exallievi e delle Exallieve, rappresen-
tanti di ben 23 nazioni .
Chi scende a Valdocco e contempla il grande monumento dovrà pen-
sare al significato vivo e mondiale dell' «educazione ricevuta» nelle opere
di Don Bosco .
Parlare oggi di «educazione ricevuta» per indicare il titolo d'appar-
tenenza degli Exallievi alla Famiglia salesiana, significa rievocare il
vissuto carismatico delle origini e considerarne il prolungamento e lo
sviluppo omogeneo di questi ormai più che cento anni.
Ci troviamo dunque in presenza di un titolo d'appartenenza che fa
parte genuinamente del carisma del Fondatore . Per capirne meglio la
natura e per chiarirne le esigenze operative e organizzative nell 'attuale
svolta culturale ed ecclesiale, bisognerà rifarsi al Sistema Preventivo .
B) QUALE EDUCAZIONE FORMA GLI EXALLIEVI
(i valori dell'educazione salesiana)
1. Bisogno di una concezione rinnovata dell'educazione
L 'educazione è qualcosa di più e di diverso da una semplice intro-
duzione all 'ambiente e alla cultura propri di una società. Certamente
oggi , ovunque, bisogna tenere conto della profonda evoluzione umana
in corso, sia nel mondo che nella Chiesa, con i conseguenti problemi:
in negativo , il pluralismo relativista , il disorientamento dottrinale ed
etico, le istanze politiche totalizzanti , le situazioni economiche ingiu-
ste, i conflitti e gli antagonismi , il laicismo e l'ateismo , la crisi fami-
liare, l'emarginazione e le nuove forme di abbandono della gioventù ;
oppure, in positivo, una nuova crescita di valori umani promossi dai
Ibidem , p. 256.
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segni dei tempi , le coraggiose prospettive ecclesiali volute dal Conci-
lio, il grande impegno di una nuova evangelizzazione, un senso più
concreto della solidarietà e della pace, una volontà operante di aprire
spazi alla civiltà dell'amore, ecc. Tutto questo indica la straordinaria
urgenza di illuminare e formare meglio la libertà dell'uomo fin dalla
sua giovinezza .
L'ora storica che viviamo mette in primo piano l'educazione, po-
nendo allo stesso tempo numerosi problemi di revisione e di prospetti-
va riguardanti i fini, i contenuti, i metodi , i mezzi e le istituzioni . Urge
avere una concezione rinnovata di educazione che sia concreta e pun-
tuale , non astratta e generica, integralmente umana e attuale in conso-
nanza con le esigenze di ciascun Paese; dedita a formulare obiettivi
e strategie alla luce di una genuina visione antropologica e di fede; or-
dinata al raggiungimento di una libertà matura e retta mediante pro-
cessi di crescita differenziati secondo le età e le condizioni esistenzia-
li ; capace di un discernimento critico nella promozione della persona
perché non venga plagiata da mode e ideologie; veramente liberatrice
da oppressioni e tabù; realista e creativa e perciò aperta a una continua
autorevisione che intende elaborare con essa un progetto di vita .
Non è possibile dedicarci, qui, ad affrontare una problematica tan-
to vasta e complessa . Però se vogliamo rilanciare gli Exallievi perché
non siano solo degli «ex-scolari» ma un vero Gruppo della Famiglia
salesiana, dovremo rifarci al Sistema.Preventivo di Don Bosco per per-
cepirne i grandi principi e approfondire con prospettive di futuro le
sue linee portanti; solo così rimarrà vivo e fecondo , per i nostri Exal-
lievi , il titolo d' appartenenza «per l 'educazione ricevuta».
2. Ripensare l'applicazione del Sistema Preventivo
Il Sistema Preventivo è considerato una delle componenti del cari-
sma di Don Bosco ; in questo senso è stato ripensato in profondità nei
nostri lavori postconciliari , specialmente nel CG21.
L'educazione è per noi la strada su cui procede la consacrazione
apostolica salesiana ; noi evangelizziamo «educando»; facciamo cultu-
ra «educando»; partecipiamo all'impegno per la giustizia e la pace «edu-
cando»; promuoviamo la persona «educando»; edifichiamo la Chiesa
«educando»; facciamo pastorale (giovanile, vocazionale e popolare)
«educando». Se facciamo pastorale «educando», vorrà dire , tra l'altro,
che i nostri Exallievi non proverranno solo dalle scuole, ma da tutti
i tipi di presenza e centri giovanili in cui operiamo «educando».
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Il Sistema Preventivo, ci ha detto il CG21 , «non indica soltanto un
insieme di contenuti da trasmettere o una serie di metodi o di procedi-
menti per comunicarli; esso non è pura pedagogia né sola catechesi.
Il Sistema Preventivo, come è stato vissuto da Don Bosco e dai suoi
continuatori, apparve sempre come ricca sintesi di contenuti e di me-
todi; di processi di promozione umana e, insieme, di annuncio evan-
gelico e di approfondimento della vita cristiana; nelle sue mete, nei
suoi contenuti, nei suoi momenti di attuazione concreta esso richiama
contemporaneamente le tre parole con le quali Don Bosco lo definiva:
ragione , religione , amorevolezza» (CG21, 80).
Questo trinomio attraverserà i secoli. A noi oggi tocca ripensarne
l'applicazione secondo le differenti culture in cui operiamo, ma guar-
dando sempre all'Oratorio di Don Bosco come modello a cui ispirarci .
Riflettiamo dunque , assai rapidamente , su alcuni suggerimenti che
ormai sembrano ovvi per tutti noi , ma che interpellano il nostro rinno-
vamento pedagogico in vista del rilancio degli Exallievi e delle con-
crete finalità della loro Associazione.
a) Ragione
Il termine «ragione», oltre che ai «buon senso» di fondo , fa appello
oggi alle diverse discipline antropologiche che costituiscono quell ' in-
sieme di «scienze dell'educazione» ai cui sviluppo , approfondimento
e docenza sono dedicate anche due Facoltà salesiane a Roma , quella
deil ' UPS e l' «Auxilium» delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Le diffe-
renti culture e i cambiamenti provocati dai segni dei tempi esigono nuove
competenze negli educatori e la capacità di continua revisione del pro-
getto educativo in azione. La visione umanistica, nell'integralità dei
suoi contenuti, la formazione della libertà alla prosecuzione e cura del
bene (preventività!), la concezione genuina dell'amore e la visione og-
gettiva della sessualità, la proposta di ideali in cui la vita appaia come
missione , la responsabilità di una competenza professionale, l' avvia-
mento al mondo dei lavoro, il retto discernimento morale della coscien-
za , il senso della solidarietà, la proiezione familiare e politica della vi-
ta , le realtà dell ' ordine temporale nella loro autentica laicità, la dignità
e il ruolo della donna, i grandi orizzonti della giustizia e della pace,
l'iniziazione alla promozione dei valori umani in collaborazione con
tutti gli uomini di buona volontà, un'adeguata disciplina di vita, ecc.,
sono tutte sfide concrete oggi per gli educatori affinché la loro attività
pedagogica sia davvero secondo «ragione».
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b) Religione
Il termine «religione» costituisce per Don Bosco una componente
assolutamente indispensabile dell ' educazione. Nel nucleo centrale di
ogni cultura si trovano sempre dei valori religiosi; persino in una ipo-
tetica cultura atea sta al centro, come fermento della sua strutturazio-
ne , la negazione di Dio. In Don Bosco la religione è il motivo e la
spinta di tutta la sua opzione pedagogica . Per lui «religione» significò
di fatto la Fede cattolica; egli educò al Vangelo di Cristo promuoven-
do e facendo maturare pedagogicamente l 'opzione battesimale dei suoi
giovani . Oggi il Vaticano II ha aperto ampie frontiere di rinnovamento
al riguardo ; esse esigono da noi educatori una forte novità di compe-
tenze evangelizzatrici e catechetiche. Urge saper assumere l'eredità pro-
fetica del Concilio .
In particolare, il termine «religione», oltre a significare un ' aggior-
nata sensibilità ecumenica tra cristiani non cattolici, esige per molti
tra noi una conoscenza diretta e la valorizzazione di quelle Religioni
non cristiane che sono praticate in numerose zone dove si trovano i
nostri centri educativi. L 'apertura al trascendente , la ricerca della ve-
rità su Dio, la pedagogia della preghiera, il valore delle celebrazioni
cultuali , il significato della fratellanza umana , la sacralità della vita ,
un 'etica e una spiritualità di condotta, una concreta modalità di ascesi,
la gratuità del dono nel modo di vivere e di lavorare , i particolari valo-
ri e anche i difetti della religiosità popolare, ecc. , sono aspetti impor-
tanti per una pedagogia che vuol formare la libertà nel concreto . In
questo campo è assai delicato, ma indispensabile, avere oculatezza per
saper individuare oggettivamente e saper far evitare prudentemente certi
atteggiamenti superstiziosi e tabù religioso-culturali indegni della di-
gnità della persona umana e in evidente contraddizione con la storia
della salvezza.
c) Amorevolezza
Infine, il termine «amorevolezza» comporta quel coinvolgimento af-
fettivo nell 'educazione che costituisce l'aspetto più caratterizzante della
metodologia pedagogica di Don Bosco. Creare un ambiente educativo
permeato dallo spirito di famiglia, dalla mutua confidenza, dal dialogo
facile, dall'amicizia, dall 'allegria, da una convivenza interessata non
solo agli aspetti scolastici ma anche alle svariate possibilità del tempo
libero, allo sport, al teatro , alla musica , all'associazionismo, alle ini-
ziative di servizi sociali e apostolici, ossia a quel «clima oratoriano»
206

21.9 Page 209

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per cui l'opera educativa diviene per i giovani «casa che accoglie , par-
rocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita e cortile per incon-
trarsi da amici e vivere in allegria» (Cast. 40) . In questo clima si favo-
risce e si accompagna il protagonismo degli stessi giovani in iniziati-
ve , gruppi, associazioni che danno senso, utilità e attrattiva al tempo
libero.
La costruzione di un simile «ambiente educativo», in cui si svilup-
pano i rapporti amichevoli tra educandi ed educatori, è senza dubbio
l'elemento che assicura di più la nascita e la crescita di quei legami
di affetto e di vita (quasi di parentela) che, finita la tappa della educa-
zione giovanile, permarranno nella vita degli Exallievi ; è soprattutto
per questo che essi continueranno a sentirsi famiglia con Don Bosco
e i suoi.
C) VARIETÀ DI SITUAZIONI E DI IMPEGNO SALESIANO
DEGLI EXALLIEVI
1. Vari gradi di assimilazione dei valori dell'educazione salesiana
a) L'Associazione si propone, anche se in condizioni diverse ,
di far fruttificare l'educazione ricevuta
L'articolo 5 delle Costituzioni parla di educazione «ricevuta».
Non è sufficiente aver frequentato un 'opera salesiana per divenire
poi un vero Exallievo.
Quel prefisso o particella «Ex» può risultare ambiguo. Se infatti in-
dicasse semplicemente la condizione di chi in gioventù è passato per
un'opera salesiana e l'ha lasciata come si lascia un albergo o come chi
se ne va disilluso, non servirebbe per indicare esattamente la natura
dell'Associazione e la sua appartenenza alla Famiglia salesiana: signi-
ficherebbe soltanto un gruppo di antichi compagni (pochi e molti che
siano), dei quali l'Associazione dovrebbe interessarsi in vista di rilan-
ciare fra essi alcuni valori del! 'educazione rimasti in stato seminale e
sopraffatti in seguito dai rovi e dalle zizzanie della vita . Invece quel
prefisso, unito alla parola allievo , vuol indicare di fatto la realtà del-
1'assimilazione di tanti valori educativi, la loro maturazione e, quindi ,
la continuità di un atteggiamento di «formazione permanente» lungo
la vita . Ciò costituisce appunto la caratteristica della natura dell'Asso-
ciazione .
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21.10 Page 210

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Gli Exallievi si uniscono e costituiscono l 'Associazione perché sen-
tono dei legami di riconoscenza e pensano che insieme con i Salesiani
possono aggiornare l'«educazione ricevuta» e farla fruttificare.
Evidentemente l'assimilazione dei valori avrà gradi e modalità dif-
ferenti secondo le culture, le religioni , la qualità educativa dell'opera,
la capacità di recezione dei singoli.
In particolare: i valori della «ragione» e della «religione» potranno
essere sviluppati , in situazioni diverse , con una certa pluriformità; a
livello di «amorevolezza», invece , si dovrebbe avere sempre un inten-
so grado di presenza in ogni opera salesiana, divenendo così il metro
per giudicare la fedeltà al Sistema Preventivo da parte dei Salesiani
e loro collaboratori nelle singole opere. È questo il filo d'oro che apre
continuamente la strada ad ogni azione formativa anche nella vita . Con-
sidero davvero inspiegabile che ci siano opere salesiane che non hanno
curano gli Exallievi ; la storia dell'Oratorio di Valdocco è ben altra.
La considerazione della varietà di modi e di gradi di partecipazione
è espressa nel! 'articolo costituzionale quando afferma che l 'apparte-
nenza degli Exallievi alla nostra Famiglia «diviene più stretta quando
s' impegnano a partecipare alla missione salesiana nel mondo» (Cast. 5).
Innanzitutto è importante osservare che ogni Exallievo si rapporta
alla Famiglia salesiana attraverso la sua Associazione; c'è, anche per
lui (come per i Salesiani, per le Figlie di Maria Ausiliatrice e per i
Cooperatori) , un impegno assunto personalmente: quello di iscriversi
all'Associazione, acquistando così in pienezza il titolo di appartenenza
a uno dei Gruppi «istituiti». 11
Il suo «Gruppo istituito» è un ' Associazione che ha come caratteri-
stica di base , comune a tutti i suoi membri, il riferimento all' «educa-
zione ricevuta» e il proposito di farla fruttificare .
Una «più stretta» intensità del grado di appartenenza si esprimerà
poi , di fatto , in modalità diversificate , perché «la missione salesiana
nel mondo» può essere vissuta e partecipata in situazioni religiose e
secondo convinzioni personali oggettivamente differenti, purché negli
Exallievi associati rimanga un fondamento reale di comuni valori «per
l'educazione ricevuta».
Nello Statuto proprio dell'Associazione si legge che essi «intendo-
no consolidare il vincolo di amicizia che li lega ai loro educatori e li
unisce fra loro , e conservare e sviluppare i principi che furono alla
base della loro formazione , per tradurli in autentici impegni di vita»
" Cf Il Progetto di vita dei SDB. Guida... , p. 114.
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22.1 Page 211

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(St. l); parlando della Confederazione mondiale vi si afferma che «ha
come fine che i soci conservino, approfondiscano e attuino i principi
educativi salesiani ricevuti» (St. 3).
L'Associazione degli Exallievi presenta quindi, in quanto tale, una
caratterizzazione specificamente propria «senza distinzioni etniche e di
religione» (St. ld). Per questo non è facile stabilire, a livello mondiale
di Confederazione, la possibile varietà di gradi di «più stretta» parteci-
pazione alla missione salesiana; indicheremo più avanti alcuni modi
concreti già sperimentati nel vissuto.
b) La vita dell 'Associazione procede dalle Unioni locali
Qui sembra importante far osservare che la vita dell'Associazione
procede dal basso, ossia dalle Unioni o Centri locali dove le persone
si conoscono e hanno una visione più concreta e omogenea dell' «edu-
cazione ricevuta» e possono, quindi, determinare nella pratica in che
cosa consiste per ciascun Centro o Unione una «più stretta partecipa-
zione alla missione salesiana» nell'ambito del proprio territorio e della
propria situazione religiosa, culturale e sociale. In questo senso, nes-
suno si meraviglia che la situazione degli Exallievi vari da luogo a luo-
go. Il tendere a strutturare troppo a livelli più alti può risultare non
benefico. L'animazione più incisiva e più appropriata è legata in pri-
mo luogo alla vitalità dei gruppi locali. È soprattutto che bisogna
puntare come strategia d'incontro e di formazione permanente. La vi-
fa delle Unioni locali è percepita più facilmente dagli associati ed è
più sentita.
Certamente una adeguata organizzazione a livello ispettoriale, na-
zionale e mondiale è non solo utile ma necessaria ; essa stessa, però,
va rivolta a servire animare suggerire stimolare appoggiare (a volte
anche supplire) le iniziative proprie delle Unioni locali affinché sap-
piano far fruttificare concretamente «l'educazione ricevuta» .
Oggi, dopo il Vaticano II, una partecipazione «più stretta» alla mis-
sione salesiana può venire illuminata anche dagli orientamenti ecume-
nici, 12 dall'apertura al dialogo con le Religioni non cristiane13 e da at-
tività di servizio all'uomo con il coinvolgimento anche di Noncredenti
di buona volontà. 14
" Cf Decreto Unitatis redintegratio (21 nov. 1964).
13 Cf Dichiarazione Nostra aetate (28 ott . 1965).
" Cf istituzione del Segretariato per i Noncredenti nella Curia romana (3 genn. 1966).
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c) Rapporto con l'Associazione dei Cooperatori
Un aspetto peculiare sottolineato dal CG2 l (cf Atti 69) è quello de-
gli Exallievi cattolici «che hanno fatto la scelta evangelizzatrice». La
loro partecipazione «più stretta» li avvicina molto ai Cooperatori Sale-
siani . Appunto per questo sono invitati a iscriversi tra i Cooperatori :
«La comunità - affermano i nostri Regolamenti - aiuti i più sensibili
ai valori salesiani a maturare la vocazione di Cooperatore» (Reg. SDB
39). Tuttavia le due Associazioni si distinguono , in quanto tali , l'una
dall'altra. Quella degli Exallievi ha una sua fisionomia propria, legata
alle finalità , alla comunione e alle iniziative derivanti dall '«educazione
ricevuta».
L 'Associazione dei Cooperatori non è, di per sé, alternativa a que-
sta degli Exallievi; costituisce piuttosto un centro di riferimento spiri-
tuale ed ecclesiale per coloro che hanno fatto la scelta evangelizzatri-
ce. Gli Exallievi «Cooperatori» assumono generosamente, come «lai-
ci» convinti, le finalità della propria Associazione di Exallievi e metto-
no a sua disposizione le ricchezze della grazia di Cristo secondo lo spi-
rito di Don Bosco per far fruttificare tra gli associati e tra gli antichi
compagni lontani «l'educazione ricevuta».
Dunque: l'assi milazione dei valori del Sistema Preventivo presenta
una svariata gamma di possibilità di più o meno stretta partecipazione
alla missione salesiana nel mondo . Per ciò che dipende dalle nostre
comunità ha straordinaria importanza la cura da parte degli Ispettori
e dei Direttori (con i' loro Delegati) di un 'animazione che assicuri la
fedeltà alle finalità dell'Associazione e alla genuina ispirazione di Don
Bosco . Dovremo tutti saper ricordare e imitare la comprensione, l'ac-
coglienza, la dedicazione e le iniziative del nostro Fondatore e di don
Rinaldi . Non è un lavoro facile; ci vogliono persone competenti e in-
fluenti che sappiano trattare con uomini maturi e che abbiano chiaro
e aggiornato il patrimonio dei valori del Sistema Preventivo .
2. Alcuni modi di partecipazione degli Exallievi alla missione di Don Bosco
Il titolo dell 'educazione ricevuta non è, come abbiamo visto, qual-
cosa di superficiale che si sovrappone artificialmente come la doratura
di un metallo . Si tratta di una realtà vitale di gratitudine, di comunione
e di propositi alla luce stessa del progetto educativo vissuto , con nuove
esperienze di vita, di lavoro , di studio, di prospettive personali e sociali .
La natura e l'attività dell'Associazione è legata intrinsecamente a
questo titolo d'appartenenza. Ne deve saper percepire i vasti orizzonti
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22.3 Page 213

