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Codice scheda: ASC A4560313 (Microscheda: 3964D1/E2)
Luogo e data: TORINO ­ 11/11/1896
Autore: RUA MICHELE
Destinatario: RAMPOLLA MARIANO
Classificazione: Rua: Corrispondenza con S.Sede
Tipo documento e supporto: Comunicazione ufficiale ­ Copia
fotostatica
Autenticità: Copia
Contenuto: Fa istanza al Segretario di Stato, affinchè interponga validi
offici per la tutela dei diritti dei Salesiani di Quito (Ecuador), esiliati
con la forza la notte del 23.08.1896 su accuse infondate
(v. A4550354)
***
Torino, 11 novembre 1896
A Sua Eminenza
Il Card. Rampolla Segretario di S.S. ­ Roma
Nell'interesse dei Missionari Salesiani, di nazionalità italiana, già
residenti nel territorio della Repubblica dell'Equatore, donde furono
recentemente esiliati,
il sottoscritto fa istanza alla Eminenza Vostra perché presso la
Suprema Autorità di quello Stato interponga i suoi validi offici alla
tutela dei loro diritti;
E premesso avere i menzionati Missionari sino dal 1887 posto piede
nella Repubblica dell'Equatore, per invito ricevuto da quel Governo ed
in virtù di contratto col medesimo stipulato, pel quale si garantivano
contro la eventualità di improvviso licenziamento colla condizione che,
"ove il Governo intendesse revocare a sé l'uso del Collegio ceduto
dovesse darne diffida tre anni prima, lasciare al sac. Giovanni Bosco la
proprietà di tutti i suoi mobili e risarcirlo delle spese che dovesse fare
pel viaggio del personale (art. 11 conv. 14 febr. 87)"
il sottoscritto ha l'onore di esporre alla Em. V. quanto appresso.
La notte 23 agosto del corrente anno il collegio ­ Protectorado ­
condotto dai Salesiani, fu d'improvviso assallito e perquisito da una
torma di soldati e agenti di polizia: i mobili che vi si trovavano,
sequestrati e dichiarato proprietà dello Stato tutto ciò che fosse sino
allora appartenuto ai singoli individui stranieri ivi dimoranti. I
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religiosi, catturati, coi soli abiti che avevano indosso e senza alcuna
provvista pel viaggio, furono immediatamente cacciati e scortati da un
drappello di soldati nella via dell'esilio per sentieri lunghi ed
asprissimi in cerca d'un rifugio fuori dei confini di quella Repubblica.
A giustificazione di tale violenza non fu data a quegl'infelici che
trepidanti ne domandavano il motivo, altra risposta per allora che
ingiurie.
Ma pochi dì appresso, e precisamente colla data dei 26 agosto,
comparvero nei giornali della Repubblica alcuni documenti di un certo
qual carattere ufficiale, che contenevano contro i Missionari Salesiani
accuse determinate.
Di tali documenti poi che sono l'unico atto d'imputazione a noi noto,
accludo copia e brevemente espongo il contenuto. Due distinti capi
d'accusa vi si comprendono:
a) mali trattamenti verso gli alunni del collegio, discorsi di carattere
politico contro l'attuale governo tenuti ad essi; fogli ingiuriosi alla
persona del Capo dello Stato fatti circolare nell'interno dell'istituto:
b) cospirazione contro il governo.
Delatori delle prime accuse furono tre giovani Raff. Serrano, Vitt.
Espinosa, Rinaldo Ojeda, collocati nell'istituto (circostanza da rilevare)
solo al principio di quest'anno da impiegati del nuovo governo e nella
loro deposizione ebbero conferma da alcuni fanciulli, egualmente del
collegio, per cui giurò (e rese testimonianza?...) il loro comune
"apoderado" che per giunta era officiale di polizia.
