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Codice scheda: ASC A4570359 (Microscheda: 3985C4/11)
Luogo e data: TORINO ­ 10/01/1909
Autore: RUA MICHELE
Destinatario: SALESIANI
Classificazione: Rua: Circolari, direttive, documenti
Tipo documento e supporto: Circolare ­ Manoscritto
Autenticità: Firma autografa
Contenuto: Con molto dolore descrive la catastrofe che ha colpito
l'Istituto S.Luigi di Messina per il terremoto del 28.12.1908. Fra le
molte persone che sono perite ci sono nove Confratelli, di cui rende
noto il nome.
***
Carissimi Figli in G. C.,
Non occorre ormai che io vi dica il motivo che mi fa rivolgere a voi con
questa mia lettera. La dolorosa notizia dell'immane disastro che ha
colpito due nobili città e parecchi villaggi della Sicilia e della Calabria
si sparse in un attimo nel mondo intero, destando ovunque profondi
sensi di pietà e suscitando sublimi slanci di carità cristiana. Non vi
dico, Figli miei, quali ore di angosciosa trepidazione passò il mio cuore
nel lungo periodo di incertezza trascorso dalle prime notizie del
disastro al momento in cui potei conoscere qualche cosa sulla sorte di
tanti nostri cari confratelli, allievi, cooperatori e cooperatrici salesiani.
Ma il mio dolore era reso ancor maggiore dal fatto che io mi trovava
nella impossibilità di rispondere ai vostri telegrammi ed alle vostre
lettere che, con edificante esempio di fraterna carità, sollecitavano da
me notizie dei nostri confratelli della Sicilia e della Calabria.
Le notizie oggi le abbiamo, ma ahimè! quanto dolorose. La famiglia
salesiana, oltre che sulla tomba di trent'otto allievi, di quattro famigli e
di numerosi ed insigni cooperatori e cooperatrici, piange pure su
quella di nove confratelli sepolti improvvisamente, nella stessa casa,
che era stata fino a quel momento il campo ubertoso del loro religioso
apostolato.
Benedicendo alla misteriosa disposizione della divina Provvidenza ed
aprendo il nostro cuore al conforto che solo ci può venire dal pensiero
della misericordia infinita del Signore e dal ricordo delle virtù dei cari
estinti, piangiamo e preghiamo sui confratelli
Sac. Giuseppe Pasquali ­ Sac. Vincenzo Pirrello ­ Sac. Dario Claris ­
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Soc. Arcangelo Lo­Faro ­ Sac. Mauro Rapisarda ­ Sac. Antonino Urso ­
Ch. Mario Manzini ­ Ch. Giuseppe Venia ­ Coad. Giuseppe Longo
periti a Messina, la mattina del 28 Dicembre 19o8, alle ore 5.20, nello
sprofondamento dell'Istituto S. Luigi, causato dal terremoto.
Mentre preghiamo pei cari defunti, raccomandiamo pure al Dio delle
consolazioni e alla Madre degli afflitti, Maria, Aiuto dei Cristiani, i
desolati parenti che piangono con noi la perdita dei loro cari. ­ Oh! mio
Dio, date Voi conforto alle madri, ai padri, ai fratelli, alle sorelle, ai
parenti tutti dei miei confratelli e concedete loro la forza di compiere
con cristiana rassegnazione e generosità quel sacrifizio che le povere
vittime hanno certamente fatto di sè, nei supremi istanti della loro vita.
Ed ora vi verrò esponendo, brevemente, desumendole dalle lettere e
dai telegrammi giuntimi fino ad oggi da Catania, da Palermo e da varie
altre parti, le notizie e le circostanze che accompagnarono il luttuoso
avvenimento: notizie e circostanze che, sebbene assai dolorose,
desteranno in noi tutti la più commovente ed efficace ammirazione per
gli esempi di eroica carità onde esse risplendono.
