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Don Bosco - Cenno istorico sulla Congregazione di S. Francesco di Sales [1874]
CENNO ISTORICO SULLA CONGREGAZIONE DI S. FRANCESCO
DI SALES E RELATIVI SCHIARIMENTI
ROMA
TIPOGRAFIA POLIGLOTTA
DELLA S. C. DI PROPAGANDA
1874. {1 [231]}
Con approvazione dell'Autorità Ecclesiastica. {2 [232]}
INDEX
I. Primordi di questa congregazione............................................................................................2
II. Pensieri del S. Padre intorno a questa pia società...................................................................2
III. Il decreto di Commendazione del 1864.................................................................................3
IV. Difficoltà per le sacre Ordinazioni........................................................................................3
V. L'approvazione del 1 Marzo 1869..........................................................................................4
VI. Studio.....................................................................................................................................5
VII. Le dimissorie........................................................................................................................6
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I. Primordi di questa congregazione.
Dal 1841 al 1848 si praticavano già alcune regole secondo lo spirito di questa
Congregazione, ma non vi era vita comune.
In quell'anno (1848) uno spirito di vertigine si levò contro agli ordini religiosi, e contro
alle Congregazioni Ecclesiastiche; di poi in generale contro al clero e a tutte le autorità della
Chiesa. Questo grido di furore e di disprezzo per la religione traeva seco la conseguenza di
allontanare la gioventù dalla moralità, dalla pietà; quindi dalla vocazione allo stato ecclesiastico.
Perciò niuna vocazione religiosa e quasi nissuna per lo stato ecclesiastico. Mentre gli istituti
religiosi si andavano così disperdendo; i preti erano vilipesi, taluni messi in prigione, altri
mandati a domicilio coatto, come mai umanamente parlando era possibile coltivare lo spirito di
vocazione?
In quel tempo Dio fece in maniera chiara conoscere un nuovo genere di milizia, che egli
si voleva scegliere; non già fra le famiglie agiate, {3 [233]} perchè esse per lo più mandando la
loro figliuolanza alle scuole pubbliche o ne' grandi collegi, ogni idea, ogni tendenza a questo
stato veniva presto soffocata.
Quelli che maneggiavano la zappa od il martello dovevano essere scelti a prendere posto
glorioso tra quelli da avviarsi allo stato sacerdotale. Ma dove trovar mezzi per gli opportuni
locali, per lo studio, pel vestito, vitto, titolo ecclesiastico e più tardi pel riscatto dalla leva
militare? L'uomo è misero istrumento della Divina Provvidenza, che nelle mani di Dio, e col suo
santo aiuto fa quello che a lui piace. Ho pertanto cominciato a raccogliere alcuni contadini dalle
campagne: a questi associai alcuni artigianelli dell' Oratorio di S. Francesco di Sales,
commendevoli per moralità ed attitudine allo studio. A fine poi di risparmiare qualche spesa e
ricordare ognora ai novelli allievi la loro bassa condizione, mentre frequentavano le scuole,
prestavano assistenza ai loro compagni, facevano scuola serale e catechismi ne' varii oratorii
festivi già aperti nella città di Torino. A questi primi se ne aggiunsero altri e poi altri.
Difficilmente si possono capire le fatiche, gli stenti, e le altre difficoltà che si dovettero allora
sostenere in faccia a tutte le autorità civili e scolastiche. Tuttavia, benedicendo Iddio l’ opera sua,
nel 1852 si era già riuscito a formare un nucleo di parecchi giovanetti, che in pubblico ed in
privato prestandosi a molte opere di carità erano ben veduti da ogni classe {4 [234]} di persone.
In quell'anno (1852) l’Arcivescovo di Torino desiderando che si conservasse lo spirito di questa
novella istituzione l'approvò costituendo direttore capo il sacerdote Gio. Bosco, conferendogli
tutte le facoltà necessarie od opportune a quello scopo.
Vivendo inosservati in mezzo al mondo, si istituivano oratorii festivi nei vari quartieri di
questa città; aprivansi scuole, ospizi di carità e mandavansi ogni anno parecchi cherici ne'
seminarii delle varie diocesi, mentre alcuni, che ne avevano la vocazione, fermavansi ad
accrescere il numero della nascente Congregazione. Nell'anno 1858 si numeravano parecchi
sacerdoti, cherici e alcuni laici, che tenendo vita comune in massima osservavano le regole della
Società Salesiana.
