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Sac. E U G E N I O C E R I A
ANNALI
DALLE ORIGINI ALLA MORTE DI S. GIOVANNI BOSCO
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Ristampo extra-commerciale
a cura Editrice SDS
- Vie della Pisano. 1111
C. P. 9092 00100 Roma-Aurelro
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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DEDICO QUESTO LAVORO
AL QUARTO SUCCESSORE DI S. GIOVANNI BOSCO
DON PIETRO RICALDONE
NEL DESIDERIO CHE S I A OPPORTUNO CONTRIBUTO
ALLA CELEBRAZIONE
DEL PRIMO CENTENARIO SALESIANO
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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PREMESSA
Il titolo d i Annali indica i l metodo cronologico seguito nel pre-
selzte lavoro. Anzichè procedere a periodi più o melzo artificiosa-
melzte divisati, v i si batte la via maestra, segnata dal corso degli
anlzi; il qual corso può prendere inizio dal 1841, come faranno pa-
lese i fatti e u n a categorica a@ermazione d i Don Bosco ( I ) . 1": ben
vero però che, chi ama rap;bresentarsi in.fasi successive l'evolversi
di complessi avvenimenti storici, non durerà fatica a trovare qui
i limiti entro cui racchiudere varie serie d i fatti contrassegnati d a
caratteri omogenei.
L a specificazione del titolo generico ha semplicemente Società
di S. Francesco di Sales senza il qualificativo d i Pia. Perchè
si dica Società anzichè Congregazione, apparirà nel seguito della
storia. Quanto al Pia s i deve osservare anzitutto che non compare
m a i lzelle Regole, neanche nelle primissime redazioni, n è si trova
generalmente nei documenti uficiali. Don Bosco amava usarlo
parlando o scrivendo, afinchè il nome d i Società n o n desse ombra
a i malevoli e facesse intendere a i buoni d i che natura fosse i l suo
Istituto. Era opportuno conservarlo sempre? I l Capitolo Superiore
giudicò che quell'appellativo rimanesse solamente alla Pia Tinione
dei Cooperatori Salesiani, n o n vedendo più la necessità d i perpe-
( I ) Riportata sul principio del capo X I
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tuarlo nei riguardi della Società Salesiana; quindi dal 1926 lo sop-
presse ne' suoi Atti e negli Annuari ( I ) .
L a nostra narrazione non oltrepasserà gli anni di vita del Santo
Fondatore. Egli lasciò la Società perfettamente organizzata, sicchè
null'altvo restava al suo successore se non svilupparne le potenzia-
litd in tutte le direzioni no% solo tracciate, ma anche, quali più quali
meno, già in corso di attuazione. Don Rua infatti non attuò cosa,
che non fosse già contenuta almeno in germe nell'eredità trasmes-
sagli da Don Bosco.
Credo inutile premettere una bibliografia; perchè, quanti scris-
sero finora d i Don Bosco, attinsero o alle Memorie B i o g r a f i c h e , se
poterono consultarle, o ad opere ricalcate su di quelle. Dove avessi
incontrato alcun che di nuovo, non ho mai mancato di dare a ognuno
il suo. Se cose d'archivio furono pubblicate, debbo dire che tutto
passò anche per le mie mani, avendo io ogni agio di consultare libe-
ramente l'archivio salesiano per attingere informazioni, controllare
notizie ed anche, occorrendo, trar fuori dell'inedito, in quello na-
turalmente che abbia stretto rapporto con la storia della Società.
Poichè i lettori non avranno q& a lamentare un inconveniente,
nel quale incorrono talora alcwni, trattando argomenti che si rife-
riscono a Don Bosco. C i accade infatti di vedere a volte con quanta
facilitd, perduta di vista la linea del proprio disegno, si divaghi
in escursioni biografiche, le quali non son necessarie, benchè servano
a rendere più attraente la lettwa. Nel caso nostro la tentazione era
più frequente e più forte che mai. La ragione è che la vita di Don
Bosco e la storia della Società si compenetrano a segno da rendere
spesso dificile sceverare fra loro i relativi elementi, come ognuno
ha potuto vedere leggendo le Memorie Biografiche. Qui dunque si
( I ) Gli Annuari, che cominciano dal 1870. portano il titolo di n Società di S. Fran-
cesco di Salesu. Dal 1887 al 1924, nell'interno, il Catalogo delle Case e dei Soci reca
l'intestazione: ri Elenco generale delle Pia Società di S. Francesco di Salesr,. Nel 1925
soltanto al gruppo del Capitolo Superiore è premesso n Capitolo Superiore della Pia So-
cietà di S. Francesco di Sales u; ma fu effetto di dimenticanza. Dall'anno seguente il
" Pia " sparisce del tutto.
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troverà i l materiale della nostra storia distinto dal resto e intera-
mente rielaborato.
N o n bisognava tardare pid oltre a fare un primo tentativo d i
storia della nostra Società. Scompaiono gli ultimi contem~oranei
del Santo, nei quali concorrono tre preziosi vantaggi: aver avuto la
sorte d i vedere e d i udire il gran luminare del secolo X I X ; aver
avvicinato i fortunati, che n o n solo dovettero a l u i la loro jorma-
zione salesiana, m a vennero dal medesimo assunti al governo ge-
nerale della Società; essere stati testimoni del come si passavano le
cose nostre in tempi n o n troppo lontani dalle origini. I l lasciare che
quei tempi si allontanassero d i più senza che se ne ritraessero e
fissassero le note caratteristiche sotto gli occhi d i superstiti, i quali
vi erano vissuti più o meno da presso, sarebbe stato un rendere as-
sai pizi malagevole il compito d i chiunque in seguito avesse voluto
o dovuto risalire alle sorgenti, desideroso d i obbedire al buon pro-
verbio che chi vuole acqua chiara, vada alla fonte.
E poi un ideale d i chi scrive storie dev'essere d i avvicinare nella
maggior misura possibiZe gli uomini e Ze cose che furono, a coioro
che saranno, secondo l'avvertimento d i un celebre storico, i l quale
dice delle storie che bisogna scriverle in modo che cosi avesse tutte
le cose innanzi agli occhi chi nasce in u n a età lontana come coloro
che sono stati presenti, che è proprio fine della storia >> ( I ) . A rag-
giungere tale intento è evidentemente più atto chi m e n lontano sia
vissuto dai tempi e dai fatti, d i cui prende a narrare.
H o accennato a i collaboratori più immediati del Santo. Nelle
origini di ogni Congregazione religiosa si osservano due fatti. Il
Fondatore, favorito d a grande copia d i doni soprann~turali,viene
operando la propria sanfificazione nella maniera corrispondente
alla natura della fondazione a cui si accinge, e intanto infonde
il suo spirito nello stuolo dei primi discepoli, che poi lo dovranno
trasmettere alle prossime generazioni. a Lo spirito del discepolo,
( I ) Fu. GurccrAuD~~RI,icordi poi. e civ., CXLIII.
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Premessa
scrive S . Giovanni della Croce ( I ) , si modella segretamente su
quello del suo padre spirituale>>D. onde si vede I'im$ortanza di
conoscere questi satelliti che riflettono variamente la luce del loro
astro; in questa $arte però essi s'agacciano quasi solo all'orizzonte,
ma rifulgeranno nel periodo seguente. Abbiamo, creduto opportuno
tramandarne anche le sembianze, riproducendo i ritratti di tutti
coloro che furono membri del Ca$itolo Superiore, vivente Don Bosco.
Es$rimo qui infine la mia gratitudilze all'Economo Generale
Don Giraudi, che segui con particolare interesse il mio lavoro e m i
fu largo d'incoraggiamenti e di consigli.
Torino, 31 gennaio 1941.
(I)Salila del Monlr Carm~lo.11, 18. 5
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ANNALI
DELLA
SOCIETA SALESIANA
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ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO I
L'idea della Società.
Quando S. Giovanni,Bosco vagiva in culla, i religiosi delle
varie denominazioni nel Piemonte e nelle altre parti d'Italia fa-
cevano quello che il Servo di Dio avrebbe detto un giorno col
suo piacevole modo di esprimersi. Disse egli nel 1880 che i
religiosi sogliono fare come i passeri adunati nell'aia a beccare
il grano lasciatovi dai trebbiatori. Mentre se ne stan là tran-
quilli, un monello li spaventa ed essi volano via tutti; ma dopo
qualche tempo, prima uno, poi un altro, poi parecchi, poi tutti
quanti ritornano là a fare indisturbati quello che facevano poco
innanzi. Era ciò che avveniva intorno al 1815. I religiosi, di-
spersi dal turbine napoleonico nel 1802, rientravano a poco a
poco nelle !oro antiche residenze, non esclusi i Gesuiti, i quali
venivano anch'essi ristabiliti nel 1814 da Pio VII. Nel Piemonte
Vittorio Emanuele I fu ilSovrano che più d'ogni altro si affrettò
a richiamare ne' suoi Stati le famiglie religiose; anzi la capitale
piemontese vedeva sorgere in quegli stessi anni fra le sue mura
due novelle Istituzioni, la Congregazione degli Oblati di Maria
per opera specialmente dell'Abate Lanteri e la prodigiosa Piccola
Casa della Divina Provvidenza, detta dal nome del suo santo
fondatore " il Cottolengo ", che nel suo seno racchiude una costel-
lazione di religiose famiglie, dedite quali alla vita attiva, quali
alla contemplativa. Orbene questa mirabile Provvidenza nel par-
golo di Murialdo (I) preparava al Piemonte il creatore di una
(1) Poichè Murialdo era frazione di Castelnuovo d'Asti, si può dire che Don Bosco
apparteneva a questo Comune. Perciò appunto nell'anno della Canonizzazione Castelnuovo
d'Asti diventò Castelnuovo Don Bosco. Ora si faano voti che sia intitolato a Don Bosco
anche il colle dei Becchi, dov'egli ebbe i natali.
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delle maggiori Istituzioni religiose che la Chiesa abbia avuto nei
secoli, e questo allorchè novellamente le Congregazioni, fatte se-
gno alle ire dei nemici di Dio, erano disciolte con leggi tali che
nella mente dei legislatori avrebbero dovuto rendere impossibile
il rinascere delle antiche e il nascerne di nuove.
Per gli Istituti religiosi, siano essi Ordini o Congregazioni, si
avvera quello che Giobbe dice della pianta, la quale, anche se ta-
gliata, ritiene promessa di vita, sicchè a suo tempo rimette di bel
nuovo, tornando a gettare i suoi rampoiii. Lignum habet spem;
si praecisum fuerit, virescit et rami eius pulluLant ( I ) . La loro esi-
stenza risponde a un triplice bisogno: individuale, ecclesiastico,
sociale. Questi bisogni, sentiti fin da principio, ebbero soddisfaci-
mento non appena il sole della libertà risplendette sulla Chiesa;
allora infatti cominciarono a sorgere e a dilatarsi i cenobi o so-
cietà d i vita comune, i cui membri, oltre ai precetti generali,
si obbligavano a osservare anche i consigli evangelici, facendo i
voti di obbedienza, di castità e di povertà. Bisogno individuale,
dicevo: nella Chiesa vi furono, vi sono e vi saranno sempre anime
che, schive del mondo e assetate di Dio, cercano dove si schiuda
loro un luogo di espiazione, un asilo di pace, una scuola di santità,
una palestra di apostolato: tutte cose che trovano riunite in co-
munità viventi sotto regole, dettate da santi fondatori e appro-
vate dali'autorità gerarchica. Bisogno ecclesiastico: il clero seco-
lare è l'organismo vitale della Chiesa docente, organismo le cui
parti esplicano le loro funzioni in determinate sfere di attività e in
circoscritte zone locali; ma alla Chiesa occorrono pure ausiliari
volanti, organizzati e specializzati, che diano mano forte nell'opera
della predicazione, negli svariati rami d'insegnamento, nella con-
versione degli infedeli, nell'estirpazione deile eresie; queste milizie
mobili vengono appunto allestite dagli Ordini e dalle Congrega-
zioni religiose. Bisogno sociale: spetta pure alla Chiesa l'esercizio
della carità su vasta scala, verso tutto il corpo sociale, mediante
specialmente la cura degli infermi, degli orfani, dei derelitti d'ogni
( i ) Giobbe, XIV, 7.
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I
specie; al che si prestano in milie modi sotto la sua dipendenza
i religiosi d'ambo i sessi. Cosicchè la vita religiosa ha le sue radici
nel cuore stesso deiia Chiesa, donde trae alimento perenne. Ebbero
un bel levarsi di tempo in tempo ostili potenze a mortificare tale
vita, non sono però mai riuscite a soffocarla:bastò infatti un raggio
di sole perchè rigermogliasse, rifiorisse e ridonasse i suoi frutti,
proprio come le piante dopo le brume invernali. Inoltre, ogni se-
colo, come rinnovava il mondo e creava necessità nuove, così
novelle fondazioni religiose venivano in aiuto della Chiesa, che le
benediceva e le mandava incontro alle nuove esigenze. Ora, dal
secolo XIX a oggi, la più cospicua di quante ne spuntarono, è,
possiamo e dobbiamo dirlo senza iattanza, ma con umile certezza,
la Società Salesiana.
Aliorche dunque principiava queli'agitato periodo della vita
italiana, il nostro Santo, chiudendo nel 1845 il penultimo capo
della sua Storia Ecclesiastica con un cenno sulle Congregazioni
religiose a@rovate da Leone XII e da Gregorio XVI nella prima
metà del secolo XIX, scriveva: «Dopo la caduta di Napoleone I
i religiosi poterono ritornare alle antiche loro dimore e lavorare
di nuovo nel campo evangelico e nelle missioni straniere. Sic-
come per altro alcuni degli Ordini antichi non poterono più rial-
zarsi con quel vigore che già godevano una volta, così Iddio
suscitò altri Ordini e altre Congregazioni, che in parte tenessero
il loro posto e in parte soddisfacessero ai bisogni, ai quali quelli
non potevano soddisfare >>N. ello scrivere queste righe pensava
già Don Bosco a un non lontano avvenire, in cui egli pure
avrebbe dato origine a una di tali Congregazioni novelle, anzi
alla più importante di tutte, sorta per colmare i vuoti lasciati
dalle soppressioni napoleoniche e rinnovati dai rivolgimenti po-
litici italiani intorno alla metà del secolo che fu suo?
Che la Provvidenza fosse venuta preparando da lunga data
in Giovanni Bosco il creatore e organizzatore della grande fami-
glia religiosa denominata da S. Francesco di Sales, è un fatto
che non si può mettere in dubbio. Le vicende della sua vita,
guidate come da mano invisibile, ci appaiono oggi preordinate
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo I
all'esecuzione di un disegno, che Dio teneva riposto nel segreto
del suo consiglio; inoltre il succedersi di quelle vicende era inter-
calato da non infrequenti manifestazioni piene di mistero e an-
nunciatrici di eventi, dei quali Don Bosco sarebbe stato stru-
mento per la gloria di Dio e per il bene delle anime in tempi
per la Chiesa oltremodo procellosi. Di siffatte manifestazioni,
pur senz'afferrarne tutto il significato, egli portava continua-
mente scolpito nella memoria il ricordo; ma solo di mano in
mano che le cose si venivano attuando, riusciva a comprenderne
distintamente il valore ed a misurarne tutta la portata. Nondi-
meno nel corso delle realizzazioni, insorgendo gravi difficoltà o
producendosi forti ostacoli, il rammentare quei segni precursori
bastava a infondergli coraggio ed a sostenerne la perseveranza.
Veramente da ripetute sue affermazioni sembrerebbe a prima
vista potersi dedurre che ogni cosa gli fosse palese in antece-
denza, sicchè poco o nulla a lui rimanesse da fare per escogitare
piani e metterli ad effetto; ma in realtà non fu così. In quelle
sue asserzioni $est eventum egli, partendo dal punto, in cui i mi-
steriosi vaticini s'illuminavano dai fatti, intendeva nascondere
se stesso, rilevando come il tutto fosse già previsto e predisposto;
ma non per questo noi dobbiamo pensare che nel periodo esecu-
tivo il Santo possedesse già la nozione precisa dei mezzi da usare
per raggiungere dati scopi. Del resto egli stesso confessava che
non soleva fidarsi dei sogni: indizio evidente che, operando, non
pigliava norma da quelli, ma metteva in opera le native risorse
dell'ingegno, ascoltava i dettami dell'umana prudenza e oppo-
neva alle forze avverse una costanza talora eroica. Insomma,
ebbe lampi in cui intuì la mèta finale, ma toccò a lui tracciarsi
il cammino, al termine del quale salutò il compimento dell'opera
grandiosa che la Prowidenza gli aveva affidata.
Giovanni Bosco, fanciullo e adolescente, intravvede quale
debba essere la sua missione nella vita: dedicarsi tutto alla sal-
vezza della gioventù, specialmente di quella povera e abbando-
nata. Mosso da interiore impulso, previene gli anni. Umile conta-
dinello non ancora trilustre, raccoglie intorno a sè i ragazzi della
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Idea della Società
borgata di Moncucco e con la benedizione del loro pastore at-
tende a catechidzarli. Semplice studente di ginnasio, esercita fra
le scolaresche chieresi un apostolato, che è senza esempio. Se-
miilarista, attrae a sè durante le lunghe vacanze i figli degli agri-
coltori dalle terre dei dintorni, li dirozza e li affeziona alle sante
pratiche della pietà cristiana. Neosacerdote, va per Torino in
cerca dei monelli, che crescono al mal fare nelle strade e nelle
piazze; ma qui dà alla sua azione saltuaria una forma organica
e duratura, quella dell'oratorio festivo, ponendo così la prima
cellula, da cui si svilupperà un complesso gigantesco di opere
intese a procurare sotto molteplici aspetti il bene della Chiesa e
della civile società secondo le esigenze dei tempi moderni.
Lavorava da circa tre anni in ristretta cerchia, quando un
nuovo lembo di orizzonte si dischiuse al suo sguardo. A centi-
naia e centinaia gli si affollavano intorno i monelli della capitale
piemontese. Fino a un certo punto egli era pressochè bastato a
se stesso. E vero che aiutanti secondari od occasionali gli presta-
vano mano nel disciplinare e istruire tanta moltitudine; ma gra-
vava sulle sue spalle il peso maggiore della fatica e della respon-
sabilità, sicchè nel 1844 coininciò a sentirsi inferiore al bisogno:
ci volevano ausiliari fissi, addestrati e bene affiatati. Questo pen-
siero lo angustiava forte. La sera che precedeva la seconda do-
menica di ottobre, alla vigilia di riaffrontare l'immane lavoro,
andò a riposo con il cuore inquieto. Un sogno gli occupò tutta
la notte. Parevagli di trovarsi in mezzo a una moltitudine stra-
grande di 'sedie: lupi, capre, capretti, agnelli, pecore, montoni,
cani, uccelli. Facevano un casa del diavolo, che lo riempi di spa-
vento e voleva fuggire. Ma una Signora, vestita da pastorella,
gl'impose di fermarsi. Quando proprio non ne poteva più, vide
parecchie novità, fra le altre i quattro quinti di quegli animali
diventati agnelli e tosto sopraggiungere pastorelli per custodirli.
Respirò; ma fu per poco, giacchè in breve questi ultimi lo ab-
bandonarono tutti. Nuova metamorfosi: molti agnelli si cambia-
rono in pastorelli, dividendosi con lui le cure dell'immenso e
crescente gregge. Poi ecco quei pastorelli staccarsi a gruppi e di-
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rigersi altrove per raccogliere altri animali e guidarli in altri ovili.
e Allora ne compresi poco il significato >> e <<pocafede ci pre-
stava >>, scrisse trent'anni dopo nelle sue Memorie; tuttavia gli
entrò in cuore una maggior fiducia nell'avvenire.
Con l'andare del tempo lo svolgersi delle cose gli diede la
chiave dell'enigma. L'esperienza gl'insegnò che per avere buoni
e costanti collaboratori se li doveva formare, cavandoli fuori
da' suoi stessi ragazzi e legandoli a sè prima con l'affetto e poi
con qualche cosa d'altro. Questo qualche cosa d'altro gli venne
indicato appresso simbolicamente dalla Signora dei sogni, quando,
messaglisi di nuovo accanto fra il tumultuare delle turbe giova-
nili, gli consegnò un nastrino bianco su cui si leggeva la parola
OBBEDIENZA, e gli disse che per impedire le diserzioni, stringesse
con quel nastro la fronte a giovani prescelti. Era in ciò adom-
brata l'idea della Congregazione; ma prima che tale idea balenasse
nitida alla sua mente ed egli intraprendesse a darle corpo, lun-
ghe e dure prove lo attendevano ancora.
Sogni confortatori si rinnovavano. Fra il 1847 e il 1856 tre
volte se ne ripetè uno destinato a ritemprargli l'animo col mo-
strare che la sequela delle disdette e delle contrarietà avrebbero
avuto lieto fine. Un pergolato di rose gli si prolungava a vista
d'occhio dinanzi. Rosai fioriti da ambo i lati, volta di rose in
alto, rose a profusione sul suolo. La solita Signora gl'ingiunse di
togliersi le scarpe e di andare avanti: quella essere la sua strada.
Ci si mise ben volentieri a pie' nudi. Ma ahi! spine acutissime
si celavano sotto le rose e gli facevano sanguinare le piante. Al-
lora la guida gli ordinò di mettersi buone scarpe. Calzatosi e ri-
preso il cammino, ecco il pergolato restringersi ed abbassarsi,
in modo che i rami recanti le rose lo toccavano di qua, di là,
di sopra. Ma ogni rosa nascondeva le sue spine, e queste nei
contatti inevitabili gli trafiggevano mani, gambe, faccia, collo,
fianchi. Spasimava; eppure, stimolato dalla Signora, si sforzava
di proseguire. I moltissimi che lo osservavano da lungi e non
vedevano, andavan dicendo: - Don Bosco cammina sempre
sulle rose. - Intanto chiamava chierici, preti, laici a venirgli
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Idea &Ua Società
appresso. Quelli obbedivano festanti; ma alle prime punture,
credendosi traditi, tornavano indietro. Nel suo abbandono si que-
relava, rammaricandosi di non poterla durare a percorrere così
da solo una via tanto dolorosa. E ben presto fu consolato. Uii
novello stuolo accorse: di tratbo in tratto qualcuno si perdeva
d'animo e si ritraeva, ma i più si spinsero con lui fino al fondo.
Or ecco levarsi un fresco venticello, che col suo carezzevole ali-
tare guarisce di botto le ferite. Quindi spunta un esercito immenso
di giovani e quei che hanno seguito Don Bosco per l'aspro cam-
mino si mostrano pronti a lavorare sotto i suoi ordini. La Si-
gnora al ripetersi del sogno gli spiegava ora una cosa ora l'al-
tra; la sostanza era che attraverso a molte tribolazioni egli sa-
rebbe pervenuto ad avere buon numero di collaboratori, stretti
intorno a lui per dargli di braccio nell'opera intrapresa, aiutan-
dolo animosamente a sostenerla e a dilatarla.
Nei primordi dell'opera vi furono davvero anni critici per Don
Bosco, massime i1 1848 e il 1851. I suoi aiutanti, non paghi di
lasciarlo in asso, gli si levarono contro, movendogli una guerra
spietata. Erano gli amari frutti di un'incomprensione spiegabile
in parte per le ardenti passioni politiche, a cui si abbandona-
vano anche membri del clero, in parte per la novità dei metodi
inaugurati dal Servo di Dio. Tuttavia non ogni male venne per
nuocere. Questi fatti dolorosi confermavano ognor più Don Bo-
sco nella persuasione che, se non voleva costruire sull'arena,
gli bisognava non essere alla mercè di nessuno, ma fare da sè,
svolgendo liberamente iniziative sue mediante personale proprio.
Al primo affacciarsi di tale idea aveva pensato che per ottenere
l'intento gli giovasse ascriversi a un Istituto religioso, che, pren-
dendolo sotto la sua egida, gli permettesse libertà di azione nel
campo giovanile e gli assegnasse confratelli che stessero alle sue
dipendenze e s'imbevessero del suo spirito. Aveva dunque stu-
diato se e dove esistesse un tale Istituto, all'ombra del quale
potesse esplicare la missione avuta dal cielo; ma le sue ricerche
erano state senza frutto. Allora fu che decise di procacciarsi gio-
vani di buone speranze e capaci di ricevere da lui una forma-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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zione che li rendesse atti a divenire gradatamente suoi col-
laboratori, dividendo interamente con lui la vita.
Dura e lunga si prospettava la via, ma era l'unica. Veramente
qualche tentativo di questo genere l'aveva già fatto, quando
dimorava ancora nel Convitto Ecclesiastico; ma con esito sco-
raggiante, perchè, non appena i prescelti, grazie a' suoi aiuti
negli studi, si sentivano in condizione di poter entrare nel se-
minario, gli voltavano le spalle. Queste delusioni lo indussero
poco dopo a cambiare tattica. Frequentavano l'oratorio festivo
tre giovanotti e un quarto dimorava nell'ospizio da lui fondato,
applicati a lavori manuali, ma adorni di doti, che li mostravano
atti a entrare nello stato ecclesiastico. Si chiamavano Giuseppe
Buzzetti, Carlo Gastini, Giacomo Bellia, Felice Reviglio. Kel lu-
glio del 1849, chiamatili a sè, disse loro paternamente: - Voi
vedete quanti giovani vengono all'oratorio. Ne verranno ancora
di più. Ora io ho bisogno di trovare fra essi chi voglia prepararsi
ad aiutarmi. Piacerebbe a voi divenire miei aiutanti? Io comin-
cerei a farvi un po' di scuola elementare, poi v'insegnerò un po'
di latino e, se Dio vorrà, un giorno sarete preti. - Risposero
tutti con entusiasmo di sì. Viste le loro buone disposizioni, spiegò
meglio il suo pensiero dicendo che per arrivare al punto deside-
rato dovevano diventare nelle sue mani come il suo fazzoletto.
E in così dire trasse di tasca il fazzoletto, lo maneggiò in tutti i
sensi, lo sfilacciò financo e poi soggiunse: - Ecco qui come bi-
sognerebbe che io potessi fare di voi: vorrei avervi obbedienti
in tutto e per tutto a' miei desideri. - I giovani promisero.
Da quell'istante Don Bosco non li perdette più di vista. Dava
loro frequenti lezioni; poi a mezzo settembre li menò seco ai
Becchi nella casa paterna, dove non interruppe l'insegnamento.
In quel medesimo autunno incontrò a Ramello, borgata di Ca-
stelnuovo, un quinto giovane quindicenne di nome Angelo Sa-
vio, che annoverò fra i suoi discepoli, conducendolo seco a TG-
rino nelt'ospizio. Qui tutti insieme continuarono gli studi. Oltre
a Don Bosco faceva loro scuola in casa sua un sacerdote tori-
nese. Terminato rapidamente il ginnasio, vestirono l'abito chie-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Idea della Società
ricale; se non che al trar dei conti Don Bosco non ne ebbe tutti
i vantaggi sperati. I1 Buzzetti e il Gastini deposero l'abito, il
primo per essersi rovinato la mano destra, il secondo per motivi
di salute; quegli però, rimasto sempre con Don Bosco, divenne
a suo tempo salesiano laico e prestò al buon padre innumerevoli
servigi; il Bellia e il Reviglio, aiutato Don Bosco per un certo
numero d'anni, passarono nel clero delle rispettive diocesi di
Biella e di Torino; il Savio, dopo essere stato braccio forte di
Don Bosco in molte opere, chiuse la vita missionario salesiano
nella Repubblica dellJEquatore. Sicchè di cinque solamente due
risposero alla sua aspettazione. Questo dico anticipando, perchè
si vegga subito quali difficoltà intralciassero a Don Bosco il cam-
mino e quali contrattempi ne mettessero a dura prova la co-
stanza.
Ma le difficoltà e i contrattempi non avrebbero mai potuto
infirmare in lui il convincimento che si era formato della ne-
cessità di fare da sè, affiancandosi soggetti capaci di compren-
derlo e disposti a secondarlo, ma soprattutto a obbedirgli. Un
episodio del 1848 lo dimostra. Egli dirigeva allora i tre Oratori
di Valdocco, di Porta Nuova e di Vanchiglia. I perturbamenti
accennati sopra suggerirono al Can. Lorenzo Gastaldi, suo caldo
fautore, l'idea di stringere in confederazione gli Oratori aperti
e da aprirsi, mettendoli sotto la dipendenza di un'assemblea
direttiva. Per lo studio del problema fu costituita una commis-
sione, che tenne una conferenza preliminare, a cui partecipò
anche Don Bosco. Egli capì che la sua adesione avrebbe avuto
per effetto di ridurlo a dirigere in sott'ordine e in perpetuo il
solo Oratorio di Valdocco. Quindi, risposto alle argomentazioni
degli altri, conchiuse: - Io non condanno e desidero di non
essere condannato. I1 signor Canonico ha il suo piano e io ho il
mio. Oratori da aprire non ne mancheranno: faccia ognuno la
sua strada. A me bisognano due cose: mano libera e individui
da me interamente dipendenti. - I1 sig. Durando, prete della
Missione, uno degli ecclesiastici più autorevoli e più stimati in
Torino, obiettò: - Ella vuol dunque fondare una Congregazione?
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

2.10 Page 20

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- Capo I Idea della Società
- Rispose: - Una Congregazione o altro che si voglia, purchè
io possa erigere oratori, cappelle, chiese, organizzare catechismi
e skuole e avere personale a me devoto. - I1 religioso si strinse
nelle spalle, tanto gli parve strano quel linguaggio. I1 convegno
non ebbe seguito. Allora chi accusò Don Bosco di testardaggine,
chi mise in canzone la sua utopia. Ma egli, fidando in Dio, aveva
fatto un'affermazione, da cui non si sarebbe più tirato indietro,
perchè era parte integrale del suo programma.
La presenza in Don Bosco di un pensiero organico e non co-
stretto entro limiti di spazio e di tempo appare già dal Rego-
lamento dell'oratorio festivo, da lui steso nel 1847 (I). Tre cose
ci colpiscono ivi, perchè sembrano contenere in germe ordina-
menti essenziali, che darà alla sua Società Salesiana. Anzitutto
i titoli e gli uffici assegnati ai Superiori dell'oratorio festivo cor-
rispondono a quelli che assegnerà ai Superiori nella sua Congre-
gazione; infatti un Rettore vi tiene la direzione suprema, un Pre-
fetto lo coadiuva e ne è il braccio destro, un Catechista fa le parti
del Direttore spirituale. Inoltre vi si suppone chiaramente che
gli Oratori festivi non resteranno confinati nella cerchia della
città di Torino, ma si propagheranno anche fuori; se così non
fosse, non avrebbe senso un comma dell'articolo riguardante il
Prefetto, del quale si dice che compierà anche gli uffici del Di-
rettore spirituale nei paesi dove fosse penzlria d i sacerdoti. In
terzo luogo, che egli mirasse alla perpetuità dell'istituzione, si
desume dalla facoltà attribuita al Rettore di nominarsi un suc-
cessore. Si può anche aggiungere che vi si stabilisce l'elezione
degl'incaricati di vari uffici, fatta a maggioranza di voti in una
specie di Capitolo dagl'impiegati dell'oratorio. Non parlo infine
dello spirito che informa il Regolamento, spirito di carità e di
sacrificio, di paternità e di fraternità, ossia di famiglia, che sarà
l'anima della Società.
( I ) M e m . 13iogv.. vol. 111, pgg. 86 - 7
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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CAPO I1
Lavorio di preparazione.
I,'Arcivescovo di Torino Luigi Fransoni aveva approvato e
riguardava come sua l'opera degli Oratori festivi. Anzi con let-
tere patenti del 31 marzo 1852 aveva deputato Don Bosco a ef-
fettivamente Direttore Capo Spirituale dell'oratorio di S. Fran-
cesco di Sales D, a cui voleva a uniti e dipendenti quelli di S. Luigi
Gonzaga e del S. Angelo Custode, affinchè l'opera intrapresa con
sì felici auspici progredisse e s'amplificasse nel vincolo della ca-
rità, a vera gloria di Dio e a grande edificazione del prossimo,
conferendogli tutte le facoltà necessarie e opportune al santo
scopo )>. Ma egli temeva per l'avvenire dell'opera; quindi esor-
tava insistentemente Don Bosco a trovar modo di assicurarne
l'esistenza. Mettesse dunque altri a parte delle sue esperienze,
li iniziasse allo spirito fino allora mantenuto e li preparasse a
raccogliere la sua eredità, quando egli, al pari di tutti i mor-
tali, avrebbe pagato il suo tributo alla natura. Voleva insomma
persuaderlo della necessità di dar vita a una Congregazione
religiosa.
Non è da credere che con questo l'Arcivescovo spingesse le
sue vedute oltre i confini della propria diocesi, il cui bene gli
stava soprattutto a cuore; ma si trattava sempre di Congrega-
zione religiosa, benchè semplicemente diocesana, e il crearne una
quale occorreva a Don Bosco e che potesse fronteggiare le av-
verse condizioni dei tempi, era impresa molto ardua. Più ardua
ancora per un altro verso. Tutte le maggiori famiglie religiose
avevano avuto i loro esordi dall'aggregazione spontanea di uo-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3.2 Page 22

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mini maturi, mossi da indiscutibile vocazione e disposti a qua-
lunque prova si richiedesse da loro. Don Bosco invece aveva
toccato con mano che, volendo approdare a qualche cosa di po-
sitivo, doveva attaccarsi a principianti, ai quali per anni e anni
sarebbe bisognato dare tutto: pane, istruzione e spirito. Il più
difficile era lo spirito, perchè il concetto della vita religiosa si
andava smarrendo. I governanti chiudevano i conventi e ne
sbandivano gli abitatori. La letteratura e in generale la stampa
li dileggiavano. I pregiudizi contro i religiosi penetravano anche
in famiglie cristiane. Sensi ostili serpeggiavano pure in mezzo al
clero secolare. Religioso voleva dire frate, e frate era diventato
sinonimo di uomo da poco e fannullone. Nei ragazzi stessi dif-
fondevasi una tendenza a ridere di tutto che sapesse di mona-
stico. Se Don Bosco avesse parlato apertamente a' suoi giovani
di Congregazione, si sarebbe sentito rispondere che frati non
volevano essere. Ce lo attestavano Salesiani della prima ora e
di prim'ordine, come il Cardinale Cagliero. Pensiamo dunque
come Don Bosco dovesse andare coi pie' di piombo in affare
si delicato!
Eppure vi si accinse e riuscì. Ecco la sua tattica. Adocchiato
un giovane oratoriano o ricoverato, la cui indole gl'ispirasse fi-
ducia, se lo affezionava, lo provvedeva di quanto gli occorresse,
gl'istillava una pietà serena, lo metteva in relazione con altri
dalle medesime propensioni, lo invogliava a farsi piccolo apostolo
fra i compagni e lo conduceva passo passo fino al chiericato.
Intanto in conversazioni familiari e in prediche toccava destra-
mente certi tasti, che su animi così ben disposti producessero
impressioni conformi alle sue viste. Spesse volte, per esempio,
in crocchi di ragazzi e di chierici ripeteva a mo' di scherzo la
manovra del fazzoletto e all'improvviso esclamava: - Oh se
avessi dodici giovani, dei quali poter disporre come di questo
fazzoletto! Sapete che cosa vorrei fare? Vorrei spargere il nome
di Nostro Signore Gesù Cristo non solo in tutta l'Europa, ma
lontano lontano, nelle altre quattro parti del mondo. - E
punto fermo: non aggiungeva altro. Dal pulpito poi dipingeva
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3.3 Page 23

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Lavorio di preparazione
a tocchi rapidi le bellezze e i vantaggi della vita comune, nella
quale non si conoscono i fastidi del preseate e le preoccupazioni
dell'avvenire; oppure raccontava di Santi, che, consacratisi a
Dio, avevano fatto gran bene nel mondo, meritandosi le benedi-
zioni dei posteri e grandi premi nel cielo. Nell'un caso e nell'al-
tro non mancava di mettere in rilievo la perfezione di quello
stato, ma senz'aver l'aria di raccomandarlo a' suoi ascoltatori.
In privato finalmente rivolgeva a taluni domande come queste:
- Vuoi bene tu a Don Bosco? Ti piacerebbe stare con lui? Vor-
resti farti chierico qui iielSOratorio? Ameresti col tempo aiutare
Don Bosco a lavorare per i giovani? Vedi, se ci fossero cento
preti e cento chierici, avrei del lavoro da dare a tutti. - Quanti
egli santamente ne adescò e prese con tale linguaggio!
Nè da coloro che lo secondavano, esigeva più di quanto si
addica a buoni cristiani, desiderosi di salvarsi l'anima. Quindi
nulla che avesse apparenza di costumanze religiose: non medi-
tazioni regolari, non lunghe preghiere, non osservanze austere.
Senza simili cautele non solo avrebbe rovinato tutto, ma si sa-
rebbe tirato addosso un mondo di guai da parenti, da parroci,
da Vescovi e da altri ancora.
Buon mezzo indiretto per guadagnare quanti giudicava atti
a' suoi disegni era pure l'affezionarli alla propria persona e a11'0-
ratorio. In questo la sua bontà paterna operava miracoli; ma bi-
sogna anche dire che Dio e la Madonna ve lo aiutavano grande-
mente. Sogni rivelatori, predizioni di prossime morti, scrutazioni
di coscienze, fatti straordinari da lui stesso narrati perchè se ne
ringraziasse il Signore, mentre servivano a cattivargli stima, ve-
nerazione e confidenza, creavano nella casa un'atmosfera ecce-
zionale, che rendeva gradita la dimora, nonostante l'assenza di
comodi che la vita moderna ha reso ii~dispensabili.Quando per-
ciò egli chiamava a speciali conferenze gli alunni migliori, otte-
neva con tutta facilità da essi che si assuefacessero a pie usanze
proprie di coloro che amano darsi alia perfezione, com'era, per
esempio, lo scegliersi ognuno un monitore segreto, che lo awer-
tisse di eventuali difetti.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3.4 Page 24

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capo Il
Quando gli parve giunto il momento propizio, fece un passo
innanzi. Michele Rua, che prima ancora di essere alunno interno
(entrò come tale il zz settembre 1852) prendeva già parte alle
dette conferenze, lasciò iri proposito un documento prezioso. P,
un fogliettino, in cui a guisa di verbale scrisse la relazioncella
di un'adunanza tenuta la sera del sabato 5 giugno di quell'anno.
Si erano raccolti allora intorno a Don Bosco, oltre a un diacono
e al giovinetto Rua, altri dodici, dei quali fa i nomi, menzio-
nando fra essi Francesia e Cagliero. C'informa Rua: <<Inquesta
conferenza si stabili di dover dire ogni domenica le sette al-
legrezze di Maria Santissima. L'anno venturo si osserverà chi
di questi avrà perseverato ad eseguire ciò che si P stabilito
sino al sabato prefisso, cioè il primo sabato del mese di mag-
gio D. Terminava quindi con questa fervida invocazione : << O
Gesù e Maria, fate tutti santi coloro che sono scritti in questo
piccolo foglio D. Scopo non svelato di tali preghiere suggerite
da Don Bosco era, come si seppe da poi, di ottenere dalla
Madonna la grazia che fosse possibile iniziare la Società Sa-
lesiana.
I1 giovinetto che si scrisse questo ricordo, aveva incontrato
la prima volta Don Bosco nell'agosto del 1845. Una forza rniste-
riosa lo attrasse subito verso il Santo, che a sua volta prese im-
mediatamente ad averlo caro. Compiuto con ottimi risultati nel
1850 l'intero corso elementare presso i Fratelli delle Scuole Cri-
stiane, accolse di buon grado il suo consiglio d'intraprendere gli
studi classici, recandosi da professori indicatigli da lui stesso.
D'ingegno aperto, fece si rapidi progressi che in due anni svolse
il programma allora prescritto per il ginnasio, dopo di che venne
a stare con Don Bosco, affinchè egli lo avviasse al sacerdozio.
Don Bosco potè vestirlo chierico già il 3 ottobre 1852. Dio gli
aveva mandato colui che sarebbe stato suo braccio destro nel
fondare e governare la Congregazione.
Ma la Congregazione stava pur sempre soltanto nella mente
di Don Bosco. Un secondo passo più decisivo egli fece un anno
e mezzo dopo l'accennata proposta. Bra il 26 gennaio 1854. Ap-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3.5 Page 25

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pressandosi la festa di S. Francesco di Sales, chiamò nella sua
cameretta due chierici, uno dei quali Rua, e due studenti, di
cui uno, Cagliero, ricevette poi l'abito in autunno. Anche su
quell'abboccamento abbiamo uno scrittarello del medesimo re-
latore. Molto notevoli sono ivi le righe seguenti: << Ci venne pro-
posto di fare coll'aiuto del Signore e di S. Francesco di Sales
una prova di esercizio pratico della carità verso il prossimo, per
venire poi ad una promessa; e quindi, se sarà possibile e conve-
niente, di farne un voto al Signore. Da tale sera fu posto i1 nome
di Salesialzi a coloro che si proposero e si proporranno tale eser-
cizio ». Siffatta nuova proposta non più solo di pregare, ma di
operare cadeva in animi assai ben preparati; tuttavia produsse
in loro vivissima impressione.
Non generò per altro alcuna sorpresa, nè in quelli allora nè
in altri dopo, l'appellativo di Salesiani. Dal Salesio s'intitolava
l'Oratorio; del Salesio tutti sapevano essere Don Bosco divotis-
simo; al Salesio era dedicata la chiesa eretta da circa due anni
accanto all'ospizio. Quale fosse poi i1 movente segreto della de-
nominazione, Don Bosco lo manifestò gran tempo dopo, oltre-
chè nelle sue già citate Memorie, in un autografo, dove leggiamo:
e Quest'Oratorio è posto sotto la protezione di San Francesco di
Sales per indicare che la base sopra cui è posta questa Congre-
gazione, tanto in chi comanda quanto in chi obbedisce, dev'es-
sere la carità, la dolcezza, che sono le virtù caratteristiche di
questo Santo )>.
I1 mentovato Cagliero non deve passare senza un cenno spe-
ciale. Fu uno dei primi e più preziosi acquisti. Veniva da Castel-
nuovo. Fece con altri compagni il ginnasio alla scuola di bravi
professori esterni, amici del nostro Santo. Aveva un'indole vi-
vacissima, insofferente di giogo. Lo salvarono la vita di famiglia
che si menava nell'oratorio e soprattutto la bontà di Don Bo-
sco. L'esperto educatore, avvezzo a pigliare i suoi allievi per il
loro verso a fine di condurli bel bello dov'egli mirava, come si
avvide che Cagliero amava la musica, ve lo applicò, nulla ri-
sparmiando perchè vi SI perfezionasse a dovere. Che cosa sia
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3.6 Page 26

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capo II
diventato per la Congregazione quel ragazzo dall'argento vivo
addosso, non è chi non lo sappia.
I1 numero dei chierici, che Don Bosco si veniva lavorando
per sè, crebbe in quell'anno e nell'anno appresso. Ai più fidi
cominciò nelle particolari conferenze a parlare delle tre virtù,
che i religiosi sogliono promettere in voto, ma ne parlava quasi
accademicamente, senza ancora sollevare il velo, che copriva il
suo gran disegno. Finalmente (e questo fu un terzo passo avanti)
nel marzo del 1855 invitò l'ottimo fra tutti, il chierico Rua, a
prepararsi per emettere quei voti. I1 chierico acconsentì, ma
non altra conseguenza scorgendo in tale atto fuorchè l'impegno
di aiutare più efficacemente Don Bosco, mercè la pratica dei tre
voti, nell'opera degli Oratori. La cerimonia si compiè con la
massima semplicità nella stanza di Don Bosco. Là, nella festa
dell'iinnunciazione, sul far della sera, senz'altro testimonio che
il Servo di Dio non indossante nè cotta nè stola, il chierico Rua,
postosi in ginocchio davanti al Crocifisso, pronunciò i voti di
povertà, di castità e di obbedienza per la durata di un anno.
Trascorsi alcuni mesi, la stessa cerimonia, con la stessa as-
senza di apparato esteriore, fu rinnovata per un altro, al quale
è molto probabile che Don Bosco avesse prima confidato qual-
che cosa de' suoi segreti divisamenti. Era un santo prete, che
tutti i Salesiani avranno sempre in ammirazione: Don Vittorio
Alasonatti. Insegaava egli nella scuola comunale di Avigliana,
villaggio situato poco lungi da Torino. La sua vecchia amicizia
con Don Bosco lo indusse ad accettarne la proposta di condivi-
dere con lui le cure dell'oratorio. Sapeva bene il sant'uomo di
andare incontro a gravi disagi e a dure fatiche; ma la sua virtù
vinse le ripugnanze della natura e la forza delle abitudini. Arrivò
il 14 agosto 1854. i.o mandava proprio la Provvidenza. Oltre ai
numerosi esterni che frequentavano le scuole diurne e serali,
l'Oratorio contava ottanta interni fra studenti e artigiani. Don
Bosco sentiva estremo bisogno di avere al suo fianco un sacer-
dote che lo comprendesse e gli porgesse valido sostegno nella
parte disciplinare ed amministrativa della casa. Don Alasonatti
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3.7 Page 27

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fu l'uomo che faceva per lui. Intelligente, docilissimo, laborioso
al sommo, si addossò le incombenze di Prefetto, antesignano per
ordine di tempo, e modello per spirito di sacrificio alla schiera
innumerevole dei Prefetti che svolsero e svolgono l'attività loro
nelle Case della Congregazione. A quarantatrè anni di età si votò
dunque generosamente alla nuova forma di vita, con nessun'al-
tra aspirazione al inondo fuorchè di fare in tutto e per tutto
la volontà di Dio, resagli manifesta per bocca del suo Superiore.
L'anno dopo venne la volta di Giovanni Battista Francesia.
Già assiduo all'Oratorio festivo, aveva ricevuto da Don Bosco
l'abito sacro nell'autunno del 1853. Volendo il Servo di Dio nel
novembre del 1855 dar principio a scuole interne con la sola
terza ginnasiale, ne costituì insegnante il diciassettenne chierico,
dall'ingegno squisitamente fatto per gli studi letterari in genere
e per quelli classici in specie. Diede si buona prova di sè, che
nell'anno successivo meritò di essere egli pure invitato a legarsi
a Dio con voti annuali, prefiggendosi di dedicarsi così intera-
mente all'opera di D>n Bosco.
In tal modo pertanto, mentre infieriva nel Piemonte la lotta
contro le Congregazioni religiose vessate, soppresse, disperse, là
in un angolo remoto della capitale, nei mal famati prati di Val-
docco, un prete povero di mezzi, ma ricco di carità, senza che
il mondo ne avesse sentore, gettava le basi di un Istituto reli-
gioso che, ergendosi al disopra di tante rovine, avrebbe col tempo
esteso la sua azione benefica per tutti i cinque continenti del
globo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3.8 Page 28

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CAPO I11
Prima elaborazione delle Regole.
La prudente circospezione che guidava il nostro Santo nella
scelta e nella cura dei soggetti, lo guidd ancora nell'abbozzare
per essi e nel presentare loro un insieme di Regole, che fissassero
le norme fondamentali della vagheggiata Congregazione.
I1 compilarle gli costò due anni di lavoro, cominciato nel
1855. Lo studio e l'esperienza gliene somministrarono gli ele-
menti. Attinse da prima alla Storia Ecclesiastica, ricercandovi
le origini, le forme e le vicende di vari Istituti religiosi approvati
dalla Chiesa. Poscia, ottenute a grande stento copie di Costitu-
zioni, vi spigolò tutto quello che stimava utile al caso ( I ) . Intanto
a voce e per lettera chiedeva consiglio a persone benevole e com-
petenti, facendo tesoro delle risposte. Alla fine però il risultato
non lo appagava completamente. agli comprendeva benissimo
che l'essenza della vita religiosa, la pratica cioè dei consigli evan-
gelici, non muta; ma sentiva pure che, mutando le condizioni
dei tempi, non.,si poteva far a meno di adottare atteggiamenti
accidentali che si scostassero dalle usanze del passato, pena l'im-
possibilità di far proseliti e di compiere opera efficace di pene-
trazione nella società contemporanea. Mise dunque a profitto
anche gl'insegnamenti della sua quotidiana maestra, l'esperienza.
( i ) Noi diremo promiscuamente Regole e Costituzioni. I n origine. Regole erano i pri-
niitivi statuti dei vari Ordini religiosi (Regola basiiiana, agostiniana, benedettina, fran-
cescana) e Costitusioni gli ordinamenti posteriormente aggiunti. Con l'andar del tenipo
si dissero Regole anche le Costituzioni; oggi nel linguaggio comune i dite termini si
equivalgono.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3.9 Page 29

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Prima elaborazione delle Regole
Per tal modo compose un complesso di articoli, che furono poi
la base delle future Costituzioni.
Quale sia stato precisamente il testo primigenio, non è pos-
sibile determinarlo. mancando affatto i documenti. Un testo si
è pubblicato nel quinto volume delle Memorie Biografiche, quello
presentato nel 1858 a Pio IX, che ha il merito di essere il più
antico da noi posseduto, ma non è il primitivo.
A parecchi Salesiani Don Bosco narrò di un colpo mancino
infertogli da Satana, quando finiva di scrivere quelle prime Re-
gole. Era notte inoltrata. Nell'atto che scriveva le parole fiilali
Ad maiorem Dei gloriam, il tavolino sobbalza, il calamaio si ro-
vescia e l'incliiostro inonda il manoscritto; poi questo vola tur-
binosamente per la camera e si abbatte tutto scompaginato sul
pavimento. Strane voci accompagnavano quel diavoleto. Lo
scritto restò così malamente imbrattato da essere illeggibile,
tanto che Don Bosco fu costretto a rifare da capo il lavoro. Se
egli avesse avuto bisogno di un qualche segno che valesse ad as-
sicurarlo d'aver fatto bene le cose, tanta rabbia infernale bastava
da sola a farnelo convinto.
1,e Regole scritte dovevano essere portate a conoscenza di
coloro, a cui sarebbe toccato di osservarle. Per fare questa co-
municazione Don Bosco aspettb che gli si stringesse intorno un
nucleo d'individui veramente risoluti di condividere in perpetuo
le sue fatiche; pregava dunque il Signore che gl'ispirasse quando
fosse giunta l'ora. Nel 1857 l'ora parve scoccata: aveva allora
otto fra chierici e giovani studenti, sui quali pensava di poter
fare assegnamento. Cominciò pertanto a far loro delle confidenze
intorno a' suoi disegni e a descrivere vivamente i vantaggi stra-
ordinari che dalla loro cooperazione sarebbero derivati alla gio-
ventù, bisognosa di aiuto. Come li vide ben animati, prese a leg-
gere loro di tratto in tratto qualche parte delle Regole, compi-
late, diceva, per dare unità di pensiero e d'indirizzo all'azione
comune. Così a poco a poco li assuefaceva a riguardare la loro
unione come una vera società, suscitando fra essi quello che si
dice spirito di corpo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

3.10 Page 30

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capo III
Sebbene egli raccomandasse di non propalare quanto veniva
loro confidando, tuttavia qualche notizia trapelò in casa e usci
anche dall'oratorio. Personalità ecclesiastiche, ciò inteso e in-
tuendone le finalità, si allarmarono. Col vento che spirava, come
mai arrischiarsi a iniziare una Congregazione? I1 Governo, che
aveva decretato la soppressione degli Ordini religiosi, subodo-
rando il tentativo e giudicandolo un attentato alle leggi dello
Stato, non avrebbe, per soffocare la minaccia, colpito l'opera
degli Oratori? Don Bosco ammetteva benissimo che bisognava
armarsi di prudenza; ma osservava fiduciosamente che, essendo
indiscutibile l'urgente necessità di correre in soccorso della gio-
ventù e richiedendosi a estremi mali estremi rimedi, Dio non
avrebbe lasciato mancare la sua assistenza in un'impresa diretta
a sì nobile scopo. Si raccomandava quindi alle preghiere di tutti
per il buon esito.
Certo egli teneva bene gli occhi aperti. I tempi di persecuzione
sono tempi di sospetti e bastano dei nonnulla a cagionare guai
irreparabili. D'altra parte le leggi c'erano e venivano applicate
senza misericordia; il pericolo d'incappare nel codice non era pur-
troppo immaginario. Orbene la Provvidenza dispose che giungesse
a Don Bosco un aiuto donde meno se lo sarebbe aspettato.
Urbano Rattazzi, Ministro dell'lnterno, il 7 luglio 1857 scri-
veva a Don Bosco, raccomandandogli caldamente un ragazzo
abbandonato e pregandolo 4 di fare al più presto possibile un
riscontro ». I1 Santo colse, come si dice, la palla al balzo per riav-
vicinarlo; poichè già altre volte aveva avuto occasione di confe-
rire con lui. Gli portò dunque la risposta personalmente, intavo-
lando poi una conversazione molto interessante. Nel corso di que-
sta, discorrendosi dell'opera degli Oratori che conosceva e apprez-
zava, il Ministro usci a dire che bisognava pensare ad assicurarla
anche dopo la morte del fondatore. Scegliesse dunque laici ed
ecclesiastici di sua fiducia, li riunisse in Società e fossero prima
suoi aiutanti e in seguito suoi continuatori. Don Bosco gli os-
servò che una Società simile non sarebbe potuta durare, se i
membri non fossero stretti insieme da vincolo religioso. I1 Mini-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Rima elabmnzionc delle Regok
stro ne convenne, purchè però il vincolo non fosse di tal natura
da attribuire le sostanze alla comunità, come ad ente morale.
In ultima analisi consigliava di fondare una vera Congregazione
religiosa, e poichè la legge di soppressione portava il nome di
Rattazzi, è facile immaginare lo stupore di Don Bosco. La sua
legge del 29 maggio 1855 nel solo Piemonte aveva colpito 35
Ordini religiosi e soppr&so 334 case. Che i progressi del sovver-
sivismo popolare cominciassero a far riflettere l'uomo di Stato?
Spiegò meglio il suo concetto dicendogli d'istituire una Società,
in cui ogni membro conservasse i diritti civili, stesse soggetto
alle leggi, pagasse le imposte e via discorrendo; una Società in-
somma che in faccia al Governo fosse un'associazione di liberi
cittadini, uniti e conviventi per uno scopo di beneficenza; nes-
sun Governo costituzionale egli diceva poter impedire l'impianto
e lo sviluppo di una Società siffatta. Don Bosco affermò che le
parole di Rattazzi erano state p a lui <uno sprazzo di luce v.
Qualunque valore si debba dare a questa affermazione, il certo
è che quelle parole lo illuminarono sulle disposizioni del Go-
verno, e non era poco; quanto alla cosa in sè, egli aveva già ve-
duto alcun che di simile nelle Regole dei Rosminiani (I).
Premeva al Santo conoscere come la pensassero uomini au-
torevoli del clero, particolarmente Vescovi; perciò, parlatone a
lungo col Beato Cafasso, sottopose all'esame di chi gli parve
più opportuno i seguenti quesiti: u Una Società desiderosa di la-
vorare alla gloria di Dio, pur rimanendo civile in faccia a! Go-
verno, non potrebbe assumere eziandio la natura di un Istituto
( i ) I l Io.gennaio del i876 Don Bosco, discorrendo con Don Lenioyne, Don Barberis
ed altri confratelli, àisse di Rattazzi: <i Veniva di quando in quando all'Oratorio. Volle con
.. nie combinare vari articoli delle nostre Ree.o.lole rieuardanti il modo col auale la nastra Societi
doveva regolarsi rispetto al codice rivile r allo Stato. Si pu" dir proprio rIie certe pre~idenre,
perehè non potessimo essere itiulcitati dalla putrsti civile. iiirono cose tuitr ,iie ( C f r . .lf<n>.
Bio&'*., vol:~, pag. 699 e XII, pag. 11). i e visite sll'Oratorio avvennero moito proba-
bilmente dopocliè usci dai Ministero, nel novembre del 1857, nel qual tempo nutriva fiero
risentimento contro Cavour. capo del Governo. I1 Chiuso (La Chiesa i n Piemmle, vol. IV.
pag. 60),alludendo al colloquio di Don Bosco con Rattazzi, <i da Cleto Arrighi (Bioguafie
&i 450 deputati, Milano, 1865, vol. IV) descritto come acceso di odio costante contro il clero »,
si domanda: <i Parlava quegli per amor di giustizia, od era simulazione? Sallo soltanto Iddio ,l.
Quanti Ministri ultraliberali trattarono amichevolmente Don Boscol I1 Rattai.7.i professava
tanta riverenza per lui da chiamarlo, nelle conversazioni, un grand'uomo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4.2 Page 32

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capo 111
religioso in faccia a Dio ed alla Chiesa? - Non potrebbero i suoi
membri essere e liberi cittadini e religiosi ad un tempo? - Mi
pare di si, a quel modo che in uno Stato qualsiasi un Cattolico
può essere e suddito del Re o della Repubblica e suddito della
Chiesa, fedele ad entrambe le leggi >>.Sembra Che Vescovi e Teo-
logi rispondessero favorevolmente; non ce ne rimangono però
documenti. Può darsi che le risposte siano state orali, come fu
quella di Mons. Losana, Vescovo di Biella, secondochè attesta
in una sua relazione il canonico Anfossi.
Ma soprattutto desiderava aver il parere del suo Arcivescovo,
esule da sette anni a Lione. Avrebbe voluto recarsi in persona a
consultarlo, se la prudenza non ne lo avesse sconsigliato. Gliene
scrisse quindi e n'ebbe incoraggiamenti,come sempre;tuttavia l'ot-
timo Pastore gli diceva che per maggior sicurezza andasse a parlare
con Pio IX. Don Bosco, da tempo bramoso di recarsi a Roma,
risolse d'intraprendere quel viaggio sul principio del nuovo anno.
Mons. Fransoni, quando seppe che egli faceva i preparativi
della partenza, gli mandò una bella lettera di presentazione per
il Santo Padre. Partì il 18 febbraio 1858, accompagnato dal
chierico Rua, che del viaggio e della dimora nell'eterna città
stese un minuto ragguaglio. Giunse colà il 21; ma ebbe l'udienza
solo il g marzo. Visto il gradimento del Papa, gli espose in lungo
e in largo quanto si faceva a Torino con l'opera degli Oratori.
I1 Papa a un certo punto lo interruppe, interrogando: - Mio
caro, voi avete messo molte cose in movimento; ma se veniste
a morire, che ne sarebbe dell'opera vostra? - Mai domanda
cadde più a proposito. Egli era venuto ai piedi del Santo Padre
appunto per dare consistenza all'opera nel modo insinuato dal
Pontefice, a cui manifestò il suo disegno e porse la commendatizia
di Mons. Fransoni. Pio IX, scorsa la lettera, esclamò contento:
- Si vede che andiamo tutt'e tre d'accordo. - Lo esortò per-
tanto a redigere le Regole di una Società che rispondesse all'idea
espressagli, unendo alla raccomandazione alcune direttive. - Bi-
sogna, disse, che voi stabiliate una Società che non possa es-
sere incagliata dal Governo; ma nel tempo stesso non dovete
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4.3 Page 33

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Prima elaborazione delle Regole
contentarvi di legarne i membri con semplici promesse, chè al-
trimenti non esisterebbero gli opportuni legami fra soci e soci,
fra superiori ed inferiori; non sareste mai sicuro dei vostri sog-
getti, nè potreste fare lungo assegnamento sulla loro volontà.
Procurate di adattare le vostre Regole sopra questi principii, e
compiuto il lavoro, sarà esaminato. L'impresa però non è tanto
facile. Si tratta di vivere nel mondo senza essere conosciuti dal
mondo. Tuttavia, se in quest'opera c'è il volere di Dio, Egli vi
illuminerà. Andate, pregate e dopo alcuni giorni ritornerete, e
vi dirò il mio pensiero.
I1 Santo uscì confortato da tanta benignità del Vicario di
Gesù Cristo, per eseguire le cui istruzioni ripigliò in mano l'ab-
bozzo delle Regole preparato a Torino e v'introdusse i cainbia-
menti, che giudicava rispondere alle istruzioni ricevute. Gli fu
notificata poi una seconda udienza per il 21 a sera. L'ora inso-
lita denotava che il Papa voleva intrattenersi a suo bell'agio con
lui. Accoltolo con bontà paterna, Sua Santità entrò senz'al-
tro in argomento, parlandogli così: - Ho pensato al vostro
progetto, e mi sono convinto che potrà procacciare assai del
bene alla gioventù. Bisogna attuarlo. I vostri Oratori senza di
questo come potrebbero conservarsi e come prowedere ai loro
bisogni spirituali? Perciò mi sembra necessaria una nuova Con-
gregazione religiosa, in mezzo a questi tempi luttuosi. Essa deve
fondarsi sopra queste basi: sia una società con voti, perchè senza
voti non si manterrebbe i'unità di spirito e di opere; ma questi
voti debbono essere sem$lici e da potersi facilmente sciogliere
affinchè il malvolere di alcuno dei soci non turbi la pace e l'u-
nione degli altri. Le Regole sieno miti e di facile osservanza. La
foggia di vestire, le pratiche di pietà non la facciano segnalare
in mezzo al secolo. Forse a questo line sarebbe meglio chiamarla
Società, anzichè Congregazione. Insomma studiate il modo che
ogni membro di essa in faccia alla Chiesa sia un religioso e nella
civile società sia un libero cittadino. - Nominò infine alcune
Congregazioni recenti, le cui Regole presentavano qualche ana-
logia con la Società da istituire.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4.4 Page 34

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Capo III
Allora Don Bosco umiliò il manoscritto delle Regole al Santo
Padre, che non le supponeva già pronte. Avendole in quei giorni
tempestate di modificazioni e amicchite di aggiunte conformi
alle indicazioni significategli nella prima udienza, ne aveva fatto
fare una nuova copia dal chierico Rua. I1 Papa, preso i'incarta-
mento, ne svolse un po' le pagine, vi diede qualche occhiata e
lo pose sullo scrittoio. Dopo si fece esporre per filo e per segno
tutta la storia dell'opera degli Oratori. Da alcuni indizi venuto
in sospetto che Don Bosco avesse avuto segnalazioni arcane, gli
ingiunse di esporgli tutto che avesse apparenza di soprannaturale.
I1 Santo obbedì, raccontandogli il primo sogno e qualche altro
posteriore e rilevando i particolari ivi prean~unciatie già avvera-
ti. I1 Papa se ne mostrò assai soddisfatto, tanto che gli diede or-
dine categorico di scrivere ogni cosa, affinchè se ne giovasse poi
la futura Congregazione. Don Bosco, benchè riluttante, ottemperò
al reiterato comando nel 1874, mettendo in carta una serie di
Memorie che vanno dai primi fatti della fanciullezza fino al 1855.
In una terza e ultima udienza del 6 aprile Pio I X gli resti-
tuì il manoscritto delle Regole, dicendogli di passarlo al Cardi-
nale Gaude, il quale, esaminatolo, gliene avrebbe poi parlato.
Don Bosco si avvide li stesso che il Papa vi aveva fatto di
propria mano alcune note e modificazioni. Era pensiero del Santo
Padre che le Regole fossero rimesse quanto prima a una Com-
missione con l'incarico di riferire; ma Don Bosco lo pregò rispet-
tosamente di voler soprassedereper dargli tempo di sperimentarne
la pratica e quindi, tenuto conto dei dettati dell'esperienza, ri-
presentarle. I1 Papa annuì.
Nei giorni che rimase ancora a Roma, Don Bosco rivide da
capo a fondo lo scritto, aggiungendo, togliendo e ritoccando,
secondochè stimava più conforme ai sentimenti espressigli dal
Papa nella seconda e terza udienza; dopo il chierico Rua ne fece
una nuova trascrizione, che portò al suddetto Cardinale (I). I1
( I ) I ritocchi alle Regole si moltiplicarono negli anni seguenti. Più volte Don .Bosco
fece rimettere in pulito il testo. sicchè in cinque anni ne vennero fuori quattro successivi
esemplari disuguali, che si possono vedere nei nostri archivi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4.5 Page 35

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Prima elabornaione delle Regole
Gaude, domenicano piemontese, era in ottimi rapporti con Don
Bosco, del quale aveva visitato l'Oratorio nel giugno dell'anno
precedente. Egli lesse coli la massima sollecitudine; appresso
ebbe parecchie conferenze col Santo, che ne ascoltò con umile
deferenza riflessi e consigli. La conclusione fu che, fattele prati-
care per una durata sufficiente, venissero rinviate a Sua Emi-
nenza, che le avrebbe presentate al Santo Padre per la formale
approvazione.
Nella più antica redazione giunta a noi, che è, come dicevo,
la romana, il Fondatore premise un preambolo che è una specie
di preistoria della Congregazione e serviva a mettere in valore
l'opera degli Oratori, sulla quale si fondava la ragion d'essere
delle Regole. Bisognava far vedere che la voluta Istituzione non
era tutta di là da venire, ma già in via di divenire, e che la
parte esistente non era spuntata come un fungo, ma per effetto
di lenta e laboriosa preparazione. % bene leggere l'importante
pagina, intitolata O r i g i a e di questa Societd.
Fin dal 1841 il sac. Bosco Giovanni si univa ad altri ecclesiastici per acco-
gliere in appositi locali i giovani più abbandonati della città di Torino a fine di
trattenerli con trastulli e nel tempo stesso dar loro il pane della divina parola.
Ogni cosa facevasi d'accordo coli'autorità ecclesiastica. Benedicendo il Signore
questi tenui principii, il concorso dei giovani fu assai grande e l'anno 1844 S. E.
Monsignor Fransoni concedeva di ridurre un edificio a forma di chiesa con
facoltà di fare ivi quelle sacre funzioni che sono necessarie per la santificazione
dei giorni festivi e per l'istruzione dei giovani che ogni giorno più numerosi inter-
venivano. Ivi SArcivescovo venne più volte ad amministrare il Sacramento della
Cresima.
L'anno 1846 concedeva che tutti quelli che intervenivano a tale istitz$zionc
potessero ivi essere ammessi aiia Santa Comunione e adempiere il precetto pa-
squale, permettendo di cantare la S. Messa, fare tridui e novene, qualora cib si
ravvisasse opportuno. Queste cose ebbero luogo fino all'anno 1847 nelSOratorio
detto di S. Francesco di Sales. In quelSanno crescendo il numero dei giovani,
e così divenuta ristretta la chiesa attuale, col consenso sempre deli'autorità eccle-
siastica, si aprì in altro angolo della città, viale de' platani a Porta Nuova, un
secondo oratorio sotto il titolo di San Luigi Gonzaga col medesimo scopo dell'an-
tecedente. Divenuti insuffcienti anche questi due locali, Sanno 1849 se ne apriva
un altro in Vanchigiia sotto il titolo del Santo Angelo Custode. I tempi renden-
dosi assai calamitosi per la religione, il superiore ecclesiastico con tratto di grande
bontà approvava il regolamento di questi oratorii e ne costituiva il Sac. Bosco
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4.6 Page 36

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- Capo III Prima elaborazione delle Regole
Direttore capo, concedendogli tutte guelle facoltd che potessero tornare necessarie
ed opportune a guesto scopo.
Molti Vescovi adottarono il medesimo piano di regolamento e si adoperarono
per introdurre nelie loro diocesi questi oratorii festivi. Ma un bisogno grave ap-
parve nella cura di tali oratorii. Molti giovani già di età alquanto avanzata non
potevano essere abbastanza istruiti col solo catechismo festivo e fu mestieri
aprire scuole e catechismi diurni e serali. Anzi molti di essi trovandosi affatto
poveri ed abbandonati furono accolti in una casa per essere tolti dai pericoii,
istruiti nella religione ed avviati al lavoro. Il che si fa tutt'ora specialmente in
Torino nella casa annessa all'oratorio suddetto, ove i ricoverati sono in numero
di duecento circa. Si fa eziandio in Genova neii'opera detta degli Artigianelli,
ove P direttore Sac. Montebruno Francesco: ivi i ricoverati sono in numero di
cinquanta (I). Per le radunanze di giovani solite a farsi negli oratorii festivi, per
le scuole diurne e serali, e pel numero ognora crescente di coloro che venivano
ricoverati, la messe del Signore divenne assai copiosa. Onde per conservare l'unità
di spirito e disciplina, da cui dipende il buon esito degli oratorii, fin dall'anno
1844 alcuni ecclesiastici si radunarono a formare una specie di Società o Con-
gregazione aiutandosi a vicenda e coll'esempio e coll'istruzione. Essi non fecero
alcun voto e si li&itarono ad una semplice promessa di occuparsi in quelle cose
che senibrassero di maggior gloria di Dio e vantaggio dell'anima propria. Rico-
noscevano il loro superiore nel Sac. Bosco Giovanni. Sebbene non si facessero voti,
tuttavia i11 pratica si osservavano presso a poco le Regole che sono qui esposte.
Don Bosco, lasciando Roma il 14 aprite, ritornava a Torino
con la letizia in cuore di vedere il felice avviamento che pren-
devano le cose sue.
( i ) Cfr. Mem. Biogr., vol. V, pgg. jgg e 761. Nel 1857si trattava di unire le due opere,
che qui il Santo considera gi&come unite; ma l'unione non si fece allora poi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4.7 Page 37

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CAPO IV
Principio di organizzazione.
L'Oratorio, irradiato dalla bontà di Don Bosco, era luogo
fatto a posta per favorire nei giovani lo svilupparsi dei senti-
menti migliori; cresceva perciò intorno al Santo una fic)ritura di
volonterosi, che amavano stare con lui per aiutarlo nella sua
opera. Domenico Ruffino da Giaveno, seminarista a Chieri, in-
contratosi una volta con lui, gli si affezionò fortemente. Nelle
vacanze del 1857 Don Bosco, clie conosceva le strettezze della
sua famiglia, lo invitò a passare quei mesi nell'oratorio. Il chie-
rico venne e di qui scrisse a un amico: <<Msiembra di essere in
un paradiso terrestre, poichè tutti si amano come fratelli e più
ancora. Tutti sono allegri, ma di un'allegria veramente celeste,
e specialmente quando si trova Don Bosco in mezzo a noi. Al-
lora passiamo le ore che ci paiono minuti e tutti pendon dalle
sue labbra, come incantati. Egli è per noi come una calamita,
poichè appena egli comparisce, tutti gli corrono incontro e più
sono contenti quanto più gli sono vicini s. Nessuna meraviglia che
il giovane chierico lasciasse un bel giorno il seminario per venir
a stare con Don Bosco. Lo ritroveremo.
I chierici di Don Bosco ricevevano da lui l'abito con buona
venia della Curia arcivescovile, previo un esame ad hoc, detto
esame della vestizione; essi frequentavano poi le scuole del se-
minario. L'autorità ecclesiastica accordava a Don Bosco la fa-
coltà di allevarsi chierici in casa, perchè ne riconosceva la ne-
cessità per l'opera degli Oratori, considerata come istituzione
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4.8 Page 38

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capo IV
diocesana. Bisogna notare inoltre che tali concessioni erano age-
volate dal fatto, che dopo il 1848 l'Oratorio apriva le sue porte
a molti chierici dell'archidiocesi, perchè il seminario di Torino
per causa delle guerre era occupato da militari; in tal modo i
chierici di Don Bosco si confondevano con gli altri e non da-
vano nell'occhio. Questi si trovavano pure insieme con i chie-
rici della città nella scuola di filosofia e di teologia, che si fa-
ceva in alcune stanze del seminario, lasciate sgombre a tale scopo
dall'autorità militare. Le controversie scoppiarono, quando si av-
verti che Don Bosco si circondava dei migliori per tenerli sempre
con sè; donde brighe d'ogni sorta per distaccarneli.
Dei chierici di Don Bosco nel 1859 spiccavano Giovanni Bo-
netti, Celestino Durando, Francesco Cerruti, Carlo Ghivarello e
Giuseppe Lazzero: cinque nomi, cinque esponenti della Congre-
gazione, allorchè questa c6minciÒ a essere in fiore. Bonetti da
Caramagna, compiuto il ginnasio nelllOratorio, passò nel semi-
nario di Chieri; ma dopo un solo anno l'affetto per Don Bosco
la vinse su tutto e su tutti, ed egli tornò all'ovile. Durando da
Farigliano fino alla quarta ginnasiale non aveva mai veduto un
prete che lo guardasse con bontà, ed egli a sua volta guardava
i preti con nessuna simpatia; messo nell'Oratorio, gli caddero,
dinanzi a Don Bosco, le prevenzioni. Qui contrasse familiarità
con l'angelico giovane Domenico Savio, che gli fece un bene
grandissimo. Primeggiava nella classe. Dati con lode gli esami
di licenza ginnasiale, ricevette da Don Bosco la veste talare,
risoluto di stare con lui. Cerruti da Saluggia fu un altro intimo
di Domenico Savio; egli pure, terminato il ginnasio, diede uno
splendido esame di licenza, dopo di che, volendo stare con Don
Bosco, ebbe da lui la vestizione chiericale. Ghivarello e Lazzero,
ambidue da Pino Torinese, non erano più giovinetti, come i pre-
cedenti, ma avevano i loro vent'anni sonati. Desiderosi di farsi
preti, trovarono in Don Bosco paterne accoglienze ed efficaci
aiuti. Accelerati gli studi ginnasiali e fatti chierici, non vollero
più staccarsi dal suo fianco. Avremo più volte occasione di rive-
derli tutti cinque.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4.9 Page 39

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Principio di mganizzaaione
Dal 1857 in poi Don Bosco veniva stringendo le maglie per
organizzare la famiglia de' suoi eletti. Di mano in mano che
scorgeva in qualcuno le convenienti disposizioni, lo invitava,
come abbiamo visto per Rua e Don Alasonatti, a fare i voti an-
nuali; da altri invece si contentava di ottenere che facessero la
semplice promessa di perseverare nell'aiutarlo. Tanto ai primi
che ai secondi dedicava cure speciali per informarne gli animi
a virtii e riempirli del suo spirito. Perciò li radunava frequente-
mente e teneva loro conferenze alla buona, nelle quali il suo
stesso inodo di fare e di esprimersi esercitava su di essi un fascino
singolare. Quivi rappresentava tutto il bene che avrebbero po-
tuto compiere, se si fossero riuniti in società; diceva dei meriti
e dei premi riserbati alla pratica della povertà volontaria; scio-
glieva le difficoltà accampate da taluno per il doversi allonta-
nare dalla propria casa; dimostrava la necessità e i vantaggi del
seguire una vocazione superiore a costo anche di gravi sacrifici;
esponeva le ragioni che consigliavano di preferire una Congrega-
zione religiosa alla vita del prete secolare. Siccome parecchi erano
maestri o assistenti nell'ospizio e altri andavano ai tre Oratori
festivi, insegnava loro come bisognasse comportarsi coi giovani,
insinuando le sapienti norme di quella pedagogia, di cui ci la-
sciò luminosi esempi e pochi, ma aurei scritti; a volte spiegava
il Regolamento dell'oratorio e insegnava la maniera di fare con
profitto i catechismi. Brano trattenimenti avvivati da molta
piacevolezza e resi graditi dall'intimità, con cui egli comunicava
i segreti del suo apostolato e talora anche i lumi che riceveva
dall'alto. Ogni settimana li chiamava con tutti i chierici della
casa a recitare dieci versicoli del Nuovo Testamento, assegnati
loro otto giorni pnma, aggiungendo a tale esercizio, detto nell'O-
ratorio Testamentino, osservazioni sull'importanza e sul modo di
annunciare la parola di Dio. Possiamo mettere fra le conferenze
generali anche due scuole, quella di sacre cerimonie e quella di
buona creanza, cominciate da lui e poi continuate da altri. Di
tutte queste riunioni profittava per legarli fraternamente fra loro
e stringerli filialmente a sè. Siffatti vincoli cordiali di famiglia
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

4.10 Page 40

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costituivano la miglior preparazione per il giorno, in cui egli
avrebbe dichiarato esplicitamente il suo proposito di formare
una Congregazione religiosa.
E quel giorno spuntò nel dicembre del 1859. Erasi celebrata
con grande solennità la festa dell'Immacolata. Alla sera Don
Bosco annunciò pubblicamente nella " buona notte " (chierici e
giovani facevano, si può dire, vita comune) che l'indomani, ve-
nerdì, dopo che studenti e artigiani fossero andati a dormire,
avrebbe tenuto una conferenza speciale nella sua camera. I suoi
confidenti, gl'iniziati cioè alle segrete cose, le speranze detla
nascitura Congregazione, capirono a volo che l'avviso era per
loro, e un'ansiosa aspettazione li pervase: presentivano esserci
nell'aria qualche importante novità.
I1 9 dicembre, venuta l'ora, si radunarono essi soli nella stan-
zetta del Santo. Egli, innalzate allo Spirito Santo e a Maria San-
tissima le preci di uso, ricapitolò le idee fondamentali che ave-
vano formato la materia delle conferenze da qualche tempo a
quella parte, chiarì bene il concetto di Congregazione religiosa,
ne illustrò i pregi, fece vedere il grande onore del consacrarsi
interamente a Dio, la maggior facilità di conseguire così la sal-
vezza eterna e il cumulo di meriti che il religioso acquista con
l'obbedienza. Indi prosegui press'a poco nei seguenti termini:
- Da molto tempo io meditava d'istituire una di queste Con-
gregazioni e tale è stato da parecchi anni Soggetto principale
delle mie cure. Ecco giunto oggi il momento di venire all'atto.
I1 Santo Padre Pio IX m'incoraggiò e lodò il mio proposito. Ve-
ramente questa Congregazione non nasce adesso, ma esisteva
già per quel complesso di Regole, che voi siete venuti osservando
così per tradizione, benchè esse non obbligassero e non obbli-
ghino ancora in coscienza, non essendo finora dichiarate obbli-
gatorie da chi ha l'autorità di farlo. Perciò possiamo dire che
voi appartenete già in spirito a questa Congregazione; alcuni
anzi vi appartengono più strettamente per via di promessa o
voto temporaneo. Si tratta dunque ora di procedere oltre, cioè
di costituire formalmente la Congregazione, di darvi il nome
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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Principio di organiaaozione
e di accettarne le Regole. Però sappiate che vi saranno ascritti
soltanto coloro che dopo matura riflessione vorranno emettere
a suo tempo i voti di povertà, castità e obbedienza. Voi che fre-
quentavate le nostre conferenze, siete stati scelti da me, perchè
vi giudicava atti a divenire un giorno membri effettivi della Pia
Società che prenderà o meglio conserverà il nome di Salesiana,
messa cioè sotto la protezione di S. Francesco di Sales. Siamo
dunque intesi: chi non avesse voglia di ascrivervisi, è pregato di
non intervenire più alle conferenze che io terrò in seguito: il non
comparirvi più sarà di per sè indizio che non s'intende di dare
la propria adesione. Vi lascio una settimana di tempo per pen-
sarci sopra. Pregate il Signore che v'illumini. - Infine, recitata
la preghiera di ringraziamento, l'assemblea si sciolse nel più pro-
fondo silenzio.
Si vide allora quanta ragione avesse avuto Don Bosco dì
andare avanti con la massima circospezione, lavorando gradata-
mente in vista dello scopo da raggiungere, ma senza mettere
prematuramente allo scoperto i suoi piani. Infatti, usciti dalla
camera e scesi nel cortile, alcuni borbottavano sotto voce: -
Don Bosco ci vuof fare tutti frati! - Perfino il chierico Cagliero
misurò a lungo in su e in giìi il portico, in preda a forte agita-
zione: no e sì gli teiizonavano nel capo. Finalmente, aprendosi
con un amico, esclamò con quella nervosa energia che non gli
venne mai meno in tutta la vita: - O frate o non frate, per me
è tutto lo stesso. Io non mi staccherò mai da Don Bosco. -
Scrisse quindi al Santo una letterina, dichiarandosi risoluto di
rimettersi pienamente ai consigli e alla decisione di lui. Non
andò guari che il Santo lo incontrò, io guardò sorridendo e gli
disse bonariamente: - Vieni, vieni; questa è la tua via!
Quella che si potrebbe chiamare la conferenza di adesione
alla Società, ebbe poi luogo la sera del 18. Due soli non si fe-
cero vedere. I1 risultato della seduta fu consacrato in un verbale
che conserviamo nei nostri archivi. È: un documento d'incante-
vole semplicità, che contiene il primo atto ufficiale della Società
Salesiana.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

5.2 Page 42

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Nel nome di Nostro Signore Gesù Cristo. Alvhen.
L'anno del Signore mille ottocento cinquantanove alli 18 di dicembre, in
questo Oratorio di S. Francesco di Sales nella camera del Sacerdote Bosco Gio-
vanni si radunavano: Esso, il Sacerdote Alasonatti Vittorio, i chierici Savio An-
gelo diacono, Rua Michele Suddiacono, Cagliero Giovanni, Francesia Giov. Bat-
tista, Provera Francesco, Ghivarello Carlo, Lazzero Giuseppe, Bonetti Giovanni,
Anfossi Giovanni, Marcellino Luigi, Cerruti Francesco, Durando Celestino, Pet-
tiva Secondo, Rovetto Antonio, Bongiovanni Cesare Giuseppe, il giovane Chia-
pale Luigi, tutti allo scopo e in uno spirito di promuovere e conservare lo spi-
rito di vera carità che richiedesi nelI'opera degli Oratorii per la gioventù abban-
donata e pericolante, la quale in questi calamitosi tempi viene in mille maniere
sedotta a danno della società e precipitata nell'empietà ed irreligione.
Piacque pertanto ai medesimi Congregati di erigersi in Società o Congrega-
zione, che avendo di mira la santificazione propria, si proponesse di promuovere
la gloria di Dio e la salute delle anime, specialmente delle più bisognose d'istru-
zione e di educazione: ed approvato di comune consenso il disegno proposto, fatta
breve preghiera ed invocato il lume dello Spirito Santo, procedevano alla elezione
dei Membri, che dovessero costituire la direzione della Società per questa e per
nuove Congregazioni (I), se a Dio piacerà favorirne l'incremento.
Pregarono pertanto unanimi Lui iniziatore e promotore a gradire la carica
di Superiore Maggiore, siccome del tutto a Lui conveniente, il quale avendola
accettata colla riserva della facoltà di nominarsi il Prefetto, poichè nessuno vi
si oppose, pronunziò che gli pareva non dovesse muovere dall'uffizio di prefetto
lo scrivente, il quale fin qui teneva tal carica nella casa.
Si pensò quindi tosto al modo di elezione per gli altri socii, che concorrono
alla Direzione: e si convenne di adottare la votazione a suffragi segreti, per più
breve via, a costituire il Consiglio, il quale doveva essere composto di u11 Diret-
tore Spirituale, dell'Economo e di tre Consiglieri in compagnia dei due prescritti
nffiziali.
Or fatto segretario a questo scopo lo scrivente, protesta d'aver fedelmente
adempito i'nffizio commessogli di comune fiducia, attribuendo il suffragio a cia-
scuno dei socii, secondochè veniva nominato in votazione: e quindi essergli ri-
sultato nella elezione del Direttore Spirituale all'unanimità la scelta del chie-
rico Suddiacono Rua Michele, che non se ne ricusava. I1 che ripetutosi per l'Eco-
nomo, riuscì e fu riconosciuto il diacono Angelo Savio, il quale promise altresì
di assumere il relativo impegno.
Restavano ancora da eleggere i tre consiglieri: pel primo dei quali, fattasi
al solito la votazione, venne il Chierico Cagliero Giovanni. I1 secondo consigliere
( I ) Per u nuove Congregazioni I> qui si deve intendere nuove coniunita fuori deii'ora-
torio. Infatti, quando si parlerà della casa di ILlirabello, vedremo che si dir$ di <i un nuovo
Capitolo o, mettendosi alla pari questo e quella deii'oratorio. La nomenclatura si preci-
sera con il concretarsi delle opere.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

5.3 Page 43

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Principio di organizzazione
sorti il Chierico Giovanni Bonetti. Pel terzo ed ultimo essendo riusciti eguali i
suffragi a favore dei Chierici Ghivarello Carlo e Provera Francesco, fattasi altra
votazione, la maggioranza risultò pel Chierico Ghivarello, e cosi fu definitivamente
costituito il corpo di amministrazione per la nostra Società.
Il quale fatto, come venne fin qui complessivamente esposto, fu letto in piena
Congrega di tutti i prelodati socii ed uffiziali pur ora nominati, i quali riconoscin-
tane la veracità. fermarono che se ne conservasse l'originale, a cui per I'aiiten-
ticiti si sottoscrive il Superiore maggiore e il redattore come segretario.
Sac. Bosco CIO\\..
Abbiamo qui in embrione quello che fu ed è il Capitolo Su-
periore. I non aderenti conservarono piena libertà di secondare
le proprie inclinazioni, nè cessarono di godere della carità di Don
Bosco. I n processo di tempo non tutti gi'iscritti perseverarono,
come ad esempio I'Anfossi, al quale Don Bosco aveva procac-
ciato i mezzi per laurearsi in lettere presso la Regia Università
di Torino; ma sopraggiunsero altri a prendere i loro posti ed essi
dopo aver lavorato chi più chi meno a lungo nell'oratorio por-
tarono con sè il ricordo dei benefici ricevuti da Don Bosco, ser-
bandogliene perenne riconoscenza.
I1 Provera che fu in ballottaggio con Ghivareiio, nativo di Mi-
rabello, dove faceva il negoziante con suo padre, a 22 anni abban-
donò famiglia e affari per desiderio di diventare sacerdote. Chiese
di entrare alla Piccola Casa del Cottolengo; ma non c'era più posto.
Nel ritorno, recandosi alla ferrovia, vide un prete che si divertiva
con dei ragazzi. Si fermò a osservare. I1 prete lo chiama a sè,
gli rivolge alcune domande e lo invita ad andare da lui. Quel
prete era Don Bosco. Provera pochi giorni dopo entrò all'oratorio,
fece un corso abbreviato, prese la veste e con la sua virtuosa
condotta si cattivò la stima generale, divenendo ottimo Salesiano.
Costituita la Società con il suo Consiglio o Capitolo, i membri
di questo esercitarono la prima volta il loro ufficio, radunandosi
per esaminare una domanda di ammissione. Dice il verbale:
L'anno del signore mille ottocento sessanta il z febbraio alle 9% pomeri-
diane in qnesto Oratorio di S. Francesco di Sales il Capitolo della Società dello
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo IV
stesso titolo, composto del Sacerdote Bosco Giovanni, del sacerdote Alasonatti
Prefetto, del suddiacono Rua Michele Direttore spirituale, del diacono Savio
Angelo Economo, del chierico Cagliero Giovanni primo consigliere, del chierico
Bonetti Giovanni secondo consigliere, del chierico Ghivarello Carlo terzo cousi-
gliere, si radunava nella camera del Rettore per l'accettazione del giovane Rossi
Giuseppe di Matteo da Mezzanabigli.
Quivi pertanto dopo breve preghiera, coll'invocazione allo Spirito Santo,
il Rettore diè principio alla votazione. Terminata questa e fattone lo spoglio,
risultò che il detto giovane fu accolto a pieni voti. Perciò venne ammesso alla
pratica delle Regole di detta Società.
I1 nome del coadiutore Giuseppe Rossi nelle Memorie Biogra-
fiche di S. Giovanni Bosco s'incontra non rare volte, perchè, co-
stituito Provveditore generale della Società per le cose mate-
riali, ebbe parte in molti affari e riceveva spesso incarichi di
fiducia. Per amore di Don Bosco avrebbe sacrificato tutto, an-
che la vita.
Nel maggio dello stesso anno vi furono due altre adunanze
capitolari per l'aggregazione di nuovi soci. I verbali registrano
nomi cari ai Salesiani e anche per questo si rileggono con pia-
cere. Nel primo è detto:
L'anno del Signore 1860, I maggio il Capitolo della Società di S. Francesco
di Sales si è radunato per fare l'accettazione dei giovani Capra Pietro figlio di
Francesco di Alfiano, Albera Paolo figlio di Gio. Battista da None, Garino Gio-
vanni figlio di Antonio da Busca, Momo Gabriele figlio di Giuseppe da Saluggia,
tutti proposti dal Rettore D. Bosco in altra seduta anteriore. Pertanto dopo la
solita preghiera ed invocazione dello Spirito Santo fecesi la votazione. Capra
Pietro ottenne i pieni voti, gli altri su sette voti ebbero ciascuno un sol voto ne-
gativo. Perciò tutti furono ammessi alla pratica delle Regole della Società.
Paolo Albera, il secondo successore di Don Bosco, faceva al-
lora la terza ginnasiale. Nella notte dal IO al 2 di quel maggio
Don Bosco in un drammatico sogno l'aveva visto dinanzi a mie-
titori strappare il loglio per bruciarlo, portare in mano una lu-
cerna splendente anche in pieno sole e trarre piacevoli melodie
da una chitarra. Don Bosco medesimo spiegò dicendo che strap-
pare il loglio significava ufficio di superiore che toglie i cattivi di
mezzo ai buoni; portare la lucerna, ufficio di sacerdote che pre-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Princifiio di organizzazione
cede gli altri sacerdoti col buon esempio; le piacevoli armonie,
ufficio di chi, posto in alto, guida e incoraggia al bene altri sa-
cerdoti.
I1 Capitolo si radunò nuovamente alla distanza di appena
due giorni. Bccone l'oggetto e il risultato.
L'anno del Signore 1860 li 3 maggio alle IO pomeridiane il Capitolo della
Società di S. Francesco di Sales radunossi per l'accettazione dei giovani, Ruffino
Domenico, Chierico, figlio di Michele, da Giaveno, Vaschetti Francesco, Chierico
figlio di Pietro, di Avigliana, Donato Edoardo fu Carlo da Saluggia.Fatta secondo
il solito la votazione, il Chierico Ruffino su sette voti ne ottenne sei, il Chierico
Vaschetti ne ottenne' cinque, il giovane Donato ebbe i pieni voti. Pertanto Eu-
rono tutti ammessi alla pratica delle Regole di detta Società.
Don Bosco, come si vede nel caso di Albera, vestiva chierici
e ammetteva nella Società anche semplici studenti di ginnasio;
è chiaro poi che allora non si parlava di noviziato vero e pro-
prio, ma solo di ainmissione << alla pratica delle Regole della So-
cietà >>.I voti negativi si spiegano appunto per la giovane età
degli aspiranti; Albera, per esempio, piccoletto ed esilino, doveva
sembrare ancora troppo immaturo. L'associazione, avendo ca-
rattere privato, non sottostava alle leggi canoniche dei religiosi.
Don Bosco, pieno di Dio e uomo non solo di azione, ma anche
di orazione, si dava la massima premura di trasfondere nei te-
neri germogli della Congregazione la linfa della vita 'soprannatu-
rale, crescendoli a sua immagine e somiglianza. Provenendo quasi
tutti da famiglie di mcdeste o umili condizioni ed essendo dotati
di buona indole, sentivano la forza della gratitudine per i bene-
fici che ricevevano dal loro amato padre e si abbandonavano vo-
lentieri nelle sue mani come il famoso fazzoletto.
La persuasione che Don Bosco fosse un personaggio straor-
dinario e che sarebbe passato alla storia, mosse due di quei primi
soci, Bonetti e Ruffino, a principiare una cronaca, nella quale
notarne diligentemente i detti e i fatti, di cui fossero testimoni.
Bonetti scrisse dal 1858 all'autunno del 1863 e Ruffino dal 1859
all'ottobre del 1864, finchè cioè i due cronisti non furono man-
dati alla direzione di collegi. Per intelligenza e coscienza degnis-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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simi entrambi di fede, sono due ottime fonti per la biografia del
nostro Santo e per la storia della Congregazione.
Intanto non era stata fatta ancora la comunicazione ufficiale
delle Regole nel testo scritto. Tale comunicazione si fece il 7
giugno 1860. Don Bosco, convocati i Soci in adunanza plenaria
e datane lettura, annunciò che in una prossima seduta avrebbero
tutti apposta la loro firma alla domanda da inviarsi all'esule Ar-
civescovo con un esemplare delle Regole per chiederne l'appro-
vazione. La cosa ebbe esecuzione il giorno 11. La lettera di ac-
compagnamento era di questo tenore.
Noi sottoscritti, unicamente mossi dal desiderio di assicurarci la nostra
eterna salute, ci siamo uniti a far vita comune a fine di poter con maggior
comodità attendere a quelle cose, che riguardano la gloria di Dio e la salute
delle anime.
Per conservare l'unità di spirito, di disciplina, e mettere in pratica mezzi
riconosciuti utili aUo scopo proposto, abbiamo formulato alcune regole a guisa
di Società Religiosa, che escludendo ogni massima relativa alla politica, tende
unicamente a santificare i suoi membri, specialmente coll'esercizio della carità
verso il prossimo. Noi abbiamo già provato a mettere in pratica queste regole
e le abbiamo trovate compatibili coUe nostre forze, e vantaggiose alle anime
nostre.
Ma noi sappiamo, che la mente dei privati va troppo soggetta ad illusioni
e spesso ad errare se non è guidata dali'autorità stabilita da Dio sopra la terra,
che è la santa Madre Chiesa. Egli è per questo motivo, che noi ricorriamo umil-
mente a V. E. Reverendisima, facendole umile preghiera di voler leggere l'unito
piano di Regolamento, cangiare, togliere, aggiungere, correggere quanto il Signore
le inspirerà per maggior sua gloria e compatibile colle nostre forze.
Noi riconosciamo in Lei, Ecceiienza.Reverendissima, il Pastore. che ci unisce
col supremo Gerarca della Chiesa di Gesù Cristo. Parli V. E. e nella voce di Lei
riconosceremo la volontà del Signore.
Mentre la supplichiamo di accogliere con bontà questa nostra dimanda,
prostrati le dimandiamo la Santa Sua Benedizione e La preghiamo di voler leggere
l'unito piano di regolamento, in fine a cui ci sottoscriviamo.
Seguivano dopo quella di Don Bosco venticinque firme con
l'indicazione della qualiti di ognuno. Vi erano due sacerdoti
(Don Alasonatti e Don Savio) e un Diacono (Don Rua); due
chierici del terzo anno di teologia, quattro del secondo e quattro
del primo; un chierico del secondo anno di filosofia e tre del
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Prina>h di organizzazione
primo; cinque chierici di seconda retorica e uno della prima
(5" e 4" ginnasiale); due coadiutori.
Ruffino scriveva nella cronaca dell'adunanza: <Facemmo tra
noi promessa solenne che se per mala ventura a cagion della tri-
stezza dei tempi non si pDtessero fare i voti, ognuno in qualun-
que luogo si troverà, fossero anche tutti i nostri compagni di-
spersi, non esistessero più che due soli, non ce ne fosse più che
un solo, costui si sforzerà di promuovere questa Pia Società e
di osservarne sempre, per quanto sarà possibile, le Regole D. Si
sente in queste righe l'eco dei pubblici rivolgimenti. Tutta 1'1-
talia era allora in fermento per le guerre dell'indipendenza e
dell'unità. Minacce di colore oscuro si profilavano sull'orizzonte
circa i rapporti fra la Chiesa e lo Stato. Proprio in quei giorni,
il 26 maggio e il IO giugno, per sospetti politici fomentati dalla
setta, prima Don Bosco e poi l'oratorio avevano dovuto subire
odiosissime perquisizioni condotte con i modi più polizieschi che
si possano immaginare. I Soci poi ricordavano certe frasi di Pio I X
in un suo Breve del 7 gennaio a Don Bosco; il Papa vi accen-
nava al <( grande scompiglio d'Italia )>, allo << sconvolgimento delle
cose pubbliche >> ed alla e fierissima procella suscitata da Satana 9.
C'erano dunque seri motivi di apprensione.
Monsignore non potè rispondere prima del 2 luglio. Aveva
letto le Costituzioni, ma diceva: < Penso anche di consultare qual-
che persona che meglio di me s'intenda di quanto riguarda la
vita di comunità P. Intanto i mesi passavano e non giungevano
altre notizie. Don Bosco i1 6 settembre in un'adunanza dei Soci
dichiarò che, se la Congregazione non fosse per ridondare a mag-
gior gloria di Dio, egli era contentissimo che il Signore facesse
sorgere tali difficoltà da impedirne l'approvazione.
Di esaminare le Regole era stato incaricato il signor Durando,
quel piete della Missione che cascò dalle nuvole, quando subo-
dorò che Don Bosco aveva in animo di fondare una Congrega-
zione. Nelle osservazioni che spedì all'Arcivescovo partiva da
criteri che sarebbero stati a proposito, se si fosse trattato di un
Ordine religioso dello stampo tradizionale, non di una Congrega-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo IV
zione nuova, fatta per i nuovi tempi; perciò il suo parere fu ne-
gativo su tutta la linea. L'Arcivescovo invece si mostrava assai
benevolo; infatti raccomandò al su& Vicario generale di far in
modo che si venisse ad una canonica approvazione. I 1 giudizio
del Cardinale Gaude avrebbe portato un elemento decisivo; ma
egli, poco dopo aver accusato ricevuta di una nuova copia delle
Regole (I), cessò di vivere il 14 dicembre senza che se ne fosse
potuto occupare. La perdita di sì fido consigliere e alto protet-
tore cagionò un impreveduto e imprevedibile ritardo netl'appro-
vazione della Società e delle Regole da parte della Santa Sede.
Che valore avevano gli atti surriferiti? Prima che fosse pro-
mulgato il Codice di diritto canonico, a costituire canonicamente
una Religione bastava l'approvazione anche solo orale degli Or-
dinari dei luoghi (2); ma in morte di Mons. Fransoni, avvenuta
il 26 marzo 1862, nulla ancora di questo erasi fatto. Non gliene
mancò il volere, ma il tempo, perchè morì prima che fossero ap-
pianate le difficoltà messe innanzi dal Signor Durando. In una
sua lettera del 23 ottobre 1861 a Don Bosco scriveva: <Sulla So-
cietà di S. Francesco di Sales, mi fu detto che, essendo occorse
osservazioni anche d'importanza, come per esempio da chi ab-
bia da dipendere la Società, le si erano rimesse le Regole perchè
le aggiustasse e le completasse. Parmi che dopo mi si diceva,
che avea fatto qualche concessione, ma che vi erano ancora molti
notabili difetti. Essendo cosa prudente, posso bene chiederne
conto [alla Curia], e lo farò quanto prima ».Così stando le cose,
effetto dell'atto costitutivo restò un'Associazione puramente pri-
vata e di fatto, e le cariche e le elezioni non ebbero se non va-
lore interno, proveniente dalla libera volontà dei singoli. Qui per
altro è da tener conto anche degli incoraggiamenti e consigli
dati a Bosco da Pio IX e opportunamente ricordati dal Santo
nella sua allocuzione.
Le innovazioni di Don Bosco nel regime de' suoi chierici
gli attiravano osservazioni dalla Curia arcivescovile e critiche da
( I ) Lettera del Cardinale a. Don Bosco, Roma 14ottobre i860.
(2) Cfr. Can. 492, $ I .
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Principio di orxanizzazione
ecclesiastici. In Curia sembrava incredibile che chierici, occupati
chi nell'insegnamento, chi nelle assistenze e negli Oratori festivi,
potessero attendere con la dovuta serietà alla loro filosofia e teo-
logia. Ma fortunatamente gli esami finali del 1860, dati in no-
vembre, furono la miglior risposta che si potesse desiderare. In-
fatti, presentatisi in numero di ventidue, ottennero, come risulta
dai registri, due egregie, sedici optime, tre /ere optime, uno solo
bene; e, cosa degna di nota, le votazioni migliori le riportarono
i chierici insegnanti regolari dei giovani.
Le critiche ebbero pure un'altra origine. La mente organizza-
trice di Don Bosco, poichè la sua doveva essere una Congregazione
insegnante, aveva affrontato per tempo la soluzione di un pro-
blema, che a nessuno ancora si era affacciato. Egli prevedeva
che la legge Casati sulla libertà d'insegnamento, promulgata il
13 novembre 1854, sarebbe rimasta lettera morta, sì grande era
l'accanimento con cui gli uomini del Governo osteggiavano i'in-
ffuenza della Chiesa nella scuola. Bisognava aspettarsi che in-
cagli d'ogni genere si sarebbero messi agli istituti privati, retti
specialmente da religiosi. Quindi, fra non molto, aut aut: o chiu-
dere le scuole cattoliche o avere maestri e professori titolati.
Per venire in possesso di titoli, non c'era altra via di mezzo che
far conseguire a chierici e preti patenti e lauree. Non pochi si lu-
singavano con la speranza che il nuovo ordine di cose non fosse
duraturo, ma che presto si sarebbe tornati all'alitico. Ai loro oc-
chi le cose d'Italia non avevano come consolidarsi. D3n Bosco
invece non si faceva illusioni. Persuaso che nessuna forza umana
avrebbe arrestato il corso degli avvenimenti e che lo spirito set-
tario avrebbe fatto di tutto per guadagnare terreno, stimò pru-
denza non lasciarsi cogliere alla sprovvista. Perciò dispose che
parecchi de' suoi si preparassero a dare gli esami di licenza nor-
male (corso magistrale superiore) per ottenere patenti elementari
e che altri, di maggiori attitudini, si ascrivessero alle Facoltà di
lettere, filosofia e matematica presso la Regia Università di To-
rino. I1 secondo provvedimento sollevò opposizioni. È: vero che
egli non aveva agito di suo capo, ma si era messo d'accordo con
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

5.10 Page 50

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Capo IV Principio di organizzaaione
il Vicario generale dell'archidiocesi; tuttavia ecclesiastici dotti e
pii ed anche Vescovi deploravano ch'ei si piegasse alle pretese
del laicismo governativo. Certo nelle aule universitarie spiravano
arie pestilenziali, come confessava il professore Tommaso Val-
lauri; ma professori coscienziosi non ne mancavano e poi Don
Bosco stava attento a premunire dal contagio i suoi studenti uni-
versitari. 11tempo gli diede ragione. Inaspritasi la lotta fra Chiesa
e Stato e moltiplicatesi le esigenze ministeriali sulle scuole pri-
vate, in che modo avrebbe egli potuto tenere aperti i collegi
senza professori legalmente riconosciuti? Superiori religiosi e Ve-
scovi finirono poi con imitarne l'esempio. Chi scriverà la storia
dqll'insegnamento privato in Italia non dovrà ignorare o disco-
noscere questa benemerenza del nostro Santo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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CAPO v
Inizi di espansione: a Giaveno e a Mirabello.
Se Don Bosco avesse aspettato a lanciarsi, fino a quando
fosse pronta una schiera di Soci armata di tutto punto e fosse
interamente sistemata la Società, avrebbe compiuto una mi-
nima parte del bene che fece prima della sua morte. Ma lo zelo
delle anime che gli aveva fatto triplicare in Torino l'opera degli
Oratori, allorchè non disponeva ancora di personale proprio, gli
accese in cuore una volontà grande di espansione non appena
potè contare sopra un gruppo d'individui docili a' suoi cenni.
Perciò, organizzata in nucleo la Congregazione, non indugi0 ad
allargarle il campo di attività fuori della città e della diocesi di
Torino.
Avanti però di seguirlo nelle prime mosse lungi dalla capi-
tale, soffermiamoci a osservare come dilatasse a Valdocco quello
che sarebbe stato un giorno il centro d'irradiazione della sua
opera mondiale. Per suo impulso l'oratorio s'incammind ben pre-
sto a diventare una Casa Madre adeguata ,al numero di filiali,
che nella sua mente presaga egli intuiva dover sorgere in ogni
parte del globo. La primitiva cappella angusta e povera come
la capanna di Betlem e la primitiva casupola non molto dissi-
mile dalla casetta di Nazareth, negli anni di cui si parla nel capo
antecedente avevano ceduto il posto a una chiesetta di discrete
proporzioni e ad un edificio capace di duecento alunni interni.
Accanto a queste due fabbriche contigue, divenute il cuore del-
l'oratorio, Don Bosco aggiungeva costruzioni a costruzioni, sic-
chè nel 1862 vi potè già accogliere cinquecento giovani fra' stu-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

6.2 Page 52

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Capo V
denti e artigiani. Intanto non si lasciava sfuggire occasione per
acquistare nelle adiacenze tutto il terreno possibile con l'evidente
disegno di assicurarsi una vasta area, sulla quale ampliare sempre
più i fabbricati si da albergarvi un migliaio di persone. Ond'è
che i 600 metri quadrati affittati nel 1846 dal Pinardi erano sa-
liti a 35 mila di sua proprietà nell'anno della sua morte. Grazie
a tale previdenza e provvidenza l'occupazione del suolo limi-
trofo che rapidamente si coperse poi di caseggiati, non contese
nè a lui nè a' suoi successori lo spazio necessario agli ulteriori
sviluppi, imposti dal giganteggiare delllOpera salesiana.
La fama dell'oratorio e del suo Direttore si diffondeva ogni
dì più nelle diocesi del Piemonte e ne avveniva che anche Mu-
nicipi di cospicui Comuni, volendo avere o riavere scuole secon-
darie di grado inferiore, ricorressero a Don Bosco, perchè man-
dasse insegnanti idonei. Non di tutte simili richieste ci riman-
gono i documenti; ma sappiamo che non furono poche. Ci son
note soltanto quelle di Cavour, di Dogliani e di Giaveno. Le
trattative con i Municipi dei due primi Comuni non approdarono;
quelle col Municipio di Giaveno arrivarono a un punto morto,
perchè urtarono contro i diritti della Curia arcivescovile, alla
quale si dovette cedere il campo nel condurre pratiche con Don
Bosco.
Esisteva a Giaveno un piccolo seminario già fiorente, ma da
parecchi anni in progressiva decadenza e ormai vicino a spopo-
larsi del tutto; quindi il Governo stava per mettere le mani sul
magnifico edificio e il Consiglio municipale anelava di ottenerne
l'uso per utilità scolastiche. Questa minaccia scosse l'autorità
ecclesiastica, già angustiata per lo scadimento di un istituto, che
in addietro era stato vivaio di vocazioni. I1 mal governo e la tri-
stezza dei tempi avevano congiurato alla sua rovina, nè scorge-
vasi barlume di speranza per un miglior avvenire. Allora il Ca-
nonico Vogliotti, Provicario generale e Rettore del seminario me-
tropolitano, ebbe l'ispirazione d'invocare l'intervento di Don
Bosco; anzi per muoverlo in suo favore agevolò generosamente
l'ordinazione sacerdotale di Don Rua e sollecitò dall'Arcivescbvo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

6.3 Page 53

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JnLzi di espansione: a Ciaveno e a Mirabello
una parola di approvazione e d'incitamento. L'Arcivescovo si
rimise totalmente al Vicario Generale, Canonico Fissore, che con-
divideva la fiducia del Provicario nella riputazione di Don Bo-
sco e neli'opera de' suoi figli per rialzare le sorti del disgraziato
istituto. Don Bosco dopo matura riflessione, essendoci di mezzo
un interesse supremo della diocesi, acconsenti.
Intanto l'affare urgeva, perchè al cluudersi di quell'anno sco-
lastico 1859-60 i Superiori avevano lasciato chiaramente inten-
dere che non vi sarebe stata riapertura; se si voleva scongiu-
rare la temuta catastrofe, bisognava prendere senza indugio seri
prowedimenti per il nuovo anno.
Don Bosco pose una sola condizione essenziale: piena libertà
di agire. Egli sapeva che una causa dello sfacelo era stata l'in-
gerenza di estranei nel regime interno. Una volta rassicurato su
questo punto, si mise all'opera. Anzitutto pensò al personale.
Un prete e tre chierici nel primo anno potevano bastare. Avrebbe
voluto mandare Don Aiasonatti; ma gli era troppo necessario
nell'oratorio. Fece dunque venire un tal Don Grassino, suo amico
e parroco a Cavallermaggiore; questi, essendo dimorato sei mesi
con lui, ne conosceva abbastanza il metodo educativo. Fra i
chierici si parlava della cosa come di un grande avvenimento e
sembrava loro di vedere l'orizzonte allargarsi dinanzi ai propri
occhi. Parecchi aspiravano a esservi mandati. Dei designati, uno
per nome Vaschetti, che s'intendeva di economia, avrebbe fatto
da Prefetto; gli altri due si sarebbero occupati delle assistenze.
Tre professori scelti fra gli antichi insegnanti avrebbero retto nel
primo anno le tre classi del ginnasio inferiore. Un sacerdote chia-
mato Don Rocchietti, aspirante alla Società, vi si sarebbe re-
cato tutte le settimane a confessare e a predicare, per i quali
due ministeri possedeva speciali attitudini. Bgli era stato il se-
condo sacerdote uscito dalle file degli alunni deli'oratorio (il
primo fu nel 1857 Don Felice Reviglio, parroco di Sant'Ago-
stino in Torino). Ordinato prete nel 1858 e sempre malaticcio,
sebbene amasse grandemente il suo benefattore, aveva dovuto
lasciare l'oratorio; ma nel 1860 vi fece ritorno col desiderio,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

6.4 Page 54

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capo v
poi insoddisfatto, di rimanervi. Don Bosco avrebbe tenuto l'alta
direzione.
I1 25 settembre mandò il Vaschetti a fare un sopraluogo. Che
desolazione! Non trovò che le nude muraglie. Allora, spedite le
suppellettili e gli utensili più indispensabili, incaricò dell'assesta-
mento un nobile signore torinese, il Cav. Federico Oreglia di
Santo Stefano, che, assai destro negli affari, viveva nell'oratorio.
Don Bosco l'aveva conosciuto a SantJIgnazio sopra Lanzo du-
rante un corso di esercizi spirituali per laici, affezionandoselo
talmente, che, quando risolse di consacrarsi al Signore, si ritirò
nell'oratorio per studiare la sua vocazione. Umile, paziente, ge-
neroso, decise di entrare nella Società come Coadiutore.
Mentre il Cavaliere attendeva a ordinare i locali, il Santo
compilò un programma, che, approvato dalla Curia, fece stam-
pare e spedire a tutti i parroci dell'archidiocesi. Neppur uno ri-
spose. Allora ricorse a un espediente. Le domande di ammissione
all'oratorio fioccavano in numero sovrabbondante. A tutte ri-
spondeva affermativamente; poi, quando i genitori gli conduce-
vano i figli, a quelli che potevano pagare la retta proponeva
Giaveno. Quasi tutti, sentendo che Don Bosco avrebbe diretto
quell'istituto, accettavano la proposta. Così i nuovi inquilini vi
venivano guidati a schiere di quindici o venti per volta. A mezzo
novembre arrivarono a 110. Poi, diffusasi la notizia che Don Bo-
sco si era assunta la cura di quel seminario, le domande afflui-
rono, sicchè, raggiunto il numero di 150, furono sospese le ac-
cettazioni.
I1 nostro Santo guardava con particolare attenzione a quel
primo esperimento del suo sistema pedagogico fuori di Torino.
Per meglio trapiantare colà te buone costumanze dell'oratorio
aveva avuto l'awertenza di mescolare agli altri alcuni dei mi-
gliori vissuti già qualche anno vicino a lui. Per essere poi messo
bene al corrente delle cose mandò sul finire di novembre il chie-
rico Cagliero a farvi una visita d'ufficio, e lo consolò assai la sua
relazione circa la disciplina, lo studio e la pietà. I1 viavai da
Valdocco a Giaveno per ragioni di ministero o per esami seme-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

6.5 Page 55

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Inizi di erponsione: a Giaveno e a Mirabello
strali e finali o per ricorrenze speciali o per semplici gite era così
frequente da produrre l'impressione che le due Case ne facessero
una soia. Don Bosco vi fu due volte, accoltovi come un padre.
Ogni volta fece fare l'esercizio della buona morte; onde predico,
parlò dopo le orazioni della sera e confessò, tutto come nell'O-
ratorio.
Le cose andavano troppo bene, perchè il diavolo non vi fic-
casse la coda. I1 Rettore, lusingato dalla prosperità dell'istituto,
cominciò a sentir gelosia dell'influenza esercitatavi da Don Bo-
sco e cedette alla tentazione di voler fare da sè; quindi, come
ebbe trovato a Torino chi era disposto a secondarlo, cessò di ri-
ferire a lui e si rivolgeva direttamente alla Curia, colorendo il
suo nuovo atteggiamento con un preteso zelo per l'interesse della
diocesi e per il prestigio dell'autorità diocesalla. Criticava anche
le idee di Don Bosco sull'educazione dei giovani a base di pietà
e di sacramenti, dicendo che erano contrarie all'indole dei tempi
e che attiravano sul piccolo seminario la taccia di gesuitismo.
Sobillava intanto i tre chierici, perchè abbandonassero la So-
cietà; ma siccome trovava resistenza e temeva che, ritirandosi
Don Bosco, sarebbe rimasto senza assistenti, si studiava d'in-
durre la Curia a ordinare che tutti i chierici appartenenti all'ar-
chidiocesi venissero via dall'oratorio. Era però un armeggio co-
perto, sicchè della malaugurata rivalità non apparivano indizi
all'esterno.
Don Bosco, informato da' suoi chierici, usava prudenza. Du-
rante le vacanze ne scrisse allo sconsigliato Rettore e alllArci-
vescovo. Al primo diceva (I): 6 Consideri ciò che era l'anno scorso
il Seminario di Giaveno e ciò che è adesso. Tutti quelli che noi
abbiamo inviato di qui si sono soltanto indotti ad andare colà,
quando loro si disse essere una cosa sola tra qui e Giaveno [...l.
Nemmeno pensi ch'io ambisca di mischiarmi nelle cose di Gia-
veno; no, che ho da fare qui a Torino in tutti i sensi; desidero
ardentemente che Ella si occupi, che continui l'avviamento si
( i ) Lettera, Tori~io,3 settembre 1861
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

6.6 Page 56

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Capo V
bene iniziato a Giaveno. Del resto Ella sa che da venti anni io
ho sempre lavorato e tuttora lavoro e spero di continuare la mia
vita lavorando per la nostra Diocesi; ed ho sempre riconosciuto
la voce di Dio in quella del Superiore ecclesiasticox. resule
Pastore, manifestata la sua disgustosa sensazione per le cose
scrittegli, proseguiva (I): u Le notizie che ne ebbi l'anno scorso
furono effettivamente consolantissime e l'aumento degli allievi,
ad un numero non mai superato, ne era la più convincente
prova. Quel nuovo Rettore mi si dipingeva come eccellente )>.Tut-
tavia le sue condizioni lo mettevano in una posizione delicata
verso chi portava la responsabilità diretta del governo dioce-
sano; onde continuava: « I o non oso chiederne direttamente [al
Provicario], perchè l'anno prima, quando non sembrava più pos-
sibile di sostenere il Seminario, ed io non sapeva che cosa pro-
porre, finii per rispondere, che si cavassero come potevano, men-
tre io abbandonava affatto la cosa al loro arbitrio. Mi occorre
ben sovente di trovarmi in simile penosa situazione, e dopo aver
indicato qual sarebbe la mia maniera di vedere, non m'informo
più di quello che si è fatto. Non potendo governare io, e dovendo
lasciar governare da altri, mi è forza comprimere il
mio
carattere >>.
Per il riapirsi delle scuole Don Bosco badava, come se nulla
ci fosse stato, a riempire di alunni il seminario, che salirono a 240,
senza che restasse più un angolo libero. Aggiunse pure due nuovi
chierici per l'assistenza. Nel programma aveva annunciato anche
il ginnasio superiore, di cui affidò la quarta al Vaschetti e la
quinta a un altro degli antichi insegnanti.
I seminari dipendono canonicamente dall'autorità diocesana,
e Don Bosco lo sapeva benissimo; ma l'autorità diocesana gli
aveva dato carta bianca ed egli continuò ad esercitare i suoi
pieni poteri. Continuarono pure le manovre occulte. Una sua vi-
sita nel gennaio del 1862 lo rallegrò molto per il crescente rifio-
rire del buono spirito. Purtroppo la morte dell'Arcivescovo, av-
( i ) 1,ettera. Lione, 2 3 ottobre i861
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Inizi di espansione: a Oiooeno e n Miraballo
venuta poco dopo, lo privò del suo maggior protettore, come
ebbe tosto a constatare dall'aumentarsi degl'imbarazzi. Pazientò
fino al termine dell'anno scolastico, chiusosi molto bene; ma dopo
notificò a chi di ragione che egli si ritirava. Era quello che si vo-
leva. Vi perdette però un chierico, il più valente, Vaschetti, vero
factotum della casa. I1 poverino non seppe resistere alle lusinghe
altrui. Nondimeno gli si mantenne sempre devotissimo non solo,
ma quando l'Arcivescovo Gastaldi nel 1875, per rimettere a galla
le sorti del seminario di nuovo miseramente precipitate, volle
conoscere come avesse fatto Don Bosco in soli due anni a rial-
zarlo così bene, fu Don Vaschetti, allora parroca di Volpiano,
colui che gliene fece un'esatta relazione, udita la quale, Monsi-
gnore approvò la condotta del Santo e impose che si ritornasse
ai metodi da lui usati.
Tutta organicamente sua fu la fondazione di Mirabello, con-
certata durante i due anni di Giaveno. Con essa Don Bosco mise
piede .fuori dell'archidiocesi torinese, appartenendo quel Comu-
nello alla diocesi di Casale Monferrato. L'invito parti dal par-
roco, desideroso di avere nella sua cura un convitto, che facili-
tasse alle famiglie di tutta la regione l'avviamento dei figliuoli
agli studi. Don Bosco promise di esaminare la proposta. I1 pa-
dre del chierico Provera offriva i1 terreno e una casetta. I1 Ve-
scovo Calabiana, che conosceva Don ~ b s c oda dieci anni e lo
stimava, diede la sua approvazione. Gli accordi furono conchiusi
in breve. Nell'autunno del 1862 si pose mano ai lavori. Sopperì
alle prime spese la famiglia Provera; poi vennero i generosi aiuti
della Contessa Callori, insigne benefattrice torinese di Don Bo-
sco; ma vi rimase ancora largo margine per la Provvidenza. La
mano d'opera procedette tanto alacremente, che la casa era già
allestita per l'anno scolastico 1863-64.
Parve avvenimento di somma importanza l'apertura del
primo collegio; almeno Don Bosco la considerò come tale. Per
questo nell'agosto del 1863 aveva voluto andare in pellegrinaggio
al celebre Santuario di Oropa sui monti biellesi con la precisa
intenzione di raccomandare alla Madonna il buon inizio dell'im-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

6.8 Page 58

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Capo V
presa. Dalla Vergine implorò anche lume per la felice scelta di
coloro che sarebbero da destinarvisi. Diede ivi l'ultimo tocco al
Regolamento, ricalcato su quello dell'Oratorio, ma con modifi-
cazioni richieste dalla natura dell'istituto; tale Regolamento do-
veva formare in seguito lo statuto fondamentale per tutti i col-
legi salesiani. Aveva pronto anche il programma, che poi fece
stampare e spedì a tutti i parroci del Casalese e luoghi cir-
convicini.
Ritornato da Oropa, scelse il personale, non senza ascoltare
prima il suo Capitolo. Risultò così composto: Don Rua Diret-
tore; suoi aiutanti i chierici Provera, Bonetti, Cerruti, Albera,
Dalmazzo, Cuffia, pii1 i giovani aspiranti Belmonte, Nasi e Ales-
sio. Ai tre ultimi però impose, prima che partissero, l'abito chie-
ricale.
Avvicinandosi il giorno della partenza, Don Bosco fece a
tutti insieme varie raccomandazioni su punti di gran rilievo.
Avessero particolarissima-cura delle vocazioni ecclesiastiche; fos-
sero ossequenti ed affezionati al Vescovo, prestandosi volentieri
a quanto venisse dal medesimo richiesto e adoperandosi a couci-
liargli il rispetto e l'obbedienza dei diocesani; mostrassero piena
deferenza all'autorità del parroco, invitandolo a funzioni e a
trattenimenti, e concedendogli cantori per la festa titolare e
preti per il sacro ministero. Si facessero un quaderno, intitolato
Esperiewza, dove registrare inconvenienti, disordini, sbagli man
mano che accadessero in scuole, camerate, passeggi, feste; nelle
relazioni tra giovaai e giovani, tra superiori e inferiori, tra i
superiori stessi; nei rapporti del collegio con i parenti dei gio-
vani, con gli estranei e, con le autorità scolastiche o civili o
ecclesiastiche. Notassero i motivi di cambiamenti in certe cir-
costanze e i nomi di persone da invitare a feste o teatrini. Leg:
gessero di quando in quando queste note, massime al ritor-
nare di talune occasioni. Fu quello davvero un ottimo viatico
ai partenti.
Don RU:I in ottobre precedette di alcuni giorni gli altri, la
cui partenz. segnò una data memorabile per chi andava e per
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

6.9 Page 59

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Inizi di espansione: a %eno e a Mirabello
chi restava. Dare l'addio all'oratorio e staccarsi dal fianco di
Don Bosco era come un doloroso allontanarsi dalla casa paterna.
<<Alloraarabello, scrisse Don Francesia (I), era per noi come
l'America adesso >>T.utti poi sentirono che cominciava un nuovo
e grande ordine di cose. 11 28 Don Bosco scriveva al Diret-
tore: <<Adogni momento noi parliamo di Mirabello e dei Mi-
rabellesi *.
A Don Rua aveva promesso d'inviargli per iscritto norme
speciali. Mantenne la parola, premettendo al foglio questo esor-
dio: << Poichè la Divina Prowideuza dispose di poter aprire una
casa, destinata a promuovere il bene della gioventù, in Mira-
bello, ho pensato tornare a maggior gloria di Dio i1 fidarne a te
la direzione. Ma siccome non posso trovarmi sempre al tuo fianco
per dirti, o meglio ripeterti quelle cose, che tu forse avrai già
veduto a praticarsi, così stimo farti cosa grata, scrivendoti qui
alcuni avvisi, che potranno servirti di norma nell'operare. Ti
parlo colla voce di tenero padre, che apre il cuore ad uno dei
più cari suoi figliuoli. Ricevili dunque scritti di tnia.mano, come
pegno dell'affetto che ti porto, e come atto esterno del mio vivo
desiderio, che tu guadagni molte anime al Signore u. Le norme
da lui tracciate riguardano il modo di comportarsi con se stesso,
coi maestri, con gli assistenti, con le persone di servizio, coi gio-
vani studenti e con gli esterni. In quelle brevi pagine alita uno
spirito assolutamente superiore, tutto pervaso dalla carità di Gesù
Cristo.
Tali istruzioni costituirono poi come un codice sacro, che
viene consegnato personalmente 'a ogni novello Direttore sale-
siano (2).
( i ) G. B. FRANCESIAD,. F ~ ~ CPr~oveCra.OCenni biografici. S. Benigno Can. 1895
Pag. 1 2 7 .
(2) Il Santo ritoccò in seguito queste norme. il cui testo definitivo è il seguente:
CONTE STESSO.
1 0 Niente ti turbi.
zo Evita le austerith nel cibo. Le tue mortificazioni siano nella diligenza a' tuoi do-
vei> e nel sopportare le molestie altrui. In ciascuna notte farai sette ore di riposo. @
stabilita un'ora di Latitudine in più o in meno per te e per gli altri, quando v'inter-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

6.10 Page 60

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capo v
Il collegio venne aperto con l'intero ginnasio e la seconda e
terza elementare. Gli alunni erano novanta; anche in mezzo a
verrà qualche ragionevole causa. Questo è utile per la sanità tua e per quella de' tuoi di-
pendenti.
30 Celebra la Santa Messa e recita il Breviario Pie. attente. ac devote. Ciò sia per te e per
i tuoi dipendenti.
40 Non mai omettere ogni mattina la medita~ionel,ungo il giorno una visita al SS. Sa.
- cramento. I1 rimanente come è disposto dalle Regole della Società.
re Studia di farti amare se vuoi farti temere. La carità e la Pazienza ti accom~aenino
costantemente nel comandare. nel correggere, e fa' in modo che ognuno da' tuoi fatti e dalle
tue arol le conosca che t u cerchi il bene delle anime. Tolieia qualunque cosa quando trat-
tasi d'imoedire il oeccato. TR tue sollecitudini siano dirette al bene spirituale. sanitario. scien-
tifico dei giovanetti dalla Divina Provvidenza a te affidati.
60 Nelle cose di maggior importanza fa' sempre breve elevazione di cuore a Dio prima
di deliberare. Quando t i è fatta qualche relazione, ascolta tutto, ma procura di rischiarare
bene i fatti e di ascoltare ambe le parti prima di giudicare. Non di rado certe cose a pri-
mo annunzio sembrano travi e non sono che paglie.
10 Procura che ai Maestri nulla manchi di quanto loro & necessario pel vitto e pel ve-
stito. Tien conto delle loro fatiche, ed essendo ammalati o semplicemente incomodati, manda
tasto un supplente nella loro classe.
20 Parla spesso con loro separatamente o simultaneamente; osserva se non hannu troppe
occupazioni; se loro mancano abiti, libri, se hanno
pena fisica o morale; oppure se
in loro classe abbiano allievi bisognosi di correzione o di speeial riguardo nella disciplina, nel
modo e nel grado dell'insegnamento. Conosciitto qualche bisogno, fa' quanto puoi per prov-
vedervi.
30 In conferenza apposita raccomanda che interroghino indistintamente tutti gli allievi
della classe; leggano per turno qualche lavoro di ognuno. Fuggano le amicizie particolari e
le parzialità, nè mai introducano allievi od altri in camera loro.
40 Dovendo dare incombenze od avvisi agli allievi, si servano di una sala o camera sta-
bilita a questo scopo.
50 Quando occorrono solennitA, novena o festa in onore di Maria SS., di qnalche Santo
nel paese, nel Collegio, o qualche Mistero di Nostra S. Religione, ne diano annunzio con brevi
parole, ma non si omettano mai.
60 Si vegli a5inchd i Maestri non mandino mai allievi via di scuola ed ove vi fossero asso-
lutamente costretti i1 faeuano accompagnare al Superiore. Neppure percuotano mai per
nessun motivo i negligenti o i delinquenti e si limitino a i consigli, avvisi, o al più alle corre-
zioni che permette e suggerisce la carità ben intesa.
10 Quanto si è detto dei Maestri si può in gran parte applicare agli Assistenti ed ai Capi
di Dormitorio.
20 Procura di distribuire le occupazioni in modo che tanto essi quanto i Maestri abbiano
tempo e comoditi di attendere ai loro studi.
30 Trattienti volentieri con essi per udire il loro parere intorno alla condotta dei gio-
vani ai medesimi affidati. La parte pih importante dei loro doveri sta nel trovarsi puntuali
al luogo ove si raccolgono i giovani pel riposo, scuola, lavoro, ricreazione, ecc.
40 Accorgendoti che taluno di essi contragga amicizia particokre con qualche al-
lievo. oppure che I'ufoiio affidatogli, o la moralità di lui sia in pericolo, con tutta pru-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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Inizi di espansione: a Giaunto e a Mivabello
questi Don Bosco mandò parecchi dei migliori dell'Oratorio, per-
chè vi facessero d a buon lievito. Fra scuole e assistenze quei gio-
denza lo cangerai d'impiego; che'se continua il pericolo, ne darsi tosto avviso al tuo su-
periore.
so Raduna qualche volta i Maestri. gli Assistenti, i Capi di Dormitorio e a tutti dirai
che si sforzino per impedire i cattivi discorsi, allontanare ogni libro, scritto, immagini, pit-
ture, hic scientia est, e qualsiasi cosa che metta in pericolo la regina delle virtù. la purità.
Diano buoni consigli, usino carita con tutti.
G0 Si faccia oggetto di comune sollecitudine per iscoprire allievi pericolosi, e scoperti
inculca che ti siano svelati.
COI COADIUTOREI COLLE PERSONE DI SERVIZIO.
t 0 Non abbiano famigliarità coi giovani, Fa' in modo che ogni mattina possano ascol-
tare la S. Messa ed accostarsi ai SS. Sacramenti secondo le regole della Congregazione. Le
persone di servizio si esortino alla Coniessione ogni quindici giorni od un8 voita-al mese.
zo Usa grande carità nel comandare, facendo conoscere colle parole e coi fatti che tu
desideri il bene delle anime loro; veglia specialmente che non contraggano famiglierità coi
giovani o con persone esterne.
joNon mai permettere che entr&o donne nei dormitorii od in cucina, nè trattino con
alcuno della casa se non per cose di carità o di assoluta necessità. Questo articolo è della
massima importanza.
4 O Narcendo dissensioni o contese tra le persone di servizio, tra gli assistenti. tra i gio-
vani allievi od altri, ascolta ognuno con bontà, ma per via ordinaria dirsi separatamente il
parer tuo in modo che uno non oda quanto si dice dell'altro.
Alle persone di servizio sia stabilito per capo un coadiutore di probità conosciuta.
che vegli sui loro lavori e sulla loro moralità, a5nchè non succedano furti n6 facciansi di-
scorsi; ma si adoperi costantemente per impedire che alcuno si assuma commissioni. affari
riguardanti i parenti, od altri esterni, chiunque siano.
COI GIOVANI ALLIEVI.
10 Non accetterai mai allievi che siano stati espulsi da altri Collegi, oppure ti consti al-
trimenti esser di mali costumi. Se malgrado la debita cautela, accadri di accettarne alcuno
di questo genere, fissaglisubito un compagno sicuro che lo assista e non lo perda mai di vista.
Qualora egli manchi in cose lubriche, si avvisi appena una volta, e se ricade. sia immediata-
mente inviato a casa sua.
zo Procura di farti conoscere dagli allievi e di conoscere esci passando con loro tutto
il tempo possibile, adoperandoti di dire all'orecchii qualche parola affettuosa, ehe tu ben
sai, di mano in mano che ne scorgerai il bisogno. Questo è il gran segreto che ti renderà pa-
drone del loro cuore.
3" Dimanderai: Quali sono queste parole ? Quelle stesse che un teinpo per lo più fu-
rono dette a te. P. E. Come stai? Bene. - E di anima? - Così, cosi. - Tu dovresti aiu-
tarmi in una grande impresa; mi aiuterai? - Si, ma in che cosa? - A farti buono. - Op-
- pure: A salvarti l'anima; oppure: A farti il più buono dei nostri giovsni. -Coi più dissipati:
- Quando woi cominciare? Che cose? - Ad essere la mia consolazione; - A tenere la
- - condotta di San Luigi. - A quelli che sono un po' restii ai Santi Sacramenti: - Con una
buona confessione. - Quando vuole. Al più presto possibile. - Altre volte: Quando
faremo un buon bucato? - Oppure: - Ti senti di aiutarmi a rompere le corna al demonio?
Vuoi che siamo due amici per gli affari dell'anima? Haec aul similia.
40 Nelle nostre Case il Direttore è il Confessore ordinario, perci6 fa' vedere che ascolti
volentieri ognuno in Confessione, ma da' loro ampia liberta di confessarsi da altri se lo desi-
derano. Fa' ben conoscere che nelle votazioni sulla condotta morale tu non ci prendi parte
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7.2 Page 62

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Capo V
vani chierici non avevano riposo: lo spirito di sacrificio suppliva
alla scarsità del numero. Fino al maggio del 1864 Don Rua fu
e studia. di allontanare sin l'ombra di sospetto che tu abbia a servirti. oppure anche ricor-
darti di guanto f u detto in Confessiofie.Neppure apparisca IL minimo segno di pardalith verso
chi si confessasse da uno a preferenza degli a ~ t d
5 0 il piccolo clero. la Compaguia di S. Luigi, del SS. Sacramento e dell'Immacolata
Concezione, sano raccomandate e promosse. D i m ~ t r abenevolenza e soddisfazione verso
coloro che vi sono ascritti, ma tu ne sarai soltanto promotore, non direttore; considera tal
cose come opere dei giovani, la cui direzione è affidata al catechista, osaia al Direttore Spi-
rituale.
60 I,e parti odiose e disciplinari siano per quanto è possibile affidate ad altri. Quando
riesci a scoprire qualche grave mancanza. fa' chiamare il colpevole o sospettato tale in tua
camera e nel modo aiti caritatevole procura di fargli dichiarare la colpa e il torto neli'averla
commessa; di poi correggilo e invitalo ad aggiustar le cose di sua coscienza. Con questo mezzo
e continuando all'allievo una benevola assistenza si ottennero de' muravi~liosieffetti e delle
emendazioni che sembravano impossibili,
COGW ESTERNI.
- 10 Prestiamo volentieri l'opera nostra pel servizio relimoso. per la predicadone, Der
celebrare Messe a comoditidel pubblico, e ascoltare le confessioni, tutte le volte che la carità
e i doveri del proprio stato lo penoettono, specialmente a favore della parrocchia nei cui li-
miti trovasi lanoitra casa. ~ a n o anssumetek mai imoiexhi o altro che importi assenza dallo
stabilimento o possa impedire gli uffizi a ciascuno affidati.
20 Per cortesia siano talvolta invitati Sacerdoti esterni per le predicazioni, od altro in
occasione di soleuniti o di trattenimenti musicali o di altro genere Lo stesso invito si faccia
alle autorità civili e a qualsiasi altra persona benevola o benemerita per favori usati o che
sia in grado di usarne.
3" La cariti e la cortesia siano le note caratteristiche di un Direttore verso gli interni
quanto verso gli esterni.
40 In caso di questiod di cose materiali accondiscendi in tutto quello che puoi, anche
con qualche danno purch* si tenga loqtano ogni appiglio di liti, o di altra questione che possa
far perdere la carità.
5 0 Se trattasi di cose spirituali, le questioni risolvansi sempre come poisono tornare
a maggior gloria di Dio. Impegni, puntigli, spirito di vendetta, amor proprio. ragioni, pre-
tensioni ed anche l'onore, tutto deve sacrificarsi per evitare il peccato.
60 Se per altro la cosa fosse di grave importanza è bene di chiimare tempo per pregare
e dimandare ronsiglio a qualche pia e prudente persona.
COK QUELLI DELLA SOCIETA.
i n L'esatta osservanza delle Regole, e specialmente dell'ubbidienza, sono la base di
tutto. Xa se vuoi che gli altri obbediscam a te, sii t u obbediente ai tuoi superiori. Niuso &
idoneo a comanaare, se non è capace di ubbidire.
20 Procura di ripartire le cose in modo che niuno sia troppo carico d'incombenze, ma
fa' che ciascuno ademoia fedelmente suelle che g-li sono affidate.
3" Niuno della Congregazione faccia contratti, riceva danaro, faccia mutui o imprestiti
ai parenti, agli amici o ad altri. alcuno conservi danaro od ammitiistrazionedi Cose tem-
porali senza esserne direttamente autorizzato dal Superiore. L'osservanza di questo articolo
terra lontano la peste pi&fatale alle Congiegazioni religiose.
4' Abborrisci come veleno le modificaaioni delle Regole. L'esatta osservanza di esse
è migliore di qualunque variazione. LI meglio è nemico del bene.
5" Lo studio, il tempo, l'esperienza mi hanno fatto toccare con mano che la gola. l'in-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7.3 Page 63

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Inizi di mponrimre: n G w w e o Miro6eIlo
il solo sacerdote; in quel mese gli si aggiunse il nuovo ordinato
Don Bonetti.
Ai soci di Mirabello restava da dare forma di comunità reli-
giosa, perchè Don Bosco aveva fatto la scelta del personale sol-
tanto in vista del collegio. Perciò, radunati a suo tempo i Soci
che si trovavano nell'oratorio, fece fare l'elezione del Capitolo di
quella casa.
Li 12 novembre 1863 i Confratelli della Società di S. Francesco di Sales si
radunavano per eleggere e stabilire nella nuova Casa di Mirabello un nuovo Ca-
pitolo. Perciò il Sig. D. Bosco Rettore e fondatore cominciò egli medesimo, come
è prescritto dalle Regole della Società, ad eleggere il Direttore, che è il Sig. D. Rua
Michele. Dopo stabilì Prefetto il Ch. Provera Francesco, a cui commise anche
I'uffizio di Economo. Illesse quindi Catechista il Ch. Bonetti Giovanni. Final-
mente ad unanimità di voti si elessero consiglieri Cerruti Francesco ed Albera
Paolo. Casi f u stabilito il nuovo Capitolo della Casa di Mirabello composto dal
Direttore, dal Prefetto che ha pure il titolo di Economo, dal Catechista e da due
consiglieri.
teresse, la vanagloria, furono la rovina di fioridissime Congregazioni e di rispettabili Or-
dini Religiosi. Gli anni t i faranno conoscere delle verità che forse ora t i sembreranno
incredibili.
60 Massima sollecitudine nel promuovere con le parole e co' fatti la vita comune.
NEL COMANDARE.
i o Non mai comandare cose che ziudichi su~eriorialle forze dei subalterni. o auando
prerrdi <linoti essere iibbidito Fa' in modo di evitare i comandi ripugnanti; anzi abbi massimo
cura di secondare le inclinazioni di ciasclino affidandodi preferenza q.ueg.li u6zi che a ciascuno
si conoscono di maggior gradimento.
,o Non comandare cose dannose alla sanita o che impediscano il necessario riposo o
vengano in urto con altre incombenze o con ordini di altro superiore.
30 Nel comandare si usino sempre modi e parole di canta e di mansuetudine. Le mi-
nacce, le ire, tanto meno le violenze, siano sempre lungi dalle tue parole e dalle tue azioni.
40 I n caso di dover comandare cose difficili o ripugnanti al subalterno si dica p. es.:
Potresti fare questa o quell'altra cosa? Oppure: H o cosa importante, che non vorrei addos-
sarti, perche difficile, ma non ho chi al pari di t e possa compierla. Avresti tempo, sanitb, non
ti impedisce altra occupazione? L'esperienza ha fatto conoscere che simili modi, usati a tempo.
hanno molta efficacia.
50 Si faccia economiain tutto, ma assolutamente in modo che agli ummalatinulla manchi.
Si faccia per altro a tutti notare che abbiamo fatto voto di poverti, perciò non dobbiamo
cercare, nemmeno desiderare agiatezze in cosa alcuna. Dobbiamo amare la povertà ed i com-
pagni della povertà Quindi evitare ogni spesa non assolutamente necessaria negli abiti. nei
libri, nel mobiglio, nei viaggi, ecc.
Questo è come testamento che indirizzo ai Direttori delle case particolari. Se questi avvisi
saranno messi in pratica. io muoio tranquillo. perchè sono sicuro che 1s nwtra Società sa18
ognor piU fiorente in faccia agli uomini e benedetta dal Signore e conseguirà il suo scopo. che
4 la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7.4 Page 64

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Di questo atto il ch. Ghivareìlo, fungendo da segretario,
mandò a Mirabello la comunicazione ufficiale. A un'altra cosa
bisognava prowedere. Due membri del Capitolo di Valdocco
avevano lasciato l'oratorio per il nuovo collegio; fu dunque ne-
cessario sostituirli.
Li 15 novembre 1863 nella Casa Madre di Torin6 si sono radunati i Confra-
teiii della Società di S. Francesco di Sales per I'elezione del Direttore spirituale
e del secondo Consigliere, perchè quei che prima sostenevano tale ufficio anda-
rono a comporre un nuovo Capitolo neiia Casa di Mirabello. I1 Sig. D. Bosco
Rettore, premessa la solita invocazione e preghiera d o Spirito Santo, dichiarò
Direttore spirituale il Sac. D. Ruffino Domenica, che perciò come tale fu da tutti
riconosciuto. I1 Consigtiere poi dovendosi eleggpre dal voto di tutti, fecesi la va-
tazione in cui la maggioranza fu in favore del Sac. Francesia Giovanni: onde
egli fu riconosciuto e costiti~itosecondo Consigliere.
Come si vede, alcuni Capitolari eran nominati dal Rettor
Maggiore e altri eletti dall'assemblea dei Soci. Le Regole non di-
cevano nulla al riguardo; ma così erasi stabilito nel costituire il
primo Capitolo (I). Qualcuno aveva ben proposto di rimettere
al fondatore anche la nomina dei tre Consiglieri; ma egli rispose
che non lo credeva conveniente.
11 Santo visitò Mirabello dopo la festa deli'Immacolata. Lo
accompagnava Don Cagliero, che era stato ordinato prete con
Don Francesia il 14 giugno 1862. Avrebbe voluto ritornarvi dopo
le feste natalizie; ma, non essendo potuto andare, l'ultimo giorno
deli'anno scrisse ai giovani per ringraziarli dei ((segni di figliale
affetto >> datigli neli'occasione della visita, per avvisarli di alcuni
inconvenienti allora notati e raccomandare fuga dell'ozio, comu-
nione frequente e divozione alla Madonna.
Mette conto riportare un tratto della cronaca di Don Ruf-
fino, che, già sacerdote anche lui, aveva avuto occasione di 0s-
servare da vicino la vita del collegio: <(DonRua a Mirabello si
diporta come Don Bosco a Torino. È: sempre attorniato dai gio-
vani, attratti daiia sua amabilità e anche perchè loro racconta
( I ) Cfr. sopra, pag. 32
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7.5 Page 65

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Inizi di espamione: a Giaveno e a Mirabello
sempre cose nuove. Sul principio dell'anno scolastico raccomandò
ai maestri che non fossero per allora troppo esigenti, che non pi-
gliassero a sgridare gli alunni per qualche loro negligenza o vi-
vacità, ma che tollerassero molto. Al dopo pranzo fa anch'egli
ricreazione sempre in mezzo ai giovani, giuocando o cantando
laudi. Nello studio comune tutti i maestri e gli assistenti hanno
il loro posto ad una tavola riservata per loro [...l. Ei nelle feste
predica due volte. Al mattino racconta la storia sacra e alla sera
spiega le virtù teologali. È: da notare che altorquando alla sera
parta ai giovani, si esprime in modo sempre faceto ed ilare >>.
Le cose dunque filavano a meraviglia, quando sorse un gra-
voso incidente. Per sottrarre il collegio alle esigenze legali dei ti-
toli d'insegnamento, Don Bosco aveva ottenuto da Mons. di Ca-
labiana che quello fosse da lui riconosciuto come piccolo semi-
nario, dipendente perciò dall'autorità diocesana; quindi non erasi
nemmeno chiesta al Regio Provveditore degli studi di Alessan-
dria l'autorizzazione voluta dalla legge per l'apertura di un col-
legio (I). Ilcco perchè questo s'intitolava "Piccolo Seminario di
San Carlo "; ecco pure perchè Don Bosco aveva fatto una spe-
ciale raccomandazione circa il coltivar ivi le vocazioni ecclesia-
stiche. E, sia detto fra parentesi, non fu quel titolo un mero
Izovnen silze re. Infatti si dovette alla Casa di Mirabello se il se-
minario vescovile di Casale, ridotto a una ventina di chierici,
potè in breve contarne più di cento. Orbene il Regio Provvedi-
tore, venuto a conoscere l'esistenza di un collegio a Mirabello,
scrisse immediatamente a chi lo dirigeva, domandando spiega-
zioni. Don Rua interrogò Don Bosco, il quale gli fece rispon-
dere che pregasse il Vescovo di scrivere egli stesso al Provvedi-
tore per dirgli che, se non si toccavano i piccoli seminari aperti
da lungo tempo, segno era non esserci legge in contrario; che se
il Provveditore non credesse lecito a un Vescovo di aprire un
piccolo seminario, lo dichiarasse, e in tal caso il Vescovo sarebbe
ricorso al Ministero, affinchè gli fosse concesso per favore quanto
(1) Legge r j novenrbre 1859.art. 246 e 247.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7.6 Page 66

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- Capo V Inizi di espansione: a G k e n o e a Mirabello
gli si negava in nome della legge. Ma il Proweditore non volle
sentir ragioni; onde Don Bosco scrisse a Don Rua: u Va bene che
tu vada col Conte Radicati dal Provveditore. I1 tenore del tuo
discorso sarà che ti rincresce del disturbo datogli, e lo ringrazi
della cortesia usata: che Monsignore conta il piccolo seminario
di Mirabello come una contilzuazione d i quello stato chiuso o me-
glio occufato fer uso militare in Casale. Che questo seminario di
Mirabello incontrava molte difficoltà; ma la beneficenza venne
in aiuto; Monsignore chiese a D. Bosco in Torino il personale,
che gli fu somministrato e provveduto gratuitamente, e gratui-
tamente si occupa tuttora. 11 resto te lo dirà il Signore >>.
Seguirono lunghe pratiche, i1 cui risultato fu che l'autorità
scolastica, ammettesse o no i motivi addotti, lasciò correre. An-
che nelllOratorio Don Bosco patì continue noie per la questione
dei titoli, finchè, dopo un periodo di concessioni strappate con
gli argani, riuscì ad avere in casa professori titolati. Guai se non
avesse pensato in tempo a procurarsene! Con l'estendersi della
Congregazione in Italia, quella dei titoli legali d'insegnamento
fu poi sempre una delle maggiori preoccupazioni.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7.7 Page 67

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CAPO VI
". C o m e si arrivò al '' decretum laudis
Nella cronaca di Don Ruffino ai primi di aprile del 1861 si
legge: <<DonBosco tagliò la testa a Costamagila e a quattro al-
tri *. L'espressione sonava spietata, ma la cosa espressa piaceva
a chi se la sentiva dire da Don Bosco. " Tagliare la testa " si-
gnificava far entrare nella Società; e quando il Santo diceva ad
alcuno di volergli tagliare la testa, era già sicuro che quegli vi si
sarebbe acconciato volentieri. L'entrare nella Società impor-
tava la rinuncia alla volontà propria. Trattavasi dunque di una
deca$t~zione spirituale, ossia di abbandonare la propria testa
nelle mani di Don Bosco. Fino al cominciare del 1864 si erano
lasciati così decapitare sessantuno individui, di cui nove già ave-
vano ricevuto il presbiterato.
Perchè tante volontà stessero unite in guisa da formare una
anima sola, ci volevano Regole non solo ben definite e già tra-
dotte in pratica, ma anche rivestite di un'autorità che le rendesse
obbligatorie in coscienza. La morte del Cardinale Gaude aveva
arrestato bruscamente le trattative iniziate a Roma nel 1858 per
raggiungere l'approvazione pontificia; la morte poi.di Mons. Fran-
soni troncò l'azione del buon Prelato per addivenire all'approva-
zione diocesana. I1 Vicario Capitolare Zappata, succeduto al de-
funto Arcivescovo nell'amministrazione della diocesi, menava le
cose in lungo. Don Bosco dopo aver pazientato alquanto spedì
un'altra volta le Regole a Roma nel 1863; ma perchè a Roma
si potesse dare corso alla pratica, occorrevano due cose prelimi-
nari: le commendatizie di alcuni Vescovi e l'approvazione del-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7.8 Page 68

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Capo V I
l'autorità diocesana. Senza quest'approvazione le commendatizie
vescovili non sarebbero state prese in considerazione. Perciò Don
Bosco nel settembre di quell'anno inviò al detto Vicario una
domanda, nella quale, esposto brevemente l'antefatto, così si
esprimeva:
Considerando che vi potrebbero nascere non lievi inconvenienti se la morte
mi sorprendesse prima che questa Societk fosse dal Superiore Ecclesiastico ap-
provata;
Ritenuto l'esperimento di queste Regole fatto nello spazio di una quindicina
d'anni, durante i quali si poterono introdurre quelle modificazioni, che dietro
prudenti consigli sembrarono opportune;
Considerato il vistoso numero dei soci in essa inscritti che tra Sacerdoti,
Chierici e Coadiutori giungono a sessanta;
Avuto eziandio riguardo aUa molta e svariata messe evangelica che si offre
in questa Capitale, tanto per parte di giovani ricoverati in questa che sommano a
settecento, quanto per parte delle scuole feriali e delle radunanze festive che
hanno luogo nell'oratorio di S. Francesco di Sales in Valdocco, del Santo Angelo
Custode in Vanchigiia, di S. Luigi a Porta Nuova, quindi maggior bisogno di
vincolo sicuro e regolare che unisca gli spiriti e si conservino invariabili quelle
pratiche le quali poterono conoscersi maggiormente fruttuose al bene delle anime;
Tenendo anche conto deii'occasione in cui mi trovo per una casa novella
che si sta preparando e che a Dio piacendo col beneplacito di Lei si aprirà nel
prossimo mese di ottobre in Mirabello presso Casa1 Monferrato;
Per tutti questi motivi, a nome di tutti i membri di questa Società, lo umile
preghiera onde siano al più presto appagati i nostri comuni desiderii, degnandosi
di approvarla con tutte quelle clausole, osservazioni e condizioni che a Lei seni-
brassero tornare a maggior gloria di Dio e vantaggio delle anime.
Ciò fatto, si diede attorno per ottenere il maggior numero
possibile di commendatizie da Vescovi piemontesi. A questo fine
durante un paio di mesi scrisse lettere, fece visite, presentò co-
pie delle Regole, sostenne discussioni, raccomandò ripetute volte
ai giovani di pregare <per affari importanti D, dice la cronaca,
e aspettò. Finalmente ecco una prima commendatizia dal Ve-
scovo di Cuneo con la data del 27 novembre. Monsignore rac-
comandava alla Santa Sede la nuova Società, allegando tre mo-
tivi: la stima che egli professava grandissima al pio Istituto,
l'intimo suo convincimento che questa istituzione dovesse diven-
tare uno dei mezzi precipui ordinati da Dio a rimedio del gua-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7.9 Page 69

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Come arrivò n1 " deeretum laudir "
sto spaventoso causato dalle sétte alla povera inesperta gioventù
e il vedere non piccoli vantaggi recati da essa alla sQa diocesi.
Alludeva certamente alle numerose vocazioni di suoi diocesani,
educati nell'oratorio. Di questa lettera Don Bosco informò il
Provicario Vogliotti, che 10 pregò di recargliela in Curia. I1 Santo,
impedito di andarvi in persona, gliela mandò con una sua let-
tera, in cui, rammaricandosi del negato consenso di tenere nell'O-
ratorio un chierico, diceva: Non posso a meno di dirle che sento
il peso di q~iestorifiuto. È: il solo chierico che io dimandassi,
mentre quasi tutti quelli che testè entrarono in Seminario parti-
vano da questa casa. Dovrò per necessità raccomandarmi ai Ve-
scovi di altre diocesi per avere assistenti nella casa, e fortuna-
tamente trovo molta accondiscendenza >>. Parlava di chierici
estradiocesani venuti nell'oratorio solo per compiervi i loro studi,
e di allieyi che, compiuto ivi il ginnasio, ottenevano dai rispet-
tivi Ordinari il permesso di ricevere da Dsn Bosco l'abito chieri-
cale; degli uni e degli altri ve n'erano sempre che finivano con
restare per farsi Salesiani.
Della commendatizia del Vescovo di Cuneo Don Bosco aveva
mandato l'originale, ritenendone però una copia. Ora, mentre
ne aspettava la restituzione, che è che non P, il Provicario a
una sua richiesta di restituzione rispose di non aver ricevuto
nulla. Gliene trasmise un'altra copia. Nel frattempo gli perve-
niva quella del Vescovo di Acqui, che, lette attentamente e con
somma soddisfazione le Regole, dichiarava di commendare alta-
mente lo spirito e lo scopo della Società e di riconoscerne l'uti-
lità grande per la Chiesa e per la società civile.
Ma nulla ancora dalla Curia, nonostante una promessa orale.
Ne riscrisse il 6 gennaio al Provicario, dicendogli: a I1 regnante
Pio I X avendomi egli stesso data la traccia ed il suggerimento
della Società, credo che il Regolamento troverà benevola acco-
glienza presso il medesimo. Qualora per altro travedesse qualche
difficoltà presso il prelodato Sig. Vicario Generale, La prego ri-
spettosamente a volermene dar cenno per norma; giacchè mi sta
assai a cuore che questo Regolamento o in un modo o in un
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

7.10 Page 70

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altro, cioè o da1l'Ordinario o dal Pontefice, ottenga qualche ap-
provazione >>.
Intanto l'afflusso di giovani alla Società continuava. Dal 18
novembre al1'11 febbraio ne furono in più volte ammessi ven-
tuno, fra cui i noti Giulio Barberis, Giuseppe Monateri, France-
sco Paglia e Domenico Vota. I1 crescere del numero non sarebbe
stato senza causare disagio, se fosse tardata troppo una rassicu-
rante sistemazione.
I1 19 gennaio si aggiunse la commendatizia del Vescovo di
Susa. Monsignore, fatti i più alti elogi di Don Bosco e descrit-
tane l'opera, diceva le Regole dettate da vero spirito di zelo e
faceva caldi voti perchè fossero rese stabili in perpetuo. Grandi
lodi del Fondatore e della Società si leggevano poco dopo anche
nelle commendatizie dei Vescovi di Mondovì e di Casale. Mon-
signore .di Calabiana terminava con questa esclamazione: *Oh
quanto ne sarà consolato il paterno animo dell'immortale Pio IX,
dal cui venerato oracolo si attende il fiat!*.
Don Bosco si sentiva ognor più addolorato per il silenzio del
Vicario Capitolare. Non dobbiamo però fame le meraviglie. Un
Vicario Capitolare che esercita il potere durante la vacanza della
sede, va a rilento nel prendere deliberazioni, che possano poi
imbarazzare il nuovo Ordinario. Inoltre l'affare sotto esame si
collegava con interessi che toccavano tutta la diocesi. si deve
tacere che non tutti i suoi consiglieri vedevano con favore la na-
scente Società. Don Bosco tornò alla carica il 26 gennaio. t Mi
raccomando pure, scriveva, per la nota commendatizia per la
povera nostra Società; perchè io temo molto che qualche nic-
chia del Campo Santo venga ad incagliare i miei progetti #. Di-
ceva così perchè la sua salute non era buona; infatti aveva espet-
torazioni sanguigne e stentava a digerire.
Gli recò sollievo una lettera da Roma di Don Emiliano Ma-
nacorda. Questi da chierico, sentendosi a disagio nel seminario
di Fossano, era venuto nel 1854 a consigliarsi col Santo sul da
fare. Carezzava l'idea di rimanere con lui; ma ne fu indotto a
terminare in patria gli studi teologici. Ordinato prete, tornò
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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Come si anierd al " &nePm loudk ''
verso il 1863 a passare sei mesi nell'oratorio, donde, accogliendo
il consiglio di Don Bosco, partì per Roma affine di avviarsi alla
carriera prelatizia. L'aver conosciuto da vicino il nostro Santo
gli valse a concepire di lui un'affettuosa venerazione e a ren-
derlo felice ogni volta che gli potesse prestare qualche servigio.
Gli scriveva dunque il 21 gennaio: u Esco dall'udienza del Santo
Padre, il quale mi trattenne a lungo con molti discorsi. Mi lasciò
di scrivere alia S. V., mandandole di cuore la sua santa benedi-
zione da me chiesta pel caro Don Bosco e per tutti i suoi figli
spirituali )>.
Quando ebbe nelle mani cinque commendatizie, Don Bosco
credette che potessero ormai bastare. Ma come spedirle a Roma
senza quella dell'autorità diocesana? Vedendo che questa non
veniva mai, Don Bosco il IO febbraio scrisse nuovamente con la
sua santa calma al Provicario: «Venerdì prossitno mattino avrei
un'occasione sicura per fare pervenire il mio piego alle mani del
S. Padre; non mi manca più altro che la implorata commenda-
tizia che V. S. Ill.ma e M. Rev.da mi aveva fatto sperare. Se
pertanto Ella me la può terminare, mi farebbe duplice favore e
per la cosa in sè e per Soccasione favorevole che mi si presenta.
Voglia perdonarmi il replicato disturbo >>.L'indomani finalmente
il Vicario Capitolare firmò quel benedetto documento e glielo
mandò. Era redatto benino. Dopo una succinta esposizione su
l'origine, lo scopo e l'incremento della Società, vi si conchiudeva:
{(Tantecure e fatiche adoperate da questo egregio Sacerdote ne1
rinfrancare i giovanetti buoni nel sentiero della virtù e ritrarre
gli altri dalla via dell'errore e del vizio, tanto zelo per la salute
spirituale ed anche temporale del prossimo e per educare al San-
tuario giovani di buone speranze, meritano certamente i distinti
encomii del Superiore Ecclesiastico. Questi novelli Sacerdoti poi e
coadiutori del lodato Sacerdote vivono sotto certi regolamenti e
con tale regolare condotta, che riescono di edificazione agli allievi
alle loro cure affidati >>.Chiedeva quindi u quelle grazie e favori >>
che potevano <<procurareincremento all'oratorio e Religiosa fa-
miglia e recare maggior bene alla città e diocesi di Torino >>.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8.2 Page 72

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capo VI
In giornata Don Bosco, radunato il Capitolo e ragguagliatolo
delle pratiche condotte e del loro esito, consegnò ad un inviato
speciale una copia delle Regole e le sei commendatizie, perchè
le portasse a Roma insieme con questa sua lettera al Papa:
Su?ztissirno Padre,
Coii'unico scopo e soltanto col desiderio di promuovere la gloria di Dio e il
bene delle anime, umile, mi prostro ai piedi di V. S. per domandare i'approva-
zione della Società di S. Francesco di Sales. È: questo un progetto da me molto
meditato e lungo tempo desiderato. L'anno 1858quando io aveva la feliceventura
di potermi presentare a V. S., all'intendere gli sforzi che faceva l'eresia e l'in-
credulità per insinuarsi nei popoli e sopratutto fra la povera ed inesperta gio-
ventù, accoglieva con segno di gradimento I'idea di una Società, che di quella
pericolante porzione del gregge di Gesìi Cristo si prendesse cura particolare. La
medesima S. V. degnavasi di tracciarmene le basi, che io ho fatto quanto ho po-
tuto per svolgere in questo piano di regolamento. Ma sebbene io abbia avuto
ferma volontà e siami secondo le deboli mie forze adoperato per mettere in opera
i consigli di V. S., tuttavia nella esecuzione del lavoro temo di essermi di troppo,
in cose anche essenziali, aliantanato da quanto erami proposto. Per questo mo-
tivo io domando piuttosto la correzione di queste progettate costituzioni an-
zichè I'approvazione.
Pertanto Vostra Santità, o chi Ella si degnerà deputare, corregga, aggiunga,
tolga quanto giudicherà tornare a maggior gloria di Dio. Io non farò osserva-
zione di sorta, anzi mentre mi offro d i dare qualunque spiegazione, che si rawisi
necessaria ed opportuna, mi professo fin d'ora obbligatissimo verso chiunque
mi aiuterà a perfezionare gli statuti di questa Società e ridurli quanta più pos-
sibile, stabili e conformi ai principi di Nostra Santa Cattolica Religione.
Gli statuti sono composti di 26 capitoli, divisi in brevi articoli di cui unisco
una copia. In foglio a parte si dà ragione di alcune cose più importanti.
I Vescovi di Acqui, di Cuneo, di Mondavi, d i Susa, di Casale e il Vicario Ca-
pitolare di questa nostra Archidiocesi ebbero la bontà di fare commendatizie
in favore della medesima Società. Essa attiialmente è composta di oltre settan-
tacinque socii, tutti deliberati d'impegnare vita e sostanze per la gloria di Dio
e per la salute delle anime.
Mentre noi tutti nella preghiera aspettiamo le decisioni del Supremo Ge-
rarca della Chiesa, di Vostra Santità, ci prostriamo supplicandola di volerci an-
ticipare il segnalato favore coii'impartire ad ognuno la Vostra Santa Apostolica
Benedizione, intanto che a nome di tutti ho il massimo degli onori di potermi
dichiarare ai piedi di V. S.
Torino, 12 febbraio 1864.
Umil.mo obbl.mo aff.mo figlio di S. Chiesa e di V. Santità
Sac. Bosco GIOVANNI.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8.3 Page 73

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Come si arrivò aL " deneium lm~dis"
I1 foglio a parte, menzionato nella lettera, conteneva alcune
osservazioni, che miravano a dissipare dubbi e a dare chiari-
menti sopra certi punti speciali.
Lo scopo di questa Società, se si considera ne' suoi membri, non è altro che
un invito a volersi unire in ispirito tra di loro per lavorare a maggior gloria di
Dio e per la salute delle anime, a ciò spinti dal detto di S. Agostino; Divinorum
divinissifnzcm est i n I u w m a?zimarunz operare'.
Se poi si considera in se stessa, ha per iscopo la continuazione di quanto
da circa 20 anni si fa neli'Oratorio di S. Francesco di Sales. Imperocchè si può
dire che qui non si fece quasi altro che ridurre la disciplina, praticata finora in
questo Oratorio, ad un'ordinata Costituzione, secondo il consiglio del Supremo
Gerarca della Chiesa.
In questo regolamento non si parla esplicitamente del Sommo Pontefice,
sebbene sia scopo principale di esso il sostenere e difenderne l'autorità con tutti
quei mezzi, che i tempi, i lnoghi, le persone permetteranno di poter prudente-
mente usare. Il motivo per cui si esprime meno esplicitamente si è che questa.casa
essendo già stata più volte perquisita daTAutorità civile, ad oggetto di trovarvi
relazioni compromettenti (si diceva) con Roma, quindi la Società correrebbe
rischio di essere posta a repentaglio, qualora questo regolamento, cadendo in
mano a taIuno, vi si trovassero espressioni non opportune.
In quanto al costitutivo delle regole, ho consultato e, per quanto conveùne,
ho eziandio seguito gli statuti delSOpera Cavanis di Venezia, le costituzioni dei
Rosminiani, gli statuti degli Oblati di Maria Vergine, tutte corporazioni o so-
cietà religiose approvate dalla S. Sede. I capitoli 50, 60, 70 che riguardano la ma-
teria dei voti, furono quasi interamente ricavati dalle costituzioni dei Reden-
toristi. La forniola poi dei voti fu estratta da quella dei Gesuiti.
Nel capitolo 80, articolo 20, si domanda che i chierici siano posti sotto la
giurisdizione del Superiore Generale della Società. -- 10 Perchè questa Società,
avendo unione di case di diocesi diverse, non potrebbe disporre de' suoi metiibri
secondo i varii bisogni, giacchè potrebbero essere daU'Ordinario liberamente
inviati altrove a piacimento.
z0 Ne' nostri Stati essendo gli ordini religiosi soppressi, quei pochi che sono
eccettuati non potendo più godere alcun privilegio nel richiamo delia leva militare,
devono ricorrere ai Vescovi che, secondo le leggi finora conservate, possono ri-
chiamarne alcuni, cioè ogni ventimila richiamare annualmente un chierico. Per
la qual cosa è di tutta necessità che i membri aspiranti allo Stato Ecclesiastico
si possano mandare da una casa ad un'altra secondo che il Vescovo Ordinario
della medesima può o non può richianiarli dal servizio militare.
3" H a w i ancora una terza ragione che riguarda al sacro ministero. I
membri di essa hanno per iscopo di esercitarlo verso la gioventù, che è un lavoro
delicato e difficile e che per lo più non s'impara che coli'esperienza e con lungo
studio, specialmente vivendo e trattando con coloro stessi di cui si vuole pren-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8.4 Page 74

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Capo V1
dere cura. Questa esperienza, questa unità di spirito si potrebbe difficiimente
acquistare e mantenere, senza che il Superiore generale abbia piena giurisdizione
sopra i membri della Società.
L'incartamento fu consegnato dal messo di Don Bosco al
Cardinale Antonelli, Segretario di Stato, con una lettera del
Santo, che pregava Sua Eminenza di presentare quei documenti
al Papa. Vi era pure unito uno scritto del Servo di Dio per la
Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari. Egli dava in quello
un ragguaglio sulla Società, passando in rassegna tutti gli atti
ufficiali e ufficiosi di Mons. Fransoni a favore della medesima, le
grazie accordate da Pio IX all'opera degli Oratori e tutto ciò che
il Papa aveva detto, consigliato e concesso nelle tre udienze del
1858. Questo documento ci servì di fonte nel riferire i colloqui
tenuti allora dal Pontefice con Don Bosco. Verso la fine diceva:
((10lascerei queste opere in non pochi fastidii, se la morte ve-
nisse a sorprendermi prima che questa Società fosse regolarmente
costituita, sia per l'amministrazione temporale e spirituale, sia
per la successione legale delle diverse case )>.Perciò faceva umile
preghiera, che alla pratica si desse quella sollecitudine che con
la moltitudine e gravità degli affari della Santa Sede fosse << com-
patibile e benevisa >>.
Il Segretario di Stato gli rispose molto amorevolmente il 19
febbraio. ((11 desiderio, diceva, manifestatomi da V. S. Ill.ma
col foglio in data 12 del corrente ebbe pronto effetto con de-
porsi nelle venerate mani del S. Padre il Regolamento da Lei in-
viato con corredo di alcune carte relativamente alla Congrega-
zione religiosa, di cui Egli ebbe già a lodare il progetto quando
la S. V. trovavasi qui a tenergliene discorso. La compiacenza
allora espressale dall'Augusto Pontefice sarà bastevole a farle
immaginare con quale interesse siensi or da Lui accolti i ras-
segnatigli documenti. Quanto a me non occorre dirle del pia-
cere e della premura nel compiere la raccomandatami onorevole
consegna, potendolo ben Ella argomentare dalla parte da me
presa sul principio, come Ella stessa ricorda nel menzionato fo-
glio, sul commendevole suo intento >>.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8.5 Page 75

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I1 Santo Padre trasmise ogni cosa al Cardinale Quaglia, Pre-
fetto della Congregazione dei Vescovi e Regolari, il quale su-
bitamente incaricò il Prosegretario della Congregazione di depu-
tare un Consultore a prendere in esame i documenti, e di rife-
rire poi in merito alla richiesta. I1 Consultore a ciò deputato fu
Fra Angelo Savini Carmelitano, che il 6 aprile formulò così il
suo voto o parere: ((Sembra alquanto prematura la domanda di
approvazione per una Società di fresca data, non per anco fornita
di un corpo completo di regolamenti, nè decorata di un decreto
di lode: I1 quale decreto potrebbe senza più accordarsi alla me-
desima in vista dello scopo santissimo, delle lodi che in due Brevi
il Regnante Sommo Pontefice impartì alle buone opere dei Soci
non che all'Istituto, 6 delle raccomandazioni dei Superiori Eccle-
., siastici di Torino, Casale, Mondovì, Susa, Cuneo, Acqui I1 me-
desimo faceva tredici osservazioni sopra diversi punti partico-
lari delle Regole, affinchè fossero comunicate al Fondatore. Lo
svolgimento dell'intera pratica richiedette altri quattro mesi, fin-
chè in luglio Don Bosco ebbe la gioia di sapere che l'esito era
consolante. Infatti un decreto della Sacra Congregazione dei Ve-
scovi e Regolari, emanato il 23 luglio, pervenne a lui per i1 tra-
mite delia Curia arcivescovile verso il cadere dell'agosto. Era il
decreto detto di lode, che riconosceva l'esistenza e approvava lo
spirito della nuova Società, differendo a tempo più opportuno
l'ap-p-rovazione delle Regole. Frattanto costituivasi Don Bosco
Superiore Generale a vita, mentre per i successori la durata in
ufficiosarebbe stata di dodici anni. Eccone la traduzione italiana:
Mosso a pietk deila condizione dei fanciulli più poveri, il sacerdote Giovanni
Bosco deiia Diocesi di Torino, fin dall'anno 1841,coll'ainto anche di altri Preti,
incominciò a raccoglierli insieme, insegnar loro i primi elementi deila Fede Cat-
tolica, e soccorrerli con aiuti temporali. Di qui ebbe origine la pia Società, che
prendendo nome da San Francesco di Sales, consta di Preti, Chierici e laici. I
soci fanno professione coi tre consueti voti semplici di Obbedienia, Povertà e
Castità: sono sotto la direzione del Superiore Generale, che viene chiamato Rettor
Maggiore, ed oltre la propria santilicazione, si propongono per fine principale
di attendere ai bisogni si temporali che spirituali dei giovanetti specialmente
più miserabili.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8.6 Page 76

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capo V I
Sino dal principio deUa pia Congregazione, con tale studio e diligenza cura-
rono quelle cose, le quali giudicarono poter giovare al loro scopo, che a tutti fir
noto il grandissimo vantaggio, che colle loro fatiche recarono alla Religione Cri-
stiana: e molti Vescovi li chiamarono nelle rispettive Diocesi, e li associarono
come solerti e laboriosi operai nel coltivare la vigna del Signore. Ma al prefato
sacerdote Giovanni Bosco, che è Fondatore e insieme Superiore Generale della
Pia Società, sembrò mancar molto a sè ed ai suoi Socii, se non s'aggiungesse aUa
medesima Società SApostolica Sanzione.
Raccomandato pertanto da parecchi Vescovi ha test6 domandato con umi-
lissime preghiere la predetta sanzione alla Santità di Nostro Signore Pio Papa IX,
e presentò le Costituzioni per l'approvazione. Sua Santità nell'udienza avuta
dal sottoscritto Mons. Prosegretario della Sacra Congregazione dei Vescovi e
Regolari in data del IO Luglio 1864, la mentovata Società, attese le lettere Com-
mendatizie dei predetti Vescovi, con amplissime parole lodò e commendò, come
col tenore del presente Decreto loda e commenda quale Congregazione di voti
semplici, sotto il governo del Superiore Generale, salva la giurisdizione degli Or-
dinarii, secondo il prescritto dei Canoni e delle Costitw~ioniApostoliche, diffe-
rita a tempo più opportuno l'approvazione delle Chstituzioni. Inoltre la Santità
Sua, attese le circostanze speciali, concedette, siccome col tenore di questo De-
creto concede, che l'attuale Superiore Generale, ovvero Rettor Maggiore, rimanga
per tutta la vita nella sua carica, quantunque sia stabilito che il Superiore Ge-
nerale della medesima Pia Società resti in carica soltanto per dodici anni.
Dato a Roma dalla Segreteria della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari
in questo giorno 23 Luglio 1864,
A. Card. QUAGLIAPrefetto.
STANISLASOVEGLIATPIro-Segretario.
La Sacra Congregazione mandò, annesse al decreto, tredici
osservazioni, che coincidevano in massima parte con quelle dei
Consultore. Don Bosco si affrettò a ringraziare il Cardinale Qua-
glia. Nella lettera gli diceva fra l'altro: << Io mi occuperò per dare
corso alle osservazioni fatte sulle Costitw~ionidi questa Società;
dopo mi raccomanderò nuovamente alla provata di Lei bontà
perchè si degni condurre al desiderato termine l'opera sì bene
incominciata sotto ai benevoli di Lei auspizii S. Ma il suo pen-
siero andava soprattutto al Papa, per il quale diceva a Sua Emi-
nenza: < U n novello favore La pregherei di aggiungere ai già
concessi, ed è di voler dire a nome mio e di tutti i membri della
Società una parola del più vivo, del più sentito atto di gratitu-
dine, che noi tutti nutriamo in cuore, alla sacra e sempre amata
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8.7 Page 77

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Come si arrivò al " demefutn loudis"
persona di Sua Santità. La assicuro che tutti i palpiti del nostro
cuore sono diretti ad amare un sì tenero padre che tanto ci
ama nel Signore v. Latore della lettera fu il già ricordato Don
Manacorda, che il Santo raccomandava con calorose espressioni
al Cardinale, alla cui dipendenza quegli stava, essendo impiegato
presso la Congregazione dei Vescovi e Regolari.
Giustamente venne giudicato questo un gran passo della
Società nella via della sua organizzazione; infatti era un suo ri-
conoscimento solenne e ufficiale da parte della Santa Sede e le
apriva il cammiiio ad ulteriora.
Le tredici osservazioni erano proposte, non imposte; quindi
potevano essere oggetto di qualche discussione. Doli Bosco vi
studiò sopra attentamente. Esigenze di tempi e luoghi e carat-
teristiche peculiari della nuova Società richiedevano maturo
esame per vedere se e fino a qual punto fossero da modificarsi
nel senso voluto le Regole. Don Bosco ne accolse nove senz'altro.
Le quattro rimanenti riguardavano quattro punti delle Regole,
dove cioè si asseriva nel Superiore Generale la facoltà di scio-
gliere i Soci dai voti, si coiisiderava come acquisito il privilegio
delle sacre ordinazioni previe le lettere dimissioriali rilasciate da1
medesimo Superiore, si prescindeva dall'obbligo di ricorrere alla
Santa Sede in materia di contratti e di alienazioni, e si riteneva
sufficiente la licenza dell'ordinario tanto per aprire nuove case
quanto per assumere la direzione di seminari diocesani. Ora la
Sacra Congregazione dichiarava i voti essere riservati alla Santa
Sede; non essere ammissibile che il Superiore Generale potesse
rilasciare dimissorie; doversi ricorrere alla Santa Sede per potei
fare alienazioni e contrarre debiti; per fondare nuove case e pren-
dere la direzione di seminari bisognarvi l'autorizzazione della
Santa Sede.
Don Bosco redasse un memoriale e attese il tempo opportuno
per mandarlo a Roma. In esso passava in rassegna le tredici os-
servazioni, indicando quali accettava senza più, e intorno alle
quattro accennate sottoponendo alcune sue riflessioni. Riguardo
ai voti, si limitava a domandare la facoltà di dispensare sola-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8.8 Page 78

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capo VI
mente dai triennali. Per ottenere la facoltà di rilasciare le dimis-
sorie adduceva otto argomenti; ma tale questione gli diede poi
filo da torcere per una ventina d'anni. Ricorrere alla Santa Sede
per contratti e per fondazioni sarebbe stato un richiamare peri-
colosamente l'attenzione del Governo sulla Società; poichè in
Piemonte, affinchè le disposizioni della Santa Sede intorno a
cose esterne andassero in vigore, ci voleva il regio placet (I). Ma
i succeduti mutamenti della legislazione italiana annullarono
quell'articolo, sicchè per questi due lati cadde la difficoltà ac-
campata da Don Bosco.
Debbo dire una parola sull'osservazione nona. Nelle Regole
sotto il titolo XVI " Esterni " si stabiliva quanto segue:
10 Qualunque persona anche vivendo nel secolo, nella propria casa, in seno
alla propria famiglia, pub appartenere alla nostra Società.
20 Egli non fa alcun voto: ma procurerà di mettere in pratica quella parte
del regolamento, che è compatibile colla sua età, stato e condizione, come sarebbe
fare o promuovere catechismi a favore dei poveri fanciulli,promuovere la diffusione
di buoni libri: dare opera perchè abbiano luogo tridui, novene, esercizi spirituali
od altre opere di carità, che siano specialmente dirette al bene spirituale della
gioventù o del basso popolo.
30 Per partecipare dei beni spirituali della Società bisogna che il socio
faccia almeno una promessa al Rettore d'impiegarsi in quelle cose che egli giu-
dicherà tornare a maggior gloria di Dio.
40 Tale promessa per altro non obbliga sotto pena di colpa nemmeno
veniale.
50 Ogni membro della Società che per qualche ragionevole motivo uscisse
dalla medesima P considerato come membro esterno e può tuttora partecipare
dei beni della intera Società, purch5 pratichi quella parte del regolamento pre-
scritta per gli esterni.
Don Bosco dice promiscuamente, come abbiamo veduto, Re-
gole e Regolamento; nell'ultima riga dell'articolo quinto allude
al prescritto nei quattro articoli precedenti. Orbene circa questo
titolo il Consultore aveva osservato: u Crederei ben fatto cancel-
( i ) Don Rua aveva avuto bisogno di dispensa dell'età per essere ordinato prete nel
r860; ma per goderne bisognò aspettare il p h e t regio. Allora perd le pratiche furono fatte
dalla Curia; anzi, come ho accennato, il Provicario sborsò alla regia cancelleria quasi per
intero la somma .assai vistosa dovuta in simili casi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8.9 Page 79

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Come si ani& al " denetum laudis "
lare tutti gli articoli di questo Numero XVI, come quelli che
presentano una novità nelle affigliazioni allJIstituto di persone
estranee, ed un vero pericolo, fatta ragione dei tempi che cor-
rono e dei luoghi poco sicuri >>.La Sacra Congregazione, facendo
sua l'osservazione, dichiarava: Approbandum non est, zdt Personae
extraneae Pio Instituto adscribantw per ita dictam afiliationem.
Ma qui occorreva un semplice chiarimento. Don Bosco nel suo
memoriale precisò trattarsi di un qzlid simile dei terziari di pa-
recchi sodalizi religiosi; pregava perciò che potesse quel capo
figurare almeno in appendice alle Costituzioni. Come si vede,
g- ià nel 1864 faceva più che capolino l'idea dei Cooperatori Sa-
lesiani.
Due fatti sopravvennero a rallegrare Don Bosco dopo le de-
scritte pratiche. Nel mese di ottobre il Papa, ricevendo Don Ma-
nacorda, parlò del Servo di Dio con accento di vivo affetto e
con termini di grande stima, inviandogli anche due oggetti per
una lotteria ideata a favore dell'erigenda chiesa di Maria Ausilia-
trice; del che Don Manacorda gli fece relazione (I). E pochi
giorni dopo ecco arrivargli un magnifico Breve pontificio in
risposta alla sua lettera del 25 agosto, indirizzata al Cardi-
nale Quaglia e da questo comunicata al Santo Padre. Tradotto
suona così:
Dalla tua ossequentissima lettera del 25 Agosto u. S., ed or ora pervenuta
nelle nostre mani, sappiamo esserti tornato molto gradito il decreto per nostro
ordine emanato daUa nostra Congregazione preposta agli affari ed alle consnita-
zioni dei Vescovi e Regolari, riguardante cotesta Società di S. Francesco di Sales,
istituita per educare i giovani nel tirnor di Dio e nella pietà. Dalla medesima
apprendiamo che tu ti dài premura di eseguire tutte quelle cose che furono no-
tate e stabilite nelle osservazioni dalla medesima Congregazione aggiunte.
Con gioia abbiamo saputo che la stessa Società con l'aiuto di Dio, va cre-
scendo ogni giorno, che ad essa accorrono molti giovani di ogni ordine e condi-
zione, e che il nostro diletto Figlio Emiliano Manacorda pone ogni studio per
esserle di vantaggio.
Certamente, se in altri era necessario, tanto più in questi difficilissimi tempi,
si debbono rivolgere le sollecitudini e gli studi a strappare dalle insidie di uomini
( i ) Lett. 8 ottobre 1864
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

8.10 Page 80

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- Capo VI Come si arrivd al " decretum laudis ''
perversi i giovani che noi vediamo circondati da tanti pericoli, e con impegno
istruirli intorno ai precetti della nostra divina Religione e formarli con tutta di-
ligenza alla pietà,, all'onesti e ad ogni genere di virtù. Perciò ti incoraggiamo a
continuare, confidando neli'aiuto di Dio, uu'opera così salutare, mettendo in
essa quotidianamente ogni cura, impegno e studio. Continua poi ad innalzare a
Dio ferventissime preghiere per il trionfo della sua santa Chiesa e per la conver-
sione di tutti gli erranti.
Infine qual pegno del nostro paterno affetto verso di te, con tutta l'effusione
del cuore impartiamo l'Apostolica Benedizione a Te, diletto Figlio, ed a tutti i
giovani appartenenti alla sullodata Congregazione di S. Francesco di Sales.
Dato a Roma presso S. Pietro, il 13 Ottobre 1864, del nostro PontzjEcato L'anno
decimonono.
P10 PP. IX.
Al Diletto Figlio Sacerdote Giovanni Bosco - 'Torino.
Questo documento era i1 miglior epilogo di questa prima fase
delle pratiche per l'approvazione della Società e delle Regole,
alla quale, come ho detto, apriva largamente la via.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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CAPO VI1
Fondazione del collegio di Lanzo.
Chi guarda oggi al collegio di Lanm Torinese, vede uno dei
tanti collegi salesiani, aperti alla gioventù per ogni dove; ma
chi abbia toccato la settantina, ricorda che quel collegio ebbe
un periodo di eccezionale iniportanza nella vita della Società. Fu
palestra di Soci, che là si allenarono a svariate e gloriose im-
prese: basti nominare un Guidazio, un Fagnano, un Costamagna,
un Lasagna, per dire solamente dei più noti. Fu sede dei due
primi Capitoli generali, doppio avvenimento di sommo rilievo nella
nostra storia. Fu per tempo notevole il paradiso dei Salesiani nei
loro esercizi spirituali. Fu amato da Don Bosco con amore di
predilezione ed ebbe la bella sorte di lenirgli per un mese e mezzo
i gravi incomodi che ne travagliarono il fisico affranto verso il
tramonto della sua esistenza. Vivo Don Bosco, diede preziose
vocazioni: in primis, Don Andrea Beltrami.
Un Servo di Dio, del quale è in corso la Causa di beatifica-
zione, il Vicario Federico Albert, fu lo strumento della Provvi-
denza in quest'opera. Ve lo moveva zelo pastorale: gli piangeva
il cuore a vedere la gioventù del paese, trascinata dalla mala
corrente, disertare ogni dì più la chiesa e aborrire i1 prete. Co-
noscendo Don Bosco e il suo sistema educativo fin daal 1847,
quando aveva predicato i primi esercizi spirituali nella povera
cappella Pinardi, pensò che un collegio retto col medesimo spirito
sarebbe facilmente diventato un centro di attrazione per la gio-
venth e una sorgente di vita giovanile cristiana. mancava
il luogo adatto. Da parecchio tempo eravisi chiuso un collegio,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9.2 Page 82

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Capo VI1
durato in fiore cinquant'anni e poi decaduto senza speranza di
rinascita. Aveva occupato un edificio, già convento dei Cappuc-
cini, soppresso nel 1802 da Napoleone e allora proprietà del
Municipio. I1 fabbricato sorgeva sopra un'altura saluberrima e
incantevole. Don Bosco, salito lassù nel 1851, alla vista del
magnifico panorama che gli si spiegava dinanzi allo sguardo,
non erasi potuto trattenere dall'esclamare: - Che bel posto
per un collegio! - Ed ecco nel 1864 giunto il momento di
aprirvelo.
I1 Vicario, strappatane l'adesione, intavolò trattative col Mu-
cipio. Le discussioni si trascinarono per parecchi mesi, finchè
venne formulata dalle due parti una convenzione, in forza della
quale Don Bosco si obbligava a fare le spese d'impianto, a prov-
vedere maestri patentati per le quattro classi elementari e inse-
gnanti idonei per le cinque ginnasiali, e il Municipio avrebbe
corrisposto la somma annua di lire tremila e procurato un mu-
tuo di dodicimila. A tutte le scuole sarebbero ammessi anche
alunni esterni del paese e di luoghi circonvicini. Non poteva
considerarsi certamente affare molto lucroso; ma Don Bosco cer-
cava anime, non danari.
L'atitorità scolastica, alla quale Don Bosco presentò con la
domanda di aprire il collegio i nomi e i diplomi degli insegnanti,
accordò l'autorizzazione. Nel primo anno vi sarebbe stato l'in-
tero corso elementare, ma del ginnasio solt~ntoquello inferiore.
I1 regolamento interno e il programma di ammissione riproduce-
vano quel di Mirabello.
I1 Santo nominò Direttore Don Rufiìno, che egli nel mese
di luglio condusse con sè a Saat'Ignazio, perchè vi si preparase
alla sua missione con un buon ritiro spirituale. Questi scese di
là tutto infervorato nè pensò più ad altro che a mettersi in punto.
Nella seconda metà di ottobre parti per la sua destinazione con
i compagni delle sue fatiche. Erano i chierici Francesco Provera,
Pietro Guidazio, Francesco Bodrato, Giuseppe Fagnano, Nicolao
Cibrario, Giacomo Costamagna, Antonio Sala. I1 Provera aveva
l'incarico della prefettura; gli altri si sarebbero diviso l'insegna-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9.3 Page 83

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h d a a i o n e del collegio di Lanao
mento e le assistenze. Alla casa Don Bosco assegnò per celeste
patrono S. Filippo Neri. Nulla meglio di una pagina del Sala,
futuro Economo generale, conservataci da Don Lemoyne (I),
varrebbe a darci un'idea dello spirito che animava i figli di Don
Bosco in quei primordi,
Siamo andati ad aprire quel collegio, una volta liceo imperiale, con un solo
prete, il Direttore Don Ruffino. Arrivati a Lanzo, credevamo di trovare molte
cose aggiustate e che a noi altra cura non incombesse che quella di ricevere i
giovani. Ma invece non trovammo altro, fuorchè un locale nudo, e, ciò che E peg-
gio, alcune muraglie più che per metà rovinate. Non sapevamo dove pranzare,
poiche non vi erano nè sedie nè tavola. Si presero perciò due cavalletti, sopra
questi si collocò una porta scassinata, e la tavola fu pronta. Non avevamo an-
cora un cuoco e il cameriere Givone fu destinato a preparare il rancio. Riso e
carne cotta nella stessa caldaia fu il nostro pasto in quei giorni. Le finestre non
avevano vetri, anzi alcune mancavano del telaio e nella prima notte ne furono
chiusi i vani con qualche asciugamano e coperta fissata con dei chiodi agli sti-
piti. Così potemmo metterci al riparo dalle intemperie del mese di ottobre. Ma
non vi erano letti; e come fare? I1 Vicario Albert ospitò quanti potè: e gli altri,
cercata della paglia, con quella si aggiustarono per qualche notte un giaciglio,
finchè arrivarono da Torino le lettiere dimenticate da colui che doveva fame
la spedizione. Intanto Don Ruffino e noi chierici eravamo sossopra a preparare
i locali, tutti col grembiale cinto ai fianchi. Chi scopava, chi toglieva la polvere,
chi poneva in ordine i banchi deiie scuole, chi aiutava in cucina. I1 Ch. Guidazio,
essendo stato prima di entrare in Congregazione un buon falegname, fece le in-
telaiature ad alcune finestre e aggiustò le porte. Vani di noi lavoravano netl'orto,
divenuto una boscaglia, tanto,erano cresciuti gli sterpi, gli spinai e le acacie, e
lo dissodammo in parte. Accresceva il lavoro il collocamento delle masserizie
spedite dall'Oratoiio. Stando già in collegio varii giovani, vi era. difftcoltà a de-
stinare qualcuno per l'assistenza e per l'insegnamento. Si aggiunga che la gioventù
del paese, incitata forse da qualcuno, ci era contraria, ci prendeva a sassate e
disturbava alla domenica le nostre funzioni religiose con urla e percuotendo la
porta esterna della chiesa. Anche alcuni convittori ci tenevano soprappensiero,
essendo il rifiuto di altri collegi.
i1 numero degli alunni interni arrivò nel primo anno scola-
stico 1864-65 a trentasette; ma gli esterni erano una turba, tutti
però delle classi elementari. In novembre Don Bosco andò a farvi
la sua prima visita. La presenza del Santo fu una grande bene-
dizione per la casa. Molto lo consolò il vedere la buona volontà,
( I ) Mem. Biogr., vol. VII, pgg. 807-8.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9.4 Page 84

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capo VZI
con la quale quei suoi cari chierici si sacrificavano, perchè tutto
procedesse bene. Vi tornò poi verso la metà di gennaio, riem-
piendo di contentezza i cuori; ma i suoi consigli sull'andamento
amministrativo, scolastico e disciplinare, le sue avvertenze sulle
relazioni con le autorità ecclesiastiche e civili, le sue parole pa-
terne ai singoli, i suoi santi esempi in ogni atto e detto infusero
buon volere, coraggio e zelo. Ritornato all'oratorio, nel dare la
" buona notte ", narrò a tutta la comtinità le accoglienze fattegli
dagli alunni di Lanzo, come ai secondi avesse parlato dei primi,
negli uni e negli altri studiandosi d'insinuare sentimenti di reci-
proca simpatia, quasi formassero tutti insieme un'unica famiglia,
di cui egli era il padre.
Occorreva ancora un titolo per il ginnasio. I1 ch. Fagnano,
presentatosi con altri compagni nel dicembre 1864 a esami stra-
ordinari di abilitazione all'insegnamento nel ginnasio inferiore,
non aveva potuto terminare l'ultima prova, ossia la lezione pra-
tica, perchè, entrato febbricitante neli'aula dell'università, era
stato dalla febbre impedito di continuare, onde la Commissione
gli aveva assegnato una votazione inferiore alla sufficienza. Don
Bosco, sebbene sapesse anche per esperienza quanto il Mini-
stero della Pubblica Istruzione guardasse di mal occhio i collegi
e le scuole private tenute da ecclesiastici, pure indirizzò al Mi-
nistro Natoli una supplica, pregandolo di far computare al can-
didato complessivamente i voti o di obbligarlo a ripetere sol:
tanto la lezione. La motivazione era così concepita: u I1 ricorrente
si fa animo a domandare questo favore: 10 Perchè gli esami
delle materie principali risultarono tutti favorevoli e solamente
nell'accessorio della lezione orale fu mancante. - z0 Fu man-
cante perchè sorpreso da febbre, come se ne accorsero gli stessi
esaminatori. - 30 Per coadiuvare ad un'opera di beneficenza,
cui il mentovato chierico appartiene. - 40 Pel merito del chie-
rico stesso che da molti anni impiega gratuitamente e con somma
attività le sue fatiche ad istruire ed educare altri poveri gio-
vani. - 5O Ma il motivo principale si è la fiducia che si ha nella
nota di Lei bontà, che suole sempre concedere quei favori che
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9.5 Page 85

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Fondazione dei collegio di Ianzo
tornano di pubblica utilità, purchè siano compatibili colle vi-
genti leggi ». Questo linguaggio fece breccia; infatti dopo breve
intervallo, il 27 aprile 1865, il diploma venne.
Nel mese di marzo due sciagure piombarono sulla casa. A
Don Provera, che aveva preso Messa da poco tempo, si acuì
una vecchia carie ossea in un uiede si da condannarlo a stare
sempre inchiodato sopra una sedia senza poter più fare un passo.
La debolezza generale dell'organisino sconsigliava l'amputazione.
Egli dunque si vedeva costretto a iiiazione quasi completa. Ben
peggio fu per il Direttore. Preso da violento inal di petto, cadde
in tale esaurimento di forze che bisognb trasportarlo al1'Orato-
rio, dove giunse più morto che vivo. Nessuna cura valse a scairi-
parlo dalla morte, avvenuta il 16 luglio. Don Lemoyne attesta ( I )
che Don Bosco nel 1884, parlando di lui, disse: B Che bell'anima
aveva Don Ruffino, il fratello del nostro Giacoiiio! Pareva un
angiolo in carne. I1 solo vederlo imparadisava; il suo volto era
assai più divoto di quello che suole dipingersi nelle immagini
di S. Luigi ».
Quasi tutto questo non bastasse ancora, nacque un incidente
col Municipio. Essendo cresciuto a dismisura il numero degli
esterni che frequentavano le scuole elementari, sicchè stavano
a disagio, il Sindaco voleva che Don Bosco per fare posto ad essi
restringesse i locali destinati agli interni. Ma come restringerli,
se erano già fin troppo stretti? E poichè spesseggiavano le do-
mande per l'anno prossimo, non c'erano che due mezzi: o am-
pliare fabbricando o rendere servibile l'edificio nella parte an-
cora inabitabile. Ma i1 Municipio non sembrava disposto nè a
fabbricare nè a concedere più del già dato. Allora Don Bosco,
forse anche per iscandagliare meglio il pensiero del Sindaco, gli
scrisse dicendo che, nell'impossibilità di rimediare, egli si ritraeva
dalla convenzione stipulata e lasciava libero il Municipio di prov-
vedere alla continuazione del collegio nel modo che sarebbe giu-
dicato migliore (2).
( i ) Mem. Biogv., vol. VITI, pag. i61
(2) Lett. 29 aprile 1863.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9.6 Page 86

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Capo VI1
Ma il Municipio evitò di spingere le cose all'estremo; inoltre
il Vicario Albert scongiurava Don Bosco di non insistere. Don
Bosco, recatosi a i,anzo sul finire di luglio e conferito con la
Giunta municipale, ritirò la sua decisione.
Intanto la salute del Prefetto non accennava punto a miglio-
rare; quindi Don Bosco lo richiamò e lo rimandò nel collegio di
Mirabello, sperando che Varia nativa gli apportasse qualche gio-
vamento, sì da poter tentare l'operazione. Nella lettera di ri-
chiamo, che è de11'8 agosto, gli diceva: G 10 Ultima bene i tuoi
conti e metti a giorno di ogni cosa Sala e Bodrato. - 20 Di' loro
che l'amministrazione del collegio è momentaneamente lasciata
nelle loro mani, si parlino molto spesso e vadano d'accordo per
promuovere la maggior gloria di Dio. - 30 I1 sig. -4w. Don
Arrò continuerà ad aver cura delle anime dei nostri giovani,
finchè si possa trovare qualcuno che possa surrogarlo. - 40 La-
scia il danaro necessario: se vedi poter avere qualche cosa d'a-
vamo, portalo giù e faremo provviste pel collegio u. Partito lui,
il collegio rimase nelle mani dei soli chierici. I1 già citato Sala,
che teneva il posto di primus inter parcs, scrisse nella memoria
suddetta (I): u Eravamo senza preti; pure si mantenne l'ordine
nel collegio fino al termine dell'anno. Don Arrò e qualche altro
sacerdote del paese venivano a celebrare la santa Messa, a con-
fessare e a predicare. Oh! mi ricordo ancora come lavoravamo
in quel tempo, perchè le cose procedessero bene. Non volevamo
mica che fosse mai detto il collegio andar male perchè eravamo
d a m e n t e noi chierici >>.
I1 primo anno scotastico terminò dunque così. Alla riapertura
delle scuole il numero dei convittori era notevolmente aumen-
tato e con ingegnosi adattamenti vi furono accomodati. I1 corpo
insegnante rafforzato si mise con ardore all'opera. I1 nuovo Di-
rettore, Don I,emoyne, del quale diremo presto, si guadagnò
il cuore di tutti in casa e fuori. Frequenti visite di Don Bosco
vi arrecavano piogge di grazia divina. I1 terzo anno cominciò
( i ) LEMOYNE. i%%. Biogr., vol. VIII, pag. '75.
76
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9.7 Page 87

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Fondazione del collegio di Lanzo
così bene che egli scrisse di là il 20 novembre 1866 a Don Bo-
netti: <Sono assai contento di questi giovanetti, ma ancora più
dell'unione dei Superiori, degli assistenti. Dicono, predicano e
praticano in modo da generare gelosia a quei di Torino e quasi
quasi perfino a quelli di Mirabello, dove sta raccolto il fiore del
nostro personale >>. Insomma l'avvenire del collegio Oj Lanzo po-
teva dirsi assicurato.
E l'avvenire rispose all'aspettazione. La parte edilizia si svi-
luppò in proporzione del numero sempre crescente degl: allievi,
sicchè oggi ha un'imponenza tale che dalla pittoresca rltura stt
cui siede, richiama l'attenzione di quanti si dirigonc verso la
grande vallata. Per ampiezza e comodità di locali, per serietà
di studi, per bontà di disciplina, per eccellenza di risultati si è
veramente conquistata una larga e invidiabile riputazione. I1
nome di Don Bosco, che in lettere cubitali si legge in alto sul
fianco dell'edificio fin dalla lontana stazione ferroviaria, dice ai
viandanti che lassù è uno dei più gloriosi monumenti del nostro
gran Santo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9.8 Page 88

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CAPO VI11
Il progredire dell'organamento interno.
Malattie e morti, assottigliando il numero dei più formati,
rendevano meno agevole l'organizzare religiosamente la So:
cietà; pure Don Bosco non si perdeva d'animo. I1 24 luglio 1865
scriveva alla Contessa Callori: 4 Contemporaneamente cinque sa-
cerdoti dei più importanti caddero ammalati. Don Ruffino, ieri
otto giorni, volava glorioso al paradiso; il prode Don Alasonatti
sta per tenergli dietro; gli altri tre lasciano speranza remota di
guarigione. In questi momenti s'immagini quante spese, quanti
disturbi, quante incombenze caddero sopra le spalle di Don Bo-
sco. Non si pensi per altro che io sia abbattuto: stanco, e non
altro. Il Signore diede, cangiò, tolse nel tempo che a lui piacque;
sia sempre benedetto il suo santo nome! Sono per altro conso-
lato dalla speranza che dopo il temporale ci sarà bel tempo >>.
A Don R u f i o aveva purtroppo tenuto dietro Don Alasonatti
tre mesi e mezzo dopo. Era ammalato da circa un anno per un'ul-
cera alla gola con aggiunta di artrite deformante. Tornata inu-
tile ogni cura, andò in settembre a Lanzo nella speranza che
queli'aria gli rendesse le forze; ma nella notte su11'8 ottobre soc-
combette al male. I,e sue ultime settimane furono un vero mar-
tirio, che egli sopportò con pazienza eroica e con perfetta rasse-
gnazione alia volontà di Dio. La serenità dello spirito non lo ab-
bandonò mai neppure in momenti di spasimo atroce. Edificò
fino agli estremi i confratelli con la sua fervorosa pietà. Don
Bosco cetebrò solennemente nella trigesima il funerale del primo
Prefetto della Congregazione e delllOratorio; il ch. Sala ne lesse
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9.9 Page 89

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Il progredire dell'organamento interno
l'elogio dinanzi a tutta la comunità e a un'eletta di persone, a
cui il Santo aveva mandato speciale partecipazione con lettera
stampata. Il defunto aveva bene meritato di Don Bosco e della
sua Opera.
Al ricominciare deli'anno scolastico 1865-66 si dovettero dun-
que colmare nel personale dirigente due vuoti, che poi diventa-
rono tre. Successore di Don Alasonatti nella doppia mansione
doveva essere necessariamente un uomo di polso, vale a dire in-
telligente, attivo e pronto a qualuilque sacrificio, tanto era cre-
sciuto e cresceva il da fare. L'Oratorio aveva settecento giovani;
fervevano i lavori per la costruzione della chiesa di Maria Ausi-
liatrise; il numero dei professi e degli aspiranti aumentava: tutte
cose che richiedevano cure vigilanti e assidue, per le quali Don
Bosco abbisognava di un alter ego, fidato a prova di bomba. Non
c'era che Don Rua. Egli possedeva una straordinaria capacità
di lavoro, mente superiore e grande padronanza di sè; lo domi-
nava poi una devozione illimitata verso Don Bosco, del quale per
nulla al mondo avrebbe mai, non che trasandato un ordine, messa
in non cale qualsiasi menoma intenzione. Il Santo lo mandò a
chiamare, mentre stava tutto intento a ordinare il collegio di
Mirabello per il nuovo anno scolastico. Ricevere l'awiso e par-
tire fu un attimo, come fu un punto solo giungere all'Oratorio
e sedersi al tavolo del suo predecessore. La direzione del collegio
di Mirabello passò nelle mani di Don Bonetti, giovane ancora,
ma pio, istruito e tutto fatto secondo il cuore di Don Bosco.
Due posti erano rimasti vacanti nel Capitolo Superiore per
la morte del Prefetto generale e per grave infermità del Direttore
spirituale Don Fusero. Perciò il 29 ottobre 1865 Don Bosco, ra-
dunati i Capitolari, nominò nuovo Prefetto Don Rua e nuovo
Direttore spirituale Don Francesia. Siccome poi per la nomina
di quest'ultimo veniva a mancare il terzo Consigliere, radunatisi
nello stesso giorno tutti i Soci, se ne fece l'elezione. La maggio-
ranza dei voti designò a quell'ufficio Don Durando.
Restava da cercare un Direttore per Lanzo. Trovavasi da un
anno nelllOratorio il giovane sacerdote Don Giovanni Battista
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

9.10 Page 90

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capo v171
Lemoyne, di nobile famiglia genovese. Obbedendo a una distinta
voce interiore, aveva deciso di venire con Don Bosco, per aiutarlo
in quel poco che potesse, diss'egli. - No, corresse Don Bosco,
ma unicamente per fare del bene all'anima sua. - Venne, visse
umile e, avendo dato ottima prova di sè, fu il Direttore ideale
per il collegio di Lanzo.
Egli fu il secondo che venne già sacerdote alla Società, e vi
rimase. Veramente ne arrivavano di adulti, preti e non preti, con
l'intenzione di stare con Don Bosco; ma Don Bosco li sottopo-
neva ad un probandato, che gli lasciasse discernere chiaramente
chi facesse per lui e chi no. Don Lemoyne, parlando non solo
di scienza, ma anche di esperienza propria, così ne riferisce (I):
a Con modi cordiali e cortesi, ma con finezza particolare, ad un
professore di filosofia affidava una scuola di prima elementare;
ad un oratore di merito la sorveglianza dei famigli; a un signore
distinto l'assistenza di un laboratorio; a questo, che pareva troppo
legato alla famiglia, dava l'incarico di un suo mandato nel pro-
prio paese; a quello destinava un posto meno onorevole alla
mensa dei superiori. Ma somatutto osservava come si adattas-
sero alla vita comune e agli incomodi che da questa sono cagio-
nati; e conoscendo che un'occupazione non andava a genio di
qualcuno, un bel giorno lo incaricava proprio di questa con un:
- Mi faccia il piacere di fare la tal cosa, gliene sarò grato! -
Ed anche i rimproveri e gli awisi gli porgevano il destro per
giudicare dell'amor proprio di ciascuno. Talora, specialmente col
simulare una sottrazione di benevolenza, in vari modi scrutava
i sentimenti del cuore e la fermezza nella vocazione >>.Quelli che
la duravano, erano rari come le mosche bianche. Invece si ras-
sodavano sempre più gli altri, che il medesimo Don Lemoyne
chiama con felice espressione 4 membri nati della Società, co-
loro cioè che si erano votati ad aiutare Don Bosco nella sua
missione prima che alcuna approvazione ecclesiastica fosse ve-
nuta a onorarla.
( I ) Mem. Biogr., vol. VIII, pag. 238.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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Dopo il decreto di lode i più dei quaranta che avevano fatto
i voti temporanei (tanti ne risultano dal registro dei professi),
non vedevano il momento di consacrarsi al Signore per tutta
la loro vita. A quell'atto Don Bosco li veniva preparando con
una serie di conferenze; quando poi credette sonata l'ora, ne
ammise, in tempi diversi, diciannove alla professione perpetua.
Stimo opportuno riportarne ancora una volta i relativi verbali.
11 10 novembre 1865 dopo radunatisi tutti i confratelli della Pia Società di
S. Francesco di Sales, il Sacerdote Lemoyne Giovanni Battista, compiendosi
tutte le cerimonie prescritte dal Regolamento, emise innanzi al Rettore Sac.
Bosco Giovanni i voti perpetui di castità, povertà ed obbedienza, avendo ai lati
i due testimonii Sac. Cagliero Giovanni e Sac. Ghivarello Carlo.
Li 15 novembre dopo essersi radunati tutti i confratelli della Società, pre-
messe le preghiere secondo il Regolamento, emisero i voti perpetui innanzi al
Rettore Sac. Bosco Giovanni; Rua Michele Sac., Cagliero Giovanni Sac., Fran-
cesia Giovanni Sac., Ghivarello Carlo Sac., Bonetti Giovanni Sac., Bonetti Enrico ch.,
Racca Pietro ch.,Gaia Giuseppe laico, Rossi Domenica laico. Finita la funzione,
il Rettore Sac. Bosco Giovanni, inculcando cib che gik aveva premesso, tenne
breve discorso, dicendo specialmente che nessuno facesse i voti per far piacere
al Superiore, o per fare i suoi studi, o per qualche interesse o fine umano, n&manco
per essere utile alla Societa, ma che ciascuno avesse per unico scopo la salvezza
deli'anima propria e di quella del prossimo.
Li 6 dicembre 1865 dopo di essersi radunati tutti i confratlli della Società
di S. Francesco di Sales, premessa l'invocazione allo Spirito Santo colle altre
preghiere prescritte dalla Regola, innanzi al Rettore Sac. Bosco Giovanni, es-
sendo testimoni il Sac. Rua Michele Prefetto e il Sac. Fraucesia Giovanni Diret-
tore spirituale, emisero i voti perpetui il Sac. Durando Celestino di Francesco
da Farigliano (Moudovl): Oreglia Federico Cav. S. Stefano, laico, di Bene Va-
gienna; Sarach Luigi Ch. da Ivrea, Mazzarello Giuseppe Ch. da Mornese, Berlo
Gioachino Ch. da Villar Almese.
I1 29 dicembre 1865 nell'oratorio fecero i voti perpetui anche
i chierici Francesco Bodrato e Antonio Sala; 1'11 gennaio 1866
in Mirabello, dinanzi a Don Rua, delegato da Don Bosco, il sa-
cerdote Francesco Provera e il ch. Francesco Cerrzlti. Fecero poi
i voti triemali nove nelllOratorio, quattro a Mirabello e uno a
Trofarelio. Di questi quattordici meritano particolare menzione
Don Angelo Savio e i tre chierici Giovanni Tamietti, Giulio Bar-
beris, Giuseppe Daghero.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10.2 Page 92

