1933_RicaldoneP_Strenna_del Rettor_Maggiore_per_il_1933


1933_RicaldoneP_Strenna_del Rettor_Maggiore_per_il_1933



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1.1 Page 1

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Strenna
de I R ettor Maggi ore
per il 1933
PENSAR BENE DI TUTTI
PARLAR BENE DI TUTTI
FAR DEL BENE A TUTII
I
TORINO
SoCIETA EDITRIcE INTERNAZIoNALE
TORINO MIIIINO GENOVA PARMA ROMA CATANIA

1.2 Page 2

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1.3 Page 3

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coule

1.4 Page 4

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ali'tutti
l,
qlresto
,.A1-, ctD-
Ofa'Co[r'

1.5 Page 5

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-5-
vita dunque
essere quella
ddei i"v-oerriefigeliddi icDairoiGsuhaqudea-
sta terra. Non m'indugio a illustrarvi la
necessità e La beTTezza d.ella regina d.elle
virtù. Basti ricordare l'elogio che ne fa
l'Apostolo dell'a:rore, allorchè, mosso da
superna ispirazione, ci {ice c}le lddòo è
cay'itA,r. «Breve, d.ice S. Agostino, ma
gtantle lode questa »
tutto s, perchè trulla
'. Colla
manca
carità avremo
a chi possiede
Id.dio; mentre, aI dir dell'Apostolo, ancka
se parlassi,rno le li,ngwe d'egli, angeli' e a,ues'
s'irno ,il d,o1to d,ella profez'i,o a d,ess'i'rno ogni
nostra cosa ai, poaeri e 'il, nostro stesso
corpo alle fiarnrne, rna. ùn avess'i'mo la
carità, non ne aarerwno g'iouarnento e. non
saletwmo
Di,o6, è
nulla a. Essa è
tl covnand,arnento
11 precelto-
nwouo 0, è
d,i'
la
pienezza della legge t^ è il legarne d'arc
che stringe insieme tutte le virtù for-
rrra:rrtt la perfezi,onc 8. Fu detto glusta-
inente che « ov'è la carità nulla manea,
e, all'incontto, ov'essa non è me.nca
tutto» e.
In essa è tutta la vita cristiana, la
quale non è se non la vita di Gesù in
noi. f Cristiani, non solo di Gesù portaao
il nome, ma colr Lui furono consepoltì,
e con Lui v'isort'i 70: da Lui ftriono chia-

1.6 Page 6

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-6-
mati allà p'ienezza de17q swa aital, a
Lui i,ncorporuti t2, di Lui sono tnernpra rs,
con Lui fofinqgo un solo cotpo misfTss.
No:r siarAo più noi che vivi".mo, tlob-
biano dire con S. Paolo, rna è.Gesù che
'in nol,i, oòuela, ,ccin Lui siti,tno e d.-tno-
a'i,am.o,r6, censorli ilella sua matura rs; Ora
la vita tli Gesù è carita, è .la pienezza
dell'amore: ed in questa rulità tti ,ffiore
tutte deve svolgersi la vera vita cri-
stiana 1?.
Noi però furnmo chiamati, non solo
alla vita cristiana, che teude alla per-
fezione tlella carità seguendo la via dèi
precetti, nla alla vita religiosa, più
ardtta 18' e «li maggior merito, che sale
alle vette d.elI'nnore pef, gli eÉi sen-
tieri dei consigli. Orbene la vita reli-
giosa, che S. Lorenzo Giustiniaai dice
ebsere, « clopo il battesimo, la grazira più
grande.Che,Iddio
ritn2;, altro non
pos,sa fare ad un'a-
è che « l'ard.ore, lo
sforzo indefesso di raggilngere la pie-
.nezza delTa carità» ro.
Come Salesiani poi non dobbiemo di-
mmticare che' S. Francesco di Sales,
ptopostoci d-al B: D. Bosco a rnodelloda
cui ricopiare le virtù e perpetuare 1o
spirito, è il SantÒ della cariG, della d.ol-

1.7 Page 7

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-t-
ceza, dell'afrote Egli uoo si appaga di
esteriorita, ma vuole la virtù dre è forza,
che è sforzo; vuole Mzi l^ régina tlelle
vlairtùru,,odrteellaeo.q-uEarlea ècodnevttiontcohechè elorttuetctoorneè
possibile ad un'a,nima in:fiqmmata dagli
àrdoit prristi-i tlell'a:riore. Questo ap-
punto òi'spiega l'operosità .instancabile
è I'efficaeia prodigiosa del B. D' Bosco
che volle la- carita flotma costante tlel
proprio operaf,e, base tlel suo sistema pe-
Sd,ean4z;oagdicio,e- s"at,tE;-gali
del suo' apostòlato.
ce ne qrnmodisce, aofl
safenxo mai:ducatori'-second.o il suo cuo:e'
Chiamati
gloriose del
p-Peardta:en,todwaissieag,:uniore alei
onne
aezi
per riuscirvi. Ira vostra pret! ne conosce
é pratica: io mi propongo d'illusÉarvene
alcuni che la Strenna oppoÉunamente ci
suggerisce.
PENSAR BENE DI TUTTI
Essa ci esorta in primo luogo a « pe$'
saf, bere cli tutti».
Pensare qui è. usare
bepg'della
metrte
r
a. formula,frc-_gludizi sul conto tlel pfos-
s1fl10.

1.8 Page 8

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-8-
Difrcile, anzi tremenda cosa questa del
giudicare. Perchè a;orzihttLo l'inteUieenza.
ch'è la facoltà chiomata a giudicaie, ha
riportato dal peccato d'otigine uua du-
plice ferita che Ia i:rduce a errare uella
ricèIca d.ella verità e nelLa conoscenza di ,
quanto è lecito od illecito. È poi sort'-a-
r:rente diffi cile penetrare nell'etiim6 6;1.6ri
se ispcaunòdargeltitaarnmeeuleteiutgernuzdiiocnair.eEGppnuzrae
non
una
esatta e totale conoscenza d.elle cose.
« fd.dio solo può giudicdre, diceva
'
S. Agostitio, perchè Dgli solò legge nel
'",.ti-t,;.-'t!,t'!,,.!,ti,,w'.;i_.1;',,','.il1fdpgtrelqrui-nuùr"azzn4iairgcoeeean2cgi{'oS,unc,n,SiodèòBltieet-ootcén{sÉdmiaoeelveoveiodi-gnd-,àlàntueuDoorrzrirogaasi»*r»,,»y«èat,Àlètri.g.lavgPrieezrÈnoiriogcud-_aii;nò*Sdaò,peeza]sptUioonezg:-o_r--r,
'i".r.'i,,. --i-.,-'
è vera pazna, dicono a coroi pad.ri, voler
grudicafe senza essere euidati dalla ra_
''l' 7 17
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..." i:
." 1 1
.'
,,1Ir,
rpyutge,ea"w@ert]eiiMS. aA.:rkto§ni9no§, rq:uidasei upo.n
v'è ehi sia Iibero da questo viiio: it :a-
6
eceirldsouted,diiltor,eltiguitotsi on,eilsolaniocom, ailccShuipaetir»ioraer,
perchè purtxoppo « siamo più portati a.
cer,su.rare gli attruidifetti che.i nostri» cl.
D ahi sei tw, grida l'Apostoto, che gi,u-

1.9 Page 9

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-9-
di,chi it two fral*lto? 8e. Ricorda etre è
Idd,i,o che gi,w.di,clz 80: è Gesir Cristo che
fw costitwilo gi,wdice: « non essere teme-
rario al puntò da sostituirti alui, usur-
pandore ta dignita e i poteri»'ar.
Che se poi sei pervaso dalla libi<tine di
giudicare, gi,udi,ca te stesso 32: con ciò fa-
rai atto di veta rrmilfj, q-entre è da
Pca'a"'fgpgeiiq#u81diln}licgtBarorle.t{rq?rauf.rsa.otnesOanoria§nm! oiolncqisidirataimtloofafcfrheloiiag.mdRia.t-ii---:Ugr,='ti+rlii.i
cordiamo che Iddio stesso ruandò òl swo
Di.ui.n Fi.gli.uolo non già, a gi,ud,i,care òl
rnendo, tna a sahtarlo.s3 e che stamo ,ine"
scusabi.li, allorchè 1o faccinmq perehè in
qwella che gi,uili,ch,iamo gl,i, altri. aondan- -
n'i,amo nti stessi 8a: ed invero l'esperienza
ci
ammonisce
che
cad.iamo
nelle
1]
stesse i
.co'sò.
È tanto detestabile questo vizio che
S. Giovaani Crisostomo lo paragona al
vile mestiere di vuotare cloache e di
metteuee in mostra il luridume. Aazi
S. Gregorio Magno ci awerte esservi in
ciò fare tale pericolo, che « l'uomo, men-
tre si afiao:ra a giudicare le altrui mi-
serie, finisce con perdere il bene dell'in-
telletto » e5,

1.10 Page 10

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-IO-
All'incontro qua:rto conforta il pen-
sare che sa non giud,icheremo 36 o se in-
vece dr giudicare gli altri gòwdicheremo
noi sless'i81 , sfwgg'irerno i giudi,zi, di Di,o38.
«Questa è vera sapienza, dice S. Ber-
flafdo q0; questo è lavoro utile che ap-
porta frutti abbondanti di salvezzd, h'en.
tre, giutlicando gli altri, oltre a sciupare
7Paecfc.aat»icda,os' i qta spesso e faoilmente'si
* ,r *
acQciunagniatlmo opcoi iaè
dover nostro giudrcare,
farlo con hepidazione,
pensantlo che « siqmo uomfui; facili ad.
' etrare» 41. dlota soprattutto dobbia-o
aver i1 coraggio di ripiegarci su di noi
stessi per mettèrci dtrLafrzi i molti nostri
difetti e l'assenza di tante virtù42. Inoltre
ci sia di gdda la massima irond.erazione;
ssatnitiam6, stud.iÀmo, valudamo bene
le cose: ascoltia,nro, cooe ta,uto ci rac-
comand.ava D. Bosco, le due samFaEe.
«Coffe pazzeme$te alla'morte, awerte
S. Benrartlo, chi è precipitato nei suoi
giutlizi» as. Ove poi manchinci prove o
sicuri indizi, noa si addivenga a formu-
lare un giutlizio di condanna.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Ma ciò *" ,r;;
deve starci
a cuore si
vada mal
ètlicshgeluo:lgton-idnaollas-tr-oeag{iituàdizeio.
nou
San
Francesco di Sales ci esorta a. non com-
piacetci comunque raflegrarci del
male: vuole all'incontro che abbiamo.
paura d'incontrarlo e proviamo gioia aI-
l'orÈchèvenroon:
lo troviar:ro.
chi è clxiahato
a
giudrcare
deve arnare ta giwstòzi,a e attenersi ai suoi ;
detta:ni a6 rrralla giustizia non è asprezza,
non è rigore, non è compiàcenza del male,
libidine tli vendetta. Ecsa è soprat-
tutto verità, la quale, a sua volta, forma
I'aureola più leggia.aha della ca,rità.
Se io giwdjco, dice il Signote, è uaro il
rnio gi,u.d,i,zì,o ao. Volesse il Cielo che anche
tlei giutlizi nostri potesse a^fieraarsi al-
trettanto. Non awenga che altri possa
dire che giudichiamo aweotata^mente,
dando ccrrne certo ciò che è incerto, come
cattivo ciò che è buoao, petchè accecati
dalla passione, poco sereni, vittirne clella
prècipitazione e di troppo imperfetta
èongsì"trra delle cose. Per formulare quel
giusto gi,ud,i,zòo iuculcato da S. Giovnnni rz
dobbiamo stud.iarci di non tleviare nep-
p-fluureenzlexgég;edrmr ennotne,
di non lasciarci in-
permetterelnemmeno

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_t2_
lontanamente qualsiasi accèttazione di
persone.
Attenti poi alle insinuazioni, parago-
nate da S. Benrardo a una turba di vili
. mchaencinhvi amd.aoin,odilc'aetrilioSdaenltloa,-cilaspao,rt«inNaoiào
vigilc,.e cioè il pensiero della nostra pro-
fessioue»{8. Siamo religrosi, forse sa-cer.
doti, e non sia mai che ufl servo di Gesù
Cristo, un suo d.iscepolo- g minisfue, fi4
rieetto, anche solo per breve tempo,:
nella sua mente, atd perverse insiuia-
ziorrj.
tt{.-
It
Profumo della carita è la bontà. Essa
ìi:[t-l rl li' , ,
ri'1.'{ .r-
esclude quelLa che il nostro S. Francesco
di Sales shiaffi4 «Ailarezza di cuote».
Nella.
mente
sua Fi.lotea egli ci
il profeta Aarqs, i1
fiehiama atla
quale inveiva
contro Ìsraele perchè aveva convertito
il
il
proprio giudizio
nefasto narcotico
in assozio.
d.ell'orgoglio,
Contro
dell'ir1-
vitlia, tlell'ambizio:re, del'odiò che annsto-
bia
in
e awelena f intelligenza ed il cuore,
guisa da nou lasci"É scorgere ueflé
ipgsone
. giore e
e flelle cose se non
motivi di biasi:ao, il
il lato peg-
nostro-pà-
lroos suggerisce, come contraweleuo, il

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- 13 -
sacro vino della carità, che, bevuto a
larghi sorsi, ci libera da quei germi e
da quegli umori cattivi che ci Ianno ca-
dere in tanti giudizi storti. « La carità,
continua il Santo, è il gran rimedio per
tutti i mali, ma specialmente per questo.
Gli oèchi degli itteriòi vedono tutto
giallo: il'peccato del giutlizio temerario
è un'itterizia spirituale che fa parete
tutto cattivo agli:ocehi di chi n'è col-
pito»; contro dt essa non vi, è rimedio
più effcace della carita che purifca g1i
afietti del cuore e ridà chiarezza all'in-
telligenza'
-
*'* ,r
il
Qualcuno potrebbe dire: mà
male è notorio, come faremo
quando
allora a
'
peasar bene. di tutti?
stro mite Protettore
il medesimo no-
ce ne add.ita il
modo. Egli vuole che allora specialmente
si proced.a colla massitna carità: e allo
scopo d.i reuderci più guardinghi iasiste
, perchè badiamo a noi, pensandg alle uo-
stre manchevoluz.e. Se poi in fàccia
alla realtà qon potrerno uegate il fatto,
[e scuseremo qlmeno l'intenzione. S. Ber-
nardo ce ne suggerisce i mezzi pratici a0.
« Penseremo, ad esempio, che la caduta-

2.4 Page 14

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-14:
fu casuale, pef ignora.nza o per sorpresa,
più tlovuta a fragilità ed a veemenza di
tentazione che ad. altro ». Mezzo utilis-
simo poi è riflettere che quanto fece oggi
il nostro fratello lo faremo forse noi, e
pegglo, domani, coll'aggravante chissà
dr non peiltircene e dr uon rjalzarci,
mentre ciò seppe fare, ia modo ed.ificante,
colui che noi duro-ente giudichiamo.'
s6rQn trrnsirttào
ne guadagnerebbé Ia vita di
se sapessi:ao pensare di tutti,
senza eccezione, con questa nobiltà dj
sentimenti. Ascoltiarno pertanto il con-
siglio di S. Paolo ai,Romani: non uogl'iate
pi,ìt, oltre giud,icare uo, egli dice. « Non ru-
binmo quqsta pretogativa a[ §ignore» 61,
il quale lo farà a suo,tempo. Egli venae
a noi come. Salvatore e come Giudiee;
ma di questi d.ue ufizi compì solo il
primo mor&e yisse tta noi: il second.o
lo compirà, ne1tro splendore della sua on-
nipotenza, quaJxd.o tutti chinmerà aI
flnale giudizio. Come tlunque oseremo noi
giudicare.in'ogni ternpo? E por «mentre
abbiÀiro tanti motivi di esaminare e di
coffeggere. uoi medesimi, pretenderemo
giudicare gli aftri? » IP. Rientriamo per-
tanto in noi stessi, d.ice S. Agostino, per
vedervi quale posto occupi la carità nel

