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Codice scheda: ASC A4550354 (Microscheda: 3961C2/D7)
Luogo e data: TORINO ­ 12/11/1896
Autore: RUA MICHELE
Destinatario: LARREA
Classificazione: Rua: Corrispondenza con altri
Tipo documento e supporto: Supplica, Richiesta ­ Copia fotostatica
Autenticità: Copia
Contenuto: Chiede al Min. Plenipotenziario dell'Equatore la
restituzione ed il reintegro dei diritti dei SDB in esilio, ingiustamente
accusati di cospirazione contro il Governo Equatoriano (v. da
A4550204 a 09).
***
A Sua Eccellenza
Il Ministro Plenipotenziario dela Repubblica
dell'Equatore presso la S. Sede ­ Roma
Torino, 12 novembre 1896
Eccellenza
Nell'interesse dei Missionari Salesiani, di nazionalità italiana, già
residenti nel territorio della Repubblica dell'Equatore, donde furono
recentemente esiliati,
il sottoscritto fa istanza alla Eccellenza Vostra per il riconoscimento
dei loro personali diritti da parte del Governo di quella
E premesso avere i menzionati Missionari posto piede nella
Repubblica dell'Equatore sin dall'anno 1887, per invito ricevuto da
quel Governo ed in virtù di contratto col medesimo stipulato, pel quale
si garantirono contro la eventualità d'improvviso licenziamento colla
condizione che, "ove il Governo intendesse revocare a sé l'uso del
Collegio ceduto dovesse darne diffida tre anni prima, lasciare al sac.
Giovanni Bosco la proprietà di tutti i suoi beni mobili e risarcirlo di
tutte le spese che dovesse fare pel viaggio del personale"
il sottoscritto ha l'onore di esporre alla E. V. quanto appresso.
La notte 23 agosto del corrente anno il collegio "Protectorado"
condotto dai Salesiani, fu d'improvviso assallito e perquisito da una
torma di soldati e agenti di polizia: i mobili che vi si trovavano
sequestrati e dichiarato proprietà dello Stato quanto avesse sino allora
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appartenuto ai singoli individui stranieri ivi dimoranti. I religiosi,
catturati, coi soli abiti che avevano indosso e senza alcuna provvista
pel viaggio furono immediatamente sospinti e scortati da un drappello
di militi nella via dell'esilio per sentieri lunghi ed asprissimi in cerca
d'un rifugio fuori dei confini di quella Repubblica.
A giustificazione di tale straordinario trattamento non fu data a quegli
infelici, che trepidanti si domandavano il motivo, altra risposta per
allora che ingiurie. Ma pochi dì appresso, e precisamente con la data
del 26 agosto c. a., comparvero nei giornali della Repubblica alcuni
documenti di un certo qual carattere ufficiale, che contenevano contro
i missionari salesiani accuse determinate.
Di tali documenti, per essere l'unico atto d'imputazione a noi noto,
brevemente espongo il contenuto.
Due distinti capi d'accusa vi si comprendono:
a) mali trattamenti verso gli alunni del Collegio, discorsi di carattere
politico tenuti ad essi contro l'attuale governo; fogli ingiuriosi alla
persona del Capo dello Stato fatti circolare nell'interno dell'istituto:
b) cospirazione contro il governo.
Delatori delle prime accuse furono tre giovani Raff. Serrano, Vitt.
Espinosa, Ricc. Ojeda, collocati nel collegio (circostanza da notare) al
principio di quest'anno da impiegati del governo e nella loro
deposizione ebbero conferma da alcuni fanciulli, pure essi del collegio,
per i quali giurò (e depose?) il loro comune "apoderado" ufficiale di
polizia.