La mattina del 28 Dicembre 19o8, una fortissima e prolungata scossa
di terremoto, seguita subito da uno spaventoso maremoto, gettò lo
spavento ed il terrore nelle popolazioni della Sicilia e della Calabria. Si
seppe poi che, in pochissimi secondi, furono atterrate le città di
Messina e di Reggio Calabria e varii paesi, rimanendo morte oltre
centomila persone. Tutte le comunicazioni coi luoghi rovinati furono
interrotte. Verso le ore 21 entrava nel porto di Catania il vapore
Washington e recava la notizia della distruzione di Messina. Nel
continente le notizie si appresero solo dai giornali, il mattino del 29
Dicembre. Telegrafai tosto a Catania chiedendo informazioni del
nostro Istituto di Messina. I telegrammi ripetuti giunsero colà parecchi
giorni dopo. L'Ispettore della Sicilia, Don Bartolomeo Fascie, voleva
partire la stessa sera del 28 per Messina, ma le linee ferroviarie erano
interrotte. Si mise in viaggio la mattina del 29 Dicembre con Don
Salvatore Camuto, Direttore dell'Istituto S. Francesco di Sales di
Catania, e giunse colà verso le ore 16. Essi tentarono, senza alcun
risultato, nuove opere di escavazione e solo si allontanarono dalle
rovine del nostro Istituto quando non vi fu più speranza di dare aiuto,
essendo tutto sepolto in un silenzio di morte.
Mentre l'Ispettore arrivava a Messina, giungeva a Catania il Direttore,
Don Angelo Lovisolo, con alcuni superiori e ventidue alunni superstiti.
Sono indirizzati all'ospedale Garibaldi, dove ricevono le prime cure e
sono trattenuti per quella notte, perchè quasi tutti feriti. Il Direttore è

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fatto accompagnare al nostro Istituto: è illeso, ma pare un cadavere.
Egli, colle lagrime agli occhi e l'angoscia nel cuore, pensando ai
poveretti che erano rimasti sotto
le macerie, narrava poi come avvenne la catastrofe del suo Istituto.
Don Lovisolo avrebbe voluto trattenersi a Messina per disseppellire il
maggior numero possibile di alunni e confratelli, ma ebbe
l'intimazione dal Comandante la piazza di partire coi feriti meno gravi,
perchè non avessero a soffrire più oltre la fame, la sete e le intemperie.
I feriti più gravi erano rimasti sotto la cura e la sorveglianza di Don
Livio Farina e del ch. Amato Nunzio.
Ed ecco come avvenne la catastrofe dell'Istituto S. Luigi.
Il mattino del 28 Dicembre, alla scossa tremenda che fece rovinare
Messina, il terreno sul quale si ergeva l'edifizio si aperse ed ingoiò la
parte del fabbricato centrale, dov'erano le scuole ed i refettorî al primo
piano ed un dormitorio al secondo. Di quanti vi erano in quel
dormitorio si salvarono appena cinque alunni ed i chierici Francesco
Marraro ed Enrico Talamo: questi si trovò sbalzato nell'orto vicino con
parecchie contusioni al volto. Un'altra parte dell'edifizio centrale non
sprofondò, ma crollò: il dormitorio del secondo piano precipitò sul
primo piano e questo nel teatro. I letti dei giovani rimasero in massima
parte sospesi alle intravature di ferro. Passato il primo spavento, si
poterono salvare molti giovani per opera sopratutto dei confratelli Don
Livio Farina e Ch. Nunzio Amato che, aiutati dagli altri confratelli
feriti, fecero tali prodigi di valore da riscuotere l'ammirazione ed il
plauso di tutti: ad essi devesi la salvezza di circa quaranta convittori.
Pericolosissimo fu il salvataggio degli alunni che si trovavano nel
rovinante dormitorio del secondo piano. Non ostante gli sforzi
sovrumani tentati per liberarli dalla orribile posizione, rimasero lassù ­
fra cielo e terra ­ sospesi alla intravatura, cinque poveri bambini. E il
cuore si spezza al pensarvi! i cinque poverini rimasero così esposti alle
intemperie tutto il giorno 28, la notte successiva e metà del giorno 29,
soffrendo orribilmente la sete ed invocando senza tregua acqua e aiuto.
