DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO


DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO




1

▲back to top


1.1 DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO

▲back to top


2 Via della Pisana 1111 - 00163 ROMA

▲back to top



2.1 Il Consigliere Generale per la Formazione

▲back to top




Roma, 27 agosto 2007

Prot. 07/0600




Ai Reverendi Coordinatori regionali di formazione

Ai Reverendi Delegati ispettoriali di formazione


Per conoscenza

Ai Reverendi Ispettori




Oggetto: Lettura di alcuni dati statistici



Carissimi Coordinatori e Delegati,


ora che nelle Ispettorie si è concluso il Capitolo ispettoriale, quasi al termine del sessennio ed in vista dell’elaborazione del Progetto ispettoriale di formazione, vorrei intrattenermi con voi su alcune statistiche della Congregazione. Sono dati che ci fanno riflettere e che ci sollecitano ad offrire valide proposte vocazionali e formative per i giovani che Dio con abbondanza ci invia.


Entrate e uscite dei novizi


Osserviamo innanzitutto l’andamento dei novizi, le loro entrate e le loro uscite.

Nel 2001 sono entrati 535 novizi. Di questi nel 2002 hanno professato 427; quindi sono usciti 108.

Nel 2002 sono entrati 607 novizi. Di questi nel 2003 hanno professato 470; quindi sono usciti 137.

Nel 2003 sono entrati 580 novizi. Di questi nel 2004 hanno professato 469; quindi sono usciti 111.

Nel 2004 sono entrati 594 novizi. Di questi nel 2005 hanno professato 476; quindi sono usciti 118.

Nel 2005 sono entrati 621 novizi. Di questi nel 2006 hanno professato 470; quindi sono usciti 151.

Nel 2006 sono entrati 561 novizi. Di questi nel 2007 hanno professato ......; quindi sono usciti …...


Uscite dei professi temporanei


Nel 2006 sono usciti 225 professi temporanei. Di questi, 25 sono stati dispensati, 46 non ammessi alla professione e gli altri 154, circa i due terzi, sono usciti per propria scelta alla scadenza dei voti.


Il periodo della professione temporanea si estende al massimo fino ai 9 anni. Più della metà, ossia 114, del totale delle uscite che è di 225, è avvenuta nel primo triennio: 38 nel 1° anno dopo la prima professione, 27 nel 2° e 49 nel 3°. Nel secondo triennio dopo la prima professione il numero delle uscite è stato di 72 e nel terzo triennio di 39.



Poiché nella maggior parte dei casi è stato compilato il modulo di uscita dalla Congregazione a scadenza della professione, ecco le principali motivazioni che sono emerse:


Motivo dominanteMotivo presente Totale


Disagio nei rapporti comunitari38 +26 = 64

Perdita progressiva del senso della vocazione51 + 12 = 63

Inconsistenza vocazionale dall’inizio44 +12 = 56

Calo della vita spirituale28 +23 = 51

Difficoltà relative al celibato consacrato42 + 6 = 48


Nel sessennio le uscite dei professi temporanei sono state per lo più simili:

2001: 212 professi temporanei usciti

2002: 231 professi temporanei usciti

2003: 150 professi temporanei usciti

2004: 211 professi temporanei usciti

2005: 237 professi temporanei usciti

2006: 225 professi temporanei usciti


Uscite dei professi perpetui e dei presbiteri


Finora ci eravamo soffermati a considerare le uscite durante il periodo della formazione iniziale; ora dovremo allargare gli orizzonti anche alla realtà della formazione permanente. Questi sono i dati che si riferisco alle uscite dopo la professione perpetua.

2001: 39 salesiani chierici o salesiani coadiutori + 42 salesiani presbiteri, di cui S 7, D 25 e DC 10.

2002: 24 salesiani chierici o salesiani coadiutori + 55 salesiani presbiteri, di cui S 16, D 24 e DC 15.

2003: 28 salesiani chierici o salesiani coadiutori + 49 salesiani presbiteri, di cui S 10, D 25 e DC 14.

2004: 34 salesiani chierici o salesiani coadiutori + 58 salesiani presbiteri, di cui S 14, D 24 e DC 20.

2005: 27 salesiani chierici o salesiani coadiutori + 55 salesiani presbiteri, di cui S 14, D 26 e DC 15.

2006: 26 salesiani chierici o salesiani coadiutori + 70 salesiani presbiteri, di cui S 19, D 24 e DC 27.

Per i presbiteri usciti vanno considerate le seguenti situazioni: S preti secolarizzati, ossia passati al clero diocesano; D preti dimessi dalla Congregazione; DC dispensati dal celibato sacerdotale.