Siffatte accuse furono smentite:
a) da una protesta di tutti i giovani tolti i sunnominati, colla quale si
escluse che i salesiani avessero mai tenuto qualsiasi discorso di colore
politico;
b) dalla dichiarazione dei maestri tipografi della casa, (uno dei quali
certo Giovanni Jaramillo, alfarista) con cui si nega che dalla stamperia
del collegio siano usciti o fatti circolare fogli di alcun genere e tanto
più, d'oltraggiosi al Sig. Alfaro, nella sua qualità di capo del Governo;
c) dalle considerazioni che, avemmo non si vogliano riguardare per
mali trattamenti le repressioni più o meno vivaci che si dovettero fare
ai tre accusatori e ad altri per impedire che in un luogo dove i giovani
erano raccolti per l'unico scopo della loro educazione religiosa ed
istruzione artistica, si facerono scissure per precoci bizze di partito,
nessun castigo corporale poté essere inflitto, sì perché assolutamente
contrario al metodo correttivo di Don Bosco, si perché, ove di
somiglianti castighi si fossero dovuti soffrire, il Serrano, che ai primi di

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marzo per meglio calunniare i Salesiani era uscito dal collegio, non v
sarebbe rientrato per il molto naturale sgomento delle punizioni
passate e pel timore delle future;
d) dalle concordi attestazioni di tutti gli alunni, tolti sempre, s'intende,
i tre accusatori coi "poveri fanciulli" che li ebbero a confermare.
Il secondo capo d'accusa a fondamento sul seguente fatto.
La sera del 24 agosto, dalle 9 alle 10 ore, in una bottega situata di
fronte al "Protectorado" e appartenente a certo dottor Alvear furono
arrestati parecchi individui, che vi si trovarono in armi e con tutta
l'apparenza di cospiratori. Tradotti allo "Ispettorado" costoro per
mezzo (può dirsi) di un comune compagno e principale attore della
commedia, Luigi Vallez, (che fu il primo ad essere interrogato e sulla
cui deposizione gli altri, con un metodo evidentemente suggestivo,
furono interrogati) dichiararono d'essersi adunati in quella certa
bottega ad istigazione dei Salesiani e con lo incarico da essi ricevuto, di
accorrere al centro per unirsi alle forze rivoluzionarie del Gen. Follego.
La deposizione del Vallez è nella sua sostanza la seguente:
"I salesiani, due o tre mesi prima di quel giorno lo avrebbero invitato
ad un convegno nell'interno del Protectorado, nel quale gli sarebbero
stati compagni, tra molti altri, quelli che allora insieme a lui si
trovavano arrestati.
In quella tale adunanza i sacerdoti Don Calcagno, direttore del
Collegio, Don Santinelli, Don Jarico, Don Rocca avrebbero tenuto agli
intervenuti un discorso contro l'attuale governo e avrebbero fatto
giurare tutti i presenti di lasciarsi prima uccidere che abbandonare la
difesa degli interessi della religione, che dicevano compromessi dal
predominio del partito liberale. In essa adunanza si sarebbe ancora
stabilito di dar l'assalto alle carceri del Panoptico e liberarne i reclusi,
onde averli compagni nella rivolta. Tale proposito non si sarebbe
potuto mandar ad effetto a motivo della vigilante custodia dei
guardiani delle carceri; in compenso però si sarebbero fatti partire
nascostamente e per dentro il recinto del "Protectorado" alla volta dei
monti,17 individui armati dai salesiani e con l'incarico di andare in
Zambillo per congiungersi cogli altri cospiratori.
Il dichiarante non avrebbe potuto prender parte a quella spedizione
perché impedito da infermità. In seguito però, e dopo avere ricevuto
dai salesiani danaro e promesse, sarebbe andato a quella tale
adunanza, con gli intendimenti già noti, durante la quale fu insieme
con gli altri arrestato."
Ora, questa deposizione è dimostrata falsa
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a) da Michele Velasco Rubio, che con giuramento nega di essere
intervenuto a qualsiasi convegno di carattere politico e nega perfino di
conoscere il Vallez che pretenderebbe averlo avuto compagno.
b) da Raff. Acosta il quale dichiara d'essere da più di sei anni presso i
salesiani, come loro impiegato e di non avere mai avuto in casa loro
gente armata, tanto meno col fine di cospirare: che essendo egli
custode delle entrate al collegio avrebbe dovuto perlomeno accorgersi
di chi vi passava: che non vide mai il Vallez né alcun altro forestiero
che fosse andato al "Protectorado" o per armarsi o per cospirare.