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senza confondersi con l'Associazione dei Cooperatoi:i, né con una
qualsiasi associazione profana, a stante, travisando così la sua identità.
In che modo, dunque, l'Associazione degli Exallievi partecipa alla
vita e alle attività della Famiglia salesiana? Cerchiamo di dare una ri-
sposta orientatrice partendo dalla sua storia e dalla sua realtà odierna.
a) La formazione permanente degli Exallievi
Un primo modo è quello di preoccuparsi della <iformazione perma-
nente» degli associati . È un compito inerente alla stessa «educazione
ricevuta», in quanto ogni educazione (soprattutto in quest'ora di tra-
passo culturale) ha bisogno di crescere e di adeguarsi alle nuove esi-
genze in forma continua e aggiornata. Lo Statuto della Confederazio-
ne mondiale afferma che gli Exallievi intendono «conservare e svilup-
pare i principi che furono alla base della loro formazione , per tradurli
in autentici impegni di vita» (St. lb), e che «vedono nel Rettor Mag-
giore la figura stessa di Don Bosco e riconoscono in lui la guida; desi-
derano l'assistenza dei Salesiani per una educazione spirituale perma-
nente, incisiva e adeguata» (St. le).
In questo settore c un ambito assai concreto del servizio di ani-
mazione proprio delle nostre comunità e dei confratelli verso gli Exal-
lievi. Saper far programmare e far funzionare iniziative di formazione
permanente servirà a irrobustire la qualità dei Centri o Unioni locali
e delle Federazioni ispettoriali per la loro partecipazione alla missione .
b) L 'aiuto mutuo tra Exallievi
Un ' altra attività propria dell ' Associazione è quella di realizzare l'e-
sortazione fatta agli antichi allievi dallo stesso Don Bosco: di «tenersi
uniti e aiutarsi» preoccupandosi non solo del rafforzamento organiz-
zativo e funzionale dell'Associazione (cf DAg 5/1), ma anche del mu-
tuo aiuto dei singoli nelle necessità e, soprattutto, di un contatto bene-
fico con antichi compagni divenuti lontani per mille motivi differenti.
È ben vero che coloro che «non si sono iscritti ad un determinato Cen-
tro locale, non sono soci effettivi della Confederazione; ma essi sono
considerati appartenenti al "movimento Exallievi di Don Bosco"» (DAg
2). Per questo si vogliono conservare i loro nomi in uno schedario ap-
posito per mantenere vivo il loro ricordo e per cercare di coinvolgerli
nelle attività di formazione e di bene.
Ecco un campo di espansione naturale dell ' Associazione a cui pos-
sono apportare particolari aiuti i confratelli che hanno conosciuto gli
antichi allievi adesso lontani .
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22.4 Page 214

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c) La vita familiare dei singoli
Un altro importante compito dell 'Associazione è quello riguardan-
te la vita familiare dei singoli. Ciò suppone la conoscenza e la difesa
dei diritti e doveri della famiglia nella società. Nello Statuto si legge
che gli Exallievi si propongono di promuovere e difendere i grandi va-
lori della famiglia umana (cf St. 3a), che attraversa oggi un pericoloso
momento di crisi . Lì, nella loro famiglia, hanno anche modo, come
già suggeriva Don Bosco , di praticare la metodologia pedagogica ap-
presa durante gli anni dell'educazione.
Ecco un 'altra interpellanza assai attuale per misurare l'impegno pe-
dagogico, di ieri e di oggi, delle nostre comunità educatrici . Come si
applica il Sistema Preventivo (da esportare poi nelle famiglie)? Che
formazione si ai giovani in vista del matrimonio? In che consiste
programmaticamente la formazione all'amore? Come si affrontano le
esigenze di una retta educazione sessuale? Quale etica coniugale si pro-
pone? Come si insiste sulla sacralità della vita? ecc . Questi aspetti fan-
no vedere a noi l'urgenza di una concreta «pastorale familiare» da pro-
gettare e realizzare (in sintonia con la pastorale giovanile) nelle nostre
Case secondo le possibilità inerenti al tipo di presenza educativa .
Ricordiamo la penetrante osservazione fatta da un Vescovo nell 'as-
semblea del Sinodo dell ' 80 sulla famiglia ; ve ne ho parlato in una cir-
colare, ricordando che «il tema della famiglia, più che un settore su
cui far convergere le nostre revisioni programmatiche, è un'angolatu-
ra privilegiata da cui ripensare e progettare più realisticamente e più
intelligentemente, in consonanza con il progetto divino , tutta la pasto-
rale» (ACG 299 , p. 8) : quindi la nostra pastorale giovanile e i concreti
progetti educativi delle lspettorie e delle case devono saper tenere de-
bitamente in conto questa ottica veramente strategica. Disse allora quel
Vescovo: «La famiglia è minuscola, ma possiede in un 'energia su-
periore a quella dell 'atomo. Dall ' umile piccolezza di milioni di foco-
lari , la Chiesa può rilanciare la potenza del! 'amore necessaria a fare
di se stessa il Sacramento del! 'unità tra gli uomini».' 5
Se l'essenza di ogni genuina educazione è di saper condurre all' a-
more , bisognerà che tutta la pastorale della Chiesa (e quindi anche la
nostra) concorra a far che la famiglia umana divenga effettivamente
«la scuola dell 'amore». Aiutiamo gli Exallievi a rendere efficace l'e-
ducazione salesiana all 'interno delle loro famiglie!
" Mons. FRA NCESCO J. Cox , 14 ott. 1980 .
212

22.5 Page 215

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d) Le esigenze sociali del! 'educazione
Un altro impegno caratterizzante l'attività dell'Associazione è quello
di condividere e di privilegiare il grande problema dell'educazione della
gioventù. Gli Exallievi affermano: «In considerazione dell'urgenza del
problema della gioventù del nostro tempo, (l'Associazione) attende a
realizzare al massimo le attività atte ad interessare i giovani nei diversi
campi di azioni socioapostoliche; ne incoraggia le iniziative e li aiuta
ad assumere responsabilità a tutti i livelli» (DAg 5/2).
Tutti conosciamo l'urgenza di questo problema e la necessità di dar
vita a molteplici iniziative per collaborare, anche se limitatamente, a
una sua soluzione. È un problema universale; lo si incontra ovunque
nel mondo, miche se con diverse condizioni giovanili. Per fortuna an-
che lo spirito di Don Bosco è universale, e si trova già vivo e operante
in tutti i continenti: un unico spirito, una medesima missione, nella plu-
ralità delle situazioni culturali , sociali e pastorali. Per quali valori do-
vranno impegnarsi gli Exallievi a favore della gioventù?
In fedeltà al carisma di Don Bosco essi dovranno saper analizzare
le urgenze giovanili in relazione alle tre dimensioni del Sistema Pre-
ventivo. Nell'ambito della «ragione», i problemi relativi ai valori umani ;
nell'ambito della «religione», quelli relativi alla fede e a una spirituali-
tà della vita; nell'ambito dell' «amorevolezza», quelli concernenti il me-
todo considerando il degrado della scuola (spesso) e soprattutto della
famiglia e dell'amore: urge davvero illuminare i criteri di una valida
metodologia pedagogica da applicare.
È un impegno, questo, che apre un vastissimo panorama d'interventi .
Evidentemente anche qui c'è da rivedere tutta la programmazione
delle nostre comunità educative e il significato attuale delle nostre opere
in vista di una risposta pratica alle sfide giovanili. Si potrà così orien-
tare meglio le iniziative degli Exallievi irrobustendo o completando gli
interventi nostri con i loro e persino arrivare, secondo le esigenze con-
crete dei territori, a qualche piano d'insieme di tutta la Famiglia sale-
siana ivi operante.
e) L'impegno socio-culturale
Un'altra finalità che l'Associazione degli Exallievi si propone è:
«La difesa e promozione dei valori inerenti alla persona umana e il
rispetto della dignità dell'uomo»; e «la promozione e l'elevazione cul-
turale, sociale, morale, spirituale e religiosa, conforme all'educazio-
ne ricevuta» (St. 3a). Nel loro «Documento Aggiunto» (per l'applica-
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22.6 Page 216

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zione dello Statuto) gli Exallievi esplicitano ancora di più quest'ambi-
to di tipo socioculturale così caratteristico: «Stimolare una sana e pro-
fonda preparazione sociopolitica degli Exallievi - oggi più che mai
urgente e necessaria - che non si limiti solo alla teoria , ma vada an-
che all'impegno di assolvere il proprio dovere politico di buon cittadi-
no e a pratiche realizzazione sociali , la creazione di associazioni aven-
ti carattere di mutuo soccorso, ecc.» ; e «dare impulso ad attività
apostoliche-sociali, con particolare riguardo all'impegno per la giusti-
zia , la pace, la fraternità» (DAg 5 de).
Bisogna aggiungere l'immensa importanza che ha oggi la comuni-
cazione sociale e come l' uso dei suoi mezzi , anche i più sofisticati ,
può essere sfruttato e orientato da non pochi Exallievi che ne abbiano
acquisita speciale competenza.
Anche questa finalità suppone un' «educazione ricevuta» di speciale
chiarezza e qualità in ordine alla retta strutturazione dell ' ordine tem-
porale. UVaticano II e l'insegnamento sociale del Magistero hanno
aperto agli educatori vasti orizzonti di rinnovamento che esigono com-
petenza e continuo aggiornamento . La nostra maniera di educare ha
bisogno, cari confratelli, di rivedere tutto questo settore, non per im-
mischiarci in una politica partitica ma per mettere davvero in pratica
quanto ci propone l' importante art. 33 delle nostre Costituzioni . Dob-
biamo promuovere la giustizia e la pace «educando»; e nell 'educazio-
ne dobbiamo testimoniare concretamente il nostro amore preferenzia-
le per i poveri. Siamo chiamati a realizzare un ' «educazione liberatri-
ce» attingendo alla prassi vissuta da Don Bosco nell 'alveo. della seco-
lare fede cristiana illuminata continuamente dal Magistero vivo della
Chiesa. Gli Exallievi aspettano da noi orientamenti chiari al riguardo.
t) La comunione attiva con tutta la Famiglia salesiana
La partecipazione dell'Associazione alla missione di Don Bosco
comporta inoltre il proposito di incrementare la comunione attiva con
tulta la Famiglia salesiana e con ognuno dei Gruppi , sia a livello di
dirigenza mondiale , sia a livello ispettoriale e locale con le comunità
e persone presenti nello stesso territorio . Il titolo d'appartenenza per
l'educazione collega facilmente l'Associazione a tutti i membri della
Famiglia, ma in modo assai speciale ai tre Gruppi fondati da Don Bo-
sco: ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice e ai Cooperatori .
Il rinnovamento del carisma di Don Bosco appella oggi gli Exallie-
vi a intensificare concretamente i vincoli di partecipazione e comunione
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soprattutto cort questi tre Gruppi, in vario modo secondo la natura e
ruolo di ciascuno di essi .
Questo loro proposito deve essere continuamente ricordato e faci-
litato dalla nostra animazione.
L'articolo 5 delle Costituzioni assegna a noi Salesiani, «per volon-
tà del Fondatore», la non indifferente responsabilità di «mantenere I'u-
nità dello spirito e stimolare il dialogo e la collaborazione fraterna per
un reciproco arricchimento e una maggiore fecondità apostolica» .
Purtroppo alcuni confratelli hanno ancora bisogno di cambiare di
mentalità al riguardo e di considerare questo aspetto come una delle
«grandi linee su cui concentrare tutta la nostra attenzione e indirizzare
gli sforzi concreti». Diceva il Rettor Maggiore don Luigi Ricceri nel
presentare gli Atti del CGS20 : «È urgente ridonare alle nostre comu-
nità la dimensione di nucleo animatore di altre forze spirituali e apo-
stoliche (quelle della Famiglia salesiana!) ; ne trarranno esse stesse (le
nostre comunità) grandi vantaggi spirituali e apostolici» (CGS, p. XX).
Il saper coltivare e intensificare i rapporti degli Exallievi con noi,
in primo luogo , e poi con gli altri Gruppi (specialmente con i Coope-
ratori), è un compito a volte delicato ma assai fecondo che rende dav-
vero possibile che la nostra Famiglia si presenti, nei singoli territori,
come un «Movimento ecclesiale» vivo e incisivo così come è suggerito
dalla Strenna di quest'anno .
Un bel segno della volontà politica che hanno gli Exallievi di met-
tere in pratica questo proposito è l'accordo che hanno fatto con l'As-
sociazione delle Exallieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice per la rea-
lizzazione di un comune unico Congresso internazionale nel novembre
dell'88 per commemorare solennemente Don Bosco.
g) Gli allievi delle opere salesiane
Infine, un altro compito non indifferente è quello di curare gli al-
lievi al termine del curricolo formativo mostrando loro i vantaggi di
farsi membri dell'Associazione. Il flusso di giovani è ricercato dagli
Exallievi, perché desiderano essere un gruppo «sempre giovane»; ciò
sarà possibile se l'Associazione verrà continuamente «rinvigorita da
migliaia e migliaia di giovani che escono dalle opere salesiane» (DAg
lb).
Tale impegno lodevole e vitale, Ìnentre comporta dagli stessi Exal-
lievi una dedicazione pratica per un coinvolgimento gradito ai giova-
ni, esige dalle nostre comunità locali un intelligente e concordato lavo-
ro per orientare gli allievi degli ultimi corsi verso possibilità concrete
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di maggior crescita salesiana in quei gruppi della nostra Famiglia che
sono più consoni al loro progetto di vita, in particolare (generalmente
per i più) l'Associazione degli Exallievi .
Dunque: il modo con cui l'Associazione degli Exallievi partecipa
alla missione di Don Bosco nel mondo non è indifferente. È moltepli-
ce nelle possibilità: ne abbiamo enumerate ben sette . Tale partecipa-
zione costituisce la prova operativa della sua appartenenza alla Fami-
glia salesiana, che diverrà «più stretta» secondo il grado d' impegno di-
mostrato nelle concrete attività sopra indicate, senza escludere livelli
differenziati che si estendono anche a modalità ecumeniche, di dialogo
interreligioso o di semplice buona volontà umana.
D) IL COMPITO DELLE COMUNITÀ SALESIANE
Le riflessioni fin qui fatte sono un invito per gli Ispettori e i Diret-
tori , ma anche per i singoli Confratelli, a rivedere la propria sensibili-
, il lavoro personale e delle comunità e la validità ed efficacia dei
servizi da prestare agli Exallievi . C'è da considerare bene l'articolo
39 dei Regolamenti .
Possiamo distinguere due momenti complementari del nostro im-
pegno di responsabilità: quello che si riferisce alla qualità dell'educa-
zione che si fa nelle opere, e quello ordinato direttamente alla vita e
attività della loro Associazione.
1. La qualità dell'educazione nelle nostre opere
Il primo momento (della qualità dell 'educazione) lo abbiamo già
indicato sostanzialmente, volta per volta, nel considerare alcune atti-
vità che l'Associazione realizza. Qui potremmo di nuovo sottolineare
il chiaro pensiero di Don Bosco e di don Rinaldi: gli Exallievi rappre-
sentano nel mondo il frutto delle nostre fatiche. L'educazione delle no-
stre presenze è tutta rivolta , con concretezza sociale ed ecclesiale, alla
vita matura dell 'onesto cittadino e del buon cristiano . Lavoriamo dun-
que perché si formino degli autentici Exallievi; promuoviamo un'edu-
cazione che garantisca una successiva loro appartenenza alla Famiglia
salesiana. Prescindere da questo sarebbe sentenziare di superato il Si-
stema Preventivo di Don Bosco.
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22.9 Page 219

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2. La cura e l'animazione dell'Associazione
Il secondo momento è quello della cura e animazione del! 'Associa-
zione stessa. Se pensiamo al numero molto elevato dei nostri Exallie-
vi, se siamo convinti (perché lo constatiamo giorno dopo giorno) che
l'eredità dello spirito di Don Bosco è oggi assai viva e benefica, se
guardiamo alla crescente e immensa massa di giovani bisognosi verso
i quali il nostro Fondatore si è sentito investito dall'alto di una peculia-
re missione , sentiremo impellente l' appello di cercare e stimolare tutte
le forze disponibili della Famiglia salesiana; in essa gli Exallievi costi-
tuiscono senz'altro una grande miniera, ricca di possibilità. È una prov-
videnziale potenzialità salesiana da incrementare in ognuno dei settori
di attività più sopra indicati.
Possiamo aggiungere, qui, anche l'invito a favorire il «volontaria-
to» (specialmente degli Exallievi giovani) con molteplici prospettive
anche missionarie.
Si tratta, però, di saper dialogare e fare comunione di spirito e di
intenti con una Associazione di persone mature , che è per se stessa
. moltiplicatrice dell'educazione salesiana, e che porta con sé una am-
mirevole possibilità di collaborazione e di gestazione di nuove e bene-
fiche iniziative. A tale scopo sarà necessario che le nostre comunità
ne abbiano consapevolezza e ne sappiano cogliere le valide prospettive
di futuro, sempre che siano comunità aperte , accoglienti , disponibili
e abilitate al dialogo.
Nei programmi di animazione e di formazione permanente dei con-
fratelli bisognerà predisporre tempi e modi di sensibilizzazione che li
coinvolgano nella .conoscenza e nell'attuazione degli orientamenti de-
gli ultimi Capitoli Generali al riguardo.
L'Ispettore, in particolare, consideri importante la designazione di
un Delegato ispettoriale qualificato e idoneo; pianifichi riunioni di Di-
rettori in cui essi percepiscano con chiarezza le.responsabilità di ani-
mazione e di azione che corrispondono alle loro comunità e sappiano
scegliere, se ne sia il caso, dei Delegati locali che interpretino e tradu-
cano in pratica questo compito di ogni comunità. Va da che i Dele-
gati, ai differenti livelli, non hanno il compito di sostituire i responsa-
bili dell 'animazione (che sono l'Ispettore, il Direttore e tutta la Comu-
nità) ma di interpretarli nella loro volontà politica di azione . Sarà an-
che bene poter coltivare un dialogo rispettoso e pratico con le Figlie
di Maria Ausiliatrice in rapporto all'Associazione delle Exallieve.
L'Ispettore e i Direttori, nell'ambito delle loro responsabilità, va-
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lorizzino la possibilità di consulte periodiche per rivedere la realtà di
vita e per progettare nel territorio attività di comune interesse , soprat-
tutto a favore della gioventù.
Come vedete, cari confratelli, questo compito radicato nel manda-
to costituzionale ci ricorda ancora una volta che la vera identità di una
comunità salesiana non è di far tutto da sé, bensì quella di essere un
vero «nucleo animatore» di tante altre forze apostoliche e sociali.
3. Importanza vitale della spiritualità negli animatori
La Strenna 87 ci parla della necessità di nutrire e di rendere fecon-
de alcune «idee-forza» che possano presentare la Famiglia salesiana co-
me un Movimento ecclesiale che incide nella storia. Senza un 'interio-
re energia mistica non si coinvolge nessuno e non potremo essere
«missionari» «carismatici» dei giovani.
Affinché una Comunità salesiana divenga realmente «nucleo ani-
matore» ha bisogno che i suoi membri siano ricchi di interiorità e che
in essa vibri una spiritualità e si respiri comunitariamente una rinnova-
ta atmosfera pentecostale . Noi la chiamiamo oggi «spiritualità giova-
nile», perché è tutta orientata all'educazione ed evangelizzazione della
gioventù , ma è propria, prima e soprattutto, degli adulti della nostra
Famiglia affinché vivifichino in se stessi la paternità e maternità edu-
cative. Ne abbiamo una sintetica descrizione autorevole nel capitolo
II delle nostre Costituzioni , che presenta «lo spirito sales iano» di Don
Bosco.
Si tratta di uno stile speciale nell'essere discepoli del Cristo ; è un
modo caratteristico di vivere nel suo Spirito ; è un ascolto contemplati-
vo e operoso della Parola di Dio, come quello di Maria; è un frequente
incontro eucaristico e penitenziale; è un 'esperienza di fede speranza
e carità per trasformare il quotidiano; è fare della nostra esistenza un
sacramento di salvezza; è segno escatologico «della forza della risur-
rezione» (Cost. 63) in sintonia con le energie fresche della gioventù ;
è un 'incontenibile passione per il Regno («da mihi animas») in fattiva
collaborazione con i Pastori della Chiesa; è amore capace del dono di
nel sacrificio ; è gioia e ottimismo pur nella visione realistica del
peccato e del male; è duttilità , lavoro e temperanza in semplicità di
famiglia ; è argomento spontaneo di comunicazione di chi ha nel cuore
una storia di santità da raccontare agli altri , soprattutto ai giovani.
Nell'ultimo Capitolo (22 °) abbiamo dichiarato guerra alla superfi-
cialità spirituale; per 1'88 ci siamo proposti di interiorizzare il nuovo
218