II. Pensieri del S. Padre intorno a questa pia società.
Allora (1858) l'Arcivescovo Fransoni, sempre di cara memoria, mi consigliò di
provvedere in modo stabile all'avvenire dei molti ragazzi, che erano raccolti negli Ospizii o
frequentavano gli Oratorii domenicali. Munito di una sua lettera, mi inviava al Sommo Gerarca
della Chiesa al Grande Pio IX. Questo incomparabile Pontefice mi accolse nel modo più
benevolo; mi fece minutamente esporre i primordi di questa istituzione, e ciò che mi aveva
mosso a cominciarla, {5 [235]} che si faceva e come si faceva. Dipoi soggiunse: Mio caro, abete
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messo molte cose in. movimento; ma voi siete uomo e se Dio vi chiamasse, dove ogni uomo
deve andare, queste vostre imprese dove andranno a finire?
Beatissimo Padre, risposi, è questo lo scopo della mia venuta a' Vostri Piedi, è questo il
soggetto della lettera del mio Arcivescovo. Supplicare V. S. a volermi dare le basi di una
Istituzione che sia compatibile nei tempi e nei luoghi, in cui viviamo.
- L'impresa non è tanto facile. Si tratta di vivere nel mondo senza essere conosciuti dal
mondo. Se però in quest'opera avvi il volere di Dio, esso ci illuminerà. Andate, pregate, e dopo
alcuni giorni ritornate e vi dirò il mio pensiero.
Passata una settimana, ritornai dal S. Padre, che in vedendomi tosto prese a parlare così:
Il vostro progetto può procacciare assai bene alla povera gioventù. Una Associazione, una
Società, o Congregazione religiosa sembra necessaria in mezzo a questi tempi luttuosi. Essa deve
fondarsi sopra queste basi: Una società di voti semplici, perché senza voti non vi sarebbero gli
opportuni legami tra soci e soci e tra superiori ed inferiori.
La foggia di vestire, le pratiche di pietà non la facciano segnalare in mezzo al secolo. Le
regole siano miti e di facile osservanza. Si studi il modo che ogni membro in faccia alla Chiesa
sia un religioso e nella civile società sia un libero {6 [236]} cittadino. Forse sarebbe meglio
chiamarla Società anzi che Congregazione; perchè sotto a questo nome esisterebbe meno,
osservata. Procurate di adattare le vostre regole sopra questi principii, e compiuto il lavoro datelo
al Cardinal Gaudi; esso a suo tempo me ne parlerà.
Appoggiato sopra le basi suggerite dal S. Padre, avutane speciale benedizione, ho tosto
dato mano ad uniformare le costituzioni scritte e da parecchi anni praticate in Torino con quello
che mi era stato proposto.
Il Cardinale Gaudi lesse tutto con molta bontà; e facendo io tesoro de' savi di lui riflessi e
consigli, avuta di nuovo la benedizione e l' incoraggiamento del S. Padre ritornai a Torino in
seno alla famiglia di Valdocco.
III. Il decreto di Commendazione del 1864.
Le costituzioni così modificate furono messe in pratica per sei anni notando e
modificando quelle cose, che parevano tornare alla maggior gloria di Dio.
L' anno 1864 colle Commendatizie di parecchi Vescovi presentava le regole al S. Padre,
che le accolse colla solita bontà, mostrando speciale premura per le medesime. Con Decreto
della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari in data luglio 1864 esprimeva la sua
soddisfazione intorno alle cose, che, i congregati Salesiani facevano. {7 [237]} Dopo aver
commendata e lodatala Congregazione in genere, differiva a tempo più opportuno l'approvazione
delle Costituzioni. Attese però le speciali circostanze de' tempi e de' luoghi costituiva lo
scrivente Superiore Generale a vita fissando a dodici anni la durata in officio del suo successore.
Al prelodato Decreto erano annesse tredici animadversioni, sopra cui io era invitato a fare
le mie osservazioni intorno al modo e alla possibilità di inserirle al posto opportuno.
Con lettera firmata da Monsignor Svegliati si aggiugneva che, alcune di' esse,
segnatamente la quarta che spettava alle dimissorie, si erano fatte, perchè la Congregazione
Salesiana non era ancora definitivamente approvata.