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E Don Bosco non fece voti? A questa domanda che gli parve
sentirsi rivolgere da coloro che per i primi avevano il 14 mag-
gio 1862 fatto i voti triennali, così aveva rispxto, secondo la
testimonianza .di Don Bonetti nella sua cronaca: ((Mentre voi
facevate a me questi voti, io li faceva pure a questo Crocifisso
per tutta la mia vita P.
Nel gennaio del 1866 la Società contava già un totale di no-
vanta soggetti, di cui dodici preti. Professi perpetui i diciannove
nominati sopra, temporanei ventinove, e gli altri ascritti. Era
giunto il tempo di dare una solennità maggiore ad una pratica,
che fino all'anno precedente non aveva avuto niente di straordi-
nario. In occasione deila festa di S. Francesco di Sales soleva Don
Bosco tenere una conferenza ai Soci. Nel 1865 tale adunanza
assunse una forma diversa dal consueto, perchè i due Direttori
di Mirabello e di Lanzo furono invitati a riferire suli'andamento
dei loro collegi. Nel 1866 Don Bosco era assente, ma radunò e
presiedette l'assemblea Don Rua, che per la prima volta si pre-
sentava ufficialmente ai confratelli quale vicario e portavoce del
Fondatore. Ebbe la parola anzitutto un Salesiano un po' singo-
lare, Don Domenico Pestarino, del quale dirò a suo luogo. Egli
nel nativo Mornese badava alla costruzione di un collegio, cam-
biatosi poi nella Casa Madre delle Figlie di Maria Ausiliatrice;
di quei lavori appunto diede particolareggiate notizie ai pre-
senti. Quindi si levò Don Bonetti a dire della sua casa di Mi-
rabello. Gli tenne dintro Don Lemoyne, che espose il fatto e il
da farsi nel collegio di Lanzo. Ultimo parlò Don Rua, siczlt $0-
testatem habens, ragidnando di una triplice unità, che doveva re-
gnare in ogni collegio: unità di direzione mediante la totale di-
pendenza dal Direttore, unità di spirito mediante la pratica della
carità fraterna, unità materiale mediante l'osservanza della vita
comune. Terminò esortando a esemplare delicatezza nel trattare
coi giovani. Questi periodici convegni, che crebbero poi d'impor-
tanza e d'interesse a niisura che la Società dilatava le sue tende,
contribuivano potentemente ad affratellare i Soci, ad accenderli
di amore verso la Società ed a fomentare lo spirito di solidarietà.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10.3 Page 93

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Il progredire dell'organamento intona
Due cose preoccupavano ogni anno più Don Bosco: i titoli
d'insegnamento e la leva militare dei chierici. Bisognava assi-
curare il funzionamento dei collegi presenti e futuri col molti-
plicare in tempo gl'insegnanti titolati. I1 1866, grazie alle sue so-
lerti industrie e nonostante difficoltà e opposizioni di vario ge-
nere, ne apportò un discreto numero. Tre chierici conseguirono
a Novara la patente elementare superiore e due il diploma di
professori nel ginnasio inferiore; uno di questi ultimi era Paolo
Albera. Don Durando ottenne il diploma di ginnasio superiore.
I1 curioso si fu che, indetto dal Ministero un esame straordinario
presso le Regie Università per provvedere a tante cattedre va-
canti nei ginnasi, i professori commissari, irritati per quel privilegio
accordato così $er breviorem senz'aver fatto i corsi accademici,
cercavano i1 pelo nell'uovo per escludere dagli esami quanti più
potevano dei candidati e per dichiarare non idonei gli altri. An-
che a Don Durando si voleva assolutamente negare l'abilitazione,
che non senza molto battagliare gli venne poi concessa: ma fu
l'unico a ottenerla in tutta l'Italia. Si presentò pure Don Rua,
diede brillantemente le prove scritte, ma non lo ammisero a
quelle orali per meri cavilli. Egli si ripresentò più tardi nel 1872,
conseguendo con lode l'abilitazione. Don Francesia, in vista de-
gli splendidi esami precedenti e dell'età sua, strappò la conces-
sione di presentarsi per la laurea in lettere dopo soli tre anni di
Università. Don Durando e Don Francesia godettero le simpatie
di parecchi professori universitari; li portava in palma di mano
specialmente il grande latinista Tommaso Vallauri. Nello stesso
anno si laureò in lettere il eh. Cerruti. Intanto sempre nuovi
chierici s'inscrivevano alle Facoltà di lettere e filosofia e di ma-
tematica. Naturalmente gli studi per la preparazione a detti
esami e per seguire i corsi universitari non dispensavano nes-
suno dalle quotidiane occupazioni scolastiche e disciplinari.
Altra fonte di brighe per Don Bosco era la questione del
servizio militare. Cessato il privilegio generale che esimeva i chie-
rici dagli obblighi di leva, ne restava ancora un briciolo: i Ve-
scovi potevano chiedere esenzioni in ragione di un chierico ogni
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10.4 Page 94

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capo VIII
ventimila diocesani. Orbene avveniva che qualche anno certi
Vescovi non avessero bisogno di chiederne quante avevano di-
ritto di ottenere, perchè o per lo stato di famiglia o per condi-
zioni fisiche individuali parecchi erano già legittimamente esenti
e gli altri non raggiungevano il numero legale. Don Bosco s'in-
gegnava di salvare i suoi ricorrendo a tali Vescovi e supplican-
doli di inscriverne qualcuno nelle loro liste aventi ancora del
margine: favore che non sempre facilmente gli riusciva di farsi
concedere.
Un'innovazione si rendeva ornai indispensabile neli'oratorio
riguardo ai chierici. Don Bosco ne manteneva anche di quelli
che non avevano intenzione di farsi Salesiani; poichè per favo-
rire le vocazioni ecclesiastiche apriva le sue porte a chierici po-
veri, che non sarebbero potuti entrare nei seminari diocesani.
Tanto questi che gli aspiranti o professi andavano a scuola nel
seminario di Torino. Ora Don Bosco deplorava che da qualche
tempo si verificasse fra gli uni e gli altri con dolorosa frequenza
l'abbandono dell'abito sacro. (Saranno i tempi, scriveva al Vi-
cario Generale (I), le circostanze politiche, le poche speranze di
agiatezza del sacerdote, saranno i libri, i giornali che con facilità
pervengono alle loro mani, ma il fatto sta che la deposizione
dell'abito clericale è assai frequente a. Col fine di rimediare a
tanto male fece umile istanza che almeno i chierici addetti al-
l'Oratorio potessero avere la scuola di filosofia e di teologia in
casa, promettendo che negli studi avrebbero seguito i programmi
del seminario e avrebbero dato gli esami con gli altri chierici
della diocesi, e che dopo un anno di prova, se non si avessero ri-
sultati favorevoli neiìb studio e nella pietà, sarebbero ritornati
alle scuole del seminario. 6 Con questi provvedimenti, seguitava,
io credo di poter allontanare questi chierici da molti pericoli,
specialmente dalla vista delle caricature e delle fotografie lubri-
che, dalle voci dei giornalai, dagli scherzi e dagli insulti delle vie
e delle piazze, di cui, specialmente i più piccoli di statura, furono
( 1 ) t e t t . 2 7 agosto .o866
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10.5 Page 95

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Il progredire dell'mganomento interno
più volte fatti segno nell'andata e nel ritorno dalla scuola P. Univa
alla lettera l'elenco delle materie e i nomi degli eventuali inse-
gnanti tutti Salesiani, tranne il Canonico Lorenzo Gastaldi.
La risposta del Vicario Generale fu negativa. Don Bosco re-
plicò al Provicario, non omettendo di notare (I): ti Se mi avesse
almeno fatto qualche osservazione, sarei in qualche modo appa-
gato; ma il rifiuto nudo e crudo mi ha non poco afflitto )>.Limitò
dunque la domanda ai filosofi, rimettendosi però docilmente alla
volontà dei Superiori. Questa volta gli si rispose favorevolmente,
sicchè i chierici studenti di filosofia ebbero la scuola neli'ora-
torio.
Tanto più a cuore egli si prendeva la formazione spirituale
de' suoi, nel che hanno grandissima efficacia gli esercizi spiri-
tuali. Fino al 1866 non vi furono ritiri spirituali esclusivamente
per i Soci, ma preti e chierici prendevano parte solo a quelli de-
gli alunni. Alcuni pochi il Santo conduceva con sè ogni anno a
Sant'Ignazio, secondo l'opportunità o il bisogno; gli ordinandi
poi facevano presso i Signori della Missione i ritiri prescritti dai
Canoni. Allora dunque dispose che i suoi avessero due corsi a
parte, uno nella prima e l'altro nell'ultima settimana di agosto.
Qui, come sempre, Don Bosco agì con estrema discretezza. Chie-
rici e preti avevano studiato, dato esami, assistito, fatto scuola
fino alla fine dell'anno scolastico. Le ferie estive non erano lun-
ghe e bisognava per di più sottrarne alcuni giorni. Qualche ripu-
gnanza appariva naturale. Non si dimentichi quante cautele fos-
sero necessarie per introdurre usanze conformi alla vita religiosa
in elementi che spesso a quei tempi vi sentivano istintiva avver-
sione. Eppure bisognava far passare la cosa in consuetudine. Or-
bene egli cominciò a contentarsi di soli tre giorni interi, più la
introduzione e la chiusura; poi annunciò che nelle ore libere si
sarebbe potuto, scrive Don Lemoyne (z), ((parlare, ridere, pas-
seggiare $; fece pure intendere che sarebbe migliorato notevol-
mente il vitto. Così ottenne che la proposta incontrasse il gra-
( i ) Lett. 6 settembre 1866.
(2) Mcm. Biogr., vol. VIII, pag. 443
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10.6 Page 96

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- Capo VIII Il progredire dell'mgonomento interno
dimento generale. Si capisce che in seguito prolungò a poco a
poco la durata, introdusse i tempi di silenzio, volle ricreazioni
moderate e accrebbe le pie pratiche.
Anche il luogo scelto allettava. Egli .era venuto in possesso
di un'amena villetta presso Trofarello, piccolo Comune non lon-
tano da Torino. Là indisse ambidue i corsi allora e per parecchi
anni da poi. Nel primo predicò le meditazioni il Can. Gastaldi e
le istruzioni egli stesso; nel seconda predicarono Don Bonetti e
nuovamente Don Bosco. Le prediche del Santo versarono sulla
vocazione, sui vantaggi materiali e spirituali della vita religiosa
e sui tre voti. Si vide in quel caso come sovente sia vero che
chi ben comincia P alla metà deli'opera.
Parlando a' suoi figli in esercizi e conferenze, Don Bosco non
lasciava mai di mettere in valore le benevole attestazioni di
Pio IX sul conto della Società. Una glien'era venuta in quel-
l'anno. Sul principio del 1866, avendo scritto al Papa per far
atto di devozione e rendere conto della Società e de' suoi svi-
luppi, ne ricevette in risposta non una semplice lettera con la
firma del Cardinale Segretario di Stato, ma un Breve Pontificio
con la data del 24 febbraio. Gli diceva it Santo Padre: <Di cuore
ci congratuliamo con te, con i pii sacerdoti tuoi compagni e colle
divote Associazioni di cui ci scrivi, ed a cui auguriamo sempre
maggior incremento. Del resto puoi conoscere di quanto affetto
noi amiamo te e le opere tue, dalla facilità con cui abbiamo
esaudito le tue preci ed arricchito dette Associazioni dei privi-
legi e indulgenze domandate $. Testimonianze così auguste, illu-
strate da lui in modo conveniente, colpivano più che mai in quei
primordi i Soci, affezionandoli a una istituzione tanto apprezzata
dal Vicario di Gesù Cristo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10.7 Page 97

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CAPO IX
La ehiesa di Maria Ausiliatrice.
L'erezione della chiesa di Maria SS. Ausiliatrice ha nella sto-
ria della Società Salesiaila un'importatlza eccezioilale. 1,a So-
cietà non godeva ancora di esistenza canonica; interiormente, era
tuttora in via di formazione sia quanto a numero di soci che
quanto alla loro organizzazione; esteriormente, lottava contro
formidabili forze avverse per conquistare, come si dice, il suo
posto al sole. A Don Bosco per la vitalità della sua Opera biso-
gnavano tre cose: un saldo punto d'appoggio, donde muovere
ognora con sicurezza; un focolare sacro, che fosse quasi ideale
ritrovo unificatore di tutta la sparsa famiglia; un monumento
che parlasse al moildo e apparisse agli occhi dell'universale come
consacrazione vivente e perenne del voluto sodalizio. Orbene San
Giovanni Bosco nella chiesa di Maria Ausiliatrice diede alllOra-
torio il suo centro di coesione, alla Congregazione il suo tempio
comune, a l mondo uil gran santuario.
Di questa chiesa Don Bosco parlò esplicitamente la prima
volta nel 1862; ma l'aveva sognata e risognata dal 1844 in poi.
Fece conoscere nel 1862 anche il titolo che intendeva di darle e
il perchè. La Madonna, disse, vuole che la onoriamo sotto il
titolo di Maria Ausiliatrice. I tempi corrono così tristi che ah-
biamo proprio bisogno che la Vergine Santissiina ci aiuti a con-
servare e difendere la fede cristiana )> (I). Due anni dopo Pio IX,
inviando una elargizione, manifestò il pensiero che quello sa-
( i ) tElroYxr:, j%lerr~. Biogr., vol. VII. pag. ~ j q
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10.8 Page 98

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rebbe stato un titolo certamente gradito all'Augusta Regina del
Cielo (I). Nel 1863 fu posta la pietra basilare, nel 1865 la pietra
angolare, nel 1866 l'ultimo mattone della cupola e nel 1868 se
ne celebrò la solenne consacrazione. La storia di questa chiesa
è un poema; qui per altro non diremo più del necessario, rimet-
tendo per il rimanente alle biografie del Santo.
Una chiesa di tali dimensioni veniva ad operare un'evolu-
zione nel luogo dove sorgeva. I giovani Salesiani che ne vede-
vano crescere i muri, non poterono a meno di pensare che l'Ora-
torio si avviava a diventare qualche cosa di più e di meglio che
un semplice ospizio per ragazzi poveretti. Un'atmosfera di gran-
dezza sentivano formarsi intorno a loro e già ne respiravano i
primi aliti. Don Bosco di tanto in tanto sollevava un lembo del
velo che ricopriva il futuro, ond'essi nutrivano un vago presenti-
mento di essere i pionieri chiamati ad aver parte negli inizi di
un'opera straordinaria. È: assai dubbio però che alcuno di essi
intuisse allora che cosa fosse una Casa Madre, destinata a es-
sere quasi capitale di un vasto regno. Lo sapeva bene Don Bo-
sco, che, vedendo e guardando lontano, dava alle cose vicine
proporzioni corrispondenti a un avvenire di non comune gran-
dezza.
Intanto a lui premeva di far sì che presto la chiesa di Ma-
ria Ausiliatrice divenisse veramente il cuore delllOratorio. Va-
gheggiava già con la mente svariate forme di attività che al-
l'ombra della sua cupola avrebbero preso svolgimento fra un
mondo di persone; pregustava la gioia che avrebbe provato ve-
dendo tutti riuniti sotto le sue volte fare un sol coro, cantando
le lodi del Signore e della Madonna, e dissetare le loro anime
alle fonti della grazia; si rappresentava la gara generale per ce-
lebrarvi con pompa le festività maggiori, spiegando ivi tutte le
magnificenze del culto. I1 concerto delle sue campane avrebbe
ricreato e sollevato gli spiriti come armonie scese dal cielo. Per
le sue porte sempre aperte sarebbero passati grandi e piccoli
( i ) l u i , prrg. 658.
88
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10.9 Page 99

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La chiesa di Maria Ausiliotrice
durante il giorno per andar a pregare dinanzi al tabernacolo di
Gesù Sacramentato e al quadro della Beata Vergine. Ivi i ma-
gnifici pontificali; ivi gl'imponenti uffici funebri; ivi le care fun-
zioni quotidiane fatte non solo con sacerdotale gravità, ma 'an-
che con divota partecipazione di folte schiere giovanili; ivi
l'abbondanza della divina parola; ivi in periodiche circostanze
gli intimi convegni serali per ascoltare ammonimenti salutari
dal, più che superiore, padre. Insomma, eretta clie fosse la bella
casa di Dio, egli scorgeva nel suo interno pietà, all'esterno fe-
stevole ammirazione, in ogni dove serenità di pensieri e gio-
condità di vita, e sul vertice la Madonna benedicente e dicente:
- Io sono quassù per vedere e ascoltare tutti i miei figli del-
l'oratorio.
A più di settant'anni dai bei giorni della storica dedicazione
noi oggi, abbracciando un sì fecondo passato, comprendiamo a
pieno quello che i primi testimoni non potevano se non vaga-
mente divinare intorno agli ideali che animavano Don Bosco
nel far sorgere la sua amata chiesa di Maria Ausiliatrice sul suolo
imporporato dal sangue dei Martiri tebei. Egli mirava ad accen-
dere qui un mistico focolare, a cui si sarebbero scaldate e sareb-
bero tornate a ritemprarsi generazioni di operai evangelici, man-
dati largamente a lavorare nella vigna del Signore. L'acuto Don
Cagliero n'ebbe qualche sentore, quando, udito come parlasse
Don Bosco del suo disegno d'innalzare questa chiesa, gli mani-
festò l'opinione che essa fosse da lui contemplata come la chiesa
madre della futura Congregazione e il centro dal quale sarebbero
emanate tutte le opere salesiane. Al che il Santo: - Hai indo-
vinato! - prontamente rispose.
Si, veramente, Don Bosco, mosso da spirito profetico e assi-
stito dal suo genio, ebbe coscienza di edificare una chiesa simile
al tempio di Gerusalemme, non certo in sontuosità, ma in forza
di attrazione. I1 tempio salomonico non serviva esclusivamente
alla comunità della capitale come luogo di preghiera e di culto,
ma spiritualmente unite ad esso si sentivano pure tutte le co-
munità giudaiche disseminate per il mondo, che vi pensavano
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

10.10 Page 100

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capo IX
con orgoglio, che contribuivano al suo decoro, che giuravano nel
suo nome, che si volgevano da quel lato orando, che anelavano
di pellegrinarvi almeno una volta nel corso della vita. I primi
Salesiani, cresciuti presso la chiesa di Maria Ausiliatrice, avvezzi
a gustare in essa mistiche gioie di paradiso e dalla medesima
partiti per recarsi alle loro mansioni o missioni, come mai avreb-
bero potuto non lasciarvi un pezzo di cuore? I luoghi dove ab-
biamo trascorso un periodo importante della nostra esistenza,
ci si riaffacciano alla mente con nostalgico desiderio e ci ten-
gvno avvinti aile istituzioni che con quei luoghi sono per avven-
tura immedesimate. Anche coloro che non videro tali luoghi, ma
che vivono di una istituzione ivi incentrata, condividono i sen-
timenti dei fratelli di l i venuti, sospirando di potersi un giorno
appressare anch'essi là dove arde il fuoco sacro di tutta la re-
ligiosa famiglia. Ecco quindi in siffatte correnti di simpatia ali-
mentarsi una potenza di unione, che tenacemente resiste agli
anni e alle lontananze. La realtà è che sui Salesiani di qualsiasi
nazione la chiesa di Maria Ausiliatrice esercitò sempre e conti-
nua ad esercitare un'attrattiva non dissimile da quella che ha
il focolare paterno sui figli vicini e lontani. Era quindi naturale
che i Salesiani, dovunque fossero, amassero suscitare presso di
sè opere recanti I'impronta della Casa Madre, tutta stretta intor-
no alla chiesa madre.
Ma Don Bosco nelle cose che intraprendeva portava ordina-
riamente la maggiore ampiezza di vedute possibile. Costruendo
la chiesa di Maria Ausiliatrice non mirò solo all'oratorio, non
si limitò alla Congregazione, ma allargò il suo sguardo a tutto
l'orbe, intendendo fare di essa chiesa un santtiario mariano, in cui
fosse la Madre di Dio universalmente glorificata. Per questo egli
rivolse i suoi appelli a tutto il mondo, e il mondo non fu. sordo
ai reiterati inviti. Se non che bisogna pur confessare che la Ver-
gine stessa non solo mostrò il suo gradimento, ma venne potente-
mente in aiuto, dispensando a larga mano grazie e favori e anche
prodigi a quanti concorressero a fabbricare, decorare e arredare
il sacro edificio. Don Bosco alla vigilia di dar cominciamento
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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La chiesa di Maria Auriliatrire
ai lavori, aveva detto al ch. Albera (I): - I o non ho un soldo,
non so dove prenderò il denaro, ma questo non importa. Se Dio
la vuole, la chiesa si farà. - E allorchè i lavori volgevano al
termine, scrisse (2):«Ogni giorno cose una più strepitosa deIllaI-
tra di Maria Ausiliatrice per la chiesa. Ci vorrebbero volumi ».
Ond'è che non può parere effetto di enfasi oratoria l'essersi pro-
clamato dal pergaino durante le feste della consacrazione: Aedi-
ficavit sibi domum Maria.
Maria edificò la sua casa e non l'abbandoilò dopo averla edi-
ficata. Ne è luminosa prova il non essersi essic. ca.ta mai più la
fonte delle sue grazie fatta scaturire nel santuario; il che spiega
1'e:itendersi della divozione a Maria Ausiliatrice '&I ogni angolo
della terra. La regale effigie dipinta nel grande quadro del' 1,o-
renzoni non ha cessato mai nè di essere riprodotta su tela o &o-
dellata in plastica per migliaia di altari, cappelle e chiese, nè d i
venir incisa su milioni di medaglie 0.statnpita a ini1:oni ai co-
pie su immagini da far correre per le mani dei. fedeli, riè di essere
tirata in tutte le dimensioni sulla pietra litografica per uso di
quadri domestici. Sono tutti ricliiaini del santuario torinese. Inol-
tre la festa del 24 maggio ebbe ed Iia sempre vastissima riso-
nanza lungi da Torino, come ebbe ed iia sempre infinite iinita-
zioni con fervido consenso popolare. Non parlo poi dei pellegri-
naggi, che edificano così frequentemente con le loro pie manife-
stazioni gli assidui frequentatori del santuario. Rispondeva quindi
a un bisogno l'istituire ivi queli'Associazione dei divoti di Maria
Ausiliatrice, che, ramificandosi per ogni dove (3), tenesse unite
al centro le legioni dei fedeli desiderosi di partecipare più ab-
bondantemente alla copia dei benefici spirituali, di cui qui è la
perenne sorgente. E poichè nessuno ignorava a chi fosse dovuta
( i ) LE~IOYNEM.ailem. Biogr.. vol. VII, pag. 3 3 4 .
(21 Lettera al Cav. Oreglia a Roma, i i febbraio 1868.
( 3 ) Con Decreto aprile 1870 I'Associarzione f u eretta iii Arciconfraternita con facoltà
di aggregare a se altre Coiifraternite dello stesso nome iiell'Archidiocesi di Torino; poi un
Breve del 2 marzo 1877 estese quella facoltà a tutte le diocesi del Piemonte in perpetuo. I1
2 5 giugno 1889. facoltà di aggregare le Associazioni canonicaineiite erette nelle chiese sale-
siane pubbliche e private; id#m rg gennaio (894 per le chiese non salesiane; i d e n zj febbraio
i896 per le chiese delle Figlie di hI. A.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11.2 Page 102

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una così larga divulgazione del culto di Maria Ausiliatrice, ecco
che il popolo, intuitivo e semplificatore, ha chiamato Maria Au-
siliatrice la Madonna di Don Bosco.
Chiesa veramente miracolosa questa di Maiia Ausiliatrice: mi-
racolosa, per essere stata mostrata molto tempo prima al Santo
nel suo luogo e nella sua forma; miracolosa nell'erezione, percliè
a Don Bosco, povero e padre di poveri, solo mezzi provviden-
ziali permisero di innalzarla; miracolosa per il fiume di grazie
chenon ha cessato mai di scaturire da lei come da fonte inesau-
ribile; miracolosa infine per i sontuosi restauri, cominciati mezzo
secolo dopo la morte del Fondatore e condotti a termine in modo
che a descriverlo parrebbe favola. Allorquando infatti parve giusto
rendere al santuario il decoro che conveniva a si venerando mo-
numento della bontà di Maria, bastd pubblicare la notizia, per-
chè, come se fossimo tornati al tempo deil'erezione, affluissero
contributi da ogni parte, espressione noti solo d'intensa pieth
filiale, ma molto spesso anche di viva gratitudine per insigni
favori ottenuti. E bene stanno oggi quivi in posto d'onore le re-
liquie del Santo, che la vita spese in glorificare senza posa la sua
e nostra celeste Patrona.
Scriveva Don Bosco nel 1877 (I): u I1 ricorso a Maria Ausi-
liatrice si va aumentando ogni dì più tra il popolo fedele e porge
motivo a pronunciare che tempo verrà, in cui ogni buon cri-
stiano, insieme con la divozione al Santissimo Sacramento e al
Sacro Cuore di Gesù, si farà un vanto di professare una divo-
zione tenerissima a Maria Ausiliatrice >>.Questa constatazione,
fatta nove anni dopo l'apertura della chiesa al culto, va messa
in relazione con due affermazioni del 1862, quando il Santo co-
minciava appena à rivelare nell'intimità il segreto dell'impresa (2).
Nel dicembre di quell'anno, guardando la chiesa di S. Francesco,
disse al chierico Paolo Albera: - La nostra chiesa è troppo pic-
cola. Ne fabbricheremo un'altra più bella, più grande, che sia ma-
gnifica. - Fu giustamente osservato che con quel plurale " fab-
( I ) La Nuuoldla del Carmslo, p.%g.S. " Letture Cattoliche'', maggio 1877
(2) M m m i e Biogvafiche. vol. VII, pgg. 333 e 37%
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11.3 Page 103

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bricheremo ", detto a un suo successore, egli parve andare oltre
all'opera propria, impegnandovi anche coloro che sarebbero ve-
nuti dopo di lui. Se infatti i due primi aggettivi stavano bene ap-
plicati alla forma primitiva del sacro edificio, il terzo doveva
avere la sua piena attuazione molto tempo dopo, in questi nostri
anni. Poco appresso, toccando dello stesso argomento con i1 chie-
rico Anfossi, uscì nelle seguenti espressioni: - La chiesa sarà
molto ampia. Qui verranno molti a invocare la potenza di Maria
Vergine. - Ancor più chiaramente queste parole sanno di pro-
fezia. -4mpiezza e sontuosità deiia chiesa, ondate di fedeli affollan-
tisi al santuario, mondiale divozione a Maria Ausiliatrice: ecco tre
presagi che oggi possiamo dire tutti avverati. Quanto all'univer-
saliti del culto, ne sentimmo l'eco in altissimi documenti degli
ultimi Sommi Pontefici, compreso l'attuale Pio XII nella sua
prima Enciclica; essi infatti sollecitarono il mondo cattolico a
invocare nelle gravi necessità dei tempi che corrono, il possente
aiuto di Maria, invocata sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11.4 Page 104

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La facoltà di concedere le dimissorie
per sacre ordinazioni.
Una delle cose che premevano maggiormente a Don Bosco
era di ottenere dalla Santa Sede la facoltà di concedere a' suoi
chierici le dirnissorie titulo mensae communis. In mancanza di
questo titolo ci voleva il patrimonio ecclesiastico, consistente in
una rendita annua di 240 lire. Ai più di essi le famiglie, versando
in povertà, non erano in grad3 di costituirlo; perciò il Santo
apriva pratiche presso il Ministero dei Culti, presso il Regio Eco-
nomato, presso l'Opera Pia di S. Paolo, presso la Curia arcive-
scovile oppure interessava i suoi benefattori e perfino il Re. Ecco
un saggio di tali ricorsi: è una lettera da lui indirizzata a Vitto-
rio Emanuele 11.
Sacra Reale Maestà,
Tra i giovani accolti nella casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales tro-
vansi due chierici che per la loro condotta morale e per la speciale attitudine
alle scienze vennero destinati allo studio ed in breve compiuto il corso ginna-
siale e liceale pervennero al 50 anno di Teologia che presentemente percorrono.
Essendo essi privi affatto di beni di fortuna, procurarono di corrispondere
alla carità loro usata col più vivo zelo, col fare i catechismi, assistere i loro com-
pagni, insegnare nelle scuole diurne e nelle serali. Ora avrebbero età, studio e
le altre qualità necessarie per essere ammessi agli ordini sacri: ma loro manca
il patrimonio ecclesiastico. nè hanno parenti che loro lo possano prowedere
Per questo motivo il sottoscritto ricorre umilmente alla clemenza di V. S. M.
supplicandola affinchè si degni di prenderli in benigna considerazione e loro ac-
cordare sovra la Cassa deli'B~onomato la pensione ecclesiastica, almeno finchè
non possano essere altrimenti provveduti. Questo atto insigne di beneficenza
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11.5 Page 105

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Foco!tà ddte dimi~sorieper sacre ordinazioni
tornerebbe eziandio di grande aiuto a questa casa, al cui vantaggio essi impiegano
tutte le loro fatiche.
Tutti unanimi ripongono piena fiducia nella bontà sovrana già molte volte
esperimentata: e assicurandola che invocheranno ogni giorno le betiedizioni del
Cielo sovra l'angusta di lei persona e sopra tutta la reale famiglia, a nome di
tutti colla più sentita gratitudine si protesta
I)i V. S. R. M.
Obb1.mo G Uii~il.+fstoi,ipplicanlz
Torino, 1866.
Sac. Bosco G i o v ~ x s r .
Queste pratiche poi si complicavano con le difficoltà solle-
vate da Vescovi, che ricusavano di ordinare i candidati propo-
sti da Don Bosco. Tutto ciò finiva con produrre cattiva i h -
pressione sui chierici, obbligandoli a subire lunghe dilazioni e
stancandone a volte la pazienza sino al punto da sl)irigerli ad
abbandonare la Coilgregazione,che giudicavano ii1cal)ace di prov-
vedere alla loro sorte. Si comprende perciò cluanto Do11 Bosco
sospirasse di poter avere mano libera in tale faccenda. Si attaccò
a un amminicolo che il decreto di lode sembrava 1)orgergli.Quc-
sto decreto, nominando il Superiore e dettando norme per la
successione, non costituiva la Società i11 corpo morale? E se così
fosse, le ordinazioni non. si sarebbero potute dare a nome della
Congregazione, anzichè a nome dell'ordinario? Oppure, sussi-
stendo il dubbio, iion sarebbe da chiedere cl-ie fosse risolto in
favore del Superiore?
Don Manacorda, che conosceva il desiderio di Don Basco,
volle nel 1865 fare un tentativo. Sapendo che alcune Coilgrega-
zioni di voti semplici avevano il privilegio delle dimissorie, udito
il parere di valenti teologi, stese in nome di Don Bosco una sup-
plica, che il 28 febbraio inviò al Card. Quaglia. I,a domanda era
fondata su1 fatto che col decreto del 23 luglio 1864 la Sacra Con-
gregazione dei Vescovi e Regolari aveva creato Don Bosco Su-
periore generale e ad uitam, quindi ad instar Ordilzarii della
nuova Società da lui fondata. I,a risposta fu data il 20 marzo
seguente con la formola N o n ex$edire e con l'aggiunta: Sciat
Orator Institutum subiici iurisdictioni Ordinariorum. Era dunque
un no assoluto
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11.6 Page 106

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Capo X
L'anno dopo si presentò una propizia occasione per ritentare.
Il Governo italiano, insediato a Firenze, avendo mandato a Roma
una missione speciale per trattare col Papa la nomina di Ve-
scovi a molte sedi vacanti, pregò Don Bosco di fare da interme-
diario fra Sua Santità e il Comm. Tonello, incaricato dal Mini-
stero. Don Bosco aderì tanto più volentieri perche a Roma spe-
rava di pqter fare qualche nuovo passo per affrettare la defi-
nitiva approvazione della sua Società o per ottenere almeno la
facoltà di rilasciare le dimissorie a' suoi chierici. Nella trattazione
pertanto di detti affari col Papa intercalava opportunamente il
tema della Società. I1 Papa ascoltava sempre con benevolenza;
ma quanto alle dimissorie volle che tutto si facesse con la pro-
cedura ordinaria, cioè per il tramite della Congregazione dei Ve:
scovi e Regolari.
Presentò dunque alla Sacra Congregazione il testo delle Re-
gole tradotte in latino, come gli era stato prescritto l'altra volta,
e insieme un memoriale sulla faccenda delle ordinazioni. Ri-
guardo alle Regole, presenti che forti obbiezioni gli si sarebbero
mosse circa il voto di povertà. Agli occhi di taluni voto di po-
vertà e possesso di propri beni avevano tutta l'aria di una con-
traddizione in terminis. L'articolo discusso era il secondo del
capo quarto: Quicumque Societatem ingressus fuerit, civilia iura,
etiam editis votis, no* amittit, ideoque rerum suarum proprietatem
servat idemque potest in aliena bona succedere. Sed, quamdizl in
Societate permanserit, non potest facultates suas administrare, nisi
ea ratione et mensura, qua Rector in Domino bene iudicaverit.
Secondo questo articolo, i Soci conservano la proprietà dei loro
beni e la capacità di acquistarne altri per titolo legittimo, ma
non li possono liberamente amministtare.
Quanto alle ordinazioni, le cose restarono nello slatu qua.
Una buona ragione c'era. Quel privilegio non si soleva concedere
se non a Congregazioni già approvate dalla Santa Sede, mentre
la Santa Sede aveva solamente lodato la Società Salesiana.
Tuttavia a Roma si pensava che le particolari circostanze con-
correnti nel caso del nuovo Istituto avrebbero forse inclinato il
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11.7 Page 107

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Facoltà delle dimissorie per sane ordinazioni
Santo Padre a fare un'eccezione e che a tal uopo sarebbe gio-
vata una commendatizia dell'Arcivescovo di Torino, da poco no-
minato; trattavasi infatti specialmente di un suo diritto (I). Bi-
sogna però anche tener presente che allora a Roma si.tendeva
ad allargare piuttosto che a restringere il potere dei Vescovi sulle
Congregazioiii religiose. Anzi, fra le materie da discutersi nel
prossimo Concilio Vaticano c'era anche il quesito se fosse spe-
diente l'approvazione di nuovi Ordini religiosi o izon piuttosto
la fusioile di quelli aventi un medesimo scopo (2).Era dunque
opportuno attendere che dalla Curia di Toriilo venissero offici
favorevoli (3). Don Bosco aspettava tranquillo il momento della
Provvidenza.
Nuovo Arcivescovo di Torino era Mons. Alessandro Otta-
viano dei Conti Riccardi di Netro, promosso dalla sede vesco-
vile di Savona. Amicissimo di Don Bosco, carezzava il disegno
di affidargli la direzione dei piccoli seminari di Giaveno e di Bra
e del seminario di Chieri; ma quando in un confidenziale collo-
quio intese dalle sue labbra che egli aveva dato principio a una
Società religiosa, cascò dalle nuvole. Fino a quel giorno si era
immaginato che l'Istituzione di Don Bosco fosse diocesana e che
perciò da lui dipendesse; l'apprenderne invece lo scopo mondiale
e la conseguente esenzione dall'immediata sua dipendenza lo af-
flisse moltissimo. I1 Santo, affinchè egli conoscesse il vero stato
delle cose, gl'inviò nel giugno del 1867 un nietrroriale, in cui espo-
neva il fine, l'origine e la condizioiie della Società Salesiana, spe-
cificando in una nota a parte le pratiche fatte per otteneriie
l'approvazione definitiva o per avere almeno la facoltà provvi-
soria di far ordinare titulo mcnsac communis.
Queste nubi minacciose non turbavano la serenità del Santo.
A dispetto di tutte le difficoltà egli intravvedeva non lontana la
bramata approvazione, e l'avvicinarsi di sì lieto avvenimeilto gli
faceva sentire più vivo il bisogna di prepararvi bene i suoi figli.
( i ) Lettera a Doil Bosco del Card. Patrizi, 29 marzo i867 e di J.1oiis. Berardi. 2 aprile 1867.
(2) Lettera di Mons. Fratejacci a Don Bosco Roma io luglio 1867.
( 3 ) Lettera del medesimo, 8 aprile 1867.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11.8 Page 108

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Capo X
Con questo scopo il 24 maggio scrisse per i Salesiani una lettera
circolare a fine di chiarire sempre meglio quale intento si dovesse
prefiggere chiunque volesse entrare o vivere nella Società. Ec-
cone la 'parte sostanziale.
Primo oggetto della nostra Società è la santificazione deisuoi menibri. Perciò
ognuno nella sua entrata si spogli di ogni altro pensiero, di ogni altra sollecitu-
dine. Chi ci entrasse per godere una vita trariqiiilla, aver comodità a proseguire
gli studi, liberarsi dai comandi dei genitori od esimersi dall'obbedienza di qualche
superiore egli-avrebbe un fine storto e non sarebbe pii1 quel sequere me del Sal-
vatore, giacchè seguirebbe la propria utilità temporale, non il bene dell'aninia.
Gli Apostoli furono lodati dal Salvatore e venne loro promesso un regno eterno,
non perchè abbandonarono il mondo, ma perchè abbandonandolo si professavano
pronti a seguirlonelle tribolazioni, come avvenne di fatto, consiimando la loro
vita nelle fatiche, nella penitenza e nei patinienti, sostenendo infine il martirio
per la fede.
Nemmeno con biion fine entra o rimane nella Società chi è persuaso di es-
sere necessario alla medesima. Ognuno se lo imprima bene in mente e nel cuore
cominciando dal Superiore Generale fino all'itltimo dei soci, ninno è necessario
nella Societi. Dio solo ne deve essere il Capo, il padrone, assolutamente neces-
sario. Perciò i membri di essa devono rivolgersi al loro capo, al loro vero padrone,
al rimuneratore, a Dio, e per amore di lui ognuno deve farsi inscrivere nella So-
cietà, per amore di Lui lavorare, ubbidire. abbandonare quanto si possedeva
al mondo per poter dire in fin di vita al Salvatore, che abbiamo scelto per mo-
dello: Ecce nos reliquiv~nsomnia et secuti sumus te: pi<idergo e d nobis?
Mentre noi diciamo che ognuno deve entrare in Società guidato dal solo de-
siderio di servire a Dio con maggiore perfezione e di fare del bene a se stesso,
s'intende fare a se stesso il vero bene, il bene spirituale ed eterno. Chi si cerca
una vita comoda, una vita agiata, non entra con buon fine nella nostra Società.
Noi mettiamo per base la parola del Salvatore che dice: e Chi vuol essere mio
discepolo, vada a vendere quanto possiede nel mondo, lo dia ai poveri e mi segua D.
Ma dove andare per seguirlo, se non aveva un palmo di terra ove riposare lo
stanco suo capo? <iChi vuol farsi mio discepolo, dice il Salvatore, mi segua colla
preghiera, colla penitenza e specialmente rinneghi se stesso, tolga la croce delle
quotidiane tribolazioni e mi segua D. Ma fino a quando seguirlo? Fino alla morte
e, se fosse mestieri, anche ad una morte di croce.
Ciò! i quanto nella nostra Società fa colui che logora le sue forze nel sacro
ministero, nell'insegnamento od altro esercizio sacerdotale, fino ad una morte
anche violenta di carcere, di esilio, di ferro, di acqua, di fiioco, fino a tanto che
dopo aver patito ed esser morto con Gesù Cristo sopra la terra, possa andare a
godere con Lui in Cielo.
Entrato uri socio con queste buone disposizioni, deve mostrarsi senza pre-
tese ed accogliere con piacere qualsiasi ufficio gli possa essere affidato. Incegna-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11.9 Page 109

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Facoltà deIle dimisrorie per r a r e ordinazioni
mento, studio, lavoro, predicazione, confessione in chiesa, fuori di chiesa, le più
basse occupazioni devono assumersi con ilarità e prontezza d'animo, perchè Dio
non guarda .la qualità dell'impiego, ma guarda il fine di chi lo copre. Quindi
tutti gli uffici sono egualmente nobili, perchè egualmente meritori agli occhi
di Dio.
Miei cari figliuoli, abbiate fiducia nei vostri Superiori; essi devono rendere
stretto conto a Dio delle vostre opere: perciò essi studiano la vostra capacità,
le vostre propensioni e ne dispongono in modo compatibile colle vostre forze,
ma sempre come loro sembra di maggior gloria di Dio e vantaggio delle anime.
I n giugno Moils. Ghilardi, Vescovo di Mondovì, recatosi a
Roma, molto si adoperò presso Cardinali e Prelati in favore di
Don Bosco. Egli portò pure a Mons. Berardi una lettera del
Santo, che, rallegrandosi di voci corse sul suo prossimo Cardi-
nalato, ribadiva l'argomento dell'approvazione e delle ordina-
zioni; ma Monsignore, che tanto bene gli voleva, non potè ri-
spondergli se non che avrebbe dato schiarimenti a chi si occu-
passe autorevolmente a sciogliere le difficoltà inerenti al grave
negozio (I).
Nello stesso mese si celebrava a Roma il diciottesimo cente-
nario del martirio di S. Pietro. Don Bosco mandò a rappresen-
tare la sua persona e tutta la Congregazione dinanzi al Papa i
due sacerdoti Don Angelo Savio e Don Giovanili Cagliero, latori
anche di una sua lettera filiale al Vicario di Gesù Cristo. In que-
sta supplicava così il Santo Padre: <<Semai in questa singolare
e straordinaria solennità fosse permesso di domandare a Vostra
Santità un favore di cosa sommamente desiderata, come si fa
ad un Sovrano, io mi sarei ardito di rinnovare col più grande ri-
spetto la domanda che Vostra Santità si degni di dare la sua
sanzione alle Costituzioni della Congregazione di S. Francesco
di Sales, con tutte quelle correzioni, variazioni, aggiunte, che
Vostra Santità giudicasse tornare a maggior gloria di Dio e a
vantaggio delle anime >>.Pio I X gli rispose il 22 luglio con un
Breve, nel quale sull'argomento cosi si esprimeva: a Per quel
che spetta poi alle Costituzioni di cotesta Società di S. Fran-
( t ) Lettera a Don Bosco, i 8 giugno 1867.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

11.10 Page 110

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Capo X
cesco di Saìes, già ti è noto essere stato questo affare affidato
alla nostra Congregazione dei Vescovi e Regolari, della cui opera
ed aiuto Noi siamo soliti servirci nel trattare simili negozi D.
Da Roma persone amiche consigliavano a Don Bosco di de-
sistere dal chiedere il privilegio circa gli ordiriandi per non esporsi
al pericolo di veder pregiudicato per sempre l'affare, qualora
gli toccasse una negativa in forma solenne (I).
I chierici dunque dovevano continuare a essere ordinati come
tutti gli altri. Monsignore Arcivescovo, che considerava carne
suoi tutti i chierici nati nell'archidiocesi, agi di conseguenza, di-
sponendo di servirsene secondo il bisogno. E il bisogno di clero
era realmente grande, sicchè non faccia meraviglia se egli cer-
cava di trarre 'partito da tutto per moltiplicare i sacerdoti suoi.
Posto questo, era naturale che si preoccupasse della formazione
di coloro, che avrebbe incorporati al clero diocesano. Ora tre
cose disapprovava nell'Oratorio: l'impiegare i chierici in inse-
gnamenti e assistenze che li distraevano dagli studi; il poco spi-
rito ecclesiastico che credeva dominare nell'ambiente, giudicato
perciò disadatto a giovani da cui Don Bosco ricavava buon numero
di chierici per sè e per i seminari; l'insufficienza dell'istruzione
ivi impartita. Emanò pertanto una disposizione generale, iri forza
della quale tutti i chierici autorizzati a vivere fuori del semina-
rio vi dovessero entrare almeno un anno prima di ricevere Se
sacre ordinazioni. Ne veniva poi da sè che i novelli sacerdoti
passassero in seguito al Convitto Bcclesiastico. Monsignore volle
notificare egli stesso a Don Bosco la disposizione data, osservan-
dogli (2): a Questa misura le riuscirà gravosa, ma tornerà di van-
taggio alla Chiesa e alla sua Comunità>>.
Per Don Bosco fu davvero un fulmine a ciel sereno. Nei chie-
rici produsse due effetti immediati. Quelli che non volevano fer-
marsi con lui e altri che ne avevano l'intenzione, ma che si la-
sciarono sobillare da persone influenti, lo abbandonarono; i già
professi o desiderosi di fare la professione ondeggiarono in pe-
( I ) Lettera di Mons. Fratejacci a Don Bosco, to luglio 1867.
( 2 ) Lettera 1 1 settembre 1867.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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Fmoltà delle dimissorie per sacre ordinazioni
nosa incertezza del loro avvenire. Sembrò agli uomini di poca
fede il principio della fine.
Tuttavia l'Arcivescovo, messo di fronte all'eventualità di ve-
der ruinare l'opera degli Oratori, sembra che scendesse ad un
accomodamento; infatti in una lettera scritta da Don Bosco al
Rettore del seminario nella riapertura dell'anno scolastico si
leggono queste parole (I): s Per norma di lei le dico che la let-
tera circolare di Mons. Vescovo fu letteralmente da me eseguita,
e della. diocesi di Torino non ci sono chierici nè qui, n& a Lanzo,
nè a Mirabello, ad eccezione di quelli che intendono di far parte
della Società di S. Francesco di Sales, per cui la prelodata Ec-
cellenza sua ha fatto una eccezione nella circolare a me indi-
rizzata u. Questo per altro non impedì ritardi e dinieghi di or-
dinazioni a chierici salesiani e tanto meno pressioni dall'alto
perchè uscissero dali'oratorio.
La carità di Don Bosco, sempre grande, diveniva inesauri-
bile, quando fossero da agevolare vocazioni ecclesiastiche. I chie-
rici vissuti nell'oratorio erano per la massima parte poveri; onde
avvenne che non pochi, essendo privi di mezzi per pagare la
pensione in seminario, tornarono da Don Bosco, raccomandan-
dosi alla sua generosità. Egli aperse loro le braccia, ma chiese
che potessero frequentare le scuole del seminario; la qual cosa
fu concessa, a patto che per essere ordinati ottemperassero alla
nota disposizione.
Un aiuto provvidenziale Don Bosco ricevette dal nuovo Ve-
scovo di Casale Mons. Ferrè. Si ricordi che il collegio di Mira-
bello si trovava nella sua diocesi. Orbene quell'insigne benefat-
tore di Don Bosco approvò con suo decreto del 19 gennaio 1868
la Società di San Francesco di Saies come Congregazione dio-
cesana secondo le Costituzioni a lui comunicate, concedendo in
pari tempo al Superiore tutte le facoltà e privilegi riputati ne-
cessari od opportuni, fra cui naturalmente quello di presentare
al Vescovo locale ordinandi residenti in case salesiane della dio-
( i ) Lettera g novembre 1867
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12.2 Page 112

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- Capo X Facoltà delle dimirsorie per sacre ordhazioni
cesi. Questo fatto fu di grande consolazione a Don Bosco (I). I
Vescovi Galletti di Alba e Gastaldi di Saluzzo si congratularono
vivamente con lui di quel decreto; anzi Monsignor Gastaldi vide
in tale approvazione come una scintilla, che avrebbe sollevato un
grande incendio, distruggitore di tutti gli ostacoli (2).I due bene-
voli Prelati fecero di più: s'interposero presso l'Arcivescovo,
esortandolo a concedere facilmente le ordinazioni ai chierici
dell'Oratorio. Ma l'unica via per uscire da sì spiacevole situa-
zione era accelerare l'approvazione definitiva della Società.
( I ) I1 12 aprile i868 egli scriveva alla Contessa Caliori: n I1 Vescovo di Casale è tutto
benevolo per le nostre case e ci fa tutto il bene che pub; è questa la pih grande consola-
zione che in questi momenti io possa avere ».
( 2 ) Verbali dell'annun conferenza di S. Francesco di Sales, 3 febbraio 1868.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12.3 Page 113

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CAPO XI
Gommendatizie per l'approvazione della Società.
Nei primi mesi del 1868 S. Giovanni Bosco si adoperò a tutto
potere per procurarsi in buon numero Commendatizie di Vescovi
allo scopo di ottenere definitivamente l'approvazione pontificia
della Società Salesiana. Nelle lettere con cui le domandava, ac-
cludeva pure un limpido cenno informativo di questa, fino dalle
sue origini.
Questa Società nel suo principio era nn semplice catechismo che il Sac. Bosco
Giovanni, col consenso e consiglio del Teol. Luigi Guala e Cafasso Giuseppe, am-
bidue di sempre gloriosa memoria, cominciava in apposito locale annesso alla
chiesa di S. Francesco d'Assisi. Lo scopo era di raccogliere i giovanetti giù po-
veri ed abbandonati e trattenerli nei giorni festivi in esercizi di pietà, in cantici
sacri ed anche in piacevoli ricreazioni. Si avevano specialmente di mira quelli
che uscivano dalle carceri, che trovavansi esposti a maggiori pericoli. La prova
riuscì soddisfacente, ed un vistoso numero di giovani interveniva quanto com-
portava la capacità del luogo.
L'anno 1844 il sac. Bosco andò alla direzione spirituale dell'ospedaletto
di S. Filomena presso al Rifugio, ed allora col consenso dell'Arcivescovo si con-
sacrò al divin culto una parte di quell'edifizio che servi qualche tempo per le
sacre funzioni. Per due anni l'oratorio non potè stabilirsi in localitti fissa: ma nel
1846 si prese a pigione, di poi si comperò il sito dove in progresso di tempo venne
edificata l'attuale chiesa e casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales. Quivi
18ArcivescovoFransoni, di cara e felice memoria, intervenne più volte per am-
niinistrare il sacramento della Cresima e per fare altre sacre funzioni: dava eziandio
facoltà di fare tridui, novene, annnettere a ricevere la Cresima, la S. Comunione,
che valesse anche per l'adempimento del precetto pasquale. Pel gran numero di
giovanetti che intervenivano l'Arcivescovo acconsenti e consigliò l'apertura di
un novello Oratorio a Porta Nuova, dedicato a S. Luigi, nel 1847: altro in Van-
chiglia nel 1849: e finalmente quello di S. Giuseppe a S. Salvario nel 1859. In
questi locali furono poco per volta introdotte le scuole domenicali, di poi serali
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12.4 Page 114

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capo XI
ed anche diurne. Fra i giovani che intervenivano, se ne incontravano parecchi
cui non si poteva provvedere senza somministrare ricoveio, vitto, vestito. Di
qui nacque la casa di S. Francesco di Sales, dove sono raccolti circa 800 fanciulli.
La tristezza dei tempi e la diminuzione delle vocazioni persuasero di colti-
vare giovani, di niuua o di scarsa fortuna, per lo stato ecclesiastico: di qui la ca-
tegoria degli studenti nella casa di Torino, nel collegio convitto di Lanzo e nel
piccolo seminario di Mirabello, dove hanno istruzione religiosa e scientifica oltre
ad altri quattrocento giovanetti, di cui maggior parte aspiranti allo stato eccle-
siastico.
I1 Superiore di questi Oratorii in certo modo fu sempre l'Arcivescovo, dal
cui parere e consiglio ogni cosa dipendeva. Per altro i sacerdoti che occupavano
di tutto proposito il sacro loro ministero negli Oratorii, solevano riconoscere il
sacerdote Bosco per loro superiore, senza legami di voti, ma colla semplice pro-
messa di occuparsi in quelle cose che egli avesse giudicato a maggior gloria di Dio.
Mons. Arcivescovo Fransoni raccomandò più volte che si studiasse qualche
mezzo per assicurare l'esistenza degli Oratorii dopo la morte dell'esponente.
L'anno 1852 il Superiore ecclesiastico, di moto proprio, approvava in genere le
regole che si osservavano negli Oratorii (I), costituiva il sacerdote Bosco capo
di essi, compartendogli tutte le facoltà necessarie ed opportune per queste isti-
tuzioni.
Le calamità dei tempi obbligando l'Arcivescovo a risiedere fuori di diocesi,
pure questi non cessava di raccomandare una istituzione che assicurasse la con-
servazione dello spirito e della pratica degri oratorii. Nel 1858 consigliava il sac.
Bosco di recarsi a Roma per aver lumi speciali dal Somuio Pontefice sul modo
di concepire una istituzione religiosa in faccia alla Chiesa, ma che i suoi membti
fossero altrettanti liberi cittadini davanti alle leggi civili.
I1 Sommo Pontefice accolse con bontà e con grande premura l'ideata istitu-
zione, e stabilì le basi, aiutò a sviluppare i singoli articoli e, coll'aiuto del Card.
Gaude, l'antico regolamento della Società fu portato al tenore della copia che
si unisce. I1 medesimo Pio I X con parecchie sue lettere particolari dava awisi
e consigli perchè ogni cosa riuscisse bene, e chiese egli stesso che le Regole fossero
presentate aUa Santa Sede per l'apostolica sanzione, appena fossero state per
qualche tempo messe in pratica. L'Arcivescovo Fransoni lesse in Lione il Rego-
lamento, poi scrisse una lettera in cui notava alcune cose, di cui si tenne esatto
conto. Inviava di poi le Costituzioni, raccomandando al suo Vicario Generale
che facesse quanto occorreva per venire ad una regolare approvazione delle me-
desime. La morte del compianto pastore interruppe ogni pratica a questo propo-
sito. Mons. Vicario Generale Capitolare giudicò meglio di attendere il novello
Arcivescovo per l'opportuna approvazione e intanto fece una splendida Com-
mendatizia, che unita a quelle di altri Vescovi, fu inviata a Roma l'anno 1864.
I1 Santo Padre accolse ogni cosa con paterna premura, mandò le Costituzioni,
l'analogo Memoriale e le Commendatizie dei Vescovi alla Congregazione dei Ve-
( I ) Queste regole sono pubblicate nel vol. V delle Mem. Biogr., pgg. 98-108.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12.5 Page 115

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Conmendatizie per l'approvazione delln Società
scovi e Regolari. Pochi mesi dopo Sautorevole Congregazione emanava un de-
creto, di cui si unisce copia, col quale collodava e commendava le Costituzioni
e si riserbava, de more solito, a tempo più opportuno il dare l'apostolica sanzione
ai singoli articoli. Ma attese le speciali circostanze dei tempi veniva costituita
la Società nella persona del Rettore generale, che doveva durare a vita e passare
nel successore, che doveva in carica durare dodici anni.
Cosi questa Società sarebbe in genere approvata: ora la Santa Sede sta atten-
dendo per verificare se la Società corrisponda al suo scopo per venir di poi alla
definitiva approvazione.
A questa esposizione sintetica, uguale per tutti i Vescovi,
faceva seguire osservazioni particolari, che servissero loro a,con-
fortare le rispettive suppliche con argomenti desunti da circo-
stanze locali o personali, come di giovani loro diocesani educati
neiiJOratorioo di qui passati zei loro seminari. Risposero inviando
le proprie Commendatizie gli Ordinari di Casale, Alba, Saluzzo,
Aosta, Novara, Torino, Fermo, Genova, Pisa, Vigevano, Ales-
sandria, Parma, Reggio Emilia, Ancona, Guastalla, Zucca, Al-
benga, Mondovì, Asti e i Vicari Capitolari di Acqui e di Susa.
Di Mons. Gastaldi, Vescovo di Saluzzo, ne esistono due, una
in latino con la data del1'11 luglio 1867 e l'altra in italiano del
6 giugno 1868. Entrambe convengono in un giudizio, che è pure
una valida testimonianza, così espresso nella seconda: << I1 sotto-
scritto dichiara, che esso vide formarsi e crescere questa Società,
ne vide le Regole, ne vide il risultato. Vide che con l'osservanza
di queste Regole si mantenne costantemente in essa lo spirito
di obbedienza, sottomissione, umiltà, pietà, concordia, pace e
carità. Trovò mai sempre nei membri formanti questa Società,.
come una sola mente ed un cuore solo. Vide come per miracolo
sorgere in seno alla medesima una chiesa colossale che forma la
meraviglia di chi la esamina, e che per la spesa di oltre un mezzo
milione di lire sostenuta da poveri sacerdoti nulla tenenti, è come
un portento, il quale prova che Iddio benedice questa Società $.
Gli Ordinari di Novara, Alessandria, Zucca e Susa testificano
del bene che loro diocesani ricevono nelle case di Don Bosco,
dei frutti consolanti che nei medesimi hanno riscontrati e delle
vocazioni sacerdotali dal Santo regalate alle loro diocesi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12.6 Page 116

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capo Xl
Di particolare autorità vanno rivestite tre testimonianze. La
prima è del Card. Antonucci, Arcivescovo di Ancona, già Nun-
zio Apostolico presso la Corte Reale di Torino dal 1844 al 1852.
Egli, ricordando di aver veduto con i propri occhi le umili ori-
gini e i rapidi sviluppi dell'opera degli Oratori, dice: <<Eraper
me allora una delizia il visitare quei grandi e ameni giardini
chiamati Oratori festivi. Con la più viva soddisfazione io li sti-
mai sempre una vera arca di salvezza per tanti giovani poveri
e abbandonati, che, raccolti dallo zelo instancabile del Direttore
e de' suoi collaboratori, al mattino delle feste udivano la Messa,
ricevevano i Sacramenti e ascoltavano la parola di Dio, e nel
pomeriggio dopo le pratiche religiose si ricreavano, abbandonan-
dosi allegramente a svariati giochi e trastulli >>.La seconda te-
stimonianza è del Card. De Angelis, Arcivescovo di Fermo, che,
condotto prigime a Torino durante i rivolgimenti politici del
1860, era stato relegato per sei anni nella casa dei Lazzaristi,
dove aveva stretto relazione con Don Bosco, solito a visitarlo
senza temere le ire dei malevoli. Ora egli scrive: *Prima di par-
tire da Torino nel novembre 1866, recatici a visitare il menzio-
nato Oratorio, ci rallegrammo assai nel Signore vedendo co' no-
stri occhi il bel numero di giovanetti quivi educati, ritolti all'o-
zio e alla miseria dalla feconda carità del degno sacerdote, che
n'è capo e direttore supremo ». Terza viene la testimonianza di
Mons. Rota, Vescovo di Guastalla, che, esiliato a Torino nel
1866, aveva gradito l'ospitaliti offertagli con suo pericolo da
Don Bosco. Allora dunque attestava: uDimorammo presso di
lui e nella comunità de' suoi pii sacerdoti per sei mesi, quanti
ne durò il nostro esilio, godendovi trznqtiillità e pace, circon-
dati di tutte le premure possibili. Così potemmo formarci una
idea più esatta della sua persona e della Società da lui fondata.
Perciò quello che stiamo per dichiarare, lo affermiamo non per
sentito a dire, ma per nostra esperienza personale n. Descriveva
poi la vita dell'oratorio, conc1ude:ndo con l'asserire di aver tro-
vato quivi realizzato l'ideale che egli aveva in mente di una
Congregazione religiosa fatta per i nuovi tempi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12.7 Page 117

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Commendafizie per l'appriprovozione della Società
Non mancarono per altro le dissonanze. Notevole fu quella
d i Mons. Moreno, Vescovo d'Ivrea, che molta lode si acquistò
di buoi1 governo. Egli aveva avuto con Don Bosco una lunga
controversia sull'ami~i~istraziondeelle Letture Cattoliche. La con-
testazione, grazie alla magnanimità di Don Bosco, si era chiusa
con un onorevole compromesso. I1 Santo gli aveva scritto il 15
aprile 1868: <<PregoV. E. Rev.ma a dimenticare per un momento
alcuni dispiaceri passati, cagionati da motivi materiali, e di os-
servare se giudica bene per la maggior gloria di Dio di secondare
la mia dimanda. L'affare di cui si tratta è quello stesso di cui
ho un tempo parlato con V. E. e le mando copia delle cose prin-
cipali affinchè veda l'oggetto per cui le scrivo. La Società di San
Francesco di Sales è già stata collaudata dalla Santa Sede, ed ora
mi sarebbe di sommo giovamento una Commendatizia dei Ve-
scovi della nostra Provincia Ecclesiastica, in cui ciascuno scri-
vesse quello che giudica meglio di commendare, affinchè sia ot-
tenuta la definitiva approvazione. Io pertanto fo rispettosa, ma
calda preghiera all'E. V. affinchè, come favore speciale, voglia
unire anche la sua Commendatizia da mandarsi alla Congrega-
zione dei Vescovi e Regolari. Se mai per qualunque suo pruden-
ziale motivo, che sempre rispetterò, non giudicasse di accondi-
scendere a questa mia dimanda, la pregherei solamente ad usarmi
la cortesia di farmi scrivere a sua comodità una parola per mia
norma >>T. rascorso già un mese senza che giungesse risposta, il
Satito cortesemente insistette; ma ebbe il dolore di non ricevere
riscontro.
I1 Vescovo di Pinerolo rispose, ma annunciando a Don Bo-
sco il suo rifiuto, di cui manifestò al Card. Quaglia il motivo. L'a-
veva allarmato quello che le Regole dicevano riguardo <<alla
educazione ed istruzione dei chierici e al formare dell'oratorio
un seminario di sacerdoti per Torino e le altre diocesi >>. Su di
che dichiarava: Quand'anche questi giovani da consacrarsi al
sacerdozio potessero essere educati alle più schiette ed alle più
belle virtì~del sacerdozio, quand'anche potessero progredire de-
bitatnente negli studi, io guardo all'obbligo che ha il Vescovo di
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12.8 Page 118

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attendere egli e per mezzo di persone scelte da lui, e che pud
mutare ad ogni occorrenza, all'educazione del suo clero, e di
prendere ad ogni uopo le necessarie informazioni, e di provve-
dere con esatta cognizione di causa cosi all'accettazione come al-
l'allontanamento degi'individiii, ali'indugiare o no la sacra Or-
dinazione, ed a emettere le necessarie provvidenze >>.Per ciò pur
lodando in tutto il resto la carità esercitata dall'operoso sacer-
dote Don Bosco nello accogliere ed istruire tanti e tanti infe-
lici >>, non potè 6 sottoscrivere al voto di mettere anche nelle sue
mani la educazione del giovane clero >>I. n tutto questo egli sup-
poneva permanente la condizione di chierici che convivevano
ne1l'Oratorio frammisti ai giovani, mentr'era uno stato di cose
prowidenziale, si, ma transitorio, finchè cioè i tempi fossero
cambiati e i seminari tornati in piena efficienza. D'altra parte
Don Bosco non intese mai fare deli'Oratorio un seminario, ma
semplicemente un vivaio di vocazioni ecclesiastiche.
Più serio fu il caso dell'Arcivescovo di Torino. Consegnò egli
a .Don Bosco una Commendatizia, nella quale s'intrawedevano
alcune riserve, chiarite poi in tre documenti diretti al Card. Qua-
glia. Il primo era una lettera, dalla quale risulta che la sua ap-
provazione si riferiva alla Società *quando non si proponeva al-
tro scopo che raccogliere e catechizzare i ragazzi ed awiarli a
qualche arte o mestiere » e che, implorandone la erezione in Con-
gregazione religiosa, subordinava questa domanda ad <una sa-
via revisione e correzione delle Costituzioni da farsi dalla Santa
Sede >>; poichè avrebbe creduto di tradire il suo dovere di Ve-
scovo facendosi patrocinatore di una Congregazione, che, ove
fosse approvata tal quale si proponeva, non sarebbe potuta rie-
scire che <<agravissimo danno della Chiesa, della Diocesi e del
Clero». Onde suggeriva che prima di dare qualunque approva-
zione la Congregazione dei Vescovi e Regolari mandasse sul
luogo <qualche persona estranea, pia, dotta, sperimentata, e pra-
tica di educazione della gioventù >> ad ((esaminare le cose e ri-
ferirne >>. E soggiungeva: Questa ispezione fatta all'insaputa di
tutti potrebbe forse rivelare molti inconvenienti che sfuggono
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12.9 Page 119

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Commer~dntizie@r l'appmvasione dello Società
alle mie osservazioni e illuminare la Sacra Congregazione che
potrebbe così con maggior cognizione di causa emendare e rifare
le Costituzioni, adattandole ai bisogni delle ' Costituzioni mede-
sime e dei tempi nei quali viviamo >>I.ntanto presentava nel se-
condo documento nove osservazioni principali, dalle quali ri-
mandava a una serie di appunti (e questo era il terzo documento)
segnati in margine al testo latino delle Regole, stampate nel
1864. Con uno sguardo d'insieme Don Lemoyne (I) giudicava
nel seguente modo il contenuto di questo incartamento: << Man-
canza di conoscenza del vero stato delle cose, sospetti sulle in-
tenzioni di Don Bosco, pregiudizi, timori di pericoli che non
esistevano, false interpretazioni di articoli, esigenze che pel mo-
mento non si potevano soddisfare, giudizi azzardati avevano det-
tate quelle osservazioni. L'Arcivescovo però non agiva per mal
animo, ma per i ragguagli inesatti e i commenti di certi dottori
antiquati e ostili a Don Bosco >>.
Questo avveniva nella prima quindicina di marzo del 1868.
Per i1 novembre seguente l'Arcivescovo aveva indecto una riu-
nione de' suoi suffraganei per prendere accordi sulle cose da
proporsi al Concilio Vaticano e per trattare di affari riguardanti
le loro diocesi. Don Bosco pensò di profittare dell'occasione per
ottenere un'approvazione collettiva dell'Episcopato che gover-
nava la provincia ecclesiastica di Torino. Fattane quindi parola
con l'Arcivescovo, inoltrò all'assemblea questa supplica semplice
e umile in cui, riassunta, rifà la storia deli'opera, espone lo
stato delle cose, previene alcune obiezioni ed esprime i suoi
Eccellenze Reverenaz'ssime,
Nella persuasione che le Eccellenze Loro Reverendissime vogliano con bontà
ascoltare le deboli mie espressioni, mi fa tosto a accennare lo scopo mio che ri-
guarda alla Istituzione, detta comunemente Oratorio d i S. Francesco d i Sales.
Cretio chele EE. LL. abbiano già avuto la degnazione di prendere parte a qualche
sacra funzione, o almeno visitati o altrimenti beneficati i poveri giovanetti che
s?glionsi radunare in locali, detti Oratorii Festivi ed Osfiizii della Gioventh.
( I ) Mem. Biogv., vol. IX. pag. r o i .
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

12.10 Page 120

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capo XI
Affinchè si potessero qui avere catechisti, maestri ed assistenti fu iniziata
una specie di Congregazione, di cui è cenno nella Notitia brevis, della qiiale mi
sono fatto lecito di inviare copia a ciascuna delle Loro EE. Ogni cosa procedette
sempre sotto alla guida e col consiglio di Mons. Fransoni, di felice memoria.
Questo benemerito compianto prelato instava costantemente cile fosse studiato
[in mezzo per dare forma stabile a questa Istituzione, da poter esistere dopo la
morte dello scrivente. Con tratto di singolare clemenza a tale fine Egli mi costi-
tiiiva Direttore Capo degli Oratorii Maschili.
Inoltre, con Lettera Commendatizia, Sanno 1858 nii inviò a Roma. Il Santo
Padre ponderata bene ogni cosa conchiudeva con queste parole: Affinchè tale
Istituzione possa sussistere con qualche buon risultato dopo il vostro decesso è
necessaria una qualche Congregazione; ma in modo che i Membri di essa siano
veri Religiosi in faccia alla Chiesa, e siano altrettanti liberi cittadini davanti
alle leggi civili n.
In altre posteriori udienze il medesimo Santo Padre mi espose il piano di
un Regolamento, che io prociirai di estendere e formarne tredici capitoli divisi
in tanti brevi articoli.
Tale Regolamento fu presentato al sopra lodato Mons. Fransoni, che riscon-
trandomi diceva averlo letto e fatto leggere da persona pratica, e lo rinviava
con qualche riflesso pratico che tosto fu introdotto nelle progettate Costitu~ioni.
Dopo cinque anni di prova, colla Commendatizia del Superiore Ecclesiastico
di questa Archidiocesi e di altri benemeriti, presentava alla Santa Sede queste
Costituzioni, perchè servissero di base ad nna Congregazione col nome di Società
di S . fiamesco di Ssles.
La Sacra Congregazione de' Vescovi e Regolari, dopo averle esaminate,
emanava il Decreto con cui lodava e commendava questa Società come Congre-
gazione di voti semplici, differendo però a tenipo più opportuno la definitiva
approvazione dei singoli articoli.
Intanto, come per garanzia della esistenza della Società, costituiva il Supe-
riore a vita e dava norma sulla elezione del Successore.
A questo Decreto erano annesse tredici animadversioni, che furono tutte
accomodate nelle Costituzioni. Fra le altre quella che i voti dovessero essere ri-
servati alla Santa Sede.
Le Costituzioni, di cui ebbi l'onore di presentare copia alle Loro Rccellenze,
sono quelle lodate e commendate nel citato Decreto colla inserzione delle fatte
osservazioni.
Sul principio delvanno corrente il Vescovo di Casale approvava questa Con-
gregazione conie Diocesana col Decreto e coi favori, di cui mi sono eziandio fatto
lecito di offerire copia alle Eccellenze Loro.
In questo stato di cose, vedendo ogni giorno pii1 avvicinarsi il fine di mia vita,
nel timore che non lievi inconvenienti siano per avvenire a questa Istituzione,
qualora io morissi prima che Essa fosse definitivamente approvata, ho di nuovo
umiliato alla Santità di Pio Papa IX le Costituzioni colle Commendati.zie di oltre
a venti Vescovi, tra cui mi gode l'animo poter annoverare le Eccellenze Loro.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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Cornniendotizie per l'opprovazio~tedello Società
I1 Santo Padre ebbe la degnazione di farmi scrivere dal Segretario della pre-
lodata Congregazione de' Vescovi e Regolari che non àvvi difficoltà intorno alla
definitiva approvazione delle Costituzioni: ma mi nota essersi fatte delle osser-
vazioni da alciini Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Torino intorno ai chie-
rici che intendessero di far parte di questa Congregazione.
Ora, essendosi data la propizia occasione che pel bene della Diocesi le EE.
Loro si sono qua raccolte a Congresso, io mi sono determinato di esporre Loro
lo stato di questa Istituzione e di pregarle quanto so e posso di volermi coadiu-
vare e consigliare intorno ad alcuni punti di maggior importanza.
10 Se posso sperare un voto favorevole, siccome è notato nella h'otitia
brevis di cui sopra, cioè: Episcopi Provinciae Ecclesiasticae Taurinensis definiti-
vam approbationcm Societatis Sancti Francisci Salesii postz<lant.
Credo che a ciò non osti il quesito che si dice fatto dalla Santa Sede pel futuro
Concilio Ecnmenico: « S e convenga approvare nuove istituzioni religiose rt: per-
ciocchè trattasi soltanto di compiere un'opera lodata e commendata dal Santo
Padre: il cui Superiore e Successore sono regolarmente stabiliti, e che fra gli argo-
menti di sua esistenza ha già la definitiva diocesana approvazione del Vescovo
di Casale.
z0 Posto questo voto favorevole, stabilisce una formola da presentare alla
Santa Sede con cui, salva la giurisdizione dei Vescovi, si dica come il Superiore
di questa Congregazione possa amministrare, regolare gli individui che apparten-
gono a varie case esistenti in diverse diocesi. Per l'accettazione, istruzione degli
individui e per la presentazione dei medesimi ai Sacri Ordini si seguono le con-
suetudini praticate nei nostri paesi nelle Congregazioni finora approvate. Le
ultime sono gli Oblati di Maria e l'Istituto della Carità (V. Statuto N. 8 ad xz).
Qui si noti che secondo le Costituzioni di questa Congregazione i membri si pos-
sono considerare come altrettanti sacerdoti ad n n t u m Episcofii in tutto ciò che
riguarda il Sacro Ministero. È parimenti bene di notare che per membri della
Congregazione non si intendono i giovanetti accolti per fare i loro studi secondari,
nemmeno i chierici caritatevolmente accolti o altrimenti raccomandati dai Ve-
scovi alle nostre case. Essi sono totalmente ad nutum propri4 Episcopi. Io in-
tendo solamente di parlare di quelli che sono regolarmente inscritti nella Con-
gregazione ed hanno già emessi i voti, i quali, secondo il prescritto della Sacra
Congregazione dei Vescovi e Regolari, sarebbero riservati alla Santa Sede.
Si osservi eziandio che per via ordinaria questi chierici sono giovanetti po-
veri che fin dalle scuole elementari si dovettero provvedere di vitto, libri, vestito
per tutto il tempo de' loro studi. Non pochi di essi appartengono a paesi remoti,
come sarebbe Milano, Genova, Sicilia, Inghilterra e America. I quali, mentre
sono liberi di fare quando che sia ritorno ai proprii Vescovi, si può dire che loro
torna intpossibile di frequentare scuole o Seminarii Diocesani.
Non ignoro l'osservazione scritta da talnno alla prelodata Congregazione
dei Vescovi e Regolari, dicendo; Quei chierici non studiano abbastanza. Per l'av-
venire si avrà massima cura che non abbiasi a far questo rimprovero. In quanto
però al passato bisogna distinguere i chierici ricoverati, o inviati fra noi per prova,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XI
dai chierici della Congregazione. Dei primi non posso essere responsabile, perche
dimorano in modo anormale e transitoriamente nello stabilimento Dei chierici
che di fatto sono membri della Congregazione credo che non sia così.
Potrei accennare quelli che cuoprono cariche nelle Diocesi, come sono coadiu-
tori, parrochi, vicarii foranei, professori nei medesimi Seniinarii diocesani. Ma
credo che basterà quanto può asserire S. E. Rev.ma il nostro Veneratissimo AZ-
civescovo, il quale, se giudicasse, potrebbe verificare gli esami di tutti quelli che
appartengono a questa Congregazione nello spazio di vent'anni, e non troverebbe
un voto scadente.
Altra difficoltà suo1 farsi nel caso che qualcheduno uscisse di Congregazione.
Osservo che questi casi di uscita possono accadere per qualunque Congregazione
religiosa. I Vescovi li avrebbero esaminati De scientia et moribus prima di con-
ferir loro l'ordinazione. E nel caso di uscita dalla Congregazione, il Vescovo
Ordinante li potrebbe accogliere o non accogliere in sua diocesi secondo che
giudica tal cosa opportuna.
In fine, omettendo ogni riflesso ed ogni osservazione, io faccio alle EE. LL.
ia seguente rispettosa ma calda preghiera.
Le nostre case di educazione, le scuole e gli Oratorii Pestivi furono instituiti
a benefizio dei giovanetti più poveri e pericolanti delle varie Diocesi. Ognuna
delle EE. LL. ha avuto e forse ha tuttora chierici e poveri fanciulli diocesani
che godono di questa Istituzione. Sono perciò intimamente persuaso essere Loro
comune desiderio che tale Istituzione continui.
Dal canto mio desidero ardentemente di essere in buona relazione ed in piena
sommissione ai Vescovi, specialmente defla provincia di Torino: perciò prego e
supplico le EE. LL. a volermi aiutare e coli'opera e col consiglio, affinchèquesta
Istituzione sia consolidata con morale garanzia di esistenza dopo il mio decesso,
cioP sia definitivamente approvata dalia Santa Sede.
Le ringrazio di tutto cuore della bontà nefl'ascoltare questa umile relazione,
e pregando il Signore Iddio che tutte Le conservi lungamentepel bene della Chiesa,
colla massima gratitudine ho l'alto onore di potermi professare
Delle LL. EE.
Um.mo Supplicante
Sac. Bosco GIOVANNI.
Erano convenuti i Vescovi di Alba, Asti, Cuneo, Ivrea, Mon-
dovi, Pinerolo, Saluzzo e i Vicari Capitolari di Acqui, Fossano e
Susa. Al Vescovo d'Ivrea aveva giudicato bene di scriverne per-
sonalmente nella speranza di dissipare ogni malinteso o almeno
di provocare uno scambio d'idee, che aprisse la via a spiegazioni.
Gli diceva: ((11 nostro veneratissimo Arcivescovo, da me pre-
gato, si è assunto di leggere una breve relazione sullo stato at-
tuale degli Oratori per la povera gioventù e sulla Congregazione
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

13.3 Page 123

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Commendatizie per l'approvazione della Società
di S. Francesco di Sales. La E. V. che li ha sempre protetti in
passato, mi fa sperare una parola in favore e a tale oggetto le
mando qui alcuni stampati relativi. Potrei sperare che V. E.
dando un benigno compatimento sul passato, venga a fare una
visita alla chiesa nuova di Maria Ausiliatrice? Ad ogni modo
la prego di gradire i sentimenti della sincera mia gratitudine >>.
Ma Monsignore si astenne dal rispondergli.
La supplica fu letta in seno all'adunanza. Mons. Ghilardi,
Vescovo di Mondovì, si levò per i1 primo a dichiararsi favore-
vole; a lui tennero dietro altri Vescovi. Ne nacque un po' di di-
scussione, che il Vescovo d'Ivrea troncò dicendo: - Abbiamo
qui il Metropolitano. Egli decida. - L'Arcivescovo, osservato
che c'erano troppe altre cose da trattare, mise da parte il fo-
glio e non se ne parlò più. Dopo, il segretario ne scrisse d'ufficio
a Don Bosco nei termini con cui si suole esprimere un cortese
rifiuto. Don Lemoyne narra (I) che i1 Santo, quando lesse la
lettera, esclamò: - Pazienza! Sia tutto per amor di Dio e della
Santa Vergine. Vedremo di aggiustare le cose a Roma.
(I) L. cit., pag. 424,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

13.4 Page 124

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CAPO XII
Come Don Bosco ottenne a Roma
l'approvazione della Società.
Le ripulse non iscoraggiarono il Servo di Dio. Infatti riprese
subito la corrispondenza con coloro che lo potevano aiutare,
finchè, persuaso che gli schiarimenti dati di presenza avrebbero
giovat? più delle spiegazioni mandate per lettera, decise di re-
carsi a Roma. Persone autorevoli e a lui affezionate gli sconsi-
giiavano quel viaggio, perchè a parer loro non avrebbe conchiuso
nulla. <<Egliperò (scrive Don Rua nella cronaca deli'oratorio
sotto il 7 marzo 1869, cioè dopo il suo ritorno) confidato in Ma-
ria Ausiliatrice, rispettando i loro consigli, non tralasciò di fare
quanto parevagli dal Signore suggerito >>.
Parti 1'8 gennaio. La sera innanzi dopo le orazioni aveva
detto a tutta la comunità: 4 Voleva partire di nascosto, ma da
ieri a quest'oggi si divulgò talmente la nuova della mia partenza,
che, andando oggi per Torino, una persona mi diceva: - Aspetti,
ho una commissione da lasciarle! - E voi, o miei cari giovani,
volete sapere dove vado? Vado a Roma, perchè ho affari di
m,>lta irnportanzs, e vado per voi; per far danari, se posso, e
poi per un'altra cosa che vi dirò a suo tempo, e ne sarete molto
contenti, perchè sarà di grande utilità all'Oratorio $. Infine aveva
raccomzndato caldsmente di recitare ogni giorno fino al 7 marzo
un Pater ed una Salve secondo le sue intenzioni.
Nel di della sua partenza Mons. Gastaldi scrisse un'impor-
tante lettera al Card. Quaglia, Prefetto della Congregazione dei
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

13.5 Page 125

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Come Don Bosco ottenne l'approva~ionedella Società
Vescovi e Religiosi, al quale spettava dirigere il corso della pra-
tica. Gli diceva:
Recasi a Roma il Molto Rev. Sig. Don Giovanni Bosco sacerdote torinese,
il quale fino da1 1845 in circa aprì in Torino un Oratorio per educarvi cristiana-
mente la gioventù, il quale fu benedetto dalla Provvidenza cosi, che ora conta
da 800 ragazzi incirca quivi conviventi insieme, oltre a parecchie centinaia che
vi vengono solo nei di festivi. La magnifica chiesa dedicata a Maria SS. Ausilia-
trice che fu eretta daiio stesso sacerdote presso a questo Oratorio coli'enorme
spesa di oltre un mezzo milione di franchi, e tre altri Oratorii festivi per racco-
gliervi la gioventù la quale vi accorre nelle domeniche e feste in un numero presso
a zoo0 individui, e due collegi convitti aperti e mantenuti per lo stesso scopo
a Lanzo Torinese e a Mirabello, diocesi di Casale, e frequentati così che il locale
non basta per soddisfare alle domande, dimostrano chiaro che l'opera di questo
sacerdote è protetta dalla mano di Dio, e che arreca giovamento alla religione.
Ella è cosa patente di per sè, che quest'opera per conservarsi e proce-
dere abbisogna di molti coadiutori, i quali non possono convivere insieme ed
essere uniti da un medesimo scopo ed essere animati dailo zelo e spirito di sa-
crifizio richiesto alla medesima, senza che essi siano legati insieme da voti reli-
giosi e formino una Società religiosa.
Per questo il predetto Don Bosco fin da principio venne formandosi dei chie-
rici e dei sacerdoti, ai quali coniunicò il suo spirito, e coll'aiuto dei quali venne
reggendo e conducendo a biiono le sue Istituzioni: e questi chierici e sacerdoti
cominciano già a comporre la Società, che avrà da rendere durevole i'opera cosi
bene avviata.
I1 sottoscritto vide nascere e crescere questa Società, ne conobbe come ne
conosce ogni individuo, e non pub altro che parlarne con elogi e desiderarne lo
stabilimento in modo sicuro.
A tal fine è al tutto necessario, che quest'opera ottenga dalla Santa Sede
Apostolica qiiella sanzione senza della quale essa non potrà mai avere stabilità.
I1 Sig. Don Bosco presentò già alla S. Sede le Regole della sua nascente Società
e supplicò la medesima a concedergli le grazie ed esenzioni necessarie ad ogni
Società Religiosa.
Ed il sottoscritto raccomanda caldamente a V. S. questo desiderio del Stg.
Don Bosco e la prega di assisterlo, afiiichè egli impetri dalla S. Sede quanto gli
è necessario per avere bene formata e costituita la sua Società; la quale fuor
d'ogni dubbio promuoverà come ha promosso e promuove la cosa più urgente
che sia nei giorni presenti, cioè la cristiana educazione della gioventù.
Trattenutosi parecchi giorni a Firenze, dove l'aveva chia-
mato da parte del Re il Ministro dell'Interno, arrivò a Roma
la mattina del I g. Cominciò anzitutto a tastare il terreno; ma do-
vette accorgersi che dei Prelati ben pochi avrebbero secondato
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

13.6 Page 126

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capo XIl
i suoi disegni. Le lettere contrarie alla Socidà avevano fatto
breccia. La Sacra Congregazione, che per transenna si era già oc-
cupata delle Regole, volle appurare meglio come stessero le cose
a Torino; quindi incaricò i1 Segretario Mons. Svegliati di chie-
dere un ragguaglio al Teol. Margotti, Direttore dell'unitd Cat-
tolica. Questi rispose facendo due osservazioni. La prima concer-
neva gli studi. e L'istruzione ecclesiastica,. scriveva, nell'orato-
rio di Don Bosco è per ogni parte commendevolissima. I suoi
chierici ad una profonda pietà uniscono una soda dottrina, ed
anche da questo lato l'oratorio di Don Bosco ha reso e rende
segnalati servigi alla Chiesa in genere ed in ispecie alla diocesi
di Torino >. Per altro non avrebbe voluto un insegnamento in-
dipendente dall'Arcivescovo, perchè questo avrebbe potuto << pro-
durre gravi conseguenze e generare due partiti non solo nel clero
giovane, ma anche negli attempati sacerdoti >> con deplorevoli
effetti. Perciò insisteva: u L'Oratorio di Don Bosco merita ogni
favore, ma il principio d'indipendenza, ripeto, sarebbe un germe
fatale di scissure e di scismi. Raccomandare l'oratorio all'Arci-
vescovo, cosicchè da lui ottenesse ciò di cui abbisogna per sem-
pre più prosperare, ecco il partito giudicato migliore da persone
pratiche, che hanno in vista soltanto la gloria di Dio ed i van-
taggi delia Chiesa P.
Si noti che il Margotti era affezionato quant'altri mai a Don
Bosco. Ecco perchè il Santo, quando prese visione di questo do-
cumento, comprese che solo un miracolo avrebbe potuto cam-
biare gli animi. Don Lemoyne riferisce queste sue parole, da lui
raccolte (I): Si prendevano le nostre povere Regole e ad ogni
parola si trovava una aifficoltà insormontabile. Coloro che avreb-
bero potuto fare di più in mio favore, erano quelli che più risolu-
tamente si manifestavano di parere contrario. Io però confidando
nella Madonna e nelle preghiere che si facevano neli'oratorio,
aveva speranza che tutto sarebbe superato ».E nell'Oratorio si
pregava molto. Don Rua nella citata cronaca scrisse: «Nel tempo
( I ) Mena. Biogr., vol. IX,pag. 499,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

13.7 Page 127

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Come Don Bosco olzenne l'app~wazionedella Societù
che Don Bosco dimorò nell'eterna città i giovani dell'oratorio
non mancarono mai di recitare le preghiere prescritte. Anzi ag-
giunsero corone di comunioni, per cui molti s'incaricarono di fare
in giorno di propria scelta la santa comunione per lui, in modo
che ogni giorno delia settimana ve ne fosse un certo numero a
compiere tale ufficio di riconoscenza verso il loro buon padre 9.
Tante preghiere non furono vane; il prodigioso intervento del
Cielo auspicato da Don Bosco si verificò in forma evidente e pi&
d'una volta. La prima volta fu in casa del non più semplicemente
Monsignore, ma allora Cardinale Berardi. Aveva egli gravemente
infermo un nipotino di undici anni, unico rampollo di nobile e
ricca famiglia: la febbre tifoidea lo consumava a vista d'occhio
ed era considerato come perduto. Lo zio volle a ogni costo che
Don Bosco lo visitasse. I1 Santo vi si recò solo dopo molte insi-
stenze e quando entrò in quella casa, tutti lo supplicavano addi-
rittura di guarire l'infermo. Egli, quasi da queli'orecchio non
sentisse, spiegò al Cardinale come fosse venuto a Roma, perchè
lo aiutasse a ottenere dal Santo Padre l'approvazione della sua
Società. I1 Cardinale promise, ma a patto che gli risanasse il
fanciullo. &n Bosco, raccomandato ai presenti di avere fede
in Maria Ausiliatrice e recitate alcune preghiere,presso il letto
del malato, lo benedisse.e consigliò di fare una novena. ((11par-
lare di novena al letto di uno quasi spedito da tutti, è cosa
che allarga poco il cuore >>, scrisse allora Mons. Manacorda, il
quale però soggiungeva: 411 giorno dopo il fanciullo era libero
dalla febbre, e al compirsi della novena usciva di casa sano e
salvo » (I). Sua Eminenza, fuori di sè dalla gioia, andò a rac-
contare ogni cosa al Papa, raccomandandogli con gran calore la
Società.
Poco dopo accadde un'altra guarigione in condizioni straor-
dinarie. Don Bosco aveva dal Governo italiano una misteriosa
missione da compiersi presso la Segreteria di Stato; dovet'te
quindi conferire col Card. Antonelli, che reggeva quel dicastero
( i ) Lettera a Don Bonetti, 31 gennaio 1869.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

13.8 Page 128

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pontificio. Anche questo Porporato la pensava come coloro che
giudicavano impossibile approvare la Società, sia per la cou-
dizione dei tempi, sia per la forma del voto di povertà. Don
Bosco lo trovò inchiodato da più giorni sopra una poltrona, per-
chè torturato dalla podagra. Il Papa stesso andava da lui, data
la sua impossibilità di fare un passo. I1 Santo, condotto il di-
scorso sulla Società, lo pregò di raccomandarla al Santo Padre;
ma il Cardinale tentennava il capo. Allora Don Bosco, quasi
ispirato dall'alto, affermò categoricamente che, se prometteva di
andare l'indomani dal Papa per questo motivo, si sarebbe sentito
meglio. L'illustre infermo, martoriato da' suoi dolori, finì con
promettere. Ed ecco che la mattina appresso, cessati realmente
i lancinanti assalti del male, si recò all'udienza e narrò il caso.
Dio aiutava il suo servo; ma questi non tralasciava di aiu-
tarsi. Stando a Torino aveva chiesto consigli e aiuti a membri
altolocati di Ordini religiosi, ma tutti si erano schermiti. A Roma
trovò un fido consigliere nel Signor Borgogno, Procuratore ge-
nerale dei Lazzaristi, che gli diede ottimi suggerimenti, gli fa-
vorì copia delle sue Regole, gl'indicò documenti, gl'insegnò come
servirsene, lo iniziò poi a procedure, che conosce bene soltarlto
chi è ben addentro nelle segrete cose. Ebbe in tal modo una
bussola, con cui orientarsi. Visitò persone kfluenti, discusse,
chiarì. Colloqui della massima importanza si svolsero col Cardi-
nal Quaglia e col Segretario Svegliati, entrambi sfavorevoli at-
l'approvazione. Un curioso documento ci rivela quale fosse la
sostanza precisa di quelle conferenze. È in una stampa del 1878,
destinata a vincere le opposizioni, quando era in esame la defini-
tiva approvaziorie delle Regole. Essendosi allora riaffacciate le
medesime difficoltà del 1869, Don Bosco espose in forma dialo-
gica le dispute avute allora col Cardinale Prefetto dei Vescovi e
Regolari, col Segretario della stessa Congregazione e con altri.
Nelle Domande fa intendere le obbiezioni mossegli e nelle Rispo-
ste riassume le sue spiegazioni (I).
( I ) Cenno storico sulla Congrsgasione di S . Fralacesco di Sales e relalivi schiarimenti. Tip.
Poliglotta di Propaganda, 1878. Pag. IO. È un opuscolo di appena zo paene.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

13.9 Page 129

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Come Don Bosco ottenne I'appronaaione della Società
D. I n questa società cercate il bene del prossimo o quello de' soci?
R. Lo scopo di questa Società è il bene spirituale dei soci mediante l'eser-
cizio della carità verso il prossimo e specialmente verso alla povera gioventù.
D. Quale cosa osservate particolarmente nell'accettazione dei soci?
R. Nell'accettazione dei soci si bada in modo speciale alla virtù dei mede-
siini: perciocchè la nostra Congregazione non è destinata ad accogliere conver-
titi, che desiderino di attendere alla preghiera, alla penitenza, alla ritiratezza,
ma di accogliere individui di vita costumata, fondati nella virtù e nella religione,
i quali vogliano dedicarsi al bene della gioventù soprattutto dei fanciulli pii1
poveri e pericolanti. Per questa ragione finora abbiamo accettati soltanto gio-
vanetti da più anni conosciuti e vissuti nelle nostre case con vita sotto ad ogni
rapporto esemplare.
D. Avete il noviziato?
R. Abbiamo il noviziato, ma le pubbliche leggi, i luoghi dove viviamo, non
permettono di avere una casa separata, che serva esclusivamente a questo scopo.
11 Noviziato, che noi chiamiamo tenrpo di prova, si fa in un tratto della casa prin-
cipale che è in Torino.
D. In che cosa consiste questa prova?
R. Questa prova dividesi in tre periodi di tempo. La prima è degli aspiranti,
e deve precedere il Noviziato. La seconda è il Noviziato propnainente detto,
che dura non meno di un anno. La terza prova è quella dei voti triennali. Finora
abbiamo accettati soltanto quelli che nelle nostre case passarono quattro, cinque
ed anche sette anni con vita edificante, tanto nello studio, quanto negli esercizii
di cristiana pietà. Ciò posto l'aspirante è ammesso alla seconda prova, cioè alla
pratica esatta delle regole della societ22, almeno per un anno, talvolta per due
ed anche di più.
D. In quali pratiche religiose si esercitano i Novizii?
R. I Novizii si esercitano regolamente nello studio e nella pratica delle
Regole delta Congregazione. Ogni mattino, preghiera vocale, meditazione, terza
parte del Rosario e più volte alla settimana fanno la Santa Comunione. Lungo
la giornata hanno lettura spirituale, visita al SS. Sacramento con lettura di ma-
teria ascetica, esame di coscienza, e comunione spirituale. Ogni sera dell'anno,
all'ora stabilita si raccolgono in Chiesa, cantano una lode sacra, di poi si legge
la vita del santo di quella giornata: e dopo il canto delle Litanie Lauretane assi-
stono alla benedizione col SS. Sacramento. Oltre a queste cose speciali, i novizii
prendono eziandio parte a tutte le pratiche di pietIi comuni agli altri giovani
della casa, quali sono preghiere comuni mattino e sera con apposito sermoncino,
sacre funzioni dei giorni festivi cioè: due messe, Mattutino e lodi della B. V.,
spiegazione del Vangelo al mattino: dopo mezzodi assistono, oppure fanno il
catechismo ai fanciulli: intervengono all'istruzione comune, predica, ai Vespri,
alla benedizione: e simili.
D. Con quale frequenza si accostano alla confessione?
R. Secondo le nostre regole si accostano ogni settimana alla Santa Confes-
sione, presso ai Confessori dal superiore assegnati.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

13.10 Page 130

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Capo XII
D. Quali speciali istruzioni ascetiche date ai provandi?
R. Oltre a quanto fu sopra esposto, ogni settimana il maestro dei provandi
fa loro una conferenza mora3e sulle virtù da praticarsi e sui difetti da fuggirsi,
prendendo per lo più per argomento qualche articolo delle costituzioni.
D. In quali altre cose sono occupati?
R. In questo tempo i Novizii sono occupati anche a fare il Catechismo ogni
qual volta ne sia di bisogno, ad assistere i fanciulli dello stabilimento, e talora
anche a fare qualche scuola diurna o serale, a preparare i più ignoranti alla Cre-
sima, alla Comunione, a servire la Santa Messa e simili. In ciò consiste la parte
più importante della prova. Chi non avesse attitudine a questo genere di occupa-
zioni, non sarebbe accettato nella Congregazione.
D. Quali ne sono i risultati?
R. I risultati morali finora furono assai soddisfacenti. Quelli che riescono
a queste prove divengono buoni soci. prendono affezione al lavoro, avversione
all'ozio, e le occupazioni divenendo per loro come necessarie si prestano volen-
tieri ad ogni momento in quello che può tornare alla maggior gloria di Dio. Qiielii
poi che non hanno attitudine a questo genere di vita, si lasciano liberi di secou-
dare altrimenti la loro vocazione.
D. Che regola tenete nello studio?
R. Niuno & accettato come chierico nella Congregazione, se non ha con buon
successo compiuto il corso ginnasiale, ossia la retorica. Ammessi poi alla filosofia
sono tutti radunati nella casa di Torino e si applicano a questa scienza nOn meno
di due anni. Quelli che debbono prepararsi ad esami pubblici fanno il liceo di
tre anni. Dico pubblici esami, perchè l'insegnamento pubblico e privato, essendo
regolato da pubbliche leggi, che escludono dall'insegnamento tutti quelli i quali
non hanno un titolo legale, è forza, che i nostri maestri debbansi munire di una
patente o di un pubblico diploma.
D. Avete idonei professori pei socii della Congregazione?
R. Fra i molti che subiscono i pubblici esami, ne abbiamo in numero suffi-
ciente. Qualora poi ne sia mestieri, siamo assai bene aiutati da alcuni nostri
altievi, già fatti pubblici insegnanti, che molto di buon grado vengono a prestare
l'opera loro, ogni volta ne sono richiesti.
D. Come fate nella Teologia?
R. Per la Teologia abbiamo i corsi regolarmente stabiliti nell'oratorio di
S. Francesco di Sales.
D. Quali parti di scienza sono specialmente coltivate?
R. Abbiamo lo studio regolare di Ermeneutica Biblica, Storia Ecclesiastica,
Teologia morale, dogmatica e speculativa.
D. Chi avete per professori?
R. Per professori abbiamo parecchi membri della Società, che con lode
hanno conseguito il dottorato in questa facoltà con pubblici esami. Ginora ab-
biamo sempre avuto uno dei più celebri professori del Seminario Arcivescovile
che venne e viene tuttora puntualmente a dare lezioni lungo l'anno, e a suo tempo
dirige gli esami. Esso appartiene alla Congregazione come esterno.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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Conre Don Bosco ottenne l'approvazione della Società
farmi D. Quali autori usate? E quanti
di corso?
R. In generale il nostro maestro è S. Tommaso d'Aquino: e ne' corsi ci atte-
niamo alle opere di S. Alfonso, secondo i trattati di Monsignor Scavini per la
morale: quelli del Padre Perrone per la dogmatica e la speculativa. I1 nostro
corso Teologico è di cinque anni. Quando vi fosse l'età con qualche grave ragione
si presentano agli ordini anche al quarto anno, ma si continua a fare il quinto anno
di Teologia dopo il Sacerdozio.
D. Come fate per lo studio di morale?
R. Per lo studio di morale abbiamo il corso regolare in Congregazione. Ma
prima di presentarsi a subir l'esame finale di Confessione, oltre a1 quinquennio,
frequentano ancora due anni le conferenze, che, sotto all'immediata direzione
dell'Arcivescovo, si tengono nel Convitto Fxclesiastico...
D. Si dice che voi occupate anche in altre cose i vostri Chierici. È vero?
R. I nostri chierici, non di regola ordinaria, ma quando si deve fare qualche
prova. o per particolare bisogno, sono occupati ad assistere nello studio, dove
essi parimente possono studiare: sono occupati ad assistere nei dormitorii, nella
ricreazione, nel tempo di passeggio, di chiesa e simili: ma ciò fanno soltanto in
tempo libero, sexza che loro s'impedisca nè la scuola, nè lo studio. In caso poi
di necessità alcuni sono anche temporaneamente applicati nelle scuole diurne
e nelle scuole serali. Ma queste varie occupazioni si addicono a1 loro stato ed è
lo scopo fondamentale della nostra società. A questo riguardo è bene di notare,
che queste occnpazioni preparano i socii a lavorare pel bene delle anime: lavo-
rano, ma il lavoro è regolare, in modo che rimane tempo sufficientissimo per at-
tendere agli studii ed alla pietà. Anzi l'esperienza di trentatrs anni ci ammaestra
che queste assidue occupazioni sono un baluardo inespugnabile della moralità.
Ed ho osservato che i più occupati ed i più laboriosi ricordano vie meglio I'antica
loro condizione, godono molta sanità, si conservano più virtuosi, e, fatti Sacer-
doti, riportano copioso frntto nel sacro Ministero.
D. Non sarebbe meglio che i vostri chierici andassero in seminario?
R. Fino a tanto che non si potè fare diversamente, i nostri Chierici frequen-
tarono le scuole del Seminario. Ma, appena fu possibile, anche con grandi sacri-
fizii, si dovette provvedere altrimenti. I trattati sono diversi da quelli della nostra
Congregazione, e spesso sono cangiati, giacchè ogni professore detta ed usa il
suo proprio Gattato. Inoltre i giorni e le ore stabilite per l'insegnamento in Se-
minario non coincidono coll'orario deila nostra Casa. Dovrebbero percorrere
oltre a sei chilometri al giorno tra andata e ritorno: il che importa tempo assai
notabile. A questo si aggiunge che per recarsi in Seminario devono passare nei
citi più popolati e più frequentati della città, dove le strane fogge di vestire e
di parlare, i saltimbanchi, i giornali, i libri, le fotografie oscene, e non di rado
gli scherzi ed il disprezzo, comprometterebbero, come di fatto è più volte avve-
nuto, la moralità e la stessa vocazione degli allievi.
Intanto i fatti narratigli dai due Cardinali avevano commosso
Pio IX, che, desideroso di vedere Don Bosco, gli fissò l'udienza
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

14.2 Page 132

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Capo XZZ
per il 23. Buona parte del collocluio versò intorno agli affari della
Società. I sentimenti del Santo Padre furono oltremodo inco-
raggianti. Egli stesso gl'insegnò la maniera di sciogliere le diffi-
coltà; anzi gli diede norme per agire poi con tranquilla coscienza,
,quando venisse a trovarsi in certe contingenze. Scoglio assai ar-
duo rimaneva il punto delle ordinazioni. Vi solevano essere due
categorie di ordinandi, quelli cioè venuti nelle case salesiane
prima dei quattordici anni e gli altri venuti dopo. Dei primi i
rispettivi Vescovi non avevano alcuna conoscenza, sicchè, volen-
dosi informare della loro condizione e condotta, dovevano ri-
correre a Don Bosco e ai Salesiani, che li avevano avuti per quat-
tro o cinque anni sotto gli occhi. Tornava dunque inutile chie-
dere le testimoniali ai loro Vescovi per ~mmetterlinella Società
e poscia agli ordini sacri. I1 Papa ne convenne e approvò che
tali giovani potessero essere accettati nella Congregazione senza
testimoniali e quindi ammessi alle ordinazioni. Quanto ai se-
condi, consigliò di fare speciale domanda alla Santa Sede per un
determinato numero di candidati, ogni volta che bisognasse. Qui
il Papa osservò: <Facciamo un passo per volta; chi va piano,
va sano. Quando le cose vanno bene, la Santa Sede suole aggiun-
gere e non mai togliere ». Con questo escludeva la concessione
della facoltà generale di rilasciare le dimissorie.
Un'altra questione era pendente. Nel 1848 la Santa Sede
aveva emanato una serie di decreti, contenuti nelle due Costi-
tuzioni Apostoliche R o r n a ~ iPontifices e Regzllari d i s i i p l i ~ a ee
concernenti le accettazioni al noviziato e l'ammissione ai voti.
La piena osservanza di tali leggi supponeva Congregazioni reli-
.giose perfettamente costituite e organizzate, mentre la nostra So-
cietà era appena in via diformazione. Anche qui il Papa dimo-
strò una larghezza adeguata alle circostanze; infatti disse a Don
Bosco di cominciar ad eseguire quel tanto che poteva e per il
resto gli accordò le facoltà occorrenti, dispensandolo intanto dalla
pubblica lettura dei decreti a mensa, com'era prescritto di fare
due volte all'anno.
Il giorno dopo l'udienza Don Bosco scrisse a Don Rua: Le
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

14.3 Page 133

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Conte Dorr Bosco ottenne I'approvadtone della Socierà
cose vanno assai bene, ma vi sono gravi difficoltà da superare;
ma ringraziamo il Signore, abbiamo grandi motivi di essere con-
tenti. Per ora continuate a pregare x.
Queste " gravi difficoltà " provenivano dalla Congregazione
dei Vescovi e Regolari, che ha il sacro dovere di tutelare i'osser-
vanza delle leggi ecclesiastiche anche in materia di diritto dei
religiosi. E vero che la volontà del Papa fa legge nella Chiesa;
ma il Papa nei casi particolari non suole sostituirsi a' suoi organi
ufficiali, che sono appunto le Congregazioni Romane. Egli per-
tanto si limitava a raccomandare che si contentasse Don Bosco
in tutto quello che si poteva. Tenace propugnatore del summum
ius era stato sempre il Segretario Svegliati, al quale toccava poi
formulare il voto. Vari Cardinali insinuarono a Don Bosco di
guadagnarlo alla sua causa. Don Bosco stabilì di fargli una vi-
sita non più in ufficio, ma jn casa. Lo trovò in grave affanno,
perchè si sentiva addosso sintomi troppo evidenti di fiera pol-
monite. La tosse gli rompeva i fianchi. Pur vedendolo in sì tri-
ste stato, Don Bosco ebbe il coraggio non solo di pregarlo che
appianasse le difficoltà contrarie all'approvazione della Società,
ma anche d'insistere, perchè andasse presto presto dal Papa
per interporsi in suo favore. Si raccomandasse a Maria Ausilia-
trice promettendo di così fare, si recasse l'indomani all'udienza,
e la guarigione sarebbe sicura. Tanta asseveranza impressionò
Monsignore, che non ignorava i due fatti precedenti; tuttavia non
sapeva se dovesse prestargli fede. Finalmente l'amore della vita
vinse le esitazioni, e promise. I,a mattina dopo, niente più bri-
vidi, niente tosse. Si presentò al Santo Padre, gli descrisse l'in-
contro e venne via risoluto di secondare le intenzioni del Papa,
checchè ne pensassero altri. Verso sera rese la visita a Don Bo-
sco, rinnovandogli le più larghe assicurazioni. Scrive Don Le-
moyne (I): << Le grazie di Maria Ausiliatrice ai Cardinali Berardi
e Antsnelli e a Mons. Svegliati avevano conciliati a Don Bosco
gli avversari, rinfervorati gli amici tiepidi, confermato nella sua
( I ) Mem. Biogr., vol. iX,pag. 522
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

14.4 Page 134

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Capo XII
risoluzione il Sommo Pontefice, che vedeva nel Venerabile il messo
di Dio, l'esecutore de' suoi disegni e l'operatore de' suoi portenti n.
Ciò nonostante ancora il 3 febbraio Don Bosco scrisse a Don
Rua: <Le ferie di carnovale hanno interrotte le mie imprese;
venerdì 19 ogni cosa sarà in movimento. Forse gravi difficoltà
in tutto; ma si possono dire tutte appianate con esito molto
superiore alla nostra aspettazione. Ma silenzio e preghiera >>. Le
presagite difficoltà toccarono veramente il colmo nelle prime set-
timane di quaresima, allorchè in parecchie Congregazioni ordi-
narie i Cardinali esaminavano di proposito le Regole della So-
cietà e le osservazioni di alcuni Vescovi. Monsignor Svegliati
mise innanzi il pensiero del Papa. Don Bosco veniva chiamato a
dare spiegazioni. Furono per lui settimane di passione. Visite
non sempre facili, discussioni prolungate e accascianti, pratiche
delicate, insomma una tensione continua di spirito da stancarlo
oltre ogni dire. Un giorno il Card. Monaco La Valletta dopo una
seduta, desiderando di averlo seco, lo invitò a salire nella sua
carrozza; ma egli si scusò umilmente p.er il gran bisogno che sen-
tiva di respirare all'aperto, e per J'impossibilità di tenere qual-
siasi conversazione. I1 Padre Verda domenicano, che l'aveva ac-
compagnato da Firenze a Roma e che allora coglieva ogni occa-
sione per essergli utile, lo descrisse che a volte, allontanatosi
quasi fuggendo dalla città, si aggirava solo soletto per luoghi ro-
miti, bisognoso di aria libera e di riposante quiete campestre.
Doveva essere ben affaticato quel povero cervello!
Essendogli noto che il 19 febbraio la Sacra Congregazione
avrebbe conchiuso il suo esame e deliberato sull'affare, ordinò
alllOratorjo che in tutto quel giorno gruppi di giovani si succe-
dessero per turno a pregare dinanzi a Gesù Sacramentato. Stu-
denti e artigiani sacrìficarono anche buona parte delle loro ri-
creazioni, standosene in chiesa. Ed ecco che finalmente alla sera
del giorno aspettato e temuto il Servo di Dio ebbe la gioia di
sapere che la Sacra Congregazione aveva approvato la So-
cietà e che il Santo Padre aveva ratificato quell'approvazione.
Nella sera medesima fu ricevuto in udienza dal Papa, che lo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

14.5 Page 135

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Come Don Bosco ottenne I'approvazione della Societd
esortò a fare sollecitamente le pratiche per ottenere anche I'ap-
provazione delle Regole. - Io sono informato di'tutto, gli disse;
conosco il vostro scopo e vi sosterrò in ogni maniera. Ma io sono
vecchio, da un momento all'altro posso mancare, e chi sa chi
verrà eletto Papa dopo di me e come si prolungheranno le cose.
- Gli diede i n h e norme pratiche per far penetrare sempre pitì
nella Società lo spirito veramente religioso. La contentezza di
quella sera compensò il Santo di tutti i travagli passati.
Don Bosco si trattenne ancora una diecina di giorni a Roma
per ultimare diversi negozi. Tutti vedevano la sua grande soddi-
sfazione e parecchi ne scrissero a Torino. Basti una sola cita-
zione, che è della Marchesa Fanny Amati di Villarios in una
lettera del 23 febbraio a Don Rua: Don Bosco, grazie a Dio,
sta bene, ed è molto contento. Egli è da tutti desiderato e gode
la stima universale, ammirabile sempre per quella calma che non
può venire che dal cielo. Quantunque si sia poco goduto in que-
st'anno, l'assicuro che lo vediamo partire con dispiacere e da
questo arguisco quale deve essere la loro consolazione, sentendo il
suo prossimo ritorno >>E.gli poi informava Don Rua tre giorni
dopo: << Io sono piuttosto stanco di mente e di corpo; perciò avrei
vero bisogno che al mio arrivo non si facesse alcuna dimostra-
zione. Niente più che se venissi dalla città di Torino: ciò mi sa-
rebbe di non piccolo sollievo %. Ma Don Bosco era troppo amato
nell'oratorio, perchè dopo un'assenza di due mesi e dopo le re-
centi txepidazioni non vi si volesse festeggiare il suo ritorno e
partecipare alla sua contentezza. Infatti l1Oreglia scriveva a
Roma dopo il suo arrivo (I): << Nell'Oratorio paiono diventati
tutti matti. Chi canta, chi suona, chi grida, tutti così allegri che
più nessuno sta nella pelle. Neaache le campane stanno quiete
un momento, per cui obblighiamo anche i lontani a rallegrarsi
con noi. Don Bosco è arrivato, e quindi non è più possibile te-
ner quieti, non solo i ragazzi, ma anche i grandi >>.
Egli aveva lasciato Roma il 2 marzo. Quel mattino gli era
(I) Lettera alla Madre Galeffi, Presidente delle nobili Oblate di Tor de' Specchi. Torino
8 marzo 1869.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

14.6 Page 136

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stato.consegnato un plico recante i suggelli della Sacra Congrega-
zione dei Vescovi e Regolari, perchè lo rimettesse all'Arcivescovo
di Torino. Vi si conteneva i1 decreto di approvazione della Società
e una lettera per Mons. Riccardl. Ecco la versione del decreto.
La salute delle anime, affidata alla cura del Santissimo Signor Nostro Papa
Pio I X dal Principe dei Pastori, lo rende di continuo vigilante per non tralasciare
nulla d'intentato; affinchè la Sacrosanta Fede Cattolica, senza la quale è impos-
sibile piacere a Dio, fiorisca sempre e si dilati in ogni parte della terra. Egli perciò.
guarda con particolare benevolenza apostolica specialmente quegli ecclesiastici,
che riuniti jn società, si prendono cura deUa gioventù, le infondono lo spirito.
d'intelletto e di pietà e con ogni zelo e sforzo si adoperano a produrre copiosi
frutti di virtù e di bontà nella vigna del Signore. Non appena la Santità Sua
conobbe annoverarsi fra tali Società la Pia Congregazione di Ecclesiastici, eretta
in Torino dal sacerdote Giovanni Bosco sotto il titolo di S. li'rancesco di Sales,
la onorò con un decreto di apostolica lode il 10 luglio 1864. Ma il suddetto Fon-
datore, venuto testè a Roma, insistette presso la Santa Sede, perchè si degnasse
approvare la prefata Congregazione e le relative Costituzioni. Il Sommo Pon-
tefice pertanto, nell'udienza avuta dal sottoscritto Mons. Segretario di questa
Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, in data 19 febbraio 1869, attese le
Lettere Commendatizie di molti Vescovi, approvò e confermò la detta Congre-
gazione come Società di voti semplici sotto il governo del Superiore Generale,
salva la giurisdizione degli Ordinari a tenore dei sacri Canoni e delle Costituzioni
apostoliche, come in forza del presente Decreto la approva e conferma, differita
a tempo più opportuno l'approvazione delle Costituzioni, le quali dovranno cor-
reggersi conforme alle osservazioni per ordine di Sua Santità già altra volta co-
municate, tranne la quarta, che dovrà modificarsi nel modo seguente: La Santità
Sua, benignamente annuendo alle preghiere del sacerdote Giovanni Bosco con-
cesse al medesimo, come a Superiore Generale della Pia Congregazione, la facoltà,
valevole soltanto per tutto il decennio prossimo venturo, di rilasciare le lettere
dimissoriali per ricevere la Tonsura e gli Ordini Maggiori e Minori, agli alunni,
che prima dei quattordici anni furono accolti in qualche collegio o ccnvitto della
medesima Congregazione o vi saranno accolti in awenire, e che a suo tempo
diedero o daranno il nome alla prefata Pia Congregazione: ma con questa con-
dizione che, se per qualsiasi motivo vengano licenziati dalla Pia Congregazione,
debbano rimanere sospesi dall'esercizio degli Ordini ricevuti, finchè, prowisti
di sufficiente patrimonio ecclesiastico, qualora siano in sacris, non trovino un
Vescovo che benignamente li accolga.
Nonostante qualunque disposizione in contrario.
Dato a Roma, dalla Segreteria della Sacra Congregazione dei Vescovi e Re-
golari, addi Io marzo 1869.
S. SVEGLIATsIe,gretario.
A. Card. QUAGLIAP,refetto..
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

14.7 Page 137

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Come Don Bosco ottenrte l'approvazione della Società
A1 decreto andava unita la nota seguente della Sacra Con-.
gregazione all'Arcivescovo di Torino.
3 marzo 1869.
La Santità di Nostro Signore, essendosi degnata di approvare l'Istituto fon-
dato in cotesta città dal benemerito sacerdote Don Giovanni Bosco, come la S. V.
rileverà dall'annesso decreto, ha ordinato contemporaneamente che i chierici
alunni del suddetto Istituto continuino a frequentare le scuole di S. Teologia
del Seminario Arcivescovile fino a nuova disposizione della S. Sede, sebbene il
Superiore possa ai medesimi rilasciare le lettere dimissoriali per la sacra ordina-
zione, qualora siano entrati nell'indicato Istituto prima di aver compiuto l'anno.
decimoquarto di loro età. E ciò in considerazione che prima della detta età può.
anche omettersi la fede di stato libero.
1,'Istittito in parola, estendendo i suoi vantaggi morali principalmente alla
città e diocesi di Torino, non può non interessare lo zelo della S. V. a mostrargli
ogni impegno, onde maggiormeilte raggiunga lo scopo per cui venne fondato.
E sebbene la cosa si racco~nandiper se stessa, tuttavia questa Sacra Congrega-
zione dei Vescovi e Regolari, che ha la tutela e la sorveglianza di tali pie fon-
dazioni, non può dispensarsi dal fare ogni premura alla S. V. onde continui a
coprire della di lei protezione un'opera cosi buona, nata sotto la invocazione
di S. Francesco di Sales. Con tale lusinga le auguro dal Signore ogni più estesa
felicità. ecc.
Nella solita conferenza di S. Francesco di Sales, la cui festa
era stata rimandata al 7 marzo, Don Bosco parlò del grande
avvenimento ai Direttori, a tutti i Soci ed agli aspiranti riuniti.
Del suo discorso ci è pervenuto un diffuso riassunto. Dopo l'e-
sordio prese a dire:
Questa nostra Società iinora andava avanti cosi senza avere un fondamento
sicuro di esistenza; aveva Regole, ma no11 essendo approvate si restringevano
a legare individui attorno ad una persona per uno scopo determinato. e quindi,
morto Don Bosco, poteva forse anche morire la sua Società. Fin dall'anno 1864
la Società fu lodata, e Don Bosco ne era stato costituito capo, ma nulla di piu
poi nel 1867 fu da parecchi Vescovi commendata e raccomandata. Ma ora si
trattava di venire ad una conclusione definitiva, o di approvazione o di sciogli-
mento. La vita nostra era precaria e ad ogni occasione i Vescovi potevano ri-
chiamare i loro chierici, perchè soggetti alla loro giurisdizione: ed allora la So-
cietà restava sciolta di fatto. Perciò era d'uopo che i membri fossero quindi li-
beri e affrancati dalla giurisdizione vescovile. Perciò pensai di andare a Roma.
Si frapponevano immensi ostacoli. Il Consiglio diocesano richiesto di un modulo,
che salvasse ad un tempo l'autorità vescovile e l'esistenza della Società, aveva
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

14.8 Page 138

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lasciato la cosa in ponte. Molti Vescovi ed altre persone, per altro piissime e di
più a me favorevoli, mi volevano persuadere essere inutile la mia andata, perchè
non sarei riuscito a far approvare le mie Regole e per conseguenia la Società
tanto più che a Roma si doveva pensare al Concilio Ecnmenico. Adducevano
gran numero di ragioni e di insuperabili difficoltk. Da Roma mi scrivevano e
nii davano anche awisi, coi quali mi si assicurava essere cosa affatto inutile e
tempo perduto l'andare là, perchè non mi si sarebbe mai concesso quello che do-
mandava, ed essere impossibile l'approvazione delle Regole.
Io pensai allora; -Tutto mi è contrario: eppure il cuore mi dice che, se vado
- a Roma, il Signore, nelle mani del quale sta il cuore degli uomini, mi vorrà aiu-
tare. Dunque andrò a Roma. E pieno di fiducia partii. Era intimamente per-
suaso che la Madonna mi avrebbe aiutato e ogni cosa avrebbe disposto in mio
favore: e niuno mi avrebbe tolto questa persuasione. Rispettava i consigli dei
miei amici, ma non voleva tralasciare di fare quanto mi pareva essermi suggerito
dal Signore. Partii dunque confidando unicamente nel Signore e nella Madonna.
Narrò quindi per filo e per segno le laboriose pratiche, l'in-
tervento della Madonna, la benevolenza dimostratagli ripetute
volte dal Papa: tutte cose che noi conosciamo. Infine, avendo
pregato il Santo Padre di dirgli qualche cosa da ridire ai Soci,
espose i consigli da lui ricevuti per loro. I1 Papa aveva detto:
10 Estote przldentes sicut serpentes et sintplices sicut columbae. Nello spirito
e neli'unione osservate e imitate i Gesuiti. Essi in primo luogo non manifestano
a nessuno ciò che rigkarda l'ordinamento e Sandamento interno delle loro case.
Quindi non dànuo appiglio alla gente di metter lingua nei loro affari.Chi è che
possa dire ciò che i Gesuiti fanno, trattano, dispongono nelle loro Case? Casi
voi parlate della vostra Società meno che potete: se siete interrogati, poche pa-
role e poi cambiate argomento: e dovendone padare, ditene sempre bene. Nessuno
conosca ciò che fate nell'interno; chi vada, chi venga, quali ordini diano i Su-
periori, se v;i saranno cambianienti di personale, e via discorrendo. Tenete celati
tntti i difetti della Comunità. Se qualche cosa avvenga che possa in qualche modo
macchiare o diminuire il nome o la riputazione della Societa, fate che rimanga
sepolta ad ogni estraneo.
z0 In secondo luogo non sentirete mai un Padre della Compagnia parlare
meno favorevolmente di uno dei loro. Anzi è sempre con grandi elogi che rispon-
dono a chi entra con loro in discorso di qualsivoglia loro confratello. La carità
è ingegnosa nel trovar sempre argomento di lode. Allo stesso modo sanno soste-
nere e far conoscere i pregi di quanto fra loro si dà alle stampe o, comunque sia,
operasi a vantaggio della Chiesa, dei popoli, delle missioni, e della gioventù; uno
per tntti e tntti per uno, ecco la loro insegna. Cosi voi difendetevi a vicenda in
ogni circostanza; non si palesino le miserie di un membro della Società, per quanti
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Come Don Bosco ottenne l'npprovazione della Società
difetti egli abbia. Ogni membro sia disposto a sacrificare se stesso per salvare
il corpo; e a vicenda animatevi al bene.
30 Ricordate che non il numero fa una Casa, ma lo spirito. Vi sia un solo
spirito per raggiungere un unico fine: quindi vi sarà Società, quando siate anche
due o tre soltanto, ma questi buoni, I molti e cattivi imbrogliano. Guardatevi
dal ricevere con troppa facilità n11 individuo senza averlo ben provato nella vostra
Società. Chi vuole entrare nella Società si metta prima a qualche cimento per
vedere se regge. Se lo vedeste dubbioso, non lo ricevete.
40 La vostra Congregazione fiorirà se si osserveranno le Regole, fino a che
non vi entreranno dei nobili. o dei ricchi, perche con essi incominceranno ad
introdursi le agiatezze, le parzialità e quindi la rilassatezza. Procurate di atte-
nervi sempre ai poveri figli del popolo. Non fallite il vostro scopo primiero e la
vostra società l'abbia sempre sott'occhio; non aspiri a cose maggiori. Meglio far
bene su queste sue prime basi, che optime in un'altra sfera che non è la sua. Edu-
cate i giovani poveri, non mai abbiate collegi peiricchi e pei nobili. Intanto che
vi occuperete della gioventù povera e degli orfanelli, sempre collo scopo di dare
membri al clero, la vostra Società andrà avanti bene: ma se vi occuperete per
metter su collegi ed istituti di nobili, allora la Società degenererà. Tenete le mo-
diche pensioni. Non accrescetele mai. Non prendete ad amministrare case ricche.
State celati, nascondetevi per non essere veduti. Se educherete i poveri, se sarete
poveri, se non farete chiasso, nessuno avrà invidia di voi, nessuno vicercherà,
vi lasceranno tranquilli e farete del hene. Tutti i collegi colpiti oggigiorno, lo
furono perchè, parlando molto di loro, accesero gelosia. Fate parlare di voi il
meno che sia possibile; e poi se starete alle vostre Regole, non mancherete a questa
prudenza.
50 Se qualcheduno possiede qualche ricchezza, ritocchi il suo testamento
tutti gli anni, e il Superiore sappia colui che si vuol lasciare erede, perchè possa
anch'esso disporre. Cosi sarete cautelati e non sorgeranno contestazioni o per-
dite. Principalmente quando i beni son lasciati all'individuo, per la casa.
60 Io stimo che sia in condizione migliore una Casa religiosa dove si prega
poco, ma si lavora molto, di un'altra nella quale si facciano molte preghiere e
si lavori niente o poco.
La conclusione della lunga parlata fu questa: <Abbiamo ot-
tenuto esenzioni e privilegi, ma noi saremo sempre obbedientis-
simi ai Vescovi ed ai parroci, e non ci serviremo delle nostre
facoltà, se non esauriti che siano tutti gli altri mezzi, anche di
umile deferenza. Del resto ne sia di cuore ringraziato Iddio e
faccia ora Egli che la nostra Coiigregazione si purifichi nel suo
intero corpo e ne' suoi membri e che possa apportare degni frutti
a sua gloria e al bene delle anime >>.
Non poteva non dire qualche cosa anche ai giovani, ansiosi
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

14.10 Page 140

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cnpo XII
pur essi di sapere. Parlò nella " buona notte " de11'8. Disse loro
che l'oratorio non era più sostenut-3 dall'aria, ma che esisteva
una Congregazione, la quale ne formava il sostegno. Si com-
piacque con essi che le loro preghiere fossero state esaudite;
avere infatti il Signore mutato in un momento il cuore di tutti.
Narrò per sommi capi e in tono faceto le cose fatte a Roma e
terminò annunciando che Don Francesia avrebbe il giorno dopo
raccontato il resto. Le sue parole destarono un vivissimo entu-
siasmo.
L'S fu una data degna di memoria, perchè venne spedita in
quel giorno la prima dimissoria di sacre ordinazioni; era per il
ch. Giuseppe Moriateri, del collegio di Mirabello. Don Bosco volle
darne solennemente la notizia ai chierici in una speciale confe-
renza, spiegando come il loro compagno si sarebbe presentato a
ricevere gli ordini sacri senz'altro titolo che di appartenere alla
Società di S. Francesco di Sales. Importava molto chiarire ad essi
il grande mutamento avvenuto nella Società, sia per confermare
i dubbiosi che per incoraggiare tutti quelli di buona volontà.
Finora, disse, la nostra Società non aveva Regole ben determinate. Anda-
vamo avanti, senza aver bene precisati i nostri obblighi. Non essendovi ancora
approvazione da parte della Chiesa, la Società era come in aria e poteva da un
giorno all'altro rovinare: stavamo in forse, se questa nostra casa fosse per se&-
tare nel suo scopo, o potesse esser chiusa senza più, e quindi non potendosi sta-
bilire nulla di certo, era inevitabile un po' di rilassatezza. Miei cari, in questo
momento la cosa non è più così. La nostra Congregazione è approvata; siamo
vincolati gli uni cogli altri. Io sono legato a voi, voi siete legati a me, e tutti in-
sieme siamo legati a Dio. La Chiesa ha parlato, Dio ha accettato i nostri servigi,
noi siamo tenuti ad osservare le nostre promesse. Non siamo più persone private,
nia formiamo una Società, un corpo visibile: godiamo dei privilegi; tutto il mondo
ci osserva e la Chiesa ha diritto all'opera nostra. Bisogna dunque che d'ora in-
nanzi ogni parte del nostro regolamento sia eseguita puntualniente.
Non voglio già che tutto ad un tratto cambiamo faccia all'oratorio: questo
produrrebbe disordini e dail'altra parte sarebbe impossibile. Una cosa dopo
l'altra, procureremo di fare tutto. Son molte cose da stabilire e da rifare, percih
ho bisogno di parlarvi più di frequente per venirvele spiegando. Questa sera vi
dico poche cose, ma da ritenersi, perchè sono come le basi della nostra Società.
Noi siamo quelli che dobbiamo fondare questi principi su ferme basi, affiiichè
quei che verranno dopo, non abbiano che a seguirci. Ricordiamoci sempre che
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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Come Don Bosco ottennc l'appr0,prouazione della Sonetb
noi abbianio eletto di vivere in Società. O quam bonum et quam jucu78dum habi-
tare iratres in unzcm! Oh come è bello e dolce il vivere come fratelli in società!
È bello il vivere uniti col vincolo di un amore frateilevole, confortandosi a vi-
cenda nella prosperità e nelle strettezze, nel contento e nelle afflizioni, prestan-
dosi mutuo soccorso di opere e di consiglio: è bello vivere liberi da ogni terreno
impaccio, camminando diritto verso il cielo sotto la guida del Superiore. Ma se
vogliamo che questi beni ci derivino dalla nostra Società, è d'uopo che ad essa
abbiamo sempre rivolto il nostro sguardo, perchè viva e prosperi. E perchè sia
cosa dolce questo abitare insieme, bisogna togliere ogni invidia, ogni gelosia;
bisogna amarci come fratelli, sopportarci gli uni gli altri, aiutarci, soccorrerci,
stimarci, compatirci. Ciascuno deve giiardarsi attentamente dal dir iiiale della
Congregazione, anzi deve procurare di farla stimare da tutti. Eoi abbiamo scelto
di abitare in tmum. Che cosa vuol dire questo abitare i n mnum? Vnol dire iqz unum
locznm, i n unnm sfiiritum, in unum agendi finem. Ecco10 in poche parole.
Dobbiamo prima di tutto, ed è questa la prima condizione di mia Società
religiosa, abitare ilz unum., di corpo.
Una Congregazione religiosa deve, come un corpo umano, constare del capo
e delle membra, le une subordinate alle altre, tutte poi subordinate al capo. Sup-
ponete che si esponga un capo spiccato dal busto: è vero che questo capo sarà
bello e artistico: ma da sè senza il busto è una cosa mostruosa. Così io non posso
fare senza di voi che formate il corpo. Cosi le membra non possono stare senza
il capo. Un sol capo si richiede, poichè essendo come nn corpo, se a questo corpo
si sovrappongono due o più teste, egli diventa un mostro e non vi è più unifor-
mità. Adnnque un sol capo colle sue membra corrispondenti. Le membra poi
snbalteriie al capo, le une devono avere un officio proprio differente da quello
delle altre, ciascuiio compiere diverse fun~ionsiecondo la diversa sua condi~ione.
Così per es. se le braccia dicessero; - Noi vogliamo fare da noi; vogliamo fare
quello che piace a noi: voglianio fare da testa; - farebbero ridere. Cosi se lo
stomaco dicesse:- Io voglio camminare: -Ma no, gli si rispoiiderebbe: tri per
mezzo della bocca devi ricevere il cibo che ti porgono le mani. - Così le gambe;
- Noi vogliamo mangiare! - Ma no: voi dovete portare il corpo da un luogo al-
l'altro. - Perchè una Società come la nostra prosperi è necessario che sia bene
organizzata: vi sia cioè chi comandi e chi obbedisca, chi faccia una cosa e chi
ne faccia un'altra secondo la propria capacità. Nè chi ubbidisce deve invidiare
la sorte di chi conianda: nè chi lavora la sorte di chi studia, o simili: perchè tanto
gli niii come gli altri sono necessarii. ed ove tutti studiassero, tutti coinaiidassero,
non vi potrebbe più esistere varietà. Supponete che nel corpo vi fosse tutto occhio,
o tutto orecchie, o tutto mani ecc. vi sarebbe ancora un corpo vivente? No, ma
un mostro. Se tutto il corpo fosse piedi, chi gli servirebbe di guida? Siccome
adunque ogni membro deve avere il suo ufficio che gli è proprio, così ciaschednno
individuo della Congregazione deve fare quel che gli vien comandato e non altro.
Quindi nella nostra Società vi deve essere chi predica, chi confessa, chi studia,
chi insegna, chi provvede ai bisogni materiali e chi ai morali. Ciò posto, si richiede
obbedienza al capo, che metterà uno ad un o%cio e l'altro ad un altro. E: qiiesto
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15.2 Page 142

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Capo XII
è come il perno su cui si regge tutta la nostra Società, perchè se manca l'obbe-
dienza, tutto sarà disordine. Se invece regna l'obbedienza, allora si formerà un
corpo solo e un'anima sola per amare e servire il Signore.
Quindi ciascuno sia obbediente: nessuno pensi di fare questo, di fare quello.
Nessuno dica: - Io vorrei aver questo o quell'altro impiego: -- ma stia pronto
a compiere qualunque parte gli sia affidata, stia, dove il Superiore lo colloca, ad
attendere esattamente al suo officio: ognuno di voi badi bene di avvezzarsi a
vedere nella volontà del Superiore la volontà di Dio. Ciascuno si occupi e lavori
quanto lo permette la ~ n i t pàropria e capacità. Uno riuscirà un buon predica-
tore, e costui faccia bene e con zelo il suo uffiaio: un altro buon professore o mae-
stro, e costui faccia scuola e insegni. Un altro buon spenditore, e costui spenda:
per contrario un altro potrà fare il buon cuoco, ebbene si eserciti nella sua pro-
fessione; un altro lo scopatore, ed anche egli compia il suo dovere. Alcuno tal-
volta dirà di perdere il suo tempo ad esercitare quell'ufficio, non essere quella la
sua inclinazione, di sentirsi di far più bene altrove. No: ciascuno si assoggetti a ciò
che gli si affida, disimpegni quell'affare, e poi vada avanti tranquillo. E il frutto?
11 frutto, ecco la grande utilità del vivere in comune, il frutto è sempre eguale
per tutti, tanto per uno che esercita un uffizio alto, come per colui che esercita il
piìt umile; cosicchè tanto avrà di merito colui che predica, colui che confessa, che
insegna, che studia, come colui che lavora in cucina, lava i piatti o che scopa.
Nelia Società il bene di uno resta diviso fra tutti, come anche il male in certo qual
modo resta male di tutti. Perciò qualunque impiego uno abbia, lo adempia. Cia-
scuno avanti a Dio avrà eguale il merito per l'obbedienza. Ma notate: se si fa il
bene, si ha il merito eguale innanzi a Dio; se si fa il male, tutta la Congregazione
ne perde. Si lavora in comune e si gode in comune. Dunque vi sia unità di corpo.
In secondo ltiogo vi deve essere unità di spirito e di volere. Qual è lo spirito
che deve animare questo corpo? Miei cari, è la carità. Vi sia caritti nel tollerarci
e correggerci gli uni gli altri: mai lagnarci l'uno dell'altro: carità nel sostenerci:
carità specialmente nel mai sparlare dei membri del corpo. Questa è una cosa es-
senzialissima alla nostra Società: perchè se vogliamo fare del bene nel mondo è
d'uopo che siamo uniti fra noi e godiamo l'altrui riputazione. Questo sarebbe
il più gran male che possa essere nelia Società. Quindi mai più si vedano di quei
crocchi di chierici e di altre persone che tagliano i panni addosso a questo o a
queilo: tanto più poi quando questo si faccia contro qualche superiore. Difeu-
diamoci a Ticenda; crediamo nostro l'onore ed il bene della Società; ed abbiamo
per fermo che non è un buon membro quello che non è disposto a sacrificare se
stesso per salvare il corpo.
Ciascuno sia sempre pronto a dividere il suo piacere col piacere degli altri,
ed anche sia disposto ad assumersi la parte di dolore di un altro: di maniera che
se uno ricevesse un gran favore, e questo sia anche di contento per i suoi confra-
teili. Sarà uno afflitto? Studino i suoi confratelli di alleviargli le pene. Quando poi
alcuno venisse a trascorrere in qualche mancanza, costui si corregga, si compa-
tisca, ma non si disprezzi mai alcuno per difetti, o fisici, o morali. Amiamoci
sempre come veri fratelli, perocchè fratres dice Davide.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15.3 Page 143

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Come Don Bosco ottmne l'approvazione dello Societd
Finalmente vi deve essere unità di ubbidienza. In ogni corpo vi deve essere
una mente che regga i suoi movimenti, e tanto più attivo ed operoso sarà il corpo,
quanto più le membra sono pronte ad ogni suo cenno. Così nella nostra Società
sarà necessario che alcuno comandi e tutti gli altri ubbidiscano. Accadrà tal-
volta che chi comanda sia il meno degno; si dovrà perciò negargli ubbidienza?
No, perchè cosi facendo il corpo resta disorganizzato,e però inetto ad ogni ope-
razione. Si abbia sempre presente che il Superiore è il rappresentante di Dio, e
chi ubbidisce a Lui, ubbidisce a Dio medesimo. Che importa ch'egli sia in molte
cose inferiore a me? Sarà più meritoria la mia sommissione. D'altra parte si pensi
che i1 comandare è un peso enorme, e quel povero superiore ben volentieri se ne
sgraverebbe, qualora non l'obbligasse a ritenerlo il vostro bene medesimo. Per
la qual cosa procurate d'alleggerirglielo col mostrarvi pronti all'ubbidienza e
sopratutto accettate di buon animo qualunque suo comando ed ammonizione,
perchè egli fa uno sforzo per comandarvi: e quando vedesse che le sue parole
vi sdegnano e vi inquietano, forse non oserebbe ammonirvi altre volte, e allora
il male sarebbe vostro e suo. Se noi, considerandoci come membri di questo
corpo, che è la nostra Società, ci accouceremo a qualunque funzione ci tocchi
fare, se questo corpo sarà animato dallo spirito di carità, e guidato dall'ub-
bidienza, avrà in sè il principio della propria sussistenza, e l'energia a ope-
rare grandi cose a gloria di Dio, al bene del prossimo, ed a salute dei suoi
membri.
Non vuolsi però con ciò intendere che uno sia obbligato ad indossare pesi
che non possa portare. Ciascheduno, quando non si sentisse di fare quel tale
uffizioche gli è stato affidato,ne parli e gli sarà tolto. Quello solo che si richiede
si è che ognuno sia disposto a fare ciò che può quando gli venisse imposto, dimo-
dochè se anche un prete fosse in necessità di lavare i piatti, lo faccia, tanto più
che abbiamo qui l'esempio di parecchi che lasciarono di fare scuola per lavorare
in cucina.
Dobbiamo eziandio avere sempre di mira lo scopo della Società, che & l'edu-
cazione morale e scientifica dei poveri giovani abbandonati, con quei mezzi che
la Divina Prowidenza ci manda.
Inoltre, ricordando il paragone del corpo, se il capo deve dirigere tutte le
membra, vi sono alcune membra che subordinatamente al capo presiedono, e
dirigono i movimenti e gli uffizi di altre membra. Qui intendo di dire come questa
Società consti di un Capitolo Superiore, i cui membri tengono le veci di Don Bosco,
e ai quali si deve obbedire come allo stesso Don Bosco.
E, affinchè ognuno sappia come regolarsi, è necessario che si conosca anche
chi sono coloro a cui egli deve obbedire. Prefetto s'intende che è Don Rua; Di-
rettore per le cose scientifiche Don Francesia e così gli altri che già si conoscono.
In questo modo si viene a formare l'zmzam.
Ora che prende piede la nostra Congregazione, è necessario che sovente ci
raduniamo per spiegare le cose più essenziali, e poi le altre di mano in mano che
avremo tempo. I privilegi poi concessi alla nostra Congregazione possono già
fin d'ora giovarci, e fra pochi giorni mauderemo due degli addetti a prendere
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15.4 Page 144

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Capo XII
gli ordini con nessun altro titolo, se non quello di membri della Società di S. Fran-
cesco di Sales.
Questo In generale: in particolare vi do due consigli. Si guardi bene dal rom-
pere questa unità. Ho già osservato una cosa che non mi fa troppo piacere. Questa
cosa è il vedere come vi siano sempre quei due, tre, quattro, o cinque confratelli
là riuniti insieme, sempre gli stessi e quasi sempre separati dagli altri. Non so
che cosa facciano: non voglio dubitar male, col dire che parlino meno bene, s'in-
tende secondo il nostro scopo. Che cosa è questo far corpo a parte? Aver forse
interessi diversi da quelli dei compagni? Dunque desidero, e voi procurate di
tenervi sempre in mezzo ai giovani in tempo di ricreazione, discorrere, diver-
tirvi con loro, dar dei buoni consigli. Vigilanza. Quando non potete intrattenervi
nei loro divertimenti, alnieno assisteteli, girate le parti più remote della casa e
procurate di impedire il male. Non potete credere il bene che si può fare col sa..
lire una scala, passare per un corridoio, fare un giro di qua e di là per il cortile.
I n secondo luogo si abbia cura di far sempre tutti i giorni quella visita al
SS. Sacramento, che è prescritta dalle nostre Regole. Così, santificando prima
noi stessi, procureremo di santificare gli altri. Quante grazie riceverete per voi,
per quelli che sono affidati alle vostre cure!
Del resto sappiate che, d'ora in avanti, quando si avrà da mandare qualche
chierico a prendere le ordinazioni, il Superiore è obbligato in coscienza a giudicare
se l'individtio ha la pietà e la scienza voliita.
In ultimo vi dirò essere necessario che confidianio nella Divina Provvidenza.
Se pel passato si andò avanti e non ci itiancò niente, dalle prove del passato doh-
hiamo sperar hene per l'avvenire.
Don Bosco, andando a Roma, meditava d'istituire unlAsso-
ciazione dei divoti di Maria Ausiliatrice nella chiesa a lei dedi-
cata con l'intento precipuo di promuovere la divozione alla Ma-
dre di Dio ed al Santissimo Sacramento dell'altare. Aveva quindi
fatto istanza al Papa di voler aprire per i futuri associati i tesori
della Chiesa. I1 papa, accolta benignamente la supplica, con
Breve del 16 marzo 1869 concesse una serie d'indulgenze plena-
rie e parziali a quanti vi avrebbero dato il nome. I1 Breve lo rag-
giunse a Torino, dove l'Arcivescovo il 18 aprile approvò gli sta-
tuti presentatigli dal Santo e dichiarò canonicamente eretta la
pia Associazione nel santuario di Maria Ausiliatrice (I).
( I ) I n memoria del fatto, Don Bosco pubblicò nelle Lctlure Caltoliche il numero di iiiilggio
iiititolato: Pia Assoiiarione dei diooli d* Mavia Ausiliatrics cenonicamenle aretta nella Chiesa
a Lei rlcdicata in Torino, c o r~agguaflio storico su qucslo titolo. Le indulgenze speciali erano
concesse per dieci annisolatneiite; ma con altro Breve dell'ii marzo 1870 frirono coiifermrrie
in perpetuo. Uii teri.0 Breve del 5 aprile eresse in Arcicoiifr;iternita la Pia Associazione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15.5 Page 145

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Come Don Bosco otteene I'app~ovaiionedella Società
L'IIaprile 1869 il mondo cattolico festeggiò il so0 a~zniver-
sario della prima Messa di Pio IX. Per la circostanza Don Bosco
mandò a Roma l'Oreglia, latore di un Album. Era questo un
bel fascicolo di grande forinato in 48 pagine. Conteneva un'iscri-
zione latina che serviva di dedica, un indirizzo dei giovani e le
firme di 32 sacerdoti, 73 chierici e 3430 ragazzi fra alunni ed
oratoriani. Questo devoto omaggio fu presentato al Papa, che
mostrò di gradirlo assai. Sul finire di giugno Don Bosco ebbe la
consolazione di ricevere in risposta un affettuoso Breve con la
data del 23, vigilia di S. Giovanni Battista, nel qual giorno si
soleva festeggiare l'onomastico del santo Fondatore.
I rnolti segni di fede e di devozione che tu ci hai dati, tendevano senza dub-
bio a farci conoscere il tuo grande attaccamento alla Sede Apostolica e alla rio-
stra persona. Anzi essi ci faceva110 palese come t u studiosamente ti adoperi per
infondere in altri l'amore che nutri verso questa Cattedra Suprema e per avere
in questo tuo affetto filiale molti seguaci. Orbene di ciò un'altra splendida prova
noi l'avemmo nall'affettuosissima lettera che ci hai inviata in tuo nome e i11 nome
degli Oratorii e degli Istituti da te dipendenti, quando coilimeinorammo il ciu-
quantesimo aimiversario della nostra prima Messa. l? superfluo dirti che ci sono
toriiate gratissime tali testimonianze di devota congratulazione e perciò ci farai
pago uii nostro vivo desiderio, se lo coiriuiiicherai da parte nostra ai sacerdoti,
agli aluniii e agli altri giovani, dei quali hai ciira. Anzi potrai aggiungere che noi
nel celebrare la santa Messa li abbiaino, come desideravano, ricordati al Signore
nelle nostre preghiere, raccomandando particolarinente tutti quelli che a lor
volta avrebbero pregato per noi. Del resto essi avranno tutta la nostra ricono-
scenza, se continueranno a pregare, come faranno, per la conversione di coloro
che deviaròno dal retto sentiero, affiiichè tutti conoscano ed amino il Padre Ce-
leste e il suo Inviato, Gesìi Cristo, del quale, benchè immeritevoli, facciamo in
terra le veci. Intanto, qual segno della nostra particolare benevolenza e auspice
della grazia divina, inipartianio con sommo affetto a te e ai suddetti amati figli,
affidati alle tue cure, 1'Apostolica Benedizione.
Dato a R o m a , @esso S . Pietro, il 23 giugno 1869, a n n o z 4 O del nostro Pontl-
jicato.
l'I0 PP. IX.
Al Diletto Figlio Don Giovanni Bosco, Torino.
Questo fatto si potrebbe considerare come l'epilogo di quanto
si è narrato nel presente capo, se non fosse accaduto un inci-
dente di origine sospetta, del quale convietle pure far parola. In
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15.6 Page 146

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giugno il Procuratore Generale del Re in Torino, l; da varie parti
assicurato » che Don Bosco aveva ottenuto dalla Santa sede un
Breve che dichiarava il suo Istituto esente dalla giurisdizione
dell'ordinario Diocesano e che l'aveva posto senz'altro in ese-
cuzione, gli minacciò un procedimento penale per aver violato
le disposizioni che regolavano il regio exequatur (I). In questo
il Santo non aveva operato alla cieca, ma si era consultato con
persona competente, forse col Rattazzi, se dovesse presentare sif-
fatta provvisione al regio exequatur, avendone in risposta che
no, perchè a Congregazioni ecclesiastiche, i cui individui conser-
vavano i diritti civili, non occorrevano approvazioni governa-
tive. Inoltre il decreto pontificio non esentava la nuova Società
dalla giurisdizione dell'ordinario, essendovi formalmente inclusa
la clausula salva Ordi~zariorumiurisdz'ctione (2). Le sue ragioni
non furono accolte (3). Allora egli, fatte le debite riserve, pregò
il Magistrato di sottoporre il decreto, ove lo giudicasse proprio
necessario, al regio exequatur in conformità alle vigenti leggi (4)-
I1 Procuratore gli richiese il testo del Breve papale (5) e inviò
la sua relazione al Ministero.
Il Ministro di Grazia, Giustizia e Culti investi della cosa la
Sezione competente del Consiglio di Stato, rimettendo al Presi-
dente Generale una relazione fatta da lui preparare. I1 relatore,
esposti i precedenti, cioè le pratiche corse fra Don Bosco e 1'Ar-
civescovo, fra Don Bosco e la Santa Sede, condensava in que-
sto periodo il suo giudizio: 411 Don Bosco fu rivestito di giuris-
dizione quasi vescovile sui componenti la sua Società, in detri-
mento della giurisdizione dell'ordinario Diocesano, creando così
una condizione di cose nuova, in pregiudizio degli ordinamenti
giurisdizionali del Regno, in fatto ecclesiastico, e contraria as-
solutamente all'art. 1 4 d~elle istruzioni emanate dal Pontefice
Benedetto XIV per la esecuzione del Concordato conchiuso col
( i ) Lettera del Proc. Gen. a Don Basca, Torino 8 giugno 1869.
( 2 ) Lettera di Don Bosco ai Proc. Gen., Torino 10 giugno 1869.
( 3 ) Lettera del Proc. a Don Bosco, Torino 1 3 giugno 1869.
(4) Lettera di Don Bosco al Proc., Torino 16 giugno ,869.
( 5 ) Lettera del Proe. a Don Bosco, Torino 2 agosto 1869.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15.7 Page 147

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Cmne Don Bosco ottenne I'apprmiw'one della Son'rtà
Papa Benedetto XIII, istruzione e concordato tuttora vigenti
nel Regno >p. Egli opinava pertanto che fosse da rigettare la do-
manda di exequatur (I). E il Consiglio di Stato, atteso che l'au-
torizzazione per un decennio di rilasciare le lettere dimissoriali
concedeva a Don Bosco una facoltà esclusivamente propria de-
gli Ordinarii, sottraendo alla legittima giurisdizione di questi gli
alunni dei collegi e convitti della Congregazione di San Fran-
cesco di Sales, nell'adunanza de11'8 ottobre fu d'avviso che il
chiesto regio exequatur non fosse da concedere. Perciò il 23 no-
vembre l'istanza tornò a Don Bosco con questa nota del Procu-
ratore Generale: «Non si fa luogo al chiesto exequatur o.
I1 brutto fu che il Procuratore don restituì più l'originale del
decreto che approvava la Società Salesiana. Veramente a Don
Bosco non importava nulla il diniego dell'exequatur; ma il Procu-
ratore avrebbe potuto accampare altre pretese. Invece, essen-
dosi interposta una persona di molta autorità, forse il mede-
simo Rattazzi, egli cessò dall'azione, sicchè il Santo tirò innanzi
senza che gli fosse più contestato dall'autorità civile l'uso del
privilegio accordatogli dalla Santa Sede.
I,'approvazione definitiva, mentre segnava una data importan-
tissima nella storia della nostra Società, influì pure salutarmente
sui Soci, che si sentirono più stimolati all'osservanza delle Regole
per rispondere sempre meglio allo scopo della loro vocazione.
I1 santo Fondatore in una circolare del 15 agosto faceva loro
animo scrivendo: <<Noiabbiamo una grande impresa tra mano.
Dio è con noi >>.
( r ) Firenze, 3 ottobre 1869
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15.8 Page 148

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CAPO XIII
Comincia il periodo di assestamento definitivo.
Da qui in avanti non bisognerà dimenticare la libertà che
Pio IX vivae vocis oraczllo accordò a Don Bosco di fare come
poteva, normalizzando le cose di mano in mano che le circo-
stanze glielo permetterebbero: elasticità di azione dura a com-
prendersi da chi fosse ligio soltanto alla tradizione, ma ovvia
per chi intuiva le difficoltà di ben assestare un'organizzazione
religiosa nata per rispondere ad esigenze di tempi così mutati.
Questo capo riunirà alcuni atti che ebbero particolare relazione
con il nuovo stato di cose addotto dall'approvazione della
Società.
Era naturale che il santo Fondatore, profittando delle buone
disposizioni formatesi negli animi dei Soci per i fatti che dimo-
stravano in quanta e quale considerazione la Società fosse te-
nuta dalla Santa Sede, pigliasse motivo da tutto per animarli a
mostrarsi degni di si grande onore con l'osservanza fedele delle
Regole. Ne P documento la citata circolare deli'Assunta, dov'egli
inculca di proposito un punto della massima importanza nella
vita di famiglia, che doveva caratterizzare la sua istituzione:
voglio dire la confidenza fra Superiori e inferiori. I primi perciò
si tenessero in contatto con i loro subalterni, siccliè questi potes-
sero con tutta libertà esporre i propri bisogni e domandarne gli
opportuni consigli, e fossero anche in grado di ben conoscere le con-
dizioni dei confratelli per provvedere in tempo alle loro necessità
e prendere le deliberazioni atte a facilitare la regolarità dei sin-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15.9 Page 149

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Cotnincia il periodo di asresla>rzenio defisitico
goli e il bene della Società intiera. Venendo poi al concreto, di-
sponeva che si desse priilcipio a tre pratiche. In primo luogo i
Direttori facessero ai Soci due conferenze mensili, una sulle Re-
gole e l'altra sopra argomenti morali, ina in modo pratico e ac-
concio ai presenti. I n secondo luogo una volta al mese ogni so-
cio facesse il suo rendiconto al superiore, esponendogli quanto
giudicasse vantaggioso al bene dell'anima sua, manifestando
dubbi e chiedendo consigli; dal canto suo il Direttore con pa-
terna carità ascoltasse ogni cosa informandosi della sanitk, degli
uffici, dell'osservanza religiosa, degli studi o del lavoro e incorag-
giasse, illuminasse, infondesse tranquillità di coscienza e pace
di cuore. I n terzo luogo i Direttori iilviassero al Rettor Maggiore
nn'esatta relazioile mensile sullo stato morale e sanitario dei
propri confratelli, coii un celino sull'andanlento materiale delle
loro case. Cliirrdeva la lettera un richiamo ai prossimi esercizi
spirituali di Trofarello nel mese di settembre. Don Bosco aveva
ben ragione di ripromettersi molto dalla pratica delle sue tre
raccomandazioni.
Le disposizioni contenute nel decreto del 10 marzo per l'am-
missione agli ordini sacri diedero origine a due atti di natura
assai diversa. I n uno s'andò alla liscia. C'erano undici chierici
professi entrati nell'oratorio dopo l'età di quattordici anni. Dai
loro Vescovi non sarebbero stati ricoilosciuti, perchè ad essi non
coilstava nè della loro carriera chiericale nè degli studi fatti, e
quand'anche ciò fosse constato, forse non avrebbero tenuto conto
del loro corso scolastico. Per questi motivi Don Bosco supplicò
il Santo Padre che volesse concedergli la facoltà per una volta
sola di dar loro le dimissorie, benchè non si verificasse nel caso
la condizione richiesta a tale effetto, cioè l'ingresso in un istituto
salesiaiio prima dei quattordici anni. Fra quei chierici figuravano
nomi noti e cari: Belinonte, Bertello, Berto, Bodrato, Daghero,
Guidazio. La supplica fu benevolmente accolta dal Santo Padre.
Nell'altro caso la faccenda si coinplicò 11011 poco. I1 diacono
Giuseppe Cagliero, cugino di Don Giovanili, era bensì entrato
nell'oratorio prima d'aver compiuto il quattordicesimo anno, ma
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

15.10 Page 150

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non aveva ancora fatto i voti. Avvicinandosi il tempo dell'ordi.
nazione sacerdotale, Don Bosco lo mandò dall'Arcivescovo pet
pregarlo di volervelo ammettere. Monsignore gli rispose che I'a-
vrebbe ordinato, se promettesse di passare nel clero diocesano.
L'altro, di carattere impulsivo, rispose bruscamente di no. L'Ar-
civescovo tentò di persuaderlo a uscire dall'oratorio, ma quegli
tenne duro. Voleva poi 1'Arcivescovo che gli scrivesse o gli det-
tasse i nomi di tutti gli appartenenti alla Congregazione; ma il
diacono si chiuse nel più assoluto mutismo. - Se è così, andate!
- gl'ingiunse l'Arcivescovo. I1 Cagliero, tornato all'oratorio, ri-
ferì ogni cosa a Don Bosco, che ne rimase doppiamente amareg-
giato e per la negativa di Monsignore e per il modo tenuto dal
diacono; onde scrisse all'istante una compitissima lettera di scusa
per conto di quest'ultimo, che la copiò e firmò, dichiarando nei
seguenti termini la propria volontà: Dico adunque essere mia
intenzione e deliberazione di appartenere alla Congregazione di
S. Francesco di Sales. Venni qui da giovanetto e, se non avessi
avuto qui aiuti morali e materiali, certamente io non avrei po-
tuto percorrere la carriera degli studi. Quindi affezione grande
a quel luogo e a quelle persone da cui ricevei il pane della scienza
e della moralità. Don Bosco mi lasciò sempre libero ed io, seb-
bene appartenessi di corpo e di spirito alla mentovata Congrega-
zione, tuttavia non mi ero mai definitivamente pronunciato,
come intendo di fare col presente mio povero scritto >>.
Così si espresse il 6 novembre. Il 12 fece la sua professione,
il giorno dopo fu trasferito a Mirabello, e di li a poco il Vescovo
di Casale Mons. Ferrè, che aveva approvato la Società come Isti-
tuto diocesano, gli conferì il presbiterato. L'Arcivescovo, saputo-
lo, ne mosse lagnanza, impugnando la liceità dell'ordinazione e di-
chiarando incorsi nelle pene canoniche Don Bosco con la per-
dita dell'ufficio e del grado e della voce attiva e passiva, I'ordi-
nato con la sospensione, e l'ordinante con provvedimento da
determinarsi (I).
( i ) Lettera a Don Bosco, Torino 26 novembre 1869.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

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Comincio il periodo di arsestamento definiti00
Si può facilmente immaginare con clie prontezza e umiltà
cercasse il Santo di giustificare la sua condotta, fondandosi so-
pra una dichiarazione della Sacra Congregazione del Concilio,
citata da Benedetto XIV nel Dc Ordinatione Regularium ( I ) .
Don Bosco non tralasciava di dire che prima di mandare il dia-
cono dall'Arcivescovo vi era andato egli stesso più volte a fine
di parlargliene, ma senz'aver mai potuto avvicinarlo. Tuttavia,
prescindendo dal lato giuridico dell'affare, supplicava: a Mal-
grado questa mia buona volontà e persuasione, se mai non avessi
raccolto il vero senso di quanto ho sopra esposto, io mi racco-
mando a volermi dare benigno compatimento, assicurandola che
questa sua volontà per l'avvenire sarà fedelmente eseguita. Anzi,
colle parole del prelodato Pontefice, io la supplico per la mise-
ricordia del Signore e per quella carità dello Spirito Santo, che
ognuno stringe neli'unità di fede a coltivare la vigna.del Signore,
a voler passar sopra a quanto possa averle recato dispiacere in
questo affare. Ella sa che da trent'anni, nella mia pochezza, fo
quel che posso per questa Diocesi. Molti chierici, vicecurati e
parroci della Diocesi, furono nostri allievi. Non ho mai diman-
dato nè stipendi nè impieghi. L'unica mercede che ho sempre di-
mandata e che con tutta l'umiltà del cuore dimando, si è com-
patimento e consiglio nelle cose che V. E. giudicasse tornare alla
maggior gloria di Dio (2).
L'Arcivescovo replicò da Roma, dov'era andato per il Con-
cilio. Pur dicendosi persuaso che il fatto fosse stato <effetto,
non di animo cattivo, ma d'ignoranza l>, contestava alcune af-
fermazioni di Don Rosco e insisteva sul dovere di ricorrere a
Roma per l'assoluzione (3). Allora Don Bosco si rivolse per con-
siglio al canonico Fissore, futuro Arcivescovo di Vercelli, espo-
nendo: 10 che Benedetto XIV biasima bensì il Superiore, il quale
( i ) CongregaJio Concilii csnsuit ( 2 7 febbraio 1747) superiores reguiares possa suo sub-
dito itidem retulavi. qui praeditus quolifatibus rcquisitis ordines suscieere .vo&eril, litleras di-
missorias conoedere, ad Episc@um temen Dioceianum, nempe iliius monasterii i n C U ~ I ( Etamilia
ab iis, ad.quor pcriinef, repullrris positua sii.
( 2 ) Lettera 28 novembre 1869.
(3) Lettera 8 dicembre 1869.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16.2 Page 152

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capo XIII
jalsis de causis facesse cambiare domicilio al suo suddito per
l'ordinazione e poi lo richiamasse tosto alla casa di prima, ma
non fa parola di pene; 20 che nel caso le ragioni erano gravissime;
3O che, se un Superiore può disporre de' suoi sudditi, deve poter
far loro cambiare domicilio anche per l'ordinazione, quando vi
fosse grave causa (I). Il Canonico gli diede subito un appunta-
mento ( 2 ) . Che cosa vi si sia concertato, non sappiamo; ma è
certo che la questione non ebbe altro seguito. I1 Santo, recatosi
a Roma nel gennaio del 1870, si affrettò a ossequiare l'Arcive-
scovo, che, pur mostrando qualche freddezza, lo trattò con per-
fetta cortesia.
Simili contrasti non ci debbono fare soverchia impressione.
Scrive un autorevole maestro di ascetica (3): Senza volere, spesso
senza sapere, noi ci urtiamo a vicenda; ciò è dovuto alla nostra
condizione stessa di creature umane [...l. La storia dei Santi è
piena di questi disaccordi, di questi malintesi, di questi dissensi
che derivano dal temperamento, dal carattere, dalle tendenze
dello spirito, dall'educazione, dal particolare ideale di ognuno B.
Scadevano nel 1869 dalle loro cariche i Capitolari, che se-
condo le Regole duravano in ,ufficio tre anni. Don Bosco il I o.
dicembre radunò tutti i membri della Società, affinchè si faces-
sero le elezioni. Spettando a lui la nomina del Prdetto gene-
rale e del Direttore spirituale, confermò Prefetto Don Michele
Rua e designò all'altro ufficio Don Giovanni Cagliero. Si passò
quindi a eleggere i rimanenti. Secondo le Regole, avevano diritto
al voto solamente i professi perpetui; ma le Regole nulla dice-
vano circa l'eleggibilità dei professi temporanei. Per quella volta
si lasciò impregiudicata la questione. Dei professi perpetui erano
presenti quattordici. Uscirono dallo scrutinio Don Angelo Savio
Economo, e Don Carlo Ghivarello, Don Celestino Durando, Don
Paolo Albera Consrglieri. Vedremo fra breve perchè non compaia
più il nome di Don Francesia.
( i ) Lettera 18 dicembre 1869.
(2) Lettera rg dicembre 1869.
(3) Don C O ~ U M BMAnn>Irox, Crirlo ideale &l monaco. La ri~aunciaa $0 stesso, parte 3s
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16.3 Page 153

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(;$>nincia il periodo di ossestonmto dejinitivo
Prima dell'elezione era stato chiesto se non dovessero eleg-
gersi due Economi, uno per la Società e l'altro per l'oratorio,
essendo impossibile che uno solo bastasse a tutto. Don Bosco
aveva parlato così, come risulta da una relazione: <Quando di-
ciamo Economo della Società, non dobbiamo mai confonderlo
con I'Ecoiiomo della casa, poichè può stare benissimo l'Economo
della casa distinto dall'Economo della Congregazione. Quindi,
quando diciamo Economo della Società, ci06 colui che si elegge
nel Capitolo, non lo dobbiamo confondere con l'Economo della
casa. L'Economo della casa è come un Viceconomo od un aiu-
tante, come il Prefetto ha un aiutante nel Viceprefetto D. A fare
da aiutante dell'Economo nell'oratorio Don Bosco aveva chia-
mato recentemente da Lanzo Don Antonio Sala. Fatta la pro-
clamazione degli eletti, Don Bosco disse:
Ora ecco rieletto il nostro Capitolo, il quale deve sempre rappresentare i
Superiori della Società. E questo non è solo una cosa così combinata fra noi, ma
in tutte le Società religiose vi è sempre questo Capitolo, il quale è molto distinto
dagli altri ed è facile conoscerne i membri. Così sono i Domenicani, i Barnahiti,
e in tanti altri Ordini: ed in queste Congregazioni il Capitolo ha perfino la tavola
separata, cosa che col tempo combineremo anche noi.
Questi poi che sono eletti devono pensare che la carica che hanno, richiede
pazienza e sacrificio, e non si promette loro nessnn premio, eccetto quello che
ci darà il Signore.
Qnello che non posso dissin~ularvisi è che siamo in una via tutta piena di
spine, e avremo a soffrire molto per causa degli uomini e per tante altre cause.
Noi siamo quelli che primi dobbiamo passare su queste spine, essendo in sul prin-
cipio della Societk ma dobbiamo consolarci, perchè non siamo soli, avendo da
iina parte il nostro Divin Salvatore, dall'altra la Santissima Vergine. Essi cam-
minano con noi, ci insegnano la via, ci consolano e ci sorreggono.
Quello poi che il Signore ha voluto più di tutto far conoscere si è che dopo
le spine vi saranno le rose e in abbondanza. Egli ci promette grandi aiuti, molte
benedizioni spirituali e temporali. Ci vedremo anche molto prosperati ed egli ci
manderà anche quello che ci abbisogna pel temporale in abbondanza, purchè si
faccia sempre servire tutto a sua maggior gloria.
Ciò che mi consola, e lo dico anche con un po' di compiacenza, si è che que-
st'anno vedo che la nostra Congregazione è molto bene avviata e tutti sono im-
pegnati perchè le cose vadano bene. Pare che la nostra condizione sia molto mi-
gliore dell'anno scorso. Voglio che anche prima dell'anno si stampi una scheda
o catalogo, in cui sarà scritto il nome di tutti quelli che compongono la nostra
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16.4 Page 154

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Congregazione, e così ciascheduno, tenendo presso di sè questa scheda o
catalogo, potrà facilmente conoscere tutti quelli che sono nella Società. Questo
schema lo terrà ciascuno presso di sè, senza che si faccia correre nelle mani
altrui.
Desidero pure che in calce a questa lista si lasci uno spazio, dove in fine del-
l'anno si scriveran quelli che il Signore chiamò all'eteruità in quell'anno stesso.
Ogni anno si metterà poi in disparte uno di questi cataloghi e si aggiungerà una
monografia di quelli che passarono all'attra vita. I n questa monografia si accen-
qeranno le virtù principali, in cui si segnalò il defunto. In questo modo si potrà
,er esempio dopo ottant'anni, conoscere gli individui della Società, l'aumento
0 la diminuzione della medesima. La scheda si rinnoverà ogni anno. Ogni casa
avrà anche un catalogo particolare, in cui si troveranno notati tutti quelli che
in allora ci troveranno in quella.
Comparve dunque nel 1870 il primo Catalogo generale della
Società. Vi precedeva l'elenco di tutti i Soci in ordine alfabe-
tic0 e seguiva quello delle case con il relativo personale. I Soci
sommavano a 102, dei quali 28 professi perpetui, 33 professi
triennali e 41 ascritti. Vi erano pure 22 aspiranti, ma non furono
registrati.
Nel Catalogo non è indicato il Maestro degli ascritti o novizi,
nè vi comparirà fino al 1878. Don Bosco nel 1869 incaricò Don
Rua di tale ufficio, esercitato prima da lui stesso; ma non gliene
diede il titolo per i prudenziali motivi detti altrove: non era ali-
cora venuto il tempo di svolgere nell'oratorio alla luce del sole
la vita della Congregazione. Don Rua ci si mise con I'inappun-
tabile diligenza, che usava in tutte le sue occupazioni. Comin-
ciava ad esaminare gli aspiranti, quando facevano la domanda
di rimanere con Don Bosco, scandagliando il perchè vi si fossero
indotti; poi, quand'erano ammessi, teneva loro frequenti confe-
renze e ogni quindici gionii impreteribilmente li chiamava a sè
uno per uno, facendo lor fare minuti rendiconti. Non tralasciava
neppure di sottoporli a prove particolari, secondochè ne vedesse
l'opportunità. Finalmente li invigilava, li ammoniva e presen-
tava loro in se stesso l'esempio vivente del perfetto Salesiano,
animato dal vero spirito di Don Bosco.
Quale fosse nel suo insieme lo stato religioso e materiale della
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16.5 Page 155

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Comincia il periodo di assestamento definitico
9
Società, lo rileviamo dal resoconto presentato alla Santa Sede
sul principio del 1870. Era una relazione firmata anche da tutti
i Capitolari. In essa il Santo riferiva prima sopra le singole case
con la cronistoria deli'oratorio, poi sul numero dei Soci, sulle
condizioni fìnanziarie e morali e su alcune opere particolari. Le
tre ultime parti erano così prospettate:
Condizioni finanziarie. - Questa società non ha alcun reddito fisso. I rico-
verati nella casa di S'aldocco vivono di sola beiieficenza;nelle altre case àvvi una
piccola pensione. Parecchi però sono gratuiti o semigratuiti. L'amministrazione
tanto delle chiese quanto delle case non è aggravata da alcun debito, ad ecce-
zione dei debiti riguardanti alle opere in costruzione. Ivi si puO calcolare che
la spesa è pareggiata da alcuni crediti che sono in corso di esazione.
Condizioni morali. - Grazie alla bontà del Signore, lo stato morale di questa
Congregazione è soddisfacente, le Regole sono osservate e lo spirito di pietà fi-
nora corrisponde all'aspettazione. In media si pub dire che due terzi degli stn-
denti domandano di abbracciare lo stato ecclesiastico.
Vi sono altre venticinque domande per apertura di nnove case. Ma il perso-
nale basta per le case ora esistenti e non di più.
Forse nel prossimo ottobre vi saranno gli individui per aprire un'altra casz
nella città di Alassio, diocesi di Albenga: Ivi appare assai grave il bisogno. Le
autoriti civili ed ecclesiastiche concorrono iii pieno accordo.
Opere particol~ri.- Secondo Io scopo della Congregazione, i Sacerdoti si
prestano, per quanto è possibile, alla predicazione di esercizi spirituali, tridui,
novene e a supplire ai Parroci in caso di necessità.
La stampa delle Letture Cattoliche. Questa pubblicazione benedetta dal Santo
Padre progredì prosperamente. Corre l'anno diciottesimo, e in media si diffusero
ogni mese non meno di dodici mila libretti di cento e otto pagine caduno.
La Biblioteca dei Classici Italiani, purgati per uso della gioventù. Corre il
z0 anno ed il numero degli associati fa sperare assai bene.
Si somministra il servizio religioso a tre case di povere giovani pericolanti,
che escono di
a quella detta Laboratorio di S. Giuseppe, che ha per og-
getto di raccogliere giovanette lungo la settimana per lavorare, il giorno festivo
per le pratiche religiose: a quella detta di S. Pio V, che ricovero ed anche radu-
nania festiva per le ragazze più pericolanti della città.
Quando il Card. Quaglia prese visione di questo resoconto.
consegnatogli personalmente da Don Bosco, restò tanto sorpreso
che gli disse: - La Società, seguitando ad andare avanti di que-
sto passo, avrà di qui a cinquant'anni più di duemila membri!
- Egli evidentemente credette di dire una cifra sbalorditiva;
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16.6 Page 156

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Capo XIII
ma le condizioni dei tempi non permettevano migliori pronostici.
I,a realtà fu che nel ~ g z oi Salesiani arrivarono a 4270, senza
computare 482 ascritti.
Fra le case il resoconto ne annoverava una aperta dopo la
approvazione della Società: il collegio-convitto della Madonna
del Popolo a Cherasco, nella diocesi di Alba. Don Bosco ebbe
allora per la prima volta occasione di ottemperare alla settima
delle osservazioni fatte da Roma sulle Regole nel 1864, quella
concernente l'obbligo di chiedere alla Santa Sede e non al solo
Ordinario l'autorizzazione di aprire nuove case. Per questo scopo
il Santo mandò al benevolo Vescovo Galletti una memoria da
inviare alla Santa Sede, pregandolo di accompagnarla con una
sua lettera, in cui facesse notare che ogni cosa erasi compiuta
col consenso suo e che egli ravvisava neli'opera la maggior glo-
ria di Dio, ((come nella mia pochezza confido che sia u, soggiun-
geva il Santo (I). Oltrechè per l'apertura del collegio gli occor-
reva una speciale facoltà di occupare la casa e la chiesa parrocchia-
le appartenute ai Somaschi prima che avvenisse l'espulsione dei
religiosi. Nella memoria, come nel contratto, Don Bosco aveva
inclusa la dichiarazione che, in caso di ritorno dei detti Padri,
egli si sarebbe ritirato. I1 Vescovo appoggiò la doppia domanda
e la Congregazione dei Vescovi e Regolari il 19 novembre diede
risposta favorevole.
Cherasco è la storica città che diede il nome a un trattato e
ad un armistizio. I1 convento e il tempio dei figli di S. Girolamo
Emiliani avevano forme monumentali. Ai Salesiani il Vescovo
affidò l'amministrazione della parrocchia e il Direttore Don Fran-
cesia ebbe agio di spiegare i suoi talenti oratori, affascinando la
popolazione. Dal Municipio partirono le proposte e col Munici-
pio fu stipulata la convenzione, perchè da quello dipendevano
allora gli edifici; ma tutto procedette di pieno accordo fra le au-
torità ecclesiastica e civile. Come già a Lanzo, così a Cherasco,
così altrove prima e poi, anche per motti casi in cui le pratiche
( i ) Lettera 2 ottobre i86g.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16.7 Page 157

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Comincia il periodo di assestamento definitivo
non approdarono, si avverò questo fatto, che il potere laico prese
le iniziative di chiamare Don Bosco e agì d'intesa col potere re-
lig-ioso. A ben valutare la portata di tali rawicinamenti bisogna
tenere conto dello spirito anticlericale e settario che a quei tempi
imperversava nelle sfere dirigenti italiane (2). Don Bosco dun-
que avrebbe provveduto gl'insegnanti per le quattro classi ele-
mentari e per le cinque ginnasiali, a cui sarebbero stati ammessi
con i convittori anche gli esterni. Con Don Francesia, dottore
in lettere, componevano i1 personale Don Provera Prefetto, due
altri preti e vari chierici, fra cui Bordone, Ottonello e Ta-
mietti. Ma quel collegio non sortì lunga vita; poichè dopo soli
tre anni lo si dovette abbandonare, come vedremo, per motivi
d'igiene.
Ho accennato all'andata di Don Bosco a Roma sul principio
del 1870 Vi stette dal 24 gennaio al 22 febbraio, molto adopran-
dosi presso certi Padri del Concilio in favore dell'infallibilità
pontificia. Pio IX lo ricevette parecchie volte. I n una di tali
udienze il Papa, avendogli Don Bosco umiliato i volumi delle
Lettwe Cattoliche e della Biblioteca dei classici italiani: - Bravo!
- esclamò. - Si vede che la vostra non è solo una Congrega-
zione di nome, ma anche di fatti. So che l'anno scorso avete
avuto nemici e oppositori e che voi li avete superati. Quelli che
l'anno p- assato erano vostri nemici, quest'anno sono contumaci
aUa voce dei Papa. Conosco da questo che la vostra è opera santa
e la loro diabolica. - In un'altra udienza gli cqnfidò che nel
Concilio un Vescovo, approvato e applaudito da tutti, aveva
parlato a lungo deila necessità di una Società religiosa, i cui
membri fossero legati in faccia alla Chiesa e liberi cittadini in
faccia al civile; che il Vescovo di Parma aveva annunciato esi-
stere già una tale Società, e molto fiorente, ed essere queila dei
Salesiani, e che era stato incaricato i1 Vescovo di Mondovi di
darne minuto ed esatto ragguaglio. Di qui avvenne che, come
(2) In una lettera a Mons. Svegliati (29 agosto 1870)Don Bosco scriveva: *Al giorno
d'oggi abbiamo quaranta domande di Manicipii, che vorrebbero apertura di scuole sotto
la direzione libera della nostra Congregazione. Veda che ritorno alle idee antiche! a.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16.8 Page 158

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- Capo XIII Cm'nn'o il periodo di assestamento defuntiuo
narrò poi Don Bosco in una conferenza, diversi Vescovi andasse-
ro a scongiurarlo di aprire case nelle loro diocesi. u Ma io non ho
promesso cosa alcuna, soggiunse egli, non per mancanza di mezzi
materiali, ma per scarsità di persone)). In quella conferenza,
vedendo l'entusiasmo degli ascoltatori, terminò con dire: Noi,
lasciando da parte lodi, adulazioni e meraviglie altrui, guardiamo
le cose sotto L'aspetto più chiaro e vero. Rallegriamoci che il
Signore ci tenga così la sua mano sopra, ma mettiamoci anche
con maggior impegno a osservare le Regole della Società, procu-
rando di dar loro il peso che meritano u.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16.9 Page 159

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CAPO XIV
Due collegi e un ospizio in Liguria.
(Alassio, Varazze, Sampierdarena).
Queste tre fondazioni furono compiute nello spazio di due
anni, cioè fra l'autunno dei 1870 e l'autunno del 1872; ma non
furono le sole, come vedremo nel capo seguente. Per i due col-
legi Don Bosco trattò con i Municipi. In tali casi veniva formu-
lata fra le due parti una convenzione, il cui tipo fondamentale
si mantenne sempre uniforme. La prima era stata redatta nel
1865 per un collegio da aprirsi a Cavour, ma poi non aperto; la
seconda e la terza per i collegi di Lanzo e di Cherasco. Segui-
rono quindi altre fino alla morte di Don Bosco; anzi sulla stessa
falsariga si continuarono a modellare anche in appresso i con-
tratti conchiusi con enti morali. Cornponevansi per lo più di circa
quattordici articoli, in cui si definivano esattamente i reciproci
obblighi finanziari, scolastici e morali. Duravano cinque anni;
il quinquennio s'intendeva rinnovato, ove da una delle parti
non fosse data disdetta avanti che spirasse il primo anno. Don
Bosco s'impegnava a far impartire Sinsegnamento secondo i pro-
grammi stabiliti dal Governo per le pubbliche scuole, provve-
dendo maestri patentati per le classi elementari e professori ido-
nei per il ginnasio, talora anche per il corso tecnico, d'accordo
con le autorità scolastiche. Quanto alla disciplina e all'istruzione
religiosa i Municipi dichiaravano di rimettersi alla prudenza di
Don Bosco; al qual proposito egli a volte faceva inserire anche
un cenno sulla cooperazione del parroco locale.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

16.10 Page 160

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Degli immobili Don Bosco aveva in questi e simili casi sol-
tanto l'uso; ma accadeva che tosto o tardi le circostanze lo ob-
bligassero ora a farne acquisto per atto di compera, ora ad ab-
bandonare gli edifici altrui e costrnirsene di nuovi accanto.
Di fronte a continue spese ordinarie e straordinarie come ri-
solveva Don Bosco il problema economico? Non aveva cespiti
di entrata n&pensò mai a capitalizzare. Quanto danaro aveva,
tanto ne spendeva, e ricevendo in eredità beni immobili, si af-
frettava a venderli per impiegarne tosto i proventi. Diceva: -
Quando vedo che un'opera è necessaria, ritengo che Dio la vo-
glia e vi metto mano senz'altro, sicuro che la sua Prowidenza
non mi lascerà mancare i mezzi. - Infatti mancanza di mezzi
non lo costrinse mai a troncare veruna delle sue imprese. I
mezzi, se non venivano da sè, li andava a cercare; ma al mo-
mento giusto li aveva a sua disposizione. Quindi nel 1874 potè
scrivere (I): Coll'aiuto di questa amorosa divina Provvidenza
abbiamo potuto fondare chiese e case, fornirle di suppellettili,
e provvedere agli allievi che entro vi sono. Parecchi fecero i
loro studi, attri appresero quell'arte o mestiere che loro conve-
niva, e tutto ciò senza che sia mai mancata cosa alcuna per al-
loggiarci, nutrirci, vestirci, sia in tempo di sanità, sia nei casi
di malattia *. Parole da doversi ripetere tanto più in seguito,
durante il crescéndo di fondazioni che lo accompagnò fino alla
morte.
Riguardo alle proprietà fondiarie bisogna aggiungere che ne
riteneva il puro necessario all'esistenza delle sue opere. Nei pri-
missimi tempi, quando egli non godeva ancora fiducia pubblica,
le faceva intestare al teologo Borel o a Don Cafasso; allorchè
poi il suo credito fu stabilito, le intestava a se stesso o ai più
fidi de' suoi collaboratori, e continuò così finchè non entrò in
azione il sistema delle Società tontinarie (2).
( r ) Nei pensieri che precedono le Regole.
( 2 ) Queste Societsi oi dicevano semplicemente Tontine, dal nome Lorenzo Tonti
napolitano. che le creò in Francia nel 1653. Il primo contratto d'acquisto col patto ton-
tinsrio porta la data del r s aprile 1880. I Coniratelli designati facevano l'acquisto in co-
mune. stabilendo il patto tontinario che era il seguente: u La proprieta degli immobili s'in-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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Due colle& e un ospizio in Liguria
Nelle fondazioni liguri la precedenza spetta per ragione di
tempo e d'importanza al collegio di Alassio. L'idea prima di Don
Bosco era stata di aprire in Liguria e precisamente ad Alassio
un ospizio per ragazzi poveri e abbandonati; le numerose do-
mande di ricovero che gli pervenivano dalla Riviera ligure, gli
avevano fatto comprendere la necessità di una tale opera là sul
posto. Vi avrebbe dunque istituito una scuola di arti e mestieri.
Locale opportuno gli sembrava un convento detto di Santa Ma-
ria degli Angeli, dimora già dei Minon Riformati e allora pro-
prietà del Demanio. Don Bosco intendeva comperare l'edificio
e il terreno annesso. Il Municipio plaudi al disegno; 1'Iiitendenza
di Finanza non si opponeva all'acquisto, ma a patto che l'alie-
nazione awenisse per asta pubblica, come voleva la legge. I1
Vescovo Siboni di Albenga, nella qual diocesi è Alassio, e l'in-
fluente Parroco Della Valle che caldeggiavano da tempo l'im-
presa, si offersero a favorirne in tutto e per tutto l'attuazione.
Se non che nell'attesa Don Bosco modificò il suo piano. Vide
egli che una scuola professionale e casa di beneficenza avrebbe
trovato sede più acconcia presso una grande città, sia per avere
facilmente ordinazioni di lavoro senza suscitare gelosie locali,
sia per ottenere sufficienti sussidi della carità pubblica e privata.
Guardò dunque a Genova e scartata per Alassio l'idea dell'ospi-
zio, decise di mettervi un ginnasio. I1 Municipio ne fu ancor più
contento. Recatosi il Santo colà nel maggio del 1870, si accordò
senza difficoltà con la Giunta sulle condizioni da lui proposte in
base a un contratto, che venne firmato a tamburo battente da
ambe le parti.
tende devoluta, fin d'ora, a quello solo fra gli acquisitori che sarà a tutti gli altri superstite;
invece I'usufrutto e godimento sono a favore di tutti gli acquisitori collettivamente, con di-
ritto di accrescimento fino a che si verifichi la. consolidazione della praprietcì nell'ultimo su-
perstite. n che pure si dice dei miglioramenti, ampliazioni e restauri che pendente I'usufrutto
venissero ad eseguirsi nella proprietcì stessa e sue dipendeiize, cosicchè per nessuna causa e
sotto vernn pretesto non potranno gli eredi dei premorituri, invocare contro colui che risul-
terà il definitivo proprietario, il menomo diritto. Resta pure inteso fra i soci che nessuno di
essi possa da solo fare innovazioni, permute. restauri od altra novità nei fondi comuni; bensì
quando i soci componenti la maggioranza sieno d'accordo fra loro, potranno, anche contra-
dicendo gli aitri, fare innovazioni ecc. ed anche nuore convenzioni con altri soci. ammetten-
doli a far parte della societcì con tutti i diritti espressi nel presente ».
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17.2 Page 162

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Capo XIV
Giunta l'approvazione della Deputazione Provinciale e del
Consiglio Scolastico, Don Bosco si procacciò pure la debita li-
cenza dal Regio Provveditore agli Studi, facendo per allora do-
manda di aprire accanto al convitto solamente il corso elemen-
tare completo e la prima ginnasiale. Presentò insieme la nota
del personale dirigente e insegnante, con a capo Don Francesco
Cerruti, Dottore in lettere. Anche questa approvazione venne;
venne pure dalla Santa Sede la licenza di acquistare il convento.
Intanto si aspettava che fosse indetto; a pubblica gara, l'in-
canto. La pubblicazione fu fatta neli'agosto seguente. Don Bo-
sco pregò un canonico alassino di presentarvisi, dichiarando che
egli concorreva a nome di un terzo, del quale a suo tempo
avrebbe palesato il nome. I1 canonico aderì tanto più di buon
grado, perchè sapeva di un cotale che avrebbe tentato l'acqui-
sto per convertire la chiesa in teatro. Don Bosco mandò come
suo procuratore l'&onomo Generale Don Savio. L'incanto ebbe
luogo il 12 settembre. Lo stabile fu aggiudicato al canonico per
la somma complessiva di lire venticinquemila, che Don Savio
sborsò senza indugio, ponendo poi subito mano a riattare il con-
vento ed a rifornirlo dei mobili e utensili necessari per l'accetta-
zione dei convittori e per l'inaugurazione delle scuole. Vennero
spediti programmi per tutta la Riviera, sicchè sul finire di otto-
bre i Salesiani poterono prendere possesso della casa e accingersi
all'opera. Fu amriiirata la rapidità con cui Don Bosco trattò,
conchiuse ed eseguì.
Formavano la comunità quindici persone. It Capitolo si corn-
poneva d i t r e sacerdoti e tre chierici. Con due altri chierici prc-
fessi vi erano sette ascritti, che dovevano fare il loro novi-
ziato sotto la guida del Direttore, cioè cinque chierici e due còa-
diutori. Come nell'Oratorio i novizi esplicavano qualche attività
fra i giovani, così praticavasi nelle case, dove si trovassero no-
vizi. Questa maniera di fare il noviziato lavorando tanto riuniti
ne1l'Oratorio che sparsi altrove, entrava nell'ordine di quelle li-
bertà, a cui Don Bosco si riteneva autorizzato dalla parola di
Pio IX, comeho detto sopra. 11 secondo sacerdote era Don Fran-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17.3 Page 163

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Due collegi e un ospizio in Liguria
cesco Bodrato Prefetto e il terzo Don Giovanni Garino Cate-
chista. Quest'ultimo, entrato giovinetto nell'oratorio, non tardò
a segnalarsi per il suo amore agli studi classici; le sue pubblica-
zioni, specialmente la tanto pregiata e diffusa Grnmmatica greca,
ne attestano l'ingegno e il buon gusto.
Dopo il primo anno le migliori famiglie di Alassio instavano,
perchè si desse principio anche al corso liceale. Don Bosco da
qualche tempo carezzava il disegno di aprire un liceo. Il 10 gen-
naio 1868 aveva scritto alla Contessa Callori: << I1 pensiero di un
liceo, di cui sentesi gravemente la necessità, per quest'anno dob-
biamo sospenderlo >>.La necessità riguardava le famiglie catto-
liche, desiderose di preservare i figli dai pericoli che allora cor-
reva la fede nei licei dello Stato. Abbandonato il progetto di
aprirlo in una casa messa a sua disposizione da una signora tori-
nese, pensava di adattare a questo scopo un edificio presso 1'0-
ratorio. <<Siavrebbe diminuzione di spesa, scrisse il 12 aprile
alla medesima Contessa; il personale sarebbe in un momento là
e qui, ed ogni cosa si compierebbe sotto gli occhi miei )). Si vede
che la cosa gli stava vivamente a cuore. Tuttavia fino all'au-
tunno di tre anni dopo nulla aveva potuto concretare. Allora fu
che Don Cerruti venne ad esporgli il desiderio degli Alassini.
Lo fecero esitare uii po' le gravi spese occorrenti, tanto più che
il Municipio prometteva solamente il suo appoggio morale. Poi
escogitò un espediente, propoilendo che le famiglie di alunni del-
la città, i quali avessero terminato quell'anno il ginilasio, offris-
sero al collegio una parte della somma che avrebbero dovuto
spendere col mettere i figli in pensione a Savona o a Genova
per farvi il liceo. La proposta piacque e i1 liceo cominciò subito
nell'anno scolastico 1871-72 con la sola prima classe. Questo ri-
chiedette nuovo personale titolato, che non si mostrò impriri al
bisogno. Infatti l'U%ità Cattolica del 6 settembre 1872 aveva un
articolo, nel quale, accennato alla soddisfazione dei parenti e al
moltiplicarsi delle domande di ammissione al collegio, diceva lo-
devolissimo il risultato generale degli esami, specialmente nel
liceo. Il favore del pubblico andò poi aumentando di anno in
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17.4 Page 164

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Capo XIV
anno, sicchè quel collegio municipale divenne la gloria più bella
di Alassio. Il merito risale a Don Cerruti, che lo resse per tre lu-
stri. Contava appena ventisei anni, quando ne assunse la dire-
zione. In corpo esile chiudeva un'anima adamantina. I1 suo pre-
stigio personale non tardò a farsi sentire nella città; si estese
quindi a tutta la provincia e si affermò i n h e anche a Genova,
dov'egli godette la stima e la fiducia di ragguardevoli persona-
lità e famiglie. Le Autorità stesse, pur così aliene a quei tempi
dal manifestare simpatia per gli ecclesiastici in genere e per le
scuole dei preti in specie, l'ebbero sempre in alta considera-
zione. A farlo salire in rinomanza contribuirono soprattutto il
sapiente ordinamento degli studi e il saggio regime disciplinare
da lui mantenuti nel collegio. Don Bosco gli scrisse il 26 di-
cembre 1872, faceziando e incoraggiando: u Dei D. Cerruti ne
abbiamo un solo >>.
I1 collegio non solo non fece dimenticare l'ospizio, ma non ne
ritardò nemmeno la fondazione. Al disegno di Don Bosco venne
provvidenzialmente incontro nel 1871 la Conferenza genovese di
S. Vincenzo de' Paoli, sollecita di quei figli del popolo. I1 Sena-
tore Marchese Cataldi offriva in uso una sua villa situata a Ma-
rassi, di là dal Bisagno, a mezza strada fra la città e Stagliene.
Le pratiche furono così sbrigative, che nell'ottobre dello stesso
anno i Salesiani colà destinati erano già pronti per partire da
Torino. I1 Direttore Don Paolo Albera e due chierici compone-
vano il minuscolo Capitolo; tre ascritti coadiutori dovevano es-
sere i maestri d'arte. L'arrivo e la presa di possesso riuscirono
poco allegri. Alla stazione i nuovi venuti non trovarono anima
viva che li aspettasse e insegnasse loro la strada; giunti poi alla
mèta, entrarono in una casa vuota e nuda. Senza perdersi d'a-
nimo s'ingegnarono a cercare.le cose di prima necessità; giunsero
in seguito provvigioni e oggetti inviati dalla Conferenza vincen-
ziana. I giovanetti non si fecero sospirare; i primi ti mandò la
Conferenza stessa. In breve raggiunsero la quarantina, quanti
la viUa ne poteva contenere. S'improwisarono tre laboratori di
sarti, calzolai e falegnami. Ma non erano tutti artigiani. Don
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17.5 Page 165

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Due collegi e un ospizio in Liguria
Bosco, inviando il programma ai Parroci, l'aveva accompagnato
con una sua circolare, nella quale diceva loro: Qualora poi co-
noscesse giovanetti la cui indole e attitudine allo studio presen-
tasse qualche probabilità di vocazione allo stato ecclesiastico e
ce li volesse indirizzare, l'assicuro che sarà usata viva sollecitu-
dine, perchè siano coltivati nello studio e nella pietà e così le
comuni speranze sieno appagate ».Mise insieme per tal modo un
piccolo nucleo di aspiranti al sacerdozio, ai quali si fece intra-
prendere un corso accelerato di latino. Nell'anno scolastico Don
Bosco visitò due volte la casa.
Ma, data l'angustia dei locali, l'opera in quelle condizioni sa-
rebbe stata sempre rachitica. Si affacciavano due soluzioni: o
ingrandire fabbricando o trasferirsi altrove. I1 Santo si appigliò
al secondo partito. Per consiglio dell'Arcivescovo Magnasco e
col consenso della Santa Sede nell'agosto del 1872 acquistò in
Sampierdarena un convento e una chiesa appartenuti, prima della
soppressione napoleonica, ai Teatini. La chiesa, grandiosa co-
struzione del secolo XVI, era chiusa al culto e ridotta in uno
stato da far pietà. Don Bosco la fece restaurare senza risparmio
di spese e l'architetto Dufour la rese un gioiello. Il vetusto con-
vento, rabberciato alla meglio, bastava appena per una cin-
quantina di allievi; ma Don Bosco mirava a ben grandi sviluppi.
Comprò quindi una proprietà attigua, che gli permise di allar-
garsi notevolmente; i suoi successori aggiunsero poi altro, sic-
chè l'edificio primitivo fu quasi quintuplicato. Vivente ancora
il Fondatore, la chiesa, dedicata a S. Gaetano Thiene, divenne
parrocchia, la prima delle tante parrocchie affidate col tempo
alla Società. La casa, denominata da S. Vincenzo de' Paoli, dava
già ricetto a trecento fra studenti e artigiani, che oggi toccano
i cinquecento. È: un Oratorio di Valdocco in piccolo.
Sampierdarena aveva bisogno di tale opera. Divenuto empo-
rio di affari e di commercio, attirava speculatori d'ogni genere,
che vi aprivano negozi, officine e manifatture. La buona popola-
zione d'un tempo andò sommersa nel mare magno dei soprav-
venienti. I1 peggio fu che vi s'intrusero alla chetichella Angli-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17.6 Page 166

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capo XIV
cani, Luterani, Calvinisti, increduli e indifferenti, e sott'acqua
lavorava la Massoneria. Una parrocchia sola sosteneva la cura
di venticinquemila anime con un'unica chiesa, capace si e no
di mille persone. Scarso il clero, deserte le funzioni, istruzione
religiosa pressochè nulla. I Genovesi chiamavano quella loro città
suburbana una piccola Ginevra. Don Albera, spirito calmo e ri-
flessivo, osservatore acuto, amante della soda cultura sacra, com-
pitissimo nei modi, uomo di consiglio benchè anche lui appena
ventiseienne, si fece tosto tutto a tutti, e tutti gli volevano bene.
Nelle migliori famiglie di Genova era ricercato, nè ricorreva mai
indarno alla carità dei facoltosi. Con i mezzi fornitigli dalla be-
neficenza rinnovò casa e chiesa, ingrandì l'ospizio, accrebbe di
anno in anno il numero dei ricoverati. In pari tempo organizzò
un oratorio festivo, vera arca di salvezza per tanta gioventù.
Curando poi il decoro del culto, reso attraente con non mai
udita musica e con non mai vedute cerimonie, allettava le fun-
zioni. Mediante una predicazione assidua e ben preparata spez-
zava abbondantemente il pane della divina parola. Così mentre
l'ospizio coltivava vocazioni ecclesiastick o e preparava alla so-
cietà onesti e operosi cittadini, l'attività sacerdotale del Diret-
tore e de' suoi aiutanti, non esaurita dalle occupazioni interne,
risvegliava la fede nel popolo, promoveva la pietà cristiana e
neutralizzava l'azione funesta delle sètte. I Direttori che si suc-
cedettero dopo Don Albera, non facendo che seguire l'indirizzo
da lui tracciato in quindici anni di governo, mantennero la fon-
dazione di Sampierdarena in uno stato di crescente e feconda
floridezza fino ai dì nostri.
Fra Savona e Genova è la graziosa e iudustre cittadina di
Varazze. Nel 1870 il Municipio aveva intrapreso la costruzione
d'un edificio scolastico sopra un terreno già dei Cappuccini, con
l'intendimento di farne un convitto e di aprirvi un corso clas-
sico e tecnico. La fama di Don Bosco e de' suoi istituti richiamò
su di lui l'attenzione del Vicario Foraneo e del Sindaco, che di
comune intesa lo pregarono di accettarne la direzione. I1 Ve-
scovo di Savona sosteneva la proposta. La riputazione rapida-
156
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17.7 Page 167

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Due collegi e u n ospizio in Liguria
mente acquistata dal vicino collegio di Alassio aggiunse un nuovo
stimolo a rendere le insistenze più vive, sicchè il Santo compilò
e inviò un suo progetto conforme a quelli formulati in simili
circostanze. La Giunta inunicipale vi fece buon viso. Come ad
Alassio, le tre classi tecniche sarebbero andate unite alle prime
tre ginnasiali. Restando alcuni punti da discutere, Don Bosco,
accompagnato dal suo Economo Generale, si recò a Varazze il
22 febbraio del 1871. 1,'accordo non incontrò difficolti. Un mese
dopo il Consiglio comunale deliberò ad nnanimità di approvare
in massima la conveilzione. Reso che fu esecutivo dal Sottopre-
fetto del Circondario il deliberato, si redasse il definitivo capi-
tolato ufficiale, alla cui compilazione mise mano anche un cele-
bre giureconsulto del foro genovese, l'avvocato Maurizio; Don
Bosco per altro vi si fece sentire con modificazioni sue, che veri-
nero accettate, e il Consiglio I'rovinciale 10 al)l~rovOin luglio.
A titolo di saggio è bene ril>rodurlo.
10 I1 Sacerdote (>iovalini Uosco si obbliga d'aprire nn Collegio-Convitto
nella Città di Varazze e di somniinistrare l'istruzione classica, ginnasiale, tecnica
ed elementare tanto ai giovanetti cittadini quanto ai forestieri che volesser<i
appiofittarne.
Xel caso di morte del Sac. Bosco gli eredi saranno obbligati ad osservare
l'obbligazione assunta dal loro autore.
20 I1 Sac. Bosco provvederà i Maestri in numero sufficienteper gli insegna-
menti sopra indicati, i quali dovranno essere approvati dalle Autorità scolastiche
a termine dei vigenti Regolamenti.
30 L'istruzione sarà fatta secondo le discipline ed a terinini dei programmi
stabiliti dal Governo per le pubbliche scuole.
Il corso tecnico sarà fatto secondo il progetto governativo di fusione dei due
corsi tecnico e ginnasiale, cioè: aritnietica, sistema metrico, geografia, lingua
italiana, storia siano gli stessi come nel corso ginnasiale di modo che saranno
esaurite anche dal corso tecnico col corso ginnasiale.
Per completare quello che è più essenziale nel corso tecnico vi saranno inoltre
lezioni di francese e di disegno, cosicchè nel quinquennio classico siano pure esau-
rite le materie spettanti a questi rami del corso tecnico per modo che gli alunni,
sia del ginnasio che del corso tecnico, vengano abilitati a subire l'esame per essere
ammessi ai corsi sttperiori.
Ciò non escliide che il Sac. Bosco possa servirsi.dei maestri stessi, tanto per
un insegnamento che per l'altro, purchè non avvengano inconvenienti a detri-
mento dell'istruzione e della disciplina.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17.8 Page 168

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capo XIV
4 O Tutte le spese di suppellettili per il Convitto saranno a carico del Sac.
Bosco: il Municipio per altro come proprietario ed in conformità del prescritto
dall'art. 1604 Codice civile italiano si obbliga:
a) Ahtutte le riparazioni che sono necessarie all'uso ed alla conservazione
dell'edificio e dei locali annessi. Per quanto però riflette le riparazioni di piccola
manutenzione saranno a carico del Sac. Bosco per tutta la parte destinata al
convitto.
b) A provvedere e mantenere nelle scuole tanto elementari che ginna-
siali e tecniche la suppellettile e l'altre cose necessarie delle quali conserverà la
proprietà.
50 11 Municipio si obbliga di pagare al Sac. Don Giovanni Bosco:
a ) La somma di lire italiane tre mila duecento (L. 3.200) per il perso-
nale delle scuole elementari.
b) La somma di lire italiane otto mila ottocento (8.800) per ii personale
delle scuole ginnasiali e tecniche, oltre la cessione a di lui favore del provento
minervale di cui è cenno qui sotto.
Tale somma di lire dodici mila (12.ooo) per parte del Sac. Bosco non sarà
soggetta ad alcuna imposta o ritenuta municipale, provinciale o governativa.
Il Municipio si riserva i sussidi che potesse ottenere tanto dalla Provincia
che dal Governo come da qualunque siasi altra istituzione pia, essendochè se si è
asstinto di pagare la complessiva somma di lire italiane dodici mila, è in vista dei
rimborsi che potrebbe in qualche parte ottenere col mezzo dei suindicati sussidi.
60 Il Municipio si obbliga inoltre a corrispondere al Sac. Bosco un premio
di lire dodici mila (1z.000) per le spese sia di primo impianto che successivo man-
tenimento del Convitto.
Questa somma sarà pagata all'apertura del Convitto per metà, e nell'anno
successivo per l'altra metà.
7 O I1 presente contratto avrà la durata di cinque anni, e si intenderà rin-
novato per altri anni cinque, ove da una delle parti non sia data disdetta prima
dello spirare del primo anno.
Se poi il contratto fosse sciolto prima che si compisse il primo decennio, il
Sac. Bosco dovrà restituire in danari od in mobilia come sopra la detta somma
di lire italiane dodici mila (i1, 2.0.00) divisa in dieci rate uguali, e ne rimborserà
altrettante rate quanti saranno gli anni decorrenti fino al compimento del de-
cennio: e ciò sia che avvenga per forza maggiore che per altra causa qualsiasi.
8" I1 Municipio concede al Sac. Bosco, in senso di quanto si è già conve-
nuto superiormente,l'uso del locale del casi detto Collegio,costrutto recentemente
per le scuole e per il convitto col cortile e giardino annesso.
go Le Minervali non potranno essere maggiori di lire italiane trenta per
le due rettoriche e di lire italiane ventiquattro per le grammatiche (I).
In quanto alle scuole tecniche i contraenti si rimettono al Regolamento in
proposito.
( i ) Ginnasio superiore e ginnasio inferiore.
158
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17.9 Page 169

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Due collegi e un ospiaio in Li9u7ia
Però gli alunni di Varazze godranno di una diminuzione del terzo.
Si riserva la Giunta Municipale di esentare gli alunni che conosconsiveramente
poveri e commendevoli per ingegno e buona condotta.
I convittori del Collegio e tutti gli allievi delle classi elementari non potranno
essere sottoposti a veruna minervale.
100 Sarà lecito a tutti gli alunni esterni di frequentare i singoli rami d'in-
segnamento che si darà ai convittori.
11'' Nei provvedimenti che riguardano la moralità e l'istruzione religiosa,
il Municipio si rimette aiia prudenza del Sac. Bosco.
izO La Direzione, l'Amministrazione del Collegio-Convitto, nonchè la
Direzione delle scuole tanto ginnasiali quanto tecniche come anche elementari
è affidata al Sac. Bosco, colla dipendenza però dalle Autorità scolastiche a norma
della Legge.
130 Le scuole saranno aperte al principio dell'anno scolastico 1871-7z
secondo il Calendario scolastico.
140 Il Municipio si riserva di approvare l'orario delle scuole che dovrà
essere proposto da Don Bosco, come pure di mandare un suo incaricato ad assi-
stere agli esami mensili, nonchè agli esami finali, quando lo credesse conve-
niente.
Questa convenzione fu firmata dal Sindaco Mombello e da
Don Bosco senza dilazione. Contemporaneamente Don Bosco di-
chiaro al Sindaco di Cherasco che lasciava quel collegio per mo-
tivi d'igiene e stabilì di trasferire a Varazze il personale ivi ad-
detto, ma rafforzato. Intanto avanzò subito al Regio Provve-
ditore la domanda di apertura del collegio, unendovi il programma
relativo e la nota dei dirigenti e insegnanti e limitandosi anclie
qui per allora alle quattro classi elementari e alla prima ginna-
siale e tecnica. I1 Catechista vi era chiamato " professore di re-
ligione ".
I1 Capitolo della casa constava di quattro preti. Vi erano poi
altri dieci Soci, cioè un diacono, sette chierici, fra cui Pietro Gui=
dazio, e due coadiutori, più quattro ascritti, dei quali uno dia-
cono e tre chierici, e due aspiranti già maturi d'età, uno anzi
chierico e geometra. Anche per Varazze Don Bosco aveva pre-
gato i parroci di mandare giovani desiderosi di abbracciare la
carriera sacerdotale. I1 Direttore Don Fraucesia, che aveva fatto
ottima prova a Cherasco, doveva brillare assai più nella nuova
residenza. Parroci e rettori di chiese anche da Genova se lo di-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

17.10 Page 170

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- Capo XIV Due eoUe8; e un ospiaio in Liguria
sputavano per predicazioni solenni. La sua facondia viva, colo-
rita, adatta agli uditori awinceva le moltitudini. Scrittore nato,
più che grande cultura, possedeva una vena inesauribile, scri-
vesse in prosa o in verso, in italiano o in latino. 11 Valtauri
avrebbe voluto imbarcarlo nell'insegnamento superiore; ma e&,
che non ambiva tanto, preferì restare umile e affezionato figlio
di Don Bosco.
Una cosa che non può non colpire un osservatore profano è
il vedere come Don Bosco assegnasse incarichi di responsabilità
a soggetti ancora tanto giovani. Anche Don ~rancisiae Don Bo-
netti, quando cominciarono a dirigere collegi, avevano appena
ventisette anni. Quando mai si era verificato un fatto simile?
La ragione che non c'erano altri, non varrebbe a giustificare un
tal procedere. Intanto diciamo subito che quei giovanissimi Di-
rettori fecero egregiamente, com'è noto, la parte loro. I1 segreto
si deve cercare nella maniera della loro formazione e neli'assi-
stenza di Don Bosco. Erano uomini cresciuti fin da piccoli nel-
l'Oratorio, studiando e lavorando sotto l'occhio vigile e la di-
sciplina paterna e pratica del Santo, che poi continuava ad aiu-
tarli di consiglio in frequenti sue lettere e visite. Dalla sua scuola
erano usciti soprattutto ben formati a quella pietà illuminata,
forte e serena, che può ben supplire a difetto di età, ma che
nessuna età potrebbe mai sostituire in chi attende alla cristiana
educazione della gioventù.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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CAPO XV
Nelle case e opere
del Piemonte durante il triennio scolastico 1870-73.
(Oratorio, Lanzo, Mirabello, Valsalice).
Nel Piemonte la nostra attenzione si posa anzitutto sull'O-
ratorio, la " Casa Maggiore ", come è detto nei tre primi Catalo-
ghi dei Soci, la " Casa Madre ", come la disse Don Bosco nella
Conferenza generale di S. Francesco del 1871. Esula dai limiti
di questo disegno storico una minuta rassegna de' suoi progres-
sivi ampliamenti edilizi, lavoro del resto già fatto in misura esau-
rientissima (I). Quello che qui c'interessa è la sua vita.
Nei Cataloghi di questi anni il nome di Don Bosco figura due
volte, cioè coi membri del Capitolo Superiore come Rettor Mag-
giore e col personale dell'oratorio come Direttore della casa;
a mano a mano però che il primo ufficio assorbiva più della sua
attività, egli cedeva or l'una or l'altra parte del secondo a Don
Rua, Prefetto generale e insieme Prefetto dell'Oratorio. Onde nel
1869 rimise a lui l'istruzione domenicale per tutta la comunità
e la così detta lezione settimanale di Testamentino (2) ai chie-
rici; inoltre lo associò a sè nel ministero delle confessioni e il più
delle volte lasciava al medesimo il sermoncino della "buona
notte ". Nel 1872, caduto sì gravemente ammalato a Varazze
che per circa due mesi lo sfiorò ripetutamente l'ala della morte,
chi sa che cosa sarebbe stato dell'oratorio senza la mente, la m
virtù e l'autorità di Don Rua; lo stesso clicasi di altre sue pro-
(I) Don PXDXLGEIRAVDI,L'Oratorio di Don Bosco. S. E. I.. Torino (2s ediz.).
(2) Cfr. sopra. pag. z9.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18.2 Page 172