23 Pages 221-230

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23.1 Page 221

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testo della nostra regola di vita e di rilanciare nel vissuto la Professio-
ne salesiana. Ebbene: tutta la Famiglia salesiana, e in particolare i Coo-
peratori e gli Exallievi, aspettano da noi il contagio vivo e salutare del-
lo spirito di Don Bosco; i giovani richiedono da noi l 'attrattiva di una
spiritualità a loro congeniale e le energie semplici ma potenti di una
santità per la vita di tutti i giorni che permei la realtà magari anche
monotona dell'ordinario, le durezze dell'esistenza e le richieste delle
ore difficili e più esigenti con la vivificante trascendenza dello spirito
delle Beatitudini.
Una simile spiritualità è necessaria in tutte le culture ed ha ricchi
elementi vitali da far condividere anche ai cristiani non cattolici, ai mem-
bri di Religioni non cristiane e persino ai non credenti di buona volontà.
L'esperienza ormai più che secolare della vitalità dello spirito di
Don Bosco e i risultati concreti della sua pedagogia in tutti i continenti
costituiscono un prezioso appello per noi nel proposito di essere come
il Fondatore veri «carismatici dei giovani».
Conclusione. Nell'attesa della beatificazione di don Rinaldi
Cari confratelli, noi desideriamo di tutto cuore e quanto prima la
beatificazione di don Rinaldi . Egli è il grande ispiratore del!' Associa-
zione degli Exallievi e dal cielo certamente veglia su di essa.
Invochiamo tutti da Dio , autore di ogni bene, il «dono» del ricono-
scimento ufficiale della sua santità salesiana; sarà significativo e bene-
fico per i giovani e per tutta la nostra Famiglia; ma soprattutto ne go-
dranno le Volontarie di Don Bosco e gli Exallievi.
Maria Ausiliatrice presenti al Padre, durante i prossimi mesi, que-
sta nostra insistente preghiera:
«O Signore, che nel venerabile Filippo Rina/di, immagine viva di
Don Bosco , hai dato nuovo vigore e più esteso sviluppo al carisma della
Famiglia salesiana, glorifica questo tuo Servo; fa' di noi dei generosi
suoi imitatori nella capacità di animazione di numerosi e validi mis-
sionari dei giovani!».
Don Rinaldi interceda per noi , per le Figlie di Maria Ausiliatrice,
per i Cooperatori , e, in modo particolare , per le Volontarie di Don
Bosco e per gli Exallievi.
Nell 'attesa dell'88 , vi saluta con affetto,
DON EGIDIO VIGANÒ
219

23.2 Page 222

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8. I ccLAICI» DELLA FAMIGLIA
«LA PROMOZIONE DEL LAICO
NELLA FAMIGLIA SALESIANA»
Lettera ai Salesiani, 24 febbraio 1986
(ACS 317, aprile-giugno 1986)
Roma, 24 febbraio 1986
Cari Confratelli,
il tema proposto dalla Strenna 86 merita un ' attenta considerazione
in Congregazione.
La vocazione e missione del Laico oggi è uno dei grandi fronti del
rinnovamento aperti dal Vaticano II . L'azione conciliare di approfon-
dimento e di rilancio si rifrange anche sulla nostra Famiglia, la quale
percepisce, nella promozione di questa vocazione, un'arricchente espe-
rienza di ritorno alle sue prime origini. Don Bosco , infatti , ha coinvol-
to sempre tanti Laici nella sua missione giovanile e popolare.
A) NECESSITÀ DI COINVOLGERE DI PIÙ I LAICI
NEL PROGETTO DI DON BOSCO
1. Motivo di questo tema: una maggiore fedeltà al Fondatore.
«Invito a rinnovare la nostra carta d'identità"
Nel proporre questo tema non siamo attratti da un affanno di sen-
tirci alla moda (che potrebbe essere un atteggiamento transitorio e ca-
duco) , ma siamo mossi dalla docilità allo Spirito del Signore e dalla
fedeltà al progetto apostolico del Fondatore.
220

23.3 Page 223

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Il non schierarci su questo fronte significherebbe, in definitiva, di-
sinteressarsi della nostra identità vocazionale . Dopo più di un secolo
di vita abbiamo bisogno di ringiovanire le fattezze del volto del sale-
siano perché appaia più chiara e attraente la sua autentica fisionomia.
A poco a poco, infatti , si era venuta registrando in questo settore
una certa involuzione che ci aveva fatti divenire più gestori autarchici
delle opere esistenti che animatori di un movimento apostolico della
Chiesa in cammino; più precettori degli alunni che missionari dei gio-
vani.
Per fortuna il Concilio ha portato una buona quantità d'aria fresca ,
che è arrivata anche ai polmoni dei nostri Capitoli Generali , soprattut-
to di quello Speciale . Oggi abbiamo a disposizione una dottrina ricca
e suggestiva sul Laico con orientamenti concreti e stimolanti. A un certo
livello e in diverse lspettorie ci si è impegnati.
Qualcosa si muove . Lo abbiamo visto, per esempio, alcuni mesi
fa nel 2 ° Congresso mondiale dei Cooperatori . Lo si vede inoltre da
tempo nel lavoro con gli Exallievi; si guarda con attenzione rinnovata
anche ai «Collaboratori laici» e agli «Amici di Don Bosco». Ma in al-
cune Ispettorie si stenta a decollare; si cammina solo lentamente.
Che cos'è che manca? Una mentalità conciliare rinnovata? Un sen-
so di Chiesa più comunionale? Una sensibilità sociale più oggettiva?
Una visione più coraggiosa e coinvolgente dei nostri impegni giovanili
e popolari? Una carica spirituale con più forza di spinta?
Una cosa è certa: se Don Bosco fosse vivo oggi avendo a sua di-
sposizione i grandi orizzonti del Vaticano Il , si lancerebbe a coinvol-
gere tanti Laici nel suo progetto operativo. E perché non lo dovremmo
fare noi, suoi figli, che ci siamo proposti di dimostrare , per le prossi-
me celebrazioni centenarie della sua morte, che il carisma dell 'Orato-
rio è pienamente vivo e attuale?
2. Di quali «Laici» intendiamo parlare qui
(«chi sono i Laici in missione con noi»)
Vogliamo promuovere la vocazione del Laico coinvolto con noi nel
servizio dei giovani, riferendoci al genuino spirito del Concilio .
Ma ecco che, nel momento di cambiare registro, ossia quando si
passa dal parlare del Laico secondo il Concilio alla considerazione di
chi sono i laici con i quali trattiamo e lavoriamo, si percepisce strana-
mente qualche difficoltà per l'elasticità dei significati attribuiti a que-
sto termine. Ci si trova come collocati su livelli differenti, che offu-
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23.4 Page 224

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scano il vero concetto ecclesiale di Laico e abbassano la nostra consi-
derazione a un genericismo, per cui non è quasi lecito parlare esplici-
tamente di «vocazione» e di «missione».
La colpa è legata all'uso corrente e assai svariato del termine «lai-
co»; tale uso è così radicato ormai nel linguaggio comune che noi stes-
si, se non facciamo attenzione , ci muoviamo senza accorgerci su piani
ambigui .
Facciamo qualche esempio del! 'uso di questo termine (almeno nel-
1'ambiente italiano) . Noi parliamo di «collaboratori laici», ma che si-
gnificato diamo a tale termine? Sui giornali si parla frequentemente
dei «laici» in politica, ma qual è il suo reale significato? Oppure, per-
ché si accetta l'espressione «Stato laico», e invece si diffida del! 'espres-
sione «morale laica»? C'è una vera differenza di significato nei due casi .
A noi interessa il discorso relativo alla Famiglia salesiana: chi so-
no in essa i «Laici», quelli a cui ci riferiamo appunto nella Strenna?
La risposta deve essere precisa perché è legata intimamente con la no-
stra fedeltà al Concilio e a Don Bosco. La mancanza di accurata iden-
tificazione porta a una attività confusa, non incisiva, mancante di con-
cretezza vocazionale e, quindi, salesianamente superficiale.
Alla domanda, dunque , dobbiamo rispondere, con cosciente deter-
minatezza, che per «Laici» qui noi intendiamo quei cristiani membri
della Chiesa cattolica che, stando nel mondo secondo il loro tipico ca-
rattere secolare , sono disposti a vivere il Battesimo in missione con
noi. Ossia, come è ovvio, intendiamo applicare e far fruttificare nella
nostra Famiglia la concreta descrizione che del Laico ha fatto il Vati-
cano II.
Considero vitale questa precisazione; senza di essa non faremo mai
decollare nella Chiesa un vero movimento spirituale di persone (cf
Cost. 5).
Non si tratta di escludere dalla nostra attenzione e da un adeguato
coinvolgimento (di differente livello) tanti altri collaboratori, exallievi
e amici. Sappiamo che Don Bosco ha cercato collaboratori dappertut-
to , purché avessero un po ' di buona volontà e facessero del bene («be-
nefattori»), al di là anche delle confessioni religiose. È questa una as-
sai valida eredità che deve sempre essere conservata in Congregazione
e che, oggi , viene anche collaudata dalle aperture conciliari all 'ecu-
menismo, al dialogo con le religioni non cristiane e persino con i non-
credenti . La Strenna di quest'anno , però , non si riferisce a tale aspet-
to, che in non poche nostre comunità funziona già abbastanza bene.
Il compito che ci proponiamo è di debellare quella pericolosa su-
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23.5 Page 225

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perficialità di cui ho parlato nella Relazione sullo stato della Congre-
gazione al Capitolo Generale 22; essa accompagna e caratterizza quel
tipo di faccendone generico che può sembrare amico di molti , ma che
non è padre spirituale di nessuno.
Nella nostra Famiglia i Laici nel senso conciliare li troviamo o li
coinvolgiamo, di fatto, tra i Cooperatori, tra quegli Exallievi che, se-
condo il CG21, «hanno fatto la scelta evangelizzatrice» (cf CG21 69),
e tra quei «collaboratori» esterni e «amici» che vogliono testimoniare
la loro fede cattolica.
L 'impegno concreto a cui siamo chiamati è di dedicarci di più e
meglio a promuovere soprattutto l'Associazione dei Cooperatori nei
suoi membri Laici e di intensificare la cura di coloro che, senza essere
ordinati o consacrati, vogliono essere cattolici attivi tra gli Exallievi
(nelle loro Associazioni locali e nella Confederazione mondiale), tra
i Collaboratori e tra gli Amici .
Questi sono i «Laici» della nostra Famiglia ai quali ci riferiamo.
Dobbiamo muoverci insieme alle FMA e agli altri Gruppi di consacra-
ti nella Famiglia per far sentire loro la gioia di vivere una bella voca-
zione e di partecipare operosamente con noi alla missione della Chiesa
nel mondo , secondo lo spirito di Don Bosco.
3. Urgenza di assimilare la dottrina conciliare sul laico
(«la nuova mentalità ecclesiale»)
L'uomo maturo dovrebbe essere un saggio, aperto ad accogliere
la novità dello Spirito. In questi anni, però , abbiamo sperimentato in
alcune persone che dopo una certa età è facile diventare scettici, pen-
sare che non c'è nulla di nuovo, sedersi, sentirsi arrivati e magari, a
poco a poco, imborghesirsi . È brutto incontrarsi con gente matura in
età, ma poco saggia nello spirito.
Vi dicevo nella circolare anteriore (ACG 316, 16-17) che si è af-
fermato non esserci nel Concilio definizioni o condanne inedite, e cio-
nonostante emergere una straordinaria novità: «Nihil novi et omnia
nova».
Per quanto riguarda il Laico nella Chiesa c'è una grossa novità da
percepire: chi non se n'è accorto, corre il rischio di non essere docile
allo Spirito , e quindi di non saper apportare forze valide al rinnova-
mento.
La vocazione del Laico, presentata dal Vaticano II, ha concrete esi-
genze che esigono per tutti noi simultaneamente due impegni compie-
223

23.6 Page 226

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mentari: quello di conoscere bene la dottrina del Concilio al riguardo;
e quello di rivedere con serietà critica il pensiero di Don Bosco e le
sue iniziative. Noi non possiamo separare mai questi due aspetti; se
lo facessimo, cadremmo o in arbitrarietà effimere o in fissismi statici.
Ora, riguardo al pensiero e all'operare di Don Bosco, possiamo di-
re d'avere in tutte le nostre case (così almeno lo spero) una sufficiente
bibliografia e una viva tradizione che possono facilitare una lettura sto-
ricamente seria della presenza del Laico nella nostra missione. Siamo
tutti più che convinti che il nostro Fondatore si preoccupò sempre di
coinvolgere il maggior numero di collaboratori possibili nel suo pro-
getto operativo, da mamma Margherita ai datori di lavoro, alla gente
buona del popolo, ai teologi, ai nobili e persino ai politici dell'epoca.
Don Bosco pensò , progettò, si consultò, e infine istituì, come espres-
sione organizzata, la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani . «I Coope-
ratori - affermava con convinzione e speranza - saranno quelli che
promuoveranno lo spirito cattolico» (MB XVIII, 161).
Invece , per quanto si riferisce alla conoscenza del Vaticano II tra
noi, sussiste qualche perplessità. Come accennavo nella precedente cir-
colare, è opinione sofferta dei Pastori della Chiesa (e io penso che tale
opinione si applichi purtroppo anche a non pochi religiosi) che il Vati-
cano II non sia stato sufficientemente conosciuto e meno ancora assi-
milato e tradotto in pratica; anzi, che si siano seguite più facilmente
interpretazioni superficiali, riduttive, settoriali e persino distorte (cf
ACG 316, 9-12). Di qui l'urgenza per tutti di rifarsi ai testi conciliari
programmandone lo studio organico . '
È quindi necessario , con un particolare impegno degli Ispettori e
dei Direttori, organizzare iniziative concrete al riguardo . Ogni Ispet-
toria ha il dovere di farlo. Ogni Casa, poi , deve cercare il modo prati-
co di approfondire sistematicamente la dottrina del Concilio. Dopo l'ap-
pello del Sinodo straordinario tale urgente compito deve entrare nella
nostra programmazione di vita. Da parte mia, ho pensato fosse oppor-
tuno farlo persino nella recente predicazione degli Esercizi Spirituali
al Santo Padre e alla Curia romana (cf AGG 317, 34-35).
Se il Concilio è un evento profetico, «un dono di Dio alla Chiesa
e al mondo», «la grande grazia di questo secolo», «una nuova Penteco-
ste», «la magna charta per il futuro» (Sinodo straord .), e «il grande Ca-
techismo dei tempi moderni» (Catech . trad. 2), la nostra mentalità pa-
storale dovrà adeguarsi costantemente e sempre meglio ai suoi grandi
' Cf Sinodo straordinario, Relazione finale, I, 5-6.
224

23.7 Page 227

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contenuti orientatori. Uno di questi è precisamente la vocazione e la
missione del Laico nella Chiesa.
B) IL CONCILIO CI INVITA A UNA NUOVA OTTICA
DEL RAPPORTO DIO-CHIESA E MONDO
(«un pellegrinaggio di scoperta»)
Nel Messaggio '85 per la pace Giovanni Paolo II ha affermato che
il divenire dell'uomo lungo la storia è come «un pellegrinaggio disco-
perta» (Mess. 10).
Certamente il Vaticano II costituisce per i credenti un momento as-
sai ricco e fecondo di scoperte.
1. Posto del Laico in questa visione
a) È sulla frontiera di espansione della Chiesa
per liberare-trasformare il Mondo
Una di esse è la visione positiva del Mondo come autentico valore
religioso, nonostante le rovine del peccato: il Padre lo ha creato per
l' uomo e lo ama tanto da inviare ad esso il suo Unigenito.
Tale visione porta una grande novità nella maniera di concepire glo-
balmente la Chiesa nelle sue relazioni con il Mondo . Essa vive al suo
servizio: infatti , tutto il Popolo di Dio è inserito nella storia umana
come Sacramento di salvezza .
In questo contesto viene collocata la dottrina sulla vocazione e mis-
sione del Laico. Il Concilio ha dato una risposta formidabile al laici-
smo imperante; gli ha tolto la bandiera della laicità, che sventolava co-
me una conquista postcristiana; il suo era ed è solo «laicismo» , che rap-
presenta la posizione ormai di retrovia di un illuminismo riduttivo del-
la realtà.
Chi porta la bandiera della riscossa per la vera laicità del Mondo
è , nel Popolo di Dio, il Laico. Infatti la riscoperta del Mondo come
creazione del Padre, espressione dell'amore onnipotente; del Mondo
come storia dell 'uomo , dove si è incarnato Cristo presenza dell'amore
liberatore ; del Mondo in cammino di futuro verso un punto omega,
come progetto in trasformazione per opera dello Spirito portatore di
amore santificante, fa emergere affascinante e indissolubile il binomio
«Dio e Mondo».
225

23.8 Page 228

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Noi non conosciamo un Dio senza Mondo, ed è impossibile un Mon-
do senza Dio.
La laicità non è pensare il Mondo come se Dio non esistesse: que-
sto è laicismo; ma pensarlo appunto come l'ha creato lui , con le sue
leggi , i suoi valori autonomi , la consistenza dei rispettivi fini, la rega-
lità e il protagonismo dell 'uomo, il suo stupendo compito nella storia,
la dignità personale, la solidarietà sociale, il lavoro, la scienza, la tec-
nica ; il tutto armonizzato nel dialogo d 'amore con cui l'uomo dovreb-
be ricambiare l'iniziativa di Dio (cf GS 43).
Quanto più si conosce il Mondo e la storia dell ' uomo, tanto più si
capisce che Dio non può essere che Amore . Il laicista che accetta l'esi-
stenza di Dio, ma che poi lo pensa come se non si interessasse del Mon-
do, lo riduce nel migliore dei casi a un motore immobile senza cuore:
una caricatura blasfema!
Una simile riscoperta del Mondo ci fa immaginare la Chiesa non
più come una piramide dalla punta stretta (la gerarchia) e dalla base
ampia (il laicato) , ma come un immenso circolo in espansione nella
storia, che riceve dal centro energia e stimoli per una continua avanza-
ta. Ed è appunto il Laico che occupa la linea più esterna e in espansio-
ne del cerchio, come frontiera di progresso , di liberazione e di trasfor-
mazione del Mondo. Per questo ha bisogno di Cristo e del suo Spirito
(il centro!) , di luce e grazia e dei valori delle Beatitudini che gli ven-
gono dal servizio del Ministero e dalla testimonianza della Vita Con-
sacrata (vicino al centro); ha bisogno di comunione con tutti per sen-
tirsi membro vivo del Corpo di Cristo nella storia (Chiesa di tutti, una
e santa) , ma è situato in frontiera , da protagonista. Mentre riceve , do-
na ; e i «ministri» e i «consacrati» , mentre lo aiutano , s'arricchiscono
con gli apporti della sua vocazione.
b) Intuizione e azione di Don Bosco nello stesso senso
Don Bosco aveva intuito questi valori del Mondo e si sentiva chia-
mato a lavorare per migliorare la società umana (cf Cost. 33). Si dedi-
cò alla gioventù popolare, non curata e bisognosa, per formare degli
onesti cittadini. Era realista e aveva un forte senso della storia. Aveva
come punto strategico su cui far leva la convinzione che la religione
(ossia, la «fede cristiana») è valore indispensabile da inserire al centro
della cultura (e nel cuore di ogni giovane) se si vuol rinnovare una so-
cietà su misura della dignità della persona. La sua mentalità pratica
e operativa scrutava le complesse vicende del tempo e, alla luce della
storia e della fede, arrivava alla conclusione (così chiara oggi nella «Gau-
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23.9 Page 229

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dium et spes») che Dio ama davvero il Mondo e che invia ad esso tutti
i cristiani per salvarlo; in particolare vi si sentiva inviato lui stesso con
una missione giovanile e popolare. Di qui il suo ricco umanesimo, il
suo apprezzamento per i progressi della scienza e della tecnica , la sua
sagacia per la metodologia e l'organizzazione, di qui la preoccupazio-
ne di dialogo con le autorità civili, di qui l'affanno di muovere tante
persone di buona volontà a essere attive e corresponsabili e il suo ap-
pello ai cattolici a impegnarsi più uniti nel fare tutto il bene possibile.
Senza dubbio è stato un santo Fondatore suscitato dal Signore per
prevenire profeticamente i tempi.
Il Concilio ci invita oggi alla riscoperta di questa visione ecclesiale
per dare un volto più chiaro e impegnato alla dimensione salesiana di
servizio alla gioventù nel mondo .
2. Novità di comunione tra le vocazioni del laico e del religioso
C un importante aspetto da considerare nella novità portata dal
Concilio, che tocca da vicino la presenza dei Laici nella nostra Famiglia.
Il fatto che ci siano dei Laici in missione con noi, e di noi con loro,
non è semplicemente una somma quantitativa di forze e tanto meno
una forzata supplenza per compensare le nostre perdite e le assenze .
Si tratta di una comunione mutuamente arricchente tra vocazioni
distinte ma complementari nella Chiesa. Si interscambiano dei valori
che migliorano la qualità di ognuna delle vocazioni irrobustendone l'i-
dentità, migliorandone l'incisività e arricchendole di attualità.
Evidentemente è necessario saper intessere tra Laici e Consacrati
una vera comunione ecclesiale di vocazioni complementari, fondata su
Cristo, mossa dal suo Spirito, alimentata da convinzioni di fede, da
mutua testimonianza, da una concreta e operativa opzione di impegni;
ossia, si tratta di una comunione in profondità nella medesima spiri-
tualità apostolica.
Ed ecco che ci troviamo nuovamente di fronte all'urgenza di sradi-
care la superficialità! La comunione parte sostanzialmente da due poli
distinti ma correlati e in mutua tensione.
Il Laico realizza la sua vocazione ecclesiale muovendosi dal di dentro
dei valori secolari, dalla base del Mondo verso il vertice dell 'atteggia-
mento religioso . Il Salesiano realizza la sua vocazione muovendosi dal
di dentro della consacrazione verso il Mondo, dal vertice religioso verso
i valori umani. Se teniamo presente la espressiva affermazione della
«Gaudium et spes» che bisogna «poter esplicare tutte le attività terrene ,
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23.10 Page 230