2.5 Page 15

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- 15 -
nostro cuore. Allorchè un gtanellino d,i
arena ci entra nell'occhio, non abbiamo
più requie; ed ecco che nella mente e
nel.cuore rigurgitano tanti peusieri con-
tr:a4 ella carità e vivia,mo in una falsa
tranquillità. I1 nemico è nella forteaza
dell'enima, .e ci culliamo in una inco-
sciente sicweza, Abbiamo la traue nal-
I'oach'io %ostro e nòn possiemo soffrire
la pagli.wzza 'i.n qwello Qel fratellg.
Gesù chiede all'adultua: Nesswno t'i ha
rpciswopnieodsai,eon.nt-iactao?nEdb-,banenn.oeN,è5sss.osEwggnoious,resrSeeit'rgGroneonsrole,i,ngeeilupT--a
dicare e condannare il fratello?
'
Facci"r'ro agli altri ciò che votrefiuuo
fosse fatto a noi; etl awerno allora quel
pensiero e quello sguaralo puro che tutto
e tutti vede nella luce di Dio, Carita in-
finita, e ue attireremo le bmedizioni sul
nostro apostolato.
. PARLAR BENE DI TUTTI
Il praticare la priraa parte de77a Strenna
porta con sè, comenatutale conseguenza,
la pratica della second.a.
I,a parola iafatti vien detta la veste

2.6 Page 16

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-i6-
del pensiero, « del quale è comé il segno
sensibile » 5a, « Se voffai conoscere il pen-
siero, l'animo cli un uomo, dice S, Ago-
stino, ascolta.ne la parola» ot; tanto è
iutimo e logico il nesso tra questa e
quello.,
desimo
Sco. nBcoenttaòvecnontur'Farresbperlimpaerailgomnee-:
« Come le d.iverse lingue ci fanrqo coao-
scere la nazionalità degl'individui, cosi
la parola ce ne rivela la bonta o la mal-
vaglta dell'arimo » 60. A tagione pertanto
la lingua viene considerata . come <r la
porta d.ella meute » 6?: essa infatti ci
permette di penetrare uel cuore altnri
per iscandagliarne ciò che wi è rac-
chiuso.
Nella S. Scrittura si parla di pensi,eri
dei cuore: d,al ouore, dicèva Gesù ai Fa-
i*i,, escono i catti,ui, pensi,eri,; e corne
potrete uoi, parlqr bene essend,o pèruersi?
La l,i.ngwa paùa d,i quello che è nel cworc 68.
Possismo petciò cOncluclere, col Crigo-
stomo, che « la lingua mette in chiaro
q tcllo che ciascl,no è » 60 : « d.al uo-
stro lnteqro, egli dice, escoro tre azioni
buone o cattiye, come d.al palazzo i
qlessi che manda l'impetatore » eo. « Il
pensiero è il- germe, il procréatore del-
l'azione » 01.

2.7 Page 17

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-t7-
r*
Ecco un motivo di più per insistere
sulla santificazione dei- nostri pensieri,
perchè sante abbiano ad essere nostre
parole. « Ricordate, grida S. Bemardo, ,,
che un rliscorrso vano è indice di una
vana coscienza» 62,
I.a parola ha. per suo nàtufale stru-
mento la liugua. S. Agostino l4 ehiem4
« opera di Dio»; ma soggilrge subito che
«d.i quest'opera. buona si fa purtroppo
- ufl U§o cattivo» 08.
Un senso di sgomerrto ci pervacle al
leggere ciò che la S. Scrittura ed i Padri
h4nrìo detto della lingua.
Non eccessivi gli elogi. La lingua del
saggio vien paragonata ù7a sauità, qae1la
del pacifico alL'albero della ,ai,ta, e la
.lingou del giusto all'argento eletl,o66. -
Molte invece le parole roventi, gli
anaterai contf,o di essa. È una pi,ccola
parte d,el nos!,ro corpo €6, dice S. Giacomo,
ma all'incontro essa è un gtaade male.
Vien chiamata aelèno d;i aspid,i 06; spada
acuta,, a, dwe, anz'i a tre tagli, 67; saintilla
che gran selua ì,ncend,ia8.e; lwoco.di,aora-
tore, lornace setnpre d,ccesd,es, aipera fe-
2

2.8 Page 18

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_rg_
lcoacn,idss,o,ir.me a7t7;osi ttriw,zrznoennetochdei i*?nnfotùaett1a2oi gunni,
mondo d,"inì,qui,tà, l'i,nferno stesso che' s'i,
r'i,uersa sulla pouera wrnani.tà, ?8. « Se al-
cuno, d.ice S. Giacomo, crede di essere
religioso e non tiene a freno la lingua
sappia che la sua religione è vanar» 24.
Nessuua meraviglia pertaato se, con
parole altrettanto roventi, se ne enlrme-
fallo e corldennaflo i mali,
«La lingua seuz'qqso frantuma il
dosso», dice S. Pier Damiqni zs, «Essa
lecca coll'atlulazione, fllorde colla detra-
zione, abbatte colla menzògr.a ?6' ci aliena
gli amici, moltiplica i nemici, suscita
risse, semirra disòordie»??; «come spada
letale atterra e trafigge molti con un qol
t4glio 78, anzi è più temibile,della spad.a
che trapassa il corpo, d.ando essa la morte
a77'er.itr:,1x to.
S. Giacomo ttopo aver detto cbe chi'
non u4a,nca, nel pailare è wn uwno perletto
e pwò tenere a lreno enche tutto i,l corpo,
sogginnge: Noi, mett'i.arno i,l lreno 'i,n bocca
ai, cauallì,; ogni, specì,e d,i' besti'e, d'i, uccel,li,,
d,i serpanti, e d,'altri' an'irnali, si' d'ovna ed, è
stata dom,ata ilall'worno; me la, lli?tgua,, non
c'è uorno che possa d,ornaùa, è wn m,ale cke
non si, pwò.frenare.

2.9 Page 19

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_ t{r_
« Essa lega ogni cosa, dice S. Bemardo,
e non può essete legata»8o. «È più fa-
cile impossessarsi di una forfnzza cL:e
non della lingua»8l. «Più facitnente si
doma il leone che il sermone» 88.
* )& rlr
Da tutto ciò noi dobbiarno detlure che
la lingua, strumento tlella parola, è di
uso difrcile e pericoloso oltre ogni dire,
e fa d'uopo servitsene colla passima cau-
tela. Per ben abituarsi a questa cautela
non c'è frezzo con più insistenza racco-
maudato etl esaltato dai Santi che l'os-
servaflza dd silenzio, il quale consiste
non nel parlare mai, ma nel saper tacete.
11 nostro S. Fraacesco di Sales chiatna
«il silenzio scuola di perfezione». A Suor
Sempliciana che ingenuemente gli diceva:
Monsignore, se foste suora, come fareste
-per raggiungere più presto la per:fezione ?
- il Santo sorid.endo rispond.eva: ro Pra-
- tictrerei le piccole cose; ?o osservetei iI
silenzio; paderei solo quanclo la carità
1o esige, e allora parletei piano, évitantlo
tli far'rumore colle porte e coi passi;
30 tni sforzerei-cli vrvere unito a Gesù.

2.10 Page 20

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. -20-
I foatlatori di Ordini Religiosi consi-
derano il silenzio come pietra di paragone
per distinguere una Comunità osservante
da quella orre l'osservalza non sia ix
fiore, e' cofre fr&z.o effi.cace per ristabi-
lirla. Il nostf,o B, D. Bosco c;inculca so-
prattutto il silenzio dove parla della
castita, quasi ad. ammonire che quello
è lo scudo di questa.
« Fuggi, taci, vivi raccolto )), aveva
detto l'angelo a S. Arsenio, tracciandogli
la via della perfezione. Solo quaado ta-
ceremo noi saremo in grado di udire
quello che S. Agostino chiama « il sus-
surro della voce divina »: solo allota im-
pareremo a parlare con Dio, a pregare.
Ciò ripeteva di frequente quel grande
Maestro di perlezione che fu S. Gio-
vanni della Croce. « 11 mwzo più sicuro,
egli diceva, per arrivare a sapet parlare
con Dio è quello di paxlar poco cogli
s6minì1. 11 silenzio è r:na preghiera pre-
ziosa, ma troppo sconosciuta. Se gli
uominl ne conoscessero l'efrcacia, le pa-
role uscirebberg dalle loro bocche colla
stessa rlifficoltà che le monete dalla borsa
dell'avafo. Non è forse vero che i pec-
cati di liagua sono que11i che più fre-
quentemente dobbiamo portare ai piedi

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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del conressore,;;;", og:r.i sera,
nell'esome di coscien"a, ci ofirono argo-
mento di rossore e di pena? Dello stesso
S. Giovenri della Croce si legge che si
vedeva talvolta'internarsi uelle gole dei
monti e parlare colle rocce, e ne dava
la ragione: « Cosl ho meno materia da
dire in confessione che quando parlo co.
gli qomini».
Il nostro Santo Patrono d.iceva gra-
ziosamente che <, per evitare le mancanze
del parlare dovremmo avere la bocca
abbottonata, perchè così mentre la si
sbottona si ha il tempo di pensare.a ciò
che si deve direl. I1 B. D. Bosco e il
veneraado D. Rua lasciavano tra i Ri-
cofdi degli Esercizi Spirituafi, uon solo
i bottoni di S. Francesco di Sales, ma
atldirittura il lucchetto che awebbe do-
vuto chiudere le nostre labbra: e non v'è
chinon ne riconosca la profonda sagge-zza.
11 silenzio inoltre è esaltato coi più
ampi elogi e'd.alla S. Scrittura e dai Santi.
L'woyno prwdente taceyà 8s. Ognwno sia
pronto ad, ascoltare, lento a pailare 84. Nùn
essere aaaentato colla bocca e sieno poche
le twe parole 86. Pers,ino lo stolto se tacerà
sarà creduto saggio, e i,ntelligente se chiw-
derò le labbra$$.

3.2 Page 22

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-22-
S. Benrardo, commentald.o queste
paÉole, agglunge che « è assai più ilitr-
cile tacere che parlare» 8? e perciò rac-
comandava ai suoi monaci « di fuggire
i parlatori» 88, ove si corre il pericolo se-
gnatato da S. Paolo" dli essere sed,otti da
aane parol,e es. «:fl silerzio c'inEamma il
cuore di arnor di Dio e tlel prossino» 00,
diceva S. -Bonaventura.
Noi che come religiosi
o
sacerdoti
siano stati chia.rnati all'apostolato delle
d4.nelimuogsstrochFeonftolaistoerea,weehtiueost,osaulDl'eisoeml'"pfioi'
cacia d.ella parola, non d.imentichiatno,
e, ce 1o raramenta un filosofo Pagaflo,
che « uon saprerno :nai parlare fi[tafl-
tochè non ayferro imparato a tacete» 01,
***
Ma
stessa
SnaopnienszeamcpifediPceotcrehreaocotmaceerce;
la
il
iernpò d,i, tacere, cosl v'è i7 ternpo di. par
lare oz,
Orbene qui appunto si inccnetrano le
maggiori difrcolta. Come riusciremo noi
a parlar bene? .Non vi dispiaccia dre,
quasi a tillcdzo del fin qui ePosto, vi

3.3 Page 23

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-23-
rid.ica che il primo Eezzo per pafla.t
bene è parlar poco.
Alizit:ttLfo perchè lo Spirito Santo ci
armor:.isce ct;e doae rnolto si, cì,arla la
oolpa non rnancherà sa e che chi, la gran
spreco d,i, parol,e danneggi,a l'aatma suae{.
L'esperienza poi conferma questi em-
maesttaffielrti. Chi non sa che i liuguac-
ciuti sono seminatori fi drscordie, riu-
glisceado ta)ora a spa^rgere la zì,zzati,ia lra
stessi. di.ri.genti,? e5. « Questi disgra-
ziati costituiscono ull vero pericolo, sono
un fermento teribile per le Comunità » 06.
I Superiori poi sa.nrro per esperi.tr.a
quqnto sia d,ifi,ci.le d.i,ri,gera wn c'iarlanesz,
che di tutti preteud.e
tutto il verdetto del
giutlicare e dar
suo i:rsipiente
su
or-
goglio. È cosa provata che gen-eralmente
chi più parla meno fa: v'è io questi tali,
dice lo Spirito Santo, aaaw'i,tà, ,infecon-
d'ità, o8: sono otri vuoti, Con ragione av-
vertiva S. Benrardo che « la verbosità è
rur senrc che non frutto», Talvolta si
vanflo a cerca.re le cause della sterilita
di taluni che, agitandosi scompostà-
mente, setnbrano compierer rul aposto-
lato. Ma come potrà compiere opera d.i
bene 1o stolto incapace cli tacere? Come
raccoglierà frutti chi non semina che

3.4 Page 24

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-24-
parole inconsulte, generatrici di lotte e
discotdie? No, no: le messi uon biondeg-
giano mai nel crmpo del linguacciuto, su1
quale non scende la pioggia fecondatrice
di Dio brilla il sole della d.ivina ca-
rita! I al"nipoli delle opere buone non
si custodiscono nellè case senza porte e
senza finestre: non pottà.consersarsi il
calore del divino ,trore nella fomace
sernpre aperta. Eppoi l'Eterna Sapieuza
ci ammonisce che dowemo rend,er conto
a Di,o d,i ogni, parola oz'i,osa. Ora qaale
conto ror. si dowà rendere d.i quelle pa-
role che, non solo norr hsnto ragione di
essere, ula che awebbeto tante ragioui
di non essere?
Dirà taluno: Ecchè! non sarà più le-
cito passare ua'oretta in conversazione?
Sempre che si tratti di conversazioni
condite col sale della carità nulla vi si
oppone. Ma se una conversazione si svolge
nella frivolezza, si elitnenta di pettego-
lezzi e può facilmente degengrare, come
ttoppe volte awriene, in maldicenza,
allora fa al easo un'osservazione di San
Bernard.o. « Non avete mai pensato, dice,
a che cosa può servire quell'ora che voi
sciupate in varre parole? Essa può ser-
yire a far peuitenza dei vostri peccati, a

3.5 Page 25

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-25-
ottener€ il perdono, all'acquisto delle
grazie, ad accrescere i meriti e la gloria
del Cielo».
*rr*
Nou solo col molto parlare, ma più
encora
col
parlare
nale
si
vien
,
meno
alla carità, Antlrémmo troppo pet le
luaghe ." s'i::.drtgiassigo a passare in
rassegna tutti i differenti modi di par-
laré inale: limitiamoci «[ ssnminams i
principali, incominciand.o dalla maltli-
cenza in generale,
Mald.icerua è tlke male. Il Crisostofio
osserva « noa esservi peccato più gave
e più lacile di questo. Per corirmettedo
infatti non vi è a;mgr111 di tenpo,
di dilazione, nè di spesa, di prepara-
zione: solo che si voglia basta la lingua
a commettetlo».
Triste condizione la nostral Iddio 1rcse
sulle uostre labbra unguenti preziosi e
noi, a guisa di cadaveri, vnmifiams pq-
ttedine. « Le fiere, è sempre il Criso-
stomo che parla, divorano le i:arogne,
ma ciò fann6 p"t"tr6 spinte tlalla fame».
«L'uomo invece senza che nessuno lo
obblighi o spinga, morde, dilaaia, divora