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Capo XV
lungate assenze, quando andava a Roma. Don Rua nondimeno,
non che credersi indispensabile, metteva sempre innanzi Don
Bosco, presentandosi quale suo semplice portavoce, quale ese-
cutore degli ordini e interprete dei desideri di lui; soltanto nelle
misure che rivestivano qualche forma di odiosità, agiva per pro-
prio conto, sicchè l'aureola di paternità, che circondava la fronte
di Don Bosco, non avesse mai a restare menomamente offuscata.
Poneva infine ogni studio in far regnare la disciplina con mezzi
voluti dal santo Educatore, sebbene quelli iossero riguardo a
ciò anni difficili per l'Oratorio, sia perchè fra gli artigiani si tro-
vavano non pochi giovani consegnati dalla ,Questura e da altre
pubbliche Autorità, sia perchè non ancora tutto il personale in-
segnante e assistente era abbastanza informato allo spirito ge-
nuino di Don Bosco.
Per crescerne il prestigio Don Bosco nel 1872 gli diede il ti-
tolo di Vicedirettore dell'Oratorio, nominando Don Provera Pre-
fetto della casa. Allora con le altre attribuzioni gli affidd l'inca-
rico di distribuire o cambiare il personale nelle varie case, il che
richiedeva molta prudenza ed anche, diciamolo pure, una certa
tattica, in un tempo nel quale la mentalità religiosa era per tanti
ancora sul formarsi. Ecco perchè Don Bosco i1 IO ottobre 1872
gli scriveva esortandolo a usare ogni mezzo possibile, afiìnchè
le cose si facessero spolzte, Izon coacte, e dicendogli di lasciar fare
a lui nelle difficoltà di maggior rilievo; e il 19 ribadiva: Fa'
quanto puoi per accontentare dirigenti e insegnanti >>.
Fioriva sempre accanto all'ospizio l'oratorio festivo. I1 Santo,
non potendosene più occupare personalmente, vi faceva soltanto
brevi comparse. Dal 1869 ne aveva affidato la direzione al gio-
vanissimo sacerdote Don Giulio Barberis, anima candida, tutta
di Dio e di Don Bosco, del quale sapeva far valere fra i giovani
lo stragrande ascendente morale. Gli prestavano aiuto catechisti
salesiani ed ex-allievi.
Di questi ex-allievi l'Oratorio, avendo ormai ventiquattro
anni di esistenza, contava già un bel numero. Sempre affezio-
nati a Don Bosco per gratitudine e legati fra loro da lieti ri-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18.3 Page 173

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Nel Piemonte durante il trimnio 1870-73
cordi, diedero origine nel 1870 senza saperlo a una vera istitu-
zione. Intendo accennare alSAssociazione degli ex-allievi, delia
quale si discorrerà più innanzi.
Dall'Oratorio passiamo a Lanzo. Affluivano così numerose a
quel collegio le domande, che per non doverne respingere troppe
vi si agglomeravano allievi più che non avrebbe comportato. la
capacità del locale, sicchè nelle camerate, nella sala di studio e
nelle aule scolastiche i giovani stavano oltremodo stipati. Nel
1870 Don Bosco. propose al Municipio di ampliare a spese pro-
prie l'edificio, obbligandosi a condizioni onerose per lui e van-
taggiose all'amm&istrazione comunale; ma non potè venire a
capo di nulla. Per allora dunque si contentò d'ingrandire, fa-
cendo adattamenti entro l'edificio e costruendovi sopra, nel che
spese circa ventimila lire. Ma, volendo assolutamente dare al
collegio stabilità e floridezza, deliberò di fabbricare ex novo. In
simili casi non lo spaventava la spesa, perchè faceva assegna-
mento sulla Prowidenza. .Acquistato nelle adiacenze il terreno,
innalzò un grandioso fabbricato di tre piani, con vasti portici
e spazioso cortile. I1 lavoro fu compiuto nel 1873 e gli alunni
ascesero subito a circa trecento.
Anche il collegio o piccolo seminario di Mirabello aveva bi-
sogno d'ingrandimenti; ma la lontananza dalla ferrovia e Sinsalu-
bre ubicazihne della casa gli fecero sembrare preferibile una so-
luzione radicale, tanto più che il numero degli alunni da 180 era
sceso a 115 per causa di malattie, la qual cosa, gettando un'om-
bra di sfiducia nelle famiglie, dava a temere un esodo mag-
giore (I). Esisteva a Borgo S. Martino, Comune poco distante da
Mirabello, una villa con giardino, bosco e orto, i1 tutto facil-
mente trasformabile per impianta& un collegio. I1 proprietario
Marchese Scarampi, amico di Don Bosco, avesse o no qualche
intenzione di sbarazzarsene, non -resistette alla viva preghiera
che il Santo gli faceva di vendergliela. I1 contratto fu canchiuso
nel luglio del 1870 e il trasferimento si esegui in ottobre. I1 Ve-
( i ) Lettera di Don Bosco alla Contessa Callori, 3 agosto 1870
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18.4 Page 174

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scovo di Casale non esitò a riconoscere ancora l'istituto come suo
piccolo seminario. Questo riconoscimento vescovile lo mise al ri-
paro da un principio di vessazione, a cui l'autorità scolastica
provinciale veniva sospinta da alcuni male intenzionati. Don
Bosco visitò la casa il 2 marzo 1871, scrivendo poi da Torino il
5 al Direttore Don Bonetti: e Ho trovato ed ho lasciato le cose
con grande mia soddisfazione ».
Per ben comprendere il valore e l'efficacia delle visite che Don
Bosco soleva fare ai collegi anche un paio di volte all'anno, giova
conoscere in che modo quelle si svolgessero. Egli ne mandava
l'annuncio qualche tempo innanzi, affinchè i Direttori avessero
agio di ben disporre gli animi, sicchè poi vi giungeva molto aspet-
tato. Un festoso ricevimento gli dava il ben venuto. Dopo per
prima cosa chiedeva se vi fossero ammalati e in caso affermativo
si recava subito a visitarli. Ogni sera faceva il sermoncino della
" buona notte ", allietando tutti con le sue amene trovate, iuvi-
tando ai Sacramenti e toccando destramente quei tasti, sui quali
gli sembrava opportuno mettere il dito. Ogni mattino sedeva
alcune ore al confessionale, sempre assiepato di penitenti. Du-
rante il giorno ascoltava i Soci, trattandoli con una bontà e af-
fabilità che ne apriva i cuori alla confidenza. In sì familiari col-
loqui quitnte difficoltà appianate, quanti dubbi dissipati, quanti
conforti e incoraggiamenti comunicati agli spiriti, ed anche
quanti screzi attutiti, quanti desideri soddisfatti! Radunatili poi
in ora propizia, teneva loro una conferenza intima, in cui col
cuore alla mano li informava dei progressi della Congregazione
e li incorava a lavorare con zelo ed a compiere allegramente i
sacrifici imposti dalle circostanze. Nelle ricreazioni attraversava
qualche volta il cortile, dove i giovani gli si stringevano attorno,
avidi d'udirlo. Non si mancava mai di festeggiarne anche alla
loro mensa fa venuta. Nel refettorio dei Confratelli rallegrava
i suoi figli con notizie, piacevolezze e storielle condite con una
grazia, della quale egli solo possedeva il segreto. Per tal modo dalle
sue visite portava seco una conoscenza delle condizioni e dei
bisogni di una casa, lasciando ivi del suo passaggio un'impres-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18.5 Page 175

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.Yel Piemonte durante il trienr~io1870.73
sione profonda e durevole, da cui il Direttore poteva trarre lun-
gamente partito in seguito.
Da tempo si era sentita in Piemonte la necessità di provve-
dere all'educazione e istruzione cristiana della gioventù appar-
tenente alle classi più elevate della società. Famiglie nobili che
non volevano venir meno alle tradizioni domestiche mandando
i figli a scuole dove questi correvano pericolo di perdere la fede,
li inviavano all'estero in collegi tenuti da religiosi. A Torino i
Fratelli delle Scuole Cristiane avevano aperto un collegio per
nobili; ma dal Governo era stato chiuso nel 1863. Allora sette
ecclesiastici, costituitisi legalmente in società, ne apersero un
altro sulla strada di Valsalice, in un palazzo che apparteneva ai
medesimi Fratelli. I beilenieriti fondatori condussero avanti l'o-
pera provvidenziale attraverso a gravi peripezie, finchè, ridotto
ai minimi termini il numero dei convittori e cresciuto paurosa-
mente l'ammontare dei debiti, si videro sulSorlo del fallimento.
Le cose volgevano alla catastrofe, quando i1 novello Arcivescovo
Gastaldi, facendo buon viso alla proposta di chi aveva l'alta di-
rezione dell'istituto, invitò sul 1872 Don Bosco a salvare Sonore
del clero, sottentrando lui nell'amministrazione e nel governo.
Don Bosco si trovò allora a un bivio: o non aderire al desi-
derio dell'Arcivescovo e indisporlo verso la Congregazione, o rin-
negare un principio da lui più volte categoricamente affermato.
Riferisce, per esempio, la cronaca delllOratorio sotto il 3 aprile
1864 che egli, sentendo alcuni de' suoi accennare all'eventualità
di avere col tempo un collegio di nobili, troncò un tal discorso
col dire: ((Questo no, non sarà mai linchè vivrò io! Per quanto
dipende da me, non sarà mai! Se si trattasse di pigliare solo la
amministrazione di simile collegio, allora sì, si prenderebbe; ma
altrimenti, no. Questa sarebbe la nostra rovina >>.Tale concetto
era penetrato così addentro nell'animo de' suoi principali colla-
boratori, che, quando chiamò il Capitolo a votare sull'accetta-
zione del collegio di Valsalice, tutti diedero palla nera. Ma 1'Ar-
civescovo, avutane comunicazione, non solo insistette, ma usò
un tono di comando. La convenienza pertanto di evitare un urto
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18.6 Page 176

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Capo XV
col nuovo Ordinario mosse il Santo a fare di necessità virtìi. Espo-
sto sotto questo aspetto il caso, fece ripetere la votazione, nella
quale i membri del Capitolo risposero tutti in senso affermativo.
Don Bosco, presa una deliberazione, metteva in pratica il
quod vis facere, Jac cito. Il voto del Capitolo fu dato in marzo;
nel mese seguente l'accettazione era già un fatto compiuto. Le
modalità del trapasso protrassero le discussioni fino a tutto giu-
gno; ma Don Bosco vi pose termine, passando sopra a non lievi
sacrifici pecuniari. In luglio i giornali pubblicavano un suo pro-
gramma, fatto già pervenire nelle mani di quanti potevano avervi
interesse. L'Arcivescovo vi aveva aggiunto in fondo una calda
raccomandazione, esprimendo la certezza che la tanto desiderata
educazione cristiana dei giovani sarebbe stata perfetta sotto la
direzione di Don Bosco.
Il nostro Santo vi nominò Direttore Don Francesco Dalmazzo,
Dottore in lettere. Questi possedeva pure tutte quelle doti este-
riori, che utilmerke adornano un superiore in ambienti di tal
natura. Venuto all'oratorio da una distinta famiglia di Cavour,
era orfano di padre e faceva già la quinta ginnasiale. Non si
sarebbe potuto adattare a quella vita per lui troppo disagiata,
se non fosse stato l'affetto che lo avvinse a Don Bosco, massime
dal giorno in cui assistette alla famosa moltiplicazione dei pani:
vide allora con i propri occhi come da un gran cesto contenente
appena una ventina di pagnottelle ne fossero uscite per le mani
di Don Bosco circa quattrocento senza che apparisse diminuita
la quantità di prima (I).
Per due anni stentò a ripopolare il collegio, non riuscendo a riu-
nirvi più di venti giovani, benchè vi fossero i tre corsi elementare,
ginnasiale e liceale. Ne impedirono la pronta risurrezione anche
le maldicenze, che presero di mira Don Bosco e i suoi figli, quasi
che per quello sapesse d'intollerabile presunzione l'occuparsi di no-
bili, e questi non avessero attitudine a tale ufficio. Nonostante le
passività, aggravate da settemila lire annue di fitto che doveva
(I) M m . Biogr., vol. VII. pag. 776.
I 66
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18.7 Page 177

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ii%l Piemat~tedirranle il triennio 1870.73
sborsare ai Fratelli, egli lasci0 cantare, confidando nell'abilità del
Direttore Questi realmente si destreggiò così bene da portare
gli aliinni al centinaio. Era i1 massimo numero che si potesse de-
siderare. I1 Satito alcuni anni dopo aperse trattative per la com-
pera dello stabile, sborsando-la somma di centoventimila lire.
Nel triennio di cui trattiamo, Don Bosco aveva sulle spalle
l'erezione di due chiese in Torino, una a Ovest e l'altra a Bt della
stazione di Porta Nuova, la prima impostagli dalle circostanze
e l'altra addossatasi da sè. Di quella dirò subito tutto, di que-
sta per ora solameilte un po'.
La popolazione addeusantesi di anno in anno nel borgo detto
oggi di S. Secondo braniava la sua chiesa. Un comitato promo-
tore costituitosi nel 1867 s'intese col Municipio, dal quale ottenne
alcune agevolezze. La chiesa doveva essere dedicata a S. Secondo,
Martire della legione tebea, del quale si venera il corpo nel
duomo di Torino. C'era già il disegno, c'era il permesso edilizio,
c'era anche il terreno donato dal Municipio, c'era infine la pro-
niessa d'un sussidio municipale di trentamila lire da erogarsi
in tre rate, a cominciare da quando il sacro edificio toccasse il
tetto; ma tutto questo, com'è evidente, non bastava per mettere
inano ai lavori. Ci voleva un uomo che raccogliesse denari e
stesse a capo dell'inipresa. Finalmente nel 1871 non si vide altra
via di uscita che raccomandarsi a Don Bosco. S'interposero per-
sonalità altolocate; lo stesso Vicario Capitolare Zappata gliene
fece un obbligo di coscienza, chiamandolo in colpa se per causa
sua tante anime non avessero modo di compiere i loro doveri
religiosi. Don Bosco piegò la testa. Le pratiche burocratiche por-
tarono via dell'altro tempo, sicchè l'autorizzazione a cominciare
venne solo il 6 maggio 1872. Egli vi si accinse tosto con la mas-
sima alacrità, proponendosi di finire in tre anni.
Ma fece i suoi conti senza l'oste. Si lavorava da due mesi ed
eransi già spese ventisettemila lire, quand'ecco giungere dal Sin-
daco l'intimazione di soprassedere. Che era avvenuto? Don BO-
SCO, oltrechè ai bisogni spirituali degli adulti, mirava anche a
quelli della gioventù, per la quale voleva un oratorio festivo con
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18.8 Page 178

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Capo XV
cortile e scuole; quindi nel far eseguire il disegno approvato aveva
spostato l'ubicazione della chiesa, innalzandola sul fianco anzichè
nel mezzo del terreno assegnato, e questo allo scopo di procu-
rarsi lo spazio necessario per le suddette costruzioni accessorie.
Ma il Municipio, accampando considerazioni di estetica, esigeva
che il tempio sorgesse nel centro senz'appendice di altro fabbri-
cato qualsiasi. Don Bosco obbedi quanto alla sospensione dei
lavori; ma non si stancò di correre e di ricorrere per sostenere
le sue ragioni, spalteggiato dali'autorità di persone ragguarde-
voli. La questione stava per essere risolta in senso a lui favore-
vole, allorchè intese che il nuovo Arcivescovo erasi offerto di
fabbxicare egli stesso la chiesa second.0 le vedute del Municipio.
La sospensione durava già da due anni senza che n&Don Bo-
sco fosse invitato a ritirarsi nè il Municipio avesse rivocato la
concessione a lui fatta di fabbricare; tuttavia unicamente in os-
sequio al suo Superiore ecclesiastico non mosse lagnanza. L'Ar-
civescovo in una lettera pastorale del 21 novembre 1874 annun-
ciò la ripresa, sperando di giungere al termine entro il 1875.
S'andò invece fino al 1882.Allora il nostro Santo diede un altro
nobile esempio di disinteresse e di sommissione, disponendo che
nella solenne consacrazione vi andassero dall'oratorio la Schola
cantorum e la banda strumentale.
L'altra chiesa costò a Don Bos-co sacrifici, noie e pene senza
fine; ma almeno la condusse a compimento. La eresse là dove
dal 1847 manteneva l'oratorio festivo di S. Luigi, creato per pa-
ralizzare la propaganda dei Valdesi, che in quel nuovo e son-
tuoso quartiere minacciavano di piantare la roccaforte della
loro setta. Vi avevano già eretto anche un vistoso tempio, men-
tre per una larghezza di circa tre chilometri migliaia di fedeli
non trovavano una chiesa. Don Bosco stabilì di darla loro, de-
dicapdola a S. Giovanni Evangelista per onorare Pio IX, che
al fonte battesimale aveva ricevuto quel nome. fr: opera ardita,
in questi tempi, scrisse egli (I), ma è di assoluta necessità e
( I ) Lettera al Comm. Dupraz. suo benefattore, 7 febbraio 1871
I 68
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18.9 Page 179

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Nel Piemonte du-nte il trimnio 1870-73
perciò spero che la carità dei buoni cattolici e la speciale assi-
stenza di Dio non verranno meno&.
Cominciò dunque a raccogliere i fondi nel 1870 per comprare
vari pezzi di terreno sul !uogo designato. Un tempo enorme andò
p- erduto
per
-
un
lembo
di
suolo,
che
era
indispensabile,
ma
che
il
proprietario, un protestante fanatico, si ostinava a non cedere
per qualsiasi prezzo. Tentate invano tutte le altre vie, Don Bo-
sco invocò un decreto di esproprio per ragione di utilità pub-
blica; ma quante sbarre fra le ruote da parte di coloro che sotto
sotto facevano gli interessi degli eretici! L'insidiosa lotta si pro-
trasse oltre ogni credere; ma tutte le male arti s'infransero da
ultimo contro la tenacia invitta dell'Uomo di Dio. Ne riparle-
remo a tempo e luogo.
Ora torniamo alla Casa Madre. I1 1873 segna un cambiamento
importante nel suo regime interno. Scadendo di carica i quat-
tra membri elettivi del Capitolo Superiore, cioè l'Economo e i
tre Consiglieri, Don Bosco, convocati gli elettori il 12 gennaio,
fece procedere all'elezione. Furono rieletti Don Savio, Don Pro-
vera, Don Durando e Don Ghivarello. Dopo annunciò l'innova-
zione. Fino allora il Capitolo Superiore era stato anche il Capi-
tolo dell'Oratorio, nè veniva in testa ad alcuno che potesse mai
essere diversamente; ma col prossimo anno scolastico l'Oratorio
avrebbe avuto il suo Capitolo particolare, come tutte le altre
case. I1 Santo commentò cosi il provvedimento: Questo ci sug-
gerisce il numero ognor crescente dei Confratelli; nel che io vedo
manifesta la protezione del cielo, prima col suggerire a molti
l'idea di entrarvi, abbandonando parenti e ricchezze e speranze
di onori e cariche lucrose e piene di gloria. I1 Signore ci protegge
poi ancora, facendo si che coloro, i quali odiano e perseguitano
le altre Società religiose, quei medesimi c'incoraggino coll'opera
e ci procaccino anche mezzi ed armi, per dir così, contro di loro
stessi (I) >>.Poscia nella Conferenza generale di S. Francesco
spiegò quali sarebbero state in seguito le funzioni del Capitolo
( i ) .Me%. Riogr., vol. X, pag. 1062
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

18.10 Page 180

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Capo XV - Nel Piemonte durante il triennio 1870-73
Superiore, cioè non più aver parte nella direzione di case parti-
colari, ina occuparsi delle case in generale.
Tuttavia, come dicevo in principio, continuarono a portare
Don Bosco il titolo di Direttore e Don Rua di Vicedirettore del-
l'Oratorio; ma dal 1875-76 sottentrò come Vicedirettore 'Don Laz-
zero fino al 1879-80, quando il Santo prese a chiamarsi Rettore
e Don Lazzero Direttore.
Per settembre venne indetta una seconda Conferenza gene-
rale dei Direttori e dei Prefetti. I Direttori discussero su certe
Regole allo scopo di chiarirne bene il valore e la portata, fissando
poi le loro conclusioni in una serie di note spiegative divise in
cinque articoli: Regole generali, amministrative, economiche, mo-
rali e scolastiche. I Prefetti alla loro volta in quattro sedute
sviscerarono minutamente i doveri del proprio ufficio circa la
cura del personale di servizio, le spese di ordinaria amministra-
zione, la disciplina dei giovani e particolarità diverse (I). In
un'adunanza comune finalmente furono richiamate alcune diret-
tive sul preventivo esame degli scritti che i Confratelli volessero
dare alle stampe, siille relazioni dei Soci con gli esterni, sul non
obbligare i Direttori a fare parti odiose, sul riserbare ad essi le
informazioni ai parenti degli allievi e sulla pratica della povertà
religiosa. Di queste ultime norme, che furono messe a verbale,
Don Bosco volle poi che si mandasse copia autertica a tutti i
Direttori e Prefetti, scrivendovi sotto la racconiandazione che
si adoperassero a curarne l'osservanza.
Si comprende come tali convegni servissero mirabilmente a
stringere i vincoli di unione fra i Soci e fra le case, non che a
promuovere sempre più la regolarità della vita religiosa: due
cose nelle quali conveniva allora accelerare il moto, perchè a
Roma era allo studio l'approvazione delle Costituzioni.
(I) Mem. B ~ o g v . ,vol. X. pag. 1112-zz.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

19 Pages 181-190

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19.1 Page 181

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CAPO XVI
Domanda di approvazione delle Regole.
I,eCongregazioni religiose possono essere di diritto diocesano
o di diritto pontificio. Le prime stanno soggette alla giurisdizione
dei singoli Vescovi, nelle cui diocesi tengono case; le seconde di-
pendono direttamente dalla Santa Sede. I1 decreto di lode reso
dalla Santa Sede a una Congregazione basta perchè questa di-
venti di diritto pontificio; il decreto poi di approvazione dell'I-
stituto lodato ne rafforza vie più il vincolo della dipendenza da
Roma, limitando maggiormente l'ingerenza vescovile sopra di
esso. La Società Salesiana conseguì la lode nel 1864 e l'approva-
zione nel 1869. Ora l'approvazione di una Congregazione non
importa senz'altro l'approvazione delle Regole o Costituzioni in
specie, ma solo in genere, cioè quanto allo spirito. Occorre per-
tanto una terza serie di pratiche per ottenere che le Costituzioni
siano a Roma partitameilte esaminate, eventualmente modifi-
cate e da ultimo ufficialmente sancite. Questo atto costituisce il
riconoscimento definitivo di un Istituto religioso. Don Bosco se
ne coniinciò a occupare nel 1872.
Ammaestrato dall'esperienza, egli sapeva quanto gli sarebbe
per riuscire utile a tal fine il favore dell'Arcivescovo; perciò gioì
quando seppe da Roma che a successore di Mons. Riccardi
era stato scelto Mons. Gastaldi, Vescovo di Saluzzo, suo insigne
benefattore. Dopo che il novello Pastore prese possesso dell'ar-
chidiocesi, lo interrogò se giudicasse potersi dare principio alle
pratiche per arrivare alla definitiva approvazione della Società.
Monsignore rispose di si; anzi gli promise il suo appoggio.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

19.2 Page 182

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capo XVI
Allora l'Uomo di Dio, prima d'ingolfarsi nell'affare, fece un
passo più in alto, procurando d'informarsi se il Santo Padre
avrebbe veduto bene la presentazione di una tale domanda. Si
ribolse per questo al Card. Berardi, che dopo la prodigiosa gua-
rigione del nipote, gli portava un affetto vivissimo e ci teneva a
essere suo protettore. I1 Cardinale ne interpellò in modo confi-
denziale Sua Santità, che accolse con benevolenza il divisamento;
anzi il Santo Padre stesso suggerì di mettere in corso regolare
la relativa supplica (I).
Dopo questi preliminari Don Bosco .si accinse a redigere il
testo definitivo delle Costituzioni. Presa.per base la redazione
latina stampata nel 1867 (2),v'introdusse due specie di modifi-
cazioni. Le une fìnivano di conformarne il contenuto alle tredici
osservazioni del 1864 (3). Egli aveva bene replicato su alcuni
punti; ma la risposta fu di conformarvisi a pieno. Altre modifica-
zioni rappresentavano il frutto dell'esperienza di quegli ultimi anni.
Mentre attendeva a questo paziente lavoro, spuntarono le
prime difficoltà. Nel corso di una corrispondenza sulla questione
delle ordinazioni. l'Arcivescovo dichiarò esplicitamente di non
poter promuovere l'approvazione pontificia delle Costituzioni fin-
chè non esistesse un buon noviziato. Don Bosco per tutta rispo:
sta gli ripetè tre cose da lui già esposte a Pio IX. Primo, sulla
qualità dei soggetti atti a entrare nella Società Salesiana: «Io
non intendo di fondare un Ordine religioso, dove si possono ac-
cogliere penitenti o convertiti che abbiano bisogno di essere for-
mati al buon costume ed alla pietà; ma la mia intenzione si è
di raccogiiere giovanetti ed anche adulti di moralità assicurata,
moralità provata per più anni, prima di essere accolti nella no-
stra Congregazione ». Secondo, sulla selezione e preparazione re-
mota dei candidati: « Noi ci limitiamo a giovani educati, istruiti
nelle nostre case: giovani già scelti ordinariamente da parroci,
che, vedendoli risplendere nella virtù fra la mazza e la zappa,
( i ) Lettera del Cardinale a Don Bosco, 27 agosto 1872
(2) Mem. Biogr.. vol. VIII, pgg. 1058 e seg.
(3) Cfr.sopra, pgg. 65 e 67.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

19.3 Page 183

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Dontonda dt approvazione delle Regole
li raccomandano alle nostre case. Due terzi di questi inviati sono
restituiti alle loro case. I ritenuti sono per quattro, cinque od
anche sette anni esercitati nello studio e nella pietà, e di questi,
pochi soltanto sono ammessi alla prova, anche dopo questo lungo
tirocinio ».Terzo, sulla preparazione prossima dei prescelti: 4 Am-
messi così alla prova, devono fare due anni qui in Torino, dove
hanno ogni giorno lettura spirituale, meditazione, visita al Sa-
cramento, esame di coscienza, ed ogni sera un breve sermon-
cino fatto da me, raramente da altri, e ciò a tutti in comune
per gli aspiranti. Due volte per settimana si fa una conferenza
espressamente per gli aspiranti, una volta per tutti quelli della
Società >>.Allorchè Don Bosco aveva chiarito così a Pio IX lo
stato delle cose, il Papa aveva approvato il metodo, benedetto
lo sforzo, promesso il suo aiuto e fatto stendere il decreto di ap-
provazione della Società (I).
L'argomento del noviziato avrà poi offerto un tema di discus-
sione in alcuno dei colloqui che Don Bosco ebbe dopo con Mon-
signore intorno alle Regole, delle quali per Natale furono pronte
le bozze. Vi precedeva una Brevis Notitia su le origini e lo stato
della Società; seguivano poi vari documenti. Don Bosco avrebbc
desiderato di stampare in capo a questi documenti una Commen-
datizia dell'Ar6ivescovo; ma l'Arcivescovo non lo credette op-
portuno. Tuttavia consentì che alla fìne della Notitia si ponesse
una dichiarazione, che tradotta suona cosi: ((Finalmente il be-
nevolo nostro Arcivescovo di Torino, volendo aggiungere un
nuovo segno di benevolenza ai molti e grandi già dati per Sin-
nanzi, commendò altamente la Società Salesiana ed arricchì dei
diritti parrocchiali la Casa Madre e l'annessa chiesa di Maria
Ausiliatrice, confermando pure ed ampliando con decreto del 25
dicembre 1872 i privilegi concessi da' suoi predecessori >>.
Le Regole gli erano già interamente note; tuttavia Don Bo-
sco gl'inviò per delicatezza una copia delle bozze, nel restituire
le quali Monsignore non nascose che egli avrebbe considerato
sempre la Società Salesiana come soggetta all'autorità delsordi-
( r ) Lettera all'Arcivescovo, 23 novembre ~87%.
173
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

19.4 Page 184

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capo XVl
nario. Per ben comprendere il suo atteggiamento bisogna tener
presente che Mons. Gastaldi aveva ereditato, per dir così, da
Mons. Riccardi l'idea che la Congregazione dovesse restare opera
diocesana. Ispirata più o meno a questo principio fu una specie
di circolare da lui spedita ai Vescovi del Piemonte e agli altri
che avevano istituti salesiani nelle loro diocesi, cioè a quelli di
Genova, Savona e Albenga. In essa raccomandava loro quattro
condizioni da porre nelle loro Commendatizie, qualora ne venis-
sero richiesti: IO Che nessun membro della Congregazione potesse
essere promosso agli ordini sacri prima d'aver emesso i voti per-
petui; z0 che le Regole del noviziato fossero tali da fare dei re-
ligiosi radicati nella virtù; 30 che nessuno degli ordinandi pre-
tendesse di aver diritto a essere ordinato senza previo esame del
Vescovo o de' suoi delegati; 40 che il Vescovo avesse diritto di
visitare le chiese e gli oratori della Congregazione e d'indagare
se tutto vi fosse secondo le leggi ecclesiastiche e se vi si adem-
piessero i legati pii.
Don Bosco, avuta nelle mani copia di questo documento, te-
mette due cose: che nuove Commendatizie disfacessero il già
fatto con le ventiquattro del 1868 e che Monsignore, essendo an-
dato in quei giorni a Roma, dicesse verbalmente assai più in
senso contrario. Ciò posto, non sarebbe stato meglio per allora
differire la presentazione della domanda? Male non ne poteva de-
rivare, essendo la Congregazione approvata e potendo per dieci
anni il Superiore dare le dimissorie. Pregò dunque Mons. Mana-
corda di sentire come la pensasse il Card. Berardi. Gli si rispose
di andare avanti. Tuttavia per abbondare in prudenza sospese
la stampa delle Costituzioni lino al ritorno dell'Arcivescovo,
senza omettere però di scrivere a parecchi Vescovi certamente
favorevoli, che gli favorissero le loro Commendatizie da presen-
tare alla Santa Sede insieme con Sistanza.
Quando l'Arcivescovo ritornò, egli era sulle mosse per par-
tire alla volta di Roma. Andato a riverirlo e a offrirgli i suoi
servigi nella città eterna, SArcivescovo, accoltolo cortesemente,
gli porse una copia della sua Commendatizia, il cui originale era
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Domanda di approvazione delle Regole
già stato da lui direttamente presentato alla Sacra Congregazione
dei Vescovi e Regolari. L'introduzione ripeteva gli elogi espressi
nella Commendatizia del 1868 (I) con l'aggiunta di un cenno sui
posteriori progressi della Congregazione; seguivano quindi le
quattro condizioni formulate nella circolare ai Vescovi, più al-
tre due, che cioè il Fondatore presentasse le Regole definitive e
che alla Società venisse concesso quel tanto solameilte di esen-
zione dalla giurisdizione vescovile che fosse necessario e suffi-
ciente alla sua esistenza, rimanendo per tutto il resto in pieno
vigore i diritti spettanti agli Ordinari diocesani. Questo punto
colpì talmente Don Bosco, che gli, fece rinascere il pensiero di
rimandare a tempo più opportuno l'inizio della pratica. Tutta-
via si riserbò di deliberare, quando fosse a Roma.
Partì il 18 febbraio 1873. Apprese, colà giunto, clte ve l'a-
veva preceduto una lettera di Monsignore al Card. Caterini, Pre-
fetto della Congregazione del Concilio. I1 segretario particolare
Don Berto che accompagnava il Santo, ci rese possibile cono-
scerne il tenore. La lettera cominciava così: « Il molto Rev. Don
Giovanni Bosco da Castelnuovo, mio diocesano, fondatore di una
Congregazione di ecclesiastici, la quale ottenne già un'approva-
zione provvisoria dalla S. Sede, mi domandò una Commendati-
zia che appoggiasse la domanda che intendeva presentare al
Sommo Pontefice, acciò la sua Congregazione ottenesse un'ap-
provazione definitiva. Io accondiscesi al desiderio espressomi e
gli diedi la Commendatizia, di cui quindi unisco una copia ori-
ginale, cioè da me sottoscritta: esponendo infine le cose che io
giudico essere necessarie pel buon esito della Congregazione e la
trariquillità a mantenersi col clero delle Diocesi, ove questa Con-
gregazione sarà per estendersi. Queste condizioni non piacquero
al fondatore della Congregazione, epperciò esso mi disse che per
ora lascia le cose come sono, e no11 presenterà la sua domanda.
Siccome a Roma si conosceva la intenzione del detto fondatore
ed ora mutandosi questa, se ne cercherà probabilmente il per-
( I ) Cfr. sopra, pag. i i ~ .
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

19.6 Page 186

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Capo XVI
chè, per questo comunico a V. E. la detta Commendatizia, af-
fmchè Ella esamini e proferisca il suo giudizio. Ribadiva poi
il suo pensiero sulla necessità di un noviziato in regola e sulle
esigenze per le ordinazioni dei Soci, aggiungendo un'osservazione
sulle manchevolezze negli studi che si facevano dagli aspiranti al
sacerdozio.
I molti incoraggiamenti a proseguire nelle pratiche vinsero
l'esitanza del Santo; lo stesso Mons. Vitelleschi, nuovo Segre-
tario della Congregazione dei Vescovi e Regolari, lo aiutò a for-
mulare la supplica da umiliarsi al Papa. Questa fu datata da
Torino, benchè Don Bosco fosse ancora a Roma. Eccone la tra-
duzione.
Bealissimo Padre,
La Società Salesiana, da Voi, Beatissimo Padre, con l'opera e il consiglio
fondata, diretta e consolidata, implora dalla Vostra benignità nuovi favori. L'e-
sistenza e la pratica quasi trentennali delle sue Costituzioni, le difficoltà e i gravi
pericoli superati e il sito nteraviglioso incremento sono altrettante prove che ci
fanno vedere il dito di Dio, come affermanoanche i Vescovi nelle loro Commen-
datizie.
Or dunque a compimento deli'opera due cose sopratttitto mancano ancora:
l'approvazione definitiva delle Costituzioni e la facoltà generale a i rilasciare le
dimissorie. Ecco i due favori che con le più umili e calde preghiere imploro.
E affinchè si scorga a colpo d'occhio lo stato della Congregazione si uniscono
qui i seguenti allegati:
10 Una breve notizia o raccolta di documenti relativi a questa Congre-
gazione.
20 Varie copie delle Costituzioni neli'ultima edizione.
30 Alcune dichiarazioni su piccole varianti, dall'esperienza mostrate utili
allo sviluppo e al consolidamento della Congregazione.
Degnisi la bontà e benignità Vostra aggiungervi tutto quello che vi manca.
Mentre poniamo fiduciXsi questo nostro grande affarenelle mani del Signore.
tutti i Soci della Congregazione, che tntti si gloriano di essere Vostri figli, pre-
ghiamo di gran cuore Iddio, c h e voglia compiere egli stesso e a Voi suggerire
quanto & meglio agli occhi suoi.
Intanto, prostrato ai piedi della Santita Vostra, io piì~fortunato di tutti
mi sottoscrivo supplicando,
Turino, 10 marzo 1873.
Umilissimo jigZio
Sac. GIOVANNBIOSCO
Superiore Generale.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

19.7 Page 187

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Donro,tda di approrazione delle Regole
Le nuove Commendatizie da lui chieste a un certo numero
di Vescovi, e che si dovevano unire alle ventiquattro dell'altra
volta, lo raggiunsero a Roma. Erano tutte favorevoli; soltanto
l'Arcivescovo di Genova teneva conto in parte delle osservazioni
di Mons. Gastaldi, non senza però rilevare il bene che faceva l'o-
spizio di Sampierdarena. Quella di Mons. De Gaudenzi, Vescovo
di Vigevano, era un inno alla santità di Don Bosco e alla gran-
dezza delle sue Opere; u fin dagli esordi delle sue sante imprese »
egli aveva in quello <<ammiratoun uomo suscitato dal Signore
a gloria del cattolico sacerdozio, a bene dell'umanità». Ma su-
però tutte le altre la Commendatizia di Mons. Manacorda, con-.
sacrato Vescovo di Fossano. Nel perorare la causa di Don Bo-
sco egli fece un'eloquente apologia dell'Uomo e della sua istitu-
zione. Una parola speciale dedicò al noviziato. ((Noviziato, di-
ceva, meno palese degli altri, ma vero noviziato, qual si con-
viene ed esige il bene delllIstituto e delle anime. Poichè non vi
è chi non vegga che il farlo apertamente, e quasi con pompa
esteriore, sotto gli occhi dei distruggitori degli Ordini monastici,
non sarebbe possibile senza metterne in pericolo l'esistenza. Per
questo, noi, pazientemente, quanto ancora di piìi perfetto si de-
sidererebbe, lo rimettiamo nelle mani di Dio, il quale, ridonata
la pace alla Chiesa, fornirà tutti quei mezzi che son necessari
alla totale perfezione dell'opera sua ».
I1 Papa, allorchè Mons. Vitelleschi gli presentò le Commen-
datizie e gl'indicò i nomi dei Vescovi che le avevano scritte, volle
che gli leggesse quella di Mons. Manacorda. Seguita con atten-
zione la lettura, alla fine gli disse: - Dunque accontentatemi
Don Bosco.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XVII
La " Positio " e la cardinalizia Congregazione particolare.
A deliberare circa l'approvazione delle Costituzioni di un Isti-
tuto religioso viene nominata dal Papa una Commissione Cardi-
nalizia, detta Congregazione particolare. Prima che i Cardinali
designati si radunino, bisogna formare la Positio, ossia riunire
in volume a stampa tutta la documentazione che è necessaria o
utile allo scopo. Tutto questo importa una serie di pratiche la-
boriose, nel corso delle quali insorgono per lo più difficoltà e osta-
coli d i vario genere, che fa d'uopo sormontare. Don Bosco lo
sperimentò ben duramente.
Mosse una prima pedina, cogliendo una speciale occasione.
11 13 maggio 1873 ricorreva l'ottantunesimo compleanno di
Pio IX. Due giorni prima in segno di omaggio egli inviò al
Santo Padre un Album con le firme dei Confratelli e degli alunni
divisi per case, accompagnandolo con un tenue obolo di lire
cento. In una sua lettera, che spiegava il motivo del filiale atto,
fece entrare un accenno alla cosa allora per l t ~ idella massima
importanza. Diceva infatti: «Se poi all'umile scrivente fosse dato
di chiedere al più buono dei Padri quanto sta maggiormente a
cuore a' suoi figli, Le chiederebbe col massimo rispetto l'appro-
vazione definitiva della nostra Società con quella maggior copia
di favori spirituali che la Santità Vostra giudica tornare a mag-
gior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime S. Ma ad ostacolare
l'adempimento di un tal voto eransi sollevate già prima di quella
data forti opposizioni, rinnovatesi ancor più gagliarde dopo.
Al Card. Quaglia era succeduto come Prefetto della Congre-
gazione dei Vescovi e Regolari il Card. Bizzarri, e a Mons. Sve-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

19.9 Page 189

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gliati, come Segretario Mons. Vitellescbi. Questi conosceva motto
bene Don Bosco e le cose sue, percllè nella sua nobile famiglia
romana l'Uomo di Dio godeva riputazione di santo e vi rice-
veva manifestazioni frequenti di grande affetto; ma 1'Eminen-
tissimo Bizzarri non aveva avuto ancora occasione di conoscerlo
da vicino. L'Arcivescovo Gastaldi, avendo inteso che si stava
per iniziare le pratiche a fine di ottenere l'approvazione delle
Costituzioni, aveva indirizzato il 20 aprile al Cardinale Prefetto
una lunga relazione, manifestando sul conto della Società varie
sue impressioni e sottoponendo alcupe sue proposte.
Riguardo alle impressioni, oggi, a tanta distanza di tempo,
noi possiamo comprendere abbastanza come allora un osserva-
tore, considerando dal di fuori la vita dell'Oratorio e confron-
tando lo stato di una Congregazione ancora bambina, e nata in
momenti così critici, con altre Congregazioni più che adulte, po-
tesse facilmente rimanere disorientato. Invano si sarebbe cercato
nella nuova Società quell'apparato esteriore che si era avvezzi
a riscontrare in sodalizi religiosi d'antica data; in essa la sostanza
della vita religiosa doveva nascondersi sotto forme inusitate, che
non solo non risvegliassero le ostilità del mondo profano, ma
neanche urtassero gli associati, non immuni interamente essi
stessi dai pregiudizi dominanti. I1 tempo, che armonizza le cose
più disparate, non passò senz'arrecare i suoi benefici influssi in
favore 'dei metodi d'allora; ma allora, se Don Bosco avesse di-
menticato che l'ottiino è nemico del bene, Dio sa se avrebbe mai
dato principio all'Istituzione, che presentemente giganteggia agli
occhi di tutto il mondo. Ora, le impressioni dell'Arcivescovo di
Torino derivavano appunto dal credere di non dover dare tempo
al tempo, ma di dover esigere che tutto procedesse a perfezione.
Nessuno cesto oserebbe ai dì nostri dare torto a Don Bosco,
quando scriveva (I): a Nei tempi difficili in cui ci troviamo, una
Congregazione nascente ha bisogno di tutta la indulgenza compa-
tibile coll'autorità degli Ordinarii, e quando nascessero difficoltà,
aiutarla coll'opera e col consiglio, per quanto loro P possibile >.
( i ) Letteza BII'A~<c~v~scBooYrogo, S. Mnrtino i + maggio 1873.
I79
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

19.10 Page 190

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Kiguardo poi alle proposte dell'Arcivescovo, una. sola qui ci
interessa, perchè riferentesi alle Regole e alla loro approvazione.
Ecco la sua idea (I): «Le Regole di questa Congregazione sieno
tosto esaminate dall'Arcivescovo di Torino e ne ottengano I'ap-
provazione. Se l'Arcivescovo ricusa di approvarle, esponga le
sue ragioni ai Vescovi di Casale, Savona, Albenga e all'Arcive-
scovo di Genova, ove il Signor Don Bosco ha presentemente delle
case, e fra tutti si venga ad un'approvazione >.
A Roma l'esame delle Regole era stato commesso al Procu-
ratore generale dei Domenicani, P. Bianchi. Egli consegnò il suo
voto o relazione nella seconda metà di maggio. Vi aveva fatto
ben trentotto osservazioni, otto delle quali si riferivano al come
erano state eseguite le tredici correzioni del 1864, conchiudendo
essere suo parere che prima di venir presentate atl'approvazione
della Santa Sede le Costituzioni fossero diligentemente corrette
e poi messe per qualche tempo in esecuzione.
Mons. Vitelleschi, ridotte a ventotto le osservazioni, le rimise
in compendio a Don Bosco il 26 luglio, esortandolo ad accettarle
senza difficoltà, a inserirle nelle Costituzioni e quindi nuova-
mente mandare queste alla Sacra Congregazione.
Intanto le pratiche relative aiie temporalità dei Vescovi ri-
chiamarono Don Bosco a Roma il 30 dicembre; naturalmente
l'occasione gli giungeva propizia per occuparsi sul posto del
grande affare. Grande veramente per lui, tanto grande che ne
parlava come det suo pensiero dominante, dicendo di non avere
più nel restante breve scorcio della sua vita nessun'altra aspi-
razione che di assestare in modo definitivo le cose della Società.
Ebbe il 5 gennaio 1874 una prima udienza da Pio IX, che
gli si mostrò a amorevole, generoso e accondiscendente (2).L'in-
teressamento del Card. Berardi e le buone disposizioni di Mon-
signor Vitelleschi lo consolarono assai. Quante scale salì e di-
scese per visitare Prelati d'ogni grado! Taluni, mal prevenuti,
intrattenendosi con lui, cambiavano sentimento. Egli si studiò
( i ) Lett. al Card. Bizzarri, z o aprile 1873.
( 2 ) Lettera a Don Lemoyne, j gennaio i874
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

20 Pages 191-200

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20.1 Page 191

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" Poritio " e eardinalizia Congregazione particolare
particolarmente di avvicinare i Porporati, che si presagiva po-
tessero poi entrare nella Commissione da crearsi per l'approva-
zione delle Regole. Contemporaneamente, ultimata di queste una
accurata revisione, ne affidò la stampa alla Tipografia di Pro-
paganda. Delle ventotto osservazioni aveva accettato la mas-
sima parte, ad alcune applicato temperamenti, su altre sorvo-
lato per salvare dal rigore delle leggi civili la sua Istituzione. In
tutto questo lavorio si era valso anche dei consigli di persone
competenti, che a Roma abbondano.
Furono chiamati dal Papa a comporre la Congregazione par-
ticolare i Cardinali PATRIZI,Vicario di Sua Santità, Prefetto dei
Riti e Decano del Sacro Collegio; DE LUCAP, refetto dell'Indice;
BIZZARRIP, refetto dei Vescovi e Regolari; MARTINELLId, egli
Eremitani di S. Agostino. Don Bosco ne ricevette comunica-
zione il 3 febbraio. Avendo pronta una circolare per i Salesiani
di tutte le case sul modo di promuovere e conservare la moralità
fra i giovanetti, la chiuse con queste parole: Noi ci troviamo
nel momento più importante della nostra Congregazione. Aiuta-
temi colla preghiera, aiutatemi colla esatta osservanza delle Re-
gole, e Dio farà sì che i nostri sforzi siano coronati di buon suc-
cesso a maggior gloria sua, a vantaggio delle anime nostre e dei
nostri allievi, che formeranno mai sèmpre la gloria della Sale-
siana Società >>.
Per i Cardinali componenti la detta Congregazione viene
compilata la detta Positio. % lavoro importantissimo, alla cui pre-
parazione si richiede l'opera di awocati autorizzati a trattare
affari presso le Congregazioni romane. Don Bosco scelse i1 sa-
cerdote avvocato Carlo Menghini, sommista ossia minutante della
Congregazi&e dei Vescovi e Regolari e professore di lingua
ebraica. Questi, che serviva pure Mons. Gastaldi, gli fece ve-
dere alcune lettere dell'Arcivescovo al Card. Bizzarri, in una
delle quali, lodate le virtù e le doti non ordinarie di Don Bosco,
encomiato il bene che veniva facendo ed espresso l'augurio che
riuscisse a stabilire saldamente la sua Società, si soggiungeva:
Il Signor Don Bosco ha un talento speciale per allevare i gio-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XVII
vani secolari, ma non pare possegga compitamente questo ta-
lento per educare giovani Ecclesiastici, o per lo meno in cib non
è assistito a sufficienza da tutti gli altri Ecclesiastici, ai quali
egli affida la sorveglianza dei giovani chierici o. Don Bosco stimò
necessario chiarire bene le cose.
Nei ritagli di tempo aveva steso un Cenno storico sulla Con-
gregazione con l'intenzione d'inserirlo fra i documenti della Po-
sitio; ma., essendo parso troppo lungo all'avvocato, lo rimaneg-
giò da capo a fondo in modo da ritenere soltanto i dati positivi
circa lo stato deUa Società, i suoi rapporti con Ja Santa Sede,
le sue relazioni coi Vescovi, le sue Costituzioni, le sue condizioni
di fronte all'autorità civile e i progressi fino allora attuati (I).
Due appunti che screditavano molto a Roma la Congregazione,
erano che in essa fossero trasandati gli studi e che molti pro-
fessi, usciti di Congregazione, davano disturbi agli Ordinari. Don
Bosco, rispondendo pacatamente a chi propalava queste voci,
diceva in una nota del riassunto:
- Non è gran tempo che una persona costituita in autorità, in modo amiche-
vole, ebbe a dirmi: Taluno andò dicendo che i preti e i chierici vostri non istu-
diano. - Le feci osservare che molti dei nostri preti e chierici avevano pubbli-
cato opere letterarie e religiose, lodate e diffusenelle mani di molti; che noi ab-
biamo centocinquanta professi applicati allo studio, di cui centotrenta sostennero
pubblici esami e riportarono la patente o il diploma nell'esame, cui aspiravano.
Ripiglib quell'amico: - Non intendeva parlare di quelli che sono già nel mini-
stero o neli'insegnamento, ma di semplici chierici. Si è detto che per ordinario
riescono assai mediocri nei loro esami.
Risposi pregandolo di verificare gli esami presso la Curia Arcivescovile dal
1850 al 1870, epoca in cui, essendo stata approvata la Congregazione,il Superiore
Ecclesiastico mi consigliò di far dare gli esami in casa della Congregazione.
Quell'amico si compiacque di verificare e poi mi fece risposta con qiieste
parole: - Checchè se ne voglia dire, dal 1850 al 1870 i chierici salesiani sui regi-
stri deila Curia hanno tutti ol>time o /ere optime.
Mi disse ancora la benevola persona: - Quale cosa rispondere a chi vuole
asserire molti vostri professi perpetui essere usciti dalla Congregazione e dare
disturbi ad alcuni Ordinari?
Si risponde che finora, e questo finora si estende fino al a3 febbraio 1874,
niun professo dei voti perpetui usci di Congregazione. Se ne deve eccettuare un
( i ) Appartiene ii questo Celano il tratto riportato sopra a pag. 1x9.
I 82
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

20.3 Page 193

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" Positio " e cardinalizul Congregnzione particolare
solo che giudicò secondare la sua vocazione lasciando la Congregazione Salesiana,
cui apparteneva come laico, per entrare, ed entrò di fatto, nella Compagnia di
Gesù, dove presentemente esercita con zelo il ministero sacerdotale (I).
Nel medesimo riassunto era messo anche tipograficamente in
rilievo che nelle pubblicazioni, nella predicazione e nei catechi-
smi <<Ioscopo fondamentale della Congregazione fin dal suo
principio fu costantemente: Sostenere e difendere l'autorità del
Capo Supremo della Chiesa nella classe meno agiata della so-
cietà e particolarmente della gioventù pericolante >>.
Ai Cardinali della Congregazione particolare Don Bosco pre-
sentò il 7 marzo le Costituzioiii nell'edizione riveduta e insieme
la Posibio. Di questa, come vuole la prainmatica, era relatore
Monsignor Segretario. I1 volume conteneva quindici documenti:
10 La Supplica di Don Rosco al Santo Padre per ottenere la de-
finitiva approvazione della Società Salesiana. - z0 I1 Decretum
laudis del 13 luglio 1864. - 3o 1,e tredici Animadvcrsiones so-
pra le Costituzioni esibite in quella circostanza. - 40 Il Decreto
d i ap~rovazionedel IO marzo 1869 e la limitata concessione delle
Dimissorie. - 50 La Commendatizia condizionata delllArcive-
scovo di Torino. - 60 La sua Lettera particolare del 2 3 aprile
1873. - 7o, 80, gO, lon, IIO, l z O Le Commendatizie degli Ordi-
nari di Casale, Savona, Vigevano, Albenga, Possano, Genova.
- 130 Il Voto del Consultore. - I ~ OI1 Riassunto delle osserva-
zioni di questo, trasmesso a Don Bosco da Mons. Vitelleschi. -
150 La sommaria esposizione sullo stato &ZZa Società, con la firma
del Fondatore. I1 Cenno storico, di cui tale esposizione era il conl-
pendio, fu stampato a parte e fatto cosrere per le mani di quanti
poteva essere utile informare fedelmente sulla realtà delle cose.
L'adunanza della Congregazione fu fissata per i2 2 4 marzo.
Don Bosco lo seppe il giorno 11. La notizia lo rallegrò, ma in-
sieme lo mise un po' in trepidanza. Egli si era aiutato con tutti
i mezzi umani; ora più che mai aspettava l'aiuto del Cielo. Nella
sua frequente corrispondenza da Roma non aveva omesso di
( i ) I1 CAV.Federico Oreglia di S. Stefano, fratello dei Card. Oreglia. Cfr. sopra. pa-
gina 44.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

20.4 Page 194

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stimolare alla preghiera. A Don Rua 1'11 gennaio: «Si radunino
quelli della Compagnia di S. Luigi. Si raccomandi loro che pre-
ghino, ma con fervore: ne ho assai bisogno 9. I1 2 0 agli artigiani
dell'oratorio per mezzo di Don Lazzero: ((Intanto, o miei cari,
mi raccomando alla vostra carità, che preghiate in modo parti-
colare per me, e quelli della Compagnia di S. Giuseppe, che sono
i più fervorosi, facciano una Santa Comunione per me ,>D. i nuovo
a Don Rua il 21: u Crescono le cose e crescono i bisogni, raddop.-
piate le preghiere D. E in febbraio al medesimo: u I1 demonio
vuole darci gli ultimi calci. Continuate a pregare >>.Ma quando
era imminente la decisione finale, spedì un'apposita circolare alle
case, disponendo che a determinate preghiere si unissero anche
determinate mortificazioni per impetrare la sospirata grazia.
Dilettissimi Figli in G. C .
I1 giorno 24 di questo mese sarà assai nremorabile per la nostra Pia Società.
Voi ricorderete certamente come Essa sia stata definitivamente approvata
con Decreto del Io Marzo 1869: ora si tratta della definitiva approvazione delle
Costituzioni.
A quest'nopo dal S. Padre venne scelta una Congregazione di Cardinali che
dovranno proferire il loro parere, intorno a questo argomento che è dei piit im-
portanti pel nostro presente e futuro.
Le preghiere finora spesso raccomandate erano dirizzate a questo fine. Dob-
biamo quindi raddoppiare le nostre suppliche presso al Divin Trono, affinchè
Dio pietoso disponga che ogni cosa si compia secondo la sua maggior gloria e
il nostro particolare vantaggio spirituale. Uniamoci pertanto nello spirito di
viva fede, e tutti i Congregati Salesiani cogli allievi dalla Divina Provvidenza
loro affidati facciano un cuor solo ed nn'anima sola per implorare i lumi dello
Spirito Santo sopra gli Eminentissimi Porparati con un triduo di preghiere e di
esercizi di cristiana pietà.
Affinchè vi sia conformità nelle nostre suppliche alla Misericordia divina si
stabilisce:
10 Cominciando dal 21 di questo mese per tre giorni si farà rigoroso di-
giuno da tutti i Soci Salesiani. Chi per motivo ragionevole non potesse digiunare,
reciti il Miserere con tre Salve Regina alla Beata Vergine Ausiliatnce col versetto:
Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis.
Ciascuno aggiunga quelle preghiere e quelle mortificazioni che giudicherà
compatibili colle sue forze e coi doveri del proprio stato.
z0 Si invitino gli amati nostri allievi ad accostarsi coiia maggior frequenza
possibile ai Sacramenti della Confessione e Comunione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

20.5 Page 195

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Al mattino si cominci col canto del Velai, Creato7 Spiritaa etc. EmiUe Spi-
ritum tuum etc., coll*Oremus: Deus, corda peliun&etc.
Le preghiere, il Rosario, la Messa, la Meditazione siano indirizzate a questo
bisogno..
30 Lungo la giornata tutti i Soci Salesiani passino il tempo loro possibile
avanti al Santissimo Sacramento. La recita del Breviario, lettura spirituale,
tutte le preghiere ordinarie, siano fatte in chiesa.
I1 Piccolo Clero, gtiascritti alla Compagnia di S. Luigi, del SS. Sacramento,
deU'Immacolata Concezione, di S. Giuseppe siano eccitati a fare altrettanto.
40 La sera poi aii'ora più comoda ciaxnno si raccoglierà in chiesa, e colla
massima divozione recitato il Velzi Cveator, come al mattino, si farà la solita
pratica in riparazione degli oltraggi che Gesù riceve nel SS. Sacramento: cantata
quindi SAve maris Stella, si darà la benedizione col SS. Sacramento.
Queste nostre umili istanze alla bontà del Signore cominceranno il 21 e cori-
tinueranno fino al mattino del 24 di questo mese inclusivamente.
La Grazia di N. S. G. C. sia sempre con noi. Amelz.
Roma, 16 Marzo 1874.
Aff.mo in G. C.
Sac. G . Bosco.
NX. Il Direttore di ciascuna casa leggerà e spiegherà la presente ai nostri
Confratelli, e ne darà pure comunicazione agli allievi in quel modo e con quelle
parole che si giudicheranno più opportune.
Nei giorni poi 25-26-27 continueranno mattina e sera le stesse pratiche di
pietà pei presenti bisogni di Santa Chiesa e secondo Sintenzione del Sommo Porr-
tefice.
Indirizzò copia della circolare ai singoli Direttori, unendovi
per ognuno una sua lettera speciale. A Don Rua raccomandava
di far sì che la cosa non uscisse fuori dell'oratorio. A lui, a Don
Bonetti e a Don Lemoyne notificava che, stabilito il giorno della
sua partenza da Roma, l'avrebbe scritto loro, perchè si trovas-
sero ad Alessandria, donde fare poi insieme il resto del viaggio
a Torino.
Di preghiere continuava a esserci bisogno. Qualche nube
spuntò ancora sull'orizzonte. Alcune cose, per esempio, nelle
Regole già stampate non garbavano ancora al Consultare, che
ne parlò con Cardinali influenti. Don Bosco, messo sull'awiso
appena in tempo, annullò le copie già tirate, introdusse nuove
modificazioni e fece rifare in fretta la tiratura. Per dissipare
poi gli ultimi dubbi gli fu allora consigliato di esporre breve-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XVII
mente le ragioni delle sue insistenze in chiedere l'approvazione
delle Costituzioni. Egli tosto scrisse averlo mosso a fare l'umile
supplica le seguenti ragioni:
10 La Congregazione ebbe la sua assoluta Approvazione con Decreto
10 Marzo 1869.
L'esperimento fatto delle Costituzioni per trentatrè anni, in cui si poterono
modificare, aggiungere o togliere le cose ravvisate utili al buon andamento pra-
tico dell'Istituto.
20 Le Commendatizie di quarantaquattro Vescovi, i quali fanno voti pel
medesimo favore. E considerando essi il modo, il tempo, i mezzi con cui quella
si è fondata, ed i frutti spirituali, che per la misericordia del Signore si riporta-
rono, riconoscono in quest'opera la mano di Dio.
30 Se si ottennero frutti di benedizione colle semplici Regole, si ha ragione
di sperarli più copiosi dopo le osservazioni fatte dalla Santa Sede ed annesse nelle
Costitiizioni.
40 Sedici Case aperte in Diocesi diverse (I) richiedono relazioni stabili e de-
terminate coi rispettivi Ordinarii, siccome essi medesimi ogni giorno reclamano.
50 I1 numero dei Congregati che è di circa 330, e dei fanciulli circa 7000
loro affidati: le trattative pressochè ultimate di aprire case nell'America, neU'A-
frica e nella China rendono necessaria una Regola che escluda l'incertezza in
cui vivrebbero i Congregati pel timore di eventuali modificazioni della medesima.
All'opposto sarebbe della massima consolazione e inspirerebbe in tutti grande
fiducia e coraggio, quando fossero assicurati che le loro Costituzioni sono defini-
tivamente approvate e per conseguenza che essi sono con legami stabili uniti
al Vicario di G. C.
60 La necessità di un Direttori0 pratico delle Costituzioni sia per la parte
morale, sia per la parte materiale. È: questo un lavoro sommamente necessario,
che il Sac. Bosco desidera ardentemente poter compiere prima della sua morte.
70 Tanto più, che, scorgendosi il bisogno di modificare qualche articolo
delle Costituzioni, ciò si potrà fare nel rendiconto che ogni tre anni si presenterà
alla S. Sede intorno allo stato morale, religioso e materiale dell'Istituto: oppure
- - ( i ) Le sedici Case sono così elencate nella Posilio: I . Oratorio di S. Francesco di Sales.
2. Chiesa di S. Francesco di Sale? e di Maria Aiisiliatrice. 3. Oratorio festivo di San
- Francesco di Sales. - 4. Oratorio festivo di S. Giuseppe nella Parrocchia di S. Pietro e
Paolo. 5 . Oratorio di S. Luigi Gowzaga nella Parrocchia di S. Massimo. - 6. Oratorio del
S. Angelo Custode nella parrocchia di $. Giulia. - 7. Cura spirituale della casa detta:
Famiglia di S. Piebo, ove sono raccolte le donne che escono dalle carceri: sono in numero
di 60.- 8. Del Laboratorio di S. Giuseppe. che ha lo scopo di dare lavoro e religione alle
fanciulle pericolanti: sono i n numero di 100.- g. Collegio convitto di Valsalice. - IO. Col-
- legio-convitto di Lanzo. - 1 1 . Collegio di S. Carlo a Borgo S. Martino. r z . Ospizio di
S. Vincenzo a Sampierdarena. - 13. Collegio-convitto di Varaize. - 14.Pubbliche scuole a
- Cogoleto. - I j. Collegio Municipale di Alassio. 16.Casa di Maria Ausiliatrice a Mornese.
iappendice e dipendente dalla Congregazione Salesiana I>. Ha lo scopo di fare per le povere
fanciulle qiianto i Salesiani fanno per i ragaizi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

20.7 Page 197

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" P o d i o " e eariiiinallzia Cingregazione particolare
nei Capitoli Generali che si tengono ogni tre anni. In essi possono modificarsi ed
anche aggiungersi articoli alle Castituzioni, che però non hanno forza di obbli-
gare fino a tanto che ne abbiano ottenuta Sapprovazione della S. Sede (V. Re-
gzdac, cap. 6, n. 2, e cap. 7, n. 6).
80 I1 vivo desiderio che questo grande atto, il più importante per una
Congregazione Ecclesiastica, si compia dagli Attuali Pii, ~ o t &e Caritatevoii
Eminentissimi Cardinali, che Salta Clemenza del Pontefice ha scelto per dare
sopra questa materia il Loro Illuniinato Parere.
90 Finalmente affinchè Quel Santo e Maraviglioso Pontefice, che spiri-
tualmente e materialineute Qual PadreAmoroso si degnò di benedire, proteggere
e approvare questa Congregazione, sia Quello stesso che alle Costituzioni della
medesima dia definitiva Approvazione a maggior gloria di Dio, a vantaggio delle
anime e a decoro della Salesiana Società.
Di questo scritto ordinò al segretario Don Berto di fare sette
copic, che mandò ai quattro Cardinali della Congregazione par-
ticolare, al Card. Berardi, a Mons. Vitelleschi e allo stesso Santo
Padre. Ai quattro Eminentissimi fece visite ancora, dirò così,
in cxtrerpcis; nè furono superflui atti di ossequio. I1 Card. Marti-
nelli, che aveva di lui un umile concetto, dopo un colloquio di
tre ore cambiò radicalmente opinione. I1 Card. Bizzarri, uomo,
al dire di Don Bosco, tanto delicato di coscienza che avrebbe
ricusato perfino di gradire promesse di preghiere, gli confidò aver-
gli detto il Santo Padre di allargare la'mano. I1 Card. Patrizi,
trattenutolo circa un'ora e mezzo, gli dichiarò che stimava la
sua Congregazione opera di Dio. I1 Card. De Luca lo avvertì di
stare in guardia contro l'azione di qualche Prelato, che non giu-
dicava favorevolniente il suo Istituto.
L'umanamente fattibile era dunque compiuto; quello che
mancava, si aspettava ormai dall'alto. La mattina del 24 marzo,
mentre i Cardinali tenevano consulto, due candele ardevano di-
nanzi all'altare della Madonna del Miracolo nella chiesa di S. Aa-
drea delle Fratte, dove avvenne la celebre apparizione al Ratis-
bonne. Le loro vibranti fiammelle simboleggiavano in quella
trepida ora i palpiti ansiosi di cento e cento cuori.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XVIII
Le Regole approvate.
La Congregazione particolare si adunò il 24 marzo nel pa-
lazzo del Cardinale Vicario alle ore dieci. Due erano gli argo-
menti da discutere: le Regole e le lettere dell'Arcivescovo di To-
rino. La discussione sulle Regole apportò numerose modifica-
zioni al testo presentato, ma si chiuse favorevolmente. I1 mas-
simo scoglio fu nelle lettere torinesi, intorno alle quali si di-
scusse a lungo, finchè, essendo già l'ora molto tarda, i Cardinali
decisero di rinviare la deliberazione a una nuova seduta da te-
nersi il giorno 31. Don Bosco, che non si aspettava un simile
contrattempo, se ne impensierì alquanto. Tuttavia dettò al se-
gretario queste righe per i Direttori delle case, che erano in feb-
brile attesa: B Favete Zingztis atque os claudatur ad ora. La prima
Congregazione del 24 riuscì bene. La seconda ed ultima sarà il
31 di questo mese. Se ne spera eziandio esito felice. Continuate a
pregare, state allegri e attendete con pazienza quanto i1 Signore
disporrà di noi ».
Per segnare le tante modificazioni volute dalla Commissione
cardinalizia Mons. Vitelleschi richiese quattro copie delle Re-
gole; inoltre ingiunse a Don Bosco di mandargli un Regolamento
del Noviziato, condizione sine qua non, perchè avesse luogo la
seconda adunanza. Regolamento scritto non esisteva, ma tutto
si faceva per tradizione e secondo le direttive di Don Bosco;
onde il Santo per non perdere un tempo sì prezioso, si fece dare
le Regole dei noviziati da altre Congregazioni religiose, vi studiò
sopra, si consigliò con persone esperte e la sera del 27, sedutosi al
tavolino, lavorò fino alle due dopo mezzanotte; qnindi,'chiamato
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Le Regole upprovate
il segretario, gli diede da mettere in pulito la sua minuta per po-
ter consegnare nella mattinata la copia a Monsignore.
Delle lettere di Mons. Gastaldi una più di tutte colpi l'alto
Consesso, quella del zo aprile 1873 diretta al Card. Bizzarri e citata
nel capo precedente. Il dotto Arcivescovo, come purtroppo può
accadere a tutti, si era lasciato sorprendere da informazioni mal
fondate e tendenziose. Don Bosco non solo ne ebbe notizia, ma
venne anche consigliato a rispondervi. Egli, estrattine i punti più
salienti, vi contrappose succinte risposte, intitolando Promemoria
il suo scritto. È: un documento che vale la pena di conoscere
nella sua integrità. Lo stile pacato e bonario di Don Bosco non
si smentisce mai, anche nei casi di natura loro più spiacevoli.
Si deve premettere che Mons. Gastaldi attualmente Arcivescovo di Torino
fino al 10 febbraio 1873 si professb costantemente caldo promotore ed indefesso
collaboratore dell'Istituto Salesiano. In quel tenipo (IO febbraio 1873) con parole
di vivo incoraggiamento inviava il sac. Bosco a Roma munito di una commen-
datizia latina, in cui dichiarava aver riconosciuto il dito di Dio nella esistenza
e conservazione di questo istituto, e fa eccessivi elogi del gran bene che ha fatto
e fa questo Istituto encomiando a cielo il povero fondatore.
1 0 Le regole, ivi dice, non furono mai approvate da' suoi antecessori.
R. Nei documenti presentati alla Congregazione di Vescovi e Regolari à w i
il decreto di Mons. Frausoni (il 31 marzo 1852) con cui 6 approvato l'istituto
degli Oratorii, costituisce capo il sac. Bosco e se gli concede tutte le facoltà ne-
cessarie od opportune pel buon andamento del medesimo.
z0 Non fu chiesta mai alcuna approvazione all'Arcivescovo Riccardi n6 a lui.
R. Quando un istituto è approvato da un Ordinario Diocesano non si sa
se debba da ogni nuovo vescovo avere novella approvazione: tuttavia è di fatto
che il Sac. Bosco dirigeva una supplica a Mons. Riccardi con cui chiedeva la con-
ferma di quanto sopra. Egli rispondeva come più volte di poi rispose Mons. Ga-
staldi, che quando un istituto è approvato dalla S. Sede non ha più bisogno del-
l'approvazione diocesana.
Volendo poi cooperare alla stabilita di questo istituto, di moto proprio con
apposito decreto confermò tutti i privilegi e le facoltà concesse dai suoi Anteces-
sori, e ne aggiunse parecchi nuovi e fra gli altri i diritti parrocchiali (Decr. 25
dicembre 1872).
30 I1 Noviziato di due anni, occupazione esclusivamente asetica.
R. Questo poteva praticarsi in altri tempi, ma non più ne' nostri paesi pre-
sentemente, che anzi si distruggerebbe l'Istituto Salesiano, perciocchè l'autorità
civile avvedendosi dell'esistenza di un noviziato, lo scioglierebbe sull'istante di-
sperdendone i novizii. Inoltre questo Noviziato non potrebbe accomodarsi alle
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XVIII
Costituzioni Salesiane che hanno per base la vita attiva dei Socii, riserbando di
ascetica le pratiche necessarie a formare e conservare lo spirito di un buon Ec-
clesiastico: nemmeno tale noviziato farebbe per noi, giacchè i nostri novizii non
potrebbero mettere in pratica le Costituzioni secondo lo scopo della Congregazione.
40 Sono già usciti dei professi perpetui che diedero lagnanze ecc.
R. Finora un solo usci ed è il Padre Federico Oreglia. Egli apparteneva
alla nostra Congregazione come Laico e ne usci per entrare nella Compagnia di
Gesù e percorrere k carriera degli studi come entrò difatti ed ora lavora lode-
volmente nel sacro Ministero.
50 Questa Congregazione reca non piccolo distiirbo alla disciplina Eccle-
- siastica della Diocesi.
R. Asserzione gratuita. L'Ordinario di Torino finora non può addurre
un solo fatto in proposito.
60 Troppo sovente alcuni dopo i voti triennali ricevono gli Ordini sacri
titulo me%sae commzmis e poi escono ecc.
R. Asserzione gratuita. -. Niuno di costoro finora usci dalla Salesiana Con-
gregazione.
70 Un suo diocesano di Saluzzo, appena ordinato in questa Congregazione
uscì ecc.
4 R. Non ombra di fondamento. I1 sacerdote cui allude anche in altre let-
tere successive e che si vorrebbe addurre per esempio non appartenne mai alla
Congr. Salesiana. Lii ordinato da Mons. Gastaldi con regolare titolo Ecclesiastico
e fu ordinato senza Commendatizia e contro il parere del Sac. Bosco cui era stato
inviato dal suo Ordinario e nella cui casa aveva caritatevolmente fatto gli studi.
80 Chierici dimessi dal Seminario, accettati nella Congr. Salesiana, inviati
in altra casa e diocesi, colà ordinati, vennero di poi in diocesi.
R. Nissunissimo di questi fatti, e qualora succedessero in avvenire è sempre
facoltativo all'Ordinario di riceverli o rifiutarli in sua diocesi siccome può fare
di qualunque individuo che esca da altro istituto religioso.
q0 È: poi bene di notare che se si ammettessero le condizioni apposte la
Congregazione Salesiana priva di mezzi materiali com'è dovrebbe chiudere le sue
case, sospendere i suoi catechismi, perchè .non avrebbe più nè catechisti, nè
maestri, anzi cadendo come ente morale sotto all'occhio dell'autorità civile
sarebbero immediatamente dispersi i socii, quindi finita la Società.
100 Si noti eziandio che l'attuale Arcivescovo non ha mai mosso la mi-
nima lagnanza nè fatto osservazione ai Socii o al Superiore della Società Sale-
siana. Anzi quando Egli voleva segnalare un chierico di scienza e di speciale virtù
soleva sempre additare gli allievi Salesiani.
110 Ciò che si asserisce nella lettera zo aprile 1873 è stato ripetuto con
frasi diverse in tre altre segrete lettere posteriori, alla stessa Congr. di Vescovi
e Rego1ari:ma sempre alludendo a fatti vaghi che non hanno che fare coi membri
della Società Salesiana.
120 A rettificazione di quella lettera e ad onore della verità si crede cosa
veramente opportuna che questo promemoria debba unirsi alla medesima.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

21 Pages 201-210

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21.1 Page 201

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Le Regole approvate
Fra il 29 e 30 marzo fece tenere copia di questa sua risposta
ai Cardinali Patrizi, Martinelli e De Luca ed a Monsignor Se-
gretario. Non gli parve conveniente mandarla anche al Cardinal
Bizzarri. La lettura produsse il suo effetto, che era di sgombrare
il terreno.
La seconda Congregazione, riunitasi il 31, stette raccolta più
di quattro ore. Da prima si propendeva per un'approvazione li-
mitata a dieci anni di prova; ma, viste anche le esplicite dichia-
razioni del Santo Padre, venne proposta alla votazione l'appro-
vazione definitiva. Tre voti furono per questa e uno per quella
ad decennium. Si rispose dunque: AFFIRMATIVEET AD MENTEM.
Si poteva quindi supplicare il Santo Padre per l'approvazione
assoluta delle Costituzioni, ma emeiidate come indicava la nota
esplicativa di ad mentem, che Nons. Vitelleschi rilasciò a Don
Bosco. In questa nota merita particolar rilievo la deliberazione
circa le Diinissorie per le sacre ordinazioni. Erasi stabilito che
s'implorasse dal Santo Padre il privilegio solo decennale di con-
cedere dette Dimissorie con la clausula di sospensione per gli
ordinati che uscissero dalla Congregazione Salesiana, finchè non
fossero proweduti di patrimonio ecclesiastico e non trovassero
un Vescovo disposto a incardinarli nella sua diocesi; si propo-
neva inoltre che tale privilegio temporaneo, se venisse accordato
dalla Santa Sede, non fosse inserito nelle Costituzioni, ma for-
masse oggetto di un Rescritto separato.
Mons. Segretario, chiesta una particolare udienza per riferire
al Santo Padre, la ebbe nel tardo pomeriggio del 3 aprile, ve-
nerdì santo. 11 Papa, ascoltata la relazione e udito che all'unani-
mità mancava un voto: - Ebbene, amabilmente esclamò, que-
sto ce lo metto io! - Così confermò quanto le Loro Eminenze
avevano giudicato di proporre e autorizzò a emanare il Decreto.
Quanto fosse il giubilo di Don Bosco nell'apprendere quella
sera stessa la lieta notizia, si può facilmente immaginare. Scri-
vendone il giorno dopo a Do11 Rua, gli diceva: Quando saprai
tutto, dirai che fu veramente frutto delle preghiere >>.Non volle
però che si facesse alcun rumore fuori.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Andò poi subito attorno per fare le visite di ringraziamento.
1,a sera de11'8 ritornò in Vaticano. Il Papa si disse contento che
tutto fosse finito bene e gli concesse diversi favori, due special-
mente. I1 primo era per il Noviziato. Che unica occupazione
dei novizi fosse applicarsi a pratiche ascetiche senza mai atten-
dere ad opere proprie della Congregazione, sembrava esigenza
eccessiva, data la natura del nuovo Istituto e avuto riguardo
alla fase iniziale, in cui questo si trovava ancora. Perciò Don
Bosco chiese al Papa la facoltà di affidare ai novizi occupazioni
che egli stimasse tornare a maggior gloria di Dio. I1 Papa non
si contentò di annuire, ma dimostrò la sua perfetta compren-
sione dicendo: - Non mettete i novizi in sagrestia, perchè di-
ventano oziosi. Occupateli a lavorare, a lavorare! (I).
L'altra facoltà da lui domandata concerneva l'età dei Consi-
glieri, che dovevano far parte del Capitolo Superiore. Per es-
sere eletti le Costituzioni modificate dalla Commissione cardi-
nalizia richiedevano che avessero 35 anni; ora quasi nessuno dei
sacerdoti salesiani aveva allora raggiunto tale età. Don Bosco
dunque domandava una dispensa. Ma il Papa, risposto con la
sua piacevolezza che il tempo avrebbe posto rimedio a siffatto
inconveniente, disse che per intanto le cose stessero com'erano
e poi, presentandosi il caso, si ricorresse alla Santa Sede.
Prima che fosse emanato il Decreto, bisognò depositare presso
la Sacra Congregazione l'originale delle Costituzioni rivedute e
corrette secondo il volere della Commissione. Ciò fatto, venne
il decreto apposto a un esemplare da conservarsi nell'archivio
salesiano. Era così concepito: ((DECRETOL.a Santità di Nostro
Signore Pio Papa IX, nell'Udienza avuta dal sottoscritto Mon-
signor Segretario della Sacra Congregazione dei Vescovi e Rego-
lari, in data 3 aprile 1874, Feria sesta in Parasceve, osservate le
( i ) Bcco perche al capo XIV delle Costituzioni approvate Don Bosco appose lo seguente
nota: Pius Papa benigne annuit lirones tampore secundac p~obationisexperimenlum jacere fiosse
de iis, q u u in prima firobaliona sunl adnolala, quoties ad mnioren' Dei glwiam id Lon/erre iudi-
cabiltcr. V i v a uocis rnacz~luiod, ie 8 apiilis 1874. Valendosi di questa facoltà, nella prima edizione
italiana delle Regole ridusse a sette i diciassette articoli del capo XIV siii novizi. ritenendo
solo i primi tre e gli ultimi quattro.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

21.3 Page 203

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Le Recole approvate
Lettere Commendatizie dei Vescovi dei Luoghi, dove esistono
Case della Pia Società di S. Francesco di Sales, e gli abbondanti
frutti che la medesima produsse nella Vigna del Signore, le so-
prascritte Costituzioni, come si contengono in cluesto esemplare,
di cui l'Autografo si conserva nelllArchivio di questa Sacra Con-
gregazione, approvò e confermò, come a tenore del presente
Decreto le approva e le conferma, salva la giurisdizione degli
Ordinari, secondo il prescritto dei Sacri Canoni e delle Costitu-
zioni Apostoliche. - Dato a Roma, dalla Segreteria della sud-
detta S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, il 13 Aprile 1874,
- A. Card. BIZZARRPI~ejetto.- S. A ~ c i v e ~ c o vdoi Seleucia Se-
gretario >>.
Qui non si fa menzione di Dimissorie, percliè a tale effetto
occorreva presentare al Santo Padre un'istanza separata. La
stese a nome di Don Bosco Mons. Vitelleschi. Dicevasi in essa
che sarebbe tornato a maggior incremento e vantaggio della Con-
gregazione Salesiaila, se le fosse conceduto il privilegio, attri-
buito dalla Santa Sede agli Ordini Regolari, di rilasciare le Let-
tere Dimissoriali per la promozione agli ordini minori e mag-
giori, inclusivamente al Presbiterato, e si adducevano due ra-
gioni: 10 che, essendo già la Pia Società estesa in sei diocesi (I)
potendo i Soci tenere stabile e costante dimora in determinate
case, si frapponevano per questo ostacoli a che i rispettivi Ordi-
nari potessero avere sicura conoscenza degli ordinandi; z0 che
l'implorata concessione avrebbe condotto meglio a quella unità
di regime, che è un elemento indispensabile alla conservazione
dello spirito e dello scopo di un Istituto. I1 Santo Padre conce-
dette la chiesta facoltà valevole per un decennio, in favore dei
professi perpetui e con la clausula che se alcuno, ordinato titulo
mensae communis, fosse uscito legittimamente o licenziato dalla
Congregazione, rimanesse sospeso dall'esercizio degli ordini rice-
vuti, k c h è , prowedutosi di sufficiente sacro patrimonio, non
trovasse un Vescovo, che benevolmente lo accogliesse.
( i ) Torino,Cnsale, -4lbenga. Savona, Genova, Aequi (>Iiloruese)
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

21.4 Page 204

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Tutto dunque era finito. Don Bosco il giorno 14 mandò a
Don Rua questa notificazione, perchè la comunicasse ai Salesiani:
<<Ainostri Figli. I1 vostro padre, il vostro fratello, l'amico dell'a-
nima vostra dopo tre mesi e mezzo di assenza parte oggi da
Roma, passa la notte col mercoledì a Firenze e spera di essere
con voi giovedì alle 8 mattino. Non occorrono nè feste, nè mu-
sica, nè accoglienze. Io vado in chiesa e a Dio piacendo celebrerò
la santa Messa pel nostro caro e sempre amato D. Provera >>.
Don Provera, Consigliere del Capitolo Superiore e Prefetto del-
l'Oratorio (I), aveva cessato di vivere proprio in quel giorno.
Nella medesima lettera il Santo ne sintetizzò con quattro pa-
role l'elogio funebre, scrivendo del defunto: <<LaSocietà perde
uno dei migliori suoi soci 1).
Giunse all'oratorio nel giorno e nell'ora indicati. Il lutto do-
mestico non permise clamorose dimostrazioni di gioia; ma que-
ste si fecero la domenica dopo, consacrata a festeggiare il suo
ritorno ed a ringraziare solennemente Dio. Del proprio arrivo egli
scrisse una settimana appresso ad un benefattore ( 2 ) :e In mezzo
alla moltitudine delle cose, al mio arrivo ho provato una grande
consolazione. Erano qui a Torino i Direttori di tutte le sedici
nostre case e dopo aver parlato ed osservatoogni cosa, ho po-
tuto accertarmi che gli affari, la disciplina, l'andamento ammini-
strativo erano nello stessissimo grado che trovavansi alla mia
partenza per Roma, come appunto fossi partito solamente te-
stè alla volta di quella città ». Nei due giorni fra il giovedì e la
' domenica, in varie conferenze aveva fatto dar lettura delle Co-
stituzioni ai Direttori sul nuovo testo approvato, narrando ai
medesimi per sommi capi le cose più notevoli e comunicabili
occorsegli a Roma.
L'edizione latina del testo approvato, che usci nel 1874, com-
parve con alquante modificazioni di forma, nella lingua cioè e
nello stile, introdotte da latinisti salesiani e non salesiani, ai quali
Don Bosco l'aveva fatto vedere. Egli bonariamente' le accettò;
( I ) Cfr. Sopra, pag. 169.
(2) Lettera al Colonnello Monti, 24 aprile 1874
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

21.5 Page 205

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erano per altro varianti affatto accidentali, che non toccavano
nienomamente la sostanza (I).
La traduzione italiana vide la luce e fu distribuita ai Soci
nel 1875. Don Bosco vi premise quelle pagine dell'introduzione,
che si leggeranno sempre con frutto, aventi per iscopo di chia-
rire bene quale sia delle Regole lo spirito informatore. Nella
Prefazione il Santo, rivolgendo la parola " ai Soci Salesiani ",
dopo aver detto che l'approvazione delle Costituzioni da parte
della Santa Sede doveva essere salutata come uno dei fatti più
gloriosi p- er la nostra Società, passava a raccomandarne l'os-
servanza, tolta la quale, sarebbe tornata di ben poco frutto quel-
l'approvazione. Per conseguire tale intento egli aveva al suo
fianco in Don Rua l'uomo, come si dice, della situazione; in-
fatti i più lo chiamavano la " Regola vivente ". La praticava con
scrupolosa fedeltà e la faceva praticare. Come Vicedirettore del-
l'oratorio, invigilava sulla Casa Madre e, come Prefetto Gene-
rale, visitò le altre case dal 1874 fino alla costituzione delle Ispet-
torie, osservando soprattutto in che modo si praticassero le Re-
gole. Nulla sfuggiva al suo occhio di lince, nulla gli cadeva dalla
tenace memoria; non pago di questo, prendeva nota di ogni
cosa che si scostasse dalla regolarità e, tornato all'oratorio, ne
faceva awertiti per iscritto i Direttori.
Un pensiero speciale Don Bosco dedicò tosto ai novizi, sui
quali riposavano le speranze della Congregazione. Nell'autunno
del 1874, esonerato dalla cura di essi Don Rua, costituì il vero
Maestro dei novizi nella persona di Don Giulio Barberis, che
assunse l'ufficio il 7 novembre. Allora il Maestro dei novizi do-
veva essere eletto dal Capitolo Generale (2); ma il primo Capi-
tolo Generale non avrebbe avuto luogo se non nel 1877: perciò
Don Bosco, e la Regola gliene accordava il diritto, lo nominò
egli stesso de colzsensu Cafiituli su~erioris.Non sarebbe stato fa-
cile nè allora nè poi trovare chi meglio del nominato incarnasse
(1) Si possono vedere nel vol. X delle Mem. Biogr.. pag. 956 sgg.. dove i due testi sono
messi a fronte. Don Rua nel 1900 diede alle stampe il testo originale senza quelle varianti.
( 2 ) Cosfirut., capo XIV, art. g.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

21.6 Page 206

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- CaOo XVIII Le Regole npprovate
le doti volute dalle Regole per ben esercitare un sì delicato in-
carico. Le Regole dicono (I): ((11 Maestro dei novizi metta il
massimo impegno nel dimostrarsi talmente amabile, mansueto
e pieno di bontà, che i novizi gli aprano il loro cuore e abbiano
in lui tutta la fiducia*. Don Barberis fu l'amabilità, la man-
suetudine e la bontà in persona; nessuno forse lo vide mai in
tutta la sua lunga vita agitato da un moto anche istantaneo di
collera o d'impazienza. Oltre a ciò il Maestro dei novizi salesiani
deve possedere in sommo grado lo spirito di Don Bosco; ora
per questo lato abbiamo la testimonianza migliore che si possa
desiderare. I1 nostro santo Fondatore disse un giorno dinanzi
a parecchi Confratelli: - Don Barberis ha capito Don Bosco.
Don Bosco, quel mattino che ritornò, mentre, celebrata la
Messa, si affacciava dalla sagrestia sul cortile, fu spettatore di
un fenomeno singolare. Un'immensa e candida nebutosa, a guisa
di alone o aureola o iride, s'inarcava a mezz'aria sull'Oratorio,
coronando in certo modo di lassù con un suo centro più splen-
dente la camera del Santo. Quel giuoco di luce durò a lungo.
Don Bosco vide, ma non disse nulla; anzi'senza mostrare nem-
meno di badarvi, attraversò passo passo la folla dei giovani,
salì la scala, s'avviò alla sua stanza e vi entrò, discorrendo con
i Confratelli che lo accompagnavano. Soltanto allora, pregato
da essi, uscì di nuovo sul ballatoio per contemplare lo spetta-
colo. La fulgida meteora riapparve dopo pranzo durante la ri-
creazione, ma con ampiezza maggiore, quasi voiesse avvolgere
nella sua bianca luminosità Oratorio, chiesa di Maria Ausilia-
trice e tutti. Vi fu chi domandò a Don Bosco che cosa ne pen-
sasse. Rispose: - Forse il Signore con questo segno ha voluto
darci un simbolo della vittoria riportata contro tutti i nostri
avversari nell'approvazione assoluta della Società. - Parve dav-
vero tarda, ma definitiva e trionfale risposta del Cielo alla ma-
novra diabolica contro la prima stesura delle Regole ( 2 ) .
( I ) Iui, 10. Nel testo attuale italiano, art. 195
( 2 ) Cfr. sopra. pag. 19.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

21.7 Page 207

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CAPO XIX
Un altro ramo dell'albero salesiano:
l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
A Monlese, nel circondario di Acqui, esisteva fin dal 1872
una modesta e fervorosa comunità di Suore, che il nostro Santo
due anni dopo in un documento ufficiale presentava come e ap-
pendice e dipendente dalla Congregazione Salesiana >) (I). Appen-
dice è un'aggiunta secondaria che può essere più o meno con-
nessa con una entità principale; ma quella casa, era detto nella
frase di Don Bosco, stava unita alla Congregazione Salesiana
con un vincolo stretto qual è il vincolo della dipendenza o su-
bordinazione. Infatti doveva ricevere dalla Congregazione assi-
stenza, direzione e vita. Dalla comunità della casa mornesina
se ne propagginarono poi altre legate fra loro come sorelle e
soggette alla prima come a madre, ma tutte insieme formanti
un organismo che si sviluppava sotto l'impulso, la guida e lo
spirito animatore di Doil Bosco, il quale vi agiva direttamente
o per sè o per mezzo de' suoi. Sorse così, crebbe e grandeggid
l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Non si potrebbe dun-
que fare la storia della Società Salesiana senza menzionare una
opera che rampollò dalla identica radice, si alimentò dei mede-
simi succhi vitali e venne a produrre analoghi frutti.
I frutti sono specialmente di cristiana educazione della gio-
ventù femminile; poichè quello che i Salesiani si sforzano di fare
( I ) Cfr. sopra, pag. i86 in nota
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

21.8 Page 208

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Capo XIX
per i fanciulli, le Figlie di Maria Ausiliatrice lo compiono a pro
delle fanciulle. Se Don Bosco avesse preferito secondare la sua
naturale inclinazione, non si sarebbe mai rivolto a questo genere
di apostolato; ma tante e tali furono le istanze di alte persona-
lità, che avrebbe temuto di contrariare un disegno della Provvi-
denza, non prendendo la cosa a cuore. Perciò nel 1871, aperto-
serie con i Capitolari e raccomandato loro di riflettervi sopra
per potere appresso deliberare, dispose che tutte le preghiere
del mese di Maria Ausiiiatrice fossero indirizzate a implorare
dal Cielo i lumi necessari in si importante affare. Dopo la festa
di Maria Ausiliatrice, radunato di nuovo il suo Capitolo, inter-
rogò ognuno, invitando a dire liberamente il proprio pensiero;
tutti furono unanimi nel riconoscere l'opportunità di provvedere
anche alla gioventù femminile.
Don Bosco fece di più. Nel giugno di quell'anno espose il dise-
gno al Papa per udirne Sultima parola. I1 Papa prese tempo,
volendo pensarci su; poi in un'altra udienza gli manifestò il suo
avviso favorevole. Si degnò anzi di aggiungere una cosa, alla
quale forse Don Bosco non aveva ancora badato. - In quanto
alla dipendenza, gli disse (I), dipendano le religiose da voi e
dai vostri successori, come le Figlie della Carità dipendono dai
Lazzaristi. In questo senso formulate le loro Costituzioni e co-
minciate la prova. I1 resto verrà in appresso.
Che Don Bosco si accingesse a creare anche una Congrega-
zione religiosa femminile, sembrò a prima vista strana novità;
perfino il Direttore di Aiassio Don Cerruti non gliene nascose la
sua maraviglia. - Vedi, gli spiegò il Santo, la rivoluzione si
servì delle donne per fare nn gran male; noi per mezzo di esse
faremo un gran bene. -- Al medesimo confidò come avrebbe
chiamato le sue Suore e perchè. Le avrebbe chiamate Figlie di
Maria Ausiliatrice, afnnchè il loro Istituto fosse un nuovo mo-
numento di riconoscenza alla Madre di Dio per i benefici rice-
vuti.
( i ) Mem. Biogr.. vol. X, pag. 600
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

21.9 Page 209

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L'Istituto delle Figlie di Maria Attsiiktrice
Ma donde avrebbe egli cominciato a tradurre in atto la sua
idea? dove avrebbe trovato le prime pietre del vagheggiato edi-
ficio? Rifacciamoci un po' indietro con la nostra storia.
In un angolo del Monferrato, l'oscuro villaggio di Mornese,
dal quale, come un tempo da Nazareth, nessuno avrebbe mai im-
maginato che potesse uscire alcun che d'importante, teneva già
bell'e pronta la culla dell'Istituzione. Là c'era l'uomo che fa-
ceva al caso; là c'erano parecchie buone figliuole, che, ignare
della loro sorte, si preparavano a entrare nelle vie arcane ad
esse destinate dalla Provvidenza.
L'uomo si chiamava Don Domenico Pestarino, un prete del
luogo, bastantemente fornito di beni materiali e informato alle
dottrine del Servo di Dio teologo Giuseppe Frassinetti. Stabili-
tosi nel paese nativo, aveva preso fra l'altro a coltivare nella
pietà un gruppo di giovincelle, a cui diede un Regolamento, sot-
toposto prima all'esarne e all'approvazione di quel santo sacer-
dote genovese. Vivendo nelle rispettive famiglie, esse pratica-
vano i consigli evangelici, associate in una Pia Unione detta
delle Figlie della Santissima Immacolata, Unione che nel 1857
il Vescovo riconobbe e benedì. Obbedivano tutte alla più istruita
fra loro per nome Angelina Maccagno, ma tendevano lo sguardo
agli esempi edificanti della più santa, denominata Maria Maz-
zarello.
Don Pestarino, desideroso egli stesso di maggior perfezione,
s'imbattè provvidenzialmente un giorno del 1862 per viaggio in
Don Bosco. Entrato con lui in intimo colloquio, ne ricevette,
accomiatandosi, un cordiale invito a visitare l'oratorio. Vi si recò
difatti non molto dopo. Lo zelo e la carità del Santo e la serena
operosità de' suoi collaboratori lo conquisero a segno, che non
avrebbe più voluto venir via. Intanto Don Bosco ebbe agio di
conoscere non solo le sue belle doti, ma anche il bene che fa-
ceva a Mornese, divenuto per opera sua, come diceva il Vescovo,
il giardino della diocesi. Naturalmente a Don Bosco parlò pure
della Pia Unione, e il motivo di parlargliene fu per dirgli che la
Mazzarello aveva avviato nel paese una specie di oratorio festivo,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

21.10 Page 210

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al quale attirava buon numero di giovinette. È singolare l'inte-
ressamento che subito Don Bosco rivelò per quel nucleo di brave
figliuole. Ogni volta che il loro Direttore tornava ali'oratorio,
egli lo incaricava di salutarle; il Direttore poi recava alle me-
desime con i saluti anche notizie di Don Bosco, delle sue virtù
e delle sue opere, il che infiammava specialmente il cuore della
Mazzarello. Tali notizie quindi si diffondevano in paese, cosicchè
nel 1864, essendosi il Santo condotto là con una schiera di alunni,
la popolazione gli fece accoglienze trionfali. Le socie della Pia
Unione gli vennero presentate a parte, e ne ascoltarono un'esor-
tazione, dalla quale la &zzarello usci estasiata, nè dopo rifi-
niva di dire che Don Bosco era un santo, Partito il Santo, Don
Pestarino, tenendo conto di alcuni :consigli avuti da lui, riunì
in una sua casetta la Mazzarello e tre socie, bramose di vita più
ritirata. A queste prime se ne aggiunsero in seguito altre; rice-
vettero inoltre a convivere seco alcune fanciulline bisognose. In
quel cenacolo la Mazzarello avanzava di gran lunga le campa-
gne nello spirito di preghiera e di carità operosa. Campavano
in povertà, traendo il necessario dal lavoro delle loro mani e
dalla generosità di persone pie.
Nel frattempo, sullo scorcio del 1863, Don Bosco, esaudendo
le reiterate domande di Don Pestarino che chiedeva di essere
Salesiano, l'aveva ammesso a far parte della Società; ma, rice-
vutane la professione religiosa, aveva disposto che non abbando-
nasse per allora il campo del suo apostolato. Se noi consideriamo
questa eccezionalissima disposizione e la mettiamo in rapporto
con i sentimenti del Santo verso la Pia Unione dell'Immaco-
lata, non possiamo a meno di argomentare che egli intravve-
desse fin d'allora di doversi o tosto o tardi occupare anche della
gioventù femminile mediante una seconda famiglia religiosa e
che sperasse di trovare nelle zitelle mornesine le sue prime Suore.
In quelle anime sane, semplici e pie riscontrava forse già le con-
dizioni migliori per dar loro una formazione rispondente al pro-
prio ideale. Don Pestarino sarebbe dunque stato presso di esse
il suo interprete fedele ed efficace.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22 Pages 211-220

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22.1 Page 211

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L'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliotrice
Durante il suo soggiorno a Mornese nel 1864 un'altra cosa
aveva egli concertato con Don Pestarino. Questi desiderava im-
piegare il proprio avere in un'opera che tornasse a perpetuo
giovamento de' suoi compaesani; si convenne pertanto nell'idea
di erigere ivi un collegio salesiano con scuole anche per esterni.
Furono intrapresi immediatamente i lavori, che le difficoltà delle
comunicazioni fecero andare in lungo; tuttavia nel 1867 erano
già abbastanza progrediti, anzi la cappella potevasi omai aprire
al pubblico. Don Bosco andò a benedirla il 13 dicembre, tratte-
nendosi ivi quattro giorni, nei quali rivide le Figlie dell'Immaco-
lata. Pare che se ne partisse soddisfatto; poichè, giunto a To-
rino, tracciò per loro una serie di norme, della cui spiegazione e
attuazione diede incarico a Don Pestarino. Trascorsero così altri
quattro anni, durante i quali gIJincontri non furono rari, fìnchè
s'arrivò al 1871 e alle cose narrate sopra, cioè alla rivelazione del
disegno, all'approvazione del Capitolo Superiore e alla bene-
dizione del Papa. Che occorreva perchè si passasse dal dire al
fare? Ci volevano una casa madre e le prime novizie da met-
tervi dentro.
Un'impensata congiuntura fece trovare la casa. I1 collegio era
in ordine: mancava solo l'autorizzazione ecclesiastica per aprir-
lo. Vacando la sede vescovile di Acqui, quella Curia, nel timore
che ne venisse soppiantato il piccolo seminario diocesano, ricusb
la licenza. I1 Santo, colta la palla al balzo, deliberò di collocare
nel locale le Suore che intendeva istituire. Bisognò giocare di
prudenza, affinchè la cosa non fosse prematuramente conosciuta;
si prevedevano infatti forti opposizioni in paese, dove tutti aspet-
tavano un collegio maschile. Prima che la notizia trapelasse,
urgeva sapere se vi sarebbero state giovani, le quali avessero
intenzione di rendersi religiose nello stretto senso della parola.
Le socie della Pia Unione, sdoppiatasi quando parecchie di loro
eransi date a vita più appartata dal mondo, quantunque tutte
assai buone, non sognavano punto di farsi suore. La Mazzarello
medesima aveva sentito bensì qualche propensione a tale stato,
ma ne aveva deposto il pensiero a motivo dell'impossibilità di
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22.2 Page 212

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capo XIX
procacciarsi la dote richiesta. Don Pestarino scandagliò cauta-
mente l'animo di ognuna senza svelare dove le avrebbe radunate.
L'esito dell'indagine fu soddisfacente: ventisette si dichiararono
pronte. Allora Don Bosco abbozzò uno schema di Regole, che
consegnò al Direttore, perchè le facesse leggere e le spiegasse
aUe interessate, sempre tacendo il luogo della loro definitiva di-
mora.
Trascorso un tempo sufficiente perchè potessero ben riflet-
tere, Don Pestarino il 29 gennaio 1872 invitò a conferenza le ven-
tisette nella casa dell'immacolata (così chiamavano la casetta
che albergava la Mazzarello e le sue compagne), rilesse loro gli
articoli riguardanti il Capitolo, indi comunicò essere volontà di
Don Bosco che si procedesse alia sua formazione con l'eleggere
la Superiora, l'economa, due assistenti e la maestra deiie novi-
zie. Si venne senza tante formalità all'elezione. A Superiora ri-
sultò eletta Maria Mazzareiio con voti ventuno. L'umile giovane,
sbigottita, su-p-plicò di annuilaye la votazione, nè ci fu verso di
persuaderla ad accettare. Le compagne però escogitarono un ac-
comodamento, ottenendo che assumesse l'ufficio di v* rima assi-
stente, ma col titolo di Vicaria, fino a tanto che Don Bosco si
fosse compiaciuto di risolvere la questione. Don Bosco non ri-
solse nulla, ma lasciò le cose a quel modo, pigliando tempo per
osservare come s'andasse. Con diciannove voti venne eletta se-
conda assistente Petronilla Mazzarello, amica di Maria e sua
compagna della prima ora. Seguì l'elezione dell'economa e della
maestra delle novizie, che furono Giovanna Ferrettino, una delle
prime unitesi alla Mazzarello nella vita di maggior ritiramento,
e Felicina Mazzareiio, soreiia di Maria. Ecco dunque il primo
Capitolo Superiore delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Ormai era tempo di affrontare il punto più scabroso, render
nota cioè la mutata destinazione del collegio. Intervenne ancora
una volta la Provvidenza. La casa parrocchiale minacciava ro-
vina, nè bastavano semplici riparazioni, ma bisognava rifabbri-
carla.
Toccava
ai
Munici,.vio
~rovvedere.Trattandosene
&
in
con-
siglio, fu approvata la proposta di sgomberare la casa dell'Im-
202
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22.3 Page 213

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L'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliotrice
macolata, affinchè servisse temporaneamente di canonica, e frat-
tanto di trasferire le Figlie con le allieve nei locali vuoti del col-
legio. Il tutto si eseguì alla chetichella; ma alla fine la bomba
scoppiò e la verità fu conosciuta. Autorità e popolo si levarono
a rumore. L'imbarazzo di Don Pestarino era accresciuto dalla
necessità di non esporre all'odio e all'ira popolare il Superiore
ecclesiastico, rivelando che causa del mutamento era stato il
diniego della concessione di aprire il collegio maschile. Ma a poco
a poco, in chi non prevalse il buon senso, valse il convincimento
che le giovani a lungo andare si sarebbero stancate di quella vita
e che al più tardi in morte di Don Pestarino avrebbero fatto
ritorno alle case loro.
Vana illusione! Nè la tempesta esterna nè l'interna povertà
poterono scuotere la costanza di quelle volonterose. Gl'incorag-
giamenti del Direttore e lo spirito illuminato della Vicaria le te-
nevano salde nell'amore del lavoro, dell'obbedienza, della pietà
e della mortificazione. I1 fervore eucaristico suppliva largamente
al difetto di cose anche necessarie.
Le abitatrici del collegio si dividevano in tre categorie. Le
une si potevano già quasi considerare come religiose; altre ave-
vano tutte le buone disposizioni per cominciare il noviziato; le
più giovinette erano semplici aspiranti. Un mese dopo l'ingresso,
ai 5 di agosto, il Vescovo, presente Don Bosco, benedisse l'abito
alle prime in numero di quindici, delle quali tredici fecero alla
sua presenza i voti triennali, e impose le medaglie alle seconde.
Da quell'istante vi si prese a organizzare la vita di comunità. Le
buone figliuole non avevano istruzione; quindi D. Bosco mandò
loro colte signorine che insegnassero a tutte i primi elementi, e
preparassero agli esami di maestre le più capaci. Non avevano
idea di usanze, diciamo così, conventuali; perciò D. Bosco ottenne
dall'Istituto torinese di S. Anna due provette Suore, che andas-
sero a convivere con esse per iniziarvele, insegnando loro a fare
la meditazione, a stare nel refettorio, a tenere le adunanze, a
sbrigare le cose d'ufficio, a trattare con le famiglie delle edueande
che presto vi si ammisero, ad agire con ordine e posatezza, a os-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22.4 Page 214

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Capo H X
servare il silenzio, a fare le ricreazioni, a trascorrere insomma da
religiose le loro giornate. Le due forestiere si trattennero colà
dal febbraio al settembre del 1873, contente d'aver potuto esau-
rire senza difficoltà il loro programma e piene di ammirazione
per Suor Maria, della quale dissero che non aveva più bisogno
di chi la indisizzasse.
Della formazione spirituale si occupava assiduamente Don
Pestarino, esperto confessore e abile dispensatore della parola
di Dio. Don Bosco, benchè assediato da mille cure, le per-
deva mai di vista. S'informava di tutto, largiva consigli, faceva
visite, le infervorava col magnificare il grande avvenire che le
attendeva. La Vicaria poi era felice ogni volta che poteva pre-
sentarsi alle consorelle messaggera di qualche parola del Santo,
non saziandosi di ripeterla e metterla in valore, nè avrebbe mosso.
un dito senza essere ben sicura della sua'approvazione.
Alla seconda vestizione del 5 agosto 1873 ricevettero l'abita
nove postulanti; nella stessa circostanza tre novizie fecero i voti
triennali (I). Fra le vestiende spiccava la signorina Emilia Mo-
sca, di ragguardevoli natali. Mandatavi da Don Bosco a inse-
gnare il francese, si affezionò talmente alla Vicaria, che volle
rinunciare al mondo e abbracciare per puro amor di Dio l'umile
povertà di quella vita, divenendo poi una colonna delllIstituto.
Questo fatto è una prova eloquente che Maria Mazzarello posse-
deva le qualità di un'ottima Superiora. Non a torto Don Bosco
aveva creduto di scorgere in lei quello che Pio X I chiamò'' ta-
lento di governo " ( 2 ) .
Tre atti importanti contraddistinsero il 1874. Uno fu l'in-
serzione dell'Istituto sul tronco della Società Salesiana. Infatti
nelle Costituzioni di questa approvate in aprile le Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice figuravano come un'appartenenza della Società
stessa, sicchè Don Bosco potè annunciare con gran soddisfazione
a Don Pestarino che per tale approvazione l'Istituto era stato
( i ) 11 5 agosto, festa della Madonna della Neve, fu poi sempre*] giorno delle vestidoni
e delle professioni.
(2) Discorso sull'eroismo delle virtù, 3 maggio 1936.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22.5 Page 215

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L'Istituto delle Figlie di Mario Ausiliatrice
<< incastrato nella Congregazione (I). In secondo luogo egli as-
segnò all'Istituto, oltre al Direttore particolare che già vi era,
un Direttore generale nella persona di Don Giovanni Cagliero;
un generale veramente ancora senza esercito, ma chiamato dal
Santo ad aiutarlo nel reclutamento di esso. Terza cosa, la desi-
gnazione della Madre Superiora, ella pure generale, sebbene per
il momento avesse il governo di una comunità sola. Don Bosco
ne fece fare l'elezione in sua presenza il 15 giugno, invitaildo a
votare le professe. Tutte si affermarono sul nome della Vicaria,
del che il Santo si felicitò, lodando altamente l'umiltà, la sag-
gezza e l'obbedienza dell'eletta ( 2 ) .
Ma non ci sono rose senza spine. Due morti funestarono nel
1874 la casa di Mornese. In maggio era passato all'eternità Don
Pestariiio e in settembre morì il Salesiano Don Giuseppe Ca-
gliero, mandato a prenderne il posto. Allora Don Bosco affidò
quella direzione a un altro Salesiano di non comune valore, a
Don Giacomo Costamagna, che divenne poi Missionario e Vica-
rio Apostolico. Molto dovette a lui l'ordinamento scolastico, senza
dire che, essendo buon musico, riempi la casa di canti e di suoni,
sicchè là entro si serviva davvero il Signore in santa letizia.
Nell'anno seguente emisero le prime professioni perpetue la
Madre e dodici Suore. Allora Don Bosco, completata con l'a-
iuto di Don Rua, di Don Cagliero e di Don Costamagna la com-
pilazione delle Regole, ne chiese l'approvazione al Vescovo della
diocesi acqueilse, il quale dopo maturo esame la accordò con suo
decreto del 23 gennaio 1876 (3).
La benedizione di Dio accompagnava visibilmente l'opera di
Mornese. Le Suore si moltiplicavano, cresceva il numero delle
postulanti, le educande occupavano un posto cospicuo nella
casa. I1 1875 e il 1876 furono gli anni delle prime fondazioni;
le ebbero Borgo S. Martino, Vallecrosia, Torino, Biella, Alassio,
( i ) Lettera di Don Pestarino al nipote, 17 aprile 1874.
(2) In una lettera a Francesca Pastore di Valenza (Piemonte), citata nei Processi della
Beata.
( 3 ) Essendo partito nel novembre precedente Don Cagliero per L'America. la Dire-
zione generale era passata nelle mani di Don Rua.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22.6 Page 216

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- Capo X I X L'Istituto delie Figlie di Ma& Ausiliatvke
Lu Monferrato, Lanzo Torinese. Asilì, scuole elementari, oratori
festivi, laboratori, direzioni di guardarobe e di cucine presso
collegi formavano, nei vari luoghi, secondo le personali attitu-
dini, le occupazioni ordinarie delle Suore. Dal giugno al settem-
bre del 1876 sette Figlie di Maria Ausiliatrice dettero bella prova
di sè nell'assistere cento scrofolosi della Lombardia, ragazzi e
ragazze, riuniti per la cura dei bagni sulla spiaggia di Sestri Le-
vante. I n ottobre Don Bosco, scrivendo di tale espansione a Don
Cagliero, gli diceva con paterno compiacimento: <Le Figlie di
Maria Ausiliatrice fanno assai bene dove vanno $.
In breve tempo, come si vede, se n'era fatto del cammino;
negli anni seguenti, come avremo occasione di vedere, fu con-
tinuo il progredire.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22.7 Page 217

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CAPO XX
Per le tardive vocazioni ecclesiastiche.
Dare preti alla Chiesa fu una missione, che S. Giovanni Bo-
sco stimava assegnata a sè ed a' suoi. Secondo il suo modo di
vedere, l'oratorio senza tale scopo non avrebbe avuto ragione
di esistere; n& questo solamente per la sezione degli studynti:
poichè era sua consuetudine mettere e mantenere agli studi que-
gli artigiani che per regolarità di condotta, bontà di carattere e
capacità intellettuale dessero speranza di potersi avviare allo
stato ecclesiastico. I tempi correvano sempre più nefasti alle
vocazioni sacre. Anticlericalismo di Stato, nuovi indirizzi sociali,
scuole laicizzanti, stampa senza freno, vilipendio della Chiesa
e de' suoi ministri, disagi economici del clero erano tante cause
che avevano contribuito e contribuivano a diradare le file dei
giovani aspiranti al sacerdozio. Peggio poi quando una legge
abolì il privilegio dell'esenzione dei chierici dal servizio militare.
Le famiglie agiate non davano più, come una volta, alunni al
santuario; perciò Don Bosco andava predicando la necessità di
cercarne largamente e in mezzo a quelli che maneggiano la zappa
e il martello >> (I).
Ma nep$& questo poteva bastare. L'esperienza, documentata
dai registri dell'oratorio, gli aveva insegnato che dei giovani,
i quali intraprendevano gli studi con l'animo di dedicarsi alla
carriera sacerdotale, appena quindici su cento, ossia nemmeno
due su dieci, arrivavano a vestire l'abito: interessi domestici,
( i ) iMei,l. Riogr., vol. V,pgg. 388-9
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22.8 Page 218

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Capo XX
ambizione di fare il liceo, mutamenti di volontà facili ad avve-
rarsi nel ginnasio superiore, ne sviavano il massimo numero. Ac-
canto a questa però egli aveva avuto agio di fare un'altra espe-
rienza. Fin dai primi anni dell'ospizio erano stati sempre da lui
ammessi agli studi insieme con i giovanetti anche individui di
età matura, i quali per cagioni diverse non avevano pot~itoo
voluto nell'adolescenza ubbidire alla voce che li chiamava a
farsi preti. Quante volte avviene che giovani, sviati nella crisi
dell'adolescenza, ritornano in sè all'età di sedici, diciotto od an-
che venti anni e si consacrerebbero volentieri al servizio dell'al-
tare, se non dovessero subire l'umiliazione di accomunarsi con
imberbi e adattarsi al loro passo! Orbene egli osservava che co-
storo, in non meno di otto su dieci, indossavano la veste talare
e impiegavano per giungervi minor tempo degli altri. Da siffatta
costatazione scaturì nel 1875 il suo proposito di aprire collegi,
dove giovanotti non più di primo pelo, chiamati alla milizia chie-
ricale, trovassero un corso di studi accelerato e un ambiente
adatto alla loro condizione.
La detta coilsultazione di registri non fu cosa fortuita e
neppure da lui voluta. Raccontò egli stesso ai Capitolari come
avvenne, e la sua narrazione fu subito messa in iscritto e si
conserva nei nostri archivi. Un sabato sera stava confessando
i giovani nella sagrestia di Maria Ausiliatrice, distratto dal pen-
siero del come accrescere il numero delle vocazioni, quando gli
parve d i trovarsi in camera e di sentirsi dire che osservasse i
registri della casa e avrebbe couosciuto il modo di fare e presto
- molti preti. Continuava a confessare e intanto nella sua stanza
sfogliava, cercava e non trovava nulla. - Sogno o son desto?
disse a un certo punto, e si mosse per vedere chi fosse che gli
aveva parlato. Si alzò realmente dì botto dal seggiolone, da cui
confessava; i ragazzi, spaventati, credettero che gli venisse male,
e fecero per sorreggerlo; ma egli si s-dette di nuovo tranquil-
lamente. Finite le confessioni, fece l'esame ingiuntogli. Rinvenne
così la chiave del mistero.
Venendo al concreto, egli concepì la cosa come un'opera;
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22.9 Page 219

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Per le tardive vocazioni ecclesiartiche
perchè, prevedendo che il maggior contingente si sarebbe reclu-
tato in famiglie povere, gli bisognava assicurare l'istituzione ap-
poggiandola a un'associazione, i cui aderenti si obbligassero a
concorrere con elemosine o con altri mezzi al mantenimento de-
gli alunni e alle eventuali spese per i loro studi. Nell'accetta-
zione il non poter pagare una retta non contava, secondo una
sua frase.
Mentre ruminava questo disegno, dovette nel febbraio del
1875 recarsi a Roma, dove espose la sua intenzione a Pio IX.
L'argomento diede materia a un lungo colloquio. Infine il Papa
se ne mostrò tanto soddisfatto, che espresse il desiderio di com-
mendare solennemente l'Opera ideata; solo gli raccomandò che
la portasse prima a conoscenza di alcuni Vescovi per averne
l'approvazione, donde potesse poi il Breve pontificio prendere
le mosse. Così rassicurato, Don Bosco tracciò le linee fondamen-
tali di un programma, che spedì a un certo numero di Ordinari
e fece pervenire anche al Papa per mano del Card. Berardi e di
Mons. Vitelleschi. Dodici commendatizie vescovili e una speciale
benedizione del Pontefice furono le risposte che non tardarono
a giungergli. I1 Vescovo di Albenga proclamava l'Opera u degna
di ogni encomio D; quindi caldamente ne incoraggiava l'ideatore
a metterla in esecuzione (I). I1 Vescovo di Vigevano vi scorgeva
uimprontato lo spirito del signor Don Bosco >>, nel quale egli
ammirava u sempre l'uomo di Dio >> (2). Secondo il Vescovo di
Acqui, tale Opera avrebbe provveduto <<adun sentito biso-
gno u (3). I1 Vescovo di Alessandria di buon grado >> commen-
dava il disegno, pregando Dio che con la sua grazia venisse in
aiuto per attuarlo (4). 11 Vescovo di Tortona, pur ritenendo << op-
portuno ed utile assai di raccogliere per tempo i teneri giova-
-
netti nell'asilo del Seminario per avviarli con maggior sicurezza
d'esito al ministero ecclesiastico >>,tuttavia giudicava uinnega-
( I ) Lettera al Santo Padre. rz aprile 1875.
(2) Lettera al Card. Berardi, iz aprile 1875.
(3) Lettera al Card. Berardi, 1 5 aprile 1875.
(4)Lettera 16 aprile 1875.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

22.10 Page 220

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Capo X X
bile >> che mediante la nuova Opera vi si sarebbe aggiunto << un
contingente considerevole, e purtroppo necessario ai nostri giorni,
di giovani adulti con maggior attitudine a divenir buoni sacer-
doti >> (I). Al dire del Vescovo di Casale quell'uomo di Dio che
ern il sacerdote Don Giovanni Bosco aveva compilato un pro-
gramma dell'Opera << assai bene concepito e tale da potersene
speraie preziosissimo frutto D ( 2 ) . L'Arcivescovo di Genova ne
sperava «grande utilità alla Chiesa D, dato il già tanto scarseg-
giare del clero (3). La benedizione del Santo Padre gli fu accor-
data col massimo piacere e di tutto cuore >> (4).
A sì incoraggianti giudizi e benedizioni Don Bosco, rimaneg-
giato il programma, credette di potervi dare pubblicità a mezzo
della stampa. Titolo dell'opera era: Opera d i Maria Ausiliatrice
per le vocaeioni allo stato ecclesiastico. Premessa ivi una breve
notizia circa il motivo e l'intento dell'opera, ne divisava il piano
in questa forma:
SCOPODELL'OPISRA-.. Scopo di quest'Opera è di raccogliere giovani gran-
dicelli, che abbiano decisa volontà di fare gli stndi letterari mercè corsi appro-
priati, per abbracciar lo stato ecclesiastico.
ACCETTAZION-E. I. Ogni allievo deve appartenere ad onesta famiglia, es-
sere sano, robusto, di buon carattere, nell'età dai 16 ai 30 anni. Saranno preferi-
bilmente accettati coloro che sono sciolti dal servizio militare oppure hanno
qualche probabilità di andarne esenti (5).
2. Abbia un certificato che dichiari la condotta edificante, la frequenza
alle funzioni parrocchiali ed ai santi Sacramenti, la decisa volontà di abbrac-
ciare la carriera ecclesiastica, ed abbia almeno compiuti i corsi elementari della
lingua italiana.
3. Attestato di nascita, di sofferto vainolo, notandosi pure se può almeno
in parte pagare le spese prescritte dal programma.
4. Non si andrà in vacanza nelle ferie autunnali. I1 necessario sollievo
sarà procurato nel collegio, od in altro sito scelto a quest'uopo.
( I ) Lettera a Don Bosco, i6 aprile 1875.
( 2 ) Lettera. al Santo Padre, 18 aprile 1875.
( 3 ) Lettera a! Santo Padre, i 8 aprile 1875. Non posso riportare i giudizi degli altri cinque
Vescovi. perche inviarono le loro commendatizie direttamente a Roma, senza farle passare
per le mani di Don Bosco.
(4) Lettere dei Card. Berardi, z giugno, e di Biions. Vitelleschi 11 giugno 1875.
( 5 ) Si ricevono anche oltre i trent'anni, purchè abbiano già fatto qualche corso lette-
rario.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23 Pages 221-230

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23.1 Page 221

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Per le tardiue voconioni ecclesiartiche
5 . Terminati i corsi letterari, ogni allievo è libero di farsi religioso, recarsi
nelle missioni estere o ritornare nella rispettiva diocesi, per chiedere al proprio
Vescovo la facoltà di vestire l'abito chiericale. In quest'ultiino caso il Direttore
dell'opera si farà premura di raccomandare umilmente i candidati al rispet-
tivo Ordinario, afinche secondo il merito si degni prenderli in benevola con-
siderazione.
STUDIO-. I. Lo studio abbraccia il corso classico fino alla filosofia esclusi-
vamente: ma l'insegnamento si estende soltanto alla lingua italiana, lingua
latina, storia, geografia, aritmetica, sistema metrico, ed agli elementi della
lingua greca.
z. Da queste classi restano esclusi quelli che non hanno l'etk sopra de-
scritta, o non intendono consacrarsi allo stato ecclesiastico.
3. La retta è fissata a fr. 24 per ogni mese, e si pagano a trimestri antici-
pati. Per un anno fr. 300. Per tutto il tempo degli studi letterari fr. 800.
4. Con questa retta viene soddisfatta ogni spesa di scuola letteraria, scuola
di canto fermo, di musica, declamazione, vitto, alloggio, medico, parrucchiere.
Restano a carico degli allievi le spese di vestiario, calzatura, riparazione, medi-
cine e libri.
5. 11 trattamento del vitto sarà come segue: A colazione e a merenda
pane sufficiente:a pranzo minestra, pietanza, vino e pane a piacimento: a cena
minestra, companatico e pane a piacimento.
(Ometto il CORREDO).
MEZZI.- Non ci sono mezzi stabili, l'Opera è totalmente affidata alla pietà
dei fedeli. Ognuno può concorrere come Oblatore, Corrispondente. Benefattore.
I. Gli Oblatori si obbligano per due soldi al mese oppure per un franco
all'anno. Pei sacerdoti basta che celebrino una S. Messa, cedendone la limositia
a henefizio dell'opera.
2. I Corrispondenti sono quelli che in onore dei dodici Apostoli si fanno
capi di una o più dodicine di Oblatori, ne raccolgono le offerte indirizzandole al
Direttore dell'opera.
3. Benefattori si appellano quelli che a piacimento fanno qualche offerta
in danaro od in natura, p. e. in commestibili, in biancheria, in libri e siinili.
Quelli che offrono fr. 300 annui possono a loro scelta inviare gratuitamente
un allievo all'Istituto. Se poi l'offerta fosse di f. 800 l'allievo sarebbe tenuto per
tutto il tempo dei corsi letterarii. In fine di ogni anno si darà ai corrispondenti
un conto particolare del numero degli allievi, delle offerte ricevute e dei risul-
tati ottenuti.
OSSERVAZION-E. Quest'Opera è posta sotto gli a ~ s ~ i i zdei lla S. Vergine
Ausiliatrice, perchè Maria dalla Chiesa è proclamata Magnum et singzclare i n
Ecclesia praesidium; e perchè in questi teinpi Iddio concedendo innumerevoli
grazie a chi invoca l'augusta sua Madre sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani, con-
cederà certamente anche questa di provvedere alla Chiesa buoni ministri.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23.2 Page 222

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Capo X X
Quest'Opera non reca danno ad altre già esistenti?
Non solo non reca danno, ma le sostiene. Senza preti, senza predicazione,
senza Sacramenti, che diverrebbero l'Opera della Propagazione della Fede e
deiia S. Infanzia e tutte le altre Opere pie?
- VANTAGGISPIRITUALI.I. I1 merito d'aver contribuito ad una grande
opera di carità. Non si pub fare opera migliore, dice S. Vincenzo de' Paoli, che
contribuire a fare un prete.
2. Ogni giorno nelia Chiesa di Maria Ausiliatrice si celebrerà la santa
Messa, gli allievi faranno deiie Comunioni con particolari preghiere pei loro be-
nefattori.
3. I medesimi Oblatori partecipano ai meriti di tutte le Messe, predica-
zioni, delle altre buone opere e del mento grande deiie anime, che i preti, for-
mati dalla loro canta, guadagneranno a Dio nell'esercizio del sacro Ministero.
Di modo che saranno loro applicate le parole di S. Agostino: Animam salvasti,
animam tuam praeàestinasti.
4. Indulgenze che saranno notate a parte.
Don Bosco aveva stabilito di fare un primo esperimento del-
l'Opera presso la chiesa di Maria Ausiliatrice, destinandovi un
locale apposito; ma l'Arcivescovo di Torino, d'accordo col Vescovo
d'Ivrea, sollevò qualche difficoltà, sicchè il Santo, concertatosi con
1'Arcivescovo di Genova, decise di darvi principio nelt'ospizio
di Sampierdarena. In ciò egli seguiva un prudenziale consiglio
datogli precedentemente da Mons. Vitelleschi (I), al che si ag-
giunse più tardi l'approvazione del Card. Antonelli, Segretario
di Stato (2). Col nuovo anno scolastico 1875-76 l'Opera di Ma-
ria Ausiliatrice .esordi dunque a Sampierdarena sotto la dire-
zione di Don Albera.
Quei giovanotti di vocazione tardiva presero a chiamarsi sem-
plicemente Figli di Maria. Su di essi Don Bosco fondava << spe-
ranze straordinarie >>, come ebbe a dire nelle conferenze autun-
nali del 1875 ai Direttori, e ne soggiunse il perchè, facendo os-
servare: ((Questi giovani adulti e di buon criterio, appena siano
preti, renderanno molto frutto )) (3).
Se le accennate circostanze non permisero di organizzare I'O-
( I ) Lstt. ci;.
( 2 ) Lettera a Don Rosco, 4 settembre 1875.
(3) Da una Cvonachptla manoscritta di Don Barberis, sotto il settembre 1875
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23.3 Page 223

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pera all'ombra della chiesa di Maria Ausiliatrice, donde quella
pigliava il nome, niente impediva che si continuasse, come prima,
ad ammettere nell'oratorio giovani adulti, aspiranti al sacer-
dozio; anzi sul principio del 1876, essendovi venuto il Servo di
Dio Don Guanella per farsi Salesiano, Don Bosco ne affidò a lui
la cura speciale. Più ancora: in procinto di recarsi a Roma e de-
siderando presentare al Santo Padre tanti indirizzi d'omaggio
quante erano le sezioni di coloro che popolavano l'oratorio, volle
che figurassero a parte anche i Figli di Maria, dei quali Don Gua-
nella fece la presentazione al Papa con una sua lettera, in cui
fra l'altro diceva: a Questi Figli di Maria quanto a bontà sono i
giovani più esemplari, e quanto all'applicazione ammirabili. In
questo anche i più mediocri sono invincibili. Molti si possono
omai ripromettere di passare i cinque anni di latinità nello stu-
dio di dodici mesi, e gli altri in quello di due anni. Sono entu-
siasmati deiia persona del carissimo nostro Don Bosco, ammira-
tori del gran ~ontificedell'Immacolata, e impazienti del mini-
stero delle anime. Li benedica tutti, Santissimo Padre, accioc-
chè, come si spera, si moltiplichino negli anni avvenire, e tutti
riescano operai valorosi nella vigna del Signore s. Don Bosco
umiliò personalmente questo scritto al Sommo Pontefice, che si
compiacque di leggerlo e poi di fare varie domande; infine, presa
la penna, scrisse in fondo al foglio: Benedicat vos Dew et dirigat
vos i n viis suis. Die 16 ApriJis 1876. PIUS PP. I X (I).
Don Bosco, per animare e rimunerare quanti cooperavano
con lui nell'impresa, aveva fatto istanza al Papa, affichè con-
cedesse loro tre serie d'indulgenze (2). I1 Papa con Breve del
9 maggio 1876, aprendo i tesori spirituali, concedette ai fedeli
d'ambo i sessi, già ascritti o che si sarebbero ascritti allJOpera:
10 Indulgenza plenaria i n articzllo mortis, purchè, confessati e
comunicati o, in caso d'impossibilità, almeno contriti e invo-
( i ) Quel grande amico di Don Bosco che fu il Card. Berardi, avendo riferito a Pio IX
sull'Opera dei Figli di Maria, si udi rispondere: - Se i frati vorranno frati, dovran riconere
a questa via; cosl anche i Vescovi se vorranno preti.
( 2 ) Supplica 4 marzo 1876.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23.4 Page 224

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capo xx
canti il nome di Gesù con la bocca o col cuore, accettassero con
rassegnazione dalla mano di Dio la morte tamquam peccati sti-
pendium. - z0 Indulgenza plenaria, applicabile alle anime del
Purgatorio, una volta al mese, nella forma consueta. - 30 Tutte
le indulgenze plenarie e parziali dei Terziari di S. Francesco di
Assisi, comprese quelle che si acquistano nelle feste e chiese del
Serafico Padre, lucrabili queste ultime dagli ascritti all'opera
nelle feste di S,L...,F.rancesco di Sales e nelle chiese dei Salesiani,
a condizione c!iei:si adempiano le pratiche prescritte per le me-
desime.
..
I1 resoconto del primo anno scolastico riuscì assai soddisfa-
cente. Sommando quelli di Sampierdarena con quelli dell'ora-
torio, i Figli di Maria erano un centinaio. Terminavano il gin-
nasio accelerato trentacilzque, dei quali otto entrarono nello stato .
religioso, sei si rivolsero alle Missioni e vent~nosi ascrissero al
.' clero secolare nelle proprie diocesi. Anche di fronte a si consolanti
risultati le opposizioni non diminuirono; ma Don Bosco se ne
sgomentava così poco, che, scrivendo il 13 ottobre 1876 a Don
Cagliero, gli diceva tutto giubilante: <<ANizza Marittima ab-
biamo comperato uno stupendo edifizio, dove potremo accco-
gliere cento artigiani con altrettanti Figli di Maria >>.
L a provvida istituzione fini con essere accentrata tutta a
Sampierdarena, dove l'ampliai,n.ento del fabbricato rese possi-
bile aumentare il numero. Di mano in mano che se ne divulgava
la notizia, le domande piovevano da ogni parte, a volte anche
quando l'anno scolastico era già abbastanza inoltrato. I1 Diret-
tore, per non imbarazzare le classi, avrebbe voluto che dopo le
prime settimane te accettazioni venissero sospese fino all'anno
scolastico seguente; ma, compreso dell'importanza che Don Bo-
sco annetteva all'opera, desiderava non fare cosa contraria alle
sue intenzioni; perciò, interrogatolo nelle conferenze di S. Fran-
cesco del 1877, n'ebbe in risposta che si accettassero quanti chie-
devano e possedevano i requisiti necessari, senza badare al tempo
del loro ingresso; troppo grandi essere i frutti che si aspettava
dalllOpera, perchè potesse permettere pericolosi indugi alle ac-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23.5 Page 225

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Per le tardive oocazioni eccleia~tiche
cettazioni. I ritardatari entrassero nella casa disposti a occu-
parsi in lavori manuali, mentre si farebbe loro un po' di scuola
preparatoria. Nelle medesime conferenze Don Rua, descrivendo
la rapidità con cui erasi effettuato l'ingrandimento dell'ospizio
con relativo aumento di giovani alunni, attribuì quel rigoglio di
vita alla benedizione divina attirata sulla casa dall'opera dei Fi-
gli di Maria.
Vedremo più innanzi gli sviluppi ed i perfezionamenti del-
l'Opera dopo alcuni anni. Uno dei motivi clie aveva Don Bosco di
caldeggiarla tanto, possiamo dire essere stata la speranza di ca-
vare dai Figli di Maria specialmente buone tempre di Missionari;
dopo alcune esperienze fatte in quei primi anni delle Missioni,
si riprometteva assai più in processo di tempo. Infatti uscì dalle
loro file uno stuolo di zelanti apostoli, la cui bella rinomanza si
perennerà nella storia delle nostre Missioni. L'insigne storico
P. Grisar scrisse (I): I Figli di Maria sono per le Missioni Sa-
lesiane preziosi operai, perchè d'ordinario dànno ad esse giovani
robusti, indurati alla fatica, i quali per seguire la loro vocazione
dovettero già sostenere, la maggior parte, gravi sacrifici ».
( i ) I1 P. Grisar S. I. iii Die Knlholischen Missionen di Friburpo pubblicò nel ,915 vari
articoli culle Missioni &i Salesiani di Don Bosco. che. raccolti in volume, iorineno iina so.
lida monografia sull'argoniento. Cir. Boli. Sal., ottobre 1915.pag. 30;.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23.6 Page 226

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CAPO XXI
Terzo ramo dell'albero salesiano: i Cooperatori.
La terza ramificazione dell'albero salesiano, piantato da San
Giovanni Bosco, è quella dei Cooperatori. Nella mente di lui la
figura del Cooperatore prese forma a poco a poco. Solo mercè
la cooperazione di ecclesiastici e di laici egli era riuscito a fare
quanto aveva fatto dal 1841 nei tre Oratori torinesi, donde ebbe
inizio la sua opera. Con la sua abilità aveva saputo guadagnarsi
i preziosi ausiliari, tenerli uniti a sè e adoperarli efficacemente.
Siffatta reciproca unione si rese così stretta e feconda di bene,
che egli posteriormente, occorrendogli di risalire alle origini della
Società, pigliava fin di là le mosse, considerando tale comunanza
di attività come il preludio della Congregazione e questa rap-
presentando come naturale evoluzione di quella. Fondata poi la
Società, non volle privarsi di una simile collaborazione; onde
pensò da prima di organizzare un sodalizio di preti secolari e so-
prattutto di buoni cristiani da incorporarsi alla Società mede-
sima. Ecco perchè nelle primitive Costituzioni inserì un para-
grafo intitolato Esterwi, nel quale stabiliva: << IO Qualunque per-
sona, anche vivendo nel secolo, nella propria casa, in seno alla
propria famiglia, può appartenere alla nostra Società. - z0 Egli
non fa alcun voto, ma procurerà di mettere in pratica quella
parte del presente Regolamento, che è compatibile colla sua età
e condizione. - 30 Per partecipare dei beni spirituali della So-
cietà bisogna che faccia almeno una promessa al Rettore d'im-
piegare le sue sostanze e le sue forze nel modo che egli giudi-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23.7 Page 227

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I Cooperatori
cherà tornare a maggior gloria di Dio. - 4O Tale promessa però
non obbliga sotto pena di colpa nemmeno veniale *. Ma a Roma
nel '69 parendo strano e pericoloso il connubio di gente esterna
con comunità religiose, gli fu ordinato di cassare quel paragrafo.
Tuttavia Don Bosco lo stampò fuori testo nel 1873 in appendice
all'originale italiano e nel '74 dopo la traduzione latina delle Re-
gole; lo soppresse però anche là per consiglio della Congrega-
zione dei Vescovi e Regolari. In seguito venne maturando ognor
più l'idea di formare dei così detti " Esterni " un'Associazione di-
stinta bensì, ma sempre alle dipendenze della Società Salesiana.
Lo studio delle modalità si protrasse per tre anni. Ne comu-
nicò primamente il disegno ai membri del Capitolo Superiore nel
settembre del 1874 durante gli esercizi spirituali di Lanzo e lo
fece schematicamente dando a leggere quanto segue: ((UNIONE
DI S. FRANCESCDOI SALES.- S C O ~e~ Omezzi dell'linione. Lo
scopo di questa Unione si è di riunire alcuni individui laici ed
ecclesiastici per occuparsi in quelle cose che saranno reputate di
maggior gloria di Dio e vantaggio delle anime. I mezzi saranno
lo zelo per la gloria di Dio e la carità operosa nell'usare tutti gli
ammenicoli spirituali e temporali che possono contribuire a tale
scopo, senza mai aver di mira l'interesse temporale o la gloria
del mondo. Niun ramo di scienza sarà trascurato, purchè possa
contribuire allo scopo deli'unione. - Membri dell'linione. Ogni
fede1 cristiano può essere membro di questa Unione, purchè sia
deciso di occuparsi secondo lo scopo e i mezzi summentovati >>.
Lo schema era alquanto generico; quindi i Capitolari, non af-
ferrando bene il pensiero del Santo, giudicarono che si trattasse
di fondare una confraternita o una qualsiasi delle tante associa-
zioni divote che esistevano a dovizia nella Chiesa; perciò si mo-
strarono tutt'altro che entusiasti della cosa.
Ma Don Bosco teneva pronto un Regolamento, in cui il suo
concetto veniva con ampiezza sviluppato, e dopo qualche tempo
lo fece correre nelle loro mani. Se non che ad alcuni di essi e a
lui medesimo quel programma sembrò un po' troppo compli-
cato e bisognoso di semplificazione. Ne possediamo ancora I'au-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23.8 Page 228

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capo xxz
tografo (I). Lo rifece dunque, cominciando dal titolo, nel quale
a " Unione di S. Francesco di Sales " sostituì " Associazione di
opere buone " e delineandovi una specie di Terz'ordine degli
antichi, con la differenza che, mentre qtielli si proponevano lo
acquisto della perfezione cristiana mediante l'esercizio della
pieti, l'Associazioue salesiana aveva per oggetto precipuo la
vita attiva, massimamente rivolta a procurare il bene della gio-
ventù pericolante.
Questo nuovo programma fu dato alle stampe e diffuso pri-
vatamente fra amici. Ma, o fossero le osservazioni pervenute al
Santo o foss,ero le sue stesse ulteriori riflessioni, il fatto è che
nemmeno così ritoccato lo appagò del tztto; quindi lo sottopose
ad altre modifi~azioni,ristampandolo con l'intitolazione " Coope-
ratori Salesiani ossia un modo pratico per giovare al buon co-
stume ed alla civile società ". Modo riguardoso di esprimersi per
non ingenerare sospetti da una parte e diffidenze dall'altra. In
questa forma definitiva la Magna Charta dei Cooperatori Sale-
siani risultò del tenore seguente.
I. UNIONECRISTIAXA NEI. BENE OPERARE. In ogni tempo si giudicò neces-
saria l'unione tra i buoni per giovarsi vicendevolmente nel fare il bene e tener
lontano il male. Così facevano i Cristiani della Chiesa primitiva, i quali alla vista
dei pericoli che ogni giorno loro sovrastavano, senza punto sgomentarsi uniti
con un ctior solo ed un'anima sola animavansi l'un l'altro a stare saldi nella fede
e pronti a superare gl'incessanti assalti da cui erano minacciati. Tale pure è l'av-
viso datoci dal Signore quando disse: Le forze deboli quando sono unite diventano
forti, e se una cordicella presa da sola facilmente si rompe, assai difficile rom-
perne tre riunite: vis unita fortior, fwniciculus triplex diffccile rumpifur. Così so-
gliono fare eziandio gli uomini del secolo nei loro affaritemporali. Dovranno forse
i figliuoli della luce essere meno prudenti che i figliuoli delle tenebre? No certa-
mente. Noi cristiani dobbiamo unirci in questi difficili tempi, e di comune accordo
promuovere lo spirito di preghiera, di caritt con tutti i mezzi, che la religione
somministra per rimuovere o almeno mitigare i mali che ad ogni momento pos-
sono mettere a repentaglio il buon costume, senza cui va in rovina la civile so-
cietà.
11. LA CONGREGAZIOSNAELESIANVAINCOLO DI UNIONE. Questa Congrega-
zione essendo definitivamente approvata dalla Chiesa può servire di vincolo
( i ) Cfr. Mam. Biogr., rol. X. pag. i j i o - ~ q
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23.9 Page 229

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I Cooperatori
sicuro e stabile pei Cooperatori Salesiani. Di fatto essa ha per fine primario di
lavorare a benefizio della gioventù sopra cui è fondato il buono e tristo avvenire
della società. con questa proposta intendiamo dire che questo sia il solo mezzo
per prowedere a tale bisogno, perciocchè ve ne sono mille altri: anzi noi racco-
mandiamo vivamente che ciascuno si adoperi con tutti quei mezzi che giudica
opportuni per conseguire questo gran fine. Noi a nostra volta ne proponiamo
uno ed è l'opera dei Cooperatori Salesiani, pregando cioè i buoni cattolici che
vivono nel secolo a venire in aiuto ai soci di questa Congregazione. È: vero che
i membri di essa sono cresciuti notabilmente, ma il loro numero è assai lontano
dal rispondere alle quotidiane richieste, che si fanno in vari paesi d'Italia e d'Eu-
ropa, della China, dell'Australia, dell'ilmerica, e segnatamente della Repubblica
Argentina. In tutti questi luoghi si fanno quotidiane richieste di sacri ministri,
affinchèvadano a prendere cura della pericolante gioventù, che vadano ad aprire
case o collegi, ad iniziare o alnleno sostenere missioni, che sospirano la venuta
di evangelici operai. Egli è per accorrere a tante necessiti che si cercano coope-
ratori.
111. SCOPODEI COOPERATOSRAI LESIANSI.copo fondamentale de' Coope-
ratori Salesiani si è di fare del bene a se stessi, mercè un tenore di vita, per
quanto si può, simile a quello che si tiene nella vita comune. Perciocchè molti
andrebbero volentieri in un chiostro, ma chi per età, chi per sanità o condizione,
moltissimi per difetto di opportunità ne sono assolutamente impediti. Costoro
anche in mezzo alle loro ordinarie occupazioni, in seno alle proprie famiglie, pos-
sono farsi Cooperatori e vivere come se di fatto fossero in Congregazione.Laonde
dal Sommo Pontefice quest'Associazione è considerata come un Terz'ordine
degli antichi, colla differenza che in quelli si proponeva la perfezione cristiana
riell'esercizio della pietà: qui si ha per fine principale la vita attiva nell'esercizio
della carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolaute.
IV. MANIERDAI COOPERAZIOANiEC. ooperatosi Salesiani si propone la stessa
messe della Congregazione di S. Francesco di Sales, cui intendono associarsi.
I. Promuovere uovene, tridiii, esercizi spirituali e catechismi, sopratutto
in quei luoghi dove si manca di mezzi materiali e morali.
z. Siccome in questi tempi si fa gravemente sentire la pennria di voca-
zioni allo stato Ecclesiastico, così coloro che ne sono in grado prenderanno cura
speciale di quei giovanetti ed anche degli adulti, che forniti delle necessarie qua-
lità morali e di attitudine allo studio dessero indizio di esservi chiamati, giovan-
doli coi loro consigli, indirizzandoli a quelle scuole, a que' Collegi in cui possono
essere coltivati e diretti a questo scopo. L'Opera di Maria Ausiliatrice tende ap-
punto a questo scopo.
3. Opporre la buona stampa alla stampa irreligiosa, mercè la diffusione
di buoni libri, di pagelle, foglietti stampati di qualunque genere in quei luoghi
e fra quelle famiglie, cui paia prudente di farlo.
4. In fine la carità verso i fanciulli pericolanti, raccoglierli, istruirli nella
fede, avviarli alle sacre funzioni, consigliarli nei pericoli, condurli dove possono
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

23.10 Page 230

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capo XXI
essere istruiti nella religione, sono altra messe dei Cooperatori Salesiani. Chi non
fosse in grado di compiere queste opere per sè, potrebbe farlo per mezzo di aitxi,
come sarebbe animare un parente, un amico a volerle prestare. Si può coope-
rare colla preghiera o col somministrare mezzi materiali dove ne fosse mestieri
ad esempio dei fedeli primitivi che portavano le loro sostanze ai piedi degli Apo-
stoli, affinchè se ne servissero a favore delle vedove, degli orfani e per altri gravi
bisogni.
V. COSTITUZIONEEGOVERNO DELL'ASSOCIAZIOIN.EC. hiunque ha compiuti
sedici anni può farsi Cooperatore, purchè abbia ferma volontà di conformarsi
alle regole quivi proposte.
2. L'associazione è umilmente raccomandata alla benevolenza e prote-
zione del Sommo Pontefice, dei Vescovi, de' Parroci, dai quali avrà assoluta di-
pendenza in tutte le cose che si riferiscano alla religione.
3. 11 Superiore della Congiegazione Salesiana è anche il Superiore di que-
st'Associazione.
4. 11 direttore di ogni casa della Congregazione è autorizzato ad ascrivere
gli associati, trasmettendo di poi nome, cognome e dimora al Superiore, che no-
terà ogni cosa nel comune registro.
5. Nei paesi e nelle città, dove non esiste alcuna di queste case, e dove
gli associati giungono a dieci, sarà stabilito un Capo col nome di Decurione, che
sarà preferibilmente un prete o qualche eseniplare secolare. Esso corrisponderà
col Superiore, o col direttore della casa più vicina.
6. Ogni Cooperatore occorrendo può esporre al Superiore quelle cose, che
giudica doversi prendere in cotisiderazione.
7. Ogni tre mesi ed anche più sovente con un bollettino o foglietto a stampa
si darà ai soci un ragguaglio delle cose proposte, fatte o che si propongono a farsi.
Sul fine poi di ogni anno ai soci saranno comunicate le opere che nel corso delSanno
successivo sembrano doversi di preferenza promuovere, e nel tempo stesso si
darà notizia di quelli, i quali neli'anno decorso fossero stati chiamati alla vita
eterna, i quali verranno raccomandati alle comuni preghiere.
8. Nel giorno di S. Francesco di Sales, e nella festa di Maria Ausiliatrice
ogni Decurione radunerk i membri della propria Decuria per animarsi recipro-
camente alla divozione verso d i questi celesti protettori, invocando il loro pa-
trocinio a fine di perseverare nelle opere cominciate secondo lo scopo deli'Asso-
ciazione.
VI. OBBLIGHIPARTICOLARI. I. I membri della Congregazione Salesiana
considerano tutti i Cooperatori come altrettanti fratelli in G. C. e a loro si indi-
rizzeranno ogni volta che Sopera di essi pub giovare in cose che siano della mag-
gior gloria di Dio e vantaggio delle anime. Colla medesima libertà, essendone il
caso, i Cooperatori si rivolgeranno ai membri della Congregazione Salesiana.
2. Quindi ogni socio coi mezzi materiali suoi propri, o con beneficenze
raccolte presso a persone caritatevoli, farà quanto può per promuovere e soste-
nere le opere dell'Associazione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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I Cooperatori
3. I Cooperatori non hanno alcuna obbligazione pecuniaria, nia faranno
mensilmente oppure annualmente quella oblazione che detterà la carità del loro
cuore. Queste offerte saranno indirizzate al Superiore in sostegno delle opere
promosse dali'Associazione.
4. Regolarmente poi si farà una colletta nell'occasione delle conferenze
nella festa di Maria Ausiliatrice e in quella di San Francesco di Sales. Nei luoghi
dove il numero non potesse costituire la Decuria, e quando alcuno non potesse
intervenire aila conferenza farà pervenire a destinazione la sua oiierta col mezzo
a lui più facile e sicuro.
VII. VANTAGGiI..Sua Santità. il regnante Pio IX, concede con decreto
in data 30 Iuglio 1875 ai promotori di quest'opera tutti i favori, grazie spirituali
e indulgenze, di cui possono godere i religiosi salesiani, eccettuate quelle che si
riferiscono alla vita comune. Di ogni cosa si spedirà un elenco a parte
2. Parteciperanno di tutte le messe, preghiere, novene, tridui, esercizi
spirituali, delle prediche dei catechismi e di tutte le opere di carità, che i religiosi
salesiani compieranno nel sacro ministero in qualsiasi luogo ed in ogni parte del
mondo.
3. Saranno parimenti partecipi della messa e delle preghiere, che ogni
giorno si fanno nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino a fine d'invocare le
benedizioni del Cielo sopra i loro benefattori, le loro famiglie, e specialmente
sopra coloro, che moralmente o materialmente fanno qualche benefizio alla nostra
Congregazione.
4. Il giorno dopo la festa di S. Francesco di Sales tutti i Sacerdoti della
Congregazione, tutti i sacerdoti Cooperatori celebreranno la Messa pei confra-
telli defunti. Quelli che non sono sacerdoti procureranno di fare la S. Comunione
e di recitare la terza parte del Rosario.
5. Quando un confratello divenisse ammalato, se ne dia tosto avviso al
Superiore affinchè faccia innalzare a Dio particolari preghiere per lui. Lo stesso
verrà fatto nel caso di morte di qualche Cooperatore.
VIII. PRATICHERELIGIOSEI.. Ai Cooperatori Salesiani non i: prescritta
alcuna opera esteriore, ma affinchèla loro vita si possa in qualche modo assimi-
lare a quella di chi vive in comunità religiosa, loro si raccomanda la modestia
negli abiti, la frugalità nella mensa, la semplicità nel suppellettile domestico,
la castigatezza dei discorsi, l'esattezza dei doveri del proprio stato, adoperandosi
che le persone dipendenti da loro osservino e santilichino il giorno festivo.
z. Sono consigliati di fare ogni anno almeno alcuni giorni di esercizi spi-
rituali. L'ultinio giorno di ciascun mese, od altro giorno di maggior comodità,
faranno l'esercizio della buona morte confessandosi e comunicandosi come real-
mente fosse Snitimo della vita.
3. Ciascuno reciterà ogni giorno un Pater, Ave a S. Francesco di Sales
secondo la intenzione del Sobmo Pontefice. I sacerdoti e coloro che recitano
le ore canoniche o l'uffiziodelia B. Vergine sono dispensati da questa preghiera.
Per essi basta che nel divino ufficio aggiungano a quest'uopo la loro intenzione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

24.2 Page 232

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Capo X X I
4. Procurino di accostarsi colla maggior frequenza ai santi Sacramenti
della confessione e della comunione.
AVVISO.Sebbene si raccomandi vivamente l'osservanza di queste regole
pei molti vantaggi che ognuno può procacciarsi, per togliere tuttavia ogni an-
sietà di coscienza si dichiara che l'osservanza delle medesime non obbliga sotto
pena di colpa nè mortale nè veniale, se non in quelle cose, che fossero in questo
senso comandate o proibite dai precetti di Dio e di santa Madre Chiesa (I).
In un'udienza del 22 febbraio 1875 Pio IX, udito della sua
nuova iniziativa e presa visione del primo dei due programmi
stampati, era stato largo di approvazione. Incoraggiato dalla be-
nignità del Pontefice, Don Bosco insieme con il programma per
l'opera di Maria Ausiliatrice, mandò pure ai Vescovi quello del-
l'Associazione, implorandone le relative commendatizie, che in-
viò con le altre a Roma, per chiedere favori spirituali e la bene-
dizione del Santo Padre (2). Due cose chiedeva: IO Che le grazie e
indulgenze accordate ai religiosi interni fossero dal Superiore Ge-
nerale comunicabili ai benefattori esterni; 20 che il Superiore
Generale potesse delegare i Direttori delle case particolari a co-
municare i mentovati favori. Con questo egli intendeva procac-
ciare ai Cooperatori un degno compenso del loro zelo e dei loro
sacrifici.
I1 Breve di concessione venne il 30 luglio. In esso Don Bo-
sco ebbe la gioia di leggere che i membri dell'Associazione erano
espressamente considerati come se fossero Terziari.
Ma il Santo non si arrestò qui: egli mirava a ottenere l'ap-
provazione formale dalla Santa Sede. Quindi umiliò al Papa il
( r ) Ogni associato.riempir$ la iomola seguente. e dopo aver firmato la scheda se-
parata, la farà pervenire al Superiore:
COOPERATORI SALESIANI
Io sottoscritto abitante in
mese
anno
Ho letto le Regole dei Cooperatori Salesiani e coll'aiuto di Dio spero di osse~arle.
NB. Ogni Cooperatore compierà i vuoti di questa scheda, e dopo averla firmata la
manderà al Superiore della Congregazione Salesiana in Torino.
( 2 ) Lettera al Card. Berardi, 18 aprile 1875.
Fima del Cooperstore.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

24.3 Page 233

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I Cooperatori
4 marzo 1876 una seconda supplica, in cui, riferendosi al program-
ma presentatogli nel 1875, esordiva così: G Dal giorno che Vostra
Santità si è degnata di approvare definitivamente la Congrega-
zione di S. Francesco di Sales, crebbe notabilmente il numero
dei Soci e molto si allargò il campo della messe evangelica loro
proposta. Alla vista del crescente bisogno crebbe eziandio il
numero dei fervorosi Laici ed Ecclesiastici, che offerirono con
sollecitudine la loro cooperazione, ma unanimi si fecero a chie-
dere una specie di Regolamento, che servisse a conservare l'uni-
formità nell'operare e assicurare la stabilità di que' sani prin-
cipii, che solamente si trovano inconcussi nella Nostra Santa
Cattolica Religione. Questo Regolamei~to, Beatissimo Padre,
venne formulato col titolo di COOPERATOSRAILESIANeI coli esso
si ha in animo di invitare quelli clie vivono nel secolo, a venire
in aiuto a coltivare quella stessa messe che forma lo scopo della
Pia Società Salesiana. La Santità Vostra degnavasi di far esami-
nare tale progetto, benedirlo e commendarlo $. Egli domandava
per i Cooperatori, come per gli Associati all'opera di Maria Au-
siliatrice: IO Indulgenza plenaria in articolo di morte, purchè
facessero sacrificio della loro vita a Dio, accettando quel genere
di morte che a Lui sarebbe piaciuto inviare. - z0 Le indulgenze
e i favori spirituali dei Terziari di S. Francesco dlAssisi. - 3 O Le
indulgenze relative alle chiese e alle feste di S. Francesco d'As-
sisi da potersi lucrare nelle feste di S. Francesco di Sales e nelle
chiese della Congregazione Salesiana. La risposta fu un Breve
del 9 maggio 1876, con cui Pio IX, 6 affinchè tale Società pren-
desse ogni dì maggiore incremento >>, coiicedeva le desiderate gra-
zie, non più per il tramite del Superiore Generale, ma diretta-
mente alla stessa ((Società o Unione dei Cooperatori Salesiani 0.
Con il qual atto il Papa riconosceva in modo non equivoco la
Associazioile.
Era tempo omai di far conoscere al pubblico anche questa
Opera, così benedetta e favorita; perciò il Santo compilò un opu-
scoletto, del quale mandò la prima copia in Arcivescovado, la-
sciando in bianco l'ultima pagina per stamparla quando vi si
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

24.4 Page 234

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capo XXI
fosse apposta l'approvazione arcivescovile. Ma questo diede ori-
gine a un'incresciosa vertenza, su cui sorvoleremo, appartenendo
essa più alla biografia di Don Bosco che non aUa storia della
Società. Ciò non ostante l'Associazione continuò indisturbata
a diffondersi sempre più largamente nel mondo.
E qui conviene chiarire un punto. Sarebbe errore il credere
che i Cooperatori Salesiani, perchè fiancheggiano la Congrega-
zione, a questa debbano limitare la cooperazione loro. Un giorno
del 1876 Don Bosco, incontrato Don Angelo Rigoli, assai noto
poi come parroco di Somma Lombardo, gli disse fra il serio e il
faceto: - I Cooperatori Salesiani saranno la massoneria catto-
lica (I) per la loro propria santificazione e per la propaganda
d'ogni sorta di bene nelle famiglie e nella società. - Egli infatti,
come dic4arò più volte, intese di suscitare con quella istituzione
manipoli di zelanti operai, che nelle diocesi e nelle parrocchie
prestassero generosamente aiuto ai pastori di anime, soprattutto
dove fosse da promuovere il bene religioso e morale della gio-
ventù.
Un'altra osservazione è da fare. Nel programma dei Coopera-
tori non si accenna alle donne. Voleva forse Don Bosco prescin-
dere dalla cooperazione femminile? No. In ua primo tempoegli
pensava di subordinarla all'lstituto delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice (2); ma poi nel 1875 il Papa, avendo notato come di
Cooperatrici non si facesse menzione nel programma, non volle
che ne restassero escluse. - Le donne, disse, ebbero sempre
parte principale nelle opere buone, nella Chiesa stessa, nella
conversione dei popoli. Esse sono benefiche e intraprendenti nel
sostenere le opere buone anche per inclinazione naturale più che
gli uomini. Escludendole, vi privereste del più grande degli aiuti.
- Parole d'oro, delle quali fece tesoro Don Bosco.
Due dichiarazioni fatte in anni posteriori da Don Bosco gio-
veranno a comprendere bene lo spirito e il valore delllOpera.
- (I) Pio IX, quando vide quale vincolo di unbne stringesse i Cooperatori al loro capo.
esclamò: Ma questa C una vera massoneria cattolica! (Mem. Biogr., vol. XIII, pag. 264).
(2) C m . di D. Barberis. 19 febbraio 1876.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

24.5 Page 235

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I Cooperatori
In una conferenza pubblica da lui tenuta a Borgo S. Martino il
r o luglio del 1880 egli parlò così: B Una volta poteva bastare Su-
nirsi insieme nella preghiera; ma oggidì, essendo tanti i mezzi
di pervertimento, soprattutto a danno della gioventù di ambo
i sessi, è necessario unirsi nel campo dell'azione e operare >> (I).
Sei anni dopo, parlando a ex-allievi sacerdoti, convenuti neli'O-
ratorio per festeggiare il suo onomastico, disse loro: ((L'Opera
dei Cooperatori Salesiani si dilaterà in tutti i paesi, si diffonderà
in tutta la Cristianità, verrà un tempo in cui il nome di Coope-
ratore vorrà dire vero Cristiano. I Cooperatori saran quelli che
aiuteranno a promuovere lo spirito cattolico. Più la Santa Sede
sarà bersagliata, più dai Cooperatori sarà esaltata; più la miscre-
denza in ogni lato va crescendo, più i Cooperatori alzeranno lu-
minosa la fiaccola della loro fede operativa u (2).Con queste ro-
see visioni concordano alcune parole proferite dal grande Pon-
tefice, che tanto bene comprese sempre Don Bosco e la sua mis-
sione. Un anno prima della sua santa morte Pio I X a persona
di sua confidenza aveva detto: ((1Cooperatori Salesiani sono
destinati a fare del gran bene nella Chiesa e alla civile società.
L'opera loro sarà col tempo così apprezzata, che già mi par di
vedere non solo famiglie, ma città e paesi interi farsi Cooperatori
Salesiani (3). È: inutile mettersi a dimostrare che qui sta l'es-
senza di quell'Azione Cattolica, definita da Pio X I cooperazione
di laici alla gerarchia ecclesiastica.
( i ) Boll. Sal.. agosto 1880, pag. g
( 2 ) I v i , agosto 5886. pag. 4.
(3) I v i , niarro 1878, pzp. 3.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XXII
Consolidamento, diffusione e organizzazione
dei Cooperatori.
Sebbene la materia incalzi negli anni che immediatamente
seguirono l'approva~ionedelle Regole, tuttavia sembra oppor-
tuno non passare ad altro prima che sia esaurito il tema dei Coo-
peratori Salesiani. Sovente costa poco allineare sulla carta gli
articoli di un programma; il busillis comincia, quando dalla carta
quelli si debbono trasportare nella vita. Ora Don Bosco avrebbe
fatto opera precaria, se, una volta fissato il piano della descritta
Associazione e dopo averla iniziata, non si fosse accinto anche a
consolidarla e a diffonderla. A questo doppio oggetto dedicò egli
le sue cure nel biennio 1877-78.
Alla solidità di un'istituzione nuUa conferisce più dell'unità
di spirito in quanti ne fanno parte. Orbene a mantenere fra i
componenti della pia Unione (I) la maggiore possibile identità di
pensiero e armonia di azione per il raggiungimento del fine co-
mune Don Bosco lancid nell'agosto del 1877 un periodico men-
sile: il Bollettino Salesiano. Lo fece spedire quale organo ufficiale
a tutti i Cooperatori senz'alcun prezzo di abbonamento. Redatto
con molta semplicità e in un tono quasi confidenziale, creò a
poco a poco fra Cooperatori e Cooperatori e fra Cooperatori e
Salesiani un'aria quasi di famiglia, che favoriva potentemente
l'accordo delle vedute.
( I ) Piti tardi I'epiteto "Pia " fece parte della denominazione ufficiale dell'Unione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

24.7 Page 237

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Orpanizzaaione dei Cooperatori
Un'altra condizione non meno indispensabile alla sicura sta-
bilità dell'Associazione era la buona intelligenza con le autorità
ecclesiastiche. Per far penetrare nelle diocesi un'organizzazione di
fedeli interdiocesana e avente una gerarchia propria e per fissar-
vela in modo saldo e duraturo bisognava presentarla in guisa
che ne fosse ben manifesta non solo l'utilità, ma anche la legitti-
mità. La cosa richiese tempo e non fu scevra di ostacoli. Pio I X
nel Breve del g maggio 1876 aveva affermato l'esistenza cano-
nica dell'Associazione in qualche diocesi, il che da taluno venne
clamorosamente contestat?, sostenend~sinon constare di cano-
niche erezioni diocesane. 11 colpo era grave; più grave si fece
quatido nel novembre del 1877 un Ordinario piemontese dichiarò
" anormale-" la pubblicazione delle indulgenze pontificie che si
veniva ripetendo sul Bollettino Salesiano e minacciò di denun-
ciare la cosa al suo clero, anzi ricorse due volte a Roma. Fortu-
natamente intervenne un atto, che mise fuori di dubbio almeno
un previo riconoscimento diocesano. L'Arcivescovo di Genova
Nons. Magnasco già da tre anni aveva approvato SAssociazioile
dei Cooperatori per la sua archidiocesi, ma il fatto non aveva
avuto pubblicità. Allora invece, poichè il Bollettino si stampava
a Sainpierdarena, egli si sentì chiamato in causa e non potè ri-
manere indifferente. Perciò il 15 dicembre 1877 con un suo de-
creto fece tre cose: asserì la realtà dell'approvazione accordata
nel 1874, la rinnovò, e assegnò ali'Associazione come sede cen-
trale per il territorio della propria giurisdizione l'ospizio di Sarn-
pierdarena. Tale ordinanza pose fine alle controversie; poi venne
il colpo di grazia. I1 nuovo Papa Leone XIII in un'udienza
del 16 marw 1878 accordata a Don Bosco benedisse, encomio
e incoraggiò l'Associazione dei Cooperatori; anzi ebbe la de-
gnazione di consentire che il suo nome figurasse in capo alla
lista. I,'avvenimento, annunciato e commentato nel Bollettino
di aprile, segnò una pietra miliare nella storia del glorioso so-
dalizio.
Una terza condizione perchè il sodalizio avesse la voluta con-
sistenza, era di saldarlo fortemente alla Congregazione Salesiana;
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

24.8 Page 238

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capo XXII
il che fu fatto dal primo Capitolo Generale, celebratosi nel 1877
e presieduto da Don Bosco. Quell'assemblea legislativa incorpori>
nel codice delia Società lo statuto fondamentale della pia Asso-
ciazione, che diventò così un'appartenenza della Società stessa.
Ciò fece mediante otto articoli inseriti nelle Deliberazioni (I).
Giova scorrerli. I1 primo la proclama Associazione per noi im-
portantissima » e ((braccio forte della nostra Congregazione o;
l'ultimo ne a approva e commenda il Regolamento già stampato
a parte r>. Nel secondo sono definiti il fine e i mezzi: I Coopera-
tori e le Cooperatrici Salesiane non sono altro che buoni cristiani,
i quali, vivendo in seno alle proprie famiglie, mantengono in
mezzo al mondo lo spirito della Congregazione di S. Francesco
di Sales e l'aiutano con mezzi morali e materiali, allo scopo di
favorire specialmente la cristiana educazione della gioventù. Essi
formano come un Terz'ordine e si propongono l'esercizio di opere
di carità verso il prossimo, soprattutto verso la gioventù perico-
lante>>.I1 terzo fissa le condizioni richieste per appartenervi:
4 AffiJichè uno possa essere Cooperatore Salesiano si richiede:
a) Che abbia l'età di 16 anni, e non sia stato inquisito dalle au-
torità giudiziarie. b) Non sia aggravato da debiti e si trovi in tali
condizioni da poter prestare qualche aiuto morale o materiale
alla Congregazione od alle opere che alla medesima si riferiscono.
c) Osservi il Regolamento dell'Associazione S. I1 quarto articolo
assegna al Bollettino Salesiano l'ufficio che deve compiere verso
il sodalizio: 4Vincolo di unione fra i Cooperatori è il Bollettino
Salesiano. Quando qualche membro si rendesse immeritevole di
essere Cooperatore, si cessa di mandargli il Bollettino senz'altra
formalità >>.I1 quinto e sesto risolvono due casi particolari. a An-
che gli Istituti educativi possono far parte di questa pia Asso.
ciazione. Per tali Istituti basta che sia inscritto nel catalogo i'
Superiore e il nome dellJIstituto: ma tutti i membri devono con-
correre a qualche opera seconao il Regolamento, affiJichè pos.
sano partecipare ai favori spirituali. L'essere poi questa Pia As-
( I )Deliberazioni del Cnpitolo GBaerde della P. S. S . Distinzione V, App., art. 3-10
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Orllaniazazione dei Cooperatori
sociazione sciolta da ogni vincolo di coscienza fa sì che anche i
religiosi dei varii Ordini possano prendervi parte. Tanto più Io
possono i Terziari Francescani e Domenicani >>1.1 settimo affida
ai Salesiani il compito e determina il metodo della propaganda
per l'incremento dell'rlssociazione: (1 Direttori ed in generale
tutti i Soci Salesiani si adoperino per accrescere il numero dei
Cooperatori. A questo fine parlino sempre bene di questa Asso-
ciazione, dicendo che il San26 Padre è il primo Cooperatore (I),
che il suo scopo è affatto estraneo alla politica e che, solo ini-
rando a fare del bene alla società, specialmente coll'impedire la
rovina dei giovani pericolanti, ne deriva che chiunque vi può
prendere parte. Ma non se ne faccia mai proposta se non a per-
sone già conosciute da noi o da altri di nostra fiducia per la loro
pietà e probità p).
A rafforzare il legame dell'Associazione con la Congregazione
dovevano contribuire anche vincoli morali di vario genere. Vin-
colo morale era l'osservanza della prescrizione regolamentare che
dice: <<Sufline d'ogni anno ai Soci saranno comunicate le opere
che nel corso dell'anno successivo seinbrano doversi di preferenza
promuovere >>D. i qui trassero origine le circolari che in ogni capo
d'anno i1 Rettor Maggiore prese a indirizzare ai Cooperatori per
mezzo del Bollettino. La prima risale al gennaio del 1879 e iiltro-
dusse un elemento nuovo, che fu poi sempre mantenuto, cioè lo
sguardo retrospettivo all'operato nell'anno antecedente. Queste
relazioni che ogni anno mettevano i Cooperatori al corrente delle
cose, valsero assai a cattivarne sempre più le simpatie verso la
Congregazione.
Un'altra bella usanza contribuì ad accrescere tali simpatie,
voglio dire i suffragi pei consoci defunti. La pietà verso di questi
veniva eccitata dal Bollettino sia con notizie necrologicl~edei più
ragguardevoli, sia con l'elenco nominale di tutti gli altri. I1 primo
di questi elenchi comparve nel numero di giugno del 1878, pre-
ceduto dal seguente cappello: e Quantunque nelle Case Salesiane
( I ) aitesto era detto per Pio IX; ma, come abbiamo detto, contiiiuò a essere vero
anche per 1,eone X I I I .
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXII
si facciano speciali preghiere pei Cooperatori e Cooperatrici de-
funti, non appena ci viene dato il tristo annunzio della loro morte,
e si preghi per essi ogni mattina, tuttavia vogliamo nel presente
numero pubblicare il nome, cognome e patria di coloro che ven-
nero chiamati all'eternità nei primi mesi deli'anno corrente, rac-
comandandone le anime alle orazioni di tutti i confratelli e con-
sorelle sparsi nel mondo r. Sono in tutto cinquantatrè, apparte-
nenti a diverse classi sociali: molti gli ecclesiastici di vario grado,
primo il tanto benemerito Card. Berardi.
In terzo luogo, fra persone pie quali erano i Cooperatori,
ebbe gran forza di attrazione la ricchezza di favori spirituali,
che essi potevano godere per partecipazione con i Salesiani,
come si è detto. A mantenerne vivo il ricordo l'ultima pagina
del Bolletti~zo,ripetuta sempre la serie delle indulgenze lucra-
bili in ogni tempo, metteva sott'occhio la nota cronologica di
quelle speciali che si potevano lucrare dai Cooperatori nel mese
in corso.
Don Bosco, quando l'Opera dei Cooperatori era appena agli
inizi, intuiva già quale intimo legame l'avrebbe stretta alla Con-
gregazione. Infatti nelle conferenze di S. Francesco del 1877,
fra lo stupore dei presenti, non dubitò di asserire che fra non
molto si sarebbero vedute popolazioni e città unite nel Signore
in vincolo spirituale con la Congregazione Salesiana.
Ma l'opera di assodamento non era tutto: bisognava anche
provvedere all'espansione. L'idea si faceva strada e in tutte le
sfere sociali. Don Bosco per acquistare nuovi adepti non aspet-
tava d'ordinario che si domandasse; ma sol che potesse sup-
porre di non incontrare resistenza da parte di bravi laici o eccle-
siastici, noti a lui anche semplicemente di nome, spediva senza
altro un Diploma di nomina insieme con il Regolamento. Tale
Diploma conteneva la seguente premessa: a I1 sottosc~ittooffre
rispettosamente il Diploma di Cooperatore Salesiano al... e lo
prega a volerlo gradire. Se persone di sua conoscenza desideras-
sero di partecipare agli stessi favori spirituali, non ha che da
notificarle, e loro verrà tosto spedito. Prega Dio perchè gli con-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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25.1 Page 241

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Organiaaazione dei Cooperolori
ceda ogni belle e si professa con gratitudine 0bb.m~Servitore
Sac. GIOVANNBI OSCO». La firma era sempre autografa.
Tuttavia a uomini altolocati porgeva l'invito con lettere per-
sonali. Come oralmente e con la semplicità dei Santi aveva sup-
plicato Leone X I I I di permettere che il suo augusto nome figu-
rasse in capo alla falange dei Cooperatori, così per iscritto rivolse
umili preghiere a Vescovi e Cardinali, perchè volesser:, fare ivi
corona al Vicario di Gesù Cristo. Anche a personalità del mondo
laico o a scienziati, coine al Conte e alla Contessa di Cliambord
e al celebre storico Cesare Cantù, propose nel r878 di conceder-
gli che fregiasse dei loro nomi la Pia Unione.
Un altro mezzo di diffusione efficacissimo furono le due con-
ferenze annue prescritte dal Regolamento. Tali convegni servi-
vano molto bene alla propaganda, sia percliè ne era libero Sin-
gresso anche a estranei, sia perchè poi ne dava particolareggiate
notizie la stampa, sia ancora percl~èoffrivano pure occasione a
pubblicazioncelle che andavano poi Iter le mani di molti. Fino
al 1878 non s'erano tenute di queste conferenze; Don Bosco ne
diede allora l'esempio e il modello a Roma presso le nobili Oblate
di Tor de' Specchi e a Torino iielta chiesa di S. Francesco di Sa-
les annessa all'oratorio. Ne riferì diffusamente il BoZlettz~zonei
numeri di marzo e di luglio (r).
La conferenza romana, tenuta il zg gennaio in un ambiente
graditissimo all'aristocrazia dell'urbe e presieduta dal Cardinale
Vicario, ebbe un'importanza storica (2). Dopo il battesimo del
9 maggio 1876 essa fu quasi la confermazione per la pia Unione
dei Cooperatori. Quel giorno l'Opera, presentata al mondo nella
sede del Romano Pontefice dal Vicario del Papa, si può dire
che fece il suo ingresso nel campo dell'attività cattolica.
D'allora in poi tali convocazioiii si ripeterono due volte al-
l'anno dovuilque vi fosse un nucleo di Cooperatori intorno a un
capo. I1 Bollettino nei numeri di gennaio e di maggio ne preav-
( I ) Cfr. Men.Riogr., vol. XIiI, pgg. 615-Gjo.
(2) Don Bosco. scrivendone lo stesso giorno a Don Rua, diceva: (t Oggi abbiamo avuto
nna conferenea presieduta dal Card. Vicario, che i s fine fece tino stupendo discorsetlo. Ne
nvrni 1 particolari. Farà epoca nellu storia a.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXII
visava i lettori, dando poi pubblicità, ove fosse opportuno, alle
cose dette e fatte in vari luoghi. Nel periodico e nelle Memo-
rie Biografiche se ne leggono parecchie di Don Bosco, le quali
dovrebbero servire di norma. Sono esposizioni ordinate, chiare
e bonarie, in cui egli paternamente informa delle opere compiute,
di quelle incominciate e di altre prossime a essere intraprese, e
mentre ringrazia i Cooperatori del bene che per loro mezzo si
è potuto fare, segnala le necessità permanenti e le transitorie,
per le quali invoca il toro aiuto.
Voler consolidare e diffondere l'Associazione senza bene or-
ganizzarla sarebbe stato un fabbricare sull'arena. A tale scopo
bisognava crearle una gerarchia. I1 Regolamento, oltre a stabi-
lire che Superiore dell'Associazione fosse il Superiore della Con-
gregazione Salesiana, prevedeva la nomina di Capi col titolo di
Decurioni dovunque gli Associati giungessero a una diecina; dove
però esistesse una casa salesiana, il Direttore avrebbe avuto l'in-
carico dei Cooperatori locali. Ai Decurioni e ai Direttori salesiani
spettava inscrivere Soci, trasmetterne nome e dimora a Torino,
comunicare i decessi, raccogliere offerte, essere i portavoce del
Superiore. Ma col moltiplicarsi degli Associati s'impose la ne-
cessità di designare nelle sedi vescovili un organo intermedio di
raggruppamento nella persona di un Direttore diocesano, al quale
facessero capo i Decurioni della diocesi. Dove c'era un'opera sa-
lesiana, chi la dirigeva, aveva la direzione diocesana dei Coope-
ratori; altrimenti, su proposta del Vescovo, si nominava un mem-
bro del clero cittadino. Era suo ufficio curare che si facessero le
due conferenze annue nei centri più adatti, tenere presso di sè
l'elenco dei Cooperatori e delle Cooperatrici residenti nella dio-
cesi, proporre nuovi decurioni, far conoscere al Superiore quanto
potesse giovare o fosse di nocumento all'Associazione. In tutto
ciò si poneva la massima attenzione a non fare cosa che disgu-
stasse gli Ordinari o urtasse le autorità civili.
Riguardo a queste, per quanto fossero all'ordine del giorno
misure restrittive contro Associazioni chiesastiche o, come si
amava qualificarle, clericali, non accadde mai che quella dei
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

25.3 Page 243

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0rgnnizz11.ziionedei Cooperatori
Cooperatori venisse menomamente sospettata presso i pubblici
poteri. Ciò si dovette all'osservanza delle istruzioni impartite
da Don Bosco, che non si toccasse mai e poi mai di politica.
Carità, beneficenza, buona stampa, educazione della gioventù
povera o pericolante, catechismi, oratori festivi, Missioni, ecco
gli argomenti da trattare nelle conferenze, nei convegni, negli
scritti.
D'altra parte nessuna meraviglia che potesse dare ombra alle
autorità ecclesiastiche unlAssociazione che penetrava nelle dio-
cesi, mantenendosi sotto la dipendenza di u n Superiore estraneo.
Per lo meno si poteva dire, e non mancò chi lo dicesse: - Ci
si raccomandano tanto le opere di Don Bosco; ma non abbiamo
anche noi opere da fondare e da sostenere? non dobbiamo noi
attendere prima alle nostre? - A questa obiezione rispose molto
bene in una conferenza il Vescovo di Padova Moils. Callegari
nel 1884, osservando che aiutare le opere di Don Bosco era gio-
vare a tutta la Chiesa; poichè Don Bosco non restringeva la sua
azione alla sola Torino, ma mirava a tutta la gioventù e alla re-
staurazione cristiana della società. Quindi Monsignore invitava
clero e popolo a iscriversi fra i Cooperatori Salesiani, la cui diffu-
sione nella sua diocesi egli riteneva una benedizione del Cielo.
Don Bosco lodò quel Vescovo, come colui che aveva ben com-
preso che cosa fossero i Cooperatori Salesiani, il cui scopo con-
fermò essere appunto di prestare aiuto alia Chiesa, ai Vescovi,
ai parroci sotto l'alta direzione dei Salesiani nelle opere di bene,
sicchè soccorrere i Salesiani altro non era che aiutare una delle
tante istituzioni che lavorano a vantaggio della Chiesa (I).
A onor del vero bisogna aggiungere che SEpiscopato in ge-
nerale agì come se la pensasse alla maniera del Vescovo di
Padova.
Alla morte di Don Bosco i Cooperatori e le Cooperatrici erano
molte migliaia. Non si rilegge senza commozione la lettera che
egli lasciò scritta per loro prima. di chiudere la sua santa vita.
(i)Mem. Biogr., vol. XVII. pag. 25.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

25.4 Page 244

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Capo XXII - Organizzazione dei Cooperatori
Dopo aver enumerato per sommi capi le opere compiute mercè
la loro carità e sciolto il debito deila gratitudine verso di essi,
proseguiva: <Se avete aiutato me con tanta bontà e perseve-
ranza, ora vi prego che continuiate ad aiutare il mio Successore
dopo la mia morte. Le opere che col vostro appoggio io ho co-
minciate, non hanno più bisogno di me, ma continuano ad avere
bisogno di voi e di tutti quelli che come voi amano di promuo-
vere il bene su questa terra. A tutti pertanto io le affido e le
raccomando >>.I Cooperatori furono tocchi da tanta bontà; ma
non aspettarono di conoscere il prezioso documento per mani-
festare al Successore di Don Bosco l'immutabilità dei loro sen-
timenti, come vedremo a suo tempo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

25.5 Page 245

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CAPO XXIII
". I1 '' Bollettino Salesiano
L'umile RoZZettilzo Sa1esian.o ha al suo attivo molte e grandi
benemerenze, le quali però dipendono tutte da una sua doppia
funzione, di tenere uniti i Cooperatori ai Salesiani e di mante-
nere fra i Cooperatori stessi unità di pensiero e di azione. È: stato
sempre un periodico senza pretese letterarie o d'altro genere, ma
in compenso si acquistò fino dal principio una popolarità, che
venrie continuamente crescendo e che fu il veicolo di tante e
tante cose buone. Coi? l'andare poi del tempo intorno al suo pub-
blico normale attirò a poco a poco un gran numero di lettori
estranei al moviinento salesiano, che s'interessavano volentieri
delle opere nostre, simpatizzavano per la nostra Società e le for-
mavano come una linea di copertura avanzata, pronta non solo
a farle scudo contro palesi assalti, ma anche a premunirla da
occulte insidie. Non sembri dunque che sia un .voler esagerare
l'importanza di sì modesta pubblicazione i1 dedicarle un capi-
tolo a parte.
Circa due anni prima che questa uscisse, la tipografia dellJO-
ratorio stampava un foglio quasi mensile avente per iscopo di
far conoscere le edizioni salesiane e insieme anche altre pubblica-
zioni, utili soprattutto alla gioventù e al clero; portava il titolo
di Bibliofilo Cattolico (I). Non aveva però un contenuto esclusi-
vamente librario; infatti sappiamo che nel secondo iiumero, com-
parso nell'agosto del 1875, accolse il programma dell'opera dei
( I ) Non se n'& potuto rinvenire finora neppure un esemplare.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXIII
Figli di Maria, compilato allora da Don Bosco. 11 periodichetto
tirò avanti così fino all'agosto del 1877, quando subì una radi-
cale trasformazione. Otto piìi grandi facciate a due colonne con-
tenevano comunicazioni e notizie prevalentemente salesiane,
mentre gli elenchi di libri erano relegati in appendice; perciò
assunse il doppio titolo di Bibliofilo Cattolico o Bollettino Sale-
siano mznsuale. Nella primitiva forma era stato opera di un so-
lerte libraio salesiano; in quest'altra invece fu creatura di Don
Bosco.
I1 primo fascicolo di saggio, continuando la numerazione pre-
cede~lte,figlirava come fascicolo quinto dell'anno terzo. Non re-
cava però più l'indicazione tipografica dell'oratorio. La revisione
ecclesiastica di Torino, per necessità di cose, obbligava a si lun-
ghi ritardi nelle pubblicazioni dell'oratorio, che un periodico non
sarebbe mai potuto uscire in tempo; perciò Don Bosco ricorse
allo spediente di farlo stampare altrove. tornò difficile inten-
dersi con la Curia arcivescovile di Genova, che concedeva I'impri-
matur senza temporeggiamenti alla tipografia di Sampierdarena.
La doppia intestazione durò soltanto fino al numero di
dicembre; col nuovo anno 1878 portò l'unica dicitura di BoG
lettho Salesiano. I1 prezzo di abbonamento era nominalmente
fissato a tre lire; dico nominalmente, perchè non si faceva ob-
bligo di versarlo: anzi dopo clualche tempo ne scomparve anche
l'indicazione. Da principio ne curò la redazione Don Bosco stesso,
sia per imprimergli la forma da lui voluta, sia perchè non aveva
ancora un redattore sicuro, a cui affidare quell'incarico; ma aveva
già divisato di esonerare Don Bonetti dalla direzione del colle-
gio di Borgo S. Martino e richiamarlo per quest3 scopo all'Ora-
torio, come fece pochi mesi appresso,
I,a scelta non poteva essere più felice. Mente aperta, vivema
d'immaginazione e penna sciolta avrebbero dato in lui al gior-
nalismo un pubblicista di vaglia; infatti il celebre Don Margotti
ebbe desiderio di averlo redattore dell'linitd Cattolica. Don Bo-
sco ne aveva saggiato le doti di scrittore, invitandolo più volte
a collaborare nella preparazione di cose sue da dare alle stampe
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

25.7 Page 247

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Il " Bollettino Solesiano "
e assegnandogli pure qualche lavoro da fare in proprio, come la
biografia del giovane Ernesto Saccardo, alunno di Mirabello.
L'affettuosa venerazione poi che nutriva per il suo Benefattore
e Maestro era buona garanzia di docilità alle sue disettive nel
redigere il periodico. Documento della sua perizia nell'arte dello
scrivere è la storia dei primi cinque lustri dell'oratorio, che
riempì tante colonne del Bollettino, letta avidamente e gustata
da tutti. in questo l'affezione gli velò la ragione, poichè non
risparmiava ricerche per giungere a ben appurare i fatti, sicchè
ombra di dubbio sulla sua fedeltà storica non ne o&iscasse il
racconto.
La presentazione del Bollettino ai Cooperatori fu fatta da Don
Bosco con un articolo, del quale ecco il riassunto. Accennato
come nel Regolamento dei Cooperatori si promettesse un organo
mensile che li ragguagliasse delle cose fatte o da farsi, annun-
ciava l'attuazione di quella promessa; il che avrebbe reso possi-
bile operare con unità di spirito, rivolgendo tutte le sollecitudini
ad un purito solo, cioè alla gloria di Dio e al bene della civile
società. Tre parti avrebbe il periodico: IO Esposizione di propo-
ste fatte dai Soci o dai loro Direttori per il bene generale e par-
ticolare degli Associati, con istruzioni pratiche secondo l'oppor-
tunità. 20 Relazioni di cose atte a servire di esempio e di sti-
molo al bene, come episodi edificanti e lettere d i Missionari Sa-
lesiani. 30 Comunicazioni varie, annunci di libri, buone massinie
da propagarsi.
Di qui il Santo passava a deiinire il Cooperatore Salesiano.
<< Diconsi Cooperatori Salesiani coloro che desiderano occuparsi
di opere caritatevoli non in generale, ma in ispecie, d'accordo e
secondo lo spirito della Congregazione di S. Francesco di Sa-
les .>. Perciò raccogliere ragazzi pericolanti e abbandonati, av-
viarli al catecliismo, trattenerli nei giorni festivi e collocarli
presso onesti padroni, dirigerli, consigliarli, aiutarli in modo da
farne buoni cristiani e onesti cittadini. I1 Bollettino avrebbe dato
norme in proposito. Egli insisteva sul carattere pratico dell'i-
stituzione. << Qui non si stabilisce,scriveva, una confraternita, non
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

25.8 Page 248

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capo XXIIl
un'associazione religiosa, letteraria o scientifica, nemmeno un
giornale; ma una semplice unione di benefattori dell'umanità,
pronti a dedicare non promesse, ma fatti, sollecitudini, disturbi
e sacrifizi per giovare al nostro simile ». Chiudeva il suo scritto
con queste categoriche dichiarazioni: ((Estranei affatto alla po-
litica, noi ci terremo costantemente lontani da ogni cosa che
possa tornare a carico di qualche persona costituita in autorità
civile od ecclesiastica. I1 nostro programma sarà inalterabilmente
questo: Lasciateci la cura dei giovani poveri ed abbandonati,
e noi faremo tutti gli sforzi per far loro il maggior bene che pos-
siamo, chè così crediamo poter giovare al buon costume ed alla
civiltà B.
In occasione del primo Capitolo Generale, tenuto nel 1877,
egli parlò del bene che il Bollettino doveva cercar di fare anche
in seno alle famiglie. <<Unavolta, per esempio, disse, nel Bollet-
tino s'invitano tutti a insegnare il catechismo ai ragazzi, mostran-
done l'utilità e il modo pratico; un'altra volta si raccomandano
i nostri collegi; in un numero si parla dell'esercizio mensile della
buona morte, mettendone in rilievo la bellezza e indicando la
maniera di farlo; in altro numero s'invita agli esercizi spirituali;
poi s'insiste sulla necessità di spargere buoni libri. Che effetto
non faranno tali proposte presentate in bel modo e all'amiche-
vole? >>J
In ogni caso voleva sbandite assolutamente le polemiche. Don
Bonetti qualche volta si lasciava prendere un po' la mano dalla
vivacità dell'indole; così nel numero di febbraio del 1878 scrisse
un articolo alquanto battagliero, intitolato: L a Cong~egazione
Salesialza e le vocazioni ecclesiastiche; e Don Bosco a ripetergli
in una lettera da Roma (I): ((Cessa di battagliare e scrivi parole
pacifiche, come ti ho tante volte raccomandato ». Un giorno,
conversando con lui, presente Don Barberis che ne prese nota (z),
ragionò così su questo argomento: Tu ti credi di aver fatto chi
sa che, quando ti sei sfogato un poco. Dici che in certe cose bi-
( I ) Lettera 14 iebbraio 1878.
(2) BARBERIS,Cron. cit., 18 maggio 1878.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

25.9 Page 249

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II " Bollettino Salerinno "
sognerebbe parlare più chiaro e difenderci con la penna contro
vessazioni esterne. Ma che cosa ci si guadagna? Nulla dai buoni,
i quali si lasciano più facilmente persuadere da una semplice
asserzione che da un linguaggio veemente; nulla da quanti non
conoscono le cose a fondo; poi apri la via al malignare di molti,
che desiderano queste invettive per cogliere una parola impru-
dente, una frase ambigua, un pensiero esagerato e di li pigliar
motivo a tartassarci. Si vive in tempi cattivi. Le autorità cer-
cano appigli per dare addosso alle istituzioni religiose, e appigli
ne hanno trovati e han fatto man bassa su di loro. Noi fino
adesso ci hanno lasciati in pace, e credi pure che fan così non
perchè ci amino, ma perchè noi cerchiamo tutte le maniere per
non urtare, studiandoci, direi, di passare fra goccia e goccia sotto
il temporale senza bagnarci e anche perchè non abbiamo mai
alzato la voce contro chi cominciava a darci molestia, ma si usò
sempre cautela e prudenza somma sia nel parlare che neUo scri-
vere. Io, vedi, potei sempre avere in mano il filo delle cose e co-
noscere ogni rete che si andava ordendo; ma non permisi mai
che si stampasse una riga, la quale ci potesse anche lontanamente
compromettere. Noi abbiamo un campo vastissimo per il Bollet-
tino; c'è da far conoscere le opere da noi intraprese, senza im-
pacciarci di questioni spinose. In questo modo le nostre idee si
diffondonopacificamente, si fa gran bene e tutto procede a rne-
raviglia. Mettiti invece a battagliare: altri entrerà in polemica
con te, ribattendo una tua proposizione con un articolo; un gior-
nalista, irritato per una tua espressione violenta, scriverà roba
da chiodi contro di noi; un'autorità qualunque troverà motivo
di offendersi per un'osservazione forse non abbastanza conside-
rata e farà rumore e riferirà al Ministero. Allora da ogni parte
si sbarrano gli occhi sopra di noi, si dà l'allarme, ed eccoci ridotti
a non poter più fare nulla e anche ad essere direttamente per-
seguitati >>.
Don Bosco però sapeva distinguere fra battagliare e batta-
gliare. Usciva a Torino un periodico empio e spudorato, avente
per titolo il nome adorabile del Salvatore. Gli strilloni lo urla-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

25.10 Page 250

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capo XXIII
vano per le strade; grandi annunci coi titoli degli articolacci
tappezzavano i muri; mani sacrileghe scrivevano con neri carat-
teri sulle lastre dei portici quel nome sacrosanto, afìinchè i pas-
santi lo calpestassero. Le cose erano arrivate agli estremi, lo
sdegno dei buoni era al colmo, i giornali cattolici gridavano;
eppure nessun prowedimento veniva. Don Bosco nel 1883 diede
ordine a Don Bonetti di levare la voce nel Bollettino, letto in
Italia anche da tanti che non leggevano I'Unitd Cattolica. Quel-
l'anima ardente scrisse un lungo e brioso articolo, intitolato Gesù
Cristo nostro Dio e fflostro Re, chiudendolo con una calda profes-
sione di fede e di amore; poi ne fece l'estratto e in forma di opu-
scoletto lo diffuse gratuitamente fra il popolo torinese. Cento-
mila esemplari ne furono distribuiti in una sola domenica sulle
porte di tutte le chiese della cittk onde nacque l'idea di farlo
servire come biglietto pasquale, e a tale notizia data dal Bol-
lettino piovvero le richieste da molte parti d'Italia. I1 serpe ne
ebbe ben pesta la coda.
L'estendersi della Società anche fuori d'Italia fece sentire il
bisogno che l'organo ufficiale fosse redatto pure in lingue stra-
niere; perciò nell'aprile del 1879 ebbe cominciamento il Bollet-
tino francese e nell'ottobre del 1886 quello spagnolo. Ben pre-
sto si affacciò la questione del contenuto di questi due Bollet-
tini. Se ne discusse il 17 settembre del 1885 in seno al Capitolo
Superiore. Don Bosco pose i tre seguenti principi: 10 Che i1 Bol-
lettino non dev'essere un foglio particolare per ogni nazione, ma
l'organo generale dell'opera salesiana; 20 che tutte le edizioni
nelle varie lingue fossero identiche; 30 che tutte queste edizioni
fossero stampate nella Casa Madre, essendo il Bollettirto stru-
mento potentissimo, che non doveva sfuggire dalle mani del Ret-
tor Maggiore. Si sollevarono obbiezioni, si avanzarono proposte;
ma egli fu irremovibile. Nei verbali leggiamo che disse: Sostengo
la necessità di un unico Bollettino. Le mie ragioni di avere nelle
mani in tutta la sua estensione questo potentissimo mezzo per
i miei scopi e la certezza che il Bollettifflopuò essere esposto ta-
lora a deviare dallo scopo che io me ne sono prefisso, mi ten-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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Il " Bollettino Salesiano "
gono fermo nella mia opinione (I).Che cosa è che piace nel Bol-
lettilzo ai Cooperatori? La storia dell'oratorio e le lettere dei Mis-
sionari. Con questa materia si faccia il BoIlettino. Delle altre no-
tizie di conferenze o feste negli altri paesi e anche in Italia si
dia un piccolo notiziario compendiato. Se c'è qualche cosa di
straordinario, pubblicandola si farà piacere a tutti, anche agli
stranieri. Se poi vi sarà da fare qualche invito di premura, i Sa-
lesiani si tengano in relazione coi giornalisti cattolici e sui loro
fogli pubblicliino gl'inviti o le altre cose d'urgenza. Se questo
non comoda loro, si servano di lettera circolare. Tale è il mio
pensiero ». Così leggiamo nei verbali di quella seduta capitolare.
1,a questione fu ripresa in esame nel quarto Capitolo generale,
tenutosi nel 1886 e presieduto da Don Bosco. I1 Capitolo riaf-
fermò in questi termini il concetto fondamentale: u I1 Bollettilzo
Salesiano ha per iscopo di mantenere vivo lo spirito di carità
fra i Cooperatori, di portare a loro conoscenza le opere compiute
o da compirsi dalla pia nostra Società, e di animarli a prestarle
aiuto opportuno. Pertanto si deve riguardare come l'organo della
Società medesima ». Deliberava quindi tre cose: << 10 I1 Bollet-
tino sia redatto e stampato sotto l'immediata sorveglianza del
Capitolo Superiore, il quale farà sì clie venga tradotto nelle di-
verse lingue, e incaricherà un Direttore-Redattore in capo, che
abbia cura di rivedere e ordinare gli articoli e le notizie, che
vengono dai vari paesi, e prowegga alla sollecita sua pubblica-
zione e spedizione. - 20 Acciocchè il Bollettivo corrisponda an-
che ai bisogni regionali [- nazionali], lasciando sempre inva-
rigto il testo delle varie traduzioni, si riserberanno le ultime pa-
gine per pubblicare le notizie particolari di quelle case, che tro-
vansi nei diversi Stati. In America, avendosi a pubblicare qual-
che articolo di urgenza, gli Ispettori potranno far stampare un
supplemento straordinario, di cui nel successivo numero si darà
riassunta la sostanza. - 3 O Ciaschedun Ispettore incaricherà uno
della sua Ispettoria, che sia idoneo ed abbia la comodità, di rac-
( I ) Ora è allo studio il modo di ritornare a1 programma d i Don Bosco nelle presenti
condizioni della ngstia Società.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

26.2 Page 252

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cogliere un mensuale riassunto delle notizie più importanti del-
I'Ispettoria, e le trasmetta al Direttore del Bollettino ».
Nel precedente Capitolo generale del 1883 Don Bosco, do-po
aver ricordato essere il Bollettino mezzo unico per comunicare la
conoscenza delle opere salesiane (I) e stringere i buoni cristiani
con uno spirito e un &e solo, raccomandava di non spedirlo
solamente ai Cooperatori, ma a quanti si sapesse non tornare
sgradito, e adduceva questa ragione: «Oggi le persone benefi-
che per motivi poiitici quasi non sanno più come impiegare la
loro roba in opere pie; quindi, facendo conoscere nel Bollettilzo
le opere nostre, queste persone, se Dio vorrà, aiuteranno le opere
salesiane D.
È: facile pensare, quanto costasse mandare, come si faceva,
gratuitamente il Bollettino, e quanto disturbo causasse la am-
ministrazione. Riguardo alle spese, fu rilevato già nel primo Ca-
pitolo generale che fino allora erano state coperte e ad usura;
poichè tanti, non vedendo quota obbligatoria, mandavano più
che non si sarebbe domandato, e chi non dava nulla sul mo-
mento, inviava poi limosine in certe circostanze o aiutava in di-
verso modo l'oratorio. Riguardo al disturbo Don Bosco nella
stessa circostanza osservò: t10 avrei subito trovato il mezzo,
che non desse tanto lavoro; ma allora l'Associazione dei Coope-
ratori non avrebbe più corrisposto allo scopo. I1 mezzo era fa-
cile: lasciare molti centri che facessero ognuno da sè, affratel-
lando o cancellando affratellati. I Terziari francescani sono così
costituiti. Ogni casa di Francescani può affiliare chi vuole, e il
numero in questo modo resta anche sempre molto grande, ma
non si può avere unità di azione. I1 più grande sforzo che io ab-
bia fatto per i Cooperatori, cosa per cui ho studiato molti anni
e in cui per questo solo parmi di essere riuscito, fu appunto di
trovare il modo di rendere tutti uniti al capo e che il capo possa
far pervenire i suoi pensieri a tutti. Ora nemanco noi non pos-
(I) Negli ultimi anni della sua vita egli, offrendo il Diploma di Cooperatori Salesiani
ii tutti i Vescovi d'Italia, vi univa la collezione intera del Bollettino. come buona fonte d'in-
formazione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

26.3 Page 253

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Il " Bollettino Sale~iano"
siamo farci un'idea dell'estensione che prenderà quest'opera, e
dell'influenza morale che eserciterà, quando si sia grandemente
estesa. Quando siano varie migliaia, ed io son persuaso che in
poco tempo saranno cinque mila almeno, allora si otterranno ef-
fetti sorprendenti D.
Così egli parlava nel 1877. Nove anni dopo il Bollettino aveva
già una tiratura di quarantamila copie. Per sole spese di stampa
e posta se n'andavano annualmente venticinquemila lire; ma
in un decennio ne risultavano entrate, in grazia del Bollettino,
novecentornila.
Sarebbe stato un gran miracolo, se nessuno avesse trovato a
ridire sopra quella pubblicazione di nuovo genere; infatti non
mancò chi la attribuisse a vanità e chi la dicesse una gran cassa
per far quattrini. Ma Don Bosco lasciava cantare e tirava diritto.
Una volta osservò soltanto che col tempo il suo esempio avrebbe
avuto innumerevoli imitatori. Nel che fu veramente profeta;
poichè dopo la sua morte organi simili di propaganda pullula-
rono in ogni dove. È tipico il caso di quel sant'uomo che fu Bar-
t010 I,ongo, il cui nome resterà legato in perpetuo al santuario
della Madonna di Pompei. Venuto a trovare Don Bosco non si
sa bene se nel 1884 o nel 1885, lo interrogò quale fosse il se-
greto, con cui aveva conquistato il mondo. - Ecco il mio se-
greto, rispose Don Bosco: mando il Bollettirto Salesiano a chi lo
vuole e a chi non lo vuole. - Fu per il suo interlocutore una
rivelazione. Egli non aveva ancora awertito la potenza della
stampa; ma, tornato a Valle di Pompei, migliorò la tipografia
che già aveva, accrebbe il numero delle macchine e moltiplicò
le copie del suo periodico bimestrale intitolato 11 Rosario e la
Madoutrta d i Pom;bei. Da quattromila che erano queste nel 1884,
le portò in dieci anni a settantaduemila. Per tal motivo Don
Bosco viene considerato laggiù come colui che segnò il passo
alla seconda tappa del periodico di Pompei >> (I).
Don Bosco aveva intuito per tempo che un buon periodico
( I ) Il Rosario e la M ~ d o n n nd i Pompei, anno 4r. quad. 5. sett-ott. rg34, pag. 280.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

26.4 Page 254

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sarebbe divenuto il più efficace dei pulpiti. Infatti il Bollettino
Salesiano, fra tutte le pubblicazioni dovute a Don Bosco, è forse
quella che ha prodotto i maggiori frutti sia con l'accendere i
cuori in favore delle Missioni e di tante opere di fede, sia col
suscitare numerose vocazioni ecclesiastiche, religiose e missiona-
rie. Anche in questo egli antivenne i tempi. Nel mondo tendenze
nuove soppiantavano vecchie abitudini; quello che una volta si
amava tener celato per umiltà, si doveva presto sentire il biso-
gno di propalarlo, non foss'altro che per contrapporre propa-
ganda a propaganda. Fu saggio pensiero far servire all'incre-
mento del bene cluella smania di pubblicità che egli vedeva ac-
centuarsi nel mondo e che presagiva apportatrice di rnolti mali.
«Se i Governi non ci metteranno impedimenti, affermi3 nel terzo
Capitolo generale, il Bollettino diventerà una potenza, non già
per se stesso, ma per le persone che riunirà)).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

26.5 Page 255

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CAPO XXIV
Missioni salesiane iii America: periodo preparatorio
(Buenos Aires, S. Nicoliis de 10s Arroyos, Montevideo)
L'idea missionaria in Don Bosco crebbc, si può dire, con lui.
Da prima era voce interiore, che lo chiamava a portare il Van-
gelo i11 paesi infedeli; appresso fu fiamma di zelo, accesa dal de-
siderio di estendere anche a quel campo l'attività de' suoi figli.
Questa seconda aspirazione sottentrò all'altra, quando vide pre-
clusa a sè la via delle Missioni. Allora, mai1 mano che veniva
organizzando la sua Società, coltivava il disegno di dare alla
Chiesa manipoli di operai evangelici; soltanto ondeggiava incerto
sulla determinazione del luogo, dove mandarli portatori della
buona Novella. Nel 1871 o '72 uno de' suoi celebri sogni sollevò
un lembo del velo, che gli nascondeva l'avvenire missionario dei
Salesiani. Quel sogno gli fece tale impressione, che fini con giudi-
carlo un avviso del Cielo; è necessario conoscerlo così come ce
lo tramandarono per iscritto coloro che nel 1876 ne udirono dalle
sue labbra il racconto (I).
Mi parve di trovarmi in una regione selvaggia ed affatto sconosciuta. Era
nn'immensa pianura, tutta incolta, nella qnale non scorgevansi nè colline nè
monti. Nelle estremità lontanissime però tutta la profilavano scabrose montagne.
Vidi in essa turbe di uomini che la percorrevano. Erano quasi nudi, di un'altezza
e statura straordinaria, di un aspetto feroce, coi capeili ispidi e lunghi, di colore
abbronzato e nerognolo, e solo vestiti di larghi mantelli di pelli di animali, che
loro scendevano dalle spalle. Avevano per armi una specie di lunga lancia e la
fionda (il lazo).
Queste turbe di uomini, sparse qua e là, offrivano allo spettatore scene di-
( i ) D J B~arberis e Dan Lcmoyne lo udirono separatamente e lo scrissero
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

26.6 Page 256

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Capo XXIV
verse; questi correvano dando la caccia alle fiere: quelli andavano, portando
conficcati sulle punte delle lance pezzi di carne sanguinolenta. Da una parte gli
uni si combattevano fra di loro; altri venivano alle mani con soldati vestiti al-
i'europea, ed il terreno era sparso di cadaveri. Io fremeva a queiio spettacolo;
ed ecco spuntare all'estremità deUa pianura molti personaggi, i quali, dal vestito
e dal modo di agire, conobbi Missionari di vari Ordini. Costoro si awicinavano
per predicare a quei barbari la religione di Gesù Cristo. Io li fissai ben bene, ma
non ne conobbi alcuno. Andarono in mezzo a quei selvaggi: ma i barbari, appena
li vedevano, con un furore diabolico, con una gioia infernale, loro erano sopra e
tutti li uccidevano, con feroce strazio li squartavano, li tagliavano a pezzi, e fic-
cavano i brani di quelle carni sulla punta delle loro lunghe picche. Quindi si rin-
novavano di tanto in tanto le scene delle precedenti scaramucce fra di loro e
con i popoli vicini.
Dopo di essere stato ad osservare quegli orribili macelli, dissi tra me: -Come
fare a convertire questa gente cosi brutale? - Intanto vedo in lontananza un
drappello d'altri missionari che si avvicinavano ai selvaggi con volto ilare, pre-
ceduti da una schiera di giovinetti.
Io tremava pensando: - Vengono a farsi uccidere. -- E mi avvicinai a loro;
erano chierici e preti. Li fissai con attenzione e li riconobbi per nostri Salesiani.
I primi mi erano noti e sebbene non abbia potuto conoscere personalmente molti
altri che seguivano i primi, mi accorsi essere anch'essi Missionari Salesiani, pro-
prio dei nostri.
- Come mai va questo? - esclamava. Non avrei voluto lasciarli andare
avanti ed era lì per fermarli. Mi aspettava da un momento all'altro che incorres-
sero la stessa sorte degli antichi Missionari:Voleva farli tornare indietro, quando
vidi che il loro comparire mise in allegrezza tutte quelle turbe di barbari, le quali
abbassarono le armi, deposero la loro ferocia ed accolsero i nostri Missionari con
ogni segno di cortesia. Maravigliato di ciò diceva fra me: - Vediamo un po'
come ciò andrà a finire! - E vidi che i nostri Missionari si avanzavano verso
quelle orde di selvaggi: li istruivano ed essi ascoltavano volentieri la loro voce;
insegnavano ed essi imparavano con premura; ammonivano, ed essi accettavano
e mettevano in pratica le loro ammonizioni.
Stetti ad osservare, e mi accorsi che i Missionari recitavano il santo Rosario,
mentre i selvaggi, correndo da tutte le parti, facevano ala al loro passaggio e di
buon accordo risporidevano a quella preghiera.
Dopo un poco i Salesiani andarono a porsi nel centro di quella folla che li
circondò, e s'inginocchiarono. I selvaggi, deposte le armi per terra ai piedi dei
Missionari, piegarono essi pure le ginocchia. Ed ecco uno dei Salesiani intonare:
Lodate Maria, o liligue fedeli, e quelle turbe, tutte ad una voce, continuare il
canto di detta lode, cosi ali'unisono e con tanta forza di voce, che io, quasi spa-
ventato, mi svegliai.
Come si vede, l'indicazione era vaga, ma determinabile. Don
Bosco vi studiò attorno per circa tre anni; bisognava riatrac-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

