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Codice scheda: ASC A4520258 (Microscheda: 3911E2/10)
Luogo e data: TORINO ­ ­­/02/1873
Autore: RUA MICHELE
Destinatario: LEMOYNE GIOVANNI BATTISTA
Classificazione: Rua: Corrispondenza con Salesiani
Tipo documento e supporto: Registro ­ Manoscritto
Autenticità: Firma autografa
Contenuto: Minuta con correzioni autografe del viaggio di D. Bosco a
Roma. (All. copia calligrafa ­ MF 3911E2/5.)
***
Torino, febbraio 1873
Notizie sul viaggio del Signor Don Bosco.
Carissimo Don Leomyne
Partito Don Bosco da Torino per Roma il 18 febbraio, non vi giunse che
dopo cinque o sei giorni. Vari furono i casi che accompagnarono il
Signor Don Bosco in questo viaggio, di cui, secondo che vennero a noi
riferiti, qui in breve a voi, amati fratelli li riferiamo. Dove prima si
fermò Don Bosco, fu a Piacenza; ebbe a compagno il P. Franco che
cortesemente seco lo volle in tutta quella giornata. Partito da Piacenza
tra le dimostrazioni d'affetto di quanti lo avevano veduto, si condusse a
Parma. Quivi fu ricevuto a braccia aperte dal Monsignore di questa
città, il quale da lungo tempo aspettava una visita di Don Bosco, per
essere alquanto sollevato dai vari incomodi di salute, che di continuo
lo opprimono. Fu tanto il piacere di questo Vescovo sull'aver seco Don
Bosco, che in tutto il giorno 20 febbraio lo volle sempre al suo fianco.
Nello stesso giorno andarono a visitare un locale posto al di là del
torrente Parma, non senza concludere che quello era un luogo molto
adatto per un Collegio. Appena si seppe tra i parmigiani dell'arrivo di
Don Bosco, tosto il suo nome corse sulla bocca di tutti, e furono tante
le visite che quivi ebbe che gli fu necessario partire di nascosto, per
non destare troppo tumulto e per non fermarsi di troppo in questa
città. Qui abbiamo una nota sulla salute di Don Bosco, e sappiamo, che
egli non è troppo bene in salute, specialmente pel continuo e molesto
mal di capo, mai non poteva riposare la notte. All'indomani alle 10.30
partì Don Bosco per Bologna, dove fece una fermata di due giorni.
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Appena vi giunse, già il Cardinale Morichini autore della Petreide ed
Arcivescovo di detta città, aveva dato ordine di dire a Don Bosco che lo
avrebbe sospeso da tutte le facoltà ecclesiastiche se non l'andava subito
a trovare. Perciò Don Bosco col suo segretario Don Berto, andarono
dal suddetto Arcivescovo, e il giorno dopo li volle seco a pranzo e loro
non diede licenza, finché con una mirabile bontà li condusse a visitare
tutti gli angoli della sua abitazione. Quivi visitarono parecchie
basiliche, tutte ricche di marmi i più preziosi e di quadri di autori
classici, e poterono dire la messa nella chiesa di Santa Caterina da
Bologna, dove conservasi il suo corpo ancora intatto, pieghevole,
morbido dopo 400 anni e più dalla sua morte. Di qui partì Don Bosco
sul convoglio di Firenze. Giunto in un sito dove, vi era un orrendo
precipizio nel punto più alto degli Appennini, mancò poco che Don
Bosco e tutti quelli che gli erano compagni nel viaggio non facesse un
solenne capitombolo. Fortuna che era di giorno, fortuna che era la
mano del Signore che accompagnava a Don Bosco, se no, chi sa, quale
avventura per il Signor Don Bosco e per noi. Motivo di questo
accidente si fu, che si era tolta una vite dalla ruota maggiore della
macchina, onde si sarebbe certamente sfasciata la macchina se il
macchinista non si fosse accorto dell'accaduto. Era poco tempo che
erasi nuovamente avviati, quando incorse altro pericolo ancora più
grave. All'imboccatura di una galleria erasi spostato un pezzo di rotaia
e si sarebbero sfracellati tutti se ha tempo non avessero fermato il
convoglio e fatte le necessarie riparazioni. Arrivati nella bella Firenze,
già l'attendeva la vettura della buona famiglia Nerli, che è una delle
prime famiglie di Firenze per ricchezze. Visitò all'indomani parecchie
persone nobili, fra cui l'Arcivescovo, il quale discorrendo con Don
Bosco gli rammentò un fatto importante che Don Bosco gli aveva
preannunziato alcuni anni fa e che si avverò a puntino. Lunedì, 24
scorso, partì Don Bosco da Firenze per non fermarsi che a Roma. Qui
abbiamo dal segretario varie notizie, che riguardano alle meraviglie
osservate lungo il viaggio. Ve ne darò un cenno. Uscito Don Bosco con
la guida fuori di Firenze, loro si presentò allo sguardo la bella e
verdeggiante campagna chiamata Valle d'Arno superiore. Non da lungi
si vedevano fiancheggiati dagli alti Appennini sui quali posano le sacre
abitudini di Valleombrosa, di Camaldoli e di Alvernia tanto celebri
nella storia del Medio Evo. Passarono per Arezzo una delle prime e più
antiche città dell'Etruria, patria del grande mecenate, di Guido
l'inventore delle note musicali mondane, del Vasari, del Redi... Furono