Invito alla riflessione e all’azione


Questi dati evidenziano che il superamento della fragilità vocazionale, che il Progetto del Rettor Maggiore e del Consiglio ha indicato come un impegno del sessennio, sia ancora un obiettivo da raggiungere. La fragilità non dipende solo dalle caratteristiche delle nuove vocazioni, ma anche dalla debolezza del discernimento e dei cammini formativi.

Questi dati ci invitano a considerare anche la realtà della fedeltà vocazionale e degli abbandoni che avvengono dopo la professione perpetua e l’ordinazione presbiterale. In una riflessione precedente1 avevo affrontato il tema della fragilità vocazionale, vista come realtà riguardante principalmente la formazione iniziale. Si dovrà ora aiutare tutti i confratelli a vivere la fedeltà vocazionale, realtà che si riferisce soprattutto alla formazione permanente. Tale tema è stato anche oggetto di studio da parte dell’Unione dei Superiori Generali nelle assemblee di novembre 20052 e maggio 20063.


1. Animazione vocazionale e prenoviziato


Il diminuito numero di novizi nel 2006 e l’aumento di uscite, durante il noviziato e subito dopo la prima professione, sono indicazioni che ci sollecitano probabilmente a lavorare con più impegno sull’animazione vocazionale e sulla impostazione del prenoviziato.

Non vi è dubbio che i giovani di oggi sono diversi da quelli di ieri e che i cambiamenti della cultura e della società hanno avuto forti ripercussioni sulla famiglia. Sembra però emergere anche il fatto che forse non siamo ancora riusciti a mettere in atto nuove ed efficaci strategie per far fronte a questa problematica. Mi pare che oggi ci attenda un grande “lavoro di base”; si tratta cioè di creare una cultura vocazionale nei giovani, di costruire un solido fondamento di fede, di renderli capaci di gestire il mondo interiore, di inculcare in loro un forte impegno apostolico. Senza questi presupposti di crescita umana e cristiana sarà difficile avere vocazioni di qualità e di perseveranza.

Nel campo vocazionale e formativo non ci sono scorciatoie; occorre un lavoro di accompagnamento dei giovani candidati, che richiede una buona progettazione ed una valida equipe di animatori e formatori preparati. Come ho detto in altre occasioni, oggi sono diventati strategici l’“aspirantato” e il prenoviziato, sia per l’importante compito di formazione che devono svolgere che per l’altrettanto impegnativo servizio di discernimento. Occorre avere ben chiari i requisiti necessari all’inizio del cammino di prenoviziato e di noviziato; è quindi necessario realizzare un discernimento che non sia affrettato, che verifichi in particolare le condizioni di idoneità.

Le vocazioni sono dono di Dio; esse hanno caratteristiche proprie, che vengono dalla famiglia, dalla società e dalla cultura contemporanea. Non ci sono vocazioni diverse rispetto a queste che Dio ci manda. Tocca però a noi trovare le vie efficaci per far fronte alle nuove sfide che esse presentano.


2. Formazione personalizzata


Non è soltanto una scarsa formazione o un debole discernimento, realizzati nelle fasi prima del noviziato, che possono contribuire all’aumento degli abbandoni durante il periodo della professione temporanea. E’ possibile che anche la formazione del noviziato, postnoviziato e tirocinio non arrivi a radicarsi nel cuore dei formandi, ossia non sia sufficiente ad arginare la perdita progressiva della vocazione o il calo nella vita spirituale, entrambi fattori importanti di abbandono. È possibile che nelle comunità formatrici ci si senta soddisfatti perché si vede ordine, regolarità, obbedienza; ma questo non vuol dire necessariamente che la formazione abbia effettuato una trasformazione profonda nelle persone a livello degli affetti, delle convinzioni e delle motivazioni.

Per esempio, ho notato che, con rarissime eccezioni, tutti i formandi nelle comunità formatrici elaborano il progetto personale di vita; ma quanto diventa difficile per molti farlo dopo la professione perpetua e dopo l’ordinazione! Ci troviamo qui davanti ad una grande sfida della formazione, cioè alla sfida di saper personalizzare la formazione in modo tale che ogni individuo assuma responsabilità per la propria crescita ed agisca per convinzioni proprie.

È possibile aver insistito tanto nelle buone notti, nelle conferenze, nella scuola, eppure non essere riusciti a infondere nei formandi un amore forte e personale per il Signore Gesù, non aver formato uomini veramente spirituali. Possiamo aver faticato tanto, eppure non essere riusciti ad inculcare in loro la convinzione che la vita consacrata è centrata su Dio e su Gesù Cristo e che la sua missione fondamentale non è il lavoro, ma la testimonianza profetica.