26.7 Page 257

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Mirrioni: periodo preparatorio
ciare i tipi etnici presentanti le caratteristiche ivi descritte, non
che i territori distintamente contrassegnati. Da libri e da per-
sone ben informate attinse notizie sulSBtiopia, sui dintorni di
Hong-Kong, sull'Australia e sulllIndia anteriore; ma non veniva
mai a capo di nulla. Finalmente la luce gli si fece per una cir-
costanza impensata. Un invito a mandare Salesiani nella Re-
pubblica Argentina lo determinò a procurarsi pubblicazioni geo-
grafiche sulllAmerica del Sud e leggendo scoperse che i selvaggi
del sogno erano identici agli Indi della Patagonia e che questa
sconfinata regione s'assomigliava mirabilmente alla sognata. Ap-
profondite poi le indagini, ogni ombra di dubbio scomparve,
sicchè stimò di dover dirigere là pensieri e sforzi. Avventurar-
visi subito, no; conveniva consacrare un primo tempo alla pre-
parazione, pigliando piede nella Capitale e possibilmente anche
in altri punti della Repubblica.
La circostanza impensata sorse così. Quando stava per spi-
rare Sanno dell'approvazione delle Regole, giunsero a Don Bo-
sco lettere, con cui gli si proponeva di assumere in Buenos Aires
la cura di una chiesa degli Italiani, dedicata alla Madre della Mi-
sericordia, e di un collegio nella cittadina di S. Nicolas de 10s
Arroyos, centro assai importante dell'archidiocesi. Ispiratore della
proposta era stato il Console Argentina a Savoila, Comm. Gio-
vanni Battista Gazzòlo. Egli, conoscendo da vicino l'andamento
dei collegi di Varazze e di Alassio e delsospizio di Sampierda-
rena, credette che istituti consimili sarebbero per tornare utili
e accetti nell'Argentina; perciò ne discorse con l'Arcivescovo
bonariense Federico Aneyros. I,a fama di Don Bosco e delle
sue Opere aveva già varcato l'oceano, tanto che il Vicario Gene-
rale di Buenos Aires, incaricato di iniziare le pratiche, scriveva
al Gazzolo (I): ((Riguardo all'affare dei Salesiani, Mons. Arcive-
scovo li vedrà molto volentieri. Io conosco bene Don Bosco e lo
credo uno dei Santi viventi n. Si convenne dunque di trattare
con la Confraternita di Mater Misericordiae, perchè l'ufficiatura
( t ) Lettera IO ottobre 1874.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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della chiesa venisse affidata ai figli di Don Bosco. Nè 1'Arcive-
scovo si arrestò là. Sapendo che a S. NicolAs una Commissione
popolare costruiva un collegio maschile, mise al corrente del
suo disegno il locale parroco Don Pietro Ceccarelli, caso mai giu-
dicasse di chiamare anche colà i Salesiani. Don Ceccarelli, amico
del Gazzolo, ragionato a lungo con l'Arcivescovo <<delceleber-
rimo Don Bosco e dello spiri.to che dava vita ali'Istituto suo (I),
s'infiammò ddlla brama di avere i Salesiani alla direzione di detto
collegio.
Per consegtiire il doppio intento bisognava trarre in quell'or-
dine di idee la Confraternita e la Commissione accennate. La
prima, desiderosa di avere sacerdoti italiani degni, si arrese su-
bito di buon grado; con la seconda le trattative furono agevolate
dalle sante disposizioni del Presidente, un venerando vegliardo
per nome Giuseppe Francesco Benitez. Così Don Bosco il 22
dicembre 1874 potè in Capitolo dare lettura di tutta la relativa
corrispondenza e tosto rispondere al Vicario Generale, stabilendo
in questi termini le basi dei due progetti: << IO Io invierei alcuni
sacerdoti a Buenos Aires per formare ivi un ospizio centrale. Al
che gioverebbe assai avere una chiesa qualunque per le sacre
funzioni, specialmente per fare catechismo ai fanciulli più abban-
donati della città. I1 prelodato Comm. Gazzolo mi dice essere
assai opporturia la chiesa della Madonna delta Misericordia. -
z o Manderei poscia a S. NicolAs quel numero di sacerdoti, chie-
rici e laici che saranno necessari pel servizio religioso e per fare
scuola. - 3O Da questi due siti i satesiani potrebbero essere al-
trove inviati secondo che meglio sembrerà all'ordinario ». I pre-
liminari da lui posti non incontrarono dificoltà; quindi, venu-
tosi più al concreto, Don Bosco it 27 gennaio 1875 ricevette dal
Console comunicazione ufficiale delle lettere argentine, con cui,
accettate tutte le sue condizioni, si sollecitava la partenza dei
Salesiani.
( L )Lett. al Gazzolo. 26 ottobre 1874. Don Ceccarelli, mentovano. appena laureitosi
in teologia e diritto canonico a Roma, aveva accompagnato a Buenos Aires la salma di Mons.
Esialxll, predecessxe di Mons. Aneyros. mgrto durante il Concilio Vaticano. La Curia bo-
nnriense ne lo compensò, nominandolo parroco di S. Nieolas.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Misrtoni: periodo preparatorio
Allora il Santo, senza lasciar trapelare nulla in casa, prepari3
un bel colpo di scena. La sera del zg, festa di S. Francesco di
Sales, fece radunare artigiani, studenti e Confratelli nella sala
di studio, dov'era stato eretto un palco. Mentre tutti erano an-
siosi di conoscere i1 perchè di quella novità, ecco ascendere sul
palco Don Bosco, assidersi e a lui fare corona il Console Gaz-
zolo, i membri del Capitolo Superiore e i Direttori delle case,
convenuti per le annuali conferenze. Fra religioso silenzio, a un
cenno di Don Bosco, il Console, vestito di una sua pittoresca
uniforme, si avanza e legge le lettere argentine. Terminata la
lettura, Don Bosco, levatosi in piedi, dice, scandendo bene le
parole, che, per quanto dipende da lui, le proposte sono accet-
tate, ma che ha una riserva da fare, ed è il consenso del Santo
Padre; egli dunque andrà a Roma per udire dalle labbra del Vi-
cario di Gesù Cristo, se la cosa sia di suo pieno gradimento.
Sorpresa, stupore, entusiasmo si succedettero ilell'animo degli
astanti, che alla fine proruppero in una festosa acclamazione.
Per giudicare dell'impressione prodotta da quanto erasi udito,
noi dobbiamo riportarci a quei tempi, quando l'Oratorio non
era ancora, come oggi, un ambiente, dirò così, internazionale
e la Congregazione aveva ancora l'aria di una famiglia stretta-
mente accentrata intorno al suo Capo. Lo slancio dato quel
giorno alle fantasie portò d'improvviso a immaginare orizzonti
sconfinati e ingigantì in un istante il già grande concetto che
si aveva di Don Bosco e della sua Opera. Cominciava veramente
per l'Oratorio e per la Società Salesiana una nuova storia.
Urgeva mettere a parte dell'avvenuto il resto della famiglia
salesiana e cercare in seno ad essa il personale da spedire nel
nuovo mondo. All'uno e all'altro scopo rispondeva la seguente
circolare.
Ai Soci Salesiani
Fra le molte proposte che vennero fatte per l'apemira di una missione nei
paesi esteri, pare d i preferenza potersi accettare quella delia Repubblica Ar-
gentina. Quivi, oltre la parte già civilizzata, si hanno estensioni di superficie in-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXIV
terminabili abitate dai popoli selvaggi, tra cui lo zelo dei Salesiani colla grazia
del Signore può essere esercitato.
Per ora cominciamo ad aprire un Ospizio a Bnenos Aires, capitale di questa
vasta Repubblica, ed un Collegio con chiesa pubblica a S. Nicol&sde 10s Arroyos
non molto distante daiia stessa capitale.
Or trattandosi di preparare il personale da spedire a fare questo primo espe-
rimento, desidero che la scelta cada sopra soci che vi vadano non per ubbidienza,
ma di tutta libera elezione. Quelli pertanto che si sentono propensi di recarsi
nelle missioni straniere dovranno;
10 Fare una domanda per iscritto, in cui palesino il loro buon volere di
recarsi in quei paesi come soci della nostra Congregazione.
20 Dopo si radunerà il Capitolo superiore, che dopo aver invocato i lumi
dello Spirito Santo, esaminerà la sanità. la scienza, le forze fisiche e morali di
ciascheduno. E saranno scelti unicamente quelli di cui si possa con fondamento
giudicare che tale spedk~ionesia per riuscire vantaggiosa all'anima propria e
nel tempo stesso tornare della maggior gloria di Dio.
30 Fatta la cerna, si raccoglieranno insieme per quello spazio di tempo
che sarà necessario ad istruirsi nella lingua e nei costumi dei popoli, cui si ha in
animo di portar la parola di vita eterna.
40 Se qualche grave ragione non farà cangiar divisamento, la partenza è
stabilita pel prossimo mese di Ottobre.
Ringraziamo di tutto cuore la bontà di Dio che in larga copia elargisce ogni
giorno novelii favori all'umile nostra Congregazione, e procuriamo di rendercene
degni coll'esatta osservanza delle nostre costituzioni, specialmente quello che
concerne i voti con cui ci siamo consacrati al Signore.
Ma non cessiamo di innalzare continue preghiere al Divin trono, affinchè
possiamo praticare le virtù della pazienza e della mansuetudine. Cost sia.
Credetemi sempre in G. C.
Torino, 5 Febbvaio 1875.
A.ff.mo amico
Sac. GIO. Bosco.
Verso la metà di febbraio Don Bosco si recò a Roma per
implorare la benedizione del Papa sulla sua impresa e ricevere
gli ordini opportuni dalle superiori Autorità ecclesiastiche. Da
Roma scrisse in America, chiedendo ulteriori informazioni, se
cioè i Salesiani vi avrebbero goduto libertà completa di azione
e se, quando vi fossero chierici da presentare per le sacre ordi-
nazioni, non si sarebbero sollevate difficoltà. Le risposte gli per-
vennero a Torino nel senso da lui inteso. Pronunciò allora i'ul-
tima parola, notificando insieme l'ottenuto beneplacito pontificio.
Nell'Oratorio intanto ferveva la curiosità di sapere, come an-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

27 Pages 261-270

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27.1 Page 261

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Missioni: periodo preparatorio
dasse l'affare. Don Bosco, avute dall'America le chieste assicu-
razioni, appagò la comune ansietà. La sera del 12 maggio, come
dal pulpitino della " buona notte " accennò a voler parlare del-
l'argomento, si levò un brusio di contentezza, cui seguì perfetto
silenzio. Ecco un saggio dello stile di Don Bosco nel parlare in
quell'ora a tutta la comunità di cose importanti.
Molti mi chiedono se non si trattava più di andare in America ed io faccio
sapere a costoro che oggi arrivò I'ultima risposta definitiva. Chi vuol partire si
metta all'ordine. I,a lettera giunta poc'anzi mi dice che I'Alcalde di S. Nicolhs,
carica che presso di noi corrisponderebbe a quella di Sindaco, ricevuto il mio
foglio di accettazione, s'inginocchiò per terra, ed alzando gli occhi al cielo rin-
grazi6 il Signore come di uno dei più grandi favori da Lui concessi a quella città:
poi andò egli stesso a darne awiso a tutte le altre autorità del paese: subito mi
rispose essere egli contento di tutte le condizioni apposte e che poneva da quel
momento a nostra disposizione il collegio con un terreno atto a pascolare otto-
mila pecore, con orto, cortili, eccetera. IJedete adunqne come in quei paesi ci
sarà da lavorare per ogni fatta di persone. Ci vogliono predicatori, perchè si
hanno chiese pubbliche da funzionare: ci vogliono professori per le scuole: ci
vogliono cantanti e suonatori, perchè là si ama tanto la musica: ci vuole chi con-
duca le pecore al pascolo, le tosi, le munga, faccia il cacio: ci vogliono poi per-
sone per fare tutti gli uEzi di casa. E quel che è più, miei cari figliuoli,si è questo.
Poco lungi da S. Nicol4s cominciano le stazioni delle tribù selvagge, le quali però
sono d'indole molto buona e molti di essi diniostrano già buona intenzione di
abbracciare il Cristianesimo, purchè vada qualcuno a loro insegnarlo. Ma questo
missionario ora non si trova e perciò vivono nell'idolatria. Facciamoci adunque
coraggio noi, e cerchiamo ogni modo per prepararci ad andare a far del bene in
quella terra. Intanto fra poco si sceglierà il personale e costoro si metteranno a
studiare la lingua spagnuola che è quella parlata nella Repubblica Argentina.
è da temersi la distanza di quetle terre: anche le pi2i grandi distanze sono
oggigiorno avvicinate dalle macchine a vapore e dai telegrafi.
L'ideale di Don Bosco era, come si vede, l'evangelizzazione
degli Indi infedeli; ma egli voleva battere una via diversa da
quella tenuta in passato. Invece di lanciare senz'altro i suoi fra
le tribù selvagge, avrebbe stabilito collegi e ospizi in paesi civili,
donde poter studiare i modi di approccio e i mezzi di penetra-
zione.
Gli stava pur anche molto a cuore la condizione degli Ita-
liani, che in numero stragrande e ognor crescente vivevano di-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

27.2 Page 262

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capo XXIV
spersi in quella vastissima Repubblica. Esuli volontari in cerca
di fortuna, privi di scuole per i fanciulli, lungi da ogni possibi-
lità di pratiche religiose o per lontananza o per difetto di buoni
preti parlanti la loro lingua, rischiavano di formarvi ammassi
di popolazioni senza fede e senza legge.
Frattanto gli atti e le parole di Don Bosco sulle Missioni
avevano gettato un fermento nuovo fra allievi e Soci. Si videro
allora moltiplicarsi le vocazioni allo stato ecclesiastico; crebbero
anche sensibilmente le domande di ascriversi alla Congregazione,
e l'ardore dell'apostolato s'impadroni di molti che vi erano
ascritti.
Nell'attesa, la sua sollecitudine patema si rivolse a predi-
sporre laggiù le cose in maniera che i suoi figli, mettendovi piede,
non vi capitassero come stranieri fra stranieri, ma vi giunges-
sero come amici fra amici. Il suo corrispondente di fiducia era
Don Ceccarelli. A lui fece per lettera la presentazione di coloro
che avrebbe inviati e poi, scendendo ai più minuti particolari,
volle accertarsi che nulla sarebbe per mancare di quanto po-
tesse loro occorrere (I). Contemporaneamente si applicava alla
ricerca del danaro necessario, picchiando a tutte le porte. Il Mu-
nicipio di S. NicolAs si obbligò a pagare cinque passaggi. Egli
cominciò allora a sperimentare il prowido ausilio dei Coopera-
tori nei momenti di maggior bisogno; essi infatti rispondevano
largamente al suo appello, ognuno secondo le proprie forze. Per
il corredo compilò e mandò in giro un minuzioso elenco di oggetti,
come indumenti personali, masserizie di camera, suppellettili di
culto, libri, ed ecco pervenire all'oratorio pacchi di ogni dimen-
sione e contenuto.
Molti Salesiani chiesero di essere i preferiti; la scelta cadde
su nove, senza contare colui che li doveva condurre. Alla testa
della spedizione ci voleva un uomo intelligente, autorevole e di
molta intraprendenza: Don Cagliero assommava nella sua per-
sona queste qualità essenziali, e non solo queste. Egli, laureatosi
( I ) Lettere 28 luglio e 2 agosto 1875,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

27.3 Page 263

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Missioni: periodo preparatorio
in teologia presso la Regia Universiti di Torino, insegnava la
morale ai chierici dell'oratorio, dirigeva nello spirito parecchi
Istituti religiosi della città, era insuperabile maestro e facile
compositore di musica, aveva mano nelle faccende più delicate
della casa; perciò nessuno, e lui meno di tutti, avrebbe mai sup-
posto che si potesse allontanare anche per poco. Eppure Doil
Bosco proprio sopra di lui pose gli occhi ed egli a un semplice
suo invito si offerse pronto a partire. Non doveva però restare
sempre laggiù; ma, collocato che avesse i Missionari e avviate
bene le cose loro, sarebbe tornato a Torino.
Degli altri il più segnalato era Don Giuseppe Fagnano, pro-
fessore, prefetto prima a 1,anzo e poi a Varazze. Venne all'ora-
torio nel 1860 in e t i di sedici anni dopo aver compiuto ad Asti
il ginnasio. Sul buono dell'età, dotato di cuore magnanimo e
d'intrepido carattere, parve a Don Bosco che fosse in lui tutta
la stoffa del Missionario, nè andò delusa l'aspettazione. Non più
di un puro desiderio espressogli dal Santo bastò, perchè desse
l'addio a tutti i suoi sogni, sornlontando anche gravi difficoltà.
Veniva quindi Don Valentino Cassinis, maestro elementare.
Egli lasciava un gran vuoto fra gli artigiani dell'oratorio, dei
quali aveva la cura. Altri tre preti erano Don Doinenico Toma-
tis, professore, e i maestri elementari Don Giovanni Battista
Baccino e Don Giacomo Allavena. Compivano il piccolo drappello
quattro coadiutori: Bartolomeo Scavini, inaestro falegname; Vin-
cenzo Gioia, maestro calzolaio e cuciiliere; Bartolomeo Moliilari,
maestro di musica vocale e strumentale; S t e f a ~ oBelmonte, in.-
tendente di musica e di economia domestica. Dnn Bosco diede
loro il titolo ufficiale di catechisti.
Questi furono i pionieri che, duce Don Cagliero, apersero la
strada alle schiere molte e folte, susseguitesi ininterrottamente fino
al giorno d'oggi nelllAmerica, nell'Africa, nell'Asia e nell'Australia.
Durante le vacanze il Santo li radunò nel collegio di Va-
razze, affiilchè sotto la guida del Console attendessero allo stu-
dio dello spagnolo, ed essi, obbligandosi a parlare fra loro solo
in quella lingua, alla fine la maneggiavano discretamente. I1 29
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

27.4 Page 264

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capo XXIV
ottobre in compagnia del medesimo Cazzo10 li mandò a ricevere
la benedizione del Vicario di Gesù Cristo. Pio IX li ammise alla
sua presenza, trattandoli con sì commovente bontà, che ne usci-
rono inteneriti e infervorati.
Don Bosco aveva stabilito di dare alla loro partenza da To-
rino la maggiore solennità possibile. Sarebbe stato suo desiderio
che intervenisse l'Arcivescovo o qualche altro Prelato; ma fu
costretto a rinunciarvi e a contentarsi del parroco. La cerimonia
ebbe luogo 1'11 novembre. Nell'Oratorio l'aveva preceduta una
preparazione spirituale mediante il pio esercizio della buona
morte, annunciato da Don Bosco per quel giorno e fatto con
gran fervore. In città la stampa aveva suscitato una certa aspet-
tazione, sicchè nel pomeriggio al suono festivo delle campane
onde di popolo affluirono al santuario. Finito il vespro, mentre
si cantava il Magmificat, i Missionari fecero a due a due l'ingresso
nel presbiterio, collocandosi in posti distinti; i preti vestivano
alla spagnola ed i laici indossavano l'abito nero. Vi assistevano
in cotta tutti i sacerdoti dell'oratorio e tutti i Direttori delle
case, chiamati per la circostanza. Don Bosco, montato in pul-
pito, tenne un discorso, nel quale comunicò all'affollato udito-
rio la viva emozione che agitava l'animo suo. Al pubblico spiegò
che cosa fossero le Missioni e descrisse quale sarebbe stata la
Missione novella. Ai partenti tracciò il programma della loro
azione immediata e mediata: prendersi cura subito delle nume-
rose famiglie italiane residenti nellJArgentinae altrove, e intanto
prepararsi all'evangelizzazione della Patagonia (I). Furono ri-
levate specialmente queste sue parole: ((Noi diamo principio ad
una grand'opera, non perchè si abbiano pretensioni, no; ma chi
sa che non sia questa partenza come un seme da cui abbia a
sorgere una grande pianta? B. Nell'addio finale lasciò parlare il
cuore, strappando a molti le lacrime.
... ( i ) a Vi raccomando con insistenza particolare, disse, la posizione dolorosa di molte
famiglie italiane Voi troverete un grandissimo numero di fanciiilli ed anche di adulti che
vivono nella piS deplorevole ignoranza del leggere, dello scrivere e d'ogni principio religioso.
Andate, cercate questi nostri fratelli, cui la miseria e la sventura portb in terra straniera... *.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

27.5 Page 265

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Missioni: periodo prepnrntwio
La commozione si rinnovò quando, recitate le preci degli iti-
neranti, mentre uri coro di giovani eseguiva un mottetto, Don
Bosco e tutti i sacerdoti assistenti davano l'abbraccio ai Mis-
sionari, e poi questi, usciti per la balaustra, sfilavano verso il
fondo della chiesa. Giovani, conoscenti e pubblico facevano a
gara per avvicinarli e baciar loro le vesti. Don Bosco li seguì,
e, raggiunta la soglia della porta, contemplò la folla che gremiva
la piazza. I Missionari, preso posto sulle carrozze che ivi li atten-
devano, si avviarono alla stazione e partirono per Genova, ac-
com-pagnati dal Santo (I). A Genova s'imbarcarono sopra un
piroscafo francese che, toccando Marsiglia e Gibilterra, li avrebbe
portati di dali'Oceano. Intanto nelllOratorio le notizie dei
( I ) Nel suo discorso egli aveva promesso di lasciar loro alcuni ricordi speciali. Li con-
segnò dopo l'abbraccio paterno. Erano questi:
I . Cercate anime, ma non danari, nè onor% n4 dignità.
z . U a t e carità e somma cortesia con tutti; ma fuggite le conversazioni e la famigliarità
colle persone di altro sesso o di sospetta condotta.
3. Non fate visite se non per motivi di carità o di necessiti.
4. Non accettate mai inviti di pranzo, se non per gravissime ragioni. I n questi casi pro-
curate di essere in due.
5.Prendete cura speciale degli ammalati. dei fanciulli, dei vecchi e dei poveri, e guada-
gnerete la benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini.
6. Rendete ossequio a tutte le autorità Civili, Religiose. Municipali e Governative.
7. Incontrando persona autorevole per via, datevi premura di salutarla ossequiosamente.
8. Fate lo stesso verso le persone Ecclesiastiche o aggregate ad Istituti Religiosi.
g. Fuggite l'ozio e le quistioni. Gran sobrietà nei cibi, nelle bevande e nel riposo.
IO. Amate, temete, rispettate gli altri Ordini Religiosi e parlatene sempre bene. 15 questo
il mezzo di farvi stimare da tutti e promuovere il bene della Congregazione.
r i. Abbiatevi cura della sanità. Lavorate, nia solo quanto le proprie forze comportano.
12. Fate che il mondo conosca che siete poveri negli abiti, nel vitto, nelle abitazioni. e
voi sarete ricchi in faccia a Dio e diverrete padroni del cuore degli uomini..
13. Fra di voi ainatevi, consigliatevi, correggetevi, ma non portatevi mai nè invidia
n6 rancore, anzi il bene di uno sia il bene di tutti; le pene e le sofferenze di uno siano con-
siderate come pene e sofferenze di tutti, e ciascuno studi di allontanarle o almeno mitigarle.
14. Osservate le vostre Regole, nè mai dimenticate l'esercizio mensile della buona morte.
i $ . Ogni mattino raccomandate a Dio le occupazioni della giornata, noniinatamente
le confessioni, le scuole, i catechismi, e le prediche.
16. Raccomandate costantemente la divozione a Xaria Ausiliatrice ed a Gesù Sacra-
mentato.
17. Ai giovanetti raccomandate la frequente Confessione e Comunione.
18. Per coltivare le vocazioni Ecclesiastiche insinuate: 10 Amore alla castità; z0 Orrore
s l vido opposto; 30 Separazione dai discoli; 40 Comunione frequente; 50 Usate con loro ca-
rità, amorevolezza e benevolenza speciale.
19. Nelle relazioni, nelle cose eontenziose, prima di giudicare si ascoltino ambe le parti.
20. Nelle fatiche e nei patimenti non si dimenticlii che abbiamo un gran premio prepa-
rato in cielo.
Amen.
255
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

27.6 Page 266

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viaggiatori, comunicate pubblicamente rnan mano che arriva-
vano, erano accolte con trasporti di allegrezza, accendendo nel
cuore di molti il desiderio di andare alle Missioni.
11 29 novembre, degno premio di duri sacrifici e di penose
lotte, pervenne a Don Bosco un Breve pontificio, di cui questa
è la traduzione.
PIO PAPA IX
Diletto figlio, salute e apostolica benedizione.
Negli ultimi giorni del mese di ottobre abbiamo ricevuto con piacere le tue
lettere ed abbiamo abbracciato con benevolenza paterna i Missionari che ci rac-
comandavi e che ci furono presentati col diletto figlio G. B. GUzolo. Dalla loro
presenza e dalle loro parole si accrebbe in noi la fiducia che già avevamo, che le
loro fatiche in quei lontani paesi, ove sono avviati, saranno fruttuose e salutari
ai fedeli. Lodammo perciò il loro zelo e, augurando ad essi la divina assistenza,
li abbiamo benedetti. Riuscirono pure a Noi di consolazione le notizie che ci co-
municavi sul progresso e sullo sviluppo delsopera di Maria Ausiliatrice, da cui
col tempo, mercè l'aiuto di Dio, speriamo che si raccoglieranno ottimi frutti di
salute. Intanto ti assicuriamo di nuovo i sentimenti della paterna nostra bene-
volenza e, auspice della grazia celeste, di gran cuore impartiamo la benedizione
Apostolica a te e a tutta la Congregazione, cui presiedi.
Dato a Roma, presso S. Pietro, addi 17 novembre 1875, del Nostro Poutifi-
cato anno trigesimo.
Pro P. P. IX.
Accompagnavano il Breve tre altri documenti: un decreto
di Propaganda che dichiarava Missionari apostolici tutti i sa-
cerdoti della spedizione; un rescritto della medesima Congrega-
zione, che accordava loro dodici privilegi o facoltà speciali; una
lettera del Cardinale Segretario di Stato all'Arcivescovo di Bue-
nos Aires per raccomandarli alla sua benevolenza. Nell'inviare
it tutto a Don Cagliero, Don Bosco ebbe cura di avvertirlo (I):
((Prima di servirsi dei privilegi dei Missionari, procurate che
siano veduti dall'Arcivescovo vostro >.
Approdarono a Buenos Aires il 14 dicembre. Dalla nave alla
casa di loro prowisoria dimora ricevettero prove continue, che
giungevano aspettati. Vinsero tutti nel festeggiarli il venerando
(I) Lettera 4 dicembre 1875.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Mirrioni: periodo preparatorio
signor Benitez, Don Ceccarelli e l'Arcivescovo. Dopo alcuni giorni
si divisero in due gruppi. Don Cagliero, Don Baccino e il coa-
diutore Belmonte posero la loro residenza presso la chiesa di
Mater Mise~icordiae,e gli altri sette proseguirono per S. Ni-
cola~.
Quella chiesa era denominata Iglesia de 10s Italianos o Capilla
Italiana, perchè costruita da immigrati italiani. Ma la colonia
non aveva clii ne curasse i bisogni spirituali. Si trattava di tren-
tamila anime. Don Cagliero vi si fece subito ammirare, acqui-
standosi la riputazione di valente predicatore anche in lingua
spagnola. Don Baccino, uno degli adulti che nell'oratorio pre-
lusero all'istituzione dei Figli di Maria, compieva prodigi di ca-
rità e di zelo, che gli abbreviarono la vita, ma guadagnarono ai
Salesiani la stima e la fiducia universale. L'oratorio festivo, inau-
gurato immediatamente, si popolò di ragazzi. Le belle funzioni
attiravano la popolazione, che non tardò a frequentare anche i
Sacramenti. Uomini della Massoneria tentarono bene di reagire;
ma dovettero fare i corAticon chi era più intrepido e più accorto
di essi, cosicchè le loro losche manovre andarono a vuoto. I1 15
gennaio 1876 il Vicario Generale scriveva a Don Bosco: ((1suoi
figli fanno un bene immenso. Predicano, catechizzano che è una
consolazione >>E. l'Arcivescovo con la stessa 'data: ((1suoi figli
stanno facendo un bene grandissimo in questa Capitale n.
S. Nicolas offriva insieme le due possibilità di preparare le
vere Missioni a motivo della relativa vicinanza degli Indi, e di
portare aiuto agli Italiani colà emigrati in gran numero dalla
Liguria e privi di preti e di maestri. I principi costarono duri
sacrifici, anche perchè il collegio si riduceva a una casa meschina,
non finita e non ammobigliata. Ebbe subito occasione di mani-
festarsi l'energia del Direttore Don Fagnano, che con portentosa
rapidità e inercè il concorso della buona popolazione ingrandì il
fabbricato e ~rovvided i arredi necessari. Convitto, semiconvitto,
A
oratorio festivo, cliiesa pubblica, sacre missioni per le estancias
o fattorie assorbivano l'attività sua e dei confratelli. Don Cec-
carelli il IO giugno 1876 faceva a Don Bosco questo curioso schizzo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXIV
della comunità: « Fagnano P infaticabile, Tomatis intrepido, Cas-
sinis costante, Xllavena robusto, Molinari indefesso, Gioia invin-
cibile, Scavini incommovibile, nel lavoro scientifico, manuale e
religioso n. Onde non fa meraviglia che rendesse loro questa te-
stimonianza: u Il collegio va perfettamente. I Padri Salesiani si
portano benissimo e sono stimatissimi in città, ed il loro nome
suona già in tutta l'America dei Sud D.
La corrispondenza dei Missionari faceva del bene anche in
Italia. Le loro lettere erano di due specie, le une intime desti-
nate all'oratorio e altre di propaganda per il pubblico. Le prime,
lette ai giovani e ai Soci, invogliavano molti alla vita missiona-
ria. ((In questo momento, scriveva Don Bosco (I), se dessi li-
bertà, tutti i Salesiani volerebbero presso Buenos Aires ». 1,e se-
conde comparivano nell' Unità Cattolica (2), gustate e commen-
tate.
La fama' dei Salesiani, propagandosi nell'rlrgentina e diffon-
dendosi nelle Repubbliche limitrofe, faceva si che fioccassero do-
mande di fondazioni; ma bisognava dare tempo al tempo. In-
tanto Don Cagliero aveva tra mano tre imprese: creare in Buenos
Xires una scuola professionale sul tipo di quella dell'oratorio,
impiantare un'opera in un rione della città detto la Boca e po-
polato d'Italiani, e aprire un collegio a Montevideo. L'opera
della Boca era voluta da Don Cagliero, spaventato alla vista di
quei compatrioti, che, dominati dalla Massoneria, odiavano il
prete nè permettevano che si aprisse la loro chiesa. Eppure Don
Cagiiero con sommo stupore dell'Arcivescovo riuscì a penetrare
fra quella gente, cattivarsi i fanciulli e le loro madri e far na-
scere speranze di redenzione.
Ma per tutto questo c'era pressante necessità di personale.
Don Bosco, ascoltando solamente la voce del suo zelo, allestì
una seconda spedizione. La formò di ventitrè individui, dei quali
( i ) Lettera a Don Cagiiero, i2 febbraio ,876.
( 2 ) Queste, per cura di D. Cesare Chiala, riapparvero raccolte in un discreto volume
delle Leliuve CatioJiche,precedute da un cenno sulle Missione Salesiana e intitolate: Da To-
rino alla Re+ubblica Argenlino. Lettere dei Missionari Salesiani. Torino, 1876.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Missioni: periodo preparatoria
sei preti, sette chierici e dieci coadiutori. Partirono da Torino il
7 novembre 1876 con la solenriità già descritta. Don Bosco li ac-.
compagnò quindi a Roma, dove furono oggetto di paterne tene-
rezze da parte del Papa. Dopo, gli uni, destinati alla Repubblica
-%rgentina,s'imbarcarono a Genova, e gli altri, che dovevano an-
dar ad aprire un collegio presso la Capitale dell1Uraguay,si do-
vettero imbarcare a Bordeaux, condotti da Don Luigi Lasagna (I).
Quanto alle spese, Don Bosco scrisse a Don Cagliero il 14 no-
vembre: * Questa spedizione ci ha ingolfati fino al collo, ma Dio
ci aiuta e ci caveremo $.
La fondazione uruguaiana era stata decisa da pochi mesi.
La Repubblica mancava totalmente di collegi per l'educazione
cristiana della gioventù. Un ricco signor Fynn, d'accordo col
Delegato Apostolico Mons. Vera, unico Vescovo nello Stato, of-
ferse a Don Cagliero in Villa Colon, poco lungi dalla Capitale,
una chiesa dedicata a Santa Rosa da Lima e un grande edificio
annesso, a condizione che i Salesiani ufficiassero per il pubblico
la chiesa e vi tenessero un collegio con ginnasio e liceo secondo
i regolamenti e i programmi della loro Società. Don Bosco ap-
provò. La cessione degli stabili e dei terreni circostanti f u fir-
mata il 24 maggio 1876. I Missionari v'incontrarono un trionfale
ricevimento; ina per effetto di lungo abbaildono ebbero un bel
da fare per ripulire la chiesa, adattare l'edificio e sgombrare il
suolo attorno, tutto invaso da selvatica vegetazione. Il Diret-
tore Don Lasagna, figlio dell'oratorio e diventato poi Vescovo,
era giovane, ardimentoso e colto e affrontò coi1 animo intrepido
le difficoltà della situazione. I lavori procedettero così celeri,
che un mese appena dopo l'arrivo il convitto albergava già un
centinaio di alunni con scuole elementari, ginnasio inferiore e
preparatoria al liceo. I1 livore settario si sfogò contro i nuovi
venuti con attacchi calunniosi sui giornali; ma Don 1,asagna
scrisse e parlò in modo da chiudere Ia bocca agli avversari. I
giovani poi con i loro risultati fecero il resto presso i buoni.
( I ) I passaggi toro concessi dal Governo uruguaiano erano stati contrattati con la Com-
pagnia del Pacifico, che aveva la sede centrale a Bordeaux.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXIV
Anche i protestanti, che avevano minacciato d'invadere il campo,
batterono in ritirata. I1 collegio, intitolato al nome di Pio IX,
sotto il potente impulso del Direttore raggiunse una floridezza
che non venne meno mai più.
I destinati alllArgentina furono ripartiti fra Buenos Aires e
S. Nicolhs. A Buenos Aires Don Cagliero, affittata una casa in
via Tacuari y San Juan, a due chilometri dalla chiesa di Mater
Misericordiae, vi aveva iniziato la scuola di arti e mestieri con
cinquanta ragazzi orfani o poveri, avviandovi laboratori di sarti,
calzolai, falegnami e legatori di libri sotto la direzione di Don
Bodrato. Destinò inoltre due sacerdoti alla Boca, dove l'Arcive-
scovo aflìdò ai Salesiani la parrocchia di S. Giovanni Evange-
lista, nominando parroco il medesimo Don Bodrato. A poco a
poco l'indiavolato rione cambiò faccia. 11 collegio di S. Nicolhs
con l'aggiunta dei nuovi Soci potè organizzare tutte le varie
forme di operosità salesiana.
I Confratelli di Buenos-Aires patirono una gravissima per-
dita nel giugno del 1877, quando la morte rapi un lavoratore
quale Don Baccino. Aveva scritto di lui Don Cagliero a Don
Bosco il 19 agosto 1876: #La fa in tutto e per tutto da $astor
bonus verso gli Italiani di Buenos Aires; lavora per quattro e
riesce bene in tutto. In sì poco tempo si fece amare da tutta
Buenos Aires B. Cadde proprio sulla breccia, colpito da fiero ma-
lore nel mezzo delle sue apostoliche fatiche.
Un altro vuoto fu causato dalla partenza di Don Cagliero.
Nell'autunno del 1877 si doveva tenere il primo Capitolo Gene-
ràle della Congregazione, al quale egli non poteva mancare; per-
ciò Don Bosco lo richiamò a Torino, ordinandogli di rimettere a
Don Bodrato il governo dei Salesiani nell'America del Sud. Giunto
ali'oratorio sul principio di settembre, rallegrò il Santo con la
relazione delle grandi cose operate dai suoi figli. Non occorre
dire quanto riuscisse dotoroso ai Confratelli di laggiù quel di-
stacco e quanto il suo allontanamento affliggesse amici e cono-
scenti. In meno di due anni si era cattivato la benevolenza di
quanti l'avevano potuto avvicinare. I1 sentimento comune emerge
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Missioni: periodo preparatorio
da queste parole di Mons. Vera (I): H a sabido conqzlistar las vo-
lzllztades de 10s Americanos.
Don Bosco prowide a' suoi figli lontani con una terza spe-
dizione, che andò nel novembre del 1877 a rinforzare le file dei
Missionari. Non costò fatica il trovare i soggetti, ma lo sceglierli,
tante furono le domande. I1 drappello era composto di diciotto
persone, cioè quattro preti, otto chierici e sei coadiutori. I preti
e i chierici sembrarono a taluni troppo giovani: cosa già osser-
vata sotto voce le altre volte, ma ridetta allora più apertamente.
Ebbene, da quei preti uscirono un Vescovo, Don Costamagna,
capo della spedizione; un Ispettore delllArgentina e poi Consi-
gliere professionale del Capitolo Superiore, Don Giuseppe Vespi-
gnani; un eroico Missionario della Patagonia, Don Milanesio. Di
quei chierici poi, due furono sapieilti organizzatori di Ispettorie,
uno nell'uruguay e nel Paraguay e l'altro nel Brasile, Don Gamba
e Don Rota; un terzo divenne zelantissimo apostolo del pergamo
e del confessionale, Don Paseri; un quarto emulò Don Milanesio
nelle Missioni patagoniche, Don Panaro; un quinto si segnalò come
pedagogista di competenza ufficialmente riconosciuta, diresse otti-
mamente il grande collegio di S. Nicolas e per mezzo della scuola
ottenne risultati sorprendenti fra i detenuti, Don Galbusera.
Ad ogni spedizione si rinnovava l'onere finanziario, che gra-
vava con tutte le altre spese sulle spalle di Don Bosco. I1 Bol-
lettino con i suoi appelli moveva i cuori e faceva aprire le borse.
I1 Santo poi andava in persona a sollecitare la carità dei facol-
tosi. < I o sono in giro cercando qzlibzls per i Missionari, scriveva
a un Direttore (2);prega Dio che ce ne mandino a. Inoltre dava
mano alla penna, scrivendo lettere su lettere. Quand'anche a
volte non ottenesse nulla materialmente, non stimava gettata
la fatica, perchè così, se non altro, veniva richiamata l'attenzione
di alte personalità o di enti sulla sua Opera. Questa volta il Go-
verno Argentino pagò dieci passaggi (3).
( I ) Lettera a Don Bosco, Montevideo j agosto 2877.
( 2 ) Lettera a Don Roncbail. Costigliole di Saluzzo 2 6 ottobre ,877
( 3 ) Lettera del Gazmlo a Don Bosco, Savona ZI ottobre 1877.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

28.2 Page 272

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C+O xxrv
Alla terza spedizione parteciparono pure le Figlie di Maria
Ausiliatrice in numero di sei. Inviate a Roma con i Salesiani,
f u r o ~ ocon essi presentate al Papa da Don Cagliero; ve le accom-
pagnava la loro Beata Madre Maria Mazzarello. L'imbarco si
effettuò a gruppi dai porti di Genova, Lisbona e Le Havre. I1
nucleo maggiore, comprese tutte le Suore, salpò da Genova con
Don Costamagna, per la cui presenza la naturale trepidazione
delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel prendere il mare fu più pre-
sto vinta, essendo egli stato fino a pochi giorni prima loro amato
Direeore a Mornese.
Una visita straordinaria segnò una data memoranda nel 1877
allJOratorio. In queli'anno il mondo cattolico festeggiava il giu-
bileo episcopale di Pio IX; perciò da ogni parte accorrevano pel-
legrini a Roma. Venne anche 1'Arcivescovo di Buenos Aires, che
sbarcò a Genova il IO giugno con Mons. Ceccarelii (I) e altri suoi
preti. Quivi si recò Don Bosco a dargli il benvenuto. L'uno e
l'altro anelavano d'incontrarsi. Don Bosco seguì il Prelato alla
città eterna, donde poi lo accompagnò a Loreto e di là il 26 giu-
gno a Valdocco. si erano fatti spettacolosi preparativi per
ricevere degnamente un tale personaggio. Monsignore e i preti
del suo seguito accettarono l'ospitalità del nostro Santo. Di tutte
le manifestazioni la più solenne e indimenticabile fu quella del
29, che venne chiamata la festa dei tre onomastici. Uno era l'o-
nomastico di Don Bosco, rimandato a quel giorno. Al solito la
festa cominciò la sera innanzi con una grandiosa accademia. Ora
al a8 ricorreva la festa di S. Leone Magno, onomastico e com-
pleanno dell'Arcivescovo; era poi anche la vigilia di S. Pietro,
onomastico di Mons. Ceccarelli. La triplice coincidenza diede il
carattere al festeggiamento (2).
11 programma generale delie dimostrazioni si sarebbe dovuto
chiudere il 3 luglio con l'esecuzione di un dramma appositamente
composto da Don Lemoyne e intitolato Una s#eranza ossia I l
passato e l'avvenire della Patagonia; ma un malinteso con 1'Arci-
( I ) Don Bosco I'aveva fatto insignire del titolo di Camedere Segreto dei Papa.
( 2 ) La descrizione si può leggere in Mem. Biogr., vol. XIII, pag. 146 e sgg.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

28.3 Page 273

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Misrioni: periodo pvepnrntorio
vescovo di Torino indusse Mons. Aneyros ad anticipare la par-
tenza (I).S'indugiò egli alcuni giorni fra Sampierdarena, Va-
razze, Savona e Alassio, festeggiatieimo dai nostri. Nel collegio
di Alassio aspetvò Don Bosco, che, arrivato il 6 luglio, non si
staccò più dal suo fianco fino all'imbarco, avvenuto il 17 a Mar-
siglia. Da Buenos Aires l'Arcivescovo manifestò la sua soddi-
sfazione, scrivendo fra l'altro il 4 settembre a Don Bosco: ((1
giorni passati costì sono indimenticabili. Li ho consegnati qui
alla pubblica luce, e mi obbligano a una gratitudine profonda
verso V. S. Rev., i suoi cari Salesiani ed amati alunni >>C. onse-
gnò alla pubblica luce il ricordo dei giorni passati nell'oratono,
parlandone nella lettera pastorale indirizzata ai diocesani sul suo
viaggio a Roma.
Quattro mesi dopo accolse a braccia aperte Don Costamagna
e i suoi compagni di viaggio. Cinque di questi rimasero a Buenos
Aires e quattro andarono a S. Nicolks. Gli altri otto della spe-
dizione erano sbarcati a Montevideo per il collegio di Villa Co-
16n; qui presero stanza anche le Suore, aprendovi la loro prima
casa in America.
Don Bosco nelle sue imprese non si arrestava a mezza via.
Un nuovo rinforzo di Salesiani e un secondo drappello di dieci
Suore benedisse in Maria Ausiliatrice e spedì 1'8 dicembre 1878.
Delle Suore due si fermarono a Villa Col&; le altre otto, scese
a Buenos Aires, si stabilirono in Almagro, dando principio a un
Istituto che divenne una specie di Casa Madre per l'America.
Ma che cosa era Almagro? Dicevamo poco fa della scuola
di arti e mestieri aperta a Buenos Aires in un locale d'affitto. Ci
si stava molto a disagio. I Salesiani, coadiuvati dalla Confe-
renza di S. Vincenzo de' Paoli e sorretti dalla carità cittadina,
misero mano coraggiosamente all'erezione di un capace e comodo
edificio, accanto a una bella chiesa dedicata a S. Carlo e data
( I ) Alla rappresentazione assistette Mons. Ceccarelli, che, fermatosi più a lungo in Italia
per suoi affari, f u guida preziosa ai Missionari. salpati da Lisbona. Il dramma, molto applau-
dito, produsse buoni effetti spirituali, svegliando nei cittadini simpatie per le Missioni di Don
Bosco e ingenerando o sviluppando nei giovani e nei Soci vocazioni missionarie.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

28.4 Page 274

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capo XXIV
loro a iifficiare in un sobborgo chiamato Almagro. Nell'agosto
del 1878 un corpo di fabbrica era già abitabile; quindi ne pre-
sero possesso gli artigiani della vecchia casa, trasportandovi gli
stessi quattro laboratori, a cui non doveva tardare ad aggiungersi
anche la tipografia. L'Istituto fu denominato Escuela de Artes
y Oficios e intitolato alla memoria di Pio IX, morto nel febbraio
di quell'anno. L'annuncio dell'inaugurazione suscitò nella citta-
dinanza e nella stampa sì universale interessamento, che vollero
parteciparvi personalità cospicue del clero e del laicato, con a
capo 1'Arcivescovo e il Ministro della Pubblica Istruzione e Culto.
Don Bodrato rendette conto delle spese incontrate h o allora, il
che gli acquistò credito di buon amministratore non solo, ma di
giusto estimatore della generosità bonariense. Mons. Aneyros in
piena assemblea apostrofò così i Salesiani (I): usi, o reverendi
Salesiani, voi vi siete formati ad una scuola di sacrificio e di
perfezione, che riempie il mondo della vostra fama. Non posso
quindi e non debbo darvi consigli nè farvi esortazioni di sorta,
ma porgervi le più sincere congratulazioni con l'attestato di una
vera e ben meritata riconoscenza, pregando il Sommo Iddio,
perchè voglia continuare a benedirvi e a moltiplicare la vostra
famiglia, sicchè voi guardiate impavidi e tranquilli i1 correre
delle umane vicissitudini, protetti sempre dalla divina Bontà
nelle vostre persone, nei vostri discepoli e nei benefattori del
vostro Istituto >>.
In ottobre i convittori erano 115, di cui sessanta studenti e
cinquautacinque artigiani. Ne assunse la direzione Don Costa-
magna, che era sottentrato in questo a Don Bodrato, subito dopo
il suo arrivo. Egli e Don Vespignani ne fecero a poco a poco una
copia dell1Oratorio, compreso pure un inizio di noviziato.
Anche alla Boca le cose progredivano. I nostri vi tenevano
scuole proprie, frequentatissime; inoltre il Consiglio Scolastico
aveva accordato loro la facoltà d'insegnare la dottrina cristiana
nelle scuole comunali di Boca e di Baracca. Lontano d a Buenos
( i ) Boli. Sal. di novembre ,878.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

28.5 Page 275

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Mirsioni: periodo preparatorio
Aires, a Ramallo, dalle parti di S. Nicolis, 1'Arcivescovo isti-
tuì nel 1878 una parrocchia, che affidò ai Salesiani; ma, non es-
sendo possibile fissarvi la dimora, Don Tomatis vi si recava ogni
sabato sera dal collegio Pio IX, percorrendo a cavallo diciotto
miglia, per compiervi tutti i ministeri parrocchiali. Una popola-
zione di circa 3000 anime viveva in casolari dispersi e molto di-
stanti fra loro; ma nei giorni festivi tutti si raccoglievano in-
torno alla chiesetta per assistere alle pratiche religiose, acco-
starsi ai Sacramenti, far battezzare i figli e far benedire i matri-
moni.
La rinomanza dei Salesiani con la notizia del bene che face-
vano si spargeva ognor più per le Repubbliche dellJAmericala-
tina e i Vescovi gareggiavano per averli. Ma Don Bosco badava
anzitutto allo sviluppo delle opere già avviate, il cui continuo
incremento reclamava sempre maggior numero di persone.
Negli anni delle prime spedizioni, Patagonia era parola che
infiammava le immaginazioni giovanili. I1 fortunato dramma di
Don Lemoyne ritraeva insieme e alimentava questo generale
stato d'animo. Quanti sognavano avventure fra gli Indi, scorraz-
zanti per quelle libere terre! Ma per prendere contatto con gli
abitatori del deserto bisognò aspettare che maturassero i tempi
e gli uomini. Don Costamagna, Don Fagnano, Don Lasagna fa-
cevano scorrerie missionarie a molte leghe lontano dai centri,
fra colonie sperdute in quelle lande iminense, ma senza incontrare
mai faccia di selvaggio. Eppure Don Bosco voleva che fosse af-
frettata l'ora della redenzione di tante anime giacenti nelle te-
nebre e nell'oinbra di morte. I1 territorio patagonico apparteneva
all'Archidiocesi di Buenos Aires. Per secondare i desideri del
Santo, Mons. Aneyros stabilì che il suo Vicario Generale Mon-
signor Espinosa e due Salesiani intraprendessero un'escursione
sulle frontiere della Patagonia, facendo un primo tentativo di
missioni fra gli Indi. Don Bodrato designd ad accompagnarlo
Don Costamagna e Don Evasio Rabagliati, i1 quale ultimo era
venuto con la seconda spedizione.
I tre Missionari, portatisi il 7 marzo 1878 a Campana in riva
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

28.6 Page 276

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- Copo XXIV Missionir periodo preparatorio
al Parank, s'imbarcarono sopra un vapore, che doveva tragit-
tarli a Bahia Blanca, donde si sarebbero inoltrati fino alla pic-
cola città di Pataghnes sul Rio Negro. Ma un itinerario si fa
presto a studiarlo sulla carta geografica; all'atto pratico però
insorgono accidenti imprevisti, che sconvolgono tutti i piani.
Quella fu una ben tragica navigazione. Quanto di più brutto
e terribile si possa leggere in descrizioni di burrasche, tutto spe-
rimentarono i nostri naviganti sotto gli assalti formidabili e pro-
lungati del vento "pampèro ". Per ben tre giorni e due notti le loro
vite furono in balia dei marosi sopra una nave sconquassata. Fi-
nalmente, come Dio volle, si fece un po' di bonaccia e il misero
legno si lasciò spingere verso il lido, permettendo all'equipaggio
di prendere terra. Se la tremenda procella parve opera diabolica,
lo scampo venne giudicato vittoria di Maria (I). Don Costama-
gna ne ragguagliò Don Bosco, il quale, rispondendogli, comin-
ciava così: u La tua lettera sulla burrasca si è letta in tutte le
parti del mondo. Benediciamo il Signore che ci ha salvati. I3
uno sperimento terribile, ma questo è un segno che dovrai riu-
scire 8.
Potè infatti compiacersi il nemico delle anime d'aver scon-
giurato il pericolo che minacciava quel suo incontrastato domi-
nio; ma il suo compiacimento non durò a lungo: i nostri, non
datisi per vinti, si apprestarono tosto a rinnovare l'assalto.
( i ) Perciò la relazione di Don Costaniagna fu inserita da Don Leirtoyne in L'Avca del-
2'AZbranza. raccolta di grazie edits a Satnpierdaren~nel iYj'g. Cfr. nncbe Edil. Sal. del luglk
1878.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

28.7 Page 277

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CAPO XXV
Fondazioni italiane nel triennio 1875-77.
(Vallecrosia, La Spezia, Ariccia, Albano, Magiiano Sabino, Trinità,
Mathi, Nizza Monfemto).
Nei tre anni che seguirono immediatamente all'approvazione
delle Regole, l'attività creatrice e organizzatrice di Don Bosco
non si esaurì nel gran lavorio per far sorgere ai fianchi della So-
cietà l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e SUnione dei
Cooperatori e per preparare la grande impresa delle Missioni,
ma si applicò pure a moltiplicare le fondazioni in Italia e in
Francia. In questo capo diremo solo delle prime.
Nove furono le nuove fondazioni italiane durante il detto
periodo; sei però non sopravvivono, essendo cessate di esistere
dopo un tempo più o meno breve. Anche di queste giova tener
parola, non fosse altro, per consacrare alla storia le ragioni della
loro &e.
Le domande di fondazioni si succedevano le une alle altre
quasi senza posa, indizio ben certo che la Società andava guada-
gnando largamente nella fiducia pubblica; ma Don Bosco doveva
misurare i passi e non farli troppo più lunghi della gamba. Una
domanda particolarmente richiamò la sua attenzione, ed ecco
donde e perchè. Nella parte più merklionale della Liguria, fra
Ventimiglia e Bordighera, sulla pianura che va dal monte al
mare, si aprono tre valli parallele, delle quali quella di mezzo
prende il nome dal paesetto di Vallecrosia. Il vecchio Comune,
detto Vallecrosia Alta dalla sua posizione e per distinguerlo dai
sottostanti Piani di Vallecrosia, andò perdendo importanza, dac-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

28.8 Page 278

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clit le bonifiche attirarono abitatori al basso, in questi Piani.
Sorsero così due file di case allineate lungo la storica Via Aure-
iia e altre abitazioni disseminate fra orti e campi. Ora accadde
che ben presto, quando nessuno pensava ancora a provvedere
di chiesa e scuole il nuovo concentramento di popolazione, vi
arrivassero i Valdesi e vi costruissero nel bel mezzo un loro tem-
pio e li accanto asilo, scuole elementari e collegio. Il Vescovo
Biale, vedendo nella presema di quei protestanti una grave ini-
naccia non solo per i Piani di Vallecrosia, ma anche per i limi-
trofi Piani di Borghetto e Piani di Camporosso, volle attraver-
sarne in tempo i disegni; quindi si procurò buoni maestri, i n -
plorò soccorsi, fece appello anche a Roma. Pio I X in un Breve
si congratulò con lui che, nonostante la povertà della diocesi.
avesse nei Piani di Vallecrosia contrapposto scuole cattoliche a
scuole protestanti, per impedire che venissero fuorviati i fan-
ciulli; anzi diede per il primo l'esempio di soccorrere l'esimio
Prelato.
Ma le forze del Vescovo non potevano competere con l'oro
straniero, somministrato dalla Società Biblica di Londra. Si ri-
volse dunque a Don Bosco, dipingendogli così al vivo l'imminente
pericolo, che il Santo ne fu tocco e senz'altro gli rispose che i
Salesiani sarebbero a sua disposizione; poi egli stesso in un suo
viaggio diverse il cammino e si recò a Ventimiglia per osservare
da presso e prendere direttamente gli accordi. S'intesero con
tutta facilità, perchè Don Bosco, animato dal suo zelo, si con-
tentò di quel poco che il Vescovo prometteva di fare, riserban-
dosi di ricorrere per si santa causa alla carità dei Cooperatori
italiani.
Stabili pertanto di mandarvi contemporaneamente Salesiani
e Figlie di Maria Ausiliatrice, per mettere in salvo la gioventù
d'ambo i sessi. Con quei tali vicini, aizzati per di più da un prete
spretato, ci voleva un Direttore che fosse forte in teologia e do-
tato di calma e prudenza. Don Bosco scelse Don Nicola0 Cibra-
rio, Direttore, come allora si diceva, della chiesa di Maria Ausi-
liatrice, e confessore molto ricercato per la sua dottrina, asse-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

28.9 Page 279

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Fondazioni itoliane nel triennio 1875-77
.gnandogli come aiutanti un chierico già bene stagionato e un
coadiutore abbastanza maturo di anni e di senno. Quanto alle
Suore, consultata la Beata Mazzarello, ne fissò tre, che mostra-
'vano di avere non solo serietà, ma anche svegliatezza. I1 g feb-
braio 1876 spedì gli uni e le altre in fiomine Domini.
Appena arrivati, non perdettero tempo. Subito 1; domenica
,dopo il Vicario Generale Viale benedisse un'umile cappella prov-
visoria ed essi cominciarono i due oratori festivi con 29 ragazzi
e 45 ragazze, aggiustandosi alla bella meglio. Nelle domeniche
seguenti il numero aumentava sempre con intervento di piccoli
e grandi. Tale frequenza segnò la rovina dei protestanti, accele-
rata dalle scuole; poichè a queste, aperte senza indugio il lunedì
appresso, traevano numerosi allievi e allieve, disertando natural-
mente quelle degli altri. Eppure non c'era paragone fra locale
e locale. I Valdesi descrissero così la sede dei nostri (I): <Si fi-
guri il lettore un tugurio a qualche centimetro sul livello della
strada, umido, privo d'aria e di luce sufficiente, ed avrà un'idea
del locale che serve per la scuola, che Don Bosco ha impiantato
nei Piani di Vallecrosia>>M. iravano essi con questo bello stile
a screditare i nuovi venuti; invece fornirono un buon argomento
di più a stimolare la pubblica beneficenza sia per l'erezione di
scuole migliori che per il mantenimento dei Salesiani e delle
Suore, i quali vivevano di provvidenza. Gli abitanti, invitati per
la Pasqua ai sacramenti, risposero in modo consolante, nè fe-
cero più alcun caso della prodigalità protestante, che forniva
ai loro figli carta, penile, libri.
Prima che termiliasse l'anno scolastico Don Bosco, che era
stato sul posto verso la fine di febbraio, aveva pronto il disegno
di costruzioni da farsi: una chiesa di discrete dimensioni e da
una parte di questa l'abitazione dei Salesiani, dall'altra quella
delle Suore, con i due piani terreni riserbati alle scuole. L'ese-
cuzione del disegno richiese il suo tempo; ma di anno in anno
( i ) L'asilo evangelico di Vallecrosia e b scuole di Don Bosco. Risposta agli articoli del " Bol-
lettino Salesiano ". Doii Bosco scriveva in proposito a Don Cagliero il z niarzo 1876: r l,;,
furia degli eretici è tutta contro Don Bosco: perchè va dappertiitto a distiirbsre le coscienze I>.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

28.10 Page 280

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capo xxv
rinforzi di personale e nuovi adattamenti moltiplicarono le pos-
sibilità di bene, finchè si giunse in anni più recenti alle Scuole
Normali, poi alSIstituto Magistrale femminile con beneficio incal-
colabile della pubblica istruzione e dell'educazione cristiana. I Sa-
lesiani, mentre reggono la nuova parrocchia e insegnanonelle scuo-
le elementari maschili, hanno la cura spirituale deli'educandato.
Lo zelo che ardeva in cuore a Don Bosco, gli fece intrapren-
dere nel 1877 un'altra opera prowidenziale in Liguria. Quella
che oggi è La Spezia, capoluogo di provincia, allora era poca cosa,
ma stava diventando un gran centro operaio a motivo dell'ar-
senale marittimo, dovuto all'iniziativa di Cavour. Disgraziata-
mente però in mezzo alla popolazione awentizia s'erano cacciati
i protestanti, spiegandovi un'attività proporzionata alla copia
di mezzi forniti loro dall'estero. Ma vegliava la Prowidenza. Il
Missionario Apostolico Don Giuseppe Persi, predicando colà il
mese mariano, vide le condizioni religiose di quella gente e ne
rimase spaventato. Propose a quel parroco di aprire un oratorio
salesiano; ma dove trovare i fondi? Recatosi qualche tempo dopo
a Roma, ne parlò a Pio IX, il quale, commosso, gli rispose che
ne avrebbe scritto egli stesso a Don Bosco.
Non a Don Bosco direttamente scrisse, ma al Vescovo di
Sarzana, ~ o n sG. iuseppe Rosati, da cui La Spezia dipendeva, e
gli palesò l'intenzione di assegnare cinquecento lire mensili, non
appena sapesse di una casa religiosa adatta e disposta a occuparsi
specialmente della gioventù spezzina. I1 Vescovo senza indugiare
ne informò Don Bosco. Don Bosco, che conosceva lo stato delle
cose e non ignorava che i protestanti vi venivano fabbricando
una loro chiesa, non si fece pregare oltre, ma si dichiarò sen-
z'altro pronto a mandare i Salesiani.
I1 Vescovo, consolatissimo, cercò premurosamente un locale;
ma, imbarazzato a scegliere, pregò Don Bosco di recarsi a La
Spezia. a Se Ella non fa questo piccolo sacrificio di portarsi qua,
gli scrisse il 16 agosto, mi awedo che o si va assai per le lunghe
o poco si concluderà; perciò la prego caldamente di questo fa-
vore. Compatisca al vivo mio desiderio di vedere quanto prima
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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29.1 Page 281

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Fondaaioni italiane nel rrietrnio 1875.77
aperto un riparo in questo paese al crescente pericolo di quella
povera gioventù ed opposto un argine al preponderante .torrente
della indifferenza e della incredulità )>.
Don Bosco vi mandò Don Rua, il quale vide, e, tornato al-
l'oratorio, inviò al Vescovo le sue osservazioni. La conclusione
fu che si acquistasse una casa sita in Via Aranci. Siccome però
i lavori di adattamento andavano in lungo, si decise di pigliare
a pigione un alloggio provvisorio in Via Fazio. Don Cagliero
il IO dicembre accompagnò i primi Salesiani, cioè il Direttore
Don Angelo Rocca con due chierici e un coadiutore. Più tardi
se ne aggiunsero altri. Doil Bosco li visitò il 19, interrompendo
per due giorni il suo viaggio a Roma. Li trovò ancora disorien-
tati, incerti sul da farsi, timidi, anzi paurosi fra gente che sape-
vano avversa. Anche il locale loro destinato non li allettava punto,
percl~èristretto, privo di cortile e con altri incomodi. I1 Santo
li confortava, ricordando loro i primi tempi dell'oratorio, dove
le condizioni erano peggiori. Mise la nuova casa sotto la prote-
zione di S. Paolo Apostolo, la cui spada li avrebbe difesi contro
i nemici di Dio.
Molto si insisteva sulla urgente necessità di un ospizio per
giovani poveri e abbandonati, assai numerosi ivi in quel tempo.
9un Canonico che gliene parlava, raccomandò di aver pazienza;
cliè da I,a Spezia non si sarebbe più andati via e le cose bisognava
farle a poco a poco. u A suo tempo si vedrà, soggiunse, quello
che è capace di fare Maria Ausiliatrice. Si avrà un ospizio per
studenti e artigiani e una bella chiesa che dedicheremo a Maria
Santissima. La casa della Spezia gareggerà con parecchie altre
fra le più grandi e le più fiorenti della nostra Congregazione e.
Queste parole dovevano avverarsi letteralmente; ma intanto fu-
rono di conforto ai Confratelli nelle difficoltà e opposizioni che
si levarono loro contro dopo la sua partenza (I).
La gazzarra anticlericale li assali con accanimento. Un em-
pio giornale scrisse: « Icorvi sono arrivati; ma speriamo che non
( i ) Numeri Cnici IL Bealo Don Bosco (La Spezia, 1930)e I Selesiani a La S$eria ( ~ g o z ) . .
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capo xxv
troveranno da cibarsi >>N. el teatro si rappresentavano drammi
atti ad aizzare la plebe, uno specialmente intitolato Fra Paolc
Sarpi assassinato dai Gesuiti, ossia i danni dell'istruzione reli-
giosa. I protestanti moltiplicavano gli sforzi per assicurarsi il
terreno conquistato e allargare la conquista.
Ma i nostri non aspettarono tante comodità per mettersi al
lavoro. Di giorno facevano un po' di scuola e alla sera prepara-
vano ragazzi e giovanotti alla prima comunione. Il 14 febbraio
1878 era terminata la cappella in Via Aranci, dove poterono fi-
nalmente stabilirsi il 10 marzo. Allora il Vescovo cominciò ad
alzare la v ~ c econtro i protestanti, emanando provvedimenti
severi a carico dei genitori, che mandavano i figli atle loro scuole.
Se ne vide l'immediato effetto: gli alunni disertavano in massa
quelle scuole, correndo dai Salesiani. Le funzioni del mese ma-
riano attirarono piccoli e grandi. Un tentativo dell'autorità sco-
lastica di chiudere le scuole fu sventato. In novembre gli alunni
toccavano i trecento; freq~ientatissimaanche dal pubblico la
cappetla: catechismi, istruzioni, prediche, conferenze, sacramenti,
funzioni, oltre all'insegnamento, tenevano occupato il personale.
I1 bisogno di un'ampia chiesa e di un ospizio si faceva ogni di
più sentire.
Don Bosco voleva seriamente l'una e l'altro; quindi nel mese
di ottobre per atto di vendita da parte di due privati e per re-
trocessione da parte del Demanio era venuto in possesso di due
terreni adiacenti, sul Viale Militare, con ta condizione posta e
accettata che sopra qnell'area si erigesse sollecitamente un tem-
pio con i suoi accessori, dedicato alla Madonna della Neve, e che
al tempio andasse unito un istituto di carità e di morale educa-
zione. Fece da intermediario efficace e generoso in questa pratica
il Cav. Giuseppe Bruschi, spezzino, direttore delle Regie Poste
e amicissimo di Don Bosco. L'insigne cooperatore, fattosi Sale-
siano sul tramonto della vita e ordinato sacerdote nel 1895, vide
esaudito il voto del suo cuore che la Madonna della Neve (I),
( i ) Si veserava ab antico a La.Spezia un'immagine di Nostra Signora della Neve, espo-
sta al culto in una chiesuola non liitlgi dsl mare. Demolita questa per far luogo alle costru-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Fondazioni italiane nel triennio 1875-77
tanto venerata da' suoi concittadini, fosse trasferita nella nuova
chiesa, alla cui consacrazione egli assistette il 27 aprile 1901;
poichè il disegno concepito e portato a buon punto da Don Bo-
sco fv. condotto a compimento dal suo primo Successore. I Sale-
siani che lavorano oggi a La Spezia, sono una quarantina, con
due parrocchie e un grandioso ospizio.
Vedremo più innanzi quanto Don Bosco desiderasse di avere
una casa a Roma. Per questo motivo si accinse più volte a stu-
diare offerte di fondazioni in città, andate però sempre a vuoto.
Non potendo avere di meglio, consenti per intanto a mandare i
suoi figli nelle vicinanze almeno della capitale, cioè nei due vi-
cinissimi Castelli Romani di Albano e Ariccia.
AlI'Ariccia chiamò i Salesiani, d'accordo col Municipio, il
Principe Chigi, affuichè v'impartissero l'insegnamento elernen-
tare e ufficiassero una chiesa. Bisognava snidare da quelle scuole
i protestanti, che da poco vi avevano preso stanza, quasi senza che
la buona popolazione se ne avvedesse. Mentre si svolgevano le
pratiche con le autorità religiose, scolastiche e civili, il Cardinal
Di Pietro, Vescovo della diocesi suburbicaria di Albano, da cui
dipende il Comune deU'Ariccia, pregò Don Bosco di accettare
nella sua sede il ginnasio municipale o piccolo seminario, fre-
quentato anche da alunni esterni. Egli sperava così di arrestarne
la decadenza e di rimetterlo in fiore. I1 Papa, informato della
proposta, espresse il desiderio che Don Bosco aderisse. Il Santo,
subito che conobbe il pensiero del Papa, rispose affermativa-
mente al Cardinale. Tutto questo aweniva fra il maggio e I'a-
gosto del 1876 e già ai primi di novembre il personale designato
era al suo posto in entrambe le residenze. La gioventù dei due
luoghi si lasciò presto guadagnare, tanto parve insolita e attra-
ente la familiarità che incontrava da parte dei Salesiani. AUor-
chè Don Bosco vi fece la prima visita nel gennaio del 1877, i
zioni del nuovo arsenale, l'immagine fu collocata nella cappella detta di Santa Maria entro la
chiesa ebbaziale. I1 popolo però avrebbe voluto vederla non quasi a pigione in casa altrui e nel
centro della cittA. ma, come prima, in casa sua e dinanzi a pi6 vasto orizzonte. Il desiderio
della popolazione fu appagato quando il sacro dipinto venne trasferito nel santuario novel-
lamente eretto dai Salesiani.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo X X V
giovani di Albano che vollero confessarsi da lui, si presentarono
cosi numerosi, che egli dovette attendere a loro, con breve inter-
vallo, dal mattino per tempissimo fino a inezzodì.
I1 Santo sperava di poter sviluppare l'opera ad Albano. Molti
impiegati governativi, trasferitisi a Roma dall'alta Italia dopo
il trasporto della capitale, facevano voti che si aprisse in città
o nelle vicinanze un collegio salesiano, dove mettere i loro figli,
e Don Bosco studiava il modo di venirvi a capo; ma dovette
convincersi che la cosa era molto difficile. Inoltre i Salesiani
stavano grandemente a disagio in tutt'e due i luoghi, nè appari-
vano prcbabilità che le loro condizioni fossero per migliorare.
Succeduto poi in quella sede suburbicaria il Card. DIHohenlohe,
i nostri avvertirono dal suo contegno che egli nutriva precon-
cetti sul conto loro. A chi ne scandagliò i sentimenti, si rivelò
contrario all'apertura del collegio; nè eravi nel suo clero chi gliene
parlasse favorevolmente, perchè quei preti, oltrechè, come altri
ecclesiastici e laici di Roma dopo la breccia di Porta Pia, non
guardavano di buon occhio i cosi detti buizurri (I), da ogni pic-
cola cosa pigliavano pretesto per osteggiare i Salesiani. Pettego-
lezzi e maldicenze di sagrestia erano all'ordine del giorno. Per i
Confratelli delSAriccia si aggiungeva il pessimo stato della loro
abitazione, incomoda, malsana, angusta, disturbata a motivo de-
gli uffici municipali situati nel medesimo edificio. Alle loro rimo-
stranze si faceva orecchi di mercante. Don Cagliero, dopo un so-
praluogo durante un suo viaggio in Sicilia, scrisse a Don Bosco
da Acireale il 3 marzo 1879: ((Attese le urgenti domande per
aprire convitti è la niuna speranza di aprirne in Albano, ci sem-
bra questo un personale sprecato. Quel poco di bene che vi fanno
i nostri, lo potrebbero fare i preti stessi del paese ».Don Bosco
diede ordine ai Direttori Don Monateri e Don Gallo di presentare
le dimissioni, uno per Abano al Cardinale Vescovo, che immedia-
tamente le accettò, e l'altro per I'Ariccia al Municipio, che nicchiò
un pochino, ma pure dovette rassegnarsi.
( I ) Nome spregiativo dato da certi Romani di Roma ai Piemontesi venuti col$ dopo
il 20 settembre 1870.
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Fondazioni italiane nel triennio 1875.77
Non si creda però che le due popolazioni vedessero con indif-
ferenza il partire dei Salesiani. Tutt'altro! Lo zelo accogliente
nell'esercizio del sacro ministero, lo splendore delle funzioni re-
ligiose che celebravano, le affettuose cure da essi prodigate ai
loro figli li avevano resi universalmente cari al popolo. Di questa
cordiale benevolenza i Salesiani, che n'erano stati oggetto, ser-
barono sempre vivo il ricordo; anzi, quando nuovi Salesiani si
stabilirono poco lungi a Genzano, sentivano quelle buone genti
lamentare ancora la partenza degli antichi, che li avevano pre-
ceduti vent'anni prima negli altri due Castelli Romani.
Sortì più lunga vita la fondazione di Magliano Sabino nella
provincia di Rieti. Anche quella è diocesi suburbicaria. I1 Cardi-
nale Vescovo Luigi Bilio, barnabita piemontese, che voleva molto
bene a Don Bosco, gli domandò insegnanti salesiani per i1 deca-
duto suo seminario, il quale fungeva anche da ginnasio munici-
pale. Don Bosco, benchè con sacrificio di personale, stimò utile
appagarlo. Vi destinò da prima solameilte Don Giuseppe Da-
ghero con un compagno. Arrivarono là sul principio di novem-
bre 1876. Un mese dopo il Cardinale a Don Durando, incaricato
allora di condurre le pratiche per le nuove fondazioni, scriveva
di loro: ((Si portano veramente bene; io ne sono contentissimo.
I1 seminario e tutti i cittadini si trovano di essi pienamente sod-
disfatti. Giovano noli solo al seminario colle loro lezioni, ma ser-
vono eziandio di edificazione col loro buon esempio a tutta la
città,. Don Bosco ne ebbe una prova nel gennaio seguente,
quando, recatosi a visitare i suoi figli, fu costretto di ritardare
la sua partenza per contentarvi tutti i giovani della città, che
chiedevano di confessarsi da lui.
I1 numero degli alunni, ridotto ai minimi termini, crebbe no-
tevolmente negli anni successivi. In vista poi dei buoni risul-
tati, nell'anno scolastico 1877-78 venne addossata ai Salesiani
la direzione generale degli studi e l'amministrazione economica (I).
Ma Don Bosco voleva creare accanto al seminario, anzi entro
( i ) Nell'anno scolastico 1880-81 Don Bosco vi maiidò il teologo Don Francesco Paglia,
che vi si segnalò nell'insegnamento della dogmatica.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXV
il medesimo edificio che vi si prestava benissimo, un convitto,
del quale nella regione si sentiva forte il bisogno. Le pratiche
relative non accennavano mai a finire. Da una parte la Curia
diocesana ne temeva nocumento per il seminario; dall'altra le
autorità scolastiche e civili della provincia, dato l'anticlerica-
lismo del tempo, menavano il can per l'aia con il mal celato pro-
posito di mandare tutto a monte. Don Daghero sopportò noie
e fastidi da non si dire, ma non si stancò finchè non l'ebbe spun-
tata. Fu costituito in tal modo un seminario-convitto, denomi-
nato dell'Immacolata Concezione. Per tre anni continuò a gover-
narlo nominalmente l'antico Rettore; ma in realtà chi faceva
tutto era il Superiore dei Salesiani, Dottore in lettere; in sua
mano passò poi anche di diritto la direzione nel 1881. Figlio del-
l'oratorio e uomo virtuoso, istruito e abile, diè prova di molta
saggezza neli'esercizio del suo delicato ufficio.
Se non che l'apertura del collegio fu il pomo della discordia
col clero locale. Screzi più o meno palesi poterono essere sopiti
fino al 1883, nel qual anno per opera specialmente di un eccle-
siastico si formò fra i chierici un partito avverso ai Salesiani e
sorse in città un contraltare al loro convitto. Morto il Card. Bi-
li0 nel gennaio del 1884, le cose peggiorarono ancora. Ad ogni
tratto o per motivi finanziari o per provvedimenti disciplinari
scoppiavano astiose controversie. Finalmente, l'anno dopo la
morte di Don Bosco, i Salesiani furono messi nella necessità di
prendere commiato, il che non fu senza vero rammarico dei con-
vittori e delle loro famiglie. I1 tempo e l'esperienza non avevano
ancora insegnato, quanto sia difficile a elementi estradiocesani
governar seminari, massime dopo la scomparsa dell10rdinarioche
ve li introdusse.
Qui fa a proposito un'osservazione. Di queste, come di altre
opere intraprese e poi abbandonate dal Santo, non ve ne fu nep-
pure una che si fosse dovuta lasciare per difetto di prudenza
nell'assumerla. Quella prudenza, che, secondo le Costituzioni da
lui date aUa Società, dev'essere u massima u nel procedere al-
l'apertura di nuove case, venne anche da lui praticata in grado
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Fondazioni itoliane nel aiennio ,875-77
eminente. Cause di forza maggiore, che sfuggono alle umane pre-
visioni, presero talvolta il soprawento, mandando a male i di-
segni meglio studiati.
Nel triennio, di cui ci occupiamo, tre fondazioni furono fatte
in Piemonte, una delle quali precaria, ma non priva d'importanza
per riguardo al Direttore. La promossero i savoiardi coniugi Du-
praz a Trinità di Mondovi, luogo della loro villeggiatura. La casa
venne aperta nel novembre del 1876. Dell'edificio, appartenente
a detti signori, Don Bosco aveva soltanto l'uso. Direttore era
il Servo di Dio Don Guanella (I). Tre classi diurne accoglievano
un centoventi giovanetti, i più poveri del paese, e tre classi se-
rali dirozzavano un centinaio di adulti dai 16 ai 50 anni. Fre-
quentavano l'oratorio festivo non meno di duecento ragazzi. An-
che qui Don Bosco avrebbe desiderato preparare il terreno per un
collegio; ma è da deplorare che, morto il Comm. Dupraz, non
fosse più possibile andare d'accordo con la vedova, sicchè dopo
tre anni bisognò chiudere.
L'incontro di due Servi di Dio, uno già glorificato dalla Chiesa
e l'altro in via di esserlo, merita che vi spendiamo intorno qual-
che parola. Don Guanella era venuto all'oratorio nel dicembre
del 1874 da Corno. Stando con Don Bosco si sentiva il cuore
inondato di contentezza (2) e fece con gioia i voti triennali; ma
spirato il tempo della prima professione, gli parve che una voce
interna lo chiamasse a fondare un'opera a beneficio degli esseri
più derelitti dell'umana società. Dopo un periodo d'incertezze,
tornò risolutamente in patria, dove istituì la Congregazione dei
Servi della Carità. Nel 1891 scrisse sopra un biglietto indirizzato
al primo Successore di Don Bosco: D. LUIGIGUANELLpArote-
sta il suo immenso attaccamento a Don Bosco. Certamente in
separarsene non patì meno che alla separazione dei genitori di-
letti, quando, a breve intervallo l'un dall'altro, gli morirono fra
le braccia a. Egli aveva compiuto alla scuola del nostro Santo
un tirocinio di vita religiosa e di caritatevole apostolato, che,
( I ) Cfr. sopra. pag. 2 1 3 .
( 2 ) Lettera a Pio IX.10 aprile 1876.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXV
per confessione sua, gli tornò poi di somma utilità; ma, se Dio
concesse a Don Bosco lumi straordinari per la conoscenza delle
anime e delle cose future, non gliene diede per presagire la mis-
sione a cui era chiamato quel Servo buono e fedele.
La seconda iniziativa piemontese fu un'impresa sui generis.
Don Bosco aveva due tipografie in continuo sviluppo e attivis-
sime; la maggiore era nell'oratorio e l'altra a Sampierdarena.
Non gli sarebbe stato utile rendersi indipendente nel rifornimento
della carta? Rimuginando su questa faccenda, gli giunse all'o-
recchio che a Mathi, paese situato sulla linea ferroviaria da To-
rino a Lanzo, era vendibile una cartiera. Decise di fame acqui-
sto, tanto più che le condizioni sembravano favorevoli. Ne trattò
con la proprietaria, si obbligò con scrittura privata a passare alla
signora una rendita vitalizia di lire dodicimila, e il 26 aprile 1877
fu rogato l'atto di vendita, nel quale si supponevano versate
centomila lire. Dopo alcune fastidiose vicende, assunto un capo-
tecnico di sua fiducia, nominò dirigente il coadiutore salesiano
Andrea Pelazza e a poco a poco vi stabilì una piccola comunità
con a capo un sacerdote, che curasse anche la vita morale e reli-
giosa degli operai. L'attività della fabbrica procedette normal-
mente e con grande vantaggio per più di trent'anni, fino a quando
cioè in un momento di panico, temendosi una levata di scudi
contro le proprietà dei religiosi, venne alienata.
Un'opera di gran consistenza, creata in Italia durante questo
triennio, fu la nuova Casa Madre per le Figlie di Maria Ausi-
liatrice. Quella di Mornese non rispondeva più agli incrementi
della loro Congregazione. Dopo pratiche interminabili Don Bo-
sco acquistò per detto scopo nel 1877 a Nizza Monferrato una
chiesa e un convento; ma la compera gli costò meno dell'adatta-
mento. La chiesa, santuario in antico dedicato alla Madonna
delle Grazie, era divenuta squallida spelonca; di convento, ab-
bandonato dopo la legge del 1855, non rimanevano che le solide,
ma nude pareti. Ottenute le debite facoltà dalla Santa Sede,
stipulato il contratto ed entrato in possesso dello stabile, chiese
soccorsi da ogni parte. I lavori per ritornare- la chiesa a degna
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Fondazioni italiane nel trienrtio 1875-77
casa del Signore e ridurre le muraglie del convento a educan-
dato femminile e a noviziato di Suore, sebbene procedessero alla
lesta, durarono più di un anno. L'esodo da Mornese, effettuatosi
non tutto ad un tratto, ma alla spicciolata, cominciò neli'autunno
del 1878. La Mazzarello volle essere l'ultima a dire addio al
caro nido. Sotto la santa sua direzione, mercè le cure spirituali
di Don Lemoyne, succeduto a Don Costamagna, e grazie alle
assidue sollecitudini di Don Bosco, la nuova Casa Madre si av-
viava a diventare, oltrechè santuario di virtù, qual era stata
l'altra di Mornese, anche istituto educativo di prim'ordine e faro
di sapere. Ne uscirono già centinaia di maestre cristiane, sparse
per l'Italia, e ivi si formarono già all'apostolato della scuola,
delle pie assistenze e delle Missioni alcune migliaia di religiose.
Su questo estendersi deli'Opera Salesiana Don Bosco un
giorno si espresse confidenzialmente così (I): <Si può dire che
tutti sono contro di noi e che noi dobbiamo lottare contro tutti.
Il mondo legale ci P assolutamente awerso; anche certi Ordini
religiosi, vedendo sè in decadenza e noi in continuo progredire,
ci guardano così così. I1 vento soaa contrario alla nostra naviga-
zione nelle Curie, nelle famiglie, nella società. Se non fosse pro-
prio Dio che lo vuole, sarebbe impossibile fare quanto si fa. Quello
però che al presente ci fa ammirare ancor più la bontà delia di-
vina Provvidenza si è che non solo andiamo avanti, ma abbiamo
dinanzi agli occhi un orizzonte chiarissimo, sappiamo cioè dove
si va, la nostra via è tracciata >>.
( I ) BARBEUIS,Cvon. cil., 27 novembre 1878.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XXVI
Principi dell20pera di S. Giovanni Bosco in Francia.
Don Bosco non fece nulla per andare in Francia, ma la Fran-
cia venne a lui, lo volle, lo amò e lo aiutò. In momenti difficili
non ricorse mai invano alla generosità francese, del che professò
in ogni tempo viva gratitudine verso quella nazione.
La prima tappa fu a Nizza Mare. La città, ricca di pie isti-
tuzioni, non ne aveva ancora per ragazzi privi di assistenza. I
Soci della Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli tentarono bene
di fare qualche cosa, preoccupati dell'abbandono, in cui sciupa-
vano la vita, pervertendosi, tanti poveri figli del papolo; ma le
loro forze erano impari al bisogno. Parecchi di quei signori cono-
scevano Don Bosco o personalmente o per fama e ne parlarono
ai colleghi; di qui nacque l'idea di rivolgersi a lui. Ne discorsero
col Vescovo Pietro Sola, che approvò, anzi venne all'oratorio
per conferire col Santo. Poco dopo giunsero, inviati dalla Con-
ferenza, due Soci dei più influenti, il Barone Héraud e 1'Awo-
cato Michel. Ad essi, come già al Vescovo, Don Bosco profferse
volonterosamente l'opera propria. Alla loro osservazione che essi
non avrebbero potuto dargli nè una persona nè un soldo, ri-
spose esponendo una sua norma di condotta. - Nelle opere di
Dio, disse, bisogna solamente riflettere se siano necessarie o no.
Se non sono necessarie, non conviene immischiarsene; ma se
sono necessarie, bisogna intraprenderle senza timore di sorta.
I mezzi materiali sono un soprappiù che Dio ha promesso,
ed Egli mantiene la sua promessa. - Si concluse pertanto
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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30.1 Page 291

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Principi &ii'Opera Salenana in Francia
che Don Bosco si sarebbe recato a Nizza per vedere e accor-
darsi (I).
V'andò difatti il IO dicembre 1874, pigliando con sè Don
Giuseppe Ronchail, prefetto nel collegio di Alassio. Si trattenne
là due giorni, nei quali potè rendersi esatto conto di ogni cosa.
Fu decisa l'apertura di un oratorio festivo. A fare acquisto su-
bito di una casa si rinunciò; invece un Comitato di signori si
obbligò a prendere in affitto una filanda che non era più in atti-
vità ed a provvedere le suppellettili più indispensabili. Per la
ricreazione dei giovani il Vescovo avrebbe messo a disposizione
una parte del suo giardino. Don Bosco, partendo, promise di
mandare entro l'anno seguente i Salesiani.
Arrivarono difatti il g novembre 1875. Erano due sacerdoti,
un chierico e un coadiutore; Direttore, il mentovato Don Ron-
chaif. Questo nome dal suono francese servì a nasconderne la
cittadinanza italiana. Bisognava evitare fin l'ombra di quanto
potesse urtare il sentimento nazionale, non dando alcun pretesto
a sospettare che si fosse là con intenzioni politiche, cioè per fa-
vorire il partito dei così detti separatisti, che agitavano la ban-
diera del ritorno di Nizza all'Italia. Don Ronchail, nativo di Us-
seaux nel circondario di Pinerolo e quindi a poca distanza dalla
frontiera, parlava benissimo il francese, imparato da fanciullo.
L'aveva pescato già chierico in quell'angolo remoto il Servo di
Dio una volta che passava da quelle parti durante un viaggio a
Fenestrelle. Anche l'altro prete e il chierico parlavano perfetta-
mente la lingua del paese. Li seguirono poco dopo otto giovani
algerini, che Mons. Lavigerie aveva mandato all'oratorio; li ac-
compagnava il ch. Evasio Rabagliati, futuro apostolo del Cile
e della Colombia, aggiunto a quel personale come maestro di
musica. Un po' più tardi tennero loro dietro alcuni giovani niz-
zardi, alunni dell'oratorio, affinchè fossero buon lievito fra i
nuovi compagni, che sarebbero entrati fra non molto. Con tutti
( I ) Cfr. la monografia Noces dlor de la Socidfd de Sainl-Vincenl de Paul d Nice. pubbli-
cata in questa città nel cinquantenario della Conferenza (1844-1894).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo xxvi
questi accorgimenti di Don Bsco la casa presentava un aspetto
francese, quale la prudenza consigliava di darle.
Don Bosco volle essere presente all'apertura, fattasi la do-
menica 21 novembre. Di là scrisse a Don Rua: <Molta benevo-
lenza, molto trasporto per noi e pel novello ospizio >>. E dopo il
ritorno ripetè in un'adunanza del Capitolo Superiore: e A Nizza
si destò un vero entusiasmo >>.La domenica appresso fu aperto
anche l'oratorio festivo. La casa fu intitolata a S. Pietro in onore
del Vescovo, che celebrd nell'uniile cappella dinanzi a cospicui
cittadini. I giornali fecero gran rumore (I). Il Maire di Nizza
era protestante. Don Bosco, avendogli fatto visita, l'aveva tro-
vato assai ben disposto verso la nuova istituzione: %ne chose
qui manque à la Franca, lo udì affermare; anzi vide con i suoi
occhi una lettera scritta dal medesimo al Maresciallo Mac-Mahon,
Presidente della Repubblica, per riferire in senso favorevole sul-
l'opera novellamente introdotta nella sua città. Anche il Prefetto
del Dipartimento, protestante egli pure, assicuratosi per mezzo
di un Commissario della Polizia che sotto sotto non covavano
intendimenti politici, rilasciò la licenza di fare scuola e d'inse-
gnare il catechismo. La benevolenza e la beneficenza dei Nizzardi
sostenevano i figli di Don Bosco. Tali furono colà l'origine e i1
principio del fiorente Patronage Saint-Pierre.
Ma l'opera non poteva vivere, nè tanto meno svilupparsi in
quella topaia, soffocata per di più dalle case d'intorno; quindi,
venuta in vendita una villa Gautier presso la Piazza d'Armi,
lungi dai tumulti cittadini, ma abbastanza vicina alla città per
quel che riguardava la comodità degli esterni, Don Bosco or-
dinò al Direttore di fare i primi atti di compera, fiducioso nell'a-
iuto della Provvidenza. Tornato poi lui a Nizza nel marzo del
1876, tra offerte portategli o mandategli o da lui cercate o a lui
promesse, la somma di centomila franchi occorrente per t'acqui-
sto fu assicurata.
In tutto questo affare Don Ronchail agiva, ma Don Bosco
( r ) Lettera di Don Ronchail a Don Bosco, IO dicembre 1875
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

30.3 Page 293

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Principi del190pem Saleriana in Francia
gli mandava da Torino le istruzioni con frequenti lettere, nelle
quali gi'indicava minutamente tutti i passi da fare, tutte le dif-
ficoltà da sciogliere, tutte le persone a cui ricorrere e il modo
da tenere. Il giovane Direttore se ne disimpegnò a meraviglia,
tanto che nel febbraio del 1877 la nuova casa potè accogliere i
giovani della precedente e dar ricetto a un certo numero d'altri
parimente bisognosi di pane, d'istruzione professionale e di edu-
cazione cristiana. Alla cerimonia inaugurale Don Bosco potè an-
nunciare che i ricoverati erano sessantacinque.
La cerimonia o meglio la festa dell'inaugurazione fu celebrata
il 12 marzo. Un Comitato di ragguardevoli personaggi ne aveva
fatto i preparativi. Intervenne il fiore della cittadinanza. Dopo
una solenne funzione religiosa presieduta dal Vescovo, Don Bo-
sco tenne un discorso semplice nella forma ed anche bonario,
ma pensato. Karrò la storia del Patronage, rese conto delle obla-
zioni ricevute e delle passività esistenti, espose lo scopo dell'isti-
tuto, rappresentb al vivo lo stato miserando di tanta povera
gioventù bisognosa di assistenza materiale e morale, raccontò
qualche commovente episodio di ragazzi tolti allora allora dal-
l'abbandono. Oltre a duecento disse le domande pervenutegli,
a molte delle quali si sarebbe dovuto provvedere d'urgenza. Poi
continuò: <La strettezza del luogo, la moltitudille di richieste,
le riparazioni e le ampliazioni di locali, anzi di questa stessa
chiesa dove siamo, reclamano un edificio più vasto e più alto.
Queste cose sono indispensabili, perchè l'istituto possa conse-
guire il suo fine, che è il bene dell'umanità e la salvezza delle
anime D. Finì innalzando i cuori alla fiducia nella Provvidenza e
mettendo in rilievo i meriti dei ricchi, che della Provvidenza si
volessero rendere strumenti.
L'impressione prodotta dalle sue parole suggerì ai signori del
Comitato la proposta che il suo discorso fosse pubblicato, affin-
chè servisse a far conoscere meglio l'opera. I1 pensiero non di-
spiacque a Don Bosco; anzi, durante il viaggio di ritorno, riflet-
tendovi sopra, allargò il disegno e ne venne fuori un opuscoletto,
stampato nella tipografia delllOratorio col titolo: Inaugurazione
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXVI
del Patronato di S . Pietro in Nizza Mare. Alla breve descrizione
della festa (c'era stata anche un'accademia all'aperto rallegrata
dalla musica vocale e strumentale dei ricoverati), seguiva il di-
scorso, a cui il Santo mandò appresso una splendida primizia, la
notissima esposizione delle sue idee intorno al sistema preventivo,
tesoretto pedagogico che in quell'anno stesso premise poi al Re-
golamento delle case.
Nell'anno scolastico 1877-78 furono organizzate assai meglio
le scuole professionali. Inoltre, poichè Don Bosco intendeva che
si coltivassero anche le vocazioni allo stato ecclesiastico, si prin-
cipiò il ginnasio, a cui si ammettevano pure semiconvittori ed
esterni. Naturalmente l'oratorio festivo era in piena efficienza.
I1 Santo nell'oratorio, quando potè dare la " buona notte "
ai giovani, parlò del suo viaggio a Nizza e disse: *Nella sola
Marsiglia ci offrono nove case; trenta in tutta la Francia *. Le
notizie di Nizza, facendo sui giornali il giro della Francia, ave-
vano suscitato tanto interessamento per le Opere di Don Bosco.
Le sue preferenze però si concentravano su Marsiglia. L'Aw. Mi-
che1 nel novembre del 1875 gli aveva mostrato la necessità di
una sua fondazione nella grande capitale della Provenza a van-
taggio di tanti giovanetti italiani che o con la propria famiglia
o per cercar lavoro si recavano colà, pressochè analfabeti, pochis-
simo istruiti nella religione, ignari della lingua e quindi esposti
a gravi pericoli morali. Don Bosco promise di prendere in con-
siderazione la proposta e raccomandò che intanto si maturasse
la cosa; sperare egli di potersi recare fra non molto a Marsiglia.
Ma la sua speranza non ebbe effetto se non il 28 febbraio 1877.
L'Awocato però ve l'aveva preceduto l'anno innanzi, preparan-
dogli la strada con una conferenza sulle sue Opere in favore della
gioventù povera e abbandonata.
Fra i suoi uditori uno l'aveva ascoltato come se il confe-
renziere parlasse proprio per lui, il Canonico Clemente Guiol,
parroco di S. Giuseppe, che subito dopo cercò di mettersi in re-
lazione con Don Bosco. L'Awocato gli servi da intermediario.
Don Bosco per mezzo suo fece tenere al Canonico uno scritto
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Principi dell'Opera Salesiano in Fmncia
nel quale diceva: <<Seio posso in qualche modo giovare, o meglio
mettere un granellino sulla bilancia di tante opere di carità che
esistono in Marsiglia, io lo farò volentieri, purchè: 10 Io abbia
il previo gradimento del Vescovo, da cui intendo sempre avere
dipendenza non solo nelle cose di religione, ma in qualunque
cosa a Lui piacesse di semplicemente consigliare. - 20 Che la
S. V. giudichi tale cosa conveniente e che l'Opera della gioventù
operaia mi dia il suo appoggio morale. - 30 Le case vivono di
provvidenza e poco ci basta, nè mai si cercano annualità pecu-
niarie. A me basta poter avere un sito dove radunare i più poveri
nei giorni festivi e dare ricovero a quelli che fossero in totale
abbandono. Si è osservato che qualunque opera pia già esistente
non viene mai ad urtare con quello che fanno i Salesiani v.
Recatosi dunque, come dicevo, a Marsiglia nel febbraio del
1877 con Don Ronchail, fu per circa una settimana ospite dei
Fratelli delle Scuole Cristiane. Gli costò fatica strappare il con-
senso del Vescovo Place, che alle prime stette sulla negativa, non
parendogli opportuno l'aggiungersi di una nuova Congregazione,
dove lavoravano già tante famiglie religiose; ma da ultimo si
arrese. Nelle conversazioni quindi col Can. Guiol Don Bosco stu-
diò il piano della desiderata fondazione. Nel viaggio di ritorno
passò da Cannes per visitare qualche infermo, incontrare colà
un amico del Presidente Mac-Mahon, e compilare con lui una
memoria da presentare al Governo.
I1 buon Canonico, insofferente d'indugi, venne in maggio a
Torino non solo per vedere da presso e in atto l'Opera di Don
Bosco, ma anche per sollecitare la conclusione. Ormai egli vo-
leva un'istituzione come quella ammirata nell'oratorio. Il Ve-
scovo era del medesimo parere. Ma anzitutto bisognava concre-
tare su che base legale stabilire la fondazione.
Esisteva a Marsiglia una Società Beazljozlr, costituita da ot-
timi cattolici e avente per iscopo di favorire opere benefiche a
vantaggio della gioventù pericolante; essa quindi poteva assu-
mere la proprietà degi'immobili e destinarne l'uso di fronte alle
leggi dello Stato. I1 Vescovo incaricò l'abate Guiol di trattare
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXVI
col Consiglio d'amministrazione della Società nell'agosto del 1877.
L'esito fu quale si desiderava (I). La Società nella via da cui
derivava il nome, possedeva un caseggiato, da cui si dovevano
ritirare i Fratelli delle Scuole Cristiane. Essi vi avevano tenuto
scuole elementari frequentate da figli di poveri operai e un pic-
colo convitto per artigianelli, che lavoravano fuori. Era la così
detta Maison Beaujour. Quella casa fu deliberato che passasse
a Don Bosco, del quale si aspettava la venuta ai primi di dicem-
bre del 1877 per stipulare una convenzione.
Ma la sua venuta potè aver luogo soltanto il 2 aprile 1878.
Andò con lui Don Rua. Si presero accordi orali, restando al Ca-
nonico Guiol la cura di abbozzare con la Società Beazljour uno
schema di convenzione rispondente alle intese e spedirglielo poi
subito ad Alassio. I1 Canonico si diè la massima premura di re-
digere un progetto di locazione con la Bea~jour,intestando l'atto
a Don Bosco; la durata sarebbe di cinquant'anni, con clausole e
condizioni abbastanza eque. Vi si fissava senz'altro al 21 aprile
del 1878 il punto di partenza per il computo degli anni, tanta
era l'ansia di veder comparire il personale. Ma varie circostanze,
fra cui una malattia di Don Bosco, impedirono al Capitolo Su-
periore l'esame del progetto fino al mese di maggio. Ripetute
volte osservazioni partirono da Torino e spiegazioni vennero da
Marsiglia; il che portò via altro tempo. Don Bosco voleva gua-
rentirsi da possibili sorprese in futuro. La presenza di Don Ron-
chail a Marsiglia agevolò l'intendersi. Finalmente i primi Sale-
siani arrivarono il 10 luglio col Direttore Don Giuseppe Bologna;
altri seguirono poco dopo, fra cui il chierico Luigi Cartier, sa-
voiardo, venuto sedicenne all'Oratorio e uno dei Salesiani più
benemeriti della Congregazione in Francia (2). Da ultimo la co-
munità si trovò composta di dodici Soci. Don Bosco assegnò alla
casa come titolare e protettore S. Leone 11. L'aveva scelto
quando sembrava certo che i pionieri sarebbero giunti a Marsi-
glia il 28 giugno, festa di quel Papa. Veramente l'intenzione di
( I ) Verbali della Società Beaujour, 17 agosto 1877.
( 2 ) Unico superstite di quei primi, oggi piii che ottuagenario.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Principi dell'Opno Saleaia~,ain Francia
Don Bosco sarebbe stata di onorare Leone XIII, succeduto a
Pio I X nel marzo del 1878, intitolando la casa al suo nome; ma
la prudenza gli consigliò di non battezzarla apertamente con quel
nome e di darle invece un patrono che quel nome richiamasse.
Don Bologna, diventato poi per i Francesi Don Bologne, non
aveva doti esteriori che lo raccomandassero a prima vista, es-
sendo di bassa statura e di poco facile parola; ma possedeva emi-
nentemente lo spirito di Don Bosco, fatto di bontà, dolcezza, al-
legria, prudenza. Così non gli mancò l'arte di guadagnarsi i cuori.
Era abbastanza destro negli affari e zelava l'incremento dell'o-
pera affidatagli. Animava poi tutte queste qualità una pietà sem-
p.lice e sentita. Parlava anche bene il francese. Venuto orfanello
all'oratorio, vi aveva trascorso vent'anni, studente di ginnasio,
chierico, prete e prefetto esterno. Partito che fu, Don Bosco gli
indirizzò il 25 giugno a Nizza alcune paterne righe, in cui fra
l'altro gli diceva: <,Va' pure i ~ znomine Domini. Dove puoi, ri-
s-parmia; se hai bisogno, chiedi e il papà farà in inodo di prov-
vederti. Va' come padre dei confratelli, come rappresentante
della Congregazione, come caro amico di D. Bosco >>.
I1 Vescovo Place ebbe appena tempo di benedire l'oratorio,
perchè il 15 luglio Leone X I I I lo promosse alla sede arcivesco-
vile di Rennes; Mons. Luigi Robert, suo successore, traslato nel
settembre seguente da Oran, si mostrò non meno benevolo verso
i Salesiani.
Gl'inizi dell'opera furono, come quasi sempre, assai modesti.
Il Direttore, nonostante il suo gran desiderio di fare, dovette con-
tentarsi di ricevere soltanto otto interni, che mise a dormire nel
granaio. Volendosi estendere la carità, bisognava fabbricare. Allo
studio di questo problema si dedicò subito Don Bologna; alla
soluzione del medesimo pensava anche Don Bosco, che aveva
i, mira di fare del Patronage Saint-Léon un ospizio simile a quello
di Sampierdarena, cioè modellato sull'Oratorio di Valdocco (I).
( i ) I1 nostro teimine x ospizio D non ha riscontro per i l significato con hospice
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XXVII
L'ultima conferenza annuale di S. Francesco.
Più volte nel corso di questa storia abbiamo fatto menzione
di conferenze, cui prendevano parte ogni anno nell'oratorio di
Valdccco i Direttori delle case con i membri del Capitolo Supe-
riore in occasione della festa di S. Francesco di Sales. L'ultima
di tali conferenze fu tenuta nel 1877. E: vero che nel 1879 le
Memorie Biografiche ne pongono ancora una; ma anzitutto la
si radunò lontano dall'oratorio, nel collegio di Alassio, e poi dei
Direttori ne intervennero soltanto alcuni, i più' vicini; inoltre
mancò quello sguardo generale che distingueva le conferenze de-
gli anni precedenti. L'adunanza ebbe piuttosto il carattere di
una riunione del Capitolo Superiore per trattare determinati af-
fari; i Direttori liguri presenti furono invitati ad assistervi, più
che per altro, honoris causa. Era naturale che, cominciato il pe-
riodo dei Capitoli Generali, di cui diremo fra breve, quelle convo-
cazioni non avessero più ragione di essere.
Gioverà non poco alla concscenza di questo periodo il vedere
come si svolgessero tali convegni e quale ne fosse la portata; de-
scriverò dunque l'ultimo, che spicca sui precedenti per il modo
con cui procedettero i lavori.
Nel 1877 la festa di S. Francesco fu rimandata alla dome-
nica 4 febbraio per dare a Don Bosco il tempo di trovarvisi; egli
infatti giunse proprio quel mattino da Roma, dove aveva pas-
sato il mese di gennaio. Le sedute incominciarono la sera del
giorno dopo. Alla prima presiedette Don Rua. Personale, ammi-
nistrazione economica, nuove fondazioni ne furono gli argomenti;
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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L'ultima conferenza annuale di S. Francesco
ma qui non mette conto di soffermarsi. Dirò invece di due al-
tre cose, che presentano Iati d'interesse generale e storico per
la Congregazione.
Il dilatarsi dell'opera salesiaua e il cumulo degli affari ren-
devano sempre più difficile a Don Bosco quella cura individuale,
che con tanta efficacia egli si prendeva dei Soci; alcuni quindi
stavano in timore che per questo dovesse illanguidirsi lo spirito
di pietà, massime nei nuovi chierici. Sotto i1 diretto influsso di
Don Bosco erano cresciuti certi tipi di chierici, dei quali non si
voleva estinta la generazione. Riflessivi, studiosi, ferventi nelle
pratiche divote, pronti a fare tutto che sapessero conforme al
desiderio dei Superiori, e insieme allegri e giovialoni, conduce-
vano una vita che era un misto di raccoglimento e di attività e
che rifletteva in vario modo la spiritualità del Santo. A siffatti
modelli, che emergevano fra i compagni, guardavano gli altri,
che non si levavano al disopra dell'ordinaria regolarità, senten-
dosi impercettibilmente sospinti- dai loro esempi verso il me-
glio. Anima di questa formazione e di questa vita era lo spirito
di pietà, che neil'oratorio significava frequenza dei Sacramenti,
amore della preghiera, zelo per il culto divino, gusto della parola
di Dio e delle buone letture. I Capitolari dunque e i Direttori si
-preoccu-parono della necessità di alimentare tale spirito nel cuore
dei giovani Soci, animandosi a vigilare attentamen.te per isco-
prire in tempo ed eliminare con prontezza eventuali infiltrazioni
che minacciassero di alterarlo.
Don Rua poi comunicò un desiderio di Don Bosco, che do-
veva essere per tutti un comando. Desiderava il Santo che nei
collegi ogni anno alla riapertura delle scuole si facesse un triduo
di predicazione per disporre i giovani a cominciare bene; al che
giovava appunto il porgere loro la comodità di riordinare le
idee, sconvolte talora dalle vacanze, e di provvedere con tran-
quillità ai bisogni delle loro anime. Così fu stabilito e così s'è
continuato a praticare dal 1877 a oggi con inestimabile vantag-
gio della disciplina, della moralità e degli studi.
Alla seduta del mattino seguente intervenne il Santo. Appro-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

30.10 Page 300

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capo XXVII
vate le deliberazioni della sera innanzi, riferì intorno agli &timi
sviluppi della Congregazione ed esaminò una serie di proposte
e di disegni, esponendo i criteri che dovevano servire di norma
per giudicare e decidere in tutto e sempre secondo il suo spi-
rito.
In un prinic tempo egli era stato contrario ad accettare e
cambiare in collegi edifici monastici incamerati dal Governo e
alienati, troppo spiacendogli di offrire pretesto alla diceria che
religiosi soppiantassero altri religiosi. Se qualche volta erasi
trattato di redimere conventi dalle mani dei secolari, aveva
sempre voluto che il possessore medesimo se la intendesse con
Roma e si munisse delle debite licenze. Allora invece, parlando
di tale argomento, pronunciò queste precise parole: <I1 Papa
stesso non solo mi diede licenza, ma mi raccomandò di compe-
rare edifici già appartenuti ai frati per farne case nostre, e que-
sto per restituire alla Chiesa ciò che le fu tolto, per conservare
queste case, già destinate alla. gloria di Dio, nello scopo primiero
e per non lasciarle cadere in mani profane. Da qui innanzi, se
le nostre convenienze lo permettono, sappiamo che a Roma non
incontreremo difficoltà a.
Da Albano e da Magliano Sabino gli si facevano vive istanze
per l'apertura di un collegio-convitto in entrambi i luoghi. I
Card. Berardi gli rinnovava per la terza volta l'offerta di un
collegio a Ceccano, che gli Scolopi volevano lasciare, perche n-
dotto a una decina di convittori. Gli si proponeva pure l'accet-
tazione di un collegio ad Ascona. Fatte queste comunicazioni,
usci nelle seguenti parole: u Non par vero! Andiamo in luoghi,
dove ci sono imbrogli sopra imbrogli; eppure non abbiamo an-
cora dovuto dare un passo indietro. Noi procediamo, e ogni im-
presa ci riesce più prosperamente che non sperassimo, mentre
vediamo di continuo altri obbligati a ritirarsi da luoghi, che già
occupavano. l3 proprio il Signore che ci fa andare avanti cosi
a gonfie vele. Se non vedessimo in tutto e dappertutto la mano
di Dio, meriteremmo di essere detti ciechi >>.Questo sano otti-
mismo, ispirato dalla fiducia nella divina Prowidenza, infon-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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31.1 Page 301

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L'ultima conferenza anmole di S. Frnncerco
deva eguale fiducia in quei giovani cuori di fronte alle difficoltà,
contro cui toccava pur sempre combattere.
Venne quindi sul tappeto una grossa questione. 11 collegio di
Valsalice era stato preso in locazione per la durata di cinque
anni; allora dunque il quinquennio stava per finire. Durante quel
tempo si era sperato sempre che il numero dei convittori aumen-
tasse, mentre invece restava sempre al disotto dell'aspettazione.
Conveniva continuare a tenerlo o tornava meglio dare la diffida
ai Fratelli delle Scuole Cristiane, ai quali si pagava il fitto? Quid
agendum? chiese Don Bosco a' suoi collaboratori. Indi proseguì:
« I o avrei desiderato tanto che questo collegio continuasse e pro-
sperasse, per coltivarvi vocazioni allo stato ecclesiastico e vedere
se anche da quella classe di persone si potessero avere giovanetti
da consacrare al Signore. Qualche buon frutto maturò; ma non
ci accorgiamo che il Signore ci benedica in quella casa, come ci
benedice nelle altre. Quando si trattò di prenderne la direzione,
tutti eravamo contrari; ad accettarla nessun altro motivo c'in-
dusse fuorchè l'obbedienza all'Arcivescovo ». Di qui prese occa-
sione per entrare in un altro'tema, sui pericoli dell'accettare in
Congregazione nobili o ricchi. Disse: ((Quanto alla nostra Con-
gregazione, pare che finora S. Francesco d'Assisi ci abbia anche
esso dato un valido aiuto. Sapete la storiella che si racconta. I
demoni facevano fuoco e fiamme contro il novello suo Istituto e
si adunarono a complottare. Parecchi mezzi venivano proposti
per distruggere quei frati mendicanti. Ed ecco saltare su un de-
rnonietto più astuto dei compagni e affermare che il mezzo più
efficace per far decadere dal fervore un Ordine religioso era di
introdurvi nobili o ricchi. Per trattare con cart.à questi signori,
si usano loro riguardi, si fanno particolarità, si permettono ecce-
zioni alla Regola, e poi queste si generalizzano e I'Ordine diviene
rilassato. I1 diabolico consesso applaudì e approvò a pieni voti
la proposta, Io dico adunque che finora S. Francesco ci protesse.
Vi furono bensì alcuni nobili che fecero tra noi la prova o che
domandarono di farla, ma fino ad oggi nessuno ha preso la de-
cisione di fermarsi con noi; e di tutto ringraziamo sempre il Si-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

31.2 Page 302

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capo XXVII
gnore a. Chiusa la digressione, tornò a dire del collegio di Vatsa-
lice. Egli non credette ancora opportuno che fosse pronunciata
l'ultima parola; soltanto raccomandò di pensarci e di pregare.
Prima di levare la seduta, Don Bosco disse e ripetè con ca-
lore una cosa già raccomandata altre volte, che cioè ogni Diret-
tore compilasse la monografia del proprio collegio, dedicando a
questo lavoro tutte le cure possibili. Infine chiuse con queste
parole: u I1 Santo Padre mi disse che se vogliamo far sempre fio-
rire le nostre istituzioni, procuriamo d'introdurre fra noi e di
propagare fra i nostri giovani: 10 ];o spirito di pietà. z0 La spi-
rito di moralità. 3O La spirito di economia. Ciascuno dunque
si faccia uno studio speciale per promuovere queste tre cose fra
i Soci e fra i giovani. Se ne parli nelte prediche, nelle conferenze
e nei discorsi privati. Io desidero che in qualcuna delle confe-
renze da tenersi in questi giorni si cerchino i modi pratici, con
cui secondare il consiglio del Papa >>.
Nel pomeriggio si tenne al solito l'adunanza generale nella
chiesa di S. Francesco di Sales. Vi si fecero intervenire tutti i
professi, gli ascritti e gli aspiranti dell'oratorio, cent'undici per-
sone. Si cominciò, come di consueto, col rendiconto particolareg-
giato delle singole case. Le altre volte lo facevano uno dopo l'al-
tro i rispettivi Direttori; allora per contrario lo fece in parte Don
Rua sulle informazioni fornitegli dai Direttori, e in parte Don
Bosco. 11 Santo aperse la seduta dicendo così: < L a conferenza di
quest'oggi è un po' irregolare, diversa cioè da tutte le altre con-
ferenze che si fan nel corso dell'anno. È: la medesima conferenza
che si teneva gli anni scorsi, ma modificata alquanto per la mol-
tiplicità delle materie da esporsi. I1 parlare particolarmente di
tutte sarebbe cosa troppo lunga. Don Rua dia un cenno sinte-
tico dei collegi del Piemonte, della Liguria e della Francia; parli
insomma dell'Europa. Quanto ali'America, dirò io qualche cosa,
come pure delle case dell'ltalia centrale, essendo io andato a vi-
sitarle. Quindi per soddisfare al desiderio di voi tutti, e a con-
servazione dello spirito che deve dominare in tutte le case, vi
farò vedere come il Signore ci aiuta e ci difende. Egli certamente
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

31.3 Page 303

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L'ultima conferenza annuale di S. Francesco
guiderà questa conferenza per il bene della Congregazione, a
generale incoraggiamento e per la salute delle anime (I).
La relazione di Don Rua, giunta h o a noi nel suo testo ori-
ginale, è condotta con l'accuratezza che il primo aiutante di
Don Bosco metteva in tutte le coze sue. Essa acauista anche
A
maggiore importanza, se si pensa che dovette esszre preparata
sotto la direttl ispirazione del Servo di Dio. Egli dunque parlò
così.
Nel darvi questo cenno procederò con ordine cronologico, cioè partendo dalle
case che Furono stabilite per le prime. Dirò quello che ho potuto sapere dai vari
Direttori, e quello che io stesso già conosceva.
Incominciando da quel collegio che fu il primo, cioè da quello di Borgo Sa11
Martino, dirò che le cose in generale vanno niolto bene, sia per i giovani, sia per
i Salesiani. Prima si temeva che il numero dei giovani avesse a diminuire a ca-
gione delle risaie che erano a poca distanza dal collegio: ma ne segui un effetto
tutto contrario: il numero crebbe, ed ora ve ne sono circa zoo, contando solo
gli allievi, senza il personale. l? vero che si deve usare qualche piccolo riguardo
per evitare il pericolo delle febbri, ma ringraziando il Signore nessuno ebbe an-
cora questo male: anzi godo nel dirvi che essendo io andato a visitare quel col-
legio, trovai che non vi era nessuno nell'infermeria, e il Direttore mi assicurò
che da un mese nessun giovane era caduto infermo. Riguardo al materiale va
bene; non hanno ricchezze, ma vanno avanti con economie, ed a questo contri-
buirono le monache che quest'anno vi furono stabilite per aver cura della bian-
cheria e della cucina. Non si tralascia certamente di fare le spese necessarie, ed
hanno tutti quanto conviene pel vitto e pel vestito. In quanto al morale, non
si debbono ripetere quelle parole del Profeta; Multiplicasti gentem, sed uou multi-
$Licasti Zaeta'tz'am, perchè, crescendo i giovani, crebbe anche la pietà. Sono in fiore
le compagnie del Santissimo Sacramento, dell'Immacolata Concezione, del Pic-
colo Clero e di san Luigi. Dai sacerdoti e dai chierici si ottennero buoni risultati.
In quest'anno agli esami finali molti giovani indossarono la veste chiericale, parte
di essi andarono in Seminario, ma il maggior numero si fermò con noi e vennero
qui nell'oratorio. In quest'anno quei nostri Confrateili riapersero l'oratorio fe-
stivo per coltivare i giovani esterni. Parte frequentano la chiesuola del collegio,
parte la parrocchia ed hanno le loro divozioni, messe, catechismi, prediche, Bene-
dizioni, istruzioni religiose ed oneste ricreazioni. Quello che i nostri chierici fanno
per i ragazzi, lo fanno pure le suore per le ragazze.
Da Borgo San Martino passiamo al collegio secondogenito che è Lanzo. Qui
pure vi fu un notevole incremento di giovani. Non ostante l'ampiezza della fab-
brica, quest'anno fu quasi ripieno. Quanto è ammirabile la Prowidenza Divina!
( 1 ) Le parlate di Don Bosco sono tolte dalla piii volte citata Cronachetta di Don Bar-
beris, che con somma diligenza ve le raccolse.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXVII
Fece crescere quel collegio meravigliosamente anche pel morale degli allievi. A
Lanzo vi era posto per maggior numero di allievi. L'anno scorso si compì la fer-
rovia in agosto: vennero all'inaugurazione i ministri, i deputati ed i senatori:
il Comune di Lanzo, non avendo luogo adattato, pregò il Direttore di quel col-
legio, che è comunale, acciocchè ottenesse dal nostro Superiore hcenza graziosa
di mettere i portici ed i giardini a disposizione degli ospiti, che rappresentavano
il Re. I Ministri vennero, ebbero dal collegio festiva accoglienza, visitarono il
collegio e vi stettero per un'ora e mezza. Per questo fatto si era levato un grande
rumore, si temeva che ne venisse del danno, causa i giudizi di chi non esamina
le cose dal loro vero lato: ma invece ne provenne un gran vantaggio. Sapendosi
che era stato visitato dai ministri, salì in fama, si credette da tutti un collegio
d'importanza e crebbe quindi il numero dei giovani. Non parlerò della sanità
di quei giovani, perchè Lanzo è il luogo della sanità per eccellenza, e !'unico fa-
stidio dei giovani si è queUo di saziar l'appetito, quantunque sia loro sommini-
strato abbondantemente il cibo. La pietà, la condotta, gli studi, procedono rego-
larmente. Si sente però la mancanza di alcuni preti che si dovettero trasportare
in altri collegi. Don Scappini dovette andare a Roma. Costoro lasciarono un vuoto
che dovrà essere riempito da altri, oppure compensato dalle maggiori fatiche
di quelli che vi si trovano. Speriamo che coll'aiuto dei nuovi chierici i Superiori
non lasceran nulla a desiderare pel buon andamento di questo collegio. Vi si in-
trodussero anche le monache per rappezzare la lingeria.
Venendo ora a Varazze, dalle relazioni di quel direttore ho saputo che le
cose vanno molto bene per lo studio e per la moralità. Quindi abbiamo da ralle-
grarci. I1 collegio è pieno e non si può ingrandire, sia perchè è proprietà del Mu-
nicipio, sia perchè il terreno attorno non permette ingrandimenti. Anzi i nostri
chierici vanno in città a fare scuola, agli esterni, i quali, essendo cresciuti di nu-
mero, costrinsero il Municipio a prendere in affitto nuovi locali. La buona con-
dotta dei giovani si deve attribuire allo zelo dei Confratelli.
Da Varazze veniamo ad Alassio. La nuova fabbrica, incominciata tre anni
or sono, fu terminata nell'anno 1876. È un palazzo che forma la meraviglia di
Alassio. I viaggiatori dai treni deiia ferrovia ammirano quell'alto e bel edifizio
e i cittadini si gloriano e si stimano fortunati di possedere fra di loro un collegio
di Don Bosco. Questo palazzo che l'anno scorso era disabitato, venne ora occu-
pato e il numero dei giovani crebbe a zoo, quantunque i Superiori siano stati
molto ritrosi nelle accettazioni. È da consolarci, perchè la moralità va meglio
Non già che negli anni scorsi non si osservasse questo importantissimo punto,
ma va meglio forse per maggior comodità dei locali; si poterono fare le divisioni
convenienti e specialmente separare il liceo dal restante del collegio. Ne vantag-
giarono subito le pratiche religiose. I liceisti che nei tempi passati lasciavano
molto a desiderare, quest'anno sono il modello di tutti gli altri. Da quelle parti
i Salesiani sono in grande stima e numerose le domande delle varie popolazioni
della Liguria, perchè Don Bosco stabilisca Era di loro un collegio. E non sono do-
mande di semplici privati, di nna o due persone, ma sono domande di mu-
nicipii intieri, col sindaco alla testa e molti altri dei principali del paese. Giun-
sero sottoscrizioni colle firme di tutti i consiglieri da Novi Ugure, da Montaldo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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L'i~ltimnconferenza onmale di S. Francesco
Ligare, da Nizza, ecc., ecc. e ciò dimostra un gran desiderio e di porgere aiuto
alle nostre opere e di servirsi di noi pel loro bene particolare. Ci amano e ne hanno
ragione, percbè i nostri sacerdoti si prestano a celebrare, a predicare, a confes-
sare nei paesi circonvicini e non è a dire quanto quei parroci siano loro ricono-
scenti. Tante volte io vado là e domando: - I1 tale dov'è? - fuori di casa,
mi si risponde, predica nel tal paese! -E il tale altro? - I$; andato a confessare
nella cappella su quella collina. -.Talvolta erano quattro o cinque fuori d i casa.
E così va bene, quando ciò non disturba il buon andamento del collegio. Ad Alassio
si stabilirono pure le monache per la biancheria e la cucina e per catecbizzare
le ragazze. Si deve notare che in collegio nessuno pid si lamenta pel vitto, il che,
come sembra, non è poco: infatti in quasi tutti gli altri collegi ciò motivo
di qualche mormorazione, e perfino alle mense dei Re vi è qualcuno che si
lamenta.
Non niolto distante da Alassio vi è Sampierdarena. Io devo parlare con un
poco d'invidia di questo ospizio, perchè minaccia di soppraffar l'oratorio. Cinque
anni fa era una casupola a Marassi, dove in poche camerette si doveva fare scuole,
camerate, cucina e studio. Qni l'opera non poteva ingrandirsi. Si trattò di traspor-
tarla a Sampierdarena, città famosa per l'irreligione e per la framassoneria. Era
impresa arrischiata. Ma la Divina Provvidenza ciò voleva e il nostro Superiore
non badò alle difficoltà. Si comprò una casa e da Marassi ove si stava in affitto,
fu trasportato qui il personale. Ma i nostri vi stavano allo stretto, vi erano molte
domande di allievi, gli esterni accorrevano niimerosissimi. Vi era bisogno di una
fabbrica corrispondente alla necessità. Don Bosco andò a farvi una visita e sorse
come per incanto una bella e grande fabbrica, così per gli interni come per gli
esterni, e due anni fa venne condotta a termine. In breve tempo crebbero i gio-
vani ed ora sono da 260 a 300; quasi quasi raggiungono il numero di quelli del-
l'oratorio. Questo incremento è anche da attribuirsi all'opera di Maria Ausilia-
trice. I giovani, fra cui molti già d'età, che studiano il latino sono circa 80, per
fornire alla Chiesa ed alla Congregazione buoni ministri del Signore. Vi sono
molte domande d'ammissione per essere ascritti o per essere aspiranti. Quest'anno
l'ospizio diede qualche chierico;'alcuni andarono nel seminario della diocesi e
alcuni sono qui tra di noi. Si incominciò pure quest'anno l'oratorio festivo per i
giovani esterni. I1 cortile è abbastanza spazioso: si mutò un corridoio in cappella
per fare il catechisnio. Per la benedizione si conducono i giovani nella chiesa
pubblica. Inoltre si procura loro la comodità di accostarsi ai Sacramenti. ?&anche
da notarsi che quest'anno vi si stabilì una tipografia, la seconda della Congre-
gazione, da cui già uscirono parecchi buoni libri, e speriamo che giorerà molto
per la diffusionedi questi da qiielle parti e farà molto bene alla popolazione.
Dir6 anche due parole s u Valsalice. In quest'anno 1876.77 Vaisalice ebbe
iin po' d'aumento, ma va crescendo lentamente, come dobbiamo aspettarci per
la classe degli allievi che contiene. Rignardo allo studio ed alia moralità abbiamo
anche qui motivi per rallegrarci. Alcuni di quei giovani indossarono l'abito eccle-
siastico ed ora si trovano in seminario. Riguardo agli studi è cosa notabile la
riuscita dell'esame di licenza liceale in sul finire dell'anno. A Torino si procede
con molto rigore in questo esame e i tre allievi che si presentarono a subirIo, non
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXVII
solo furono promossi, ma anzi tutti e tre ebbero il primo premio, mentre in ge-
nerale pochissimi sono quelli non costretti a subire una seconda prova.
Ora passiamo dall'ltalia in Francia, ove a Nisza abbianio un collegio. Voi
sapete che dopo la prima partenza di Missionari Don Bosco andò da quelle parti.
Già da qualche anno si trattava di stabilirvi un collegio. Si prese in affitto una
casupola, vi si mandò itn prete Direttore, un chierico per fare scuola, un seco-
lare per la cucina. Si cominciò coll'oratorio festivo, si apri un ospizio per i gio-
vani poveri-e quando ne furono raccolti quattordici, non 5e ne poterono accet-
tare più altri, per la ristrettezza dei locali. Così si andò avanti fino all'agosto o
settembre del 1875, quando col concorso di un gran numero di benefattori, si
potè avere una casa vicino alla piazza d'armi con molte sale, due giardini e cor-
tili. Il busillis stava qui, che quella casa costava circa roo.ooo lire. Come fare a
comprarla, mentre siamo sempre sprowisti di danari? mentre noi andiamo sem-
pre avanti coi debiti, a vapore, puff, p&? Il Superiore non si lasciò spaventare
da questo ostacolo che pareva insuperabile, ma confidò nella Provvidenza, la
quale venne in suo soccorso e la casa fu camperata. Ora va prosperando e i gio-
vani sono già cinquanta. Quaranta dati alle arti e dieci allo studio. Anche di là
uscì qualche contingente per la Congregazione e due 'studenti fecero domanda
per essere accettati come aspiranti. Sono i primi Francesi! Speriamo che il Si-
gnore benedirà i nostri sforzi e potremo fare del gran bene. L'ospizio si chiama
il Patronato di S. Pietro. Potrei contarvi vari episodi, ma per brevità li tralascio
non avendo ora il tempo. Vi sono scuole per gli esterni e diurne e serali e due
oratori. Ciò P una fortuna per quella città, rifugio degli spiantati che là vanno
per cercare lavoro e guadagnar danari, gente che ha poca cura dell'anima propria
e di qitella dei propri figliuoli, che non va alla chiesa e non si prende nessuna
premura di mandare i giovanetti alla scuola e alle istruzioni parrocchiali. Quindi
molti sono i discoli, ed P un gran vantaggio che costoro, i quaii riceverebbero o
nessuna o una cattiva educazione, siano istruiti cristianamente e indirizzati ai
Sacramenti: grande vantaggio non solo per essi, ma anche per la città. I gior-
nali francesi lodano questo collegio, fanno conoscere il benefizio recato dai Sa-
lesiani a Nizza e invitano tutte le città di Francia a procurarsi una casa di Sale-
siani. La settimana scorsa due di questi giornali, levando a cielo i Sdesiani, spar-
sero un casi grande entusiasmo per noi, che Marsiglia, Lione, Bordeaux ed altre
città si fanno uno studio per avere una casa di Salesiani. Alcuni giorni fa una
buona persona scrisse al Direttore una lettera, offrendoci gratuitamente una casa
con vasti locali, caniere, cortile e giardino alla sola condizione di aprirvi un col-
legio.
L'anno scorso il nostro Superiore Don Bosco, ritornando dalla Francia, passò
in Bordighera a Vallecrosia, dove hanno posto piede i protestanti e fanno tanto
danno alle anime. Quivi essi hanno chiese, collegi, scuole. Addolorato. e impen-
sierito il Vescovo di Ventimiglia non sapeva come porre argine a quell'empietà.
Non vi erano più scuole cattoliche. Eravi la parrocchia, ma più nessuno vi andava.
Perciò pregava Don Bosco acciocchP volesse in qualche modo porre rimedio a
tanti mali. E Don Bosco si arrese ed accettò di mettere colà una casa. Si affit-
tarono alcune camerette, povere, basse, che dovevano servire di alloggio ai Sa-
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ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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L'ultima conferenza annuale di S. Francesco
lesiani e di scuola per i ragazzi e per le ragazze; s'improvvisò una Chiesa, ripu-
lendo alla bella meglio due specie di rimesse oon volta molto bassa. Se dovesse
entrami il Vescovo, il quale è di statura ordinaria, non si potrebbe mettere la
mitra in capo. Per mettersela bisognerebbe che fosse dell'altezza di alcuni di
quelli che sono qui (I). Questa ci ricbiama alla memoria la nostra chiesa antica
che occupava i1 luogo del nostro refettorio e la cui volta o soffitto era bassissimo.
Non vi era luogo per le scuole; e se ne fa una in sagrestia e un'altra in chiesa,
separandola con una tenda dal presbiterio. Qui lungo il giorno si fa scuola ai fau-
c i d i e alla sera agli uomini coi baffi. Invitati ai Sacramenti, essi corrispondono.
1 giovani ci vanno volentieri, hanno comodità di confessarsi e se ne promuovono
molti alla santa Comunione. Quest'anno furono promossi quaranta. Le suore
di Maria Ausiliatrice producono anche buoni frutti fra le ragazze. F, con quali
mezzi si mantengono? Sovente mancava vino o pietanza e si disponevano a man-
giare un po' di minestra, talora non ben condita. Alcune volte di questa sola do-
vevano contentarsi. Talora si sente picchiare alla porta. Chi è? Entra una buona
persona che porta un barilotto di vino, dicendo che lo dona di tutto cuore. Di
li a poco ecco un altro che porta un po' di frutta. Si va avanti in questo modo
per mezzo della Provvidenza e noi dobbiamo ringraziarne il Signore. Tutta la
popolazione è molto riconoscente e vuole un gran bene ai Salesiani, manda vo-
lentieri i suoi ragazzi alle nostre scuole, e quando venne a mancare il parroco,
tutti correvano all'unica messa nella nostra povera chiesiiola, stando pigiati
l'uno sovra l'altro fuori della porta. Ho detto Z'ulzica messa, ma alcuna volta
erano due, essendo la seconda celebrata da un prete che in vista della necessità
era mandato da Alassio. Ora le cose sembrano bene avviate. Tanto i ragazzi come
le ragazze non vanno più alle scuole dei protestanti e non ne vogliono più sapere,
eccetto alcuni interni che stanno nel loro collegio e venuti da altri paesi. Ciò forma
la grande nostra consolazione e quella del Vescovo, che è tanto contento e sod-
disfatto di possedere i Salesiani. Ed i protestanti non possono più avere alcuno
o ben pochi alie loro scuole, benche forniscano ai giovani carta, penne, iibri e
tutto ciò che loro fa di bisogno.
A Trinita si è mandato in quest'anno 1876 un prete come Direttore con due
chierici per fare scuola ed un secolare. Tengono oratorio festivo pei ragazzi e
scuola diurna e serale. Molti di quelli che andavano alle scuole del paese, vollero
essere ascritti alle scuole dell'oratorio: quindi si dovettero fare le classi superiori
elementari. Di giorno si fanno le scuole per i più piccoli e alla sera e sul principiar
della notte vi sono, le scuole per gli adulti. Invitati ad accostarsi ai Sacramenti
sorrisposero, e sono l'edificazione del paese. Gli alunni sono tutti esterni, l'Ora-
torio è fiorente, le scuole vanno bene. Avrei ancora da parlarvi degli altri collegi
deli'Italia centrale, ma ce ne parlerà il nostro buon Superiore.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice a Mornese. Quella casa prende uno sviluppo
meraviglioso. Due o tre anni fa le Figlie erano solaniente trenta fra professe,
novizie, postulanti, ed ora sono da 160 a 180. Allora avevano la sola casa di Mor-
- ( I ) A questo punto si Iev6 un bisbiglio generale: Don Paglia1 Don Paglia! - 11 teof.
Paglia infatti aveva una statura che era l'opposto del suo sapere...
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXVII
nese e in qnest'anno sono in sette od otto luoghi; a Torino, a Ln, a Biella, a Lanzo,
a Borgo S. Martino, a Sestri Levante, ad Alassio, a Bordighera, ecc. E questo
istituto potè stiperare molte difficoltà che psesentavano nei collegi la lingeria e
la cucina, mentre le suore fanno dovunque un gran bene fra le ragazze. A Mor-
nese le raccolgono, le istruiscono coi catechismi. L'Educatorio delle alunne in-
terne è abbastanza fiorente, non ostante l'incomodità della via e la distanza daUa
stazione ferroviaria. Sono anche nelle mani dei Salesiani le scuole del paese. Qne-
st'anno per questa parte si ebbe qualche contraddizione; qualcuno cercava di
osteggiare il maestro salesiano: ma tutta la popolazione si levò in nostra difesa
e il parroco dovette far desistere l'oppositore dalle sue pretese e mandare un in-
dirizzo a Don Bosco, pregandolo di mantenere nelle scuole comunali il maestro
e le suore. Don Bosco aderì al loro desiderio. Avrei ancora molte cose da dirvi
sulla virtù delle suore, sulle penitenze che fanno, ma non occorre; ci fanno ricor-
dare gli antichi monaci della Tebaide e di altri deserti.
Ora passiamo a noi. Ci rimane a parlar di Torino. della nostra Casa Madre.
L'Oratorio va progredendo di bene in meglio. Non voglio dir ciò a nostra lode
e ne siano resi a Dio i dovuti ringraziamenti. Quest'anno fra gli studenti furono
coltivate molto le compagnie di San Luigi, del Santissimo Sacramento, dell'Inl-
macolata Concezione. È anche da dire il modo con cui si celebrano le sacre fnn-
zioni. I1 piccolo clero fu numeroso e compieva con decoro le sacre cerimonie. E
ciò f u un gran bene. Molti forestieri venivano apposta nella nostra chiesa per
vedere quei chierichetti e restavano edificati dal loro contegno: per i giovani
servi di grande eccitamento allo stato ecclesiastico.
Molto abbondante fu quest'anno il numero di coloro che indossarono l'abito
ecclesiastico, quantunque la scuola di quinta ginnasiale non fosse tanto nume-
rosa; ma si nianifestarono tante vocazioni, che si scelsero i giovani anche delle
altre scuole e specialmente dall'Opera di Maria Ausitiatrice. Furono circa ot-
tanta.
Gli artigiani qnest'anno fecero due gravi perdite: Don Chiala loro Direttore
e il principale degli assistenti, il chierico Piacentino. Essi cessarono di vivere,
ma non cessò il frutto delle loro opere. Gli artigiani continuano nel fervore che
loro inspirarono quei Superiori e speriamo che coi nuovi catechisti e nuovi assi-
stenti procederanno di bene in meglio. Fra essi sono fiorenti le Compagnie del-
l'Immacolata, di San Giuseppe, oltre le altre conferenze particolari che si fanno
tra gli aspiranti.
Gli ascritti della casa crescono di numero e in quest'anno procedono in ogni
cosa con maggior regolaritii. Erano già prima separati dagli altri di dormitorio,
di studio e di cortile, ora lo sono anche di refettorio. Sono in numero di 140, senza
contare i due di Nizza e alcttui che andarono in America. Don Barberis, loro
maestro, mi ha detto che frequentano i Sacramenti e che è molto soddisfatto
di loro, quantunque si possa desiderare di piìi.
L'Oratorio per gli esterni è molto frequentato, disciplinato e numeroso. Ire
nostre suore di Maria Ausiliatrice aprirono anche un Oratorio per le ragazze e
tante sono quelle che v'intervengono, da non esservi posto sufficientenella Cap-
pella; si dovrà allungare. Prima che venissero le suore, si vedevano contimiamente
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L'ultima conferenza annusle di S. Francesco
in questi prati nioltissinie fanciulle: ed ora non se ne vedc più alcuna. I ragazzi
vanno da una parte ed esse dall'altra.
La nostra Congregazione adunqne progredisce maravigliosamente di giorno
in giorno, in modo che ci fa toccar con mano, essere dessa protetta da Dio. Nelle
persecuzioni e tribolazioni prende sempre un maggior sviluppo. Crebbe il numero
dei Soci, sia professi perpetui che triennali, e specialmelite ascritti. Vi è maggior
regolarità sia spirituale come temporale. Il numero dei giovani che escono dalla
Congregazione è assai inferiore agli altri anni: ciò riguardo agli ascritti e professi
triennali, che dei professi perpetui, ringraziando il Signore, non è ancora uscito
alcuno da che questa venne fondata e speriamo che non ve ne saranno mai e
poi mai.
Concludendo vi dirò: ringraziamo Iddio e facciamo quanto possiamo per
corrispondere col fervore, colla nostra condotta, coll'esatto adempimento deiie
regole, alla particolare protezione di Maria SS. Ausiliatrice verso di noi. Si può
dire che il Signore porta sulle sue braccia la Congregazione, dandole tutti gli aiuti
che le abbisognano per farla prosperare.
Appena Don Rua ebbe terminato, sorse a parlare Don Bosco,
il quale espose così la parte assunta.
Io vi tratterrò più poco, perchè non voglio prolnrigar di troppo questa con-
ferenza. Sarebbe ancora da parlarsi dell'oratorio di San Luigi e di San Giuseppe
e degli istituti del Refngio e di San Pietro, dove si va a prestar servigio. Ma pas-
siamo di volo in America. Di quelle case si parlò già altre volte e siccome le let-
tere dei Missionari si stampano, così sarebbe inutile parlarne. Le ultime notizie
sono: si stabili un collegio a Montevideo, dove non vi sono nè seminari, nè chie-
rici, nè collegi cattolici. E un vero caos, tanto la repubblica come la capitale.
Chi volesse dare un'edncazione cristiana a suo figlio, doveva inviarlo qui a Val-
salice e in altri collegi d'Europa. Don Lasagna è Direttore di questo collegio, che
fu chiamato coiiegio Pio, il primo in America consecrato alla gloria di Pio IX.
Si prese anche a funzionare una chiesa annessa al collegio per uso degli alunni,
e dei forestieri di quelle ville attigue, perchè il collegio si trova alquanto fuori
di città. Alla domenica specialmente vi è grande afftuenza. Ne speriamo molto
bene! Si cominciarono le scuole anche a beneficio dei poveri come esterni: e pei
convittori. Erano dieci i Salesiani, ma non bastando, se ne dovettero mandare
altri da San Nicolas e da Buenos Aires per aiutarli. Di mano in mano che avremo
notizie ve le comunicheremo.
Da Montevideo con quindici ore di vapore pel gran fiume della Plata si va
a Buenos Aires, capitale della Repubblica 4rgentina. si incominciò ad ammi-
nistrare la chiesa della Misericordia e si fa una vera missione, funzionando, fa-
cendo catechismi, prediche, ecc. per i fanciulli e per gli adulti, e tutti gli altri
esercizi di pietà. Nacque anche necessità di aprire un ospizio per i poveri ragazzi
e si aprirono due oratorii festivi.
A S. Nicol4s il collegio che si è aperto, prese già un grande sviluppo e in soli
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Capo XXVII
sette od otto mesi contava 140 allievi. Inoltre si funziona una chiesa pubblica,
ove à w i comodità di assistere alle sacre funzioni e di accostarsi ai Santi Sacra-
menti. I nostri preti mentre prestano servizio alla loro chiesa ed al collegio, aiu-
tano in parrocchia e altrove per le predicazioni, le confessioni e colla celebrazione
lella santa Messa.
A Buenos Aires si dovrà prendere la direzione di una parrocchia in un sito
'hiamato la Bocca del diavolo, cosi detto perchè là arrivano tutte le cose di malo
augurio e vi è il centro della framassoneria. Vi saranno però difficoltà per chi vi
si dovrà stabilire.
Si tratta ora d'iniziare una missione nella Patagonia, dove, come vi 6 noto,
vi sono i selvaggi. Alcuni di questi furono già accolti in collegio. Ami Don Ca-
gliero, quando ritornerà, ci condurrà qui qualche Patagoue e se ne vedrà la fi-
sonomia, il colore, l'indole. Si dovrà anche prendere un Vicariato Apostolico.
Chi saranno qitei coraggiosi che vorranno andare là? Si vedrà. Già molti do-
mandano di essere i primi ad arrischiarsi in quei luoghi per portare la santa
religione a quei popoli. Io lodo molto la loro buona volontà e il loro coraggio;
tuttavia è mio desiderio, anzi è mio dovere di procedere con cautela.
Debbo ancora dirvi che da tutte parti del nuovo mondo abbiamo gran quan-
tità di domande, perchè stabiliamo altre case. A Santiago, capitale del Chili, ci
offrono l'amministrazione di un ospizio. Vi è pure domanda di prendere la dire-
zione di un seminario a Concezione, ultima città verso la Patagonia. Il Municipio
appoggia la domanda, pronto a soccorrerci. Nel Paraguay, nel Brasile ed altrove
ci aspettano, perchè andiamo a stabiiire collegi, seminari, ospizi. Le cose in Ame-
rica sono ad un punto da non poter desiderare nulla di più. Noi perb dobbiamo
aspettare di avere maggiori mezzi e maggiori forze. Don Ceccarelli scrisse una
lettera nella quale diceva: la Congregazione Salesiana essere veramente bene-
detta dal Signore, perchè in soli quattro mesi ha fatto in America quello che le
altre Congrega~ionhi anno fatto in quattro secoli. $ un'espressione che io non vo-
leva manifestarvi, ma io ve la dico perchè può essere un eccitamento a far pro-
gredire con maggior coraggio l'opera incominciata. Facciamoci animo, che Dio
benedice i nostri sforzi, ma vuole corrispondenza, come dice S. Paolo.
Ed ora veniamo in Italia. Di questi giorni fui a Roma. Mi dicevano che in
quei luoghi la gioventù è diversa dalla nostra, che non è possibile avvicinarsi ai
fanciulli, che non si sarebbe potuto stabilire gli oratotii o almeno non certamente
simili a quello di Torino. Sarà un miracolo, ma ad Ariccia si aprirono le scuole
elementari, che prima erano in mano dei protestanti, per desiderio e istanze delle
autorità del luogo e del Santo Padre. Le nostre scuole diurne divennero frequen-
tatissime; i protestanti si misero disperatamente a fare scuola privata, e per
avere discepoli davano gratuitamente ai giovani ogni cosa; carta, penne, libri,
quaderni. Contuttociò aUe loro scuole avevano pochi o nessuno. Quando io ar-
rivai là, anche quei pochi abbatidonarono i maestri dell'errore con mia grande
consolazione, e li lasciarono intieramente. Se si continua cosl, i protestanti fa-
ranno bancarotta in poco tempo. F non solo sono frequentate le scuole diurne,
ma ben anche le serali per gli adulti, e apriremd anche l'oratorio festivo, ed i
protestanti facciano pure ciò che vogliono.
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32.1 Page 311

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L'ultima conferenza annunle di S. I*rnncesco
Ad Albano abbiamo anche da far scuola pel ginnasio municipale o piccolo
seminario, e tutti sono così affezionati ai Salesiani e di essi così soddisfatti, che
non si può desiderare di più. Quei chierici al mio arrivo, per prima cosa, mi do-
mandarono tutti in corpo di confessarsi, e andato in casa, trovo nna deputazione
di studenti esterni per ottenere di confessarsi tutti da me. Ed io confessai dal
mattino prestissimo fino alle 12 e sempre in modo soddisfacente, senza che io
avessi nuiia da aggiungere, come faccio qui. Alcuni erano venuti per confessarsi
fino dalle h del mattino e venne il loro turno alle 12,aspettando con una pazienza
ammirabile. Era impossibile il fare di più. E qui, oltre questo ginnasio pubblico,
il Municipio fa istanze, acciocchè vi sia anche un convitto per gli esterni e per
convittori e abbiamo visitato un locale che s&à preparato per questo fine. I1
Cardinale Iii Pietro, Vescovo di Albano, offre il suo Sen~inarioai Salesiani, fa-
cendo vedere che vi sarebbe messe copiosa. Sa che da noi non si vogliono danari,
ina fatiche.
A due ore di vapore da Roma verso la Toscana dalla parte opposta di Al-
bauo ed Ariccia, si trova la città di Magliano, luogo decantato per immoralità
da non potersi dire di più. Anche là io vidi giovani docili e rispettosi ed afìinchè
non fuggissi da loro senza confessarli,pregarono il Direttore che non mi lasciasse
andar via, ed il Vescovo, quando io era per partire, veFne ad invitarmi perchè
confessassi gli esterni e gli interni. Ed io dovetti ritornar e contentarli tutti.
Questa fu la causa che ritardò il mio arrivo di qualche giorno. Quei chierici chie-
dono tutti in corpo di farsi Salesiani. I1 Rettore del Seminario mi porse tre do-
mande per sè, per il direttore spirituale e per l'economo, desiderosi di farsi Sa-
lesiani e furono ricevuti come ascritti (I). Ma noi vogliamo andare adagio, con
cautela e prudenza, per non danneggiare la diocesi e per non far gridare la gente.
Quando si manifesteranno più chiare le vocazioni, vedrassi se si dovranno ac-
cettare. Nei paesi vicini a Roma vi è anche grande entusiasmo per i Salesiani,
iinperciocchè tutti domandano i nostri collegi. Se non ci mancasse personale e
accettassi tutte le proposte, prima dei Santi avrei più di venti nuovi collegi.
Tuttavia si accettò la cura dei Concettini, Ordine fondato da Pio IX venti
anni fa e che più non potrebbe sussistere a lungo senza essere da altri aiutato.
Cosl volle il S. Padre e noi abbiamo fatto questo sacrifizio. Le cose sono già bene
avviate; tutto è aggiustato; il Direttore è a posto; il Papa stesso ci offre venti-
mila lire.
L'anno scorso, se vi ricordate, Don Bosco disse che passato Sanno, sarebbe
avvenuto qualche cosa di straordinario. Si sarebbero gettati i primi germi di
qualche opera che avrebbe prodotto gran bene. Ciò dissi nella conferenza generale.
Qualcuno mi chiedeva spiegazioni. Diciamo su questo alcune parole. Ecco. Sono
due cose. Una è L'impianto a Roma di alcune nostre case. Dappxima si presen-
tavano grandi dilìicolt&.I1 Signore dispose gli awenimenti in modo straordinario
e tolti gli ostacoli, si farà del bene. Pio IX volle che si prendessero le scuole di
( I ) Rettore del Seminario era il canonico Francesco Rebaudi e direttore spirituale il
canonico Antonio Pagani. Edificati dalla condotta di Don Daghero e di Don Giacomuzzi.
avevano fatto domanda di entrare nella Congregazione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

32.2 Page 312

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Ariccia, di Albano e di Magliano. E con quali nostre spese? Con niente! Tutto
ci fu proweduto e vitto ed alloggio: il solo corredo personale fu a nostro carico.
Sianio andati senza un soldo e le spese furono fatte dal Santo Padre e dal Muni-
cipio. Già Don Scappini è andato a prendere la direzione dei Concettini, ed altri
Salesiani saranno mandati in suo aiuto. Oggi stesso abbiamo un'altra domanda
da Roma per aprire altra casa e si può dire che la Congregazione P stabilita re-
golarmente in Roma.
I1 Santo Padre concesse che uno dei nostri sacerdoti che sarà stabilito in
Roma, possa una volta al mese aver diretta udienza da lui, favore finora non
concesso ad alcun altro (I).
Sono anche iniziate le pratiche per l'India e per SAnstralia: io debbo pre-
parare i1 personale, ma c'è ancor tempo (2).
La seconda di quelle opere che doveva mettere un senie, è l'Opera dei Coo-
peratori Salesiani. Essa è appena incominciata e già molti vi sono ascritti. Lo
scopo è un vicendevole aiuto spirituale e morale non solo, ma anche materiale.
Se ne vedrà il grande sviluppo. Non andrà molto che si vedranno popolazioni
e città intiere unite nel Signore in vincolo spirituale colla Congregazione Sale-
siana. Riguardo al materiale si souo disposte e si manterranno le cose in modo
che non si dovrà dipendere da alcuna autorità, eccetto da quella spirituale del
Sommo Pontefice. Non in modo però che si venga ad urtare coi Vescovi, o colle
autorita sefolari. I1 Sindaco di Magliano, cavaliere ricchissimo, il pii1 ricco di
quei paesi, liberale aperto, volle anch'egli farsi cooperatore salesiauo, dicendo
che questa è un'opera divina. Ciò che fece il Sindaco, vollero anche fare molti
altri: ma bisogna procedere con molta prudenza e a rilento nel ricevere quelli
che desiderano il diploma.
Si P stabilito, a questo proposito, di stampare un Boilettino che sarà come il
giornale della Congregazione, perchè sono molte le cose che si dovranno comu-
nicare ai detti Cooperatori. Sarà un Bollettino periodico, come un legame fra i
Cooperatori e Confrateili salesiani. Io spero che se corrispondiamo al volere di
Dio, non passeranno molti anni che le città e le popolazioni intiere non si distin-
gueranno dai Salesiani che per le abitazioni. Se ora sono cento Cooperatori, il
loro numero ascenderà a migliaia e a migliaia, e se ora siamo mille, allora saremo
milioni, procurando di accettare ed iscrivere quelli che souo più adattati. Spero
che questo sarà il volere del Signore.
Cerchiamo di far conoscere quest'opera: essa P voluta da Dio. Deil'Opera
di Maria Ausiliatrice già si parlò. Vorrei che queste cose, che si sono dette, fos-
sero ascoltate da tutti gli altri Confrateili ed anche dai giovani nostri. Ma non
essendo essi tutti presenti, mi raccomando ai Direttori perchè espongano toro
quanto io ho detto, in qualche conferenza o in altro modo, in breve oppure più
in lungo, riguardo alia Congregazione, alle nostie cose, alle Missioni e ai Coope-
( i ) Allude a Don Scappini, direttore spirituale dei Ccncezionisti o Concettini. I1 Papa
lo voleva vedere di quando in quando, perchè s'interessava personalmente di queli'Isti-
tuto. Se ne dirà qualche cosa nel capo XXXIII.
(2) Per queste terre lontane non s'sndò oltre a pii desideri di zelanti personaggi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

32.3 Page 313

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L'ultima conferenza mnuale di S. France~co
ratori salesiani. Si dica che noi Salesiani siamo uomini miserabili, ma che siamo
strumenti di Dio, che le cose da noi dirette sono favorite dal Signore. Queste
cose se non le vedessimo, ci parrebbero favole, e sono fatti. Gli uomini non pos-
sono far tanto; Iddio ne è il facitore. Si serve di noi per eseguire i suoi santi voleri,
per compiere i suoi disegni. E ci benedirà.
Ed ora che cosa adunque dobbiamo noi fare? Una cosa sola!
11 Santo Pontefice quando mi ricevette nella sua camera stando in letto,
poichè era ammalato, mi espresse vari sentimenti fra i quali mi disse le seguenti
cose: - Andate: scrivete ai vostri figli, e cominciate a dire ora e ripetete sempre,
che non dvvi dubbio la mano di Dio essere quella che guida la vostra Congregazione.
Pesa però su di voi una grande responsabilità, e voi dovete corrispondere a tanta
grazia. M a io vi dico a nome di Dio, che se voi corrisponderete al divino aiuto col
vostro buon esempio, se voi promuoverete lo spirito d i pietà, se voi promuover& lo
spirito di mralità e specialmente quello della castità, se questo spirito rimarrà i n
voi, avrete coadiutori, cooperatori, ministri zelanti, vedrete centuplicarsi le voca-
zioni religiose, sia per voi, per la vostra Congregazione, come per gli altri Ordini
religiosi ed anche per le diocesi, che non mancheranno di buoni ministri, i quali
faranno molto del bene. l o credo di svelarvi u n mistero! I o sono certo che questa
Congregazione sia stata suscitata i n questi tempi dalla Divina Provvidenza per
mostrare la potenza di Dio: sono certo che Dio ha voluto tenere nascosto &o al $re-
sente u n importante segreto, sconosciuto a tanti secoli ed a tante altre Congregazioni
passute. La vostra Congregazione è la prima nella Chiesa, di genere nuovo, fatta
sorgere i n questi tempi in nraniera che ;bassa essere Ordine religioso e secolare, che
abbia voto di povertà ed insieme possedere,' che partecipi del' mondo e del chiostro,
i cui membri siano religiosi e secolari, clazcst~alie liberi cittadini. I l Signore ciò
manifestò ai giorni nostri e questo io voglio svelarvi. La Congregazione fu istitzcita
afinchè nel mondo, che, secondo l'espressione del S. Vangelo, in maligno positus est,
si desse gloria a Dio. FZListitnita perchè si vegga e vi sia il modo di dare a Dio quello
che è di Dio, a Cesare quel che è di Cesave, secondo quello che disse Gesh Crist? a'
suoi tempi: Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio. E vi
predico, e voi scrivetelo ai vostri figliuoli, che la Congregazione fiorirà, si dilaterà
miracolosamente, durerà nei secoli venturi e troverà sempre dei coaditttori e dei coo-
peratori, b$no a tanto che cercherà di promuovere lo spirito di pietà e di religione,
ma specialmente di moralità e di castità. Io avrei, continuava il S. Padre, ancora
altre cose a dirvi, ma mi trovo stanco. Raccontatemi voi qualche storiella. -.
Quindi passammo a parlare di altre cose.
Ora mi raccomando a qualcheduno di voi che abbia buona memoria, perchè
raccolga in iscritto quello che ho detto; io questo scritto lo rivedrò volentieri,
vi aggiungerò ancora qualche piccola cosa, e questo si terrà come un memoriale
di gran conto per la Congregazione.
Ma non si dimentichi mai di custodire gelosamente la moralità. La gloria
della nostra Congregazione consiste neiia moralità. Sarebbe una sventura, si
offuscherebbe questa gloria, qualora i Salesiani degenerassero. I1 Signore disper-
derebbe, dissiperebbe la Congregazione, se noi venissimo meno nella castità.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

32.4 Page 314

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capo XXVII
questa un balsamo da spargersi fra tutti i popoli, da promuoversi in tutti gli in-
dividui, essa è il centro d'ogni virtù.
Ora non mi resta che da rallegrarmi nel Signore, perchè con tante spese
siamo quasi senza debiti, e pel momento non abbiamo alcuna spesa che sia di
premura. È cosa che ci deve cagionare una grande e riconoscente consolazione.
Debbo rallegrami con voi che lavorate e che avete lavorato, e che manterrete
ferma la volontà di continuar nel lavoro. Debbo ringraziare &ria Santissima
che sempre ci ha assistiti. Io come Superiore della Congregazione ringrazio i Di-
rettori delle fatiche personali e niorali. Dico ad essi: portate in ciascuna casa
queste mie parole di riconoscenza, i miei ringraziamenti; e dite a tutti che io sono
soddisfatto di loro, che il loro padre non è indifferenteper qiiello che essi h a n n ~
operato e sofferto;dite loro che esso si raccomanda nello stesso tempo, affinchè
tutti vogliano prestare l'obolo del sacrifizio delle loro forze, che li prega ad unirci
tutti insieme per il guadagno delle anime nostre ed altrui: ad aumentare nel
cuore la pietà e la virtù, per accrescere il numero dei Salesiani e il numero di co-
loro che poi ritroveremo nel regno della gloria.
Le altre volte quest'adunanza generale poneva termine alle
conferenze; allora invece queste proseguirono e se ne tennero
ancora quattro.
Nel giorno 7 alla prima riunione presiedette Don Rua. Og-
getto precipuo era di stabilire quale fosse il tempo migliore e
come si dovesse fare la scelta dei predicatori per gli esercizi spi-
rituali dei giovani nei collegi durante quell'anno scolastico. Quanta
importanza si attribuiva a questa pratica! Don Rua quindi sug-
gerì varie norme utili a ottenere che tali esercizi sortissero gli
effetti desiderati. La seconda riunione venne presieduta dal Santo.
Esaminata la proposta di mandare Salesiani alla direzione delt'o-
spedale della Consolazione in Roma, come n'era stato richiesto,
raccontò un sogno fatto nella notte antecedente e riferentesi in
modo abbastanza palese alla morte di Pio IX. Il Santo Pontefice
mori precisamente nella notte sul 7 febbraio dell'anno dopo e
propr?o nell'ora prevista: queste due cose però gli uditori non
poterono comprenderle allora, ma le rilevarono solo #est factum.
Nel giorno 8 Don Bosco fece appena una comparsa al termine
dell'adunanza serale ed ultima. Mattino e sera la massima parte
del tempo fu spesa nella lettura e discussione del Regolamento
per i collegi. Un testo era già stato presentato nelle conferenze
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

32.5 Page 315

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L'ultima conferenza onnuole di S. Francesco
del 1876 e poi rielaborato dopo le osservazioni fatte; ora s'intro-
dussero altre modificazioni e aggiunte. Una cura speciale si pose
nel formulare certe prescrizioni in modo, che non apparisse mai
coartata la libertà e menomata l'autorità del Direttore. Non già
che si volesse assegnare al Direttore un potere senza limiti; ma
poichè quel Regolamento sarebbe corso per le mani di tutti i
Confratelli e sarebbe stato letto anche ai giovani, parve bene
far-si che in nulla apparisse menomato il prestigio del Direttore
di fronte ai subalterni. L'assemblea ritenne che e dalle Regole
della Congregazione e dalle comunicazioni confidenziali fatte
abitualmente ai Direttori, questi avrebbero conosciuto abba-
stanza i giusti limiti della loro autorità senza che occorresse farne
esplicite menzioni nel Regolamento. E uno di questi limiti il
Capitolo Superiore raccomandò che fosse nel rispettare le dispo-
sizioni capitolari circa gli uffici assegnati al personale; poichè
allora i Confratelli ricevevano l'obbedienza direttamente dal Con-
sigliere Scolastico Generale, d'intesa col Capitolo. Quindi soltanto
in caso di assoluta necessità si cambiassero le occupazioni asse-
gnate, ma se ne desse tosto avviso al Superiore.
Don Bosco aveva manifestato il desiderio che prima di chiu-
dere si consacrasse un po' di tempo allo studio dei mezzi, con
cui tenere alto lo spirito di moralità nelle case salesiane tanto
fra i giovani che fra i Soci. Questo argomento fu oggetto di esame
al finire dell'ultima rivnicne. I convenuti adunque si trovarono
tutti d'accordo sulia convenienza di matenersi ben solidali in-
torno agli otto punti seguenti:
IO Trattare i giovani con bontà per averne la confidenza.
20 Fare ogni sacrificio per bene assisterli e vigilarli.
30 Notarsi i posti occupati dai singoli allievi in dormitorio,
in scuola, nel refettorio e nello studio.
40 Ogni notte fare un'ispezione nei dormitori.
50 Al passeggio andare a tre a tre, p011 fare fermate e non
dare mai licenza di allontanarsi dai compagni.
60 Raccomandare ai giovani che a titolo di buona creanza
tenessero le mani sul banco nella scuola e nello studio.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

32.6 Page 316

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Capo XXVU
70 Rendere animata la ricreazione mediante quei giuochi che
ai giovani tornano più graditi.
80 Non prolungare troppo il tempo di studio per i piccoli
e per coloro che hanno meno da fare.
Stava per finire la fruttuosa discussione, quando entrò nella
sala Don Bosco, il quale, udito di che si trattava, disse anche
lui la sua parola: una parola molto pratica, secondo il suo co-
stume. Agli otto punti fissati ne aggiunse un nono per i Conira-
telli: grande temperanza nel mangiare carne e nel bere vino.
A1.l'eccesso nell'uso della carne e del vino egli attribuì l'immora-
lità che regna in qualche paese. Chi mangia di magro, essere di
gran lunga più libero da certi fastidi spirituali; giovar pure a sif-
fatta libertà l'astenersi da cibi di difficile digestione e dalle carni
salate, perchè eccitanti; la Chiesa, quando raccomanda la peni-
tenza, vietare per prima cosa le carni. Poi, elevando il suo dire,
proseguì: «Badate che &ora quello che tenne su le nostre case,
è stata la persuasione che tutti hanno della nostra sicura mora-
lità, superiore a ogni accusa. Questo sarà vero sempre? E la fama
dice il vero? Attenti! Finora è stato Dio che ci ha difesi. Le cause
dei pericoli altre sono interne, altre esterne. La frequente con-
fessione e comunione, la regolare vigilanza di chi deve assistere
saranno grandi mezzi preventivi. Possono succedere disordini,
ma sempre riparabili. L'assistenza sia solidale; nessuno se ne
creda dispensato, quando si tratta d'impedire l'offesa di Dio.
E poi, mezzi per non cadere siano la fuga dell'ozio e l'evitare
amicizie particolari. Sia pure uno superiore, sia pure attempato,
non importa: non c'è età nè santità passata che valga contro le
insidie di questo nemico. Anzi, quanto più l'età è avanzata, tanto
più raffinata è la malizia. Anche quel posto che si occupa vicino
a quel tale può essere pericoloso. Si comincia con regalucci di
croci, d'immagini; poi vengono i buoni consigli e poi... e poi
avanti! Non si conducano mai i giovani in camera. I giovani
osservano molto. Certuni sono guasti, hanno letto libri cattivi,
nulla sfugge loro di quello che fanno i Superiori, e guai se uno
viene incolpato! Insomma, aut nulIum aut omses pariter dilige.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

32.7 Page 317

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L'ultima conferenza annuale di S.Francesco
Il lavoro è anch'esso una grande salvaguardia. Qualcheduno mi
disse: -Ma non faccia lavorare tanto i suoi preti! -Eh! il prete
o muore per il lavoro o muore per il vizio >>T. erminò con la rac-
comandazione a lui familiare di curare assai le vocazioni, sug-
gerendo tre mezzi: parlare spesso di vocazione, discòrrere molto
delle Missioni, far leggere le lettere dei Missionari.
Prima di separarsi ogni Direttore aveva poi ancora da Don
Bosco una parola speciale di consiglio o d'incoraggiamento, sic-
chè tutti partivano illuminati, animati e pieni di fiducia nell'av-
venire della Congregazione. Inoltre, quel vedere come Don Bo-
sco non avesse per loro segreti, li affezionava sempre più alla
sua persona e alle sue opere con vantaggio incalcolabile della
solidarietà, fondamento dell'unione che fa la forza.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

32.8 Page 318

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CAPO XXVIII
I1 primo Capitolo Generale.
I1 Capitolo Generale, che presentemente viene convocato ogni
sei anni, fino al 1904 si radunava ogni tre. L'obbligo di tenerlo
incominciò dopo l'approvazione dejinitiva delle Regole, sicchè la
data del primo cadde nel 1877. Spetta al Capitolo Generale eleg-
gere il Rettor Maggiore, trattare delle cose che più interessano
la Società e provvedere ai bisogni di essa anche in riguardo alle
esigenze dei tempi e dei luoghi. Quanto ai componenti, le Re-
gole stabilivano che per l'elezione del Rettor Maggiore dessero
il voto i membri del Capitolo Superiore, i Direttori deiie case e
un rappresentante di ogni casa eletto dai professi perpetui della
medesima; invece, dove si parlava dei Capitoli triennali, nell'edi-
zione latina non si faceva menzione della loro composizione,
mentre nella traduzione italiana una postilla diceva: 4 Il Capi-
tolo Generale è composto dai membri del Capitolo Superiore e
dai Direttori delle case particolari>>S. econdo questa norma fu
costituito il primo Capitolo Generale, che approvò la postilla,
aggiungendovi gi'Ispettori (I).
Veramente gl'Ispettori al tempo del primo Capitolo Generale
erano ancora i ~ pz ectore. Fino al 1876 le case non avevano fra
loro alcun legame, ma dipendevano tutte direttamente dal Ca-
pitolo Superiore. Nel 1877 compaiono neli'hnuario una " Pro-
vincia Romana " e una " Provincia Americana "; ma solo per
quest'ultima è registrato un " Ispettore delllAmerica Meridio-
(1) Regole. IX, 4 e n. all'a. 3; VI, 3. Fdiz. 1885.
308
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

32.9 Page 319

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Primo Capitolo Generale
nale " nella persona di Don Cagliero. Nel 1878 la ripartizione di
case in " Ispettorie ", non più " Province ", si allarga con i'ag-
giunta di un' " Ispettoria Piemontese " e di un' " Ispettoria Li-
gure "; ma i nomi di tutti gl'Ispettori non cominciano a figurare
se non nell'Annuario del 1879. I1 regime ispettoriale ebbe inizio
il 7 febbraio di quell'anno, quando il Capitolo Superiore nominò
gl'Ispettori e cioè Don Francesia per 1'Ispettoria Piemontese
con sede nella Casa Madre di Torino (I), per la Ligure, compren-
dente anche la casa di Nizza Mare, Don Cerruti con sede in Alas-
sio, per la Romana il Direttore di Albano Don Monateri col ti-
tolo di Vice-ispettore, per l'Americana Don Bodrato con sede
in Buenos Aires. Ritorneremo sull'argomento in questo capo me-
desimo.
Nel primo Capitolo Generale convennero così 23 Capitolari,
cioè i sette membri del Capitolo Superiore, quattordici Diret-
tori, più Don Belmonte e Don Berto, che non sappiamo bene per
qual titolo vi fossero chiamati. 7$, probabile che Don Belmonte
vi fosse ammesso, perchè già designato Direttore del collegio
di Borgo S. Martino, nel quale col nuovo anno scolastico 1877-78
doveva succedere a Don Bonetti. Nel corso delle discussioni fu-
rono pure invitati a varie sedute come consultori Don Leveratto,
Prefetto del collegio di Borgo S. Martino, Don Pagani, Diret-
tore spirituale nel seminario di Magliano Sabino, il coadiutore
Giuseppe Rossi e il Conte, allora "abate" Carlo Cays di Giletta e
Casellette, dottore in ambe le leggi, già presidente del Consiglio
superiore delle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli nella provin-
cia di Torino, già Deputato al Parlamento Subalpino, e alcuni
altri.
Questo curriculum vitae dell'ultimo nominato si legge dopo
l'elenco ufficiale dei Capitolari nella nota dei consultori. Detto
elenco fa parte dei verbali. A ogni nome e cognome seguono i
gradi gerarchici e i titoli culturali e accademici. NeUa mente di
Don Bosco tali ifidicazioni dovevano documentare la maturità
( I ) Don Prancesia per6 doveva continuare a reggere il collegio di Varazze.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

32.10 Page 320

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della Congregazione di fronte ai posteri, non che agli occhi di
quei contemporanei, che, specialmente a Torino e a Roma, ve-
devano nei Salesiani un'accolta di brava gente, ma poco istruita
e buona soltanto a fare del chiasso (I).
Singolare vocazione quella del Conte Cays! Oriundo da fa-
miglia nizzarda di antica nobiltà, laureatosi a Torino in giuri-
sprudenza e rimasto vedovo con un figlio dopo otto anni di ma-
trimonio, si fece padre dei poveri. Fu uno di quei nobili torinesi
che cooperarono con Don Bosco nel beneficare moralmente e
( L ) Ecco l'elenco dei Capitolari con gli annessi e connessi:
10 Sac. D. GIOVANNBI osco. fondatore e Rettor Maggiore della Congregazione; autore di
molti libri pubblicati a benefizio specialmente della gioventù.
zo Sac: MICHELERUA, Prefetto della Congregazione, professore di rettorica.
3 O Sac. GIOVANNCI AGLIEROC, atechista della Congregazione, dottore in teologia, celebre
maestro e compositore di opere musicali ed Ispettore delle case dell'America del Sud.
40 Sac. CARLOGHIVARELLOE.conomo della Congregazione, maestro ed inventore di pa-
recchi attrezzi di fisica e di meccanica.
50 Sac. CELESTXNDOURANDOC,onsigliere scolastico della Congregazione. professore e au-
tore di varie opere letterarie.
60 Sac. GIUSEPPS LAZZEROC,onsigliere del Capitolo Superiore, Direttore della casa deli'O-
ratorio di S. Francesco di Sales.
7Q Sac. ANroNIo SALA,Consigliere del Capitolo Superiore ed economo della casa di Torino.
80 Sac. GIOVANNIB v N m I , Direttore del collegio di Borgo San Martino, professore di gin-
nasio, autore di varie produzioni letterarie.
go Sac, GIOVANNFIRANCESI&D. irettore del collegio di Varaize, dottore in lettere. commen-
tatore di Dante.
lo0 Sac. i?nn~CEscoCERRUTI,Direttore del collegio di Alassio. dottore in lettere. autore di
varie opere scolastiche.
I 10 Sac. GIOVANNLIEMOYNED, irettore del collegio di Lanzo Torinese. licenziato in teologia,
autore di varie produzioni a pro della gioventu e del popolo.
izc Sac. PAOLOALBERAD. irettore dell'ospizio di S. Vincenzo in Sampierdarena, professore
di ginnasio.
i 3 0 Sac. FRANCESCDOAZMAZZOD,irettore del collegio di Valsalice, dottore in lettere.
i40 Sac. GIUSEPPERONCXAILD.irettore del Patronage St-Pierre in Nizza, professore d i fran-
cese e di ginnasio.
150 Sac. GIACOMOCOSTAMAGNDA,irettore delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Mornese,
maestro e compositore di varie opere musicali.
160 Sec. NICOLAOCrsnnnro, Direttore delle scuole di Maria Ausiliatrice in Torrione Val-
crosia (Ventimiglia).
170 Sac. LUIGI G U A N E ~ DAi,rettore delle scuole ed oratorio in Trinitsi presso Mondovi.
180 Sac. GIUSEPPESCAPPIN~D,,irettore spirituale dei Concettini in Roma.
190 Sac. GIUSEPPEMONATERID, irettore del ginnasio di Albano Laziale, professore di gin-
nasio.
2.0 Sac. GIUSEPPEDAGBEROp,rofessore nel seminario di Magliano Sabino, dottore in lettere.
210 Sac. DOMENICOBELMONTEp.rofessore di fisica e storia naturale nel liceo di Alassio.
2.0 Sac. GIULIOBARBERISD, irettore del Noviziato, dottore in teologia, autore di varie opere
letterarie.
2so Sac. GIOACHINOBERTO,Segretario di D. Bosco ed Archivista della Congregazione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

33 Pages 321-330

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33.1 Page 321

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Prtrno Capitolo Generale
materialmente i figli del popolo, prestandosi anche a insegnare
la dottrina cristiana ne' suoi tre oratori festivi. Godette la bene-
volenza del Re e della famiglia reale, che durante il colera del
1834 andarono ad abitare nel suo montano castello di Casellette.
Deputato al Parlamento nella sesta legislatura dal 1857 al 1860,
difese a viso aperto i sacri principi e diritti deUa Chiesa. Ma
quando la politica si orientò in senso contrario a' suoi sentimenti
cattolici, se ne appartò, dedicandosi tutto a opere di carità e
di religione. Una giovanile aspirazione a lasciare il mondo per
abbracciare lo stato religioso gli si ridestò in cuore verso il 1877.
La sua mente a poco a poco si fissò sulla Società Salesiana. Don
Bosco non gli nascose le difficoltà che avrebbe incontrate in que-
sto genere di vita; ma, vedendolo risoluto e conoscendone la
virtù, non lo respinse: gli consigliò alcuni giorni di ritiro e di pre-
ghiera durante la imminente novena di Maria Ausiliatrice per
pensarci meglio.
Qui mi sembra il luogo opportuno per consegnare alla sto-
ria una pagina tramandataci da Don Barberis (I). Un giorno
Don Bosco disse conversando: Tutte le altre Congregazioni nel
loro cominciare ebbero aiuti di persone dotte e intelligenti, che,
facendone parte, aiutavano il fondatore o piuttosto si associa-
vano a lui. Fra noi, no; sono tutti allievi di Don Bosco. Questo
mi costò un lavoro faticosissimo e continuo di circa trent'anni,
con il vantaggio però, che, essendo stati tutti educati da Don
Bosco, ne hanno i medesimi metodi e sistemi. Coloro che entra-
vano nelle altre Congregazioni ad aiutare i fondatori, mentre
cooperavano, essendo già essi formati a loro modo e non poten-
dosi gli uomini spogliare in tutto del loro vecchio Adamo quando
sono a una certa età, creavano una certa eterogeneità di elementi,
che finiva con essere esiziale allJOrdine. Pra noi non è ancora
entrato uno di famiglia nobile o molto ricco o di grande scienza;
tutto quello che si fece e s'imparò, s'imparò e si fece qui. Non
capirà l'importanza di questo punto chi non abbia meditato che
( I ) BARBERIS,CI^. CC:., 17 maggio 1876.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

33.2 Page 322

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Cato XXVIII
cosa siano le Congregazioni o gli Ordini religiosi; ma chi riflette
bene sulle cause di decadimento dei vari Ordini e sull'origiue di
varie scissioni, a cui tanti Ordini andarono soggetti, troverà che
questo avveniva per mancanza d'omogeneità fin dal principio
della fondazione>. Sgli stesso per altro accettò uomini fatti e
nobili autentici; ma furono pochissimi e a lui ben noti e dei
quali poteva essere più che sicuro. Così parlando, si preoccupava
deU'awenire, allorchè cominciassero per avventura a entrare
adulti o doviziosi o aristocratici, e voleva mettere sull'avviso.
Dopo l'accennato ritiro spirituale il Conte si recò da Don Bo-
sco per esporgli lo stato dell'animo suo, in fondo al quale rima-
neva un po' di titubanza. Era il 23 maggio del 1877. Mentre
aspettava nell'anticamera, entrò dal Servo di Dio una madre,
portapdo quasi di peso la figlia assai malata, affinchè ne rice-
vesse la benedizione. I1 Conte pensò fra sè e sè: - Qualora que-
sta fanciulla uscisse guarita, riterrei il fatto come segno che la
Madonna mi vuole Salesiano. - Così proprio awenne, ed egli
domandò immediatamente di essere accettato nella Congrega-
zione. Entrò nell'oratorio il 26. Ingenita nobiltà di sentimenti;
fermezza di carattere e fede illuminata fecero di lui un Salesiano
a tutta prova. Don Bosco gl'impose l'abito chiericale nel set-
tembre successivo e col consenso di Pio I X lo ammise alla pro-
fessione perpetua 1'8 dicembre. Da parecchi mesi Don Vespi-
p a n i , venuto quell'anno alla Congregazione, sacerdote ricco di
buona cultura ecclesiastica, gli dava lezioni di teologia. L'alunno
era già ben fornito di scienza religiosa e scriveva correntemente
il latino appreso dai Gesuiti nel loro collegio torinese del Car-
mine, di modo che il zo settembre del 1878 potè già essere ordi-
nato prete. Pio, umile, obbediente, mortificato, caritatevolis-
simo, edificò per cinque anni i suoi Confratelli.
Torniamo al nostro Capitolo Generale. Don Bosco aveva pre-
parato uno schema delle cose che giudicava doversi proporre al-
l'esame e alle deliberazioni dell'assemblea e ne fece stampare un
discreto numero di copie, che in luglio spedì alle case, afllnchè
tutti i Confratelli vi studiassero sopra e vi facessero le loro OS-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

33.3 Page 323

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Primo Capitolo Generale
servazioni, che sarebbero poi raccolte, ordinate e discusse. Nel-
l'Introduzione diceva che avrebbero preso parte al Capitolo an-
che i Prefetti delle case; intendeva, come consultori. Ma all'atto
pratico si vide che per l'assenza dei Direttori i Prefetti non si
potevano allontanare; perciò Don Bosco stabilì che sopra talune
questioni di loro competenza li avrebbe uditi in altra sede, du-
rante i loro esercizi spirituali. Allo schema faceva seguito un
Regolamento del Capitolo Generale, che, approvato con poche
modificazioni, servì di norma per i Capitoli posteriori. I,o schema
ha la sua importanza, perchè compilato da Don Bosco stesso
con lungo studio; ma non è possibile occuparcene qui (I).
Poco tempo dopo l'invio dello schema, fu diramato l'avviso
del luogo e del giorno di convocazione: l'apertura venne fissata
per il pomeriggio del 5 settembre nel collegio di I,anzo. Raccol-
tisi quivi i Capitolari in cappella verso il tramonto e cantato il
V e ~ Ci reator, si lessero gli articoli 30, 4 O e 50, capo sesto, delle
Regole; quindi Don Bosco tracciò alcune norme generali.
Noi diamo ora cominciamento al primo nostro Capitolo Generale che da
questo punto dichiaro aperto e convocato. Noi intraprendiamo cosa della mas-
sima importanza per la nostra Congregazione. Si tratta in modo speciale di pren-
dere le nostre Regole e vedere quali siano le cose che si possono stabilire per ri-
durle uniformemente alla pratica in tntte le case che vi sono già al presente e
in quelle che la divina Provvidenza disporrà che si possano aprire in futuro. Tutti
avete in mano lo schema preventivo appositamente stampato: voi l'avete già
annotato e avete ricevuto e siete incaricati di ricevere tutte quelle osservazioni
che i singoli membri della Congregazione possono avervi fatte per proporle al
Capitolo. Altro non rimane che radunarci nel nome del Signore e tratta~equelle
cose che saranno proposte.
I1 Divin Salvatore dice nel santo Vangelo che dove sono due o tre congregati
nel suo nome, ivi si trova Rgli stesso in mezzo a loro. Noi non abbiamo altro fine
in queste radunanze che la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime re-
dente dal prezioso Sangue di Gesù Cristo. Possiamo dunque essere certi che il
Signore si troverà in mezzo a noi e condurrà Egli le cose in modo che tutte ri-
dondino a sua maggior gloria.
Intendiamo in questo momento di porre il Capitolo sotto la protezione spe-
ciaie di Maria Santissima; essa è l'aiuto dei Cristiani e niente le sta più a cuore
che coadiuvare coloro che non solo cercano di amate e servire il suo Divin Fi-
( i ) Cfr. Mem. Biogr., vol. XIII, pgg. 245.250
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

33.4 Page 324

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Capo XXVIII
gliuolo, ma si radunano appositamente per istabilire il modo pratico di ottenere
lo stesso fine anche nel maggior numero di uomini che sia possibile. Maria è lume
dei ciechi: preghiamola che si degni proprio d'illuminare le nostre deboli intelli-
genze per tutto il tempo di queste adunanze. S. Francesco di Sales poi che è no-
stso titolare, presiederà esso alle conferenze e speriamo che ci otterrà da Dio il
necessario aiuto per prendere risoluziofii che siano secondo il suo spirito.
I,a cosa che più 6 da raccomandarsi e che bisogna si osservi in modo asso-
luto, è il segreto strettissimo di tutte le cose che si trattano in queste conferenze
fino a tanto che siano compiute e sia arrivato il tempo di dar loro pubblicità.
Allora si stamperanno le decisioni prese e si manderanno a confermare dalla Santa
Sede, infallibile maestra in queste cose, e quindi saranno pubblicate.
Desidero grandemente che si proceda adagio e bene. Dacchè siamo per questo,
lasciamo altri pensieri e attendiamovi seriamente. Se non bastano pochi giorni,
ne impiegheremo più, impiegheremo tutto il tempo necessario: ma che sia poi
una cosa fatta.
Ora invochiamo la protezione di Maria Santissima col canto dell'Ave ntaris
stella e si darà la benedizione col Santissimo Sacramento: quindi ci recheremo
nella sala del Capitolo a dar principio aile nostre conferenze.
Impartita la benedizione col Santissimo, si procedette alle
operazioni preliminari netia sala delle adunanze. Nei giorni se-
guenti le sedute erano di due specie, parziali per Commissioni e
generali di tutti i membri. Ad alcune di queste ultime Don Bo-
sco fece assistere due eminenti Gesuiti, il Padre Secondo Franco,
autorevole maestro di ascetica, e il Padre Giovanni Battista Ro-
stagno, canonista consumato. Entrambi professarono costante-
mente la più alta stima e venerazione per il Servo di Dio. Con
essi il Santo Fondatore aveva avuto parecchi abboccamenti per
consultarli sul modo di condurre i lavori conformemente alle
prescrizioni dei sacri Canoni e alle consuetudini delle Congrega-
zioni religiose.
Le conferenze generali, come sono chiamate nei verbali, si
susseguirono in numero di 26, presiedute tutte da Don Bosco.
Nella prima, lettosi il Regolamento del Capitolo Generale, si
passò all'elezione di un Regolatore, che fu Don Rua, e di due
segretari, che furono Don Barberis e Don Berto. Il Regolatore
doveva curare l'osservanza del Regolamento, awisare tempesti-
vamente le singole Commissioni, affichè avessero tutto pronto
quando arrivava il loro turno nelle sedute generali, provvedere
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

33.5 Page 325

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Primo Capitolo Generale
le cose necessarie ed essere come il centro, a cui si rivolgessero
gli altri per qualsiasi occorrenza. Dei due segretari, uno doveva
redigere i verbali delle sedute comuni e l'altro registrare le deli-
berazioni.
Fatto questo, furono determinate le Commissioni, a cui affi-
dare lo studio delle materie da trattarsi nelle adunanze generali.
Ognuna ebbe i1 suo presidente e il suo relatore; ufficio di que-
sto era di riferire per iscritto in conferenza generale le conclu-
sioni della sua Commissione. Cinque furono da prima le Com-
missioni, alle quali se ne aggiunsero poi tre altre per l'esame di
alcune questioni non prese antecedentemente in considerazione (I).
Queste operazioni preparatorie assorbirono tutto il tempo as-
segnato alla prima conferenza generale. Esaurito l'ordine del
giorno, Don Bosco pregò il Padre Franco di dire una sua parola
ai presenti. Quegli consentì e parlò della necessità di formare nei
Salesiani la coscienza religiosa (2). Infine Don Bosco spiegò in
questi termini quale intonazione dovesse avere i1 Capitolo.
questo il primo Capitolo Generale della nostra Congregazione. Oltre al
regolamento testè letto, non vi sono ancora norme speciali e consuetudini da
seguire. Nei particolari si andrà avanti alla buona. Faremo tuttavia le cose adagio
e pacatamente, affinchèquesto medesimo Capitolo possa poi dare norma a quelli
che si raduneranno in seguito.
G vero che è brevissimo il tempo che possiamo impiegare per questo Capi-
tolo: ma molte cose sono praticate da anni e anni: noi poi non vogliamo fare una
(i)Le otto Coinmissioni risultarono così costituite:
C o s r ~ ~ s s ~Io. Amccelteiioni e Nouizialo. Sludi sacri e predicazione. D . Francesia, D. Lazzero.
D. Costamagna e D. Barberis. Presidente Don Francesia.
Co~nrrss~o1n1r.~Studi fra gli alJiavi. Stampa e simili. D. Durando, D. Cerruti, D. Monateri,
D. Daghero. Presidente Don Durando.
C o ~ ~ r s s1r11o. ~Vi~ta comune. D. Rua, D. Ghivcìrello, D. Albera, D. Cibrario, Presidente
Don Rua.
C~MM~SSIONIVE . Moralitd e cose relatiw. D. Cagliero, D . Lemoyne, D. Roncbail, D. Dal-
mazzo. Presidente Don Cagliero.
COMMISSIONE V. Economia. D. Bonetti, D. Belmonte, D. Sala, conte Cays, cui si aggiunse
D. Leveratto. Presidente Don Bonetti.
COMMISS~ONEVI. Ispettovie ed uffici dsll'lspettore. D. Cagliero. Don Rua, D. Albera.
COMMISSIONE VII. Le Figlie di Mnria Ausiliatuice. D. Costamagna, D. Bonetti, D. Cerruti,
D. Albera.
COMMISSIONVE I I I . Le deliberazioni prese negli amni antecedenti: p a l i proporre al Capilolo
Genevde, perchd siano approvate e m s s e a i loro posti.
(2) Questo nei verbali uon c'è. ma si seppe da Don Albera.
31.5
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

33.6 Page 326

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Capo XXVIII
cosa scientifica, procedendo secondo regole o prestabiliti, ma tenerci alle cose
pratiche, le quali direttamente ci riguardano. Se si lasciassero per caso alcuni
punti da trattare, non importa; vi sarà tenipo a ritornarvi sopra altra volta. Per
noi sia tutta roba pratica: senz'aver bisogno di servirci d'altri libri per i nostri
studi, questi si facciano sulio schema, togliendo qualche articolo, altri modifi-
candone e altri aggiungendovene, secondo che si veda la convenienza. Si stu-
dino le regole, i regolamenti dei collegi, le circolari già mandate negli anni scorsi
a tutte le case, e le deliberazioni già prese nelle conferenze generali dei Direttori,
tenutesi qui a Lanzo e a Torino.
L'importanza di questo Capitolo sta in ciò, che le regole le quali finora sono
solo organiche, riescano pratiche: ci06 si studino tutti i mezzi per ottenere che
in pratica si eseguiscano uniformemente in tutte le nostre case.
Ripeto che la cosa più importante in queste radunanze e direi la cosa al tutto
necessaria è il segreto assoluto sia con gli esterni che con i confratelli, i quali non
siano del Capitolo, e questo fintanto che gli atti vengano mandati a Roma per
l'approvazione: badando anche a essere circospetti nel parlare fra noi, quando
altri ci possono udire. Quasi in ogni Congregazione il segreto 6 obbligatorio, san-
zionato col giuramento, e perciò si fa colpevole chiunque lo violi. Noi non ab-
biamo questo: ma ciascuno vegga da ciò, quanto in ogni luogo si creda importante
il tenere le cose segrete.
Ciascuno in questi giorni abbia molta pazienza nello studiare le varie ma-
terie, ed anche qualora le cose non procedessero con tutta regolarita per essere
questo il Capitolo, a cui non vi sono ancora regole preventive. Speriamo però
che, benedetto dal Signore, posto come lo abbiamo sotto la protezione speciale
di Maria Santissima Ausiliatrice, arrecherà alla Congregazione copiosi vantaggi.
Sebbene s'andasse un po' per le lunghe, Don Bosco non mo-
strò mai la menoma fretta; anzi nella quinta conferenza disse
che allora nulla doveva premere quanto il buon andamento del
Capitolo; si vedesse perciò di anteporre questo a tutto il rima-
nente, eccettochè vi fossero casi di urgente necessità. a Desidero,
seguitò, che le cose procedano bensì con alacrità, ma con calma.
Non precipitiamo niente, perchè queste adunanze faranno epoca
nella nostra Congregazione e da esse dipenderà in gran parte il
suo buon awiamento per l'awenire. Non dico che ne abbia a di-
pendere la sua esistenza o il suo scioglimento; ma che esse sa-
ranno base molto sicura al suo progredire. Io sono di parere che
la salvezza di tantissime anime dipende da quanto saremo per
sottoporre a regola in questi giorni ».
Spigoliamo dai verbali le poche cose che presentano un con-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Primo Capitolo Generale
tenuto storico (I). 1,a conferenza 16" trattò di quella novità che
era la divisione in Province e formulò il Regolamento dell'I-
spettore. Nelle Deliberazioni date alle stampe non si leggono
due cose discusse, che formano oggetto di storia.
Anzitutto la denominazione. I1 Capitolo scartò il nome di
Provincia e specialmente il titolo di Provinciale. Questi due vo-
caboli avrebbero fatto apparire la nuova Società come un Ordine
monastico, rendendola forse antipatica, tanta avversioiie i nemici
della Chiesa avevano inoculato negli animi contro le antiche e
venerande Istituzioni religiose. A chi temeva che si uscisse con
ciò dal solco della buona tradizione, fu allegato l'esempio dello
stesso S. Ignazio, che aveva sbandito una parte della precedente
nomenclatura conventuale. Infatti all'appellativo di Padre Guar-
diano o Padre Priore aveva sostituito quello di Padre Rettore.
Niente di male del resto si disse esserci nel rinunciare a certe
esteriorità accidentali atte a urtare i nervi dei contemporanei e
a rendere i Salesiani invisi alla gente, cui volevano fare del bene.
I1 superiore pertanto incaricato d'invigilare sopra un certo nu-
mero di case e di Soci si volle chiamato " Ispettore " e " Ispet-
toria " il territorio della sua giurisdizione: due termini che espri-
mono con esattezza la cosa e suonano accetti ai profani, essendo
pure usati in Amministrazioni civili e scolastiche.
In secondo luogo, l'età dell'Ispettore. Don Bosco nelle Re-
gole era passato sopra all'età per tutte le cariche. Roma però
volle trentacinque anni per le cariche maggiori. Ma, essendo la
Congregazione ancora giovanissima, i suoi membri non tocca-
vano allora generalmente la virilità; onde fu necessario subito
invocare dispense temporanee dall'osservanza di quella legge.
Quanto aglJIspettori, non si poteva parlare della loro età nelle
Costituzioni, perchè al tempo dell'approvazione Ispettori non esi-
stevano; perciò il Capitolo Generale lasciò in sospeso il delibe-
rare, aspettando che la Congregazione dei Vescovi e Regolari
decidesse, allorchè le si sarebbero presentate Deliberazioni di Ca-
( I ) Nelle Mem. Biogr. (vol. XIII, pgg. zs7-zgq) si passano in rassegna una per una
tutte le conferenze.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

33.8 Page 328

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Capo XXVIII
pitoli Generali sul conto delle Ispettorie. E la decisione fu poi
che gl'Ispettori dovessero avere compiuti trentacinque anni d'età.
Notevole il concetto che Don Bosco ebbe deli'Ispettore Sa-
lesiano. Lo espresse nella conferenza 17a, dicendo che P << un pa-
dre il quale ha per ufficio di aiutare i suoi figliuoli a far andar
bene i loro negozi, e quindi li consiglia, li soccorre, insegna loro
il modo di trarsi d'imbarazzo nelle circostanze critiche >).
L'argomento delle Ispettorie tirò in campo la questione dei
poteri che bisognava riconoscere nel Rettor Maggiore. Don Bo-
sco mirava a stabilire che tutto l'andamento generale della So-
cietà dipendesse dal Rettor Maggiore. Qualcuno mosse un'osser-
vazione. Finchè si trattasse della persona di Don Bosco, tutti
volevano che egli avesse un'autorità senza limiti; ma bisognava
anche pensare al futuro. E appunto per questo, interruppe Don
Bosco, io vado guardingo e sto bene attento che non s'intralci
l'autorità del Rettor Maggiore. Se si trattasse di me, non avrei
questo bisogno, perchè già nel poco e nel moKo.mi lasciate fare
quanto mi sembra; e poi, avendo io nelle mani il filo di tutte
le cose, non si potrebbe quasi agire diversamente. Ma io devo
badare a quelli che verranno dopo di me >>. A questo proposito
si presentò un caso nella conferenza 23" Dandosi lettura di tutti
gli articoli approvati, uno se ne incontrò, in cui di una certa
cosa si diceva che la si rimettesse "al Capitolo Superiore". Don
Eosco fece modificare l'espressione, sostituendovi " al Rettor
Maggiore ". E spiegò: << Nominandosi il Rettor Maggiore, è già
tutto inteso; poichè la Regola dice che nelle cose d'importanza
egli raduni il suo Capitolo. Dicendosi altramente, pare si voglia
far la cosa senza il Rettor Maggiore, mentre a lui spetta il di-
sporre tutte le cose della Congregazione. In tutte le cose di ri-
lievo si faccia sempre capo al Rettor Maggiore; egli poi, se vede
spettare esse a qualche ufficio particolare, affiderà una faccenda
al Prefetto, un'altra all'Economo o a chi di ragione. Ma se le
cose sono di maggior rilievo, radunerà il Capitolo )>.
Nella conferenza 248 Don Bosco fece alcune dichiarazioni im-
portanti per la conoscenza dello spirito che deve animare la
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

33.9 Page 329

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Primo Capitolo Generale
Società. Gliene porse occasione l'appellativo di Salesiano, attri-
buito ai Soci e alle cose loro e frequeritemente risonato agli orec-
chi nella lettura dei verbali. Parlò cosi:
Questa voce da noi dovrebbe usarsi molto parcamente. Pino a pochi anni fa
non era adoperata e quasi non si conosceva che cosa volesse dire. Fu l'occasione
deUa prima partenza dei nostri Ellissionari due anni fa quella che la introdusse
e stabili. Si cominciò a dire e ridire, stampare e ristampare dei Missionari Sale-
siani in Europa e in America, su libri e su giornali si raccontava dei Missionari
Salesiani, e così invalse questo nonle. Bra cosa necessaria in questi anni scorsi;
bisognava che la Congregazione prendesse un nome fisso. Quello di san Francesco
di Sales è nome caro alla chiesa e al civile: i: il Santo della mansuetudine, virtù
che piace sommamente anche ai cattivi: il Santo che ci siamo preso per Patrono
principale. Anche la parola Salesiano suona bene, sicchè si credette bene di adot-
tarla.
Quello che ora dobbiamo fare si è di non darle troppa importanza. È neces-
sario che prendiamo qualche precauzione a questo riguardo. E prima di tutto
nel dare alle stampe qualche libro non si metta; Prete Salesiano oppure della
Congregazione Sulesia?&a.Questo si è fatto fin qui, non è nulla: cosi si potrebbe
continuare in certe circostanze speciali: ma generalmente non si faccia. Se l'au-
tore del libro è Direttore di collegio, può mettere molto a proposito: Direttore
del collegio salesiano, perchè queli'attribuzione è personale e serve a far cono-
scere il collegio e ad accrescere riputazione: il fare di più ci attirerebbe invidia,
malvolere ed anche persecuzioni pubbliche e private (I).
Ora tuttavia si è fatto un passo molto ardito da questa parte: si è fissato
questo nome nel Bolleltir~o,che si manda ai nostri Cooperatori. È stato un passo
ardito, dobbiamo dirlo, ma studiato. Era necessario farci conoscere e nel vero
senso nostro. Finora, ringraziando il Signore, tutte le cose che si pubblicarono
a nostro riguardo, si pubblicarono nel vero senso. Quel poco che si pubblicò dai
malevoli contro di noi, consistette in alcune accuse o fatti particolari, che non
intaccarono ancora niente l'andamento generale della nostra Congregazione. E
gran cosa questa, che noi non veniamo fraintesi, ma possiamo essere conosciuti
proprio quali siamo. Io voglio sperare che il Bollettino, il quale si stampa appo-
sitamente per far conoscere il nostro scopo, aiuterà grandemente a tale effetto
e presenterà sotto il loro vero punto di vista le cose principali che di mano in
mano avvengono nella Congregazione.
Scopo nostro si è di far conoscere che si può dare a Cesare quel che è di Ce-
sare, senza compromettere mai nessuno: e questo non ci distoglie niente affatto
dal dare a Dio quel che è di Dio. Ai nostri tempi si dice essere questo un problema,
ed io, se si vuole, soggiungerò che forse è il piii grande dei problemi: nia che fu
già sciolto dal nostro Divin Salvatore Gesù Cristo. Nella pratica avvengono serie
difficoltk, è vero: si cerchi adunque di scioglierle non solo lasciando intatto il
( I ) Sullo stesso argomento, cfr. Mem. Riogr., vol. XX,pag. 436.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

33.10 Page 330

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capo XXVZIZ
principio, ma con ragioni e prove e dimostrazioni dipendenti dal principio e che
spieghino il principio stesso. Mio gran pensiero è questo: studiare il modo pratico
di dare a Cesare quel che è di Cesare nello stesso tempo che si da a Dio quel che
è di Dio.
- Ma, si dice, il Governo sostiene i più grandi scellerati, e talvolta si pro-
ptignano false dottrine ed erronei principii. - Ebbene, allora noi diremo che il
Signore ci comanda di obbedire e di portar rispetto ai superiori etiam discolis,
finchè non comandano cose direttamente cattive. Ed anche nel caso che coman-
dassero cose cattive, noi li rispetteremo. Non si farà quella cosa che è cattiva:
ma si continuerà a prestare ossequio all'autorità di Cesare, come appunto dice
San Paolo, che si obbedisca all'autorità, perchè porta la spada.
Nessuno è che non veda le cattive condizioni in cui versa la Chiesa e la Reli-
gione in questi tempi. Io credo che da San Pietro fino a noi non ci siano mai stati
tempi cosi difficili.L'arte è raffinata e i mezzi sono immensi. Nemmeno le perse-
cuzioni di Giuliano l'Apostata erano cosi ipocrite e dannose. E con questo? E
con questo noi cercheremo in tutte le cose la legalità. Se ci vengono imposte tasse,
le pagheremo: se non si ammettono più le proprietà collettive, noi le terremo in-
dividuali: se richiedono esami, questi si subiscano: se patenti o diplomi, si farà
il possibile per ottenerli: e cosi s'andrà avanti.
- hfa ciò richiede fatiche, spese; crea pasticci! - Nessuno di voi può ve-
derlo come lo vedo io. Anzi la maggier parte degl'imbrogli non ve li accenno nep-
pure, perchè non si resti spaventati. Sudo io e lavoro tutto il giorno per vedere
di metterli a posto e ovviare agli inconvenienti. Eppure bisogna avere pazienza,
saper sopportare e invece di riempire l'aria di lamenti piagnucolosi, lavorare a
più non si può dire, perchè le cose procedano avanti bene.
Ecco che cosa s'intende di far conoscere a poco a poco e praticamente col
Bollettino Salesiano. Questo principio con la grazia del Signore, e senza dir molte
parole direttamente, lo faremo prevalere e sarà fonte d'immensi beni sia per la
società civile che per quella ecclesiastica.
Nella 169 conferenza Don Bosco aveva prospektato al Capi-
tolo Generale la probabile opportunità che prima della chiusura
si addivenisse a un decreto, con cui fosse data al Superiore la
facoltà di redigere definitivamente e di ordinare gli articoli, la-
sciando lui arbitro di fare le modificazioni che giudicherebbe mi-
gliori. Nella 25" si constatò quanto fosse stata giusta la previ-
sione di Don Bosco. Dopo un mese di fatica tutti vedevano che
ci restava ancora molto da fare, perchè l'opera si potesse dire
compiuta; ma i Direttori avevano urgenza di ritornare ai loro
collegi. Egli disse pettanto in quella seduta: <Le cose, come fi-
nora si sono trattate, si devono dire piuttosto abbozzate che
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

34 Pages 331-340

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34.1 Page 331

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Primo Capitolo Generale
compiute. E ancora necessario un lungo studio e lavoro per li-
mare gli articoli già fatti, per ordinarli e vedere che non vi siano
ripetizioni nè un articolo esprima qualche cosetta, a cui un altro
contraddica; e poi occorre ancora separare le cose organiche, le
quali sarà bene far approvare come Regola, dalle cose discipli-
nari, ed anche da cose che, buone a sapersi da noi, non vanno
pubblicate in alcun modo. Bisogna dunque oggi comporre que-
sto decreto, il quale esprima la chiusura del Capitolo; nell'ultima
seduta poi che terremo stasera, sarà letto e sottoscritto D. Nes-
suno sollevò obbiezioni. Del decreto il medesimo Don Bosco trac-
ciò le linee; l'incarico di redigerlo in forma venne dato a Don
Durando e a Don Francesia.
I l Capitolo, aperto la sera del 5 settembre, fu chiuso la sera
del 5 ottobre: un mese preciso dal Veni Creator al Te Deztm. Prima
di cantare l'inno del ringraziamento, si tenne ancora una seduta,
la 26a, nella quale fu esaminato il tenore del decreto. Delle os-
servazioni fattevi sopra una sola merita di essere riferita. Gli
estensori avevano scritto che si davano al Capitolo Superiore
pieni poteri per ordinare, aggiungere, e via. Anche qui Don Bo-
sco a " Capitolo Superiore " volle sostituito " Ret tor Maggiore ",
adducendo tre motivi: 10 Per seguire l'uso di Roma che nelle
comuuicazioni ufficiali alla Congregazione indirizza sempre gli
atti al Rettor Maggiore. z0 Perchè, dicendosi Rettor Maggiore,
si comprende anche il Capitolo Superiore. 30 Per una norma ge-
nerale, già dichiarata in precedenza, come abbiamo visto poc'auzi.
Mentre nell'aula capitolare si continuava a ragionare su vari
argomenti, gli estensori del decreto to misero in pulito e tosto
ne diedero lettura. Pronunciatosi il placet, tutti lo sottoscris-
sero. Ecco il decreto.
Ad maiorem Dei gloriam et ad honorem Sancti Fralzcisci Salesii
I Direttori di tutte le case della Congregazione Salesiana coi membri del
Capitolo Superiore, presieduti dal Rettor Maggiore Sac. Giovanni Bosco, si ra-
dunarono il giorno 5 settembre 1877 nel collegio di S. Filippo Neri in 1,anzo To-
rinese pel primo Capitolo Generale. Invocata l'assistenza dello Spirito Santo,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

34.2 Page 332

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Capo XXVIII
la sera di detto giorno alle ore 7 se ne fece la formale apertura. Nei giorni susse-
guenti si tennero 26 conferenze, nelle quali molte cose si stabilirono e molte già
prima stabilite si confermarono o meglio si dichiararono secondo lo spirito delle
Regole della Congregazione, e il tutto fu esattamente raccolto e chiaramente
scritto da due segretari.
Discussa ed approvata la materia proposta e cosi compiuto lo scopo per cui
si era convocato questo capitolo, nel giorno 5 ottobre, essendo i direttori richia-
mati aile case loro affidate e molte cose rimanendo ancora ad ordinarsi, a chia-
rirsi e ad esprimersi più esattamente, prima di partire unanimi decretarono di
lasciare ampia facoltà al Rettore Maggiore di cancellare, aggiungere o mutare
quanto avrebbe creduto conveniente, secondo lo spirito della nostra Congrega-
zione, che si cancelli, aggiunga o muti nelle due copie degli atti del medesimo
Capitolo.
A questo fine tutti i superiori che vi presero parte, per autenticare la loro
approvazione si sottosmissero.
Lanzo, 5 ottobre 1877.
Sac. GIOVANNBIOSCORett. Magg.
(seguono le altre firme).
Quest'atto pose il suggello al primo Capitolo Generale. I1
Padre Franco, felicitando i Capitolari della toro alacrità, disse
che in soli trenta giorni avevano fatto quanto altrove avrebbe
richiesto parecchi mesi. Ma appresso il dare forma definitiva ai
deliberati costò più tempo che non si sarebbe immaginato; ba-
sti dire che un anno dopo il lavoro non era ancora finito. Allora
Don Bosco, anche per andare incontro alla comune aspettazione,
fece stampare e distribuire quattro parti riguardanti la Vita
comune, la Moralitd, l'Economia e le Ispettorie, rimandando il
resto a più tardi. E: un volumetto di circa cento pagine, recante
sul principio un'affettuosa lettera di lui a' suoi figli amatissimi
in Gesù Cristo >>. 'Ai Direttori egli faceva obbligo di spiegare al-
meno una volta per mese ai Confratelli qualche parte d i tali de-
liberazioni.
Chiuso che fu il Capitolo, occorse chiedere a Roma una sa-
natoria. I tre anni dopo l'approvazione delle Regole datavano
dal 3 aprile 1874, sicchè il Capitolo aveva subito un ritardo di
cinque mesi. Un Rescritto del 24 novembre 1878 legittimò l'atto
deli'irregolare convocazione. Con questo si ebbe il vantaggio di
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