Siffatte accuse furono smentite:
1°) da una protesta di tutti gli alunni del collegio tolti i sunnominati,
colla quale si escluse che i salesiani avessero tenuto alcun discorso di
colore politico;
2°) dalla dichiarazione dei maestri tipografi della casa, (uno dei quali
certo Giovanni Jaramillo, alfarista) con cui si nega recisamente che
dalla stamperia del collegio siano usciti o siansi fatti circolare fogli di
qualsiasi genere e tanto più di oltraggiosi al Sig. Gen. Alfaro nella sua
qualità di capo del governo;
3°) dalla considerazione che, a meno non si vogliano riguardare per
mali trattamenti le repressioni più o meno vivaci che s'ammette essersi
dovute fare ai tre principali accusatori (in ragione della loro oca
disciplinatezza e loro tendenza al parteggiare) così anche ad altri allo
scopo d'impedire che, in un luogo dove i giovani si trovano raccolti
esclusivamente per l'educazione religiosa ed artistica, si facessero
scissure per bizze politiche, non poterono essere inflitti castighi

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corporali, e perché assolutamente contrario al metodo correttivo di
Don Bosco, e perché, se i medesimi avessero avuto luogo, il Serrano,
che ai primi di marzo, per meglio calunniare i Salesiani era uscito di
collegio, non vi sarebbe rientrato per il molto naturale sgomento di tali
castighi ricevuti nel passato e temibili nell'avvenire!
4°) dalle concordi attestazioni di tutti gli alunni, tolti sempre,
s'intende, i tre accusatori coi "poveri fanciulli" che li ebbero a
confermare.
Il secondo capo d'accusa ha fondamento sul seguente fatto.
La sera del 22 agosto corr. an., dalle 9 alle 10 ore, in una bottega
situata di fronte al Protectorado e appartenente a certo dottor Alvear
furono arrestati parecchi individui, che si trovarono con armi e con
tutta l'apparenza di cospiratori. Tradotti allo "Ispettorado" costoro per
mezzo (può dirsi) di un comune compagno e principale attore della
commedia, Luigi Valles, che fu il primo ad essere interrogato e sulla
cui deposizione gli altri, con un sistema evidentemente suggestivo
ebbero a rispondere, dichiararono d'essersi adunati in quella bottega
per istigazione dei salesiani e coll'incarico da essi ricevuto di accorrere
al centro per unirsi alle forze rivoluzionarie del generale Follego.
La deposizione di questo Luigi Valles è nella sua sostanza la seguente:
"I salesiani, due o tre mesi prima di quel giorno lo avrebbero invitato
ad un convegno nel Protectorado, nel quale avrebbe avuto per
compagni, tra moltissimi altri, quelli che insieme con lui erano allora
arrestati. Vi sarebbero stati presenti i sacerdoti Don Calcagno,
direttore del collegio, Don Rocca Guido, Don Santinelli Ciriaco e Don
Taricco Giuseppe i quali dopo un discorso d'occasione atto ad
infiammare gli animi contro il novello governo avrebbero da tutti
gl'intervenuti il giuramento di farsi uccidere piuttosto che
abbandonare la difesa della religione che dicevano allora compromessa
nei propri interessi; e perché del partito preso si fosse fatto subito e
impedimento, e sarebbero stati invitati a dar l'assalto alle carceri del
"Panoptico" per liberarne i reclusi onde averli compagni nella rivolta.
Questa idea (luminosissima e in verità invidiabile da cospiratori di
professione) non avrebbe potuto avere effetto per causa della continua
e vigilante custodia dei guardiani delle carceri: in compenso però
dell'abortito tentativo, pochi giorni appresso (e sempre s'intende col
consiglio ed aiuto dei salesiani) sarebbero passati nascostamente per il
recinto del Protectorado diciasette individui, armati di fucili,
coll'incarico di andare ad unirsi in Zambillo cogli altri cospiratori. Il
dichiarante non avrebbe preso parte a quella spedizione per infermità
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sopravvenutagli, ma in seguito per danaro e promesse avute dai
salesiani sarebbe cogli intendimenti già noti andato a quella adunanza
durante la quale fu insieme cogli altri arrestato".
Ora, questa deposizione è dimostrata falsa:
a) da Michele Velasco Rubio, che con giuramento nega d'essere
intervenuto a qualsiasi adunanza di carattere politico, nel Protectorado
o fuori, e nega perfino di conoscere il Valles che pretenderebbe averlo
avuto per compagno.
b) da Raff. Acosta il quale dichiara d'essere da più di 6 anni presso i
salesiani e di non avere veduto mai in casa loro gente armata di
qualsiasi genere e tanto meno col fine di cospirare: che, per essere egli
custode delle entrate al collegio, avrebbe per lo meno dovuto
accorgersi di chi vi passava: che mai non vide il Valles o altro forestiero
entrar nel Protectorado ad armarsi o a congiurare.
c) da Sebastiano Cevallos il quale dichiara con giuramento di non aver
mai veduto né udito che gente si fosse armata o radunata nel collegio a
scopo politico; ed assevera che di politica i salesiani non si curarono
mai e vietarono ai giovani di interessarsene esortandoli solo a pregare
per la pace della Repubblica.