3.6 Page 26

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-26-
il fratello». «I1 maldicente non rispar-
nia nessuno,
pisce l'qtnico
dice S.
come il
Benrardino: col-
nemico: non fa
d.istinzioae cli parentela o di tlignità, tli
luogo o d.i tempo». S. Bernartlo fa giu-
sta.rnente osservare che persino « i di-
scotdi sono cOtrcordi nel seminaf,e la
discord.ia e si affratellano e familiariz-
zaao p:dr di fare d.ella maldicenza» s0.
Il maldicente poi, come il serpente,
trama ed agisce nella macchia, sch,izza
'il oeleno nel, segreto 1oo. Talora la slealtà
del maldicente si maschera di piacevo-
Lezza e si ammanta di carita. « Si è tro-
vato il modo, dice il Bourd.aloue, di far
a pezizi e d'insozzare il prossimo, non
grà per odio o per collera, ma per un
sentimento di pietà e quasi a gloria di
Qio». Ma, awef,te giustaroeute il nostro
S, Francesco di Sales, « costoro che spar-
Iano facend.o preamboli onorifici o inter-
calando frasi gentili o motti piccanti,
sono i maltlicenti
nosi di tutti». Il
più sottili
Tommaseo
e più vele-
paragona i
maldicenti ai « raccoglitori di bioccoli »,
e cioè di quei fiocchi di lana che corosi
clalla rogna o strappati dagli ste4li ven-
gono lasciati dalle pecore aI loro pas-
saggio. Ei questa vilissima borra si com-

3.7 Page 27

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-27-
piace iI maldicente. « Ma è qli du:rque
iqssitite, continua il Tom:naseo, che il
male sia cosa bella da d'ovedo con
ta.nta cura ragunare, fllare e tessete e
ricamare? ». Ah no, flon cou questo filo
s'intessono gli abiti della virtù!
*'1.*
E che dowà d.irsi quanclo i maldicenti
non siano seraplici cristiani, ma reli-
giosi e sacerdotl? « Quale biasimevole e
iatua incongr.uenza, esclrr.a S' Gerolemo,
illudersi dr esserci rinchiusi nd chiostro
e poi colla liagua divagare sulla faccia
della terra!))101. E non già per salvaf,e,
ma per dilaniare le qnimel
« Se noi cadiomo nello stesso difetto
degli uomini del moutlo, tlice S. Bernardo,
se noi pure siamo maldicenti, a che pro
tante niortificazioni e le penitenze d'ogni
eiorno? Ecchè non poteva trovarsi una
via più comoda per
temòl etr io non so,
precipitare
contirrua il
uell'in-
Santo,
con quale cqscienza possa i1 flolraco
piegare Iddio colla stessa lingua che
iDneion!tiCscoell,amlinalgeudaiceir,romraotramoilria»fre1s0c2o. Mdieol

3.8 Page 28

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-28-
Sangue di Gesù Cristo si dilàr'ia 1 .oo
Corpo mistico! No, no, grida il Criso-
storto, « ehi parla ll lirguaggio del dia_
volo, ha la lingua del diavolo» 1oB.
Queste tremende parole dowebbero
riempirci di un salutare spavento. Dio
non voglia che nelle Case SaJesiane abbia
a risonare mai il linguaggio di satana, e
che qualche figUo di D. Bosco abbia di
sqtana la lingua maledica! Nou awenga
che ua giorrro Iddio abbia a rivolgerJa
qualche nostra Comunità le terribfu pa-
role, fodere della maledizione e del ia-
stigo, rivolte a fsraele: «E fino a qwand,o
gwesta
contyo
pessi,rna rnolti,tud,ine oseyà
di yne Lo! flella persona
di,r
dei
male
miei
figli, dei cristiani ch'io ho redeati col mio
Sangue? ». E d'altra parte non aWenga
nepprre che qualche confratefo, nel
suo sconforto, affiareggiato d.alle maldi-
cenze
mare:
fchfeigh1,od,cekllcaornudi.aansote,sdsaqbMbaad.eyesc, lala-
Congregazione, s,i sono arrnati a cowbat-
teye conlro d,i ,yne 706. fo spero invece che
si aweri in ciascuno di voi l'augurio del
Crisologo: « È tale in rioi la folza del-
l'a+ore che tutto copre, auche i pec-
coti» ros. Ard.a la carità nel cuore-dei
figli tli D. Bosco, douanclo al loro occhio

3.9 Page 29

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-29-
la celeste putezza shs illrrmina, il lato
buono delle cose, movendo la loro lingua
a intonare l'irno delle parole buone e
ad irrtrecciare le ar:::ronie dell'amore.
't*r.
Ma, scend.endo aI particolare, sofier-
miamoci 4fl sseminar due dei più grantli
scogli che si oppougono al parlar bene
tli tutti: la critica e la mormoraziohe.
I,a critica awelena le iniziative e
trascina al pessimismo. La parola non
ha per sigrrificazioue odiosa, altro non
iud.icantlo, secondo l'efimologia, che l'arte
di giudica-re, mercè la quale si ricerca e
si appura il vero. Ma in un senso più
ristretto vale l'esa.rne dei difetti di un
lavoro; onde nel linguaggio corrente passò
a denotare la malsaaa tend.enza a, co-
gliere e biasimare, nelle qualita, nei co-
stumi o nelle azioni altrui, i lati man-
ncaonntireoprcersesdautdi etagelin. eQraueisntauinncalinbaozriioosnae
fatuità che arriva al punto d'illudersi
persino 4l aver fatto cosa utile, quantlo,
colla piccoz.za demolitrice, abbia ridotto
a macerie uomini e cose. Chi è afietto

3.10 Page 30

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-30-
da questo morbo non'pensa che anzichè
abbattere e distruggere, urge er{ifiqarg'
e S. Paolo ci ricord.a essere la cariùù
quella che costru'i,sce 7o7,
Un'a critica sifiatta, colla maschera
clella scienza e dell'arte nell'ortline in-
tellettuale ed artistico, e colla paryèa7a
del maggior beue ueIl'orrling m6ià1s,
tutto attacca, di tutto discute, uulla ri-
spetta. I,e doti e 1e azioni dql'intlividui,
siano sudditi o Superiori, gli ordini d,el-
l'ubbidienza, le iniziative dei confratelli,
le lsro opere scritte od. efiettuate con
fatica e sacrifizi, l'andamento delle case,
lo sviluppo e l'orgeniz2azisas flella no-
stra Società, tutto, senza eccezione e
5enz4 3igsa1flo, deve pElssare atkaverso
il vagto dei cqsì detti critici, impancati
sernpre a fare da giutlici. Chi poi desse
credito alla loto lingua awelenata nulla
più incontrerebbe tli buono, in alto
ftr basso. Se di questi cotali ae spun-
tassero fra noi, si vedrebbe che mentre
la Chiesa e le Nazioni, il Papa e i Reggi-
tori dei popoli, i buoni e fi:ranco quelli
che militano in altre flle tessono elogi
della Congregazione e farrro istanze per
l'intrapren,limento di nuove opere o per
l'ampliamento di,quelle esistenti, il loro

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- 3i -
occhio miope ed ingiallito dalla critica
bile, altro non saprebbe scorgervi fuor-
chè difetti e miserie.
Ma il male non resterebbe in essi so1i.
I,a sfrontatezza del dire e il veleuo del-
l'acrimonia esercitano uu'azione nefasta
sull'nnimq tlei più grovani, dei più ti-
midi, soprattutto degli e.ncora novellini
ed inesperti. La critica, che troppe volte
è resa'a,ucor più esiziale <lalla satira, tlal
sarcasmo, dd frzzo, tlal motto salace,
d,a11'argazia, che S. Francesco tli Sales
dice essere la più crutlele maldrwzq
finisce per intimidire, facendo aviaztre
itniplifciohreeretab^bneteroiniizl iabteivnee.
di zelo
Dove
che
poi
m,ol-
il ti-
more e 4o scoramento, come spesso ac-
cade, si comunicano e divengono conta-
giosi, si adtlensa allora sopra uua casa la
nebbia del pessimismo, che pesantlo su
ciascuno come cappa di piombo ne pa-
lalìzza la benetrca azione.
Ora noi, formati alla scuola ilel Beato
D. Bosco e nello spirito di S. Francesco
di Sales, siamo e vogliamo essere sereni
epecorsptarniuticoipttioim, isptei.rcE1oèsiailmlimo nitoantasollao
fid.ucia flostra in Dio e la conviuzione
che anche l'uomo caduto è capace, col-

4.2 Page 32

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- 32-
I'aiuto della grazia, di sompiere, nel di
I,ui nome e per la sua gloria, le opere più
meravigliose, ma ancora perchè l'espe-
rienza, ed a noi basta quella dsll'rrmilg
nostra Socielà, ci ammaestra quanto sia
stata grande s 6rrrifig4 la bontà divina
coi poveri fuli di D. Bosco. Un solo
sguardo alla fioritura mirabile delle Opere
Salesiane basta per conservarci ottimisti.
Non vale la cecità del critico a negare
questa luce meridiana, non può lo stridìo
della sua voce maledica sofiocare f inno
dr esultanza che sale aI cielo tlai quattro
angoli del mond.o a lode tlell'Opera tlel
nostro Padre, il quale vuole al suo
trionfo associati i suoi figli. Pieghiamo
il ginocchio e gridiamo: Non a noi, o
S'ignore, mon a no,i, rna a te ùu,tta la glori,a!
Niuno pertanto aseolti'pai i figli sna-
turati che ferissero nel cuore stesso la
Congtegazione nastra Madre. Isolio,mo
cotaggiosnmente chiunque attentasse a
contagiarci col prurito di riforma.
Il nostro Beato Padre, nelle "Memorie ai
suoi figliuoli §alssisni" lasciava scritto:'
« Si facciano tutti i sacrifici possibili, ma
nou siaao tollerate le critiche intonro ai
Superiori. Non si biasimino gli ordini
dati in famiglia, si d.isapproyino le

4.3 Page 33

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_33_
cose udite nelle prediche, nelle couferenze
o scritte o stampate, i libri ili qualche
confrat"lto. Ognuno soffra per la drag-
gior glorira di Dio ed in pènitenza dé,
sqoi peccati, ma, pel bene dell,"nitra
sua, fugga Ia critica nelle cose fi ammi-
uistrazione, nel vestito, rrel vitto od abi-
tazione, ecc. Ricordatevi, o figliugli ca-
rissimi,
diti e
che l'urrione tra Direttòri
l'acòord.o fra i :aedesimi
e sud-
forma
nelle uostre .case un vero paradiso ter'-
restre. Non vi.raccomando penitenze o
mortificazioni particolari: voi vi farete
gran merito e formerete Ia gloria della
Congregazione se saprete sopportare vi-
geldevglrnente le pene ed i dispiaceri
della vita con cristiana rass-egnaiiotre».
{cihne
già
qui it nostro Padre.
Egli ancora
S. Paolo ai
"Gi aglrardtii:
Immag,iniamoci
dal Cièlo, copre
Se qwalcwno ai,
d,1ces.se qualcosa rneno conlarune a quanto
i,o ai, lto insegnato, s,ia 677qtrs,t44ane-
**tl
Il nostro Beato padre consid.erava la
mmoicrmi doirauznioanceascaomeedui ntuottdaeiÉpeGggnigorr"iguae-_
3

4.4 Page 34

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-34-
zione. Parland.one qualche volta, il suo
dire fu interrotto d.ai singhiozzi e tron-
cato dal pianto.
Nelle'già citate "Memorie" dedica un
cepitolo « ai conftatelli dimoranti in
una medesima casa». Dopo aver detto
che « tutti i conJratelli Salesiani che di-
mofano in una medesima casa, d.evono
formare urr cuor solo ed un'anima sola
col Direttore lolo », sqggiunge: « Riten-
gano però ben a me-oria chg la Peste
àaggiore da fuggirsi è la mormorazione »,
La mormorazioue fu detta giusta-
mente uno dei più tremendi flagelli della
società, una d.elle più nefaste piaghe del
genere umaflo. I1 suo alito pestifero tutto
qmmorba e isterilisce.
Lo Spirito Santo paragota il rnorvno-
ratove al serpente ros' !s shiatna enopi,otLo;
il mormoratore infatti non ha pietà
vvveeinrrsscoooDldi iiodiqc-uhfereal1ltioeclhlhaaenczrgaelaistospoietnitorueadueldenttioo,dndaèii
sa.ngue. Iddio lo addita all'odio ecl alla
esectazione degli uomini, e
tli lui la folgote dei presciti:
sMcqa,gl,eliadecttoptnttrlro.
Si direbbe che l'Eterna Sapienza abbia
cercato gli anatemi più terribili pln
pirg i péggiori violatori della carita".o1E-

4.5 Page 35

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-35-
Iddio stesso che prend.e le difese del-
l'uomo tatto a sua. immagine; è Gesù
Cristo che stende il braccio 6nnipotente
a scudo del suo cotpo mistico.
fl mormoratore è il grande nemico di
Dio: « esso è un vero demonio », dice
S. Gerolamo; « del demonio ha la lingua
di fuoco che tutto inceneiisce». « Questa
vipera satanica, con un solo alito infer-
nale tre ne awelena di ua colpo, vale a
dire sè, colui con cui mormora e quello
di cui mormora ». « Non vi è nu1l4 di
più
più
abbomirevole, di più
orribile flz' § qussta la
orrendo
massima
e di
tui-
pitud.ine», così parla S. Benrardo. E n'è
chiara la ragione: il mormoratore attac.
carldo la carità attacca Id.dio stesso che
è carità. A quella guisa che Iddio con-
sidera e premia il bene che si fa anche
aI più piccolo dei suoi fig1i come fatto a
se stesso, così cond.an:ra e castiga il male
fatto a qualsiasi di essi. Questo ci spiega
l'unsnime insorgere dei Padri e dei Santi
coutto questo « grande.vizio» 118, contro
«questa iniquità» rra, che al dire del Cri-
sostomo, « distrugge la carita, scioglie
I'rrnità, mette in fuga l'rrmiltà, turba ]a
pace, genera le risse, fornenta le rliscordie,
produce odii, distrugge ogni santità».