34.3 Page 333

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Primo Capitolo Generale
potere in seguito tenere i Capitoli Generali nel periodo delle ferie
scolastiche.
Più volte il Santo aveva detto che le deliberazioni capitolari
si sarebbero mandate a Roma; invece dopo un anno e più di ri-
maneggiamenti decise di non mandare nulla. Secondo il suo co-
stume, giudicò meglio sperimentare prima se la pratica confer-
masse l'opportunità di tutte le cose dejiberate. S'arrivò in que-
sto modo al secondo Capitolo Generale, in cui alle deliberazioni
del precedente rivagliate ne furono aggiunte di nuove, e le une
e le altre ben coordinate videro la luce nel 1882.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XXIX
Nuove fondazioni italiane nel bientiio 1878-79.
(Chieri, Lucca, Este, Randazzo, S. Benigno Canavese).
Condizione sine qua non per accettare proposte di aprire case
salesiane era che vi si avesse mano libera, senza dover sottostare
a ingerenze estranee, di qualunque natura fossero. Per non es-
sersi potuta ottenere completa autonomia, Don Bosco dopo lun-
ghe trattative aveva nel 1877 lasciato cadere l'invito di andare
a Mendrisio nella Svizzera e a Milano, sebbene egli desiderasse
molto di mettere piede in entrambi i luoghi. Un'altra particola-
rità degna di nota è che, moltipticandosi ogni anno più le pro-
poste di fondazioni, il nostro Santo, benchè sapesse quanto scar-
seggiasse il personale disponibile di fronte al numero delle ri-
chieste, pure non soleva mai dare di primo colpo un rifiuto, ma
studiava ogni volta posatamente il pro e il contro, quasi non
volesse decidere se non dopo aver veduto chiaro quali fossero i
disegni della Provvidenza. La gran copia di tali proposte arena-
tesi per via costituisce pur sempre un largo plebiscito di stima
per Don Bosco e per la sua Opera.
Certo, in più dei casi, rispondendo subito di no, si sarebbe
risparmiati molti rompicapi; ma i procedimenti sommari sono
propri degli scansafatiche, non dei Santi. La sua norma di con-
dotta traspare da queste righe scritte non si sa a quale Prelato il
30 agosto 1877: Ella sa che fo tutto quello che posso ed appro-
fitto di ogni occasione. Si tratta di accettare o comperare? Fac-
cia la pratica e mi dica come debbo farla progredire. Da mia
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Rondozioni italiane nel biennio 1878-79
parte non risparmierò niente per tentare di guadagnare qualche
anima al Signore >>.
Di cinque fondazioni principali del 1878 e '79 in Italia quat-
tro vennero per effetto di domande e una fu fatta per ottempe-
rare a disposizioni testamentarie. Cominceremo a dire di que-
st'ultima.
A Chieri, centro industriale e agricolo a non molta distanza
da Torino, i pii coniugi Bertinetti, privi di eredi necessari, ave-
vano nel 1870 lasciato per testamento a Don Bosco tutti i loro
beni, affuichè facesse qualche opera a vantaggio dei loro concit-
tadini. L'eredità comprendeva anche varie case, una delle quali
presentava una certa importanza storica, perchè anticamente
aveva fatto .una cosa sola col palazzo dei Conti Tana, dalla qual
famiglia usci la madre di S. Luigi Gonzaga. Là inoltre Don Bo-
sco aveva dato l'esame di vestizione chiericale dal Canonico Bur-
zio, che vi teneva a pigione un quartierino. Secondo una profe-
zia del Cottolengo l'edificio sarebbe un giorno diventato abita-
zione di Suore. Quel giorno venne, quando il nostro Santo vi
aperse nel 1878 un oratorio femminile.
Egli veramente avrebbe preferito convertire il fabbricato in
collegio maschile; ma, visto che ciò non garbava a persone in-
fluenti, alienò i terreni e si accingeva a vendere anche le case;
ne lo fece desistere però il consiglio di amici, che lo avvisarono
del malcontento causato in città da questa sua determinazione.
Attese quindi il momento propizio per iniziarvi un'opera di pub-
blica utilità. I1 momento giunse nel 1876. Due signore, consigliate
da lui e d'accordo con altre, vi organizzarono una specie di ora-
torio festivo per le ragazze; ma, nonostante il loro buon volere,
stentavano ad andare avanti. Don Bosco, che ne seguiva le vi-
cende, pensò di stabilirvi le Figlie di Maria Ausiliatrice. Le
mandò di fatti nel giugno del 1878, perchè assumessero, riasse-
stassero e sviluppassero l'opera. Dedicò l'oratorio a S. Teresa e
alla direzione spirituale deputò Don Bonetti, disponendo che vi
si recasse ogni sabato sera e ogni vigilia di feste e vi rimanesse
fino al mattino del terzo giorno.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXIX
Le Suore lavoravano con ardore; Don Bonetti vi spendeva
tutto il fervido zelo che lo infiammava e non gli lasciava mai
dire basta; le ragazze accorrevano in folla. Ma il diavolo ci mise
le corna, suscitando fiere opposizioni d i là, donde si aveva diritto
di aspettare comprensione, incoraggiamento e aiuto. Ai vessatori
Don Bosco rispose ampliando l'opera: con l'anno scolastico 1878-
79 fece in modo che si desse principio a un convitto per fan-
ciulle di condizione civile, a una scuola gratuita per ragazzette
povere e a una scuola festiva per ragazze grandi. Ma l'oratorio
continuò a essere bersaglio di persecuzioni, che causarono molti
e gravi dispiaceri non solo al Direttore, ma anche a Don Bosco.
Tuttavia l'opera intera resistette alte tempeste, anzi si rassodò
sotto i colpi e produsse e produce un bene straordinario in quel
centro, dove le industrie occupano molta gioventù femminile, la
quale perciò ha bisogno di particolare assistenza.
La vitalità della Congregazione si esplicava con sempre mag-
gior vigore. Durante questo biennio i figli di Don Bosco scesero
in Toscana, entrarono nel Veneto e si spinsero fino in Sicilia.
Nel 1877 Don Barberis e Don Lazzero, diretti a Roma, si
erano fermati a Lucca per esaminare la proposta di un oratorio
festivo, fatta dal Vescovo Nicolò Gilardi. Quella visita agevolò
l'intesa; un'altra visita di Don Cagliero, venuto da La Spezia,
portò alla conclusione. Una casa decorosa e una belia chiesa de-
dicata alla Santa Croce con un cortile per l'oratorio festivo aspet-
tavano i Salesiani, che poterono andarvi solo il 29 giugno 1878,
accompagnati dal medesimo Don Cagliero. Erano Don Giovanni
Marenco Direttore, il. chierichetto Carlo Baratta, e un coadiu-
tore: due nomi i primi, che onorarono poi grandemente la Con-
gregazione.
Le accoglienze furono ben poco lusinghiere. La stampa set-
taria gettò l'allarme; gli anticlericali inscenarono una dimo-
strazione, che il 7 luglio, al grido di -Abbasso i Gesuiti! - mise
a rumore tutto il quartiere. Dovette intervenire la forza pubbiica.
Il chiasso si ripetè la sera seguente e per un mese pattuglie di
guardie nelle ore vespertine dovettero fare quotidianamente la
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Fondazioni italiane nel biennio 1878-79
ronda in quei paraggi. Ma il contegno dei nostri finì con dissi-
pare i sospetti. Fu encomiata in città la loro calma, avendo essi
taciuto sempre ed evitato di esporsi; anzi Don Cagliero, che
aveva indetto una conferenza ai Cooperatori, non la tenne, per
non aver aria di provocare. Molti del clero e del laicato visita-
rono i nostri a scopo d'incoraggiamento. Finalmente anche il
giornale che più aveva sbraitato per montare le teste, battè in
ritirata, stampando non essere Gesuiti quei preti, ma Salesiani;
appartenere essi ad una Congregazione piemontese benemerita
del popolo; essere da pochi giorni tornato in famiglia un giovane
lucchese perfettamente istruito da quei preti in un'arte che a
Lucca pochi conoscevano; niente di politica entrare nella loro
istituzione; doversi dunque aspettare i fatti per giudicare (I).
Altri fogli invece non disarmarono, ma continuarono ad at-
tizzare le ire (z), sicchè venne promossa una sottoscrizione di
protesta contro i Salesiani da inviarsi al Ministero deU'Interno.
La Società Mazziniana e il ministro protestante soffiavano nel
fuoco, correndo a caccia di firme. L'esito però mal rispose a tanto
fanatismo; furono racimolati appena cinquecento nomi di nes-
suna importanza. La Prefettura stimò bene d'intercettare la li-
sta. Ma i buoni non se ne stettero a guardare. Per consiglio del
Vescovo promossero anch'essi la loro sottoscrizione, dandone in-
carico al giornale cattolico Ii Fedele, che in brevissimo tempo
raccolse circa ottomila adesioni. Non si conobbe mai che !ine
facessero; ma un bel giorno arrivò al Direttore una Nota mini-
steriale che in sostanza voleva dire questo: i Salesiani si uni-
formassero alle leggi, qualora in Lucca aprissero scuole, e per
quanto stesse da loro, non dessero occasione a disordini. Istru-
zioni segrete però ingiungevano al Prefetto d'informarsi se nelle
prediche ai ragazzi si fomentassero malumori contro il Governo.
Oramai i Salesiani, benchè giovani e pochini, erano padroni
del campo. <Se i suoi Salesiani, aveva scritto Don Marenco a
Don Bosco il 16 luglio, facessero il bene in proporzione alla stima
( I ) Il FuLmine. 14luglio 1878
(2) I1 Progresso e Il Telegrafo.
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capo XXIX
che se ne ha, farebbero miracoli ». L'oratorio andava a vele gon-
fie; anche i fedeli affollavano il confessionale del Direttore: ma
ci volevano rinforzi. Don Bosco li inviò verso la metà di agosto.
Alla sesta domenica si navigava così bene, che Don Marenco
scrisse al Santo (I): e Dapprima ci dicevano che non si sarebbe
potuto continuare e che non conoscevamo questi giovani. Ora i
medesimi li veggono assistere con divozione alle funzioni, atten-
dere al catechismo e alle istruzioni, e dicono: - Veramente i Sa-
lesiani hanno un altro metodo! >>.
Anche a Lucca si manifestò una vecchia diffidenza. I par-
roci temettero che i Salesiani mettessero lo scompiglio nella vita
parrocchiale; ma Don Marenco in una conferenza tenuta loro di-
nanzi al Vescovo li pacificò per allora. Anche vecchi religiosi non
si dissimulavano che i Salesiani, così pieni di vita, fossero desti-
nati dalla Prowidenza a prendere i loro posti. Indubbiamente
Don Bosco additava la buona strada a chi nel campo dell'apo-
stolato non voleva essere tagliato fuori della vita.
Ma le condizioni dei Salesiani a Lucea non erano quali Don
Bosco le desiderava. La casa, situata nel cuore della città, aveva
il cortile sotto gli occhi di quanti si affacciavano alle hestre dei
circostanti edifici. All'oratorio, la sorda opposizione dei parroci
ostacolava la frequenza. La chiesa non apparteneva ai Salesiani
e abbisognava di riparazioni. Don Bosco invece avrebbe voluto
a Lncca un ospizio simile a queUo di Valdocco. Perciò nel 1884,
essendo in vendita la villa del Collegio Reale fuori dell'abitato,
deliberò di alienare lo stabile urbano e fame acquisto. Egli agì
così risolutamente, che in breve si venne al compromesso per la
compera; ma non si procedette al contratto, perchè il Ministero
impose l'asta, il che avrebbe importato una spesa assai supe-
riore a quella già concertata. Così l'oratorio della Croce non potè
più avere lunga vita.
Un collegio salesiano che ebbe principio nel 1878 e continua a
essere fra i più fiorenti in Italia, è il Manfredini di %te. Non
( i ) Lettera 27 agosto 1878
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Fondazioni italiane nel biennio 1878-79
costò a Don Bosco n&lunga nè laboriosa preparazione: in pochi
mesi tutto fu conchiuso e ben conchiuso. I1 merito precipuo ri-
sale a Don Angelo Perin, parroco di Santa Maria delle Grazie.
Afflitto alla vista dei danni arrecati dal laicismo scolastico alla
gioventù, volle nel suo Veneto un grande istituto, dove s'impar-
tisse un'educazione cristiana, nè ignorava che per questo l'uonio
del giorno era Don Bosco. Dopo un nutrito carteggio venne in
giugno a Torino, donde tornò a Este con una indicibile conten-
tezza nel cuore: entro il 1878 i figli di Don Bosco sarebbero an-
dati nella sua città.
Eravi a Este un palazzo monumentale, noto iiella regione
sotto il nome di Ca' Pesaro, dalla famiglia che lo fece costrurre
nel secolo XVIII. Bello per architettura, grande per dimensioni,
comodo per ampiezza di locali, s'innalzava all'aperta campa-
gna, in sito ameno, prospettando le catene dei colli Euganei e
dei monti Berici; lo cingevano prati e campi, trasformabili in
cortili, orti e giardini. Luogo di villeggiatura, non vedeva più i
proprietari da molti anni. Lavori di riparazione e di adatta-
mento ce ne volevano, e molti; ma non urgeva eseguirli tutti
in una volta.
Ottenuto l'assenso del Vescovo di Padova, Don Perin il 25,
giugno stipulò il contratto. Don Bosco mandò colà Don Sala,
perchè indicasse il da fare. Man mano che la notizia si divulgava,
tutti ne dicevano bene, anche i liberali. L'istrumento venne re-
datto il 16 settembre fra Don Perin ((per conto, nome ed inte-
resse e coi denari » di Don Bosco, e i Conti Gradenigo di Venezia
proprietari.
Coi denari di Don Bosco D, diceva l'atto notarile; noi diremo
piuttosto coi denari della Provvidenza, che si servi segnatamente
del Cav. Benedetto Pelà, signore non meno ricco che caritate-
vole. Egli concorse allora generosamente nelle spese e in seguito
f u sempre tutto cuore per i Salesiani, tanto che nei varii lavori
fattisi di tempo in tempo profuse parecchie centinaia di mila lire..
Primo Direttore a Este fu Don Giovanni Tamietti, laurea-
tosi in lettere dall'Oratorio. Vi andò il 10 ottobre con un coadiu-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXIX
tore, maestro elementare; ma, essendo ancora la casa in mano ai
muratori, presero alloggio presso una famiglia ospitale fino al
18 novembre, quando giunsero altri quattro confratelli; allora
poterono stabilirsi definitivamente in quello che fu ed è il bel
collegio Manfredini, così denominato in ossequio a Mons. Enrico
Conte Manfredini, Vescovo di Padova (I).
Quel collegio ebbe il grande onore di accogliere fra le sue
mura S. Giovanni Bosco, il z aprile 1879. La sua benedizione
ridonò la salute alla madre del dottor Francesco Venturini, tut-
tora vivente e allora alunno del Manfredini. La buona signora
che versava in condizioni estremamente gravi, ritornò, si può
dire, da morte a vita. In un salone deli'istituto Don Bosco tenne
conferenza ai Cooperatori di ~ s t ec,he v'intervennero numerosi.
Da Catania, da Caltanissetta, da Acireale, da Isili la Sicilia
aveva fatto udire a Don Bosco la sua voce, perchè volesse man-
darvi i Salesiani; ma toccò a Randazzo la sorte di essere la prima
città dell'isola, che fosse esaudita dal Santo.
La notorietà di Randazzo è dovuta in massima parte at col-
legio ivi aperto il 24 ottobre 1879. Già dal 1862 quel Municipio
brigava per avere un istituto educativo; ma la strettezza delle
finanze e il non sapere dove battere il capo ritardavano I'attua-
zione del disegno. Finalmente nel 1878 cittadini autorevoli, vin-
cendo ogni pregiudizio, proposero che s'invocasse il caritatevole
concorso di qualche Corporazione religiosa. Fermato questo con-
cetto, pervenne a Randazzo una prima notizia di Don Bosco e
delle sue Opere. Tanto bastò, perchè s'intavolassero trattative
con lui.
Anima deli'impresa fu un nobil uomo randazzese, il Cav. Giu-
seppe Vagliasindi, Consigliere provinciale. In questa sua qualità
riuscì a far approvare il progetto là, dove alle autorità ecclesia-
stiche non si sarebbe mai dato ascolto. Si convenne che Don
( i ) A Don Tamietti il Santo fece una doppia profezia, avveratasi a puritino. Gli pre-
disse che avrebbe lavorato lino a $0 anni e che non avrebbe raggiunto i 7 2 . Nato nel 1848,
fu nel 1898 colpito da infezione tifoidea, che ne lese le facolta mentali, condamandolo. sa-
nissimo di corpo, a condurre il resto de' suoi giorni nella più completa amnesia. Morì il 18
agosto lgzo, pochi mesi prima di compiere il 7z0 amo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Fondazioni italiane ne2 biennio 1878-79
Bosco avrebbe istituito scuole ginnasiali e tecniche, aperto un
convitto e assunto l'insegnamento primario del Comune; riguardo
alle modalità, egli mandò la convenzione stipulata col Munici-
pio di Alassio, perchè servisse di norma. I1 3 marzo 1879 arri-
varono a Randazzo Don Cagliero e Don Durando, incaricati di
rogare il contratto. I Salesiani sarebbero entrati nel soppresso
monastero dei Basiliani, concesso per questo scopo dal Governo
al Municipio. Don Sala provvide all'esecuzione dei lavori neces-
sari per conto del Comune. Don Bosco si compiacque al sapere
che i Salesiani avrebbero colà rappresentato la prima Congre-
gazione chiamata a riedificare in Sicilia sulle rovine degli Ordini
dispersi neli'ultima soppressione.
A tenore del contratto, scuole e convitto si dovevano aprire
sul principio dell'anno scolastico 1879-80. Direttore fu nominato
Don Pietro Guidazio, uomo quanto mai navigato, entrato nel-
l'oratorio sui zz anni d'età e dopo awenturose peregrinazioni,
nutrito di letture storiche, ma digiuno di latino. Formatasi una
discreta cultura letteraria, consegui il dipioma di professore
presso la Regia Università di Torino. Aveva passato il prece-
dente anno scolastico nel seminario di Montefiascone. Don Bosco
si era indotto a mandarvelo, perchè richiestone dal Vescovo Ro-
telli a nome di Leone XIII con l'intento di rialzare colà gli studi.
Vi si era fatto voler bene da tutti. I1 Vescovo scriveva a Don
Bosco il 23 marzo 1879: e Questo sacerdote è irreprensibile, ope-
roso, edificante, istruitissimo e oltre la benevolenza e la stima
del Vescovo si è guadagnata una non ordinaria riputazione presso
il laicato e presso il clero di questa città: e ciò Le dico, perchè
Le sia di consolazione il sentire come questo suo allievo corri-
sponda alle paterne premure che Ella gli ha sempre prodigate ».
Ma all'infuori di queste simpatie personali Don Guidazio non
poteva esercitare nessun influsso su gli studi, la disciplina e l'e-
ducazione. Guai a toccare consuetudini due volte secolari! Per-
ciò gli pareva di essere come un pesce fuor d'acqua. Don BOSCO
lo richiamò per motivi di salute durante le vacanze; poi, stretto
dal bisogno di personale, non lo rimandò più, ma lo destinò a
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Randazzo, dove avrebbe fatto fruttare assai meglio le sue rare
attitudini.
Partì da Torino il 19 ottobre col suo personale. A Randazzo
erano attesi dal clero e da molto popolo, che li accompagna-
rono al collegio, guardandoli con istupore cosi giovani, ma con
rispetto. In casa furono tosto visitati dalle autorità civili. Don
Guidazio con la sua conversazione amena, colorita e festevole
incantava quanti lo avvicinavano.
Egli trovò già cinquanta domande di ammissione al convitto;
poichè i1 programma correva per l'isola. Don Sala aveva tra-
sformato il monastico edificio e le sue adiacenze in una gaia di-
mora per i nuovi e vispi abitatori. L'ingresso era fissato per il
12 novembre. Poco dopo Natale Don Guidazio, descrivendo a
Don Rua l'andamento dei giovani, offriva senza volerlo un do-
cumento sull'efficacia del metodo educativo di Don Bosco. La
citazione è tunghetta, ma merita il conto di non ometterla. «Non
può credere, diceva, quanto questi giovani ascoltano volentieri
e accolgono con venerazione i consigli di Don Bosco. Se mi trat-
tenessi un'ora a parlare di Don Bosco non vi è pericolo che fac-
ciano un atto à'impazienza. Sono poi cosi docili ed ubbidienti,
che noi stessi ne siamo meravigliati. Impreteribilmente tutte le
domeniche ed altre feste s'accostano ai santi Sacramenti. I pa-
renti sono soddisfattissimi dei loro figliuoli, vedendoli tanto al-
legri e che preferiscono la vita del collegio a quella della fami-
glia. Infatti molti di essi desideravano di averli a pranzo con
loro nel giorno di Natale e ne fecero la domanda. Io risposi non
poterli compiacere, chè la regola non lo permetteva; e instando
essi, feci venire avanti gli stessi figli, ed alla presenza dei parenti
dimandai se volevano andare a pranzo in famiglia oppure pran-
zare con noi in collegio, e neppure uno vi fu, che non rispon-
desse voler fermarsi in collegio; del che soddisfatti i parenti, ces-
savano dall'importunarci, contentandosi di mandare in collegio
somari carichi di dolci pei giovani e pei superiori. Per tenere
allegri e contenti questi ragazzi abbiamo trovato un mezzo molto
semplice, quello del piccolo clero, vestendone otto o dieci per
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Fondazioni italiane nel biennio 1878-79
sera durante la novena. Vedere come questi giovani, special-
mente gli aduiti, vanno matti per servire alle funzioni vestiti
da chierici! Abbiamo già fatto due volte il teatrino pei soli gio-
vani >>.
Presso un collegio di Don Bosco non poteva mancare l'ora-
torio festivo. Don Stefano Trione, mosso a pietà dallo spettacolo
di tanti ragazzi del basso popolo privi d'ogni istruzione (allora
erano così), appollaiati in miseri abituri e abbandonati a se stessi
per le strade, prese a occuparsi di loro, raccogliendoli alla festa
presso la chiesa già dei Domenicani. Quei monelli si venivano gra-
datamente trasformando. I1 brioso Don Trione li affezionava al-
l'oratorio con piccole lotterie, col teatro delle marionette, con
passeggiate e merendole in campagna. Lo aiutavano un chierico
e alcuni giovani del ginnasio, che gli facevano anche da inter-
preti per il dialetto. La carità appresa da Don Bosco gli gua-
dagnò i cuori di quei poverini.
Non tutti però vedevano di buon occhio le scuole in mano
ai preti. Ostilità settarie di Provveditori agli studi e d'Ispettori
scolastici e freddezze di autorità comunali fecero passare talvolta
brutti quarti d'ora al Direttore, che per altro e con l'abilità pro-
pria e mercè l'appoggio del Vagliasindi li putè sempre felice-
niente superare. A Don Guidazio aveva detto Don Bosco acco-
miatandolo: - Non temere. A Randazzo farai tante belle cose.
- Inoltre il Santo aveva precedentemente manifestato la fidu-
cia che quella prima casa aperta in Sicilia sarebbe andata pro-
sperando h o a divenire come la semente di altre molte (I). Tutto
questo ricevette dai fatti splendida conferma.
Un'altra casa destinata ad acquistare somma importanza
nella Congregazione fu inaugurata nell'estate del 1879: la casa
di S. Benigno Canavese. Con tale fondazione Don Bosco ricon-
dusse la vita religiosa in una storica abbazia di monaci Bene-
dettini. Intorno ad essa erasi formato il grosso borgo, che dal
suo nome si chiamò S. Benigno di Fruttuaria. L'aveva fondata
nel 1001 il monaco Guglielmo da Volpiano, già abate del mona-
( I ) Bollettino Salesiano, gennaio 1880, pag. 1 2 .
333
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

35.4 Page 344

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Capo X X I X
stero di S. Benigno a Digione, e istitutore di quaranta mona-
steri, celebrato per santità e dottrina in molte parti d'Europa.
Dall'abbazia di Fnittuaria dipendevano un tempo fino a mille-
duecento monaci.
Sul finire del secolo XV cominciò la decadenza, che coincise
con l'erezione deli'abbazia in commenda (I). La nomina degli
abati commendatari continuò anche quando non esistevano più
monaci e le ultime terre abbaziati erano state assorbite dai Du-
chi di Savoia. L'ultimo abate commendatario, preposto al solo
governo spirituale degli abbaziali, fu il Card. Amedeo delle
Lanze, morto nel 1738. Dopo di lui il territorio abbaziale venne
incorporato alla diocesi d'Ivrea. La legge del 15 agosto 1876,
fece passare le restanti rendite al Fondo culto e i beni al Dema-
nio. Finalmente nel 1877 un regio decreto dichiarò monumento
nazionale il palazzo, che il Governo cedette in uso e custodia al
Municipio. Tali erano . le condizioni giuridiche del dissacrato
luogo, allorchè si trattò di affidarlo in subcessione a Don Bosco.
I1 pensiero di chiamarvelo partì dal parroco Don Benone.
Don Bosco lo secondò, perchè vide la possibilità di trasferire a
S. Benigno i1 noviziato dei chierici. Tre fasi attraversò il novi-
i a t o salesiano. Sul principio i novizi crescevano come in farni-
glia, partecipando alla vita comune e così esercitandosi nelle
pratiche di pietà e nelle attività proprie della Congregazione;
quindi chi assisteva i giovani, chi insegnava, chi faceva il ca-
techismo, chi si occupava negli oratori festivi, vivendo sotto la
dipendenza diretta di Don Bosco e dei superiori della casa. In-
tanto frequentavano i corsi di filosofia o di teologia nel semi-
nario. In un secondo tempo ebbero scuole a parte e venne asse-
gnato loro un superiore immediato, che fu Don Giulio Barberis,
continuando però a tenere assistenze dei giovani. Durante que-
sto periodo con progressivo isolamento furono a poco a poco
destinati loro dormitorio, cortile e refettorio propri; esonerati
in ultimo da ogni assistenza, formarono neli'oratorio un corpo
( i ) Godimento delle rendite di un'abbazia concesso dal Papa a persona estranea, ecda
siastica o laica.
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Fondazioni italiane nel biennio 1878-79
totalmente a sè. Infine venne il tempo di avere casa propria,
quella di S. Benigno, dove tutto fosse ordinato alla loro for-
mazione religiosa sotto la guida del Maestro dei novizi.
Non conveniva tuttavia dare alla casa un aspetto esclusiva-
mente chiesastico, tanto meno poi di noviziato; Don Bosco per-
ciò decise di accettare anche giovanetti artigiani, allestendo al-
cuni laboratori, che tornassero pure di utilità per i bisogni in-
terni (I). E quanto savio fosse tale divisamento, lo sperimentò
quando, avvenuta da parte del Municipio la subcessione, la Re-
gia Prefettura subordinò l'approvazione all'impiego del palazzo
abbaziale in uso di pubblica utilità. Don Bosco allora dichiarò (2):
< I o intendo destinare il palazzs abbaziale a pubblica utilità,
come sono altre case che da me dipendono. In particolare poi
desidero che il palazzo abbaziale di S. Benigno serva: 10 Ad uso
delle scuole diurne per la scolaresca del paese. 20 Scuole serali
per gli adulti. 3 O Trattenere in amena ricreazione, musica, gin-
nastica, declamazione e simili nei giorni festivi i giovanetti operai
del paese. 4 O Del locale che sopravanza farne un ospizio di poveri
artigianelli, come quello di Torino, dove si raccolgono abbandonati
fanciulli provenienti da varie parti d'Italia. Se il locale lo com-
porterà, fare eziandio uno studentato di preparazione per nostri
assistenti nel tempo che fanno il loro tirocinio per imparare le
regole pratiche, con cui tenere la disciplina nei dormitorii, nei labo-
ratorii, nei catechismi e nelle classi d'insegnamento >>A. nche nel-
l'annua Circolare del 1880 ai Cooperatori presentò la nuova casa
come << destinata a molteplice scopo di pubblico bene )>, accennando
in altra forma alle cinque cose sopraddette. Così pure il Direttore
Don Barberis in una sua lettera ai parroci annunciava <<unuovo
ospizio di beneficenza ». Difatti i laboratori presero in breve
tempo notevole sviluppo, senza che i novizi fossero disturbati
dalla coabitazione di tanti artigiani, dei quali nel corso della
giornata non si accorgevano nemmeno, avendo gli uni e gli al-
tri cappelle, ambienti e cortili separati.
( I ) BmBEnrs, Cvon. cit., 18 aprile e 7 maggio 1879
( 2 ) Lettera al Sindaco, Roma IO marzo 1879.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXIX
I primi ospitati nella casa di S. Benigno furono gli ascritti
.o novizi dell'anno scolastico antecedente, 1878-79. Vi andarono
il 5 luglio dopo gli esami per trascorrervi le vacanze estive e poi
far ritorno alllOratono. Autorità e popolo li accolsero festosa-
mente. Don Bosco, prima di mandarvi i novizi dell'anno ap-
presso, aveva voluto accertarsi bene se il luogo fosse adatto:
ecco lo scopo di quel soggiorno temporaneo. In settembre poi
Don Rua, Don Lazzero e Don Barberis vi fecero una visita per
riferirne quindi in Capitolo. La relazione, favorevole in tutto il
resto, rilevò due inconvenienti: il primo, che quella casa sarebbe
stata sempre a carico della Casa Madre, pochissimi essendo or-
dinariamente i novizi che pagassero qualche cosa; il secondo,
che la lontananza avrebbe impedito a Don Bosco di riceverne,
come in passato, le confessioni e d'infondere loro direttamente
il vero spirito salesiano. Alla prima difficoltà si rispose con un
atto di fiducia nella Provvidenza; quanto all'altra, si fece os-
servare che Don Bosco si assentava pure dall'Oratorio per più
mesi deli'anno; che anche nell'oratorio egli stentava ormai a
conoscere tutti i chierici; che potrebbe con frequenti visite, per
esempio nei mensili esercizi della buona morte, andarli a trovare
e così conoscerli e indirizzarli,
I1 Capitolo dunque deliberò che d'allora in poi gli ascritti
chierici avrebbero fatto a S. Benigno it loro anno di prova; per-
ciò vi si recarono tosto i giovani accettati per la Congregazione.
Don Bosco vi fece la cerimonia della vestizione il 20 ottobre.
Erano 51. Meritano speciale menzione due, chiamati per di-
verse vie a grandi cose: Michele Unia, primo eroico apostolo
salesiano dei lebbrosi in America, e Filippo Rinaldi, terzo suc-
cessore di San Giovanni Bosco. Provenivano entrambi dai Figli
di Maria.
i,e file dei Salesiani ingrossavano di anno in anno. Un indice
di questo crescere era tangib:le nei corsi di esercizi spirituali,
soliti a tenersi annualmente in due turni fra l'estate e l'autunno.
Quando la Congregazione prese forma, gli esercizi si facevano
nella casa di Trofarello, dove da principio gli esercitandi non
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

35.7 Page 347

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arrivavano a venti per corso. Poi, divenuto insufficiente il locale,
gli esercizi furono trasportati nel collegio di Lanzo. Qui il nu-
mero crebbe tanto, che nel 1878 le due mute consuete non ba-
starono più, ma bisognò cominciare a farne una terza a Sampier-
darena. Nel 1879 ce ne volle una quarta ad Alassio, benchè a
ciascuna delle due mute di Lanzo intervenissero più di duecento
Confratelli. Tutti vedevano palese in ciò la provvida mano di
Dio (I).
( i ) BARBRRISC, von. cit., penultimo quaderno (senza data)
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XXX
Progressi dell'opera Salesiana in Francia.
(Nizza, Marsiglia, La Navarre, Saint-Cyr).
Quando il buon seme cade in buon terreno, germoglia, cre-
sce e fruttifica. E la storia delllOpera salesiana in Francia. Qui le
due prime case non solo s'ingrandirono, ma per pochissimo tempo
restarono sole.
I primi tre anni di vita erano stati per il Patronage Saint-
Pierre a Nizza un progressivo evolversi. Prima vi fu il passag-
gio dall'angusta e malinconica filanda alla spaziosa e amena
villa Gautier; poi cominciò l'ampliamento dei locali e lo sviluppo
delle scuole, dei laboratori e dell'oratorio; infine ecco aggiungersi
le Figlie di Maria Ausiliatrice. Tre sole ne vennero inviate per le
prime da Mornese nel settembre del 1877: una Direttrice ma-
tura d'età e di senno, benchè recente di professione, e due suorine
di fresco vestite. Madre Mazzarello .le visitò tre mesi dopo, par-
tendone molto consolata, per averk vedute vivere nel più per-
fetto spirito di Momese e per aver udito dal Direttore che si
era contenti di esse e che si preparava la loro abitazione in modo
da poterne albergare ancora altre. Col tempo il Patronage fem-
minile di S. Anastasia, dalle medesime diretto, divenne centro
di benefica azione a vantaggio di molte fanciulle nizzarde.
Don Bosco con savio consiglio poneva ogni studio, perchè
la casa salesiana avesse carattere francese. Quindi, sebbene i
Salesiani in Francia dipendessero dall'Ispettoria di Liguria sotto
Don Cerruti, là tuttavia in faccia agli esterni fungeva quasi da
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Progressi dell'opera Salesiona in Francia
Ispettore Don Ronchail. Inoltre nell'istruirlo sul da farsi per
ottenere dal Prefetto del Dipartimento l'autorizzazione legale gli
raccomandava (I): <(Faglinotare che noi siamo alieni dalla po-
litica e che ci occupiamo di raccogliere quei ragazzi che si trp-
vano in procinto di dare lagnanze alle autorità. Molti Francesi so-
no ricoverati nelle nostre case in Italia e per diminuirne la venuta
si aprono ospizi in Francia. Nota anche che in ogni nazione à w i
una casa madre che noi chianziamo Ispettoria )>. Autorizzando
poi il Direttore a ricevere in suo nome la professione religiosa di
due chierici, uno dei quali era Francese, volle che invitasse alla
cerimonia persone di confidenza; col che mirava a mostrare che
la Congregazione aveva anche soggetti francesi e che non pre-
tendeva di tutto italianizzare O tutto fare in Italia. Ho bisogno
di preti e chierici francesi, aveva pure scritto a Don Ronchail;
fammene un numero sterminato >> (2).
Oltre al mantenimento di cento e più persone, tre altre cose
richiedevano danaro: l'ingrandimento dell'ospizio per non dover
respingere troppe domande, l'erezione di una chiesa comoda e
decorosa e la conveniente attrezzatura dei laboratori. Benefi-
cenze grandi e piccole confluivano al Patronage, alimentandone
la vita e favorendone gl'incrementi. Alcuni nomi e alcune forme
sono da consacrarsi alla storia di quei primordi. Un abate Cau-
vin, che, disponendo di una discreta fortuna, ne traeva sovente
con che aiutare Don Bosco; un architetto Levrot, che prestava
opera gratuita e largheggiava anche del suo; una famiglia D'Am-
burg, sempre generosa in soccorrere la casa; un Barone Héraud,
che Don Bosco chiamava <<inl ostro Mecenate P; un avvocato Mi-
ehel, propagandista e organizzatore; un dottore D'Espiney, che
con il suo popolare Dom Bosco, uscito nel 1881 e ristampato tante
volte, fece conoscere il Santo in ogni angolo della Francia; un
notaio Saietto, sempre lieto di servirlo senza interesse; un Er-
nesto Harmel, fratello di Leone, il bon @re degli operai in Val-
des-Bois, che nel 1879 in un grande congresso di Angers riferì
( i ) Lettera, Torino, 1 5 ottobre 1878.
( 2 ) Lettera fra il febbraio e il marzo del 1878.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

35.10 Page 350

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Capo X X X
sulla natura e sulle attuazioni dell'opera di Don Bosco; una si-
gnora Visconti, salutata abitualmente da Don Bosco col nome
di ((mamma>>; collettori e collettrici delia migliore società, che
si davano attivamente a cercare offerte; oratori sacri, che da.1
pergamo raccomandavano di metter mano alla borsa per soste-
nere il Pakonage. Non voglio dire con questo che talora non vi
fossero debiti, e anche rilevanti; ma era solo questione di aver
pazienza e muoversi, e poi l'aiuto prowidenziale veniva. S'ar-
rivò per tal modo a una sistemazione tale, che assicurò al Pa-
tronage Saint-Pierre un glorioso awenire.
Per altro, fra tutte le case salesiane di Francia, quella di Mar-
siglia doveva tenere il primo posto. Nel gennaio del 1879 Don
Bosco andò a visitarla col pensiero di prowedere con energia al
suo ampliamento. L'intervento d i ~ i soembrò confermarlonel suo
proposito; poichè la subita guarigione di un ragazm storpio e ra-
chitico appena il Santo lo benedisse, svegliò l'entusiasmo gene-
rale in favore de' suoi disegni. Conosciutasi la sua intenzione di
fabbricare, cominciarono a piovere offerte. Egli diede a impresa
lavori, che rendessero possibile al più presto accogliere almeno
duecento giovani. I Soci della Beazljozlr lo secondavano con zelo.
I1 21 gennaio scriveva a Don Rua: <<Lecose nostre qui vanno
assai bene. Sono di molta importanza morale, materiale e reli-
giosa >>.Prima di lasciare Marsiglia ordinò l'acquisto di una ca-
setta che si trovava a fianco del Patronage. Giunto poi a Torino,
non mandò solo consigli, ma anche danaro, perchè procedessero
speditamente i lavori (I).
A POCO a poco l'Opera di Don Bosco s'insinuava anche nella
letteratura francese. Nel 1878 lo scrittore bretone Giorgio Bas-
tard, narrando in un votume di trecento pagine un suo viag-
gio in Italia, ne dedicò tre alllOpera di Don Bosco. Sono pagine
smaglianti, in cui l'autore si mostra bene informato sulle origini
e sui progressi della Congregazione e mette un ardore comuni-
cativo, atto a produrre in chi legge sentimenti di viva simpa-
( I ) Avendo ricevuto per testamento dal Barane Bianco di Barbania alcune cascirie,
ne vendette una per destinarne a Marsiglia buona parte del ricavo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

36 Pages 351-360

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36.1 Page 351

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Progrersi dell'opern Salesiona in Francia
tia (I). L'anno dopo comparve pure a Marsiglia sullo stesso ar-
gomento una forbita monografia, dovuta alla penna dell'abate
Mendre (2). L'autore verso la fine, detto degli ateliers cristiani
di Don Bosco, faceva voti che tutte le città di Francia ne favo-
rissero la formazione. L'opuscolo, largamente diffuso, presenth
Don Bosco sotto un aspetto, che lo rendeva molto simpatico ai
Francesi.
Scuole, laboratori e oratorio non erano tutto per il Can. Guiol;
egli faceva fuoco e fiamma, perchè nella sua parrocchia i Sale-
siani si prendessero cura della chiesa, specialmente con una buona
Schola calztonlm. Sacerdote generoso e pieno di zelo, ma tempe-
ramento esuberante, non soffriva indugi, il che diede origine a
qualche incidente. Don Bosco gli scrisse il zo luglio 1879: ~ S t u -
dierò il modo di condurre avanti i nostri affari e non restare a
metà strada. La Congregazione Salesiana è bambina, e perciò
più bambini sono tuttora i suoi figli. Ma coll'aiuto di Dio cre-
sceranno, e a suo tempo potranno riportare senno e frutto da
scomodi fatti: pazienza, costanza e preghiera ».Con gli << scomodi
fatti » alludeva agli accennati casi spiacevoli. I1 Santo accomodò
poi tutto di presenza nel gennaio del 1880. Data da quegli anni
la luminosa carriera musicale dell'allora chierico Luigi Grosso,
che a Marsiglia e altrove si acquistò riputazione di maestro in-
superabile nel canto sacro.
Anche durante questa visita del 1880, anzi più che nella pre-
cedente, accaddero fatti straordinari di guarigioni operatesi dopo
la benedizione di Don Bosco, il che determinò un accorrere nu-
meroso e continuo di gente alla casa, tanto che Don Cagliero,
il quale lo aveva raggiunto colà, - MarseiJle est bouleversie, -
scrisse scherzevolmente a D. Rua (3). Con i visitatori veniva an-
che il danaro, di cui si sentiva stretto biso~no.C'erano vecchi
(I) G ~ R G E SB&s~&nnC, iqiren& j o m sn Italia. Paris, E. Deutu. 1878. 11 capo X 4
intitolato: Tu&. Ordoire SaintFran~oisde S ~ l e sS. i può leggere in Metn. Biogv., vol. XIII.
pag. 1002.
(2) t. MENDREpdtre. Don Bosco p ~ d f ~ Fe o, ndatsur de la Congrègation des Salbiens.
Notice susson (Euvre. L'Oratoire di Saint-Lyon à Marseille et les Oratoires Sal6siens fondés
en Franci. Marseille, M. Olive, 1879.
( 3 ) Lettera i 7 febbraio 1880.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo xxx
conti da saldare; c'era la compera di un terreno adiacente alla
casa; c'era soprattutto I'edificio nuovo da condurre avanti. Fi-
nita la prima ala, bisognava mettere mano alla parte centrale
e all'altra ala. A tutto si potè provvedere.
Avvicinandosi il giorno della partenza, Don Bosco riunì a
conferenza i Cooperatori e le Cooperatrici, anche per inaugurare
con solennità la parte compiuta dell'edificio e offrire così ai bene-
fattori una prova tangibile della serietà, con cui si dava sviluppo
all'opera. I1 Vescovo presiedette l'adunanza; gli facevano corona
con Don Bosco e il Can. Guiol i membri della Società Beaujour,
e vi assistettero molti ecclesiastici, molti ragguardevoli laici,
molte signore, e un gruppo di persone del popolo. Un giovanetto
lesse un indirizzo al «buon padre e caro benefattore Don Bo-
sco »; quindi un chierico rese omaggio al Vescovo. Infine prese
la parola Don Bosco. Egli spiegò lo scopo della sua opera, narrò
un po' di storia dell'oratorio di Valdocco e disse com'era sorta
la fondazione di Marsiglia. Nonostante la difficoltà che incon-
trava a parlare francese, tenne sospeso per lungo tempo dal suo,
labbro l'imponente uditorio. Gli rispose uno de' suoi più insigni
benefattori marsigliesi, il signor Enrico Bergasse, che fece un im-
portante rilievo dicendo: ((Questa casa di via Beaujour, fino a
ieri nascosta e ignorata, è divenuta oggi il convegno di tutti i
cuori caritatevoli della città e un centro di pellegrinaggio, ove
la gente si accalca di continuo intorno all'uomo di Dio >>Q. uando
per ultimo pariò il Vescovo, l'ambiente era saturo di simpatia.
11 trattenimento si chiuse con una questua, che fruttò una
somma considerevole (I).
Tanto entusiasmo si sarebbe potuto dileguare dopo la sua
partenza; ma egli lo impedì, organizzando due Comitati, uno di
Signori e l'altro di Signore, affinchè con continuità e di comune
accordo avvisassero ai mezzi pratici per tener desta l'attenzione
e attiva la carità dei cittadini. Dal marzo del 1880 al febbraio del
1895, come risulta da accurati verbali, le Signore tennero ven-
( i ) Gazelte du M t d f , 23 e 24 febbraio 1880
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

36.3 Page 353

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Progressi dell'opera Saleriara in Francia
tuna sedute, preparando nelle prime quattro il loro programma
di lavoro. Ecco i sistemi adottati da esse per raccogliere sussidi:
10 Sottoscrizioni annuali per venticinque, cinquanta, cento fran-
chi con relativi moduli. z0 Istituzioni di posti gratuiti, mediante
contributi individuali o collettivi. 30 Diffusione di liste per dieci
persone caduna, obbligantisi a versare due franchi all'anno.
40 Adozione di un ragazzo per franchi trecento aimui. Quest'ul-
timo sistema veniva proposto alle grandi Case di commercio.
Per il resto si faceva assegnamento speciale sulla generosità dei
Cooperatori, che nell'elenco sommavano a seicento.
Un cenno sull'orgauamento interno. Membro nato dei due
Comitati era il Direttore della casa salesiana; presidente di en-
trambi, il Can. Guiol. Ogni Comitato si suddivise in tre Commis-
sioni. In quello degli uomini, una Commissione s'interessava dei
generi alimentari, l'altra dei laboratori, la terza degli oggetti di
cancelleria e del contenzioso; in quello delle donne le tre Com-
nlissioni badavano rispettivamente alla biancheria, agli abiti e
al culto.
Don Bosco parti la sera del 22 febbraio per Nizza. La casa
si era riempita di gente, sicchè a stento potè portarsi alla car-
rozza. Aveva la veste così tagliuzzata dalla divozione del popolo,
che per via gliene fu provveduta un'altra. La sua camera per
lo stesso motivo venne messa a ruba. A Nizza, i medesimi assedi
giornalieri del pubblico, il medesimo prodursi di fatti straordi-
nari, la medesima generosità dei cittadini. Anche là prima di
riprendere la via d'Italia costituì Comitati analoghi a quelli di
Marsiglia.
Appartengono a questo periodo di tempo due fondazioni
francesi, che ebbero però vita breve. Una fu a Caniies, piccola
città marittima poco lungi da Nizza. Un'opera giovanile iniziata
dal parroco minacciava rovina. Don Bosco, tocco dalle implora-
zioni del buon sacerdote, gli mandò in soccorso per l'anno sco-
lastico 1877-78 Don Pietro Perrot con due chierici e un coadiu-
tore. Don Bosco mandava volentieri i suoi in quella stazione
climatica internazionale. dove c'era modo di fare tante utili
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

36.4 Page 354

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capo xxx
conoscenze; ma prima d'impegnarsi voleva patti chiari. Il par-
roco mise fuori un disegno di vaste proporzioni, ma senza base
finanziaria proporzionata ed escludendo l'autonomia della dire-
zione. I Salesiani intanto vivevano in coridizioni impossibili, fa-
cendo scuola in un casotto di legno, che dava da una parte
sulla pubblica piazza e dall'altra sul mare, sempre sotto un sole
che sferzava anche d'inverno. Dopo quel primo anno Don Bo-
sco fece ritornare i suoi a Nizza, in attesa di condizioni migliori,
che non vennero mai.
Anche l'altra delle accennate fondazioni durò un anno solo.
La si dovette a iniziativa del Comm. Dupraz che già conosciamo,
e al desiderio che aveva Don Bosco di fare un'opera nella dio-
cesi del Santo, da cui la Congregazione derivava il nome. S'andò
dunque nel novembre del 1879 a Chaltonges, nella diocesi di An-
necy, con Don Cays Direttore. Vi si sarebbe potuto fare molto
bene, se contro i nostri non si fosse scatenato un ca' del diavolo
per gelosie locali, che causarono un'azione del governo per ra-
gioni politiche, cosicchè anche di là fu forza levare le tende.
Molto avremmo da dire, ma ci spicceremo in breve, intorno
a trattative svoltesi a Parigi per indurre Don Bosco ad assumere
la direzione di un grande orfanotrofio fondato dall'abate Rous-
se1 nel quartiere di Auteuil. Andare nella metropoli della Fran-
cia e chiamatovi da persona assai qualificata e per un'opera
molto segnalata, era, umanamente parlando, un grande onore,
tanto più che Pio I X stesso aveva dato il suggerimento di rivol-
gersi a Don Bosco, se si volevano assicurare le sorti vacillanti del-
l'istituzione. L'abate nel 1878 visitò l'Oratorio, rimanendone ol-
tremodo soddisfatto. I1 Conte Cays fu il segretario di Don Bo-
sco in quella corrispondenza; anzi accompagnò Don Rua a Pa-
rigi nel novembre del 1878, quando si doveva abbozzare una con-
venzione. Nel gennaio del 1879 Don Bosco e l'abate Roussel si
incontrarono a Marsiglia e combinarono un progetto. I1 Santo
aveva deciso di mandare come Direttore a Auteuil il Conte, con
due chienci e un coadiutore. Le cose sarebbero potute cominciar
bene, se non fosse sorto un intoppo. La Curia arcivescovile esi-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

36.5 Page 355

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Progrersi dell*Operu Salesiana in Francia
geva che prima di stabilirvisi definitivamente i Salesiani faces-
sero un anno di prova. Questo significava diffidenza e nascon-
deva pericolose incognite. Perciò fu risposto il g gennaio che,
avendo la Congregazione già dato prove sufficienti di quanto con
l'aiuto del Signore fosse capace di fare, nè solo in Italia, ma an-
che in Francia a Nizza e a Marsiglia, non credevasi nè giusto nè
doveroso andare a Parigi come in prova; vedersi perciò i Sale-
siani costretti a rompere le trattative; essere tuttavia desiderio
loro di conservare buoni rapporti con l'abate Roussel e di tenersi
pronti sempre ad andare a Parigi, purchè in modo definitivo,
quando si fosse giudicato in Francia aver essi dato prove baste-
voli di abilità. Ma a Parigi per Auteuil fu affare fìnito.
Sorti invece esito felice un altro affare. Don Bosco non vo-
leva inserire nel suo programma le colonie agricole per timore
che fosse impossibile salvaguardarvi la condotta morale dei gio-
vani. Ma nell'agosto del 1877 fece un sogno. Gli parve di tro-
varsi entro una deserta casa di contadini. Mentre si aggirava per
le stanze tutto esaminando, udì un canto che veniva dal difuori.
Affacciatosi, vide nell'aia un fanciullo che cantava in francese
versi di saluto, e accanto a lui una donna. A un tratto, sempre
cantando, il giovanetto gl'indicò una turba di piccoli compagni,
che spuntavano da ogni parte e che, facendo coro con lui, invi-
tavano Don Bosco a prendersi cura di loro. Poi la donna, det-
togli di seguirla, si avviò verso un'aia più grande, nella quale
si riversarono nuove schiere giovanili: chi portava falci, chi
zappe, chi strumenti di vari mestieri, e tutti si stringevano in-
tomo a Don Bosco. Nella seconda aia c'era un'altra casa rustica
e più in là un bel fabbricato. Allora la donna gli disse: - Guarda
queste campagne, questo edificio, questa gioventù. Questi gio-
vani sono tutti tuoi. Sono miei figli e io li affido a te. - Erano
più di miIle. Don Bosco rispose che non sapeva come fare a sor-
vegliarli e a disciplinarli. A un cenno della donna, egli si volse
indietro, ed ecco avanzarsi un'altra moltitudine di giovani. Su
di essi la donna lanciò un immenso velario, che tutti li coperse;
quando poi lo ritirò, erano tutti trasformati in preti e chierici.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

36.6 Page 356

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capo xxx
- Questi preti e chierici, gli disse, saranno tuoi, se te li farai.
- Mentre i giovani sotto la direzione della donna, eseguivano un
inno di lode a Dio, il sogno svanì.
Don Bosco, avvezzo a simili fenomeni misteriosi, pensava il
mattino seguente che cosa potesse significare quel sogno, quando
ricevette una lettera. Era del Vescovo di Fréjus e Toulon, Mon-
signor Ferdinando Terris, che lo pregava di accettare una colo-
nia agricola in una località della sua diocesi chiamata La Na-
varre. Designavasi con questo nome un vastissimo fondo, che
misurava 233 ettare nella Crau d'Hyères, dipartimento del Var.
Di tutta quella campagna si era formata una colonia agricola,
denominata orfanotrofio di S. Giuseppe. L'aveva fondata nel
1863 l'abate Giacomo Vincent mercè la carità del signor Roujou,
proprietario della tenuta, il quale gliela diede all'unico scopo di
farla servire a un'opera di beneficenza. Dieci anni dopo l'orfano-
trofio con i terreni annessi fu ceduto in enfiteusi per 99 anni
dall'abate Vincent a tre sacerdoti secolari, che vagheggiavano
di risuscitare i1 terz'ordine dei Trinitari: ma sempre con l'ob-
bligo di conformarsi alla condizione imposta dal munifico dona-
tore nell'atto di donazione. Se non che, trascorsi appena cinque
anni, i locatari si trovarono talmente ingolfati nei debiti, che non
sapevano più come rimettersi a galla e, ascoltando il consiglio
del Vescovo, vennero nella decisione di cedere tutto a Don Bo-
sco, previo lo sborso di ventimila franchi per le migliorìe intro-
dotte e qualche altro onere e salva sempre la condizione anzi-
detta, il cui inadempimento trasferiva senz'altro all'ospedale
d'Hyères il diritto di possesso della Navarre.
I n tale esibizione Don Bosco credette scorgere la chiave del
sogno; e che la spiegazione fosse giusta, venne più tardi la con-
ferma. Infatti Don Lemoyne, visitando la nuova casa poco dopo
l'apeitura, vi riscontrò, e ne scrisse subito a Don Bosco, dal
primo all'ultimo tutti i particolari descritti nell'esposizione del
sogno, fatta dal Santo nel settembre del 1877 a Lanzo (I) e qui
( i ) Mem. Biogr., vol. XIII, pgg. 5 3 4 4
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

36.7 Page 357

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sopra tralasciati, riguardanti l'interno della casa e le sue adia-
cenze. Più ancora: recatosi Don Bosco alla Navarre, quando già
vi erano i giovani, mentre per il teniinento si avanzava verso la
casa, gli mossero tutti incontro preceduti da un compagno re-
cante un mazzo di fiori. I1 Santo, giunto a pochi passi da lui,
per subita commozione cambiò colore: il giovanetto aveva sta-
tura e lineamenti quali erangli apparsi nel fanciullo del sogno.
Alla sera poi durante un'accademiola, mentre faceva una parte
a solo nel canto, Don Bosco tornò a riscontrare che era proprio
lui e lo disse al Direttore. 11 giovane, per nome Michele Blain,
fattosi Salesiano, vive tuttora nella casa di Nizza.
Torniamo da capo. Don Bosco non esitò un istante ad acco-
gliere la proposta del Vescovo. Mandò da lui Don Roilchail con
pieni poteri. S'intesero tosto in linea di massima. Nla pronta
adesione di Don Bosco il Vescovo aveva supposto che col pros-
simo anno scolastico 1877-78 i Salesiani sarebbero andati alla
Navarre; invece gli bisognò pazientare fino all'anno dopo.
Ma non era solo questione della Navarre. 11 medesimo abate
Vincent aveva fondato nella Crau un secondo orfanotrofio mi-
sto, che versava pure in cattive acque. Anche di quello il Vescovo
aveva interessato Don Bosco, che a sua volta incaricò Don Ron-
chail di occuparsene. Fu concluso che si sarebbe andati anche
là, ma dopo la Navarre, dove tutto sembrava pronto per l'estate
del 1878.
Direttore fu nominato Don Perrot, venuto via da Cannes.
Egli, giovane ancora, provò qualche sgomento, pensando alla
difficoltà deli'impresa e alla propria inesperienza; ma Don Bosco
lo animò e gli largi preziosi consigli con una letterina del 2 lu-
glio, nella quale gli diceva: e So anch'io che sei ragazzo, e perciò
avresti ancora bisogno di studio, di pratica sctto ad un valeilte
maestro. Ma che? San Timoteo, chiamato a predicare Gesù Cri-
sto sebbene giovanetto, si mise tosto a predicare il regno di Dio
agli Ebrei e ai Gentili. Tu adunque va' in nome del Signore; va'
non come Superiore, ma come amico, fratello e padre. Il tuo co-
niando sia la carità, che si adopera di fare del bene a tutti, del
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

36.8 Page 358

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capo xxx
male a nessuno. Leggi, medita, pratica le nostre Regole. Ciò sia
per te e per i tuoi D.
Don Bosco usò l'accorgimento di far partire il personale non
da Torino, ma da Nizza. Andarono col Direttore un suddiacono,
come maestro, e un giovane coadiutore, come assistente dei pic-
coli agricoltori. Giunsero alla Navarre la sera del 5 luglio. I po-
chi ragazzi rimasti nella casa fecero loro festa; i benefattori,
trovatisi a dare il benvenuto, li salutarono quali restauratori e
novelli fondatori, tanto la casa era materialmente e moralmente
rovinata. La semplicità e il buon volere, con cui silenziosi s'ac-
cinsero all'ardua fatica, produssero ottima impressione e mos-
sero i facoltosi a venir loro in aiuto. Don Bosco a brevi inter-
valli mandò sei altri coadiutori, che fossero agli ordini di Don
Perrot nei più urgenti bisorni deli'azienda.
Ma i Salesiani non erano alla Navarre per fare i conduttori
di fondi; essi avevano la missione di dar vita a un'opera nuova
per la Congregazione, insegnando agricoltura ai figli della gleba
rimasti orfani o abbandonati e impartendo loro un'educazione
cristiana. Appena il personale parve bastante, vennero accettati
quanti giovanetti potevano capire nella casa, una quarantina in
tutto. Cominciare le accettazioni e giungere provvidenziali sus-
sidi per mantenerli fu un punto solo. Grandi consolazioni com-
pensarono i Salesiani dei primi gravi sacrifici. Li visitò il Ve-
scovo, poi venne Don Bosco sul principio del 1879 e a poco a poco
si determinò intorno a loro un generale interessamento. Questo
interessamento si rivelò a pieno, quando nel dicembre del 1879
posero mano all'erezione di un edificio che fosse sufficiente a
contenere almeno trecento ricoverati.
Ve li seguirono a breve distanza le Figlie di Maria Ausilia-
trice. Nel maggio del 1878 Don Bosco aveva incaricato Don Ron-
chail di accompagnarvi la Beata Mazzarello con una suora, per-
chè vedesse come allogare convenientemente le sue figlie. Dalla
Navarre Don Ronchail la condusse a Saint-Cyr. Ivi, a sei chilo-
metri dalla città di questo nome, l'abate Vincent .aveva fatto
acquisto di un vasto edificio e vi aveva avviato alla beiia me-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Progressi dell'Opevn Solesima in Francia
glio l'accennato orfanotrofio misto. Egli dimorava ancora là; ma,
impossibilitato a continuare per difetto di personale e di mezzi,
aveva obbedito al Vescovo, cedendo tutto a Don Bosco. Certo
alla Madre non piacque niente quella mescolanza di fanciulli e
fanciulle; quindi propose che queste fossero lasciate dov'erano,
e quelli passassero alla Navarre. In ciò ella interpretava fedel-
mente il pensiero di Don Bosco. Quando le Figlie di Maria Au-
siliatrice si stabilirono nel 1880 a Saint-Cyr, le cose stavano come
la Madre voleva. Per l'assistenza religiosa Don Bosco inviò Don
Ghivarello.
Aila Navarre le Suore erano andate nell'ottobre del 1878.
Per qualche tempo si adattarono anch'esse come potevano nella
penuria che affliggeva la casa. Le poverine non osavano nem-
meno palesare le loro sofferenze, vedendo come i Salesiani aves-
sero già abbastanza da tribolare. Dio però benedisse i sacrifici
delle une e degli altri, accordando all'opera venticinque anni
d'invidiabile floridezza, k o cioè all'infausta legge del 1902, e
poi concedendo che dopo quel colpo risorgesse più vigorosa di
prima. Allora infatti si avverò l'ultima parte del sogno. Poichè,
istituiti alla Navarre i Figli di Maria e poi il noviziato, ecco
awenire le trasformazioni previste tanto tempo innanzi, senza
che alcuno da principio vi avesse posto mente.
Restava da legalizzare nelle due fondazioni il passaggio della
proprietà. Per questo entrò in azione la Società Beaujour, la
quale fece acquisto dei due possedimenti dall'abate Vincent e
da' suoi locatari, affidando poi terreni e case a Don Bosco in
base a condizioni da stabilirsi. Tali condizioni furono studiate in
laboriose conferenze e fissate in un accordo da ratificarsi entro
tre mesi e da mettersi in vigore dopo altri quattro (I).
Ciò fatto, Don Bosco visitò, come ho già detto, le due case
nel gennaio del 1879; quindi da Alassio in febbraio spedì al si-
gnor Rostand, Presidente della Società, una relazione, informan-
dolo bene sullo stato del personale e sul valore dei terreni. Le
( I ) Cfr. Mevz. Biogv., vol. XIV, pgg. 688-91.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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- Capo X X X Progretd dcU'O$era SaIeianu in Francin
sue informazioni, comunicate a1 Consiglio amministrativo, tor-.
narono opportune per assicurare il buon esito della sottoscri-
zione che si era in procinto di aprire a favore della Società in vi-
sta delle nuove opere. I1 Presidente rispose indirizzandogli una
lunga e affettuosa lettera, nella quale salutava in lui l'inviato
della Provvidenza (I).
Don Bosco nei convegno di Alassio (z), parlando della du-
plice fondazione, aveva detto: <<Consoliamocic,questa è vera-
mente una vigna apertaci dalla divina Provvidenza. Da queste
istituzioni verrà gran bene alle anime. In Francia tutti amano.
lo spirito nostro e la classe dei giovani, attorno ai quali noi im-
pieghiamo le nostre cure. Per questo motivo appunto incontriamo
tanta simpatia in ogni luogo e per questo, come spero, non sa-
remo mai disturbati ». Prossimi avvenimenti, come vedremo, do-
vevano in un primo momento sembrare tali da dare una smen-
tita a sì rosee previsioni; invece finirono col confermarle.
( I ) Cfr. 1Mprn. Biogr., vol. XIV, pgg. 697-8
(2) Cfr. sopra. pag. 288.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

37 Pages 361-370

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37.1 Page 361

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CAPO XXXI
Prima Relazione triennale alla Santa Sede.
I primi passi di una Istituzione, che abbia avuto largo e po-
tente sviluppo, presentano sempre un particolare interesse. Cose
che in seguito diventeranno, per dir così, di ordinaria amministra-
zione, allora hanno un'attrattiva che viene loro dall'apparte-
nere alle origini. Ecco perchè dedicheremo il presente capo alla
prima Relazione triennale presentata da Don Bosco alla Santa
Sede sullo stato materiale e morate della Società (I).
I1 Santo la compilò stando a Roma nel marzo del 1879, poi
la fece stampare, e stampata"la umiliò alla Santa Sede, invian-
done copia anche ai Direttori delle case. Ne faceva in questi ter-
mini la presentazione: <<LeCostituzioni di questa Società al
capo VI prescrivono che ogni tre anni debbasi fare alla S. Sede
una relazione sullo stato materiale, morale e progresso della me-
desima. Ciò si è solo fatto approssimativamente in passato, per-
ciocchè l'apertura di nuove case, e le modificazioni cui la na-
scente Congregazione dovette piegarsi per le speciali circostanze
dei tempi e de' luoghi, impedirono di fare una completa ed esatta
esposizione quale si doveva. 11 Rettore Maggiore di questa Con-
gregazione, desideroso di prestare in ogni cosa il dovuto osse-
quio alla Santa Sede, con piena fiducia di avere quelle osserva-
zioni e quei consigli che possono contribuire alla maggior gloria
di Dio, compie ora questo suo dovere, esponendo umilmente lo
stato in cui si trova codesta pia Società nei vari paesi ne' quali
( I ) Oggi i l Codex iuris canonici la prescrive quinquennale (Can. 510).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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esercita qualche atto di sacro ministero o prende parte all'edu-
cazione scientifica o artistica (I) della gioventù >>.
La relazione si apre con un limpido riassunto storico delle
origini della Società Salesiana e con un'idea sommaria del suo re-
gime; poi ne delinea gli sviluppi dal 1841 al 1879, e si chiude
con una rapida notizia suiio stato morale, distinta in sei punti,
che giova riportare.
I. L'osservanza delle Costituzioni, grazie a Dio, è mantenuta in tutte le
Case, e finora non vi fu alcun Salesiano che dimenticando se stesso abbia dato
qualche scandalo. Il lavoro supera le forze e il numero degli individui: ma niuno
si sgomenta, e pare che la fatica sia un secondo nutrimento dopo l'alimento ma-
teriale. È: vero che alcuni rimasero vittima del loro zelo tanto in Europa quanto
neUe Missioni estere: ma questo non fece altro che accrescere l'ardore di lavorare
negli altri religiosi Salesiani. Si è però prowednto che niuno lavori oltre le sue
forze con nocumento deUa sanità.
2. Le domande degli aspiranti Salesiani sono assai numerose, ma si è pro-
vato che molti hanno vocazione ad altri Ordini religiosi od allo stato di preti se-
colari, non ad ascriversi alla pia Societi di S. Francesco di Sales. Le dimande
annue sono di circa trecento, di cui centocinquanta sono ammessi al Noviziato:
e coloro che in fine di esso professano sono in media centoventi.
3. Coi Parroci e cogli Ordinani Diocesani siamo in ottima relazione: e
possiamo dire che ci fanno da padri e da benefattori. Con un solo Ordinario si
incontrano deUe dinicolti, di cui non si potè mai sapere la vera cagione. Colla
pazienza, coli'aiuto del Signore e lavorando sottomessi nella sua Diocesi si spera
di acquistare quella benevolenza che godiamo in tutte le altre Diocesi.
4. Altra grande difficoltà fu incontrata nei Privilegi. Si crede che i Sale-
siani abbiano i Privilegi di cui comunemente godono tutti gli Ordini religiosi e
le altre Congregazioni Ecclesiastiche, ciò che finora la Santa Sede non giudicò
di concedere. L'andamento materiale e morale sarebbe reso assai più facile mercè
la Comunicazione dei Privilegi, di cui si fa umile ma calda preghiera (2).
5. Si è tenuto i4 primo Capitolo Generale nel settembre 1877. Si trattarono
più cose assai importanti per la pratica delle nostre Costituzioni, ma prima di
inandare le prese deliberazioni aUa Santa Sede si giudich opportuno di metterle
per alcun tempo in pratica, introdurvi le modifìcazioni per conoscere le corre-
zioni a farsi, e sottoporle ad altro Capitolo Generale, che a Dio piacendo si terrà
nel settembre del 1880.
6. Tutti i S& della Congregazione si uniscono al loro Rettore Maggiore
per fare oxnaggio alla S. Sede e professarle inviolabile attaccamento, e suppli-
cano che questa saprema Autorità della Chiesa loro continui la patema sua assi-
(i)S'illttena ~ 0 f ~ a l e .
(2) DU Privilegi trsttemmo nel capo XLIV.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Pritna Relazione triennale alla Sonta Sede
stenza, mentre essi con tutto I'impegno possibile non cesseranno di sostenere la
fede e l'ubbidienza al Vicario di Gesù Cristo in tutti i paesi dove hanno case
sia in Europa che in America.
La parte centrale e più ampia della relazione è la seconda,
che reca la statistica totale delle opere, a cui attendevano al-
lora i Salesiani in Italia, in Francia e nell'America meridionale.
Don Bosco annette importanza a ogni forma di attività da lui
voluta e da' suoi esercitata, per ristretto che ne sia il campo;
nulla perciò sfugge alla sua enumerazione di quanto van facendo
i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice. Ne risulta così una
esposizione analitica, nella quale il molto e il vario dovettero
produrre nei Soci un misto di meraviglia e di compiacimento da
farli esclamare: Digitus Dei est hic (I).
Alla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari il documento
fu oggetto di minuto esame in ogni sua parte, il che diede ori-
gine a sette " rilievi " comunicati dal Cardinale Prefetto Ferrieri
a Don Bosco il 5 aprile. I1 Santo rispose con opportuni chiari-
menti solo il 3 agosto, impedito di farlo più sollecitamente da
molte brighe che lo incalzarono in quei mesi ed anche dalla ne-
cessità di consultare persone pratiche e benevole.
Il primo rilievo notava il silenzio sullo stato economico della
Società e sul Noviziato. Riguardo allo stato economico Don Bo-
sco spiegava: c La Pia Società non esiste legalmente, perciò non
può possedere nè contrarre debiti nè crediti. Le case della Con-
gregazione sono di proprietà dei membri della medesima; esi-
stono debiti, ma un Socio ha in vendita uno stabile di valore
sufficiente a pagarli. Ma la Congregazione sia come ente morale
sia come ente legale non possiede e non può possedere cosa al-
cuna )>.Lo stabile in vendita era una cascina del Conte Cays a
Caselle Torinese. Allorchè Don Bosco scriveva così. a Valdocco
si attraversava un momento, economicamente parlando, molto
critico; Don Rua non nascondeva ai più intimi che la Congre-
gazione non erasi mai trovata in sì difficili circostanze. Eppure
(i)Sebbene l'opuscolo sia stato spedito a tutte le esse, pure oggi diventato un raro
cimelio. Si pud leggere intera questa parte in Meni. Biogr., vol. XIV, pgg. 75663.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

37.4 Page 364

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capo XXXI
Don Bosco passava tranquillamente mesi e mesi lontano dall'O-
ratorio; m2 qui egli aveva il suo provvidenziale aiutante mag-
giore, che tutto faceva e poco o nulla si scopriva. Senza un uomo
della sua calma, abilità e autorevolezza il disagio economico
avrebbe potuto ingenerare, insieme con la perdita del credito al
difuori, il malessere morale nell'interno con le sue ordinarie con-
seguenze, cioè dissesto e dissolvimento. Invece il pensiero comune
riposava sereno su Don Bosco lontano, senza che nemmeno i
più addentro alle segrete cose avvertissero quanto del merito di
sì riposato vivere spettasse a Don Rua. Mentre infatti la sua
prudenza gl'insegnava a trattare gli affari con illuminata sag-
gezza, la sua virtù lo conduceva a raggiungere i voluti scopi in
silenzio e senza darsi a vedere, come se egli non fosse nulla e
Don Bosco fosse tutto. Per tal modo quel difficoltoso periodo
fu superato felicemente, come felicemente ne furono superati al-
tri in seguito.
Quanto a Noviziati, Don Bosco ne aveva due in piena re-
gola, uno nell'oratorio di Valdocco e l'altro a Buenos Aires. Un
terzo gli sembrava di poter dare come esistente a Marsiglia e
di un quarto sperava l'apertura a Siviglia; per un quinto aveva
iniziato pratiche con l'abate Ronssel a Auteuil e con l'Arcive-
scovo di Parigi, ma queste tramontarono con l'abbandono di
tutto il noto progetto. Ciò esposto, il Santo continuava: «Un
sacerdote di scienza e di pietà esperimentata è il Direttore dei
novizi. Due altri sacerdoti lo coadiuvano (I). Fanno regolar-
mente ogni giorno la meditazione, lettura spirituale, visita al
SS. Sacramento, recitano il Rosario della Beata Vergine. Ogni
sera si raccolgono in chiesa a ricevere la benedizione col Vene-
rabile. Ogni settimana fanno la loro confessione, quasi ogni giorno
si accostano alla santa Comunione. In ciascuna settimaza hanno
luogo due conferenze, una istruzione sopra le Costituzioni. Fi-
nora I'osservanza religiosa è mantenuta *.
( i ) Alludeva a Don Barberis, unico Maestro dei Novizi, secondo lo stile di allora, e poi
a Don Vespignani per Buenos Aires e forse a Don Bologna per Marsiglia. Di Marsiglia ripar-
leremo fra breve.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Prima Relazione triennak allo Santa Sede
Il secondo rilievo si riferiva alla divisione della Società in
Ispettorie, anzichè in Province, per la cui erezione bisognava
chiedere la facoltà dalla Santa Sede. Don Bosco, citato l'arti-
colo delle Regole sulla designazione e sull'ufficio degli inspecto-
res (I), rendeva ragione del termine nuovo, appellandosi all'au-
torità di Pio IX, il quale aveva raccomandato di eliminare de-
nominazioni che potessero urtare contro lo spirito del secolo;
perciò in luogo di Convento proponeva che si dicesse Casa, Col-
legio, OsFizio, Orfanotrofio; e così pure Rettor Maggiore e Diret-
tore, invece di Gevzerale e Priore o Guardiano; quanto a Provin-
ciale e Provincia, consigliava di cercare un altro vocabolo equi-
valente. Infine Don Bosco avvertiva: <<Ladivisione in Ispettorie
non è ancora attivata, ma è solamente proposta ad esperimento,
e qualora se ne conosca possibile l'effettuazione, si farà il dovuto
ricorso alla S. Sede. Ma nella tristezza dei tempi nostri, le con-
tinue e gravi difficoltà che ogni giorno dobbiamo appianare, non
lasciano rawisare altra divisione tollerabile in mezzo al secolo;
perciò si prega a volerla temporaneamente ammettere >>.
Sotto " Ispettoria Piemontese " si leggeva per Torino: % 110
p.ure confidato al sacro ministero dei Salesiani il laboratorio di
S. Giuseppe, destinato a raccogliere zitelle, che hanno bisogno di
lavoro e di assistenza speciale. 120 Hanno pure cura delllIstituto
detto Famiglia di S. Pietro, che ha per iscopo di ricevere le tra-
viate che escono dalle carceri, desiderose di avviarsi al lavoro ed
alla vita cristiana. 130 I1 medesimo servizio religioso prestano
all'lstituto detto del Buon Pastore, destinato a preservare dalla
rovina le fanciulle pericolanti ed accogliere le penitenti che cer-
cano un asilo sicuro alla moralità>>.Questi tre punti diedero
motivo al terzo rilievo, in cui si diceva esigersi l'autorizzazione
vescovile per esercitare il sacro ministero in ricoveri di donne e
doversi esprimere, se essa fosse intervenuta e in che consistesse
il sacro ministero ivi accennato. Don Bosco, affermato che erasi
fatto tutto a tenore delle Regole, proseguiva: Sono questi Isti-
tuti mancanti affatto di mezzi materiali, cui i Salesiani a richie-
( r ) Art. 17 del capo IX.
3 55
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

37.6 Page 366

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Capo XXXI
sta degli Ordinarii prestano caritatevolmente il religioso servi-
zio. Questo sacro ministero è sempre concertato e limitato dal-
l'ordinario diocesano in tutto ciò che si riferisce ai santi sacra-
menti della confessione, comunione, alla celebrazione della santa
Messa, alla parola di Dio, catechismi e simili ».
I1 quarto rilievo mirava a conoscere se nell'apertura di col-
legi e nell'insegnamento fossero rispettate le prescrizioni dei sa-
cri Canoni. Osservandosi in questo le Regole approvate dalla
Santa Sede, ne veniva di conseguenza che tutto fosse normale.
Neila Relazione un paragrafo era dedicato all'Istituto delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, enumerandovisi case ventuna. Ora
si voleva sapere nel quinto rilievo se l'Istituto avesse un Supe-
riore Generale e se fosse del tutto indipendente, come doveva
essere, dai Salesiani. Qui,come si seppe di poi, s'incorse in una
svista. Non un Superiore>>, ma ((una Superiora )> bisognava dire.
Tuttavia lo sbaglio diede luogo a una dichiarazione non priva
di valore. La situazione dell'Istituto era stata discussa, quando
furono approvate le Regole della Società Satesiana. Premesso
questo, Don Bosco veniva alla risposta, il cui nucleo è in questi
periodi: «L'Istituto di Maria Ausiliatrice dipende dal Superiore
Generale della Pia Società Salesiana nelle cose temporali, ma in
ciò che concerne all'esercizio del culto religioso e all'amministra-
zione dei sacramenti sono totalmente soggette alla giurisdizione
dell'ordinario. I1 Superiore dei Salesiani somministra i mezzi
materiali alle Suore e col consenso del Vescovo stabilisce un sa-
cerdote col titolo di Direttore spirituale per ogni casa di Suore.
Parecchi Vescovi hanno già approvato questo Istituto femminile,
ed ora si sta facendo 'il dovuto esperimento per conoscere prati-
camente le modificazioni da introdursi prima di umiliarle alla
S. Sede per l'opportuna approvazione )>.Siccome poi le loro Re-
gole specificano i punti della dipendenza dal Superiore dei Sale-
siani, così Don Bosco ne univa una copia perchè se ne prendesse
visione.
Otto volte la Relazione sulle Suore diceva, che esse attende-
vano alla cucina, alla biancheria e al vestiario in seminari e in
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Prima Relazwne triennnle alla Santa Sede
ospizi maschili; ora la Sacra Congregazione faceva intorno a que-
sto un sesto rilievo, notando che ciò ( ( P stato sempre riprovato
dalla S. Sede B. Don Bosco rispose brevemente: a In ogni cosa si
ebbero previe intelligenze cogli Ordinarii diocesani, anzi le di-
mande furono fatte da loro medesimi (I), e si seguono tutte le
regole che i sacri Canoni prescrivono e che la prudenza sugge-
risce ,.
I,'ultimo rilievo biasimava come ((cosa singolare e inoppor-
tuna >> la stampa della Relazione, essendo tale documento desti-
nato solo alla Santa Sede. Don Bosco si scusò scrivendo: << Ho
fatto stampare ad unico fine di facilitare la lettura. Essendo
questa la prima volta che io inviava una Relazione di questa
fatta alla S. Sede, ho seguito il consiglio del Superiore di un al-
tro Istituto che mi disse: - La S. Sede preferisce l'esposizione
stampata. - Un'altra volta mi farò dovere di inviarla mano-
scritta >.
Esaurite così le risposte, il Santo pregava Sua Eminenza di
avere la sua {(povera Società in benevola considerazione e sog-
giungeva: I tempi, le autorità, le leggi civili, gli sforzi che si
fanno per annientare gli Istituti ecclesiastici mi spingono a chie-
dere dalla E. V. tutto l'appoggio e tutta la indulgenza compati-
bili colle prescrizioni di Santa Chiesa )>.
Nonostante il suo buon volere, Don Bosco non riuscì ad ap-
pagare la Sacra Congregazione; infatti il 3 ottobre gli furono
fatte nuove osservazioni. Egli ne rimase addolorato. Per spie-
gare bene le cose egli decise di mandare a Roma nel gennaio
del 1880 Don Francesco Dalmazzo nella qualità di Procuratore
Generale con incarico di porsi agli ordini del Cardinale Prefetto,
o di chi questi avrebbe giudicato bene indicargli. Lo fece però
precedere da una sua lettera, nella quale <in ossequiosa rispo-
sta >> a quella del 3 ottobre esponeva alcuni pensieri. Lalettera
porta la data del 12 gennaio 1880, perchè della cosa non erasi
potuto fino allora occupare.
( I ) Dimande da Vescovi n'erano state fatte tre, da Mons. Leto per il seminario di Biella.
e due da Mons. Terris per le case della Navarre e di Saint-Cyr.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo X X X I
I1 primo pensiero si riferiva alla questione della proprietà.
Don Bosco aveva detto che la Società era priva di esistenza le-
gale e che perciò non poteva nè possedere nè contrarre debiti,
e che le case appartenevano a singoli Soci. La Sacra Congrega-
zione ritenne che egli intendesse riferirsi alla legge civile ostile
ai Pii Istituti, non alle leggi della Chiesa, dinanzi alla quale non
hanno alcun valore le leggi civili, avendo tutti i Pii Istituti la
loro legale esistenza secondo i sacri Canoni. Parve dunque che
Don Bosco avesse allegato la legge civile per esimersi dagli ob-
blighi di esporre quali beni possedesse la Società, quali rendite
percepisse e come le erogasse, e dal dovere di chiedere il bene-
placito apostolico per vendere beni e creare debiti. Don Bosco,
posto in sodo che secondo le Regole la Società come Società nulla
possiede, perchè i Soci conservano il dominio radicale dei loro
beni e ne possono disporre liberamente per testamento o col
consenso del Rettor Maggiore per atti fra i vivi, recava in mezzo
un dato di fatto che serviva a scagionarlo dell'accusa d'aver vo-
luto nella sua risposta precedente usare sotterfugi. Diceva la Re-
gola (I) : (( Nell'alienare beni della Società e nel contrarre debiti,
si osservi tutto quello che di diritto bisogna osservare a norma
dei sacri Canoni e delle Costituzioni apostoliche >>.Ora Don Bo-
sco nell'approvazione delle Regole aveva chiesto alla Sacra Con-
gregazione come dovessero intendersi queste parole, e la Sacra
Congregazione per mezzo del Segretario Mons. Vitelleschi gli
aveva fatto dire: - La risposta è nell'articolo medesimo, cioè
in alie~ationibus bonorunz Societutis; ciò si deve intendere nel
senso che, quando i tempi o i luoghi permettano di possedere
qualche cosa in comune o a nome deila Pia Società, si dovrà
osservare tale articolo, come lo osservano tutte le Congregazioni
religiose ed ecclesiastiche. - Alla quale dichiarazione appariva
consono quell'altro articolo (z), dove si diceva del Rettor Mag-
giore: <<Nonavrà facoltà di vendere beni immobili (3) nè di cnm-
( i ) Capo VII, art. 3 (oggi, art. 2).
( 2 ) Ib., art. 2.
( 3 ) Qui f u poi aggiunto e della Societd n
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Pritna Relazione triennale alla Sonta Sede
stenza, mentre essi con tutto I'impegno possibile non cesseranno di sostenere la
fede e l'ubbidienza al Vicario di Gesù Cristo in tutti i paesi dove hanno case
sia in Europa che in America.
La parte centrale e più ampia della relazione è la seconda,
che reca la statistica totale delle opere, a cui attendevano al-
lora i Salesiani in Italia, in Francia e nell'America meridionale.
Don Bosco annette importanza a ogni forma di attività da lui
voluta e da' suoi esercitata, per ristretto che ne sia il campo;
nulla perciò sfugge alla sua enumerazione di quanto van facendo
i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice. Ne risulta così una
esposizione analitica, nella quale il molto e il vario dovettero
produrre nei Soci un misto di meraviglia e di compiacimento da
farli esclamare: Digitus Dei est hic (I).
Alla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari il documento
fu oggetto di minuto esame in ogni sua parte, il che diede ori-
gine a sette " rilievi " comunicati dal Cardinale Prefetto Ferrieri
a Don Bosco il 5 aprile. I1 Santo rispose con opportuni chiari-
menti solo il 3 agosto, impedito di farlo più sollecitamente da
molte brighe che lo incalzarono in quei mesi ed anche dalla ne-
cessità di consultare persone pratiche e benevole.
Il primo rilievo notava il silenzio sullo stato economico della
Società e sul Noviziato. Riguardo allo stato economico Don Bo-
sco spiegava: c La Pia Società non esiste legalmente, perciò non
può possedere nè contrarre debiti nè crediti. Le case della Con-
gregazione sono di proprietà dei membri della medesima; esi-
stono debiti, ma un Socio ha in vendita uno stabile di valore
sufficiente a pagarli. Ma la Congregazione sia come ente morale
sia come ente legale non possiede e non può possedere cosa al-
cuna )>.Lo stabile in vendita era una cascina del Conte Cays a
Caselle Torinese. Allorchè Don Bosco scriveva così. a Valdocco
si attraversava un momento, economicamente parlando, molto
critico; Don Rua non nascondeva ai più intimi che la Congre-
gazione non erasi mai trovata in sì difficili circostanze. Eppure
(i)Sebbene l'opuscolo sia stato spedito a tutte le esse, pure oggi diventato un raro
cimelio. Si pud leggere intera questa parte in Meni. Biogr., vol. XIV, pgg. 75663.
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Prima Relazione triennak allo Santa Sede
Il secondo rilievo si riferiva alla divisione della Società in
Ispettorie, anzichè in Province, per la cui erezione bisognava
chiedere la facoltà dalla Santa Sede. Don Bosco, citato l'arti-
colo delle Regole sulla designazione e sull'ufficio degli inspecto-
res (I), rendeva ragione del termine nuovo, appellandosi all'au-
torità di Pio IX, il quale aveva raccomandato di eliminare de-
nominazioni che potessero urtare contro lo spirito del secolo;
perciò in luogo di Convento proponeva che si dicesse Casa, Col-
legio, OsFizio, Orfanotrofio; e così pure Rettor Maggiore e Diret-
tore, invece di Gevzerale e Priore o Guardiano; quanto a Provin-
ciale e Provincia, consigliava di cercare un altro vocabolo equi-
valente. Infine Don Bosco avvertiva: <<Ladivisione in Ispettorie
non è ancora attivata, ma è solamente proposta ad esperimento,
e qualora se ne conosca possibile l'effettuazione, si farà il dovuto
ricorso alla S. Sede. Ma nella tristezza dei tempi nostri, le con-
tinue e gravi difficoltà che ogni giorno dobbiamo appianare, non
lasciano rawisare altra divisione tollerabile in mezzo al secolo;
perciò si prega a volerla temporaneamente ammettere >>.
Sotto " Ispettoria Piemontese " si leggeva per Torino: % 110
p.ure confidato al sacro ministero dei Salesiani il laboratorio di
S. Giuseppe, destinato a raccogliere zitelle, che hanno bisogno di
lavoro e di assistenza speciale. 120 Hanno pure cura delllIstituto
detto Famiglia di S. Pietro, che ha per iscopo di ricevere le tra-
viate che escono dalle carceri, desiderose di avviarsi al lavoro ed
alla vita cristiana. 130 I1 medesimo servizio religioso prestano
all'lstituto detto del Buon Pastore, destinato a preservare dalla
rovina le fanciulle pericolanti ed accogliere le penitenti che cer-
cano un asilo sicuro alla moralità>>.Questi tre punti diedero
motivo al terzo rilievo, in cui si diceva esigersi l'autorizzazione
vescovile per esercitare il sacro ministero in ricoveri di donne e
doversi esprimere, se essa fosse intervenuta e in che consistesse
il sacro ministero ivi accennato. Don Bosco, affermato che erasi
fatto tutto a tenore delle Regole, proseguiva: Sono questi Isti-
tuti mancanti affatto di mezzi materiali, cui i Salesiani a richie-
( r ) Art. 17 del capo IX.
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Prima Relazwne triennnle alla Santa Sede
ospizi maschili; ora la Sacra Congregazione faceva intorno a que-
sto un sesto rilievo, notando che ciò ( ( P stato sempre riprovato
dalla S. Sede B. Don Bosco rispose brevemente: a In ogni cosa si
ebbero previe intelligenze cogli Ordinarii diocesani, anzi le di-
mande furono fatte da loro medesimi (I), e si seguono tutte le
regole che i sacri Canoni prescrivono e che la prudenza sugge-
risce ,.
I,'ultimo rilievo biasimava come ((cosa singolare e inoppor-
tuna >> la stampa della Relazione, essendo tale documento desti-
nato solo alla Santa Sede. Don Bosco si scusò scrivendo: << Ho
fatto stampare ad unico fine di facilitare la lettura. Essendo
questa la prima volta che io inviava una Relazione di questa
fatta alla S. Sede, ho seguito il consiglio del Superiore di un al-
tro Istituto che mi disse: - La S. Sede preferisce l'esposizione
stampata. - Un'altra volta mi farò dovere di inviarla mano-
scritta >.
Esaurite così le risposte, il Santo pregava Sua Eminenza di
avere la sua {(povera Società in benevola considerazione e sog-
giungeva: I tempi, le autorità, le leggi civili, gli sforzi che si
fanno per annientare gli Istituti ecclesiastici mi spingono a chie-
dere dalla E. V. tutto l'appoggio e tutta la indulgenza compati-
bili colle prescrizioni di Santa Chiesa )>.
Nonostante il suo buon volere, Don Bosco non riuscì ad ap-
pagare la Sacra Congregazione; infatti il 3 ottobre gli furono
fatte nuove osservazioni. Egli ne rimase addolorato. Per spie-
gare bene le cose egli decise di mandare a Roma nel gennaio
del 1880 Don Francesco Dalmazzo nella qualità di Procuratore
Generale con incarico di porsi agli ordini del Cardinale Prefetto,
o di chi questi avrebbe giudicato bene indicargli. Lo fece però
precedere da una sua lettera, nella quale <in ossequiosa rispo-
sta >> a quella del 3 ottobre esponeva alcuni pensieri. Lalettera
porta la data del 12 gennaio 1880, perchè della cosa non erasi
potuto fino allora occupare.
( i ) Dimande da Vescovi n'erano state fatte tre, da Mons. Leto per il seminario di Biella.
e due da Mons. Terris per le case della Navarre e di Saint-Cyr.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Prima Relazione triennale alla Santa Sede
prarile senza il consenso del Capitolo Superiore ». Al che Don
Bosco faceva seguire le seguenti osservazioni: <Questo è il senso
che ho sempre dato io alle nostre Costituzioni fin dal principio
della esistenza di questa Pia Società. Così le intese sempre il
Sommo Pontefice Pio IX di sempre gloriosa memoria, come pure
gli Eminentissimi Cardinali scelti per l'esame e per l'approva-
zione delle nostre Costituzioni. 11 considerare poi soggetti alle
prescrizioni dei sacri Canoni gli stabili posseduti personalmente
dai Soci quali beni ecclesiastici, metterebbe nella confusione l'an-
damento delle cose nostre; perciocchè tutti i Salesiani fecero la
loro professione religiosa appoggiati sopra il primo articolo del
capo I V DE voto @au@e~t(&ctihse, comincia così: " Votum pauper-
tatis, de quo hic loquimur, respicit tantummodo cuiuscumque
rei administrationem, non vero possessionem " >).
Riguardo ai Noviziati Don Bosco aveva scritto: <C Con auto-
rizzazione della S. Congregazione dei Vescovi e Regolari è atti-
vato il Noviziato di Marsiglia #. Ora alla Sacra Congregazione
non constava di aver dato tale autorizzazione. Bisogna sapere
che Don Bosco aveva intenzione di erigere a Marsiglia un Novi-
ziato per i Francesi e che dopo i primi passi fatti a Roma per
questo scopo, la Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari il
5 febbraio 1879 aveva chiesto il parere del Vescovo, la cui ri-
sposta, con la data del 23, era stato favorevole (I). Qui Dbn
Bosco dovette confessare d'aver preso equivoco, considerando
la pr,atica come terminata, mentre era ancora in corso. Perciò
univa gli accennati documenti e rinnovava la preghiera per la
concessione del favore. Ma quattro mesi dopo venne a sapere
dal Procuratore che questa sua spiegazione era stata giudicata
cavillosa per nascondere il fatto compiuto. Tale notizia lo ferì
sul vivo, come traspare da una sua lettera del 7 maggio a Don
Dalmazzo: <Non posso nascondere, gli diceva, la mia amara af-
( I ) Lettera di Don Bosco al Can. Guiol, Roma 4 marzo 1879: i< Ho ricevuto con vero
piacere la cara sua lettera del 26 febbraio,che mi racchiudevale testimoniali di Jlons. Vescovo
di Ma,miglia riguardo al noviziato. Va benissimo. Presso alla Santa Sede non evvi difficoltà.
Questo gih un gran passo: Dio ci aiuterà pel resto r. Nella sua commendutiiia il Vescovo
.dichiarava: Coaue~tialirsPmeNouitàaiecs immediate $otest a@erivi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Prima Relazione triennale alla Santa Sede
prarile senza il consenso del Capitolo Superiore ». Al che Don
Bosco faceva seguire le seguenti osservazioni: <Questo è il senso
che ho sempre dato io alle nostre Costituzioni fin dal principio
della esistenza di questa Pia Società. Così le intese sempre il
Sommo Pontefice Pio IX di sempre gloriosa memoria, come pure
gli Eminentissimi Cardinali scelti per l'esame e per l'approva-
zione delle nostre Costituzioni. 11 considerare poi soggetti alle
prescrizioni dei sacri Canoni gli stabili posseduti personalmente
dai Soci quali beni ecclesiastici, metterebbe nella confusione l'an-
damento delle cose nostre; perciocchè tutti i Salesiani fecero la
loro professione religiosa appoggiati sopra il primo articolo del
capo I V DE voto @au@e~t(&ctihse, comincia così: " Votum pauper-
tatis, de quo hic loquimur, respicit tantummodo cuiuscumque
rei administrationem, non vero possessionem " >).
Riguardo ai Noviziati Don Bosco aveva scritto: <C Con auto-
rizzazione della S. Congregazione dei Vescovi e Regolari è atti-
vato il Noviziato di Marsiglia #. Ora alla Sacra Congregazione
non constava di aver dato tale autorizzazione. Bisogna sapere
che Don Bosco aveva intenzione di erigere a Marsiglia un Novi-
ziato per i Francesi e che dopo i primi passi fatti a Roma per
questo scopo, la Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari il
5 febbraio 1879 aveva chiesto il parere del Vescovo, la cui ri-
sposta, con la data del 23, era stato favorevole (I). Qui Dbn
Bosco dovette confessare d'aver preso equivoco, considerando
la pr,atica come terminata, mentre era ancora in corso. Perciò
univa gli accennati documenti e rinnovava la preghiera per la
concessione del favore. Ma quattro mesi dopo venne a sapere
dal Procuratore che questa sua spiegazione era stata giudicata
cavillosa per nascondere il fatto compiuto. Tale notizia lo ferì
sul vivo, come traspare da una sua lettera del 7 maggio a Don
Dalmazzo: <Non posso nascondere, gli diceva, la mia amara af-
( I ) Lettera di Don Bosco al Can. Guiol, Roma 4 marzo 1879: i< Ho ricevuto con vero
piacere la cara sua lettera del 26 febbraio,che mi racchiudevale testimoniali di Jlons. Vescovo
di Ma,miglia riguardo al noviziato. Va benissimo. Presso alla Santa Sede non evvi difficoltà.
Questo gih un gran passo: Dio ci aiuterà pel resto r. Nella sua commendutiiia il Vescovo
.dichiarava: Coaue~tialirsPmeNouitàaiecs immediate $otest a@erivi.
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capo XXXI
flizione nel non potermi far capire. Lavoro e intendo che tutti i
Salesiani lavorino per la Chiesa fino all'ultimo respiro. Non di-
mando aiuto materiale, ma domando soltanto quella indulgenza e
quella carità che è compatibile coll'Autorità della Santa Chiesa P.
Che non esistesse ancora Noviziato a Marsiglia era tanto vero,
che mancava perfìno il locale dove mettere i novizi, e questo
non fu pronto se non nel 1882. Nell'animo del Card. Ferrieri
erano stati insinuate da persone malevole tante e tali preven-
zioni contro Don Bosco, che egli lo riteneva uomo privo di sin-
cerità e incapace di fondare una Congregazione (I).
All'insistenza che si sostituisse Province a Zspettorie, Don
Bosco replicò: t I1 nome di Provincia e Provi~cialein questi ca-
lamitosi tempi ci getterebbe in mezzo ai lupi, da cui saremmo o
divorati o dispersi. Questa nomenclatura fu proposta dallo stesso
Pio IX di sempre cara e grata memoria. Qualora poi si volessero
assolutamente gli antichi nomi, supplico che tale obbligazione
sia almeno limitata nel trattare colla Santa Sede, con libertà
di usare nel secolo quei modi e quei vocaboli che sono possi-
bili in questi tempi S.
Chiariti altri punti di minore importanza, Don Bosco termi-
nava dicendo: 4 Prego la E. V. a voler con paterna bontà consi-
derare che la Pia Società Saiesiana senza mezzi materiali, in
tempi calamitosi cominciò e si sostenne in mezzo a crescenti
difficoltà e in mille modi osteggiata. Perciò ha bisogno di tutta
la benevolenza e di tutta la indulgenza che è compatibile collJAu-
torità di Santa Madre Chiesa P.
I,e relazioni di questo genere sono operazioni piuttosto com-
plesse, che soventi volte creano incertezze nell'interpretazione
delle domande o meglio sulla modalità ed estensione delle ri-
sposte da formularsi. Queste difficoltà si ripetono ogni volta,
nonostante le ripetute esperienze. Nessuna meraviglia dunque
che Don Bosco, dovendo per la prima volta compilare una re-
( I ) Cfr. Mem. Biogr., vol. XIV. pgg. 449-50. Veàremo nel capo LXIX gli effetti di
questo giudizio e insieme quanta ne fosse I'inioadateaza.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Prima Relazione triennale allo Santa Sede
lazione della sua Congregazione appena nata e non ancora si-
stemata, non sia riuscito ad accontentare i revisori romani.
Dalla Sacra Congregazione non vennero altre osservazioni; vi
fu soltanto il suddetto tardivo strascico sull'affare del Noviziato
di Marsiglia, reso noto a Don Bosco dal Procuratore.
In tutte le difficoltà che insorgevano sul suo cammino, Don
Bosco aveva allora ed ebbe in seguito aiuto di consiglio ed effi-
cacia di appoggio dal Card. Lorenzo Nina, Segretario di Stato
e Protettore della Congregazione. La sua nomina a Protettore
datava precisamente dal marzo 1879. AI Santo, che si trovava
a Roma, fu partecipata ufficialmente il 26 marzo dalla Segre-
teria di Stato in questi onorifici termini: <<LaSantità di Nostro
Signore, volendo che la Congregazione Salesiana, la quale va
acquistando ogni giorno nuovi titoli alla speciale benevolenza
della S. Sede per le opere di carità e di fede impiantate nelle
varie parti del mondo, abbia uno speciale Protettore, si è beni-
gnamente degnata di conferire quest'officio al Sig. Cardinal Lo-
renzo Nina Suo Segretario di Stato >>. Al tempo di Pio I X faceva
da Protettore il Card. Oreglia, ma solo a titolo officioso, avendo
quel Pontefice riserbata a sè la protezione della Società, biso-
gnosa di particolare e paterna assistenza ne' suoi primordi. La
scelta del Protettore vero e proprio non poteva cadere su Por-
porato più benevolo; che, avendo conosciuto Don Bosco prima
del Cardinalato, nutriva per lui altissima stima e cordiale affe-
zione. 11 Santo, ritornato a Torino e comunicata al suo Capitolo
la designazione pontificia, inviò all'Emineritissimo Protettore in
nome di tutta la Congregazione una lettera di ringraziamento,
perchè si fosse degnato di accettare quell'ufficio, e di devoto
omaggio. I1 Cardinale gli rispose il 29 aprile. Nella sua lettera
è notevole questo periodo: <<Inquanto a me, desideroso di con-
correre a seconda di mie forze in questa opera del Signore, at-
tendo da Lei le occasioni di coadiuvarla nei suoi degni propo-
siti >>.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

38.6 Page 376

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CAPO XXXII
I Salesiani di Francia dopo il Decreto 29 marzo 1880
contro le Congregazioni religiose.
Don Bosco, quando sul principio di marzo del 1880 stava per
lasciare la Francia, vedeva addensarsi sopra i suoi figli una
grave procella: pendeva sul paese la minaccia di atti ostili con-
tro le Congregazioni con il non abbastanza larvato proposito di
vibrare una ferita mortale alle rifiorenti scuole libere, tenute da
religiosi. A Marsiglia i signori Rostand, Bergasse e altri si erano
riuni.ti intorno al parroco Guiol per escogitare la maniera di pa-
rare il colpo; anche Don Bosco aveva esposto sommariamente
il suo pensiero, che doveva poi chiarire meglio al momento op-
portuno. Finalmente la tempesta scoppiò verso la fine di marzo,
È un capitolo di storia ecclesiastica, nel quale anche i nostri
hanno qualche cosa da scrivere.
Un disegno di legge proposto da Giulio Ferry e presentato
alle Camere dal Ministro Freycinet con l'intendimento di col-
pire le cinque Università Cattoliche sorte da poco in Francia,
conteneva un articolo settimo, che escludeva dal pubblico inse-
gnamento i membri delle Congregazioni religiose non riconosciute
dallo Stato. I Deputati approvarono l'intero disegno; ma il Se-
nato due volte diede voto contrario a quell'articolo, rimandando
così corretto il disegno all'altro ramo del Parlamento. I1 Governo
irritato deliberò di arrivare allo scopo, e a peggior modo, per
via amministrativa. Evocando vecchie leggi, sepolte omai dal
diritto vigente in Francia e interpretandone .tortuosamente al-
tre in vigore, emanò il 29 marzo 1880 due decreti, il primo dei
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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In Francia dopo il Decreto contro k Congregaaiozi rdigiose
quali intimava l'espulsione di tutti i Gesuiti daile loro case e
la chiusura di tutti i loro stabilimenti educativi, e il secondo
imponeva alle Congregazioni' non autorizzate di chiedere entro
tre mesi l'autorizzazione governativa, sotto pena di venire egual-
mente proscritte. Un decreto successivo estendeva i due prece-
-
denti anche alle colonie francesi.
Da un censimento del 1877 iisultava che esistevano in terri-
torio francese cinquecento Congregazioni non autorizzate, con
circa ventimila soggetti dei due sessi. I,e principali decisero quasi
tutte di fare causa comune coi Gesuiti, non chiedendo il ricono-
scimento, perchè per accordarlo si pretendeva che i Superiori
Generali risedessero in Francia e ch.e ognuna sottoponesse Re-
gole e Statuti all'esame del Governo. I Vescovi o con lettere al
Presidente della Repubblica Grévy o con indirizzi al Senato o
con appelli al Ministro degli Esteri e al Capo del Governo, po-
sero in evidenza tre cose, che cioè i decreti del 29 marzo erano
un gratuito oltraggio alla Chiesa, causavailo calcolatamente la
rovina dei più sacri interessi religiosi e inferivano una gravis-
sima offesa alla libertà di coscienza. Valorosi giureconsulti af-
frontarono la questione sul terreno legale. Ma furono voci al de-
serto: il despotismo di Gambetta e dei radicali soffocò il grido
della giustizia vilipesa.
L'esecuzione cominciò il 30 giugno contro i Gesuiti. Alle
quattro del mattino Commissari di polizia, scortati da gendarmi
e assistiti da militari, irruppero in tutte le loro case dopo averne
abbattute le porte, ire espulsero a viva forza i pacifici abitatori
e apposero i suggelli della Repubblica.
E qui una breve parentesi. Don Bosco, secondando l'impulso
della sua carità, subito dopo la promulgazione dei decreti aveva
scritto al Padre Beckx, Generale della Compagnia, dicendo che
a nel comune disturbo gli offriva le nostre case in tutto quello
che gli avessero potuto servire (I). I1 Padre Beckx gradi assai
t~la generosa, spontanea e illimitata offerta ( 2 )
( I ) Cfr. lettera a Don Rorichail. Roina 9 aprile 1Y8o.
(2) Lettera da Fiesole, j aprile, i880.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

38.8 Page 378

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Capo XXXII
Ai tre Direttori delle case di Francia il Santo aveva trac-
ciato le direttive da seguire. I punti più salienti erano que-
sti (I): IO Camminare sulle basi che noi non siamo corpora-
zione religiosa, ma società i cui individui esercitano tutti i di-
ritti civili. Noi siamo venuti in Francia per occuparci dei ragazzi
poveri ed abbandonati. Il nostro ufficio è totalmente gratuito.
Fummo chiamati dai Vescovi rispettivi e veniamo loro in soc-
corso per raccogliere i più poveri ed abbandonati fanciulli della
civile società. Facciasi notare che l'entrata e consumo deve rima-
nere nelle case per cui si fa l'oblazione caritatevole. z0 Si può
dire che a Nizza vi ha la casa principale, ma che nelle altre
case noi non siamo altro che locatarii e servitori delia Società
Beaujour. 30 In quanto alla pratica di farci autorizzare, presen-
temente è bene lasciar bollire un po' la pentola. 40 Qualunque
notizia su questo proposito mi sia prontamente mandata. 50 Si
tenga fermo che noi siamo per l'agricoltura e per le arti e me-
stieri. Se si fa a qualche nostro allievo scuola professionale ed
anche di latino, si è per formare dei sorveglianti, maestri di
scuola e specialmen.te tipografi, calcografi e fonditori di carat-
teri )>.
Cacciati i Gesuiti, si cominciava a levare la voce contro le
Congregazioni non riconosciute, e tutto faceva supporre che to-
sto si sarebbe messo mano all'esecuzione del secondo decreto;
ma allora erano soltanto sorde minacce per costringere dette
Congregazioni a domandare l'autorizzazione. In realtà il Go-
verno si sentiva impacciato; da una parte lo incalzava la commi-
nazione fatta in quella forma così solenne e dall'altra lo impen-
sieriva il risultato odioso del primo esperimento: anche l'opposi-
zione legale veniva condotta con vigore dai primi luminari del
foro. Inoltre nel giro di pochi mesi 167 niagistrati, per non dover
essere esecutori dell'iniqua legge, avevano rassegnato le loro di-
missioni (2).
( 1 ) Lettera a Don Rmchaii, Roma 23 marzo 1880.
( 2 ) Cfr. Unitd CaitoZita, 18 iuglio 1880. Altri i65 si dieoiserc dnranie la seconda fase
delle esecuzioni (id. 13 ~ioyembre).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

38.9 Page 379

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In Francia dofio il Decreto contro le Congregazioni religiose
Per trovare la via di uscirne senz'aver l'aria di capitolare il
Freycinet avviò segrete trattative con l'autorità ecclesiastica.
Erasi già concertato un modzls ngendi, quando la stampa radi-
cale, subodorato i1 maneggio, assali con furore il Presidente del
Consiglio, montando talmente l'opinione pubblica, che causò la
caduta del Ministero. I1.nuovo Gabinetto p.resieduto dal Ferry
sguinzagliò subito la forza pubblica al proseguimento della lotta.
L'im~resa.ricoininciata il 16 ottobre con l'es~ulsionedei Car-
s
A
melitani, fu continuata contro tutte le Congregazioni maschili
fino a11'8 novembre, vigilia della riapertura delle Camere.
Ai Salesiani premeva soprattutto salvare la casa di Marsiglia,
la cui sorte avrebbe influito sulle altre. La sua posizione legale
di fronte al Governo poggiava, quanto all'insegnamento, sopra
una dichiarazione fatta tre anni prima dal parroco Guiol, che il
Patrolzage Sailzt-Léolz era scuola parrocchiale, aperta da lui, il
quale possedeva i titoli accademici richiesti a quell'effetto. Si
era poi convenuto che il suo viceparroco Menare, fornito dei
niedesimi titoli, ne figurasse Direttore con una decina d'inse-
gnanti francesi alle sue dipendenze. Don Bologna e gli altri, a
cui la nazionalità straniera non permetteva di abitare nella casa,
si s"febbero eventualmente sottratti alle ricerche, finchè l'ura-
gano fosse passato. Tali provvedimenti rispondevano a tassatit
istrpzioni di Don Bosco (I).
Ma purtroppo i peggiori nemici si annidavano fra le pareti
domestiche: triste episodio, che non va passato sotto silenzio. Si
distinsero nella losca azione specialmente un chierico francese
e un altro individuo suo connazionale, che dimorava in casa. I1
primo, venuto da un'altra Congregazione e trattato come fra-
tello, vi esercitava qualche ufficio; ma sotto sotto intrigava con
altri ai danni del Patrolzage. Carpita una copia delle Regole, vi
unì vari documenti, fra i quali una sua relazione su quanto di-
ceva di aver visto nelle case salesiane d'Italia e di Francia, e
( I ) Lo dimostra 1s traccia di una dichiarazione rilasciata da Don Bosco d'abate Guiel.
perch&se ne semissa per difeaa della cara di Pronte al12Autorit$scolastica. I1 foglio fu rin-
venuto ira le carte deli'abate.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

38.10 Page 380

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spedi segretamente il tutto al Ministro dei Culti. I nostri, che.
lino allora si erano presentati come liberi cittadini, venivano iri
tal modo ad apparire come Congregazione religiosa colpita dalla
legge. I1 novello Giuda continuò nel suo spionaggio, finchè, sco-
perto e invitato con onorevole pretesto a deporre l'abito, si allon-
tanò. Ma appena fuori, comunicò ai giornali fatti calunniosi di
crudeltà commesse dai Salesiani sui giovani, attribuendo loro
anche tentativi per inoculare nei dipendenti odio contro la Fran-
cia; anzi arrivò all'estremo di far citare in tribunale il Direttore
Don Bologna sotto l'accusa di violazione del sigillo postale. A1
chierico teneva bordone di soppiatto l'ospite suddetto, che tro-
vava ausiliari in certe teste leggiere di conviventi nella comu-
nità. Le loro fantastiche delazioni poco mancò che non inimi-
cassero coi Salesiani perfino il parroco di S. Giuseppe.
La prova fu terribile e non si scorgeva più alcuna via di
scampo. Gli agenti del Governo avevano già proceduto alle ope-
razioni preliminari, visitando le nostre case e facendo risultare
che appartenevano a una Congregazione religiosa non ricono-
sciuta. Finalmente il di dei Morti i Salesiani ricevettero l'inti-
mazione di sgombrare entro le ventiquattro ore, pena lo sfratto
manu militari (I); e quasi a togliere tutte le possibili illusioni,
giungeva alle orecchie dei nostri di Marsiglia l'eco dei clamori
che si levavano nell'assalto contro il non lontano convento dei
Domenicani.
Dal Patronage i confratelli italiani, com'era stato prestabilito,
si ritirarono nella canonica del parroco di S. Giuseppe; i rimasti
seguirono l'esempio delle comunità già disperse. I1 medesimo fu
fatto a Nizza e alla Navarre. In ogni casa si preparò una pro-
testa scritta da consegnare agli esecutori; poi si barricarono le
porte in modo che i Commissari dovessero ricorrere alla violenza.
L'ultima difesa del buon diritto doveva essere la dichiarazione
di cedere unicamente alla forza.
Dirò qui soltanto qualche cosa di ciò che avvenne al San
( i ) La dilazione insolita ern motivala dalla necessità di provvedere ai ricoverati.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

39 Pages 381-390

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39.1 Page 381

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I,> Francia dopo il Deneto contro le Congregazioni religiose
Leone, perchè ne siamo meglio informati. I1 curato di S. Giu-
seppe, tutto il Consiglio amministrativo della Bcaujour e pa-
recchi benefattori appartenenti alle prime famiglie della città si
recarono il 3 novembre per tempissimo al Patronage. Quindi si
diede tanto di catenaccio al portone, dietro al quale si rizzò una
barricata di tavole e di mobili. Tutti quei signori stavano radu-
nati in una sala, aspettando gli eventi.
Allo spuntare dell'alba cominciò un ronzare di curiosi intorno
all'edificio; si aggiravano fra essi gli emissari della setta, in at-
tesa di lanciare le solite grida, con cui dare menzognera espres-
sione alla così detta volontà del popolo sovrano. Intanto le ore
passavano, la folla cresceva e non compariva fascia di Commis-
sario. Finalmente dopo lungo aspettare gli accorsi presero uno
dietro l'altro ad allontanarsi. Nell'interno il Canonico Guiol, di-
scorreildo, venne a dire di una lettera di Don Bosco, nella quale
i1 Santo scriveva a un dipresso così: <Vi importuneranno, vi
molesteranno, ma saran solo disturbi. Se tentassero di cacciarvi,
dimanderete una breve dilazione per restituire i giovani ai pa-
renti, e intanto Dio farà il resto D (r). Udito questo, il Presidente
Rostand e i suoi colleghi intuirono in quelle parole l'assicura-
zione che non sarebbe successo nulla; perciò decisero di uscire.
Tuttavia per alcuni giorni i Salesiani persistettero a tenersi bar-
ricati, finchè, deposto ogni timore, spalancarono la porta e ri-
pigliarono la vita regolare. I1 Radica1 però e il Petit Provencal
sbraitavano, nè la smisero, se non quando un ordine della Pre-
fettura impose loro silenzio (2).
Don Bosco non aveva tralasciato di premunire i suoi, come
abbiamo veduto; tuttavia, che egli si sentisse veramente sicuro,
lo dimostra un fatto. Don Bologna, avvertito dell'imminente
espulsione, aveva telegrafato al Direttore di Alassio, che facesse
preparare una quarantina di letti per i Salesiani e per i loro
ragazzi senza tetto. u Stasera tutti da voi D, diceva il telegramma.
( I ) Dai Procèr uevbaux del Comitatd Ai Signore, 1 1 novembre 1880.
(2) Contro gli attacchi dei giornali era intervenuto il Console d'Italia a Marsiglia, An-
nibale Strambio, già condiscepolodi Don Bosco a Chieri e senipre suo &co. (Cfr. Mem. Biogr.,
vol. i, pgg. 349, 354 e 454; vd. XIV, pag. 612).
3 67
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

39.2 Page 382

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capo XXXII
'Don Cerruti ne scrisse a Don Rua, perchè comunicasse la noti-
zia a Don Bosco. Egli riteneva per fermo che all'arrivo della
sua lettera nelle mani di Don Rua gli ospiti sarebbero già in
casa; quindi annunciò senz'altro essere giunti ad Alassio i Sale-
siani di Marsiglia espulsi. Don Rua ne riferì immediatamente a
Don Bosco, il quale rispose che ciò era impossibile; poi, fattasi
dare la lettera, scrisse non ad Alassio, ma a Marsiglia, chiedendo
a Don Bologna informazioni.
Donde traeva egli tanta sicurezza? Verso la festa deila Nati-
vità di Maria Santissima aveva fatto un sogno. Vedeva davanti
a sè la Madonna ritta in alto, come la vediamo sulla cupola della
chiesa di Maria Ausiliatrice. Le pendeva dalle spalle e le si sten-
deva tutto attorno un gran manto, che formava una specie d'im-
menso salone, e li sotto stavano riparate le case salesiane di
Francia. La Santa Vergine le guardava con occhio sorridente,
quand'ecco scoppiare un temporale orribile con terremoto, ful-
mini, grandine, mostri d'ogni razza, fucilate, cannonate: il cata-
clima più spaventoso che si possa immaginare. Mostri, fulmini
e palle erano diretti contro i Salesiani rifugiati sotto il manto
di Maria; ma, cozzando o sbattendo contro il manto, piomba-
vano al suolo senza recare il menomo danno. La Beata Vergine,
in un mare di luce, con la faccia raggiante e un sorriso di pa-
radiso, andava ripetendo: Ego diligentes Me diiigo. Quando a
poco a poco la burrasca cessò, dei Salesiani neppur uno era ri-
masto vittima.
Don Bosco, raccontando questo sogno (I), disse di non avervi
voluto fare gran caso; ma che tuttavia aveva già ik d'allora
- scritto ai Direttori di Francia che stessero tranauiiii. Le cose
dunque andarono così. 11 Commissario incaricato di procedere
ali'esecuzione del decreto aveva dovuto il giorno 3 novembre
combattere fin verso le venti per sfondare le porte e rovesciare
- . . ( I ) AItorchè Don Bosco fece questo racconto, Don Rua osservb che anche altre Con-
ereeazioni erano divote della Madonsa: oerchd dunaue m u erano state risoarmiate? Don
Boscorispose: a La Madonna fa ciò che vuole. D'altronde le cose nostre cominciaronoin questo
modo straordinario, da quando io aveva da nove a dieci anni 0. E qui ricordb i1 primo sogno
avuto da fanciuilo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

39.3 Page 383

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In Francia dopo il Decreto contro le Congregazioni religiose
le barricate nel convento dei Domenicani di Via Monteaux, sic-
chè l'ora tarda gl'impedi di dare l'assalto al S. Leone, ultima
casa religiosa da chiudere. Poi nella notte un ordine del Mini-
stero ingiunse al Prefetto di sospendere le esecuzioni: motivi di
politica ministeriale consigliavano almeno qualche temperamento.
Ogni pericolo era dunque scongiurato. Da quel punto anche
in sfere governative si cominciò ad apprezzare il Patvonage Saint-
Léolz come un'opera altamente morale e profittevole alle classi
derelitte (I). Allora Don Bosco stimolò i suoi Marsigliesi alla ri-
conoscenza verso Dio per le benedizioni ricevute durante Vanno
morente e alla fiducia nella protezione del Cielo anche per l'anno
nuovo, ripetendo una sua parola d'ordine: u Andiamo avanti
senza timore (2).
( I ) Lettera del Console Strambio a Don Bosco, Marsiglia 26 dicembre 1880.
(2) Procds verbaux. 30 dicembre. La parola d'ordine è citata così in italiano nel verbale
del 13 gennaio. La lettera da cui era tolta, non ci è pervenuta.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XXXIII
Verso Roma.
I fondatori e le fondatrici di Congregazioni religiose hanno
generalmente anelato di poter piantare le loro tende a Roma.
Un impulso divino li sospingeva verso il centro dell'unità, del-
l'autorità e del magistero, quasi ad attingere limpide nella fonte
le acque di vita, che per tanti rivi attendevano a diramare nel
mondo. Per molti anni, e prima ancora che le Regole fossero
approvate, anche Don Bosco non vedeva il momento di iniziare
una fondazione nella città dei Papi. Con il progredire poi della
Società l'avere casa a Roma diventava necessità impellente, do-
vendosi spesso trattare affari con te Autorità supreme della
Chiesa e dello Stato. Non è inutile rifare brevemente la storia
dei principali tentativi falliti fuio a che la Provvidenza dispose
che i voti del nostro Santo fossero esauditi.
Pio IX, che conosceva il desiderio di Don Bosco, gli fece
una prima proposta nel 1867. Questo Papa aveva fondato una
casa di corrigendi, detta per lui Vigna Pia e diretta da religiosi
francesi, che però si auguravano di potersene disimpegnare. La
casa sorgeva fuori dell'abitato fra campi, prati e vigneti. I1 luogo
veramente non aveva particolari attrattive, anche a motivo del-
l'aria poco sana; tuttavia Don Bosco, invitato dal Pontefice ad
assumerne la direzione, era per il sì, a patto però che gli si la-
sciasse piena autonomia. Invece a Roma le Commissioni Diret-
tive di Opere Pie per lo più da quest'orecchio non ci sentivano.
I1 Duca Salviati lo condusse a visitare l'istituto. Anche qualche
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Vwso Roma
Cardinale ne caldeggiava l'accettazione (I). Egli abbozzò i ter-
mini di un accordo. Se ne discusse per parecchi mesi; ma da
ultimo, vedendo che non veniva a capo di ottenere la ,propria
indipendenza, mise a dormire per sempre l'affare.
Interessanti trattative si svolsero per una chiesa nel centro
della città. Esisteva ed esiste nel cuore di Roma una chiesa del
Santo Sudario, già sede di una Confraternita omonima, com-
posta di sudditi degli Stati Sardi, con lo scopo iuvenes in v i a m
salutis dirigendi, infirmos et carceratos visitandi et alia caritatis
opera exercendi, come dicevano gli statuti. Sul principio del se-
colo XIX, estinta la Confraternita, possesso e amministrazione
passarono alla Legazione Sarda presso la Santa Sede; poi nel
1868 la chiesa, bisognosa di urgenti riparazioni, fu chiusa al
culto. Don Bosco, nella speranza di ridurre a ospizio l'edificio
annesso, propose al Governo di Firenze si che cedesse a lui chie-
sa e casa, offrendosi a cooperare nelle spese dei restauri. Dal
Ministero degli Esteri gli vennero approvazioni, incoraggiamenti
e promesse.
I1 Santo, passando per Firenze nel 1869, presentò secondo il
consueto gli articoli di una convenzione (2). Pio IX, informato
da lui di quella pratica, diede la sua approvazione. Allora Don
Bosco inoltrò formale domanda. I1 Ministro degli Esteri Mena-
brea si mostrò favorevole. Ma con le lungaggini burocratiche
s'arrivò alla breccia di Porta Pia, dopo la quale per una So-
cietà religiosa di origine piemontese l'assumere così presto in
Roma l'ufficiatura di una chiesa appartenente alla Casa regnante
avrebbe dato luogo a troppo sinistre interpretazioni. Tuttavia,
lasciato trascorrere un periodo di tempo, Don Bosco rinnovò la
domanda. Il Re Vittorio Emanuele I1 era contento della cessione;
così pure il Vigliani, Ministro di Grazia, Giustizia e Culti. Ma poi
questi si tirò indietro, n&Don Bosco credette prudente insistere,
e non se ne parlò mai più.
Rimonta al 1869 un'altra offerta di Pio IX. I1 Papa avrebbe
(I) Mem. Biogr., vol. VIII, pag. Q6
( 8 ) l u i , vol. IX,pag. 486.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXXIII
voluto che Don Bosco stabilisse in Roma uno studentato per i
suoi chierici, i quali avrebbero così frequentato le Università
Pontificie, e che aprisse insieme un oratorio come quello di Val-
docco. Utile allo scopo gl'indicò S. Caio al Quirinale. Accanto alla
chiesa di questo nome s'innalzavano due corpi di fabbrica e in-
torno si stendeva un vasto campo. Tutto apparteneva alle Mo-
nache deli'Incarnazione, dette Barberine, perchè il convento era
posto sotto il patronato di Casa Barberini; ma le religiose ave-
vano da gran pezza sgombrato uno dei due edifici, quello appun-
to che bisognava comprare. Fu convenuto per lire cinquantamila.
Alcuni benefattori vennero subito in aiuto. Se non che le Mona-
che, sobillate da intriganti, sollevarono ohbiezioni sul prezzo,
raddoppiando e triplicando le loro esigenze; anche il Principe
Barberini e il Cardinale Protettore le spalleggiavano. Don Bosco
si adoprò quanto potè per tenere in piedi il contratto; ma il Prin-
cipe lo fece sciogliere. Poi entrarono in Roma le truppe italiane e
le povere Monache perdettero tutto. Con la somma raccolta Don
Bosco comperd a Torino un terreno e una casa sull'angolo a de-
stra di chi dal Corso Regina Margherita scende nella Piazza di
Maria Ausiliatrice.
Pio IX voleva, non meno di Don Bosco, che i Salesiani andas-
sero a Roma. Perciò fece una nuova proposta nel febbraio del
1870, offrendogli la bella chiesina di S. Giovanni della Pigna con
la casa attigua presso Santa Maria Sopra Minerva. Don Bosco
Ei teneva tanto ad accettare, che verso la metà di maggio, discu-
tendosi a Roma per definire la cosa, scrisse al ~ i r e t t o r edi Lanzo:
« Venerdì prossimo si tratta a Roma l'affare della nostra chiesa
di S. Giovanni della Pigna. in quel giorno raccomanda il digiuno
della Società per quelli che possono farlo senza incomodo. I
preti mettano un'intenzione particolare nella Santa Messa, gli
altri facciano la Comunione >. I1 risultato fu a suo favore. Ma gli
avvenimenti politici arrestarono l'esecuzione. Don Bosco tentò
di ripigliare le pratiche nel settembre del 1874; su di che scrisse
il 24 al Cardinale Patrizi, Vicario di Sua Santità: «Noi abbiamo
un vero bisogno che alcuni delia Congregazione possano dimo-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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rare in Roma )). Ma il Cardinale gli rispose che per il momento
non conveniva toccare S. Giovanni della Pigna, perchè, se la
chiesa e la casa venissero assegnate ad una Congregazione rego-
lare, si sarebbe corso rischio di causare molestie da parte del
Governo alia Confraternita di carità ivi stabilita. Perciò non se
ne fece più nulla (I).
Nel 1876 Pio I X diede a Don Bosco una prova di grande
fiducia, commettendogli un'opera di riforma, che richiedeva ca-
rità, prudenza e tatto. Era in crisi l'Istituto religioso laicale
ospitaliero dei Concezionisti (z), fondato nel 1857 per onorare
l'Immacolato Concepimento di Maria dopo la recente definizione
dogmatica. 11 Pontefice dell'Immacolata l'aveva degnato della
sua speciale benevolenza e protezione; ma dopo i primi anni di
fervore pendeva su di esso minaccia di sfacelo. Avevano tre re-
sidenze: a Roma presso l'ospedale di Santo Spirito, a Orte e a
Civita Castellana. I membri, ridotti a cinquanta, menavano una
vita alquanto rilassata. I1 Papa died9 carta bianca a Don Bosco.
%Voinon dovete riformare o correggere, gli disse il Papa (3),
ma creare o meglio immedesimare le Regole dei Concezionisti
con quelle dei Salesiani ». Riferendone al Capitolo Superiore il
5 novembre del 1876, egli non omise di rilevare quale gran pasco
facesse la Società per effetto di quella sovrana degnazione del
Romano Pontefice.
Andato a Roma coi Missionari della seconda spedizione, ri-
cevette istruzioni orali dal Papa, conferì con coloro che potevano
informarlo sullo stato dell'Istituto e ne studiò a fondo le Re-
gole. Due gli parvero le cause dei mali: la mancanza di novi-
ziato e la presenza d'individui ignoranti e turbolenti. Dopo avere
molto pensato e pregato, stese successivame~tedue memorie e
le umiliò al Santo Padre, che ne rimase assai soddisfatto. SUC-
cedettero trattative molteplici e laboriosissime, fuifhè, sembrando
tutto conchiuso, nel gennaio del 1877 condusse a Roma Don
( I ) Chiesa e casa furono poi consegnate da Pio X ai Saleaid nel ips.Vi s'installò la
Procura Generale.
(2) A Roma popolarmente detti Concettini.
(3) Lettera di Don BWO al C&. Bilio, Torino 29 novembre 1877.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

39.8 Page 388

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Capo XXXIII
Scappini, uomo attivo e di buone maniere, perchè vi prendesse
le redini del governo. Nel corso di un mese fu più volte a visi-
tare la comunità, dicendovi la Messa e trattenendosi a mensa,
sicchè vide, udì, parlò, e tutto faceva credere che le cose fos-
sero per cominciare a incamminarsi. Il Papa, che ne seguiva gli
andamenti, ben conoscendo le difficoltà che avrebbero potuto
intralciare l'operato del Direttore, stabili che questi dipendesse
direttamente da lui e che una volta al mese si presentasse a re-
golare udienza.
Quanti ostacoli, quante opposizioni, quanti imbarazzi dail'in-
terno e dall'esterno! Un'epurazione produsse buoni effetti, ma
non duraturi. Tuttavia Don Bosco riuscì a ottenere che in giugno
vi si facesse un corso di esercizi spirituali, predicati da Don Laz-
zero, Direttore dell'oratorio, e da Don Barberis, Maestro dei
novizi, i quali dite egli aveva mandati a Roma per rappresen-
tare la Congregazione nelle feste giubilari del Papa. Non ci fu
male. Se non che l'ingerenze dei Salesiani nelle cose dell'Istituto
veniva continuamente messa in cattiva luce dal di fuori, nè si.
cessava di ordire intrighi a loro danno in basso e in alto. In-
tanto Don Scappini, essendosi buscato le febbri, come non di
rado accadeva in quei tempi agli incauti forestieri, fu consigliato
a cambiare aria e si recò nel nativo Piemonte; ma quando si
sentì ristabilito e annunciò prossimo il suo ritorno, gl'intriganti
avevano conseguito l'intento di non lasciarlo più venire. Ne fu
raggirato pure l'infermo Pontefice, che poco dopo andava a ri-
cevere il premio delle sue eroiche virtù. Don Bosco, vista la mala
parata, si ritird in buon ordine, conscio di aver agito sempre
con la più disinteressata rettitudine e carità (I).
Inviti altrui e tentativi di Don Bosco riusciti vani ve ne
furono ancora parecchi; ma qui non dirò più se non di una gran-
diosa proposta fattagli nel marzo del 1874. I1 Principe Gabrielli
( I ) La documentazione di tutto questo affaresi può leggere nei volumi XII e XIII delle
Memovie Biogrqick. Morto Pio IX, la Santa Sede accordò ali'I.qtituto di *vere fra i suoi
membri un limitato numero di sacerdoti per la direzione spirìtusle e con altre saluiari riforme
provvide al suo rifiorire.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Verso Rmna
gli offerse nientemeno che l'ospizio di S. Michele a Ripa, della
quale opera egli era Presidente. Questo immenso Istituto di be-
neficenza, creato dai Papi e incamerato dal nuovo Governo, an-
dava di male in peggio. Sotto la direzione e l'amministrazione
laica la moralità era in sfacelo e i redditi finivano per klue terzi
nelle tasche di certi impiegati. Don Bosco accettò in massima,
ponendo tre condizioni: libertà assoluta in tutto che concernesse
la disciplina interna; sgombero totale degli estranei, là entro an-
nidatisi a intere famiglie; mano libera sui due terzi delle rendite.
I1 Principe radunò la Commissione governativa che ammini-
strava l'ente, ed espose le richieste di Don Bosco; ma durò h-
tica a spuntarla. Per questo potè solo nel mese di giugno man-
dare a Don Bosco l'invito formale di accettare la direzione,
assicurandolo che in quanto alla disciplina i Salesiani sarebbero
lasciati completamente liberi. I1 Santo ripetè che accettava in
massima e che i Salesiani si sentivano ben onorati per la fidu-
cia in loro riposta; ma insieme specificava sommariamente i suoi
desiderata (I). Il Principe gli chiese nuovi schiarimenti. Don Bo-
sco sviluppò meglio il suo concetto; anzi, poichè si trovava a
Roma Don Durando per affari delle scuole dell'oratorio, lo in-
caricò di trattare oralmente col Principe. Partito lui, le tratta-
tive continuarono. I1 Santo per avere sut posto chi facesse bene
le sue parti, si procurò un intermediario nella persona di un
affezionatissimo impiegato governativo (2). Le cose presero un
andare lento; ma Don Bosco, che aveva le sue buone ragioni
di evitare la fretta, scrisse al suo agente il 25 novembre: «L'af-
fare dell'ospizio di S. Michele bisogna lasciarlo camminare a
bell'agio. If Sig. Principe Gabrielli ha senno e prudenza e cam-
mina fin dove l'onestà comporta. Laonde siamo in buone mani.
La S. V. ha fatto bene la parte sua e intanto si vedrà o me-
glio Ella vedrà l'opportunità del tacere o del parlare. Io mi ri-
metto al suo buon senno v. Di qui in avanti fanno difetto i do-
( i ) Mem. Biogr., vol. XIV, pag. 321.
. .(2) Il Comm. G. B. AMffi, allora Se"mtario al Ministero dell'fnterno e più tardi Prefetto
del Regno.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXXIII
cumenti, non essendoci più altro che un magro verbale del Capi-
tolo Superiore, donde apprendiamo come la promessa libertà
fosse più illusoria che effettiva. Le pratiche dunque prima furono
sospese e poi rotte. Tornò tuttavia a favore della Congregazione
il sapersi in Roma che il Governo ricorreva ai Salesiani per cosa
di si alta importanza.
La presenza stabile di un Salesiano a Roma si potè final-
mente avere nel 1880, ed ecco in qual modo. Don Bosco era da
tempo in relazione con lo storico Monastero delle Nobili Oblate
di Tor de' Specchi, situato ai piedi del Campidoglio. La Presi-
dente, Madre Maddalena Galeffi, mossa unicamente dal suo zelo,
si prestava a esitare pubblicazioni e oggetti sacri dell'oratorio.
Erano libri ascetici, manuali di pietà, racconti morali ed ameni,
e immagini, medaglie, corone, crocifissi. Dal 1870 le si spedi-
vano grandi casse, a ognuna delle quali i librai di Valdocco uni-
vano la specifica dei prezzi. Lo smercio divenne larghissimo,
sicchè le ordinazioni si moltiplicavano; quanto poi alle somme
ricavate dalla vendita, la Presidente o le inviava di tanto in
tanto a Torino o le consegnava nelle mani di Don Bosco o le
affidava ad altri da lui incaricati. Nel 1874 essa volle rendersi
conto dell'importo totale, e allora risultò a suo debito una par-
tita ancora molto rilevante, della quale non sapeva trovare la
spiegazione. Bisogna notare che in questo negozio ella si ser-
viva di un secolare, a cui affidava la contabilità e il disbrigo
delle operazioni finanziarie; ma colui nel maneggio del danaro
non andava tanto per il sottile. La Galeffi, che di nulla sospet-
tava, continuò così fino alla morte, ingegnandosi di coprire a
poco a poco il disavaazo.
La buona Madre mori nel gennaio del 1876. Allora la nuova
Presidente verificò a favore di Don Bosco un'ulteriore scadenza
di oltre 20.000 lire, che non apparivano pagate, sebbene le merci
risultassero spedite e ricevute. La Nobildonna, passando sopra
al fatto che il Monastero non aveva nulla da vedere con i con-
tratti personali della defunta, volle che in ossequio alla sua me-
moria e per delicati riguardi a Don Bosco la vertenza fosse equa-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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40.1 Page 391

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mente composta. 11 Santo stesso agevolò questa composizione.
Egli aveva bisogno di un recapito per sè e per i suoi, quando
andavano a Roma; perciò espresse il desiderio, che la Casa di
Tor de' Specchi gli accordasse l'uso gratuito di alcune camere
per abitazione. La Madre Presidente col consenso delle Signore
Oblate annui di buon grado, mettendo per non più di trent'anni
a sua disposizione il secondo piano di una casa appartenente al
Monastero e sita là di fronte (I).La relativa scrittura venne fir-
mata nel marzo del 1876 (2). Nessuno immagini che fosse un
grande e bello appartamento. Una porticina immetteva dalla
strada a una scaletta angusta e logora, che portava a cinque
stanzucce strette e basse, dove si soffocava da1 caldo in estate
e si basiva dal freddo nell'inverno. Qui col suo segretario al-
loggiò la prima volta Don Bosco nel dicembre del 1877.
Orbene questa abitazioncella gli tornò opportuna, aliorchè
decise di mandare a Roma un Procuratore Generale. L'ufficio di
Procuratore Generale è della massima importanza. L'investito
ha la rappresentanza ufficiale del proprio Ordine o Congregazione
presso la Santa Sede, tratta a nome del Superiore Generale col
Papa, con i Cardinali e con le Sacre Congregazioni romane, e
veglia al decoro e ai bisogni dell'intero Sodalizio. Per tre anni
titolare della Procura Salesiana fu Don Rna, come appare dal-
l'Annuario Pontificio L a Gerarchia Cattolica dal 1877 al 1879,
fino cioè all'anno in cui Don Bosco destinò a quella carica Don
Francesco Dalmazzo, che prese stanza nella suddetta casa. La
lettera di presentazione al Cardinale Segretario di Stato è del 12
gennaio. In si umili condizioni ebbe inizio l'opera di Don Bosco
( I ) Portava il No 36. Ultimamente, nella sistemazione delle adiacenze del Campido-
glio. fu demolita.
(2) Cfr. Mem: Biogr., vol. XIII, pag. 954.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

40.2 Page 392

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CAPO XXXIV
Le Missioni: periodo iniziale (primo tempo).
(Primo contatto di Salesiani con gli Indi).
Erano Missioni certamente le opere di apostolato che i Sale-
siani con legittimo mandato compievano nelllArgentina e nel-
l'uruguay, istruendo e conducendo a vita cristiana i connazio-
nali immigrati e i nazionali stessi, a cui faceva difetto l'assi-
stenza religiosa; ma si dicono più propriamente Missioni le apo-
stoliche imprese di coloro che vanno a predicare la fede ai non
battezzati. Le Missioni Salesiane d'America, intese nello stretto
senso della parola, ebbero un primo inizio nel 1879; poichè ap-
partiene a quell'anno il primo contatto dei Missionari Salesiani
con gli Indi deila Pampa e della Patagonia, terre immense e per
la massima parte ancora inesplorate. Fallito il tentativo dell'anno
antecedente per la via del mare a causa della furiosa burrasca
che mise a repentaglio la vita dei coraggiosi Missionari, parve
allora preferibile prendere una via terrestre e mentre si studiava
il nuovo itinerario, ecco una felice congiuntura aprire il cammino
alla mèta desiderata. l3 un fatto politico-militare, del quale bi-
sogna far qui un po' di storia.
I1 Governo Argentino organizzò nel 1879 le prime spedizioni
regolari di esplorazione e di conquista, che avevano per iscopo
di abbattere una buona volta il dominio selvaggio e rendere pos-
sibile la colonizzazione e lo sfruttamento negli sconfinati terri-
tori della Pampa e della Patagonia, che si stendevano all'ovest
e al Sud della Provincia di Buenos Aires. Il primo passo fu di
liberare le regioni poste al di qua del Rio Negro e del suo af-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Missioni: periodo iniziale (primo tempo)
fluente Neuquén fino alle Ande, soggiogandovi o discacciandone
gli Indi, sicchè i due grandi fiumi opponessero un ostacolo i~isor-
montabile all'avanzarsi delle tribù meridionali. Si dovevano af-
frontare venticinque mila Indi allo stato selvaggio, dei quali
però solo un quinto erano atti a combattere, ma privi di armi
inodèrne, inesperti di strategia militare e sforniti di disciplina.
La campagna era stata decretata i1 4 ottobre 1878. L'esercito di
operazione, composto di quattromila e cinquecento uomini, si
mise in marcia il 16 aprile 1879, diviso in cinque battaglioni,
sotto il comando del Generale Giutio Roca, Ministro della Guerra.
Tre battaglioni si diressero verso l'interno della Pampa, uno ne
percorse il limite occidentale e il quinto più numeroso scese in
Patagonia, dove si accampavano cinque formidabili Cacichi. Men-
tre così il Governo si proponeva per allora unicamente di spaz-
zare o sottomettere la zona anzidetta, che comprendeva tutta
la Pampa e una piccola parte della Patagonia settentrionale,
venne indirettamente assicurata la conquista della Patagonia
intera; infatti in un secondo tempo la parte assai maggiore di
essa potè essere senza straordinaria difficoltà debellata. I,a ra-
gione principale fu che i selvaggi, invece di concentrarsi al Sud,
come si credeva, per esservi spalleggiati dagli altri indigeni, o
fuggirono attraverso le Cordigliere nel Cile o si arresero o si di-
spersero con l'intento di vivere pacificamente coi civili; moltis-
simi inoltre perirono sotto le palle argentine.
Spedizioni limitate, senza un piano generale, eransi già fatte
più volte. Durante quelle offensive non pochi Indi erano stati
massacrati o presi e condotti a Buenos Aires e distribuiti come
schiavi nelle famiglie; quindi nei superstiti regnava contro i
bianchi un odio, che rendeva pericolosissimo a questi l'avvici-
narli. Nella spedizione generale non avevano i governanti il pro-
posito d'incrudelire; anzi il Ministro della Guerra volle tentare
anche l'uso di mezzi morali. Perciò, saputo che si desiderava
spedire Missionari nella Pampa, fece dire all'Arcivescovo di Bue-
nos Aires, che egli era disposto a prenderli con sè, assistendoli
durante il lungo e difficile viaggio. L'Arcivescovo accettò l'of-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

40.4 Page 394

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Capo XXXIV
ferta, raccomandandogli il suo Vicario Generale Espinoza e due
Salesiani, Don Costamagna e il chierico Luigi Botta. I1 Ministro
li nominò cappeliani militari.
I1 mercoledì dopo Pasqua, 16 aprile, insieme col Comandante
in capo e con molti ufficiali, i tre partirono per ferrovia da Bue-
nos Aires verso Azul, ultimo lembo civile, al di là del quale re-
gnava il deserto pampero. Al momento della partenza in tutte
le chiese della città, per ordine dell'Arcivescovo, le campane so-
narono a festa. Ad Azul i Missionari furono provvisti di cavalli
da sella e di un grosso carro, che non solo servisse al trasporto
delle cose personali e degli arredi sacri, ma offrisse anche un ri-
covero di notte e un rifugio nelle intemperie. Di là, cavalcando
per otto giorni, arrivarono al Carhué, punto di concentramento
e di divisione delle milizie.
Era il Carhué un posto avanzato nel cuore della Pampa, sul
limite della frontiera occidentale argentina con il territorio degli
Indi. Intorno a un fortino si raggruppavano circa quaranta case;
poco distanti si scorgevano alla periferia disseminati i toldos di
due tribù pacifiche, dette Eripaylh e Manzcel Grande dai nomi
dei loro cacichi. Don Costamagna, che aveva preceduto di qual-
che giorno i compagni, corse subito e ripetutamente fra quegli
Indi. I due capi lo ricevettero cordialmente; il primo anzi si pre-
stò a fargli da interprete. Con il loro consenso il Missionario
radunò i ragazzi, ai quali fece apprendere il segno della croce
e le verità fondamentali della fede. Giunti gli altri due, si mi-
sero tutti insieme con entusiasmo all'opera di evangelizzazione.
Poterono così amministrare il battesimo a fanciulli indi e a figli
di cristiani, aggiustare matrimoni e disporre alla fede il figlio
maggiore di Eripaylit. Mentre attendevano instancabili a s ì
cara fatica, il Generale li pregò di seguire lui e i suoi duemila
uomini al Rio Negro, dove avrebbero trovato Indi quanti ne
volevano, proprio sul limitare della Patagonia. Parve bene ac-
consentire.
Fu una cavalcata di quattro settimane fra enormi disagi. La
colonna disperse due forti raggruppamenti di Indi, che si erano.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

40.5 Page 395

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Mistoni: periodo inizirile (primo Impo)
illusi di poterne impedire il passo. Nel giorno di Maria Ausilia-
trice Don Costamagna era già in riva al Rio Negro, mentre gli
altri due galoppavano ancora per la zona che va dal Rio Colo-
rado a questo fiume. Più volte purtroppo i Missionari avevano
dovuto fremere in silenzio alla vista di brutalità contro i figli del
deserto. Si fece tappa a Cioele-Cioèl sulla riva sinistra del Rio
Negro. Là presero un po' di riposo. Dopo tanto trottare, dopo
aver sofferto fame e sete e insonnia e tutti i malanni che pro-
vengono da scarso e cattivo nutrimento, dopo inaudite sofferenze
causate da un freddo glaciale, senza un comodo giaciglio nelle
rigide ore notturne (l'ultima parte della marcia cadeva laggiù
nel cuore dell'inverno), potevano finalmente concedersi qualche
ristoro.
Lungo il percorso Indi ne avevano incontrati, a cui fare un
po' di bene; ma a Cioele-Cioè1 ebbero miglior agio di esercitare
l'apostolato. Don Costamagna con lo zelo che lo divorava, aveva
principiato fin dal giorno del suo arrivo a istruirne molti adulti.
Dopo una settimana di sforzi, quasi a ricompensa dei tanti di-
sagi sofferti, i Missionari avevano pronte le loro primizie da of-
frire a Dio sulda incantevole sponda del maestoso fiume. Era il
10 giugno, sacro alla Pentecoste. I1 Vicario Generale, assistito
dai due Salesiani, celebrò il divin sacrificio alla presenza deUo
Stato Maggiore e delle truppe. S'immolava per la prima volta
SOstia di pace in quelle solitudini; per la prima volta lo sten-
dardo della Croce si levava su quelle terre percorse dalle sel-
vagge e infelici tribù. Dopo la Messa fu canlato il Te Deum e
si prese solennemente possesso delle lande patagoniche. Ven-
nero quel giorno battezzati sessanta Indi adulti, che il Comando
incorporò nell'esercito. 11 2 giugno Don Costamagna battezzò
ventidue Indietti, più tre bambine di genitori cristiani e quat-
tordici Indie adulte. Due giorni dopo diede il battesimo agli
ultimi nove piccoli, che il z non erano ancora ben preparati.
L'indomani il Generale condusse una parte delle truppe in rico-
gnizione al Neuquén, e col resto degli armati i Missionari par-
tirono per Patagbnes, dove giunsero il 21.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXXIV
Bisogna conoscere questo luogo, che diventerà, per così dire,
la capitale delle Missioni Salesiane nella Patagonia. Patagones
era allora un piccolo centro amministrativo e commerciale, di-
stante quindici chilometri dalla foce del Rio Negro. Aveva circa
un secolo di vita, con una popolazione di 4000 anime, divisa
fra le due rive del fiume. Suiia sinistra aveva preso il nome di
Carmen de Patagbnes, dalla Madonna del Carmirie, il cui simu-
lacro i Patagonesi avevano rapito ai Brasiliani in una battaglia
navale; sulla destra si chiamava Mercedes de la Patagonia, per
essere sui confini di questo territorio. Qui i Missionari rividero
un Padre Savino lazzarista, loro compagno di naufragio nel 1878;
ebbero pure la sorpresa d'incontrare un ex-alunno di Lanzo.
I,a marcia dell'esercito durò dall'aprile al luglio del 1879;
la campagna del Rio Negro si chiuse nell'aprile del 1881 con
esito completo. Ma i Missionari erano rientrati in Buenos Aires
poco prima dell'agosto del 1879. I1 racconto di quanto col di-
vino aiuto avevano fatto in tre mesi e mezzo di peregrinazione,
consolò talmente I'Arcivescovo, che il 5 agosto ne scrisse una
lunga relazione a Don Bosco, incominciandola con queste pa-
role: e È: finalmente giunta l'ora, in cui Le posso offrire la Mis-
sione della Patagonia, che le stava tanto a cuore, come anche
la parrocchia di Patagones, che alla Missione può servire di ceu-
tro >>D. escritte poi le miserrime condizioni di quella povera gente
e detto della propaganda protestante, continuava: « I o m i ri-
volgo a Lei con quella più viva sollecitudine, di cui è capace il
cuore di un Prelato, e La scongiuro per le viscere misericordiose
di Nostro Signore Gesù Cristo, che s'affretti a venire in mio aiuto
per soccorrere tante povere anime abbandonate >>.Gli annunciava
inoltre che anche il Governo chiedeva Missionari, per i quali
prometteva di far approvare alle Camere un credito discreto, a
decorrere dal IO gennaio seguente. Univa alla relazione una let-
tera per l'agente dell'emigrazione a Genova, pregandolo di ot-
tenere ai Missionari Salesiani i passaggi gratuiti. Questa corri-
spondenza giunse a Don Bosco il 5 settembre nel collegio di
I,anzo durante un corso di esercizi spirituali. Don Barberis, en-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

40.7 Page 397

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Mirrioni: periodo iniziole (primo tempo)
trato nella sua camera subito dopo che aveva letto tante belle
notizie, lo trovò che era «tutto gioia >> (I).
I1 Signore consolava Don Bosco afflitto da gravissimi dispia-
ceri. Alle precedenti s'aggiunsero poi altre notizie. La sua gioia
trabocca nei primi periodi di questa lettera, indirizzata il 31
agosto a Don Costamagna: <<RingraziamoDio. La tua missione
andò bene; non t'incolse disgrazia. In altra tua scrivimi minuta-
mente l'accoglienza, abitazione, vesti, parole dei Cacichi coi quali
ti sei trattenuto. Ora tratta seriamente con D. Bodrato (2)e
coll'Arcivescovo l'apertura di una casa centrale di Suore e di
Salesiani a Patagbnes. Non è egualmente necessaria una al Car-
hué? Se occorre, io mi occuperò pel personale e tutti insieme ci
occuperemo dei mezzi materiali >>. Questa lettera fece andare in
visibilio Don Costamagna, che diceva nella risposta: << Una let-
tera di Don Bosco in questi tempi è per noi poveri suoi figli
Salesiani Americani una cosa che fa epoca. Chi può immaginare
ciò che si sente in cuore al vedere i caratteri del nostro carissimo
Padre? >>. Inviò poi a Don Bosco una collezione di gruppi foto-
grafici degli Indi con brevi annotazioni, che ne illustravano i
particolari (3). L'anno seguente un documento della Curia pre-
cisava essersi dati nel corso di quella missione 223 battesimi a
fanciulli di famiglie indigene o cristiane e 102 ad indigeni adulti.
Prima che l'anno finisse, Don Bosco volle che tutti i suoi fos-
sero a parte della sua gioia per essersi le porte della Patagonia
aperte ai Salesiani e faceva appello alla comune solidarietà, af-
finchè nulla mancasse al buon avviamento dell'impresa. Di que-
sti sentimenti si rese interprete Don Rua con una circolare del
18 dicembre. Nella circolare poi del Capo d'Anno comunicò la
lieta notizia ai Cooperatori e alle Cooperatrici, esponendo loro
in che modo i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice sarebbero
entrati risolutamente in azione e manifestando la sua piena fi-
ducia in Dio e nella loro carità.
( I ) BARBERIS,Cvon. ci$., '' Esercizi di Lmzo" 1879.
( 2 ) L'Ispettore salesiano d'America.
(3) Boll. Sal.. genqaio ,880.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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- Capo XXXIV Midoni: periodo iniziale (primo tempo)
I1 Cardinale Desprez, Arcivescovo di Tolosa, esaminava un
giorno sulla carta del globo terraqueo le più remote regioni della
terra, rilevando quanto avesse fatto la Chiesa per evangelizzarle.
Ma, fermato l'occhio sulla Patagonia e sulla Terra del Fuoco,
rifletteva con dolore come a quelle parti estreme del Nuovo Con-
tinente non fosse ancora giunta la luce del Vangelo. Di ciò si
rammaricava, quando, arrivatogli il Bollettino francese, vi lesse
che i Salesiani avrebbero intrapreso quelle Missioni. Tutto giu-
bilante, come narrò egli stesso a Don Bosco in presenza di Don
Albera, esclamò pieno di contentezza: - Ecco che per opera
di Don Bosco si avvera la profezia: I n omnem terram exivit so-
nzcs eorum et in fines orbis te~raeverba eorzlm!
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

40.9 Page 399

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CAPO X X X V
La chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Roma: l'incarico.
Si direbbe che la Prowidenza facesse tramontare tutti i di-
segni di fondazioni salesiane a Roma, finchè non ve ne fosse
una che permettesse alla Congregazione di presentarsi nella città
eterna in forma degna del proprio avvenire. Questo accadde
quando il Papa diede a Don ~ o s c bl'incarico di erigere nella ca-
pitale del mondo cattolico una chiesa monumentale al Sacro
Cuore di Gesù. L'importanza del fatto consiglia di pigliare 1D- cose
dalle origini.
Un piano edilizio preparato sotto Pio I X portava a svilup-
pare la città nei quartieri a l specialmente in quello denomi-
nato del Castro Pretorio, nella regione dell'Esquilino, a tevaite
della stazione di Termini (I). Dopo il 1870 l'espansione da quella
parte, non che arrestarsi o rallentarsi, s'accelerò, sicchè veniva
sorgendo quasi una nuova città; ma con l'allargarsi deli'abitato
aumentava il bisogno di assistenza religiosa per la crescente po-
polazione. Se ne preoccupò il Papa. 2'8 dicembre 1870 egli aveva
proclamato S. Giuseppe Patrono della Chiesa universale e poco
dopo acquistò a proprie spese sull'Esquilino un tratto di terreno
con l'inteazione d'innalzarvi una chiesa da dedicarsi al Santo Pa-
triarca. Ma poi mutò divisamento. Nel 1871 i Vescovi d'Italia
andavano consacrando le loro diocesi al Sacro Cuore di Gesù,
il che fece sorgere l'idea dell'opportunità di creare in Roma un
santuario nazionale dedicato al divin Cuore. Banditore della
( I ) La denominazione derivò dal caiiipo trincerete, stabilito ivi dall'Imperatore Tiberio
per il Corpo dei Pretoriani (Cashum Prraetorium).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

40.10 Page 400

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capo xxxv
proposta fu il Padre Maresca, Bamabita che dirigeva il Messag-
gero del Cuor di Gesù. Pio IX, secondando si buone intenzioni,
dispose che suli'accennata area l'erigenda chiesa fosse destinata
a onorare non più S. Giuseppe, ma il Sacro Cuore di Gesù.
Dal dire però al fare ci fu di mezzo un mare. I1 nuovo centro
s'ingrandiva per ogni verso, le quattro parrocchie limitrofe non
bastavano più alla cura di tante anime: solamente un'umile cap-
pella serviva come poteva alle esigenze del culto. Intanto mori
Pio I X senza che nulla si fosse ancora intrapreso di concreto per
eseguire il disegno. L'assunzione di Leone XIII troncò per un
momento gl'indugi. I1 IO agosto del 1878 egli fece indirizzare una
lettera latina ai Vescovi d'Italia e di altri paesi, invitandoli a
ordinare collette per concorrere alla divisata costruzione. Una
Commissione di Nobili romani, nominata dal Cardinale Vicario
Monaco La Valletta e presieduta dal Marchese Giulio Merighi,
doveva invigilare sull'andamento dei lavori.
Questi lavori principiarono subito con alacrità. Ma nel fare
gli sterri per i fondamenti apparvero, cosa frequente nel sotto-
suolo romano, alti cunicoli e gallerie, formati in tempi. remoti
per l'estrazione della pozzolana, che, come altrove la sabbia, a
Roma si usò sempre mescolare con la calce. Per questo contrat-
tempo bisognò discendere a ben quattordici metri di profondità,
se si volle trovare terreno sodo. La prima pietra vi potè essere
calata il 16 agosto del 1879, giomo onomastico del Papa.
I1 disegno della chiesa, in stile bramantesco, era opera del
Conte Francesco Vespignani, Architetto dei Sacri Palazzi; ma
sarebbe rimasto chi sa h o quando sulla carta senza l'intervento
di qualche fatto nuovo' che rialzasse le sorti deli'impresa. L'ini-
ziativa, benchè partita così dall'alto e raccomandata da nomi
di principesca risonanza, dopo le prime mosse si era completa-
mente arenata. Mancava il danaro. I1 Papa che, oltre alle mutate
condizioni economiche della Santa Sede, aveva già da sommini-
strare somme ingenti per altre opere assai costose, ne rimase
afflitto, nè poteva rassegnarsi a quella specie d'insuccesso. Allora
fu che gli venne una buona ipspirazione. Gliela insinuò il Cardi-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

41 Pages 401-410

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41.1 Page 401

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Chiesa del Sano Cuore a Roma: l'incarico
nale Alimonda. Un giorno, che Leone XIII manifestava tutta
la sua amarezza per quella forzata sospensione e lamentava che
ne andasse di mezzo la gloria di Dio, l'onore della Santa Sede
e il bene spirituale di tanti fedeli, Siilimonda gli fece i1 nome
di Don Bosco, indicandolo come l'uomo capace di risolvere il
problema.
Questo colloquio avveniva nel marzo del 1880. In quei giorni
Don Bosco si trovava a Roma. Leone XIII incaricò il Cardinale
Vicario di parlargliene. Sua Eminenza gliene parlò la sera del
24, senza tuttavia manifestargli che c'entrasse il desiderio del
Papa; gliene riparlò con maggiore insistenza il 28, ma sempre
come di un'idea sua. Don Bosco non diceva nè sì nè no, tante
e tali erano le difficoltà che gli si affacciavano alla mente, come
si raccoglie da più testimonianze dei processi.
Anzitutto, difficoltà finanziarie. Dai Romani ben poco si
aspettava. Roma era avvezza non a dare, ma a ricevere (I).
molto aspettava dai cattolici francesi, la cui generosità doveva
condurre innanzi il tempio nazionale del Sacro Cuore a Parigi
e sostenere le scuole libere. Nemmeno sull'Italia faceva largo
assegnamento per il generale disagio. Nè ignorava che a Roma
il costo delle costruzioni era maggiore che altrove. Infine co-
struiva già la chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torino e un'al-
tra di Maria Ausiliatrice a Vallecrosia; inoltre fabbricava alla
Spezia, a Nizza e a Marsiglia. Non c'era dunque già troppa carne
al fuoco?
Un secondo motivo di non avventurarsi era la freddezza che
gli pareva d'aver notato nell'accoglienza fatta al progetto di una
chiesa al Castro Pretorio. Erasi bandito a tutto il mondo che si
intendeva fakne un monumento alla memoria di Pio IX; i Ve-
scovi avevano ricevuto l'invito a raccogliere limosine; eppure,
raggranellate appena circa centomila lire, non sembrava potersi
aspettare di più.
Un terzo guaio non isfuggì alla chiaroveggenza di Don Bo-
sco. Egli, assumendosi quel carico, avrebbe dovuto ratificare
( I ) Cfr. lettera dei Card. Vicario a Don Bosco, p agosto 1878.
387
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

41.2 Page 402

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Capo XXXV
1
contratti stipulati dalla precedente Amministrazione, alla quale
per giunta si accordavano ancora ingerenze neli'opera. Orbene
quei contratti apparivano assai onerosi, quali purtroppo sole-
vano essere, quando si trattava di lavori intrapresi in nome del
Papa.
Non dico poi delle antipatie che i Piemontesi, anche eccle-
siastici, incontravano allora in non pochi ambienti romani. I1
vederli preferiti in cosa di tanta importanza non avrebbe susci-
tato dannosi malumori? Infatti, propalata che fu la notizia, il
Cardinale Vicario dovette rispondere ad una Commissione, pre-
sentatasi a lui per protestare contro la minacciata umiliazione
del clero romano.
Ma la parola del Papa sommerse tutte le esitazioni. In una
udienza dei 5 aprile Leone XIII aperse a Don Bosco l'animo
suo, dicendogli che con l'aderire al suo desiderio avrebbe fatto
cosa santa e a lui graditissima. Non ci voile altro. - I1 deside-
rio del Papa, rispose Don Bosco, è per me un comando. Ac-
cetto l'incarico, che Vostra Santità ha la bontà di affidarmi.
Anzi, se me lo permette, io edificherò accanto alla chiesa un ora-
torio festivo e un ospizio per poveri giovani. - Il Papa benedisse
al suo buon volere, e per le modalità lo indirizzò al Cardinale
Vicario.
Venuto a conoscenza di questo, il gruppetto massonico del
Municipio si allarmò, sicchè alcuni consiglieri doriandarono al
Guardasigilli Villa quale atteggiamento dovessero prendere. A
dieci anni dalla breccia di Porta Pia ogni stormire di foglia cleri-
cale metteva in agitazione le oche del Campidogiio. I1 Ministro
piemoritese rispose che Don Bosco faceva sol? del bene senza
impacciarsi di politica; lo lasciassero dunque fare. Poco dopo il
Santo, narrando l'episodio al Marchese Scati, disse: - Ci con-
viene andare guardinghi. Semplici come le colombe, ma pru-
denti come i serpenti. Don Bosco si mantiene sempre nella le-
galità: dare a Cesare tutto quello che è di Cesare, niente di più,
ma niente di meno.
Durante il suo soggiorno a Roma egli stese un promemoria,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

41.3 Page 403

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Chiern del Sono Cuore a Roma: l'incarico
e che prima di partire lasciò nelie mani del Cardinale Vicario.
un breve.scritto, nel quale condensò gli elementi, che dovevano,
secondo lui, servire di base nel compilare la convenzione defini-
tiva (I).
Prima d'impegnarsi a fondo in un affare di tanta mole Don
Bosco doveva, secondo le Costituzioni, chiedere il voto del Ca-
pitolo Superiore. Interpellò dunque i suoi consiglieri. Lunga e
animata fu la discussione. Tutti convenivano essere onorifica la
proposta pontificia, ma anche onerosissima. Aversi in quel tempo
grossi debiti, nè sembrare prudente accingersi a un'impresa che
avrebbe inghiottito capitali per loro enormi. Si passò aila vota-
zione. Sette votanti e sei palle nere, una bianca. Don Bosco sor-
ridendo disse: - Mi avete dato tutti un no rotondo, e va bene;
avete agito secondo la prudenza necessaria in cose serie, com'è
questa. Ma se invece di no, mi date sì, io vi assicuro che il Cuore
di Gesù manderà i mezzi per fabbricare la sua chiesa, pagherà
i nostri debiti e ci regalerà ancora una bella mancia. - Tanta
fiducia nella Provvidenza fece cambiare opinione: rinnovata la
votazione, i sei no diventarono tutti si. Anzi, poichè il disegno
parve troppo angusto, si deliberò, seduta stante, di proporne al
Santo Padre un altro più vasto (2). La mancia era l'ospizio, un
di più dato quasi in premio dal Sacro Cuore. Dirò, anticipando,
che i debiti della Congregazione vennero pagati senza che na-
scessero inconvenienti (3).
Don Bosco non perdette tempo. Mentre a Torino elaborava
uno schema di convenzione da inviare a Roma, si affrettò a
fare acquisto di un'area limitrofa al terreno primitivo, sulla
quale sorgeva una casetta (4). Spese 49.500 lire. Quella casetta,
alzata di due piani, offrì la prima dimora ai Salesiani nel periodo
dei lavori. Scopo dell'allargare così l'area fabbricabile era di as-
( i ) Mem. Biogv., vol. XIV, pgg. 579-80,
( z ] Lasciata, com'era prima, la larghezza di 30 metri, ai 3.5 di lunghezza ne furono ag-
giunti i o per due nuove arcate e 18 per un'abside.
( 3 ) Processi ap., Summa&um super virfulibus. n. VI, D6 Dewoica spe, 5 I49 (teste Card.
Caglieio).
(4) In questa casetta abitD Don Bosco dal 1881 al 1884. andando a Roma.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

41.4 Page 404

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Capo XXXV
sicurarsi lo spazio per il prolungamento della chiesa e per Sere-
zione dell'ospizio. I Protestanti, che divisavano di fabbricare là
un loro tempio, rimasero scomati.
I1 Vicariato fin dal 2 febbraio 1879 aveva eretto canonica-
mente a parrocchia la circoscrizione det nuovo quartiere con
sede nella costruenda chiesa, deputando alla cura delle anime
un prete secolare; un regio decreto poi del 28 marzo 1880 vi ac-
cordo il riconoscimento civile. Bisognava quindi regolare il pas-
saggio della parrocchia alla Congregazione nella persona di ur.
Salesiano. Don Bosco propose i1 Procuratore Don Dalmazzo, per
il quale la Curia emanò il Decreto di nomina e d'investitura
solo il 12 luglio 1881. L'intervallo fu causato in gran parte dalle
lunghe trattative svoltesi per fissare il testo della convenzione
fra il Vicariato e Don Bosco. Nonostante le ottime disposizioni
dei contraenti, spuntavano sempre motivi di dissenso. Don Bo-
sco, che mirava a eliminare qualsiasi germe di future contesta-
zioni, voleva patti chiari. Finalmente le schermaglie ebbero ter-
mine nel dicembre del 1880. La convenzione è un documento
lavorato quasi a martello; è anche il primo di questo genere nella
Congregazione e rispecchia il pensiero di Don Bosco. Sta bene
dunque che sia messo qui per esteso.
Ad unico fine di promuovere la maggior gloria di Dio ed il decoro di nostra
Santa Cattolica Religione, la Congregazione Salesiana, rappresentata dal sotto-
scritto Superiore generale, assume l'incarico di proseguire e compiere a proprie
spese la costruzione in Roma della Chiesa Parrocchiale al Castro Pretorio, da
dedicarsi al Sacro Cuore di Gesì~,in omaggio al glorioso Pontefice Pio Nono di
sempre cara memoria, con le seguenti condkioui:
I. La Congregazione ultimerà la Fabbrica della Chiesa e Casa Parrocchiale
secondo il progetto in via di esecuzione, riservandosi d'ampliarlo, occorrendo, e
modificarlo d'accordo con 1'.4utorità Ecclesiastica diocesana rappresentata dal-
l'E.mo e Rev.mo Sig. Cardinal Vicario, e sotto la direzione tecnica dell'architetto
Sig. Conte Francesco Vespignaui rispettando i Contratti già conclu*i in tutto il
loro valore giuridico.
2. Tosto che i lavori della Chiesa e Casa parrocchiale saranno bene avviati,
potrà porre mano all'edificazione di un Ospizio per fanciulli poveri e di un Ora-
torio festivo per i giovanetti delia Parrocchia.
3. 1,'area dell'ospizio, dell'Oratorio e di qualunque altro edifizio la Con-
gregazione volesse aggiungere per proprio conto, resterà o sarà acquistata a nome
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Chi8m del S u o Cuove a Roma; l'incarico
del Sacerdote D. Giovanni Bosco, o di chi per esso: ma qualunque ulteriore ac-
quisto d'area, se occorrerà, per l'ingrandimento deila Chiesa e Casa parrocchiale
sarà fatto con le necessarie formalità a favore deli'ente giuridico della Parrocchia:
di guisa che il suolo, la Chiesa, e la Casa parrocchiale appartengano all'ente giu-
ridico.
4. La Casa parrocchiale sarà costruita in modo da poter essere abitata
separatamente dai prossimi edifizi.
5. La lodata Autorità Ecclesiastica come sopra rappresentata continuerà
a proteggere e favorire la pia impresa, e metterà a disposizione del sottoscritto
il terreno ed i muri deil'incominciato edifizio nello stato in cui si trovano. Il da-
naro a tal uopo raccolto per cura dell'E.mo Signor Cardinal Vicario, o di altri,
sarà interamente 'impiegato nella costrtizione della Chiesa e Casa parroccbiale.
6. Resterà in facoltà della Congregazione, e per essa del Sottoscritto, di
continuare in proprio nome la questua in quei luoghi e preso quelle persone,
cui la prudenza suggerirà di ricorrere.
7. l'Autorità Ecclesiastica, n& la Persona deU'E.mo Signor Cardinal
Vicario rimarranno esposte a qualsiasi impegno per gli acquisti di terreno fatti
e da farsi e per i lavori eseguiti e da eseguirsi: dovendosi qualunque obbligo, com-
prensivamente al pagamento delle pubbliche imposte, intendersi assunto dalla
Congregazione.
8. Accadendo per qualsiasi evento, o motivo, purchè questo non sia per
impedimento di forza maggiore, che la Congregazione (qzcod Deus avertat) in un
tempo congruo da non oltrepassare i sei anni da oggi, non portasse a compimento
la fabbricazione della Chiesa in modo che possa essere aperta al Divin Culto,
essa resterà uelio stato in cui si troverà a libera disposizione dell'Autorità Zccle-
siastica, senza che uè la medesima, n& la persona che la rappresenta, restino
obbligate per qualunque impegno contratto dalla Congregazione, o debbano
darle compenso alcuno. La medesima cosa si ha da intendere della Casa Parroc-
chiale se non sarà compiuta nel nono anno. Si ha però viva fiducia nella Divina
Prowidenza che nello spazio di tre anni saranno compiuti i lavori e la Chiesa
verrà inaugurata al Diviu Culto.
g. Terminato il Tenipio e la Casa Parrocchiale, la Congregazione prov-
vederà ali'esercizio del Culto religioso ed a tutte le relative spese, come altresi
alla manutenzione dell'edifizio, ai miglioramenti e restauri, anche sostanziali e
straordinarii, ed insomma a qualunque spesa sebbene degna di speciale menzione.
IO. Provvederà pure alla scelta, destinazione e mantenimento dei Sacri
Ministri: di guisa che da principio siano addetti alla Chiesa non meno di tre Sa-
cerdoti, ed in seguito quanti ne occorreranno pei ministeri ecclesiastici e pel de-
coro della Chiesa. Alla Parrocchia ed al Parroco da nominarsi come all'Art. 12
apparterranno i proventi parrocchiali determinati dagli Statuti del Clero Romano,
e dalle legittime consuetudini del luogo. I1 Parroco adopererà tuttavia i mezzi
legittimi, che d'accordo con l'autorità Ecclesiastica si crederanno opportuni,
per provvedere di congrua la nuova Parrocchia. Non riuscendosi nello scopo, la
Congregazione Salesiana potrà rivolgersi alla condiscendenza del Santo Padre.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo xxxv
11. Resta inteso di per sè che l'obbligo di sostenere ogni cura e spesa spet-
terà alla Congregazione, anche per le altre pie Opere, che assumerà, come l'Ospi-
zio pei fanciulli poveri, e l'Oratorio festivo pei giovanetti della Parrocchia, cui
si farà il catechismo, la scuola serale e, se fafà di mestieri, anche diurna, come
si pratica nelle Case della Congregazione aperte con identico scopo; con dichia-
razione che l'ospizio, l'Oratorio, e le Scnole dovranno considerarsi come Istituti
Speciali della Congregazione totalmente distinti dalla Parrocchia: ed i relativi
stabili come proprietà individuali del Sacerdote D. Giovanni Bosco, o di chi per
esso, per tutti gli effetti civili.
12. I1 Parroco sarà prescelto tra i Religiosi della Congregazione, ed a pre-
sentazione del Superiore generale di essa sarà sottoposto al consueto esame d'i-
doneità, e quindi sostenutane la prova con esito favorevole, verrà nominato dal-
l'autorità Ecclesiastica. Le presentazioni per altro, successive alla prima, do-
vranno possibilmente farsi in persona di uno dèi Sacerdoti, che per qualche
tempo avrà esercitato il Sacro Ministero nella Chiesa, in modo d'aver acquistato
conoscenza pratica dei costumi romani.
13. In mancanza di un soggetto idoneo al Miriistero Parrocchiale tra i
Religiosi della Congregazione, cesserà in essa l'esercizio di tutti i diritti ed ob-
blighi relativi alla Parrocchia, cui liberamente prowederà l'autorità ecclesiastica
nel modo che crederà opportuno. La Congregazione avrà però sempre il diritto
di servirsi della Chiesa per le preghiere in comune degli alunni dell'0spizio annesso,
e per le funzioni ecclesiastiche, cui intendessero intervenire: con facoltà d'inteil'i-
gema col rappresentante della Parrocchia, nella scelta delle ore convenienti per
le prediche ed istruzioni più adatte all'inteliigenza e al bene spirituale degli alunni.
La pia Società Salesiana dalia disposizione anzidetta deli'autorità Ecclesiastica,
snlia provvisoria amministrazione deila Parrocchia, avrA il termine di sei mesi
per la preseatazione di un soggetto idoneo, il qual temine, a dimanda deiia Con-
gregazione, potrà essere prorogato di altri sei mesi. Decorso inultimente il ter-
mine, l'autorità EcclesiaScica potrà deputare alla Parrocchia un Vicario od Eco-
nomo temporaneo, l'ufficio del quale cesserà, con previa disposizione deil'antorità
anzidetta, quando la Congregazione Salesiana tornerà ad avere il soggetto idoneo
al ministero Parrocchiale, rientrando in tutti i suoi diritti, come se la nomina
di un estraneo non fosse awenuta.
14. La Congregazione Salesiana ed il Parroco prescelto tra i suoi Religiosi
dipenderanno dall'autorità Ecclesiastica in quel modo, che ?ie dipendono gli
altri Istituti di Ordini regolari in Roma ed i Parrochi delle Chiese loro affidate.
Correlativamente la pia Società di S. Francesca di Sales, verso l'autorità Eccle-
siastica, anche rispetto alla Parrocchia, godrà dei diritti, privilegi e facoltà, di
cui godono gli Ordiai regolari allorchk viene fondata una Parrocchia in loro fa-
vore; salve sempre le speciali disposizioni dei presenti articoli.
15. I1 Rettore generale della Pia Società Salesiana, con l'unanime appro-
vazione del suo capitolo superiore, di tutto buon grado munisce del bolio deiia
Congregazione i tre fogli contenenti i presenti articoli, ed accettandoli pienamente
appone ai medesimi la sua firma: pregando l'Eminenza Rei..ma del Sigr. Card.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Chiesa &l Sono Cuore a Roma: l'incarico
Vicario di rassegnarli al Santo Padre, affincbè si degni approvare e benedire
quanto in essi si propone, che diverri obbligatorio soltanto dopo la Suprema
Sanzione deUa Santiti Sua (I).
Gli operai ripigliavano lentamente i lavori interrotti da tanto
tempo. Don Sala, per prevenire forzate sospensioni, andava già
in cerca delle colonne di granito volute dall'architetto. Quanto
al problema finanziario, Don Bosco aperse un conto di credito
presso la Banca Tiberina. Questo Istituto, non appena si con-
vinse della potenza di lui, gli fece straordinarie agevolazioni. A
Don Dalmazzo, che ne aveva la procura generale, diede per sette
anni somme cospicue con semplice ricevuta, senza ipoteca. Ar-
rivò banco a dargli in una volta 80.000 lire, dicendo il Diret-
tore che Don Bosco aveva la Prowidenza a sua disposizione e
quindi non avrebbe fatto perdere. Egli per altro non tentava la
Provvidenza. Sono incredibili gli strapazzi a cui si espose e
si sottopose per soddisfare all'impegno. Basti dire che gli abbre-
viarono la vita (2). Sua parola d'ordine fu: G Fede, preghiera, e
avanti >> (3).
(i) Il testo sottoscritto da Don Bosco e dal Cardinale Vicario recava in calce: n D. N.
Leo divina Providentia PP. XIII o&a, quae suprascriptis quindecim articuli8 continentur
rata habuit et confirmavit, atque eaecutioui mandari jussit, demptis verbis i< se non sarà
compiuta nel nono anno i> quae leguntur sub u. 8. Coutrariis quibuscumque non obstantibusa.
(2)Summ. sup. viri., n. 111, D6 ofienbus ai fundationibw, $ 67 (teste Don Cemuti).
(3) Lettera a Don Dalmazzo. Torino, i 8 dicembre 1880.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

41.8 Page 408

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CAPO XXXVI
- ingrandimenti di collegi e aperture di nuovi
nel triennio 1880-82. Sogno sulle sorti della Congregazione.
(Penango, Firenze, Faenza, Mogliano Veneto).
Un fatto che denotava la vitalità delle opere di Don Bosco
era l'ampliarsi delle sue case. Le domande di ammissione in ospizi
e collegi salesiani giungevano ogni anno così numerose, che,
non bastando più gli edifici primitivi, bisognava aumentarne la
capacità; d'altra parte tali ingrandimenti producevano un ot-
timo effetto nei benefattori, i quali toccavano quasi con mano
il buon impiego che si faceva dei mezzi dalla loro carità sommi-
nistrati. Durante il triennio 1880-82,in Prancia, la colonia agri-
cola della Navarre ebbe un notevole ampliamento di locali; fu
di molto ingrandito l'orfanotrofio di Nizza e provvisto di bella
chiesa; venne aggiunto all'oratorio di Marsiglia un nuovo fab-
bricato, che permise di triplicare il numero degli allievi. In Ita-
lia, a Vallecrosia, terminati gli edifici per le scuole maschili e
femminili e per l'abitazione dei Salesiani e delle Suore, e progre-
diti i lavori della chiesa; all'oratorio di Luwa unito un ospizio
per un centinaio di giovani; a La Spezia condotta a termine la
chiesa e apprestati ambienti più vasti per le scuole; fatte pure
superstrutture e aggiunte nei collegi di Este e. di Randazzo.
In questo generale moto di espansione non rimase stazionario
l'oratorio di Valdocco, poichè Don Bosco ne accrebbe l'area e
il fabbricato. La costruzione più importante fu un corpo di fab-
brica a ponente della chiesa di Maria Ausiliatrice, destinato ad
accogliere la tipografia e la legatoria. Ne fu collocata la pietra
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Collegi nel triennio 1880-82
angolare il zz novembre 1881 con solenne cerimonia. Il nuovo
edificio, mentre compiva l'ornamento esterno del santuario e
dava modo di sgombrare vecchi locali per provvedere alle cre-
sciute esigenze di altri laboratori, offriva per l'arte del libro n2
insieme di ambienti atti a favorire l'esplicarsi dell'attività edito-
riale nella forma adeguata agli intendimenti di Don Bosco.
Un'altra bella prova che la Società viveva vita rigogliosa era
il moltiplicarsi dei collegi. Quattro appartengono a questo pe-
riodo, e sono i collegi di Penango, di Firenze, di Faenza e di Mo-
gliano Veneto. Ci sarebbe anche la chiesa di S. Giovanni Evan-
gelista in Torino; ma vi dedicheremo il capo seguente.
Penango è un villaggio del Monferrato nella diocesi e circon-
dario di Casale. Don Bosco nel 1880, cedendo alle istanze di quel
parroco, acquistò colà per 60.000 lire da israeliti casalesi una
palazzina situata sopra una ridente altura in mezzo a vigneti.
Influì nella determinazione il desiderio di redimere ivi una chiesa
dell'Addolorata, ridotta a tinaia. I1 Santo vi stabilì un convitto
per soli giovanetti di classi elementari, che fosse coine succur-
sale al collegio di Borgo S. Martino, dove ogni anno la man-
canza di posti costringeva a respingere buon numero di do-
mande.
La fondazione fiorentina 6 del 1881, ma duravano da quattro
anni le pratiche. A Firenze Don Bosco era conosciuto da molto
tempo. Le sue ripetute visite fin da quando vi risiedeva il Go-
verno italiano, i salutari effetti delle sue benedizioni e il prodi-
gioso ritoriio da morte a vita del figlioccio della Contessa Giro-
lama Uguccioni (I) l'avevano reso noto e caro nelle famiglie pa-
trizie. L'ebbero in venerazione anche gli Arcivescovi Limberti
e Cecconi. Allorchè quindi le mene dei Protestanti si fecero più
palesi e pericalose in mezzo al popolo, i buoni guardavano a lui,
chiamandolo in aiuto per opporre un argine alla nefasta loro
propaganda.
11 primo invito partì net 1877 dall'Associazione di Carità fra
operai cattolici. Dall'idea vaga iniziale si passò a costituire un
( I ) Mem. Biogr.. vol. VIII, pag. 536
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

41.10 Page 410

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Comitato con l'incarico di raccogliere offerte, cercare un locale
e trattare. Soltanto nel maggio del 1880 il Comitato potè pren-
dere in affitto una casetta in Via Cimabue. Don Bosco, visita-
tala poco dopo, consentì a farne la modesta culla della sua opera
in Firenze. Nel mese di luglio mandò il Direttore di Lucca Don
Marenco a vedere se tutto fosse all'ordine per cominciare; in
agosto mandò il Procuratore di Roma. L'uno e l'altro consiglia-
rono a non aver fretta.
Intanto il pericolo protestante cresceva: crescevano anche le
invocazioni di soccorso. Nel gennaio del 18811'Arc. Cecconi scrisse
a Don Bosco: 6 Deh mio carissimo, non tardi di più, e si arrenda
alle calde preghiere di un Vescovo, che in nome di Dio chiede
cooperazione>>I.1 motivo principale del procrastinare derivava
da questo, che parecchi corrispondevano con Don Bosco, ma
nessuno dava affidamento, nessuno offriva garanzia, non dico
materiale, ma nemmeno morale. Appena invece l'Arcivescovo
mostrò di prendere sopra di sè l'iniziativa, egli rispose pronta-
mente: <<Mimetto nelle sue mani e farò tutto quello che mi
dice (I).
I Salesiani posero piede nella loro dimora il 4 marzo. Erano
in tre: il Direttore Don Faustino Confortòla (z), un chierico e
un coadiutore. Si trovarono subito di fronte a serie difficoltà.
La Società Operaia, ignorando che cosa fosse una Congregazione
religiosa e considerando il nascente istituto come un'emanazione
sua propria, ostacolava l'indipendenza economica e la libertà
di azione. L'Arcivescovo si adoperò con buon esito per conci-
liare le cose; tuttavia i malumori non sparirono. Ma Don Bosco,
andato a Firenze, non ci badò, contento di vedere che l'oratorio
festivo andava molto bene. In una città come Firenze feste e
spettacoli non potevano non distrarre grandemente i giovani;
eppure gli inscritti toccavano i duecento. Quando poi per le va-
canze estive furono chiuse le scuole c o m a l i , una cinquantina
( I ) Lettera 25 gennaio 1881.
(2) Breaciam, venuto alta Congregazione già prete (cfr. Mem. Biogr., vol. XIII, pag.
848).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

42 Pages 411-420

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42.1 Page 411

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Collegi nel triennio 1880-82
di ragazzi frequentavano assidui la casa anche nei giorni feriali,
tenendo occupati da mane a sera i Salesiani.
Nuove difficoltà sorsero per altro verso. Alla fine di ottobre
scadeva il fitto della casa, convenuto solo per un anno, nè il pro-
prietario voleva saperne di rinnovare il contratto; bisognava dun-
que sloggiare. Fu trovato non molto lungl in Via Fra Angelico
un locale conveniente per ogni riguardo e situato in una parte
della città, dove la popolazione per mancanza di chiesa e di sa-
cerdoti cresceva quasi pagana. Gli Evangelisti vi avevano posto
il nido. Don Bosco senza indugio costitui una Società acquisi-
trice composta di cinque Salesiani, a cui accedette l'Arcivescovo,
rappresentato negli atti da un ecclesiastico, mentre i primi die-
dero mandato di procura. a Don Confortòla. Regolato così il
passaggio della proprietà, si accelerarono i lavori di adattamento
per cominciare quanto prima anche l'ospizio. Don Confortòla vi
si rivelò esperto uomo d'affari.
L'ospizio avrebbe accolto artigiani e studenti di ginnasio; ma
per le scuole occorreva l'autorizzazione del Provveditore agli
Studi. E vero che dietro il paravento delle scuole professionali
si poteva per qualche tempo passarla liscia; ma non parve cosa
prudente. L'Arcivescovo d'accordo con Don Bosco agevolò la
via di uscita. Aveva egli circa settanta domande di giovani aspi-
~ m t iallo stato ecclesiastico. Stabilì dunque di scegliere i mi-
gliori e consegnarli a Don Confortòla, appena l'ospizio fosse
aperto, con il quale proposito emanò un decreto, che erigeva
la nuova casa a piccolo seminario, dove l'Autorità scolastica non
avesse nulla a vedere.
Per il dì dei Morti l'oratorio fu trasferito nella nuova sede.
L'inaugurazione dell'ospizio si dovette ritardare fino alla festa
dell'Immacolata, patrona della casa. Non c'era posto se non per
trenta giovani; ma tanto bastava per cominciare. Anche a Fi-
renze, come altrove, i Salesiani trovarono una mamma nella buona
Contessa Uguccioni. Don Bosco visitò la casa nella Pasqua del
1882. Ai Cooperatori tracciò in pubblica conferenza un vasto pro-
gramma: fabbricare una nuova cappella, ingrandire l'edificio esi-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

42.2 Page 412

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capo XXXVI
stente, aprire scuole esterne (in quell'angolo della città esiste-
vano solo quelle dei Protestanti), dare il massimo sviluppo al-
l'oratorio festivo mediante allettamenti di gjuochi e di premi.
Ai debiti fatti se ne sarebbero aggiunti altri; ma egli confidava
in Dio e nella carità dei Fiorentini. L'anno dopo fervevano i
primi lavori, seguiti poi da altri secondo le possibilità, fino a
costituire il complesso di opere che oggi vi si ammira.
Trasportiamoci ora nel cuore della Romagna, nell'operosa
Faenza. La buona disposizione di Don Bosco a fare qualche cosa
per quella città rimontava al 1877, quando per la festa di Maria
Ausiliatrice conobbe l'anima santa di Don Paolo Taroni, Diret-
tore spirituale del seminario faentino e zelante Cooperatore. I
due santi s'intesero a meraviglia. Nel giugno seguente Don Bo-
sco volle che passassero di là Don Lazzero e Don Barberis, re-
duci da Roma (I). La loro visita servi a Don Taroni per fare
propaganda dell'idea. E l'idea camminava. Nel luglio del 1878
il Vescovo Pianori ne parlò a Leone XIII, che lo animò a favorire
l'impresa. In settembre Don Clemente Bretto, avendo accompa-
gnato alla vicina Lugo alcuni convittori di Alassio, si recò anche
a Faenza con l'incarico di osservare un edificio indicato dagli
amici dei Salesiani. Parve adatto. L'anno dopo in marzo vi giun-
sero Don Cagliero e Don Durando, che compievano un giro d'i-
spezione per esaminare da vicino molte proposte di fondazioni
da un capo all'altro d'Italia. Anch'essi diedero parere favorevole.
Tntanto l'aspettazione si faceva oguor più viva e impaziente.
Nel maggio del 1879 il parroco del luogo, dove sorgeva l'edifi-
cio, venne a Valdocco per la festa di Maria Ausiliatrice, spe-
rando di conchiudere. Ma Don Bosco, viste le condizioni giuri-
diche di quel fabbricato, credette di non dover procedere oltre
senza un previo consenso della Santa Sede. Si trattava di un
ex-convento nel Borgo detto di Urbecco. L'aveva soppresso Na-
poleone I ; poi nel 1859 i1 Governo Pontificio i'aveva ceduto ai
due parroci del Borgo sotto certe condizioni, fra le quali que-
( I ) Cfr. sopra. pag. 374.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Collegi nel tviennio 1880-82
sta, che l'uno di essi parroci, precisamente quello venuto a To-
rino, vi aprisse scuole per i ragazzi borghigiani poveri; ma gli
avvenimenti politici avevano impedito di soddisfare a tale ob-
bligo. I1 parroco volò immediatamente a Roma. Il Papa in
udienza privata lodò la destinazione che si voleva dare ali'antico
cenobio, rilevando i1 gran bisogno di salvare la gioventtì. Tosto
il Cardinale Mertel, Segretario dei Memoriali, chiese al Vescovo
di Faenza informazioni sulla necessità e possibilità di attuare
l'opera. I1 Vescovo rispose affermativamente all'uno e all'altro
quesito. Allora fu inviato un Rescritto di approvazione, con in
più un assegno di lire 250 annue da elargirsi ai Salesiani nei tre
primi anni.
Un atto di si inaspettata benignità rinfocolò l'ardore dei Fa-
entini, sicchè dodici sacerdoti, sotto la presidenza del Vicario
Generale, si unirono in Comitato permanente a fine di accele-
rare l'esecuzione. Tre di essi nel maggio del 1880 vennero a To-
rino per vincere le ultime esitanze del Capitolo Superiore. Si get-
tarono allora le basi di up capitolato, contenente anche la pro-
messa di mandare i Salesiani in giugno, purchè il locale fosse al-
lestito.
Intrapresi i lavori di restauro, ecco circolare per Faenza la
voce, che stavano per venire Gesuiti cacciati dalla Francia; onde
proteste e minacce da parte di anticlericali, che aizzavano il po-
polo, rappresentandogli il pericolo dell'arrivo di quei maestri,
da essi qualificati per immorali e seminatori di discordie citta-
dine. 11 buon senso della maggioranza allora prevalse; ma fuoco
ne rimase a covare sotto la cenere.
Intervennero cause di ritardo da parte del Demanio e della
provincia, che sollevavano difficoltà. Finì il 1880, passavano i
-
mesi del 1881, e i Salesiani non comparivano; erano comparsi
invece i Protestanti. Finalmente nella seconda decade di no-
vembre ecco giungere Don Cagliero in compagnia di Don Gio-
vanni Battista Rinaldi, mandato a Faenza come Direttore. Don
Cagliero inaugurò l'oratorio la domenica 20, aprendo le porte a
una turba di duecento ragazzi. Don Rinaldi si acciilse con ar-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXXVI
dore alla sua missione. Sebbene ancora giovane, doveva catti-
varsi la stima affettuosa dei Faentini, anzi dei Romagnoli. Don
Bosco mandò in aiuto un chierico e un coadiutore. I1 coadiutore,
Paolo Bassignana, diventato popolarissimo in città sotto il nome
di Paolino, era un vero santetto; fino al termine della sua lunga
vita fu in casa il seruzls Fdelis et przldens e fuori un angelo di
bontà. La sera de11'8 dicembre arrivò da Roma la prima rata
della caritatevole munificenza pontificia.
I1 fiorire dell'oratorio mise sossopra i nemici della Chiesa,
che presero a fare fuoco e fiamme contro i Salesiani. Ricorsero
a tutti i mezzi per spaventarli, stancarli e costringerli ad andar
via. Don Bosco, visitando i suoi figli il 13 maggio 1882, vide che,
non che fare le valige, bisognava cercare nell'interno della città
un luogo che meglio si prestasse a sviluppare l'opera e ad agire
con libertà. I1 1883 fu l'anno cruciale. Mentre si moltiplicavano
inutilmente le ricerche di un edificio entro le mura, tutte le
forze ostili sembrarono congiurate ai danni dei poveri Salesiani.
Le autorità inquisivano in modi esosi; un giornale cittadino e
due di Ravenna inveivano contro i frati insegnanti; una viru-
lenta petizione coperta di firme incitava il Ministero a espellere
gl'intrusi; violenti mestatori sotto la maschera del patriottismo
accendevano le passioni della plebe, lanciando accuse d'ogni ge-
nere; non mancarono nemmeno vili attentati, che avrebbero po-
tuto produrre gravissime conseguenze. Tanta guerra non sbigot-
tiva il Direttore, nè lo distoglieva &alle sue ricerche per procac-
ciarsi una sede più acconcia. agli conosceva molto bene i senti-
menti di Don Bosco, il quale aveva scritto (I): << Ho con gran
pena intese le cose che rendono difficile l'opera diretta al bene
della povera e pericolante gioventù. Dovremo abbandonare il
campo nelle mani del nemico? Non mai. Nei grandi pericoli bi-
sogna raddoppiare gli sforzi ed i sacrifici. Si studi e si faccia ».
Si studiò e si fece. L'oratorio, trapiantato in Via Guasto, fu an-
cora per alcuni anni un pruno negli occhi ai repubblicani, come
( I ) Lettera al Cas. Cavina, Torino r 7 settembre 1883.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Collegi nel triennio 1880-82
là si chiamavano gli anticlericali di tutte le gradazioni; ma an-
che a far bene, chi la dura la vince. La casa di Faenza, più
che triplicata nelle dimensioni e multiforme nell'attività, ne è
una prova.
Pacifica invece riuscì la fondazione della seconda casa nel Ve-
neto, a Mogliano, diocesi di Treviso. In paese rurale nulla sem-
brava più a proposito che una colonia agricola. Così la pensava
una ricca e pia vedova veneziana, Elisabetta Bellavite-Astori,
nel donare a Don Bosco le campagne che essa possedeva colà,
più una somma di lire 150.000 per gl'impianti necessari. A questo
pure spingevano Don Bosco da Venezia l'avvocato Paganuzzi,
il vessillifero delllAzione Cattolica, e l'ingegnere Saccardo, al-
tro cattolico militante. La signora, dopo una visita a Don Bo-
sco nella festa di Maria Ausiliatrice del 1879, considerava la fon-
dazione della colonia agricola a Mogliano Veneto come il su-
premo affare della sua vita, quasi una missione da compiere per
potere poi intonare con tranquilla coscienza il Numc dimittis;
quindi non si diede pace, finchè Don Bosco non ebbe pigliata
su di sè l'impresa, quale istituzione sua propria, tanta fiducia ri-
poneva essa nella santità di lui e nella protezione divina sulle sue
opere. Don Bosco, trattatone col suo Capitolo, accettò formal-
mente; dopo di che la Signora mise a sua disposizione la somma
prestabilita. Don Sala, cui spettava l'incombenza di sovrinten-
dere alle costruzioni, andò sul posto, recando seco una conven-
zione già sottoscritta da Don Bosco, perchè ella pure la sotto-
scrivesse. La fabbrica fu cominciata nella primavera del 1881 e,
nonostante le vicende che d'ordiiario intralciano operazioni di
tal genere, venne condotta a termine con relativa prestezza.
Restava da chiedere l'autorizzazione ecclesiastica. Essendovi
sede vacante, reggeva la diocesi, come Vicario Capitolare, il
Can. Giuseppe Sarto, futuro Pio X. Egli non solo concesse quanto
si domandava, ma volle stendere di proprio pugno l'intero atto (I),
usandovi termini oltremodo benevoli per Don Bosco, da lui per-
( I ) Il documento si conserva nei nostri archivi
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XXXVI
sonalmente conosciuto all'Oratorio nel 1875 (I).La casa venne
inaugurata 1'8 dicembre 1882 da Don Moisè Veronesi, manda-
tovi come Direttore. Questi per altro, da uomo espertissimo in
tali faccende, si persuase ben presto dell'impossibilità di dar vita
in quei luoghi a una scuola di agricoltura; quindi fu forza accor-
darsi per modificare la destinazione dell'opera, mantenendo una
piccola colonia agricola e aprendo un collegio con scuole ele-
mentari e ginnasiali, che vi sono tuttora fiorenti.
Il numero dei Direttori aumentava di anno in anno. Don
Bosco, benchè ci fossero gli Ispettori e benchè egli fosse conti-
nuamente sovraccarico di occupazioni e di preoccupazioni, pure
non li perdeva di vista. Esiste una copiosa corrispondenza dalla
quale si rileva con che sollecitudine paterna si tenesse a contatto
con loro, aiutandoli nel disimpegno del loro ufficio.
Chiuderemo questo capo con un docume~toche sarà sempre
oggetto di meditazione. È: un sogno ammonitore fatto da Don
Bosco nel settembre del 1881. Durante il fervore dei descritti
incrementi gli si svelarono i maggiori progressi riserbati alla Con-
gregazio~e,ma insieme gli si scoprirono i pericoli che un giorno
avrebbero potuto rovinarla e distruggerla, se non ci si pensava
in tempo. I1 Santo non si contentò di narrare a voce le cose ve-
dute e udite, ma le volle anche scrivere (2). Non sembra che
disdica alla natura della nostra storia l'inserire qui il sogno.
Spiritus Saacti grati0 iUumGzet sensus et corda nostra. Amen.
Ad ammaestramento della Pia Società Salesiana.
I1 dieci settembre anno corrente (ISSI), giorno che S. Chiesa consacra al
glorioso Nome di Maria, i Salesiani, raccolti in S. Benigno Canavese facevano
gli Esercizi Spirituali.
Nella notte del 10 aU'11, mentre dormiva, la mente si trovò in una gran
sala splendidamente ornata. Mi sembrava di passeggiare coi Direttori delle nostre
Case, quando apparve tra noi un uomo di aspetto cosi maestoso, che non pote-
vamo reggerne la vista. Datoci uno sguardo senza parlare, si pose a camminare
a distanza di qualche passo da noi. Egli era cosi vestito. Un ricco manto a guisa
( I ) Cfr. Mem. Biogr., vol. XI, pag. 323.
( 2 ) Voriginale andò smarrito; ma la copia di Don Berto, che ne deriva direttamente, si
deve ritenere fedelissima.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Collegi nel triennio 1880-82
di manteiio gli copriva la persona. La parte più vicina al collo era come una fascia
che si rannodava davanti, ed una fettuccia gli pendeva sui petto. Sulla fascia
stava scritto a caratteri luminosi: Pia Salesianorum Societas anno 1881, e sulla
striscia d'essa fascia portava scritte queste parole: Qualis esse debet. Dieci diamanti
di grossezza e splendore straordinario erano quelli che c'impedivano di fermare
lo sguardo, se non con gran pena, sopra queU'Augusto Personaggio. Tre d i quei
diamanti erano sul petto ed era scritto sopra di uno Fides, sull'altro Spes, e Cha-
ritas su quello che stava sul cuore. Il quarto diamante era sulla spalla destra,
ed aveva scritto Labor; sopra il quinto nella spalla sinistra leggevasi Temperantia.
Gli altri cinque diamanti ornavano la parte posteriore del manto, ed erano così
disposti: uno più grosso e più folgoreggiante stava in mezzo come il centro di un
quadrilatero, e portava scritto Obedientia. Sul primo a destra leggevasi Votum
Paupertatis. Sul secondo più abbasso Praemium. Nella sinistra sui più elevato
era scritto Votum Castitatis. Lo splendore di questo mandava una luce tutta spe-
ciale, e mirandolo traeva e attraeva lo sguardo come la calamita tira il ferro. Su1
secondo a sinistra più abbasso stava scritto. Ieimium. Tutti questi quattro ri-
piegavano i luminosi loro raggi verso il diamante del centro.
Questi brillanti tramandavano dei raggi che a guisa di fiammelle si alzavano
e portavano scritto qua e colà varie sentenze.
Sulla Pede si elevavano le parole: Sumite scutum Fidei, u t adverws insidias
diaboli certare possitis. Altro raggio aveva: Fides sine operihus mortua est. Non
auditores, sed factores legir regnum Dei possidebunt.
Sui raggi deila Speranza: Sperate in Domino, non in hominibus. Semper vestra
fixa sin$ corda, ubi vera sunt gaudia.
Sui raggi della Carità: Alter alterius onera portate, si vultis adimplere legem
meam. Diligite et diligemini. Sed diligite alzintas vestras et vestrorunt. Devote di-
vinum oficium persolvatzcr; missa attente celebretur; Sanctum Sanctorum peramanter
visitetu?.
Sulla parola Labor: Remedium concupiscentiae, arma potentissima contra
omlzes insidias diaboli.
Sulla Temperanza: S i Zignum tollis, ignis extinguitur. Pactum comtitwe cum
oculis tuis, curn gula, curn somno, ne huiusmodi inimici depraedentw animas westras.
Intem@erantia et castitas non possnnt simul cohahitare.
Sui raggi dell'obbedienza: Totius aedijicii fudamentum, et sanctitatis com-
pendium.
Sui raggi della Povertà: Ipsorum est Regnum coelorum. Divitiae spihae. Pau-
pertas non verbis, sed corde et opere con@itur. Ipsa coeli ianuam aperiet et introibit.
Sui raggi della Castità: Omnes virtutes veniunt pariter cum illa. Qui pnundo
sunt corde, Dei arcana vident, et Deum ipsum videbulzt.
Sui raggi del Premio: S i delectat magnitudo praemiorum, non detwreat ~nulti-
tudo laborum. Qui mecum patitur, mecum gaudebit. Momentaneum est quod patimur
in terra, aeternnm est quod delectabit in coelo amicos meos.
Sui raggi del Digiuno: Arma potentissima adversus insiàias inimici. Omnium
Virtutum Custos. Omne genus daemoniorum per ipsum ciicitur.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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cupo XXXVI
Un largo nastro a color di rosa serviva d'orlo nella parte inferiore del manto,
e sopra questo nastro era scritto: Argumentum praedicationis. Mane, meridie et
vespere. Colligite fragmenta virtutum et magnzmt sanctitatis aedijcium vobis consti-
tuetis. Vae vobis qui modica spernitis, paulatiwb decidetis.
Fino allora i Direttori erano chi in piedi, chi in ginocchio, ma tutti attoniti
e ninno parlava. A questo punto Don Rua come fuor di sè disse: Bisogna pren-
dere nota per non dimenticare. Cerca una penna e non la trova: cava fuori il por-
tafoglio, fruga e non ha la matita. Io m i ricorderò, disse Don Durando. Io voglio
notare, aggiunse Don Fagnano, e si pose a scrivere col gambo di una rosa. Tutti
miravano e comprendevano la scrittura. Quando Don Fagnano cessò di scrivere,
Don Costamagna continuò a dettare casi: La Carità capisce tutto, sopporta tutto,
vince tutto: predichiamola colle parole e coi fatti.
Mentre Don Fagnano scriveva, scomparve la luce, e tutti ci trovammo in
folte tenebre. Silenzio, disse Don Ghivarello, inginocchiamoci, preghiamo, e la
luce verrà. Don Lasagna cominciò il Veni Creator, poi il De Profufldis, Maria
Auxilium Christianorum, a cui tutti rispondemmo. Quando fu detto: Ora pro
nobis, riapparve una luce, che circondava un cartello in cui leggevasi: Pia Sale-
sianorum Societas qualis esse periclitatur anno salutis 1900. Un istante dopo la
luce divenne più viva a segno che potevamo vederci e conoscerci a vicenda.
In mezzo a quel bagliore apparve di nuovo il Personaggio di prima, ma con
aspetto malinconico simile a colui che comincia a piangere. I1 suo manto era di-
venuto scolorato, tarlato e sdrnscito. Nel sito dove stavano fissi i diamanti eravi
invece un profondo guasto cagionato dal tarlo e da altri piccoli insetti.
Respicite, Egli ci disse, e1 intelligite. Ho veduto che i dieci diamanti erano
divenuti altrettanti tarli che rabbiosi rodevano il manto.
Pertanto al diamante deiia Fides erano sottentrati: Somnus et accidia.
A Spes: Risus et scurrilitas.
A Charitas: Negligentia i n divinis perjkiedis. Amant et quaerunt quae sua
sunt, non quae Iesu Christi.
A Temperantia: Gula, et quorum Deus venter est.
A Labor: Somnus, /urtum, et otiositas.
Al posto dell'obedientia eravi nient'altro che un guasto largo e profondo
senza scritto.
A Castitas: Concupiscentin oculorum et superbia vitae.
A Povertà era succeduto: Lectus, habitus, potns et pecunia.
A Praemium: Pars nostrd erunt quae sunt sufer terram.
A Ieiunium eravi un guasto, ma niente di scritto.
A quella vista fummo tutti spaventati. Don Lasagna cadde svenuto, Don
Cagliero divenne pailido come una camicia, e appoggiandosi sopra una sedia
gridò: Possibile che le cose siano già a questo punto? Don Lazzero e Don Guidazio
stavano come fuori di sP, e si porsero la mano per non cadere. Don Francesia,
il conte Cays, Don Barberis e Don Leveratto erano quivi ginocchioni pregando
con in mano la corona del SS. Rosario.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Collegi nel triennio 1880-8z
In quel tempo si fè intendere una cupa voce: Quomodo snutatus est color
optimus!
Ma nell'oscurità succedette un fenomenosingolare. In un istante ci trovammo
avvolti in folte tenebre, nel cui tnezzo apparve tosto una luce vivissima,che aveva
fonna di corpo umano. Non potevamo tenerci sopra lo sguardo, ma potevamo
scorgere che era m awenente giovanetto vestito di abito bianco lavorato con fili
d'oro e d'argento. Tutto attorno all'abito vi era un orlo di luminosissimi dia-
manti. Con aspetto maestoso, ma dolce ed aniabile si avanzò alquanto verso di
noi, e ci indirizzò queste parole testuali:
Servi et instrumenta Dei Omnipotentis, attendite et intelligite. Confortamini
et estote robusti. Quod vidistis et audistis, est coelestis admonitio, quae nunc vobis el
fratribus vestris facta est; animadvertite e6 <nteIligite sermomm. Iacula praevisa
minus feriunt, et praeveniri @ossunt. Quot sunt verUa signata, tot sint argumenta
praedicationis. Idesinenter praedicate opportwe et importuqze. Sed quae praedi-
catis, constanter facite, adeo ut opera vestra sint velut lux, quae sicuti tuta traditi0
ad fratres et filios vestros pertranseat de generatione in generationem. Attendite et
intelligite. Estote oculati in tironibus acceptandis, fortes in colendis, prudente6 in
admittendis. Onhnes probate, sed tantum quod b o n m est tenete. Leves et mobiles di-
mittite. Attendite et intelligik. Meditati0 matutina et vespertina sit indesinenter de
observalztia constitutionum. S i id feceritis, numquam vobis dejiciet Omnipotentis
auxilium. ~pectaculum'factiaritis mundo et Angelis, et tunc gloria vestra erit gloria
Dei. Qui videbunt saeculum hoc exiens et alterum incipiens, ipsi dicent de vobis:
A Domino factum est istud et est mirabile in oculis nostris. Tunc omnes ,fratresvestri
et filii vestri una voce cantabunt: Non nobis, Domine, non nobis; sed Nomini tuo
du gloriam ( I ) .
Queste ultime parole furono cantate, ed alla voce di chi parlava si uni una
moltitudine di altre voci cosi armoniose, sonore, che noi rimanemmo privi di
sensi e per non cadere svenuti ci siamo uniti agli altri a cantare. Al momento
che finì il canto si oscurò la luce. Allora mi svegliai, e mi accorsi che si faceva
giorno.
( I ) Servi e strumenti di Dio Onnipotente, ascoltate e intendete. Siate forti e animosi.
tuauto avete veduto e udito 6 un avviso del Cielo, inviato ora a voi e ai vostri fratelli; fale
atenzione e intendete bene quello che vi si dice. I colpi previsti fanno minor ferita e si pos-
s>no prevenire. Le parole indicate, siano tanti argomenti di predicazione. Predicate inces-
smtemente. a tempo e fuori tempo. Ma le cose che predicate fatele sempre, sicckè le vostre
opere siano come una luce, che sotto forma di sicura tradizione s'irradii sui vostri fratelli e
figli di generazione in generazione. Ascoltate bene e intendete. Siate oculati nell'accettare
i novizi. forti nel coltivarli, prudenti nell'ammetterli (alla professione). Provateli tutti, ma
tenete soltanto il buono. Mandate via i leggieri e volubili. Ascoltate bene e intendete. La
meditazione del iuattino e della sera sia costantemente nell'osservanza regolare. Se ciò fa-
rete, non vi verrà meno giammai l'aiuto dell'Onnipotente. Diverrete spettacolo al mondo
e agli Angeli e allora la vostra gloria sarà gloria di Dio. Chi vedrà l a fme di questo secolo
e il principio dell'altro dirà di voi: Il Signore ha fatto questo ed è ammirabile agli occhi
nostri. Allora tutti i fratelli e figli vostri canteranno a una voce: Non a noi. Signore, 40n
a noi. ma al tuo Nome da' gloria.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

42.10 Page 420

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- Capo XXXVI CoIIesi nel ttiennio 1880-82
Pro memoria. Questo sogno durò quasi l'intera notte, e sul mattino mi trovai
stremato di forze. Tuttavia pel timore di dimenticarmene mi sono levato in fretta
e presi alcuni appunti, che mi servirono come di richiamo a ricordare quanto
qui ho esposto nel giorno deila Presentazione di Maria SS. al Tempio.
Non mi fn possibile ricordar tutto. %a le molte cose ho pur potuto con si-
curezza rilevare che il Signore ci usa grande misericordia. La nostra Società è
benedetta dal Cielo, ma Egli vuole che noi prestiamo l'opera nostra. I mali mi-
nacciati saranno prevenuti, se noi predicheremo sopra le vidit e sopra i vizi no-
tatk se ciò che predichiamo, lo pratichiamo, lo tramanderemo ai nostri Fratelli
con una tradizione pratica di quanto si i? fatto e faremo.
Ho potuto eziandio rilevare che ci sono imminenti molte spine, malte fatiche,
cui terranno dietro grandi consolazioni. Circa il 1890 gran timore, circa il 1895
gran trionfo. M. A. Chr. ora 9. n.
Don Rua, mettendo subito in pratica la raccomandazione del
Personaggio, fece ai Confratelli dell'oratorio una serie di con-
ferenze, nelle quali commenti>minutamente le due parti del so-
gno. Egli che con la sua mente illuminata, energica volontà e
fedeltà inconcussa allo spirito del Eòndatore resse la Congrega-
zione nel periodo critico prospettato dal sogno, fu scolta vigile
a tener lontano i mali minacciati.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

43 Pages 421-430

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43.1 Page 421

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CAPO XXXVII
La chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torino.
Una delle più belle chiese di Torino è quella di S. Giovanni
Evangelista sul bellissimo Corso Vittorio Emanuele. I1 popolo
la chiama S. Giovannino per distinguerla dalla Cattedrale, dedi-
cata a S. Giovanni Battista. Don Bosco la fabbricò dove dal 1847
teneva aperto l'oratorio di S. Luigi. Da quando ne concepì l'i-
dea fino al cominciamento dei lavori intercorsero otto anni, dal
1869 al 1877; sì gran perdita di tempo avvenne per una striscia
di terreno, che gli era indispensabile e che non riusciva ad acqui-
stare. I1 proprietario, un protestante, per quante proposte gli si
facessero sotto varie forme e da varie persone affinchè gliela
vendesse, non ne voleva mai sapere. Don Bosco mise innanzi la
ragione di utilità pubblica per ottenere un decreto di esproprio;
ma Municipio e Ministero per occulti maneggi gli risposero picche.
Allora, fermo nel suo proposito, si appellò al Consiglio di Stato.
Anche là continuarono gli intrighi, perchè il suo ricorso non ar-
rivasse a destinazione. Si cercava insomma di stancarlo per farlo
desistere. Ma alla fine, scoperto dove stessero le carte, trovò la
maniera di attaccare le pratiche e condurle all'esito desiderato.
Una volta superati gli ostacoli, non guardò a spese, purchè
la casa di Dio ci figurasse degnamente fra i sontuosi edifici che
si venivano allineaodo lungo il magnifico viale. L'architetto
vercellese Conte Arborio Mella, valente cultore dell'architettura
sacra medievale, facendo secondo le sue istruzioni (I), disegnò
e ( I ) L'architetto scrisse a sua figlia, Contessa di Raasenda, madre della Marchesa Terzi,
che possiede la lettera (senza data): il stato qui da me Don Bosco, e ci siamo intesi, vuole
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

43.2 Page 422

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Capo XXXVII
una splendida chiesa in stile romano-lombardo del 1200. Essa
doveva occupare un'area rettangolare di circa 60 metri in lun-
ghezza per 22 in larghezza, divisa in tre navate, di cui la cen-
trale larga i1 doppio delie altre due. Avrebbe contenuto comoda-
mente 2500 persone. Sulla facciata si sarebbe innalzato i1 cam-
panile a 45 metri di altezza. Bisognava tener presente che ac-
canto alla chiesa Don Bosco voleva fabbricare poi un ospizio.
L'impresa, onerosa per sè, gravava ancor più sulle sue spalle,
perchè non era sola. Ma a stimolarlo nelle sue opere di zelo nulla
aveva maggiore efficacia che il dover disputare il terreno ai Pro-
testanti; e là vicino i Valdesi avevano eretto un vistoso loro tem-
pio, fiancheggiato da istituzioni assistenziali e scolastiche, insi-
dia permanente alla popolazione dtl nuovo quartiere. Presso i
cattolici questa necessità di contrapporre azione ad azione era
capita, sicchè fu d'incitamento a contribuire. Giovò ad accrescere
le oblazioni l'aver convertito la nuova chiesa in monumento a
Pio IX. A questo grande Pontefice Don Bosco professava somma
riconoscenza per molti e insigni benefici ricevuti; appunto in suo
onore aveva stabilito di dedicare la chiesa all'Apostolo, del quale
Pio IX portava il nome.
Quasi a compenso del tempo perduto, il Santo avrebbe de-
siderato che entro due anni tutto fosse finito. Ci volle un po'
di più, ma si andò abbastanza in fretta. La pietra angolare fu
collocata il 14 agosto 1878 con la benedizione dell'Arcivescovo
Gastaldi. I lavori di muratura in due anni furono terminati; di
quelli da eseguirsi nell'interno Don Bosco fece stampare un
elenco, che mandava a persone amiche e agiate, pregandole di
assumersene qualcuno. L'espediente diede ottimi risultati, sic-
chè nel gennaio del 1882 poteva comunicare ai Cooperatori: e I
pittori e decoratori hanno già dipinto il coro, la navata di mezzo,
una chiesa discretaniente larga, a tre navi e piuttosto bella. Studieremo dunque. Che uomo
unico! Dandomi idea del prezzo da spendere votato dall'Amministrazion (dal Capitolo Su-
periore), aggiungeva con una pace e confidenza invidiabili: Però & meglio far le cose bene e
se la stima eccedesse anche il doppio le somme stanziate, non fa niente, troveremo modo di
soddisfarvi o. 11 7 febbraio 1871, scrivendo del suo progetto al Comm. Dupraz, gli aveva detto:
@ È opera ardita in questi tempi, ma 6 di assoluta necessith e per& spero che la a r i t i dei
buoni cattolici e la speciale wistenza di Dio non verranno meno r.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

43.3 Page 423

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La chiesa di S. Gioimnni Euongelista
le due laterali, i muri di fianco e tra pochi giorni daranno l'ul-
tima pennellata. I1 pavimento di marmo è collocato e sul cam-
panile già si trovano le cinque campane, che col loro gratissimo
suono chiamermno i Torinesi nel luogo santo. Ora si stanno col-
locando a posto gli altari, costruendo i corifessioilali, le porte e
i banchi: e il cavaliere Bernasconi da Varese, celebre fabbrica-
tore di organi, ne sta lavorando e collocando uno che farà unore
al suo nome e sarà degno ornamento della nostra chiesa P.
Una particolarità, che fu una geniale trovata di Don Bosco,
si presenta a chi leva lo sguardo alla facciata. Nel timpano della
porta un pregevole mosaico raffigura il Divin Redentore assiso
in cattedra con questa scritta di facilissima intelligenza: Ego
szlm via, vcritas ct vita. Orbene queste parole, tolte dal Vangelo
di S. Giovanni, erano la risposta a quelle altre che si leggevano
sul frontone del poco distante tempio valdese: e Fèrmati, o pas-
seg-g.ero, a considerare l'antica strada, per vedere quale sia la
buona, e a camminare in essa >> (I).
Non si contentò Don Bosco di erigere a Pio I X un monu-
mento ideale, qual era la chiesa, ma volle che ci fosse anche la
sua brava statua. Questa infatti si aderge marmorea su alto pie-
destallo a destra di chi entra. I1 Papa leva la mano nell'atto che
precede immediatameilte la benedizione, mentre con la sinistra
porge il decreto di approvazione della Società. Bgli indossa im-
ponenti abiti pontificali e porta in capo il triregno. Amorevolissimo
è nello sguardo, angelico nel sorriso. Par proprio che parli a Don
Bosco presente (2).
Nel maggio del 1882 la chiesa poteva dirsi terminata in ogni
sua parte. Architettura, affreschi, quadri, ornati, pavimento, al-
tari, porta, tutto dava l'impressione di un vero monumento.
Sarebbe stato dunque tempo che si procedesse alla solenne con-
sacrazione; ma vicende che qui non è opportuno esporre, la fe-
cero ritardare fino al 28 ottobre. Don Bosco ne diede l'annuncio
( i ) I Protestanti, che capirono il latino. vi sostituirono: Credi nel Signor Gesii Cristo,
e sarai salvato n. Parole desunte dagli Atti degli Apostoli, quasi volessero significare che basta
la fede senzs le opere.
(2) B opera dello scultore Francesco Confalonieri di Barrago in Brianza.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