d) da Emm. Acosta, anch'egli con giuramento, che depone di aver
dimorato nel collegio parecchio tempo e non aver mai avuto occasione
di veder gente intervenuta per adunanze di qualsiasi carattere politico;
e) dal dottor Alvear, che giura di non aver mai ricevuto da alcuno dei
salesiani o da altri per essi l'invito di sgombrare la bottega per farvi
tenere riunioni di qualsiasi genere:
­ uomini tutti costoro, onesti e giurati ­;
ed è indirettamente smentita dallo stesso Amatore Jarimo perché se
veramente fosse stato costui l'agente segreto dei salesiani come
vorrebbe il Valles e compagni, come fu da esso ratificato ciò che depose
il Valles, avrebbe così dovuto farsi menzione degli speciali incarichi
ricevuti dai salesiani; eppure non ne dà cenno.
È resa d'altra parte inverosimile dalle seguenti considerazioni d'ordine
generale:
a) i salesiani per essere sussidiati dal governo e per aver avuto dal
nuovo Capo assicurazioni d'aiuti per l'ampliamento del loro istituto
non solo non avevano alcun motivo di dolersi, ma avrebbero fatta cosa
contraria, nonché al loro interesse, alla prudenza più elementare
(specie dopo le accuse di cui erano stati fatti segno pochi mesi
addietro) prendendo parte in qualsiasi modo ad atti ostili contro il
nuovo governo.

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b) che, a parte la poca probabilità che poveri religiosi e per il loro
genere di vita affatto alieno da brighe di mondo e da infermità
tribolati, come il direttore Don Calcagno, il Don Rocca e Don Tarico ha
retto da tigli avanzatissima, abbiano sentita la necessaria disposizione
a coltivare e mandare ad effetto proponimenti bellicosi e rivoluzionari;
è di una assurdità impareggiabile che da essi siasi indetta riunione di
gente armata in tal bottega, aperta che si trovava di prospetto al
collegio, in una via pubblica, frequentata assai, esposta alla più facile
vigilanza della pubblica forza, in un'ora in cui era tuttavia vivo il
passeggio, in un momento in cui da parte del governo si teneva
l'occhio su tutti, mentre è ben saputo che nel cuor della notte sogliono
unirsi i cospiratori e nell'aperta campagna e mentre che i salesiani
potevano aver modo di riceverli e tenerli nascosti in alcuna delle
stanze remote del Protectorado, donde sarebbe stato facile ai
convenuti evadere pei monti, se mai fossero stati scoperti; e qualora
pure avessero voluto tenere una simile adunanza fuori del collegio..,
ma la più ristretta circospezione li avrebbe consigliati a scegliere un
luogo lontano dall'istituto, onde evitare il meglio che fosse stato
possibile i sospetti e le eventuali compromesse.
d) e di non minore assurdo si è che in quella tale adunanza del 22
agosto, che si vorrebbe indetta dai Salesiani, e nella quale cose di tanto
momento pel loro interesse e le loro imprese ribelli avrebbero dovuto
concordarsi, nessuno di quelli che facevano parte della famiglia del
collegio e perciò più fidati, vi sia intervenuto, poiché è a notare che
Velasco Rubio e Cristoforo Velasco furono arrestati per istrada, mentre
tranquillamente procedevano verso il collegio, da quelle guardie che
traevano gli arrestati nella bottega dell'Alvear.
e) ed è assurdo che istigatori e favoreggiatori di congiure come si
vorrebbero far ritenere i salesiani, non abbiano avute mai presso di sé,
come risulta dalle ripetute inutili perquisizioni, armi o istrumenti da
somministrare all'occorrenza, mentre ne avrebbero avuti tutti i mezzi
ed anche il dovere per non porgere agli alleati il nudo soccorso della
parola. Ma mentre per tutti i suaccennati motivi perde ogni fede la
deposizione del Valles, prende carattere di grande verisomiglianza (se
si tien conto dell'odio che i fautori più o meno accalorati del partito
radicale dovevano naturalmente nutrire contro i religiosi), l'ipotesi che
pongo. E cioè, che per arte di qualche maligno, siansi raccolti quei tali
individui, gente per la loro condizione corruttibilissima, (specie il
Valles, volgare malfattore, condannato già per varii delitti, ed evaso dal
reclusorio del Panoptico soltanto colla instaurazione del nuovo
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governo) e siansi fatti adunare in quella certa bottega con armi e
istruzioni opportune, a bella posta per compromettere i salesiani.