4.6 Page 36

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-36-
Il 'monnoratore, essi dicono, è non
solo un omicida e un fratricida, ma « un
matricitla che dissangua e poi contamina
col fiele del vitupetio e del tradimento
la stessa Matlre che lo ha generato», così
il sera.fico S. Bouaventura. Esso non ri-
spetta nè i vivi, i defunti: « come la
iena, dice il Crisostomo, va a dissotter-
tare i cadaveri per saziate la sua fame
libirlins52;.
Sono cannibali i mormoratori, incaTza
il mite S. Bonaventuta, ripetendo sot-
t'altra forma il pensiero d.el Crisostomo,
il quale aveva d.etto essere « i mormora-
tori anche più esecrandi di chi mangia
il corpo umano, perchè ne dilauiano e
d.ivora:ro l'anima». «Non rispettàflo nes-
suno, aggiunge S. Bemardrto: divorano
tutti». A chi dowemmo paragonare quel
disgraziato che, pènetrando in un ma-
qoiÉ"o paLazzo, nàn degrrasse neppure di
rrrro sgua.rd.o. glr atazzi, le pitture, gli
ori e quant'altro siavi di prezioso, ma
si aEannasse invece alla ricerca del pat-
tume e trovasse ogni suo godimento,
tra le ossa putride? Nulla souo, nulla
5ignifigaJx6 pel mormoratore le beTTezzr-
morali e intellettuali di un individuo o
tli una comunità! Egli va solo in cerca

4.7 Page 37

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-37-
del piccolo difetto, delle imtnancabili
runane fualezze per metterle in vista,
P{EsaazniacroeralaSsu. aBloibnidaivneentduiradirchmea,les.ul-
jl'esempio del suo serafico Padre, chiama
mormoratori, « cani di macello », i quali
harno il muso ributtante, perchè sempre
intriso di sangue.
Ma almeno sa^fzrnno essi, i mormoratori,
i cristiafli più virtuosi, i rdigiosi più esem-
plari? No, no; si aweta tutto l'opposto.
«Questa sonlma iniquita, dice S. Aasel-
mo, nasce soprattutto dall'ozio », e l'espe.
rtenza ci insegna che mormorazione e
pozaigonsii.tatrsomnoortmriosrtaitoereinsveiepnarmabairlichcioamto-
cogli epiteti 4i infitgardo, scansafatiche,
farrullone. La sua impudenza, aggiuuge
taluno, ar:riva al puato tli deriàere É-
nanco quelli che devono addossarsi la
sua parte di lavoro. È scritto però che, un
gionro, « ld.d.i,o stes:o, Carità irfinifs s
Vindice di essa, si riderà, e si farà, befre
d.ei disgraziati che la conculcarono,.allor-
clrè saranno travolti nell,'estrerna rou,i,na».
E qui è bene ricordare che della stessa
lcaitostclopoa,ltadsniicoeteilSnd.moBoneromdmao,reavrtiioteerneve.o«lciUocmgoumloaerlosesocdheee-

4.8 Page 38

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-38-
e da chi rnoflnota e da chi, volente,
ascolta il mormoratore». S. Bonaven-
tura ci ammorisgs che anehe aoi « sa-
remo contatiriuati dal loro alito pestifero
se trorr arriemo il santo cotaggio di chiu-
dere loro la bocca». Nom ,aaere farni'lìa--
yi,tà d,i,' sorla co'ì, mormoratori,, grtda
l'Etenra Sapienzs, perckè d'i.rnprouaì,so
aewà, la loro peril'i,zi,one, e chi potrà' desori-
uere la voa'i,na d,'entrarnbà) rrr.
,
Questa
moratoge
e non altra è l'opera tlel mor-
che altezzosamente si atteggia
a riformatore. Egli non farà ehe accu-
mulare rovine su rovine. S, Paolo, dopo
aver ricord.ato ai Cristia:ri tli Corinto i
castighi del popolo ebreo, dice loro:, Nen
vnovmwate acc'i,occhè ncn aouenga altret'
tanto di, aoi e abbi,ate a per'i,re: qweste
cose, conÉrioa egli, accaddero lovo a ttlo'
d,'esempì,o e lurono scritle pw ammoni,-
tnento a noì,. $oto gia troppe le nostre
colpe pas,sate, d.obbiaroo aggravaf,le
colla mormorazioue, reuctentloci ind%ni
rli qualsiasi scusa o perdono.
ttr**
Figliuoli carissimi: ho voluto ricor-
darvi queste cose nou gia perchè io pm-"i

4.9 Page 39

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-39-
che la piaga della mormorazioue abbia
contagiato le noske casie, ma piuttosto
per evitare che ciò awenga, arezi perchè
abbiate a perseverare e crescere rn quella
ssanimif| che meritò il soWano encomio
dello stesso Vicario di Gesù Cristo e che
costituisce la nostra forza e la nostra
gloria.
Il Beato D. Bosco nel sogno dove parla
dei «quattro chiodi» che travagliano le
pa niglie religiose, vitle per terzo quello
che chiama fatale per le Congregazioni,
cioè i motmoratori, i sussuroni, quelli
che cercano sempre di criticare e per
diritto e per traverso. E uell'altro sogaro
della « Fillossera » che è appunto la mor-
aorazione, e chlegli espose e commentò ir
una chiusa di Esetcizi, leggiaroo il se-
guente passo: « I danni che porta questa
fillossera sono incalcolabili. Nelle case più
fiorenti fa pri:na scernare la carità l,rcen-
devole; por lo'zelo per la salute delle
anìms; qut4di genera ozio; poi toglie
tutte le altre virtu religiose: e infine lo
scanclalo le rende oggetto di riprovazione
da parte di Dio e d.a pa.rte degli uomini.
Non fa bisogno che alcuno dei depravati
passi da un collegio ad un altro: basta
iI vento che softa d.a lontano. Questp

4.10 Page 40

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-40-
fu la causa che condusse alla rovina di
certi Ordini religiosi».
Le ragioni che movevano il Beato
D. Bosco a ribadire questo puxto mi-
Iitano anche per i suoi Successori. Nel
trattanre poi,' come avete veduto, io mi
sono studiato di non metterci niente di
mio per non togliere effcacia alle parole
d.ella Scrittura Santa e d.ei Padfi. Ascol-
tin.mone l'ultima esortazione.
« Iddio, essi dicono, ci diede la bocca
e la lingua per lodarlo e ringtaziarlo e ad
edificazione del prossimo». «Che se tu,
invece di ediEcare, distruggi, è meglio
tacere, e noil paf,lare giammai;. « Questo
ricco vaso della tua bocca è destinato
agli usi più nobili: non profanarlo br-vi-
lendolo nei servizi più abietti». «Non
ostinarti poi a ripetere che la bocca è
1a causa di tutti i mali, perchè sei tu, che,
usandone male, la rend.i strumento di
perd.izione ». Suvria, coraggio: « alla stes-
sa guisa che porti sempre con te la chiave
della'tua stalaza, porta pure quella della
tua bocca». « Allorchè poi dowai parlare,
abbi sulle tue labbra il nome di Gesù, che
formi la tua gioia e il tuo cibo celeste; la
tua vita sia un costante sospiro per
Gesù Cristo, che ti riempia e infiammi

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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- 4r' .:a
il cuore e sia il tuo peusiero assid,uo, la
etulaodi2aiùi
dolce parola». E con
suoi e nostri fratelli.
Gesù
qma
:& ,ll rt
Ma è tempo che clalla parte negativa
passiamo ralla positiva.
Noi non solo non vogliar:ro parlare
male, ria soprattutto ci proponiamo di
parla.r be[e. « Cristiano, diceva S. Ber-
nard.o, vedi di ebituarti alle parole
buone». «La tua lingua, soggiunge San
Gerolarno, non tlowebbe saper pa^daf,e
.se non di Gesù Cristo e di cose sante».
. Si,ate santi, 'i;n twtte l,e oostre conoersaz'i,on'i,;
tlice S. Pietro, e 'i, oostvi. d,'iscws'i, siano
cotne qwlli, d,i Dio 110. S. Paolo- fa le
stessè raccomelo'dazionj a cristiani di
Filippi è di Corinto. Pailate bme, l,a
aostra conaersazione sia celesterr?, uenga
d.a Di,o, sàa lalta all,a presen.za d,i Di.o:
parl,ate dn Gesù, Cristo e con Gesl,t Cri,-
sro r18.
Non dimentichiamo mai che la carità
è il distintivo dei discepoli tli Gesù Cristo
e d.iportiamoci in aodo che anche di noi
si possa dire ciò che i pagani dice-

5.2 Page 42

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-42-
vano alei primi cristiani: « Vedete come
si qrnano! ».
Ma troi sia:no iuoltre religiosi. Non
siamo più della terra pur vivendo sulla
tesra; wa, tlice S. Qisyanni, chi, è d.ella
terra parla coine uorno terreno, ch,i, ,inaece
ai,ene d,al aielo paùa d,elle cose aelestitts.
Dowemmo anche noi, in intima unione
con Dio, poter dire come Gesù: Le parole
ahe 'io a,i d,,ico non le di,ao da ma stesso: rna
'il Padre che è con rne aornpib queste
opere7zo, Aggiungasi che il nostro primo
dovere come religiosi è di tentlere alla
perfezione: ma S. Alberto Maguo ci am-
monisce che « giammai la raggiuage-
remo se non sapremo mod.erare la lin-
Bvrirtaa»
rgr. D'altrond.e la carita, che della
religiosa costituisce l'essenza, non
è solo un consiglio, rna urr precetto.
Questa verita tlowebbe risuonare con
m4ggior frequenza nelle nostre confe-
renze ed esortazioni e nei sen:roncitri
della sera ai, confratelli. si tema d.i
esagerafe; ove occoffa ricorderemo]anche
noi, come S. Giovanni, a chi ce ne ruo-
vesse querela: «È questo il precetto d.i
Dio, e basta la sola sua osservpnza a
renderci perfetti». § aiuterà a praticarla
l'aureo consiglio di S. Ambrogio: « La

5.3 Page 43

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_43_
personà saggla, eg..li draice, allorchè dovrà
parlare, penserà.prima ciò che deve dire,
a chi lo deve d.ire, dove, quanclo e come ».
**tl.
Dobbiirmo arrzittttto dire la paroia
buoua. La S. Scrittura, la inculca insi-
. stenterrente: Dal vnio cuove esce la parola
buond,; la parola aevace t'i, facc'i,a da battd-
strad,a; la' parola d,i, Di,o è vetla: non a
caso nelle sacre pagiae ci viene ricortlata
la parola della fede, d,ella pace, d'ella gi,w
sti,zi.a, deila sal'wte, la parol'a d,ol,ce, sana,
irreprensi.bile.
I Padri alla loro volta, ci raccomandano
la oarola vetitlica, udle, mansueta, in-
sod:aa le parole che, come quelle tli GesùI,
siarro spì,rito e ai'ta.Se poi invece tli parole
buone ed- edificanti, fosse gftrata al no-
stro orecchio qualche cosa che possa es-
sere di nocumeato al nostro pross'irno,
niuoì,a in noi,.
Dobbiamo inoltre badare con chi par-
liat"o, perchè non si parla con tutti_ allo
stesso foodo. Col Superiore userai flliale
confclenza, col fratello non rlimeutichetai
che devi etlificarlo e colla parola e col-

5.4 Page 44

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_44_
l'eseffipio; coi giovani, sr:Ile orme del
Calasanzio, parlerai loro come se cia-
scuno hsse Gesù stesso: colr altre per-
sorre avrai ua.dignitoso riserbo, chè è
scud.o della carità e tlella castità.
*{r*
a
steun_llVteai s.nooCnsoiaiaspecoupi ratiloeroisllesuaod.rgrelhivnieaofvleflesoslealraevippg;ritolù,apnraizrtaa-
cogcljrza ha potuto conoscere quaii
tali'luoghi;
il refettorio.
mi
limito
ad.
indic-a::re
si-ano
uno:
Il vescovo Possidio, che visse circa
euarant'anni con S. Agostino e ne scrisse
!Daovttiotare, ,dpiceer cchoemqbuatetel rgeralnademSoramnotora-e
zione, « peste clell'umaua convivenza»,
aveva scritto nella sala da ptanzo ouesta
speanrtoenlez,a:ro«dCehrieunlqauevivtadtiàe,glcioa1slséesnutie,
FPpi.
lui»128.
qTlaelvqouletastapfinernipsraes1e1onseèvfeartrt-aenpteer
ldliavnnecuoticahlicudni iqcuoeelpl'aiswcoispoi ,sudiocieafadmoillioar3oi
che,
pure
o si
.egli
ssicasnacreelblabsesevroistqoueobi bvleigrastioo-pa-

5.5 Page 45

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-45-
lasciare la mensa e a rinchiudersi in ca-
mera. Di ciò, d.ice il vescovo Possidio,
posso dar fetle io ed altri con me pre-
seuti. Gran profltto ne verrebbe pure a
noi se, non solo nel refettorio, ma dap-
pertutto vedessimo scritto a grandi ca-
ratteri e praticassimo quell'aureo con-
siglio.
S. Bernard.o ricardava allo stesso Som-
mo Pontefice Dugenio fII che « è sempre
utile la custodia della lingua, la quale
deve soprattutto frenarsi a mensa» 18s.
Un episodio, u:ra lepidezza, :uurt'arglzia,
tutto serve da piano i:rcliuato per far
seivolare nel precipizio tlella mormora-
zior,e.
GIi stessi awenimeuti pubblici pos-
sono farci cadere sul terreno della poli-
tica, la quale, troppe volte, accalora,
esalta, divide, rompe la carità e trascina
financo alla formazione di gruppi e par-
titi. Noi sappiamq con quanta insistenza
il nostrò buon Padre raccomandasse ai
suoi figli di non occupa.rsi tli politica.
Diceva « essere sua ferma inteuzione
che i salesiani si tenessero 5empre estra_
uei alle lotte politiche, non avendoci il
Siguore chiamati per questo, sibbene pet
i giovani poveri etl abbandonati». «La

5.6 Page 46

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-46-
mia politica, diceva a Pio fX, è quella
di Vostra Santita; la politica del Pater
moster ».
Sull'esempio del nostro Beato Fonda-
tore contribuisca ognuno di noi alla
graadezza della Patria e al- migliora-
mento della Società, consacraado le
proprie energie all'educazione della gio-
ventù, plas6ando cristiani ferventi e cit-
tadini intemerati. Fedeli alle sue diret-
tive, rispettiatno le Autorita costituite
ed eviti"mo apptezzarneiti e discussioni
che possono firianco compromettere le
opete che ci sono affid.ate. Ecco quanto
dice a questo proposito S. Francesco di
Sales: « È costume geflefale criticar li-
beramente i prlncipi e sparlajre d'intere
Nazioni, secondo le d.iversita ilei senti"
menti che si hutrono a loro riguardo:
non commettere, égli dice, questò fallo,
che, oltre l'ofiesa di Dio, potrebbe ti-
rarti acldosso un mondo di brighe». In
una Congregazione che come ld nostra
accoglie, nel nome di D. Bosco, soggetti
di quasi tutte le Nazioni, il eonsiglio tli
S; Fraucesco di Safes è da tenersi ognora
preseirte.
Don Bosco, per tenerci lsnfqni flalls,
polifica, ci consiglia di non lqgete gior-

5.7 Page 47

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-47-
nati. Udii raccdntare da chi ne fu testi-
mone che un giorno il nostro Padre,
avendo visto Don Durando sotto i por-
tici clell'Oratorio, ckcondato dai giov4ni,
corr rul giornale in mtino, lp riprese
p- u«bLblaicalmeettnutera. dei giornali, egli dice,
toglie gtan parte del tempo agli studi seri,
volge l'enimo a molte cose inutili e ac-
cenIldepelenspiearsosido.ni iDP.olBitiocshceo».conserva an-
cora tutta la sua forza, aazi oggi ne ha
più tli at'lora, perchè l'accresciuto nu-
mero d.ei gromali ne rende più necessaria
l'osservanza. Non intend.o eutrare di
proposito in quest'argomeoto, ma, anche
solo sfioraad.olo, sento iJ bisogno di dirvi
che'se voglia:no evitare che, fra noi, vi
sia i,l rcgio d,i,aiso, i'l regno della desolà-
zi,one di cui parla il Redentote, dobbiamo
allontanarne tutte le cause, e, tra queste,
non sono le meno funeste, la lettura dei
giornali, i partiti e la Politica'
{. *
'1.
Anche la ricreazione, o meglio, le con-
versazioni d.urante la ricreazione, pos-
sono divenire uno scoglio contro la ca-