43.4 Page 424

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Capo X X X V I I
ai Cooperatori, invitandoli a venire personalmente o ad unirsi
in spirito o a rendersi presenti mediante la loro carità. Poi sog-
giungeva: r Ho voluto dare questa comunicazione alla S. V. Be-
nemerita, affuichè goda nel Sig.nore che la carità sua comincia
ad ottenere il santo fine, per cui l'ha fatta, quale si è la gloria
di Dio, i1 vantaggio della religione, la salvezza delle anime ».
Compiè la cerimonia della consacrazione 1'Arcivescovo di To-
rino. Verso mezzodì, appena il festoso suono delle campane an-
nunciò che il sacro rito era terminato e fu dato libero accesso ai
fedeli, un'onda di popolo irruppe nella chiesa e assistette alla
prima Messa celebrata da Don Bosco. Il medesimo Don Bosco
fece anche la prima predica dopo i Vespri. Disse il passato, il
presente e il futuro della nuova chiesa. Due punti del suo di-
scorso hanno contenuto storico. Nel primo egli descrisse quali
erano trentacinque anni avanti quel luogo e i suoi dintorni.
Qui in allora non eravi alcuna traccia nè di strade, nè di palazzi, nè di giar-
dini. Da questo sito sino alla sinistra del Po non vedevasi che un incolto e sterile
gerbaio. I1 sito poi dove si innalza oggi la Chiesa, era coperto da poche casipole,
strette, basse, affumicate, le quali erano le ultime abitazioni di questa parte. Le
appigionavano alcune lavandaie, e se le tenevano care, e perchè non molto di-
stanti dal fiume, e perchè circondate da gxande estensione di terreno libero, il
quale loro si prestava comodissimo per distendere ed asciugare i loro bucati,
da cui ritraevano giornalmente da campare la vita. Ma questi luoghi medesimi
si porgevano pure acconcissimi ai più svariati divertimenti. Quindi nelle dome-
niche e nelle feste di precetto li coprivano e scorazzavano da un capo all'altro
schiere numerosissime di fanciulli e giovanetti, molti dei quali vi si intertenevano
tutto il santo giorno, senza recarsi punto nè alla messa, nè al catechismo, n&alle
sacre funzioni.
Era l'anno 1847. I tempi si facevano ognor più torbidi e disastrosi per la
povera gioventù. L'Oratorio festivo di S. Francesco di Sales in Valdocco, fre-
quentato da circa 800 giovani della città, non poteva più cspirne altri. Mora si
venne in pensiero di fondarne un secondo,e fu scelto questo luogo come più adatto
ed opportuno. Molte e grandi furono le difficoltàincontrate per riuscire ad aprirlo.
Da prima le lavandaie che lo avevano in affitto, si sollevarono contro Don Bosco,
perchè costrette ad abbandonarlo: ma furono acquetate e dalla speranza di un
maggior lucro e dalla bontà della padrona, la Signora Vaglienti. Don Bosco en-
tratone in possesso adattò una parte delle catapecchie ad uso deil'oratorio o
di Cappella per le sacre funzioni, che venne benedetta il giorno della Concesione
di queil'anno medesimo: un'altra parte fu ridotta ad uso di scuola e di ricreazione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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La chiesa di S. Giovanni Evangdista
Avuto riguardo al grande bisogno, il sito era ristretto, tuttavia ogni festa circa
500 giovani qui si raccoglievano per la Messa e pel catechismo e oltre due ceu-
tinaia vi si recavano ogni giorno per la scuola elementare. A vantaggio di que-
st'oratorio che prese il nome di S. Luigi Gonzaga, spesero le loro fatiche e solle-
citudini parecchi membri della Società di S. Vincenzo de' Paoli, e vari zelanti
sacerdoti di questa città. Tra questi sono degni di memoria i1 Teol. Giovanni
Borel, il Teol. Francesco Rossi, il Sac. Don Deinonte, già da Dio chiamati a ri-
cevere il premio del loro zelo, e più altri tuttor viventi che continuano a sacri-
ficarsi al bene religioso e morale della gioventù. Cosi tirossi avanti parecchi anni,
e colla carità di vari signori e varie signore, e coUa costanza e intrepidezza dei
suoi aiutanti Don Bosco fece fronte a molti altri ostacoli, fra cui una fiera perse-
cuzione per parte di monellacci, istigati da certa gente di questi dintorni ostile
e nemica.
Ma intanto per l'amenità del sito e per la salubrità deli'aria questi luoghi
andavano coprendosi di case e di palazzi, cresceva ogni anno la popolazione
all'intoruo, e con questa crescevano i bisogni religiosi. A questo si aggiunse l'iu-
sedianiento dei Valdesi qui da presso, i quali col loro tempio, colle scuole, colle
conferenze e con altri consimili artifizi mettevano a cimento la fede cattolica
dei fanciulli e degli adulti.
Queste ed altre circostanze reclamavano una chiesa più ampia, che desse
agio non solo ai fanciulli, ma agli adulti di ambo i cessi, di santificare il giorno
festivo, di istruirsi nella cattolica Religione, e praticarne le opere di carità e di
devozione, e così vienimeglio premunirsi contro le insidie nemiche.
Don Bosco passò quindi a dire del presente. Toccato di quello
che ognuno vedeva con i propri occhi, accennò alle difficoltà su-
perate, perchè il luogo divenisse ciò che era.
La prima difficoltà fu la mancanza di mezzi pecuniarii per incominciare l'im-
presa: ma fatto appello aUa carità cattolica, i mezzi cominciarono a venire per
aErontaie le prime spese. La seconda difficoltà fu la compera di vari pezzi di ter-
reno e di casipole, i cui proprietarii non sapevano disfarsene, o pretendevano
nn prezzo esorbitante. A questo proposito uno di essi mosse tale un ostacolo,
che ai più parve davvero insuperabile. A causa di questo, si dovette soprassedere
dai lavori per circa 8 anni: ma coll'aiuto di Dio e per l'opera di persone benevole,
soprattutto per lo zelo instancabile del benemerito Conte Reviglio della Venaria,
furono superate e questa e più altre difficoltà insorte ancora di poi. Quindi sul
principio del r877, col consenso delltAutorità Ecclesiastica avuto fin dai primi
anni, si ripigliarono i lavori con molta alacrità. I1 Conte Edoardo Arborio Mella
da Vercelli concepì e tracciò il disegno, dando luminosa prova del suo amore
ardente pei sacri edifizi di stile antico, e di quella incontestata sua perizia nel-
l'architettura, per cui gode una ben meritata fama: il Cav. Spezia lo esegui e di-
resse: e l'ingegnere Vigna ne accudì egli pure i lavori, come se fossero opera sua.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

43.6 Page 426

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capo XXXVII
Dopo 14 anni di sollecitudini, di pene e di fatiche, quanti appunto ne trascor-
sero dal 1868 in qua, la chiesa è oggi quello che voi vedete. Bssa ha due parti:
una è quella che ci raccoglie: l'altra è sotto di noi. Nel sotterraneo vi ha un se-
condo membro, che serve di Oratorio ai giovanetti del vicinato, ed un luogo
acconcio pei loro intrattenimenti religiosi e morali. Noi abbiamo pensato agli
adulti, ma non dovevamo dimenticarei fanciulii,che sono le speranze della Chiesa,
il sostegno delle famiglie, la caparra di ordine e di benessere alla civile società.
Tutti sanno con quanto zelo e sollecitudine attendano all'ammaestramento F
alla salute delle anime loro affidate i RR. Curati di S. Massimo, dei Santi Apostoli
Pietro e Paolo e delia Madonna degli Angeli, colle cui parrocchie confina questa
Chiesa, ma la loro popolazione da qualche anno è cresciuta di tanto, che ormai
ne esaurisce tutte le forze. Gli zelanti Curati reclamano aiuto e per l'istruzione
dei grandi e per il catechismo dei piccoli. X? intenzione mia che la chiesa di
S. Giovanni sia un loro rinforzo, come essi desiderano e come hanno più volte
domandato.
La gloria di Dio e il bene delle anime, di cui parlava Don
Bosco nella circolare di gennaio, si cominciò a vedere subito du-
rante il solennissimo ottavario che seguì la consacrazione. Egli
nulla risparmiò per dare alla.manifestazione religiosa la massima
grandiosità, in riguardo naturalmente dei frutti spirituali che spe-
rava di ricavarne e che furono abbondanti. Scrivendo nei primi
giorni a una Cooperatrice francese diceva (I): «Si è visto uno
spettacolo veramente miracoloso. A mille a mille gli uomini ve-
nivano a fare la loro confessione e comunione con una divozione
tutta speciale >>.
Non si creda che il diavolo si sia disinteressato dell'aweni-
mento; nessuna pubblica manifestazione di fede lasciava indiffe-
renti i suoi satelliti. Voculata prudenza di Don Bosco impedì
che i1 livore satanico esplodesse all'aperto con didostrazioni
piazzaiole, allora frequenti contro le persone e le cose di chiesa;
ma non p&è impedire che giornalisti prezzolati si scagliassero
contro di lui, lanciandogli odiose accuse, specialmente in mate-
ria politica. L'aver dedicato la chiesa a Pio IX fu la causa di
tanta bile. Erano vere infamie, a cui però egli nè diede nè per-
mise di dare alcuna risposta. Sarebbe stato un versare olio sul
fuoco. A noi piuttosto si affaccia spontanea un'osservazione. Se
( I ) Lettera a Mlle Clara Louvet, 2 novembre 1882.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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nonostante la sua cura quasi meticolosa di scansare la politica,
si persistette tanto a lungo nel voler vedere la politica ne' suoi
-
atteggiamenti e nelle sue opere, che cosa sarebbe avvenuto qua-
lora fin da principio egli non si fosse fatto una legge di starne
lontano? A noi oggi, guardando agli effetti, è facile dargli lode
di somma prudenza; ma l'essersi egli da sè tracciato così netta-
mente la via e l'averla percorsa senza interrnzioni e senza incer-
tezze, anche di fronte ad aberrazioni di non volgari intelletti, fra
membri stessi del clero, fu merito sovrumano per un uomo che si
proponeva di andare in tante cose a ritroso della corrente.
A glorificare la nuova casa di Dio Don Bosco chiamò anche
le lettere, Egli aveva in Don Lemoyne uno scrittore, che non era
alle sue prime armi; a lui dunque ordinò d'illustrare il più lar-
gamente che fosse possibile la figura del Santo titolare. Ne venne
cosi un'opera originale e attraente, accessibile al popolo e no0
isgradita alle persone colte (I). Dopo il Santo Patrono, la chiesa
a lui dedicata. Di questa pubblicò un'elegante monografia l'In-
gegnere Alberto Buffa (z), che chiildeva la sua elaborata esposi-
zione col seguente periodo: << In questa grande costruzione non
fu in nessun modo, come purtroppo di frequente accade, sacrifi-
cata ai gretti pensieri di economia la convenienza dell'arte ».
Ciò fu, aggiungeremo noi, perchè, quando si trattava del culto
divino, Don Bosco, pur cosi povero, spiegava una munificenza
da sovrano. I due lavori erano stampati e pronti per i1 giorno
della consacrazione, sicchè formarono il più bel ricordo della
solennità.
Mons. Gastaldi nella cerimonia per la benedizione della pie-
tra angolare, inneggiando al titolare della nuova chiesa, aveva
terminato il suo dire con queste espressioni di esultanza e di
aiegurio: Io esulto che s'innalzi un tempio in questo luogo, e
ad onore di un Apostolo sì caro a Gesù Cristo, sì divoto a Maria,
(1) G . B. LEMOYNE.L2Apos1010San Giovanni e fa chiesa pvimiliva. Due volumi in-16,
di 398, 362. Torino, Tip. e Libr. Salesiana, 1882. Se ne fecero contemporaneamente due
edizioni: di cui una per le borse modeste.
(2) 'A.BVPPA,La chiesa ra0 S . Giovanni Euangefista. In-8, pgg z z . Torino, Tip. e Libr.
Salesia4a. 1882.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

43.8 Page 428

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- Capo XXXVII La chiesa di S. Gimanni Ewangeli~ia
sì rispettoso all'autorità di Pietro. Oh! la vista di questa chiesa
ci riscaldi oguor più il cuore della divozione a Gesù in Sacramento
e a Maria Santissima, e ci renda figliuoli ognor più affezionati e
devoti al Papa. Sino a tanto che Torino professerà queste tre
divozioni, che sono la sua gloria, non verrà in essa meno giam-
mai la fede cattolica >>L. a storia deve rendere testimonianza che
il triplice voto è stato largamente esaudito nella chiesa di San
Giovanni Evangelista.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

43.9 Page 429

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CAPO XXXVIII
Le Missioni: periodo iniziale (secondo tempo).
(Viedma, Patagones, principio di evangelizzazione,
secondo sogno missionario).
I1 vero inizio delle nostre Missioni in Patagonia coincide con
le due fondazioni a Viedma ed a Patagbnes sulle sponde del Rio
Negro. Si ponga mente aUe mutate denominazioni. I due abi-
tati, sorti, come dicevamo, proprio di fronte sulle opposte rive
del fiume, dal 1879 si chiamarono a destra Viedma e a sinistra
Patagbnes (I). Per nove anni queste fondazioni rimasero sole:
non ci volle minor tempo per preparare I'attuazioae di un piano
ben regolato deli'attività missionaria. Da quei punti strategici
i Salesiani con eroici sacrifici, seguendo i corsi fluviali, s'inoltra-
rono per vallate, colline e montagne a visitare i toldos dei poveri
Indi o le fazendas dei civili o civilizzati, non che le colonie che si
venivano stabilendo in varie parti. Solo dopo aver esplorato il
territorio, essi scelsero i centri più adatti per stazioni di mis-
sione, donde irradiare la loro feconda operosità per tutta la Pa-
tagonia settentrionale e centrale e per la Pampa, rigenerandone
col battesimo e riducendone a vita civile i selvaggi abitatori.
Ma prima di venire ai particolari, conviene che diamo un'oc-
chiata a volo d'uccello sul teatro immenso, in cui svolsero la loro
mirabile attività.
Fra la Patagonia d'oggi e la Patagonia d'allora ci son corsi
non solo gli ami, ma anche i mutamenti, che sono l'effetto del
( I ) Viedma prese il nome dai fondatore Francesco Vied-; Patagbnes 6 abbreviazione
ddla denominazione precedente Camen de Patag6nes (dr. sopra, pag. 382).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

43.10 Page 430

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Capo XXXVIII
tempo. Sulla vecchia carta del De Moussy, che era la migliore
esistente (I), sopra quella superficie sconfinata si leggevano que-
ste indicazioni: Traversias, Pamfias, Regiones inexfi2oradas, Tier-
ras incognitas, Indios, Desiertos del Sur, que no son recorridos mds
quc $or los salvajes. Guai a chi si awenturava in quelle plaghe,
dove i bianchi erano ritenuti e trattati come prepotenti invasori!
vivevano sicuri gli abitanti delle zone limitrofe, essendo con-
tinuamente esposti alle indiadas o scorrerie di quei barbari, le
cui orde, piombando sulle mandre degli Argentini, rubavano il
bestiame per andarlo a barattare nel Cile, privo di carne da ma-
cello. Non parliamo poi degli assalti alie piccole colonie dissemi-
nate a straordinarie distanze per la campagna: erano rapine,
incendi e massacri da far inorridire.
I1 terrore delle carabine, ricacciando gl'indigeni nelle gole
delia Cordigliera e in rifugi lungo le rive dei grandi fiumi meri-
dionali, dischiuse alla colonizzazione regioni vastissime, che si
vennero così popolando e trasformando. I n quest'opera di civiltà
ebbero la loro parte notevole i Salesiani, che d w o il passaggio
delle truppe organizzarono l'assistenza religiosa e awicinarono
le tribù superstiti. Queste, strette sempre intorno ai propri Ca-
cichi, si awezzarono a ravvisare nei Missionari di Don Bosco i
loro migliori amici, che, mentre portavano ad essi la luce dei
Vangelo, si studiavano di mettere pace fra vinti e vincitori con
reciproco vantaggio degli uni e degli altri.
A quanto ascendeva il numero degli Indi, quando, uniti in
selvaggia confederazione, minacciavano il Governo della Re-
pubblica? A sentir essi, erano tanti da poter tenere testa a eser-
citi regolari. Ma la loro presunzio~es'infranse, allorchè 1'Ar-
gentina fece sul serio. Prima d'atlora non superavano gli ottan-
tamila. Se odiavano i bianchi, questo dipendeva, oltrecbè dal
ricordo di maltrattamenti patiti, dal timore assiduo di perdere
l'indipendenza. Padroni assoluti delle loro misteriose solitudini,
scorgevano un pericolo di asservimento anche nella religione;
( I ) MmTlN DR MOUSsY. Descràfilim? gdo@aphipus et statistipus de 2a ConfPddration A*-
genline. Patis, 1862. Carta X.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Missioni: periodo iniziale (secondo tempo)
perciò nessun Missionario ne aveva mai attraversato incolume
le t0Zdevi.e o villaggi di capanne. L'inutilità del sacrificio ratte-
ueva ormai sacerdoti e religiosi dall'inoltrarsi sur un suolo così
infido. Inebriati di orgoglio, quelli s'immaginavano che i bian-
chi non avrebbero più osato percorrere i loro deserti. A rompere
tale illusione e a levar di mezzo tale incubo era stata intrapresa
la campagna del 1879.
La regione patagonica in tutta la sua estensione abbraccia
i territori della Pampa, del Rio Negro, det Chubut, di Santa
Cruz e della Terra del Fuoco; ma la Patagonia propriamente
detta comprende solo le regioni denominate dai fiumi Rio Negro,
Chubut e Santa Cruz. Noi al presente non ci dobbiamo occupare
se non di questa. Si tratta di un'estensione che è circa il doppio
del territorio italiano. Oggi ha una popolazione civile di circa
qoo.ooo abitanti, mentre allora non ne contava più di 35.000.
Potrebbero vivervi comodamente da trenta a quaranta milioni
d'uomini nelle parti abitabili. La feracità del suolo e la ric-
chezza del sottosuolo appare stragrande.
Fiaccata dunque la baldanza degli Indi, rimaneva pur sempre
la natura del paese a ostacolare grandemente l'accesso. Nella
zona litorale sull'~t1anticoun arenoso deserto, battuto da venti
turbinosi, che v'innalzavano monti di sabbia detti médanos; nella
zona centrale una serie di altipiani e terrazze, poverissimi di ve-
getazione, rotti da lagune salmastre e digradanti in stermiqate
lande sabbiose, le così dette traversias, prive d'acqua e con mi-
seri rudimenti vegetali: a passarvi d'estate, l'afa soffoca, la pol-
vere accieca e mozza il respiro, la sete fa basire uomini e ca-
valli. Vi sarebbe la zona andiua, che, chiusa fra le Precordigliere
argentine e la Cordigliera Reale del Cile, è bella di boschi e prati,
torrenti e laghi, e presenta panorami di una grandiosità indescri-
vibile; ma non esistevano vie di comunicazione. Orbene in terre
di tal fatta i Missionari Salesiani assistettero al formarsi del
nuovo popolo patagonico, contribuendo al suo progredire con le
loro chiese, alla cui ombra benefica prendevano stanza i coloni,
e poi con le loro scuole professionali e agricole per i figli dei bian-
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Capo .XXXVIII
chi e degli Indi, con le prime iniziative agrarie, con i primi ospe-
dali e perfino con i primi giornali.
Le fondazioni di Patagbnes e di Viedma furono fatte sotto la
forma di parrocchie. Come si è già accennato, la Patagonia dipen-
deva ecclesiasticamente dalla diocesi di Buenos A.ires; ma era
una dipendenza nominale, perchè in realtà 1'Arcivescovo vi po-
teva poco ai margini, nulla neli'interno. Affidare quelle due am-
ministrazioni parrocchiali ai Salesiani voleva dire dividere fra
due parroci un territorio, di cui una parte vada dalla Liguria al
Veneto e l'altra dal Po alle Calabrie. Il personale partì da Buenos
Aires il 15 dicembre del 1879 dopo una cerimonia presieduta dal-
l'Arcivescovo e riproducente in piccolo le partenze dei Missio-
nari dalla chiesa di Maria Ausiliatrice. Giunsero alla mèta il
2 gennaio 1880. Direttore della Missione era Don Fagnano e suoi
aiutanti due sacerdoti e due coadiutori, più quattro Suore, che
andavano ancb'esse a fondare laggiù la loro prima casa. Un gior-
nale della metropoli scrisse di queste ultime (I): Sarà la prima
volta dacchè il mondo esiste, che si vedranno Suore in quelle re-
mote terre australi >>.
Don Fagnano, parroco di Patagbnes e di tutte le colonie e
tribù fra il Rio Negro e il Rio Colorado, si mise subito al la-
voro. In settembre aveva già due sc~iolel,a maschile con 48 gio-
vanetti e la femminile con 40 fanciulle. Sollecitudini speciali de-
dicava ai figli degli Indi, che venivano là per motivo di com-
mercio o d'altro. Dio solo sa i suoi sacrifici nel primo quinquen-
nio: scarsità di personale, strettezza di mezzi, ostilità del Gover-
natore avrebbero fiaccato la sua tempra indornita, se la mano
di Dio non l'avesse sostenuto.
Nella parrocchia di Viedma cominciò a lavorare uno dei com-
pagni di Don Fagnano, finchè in dicembre arrivò il parroco Don
Domenico Milanesio, già Pigiio di Naria e poi Direttore dell'O-
ratorio festivo di Valdocco. Avesse egli o no un'idea almeno ap-
prossimativa della vastità di territorio toccatagli, si diede ardita-
( I ) L'America del Su?, 13 gennaio ~ 8 8 0 .
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Missioni: periodo iniziale (secondo tempo)
mente alla ricerca degli Indi, nel che rivelò sì felici attitudini,
che dopo il primo anno i Superiori mandarono a surrogarlo in
Viedma quell'altro animoso Missionario che fu Don Beaiuvoir,
afiìnchè egli fosse completamente libero di abbandonarsi alle sue
predilette escursioni apostoliche. Fu l'uomo della Provvidenza
per tutti gli abitatori del Rio Negro, ma diventò specialmente
il padre degli Indi, dei quali giunse a parlare l'idioma e dai
quali il suo nome veniva proferito coine una salutare invoca-
zione, quand'essi contro maltrattamenti di civili non trovavano
riparo.
Don Bosco, mentre seguiva con l'incoraggiamento, col con-
siglio e con la preghiera i passi de' suoi figli nella Patagonia, an-
dava preparando due spedizioni di Salesiani e di Suore da farsi
entro il 1881.Da due anni non se ne facevano più; soltanto al-
cuni pochi erano partiti in quel frattempo alla spicciolata; fra
gli altri, Don Bernardo Vacchina, che lasciò poi bella fama di
sè nella storia delle nostre Missioni (I). Necessità di personale
in Europa (2) e angustie finanziarie non avevano permesso al-
tro. Unal prima spedizione di sei Salesiani e otto Suore partì da
Torino il 20 gennaio '(3). Il Santo cercò di ottenere sussidi dal
Papa, dal Governo italiano e da privati. L'Uaità Cattolica del
15 scrisse: << II soccorrere Don Bosco è oggimai un atto non sola-
mente di fede cattolica, ma di carità patria e di vera umanità ».
I Missionari s'imbarcarono a Genova il 3 febbraio, prendendo
posto su due piroscafi. Con le Suore fecero il viaggio fino a Mar-
siglia 'la loro Beata Madre e Suor Elisa Roncallo.
In dicembre un secondo drappello di otto Salesiani fu con-
dotto da Don Lasagna, che, venuto in Italia per ragioni di sa-
lute, vi aveva soggiornato più di un anno. Sebbene vi fosse già
stata durante l'anno una cerimonia d'addio, pure Don Bosco la
( i ) Negli elenchi ufficiali si tenne conto anche di costoro, come componenti una spedi-
zione del 1880.
( 2 ) Lettera di Don Bosco a Don Remotti (Buenos Aires), 3r geiinaio 1881: # L e cose
nostre qui camminano a passo di gigante. Quando abbiamo un Salesiano capace, vi sono
due case che l o vogliono, e talvolta si costretti di dare piante tenerissime m.
( 3 ) Ai partenti si unirono altri destinati alla Spagna.
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capo XXXVIII
volle rinnovata contro paren diversi, e fece bene; infatti il con-
corso del pub61ico fu assai numeroso.
Questi rinforzi di personale permisero all'Ispettore americano
d'inviare aiutanti nella Patagonia, dove si lavorava con ardore
apostolico. Dal quartiere generale di PatagOnes e Viedma i va-
lorosi Don Beauvoir e Don Milanesio si spingevano in tutte le
direzioni, dovunque pensassero trovarsi gruppi di civilizzati o
sperassero d'incontrare Indi. Don Bosco in sue relazioni ufficiali
alla Santa Sede enumerava non poche colonie. Erano tanti pic-
coli nuclei concentrati in località, donde fosse possibile trarre il
necessario alla vita con l'agricoltura e la pastorizia. I n questi
punti i Missionari apprestavano piccole cappelle per la preghiera
e per il culto e recandovisi di quando in quando, movevano in
cerca dei selvaggi sparpagliati a non grande distanza (I). L'ar-
dimentoso Don Fagnano poi, capo della Missione, mentre si slan-
ciava alla campagna e faceva esplorazioni nelle zone più imper-
vie, badava a rafforzare la principale residenza, erigendo a Pa-
tagbnes una chiesa e due collegi, uno maschile e l'altro femrni-
nile.
Ma la questione degli Indi era sempre in primo piano. Quelli
che sotto la pressione dell'esercito argentino non si erano nè
sottomessi nè rifugiati in territorio cileno nè allontanati verso
il Sud, a poco a poco si riaccostarono fra loro, attratti come sem-
pre dal valoroso Cacico Namuncurà. Questo fiero difensore della
libertà aveva acquistato esperienza sui campi di battaglia, aiu-
tato in ciò anche dall'innata astuzia e sagacia della razza, non
che dal naturale ingegno. Egli avrebbe voluto fare scorrerie per
predare e provvedere ai bisogni della sua gente; ma vegliava il
Generale Villegas, lasciato dal Roca a guardare la frontiera del
Rio Negro. Sul fipire del 1882 il Villegas, avuto sentore di qual-
che minaccia, spinse contro le tribù indipendenti gli Indi soggio-
gati e arrolati nell'esercito. Nei tre primi mesi dell'anno più di
duesnila fra uomini, donne e fanciulli caddero vivi nelle mani
( I ) BoII. Sal., aprile e luglio 1882e febbraio 1883,
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Misrioni: pmiodo iniziale (secondo tempo)
dei soldati; un centinaio rimasero sul campo. Tutto questo tra-
mestio rendeva impossibile l'avanzarsi dei Missionari nelle terre
battute dalle trup- p- e e difficilissima riusciva la loro o-pera a van-
taggio dei prigioni. Tentavano bene di catechizzare questi ul-
timi; ma bisognava lottare <<consoldati corrottissirni e ufficiali
più corrotti ancora >> (I).
L'aiuto venne donde meno si aspettava. Namuncurà, ridotto
all'impotenza, volendo por fine alle sofferenze de' suoi, decise
di trattare la pace. Mandò pertanto una delegazione di dodici
capi al Comando, che risiedeva al Fortin Roca, perchè chiedes-
sero di parlamentare con le autorità militari; ma, non avendo
ispirato fiducia, tornarono sconfortati al loio condottiero. I1 Ca-
cico, che per un selvaggio aveva senno e non intendeva tenere
più a lungo i suoi fedeli in condizioni di vita così dure e peri-
colose, invocò la mediazione dei Missionari. Per buona sorte giun-
geva allora al Fortin Roca ((un grande apostolo, una delle più
grandi figure di missionario salesiano, vero padre delt'Indio, con
cui condivise la vita di stenti ( z ) , Don Milanesio. I nuovi inviati
indi, giunti quasi contemporaneamente, si strinsero intorno a
tui, esponendogli il desiderio del loro Cacico di pacificarsi col
Governo e pregandolo di fare da intermediario. Don Milanesio
non poteva desiderare di meglio; ma per ragioni di prudenza
consigliò loro che andassero e persuadessero Namuncurà a pre-
sentarsi egli stesso al Forte, rendendosi lui garante della sua
incolumità. I1 guerriero, deposta la sua fierezza, venne con nu-
meroso seguito. Fra il ritorno dei messaggieri e la sua venuta
passarono venti giorni; ma fra l'andare e il venire si erano per-
corsi non meno di novecento chilometri.
Namuncurà non si penti del passo fatto. Don .Milanesi0 fu
il suo fido consigliere, che non se lo staccò da1 fianco, Gnchè non
fu conchiusa la pace. Anzi il Governo Argentino, dopo non dub-
bie prove di fedeltà, assegnò al Cicico il grado di Colonnello e il
( i )Lettere di Don Fagnano a Don Bosco, Patagbnes, I O gennaio e io marzo 1883.
( 2 ) ROBERTJO. TAVEZLAS. S., Las Missiones Salesianas de la Pampa. Talleres Grbficos
Argentinos Rosso y CIB, igz,+, pag. 189.
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soldo corrispondente; inoltre gli concesse in proprietà nove leghe
di territorio per sè e per la sua tribù. Un sì felice successo di-
schiuse a Don Milanesio la via all'evangelizzazione delle tribù
stanziate lungo il Neuquén, mentre in altre parti potevano ope-
rare abbastanza tranquillamente Don Beauvoir e Don Fagnano.
Con Namuncurà entrò più tardi in intima relazione Mons. Ca-
gliero, che riuscì a ficcare in quel fiero e ritroso cervello una no-
zione sufficiente del Cristianesimo, da potergli far accettare
il battesimo in età di oltre ottant'anni. Prima però il Cacico non
solo aveva agevolato i'evangelizzazione della sua tribù e della
sua famiglia, ma aveva affidato a Monsignore l'ultimo e più di-
letto de' suoi figli per nome Zefirino, che, posto in collegio, di-
venne un vero Domenico Savio. Anelando egli di farsi prete, il
Vicario Apostolico, quando nel 1904 lasciò il Vicariato, lo menò
seco a Roma e lo mise nel convitto salesiano di Villa Sora a Fra-
scati, perchè facesse il ginnasio. Ma non andò oltre la seconda
ginnasiale: il Signore trapiantò nel paradiso quel peregrino fiore
della Patagonia.
I1 dominio dei selvaggi era finito. D'allora in poi, c0mpito
dei Missionari fu d'istruire e redimere gli Indi e unirli coi vin-
coli della caritA cristiana alle popolazioni civili. Una legge, ri-
masta fino allora lettera morta, cominciò a mettersi in atto.
L'articolo 67 della Costituzione Argentina dichiarava essere at-
tribuzione del Congresso Legislativo la conversione degli Indi
al Cattolicismo. I Missionari seppero trarne partito; tanto più
che nel 1883 furono creati i Governi territoriali, perchè provve-
dessero ali'amministrazione della giustizia fra nazionali, stranieri
e Indi. Si venivano avverando le parole proferite da Don Bo-
sco nel 1875 dinanzi al pubblico, che assisteva alla partenza
della prima spedizione: <Noi diamo principio ad una grande
opera >).
Fino al 1883 del lavoro se n'era fatto. La relazione ufficiale
inviata alla Santa Sede recava: battezzati in quell'anno 500 Indi
e in quattro anni 5328; aperti due collegi a Patagbnes con 69
fanciulli e 93 fanciulle; esplorate le sponde del Limay fino al lago
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Secondo sogno missionario
Nauél-Huafii e quelle del Neuquén fino al Norquin; percorsi inol-
tre il Rio Colorado, il deserto di Bacheca e tutto il Rio Negro,
lungo 1137 chilometri. Ormai si poteva dare forma organica e
definitiva alla Missione mediante l'istituzione di un Vicariato
Apostolico; al che Don Bosco si sforzava di giungere, come ve-
dremo in seguito.
Una parola sul linguaggio. Quei poveri randagi parlavano
idiomi propri. I Missionari Don Milanesi0 e Don Beauvoir s'in-
gegnarono d'impararli per rendersi più accetti e facilitare I'o-
pera loro. I dialetti patagonici erano parecchi; ma a i.ntenderli
giovava assai l'apprendimento di quella che si poteva chiamare
lingua madre, parlata dagli Araucani, occupanti la parte mon-
tagnosa e boscosa della Patagonia. Ma tale studio presentava
due difficoltà, provenienti dalla mancanza di scrittura e dalla
pronuncia fortemente gutturale e aspirata. Un buon servizio fa-
ceva lo spagnolo. Nel lungo volgere del tempo voci e frasi di
questa lingua erano penetrate fra le tribù, costituendo un mate-
riale espressivo utile a intendere e a farsi intendere.
Quale dovesse essere la grande opera a cui erasi dato prin-
cipio nel 1875, si delineò alla mente di Don Bosco in un sogno
fatto nel 1883 a S. Benigno. Fu una rappresentazione allegorica
sull'avvenire delle Missioni Salesiane nell'America del Sud. Il velo
è però abbastanza trasparente, perchè vi si possa scorgere quello
che ne forma la sostanza. Don Bosco ne fece i1 racconto il 4
settembre dinanzi ai membri del terzo Capitolo Generale. Sebbe-
ne sia lunghett.3, non sembra inopportuno riportarlo per intero,
dati i copiosi elementi positivi che contiene (I).
Era la notte che precedeva la festa di S. Rosa di Lima (30 agosto) ed io ho
fatto un sogno. Mi accorgevo di dormire e nello stesso tempo mi sembrava di
correre molto, a segno che mi sentiva stanco di correre, di parlare, di scrivere e
di faticare nel disimpegno delle altre mie solite occupazioni. Mentre pensava se
il mio fosse un sogno owero realtà, mi parve di entrare in una sala di tratteni-
mento dove erano molte persone che stavano parlando di cose diverse.
( I ) Don 1,emoyiie lo scrisse subito e Don Bosco ritoccò lo scritto. IL corsivo indica le
aggiunte e le modificazioni fatte dal Santo; le parentesi quadre chiudono alcune cose ag-
giunte posteriormente da Don Lemoyne.
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Capo XXXVIIJ
U n lungo discorso si aggirò intorno alla moltitudine dei selvaggi che nell'Au-
stralia, nelle Indie, nella China, nell'Africa e pib $articolarmente nell'America, in
numero sterminato sono tzlttora sepolti nell'ombra di morte.
-.L'Europa, disse con serietà u n ragionatore, la cristiana Europa, la grande
maestra di civiltà e di Cattolicisnw pare sia venuta apatica per le missioni estere.
Pochi sono quelli che sono abbastanza arditi da affrontare lunghe navigazioni e sco-
nosciuti paesi per salvare le anime di milioni di uomini che pur furono redente dal
Figlio di Dio, da Cristo Gesd.
Disse un altro: -- Che quantità d i idolatri vivono infelici fuori della Chiesa e
lontani dalla conoscenza del Vangelo nella sola America! Gli uomini si pensano
(ed i geograjE s'ingannani) che le Cordigliere d'America siano come u n muro che
divide quella gran parte del mando. Non è cod. Quelle lunghissime cutene di alte
montagne fanno molti seni di mille e pib chiiometri i n sola lunghezza. I n essi vi
sono selve non mai visitate, vi sono piante, animali, e poi si trovano pietre di cui
colà si scarseggia. Carbon fossile, petrolio, piombo, rame, ferro, argento ed oro stanno
nascosti in quelle montagne, nei siti dove furono collocati dalla mano onnipotente
del Creatore a benefizio degli uomini. O Cordigliere, Cordigliere, quanto mai è ricco
il vostro oriente!
I n quel m e n t o m i sentii preso da vivo desiderio di chiedere spiegazioni
di pitì cose e di interrogare chi fossero quelle persone colà raccolte e i n quale
- luogo io m i trovassi. M a dissi fra me: -- Prima di parlare bisogna che osservi
qual gente sia questa! E volsi curiosamente lo sguardo attorno. Se non
che tutti quei personaggi mi erano sconosciuti. Essi intanto, come se in quel
momento soltantomi avessero veduto, mi invitarono a farmi innanzi e mi accol-
sero con bontà.
lo chiesi allora; - Ditemi, di grazia! Siamo a Torino, a Londra, a Madrid,
a Parigi? Ove siamo? E voi chi siete? Con chi ho il piacere di parlare? - Ma
tutti quei personaggi rispondevano vagamente sempre discorrendo delle mis-
sioni.
In quel mentre si awicinò a me un giovane in sui sedici anni, amabile per
sovrumana bellezza e tutto raggiante di viva luce più chiara di quella del sole.
I1 suo vestito era intessuto con celestiale ricchezza e il suo capo era cinto di un
berretto a foggia di corona, tempestato di brillantissime pietre preziose. Fissan-
domi con sguardo benevolo, mi dimostrava un interesse speciale. I1 suo sorriso
esprimeva un affetto di irresistibile attraeuza. Mi chiamò per nome, mi prese
per mano ed incominciò a parlarmi della Congregazione Salesiana.
Io ero incantato al suono di quella voce.. Ad un certo punto L'interruppi: -
- Con chi ho L'onore di parlare? Ravoritemi il vostro nome. E quel giovane;
- Non dubitate! Parlate pure con piena confidenza, che siete con un amico.
-- Ma il vostro nome?
Ve lo direi il mio nome, se ciò fa-
di bisogno: ma non occorre, poi&&
mi dovete conoscere. -' Così dicendo somdeva.
Fissai meglio quella fisionomia cinta di luce. Oh quanto era bella! E riconobbi
allora in lui il figiio del Conte Fiorito Colle di Tolone, insigne benefattore della
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Secondo sogno mUsiBn&
nostra Casa e specialmente delle nostre Missioni Americane. Questo giovinette
- era morto poco tempo prima (I).
Oh! voi? dissi io chiamandolo per nome. Luigi! F, tutti costoro chi sono?
- Sono amici dei vostri Salesiani, ed io come amico' vostro e dei Salesiani,.
a nome di Dio, vorrei darvi un po' d i lavoro.
- Vediamo di che si tratta. Quale è questo laYoro?
- Mettetevi qui a questa tavola e poi tirate giù questa corda.
In mezzo a quella gran sala vi era un tavolo, sul quale stava aggomitolata.
una corda, e questa corda vidi che era segnata come i1 metro, con linee e numeri.
più tardi mi accorsi eziandio come quella sala fosse posta nellVAmericadel Sud,
proprio sulla linea dell'Equatore, e come i numeri stampati sulla cordacorrispon-
dessero ai gradi geografici di latitudine.
Io presi adunque l'estremith di quella corda, la guardai e vidi che sul prin--
cipio aveva segnato il numero zero.
Io rideva.
E qnell'angelico giovinetto: - Non è tempo di ridere, mi disse. Osservate:.
che cosa sta scritto sopra la corda?
-- Numero zero.
Tirate un poco!
Tirai alquanto la corda, ed ecco il numero I.
- Tirate ancora e fate un gran rotolo di quella corda.
Tirai e venne fuori il numero 2, 3, q, fino al zo.
- Basta? dissi io.
- No: più in su, piii in su! Andate finchè troverete un nodo, rispose quel'
giovanetto.
Tirai fino al numero 47, dove trovai un grosso nodo. Da questo punto a corda.
continuava ancora, ma divisa in tante cordicelle che si sparpagliavano ad orien-.
te, ad occidente, a mezzodi.
-- Basta? replicai.
Che numero e? interrogò quel giovane.
-- È il numero 47.
47 più 3 quanto fa?
- 50.
- E più 5?
- 55.
- Notate: cinquantacinque.
- E poi mi disse; Tirate ancora.
- Sono alla fine, io risposi.
- Ora dunque voltatevi indietro e tirate la corda dail'altra parte.
Tirai la fune dalla parte opposta, fino al numero Io.
Quel giovane replicò; - Tirate ancora.
- c'è più niente.
- Come! C'è più niente? Osservate ancora: che cosa c'è?
( E )Del Conte Colle diremo piii innanzi,
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capo XXXVIII
- C'è dell'acqua, risposi.
Infatti in queli'istante si operava in nie un fenomeno straordinario, quale
non è possibile descrivere. Io mi trovava in quella stanza, tirava quella corda
e nello stesso tempo svolgevasi sotto i miei occhi conie un panorama di un paese
immenso, che io dominava quasi a volo d'uccello e che stendevaci collo stendersi
della corda.
Dal primo zero al numero 55 era uua terra sterminata che dopo uno stretto
di mare, in tondo frastagliavasi in cento isole d i cui una assai magxiore delle altre.
A queste isole pareva alludessero le cordicelle sparpagliate che partivano dal gran
nodo. Ogni cordicella faceva capo ad un'isola. Alcune di queste erano abitate
da indigeni abbastanza nnn~erosi:altre sterili, nude, rocciose, disabitate: altre
tutte coperte di neve e ghiaccio. Ad occidente gruppi numerosi di isole, abitate
da molti selvaggi.
[Pare che il nodo posto sul numero o grado 47 figurasse il luogo di partenza,
il centro Salesiano,la missione principale donde i missionarii nostri si diramavano
alleisoleMalvine, allaTerra del Fuoco e alle altre isole di quei paesi dell'America].
Dalla parte opposta poi, cioè dallo zero al IO continuava la stessa terra e
finiva in quell'acqua da me vista per l'ultima cosa. Mi $arw essere queli'acqua
il mare delie Antille, che vedeva allora in un modo casi sorprendente, da non
- essere possibile che io spieghi a parole quel modo di vedere.
Or dunque avendo io risposto; -- C'è dell'acqua! quel giovanetto rispose;
- - Ora mettete insieme 55 più 10. A che cosa è ugiiale?
Ed io: Somma 65.
- Ora mettete tutto insieme e ne farete una corda sola.
- E poi?
- Da questa parte che cosa c'è? -E mi accennava un punto sul panorama.
-- All'occidente vedo altissime montagne, e all'oriente c'è il mare!
[Noto qui che allora io vedeva in compendio, come in miniatura tutto ciò
che poi vidi, come dirò, nella sua reale grandezza ed estensione, e i gradi segnati
dalla corda corrispondenti con esattezza ai gradi geografici di latitudine, furon
quelli che mi permisero di ritenere a memoria per varii anni i successivi punti
che visitai viaggiando nella seconda parte di questo stesso sogno].
Il giovane mio amico proseguiva; - Or bene, queste montagne sono come
una sponda, un confine. Fin qui, fin là &lamesse offerta ai Salesiani. Sono migliaia
e milioni di abitanti che attendono il vostro aiuto, attendono la fede.
Queste montagne erano le Cordigliere dell'America del Sud e quel mare
l'Oceano Atlantico.
- E come fare? io ripresi: come riusciremo a condurre tanti popoli all'ovile
di Gesìi Cristo?
- Come fare? Guardate!
Ed ecco giungere Don Lago (I) il q ~ ~ aploertava un canestro di fichi piccoli
e verdi; e mi disse: - Prenda, Don Bosco!
( i ) Don Angelo Lago, segretario particolare di Don Rua, morto in concetto di santitè
nel 1914.
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- Che cosa mi porti? risposi io guardando ciò che conteneva il canestro.
- Mi hanno detto di portarli a lei.
- Ma questi fichi non sono buoni da mangiare: non sono maturi.
Allora il mio giovane amico prese quel canestro, che era molto largo, ma
aveva poco fondo e me lo presentava, dicendo; - Ecco il regalo che vi fo!
- E che cosa debbo fare di questi fichi?
- Questi fichi sono immaturi, ma appartengono al gran fico della vita. E
voi cercate il modo di farli maturare.
-- E come? Se fossero più grossi... potrebbero farsi maturare colla paglia,
come si usa cogli altri frutti: ma cosi piccoli... cosi verdi... È cosa impossibile.
-.Anzi sappiate che per farli maturare, bisogna che facciate in modo che
- tutti questi fichi siano di nuovo attaccati alla pianta.
Cosa incredibile! E come fare?
- Guardate! - E prese uno di quei fichi e lo mise a bagno in un vasetto
di sangue: poscia lo immerse in un altro vasetto pieno di acqua, e disse: - Col
sudore e col sangue i selvaggi ritorneranno ad essere attaccati alla pianta e ad
essere gradevoli i l padrone della vita.
Io pensava: Ma per ciò conseguire ci vuol tempo. E quindi ad alta voce escla-
mai: - Io non so più che cosa rispondere.
Ma quel caro giovane, leggendo ne' miei pensieri, prosegui: - Questo avve-
nimento sarà ottenuto prima che sia compiuta la seconda generazione.
E quale sarà la seconda generazione?
- Questa presente non si conta. Sarà nn'altra e poi un'altra.
Io parlava confuso; imbrogliatoe quasi balbettando neli'ascoltare i magni-
fici destini che son preparati per la nostra Congregazione, e domandai: - Ma
ognuna di queste generazioni quanti anni comprende?
- Sessanta anni!
- E dopo?
- Volete vedere quello che sarà? Venite!
E senza saper come, mi trovai ad iina stazione di ferrovia. Quivi era radu-
nata molta gente. Salimmo sul treno.
Io domandai ove fossimo. Quel giovane rispose; - Notate bene! Guardate!
Noi andiamo in viaggio lungo le Cordigliere. Avete la strada aperta anche all'0-
riente fino al mare. È: un altro dono del Signore.
- E a Boston, dove ci attendono, quando andremo?
- Ogni cosa a suo tempo. - Cosi dicendo trasse fuori una carta ove in
grande era rilevata la diocesi di Cartagena. [Era questo il pulito di partenza].
Mentre io guardava quella carta, la macchina mandò i1 fischio e i1 treno si
mise in moto. Viaggiando, il mio amico parlava molto, ma io per il rumore del
convoglio non poteva capirlo interamente. Tuttavia imparai cose bellissime e
nuove sull'astronomia, sulla nautica, sulla meteorologk, sulla mineralogia, sulla
fauna, sulla flora, sulla topografia di quelle contrade, che esso spiegavami con
meravigliosa precisione. Condiva frattanto le sue parole con una contegnosa e
neiio stesso tempo con una tenera faniigliarità, che dimostrava quanto mi amasse.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXXVIII
Fin dal principio mi aveva preso per mano e mi tenne sempre cosi affettuosamente
stretto fino alla fine del sogno. Io portava talora l'altra mia mano libera sulla
sua, ma questa sembrava sfuggire di sotto alla mia quasi svaporasse e la mia
sinistra stringeva solamente la mia destra. Il giovinetto sorrideva al mio inutile
tentativo.
Io frattanto guardava dai finestrini del carrozzone e mi vedeva sfuggire in-
nanzi svariate, ma stupende regioni. Boschi, montagne, pianure, fiumi lunghis-
simi e maestosi che io non credeva cosi grandi in regioni tanto distanti dalle foci.
Per più di mille miglia abbiamo costeggiato il lembo di una foresta vergine, oggi
giorno ancora inesplorata. I1 mio sguardo acquistava una patema visiva mera-
vigliosa. Non aveva ostacoli per spingersi su quelle regioni. Non so spiegare come
accadesse nei miei occhi questo sorprendente fenomeno. Io era come chi, sovra
una collina, vedendo distesa ai suoi piedi una grande regione, se pone innanzi
agli occhi a piccola distanza un listello anche stretto di carta, più nulla vede o
ben poco; che se toglie quel listello o solo lo alza o abbassa alquanto, ecco che la
sua vista può estendersi fino allo estremo orizzonte. Così successe a me per queila
straordinaria intuizione acquisita: ma con questa differenza: di mano in mano
che io fissavo un punto, e questo punto mi passava innanzi, era come un suc-
cessivo alzarsi di singoli siparii ed io vedeva a sterminate incalcolabili distanze.
Non solo vedea le Cordigliere eziandio quando ne era lontano, ma anche le ca-
tene di montagne, isolate in quei piani immensiirabili, erano da nie contemplate
con ogni loro più piccolo accidente. [Quelle della Nuova Granata, di Venezuela,
delle tre Guiane: quelle del Brasile, e della Bolivia, fino agli ultimi confini].
Potei quindi verificare la giustezza di quelle frasi udite al principio del sogno
nella gran sala posta sul grado zero. Io vedeva neUe viscere deile montagne e
nelle profonde latebre delle pianure. Avea sott'occhio le ricchezze incomparabili
di questi paesi che un giorno verranno scoperte. Vedeva miniere numerose di
metalli preziosi, cave inesauribili di carbon fossile, depositi di petrolio così ab-
bondanti quali mai finora si trovarono in altri luoghi. Ma ciò non era tutto. Tra
il grado 15 e il zo vi era un seno assai largo e assai lungo che partiva da un punto
ove formavasi un lago. Allora una voce disse ripetutamente: -. Quando si ver-
ranno a scavare le miniere nascoste in mezzo a questi monti, apparirà qui la
terra promessa fluente latte e miele. Sarà una ricchezza inconcepibile.
Ma ciò non era tutto. Quello che maggiormente mi sorprese fu il vedere in
varii siti le Cordigliere che rientrando in se stesse forniavano vallate, deile quali
i presenti geografi rieppur sospettano l'esistenza, immaginandosi che in quelle
parti le falde delle montagne siano 'come una specie di muro diritto. I n questi
seni e in queste valli che talora si stendevano fino a mille chilometri, abitavano
folte popolazioni non ancor venute a contatto cogii Europei, nazioni ancora pie-
namente sconosciute.
Il convogiio intanto continuava a correre e va e va, e gira di qua e gira di
là, finalmente si fermò. Quivi discese una gran parte di viaggiatori, che passava
sotto le Cordigliere, andando verso occidente.
[D. Bosco accennò la Bolivia. La stazione era forse La Paz ove una galleria
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Secondo sogno missionario
aprendo passaggio al littorale del Pacifico può mettere in comunicazione il Bra-
sile con Lima per mezzo di un'altra linea di via ferrata].
I1 treno di bel nuovo si rimise in moto, andando sempre avanti. Come nella
prima parte del viaggio attraversavamo foreste, penetravamo in gallerie, passa-
vamo sovra giganteschi viadotti, ci internavamo fra gole di montagne, costeg-
giavamo laghi e paludi su ponti. valicavamo fiumi larghi, correvamo in mezzo
a praterie ed a pianure. Siamo passati sulle sponde dell'Uruguay. Mi pensava
che fosse fiume di poco corso, ma invece & lunghissimo. In un punto vidi il fiume
Paranà che si avvicinava all'uruguay, come se andasse a portargli il tributo
delle sue acque, ma invece dopo essere corso per un tratto quasi parallelamente,
se ne allontanava facendo un largo gomito. Tutti e due questi fiumi erano lar-
ghissimi. [Arguendo da questi pochi dati sembra che questa futura linea di fer-
rovia partendo da La-Paz, toccherà Santa-Cruz, passerà per I'unica apertura
che & nei monti Cruz della Sierra ed attraversata dal finme Guapay: valicherà
il fiume Parapiti nella Provincia Chiquitos della Bolivia: taglierà l'estremo lembo
nord della Repubblica del Paraguay: entrerà nella provincia di S. Paolo nel Bra-
sile e di qui far&capo a Rio Janeiro. Da una stadione intermedia nella provincia
di S. Paolo partir&forse la linea ferroviaria che passando tra il Rio. Paranà e il
Rio Uruguay congiungerà la capitale del Brasile colla Repubblica dell'Uniguay
e colla Repubblica Argentina].
E il treno andava sempre in giù, e gira da una parte e gira da iin'altra, dopo
un lungo spazio di tempo si fermò la seconda volta. Quivi molta altra gente scese
dal convoglio e passava essa pure sotto le Cordigliere andando verso occidente.
[Don Bosco indicò nella Repubblica Argentina la provincia di Mendoza. Quindi
la stazione era forse Mendoza e quella galleria metteva a Santiago capitale della
Repubblica del Chili].
I1 treno riprese la sua corsa attraverso le Pampas e la Patagonia. I campi
coltivati e le case sparse qua e là indicavano che la civiltà prendeva possesso
di quei deserti.
Sul principio della Patagouia passammo una diramazione del Rio Colorado
.ovvero del Rio Chubnt [o forse del Rio Negro?]. Non poteva vedere la sua cor-
rente da qual parte andasse,se verso le Cordigliere owero verso l'Atlantico. Cer-
cava di sciogliere questo mio problema, ma non poteva orizzontarmi.
Finalmente giungemmo allo stretto di Magellano. Io guardava. Scendemmo.
Aveva innanzi Pnnt'Arenas. I1 suolo per varie miglia era tutto ingombro di de-
positi di carbon fossile, di tavole, di travi, di legna, di mucchi immensi di me-
tallo, parte greggio, parte lavorato. Lunghe file di vagoni per mercanzie stavano
sui binarii.
I1 mio amico mi accennò a tutte queste cose. Allora domandai: - E adesso
- che cosa vuoi dire con questo?
Mi rispose: Ciò che adesso è in progetto, un giorno sarà realtà. Questi
selvaggi in futuro saranno così docili da venire essi stessi per ricevere istruzione,
religione, civiltà e commercio. Ciò che altrove desta meraviglia, qui sarà tale
meraviglia da superare quanto ora reca stupore in tutti gli altri popoli.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXXVIII
-- Ho visto abbastanza, io conclusi: ora conducetemi a vedere i miei Sale-
siani in Patagonia.
Ritornammo alla stazione e risalimmo sul treno per ritornare. Dopo aver
percorso un lunghissimo tratto di via, la macchina si fermò innanzi ad un borgo
considerevole. (Posto forse sul grado 47 ove sul principio del sogno aveva visto
quel grosso nodo della corda]. Alla stazione non vi era alcuno ad aspettarmi.
Discesi dal vapore e trovai subito i Salesiani. Ivi erano molte case con abitanti
in gran nuniero: ù' chiese, scuole, varii ospizi di giovanetti e adulti, artigiani e
coltivatori, ed un educatorio di figlie che si occupavano in svariati lavori do-
mestici. I nostri missionarii guidavano insieme giovinetti ed adulti.
Xo andai in mezzo a loro. Erano molti, ma io non li conosceva e fra loro non
vi era alcuno degli antichi miei figli. Tutti mi guardavano stupiti, come se fossi
persona nuova, ed io diceva loro: -Non mi conoscete? Non conoscete voi Don
Bosco?
- Oh Don Bosco! Noi lo conosciamo di fama, ma l'abbianlo visto solamente
nei ritratti! Di persona, no certo!
- E Don Fagnano, Don Costamagna, Don Lasagna, Don Milanesio, dove
sono essi?
- Noi non li abbiamo conosciuti. Sono coloro che vennero qui una volta
nei tempi passati; i primi Salesiani che arrivarono in questi paesi dall'Europa.
Ma oramai scorsero tanti anni da che sono morti!
- A questa risposta io pensavo meravigliato: - Ma questo è un sogno owero
una realtà? E batteva le mani una contro dell'altra, mi toccava le braccia,
e mi scuotevo, mentre realmente udiva il suono delle nue mani e sentiva me stesso
e mi persuadeva di non essere addornientato.
Questa visita fu cosa di un istaiite. Visto il meraviglioso progresso della
Chiesa Cattolica, della nostra Congregazione e della civiltà in qitelle regioni, io
ringraziava la Divina Provvidenza che si fosse degnata di servirsi di me come
istrnmento della sua gloria e della salute di tante anime.
I1 giovinetto Colle frattanto mi fece segno, che era tempo di ritornare in-
dietro; quindi, salutati i miei Salesiani, ri$ornammo alla stazione, ove il con-
voglio era pronto per la partenza. Risalimmo, fischiò la macchina, e via verso
il nord.
Mi cagionò meraviglia una novità che mi cadde sotto gli occhi. I1 territorio
della Patagonia nella parte più vicina allo stretto di Magellano, tra le Cordigliere
e il mare Atlantico, era meno largo di quello che si crede comunemente dai geo-
grafi.
I1 treno avanzavasi n.elia sua corsa velocissima e mi parve che percorresse
le provincie, che ora sono già civilizzate nella Repubblica Argentina.
Procedendo entrammo in una foresta vergine, larghissima, lunghissima, in-
terminabile. Ad un certo punto la macchina si fermò e sotto gli occhi nostri ap-
parve un doloroso spettacolo. Una tiirba grandissima di selvaggi radunata in
uno spazio sgombro in mezzo alla foresta. I loro volti erano deformi e schifosi:
le loro persone vestite, come sembrava, di pelli d'animali cucite insieme. Circon-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Secondo sogno missionario
davano un uomo legato che stava seduto sopra una pietra. Esso era molto grasso,
perchè i selvaggi a\\:eanlo fatto a bello studio ingrassare. Quel poveretto era stato
fatto prigioniero e seiiibrava appartenesse ad una nazione straniera dalla niag-
giore regolarità dei suoi lineamenti. Le turbe dei selvaggi lo interrogavano ed
esso rispondeva narrando le varie avventure, che gli erano occorse nei suoi viaggi.
A un tratto un selvaggio si alza e brandendo iin grosso ferro che non era spada,
ma però molto affilato, si slancia su prigioniero e con un colpo solo gli tronca il
capo. Tutti i viaggiatori del convoglio stavano agli sportelli e alle finestrine dei
vagoni attenti e muti per l'orrore. 1,o stesso Colle guardava e taceva. La vittima
aveva mandato un grido straziante nell'atto che era colpita. Sul cadavere che
giaceva in un lago di sangue si slanciarono allora quei cannibali e fattolo a pezzi,
posero le carni ancora calde e palpitanti sorra ftiochi appositamente accesi e,
fattele arrostire alquanto, così mezze crnde le divoraroizo. Al grido di quel disgra-
ziato la macchina si era messa in moto e a poco a poco riprese la sua vertiginosa
velocità.
Per lunghissime ore si avanzò sulle sponde di un fiume larghissimo. E ora
il treno correva sulla sponda destra ed ora sulla sinistra di questo. Io non feci
caso dal finestrino, su quali ponti facessimo questi frequeiiti tragitti. Iiitanto
su quelle rive comparivano di tratto in tratto numerose tribù di selvaggi. Tutte
le volte che vedevamo queste turbe il giovanetto Colle andava ripetendo; -.
Ecco la messe dei Salesialii! Ecco la messe dei Salesiani!
Entrammo poscia in una regione piena di animali feroci e di rettili veletiosi,
di forme strane ed orribili. Ne forinicolarano le falde dei monti, i seni delle col-
line, i poggerelli da questi monti e da questi colli oiiibreggiati, le rive dei laghi,
le sponde dei fiumi, le pianure, i declivi, le ripe. Gli uni semhravano cani che
avessero le ali ed erano panciuti straordinariamente [gola, lussuria, siiperbia].
Gli altri erano rospi grossissimi clie mangiavano rane. Si vedeano certi ripostigli
pieni di animali, diversi di forma dai nostri. Queste tre specie d'aizimali erano
mischiate insieme e grugnivano sordamente come se volessero mordersi. Si oe-
deano pure tigri, iene, leoni, ma di forma diversa dalle specie deli'Asia e dell'A-
Erica. I1 mio conipagno mi rivolse eziandio qui la parola e, accennandomi quelle
belve, esclamò: - I Salesiani le mansuefaranno.
Il treno intanto avvici~lavasial luogo della prima partenza e ne eravamo
poco lontarii. Il giovane Colle trasse allora fuori una carta topografica di una
bellezza stupenda e nii disse: - Volete vedere il viaggio che avete fatto? Le re-
gioni da noi percorse?
-- Voleiitieri! risposi io.
Zsso allora spiegò quella carta nella quale era disegnata con esattezza me-
ravigliosa tutta l'America del Sud. n i più ancora, ivi era rappresentato tutto ciò
che fu, tutto ciò che è, tutto ciò che sarà in quelle regioni, ma senza confusione,
anzi con una lncidezza tale che con nii colpo d'occhio si vedea tutto. Io compresi
siihito ogni cosa, ma per la molteplicità di quelle circostanze, simile chiarezza
mi durb per hrev'ora e adesso nella mia mente si è formata una piena con-
fusione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Cupa XXXVIII
Mentre io osservava quella carta aspettando che il giovanetto aggiungesse
qualche spiegazione, essendo io tutto agitato per la sorpresa di ciò che avevo
sott'occhi, mi sembrò che Quisino (I) suonasse 1'Ave &ilauiadell'alba: ma, sveglia-
tomi, mi accorsi che erano i tocchi delle campane della parrocchia di S. Benigno.
I1 sogno aveva durato tutta la notte.
Don Bosco terminò così: «Con la dolcezza di S. Francesco di
Sales i Salesiani tireranno a Gesù Cristo le popolazioni dell'A-
merica. Sarà cosa difficilissima moralizzare i selvaggi (2); ma i
loro figli obbediranno con tutta facilità alle parole dei Missio-
nari e con essi si fonderanno colonie (3), la civiltà prenderà il
posto della barbarie e così molti selvaggi verranno a far parte
dell'ovile di Gesù Cristo )).
Pochi giorni dopo il racconto, Mons. Thiel, Lazzarista, Ve-
scovo di S. José, capitale della Repubbiica di Costa Rica, scri-
veva a Don Bosco, chiedendo Missionari Salesiani. Orbene quella
città si trova proprio sotto il grado 100, menzionato nel sogno.
A Don Lemoyne il Santo ripetè in altra occasione: «Quando si
conosceranno le immense ricchezze che fanno preziosa la Pata-
gonia, questo territorio avrà uno sviluppo di commercio straor-
dinario. Nelle gole dei monti stan nascoste preziose miniere; nella
catena delle Ande fra il grado 100 e il zoo giacciono miniere di
piombo, di oro e di cose ancor più preziose dell'oro ».
Sorvolando su elementi di natura profetica circa i'avvenire
delle Missioni, rileviamone quattro altri che suppongono cogni-
zioni geografiche non possedute allora da nessuno nè in Europa
nè in America.
IO La descrizione delle Cordigliere. Tutti se le figuravano a
guisa d'un muro divisorio, cioè come una catena omogenea da
Nord a Sud per più di 30 gradi di latitudine, un cordone unico
insomma per elevazione e corso. Invece posteriori esplorazioni
le scopersero sezionate da numerose e profonde depressioni in
( I ) Coadiutore assai virtuoso, matematico, poliglotta e... campanaro.
( 2 ) Si è visto a4COra recentemente. per esempio, nei Cervantes del Brasile, che ucci-
sero barbaramente due Salesiani.
(3) 2 quei10 che avviene fra i Bororos del Brasile e gli Ivaros dell'Equatore.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Secondo sogno missionario
forma di seni, valli e conche lacustri, e suddivise in gruppi o
nodi di catene, che si volgono in opposte direzioni e si differen-
ziano fra loro per caratteri geologici e orografici. Il tutto corri-
sponde alla descrizione anticipatane da Don Bosco.
20 Le ferrovie. Come sono fantastiche quelle descritte da lui
dove allora regnava la più deserta solitudine! Oggi le reti ferro-
viarie nelle Repubbliche dell'America centrale e meridionale
hanno raggiunto uno sviluppo straordinario, attraversando pure
in più punti la Cordigliera Andina. Alcune linee corrono lungo la
catena delle Ande. E facile prevedere che queste in un giorno
non lontano uniranno il Nord delSAmerica allo Stretto di
Magellano, percorrendo da cima a fondo la Patagonia, come dice
Don Bosco.
30 Le miniere. Egli parla di carbon fossile, petrolio, piombo
e metalli preziosi. Depositi minerari si sono scoperti e si sco-
prono in tutta la mna cordiglierana e lungo la costa delllAtlan-
tico. Particolare importanza ebbe la scoperta del petrolio a Co-
modoro Rivadavia nel Chubut, avvenuta il 13 dicembre 1907.
Esistono ora colà più di novecento pozzi petroliferi. Altre sor-
genti vennero scoperte in seguito presso i contraffarti subandini
di Salta e Jujuy e lungo il Neuquén. I sondaggi continuano per
tutta la Patagonia. Potenti falde petrolifere affiorarono nella Bo-
livia, nel Brasile, nella Colombia e nel Venezuela. Ai tempi di
Don Bosco chi sognava il valore di questo conteso minerale? Gia-
cimenti di carbon fossile si sono trovati sotto la Cordigliera presso
Epuyen nel Chubut e a Punta Arenas. Di piombo si estraggono
oggi iiell'Argentina diecimila tonnellate all'anno.
qo L'Arcipelago Fueghino. Dice Don Bosco: Alcune di que-
ste isole erano abitate da indigeni abbastanza numerosi; altre
sterili, nude, rocciose, disabitate; altre coperte di neve e di ghiac-
cio. Ad occidente, gruppi numerosi di isole, abitate da molti sel-
vaggi a. Sorprendente descrizione! Sono proprio questi i tre aspetti
del paesaggio fueghino: una zona pianeggiante e stepposa abi-
tata dagli Indi Ona; un'altra zona cordiglierana insulare coperta
di nevi perpetue e d'immensi ghiacciai; infine verso occidente
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

45.8 Page 448

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- Capo XXXVZII Secondo sogno missionario
molti gruppi di isole sterili, nude, rocciose, in cui vivono gli Indi
Alacaluf e Yagan (I).
Questo breve saggio P sufficiente per mostrare la serietà del
sogno. La grande opera principiata nel 1875 continuò e conti-
nua secondo il piano ivi distintamente preveduto. Col nostro
racconto noi siamo appena ai lontani inizi, ma inizi assai pro-
mettenti. Nell'ottobre del 1881 era venuto in pellegrinaggio a
Roma un gruppo di Argentini, guidato da Monsignor Espinoza.
Leone XIII nell'udienza manifestò u la più viva sollecitudine per
condurre a vita cristiana e civile le tribù ancora selvagge della
Patagonia, in mezzo alle quali, mercè il concorso di religiosi
zelanti, si stabilivano a tal uopo nuove Missioni >> (2). Anzi, nel
colloquio che segui, avendo Mons. Espinoza lodato l'attività dei
Salesiani nella Repubblica e specialmente nella Patagonia, il Papa
gli disse: Quando abbiamo inteso che gli alunni di Don Bosco
assumevano la Missione della Patagonia, il nostro cuore si aperse
alla più lieta speranza sull'avvenire di quei poveri selvaggi >> (3).
( I ) Notizie di prima mano su questi territori piii meridionali si leggono nella bellissima '
opera del nostro Don De Agostini: I nziei viaggi nella Terra del Fuoco,Torino, S. E. I. E altro
ancora egli ci darà presto a conferma del sogno e frutto della sua ultima esplorazione.
(2) Ciuillà Caltolioa, quad. 753 ( 5 no". 188r). pag. 358.
(3) Bo2J. Sal.,nov. 1881, pag. 9.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XXXIX
Nell'Argentina e nell'uruguay durante il quadriennio 1880-83.
Prima di ritornare alle cose d'Europa, bisogna dare uno
sguardo atte opere salesiane di Buenos Aires e dell'uruguay nel
periodo che va dal 1880 al 1883. Non vi furoi~ograndi novità;
ma si ammirava dappertutto un crescere rigoglioso, proprio delle
istituzioni vitali e sane.
A Buenos Aires città i Salesiani dirigevano la grande casa
di S. Carlo in Aimagro, residenza dell'Ispettore, reggevano la
chiesa degli Italiani, detta della Misericordia, e amministravano
la parrocchia della Boca; in Buenos Aires diocesi avevano il bel
collegio di S. Nicolas de 10s Arroyos. Una seconda grave perdita,
dopo l'altra di Don Baccino nel 1877, funestò quei Confratelli
nell'agosto del 1880. L'Ispettore Don Bodrato soccombette a un
fiero malore, aggravato dal deperimento organico per incessanti
e dure fatiche. 4 La sua morte è una gran perdita per noi, scri-
veva 1'Arcivescovo (I). Egli portava un gran peso si, ma con
vero coraggio apostolico D. Venuto a Don Bosco in età di 41 anno
da Mornese, dov'era maestro elementare, e ordinato sacerdote,
aveva chiesto e ottenuto di prendere parte alla" seconda spedi-
zione del 1876. Uomo di molto senno e Salesiano esemplarissimo,
nello spazio di pochi anni iasciò un ricordo imperituro di sè non
solo ne' suoi dipendenti, ma anche negli esterni. A succedergli
nel governo dell'Ispettoria fu designatb Don Costamagna. Se-
condo il giudizio dell'Arcivescovo, ((la scelta non poteva essere
migliore )> (2).
(I) Lettera a Don Bosco, 2 0 agosto 1880.
(2) Lett. cit.
435
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

45.10 Page 450

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L'anno seguente Don Bosco ebbe notizie de' suoi figli detlJAr-
gentina dalie labbra stesse del Vicario Generale di Buenos Ai-
res. Recatosi, come dicevamo, a Roma, egli volle venire a Torino
con due compagni. Giunse alla vigilia di Natate e si tratterine
fino al 4 gennaio. Don Bosco fece del suo meglio per allietare
agli ospiti il soggiorno nell'oratorio. Monsignore gli rimise due
lettere dell'Arcivescovo con la data del 24 agosto. Rievocando
< i giorni trascorsi nella dolce compagnia » di Don Bosco, il buon
Prelato scriveva: < I suoi Missionari, come anche le Suore di
Maria Ausiliatrice, che sono presentemente qui, mi sono di grande
aiuto e conforto )>.
E veramente le opere di Buenos Aires erano progredite e
progredivano di anno in anno. Il 1882 vide prosperare special-
mente i laboratori. Vi affluiva il lavoro e abbondavano i mezzi,
con cui soddisfare agli impegni. La tipografia aveva tre macchine
sempre in moto; numerose ordinazioni arrivavano ai falegnami;
si diede anche principio all'officina dei fabbri. Essendovi stata al-
lora un'Esposizione Continentale, i nostri vi parteciparono con
onore, riportando premi lusinghieri. I,'Arcivescovo in una sua
Pastorale, mettendo in vista le opere cattoliche fatte, da fare e
da aiutare, raccomandava alla carità pubblica le scuole sale-
siane di arti e mestieri con espressioni sommamente benevole.
La riputazione di queste scuote, diffondendosi nella Repub-
blica, invogliava alti personaggi a domandarne per i loro paesi.
Infatti Don Costamagna ricevette istanze da Chivilcoy, Dolores,
Salta, Las Flores, Azul, e soprattutto da Tucum4.n. I1 Gover-
tiatore e le Autorità di questa provincia lo tempestavanc di
lettere e di raccomandazioni, perchè almeno andasse là a osser-
vare. Si offriva terreno, danaro, chiesa, appoggio materiale e
morale. Tali e tante furono le pressioni, che egli non potè ricu-
sare di andarvi. Arrivò con quattro giorni di viaggio e vide che
alla fondazione non mancava proprio nulla sul posto; ma a lui
mancava il più, il personale. Quattro mesi dopo venne a Bue-
nos Aires il Vescovo con pieni poteri da parte del Governatore;
il Governo centrale accordava i passaggi a tutti i Salesiani, che
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

46 Pages 451-460

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46.1 Page 451

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Ndl'drgentuia e nell'tiruguny durante il quadriennio 1880-85
si sarebbero mandati dalt'Italia per quella casa. L'Ispettore cre-
deva conveniente che da Torino non si rispondesse con un ri-
fiuto; ma Don Bosco gli ordinò di soprassedere; intanto egli
avrebbe preparato una regolare spedizione per il prossimo 1883.
La stima grande che i Salesiani godevano nella capitale, fa-
ceva sì che persone facoltose si ricordassero di loro nelle dispo-
sizioni testamentarie. Nel 1882 una ricchissima Signora Petro-
nilla Rodriguez, senza neppur conoscere l'Ispettore, gli legò
500.000 pesos; un altro legato di 15o.ooo gli venne dal Signor
Félix Frias. Don Costamagna destinò la prima somma alle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice, che in Almagro avevano bisogno di
un collegio più grande. Ottenuta l'autorizzazione da Torino, fece
preparare un disegno, nel quale mise a profitto le cognizioni di
disciplina, d'igiene e di vita religiosa e comune acquistate negli
anni della sua direzione di Suore in Buropa e in America. Volle
che la chiesa fosse un piccolo santuario di Maria Ausiliatrice.
I,'Arcivescovo si profferse a benedire la prima pietra. La ceri-
monia si compiè il 24 maggio, quando già i muri emergevano
dal suolo e mostravano ai benefattori la pianta dell'intero edificio.
Don Costamagna nel luglio del 1883 venne a Torino per il
terzo Capitolo Generale. Era latore di una lettera dell'Arcive-
scovo piena di affetto per Don Bosco e di vera ammirazione per
I'esemplarità e lo zelo dei Salesiani, che nei laboratori, nelle
scuole, nelle chiese e nelle Missioni rendevano grandi servigi e
invocava aiuti di nuovo personale. Da ultimo si esprimeva così
intorno a una perdita recente: 4 Abbiamo avuto il dolore di per-
dere la Reverenda Madre, che era Superiora delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, Suor Maddalena Martini, che quale un angelo ce
ne volò al Cielo verso la solennità di S. Pietro. Ebbe la fortuna
di fondare varie case, e ultimamente quella di Moron, e di veder
terminata e aperta la casa principale con il grande collegio e
la chiesa di Maria Ausiliatrice, benedetta il 7 di questo giugno.
La morte di lei fu pianta, perchè la sua vita era stata una vera
delizia per tutti. Ci conceda il Signore un buon numero di sante
vergini 9ost eam o.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

46.2 Page 452

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capo X X X I X
Altre lettere consegnò Don Costamagna al Santo da parte
di Cooperatori e di Salesiani, che tutti lo supplicavano di riman-
dare con l'Ispettore molti compagni. Quando questi giunse in
Italia, Don Bosco stava appunto facendo i prepara.tivi per l'an-
nunciata spedizione. Ne diede comunicazione ufficiale con una cir-
colare del 24 ottobre, tradotta anche in francese. Venti fra preti,
chierici e coadiutori e dodici Suore erano pronti per la partenza.
Imbarcatisi il 14 novembre, approdarono felicemente alla capi-
tale argentina nella festa dell'Immacolata. 11 cordiale pubblico
ricevimento fatto all'lspettore indicava quanta popolarità si
fossero acquistata i Salesiani nella grande metropoli. Egli por-
tava con una copia del sogno pubblicato nel capo precedente
e quella lettura mise nei Confratelli un entusiasmo da non po-
tersi descrivere.
I1 collegio di S. Nicolhs, nella cui direzione a Don Fagnano
era succeduto Don Tomatis, continuava la sua vita di buon col-
legio, senza varietà, ma rigurgitante di giovani e confortato dalla
benevolenza di tutta la popolazione. L'edificio, costruito da Don
Fagnano, torreggiava sull'alto, biancheggiando entro una cor-
nice di svelti pini e richiamando da lungi l'attenzione di coloro,
che navigavano sul Paranh. Da vicino produceva nei visitatori
una soave impressione di serenità e di pace.
Ripigliamo ora la storia dei Salesiani che lavoravano neli'U-
ruguay. Il Collegio Pio di Villa Colbn, benchè ampio, non potè
nel primo anno far posto a tutti coloro che domandavano di
entrarvi; perciò il Direttore Don Lasagna prese subito a fabbri-
care. Grande generosità egli trovò sempre nella famiglia Jackson,
una delle più influenti e ricche di Montevideo. Tre irradiazioni
partirono, come da cen.tro, dal Collegio Pio. La prima fu ben
singolare. Ogni Direttore in America poneva il massimo studio a
far rivivere dappertutto le usanze dell'oratorio; perciò nelle loro
case organizzavano fra i giovani anche le varie Compagnie, delle
quali la più importante suo1 essere quella del Santissimo Sacra-
mento. Don Lasagna la istituì fra i più grandicelli, che non solo
disponeva alla frequenza dei Sacramenti, ma awezzava pure a
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

46.3 Page 453

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Nell'Argentina c nell'Uriruguay durante il guadriennio 1880-83
compiere opere di carità spirituale, come a catechizzare i ra-
gazzi del vicinato. I suoi imberbi catechisti lo secondavano così
bene che, andando in vacanza o lasciando il collegio, facevano
nelle proprie case veri oratorii festivi. Fu questa in Montevideo
una singolarità che guadagnò le simpatie di nobili e ricche fami-
glie, sicchè la si favoriva con doni e premi per i fanciulli; anzi
trovò imitatrici nelle sorelle dei convittori, le quali facevano il
medesimo con le fanciulle. Tali oratorii domestici diedero poi
origine a regolari oratori festivi presso le parrocchie della città,
dove gli ex-allievi continuavano ad esercitare i1 loro zelo, sem-
pre sotto l'ispirazione e secondo le direttive di Don Lasagna.
Egli per tal modo creò un gruppo di oratorii festivi presieduto
dall'ex-alunno Dottor Lenguas e tenuto saldo mediante un Re-
golamentino col titolo di Oratorios lestivos de Montevideo regen-
teados +or Exalzmm~osdel Colegio Pio. Vi si aperse così la via
ad allestire un orqtorio festivo salesiano, sotto il patrocinio di
S. Vincenzo de' Paoli, con scuole esterne per fanciulli poveri.
Un socio di quella Compagnia, per nome Mario Migone, appar-
tenente a ricchissima famiglia, si affezionò tanto all'opera sale-
siana, che, finito il ginnasio, passò al noviziato di Buenos Aires
e divenne un ottimo figlio di Don Bosco, spendendo indefessa-
mente la sua lunga vita a fare del bene.
Seconda emanazione del Collegio Pio fu la casa di S. Isidoro
a Las Piedras, città distante venti chilometri da Montevideo.
Vi si cominciò nel 1880 con la cura parrocchiale, affidata ai Sa-
lesiani da Mons. Vera; poi vi si aggiunsero le scuole esterne ma-
schili e il collegio femminile con internato ed esternato, tenuto
daile Figlie di Maria Ausiliatrice.
Un'altra parrocchia accettarono nel 1881 i Salesiani del Col-
legio Pio a Paysandh, sempre per non iscontentare il Vescovo.
La città adagiata sulla sponda sinistra del fiume, da cui la Re-
pubblica derivò il nome, contava allora 2.000 abitanti senza con-
tare quei della campagna ancor più nunlerosi. Aveva una chiesa
sola, nè andava certo segnalata per pubblica moralità; non par-
liamo poi di istruzione e di vita religiosa. Le società segrete erano
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XXXIX
la rovina della gioventù. I nostri per mezzo di Missioni pre-
dicate al popolo scossero alquanto l'indifferenza generale. La
stampa settaria tentò invano di spaventarli. Verso la fine del
1883 gettarono le fondamenta di un collegio.
Nel 1881 Don Lasagna stava male. Travagliato da dolori
hterni, dovette arrendersi al consiglio dei medici, che gli sugge-
rivano di recarsi in Italia per subire una dolorosa e difficile ope-
razione. Partì il IO maggio; ma non fu in grado di sottoporsi al-
l'atto operatorio se non in ottobre. Nei mesi precedenti non era
stato in ozio, ma erasi ingegnato di trovare aiutanti e mezzi e
insieme aveva studiato come attuare un suo disegno.
Desiderava egli di stabiliie nel Collegio Pio un Osservatorio
meteorologico. Uomo di larghe vedute, comprendeva quanto
vantaggio sarebbe derivato dal favorire in quel modo il pro-
gresso e l'applicazione delle scienze fisiche. Il Collegio occupava
un'ottima posizione per erigervi una specola, donde esplorare i
fenomeni atmosferici per comunicarne poi i risultati alle Società
americane ed europee, promotrici degli incrementi della meteo-
rologia.
Viveva a poca distanza da Torino uno scienziato di fama
mondiale in questo ramo, il Padre Denza, Barnabita, Direttore
dell'Osservatorio del Collegio Carlo Alberto in Moncalieri. Don
Lasagna si recò da lui, e poichè da cosa nasce cosa, nei loro col-
loqui l'orizzonte si allargò: non più un Osservatorio isolato, ma
una rete di Osservatori, che avesse il centro a Montevideo e
sotto la direzione dei Salesiani controllasse l'America del Sud.
I1 Padre Denza presentò il progetto al terzo Congresso Geogra-
fico, tenutosi in autunno a Venezia, ottenendo che si formulasse
un voto nel senso indicato. Don Bosco, che aveva già approvato
l'iniziativa di Don Lasagna, acconsenti di buon grado. Il Corni-
tato direttivo dellJAssociazionemeteorologica glie- ne attestò r la
sua più sentita e riconoscente soddisfazione », esprimendogli in-
sieme << i più sinceri rallegramexti per la coraggiosa iniziativa di
un'opera in apparenza difficile non poco, ma pure cotanto van-
taggiosa per la fisica del globo a. Gli accordi furono così rapidi,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

46.5 Page 455

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che il 16 dicembre gli strumenti partivano già per Montevideo
con i Salesiani che li dovevano maneggiare (I).
L'Osservatorio del Collegio Pio acquistò in breve una stra-
ordinaria rinomanza nell'America meridionale. I1 suo Bollettino
mensile, oltre i dati delle osservazioni, conteneva pure articoli
che ne facevano una vera Rivista di meteorologia. Ben tosto ne
sorsero altri, anzitutto i due di Almagro a Buenos Aires e di Pa-
tagbnes; poi quelli della Boca, di S. Nicolhs, di PaysandG e in-
di Puntarenas. Gli Osservatori salesiani rimettevano le loro
osservazioni al Collegio Pio, donde venivano spedite al P. Denza,
che le pubblicava nel Bollcttilzo Internazionale Polare di Pietro-
burgo e in quello della Società Geografica Italiana.
Al Collegio Pio l'Osservatorio procurò no2 solo decoro e
onore, ma anche salvezza. Una legge draconiana del 1885 sop-
p.rimeva le Congregazioni religiose nella Repubblica Uruguaiana
discacciandone i membri. I Salesiani erano presi di mira in modo
tutto speciale. Ora ecco che avvenne. Nel 1884 all'Esposizione
Nazionale di Torino i1 complesso delle osservazioni meteorolo-
giche raccolte e ordinate dall'Osservatorio del Collegio Pio per
cura del chierico Albanello avevano avuto un posto cospicuo.
L'anno dopo Don Bosco, informato tempestivamente del peri-
colo, spedì al Direttore il testo del diploma, con cui la Giuria
dell'Esposizione assegnava all'Albanel10 la medaglia d'argento e
gli mandò insieme la copia di una lettera del Ministro degli Esteri
Mancini, che encomiava l'attività dell'Osservatorio. Tali docu-
menti; portati a conoscenza del pubblico mediante la stampa,
fecero credere che l'Osservatorio fosse opera promossa e pro-
tetta dal Governo italiano; quindi le Autorità, temendo noie
dall'Italia, lasciarono in pace i nostri.
Don Bosco, durante il lungo soggiorno di Don Lasagna in.
Italia, si era venuto formando un chiaro concetto delle condi-
zioni e dei bisogni delle case aperte nell'Uruguay; aveva potuto
- ( I ) Lettera della Direzione Generale a Don Bosco, Torino, 30novembre 1881. CoSIMO.
- BenT~ccllrneli'lldia di Milano, 29 marzo '954. BoZ(etli?to nielpsusle del P. Denzn, serie Il,.
vol. Il, n. I , pag. 3-4.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

46.6 Page 456

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capo XXXIX
anche vedere da vicino la virtù, la prudenza e il tatto di quel
suo carissimo figlio. Parendogli pertanto opportuno istituire una
Ispettoria a sè nella Repubblica Uruguaiana, ne nominò lui
Ispettore. lo rimandò solo in America, ma, come abbiamo
detto nel capo antecedente, gli diede un drappello di Salesiani
da ripartirsi fra le due Ispettorie. I1 nuovo Vescovo di Monte-
video Mons. Yeregui (Mons. Vera era morto durante l'assenza di
Don Lasagna) dava calda testimonianza di fiducia e di affetto
verso i Salesiani, dichiarandosi pronto a fare quanto fosse in suo
potere, affinchè crescesse sempre u il numero di così buoni operai
e il frutto delle loro imprese >> (I).
Il Collegio Pio, rafforzato notevolmente di personale, entrò
in una fase nuova di prosperità. L'inaugurazione dell'Osserva-
torio, fatta nel maggio del 1882, fu un vero avvenimento. Vi assi-
stette 1'Internunzio del Brasile Mons. Mocenni, che si trovava
di passaggio a Montevideo, il Vescovo e molte persone distin-
tissime della Repubblica. I1 credito delllIstituto, pur già così
alto, salì ancor più nell'estimazione universale.
In questi anni, come abbiamo visto e come continueremo to-
sto a vedere, la Congregazione sembrava che con le sue intra-
prese non sapesse contenersi entro i limiti segnati dalla pru-
denza. Don Bosco si pose tale quesito nella circolare del gen-
naio 1883 ai Cooperatori. Enumerando ivi le cose fatte di re-
cente e quelle in corso, si domandava se non fosse un tentar Dio
e un agire temerariamente il mettere mano a tante opere; ma
<<iocredo di no 9, rispondeva, adducendo la ragione avere Dio
in più guise mostrato di approvare tale condotta. Argomenti in
favore di questa approvazione erano: gl'incoraggiamenti di ve-
nerandi Prelati, di eminenti personaggi e del Papa stesso; il buon
esito delle opere intraprese e gli aiuti a intraprenderne ogni anno
di nuove; la benevolenza di molte buone persone e la carità ar-
dente dei Cooperatori e delle Cooperatrici; i continui e segnalati
favori concessi da Dio e dalla divina Madre a coloro che venid
( I ) Lettera a Don Costamagna. Montevideo 29 novembre i881
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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vano in aiuto con la loro beneficenza; la gara caritatevole di
tanti, che da ogni parte portavano o mandavano i frutti dei loro
risparmi o il superfluo dei loro beni a sostegno delle opere che si
avevano tra mano. In tutto questo egli scorgeva segni indubbi
che Dio era con lui e conchiudeva: @SeIddio si compiace di
parlare in modo così eloquente ed efficace, noi non dobbiamo te-
mere; anzi dobbiamo aprire il cuore alla più grande speranza e
continuare ad occuparci della sua maggior gloria, sicuri che Egli
non lascerà di favorirci a misura dei nostri bisogni a.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

46.8 Page 458

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CAPO XL
Le Figlie di Maria Ausiliatrice
alla morte della Beata Madre Mazzarello.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice dipendevano canonicamente
dai Vescovi, nelle cui diocesi dimoravano, non essendo ancora
l'Istituto di dixitto pontificio. Questo stato di cose diede in qual-
che luogo occasione a difficoltà di vario genere; per rimuoverle
in radice, alcune persone autorevoli opinavano che convenisse
far approvare l'Istituto dalla Santa Sede. Ma Don Bosco non
aveva nessuna premura di venire a tale atto, ben sapendo come
a Roma s'inclinasse a rendere le Congregazioni femminili indi-
pendenti dalle maschili. A lui un simile distacco sembrava al-
lora prematuro, perchè vedeva esservi ancora bisogno di tempo
per informare le Suore a quello spirito che egli intendeva di tra-
sfondere in loro. Molto dunque importava che in questo egli po-
tesse avere mano libera (I).
A Nizza Monferrato la Casa Madre si veniva consolidando
sotto ogni aspetto. Vi si rispecchiava l'ordinamento dell'oratorio.
La Superiora Generale ne era la Direttrice, assistita però dalla
Vicaria, che esercitava la direzione effettiva. Vivevano nello
stesso ambiente, ma in distinte sezioni, Suore professe, novizie,
postulanti, educande. Là facevano capo le Direttrici delle ease
filiali. Queste nel 1881 avevano raggiunto il numero di ventitrè,
di cui dodici ne1l'Alta Italia, due in Sicilia, tre in Francia e
sei in America. Di altre dieci si preparava l'apertura.
( I ) Seguiva l'esempio dei Signori della Missione, che appunto per questo motivo non
vollero mai l'approvazione pontificia delle Regole date da S. Vincenzo de' Paoli alle Figlie
della Cariteì.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

46.9 Page 459

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Le Figlie di M. A. alla morte della B. Maazarello
In sì promettente primavera di vita Dio chiainò al premio
colei, che dal fondo della sua umiltà traeva, comunicava e dila-
tava la forza animatrice di tanta attività. Fino a quel punto
era stato di necessità suprema radicare saldamente l'Istituto nella
pratica delle virtù religiose, per il quale effetto la Prowidenza
aveva fatto incontrare a Don Bosco nella Madre Mazzarello la
Superiora, che con la sua santità raccolta e operosa doveva essere
lo strumento più adatto nelle sue inani. Oramai però le cose co-
minciavano a prendere una piega di tal natura, che in chi reg-
geva le sorti della Congregazione occorrevano anche non comuni
attitudini naturali. La Mazzarello, anima veramente illuminata,
comprendeva e sentiva l'incalzare delle nuove esigenze. Infatti,
spirando nel 1880 il tempo del suo ufficio, si era adoperata con
ogni mezzo per istornare da sè la rielezione, insinuando fra I'al-
tro nelle elettrici l'idea, che fosse venuto per lei il momento di
mettersi in disparte e lasciare il posto ad una Suora dotata, ol-
trechè di virtù, anche di sapere. Faceva anche i nomi di due can-
didate, che erano Suor Maddalena Martini, quantunque si tro-
vasse nell'America, e Suor Caterina Daghero, entrambe in rea32
buone religiose, istruite e capaci.
Ma le sue ragioni nulla poterono sull'ar~imodelle votanti,
che la rielessero a unanimità. Affinchè tuttavia la votazione
avesse vigore, si richiedeva il visto di Don Bosco; perciò leg-
giamo nei verbali dell'assemblea: <<Oraperchè questa elezione
abbia pieno effetto, si porge umile preghiera al Superiore Mag-
giore Sac. Giovanni Bosco, acciocchè, fatte le osservazioni che
crederà del caso, si degni colla sua firma approvare e confer-
mare l'operato delle Suore di Maria Ausiliatrice >>L. a rieletta si
attaccò ancora a questo filo di speranza; quindi espose a Don
Bosco i motivi, che la spingevano a chiedere in grazia di essere
esonerata. Il Santo la ascoltò con bontà; ma poi scrisse sotto le
parole testè citate: e Visto, approvo quanto è contenuto nel ver-
bale sopra descritto e confermo la elezione della Madre Superiora
e delle Suore componenti il Capitolo Superiore dell'Istituto di
Maria SS. Ausiliatrice, e prego Dio che in tutte infonda lo spi-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

46.10 Page 460

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Capo XL
rito di carità e di fervore, affinchè questa nostra umile Congre-
gazione cresca in numero, si dilati in altri e poi altri remoti
paesi della terra, dove le Figlie di Maria Ausiliatrice, guada-
gnando molte anime a Dio, salvino se stesse e possano un giorno
colle anime da loro salvate trovarsi tutte nel regno dei Cieli per
lodare e benedire Iddio per tutti i secoli S. Non rimase dunque
alla Beata se non di piegare il capo e porre nuovamente le
spalle, sebbene per breve tempo, sotto il peso della sua croce.
I1 male che la rapì, le covava in seno da tempo; ma si acuì
durante il viaggio con le Suore nella loro prima spedizione mis-
sionaria del 1881. Accompagnatele per mare fino a Marsiglia,
voleva visitare le sue figlie in Francia; ma Don Bosco, che si
trovava pure colà, vedendola in cattive condizioni, le disse di
andare nella casa di Suore più vicina, che era quella di Saint-
Cyr, e di starvi in riposo. A Saint-Cyr le scoppiò violenta la pleu-
rite, già latente a Nizza Monferrato, e la tenne un mese inchio-
data al letto. Rassegnatissima alla volontà di Dio, nutriva in
cuore un solo desiderio, di chiudere gli occhi nella Casa Madre.
Fu esaudita; potè infatti ritornarvi il 28 marzo. Ma due setti-
mane dopo la pleurite riapparire con sintomi di estrema gravità.
Mentre l'esile corpo si disfaceva, lo spirito dava segni di straordi-
nario vigore nelle elevazioni della mente a Dio e nelle materne
esortazioni alle Suore.
Allora Don Bosco era con Don Rua a Firenze, trattenuto da
affari che non poteva sospendere. Per buona sorte il Direttore
Generale Don Cagliero, di ritorno dalla Spagna, arrivò giusto in
tempo per recarle il conforto della sua parola e del suo mini-
stero. La Beata volò al cielo il mattino del 14 maggio.
La vita e il governo della defunta avevano dimostrato ad
evidenza, quanto fosse stata felice la determinazione di met-
terla a capo del nascente Istituto. Donna di temperamento piut-
tosto focoso, aveva acquistato quell'assoluto dominio di sè, che
è tanto necessario in chi deve reggere; nell'esercizio perciò del-
l'autorità sapeva portare una soavità non disgiunta da fermezza
e nel trattare negozi, nel dare consigli, nel fare rimproveri la gui-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

47 Pages 461-470

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47.1 Page 461

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Le Figlie di M . A. alla morte deIla B. Mazxarello
dava sempre una rara prudenza. Non è a dire quanto le sue fi-
glie ne piangessero la perdita: pareva loro di essere rimaste or-
fane. Intorno alla sua memoria crebbe la fama di santità, sicchè
non andò molto che se ne promosse la causa di beatificazione.
Zra riserbata al grande Papa di Don Bosco, all'immortale Pio XI,
la soddisfazione di decretare anche a lei gli onori degli altari,
decorandola del titolo di Confondatrice.
Morta la Superiora Generale, il governo della Congregazione
veniva assunto, secondo le Regole, dalla Vicaria, che era la Ma-
dre Caterina Daghero. Le medesime Regole prescrivevano che
l'elezione della nuova Superiora non fosse protratta oltre i quin-
dici giorni; ma Don Bosco, per non disturbare la vita delle case,
stabili che la si facesse in estate, quando le Suore si sarebbero
radunate per gli esercizi spirituali. Fu dunque fissata al 12 di
agosto. Avevano diritto al voto, oltre le Madri del Capitolo Su-
periore, tutte le Direttrici; non ne venne però nessuna dati'Ame-
rica. Alla riunione poterono assistere anche le educande; certo,
per loro edificazione.
Presiedeva Don Bosco, nella sua qualità di Superiore Gene-
rale, assistito dal Direttore Generale Don Cagliero e dal Diret-
tore locale Don Lemoyne. Aperta l'adunanza, le elettrici avreb-
bero voluto che Don Bosco presentasse loro una terna di eleg-
gibili; ma Don Cagliero scattò e si oppose. Le votanti erano 21.
Risultò eletta quasi a pieni voti Suor Caterina Daghero. La
Regola richiedeva trentacinque anni di età, mentr'essa non ne
aveva che venticinque; ma Don Bosco le concesse la dispensa.
L'elezione fu accolta dappertutto con viva esultanza, godendo già
la Daghero molta riputazione presso le Consorelle vicine e lontane.
Quella sera si fece nel teatrino una festicciuola in onore della
neoeletta e di Don Bosco. I1 Santo per la futura Madre Supe-
riora aveva prima deli'elezione fatto pervenire alle Madri una
scatola di amaretti (I) e una di confetti, con una letterina ali'e-
ligenda, a cui diceva: t Eccovi alcuni confetti da distribuire alle
vostre figlie. Ritenete per voi la dolcezza da praticarsi sempre
( r ) Erano di quelli piccolini come favette.
447
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

47.2 Page 462

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Capo XL
e con tutti; ma siate sempre pronta a ecevere gli amaretti, o
meglio i bocconi amari, quando a Dio piacesse di mandarvene ».
Allora dunque, vedendo sopra un tavolo i suoi amaretti e con-
fetti, disse nel chiudere il trattenimento: - Questa è adesso la
vostra Madre. E voi, Madre, avete qui le vostre figlie. Vedo che
ci sono là due vassoi, uno di amaretti e l'altro di confetti. Bene!
Distribuite, Madre, prima un cucchiaio di amaretti a ciascuna
suora, poi un altro di confetti. - Terminata la distribuzione,
ripigliò, rivolto alla Madre: - Farete poi sempre così: a cia-
scuna e a tutte un po' di amaretti che fanno bene all'anima e
al corpo, e un po' di confetti. Questi, sempre per ultimo.
Per l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice incominciava
un'èra novella. La nave, uscita dal porto e solcate le acque del
golfo, entrava neli'alto mare, in balia dei venti e delle onde. It
Cielo mandò a Don Bosco un'illustrazione sotto la forma con-
sueta de' suoi sogni. Egli fece quel sogno il 31 dicembre del
1881. Gli parve di aggirarsi in un castagneto presso Castelnuovo,
raccogliendo castagne. Ne trovava molte e belle e grosse, sparse
per il terreno erboso. Tutto ad un tratto ecco apparirgli una
donna, che raccoglieva anch'essa e metteva in un canestro. Don
Bosco la rimbrottò, che osasse venir a raccogliere sul suo. Ma
ella senza scomporsi gli diede una risposta secca e continuò la
raccolta. Quando te due ceste furono ricolme, la donna chiamò
Don Bosco e, indicandogli il proprio cesto, gli disse d'indovinare
quante castagne vi erano dentro:Non sapendo egli che rispon-
dere, essa ripigliò: - Ve ne sono cinquecentoquattro, e simbo-
leggiano le case delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Tante ne fon-
deranno.
Don Bosco guardava stupefatto. Le castagne sembravano ve-
ramente magnifiche; ma, osservando meglio, notò che parecchie
avevano il buco del verme. - Queste, disse la donna, bisogna
scartarle, perchè non guastino le sane. Via, via le postulanti o
le novizie che non sono buone e non hanno lo spirito della casa,
perchè il baco della superbia o di altri vizi le rode! - Le ca-
stagne dunque figuravano allora non più le case, ma le Suore.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

47.3 Page 463

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Le Figlie di M . A. alla morte della B. Mazzorello
Don Bosco, esaminate da vicino le castagne, trovò che le
guaste non erano poi molte e lo fece rilevare alta donna. E co-
lei: - Credi t u che le rimanenti siaiio tutte buone? Non ve ne
saranno col baco dentro, che non si vede? Non è difficile sco-
prirle. Certune san fingere cosi bene, che sembra impossibile ar-
rivare a conoscerle. Ma c'è un mezzo infallibile. Mettile alla prova
delle Regole e tienile d'occhio. Vedrai cosi quali abbiano lo spi-
rito di Dio e quali no, Un attento osservatore non può prendere
abbaglio. - Don Bosco guardava pensieroso e la sua preoccu-
pazione si fece sì viva, che si svegliò.
Per una settimana intera il medesimo sogno gli si rinnovò
con qualche variante tutte le notti. Bastava che si addormen-
tasse, perchè subito gli si parasse dinanzi la scena della donna
e delle castagne. Una volta la donna gli parlò così: - Sta' at-
tento alle castagne marce o a quelle vane. Mettile nell'acqua e
vedrai che le vane o vuote verranno a galla. e tu prendile con
lo schiumatoio e buttale via. Poi fa' cuocere le altre. Le marce,
se, cotte che siano, le premi con le dita, scliizzano subito fuori
il brutto umore che hanno dentro. Getta anche queste. La gran
prova è i'ubbidienza. Le vanerelle sotto le altre non vogliono
stare, ma amano sempre emergere; le viziate, messe alle strette,
si rivelano per quel che sono. Ma bada pure alle buone. Se le
ripulisci, togliendone la scorza e poi la pellicola, ti parranno
bianche bianche; eppure fa' attenzione, e vedrai che alcune sono
doppie: aprile e troverai nel mezzo un'altra pellicola: E C'& del-
I 'amaro.
Insomma, il sogno adombrava una grande verità. Le Suore
erano in via di moltiplicarsi. Non si doveva però tener conto
del numero, ina della qualità; quindi bisognava aprire bene gli
occhi prima di accettare al noviziato, e specialmeilte prima di
ammettere alla professione. Quando si fa diversamente, si av-
vera poi il multi$licasti gentem et non maglzificasti Zaetitiam:
aumenta il numero, ma non crescono consolanti in egual pro-
porzione i frutti (I).
( I ) IS., IXi 3.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

47.4 Page 464

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CAPO XLI
I Salesiani nella Spagna.
(Utrera e Sastiri).
S. Giovanni Bosco, preso piede in Francia, teneva gli occhi
rivolti alla vicina Spagna, desiderando di portare anche in quella
Nazione la sua Opera a vantaggio della gioventù povera e ab-
bandonata. Non mancava che un'occasione, e l'occasione venne
in maniera singolare. I1 Marchese Don Diego di Casa Ulloa vo-
leva aprire a Utrera un ospizio per ricoverarvi fanciulli biso-
gnosi; scrisse pertanto al Superiore Generale dei Maristi, propo-
nendogli di accettarne la direzione. I1 Generale andò per fargli
visita in ora troppo mattutina e non fu ricevuto; andò una se-
conda volta, ma nel palazzo non c'erano che le signore. Mortifi-
cato, non si fece più vedere. Il Marchese, non venendo risposta,
consultò sull'affare I'Arcivescovo di Siviglia Gioachino Lluch y
Garriga, da cui Utrera ecclesiasticamente dipendeva. L'Arcive-
scovo era Carmelitano e aveva soggiornato nel convento di
Lucca, quando già si trovavano quivi i Salesiani, da lui favore-
volmente conosciuti; perciò gli suggerì di chiamare i figli di Don
Bosco. 11 gentiluomo, che nulla sapeva nè di Don Bosco nè della
sua Congregazione, pregò il Prelato di scrivere egli stesso a To-
rino in suo nome. Monsignore lo fece ben volentieri. La risposta
fu pronta, ma dava solo vaghe speranze. Tutto questo avveniva
nel 1879.
L'anno seguente Don Bosco, sollecitato ulteriormente, mandò
a Siviglia Don Cagliero in compagnia del coadiutore Giuseppe
Rossi. Vi giunsero il 24 gennaio. L'Arcivescovo li abbracciò con
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

47.5 Page 465

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I Salesiani nella Spagna
effusione, dicendosi lieto di vedere i figli di Don Bosco e ringra-
ziandone il Signore. Trovavasi pure presente i1 Marchese, vene-
rando vegliardo e cristiano di fede antica, bramoso di vedere
prima di morire i Salesiani stabiliti a Utrera, sua patria. Tutti
i suoi, animati dal medesimo spirito cattoJico, lo secondavano
in questo disegno. Egli incaricò i1 figlio e il genero di accompa-
gnare gli ospiti a Utrera. Avendo intanto Monsignore notificato
i1 loro arrivo al Vicario del luogo, tutto quel clero si mise in
moto per riceverli bene. Anche il primo magistrato cittadino,
l'alcalde, ottimo cattolico, non solo si uni al clero nel dar loro
il benvenuto, ma per due giorni li guidò personalmente a visi-
tare chiese, scuole e altri stabilimenti.
Utrera dista trenta chilometri da Siviglia, verso Sud-est. La
circonda un'immensa pianura, coltivata a frumento, popolata
di ulivi e ricca di bestiame. Contava allora circa dodicimila abi-
tanti. Ci tenevano a essere cattolici, ma poco praticavano; per
questo i Protestanti avevano senza difficoltà cominciato a farvi
proseliti. Dai buoni si aspettava che i Salesiani venissero a
scuotervi la generale indifferenza religiosa e a snidarne i falsi
profeti.
La città aveva diverse chiese che per difetto di clero erano
quasi abbandonate; fra queste i1 Vescovo disse ai Salesiani di
sceglierne una, quella che credessero meglio. Don Cagliero pre-
ferì la chiesa del Carmine, perchè più centrale e più comoda alla
popolazione ed anche più lontana dalla parrocchia. Essendo però
l'annessa abitazione un po' piccola, il Marchese, finchè non sì
fosse altrimenti proweduto, avrebbe messo a disposizione dei
Salesiani metà di una sua bella casa ivi prossima. Cinque giorni
dopo l'arrivo, nella festa di S. Francesco di Sales, Don Cagliero
tenne in detta chiesa una conferenza, dopo la quale inscrisse i
primi Cooperatori salesiani spagnoli.
Egli non dava un passo senza renderne conto a Don Bosco,
che si trovava a Marsiglia, e per ordine suo anche a Don Rua,
scrivendo lunghe lettere piene di brio e di buon umore, come
portava la sua indole. Parti da Utrera lasciando di sè ottima
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XLI
impressione e recando seco le migliori speranze per l'avvenire di
quella fondazione.
Don Bosco da Nizza Mare scrisse il 26 febbraio 1880 al Mar-
chese, ringraziandolo e dicendogli: s Confermo quanto il mio in-
caricato Don Cagliero ha conchiuso per la casa da aprirsi nella
città di Utrera e spero che coll'aiuto del Signore ogni cosa sarà
preparata pel prossimo ottobre, e che i miei e i suoi figli Sale-
siani potranno partire a quell'epoca per recarsi al luogo dell'uf-
fizio che la Divina Prowidenza per mano di Lei ha preparato ».
L'apertura della casa di Utrera si doveva dunque considerare
come cosa decisa.
E la casa fu aperta, non però nell'ottobre del 1880, ma nel
febbraio del 1881. Col Direttore Don Giovanni Branda andarono
due preti, un chierico e due coadititori. Li accompagnava Don
Cagliero. Vennero accolti con calde dimostrazioni di affetto e di
gioia da parte della popolazione. Il clero secolare deUa diocesi
di Siviglia mostrò di comprendere la natura della loro missione.
Dal 1868, quando il radicalismo aveva cominciato ad attecchire,
la gioventù spagnola correva alla rovina e gli ecclesiastici più
illuminati vedevano nella Congregazione un'arca di salvez~a.
Inoltre Don Cagliero, da quanto udiva specialmente in visite
fatte a Vescovi, si formò l'opinione che nella Spagna si sentisse
<(possenteil bisogno di moralizzare la classe operaia » e che si
fosse persuasi essere «la nostra Istituzione l'unico rimedio ai
mali sociali » del tempo. Sono sue frasi in una lettera a Don
Bosco. Quanto vedevano giusto i vigilanti Pastori!
Se la fama di Don Bosco e dei Salesiani correva tanto per la
Spagna, questo si doveva all'Arcivescovo di Siviglia, che nella
Rivista Diocesana pubblicava una Storia dellJOratorio,attingendo
al Bollettino, in cui dal gennaio del 1879 Don Bonetti dava ai
lettori le briose puntate mensili nella Storia dell'0ratorio d i San
Francesco d i Sales. Gli articoli di Siviglia venivano poi riprodotti
dalla Rivista Popolare di Barcellona e da periodici di Madrid e
d'altri luoghi.
I nostri si dedicarono subito ai sacri ministeri, senza sgomen-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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I Salmiani nella Spogno
tarsi che la chiesa del Carmine fosse da tempo deserta e che vi
mancasse tutto. Presero a imprestito candele, candelieri, para-
menti e quanto occorreva per il culto. La curiosità incominciò ad
attirare i ragazzi. Ne furono vestiti alcuni da chierichetti, poi
s'insegnò loro a servire la Messa e intanto con regalucci e diverti-
menti se ne allettava il maggior numero possibile pcrchè venis-
sero alla dottrina cristiana, quasi interamente negletta. Ebbero
grande attrattiva per il pubblico le sacre funzioni. A tal vista il
Marchese di Ulloa piangeva di consolazione e le madri ringra-
ziavano Dio per la venuta dei nuovi apostoli.
I1 difficile era la lingua, che nessuno dei nostri aveva mai
studiata; per questo motivo Don Cagliero prolungò il suo sog-
giorno in Utrera fino alla Pasqua, che cadeva il 17 aprile. La
sera di quel giorno prese pubblicamente commiato con un di-
scorso originale, il cui fine era di ottenere che in chiesa non ve-
nissero più soltanto donne, ma anche uomini. Di là partì per i1
Portogallo, dove il Nunzio Apostolico Aloisi-Masella lo aspettava
a Lisbona e il Cardinale Ferreira a Oporto. Ma fondazioni non si
fecero in quel Regno se non dopo la morte di Don Bosco.
Sembra che il Santo prevedesse lin d'allora il bene che i suoi
figli sarebbero chiamati a compiere nella Spagna; infatti nella
festa di S. Teresa del 1880 aveva detto al futuro Direttore della
casa di Utrera: - A Utrera ci prepareremo per cose maggiori.
Di qui a non molto tempo una signora, oggi maritata in Barcel-
lona (e adesso io non sogno certamente), restando vedova, invi-
te terà noi nella sua città, dove apriremo una casa, a cui rranno
dietro molte altre. - La vedovanza e l'invito si avverarono nel
1882; la fondazione seguì due anni dopo.
Viveva a Barceliona una signora non meno caritatevole che
ricca: Donna Dorotea Chopitea de Serra. Era nata da un dovi-
zioso Spagnolo domiciliato a Santiago nel Cile, trasferitosi poi
stabilmente nella capitale della Catalogna. Sposatasi nel 1832,
perdette il marito nell'anno in cui dovevano celebrare le loro
nozze d'oro. La piissima vedova, persuasa deli'urgenza di prov-
vedere alla giovmtù povera, deliberò di suscitare un'opera che
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XLI
rispondesse a tale scopo. Mentre studiava i1 modo di riuscire nel
suo intento, le capitò nelle mani un numero del Bollettino Sale-
siano, dal quale apprese chi fosse Don Bosco e a che mirasse la
sua Opera e come uno de' suoi figli, Don Branda, si trovasse già
da circa due anni a Utrera, chiamatovi dal Marchese di Ulloa.
Scrisse tosto a Siviglia per avere informazioni. Quindi, saputo
che a Marsiglia esistevano scuole professionali salesiane, scrisse
pure colà, chiedendo notizie. Ottenuto quanto desiderava, si ri-
volse a Don Branda per sapere quali condizioni si richiedessero
per aprire una casa salesiana a Barcellona.
Don Branda, memore ddla predizione, non si tenne dal nar-
rarla alla signora nella sua risposta; ma le consigliò di trattare
direttamente con Don Bosco. Tutta lieta di sapere che i suoi
piani coincidevano coi disegni della Provvidenza, manifestò il
proprio desiderio a Don Bosco nel settembre del 1882. Don Bo-
sco non le potè rispondere subito; ond'ella replicò tre settimane
dopo (I).La risposta fu non potersi accogliere immediatamente
la domanda per mancanza di personale, dato il gran numero di
recenti fondazioni,ma sperarsi di farlo in tin awenire non lontano.
Donna Dorotea ne rimase afffittissima; tuttavia non si ar-
restò, ma ricorse h a n c o al Papa. Allora Don Bosco mandò a
Barcellona Don Cagliero e Don Branda, affinchè trattassero e
conchiudessero. Non sorse la menoma difficoltà. Donna Dorotea
comperò una tenuta presso Sarrih, sobborgo di Barcellona; indi
fece subito adattare a collegio la viila del proprietario. Diresse
i lavori Don Branda stesso, che per un mese fu ospite della be-
nefattrice. Ttitto riuscì d'incanto, sicchè il 15 febbraio del 1884
la casa era aperta, essendovi trasferito Direttore Don Branda.
Naturalmente si cominciò dal poco. Negli inizi i Talleres salesiani
di Barcellona, come già i laboratori di Valdocco, furono un'o-
pera in miniatura rispetto a quello che diventaronoka poi. Donna
Dorotea fino al 1891, anno della sua santa morte, si dimostrò
sempre mamma affettuosa e generosa de' suoi cari Salesiani.
( I ) Questa replica si conserva nei nostri archivi
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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I Salesiani nella Spugna
Le due case vennero poste sotto la diretta dipendenza del
Capitolo Superiore. Pareva a taluno che fosse meglio costituirvi
unlIspettoria a sè; ma Don Bosco non volle. - Si lascino, disse,
le cose come sono. Fra alcuni mesi vedremo il da farsi e chi no-
minare Ispettore. Le circostanze indicheranno il partito conve-
niente. - Ma i mesi diventarono anni senza che le circostanze
consigliassero mutamenti. Le case di Spagna ricevettero il loro
primo Ispettore l'anno dopo la morte di Don Bosco, nella per-
sona di Don Filippo Rinaldi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XLII
I Salesiani nel Brasile.
Ostium mihi a9ertum est magnum et evidens, avrebbe potuto
dire Don Bosco riguardo al Brasile, come S. Paolo disse sul punto
di andare a Efeso (I). Una porta veramente grande e propizia
stava per aprirsi al suo apostolato nel più vasto fra gli Stati del-
l'America meridionale. Ad aprirgli questa porta la Prowidenza
si servi di un Vescovo, amareggiato nel suo zelo dall'impotenza
in cui si vedeva di prowedere efficacemente alla salvezza del suo
gregge. Parlo di Mons. Pietro Lacerda, Vescovo di Rio de Ja-
neiro, capitale deli'allora Impero Brasileno. Per lui Don Bosco
era l'inviato del Cielo nei tempi moderni. <<Nonsaprebbe dirsi,
scrive Don Albera (z), se vi sia stato altro Prelato che più inti-
mamente abbia conosciuto Don Bosco, più l'abbia stimato e più
teneramente a lui si sia affezionato >>.
Egli aveva conosciuto i Salesiani ricevendo i Missionari, che
nelle due spedizioni del 1875 e '76 erano passati per la sua città.
La seconda volta specialmente non poteva darsi pace che vi foc-
sero Salesiani solo per Buenos Aires e non anche per Rio Janeiro,
dove il bisogno di operai evangelici superava ogni immaginazione.
Nel 1877 venne allJOratorio per istrappare la grazia di averne
pure nella sua desolatissima diocesi. Don Bosco gli promise che
li avrebbe mandati ed egli partì con la speranza che questo do-
vesse essere fra breve; ma Don Bosco non si era pronunciato circa
i1 tempo. Cercare soggetti adatti e prepararli convenientemente
( I ) I Cor., XVI, g.
( 2 ) Sac. P. ALBERA,M o ~ sL. e i Lasagna, pag. 162. S. Benigno Canavese. zgoo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

48 Pages 471-480

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48.1 Page 471

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I Salesiani nel Brasile
non erano cose che si facessero tanto in fretta. Dell'argomento
i1 Canto ragionò a lujago nel 1881 con Don Lasagna, il quale,
avendo avuto modo di conoscere le condizioni religiose e civili
del Brasile, ardeva del desiderio di fare qualche cosa non salo
per la gioventù, ma anche per gSItau'ani ivi residenti e per le
tribù selvagge chc popolavano quelle immense foreste. Don Bo-
sco dunque lo incaricò formalmente di recarsi nella capitale per
concertare col Vescovo sul modo di dare principio a un'opera.
Don Lasagna, ritornato alla sua residenza e assettate le cose
del collegio di Villa Col& e dell'Ispettoria, s'imbarcò il 9 gen-
naio del 1882 per Rio de Janeiro. ((Come può congetturare, aveva
scritto tre giorni prima a Don Bosco, la mia mente, il mio spi-
rito è assorto nella grandezza dell'impresa, a cui stiamo per met-
ter mano, e nell'avvenire che in quel vastissimo Impero aspetta
i giovani Missionari di Don Bosco. I1 mio cuore è adunque in
preda alla trepidazione ed a grandi timori, ma nel tempo stesso
è animato da speranze ancor più grandi D. Alla partenza scelse
quella data per l'ottima occasione che gli si offriva di accompa-
gnarsi nel viaggio con Mons. Mocenni, reduce dalla Delegazione
del Cile e diretto al Brasile come Internunzio presso quelllImpe-
ratore.
Due cause inasprivano nel Brasile la piaga sociale della gio-
ventù abbandonata. L'Imperatore Don Pedro 11,giudicando im-
-possibile abolire d'un colpo la vigente schiavitù senza rovinare
Sagricoltura esercitata esclusivamente dagli schiavi, era ricorso
a una via di mezzo col promulgare una legge che dichiarava li-
beri tutti i figli degli schiavi che sarebbero nati in appresso. Per
effetto di tale provvedimento, preso undici anni prima, le vie
e le piazze brulicavano allora di ragazzi, che vivevano in balia
di se stessi (I).Inoltre le frequenti apparizioni della febbre gialla,
vero flagello del paese, rendevano orfani e derelitti innumerevoli
fanciulli. Quindi per la città Don Lasagna incontrava turbe di
giovanetti, che si addestravano insieme al malfare. I1 Governo
( I ) L'aboliz$one della scisiavitti fu l'ultimo grande atto dell'lmperatore Don Pedro Il.
nel 1888.come omaggio al giubileo sacerdotale di Leone XIII.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

48.3 Page 473

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I Salesiani nel Brasile
d'America, corsa in tutte le direzioni da molte tribù)); a quelle
altre tribù che popolavano le rive del Parà e deile Amazzoni,
deil'Arinos e del Tapajbs. <Vengano, scriveva a Don Bosco (I),
vengano numerosi i prodi del Signore, vengano a formare l'in-
trepida avanguardia dell'esercito invitto della Chiesa di Cristo!
Qui troveranno già spianata la via alle grandi conquiste e po-
tranno coronarsi la fronte d'immortali allori *.
Mons. Costa nel 1881 aveva già scritto .a Don Bosco una com-
movente lettera, perchè gl'inviasse alcuni Salesiani. Don Bosco,
ringraziandolo della fiducia da lui riposta nella nostra Società,
lo aveva assicurato che per suo incarico un Salesiano si sarebbe
da Montevideo portato al Parà per trattare di presenza. L'in-
viato era appunto Don Lasagna, ma con la sola missione di ve-
dere e di riferire, non di concludere. I1 Vescovo allora ricorse a
Roma. Il Card. Jacobini, Segretario di Stato, rimise al Santo
copia della lettera, eccitandolo a secondare nel miglior modo
possibile la domanda, il che avrebbe recato molta soddisfazione
al Papa. Don Bosco rispose che avrebbe preso cpn sollecitucline
a cuore la cosa. Per questo affrettò l'invio di Don Lasagna. Or-
mai si guardava ail'oratorio come a una piantonaia di Missio-
nari e a Don Bosco come all'uomo prowidenziale, mandato da
Dio per promuovere l'evangelizzazione degli infedeli e l'aposto-
lato missionario a pro dei fedeli più abbandonati in terre lon-
tane (2).
Mons. Lacerda dopo sei anni di attesa fu il primo ad avere
i Salesiani nel Brasile; nel 1883 Don Bosco ordinò a Don Lasa-
gna di procedere all'apertura della casa di Rio de Janeiro. Salpa-
rono con lui il IO luglio i1 Direttore designato Don Michele Bor-
ghino con due preti, un chierico e tre eoadiutori. Una pastorale
del Vescovo, riprodotta dai giornali, annunciandone l'arrivo, rac-
comandava caldamente alla carità dei diocesani il loro erigendo
ospizio. Se ne sperimentarono subito gli effetti; poichè, mentre
( I ) Villa Coldn. 24 novembre 1882.
( 2 ) Nel 1883 vennero all'oratorio parecchi Vescovi M8sionsri per domandare aiuti;
fra gli altri, Mons. Volonteri, Vicario Apostolico di Ho-nan nella Cina, e Mons. Biffi. Vescovo
di Cartagena, in Colombia.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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i settari davano in escandescenze contro gli stranieri, i ben pen-
santi mostravano con generose oblazioni i propri sentimenti; vi
fu perfino chi fece dono di una tipografia in pieno assetto.
Là, come in tanti altri luoghi, i nostri avevano per vicini i
Protestanti, un superbo istituto dei quali maschile e femminile
sembrava guardare d'alto in basso la loro umile dimora. La casa
venne intitolata Ospizio di Maria Ausiliatrice, nella speranza di
poter innalzare alla Madonna di Don Bosco una bella chiesa,
che fosse baluardo della fede contro l'invasione dell'eresia. Chia-
marono però subito i muratori per allestire un locale, dove co-
minciare l'oratorio festivo a tutela dei giovanetti, più bisognosi
di assistenza, perchè più insidiati.
Don Lasagna e Don Borghino fecero visita ali'Imperatore,
che li accolse con molta cordialità. Segni di grande benevolenza
diedero loro la Principessa Isabella, erede presunta del trono,
e il suo consorte Gastone d'orléans, Conte d'Eu, che due mesi
prima avevano conosciuto Don Bosco a Parigi. Anche il Presi-
dente della provincia promise il suo appoggio.
Ho accennato a Parigi. La fama delle accoglienze dei Pari-
gini al Santo era giunta nel Brasile, dove i giornali ne diffusero
l'eco. Questo mosse personaggi del clero e del laicato a molti-
plicare gl'inviti e le proposte. Basti sapere che nel mese di set-
tembre Don Lasagna aveva sul tavolo venticinque domande, le
quali s'indirizzavano a Lui, perchè Don Bosco ne aveva estesa
al Brasile la giurisdizione ispettoriale.
Nel suo innato ardore egli avrebbe voluto avere a' suoi or-
dini una legione di Salesiani; ma intanto concentrava i suoi sforzi
a favore dell'importante città di S. Paolo. Pressato dal Vescovo
Mons. Rodriguez andò a vedere e a trattare. Visitò parecchi
luoghi nella città e nei dintorni e scelse quello che gli parve più
opportuno. Lo accompagnavano ammiratori delle opere sale-
siane, pronti ad aiutarlo, qualora vi si andasse subito; ma egli,
esortando a pazientare, assicurò che si sarebbe adoperato a tutto
potere perchè Don Bosco mandasse presto i soggetti necessari.
Un episodio impressionante gli occorse durante quel suo giro.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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I Salesioni nel Brosile
Vide sparse sopra una collina capanne e casette, sulle quali le-
vava la punta un piccolo campanile, e intese che dimoravano
colà da sette anni alcune centinaia di famiglie italiane, condotte
e abbandonate al loro destino da ingordi speculatori. Volò to-
sto a quella volta. I coloni, appena corse la voce che c'era un
prete italiano, gli si affollarono intorno da ogni parte; poi un
uomo aperse la cappeila, dove entrarono tutti. Don Lasagna
tenne un commoveute discorsetto. È indescrivibile la gioia di
quella buona gente, che viveva là senza prete, senza sacramenti
e senza parola di Dio. Intenerito lasciò loro alcuni ricordi, ma
più di tutto la promessa di mandare fra non molto chi si pren-
desse cura delle anime loro. E mantenne la parola.
I Sampaolesi vollero subito accingersi aila costruzione di una
chiesa da dedicarei al Sacro Cuore, destinata ai Salesiani. A fianco
della chiesa presero a fabbricare per loro un edificio capace di
almeno cento alunni interni, senza contare gli esterni che avreb-
bero frequentato le medesime scuole. Don Lasagna, invitato dal
Vescovo, ritornò a S. Paolo nel giugno del 1884 per assistere alla
benedizione della priina pietra. Monsigaore avrebbe desiderato
redigere senz'altro l'atto di donazione; ma Don Lasagna lo pregò
di differire, mancando ancora l'esplicita approvazione di Don
Bosco. Persuaso però della necessità di affrettare la fondazione,
scrisse al Santo una tenerissima lettera, in cui lo scongiurava di
non frapporre indugi.
I1 Vescovo nelle due visite fattegli da Don Lasagna concepì
di lui tale stima, che soleva dire essere egli per Don Bosco quello
che i1 Zaverio era stato per S. Ignazio di Loyola. Non per nulla
dopo la morte di Don Bosco fu fatto Vescovo da Leone XIII
espressamente perchè si potesse dedicare con maggior efficacia
all'apostolato nel Brasile, primo di altri otto, finora, fra Arcive-
scovi e Vescovi salesiani nella grande Repubblica. Egli pure
fu davvero una prova vivente dei prodigiosi effetti ottenuti da
Don Bosco col suo metodo educativo. Tanti di noi udirono Don
Lasagna ricordare commosso la lunga pazienza esercitata con
lui dal santo educatore nel tollerarne le insofferenze di ogni giogo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XLII
disciplinare. Don Bosco ne scorgeva il buon fondo e con la sua
oculata longanimità ne fece un apostolo. Quali fossero i senti-
menti del Santo verso di lui, lo rivela anche questa vera effu-
'sione di cuore in una lettera indirizzatagli il 30 settembre 1885:
<<Tuhai secondata la voce del Signore e ti sei consacrato alle
Missioni cattoliche. L'hai indovinata. Maria sarà tua guida fe-
dele. Non ti mancheranno digcoltà ed anche malignità da parte
del mondo, ma non darti pena. Maria ci proteggerà. Noi vogliamo
anime e non altro. Ciò procuro di far risuonare all'orecchio dei
nostri confratelli. O Signore, dateci pur croci e spine e persecu-
zioni di ogni genere, purchè possiamo salvare anime e fra le al-
tre salvare la nostra >>I.n realtà croci e spine e persecuzioni non
gli erano mancate fino allora gli mancarono dopo. Magna-
nimo e impavido, portava alta anche fisicamente la fronte, per-
donando, ma insieme difendendo con la penna e con la parola i
diritti del bene contro i nemici di Dio e della Chiesa.
I1 Santo dunque, per tutta risposta all'accennata lettera,
aspettò che partisse per l'America il Cagliero insignito della di-
gnità episcopale, e allora rimise alla sua prudenza il decidere
circa l'apertura della casa di S. Paolo. Monsignore, passando per
Montevideo, esaminò maturamente il pro e il contro, e infine
decisero insieme di porre tosto mano all'opera. La casa fu aperta
nel giugno del 1885 sotto il titolo di Liceo del Sacro Cuore. N'era
Direttore Don Lorenzo Giordano, già vicedirettore a Villa Col6n.
Don Lasagna, che nel collegio di Lauzo l'aveva avuto discepolo
pio e intelligente, ne faceva grande stima; nè ebbe a pentirsene,
perchè Don Gioydano diventò uno dei Salesiani che grandemente
onorarono la Congregazione.
L'Ispettore accompagnò i Confratelli, che andavano a pren-
dere possesso della nuova casa. Gl'inizi furono assai laboriosi;
ma la benedizione di Dio rese fecondi i sacrifici di quegli ante-
signani. La loro intraprendenza scosse e mise in orgasmo i Pro-
testanti, che li accerchiavano. Allarmati questi specialmente per
l'oratorio festivo, si diedero a manovrare sott'acqua, spargendo
la sciocca diceria che i Salesiani attirassero i ragazzi allo scopo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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di farli arrolare nella marina. Ma i Salesiani ii lasciarono blate-
rare, prendendo motivo da simili ostilità per ispiegare più vigo-
rosamente il loro zelo a bene della gioventù. Oggi, nonostante
i progressi fatti dal Brasile, dopo la caduta dell'Impero, il Liceo
del Sacro Cuore non ha istituto che lo superi in tutta la Re-
pubblica.
Don Bosco, rallegrato dalle notizie clie gli giungevano di
laggiù, descrisse con vivo compiacimento in una conferenza ai
Cooperatori torinesi i primi passi dei Salesiani su quella terra
sconfinata, predicendo che assai numerosi sarebbero sorti colà i
loro coilegi con grandi opere missionarie, come si sta da tempo
awerando.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XLIII
Secondo e terzo Capitolo Generale.
Molto costò a Don Bosco il mettere in piedi e poi in moto
la Società; ma questa, una volta che fu avviata con l'approva-
zione definitiva delle Regole, prese a fare trionfalmente il suo
corso. Non già che il guidarla costasse poco al Fondatore; ma la
locomotiva, quando sia in ordine e in cammino, coopera nel suo
andare con chi la conduce. Un segno del suo regolare procedere
è nel ripetersi periodico dei Capitoli Generali, che si susseguono
con la normalità delle fermate nel percorso d'una linea ferrovia-
ria. Dopo il primo del 1877, venne il secondo nel 1880 e il terzo
nel 1883. Diremo di entrambi, premettendo a ognuno qualche
notizia sullo stato della Congregazione al loro aprirsi.
Nel 1880 i Soci effettivi, sommati con coloro che si prepara-
vano a divenire tali, erano 732, così ripartiti: 325 professi per-
petui, 80 professi triennali, 146 ascritti, 181 aspiranti. Le case
si raggruppavano in quattro Ispettorie con le denominazioni geo-
grafiche di Piemontese, Ligure, Americana, Romana. N'erano
Ispettori Don Francesia, Don Cerruti, Don Bodrato, Don Du-
rando. La Romana comprendeva, oltre le case di Roma (Tor
de' Specchi) e di Magliano Sabino, anche quella di Randazzo e
una di Brindisi, che però ebbe appena la vita iniziale di un anno,
essendo stata chiusa quasi subito per cause locali. A Tor de'
Specchi risiedeva il Procuratore con un chierico professo e un
coadiutore aspirante.
Non rechi meraviglia il vedere la Procura aggregata, come
qualsiasi casa, ad una Ispettoria. Da prima, titolare della Pro-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

48.9 Page 479

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Secondo e terzo Capitolo Generale
cura Salesiana fu, come dicevamo, Don Rua, per il triennio
18.7,7-.7.9 Dal 1880 vi sottentrò Don Dalmazzo; ma nel Catalogo
dei Soci quella carica è indicata col suo nuovo titolare soltanto
dal 1884 in poi. Don Bosco, che aveva presentato ufficialmente a
Roma Don Dalmazzo come Procuratore, tardò a presentarlo
come tale anche alla Congregazione, perchè, secondo il suo co-
stume, volte vederlo prima all'opera.
Gli Annuari Salesiani portavano sempre i cenni biografici dei
Soci defunti nell'anno antecedente. Era una cosa a cui Don Bo-
sco teneva molto; ma, poichè il dilatarsi della Congregazione ren-
deva ognor più difficile raccogliere con sollecitudine le informa-
zioni necessarie a redigere siffatte memorie domestiche, egli trac-
ciò uno schema, che unì al Catalogo del 1880, perchè servisse di
orientamento nel fissare le note richieste e aiutasse a riunirle
con prontezza. Lo schema conteneva le dieci indicazioni se-
guenti: « ro Fatti ed esempi della prima età in famiglia e nella
patria. 20 Tenor di vita in collegio o nell'ospizio, riguardo alla
scuola o al laboratorio. 30 Condotta durante la prova e dopo
la professione. 40 Uffizi disimpegnati. 5O Parole e opere spet-
tanti al sacro ministero, se il confratello è stato sacerdote e so-
pratutto se missionario. 60 Virtù speciali; detti e fatti. 70 Divo-
zioni e pratiche di pietà. 80 Discorsi e relazioni col prossimo.
g0 Scritti, come libri, biglietti e lettere; sentenze e inassime
estratte dai medesimi. 100 Circostanze detl'ultima malattia e
morte D. Tanto studio per mantenere vivo il ricordo di coloro
che nos praecesserant signo fidei et dornziunt .in somgzo #a&,
rispondeva allo spirito di famiglia coltivato con ogni cura da Doil
Bosco fra i suoi.
Del secondo Capitolo Generale andarono smarriti i verbali,
sicchè non sarà possibile seguirne lo svolgimento. Si sa però che
Don Bosco, diversamente dall'altra volta, non credette neces-
sario mandarvi innanzi una grande preparazione. Del resto, gli
argomenti proposti, coine è lecito arguire da ciò che diremo fra
breve, non dovettero avere gran che di speciale nè cose che ri-
chiedessero molto studio. Nuovamente, al termine, fu autoriz-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

48.10 Page 480

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zato il Rettor Maggiore a rivedere tutto e a formulare le delibe-
razioni.
Tre soli documenti ci rimangono. I1 primo è la lettera che lo
convocava a Lanzo per i primi di settembre. Vi si notificava
pure che, scadendo dalla loro carica tutti i membri del Capitolo
Superiore, meno il Rettor Maggiore a vita, si sarebbe proceduto
a nuove elezioni. Queste diedero i seguenti risultati.
RETTORES.ac. Bosco Giovanni.
PREFETTOS.ac. Rua Michele.
DIRETTORSEPIRITUALES.a . Cagliero Giovanni.
i j c o ~ o ~ Soa.c. Sala -4ntonio.
CONSIGLIERSECOLASTICSOa.c. Durando Celestino.
CONSIGLIERSEa. c. Ronetti Giovanni.
CONSIGI.IERES.ac. Lazzero Giuseppe.
MAESTRO DEGLI ASCRITTIS. ac. Barberis Giulio (I).
I1 secondo documento è una circolare latina di Don Bosco
ai Direttori e ad altri Superiori delle case, datata da Torino nel
primo giorno delta novena di Maria Immacolata. Poichè ci vo-
leva ancora del tempo per concretare, ordinare e dare alle stampe
le cose deliberate nel Capitolo, egli richiamava senza indugio
l'attenzione sopra otto punti, di cui raccomandava la fedele os-
servanza: 10 Rileggere attentamente le Deliberazioni del primo
Capitolo Generale, massime nelle parti riferentisi alla moralità
e all'economia. 20 Far fare i rendiconti mensili e il mensile eser-
cizio della buona morte. 3 O Non andare ai bagni, salvo che vi
fosse prescrizione del medico. 4 O Obbedire col fatto ai Superiori;
non allontanarsi per nulla dalla propria casa senza il debito per-
messo e senza ragionevole motivo. 50 Eliminare assolutamente
quella causa di ogni male che sono le vacanze in famiglia o in
casa di amici. 60 Esemplarità di vita e fuga di ogni cosa che ab-
bia anche solo apparenza di scandalo. 70 Pazienza, carità e dol-
( I ) Le Regole del 1874 consideravano come unico il Maestro degli Ascritti. il quale venne
alcune volte eletto dal Capitolo Generale. Futchè durò questo stato di cose, egli fece parte
del Capitolo Superiore. I1 decimo Capitolo Generale del 1904deliberò che i Maestri dei NoviW
fossero eletti dal Rettor Maggiore col consenso del suo Capitolo, udito il parere dei relativi
Consigli Ispettoriali.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

49 Pages 481-490

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49.1 Page 481

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Secondo e t n z o Capitolo Generale
cezza negli atti e nelle parole. 80 Entro i mesi di febbraio e di
marzo scrivere tutti al Rettor Maggiore, dando notizia della pro-
p.ria salute e della vocazione. I Direttori dovevano far tema di
conferenze ai Confratelli queste raccomandazioni, che toccavano
lati così essenziali della vita salesiana.
Ma il documento di maggiore importanza è il terzo; voglio
dire il volume delle Deliberazioni, pubblicato due anni dopo (I).
Dal confronto si vede che il secondo Capitolo Generale non fu
se non una revisione e un completamento del primo. La revisione
apportò qua e là leggiere modificazioni suggerite dall'esperienza;
il completamento introdusse alcune poche aggiunte di cose ri-
maste precedentemente in sospeso. Così quattro righe prowiso-
rie del 1877 sullo Studio tra i Salesiani cedettero il posto a due
capi intitolati Studi Ecclesiastici e Studi filosofici e letterari. Inol-
tre agli anteriori Regolamenti ritoccati o ampliati per glJIspet-
tori, i Direttori, i Capitoli Generali e la Direzione delle Suore ne
furono aggiunti due, la cui materia era stata già oggetto di stu-
dio nel 1877, cioè i Regolamenti per Selezione dei membri del
Capitolo Superiore e per gli uffici di ciascun membro. I1 pro-
gramma dunque del secondo capitolo non esigeva grande pre-
parazione.
Nel presentare ai Soci il volumetto Don Bosco scriveva: Lo
sviluppo della nostra Pia Società in Europa ed in America è un
sicuro indizio che Iddio la benedice in una maniera speciale. Sia
perciò impegno d'ogni Salesiano di rendersi ognor più degno della
grazia 'del Signore collo spirito di preghiera, d'ubbidienza e di
sacrificio. Ciò noi potremo ottenere per mezzo dell'esatto adem-
pimento delle nostre Costituzioni e di queste deliberazioni n.
Nel 1880 si fecero modificazioni nelle Ispettorie. Alle quattro
antecedenti ne furono aggiunte due, essendosi staccata la parte
francese dalla ligure e sdoppiata l'Americana con le denomina-
zioni di Ispettoria Argentina con Ispettore Don Costamagna e
Ispettoria d'uruguay e Brasile con Ispettore Don Lasagua. Primo
( I ) Delibera~ionidel secondo Capitolo Generale della Pia Società Salesiana tenuto in Lanzo
Torinesa nel settembre 1880. Torino, Tip. Sal., ~ 8 8 2 .
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XLIII
Ispettore per la Francia fu Don Paolo Albera con residenza a
Marsiglia. La Romana continuava a chiamarsi così convenzio-
nalmente, perchè oltre le case di Roma, Magliano e Faenza,
comprendeva anche quelle di Ranzazzo e di Utrera, sempre sotto
la reggenza di Don Durando.
A Sampierdarena il futuro secondo successore di Don Bosco
si,era guadagnata la stima e la confidenza non solo del clero
genovese, ma anche della Curia e dell'Arcivescovo. Per il suo na-
turale piuttosto timido il preavviso di tenersi pronto l'aveva spa-
ventato; quel dover cambiare nazione e lingua gli parve cosa
troppo superiore alle sue forze. Espose le sue difficoltà; ma Don
Bosco non mutò pensiero. Rimise dunque la direzione a Don
Belmonte nell'ottobre del 1881 e .partì. L'abate Guiol, che l'a-
veva conosciuto a Sampierdarena, lo annunciò alle Signore del
Comitato come u sacerdote giustamente avuto in pregio per me-
rito e ,capacità» e poi lo presentò loro come Superiore la cui
«presenza era apportatnce delle più liete speranze per l'avve-
nire del Patronage» (I). Quelle speranze si avverarono a segno
che Don Albera a Marsiglia e altrove era salutato comunemente
col nome di +etit Dolz Bosco.
Nell'anuo del terzo Capitolo Generale Don Bosco ricevette
in sog.uo da Don Provera alcuni awisi importanti per il buon
andamento della Congregazione (2). I1 principale era espresso
in questi termini: {(Prenda un falcetto bene arrotinato e faccia
da b u ~ nvignaiuolo: tagli i tralci secchi o inutili per la vite. Al-
lora essa diverrà vigorosa e farà copiosi frutti e quello che im-
porta assai, frutterà per molto tempo >>.Don Bosco ne tenne
il debito conto.
I1 30 Capitolo Generale fu convocato a Valsalice. Aperto la
sera del 10 settembre, 1883, durò fino a tutto il 7 (3). Vi presero
( I ) ProcEs. uerbaux-del Comitato, 7 e 28 ottobre 1881,
(2) n "gno fii scritto da D p Bosco stessa (Arch. Sal., Autografi di Don Bosco. N. 369).
(3) Uno schema diramato il zo giugno presentava questi otto punti, che i Soci erano
invitati ad esaminare per farvi le loro proposte: I. Regolamento per gli esercizi spirituali.
11.Regolamento per gli Asctitti e per lo studio dei medesimi. 111.Regolamento per le Par-
rocchie dirette e dirigende dai Salesiani. IV. Cultura dei Confratelli Coadiutori. V. Indirizzo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

49.3 Page 483

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Secondo e term Capitolo Generale
parte 35 membri, compreso Don Bosco. Don Bonetti n'era il
Regolatore. I verbali sono piuttosto magri; inoltre mancano i
fogli contenenti le relazioni dei due primi giorni. Dal giorno 3
in poi si trattò del Bollettino Salesiano, delle monografie d'ogni
casa, degli esercizi spirituali, del noviziato e della moralità. Nella
seduta pomeridiana del 4 Don Bosco esortò i Capitolari a rego-
larsi secondo questo criterio: ((Quanto qui si tratta, deve ser-
vire di norma da oggi a dieci, a venti, a cento anni; perciò bi-
sogna fare come quel pittore che diceva: Aeternitati Fingo )>.
Riguardo al Bollettino e ai Cooperatori, si ribadirono cose
che già abbiamo esposte in due capi precedenti. Riguardo poi
alle monografie, D3n Bosco, parlato della loro importanza, in-
giunse che l'anno appresso ogni Direttore gli portasse qudla
della propria casa. I1 Regolamento per gli esercizi spirituali chi
lo voleva diffuso, chi sintetico; alla fine Don Bosco disse di pre-
pararne uno buono che servisse veramente a rendere fruttuosi
gli esercizi, sicchè fossero compensati i sacrifici che si facevano
per essi.
Hanno un valore storico le cose che egli disse sul noviziato
dei chierici e dei coadiutori, e le disse perchè fosse ben compreso
lo spirito delle nostre Regole su questo punto. Ricordò dunque:
11 Santo Padre Pio IX mi ripetè più volte che nel formare i
Salesiani si mirasse a renderli quali dovrebbe essere un sacer-
dote esemplare in mezzo al mondo. Perciò si richiedono esercizi
di pietàsonducenti a questo fine; nello stesso tempo è bene che
gli ascritti abbiano i loro uffici da disimpegnare, perchè si vegga
quali siano le loro attitudini e disposizioni. Bisognerà però fare
in modo che non siano impedite le pratiche di pietà)). Ram-
mentò pure come Pio IX consigliasse di non usare la parola no-
viziato, ma di trovarne un'altra, essendo il mondo mal preve-
nuto contro tale denominazione. Quanto alla concessione del me-
desimo Pio IX, che gli ascritti nell'anno di prova potessero at-
da darsi alla parte operaia nelle Case Salesiane e mezzi di sviluppare la vocazione dei gio-
vani artigiani. VI. Norme pel licenziamento dei Soci. VII. Impianto e sviluppo degli Oratoffl
Festivi presso le Case Salesiane. VIII. Revisione e modificazione del Regolamento delle Case.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

49.4 Page 484

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capo XLIII
tendere anche agli studi ed a qualche altra occupazione, comu-
nicò che nella prima udienza concessagli da borie XIII egli
aveva esposto le concessioni del suo predecessore; al che il Papa
aver risposto che non intendeva di mutare nulla nelle cose ac-
cordate; occorrendo mutazioni, si sarebbe provveduto. Don Al-
bera osservò quarito riuscisse duro agli ascritti.francesi fare il
noviziato in Italia sia per diversità di lingua e di mentalità,
sia specialmente per incompatibilità nazionali. Don Bosco, con
plauso del Capitolo, annunciò che si sarebbe aperto nei pressi
di Marsiglia un noviziato per i Salesiani e un altro per le Figlie
di Maria Ausiliatrice.
Al noviziato dei Coadiutori assegnò per base quello che si
era praticato fino allora, cioè renderli buoni cristiani, e disse:
Un ascritto coadiutore, se metta in pratica le regole della casa
e le Regole generali della Congregazione e adempia i suoi doveri
religiosi, ne avrà a sufficienza. L'importante è trovare chi pensi
seriamente a loro e li guidi e li aiuti >>. Si deliberò dunque che i
Coadiutori avessero un noviziato a parte, e la deliberazione fu
messa in atto con la massima prestezza nella casa di S. Be-
nigno.
Sul punto della moralità Don Bosco fece tre raccomanda-
zioni: non ammettere estranei alla mensa comune Is'intende abi-
tualmente), ma destinare per essi un refettorio a parte con qual-
cuno che tenga loro compagnia, chiudere le case a ogni donna,
ed eseguire al più presto quanto era stabilito per appartare le
Suore. Al qual riguardo disse testualmente: <Per causa di rela-
zioni pervenute. a Roma alcuni della Congregazione dei Vescovi
e Regolari proposero una visita apostolica, che si sarebbe fatta,
se il Santo Padre non l'avesse .impedito. Una visita di questo
genere avrebbe gettato una brutta macchia sulla nostra riputa-
zione n. La p-roposta della visita era stata presentata dal Cardi-
nal Ferrieri, Prefetto di quella Congregazione, per una delazione
che fortunatamente non rispondeva a verità. Don Bosco diede
un anno di tempo per provvedere all'isolamento delle Suore;
spirato l'anno, avrebbe ordinato una visita d'ufficio.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

49.5 Page 485

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Secondo e terzo Capitolo Generale
Garanzia di moralità è allontanare i soggetti pericolosi. Qui
Don Bosco si servì di un paragone. Come si fa per vagliare il
grano? Versatolo in un primo crivello, cascano giù terra e pie-
truzze. Poi lo si passa in un secondo crivello, e ne cade il lo-
glio. Si ripete l'operazione con un terzo crivello, che scarta al-
tre materie eterogenee. Ma non è ancora finito. Fra i chicchi
buoni se ne mescolano di guasti, e lì non c'è crivello che valga:
bisogna levarli via con le mani, altrimenti guasterebb,erola parte
buona. L'immagine diceva chiaramente il suo pensiero.
Nell'ultima seduta fece sei raccomandazioni, messe a ver-
bale. Eecole, un po' ritoccate nella forma.
10 Bisogna che cerchiamo di conoscere i nostri tempi e di
adattarvici, rispettando gli uomini t parlando bene, finchè si
può, delle Autorità civili o altrimenti tacendo. Lo stesso dicasi
delle Autorità ecclesiasticlze: rispettarle, farle rispettare ed an-
che con sacrificio sostenerle. Col tempo e con la pazienza tali sa-
crifici saraimo ricompensati da Dio.
z0 I Direttori, essendo responsabili del nostro buon nonle
davanti al pubblico, facciano tutti i loro sforzi, perchè sia con-
servata la moralità. I mezzi sono le Regole e le Deliberazioni.
Le osservino e le facciano osservare. Ma prima bisogna co110-
scerle. Servono a questo le due conferenze mensili. Non occor-
rono conferenze dotte: basta leggere qualche punto e aggiun-
gervi brevi spiegazioni ed esortazioni. Se si ottiene che si vada
subito a riposo dopo le orazioni della sera e si osservi il silenzio
assoluto fino al mattino, sarà un guadagno grande.
30 Nemo re@ente f2 summus, nemo repelzte fit naalus. Quindi
badare ai principi. Si comincia a lasciare la meditazione e le
pratiche di pietà; poi c'è qualche giornale, qualche amicizia par-
ticolare... Princilliis obsta.
40 Certi atti innocenti di affetto verso i giovanetti possono
essere usati dal Superiore, ma da altri no, e solo a fine di av-
viarli al bene. I ragazzi in collegio non parlano; ma, trovandosi
poi con i parenti, dicono ed aumentano, con detrimento della
stima nostra e della gloria di Dio.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XLIII
5 O In materia di castighi, s'insista opportume e importume,
perchè sia praticato il sistema preventivo. Non schiaffi, non ta-
vola di punizione per lungo tempo. I maestri riprendano, rim-
proverino, ma non infliggano castighi corporali. Riferiscano in-
vece al Direttore, il quale agirà secondo le norme del sistema
preventivo. Spesso i giovani sono meno colpevoli che non si
creda.
60 I Direttori non pretendano di avere tutti i Confratelli
perfetti. Facciano loro da padri, li aiutino, li avviino alla per-
fezione. Don Bosco nofi può più, come una volta, visitare spesso
le case e dirigere personalmente. I1 Direttore stia alle Regole
e non trat-ti mai bruscamente. Usi carità, e se c'è uno che non
faccia per la casa, scriva al Rettor Maggiore, che aggiusterà
tutto.
Conchiuse così: Tornando alle vostre case, saluterete i Con-
fratelli e tutti i giovani. Ricordatevi bene che la gloria della
Congregazione è nelle vostre mani. L'aiuto di Dio non mancherà.
Avete a Torino degli amici e un padre. Pregate per lui ed egli
non si scorderà di voi nella Santa Messa».
Per la terza volta il Capitolo formò il decreto, con cui si con-
cedeva al Rettor Maggiore la facoltà di completare le Delibera-
zioni e di precisare altro non interamente definitivo. Le Deiibe-
razioni non furono pubblicate a parte, ma fuse con quelle del
quarto Capitolo Generale, tenuto nel 1886.
Nei tre primi Capitoli Generali non troviamo un vero e pro-
prio Segretario del Capitolo Superiore. Difatti il Capitolo Supe-
riore non l'ebbe fìno al 1883; prima fungeva da Segretario qual-
che membro del Capitolo stesso. Nell'ottobre di quell'anfio Don
Bosco chiamò per tale ufficio da Nizza Monferrato Don Zemoyne,
che prese stanza nell'Oratorio nè più se ne aUontaaÒ fìno alla
morte. Dal 14 dicembre 1883 i verbali del Capitolo Superiore
furono redatti da lui, che vi raccoglieva spesso parole testuali
di Don Bosco. I1 Santo aveva tanta fiducia in lui, che nei primi
giorni del suo segretariato gli disse: Io non avrò segreti per te,
nè quelli del mio cuore, nè quelli delia Congregazione a. Ecco
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Secondo e terzo Cafiitolo Generale
in che maniera Don Bosco divenne egli stesso una fonte assai
preziosa per la sua biografia e per la storia deiia Società. Ve-
ramente anche prima era stato solito raccontare molte cose
personali; ma negli ultimi anni, quando l'età e la salute lo ob-
bligavano a passare molte ore nella sua cameretta senza potersi
applicare, aveva tutto l'agio di ricordare e di raccontare, e poi
allora c'era il vantaggio che le sue parole non restavario solo
affidate alla labile memoria di chi udiva, ma il Segretario ne
pigliava subito appunti, meditando già di raccogliere materiali
per quando avrebbe posto mano a stendere le Memorie Bio-
grafiche.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

49.8 Page 488

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CAPO XLIV
Concessione dei privilegi.
Alla Società, per non essere da meno delle altre famiglie reli-
giose di diritto pontificio, mancava ancora un requisito: man-
cavano i privilegi. Si chiama così un complesso di favori e gra-
zie, che la Santa Sede accorda non solo a titolo di onore, ma
anche a scopo di utilità e per ragioni di pratica necessità. Giova
a una estesa Congregazione l'andare esente da certi obblighi, il
cui adempimento può per circostanze di luoghi e di tempi riu-
scire oltremodo oneroso. Ricorrere ogni volta a Roma per di-
spense o per soluzioni di dubbi non torna sempre agevole o pos-
sibile. Se poi si vuole che in una Congregazione regni la dovuta
uniformità, fa d'uopo non dover sottostare in tutto e per tutto
ad autorità locali, che potrebbero imporre cose non consone alla
natura e allo spirito di un Istituto. Ecco dunque che fine essen-
ziale dei privilegi è di tutelare con l'autorità pontificia nelle Con:
gregazioni religiose la tranquilla osservanza deile Regole senza
contrasti di altre giurisdizioni.
Diamo uno sguardo retrospettivo. Propagatosi il Monachi-
smo in Occidente dopo S. Benedetto, i Papi accordarono alle va-
rie famiglie monastiche certi privilegi, che servissero loro per
santificarsi e fare maggior bene. Col tempo, ogni volta che appa-
riva un nuovo Ordine monastico, la Santa Sede gli concedeva
ad ilzstar, ossia per assimilazione, i privilegi accordati già ad altre
~stituzionimonastiche con l'aggiunta di nuovi, richiesti dal mu-
tare dei tempi, sicchè nel corso dei secoli il numero dei privilegi
andò crescendo a dismima. Succedute poi nel secolo XVi agli
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Concessione dei privilegi
Ordini le Congregazioni religiose, dedite maggiormente ai mini-
steri sacri e consacrate all'insegnamento, Roma troncò la con-
suetudine di comunicare a queste i privilegi goduti da quelli.
Tuttavia l'esperienza insegnò che senza certe franchige i nuovi
religiosi incappavano troppo spesso in difficoltà, che ne incep-
pavano l'azione; quindi la Chiesa ricominciò a concedere alcuni
privilegi, poi altri e altri, finchè con tornare all'uso antico
di accordare privilegi in massa per comunicazione. I primi ad
averli così furono i Teatini, ai quali Leone X comunicò i privi-
legi dei Canonici Regolari. Venute poi le Congregazioni di voti
semplici, sebbene ottenessero da principio privilegi in via di-
retta, pure si passò anche con loro alla concessione globale dei
privilegi per comunicazione. Ultimi li ottennero così nel secolo
XVIII gli Oblati di Maria Vergine ed i Rosminiani; dopo di che
Pio I X rinnovò la disposizione che vietava la concessione dei
privilegi in tale forma e volle che d'allora in poi i Fondatori do-
mandassero alla Santa Sede specificatamente solo quelli, dei
quali credessero di aver bisogno.
Don Bosco, persuaso che fossero più impellenti che in pas-
sato i motivi di quelle tali larghezze, si recò a Roma nel febbraio
del 1875 con l'intenzione di riottenere la comunicazione dei pri-
vilegi in genere e la facoltà in specie di rilasciare a' suoi chie-
rici le dimissorie per essere ordinati da qualunque Vescovo. Ri-
guardo alla comunicazione, le sue preferenze erano per i privi-
legi dei Redentoristi. Al duplice scopo presentò al Papa due di-
stinte suppliche. I1 Papa nominò una Commissione di quattro
Cardinali per l'esame e il voto (I). Tosto il Smto indirizzò loro
una Memoria mirante a chiarire le ragioni delle sue richieste e a
sciogliere le obiezioni, che si potessero sollevare in contrario.
Ciò fatto, visitò i singoli Porporati e ripartì per Torino.
Qui gU pervenne dalla Segreteria della Congregazione dei Ve-
scovi e Regolari una nota, nella quale a titolo di chiarimenti gli
si chiedeva se la Società avesse fatto qualche progresso dopo la
( 1 ) Erano i medesimi che nel 1874avevano esaminato le Regole, ciod gli Em.mi PatIizi,
De Luca, Bizzarri e Martinelli.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

49.10 Page 490

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Copo XLIV
definitiva approvazione delle Regole e quali ragioni potesse ad-
durre che giustificassero la domanda dei privilegi in globo, anzi-
chè a volta a volta secondo il bisogno. Egli diede ampia risposta.
I Cardinali tennero in agosto una prima adunanza preparatoria,
in cui presero notizia di tutto l'incartamnto; si riunirono poi
di nuovo in settembre per la discussione. L'esito non fu favore-
vole. Sul punto delle dimissorie si rispose con la formula: Nega-
tive et ad mentem. Il pensiero dei Cardinali era che si comuni-
casse ali'Arcivescovo di Torino la domanda di Don Bosco circa
la facoltà deiie dimissorie e il rifiuto della Sacra Congregazione,
e che si dicesse a Don Bosco di contentarsi deli'indulto decen-
nale accordatogli il 3 agosto 1874 da Pio XX; si esortasse inoltre
l'Arcivescovo di tenerne conto per non obbligare la Sacra Con-
gregazione a provvedere altrimenti. Sulla comunicazione dei pri-
vilegi si rispose: Commumicationem, ut petitu?, non expedire, non
potersi cioè esaudire la domanda così com'era fatta. La Sacra
Congregazione però stabilì di supplicare il Santo Padre, perchè
si degnasse di dichiarare le case regolari della Società Salesiana
esenti dalla giurisdizione e dalla visita degli Ordinari in tutto
quanto concernesse la disciplina interna e l'amministrazione,
intatta rimanendo la giurisdizione dei medesimi sopra le chiese,
i sacramenti e i1 ministero.
Pazienza! esclamò Don Bosco. Ma aver pazienza non signi-
ficava per lui darsi vinto. Pensò tosto al modo di ottenere, come
si dice, un reingresso alla discussione della causa. Senza i privilegi
la personalità giuridica della Congregazione era minorata; senza
la facoltà delle dimissorie ad quemcumque Episcopum non sareb-
bero cessati certi incagli che in qualche diocesi si frappone-
vano sempre al conferimento degli ordini sacri. La possibilità
di un riesame gli parve che avrebbe fondamento in quell'inciso
ut petitur, a tenore della domanda presentata. Sperò dunque che
bastasse riformare l'istanza. Ma prima di riaffrontare la que-
stione, la prudenza voleva che lasciasse trascorrere un po' di
tempo, sicchè intanto sorgessero circostanze nuove. Per il mo-
mento girò la posizione, domandando tredici favori isolati, fra
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

50 Pages 491-500

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50.1 Page 491

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Concessione dei prieilegi
cui la facoltà delle dimissorie. Un fatto nuovo giustificava l'i-
stanza a sì breve intervallo. Stavano per partire i Missionari
della prima spedizione e quei favori dovevano servire per loro.
La domanda fu rimessa dal Papa ai quattro Cardinali. Identica
risposta dell'altra volta circa le dimissorie; dilazione ad altro
tempo per il resto. I1 rinvio si risolse poi in un rigetto della
domanda. Non si volle contrariare un Ordinario, il quale ci ve-
deva un menomamento della propria giurisdizione. Ritornato
quindi a Roma nell'aprile del 1876, riuscì ad ottenere diversi
favori, fra gli altri quello di potere per tre anni iii Italia e per
cinque all'estero, durante il decennio accennato poc'anzi, pre-
sentare alle ordinazioni anche fuori delle Quattro Tempora; ma
Pio I X glielo concesse quasi di sottomano, cioè senza Rescritto
e a insaputa della Sacra Congregazione, affuichè a Torino non
se ne avesse sentore. Sotto eguali cautele ottenne pure la di-
spensa dall'obbligo di chiedere ai Vescovi le lettere testimoniali
per tutti coloro che domandavano di entrare nella Congregazione;
perchè il chiederle esponeva a dinieghi e ad accaparramenti di
giovani per i seminari. Coli questo ripetere le insistenze egli
aveva anche in mira di tener viva la questione.
E per ritornare suli'argoniento tutte le occasioni erano buone.
Trovandosi a Roma nei primi giorni del Pontificato di Leone XIII
e scrivendo delle sue difficoltà torinesi al Card. Oreglia, ìl quale
sotto Pio I X faceva in qualche modo da Protettore della Società,
gli diceva (I): << Tutti gli Istituti e Congregazioni ecclesiastiche
in Italia definitivamente approvate ottennero la comunicazione
dei privilegi. I Salesiani non poterono finora conseguire questo
segnalato favore che ci avrebbe tolti da tutti gli imbarazzi in
cui siamo stati e tuttora ci troviamo >>N. el 1879 fece sentire la
necessità che aveva dei privilegi, domandandone parecchi a
Leone XIII con due suppliche del 7 marzo. Nella sua relazione
poi del medesimo anno alla Santa Sede, sempre rispetto alle con-
trarietà, a cui la Coilgregazione era fatta segno, lamentava la
mancanza dei privilegi, che la menomava nella comune estima-
( i ) Lettera Roma, 2 3 marzo 1878,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

50.2 Page 492

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capo XLIV
zione e ne inceppava l'andamento materiale e morale. Ed il
13 giugno, pigliando motivo dai continui attriti con l'Autorità
ecclesiastica di Torino, scriveva al Card. Nina Protettore: <La
grazia che al presente ci è sommamente necessaria è la comuni-
cazione dei privilegi come godono i Passionisti, i Redentoristi
e gli stessi Oblati di Maria Vergine e in generale godono le Con-
gregazioni ecclesiastiche approvate dalla Chiesa ». In un'udienza
del 5 aprile 1880 se ne aperse direttamente col Papa, il quale
però gli disse che egli per sistema era contrario ai privilegi dei
Religiosi. E Don Bosco sorridendo: - Ma allora i Religiosi non
possono esistere! E poi i privilegi sono segni di benevolenza, che
la Chiesa può concedere o non concedere od anche ritirare quando
crede. - I1 Papa troncò interrogando che cosa insomma do-
mandasse. E Don Bosco, battendo in ritirata: - Domando due
o tre privilegi che godono tutti gli altri Religiosi. - I1 Papa
dinanzi a una richiesta così moderata gli disse d'intendersi col
Card. Alimonda, chè tutto si sarebbe aggiustato. Dovendosi du-
rante una sua controversia con la Curia scagionare a Roma e
scrivendo il IO luglio seguente al Cardinale Protettore, metteva
il dito sulla causa delle gravi difficoltà che s'incontravano presso
la Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari <<permettere
l'umile Società Salesiana in uno stato normale ».
Dall'essere la Congregazione alla mercè degli Ordinari dioce-
sani erano derivati h o allora e sarebbero derivati in seguito tali
inconvenienti, che Don Bosco, prima che il Signore lo chiamasse
a sè, voleva assolutamente regolare questo punto per sempre.
Ecco perchè, tenace nel suo proposito, non desistette dallo sforzo
per raggiungere l'intento. Dopo una serie di tentativi timidi o
parziali, affrontò di nuovo in pieno la questione fra it 1881 e
1'82. Vi mandò innanzi un doppio lavoro preparatorio tanto a
Torino che a Roma. A Torino fece riunire e stampare tutti i do-
cumenti dei favori concessi da Papi e da vari Vescovi alla So-
cietà (I). La raccolta si apriva con grazie largite da Gregorio XVI
( I ) Favori e gra* spirituali conassi dalle S. S& alln Pia Societd di S. Francasco di
Salas dal 1845 al 1879. Torino, Tip. Sal., 1881.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

50.3 Page 493

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Concessione aèì prioilegi
il 18 aprile 1845 e si chiudeva con alcune facoltà accordate di
recente dal Vescovo di Fréjus e Tolone e dal Vescovo d'Ivrea
per i Salesiani residenti nelle loro diocesi. L'opuscolo fu distri-
buito alle case per informazione e per uso discreto; ma doveva
servire specialmente a mettere in evidenza il bisogno di privi-
legi, riconosciuto in vari modi col fatto. A Roma poi, dove andò
nell'aprile del 1881,si adoprò a guadagnarsi l'animo di Prelati
influenti per averli favorevoli nel momento opportuno.
Un altro passo fece nell'autunno per tastare il terreno. I,'oc-
casione gliela offerse Mons. Guarino, Arcivescovo di Messina.
Questi da tempo, e ultimamente con le lacrime agli occhi, lo
supplicava di mandare Salesiani a rialzargli il seminario, ridotto
assai male. Don Bosco fini con porgli una condizione, che cioè
si valesse della sua influenza per ottenergli la comunicazione dei
p- rivilegi. I,'Arcivescovo, sebbene conscio della difficoltà, pro-
mise. Recatosi poco dopo a Roma, ci si mise con grande impe-
gno. Ma cominciò a trovar duro presso la Congregazione dei Ve-
scovi e Regolari; il Prefetto Card. Ferrieri aveva un concetto
sfavorevole della persona e dell'opera di Don Bosco. Tuttavia
si attentò a parlarne col Papa. A' suoi elogi sulle benemerenze
dei Salesiani Leone XIII rispose con elogi; ma, udita la men-
zione dei privilegi, osservò che gli altri Ordini religiosi li ave-
vano ottenuti dopo secoli di meritorii lavori, mentre la Congre-
gazione Salesiana, recente com'era, doveva lavorare ancora per
ottenerne la partecipazione (I).
Replicare l'Arcivescovo non poteva; ma Don Bosco gli spedì
una supplica, pregandolo di presentarla egli stesso al Papa. Se
non che Monsignore, preso consiglio dal Card. Nina, non la pre-
sentò; la consegnò nondimeno alla Segreteria della Sacra Con-
gregazione. Così stavano le cose, quando il Santo entrò diretta-
mente in azione. Andato a Roma nell'aprile del 1882 e ricevuto
da Leone XIII, perorò la sua causa. I1 Papa fu tocco dal suo
linguaggio, tanto che gli rispose di andare da Mons. Masotti, no-
( I ) Lettera di Mons. Guarino a Don Bosco, Roma, zi novembre r88r.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XLIV
velio Segretario dei Vescovi e Regolari, e di dirgli che giiene
parlasse in una delle ordinarie udienze. Pochi giorni dopo il Car-
dina1 Bilio, Vescovo di Magliano Sabino e molto benevolo ai Sa-
lesiani, rammentò al Papa il desiderio di Don Bosco, riportan-
done l'impressione che egli inclinasse veramente a contentarlo.
Per battere, come si dice, il ferro quand'era caldo, Don Bosco
umiliò al Papa una supplica, nella quale, rappresentato lo svi-
luppo delta Società negli otto anni dopo la defìnitiva approva-
zione e dedottane l'urgente necessità dei privilegi, chiedeva la
comunicazione di quelli concessi da Leone XII il 12 settem-
bre 1826 agli Oblati di Maria Vergine, fondati dall'Abate Lanteri.
Tali privilegi erano gli stessi già accordati ai Redentoristi.
Mons. Masotti, conosciuto il pensiero del Papa, prese l'affare
nelle sue mani. Frattanto Sua Santità nominava segretamente
una Commissione cardinalizia, composta degli Eminentissimi
Sbarretti, Martinelli e Zigliara, per lo studio della questione.
I1 Santo, partito da Roma con buone speranze, non lasciò
raffreddare la cosa. Ma che! Sul fìnire di luglio il Procuratore gli
notifica che la comunicazione dei privilegi ad instar non si con-
cede; spedisca perciò a Mons. Masotti una nota distinta di privi-
legi desiderati, ma ben formulata e documentata; Monsignore
se ne interesserà seriamente. Don Bosco invece, non avendo an-
cora ricevuto partecipazione ufficiale in contrario, scrisse il 4
agosto al Cardinaie Protettore, dicendogli in proposito: <<Sedi-
mandiamo soltanto alcuni privilegi, noi saremo, come in pas-
sato, ad ogni momento incagliati. Se la Santa Sede vuole met-
tere i Salesiani in wio stato normale e non esporli ad ogni mo-
mento negli imbarazzi, è indispensabile una comunicazione for-
male dei privilegi D.
Egli provvide tuttavia per il caso che la domanda non fosse
accolta. Dai privilegi dei Liguorini, dei Passionisti e dei Lazza-
risti ne fece estrarre 94 più indispensabili e li mandò il 21 ago-
sto al Segretario della Sacra Congregazione con una lettera, nella
quale gii diceva: << Io metto questa pratica s ~ t t ola benevola pro-
tezione dell'E. V. La domanda & certamente di urgenza. Le no-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Concessione dei privilegi
stre Missioni in America si moltiplicano ogni giorno. Vi sono
delle case che dalle altre distano quasi due mesi di cammino.
Come mai poter stabilire delle norme certe ed invariabili, se
prima non sono stabilite e regolate dalla Santa Sede?*. Mandò
pure copia al Cardinale Protettore. Al Papa Don Bosco faceva
la presentazione dei documenti con una breve e umile supplica
in latino, senza omettervi un velato accenno alla comunicazione
ad irzstar. La Sacra Congregazione rispose con la formula Dilata,
che vuol dire, a miglior tempo. Scrivendone al Procuratore, il
Santo conchiudeva (I): <<CaroD. Dalmazzo, lavora, ma sempre
colla dolcezza di S. Francesco di Sales e colla pazienza di Giobbe ».
Per aiiora non era più da parlare di concessione totale o par-
ziale. Quanto all'awenire, persone autorevoli da Roma gli con-
sigliavano di dar tempo al tempo; poste le favorevoli disposizioni
del Papa, essere solo questione di tempo. Lo stesso Santo Padre
disse al Procuratore (2): e Avete nemici e bisogna che camminiate
coi calzari di piombo, perchè in' Roma si dà corpo anche alle
ombre D.
Così terminò il 1882 e cominciò il 1883, nel qual anno Don
Bosco non fece il solito viaggio a Roma nè si occupò di privilegi.
Era l'anno deiia storica andata a Parigi. A Roma non tornò se
non nel maggio del 1884. I1 Papa gli dimostrò vera cordialità,
cosa affatto insolita da parte di Leone XIII, sempre piuttosto
grave e non espansivo nelle sue manifestazioni. Don Bosco, in-
coraggiato da tanta bontà, lo supplicò di rendere completa la
Società Salesiana mediante la concessione dei privilegi. e Sono
tanti anni che domando, soggiunse, e nulla posso ottenere ». E
il Papa: e Concederemo tutto quello che volete D. Poi gl'indicò
il modo di fare le cose più speditamente; indi proseguì: <<Oranon
c'è più il vostro awersario (3). Allora era difficile poter fare le
concessioni di buon accordo. Anche il Papa tante volte non può
fare tutto quello che vuole v.
(I) Lettera 26 novembre 1882.
(2) Lettera di Don Daimazzo a Don Bosco, Roma r8 dicembre 1882
(3) Era morto il 25 m-.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XLIV
Non all'improwiso, ma premeditatamente il Santo aveva toc-
cato quel tasto; infatti fLn da gennaio aveva ripreso la pratica,
occupandosene per circa tre mesi. Rifatto tutto l'incartamento,
l'aveva spedito con una lettera di raccomandazione del Card. Ali-
monda, nuovo Arcivescovo di Torino (I). Sua Eminenza <con
vera soddisfazione deli'animo » confermava la verità dei motivi
addotti dal Santo e lodava nella sua Congregazione I'esempla-
rità della disciplina e il gran bene operato, aggiungendo di pro-
prio un nuovo argomento circa l'opportunità della domandata
concessione. Essendo dalla città e diocesi torinese sbanditi altri
religiosi, importava moltissimo che si desse prosperità e fer-
mezza a una Congregazione, la quale, mentre riparava a tante
perdite, aveva il vantaggio di sfuggire ai colpi delle leggi ci-
vili » (2).
Con la confortante udienza del Papa non terminarono le pe-
ripezie; ma non occorre dilungarci qui a narrarle. Dopo l'udienza
le cose cambiarono, non però del tutto; il Cardinale Prefetto non
credeva di poter accondiscendere. Questo complicò l'affare, sic-
chè Don Bosco da Torino dovette destreggiarsi ancora per un
mese e più. Finalmente, poichè il Papa s'impose, fu steso il De-
creto che accordava ai Salesiani per commanicatzonem i privilegi
dei Redentoristi (3).
Accadde aiiora un fatto singolare. Erano le diciotto del g lu-
glio, quando a ciel sereno (parlo fuori di metafora) scoppiarono
sull'Oratorio ano dopo l'altro quattro fulmini, accompagnati da
rombi di tuono che facevano traballare tutta la casa. L'ultimo
schianto parve il fragore di parecchie cannonate. I1 terrore in-
( I ) Torino, 29 febbraio 1884.
(2) I1Card.Alimondaaveva raccomandatoI'aEare al Card. Nina, che glirisposeil 7 marzo:
<I Mi propongo tenerne seriamente proposito con Sua Santità ed indurlo a superare le diffi-
coltà estrinseche che 5 qui disgraziatamente si sono opposte da chi meno si dovrebbe. Nè
vorr6 tacere s Sua Santita che ove si credesse di persistere nel rifiuto, io mi vedrei obbligato
a presentare la mia dimissione da Protettore della benemerita Congregazioneper non sem-
brare di essere in qualche modo connivente od indifferente ad un ripudio che non ha altro
movente che nell'arbitrio n.
(3) Oggi nel Codice di Diritto Cannnico & detto (can. 613, 3 1): Quaslibet religio iistan-
tum @riuilegiisgaudet. qune uel hoc in Codice continestw nel a Sede Apostolica divecfe eiàem
concessa fzierint, esclusa i n posterum qualibet communicafione.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Concessione dei priuilegi
vase piccoli e grandi, che correvano all'impazzata in cerca di
un rifugio.
Durante quel fracasso Don Bonetti, infermo a letto, chiamò
più volte Don Lemoyne, che stava nella camera vicina e che
non udiva. Finalmente udì e volò da lui. - Questo finiinondo,
disse il primo, non mi sembra cosa naturale. I1 diavolo ha qual-
che rabbiaccia da sfogare. Vuol vedere che il Card. Ferrieri firma
adesso i1 decreto dei privilegi?
I,'altro corse dal segretario personale di Don Bosco per ma-
nifestargli tale idea. Lo trovò con un foglio in mano e intento a
leggerlo. Era il farnoso decreto, arrivato da pochi minuti. L'a-
veva ricevuto Don Bosco e mentre nel vano della finestra aperta
sforzava la sua debole vista a decifrare la scrittura, i fulmini lo
abbagliarono. Parve che i'ultimo specialmente cercasse proprio
lui; infatti la striscia di fuoco si protese h o allo scrittoio, sul
quale egli aveva posato il foglio. Allora diede questo al segre-
tario presente, perchè andasse a leggerselo nella sua camera.
Qui, come ho detto, lo trovò Don Lemoyne e subito si recarono
insieme da Don Bonetti a raccontargli l'accaduto.
Don Bonetti trasecolato li pregò di trarre dalla sua veste il
portafoglio. Avutolo, ne cavò fuori un cartoncino, nel quale
aveva preso nota di un sogno fatto da Don Bosco nella notte
su1 g luglio del 1880 e da lui narrato in Capitolo alle diciotto di
quella sera. Ecco in breve il sogno. Sembrava a Don Bosco d i te-
nere conferenza ai Capitolari nella stanza accanto alla sua ca-
mera, quando all'improwiso l'aria si oscurò e si scatenò un fu-
rioso temporale con lampi, fulmini e tuoni da mettere spavento.
Un tuono più fragoroso scosse le pareti. Don Bonetti, affaccia-
tosi dalla galleria attigua, gridò: - Piovono spine. - Ad un se-
condo tuono più fragoroso l'aria si schiarì alquanto: piovevano
bottoni di fiori. A un terzo veementissimo tuono si squarciarono
qua e le nubi, lasciando passare raggi di sole: piovevano fiori
d'ogni specie. Rimbombò formidabile un quarto tuono: piove-
vano a nembi rose fragrantissime.
È: singolare la coincidenza di giorni e di ore; ma più singo-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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- Capo XLIV Concessione dei privilegi
lare la rispondenza degli avvenimenti. Chi ricerca le fasi della
maggior tribolazione che afflisse il nostro Santo dal 1872 al
1884, riscontra che h o al 1880 furono tutte e sole spine. Poi
le cose migliorarono, ma la guerra non cessava interamente. La
venuta del Card. Alimonda a Torino nel 1883 fu una vera bene-
dizione per Don Bosco; ma non bastò ancora, come abbiamo ve-
duto. Alla fine con la concessione dei privilegi cominciò per il
Fondatore un triennio di riposato vivere, preludio immediato
alla pace eterna.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XLV
La chiesa del Sacro Cuore a Roma: l'erezione.
I lavori della chiesa del Sacro Cuore procedevano così spe-
diti, &e solo per la paga degli operai e per ordinari acquisti ba-
stavano appena quindicimila lire al mese, somma allora assai
rilevante. Nel luglio del 1881 l'architetto stimò suo dovere av-
visare Don Bosco che, correndo a quel modo, ci sarebbe voluto
presto il doppio. Ma il Santo non si sgomentò; eppure altre opere
attendevano da lui i mezzi per reggersi o per essere portate a
conlpimento. Egli confidava nella Provvidenza e nella carità dei
benefattori.
A stimolare questa carità aveva in gennaio lanciato nel
mondo migliaia di circolari italiane, francesi, inglesi e latine. Ai
Vescovi, Parroci e Rettori di chiese porgeva umile istanza, che
degnassero farsi collettori di offerte; al quale scopo mandava loro
ampi moduli, su cui segnare i nomi degli oblatori e l'arnmon-
tare delle oblazioni. S'indirizzò anche a giornalisti nostrani e
stranieri, pregandoli di dare pubblicità alle sue circolari. N&te-
mette che queste fossero esorbita~ze,perchè un'opera di reli-
gione, fondata a Roma e promossa dal Papa, doveva interessare
il clero e i fedeli di tutto I'orbe.
Non si limitò a diramare circolari; ma egli direttamente con
lettere e visite sollecitava persone facoltose di sua conoscenza a
portare il loro contributo. Non omise nemmeno di tentare presso
il Municipio di Roma e presso vari Ministri del Governo. Suscitò
poi una gara fra i collegi salesiani anche esteri, che s'imposero
noli lievi sacrifici per risparmiare e avere qualche cosa da spe-
dire. Inoltre nella seconda metà di agosto inviò suoi sacerdoti
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XLV
a questuare dove, come nel Trentino e nel Veneto, sapeva che
avrebbero incontrato buone accoglienze. Aveva dunque ragione
di scrivere: e Io lavoro incessantemente per trovar danari >>; ma
soggiungeva che Don Dalmazzo glieli spendeva tutti e non di-
ceva mai basta (I). aveva minor ragione il Papa di esclamare,
parlando di lvi e della chiesa del Sacro Cuore: e l i un uomo
provvidenziale! >> (2).
Meno male, se le difficoltà, fossero state soltanto di ordine fi-
naziario! Molti ostacoli lo mettevano negli impicci per causa
deiia vecchia Commissione, presieduta dal Marchese Merighi. Bi-
sognava sciogliere contratti anteriori, che recavano la sua firma,
e liquidare il passato; ma gl'interessati accampavano diritti e
pretese esorbitanti. Si consideravano i Salesiani quali intrusi e
venivano denunciati alle Autorità ecclesiastiche come gente in-
trattabile e disonesta!! A Roma l'essere piemontesi non era in
quei tempi la migliore raccomandazione. Intorno al Presidente
si era formata contro i nostri una coalizione di scalpellini e mar-
misti, pronti a tutti gli eccessi; più di tutti infieriva l'impresario,
che esigeva un compenso esageratissimo dell'opera sua, minac-
ciando d'intentare lite. Don Bosco, andato a Roma nella prima-
vera del 1882, si adoperò a chiarire gli esistenti malintesi e a
prevenirne di nuovi. Tuttavia le contese rinacquero dopo la sua
partenza, sicchè in giugno il cantiere fu chiuso e l'arresto dei
lavori diede motivo a spargere la voce che i Salesiani avessero
fatto fallimento. Invece Don Bosco scriveva (3): ((10desidero
che i lavori progrediscano, fo degli sforzi incredibili per trovare
danaro; ma se le cose vanno così, quando si vedrà la chiesa fi-
nita? P. Sul posto aveva mandato, come suo rappresentante, Don
Savio, al quale fece dire di aon perdere tempo e di condurre la
chiesa al suo termine, a dispetto di tiitte le " unghiate " che
dava Satanasso (4).
(1) Lettera al Cara. Vicario. Sampierdarena, 14 settembre 1881.
( 2 ) Lettera di Mow. Gnarino a Don Bosco, Roma 10 dicembre 1881
(3) Lettera al Cera. Vicax'io, Torino 5 luglio 188%.
(4) Lettera a Don Dalmazzo, Torino 29 lyglio 188a.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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51.1 Page 501

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Chiesa del Sacro Cuore: l'erezione
Nonostante questo suo vivo desiderio che cessasse la sospen-
sione dei lavori, s'arrivò ad autunno inoltrato, senza che si ve-
desse un principio di ripresa; anzi le cose s'imbrogliarono ancor
più. Finalmente nel gennaio del 1883 un atto di generosità da
parte di Don Bosco spianò la via all'unica soluzione possibile.
L'architetto presentò la liquidazione dei conti con l'impresario
in quarantamila lire. Un'enormità! Ma Don Bosco ordinò a Don
Savio di eseguire il pagamento senza le menoma osservazione;
così fu agevolato il ritiro di quell'uomo. E questo agevolò anche
la rescissione del vecchio contratto, fattasi con scrittura legale
il 6 febbraio. Quindi il rappresentante di Don Bosco acquistò
tutti gli attrezzi, lepami, steccati, materiali che c'erano, sal-
dando pure ogni debito. Da quel punto i Salesiani poterono avere
il libero possesso di ogni cosa e liberarsi dalle camorre, sicchè,
passato il rigido inverno di quell'anno, gli operai si rimisero a
lavorare. Don Bosco, che aveva motivo di prevedere altre con-
testazioni, mandò a Roma Don Sala con danaro e con pieni po-
teri, perchè regolasse tutto in modo da non dover essere ogni
momento nei fastidi (I).
L'impresa inghiottiva somme per lui molto gravi, tanto più
che, come diremo, nel 1884 accanto alla chiesa cominciò anche la
costruzione d'un ospizio. Per sostenere le spese, ricorse a un espe-
diente tutto suo. Dal 1851 l'esperienza gli aveva insegnato quanto
giovassero le lotterie a stimolare la beneficenza; perciò stabilì
di organizzarne una a vantaggio della chiesa del Sacro Cuore.
Bisognava fare molte cose: raccogliere, ordinare, numerare,
esporre i doni; farne stampare i1 catalogo coi nomi dei donatori
e presentarlo alle Autorità; formare i mazzi dei biglietti e spac-
ciarli. Da Torino incitava continuamente Don Dalmazzo a sbri-
gare la faccenda; ma, non vedendo la sollecitudine che voleva,
andò a Roma egli stesso nell'aprile del 1884 con il solerte coadiu-
tore Buzzetti. Trovò che un Comitato di nobili Signore, presie-
duto dalla Contessa Della Somaglia, Dama di Corte, aveva già
radunato un migliaio e mezzo di oggetti, molti dei quali di grah
( I ) Lettera di Don Bosco a Don Dalmazm, Tonho 3 agosto 1883.
487
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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pregio. Buoni Signori piemontesi, capi d'ufficio ai Ministeri, da-
vano mano nei preparativi, specialmente aiutando ad allestire
l'esposizione dei premi. Il Buzzetti, compilatone il catalogo, lo
presentò alla Regia Prefettura per ottenere l'autorizzazione.
Difficoltà legali e passioni politiche vi si opponevano; tuttavia
Don Bosco non permise che si rallentasse il lavoro preparatorio.
Ma egli tornò a Torino senza che si fosse ottenuto nulla. Se dopo
laboriose pratiche vi si riuscì, lo si dovette alle alte influenze della
Contessa Della Somaglia.
Quando fu aperta l'esposizione, i doni avevano raggiunto la
cifra di 5700. Papa e Re, cosa inaudita a Roma, vi figuravano
l'uno accanto all'altro. Leone XIII aveva donato un ricco me-
daglione d'oro con undici perle orientali e con cammeo recante
il profilo del suo capo; Umberto I un grandioso ed elegante vaso
in ceramica. Vi facevano corona doni della Regina Margherita
e di Cardinali, del Kedivé d'Egitto e della Principessa Bianca
dlOrléans. I1 Comitato delle Dame promotrici curava il buon
esito della lotteria, attendendo allo spaccio dei biglietti.
Durante questo lavorio Don Bosco escogitò un altro mezzo
per aumentare le risorse. Propose al Santo Padre che si degnasse
assumere la spesa della facciata, ma non intendendo con questo
di recare aggravi0 alla Santa Sede. I1 Papa assenti. Don Bosco
ne diede la prima notizia ai Cooperatori torinesi nella conferenza
del 23 maggio 1884 e poi la comunicò a tutti i Cooperatori con
una circolare del 31 successivo. I1 fatto era per sè esempio e in-
citamento a soccorrere l'opera. Ma Don Bosco fece di più. Per
sua ispirazione l'Unità Cattolica del 20 giugno esortò i cattolici
italiani a inviare offerte per alleviare al Papa 'l'onere assunto;
anzi poco dopo, aggiungendo stimolo a 'stimolo, presentò agli
Italiani l'erezione della facciata come un voto nazionale al Sa-
cro Cuore di Gesù. Egli però in questa seconda cosa si tenne
dietro alle quinte, facendo in modo che di tale proposta appa-
risse ideatore il Conte Cesare Balbo e presentatore il Card. Ali-
monda. L'iniziativa incontrò la piena approvazione del Papa (I).
( I ) Lettera del Card. L. Jacobini, Segretario di Stato. al Card. Alimonda. 20 ottobre 1884.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Chiesa del Sacro Cuore: l'ercxioione
Se non che, sopravvenuti intralci di vario genere, non fu possi-
bile darvi pubblicità prima del 9 agosto r885, quando il gior-
nale cattolico la divulgò, stampando un caloroso articolo e ac-
compagnandolo con una serie di documenti, fra cui un appello
al popolo italiano e una lettera agli Arcivescovi del Regno, l'uno
e l'altra del Card. Alimonda. Le offerte non tardarono ad amuire,
raggiungendo la somma di lire 173 mila.
La lotteria intanto, varata che fu, faceva il suo camnlino.
Cooperatori e Cooperatrici vendevano biglietti mandati loro da
Don Bosco. L'esposizione dei doni, distribuita in otto ambienti
presso la chiesn, attirava visitatori, che generalmente non parti-
vano senza acquistare biglietti. Ai 5700 premi elencati se n'e-
rano aggiunti altri 2600. Una mostra simile per lotteria non erasi
mai vista a Roma.
L'estrazione, fissata per la fìne di aprile del 1885, venne con
la debita autorizzazione prorogata al 31 dicembre. Negli ultimi
mesi Don Bosco si adoprò con ogni industria per smaltire bi-
glietti in og.ni parte, scrivendo anche a personaggi altolocati d'I-
talia e dell'estero. I1 Boldetti~zoteneva desta l'attenzione; estratti
poi i numeri, li pubblicò in un supplemento del febbraio 1886.
La vendita di inolti premi non ritirati continuò a dare buoni in-
troiti. Quale sia stato in tutto il profitto netto, è impossibile
saperlo, mancando qualsiasi documento. L'unica indicazione si
legge nell'annua Circolare del gennaio 1886 ai Cooperatori, nella
quale Don Bosco, parlando della lotteria, dice: a In tutto l'anno
i biglietti smerciati furono la più grande risorsa per la coiitinua-
ziene dei lavori s.
Anche dopochè la chiesa fu. consacrata, le spese continuarono
a gravare lungo.tenipo sulla Congregazione, soprattutto per con-
durre a termine le decorazioni, che sono uno splendore. Già sul
letto di morte, il 13 gennaio 1888, Don Bosco scriveva al Duca
di Norfolk, col quale era in relazione dal 1882: Una cosa mi
turba molto in questo momento: le passività della chiesa del Sa-
cro Cuore a Roma. Da dieci anni indirizziamo lì i nostri sforzi,
eppure rimangono ancora da pagare 250 mila franchi e io sono
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

51.4 Page 504

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- Capo XLV Chiesa &L Sano Cuore: l'nezione
in questi giorni medesimi sollecitato al pagamento. Ecco uno
dei miei più grandi fastidi >>. E lo supplicava a venirgli in aiuto.
Morto il Servo di Dio, sembrò che le sue sollecitudini continuas-
sero a star rivolte ali'ultima delle sue opere maggiori; Don Rua
infatti era di parere che si dovesse attribuire a lui l'essersi po-
tute allora spedire a Roma trentamila lire ogni mese, fino alla
totale estinzione dei debiti.
Quanti sacrifici costasse al Santo quella benedetta chiesa,
è argomento da lasciare ai biografi; qui non si sono potuti oltre-
passare i limiti del presente lavoro. I1 medesimo Don Rua depose
nei Processi che i fastidi e le preoccupazioni per la chiesa del
Sacro Cuore contribuirono a logorargli le forze e, aggiunge ivi
Don Cerruti, ad abbreviargli la vita. Ma oggi il sontuoso tempio
è là nella capitaie del mondo cattolico ad attestare la pietà di
Don Bosco verso il Sacro Cuore e la sua devozione al Vicario di
Gesù Cristo e insieme a tenere degnamente il suo posto fra i mo-
numenti insigni che rappresentano in Roma le grandi famiglie
religiose (I).
( I ) NUOVOIwtro vemi alla beiia chiesa dalla nuova sistemazione della monumeutale
stazione ferroviaria. Quando siano terminati i grandiosi lavori in corso, essa avri una
posizione di primimimo piano. acquistando quel rilievo che al presente le manca.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

51.5 Page 505

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CAPO XLVI
Ospizi di S. Giovanni Evangelista a Torino
e del Sacro Cuore di Gesù a Roma.
Consacrazione della chiesa del Sacro Cuore.
Era massima di Don Bosco che le chiese ufficiate da Salesiani
non dovessero rimanere nel loro isolamento, ma fossero centri di
varie attività proprie della Congregazione. Ecco perchè anche
a fianco delle chiese di S. Giovanni Evangelista e del Sacro Cuore
volle due ospizi di natura e proporzioni diverse, conformemente
alla diversità dei luoghi, nei quali furono fatti sorgere.
L'ospizio di S. Giovanni Evangelista fu cominciato a costruire
nel 1882. Da principio Don Bosco pensava di farne una casa
succursale dell'oratorio, con scuole e qualche laboratorio; ma
poi le circostanze lo indussero a cambiare divisamento. Nel 1883,
cessati una buona volta i motivi che Savevano costretto a met-
tere i Figli di Maria nell'ospizio di Sampierdarena, dove quei
giovanotti, data la loro età e condizione, stavano disagiatamente
mescolati con i ragazzi, li aveva trasferiti a Mathi, non lungi dalla
cartiera salesiana. Là godevano il vantaggio di avere una casa,
un Direttore e un personale esclusivamente per loro. E che Di-
rettore! Era Don Filippo Rinaldi, l'uomo più adatto che ci po-
tesse essere per quell'ufficio, perchè già Figlio d i Maria egli stesso,
perchè maturo di anni e soprattutto perchè pieno di senno. Con
la sua bontà paterna si creò intorno una vera famiglia, i cui coin-
ponenti formavano con lui un cuor solo e un'anima sola. Ma,
tolto questo inestimabile vantaggio, la casa mal si prestava alle
esigenze di un collegio; per di più la sua ristrettezza obbligava a
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XLVI
respingere molte domande. Qui dunque, come già altrove, s'im-
poneva il dilemma: o fabbricare o sloggiare. Don Bosco, che
aveva sommamente a cuore quella sua istituzione, si appigliò
al secondo corno, deliberando di far passare i Figli di Maria nel-
l'ospizio di S. Giovanni.
L'ampio e bello edificio era pronto al principiare dell'anno
scolastico 1884-85; perciò il Santo mandò senz'altro ad effetto il
suo divisamento. Egli conseguì per tal modo tre vantaggi: as-
segnò ai Figli di Maria una comoda sede, procurò alla chiesa la
possibilità di un servizio religioso adeguato al bisogno e rispon-
dente al decoro di una così splendida casa del Signore, e prov-
vide assai bene allo storico oratorio festivo di S. Luigi. Questo
oratorio, che si teneva nei locali dell'ospizio, rifiorì di nuova
vita. I giovanetti che lo frequentavano, vi avevano cappella,
teatrino, cortile e per il catechismo sale convenienti; ma soprat-
tutto vi trovavano numerosi e bravi assistenti e catechisti, fra
i quali si segnalavano i Figli di Maria lombardi. Don Rinaldi
li indirizzava e nelle domeniche e feste trascorreva parecchie
ore del pomeriggio ad animare i trastulli degli oratoriani.
Nel primo anno i Figli di Maria erano cinquanta; ma poi
crebbero 6x10 a sorpassare il centinaio. Il Direttore viveva con
loro, tutto per loro. Formò così un ambiente sereno, dove i giorni
scorrevano lieti fra la pietà, lo studio e l'allegria, senz'altra aspi-
razione in tutti che Ci raggiungere il sacerdozio. I nuovi arrivati,
purchè avessero le disposizioni volute dall'opera, vi si orienta-
vano subito, lasciandosi trasportare dall'esempio degli anziani
ed elevandosi gradatamente ad una perfezione di vita che spesso
usciva dall'ordinario. Non fa quindi meraviglia che nella massima
parte rinunciassero volentieri al patrio seminario e chiedessero
di essere ascritti alla Società. Così negli anni 1887 e 88 sopra
30 e 32 dell'ultima classe, furono rispettivamente 28 e 30 quelli
che entrarono nel noviziato di Foglizzo.
Credo che sia qui il luogo opportuno di menzionare uno dei
più generosi benefattori che Don Bosco abbia avuto, tanto più
generoso perchè, pur essendo Francese e non ignorando che gran
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

51.7 Page 507

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Orpizio S. Giov. Evangelista
parte deile sue larghezze veniva a finire in Italia, non restrinse
mai per questo la mano. Parlo del Conte Luigi Antonio Colle
di Tolone, la cui consorte nutriva i medesimi sentimenti. Col suo
danaro Don Bosco aveva potuto comperare la casa di Mathi e,
secondo un'espressione del Santo, era stata <fabbricata con la
sua carità)) la casa di S. Giovanni (I).
Conobbe Don Bosco i due coniugi nel febbraio del 1881,
quando fu chiamato da Marsiglia a benedire un loro figlio con-
sunto da inesorabile morbo. Nel giovane diciassettenne egli sco-
perse tesori di grazia divina, un vero S. Luigi, del quale por-
tava il nome. Senza nessuna difficoltà lo dispose a fare il sacri-
ficio della vita al Signore; tuttavia, anche per un riguardo al do-
lore del padre e della madre, lo esortò a domandare la guari-
gione, purchè questa non dovesse tornare a danno dell'anima.
Mori il 3 aprile seguente. Poco prima di spirare aveva detto a'
suoi: - Vado in paradiso. Me lo disse Don Bosco. - Da quel
punto i genitori adottarono in certa guisa gli orfanelli di Don
Bosco, mettendo a sua disposizione le proprie ricchezze. Del
loro figlio il Santo pubblicò l'anno dopo in francese un'edificante
biografia (2).In seguito gli accadde più volte, come già vedemmo,
di vederselo accanto a fargli da guida ne' suoi sogni e financo a
rallegrarlo in alcuni viaggi.
Anche per la chiesa e per l'ospizio del Sacro Cuore il Conte
mise mano alla borsa; mandò, da quanto consta, non meno di
quattro offerte, una più vistosa dell'altra, senza contare le tre
maggiori campane, che furono fatte a sue spese e che portano ri-
spettivamente il nome suo, della moglie e del figlio con iscrizioni
latine composte dal Santo (3).
( I ) Lettera al Conte, Torino 22 ottobre 1884.
(3) Biogvaphia du jeune Lwicis Fleury Antoine Colle par JEAN BOSCOprttre. Torino, Tip.
Sal., 1882.
(3) Ne rimane l'autografo. 1.a quarta e la quinta campana sono dedicate alla memoria
di due prime comunioni amministrate da Don Bosco nella Spagna a due bambine del paren-
tado di Donna Dorotea Chopitea, che abbiamo incontrata sopra. Le loro famiglie si stimarono
onorate di sostenerne le spese. Nella galleria che si apre accanto alla. chiesa, una memo-
ria marmorea con tre figure in altorilievo e con iscrizione latina sta a perennare il ri-
cordo ddla tanto benemerita iaiiùglia Colle.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

51.8 Page 508

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Dell'ospizio del Sacro Cuore dicevamo che Don Bosco mani-
festò l'idea non appena il Papa gli parlò della chiesa. Lo concepì
capace di dar ricetto a un cinquecento giovani fra studenti e
artigiani, con l'aggiunta naturalmente dell'oratorio festivo e an-
che di scuole esterne. In una conferenza ai Cooperatori romani,
fatta a Tor de' Specchi 1'8 maggio del 1884, lo presentò come
u asilo per l'educazione religiosa e civile di tanti poveri fanciulli
abbandonati, vaganti per le vie e per le piazze in pericolo delt'a-
nima e del corpo,. Sebbene la chiesa non fosse ancora nem-
meno coperta, egli avrebbe voluto che se ne cominciasse già la
costruzione nella primavera del 1884 (I); ma bisognò aspettare
fino all'aprile delt'anno seguente. Alla benedizione della pietra
angolare avrebbero dovuto fare da padrino e da madrina i due
grandi benefattori di Tolone; ma, impediti essi di venire, li rap-
presentarono il Conte e la Contessa di Oncieu de la Batie, loro
amici tolonesi. Nella pergamena racchiusa Don Bosco volle af-
fermato anzitutto lo scopo deli'erigendo edificio, che era di e ac-
cogliere, per sottrarla alla corruzione e alla rovina, la gioventù
d'ogni paese, che, attratta nella metropoli del mondo cattoiico
dalla speranza di trovarvi fortuna o almeno lavoro, vi rimaneva
esposta, per la maggior parte del tempo, ai più gravi pericoli )>.
Seguiva quindi un lungo e meritato elogio dei Conti Colle. L'inau-
gurazione solenne fu fatta insieme con la consacrazione della
chiesa; ma allora vi erano già ricoverate alcune decine di ragazzi.
Qnesta consacrazione, compiutasi il 1 2 maggio del 1887, ri-
vesti le forme di un awenimento, sia per la presenza di Don Bo-
sco che per il modo come si svolse.
Contro il parere dei medici Don Bosco aveva v o l u t ~assoluta-
mente esserci; perciò era andato a Roma Don Sala per accele-
rare i più urgenti dei lavori che restavano a fare. Il presentimento
della sua non lontana fine lo indusse ad anticipare di quasi un
anno la consacrazione. La voce di tutto il mondo omai lo pro-
clamava santo e la fama della sua santità riempiva Roma. Ascol-
( i ) Lettera a Don Dalmazzo, Torino 3 agosto 1883
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

51.9 Page 509

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C o n ~ ~ o z i o n&el& chiesa del S. Cum
tare la sua Messa, essere da lui ricevuti, udirne una parola, anche
solo vederlo si stimava grande fortuna da persone di ogni ceto. I l
viavai dei visitatori non cessava da mane a sera. Benchè prostrato
di forze,egli accoglieva tutti con la usata amorevolezza. Dio parve
confermare l'opinione che si aveva del suo servo; poichè una be-
nedizione di Don Bosco guarì istantaneamente a una signora un
braccio da lungo tempo paralizzato, e un'altra sua benedizione
restitui immediatamente l'udito a un chierico del seminario Pio.
Varie note caratteristiche distinsero quella celebrazione. Una
la portarono i cantori. Dico che la portarono, essendovi andati
dall'oratorio di Valdocco. Erano un'ottantina, per tre quarti ra-
gazzi, sotto la direzione del maestro Dogliani. Don Bosco intese
di offrire ai Romani un saggio musicale salesiano. Aveva pure
chiamato da Marsiglia Don Grosso, espertissimo conoscitore del
canto ecclesiastico, aflkchè in quei primi contrastati tentativi
di riforma della musica sacra non mancassero anche prove di
tal genere. Per sei giorni, dal 12 al 17 maggio, si eseguirono Messe
ed altre composizioni di celebri autori. I1 pubblico ammirò ese-
cuzioni ed esecutori. I1 Dogliani possedeva doti eccezionali per
istruire cori numerosi di ragazzi, dai quali otteneva impasto ed
equilibrio di voci che era una delizia a udire. Oltre a questo,
da buon educatore salesiano, abituava la moltitudine de' suoi
piccoli cantanti a una correttezza di contegno, che edificava non
solo sull'orchestra e nella chiesa, ma anche in casa e fuori.
Un'altra nota caratteristica impressa da Don Bosco a quelle
feste fu, diciamo così, l'interaazionalità. Egli mirava a far com-
prendere che la sua opera doveva abbracciare tutto il mondo e
voleva insieme onorare i Cooperatori che anche dall'estero ave-
vano contribuito all'erezione della chiesa e dell'ospizio. Questo
carattere internazionale si potè vedere già nel banchetto dato
il giorno dopo della consacrazione. Sedettero alla mensa del
Santo personaggi di parecchie nazioni, sicchè vi si brindò in ita-
liano, spagnolo, francese, tedesco e inglese. Per cinque giorni
poi in ogni pomeriggio, qualche ora prima dei Vespri, oratori di-
versi tennero conferenza salesiana in una di quelle cinque lingue.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

51.10 Page 510

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Capo XLVI
Un terzo carattere doveva spiccare nel corso delle feste, la
papalità. Si era in Roma, e poi l'opera si poteva ben dire papale.
Quindi dal principio alla fine si succedettero mattino e sera a
celebrare e a pontificare Cardinali e alti Prelati della Corte pon-
tificia. L'omelia finale fu pronunciata dal Cardinale Vicario Pa-
rocchi durante il pontificale da lui tenuto nomine Pontificis.
Ii Papa fece palese quanta parte egli prendesse al fausto av-
venimento, accordando due udienze. Ricevette da prima priva-
tamente Don Bosco la sera dell'11, vigilia della consacrazione,
dandogli segni di altissima stima e quasi di venerazione. Nove
giorni dopo ricevette gli alunni dell'Oratorio, dinanzi ai quali
parlò di Don Bosco al Procuratore Don Dalmazzo, dicendo:
e Molto ci consolò la sua visita. Ma l'abbiamo trovato molto af-
franto di salute. Abbiamo bisogno che Dio ce lo conservi ancora
per il bene della società e della Chiesa, massime nei tempi diffi-
cili che corrono ». Impartita la benedizione, passò in mezzo a
loro, permettendo che tutti gli baciassero la mano, accarezzan-
done alcuni con paterna bontà e indirizzando a questo e a quello
graziose parole.
I fedeli della parrocchia assistettero in folla alle sacre fun-
zioni. Don Bosco durante i primi lavori aveva fatto allestire una
cappella provvisoria, affirichè servisse ai bisogni spirituali dei
parrocchiani, sicchè questi avevano già avuto contatti frequenti
con i nostri Confratelli. La pompa dei sacri riti con tutte le no-
vità che la accompagnarono, attrasse anche molta gente dagli
altri quartieri della città. Terminati poi i solenni festeggiamenti,
cominciò una missione al popolo, predicata dai tre fratelli Scot-
ton di Breganze fino alla Pentecoste, con abbondanza insolita di
frutti. Data, si può dire, da quei giorni la frequenza ai sacra-
menti, per la quale andò sempre e va tuttora segnalata la chiesa
del Sacro Cuore di Gesù al Castro Pretorio. Il tempio diventò
veramente <<unfocolare di fede e di amore verso il Cuore aman-
tissimo di Gesù», come auspicava un autorevole periodico (I).
( I ) L2 Civiltù Gatdolica, r* giugno 1887, pag. 620
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

52 Pages 511-520

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52.1 Page 511

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Crmramazione della chiesa del S . Cuore
Cosa strana! Sull'awenimento la stampa cattolica cittadina
fu quasi muta; invece quella avversaria, solita a occuparsi d i
cose cattoliche in senso ostile, ne scrisse con simpatia. Chi chiamò
quella celebrazione una vera festa dell'arte; chi, richiamate le
origini del tempio, ne descrisse lo stile, l'architettura e l'orna-
mentazione, definendolo un monumento veramente degno di
Roma; chi, toccato delle difficoltà e vicende anteriori e delle in-
genti spese, inneggiò allo spirito animatore di Don Bosco e alla
sua inesauribile carità. Da simili fogli non si sarebbe potuto pre-
tendere di più, anzi nemmeno quel tanto.
Don Bosco abbreviò il suo soggiorno a Roma, costrettovi
dalle sue condizioni di salute. Chi viene via da Roma, general-
mente spera o si augura di potervi ritornare; è un senso nostal-
gico, che s'impadronisce del pellegrino o del turista e non lo ab-
bandona più. Ma quella volta Don Bosco sentiva che non vi
avrebbe più fatto ritorno. Dal 1858 al 1884 vi si era recato di-
ciannove volte; la ventesima però doveva proprio essere l'ul-
tima. Non lo nascondeva a se stesso e non ne faceva mistero
agli altri. Accomiatandosi da persone amiche, prendeva defini-
tivo congedo. A chi gli manifestava il desiderio di presto rive-
derlo, rispondeva infallantemente: << Sì, lo spero, ci rivedremo
in Paradiso » (I). Le sue peregrinazioni romane ebbero un epi-
logo veramente degno e la sua romanità il coronamento più de-
siderabile.
( I ) Summ. su?. ui~!., XIX, 161 (teste auricolare Don Rua).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

52.2 Page 512

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CAPO XLVII
Le Missioni: periodo fattivo.
Vicariato Apostolico di Mons. Cagliero.
Secondo sogno missionario.
La Patagonia era luogo di Missione, se per Missione s'intende
il portare la luce del Vangelo tra gli infedeli; ma non era terri-
torio di Missione. Territorio importa divisione politica, civile o
religiosa di un paese, sicchè territorio di Missione è una rego-
lare circoscrizione missionaria, la quale suo1 essere governata da
un Prefetto o da un Vicario Apostolico e dipende direttamente
da Propaganda. Ma la Patagonia faceva parte dell'Archidiocesi
di Buenos Aires, il cui Arcivescovo estendeva su di essa la sua
giurisdizione. Una giurisdizione di diritto senza che di fatto ve-
nisse mai esercitata oltre le terre più vicine, essendo le distanze
immense e insuperabili. Ora l'esperienza dei due primi anni
aveva dimostrato che a svolgere nella Patagonia un'azione ordi-
nata, feconda e progressiva bisognava arrivare a una sistema-
zione canonica, che lasciasse mano libera ai Salesiani. Don Bo-
sco pertanto deliberò di chiedere a Roma che la Patagonia fosse
staccata ecclesiasticamente dall'Archidiocesi bonarense e divisa
in un Vicariato e in una Prefettura. A conseguire lo scopo ri-
mise il 31 dicembre 1877 al Card. Franchi, Prefetto di Propa-
ganda, un memoriale, nel quale esponeva quanto dai Missio-
nari erasi fino allora compiuto, ponendo in rilievo i metodi se-
guiti, i mezzi impiegati e i frutti ottenuti, di modo che apparisse
tutta l'importanza della Missione e la necessità di darle un'esi-
stenza autonoma.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

52.3 Page 513

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Mons. Cagliero Vicario Apostolico
Sul contenuto di queilo scritto conferì oralmente col Cardi-
nale nel marzo del 1878 e ne fece anche una sommaria relazione
a Leone XIII nella prima udienza concessagli lo stesso mese
dal novelio Pontefice. Effetto di tali scambi d'idee fu l'aver ri-
stretto il suo disegno, limitandosi a domandare soltanto un Vi-
cariato od una Prefettura. Questo affare lo occupò di nuovo a
Roma nell'aprile del 1880. Allora il Papa lo affidò allo studio di
Mons. Jacobini, Segretario della Congregazione per gli affari ec-
clesiastici straordinari, e al Card. Alimonda, membro della Con-
gregazione di Propaganda. La situazione ecclesiastica della Pa-
tagonia determinò il Papa a incaricare della pratica il detto Se-
gretario, anzichè quello di Propaganda. I due Prelati, ponderate
le condizioni storiche, geografiche, civili e religiose delia Pata-
gonia, considerata anche la distanza di quelle terre dalla sede
arcivescovile di Buenos Aires, avuto riguardo al numero degli
abitanti che oltrepassavano i diecimila ed erano in via di au-
mento, persuasi che un Vicariato Apostolico avrebbe servito di
vincolo religioso e morale nelle popolazioni e formato un centro
di attrazione per gli Indi che venissero alla fede e facendo asse-
gnamento sulla generosità del Governo Argentino per un'opera
diretta a incivilire una parte notevole e più bisognosa della Re-
pubblica, deliberarono che fosse ringraziato il Governo per il
favore che prestava alla religione, specialmente riguardo alia
evangelizzazione degli Indi; che a consolidare lo stato civile e
religioso delle colonie del Rio Negro convenisse fondare un Vi-
cariato Apostolico, estendentesi dal 360 al 50° grado di latitu-
dine Sud; che si pregasse il Governo Argentino di venire in aiuto
con un'annualità pecuniaria per assicurare l'esistenza del Vica-
riato stesso.
Fu autorizzato Don Bosco a informare in via officiosa l'Ar-
civescovo di Buenos Aires deUa iniziata pratica. La natura ge-
losa deil'argomento gli dettò una lettera ammirevole per deli-
catezza e santa semplicità. Ne diede pure partecipazione aIl'I-
spettore Don Bodrato (I). Al primo chiedeva anche i suoi buoni
( I ) Lettere r S e i l aprile 1880
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