c) da Mich. Ceballos che dichiara anch'egli un giuramento di non avere
mai avuto né udito gente armata o radunata nell'interno del collegio a
scopo politico ed ancora che i salesiani non si curarono mai di politica
e consigliavano parimenti i giovani ad astenersene esortandoli solo a
pregare per la pace della Repubblica.
d) da Em. Acosta che, come gli altri, depone di aver dimorato
parecchio tempo nel collegio e mai di avere avuto occasione di vedere o
udire gente in armi che ivi si fosse radunata allo scopo di cospirare o
per qualsiasi altro intendimento.
e) dal dottor Alvear, che giura di non aver mai ricevuto da alcuno dei
salesiani o da altri per essi l'invito di sgombrare la bottega per far
ritenere riunioni di qualsiasi genere.
Uomini tutti, onesti e giurati.
f) ed è smentita dallo stesso armatore Jarinva perché se veramente
costui fosse stato uno dei segreti agenti dei salesiani com'ebbe a dire
col Vallez d'essere intervenuto nella bottega per conto dei salesiani
avrebbe altresì fatto menzione degli speciali incarichi che fosse stato
solito riceverne: eppure di questo non fa parola.
È resa d'altra parte inverosimile dalle seguenti considerazioni d'ordine
generale.
a) I Salesiani per essere sussidiati dal governo e per aver avuto
dall'attuale capo di esso, assicurazioni d'aiuti per l'ampliamento del
loro istituto non solo non avevano alcun motivo di dolersene, ma
avrebbero fatto cosa contraria, nonché al loro interesse, alla più
elementare prudenza (dopo le accuse a cui erano stati fatti segno pochi
mesi prima) prendendo parte in qualsiasi modo ad atti ostili contro il
nuovo governo.
b) che, a parte la poca probabilità che religiosi, avvezzi ad una vita
affatto aliena da brighe del mondo e tribolati da infermità, quali il
direttore Don Calcagno e i missionari Don Rocca e Don Jarrico,
abbiano sentita la necessaria disposizione a coltivare e mandare ad

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effetto propositi bellicosi e rivoluzionari; è d'una assurdità
impareggiabile che da essi siasi in detta riunione di gente armata in
una bottega, aperta, di prospetto al collegio, in una via pubblica assai
frequentata, esposta alla facile vigilanza della polizia, in un'ora in cui
d'estate è tuttavia vivo il passaggio, in un momento in cui tal governo
teneva gli occhi su tutti, quando è risaputo che nel cuore della notte
sogliono unirsi i cospiratori e nell'aperta campagna e mentre potevano
i salesiani aver modo di ricevere codesta gente e tenerla nascosta in
una delle remote stanze del Protectorado, donde sarebbe stato facile ai
convenuti fuggire per i monti, se mai fossero stati scoperti; e qualora
avessero pur voluto tenere una somigliante adunanza fuori dal
collegio...ma la più ristretta circospezione li avrebbe consigliati a
scegliere un luogo lontano dall'istituto, onde evitare il più che fosse
possibile i sospetti e le eventuali compromesse.
d) E di non minore assurdità si è che in quella tale adunanza del 24
agosto, che si vorrebbe indetta dai Salesiani e dove cose di lauto
momento per il loro interesse e le loro ribelli imprese avrebbero
dovuto concordarsi, neppur uno di quelli che appartenevano al collegio
e perciò più fidati vi sia intervenuto; poiché è a notare che Velasquo
Rubio e Cristoforo Velasquo furono arrestati per istrada, mentre
tranquillamente andavano verso il collegio, da quel drappello di
guardie che traeva gli arrestati nella bottega dell'Alvear:
e) ed è assurdo che istigatori e favoreggiatori di congiure come si
vorrebbero i salesiani, non abbiano tenuto presso di sé, come risulta
dalle ripetute vane ricerche, armi e munizioni da somministrare
all'occorrenza, mentre ne avrebbero avuti tutti i mezzi ed anche il
dovere per non porgere ai loro alleati il nudo soccorso della parola.