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unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tec-
nici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui
altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio» (cf GS 43 ),
capiremo la differenza di movimento delle due vocazioni e anche la
loro mutua complementarità.
Pensiamo , ad esempio, al compito differente e complementare che
hanno i genitori (Laici) verso i loro figli e, d'altra parte, gli educatori
(Salesiani) di questi stessi figli.
Don Bosco ce lo ricorda in una sua paterna lettera diretta ai confra-
telli : «Anzitutto, se vogliamo farci vedere amici del vero bene dei no-
stri allievi, e obbligarli a fare il loro dovere, bisogna che voi non di-
mentichiate mai che rappresentate i genitori di questa cara gioventù».'
(Dopo il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia avevo indirizzato a voi una
circolare mettendo in rilievo precisamente la necessità di vincolare di
più la pastorale giovanile con la pastorale familiare: cf ACG 299).
Il Laico genitore si dedica cristianamente all'educazione dei giova-
ni partendo, però, dal di dentro delle stesse esigenze umane della ge-
nerazione .
Il Salesiano educatore si dedica , invece, all'educazione dei giovani
partendo dalla maternità soprannaturale della Chiesa.
I due movimenti convergono , s' incontrano , entrano in comunione
e si arricchiscono mutuamente . Quanto ha da imparare un Salesiano
dal Laico! E, viceversa , quanto ha da imparare anche un Laico dal Sa-
lesiano! Sia l' uno che l 'altro , se agisse isolato , solo e per conto suo ,
si vedrebbe assai impoverito nella sua propria vocazione (cf Cost. 17).
Come questo si potrebbero fare tanti altri esempi in cui il Laico,
partendo cristianamente dal di dentro dei valori secolari , arricchisce
il Salesiano ; e viceversa il Salesiano , partendo dal di dentro dei valori
religiosi, arricchisce il Laico con il quale s'incontra nel servizio ai
giovani.
Tra i Laici in missione con noi , e tra noi in missione con loro , c
una finalità comune, che è l 'apostolato giovanile e popolare. Le moda-
lità d'impegno per tale finalità sono, però, differenti ; come dice il Con-
cilio: «C 'è nella Chiesa diversità di ministero, ma unità di missione»
(AA 2) .
Tutti e due attingono insieme allo stesso spirito evangelico di Don
Bosco, ma lo fanno con tonalità e peculiarità differenti e correlate: che
' Epis10/ario IV , 201 -205.
228

24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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si arricchiscono mutuamente, come nel classico interscambio tra celi-
bato per il Regno e matrimonio nel Cristo (cf ACG 299, 25-27).
Don Bosco ha vissuto e ci ha insegnato esperienzialmente una si-
mile preziosa comunione. Noi siamo nati e cresciuti storicamente in
comunione con i Laici , e loro con noi.
Come potremmo, dopo un Concilio che ha approfondito e lanciato
questo immenso valore ecclesiale, non impegnarci a crescere, a mi-
gliorare la qualità della comunione e ad aumentarne il numero dei par-
tecipanti?
Però bisogna che, appunto, insieme parliamo di Cristo, viviamo di
Cristo e testimoniamo Cristo! Si tratta di una comune vocazione cri-
stiana, anche se differenziata, di autentici discepoli del Signore .
C) OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE,
CON LA FORZA DELLO SPIRITO
1. Sei obiettivi concreti
Per promuovere nelle nostre comunità questa preziosa comunione
bisogna che ci proponiamo alcuni obiettivi concreti da raggiungere ,
cercando e usando·i mezzi che ogni Casa ha a sua disposizione o che
I'Ispettoria può offrire .
a) Il primo traguardo da raggiungere, che servirà poi ad illumina-
re tutto il da farsi, è la conoscenza più organica del Vaticano II con
uno speciale approfondimento della sua dottrina sulla vocazione e mis-
sione del Laico. A questo ho già accennato sopra e ve ne ho parlato
a lungo anche nella circolare anteriore .3 Ricordo di nuovo agli Ispetto-
ri e ai Direttori la loro responsabilità al riguardo. Risulterà anche op-
portuno fare alcune riunioni di studio, ben programmate, insieme con
gli stessi Laici.
b) Come frutto di tale approfondimento, bisognerà poi far emer-
gere nei Laici la coscienza di sentirsi veri cattolici impegnati, testimo-
ni del loro Battesimo, consapevoli della loro vocazione secolare, co-
raggiosi membri di una Chiesa sacramento di salvezza nella famiglia,
nel quartiere , nella società, ovunque.
3 Cf ACG 316, genn. 1986 , Attualità e forza del Vat. Il.
229

24.2 Page 232

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Don Bosco cercò di vincolare operativamente e in profondità spiri-
tuale con i Salesiani «i Cattolici che lo desideravano»; «noi cristiani
- diceva - dobbiamo unirci in questi difficili tempi, per promuovere
lo spirito di preghiera e di carità con tutti i mezzi che la religione som-
ministra» (Reg. Coop. 1876, I).
Il senso d'appartenenza responsabile alla Chiesa cattolica dovrà
divenire il nucleo motore di questa attività apostolica.
c) Un terza obiettivo da assicurare è quello di centrare l'interesse
apostolico dei Laici che collaborano con noi verso la promozione inte-
grale della gioventù e verso le esigenze di evangelizzazione dei ceti
popolari. La missione comune dà a tutta la Famiglia salesiana il suo
tono concreto e ne specifica l'identità nel Popolo di Dio.
Don Bosco coinvolgeva i Laici appunto per «rimuovere o almeno
mitigare quei mali che mettono a repentaglio il buon costume della cre-
scente gioventù, nelle cui mani stanno i de~tini della civile Società»
(Reg. Coop. 1876, I).
L'interesse apostolico dei Laici per la gioventù e per gli ambienti
popolari può essere «diretto e immediato» (genitori, educatori, docen-
ti, catechisti, comunicatori sociali, ecc.), oppure «indiretto e mediato»
in quanto dediti a compiti, culturali, sociali, politici, ecc., che abbiano
una particolare proiezione giovanile e popolare. Non si tratta di cata-
logare azioni e funzioni, ma di aprire orizzonti a una volontà di apo-
stolato.
d) Circa, poi, il tipo pratico di apostolato, c'è da intensificare nei
Laici la generosità e l'inventiva, tenendo presenti però, vari aspetti che
aprono un gran ventaglio di possibilità.
Innanzitutto bisogna insistere sulla testimonianza quotidiana che i
Laici devono saper proclamare con il loro stato di vita e nella loro pro-
fessione o lavoro: questo è l'aspetto cristiano portante del loro specifi-
co carattere secolare.
Inoltre, è particolarmente significativo e arricchente convincere i
Laici a riservare uno spazio apostolico nel loro tempo libero. Molto
o poco che sia, è certamente questo un segno privilégiato d'apparte-
nenza (responsabile e impegnata) alla Chiesa secondo la missione pro-
pria della Famiglia salesiana.
Il decreto conciliare «Apostolicam actuositatem» presenta tre «aree»
di prospettive apostoliche: una riguardante impegni specifici nell'am-
bito dell'evangelizzazione, un'altra (la più caratteristica) rivolta all'a-
nimazione cristiana nell'ordine temporale, e una terza concernente ini-
230

24.3 Page 233

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ziative di azione assistenziale e caritativa (cf AA 5-8). Non, quindi,
una prospettiva ridotta, chiusa e unilaterale, ma un'ampia possibilità
di azione.
Il decreto presenta anche varie «forme» possibili di apostolato. Le
due fondamentali sono: la forma «individuale», che in certi Paesi, e
più d'una volta, è l'unica concretamente possibile; e quella «associati-
va», particolarmente raccomandata dal Concilio, perché «corrisponde
felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso
si presenta come segno della comunione e dell'unità della Chiesa in
Cristo» (cf AA 15-19).
Nella nostra Famiglia si possono trovare diverse possibilità per im-
pegni apostolici di «forma associativa».
e) I Cooperatori. - Esiste però un'Associazione privilegiata, quel-
la dei Cooperatori salesiani, che dovrebbe essere considerata, dal pun-
to di vista della vocazione cristiana del Laico nella nostra Famiglia,
come il centro di riferimento di tutte, perché non è alternativa alle al-
tre, bensì pensata per divenirne animatrice. Infatti non è (quella dei
Cooperatori) un'associazione che organizzi, in quanto tale, opere o im-
pegni determinati; essa si sente corresponsabile con noi nel curare in
tutti i suoi membri e nella Famiglia la vitalità del progetto di Don Bo-
sco, apportando le ricchezze della propria condizione secolare. Nel fare
questo rimane aperta alla possibilità di offrire animatori per l'identità
di ogni altro gruppo o associazione, di cui s'interessa di conoscere e
apprezzare l'indole propria, e di rispettarne l'autonomia.
Per questo carattere vocazionale l'Associazione dei Cooperatori ha
vincoli particolari con la nostra Congregazione; infatti è chiamata ad
assicurare, in comunione speciale con noi, l'identità e la vitalità del
patrimonio spirituale e apostolico di Don Bosco nel mondo.
Il Fondatore non l'ha concepita come un'Associazione indipenden-
te e di soli Laici, bensì come una parte integrante o un gruppo aggre-
gato alla stessa Congregazione. La gran maggioranza dei suoi membri
sono Laici, e l'Associazione ne promuove il carattere secolare; però
comprende pure sacerdoti (anche Vescovi) e diaconi diocesani. An-
ch'essa gode di una sua peculiare autonomia, da armonizzare però ef-
ficacemente con la grave corresponsabilità del curare (insieme con noi)
l'identità e l'efficacia della vocazione salesiana.
Se tutti gli autentici Laici che sono in missione con noi (Exallievi,
Collaboratori, Amici) entrassero a formar parte di questa speciale As-
sociazione, si irrobustirebbe la loro personale identità salesiana e inoltre
231

24.4 Page 234

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essi apporterebbero alle altre associazioni (di cui eventualmente fosse-
ro membri) una maggiore forza d'impegno, insieme a una migliore co-
munione di Famiglia. Don Bosco lo desiderava.
j) Infine , un altro importante obiettivo da raggiungere è quello di
far conoscere e amare il patrimonio evangelico di Don Bosco con gli
specifici valori del suo carisma e della sua criteriologia di azione . Quindi
occorre far crescere i Laici nello spirito salesiano e nel metodo apo-
stolico lasciatici in eredità dal nostro Fondatore; in tale impegno for-
mativo bisognerà armonizzare sempre il tutto con la loro vocazione
secolare (cf Cost. 47).
2. Interventi qualificati per raggiungere questi obiettivi
Per ottenere tali obiettivi, penso sia ovvio per tutti stabilire certe
priorità per interventi qualificanti ed efficaci.
Ne ricordo alcune, soprattutto agli Ispettori :
- Assicurare il numero , la qualità, l'aggiornamento dei confra-
telli incaricati, lasciando loro il tempo necessario di dedicazione.
- Promuovere costantemente la convocazione, l'amicizia e la for-
mazione dei Laici in vista di un coinvolgimento apostolico: non si tra-
scurino, anzi si convochino con speciale cura, coloro che tra essi sono
giovani (cf AA 12).
- Aiutare i singoli a discernere impegni operativi concreti secon-
do le possibilità personali , in forma individuale o associativa , di ini-
ziative educative, pastorali, assistenziali e di bene comune.
- Organizzare iniziative ispettoriali che creino un clima di rinno-
vamento e di rilancio in tutte le comunità.
3. Dar vita a un vero «movimento spirituale"
Il Concilio Vaticano II è venuto a portare un vasto rinnovamento
spirituale. Come diceva Paolo VI: «Noi stiamo vivendo nella Chiesa
un momento privilegiato dello Spirito . Si cerca dappertutto di cono-
scerlo meglio, qual è rivelato dalle Sacre Scritture . Si è felici di porsi
sotto la sua mozione . Ci si raccoglie attorno a lui e ci si vuol lasciare
guidare da lui» (cf EN 75).
Ebbene, se lo Spirito del Signore dona oggi alla Chiesa un momen-
to privilegiato di rinascita spirituale, sarebbe realmente strano che noi,
portatori precisamente di un suo carisma, rimanessimo passivi o ci con-
232

24.5 Page 235

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tentassimo del piccolo e semplice sforzo di ripetitori: non sarebbe mo-
vimento, ma imborghesimento e staticità.
Oggi la vita della Chiesa ci misura, dicevo nel commento alla Stren-
na. O lanciamo un caratteristico «movimento spirituale» a cui concor-
ra tutta la Famiglia salesiana, e saremo nelle trincee del futuro portan-
do il Concilio verso il terzo millennio, oppure ci rassegneremo a stare
nelle retrovie ripiegandoci su nostalgie, correndo il rischio di rinchiu-
derci in un museo di rimembranze.
Ci vuole uno scossone: e 1'88 ce ne offre una magnifica opportunità.
Una buona maggioranza di confratelli in Congregazione respira l'a-
ria fresca di questo rinnovamento, sorretta e alimentata - ormai da
più di un anno - dalle Costituzioni rinnovate.
Dunque: ci sono le condizioni, anzi in varie Ispettorie si sono già
fatti dei passi assai positivi, per far crescere ed espandere un «movi-
mento spirituale» caratteristicamente apostolico, che coinvolga e cata-
lizzi tanti Laici insieme a noi.
A tal fine dobbiamo saper ridonare alla nostra vita consacrata il suo
specifico volto di «carisma» . Esso, al dire del documento «Mutuae re-
lationes», comporta una «carica di genuina novità nella vita spirituale
della Chiesa e di particolare operosa intraprendenza». Tale caratteri-
stica esige «una continua verifica della fedeltà verso il Signore, della
docilità verso il suo Spirito, dell'attenzione intelligente alle circostan-
ze e della visione acutamente rivolta verso i segni dei tempi, della vo-
lontà d'inserimento nella Chiesa, della coscienza di subordinazione al-
la sacra Gerarchia, dell'ardimento nelle iniziative, della costanza nel
donarsi, dell'umiltà nel sopportare i contrattempi: il giusto rapporto
tra carisma genuino, prospettiva di novità e sofferenza interiore com-
porta una costante storica di connessione tra carisma e croce» (MR 12).
Queste espressioni ci offrono un bel metro di confronto e di revi-
sione .
Il carisma di Don Bosco, fin dagli inizi, ha suscitato nel mondo una
concreta, adeguata e attraente «spiritualità giovanile»: san Domenico
Savio ne è l'espressione collaudata. Oggi, dopo il Concilio, è necessa-
rio che i membri della Famiglia salesiana rinnovino nel proprio Grup-
po e negli incontri mutui il più genuino spirito del Fondatore perché
mostri l'esistenza in tutti di un dinamismo di santità, di un «movimen-
to di persone», che ispiri, guidi e sostenga una autentica spiritualità
per la gioventù popolare.
Sappiamo che Maria, l'Ausiliatrice Madre della Chiesa, è interve-
nuta alle origini di tanti carismi a favore del Popolo di Dio; ne cono-
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24.6 Page 236

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sciamo la materna iniziativa e cura particolarmente per quello della no-
stra Famiglia. Chiediamole insistentemente, anche in vista dei nostri
propositi per 1'88 , che ci ottenga le luci , le energie e le doti pratiche
per far sì che la nostra Famiglia sia davvero nella Chiesa «un vasto
movimento di persone che, in vari modi , operano per la salvezza della
gioventù» (Cast. 5).
E aiuti specialmente noi Salesiani che in questo movimento di per-
sone, «per volontà del Fondatore, abbiamo particolari responsabilità:
mantenere l' unità dello spirito e stimolare il dialogo e la collaborazio-
ne fraterna per un reciproco arricchimento e una maggiore fecondità
apostolica» (Cast. 5) .
Un saluto a tutti con i migliori auguri ad ogni Comunità di essere
centro vivace e dinamico di «spiritualità giovanile»!
Con affetto nel Signore,
DON EGIDIO VIGANÒ
*
«IL MOVIMENTO SALESIANO»
Estratto dal Commento alla Strenna 1987.
Insieme verso 1'88 come vasto Movimento di «missionari dei giovani»
(Casa gen. FMA , Roma , 31 dic. 1986, pp. 8-14)
Nelle lettere del Rettor Maggiore si parla più volte di «Movimen-
to». È utile riportare qui quanto ha detto circa il concetto di «Movi-
mento» (strettamente vincolato a quello di Famiglia salesiana) nel Com-
mento alla Strenna 1987.
234

24.7 Page 237

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1. Crescere come specifico «Movimento ecclesiale»
L'espressione «vasto movimento» si trova nell'articolo 5 delle Co-
stituzioni dei Salesiani; è il testo fondamentale che descrive la Fami-
glia salesiana . Prima di indicare i Gruppi che la compongono, il testo
dice che Don Bosco ha dato vita a un «vasto movimento di persone»;
così non si possono ridurre, diciamo, l'ampiezza, i confini, le possibi-
lità della Famiglia ai soli Gruppi ivi elencati . Ci sono tante persone
amiche, simpatizzanti, benefattrici che non pensano di entrare a far parte
di nessuno dei Gruppi, che però camminano insieme con noi in tante
cose. Bene. Sia benedetto il Signore!
La Strenna riconosce senz'altro e incoraggia questo orizzonte di va-
stità così caro al Fondatore. Noi qui , tuttavia, nel parlare di «Movi-
mento», intendiamo promuovere un aspetto del carisma di Don Bosco
che sia socialmente ed ecclesialmente più incisivo .
Più che condurci oltre i limiti stessi della Famiglia spingendoci a
muovere il maggior numero di persone pacifico; più lo facciamo
meglio è), la Strenna vuole concentrare la nostra attenzione su un si-
gnificato più interno e dinamico del termine «Movimento». È nostro
proposito far sì che nell'87 si intensifichi in tal modo l'aspetto spiri-
tuale e apostolico della nostra Famiglia da farci connotare come «Mo-
vimento ecclesiale».
E che cosa è un «Movimento ecclesiale»? Nel dopo-Concilio ne so-
no sorti vari come dimostrazione di una ora speciale dello Spirito.
Anche noi abbiamo avuto, per quasi vent'anni, una seria dedizione
alla nostra sintonia con lo Spirito. Perciò pure noi dobbiamo essere,
e a ragione, dei veri «carismatici» . Il nostro carisma è di operosità,
di equilibrio, di profondità spirituale, di lavoro, di normalità (cosa im-
portante!), di buon senso, di coscienza del concreto, di metodologia
pratica, di quotidianità realista, di santità di popolo, di predilezione
apostolica per la gioventù .
Dobbiamo saper esprimere questo! Ma come testimonianza spiri-
tuale, come frutto di vera interiorità, di una sintonia speciale con lo
Spirito Santo. È la docilità al Signore che ci aiuta a vivere queste ca-
ratteristiche alla scuola di Don Bosco . Egli non si è entusiasmato per
ideologie, per movimenti politici, per mode di superficie. Si dedicava
alla riflessione con più concretezza di certi pensatori , amava la Patria
più di certi fanatici che portavano la coccarda, non si lasciava bruciare
dai fuochi di paglia di certi andazzi, ma aveva chiaro il senso della
sua missione e, pur di non staccarsi dai suoi giovani , si è tenuto a
235

24.8 Page 238

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distanza critica da tante manifestazioni passeggere e da ideologismi,
che non rappresentano l'opera dello Spirito nei cuori e non aiutano a
seguirne gli orientamenti per il futuro.
Diciamo, dunque, che dovremmo crescere come uno specifico «Mo-
vimento ecclesiale».
Nel postconcilio questa espressione ha acquistato un significato ab-
bastanza definitivo : la riunione libera e convinta. di parecchie persone
intorno a qualche ideale vivo di Chiesa da testimoniare nella società.
Ciò comporta due elementi agglutinanti: primo, uno «spirito comune»
a tutti i membri del Movimento; e , secondo , la percezione dinamica
di alcune «idee-forza».
Sono elementi che agiscono come fattori aggreganti e vitalizzanti
per le persone del Movimento .
Pensate ai più significativi Movimenti in circolazione: i loro ade-
renti vanno formandosi a una stessa mentalità , curano un medesimo
spirito, hanno identici ideali e privilegiano alcune idee-forza che dàn-
no loro consistenza di vita , coraggio per affrontare le difficoltà e capa-
cità di testimoniare nella Società e nella Chiesa determinati valori par-
ticolarmente importanti e urgenti .
Ebbene , anche noi per agire come «Movimento» dobbiamo saper
esprimere meglio alcuni connotati «carismatici» della nostra indole
propria .
Il senso di appartenenza alla Famiglia in questo «Movimento» ver-
rà misurato , più che dagli Statuti propri di ogni singolo Gruppo (pur
tanto importanti) , dalla vitalità del «comune spirito» che ci affratella
e dall'incisività di alcune «idee-forza» che ci muovono . Tutti abbiamo ,
dentro ai gruppi , le nostre Costituzioni , i Regolamenti , gli Statuti ; la
loro interiorizzazione e messa in pratica è certamente indispensabile.
Ma la natura stessa di tali documenti esige molto di più per ciò che
ci costituisce insieme come unica Famiglia. La nostra Famiglia è fatta
per gli altri, totalmente dedita alla gioventù , animata internamente da
un vivissimo zelo apostolico. Dovrà, quindi , saper esprimere, più in
là delle peculiarità proprie dei vari Gruppi, qualcosa di agglutinante
e dinamico che manifesti visibilmente la comune identità apostolica.
Elemento agglutinante dovrà essere lo «spirito comune», quello la-
sciato in eredità dal Fondatore; ed elemento dinamizzatore saranno al-
cune «idee-forza» che hanno mosso e muoveranno sempre i portatori
del carisma di Don Bosco . Nelle singole persone e in ogni comunità,
si esige la cura di questo «spirito comune» e l'approfondimento e il
rilancio di queste «idee-forza», per poterne testimoniare insieme l'at-
tualità , la vitalità e la fecondità .
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24.9 Page 239