Pensate, Figli miei, che tutto ciò avveniva sotto gli sguardi dei nostri
confratelli, fra continue scosse di terremoto e nell'assoluta impossibiltà
di poter soccorrere quei poverini. Più volte il ch. Amato fu per
avvicinarsi ad essi, ma i muri cadenti non permettevano che altri si
avvicinasse di più a lui per aiutarlo. Finalmente giunsero alcuni
valorosi marinai Russi: con un'abnegazione ed un coraggio veramente
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eroico arrivarono lassù, presero quegli infelici, ormai esausti, e li
consegnarono a D. Farina ed al Ch. Nunzio che li rifocillarono con un
poco di latte e riscaldarono coprendoli con stracci di coperte. ­ Unitevi
a me, miei cari Figli, nel ringraziare quei generosi figli della Russia, il
cui nome ci è ignoto, ma che la bontà di Dio ci farà conoscere in Cielo.
Il corpo di fabbrica dov'erano le camere dei sacerdoti fu letteralmente
inghiottito dal suolo. Abitavano in quest'ala i nostri carissimi
confratelli sacerdoti Don Pasquali, Don Urso, Don, Claris, Don
Rapisarda e Don Pirrello, il quale aveva con sè ospite in quella notte un
suo fratello. Tutti furono sepolti! Nel tentarne il salvataggio si riuscì
solo a scoprire, dopo dodici ore di lavoro compiuto a mano, per
mancanza di strumenti, il povero Don Urso, vivo ancora, ma ridotto in
uno stato orribile a vedersi; le gambe spezzate, la testa irriconoscibile e
il ventre squarciato! Appena estratto dalle macerie volle confessarsi; si
disse rassegnatissimo alla volontà di Dio e, mentre lo si trasportava in
una capanna, spirava, benedetto ancora dal suo Direttore : i suoi ultimi
momenti furono un vero martirio! fu sepolto nell'orto, in una fossa
scavata dai soldati. Per gli altri confratelli sacerdoti vano riuscì ogni
tentativo di ricerca: sono sprofondati assai nel terreno e forse
strittolati fra le macerie. La parte di casa, dove al primo piano erano le
camere dei sacerdoti ed al terreno trovavasi lo studio dei giovani,
scomparve quasi nella voragine.
Quindi, di tutto l'edifizio restò in piedi soltanto, sfasciata ed
assolutamente inabitabile, la parte d'ingresso. Là erano il parlatorio,
gli uffici del Direttore e del Prefetto ed alcune camerette al primo
piano. La notte fatale vi si trovavano il Direttore, Don Farina, Don
Virzi ed il portinaio che furono salvi. Ora sui muri cadenti è rimasta là,
intatta, l'oleografia del nostro Padre Don Bosco. La cappella appare
come una gran fossa ripiena di macerie: in fondo, contro un avanzo di
parete, è rimasta in piedi, quasi intatta, la statua di Maria Ausiliatrice,
ai cui piedi fu poi trovato, ferito gravemente, ma salvo, il ch. Luigi
Alessi­Batù.
Ecco, o carissimi Figli, la fine dolorosa del Collegio S. Luigi di Messina,
che seppellì nella sua rovina i sunnominati sei sacerdoti, due chierici,
un coadiutore con quattro famigli e trent'otto alunni ! Nel disastro si
salvarono dieci Superiori, cinque famigli e ottantadue alunni. I feriti
che furono ricoverati negli ospedali, in alcune famiglie e nel nostro
Istituto di Catania, sono già quasi tutti guariti.
Delle altre nostre case della Sicilia ebbe soffrire danni materiali
solamente quella di S. Gregorio; ma, grazie a Dio, non vi fu alcuna

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vittima.
Dalla Calabria non abbiamo avuto finora notizie di gravi danni alle
nostre case, se si eccettua qualche screpolatura a quella di Borgia. Il
Seminario di Bova Marina, diretto dai nostri, è molto danneggiato ed i
Confratelli sono attendati nel cortile, ma tutti sani e salvi; come ci
scrisse il
Direttore, Don Eugenio Calvi, non avendo potuto l'Ispettore Don
Fascie andarli visitare, malgrado abbia fino a questi ultimi giorni
tentato invano di poter passare lo stretto di Messina.