Ciò che spesso manca è una metodologia formativa che raggiunga il formando in profondità, creando convinzioni, infondendo gioia e serenità, dando motivazioni, offrendo capacità di discernimento. Secondo la “Ratio”, dobbiamo rivedere l’attuale metodologia e trovare una strada di formazione più esperienziale e meno intellettualistica, più attiva e coinvolgente, più diretta al mondo interiore del formando e meno esteriore, per aiutarlo a confrontarsi con le proprie idee, convinzioni e motivazioni. Occorre fare leva più sulla direzione spirituale e sulla confessione, sulla riflessione e sulla preghiera, perché sono questi elementi che aiutano l’assunzione dei valori.

Non bisogna dimenticare che i giovani di oggi ricevono moltissima informazione, ma hanno bisogno di agire per capire. Essi tendono a non dare molta importanza agli impegni formali; spesso non hanno l’esperienza di “fedeltà per sempre”. Ciò vuol dire che hanno bisogno di avere davanti esempi concreti, di fare esperienza, di poter toccare con mano i valori che si vuole loro comunicare.


3. Mistica e ascetica


Molti formandi danno come motivazione della loro uscita il disagio che sperimentano nei rapporti comunitari. Bisogna riconoscere che la qualità di vita della comunità gioca un ruolo di primaria importanza, non solo nella scoperta e nell’orientamento delle vocazioni, ma anche nella loro fedeltà. I giovani confratelli sentono il disagio, specialmente quando sono poco accompagnati o vengono lasciati soli. E’ impegno dunque di tutti i membri della comunità creare ambienti e rapporti che favoriscono l’accoglienza e la crescita dei confratelli, particolarmente di quelli giovani.

Occorre però tener presente che, nonostante l’impegno, dobbiamo accettare che nelle comunità non mancheranno i segni di debolezza e non sarà possibile evitare tutti i conflitti. È necessario quindi che la formazione iniziale prepari persone che possano rimanere fermi nelle loro convinzioni e fedeli ai loro impegni di consacrati, nonostante le difficoltà che incontreranno nella loro vita. Ciò porta alla necessità della formazione all’ascesi.

Il consacrato è anche chiamato a dare testimonianza; e questo è un compito arduo. E’ richiesta la visibilità della sua consacrazione, un andare contro corrente, un abituarsi ad essere criticati, vilipesi, ignorati, la capacità di resistenza per la causa del vangelo. La formazione alla rinuncia richiede di fare come il mercante del vangelo che ha lasciato le perle preziose, non perché erano false, ma perché ha trovato “la” perla di inestimabile valore che ha riempito il suo sguardo e il suo cuore. Non c’è quindi ascesi e rinuncia, senza una mistica.

Infine non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle frustrazioni, che si incontrano anche nella vita consacrata; esse sono senza dubbio alla base di molte crisi e di molti abbandoni, soprattutto dopo i primi anni di attività apostolica. Occorre “il coraggio della rinuncia a se stessi nell’accettazione e accoglienza dell’altro con i suoi limiti, a partire dall'autorità”.4 Ecco allora la necessità di formare ad una vita ascetica, ma previamente anche ad una forte carica spirituale.


4. Risposta ispettoriale alla fragilità vocazionale


Ogni Ispettoria si è impegnata in un processo di riflessione sul tema della fragilità vocazionale. Il Dicastero vi ha offerto una sintesi delle riflessioni e degli orientamenti in riferimento ad ogni Regione. E’ importante non perdere il frutto del lavoro svolto. Credo che ora la situazione della fragilità vocazionale e le linee di azione per superarla debbano ora essere poste nel Progetto ispettoriale di formazione, là dove si parla della formazione iniziale. Ricordo che abbiamo chiesto alle Ispettorie di concludere tale Progetto possibilmente entro l’anno 2007.



Vi invito a condividere questa mia lettera con la vostra Commissione ispettoriale di formazione, con le Commissioni Regionali e con i formatori. Cordiali saluti. In Don Bosco,



Don Francesco Cereda

1 F. CEREDA, Fragilità vocazionale, in ACG 385, Roma 2004.

2 USG, Fedeltà e abbandoni nella vita consacrata oggi, Litos 2005.

3 USG, Per una vita consacrata fedele. Sfide antropologiche alla formazione, Litos 2006.

4 CIVCSVA, La vita fraterna in comunità, 23.

4