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Le nostre case e opere non dovranno ridursi mai a rifugi di sola
difesa, ma dovranno apparire sempre meglio come centri di irradia-
zione e di fermento per la salvezza della gioventù.
2. Le due componenti
Vediamo , dunque , le due componenti della nostra Famiglia come
Movimento.
a) Lo spirito comune
Lo conosciamo bene. Una sintesi autorevole si trova nel capitolo
II delle Costituzioni dei Salesiani: è lo spirito di Valdocco e di Morne-
se insieme. Va sempre ulteriormente approfondito alla luce degli orien-
tamenti conciliari . Dobbiamo saperlo far conoscere e apprezzare so-
prattutto ai Laici della Famiglia e farne un polo d'attrazione per tante
altre persone che vogliono fare del bene.
b) Quattro idee-forza
Su di esse vogliamo concentrare la nostra conversazione. Penso che
le più dinamiche siano le seguenti:
1) Da mihi animas. - La prima «idea-forza» l ' ha condensata Don
Bosco nel motto Da mihi animas, cetera talle. Si tratta di una profon-
dità spirituale che contempla Dio come innamorato dell'uomo : Padre
delle misericordie, Figlio che s'incarna per salvare l 'umanità, Spirito
Santificatore vivente tra noi per trasformare la storia. Appena la pre-
ghiera e la contemplazione di un cuore salesiano si concentrano sul Mi-
stero, muovono immediatamente il cuore, dall'interno stesso della sua
unione con Dio , a rendersi pienamente disponibile per l'attività apo-
stolica. Un simile sguardo fisso sul volto di Dio suscita nell 'orante una
sorgente incontenibile di carità pastorale.
È questa la grazia caratteristica della interiorità operativa di Don
Bosco. Dentro di me, prima ancora di entrare in azione, la mia adesio-
ne a questo Dio (che ama tanto il mondo da morire per redimerlo e
che ha donato alla Chiesa il nostro carisma per la salvezza della gio-
ventù) fa sì che quanto più lo amo, tanto più mi sento spingere fuori
di me con un ' ineffabile spinta apostolica, rotta a tutti i sacrifici. Una
preghiera salesiana che non gusta la grazia di questo atteggiamento,
rischia di non essere la preghiera genuina della nostra Famiglia. Un
Salesiano, una Figlia di Maria Ausiliatrice, un membro della Famiglia
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24.10 Page 240

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di Don Bosco, quanto più prega tanto più si sente disponibile al lavoro
apostolico .
Ebbene: siccome la superficialità spirituale è uno dei pericoli più
gravi che la nostra Famiglia può correre nell'attuale clima di forti cam-
biamenti culturali, questa «idea-forza» è la prima e la più urgente di
tutte: interiorità, profondità spirituale, preghiera, unione con Dio, se-
condo la collaudata esperienza di Don Bosco. Questo vale per i consa-
crati, e anche per gli altri membri della Famiglia, in modo particolare
per i Laici, che dovrebbero capire e assimilare sempre meglio l'origi-
nalità e la ricchezza di simile interiorità. Ricordate che cosa diceva il
nostro Padre ai Cooperatori? Considerando che i Terz'Ordini di allora
si distinguevano per certe «pratiche di pietà» , li esortava a caratteriz-
zarsi invece per le «pratiche di carità». Non perché non dovessero pre-
gare, ma perché la loro preghiera fosse intrinsecamente apostolica.
Dunque, dedizione alla profondità spirituale, maggiore sensibilità
al Mistero e più intensa cura della carità pastorale .
2) Seconda «idea-forza» : predilezione per i giovani. - La Famiglia
salesiana è fatta per la gioventù , soprattutto per i giovani del popolo
e i più bisognosi. Si tratta di una concreta scelta di campo nella parte-
cipazione alla missione della Chiesa. Siccome i giovani sono quelli di
oggi , non quelli di ieri e neppure quelli di domani, occorre un 'atten-
zione grande alla loro reale e attuale condizione di vita, ai loro proble-
mi, alle loro ansie e preoccupazioni, ai loro bisogni, ai valori e ai mes-
saggi da offrire loro nei differenti territori, nei vari Paesi . Urge un
costante aggiornamento della pastorale giovanile . La pastorale è oggi
al centro della problematica del rinnovamento della Chiesa; e per noi
il problema più incalzante che ci sfida continuamente è appunto la pa-
storale giovanile.
C'è bisogno non solo di buona volontà, ma anche di studio, di pro-
gettazione, di revisione, di ricerca , di competenza in non pochi setto-
ri , di collaborazione, di metodologia. .. al calore vivo di un cuore apo-
stolico illuminato dal «criterio oratoriano».
Qui tocchiamo il punto centrale del rilancio della nostra missione:
esso si deve tradurre in azioni pastorali adattate alle diverse situazioni,
con contenuti di spiritualità giovanile ispirata a Don Bosco e comune
a tutti noi nelle molteplici nostre iniziative.
A tal fine è oggi indispensabile aumentare seriamente le nostre com-
petenze. La predilezione per i giovani esige non poca preparazione sia
nelle scienze dell'educazione come in quelle della fede. Abbiamo bi-
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25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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sogno anche di qualificati centri di studio che ci aiutino. Appunto per
questo, alcuni giorni fa, parlando con i docenti dell'UPS dicevo che
il nostro Ateneo romano si dovrebbe presentare come «l'Università di
Don Bosco per i giovani». C'è, infatti, un mondo di aspetti complessi
e delicati da approfondire nella conoscenza della gioventù.
3) La terza «idea-forza»: bontà e speranza. - La «bontà» vuol si-
gnificare qui lo spirito di famiglia, la capacità di amicizia e di dialogo,
la semplicità, la convivenza, la tolleranza, la ragionevolezza, I'affabi-
lità, ossia quell'insieme di criteri educativi che costituiscono il Siste-
ma Preventivo di Don Bosco. Lo stesso nostro qualificativo di Fami-
glia «salesiana» ci riporta al modello di san Francesco di Sales, il gran-
de dottore dell'amore di Dio, che ci insegna a rivestirci di amorevolezza.
La «speranza» poi, è un 'energia che suscita in noi quella mentali-
tà, quell'atteggiamento ottimista che sono propri del nostro spirito.
Comporta una costante fiducia nella vittoria di Cristo, la consapevo-
lezza del valore trasformante della sua Pasqua, la certezza che il bene
è più forte del male, senza indugiarsi troppo a lamentare gli aspetti
negativi e a raccogliere i pessimismi che inondano il mondo. Siamo
allegri perché stiamo con il Signore e conviviamo con i giovani; guar-
diamo avanti pensando alle risorse naturali e soprannaturali dell'uo-
mo , mentre confidiamo quotidianamente nell'intervento materno del-
!' Ausiliatrice .
4) L'ultima «idea-forza» che vi propongo: inventiva apostolica con
senso di Chiesa. - Si tratta del famoso spirito d'iniziativa che caratte-
rizzò i nostri fratelli e sorelle delle prime ore. Don Bosco formava alla
creatività apostolica. Quando mandò i suoi missionari in America non
volle, né pensò mai di dar loro formule prefabbricate, ma uno spirito
collaudato e idee-forza che stimolassero la loro fantasia pastorale. Li
ha formati a un intelligente realismo, ad avere coraggio, a confidare
con audacia nella Provvidenza, ad essere santamente furbi , a far cre-
scere ovunque l'operosa originalità oratoriana.
Oggi è più che mai urgente questa visione creativa, con iniziative
proporzionate, con visione di futuro, ma senza illusioni utopiche e senza
inutili megalomanie. Ci vuole il senso del concreto , l'acuta percezione
dei segni dei tempi, l'attenzione alle urgenze dei diversi momenti e
luoghi dove lavoriamo.
Questa inventiva apostolica, poi, deve essere pensata e progettata
«con senso di Chiesa». Il sentire cum Ecclesia è una forte caratteristica
del nostro spirito. Anzitutto perché aderiamo con sincerità, con affetto,
239

25.2 Page 242

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con attenta riflessione al magistero del Papa e dei Pastori . Inoltre per-
ché privilegiamo operativamente la comunione con le Chiese locali in
cui lavoriamo, cercando anche di superare certe difficoltà, che più d'una
volta non mancano.
Come vedete, queste «idee-forza» non sono qualcosa di artificiale
estraneo alla nostra tradizione; ne esprimono piuttosto l'autenticità ed
esigono di concentrare veramente le nostre energie su di esse. Si trat-
ta , in definitiva , di far sì che tutti noi , in quanto membri della Fami-
glia salesiana, ciascuno secondo la caratteristica del suo Gruppo , vi-
briamo «insieme» con i valori centrali della vocazione salesiana per in-
cidere positivamente ed evangelicamente sui giovani. Mostreremo co-
sì alla società il volto genuino del carisma di Don Bosco.
240

25.3 Page 243

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9. GLI ALTRI GRUPPI
UFFICIALMENTE RICONOSCIUTI
RICONOSCIMENTO
DI APPARTENENZA
ALLA FAMIGLIA SALESIANA
Orientamenti adottati dal Consiglio Superiore SDB
(ACS 304 , aprile-giugno 1982, pp. 57-60)
1. La Famiglia salesiana e i suoi doni
L'appartenenza alla Famiglia salesiana non è primariamente un fatto
giuridico od organizzativo , ma consiste nella partecipazione vocazio-
nale al carisma di Don Bosco, cioè al suo spirito e alla sua missione ,
di gruppi che direttamente, come le Figlie di Maria Ausiliatrice e i Coo-
peratori, furono fondati da lui, o indirettamente a lui si riferiscono per-
ché suscitati dallo Spirito Santo all 'interno del «fenomeno salesiano»
con la mediazione di qualche salesiano e col favore di ambienti e grup-
pi salesiani , come è accaduto per le Volontarie di Don Bosco , che tro-
varono la loro origine nell 'opera di don Rinaldi e nel suo apostolato
tra alcune Cooperatrici, Allieve ed Exallieve delle Figlie di Maria Au-
siliatrice (Cast. SDB 1,5; CGS 151, 168; Cast. VDB 1,5).
Gli elementi comuni tra i vari gruppi della Famiglia salesiana (F.S .)
si riducono, fondamentalmente, al fatto di essere chiamati per l 'unica
missione salvatrice propria di Don Bosco, da realizzare secondo il suo
spirito, con vocazioni specifiche diverse e, naturalmente in una gran-
de diversità di pastorale e di iniziative apostoliche (CGS 161; Cast.
SDB 5; Reg. SDB 30) .
Tenendo conto della riflessione che dopo il Capitolo Generale Spe-
ciale si è fatta sulle componenti che costituiscono l'identità vocazionale
241

25.4 Page 244

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salesiana da parte dei Rettori Maggiori don Ricceri nel 1973 (ACS 252,
ott. 1973, 3ss) e don Viganò il 31 gennaio 1981 , ' e da parte di autore-
voli rappresentanti degli stessi gruppi riconosciuti come già apparte-
nenti alla F. S. dal CGS, 2 tali valori possono essere elencati come segue.
Vocazione salesiana, cioè chiamata a compartecipare il dono di Dio,
il «carisma», fatto a Don Bosco e alla sua Famiglia, in qualche aspetto
rilevante dell'esperienza umana e soprannaturale tipica di Don Bosco .
Il gruppo deve manifestare di essere mosso dallo Spirito Santo e guar-
dare a Don Bosco come a modello e maestro, e voler attualizzare, in
qualche modo, il suo carisma; questo è più facile a discernere se il fon-
datore è un salesiano, o una Figlia di Maria Ausiliatrice o altro mem-
bro della Famiglia salesiana.
Partecipazione alla missione giovanile e popolare salesiana; signi-
fica che l'istituto ha tra i suoi scopi tutti , o alcuni, di quelli della mis-
sione globale salesiana: evangelizzazione e catechesi, promozione in-
tegrale dei giovani, soprattutto poveri e abbandonati, cultura cristiana
del «popolo», specialmente attraverso i mezzi della comunicazione so-
ciale, lavoro specialmente missionario .
Condivisione dello spirito e metodo educativo-pastorale salesiano,
centrato sulla carità pastorale, lo spirito di famiglia , l'ottimismo, la
preghiera semplice e vitale, la stima dei sacramenti e la devozione a
Maria (Cast. SDB 40-49).
Adozione di una criteriologia pastorale e promozione di un tipo di
presenza e di azione educativa e pastorale che si ispira al «sistema pre-
ventivo» di Don Bosco .
Vita evangelica secondo lo spirito salesiano, in quanto l'Istituto pro-
pone ai suoi membri un ideale evangelico conforme allo «spirito dei
consigli», con voti , promesse o altro tipo di impegno, vissuti secondo
lo stile di vita e di santificazione salesiana di cui Don Bosco e gli altri
santi della F. S. sono modelli concreti.
Fraternità attiva salesiana; ogni gruppo infatti conserva la propria
specificità e autonomia, ma come ricchezza di comunione da offrire
alla Famiglia stessa, e decide:
' In La donna nel carisma salesiano, VIII Sett. di Spiritualità Salesiana , Elle Di
Ci , Leumann 1981 , pp. 257ss.
·
' Cf Atti del Convegno di Studio di Frascati , 1-7 seu. 1979 , Roma, Quaderni del
Dicastero per la F.S . n. 2 , pp. 6-9 e 9- 10.
242

25.5 Page 245

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- di inserirsi nella realtà dei diversi gruppi della F.S ., e di viver-
ne i tipici legami di fraternità e di collaborazione;
- di riconoscere al Rettor Maggiore, successore di Don Bosco ,
la funzione di padre e di centro di unità della Famiglia, e quindi alla
Congregazione salesiana un ruolo speciale di animazione spirituale che
essa ha ereditato da Don Bosco (Cost. SDB 129; Regol. Coop. 13 ; CGS
173).
Tutti questi elementi comuni sono di per fondamento di una in-
tensa comunione e fraternità apostolica tra i vari gruppi di battezzati
che li condividono. Il Fondatore àveva anche realizzata una stretta unio-
ne con vincoli organizzativi e giuridici possibili al suo tempo. Oggi,
come espressione di fedeltà dinamica alla sua volontà, è bene ricerca-
re altri modi di comunione adatti alle caratteristiche di ogni gruppo.3
2. Riconoscimento di appartenenza alla Famiglia salesiana
Il Capitolo Generale XX ha preso atto dell'appartenenza alla F .S.
in senso stretto, a titolo vocazionale, dei Salesiani, delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, dei Cooperatori e delle Volontarie di Don Bosco, e
ha lasciato aperta la via al riconoscimento per altri gruppi sorti dalla
morte di Don Bosco fino ad ora, o che potranno ancora sorgere, ma
non ha indicato le modalità del riconoscimento (CGS 154-156; Cost.
5; Reg. 30).
Il CGS mentre ha riconosciuto per gli Exallievi l'appartenenza a
titolo speciale dell 'educazione ricevuta, ha aperto una appartenenza alla
F. S. in senso ampio ai destinatari della missione e a quanti vivono nel
grande cerchio della presenza salesiana nella Chiesa (CGS 157, 191 ;
Cost. 5; Reg. 31).
I seguenti orientamenti riguardano esclusivamente gruppi che aspi-
rano ad essere riconosciuti come appartenenti alla F.S. nella sua realtà
vocazionale e come partecipazione e comunione in un carisma che cerca
spontaneamente qualche segno e struttura di unità attorno al Rettor Mag-
giore successore di Don Bosco, fondatore e·primo animatore della F.S .
Durante il Capitolo Generale 21 il Rettor Maggiore precisò che l'ap-
partenenza alla F. S. in senso stretto può essere riconosciuta soltanto
a «gruppi istituiti» e «dev'essere chiaro che un gruppo non è istituito
' DoN Bosco, Reg. Coop. Introduzione; Boli. Sai. genn. 1978, pp . 1-3; Proge1to
di deliberato per il CGJ 0 , 1877 , manoscritto. Cf CGS 153-154; Cast. FMA 1885 , Tit.
II , art. I , 2, 4, 6, 7, ecc. ; CGS 174-176.
243

25.6 Page 246

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se non ha l 'approvazione del Rettor Maggiore con il suo Consiglio ,
se non ha una storia che ne assicuri il discernimento da parte degli or-
ganismi-ufficiali che possono dare la qualifica di istituzione a un grup-
po» (CG21 516) .
Si tratta quindi di individuare le condizioni e di indicare le modali-
tà per riconoscere autorevolmente da parte del Rettor Maggiore che
un determinato gruppo appartiene già alla F.S. per fondazione e in quan-
to ne possiede gli elementi storico-carismatici.
Il riconoscimento di appartenenza viene dichiarato dal Rettor Mag-
giore e dal suo Consiglio quando un gruppo ne fa liberamente richiesta
e dopo che si è verificato che nel suo progetto di vita e di apostolato
esistono , sostanzialmente, i valori e gli orientamenti comuni della F.S.
e che essi sono chiaramente affermati nei documenti ufficiali del me-
desimo gruppo istituito .
Un Istituto che abbia nelle sue Costituzioni chiaramente espressi
i valori comuni della vocazione salesiana e possa dimostrare la con-
creta esistenza di essi non solo nei suoi documenti , ma nella sua storia
e nella vita, può esprimere al Rettor Maggiore il suo desiderio motiva-
to di ricevere la dichiarazione di appartenenza alla F. S.
Poiché l'adesione alla F.S. coinvolge l' impegno di tutti i membri
dell'Istituto , la domanda sarà fatta dalle istanze supreme dell 'Istituto
e confortata dalla volontà di aderirvi espressa dall'Assemblea o dal Ca-
pitolo Generale in vista dei doveri e dei diritti che ne derivano .
Il Rettor Maggiore farà studiare la domanda e le sue motivazioni
dal Dicastero per la F .S.; ove l'esame risulti positivo, sonderà l' opi-
nione di altri gruppi riconosciuti della F. S. e chiederà il parere del suo
Consiglio . Se alla fine di tali verifiche il Rettor Maggiore giudicherà
che ci sono elementi sufficienti per dare esito positivo alla domanda,
ne comunicherà le decisioni al gruppo interessato e a tutti gli altri gruppi
che fanno parte della F. S.
Il riconoscimento del Rettor Maggiore non toglie al gruppo ricono-
sciuto la sua autonomia, ma lo impegna ugualmente ad inserire innan-
zitutto in qualche documento ufficiale , preferibilmente nelle Costitu-
zioni , la dichiarazione di adesione alla F .S. in modo che il fatto sia
conosciuto e accettato da tutti i suoi membri.
3. Le relazioni fraterne nella Famiglia salesiana
Come conseguenza dell'adesione e del riconoscimento il gruppo con-
sidererà il Rettor Maggiore come Successore di Don Bosco , Padre e
244