In mezzo al grande dolore onde fu colpito il mio cuore, io non posso
tacervi, carissimi Figli, il conforto che mi recò la notizia della carità
grande dimostrata da tutti i superstiti nell'operare il salvataggio dei
sepolti sotto le macerie. Così mi piace segnalarvi il provvido, pronto e
generoso atto del Direttore di Palermo, Don Attilio Garlaschi. Egli,
appena seppe del disastro, organizzò due squadre di soccorso provviste
di cibi e di cordiali e, sotto la guida dei due nostri sacerdoti Don
Giuseppe Pappalardo e Don Angelo Belloni, le inviò per la via del
littorale a Barcellona, verso Messina, salvando centinaia di infelici
quasi morenti di fame. A Palermo pure dispose che i Salesiani della sua
casa ed i giovani ginnasti dell'Oratorio festivo si scambiassero
nell'assistenza dei profughi e feriti messinesi.
Sommamente gradite tornarono al mio cuore le domande che molti
Salesiani mi fecero di recarsi, come infermieri volontari, a soccorrere i
poveri sofferenti della Sicilia e della Calabria.
A comune edificazione segnalo pure la pietosa iniziativa degli studenti
ed artigiani di questo Oratorio di S. Francesco di Sales, perchè venisse
celebrato il 4 corr., nel Santuario di Maria Ausiliatrice, un solenne
funerale pei loro compagni periti nel terremoto: funerale che riuscì
grandemente divoto e col concorso di molta gioventù torinese.
Mi consta pure della generosità, con cui si corrisponde da tutte le
nostre case all'appello fatto dal sig. Don Francesco Cerruti per venire
in soccorso cosa offerte ai poveri superstiti.
Apprendo anche con viva soddisfazione che ovunque i Salesiani
promuovono e favoriscono iniziative in suffragio dei morti e per
soccorrere i superstiti del terribile flagello.
Vi sarà pur noto che uno dei personaggi accorsi primi a Messina e che
tarlo lavorò per organizzare soccorsi e salvataggi, riuscendo a
confortare migliaia di sofferenti, è il nostro antico allievo on. Giuseppe
Micheli, Deputato al Parlamento.
Tutto ció mi conforta pensando che lo spirito caritatevole del nostro
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Ven. Don Bosco è ben radicato nel cuore dei miei fagli ed informa
l'educazione che s'imparte ai nostri allievi. Ed è appunto per seguire
l'esempio lasciatoci dal Ven. Don Bosco che, appena appresi le prime
notizie del disastro, tele­
grafai agli Ecc.mi Arcivescovi e RR. Prefetti di Messina e di Catania che
avrei aperte nuovamente le porte dei nostri Istituti Per ricoverare i
giovanetti fatti orfani dal terremoto.
Avrei anzi voluto io stesso recarmi sui luoghi del disastro Per aiutare e
confortare quei miei lontani ed afflitti figliuoli e pregare requie sulla
tomba, così tragicamente aperta, di tanti Salesiani ed alunni nostri.
Ma, con mio grandissimo dolore, ciò non mi fu possibile. Inviai tosto a
fare le mie veci il nostro Consigliere professionale, sig. Don Giuseppe
Bertello, accompagnato dal sac. Don Calogero Gusmano e dal coad.
Alfonso Tagliaferri.
Il 5 corr. Poi ho fatto celebrare, nel Santuario di Maria Ausiliatrice, un
solenne ufficio funebre pei nostri confratelli, pei cooperatori e per le
cooperatrici salesiane vittime del terremoto.
Ora non mi resta che esortarvi tutti a continuare i vostri suffragi Per le
povere vittime, perseverando ad occuparvi con tutto l'affetto
nell'educare cristianamente i cari giovanetti che dalla Divina
Provvidenza ci sono affidati. Non vogliate intanto dimenticare Presso
Dio
Il vostro aff.mo in G. e M.

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