5.8 Page 48

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-48-
rita e trascinarci alla mor::rotazione. per
quanto è po*sibile, facciamo la ricrea-
zione coi giovani: ne awantaggerà il
coqpo e lo spirito. Durante la conversa-
zione poi seguiamo il consiglio del Cri-
sostomo: «V'è qualcuno che dice male?
Tu lo'da. Altri biasima? Tu esalta» lsa.
Si debbono inoltre evitare le questioni.
S, Paolo dice a Timoteo che lo spendere
parole
tile 126.
nelle centese è cosa
fl nostro Fondatore
d,el twtto i.nw-
ci fa la stessa
raccomandazione, mettendone in rillevo
le cagse e le tristi conseguenze. « Alle
volte, Egli dice, per bagatelle da niente
sorgono certi contrasti, dai quali poi si
passa a diverbi e ad ingiurie, che rom-
pono l'urioae e.ofiendono la carità in
'moDduoraanlttaemlaenrtiecredaezpiloorrraebivle».ancora pe-
ricolo di trascorrere a certe facezie e spi-
ritosità che faeilmente degenerano in
burle e beffe contrade alla carità. Oui
viene in acconcio il consiglio del noiiro
Beato Padrs « Guard.atevi, Egli dice,
dal pungere qualche fratello, ancorchè
1o facciate per buta. I,e burle che d.ispiac-
ciono aI prossimo e l'offendonò ìono
contrarie alla carità. Piacerebbe a voi
l'essere derisi e posti in canrone.davanti

5.9 Page 49

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-49-
agli altri, come rroi porete quel vostro
fratello? ».
S. Francesco di Sales fa notare che
« lo spirito di beffa è qna delle peggiori
disposizioni dell'animo: Dio odia a morte
questo vizio, e certe volte lo punì con
straordinari castighi. Nulla è tanto con-
trario alla carità, e più ancora alla devo-
zioae, quauto la poca stima e il disprezzo
del prossiao, e non c'è mai burla o befia
senza dileggio; questo e dunque u$ gra-
vissimo peccato, e i dottori hanno ra-
grone di d.ire che la burla è la peggiore
ofiesa che si possa fare al prossimo con
parole; poichè le altre oftese si fanno
d'ordiriario con qualche stima verso l'of-
feso, mentre questa è accompaguata sem-
pre da vilipendio».
*{r*
Quando dowemo parlare?
L'Ecclesiastico d,ice che l,'uomo sapiente
flaectearà,pfrieug.oaaval
rnomento buono
il Signore di
tÀo. Il
porre
Pro-
una
gward,ia al,la swa bocca e wna porta d,,i cir-
conuall,azione alle sue labbre tz?. Gesù,
Sapienza infinita, taceva davanti a Pi-
1

5.10 Page 50

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-50-
lato, mentre forse taluno potè pensare
che a.llora appunto awebbe dovuto far
uso tli sfolgorante eloqueuza a.sua difesa,
pgichè si trattava di vita o di morte.
Quanto sono diversi i giutlizi di Dio
da quelli degli uomini!
Seguiamo I'aurea regoladr S. Francesco
di Sales: « Si parli, egli d.ice, sempre che
1o esiga la carità »: non per fare sfoggio di
cultura, no[. per vana esibizione, meno
poi pq mettete in ridicolo o criticare il
prossimo, ma solo e sempre per carita
e a iflcr"mento della edi.6.cazione.
« È verr-ente saggio, dice S. Ber-
nardo, chi sappia parlaxe a tempo»188,
Domandiamo a Dio questa seggebza.
tr**
Trfine come dovremo parlare?
S. Benrard<i, voleudo metterci in guar-
dia, ci ricorda che « la lingua non co-
nosce misurarrze. pet'ciò vuole che «le
nostre parole, oltre che rare e vere, si€uro
ponderate» tBo. L& li,ngua ì'ngannatrì,ce e
dolosa, al dir del Profeta, ha le parole
dell,a pyecìpi.tazi.one, qoè d,ell,a menzogna
e dell,a rca,i,na 1sr. Alf incontro la parola

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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- 5r -
misurata, a guisa di pioggia benefica, è
sempre feconda di bene.
S. Francesco di Sales, dopo averci esor-
tati a vedere Iddio in tutti e tutti in
Dio, vuole che « il nostro dire sia dolce,
fraaco, schietto, sincero, naturale e ve-
face, come se parlassimo con Gesù stesso ».
Era convinto, e flon si'stancava di ri-
petedo, che « lo spirito di d.olcezza è il
vero spirito cristiano». Perciò non voleva
parole aspre, arcigue, eoncitate, sguaiate.
Di lui si potè scrivere che il suo parlare
eta serio e pieno di carita, ma insieme
il più r'mile, dolce e afiabile che si fosse
mai ud.ito.
Altrettanto
possiamo
d.ke
dd
r
nostro
Beato D. Bosco: « Nel parlare, così Egli,
e nel trattare usàte d.olcezza non solo coi
Superiori, ma con tutti, e massimamente
con colÒro che per lo passato vi ha,nno'
offeso,"o che al presente vi mirano di
mal occhio». S. Gregorio Magno esorta
« a raccoglietci piuttosto in un ,more si-
lenzioso anzi<fuè tutbare il fratello con
'..
darnori scomposti» 132.
« Se si ha da cad.ere
in
un
eccesso,
diceva Al'tcora il uostro Patro;ro, sia
quello d.ella ge:nttlezza. Chi ti dice una
verità con cÒrtesia ti getta in faccia tlelle

6.2 Page 52

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rose. Come si può resistere ad un nerdco
ar::lato solo
Il Fabet
di perle e
chiamsya
di
le
diamanti? ».
buone parole
«la musica celeste dr questo mondo».
Voglia Iddio che questa musica giocondi
perennemente
diffonda sotto
ogni
tutti
inocsietrlai cConasfaaseciasoi
irresistibile a conquista dei cuori. Ia
ppalircoalagdli,o, lcaelm, ,dicii1c3ea.l'E«Ncduslliaasvfi'cèo,drinopttiiù-
efficace della mitezza per attirare-le
anime» 18r. S. Fralrcesco di Sales con-
quistò a Dio il Chiablese colla carità e
colla soavità inalterabile della sua pa-
roh,,È sempre vero che i mi,ti, sì, yend,àno
paàroni de,i cwoy,i.
Inoltre deve esulare d.alla uostra con-
versazione tutto ciò che, iu qualsiasi
modo, possa riuscire meno $?dito .al
prossimo. Eviti"tno perciò di parlare di
noi stessi iu bene iu malè, perchè,
come disse Fénelon, « parlando male di
pare che s'iavitino-gli altri a dinre
bene quasi forzatamente». d.obbiamo
e§tinargi cocciuti a difendere il nostro
parere. Ove por sianvi persone più at-
tempate e costituite i1 dignif),. staremo
ad ascoltare 1s6. AIla stessa guisa ch'è
scoryeniente interrompere l'altrui di-

6.3 Page 53

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_ 53 .-,
scor.ìso 1so, cogl è d,a slollo, dicono i Pro-
verbi, i,l ri,spend,ere prima di, aaev in-
lsse7sz, Si dira che queste sono norrxe
di buona educazioÉe aJxzichè di carità:
ma Bossuet awerte che « la civiltà non
è altro che il fior,fiore della carità; la
quale avendo ricolmato f intenro del
vaso spande poi all'esterno una grazia
sponta.r.ea e un'aria di cordialita teupe-
rata, spirante la più schietta affezione».
x*rl.
Che se volessimo sir,llst:zzare il fu qui
esposto in una sola ftase, potremmo dile
che le parole nostte saratrxo bupne, e
noi parleremo berre di tutti, quanclo dalle
rostre labbra esca la parola di Dio.
Di Dio è il soffio che ci qnina; sua è
f immagine che ci spleude ia. voll-o; i,n
Lwì, ai,ui,arno, c'ì' rnwou'i,atno e siarno; di
Lui siamo i tewpl,i ai'ui,: è giusto pertanto
che roi sdprattutto, chiamati a couti-
uuame I'opera redentrice e a
la dotttina, di Lui abbiamo
predicaf,ne
i pensieri,
gli a.fietti, le parole. Siamo
essere Apostoli, sempre, in
eodpoibbluiaorgnoo,
con tutti.

6.4 Page 54

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-54-
. Esca pe*ànto soave, eccitatrice, dalle
uostre labbra, la parola tli Dio, quella
parola che faccia nascerè Iddio uelle
mend. e nei cuori. E sarà di Dio ògri
nostra parola se ispirata sempre, a-lla
carità.
S. Agostiuo rivolgeva ua gionro ai
cristiani d'Ippolra questa domantla: « Di-
temi: che è più grande? il Corpo di C.est
Cristo o la parola di Dio? ». E soggiuri-
geva: « Se voi volete rispordetrei r1, vero,
dovete dire che la parola di Dio aon è
meno del Corpo di Cristo, perchè la pa-
rola di Dio fa nascere Gesrì nei cuori ».
Eccovi, o fi§li,carissini, un àpostolato
che tutti, senza ecceziotre di Borta, pos-
siamo compiere. Ve lo,auguro tun§o e
fecondo!
FÀR DEL BENE A TUTTI
'<<T,.a forza della parola è l'opera».rse,
dice S. Bernard.o. « Ricòrdati, egli scrive
allfabate Balduino, di dare alla'tua voce
la voce della virtu. Mi dirai: in che modo?
Procurando che le tue opere sieno in
annonia colle parole, o meglio, queste eon

6.5 Page 55

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- 55 -
duelle. sforzandoti cioè di fare prfuoa
d'insegnare »'g0. « Parlate colle opere, dice
S, Aeostiao, più che colle parole» 140'
Co!ì fece il Divin Salvatore, d'el quale,
rregli Atti,
cbé prese
fugl,i Apostot'i, non solo
aiare e a insegnare lar
è detto
Ea che
aaisscàialsaccuennodotl'ii,l
bene
uoi,
D. Bosco, possano
142. Procut'iatno che
come già al Beato
applicarsi le stesse
oa:ole. Ouesto c'inculca l'ultima racco-
hanaaziane della Streuna'. lar ilel bene
atwtti'
* *ì
Lnzib;rL*a dobbiamo fare, e cioè ope-
raré,
I1
lavora.re.
nostro buon
Padre,
tlal
letto
di
morte. rioetè ben tre volte a' suoi figli:
lavoro, làvoro, lavoro. Questa parola,
che fu plogramma costante della sua
'evmEomriiheaaota"ndrrgdin,otaaàio.vv.uoaorAnislpil-lolefàiodlsrinlosdpotoistesv.cPooiiCtaruaerpo,cnemvoedroÈleb-agpraleriloolc:'culoufhsnirmnpeiigcceeaghnordèlepiurrilmmeroiaz.eclsiodcpusroieooia--ri
i eiòvad ». Gli esonpi tlel Padre siano
ogf,ora luce e stimolo ai figli.

6.6 Page 56

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-56-
A1che
missione
lsi
di
firmtne chiamati alla eccelsa
Coad,iutoyò d.i Dior.r. É;b:
biarno pertanto continuanre
Egli dice, ch',io creo nuoui
le opere, Ecco,
cieii, , n**à
te.vrara{, E qrrali sono queste noVelle crea_
zioni? Ce lo indica S. paolo: Se uno è in
Cristo. è
aecchio
è.wsnpaa.rci,rteoa, lwecrcao
Ìzuoaa, qwel che cra
è soyloil nuoaotat.
. Queste le auove creazioni, cui dobbiamo
aacsovuieooQprieearfltaal.o$rteiòro.wIiLoclcoeohlmlisia,t.l^eurcsadosaconacstoAoild-pelovaresatzvnozdlieotjagi"sgcatiraailvflieiC"n;oidsudotrri
Cristo. Questa è la nrissione nost a i.r
n€rscefe
questo
Gesù Cristo irr
il nobilissimo
noi e nslls anins;
nostro' lavoro.
. Che se i cieli nuovi di cui parla Isaia
si oscurasseto un giorno, e ta tL:ra nuovà
upitrreeieccsrco.treac'ae..asdfQsftiooeuut,,teaocanronitmecdhnei.teerDIil.aailroa,rllpeoncrrgeoiamelllp,goadaòp,o!nembIorbaaiolaco"gcmrrg.hooiiaag,etnàeasc*msoderiraateil
sa"agualcnccheouerodSrgoeUutid,tFriimD,;i1ilgoi1uo,fi_lgliielllleqadluiligai Dilode.seviBg,ulooieslAecotatc,gaheeÈqiusfeiunsootii
pcoompoelog.NfoencetuMboisaèr,roacsi aalvlezczoan"sdoiedrislrnasruoeo,

6.7 Page 57

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la nostra pochezza: alrche a noi dice l'On-
nipotente: fo sarò teco, D'altronde ci
awerte S. Paolo c};e le cose stol,te d,el
rnondo ha scelto ld,ilio per suergognare i
sapienti, Le dcbolezze d,el mond,o ha scelto
per soergogmare ò forti,, e le cose aili d,el
rnnnd,o e le sptegeaol,i el,esse I ild,,io, cose
che non son mulla, per annientare le cose
che somo: acc,iocahè nessun intlivid,uo si
gloù d cospell,o di Dio146.
Quante mirabili eseazioai, quante stu-
pende redenzioni furono compiute clal
nostro Beato Padrel Se dalla sacrestia
ld'8elladiccphirensbaredir8S4. Frreaagcleislclnoizdia'Avsasils,oi,poevrae
sua, noi stead.iamo oggi lo sguardo sulla
faceia della teffa pet contemplarvi il
lavoro multiforme de' suoi figli,-ia tutte
Ie plaghe e so{to tutti i cidi, lo spettacolo
che ci si prese[ta innanzi è cosi grandioso
e consolante da farci esclnmare col pro-
feta: Presso i,l Si,gnore è la mi,ser,icordia e
cop'iosa red,enzione è . presso di 77ai tdz.
* *. *
Coa.d.iutori di Dio, a Lui dobbiamo
consacra.re ogni nostra energia, genero-
shme[te, sernpfe, senza riserva,

6.8 Page 58

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-58-
Il lavoto è l'esercizio tlelle umane atti-
vcceiotsàws.e.anTl,t'wuea.ttcoLal',lu,oonrepnlelo'urnpiilvoeiarsonolao,sTcè^e8,laatvrlolaprouriomirnoo,-
Adàmo, a.nche nello 51"1e f innsgenza,
Il fu collocato nel paradi,so d'i' d,elizia perchè
lo laoorasse 1a0. secondo Adamo, Gesù
Cristo, venuto a 'i,nstaurare tutte le cose 160 ,
volle santificato il lavoro al contatto d.elle
sue rnani divine. I d.iscepoli,sulle on:re d.el
Divino Maestro, spesero la loro esistenza
in un apostolato che non conobbe ri-
poso. S. Paolo, mentre esorta Timoteo
a laaorare 'i,ndefessarnenla rsr, può dite di
se stesso di auer l,aaovato pi'l,t' d,i, tuttir$z,
fino alle catenet|s. Le pagiue mirabili
d.ella storia d.ella Chiesa, tlelle vite'dei
Saati e dei Fond.atori di Ortlini etl Isti-
tuti religiosi solr.o una spleutlid.a apolo-
gra del lavoro. « Lavoriarcro, lavoriamo
serlpre, diceva D. Bosco ai suoi figli,
perchè lassù awel4o un ri1rcso eterno».
Tltu'raarona'vaimiriamampa:roopppeaoor:tcr$ecinhtitengdoqecnulolaendstastroourò:ai«dpInrliemcmolaariPvcMooi erdoss,ièa-
di
il
gciiorqruneo,osiepedciiqslomnennoteogdnoi pnootitle.pLtaulnl.zgoo,
non prenclerò riposo». « Come volete,

6.9 Page 59

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-59-
ripeteva spesso, ch'io mi pigli riposo
mentre il demonio non riposa mai? An-
che se-dessi
puro .dovere
la
».
vita non farei che
Sembtava che il
il mio
lavoro
fosse per lui un godimento. « fddio, di-
ceva, mi ha fatto 7a grazia che il lavoro
e la fatica
riuscisseto
iovece dr essermi di pe.so,
senpre dr ricreazione e
mi
tli
sollievo ».
Nelle "Memorie" si leggono queste
parole: « Qu4ndo avveffà che un Sale-
siano soccomba e cessi di vivere lavo-
rando per le anitrs, allora direte che la
nostra Congregaziote ha riportato ur
graa trionlo e sopra di essa èiscende-
ranno copiose le benedizioni del Cielo».
I1 giomo in cui potessimo leggere rac-
colti in apposito volume i mirabili esocrpi
tli operosità instancabile lasciatici da
Dl Bosco e da tanti suoi figli, avaeruno
inretti, non solo g:a magnifico argo-
mento di edificazione, rr14 uno stimolo
potente a moltiplicare le nostre opete
di zelo, All'inconffo come §arebbe triste
se si d.ovèsse dire cheun figlio tli D. Bosco
non lavora, ma sciupa'neghittosamente
il tempo in conversazioui inutili, in vi-
site, passeggiate, letture, curiosità peri-
colose!