25.7 Page 247

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Centro di unità di tutta la F. S., accettando quegli orientamenti e diret-
tive che riguardano la fedeltà di ogni gruppo ai valori salesiani comuni
a tutti.
L'adesione comporta un impegno particolare di fraternità spiritua-
le e apostolica con tutti gli altri gruppi della F. S., che richiede la mu-
tua conoscenza, l'aiuto reciproco , la promozione vocazionale, la co-
municazione e la presenza negli avvenimenti significativi della vita di
ogni gruppo da parte di tutti gli altri, come attuazione della comunione
ecclesiale in stile salesiano (CGS 165 , 189).
Per favorire tale comunione con il dialogo e il collegamento , la par-
tecipazione, il sorgere di iniziative comuni per l'attuazione della mis-
sione e della presenza salesiana nella Chiesa e nelle attività sociali, sa-
rà utile dare vita , con il consenso di tutti, ad agili strutture - Consulte
o Consigli pastorali della F.S., per esempio - per programmare mo-
menti di fraternità , di studio e di preghiera, che, mentre permettono
lo scambio delle ricchezze spirituali e la collaborazione, evidenziano
anche un senso più vivo dell'identità di ognuno.
La Congregazione Salesiana ha ereditato da Don Bosco particolari
responsabilità di animazione e di servizio pastorale in senso salesiano
verso i vari gruppi che fanno parte della F .S. per favorire l'unità e
la fedeltà al carisma di Don Bosco nel pieno rispetto della loro specifi-
ca vocazione. Sono questi i fini del Dicastero per la F.S . (CGS 174-176,
189).
Mentre la Congregazione a livello mondiale, ispettoriale e locale
si renderà disponibile a tale servizio considerandolo preferenziale e pre-
parando animatori adatti per le esigenze dei componenti e dei destina-
tari dell'apostolato dei vari gruppi, questi a loro volta considereranno
la cura pastorale dei sacerdoti salesiani e di altri gruppi della F.S. co-
me aiuto alla loro fedeltà e al carisma di Don Bosco e allo spirito di
famiglia .4
I Salesiani, senza pregiudizio della vita religiosa comunitaria, apri-
ranno volentieri le loro Case e le loro opere per accogliere e animare
i membri dei vari gruppi per le esigenze della loro vita e apostolato;
così pure faranno in spirito di fraternità i vari gruppi fra loro.
In particolare la Congregazione mette a disposizione dei compo-
nenti la F.S. i suoi strumenti e organismi di formazione e di studio
della storia, e di promozione della spiritualità e della missione salesia-
na invitando tutti alla collaborazione.
' CGS 173; CG21 79 , 402-403 . Cf anche le risposte ai messaggi CG21 312ss.
245

25.8 Page 248

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E siccome Don Bosco diceva che «specialmente dalla lettura del Bol-
lettino Salesiano viene un bene straordinario, cioè l'unità dei sentimenti
ed un vincolo strettissimo di unione» (MB XIII, 286), il Dicastero per
la F. S. invita i vari gruppi a partecipare con loro elementi qualificati
alle attività di comunicazione sociale e di informazione salesiana.
*
9.1. LE FIGLIE DEI SACRI CUORI
(LAS HIJAS DE LOS SAGRADOS CORAZONES),
di Bogota (Colombia)
Riconoscimento: 23 dicembre 1981
(ACS 304, aprile-giugno 1982, pp. 69-70)
Fondate nel 1905 a Agua de Dios (Colombia) dal Servo di Dio don
LUIGI VARIARA SDB.
Di diritto diocesano nel 1930, pontificio nel 1964 .
Numero di membri: 450 circa (1983). Lavorano in Colombia, Ecua-
dor , Venezuela, Bolivia, Repubblica Dominicana, in Africa (Guinea
Equatoriale); una comunità a Torino cura i Salesiani ammalati.
Rev. Madre 1nés Baldi6n, Bogota
Ho la gioia di comunicarLe che il Consiglio Superiore della Con-
gregazione Salesiana, nella sua riunione del giorno 23 dicembre 1981
ha accolto la richiesta delle Figlie dei Sacri Cuori, dichiarando che es-
sa appartiene certamente alla Famiglia salesiana.
Questa dichiarazione, che esaudisce la domanda fatta dal loro Ca-
pitolo Generale VII il giorno 6 aprile 1975, non è fondata solamente
sull'origine storica dell'Istituto, ma anche e soprattutto sul fatto che
il Dicastero per la Famiglia salesiana con attento studio ha accertato
che nelle Costituzioni rinnovate dell'Istituto si delinea un progetto di
vita e di azione apostolica conforme allo spirito e alla missione salesiana.
246

25.9 Page 249

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Nell 'Istituto la vocazione salesiana si fonde con la caratteristica mo-
dalità vittimale voluta dal Fondatore , il Servo di Dio don Luigi Varia-
ra , che a sua volta l'aveva già percepita in un altro grande Servo di
Dio salesiano, don Andrea Beltrami.
Con la dichiarazione viene riconosciuta la fraternità salesiana tra
il loro Istituto e gli altri gruppi della Famiglia spirituale di Don Bosco,
che nell 'aiuto e nella collaborazione fraterna trovano fonte di ricchez-
za spirituale e motivo di collaborazione apostolica.
È un lieto auspicio che la dichiarazione coincida con il XXV della
Sua professione , Reverenda Madre, che ha sempre desiderato questo
segno di adesione al carisma del nostro Fondatore.
Motivo particolare di gioia è anche il fatto che il loro Istituto è il
primo che entra ufficialmente a far parte della Famiglia salesiana ac-
canto ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice, ai Cooperatori sa-
lesiani e alle Volontarie di Don Bosco.
Alla storia del fedele cammino fatto insieme finora si aggiunge co-
il riconoscimento ufficiale .
Dev.mo
DON EGIDIO VIGANÒ
Roma, 11 gennaio 1982
247

25.10 Page 250

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9.2. LE SALESIANE OBLATE DEL SACRO CUORE
Riconoscimento: 24 dicembre 1983
Fondate nel 1933 a Bova Marina (Calabria) da mons . GIUSEPPE CO-
GNATA SDB , vescovo di Bova Marina .
Di diritto diocesano nel 1935 , pontificio nel 1962 .
Numero di membri: 300 circa (1983). Lavorano in 27 diocesi del-
!'Italia; una missione in Bolivia.
Rev. Madre Bice Giuseppina Carini, Tivoli
Ho la gioia di comunicarLe che il Consiglio Superiore della Con-
gregazione Salesiana nella sua riunione del giorno 24 dicembre 1983
ha accolto la sua richiesta dichiarando che l'Istituto delle Salesiane Obla-
te del Sacro Cuore appartiene certamente alla Famiglia salesiana .
Questa dichiarazione, che esaudisce la domanda fatta da Lei Perso-
nalmente con lettera dell '8 dicembre 1983 , è fondata sia sull'origine
storica dell'Istituto , sia su un attento studio, fatto dai nostri competen-
ti , sul patrimonio spirituale e l'atteggiamento oblativo che costituisce
la linea portante della spiritualità lasciatavi in eredità dal vostro Fonda-
tore, l'indimenticabile e santamente paziente mons. Giuseppe Cognata.
Nelle vostre Costituzioni, poi , si delinea chiaro un progetto di vita
e di azione apostolica conforme allo spirito e alla missione salesiana
di Don Bosco.
Con questa dichiarazione viene ufficialmente riconosciuta la fra-
ternità salesiana già esistente tra il vostro Istituto e gli altri gruppi del-
la Famiglia salesiana di Don Bosco, che nell 'aiuto e nella collabora-
zione fraterna trovano fonte di ricchezza e comunione spirituale, e mo-
tivo di collaborazione apostolica.
È un lieto auspicio che il riconoscimento coincida con il «50 °» di
fondazione del vostro Istituto , alla vigilia di Natale dell 'Anno Santo
straordinario 1983 .
Congratulazioni e preghiere!
In comunione di famiglia .
Roma , 29 dic. 1983
DON EGIDIO VIGA NÒ
248

26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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9.3 . LE APOSTOLE DELLA SACRA FAMIGLIA
Riconoscimento: 18 dicembre 1984
(ACS 313, aprile-giugno 1985, pp. 47-48)
Fondate nel 1889 a Messina dal card. GIUSEPPE GUARINO, Coope-
ratore salesiano.
Di diritto diocesano nel 1892, rinnovato nel 1965 .
Un centinaio di membri (1983) . Lavorano in Italia; una casa recen-
temente aperta in Brasile.
Rev. Madre Giuseppina Musso, Messina
Ho il piacere di comunicare a Lei e a tutte le Sorelle una bella noti-
zia: si è portato a termine il riconoscimento ufficiale dell 'appartenen-
za del vostro Istituto alla Famiglia salesiana. È un regalo di Natale!
Al gaudio per la nascita del Redentore si aggiunge oggi la gioia di sen-
tirci in famiglia con Don Bosco.
È per me la terza volta che posso comunicare un così grato annun-
cio. Nel 1981 le Figlie dei Sacri Cuori di Bogota, l'anno scorso le Sa-
lesiane Oblate del Sacro Cuore, ed oggi voi . Il Rettor Maggiore con
il Consiglio generale della Congregazione salesiana, infatti, nella riu-
nione del 18 dicembre ha accolto e approvato la richiesta da Lei fatta
in data 14.12. 1982, in ottemperanza alla deliberazione del IV Capito-
lo Generale: «Chiedere al Rettor Maggiore dei Salesiani il riconosci-
mento ufficiale dell'appartenenza storica del nostro Istituto all'area della
Famiglia salesiana».
Sappiamo che il card. Giuseppe Guarino , entusiasta e benemerito
Cooperatore salesiano e grande ammiratore di san Giovanni Bosco , ha
fondato l'Istituto delle Apostole della Sacra Famiglia tracciando nelle
Costituzioni (ora rinnovate) un ' identità vocazionale, una missione gio-
vanile, un metodo pastorale e uno spirito di famiglia che caratterizza-
no appunto il carisma di Don Bosco nella Chiesa.
I valori umani della vocazione salesiana, la condivisione della mis-
sione e dello spirito, non sono soltanto espressi nei vostri documenti
ufficiali, ma crescono quotidianamente nella vostra tradizione vissuta
in comunità.
249

26.2 Page 252

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Il recente riconoscimento ufficiale conferma, da una parte, quanto
già state vivendo e quanto viene espresso nell'art. 5 delle Costituzioni :
«Siamo liete di essere appartenute fin dalle origini alla grande Fami-
glia salesiana»; e, d'altra parte, impegna sempre più noi Salesiani ad
offrirvi l'assistenza spirituale e la guida nella pastorale pedagogica, ca-
techistica e vocazionale (cf art. 3) .
Il progetto educativo salesiano che Don Bosco ha espresso sovente
con quella semplice espressione di «preparare buoni cristiani e onesti
cittadini» è condiviso pienamente da voi fin dal primo articolo della
vostra Regola di vita: «Abbiamo la gioia di cooperare per vocazione
alla missione salvifica della Chiesa con l'educazione civile e religiosa
dei figli del popolo».
Un ultimo motivo di gioia è che tra i vari Istituti sorti nella nostra
Famiglia , il vostro è l'unico fondato da un Cooperatore e Cardinale:
auspicio di sensibilità ecclesiale e di sincera adesione al Magistero dei
Pastori .
Aiutate a far crescere tutta la Famiglia in questo profondo senso
della Chiesa, tanto caro a Don Bosco.
Congratulazioni: è festa natalizia!
Auguri vivissimi e cordiali ossequi a Lei e a tutte .
Preghiamo insieme affinché il Signore faccia sorgere numerose e
buone vocazioni per il vostro Istituto e per tutta la Famiglia salesiana.
Con gioia e riconoscenza
Roma , 24 dic. 1984
DON EGIDIO VIGANÒ
250

26.3 Page 253

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9.4 . LE SUORE DELLA CARITÀ DI MIYAZAKI
(Giappone)
Riconoscimento: 24 gennaio 1986
(ACG 317, aprile-giugno 1986, pp . 51-52)
Fondate nel 1937 a Miyazaki da don ANTONIO CAVOLI SDB, con
l'appoggio di mons. VINCENZO CrMATTI.
Di diritto diocesano nel 1938 .
Numero dei membri: 580 suore e 82 novizie (1985). Lavorano in
Giappone, Corea, Bolivia, Colombia, Brasile , Perù , Papuasia (Nuova
Guinea) ; una casa a Roma.
Rev. Madre Theresia lwanaga
Sup . Gen . «Caritas Sisters of Miyazaki», Tokyo
Con grande piacere comunico a Lei e a tutte le Sorelle che è stata
accolta la domanda di riconoscimento ufficiale di appartenenza del vo-
stro Istituto alla Famiglia salesiana.
Lo avete richiesto a conclusione dell'ultimo Capitolo generale, il
15 agosto 1985, dopo aver introdotto esplicitamente questa prospetti-
va nelle Costituzioni rinnovate. Il Rettor Maggiore, con il suo Consi-
glio, ha esaminato il testo costituzionale, e anche la storia della vostra
fondazione, ed è stato felice di constatare che il progetto di vita e di
azione è conforme al carisma di Don Bosco nella Chiesa.
All 'origine dell 'Istituto c'è, per grazia singolare del Signore, la pre-
senza di un ardente missionario salesiano, don Antonio Cavoli , e quel-
la di colui che chiamate il vostro Confondatore , il caro e benemerito
monsignor Vincenzo Cimatti , la cui causa di beatificazione si sta av-
viando.
Con tali guide di eccezionale valore l'Istituto, nonostante momenti
di dura prova, non poteva che crescere rapidamente e camminare con
sicurezza su una strada squisitamente salesiana.
Infatti , le opere a favore di tanti piccoli, poveri e sofferenti, il me-
todo pastorale ispirato al Sistema preventivo, lo spirito di semplicità
e di gioia , di lavoro e di temperanza , di pietà eucaristica e mariana,
imperniato sulla carità pastorale, il costante riferimento ai Salesiani di
251

26.4 Page 254

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Don Bosco, tutto questo manifesta bene la presenza nell'Istituto di tan-
ti valori specifici della Famiglia salesiana.
All 'interno di questa Famiglia voi occupate un posto originale, e
così abbellite e arricchite gli altri.
Spiccano , infatti , nel vostro Istituto alcuni tratti che meritano di es-
sere rilevati :
- un vivo slancio missionario che vi ha portato presto in America
Latina e in Europa ;
- la preoccupazione dell'apostolato presso le famiglie;
- e, in modo speciale , la contemplazione del mistero del Cuore
di Cristo come fonte viva della carità salvatrice.
Questo aiuterà tutti ad approfondire la carità pastorale salesiana.
Nel clima di fraternità che anima l'intera nostra Famiglia, auguria-
mo che venga veramente effettuato questo vicendevole scambio di va-
lori , per l 'arricchimento comune e, in particolare, che possiate trova-
re nei Salesiani l 'assistenza spirituale e la guida nella pastorale peda-
gogica, catechistica e vocazionale.
Noi preghiamo perché il Signore, per intercessione di Maria Ausi-
liatrice e di san Giovanni Bosco, continui a farvi crescere in numero,
in fervore e in opere buone, per la sua gloria e per il bene dei piccoli
e dei poveri.
A Lei, reverenda Madre, a tutte le benemerite Sorelle, il mio cor-
diale saluto .
DON EGIDIO VIGANÒ
Roma, 31 gennaio 1986
252

26.5 Page 255

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9.5. LE SUORE MISSIONARIE
DI MARIA AUSILIATRICE di Shillong (India)
Riconoscimento: 27 giugno 1986
(ACG 319 , ottobre-dicembre 1986, pp. 50-51)
Fondate nel 1942 a Gauhati (Assam) da mons . STEFANO FERRAN-
DO SDB , vescovo di Shillong .
Di diritto diocesano nel 1945, pontificio nel 1977 .
Numero di membri : 350 suore circa e 42 novizie (1985). Lavorano
in 12 diocesi , in 6 Stati del Nord-Est dell 'India.
Rev. Madre Mary Rose Thapa , Shillong
Ho la gioia di comunicarLe che nel plenum del Consiglio generale
dei Salesiani , il giorno 27 giugno '86 è stata discussa e positivamente
accolta la domanda per il riconoscimento ufficiale di appartenenza del
vostro Istituto alla Famiglia salesiana.
La richiesta era stata presentata dal vostro 3° Capitolo Generale
del 1982 e rinnovata dal Consiglio nel 1983 .
Seguita con affetto fraterno prima dal compianto don Giovanni Ra-
nieri e poi da don Sergio Cuevas, è stata avallata dalle testimonianze
autorevoli dei tre Vescovi salesiani: mons. Oreste Marengo, mons. Tho-
mas Menamparampil e mons . Robert Kerketta, nelle cui diocesi lavo-
stra Congregazione svolge un fecondo apostolato.
All'origine dell 'Istituto c'è, per dono singolare del Signore, la prov-
videnziale iniziativa di mons. Stefano Ferrando, ardente missionario
salesiano, il quale vi ha trasmesso con fedeltà lo spirito e lo stile di
Don Bosco.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice per trent'anni vi hanno aiutate, in-
carnando lo stesso spirito. La collaborazione concreta con i Salesiani
e le Figlie di Maria Ausiliatrice, ancora, l'hanno consolidato; il servi-
zio ventennale di p . Noel Kenny , ottimo animatore spirituale, l'hanno
accresciuto. Con tali apporti di singolare valore , l'Istituto si è irrobu-
stito ed ha camminato con frutto .
Nei giorni scorsi nel nostro Consiglio generale si sono considerate
le vostre Costituzioni rinnovate e gli Atti del 2 ° e 3 ° Capitolo Genera-
le: abbiamo apprezzato alcuni tratti caratteristici del vostro carisma:
- il nome significativo di Suore Missionarie di Maria Ausiliatrice;
- l'evangelizzazione delle giovani e delle ragazze bisognose, spe-
cialmente nei villaggi ;
253

26.6 Page 256

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- l'attenzione ai poveri e ai sofferenti;
- la missionarietà aperta e popolare con valicfa capacità di accom-
pagnare la gente in via di conversione al cattolicesimo ;
lo spirito di famiglia;
- la pietà mariana;
- la vita evangelica (voti , preghiera, ascesi) nella scia dello spiri-
to di Don Bosco;
il metodo pastorale ispirato al Sistema Preventivo;
lo stile di semplicità e di gioia;
l ' ottimismo;
la temperanza e il lavoro santificato;
il costante riferimento missionario ai Salesiani.
All ' interno della nostra Famiglia voi occupate un posto originale
che arricchisce anche gli altri Gruppi . La vostra testimonianza religio-
sa e missionaria vi porta ad animare e promuovere presenze tipiche
dell 'apostolato a cui la Congregazione si dedica prioritariamente: ca-
techesi e promozione umana, scuole, oratori festivi e quotidiani, asili,
dispensari, ecc. Sono una conferma tangibile dell 'amore a Cristo Si-
gnore, alla Madonna e alla Chiesa. Siete sempre pronte a collaborare
con i Vescovi per costruire la Chiesa locale.
Ringraziamo il Signore per la feconda concretezza del vostro ca-
risma.
La coincidenza del prossimo Capitolo generale con il Centenario
della morte di Don Bosco, 1988, mi fa sperare che questo riconosci-
mento ufficiale di appartenenza spingerà voi ad approfondire ancora
di più la conoscenza della bella missione del vostro Istituto e ad inten-
sificare la comunione con gli altri Gruppi della Famiglia salesiana per
favorire lo scambio di valori e di esperienza apostolica. Ciò impegne-
rà maggiormente i Salesiani a garantire un'assistenza spirituale e un'a-
nimazione pedagogica, catechistica e missionaria.
L'indimenticabile e benemerito mons . Stefano Ferrando dal cielo
gode e vi guida .
Noi preghiamo perché il Signore, per intercessione di Maria Ausi-
liatrice e di san Giovanni Bosco, continui a farvi crescere in numero,
in fervore e in opere buone, per la sua gloria e per il bene dei piccoli
e dei poveri.
A Lei, reverenda Madre, e alle sue consorelle , l'augurio più fervi-
do e il saluto cordiale del Consiglio generale e mio.
Con profonda stima ed affetto nel Signore
Roma, 8 luglio 1986
DON EGIDIO VIGANÒ
254

26.7 Page 257

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9.6. LE FIGLIE DEL DIVINO SALVATORE
(LAS HIJAS DEL DIVINO SALVADOR),
di El Salvador (Centro America)
Riconoscimento: 5 febbraio 1987
(ACG 321, aprile-giugno 1987, pp. 76-77)
Fondate nel 1956 a San Vicente (El Salvador) da mons . PEDRO AR-
NALDO APARICIO SDB, vescovo di San Vicente .
Di diritto diocesano nel 1972 .
Un centinaio di membri e 17 novizie (1987). Lavorano in 6 diocesi
nel Salvador, Nicaragua , Guatemala , Venezuela.
Rev. Madre Rosa Cande/aria Caceres
Santo Domingo - Dep. de S. Vicente - El Salvador
Benemerita e gentile Superiora generale ,
Con grande piacere comunico a Lei e a tutte le Sorelle che è stata
accolta la domanda di riconoscimento ufficiale di appartenenza del vo-
stro Istituto «Hijas del Divino Salvador» alla Famiglia salesiana.
È per me la sesta volta che posso dare un così grato a·nnuncio.
Nel 1981 le Figlie dei Sacri Cuori di Bogota, nel 1983 le Salesiane
Oblate del Sacro Cuore , nel 1984 le Apostole della Sacra Famiglia di
Messina, l'anno scorso le Suore della Carità di Miyazaki (Giappone) ,
e le Missionarie di Maria Ausiliatrice di Shillong (India) , e oggi voi .
Così anche il vostro Istituto coopera a manifestare l'ampiezza e la plu-
riformità dell'irradiamento dello spirito di Don Bosco nella Chiesa.
Il Rettor Maggiore, con il suo Consiglio , dopo aver esaminato la
storia della vostra fondazione e i testi ufficiali dell'Istituto, ha accolto
e approvato nella seduta del 5 febbraio 1987, la richiesta rivoltagli da
Lei e dal suo Consiglio generale in data 8 settembre 1985.
Sappiamo che l'Istituto è nato per iniziativa dello zelante Vescovo
salesiano mons . Pedro Arnoldo Aparicio , per una speciale sequela del
Cristo e in vista di colmare una necessità urgente del Paese: la forma-
zione di maestre cattoliche e di valide catechiste. È questo uno scopo
di eminente carattere salesiano! La fondazione fu accolta con benevo-
lenza da tutto l'episcopato salvadoregno .
255