anche a Cortona, posta sopra un alto colle, dove in una maestosa

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cappella riposano le sacre ceneri di quella gran peccatrice, ma poi
convertita Santa Margherita da Cortona. Fiancheggiando il lago
Trasimeno, celebre per la sconfitta toccata ai Romani quando erano
alle prese con i Cartaginesi, giunsero a Perugia, patria dell'insigne
pittore Pietro Vannucci maestro del celebre Raffaello. In seguito dopo
2 ore di cammino giunsero nella città di Assisi posta sopra un alto
colle, dove si vedeva il corpo del serafico San Francesco, e dove ebbe i
natali il celebre Metastasio. Passando per Spoleto, Terni e Narni patria
dell'imperatore Nerva, giunsero nel tratto di paese che gli antichi
chiamavano Lazio, dove fiancheggiando buon tratto il Tevere giunsero
sui confini della metropoli del mondo. Le case diroccate, i frantumi dei
caduti monumenti denotavano fin dove s'estendeva l'antica Roma. Ma
eccoli felicemente a Roma. Una vettura li attendeva, era la vettura di
Monsignor Manacorda. Passando davanti al palazzo del Quirinale si
recarono dalla famiglia Colonna, via Santa Chiara n. 49 dove crediamo
tenga la sua dimora durante la sua residenza in Roma. Ebbe Don
Bosco subito che giunse a Roma le visite dei più distinti personaggi
romani. Dissero già messa sull'altare di San Luigi, dove riposano le sue
ceneri, ed accompagnati dal P. Oreglia visitarono anche la camera dove
pregava e si flagellava, come pure la camera di Sant'Ignazio da Loila.
Visitarono il Mosé del Michelangelo una delle prime rarità di Roma,
visitarono la chiesa di Santa Maria Maggiore, presso cui si conserva il
magnifico arco di Costantino il Grande. Il 26 a sera andarono al
Vaticano dal Cardinale Antonelli, dal quale licenziandosi ebbero queste
parole: "Pregate, disse, pregate il Signore che ci dia la forza di
sopportare le presenti gravi tribolazioni". Questo Cardinale ha tanta
affezione e confidenza per Don Bosco, che si trattenne seco lui buona
pezza a parlare di affari i più importanti e lo esortò a volerlo visitare
altre volte. Della stessa sera il Signor Don Bosco fece domandare a
Monsignor Ricci di avere un'udienza particolare dal Santo Padre, ed il
27 a sera, ebbero la lettera che li invitava per le 6.15. Andarono nell'ora
fissata ed ebbero un'udienza proprio nella camera di Pio IX. Dopo aver
aspettato alcuni minuti nell'anticamera di Pio IX, si videro da
Monsignori circondati, i quali andavano a fare le loro congratulazioni
con Don Bosco, provando gran piacere di vederlo. Erano le 6.30 e Don
Bosco entrava dal Papa, dove dopo un'udienza di ore 1.30, venne
ammesso anche il suo segretario, ed attesta che fu tanta la riverenza
che lo colse nel vederlo, che non poté a meno di gettarglisi ai piedi ed
implorare la sua benedizione. Oh quanta benevolenza ed affabilità ha il
Santo Padre. Don Berto facendosi animo e volgendo la parola a Sua
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Santità gli disse: quanto è mai grande la mia fortuna! Ora se dovrò
morire muoio contento; e Pio IX interrompendolo con un sorriso
angelico benigno disse: cantiamo dunque ora il Nunc dimittis servum
tuum in pace? Dettogli poscia del numero stragrande di giovanetti che
Don Bosco aveva per figli Sua Santità ne rimase come stupefatto ed
ebbro per il contento, ed avendogli Don Bosco chiesto un consiglio per
tutti i suoi figli, e la sua benedizione Pio IX rispose: sì, sì, concedo
tutto, benedico tutti, e che altro posso io mai lasciare a quei giovanetti
che di perseverare nel bene? Adolesceus iuscta viam suam cum
sennerit non recedet ab ea. Adesso, rispose, lasciatemi passare, vado a
prendere una medaglia per ciascuno dei vostri figli; a Don Bosco la più
grossa, non è vero? Sì, Santità. Ricevuta poscia la sua papale
benedizione ritornarono a casa consolati e Don Bosco disse al
segretario, che con una benignità singolare gli concesse tutto quanto
gli domandò. Fin qui le notizie che avemmo. A noi, in quanto che
siamo fortunati figli di un tanto Padre, non s'aspetta che di pregare,
affinché godendo sempre di quella sanità che tanto gli è necessaria,
possa, mercé le nostre preghiere, tutto ottenere sia al nostro pro, sia a
pro di tante anime che aspettano nient'altro che la carità di Don Bosco,
li vada a sollevare. Già avemmo prova dell'efficacia della preghiera
essendo scampato dai due sovraccennati pericoli, giova perseverare, e
alle preghiere aggiungere l'offerta di qualche comunione.
Forse nella prossima settimana avremo il piacere di rivedere il caro
Don Bosco, il quale desidera che si faccia a San Giuseppe una bella
festa. Ti noto che adesso specialmente ha bisogno di preghiere e
comunioni.
Tuo aff. Don Rua [Michele]

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