6.10 Page 60

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-60-
***
L'oziosita fu
al mav Moùo,
qgilulastasempeonlttwerapadrealgluoonamtao
vivo, ella stoltezza, alTa caresli,a,.al fetido
sem.enzaio ove geoaiaano tutti i vizi. Ora
cki di noi non si sente striagere il òuore
solo al pensa^re che una Casa salesiana
possa vedersi ridotta un giorno a trlo
stagno di putride acque, aI campo d.el
pigto infestato di sterpi e di gra:nigne?
Mentre D. Bosco dal Cielo condniia a
gridare: Anime, datemi enims! vi sarà
anche rtrr solo dei
questo ternpo aosò
suoi
6rrw
sfigi lei
che sperperi
« tanto ire-
zioso come iI Sanguedi Gesù Cristo, come
Iddio stesso»? 165.
IegDgiecerevaDailvLidaec,orSd.ai'rPea:'ol«o,Q- uSm. dfuoossitiapuoò,
Saata Tetesa, Bossuet, Pascal ed- altri
è peccato perdete il tempo uelle scioc-
ahez,z.e di ua salotto». E noi potremmo
aSgtmgere che si aggrava a n&[e doppi
il peccato, quando chi sciupa il teopo è
,
un religioso, è ua Salmiano che si è con-
sacrato a Dio facm.dogli solenne promessa
d'impiegare ogni sua energia'a sofvezza
flslls qnime. E la carità norl ce Ii mette

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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-6r -
fdeilsnsodsitFriafnrzaiteqluli,escthi e-,di"a"li
e milioni
fango della
colpa o dalls tenebre dell'eriote, invo-
iclarnoo,sptreor.smoceczozorsod?ei
loro
Don
Aageli Custodi,
Bosco, solo al
considerare la cfuta geografca, dell'Asia,
plafl8eva.
Non awenga che nessun Successore di
D, Bosco debba rivolggte anche a uno
solo dei suoi figli le parolg che S. Paolo
scriveva un gionro ai cristieni di Tessa-
lonica: Senl'iama ilì.re che alcwni di. aoi si
cond,ucono d,i,sord,i,natamente, ypTx lacenilo
nwlla, rna dand,osi, d,a lare i,n cose che non
appartengono loron6, Seguiamo invece
il consiglio dellq stesso Apostolo che dice:
« D voi, fratelli, non
brnerr rur. « Bisoga..a
ui, sla.ncate d,i fare del
operare, dicèva Don
Bosco, come se non si dovesse morite
mai»-
I
+*-*
Ma quale sarà il bene che noi, dob-
'
biarno fare? Quello che
p.ato dall'ubbidienza.
ci
viene
asse-
Non è mio propmito addenttar:ni iu
qauedsitrovivac.hsteissaimllooraarngoomi efarxrteom; omiiIlimbeintoe

7.2 Page 62

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, -62-
quando fatemo'il nostro dovere. Se in-
vèce pretendessimo, dedicarci a lavori
ge[iali, ad. opere anche buone, ma dl no-
stra scelta, è dà temere che ci si possa ap-
plicare il detto di S. Benrardo:,« Troppe
volte qudli che sembrano fare di più
operano meno rettarnente» 158. Si ritenga
por che, come ben disse il Manzoni, « non
vi sono doveri ignobili», perchè essi altto
non sono che l'espressione dei divini vo.
leri. « tr dovere inoltre, ammo[isce il
Tommaseo, non s'adempie se rcn fa-
cend.o
che «
pnioùndèel
clovere». Alla stessa guisa
buono, secondo S. Ber-
ns^rdo, se non khi si sforza cli. essere
rnigliore» rse.
Le così detta legalità è unri brutta
parola cher aon dovrebbe trovar ricetto
nelle famiglie rdigiose. È il farisei.mo
che tutto agghiaccia e isterilisce. 11
bene vuol essere fattd con slaJxcio e
gerrerosità. r,
l
***
S. fuostino awerte che, non solo
« deve considerarsi ciò che l'udmo fa,
ma più ancora cou'ehe volontà ecl inten.

7.3 Page 63

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-63-
zione egli lo fa » 180. « I,e opere dell'uomo,
egli contiaua, non si conoscollo se flon
gsaffiinanfls[e la radice della carità, per-
chè anche i fiori hanno le loro spine» 101,
"«Sforziamoci pure di piacere a tutti in
tutte le cose, ma soprattutto a Colui th'è
Massimo su tutti » 103.
« L'intenzione è quella che rende
il l'opera buona » 168, <r che le colore »,
d.ice S. Benrardo 10'. « Lavorirmo Pure
in questo mond.o, egli soggiuuge, :na ron
con Io spirito del mondo» 106. Non cer-
chi4-o la uostra gloria; non lavoriarno
per metterci ir1 vista, per avere l'apptova-
Zione o gli applausi degli uomiui, petchè
avternmo lavorato ihvano, avteruno se-
min4t6 al vento, avre[umo ricevuto la
tremencla metced.e di cui parla S. Ago-
[ stino: « 'eani, vanità » 160. E poi flon è
forse vero che anche la superbia sa co[l-
piere alle volte le stesse opere tlella ca-
rità? « Perciò se vuoi giutlicame tetta-
mente, dice lo stesso Santo, rron arte-
starti alla fioritura, alle appar. enze, fr.a
Scentli al cuore. Se in esso arde la fianrma
d.ella carità puoi essere certo che.non
darà che germogli di opere buone» r07.
Per questo egli ripeteva insistentemente:
«Ama e fa ciò che vuoi» 108.

7.4 Page 64

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-64-
Il
«I
bene *, U*"
buoni devono
*; O*".
essere buoni
dapper-
tutto», dice S, Agostinorrr, e perciò
"
sempre e in tutto. Il bene, pei esserq
tale, dev'essere' completo ed integro;
.
una manchévolezza Jo reade difettoso.
Faceiatnoto pertanto cou bontà, cou
grruia,
diceva
cSoennebceai ,raoods.it.o«ltOehzafolsleomsumpaerlbDiaa,
te non giova ricevere nulla perchè cou-
verti gli sfsssi [sneGzi in ingiurie e gv-
vdealteoniiliqfuaarentoundbaenueofiz. ioQfuaacncdiaotrcoiloviseun-
bilitqou,arliecoIordarincdeoveinaottlttarve,ecrhseo
il
Ia
Signore,
persona
del fratello al-quale lo facciamo, ayna l'al-
legro donatore 1?1. (, Chi subito dà due
volte )) 1?2, dice il proverbio. Un bene.fizio
quasi strappato aforza lascia uu senso di
'disgusto in chi 1o e in chi lo riceve.
Ricordare poi ad ogni passo, e quasi
buttare iu faceia, al fratello il benefizio
fatto, è awelenare il benefizio stesso.
fdentica o maggiore bontà deve usarsi
glrando siamo nellimpossibilita di fare il
benefizio. Allora soprattutto, anzichè usare

7.5 Page 65

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,
-65-
modi'aspri o asciutti, giova far capire la
ragionevolezza e il rincresqimento d.el
d-inrego, come pure la gioia che prove-
remo appena ci vet'rà dato di'concededo.
«Ira,cot'tesia,. d.ice Graziano, empia iI
vuoto del rìinisg61e favore, e la dolcezza
delle parole'supplisca il difetto dei buoni
effetti». Un no d'alpuno piace più tl'un
di attri, pq"hè il ao cond.ito di civiltà,
aggrada.più del guastato.da cattiva
manieta. I,a carita tutto sa e deve pro-
fi:mare di celeste fragxaazal
*
'l
,:
.. -fnfins il bene dev:essere fatto cen co:
ston",a. :
S. Paolo scriveva ai Galati: Non stqn-
chiatnoci, nel lare ,il bene, perchè a ternpo
gi,usto wàeteretno se non c'i ril,iesc'itttuo tzs.
Siate stabil,i, dic.gva ai.Corinti,, s,iate ,in-
cvollabi,Ii, abbondando sempre nell'opera
del
mon
Si.gnora,
è'aana
sapeul,o che l.a
ncl Signore rzr.
fati,oa uostro
Ci consolino
le parole della Sapienza: È glari,oso. i,l
lrrewsettoaid,geil,luesgtie, nlaerodsoeawfattai,orhneerycaed;,eIdt?dai.,oEsnsei
non lqoorarono,indarmo 711; c,iascuno riceT
5

7.6 Page 66

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.
-ffi-
owù, fu fuqfuia qnerceile. seaendn la fatì,ca
Pto-?tì,aee.
Ir'esempio d.el nostro Beato Padre, che
no:r conobbe il ripeo e morl sulla brec-
cira, ci stiraoli e ci rend.a anche iu questo
degni di I{ui.
* rli {.'
I1 beue d.a ultirno lo dobbiamo fare a
hrtti senza eccezione d.i sorta.
Se aoi, diceva il Salvatore, qmate sol,o
cohro che ù, amaw, qwale r'i'compensa me-
i ùtate? Non lanno lorse altrettanto anche
i, pubWì,canì,? E se aoi,.salutale soltanto
s6lyi ,fratell,ì,, che late d,i, straorili,nari,o?
Nen
Nen
lanno
solo,
sfaorrsiveevael,trSetl.,aPntaoo'il,og, edn'otib,liM?ra?rnso. '
il promuouere bmc a'i'cend'eaobnenla e uerso
twtirso, ma è clover rlosb:o ainceye nel
bene i,l, 144a1é!er.
Frequenti occasioni per ciò fa.te ci
vengono ofierte dalla vita di Cqmunità e
tlalltesercizio dd nostro apostolato. Ri.
cordiarno spesso
pronunziate nel
lfeinaplaerogleiucdhizeiov:eInaunueo-
ci,tò, lli d,ì,co,'ohe tutle le uol,te ohe aaete latlo
qualahe cosa @ uw di questi tn'ini'mi, trti
i, miei lratel.li'; l'aaete fqtta, a rner$g. E@o

7.7 Page 67

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,-67-
perchè S.
che altra
Agostino
cosa sia
diceva:
fddio
«
e
Naoltnracriedfeigreli
di Dio».
il
Quale consolante
piccolo favore,
pensiero! La cortesia,
l'aiuto porto al mio
fratello: la carità, l'opera d.i misericordia
compiuta in mezzo ai giovatii, nel iui-
nistero sacerdotale, negli Oratori ,festivi,
nelle Missioni, fotse tra gli infelici leb-
brosi, tutto premiera Iddio come fatto
a se stesso. Per reuderci facile l'eserci2io
della carità Egli ha voluto nascòndersi
sotto tutte le umaie rniserie, sotto ttrtte
le imperfezioni, sotto lo stesso peccato.
Volle farsi abietto, l'ultiwo d,egli. uuni,ui,
l'woyno d,ei, d,oloyi,, caricarsi non solo delle
nostre inJermità, ma tlegli stessi nostri
peccati. Ovunque noi correremo a sol-
lievo d.el prossimo, ogni volta che ci chi-
flereulo per versare balsnmo su qualche
ferita, o porgeremo la mano al cailuto,
o tergeremo le lagrime al derelitto, o
faremo splendere la luce della fede e della
verità nella mentg ottenebrata de1 pa-
gano o del fratello traviato, dappeÉutto
e sempre trovergmo Gesù che ci ripete:
Ci,ò che hai, latto all'ulti,rno dei twoi fra-
lelli lo haò lntto a rne, io te ne darò ampia
ricompensa.

7.8 Page 68

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-6E-
'Con questo peusiero, con Questa ce.
leste visione che afiascina e stimola la
mèntè sarà
umore"e di
facacirlaettveirnec,elree'Iaendtipifiaetrieen; zieddi-i
fetti, le intemperanze, le ggarbatezz,g, le
stessè ofiese, le calunnie, le petsecuzioni:
tutto, sì, sapra vincere la carita, per+è
awa sempre din2717i Gesù benedetto
vivente-nella persona di bgni nostro fra-
tello.
. Corag§io ad.un. que, figliuoli cerissirni;
ascoltiamo ancora una volta lé'voce san-
'tànrente'eccitatrice dell'Apostolo che ci
predica;r Mentre ,ce ne r'òrnane 'il 'tempo e
7'occas'ione faoci,amo del bene a twtl4r89.'
,l
{r ,1. tlt
' A tutti: dunque anche a noi, a,,ciascuno
di noi. « Non è saggici, dice S. Bemardo;
chi non 1o sia alche per sè» 18!l rrou pra-.
tichera"rettaneqtg Llà .carità dti n9n la
eserciti con
ci mette in
gsueasrdteiasscoo. fL,toto'stiel sfsaolsoSaznetloo
che ci fa dimdlticars noi stessi. « Tu che
dishibuisci a tutti l'acQua della vita,
perchè aon ne bevi? » rs6. Tra lg airiÉs
èhe:vuoi salvare la tua deve occupa,re il

7.9 Page 69

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-69-
primo posto. Se per fa.r del beree agli a,ltri
trascuri te tue ptatiche. tli pieta, non .Iai
pitr vita di Còmunità, sei tiasandato
pefsino nei tuoi doveri sacettlotali, che
iarà tlell'anima tua? S. Beraartlo alzsv6.
La voce cÒntro questo svisceramento sui-
cida che, svuotandoci <lellp gtazia di Dio,
mette in pericolo I'arima nostra. Tutta
qriudeollt'atappaareenvteaneospceetonsteitàt,agengalitedliace1,8s0a' rIàl
veto zelo pertanto deve abbracciare in
prirno luogo noi stessi, Esso deve irro-
bustirsi,perenneruente ne1 raccoglimento,
nella pietà.,. nel.urione con Dio'
,k**
Perdonatemi, figliuoli carissimi, se vi
ho intrattenuto piuttosto a lungo. Far-
landovi'hi pareva di avervi' a me din-
tonro e tni era oltremod.o gratlito incul-
carvi la pratica de1la carità, mentre essa
dolcemente ci.stringeva nel nome e nello
spirlto tlel rrostro Beato Patlxe D. Bosco'
Seato il ,bisogno di ridirvi io pure le
parole di S. Agosti:ro: <r Fratellì, io non
mi sazio tli parlarvi della carità, nel ndnxe
di Cristo», «dappoichè . essa è. quella