IV. Difficoltà per le sacre Ordinazioni.
Fino allora le sacre ordinazioni si davano ai nostri soci da ciascun Vescovo secondo le
regole generali de' sacri canoni, e ciascun Vescovo richiesto rimetteva volentieri alle nostre case
il prete ordinato, perciocchè lo regalavano a quella casa, che inviava ogni anno parecchi cherici
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nel proprio seminario. Ma dopo quel Decreto non fu più così. Nella nomina del Superiore, e nelle
norme pel suo successore i Vescovi ravvisavano la costituzione di un corpo morale. Laonde
ognuno dimandava se dovevasi {8 [238]} dare l'ordinazione a nome della Congregazione o
dell'Ordinario. Non a nome della Congregazione, che non poteva dare le dimissorie; non
dell'Ordinario, perché, si diceva, l'ordinando pareva appartenere ad una famiglia religiosa. In que'
casi io faceva una dichiarazione, che spedita all'Ordinario de' miei cherici, per lo più li
ammetteva agli ordini sacri.
Allora i Vescovi, come di comune accordo, mi consigliarono di umiliare alla Santa Sede
la dimanda perla definitiva approvazione. Anzi un alto e benemerito personaggio ne diede
formale consiglio.
V. L'approvazione del 1 Marzo 1869.
Passarono circa cinque anni dal Decreto di Commendazione sempre tra le incertezze e le
difficoltà. Finalmente munito delle Commendatizie di ventiquattro Vescovi mi recai a Roma.
Ciascuno di essi raccomandava l'approvazione della Congregazione e delle regole tali quali
erano presentate, e con ciò si richiedeva indirettamente la facoltà anche delle dimissorie. Ho
procurato di accomodare le animadversioni alle Costituzioni, e faceva un'esposizione di quelle
che erano state inserte, di altre modificate, e si supplicava di sospenderne alcune, che
sembravano doversi soltanto osservare fino a che la Congregazione non fosse definitivamente
approvata. {9 [239]}
Questa Società nella sua costituzione presentando basi alquanto diverse da quelle delle
Congregazioni già esistenti, sono stato richiesto a dare molti schiarimenti a Monsig. Svegliati, al
Card. Quaglia, allo stesso Santo Padre ed al benemerito Cardinale Berardi. Gli schiarimenti, le
osservazioni essendo state quasi identiche presso di ognuno, le espongo qui in forma di dialogo
per maggior chiarezza del lettore.
D. In questa Società cercate il bene del prossimo o quello de' Soci?
R. Lo scopo di questa Società è il bene spirituale dei soci mediante l'esercizio della carità
verso al prossimo e specialmente verso alla povera gioventù.
D. Quale cosa osservate particolarmente nell'accettazione dei soci?
R. Nell'accettazione dei soci si bada in modo speciale alla virtù dei medesimi; perciocchè
la nostra Congregazione non è destinata ad accogliere convertiti, che desiderino di attendere alla
preghiera, alla penitenza, alla ritiratezza; ma di accogliere individui di vita costumata, fondati
nella virtù e nella religione, i quali vogliano dedicarsi al bene della gioventù soprattutto dei
fanciulli più poveri e pericolanti. Per questa ragione finora abbiamo accettati soltanto giovanetti
da più anni conosciuti, e vissuti nelle nostre case con vita sotto ad ogni rapporto esemplare. {10
[240]}
D. Avete il Noviziato?
R. Abbiamo il Noviziato, ma le pubbliche leggi, i luoghi dove viviamo non permettono di
avere una casa separata, che serva esclusivamente a questo scopo. Il Noviziato, che noi
chiamiamo tempo di prova, si fa in un tratto della casa principale che è in Torino.
D. In che cosa consiste questa prova?
R. Questa prova dividesi in tre periodi di tempo. La prima è degli aspiranti, e deve
precedere il Noviziato. La seconda è il Noviziato propriamente detto, che dura non meno di un
anno. La terza prova è quella dei voti triennali. Finora abbiamo accettati soltanto quelli, che nelle
nostre case passarono quattro cinque ed anche sette anni con vita edificante tanto nello studio,
quanto negli esercizi di cristiana pietà. Ciò posto l'Aspirante è ammesso alla seconda prova cioè
alla pratica esatta delle regole della società almeno per un anno, talvolta per due ed anche di più.