Che in verità tale desiderio di cogliere in fallo i detti Missionari fosse
già in parecchi ed in particolare nei rinnovati agenti di polizia, lo
provano due aneddoti che a titolo d'amenità voglio addurre: Una volta
sul principio di quest'anno l'istituto fu improvvisamente perquisito da
un numero grande di guardie e di soldati agli ordini d'un capitano.
Dietro la guida del giovane Serrano (che in quell'occasione manifestò
senza ambagi chi egli si fosse e con quali intendimenti entrato in
collegio) corsero difilati ad un certo luogo dell'istituto detto pecebrera.
Colà il capitano salì vittorioso sopra una catasta di casse e con mal
penata gioia "oh, ecco, esclamò, eccolo il corpo del delitto" ed in così
dire andava picchiando colla punta della spada una delle casse che per
verità aveva molta somiglianza con quei tali recipienti dove si sogliono
contenere e conservare le capsule per "Remingtons". Il direttore
accorso a quella novità "piano, ripeteva, signore, piano; La non mi
guasti quelle casse che sono di legno straniero d'ottima qualità: aspetti
il tirachiodi". E il falegname venne, e la cassa fu aperta; ma quale fu la
sorpresa del capitano e del delegato quando s'ebbero sotto gli occhi
tante dozzine di mattoni refrattari!
Un'altra volta uno degli inservienti del collegio fu fermato dalle
guardie di polizia e condotto in caserma. Là un impiegato voleva a
forza cavargli la rivelazione del nascondiglio dove i salesiani tenevano
le armi e lo minacciò di 25 sferzate se non confessava. Ma fuori di un
po' di paura per il malcapitato l'inquirente non poté aversi alcuna
soddisfazione e anche quella volta la polizia dovette darsi per vinta.
Ciònondimeno colla commedia del 23 agosto venne la possibilità di
dare in qualche modo corpo alle ombre.
Ma, sia che si considerino le inverosimili testimonianze d'accusa,
raccolte senza garanzia di giuramento e con tal metodo, per cui
giuridicamente non potrebbero aver valore di sorta;
sia che si consideri la verosimiglianza dell'ipotesi dal sottoscritto
sovraesposta, è d'uopo riconoscere che nel fatto della sera del 22
agosto non vi fu più che "un pretesto" ad espellere il salesiani, ormai
invisi al partito prevalente. Ma se con tale pretesto si potè sperare di
velare agli occhi del popolo l'arbitrarietà dell'atto compiuto, non
potranno giammai con esso giustificarsi i danni voluti recare agli
espulsi.
Eminenza,
il sottoscritto non vi espone i molteplici patimenti del periglioso

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cammino per quegli infelici che furono abbandonati in quelle
sterminate regioni senza alcuna provvista, senza aiuti e senza alcuna
pietà verso infermi quali erano il direttore Don Calcagno, i missionari
Don Rocca e Don Tarico.
Soldati di Cristo, egli è sicuro che nella fede e nella serenità della
propria coscienza avranno trovato forza bastevole a mostrarsi
superiori alle difficoltà e rassegnati al dolore!
Ma perché siano riconosciuti i loro diritti illegittimamente violati li
raccomanda a voi cotesti infelici che per la loro condizione di cittadini
del regno residenti all'estero, sono affidati in modo speciale all'alta
protezione della Eccellenza Vostra.
Al contratto in virtù del quale si erano stabiliti in quella Repubblica
non si contravvenne da essi in alcun modo, per verun motivo
legalmente accertato; che se tuttavia vi si contravvenne dalla parte del
governo col loro improvviso licenziamento, resti almeno osservata la
clausola della restituzione di tutti i mobili loro spettanti.
È poiché, con espressa autorizzazione del Governo, essi avevano
acquistati a titolo oneroso e gratuito, come dagli allegati documenti
risulta, la proprietà di alcuni beni stabili, e la capacità di ritenerla non
perderono per alcun reato commesso (o giudizialmente verificato),
il sottoscritto chiede alla Ecc. Vostra che di questi loro diritti voglia
procurare il reintegro e la restituzione in quella guisa medesima che a
qualsiasi altro cittadino del regno, residente all'estero e
immeritatamente leso, sarebbe prestato appoggio e assicurata giustizia.
Della Eccellenza Vostra
Devotissimo Servitore
Sac. Michele Rua
Successore di Don Bosco.
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