26.8 Page 258

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Venne aiutata meritevolmente durante i primi anni dalle Figlie di
Maria Ausiliatrice, che vi guidarono nell'assimilare i valori del cari-
sma salesiano: la spiritualità apostolica del «da mihi animas» , il meto-
do di approccio e di educazione ispirato al Sistema Preventivo, l'amo-
re quotidiano al lavoro e alla temperanza imperniato sulla carità pasto-
rale, la pietà eucaristica e mariana, il costante riferimento allo spirito
di Don Bosco .
Così il vostro Istituto ha preso consistenza e si è sviluppato, espan-
dendosi anche in altri paesi vicini . Nella peculiare identità del vostro
Istituto spiccano alcuni tratti che meritano di essere rilevati:
- l'atteggiamento di infanzia spirituale, fatto di semplicità e di gioia
serena, collegato con la vostra nascita in un giorno di Natale e con una
speciale devozione a Gesù Bambino e alla Santa Famiglia;
- la testimonianza di povertà, iscritta nelle origini delle giovani
del gruppo di fondazione e nello scopo del servizio dei fanciulli e delle
ragazze del popolo, in particolare dei più bisognosi;
- il progetto di servizio alle Chiese particolari e alle parrocchie,
con attività di tipo educativo-pastorale, privilegiando l 'urgente forma-
zione di buone catechiste.
La Famiglia salesiana si sente arricchita con questi vostri valori,
e i miei confratelli si sentiranno corresponsabili dell'animazione spiri-
tuale e pedagogica dell'Istituto.
Da parte vostra vi sentirete coinvolte nelle iniziative di tutta la Fa-
miglia di Don Bosco e di ciò farete cenno anche nelle vostre Costitu-
zioni rinnovate .
Preghiamo perché il Signore, per intercessione di Maria Ausiliatri-
ce e di san Giovanni Bosco, continui a farvi crescere in santità, in nu-
mero, in fervore e in opere buone.
Questo riconoscimento ufficiale risulti anche uno stimolo di inco-
raggiamento nello sforzo religioso e pastorale della vostra cara Patria,
El Salvador, e di altri Paesi dell'America Centrale , particolarmente
provati in questi ultimi anni .'
Il Signore illumini la fede, irrobustisca la speranza e infiammi la
carità di tutti i fedeli nella operosa costruzione di una civiltà dell'amore.
Cordiali ossequi a tutte e congratulazioni!
Accresciamo la nostra mutua comunione nella preghiera.
Con gioia e profonda stima nel Signore
Roma, 24 febbraio 1987
DON EGIDIO VIGANÒ
256

26.9 Page 259

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9.7. LE SUORE
ANCELLE DEL CUOR IMMACOLATO DI MARIA,
di Bang-Nok-Khuek (Tailandia)
Riconoscimento: 6 febbraio 1987
(A CG 321 , aprile-giugno 1987 , pp. 77-79)
Fondate nel 1937 a Bang-Nok-Khuek da mons. GAETANO PASOTTI
SDB, prefetto apostolico di Rajaburi (Tailandia).
Di diritto diocesano nel 1938.
Un centinaio di membri (1985). Lavorano in 4 diocesi della Tai-
landia.
Rev. Madre Sr. Agatha I..adda Satvinit
Thidamepra School, Suratthani
Reverenda Madre Superiora ,
Nella fausta ricorrenza delle nozze d'oro del vostro Istituto , fonda-
to dallo zelante Vescovo missionario mons. Gaetano Pasotti nel 1937,
ho la gioia di comunicare a Lei e alle sue Consorelle che è stata accol-
ta la domanda di appartenenza dell 'Istituto alla Famiglia salesiana di
Don Bosco.
È il settimo riconoscimento ufficiale nell'arco di sei anni : le Figlie
dei Sacri Cuori , di Bogota (Colombia); le Salesiane Oblate del Sacro
Cuore, di Bova Marina (Italia); le Apostole della Sacra Famiglia, di
Messina (Italia) ; le Suore della Carità di Miyazaki (Giappone) ; le Suo-
re Missionarie di Maria Ausiliatrice, di Shillong (India) ; le Figlie del
Divin Salvatore di El Salvador (America Centrale) . E ora voi, della
Thailandia. È questo un segno evidente della fecondità del carisma di
Don Bosco come dono alla Chiesa, esteso a tutti i continenti .
Nella seduta del 6febbraio u.s. il Rettor Maggiore , con il suo Con-
siglio, ha esaminato la storia e i testi costituzionali del vostro Istituto,
e - riscontrandone la fedeltà allo spirito e al metodo educativo pasto-
rale salesiano - ha accolto e approvato la richiesta fatta da Lei e dalle
sue Consorelle in data 6 agosto 1985.
È noto che il vostro primo nome è stato «Suore Ausiliatrici», e che
le Figlie di Maria Ausiliatrice vi hanno aiutato nella formazione, nel
257

26.10 Page 260

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governo e nella diffusione dell'Istituto, specialmente agli inizi , attra-
verso una di loro che per quindici anni è stata maestra delle novizie,
e un 'altra che per venticinque anni ha guidato l'Istituto come Superio-
ra generale.
Nel vostro successivo nome di «Ancelle» avete voluto prendere an-
cora Maria come modello di umiltà e di obbedienza, attente alla voce
dello Spirito, per realizzare come Lei, nelle parole e nelle opere, ciò
che è conforme alla divina volontà.
Dopo quello mariano, un secondo tratto peculiare del vostro cari-
sma è il senso vivo della Chiesa locale. Il primo apostolato infatti , in-
culcato dal Fondatore , e stimolato dai Vescovi dove si è esteso l'Istitu-
to , è l'aiuto ai centri missionari, attraverso la catechesi ben curata in
un Paese bisognoso della prima evangelizzazione, l'educazione fem-
minile , l'animazione dei gruppi parrocchiali.
Un terzo elemento è il contributo allo sviluppo della cultura del po-
polo, con l'insegnamento in scuole di diversi gradi , attuato con il me-
todo della bontà, e servendovi della ragione e della religione, valori
fondamentali nella pedagogia di Don Bosco.
Se l'originalità del vostro carisma sarà trasmessa alle nuove gene-
razioni , tutta la Famiglia salesiana se ne avvantaggerà , perché - so-
stenute dall'assistenza spirituale dei Salesiani - sarete, assieme a noi
e agli altri Gruppi, «segni e portatori dell 'amore di Dio ai giovani»,
con lo spirito del vostro Fondatore e di Don Bosco .
Maria, Immacolata e Ausiliatrice, vi aiuti nella crescita in qualità,
numero , generosità e servizio: umile Ancella, ottenga per ciascuna di
voi «grandi cose» come in Lei ha fatto l'Onnipotente.
Vi accompagna la nostra preghiera e fraterna solidarietà.
Con stima e gratitudine e con una speciale benedizione
DON EGIDIO VIGANÒ
Roma, 28 febbraio 1987
258

27 Pages 261-270

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27.1 Page 261

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1O. CHIAMATI TUTTI
ALLA SANTITÀ SALESIANA
Da una lettera ai Salesiani, 1 settembre 1986
(ACG 319, ottobre-dicembre 1986, pp . 9-15)
Concludiamo questa raccolta citando una parte della lettera che
don E. Viganò ha scritto ai Salesiani nel giorno del 50 ° anniversario
della sua prima Professione religiosa. Dopo aver evocato le tappe im-
prevedibili di questi 50 anni, vissuti in un momento C(')SÌ decisivo per
la Chiesa e per la Congregazione, invita i Salesiani a fare, dell'88,
un 'occasione di «speciale rinnovazione della professione». La sua ri-
flessione sul programma dell'ideale di santità salesiana è certamente
valida per tutti i Gruppi della Famiglia, tanto più che membri di tutti
i Gruppi si sono già fermamente incamminati su questa strada.
Il collaudo della Scuola spirituale del Fondatore
Don Bosco, sorto nella fioritura di Santi che ornò il Piemonte nel
secolo scorso, ebbe il merito di iniziare una autentica «Scuola di santi-
tà». Se hanno valore, per il suo tempo , le varie opere apostoliche a
cui hanno posto mano, l 'aver promosso con successo un tipo peculiare
di santità gli fa riconoscere una genialità spirituale che lo colloca tra
i grandi della Chiesa con una fecondità capace d'incarnarsi ulterior-
mente lungo i secoli .
Per fare della santità un messaggio attraente e valido_per tutti i suoi
destinatari, Don Bosco volle presentarne l'essenza con semplicità e rea-
lismo adattandola ali 'età, alle situazioni di vita e alle interpellanze
culturali.
Il beato Michele Rua, santa Maria Domenica Mazzarello, san Do-
menico Savio, a cui possiamo aggiungere in qualche modo anche i beati
Luigi Orione e Luigi Guanella, hanno sperimentato direttamente l'in-
259

27.2 Page 262

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flusso del suo tipo di santità. Il programma di spiritualità giovanile vis-
suto da san Domenico Savio è particolarmente caratteristico; Don Bo-
sco stesso l'ha descritto e approfondito nella biografia del suo giovane
alunno, ampiamente e acutamente commentata da don Alberto Cavi-
glia. Ugualmente chiaro risulta lo schema di santità salesiana se si stu-
diano, sotto il profilo della tipicità spirituale, le varie biografie scritte
da Don Bosco e la vita degli altri nostri santi, beati e servi di Dio .
Anche don Filippo Rina/di è un testimone diretto dell'influsso per-
sonale di Don Bosco: ne faccio cenno in modo particolare perché in
questo ottobre la Congregazione per le cause dei Santi inizierà 1'esame
sulle sue virtù eroiche; confidiamo che questo sia il primo passo per
un prossimo più alto riconoscimento.
La proposta della Scuola evangelica di Don Bosco non si è certa-
mente esaurita nei santi, beati e servi di Dio che abbiamo ricordato .
C'è un aspetto, cui forse non si è ancora prestata la debita attenzione,
e che pure ha un'importanza significativa e privilegiata per il discorso
sulla sua tipica «esperienza dello Spirito» (cf MR 11). Intendo fare ri-
ferimento alle prime comunità formatrici della Congregazione nelle qua-
li, al tramonto della vita di Don Bosco e subito dopo la sua morte , i
suoi primi discepoli hanno fatto fiorire la santità salesiana: Foglizza
come Noviziato e Va/salice come Postnoviziato . Qui operarono don
Rua , don Barberis , don Bianchi, don Piscetta (per fare solo alcuni no-
mi) ed è singolare che in queste comunità, a poca distanza dalla scom-
parsa del caro Padre , si siano formati .e abbiano operato (nel periodo
di pochi anni, se non addirittura contemporaneamente) un buon nume-
ro di nostri confratelli servi di Dio, di cui è in corso la causa di beatifi-
cazione e canonizzazione: il venerabile don Andrea Beltrami , il vene-
rabile principe Augusto Czartoryski, il servo di Dio don Luigi Varia-
ra , il beato mons. Luigi Versiglia, il servo di Dio don Vincenza Cimat-
ti. Quelle due comunità di formazione salesiana sono davvero un pro-
lungamento fecondo dell'autentica Scuola evangelica iniziata da Don
Bosco .
Ne è riprova singolare il fatto che vari dei confratelli ora ricordati
hanno sentito il primo impulso verso la santità in un qualche incontro,
magari anche fortuito, ma determinante , con la persona del santo Fon-
datore: don Beltrami , studente a Lanzo, lesse un componimento a Don
Bosco e intese da lui una parola che orientò la sua vita; mons . Versi-
glia fece la stessa esperienza; il principe Czartoryski fu conquistato
da Don Bosco in un incontro a Parigi; don Variara vide una sola volta
posato su di sé lo sguardo del Padre e ne fu folgorato per tutta la vita;
260

27.3 Page 263

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don Cimatti in braccio alla mamma guardò da lontano Don Bosco e
animò poi tutto il suo apostolato con l'intuizione di quell'incontro d'in-
fanzia.
Senza dubbio non è stato semplicemente il caso a portare questi fu-
turi beati e servi di Dio sul cammino di Don Bosco!
Tutto questo è un chiaro segno di quanto tra i confratelli era sentita
la grandezza e l'attrattiva della santità di Don Bosco e come nella Con-
gregazione e nella nostra Famiglia si creò uno slancio spirituale che
ne caratterizzò la fisionomia. Qui è il segreto dell ' audacia missionaria
delle origini , qui l'energia per la meravigliosa espansione della Fami-
glia salesiana in tutti i continenti, qui la ragione della sua duttilità d ' in-
culturazione, frutto di un nativo istinto di universalità.
Che l'energia di santità fosse connaturata nella vita dei nostri gran-
di missionari e missionarie della prima ora, lo dimostra anche il sor-
prendente fatto che proprio nella Patagonia - prima terra dell'impre-
sa missionaria salesiana - si siano portati al vertice della santità gio-
vanile i venerabili Zeffirino Namuncurà e Laura Vicufia.
Tra beati, venerabili e servi di Dio candidati agli altari, possiamo
ancora ricordare, come testimoni della Scuola di santità di Don Bosco
prolungata nel tempo: il beato don Callisto Caravario, martire in Ci-
na; i numerosi martiri spagnoli, che testimoniarono la loro fede nelle
drammatiche vicende della guerra civile; mons. Luigi Olivares, ope-
roso Pastore tra il popolo; don Rodolfo Komorek, insigne per lo spirito
di preghiera e di mortificazione; don Giuseppe Quadrio, docente di
teologia e studioso del mistero dell'Assunzione; i coadiutori sig. Si-
mone Srugi, compaesano di Gesù , espressione umile e profetica di ecu-
menismo: lui, melchita fattosi salesiano, fu un caritatevole promotore
di dialogo con i musulmani; e il sig. Artemide 'Zatti, benemerito sama-
ritano della Patagonia, terra che si apriva allora alla civiltà e che era
carente dei servizi moderni per la salute: fondò a Viedma il primo ospe-
dale della città.
Tra le Figlie di Maria Ausiliatrice possiamo ricordare la venerabi-
le suor Teresa Valsè-Pantellini; le serve di Dio suo Maddalena Mora-
no, suor Carmen Moreno, suor Amparo Carbonell, suor Eusebia Pa-
lomino, suor Maria Troncatti, suor Laura Meozzi e suor Maria Romero.
Tra i Cooperatori ricordiamo la venerabile donna Dorotea Chopi-
tea, grande benefattrice; il cardinale Giuseppe Guarino , amico di Don
Bosco e fondatore di un Istituto religioso femminile ; Alexandrina da
Costa, mirabile nella sofferenza; Giuseppe Toniolo, grande laico im-
pegnato nel sociale.
261

27.4 Page 264

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E tra gli Exallievi , il venerabile ingegner Alberto Marvelli, zelante
animatore oratoriano e dell'Azione cattolica; l'eroico brigadiere Salvo
D'Acquisto, che ha saputo immolare la sua vita per amore del prossi-
mo; e il barone Antonio Petix, instancabile apostolo degli stessi Exal-
lievi.
Questi nostri candidati agli altari , che assommano in tutto a più di
un centinaio, 1 sono solo la punta di un iceberg, che manifesta la pre-
senza viva dello spirito di Don Bosco nei vari gruppi della sua Fami-
glia e tra i destinatari delle sue presenze apostoliche: uno spirito sem-
pre esuberante di vitalità, duttile e fecondo, che testimonia uno specia-
le disegno di Dio nel dono di santità apostolica concesso a Don Bosco
come Fondatore.
Lo spirito di Don Bosco nella prospettiva dell '88
Se la Scuola di santità salesiana è l'eredità principale di Don Bosco
Fondatore, le celebrazioni centenarie dell'anniversario della sua mor-
te dovranno distinguersi soprattutto per un impegno di forte interessa-
mento e di fedeltà nel rilancio dei suoi contenuti evangelici .
Si tratta, certo, di un dono dello Spirito Santo, prima che di un pro-
gramma nostro; sappiamo, però, che egli non solo non riprende ciò
che ha donato , ma ha voluto , con l'evento del Concilio, rinnovare l'at-
tualità del suo dono come profezia preziosa e valida per la cultura d'og-
gi. Se preghiamo con questo scopo e ci impegniamo , ne risulteranno
dei frutti ubertosi.
Ecco perché ci proponiamo di fare dell '88 un anno di riflessione
e di propositi sulla santità salesiana alla luce dei grandi orientamenti
conciliari del Vaticano Il.
Possiamo dire che le iniziative di preparazione pensate finora ci han-
no visto orientati principalmente in tale senso .
- A livello di Congregazione ci siamo posti, soprattutto dopo l'ap-
provazione del nuovo testo delle Costituzioni e Regolamenti , in una
specie di «stato di noviziato» per un prolungato e intenso lavoro di for-
mazione permanente. Vogliamo , nell'88 , fare una solenne rinnovazio-
ne della nostra Professione religiosa , come espressione vissuta di quella
consacrazione apostolica che il testo delle Costituzioni, nell'orbita del
Concilio , ci ha insegnato a conoscere meglio , ad apprezzare e a testi-
'Cf Elenco SDB 1986, 2 ° voi. , pp . 194-196.
262

27.5 Page 265

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moniare con più autentica profondità e profetica attualità. Solo inten-
sificando così la nostra carità pastorale potremo dimostrare al mondo
la vitalità del carisma di Don Bosco.
- A livello di Famiglia salesiana ci sentiamo in più forte comu-
nione con gli altri Gruppi che, come noi, hanno rinnovato i testi fon-
damentali della loro identità in fedeltà alle origini e al Concilio. Vo-
gliamo lavorare insieme per rilanciare il progetto globale del Fondato-
re , soprattutto coinvolgendo numerosi e coraggiosi laici nelle Asso-
ciazioni dei Cooperatori e degli Exallievi. È nostro proposito animare
un vasto Movimento spirituale e apostolico di persone che si interessi
dei problemi della gioventù e dell 'educazione.
- A livello dei giovani , nostri destinatari , siamo impegnati da tempo
a ridefinire e promuovere una spiritualità giovanile che sia l'anima e
l'obiettivo, in forma graduale e appropriata, delle nostre svariate attività.
È sintomatico che, per interessamento e sollecitudine dell' arcive-
scovo di Torino, S. Em. il card . Anastasio Ballestrero, si sia ottenuta
dal Santo Padre l'indizione di uno speciale «Anno Santo dei giovani»
nella Chiesa particolare di Torino per i mesi che vanno dal 31 gennaio
' 88 al 31 gennaio ' 89. L'argomento centrale di riflessione che caratte-
rizzerà un tale «Anno di grazia per la gioventù» saranno i contenuti
profetici del Vaticano Il. Consideriamo nostro speciale compito quello
di consegnare il Concilio ai giovani in cammino verso il Duemila!
Le condizioni per questo giubileo straordinario verranno determi-
nate prossimamente dalla Sede Apostolica e saranno comunicate a tutti
opportunamente. Intanto si può già pensare al clima della preparazio-
ne, ai programmi da elaborare, ai pellegrinaggi da organizzare, alla
santità da far conoscere e amare.
L 'indizione di uno speciale «Anno di grazia» dà una più ampia di-
mensione ecclesiale alle celebrazioni dell'88. Bisognerà tenerne con-
to, aprendo i nostri orizzonti più in là della Famiglia salesiana, inte-
ressando Pastori e fedeli delle Chiese locali in cui viviamo e con cui
collaboriamo , e presentando la figura di Don Bosco come quella di un
santo moderno suscitato da Dio quale provvidenziale «Amico della gio-
ventù», specialmente quella bisognosa e popolare. È una prospettiva
esaltante!
263