7.10 Page 70

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-70-
màrgarita di gran pregio, senza di cui
a nulla serve quaato si ha, mentre con
essa tuttò si possiedg)) rez.
Da tutte le
zi_amenti per
parti mi giu:rgono ringra-
la Strenna e promesse di
volerla fedeLoente praticare. So che la
carità è viva nei cuori e fiorente nelle
opere. Ne itngrazio iI Signore e vi ripeto
la raccomandazione di D, Bosco: « Piati-
catela pd.uaque e ne sntete copiose be-
nediricini dal Cielo». Non basta però che
ne abbiamo intessuto l'elogio: « Ne.ssun
valo:e, dice giustamente S. Agostino,
awebbero le fgglie della lode se la stessa
carità
frutti
non avesse 'a produrre in noi i
clelle _opere» 18s. «Esercitiarnoci
pertanto .uelle sue manifesta"ioni' mol-
teplici lper riacceuderla ove occorfa, ma
soprattutto per accresceda uei nostri
cu'oFriig»litqdo.ello stesso Patlre, la cf,i imms-
giae spleude sui nostri volti, uati allo
stesso fine, membra dello stesso mistico
rCeotttpiod, aillll"amsinteasstiadsaplelaranszteas",sa.infefrdeetn, tsnosrt-l
dalla stessa carità, alirnentati. collo stesso
Paae, crsciuti nel grembo della stessa
Chiesa, stretti sotto i vessilli della stessa
Societa, dobbiano sentirci infiamm6f,i s

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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, -7t-
sosphti alle più nobili conquiste dallo
ste3so amore. L""S, tla noi tutto ciò che
1iarcscsaqroitsat.acNoolanrevoi tsl iaanpcheertasonltoo
a$evolite
w,orte,
oita, angeli,, pri.ncipatì,, nè oi,rtòr.;
cose attuati nè fttture, poteslà,."nè
altezze, profond,ì,|à, alcun'altra crea'
tura cke possa separarci d,all'amore d'i, Di'o
,i,n Cr'isto Gesl,t, Si,gnot Nosrro loo. Coraggio,
figliuoli carissimi, continuerò a dirvi con
San Paolo: Non perdeteuì, il,'ani,rno nelle
ga-Ptforalrd'i'z,i,riaeo.ndiI.eotc,hSpeii,,kegognoopreleNt oagositi,,yn,ooackGaehesisaoùndoCavlani'saatnoo,tsitrdaa'a,l
, cui ogni farni,gl,ia e nei, Cì,eti e swlla tewa
fuend,e ntme, afi,nchè di'ak
v'iachezza d,ella sua glori,a
aoi, seconl'o l'a
d,ì, essete, per
rnezzo dello spi,tito di Lui, loilewente cor-
roborat'i wlliuowo intet'iore, e facci'a sl
che Cvi,sto di,mori, nei' aostr'i, cuw'i, per rnezzo
detla fed,e, a aoi, radi,aatì' e fonl,ati, in amore,
siate resi, capacì' d,i' cornprendeve con tutt'i,
'i Santi,, qwal sia la l,arghezza.e la lutl,ghezza
e I'attezàa e ta profond'i,ta, e 'dntentlere
qwest'arnore dì, Cii,sto che sorpassa ogn;i,
icienza, afi,nchè siate ri.pieni''di' twtta l,a.
p-ci,oewnbeazszsai'oàn'ei'
o'i'o 1b1.,. Sa attote aìsaere ili,
rend,ete aompi,uto 'i,l ruio gau'
dio- npl,la aonaoril'i,a uostra, aoenilo uno

8.2 Page 72

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stesso amorc, una, s;tèssa a,nima,.uno stesso
slienli,otbp; 1nruallaansaig, lfoarcic,ai,,a
per
ma
spiri,to d,i tiua-
per umiltà, ri.
ì
.:l
\\l*l l
tenendo ci.escu o gli attri-superiori, a,,se "t
stesso : . non gr.tardi ciascuno solo alle cose
prqprie,
Ahbiate
ma anche
in aoi qwel
saenEtiyueell,cehe'dè,eig.lni.
allyi...
Gesl.t,
Crl,sto 108 Crescete nell'amore d.ella fra-
te,ini.tò,lss e questa comunehza di n.more
renda sempre più fecondo il aostro
stolato à, saivezza delle arrime, nel nome
e collo
Carità
spirito
irfinila
del
Padre,
a
gloria
di
Dio,
Vi benedice d! grall cuo?e il vostro
L
I,
Aff.mo in C. J
Sac. PrSfRo Rrcar,poNE.
F
1..
[,
I
j
i

8.3 Page 73

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i-73-
NOTE,
1i1
(z)
»eus charitas est (I Joa*rru,, IV, 16).
Nescio utrummagnis,eentiusaobii cha-
-ritas commentkiri' possit quam ut dicetétur:
f)eus èharitas est.,
laus.(S. Acosr.).
-
Brevis laus, Eragaa
(3) Tene charitateq ubi pendent omria
(S: Acosr.).
(a) Si linguis homingm -loquar et ange-
lorum, charitate?l auteln ne11 [4[sam, factus
sum velut aes sonafls, aut cylrbalum dn-
niens. Et si habuero
rim mysteria omnia,
pertopohfilerrtieàfmll ,sceiten.rtloiavTe:-
et si habuero gmrrem
trarisferam, charitate-
fi.clem
auti-rd
itnao.iutha.mbuo'netreos,
nihfl eurn. Et st tlisdbuero-in cibos paupe-
rrun. omles_ facultates
corpuq r:re.nri ita ut
.meas! et tradidgio
ardeam, chriritatem
aseuqte. m'(1noCndrh.,aXbuIeIIr'o,r
nihil
r-gl,.
miÈi'prodest:
et
[51 uoc esl praecèptri4 !neu!1 ut diligatts
invice-m sicut dile-i vos (JoaNtv., XV; ro).
' (6)
XIII,
(.7)'
ùIandatirm notum
3S).
Plenitudo ergò ldgis
dt vgbié 11oirNN.,
èst dllèctio (Ro .,
XIII, ro).
(8) Charitatem habete quod
perfectionis (Col.,.I'II, t4).
.est
vin. bulum
1

8.4 Page 74

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i-74--
(S) Ubi chadtas est quid e§t quod posslt
cteesse? Ubi autem rror est, qdcl est quod
pb'(srsoit)
prodesse?
Consepulti
(S.
ei
Acosr.).
in baptismo...
in.quo...
resurrexistis (Col., IJ, rz),
( r r ) De
(JoAlrN,,
plenitudi:re
f, r6).
Ejus
omnes
acceplmus
(rz) Gentes esse coheredes et co[corpora-
les... in
rrr, 6).
Christo
Jesu
per
evaagelium
(Ep&.,'
(rS) Estis
r4eEbro '(I
Ccoor/p.,u]slICI,hrzis7t)i.'
et
membia
cle
(r4) Vivo ego, Jam ,1on ego vlvit vero ia
me Christus (Gal,, I,I,, zlo). '
(r5,) Iu Ipso vivlmus,et movemut et sumus
lAc(1t.6, )XDYiTvIia, azBe). consortes .taturae (Epk.,
[, 3).
(r7) Unitas nos compaginat uni (S, Acosr.).
(r8) Quarr
quee ducit ad
argusta porta
vltanr 1ut15.,
et atcta
vJI, l4),.
(rg.) IadefeSum profcientll efudirrm sf,
via
ju-
gis conatus ad perfectionem pérfectio re-
putatur (S. BERN.).
(zo) FoÉis est ut mols diTectio (Cant,,
vrlr, 6).
(ar). IutUcare solus Deus potest qui novit
occulta cortlis (S. Acosr.).
(zz) Vitium est cortlis intentionem judicare
quae soli Deo minifesta est (S. BoN.)".
(23) Nemo bene jutlicat quod ignorat
(S. GREG. MaGN.).

8.5 Page 75

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-15-:
(24) Est,dlefectus -consilli, et species ira'-
prudentiae (S. Touu.).
(25) Grave est de aliis temete jirdicare
(S. Aurn.).
(26) Ilrrnilltas seipsufl, arrogarlda \\/ero
alios judicat (S. Grov. Cnrsosr.).
(27) Pene nullus repeiitur imsunig hujus -
veittisi,u,bsdeidtucslearibcues,o
rellgiosus, lalcus, rector
involvitur (S. ANToriL).
(28) Facilius reprehendimus vitia a.triena
quam propria (S, Isro.).
(29) Ttr autea qui(l judicas fratrem tuurn?'
(Rotn.,
(3o)
IXuIdYic, a4b).it
Deus
occulte
homiaum
(Rotn., II, 16l.
(3r) Christus coustitutus est juilex; noli
tu clip.itatem Untgenitt temerarie rapere
(S.. Grov.
(32) Si
CRrs.).
cupiilitate
judicanili
jutlex
esse
vmeu(lia3sd3, .)uteNmm,oenstiepmdsuuisrtaitsjua6ld1viiecutamur(Ss(J,uoGa.-NroNvp.,.tICIjrfui,stl.i)rc.7e).t'
(S+) ln quo enim judlèas altenrm, te ipsrrm
condemnas: saden enitrt agis quae judicas
(Rom., II, rl.
(gS) Sic 0t, ut clu4 sd qliena judicanda,
mens d.ucitur, proprii jutlicii luotne pdve-
tur (S. GREG. Mac.).
(M(a3-6T)TN., oItlrirtel,
judicare
r).
ut
ror
. judicemiai
q.u(efZju) dSiicnaoresmmevtlp(sIosCjwu.d,icXatfe, a3irrr),. non uH-

8.6 Page 76

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.-76*
ca(tSuSr)aguDioamsiaeolps(So.ju'Adcicoastru.)§..est nòn jucti-
.dic(afSt,)uStapaieetnesrtreusmt'
qui
Dei
seips'lm hic ju-
judiciùm evadat
(S. BSBN.),
(4o) Seipsum judicando hooo s6mper fruc-
tuose laborat. fn' judicando' alios hoar.o.frus-
tra.labotat, saepius errat, et faciliter peccat
(De Imìt.|.
(4r) Ifomines sumus, facile'fqllinur' (§aN-
r'acosr.).
(q2l In quo enim judicio jud.icaveritis,
jutlicebiri'i... qua merr$uà flIeosi
reÈetletirr vobls (MaIr., W, 21.
f-ueritis
(+f) Ail mortem
quopiprt judicat
properat
BEÀN.).
.qui
cjto
de
,
' (44) Tèmèrgr 4oaijutliéat
tem factus--fuerit spiritualis
qui per rharite-
(S. AcosT:); . .
(a5) Diligite'juetitiam
rum (Sap., I, t).
dui
juiltcatis
ter-
{46) Si jutlico ego, judiclùnl meum verurb
est (Joerw., VIII; .r6);
(47), Justuh juclicium judicate (1oalrN.,
YII,,-a7).
(48) Ponatut ad. ejus portam janitor... re-
coidatio proprlae profe§sionis.., Decet ser-
vum Christi;.Ìamdtorerii Dei tale aliquicl vel
atl modicum meditari? (*§. BERN.).
(49).Excusa intentionem si ron potes
. ' ,opus: puta ignotaagiam, subreptionem, ca-
sllm, .fragtlitatem, vehemerltia'tentationis
(S. Brnri).

8.7 Page 77

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*.77 -
. (5o) Notr ergo ampllus
(Rom., XlY, r3).
itivicem
Judicemus'
(5r) Fratrem ergo quisquis judic4t Christi
pahnam assr:mit (S. GERoE.)i
vv.ee(nn5ia2iam) nQ,t,ucauatmlaieqhnaaobse'tyrmeauroas.e, ecixuucrdimosaseteniotnesemcmru,qteuqmiuduaermm?
(S. Grov. CRrso$Ì.).
(53) Nerxo te condemnavit?. Quae d.ixit:
'Nemo, [enins, Dixit autem.Jesus: Nec ego
te coudemnaba: vade .et jam 4mplius noli
. peccare (Joaux., VIIf, ro-rr). :
(54) Verba sigra sùat lerum quae surt
in anima (S. Acosr.). .:,
1551 Quà[p est
verbositas dipinsit
homo in' mente, talem
in ore (S. Aco§T').
(56) Numquam melius quaq per Unguatn
homo.cogqoscitqr (q. ,BoN.). ,,
(-c7), Liag:qe', jauua, mentis
,(S.'
GREG.
MaGN.).
(58) Quqnrodo potestis bo4a loqtri eum
sitis mali? Ex abundantia enim cotdlis os
loquitur (ryI.s,rr., XII; 34).
Cts
(59) Qualis,unusquisque sit 1iogu4, pro'
bat loquentis (S. Grov.'Cnrs,). :
(60) De cogitatiolibus factq procedunt
bona ve!.malp, quomodo tle interiori pplatio.
-
q-u(it6lqru)idC. ojugsitsaetiho[
impetator
est parèns
(S. Grov. Cms.).
operationis (SeN
Grov. CRrs.)..
(62) Vauus seflno vanae consciq',tiae ist
intlex (S. BERN.).