D. In quali pratiche religiose si esercitano i Novizi?
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R. I novizi si esercitano regolarmente nello studio e nella pratica delle regole della
Congregazione. Ogni mattino preghiera vocale, meditazione, terza parte del Rosario, e più volte
alla settimana fanno la S. Comunione. Lungo la giornata hanno lettura spirituale, visita al SS.
Sacramento con lettura di materia ascetica, esame di coscienza e comunione spirituale. Ogni sera
{11 [241]} dell'anno, all'ora stabilita si raccolgono in chiesa, cantano una lode sacra, di poi si
legge la vita del Santo di quella giornata; e dopo il canto delle Litanie Lauretane assistono alla
benedizione col SS. Sacramento. Oltre a queste cose speciali i novizi prendono eziandio parte a
tutte le pratiche di pietà comuni agli altri giovani della casa, quali sono preghiere comuni mattino
e sera con apposito sermoncino, sacre funzioni dei giorni festivi cioè: Due messe, Mattutino e
Lodi della B. V., spiegazione del Vangelo al mattino. Dopo mezzodì assistono oppure fanno il
Catechismo ai fanciulli; intervengono all'istruzione comune, predica; ai Vespri, alla benedizione;
e simili.
D. Con quale frequenza si accostano alla Confessione?
R. Secondo le nostre regole si accostano ogni settimana alla Santa Confessione presso ai
Confessori dal superiore assegnati.
D. Quali speciali istruzioni ascetiche date ai provandi?
R. Oltre a quanto fu sopra esposto ogni settimana il maestro dei provandi fa loro una
conferenza morale sulle virtù da praticarsi e sui difetti da fuggirsi prendendo per lo più per
argomento qualche articolo delle Costituzioni.
D. In quali altre cose sono occupati?
R. In questo tempo i Novizi sono occupati anche {12 [242]} a fare il Catechismo ogni
qualvolta ne sia di bisogno, ad assistere i fanciulli dello Stabilimento, e talora anche a fare
qualche scuola diurna o serale, a preparare i pii ignoranti alla cresima, alla Comunione, a servire
la santa Messa e simili.
In ciò consiste la parte più importante della prova. Chi non avesse attitudine a questo
genere di occupazioni, non sarebbe accettato nella Congregazione.
D. Quali ne sono i risultati morali?
R. I risultati morali finora furono assai soddisfacenti. Quelli che riescono a queste prove
divengono buoni soci, prendono affezione al lavoro, avversione all'ozio, e le occupazioni
divenendo per loro come necessarie si prestano volentieri ad ogni momento in quello che. può
tornare alla maggior gloria di Dio. Quelli poi, che non hanno attitudine a questo genere di vita, si
lasciano liberi di secondare altrimenti la loro vocazione.
VI. Studio.
D. Che regola tenete nello studio?
R. Niuno è accettato come cherico nella Congregazione, se non ha con buon successo
compiuto il corso ginnasiale ossia la retorica. Ammessi poi alla filosofia sono tutti radunati nella
casa di Torino e si applicano a questa {13 [243]} scienza non meno di due anni. Quelli che
devono prepararsi ad esami pubblici fanno il liceo di tre anni. Dico pubblici esami, perché
l'insegnamento pubblico e privato essendo regolato da pubbliche leggi, che escludono
dall'insegnamento tutti quelli i quali non hanno un titolo legale, è forza che i nostri maestri
debbansi munire di una patente o di un pubblico diploma.
D. Avete idonei professori pei soci della Congregazione?
R. Fra i molti che subiscono i pubblici esami, ne abbiamo in numero sufficiente. Qualora
poi ne sia mestieri, siamo assai bene aiutati da alcuni nostri allievi già fatti pubblici insegnanti,
che molto di buon grado vengono a prestare l’ opera loro ogni volta ne sono richiesti.
D. Come fate nella Teologia?
R. Per la Teologia abbiamo i corsi regolarmente stabiliti nell'Oratorio di S. Francesco di
Sales.
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D. Quali parti di scienza sono specialmente coltivate?
R. Abbiamo lo studio regolare di Ermeneutica Biblica, Storia Ecclesiastica, Teologia
Morale, dogmatica e speculativa.