27.6 Page 266

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INDICE
Presentazione
pag. 5
Abbreviazioni e sigle .... ....... .. ..... .. .... .... ... .. .. ....... .. ... .... .
8
Introduzione: La Famiglia salesiana (documento del Capitolo
Generale Speciale, 1971: CGS, doc. 1, cap. VI , nn . 151-177)
9
Capo sesto: Le prospettive della «Famiglia» salesiana oggi .. ... .
9
1. Necessità del tema «Famiglia» nel rinnovamento salesiano
9
2 . Il termine «Famiglia» .. .. . .. .. .. .. ... . ... ... ... ... .... .. ... .. .... » 10
A) Il fatto e il problema della Famiglia da Don Bosco fino ad oggi
10
1. Don Bosco fondatore carismatico .. ... .. ... ... .... .. ... ... ... .
10
2. I diversi gruppi e la loro storia: coscienza di un bene comune
salesiano e di una reale unità . .... .. ... ... ... ... ... .. .... .. ... .
12
3. Le urgenze attuali pongono in termini nuovi il problema del-
l'unità e della comunione . .. .. . ..... .. ... .. .... ... ... .. ... ... ...
14
B) L 'unità e la comunione della Famiglia nella sua diversità ...
15
1. Gli elementi comuni .. .. .. .. .. . ..... .. ... .. .... .. .... .. .... . .... .
15
2 . Le differenze ......................................................
17
3 . La comunione nella stessa vocazione di base e il minimo di
unità istituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
18
C) L'intercomunicazione e la collaborazione . .. ........ .. ... . ... .. ..
19
1. Ragioni profonde e scopi da perseguire . .... ... ... ... .. ... ...
19
2. Contenuti e modi dell'intercomunicazione e della collabora-
zione . .. ... .............. ... . ....... ... . .. . .. . .. . ... .... ...... .... .. .
20
3. Conclusioni .......................................... .......... ....
21
Dal Capo settimo: Orientamenti operativi .. ... ... .. ... . ... .... ... .
21
11. I Salesiani per la Famiglia salesiana .. ...... . . .. .. .. ... .. .. .
21
12. I Salesiani per i Cooperatori ... .. .. ... ... .... .. .. . .... ... .... .
21
13. I Salesiani per gli Exallievi ..... . ... . .. .. ...... . . . .. ... ... .. . .
22
1. Maria, madre della nostra Famiglia. «Maria rinnova la Fa-
miglia salesiana di Don Bosco» (25 marzo 1978) . . . . . . . . . . . .
23
A) Prendiamo la Madonna in casa! ... .. .. .. ... .. .... ... ... ... .. .... ..
24
] . Nella luce del Mistero pasquale .... .... . ........ . .., .. .. ... ...
24
2. Ci fondiamo sulla realtà oggettiva ........... . .............. ,.
25
B) Motivazioni per il nostro rinnovamento devozionale .. . ,. .... .
27
1. La svolta culturale, promotrice di valori umani .. ... ... ... .
27
2 . Il Concilio. La «Marialis cultus» di Paolo VI ... .. .. .... ...
27
264

27.7 Page 267

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3. La riscoperta della pietà popolare ... .. .. ... .... ... . .. .. .. .... .
28
4 . La presenza di Maria in ogni nascita o rinascita nello Spirito
28
5. Maria Ausiliatrice è la Madonna dei tempi difficili .... .. .
29
6. Maria Ausiliatrice è la Madonna congeniale al nostro spirito
30
C) La scelta mariana di Don Bosco ..... .......... .. .. ..... ..... .... .. )) 31
1. Durante l' infanzia. Mamma Margherita . Il sogno dei 9 anni
31
2. Relazione con la persona viva di Maria .... . ........ .. ..... .
32
3. Nei primi 20 anni di ministero: Maria Immacolata ....... . )) 33
4 . Dal 1862, scelta definitiva di Maria Ausiliatrice .... .... .. .
34
D) Elementi caratteristici della devozione di Don Bosco .. ...... .
37
I . Coscienza della presenza personale di Maria nella storia
38
2. Presupposti dottrinali. Maria «Madre della Chiesa» ... ... .
38
3. Atteggiamento d'impegno apostolico coraggioso .... .... .. .
40
E) L 'Ausiliatrice e il carisma salesiano ..... ... .. .... ... .... .. ... ... .
42
1. L 'affermazione di questo legame nella tradizione ..... .... .
42
2 . Legame vitale dell a devozione ali 'Ausiliatrice con la missione
e lo spirito salesiano . .... .. .. ..... . ....... .. ........ .... .... .... .
43
F) Nostro proposito di rilancio mariano ..... . ...................... .
45
1. La formazione dottrinale .... ... .. . .. .... .... .... ... ..... ... .... .
45
2. Il culto e la pietà mariani .. .............. ....... .. ...... . .. .... .
46
3. I grandi orizzonti d ' impegno ecclesiale .... . .. .. ... .. . . .. .. . .
47
4. La cura delle vocazioni .... ..................... .. .. ... .. . ... .. .
47
Conclusione .... ........ . ... ........ . ...... .... ... ...... .. ... ... .... .. ... .. .
48
2. «La Famiglia salesiana» (24 febbraio 1982) ... ... ... ........ .
50
A) «Prezioso retaggio che esige fedeltà». Dimensione ecclesiale di
Don Bosco fondatore e della sua Famiglia ....... .... .. ........ .
52
1. La Famiglia salesiana: realtà ecclesiale da un secolo .. . ..
52
2 . Don Bosco fondatore di un ampio movimento apostolico e
spirituale . .. .... .. ...... .. ... .. ... .. ..... ..... .... ..... . ..... ...... . .
53
3. I SDB diventino consapevoli dell ' ampiezza della loro voca-
zione . ..... ... .... ... ..... ... .. .. .. .. .. .. . ..... . .. ...... .. ........ .. .
54
4. Ecclesialità del Fondatore ... .. .. . ... . ..... . ..... . ..... ... ...... .
54
B) Aspetto storico: Don Bosco costruttore di una «Famiglia spiri-
tuale» ............. .. ............................ .. ....... ... . ...... ... . ..
57
1. All'origine : la carità pastorale nel cuore di Don Bosco prete
57
2. Prima concretizzazione storica: l'Opera degli Oratori ... .
57
3. L'avviamento verso le strutture definitive ..... .. ........... .
59
4 . Dopo il 1888 .. .... . .. .. .. .. ..... .. ... ..... ..... .... ... .. . . .. .... ..
61
5. Una sola Famiglia .. ... . ..... ... .... . ... ..... ............. ..... .. .
62
C) Aspetto teologico : la carità pastorale del «Da mihi animas», ener-
gia unificatrice del «carisma» di Don Bosco .. ... .. ........ .... .
62
1. Don Bosco caposcuola di una originale «esperienza di Spirito
Santo» ..... .... . .. . ..... ...... ...... .. .................. .. .......... .
63
265

27.8 Page 268

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2. Un certo tipo di carità è l'energia unificatrice del carisma
di un Fondatore . .. .. . ... . ... .. .. . ...... .. .... .. .... .. .. ... .. ... ...
64
3. In Don Bosco è la «carità pastorale salesiana» (essere e fare)
65
4. Da questo centro fluiscono i cinque tratti specifici della «co-
munione salesiana» .. .. .. .. .. .. .. ...... .. .. ..... . ... ... ... . .... ...
66
5. Nell 'armonia di un'unica Famiglia, ciascuno condivide tutto
il carisma, ma mettendone in maggior rilievo alcuni elementi
67
D) Storia recente della Famiglia salesiana .. ... ... .. .. ... ... .. ... ....
70
1. II rilancio capitolare. Il testo-base del CGS . .. .. ... ... ... .. .
70
2. Il cammino percorso per rilanciare la Famiglia . .. ... ... .. .
72
3. La nostra responsabilità in questo rilancio , specie quella de-
gli Ispettori .. . ... .. . ... ... . .. .. .. ..... .. ... ... ... .. .. ... ... .. ... ...
74
E) Prospettiva pratica: «Avanti, insieme! » ... ... ... .. .. .... .. ... ... .
75
1. Primo obiettivo: rinvigorire la conoscenza di Don Bosco e,
conseguentemente, la nostra carità pastorale ... ... .. .. .... ..
75
2. Secondo obiettivo: l 'evangelizzazione educatrice della gio-
ventù! ............. .......... .... .. ... ...... .... .. ...................
76
3. Terzo obiettivo: privilegiare la formazione specifica di ogni
gruppo e il coinvolgimento del laicato . ... .. .. ... ... .. .. .... .
77
4. Quarto obiettivo: una pastorale vocazionale unitaria' . ....
78
5. Problemi e prospettive . .. . .. .. ...... .. ... .. .... .. ... .. ... . .... ...
79
Conclusione. Un tema di vitale rilievo per il nostro futuro
83
3. I Salesiani di Don Bosco .. . .. .. ...... .. ... ... .. .. .. .... .. ... ... ...
85
I. Dalle Costituzioni della Società di San Francesco di Sales ..
85
Cap. I: La Società di San Francesco di Sales (artt. 1, 2, 3, 5,
6, 7, 8) .. .. . .. .. .. .. .. .. ... . .. .. . ... ... ... ... ... .. .. ... .. ... ... .. ...
85
Cap. Il: Lo spirito salesiano (artt. 10, 11 , 12, 13 , 14, 15 , 16,
17 , 18, 19, 20, 21) ................. : ............................
88
Cap. IV : Inviati ai giovani (artt. 38, 40, 41) .. ... .. .. ... ... ... .
92
Articoli in rapporto diretto con la Famiglia salesiana (28, 47 ,
48 , 126, 137) . . .. .. .. .. .. .. .. .. ...... .. ... ... .. . .. ... .. .. ... ... .. .
93
Il . Dai Regolamenti generali . .. .. .. ..... .. ... ... .. ... .. ... .. .. .... .. ...
94
Cap. IV : Il servizio alla Famiglia salesiana (artt. 36 , 37 , 38,
39, 40 , 41 , 103 , 147) ······· ·· ··········· ·· · ··········· ·· ·······
94
4. Le Figlie di Maria Ausiliatrice. «Riscoprire lo spirito di Mor-
nese» (14 maggio 1981) . .. .. . .. ..... ... ... ... . ... ... .. .. .... ... .. ..
97
A) Significato del centenario: celebrare «un dono nuovo dello Spi-
rito Santo alla Chiesa» .. . .. .. .. . ..... ... .. .... .. . ... ... .. ... ... .. ... .
99
1. Necessità di una precisazione storica .. .. .. .. .... . ... ... .. .. . .
99
2. Due precomprensioni inaccettabili .. .. ... .. ... .. .. .. ...... . .. .
100
3. Facciamo memoria di ieri per la vita di domani ....... . . ..
101
266

27.9 Page 269

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B) Molteplicità di persone e di avvenimenti per l' unità di un progetto
104
1. Nomi e date che fanno pensare .... ............ ..... .......... .
104
2. Coincidenze significative .... ........ .......... ........ ....... .. .
106
3. Un largo margine alle iniziative mornesine ....... . ........ .
107
C) Il patrimonio salesiano di Don Bosco fondatore ........... .. .. .
108
1. Il patrimonio carismatico comune delle origini: Valdocco
108
2. A Valdocco: la fatica del «fondare» .... .................... ..
110
3. La «unicità» del Fondatore ..................................... .
111
4. Gli elementi costitutivi del patrimonio salesiano .......... .
113
D) L'apporto originale di Madre Mazzarello ...................... .
11 7
1. Fondatore e Confondatrice. Due istituzioni «consanguinee»
117
2. Madre Mazzarello entra nella «costellazione» delle origini
119
3. La luce propria di Madre Mazzarello .... ................ .. ..
120
4. Il profondo significato della sua morte ............. .. ...... . .
122
5. Il ruolo del «con-fondare» ...... .... .......... .. .. .... ......... .
124
E) Lo spirito di Mornese .................... ... ...... . .. .. ... ........ ..
127
1. Due difficoltà da superare .................................... ..
127
2. Un presupposto: Don Bosco è centro di riferimento .. .. ..
129
3. Le note salienti dello spirito di Mornese ................ . .. .
130
4. Le «fattezze fisionomiche» dello spirito di Mornese ...... .
131
F) Il fascino dell ' identità salesiana alla scuola di Madre Mazzarello
141
1. Un lungo percorso .......... .. .................... .. ............ .
141
2. Un chiaro proposito . Il messaggio del Centenario ........ .
142
3. Conclusione . Ruolo «femminile» e «materno» delle FMA nel-
l'insieme del carisma salesiano .......................... .... ..
143
5. Le Volontarie di Don Bosco (24 settembre 1979) ...... ... ..
146
A) La vostra storia . 60 anni di consacrazione ....... ...... .... ... ..
147
1. L'evento del 1919 , nelle camerette di Don Bosco ........ .
147
2. Il germe vivo di un genuino carisma dello Spirito ...... ..
148
3. Un lungo iter di identificazione: dalla «fondazione» fino alla
«elevazione» ecclesiale a secolarità consacrata .. ........ . .. . » 150
B) La vostra identità ..... .. . .. .. .. ..... .. .. .............. ... ....... . .... .
154
1. La vostra secolarità consacrata ............. .... .. ........... ..
154
2. La vostra salesianità .......... ........ .. .. ................. . ... ..
157
C) Il vostro sforzo .. ... ........... ... ... .. .... .. ..... ...... .. .... .. .. .. ...
161
1. Urgenza di una formazione integrale ........... . ............ .
161
2. La comunione nella Famiglia salesiana ............... . .... ..
163
Conclusione ............................. ... ......................... .. .
165
6. I Cooperatori salesiani. «L'associazione dei Cooperatori sa-
lesiani» (6 giugno 1986) ...... ........ .............. .......... .... ..
166
I. Ai Salesiani .. ....... . ...... .. ... ... .. ....... . ... ... ..... . ... ... ... .... .
166
L'azione perseverante di Don Bosco .............. ... ...... . .... .
167
267

27.10 Page 270

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Da don Rua ad oggi . .. ... . .. ...... .. .... .. .. . ... .. ... .. . ... .. ... ....
168
È l'ora del riJancio .. ... .. . .. .. .. . .. ..... .... .. .. ..... .. ... ... .... .. . .
169
II. Ai Cooperatori .. ... .. ... .. .. .. . .. .. .... ... ... ... .. .. ..... .. ... ...... . .
I 72
A) Nella luce dell ' itinerario di Don Bosco fondatore .. ... ..... .. .
172
I. Necessità della rielaborazione del Regolamento . .. ..... ... .
173
2. L ' itinerario del discernimento fondazionale ... .. .. ..... .....
174
3. La duttile vitalità del carisma, affidata alle persone . .... ..
178
4 . Responsabilità particolare degli animatori .... ... .. .... ... ...
179
8) Aspetti essenziali della vostra identità di secolari salesiani ..
180
1. L 'energia della carità tra i laici (importanza di acquisire la
spiritualità laicale) . .. .. .. . ... .. ... .. ... .... .. .. .... ... ... ... ... .. .
181
2 . Lo spirito salesiano di Don Bosco (la spiritualità laicale è da
vivere con modalità salesiana . ... .... ... .. .. .... ... ... .... .. ...
183
C) Per un rilancio dell 'associazione .. ...... ..... . ... ..... . ... ..... .. .
187
I. Alcune interpellanze operative . ... .... .. .. ... .... .. .... .... .. ..
187
2. Movimento spirituale, nella docilità allo Spirito Santo . ..
190
Conclusione. La presenza viva dell 'Ausiliatrice ............... .
192
7. Gli Exallievi. «Gli Exallievi di Don Bosco» (19 marzo 1987)
194
A) Uno sguardo alla storia .. .. .. .. .. .... .. .. ... .. ... .... .. ... ..... .. .. .
195
1. Una Associazione nata spontaneamente, dall'educazione ri-
cevuta . ... . ... . ... .. ... . .. .. .. .. .. .. . .. .. ... .. ... .... .. ... .... .. ... .
195
2. Diciassette anni con Don Bosco .. .. ... .. ...... ... .. .. ..... . .. .
I 96
3. Don Rinaldi ispiratore e organizzatore .. ... .... . ... ... ... ... .
199
4. L ' appellativo scelto : Exallievi «di Don Bosco» .. ... .... .. ..
202
8) Quale educazione forma gli Exallievi (i valori dell 'educazione
salesiana) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
203
1. Bisogno di una concezione rinnovata dell'educazione .. .. .
203
2. Ripensare l'applicazione del Sistema Preventivo ... ... .. .. .
204
C) Varietà di situazioni e di impegno salesiano degli Exallievi .
207
I . Vari gradi di assimiJazione dei valori dell'educazione salesiana
207
2. Alcuni modi di partecipazione degli Exallievi alla missione
di Don Bosco .. ... .. .. . .. .. ... . .... .. .. .... .. .. .... .. ... ... ... ... ..
210
D) Il compito delle comunità salesiane .. .. ... .. ... ... ... .. .... ... .. . .
216
I. La qualità dell 'educazione nelle nostre opere ... .. .... .. ... .
216
2 . La cura e l'animazione dell ' Associazione ..... ..............
217
3. Importanza vitale della spiritualità negli animatori ... .. ...
218
Conclusione. Nell ' attesa della beatificazione di don Rinaldi
219
8. I «laici» della Famiglia. «La promozione del laico nella Fa-
miglia salesiana» (24 febbraio 1986) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
220
A) Necessità di coinvolgere di più i laici nel progetto di Don Bosco
220
I. Motivo di questo tema : una maggiore fedeltà al Fondatore.
«Invito a rinnovare la nostra carta d 'identità» ... .... .. .. ...
220
268

28 Pages 271-280

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28.1 Page 271

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2. Di quali «Laici» intendiamo parlare qui («chi sono i Laici in
missione con noi») . ... .. ... ... .... .. .. ... .. .. .. .. .. ... . .. .. .. .. .. .
221
3. Urgenza di assimilare la dottrina conciliare sul Laico («la nuo-
va mentalità ecclesiale») . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
223
B) Il Concilio ci invita a una nuova ottica del rapporto Dio-Chiesa
e Mondo («un pellegrinaggio di scoperta») . .. ... .. . .. .. .. .. .
225
I. Posto del Laico in questa visione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
225
2. Novità di comunione tra le vocazioni del laico e del religioso
227
C) Obiettivi da raggiungere, con la forza dello Spirito . .. ... .. .. .
229
1. Sei obiettivi concreti . .. .... .. ... .... .. .. ... . .. ... . .. .. .. .. .. .. .. .
229
2. Interventi qualificati per raggiungere questi obiettivi . .. .. .
232
3. Dar vita a un vero «movimento spirituale» . .. .. . .. .. .. .. .. ..
232
«Il movimento salesiano» (dal Commento alla Strenna 1987) . .. .
234
1. Crescere come specifico «Movimento ecclesiale» . . .. .. .. ..
235
2. Le due componenti . ... .. .... ... ... .. .. ... .. .. .. .. . ... . .. .. .. .. ...
237
9. Gli altri gruppi ufficialmente riconosciuti. Riconoscimento
di appartenenza alla Famiglia salesiana (aprile-giugno 1982)
241
1. La Famiglia salesiana e i suoi doni ... .. . ... .. .. .. .. .. .. . .. ...
241
2. Riconoscimento di appartenenza alla Famiglia salesiana . .
243
3. Le relazioni fraterne nella Famiglia salesiana .. .. .. .. .. .. ..
244
I. Le Figlie dei Sacri Cuori, di Bogota ... .... . ... . .. .. .. .. .. .. ... . .
246
2. Le Salesiane Oblate del Sacro Cuore, di Bova Marina . ... . ..
248
3. Le Apostole della Sacra Famiglia, di Messina . ... . .. .. .. .. .. ..
249
4. Le Suore della carità , di Miyazaki · ................... ... ..........
251
5. Le Suore Missionarie di Maria Ausiliatrice , di Shillong . .. ..
253
6. Le Figlie del Divino Salvatore, di El Salvador ... .. . .. .. .. .. ..
255
7. Le Suore Ancelle del Cuor Immacolato , di Bang-Nok-Khuek
257
10. Chiamati tutti alla santità salesiana (1 settembre 1986)
259
Il collaudo della Scuola spirituale del Fondatore . ... :. . .. ... .. .
259
Lo spirito di Don Bosco nella prospettiva dell '88 .. .. .. ... . . ..
262
269

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28.3 Page 273

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28.4 Page 274

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LA FAMIGLIA SALESIANA DI DON BOSCO
Lettere del Rettor Maggiore
Uno dei frutti più belli da aspettarsi dalla celebrazione del cen-
tenario della morte di Don Bosco è certamente una consistenza
più forte e uno slancio nuovo per la sua Famiglia.
Rilanciata a partire dal Capitolo Generale Speciale del 1971,
la Famiglia salesiana sta per superare la sua fase adolescenziale.
L'attuale Rettor Maggiore, don Egidio Viganò, vivamente con-
sapevole della sua responsabilità di stimolare i Gruppi e di confor-
tare la loro comunione e collaborazione, ha intrapreso un'azione
di stimolo dei Salesiani verso i loro doveri «familiari», un 'attività in-
tensa di contatti e incontri con i Gruppi , e anche un lavoro di ri-
pensamento e approfondimento dell'identità e del ruolo originale
di ogni Gruppo nella Famiglia. Così ha scritto in questi ultimi anni
un autentico corpus di lettere che sono diventate per ogni Grup-
po e per l'intera Famiglia un punto di riferimento preziosissimo e
sicuro.
Questo volume contiene l'insieme di queste lettere. Ciascuna
interessa non solo il Gruppo a cui viene indirizzata, ma realmente
tutti i Gruppi, visto che l'appartenenza alla Famiglia e la «vita di
Famiglia» suppongono in partenza la conoscenza dei fratelli e delle
sorelle e la capacità di apprezzare le ricchezze varie e comple-
mentari del carisma salesiano.
ISBN 88-01-1·2457-0
L. 18.000