8.8 Page 78

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-78-
'-De(i6mi)a!lieougt"i,tuers(tSo-pAusGoDseTi..)... sed bono opere
XI(I6,a)rI8,i)n.'guLaiagsaupaiepnltaiucmabsilaisnifliugsaeusmt(Pvroitaa.e,
(Prw., XV,
justi (Proa.,
4X).,
Atgentuor'
zo).
electum
liugua
,e(Rs((tw6,665ne)),t,LVmllelpalngg,eunauat3uem)m.xo4daltisacptuimlalaluaqmu.,ld[leiIum,gum5a)e. meborruumm
(67) Liagua eorum gladius acutus (Ps.,
LVI, 5).
(68) Ecce quantusrigais quam rnagrratl
.(69t) Quotidlaua fornax .lirgua est (Saw-
T'AcosT.).
tre(s7ole)tfhipabeir[atereislfticlilntgfulaatufeuroucois(sSim. BaERquNa.)e.
(7r)'Lingua
III; 6).
tuaculat totpnl
corlus
l/ac.,
(72) Mors et vita in mauu linguae (Prou.,
XVIIf, er).
Oj) Et
quitafls...
lginfglurafaig6!6.iszèf srto, tuanmivenrsaittiavsitaiatisi-
nostrae,'iaflarumata a geHerrna (traa,, I.I,I', 61.
(74) Si quis autem putat se religiosum
esse, non refraenans linguam suam, sed se-
duceus por suumr' hul'us vana est religio
(Iac., l,6).
nir(07it651{)§\\I..btiPx*graEuaR
ossa ror habet et ossa commi-
DaM.).
ilicitur quia liagit: liugit adu-

8.9 Page 79

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-79-
lando, mordlt detraheg-dodedclltgentjeqdo .
(S. BERN.).
miOcolls,Tm.ngoataettorlilxitasa,oi.csoesm, minualttipdliisccaotrdiinais-
(S. BERN.).
(78) Uno lctci multos percutit et interfi-
cit (S. Brruv.).
Qg) Ma1oru su:rt vulneta llnguae quam
gladti: glaillus corpus futerficit, llngua autem
4nimsla perimit (S. Acosf.).
(8o) I.iugrra ligq§ et llgari non. potest
(S. BERN.).
(8r) Majus est -trhguam refteuare quam
capere dvitatem (S. AcoST.).
(qz1 Uomo domat feram et non domat
lirguam, domat leonem et aon domat ser-
Elonerl (S. Acosr.).
(S3) Vir
XI, rz).
autea
prudens
tacebit
).(Pro!.,
(8+) Sft om.als homo velox ad audendium;
tatdus autem ad loquendum tlat.,'L' t9l.
(8S) Ne temere,quid loquaris, nèque cor
t(Euc("8c-l6e:)'s.,Sr!t{tu,vltetu)lo.sxqaudoqlouqe.useni d'tuarcnuecroitrasmapiDe'en.os
'1 .
reputatibur (Prov., XYII, z8l.
le7; tacere nouae plus quam loqui dif'
fi.cilius est (S. BERN.).
(88) Éuge loquutoria quantum potes (SeN
BF,RN.).
(89) Neao vos seducat inanibus verbis
(Eph, v, 6).
I

8.10 Page 80

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'- 8o-'
(9o)
I
Silentiur.
calefacit
ior
amore
Dei
(S,(.9Brol wTaavc.e).re quisque ueseit, hic nescit Io-
qui (SEl:).
(92) Tenpus tacentli, tempus loqueatli
, (pf) fn muldloquio non deest peccatum
(.Prou., X, r9).
'
- (S+) Qrd àultis utitur'verbis laèdet ani-
r,rr(a9m5)
XVI,
stam (Eccli., XX,.8).
\\,-erbosus
z8).
setriarat
principes
..
(Prca.,
, (N) Teribilis
(Ecclà;,.IX, z5);
'i.'n: :,.civitate.
vir
linguosus
@Zl Vir linguosus atiu dirigetur, lrr ,terra
(Ps,,iCXXXrX, I2).
(98) Ubi
tds (Ptoa,,
plurima verba
XIV, z3);
ibi
freque,nt,er
eges-
(99) Discortles surt corcordes ad discor-
dttu.iam-:(Sin.eBu:ErtnfNam,).ilia,-.r,it.atem.
a:d
maledicen-
,"1,.,'..
(loo) Si mord.eat seq)etrs iu silentio ni'hil
eo minus habet qui occulte detrahit (Eccle.,
X, rr).
(ror ) truconglu-um est latere corpore et litt-
el,r(aropze)r
toturh orbem vagari
Si i.ta est, fratres, ut
(S. GERor.aMo);
quitl i,{ne causa
mottifcamur
lavenieùatur
iotob-itsa'ddaie?tg,lesriiacblnileior..eargé,oi'nnfeorr-
lum? Nescio qua conscientia lingua quis Do-
afàum
cit, aut
rogat, qua aut mentitut,
detrahit (S. Bnnlv.).
aut
maledi.

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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. _8r_
. (roj) I,ingtraru diaboli ,habet qui 1ut ilia-
bolus loquitur (S. Grov. C"rs.),
(ro4) Usquequo
mumurat contra
mmeu?lt(iEtustoloàoh1a.e. c:l'
pessima
',
(ro5) Filii matris meae pugnaverunf cbn-
tra me (Cant., l, 5).
( ro6)
(r97)
DCehliactraitansonveÉrdoeat errdisifioc-@ortis(I(CCnortsinorr,k;).,.
VIIf,r), .
:. ,,ii;
( loE ) Si.
id, quod
quis'vobis
accepi§tis;
evangelizaverit
anathema. sit
lDlae,ter
'.(Galat.,
r, g).
(ro9) Si motdeat serpetrs in stlentio; athil
eo minus. habet, qui occalle defrabit.(Eacle,,
.X, rr).
_ r ".
:
(rro) fmpii srrnt munnulatorcs (Iùd., t6r.
(rrr) Maledictus qur
tres d.iscordias (Prov;,
selninal
YI, tg).
1o1*
:
'
*tu'
r. (rrz) Nthtl t'am hòrrendluri,et horribile
est quafl murtnur
BERN.).
in,
Coagregatiorie
'(SeN
(r
13)
Detrahgre
:
grande
vitium
(S.
Acosr.l.
(rr4) Detractio
T'A-r.Ess.).
su:r.l'm&
iniquitas. (SeN-
:I
trr5l éuru detractoribus ne 'mlscearis:
quoniam repente venit pertlltio eorum et rui-
nam utdusque quis novit? (Prou.,
(116) In omui eoavet§atioaer
XXIV,
sanctli
z r ).
sltis
(I Petr,, I; r5), Si quls loqtritur quasi ser-
mones Dei (I Pelr., fV, rr).
(rr7) Nostra co:rversatio. in caelis est
(Phi@p., I,II, zo).
'
i
5

9.2 Page 82

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- 82'-
(rr8)
quimur
É(IrI
Deo, coram Deo,
Cor., II, rZ).
in
Christo
lo-
(tt9) Qui de terra est de terra loquitur...
rqruri,
tle caelo
3r).
est
de
caelo
loquitur
(JoaNN.,
(rzo) Verba, quae €go loquor vobis a
meipso non loquor. Pater autem in me ma-
fietrs, Ip§e facit opera (JoÀ,lrN,, XfV, ro).
(rzr) Uhi oon est moderatio linguae ibi
nunquam erit perfectio vitae (S. Ara. MecN.).
(rzz) Quisquis anat_ dietis absertt m ro-
dere vitam, hanc peeusam indignam noverit
esse sibi (S. Acosr.).
tam(reza3)'aUfiatiblilslitasteismpgerar tci+uisntondoiau
oris quae
excludit.,.
Ergo udque fraenanda llngua. praeceps,
mavit_rre autem i11 co4Yrvro (SAN 3rÀN.).
di:((lrrtzz?+5))DNDiciodtltiuqcuopinrsatmeecnaodloue?itaeL{avSue.{rabGitsruo:.vaC, doCnnvqrrsich.i)ai.l
(tz6) Sepieq tacebit usque ad .terapus
(Ecali.., XX, 7).
(rz7) Porre, Ddminer' custodiam..ori meo,
et osduFr circ'mstantiae .lablis meis. (Ps.
3). cxl.,
,
(rzE)
.
§apteus
dicendus
est
qul'novit
tem-
pus loquendi (S. BERN.).
(r29) LinCua dhil msdinm habet, (SAN
(BERN.).
(r3o) Verba tua sint rara, vera,.poudprosa
S. Bnuv.)

9.3 Page 83

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-83-
s- u((arts3arzl)lolDSoistlleaend(tPsettsi.;,a.vaIe,aItbn, ad6ò).p; reatenclopnttadtatomnoisribliuns-
vociferando (S. GBtÉ. M.a.cN.).
(r33) Verbum tlulce multiplicat amicos
(Eacli,., YI, 51.
(rS+) Nil mansuetucline valldUus (S; Grov-
tCs(,rrs3:5).) Et ubi surt'sefles, rs11 rnlrlfrrm 16-
qr.arjs (Ecal,i.. XXYII, r3).
(rs6) Ia med.io setmonum' ro[ ailjicias
loqrr (Eccli., XI; 8).
strt(ilrrtn3fZm8j)gVueosidpstrlievuiinsÉounressstr'paeot§n(tPdriotoPaq.n;usaXr(VuSIaI.Iu,Bt[rEe3Rt),.'
Nanuo).
( r 39) Memento eflam voci tuae d'are voc"n
vbiirstuctiosn. cQinuaidntt,lluimd?mtloicivse' rUbtaopoeptear-itbuausv, eur-t
cures viclelicet. prlus facere quam d.ocete
('S(.r+BEoB) NO.)f.eribus loquantur non vocibus
(S. Acosr.).
,('A(crt+.,r)I,Qrul.ae.coepit
Jesus
facere
et
docere
(r4zl
IxI,Ii,r3+8ej))l..
(r,a+)
Q:ui pertransiit beuefaciendo {lal.,
net enim sumus atljutores.'(l Coz.,
Ecce... ègo cteo caelos novos... ter-
ram n6vÀ- (fs., I{XV, rZ).
( r+S ) Si qua ergo in Clrlsto nova creatuta,

9.4 Page 84

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-84-
.
.
vlaeotvearC(ItIienCiioier.i,.nYnf,i
ecce
t7l.
feète
suat
,.omìra
iDmgneuGuol4stb6,,ie'l)iulaeStegmèditouqnDruldeuaiune,§ds,eatuttutlstcaacooprs'irteufenunutnetpdsrat:nitbueffnoltidàritiniaeetr:tlr.eeàgeeaiittt
Deus, et.ea, quae rron gnàt, ua ee qude sùt
destrueret: Et norr glorietur omni§
codE ectu ejus (f ..Cor., I; 27-29).
sar,6
itx
(1+Z).Ouia apufl [nnilnum misericordla, et
copi,oga
, (r48)
aIploudroeun,r.arsecdietruurpìdtto
(Ps. CX.xrX;7).
bborem. et iiis
. .ntfaiIsed,(,mrvr+u5,oStel)a).totupTpeaourasl(iruJteoltteuA.errNguNeom.t,DcViuno,sim't7po)iad.iuirrasedt iDsiloeltrumvso. lh(uGopemtnai,--,
- (r5o) Ia.dispensatione plerritudiuis tera.
porqer instaurare emria, iIr Chrlstq quae
,
in
f,
caells
ro).
et
quae
in
terra
surrt,
in
tpso'(E)&.,
, (r5r) Labora
QrV! ,T5ì.tn)..»
II,
r
3);
sicut gònris 'miles Cbr.isti
in òmuibus labora (II Tùn.,
.
-
(r5z)
,tavi, (I
Sed abund4ntius
Cor., XV, ro);',i
(,_II!rSTJi)rnI.a, lqI,uog..)..laboro
iJlis omriisg5 t66s-
,
:
usque ad viacula
(r54) Tempus breve est (I. Cor., \\III, 6);
(r55) Tantum valet quartuon Deus: quia
tempore beae congurapto comparatur deus
(S, BERN.).

9.5 Page 85

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-85-
(156) Autlivtnris enim ihter vos quostlam
raimòsbeulaagreenlntèsqu(iIeIteT, kneihisial lo.,peIIraf,n'drro), ,sed cu-
(r57) Bonnm autem faclentes.aon dèfi.
ciamus
iu bolo
(Gdl.,
seruper
V(GI,.a9l.),.IYB, orr8uln.
aèmulamini
I ..
(r58) Multotiss mings justitiae habent
qui magis operafltur; siquidem, tadiante sole
justitiae, trrnc mauifesta erunt' abscondita
corallullx {S. BERN.).
(r59) Nemo perfectus est qui perfectior
esse non appetit (S. BERN.). Bònus non est
qui melior esse ,1011 vult (S. BrnN.),
(16o) Considerandum non sÒt$n quod
homo facit, sefl quo ènino et volrrntate facit
(S, Acosr.).
(16r) Non discernuntur fdcta .homitruu1
nisi de radlce charitatis,.. Ifsbert enim et
spirae flores (S. Acosr.).
(r6e) Contendehus placere smni§rr5 p61
omnia, sed Ei _mcvitne qui.est ma:dmug su-
per omnia (S. Acosr,).
(163) Intentioue facta aestimantur. fn-
.tentio opus bonum facit (S. AcoyT.).
(164) Colorem operi tuo tlat cordis iqter.
tio... Nani si rad.ir in vitio; et ramus (Ser.t
BERN.).'
(165) Operemur in hoc.mundo sed non de
hoc mtrirdo (S. BERN.).
(166) Receperunt mercedem suam: va.1i,
vaua (S. AcOsT.).
(167) Retli'atl conscientiam tuam: ipsao

9.6 Page 86

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-86-
intertoga. Noli attentlere quodl floret foris:_
sed guae radir est interna. Radicata est
charltad? §ecufuo est, nlhfl mali procedere,
potest {S. Acosr.).
(168) Dlltge et fac quot[ vis'(§. Acosr.]-
(169) Boni ublque boni (S. Aeosr.).
(r7o) Ahl
stultissimuu
superbia
m4lum,
amtaegrraiheilfoarctucinpaeere,-ojuh-l
vat. Omne bèaeficium in iajuriam cònvertis
quidquid das corrirtrpis... Vars superbiae
maguittttlo quae ia o([ia etiom aaranda per.
dudt{SuwCe).
(II(r7Cro)r.I,liIla.Xre,mZ).enlrr datorem diligit Deps
(r7z) Qltl cito dat, bls tlat.
(173) Bonu:a
"nrlL§ (Gel., VI,
àgut)e,m
facie!.tes
oon
deficia-
l
(r74) Stabfles estote èt i-mobiles, abun-
dantes in,opefe Domin{ semper, Sci€fltes
guod labo: vèster :ron est.ina:ris.ia Doùino
(' I
Cor.,
\\rzSi
XV, 58).
BÒrxg;un
est fructqs (Sap.,
enirn laborum
TII, r5).
gloriosus
(176)
suorum
Redtliilit justis
(5ap.,7, r7),
rqercedemi
laborum
:
(r77) Electi mei non laborabunt frustra
(fs., 65, z3).
(t78) Ilnusquique autem .propriam ruer-
c(èIdCeronr., ,afcIcI,ipl8e)t. secundrun suum .laborern-
(r79) Si enim diligitis eos, qui vos dili-
gult, quafr mercedem habebitis? Nonne et

9.7 Page 87

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- 8r,-
publica.i hoc faciunt? Et si salutaveritis
fratres vestros tantum, quid aaplirrs facltis?
Norne et ethnici hoc faciuat? (Marr., V,
46(-t482o1.) Vidéte ne. quis aslrrm pro malo
alicui redd.at: sed semper'quod bonr- est
sectaminl in invicem et in omnes (E-phes,,
(r8r)
malum
lNRoolri uv.i,aXciIaI,mzarl)o.:.sed
vince.in
bouo
(r8z) Amen dico vgbis: qua.mdiu fecistis
uni ex his fratribus mels mlnimis, mihi fe-
cistis (Mett_.,
(r83) Durr
XXV, 4o).
tempus habemus
operemur
bonum 4d, omnes (Gal.,YI, to).
(r.84) Non ergo sapiess gui sibi, ,lotriest
(S. BERN.).
(r85) Bibe et ale fonte putei tui. SoU
negas te tibi?... Numquid tu alieaus? Tu de
habentlb'us unus (S. BERN.).
. (t86) §n quo trahere te habeut hae oècu-
patiot'es m.aledictae... quae rl'orr su:rt nlsi
aflictic spiritus, et evlsceratio gratiae... nam
fruetum eorum quid, nisi. araaearum te-
lae? (S..BERN.).
(r87) Eaec est margarita pretiosa, chari.
tas, sine qua nihfl tibi procLest quodcumquè
habueris, quaa si. sol"m habeas, sufrcit
ttbi (S. Acosr.).
(r88) Eaec dixi fratues et longlusc'rle
tanefl: quiÀ veherrentius commendaatlo fuit
charitati vestrae ipsa charitas... ut Aadem

9.8 Page 88

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+88-
ip§a charitas fructùm iu vobis inveniat
redeaqrus ad charitate- (S. Acosr.)..
(rgo) Ronr1 YfII, 38-39. I
(r§z) Phi,lipp., [, r-5.
(r93) In fine agtem ormes, qa4nimse...
fraternitatis amatores (I Pelr.,.IU,. 8). Ia..
amote autem fraternitatis chatitatem (ff
Petr., I, 7).
:
+
,,t
.!
ì_1
,: I