D. Chi avete per professori?
R. Per professori abbiamo parecchi membri della Società, che con lode hanno conseguito
il dottorato in questa facoltà con pubblici esami. Finora abbiamo sempre avuto uno dei più
celebri {14 [244]} professori del Seminario Arcivescovile, che venne e viene tuttora
puntualmente a dare lezioni lungo l'anno e a suo tempo dirige gli esami. Esso appartiene alla
Congregazione come esterno.
D. Quali autori usate? E quanti anni di corso?
R. In generale il nostro Maestro è S. Tommaso d' Aquino; e ne' corsi ci atteniamo alle
opere di S. Alfonso; secondo i trattati di Monsignor Scavini per la morale; quelli del P. Perrone
per la dogmatica e speculativa.
Il nostro Corso Teologico è di cinque anni. Quando vi fosse l'età con qualche grave
ragione si presentano agli ordini sacri' anche al quarto anno; ma si continua a fare il quinto anno
di Teologia dopo il sacerdozio.
D. Come fate per lo studio di morale?
R. Per lo studio di morale abbiamo il corso regolare in Congregazione. Ma prima di
presentarsi a subir l' esame finale di. Confessione, oltre al quinquennio, frequentano ancora due
anni le Conferenze, che sotto all'immediata direzione dell'Arcivescovo si tengono nel Convitto
Ecclesiastico della Consolata.
D. Si dice che voi occupate anche in altre cose i vostri Cherici. È vero?
R. I nostri Cherici non di regola ordinaria ma quando si deve fare qualche prova, o vi è
particolare bisogno sono occupati ad assistere nello studio, dove essi parimente possono studiare;
sono occupati ad assistere nei dormitorii, {15 [245]} nella ricreazione, nel tempo di passeggio, di
Chiesa e simili; ma ciò fanno soltanto in tempo libero senza che loro si impedisca nè la scuola nè
lo studio. In caso poi di necessità alcuni sono anche temporaneamente applicati nelle scuole
diurne o nelle scuole serali. Ma queste varie occupazioni si addicono al loro stato ed è lo scopo
fondamentale della nostra Società. A questo riguardo è bene di notare, che queste occupazioni
preparano i soci a lavorare pel bene delle anime; lavorano, ma il lavoro è regolato in modo, che
rimane tempo sufficientissimo per attendere agli studi ed alla pietà. Anzi l'esperienza di trentatré
anni ci ammaestra, che queste assidue occupazioni sono un baluardo inespugnabile della
moralità. Ed ho osservato che i più occupati ed i più laboriosi ricordano vie meglio l’ antica loro
condizione; godono molta sanità, si conservano più virtuosi, e fatti sacerdoti riportano copioso
frutto nel Sacro Ministero.
D. Non sarebbe meglio che i vostri Cherici andassero a scuola in Seminario?
R. Fino a tanto che non si potè fare diversamente, i nostri Cherici frequentarono le scuole
del Seminario. Ma appena fu possibile anche con grandi sacrifizi si dovette provvedere
altrimenti. I trattati sono diversi da quelli della nostra Congregazione; e spesso sono cangiati,
giacché ogni professore detta ed usa il suo proprio trattato. Inoltre i giorni e le ore stabilite {16
[246]} per l'insegnamento in Seminario,non coincidono coli' : orario della nostra Casa.
Dovrebbero percorrere oltre a sei chilometri al giorno tra andata e ritorno; il che importa tempo
assai notabile. A questo si aggiugne che per recarsi in Seminario devono passare nei siti più
popolati e più frequentati della città, dove le strane fogge di vestire e di parlare, i saltimbanchi, i
giornali, i libri, le fotografie oscene, e non di rado gli scherzi ed il disprezzo
comprometterebbero, come di fatto è più volte avvenuto, la moralità e la stessa vocazione degli
allievi.
VII. Le dimissorie.
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Esposte così letteralmente le cose che riguardavano allo studio, al Noviziato ed
all'osservanza pratica delle regole, ognuno dei prelodati personaggi si mostrò soddisfatto.