52.4 Page 514

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capo XLVII
uffici presso il Governo; al secondo forniva opportune istruzioni
sul modo di aprire trattative col Governo medesimo e gli diceva:
<<qapratica fu lunga assai; ma il Santo Padre, che ne è alla te-
sta, se ne occupò e se ne occupa personalmente )>.
Se it principio della pratica era stato lungo, non doveva es-
sere breve nemmeno il seguito. La morte di Don Bodrato impedì
i passi in Buenos Aires; il suo successore Don Costamagna tardò
a comprendere tutta l'importanza che alla cosa annetteva Don
Bosco (I). Nell'agosto del 1881 la Camera dei Deputati a Bue-
nos Aires stava per discutere sull'autorizzazione da dare al Go-
verno, perchè si accordasse con la Santa Sede circa una divisione
dei Vescovadi. <Questa, scrisse a Don Bosco l'Arcivescovo ( z ) ,
sarà un'occasione propizia per istituire un Vicariato Apostolico
nella Patagonia da affidarsi alla cura de' suoi zelanti Missionari.
Desidero ardentemente che questo si possa conseguire, ma non
sono senza timore. Le orazioni de' suoi buoni figliuoli possono
ottenere questa grazia, che sarà pure feconda di molti benefici
temporali B. Vedremo il perchè del timore, a cui accennava l'Ar-
civescovo .
Sulla lentezza della pratica influì una circostanza speciale.
Come generalmente nellJEuropa, così anche a Roma la geogra-
fia della Patagonia era pochissimo conosciuta. Per agevolare il
lavoro Don Bosco presentò una carta, che aveva fatto preparare
dai Missionari e che teneva appesa alla parete della galleria presso
la sua camera. A delimitare con esattezza il territorio della vo-
luta giurisdizione ecclesiastica occorrevano certamente dati geo-
grafici precisi, non-.facili a procacciarsi.
La mente di Don Bosco non cessava di studiare e ristudiare
la sua proposta sulla base di nuovi elementi. Così nell'aprile del
1882 prospettò al Papa la convenienza di fondare non uno solo,
ma tre Vicariati o almeno tre Prefetture. I1 Santo Padre si mo-
strò dello stesso parere; ma disse che intanto bastava cominciare
solamente con un Vicariato o con una Prefettura. La pondera-
( t ) Lettere di Don Bosco a Don Costamagna, 3s gennaio e to ottobre 1881.
( 2 ) Lettere a Don Bosco, 24 agosto 1881.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

52.5 Page 515

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Mons. Cogliero Vicario Apostolico
tezza con cui a Roma si trattano gli affari P causa che questi
vadano in lungo; quindi il tempo passava e la conclusione non
veniva.
Don Bosco non andò a Roma nel 1883; ma vi fece arrivare
dall'America un resoconto particolareggiato su gli ultimi pro-
gressi della Missione. Quella lettura produsse il suo effetto; alla
vista di sì notevoli risultati parve giunto il momento di proce-
dere alla sistemazione invocata. I1 nuovo Prefetto di Propaganda
Card. Simeoni richiese Don Bosco del suo parere definitivo sul
numero delle giurisdizioni e sui rispettivi limiti, invitandolo pure
a indicargli i nomi dei candidati che gli sembrassero più atti ad
esercitarle. Egli, riferendosi alla carta suddetta e alle precedenti
sue esposizioni, tornò al progetto dei tre territori, di cui precisò
i limiti, e propose Don Cagliero, Don Costamagna e don Papano,
tutti laboriosi, scriveva (I), robusti, predicatori, insensibili alle
fatiche, di moralità a tutta prova n. I Cardinali di Propaganda
ridussero a due le circoscrizioni, comprendenti una la Patago-
uia settentrionale e centrale con Don Cagliero Provicario Apo-
stolico, l'altra la Patagonia meridionale e la Terra del Fuoco
con Prefetto Apostolico Don Fagnano. I Brevi di erezione del
Provicariato e di nomina del titolare furono emanati rispettiva-
mente il 16 e il 20 novembre 1883. Con data di poco anteriore
il Cardinale Prefetto di Propaganda aveva sottoscritto il decreto
per la Prefettura.
Sarà parso un po' singolare che in un negozio di tal genere
fosse lasciata a Don Bosco la cura di scriverne all'Arcivescovo,
per quanto officiosamente; parrà ancor più singolare clie toccasse
pure a lui ragguagliarne, sempre officiosamente, il Presidente
della Repubblica. Forse si voleva per tal modo tastare il terreno.
Presidente era il Generale Roca, che noi già conosciamo. Gl'in-
dirizzò dunque una lettera, nella quale abilità e bonomia, o me-
glio prudenza e semplicità, si dànno la mano. La lettera rimase
senza riscontro. Per altro a Roma le cose fecero il loro corso.
Quel titolo di Provicario non piaceva a Don Bosco, perchè
( i ) Lettera al Card. Sinreoni, zg luglio 1883.
50 =
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

52.6 Page 516

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Capo XLVIl
tale qualità escludeva il carattere vescovile, mentre egli giudi-
cava più utile rimandare Don Cagliero in America insignito di
quella dignità. L'Arcivescovo Card. Alimonda, che la pensava
nello stesso modo, si prestò volentieri a supplicare della grazia
il Santo Padre (I), adducendo i tre motivi espressi in questo
tratto: u Sarebbe questa una grande consolazione al cuore dell'in-
faticabile e benemerito fondatore della Congregazione Salesiana
D. Giovanni Bosco, sarebbe un onore che la Congregazione stessa
non potrebbe mai apprezzare abbastanza; ed il nuovo eletto cor-
roborato dalla grazia dello Spirito Santo, decorato della nuova
dignità avrebbe maggiore ascendente sui missionari e sulle auto-
rità del Paese, e riuscirebbe a superare con maggiore facilità gli
ostacoli che prevede doversi frapporre all'esercizio del suo mini-
stero ».La risposta venne pronta e soddisfacente: un Breve del
30 ottobre nominava Don Cagliero Vescovo titolare di Magida.
La sede vescovile di Magida, come si disse e si scrisse co-
munemente, o di Magido, come si legge nei documenti ufficiali,
fu in antico suffraganea di Perge nella Panfilia, provincia ro-
nana dell'hia Minore. Eretta nel secolo quinto, ebbe Vescovi
insigni S- verso il secolo nono; indi, travolta nello scisma d'O-
riente, rimase puro titolo vescovile, come tante altre, sulle quali
la Chiesa Cattolica non cessa di accampare i suoi diritti. L'ul-
timo titolare era stato Mons. Bernardino Caldaioli, che vi aveva
rinunciato nel 1883, perchè nominato alla sede di Grosseto.
La partenza di Mom. Cagliero per 1'America avrebbe lasciato
scoperto il posto di Catechista Generale; Don Bosco tuttavia
non volle che fosse esonerato dalla carica fino al prossimo Capi-
tolo ~eneraledel 1886. Per il disbrigo degli affari lo fece =.p-
plire da Don Barberis, Maestro dei novizi.
Il primo Vescovo salesiano aveva 46 anni, essendo nato nel
1838 a Castelnuovo d'Asti. Orfano di padre, fu dalla madre nel
1851 affidato a Don Bosco, il quale, condottolo all'oratorio, gli
fece fare il ginnasio, lo vesti chierico e lo mandò alle scuole del
(1) Lettera a Leone XIII, 26 settembre i884
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

52.7 Page 517

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Mons. Cagliero Vicario Apostolico
seminario arcivescovile per gli studi filosofici e teologici. Pieno
di attività, il giovane chierico dirigeva la sagrestia, la musica,
la ginnastica e i catechismi. Benchè semplice chierico, fu dai
Soci della nascente Congregazione eletto a far parte del Capi-
tolo Superiore. Ordinato prete nel 1862, non cedette a lusinghe
d'impieghi onorevoli e lucrosi, quali per le sue attitudini si po-
teva ripromettere e da altri gli erano fatti sperare, ma scelse di
stare sempre con Don Bosco. Compiè il corso di morale casistica
nel Convitto Ecclesiastico di Torino sotto la disciplina del valo-
roso suo conterraneo Don Bertagna, si laureò in teologia presso
la Regia Università ed insegnò morale ed ermeneutica nell'ora-
torio, attendendo insieme alle opere del sacro ministero e occu-
pandosi indefessamente di musica, come esecutore e come com-
positore. Nel 1875 l'abbiamo veduto condurre la prima spedi-
zione di Salesiani nell'Argentina, dove in due anni fondò cinque
case e preparò il terreno per la Missione patagonica. Richiamato
a Valdocco, diresse l'Istituto delle Figlie di Malia Ausiliatrice e
in qualità di visitatore straordinario percorse tutta l'Italia, trat-
tando in nome di Don Bosco la fondazione di case, per i quali
scopi andò anche due volte in Francia, tre nella Spagna e una
nel Portogallo. Tale era l'uomo proposto dal nostro Santo per
I'infula episcopale.
Don Bosco aveva visto molti anni prima nei disegni della
Provvidenza. Il fatto avvenne nel 1854. I1 giovane Cagliero gia-
ceva gravemente infermo neii'oratorio. Tutto faceva presagire
che la malattia fosse mortale. Don Bosco andò da lui per disporlo
al gran passo. Ma, posto piede sulla soglia deii'infermeria, si
arrestò di botto. Vedeva una colomba sfolgorante di luce, con
un ramoscello di olivo nel becco, volteggiare per la camera, poi
avvicinarsi all'infermo, sfiorargli con le foglioline del ramosceiio
le labbra, lasciarglielo cadere sul capo e iniine, mandando un
guizzo abbagliante, sparire. Seguì immediatamente una seconda
scena. Uomini dalle facce strane e selvagge circondarono i1 letto,
fissando gli occhi sul moribondo, quasi trepidassero sulla sua
sorte. Due figure emergevano fra tutte, una dali'aspetto orrido
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

52.8 Page 518

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Capo XLVlI
e nerastro, l'altra dal colore di rame; avevano membra atletiche
e portamento guerriero. Con maggior ansietà deile altre stavano
curve sul giovanetto. Non si misuri da queste parole la durata
della visione, che fu invece rapidissima, quasi fulminea. Don Bo-
sco capì che l'ora della morte non era così vicina, come si temeva.
Rivolse alcune parole al fanciullo, lo benedisse e si ritirò. La gua-
rigione non si fece aspettare.
I1 Santo, ripensando aile cose vedute, cercò d'interpretarle.
Neila colomba rawisò la predicazione del Vangelo di pace, in
quei barbari ignote tribù selvagge da convertire. Non ne parlò
mai con nessuno; soltanto una volta nel 1855, attorniato da sei
chierici; disse: - Uno di voi sarà Vescovo. -Lo stupore generale
finì in una risata, persuasi com'erano tutti che fra loro non ci
potesse essere stoffa di Vescovo. Tuttavia il Cagliero, uno dei
presenti, non dimenticò la parola di Don Bosco. Eletto Vescovo,
lo interrogò a chi mirasse quella volta. Don Bosco rispose che
glie l'avrebbe detto alia vigilia deila consacrazione. Aliora dunque
gli narrò tutto per fìlo e per segno. Per far piacere a lui, ripetè
ai Superiori del Capitolo durante la cena il racconto, che Don Le-
moyne mise queila sera stessa in iscritto. Per Monsignore la ri-
velazione inaspettata fu poi di sommo conforto nei momenti
più critici della sua vita missionaria.
La consacrazione ebbe luogo il 7 dicembre 1884, consacrante
i1 Cardinale Arcivescovo. Assistette alla cerimonia anche Monsi-
gnor De Macedo Costa, il Vescovo di Belem del Parà nel Brasile,
che, recandosi da Roma a Parigi, era sostato a Torino per confe-
rire con Don Bosco. Alla mamma ottuagenaria del consacrato
Dio aveva prolungato l'esistenza tanto che le bastasse per godere
deiia sua massima consolazione sopra questa terra; diciotto giorni
dopo essa andava a festeggiare il Natale in Paradiso.
L'elevazione del figlio di Don Bosco alla dignità episcopale
fu per tutto il mondo salesiano un avvenimento di prim'ordine.
I Salesiani venuti più tardi non possono immaginare l'esultanza
dei Confratelli d'allora. Chi allora avrebbe osato sperare tanto?
Ne gioivano pure i Cooperatori, che, amando tanto Don Bosco,
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Tnza sogno missionario
si compiacevano di scorgere in quella elevazione quasi il crisma
dell'opera salesiana.
Monsignore doveva partire da Torino il IO febbraio del se-
guente 1885 con diciotto Confratelli e sei Figlie di Maria Ausilia-
trice. Affliggeva Don Bosco il pensiero di non potere, come in
passato, dar loro l'addio nella chiesa e accompagnarli fino all'im-
barco; i medici gli avevano ordinato assoluto riposo. Ma il Si-
gnore to consolò con un secondo sogno missionario proprio nella
notte dal 31 gennaio al 10 febbraio. Lo raccontò quasi subito e.
poi lo rivide, quando gli fu presentato in iscritto da Don b-
moyne. Non dispiacerà che interrompiamo la narrazione per ri-
ferirlo testualmente.
Mi parve di accompagnare i Missionari nel loro viaggio. Ci siamo parlati
per un breve momento prima di partire dall'Oratorio. Essi mi stavano attorno
e mi chiedevano consigli: e mi pareva di dire loro: -Non colla scienza, non colla
sanità, non colle ricchezze, ma coilo zelo e colla pietà, farete del gran bene, pro-
movendo la gloria di Dio e la salute delle anime.
Eravamo poco prima all'Oratorio, e poi senza sapere per quale via fossimo
andati e con quale mezzo, ci siamo trovati quasi subito in America. Giunto al
ternune del viaggio mi tirovai solo in mezzo ad una vastissiqa pianura, posta
tra il Chilì e la Repubblica Argentina. I nuei cari Missionari si erano tutti dispersi
qua e là per quello spazio senza limiti. Io guardandoli mi meravigliava, poiche
mi sembravano pochi. Dopo tanti Salesiani che in varie volte aveva mandati in
America, mi pensava di dover vedere un numero maggiore di Missionari. Ma
poscia riflettendo conobbi che se piccolo sembrava il loro numero, ci6 avveniva
perchè si erano sparsi in molti luoghi, come seminagione che doveva trasportarsi
altrove ad essere coltivata e moltiplicata.
In quella pianura apparivano molte e lunghissime vie per le quali si vede-
vano sparse numerose case. Queste vie non erano come le vie di questa terra,
e le case non erano come le case di questo mondo. Erano oggetti misteriosi e
direi quasi, spirituali. Queile strade erano percorse da veicoli, o da mezzi di tra-
sporto che correndo prendevano successivamente miiie aspetti fantastici e mille
forme tutte diverse, benchè magninche e stupende, sicchè io non posso definirne
o descriverne una sola. Osservai con stupore che i veicoli giunti vicini ai gruppi
di case, ai villaggi, alle città, passavano in alto, cosicchè chi viaggiava vedeva
sotto di sè i tetti delle case, le quali benchè fossero molto elevate, pure di molto
sottostavano a quelle vie le quali mentre nel deserto aderivano al suolo, giunte
vicine ai luoghi abitati diventavano aeree quasi formando un magico ponte. Di
lassìi si vedevano gli abitanti nelle case, nei cortili, neile vie. e nelle campagne
occupati a lavorare i loro poderi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XL VII
Ciascheduna di quelle strade faceva capo ad una delle nostre missioni. In
fondo ad una lunghissima via che s i protendeva dalla parte del Chili io vedeva
una casa (I) con molti confratelli Salesiani, i quali si esercitavano nella scienza,
nella pietà, in varie arti e mestieri e neil'agricoltura. A mezzodì era la Patagonia.
Dalla parte opposta in un colpo d'occhio scorgeva tutte le case nostre nella Re-
pubblica Argentina. Quindi neil'uniguay, Paysandii, Las Piedzas, ViUa Col6n:
nel Brasile il Collegio di Nicteroy e molti altri ospizi sparsi nelle province di
quell'impero. Ultima ad occidente si apriva un'altra lunghissima strada che tra-
versando fiumi, mari e laghi faceva capo in paesi sconosciuti. In questa regione
vidi pochi Salesiani. Osservai con attenzione e potei solamente vederne due.
In quell'istante apparve vicino a me un personaggio di nobile e vago aspetto,
pallidetto di carnagione, grasso, con barba rasa in modo da parere imberbe e
per età uomo fatto. Èra vestito in bianco, con una specie di cappa color di rosa
intrecciata con fili d'oro. Risplendeva tutto. Io conobbi in quello il mio inter-
prete.
- Dove siamo qui? chiesi io additandogli quest'ultimo paese.
- Siamo in Mesopotamia, mi rispose l'interprete.
- I n Mesopotamia? io replicai; ma questa è la Patagonia
- Ti dico, rispose l'altro, che questa è la Mesopotamia.
- Ma pure... ma pure... non posso persuadermene.
- La cosa è casi! Qyesta è la Me.. so.. po.. ta.. mia, concluse l'interprete
sillabando la parola, perchè mi restasse bene impressa (2).
- Ma perchè i Salesiani che vedo qui sono casi pochi?
-- Ciò che non è, sara, concluse il mio interprete.
Io intanto sempre fermo in quella pianura percorreva collo sguardo tutte
quelle interminabili vie e contemplava, in modo chiarissimo ma inesplicabile, i
luoghi che sono e saranno occupati dai Salesiani. Quante cose magnifiche io vidi!
Vidi tutti i singoli collegi.Vidi come in un punto solo il passato, il presente e Sav-
venire delle nostre missioni. Siccome vidi tutto complessivamentein uno sguardo
solo,' è ben difficile, anzi impossibile rappresentare anche languidamente qualche
ristretta idea di questo spettacolo. Solamente ciò che io vidi in quella pianiira
del Chilì, del Paraguay, del Brasile, della Repubblica Argentina domanderebbe
un grosso volume, volendo indicare qualche sommaria notizia. Vidi pure in quella
vasta pianura, la gran qiiantità di selvaggi che sono sparsi nel Pacifico fino al
golfo di Ancud, nello Stretto di Magellano, al Capo Horn, nelle isole Diego, nelle
isole Malvine. Tutta messe destinata per i Salesiani. Vidi che ora i Salesiani se-
minano soltanto, ma i nostri posteri raccoglieranno. Uomini e donne ci rinfor~e-
ramo e diverranno predicatori. I loro figli stessi che sembra q«asi impossibile
guadagnare alla fede, eglino stessi diverranno gli evangelizzatori dei loro pa-
( I ) Tutte le particolarith topografiche che precedono e che seguono, sembrano indicare
la casa di Fortin Mercedes, sulla riva sinistra del Colorado. & casa di formazione dell'lspet-
toria di S. Francesco Saverio, con studentato numeroso, scuole professionali, sciiola d'agri-
colture, museo regionale e santuario, mèta di pellegrinaggi.
(2) Si tratta di regione chiusa fra due fiumi nell'America Meridionale.
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Temo sogno missionario
renti e dei loro amici. I Saiesiani riusciranno a tutto colla umiltà, col lavoro,
coiia temperanza. Tutte queiie cose che io vedeva in quel momento e che vidi
in appresso, riguardavano tutte i Salesiani, il loro regolare stabilimento in quei
paesi, il loro aumento meraviglioso, la conversione di tanti indigeni e di tanti
Europei colà stabiliti. L'Europa si verserà nell'America del Sud. Dal momento
che in Europa si incominciò a spogliare le chiese, incominciò a diminuire la Bari-
dezza del commercio, il quale andò e andrà sempre piìi deperendo. Quindi gli
operai e le loro famiglie spinti dalla miseria correranno a cercare ricovero in quelle
nuove terre ospitali.
Visto il campo che ci assegna il Signore ed il glorioso awenire deiia Congre-
gazione Salesiana, mi parve di mettermi in viaggio pel ritorno in Italia. Io era
trasportato con rapidissimo corso per una via strana, altissima e così giunsi in
un attimo sopra l'Oratorio. Tutta Torino era sotto i miei piedi e le case, i palagi,
le torri mi sembravano basse casupole, tanto io mi trovavo in alto. Piazze, strade,
giardini, le ferrovie, le mura di cinta, le campagne, e le colune circostanti, le città,
i villaggi della provincia, la gigantesca catena delle Alpi coperta di neve stavano
sotto i miei piedi presentandomi uno stupendo panorama. Vedeva i giovani là
in fondo nelS'Oratorio che sembravano tanti topolini. Ma il loro numero era
straordinariamente grande: preti, chierici, studenti, capi d'arte ingombravano
tutto. Molti partivano in processione ed altri sottentravano alle file di coloro
che partivano. Era una continuata processione.
Tutti si andavano a raccogliere in quella vastissima pianura tra il Chili e la
Repubblica Argentina, nelia quale io tosto ero ritornato in un batter d'occhio.
Io li stava osservando. Un giovane prete il quale sembrava il nostro D. Pavia,
ma che non era, con aria affabile, parola cortese, di un aspetto candido, e di car-
nagione fanciullesca venne verso di me e mi disse: - Ecco le anime ed i paesi
destinati ai figliuoli di S. Francesco di Sales.
Io era meravigliato come tanta moltitudine che si era raccolta colà in un
momento disparisse e appena appena in lontananza si scorgesse la direzione che
aveva presa.
Qui io noto che nel narrare il mio sogno vado per sommi capi e non mi è pos-
sibile precisare la successione esatta dei magnifici spettacoli che mi si presenta-
vano e i vari accidenti accessori. Lo spirito non regge, la memoria dimentica, la
parola non basta. Oltre il mistero che involgeva quelle scene, queste si avvicen-
davano, talora s'intrecciavano, soveati volte si ripetevano secondo il vario
unirsi o dividersi o partire dei missionari, e lo stringersi, o allontanarsi da essi
di quei popoli che erano chiamati alla fede o alla conversione. I,o ripeto: vedeva
in un punto solo il presente, il passato, I'awenire di queste niissioni, con tutte
le fasi, i pericoli, le riuscite, le disdette o disinganni momentanei che accompa-
gneranno questo Apostolato. Allora intendeva chiaramente tutto, ma ora è im-
possibile sciogliere questo intrigo di fatti, di idee, di personaggi. Sarebbe come
chi volesse comprendere in una sola storia e ridurre ad un solo fatto e ad unità
tutto lo spettacolo del firmamento, narrando il inoto, lo splendore, le proprietà
di tutti gli astri colle loro relazioni e leggi particolari e reciproche: mentre un
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capo XLVII
solo astro darebbe materia ali'attennone e ailo studio deila mente più robusta.
E noto ancora che qui si tratta di cose le quali non hanno relazione con gli oggetti
materid.
Ripigliando adunque il racconto, dico che restai meravigliato nel vedere
scomparire tanta moltitudine. Monsignor Cagliero era in queli'istante al mio
fianco. Alcuni missionari erano ad una certa distanza. Molti altri erano intorno
a me con un bel numero di cooperatori salesiani, fra i quali. distinsi Mons. Espi-
nosa (I), il Dottor Torrero, il Dottor Caranza (2) e il Vicario generale del Chili (3).
m o r a il solito interprete venne verso di me che parlava con Mons. Cagliero e
molti altri, mentre andavamo studiando se quel fatto racchiudesse qualche si-
gnificazione. Nel modo più cortese l'interprete mi disse: -- Ascoltate e vedrete.
Ed ecco in quel momento la vasta pianura divenire una gran sala. Io non
posso descrivere esattamente quale apparisse neila sua magnificenza e nella sua
ricchezza. Dico solo che se mio si mettesse a descriverla, nessun uomo potrebbe
sostenerne lo splendore neppure coli'immaginazione. L'ampiezza era tale che si
perdeva a vista d'occhio e non si riusciva a vederne le mura laterali. Lasiia al:
terza non si poteva raggiungere. La volta terminava tutta con archi altissimi,
larghissimi e risplendentissimi e non si vedeva sopra qual sostegno si appoggias-
sero. Non vi erano nè pilastri, n&colonne. In generale sembrava che la cupola
di quella gran sala fosse di un candidissimo lino a guisa di tappezzeria. Lo stesso
dicasi del pavimento. Non vi erano lumi, nè sole, n$ luna, nè stelie, ma sibbene
uno splendore generale, diffuso egualmente in ogni parte. La stessa bianchezza
dei lini luccicava e rendeva visibile ed amena ogni parte, ogni ornamento, ogni
finestra, ogni entrata, ogni uscita. Tutto intorno era m u s a una soavissima fra-
granza, la quale era mescolanza di tutti gli odori più grati.
Un fenomeno si scorse in quel momento. Una gran quantità di tavole in
forma di mensa si trovavano l&di una lunghezza straordinaria. Te' ne erano per
tutte le direzioni, ma concorrevano ad un centro solo. Erano coperte da eleganti
tovaglie e sopra stavano disposti in ordine bellissimi vasi cristallini in cui erauo
fiori molti e vari.
- La prima cosa che notò Mons. Cagliero fu: - 1.a tavole ci sono, ma i com-
mestibili dove sono? Infatti non era apparecchiato nessm cibo e nessuna be-
vanda, anzi neppure vi erano piatti, coppe o altri recipienti nei quali porre le
vivande.
- L'amico interprete rispose allora: - Queiii che vengono qui, Izeque sitiest,
neque esuierct um@il*s. Detto questo incominciò ad entrare gente, tutta ve-
stita in bianco con una semplice striscia come collana, di color rosa ricamata a
fili d'oro che cingeva il collo e le spalle. I primi che entrarono erauo in numero
limitato. Solo alcuni in piccola schiera. Appena entrati in quella gran sala anda-
vano a sedersi intorno ad una mensa loro preparata, cantando; Evuivuf Ma dopo
( i ) Vicario Geserale di Buenos Aires.
(2) Due Cooperatori della stessa citti.
( 3 ) Porse si voleva dire d i Mons. Domenico Cruz. Vicario capitolare della diocesi di Con-
cepci6u.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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queste, altre schiere più numerose si avanzavano, cantando; Trionfo! Ed allora
incomincib a comparire una varietà di persone, grandi e piccole, uomini e donne,
di ogni generazione, diversi di colore, di forme, di atteggiamenti e da tutte parti
risuonavano cantici. Si cantava: Evviva! da quelli che erano già al loro posto.
Si cantava trionfo! da quelli che entravano. Ogni turba che entrava erano altret-
tante nazioni o parti di nazioni che saranno tutte convertite dai missionari.
Ho dato un colpo d'occhio a quelle mense intenninabili e conobbi che là
sedute e cantando vi erano molte nostre suore e gran numero di nostri confrateili.
Costoro però non avevano nessun distintivo di essere preti, chierici, suore, ma
egualmente come gli altri avevano la veste bianca e il pallio color di rosa.
- Ma la mia meraviglia crebbe quando ho veduto nomini dall'aspetto ruvido,
col medesimo vestito degli altri e cantare: Evviva! trionfo! In quel momento
il nostro interprete disse: - Gli stranieri, i selvaggi che bevettero il latte della
parola divina dai loro educatori, divennero banditori della parola di Dio.
- Osservai pure in mezzo alla foiia schiere di fanciuUi con aspetto rozzo e strano
e domandai: E questi fanciulli che hanno una peile cosi rukida, che sembra
queila di un rospo, ma pure così bella e di un colore cosi risplendente? Chi sono
costoro?
r i n t e ~ r e t erispose; - Questi sono i figliuoli di Cam che non hanno rinun-
ziato aila eredità di Levi. Essi rinforzerannole armate per tutelare il regno di Dio
che finalmente P giunto anche fra noi. Era piccolo il loro nuniero, ma i figli dei
figli loro lo accrebbero. Ora ascoltate e vedete, ma non potete intendere i misteri
che vedrete.
Quei giovanetti appartenevano alla Patagonia ed ail'iurica Meridionale.
In quel mentre si ingrossarono tanto le file di coloro che entrarono in quella
sala straordinaria, che ogni sedia pareva occupata. Le sedie e i sedili non avevano
forn~adeterminata, ma prendevano quella forma che ciascheduno desiderava.
Ognuno era contento del seggio che occupava e del seggio che occupavano gli
altri.
Ed ecco mentre si gridava da tutti Evviva! trionfo! ecco sovraggiungere in
ultimo una gran turba che festevolmente veniva incontro agli altri già entrati e
cantando: Alleluia, gloria, trionfo!
Quando la sala apparve interamente piena, e le migliaia dei radunati non
si potevano numerare, si fece un profondo siienzio e quindi quella moltitudine
incomincib a cantare divisa in diversi cori.
Il primo coro: Appropinquavit in nos regnum Dei; luetentur Coeli et exultet
iewa; Domin.us regnavit super nos; alleluia.
Altro coro; Vicerunt; et ipse Dominum dabit edere de ligno vitae et non eswrient
in aeternum: alleluia.
Un terzo coro: Laudate Dominum omnes gentes, laudate eum omws popdi.
Mentre queste ed altre cose cantavano e si alternavano, a un txatto si fece
per la seconda volta un profondo silenzio. Quindi incominciarono a risuonare
voci che venivano dali'alto e lontane. I1 senso del cantico era questo con una
armonia che non si può in nessun modo esprimere: Soli Deo honor et gloria i n
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XLVii
saecda saeculorutn. Altri cori sempre in alto e lontani rispondevano a queste
voci: Semper gratiarunz actio illi qui erat, est, et veutnrus est. Illi eucharistia, illi
soli honor semfiiternus.
Ma in quel momento quei cori si abbassarono e si awicinarono. Pra quei
musici celesti vi era anche Luigi Coile. Gli altri che stavano nella sala si misero
allora tutti a cantare e si uniron~,collegandosi le voci insieme in somiglianza
di straordinari istmmenti musicali, con suoni la cui estensione non aveva limiti.
Queila musica sembrava avesse contemporaneamente mille note e mille gradi di
elevazione che si associavano a fare un solo accordo di voci. Le voci in alto sali-
vano così acute che non si ptib immaginare. Le voci di coloro che erano nella
sala scendevano sonore, rotonde così basso che non si può espriniere. Tutti for-
mavano un coro solo, una sola armonia, ma così i bassi come gli alti con tale
gusto e bellezza e con tale penetrazione in tutti i sensi deli'uomo e assorbimento
di questi, che l'uomo dimenticava la propria esistenza, ed io caddi in ginocchio
ai piedi di Mons. Cagliero esclamando: - Oh Cagliero! Koi siamo in paradiso!
Mons. Cagliero mi prese per mano e mi rispose: - Non è il paradiso, è una
semplice, una debolissima figura di ciò che in realtà sarà in paradiso.
Intanto unanimi le voci dei due grandiosi cori proseguivano, e cantavano
con inesprimibile armonia: Soli Dea holzor et gloria, et ttrumphus alleluia, in aet~u-
n f n ~ilz, aete?ntr:n. Qui ho dimenticato me stesso e non so più che cosa sia stato
di me. Al mattino stentava a levarmi di letto: appena appena potei richiamarmi
a me stesso, quando sono andato a celebrare la Messa.
I1 pensiero principale che mi restò impresso dopo questo sogno, fu di dare
a Mons. Cagliero ed ai miei cari Missionari un avviso di somma importanza ri-
guardante le sorti future delle nostre Missioni: -- Tutte le sollecitudini dei Sa-
lesiani e deiie Suore di Maria Ausiliatrice siano rivolte & promuovere le vocazioni
ecclesiastiche e religiose (I).
I Missionari salparono da Marsiglia 1'11 febbraio. Mentr'essi
navigano sull'Oceano, noi volgiamoci alla Patagonia, dove gravi
incidenti avevano turbato e tenevano in agitazione la Missione.
11 territorio patagonico era stato costituito in Governazione o
Provincia, a capo della quale stava il Generale Winter, coman-
dante pure delle truppe di frontiera lungo il Rio Negro, il Neu-
quén e il Limay. Fiuchè fu amico dei Salesiani, tutto procedeva
ottimamente; ma, avendo il Governo Nazionale ingaggiato la
guerra religiosa e rotto le relazioni con la Santa Sede, il Gover-
( I ) Il 10 febbraio scriveva a Mons. Cagliero, che non si era ancora imbarcato: r Mi rac-
comando ancora che non si dia gran retta ai sogni. Se questi aiutano all'intellipnia di cose
morali, oppure delle nostre Regole, va bene; si ritengaqo. Altrimenti non se ne faccia alcun
pregio m.
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Monr. CagZUrro Vicmio Apostolico
natore (a bove nzaiori discit arare minor), colta a volo uii'impru-
denza commessa da Don Milanesio per puro motivo di zelo, prese
a perseguitare senza tregua i Missionari. Durante la lotta de-
nunciò al Ministro dei Culti i Salesiani come persone ineducate,
scandalose e trafficanti, consigliando di non ammetterne più a
reggere parrocchie. Li accusò pure all'Arcivescovo, sforzandosi
di farli rimuovere da Viedma e da Patagbnes, quasi a convali-
dare le violenze da lui perpetrate contro di essi periìno manu
militari.
Ma due cose salvarono i Salesiani dalla minacciata rovina:
l'energia di Don Fagnano e un suo atto di previdenza. Mentre
faceva di tutto per ammansare il Governatore, mandò alle Au-
torità ecclesiastica e civile una vigorosa difesa personale, poi-
chè contro di lui principalmente si accaniva la stampa masso-
nica della capitale. Le famiglie di Viedma e di Patagones e tutta
la popolazione del Rio Negro sapevano come stessero le cose;
ma nessuno ardiva fiatare per tema di rappresaglie. Don Fa-
gnano, senza perdersi di coraggio, aveva preso le precauzioni
per opporre anche, qualora occorresse, la forza alla forza; e que-
sto egli poteva fare là dove dimorava sul suo, avendo con danaro
proprio acquistato del terreno e costrùttovi sopra, afkchè nes-
suno si credesse mai legalmente in diritto di farnelo sloggiare.
Un co~~tegnsoì risoluto salvò i Salesiani da un colpo di mano
già predisposto e diede tempo di vagliare in Buenos Aires accuse
e difese. I1 Ministro, accogliendo le osservazioni della Curia ar-
civescovile, non tenne conto deiia nota governatoriale, e il Go-
vernatore stimò prudente scendere a più miti consigli (I).
Se tornò bonaccia, non tornò sicurezza. La questione religiosa
s'inaspriva nella capitale; inoltre la Presidenza del Generale
Roca scadeva nell'ottobre del 1886 e si avvertivano già i pro-
dromi di grosse battaglie politiche per la successione. In un mo-
mento così critico giungeva a Buenos Aires il nostro Vicario Apo-
stolico. Egli non ignorava del tutto la situazione. I1 timore ma-
( I ) Cfr. documentazione in Mem. Biogr., vol. XVII, pag. 754-760
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

53.6 Page 526

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Capo XLVII
nifestato a Don Bosco dali'Arcivescovo (I) e gli ostacoli preve-
duti da Mons. Cagliero stesso, secondo l'espressione deli'Alimonda,
per notizie comunicate da Missionari, gli avevano fatto pre-
sentire l'eventualità d'impedimenti non solo a prendere possesso
del Vicariato, ma anche a stabilirsi neUIArgentina. T a t o più
che ad aggravarne la posizione si aggiungeva un'altra circostanza.
Allora meno che mai il Governo sarebbe stato disposto ad appro-
vare che senza il suo beneplacito si fosse eretto un Vicariato en-
tro i suoi dominii. u Si tengono più padroni degli stessi Re di
Spagna », aveva scritto Mons. Aneyros a Don Bosco il 2 gen-
naio in una lettera arrivata a Torino dopo la partenza del Ca-
gliero.
Si noti ancora che la campagna giornalistica non investiva
più soltanto i Missionari della Patagonia, ma attaccava tutti i
Salesiani, cercando di renderli invisi col qualificarli razza di va-
gabondi, gente raccogliticcia, uomini inetti al progresso civile,
ingannatori, turbolenti, cupidi, fanatici, individui senza vincoli
di famiglia o di nazionalità, buoni solo a scroccar danaro e a de-
nigrare l'Argentina all'estero. Ce n'era d'avanzo per provocare
contro di essi una vera crociata.
Mons. Cagliero adunque, che aveva già odorato il vento in-
fido, fermatosi un po' neli'uruguay, si spinse avanti in nomine
Domini. I,'Arcivescovo lo accolse a braccia aperte; ma i giornali
lo bersagliavano. Egli fissò la sua dimora a S. Carlo di Almagro,
occupandosi a far del bene nelle case dei Salesiani e delle Suore.
Agiva con la massima prudenza e circospezione, lavorando e ta-
cendo. I1 suo sospiro era la Patagonia; pur di potervi entrare,
si diceva disposto ad andarvi vestito non da Vescovo, ma da
sagrestano.
Gli pareva che sarebbe un gran passo, se gli riuscisse di ab-
boccarsi col Presidente Roca. A ottenergli tale incontro si ado-
perava in maggio Don Fagnano, rappattumatosi, almeno appa-
rentemente, con il suo Governatore e venuto a Buenos Aires
( I ) Cfr. sopra, pag. 500 q 501
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Mons. Cogliero Vicorio Apostolica
per affari della Missione (I). Le difficoltà di riceverlo diminui-
vano ogni giorno più da parte del Presidente, perchè la stampa
stava cheta. L'aveva disarmata il vederlo andare attorno senza
nulla di speciale, ma ((comeil resto di tutti i mortali ( 2 ) . Final-
mente fu avvertito che poteva presentarsi. Lo accompagnò Don
Costamagna. Vennero introdotti insieme. Il Generale, seduto, lo
interrogò fieramente a bruciapelo, se fosse Vescovo. Gli rispose
di sì. Allora il Presidente si scagliò contro il Papa, che non po-
teva mandare Vescovi nella Repubblica senza intendersi col Go-
verno. Al che pronto Monsignore: - Io, Signor Presidente, sono
Vescovo, ma la mia diocesi è molto lontana di qui; io qui non
110 diocesi. Fui già alcuni anni in questa Repubblica come Mis-
sionario Salesiano di Don Bosco ed ora vi ritorno per dedicarmi
alla Missione della Patagonia.
A questo punto Don Costamagna ricordò al Presidente la
spedizione del 1879, quand'egli si era trovato più volte al suo
fianco.
I1 Generale non potè ilascondere una certa compiacenza.
Ciò osservando, Monsignore prese animo e continuò: -La Re-
pubblica Argentina è aperta a tutti coloro che desiderano di la-
vorare; qu&di noi veniamo, come tanti altri, per lavorare, ma
anche per insegnar a lavorare. Ho condotto con me una trentina
di Missionari, fra i quali parecchi Salesiani laici, che esercitano
varie specie di arti e mestieri; andremo così gli uni a insegnare
l'agricoltura e l'allevamento del bestiame e gli altri a prenderci
cura delle anime in quelle terre conquistate da Vostra Eccel-
lenza alla civiltà.
Il Presidente lo interruppe osservando che essi però forma-
vano una Congregazione religiosa. - Sì, rispose Monsignore, ma
come Società o Associazione privata, i cui membri conservano
tutti i loro diritti civili, senza pretendere nessun privilegio o ri-
conoscimento dallo Stato. Sianio cittadini come tutti gli altri,
uniti in Società per educare la gioventù povera in asili, ospizi
( I ) Lettera di Monsignore a Don Lazzero, 5 maggio 1885.
(2) Lettera del med. al ined.. B. A. 1 5 giugno, e al Card. Alimonda, 25 giugno
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

53.8 Page 528

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capo XLVZI
e scuole professionali. Don Bosco, nostro fondatore, fu dai Mi-
nistri Rattazzi e Cavour consigliato a istituire la sua Società in
modo che fosse conforme ai tempi moderni.
I1 Presidente esclamò ridendo: - Don Bosco è stato dawero
abile! - E alzatosi da sedere, strinse la mano a Mons. Cagliero,
dicendogli: - Saremo amici. - I1 Vescovo incoraggiato lo pregò
di lasciargli un biglietto di presentazione o di raccomandazione
per il Generale Winter. I1 Presidente glielo fece con termini di
lode e di benevolenp. L'amicizia fra i due personaggi durò sin-
cera h o ali'ultimo. Il gran credito del Generale Roca fu assai
giovevole al Vicario Apostolico durante la sua permanenza nella
Patagonia; ma intanto. gli procurò subito due segnalati van-
taggi.
Fra le difficoltà che si opponevano al viaggio di Monsignore
per la Patagonia vi era la spesa. Le case salesiane d'America,
tutte onerate di debiti, non potevano fornirgli il danaro suffi-
ciente. Orbene Don Fagnano ottenne dal Governo ben dieci pas-
saggi gratuiti. Poi i buoni rapporti col Presidente valsero a Mon-
signor Cagliero di salvacondotto al quartiere del Governatore,
col quale doveva pur fare i conti, se voleva esercitare in pace
la sua missione. Fatto dunque il suo ingresso a Patagbnes il
9 luglio, andò tosto a visitarlo e in abito prelatizio. Quegli, cono-
sciuti i suoi buoni rapporti col Generale Roca, lo accolse onore-
volmente e gli si profferse per tutto quanto potesse dipendere da
lui. La visita ebbe intanto sul Governatore l'effetto immediato
di -persuaderlo che i Salesiani erano là unicamente per attendere
alla cura delle anime e alla predicazione del Vangelo senza punto
mischiarsi di politica; il che voleva dire molto in un paese, dove
la politica dominava la vita dei cittadini, a qualunque classe
sociale appartenessero (I). Le Missioni della Patagonia cornincia-
vano dunque allora a esistere non più solo di fatto, ma anche
di diritto.
LQ un altro capo vedremo il Vicario all'opera. Al fin qui detto
( I ) Lettera di Don Riccardi, segretario di Monsignore. a Don Bosco, Patag6nes 25 luglio
1885.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Mons. Cagliero Vicario Apostolico
aggiungerò ancora una parola per far conoscere la sua posizione
di fronte ai Salesiani. Bntro l'anno Don Bosco lo costituì Supe-
riore immediato dei due Ispettori deli'Argentina e dell'Umguay
e Brasile e suo Provicario per tutte le case delllAmerica Meri-
dionale (I). Di questo atto Don Lasagna il 30 dicembre ringra-
ziava Don Bosco come di un dono prezioso, promettendo obbe-
dienza e amore.
( I ) Nel Catalogo del 1886 è detto <i Pro-Vicario Generate per tutte le case dell'America
Meridionale ,n, perchè Don Bosco, coine diremo, aveva stabilito suo Vicario Generale per
tutta la Congregazione Don Rua.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

53.10 Page 530

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CAPO XLVIII
Tre nuove fondazioni in Francia.
(Marsiglia, Lilla, Parigi).
Ogni anno Don Bosco faceva un viaggio nella Francia meri-
dionale per visitare le sue case e per domandare limosine; ma
nel 1883 si spinse fino a Parigi, dove si fermb per più di un
mese. Fu un viaggio veramente storico. Le accoglienze avute
dai Parigini, le udienze da lui accordate a numerose ed alte per-
sonalità, le visite fatte a comunità ed a famiglie cospicue, le con-
ferenze tenute in pubbliche chiese ed anche i prodigi operati con
le sue benedizioni interessarono la stampa della grande metro-
poli e per mezzo di quella stampa ebbero un'eco mondiale. Chi non
conosceva affatto o conosceva poco Don Bosco, imparò a cono-
scerlo bene anche in paesi remoti; chi non aveva mai sentito par-
lare della Società Salesiana, ne apprese l'esistenza e la natura.
Se Don Bosco avesse avuto il quadruplo di Satesiani, non sarebbe
stato imbarazzato a collocarli, tante erano le domande di fonda-
zioni che gli piovevano da ogni parte. Ma quello che egli non
potè fare, lo fece il suo Successore. Qui dirò di tre fondazioni
effettuate in Francia dopo quell'avvenimento.
La prima fu un noviziato nelle vicinanze di Marsiglia. L'ori-
gine di questa fondazione è curiosa. Don Bosco sentiva la neces-
sità di far fare agli ascritti francesi il noviziato in Francia. Or-
bene sul finire del 1880 gli venne mostrata in sogno una casa
da adibirsi a tale scopo. La descrisse l'anno dopo all'abate Guiol:
uno spazioso edificio in luogo ameno, cinto da larga pineta, con
magnifici viali di platani che vi conducevano e con un abbon-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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54.1 Page 531

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Tre nuove fondazioni in Francia
dante corso d'acqua che attraversava da un capo all'altro il po-
dere circostante. L'abate credette che egli sognasse dawero,
mentre gli faceva quella descrizione; tuttavia, sapendo dei so-
gni di Don Bosco, stava a osservare. Della medesima cosa il
Santo fece parola nel 1882 al chierico Cartier, dicendogli che
l'avrebbe destinato colà.
A Marsiglia da prima si pensò che potesse trattarsi di una
villeggiatura della Cooperatrice Signora Broquier presso Au-
bagne; anzi Dori Bosco stesso, mosso dalle relazioni che rice-
veva, scrisse alla proprietaria per pregarla che gliela cedesse in
dono o almeno in uso. Ma siccome scrivendo accennava a par-
ticolarità della villa vedute nel sogno e non rispondenti alla
realtà, la buona Signora non ci si raccapezzava.
Un'altra offerta gli pervenne nel 1883 dalla Signora Pastré,
ricca vedova parigina, alla quale Don Bosco aveva ottenuto la
guarigione della figlia e che intendeva di soddisfare al debito della
riconoscenza. Possedeva essa parecchie ville, una delle quali
presso Santa Margherita, poco lungi da Marsiglia: quella appunto
voleva mettere a disposizione di Don Bosco. Ma Don Bosco,
avuto sentore che sarebbero potute nascere competizioni, de-
klinò l'offerta. Alcuni mesi dopo Don Bologna gli scrisse che la
Signora insisteva nella sua proposta, pregando di accettare. Il
Santo rispose in tono faceto che, se vi erano i pini e i platani
e il corso d'acqua, bene; se no, no. I1 Direttore del San Leone,
andato a vedere, gli riferì che di pini ve n'erano alcune centi-
naia e che c'erano viali di platani e che l'acqua correva per il
fondo. Allora accettò. Là dunque aperse il noviziato nell'autunno
del 1883, denominandolo dalla Prowidenza. L'abate Guiol, re-
catovisi la prima volta con lui nel 1884, osservò con istupore
come la realtà corrispondesse esattamente al sogno.
Subito dopo l'accettazione fu stipulato un legale contratto
di affitto per quindici anni; ma con scrittura privata la proprie-
taria si obbligava a cederne l'uso completo e gratuito per tutto
quel periodo, rimandando ad altro tempo altre disposizioni, per-
chè allora motivi di famiglia non le lasciavano mano libera per
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

54.2 Page 532

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agire come avrebbe desiderato. Nella suddetta sua visita Don
Bosco fu accolto dai novizi con grande allegrezza e, verificato
come tutto rispondesse al previsto, disse che dopo l'atto di ces-
sione nella forrna indicata egli aveva capito perchè nel sogno
non gli si fosse detto: - Ecco una casa che t i è regalata o ven-
duta; - ma: - Questa casa è a tua disposizione.
I1 noviziato salesiano della Provvidenza fu una rivelazione in
Francia per la sua diversità dagli altri noviziati. L'abate Guiol
manifestava così le sue impressioni su quei novizi alle Signore
del Comitato marsigliese nella seduta del 5 febbraio 1886, come
si legge nei verbali: %Sonogiovani veramente ammirabili e im-
bevuti dello spirito di Don Bosco, che è uno spirito tutto spe-
ciale. Don Bosco ha voluto che alla gioventù attendesse la gio-
ventù e gioventù pia ovvero vi attendessero preti allevati nel suo
spirito e da lui formati. Ragazzi cresciuti in tale atmosfera e
penetrati di tali idee sono mirabilmente disposti ali'apostolato D.
La seconda fondazione fu a Lilla. Don Bosco andò a questa
città da Parigi. Tale andata servì ad accelerare pratiche già ini-
ziate da ottimi Cooperatori, massime dal Conte di Montigny.
I Salesiani erano aspettati in un orfanotrofio di S. Gabriele, che
ospitò il Santo. Ideato nel 1871 e aperto nel 1874, accoglieva or-
fani della guerra franco-prussiana del 1870; lo dirigevano le Figlie
della Carità. I ricoverati, ricevuti piccini, erano cresciuti e pa-
recchi avevano ormai passati i quindici anni, nè si potevano
più lasciare sotto quelle Religiose. Ecco perchè vi si chiamavano
i figli di Don Bosco per formarvi una casa di arti e mestieri.
Il Capitolo Superiore fece l'accettazione formale il 16 gen-
naio 1884; ma l'inaugurazione si dovette ritardare alquanto per
finir di regolare il passaggio della proprietà mediante la costitu-
zione di una Società civile composta di Francesi e d'Italiani, parte
Confratelli e parte estranei alla Congregazione.
La scelta del Direttore cadde su Don Giuseppe Bologna, al-
lora Vicedirettore a Marsiglia, dacchè cioè quella casa era dive-
nuta residenza deìi'Ispettore. Don Bosco lo raccomandò al Si-
gnor Filippo Vaud, ricchissimo industriale e tanto esemplare cri-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Tre nume fondazioni in Francui
stiano, che di lui e di suo fratello è in corso la Causa di Beati-
ficazione. Don Bosco lo chiama suo grande amico (I). Scrisse
pure a Mons. Quesnay, Arcivescovo di Cambrai e Ordinario al-
lora di Lilla, per avere le debite autorizzazioni. ii Direttore prese
possesso dell'orfariotrofio il 29 gennaio. Le Suore non potevano
mostrarsi più premurose nel fargli la consegna e l'Arcivescovo gli
usò ogni cortesia. La pena maggiore per Don Bologna era vedere
i giovani andare in officine della città ad apprendere il mestiere,
non essendovi laboratori intenii; quindi si prefisse di portare nel
più breve termine possibile la casa di Lilla a paro con quelle
di Nizza e di Marsiglia.
Non fu certo cosa facile imporre a quei giovani il nuovo or-
dine di cose. Ci vollero sei mesi di pazienza per cominciare a cat-
tivarseli e per iniziarli al nostro Regolamento; non già che fos-
sero scapestrati, ma ostentavano freddezza e indifferenza. Giovò
alquanto a indocilirli il ricordar loro Don Bosco, la cui presenza
li aveva talmente impressionati, che desideravano di rivederlo.
Giovò pure la novità della musica strumentale, a cui si dedica-
rono con buona volontà e profitto. Per la solennità dell'Assunta,
dovendo otto giovanetti fare la prima comunione, il Direttore
colse il destro per far fare a tutti tre giorni di ritiro spirituale.
In mancanza di predicatori salesiani invitò due Padri Gesuiti.
Anche questa novità diede buoni frutti. Tali industrie valsero a
stabilir bene la casa nel santo timore di Dio.
Due difficoltà angustiavano Don Bologna: l'esiguità del per-
sonale e la ristrettezza degli ambienti. In una casa non inferiore
a quella di Marsiglia quanto a molteplicità di uffici, non c'erano
che un prete, cioè il Direttore, tre chierici e un coadiutore; den-
tro poi non si sapeva da che parte voltarsi, standovisi stretti
come le acciughe. Nonostante tutto, più nessuno in agosto lavo-
rava fuori: Don Bologna aveva messo su alla meglio laboratori
di sarti, calzolai, falegnami, legatori, stampatori, litografi, fab-
bri ferrai. Fu una vera prova di energia salesiana.
( i ) Vevb. del Cap. Su@., 16 gennaio r88q
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

54.4 Page 534

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Capo XLVIII
Curgenza di ampliare incalzava: non mancava l'area, man-
cavano i mezzi. I Litlesi, vedendo che si faceva sul serio, aiuta-
rono. Per stimblare ancor più la pubblica beneficenza il Direttore
formò un Comitato di Signore, come quello ammirato da lui a
Marsiglia, dettando un regolamento molto semplice e pratico,
riveduto e approvato da Don Bosco, che mandò a ognuna il di-
ploma di Cooperatrice e il Bollettino francese. La casa crebbe,
dilatò la sua sfera d'influenza e divenne una delle migliori isti-
tuzioni cittadine (I).
Poco lontano da Lilla, a Aire, viveva un angelo di carità,
che fu per Don Bosco una copia fedele del Conte Colle: Made-
moiselle Clara Louvet. Anche di lei è doveroso fare menzione e
farla qui; poichè, se molto donò per la chiesa del Sacro Cuore e
per le Missiotii salesiane, beneficò sempre e largamente la nuova
casa.
Figlia nubile di un ufficiale superiore, menava una vita santa.
Tocca dalla fama di santità che circondava il nome di Don Bo-
sco, ardeva di avvicinarlo; nè le fu difficile, perchè soleva scen-
dere nella Costa Azzurra proprio nel periodo dell'anno, in cui
il Servo di Dio aveva la consuetudine di andare questuando da
quelle parti. Dopo un primo incontro la Louvet nutri ognora per
Don Bosco tanta venerazione, che non ebbe più con lui nè se-
greti suUa sua vita spirituale nè misura nell'aprirgli la borsa;
Don Bosco poi la trattava da padre, consigliandola e manife-
standole i suoi tanti bisogni. Una corrispondenza epistolare che
comincia dal 10 gennaio 1882 e va fino al 5 settembre 1887 for-
nisce le prove della sua bontà e generosità ( 2 ) .
La casa di Lilla godette, dicevo, le sue speciali simpatie. Fin
da principio ella somministrò un capitale, la cui rendita bastasse
a1 mantenimento di cinque orfani. I Salesiani la consideravano
come la mamma dei loro orfanelli, nè ricorrevano mai invano
( I ) Nel novembre del 1884, tenendosi a &illa un Congresso Cattolico, un distinto ora-
tore ne p=Ib a lungo, elogiando il metodo di Don Bosco. (Cfr. Mem. Biogr., vol. XVII,
e P%. 357).
(2) pubblicata per intero in appendice al vol. XVI delle Mcm. Biogr. insieme con
quella del Conte Colle.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Tre nuooe fondnaioni in Francia
alla sua carità. Finchè soprawisse a Don Bosco, non cessò di
tenersi in relazione col suo Successore, aiutando opere salesiane
francesi e non francesi. Nell'ultima sua malattia il sentir profe-
rire il nome di Don Bosco le rasserenava lo spirito e le infondeva
rassegnazione e pazienza. Volò al premio 1'11 novembre 1912.
La terza fondazione avvenne a Parigi. Nel 1883 Don Bosco
dal pulpito della chiesa di S. Agostino aveva detto: - Non ci
sarà modo di fondare a Parigi un istituto come quelli di Nizza,
di Marsiglia e di Torino? Io credo che una casa di questo genere
sarebbe qui necessarissima e che bisogni aprirla. - Le sue pa-
role diedero origine a parecchie proposte, finchè ne giunse una
che più di tutte parve convenire.
Ne1 quartiere operaio di Ménilmontant, focolare di passioni
e violenze antireligiose al tempo della Comune, esisteva un Pa-
tronage fondato nel 1878 dallo storico della Chiesa abate Pisani,
dedicato a S. Pietro e posseduto da una Società civile, di cui era
capo il fondatore. L'opera fiori fino al 1884, quando la nomina
dell'abate a segretario dell'Istituto Cattolico parigino ne faceva
presagire la rovina. Non avendo quegli chi lo sostituisse nè ras-
segnandosi a vedere annientato il frutto di tanti sacrifici, accolse
ben volentieri dal Marchese di Franqueville, amico di Don Bo-
sco, la proposta di vendere al nostro Santo edificio e terreno.
Casa e mobili furono valutati a 175 mila franchi. Le modalità
del contratto, benchè complicate, non sollevarono ostacoli. Don
Bosco aveva dichiarato in Capitolo (I): ((Bisogna comperare
questa casa in vista della benevolenza che la città di Parigi di-
mostrò per Don Bosco *. Tuttavia, prima di conchiudere, mandò
a Parigi Don Durando, accompagnato dal Salesiano francese Don
De Barruel, per osservare se vi fossero ipoteche, se i dintorni
fossero sani, se corresse voce di fallimento, quale fama circondasse
l'opera, quali vicinati avesse la casa.
Gl'inviati trovarono tutto in regola e in buone condizioni;
solo il parroco del luogo si opponeva a spada tratta. Il Cardinale
Arcivescovo Guibert si limitò a raccomandare grande prudenza.
( I ) Vcrb. del Ca& Sufi., rz settembre 1884.
52 I
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XLVIII
Parecchi buoni secolari, che si prestavano per l'assistenza dei
giovani e per i catechismi, si offrivano a continuare. Tutti gli
amici esortavano a far presto, affichè, divulgandosi la notizia,
non sorgessero concorrenti. I1 Capitolo Superiore, udita la re-
lazione, deliberò che si passasse subito all'atto (I).
All'abate Pisani premeva che il personale giungesse non più
tardi dell'Irnmacolata. Don Bosco la sera del 5 dicembre disse
in Capitolo: Io mi trovo fra due morse che mi stringono. Da una
parte la scarsezza di personale e dall'altra il partito favorevole
da non lasciarsi sfuggire. Bisogna anche notare che tante ele-
mosine fatteci a Parigi nel 1883 furono date principalmente in
vista delta casa da erigersi in quella capitale. Oggi l'entusiasmo
per Don Bosco vi è alquanto sdpito, ma sarà cosa facile il ride-
starlo. L'anno venturo il personale in Francia sarà raddoppiato
con i novizi della Provvidenza e speriamo di rifornire le case fran-
cesi con nuovi elementi ».
Per l'Immacolata non fu possibile contentare l'abate Pisani;
solo verso la &e di dicembre Don Bosco mandò a Parigi 1'Ispet-
tore Don Albera per firmare il contratto e presentare il Diret-
tore Don Bellamy. Era questi un distinto ecclesiastico di Char-
tres, venuto a farsi Salesiano l'anno innanzi. Le accoglienze fu-
rono da ogni parte assai liete; anche il parroco seppe fare di
necessità virtù.
UP tratto della divina Prowidenza si vide, quando urgeva
firmare il contratto. Il di Franqueville era depositario di trenta-
mila franchi per questo scopo; ma ne occorrevano altri quaranta-
mila e senza dilazione. Don Rua scrisse al Marchese che non sa-
peva dove dare del capo per trovarli e lo pregava d'indurre l'a-
bate Pisani a pazientare ancora un poco. Finita appena la let-
tera, ecco da Roma una raccomandata. La apre e legge. La si-
gnora Stackpool, benefattrice inglese domiciliata a Roma, di-
ceva di tenere pronte lire quarantamila per la casa di Parigi e
domandava presso chi le dovesse depositare il suo agente pari-
(I)Ibid., 28 settembre 1884.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Tre nuwe fondaaiozi in F~mn'a
gino. Don Rua commosso le rispose di farle consegnare senz'al-
tro al di Franqueville.
In casa porsero subito un prezioso aiuto alcuni studenti uni-
versitari, che andavano sempre a passarvi la sera in mezzo ai
ragazzi, cooperando nelle scuole e nel fare il catechismo (I). Per
i mezzi di sussistenza il Marchese di Franqueville si fece cotlet-
tore di danaro, che trovava in misura sufficiente. Don Bosco
aveva assicurato il Direttore che la carità a Parigi non gli sa-
rebbe mancata, e così fu. A questo aveva contribuito una circo-
lare da lui firmata e spedita da Torino il 29 gennaio 1885 ai be-
nefattori più noti.
Le cose vi s'incamminarono adagio -e bene. La compera di un
terreno attiguo assicurò al Pakolzage un'area fabbricabile di mille
e cento metri quadrati. Frequentavano l'oratorio i figli degli ope-
rai; ma non si trascurarono gli studenti. Questi vi si raccoglie-
vano al giovedì; poi per averli anche nelle domeniche si preparò
loro un cortile a parte con il personale necessario e con diverti-
menti, feste, premi speciali. Poterono così centoventi alunni delle
scuole pubbliche avere nei giorni festivi Messa, catechismo, pre-
dica e funzioni separatamente dagli altri. Don Bellamy, che,
sebbene venuto nella Congregazione da poco e già prete, aveva
studiato bene i metodi nostri, istituì fra i suoi oratoriani le pic-
cole Compagnie, come aveva visto fare a Torino.
Ma nemmeno a Parigi l'attività dei Salesiani doveva limitarsi
agli estertli. Molte persone autorevoli sollecitavano prowedi-
menti anche per un internato a favore della gioventù bisognosa;
perciò Don Bellamy, confidando in Maria Ausiliatrice, diede
principio a lavori d'ingrandimento. L'impresa gli costò pene e
sacrifici. Una volta, avendo descritto a Don Bosco le strettezze
finanziarie della sua casa, ne ricevette in risposta: Ottenete mi-
racoli e vedrete che i mezzi non vi mancheranno ,. Uomo di
viva fede, egli prese alla lettera le parole del Santo. Fece fare
a' suoi giovani una novena per ottenere da Maria Ausiliatrice
( I ) Uno di quelli era il futuro Don Virion, Ispettore salesiaiio nel Belgio e allora uffi-
ciale deli'Esercito.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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- Capo XLVIII Tve nuove fondazioni in Fmncio
la guarigione del figlio di una ricca famiglia, il quale aveva ri-
cevuto una gravissima ferita e la guarigione venne in modo pro-
digioso (I). I1 fatto produsse gli effetti intesi da Don Bosco.
Anche la casa di Ménilmontant ebbe la sua mamma nella
Contessa di Cessac. Don Bosco l'aveva raccomandata come tale
al Direttore e tale essa volle essere, tanta era la stima che nu-
triva per il Servo di Dio. Due o tre volte per settimana compa-
riva là a informarsi minutamente di tutto. Si può dire che ogni
angolo della casa rammentava una sua liberalità.
Quella fondazione parigina fu provvidenziale per lo sviluppo
della Congregazione in Francia e nei possedimenti francesi; poi-
chè l'opera, cominciata dal poco, progredì, ispirò fiducia nei be-
nefattori e diede un'alta idea della Congregazione e della sua op-
portunità ed efficacia sociale. I1 Palronage St-Pierre, travolto
nella generale rovina dalle leggi di soppressione del 1902, risorse
e rivive in altra sede, grazie specialmente all'affetto e allo zelo
degli ex-allievi.
I1 12 novembre del 1885 Don Bosco, discorrendo con Don
I,emoyne che prese nota delle sue parole, fece questa osserva-
zione da non lasciarsi cadere: << Veggo sempre più quale glorioso
avvenire è preparato alla nostra Congregazione. Ma si tenga ben
fermo che il nostro scopo principale sono gli oratorii festivi. In
questi oratorii si prepareranno preti modelli degli altri e ben vo-
luti da tutti, anche dai nemici dei preti. Saranno disinvolti e
conoscitori del mondo. Intendo che negli oratorii festivi si met-
tano Direttori, che non abbiano ingerenze nei collegi. Quale
frutto di anime si ricaverà! ». L'esempio di Parigi confermò e
conferma questo suo modo di vedere.
( I ) Bulletin Salt'sien, Janvier 1886.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO XLIX
I1 Papa da a Don Bosco un Vicario.
Nella n ~ t t edal g al IO ottobre del 1884 Don Bosco fece uno
de' suoi sogni. Gli parve di partire per Roma, di fermarsi un
paio d'ore nel Vaticano e di ritornare poi subito a Torino; e che
appena giunto a Roma, il Papa lo ricevesse in udienza, lo trat-
tenesse in lungo e svariato colloquio, e fra l'altro gli raccoman-
dasse di osservare bene se quanti domandavano l'ammissione
nella Società Salesiana avessero indole pieghevole, spirito di sacri-
ficio, distacco dalla patria e dai parenti e moralità sicura. Or-
bene su quel treno, col quale egli sognava di viaggiare aUa volta
di Torino, viaggiava realmente una lettera di somma importanza,
che riguardava la sua persona. Era stata scritta per ordine di
Leone XIII da Mons. Jacobini, Segretario di Propaganda, e in-
dirizzata al Card. Alimonda. Vi si diceva: << Sua Santità in questa
occasione mi ha ordinato di scriverle sopra un altro oggetto in-
teressantissimo. Egli vede che la salute di Don Bosco deperisce
ogni giorno e teme per l'avvenire del suo Istituto. Vorrebbe dun-
que che V. Eminenza con quei modi che sa sì bene adoperare
parlasse a Don Bosco e lo facesse entrare nell'idea di designare
la persona che egli crederebbe idonea a succedergli ovvero a
prendere il titolo di suo Vicario con successione. Il S. Padre si
riserverebbe a provvedere nell'uno o nell'altro modo secondo
crederebbe più prudente. Brama però che V. E. faccia subito
questo, che riguarda così da vicino il bene dellfIstituton. Nel
poscritto Monsignore pregava il Cardinale di sollecita risposta.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo XLIX
I1 Cardinale venne la sera stessa a parlare con Don Bosco.
Il Santo accolse con vivo gradimento l'invito fattogli a nome del
Papa e promise che al più presto possibile ne avrebbe informato
i Capitolari e preparato la risposta da inviare a Roma. Fece la
comunicazione al Capitolo Superiore il 24 ottobre, interpetlan-
dolo sul da fare. I verbali del Capitolo ci somministreranno gran
parte della materia di questo capo. Parlò dunque così: u Ho an-
cora da esporre una cosa di gravissima importanza. I1 Santo Pa-
dre mi ha scritto essere suo desiderio che Don Bosco si elegga
un Vicario con diritto di amministrazione e di successione. Egli
con ciò dimostra il grande amore e l'interesse che professa alta
nostra Congregazione ed anche un segno di benevolenza allo
stesso Don Bosco, volendo che dipendo da lui la scelta del suc-
cessore. Io avrei desiderato che dopo la mia morte i Confratelli,
secondo le Regole, esercitassero il loro diritto nel crearsi un Su-
periore; ma dopo la lettera del Papa non saprei come decidere
altrimenti. Fin da quando sono andato a Roma in quest'anno,
il Papa mi ha fatto intendere questa sua idea. Mi disse: - Voi
siete di sanità male andata; avete bisogno di aiuto, di essere as-
sistito. Bisogna che vi mettiate al fianco una persona che rac-
colga le vostre tradizioni, che possa far rivivere tante cose che
non si scrivono o che, se si scrivono, non s'intenderanno come
debbono essere intese. - Ho meditato molto su questo punto;
perciò chiedo al Capitolo che cosa io debba rispondere al Santo
Padre 9. I1 Capitolo fu di parere che Don Bosco scegliesse chi
gli piaceva, e tutto sarebbe fatto.
Egli chiese ancora se prima di presentare al Papa il nome
del prescelto, convenisse chiamare i Confratelli a dare il loro
voto. Questo a nessuno parve necessario, ma si disse che egli
facesse la scelta e mandasse il nome dell'eletto al Papa. Don
I,emoyne che fu testimonio della scena, scrive: <Ci fu un mo-
mento di silenzio solenne, perchè tutti capivano l'importanza di
questa decisione del Papa. Un senso di tenerezza profonda in-
vadeva tutti i cuori, perchè sembrava che ogni giorno più tutto
ci annunciasse che Don Bosco si apparecchiava ad abbandonarci 9.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

55 Pages 541-550

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55.1 Page 541

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Il Papa a Don Bosco un V ~ C Q ~ ~ O
Allora Don Bosco prese tempo a deliberare; poi spiegò meglio
il suo pensiero nella seduta capitolare del 28 ottobre. ((Ora,disse,
si tratta di stabilire un Vicario a Don Bosco e che questo lo
rappresenti in ogni cosa, in faccia alla Chiesa per l'istituzione
canonica, in faccia aile leggi civili per procura. I1 Papa forse sa-
rebbe contento che Don Bosco si ritirasse pienamente e riposasse;
ma se io sto ancora al mio posto di fronte al mondo, se non mi
inganno, potrò fare ancora alquanto di bene alla Congregazione.
Se resto Rettor Maggiore anche solo di nome, ciò basta al co-
spetto della Francia, della Spagna, della Polonia (I), ecc. Sola-
mente la mia povera esistenza serve ad attirare la beneficenza.
Ma ho bisogno che vi sia uno, al quale possa affidare la Congre-
gazione, ponendola tutta sulle sue spalle e lasciandone a lui tutta
la responsabilità. In questo senso ho fatto scrivere al Sommo
Pontefice, rimettenclomi però pienamente alle sue decisioni. Avrei
scritto io stesso, ma non riuscii a finire se non dopo varie peri-
pezie e in ultimo mi avvidi che aveva terminato di scrivere sopra
una carta che sporgeva sotto il foglio. La mia povera testa non
reggeva più. Ora la lettera fu spedita. Giunto che sia il Rescritto
pontificio, bisogna che cerchiamo di mettere alla testa della Con-
gregazione uno, il quale assuma la reggenza sotto la sua piena
responsabilità ».
Qui Don Cagliero domandò la parola per osservare che, se
l'eletto fosse Don Rua, sarebbe stato necessario che lasciasse
l'ufficio d i Prefetto Generale e che si cercasse un altro per quel
posto. Don Bosco rispose tenendosi sulle generali e dicendo: ((Ora
da tutti si fa quello che si può, e io non ho nulla da lamentarmi
per nessuno; tutti sono di buona volontà. Ma responsabilità in-
dividuale finora non c'era. L'unico studio era di mettere tutte
le forze insieme in modo che l'uno non paralizzasse l'altro. Ap-
pena avrò la risposta del Santo Padre, ve la comunicherò D.
A questo punto fece leggere da Don Rua la lettera di Mon-
signor Jacobini e poi disse d'avere fra i due partiti propostigli
( I ) Le relazioni con la Polonia si allargavano sempre piii, specialmente dacchè il Prin-
cipe Augusto Czartoryski trattava per entrare nella Società.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XLIX
scelto il secondo, quello cioè di un Vicario Generale con diritto
di successione, rimettendo però ogni cosa nelle mani di Sua San-
tità. Quindi ribadì: <<Aquesto Vicario io darò tutti i poteri, ma
intendo che sia responsabile; poichè ripeto che tale responsabi-
lità finora non esisteva. Questo Vicario si faccia un altro Pre-
fetto. Io allora mi ritirerò. Vedrò, parlerò col mio Vicario, ed egli
parlerà e comanderà agli altri Confratelli ex oficio >>.
La lettera, fatta scrivere da Don Bosco e di cui ignoriamo il
tenore, era stata consegnata al Card. Alimonda, il quale per
mano del Cardinal Nina l'aveva indirizzata al Santo Padre.
In quella egli faceva il nome di Don Rua; ma nell'adunanza
non ne aveva detto nulla, senza dubbio perchè voleva prima
7 avere la risposta. Il Cardinale Protettore, umilia&'.. 1 Papa una
lettera dell'Arcivescovo e quella di Don Bosco; alla, qua e la prima
serviva di presentazione, rispose a Sua Eminenza; Sua Santità
rimase oltremodo soddisfatta e tranquilla nell'apprendere come
all'awenire dell'Istituto Salesiano rimarrebbe abbastanza bene
provveduto coll'affidarne il regime a Dou Rua, qualora venisse
a mancare l'egregio Don Bosco, che Dio però conservi molti
anni D. I1 relativo decreto venne firmato il 7 novembre 1884 (I)
Don Bosco non rese nè subito nè presto di pubblica ragione
la cosa. I1 Santo Padre non aveva posto alcun limite di tempo;
d'altra parte era costume del Santo far precedere a importanti
disposizioni un periodo di prova. Qui poi, allargando, come fece,
a Don Rua la sfera della sua attività senza dichiararne pubblica-
mente il motivo, preparava i Confratelli ad accettare il prowe-
dimento. Intanto veniva insinuando l'idea della necessità che
Don Rua dovesse prendere in tante cose il suo luogo, e lo ripe-
teva con qualche frequenza, dandone per motivo la propria sa-
lute e il bisogno di ordinare tutto a poco a poco prima di an-
darsene da questo mondo.
In realtà la sua salute deperiva a vista d'occhio. La prostra-
zione delle forze lo faceva andare curvo e a rilento. I1 Dottore
( I ) L'esistenza di questo decreto non fu nota ai Superiori se non dopo la morte del Santo,
come si dirà a suo luogo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Il Papa dà a Don Boxe un Vicario
Combal dell'università di Montpellier, visitatolo accuratamente
a Marsiglia nel marzo del 1884, disse che aveva l'organismo
logoro. I,e sue condizioni impensierivano talmente i Superiori,
che in una seduta capitolare del settembre seguente, profittando
della sua assenza, giudicarono opportuno prospettarsi l'eventua-
lità della sua vicina dipartita per prendere in esame le relative
conseguenze.
Era trascorso intanto un anno dall'invito di Roma, quando
egli credette di dover procedere alla comunicazione ufficiale,
prima nel Capitolo Superiore, poi ai Confratelli, oralmente nel-
l'oratorio e con lettera circolare per le case.
Al suo Capitolo parlò così il 24 settembre 1885: <Ciò che
debbo dirvi, si riduce a due cose. La prima riguarda Don Bosco,
che omai è mezzo andato ed ha bisogno di uno che faccia le sue
veci. L'altra riguarda il Vicario Generale, che subentri nelle cose
che faceva Don Bosco e s'incarichi di tutto ciò che è necessario
per il buon andamento della Congregazione; benchè nel trattare
gli affari son sicuro che egli prenderà sempre volentieri gli avvisi
di Don Bosco e dei Confratelli e nell'addoscarsi questa carica
altro non intenderà che di venire in aiuto della Pia Società Sa-
lesiana, cosicchè, quando io venga a morire, la mia morte non
alteri punto l'ordine della Congregazione. Quindi il Vicario deve
provvedere che le tradizioni, che ora noi teniamo, si manten-
gano intatte. Così fu raccomandato caldamente dal Santo Padre.
Le tradizioni si distinguono dalle Regole in quanto che insegnano
il modo di spiegare e praticare le Regole stesse. Bisogna procu-
rare che queste tradizioni dopo di me si mantengano, si conser-
vino da quelli che ci seguiranno. Mio Vicario Generale nella Con-
gregazione sarà Don Michele Rua. Questo è il pensiero del Santo
Padre, che mi ha scritto per mezzo di Mons. Jacobini. Deside-
rando di dare a Don Bosco ogni possibile aiuto, mi domandò chi
sembravami che potesse fare le mie veci. Io ho risposto che pre-
feriva Don Rua, perchè è uno dei primi anche in ordine di tempo
nella Congregazione, perchè già da molti anni esercita questo
ufficio, perchè questa nomina avrebbe incontrato i1 gradimento
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XLIX
di tutti i Confratelli. Sua Santità rispose, non è molto, per mezzo
dell'Bm.mo Card. Alimonda: - Va bene, - approvando così
la mia scelta. Da qui innanzi pertanto Don Rua farà le mie
ve6 in tutto. Ciò che posso fare io, può farlo lui: ha i pieni po-
teri del Rettor Maggiore: accettazioni, vestizioni, scelta di se-
gretario, delegazioni, ecc., ecc. Ma, nominato Vicario, bisogna
che Don Rua rimanga totalmente in mio aiuto ed è necessario
che rinunci alla carica di Prefetto della Congregazione. Quindi,
valendomi delle facoltà che le Regole mi concedono, nomino
Prefetto della Congregazione Don Durando Celestino, finora
Consigliere scolastico >>.
Dopo un intermezzo che non c'interessa, Don Bosco riprese
a dire così: ((Consigliere scolastico al posto di Don Durando re-
sta nominato Don Cerruti Francesco Direttore della casa di Alas-
sio e Ispettore dell'lspettoria Lignre. Don Rocca avrà la dire-
zione intiera di quel collegio (I). A Don Cerntti resterà l'ufficio
di Ispettore della Liguria, avendo molto da fare con le autorità
scolastiche e civili di Alassio e della provincia e avendo molti
affari nelle sue mani da condurre a termine. Appena egli possa,
fisserà il suo domicilio nell'oratorio. È: da notarsi che queste
variazioni dureranno solamente fìno al Capitolo Generale, che
secondo le Regole eleggerà i membri del Capitolo Superiore )>.
Infìne diede al segretario Don Lemoyne l'incarico di stendere la
circolare per la comunicazione ufficiale della nomina a tutti i
Confratelli.
Nell'Oratorio fece questa comunicazione nella festa delllIm-
macolata. Tenne loro conferenza la sera nel coro della chiesa
di Maria Ausiliatrice. Appena furono tutti radunati, fece leggere
a Don Francesia la circolare destinata alle case. Dopo, senz'ag-
giungere commento alle cose lette, passò a parlare d'altro.
Nella circolare compariva per la prima volta lo stemma uf-
ficiale della Congregazione, qual è poi sempre rimasto. Don Bo-
sco l'aveva fatto disegnare dal Prof. Boidi per fissarlo suila chiesa
( I ) Don Luigi Rocca ad Alassio era Vicedirettore. Uomo di esimia carith e prudenza.
divenne poi Economo Generale dopo la morte di Don Bosco, succedendo a Don Sala.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Il Papa a Don Bosco un Vicario
del Sacro Cuore fra quelli di Pio I X e di Leone XIII. La stella
raggiante, la grande àncora, il cuore infiammato simboleggiano
le virtù teologali; la figura di S. Francesco ricorda il Patrono
della Società; il boschetto nella parte inferiore ne richiama il
santo Fondatore; le alte montagne significano le vette della perfe-
zione a cui devono tendere i Soci; la palma e l'alloro che, iutrec-
ciati nel gambo, abbracciano lo scudo h o a metà, sono emblemi
del premio riserbato a una vita sacrificata e virtuosa. I1 motto
Da mihi animas, cetera folle, che si vedeva già scritto in antico
a grossi caratteri sulla porta della stanzetta di Don Bosco,
esprime l'ideale che ogni Salesiano deve proporsi quaggiù, come
fu sempre l'ideale del Santo.
La circolare, stampata con la data di {(Tutti i Santi 1885 »,
venne trattenuta da Don Bosco, che, rilettala e ritoccatala in
più luoghi, la fece ristampare datandola dalla ((Festa dell'Im-
macolata Concezione di Maria Santissima )>.L'importante docu-
mento era di questo tenore:
Figliuoli in Ges% Cristo cavissimi,
Travagliato da varii incomodi, sentendo ogni giorno diminuirmi le forze,
già da qualche tempo provava il bisogno di aver un sollievo ed un sostegno nel-
l'adempimento di quella missione, che la Divina Provvidenza mi ha affidato.
Io vedeva la necessità di uno che mi aiutasse efficacemente nel compiere le varie
mie occupazioni e fosse eziandio incaricato di tutto ciò che è indispensabile al
buon andamento della Pia Società di S. Francesco d i Sales. A questo fine per-
tanto pensai di eleggermi un Vicario, che mi rappresenti e sia come un altro me
stesso, un Vicario che abbia questo per nffizio speciale, che le tradizioni finora
da noi osservate si mantengano intatte e tali siano conservate dopo di me da quelli
che ci seguiranno. Parlo di quelle tradizioni che sono le norme pratiche per in-
tendere, spiegare e praticare fedelmente le regole, quali furono definitivamente
approvate da S. Chiesa e che formano lo spirito e la vita della nostra Pia Società.
Poichè è mio desiderio vivissimo che, venuta l'ora del mio passaggio alla vita
eterna, per nulla vengano a turbarsi o a mutarsi le cose nostre.
Qualche tempo fa, mentre andava meditando questo disegno, il Sommo
Pontefice di suo moto proprio mi scriveva per mezzo di S. E. Monsignor Jaco-
bini Domenico Arcivescovo chiedendomi chi sembravami tra i nostri Confratelli
atto a far le mie veci nella direzione suprema della Pia Società Salesiana. Io rin-
graziando il Santo Padre della sua benevolenza risposi proponendo a mio Vicario
D. Michele Rua, perchè anche in ordine di tempo è uno dei primi della Societa,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo XLIX
perchè da molti anni esercita in gran parte questo uffizio e perchè in fine questa
nomina avrebbe incontrato il pieno gradimento di tutti i Confratelli. E il Santo
Padre, or sono poche settimane, per mezzo deli'amatissimo nostro Arcivescovo,
si degnava significarmi che questa proposta era di tutto suo gradimento. Perciò,
o carissimi Figliuoli, dopo aver pregato per molto tempo il Dator d'ogni bene,
dopo d'aver invocato i lumi dello Spirito Santo e la speciale protezione di Maria
Vergine At~siiiatricee del Nostro Patrono S. Francesco di Sales, valendomi della
facoltà concessa dal Supremo Pastore della Chiesa, nomino mio Vicario Generale
D. Michele Rtia, attualmente Prefetto della nostra Pia Società. Da qui innanzi
pertanto egli farà le mie veci nel pieno ed intero governo della nostra Pia Società,
e tutto ciò che posso far io, potrà farlo anch'egli con pieni poteri in tutti gli affari
pubblici e privati, che ad essa Società si riferiscono e su tutto il personale, di cui
la medesima si compone. I1 novello Vicario, ne san certo, nel trattar affari di
rilievo accetterà sempre con gratitudine que' benevoli avvisi e consigli che gli
fossero largiti.
A voi poi, miei carissinii Figliuoli, raccomando che gli prestiate queli'intera
obbedienza, che avete sempre professata a colui che chiamate Padre e x''I ama
di amore paterno, queli'obhedienza che ha formato finora e formerà sempre, lo
spero, la mia consolaiione.
In consegtenza poi di questa elezione vi rendo noto eziandio che valendomi
della facoltà che mi attribuiscono le nostre Regole nomino a Prefetto delia Pia
Società Salesiana D. Celestino Durando, esonerandolo dall'ufficio di Consigliere
Scolastico che occupava finora, mentre in suo luogo e nell'ufficio di Consigliere
Scolastico della nostra Pia Società eleggo e nomino Don Francesco Cerruti, attual-
mente Ispettore deli'lspettoria Ligure e Direttore del Collegio d'Atassio. Esso
per altro riterrà ancora l'uffizio d'Ispettore sino a nuove nostre disposizioni.
Riguardo alle nostre Missioni deU'America del Snd stabilisco Mons. Giov.
Cagliero mio Provicario con piena autorità su tutto il personale e sii tutte le Case
ed Ispettorie di quelle contrade.
In questa medesima occasione credo farvi cosa gradita col parteciparvi che
la mia sanità 6 alquanto migliorata, e ciò attribuisco alle caritatevoli preghiere
che so aver voi innalzato a Dio per me. Ve ne ringrazio di vero cuore, e vi assi-
curo che quel poco di iorze e di giorni, che Dio pietoso si degnerà ancora conce-
dermi, intendo che sia totalmente a vantaggio deli'itmile nostra Congregazione
e a profitto delle aninie nostre.
Il Signore benedica il novello Vicario, gli altri Superiori e tutti i nostri Con-
fratelli, e faccia si che tutti siamo seiiipre un cuor solo e un'anima sola nel pro-
muovere la gloria del nostro celeste Padre e la santificazione delle aninie nostre.
Festa dell'Imv~iacolataConcezione di Mari?. SS.
8 Dicembre 1885.
A,ffeziolzatissinio in Gesi~C. risto
Sac. GIO. BOSCO(I).
( L ) Alla lettera tenevan dietro due note. La 2% diceva: Ricordo ci6 che in altre occasioni
ho già raccomandato. che cioP nell'indirizzo delle lettere e in tutti gli altri scritti pubblici
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

55.7 Page 547

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Il Papa a Don Bosco un Vùario
Don Rua dalla metà di ottobre aveva preso stanza vicino
alla camera di Don Bosco, là dove prima lavorava il segretario
particolare Don Berto. Don Bosco si mostrava assai contento e
sollevato (I).
Aveva Don Rua 48 anni compiti, dei quali ben 40 passati
con Don Bosco. Ammesso da trent'aani nell'intimità del Santo,
pieno di devozione verso la sua persona, capace quant'altri mai
di comprenderlo, risoluto di spendere tutta la vita ad aiutarlo
nella sua missione, egli parve a tutti il più adatto che si potesse
trovare neUa Congregazione per sostenere il delicato ufficio. Fu
visto quindi spogliarsi dell'esteriore severità, impostasi fino al-
lora per i doveri della sua carica di Prefetto, e rivestirsi dell'a-
mabilità di chi aveva l'obbligo di rappresentare degnamente la
persona del più amabile dei padri.
Lettere di plauso giunsero subito in risposta alla circolare
dai Confratelli più rappresentativi della Congregazione. NP fu-
rono semplici fuochi di paglia; ma il favore durò pieno e caldo
anche dopo la morte del Fondatore, come lo provarono e l'uni-
versale contentezza dimostrata dai Soci, quando la Santa Sede
gli riconobbe soleimemente il diritto già conferitogli aiia suc-
cessione, e l'unaniniità con cui lo rielessero dopo i primi dodici
anni di governo.
o privati. che non trattano di relazioni coll'Autorità Ecclesiastica, non si usino mai titoli
di Congregazione, ma solsmeate i titoli civili, come Dirdtovc, Doltore, Pvofessore, Maesco,
Pvefello ecc. Così i missioriari scrivendo dali'Arncrica in Europa a qualche Confratello non
adoperino il titolo di Padre, ma quello di Sacerdote ovvero di Signore >>.
( i ) Lettera di Don Lazrero a Mons. Cagliero, Torino 23 ottobre 1885.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

55.8 Page 548

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CAPO L
Apostolato Salesiano nella Patagonia.
L'opera svolta da Mons. Cagliero nella Patagonia giustificò
appieno le cure da Don Bosco spese per ottenere l'istituzione di
quel Vicariato. 11 Vicario, appena vi ebbe posto piede, applicò
subito il suo zelo a eseguire il mandato affidatogli. Le prime sue
sollecitudini furono per quelli c h e si chiamavano civili. Lungo il
Rio Colorado e il Rio Negro erano in via di formazione centri
misti di Buropei e di Argentini, fra i quali, di chiunque fosse la
colpa, regnavano purtroppo indifferenza religiosa, orgoglio e im-
moralità. Gli Indi che scendevano per le acque dei due grandi
fiumi a fare i loro scambi, finivano spesse volte con cadere in
poco buone mani. Monsignore udiva raccontare e talora anche
vedeva cose da barbari in danno di quelle sventurate creature,
quasi non appartenessero all'umana specie. Per far loro conce-
dere dai padroni tanto di libertà che bastasse a istruirli e bat-
tezzarli, egli dovette sostenere dure lotte.
Quelle mal amalgamate popolazioni, avuta notizia del suo
arrivo, erano state in una certa aspettazione per desiderio di
vedere un inviato del Papa e di conoscere un Vescovo; ma non
si era andati oltre alla curiosità. Monsignore, quando si guardò
attorno, conobbe presto che dagli adulti aveva ben poco da spe-
rare e che le sue speranze dovevano fondarsi sopra la nuova ge-
nerazione; perciò indirizzava i suoi sforzi ad accaparrarsi l'affetto
dei giovanetti e delle giovanette. I Salesiani e le Suore avevano
già ottenuto qualche cosa con quattro collegi, di cui due, uno
maschile e l'altro femminile, a Patagones, e due egualmente ri-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

55.9 Page 549

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AI>mtoloto Solesiano nella Potagonra
partiti a Viedma. Ragazzi e ragazze vi frequentavano in buon
numero le scuole, tanto come interni che come esterni. AUa do-
menica poi gli oratori festivi erano pieni di movimento e di vita.
Monsignore trovava le sue delizie a visitare spesso le classi e i
catechismi.
Ma il suo pensiero volava nel contempo alle Missioni propria-
mente dette. Mandò il valoroso Don Milanesio con un coadiu-
tore a fargli da battistrada attraverso il campo; Mons. Fagnano
poi, non potendo ancora andare nella sua Prefettura, seppe su-
scitare una grande aspettazione di lui fra gli Indi Linares. Prima
di awenturarsi ali'aperto, stese per Propaganda una relazione
ufficiale sullo stato della sua scabrosa missione, inviandone pure
copia alla Propagazione della Fede. A quest'opera erasi ripetuta-
mente rivolto Don Bosco, chiedendo sussidi; ma ne aveva sem-
pre avuto i11 risposta che sussidi si davano soltanto a Missioni
formate e riconosciute dalla Santa Sede. Quello che mancava,
allora finalmente c'era.
Come ho accennato, di Indi egli ne poteva trovare prima an-
cora di correre il deserto. Infatti, sbarcato da appena un mese
sulle sponde del Rio Negro, ebbe già la consolazione di ammini-
strare il battesimo a due gagliardi giovanotti, Indi autentici, sui
sedici o diciotto anni. Uno proveniva dalla tribù del noto Na-
muncurà e l'altro da quella di un Cacico chiamato Payné. Por-
tati via dalla violenza militare, servivano in case private, come
tanti altri loro infelici compagni d'ambo i sessi. Monsignore,
messosi fin dai primi giorni in relazione con le principali famiglie
di Viedma e di Patagones, li conobbe, s'informò delle loro condi-
zioni e intese che molti Indi vivevano così, quasi da schiavi e
senza battesimo. Interessatosi subito di entrambi, tanto fece che
strappò ai padroni il permesso di istruirli nelle verità della fede.
Ignoravano lo spagnolo; ma li consegnò a Don Milanesio, che
nelle sue escursioni aveva studiato alquanto il loro barbaro
idioma. I1 c0mpito gli fu facilitato daUa loro buona volon.tà.
Quando sembrarono abbastanza preparati, Monsignore scelse per
il battesimo il 7 agosto, festa di S. Gaetano, e lo impartì con
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

55.10 Page 550

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capo L
tutta la solennità del Rituale Romano. Essendo i due primi fiori
colti dal Vicario nel campo del suo apostolato, egli pensò di farne
due presenti a due grandi amici di Don Bosco, con imporre
ai neofiti i nomi del Cardinale Gaetano Alimonda e dei Conte
Luigi Colle. La domenica seguente con il maggiore apparato pos-
sibile li cresimò e li ammise aUa prima comunione; quindi si fece
fotografare con essi e spedì copie deUa fotografia a Don Bosco,
al Cardinale e al Conte. L'anno dopo il pittore Rollini ne ricavò
un buon dipinto, che offerse al Santo. Era bello vedere Mons. Ca-
gliero, che in abiti vescovili assiso fra i due mansuefatti figli
del deserto, ritti in piedi e indossanti il poncho (I), se li teneva
stretti di qua e di là per mano. Don Bosco godeva a rimirare e
a mostrare le care primizie inviate& dalla terra de' suoi sogni.
L'impressione prod~ttada quelle cerimonie invogliò altri a
chiedere la medesima grazia sicchè, superate le solite difficoltà,
ne vennero in breve appagati parecchi. Uno se ne presentò, figlio
ventenne di un tal Cacico Likupul, garzone alto e nerboruto, a
cui si aggiunsero sei Indie già grandicelle. Nel giorno stabilito,
che fu il 16 agosto, onomastico del Papa, ricevettero tutti in-
sieme il battesimo. Al figlio del Cacico il Vicario Apostolico im-
pose il nome di Gioachino in omaggio al Pontefice e alle fan-
ciulle nomi di persone care a Don Bosco o di lui benemerite. La
funzione si compiè a Viedma con solennità; durante la giornata
poi nella chiesa e fuori si festeggiò con suoni e canti il Papa.
Fu la prima festa del Papa che si celebrasse in quelle remotissime
plaghe. Di tutto il Vicario fece relazione al Santo Padre, al quale
diceva del neobattezzato (2): <<Allebelle doti sortite dalla na-
tura Gesù aggiunse le ineffabili bellezze della grazia. E così ve-
stito di grazia e di innocenza io lo offriva alla S. V., o Beatis-
simo Padre, col nome di Gioachino Francesco Likuful. Ricevete
adunque, Beatissimo Padre, questo primo giglio raccolto nel va-
stissimo Vicariato che la S. V. si è degnata affidarmi e bene-
( i ) Indumento degli Indi. consistente in una specie di mantello fatto d'un pezzo solo
di stoffa e rettangolare. con un'apertura rotonda nel centro per farvi passare la testa.
( 2 ) Carmen de Patag6nes. 27 agosto. 1885.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

56 Pages 551-560

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56.1 Page 551

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Apo.ctolato Salesiano nella Pntqgonia
dite questo figlio del deserto, ora divenuto figlio della grazia e
di V. Santità >>.
I battesimi amministrati a simili gruppi d'Indi si ripeterono
in seguito a brevi intervalli; poichè Monsignore, dopo avere così
predisposti gli animi, incaricò persone di girare per il campo e
per i centri abitati, pregando in suo nome i padroni di mandar-
gli quelli da loro dipendenti per farli cristiani.
Don Bosco aveva raccomandato ai Missionari della Patago-
nia, che rivolgessero le loro cure soprattutto alla gioventù; là
sul posto essi costatarono che non c'era altra via per preparare
una plebs Christiana. Appunto per questo l'attivissimo Monsi-
gnor Fagnano, secondato dai Confratelli e dalle Figlie di Maria
Ausiliatrice, aveva attirato, parte a Patagbnes e parte a Viedma,
più di quattrocento fra giovanetti e giovanette, di diversa prove-
nienza e colore, che frequentavano le scuole e gli oratori festivi.
i l Vicario al suo giungere vi trovò le cose sì bene avviate sulla
destra e sulla sinistra del fiume, da esclamare: - Ecco in pic-
colo il nostro Oratorio di Torino! - Dai figli, dietro l'esempio
di Don Bosco, egli si riprometteva la salvezza dei genitori. I
grandi purtroppo, non esclusi gli Italiani, avevano ornai perduto
financo l'idea delle pratiche religiose. Secondo una frase cor-
rente fra i nostri, erano {(pieaidi complimenti, ma vuoti di sa-
cramenti » (I). L'abbandono spirituale ul cui giacevano da tanto
tempo, aveva prodotto le sue conseguenze.
Quaati Salesiani ci sarebbero voluti per arrivare a tutto! I
Missionari, percorrendo a cavallo così immense estensioni, in-
contravano colonie distantissime fra loro e lontanissime dal con-
sorzio civile, non visitate mai da alcun sacerdote e quanto a re-
ligione pressochè inselvatichite; ecco in quali condizioni il paese
si veniva rapidamente popolando. Restavano poi alla periferia
fitte tribù di Indi, non cercati se non da coloni che davano loro
la caccia per asservirli. Al cospetto di tante miserie il Missiona-
rio Don Piccono scriveva all'Oratorio (2):<<Mandinopreti, man-
( I ) Lettera di Don Riccardi a Don Bosco, Carrnen de Patag6nes zo agosto 1885.
( 2 ) Lettera a Don Lazzero, 25 agosto 1885.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

56.2 Page 552

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capo L
dino chierici, mandino laici, mandino anche famiglie intiere, pur-
chè siano buone, perchè qui c'è un infinito bisogno non solamente
di catechismo e di prediche, ma di buoni esempi ».
Poveri Indi, dei quali in faccia al mondo civile si tentava
p e r h o di negare l'esistenza! Anche un rappresentante della
Santa Sede credeva e diceva che non ve n'erano più. Ma i fatti
gridavano forte e smentivano le reticenze delle statistiche. La
Nacion di Buenos Aires nel numero del 10 novembre 1885 pub-
blicava la relazione di un'interpellanza al Parlamento, dalla quale
si scorge troppo bene, se Indi ve ne fossero e come venissero
trattati. Un barbaro e scandaloso spettacolo aveva dato motivo
alla domanda di due Deputati. Molti di quegli infelici, sbarcati
alla Boca, si erano visti agglomerati in due branchi: da una parte?
le donne con i loro figlioletti e 'dall'altra gli uomini. Le donne
erano seminude; ma non questo causò la maggior indignazione
negli onesti. Giunto il momento di distribuire i disgraziati a chi
ne facesse richiesta, si strappavano i piccolini alle madri fra
pianti disperati degli uni e delle altre, e a scena sì obbrobriosa
assisteva impassibile una folla di gente. Ora alla Camera due rap-
presentanti del popolo ebbero il coraggio di alzare la voce in nome
dell'umanità contro un trattamento sì disumano, sicchè il Mini-
stro detta Guerra si.sentì costretto a rispondere, promettendo l a
punizione dei responsabili.
Ma durante la discussione emerse anche altro. Un Deputato
denunciò un comandante che aveva fatto hcilare 250 Indi, com-
prese le donne, crivellate da palle mentre si stringevano al petto
i loro bambini. Atti ripugnanti di simil genere si perpetravano
per l'immensità del deserto patagonico, senza che nella.capitale
se ne avesse sentore. Quante volte col diritto della. forza i. sol-
dati raccozzavano carovane di Indi, messi poi a disposizione di
Comuni o di privati, che li assoggettavano a fatiche da schiavi
senz'altra ricompensa che un misero nutrimento! La stessa Na-
cion del10 novembre narrava un sintomatico episodio. Eran fatti
viaggiare I50 Indi in treno verso &a località, dove si abbiso-
gnava delle loro braccia. A. una stazione d.e..lla ferrovia oltre
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

56.3 Page 553

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Apostolato Salesiano nella Patagonia
Tucumbn il sergente che comandava i soldati di scorta scese per
dissetarsi. Nella bettola gli si avvicinò un tale, che, offrendogli
una bottiglia di birra, chiedeva in cambio un Iudietto. I1 mili-
tare, presa la bottiglia in una mano, aperse con l'altra la porta
del furgone, dove stavano ammucchiati gli Indi, afferrò il primo
ragazzo capitatogli sotto e senza badare agli strilli del piccolo
e alla disperazione della madre, lo diede a chi gliei'aveva chie-
sto. Il treno partì e il povero fanciullo rimase in potere di colui
che l'aveva comprato a sì vi1 prezzo.
Sono cose necessarie a ricordarsi oggi, perchè si comprenda
meg- lio quali fossero le vere condizioni del Vicariato di Mons. Ca-
gliero, il cui segretario chiudeva una sua lettera con questi do-
lorosi accenti (I): u Oh! se potessimo tutti svelare i misfatti atro-
cissimi, le turpitudini, le nefandità commesse da qualche anno
a questa parte! Ma se a Dio piacerà, parlerà un giorno la storia
e darà a conoscere al mondo chi sono i veri selvaggi deUa Pata-
gonia >>.Per buona sorte la storia può anche dire quali ne furono
i veri civilizzatori.
141:onsignore aveva tniziato le sue escursioni apostoliche il 4
novembre. Andavano con lui Don Milanesio, un catechista e
due coadiutori. I1 Governatore, benchè poco tenero per i Mis-
sionari, volle essere gentile, mandando un soldato che gli fa-
cesse da guida, e diede ordine ai comandanti dei posti militari
che favorissero il Vescovo. La missione durò ventisei giorni,
nei quali si percorsero zoo chilometri. Furono visitate dieci
stazioni, predicando, catechizzando e battezzando anche non
pochi Indi.
Un'ardita avanzata fece Don Angelo Savio. I1 Governatore
aveva chiesto al Vicario un cappellano per Santa Cruz, capi-
tale in embrione della Governazione omonima e situata presso ta
foce dell'omonimo fiume, che segnava il limite meridionale del
Vicariato. Monsignore, non volendo lanciare a sì gran distanza
un prete solo, designò di mandarvi come cappellano Don Beau-
voir e come compagno Don Savio; ma, prevedendo che il Go-
( i ) Lettera di Don Riccardi a Don Lemyne, rz novembre 1885
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo L
verno avrebbe negato l'autorizzazione per quest'ultimo, gli ot-
tenne il permesso sotto il titolo di agronomo. E di agronomia
egli realmente s'intendeva e il Governo era ben lieto che met-
tesse laggiù a profitto le sue cognizioni. Partì dunque per primo
il prete agronomo con un coadiutore, che figurava come addetto
alla sua persona. Al suo giungere dopo un viaggio di cinque
giorni per mare trovò un tugurio di legno per abitazione. Cele-
brava l i dentro, collocando Saltare portatile sopra un tavolino.
La popolazione si riduceva a dieci famiglie, più gl'impiegati; in
tutto, un centinaio di persone, per le quali egli non poteva eser-
citare il ministero, dovendo nascondere la sua qualità di prete.
Era libero invece nell'occuparsi degli Indi.
Vivevano questi appartati nell'interno per paura; ma di tanto
in tanto alcuni si awicinavano, portando pelli di guanaco, piume
d'uccelli, cappe e coperte da essi lavorate, che cambiavano con
acquavite, mate, tabacco, riso, zucchero e altro. Arrivavano a
piccoli gruppi e senz'armi per non dare ombra ai soldati nè pre-
testo a temute esportazioni. Anche là però infierivano maltrat-
tamenti da parte dei civili, che li riguardavano come bestie e si
facevano lecito di adoprarli come tali. Al Missionario parvero
tipi non del tutto indocili; pensò dunque di andarli a scovare nei
loro nascondigli.
In una delle sue primi escursioni, trovatone uno che sapeva
un po' di spagnolo, se lo prese per interprete, servendosene per
introdursi fra i suoi compagni e parlar loro di religione. Non ave-
vano mai udito niente di simile, ma davano segno di ascoltare con
piacere. Scrisse a Don Bosco i1 6 gennaio 1886: 4 Qui Indi ve ne
sono molti, sebbene nelle relazioni si cerchi di farli scomparire.
Si vuol far sparire gl'indigeni; chi impiega un modo, chi un al-
tro. Caro Don Bosco, poco vi è da sperare che i Governi prestino
valido aiuto per civilizzare questi disgraziati; è molto se lasciano
la necessaria libertà di azione )>.Quando poi giunse Don Beau-
voir, si fece di più, potendo egli agire scopertamente. Accostatosi
agli Indi Tehuelches, seppe da loro che esistevano molte tolderie
sparse nelle immense pianure del deserto centrale e lungo le
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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sponde dei fiumi; alcuni di essi, catechizzati e battezzati, lo ac-
compagnavano nelle sue lunghe cavalcate da quelle parti.
Intanto Don Fagnano; mentre aspettava di partire per la
sua Missione, occupava il tempo in ardite corse apostoliche e a
fabbricare. Fabbricava a Viedma la chiesa che doveva essere
la cattedrale, modesta ma cattedrale; fabbricava cappelle di le-
gno nei centri di popolazione; fabbricava case in stile un po'
meno patagonico delle altre, e naturalmente faceva debiti, con-
fidando nella Provvidenza.
Lp stile patagonico s'immagina facilmente, quando si sap-
pia che materiali di costruzione erano fango e pali. L'episcopio
non differiva dagli altri edifici, se così li possiamo chiamare. Con-
sisteva in due camere a pian terreno, larghe cinque metri per
sei e alte quattro, una per il Vescovo e l'altra per il segretario.
Le finestre, una per camera, chiudevano tanto bene, che, quando
tirava vento, e tirava spessissimo dì e notte, lasciava centimetri
di sabbia sui mobili e sul pavimento.
Dopo quello che si è visto, oggi noi ci domandiamo con isgo-
mento che cosa sarebbe awenuto della Patagonia s ~ t t ol'aspetto
religioso, se fosse arrivata ai progressi odierni senza che al prin-
cipio della sua evoluzione la Prowidenza le avesse mandato
strenui operai evangelici, capaci di qualunque sacrificio per im-
mettervi il lievito della fede e della morale cristiana. E molti
davvero e lunghi e duri sacrifici sopportarono i pionieri delle
Missioni patagoniche, seguendo l'esempio del loro Vicario. Tali sa-
crifici furono scritti senza dubbio da Dio nel libro della vita;
quanto però sarebbe desiderabile, che tutti si potessero anche da
noi registrare nel libro della storia! Qualche cosa si raccoglie
dalla superstite corrrispondenza di quegli eroi; ma è poco, troppo
poco rispetto alle loro benemerenze.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO LI
Progressi nella Spagna e nella Francia.
(Don Bosco a Barceiiona-Tibidabo. Addio d i a Francia).
Nelle fondazioni, generalmente parlando, h c h è duravano le
trattative, tutto andava a seconda; ma su gli inizi delle opere
sorgevano spesso contrarietà imprevedute che mettevano a seri
cimenti i Confratelli mandati a cominciare. Se poi a ostilità
esterne si aggiungevano, come talora accadeva, scarsezza di per-
sonale e strettezze finanziarie, allora erano gravi sacrifici, che
però si risolvevano d'ordinario in elemento di vitalità per le isti-
tuzioni. Si awerava il detto della Scrittura che chi semina in
lacrime, miete con gaudio.
La casa di Utrera incontrò una simile sorte. Nel 1885 fre-
quentavano le scuole come esterni 150 fanciulli dei più poveri;
ma il Direttore Don Oberti, succeduto a Don Branda, lamen-
tava di avere con sè soltanto un sacerdote a prestargli aiuto.
Inoltre il Marchese Ulloa non passava più, come prima, due-
cento lire mensili, perchè le sue finanze più non gli permettevano
di continuare quella elargizione. Spirando il termine della con-
venzione, i Superiori studiarono se convenisse meglio rinnovarla
o disdirla. Don Durando, a fine di ricavare mezzi di sussistenza,
proponeva di mandare colà maestri capaci, che formassero classi
a parte per alunni di famiglie agiate; egli riteneva che la scuola
salesiana sarebbe divenuta la più fiorente della città. Don Bosco
ascoltava e taceva. Ma Mons. Cagliero, che aveva avuto tanta
parte in quella fondazione, combattè tale proposta, perchè si
sarebbero così attirati ai Salesiani gli allievi delle scuole ritta-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Progressi nella S#agna e nella F m c i a
dine, dando origine a invidie e guerre. <<Teniamocic, onchiuse,
solamente i poveri. Non gareggiamo con le scuole municipali.
Il clero ci vede di buon occhio e ci fa elemosine; la chiesa può
dare abbastanza da vivere; il Marchese in caso di necessità non
Iascerà di soccorrerci. Non vi è nessun motivo di abbandonare
Utrera. Don Oberti abbia un po' di pazienza, e provvederemo P.
Don Bosco approvò questa conclusione e tutti s'inchinarono (I).
I1 Direttore, conosciuta la volontà di Don Bosco, riprese tal-
mente animo, che per il 29 gennaio, nonostante l'esiguità del per-
sonale, potè, aiutato dai Cooperatori e dalle Cooperatrici, prepa-
rare con una novena di predicazione e celebrare con grande so-
lennità la festa di S. Francesco di Sales. Accrebbe splendore alla
cerimonia la presenza di un Cooperatore insigne venuto da Si-
viglia, Mons. Marcello Sphola, consacrato allora Vescovo di
Coria. Giunto alla vigilia, predicò, confessò, pontificò, diede cre-
sime e fece la conferenza ai Cooperatori. Dal resoconto pubbli-
cato nel Diario de Sevilla del 4 febbraio si vede con gradita sor-
presa quale esatta nozione egli avesse della cooperazione sale-
siana e quanto affetto portasse a Don Bosco e alle sue istituzioni.
Mons. Spinola era autore di un'operetta, intitolata Don Bos-
co y su Obra (2).Tre cose si domandavano gli Spagnoli, dacchè
due case di Don Bosco facevano parlare di sè nella loro patria:
chi fosse Don Bosco, quale fondamento avesse la sua riputazione
di uomo straordinario, che cosa si dovesse pensare de!l'Opera
Salesiana. A queste tre domande rispondeva l'autore. I1 volu-
metto si cliiudeva con la ristampa di tre articoli pubblicati dal
medesimo nel 1880 in Revista Pofztlar di Barcellona (3) sotto il
titolo Do% Bosco y 10s Talleres Salesia~osE. gli scrive d'aver fatto
uno studio attento deli'Istituzione Salesiana, persuaso di ren-
dere con il suo lavoro un segnalato servigio alla Chiesa, < a cui
appartiene la gloria deli'illustre sacerdote >> e un servigio non
( i ) Verb. del C@. Sup., 9 gennaio 1885.
(2) Barcelona, Tip. cat. Calle Del Pino ~ 8 8 4 .L'autore, prima Titolare di Milo e Ordi-
nario di Coria, poi Vescovo d i Malaga, Arcivescovo di Siviglia e infine Cardinale, f u Prelato
di così santa vita, che è in corso il Processo per la sua BeatiBcazione e Canonizzazione.
( 3 ) Num. 708. 709. 710.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

56.8 Page 558

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Capo LI
minore alla Società, u a cui vantaggio ridonda tutto queUo che
contribuisce a divulgare e favorire le sante imprese d'un uomo
così insigne, autentico rappresentante della carità cristiana » (I).
La bellezza della forma servì a far leggere largamente queste
pagine non solo nella Spagna, ma anche nell'America latina.
Una prova ben ardua, tanto più ardua perchè ripetuta alla
distanza di un anno e in forma assai più grave, attendeva i Sa-
lesiani di Utrera nell'estate del 1885: la ricornparsa del colera. I
primi casi furono denunciati a Madrid 1'8 giugno. Quella notizia
produsse una commozione generale. Poco dopo il contagio me-
nava strage: l'ottanta per cento dei colpiti morivano. Sei mesi
durò il flagello. Don Bosco mandò al Direttore 4un potente an-
tidoto >> che gli raccomandava per sè e per tutti: << una medaglia
di Maria Ausiliatrice sulla persona, la frequente comunione e
recitare ogni giorno la giaculatoria: O Maria, Azlxilium Chri-
stianorum, ora @o rtobis >> (2). Nessuno della casa fu tocco dal
morbo.
A Sarriti accadde qualche cosa di meglio. Alcune Signore
piene di fede pensarono di seminare medaglie di Maria Ausilia-
trice tutto intorno a quel sobborgo di Barcellona. La loro fede
fu premiata: il colera lo rispettò.
La casa di Sarriti, non meno della sorella di Utrera, si dibat-
teva in difficoltà interne ed esterne; ma la inalterabile serenità
del suo Direttore faceva sì che s'andasse avanti senza scoraggia-
menti. I Cooperatori barcellonesi guardavano stupefatti alla
nuova forma di carità esercitata sotto i loro occhi dai figli di Don
Bosco e lo stupore cresceva aUa vista dei buoni frutti. Aweni-
vano episodi simili a quelli succeduti nei primi tempi dell'ora-
torio di Valdocco, quando poveri ragazzi derelitti e birichini,
ivi accolti, si trasformavano con meraviglia di quanti li avevano
conosciuti. Queste notizie divulgandosi facevano nascere anche
in altre città il desiderio di eguali fondazioni.
Nell'animo dei ben pensanti penetrava sempre più il convin-
( 1 ) Inlrodwccidn, pag. lo.
(2) Lettera a Don Oberti, ro agosto 1885
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

56.9 Page 559

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Progressi nega Spagna e nella Francin
cimento che, se si volevano risparmiare alla Spagna tristi giorni,
bisognava curare con larghezza di vedute la trascuratissima edu-
cazione dei figli del popolo. Soprattutto al diffondersi delle idee
anarchiche, il cui influsso causava atroci delitti, molti rawisa-
vano le origini del male nell'ignoranza, nell'abbandono, nella
seduzione della gioventù; quindi personaggi facoltosi, radunatisi
nel 1885 a Madrid, formarono una Commissione presieduta dal
Senatore Silvela ex-ministro e considerando come il Governo
fosse nell'impossibilità di provvedere, decisero di dare essi l'e-
sempio al paese col pigliare su di sè l'impresa di costruire con
mezzi propri nella capitale un Riformatorio giovanile. Lo Stato
non si disinteressò della cosa; poichè dal 1883 una legge autoriz-
zava la fondazione di un grande Istituto privato da denomi-
narsi Escwela de reforma #ara jbvenes y asilo de correccion fiaternal
sotto il patrocinio di Santa Rita. Corsero pratiche con Don Bosco
per affidare l'opera ai Salesiani. Quanta buona volontà dimostra-
rono quei Signori! Peccato che non la eguagliasse la compren-
sione! Fecero viaggi a Sarria per informarsi dei metodi, tennero
un lungo carteggio con l'oratorio, misero innanzi l'autorità del
Nunzio Rampolla; ma le cose si trascinarono fino al' 1887 senza
concludere nulla. Si voleva assolutamente dare all'Istituto il ca-
rattere di Riformatorio e di Correzionale, mentre Don Bosco si
proponeva di ottenere migliori risultati con farne un ospizio,
come gli altri suoi; sicchè non fu possibile intendersi. I Salesiani
andarono poi a Madrid undici anni dopo, ma nella loro propria
veste di educatori secondo il sistema di Don Bosco.
I primi Direttori salesiani, formati nell'oratorio e di qui
partiti con il cuore riboccante di affetto e di venerazione per Don
Bosco, sapevano di questi loro sentimenti farsi una forza morale
sui giovani. Eguali disposizioni d'animo instillavano in essi verso
il Santo, beneficandoli e dirigendoli sempre in suo nome e met-
tendoli anche con lui in relazione epistolare. Più e più volte si
sarebbe potuto questo rilevare nel corso della nostra storia. Non
dunque per complimento Don Branda gli scriveva in dicembre:
Qui si pensa e si parla di continuo del nostro Padre Don Bosco
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

56.10 Page 560

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e del vivo desiderio di vederlo in un giorno non lontano. Oh se
fosse possibile tale viaggio! Don Bosco è desiderato con eguale
affetto nell'altra estremità della Spagna, cioè ne11'Andalusia ».
L'augurio si awerò più presto che egli non avesse osato spe-
rare. Don Bosco, sordo a tutte le umane prudenze de' suoi figli
e de' suoi medici, ma confidando nell'aiuto di Dio, intraprese
il viaggio di Spagna nell'aprile del 1886. La sua presenza su-
scitò onde di entusiasmo prima nella città e nei dintorni di Bar-
cellona, dov'egli dimorava, e poi di mano in mano fino alle parti
più lontane del Regno. A migliaia e migliaia arrivavano ogni
giorno a Sarria le persone, che, bramose di vederlo, si contenta-
vano di sfilargli dinanzi o di gremire le adiacenze della casa,
aspettando che egli si affacciasse dali'alto a benedirle. Vi si fermò
da11'8 aprile al 6 maggio. Durante quelle settimane Donna Do-
rotea, la più atta di tutti a comprendere lo spirito del Santo, fa-
ceva intorno a lui da Marta e da Maria, accudendo con le pro-
prie mani ai servizi riguardanti la sua persona, assistendo con
serafica pietà alla sua Messa e ascoltandolo umilmente ogni volta
che le fosse possibile avvicinarlo.
I1 ricordo della visita di Don Bosco rimase legato in perpetuo
al santuario del Sacro Cuore di Gesù sul Tibidabo (I). Nel viaggio
da Torino un pensiero l'aveva accompagnato: allora che la chiesa
del Sacro Cuore a Roma era quasi terminata, che cosa avrebbe
potuto egli fare d'altro in onore del Cuor di Gesù? Una voce in-
terna gli ripeteva: T i b i dabo, tibi dabo. Che cosa volessero dire
quelle parole misteriose, lo comprese il 5 maggio nella chiesa
della Mercede. Era questo un celebre santuario mariano, molto
caro ai Barcellonesi e mèta di frequenti pellegrinaggi. I fore-
stieri non partivano da Barcellona senz'andar a salutare la Ma-
donna della Mercede. Anche Don Bosco alla vigilia di lasciare
la città vi si recò a pregare e a ringraziare la Beata Vergine.
Mentr'egli stava là in orazione dinanzi a una gran folla di gente,
( I ) Questi particolari si leggono in una Cronma di Don Bosco manoscritta. L'autore
Don Carlo Viglietti, che fu a fianco del Santo dal maggio 1884 al gennaio 1888, lo accom-
pagnò pure nella Spagna, prendendo abbondanti note delle cose ivi accadute.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

57 Pages 561-570

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57.1 Page 561

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Pvogretssi mfla S$qna e nella Framia
ecco awicinarglisi alcuni Signori e uno di essi a nome degli al-
tri dirgli: - Noi abbiamo deciso di cedere a lei il monte Tibi-
dabo, da noi acquistato, affinchè la sua cima, che minacciava
di cambiarsi in semenzaio d'irreligione, sia consacrata con un
santuario al Sacro Cuore di Gesù, per mantenere ferma quella
religiosità che con tanto zelo Ella ci ha predicata e che è nobile
retaggio dei nostri padri. - Ciò detto, gli consegnarono l'atto
legale di cessione. La collina di quel nome domina Barcelloiia e
offre un panorama così incantevole (I), che uomini spregiudicati
macchinavano di crearvi un lussuoso albergo, allettante richiamo
a gaudenti cosmopoliti, e di favorirvi l'erezione di un tempio
protestante. I Signori suddetti avevano sventato la trama, com-
perando in tempo il luogo. Don Bosco, profondamente com-
mosso, li ringraziò e narrando loro l'occorsogli nel venire da To-
rino, mostrò com'essi fossero in quel momento gli strumenti
della divina Prowidenza. La sua commozione si comunicò a co-
loro che lo udivano.
Uscì dal santuario consapevole di essersi addossata un'im-
presa, della cui attuazione egli non avrebbe potuto vedere nem-
meno il principio; ma quanto questa gli stesse a cuore, lo dimo-
strò subito fin dalla prima adunanza capitolare dopo il suo ri-
tomo, la mattina del 26 maggio, quando, ricordati alcuni obbli-
ghi assunti nella Spagna, espose il fatto del Tz'bidabo ed espresse
la sua volontà che al più presto possibile si mettesse mano all'o-
pera. A questo suo volere diedero esecuzione i suoi successori.
Ma intanto, prima che finisse il mese di maggio, in vetta al Ti-
bidabo, sotto la direzione dei Salesiani e mercè il contributo di
persone divote, spuntava già dal suolo una cappelletta gotica,
con la quale il divin Cuore avrebbe cominciato a prendere pos-
sesso del luogo (2).
Parliamo ancora una volta delle case francesi. Della Francia
( I ) La sua altezza e amenità furono causa che I'immagin.azione popolare localizzasse
ivi la terza tentazione di Gesh. LQ dunque ii tentatore avrebbe detto a Gesh, mostrandogli
tutti i regni dena terra: Hacc omnia TIBInaso, si cadens adoraueris me.
(s) Diw'o d# BmceIona, 30 maggio 1886. n tempio grandioso eretto in seguito fu pro-
fanato dai comunisti nella guerra civile del rg36; ma ora riprende il passato splendore.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

57.2 Page 562

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capo LI
abbiamo già detto tanto nel corso di questa storia, che poco
vi è da aggiungere.
Due anni di seguito il colera a&sse Marsiglia. Nel 1884 la
città quasi si spopolò, perchè moltissimi presero la fuga. Per il
solo contagio morivano circa sessanta persone al giorno. Nel
Patronage rimasero oltre a 150 giovani, che nessuno poteva ri-
tirare; ma grazie all' " antidoto " di Don Bosco non vi fu nem-
meno una vittima. « % un miracolo di Maria Ausiliatrice 9, scrisse
Don Albera (I). I1 Direttore si profferse al Prefetto del Diparti-
mento per ritirare giovanetti resi orfani dal morbo, e quegli ri-
conoscente gliene fece inviare parecchi. Nel 1885, riapparsa l'e-
pidemia, Don Bosco scrisse all'Ispettore (2): << Pare non man-
chino le tribolazioni nemmeno per queste nostre case di Marsi-
glia. Dio però quando passa fa certamente giustizia; ma dopo di
sè lascia sempre la sua misericordia e la sua benedizione. La
prima fu il vaiolo (3): ora co"ncia il colera. Confidiamo in Lui,
Dio, che nostro padre; preghiamolo, ma teniamo la via retta.
Buona condotta e frequente comunione, e la SS. Vergine com-
pirà l'uffizio di madre e non ne abbiamo timore D. Parole che
consolarono assai Don Albera, estremamente bisognoso di con-
forto. Tra malattie, debiti e sollecitudini varie per le tre case
di S. Leone, di Santa Margherita e delle Suore, egli non ne po-
teva proprio più, a segno che faceva voti di essere esonerato
della pesante carica.
Tuttavia, cresciuto alla scuola di Don Bosco, fini con abban-
donarsi nelle mani della Provvidenza. La sua invitta costanza
fu ben premiata con la graduale sistemazione dei laboratori,
che di anno in anno vennero facendo notevoli progressi. In casa
i giovani gli volevano molto bene, anzi lo veneravano come un
santo; fuori si continuava ad ammirarne la bontà e la prudenza.
( I ) BoU. Sd.,settembre 1884.
(2) Lettera a Don Albera, 9 agosto 1885.
(3) I1 vaiolo aveva visitato la casa in luglio. Vi furono in breve trenta casi. Si sede a
Don Bosco per preghiere e benedizione. Subito dopo non vi fu pib nessun caso nuovo e i
malati si avviavano tutti alla guarigione. (Lettera di Don Lazzero a Mons. Cagliero, Torino
7 agosto 1885). Anche nel 1885 il colera risparmia la casa.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

57.3 Page 563

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Progressi nella Spagna e nella Francia
Gli dava belle consolazioni il noviziato di Santa Margherita, che
nel 1885 albergava sedici novizi, tutti chierici, meno uno.
Nel 1886 Don Bosco, recandosi nella Spagna, visitò per l'ul-
tima volta le case che incontrò sul suo cammino. Trovò che quella
di Nizza, la sua prediletta, era sempre circondata dalla stima
universale. Già nel 1884 i suoi laboratori avevano meritato in
una pubblica Esposizione un diploma d'onore con medaglia di
argento. L'interesse vivo e fattivo di quei Cooperatori non le
lasciava mancare il necessario per gli ulteriori progressi e i Con-
fratelli sapevano veramente meritarsene la fiducia. A Marsiglia
un atto speciale gli toccò il cuore. Gli venne presentata la somma
di mille franchi, frutto di piccoli risparmi impostisi dai giovani
del San Leone, di Parigi, di Lilla e della Navarra per aiutarlo nel-
l'erezione della chiesa del Sacro Cuore. L'iniziativa era partita
dagli alunni marsigliesi. Tale solidarietà, tenuta viva nel nome
di Don Bosco, vigeva abitualmente fra i collegi salesiani.
Non potè allora visitare anche le case di Parigi, di Lilla e
della Navarre. QueUa di Parigi usciva da una crisi di dolorosa
incomprensione: amici influenti si erano raffreddati per malin-
tesi. Superato il brutto momento e tornati gli aiuti finanziari,
si spinsero innanzi i lavori, che dovevano ingrandirla e renderla
un modello di Patronage salesiano. La casa di Lilla allargava
sempre più la sua sfera di azione. Alla Navarre la vasta proprietà,
dalla grillaia che era prima che vi andassero i Salesiani, non si
riconosceva più, tanto appariva trasformata. L'opera continuò
a perfezionarsi non solo materialmente, ma, quel che più impor-
tava, moralmente, si da superare l'aspettazione dei Superiori
stessi, non che dei benefattori. Anche qui molto si andò debitori
alle beneficenze del Conte Colle, che possedeva una villa da quelle
parti.
Nel ritorno dalla Spagna il Santo prese la via di Montpeltier,
Valenza e Grenoble. A Valenza fu salutato da un altro suo bio-
grafo, Alberto Du Boys, che egli però già conosceva. Quell'ex-
presidente di Corte d'Appello aveva scritto su Don Bosco, le
sue Missioni e il suo sistema educativo un grosso volume, buono
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

57.4 Page 564

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- Capo LI Propesn' nella Spagna e nelio Francia
per contenuto e per forma letteraria (I). Dappertutto incontrò
amici, Che si gloriavano di essere Cooperatori Salesiani e che
dopo la sua morte non cessarono di mostrarsi tali. Allontanandosi
diede l'addio per sempre al paese, dove la Provvidenza gli aveva
fatto trovare tanto frequenti e validi aiuti. 'I1 favore che Don
Bosco seppe meritarsi dai Francesi, pur così gelosi delle patrie
istituzioni, è certo uno dei lati singolarmente caratteristici nella
vita del Santo italiano.
(I)ALBERTDU BOYS, Don Bosco e2 Ia fiieuse Socidtd des Sdksiens. Paria, Gervais. 1884.
Nel medesimo a m o uscì a S. Benigno la traduzione italiana. fatta da Giuseppe Noveiii.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

57.5 Page 565

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CAPO LI1
I due ultimi sogni sulle Missioni Salesiane.
La storia è fatta di realtà, non di sogni; ma i sogni rnissio-
nari di Don Bosco, se non contengono realtà passate o vissute,
ne prenunciano di future: hanno dunque il loro addentellato
nella storia. Ne abbiamo già visti due; ne vedremo ora due altri,
più brevi, ma -non meno importanti.
I1 primo è del 1885. Don Bosco lo raccontò e commentò ai
Superiori del Capitolo la sera del z luglio. I1 segretario Don Le-
moyne ne prese appunti, che subito dopo stese in iscritto. Ogni
volta che scriveva tali narrazioni, era solito darne lettura a Don
Bosco, facendo tesoro delle sue osservazioni.
Mi parve di essere innanzi ad una montagna elevatissima, sulia cui vetta
stava un Angelo splendentissimo per luce, sicchè illuminava le contrarie più re-
mote. Intorno a1 monte vi era un vasto regno di genti sconosciute.
L'Angelo coiia destra teneva sollevata in alto una spada che splendeva come
fiamma vivissima e colla sinistra nu indicava le regioni all'intorno. Mi diceva;
Angelus Arfaxad vocat uos ad proeliandn bella Domisi et co~zgn?gagalzrlopsopulos in
horna Domini. [L'Angelo di Arfaxad vi chiama a combattere le battaglie del
Signore ed a radunare i popoli nei granai del Signorel. La sua parola però
non era come le altre volte in forma di comando, ma a modo di proposta.
Una turba meravigliosa di .4ngeli, di cui non ho saputo o pottito ritenere
il nome, lo circondava. Fra questi vi era Luigi Colle, al quale faceva corona una
moltitudine di giovanetti, a cui egli insegnava a cantare lodi a Bio, cantando
lui stesso.
Intorno alla montagna, ai piedi di essa, e sopra i suoi dorsi abitava molta
gente. Tutti parlavano fra di loro, ma era un linguaggio sconosciuto ed io non
intendeva. Solo capiva ciò che diceva l'Angelo. Non posso descrivere quelio che
ho visto. Sono cose che si vedono, s'intendono, ma non si possono spiegare. Con-
temporaneamente vedeva oggetti separati, simultanei, i quali trasfiguravano lo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LII
spettacolo che mi stava dinanzi. Quindi ora ini pareva la pianura della Mesopo-
tamia, ora un altissimo monte: e quella stessa montagna su cui era l'Angelo di
Arfaxad ad ogni istante prendeva mille aspetti, &o a sembrare ombre vagolanti
quelle genti che l'abitavano.
Innanzi a questo monte e in tutto questo viaggio mi sembrava di essere sol-
levato ad una altezza sterminata, come sopra le nuvole, circondato da uno spa-
zio immenso. Chi può esprimere a parole queu'altezza, quella larghezza, quella
luce, quel chiarore, quello spettacolo? Si può godere, ma non si può descrivere.
In questa e nelle altre vedute vi erano molti che mi accompagnavano e m'iu-
coraggiavano, e facevano animo anche ai Salesiani, perchè non si fermassero
nella loro strada. Fra costoro che calorosamente nii tiravano, a casi dire, per
mano affinchè andassi avanti, vi era il caro Luigi Colle e schiere di Angeli, i quali
facevano eco ai cantici di quei giovanetti che stavano a lui d'intorno.
Qiundi mi parve di essere nel centro dell'rlfrica in un vastissimo deserto ed
era scritto in terra a grossi caratteri trasparenti: Negri. Nel mezzo vi era l'Angelo
di Cam, il quale diceva; - Cessabit mal~dictfrne~la benedizione del Creatore
discenderà sopra i riprovati suoi figli e il miele e il balsamo guariranno i morsi
fatti dai serpenti: dopo saranno coperte le tnrpitudini dei figliuoli di Cam.
Quei popoli erano tutti nudi.
Finalmente mi parve d'essere in Australia.
Qui pure vi era un Angelo, ma non aveva nessun nome. Egli guidava e cam-
minava e faceva camminare la gente verso il mezzodì. L'Australia non era un
continente, ma un aggregato di tante isole, i cui abitanti erano di carattere e
di figura diversa. Una moltitudine di fanciulli che colà abitavano, tentavano di
venire verso di noi, ma erano impediti dalla distama e dalle acque che li separa-
vano. Tendevano però le mani stese verso Don Bosco ed i Salesiani, dicendo:
- Venite in nostro aiuto! Perche non compite l'opera che i vostri padri hanno
incominciata? - Molti si fermarono: altri con mille sforzi passarono in mezzo
ad animali feroci e vennero a mischiarsi coi Salesiani, i quali io non conosceva,
e si misero a cantare: Benedictus qzri venit in nomine Domini. A qualche distanza
si vedevano aggregati di isole innumerabili: ma io non ne potei discernere le
particolarità. Mi pare che tutto questo insieme indicasse che la divina Prov-
videnza offriva una porzione del campo evangelico ai Salesiani, ma in tempo
futuro. Le loro fatiche otterranno frutto, perchè la mano dei Signore sarà co-
stantemente con loro, se non demeriteranno de' suoi favori.
Se potessi imbalsamare e conservare vivi un cinquanta Salesiani di quelli
che ora sono fra di noi, di qui a cinquecento anni vedrebbero quali stupendi de-
stini ci riserba la Provvidenza, se saremo fedeli.
I)i qui a centocinquanta o duecento anni i Salesiani sarebbero padroni di
tntto il mondo.
Noi saremo ben visti sempre, anche dai cattivi, perchè il nostro campo spe-
ciale è di tal fatta da tirare le simpatie di tutti, buoni ed empi. Potrà essere qual-
che testa matta che ci voglia distrntti, ma saranno progetti isolati e senza appog-
gio degli altri.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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I due ultimi sogni
Mis&ni
Tutto sta che i Salesiani non si lascino prendere dall'amore deiie comoditi
e quindi rifuggano dal lavoro. Mantenendo anche solo le nostre opere già esistenti,
e non dandosi al vizio della gola, avranno caparra di lunga durata.
La Società Salesiana prospererà materialmente, e procureremo di sostenere
e di estendere il Bollettilzo, l'opera dei Figli di Maria Ausiliatrice, e i'estenderemo.
Sono così buoni tanti di questi figliuoli! La loro istituzione è quella che ci darà
valenti Confratelli risoluti neUa loro vocazione.
Queste sono le cose che Don Bosco vide pih distintamente e
che narrò la prima volta; ma, come espose in seguito a Don Le-
moyne, aveva veduto assai più. Gli si erano parati dinanzi i paesi,
nei quali i Salesiani sarebbero stati chiamati con l'andare del
tempo, ma in una visione fugace e compiè W rapidissimo viaggio,
in cui, partito da un punto, là fece ritorno. Diceva essere stato
come un lampo; avere tuttavia, nel percorrere quello spazio im-
menso, distinto in un attimo regioni, città, abitanti, mari, fiumi,
isole e tanti fatti che s'intrecciavano e tanti cambiamenti simul-
tanei di spettacoli impossibili a descriversi. Di tutto perciò il
fantasmagorico itinerario serbava appena un ricordo informe nè
sapeva più darne una particolareggiata descrizione. Gli era sem-
brato dì avere con sè motti, che incoraggiavano lui e i Salesiani,
stimolandoli a non mai arrestarsi per via. Fra i più animati a
spronare appariva Luigi Colle, del quale scriveva al padre il IO
agosto: << I1 nostro amico Luigi mi ha condotto a fare una gita
nel centro dell'Africa, terra di Cam, diceva lui, e nelle terre di
Arfaxad ossia in Cina. Se il Signore vorrà che ci troviamo in-
sieme, ne avremo delle cose da dire >>.
Percorse una zona circolare intorno alla parte meridionale
della sfera terrestre. Secondochè Don Lemoyne asserisce aver
udito dalle sue labbra, egli partì da Santiago del Cile e vide Bue-
nos Aires, S. Paolo del Brasile, Rio de Janeiro, Capo di Buona
Speranza, Madagascar, Golfo Persico, Sponde del Mar Caspio,
Sennaar, monte Ararat, Senegal, Ceylan, Hong-Kong; giunto sul-
l'entrata di un mare sterminato, dinanzi a un'alta montagna,
scopriva la Cina; poi scorse l'Australia, le isole Diego Ramirez;
chiuse infine la peregrinazione col ritorno a Santiago del Cile.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

57.8 Page 568

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capo LI1
Nel fulmine0 giro distingueva isole, terre e nazioni sparse su vari
gradi di latitudine e molte regioni poco abitate e sconosciute.
In queste appendici raccolte da Don Lemoyne dopo il pri-
mo racconto vi fu un particolare interessante, che oggi possiamo
intendere. Don Bosco chiamò Meaco la città marittima situata ai
piedi dell'alta montagna. Don Lemoyne, ritenendo che Don Bo-
sco delle località vedute non ricordasse esattamente i nomi, sup-
pose che avesse scambiato Macao con Meaco. Ora, a tanta lon-
tananza di tempo, ecco venirci in soccorso il nostro Mons. Ci-
matti, Prefetto Apostolico di Miyazaki nel Giappone, e met-
terci le cose a posto. Avendo letto nelle Memorie Biografiche (I)
questa ipotesi di Don Lemoyne, comunicò al Rettor Maggiore
un'osservazione che getta su Meaco una luce inaspettata (2). A i
nostri Missionari del Giappone faceva specie che Don Bosco, ne'
suoi sogni sulle Missioni, passando in rassegna i suoi figli sparsi
in terre infedeli, non ne avesse mai visti nell'Impero del Sol le-
vante. Orbene pare a Monsignore che il Santo ne vedesse appunto
in questo sogno; la prova più convincente sarebbe proprio in
quel Meaco, da doversi leggere così, e non Macao. Macao era una
città troppo nota, perchè Don Bosco ne storpiasse il nome. Ciò
premesso, ecco l'osservazione di Mons. Cimatti: <<LaMeaco del
sogno ha innanzi a sè " un mare sterminato " ed alle spatle una
"alta montagna ", che penso non possa riferirsi a Macao, che non
è in tale posizione, mentre si può riferire assai bene alla capitale
dell'Impero Giapponese. Meaco o Myaco in giapponese significa
la città ove risiede l'Imperatore. Ai tempi del Saverio ta capi-
tale era Kyoto (ed il Saverio parla appunto di Meaco), che però
non ha i requisiti di posizione indicati nel sogno. Tokyo invece
ha di fronte a sè il più gran mare det mondo e alle spalle ta
montagna sacra, la più celebre in Estremo Oriente, il Fugiyama.
Dal Fugi non si vede certo ad occhio nudo la Cina, ma Don Bo-
sco narra un sogno profetico, non bisogna dimenticarlo. Don Bo-
sco dal Giappone (e questa è cosa tanto consolante per noi e
f r ) Vol. XVII. pag. 646.
(2) Lettera a Don Ricaldone, Tokio 8 mano 1940
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

57.9 Page 569

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I due ultimi sogni sulle Misioni
piena di promesse) vede la Cina, quasi a dire che i suoi figli dal
Giappone forse andranno a svolgere l'opera loro nella Manciuria
e nella Corea, che già da anni attendono i Salesiani o. L'inter-
pretazione è troppo seducente, perchè vi si possa passare sopra
alla leggiera.
Ma e quell'enigmatico Arfaxad? Prima del sogno Don Bosco,
a confessione di lui medesimo, non sapeva con che popoli quel
personaggio biblico fosse stato in rapporto. Incaricò dunque un
suo segretario di fare ricerche in dizionari biblici, in storie e geo-
grafie, in periodici per venirne a capo. Finalmente si credette di
aver trovato la chiave del mistero nel primo volume della Storia
Ecclesiastica del Rohrbacher, là dove l'autore afferma che da
Arfaxad discendono i Cinesi.
Che valore ha tale asserzione? I1 nome di Arfaxad compare
nel capo X della Gelzesi, dove si fa la genealogia dei figli di Noè,
che dopo i1 diluvio si divisero il mondo. Al versetto zz leggiamo:
Filii Sem Aelam et Assur et ARPHAXAeDt Lud et Gether et Mes.
Qui, come in altre parti di quel grande quadro etnografico, i
nomi propri designano individui considerati come padri di po-
poli, con riferimento pure aUe relative contrade. Cosi Aelam che
significa " paese alto ", accenna ail'Elimaide che con la Susiana
divenne poi provincia della Persia; Assur è il padre degli Assiri.
Sul terzo nome gli esegeti non vanno d'accordo. Alcuni, come
il Vigouroux (tanto per citarne uno più alla mano), assegnano
ad Arfaxad la Mesopotamia. A ogni modo, essendo elencato fra
i progenitori di schiatte asiatiche e precisamente dopo due di
essi che popolarono il lembo più orientale della terra descritta
nel documento mosaico, si può arguire che Arphaxad stia a in-
dicare un popolo da collocarsi al seguito dei precedenti, propa-
gatosi poi sempre più verso Oriente. Non parrebbe dunque im-
probabile che nell'hgelo di Arfaxad sia da vedere quello del-
l'India e della Cina. E sulla Cina si fissò Don Bosco.
Egli per altro non pensava affatto che l'osservatorio da cui
scopriva la Cina, fosse nel Giappone, ma lo credeva nella Cina
stessa. Nè questa è cosa che debba fare meraviglia. I profeti par-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo trr
lano come Dio li ispira, ignorando spesso il contenuto e il va-
lore preciso delle loro profezie.
Fece Don Bosco il secondo sogno a Barcellona nella notte
dal g al IO aprile del 1886. Lo raccontò a Don Rua, a Don
Branda e al segretario Don Viglietti con voce rotta da singulti.
I1 Viglietti lo scrisse e per ordine suo ne inviò copia a Don Le-
moyne, affichè se ne desse lettura a tutti i Superiori dellJOra-
torio e servisse di comune incitamento. <Questo però, awertiva
il segretario, non è che l'abbozzo di una magnifica e lunghissima
visione ».Ecco il sogno.
Don Bosco si trovava nelk vicinanze di Castelauovo sul poggio, così detto,
Bricco del Pino,vicino alla vaile Sbarnazl. Spingeva di lassù per ogni parte ii suo
sguardo, ma altro non gli veniva fatto di vedere &e una folta boscaglia, sparsa
- ovunque, anzi coperta di una quantitk innumerevole di piccoli funghi.
Ma questo, diceva Don Bosco, è pure il contado di Rossi Giuseppe (I):
dovrebbe ben esserci!
Ed infatti dopo qualche tempo scorse Rossi il quale tutto serio stava guar-
dando da un lontano poggio le so-tanti v&. Don Bosco lo chiamò, ma egli
non rispose che con uno sguardo come chi è soprapensiero.
Don Bosco, volgendosi dail'altra parte, vide pure in lontananza Don Rua
il quale, allo stesso modo che Rossi, stava con tutta serieti tranqdamente ri-
posando seduto.
Don Bosco li chiamava entrambi, ma essi silenziosi non rispondevano nep-
pure a cenni.
Allora scese da quel poggio e camminando arrivò sopra un altro, dalla cui
vetta scorgeva una selva, ma coltivata e percorsa da vie e da sentieri. Di là volse
intorno il suo sguardo, lo spinse in fondo ail'orizmute, ma, prima dell'occhio,
fu colpito il suo orecchio dallo schiamazzo di una turba innumerevole di fan-
ciulli.
Per quanto egli facesse affine di scorgere donde venisse quel rumore, non
vedeva nulla: poi allo schiamazzo succedette un gridare come al sopraggiungere
di qualche catastrofe. Finalmente vide un'immensa quantità di giovanetti, i
quali, correndo intorno a lui, gli andavano dicendo: -Ti abbiamo aspettato, ti
abbiamo aspettato tanto, ma finaimente ci sei; sei tra noi e non ci fuggirai!
Don Bosco non capiva niente e pensava che cosa volessero da lui quei fanciulli:
ma mentre stava come attonito in mezzo a loro contemplandoli,vide un immenso
gregge di agnelli guidati da una pastorella, la quale. separati i giovani e le pecore.
- e messi gli uni da una parte e le altre dali'altra, si fermò accanto a Don Bosco e
gli disse: Vedi quanto t i sta innanzi?
( I ) Di quella terra Don Bosco per iacherzo aveva creato conte il coadiutore Rosi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58 Pages 571-580

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58.1 Page 571

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I due ultimi mgni sulle Mhsioni
- Si, che lo vedo, rispose Don Bosco.
- Ebbene, ti ricordi del sogno che facesti all'eta di dieci anni?
- Oh è molto difficile che lo ricordi! Ho la mente stanca: non ricordo più
bene presentemente.
- Bene, bene; pensaci e te ne ricorderai.
Poi fatti venire i giovani con Don Bosco gli disse: - Guarda ora da questa
parte, spingi il tuo sguardo e spingetelo voi tutti e leggete che cosa sta scritto...
Ebbene, che cosa vedi?
- Veggo montagne, poi mare, poi coiline, quindi di nuovo montagne. e
mari.
- Leggo, diceva un fanciullo, Val$araiso.
- Io leggo, diceva un altro, Santiago.
- Io, ripigliava un terzo, li leggo tutt'e due.
- Ebbene, continuò la pastorelia, parti ora da quel punto e avrai una norma
di quanto i Salesiani dovranno fare in avvenire. Volgiti ora da quest'altra parte,
tira una linea visuale e guarda.
- Vedo montagne, colline e mari!...
E i giovani aguzzavano lo sguardo ed esclamarono in coro: - Leggianio
Pechilzo.
Vide Don Bosco allora una gran città. Essa era attraversata da un largo
fiume sul quale erano gittati alcuni grandi ponti.
- Bene, disse la donzelia che sembrava la loro maestra: ora tira una sola
linea da una estremità all'altra, da Pechino a Santiago, fanne un centro nel
mezzo dell'Africa ed avrai un'idea esatta di quanto debbono fare i Salesiani.
- Ma come fare tutto questo? esclamò Don Bosco. Le distanze sono im-
mense, i luoghi difficili e i Salesiani pochi.
- Non ti turbare. Faranno questo i tuoi figli, i figli dei tuoi figli e dei figli
loro: ma si tenga fermo nell'osservanza delle Regole e nello spirito della Pia So-
cietà.
- Ma dove prendere tanta gente?
- Vieni qui e guarda. Vedi 1à cinquanta Missionari in pronto? Più in là
ne vedi altri e altri ancora? Tira una linea da Santiago al centro dell'Africa. Che
cosa vedi?
- Veggo dieci centri di stazioni.
- Ebbene, questi centri che tu vedi, formeranno studio e noviziato e da-
ranno moltitudine di Missionari affine di provvederne queste contrade. Ed ora
volgiti da quest'altra parte. Qui vedi dieci altri centri dal mezzo deU'Africa fino
a Pechino. E anche questi centri somministreranno i Missionari a tutte queste
altre contrade. Là C'& Hong-Kong, là Calcutta, più in là Madagascar. Questi e
più altri avranno case, studi e noviziati.
Don Bosco ascoltava guardando ed esaminando; poi disse: - E dove tro-
vare tanta gente, e come inviare Missionari in quei luoghi? Là ci sono i selvaggi
che si nutrono delle carni umane: l&ci sono gli eretici, là i persecutori, e come
fare?
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58.2 Page 572

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capo LII
- Guarda, Sspose'la pastoreiia, mettiti di buona volonta. Vi è una cosa
sola da fare: raccomandare che i miei$gli coltivino costantemente la &t% di Maria.
- Ebbene, sì, tni pare d'aver inteso. Predicherò a tutti le tue parole.
- E: guardati dall'errore che vige adesso, che è la mescolanza di quelli che
studiano le arti umane, con quelli che studiano le arti divine, perchè la scienza
del cielo non vi101 essere con le terrene cose mescolata.
Don Bosco voleva ancora parlare: ma la visione disparve; il sogno era fi-
nito.
Don Lemoyne, mandando copia del sogno a Mons. Cagliero,
scriveva il 23 aprile a proposito della parte rappresentata in
quello da Don Rua, Vicario di Don Bosco, e dal coadiutore Giu-
seppe Rossi, provveditore generale: < I o come interprete noterò:
Don Rua è la parte spirituale sopra pensiero, Rossi Giuseppe la
parte materiale pur essa imbrogliata. L'avvenire deve consolare
l'uno e l'altro ». Si può asserire che egli colse nel segno.
Nel maggio del 1886 Don Lasagna a Villa Col& si sentiva
chiamato al telefono da Montevideo. Era il Superiore dei Padri
Gesuiti che gli comunica~aesservi a Santiago del Cile una gran
signora, la quale voleva i Salesiani nella sua città, dicendosi
pronta a pagare loro il viaggio dall'Ita1ia.e a provvederli di tutto
il necessario. Don Lasagna rispose non mostrando di fare gran
caso di quella comunicazione, perchè assai frequenti gli giunge-
vano offerte di tal genere; ma cinque minuti dopo ricevette da
Torino una copia del sogno di Barcellona, nel quale si parlava
appunto di una casa a Santiago del Cile. Allora, compresa meglio
l'importanza della proposta fattagli, pigliò la cosa sul serio.
Una relazione ancor più evidente con questo sogno ebbe un
episodio riferito nel Bollettino di settembre del 1887 su relazione
ricevuta dalllAmerica. Descrivendosi ivi un viaggio compiuto da
Mons. Cagliero con Mons. Fagnano nella Repubblica cilena, si
narra che a Santiago il Senatore Valledor aveva pregato i Sale-
siani di accettare la direzione di un orfanotrofio governativo,
in cui stavano ricoverati fanciulli dai sette ai dodici anni e che
andati i due Monsignori a visitare l'istituto, si sentirono leggere
da un orfanelio un devoto indirizzo, in cui si diceva loro: Sono
due anni che piangiamo e preghiamo, percbè Don Bosco ci dia
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58.3 Page 573

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I due ulrimi sogni alle Missioni
un padre ». Non basta. Mons. Fagnano, intrattenutosi con i ra-
gazzi, parlò con alcuni che nella loro semplicità gli dicevano:
<<Lefanciulle hanno la madre [alludevano alle Suore], ma noi
non possiamo avere un padre. Nostro padre è Don Bosco, ma fi-
nora non è arrivato >>.I1 Senatore o altri ispirato da lui aveva
certamente insinuato nei piccoli tali sentimenti; ma nessuno
senza dubbio sapeva nulla del sogno. A Valparaiso poi, nel giorno
in cui arrivarono i Salesiani, si videro correre dietro una turba
di fanciulli che gridavano: <Finalmente sono arrivati i nostri
padri. Domani potremo andare a scuola. Oh che piacere! (I).
È: indicibile la consolazione da essi provata nel constatare tanta
rispondenza tra la predizione di Don Bosco e il fatto, di cui
erano testimoni.
Non andremo più in là di questo saggio nell'interpretazione.
Lasciamo ai Salesiani che vivranno un secolo e mezzo o due
secoli dopo il 1885, come è detto nel primo sogno, il cbmpito
gradito di rendere testimonianza dell'avveramento totale di
quanto abbiamo letto nei quattro sogni di Don Bosco sulle NLis-
sioni. Troppi sono già i casi, nei quali le predizioni veramente
fatte da lui si avverarono, perchè si possa dubitare delle altre
non ancora awerate. Quello che abbiamo detto di Meaco sug-
gerisce di andare per lo meno molto cauti nel mettere in dubbio
l'alto valore delle profezie del Santo.
(I) Lettera di Dori Rabagliati s Don Bosco, Concepci6n del Cile, 14 maggio 1887.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58.4 Page 574

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CAPO LI11
I1 quarto Capitolo Generale.
Le ultime cose fatte da Don Bosco per il bene di tutta la So-
cietà rivestono ai nostri occhi quasi carattere sacro di testamento
e sembrano avere il diritto di prendere posto nel vivo della no-
stra storia. Anche per questo motivo dunque l'ultimo Capitolo
Generale da lui presieduto e quarto in ordine di tempo è degno
di particolare attenzione.
La lettera di convocazione porta la sua firma e la data del
31 maggio 1886. Vi si diceva pure che, stando per terminare il
sessennio dall'ultima elezione del Capitolo Superiore, se ne sa-
rebbero eletti i nuovi membri. L'assemblea avrebbe tenuto le
sue adunanze nel collegio di Valsalice dal IO settembre. Secondo
le Costituzioni (I) avevano diritto di predervi parte, oltre ai
membri del Capitolo Superiore, agli Ispettori e al Procuratore
Generale, tutti i Direttori delle case; essendovi poi le elezioni,
ogni Direttore doveva condurre seco un Socio professo perpe-
tuo, eletto dai Soci della propria casa. Venne diramato insieme
lo schema di sette argomenti da trattarsi, affinchè tutti li studias-
sero e mandassero le loro osservazioni e proposte al Consigliere
Scolastico Don Cerruti, nominato Regolatore del Capitolo Gene-
rale. S'ingiungeva finalmente a tutti i futuri Capitolari di riu-
nirsi il 25 agosto a S. Benigno Canavese per farvi un corso di
esercizi spirituali, che servissero di buona preparazione.
Questi esercizi furono predicati da Don Bertello, Direttore a
Borgo S. Martirio, per le meditazioni, e da Don Lasagna per le
( I ) Ediz. 1 8 8 5 C. VI, 3, in nota; IX,3-4.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58.5 Page 575

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Quarto Capitolo Gmerale
istruzioni. Fu una riunione di Salesiani, per numero e qualità
di persone intervenute, la più imponente che si fosse mai fatta
fino allora. Presiedeva Don Bosco. Mancava con suo grande rin-
crescimento una maggior rappresentanza deli'ilmerica: per mo-
tivi finanziari era potuto venire il solo Don Lasagna (I).
Nel giorno stabilito i componenti il Capitolo Generale si rac-
colsero verso sera nella cappella di Valsalice. Don Bosco prese
posto nel presbiterio fra i membri del Capitolo Superiore che
scadeva. Cantato il Veni Creator, Don Rua a nome di lui di-
chiarò aperto il Capitolo Generale quarto e lesse gli articoli del
Regolamento che riguardavano tale oggetto. Quindi, invocata la
protezione della Beata Vergine col canto dell'Ave maris stella
e ricevuta la benedizione col Santissimo, tutti si avviarono alla
sala delle riunioni per la sessione preparatoria.
Qui il Regolatore, ricordato brevemente quali sarebbero gli
uffici di ciascun eligendo, annunciò l'elezione per il mattino se-
guente. Essendo la prima volta che il Capitolo Superiore si pre-
sentava al Capitolo Generale con un Segretario proprio nella
persona di Don Lemoyne, e non avendo questi i1 diritto eletto-
rale nè dalle Regole nè dal giure comune, l'assemblea deliberò
ad unanimità che il Segretario Generale fosse elettore. Ciò fatto,
venne distribuito i'elenco dei Soci eleggibili. Erano settantuno.
Naturalmente non c'entravano nè il Rettor Maggiore a vita, nè
il suo Vicario ad n ~ t u mRectoris, nè i Monsignori Cagliero e Fa-
gnano destinati ad altro dalla Santa Sede. L'elezione, svoltasi
speditamente il mattino del 2 settembre, diede i seguenti risultati:
P ~ ~ f e t t oD.ON BE1,MONTE DOXENICO.
Direttore Spirituale. Don BONETTI GIOVANIVI.
Economo. Don SALAANTONIO.
Consigliere Scolastico. Don CERRUTIFRANCESCO.
Consigliere Professionale. Don LAZZEROGIUSEPPE.
Consigliere. Don DURANDO CELESTIWO.
Maestro dei Novizi. Doil RARBERISGIULIO.
( I ) Lettere di Don Lasagna e di Don Lazzero a iilons. Cagliero, S. Benigno 26 e 28 ago-
sto 1886.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58.6 Page 576

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Capo LIIf
Mons. Cagliero fu proclamato Catechista onorario. I1 Capi-
tolo volle che al secondo Consigliere fosse aggiunta la qualifica
di " Professionale " e che il terzo fosse incaricato della corrispon-
denza missionaria.
Compiuta l'elezione, il Relatore fece dar lettura di una di-
chiarazione, con cui i presenti rimettevano a Don Bosco il con-
fermarne o mutarne i risultati, secondochè credesse meglio nel
Signore. Don Bosco ringraziò dell'atto di fiducia, espresse la sua
piena soddisfazione e invitò a ringraziare Dio (I). Don Cerruti
scrisse a Mons. Cagliero (2): <<Unacosa che consola è jl buon
ordine con cui fu fatta l'elezione del Capitolo Superiore B.
La seduta pomeridiana trattò dei numeri VI1 e V dello schema:
u Modificazioni da introdursi nel Catalogo della nostra Società >>
e <<Modoe mezzi d'impiantar case di studentato pei chierici nelle
varie Ispettorie >>I.1 primo argomento così incoloro non diede
luogo a nulla di notevole. Nella mente del Regolatore dovette
servire soprattutto ad affiatare l'assemblea e ad avviare le di-
scussioni. Nella trattazione del secondo fu proposto, e Don Bo-
sco approvò, l'invio di chierici più segnalati agli Atenei Pontifici
Romani per coronarvi i loro studi; egli però fece rilevare che al-
lora la scarsità del personale consigliava di non mandarne tanto
presto. I primi due furono mandati all'università Gregoriana per
l'anno scolastico 1888-89. Essendosi poi usati durante la discus-
sione i termini " novizi " e " noviziato ", Don Bosco tornò a
raccomandare che si mantenessero le denominazioni in uso di
" ascritti " e " anno di prova " (3).
Nella prima seduta del 3 settembre si discusse anzitutto sul
numero VI: Modo di provvedere ali'esenzione dalla leva mili-
tare >>. Parecchie vie di scampo erano ancora aperte in quegli
( i ) Fece però una modificazione. Il bisogno di riordi11axele cose dell'Oratorio esigeva
che la direzione fosse affidata a persona di superiore autorita. Egli perciò dispose che la
asumesse Don Belmonte, pur restando Prefetto Generale, e che Don Durando coatinuasse
a reggere la Prefettura. come SUO sostituto. L'incarico quindi della conispondenza con i Mis-
sionari passò a Don Lazzero.
(2) Lettera, Torino 12 ottobre 1886.
(3) In seguito, non sussistendo più i motivi di prudenza che giustificavano quella termi-
nologia, entrò nell'uso la nomenclatura ordinaria.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58.7 Page 577

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Quarto Capitolo Gmerale
anni. Don Bosco notò quanto importasse trovare persone che co-
noscessero bene le leggi su tale materia e fossero disposte ad aiu-
tare amichevolmente nel far valere i diritti che potessero com-
petere ai coscritti. Aggiunse un pronostico che ha del profetico.
Detto di sapere che si stava studiando come esentare dagli ob-
blighi di leva i Missionari, soggiunse: <<NontarderS il giorno che
il clero sarà esentato tutto in Italia con qualche restrizione ».
Questo si avvera alla lettera dopo i Patti Lateranensi del 1929.
Allora lo spirito del Governo non giustificava davvero una si
rosea previsione.
Due numeri dello schema riempirono il resto della giornata,
cioè 6 IV. Sistema da seguirsi nel promuovere alle sacre ordina-
zioni > e (1. Regolamento per le parrocchie dirette e dirigende
dai Salesiaili >>.Sulla prima trattazione i verbali sono muti; ma
lo studio dovette esser condotto bene a fondo, se ne uscirono i
quindici articoli, che leggiamo nel volume delle Deliberaziovvi.
Sul tema delle parrocchie riferì Don Lasagna, usufruendo anche
di lavori del terzo Capitolo Generale. I1 tempo dacchè i Sale-
siani governavano parrocchie, era ancora troppo breve, perchè
si potesse trarre partito dall'esperienza nel dettar regole su que-
sta materia; tuttavia si formuld un complesso di norme, che se-
gnarono un buon punto di partenza a definitive deliberazioni
posteriori, anche perchè ebbero I'approvazione di Don Bosco.
Un altro tentativo interessante fu quello di disciplinare le
scuole professionali. I1 numero I1 dello schema diceva: Indi-
rizzo da darsi alla parte operaia nelle case salesiane e mezzi di
sviluppare la vocazione dei giovani artigiani >. Vi si dedicò il
giorno 4. I,e deliberazioni prese meritano di essere consultate,
sia perchè rispecchiano il pensiero di Don Bosco, sia perchè sono
il primo passo da un periodo basato sulla tradizione a un periodo
regolato da leggi scritte circa l'indirizzo intellettuale, tecnico e
religioso delle scuole professionali salesiane. Trent'anni di espe-
rienza contavano qualche cosa.
La domenica 5 settembre nell'unica seduta pomeridiana il
Capitolo determinò la maniera di osservare un Decreto pontificio
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58.8 Page 578

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cnpo LIII
suli'accettazione degli ascritti e sull'ammissione ai voti nell'Ita-
lia e nelle isole adiacenti. Era l'argomento del numero 111. Pio IX
il 17 giugno 1847 aveva diretto ai Superiori Generali l'Enciclica
Ubi primzlm, nella quale rendeva noto che, a promuovere e a so-
stenere la riforma d.egli Ordini religiosi, aveva istituito una Con-
gregazione Cardinalizia De statu regularium e invitava i Supe-
riori regolari a vigilare attentamente sui loro sudditi ed a man-
tenersi in buon accordo tanto fra di loro quanto coi Vescovi e
col Clero secolare, per contribuire tutti insieme all'edificazione
della Chiesa. A compiere poi l'opera emanò il 25 gennaio 1848
per Sorgano di detta Congregazione il Decreto Regulari disci-
plinae, ove s'impartivano ordini tassativi suli'ammissione dei no-
vizi all'abito e alla professione. I1 Decreto imponeva'che a tate
scopo si creasse in ogni Ordine o Istituto religioso una Commis-
sione esecutrice generale e si eleggessero in ogni Provincia sette
esaminatori provinciali. Procedutosi dunque all'elezione, risul-
tarono eletti per la Commissione i membri del Capitolo Superiore
con il Segretario e per esaminatori ispettoriali sette Confratelli
anziani (I).
Restavano da esaminare le <proposte varie » dei Confratelli,
indicate pure nel già citato numero VII. La discussione di mag-
gior rilievo si aggirò intorno al Bollettino Salesiano; se n'è già
tenuto conto nel capo XXIII. Venutosi a parlare delle visite
che gl'Ispettori e i Superiori Maggiori facevano alle case, Don
Bosco raccomandò che vi si andasse sempre in nome del Rettor
Maggiore e che si richiamassero i Soci all'osservanza delle Re-
gole non in forza dell'io voglio, ma perchè così vuole il dovere.
<( L ' I o guasta tutto >>, conchiuse.
L'ultima adunanza fu tenuta la mattina del 7 settembre.
Don Bonetti riferì sul modo di comportarsi con le Figlie di
Maria Ausiliatrice; quindi Don Rua richiamò alcune Regole, delle
quali importava inculcare l'ossemanza. Dopo il Regolatore lesse
l'atto di chiusura, che tutti firmarono. Anche questa volta il do-
( 1 ) I sacerdoti Francesia. Marenco. Bianchi. Nai, Rinaldi Filippo, Tamietti e Guidazio.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58.9 Page 579

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Qumto Capitolo Genernle
cumento terminava con una dichiarazione in cui il quarto Capi-
tolo Generale lasciava a Don Bosco ((pieni poteri di sviluppare
maggiormente quello che non fosse stato abbastanza largamente
trattato e aggiungere o modificare tutto quello che fosse da ag-
giungere o modificare al bene e progresso della Pia Società Sale-
siana e in conformità alle Costituzioni )).
Durante te sedute di questo Capitolo i presenti ebbero agio
di ammirare l'abiliti, con cui Don Cerruti aveva saputo regolarne
l'andamento, e partirono convinti d'aver fatto un'ottima scelta
eleggendolo Consigliere Scolastico della Congregazione. In realtà
Don Cerruti fu uno di quegli uomini prowidenziali che Don
Bosco crebbe fin da piccoli nell'oratorio e che poi si trovò ai
fianchi nell'ora opportuna, quando sul declinare degli anni abbi-
sognava di validi aiutanti. Urgeva allora sistemare gli studi dei
Scci e organizzare bene le scuole salesiane; urgeva pure molti-
plicare gl'insegnanti forniti di titoli legali e perfezionare la for-
mazione degli educatori salesiani. Don Cerruti fu per questi
compiti l'uomo che ci voleva. Dotato di spirito metodico, di
forte volere e di gran senno pratico, portò per trent'anni nel di-
simpegno del suo ufficio somma prudenza, calma inalterabile e
invitta costanza. L'opera sua si estendeva anche ali'Istituto delle
Figlie di Maria Ausiliatrice e alla direzione della stampa sale-
siana. In ogni suo campo egli si palesò gran suscitatore di ener-
gie, possedendo in alto grado l'arte di animare all'azione. In tutto
poi il suo agire nulla ebbe più a cuore che di tener vivo fra i
Soci lo spirito del Fondatore. Festeggiaadosi il venticinquesimo
anniversario della sua prima elezione, scrisse in un pubblico rin-
graziamento: ((Ogni giorno che passa mi persuade ognor più
della necessità, che per noi è dovere, di stare attaccatissimi agli
insegnamenti di Don Bosco anche in fatto di istruzione e di edu-
cazione, e da questi insegnamenti non dipartirci mai, neppure
di un punto. Lungi da noi i novatori! D.
Allorchè sul principio del nuovo anno scolastico il personale
delle case si trovava tutto al proprio posto e le cose vi avevano
preso il loro awiamento, Don Bosco con una circolare del 21
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

58.10 Page 580

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- Capo LIII Quarto CapitoIo Gen~aZe
novembre comunicò in forma ufficiale ai Soci il risultato delle
elezioni. Le Deliberazioni poi comparvero stampate nel 1887.
Nulla essendosi pubblicato del terzo Capitolo Generale, le cose
allora deliberate vennero fuse con quelle deliberate di recente (I).
Vi è interamente nuovo, cioè non toccato nel 1886, i1 capo quarto
su gli Oratorii festivi. Don Bosco avrebbe voluto offrire riunite
in un volume tutte le Deliberazioni dei quattro Capitoli Generali;
ma, richiedendosi a questo lavoro di coordinamento un certo
spazio di tempo, preferì presentare senza indugio le sole Delibe-
razioni degli ultimi due. La pubblicazione da lui vagheggiata vide
la luce nel 1902 col volumetto in cui le Deliberazioni dei primi
sei Capitoli Generali tengono dietro alle Regole, quasi come nel
diritto civile i Regolamenti fanno seguito alle leggi e ne determi-
nano l'applicazione. A ben comprendere lo spirito del Santo in
fatto di Regolamenti giova conoscere un pensiero da lui espresso
il 24 febbraio 1887 nel Capitolo Superiore. Si stava esaminando
il Regolamento delle case, ne1 quale taluno avrebbe desiderato
che si desse maggiore sviluppo a certi articoli. Bgli disse: Non
si cerchi di rendere troppo prolissi e specificati i nostri Regola-
menti, quando sembrino un po' concisi. Ove non vi sia necessità
di regola, si proceda con bontà paterna e i sudditi aiutino il
Superiore pel buon andamento della casa D.
( i ) Deliberazioni deZ 28YZo e quarlo Cqito2o Generale deZLa Pia Socidà Salesiana lenulo
i n Vadsalice ne2 sett,mbve 1883-86. S. Benigno Casavese. Tip. Sai., 1887.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

59 Pages 581-590

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59.1 Page 581

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CAPO LIV
Spedizione missionaria del ~ $ 8 6 .
Un ultimo sguardo alle Case del19AmericaMeridionale
e alte Missioni patagoniche.
Nel 1886 le ~Ussionie le case salesiane d'America versavano
in gravi strettezze finanziarie, a cui sul luogo non si trovava
modo di rimediare; perciò Mons. Cagliero ricorreva insistente-
mente a Torino, esponendo i bisogni e invocando soccorsi. Don
Bosco, dopo aver pregato e riflettuto, deliberò di lanciare un
appello mondiale alla carità (I). Lo fece in ottobre con una cir-
colare. Esponeva in essa lo stato attuale delle Missioni salesiane,
i disegni per l'avvenire e le stringenti necessità del momento;
dava quindi notizia di una prossima spedizione missionaria; in-
fine per sostenere le opere incominciate, per poter mettere mano
a nuove imprese e per provvedere ali'invio dei nuovi operai evan-
gelici cbiedeva il concorso non solo dei Cooperatori, ma di tutte
le persone benefiche, a qualunque nazione appartenessero. Per-
ciò fece tradurre la circolare in francese, spagnolo, inglese e te-
desco e la spedì in ogni parte d'Buropa. Occorreva scrivere non
meno di centomila indirizzi, nel qual lavoro furono impiegati
giovani dellJOratorio,chierici fatti venire da S. Benigno e Suore
chiamate da Nizza Monferrato. I giornali diedero larga pubbli-
cità alla circolare, riproducendola per intero o riassumendola e
commentandola. i,e offerte affluirono, specialmente di somme pic-
cole, senza numero.
( I ) Verb. del C@. Sue., 18 settembre 1886.
567
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Cato LIV
La spedizione di Missionari non fu fatta tutta in una volta;
una specie di avanguardia precedette il gruppo principale. Nel
1885 erano venuti in Italia Don Borghino dal Brasile e Don Cal-
cagno e Don Rota dal12Uruguay.Questi si rimbarcarono in aprile,
conducendo seco tre nuovi Missionari. Altri ventisei con sei
Figlie di Maria Ausiliatrice aspettarono ancora fino a dicembre.
Don Lasagna, che li doveva scortare, andd a Roma nella prima
metà di novembre e ricevuto in udienza da Leone XIII, ebbe la
consolazione di udire parole assai incoraggianti. Poichè il Papa,
inteso che Don Bosco aveva pronta una nuova spedizione mis-
sionaria, disse: - Annunciate questo per l'onore di Torino e per
la gloria della Congregazione Salesiana. E un fatto che ci riempie
il cuore di contentezza e di speranza. Noi ci ripromettiamo grandi
cose per la Chiesa e per la Società dal!'Istituto Salesiano.
La funzione di addio si fece la sera del z dicembre nella chiesa
di Maria' Ausiliatrice. Aggiunsero fascino alla già suggestiva ce-
rimonia un eloquente discorso di Don Lasagna e l'alata parola
del Card. Alimonda. Don Bosco, umile, raccolto e sofferente se-
deva nel presbiterio fra i Vescovi Manacorda di Fossano e Leto
già di Biella. Uno dei vantaggi che derivarono dal circondare di
tanta solennità simili partenze fu che la stampa ne prendeva oc-
casione per esaltare, diffondere e refidere popolare in Italia l'idea
missionaria, la quale allora non godeva da noi la notorietà e le
simpatie venutele in appresso.
I viaggianti andarono per l'imbarco a Marsiglia, accompa-
gnati da Don Lazzero e da Don Barberis. Festeggiarono 1'Im-
macolata coi novizi di S. Margherita. Don Lazzero, riferendone
a Don Bosco (I), faceva questa notevole osservazione: «Riuscì
una cara festa d i famiglia, una vera riunione, fusione o, per
esprimermi alla francese, una fratellanza di spiriti francesi e ita-
liani, che cercavano di esprimere tino spirito solo, quello del
loro padre Don Bosco >>.
Don Lasagna fece una corsa a Tolone per visitare i Conti
( I ) Lettera da Marsiglia, zz dicembre 1886
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Spedizione missionaria del 1886
Colle. Dalla camera, che quei caritatevoli Signori denominavano
di Don Bosco, egli scrisse il 12al buon Padre: <<Oh!quanto sono
felici queste due creature di conoscere Don Bosco, di essere sti-
mate e amate da lui! quanto godono di deporre nelle sue mani
la loro fortuna, affinchè l'impieghi a maggior gloria di Dio e a
bene delle anime! Essi stessi confessano di essere strumenti be-
nedetti della Prowidenza divina nelle mani di Don Bosco >>.
Salparono la sera del 14. La navigazione fu tragicamente
procellosa; ma giunsero sani e salvi in vista del porto di Monte-
video il 6 gennaio. Qui cominciarono nuove peripezie. In città
serpeggiava il colera; il colera mepava strage a Buenos Aires;
il colera aveva visitato l'Italia. Sebbene a bordo non vi fosse
stato nessun caso, tuttavia si negò l'approdo, ma bisognò rivol-
gere la prora all'isola di Flcres per la quarantena. Questa fortu-
natamente durò solo cinque giorni, sicchè il 14 erano tutti a Villa
ColOn, festeggiatissimi dai Confratelli.
Se a Torino i partenti sembravano un bel numer3, sul posto
apparvero ben pochi rispetto al bisogno: ce ne sarebbe voluto
almeno il doppio soltanto per rifornire a sufficienza le tre case
di Villa ColOn, Las Piedras e Paysandh. Pure si dovette cederne
una parte all'Ispettoria Argentina.
L'Ispettoria di Don Lasagna comprendeva, come dicevamo,
anche le due case del Brasile. Qui l'awenire si annunciava lieto
di belle promesse, ma intanto il presente era molto duro. La
casa di Nicteroy lottava coi Protestanti e coi debiti; nondimeno
allargava la sua sfera di azione. Quella incipiente di S. Paolo
scarseggiava di personale. Da ogni parte i Vescovi supplicavano
per avere Salesiani (I). Don Bosco, presago del gran bene che
la Società avrebbe operato fra le popolazioni civili e le tribù
selvagge del Brasile, animava i suoi al lavoro e li raccomandava
alla famiglia imperiale. Nel marzo del 1886 aveva scritto alla
Principessa Isabella d'orléans-Breganza, figlia dellJImperatore
Don Pedro I1 e maritata al Conte d'Eu (2): La Divina Prowi-
( r ) Lettera di Don Xiccardi a Don Bosco, Buenos Aires, febbraio 1886.
(2) L'autografo a Parigi presso il Principe Pietro, figlio della destinataria
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LIV
denza dispose che due case salesiane fossero stabilite nell'Im-
pero del Brasile: una a Nicteroy, l'altra a S. Paolo, ambedue con-
sacrate ad accogliere gli orfanelli più poveri ed abbandonati.
Alcuni di questi miei religiosi ritornati temporaneamente in ita-
lia mi hanno parlato assai della bontà e della carità di Vostra
Altezza Imperiale e per questo io raccomando a I,ei e a Sua Mae-
stà l'Imperatore tutti questi miei salesiani, che non altro desi-
derano che guadagnare anime al cielo e diminuire il numero
dei discoli >>L. a raccomandazione non rimase senza effetto. I1
I5 novembre l'Imperatore e l'Imperatrice, accompagnati dal Mi-
nistro dell'Agricoltura e da altri personaggi, visitarono la casa
di S. Paolo, chiedendo al Direttore informazioni sul metodo di
insegnamento. Un giovane presentò loro il volume delle osser-
vazioni meteorologiche di CoIbn, preparato all'uopo con la fo-
tografia degli alunni di quel collegio. Partirono lasciando una
buona offerta.
Nel tempo delle vacanze estive, che là vanno da dicembre a
marzo, i Confratelli delle tre Repubbliche si radunarono parte
a Villa Colbn, parte a Patagbnes, a Buenos Aires e a S. Nicolks
per gli esercizi spirituali; così pure le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Mons. Cagliero, nella sua qualità di Provicario, diresse e predicò.
Rendendone conto a Don Bosco, gli scriveva (I): < I n tutte le
case ho trovato una volontà forte, risolt~tae decisa di essere
buoni e santi Salesiani. Don Bosco, I'Oratono ed i suoi primi
tempi entravano in tutte le prediche: e lo dico francamente che
quei fortunati ricordi facevano del bene a tutti, predicanti e
predicati, dandoci un'idea chiara ed una guida sicura dello spi-
rito salesiano >>.
Una raccomandazione tornava insistente sotto la penna di
Don Bosco neUe sue lettere ai Missionari, che si procurassero
vocazioni. Benchè il terreno fosse ingrato (z), pure in quelle va-
canze Monsignore ricevette dieci professioni di Soci e dieci di
Suore e fece sette vestizioni di chierici e altrettante di zitelle
( I ) S. NicolAs, 22 febbraio 1886
(2) Leil. ciL.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Sguardo alle cnse e missioni d'America
postulaiiti. Ordinò anche sacerdoti nove di quelli venuti dal-
l'Italia nelle spedizioni precedenti.
Una statistica di Don Costamagna ci fa conoscere lo stato
dei collegi della sua Ispettoria (I). Il collegio di S. Carlo in Al-
magro aveva 335 ragazzi, di cui 250 interni e gli altri semi-con-
vittori o esterni; il collegio di Maria Ausiliatrice di fronte al sud-
detto 60 convittrici e IOO esterne. Alla Boca le scuole maschili
erano frequentate da 150 ragazzi e le femminili da 250 ragazze.
Inoltre le Suore in ognuna delle loro due case di S. Isidoro e
di Moron ricevevano un centinaio di alunne esterne. Un centi-
naio di esterni andavano alle scuole di S* Caterina, delle quali
dirò qui sotto. Poi venivano gli oratori festivi affollatissimi. Se
si eccettua la casa di S. NicolAs, che poteva estinguere da sè le
passività contratte nell'edificare, le altre si dibattevano nei de-
biti. Nonostante questo ne furono aperte due nuove. Monsi-
gnore e l'Ispettore si dicevano in ciò ((vittime dell'educazione
ricevuta da Don Bosco, che non soleva rispondere di no a chi
voleva di si (2).
La prima di quelle case recenti è divenuta l'attuale collegio
di S. Caterina, che sorge quasi nel centro di Buenos Aires. Al-
lora vi si facevano solo scuole esterne e oratorio festivo a ragazzi
ignorantissimi di religione. Una chiesa attigua offriva molta co-
modità per i catechismi.
L'altra casa fu aperta nella città di La Plata. Ecco la sua
storia. Nel 1885 il Governo di g a Plata aveva offerto ai Sale-
siani un bel terreno con la condizione che vi fabbricassero un
collegio. I Salesiani desideravano molto di andarvi, anche perchè
quella popolazione era per più di metà italiana. Ma il pensiero
dei debiti ne li ritrasse. S'intromisero tosto i Protestanti, che
stavano alle vedette, ottenendo agevolazioni dal Governo. Se
non che, edificato ivi un loro tempio e costruite due abitazioni,
dovettero, non si seppe mai il perchè, sloggiare di là. Pronta-
mente l'Autorità ecclesiastica acquistò edifici e terreno e poi
( I ) Lettera a Don Rua, Buenos Aires 1 2 aprile 1886
(2) Mons. Cagliero, lett. cil.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LIV
tanto premette sui Salesiani, che li indusse ad accettare l'opera.
Nei primi anni fu una vera Missione. u Poveri Italiani! esclamava
Don Costamagna (I). Vi ha chi offre cinque, sei e perfino dieci
scudi a chi tralascia di andare a Messa >>.
Nell'Uruguay scoppiò una terribile tempesta, una delle solite
guerre civili per la presidenza della Repubblica. u Il nostro col-
legio di Paysandu, scriveva Monsignore (z), è in pericolo di es-
sere convertito in quartiere generale delle truppe del Governo
per la sua posizione e solida costruzione D. Ma l'intervento del
Ministro Italiano e la presenza di corazzate italiane nelle acque
di Montevideo giovarono, finchè la rivoluzione non fu soffocata.
Durante la sua dimora a Buenos Aires Monsignore seppe en-
trare nelle grazie dei maggiori uomini del Governo, la qual cosa
valse assai a farne rispettare l'autorità nella sua sede di Pata-
g6nes. Quando vi ritornò, accorsero alla spiaggia per dargli i1
benvenuto non solo i Salesiani e le Suore con le loro scolaresche
delle due sponde, ma anche signori e signore, marinai e militari,
Indi e gauci. Le principali autorità salirono a bordo per osse-
quiarlo. Il Governatore, da alcuni giorni indisposto, benchè an-
ticlericale e personalmente ostile ai Missionari, non potè esi-
mersi dal mandare un ufficiale superiore a rappresentarlo e a
felicitare Monsignore del suo arrivo. In questo mutamento di
animi il Vicario Apostolico non potè non vedere un buon appog-
gio per l'esercizio del suo ministero. Bisogna anche aggiungere
che il suo modo di agire gli conciliava sempre maggiore stima e
fiducia. u La sua persona, scrisse Don Piccono (3). diffonde in-
torno a sè la soavità e la letizia, e nelle sue azioni vanno unite
la semplicità e la prudenza, la dolcezza e l'energia d i un vero
primogenito di Don Bosco D. Per unire insieme dolcezza ed ener-
gia gli venivano appunto in soccorso la prudenza e la semplicità.
Scriveva nella più volte citata lettera del 28 luglio: Con le au-
torità civili e militari andiamo sempre bene, perchè tengo anche
( I ) Lettera a Don Rua, Buenos Aires, 5 luglio 1887.
( 2 ) Letl. nt.
( 3 ) Lettera a Don Lemoyue, Csrmen de Patagbues, 14 maggio 1856
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Sguardo al& case e misioni d'America
sempre i guanti nelle mani. Sono sei anni che i Salesiani hanno
preso possesso della Patagonia e furono sei anni di battagtie,
di calunnie e di vittorie, riportate però a costo di sacrifizi e di-
spiaceri. Ma se non fosse cosi, non sarebbe vita da Missionari la
nostra ».
È: g-iusto e doveroso dedicare ancora qualche parola a Don
Milanesio, detto da Monsignore <una vera provvidenza del Rio
Negro P (I). Grazie al suo zelo indefesso, tutta la valle del Rio
Negro sino ai confluenti Limay e Neuquèn e tutta la valle de-
stra e sinistra det Neuquèn co' suoi numerosi afffuenti, sino ai
confini del Cile e della provincia di Mendoza erano esplorate.
Egli in una missione percorse ben 2500 chilometri a cavallo,
valicando due volte sopra muli le Ande, scendendo nelle pianure
del Cile e toccando Antuco, Angeles, ConcepciOn e Ciliani. Bat-
tezzò in quella escursione 1117 fra indigeni e figli di famiglie cri-
stiane, celebrò 60 matrimoni e preparò alla prima Comunione
1836 neofiti. Per questo Monsignore potè scrivere (2)che la parte
della Patagonia settentrionale più importante e più popolata era
dai Missionari già interamente conosciuta, visitata e catechiz-
zata, tranne quattro o cinque tribù, i cui Cacichi però si dichia-
ravano favorevoli all'evangelizzazione. Circa le buone disposi-
zioni dei Cacichi abbiamo un documento nella narrazione di una
visita fatta a Mons. Cagliero dal figlio di Sayuhueque, il Cacico
più influente dopo Namuncurà. Il significativo incontro è nar-
rato così da Don Piccono.
Il g di luglio del 1886 entrava nel parlatorio della nostra casa di Patag6nes
un figlio del Cacico Saynhueque accompagnato da suo cognato e dall'interprete
sig. Giovanni Salvo, e chiese di parlare con Sua Ecc. Ill. Mons. Cagliero. Mentre
si cercava di Monsignore, un sdesiano condusse i forestieri a visitare la nuova
chiesa che si sta bellameute dipingendo e ii nostro collegio. Ritornati al parlatorio,
dove già trovavasi Monsignore, il figlio del Cacico, servendosi dell'interprete,
gli parlò cosi: -Signore, anzi tutto vi presento gli ossequi cordiali di mio padre
e di tutta la nostra gente, che ora travasi in riposo e buona salute. Noi conosciamo
alquanto la religione dei Cristiani e sappiamo apprezzare i Ministri di Dio e spe-
( I ) Lettera s Don Bosco, Patag6nes 28 luglio 1886
(2) Lett. cit.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

59.8 Page 588

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capo LIV
- cialmetite il signor Vescovo. Per questo siamo venuti a visitarlo e salutarlo.
Quindi trasse di tasca un biglietto da visita del comandante Vincenzo Saciar,
nel quale raccomandava a Monsignore un suo protetto, figlio di Sayuhiieque,
acciò lo ricevesse nel nostro collegio in qualità di esterno, perchè lo si educasse.
Monsignore, con queil'affetto e amorevolezza che sono i suoi distintivi, gradì
la visita, e letto il contenuto del biglietto, dissegli che il collegio restava aperto
pel suo fratellino, e che lo inviasse quando desiderava, e aggiunse: - Quando
vi ritornerete presenterete le mie Micitazioni a vostro padre e al sig. Comandante
e dite loro che siam qui per servirli, sia mandando qualche sacerdote perchè in-
segni ai fanciulli le cose di Dio, sia per aiutarli in tuttochè possiamo.
- Lo SO,rispose il figlio di Saytihueque, voi fate molto in favore della gente
nostra. Perciò noi molto ci siam rallegrati nel vedere come i sacerdoti abbiano
batteroato i nostri figliuoli e bambini della tribii.
- Bene, bene, disse Monsignore. E a quanto ammonta la vostra popola-
zione?
- Siamo millesettecento tra grandi e piccoli.
-- Bagattella! Essi sono molto numerosi.
E: vero, signore.
- E vi sono con voi altre tribù più numerose?
-- Si, signore: quella di Yancuche che conta quasi ottocento uomini.
San molti fra di voi i già cristiani?
- Sì, signore: i maggiori di età non lo sono ancora, ma i bambini già sou
cristiani, giacche furono battezzati recentemente quest'anno da due giovani
missionari. Fra i maggiori fu fatto cristiano in Buenos Ayres mio padre, essendo
- aucor giovane, e gli posero il nome di Valentino Alsina.
Benissimo, dite a vostro padre che bisogna che veniamo, il padre Do-
menica ed io, a passare qualche tempo colà, e che può darsi pure che gli invii
due suore per insegnare alle fanciulle. Allora prepareremo a ricevere il battesimo
tutti coloro che vorranno: purchè essi ci tengano apparecchiata qualche stanza
ove riunire la gente,. per poterla istruire.
Detto ciò, Monsignore gli porse la man? per congedarsi: ma quegli prese un
contegno come di chi ha tuttavia altro a dire: - Se mi permettete, signore, de-
sidero dirvi una parola ancora.
- Perchè no? Voi siete padrone, parlate pure liberamente.
- Signore, vengo a farvi una proposta da parte di mio padre, ii quale vi
fa sapere che desidera che voi gli inviate un sacerdote che si stabilisca colà e in-
segni ai fanciulli.
Monsignore che non si aspettava da quell'uomo una domanda di tal genere,
- restò sorpreso e commosso dei suo buon cuore, e gli rispose:
Benissimo, molto mi piace questo desiderio di istruirsi ed educarsi: biso-
gna che facciamo tutto. Vi manderemo un sacerdote, il quale, benchè per adesso
- non possa fermarsi definitivamente, verrà soventissimo a visitarvi.
Vi sono molto riconoscente, signore, disse il figlio di Sayuhueque: questo
ci è necessario perchè già viviamo fra cristiani e perciò dobbiamo educarci.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Sguardo alle case e missioni d'America
Monsignore, ripetendo gli auguri e incaricandolo nuovamente dei saluti a
suo padre e al comandante sig. Vincenzo Saciar, si congedò da lui, ordinando
ad un salesiano che vedesse se abbisognava di qualche cosa. Passarono quindi
al refettorio, ove fu loro servita una modesta refezione. Si partirono molto rico-
~ioscenti,e promisero che ritornerebbero altra volta a visitare Monsignore ed a
conferire con lui.
I Missionari disegnarono allora una carta geografica di tutta
la zona coinpresa fra il Rio Negro e i1 Rio Colorado, segnando
le stazioni di missione e i centri di popolazione, distinguendo i
luoghi occupati da colonie e da tribù, notando le distanze da una
all'altra stazione, tracciando i corsi dei fiumi principali, indicando
i punti dove si poteva passare a nuoto coi cavalli, e accennando
le valli e i monti più importanti. Mandarono il loro lavoro a Don
Bosco il zo agosto (I).
Inoltre Mons. Cagliero aveva compilato una relazione generale
sullo stato della Missione, facendone tirare tre copie, una per il
Santo Padre umiliatagli dal Cardinale Protettore, l'altra per
Propaganda e la terza per l'Opera della Propagazione della Fede;
per Don Bosco il segretario ne cavò un riassunto. Cardinale Pro-
tettore, dopo la morte del Cardinal Nina avvenuta nel luglio
del 1885, il Papa aveva nominato il suo Vicario, Eminentissimo
Parocchi. Questi compiè sollecitamente il buon ufficio, di cui era
stato pregato, e informandone Monsignore gli diceva (2): u I1
cuore del Sommo Gerarca ne fu visibilmente commosso e conso-
lato ed ebbe parole d'encomio per la S. V. Rev.ma e per tutti
quelli che con zelo veramente apostolico La coadiuvano nel pro-
pagare il regno di Gesù Cristo >>.
Un cenno ancora dei due Missionari di Santa Cmz. Essi mol-
tiplicavano le escursioni apostolicl~eattraverso immense plaghe
inesplorate. L'ardito ligure Don Beauvoir si spinse lino al Capo
delle Vergini, all'imboccatura dello Stretto di Magellano, por-
( I ) Ne curò l'esecuzione Don Stefanelli, con la collaborazione di Don Savio e di Don Mi-
lanesi~s, otto la sorveglianza di Monsignore. Don Stefaselli impiasth e diresse gii osservatoni
meteorologici della Patagosia. secondo le istruzioni che Don Bosco gli aveva fatto impar-
tire dal P. Densa a Moncaiietl.
(2) Lettera 23 agosto 1886.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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- Capo LIV Sgumdo alie case e rnknoni d'fimerica
tando il suo sacro ministero alla molta gente che gli Inglesi fa-
cevano lavorare colà neli'estrazione dell'oro. Egli aveva così toc-
cato il territorio della prefettura Apostolica di Mons. Fagnano,
del quale finalmente ci occuperemo fra breve.
La Missione patagonica, sospiro del cuore di Don Bosco, po-
teva e doveva dirsi ornai organizzata in modo che più nulla ne
avrebbe arrestato il regolare e progressivo sviluppo. Ben fondate
si affacciavano pure le speranze di lieto awenire per le opere
salesiane dell'Argentina, dell'Uruguay e del Brasile. Prima di
chiudere questo periodo della nostra storia avremo ancora oc-
casione di vedere e di intravvedere iilteriori espansioni deli'atti-
vità salesiana nell'America del Sud, secondo i disegni della Prov-
videnza svelati a Don Bosco nei quattro sogni missionari.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO LV
Le cinque ultime fondazioni fatte da Don Bosco in Italia.
(Catania, Parma, Trento, Foglizzo, Valsalice).
La mente di S. Giovanni Bosco, protesa a opere lontane, at-
tendeva pur sempre a ingrandire le opere vicine ed a moltipli-
carne il numero. Senza occuparci oltre di ingrandimenti locali,
diremo in questo capo delle fondazioni di Catania, di Parma e
di Trenta, del noviziato di Foglizzo e dello studentato di Val-
salice, ultime opere a lui dovute in Italia.
La Sicilia assediava di domande i1 Santo. Da molte parti si
guardava con invidia a Randazzo, la città fiera del suo collegio.
Vescovi e sacerdoti gli facevano proposte concrete, perchè in-
viasse i suoi figli e le sue figlie a prendersi cura detta gioventù
sicula. Fu quella se non altro una larga preparazione di animi,
che, venuto il tempo propizio, agevolò la rapida espansione sale-
siana nell'isola.
Catania soprattutto attirava l'attenzione di Don Bosco, che
intuiva dover essere là il centro dell'attività salesiana in Sicilia.
Fin dal 1877 alcuni zelanti sacerdoti catanesi, che studiavano il
modo di procurare alla loro città un convitto per artigianelli,
gl'indirizzarono una prima supplica; anzi gli mandarono due
volte rappresentanti a Torino per vedere d'intendersi. Alle sol-
lecitazioni per la casa di artigiani se ne aggiunsero poi altre af-
finchè egli accettasse pure il collegio Cutetli, importante istituto
cittadino, nel quale si voleva infondere nuova linfa vitale. Il
santo Arcivescovo Card. Dusmet awalorava con la straordinaria
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LV
sua autorità le altrui istanze. La gran difficoltà stava nella scar-
sità di personale, che bastava appena ai bisogni delle case esi-
stenti. TLittavia Don Bosco desiderava di fare qualche cosa per
Catania. Infatti il 28 dicembre del 1883 disse nel Capitolo: Ben-
chè manchi il personale e quantunque convenga limitarci ad una
piccola abitazione, bisogna che piantiamo dimora a Catania. E
necessario avere in quella città anche una stanza sola, ove pos-
sano fermarsi i Salesiani che vanno alle altre case di Sicilia (I).
Potrebbe fissarvi la sua dimora anche un nostro provveditore
per non restare sempre in balia dei sensati w.
L'Arcivescovo, vedendo che l'attesa minacciava di andare nel-
l'infinito, ebbe una felice ispirazione: nel 1884 domandò che s'in-
viasse subito almeno un Salesiano a dirigere un oratorio festivo
con scuole elementari esterne in una casa annessa a pubblica
chiesa, dedicata a S. Fiiippo e ufficiata un tempo dai Filippini.
Don Cagliero, che due volte era stato neli'isola, caldeggiava l'e-
satidimento della domanda. Don Bosco pronunciò allora l'ultima
parola, conchiudendo che, se non c'era personale, si assottigliasse
quello di altre case ( 2 ) .
A Catania, come altrove, l'arrovellarsi dei nemici di Dio of-
ferse la prova che l'opera doveva considerarsi buona. La loggia
massonica, subodorata la probabile venuta dei Salesiani, tentò
di screditarli dinanzi alla cittadinanza con calunniose insinua-
zioni, comparse sulla Gazzetta di Catania nel febbraio del 1884.
Don Bonetti mandò una smentita, redatta per volere di Don Bo-
sco in termini calmi e cortesi. I1 giornale non la pubblicò, ma si
limith a un cinico e ipocrita accenno in un trafiletto oltremodo
ingiurioso. Don Guidazio avrebbe voluto che si andasse per via
di tribunali; ma Don Bosco non lo permise. Gl'intrighi settari si
fecero più insolenti nel 1885. I,a notizia che i Satesiani sarebbero
giunti col nuovo anno scolastico, scatenò una canea. L'organo
della Massoneria catanese sferrò una serie di attacchi, che dura-
rono a intervalli dal 7 marzo al 29 maggio e a cui tenevano bor-
( I ) Alludeva pure dle case esistenti delle Suore e ingenere alle case future dei Salesiani.
(2) Verb. dsl Cap. Sup., 22 gennaio, 4 luglio e 30 agosto 1884.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Le cinpue ultime fondazioni tn Italia
done altri due compari di Torino e di Roma (I). Nel mese di
aprile si trovava in Sicilia Don Rua, che, raccolti gli elementi ne-
cessari, inviò alla Direzione una smentita documentata delle
principali sue affermazioni; anche Don Bonetti pubblicò sull'ar-
gomento una lettera aperta: ma il giornale non se ne diede per
inteso. Anche di fronte a sì sfacciata protervia Don Bosco, ba-
dando solo a iare del bene, non consenti che si entrasse in pole-
miche o comunque si facesse del chiasso. A dispetto del settari-
smo locale i Salesiani giunsero a Catania festosamente accolti. I1
Santo nella circolare del gennaio 1886 ai Cooperatori ne diede
l'annuncio dicendo: Ad istanza di persone ragguardevolissime
si assunse in Catania la direzione di scuole serali per giovani
adulti, l'amministrazione di una pubblica chiesa e nel tempo stesso,
sotto il titolo di S. Filippo Neri, vi si aperse un oratorio festivo
per istruire cristianamente e raccogliere fanciulli, togliendoli in
tal modo dallo scorrazzare per le piazze e per le vie della città >>.
L'inferno aveva avuto ben ragione di allarmarsi: l'oratorio
dei Filippini, come lo chiamarono poi sempre i Catanesi, doveva
essere un porto di salute contro le sue insidie. Aperto sulla via
che conduce alle scuole pubbliche, sembra invitare continua-
mente i giovani a entrarvi. La Provvidenza poi dispose che il
suo Direttore Don Francesco Piccollo, già alunno molto caro a
Don Bosco nell'oratorio di Valdocco, riunisse nella sua persona
tutte le qualità desiderabili in chi si dedichi a tal genere di apo-
stolato. Nonostante i pochi metri quadrati di cortile e la ristret-
tezza dei locali, la gioventù non se ne sapeva staccare; nè vi ac-
correva solo per divertirsi, ma per imparare la dottrina cristiana
e compiere le pratiche religiose. È: incalcolabile il bene ivi ope-
rato da Don Piccollo e da' suoi successori; basti dire che vi ma-
turarono la loro vocazione allo stato ecclesiastico molti studenti
secondari, facendosi anche in buon numero Salesiani. Oggi, mi-
gliorate sotto ogni riguardo le condizioni della casa, l'opera pro-
segue con non diminuito fervore, irradiando nelle famiglie la sua
benefica influenza, mercè pure l'attiva collaborazione degli af-
fezioizati ex-allievi.
( r ) I1 Mattino del 17 apile e la Capciale del z7 maggio
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Capo LV
Anche la fondazione di Parma si trascinò ben in lungo. L'I-
stituto S. Benedetto fu aperto nell'anno della morte di Don Bo-
sco; ma il primo disegno partì dal Vescovo Villa nel 1879. Egli
aveva in animo di fondare un orfanotrofio e darlo ai Salesiani;
perciò fece acquisto di un ex-monastero benedettino con l'an-
nesso terreno. Ma quand'era già abbozzata una convenzione, il
21 luglio 1882 Mons. Villa morì. Nel testamento egli legava a
Don Bosco l'immobile con l'obbligo di aprire l'orfanotrofio en-
tro tre anni, trascorsi i quali senza che questo awenisse, la pro-
prietà sarebbe devoluta at seminario diocesano. Se non che il
legato, non essendo espresso nella forma legale, diede origine a
difficoltà, che ingarbugliarono le faccende, nè potè entrarne in
possesso il seminario, perchè reso incapace di possedere dalla
legge di conversione dell'asse ecclesiastico. Vi subentrò quindi il
Demanio dello Stato.
A Parma tuttavia non si deposero le speranze. Mons. Te-
scari, che da canonico della cattedrale aveva avuto molta parte
nella pratica, creato Vescovo di Borgo S. Donnino, oggi Fidenza,
non perdette di vista l'affare; anche il nuovo Vescovo di Parma
Mons. Miotti fece suo il divisamento del predecessore. S'arrivò
così fra una snervante sequela di pratiche burocratiche fino al
1887, quando il Regio Demanio mise finalmente all'asta i'edifi-
cio e l'orto di S. Benedetto. Don Bosco designò un suo fiducia-
rio, che si presentasse a fare la propria offerta per persona da
nominare. Lo stabile gli fu aggiudicato per il prezzo complessivo
di 34 mila lire. Ma non era ancora tutto. Restava da sloggiare
una turba d'inquilini, rinunciando alle pigioni, ta cui riscossione
avrebbe richiesto noie e spese infinite. Tutto questo traffico portò
via tanto tempo, che Don Bosco non ne vide la &ne. Allora, ah,-
bandonata l'idea dell'orfanotrofio, i Salesiani alla cura della par-
rocchia e dell'oratorio festivo associarono quella di un collegio,
del collegio S. Benedetto che in breve salì a grande rinomanza (I).
( I ) I rspporti che corsero fra la Curia di Parma e Don Bosco per questo affarefurono
l'occasione, per cui venne inviato all'oratorio di Torho il giovanetto Paolo Ubaldi, il quale
tsnto onore doveva fare alla Congregazione, primo nostro Professore ordinario nelle Uni-
versita dello Stato.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Le cinque ultime fondaai'oni in Italia
Anche qui i1 merito di tanta floridezza rimonta al primo Di-
rettore, Don Carlo Maria Baratta, allievo del collegio di b n z o
e chierico ascritto nell'oratorio. Egli portava a Parma con una
ricca cultura ecclesiastica e universitaria una singolare perizia
nella musica sacra, che gli tornò di grande giovamento in una
città, dove l'arte musicale fu sempre in sommo onore. Con la
bontà paterna appresa da Don Bosco e con la pratica fedele del
sistema preventivo si creò intorno un ambiente salesiano in tutto
il senso della parola. La sua competenza in scienze sociali gli
dettò scritti di vero pregio. Chiamato nel 1889 dal Vescovo a te-
nere lezioni nella prima scuola di religione sorta in Italia, vi at-
tirò numerosi studenti di Liceo e di Università, molti dei qu.ali
si segnalarono nella vita pubblica per franca professione di fede.
Don-~arattaa Parma lasciò impressa un'orma profonda del suo
lungo soggiorno (I).
E del 1887 l'apertura di un orfanotrofio a Trento. La propo-
sta venne dalle autorità ecclesiastica e municipale nel 1885. A
Don Bosco piaceva che i Salesiani andassero nella storica città
del Concilio, anche perchè luogo fecondo di vocazioni. L'Economo
Generale, mandato da lui a vedere, trovd una casa comoda e
bella con venticinque orfani e altrettante orfane, parte dei quali
occupati in vari laboratori interni e parte inscritti a scuole civi-
che. Conditio sine qua %o%era il trasferimento delle orfane in al-
tro locale, il che non incontrò opposizione. L'esperienza aveva
insegnato quanto i Municipi fossero facili a promettere e difficili
ad attendere; perciò Don Bosco volle che si studiasse ben bene
la convenzione da stipulare (2). Di questo studio incaricò una
Commissione 'di tre Capitolari, che dopo lungo discutere formu-
larono sedici articoli di base. Su quel fondamento Vescovo, Po-
destà e Congregazione di carità accettarono di addivenire al con-
tratto. Autorevoli Cooperatori vennero disponendo gli animi della
cittadinanza jn favore dei Salesiani, che vi ebbero le migliori ac-
( I ) Di 1ai scrisse assai bene Don FRANCESCO RasTELro (Do%CizrZa M&
rino S. E. I. 1938).
( 2 ) Verb. del C+ Swp., z~ agosto 1885.
Baraf/o.To-
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capo LV
coglienze. Gli amici però si auguravano che l'orfanotrofio fosse
soltanto una prima sosta dei Salesiani a Trento per arrivare in
seguito a fondare una casa loro, dove, anzichè galvanizzare una
opera agonizzante, dessero vita a un'istituzione educativa pro-
pria, conforme in tutto ai metodi di Don Bosco, il che fu fatto
nel 1893.
Nel quarto Capitolo Generale, e precisamente nella seduta
pomeridiana del 2 settembre, Don Bosco aveva ricordato come,
allorchè si trattava dell'approvazione delle Regole, si fosse par-
lato a Roma della necessità di separare i novizi dagli studenti e
gli studenti dai Soci; ma che Pio IX, udita l'impossibilità di ese-
guire subito tale prescrizione canonica, l'aveva autorizzato a
fare come poteva. a Ora, conchiuse, a misura cbe si può, si venga
a queste divisioni B.
Per la separazione dei novizi dagli studenti egli stava già al-
lestendo un edificio apposito. A Foglizzo, villaggio distante sei
chilometri da S. Benigno Canavese, aveva acquistato dai Conti
Ceresa di Bonvillaret uti palazzo con le sue dipendenze, che me-
diante adattamenti avrebbe potuto contenere, certo senza tutte
le comodità desiderabili, nn centinaio di persone. I lavori proce-
dettero con tanta rapidità, che il 14 settembre Dori Barberis
potè già accompagnare gli ascritti del 1886 nella nuova sede.
La casa non aveva ancora ricevut3 la sua denominazione e
il suo Santo Protettore. Solo nella seduta capitolare del 20 otto-
bre, su proposta di Don Barberis, si deliberò d'intitolarla a San
Michele Arcangelo. I verbali non aggiungono altro; ma quella
deliberazione dovette essere ispirata dal desiderio di onorare
così il Vicario di Don Bosco, dedicando al suo Santo la prima
casa, e casa di tanta importanza, aperta in Italia dopochè egli
aveva assunto il suo alto ufficio.
La cerimonia della solenne inaugurazione, compiuta il 4 no-
vembre, fu rallegrata dalla presenza di Don Bosco. I1 suo arrivo
diede luogo a una di quelle manifestazioni che riescono così sim-
patiche nelle popolazioni rurali ancora attaccate alla fede avita.
Egli benedisse prima la cappella; poi vestì deli'abito chiericale
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Le cinque ultime fondonBm fn It&z
circa cento giovani, fra i quali spiccava il Servo di Dio Andrea
Beltrami.
Premeva al Santo che nel nuovo noviziato la formazione re-
ligiosa fosse continuata secondo il genuino spirito salesiano; per-
ciò volle che da S. Benigno ne tenesse l'alta direzione Don Bar-
beris. La casa venne affidata ali'ottimo Don Eugenio Bianchi,
il quale per parecchi anili era stato a S. Benigno aiutante intelli-
gente e fedele del Maestro. Questi vi si recava il più sovente pos-
sibile, nè vi mancava mai nei mensili esercizi della buona morte,
nella quale occasione ascoltava uno per uno tutti i novizi.
11Cielo sembrò voler mostrare coi fatti che la casa di Foglizzo
era oggetto di una speciale provvidenza. I1 6 dicembre Don Bo-
sco stesso raccontò a Don Marenco e a Don Viglietti un tratto
singolare deila divina Bontà verso quel noviziato. I1 Direttore
aveva assoluta necessità di una certa somma per far fronte a un
impegno, che non ammetteva dilazione. Venne dunque da Don
Durando, che, come dicevamo, fungeva da Prefetto Generale,
e lo pregò di somministrargliela. Don Durando gli diede tutto
quello che pochi minuti prima aveva ricevuto da Don Bosco; non
c'era un soldo di più. Mancavano però 1960 lire a raggiungere la
cifra richiesta. Don Bianchi, trovandosi alle strette, infilò corag-
giosamente la vicina porta di Don Bosco, che, udito il caso, si
strinse nelle spalle, confermandogli d'aver dato tutto a Don Du-
rando. Tuttavia, accostatosi al tavolino, tirò a sè il cassetto,
donde, frugando, trasse del danaro. Lo contarono insieme: erano
esattamente lire 1960.
Un secondo fatto straordinario accadde nel mese appresso.
Nella vestizione del 4 novembre aveva ricevuto l'abito chiericale
un giovane marsigliese per nome Lodovico Olive, appartenente
a ragguardevole e ricca famiglia. Benchè potesse fare il noviziato
in patria, si era deciso a venire in Italia, perchè temeva che a
S. Margherita, i Superiori gli usassero speciali riguardi, mentre
egli invece preferiva conformarsi interamente alla vita comune.
Orbene in dicembre aminalò di tifo e fu trasportato a Torino,
dove peggiorò tanto, che cinque medici lo davano per ispedito.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LV
Ma nella notte dal 3 al 4 gennaio Don Bosco fece un sogno, nel
quale la Madc:nna gli promise la guarigione del novizio. Infatti
l'infermo cominciò subito a stare meglio, fincbè in breve si ri-
stabilì del tutto. La sua salute si ma~tennepoi sempre così buona,
che nel 1906 egli potè prendere parte alla prima spedizione di
Missionari salesiani per la Cina, dove fino al 1921, anno della sua
santa morte, esercitò con Mons. Versiglia un fruttuoso aposto-
lato.
La quinta fondazione consistette propriamente non in una
creazione di sana pianta, ma in uqa trasformazione. Don Bosco,
prima di lasciare. la terra, volle provvedere anche ali'altra cosa
accennata sopra, cioè ali'isolamento dei chierici studenti; tanto
più che l'aumentare del numero avrebbe reso ben presto la casa
di S. Benigno insufficiente a con$enerli. Egli aveva già da tempo
formato il suo disegno, che era di mutare destinazione al eolle-
gio di Valsalice, sostituendo ai nobili i chierici; ma a sì radicale
cambiamento stimò opportuno predisporre gli animi dei Capito-
lari. Quel collegio l'aveva accettato nel 1872 con ripugnanza e
solo per obbedire all'Arcivescovo; allora poi i giovani andavano
diminuendo e le entrate non bastavano a coprire le spese, sicchè
doveva sopperire al deficit l'oratorio. Perchè fare, per dir così,
la carità a chi non ne abbisognava? Uno dei motivi che l'avevano
indotto ad accettare era stato pure la necessità d'un collegio si-
mile in Italia; ma nel frattempo parecchi ne erano sorti. Comin-
ciò dunque a proporre che si studiasse il modo di rialzarne le
sorti; le discussioni però non approdavano a nulla di soddisfacente.
Iafiile manifestò il suo pensiero di trasferire a Valsalice l'intero
studenYato filosofico dei chierici. I1 Capitolo approvò a pieni voti
la proposta (I).
Seduta stante, fu fatta la designazione del personale: Don
Barberis venne nominato Direttore. I&settembre i chierici stu-
denti di S. Benigno, che trascorrevano le vacanze a Zanzo, e
quelii che avevano finito il noviziato a Foglizzo, confluirono a
( 1 ) Verb. del C'@. Sup., 14 marzo. 19 aprile, 27 giugno, 23 ~gosto,1 3 settembre 1887'.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Le cinque ultime fondaioni in Italia
Valsalice. Conveniva fare i'i modo che nessuno si adombrasse
all'improwiso apparire di un simile istituto; perciò Don Bosco
lo intitolò SEMINARIODELLE MISSIONI ESTERE facendo scrivere
così a grandi caratteri sulla porta d'ingresso. Sotto questa qua-
lifica lo presentò alle autorità ecclesiastiche e civili, senza che
nascessero contrasti. Cominciò allora per Valsalice un'èra nuova,
ricca di benedizioni per la nostra Società.
I1 provvedimento non poteva giungere più opportuno anche
per un'altra ragione. I1 13 settembre 1887 Don Bosco, trovandosi
a Valsalice, disse a Don Barberis: - D'ora in avanti starò io qui
alla custodia di questa casa. - E così parlando, teneva gli occhi
rivolti allo scalone, che dal giardinetto superiore mette al porti-
cato di sotto, proprio là dove ci'ique mesi dopo si sarebbe eretta
la tomba monumentale del Santo (I). Checchè avesse egli allora
in mente, il fatto è che non si sarebbe potuto trovare luogo più
degno per quel sepolcro; per ben quarantun anni, dal 1888 al
1929, la presenza di quelle sacre spoglie fece realmente sentire
che Don Bosco era ivi l'angelo tutelare del luogo.
( i ) Summ. su*. virt., XVIII, De pratioso obitu (teste Don Barberis)
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO LVI
La Terra del Fuoco.
Don Bosco spronava Mons. Fagnano a sollecitare la par-
tenza perla sua Missione; questi pure non vedeva l'ora d'imbar-
carsi: ma difficoltà di vario genere si opponevano ali'andata, sic-
chè soltanto nel 1887 potè piantare le sue tende nel campo evan-
gelico da Leone XIII affidato al suo zelo.
La vera Missione di Mons. Fagnano fu la Terra del Fuoco.
Va sotto questo nome un .sto arcipelago, che si stende fra lo
Stretto di Magellano e il Capo Horn. Misura una superficie di
circa 72 mila chilometri quadrati, di cui 5.0 mila appartengono
al Cile e 22 mila all'iirgentina. I1 nome di Terra del Fuoco spettò
in origine solo all'Isola Grande. Glielo impose nel 1520 10 scopri-
tore portoghese Fernando Magellano, perchè durante la naviga-
zione scorgeva levarsi da molti punti colonne di fumo, indicanti
fuochi accesi dagli indigeni nelle loro foreste per difendersi dai
rigori del freddo australe.
L'arcipelago fueghino si può dividere in tre parti. Campeggia
anzitutto L'Isola Grande con una superficie di 48 mila chilometri
quadrati. Vengono poi a Sud-Est le isole che costellano il mare
dal Canale Beagle al Capo Horn; pfincipali fra esse Londonderry,
Gordon, Hoste e Navarino. Da ultimo s'incontra a Nord-Ovest
un terzo gruppo formato da un cordone di isole prolungantesi
dal Capo Pilar alla penisola Brecknock; le più notevoli sono De-
solacibn ali'imboccatura occidentale dello Stretto magellanico,
S. Ines, Clarence, Dawson. Fra le mentovate isole maggiori, che
costituiscono come l'ossatura deli'arcipelago, stanno sparpagliati
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