Ma mentre per tutti i sovraesposti motivi perde ogni fede la
deposizione del Vallez acquista grande verisomiglianza (se si tiene
conto dell'odio che i fondatori del novello partito predominante
dovevano naturalmente nutrire più o meno countro i religiosi) la
ipotesi che accenno. E cioè che per arte di qualche maligno, siansi
raccolti quei determinati individui (gente per la loro condizione
facilmente corruttibile, specie il Vallez, volgare malfattore, condannato
già per vari delitti, ed evaso dal Panoptico con la instaurazione del
nuovo governo) e siensi fatti adunare in quella tale bottega con le armi
e con istruzioni opportune, a bella posta per compromettere il
salesiani.
Che tale desiderio di cogliere in fallo i detti missionari fosse già in
parecchi e in particolar modo negli agenti di polizia, lo provano due
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aneddoti che a titolo di amenità voglio addurre.
Una volta sul principio di quest'anno l'istituto fu improvvisamente
perquisito da un numero grande di guardie e di soldati agli ordini di un
capitano. Dietro la guida del giovane Serrano (che in quella occasione
mostrò senza ambagi chi egli si fosse e con quale intendimento entrato
in collegio) corsero difilati a un certo luogo dell'istituto detto
"pecebrera". Colà il capitano Solì vittorioso sopra una catasta di casse e
con malfrenata gioia "ah, ecco, esclamò, eccolo il corpo del delitto" e in
così dire andava picchiando colla punta della spada una di quelle casse
che per verità aveva molta somiglianza con quei tali recipienti dove si
contengono e conservano le capsule per "Remingtons". Il direttore
accorso a quella novità "piano, ripeteva, signore, piano... non mi guasti
quelle casse che sono di legno straniero d'ottima qualità: aspetti il
tirachiodi". E il falegname venne e la cassa fu aperta, ma quale, la
sorpresa del capitano e del delegato quando si ebbero sotto gli occhi
tante dozzine di mattoni refrattari!
Un'altra volta uno degli innocenti del collegio fu fermato dalle guardie
e condotto all'ufficio di polizia. Là un impiegato voleva assolutamente
cavargli la rivelazione del nascondiglio dove i padri salesiani tenevano
le armi e lo minacciò perfino di 25 sferzate se non confessava. Ma fuori
di un po' di paura per il malcapitato l'inquirente non s'ebbe nulla!
Colla commedia però del 22 agosto potè in qualche modo darsi
finalmente corpo alle ombre.
Ma sia che si considerino le deposizioni inverosimili dei testimoni
d'accusa, raccolte senza garanzia il giuramento e con tal metodo, per
cui giuridicamente non potrebbero avere alcun valore;
sia che si consideri la verosimiglianza della ipotesi da me sovraesposta,
è certo che nel fatto della sera del 22 agosto non può raffigurarsi più
che "un pretesto" per espellere il salesiani, ormai mossi al partito
liberale predominante.
Ma se con somiglianti "pretesti" potè sperarsi di svelare agli occhi del
popolo l'arbitrarietà dell'atto compiuto, non potranno mai
giustificarvisi, danni voluti arrecare ai salesiani.
Al contratto in virtù del quale si erano stabiliti in quella Repubblica
non si contravvenne da essi in alcun modo, per alcun motivo
legalmente accertato; e se tuttavia dal governo vi si contravvenne col
loro improvviso licenziamento, doveva restare almeno osservata la
clausola della restituzione di tutti i mobili di loro spettanza.
È poiché, con espressa autorizzazione del governo, avendo acquistati a
titolo oneroso e gratuito alcuni stabili nel territorio di essa Repubblica

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(di cui allego le attestazioni) per nessun delitto commesso (o
giudizialmente verificato) perderono la capacità di ritenerli,
il sottoscritto fa istanza alla Eccellenza Vostra perché voglia far
accordare dal governo della Repubblica dell'Equatore la restituzione e
il reintegro dei loro diretti.
Della Eccellenza Vostra
Devotissimo Servo
Sac. Michele Rua
Successore di Don Bosco.
Si allegano:
a) copia del contratto 14 febbraio '87
b) copia dei titoli di proprietà acquistata in territori di Quito
c) copia delle testimonianze in difesa rete ufficialmente in Quito.
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