Nacque però la difficoltà delle dimissorie, che è parte fondamentale delle Congregazioni
Ecclesiastiche. Eccettuate le Congregazioni Diocesane le altre che hanno comunione di case in
diverse Diocesi tra noi godono tutte di questa facoltà. I Vescovi desideravano di cooperare al
consolidamento della Società Salesiana e favorirla in quello, che giudicavano utile e
conveniente. Ma siccome la facoltà delle dimissorie sarebbe stata inclusa nell'approvazione delle
Costituzioni, e per allora trattavasi soltanto dell'approvazione {17 [247]} della società in genere
e non delle Costituzioni, cosa fu preso il temperamento di concedere, non in forza delle
Costituzioni, ma al superiore della Congregazione la facoltà delle dimissorie ad decennium a
tutti quelli che entrati nei nostri collegi od ospizi prima dei quattordici anni a suo tempo avessero
abbracciata la Congregazione. Per gli altri di maggior età si farebbe dimanda speciale per un
numero determinato ogni volta ne fosse mestieri.
Il Santo Padre gradi la proposta, e mi lasciò con queste consolanti parole: Facciamo un
passo per volta, chi va piano, va sano. Quando le cose vanno bene la Santa Sede suole
aggiugnere e non mai togliere. Di fatto fu chiesto alla Sacra Congregazione de' Vescovi e
Regolari la facoltà di dare le dimissorie una volta a sette, l'altra a dieci, ultimamente a sei, da
scegliersi dal Superiore della Congregazione di mano in mano il bisogno lo avesse richiesto. Con
questo mezzo si appianò la difficoltà delle Ordinazioni, e d'allora in poi non vi fu più vertenza di
sorta a questo riguardo. Sempre col consiglio di quell'alto personaggio, senza attendere il fine del
decennio, ho presentato le medesime Costituzioni per la definitiva approvazione delle medesime.
A tale uopo ho presentato copia delle Costituzioni con una relazione e documenti
analoghi alla Sacra Congr. de' Vescovi e Regolari, affinché desse corso alla pratica.
Io credeva che alle osservazioni fatte non se {18 [248]} ne aggiugnessero altre; ma ora ne
osservo altre in numero di ventotto.
Non appongo minima difficoltà, anzi ringrazio il benevolo Consultore, che si è degnato di
farle. Nella maggior parte furono inserite nelle Costituzioni. Ho aggiunto alle regole il capo dello
studio, l'altro del noviziato siccome è stabilito, usato nel direttorio, ma non ancora inserito nelle
Costituzioni. Prego soltanto che non si cangino sostanzialmente le parti che riguardano alla
conservazione dei diritti civili, del possesso anche emessi i voti, e di lasciare il tempo di prova e
di studio, come si fa presentemente.
In quanto alle dimissorie supplico che me ne sia concessa facoltà assoluta non ad
quemcumque Episcopum, ma solamente in conformità del Decreto di Clemente VIII in virtù di
cui ogni religioso può avere dal suo superiore le dimissorie per gli ordini sacri, ma al Vescovo
della Diocesi in cui la casa religiosa esiste. 15 Martii 1596. Questo privilegio godono gli Oblati
di Maria approvati nel 1826; e l'Istituto della Carità approvato nel 1839.
Congregatio Concilii, ivi si dice, censuit superiores regulares posse suo subdito, itidem
regulari, qui praeditus qualitatibus requisitis, ordines suscipere voluerit, litteras dimissorias
concedere, ad Episcopum tamen dioecesanum, nempe illius monasterii, in cuius familia ab iis,
ad quos pertinet Regularis, positus fuerit, et, si dioecesanus abfuerit, vel non esset habiturus
ordinationes, {19 [249]} ad quemeumque alium Episcopum etc. V. Bened. XIV in Constit. De
regularium ordinatione.
I fanciulli di cui hanno cura i Soci Salesiani sommano oltre. a sette mila.
I membri poi di questa Congregazione sono circa trecento trenta. Di essi parecchi
esercitano il loro ministero della confessione e della predicazione con tridui, novene, esercizi
spirituali, nelle case di educazione, negli ospedali, nelle carceri, e ne' paesi di campagna, secondo
il bisogno delle diocesi, che ne fanno richiesta.
Ora si stà trattando colla Sacra Congregazione di Propaganda Fide di aprire case e scuole
cristiane pei fanciulli dell'isola di Hong-Kong nella China e si verrà alla definitiva conclusione
appena, che la Clemenza del benemerito Sommo Pontefice avrà concesso il cospirato favore
della definitiva approvazione di questa pia Società Salesiana.
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Sac. GIOVANNI BOSCO {20 [250]} {21 [251]} {22 [252]}
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