61 Pages 601-610

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61.1 Page 601

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La Terra del Fuoco
innumerevoli isolotti e isolette, fra cui si dirama un vero labi-
rinto di tortuosi canali.
I1 territorio fu per lungo tempo riguardato come zona di nes-
suno. A disinteressarsene contribuirono i falliti tentativi di po-
polare lo Stretto, i racconti terrificanti dei naufraghi e i precon-
cetti sulla improduttività del suolo e sulla estrema rigidezza del
clima. Quando però lo Stretto di Magellano assunse importanza
come via marittima dall'Atlantico al Pacifico e capitalisti avve-
duti presero a svilupparvi l'industria pastorizia, allora i due Stati
limitrofi, Cile e Argentina, cominciarono a preoccuparsi di assi-
curare al proprio dominio quelle terre lontane. Le reciproche
gare ebbero termine nel 1881, anno in cui sotto l'arbitrato del
Re inglese si stipulò il Trattato dei Limiti mediante una linea
divisoria da Nord a Sud delllIsola Grande, cioè dal Capo Spirito
Santo presso l'entrata orientale dello Stretto magellanico fino al
Canale Beagle. All'Argentina fu aggiudicata con la parte minore
dell'Isola Grande anche l'Isola degli Stati, che fronteggia il Capo
S. Diego.
Gl'indigeni si differenziano in tre razze, designate coi nomi
di Alakalùf, Yagàn e Onas. Le prime due abitano le isole occi-
dentali e australi: gli Alakalùf occupano la penisola Brecknock e
le isole comprese fra questa e i canali occidentali della Patagonia,
a Nord dello Stretto di Magellano, ed i Yagàn il Canale Beagle
e le numerose isole a Sud del medesimo. Gli Onas vivono tutti
nell'Isola Grande. Gli esploratori che per tre secoli navigarono
attraverso l'arcipelago fueghino si accordarono nel rappresentare
miserevolissimo lo stato di questi selvaggi; sfuggì per altro a
tutti la condizione degli Onas residenti nella parte orientale del-
l'Isola Grande, fisicamente superiori agli altri e somigliantissimi
agli Indi della Patagonia. I1 DaNvJn, che visitò le coste subfue-
ghine, incorse nell'errore di crederne gli abitanti antropofagi e
senz'alcuna idea di Dio e dell'immortalità.
La popolazione fueghina oggi scarseggia molto, selhene non
fosse grande nemmeno ai tempi di Don Bosco. I1 Salesiano Don
De Agostini, che esplorò il paese e pubblicò i risultati delle sue
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LVI
esplorazioni (I), ci fornisce i seguenti dati circa gli anni che pre-
cedettero di poco la Missione dei Salesiani. I Yagàn nel 1884
dopo un censimento esatto del missionario protestante inglese
Bridges risultarono appena 945. 11 medesimo Bridges nel 1880
aveva trovato 3000 Alakalùf. I1 nucleo maggiore era quello degli
Onas, che nel 1880, sempre secondo i calcoli del Bridges, ascen-
devano a 3600. Ecco a quali terre e genti Don Bosco, ispirato
dall'alto, rivolse l'operoso pensiero, quando pochissimi nel mondo
ne facevano caso e rarissimamente se ne udiva parlare in Europa
con una almeno rudimentale conoscenza.
Una causa speciale moveva il Santo a spingere Mons. Fa-
gnano, perchè rompesse gl'indugi: egli sapeva che già da tempo
brigavano laggiù i maestri deli'errore ( 2 ) . Dal 1863 infatti la mis-
sione evangelica inglese manteneva sul canale Beagle, a Sud del-
1'Isola Grande, tre missionari, che avevano a loro disposizione
un vaporino e un veliero. Essi corsero tutta la costa dell'Isola
senza lasciare angolo nè punta che non visitassero da Nord a
Sud, da Est' a Ovest, dando prova di molta accortezza nella scelta
delle loro residenze. La Società biblica londinese non risparmiava
danaro nè altro mezzo che fosse utile allo scopo. Ogni mese il
loro vapore faceua il tragitto di andata e ritorno alle isole Mal-
vine, dove risiedeva un vescovo anglicano e donde si provvedeva
alle ordinarie relazioni con la madre patria. Nonostante questo,
il frutto religioso deila: missione era vergognosamente meschino:
dopo vent'anni contavano appena un centinaio di battezzati. E
in che stato ti tenevano! I1 nostro Don Beauvoir che li vide, ne
fece una desolante descrizione. Ma il missionario e la sua famiglia
menavano vita 'da grandi signori (3).
Veramente il capitano Bove, che nel 1882 guidò una spedi-
zione alla Terra del Fuoco, fece del Bridges i più lusinghieri elogi;
ma aveva i suoi perchè. Sulle prime il Bridges gli si era mostrato
(1) I miei viaggi nella Terva del Fuoco,Torino, S. E. I.
( 2 ) Fonte precipua delle notizie contenute in questo capo P la corrispondenza dei Mis-
sionari Salesiani.
( 3 ) Lettera a Don Rua, 23-24 agosto 1887.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

61.3 Page 603

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La Terra del Fuoco
rude; ma appresso lo trattò splendidamente per vari giorni, pre-
standogli anche i suoi due bastimenti dopo che il navigatore
aveva fatto naufragio; per questo e perchè disegnava di ritornare
da quelle parti, l'Italiano parlò deU'Inglese con lode nelle sue re-
lazioni.
È: poi molto significativo che i missionari inglesi al tempo di
Mons. Fagnano, benchè vivessero in terra argentina e vi fossero
ben trattati, sdegnassero d'imparare lo spagnolo e ai loro con-
vertiti insegnassero invece a bestemmiare la loro lingua. Don
Beauvoir, quando ebbe da fare con essi, dovette servirsi d'inter-
prete. Eppure di mano in mano che il Governo Argentino veniva
dando maggiore importanza alla Terra del Fuoco, l'influenza di
questi eretici si faceva più invadente. Dinanzi a tale pericolo Don
Ru.a il 29 maggio 1886 mandò a Mons. Fagnano copia di una
lettera scritta a Don Bosco da Mons. Poyet, Protonotario Apo-
stolico a Gerusalemme, il quale, conoscendo assai bene le cose,
gli diceva fra l'altro: « E una vera disgrazia che ministri prote-
stanti siano penetratj colà prima dei Missionari Cattolici; ma
questa disgrazia sarà ben più grande se si lasciassero profittare
della presenza del Governatore Generale, là fissato, per far ve-
dere all'indigeno quanto sia grande la protezione loro accordata
dal Governo Argentino >>.
Ma a Buenos Aires non erano tutti così ciechi da nun vedere
l'interesse nazionale di favorire il nuovo Prefetto Apostolico; di-
sgraziatamente però le sorti dello Stato erano allora nelle mani
della Massoneria, del che seppe avvantaggiarsi il Bridges. Poichè,
appena sentì parlare di Prefettura Apostolica, volò alla capitale,
dove, aiutato da suoi correligionari e da massoni, presentò al
Pariamento una petizione per ottenere ctto leghe (I) quadrate
di terra in proprietà della Missione, come ricompensa dei servigi
da lui resi alla civiltà e alla Repubblica in quelle remotissime
contrade. I Deputati cattolici si levarono contro la strana pre-
tesa, allegando tre argomenti: la Costituzione vigente che pre-
scriveva d'incivilire gli Indi procurandone la conversione al Cat-
(1) Una lega corrisponde a m. 5.154.
589
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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tolicismo e non al protestantesimo; il carattere di speculazione
che mal si celava nell'attività del missionario anglicano, tutto
intento ad arricchire sè e la famiglia; il lavorio del medesimo per
consolidare colà l'influenza inglese a detrimento deiia Repubblica.
Ma la stampa vendtita montò talmente la pubblica opinione, che
le otto leghe vennero concesse.
E qui non si può a meno di fare un confronto col trattamento
usato da quel Governo verso le Missioni cattoliche della Patago-
nia. In soli sei anni i figli di Don Bosco a costo d'inauditi sacri-
fici vi avevano eretto due belle chiese, aperto quattro collegi,
fondato varie pie Associazioni, percorso più volte in cerca di
Indi i deserti patagonici da un lato fino al Rio Colorado, dal-
l'altro fino all'allora misterioso lago Nah~iel-Huapìe alla cima
delle Ande, cioè una lunghezza di 1500 chilometri, quanta è la
distanza da Carmen de Patagones fino alle frontiere occidentali;
eppure le Autorità locali sembravano ignorarli o meglio mostra-
vano di conoscerli solo per vessarli, come fecero spesso, impri-
gionando persino nel 1887 Don Milanesio, di nient'altro reo che
di generoso zelo apostolico.
Tuttavia sullo scorcio del 1886, cambiato il Presidente della
Repubblica, un uomo di buon senso, il signor Dosse, era stato
sostituito nel Ministero del Culto al nefasto Wilde, che avrebbe
voluto farla finita con ogni vestigio di religione; quindi scriveva
Mons. Cagliero (I): ((Albeggia per noi una speranza di miglior
avvenire e per le nostre Missioni n.
Quando queste speranze albeggiavano, Mons. Fagnano an-
dava già esplorando la parte arger~tinadella Terra del Fuoco.
I1 Governo. risoluto di sistemare ivi l'amministrazione civile.
non ne sarebbe mai venuto a capo senza una sufficiente notizia
del paese; aveva quindi dato incarico al signor Ramon Lista d'in-
traprendere ne1 novembre del 1886 un viaggio di esplorazione
sulla costa orientale dell'Isola Grande. La spedizione, guidata da
queli'ufficiale superiore, si componeva di un chirurgo militare e
( I ) Lettera a Don Bosco, 12 novembre ,886.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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La T m o del Fuoco
di venticinque soldati con il loro comandante. I1 Prefetto Aposto-
lico, profittando della propizia occasione, chiese e ottenne di es-
servi aggregato come cappellano.
Imbarcatisi a Bue-ilos Aires il 31 ottobre, giunsero il 3 novem-
bre a Patagones, dove si fermarono otto giorni per ultimare i
preparativi. Si levò l'ancora il 12. Nella rotta toccarono Salita
Cruz, dove Monsignore potè vedere Don Savio e Don Beauvoir.
I1 21 approdarono felicemente nella Baia di San Sebastiano, che
si apre larga e profonda a Nord-Est delllIsola Grande.
Le operazioni di sbarco richiesero tempo e fatica. Bisognava
portare a terra quaranta inule destinate al trasporto delle per-
sone e dei bagagli, cinquanta pecore e generi alimentari dissec-
cati e in conserva da bastare per sei mesi. Finalmente il 24 tutti
si trovarono riuniti in una valletta a Sud-Est della Baia, ai piedi
di un'amena collina, sul margine di un limpido ruscello, che sca-
turiva a circa cento metri di distanza e divideva il breve piano,
irrigando il suolo coperto di esuberante vegetazione. 1,à fu eretto
l'accampamento. Il sito era stato scelto con ogni cura, sia per-
chè fosse al riparo dai venti, sia perchè offrisse modo di difesa in
un eventuale attacco da parte degli indigeni. Monsignore, quando
tutto fu in ordine, compose l'altare, sul quale celebrò la Messa,
la prima in quell'estremità del mondo, implorando le benedizioni
celesti sulla sua incipiente Missione.
Ben presto purtroppo accadde un tragico episodio. Sull'im-
brunire un gran fuoco verso la sponda Nord segnalò la presenza
di Indi. All'alba del 25 il capo della spedizione, scortato da quin-
dici soldati, andò a fare una ricognizione. Verso mezzodì incon-
trò una piccola tribù di Onas, i quali, visto i1 drappello, abban-
donarono le loro misere capanne, dandosi a precipitosa fuga. I
soldati li inseguirono, tagliarono loro la strada, li accerchiarono
e stettero in attesa di ordini. I1 signor Lista con mimica amiche-
vole cercò d'invitarli alla resa; ma quelli, che nulla comprende-
vano, notando I'atteggiameilto ostile dei soldati, scagliarono al-
cune frecce contro di loro, senza però ferirne alcuno. Allora i1
capo ordinò prima il fuoco e poi la carica alla sciabola. In quel
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LVII
mentre il capitano che guidava l'assalto, colpito alla tempia sini-
stra da tina freccia lignea, cadde al suolo privo di sensi, ver-
sando sangue dalla ferita. I suoi uomini, diventati furibondi, si
gettarono rabbiosamente sui disgraziati, uccidendo quanti op-
posero resistenza. Ventotto rimasero cadaveri. Ne furono presi
prigionieri tredici, fra i quali due bambini lattanti con le loro
madri, una ragazzina decenne ferita, che mori poco dopo, e al-
cuni fanciulli e fanciulle; due soli uomini, sebbene feriti e inse-
guiti a fucilate, riuscirono a scampare (I).
Ognuno può capire come restasse all'apprendere tale eccidio,
un uomo tutto ardore e ardire, quale Mons. Fagnano. I1 Sale-
siano Don Carbajal riferisce il racconto fattogliene da un testi-
monio, che apparteneva allo stato maggiore del piroscafo (2):
eravamo nella Terra del Fuoco, disse questi, in una esplora-
zione scientifico-militare, essendo capo della spedizione il signor
Ijsta. Costui, uomo d'indole dura e violenta, aveva comandato
di far fuoco sopra un gmppo di poveri Indi, alcuni dei quali cad-
dero per non più rialzarsi. I1 sacerdote Fagnano, che era il cap$el-
lano della spedizione, all'udire gli spari, corse sul luogo. I,i trovò
il capo, i soldati e alcuni indigeni selvaggi feriti, che alzavano
grida e lamenti. Allora il sacerdote Fagnano si converti in eroe.
Avvicinò con coraggio il capo della spedizione e con franche pa-
role gli fece conoscere il suo delitto. Noi temevamo per la sua
vita, perchè il capo ora si accendeva di collera, ora impallidiva
dinanzi all'uomo di Dio, che in mezzo a quelle solitudi?ii levavasi
come un profeta per condannare la crudeltà del soldato. Erano
pronti venticinque f~~cilcih, e ad un minimo cenno si sarebbero
scaricati sopra quel petto di valoroso. Dopo di allora ho capito
che Mons. Fagnano è un vero eroe degno di ammirazione D. L'in-
cidente appare a noi tanto più rivoltante, perchè gli Indi Onas
si rivelarono in seguito di carattere dolce e mansueto.
Stettero là fino al 20 dicembre, nel qual giorno, levate le
tende, la spedizione si mise in marcia verso il Sud. Dopo molte
( I ) RAMONLISTA.Viafe a1 $ai$ ds 40s Onas, pag. 74.
(2) LINOCARBAJALL, e missioni Salesiane. S. Benig- Cauavese, 1900. Pag. 111.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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La Terra del Fuoco
peripezie il 24 raggiunsero la Baia Thetis sull'estremità meri-
dionale deli'Isola, all'imboccatura dello Stretto Lemaire. Si era
percorsa l'Isola Grande in tutta la sua lunghezza. Accampatisi
in luogo acconcio, vi godettero alcuni giorni di riposo, dei quali
profittò Mons. Fagnano per stendere una minuta relazione da
spedire a Don Bosco. Ivi battezzò solennemente alquanti indi-
geni che conducevano seco, destinati a venir distribuiti a fami-
glie cristiane di Buenos Aires, dove avrebbero completato la
loro istruzione religiosa da lui sommariamente impartita. Bgli
s'interessò pure d i una numerosa tribù, che tornava ogni mattino
alt'accampamento. Due volte al giorno riuniva nella sua tenda
ragazzi e ragazze per insegnar loro a pregare. Sembrava a lui
che in due o tre anni quei miseri si sarebbero potuti utilizzare
nell'agricoltura e nella marina mercantile ed anche in soccorso
dei naufraghi della Terra del Fuoco. Per quelle acque battute
da venti formidabili i casi di naufragio si ripetevano con fre-
quenza; Don Beauvoir vi rischiò due volte la vita. Dopo la niorte
di Don Bosco l'intrepido Prefetto Apostolico affrontò poi con
mezzi audaci l'impresa di civiltà in tutta la sua ampiezza, condu-
cendola a buon termine.
Intanto il 16 gennaio dovette con dispiacere abbandonare
quelle povere anime, perchè la spedizione riprendeva la via del
ritorno. Sbarcò il 25 a Patagbnes. Fu miracolo, se durante il tra-
gitto la nave in una tremenda burrasca non venne inghiottita
dai flutti. Tre vantaggi principali egli aveva ritratto dalla sua
esplorazione: una discreta conoscenza dei luoghi, un'idea ap-
prossimativa sulle condizioni degli Indi, e la constatazione im-
portante che conveniva piantare la sede della Missione a Pun-
tarenas, oggi Magallanes, essendo questo il punto centrale di co-
municazione con il Cile, la Terra del Fuoco e le Isole Malvine;
poichè la sua Prefettura si estendeva anche alla parte cilena del-
l'arcipelago e alle isole suddette, oltrechè alla Patagonia Meri-
dionale, cioè alla Governazione di Santa Cruz, dove lavoravano
Don Savio e Don Beauvoir. Recatosi a Buenos Aires per procac-
ciarsi personale, mezzi e protezione, consolò il Santo scrivendo-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LVI
gli il 10 marzo 1887: <<Sriallegri, Don Bosco, che uno de' suoi
figli si è spinto sino al grado 550 di latitudine meridionale e ha
potuto vestire 200 selvaggi, predicare la religione cattolica e
battezzarne già alcuni >>.
Ho menzionato le isole Malvine, dette Falkiand dagli Inglesi,
che se ne fecero padroni (I). Ultimamente vi era stato un Missio-
nario cattolico irlandese, certo Padre Giacomo Foran, solito a
passarvi la buona stagione, ritornando in patria col sopraggiun-
gere del freddo. Affidata che fu quella Missione ai Salesiani, si
ritirò, essendo ormai vecchio e infermiccio; ma vi aveva eretto
una chiesa e spianato loro la via col raccomandarli alle autorità
britanniche. Gli piangeva il cuore che i cattolici ivi residenti fos-
sero privi di assistenza religiosa, mentre i Protestanti vi erano
largamente provveduti; perciò supplicava Don Bosco di man-
darvi presto un sacerdote. I1 Prefetto di Propaganda, venuto a
conoscenza della cosa, chiese,spiegazione del ritardo dei Salesiani
a recarsi colà. I1 motivo era che mancava un nostro prete di lin-
gua inglese; ma nel dicembre del 1887 fu ordinalo e inviato alle
Malvine l'irlandese Don Patrizio Diamond ( 2 ) .
Mons. Fagnano non aveva trovato a Viedma Mons. Cagliero;
l'avrebbe riveduto alcuni mesi dopo, ma dove e come non avrebbe
mai pensato, benchè la vita missionaria sia esposta a tutte le
sorprese. I1 Vicario Apostolico stava conducendo innanzi una
missione di lunga durata. Assistito da Don Milanesio, da Don
Panaro e da un coadiutore, faceva la valie del Rio Negro con
l'intenzione di raggiungere le Cordigliere, valicarle e scendere
a Concepcibn nel Cile: un percorso di 1500 chilometri. Pur fra
disagi e privazioni d'ogni genere, tutto era proceduto senza gravi
inconvenienti per circa 1300, fin nel cuore delle Ande. Battez-
zati 997 Indi quasi tutti adulti e 75 bambini di padri cristiani;
benedette IOI unioni matrimoniali; ridotte centinaia di pecca-
( i ) I1 Governo Argentina solleva pubblica periodica protesta per tale occupazione di
territorio appartenente alla Repubblica.
(2) Pron. Dhiamond. Nato a Kibeal neila Contea di Derry, aveva fatto il noviziato a
S. Benigno con i compatrioti O' Grady e Redahan. Andarono con lui alle Malvine Don
Del Turco e un coadiutore.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Lo Tenn del Frr~co
tori a penitenza; distribuite 815 comunioni, di cui 600 a indigeni;
amministrate 1513 cresime nei deserti patagonici e 1500 in ter-
ritorio cileno. Ma poi avvenne l'imprevidibile. La mattina del 3
marzo, lasciato Malbarco sulla riva del Neuquén, si cavalcava su
per i dirupi andini, quando, impennatosi il cavallo di Monsignore
e datosi a corsa pazza per uno stretto sentiero in pendio, fra
grossi macigni sporgenti da un lato e un precipizio senza fondo
dall'altro, il cavaliere si vide perduto. Allora, adocchiato un pic-
colo spazio sgombro, come vi giunse, si gettò giù. Fu la sua sal-
vezza; un istante dopo sarebbe andato a sfracellarsi nell'abisso,
dove p- iombò la bestia infuriata. Egli se la cavò con due costole
staccate, con rotture muscolari e non gravi lesioni polmonari,
con contusione al feinore sinistro e con ammaccature al volto e
alle braccia. Ricondotto a Malbarco, n'ebbe fino al 28, nel qual
giorno riprese il viaggio e arrivò a Concepcibn il 3 aprile, dome-
nica delle Palme. Colà lo raggiunse Mons. Fagnano, lanciatosi
sulle tracce dei Missionari, appena aveva udito a Buenos Aires
del fatale incidente.
A Concepcion Mons. Cagliero finì di ristabilirsi, tanto che per
più d'un mese girò in lungo e in largo il Cile, applicandosi con
tutta la sua energia alle opere del sacro ministero, accompagnato
quasi sempre da Mons. Fagnano. Questi però sospirava di ripren-
dere la propria libertà di azione per poter tornare stabilmente
fra i suoi cari Fueghini. Frattanto fece una volata ad Ancud per
intendersi con quel Vescovo, dal quale dipendevano Puntarenas
e la parte cilena della Terra del Fuoco. Seppe ispirargli tanta
fiducia, che ne ottenne senza difficoltà commendatizie per le au-
torità civili di colà.
Venuto il giorno della partenza, Vicario e Prefetto poterono
compiere il viaggio insieme e con itinerario impensato. Ave-
vano stabilito di rifare la via delle montagne nella direzione d i
Mendoza e poi proseguire per Buenos Aires; ma un signore non
lo permise e procurò loro due biglietti di prima classe sopra
un piroscafo che navigava da Valparaiso a Montevideo. Così
salparono il 16 maggio per la capitale dell'uruguay, attra-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

61.10 Page 610

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Capo LVI
versando lo Stretto magellanico e perciò passando dinanzi a
Puntarenas.
Entrarono nella Baia di Puntarenas proprio il 24 maggio.
Quanto avrebbero desiderato scendere a terra, celebrare in quel
giorno la Messa di Maria Ausiliatrice e vedere la futura residenza!
Ma il maltempo non permise di gettare le ancore, sicchè dovettero
contentarsi di prendere possesso della Missione benedicendola dal-
l'alto mare. Arrivarono il 4 giugno a Montevideo, donde per le
acque del Plata passarono a Buenos Aires. Qui Mons. Fagnano
non perdè tempo; ma, sbrigati importanti affari e ottenuti dal-
l'Ispettore un sacerdote, un chierico e un coadiutore (I), mosse
verso i1 luogo assegnatogli dall'obbedienza.
Presero terra a Puntarenas il 21 luglio. Oggi Puntarenas o
Magallanes è una città di 30 mila abitanti. Ripete le origini da
una colonia di deportati, stabilitavi dal Governo Cileno nel 1843
e dovette i primi incrementi ai progressi della navigazione a va-
pore, alla quale offriva un buon punto di approdo. Scapitò nel
commercio di transito per l'apertura del Canale di P a n a d ; si
rifece tuttavia con l'industria pastorizia. Presentemente porge
comoda uscita a quasi tutti i prodotti della Patagonia meridio-
nale e della Terra del Fuoco ed è luogo di approwigionamento.
A poco a poco i coloni europei ne han fatto una cittadina cosmo-
polita, elegante e moderna. Due chiese salesiane ed i collegi an-
nessi dicono quali furono i più validi propulsori di tanto progresso.
Nel tempo di cui parliamo, era un mucchio di casupole pre-
sentava attrattiva di sorta: h o al 1890 gli abitanti non supera-
rono il migliaio.
I Salesiani si allogarono alla meglio in un alberguccio, sbor-
sando sessanta franchi al giorno, somma che per le loro' finanze
significava il fallimento. Da Torino vennero aiuti. Fortunata-
mente Mons. Fagnano a Santiago e a Valparaiso si era fatto de-
gli amici, che, conosciute le sue necessità, misero insieme per
lui alcune' migliaia di scudi. Potè così comprare una casa con giar-
dino e area fabbricabile. Scriveva il 7 agosto a Don Lemoyne:
( I ) Don Antonio Ferrero, ch. Fortunato Griffa e coad. Giuseppe Audiaio.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

62 Pages 611-620

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62.1 Page 611

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La Tnra dei Fuoco
«Ci troviamo a 52 gradi e mezzo di latitudine Sud; siamo i figli
più lontarii dal caro Don Bosco, ma forse i più vicini a lui per
la tenerezza colla quale pensa a noi ».
Non vi furono soltanto difficoltà economiche e climatiche da
superare. 11 Governatore, uomo awerso alla religione e aizzato
da malevoli, dichiarò senza mezzi termini a Monsignore che egli,
non essendo Cileno, non poteva per legge esercitare nel territorio
della Repubblica qualsiasi giurisdizione ecclesiastica; Roma non
aver che vedere a Puntarenas; chi comandava là, essere il Ve-
scovo di Ancud. Quest'ultima affermazione, che voleva essere il
colpo di grazia, si convertì in arma di difesa, essendo il Prefetto
Apostolico perfettamente in regola con l'Ordinario del luogo. Egli
produsse inoltre al focoso funzionario un'autorizzazione scritta
del Presidente della Repubblica e commendatizie di alte perso-
nalità cilene. Ma tutto ciò non sarebbe bastato, se non si fosse
intromessa la moglie del Governatore, procurando al marito una
decorosa ritirata dall'imbarazzante situazione, in cui si era cac-
ciato. Costui alla fine seppe mostrarsi così ragionevole, che ac-
cettò di assistere alla benedizione di una cappella in legno, im-
provvisata da Monsignore e primo edificio sacro di Puntarenas (I).
I Missionari si erano subito messi al lavoro. Nell'oratorio fe-
stivo e nelle scuole cominciarono tosto ad accogliere figli degli
immigrati e già sul principio di ottobre Monsignore distribuì
la prima comunione agli alunni. Alla funzione fece intervenire
i parenti dei comunicandi, il che fu una prima scossa alla gene-
rale indifferenza religiosa. Con frequenza poi si awicinavano a
Puntarenas Indi della Patagonia per i loro scambi, la qual cosa
porgeva buone occasioni di apostolato. In ottobre una tribù vi
si fermò otto giorni. Quegli uomini, trattati bene dai Missionari,
promisero di tornare presto e con molti compagni. Monsignore
aveva visto che lo ascoltavano con piacere, anche quando diceva
loro di non abbandonarsi all'ubriachezza, come facevano i cat-
tivi cristiani.
Ma al grande Missionario stavano a cuore i Sueghini. «Io,
( i ) Più tardi Monsignore cominci3 a costruire in mattoni, che insegnò a fabbricare sul
posto.
597
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

62.2 Page 612

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capo LVI
scrisse (I), non posso stare tranquillo, k c h è non abbia ottenuto
i mezzi per redimerli dalla schiavitù deli'ignoranza, della miseria
e specialmente del demonio D. Un mezzo indispensabile per con-
durre attivamente quella Missione sarebbe stato un vaporino,
col quale correre i canali per cercare selvaggi nelle isole. Mancan-
dogli allora la possibilità di fame acquisto, noleggiò una goletta
che stazzava quaranta tonnellate; con quella visitò l'isola Daw-
son, dove approdavano con le loro canoe gli Indi Yagàn e Ala-
kalùf, e perlustrò la parte cilena dell'Isola Grande, che non co-
nosceva ancora. Nell'uno e nell'altro luogo incontrò selvaggi, si
intrattenne con loro, li invitò a Puntarenas, li regalò di vesti e
di viveri ed ebbe la consolazione di sentirsi ripetere: -- Tu sei
un capitano buono. - E " Capitano buono " divenne poi la de-
nominazione, con la quale quei poveri perseguitati designavano
il loro provvidenziale apostolo.
Don Bosco, poco prima di partire per l'eternità, potè vedere
un primo fiore di quelle lontane e barbare terre. Monsignore nella
sua prima esplorazione aveva raccolto un'orfanella Ona di circa
otto anni, i cui genitori erano caduti sotto le palle dei soldati.
Condottala seco. a Puntarenas, voleva affidarla al signor Lista,
perchè la mettesse in qualche istituto della capitale. Ma la pic-
cina, quando fu sul punto di separarsi, gli si afferrò all'abito
piangendo disperatamente e supplicando d i non lasciarla nelle
mani di coloro che le avevano ucciso il padre e la madre. I1 Li-
sta lo pregò allora di tenerla presso di sè. Egli la consegnò alle
Figlie di Maria Ausiliatrice, che la prepararono al battesimo.
Mons. Cagliero poi, partendo per Torino nel dicembre del 1887,
la menò seco con due Suore e la presentò a Don Bosco dicendo-
gli: - Ecco, carissimo Don Bosco, una primizia che le offrono
i suoi figli Missionari ex zlltirnis finibus terrae. - La piccina, in-
ginocchiata dinanzi a lui, gli recitò con accento semibarbaro
queste parole insegnatele dalle Suore: - Vi ringrazio, carissimo
Padre, di aver mandato i vostri Missionari a salvare me e i miei
(I) Lettera a Don Lazzero, 8 ottobre 1887,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

62.3 Page 613

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fratelli. Essi ci hanno aperto le porte del cielo. - Quanto quella
vista e quelle espressioni abbiano commosso il cuore del Santo,
è facile immaginare.
La Missione di Mons. Fagnano era dunque cominciata; ma
qui finisce il c0mpito di questa storia, che non va oltre alla inorte
del nostro Fondatore. Allorchè nel 1916 il glorioso Missionario, af-
franto, più che dall'età, dalle fatiche e da soffereiize morali, scese
nella toinba, tutta una rete di opere avvolgeva la sua immensa
Prefettura, opere ideate dalla sua mente feconda, attuate daila
sua energia sovrumana, mantenute a prezzo di sacrifici eroici.
I resti mortali del magnanimo apostolo riposano oggi nella chiesa
del Sacro Cuore di Gesù, da lui edificata a Puntareiias; ma il
suo spirito aleggia da Santa Cruz a Ushuaya, capoluogo del terri-
torio argentino nell'Isola Grande, e la sua memoria vive nel
cuore dei Salesiani e vivrà nella storia delle Missioiii.
I n Fondo all'Isola Grande, a Nord di Uslluaya, un magnifico
lago porta il nome dell'apostolo di quelle terre. Lago Fagnano
lo battezzarono gli scopritori, due ufficiali argentiili pieni di am-
mirazione per l'incomparabile figlio di Don Bosco. Un illustre
geografo ed esploratore, lo svedese Otto Nordenskjold, dice op-
portuno <<conservarequesto noine dato dai primi scopritori in
onore di una persona che ta2to fece per migliorare le coiidizioiii
degli indigeni >> (I). E il nostro Don De Agostini crede di dover
rilevare anche un altro suo titolo di benemerenza, qual è quello
di aver promosso lo sviluppo industriale e commerciale della
Terra del I"unco. Nell'opera già citata del De Agostiiii basta scor-
rere le splendide illustrazioni che ne adornano l'ultimo capo per
rendersi conto della trasformazione materiale raggiunta laggiù
mercè l'attività dei Missionari Salesiani, sotto la direzione e l'im-
pulso del loro Capo. Non furono naturalme~jtequesti gl'ideali,
per cui Mons. Fagnano tanto fece e patì; ma avviene sempre
così, che Vangelo e civiltà non vadano disgiunti nella vita e nella
storia dei popoli. Ecco di quale tempra furoiio gli uomini che
Don Bosco formò e fece strumenti delle sue Opere.
( i ) A ~ t o s& la Sociefad Cienfifica & Chile. tomo VII, pag. 158 in nota
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

62.4 Page 614

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CAPO LVII
In cinque Repubbliche dell'America latina.
venemela, Colombia, Equatore, Perù, Cile).
Ne' suoi sogni missionari Don Bosco vide Salesiani al lavoro
per tutta l'America Meridionale; ma non ve li potè mandare dap-
pertutto egli stesso durante la sua vita. Li aveva mandati nel-
l'Argentina, nell'uruguay e nel Brasile; poi negli ultimi anni
gli pervennero richieste da cinque delle altre Repubbliche mo-
strategli nei sogni, due delle quali soltanto ricevettero ancora
da lui operai evangelici, mentre per le tre rimanenti provvide il
suo successore. Sono le cinque che si susseguono senza interru-
zione dal Mare delle Antille al fondo dell'oceano Pacifico, da
Sucre a Santiago: Venezuela, Colombia, Equatore, Perù e Cile.
Di tanto interessamento dell'America latina per i Salesiani giun-
sero notizie a Leone XIII da parte dei Governi medesimi, fa-
cendo sull'animo del Pontefice tanta impressione, che da questo
specialmente egli cominciò a misurare la portata e l'efficienza della
Congregazione salesiana.
Nel caso poi che ci sta dinanzi, è da scorgere un disegno della
Provvidenza. Si lavorava allora a tagliare l'istmo di Panamk,
impresa che, mettendo in diretta comunicazione i due Oceani,
doveva facilitare e aumentare assai l'immigrazione estera nelle
circostanti terre. Ora nessuno ignora quanto sia stato il contin-
gente degli Italiani fra gli emigranti andati a stabilirsi in quei
ricchi paesi. Nel 1888 il Sudamerica ne aveva già 394 mila, il
qual numero sì sarebbe presto accresciuto. Quelli erano tempi,
in cui la madre patria poco o mlia si curava de' suoi figli spinti
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

62.5 Page 615

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In n'nque Repubbliche deil)4mciieo lotinn
dai bisogni della vita in straniere contrade. Fu dunque per essi
gran fortuna il trovare coli sacerdoti, che li comprendessero e
li aiutassero. L'assistenza degli emigrati entrò, com'è noto, fin
da principio nel programma missionario di Don Bosco.
Diremo qui in primo luogo delle tre fra le mentovate Repub-
bliche, le quali chiesero a Don Bosco i Salesiani e li ebbero non
da lui, ma da Don R-aa. Esse furono il Venezuela, il PerÙ e la
Colombia.
Nel Venezuela venne fondata per prima la casa salesiana di
Caracas, capitale della Repubblica, sette anni dopo ia morte
del Santo; ma le pratiche cominciarono nel 1886. In quell'anno
il Vescovo Uzchtegui aveva visitato Don Bosco all'oratorio,
rappresentandogli al vivo i bisogni della desolatissima sua dio-
cesi e supplicandolo del suo aiuto. Gran fautore dell'idea era a
Caracas il sacerdote Arteaga, il quale intanto andava moltipli-
cando i Cooperatori Salesiani; egli stesso poi, morto Don Bosco,
non cessò d'insistere, finchè il successore non esaudì i suoi voti.
Abbiamo copia di tre lettere a lui indirizzate nel 1887 e recanti
la firma del Santo. In esse l'argomento capitale è l'organizza-
zione dei Cooperatori locali, di cui Don Bosco lo nominò Diret-
tore. I,o zelante sacerdote riuscì a inscriverne più di seicento.
Questa bella preparazione spiega l'incremento preso in breve
dall'Opera Salesiana nel Venezuela, dove oggi la Congregazione
regge pure la difficile Missione dell'Alto Orinoco.
Nel Perh i Salesiani entrarono tre anni dopo la morte del
Fondatore, aprendo nella capitale Lima un collegio. Ma già dal
1886 Don Bosco aveva ricevuto la visita del Presidente della
Repubblica, il quale, andando col figlio a Parigi, volle profittare
di una breve fermata a Torino per visitare Don Bosco e l'Ora-
torio. Egli si mostrava abbastanza informato delle cose salesiane.
L'attenzione dei Peruani, come in generale per tutta l'America,
si volgeva di preferenza alle scuole professionali per i figli del
popolo. Don Viglietti, che parlava speditamente il castigliano,
fece da cicerone agli ospiti in un rapido giro per l'oratorio; ma
partendo entrambi espressero il desiderio di tornarvi in altra
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

62.6 Page 616

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Capo LVII
occasione. Nel colloc~uiocon Don Bosco il Presidente l'aveva
affettuosamente pregato di trapiantare anche nella sua capitale
una scuola di arti e mestieri.
l3 notevole quanto la pia Unione dei Cooperatori attecchisse
in contrade così remote dai centri dell'attività salesiana. Parte
del merito spettò al Bollettino spagnolo. La propaganda veniva
poi alimentata dalla corrispondenza con Torino, donde si spedi-
vano i diplomi di aggregazione e insieme opciscoli, immagini, me-
daglie e di tempo in tempo comunicazioni varie. Per Lima sono
documento due lettere del 1887 a un signor Giuseppe Yimenez,
firmate da Don Bosco e rivelanti IUI accentuato movimento di
cooperazione salesiana in quella città.
La fama del Servo di Dio aveva riempito la Repubblica dopo
un fatto che parve prodigioso. I1 Padre Torra, Provinciale dei
Francescani a Lima, in un viaggio sull'Oceano andava leggic-
chiando il Don Bosco del D'Espiney. Fino altora egli non sapeva
nemmeno che Don Bosco esistesse. Scatenatasi una violenta
burrasca che mise in serio pericolo la nave, il religioso invitò i
passeggieri a inginocchiarsi e pregò la Madonna che in riguardo
al suo servo Don Bosco li preservasse dal naufragio; prometteva
in voto di tradurre, far stampare e diffondere a migliaia di copie
quel libro nel Perii. Fatta quella preghiera, la tempesta si sedò e
il Francescano mantenne la parola. Curata un'edizione economica
del libro tradotto in spagnolo, lo distribuì nel 1884 a Vescovi e
preti, a ricchi e poveri, a chi lo voleva e a chi non lo voleva, con
l'effetto che è facile immaginare (I).
Qualche cosa di analogo accadde per la Colombia. Una rag-
guardevole signora di Bogoth, che nel 1883 aveva visto con i suoi
occhi a Parigi un giovanetto moribondo guarire dopo la bene-
dizione di Don Bosco ( z ) ,non fìniva più di scrivere a parenti e
conoscenti colombiani, magnificando la santità del taumaturgo
prete italiano e le sue benemerenze nell'educazione della gio-
( I ) 11 P~ovincialestesso narrò la cosa s Don Rabagliatì. ospite del suo convento,
nel 1890.
(2) Cfr. Mem. Biogv., vol. XVI, pgg. 224-5.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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In cinque Repubbliche dell'America latina
ventù. A poco a poco se ne interessarono anche uomini del Go-
verno, che sentivano la necessità di scuole professionali, ma non
sapevano come orgaizizzarle. Si rivolsero dunque a Don Bosco
p- er mezzo del Ministro di Colombia presso la Santa Sede, ordi-
nandogli di stipulare sollecitamente un contratto per l'invio di
alcuni Salesiani nella capitale della Repubblica. I1 Capitolo Su-
periore rispose ringraziando della fiducia, ma scusandosi di non
potere per mancanza di personale esaudire subito la domanda;
chiedeva quindi una dilazione, suggerendo frattanto al Misktro
d'intendersi col Procuratore Don Dalmazzo o meglio ancora di
mettersi in relazione con Mons. Cagliero, presentato come Diret-
tore generale delle Missioni Salesiane. Circa tre mesi dopo, nel
gennaio del 1887,anche l'Arcivescovo di Bogcta Mons. Paul gesuita
chiedeva a Don Bosco, non una, ma due opere, cioè una scuola
professionale per la gioventù povera della sua città e una Missione
per i selvaggi dei dintorni. La risposta fu come la precedente.
I1 Ministro colombiano, che non aveva indugiato a conferire
con Don Dalmazzo, credette di poter riferire al suo Governo che
c'erano buone speranze. Ailora il Presidente della Repubblica,
che non aspettava altro, lo autorizzò telegraficamente ad aprire
trattative con Don Bosco. Quegli ne scrisse a Torino SII luglio.
v11 11 18 ottobre l'Arcivescovo rinnovò le sue istanze. novembre
ecco arrivare a Don Bosco una lettera del Card. Rampolla, che
gli diceva: << I1 Governo di Colombia ha fatto conoscere alla Santa
Sede che desidererebbe veder fondata e diretta dai Padri Sale-
siani una scuola di arti e mestieri nella città di Bogota. Il Santo
Padre vedrebbe anch'esso con piacere che questo desiderio po-
tesse realizzarsi al più presto, perchè non dubita che l'opera dei
degni Figli di S. Francesco di Sales sarebbe feconda di ottiini
risultati a vantaggio della gioventù di quella capitale. Mi rivolgo
perciò fiducioso alla Paternità Vostra Rev.ma e La invito a voler
accogliere favorevolmente l'accennata istanza del Governo Co-
lombiailo, notificandole che il Rappresentante di Colombia presso
la Santa Sede è fornito delle opportune istruzioni per mettersi
d'accordo colla P. V. sul numero dei Salesiani necessari ali'indi-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo ZVII
cato scopo e su tutti i punti che dovrebbero regolarsi per assicti-
rare la stabilità che deve avere la fondazione in discorso. La be-
nemerita Congregazione, di cui Ella è degnissimo Superiore, vede
così aprirsi un nuovo campo alle sue fatiche, ed io faccio voti
che ne possa raccogliere abbondante messe di frutti >>.
I1 difetto di personale era purtroppo u2a realtà; d'altro canto
pressioni sì autorevoli consigliavano di cercare almeno una via
di mezzo fra presto e tardi. Fu risposto dunque che si sarebbe
dato a Mons. Cagliero l'incarico di trattare e possibilmente di
accondiscendere. Proprio in quei giorni Monsignore viaggiava
per Torino, donde avrebbe potuto condurre la pratica; poi so-
prawenne la morte di Don Bosco. Tutto questo portò via del
tempo. Trascorsi tre mesi dal transito del Santo, il Card. Rarn-
polla, nuovamente sollecitato da palte del Governo Colombiano,
ripetè a Don Rua l'invito. Scrisse infatti il 24 aprile: Nel no-
vembre passato io mi dirigeva al compianto D. Bosco eccitandolo
ad accogliere favorevolmente le premure fatte dal Governo di
Colombia per la fondazione di una scuola di arti e mestieri nella
città di Bogoth, e quel degnissimo Superiore, la cui perdita la-
menta a sì giusto titolo la Congregazione Salesiana, mi rispon-
deva sotto la data del 30 citato novembre che avrebbe procurato
" di accondiscendere nel più breve tempo possibile al desiderio
del Governo Colombiano ". Ora per altro, dietro nuove istanze
del Rappresentante di quella Repubblica, mi occorre invitare la
P. V. Rev.ma a non voler troppo differirel'esecuzione delle buone
disposizioni manifestate dal compianto di Lei predecessore, fa-
cendole conoscere che i Salesiani, ai quali si vorrebbe affidare la
direzione della suddetta scuola di arti e mestieri, dovrebbero
trovarsi a Bogoth almeno al principio del r8go D.
C'erano dunque di mezzo un anno e otto mesi prima di quella
data, spazio abbastanza largo per venire a qualche cosa di con-
creto. Si potè infatti aprire nel 1890 a Bogoth il collegio Leone XIII
con scuole professionali, chiesa pubblica e assistenza degli emi-
grati. Nella Colombia echeggiò ben presto un nome glorioso, il
nome del Salesiano Don Michele Unia, l'apostolo dei lebbrosi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Questo eroe della carità chiamato a Torino nel 1895 per
motivi di salute, morì prematuramente nelllOratorio di Valdocco.
Fino allora nessun Salesiano era sceso nella tomba circondato c?a
tanta benevolenza e ammirazione. Anche il Santo Padre provò
dispiacere per tale morte >>, scrisse il Card. Rampolla (I). Umile
agricoltore, accolto a 27 anni da Don Bosco tra i Figli di Maria,
era riuscito a costo di sforzi e sacrifici a raggiungere il sacerdozio.
Mandato in Colombia, udir parlare dei lebbrosi di Agua de Dios
e sentirsi ispirato ad andare in mezzo a loro, fu un attimo solo.
Taluni lo credettero impazzito; ma egli tanto si adoperò che ot-
tenne dai Superiori il bramato consenso. Allora volò a quel paese
del dolore, divenendovi il padre di seicento e più infelici, segre-
gati dall'umano consorzio. Vi si logorò la salute e abbreviò la
vita; ma i Salesiani non abbandonarono più il lazzaretto di Agua
de Dios; anzi ne accettarono un altro a Contrataciòn. In entrambi
i luoghi i Salesiaili e le Suore tengono ospizi, asili, scuole eleinen-
tari e professionali e l'intera organizzazione parrocchiale. L'e-
sempio di Don Unia ha moltiplicato e perpetuato l'eroismo dei
volontari della carità verso infelicissime creature, la cui sola
vista desta un senso invincibile di ripugnanza e raccapriccio.
Nel Cile il primo Salesiano che pose piede fu Don Milanesio.
Sul principio del 1886nel corso di una lunga Missione, che lo portò
fino a Malbarco sotto la Cordigliera, valicò la catena, diretto a
Conce. pciòn. Da questa città il Vicario Generale Domenico Cruz
tenlpestava di lettere Mons. Cagliero, perchè mandasse Salesiani
ad aprirvi scuole professionali, unico mezzo giudicato efficace
per togliere daii'abbandono e dal vizio tanta povera gioventù
delle famiglie meno abbienti. Parecchi Vescovi cileni lo incorag-
giavano nel suo proposito. Monsignore dunque diede a Don Mi-
lanesi~l'incarico di spingersi fin là e vedere. Intanto per accele-
rare l'adempimento de' suoi voti il Vicario aveva scritto anche
a Don Bosco, quando il Santo era già informato delle cose da
una relazione di Don Milanesio sulla sua visita. Don Bosco gli
rispose che pazientasse fino a ottobre, nel qual mese sappiamo
( i ) Lettera al Procuratore Generale. 18 dicembre 1895.
605
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

62.10 Page 620

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Capo LVII
che egli scrisse al Presidente della Repubblica Ralmarceda (I);
ma non sappiamo altro su questa pratica, perchè mancano do-
cumenti fino al 21 febbraio 1887.
Vi fu in quel giorno ad Ahagro m a commovente cerimonia.
Nella chiesa delle Suore, dinanzi al primo altare eretto a Maria
Ausiliatrice in terra americana, si riproduceva in piccolo. la fun-
zione dell'addio solita a compiersi nel santuario di Valdocco per
le partenze dei Missionari. Sei Salesiani, sotto la scorta del gio-
vane sacerdote Evasio Rabagliati, lasciavano le sponde &li'A-
tlantico per raggiungere attraverso la catena andina le coste del
Pacifico. Erano presenti tutti i Direttori dell'Ispettoria. Don
Costamagna in un sermoncino rievocò la figura di Don Bosco
così al vivo che pareva a tutti di vederlo presente.
I1 viaggio a cui quelli si accingevano era lungo e pieno di pe-
ricoli. Nessuno dei partenti aveva mai intrapreso viaggi simili,
anzi nessuno sospettava le difficoltà, a cui si sarebbe andati in-
contro dopo Mendoza nel valicare sì ardue montagne. Toccarono
la mèta solo il 6 marzo. Una folla di gente li attendeva. Tutti
gli ordini della cittadinanza vi erano rappresentati. Vari perso-
naggi del clero e del laicato li seguirono fino alle Suore della Prov-
videnza, presso le quali dovevano prendere alloggio provvisorio.
Un'onda di popolo riempì l'attigua chiesa a cantare con essi l'inno
del ringraziamento.
Trascorsi alcuni giorni in quella tranquilla dimora, passarono
a un collegetto di dodici artigianelli, iniziato alla meglio da un
sacerdote della città. Allora fu una gara generale nel sommini-
strare loro lo strettamente necessario per la cappella, per la mo-
bilia, per la biancheria ed anche per la cucina. In città di scarse
risorse la carità non poteva largheggiare nè sempre nè tanto che
non si vivesse in povertà. << Per me, scriveva il Direttore (2),che
ho visto la casa di Buenos Aires nascere fra mille difficoltà. in
mezzo alle privazioni, sempre povera, sempre carica di debiti,
eppure progredire ogni anno più, fino ad avere un edificio che
( I ) Lettera di Don Rabagliati, Concepcibn 22 maggio 1887.
( 2 ) Lettera a Don Bosco, z $ marzo 1887.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

63 Pages 621-630

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63.1 Page 621

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In cinque Repubbliche dell'Awica latina
contiene più di trecento alunni interni, che la Prowidenza ra-
duna sotto la bandiera salesiana, per me dico francamente che
ho buoni pronostici per la casa della Concezione del Chilì,. I
fatti gli diedero pienamente ragione. Dove si era entrati con nuUa,
si finì con avere tutto. L'opera si sviluppò senza interruzione.
Venne primo l'oratorio festivo, che, inaugurato la domenica
dopo l'arrivo, si popolò subito di ragazzi. Poi sorsero a poco a
poco scuole e laboratori, finchè quella casa salesiana non ebbe
nulla da invidiare ad altre case salesiane di simil genere.
Mons. Cagliero avrebbe dovuto precedere o seguire immedia-
tamente i Salesiani a Concepcion; ma l'incidente deila caduta
mandò a vuoto il divisamento. Non ogni male però viene per
nuocere; la disgrazia lo rese nuto a tutta la Repubblica, sicchè
incontrò trionfali accoglienze a Linares, a Valparaiso, a Los An-
geles, a Talca, a Santiago, capitale dello Stato, nei quali centri
si agiva seriamente per avere i Salesiani e col tempo si ebbero.
La seconda casa, quella di Talca, fu accettata vivente Don Bosco
e aperta alcuni mesi dopo la sua morte. Poi venne la volta della
terza a Santiago nel 1891, per la quale correvano già trattative
col Governo nel 1886. I1 resto non appartiene più alla nostra
storia.
Nell'ottobre del 1887 sul piroscafo cne condusse Mons. Ca-
gliero in Italia, viaggiavano pure tre awocati cattolici di Con-
cepcibn, i quali, recandosi a Roma, volevano visitare Don Bosco
a Torino. Monsignore li presentò al Santo. L'effetto da loro pro-
vato alla.sua presenza è descritto dal signor Mendez, uno dei
tre, in termini di alta ammirazione e venerazione (I). Usciti dalla
sua stanza, s'imbatterono con grande meraviglia in un sacerdote
loro connazionale, iiovizio salesiano, conosciuto in tutta la Re-
pubblica: Don Camillo Ortuzar di Santiago. Venuto in Europa
per farsi Gesuita, volle prima consultare Don Bosco, come gli
consigliava sua madre. Dopo il colloquio col Santo cambiò idea
( i ) Prima.in un articolo del gennaio 1888 della tiberlad Celolica del Cile e poi in un diario
del viaggio, dei qual diario nel Diario IJustredo del Cile del logiugno 1930 comparve la parte
riguardante Don Bosco.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LVII
e si fece salesiano. Visse fra noi in si umile e schietta semplicità,
che nessuno, vedendolo e praticandolo, avrebbe mai sospettato
nè degli alti uffici da lui sostenuti in patria, nè dei lavori dati
alle stampe, nè tanto meno del vero motivo che l'aveva indotto
ad abbandonare il Cile, cioè la volontà di sottrarsi al più volte
incorso pericolo deil'episcopato. Divise parecchi anni della sua
vita salesiaua in intima relazione coi Servi di Dio Don Andrea
Beltrami e Don Augusto Czartoryski.
Nella Repubblica dell'Equatore il nome di Don Bosco f u
udito pubblicamente la prima volta alla Camera dei Deputati
nel 1885 per bocca del signor Tobar, Sottosegretario aillIstruzione.
Egli sostenne allora la convenienza di chiamare i Salesiani per
l'istituzione di buone scuole professionali. 1.a sua proposta iiicon-
trò subito tanto favore, che lo stesso Presidente della Repubblica
Coramaiio, intesosi con I'Arcivescoro di QLtitoOrdonez, decise
di domandare a Don Bosco un certo numeto di Salesiani per la
capitale; del che incarici) il Console Generale dell'Equatore a
Parigi. Questi eseguì l'ordine i1 7 agosto 188j. La risposta si pro'
fondeva in cortesi ringraziamenti e in espressioni di buoi1 volere;
ma si pregava di attendere alcuni anni. Eon venne replica; ma,
dovendosi l'Arcivescovo trovare a Roma sul principio del 1887,
il Presidente non giudicò soverchio attendere un anno e mezzo,
riserbandosi di dare carta bianca al Prelato per trattare.
Ai primi di gennaio del 1887 Monsignore sbarcava in Francia,
doride il 5 arrivò a Torino. Ebbe con Don Bosco un lungo collo-
quio, nel quale disse di non voler partire per Roma fino a tanto
che non gli si promettessero almeno quattro Salcsiani. Don Bosco,
vinto dalle sue preghiere, si dichiarò pronto ad accordarglieli,
ma a patto che la Santa Sede non sollevasse difficoltà sul numero
inferiore a qtiello richiesto dai canoni per costituire una regolare
comunità religiosa. Contento 1'Arcivescovo riprese il suo viag-
gio con la sicurezza di ottenere dal Papa il nulla osta. Infatti
Leone XIII non solo approvò, ma gli disse di scrivere a Don Bosco
essere suo desiderio che inviasse Salesiani a Quito. Desiderio e co-
mando, trattandosi del Papa, erano per il Santo la medesima cosa.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

63.3 Page 623

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In cinque Repubbliche del13Americalatina
L'Arcivescovo, ritornato aU'Oratorio il 12 febbraio, fissò con
Don Bosco gli articoli di una convenzione, che venne sottoscritta
da entrambi il 14, ultimo documento di tal genere con la firma
del nostro Santo. I1 Presule prosegui per Parigi, dove presentò
il documento al Ministro Plenipotenziario deli'Equatore presso
il Governo francese, affinchè lo convalidasse e lo spedisse a Quito.
I1 7 marzo Don Bosco volle scrivere al Presidente della Repub-
blica, il quale con molta amabilità gli rispose.
I Salesiani destinati a formare la spedizione erano il doppio
di quelli prima richiesti. Li avrebbe guidati il valoroso Don Luigi
Calcagno, che aveva passato già nove anni nell'uruguay. I pre-
parativi per questa partenza imponevano gravi sacrifici. Ai pas-
saggi prowedeva il Governo equatoriano; ma per tutto il rima-
nente ci voleva non poco danaro. La necessità di trovarlo fece
sentire maggiormente la molteplicità dei bisogni che stringevano
da varie parti, massime per la chiesa del Sacro Cuore e per la
Missione della Terra del Puoco. Preoccupato delie crescenti an-
gustie finanziarie, Don Rua il 10 ottobre prospettò al Capitolo
Superiore l'opportunità di prendere occasione dalla nuova opera
di Quito per invocare la carità pubblica. Don Bosco, facendo sua
la proposta, dispose che Don Bonetti e Don Lemoyne preparas-
sero la minuta di due circolari, una più comprensiva che abbrac-
ciasse tutte le Missioni Salesiane, e l'altra più ristretta che limi-
tasse l'appello a favore della Patagonia e della Terra del Fuoco.
Entrambe vennero tradotte in francese, spagnolo e tedesco.
Anche quella volta il pubblico rispose in sufficiente misura.
La consueta cerimonia dell'addio si compi nella chiesa di
Maria Ausiliatrice il 6 dicembre. Benchè estenuato di forze (man-
cavano due mesi alla fine), Don Bosco volle scendere nel San-
tuario. Entrò nel presbiterio sorretto da due segretari. Don Bo-
netti parlò dal pulpito; ma, scrive Don Viglietti in un suo diario,
c< la predica più beila e più efficace la fece il povero Don Bosco,
così strascinantesi sulla p- ersona*. Diede a Don Calcagno due
lettere autografe, una per il Presidente della Repubblica e l'altra
per l'Arcivescovo di Quito. Raccomandando a quest'ultimo i
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

63.4 Page 624

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- Capo LVII In cinque Repubbliche deIl'America latina
Salesiani, gli diceva: t Essi vengono con tutta la buona volontà
di corrispondere all'aspettazione dell'E. V. lavorando con tutte
le loro forze alla cristiana educazione ed istruzione specialmente
deila gioventì~povera ed abbandonata; e quando saranno in
maggior numero, ben volentieri si consacreranno al bene spiri-
tuale e morale di quelle tribù che forse abbisognassero deil'opera
loro per conoscere e battere la via del Cielo ».Questa sua promessa
era già un fatto compiuto nel 1893, quando fu creato e affidato
ai Missionari Salesiani il Vicariato Apostolico di Mendez e Guala-
quiza per l'evangelizzazione degli Jivaros.
I,'Arcivescovo, commosso al leggere le umili parole del Santo,
gli rispose che sperava dover essere le fatiche dei Salesiani il ri-
flesso della carità del loro Padre; nè le sue speranze dovevano
tardare a tradursi nella più consolante realtà. Ma gli occhi mor-
tali del Santo non lessero più la sua lettera. I Missionari dopo
cinquantatrè giorni di viaggio erano giunti a Quito il 28 gen-
naio 1888. Don Calcagno telegrafò a Don Bosco il felice arrivo.
Il telegramma gli fu letto la mat.tina del 30, penultimo giorno
deila sua vita. Egli capì e benedisse: fu l'estrema benedizione da
lui inviata a' suoi figli di là dali'Oceano.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

63.5 Page 625

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CAPO LVIII
La Congregazione in quattro Stati d'Europa.
(Portogallo, Impero Austro-Ungarico, Belgio, Inghilterra).
Don Bosco, partendo per l'eternità, lasciava la Congregazione
non solo saldamente stabilita neil'interno e all'esterno, ma in
via di progressiva e quasi naturale espansione. Durante il suo
ultimo biennio di vita egli assisteva al dilatarsi di essa quale sa-
rebbe continuato dopo la sua scomparsa. Ciò che abbiamo visto
nel capo antecedente per l'America Latina, avveniva pure per
l'Europa; così fu infatti per l'Italia, secondochè dicevamo nel
capo LV; così per i1 Belgio e per l'Inghilterra, come diremo ora,
dopo che qualche cosa avremo premesso sul Portogallo e sull'Im-
pero Austro-Ungarico.
Per il Portogallo Don Bosco non vide nulla di attuato, sebbene
non cessasse il rinnovarsi di insistenze da Oporto e da Lisbona.
Nel 1886 un giornale di Oporto (I) con due articoli, in cui cele-
brava i l ,nostrc. Santo come l'uomo più benemerito dell'umanità
negli ultimi tem,)i, si rendeva interprete dell'aspettazione generale
che regnava nelli seconda città del Regno. Tale aspettazione
durava già da pan cchio. Era uscita ivi fin dal 1881, tradotta in
portoghese, una bi .ve monografia su Don Bosco (2) ricavata
da altra pubblicazic. le fatta allora a Marsiglia (3). L'avevano
( t ) La Pslavua del 1 5 e I gennaio.
( z ) A obva da D.Bosco, Foi lator da Congregago dos Salesianos, ceguudo a ver8S.o do
francez do Padre Mendre. Porto, Typ. da Paiaara, ,881.
( 3 ) Oraloire Saint-Lion, Fale de Saint Fuan~oisde Sales el cotnple re+&dude l'aniide 1880.
Marseille, Typ. Olive. L'opuscolo anmimo era dell'abnte Mendre, vicecurato del Can. Guiol
a S. Giuseppe e afferionatissimo a Don Bosco.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

63.6 Page 626

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Capo LVIII
letta moltissimi. Teneva viva queii'aspettazione Don Sebastiano
Leite De Vasconcelios, sacerdote ragguardevole per nobiltà di
sangue e per zelo pastorale, creato poi Vescovo di Beja. Egli si
occupava con predilezione della gioventù povera per sottrarla
agii aliettamenti dei Protestanti e meditava di fondare una scuola
professionale, quando venne a sapere di Don Bosco e delie sue
istituzioni. Gli scrisse immediatamente, scongiurandolo di man-
dargli almeno tre Salesiani per aprire laboratori di sarti, calzolai
e falegnami. Quante altre lettere scrisse a Don Bosco dopo quelia
prima! Gli rispondeva d'ufficio Don Durando, le cui risposte in
diversa forma ripetevano sempre la stessa cosa: non essere pos-
sibile ailora per mancanza di personale, ma sperarsi in seguito
di poter esaudire i suoi voti. Commuove il leggere le calde pagine
che il buon sacerdote scriveva non appena gli sembrasse di co-
gliere in qualche frase un lampo di speranza.
Don Bosco dispose che nel 1881 Don Cagliero, andato nelia
Spagna per la fondazione di Utrera, si recasse a Oporto e vedesse
e sentisse. Quella visita infuse coraggio nel sacerdote, che poco
dopo intraprese il viaggio di Torino per conoscere Don Bosco,
osservare da vicino le sue opere, intendersi con lui e riportarne
la benedizione. 11 Santo lo ascoltò con la sua consueta bontà,
gli diede utili consigli e alla fule gli disse: - Io credo davanti a
Dio che dobbiate aprire ora voi quell'istituto; più tardi io vi man-
derò i Salesiani. - Quegli, ritornato in patria, conformandosi
alie istruzioni di Don Bosco e facendo tesoro delle cose osservate
ail'oratorio, a Sampierdarena e a Marsiglia, formò una Commis-
sione delle maggiori personalità cittadine e aperse la Oficina de
S. José con la riserva esplicita di cedere poi ogni cosa ai Sale-
siani, appena arrivassero; ma gli fu forza pazientare fino a quando
il successore di Don Bosco potè dare esecuzione alla promessa
del Santo.
Anche da Lisbona Don Bosco riceveva insistenti domande.
Don Cagliero nell'accennato viaggio passò pure in quella capitale.
La stessa Regina Maria Pia, figlia di Vittorio Emanuele 11, gli
parlò del bisogno di una fondazione salesiana colà. Ma non c'era
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

63.7 Page 627

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La Congregazione in quattro Stati dSEumpa
ancora niente di concreto. Una proposta alquanto positiva tardò
a venire h o al 1884, nel qual anno a nome del Cardinale Pa-
triarca Neto il Barone Gomez annunciava essere ivi a disposi-
zione di Don Bosco una discreta somma di danaro e un edificio
costruito già per uso di seminario. La risposta avutane non lo
lasciò soddisfatto. Allora il Cardinale stesso replicò il zg settembre:
Voglia fare ancora uno sforzo per dare favorevole riscontro alla
mia domanda. Forse il Signore nella sua misericordia per il Por-
togallo le somministrerà i mezzi che le mancavano e che forse
le mancano tuttavia. Li cerchi, ne la prego; la sua carità, così
benedetta dalla Provvidenza, faccia di scoprirli per destinarli
al mio paese, i cui bisogni religiosi sono tanto grandi. La prego
di mettere il Patriarcato di Lisbona neli'elenco dei paesi protetti
da Maria Ausiliatrice. Oh! quanta necessità abbiamo di tale soc-
corso e delle sue preghiere per ottenerlo! Deh! consacri Lei stesso
a Maria Ausiliatrice questa diocesi, domandando a Dio la conver-
sione e la ri£orma del suo clero P. Un si caloroso appello dovette
commuovere tanto piSi il cuore di Don Bosco, perchè non vedeva
modo di rispondervi così presto nel senso da lui pure desiderato.
Memore di questo desiderio, il suo successore, prima ancora che
ad Oporto, fondò a Lisbona un ospizio emulo dell'ospizio di Sam-
pierdarena.
Nello scacchiere etnico del crollato Impero Austro-Ungarico i
paesi di lingua italiana contavano, sul finire della vita di Don
Bosco, un numero rilevante di Cooperatori Salesiani; prova ne
sia la casa aperta a Trento nel 1887, della quale abbiamo parlata
nel capo LV sulle ultime fondazioni italiane del Santo. Ma anche
altrove egli era conosciuto: per esempio, cosa che non s'immagi-
nerebbe, nella Boemia. Vivo ancora Don Bosco, furono gettati
colà i primi germi, da cui sbocciò la fioritura di opere salesiane,
sortevi dopo la guerra mondiale, quando queiia regione entrò a
far parte della nuova Repubblica Cecoslovacca, durata fino al
1939.
La Boemia vanta una lingua, una letteratura e una storia
proprie. Dopo il r880 cominciò a venir funestata dal dilagare del
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LVIII
naturalismo neil'educazione della gioventù. I buoni di parte cat-
tolica non istettero inoperosi, ma reagirono con tutti i mezzi
legali. In questo si segnalò la Rivista Vlast (La Patria), organo
di valenti studiosi, che vi combattevano gli errori pedagogici
dei loro avversari. In quel cenacolo giunsero opportune le prime
notizie di Don Bosco educatore. Nel 1882 ecco apparire un opu-
scolo su la vita e le opere del Santo. N'era autrice una maestra
di scuola a Srnichov, sobborgo di Praga (I).Nel 1885 essa rima-
neggiò il lavoro, ne fece un'edizione di miglior formato e vi pre-
mise il ritratto del Servo di Dio inginocchiato dinanzi a una sta-
tuetta di Maria Ausiliatrice con facsimile autografico deil'invo-
cazione Maria, Auxiliunz Christianorztm, ora fro nobis. Dedicò
il libro a Maria Riegrova, presidentessa d'un Comitato di Signore
che si prendevano cura deil'infanzia in ospizi e ricreatori di Pra-
ga (2). I1 Vlast, che ospitò poi sovente articoli su Don Bosco,
aveva recensito con simpatia la prima edizione (3). Anche altri
periodici annunciarono l'opuscolo.
Per tal modo la conosce<za di Don Bosco si diffuse così larga-
mente a Praga e in altri centri della Boemia, che, avvenuta la
morte di lui, parecchi giornali ne parlarono come di un fatto d'in-
teresse mondiale. Nel 1889 il maestro Giuseppe Flekacet tradusse
in boemo e pubblicò la biografia di Don Bosco scritta dal Du
Boys (4) e uscita a puntate nel VZast. Dalla Francia erano venute
le prime informazioni su Don Bosco, non dal12Austria,perchè
ideologicamente la nazione boema si sentiva molto più vicina
a quella francese.
Cittadini boemi ebbero contatti diretti con Don Bosco, de-
terminati da questa letteratura salesiana; notevole soprattutto
una visita del sacerdote Giuseppe Kousal. Neil'estate del 1887
egli venne a Torino, mandato dal Governo di Rieger per studiare
da presso il sistema salesiano. Veramente Suomo era stato mal
scelto per tale missione. Cappellano di un riformatorio, cercava
(I) BARBARAPAZDERNIKOVÀ, Kvestanski (L'opera della carità cristiana). Praga, 188%
(2) 11 titolo è identico al precedente.
( 3 ) An. I, num. g (1884).
(4) Cfr. sopra, pag. 549.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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La Congregazione in quattro Stati d'Europa
piuttosto un metodo educativo atto a riabilitare poveri giovani
traviati. Si ripeteva il caso di Madrid. Presentatosi a Don Bosco
nel collegio di Lanzo ed espostogli lo scopo della sua venuta, si
sentì rispondere che i Salesiani si occupavano di giovani poveri
e abbandonati, non di delinquenti; onde fu da lui indirizzato
alla casa di corrigendi, not3 sotto il nome di Gelzerala.
Queste parole non lo distolsero dal visitare l'oratorio; ma non
ne comprese lo spirito. Per un burocratico austriaco ci sarebbe
voluto ben altro che un'occhiata di passaggio per formarsi un'idea
deli'Oratorio, ossia della pedagogia di Don Bosco, fatta di filiale
confidenza e di santa libertà! L'Oratorio gli parve incarnare un'u-
topia; tanti ragazzi insieme non potevano, secondo lui, essere
sufficientementecurati e tenuti in disciplina. Neila sua relazione
però ci fu questo di buono, che, facendo un confronto fra l'Ora-
torio e la Gelzerala, diceva che nella casa di Don Bosco regnava
la carità, mentre nella casa del Governo si vedeva soio "umanità
massonica ". Più tardi però il Kousal, meglio informato anche
p- er quello che osservava nelle vicine case salesiane, portò un
giudizio assai diverso: anzi .nel 1934 scrisse del novello Santo con
miglior comprensione e con alte lodi.
Nel Belgio la prima casa salesiana fu l'istituto S. Giovanni
Berkmans, aperto a Liegi da Don Rua tre anni dopo la morte di
Don Bosco; ma il suo promotore ne trattava già dal 1883. In
quel massimo centro industriale il celebre Vescovo Doutreloux
volle veder sorgere un'opera che fosse come l'oratorio di Torino
con il suo duplice scopo, di assicurare una cristiana educazione
alla gioventù bisognosa mediante scuole professionali e di col-
tivare in scuole secondarie le vocazioni ecclesiastiche. Alla sua
prima richiesta si rispose con buone intenzioni e a tempo inde-
finito; ma Monsignore l'anno dopo venne all'oratorio durante la
novena di Maria Ausiliatrice per conferire col Santo. Usci dal
colloquio con. l'animo inondato di' consolazione e prima di par-
tire .andò a pregare fervorosamente Maria Ausiliatrice che pren-
desse nelle sue mani l'impresa. A Roma poi, dov'era diretto, ne
parlò con Leone XIII, il quale si compiacque di ricordare la re-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

63.10 Page 630

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Capo LVIII
cente visita di Don Bosco e lo autorizzò a scrivergli che il Santo
Padre, conoscendo assai bene la città di Liegi, l'aveva molto cara
e desiderava di saperla dotata di un istituto salesiano. Monsi-
gnore scrisse; ma, convinto che Don Bosco nonostante il buon
volere non potesse assecondarlo, non lo importunò con insistenze
inutili. Non perdette però mai di vista l'idea. Trascorsi due anni,
nella novena di Maria Ausiliatrice del 1886 inviò al Santo i'av-
vocato Doreye, organizzatore di opere cattoliche a Liegi, il quale
visitò minutamente l'oratorio. Intanto il Vescovo teneva già
pronto un ampio locale con Patronage e con un terreno libero
che sarebbe stato utile per qualsiasi ingrandimento.
Un intervento improvviso del Cielo sciolse le difficoltà. Nel
1887 circolavano notizie aliarmanti sulla salute di Don Bosco.
I1 Vescovo impressionato volò a Torino, dopo aver ordinato
preghiere in tutti i monasteri per riuscire nello scopo del suo
viaggio.
Giunse la sera del 7 dicembre, vigilia dell'Immacolata. Qui, non
avendo potuto subito vedere Don Bosco, parlò con Don Durando,
che conduceva le pratiche per le nuove fondazioni. Fu dal Santo
il mattino seguente insieme con Mons. Cagliero e Don Durando.
La sera innanzi Don Bosco, informato di tutto, erasi mostrato
d'accordo con gli altri Superiori, che convenisse ancora prendere
tempo; quel mattino al contrario con istupore di Don Durando
rispose senz'altro affermativamente alia domanda del Vescovo,
come se avesse dimenticato la deliberazione del giorno prima,
sicchè Monsignore partì con la certezza che le tante preghiere
non erano state vane; ma egli ignorava il meglio, perchè cioè
Don Bosco avesse casi da sera a mattino cambiato parere. Nella
notte la Madonna gli aveva detto, com'egli dettò al segretario,
piacere a Dio e a Lei che i figli di S. Francesco di Sales andassero
ad aprire una casa a Liegi in onore del SS. Sacramento. Allora
fu che Don Bosco pronunciò la nota sentenza: <Finora ab-
biamo camminato sul certo. Non possiamo errare; è Maria che
ci guida >>.
Un fatto confermò cbe dawero la Provvidenza voleva quella
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

64 Pages 631-640

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64.1 Page 631

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La Congregazione in quattro Stati d'Europa
casa (I). Ritornato in diocesi, Mons. Doutreloux pensò subito a
fabbricare. I1 terreno c'era, come dicevo; ma non apparteneva
a lui e a comprarlo bisognava sborsare una grossa somma. I1
Vescovo chiamò il proprietario per indurlo a esigenze meno proi-
bitive; colui, saputo clie si trattava dell'opera di Don Bosco, si
rassegnò a cederlo per 50 mila franchi, ma da sborsarsi nel mo-
mento del contratto, che avrebbe voluto stipulare senza indugio.
Monsignore, che non aveva il danaro, lo pregò di aspettare fino
a sera. Licenziato quel signore, si chiuse in preghiera dinanzi a
Gesù Sacramentato. Al tramonto ecco giungergli in palazzo un
suo parroco e consegnargli 50 mila franchi da parte di una per-
sona che non voleva essere nominata, solo desiderando che egli
impiegasse quella somma in un'opera di beneficenza a sua scelta.
.%ori di sè dalla gioia, il Vescovo prese i biglietti di banca, andò
in persona dal proprietario del terreno e un'ora dopo il contratto
era fatto e il pagamento pure.
I1 -pio Vescovo trepidava per la vita di Don Bosco. Bssendosi
nel corso della malattia diffusa la notizia di un improwiso mi-
glioramento, scrisse a Don Rua manifestandogli il suo giubilo e
dicendo (2). Io ne godo come se si trattasse di mio Padre >>. I1
21 gennaio mandò a Torino l'architetto Hellepute, professore
alllUniversità cattolica di Lovanio, al quale divisava di commet-
tere le costruzioni, affinchè visitasse case e opere salesiane e si
formasse una giusta idea del suo c0mpito. Morto Don Bosco,
ripose in Don Rua la devota affezione nutrita verso il Santo, di
cui visitò poco dopo la tomba. Nulla faceva per l'erigendo istituto
senza consultarlo. Nel maggio del 1890 Don Rua si recò a Liegi,
trattato con una bontà indescrivibile. Don Bosco gli aveva pro-
messo che i Salesiani, sei anni dopo il loro arrivo a Liegi, si sa-
rebbero triplicati nel Belgio. Infatti, andati nel 1891, nel 1897
avevano tre case, essendosi aggiunte alla casa di Liegi quella
simile di Tournai e un'altra di noviziato a Hechtel. Il grande
Vescovo ebbe sempre per i figli di Don Bosco e per i loro artigia-
nelli e novizi premure paterne.
( I ) .I1 Vescovo lo narrò a Mons. Cagliero, suo ospite, nel 1888.
(2) Liegi, z gennaio 1888.
617
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

64.2 Page 632

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Capo LVZIZ
Don Bosco, che guardava all'rnghilterra con l'occhio di chi
sospira di vedere l'Isola dei Santi rientrare nell'ovile di Pietro,
aspettava solo che la Prowidenza gliene offrisse l'occasione pro-
pizia, per mandare colà i Salesiani; intanto nell'attesa veniva pre-
parando alcuni soggetti di lingua inglese. Nel 1881 aveva fatto
la professione il chierico irlandese Mac Kiernan. Nel 1882 anda-
rono al noviziato di Foglizzo i tre irlandesi Patrizio O' Grady,
Carlo Redahan e Patrizio Diamond, già da noi incontrato altrove.
Recandosi a Genova con altri quattro compagni per prepararsi
alla Missione del Canadà, avevano visitato Don Bosco a Torino,
sentendosi poi così conquisi dalle sue maniere e così attratti dalla
vita deii'oratorio, che eran voluti rimanere. Don Bosco si era
raccomandato alla scrittrice del cattolico MonfIz di Londra Lady
Herbert of Lea, che gl'inviasse giovani inglesi, i quali avessero
vocazione religiosa, ed essa gli aveva mandato fra gli altri il gio-
vanetto Francesco Macey, novizio nell'anno scolastico 1881-82.
Questi cinque nomi sono ancora .ben ricordati da coloro che si
fecero Salesiani poco prima o non molto dopo la morte di Don
Bosco.
La desiderata occasione si affacciò nel gennaio del 1884, quando
il Consiglio Generale della Conferenza londinese di S. Vincenzo
de' Paoli deliberò d'invocare il concorso di Don Bosco in favore
della gioventù povera e abbandonata di Battersea, quartiere po-
polare di Londra. Ne fu scritto al Santo, che prese in considera-
zione la domanda. Le pratiche però andarono in lungo, nè si av-
vicinarono alla conclusione se non nel 1887.
Diamo un'idea del luogo e dell'ambiente, dov'erano chiamati
i Salesiani. I1 Tamigi divide, com'è noto, la città di Londra in
due parti; nella sinistra è la sede metropolitana cattolica di West-
minster e nella destra la vescovile di Southwark. A questa appar-
tiene il quartiere di Battersea. Quiera stata eretta durante il
Pontificato di Pio I X una parrocchia dedicata al Sacro Cuore di
Gesù; ma dopo breve tempo il parroco aveva abbandonato il
posto nè in seguito si seppe più come sostituirlo, sicchè la popo-
lazione cattolica, composta in gran maggioranza di operai irlan-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

64.3 Page 633

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La Congregazione in quattro Stati d'Europa
desi, restò quasi priva di assistenza religiosa. Per ricevere i sa-
cramenti bisognava fare un lungo cammino, andando alia par-
rocchia più vicina; il peggio era per la gioventù e per gl'infermi.
Ecco dove la Provvidenza mandava i Salesiani.
Colei che maggiormente brigò per farveli andare, fu la Con-
tessa di Stackpool, che dimorava a Roma ed era ammiratrice e
benefattrice di Don Bosco (I). Essa, che aveva a tutte sue spese
fatto erigere la cessata parrocchia di Battersea, volendo ritogliere
dali'abbandono quei cattolici, riteneva che nessuno meglio dei
Salesiani avrebbe potuto assumersi utilmente la difficile missione.
Perciò prese sopra di sè l'impegno. Quando il Santo fu a Roma
per la consacrazione delia chiesa del Sacro Cuore, l'affare pro-
gredì al punto che, come scrisse Don Rua (z), non sarebbe stato
&- i&possibile ritirarsi con decoro.
A Battersea però occorreva ritornare le cose in $ristinum;
al che si richiedevano parecchie condizioni, come il trasferimento
della proprietà che nella vacanza era passata all'ordinario, la
restituzione di molti arredi sacri e varie formalità canoniche e
legali. Per isbarazzare la strada la Contessa credette bene di ri-
volgersi direttamente al Papa; quindi abbozzò un memoriale,
clie portò a Torino in settembre, affinchè Don Bosco lo vedesse
e lo facesse mettere in buona lingua italiana. Se ne fece così una
nuova redazione in forma di supplica, che Don Rua ritoccò e
rese definitiva. Presentata a Leone XIII, sembra che il Papa
abbia agito in via straordinaria per mezzo del Card. Simeoni,
Prefetto di Propaganda. In questo modo le difficoltà vennero
appianate con prontezza maggiore.
Ma Don Bosco, prima di avventurare i Salesiani in una città
come Londra, volie conoscere bene lo stato delie cose; mandò
quindi sul posto il Procuratore Generale Don Dalmazzo, perchè
vi si potesse informare de viszc. Quegli giunse a Londra il g ottobre,
ospite deli'abate Galeran, francese di origine e cittadino inglese,
rettore di una chiesa a Wandswortli, nelie vicinanze di Battersea.
Alcuni giorni dopo il detto sacerdote scriveva fra l'altro a Don
( I ) Cfr. sopra. pag. 522.
(a) Lettera a Don Duraildo, Roma 4 maggio 1887
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

64.4 Page 634

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capo LVIII
Bosco (I): 4 È: incalcolabile il numero dei fanciulli poveri, vaga-
bondi e abbandonati negli angoli di questa immensa Babilonia...
Io non conosco a Londra un quartiere più bisognoso di Lei che
Battersea)). La relazione fatta poi da Don Dalmazzo toccò il
cuore a Don Bosco, che ormai alle soglie dell'eternità vedeva
con santa gioia adempiersi l'ardente suo voto di fare qualche
cosa anche per l'Inghilterra.
I Salesiani avrebbero ricevuto subito l'amministrazione par-
rocchiale per il territorio dell'antica parrocchia. I1 Vescovo, co-
noscendo la volontà del Papa, rimosse preventivamente ogni
ostacolo. La chiesa era all'esterno di ferro e all'interno di legno.
Sebbene ve ne fossero altre simili, la Contessa intendeva che fosse
solo prowisoria. Presso la chiesa sorgevano le scuole in mura-
tura, belle, grandi e frequentate da circa 250 fra bambini e bam-
bine. Un terreno cintato di 2500 metri quadrati, area non piccola
in Londra, si prestava a fabbricarvi col tempo una chiesa di mag-
giori dimensioni e una casa annessa. La massa della popolazione
si componeva di poveri operai; nè mancavano cattolici benestanti,
disposti ad aiutare. In quei paraggi aveva avuto i suoi giardini
S. Tommaso Moro, il quale dalla sua abitazione sull'opposta riva
del Tamigi, ogni mattino d'estate dopo aver servito la Messa
passava il fiume sopra una barchetta propria e andava là in cam-
pagna a fare la colazione e a ricreare alquanto lo spirito dalle
cure di Stato ( 2 ) .
Tre Salesiani destinati a Battersea partirono da Torino il
14novembre. Erano i sacerdoti Mac Kiernan, parroco e diretto-
re, Macey, viceparroco e catechista, e il coadiutore Rossaro. Li
accolse fraternamente il sullodato sacerdote, che nei primi tempi
fu loro di grande aiuto. Don Bosco li aveva muniti di parecchie
lettere, che servissero di presentazione e di raccomandazione.
Una era per il Duca di Norfolk, al quale, ricordata la sua visita
allJ0ratorio (3), diceva: ((Certamente un'opera di questo genere
( I ) Londra, 1 5 ottobre 1887.
( 2 ) Lettere d i Don Dalmazio a Don Bosco, Londra 1 5 e zi ottobre 1887.
(3) Delle relazioni del Duca di Noriolk con Don Bosco si parla a lungo nelle Mem. Biogr.
(vol. XV, pag. 559 e vol. XVII, pgg. 516.26).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

64.5 Page 635

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La Congregazione in quattro Stati d'Europa
dimanda coraggio, specialmente nella grande città di Londra.
Ma Dio che ci aiutò in altre fondazioni ci verrà anche in aiuto per
questa che spera l'appoggio di Vostra Altezza. La chiesa è già
stata provveduta di alcune suppellettili da caritatevoli cittadini;
ma pei sacerdoti maestri, di loro abitazione c'è ancora niente.
Ed è per questi primi bisogni che io domando a Vostra Altezza
aiuto e consiglio >>. La lettera non potè restare senza effetto; ma
nulla sappiamo di positivo in tal proposito.
Durante i primi mesi i Salesiani non navigar0110 proprio in
acque tranquille; venti contrari e scogli insidiosi ne misero in
pericolo la fragile navicella. Buon per loro che non si perdettero
d'animo. A dispetto delle contrarietà, del bene se ne faceva..
Grazie agli aiuti dei Cooperatori quella casa adagio adagio prese
incremento, sì da divenire casa madre delle opere salesiane che
sotto la direzione e l'impulso dei successori di Don Bosco si di-
ramarono in Inghilterra, nell'Irlanda e nel Sudafrica: unlIspet-
toria che oggi conta tredici case con aspirandato, noviziato, stu-
dentati filosofico e teologico e istituto missionario.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

64.6 Page 636

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CAPO LIX
Gli oratori festivi.
Vi sono alcune cose, sulle quali conviene che ci soffermiamo
prima di chiudere la nostra narrazione. Non si tratta di fatti,
ma piuttosto di elementi, vorrei dire, costituzionali, che entrano
nelia vita della nostra Società e vi aderiscono talmente, che non
se ne potrebbe mai prescindere senza alterare il carattere o la
fisionomia della medesima. Ne discorreremo naturalmente sotto
l'aspetto storico, per rapporto soprattutto a queiio che con essi
Don Bosco intese e attuò. Cominceremo dagli oratori festivi.
Come Don Bosco non introdusse neiia Chiesa la divozione di
Maria Ausiliatrice, ma ve la trovò già esistente e la rese sotto
nuove forme assai popolare, così non inventò l'oratorio festivo,
ma lo prese com'era prima di lui e ne operò una vera trasforma-
zione. Oratori si dicevano ab antico scuole domenicali di dot-
trina cristiana istituite per i giovanetti in alcune città d'Italia.
Piacque a Don Bosco la denominazione, perchè rispondeva al
suo ideale. Oratorio significa luogo di orazione, ed egli intendeva
appunto di dare all'opera l'impronta della preghiera, termine
sintetico che riassume tutto quello che nella Chiesa serve a por-
tare le anime a Dio. In tal senso partecipano delia preghiera an-
che i divertimenti, in quanto sono mezzi per affezionare i cuori
giovanili agli esercizi di pietà e di religione.
11 Santo dunque studiò tutti i regolamenti di oratori che potè
avere tra mano, ma vi applicò di suo due rnodificazioni. Gli ora-
tori esistenti riunivano la gioventù soltanto in una data ora
della domenica, dove al mattino e dove nel pomeriggio; gli ora-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO LIX
Gii oratori festivi.
Vi sono alcune cose, sulle quali conviene che ci soffermiamo
prima di chiudere la nostra narrazione. Non si tratta di fatti,
ma piuttosto di elementi, vorrei dire, costituzionali, che entrano
nella vita delia nostra Società e vi aderiscono talmente, che non
se ne potrebbe mai prescindere senza alterare il carattere o la
fisionomia della medesima. Ne discorreremo naturalmente sotto
l'aspetto storico, per rapporto soprattutto a quello che con essi
Don Bosco intese e attuò. Cominceremo dagli oratori festivi.
Come Don Bosco non introdusse nella Chiesa la divozione di
Maria Ausiliatrice, ma ve la trovò già esistente e la rese sotto
nuove forme assai popolare, così non inventò l'oratorio festivo,
ma lo prese com'era prima di lui e ne operò una vera trasforma-
zione. Oratori si dicevano ab antico scuole domenicali di dot-
trina cristiana istituite per i giovanetti in alcune città d'Italia.
Piacque a Don Bosco la denominazione, perchè rispondeva al
suo ideale. Oratorio significa luogo di orazione, ed egli intendeva
appunto di dare ali'opera l'impronta delia preghiera, termine
sintetico che riassume tutto quelio che nelia Chiesa serve a por-
tare le anime a Dio. In tal senso partecipano della preghiera an-
che i divertimenti, in quanto sono mezzi per affezionare i cuori
giovanili agli esercizi di pietà e di religione.
I1 Santo dunque studiò tutti i regolamenti di oratori che potè
avere tra mano, ma vi applicò di suo due modificazioni. Gli ora-
tori esistenti riunivano la gioventù soltanto in una data ora
delia domenica, dove al mattino e dove nel pomeriggio; gli ora-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Gli matori festivi
tori di Don Bosco invece dovevano intrattenerli dalle prime alle
ultime ore di tutti i giorni festivi, tolto appena l'intervallo del
mezzodì per il pranzo. Ecco perchè al nome puro e semplice egli
aggiunse l'epiteto di festivi. Inoltre quelii antichi erano esclusi-
vamente parrocchiali, i suoi al contrario dovevano accogliere
ragazzi di qualunque parrocchia. Entrambe le innovazioni au-
davano incontro a bisogni nuovi, portati dal cambiare dei tempi.
Nei secoli anteriori le famiglie cristiane curavano direttamente
l'educazione religiosa della prole sia con l'esempio domestico
che con l'avviarla alla chiesa; ma il nembo della rivoluzione fran-
cese, ripercotendosi anche sdie nostre terre, se non aveva rotto
nei paesi di campagna le buone tradizioni, aveva però nei grandi
centri modificato profondamente il vivere, massime con riforme
sociali che, spezzando vecchie consuetudini, turbarono l'armonia
regnata fulo allora nel dominio della fede, sicchè ne vennero
sbandamenti molteplici in fatto di idee religiose e di pratiche
del culto. A poco a poco tanta gioventù si avvezzò a non onorare
più il sacerdote come ministro di Dio, ma a riguardarlo come
uomo per lo meno importuno, disertando quindi le funzioni sacre
e i catechismi. Orbene i rinnovellati oratori reagivano contro
simili tendenze, attirando i giovani con svariati allettamenti
per avvicinarli al prete, anima di tali adunanze, e in tal modo
condurli alla Messa, alla predica, alla dottrina, ai sacramenti.
Quel santificare così l'intero giorno del Signore diventava il vero
toccasana contro il gran male deii'indifferenza religiosa e l'oblio
dei doveri cristiani.
I1 primo teatro deii'operosità oratoriana di Don Bosco fu,
com'è noto, la città di Torino. Nella metropoli piemontese cre-
sceva sempre più numerosa una gioventù che non conosceva la
sua parrocchia, spesso anzi ignorava perfino d'averne una e perciò
sfuggiva alle cure dei pastori d'anime. Queste pecorelle randage
Don Bosco chiamava a raccolta, come in lieti e ben guardati
ovili, ne' suoi oratori durante tutto il giorno più sacro e più pe-
ricoloso delia settimana. Pericoli dell'ozio, pericoli delle cattive
compagnie, pericoli di non onesti ritrovi. Nell'oratorio egli li
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

64.9 Page 639

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Capo LIX
divertiva, li istruiva nelle verità della fede, li faceva pregare e
li vedeva deporre a poco a poco la nativa selvatichezza, pren-
dere amore al lavoro e risvegliare non di rado in seno alle loro
famiglie operaie il sentimento religioso da lungo tempo assopito.
Erano le trasformazioni di fiere in agnelli, mostrategli nei Sogni.
Tre classi di soggetti popolarono da principio l'oratorio fe-
stivo di Valdocco e poi anche gli altri tre di Porta Nuova, di
Vanchiglia e di Borgo S. Salvario. Ragazzi abbandonati a se
stessi e scorrazzanti per le vie e per le piazze, senza scuola, senza
occupazione, senza volontà d'imparare e di lavorare; giovani
che, assaggiato già il carcere, sarebbero andati di male in peggio,
se avessero continuato a non trovare chi si desse pensiero della
loro condotta morale; garzo.ncelli muratori ed artieri, v a u t i dal
di fuori e sperduti nella capitale, che in quel periodo d'ingrandi-
menti offriva abbondante mano d'opera e dove quei lavoratori
in erba erano esposti, specialmente nei dì festivi, a gravi pericoli
e a dimenticare in breve i più elementari obblighi del cristiano,
praticati già in famiglia. Data la qualità di questi frequeritatori,
Don Bosco chiamava a ragione l'oratorio festivo la parrocchia
dei fanciulli abbandonati.
Non è qui il luogo di cercare com'egli riuscisse ad amalgamare
senza inconvenienti categorie d'individui così disparate: qualche
cenno lo faremo più avanti. Piuttosto è bello rileggere a tanta
distanza di tempo un documento del 1849, che consacra alla
storia una testimonianza insospettabile sia per l'autorità di chi
la rende, sia per la tacita conferma del gran pubblico, dinanzi a
cui la rende. Scriveva quell'anno nel numero 40 dell'ilrmomia
il March. Gustavo di Cavour, fratello dell'insigne statista Ca-
millo: e Nel più povero dei sobborghi di questa metropoli sorge
da qualche anno una di quelle opere, di cui lo spirito cattolico
è sorgente inesausta. Un zelante Sacerdote ansioso del bene delle
anime si è consacrato intieramente al pietoso ufficio di strappare
al vizio, all'ozio e all'ignoranza il gran numero di fanciulli, i quali
abitanti in quei dintorni, per le strettezze o l'incuria dei genitori,
crescevano purtroppo sprowisti di religiosa e civile cultura.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

64.10 Page 640

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Gli oratori festini
Questo ecclesiastico, che ha nome Don Bosco, prese a pigione
alcune casucce ed un piccolo recinto, si è recato ad abitare in
quel sito e vi ha aperto un piccolo Oratorio sotto l'invocazione
del gran Vescovo di Ginevra, S. Francesco di Sales (I). Egli ha
cercato di attirarvi quei poveri giovani, che dapprima trova-
vansi negletti e dereiitti; nel semplice e modesto Oratorio egli
distribuisce loro quella istruzione, che sopra tutte le altre disci-
p- line è sola necessaria, l'istruzione religiosa; egli li accostuma a
praticare i loro doveri, ad esercitare il vero culto di Dio, a con-
vivere amichevolmente e socievolmente l'uno coll'altro. Accanto
allJOratorio si trovano scuole, in cui s'insegnano a quella gio-
ventù i primi elementi delle lettere e del calcolo; vi è pure l'ac-
cennato recinto, in cui i giovanetti nei giorni festivi e nelle ore
di ricreazione si sollevano con giuochi innocui e con innocenti
trastulli, passando quel tempo nell'ouesta allegria, che tanto
giova alla sanità del corpo e della mente, e specialmente in quella
tenera età. In mezzo ad essi trovasi ognora Don Bosco, il quale
è costantemente ad essi maestro, compagno, esemplare ed amico.
Tutti quei ragazzi, i più dei quali sarebbero cresciuti nell'ignavia
e nel vizio, s'incamminano alla vi& ed al lavoro. Infatti il loro
zelante precettore ed amico cerca per essi con tutto impegno
qualche onesto artiere che consenta di accettarli presso di sè a
tirocinio dell'arte sua; e l'essere un ragazzo proposto da Don
Bosco, come un suo alunno, presenta ai padroni di bottega una
guarentigia di moralità, che li rende facili ad accoglierlo presso
di loro, onde avviarlo nell'esercizio della propria professione.
Così da quel semenzaio di onesti operai escono ogni anno in buon
numero adolescenti, che sono in caso di provvedere ai proprii
bisogni, e che conserveranno, giova sperarlo, nel lungo decorso
della loro vita l'abito di quella moralità, a cui i loro teneri anni
sono informati. Questi benefici sociali dell'oratorio festivo di
Don Bosco s'imposero talmente all'attenzione e aalammirazione
della cittadinanza, che riel 1862 un altro Marchese, il Di Rorà,
( I ) L'ava patema dei due Cavour era pronipote di S. Prancesco di Sales.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65 Pages 641-650

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65.1 Page 641

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Capo LIX
Sindaco di Torino, in una sua visita a Valdocco, parlando a quei
giovani, terminò con dire: - Giovani, volete un giorno essere
buoni cittadini? Obbedite a Don Bosco!
Il Santo, mentre vedeva la copia dei frutti che nell'oratorio
festivo poteva cogliere lo zelo sacerdotale, toccava pure con
mapo la necessità impellente di estendere tale istituzione. In
Piemonte e altrove le cose non sarebbero più tornate indietro dalla
piega che andavano prendendo. Abbiamo nei nostri archivi una
vecchia carta, nella quale egli, rimembrando i primordi del suo
apostolato, ci rivela quale fosse la ragione che aveva mosso lui
e che doveva muovere altri a concentrare i propri sforzi aell'o-
pera degli oratori festivi. Parlando della gioventù de' suoi giorni,
scriveva: u Questa p~rzionela più delicata e la più preziosa del-
l'umana società, su cui si fondano le speranze di un felice awe-
nire, non è per se stessa di indole perversa. Tolta la trascuratezza
dei genitori, l'ozio, lo scontro dei cattivi compagni, cui vanno
specialmente soggetti nei giorni festivi, riesce facilissima cosa
insinuare nei teneri cuori i principii di ordine, di buon costume,
di rispetto, di religione; perchè se accade talvolta che già siano
guasti in quella età, lo sono piuttosto per inconsideratezza che
per malizia consumata. Questi giovani hanno veramente bisogno
di una mano benefica clie prenda cura di loro, li coltivi quindi
alla virtù, li allontani dal vizio. La difficoltà consiste nel trovar
modo di radunarli, loro poter parlare, moralizzarli. Fra i mezzi
atti a diffondere lo spirito di religione nei cuori incolti ed abban-
donati, si reputano gli oratori. Quando mi sono dato a questa
parte del sacro ministero, intesi di consecrare ogni mia fatica
alla maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime, intesi di
adoperarmi per fare buoni cittadini in questa terra, perchè fos-
sero poi un giorno degni abitatori del cielo. Dio mi aiuti a potere
così continuare fino all'ultimo respiro di mia vita ».
E continuò realmente così fino al termine de' suoi giorni, se
non facendo, stimolando a fare. Era sua volontà esplicita che,
dovunque fossero collegi salesiani, si aprissero oratori festivi,
ritenendo che solo con questo mezzo si potesse fare un bene ra-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65.2 Page 642

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GB oratori fesiiui
dicale alla popolazione di un paese (I). Li considerava inoltre
come semenzai di vocazioni ecclesiastiche (2). e amava ricordare
il caso di Faenza. Quel seminario languiva nel 1881, quando giuu-
sero nella città i Salesiani; quattro anni dopo i chierici, da men
che trenta, erano saliti a più di centocinquanta, f r u t t ~diretto e
indiretto dell'oratorio festivo. Dico anche indiretto, perchè vari
parroci della diocesi, animati dall'esempio dell'oratorio cittadino,
ne avevano aperti nei loro paesi, con pronti e copiosi risultati ( 3 ) .
Asseriva poi avergli l'esperienza insegnato che a fare opere du-
rature bisognava principiare di (4). Ribadì nel 1885: << Veggo
sempre più quale glorioso awenire è preparato alla nostra Cou-
gregazione. Ma si tenga per base che il nostro scopo principale
sono gli oratori festivi >>A. ben conseguire tale scopo, egli voleva
che vi si mettessero Direttori, i quali non fossero distratti da
occupazioni nei collegi (5).
A prima vista qualcuno potrebbe domandare: Un Direttore
d'oratorio festivo per lavorare un giorno della settimana dovrà
dunque stare sei giorni inoperoso? Non si dimentichi che l'ora-
torio festivo di Don Bosco non si riduce a una pura, per quanto
laboriosa attività festiva. No, ma esso irradia il suo benefico in-
flusso anche fuori del proprio recinto e tanto prima che dopo la
domenica o la festa. I1 Direttore infatti segue i suoi giovani e
ora li raccomanda per lavoro, ora li visita infermi, e li soccorre
indigenti, ora li ricerca sviati; poi è sempre pronto a riceverli nel
suo ufficio, ogni volta che a lui si rivolgano per qualsivoglia mo-
tivo. Oltre a ciò, trascorsa la giornata campale, egli riordina i lo-
cali e riassetta gli attrezzi usati; rivede il registro delle frequenze,
rintraccia gli assenti, segna gl'indirizzi e i dati nuovi. Alla me-
desima giornata poi manda innanzi tutta una serie di preparativi
per catechismi e predicazioni, non che per giuochi, cinematografie,
teatrini, accademie. Deve pure conferire con i catechisti e con
( I ) Mem. B i o g ~ . ,vol. XI, pgg. 350-1
(2) Ibid., vol. XII, pag. 374.
(3) Ibid.. vol. XVII, pgg. 598-9.
(4) Ibid., vol. XIV, pgg. 342-3.
( 5 ) Ibid., vol. XVII, pag. 364.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65.3 Page 643

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altri suoi aiutanti, ingegnarsi a trovare aiuti fmanziari, cercare
doni per premiazioni e tombole, assistere il suo comitato di dame
patronesse, occuparsi delle associazioni in adunanze serali, te-
nere anche opportuni corsi di cultura religiosa o di istruzione
scolastica. Le maggiori feste liturgiche e la grande festa del pa-
trono richiedono preparazione di tridui e novene; preparazione
adeguata vogliono le cresime e le prime Comunioni. Infine il Di-
rettore non può dispensarsi dall'awicinare autorità, insegnanti,
datori di lavoro, benefattori e benefattrici. Ho menzionato sol-
tanto le cose di ordinaria amministrazione; ma chiunque viva il
suo oratorio, sa quanti e quali possano essere nel corso della set-
timana gl'incerti del mestiere. Bisognerà dunque che un Diret-
tore abbia tutta la possibilità di disporre liberamente del suo
tempo.
Così condotto, un oratorio festivo rinnoverà i prodigi operati
da queiii che a Torino erano sotto la direzione immediata o me-
diata di Don Bosco. E così appunto abbiamo veduto dopo di lui
quartieri interi cambiar faccia. Bastino per esempio il repubbli-
cano Testaccio di Roma, un rione socialistizzante di Ancona,
una parte ultrademocratica di Perugia, il rosso Borgo S. Paolo
a Torino. Quanto possa infme il lavorio dell'oratorio festivo contro
le infiltrazioni protestanti, abbiamo avuto più volte occasione di
farlo risaltare.
Fino al 1875 di oratori festivi siffatti non esistevano che
quelli di Torino e di Sampierdarena. Ma in seguito col moltipli-
carsi delle fondazioni precedettero o accompagnarono o segui-
rono a breve intervallo il cominciamento degli ospizi e dei col-
legi, nè solo in Italia (I), ma anche ail'estero. In Francia gli ora-
tori o Patro%ages di Nizza, di Marsiglia e di Parigi per impulso
di Don Bosco ebbero sviluppi rapidi e mirabili, d i cui si ammirano
tuttora gli effetti; così pure nella Spagna a Utrera ed a Barcel-
lona. Non parliamo poi dellJAmerica, dove, grazie allo spirito
che quei primi Superiori avevano tiikinto direttamente dal fon-
( I ) Vi fu qui qualche rara eccezione. dovuta a cause locali, a cui conveniva aver ri-
guardo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65.4 Page 644

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Gli oratori fertien'
datore, gli oratori festivi fin da principio fecero miracoli di bene
e servirono di modello e di stimolo agli altri sorti da poi.
Queilo che si dice degli oratori maschili va esteso anche e
applicato analogamente ai femminili. L'Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, come la Società Salesiana, sbocciò con Sora-
torio festivo, quello tenuto a Mornese dalla Beata Mazzarello
prima ancora che si formasse la comunità religiosa. Appresso
anche le Suore di Don Bosco, dovunque fossero mandate, apri-
vano accanto agli asili, alle scuole di lavoro e ai collegi i loro bravi
oratori festivi per le fanciulle. Quale fosse il bene che Don Bosco
si riprometteva anche dagli oratori femminili, fu da lui medesimo
esposto in un colloquio col Marchese Scati, come questi lasciò
scritto in una relazione custodita nei nostri archivi (I). I1 Santo
gli aveva detto: <<Leriunioni domenicali sono cagioni di bene
immenso. I1 laboratorio ed anche l'asilo producono vantaggi
grandi, ma limitati; le riunioni della domenica hanno un'influenza
assai più estesa e impediscono molto male, togliendo le figlie
adulte dalle occasioni e daile lusinghe dei giovani scapestrati,
che specialmente nei giorni festivi hanno agio di corteggiarle e
di corromperle. Veda, qua (2) alla domenica pochi anni or sono
era uno spettacolo orribile; ragazze e giovanotti si assiepavano
intorno agli organetti e davano esempio d i ogni sconcezza d'atti
e di parole. S'incominciò a levar via tutti i giovani, attirandoli
e trattenendoli all'oratorio; poi vennero anche le figlie (3) presso
le Suore, ed ora fanno ressa nella chiesa, si accalcano suila porta
e stanno talvolta ore ed ore alla pioggia per la speranza di udire
qualche brano della parola di Dio >>.
I vantaggi di un oratorio festivo sono proporzionati non solo
allo spirito di sacrificio degli addetti, ma anche al suo buon or-
dinamento. Che diventerebbe un oratorio, il quale fosse un'ac-
cozzaglia di ragazzi e di giovanotti senza disciplina? Ora Don
Bosco dettò per questo regole piene di alta sapienza. Non le im-
provvisò certamente, n&se le estrasse dal cervello. Prima di for-
( I ) Porta la data del 24 aprile 1891.
(2) Parlava in Valdocco.
( 3 ) Piemontesismo, per: le fanciulle, le giovani.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65.5 Page 645

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Capo LIX
mularle, sperimentò e studiò. I.e sue esperienze si aggirarono
soprattutto sul modo di addestrare il personale, di cui si veniva
circondando per impiegarlo nelle varie mansioni. Si procurò inol-
tre quanti più regolamenti potè di oratorii. Dal loro esame vide
che non erano più per i nostri tempi. Negli uni o negli altri scor-
geva condizioni per lui inammissibili. Oltrechè stavano aperti so-
lo qualche ora del mattino o della sera, non vi si ammettevano
se non giovanetti di buona condotta, presentati dai loro genitori
con l'obbligo di ritirarli, se non si comportassero bene; dove si
radunavano birichini presso ospizi di discoli, si usavano metodi
polizieschi sia per spingerveli che per trattenerli. Egli invece par-
tiva da tre concetti diametralmente opposti. L'oratorio doveva
riempire tutta la giornata festiva, doveva aprire le porte al mag-
gior numero possibile di ragazzi e doveva essere governato con
autorità patema. Quest'ultimo punto era di capitale importanza.
In ambienti giovanili, dove liberamente si accede e donde libera-
mente si diparte, soltanto una forza morale amata ha virtù di
ottenere la frequenza e di far regnare il buon ordine. Questa forza
morale non farà tutto da sè, ma agirà per mezzo di un personale
armonizzante seco; nè crederà di potersi imporre così spoglia e
sola, ma si varrà di allettamenti adatti alle età e alle qualità
dei vari gruppi. Così affiancata, la paternità del Direttore è ve-
ramente la ruota maestra deii'istituzione.
Don Bosco dunque dal tesoro della propria esperienza e dallo
spoglio di vecchi regolamenti cavò un complesso organico di leggi
e di norme, che pubblicò la prima volta nel 1852 e che rivide e
perfezionò in edizioni posteriori. Ne fece tre parti distinte. Nella
prima, esposto lo scopo degli oratori festivi, diede le regole per
i diversi uffici, dal Direttore all'ultimo aiutante; nella seconda
divisò le pratiche da compiersi nell'oratorio e ne determinò il
modo; nella terza pose le avvertenze più importanti per le scuole
diurne e serali, dove queste vi fossero, come c'erano a Valdocco.
Che sia sempre possibile mettere in atto quanto sta ivi scritto
sulla carta, non lo diremo noi senza dubbio; Don Bosco stesso
faceva come poteva. Ma lì c'è la linea buona da seguire.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65.6 Page 646

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Gli oratori fertiui
E lì principalmente c'è lo spirito informatore dell'opera. mesto
spirito emerge fui dal proemio, dove il Santo precisa lo scopo
dell'oratorio festivo. <<Loscopo, dice, dell'oratorio festivo è di
trattenere la gioventù nei giorni di festa con piacevole ed onesta
ricreazione dopo di aver assistito alle sacre funzioni di chiesa.
Dicesi: IO Trattenere la gioventù nei giorni di festa. Perchè si hanno
specialmente di mira i giovanetti operai, i quali nei giorni festivi
soprattutto vanno esposti a grandi pericoli morali e corporali; non
sono però esclusi gli studenti, che nei giorni festivi o nei giorni di
vacanza vi volessero intervenire. - z0 Piacevole ed onesta ricrea-
zione. Atta veramente a ricreare, non ad opprimere. Non sono
pertanto permessi quei giuochi, trastulli, salti, corse e qualsiasi
modo di ricreazione, in cui vi possa essere compromessa la sanità
o la moralità degli allievi. - 30 Dopo aver assistito alle sacre fun-
zioni d i chiesa. Perciocchè l'istruzione religiosa è lo scopo primario,
il resto è accessorio e come allettamento ai giovani per farli in-
tervenire ». I1 Santo ha poi cura di soggiungere che la << carità >>
e le <<buonme aniere >> sono << le fonti, da cui derivano i frutti che
si sperano dall'opera degli oratori >>.
Per cogliere ancor meglio e in breve il pensiero di Don Bosco
sulla natura e suli'azione dell'oratorio festivo tornerà utile trarre
dall'oblìo un documento scomparso dalla circolazione, ma ela-
borato sotto la sua ispirazione immediata nel 1883 e da lui stesso
comunicato ufficialmente ai Soci nel 1887. Fa parte questo delle
Deliberazioni dei Capitoli Generali terzo e quarto (I) e s'intitola
<< Regolamento per gli oratori festivi D.
L'articolo 3 del capo I deiie nostre Costituzioni dice che il primo esercizio
di carità deiia Pia Società di S. Francesco di Sales è di raccogliere giovanetti po-
veri ed abbandonati, per istruirli nella santa cattolica religione, particolarmente
%a' giorni festivi.
Per attendere più efficacementee diffusamentea questo nobile intento giova
moltissimo nelle città e nei paesi, ove esiste una Casa Salesiana, impiantare ezian-
dio tm giardino di ricreazione (2) ossia Oratorio Festivo pei giovani esterni, che
sono più bisognosi di religiosa istruzione, ed esposti ai pericoli di pervertimento.
( i ) Cf*. sopra, pag. 566.
(2) Don Bosco usava questa dicitura trattando con autonta civili. Molto si parlava
allora dei giardini d'infanzia a proposito di asili infantili.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65.7 Page 647

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capo LIX
Per la qual cosa il I11 Capitolo Generale delibera quanto segue:
I. Ogni Direttore si dia sollecitudine d'impiantare un Oratorio festivo
presso la sua Casa od Istituto, se ancora non esiste, e di dargli sviluppo se è già
fondato. Xgli consideri quest'opera siccome una delle più importanti di quante
gli furono affidate, la raccomandi alla carità e benevolenza delle persone facoltose
del luogo, per averne i sussidi necessari, ne parli spesso nelle conferenze, incorag-
giando i confratelli ad occuparsene, ed istruendoli all'uopo, e non si dimentichi
mai che un Oratorio festivo fu già la culla deli'umile nostra Congregazione.
2. A perpetua memoria di questo fatto e ad esempio ed aiuto delle altre
case sieno in modo particolare promossi e sostenuti gli Oratori festivi di San
Francesco di Sales e di S. Luigi Gonzaga in Torino, e quello annesso alla casa di
S. Benigno Cauavese: e per quanto sarà possibile vengano in essi impiegati i
Chierici e gli altri Soci Salesiani, affinchè si rendano ognora più capaci di eserci-
tare un si importante ministero di carità a vantaggio della gioventìi pericolante.
3. Nella distribuzione del personale in ciascuna Casa l'Ispettore d'accordo
col Direttore della medesima abbia ogni anno in mira di stabilire un Sacerdote,
al quale sia dato speciale incarico dell'oratorio festivo, e il Direttore si dia amo-
revole premura di fornirgli quegli aiuti materiali e personali, che si
ne-
ce& al suo buon andamento.
q. Tutti i Soci Salesiani cosi ecclesiastici come laici si stimino fortunati di
prestarvi l'opera loro, persuadendosi essere questo un apostolato di somma im-
portanza, perchè nel tempo presente SQratorio festivo è per molti giovanetti,
specialmente nelle città e nelle borgate, l'unica tavola di salvamento.
5. Pel regolare impianto e sviluppo dell'Oratorio si procuri anzi hitto di
mantenersi in buona relazione ed armonia coll'autorità ecclesiastica locale.
6. Dove si hanno collegi od ospizi si impedisca ogni comunicazione tra i
convittori e gli esterni. -Ad ovviare ogni pericolo e disturbo per quanto si può
si designi un luogo attiguo con cortile adatto, avente cappella a parte e quanto
occorre per i giuochi, le scuole e per casi d'intemperie.
7. Sono specialmente raccomandati i giuochi e divertimenti di vario ge-
nere, secondo l'età e gli usi del paese, essendo questo uno dei mezzi più efficaci
per attirare i giovanetti aU'Oratorio.
S. A promuovere la frequenza e la buona condotta negli Oratori festivi
giovano pur molto i premi da distribuirsi a tempi fissi, per es. libri, oggetti di
divozione, vestiario: come pure lotterie, passeggiate, teatrini facili e morali,
scuola di musica, festiccinole, ecc.
g. I1 buon andamento deil'oratorio festivo dipende poi soprattutto dal-
l'usare sempre un vero spirito di sacrifizio, grande pazienza, carità e benevolenza
verso tutti, cosi che gli alunni ne ricevano e mantengano ognora una cara me-
moria, e10 frequentino eziandio quando siano adulti; come pure dal promuo-
vere in mezzo a loro le compagnie di S. Luigi, il piccolo clero, ecc.
Per norme più particolareggiate il Capitolo rimaadava al re-
golamento per gli oratori festivi, di cui abbiamo parlato.
632
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65.8 Page 648

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Gli matori festivi
L'oratorio festivo, quale lo volle Don Bosco, non ha nemmeno
oggi altra opera simile che valga a sostituirlo, neanche dove for-
tunatamente vige l'obbligo dell'insegnamento religioso nelle pub-
bliche scuole primarie e secondarie. Mancano sempre ivi due cose:
manca un numero di lezioni che basti a esaurire convenientemente
la materia; manca soprattutto la pratica integrale non solo dei
doveri religiosi, ma anche degli esercizi di pietà, che, se non sono
comandati, tornano però d'immenso vantaggio spirituale alla
gioventù, massime la frequenza della confessione e della comu-
nione. Non dico poi nulla dei molti fanciulli e adolescenti che,
lasciati in balia di se stessi nei giorni festivi, corrono ora non
minori pericoli che in altri tempi, specie nei grandi centri. L'ora-
torio continua dunque a essere arca di salvezza per il mondo
giovanile anche dei nostri giorni.
È vero che oggi vi sono istituzioni, dove abbondano i mezzi
per attirare e occupare piacevolmente la gioventù nei giorni fe-
stivi; ma non è men vero che i giovani, i quali abbiano conosciuto
l'oratorio, finiscono col preferirlo. In una delle maggiori città
d'Italia uno studente di ginnasio, interrogato perchè avesse la-
sciato il ricreatorio laico, rispose: - Qui c'è il cuore. - Una ri-
sposta così semplice e schietta vale tutta uu'apologia che altri
volesse tentare in lode degli oratori festivi organizzati e gover-
nati secondo lo spirito di S. Giovanni Bosco.
L'oratorio festivo continua a essere l'opera veramente popo-
lare di Don Bosco, opera alla quale è più legata la sua fama
di apostolo della gioventù. 1,'opera a poco a poco andò oltre i
termini espressi dalla denominazione, essendo l'oratorio, con i'an-
dare del tempo, diventato spesso quotidiano; tuttavia anche così
mantenne e mantiene l'attributo di festivo, tanto questa speci-
ficazione aderì per merito di Don Bosco al titolo generico che
lo precedeva.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65.9 Page 649

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CAPO LX
L'Oratorio di S. Francesco di Sales.
Accanto ali'oratorio festivo di S. Francesco di Sales sorse un
ospizio, per ricovero di giovanetti derelitti. Tale ospizio andò
rapidamente crescendo in proporzione del bisogno e nella mi-
sura del gran cuore di Don Bosco. Sorto come casa annessa
alla sede dell'opera precedente, ne assunse nome e titolo, chia-
mandosi Oratorio di S. Francesco di Sales senza l'aggiunto di
" festivo ", che rimase a quella e la contraddistinse. Prese pure
a designarsi semplicemente con l'appeilazione di Oratorio Sale-
siano e più semplicemente ancora di Oratorio, quasi Oratorio
per antonomasia. Così continua a denominarsi l'Istituto a tutti
noto di Via Cottolengo 32, del quale ora diremo (I). Non si aspetti
il racconto del come ebbe origine e del come si sviluppò: questo
appartiene piuttosto alla biografia del Santo. Qui lo studieremo
qual era nella pienezza dell'esseye e dell'azione, cioè nel suo
quarto decennio (z), ma limitandoci a cercare che cosa esso rap-
presenti nella storia della Società Salesiana.
Nel 1868 Don Bosco, riepilogando quanto aveva detto nella
parlata dopo l'accademia del suo onomastico, aveva conchiuso:
<L'unico scopo dell'oratorio è di salvare anime >>V. a bene; ma
non dovevano avere scopo diverso tutte le altre sue opere, e noi
( I ) Il Salesiano Don Luigi Perrari pubblicò presso la S. E. I un geniale opuscolo inti-
tolato Via Cottolengo 32, descrivendo I'Oratono com'era nel 1928.
(2) Don Bosco distingueva quattro decadi nella storia dell'oratorio primitivo, deter-
minandole cosk 10 L'Oratorio vagabondo (1841-51)- 20 L'Oratorio stabile e successivo
ordinamento della casa (1851-61)-. 3O Decennio d'ingrandimento esterno (1861-71).-
40 Espansione mondiale ( I 871-81).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

65.10 Page 650

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vogliamo conoscere, se al raggiungimento di tale scopo vi fosse
nell'oratorio alcun che di speciale e diremmo di caratteristico.
L'Oratorio Salesiano, scrisse dodici anni dopo al Prefetto della
Provincia di Torino, è un istituto di beneficenza a pro della gio-
ventù abbandonata >>.fJ vero anche questo; ma non era il solo
de' suoi istituti che mirasse a tale scopo, sebbene l'oratorio ne
facesse il suo fondamentale programma. Qui si desidera sapere
se l'oratorio avesse alcunchè di proprio che lo differenziasse da
altri istituti congeneri. Orbene di proprio l'oratorio aveva due
qualità. Agli occhi del pubblico l'oratorio era la Casa di Don
Bosco per eccellenza; per i Salesiani era la Casa Madre della
Congregazione.
Don Bosco in documenti ufficiali chiamava ospizio l'oratorio;
ma, parlando o scrivendo familiarmente, soleva dire: - Questa
casa, la nostra casa, la casa dell'oratorio. - Così pure si esprime
nel Regolamento dell'oratorio. Tale linguaggio rispondeva meglio
al suo concetto, che l'oratorio fosse una famiglia, nella quale egli
era il padre. Un padre che teneva gli occhi aperti su tutto e su
tutti, e con gli occhi il cuore. L'andamento della casa egli voleva
che dipendesse per intero dal suo cenno. Non già che legasse le
mani ai Superiori subalterni: lasciava anzi a ognuno piena libertà
di azione, ma sempre nell'àmbito delle regole da lui poste e nel
senso delle direttive da lui tracciate, sicchè a nessuno veniva in
mente d'introdurre la pii1 piccola innovazione senza p r i m con-
sultarlo. Questo sistema si vede anche nella forma e nella con-
dotta del Capitolo particolare, che governava la casa. Don Bosco
vi figura come il Direttore, ma non più solo, come un tempo,
bensì coadiuvato da un vicedirettore che è Don Rua. Nè si pensi,
ripeto, che Don Bosco fosse Direttore onorario e che il suo vice
esercitasse indipendentemente le proprie funzioni. Possiamo an-
cora leggere nei verbali delle adunanze, presiedute da Don Rua,
come procedessero le cose. Don Rua propone, Don Rua prende
accordi con gli altri membri, ma è evidente la sua costante pre-
occupazione d'interpretare a dovere la mente di Don Bosco e
di subordinare alla sua approvazione le deliberazioni prese. Per-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

66 Pages 651-660

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66.1 Page 651

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Capo LX
sonalmente poi Don. Bosco risolveva i casi quotidiani dell'oratorio
specialmente dopo la cena. Al termine delle sue laboriose gior-
nate, dopo la parca refezione, stava là fino al momento delle
preghiere, ascoltando chi gli voleva parlare, chiamando lui stesso
chi faceva bisogno, impartendo ordini o istruzioni. Inoltre, quando
si trovava in casa, la sua porta era aperta ogni ora del giorno a
tutti, da Don Rua ali'ultimo inserviente; e durante le sue assenze
scriveva lettere, che documentano la sua sempre vigile attenzione
sulle faccende domestiche. Insomma da lui partiva e a lui met-
teva capo tutta l'attività deli'oratorio: era il vero paterfamilias.
Le accennate assenze, che, fattesi più frequenti e più prolun-
gate negli anni di cui parliamo, non davano luogo a inconvenienti,
facili ad avverarsi in una vasta comunità, quando manca l'occhio
di chi la regge? Non pare, se dobbiamo credere a un testimonio
bene informato e degno di fede. Scrive infatti Don Barberis (I):
*L'Oratorio è così organizzato, che quasi nessuno si accorge del-
l'assenza di Don Bosco da Torino >>. Un'altra testimonianza, e
questa di un estraneo, conferma eloquentemente l'asserzione del
Salesiano. Un sacerdote mantovano che nell'aprile del 1882 sog-
giornò due settimane neiiJOratorio, mentre Don Bosco stava in
Francia, descrivendo poco dopo le sue impressioni in un opuscolo
intitolato La Casa di Don Bosco in Torino, osservava: Io non
ebbi la sorte tanto ambita di vedere il Rev. Don Bosco; ma, benchè
non l'abbia visto, sono sicuro che l'indirizzo, il movimento deiia
Casa è lo specchio di queli'Uomo D. È: necessario anche aggiun-
gere che Don Bosco assente faceva di tutto perchè il vuoto della
sua lontananza fosse awertito il meno possibile. Era anche un
bisogno del suo cuore: egli amava l'Oratorio come un padre ama
il suo nido domestico, e non sapeva mai distaccarne il pensiero.
Scriveva dunque spesso a Don Rua, dandogli commissioni e sa-
luti per vari delia casa; scriveva a chierici e a giovani, che, rice-
vendo i suoi bigliettini, gongolavano di gioia; indirizzava lettere
coiiettive ora agli studenti ora agli artigiani, chiedendo agli uni
( I ) BARBERIS,Cron. dt., 7 giugno 1875.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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L'Oratorio di S. Francesco d i Snles
e agli altri preghiere e comunioni per suoi particolari motivi. Non
passava quasi giorno senza che nelle " buone notti " si presen-
tasse l'occasione di nominarlo. Anche così si spiega il tripudio
generale che si rinnovava ogni volta al suo ritorno e che non si
legge senza commozione nelle memorie del tempo.
Nè si deve tacere la parte che spetta a Don Rua in tener vivi
questi sentimenti di filiale affetto verso il padre comune. Nel suo
figlio primogenito Don Bosco si era venuto formando un vero
alter ego, capace di rappresentarlo degnamente in tutto. Noi dob-
biamo ammirare Don Rua non solo come eletta creatura di Don
Bosco, ma anche come l'uomo prowidenziale che, sostituendo
nella casa paterna il padre, gli permetteva di svincolarsi da tanti
minuti impegni, che non gli avrebbero lasciato la libertà indi-
spensabile a svolgere intera la sua mondiale missione. E così in
grazia sua la Casa di Don Bosco faceva onore al padre, cosa asso-
lutamente necessaria, affulchè la riputazione di questo non venisse
scossa nella sua base.
Ma c'era altro che a Don Bosco doveva premere non meno
della sua riputazione. Neli'anno della Beatificazione fu scritto
che Don Bosco, più che una dottrina, lasciò dietro di sè uno spi-
rito, che spirasse in mezzo a' suoi figli e li facesse vivere (I). Pro-
prio per fissare questo spirito in un luogo determinato, dove met-
terlo al sicuro da qualsiasi alterazione dopo la sua morte, egli
era così industrioso e, diciamo anche, geloso neli'accentrare tutto
in sè l'indirizzo dell'oratorio. Solo mediante un'opera così per-
sonale e persistente gli riuscì di creare a sua immagine uomini,
che, tenendo dopo la sua scomparsa i posti di comando, porta-
rotio e radicarono dovunque la genuina tradizione .di famiglia,
attinta alla sorgente.
Dal padre passiamo ai componenti la famiglia, cominciando
dai giovani. Questi si potevano dividere in tre categorie, rispetto
alla loro condizione: derelitti, raccolti preferibilmente dai quattro
oratori festivi di Torino; figli di genitori decaduti; contadine& po-
veri ed anche non poveri, che, desiderosi di farsi preti, non avreb-
( I ) ,Vi6 s$iritzrelle, luglio-agosto 1929, pag. 218.
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capo LX
ber0 avuto modo di compiere i loro studi altrove. Oltre a questi
ultimi, anche i secondi, disadatti a lavori manilali, venivano
applicati agli studi. I primi invece erano messi a imparare un'arte
o un mestiere, con cui guadagnarsi poi onoratamente il pane;
quelli per altro che si segnalassero per ingegno e buona condotta,
massime se mostravano inclinazione allo stato ecclesiastico, erano
aggregati agli studenti ed è così che tanti cominciarono da sarti
o falegnami e finirono ottimi preti. Mescolati ai suddetti se ne
trovavano sempre parecchi, i quali, raccomandati da autorevoli
persone, dovevano per ragioni familiari essere accolti in luogo
sicuro. Non parlo dei Figli di Maria, dei quali dissi già quanto
basta. I1 totale dei giovani oscillava intorno agli ottocento, di
cui metà circa artigiani e metà studenti. Questo numero superava
la capacità dei locali, sicchè non ci stavan comodi; ma pure ci
stavano.
I laboratori avevano assunto a poco a poco il carattere di
scuole professionali, che si venne sempre più perfezionando fino
ai giorni nostri. L'insegnamento scolastico s'impartiva in due tempi
della giornata: al mattino dopo la Messa, a cui gli artigiani assi-
stevano, come oggi, appena scesi di camera, e nelle ore deila sera.
Un catechista si occupava esclusivamente di loro, curandone
l'istruzione religiosa e la pietà. In generale Don Bosco non vedeva
bene che cambiassero mestiere; perciò, chi aveva scelto un labo-
ratorio, vi rimaneva ordinariamente fino al termine.
Gli studenti facevano l'intero ginnasio. Si studiava sul serio
neii'oratorio: la voce comune ormai lo proclamava. Frequenti
erano i casi di chi saltava, come si diceva, una o due classi, pre-
parandosi durante le vacanze a passare dalia prima nella terza
e dalla terza nella quinta. Risulta dai registri che agli esami di
iicenza ginnasiale pochissimi dovevano ripetere qualche materia
a ottobre e ogni anno alcuni riportavano speciali attestati di
lode, nonostante il nessun favore che incontravano alunni d i
scuole private, tenute da ecclesiastici. Le chiamavano per, di-
leggio scuole di preti. Di quando in quando il mondo colto d i
Torino, accogliendo l'invito di Don Bosco, assisteva a rappresen-
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L'Oratorio di S. Francesco di S a h
tazioni drammatiche date dai ragazzi in lingua latina, la qual cosa
contribuiva non poco a tenere alto i1 concetto sulla serietà degli
studi che si facevano nella Casa di Don Bosco.
noi^ mancava chi stentasse a credere che in una moltitudine
così compatta di giovani studenti e artigiani fosse facile la con-
vivenza, nè succedessero disordini, quali si lamentavano di altri
collegi assai più omogenei e apparentemente meglio ordinati. Ma
costoro ignoravano i segreti dell'oratorio. Don Bosco m giorno,
condotto a parlare di questo argomento, ne enumerò sette, che
vale la pena di riassumere (I). 10 I giovani erano poveri e man-
tenuti gratuitamente o a pensione ridotta. Ben sapendo che i
cattivi si mandavano via e che espulsi non avrebbero più avuto
ove dare del capo, stavano bene in guardia a non farne delle grosse.
20 Vi era grande frequenza ai sacramenti; onde s'imparava a
operare per principio di coscienza e non per paura di castighi.
30 Tutto il personale, dal Direttore al cuoco e al portinaio, appar-
teneva alla Congregazione senza promiscuità di " esseri etero-
genei ". 40 Vi si facevano spesso particolari conferenze, a cui vo-
lentieri partecipavano i giovani migiiori, trovandovi pascolo spi-
rituale e stimolo a vita esemplare. 50 I superiori davano molta
confidenza e amavano stare in mezzo ai giovani, senza discendere
a soverchie familiarità. 60 Mezzo potente di persuasione al bene
era quel rivolgere ai giovani paternamente due parole ogni sera
dopo le orazioni. c Lì, disse allora Don Bosco, si taglia la radice
ai disordini prima ancora che nascano P. 7 O AUegria, canto, mu-
sica e libertà grande nelle ricreazioni. Come ognuno vede, manca
qui un ottavo segreto: la presenza di D.Bosco.
Con tutto ciò, Don Bosco non si nascondeva la difficoltà di
condurre avanti veramente bene una Casa tanto complessa, che
da un momento all'altro sarebbe potuta diventare una babele;
vedeva in ispecie e non si dissimulava i mancamenti che di tratto
in tratto vi si commettevano. Ma se in casi eccezionali non ri-
nunciava a rimedi estremi, egli possedeva in sommo grado Sarte
di prevenire.
( I ) BbRBHRIC, C Y O ~ci.t., @UgnO 1875.
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Un mezw preventivo preliminare, non meno semplice che
efficace, si scorge sfogliando i grossi registri delle pensioni. Raris-
simi sono i giovani, accanto al cui nome stia scritto: a Gratis iu
tutto D. Sotto una cifra che va da un minimo di cinque lire men-
sili a un massimo di ventiquattro, vi si legge quasi sempre: a Per
il primo trimestre. Dopo... D. Il "dopo" è seguito per il secondo
semestre da una cifra proporzionata alla possibilità dei parenti
o dei benefattori; quindi vi troviamo ora " gratis in tutto ", ora
"sole provviste ",ora riduzioni varie. Era un sistema che produ-
ceva salutari effetti. I nuovi venuti, nella speranza del beneficio,
stavano attenti a fare il loro dovere; i genitori o chi per essi, che
sovente si toglievano il pane di bocca per mettere insieme le li-
rette del trimestre, premevano sul ragazzo, perchè si compor-
tasse in guisa da meritare infuie la grazia. Frattanto in tre mesi
di sforzi e di regolarità i novellini si abituavano all'ordine e allo
studio, e tale abitudine diventava in seguito la loro salvezza.
Gran preservativo era poi sempre la bontà di Don Bosco:
una bontà che awolgeva tutti, come la luce del sole, che, diretta
o riflessa, arriva in ogni dove. L'irradiazione di quella bontà
manteneva il sereno e infondeva il desiderio di contentarlo. Con
queii'aureola bastava che comparisse nel cortile, perchè tosto gli
si corresse incontro per baciargli la mano e stare vicino a lui,
ed egli a parlare, a sorridere, a scherzare, volgendo qua e là lo
sguardo e accostando l'orecchio alle labbra di chi mostrasse di
aver cose da dirgli o le labbra ali'orecchio di chi egli volesse am-
monire, esortare, incoraggiare. I giovani insomma lo amavano e
godevano di attestarglielo. - Don Bosco per noi era tutto, -
ci dicevano ex-allievi di quei tempi. Ben si appose il Vescovo
argentino De Andrea, quando nel suo discorso per le feste della
Beatificazio~etolse a dimostrare che Don Bosco educatore ebbe
del pedagogo il puro necessario, del carabiniere niente, del padre
tutto. 11 pensiero di piacergli o di non dispiacergli agiva sull'a-
nimo dei giovani più efficacemente di qualsiasi minaccia o castigo.
Terw mezzo preventivo d'altra natura era la pietà. Nessuna
pressione spingeva alla frequenza dei sacramenti; anzi i superiori
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L'Oratorio di S. Francesca di Sa&*
si sarebbe detto che non vi badavano punto. Che dire poi del
fascino esercitato dalle solenni funzioni religiose nel Santuario
di Maria Ausiliatrice? Qui tutto concorre a trasportare le anime
giovanili in un'atmosfera superiore: cerimonie, canti, suoni, pre-
dicazione, concorso e fervore di popolo, peiiegrinaggi divoti. Oc-
chi, orecchi, immaginazione, sentimento hanno di che pascersi ed
esaltarsi nelle più belle manifestazioni del culto. Nel 1878 Mons.
Ferrè, Vescovo di Casale, uomo dotto e accorto, disse in presenza
di ragguardevoli persone che un gran segreto di Don Bosco era
imbevere i giovani delie pratiche di pietà ih quasi a inebriarli.
«I,'atmosfera stessa che li circonda, continuò, l'aria che respi-
rano è impregnata di pratiche religiose. I giovani così impressio-
nati non osano quasi più, anche volendo, fare i1 male; non hanno
mezzi di farlo; dovrebbero muovere contro la corrente per divenir
cattivi; trascurando le pratiche di pietà, si troverebbero come
pesci fuor d'acqua. Questo è che li rende docili e li fa operare per
convinzione e per coscienza, sicchè una ribellione non è neanche
possibile immaginarla. Le cose vanno per forza irresistibile D.
Don Bosco un giorno, riferendo questa osservazione dell'illustre
Prelato, la diceva una beiia e buona verità e commentava: Con
le pratiche di pietà si cerca di non opprimere i giovani, anzi di
non istancarli mai; si fa che siano come l'aria, che non opprime,
non istanca mai, sebbene noi ne portiamo sulie spalie una colonna
pesantissima: la ragione è che interamente ci circonda, intera-
mente c'investe dentro e fuori >> (I). Se dal frutto si conosce l'al-
bero, dall'albero si conosce il terreno. L'ambiente che produsse
un Francesco Besucco, un Michele Magone e un Venerabile Do-
menico Savio, non poteva non essere il giardino della pietà.
E qui è il luogo di parlare delie così dette Compagnie, strumenti
validi quant'altri mai ad alimentare la pietà ed a promuovere e
mantenere l'ordinato vivere in una così gran massa di giovani.
Don Bosco ne aveva istituite sei, che operavano ognuna secoado
il proprio Regolamento e senza essere d'imbarazzo le une alie
altre. Quattro appartenevano agli studenti. La più numerosa era
(I) L. C,, 27 novembre 1878.
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capo LX
quella d i S. Luigi, i cui membri avevano le loro conferenze una
volta al mese. La Compagnia del Santissimo Sacramento, molto
fervorosa, si componeva di giovani scelti fra i migliori, massime
nelle due classi superiori. I l Piccolo Clero si formava con gli ottimi
della Compagnia precedente: entrambe tenevano speciali adu-
nanze nelle maggiori solennità. Alla Compagnia deìl'Immacolata
Concezione venivano ascritti i sceltissimi fra i scelti: pochi e ma-
turi. Questi non palesavano fuori ciò che si faceva nelle confe-
renze. Oltre ~ll'esemplaritàdella condotta e aìl'onorare fervida-
mente Maria santissima, avevano per hne specifico l'apostolato
in mezzo ai compagni. Prendevano sotto la loro protezione i più
discoli. A ogni socio si assegnava la cura di qualcuno. Tutti i
giovedì in conferenza ognuno riferiva sul proprio cliente; quindi
il moderatore della Compagnia che era d'ordinario il Catechista,
impartiva istruzioni generali per il buon andamento della Casa.
L'idea e le regole di questa Compagnia vennero da Domenico
Savio, come narra Don Bosco nella sua vita. La quinta Compagnia,
la Colzferenza di S . Vincenzo, riserbata agli adulti, specialmente
ai Figli di Maria, aveva per iscopo di fare il catechismo nell'ora-
tori0 festivo e di segnalare i giovanetti bisognosi di particolare
assistenza materiale o morale. Gli artigiani infine avevano ia
Compagnia di S . Giuseppe, della quale erano molto orgogliosi e
per la quale organizzavano edificanti manifestazioni nelle solen-
nità del Patrono. Il santo educatore considerava queste Com-
pagnie come «chiave della pietà, conservatorio della morale,
sostegno delle vocazioni ecclesiastiche e religiose » (I).
Da questo sistema di Compagnie derivava un vantaggio d i
somma importanza. Siccome vigeva la consuetudine che coli'a-
vanzare di classe alcuni passassero da una Compagnia di minor
grado a un'altra di grado più elevato, senza per questo uscire
sempre dalla precedente, ne derivava il progredire di molti nella
virtù. Per questa via Don Bosco insensibilmente condusse h o
alle soglie della Congregazione giovani di elette speranze, i qriali,
( I ) Circolare ai Soci, I Z gennaio 1876.
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entrando nel noviziato, vi giungevano predisposti e preparati
dal tirocinio precedente; poichè le Compagnie nel loro ordinamento
rispecchiavano fedelmente lo spiiito della Società, cosicchè la
proposta di salire a maggior perfezione non destava sorpresa,
quasi fosse una gran novità.
Questo punto delle vocazioni religiose ed ecclesiastiche, già
toccato nei primi capi, ebbe sempre capitale importanza per
Don Bosco nella sua famiglia oratoriana. In date circostanze egli
non ricusava, è vero, di vantare <<inon pochi alunni delllOra-
torio >> giunti a a fare onorata carriera nel commercio, nella mi-
lizia, nell'insegnamento e alcuni anche a coprire prime cattedre
nelle Università dello Stato » e genericamente anelle pubbliche
amministrazioni >> (I).
Ma in realtà egli teneva soprattutto a fare della sua casa un
semenzaio di preti. Nel 1885 scrisse a un Direttore d'America:
«Se t u giungi a ravvisare qualche giovanetto che dà qualche
speranza pel sacerdozio, sappi che Dio ti manda tra mani un te-
soro ». E quanti tesori di tal fatta egli si trovava ogni anno tra
mani nell'oratorio! Bra suo convincimento che i nove decimi
degli studenti vi portassero un germe di vocazione ecclesiastica,
ed egli con sapienza metteva in pratica il com$elZe intrare. Nel
primo Capitolo Generale aveva enunciato questo criterio: <<Ora
che scarseggia il clero, io sono di parere che, quando ci sia mo-
ralità e attitudine, si faciliti la via al sacerdozio ». badava a
spese. Nessuno che gli sembrasse chiamato, veniva mai allonta-
nato, perchè non poteva pagare quel tanto che era stato pattuito.
a Se un giovane, diceva, riesce buon prete, non dobbiamo essere
paghi dei nostri sacrifici?>>P. urtroppo una parte di tante voca-
zioni col progredire degli studi e specialmente nel tempo delle
vacanze si perdeva; tuttavia vi rimaneva sempre u n bel numero
di perseveranti. Alcuni dicevano che Don Bosco tirava l'acqua
al suo mulino, accaparrandosi i più e i migliori. Certo i giovani,
vedendo come nella Congregazione vi fosse largo campo a fare
( I ) Relazioni al Prefetto della Provincia di Torino, i 8 maggio 1879e 7 luglio 1880
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Capo LX
del bene e amando quel genere di vita, si fermavano volentieri
in casa; ma quanti andavano nei seminari! Nel 1883 Don Bosco,
fatta redigere una diligente statistica, trovò che più di duemila
sacerdoti erano usciti da case salesiane e andati a lavorare nelle
diocesi. Orbene due terzi almeno di essi provenivano dallJOra-
torio.
Per Don Bosco le vocazioni erano la ragion d'essere dell'O-
ratorio. Lo diede più che mai a vedere nel 1885. Da qualche tempo
le vocazioni diminuivano. Egli credette di mettere il dito sulla
piaga, denunciando la quinta ginnasiale come causa di quella
diminuzione. ((Lospirito dei giovani, disse (I), rimane pervertito
nel passaggio dalla quarta alla quinta per le speranze di un awe-
nire più agiato, per la libertà vagheggiata, per le ambizioni che
si destano >>.Propose dunque la soppressione di quella classe e
invitò i Capitolari a studiare la cosa. Ad alcuni di essi ripugnava
scoronare così il ginnasio; Don Rua medesimo non avrebbe vo-
luto una misura tanto radicale. Don Bosco, che,aveva preveduto
l'opposizione, aderì all'esperimento di un palliativo, riducendo il
programma delle così dette materie accessorie; ma il ripiego non
-
soddisfece. Perciò nell'anno scolastico 1886-87 la quinta scomparve
dall'oratorio e nessuno dei Successori di Don Bosco ardì tentare
di rimetterla.
L'argomento delle vocazioni ci apre la via a dire dell'oratorio
considerato come la Casa Madre della Congregazione. Casa Madre
fu anzitutto perchè durante la vita di Don Bosco diede alla Con-
gregazione parecchie centinaia di Salesiani, la massima parte
cioè di quelli che formarono la generazione di Don Bosco. Spic-
carono fra essi quegli uomini insigni e benemeriti, che prestarono
mano al Santo neii'opera di consolidamento della Società o che
ricevettero da lui il mandato di dirigere fondazioni nel vecchio e
nel nuovo continente. Ne abbiamo incontrato buon numero nel
corso di questa storia. Quei fortunati, cresciuti neii'oratorio sotto
lo sguardo vigile e amoroso di Don Bosco, portarono in sè per
(I') Verb. del Cap. S e . , 16 settembre 1885
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tutta la vita un'impronta di pietà religiosa, di bontà paterna, di
giocondità spirituale, che li faceva distinguere dagli altri venuti
d'altrove ed in chi li conobbe non si può camellare dalla me-
moria.
La Casa Madre, nel tempo di cui trattiamo, allevava anche
alla Congregazione tutti i figli; poichè chierici e coadiutori face-
vano d o r a nelllOratorio il noviziato e i primi vi compievano
pure il corso filosofico ossia Eceale. Questo arrecò due benefici
effetti. Quei giovani ricevettero la loro formazione salesiana nel-
l'ambiente più adatto che si potesse desiderare, perchè tutto com-
penetrato dallo spirito del Fondatore; anzi Don Bosco stesso si
occupava di loro ed era sempre a loro disposizione, qualunque
bisogno avessero spirituale o materiale. Non avrebbero potuto
trovare di meglio nel più tenero dei padri. Un altro vantaggio
toccò al Maestro dei novizi, vantaggio che ridondò a comune be-
neficio. Don Barberis, finchè il noviziato stette nell'oratorio,
conferiva col Santo per ogni minima cosa, sicchè alla sua scuola
si arricchì di esperienze, che gli permiserÒ poi di fare ottimamente
da sè a S. Benigno e di essere in seguito col moltiplicarsi dei novi-
ziati i1 Maestro dei Maestri.
De' suoi chierici nell'oratorio Don Bosco curava seriamente
la formazione intellettuale, per i1 che dava gran peso allo studio
della 6losofia. Si teneva informato di quanto facessero in quella
scuola discenti e docenti. Nel 1875 i1 principale professore di fi-
losofia doveva essere poco soddisfatto della sua scolaresca. Uomo
serio, piuttosto severo, dotato di forte ingegno e di fortissima
teapra esigeva forse più di quello che gli allievi potessero dare.
Chi conobbe Don Giuseppe Bertello, ha ravvisato qui le note ca-
ratteristiche di questo figlio dell'oratorio, che, accoltolo orfanello,
ne fece uno dei più ragguardevoli, stimati e influenti Salesiani.
Ora è probabile che un giorno egli avesse esposto al Santo per
lettera le proprie doglianze, tant'è che ne ricevette per iscritto
questi saggi ammonimenti: Io andrà facendo quello che posso
per risvegliare amore allo studio tra' tuoi allievi; ma t u fa' anche
quanto puoi per cooperarvi. 10 Considerali come tuoi fratelli;
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67.1 Page 661

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amorevolezza, compatimento, riguardo, ecco le chiavi del loro
cuore. z0 Farli soltanto studiare quello che possono e non più.
Far leggere e capire il testo del libro senza digressioni. 30 Interro-
garli molto sovente, invitarli ad esporre, a leggere, a leggere, ad
esporre. 4 O Sempre incoraggiare, non mai umiliare; lodare quanto
si può senza mai disprezzare, a meno di dar segno di dispiacere
quando è per castigo. Prova a mettere tutto ciò in pratica e poi
fammi la rjsposta D. Ecco un prezioso documento che ci permette
di cogliere in atto non solo l'esperto educatore, ma anche il padre
tutto sollecito del bene de' suoi figli.
Nella Casa Madre fioriva pure un corso teologico, nel quale
Don Bosco aveva chiamato a insegnare dotti sacerdoti di Torino,
suoi amici; ma egli voleva che i suoi chierici studiassero lavo-
rando. Perciò chi faceva scuola o assistenza, chi frequentava
l'università o si preparava a pubblici esami, e quasi tutti avevano
incombenze in oratori festivi. È: vero che queste occupazioni
sottraevano loro un tempo notevole; ma il Santo aveva qui una
teoria sua. Egli era convinto che senza qualche cosa da fare i
chierici si sarebbero applicati meno intensamente al proprio stu-
dio, mentre, incalzati da lavori estranei, imparavano a non per-
dere tempo e profittavano meglio di tanti altri (I).
Che poi gli studi teologici nell'oratorio andassero bene, se
non lo attestassero i voti riportati agli esami nel seminario, lo
attesterebbero alcuni fatti significativi. L'anno prima che il Go-
verno italiano sopprimesse la facoltà di teologia neile Università,
Don Bosco presentò per la laurea quattro dell'oratorio, fra cui
il chierico Berteilo. %si riuscirono tutti così bene, che il teologo
Banaudi, membro della Commissione esaminatrice, a chi andava
blaterando che i chierici di Don Bosco non studiavano, potè ri-
spondere che erano anzi i migliori di tutti. Cinque anni dopo la
detta soppressione, nel 1878, altri quattro il Santo presentò per
il dottorato in teologia presso la pontificia Facoltà del seminario.
resito fu egualmexte favorevolissimo per tutti, ma trionfale per
(I) BARaBRxs, Cron. cit., I 9 febbraio 1876.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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il chierico Luigi Piscetta, alla cui bravura sembrava contrastare
l'esiguità della minuscola persona. Egli viveva nell'oratorio dalla
prima ginnasiale; quanto abbia poi con la scienza, la prudenza,
e la virtù fatto onore alla Congregazione, non sono i Salesiani
soli a proclamarlo (I).
I1 mantenimento di una famiglia così numerosa e varia senza
che vi fossero entrate sicure, sembra che ne avrebbe dovuto tenere
in continuo orgasmo il capo. Invece nessuno lo vedeva mai acci-
gliato per imbarazzi finanziari; anzi una volta, saputo che Don
Rua aveva accantonato una somma per i casi imprevisti, ne lo
riprese e gl'ingiunse d'impiegarla a pagare qualche debito. Quella
prudenza umana gli parve un segno di sfiducia nella Provvidenza
divina. E in questa egli riposava tranquillo, meritandosene l'as-
sistenza con le preghiere dei figli e col mettere da parte sua in
pratica il proverbio: Chi s'aiuta, Dio l'aiuta. A quanti e in quante
guise e con quali sacrifici egli stendesse la mano, lo dicono le
Memorie Biopafi-he.
Casa Madre è propriamente il titolo di quella, ove risiede il
governo di un sodalizio religioso. Tale era appunto l'oratorio,
Di qui partiva il personale ivi stesso preparato, di qui le direttive
ai Soci e ai Cooperatori, di qui le pratiche per fondazioni; qui
poi come a centro si ripercoteva la vita della periferia. Con pa-
terna familiarità Don Bosco, specialmente nelle "buone notti ",
metteva tutti a parte di ciò che facevano i Salesiani in Italia, in
Francia, nella Spagna e nell'iimerica, sicchè anche i giovani fi-
nivano con avere in conto di proprie le cose della Congregazione.
Ma non consisteva tutta nel fin qui detto la singolarità di questa
Casa Madre. Finchè visse Don Bosco e anche per una ventina
d'anni dopo, quando la mole degli affari non opprimeva ancora
i Superiori maggiori, costringendoli ad appartarsi con i loro aiu-
tanti, essi familiarizzavano abitualmente con i giovani, che li
(I) I1 Card. Alimonda lo fece Dottore Collegiato e professore di teologia morale nel se-
minario arcivescovile dove insegn6 per ben 4 4 anni. lasciando nel clero torinese un ricordo
imperituro di dottrina e di virtù. Un g i o m lo presentò a Leone XIII, dopo avergliene fatti
grandi elogi. Quel Papa. vedendolo così piccolo, disse a Sua Eminenza con il suo fare soste-
nuto: Tiintillur ef trzntus?
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67.3 Page 663

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- Capo L X L'Oratorio di S . Ffrmcesco di S a h
circondavano nel cortile e si affollavano co2 la massima confi-
denza nei loro uffici, financo per godervi un po' di tepore durante
le ricreazioni invernali, poichè non esistevano riscaldamenti al-
l'infuori di stufette in alcune stanze dei Capitolari. Tanta farni-
liarità produceva su di essi i suoi effetti, sia facendo loro amare
l'oratorio, sia affezionandoli aLia Congregazione. Quante voca-
zioni salesiane maturarono insensibilmente in un'aura cosi ca-
salinga!
Sorge ora spontanea la domanda: Che è presentemente del-
SOratoxio? L'Oratorio continua a essere la Casa Madre, come al
tempo di Don Bosco e sebbene per necessità di cose meno intimo,
perdura tuttavia il contatto dei Superiori primari con i giovani,
fatti segno spesso a manifestazioni di loro benevolenza; continua
anche a essere la Casa di Don Bosco. I1 popolo la chiama ancora
cosi, e meritamente; giacchè, se la persona di Don Bosco è oggi
un semplice ricordo storico, per quanto resa sensibile dalla pre-
senza delle sue sacre spoglie, vibrano però sempre neli'ambiente
tre cose emanate ed emananti da lui: sano spirito di famiglia,
soda pietà e santa allegria. Quindi avviene che gli ex-allievi degli
ultimi tempi, non meno di quelli dei tempi di Don Bosco, sentano
vivamente la nostalgia deii'oratorio e anelino di rivederlo. Vi
s'incontrano talora anche alti personaggi, che si aggirano per i
cortili e sotto i portici, ricercando con commozione i luoghi testi-
moni della loro prima adolescenza. Non il ricordo di agi goduti
ve li trae: troppe cose mancarono sempre, iino a parecchi lustri
dopo la morte di Don Bosco, perchè materialmente piacevole
potesse dirsi la vita neii'Oratorio. Ma c'era quella pace e conten-
tezza del cuore, di cui torna alla mente il pensiero, quasi rim-
pianto di un gran bene perduto. Questo si ripeterà sempre, finchè
aleggerà fra le mura dell'oratorio lo spirito di Colui, che qui pose
la base del rinnovamento di sistemi e metodi neii'educazione
delia giovatù.
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67.4 Page 664

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CAPO LXI
Le scuole professionali.
Per misurare tutta la portata deiie scuole professionali di
Don Bosco bisognerà aspettare di vederne il meraviglioso svi-
luppo neli'aritico e nel nuovo Co2tinente sotto i successori del
Santo; egli però diede l'indirizzo e l'avviamento, donde si potè
procedere ai piogressi ulteriori. Qui non ci spingeremo più in là
dei limiti di tempo assegnati al presente volume.
Trattando di questo argomento, non bisogna lasciar pensare
che noi si voglia vantare Don Bosco quasi precursore deii'arti-
gianato giovanile. Altri lo precedettero in questa sfera di atti-
vità. Basta leggere le vite di un Calasanzio, di un Emiliani, di
un La Salle, perchè nel loro apostolato a favore deiia gioventù
povera e abbandonata ci paia di vedere queiio che fece Don Bosco
in sul principio deiia sua Opera: è cosa che risponde alla perenne
missione deiia Chiesa. Egli tuttavia ci mise pure del suo, spe-
cialmente neli'armonizzare l'istituzione con l'indole dei tempi e
nell'imprimerle il proprio metodo educativo.
La generazione venuta su di recente è meno atta ad apprez-
zare quanto fece Don Bosco al tempo suo, perchè i Governi,
affrontando la questione del giorno, che era la questione sociale,
presero a interessarsi anche deiia gioventù lavoratrice e con i
mezzi di cui dispongono, hanno creato e creano scuole professio-
nali attrezzate di tutto punto, si da far scomparire al confronto
gli ospizi di Don Bosco. Per altro il merito suo è acquisito alla
storia nè si può dire che neiia nobile gara il suo compito sia esau-
rito: lo spinto da lui immesso in questa parte deiia sua Opera non
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LXI
è sostituibile da sontuosi apparati materiali. Lo dimostrano le
aztorità stesse dello Stato che nel compilare i loro programmi
professionali sentono la necessità di attingere alla lunga e sempre
viva esperienza dei figli di Don Bosco e non solo non tendono a
soffocarne le scuole di arti e mestieri, ma desiderano vederle fio-
rire a comune vantaggio e modello. Anzi in certi casi mostra-
rono di preferire che di dette scuole non si modificasse il tipo
primitivo, come più rispondente a bisogni sociali, a cui men
bene provvedono le scuole di Stato..
Diamo uno sguardo al divenire deli'opera attraverso labo-
riose esperienze. Don Bosco stesso ne ricapitolò le fasi nel 1885.
Gliene porse il destro l'oggetto di una discussione apertasi nel
Capitolo Superiore; rifece aliora la storia de' suoi artigiani ne .
l'oratorio dal punto in cui, cessato di sparpagliare i giovani per
le officine delia città, aveva stabilito laboratori in casa (I), ed
enumerò i vari esperimenti tentati prima di arrivare a una sod-
disfacente sistemazione. Primo esperimento: capi esterni, eser-
citanti autorità da padroni di bottega, corrispondendo un pic-
colo salario ai giovani. Non andava, perchè gli alunni erano trat-
tati da servitori e sottratti ali'autorità del Superiore;resa im-
possibile la sorveglianza; non rispettato l'orario, ma fatto diperi-
dere dali'urgenza dei lavori. Intanto nei contratti i capi tiravano
l'acqua al loro mulino con danno delia casa. Secondo esperimento:
obbligare i capi a portarsi i ferri del mestiere, provvedendoli solo
ai giovani l'oratorio. Mora i capi per risparmiare i propri stru-
m&ti adoperavano quelli dei ragazzi. ~ o Bnosco pattuì poi che
parte dei ferri sarebbe messa da lui a disposizione dei capi e parte
l'avrebbero portata essi; ma non si stava ai patti. Incaricò i capi
di provvedere a conto suo i ferri per loro e per i giovani; ma na-
scevano questioni per i ferri rotti o scomparsi o usati fuori del
tempo di lavoro. Inoltre scoppiavano sempre dissensi sulie mo-
dalità dei lavori, lamenti per negligenze neil'insegnare, diverbi
sui guadagni. Terzo esperimento: assumersi Don Bosco tutta la
( I ) Verb. del Ce$. Su$., 14 dicembre 1885
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Le scuole prgfessiondi
~esponsabilitàmorale e amministrativa, lasciando ai capi unica-
mente l'incarico d'insegnare. Ma i capi, scorgendo giovani più
svelti e capaci, li trascuravano a bello studio, anzi li tenevano
apposta indietro, per tema che tosto o tardi dessero loro lo sgam-
betto. Da tante disdette Don Bosco inferì che con capi esterni
si sarebbe tornato sempre al sicut erat; onde e venne al quarto
esperimento: emanciparsi totalmente dagli elementi estranei e,
come si dice, far fuoco con proprie legna.
Ma intanto gli era toccato di superare una prova d'altro ge-
nere: aveva dovuto destreggiarsi per iscansare gli urti causati
da gelosie di mestiere e da timori di concorrenze. La più grossa
questione fu quando impiantò la tipografia. I1 consorzio dei ti-
pografi torinesi levò alti clamori, perchè il Municipio ne ordi-
nasse la chiusura, adducendo la ragione che Don Bosco poteva
accordare maggiori facilitazioni sui prezzi. Ma egli dimostrò che
i suoi tipografi e legatori lavoravano per le scuole deii'oratorio,
per le L e t t u e Cattoliche e per altre Associazioni interne. Col tempo
lo lasciarono in pace, benchè allargasse la produzione. L'espe-
rienza l'aveva già persuaso di dover adottare il principio che il
lavoro agli artigiani lo dessero gli studenti. Gli giovò a questo
l'aver unito nell'oratorio ai primi i secondi, che abbisognavano
di chi li vestisse, li calzasse e fornisse loro i libri. Venuta poi la
necessità di costruire, venne pure il momento dei falegnami e
dei fabbri ferrai. Lo stesso procedimento tenne fondando altri
ospizi, dove continuò a unire artigiani e studenti, sicchè da prin-
cipio non sorgessero pericolose apprensioni, quasi che i Salesiani
volessero togliere ad altri il lavoro. Una volta poi avviate le cose,
l'evidente scopo caritatevole o filantropico, a secondo delle men-
talità, guadagnava le simpatie del pubblico e si era lasciati vi-
vere in pace.
Torniamo ora alla sistemazione interna degli artigiani. Finchè
non fu possibile fare a meno di capi venuti da fuori, Don Bosco
si ridusse a esonerarli da ogni ingerenza discipiinare ed econo-
mica, affidando queste mansioni a Coadiutori salesiani, i primi
dei quali furono Giuseppe Rossi, Giuseppe Buzzetti eper-la ti-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LXI
pografia e legataria il Cav. Oreglia di S. Stefano. Ma come pro-
cacciarsi maestri d'arte suoi? Col tempo e con la pazienza matu-
rarono le nespole.
Nell'Oratorio agiva anche sull'animo degli artigiani lo v i -
rito di pietà che dominava gli studenti, sebbene con minore effi-
cacia, perchè quelli, essendo più materiali, si mostravano un po'
refrattari a certe impressioni. Tuttavia Don Bosco c'era anche
per essi, nè ve ne mancarono mai di quelli che si sentivano mag-
giormente attratti verso di lui e che egli veniva lavorando con
cura speciale nell'intento di farli suoi. Questi tali fuiivano facil-
mente con decidersi a stare sempre con Don Bosco, della quale
espressione noi conosciamo già il valore che le si dava nell'orato-
rio. Orbene, una volta che costoro fossero accolti a far parte della
Società in qualità di Coadiutori, essi rientravano maestri in quei
laboratori dov'erano stati allievi; andavano inoltre come maestri
d'arte in noveiie fondazioni italiane ed estere. Così a poco a poco,
eccettuato per alcun tempo qualche caso sporadico, tutti i labo-
ratori salesiani obbedivano solamente a capi salesiani. Non basta.
Mentre questi capi attendevano a insegnare, assistenti chierici
avevano la loro cattedra in ogni laboratorio per vegliare sulla
disciplina; inoltre un catechista degli artigiani curava la vita
religiosa e morale di tutti, e alquanto più tardi anche un consi-
gliere professionale ne promoveva il profitto nell'arte e nello studio,
stando entrambi questi superiori sempre agli ordini del Diret-
tore. Oggi tutto ciò non ha l'aria una rivelazione, perchè tale
è da u n pezzo l'ordinamento generale; ma si pensi che prima di
Don Bosco nessuno aveva fatto così e che per creare questo nuovo
ordine di cose anche lui multa tulit, sudavit et alsit.
Riassumendo diremo che lo svolgersi dell'artigianato giova-
nile istituito da Don Bosco percorse quattro stadi. A un primo
stadio iniziale di artigiani senza laboratori ne seguirono un se-
condo di transizione con laboratori e con scuole più o meno re-
golari, ma con capi esterni, e un terzo con maestri d'arte tutti
salesiani. Nelle scuole annesse ai laboratori gli artigiani impara-
vano a leggere, scrivere e far di conto, e alquanti di essi anche il
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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francese e il disegno. Ma Don Bosco non intendeva di fermarsi
là; erano suo ideale vere scuole professionali; questa fu l'opera di
un quarto tempo, di cui Don Bosco potè vedere soltanto l'aurora.
Vederla, ma dopo averla fatta spuntare. Don Bosco nel 1886,
.poco più d'un anno prima deila sua morte, convocò e presiedette
il quarto Capitolo Generale, in cui furono ventilati i miglioramenti
da introdurre fra gli artigiani. Ne risultò un insieme di norme,
poche ma fondamentali, che, formulate sotto gli occhi di Don
Bosco e da lui comunicate alle case, formano quasi una 9arva
charta deile scuole professionali salesiane per ogni luogo e tempo.
Gli anni posteriori arrecarono sviluppi e consigliarono applica-
zioni; ma è là in germe tutto il programma (I).
I1 Capitolo comincia a determinare bene il fine, per cui la So-
cietà si occupa di giovanetti artigiani: << I1 fine che si propone
la Pia Società Salesiana neil'accogliere ed educare i giovanetti
artigiani si è di ailevarli in modo che, uscendo daile nostre case
dopo aver compiuto il loro tirocinio, abbiano appreso un mestiere
onde guadagnarsi onoratamente i1 pane deila vita, siano bene
istruiti nella religione e abbiano le cognizioni scientifiche oppor-
tune al loro stato ».
Posto questo fine, il Capitolo ne deduce che triplice debba
essere l'indirizzo da darsi alla loro educazione, cioè religioso-
morale, intellettuale e professionale. Le prescrizioni concernenti
l'indirizzo religioso e morale si può ben pensare di che tenore
siano. Notevole la terza: «Si usi ogni cura perchè sappiano di
essere amati e stimati dai Superiori, e questo si ottiene con quello
spirito di vera carità, che viene raccomandato dal santo Van-
gelo*. Con tale awertimento si volle senza dubbio mettere in
guardia i Superiori dal pericolo di mostrarsi inciinati a favorire
e accarezzare più gli studenti che gli artigiani, la qual cosa in-
disporrebbe i secondi e sarebbe fonte di molti guai.
Veniamo piuttosto agli altri due indirizzi, che mirano pro-
priamente al necessario per costituire le scuole professionali. L'in-
( I ) Delibevaziai del temo e Quarto Capitolo Generale della P. S . S. S. Benigno C w v e s e
1887, 111, O 2, pgg. 18-22.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

67.9 Page 669

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capo LXI
dirizzo intellettuale ha per oggetto di ottenere che gli alunni arti-
giani durante il loro tirocinio professionale conseguano un corredo
di cognizioni letterarie, artistiche e scientifiche, le quali siano
poi loro non solo indispensabili, ma anche semplicemente utili
neii'esercizio della professione. Si stabilisce perciò che:
I. Abbiano ogni giorno, finito il lavoro, un'ora di scuola, e per coloro che
ne avessero maggior bisogno si faccia anche scuola il mattino dopo la messa della
comunità fino al tempo di colazione. Dove poi le leggi richiedessero di più, con-
verrà adattarsi a quanto è prescritto.
z. Sia compilato un programma scolastico da eseguirsi in tutte le nostre
Case di Artigiani, e vengano indicati i libri da leggere e spiegare nella scuola.
3. Si classifichino i giovani dopo d'averli sottoposti ad un esame di prova,
e si affidi la loro istruzione a maestri pratici.
q. Una volta alla settimana un Superiore faccia loro una lezione di buona
creanza.
5. Nessuno possa essere ammesso a scuole speciali, come di disegno, di
lingua francese, ecc. se non è sufficientemente istruito nelle cose spettanti alle
classi elementari.
6. Alla fine dell'anno scolastico si dia un esame per constatare il profitto
di aascun alunno e siano premiati i più degni.
7. Quando, finito il suo tirocinio, un giovane volesse uscire dall'lstituto,
gli si consegni un attestato notando distintamente il 'suo profitto neil'arte o me-
stiere, nell'istruzione e buona condotta.
La compilazione di un programma unico per tutte le case, la
razionale classificazione dei giovani, la regolarità dell'insegnamento
elementare e gli esami finali sono certo mezzi efficaci per far pro-
fittare gli alunni, procacciando loro un'istruzione che elevi il
laboratorio al grado di autentica scuola professionale. Anche il
premio ha il suo valore come stimolante. Da prima neii'oratorio
si faceva la premiazione soltanto degli studenti; ma dal 1871 fu
estesa pure agli artigiani. Si noti anche la clausola sull'adattarsi
alleleggi circa l'ampiezza del programma didattico. Già si pre-
vedeva cb.e con i'imporsi della questione sociale i vari Stati si
sarebbero interessati sempre più deli'artigianato giovanile. L'aver
tenuto nel debito conto queii'inciso portò col tempo a meritare
il riconoscimento ufficiale delle nostre scuole professionali da
parte dei Governi.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

67.10 Page 670

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I1 Capitolo non si contenta che i nostri alunni artigiani coxio-
scano bene la loro professione, ma vuole che la sappiano eserci-
tare con profitto e perciò somministra norme pratiche per far
loro acquistare non solo l'abilità a eseguire i diversi lavori, ma
anche l'abitudine a compierli con prestezza. Per raggiungere
l'abilità il Capitolo sancisce quanto segue:
I. Secondare possibilmente l'inclinazione dei giovani nella scelta dell'arte
o mestiere.
2. Provvedere abili ed onesti maestri d'arte anche con sacrificiopecuniario,
affinchè nei nostri laboratori si possano compiere i vari lavori con perfezione.
3. I1 Consigliere professionale e il maestro d'arte divida, o consideri come
divisa la serie progressiva dei lavori che costituiscono il complesso deli'arte in
tanti corsi o gradi: pei quali faccia passare gradatamente l'alunno, così che questi
dopo il suo tirocinio conosca epossieda completamente l'esercizio del suo me-
stiere.
4. Non si può determinare la durata del tirocimo essendochè non tutte
le arti richiedono egual tempo per apprenderle, ma per regola generale può fis-
sarsi a cinque anni.
5. In ogni casa professionale nelt'occasione della distribuzione dei premi
si faccia annualmente un'esposizione dei lavori compiuti dai nostri alunni, ed
ogni tre anni si faccia un'esposizione generale, a cui prendano parte tutte le nostre
case d'artigiani.
I1 primo articolo è ispirato al saggio criterio pedagogico del
conformarsi nell'educazione e nell'avviamento dei singoli indivi-
dui " al fondamento che natura pone " (I). I1 secondo si riferisce
alle diligenze che si debbono mettere nel preparare buoni maestri
d'arte salesiani. La graduazione poi dei lavori, il tirocinio quin-
quennale e le esposizioni generali offrono indubbiamerlte modo,
tempo e stimolo a sodi progressi.
Per conseguire infine la prestezza nell'esecuzione dei lavori
il Capitolo ritiene giovevole un controllo, che mediante un voto
settimanale di lavoro, distinto dal voto di condotta, faccia toc-
care con marlo al giovane quello che ha e quello che gli manca
per essere ua solerte lavoratore e quindi ne sia stimolata la sua
diligenza. Sempre per addestrare aila prestezza, si propone ap-
presso di u distribuire il lavoro a cottimo, stabilendo un tanto
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68 Pages 671-680

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68.1 Page 671

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cnpo LXI
per cento pel giovane, secondo un sistema preparato dalia inca-
ricatane Commissione >>M. a la proposta non ebbe seguito, perchè
una pratica simile avrebbe potuto dare alla scuola apparenza di
azienda industriale con scopo di lucro, mentre si sa bene quanto
gravino sui bilanci delie case le scuole professionali.
Da ultimo il Capitolo, volgendo la sua attenzione alle case
dove si formano i futuri maestri d'arte, raccomanda che siano
ben fornite del materiale occorrente a perfezionarsi nelle diverse
professioni e che si diano loro per insegnanti i migliori capi ar-
tisti salesiani.
Ecco dunque il tesoro di esperienze che Don Bosco metteva
nelle mani de' suoi figli. Incamminati su questa via egli potè ve-
dere, oltre l'oratorio, gli ospizi di Sampierdarena, Nizza Marit-
tima, Marsiglia, Barceliona e Buenos Aires. L'Oratorio aveva
dato luminoso saggio del suo attrezzamento e del suo buon in-
dirizzo neli'Esposizione del 1884 (I). Dell'ospizio di Sampierda-
rena Don Riia aveva detto un po' scherzevolmente nel 1877 ai
Direttori adunati: < I o devo'parlare con un poco d'invidia di
questo ospizio, perchè minaccia di sopraffare l'oratorio >>C. ade in
queli'anno l'impianto di quella tipografia, che fu la seconda nella
Congregazione. Del Patronage.di Nizza scriveva nel 1883 un gior-
nale (2): << II Regolamento delia casa ripartisce le ore delia gior-
nata fra il lavoro manuale e lo studio. Dalle otto del mattino
fino alle sei pomeridiane, interrotte dal pranzo e dalla ricreazione,
i laboratori sono in piena attività; dopo vi è scuola di religione,
di francese, di musica e delle materie necessarie per formzre gio-
vani operai intelligenti e onesti. Nel percorrere questi laboratori
si provano le più care emozioni ed è una vera gioia il trovarsi
in mezzo a questa gioventù che cresce sotto l'egida dei figli di
Don Bosco. B Per il Patrolzage marsigliese già nel 1880 la già ci-
tata monografia, compilata da un sacerdote della città, descri-
veva con ammirazione i progressi e i risultati ottenuti (3).Le cose
( I )Cir. qui innanzi,pag. 688.
(2) Eclaiv, 31 marzo 1883.
(3) Cfr. sopra, pag. 341.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

68.2 Page 672

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Le sniole professionali
presero tale incremento, che non si h i v a mai di ampliare il fab-
bricato. A Barcellona la presenza di Don Bosco nel 1886 diede
vigoroso impulso alla continuazione e all'ingrandimento dell'o-
pera; egli pronosticò o predisse allora che gli alunni avrebbero
raggiunto il numero di cinquecento, e così awenne. Scriveva un
redattore di giornale, che visitando quei Talleres aveva scorto
nell'organizzazione delle scuole e nel personale addetto indizi
certi di vitalità (I). A Buenos Alres le scuole del libro, dell'ago e
del legno riportarono premi lusinghieri a unJEsposizione Conti-
nentale del 1882, e la crescente riputazione di quelle scuole mo-
veva le Autorità di altre Province e i Governi di altre Repubbliche
a presentare domande per averne anche presso di loro; ma nuove
fondazioni americane di tal genere non furono potute intrapren-
dere se non dopo che il santo Fondatore era già salito al Cielo.
Svolgimento assai minore ebbero le scuole di agricoltura, pur
destinate a grande awenire; difettava ancora il personale sale-
siano adatto. Don Bosco rilevò soltanto le due dissestate e lan-
guenti colonie agricole della Navarre per orfani e di Saint-Cyr
per orfane, che rialzò da terra e mise in efficienza (2). Della prima
nel febbraio del 1881 disse ai Cooperatori di Marsiglia: eCette
ferme vient de se développer merveiileusement ». E parlando in
pubblico della seconda a Nizza nel 1883 fece questa osservazione:
e Nelle campagne i pericoli e le seduzioni per le povere orfanelle
sono maggiori che non per i giovanetti, perchè per guadagnarsi
il pane debbono ordinariamente andare in città e con facilità
diventano vittime della corruzione. Era dunque necessario pen-
sare alle orfanelle della campagna, ed anche a questo si è prov-
veduto. Eccovi la casa di St-Cyr aperta a questo scopo. Una qua-
rantina di fanciulle sono ivi mantenute, istruite, educate; lavo-
rano la terra, ricevono l'istruzione iniellettuale, religiosa e mo-
rale; imparano ciò che è conforme al loro sesso e alla loro condi-
zione, e così si preparano all'awenire P.
Degli artigiani in genere Don Bosco pronunciò e commentò
( I ) Diano de Barmlona, 10 maggio 1886.
( 2 ) ffr. Sopra. pag. 346-50.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

68.3 Page 673

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capo LXI
una parola che non deve cadere nell'oblìo, ma aversi presente
più oggi che allora, data l'elevazione odierna della classe operaia
e quindi la tentazione di cercare una cultura che faccia avere a
disdegno la vita deii'officina, della bottega o della campagna.
Nell'annuale adunanza degli ex-ailievi sacerdoti, tenuta il IO agosto
1881, parlò così: u Io non voglio che i miei figli siano enciclope-
dici; non voglio che i miei falegnami, fabbri, calzolai siano awo-
cati; nè che i tipografi, i legatori e i librai si mettano a farla da
filosofi e da teologi. A me basta che ognuno sappia bene quello
che lo riguarda; e quando un artigiano possiede le cognizioni utili
ed opportune per esercitare la sua arte, ne sa quanto è necessario
per rendersi benemerito della Società 9.
Son menzionate qui le benemerenze sociali. L'importanza della
scuola di lavoro risplendeva tanto più chiara alla mente di Don
Bosco quanto maggiormente si acuiva la questione sociale. In
una recente opera di pedagogia leggiamo (I): uMarx aveva già
lanciato il suo manifesto ai proletari. La scuola liberale si attar-
dava in vane polemiche. Urgeva andare incontro ai lavoratori
in un'ora in cui l'industria si sviluppava con ritmo crescente.
Don Bosco aprì per i figli del popolo le sue scuole professionali,
dove essi furono educati insieme ad apprendere il mestiere e ad
amarlo, avendo di mira la perfezione deli'opera e l'attuazione
della volontà di Dio, che non può essere se non la perfezione anche
dell'abilità tecnica che impegna le energie morali, plasmando il
carattere >>.
Ma Don Bosco possedeva realmente la coscienza della virtù
di preservazione sociale inerente ail'opera sua? Senza dubbio,
e coscienza limpidissima. Ne abbiamo prove sicure. A Buenos
Aires il Presidente generale delle Conferenze di S. Vincenzo aveva
avuto una parte notevole nella fondazione di queii'ospizio. Don
Bosco, scrivendogli il 30 settembre 1877, gli precisava così il
proprio pensiero circa l'opera intrapresa: u Raccomando l'ospizio
dei poveri fanciulli per arti e mestieri. L'esperienza ci fa persuasi
che questo è l'unico mezzo per sostenere la civile società: aver
- ( I ) M . A c o s r ~ V . CHIZZOI,IMXagIi, stero. Brescia. La S:uola u editrice 1840. Pag. jzz.
658
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

68.4 Page 674

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cura dei poveri fanciulli. Raccogliendo ragazzi abbandonati,
coloro che sarebbero per sempre il flagello della società civile,
diventano buoni cristiani, onesti cittadini, gloria dei paesi ove
dimorano, decoro della famiglia cui appartengono, guadagnandosi
col sudore e col lavoro onestamente il pane della vita ».Più chiaro
e più energico fu a Lione nell'ottobre del 1883. Un buon sacer-
dote, dopo essere stato un mese nell'oratorio per osservare come
funzionassero i laboratori, aveva iniziato colà un ospizio per ar-
tigiani e volle dare un ricevimento in onore di Don Rosco. 11
Santo, presa la parola davanti a un eletto uditorio, domandò:
<Sapete voi dove stia la salvezza della società? P. E dopo un
istante di pausa riprese: <<Lasalvezza della società è, o signori,
nelle vostre tasche. Questi fanciulli raccolti dal Patromage e quelli
mantenuti dali'Buvre des ateliers attendono i vostri soccorsi. Se
voi adesso vi tirate indietro, se lasciate'che questi ragazzi diven-
tino vittime delle teorie comunistiche, i benefici che oggi rifiutate
loro, verranno a domandarveli un giorno, non più col cappello
in mano, ma mettendovi il coltello alla gola e forse insieme con
la roba vostra vorranno pure la vostra vita ».Tenne un linguaggio
non meno forte a Barceliona neli'aprìle del 1886. Rivolgendo un
breve discorso ai membri di un'aristocratica Società Cattolica
radunatasi per onorare la sua persona, disse: u Come città indu-
striale Barceliona ha più interesse d'ogni altra a proteggere i
Talleres salesiani. Da simili case escono annualmente molti gio-
vani utili alla società, i quali vanno nelle officine e nei laboratori
a diffondere le buone massime; così stanno lontano dalle carceri
e dalie galere e si cambiano in esempi viventi di salutari principi
I1 giovane che cresce per le vostre strade, vi chiederà da prima
una limosina, poi la pretenderà ed i n h e se la farà dare con la
rivoltella in pugno P.
Chi non conosceva Don Bosco, potè pensare che a Don
Bosco premessero unicamente gl'interessi spirituali de' siioi gio-
vani. Egli mirava a formare buoni cittadini non solo per la pa-
tria celeste, ma anche per quella terrena, due intenti fatti non
per andare disgiunti, ma per completarsi a vicenda.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

68.5 Page 675

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CAPO LXII
I1 sistema preventivo.
Vi è una parola di Don Bosco che potrebbe prestarsi a false
interpretazioni. Nel 1886 il Superiore del seminario di Montpeliier
gli aveva scritto, chiedendogli quale fosse il suo metodo educati-
vo (I). I1 Santo, letta la lettera, esclamò: - Il mio metodo si
vuole che io esponga. Mah! Non lo so neppur io. - Fu pura
modestia la sua o egli intese significare di non aver avuto una
precisa linea di condotta neiia sua opera educativa, ma di es-
sere proceduto piuttosto aila buona, empiricamente? Come erre-
rebbe chi vedesse qui una modestia puramente formale, così
andrebbe lungi dal vero chi attribuisse al Santo l'aver agito
lasciandosi regolare dal caso.
Modestia vi fu nell'espressione di Don Bosco, ma non contro
verità. La modestia si limitò a non lasciar credere che egli fosse
autore di un sistema radicalmente nuovo nel campo deii'educa-
zione; ma la verità non gli av~ebbemai permesso d'indurre a
pensare che avesse operato a vanvera, senza cioè un indirizzo
preciso, voluto e perseguito.
Se questo avesse avuto in animo di dire, non si sarebbe sal-
vato da varie contraddizioni. Contraddizione col seguito stesso del
suo discorso; poichè dopo continuò: -Sono sempre andato avanti
come il Signore m'inspirava e le circostanze esigevano. - I1 che
in ultima analisi vuol dire che si guidava coi lumi deila sapienza
divina e coi dettami della saggezza umana. Per quello che si n-
( I ) Lettera z luglio 1886.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

68.6 Page 676

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ferisce a ispirazioni dali'alto, ha una buona osservazione il Ca-
sotti, dove dice (I): <La scienza dispensata da Dio ai suoi eletti
per vie straordinarie, lungi dal valer meno deiia scienza conse-
guita per le vie ordinarie, deve valere assai più. Dio non dà rive-
lazioni o visioni pratiche che non siano anche teoriche >>.D'altra
parte l'esperienza, aiutando a conoscere le cose, è madre di scienza.
Contraddizione maggiore con quanto aveva scritto in lode &.un
determinato sistema pedagogico, da lui preferito come norma
teoretica e indirizzo pratico. Contraddizione stridente con le sue
reiterate raccomandazioni ai Salesiani di attenersi strettamente
a questo modo di concepire e di attuare la missione educativa
loro ailidata.
Don Bosco accennò a ispirazioni del Signore e a esperienze
personali; ma tacque di un terzo elemento fondamentale, che
non spettava certo a lui di rilevare. Ebbe da natura spiccata
inclinazione e doti esimie per essere educatore. Lo diede a ve-
dere ancor fanciullo tra fanciulli, considerando i suoi coetanei
non solo come compagni di gioco, ma come anime da avviare
al bene. Che dico fanciulli? Non palesò questo suo naturale istinto
perfino con animali irragionevoli? Allora infatti non addestrò nel
canto un uccello in gabbia e non si rese obbediente e affezio-
nato il bracco di suo fratello? ( 2 ) . Al pari di chi nasee poeta o
musico o filosofo, Don Bosco nacque educatore.
Nessuno ignora che il santo educatore si ispirava al così detto
sistema preventivo, sistema non certo inventato da lui, ma da
lui applicato con forme nuove e geniali e mercè l'esempio suo e
de' suoi divulgato anche fuori degli ambienti salesiani.
Trattando di questo argomento, chi dice sistema, chi dice
metodo, chi usa indifferentemente l'uno e l'altro vocabolo, che
non sono davvero sinonimi. Sistema è propriamente un'organica
coordinazione d'idee in base a certi principii, e per metodo s'in-
tende la maniera d i tradurle in atto per il conseguimento di un
(I) M. Casorrr, S.Giovanni Bosco. Il metodo pueuentivo. Soc. e d . u La Scuola », Brescia.
pag. 7.
(2) Mem. Biogr., vol. I, pgg. I 18 e 2jg.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LXII
dato fine. Nel caso nostro pertanto chiameremo sistema pedago-
gico di Don Bosco l'insieme degli elementi che costituiscono la
dottrina pedagogica del Santo, e metodo diremo il suo modo di
procedere neii'applicazione del sistema. Or dunque da quali capi-
saldi moveva egli nella sua operosità educativa e per quali vie
andava verso la nièta?
A primo aspetto l'attività educativa di Don Bosco non pre-
senta se non una molteplice varietà di atti e di fatti; ma, guar-
dando bene addentro con l'occhio illuminato daiia scienza, vi si
scorge .un nucleo di elementi positivi, sotto il cui influsso si coor-
dinano le svariate azioni cospiranti ali'intento fulale. C'è in altri
termini un disegno dalle linee nette e sicure, un disegno sistema-
tico insomma, che forma lo sfondo dottrinale deii'attività pratica
e armonicamente la inquadra.
Donde apprese Don Bosco i1 sistema, sul quale si regge la
sua pedagogia? Non si può dire che abbia avuto esempi dinanzi
agli occhi, se nbn fosse per ragione dei contrari. Nella prima metà
dell'800 imperava neiie scuole la disciplina del "verbo imbeccato
a suon di nerbo ". Basta leggere le autobiografie deli'Aifieri e
del D'Azeglio, certi scritti del Manzoni e del Giusti, certe allu-
sioni e affermazioni del Parini (I) e altre testimonianze contem-
poranee per formarsene un concetto. Tanto neiie scuole pubbliche
che nelle private, ~edanteriae severità si davano la mano per
ottenere dagli adolescenti un profitto che si sarebbe potuto otte-
( I ) I1 Parini rammentava quello che aveva patito egli pure ( I l Mattino, v. 26-30).
menzionando
gueruli recinti
Ove l'arti migliori e le scZenze
Cangiete i n mostri e i n vane ovvi& larve
Fan 2e capui uSlb echeggia? sempre
Di giovanili stvida.
Anche il Giusti, di cui la citazione dei testo (Gl'inzmobiii e i semouenti), riportaedo i
versi del Parini (L'Educazione), nei quali entra la frase "utili trastulli" commentainnota
(Discorsoslrlla vita e opere dal Parini):<i Chiamare utilii trastulli quasi ottant'annifa,quando
per lo piu il trastullarsi era caso di nerbo reverendkho, cosa da far mettere il busto del
Parini in capo di scala a tutte le scuole infantili ». Non mancavano però individui migliori
del sistema, come il Giusti stesso ebbe a sperimentare nel collegio Zuecagni di Firenze. dove
trovò un professore e un prefetto, noi diremmo assistente, dei quali fa onorata menzione.
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I1 sistema preuentivo
nere anche, anzi meglio con metodi non militareschi, del milita-
rismo d'allora, ma ispirati a compreosione della psicologia gio-
vanile. Dico anche nelle scuole private, benchè rette da buoni e
bravi ecclesiastici, vittime essi pure, chi più chi meno, della tra-
dizio~ee deli'ambiente (I). Non si può affermare neppure che
Don Bosco abbia attinto il suo sistema da libri o da maestri, seb-
bene in età matura abbia letto e ascoltato, non già per orientarsi,
ma per arricchire le sue esperienze.
Del sistema preventivo ebbe la prima nozione nel celebre
sogno fatto a nove anni. Al vedere una turba di birichini che ne
facevano di ogni colore, gli era parso di avventarsi nel mezzo per
reprimerne le insolenze. Lo faceva menando furiosamente le
mani, quando una misteriosa Signora lo cavò dalla mischia, ne
calmò lo sdegno e lo ammonì che bisognava invece prevenire
mediante istruzioni impartite con dolcezza e carità. Nel sogno,
che fortemente lo colpì, egli intrawide h d'allora la sua futura
missione e il modo di effettuarla. Cominciò senza indugio a met-
tere in pratica con i suoi coetanei l'insegnamento ricevuto, fìnchè
l'intuizione psicologica, lo spirito sacerdotale, il tradizionale in-
segnamento della Chiesa e la scuola deii'esperienza gli sommi-
nistrarono tutto quel corredo di elementi, che resero fecondo il
suo apostolato e che lasciò in eredità a' suoi figli. Quali fossero
questi elementi, noi lo possiamo desumere da sue manifestazioni
(I) Don Lemoyne (Mem. Biogr., v01 I, pag. 389) pubblica una curiosa lettera da lui
rinvenuta neUo scrittoio di Don Bosco, al quale fu indirizzata nel seminario di Chien il 26
gennaio 1836 da un compagno studente in una casa di educazione. È un documento che ha
il suo valore. L'amico detto della e nauseante noia e fastidio che di continuo ha indosso u
entro e quattro miserabili e strette mura o. continuava: a Sono, lasciami dir così, tra i mar-
tirii ed i fulmini, vale a dire che i professori nostri di continuo ci perseguitano. Quello di lo-
gica ha sempre in bocca i suoi castighi ed ha già castigati alcuni; l'altro di geometria vuole
continuamente scagliare fulmini. Tutti e due poi ci cantano due o trecento volte al giorno
che non pochi di noi alla fine d e l l ' m o saranno rimandati: dimodochè tutti i giorni siamo
sempre sgridati or dall'uno, or dail'altro; e dicono che non hanno mai dovuto insegnare a
tavole tanto rase quanto siamo noi, soggiungendonon sapere essi se siamo caduti dalla luna,
o soltanto venuti l'altro giorno al mondo. Da ci6 puoi intendere come ce la possiamo passare.
perseguitati a questo modo continuamente u. Don Lemoyne nota: e Usa lettera non si con-
sema a caso e non si custodisce gelosamente fra le altre carte d'importanza per tanti W.
Io credo quindi di mal non mi apporre dicendo ch'essa non sia Stata distrutta unicamente
perchè ricordavagli la necessità di trattare sempre i giovani con dolcezza e di cercar ogni
mezzo per r a d e r e loro gradita una casa di educazione ».
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Capo LXII
orali e da vari suoi scritti (I). Raccogliendo e ordinando questo
materiale, ridurrò a sintesi quanto concerne la teoria e la pratica
del sistema preventivo secondo il genuino pensiero di Don Bosco.
Userò possibilmente le sue stesse parole. Vedremo quello che ri-
guarda gli educatori e gli educandi, i mezzi e il metodo.
Nozioni e osservazioni preliminari.
Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventk pre-
ventivo e repressivo.
I1 sistema repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia
son7egliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia d'uopo, il meritato
castigo: In questo sistema le parole e l'aspetto dei Superiore debbono sempre
essere severe, e piuttosto minaccievoli, ed egli stesso deve evitare ogni familia-
rità con i dipendenti. I1 Direttore per accrescere valore alta sua autorità dovrà
trovarsi di rado fra i suoi soggetti e per lo più solo quando si tratta di punire o
di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella
miiizia e in generale fra le persone adulte ed assennate che devono da se stesse
essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle altre pre-
scrizioni.
Diverso e, direi, opposto il sistema preventivo. Fsso consiste nel far cono-
scere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che
gli allievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio vigile del Direttore o degli assi-
stenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano
consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire mettere gli allievi nella
impossibilità di commettere mancanze. Questo sistema si appoggia tutto sopra
la ragione, la religione e sopra I'amorevolezza: perciò esclude ogni castigo vio-
lento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi.
La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di S. Paolo
che dice: La carità è benigna e .paziente, soffretutto, ma s.pera tutto e sostiene qua-
lunque disturbo. Perciò soltanto il cristiano può con successo applicare il sistema
preventivo. Ragione e religione sono gli elementi di cui deve costantemente far
uso l'educatore, insegnarli, egli stesso praticarli se vuole essere ubbidito e otte-
nere il suo fine (2).Questo fine supremo è far buoni i giovani e salvarli eternamente:
tutto il resto (lettere, scienze, arti:mestieri) deve considerarsi come mezzo (3).
Siccome il sistema preventivo mira a disporre in modo gli animi degli allievi,
che senza alcuna violenza esterna debbano piegarsi a fare il nostro volere (4). è
( I ) Le manifestazioni orali sono conversazioni, conferenze, parlate, che si leggono neiie
Menovia Biog~ajiche;le scritte sono contenute specialmente neiie notissime pagine sul si-
stema preventivo, nei Regolamenti e neila corrispondenza epistolare.
(2) Sist. firau., I e 11.
(3) Msnz. Biogr., vol. VI, pag. 68.
(4) Circolare di Don Bosco. 29 gennaio 1883. ( M m . Biogr., vol. XVI, pag. 439).
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68.10 Page 680

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II & m a preventivo
sapienza e scienza prevedere e provvedere (I). Inoltre la pratica di questo sistema
riesce impossibile, se gli allievi non sono a totale disposizione degli educatori,
ma devono dipendere anche da altri (2).
Educatori.
I1 Direttore di un collegio deve essere tutto consacrato a' suoi educandi, nè
mai assumersi impegni che lo allontanino dal suo ufficio, anzi trovarsi sempre
con i suoi ailievi tutte le volte che non sia obbligatamente legato da qualche oc-
cupazione, eccetto che quelli siano da altri debitamente assistiti (3). Proaxi di
farsi conoscere ad essi e di conoscerli (4).
Egli dev'essere padre, medico, giudice, ma pronto a sopportare e a dimen-
ticare (5;. Paternamente desideri di sapere tutto in casa per fare del bene a tutti,
del male a nessuno (6).La carità e la cortesia siano le sue note caratteristiche (7).
Per reggere bene bisogna che abbia piena influenza sui giovani, e per averla
bisogna: 10 che sia stimato santo; zo che sia reputato dotto, specialmente in
quelle cose che interessano gli alunni: se interrogato non sa rispondere, dica al
giovane: - Ora non ho tempo, domani ti darò risposta -- e abbia pazienza e
s'istruisca su quel punto per poter rispondere con precisione; 30 che i giovani
sappiano di essere amati (8).
L'educatore è un individuo consacrato al bene de' suoi allievi: perciò deve
essere pronto ad affrontare ogni disturbo, ogni fatica per conseguire il suo fine,
che è la civile, morale, scientifica educazione de' suoi allievi (9).
Ognuno procuri di farsi amare se vuole farsi temere: e vi riuscirà se con le
parole, e più ancora con i fatti, farà conoscere che le sue sollecitudini sono dirette
esclusivamente al vantaggio spirituale e temporale de' suoi allievi (IO).
Perchè la sua parola abbia prestigio, ciascun Superiore in ogni circostanza
distrugga il suo io. I giovani sono fini osservatori e se si accorgono che in un Su-
periore c'è gelosia, invidia, superbia, smania di comparire e primeggiare egli solo,
8 perduta ogni influenza di lui sopra del loro animo. La mancanza di umiltà è
sempre a danno dell'unità, e un collegio per l'amor proprio di un Superiore andrà
in rovina. Fioriranno senipre le case di educazione se si guarderà solamente a
procurarela gloria di Dio; ma se si cercherà la gloria propria, ne verrà malcontento,
divisione, disordine. I1 personale faccia un corpo solo col Direttore e questi un
cuor solo con tutti i suoi dipendenti, senza aver mire secondarie, che non ser-
vono per il loro santo scopo (11).
( I ) Mem. Biogv., vol. XII, pag. 53.
(2) Ivi, vol. XIV, pag. 22.
(3) Sist. prev., 11, I.
(4) Ricordi confidenziali ai Diretton.
( 5 ) Mem. Biogi., vol. VII, pag. 509.
(6)Iui, vol. X , pag. Iroz.
(7) vol. VII, pag. 826.
(8)Ivi, vol. VI, pag. 302.
(9) Sist. preu., 111.
(IO)Regol., Art. gen., 2 .
( 1 1 ) Me%. Biog*., vol. V I , pag. 389.
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69.1 Page 681

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capo LXIl
Che gran male arrecano al buon ordine generale coloro che cercano d i fare
centro a parte in mezzo agli allievi! Tntti facciano centro al Direttore. Guai quando
sif ormano due centri! Sono come due campi, conle due bandiere, e se non saranno
contrari, saranno almeno divisi. 1,'affezione che si mette in uno è a scapito del-
l'altro. Tutta la confìdenza che un giovane pone in chi cerca di attirarlo a sè, è
tolta a colui che avrebbe diritto a possederla intera. La freddezza porta l'indif-
ferenza, la minor stima ed anche un principio di avversione, e un regno diviso
sarà desolato (I).
C'è poi bisogno di molta pazienza. Quel maestro, quell'assistente potrebbero
troncare ogni questione, dando uno schiafio di qua, una pedata di là: ma questo,
riteniamolo bene, se qualche volta tronca un disordine, non fa mai del bene, e
non serve mai a far amare la virtù o a farla penetrare nel cuore di nessuno. Ci
sia il vero zelo, cercando ogni modo di far del bene, ma sempre pacatamente,
con dolcezza, con pazienza. E cosa che costa, ma la parola pazienza deriva da
$utior, $uteris, passus sum,$ati, che vuol dire patire, tollerare, soffrire, farci vio-
lenza. Se non costasse fatica, non sarebbe più pazienza. Con l'impazientirsi non
si ottiene che la cosa non fatta sia fatta, e neppure si corregge un suddito con
la furia.
Poi ci vuole anche quella pazienza che è costanza e perseveranza. Vn giar-
diniere quanta cura mette per tirar su una pianticella! Si direbbe fatica gettata
ai vento: ma egli sa che quella pianticeiia col tempo verrà a rendergli molto, e
perciò non bada a fatiche. Comincerà a lavorare e sudare per preparare il terreno,
e qui scava, là zappa, poi concima, poi carchia, poi pianta o mette il seme. Ap-
presso, quanta cura e attenzione perchè non si calpesti il luogo dove fu seminato
e perchè non vadano uccelli e galline a beccare la semente! Quando poi la vede
nascere, la guarda con compiacenza e tosto pensa all'innesto. 1.0 cerca dalla mi-
glior pianta del suo giardino e taglia il ramo, lo fascia, lo copre, lo difende dal
freddo e dall'umidità. Cresciuta quindi la pianta, se si piega da una parte, egli
cerca subito di mettervi un sostegno che la faccia crescere diritta. Se teme che
i1 fusto sia troppo debole e il vento lo possa atterrare, le pone accanto un palo,
a cui la lega fasciandola. Se non facesse così, la pianta non gli darebbe frutti nè
buoni nè molti. E purtroppo, nonostante tutto questo, sovente muore Sinnesto
e si perde la pianta; ma la speranza fa sostenere tante fatiche.
Anche gli educatori sono giardinieri. Se vogliono che il loro lavoro renda,
bisogna che mettano molta cura attorno alle pianticelle che hanno da coltivare.
Purtroppo, nonostante le fatiche e le cure, l'innesto potrà seccare e la pianta
andrà a male; ma se queste cure si pongono dawero, nel maggior numero dei
casi la pianticella riesce a bene. Ma si tenga a mente che non valgono le furie,
non valgono gl'impeti istantanei: ci viiole pazienza continua, cioè costanza, per-
severanza, fatica (2).
Chi vuol essere obbedito e rispettato, si faccia voler bene. Ma non carezze! (3).
( i ) Mem. Biogr., vol. XII, pag. 45
(2)Iwi, vol. XII, pag. 456-7.
(3) Iai, voi. XIII, pag. 826.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Trattiamo i giovani, come tratteremmo Gesù Cristo stesso, se fanciullo abitasse
nel nostro collegio. Trattiamoli con amore, ed essi ci ameranno: trattiamoli con
rispetto, ed essi ci rispetteranno. Bisogna che essi stessi ci riconoscano Superiori.
Se noi vorremo umiliarli con parole per la ragione che siamo Superiovi, ci rende-
remo ridicoli (I).
Educandi.
I giovanetti sogliono madestare uno di questi caratteri diversi. Indole buona,
ordinaria,difficile,cattiva. È nostro stretto dovere di studiare i mezzi che valgano
a conciliare questi caratteri diversi per far del bene a tutti senza che gli uni siano
di nocumento agli altri.
A coloro che hanno sortito da natura un carattere, un'indole buona basta
la sorveglianza generale, spiegando le regole disciplinari e raccomandandone l'os-
servanza.
La categoria dei più è di coloro che hanno carattere e indole ordinaria, al-
quanto volubiie e proclive ali'indiierenza; costoro hanno bisogno di brevi ma
frequenti raccomandazioni, avvisi e consigli. Bisogna incoraggiarli al lavoro,
anche con piccoli premi e dimostrando d'avere grande fi'ducia in loro senza tra-
scurarne la sorveglianza.
Ma gli sforzi e le sollecitudini devono essere in modo speciale rivolte d a
terza categoria che è quella dei discepoli diflicili ed anche discoli. I1 numero di
costoro si può calcolare uno su quindici. Ogni Superiore si adoperi per conoscerli,
s'informi della loro passata maniera di vivere, si mostri loro amico, li lasci par-
lare molto, ma egli parli poco ed i suoi discorsi siano brevi esempi, massime,
episodi e simili. Ma non si perdano mai di vista senza dar a divedere che si ha
difndenza di loro.
I maestri, gli assistenti, quando giungono fra i loro allievi, portino imme-
diatamente l'occhio sopra di questi e accorgendosi che taluno sia assente, lo fac-
ciano tosto cercare sotto apparenza di avergli che dire o raccomandare.
Qualora si dovesse a costoro fare un biasimo, dare avvisi o correzioni, non
si faccia mai in presenza dei compagni. Si può nulladimeno approfittare di fatti,
di episodi avvenuti ad altri per tirarne lode o biasimo, che vada a cadere sopra
coloro di nii parliamo (2).
I giovani pericolosi si distinguono in due classi. I cattivi corrotti di costumi
e quelli che abitualmente si sottraggono all'osservanza delle regole. Quanto ai
cattivi, avviene un fatto che sembra impossibile, ma pure è reale. Fra cinque-
cento alunni in un collegio supponiamo che vi sia uno solo guasto di costumi.
ECCOentrare un nuovo accettato, ed egli pure infetto di vizio. Questi due sono
di paesi, di province, anzi di Stati diversi: di classe, di camerata distinte; non
si sono mai conosciuti, mai visti; eppure al secondo giorno di collegio, e talvolta
anche dopo poche ore, voi li scorgete insieme nel tempo deila ricreazione. Sembra
che un malefico istinto li spinga a indovinare chi è tinto deiia stessa loro pece e
( I ) M m . Biogr., vol. XIV. 846
(2) Regol., Art. generali, 4-9.
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capo LXII
che una calamita del demonio li attiri a stringere amicizia. I1 <<dimmcion chi
pratichi e ti dirò chi sei » è un mezzo facilissimo per scoprire le pecore rognose
prima ancora che diventino lupi. Bisogna allontanarli.
Vn'altra classe di allievi non si deve tenere in casa. Quando avrete qualche
giovanetto che pare buono, ma è spensierato, si assenta facilmente dai luoghi
ove lo vuole la regola, lo trovate spesse volte solo negli angoli del cortile, su per
le scale, sui balconi, nei ripostigli, insomma nei luoghi nascosti all'occhio del
Superiore, temete sempre. Non lasciatevi iiiudere da apparenza di timidezza,
di naturale solitario, di leggerezia o di ingenuità. Costui o sa fingere bene o in-
contrerà immancabilmente chi lo guasterà. Ritenete che questi individui sono
pericolosissimi (I).
L'espulsione però dev'essere l'ultima cosa, dopo che siausi adoperati e veduti
vani tutti gli altri mezzi. Prima cosa isolare i giovani pericolosi dai più piccoli
e ingenui, da coloro che avessero simili propensioni o si conoscessero deboli neila
virtù e circondarli di amici sinceri e sictui. Ciò fatto, non stancarsi di awisarli
ad ogni mancanza. Parlare, parlare! Awertire, awertire! I\\fancassero anche tutti
i giorni, tutti i giorni mandarli a chiamare, anche più volte ai giorno, se tale fosse
il bisogno. Amorevoli nei modi, ma fermi nell'esigere da essi l'adempimento dei
propri doveri. In questo modo o costoro cambiano condotta o annoiati finiscono
con andarsene a casa, senza che si debbano usare con essi misure coercitive. Ed
è punto di grande importanza che i giovani non partano dal coiiegio col fiele nel
cuore; poichè, venendo il tempo dei disinganno, ricordano allora la carità con la
quale furono trattati, ritornano in sè, pensano ai buoni consigli ricevuti, al-
l'affetto che loro venne dimostrato, riconoscono chi fossero i loro veri amici,
e spesse volte dopo anni e anni, se si risolvono a fare una buona confessione,
vanno proprio e solamente da coloro che li accolsero nel tempo deiia loro gio-
ventìi. Essi ritornano perchè sanno che spontaneamente se ne sono allontanati.
Invece se il Superiore fosse ricorso ad un inconsulto e precipitoso rigore, senza
prima averli awisati, allora si accende in tanti un'avversione che non manca
presto o tardi di avere le sue conseguenze.
Quando però certi giovani sono stati awertiti, perchè fra di loro si sono
strette leghe che in un modo o nell'altro, se non vengono sciolte, Mscono con
essere una peste per la comunità, e furono chiamati individualmente e avvisati,
ma senza pro, si ricorra ad un altro mezzo. I1 direttore li mandi a chiamare tntti
insieme nel suo ufficio e fattili aspettare qualche tempo in anticamera perchè
riflettano sul motivo della chiamata, parli loro cosi con tutta carità: -Non vi
ho fatti awertire, e non vi ho fatti awertire abbastanza? Si dice di voi questo e
questo: debbo crederlo? E perchè volete darmi tanti dispiaceri? Perchè volete
costringermi ad un passo che mi dà pena? Perchè voi stessi non mi aiutate a
salvarvi? E la disobbedienza è un bene? Ohbedite una volta. Non fate che vi
vedano più insieme. Lasciate quei discorsi! fatemelo per piacere. I'ultinxa volta
che io vi avviso. Andatevene prima che io abbia il dolore di dovervi mandar via.
Se vedo che voi continuate a essere cattivi, la mia decisione è presa. Mora pian-
(I) Mem. Biogr., vol. VI, pgg. 392-393.
668
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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gerete! - Si possono usare frasi anche più %ne, secondo i casi. È una prova
che generalmente riesce bene (I).
In ogni giovane anche il più disgraziato vi è un piuito accessibile al bene, e
primo dovere deii'educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile
del cuore e di trarne profitto (2).
Mezzi speciali.
10 RELIGIONE-. La sola religione è capace di cominciare e compiere la
grande opera di una vera educazione (3).Senza religione nuiia si può ottenere di
buono fra i giovani (4).
Le anime giovanili nel periodo deiia loro formazione hanno bisogno di speri-
mentare i benefici effetti che derivano dalla dolcezza sacerdotale. Vivendo sotto
questo intìusso fin dalla tenera etk, si rammentane poi più tardi deiia pace goduta
dopo le sacramentali assoluzioni e qualora si abbandonino agli umani traviamenti,
sanno sempre ricorrere per aiuto agli amici della loro infanzia (5).
Alcuni neii'insegnare riducono la religione a puro sentimento. Una delle ma-
gagne della pedagogia moderna è quella di non volere che nell'educazione si parli
delle massime eterne e soprattutto della morte e dell'inferno (6).
20 SACRA~IEN-TI.Il primo mezzo per educar bene 6 il far fare buone con-
fessioni e buone comunioni (7). Questi due sacramenti sono i più validi sostegni
deila gioventii (8).
La frequente confessione, la frequente comunione, la messa quotidiana sono
le colonne che devono reggere un edificio educativo, da cui si vuole tener lontano
la minaccia e la sferza. Non mai obbligare i giovanetti alla frequenza dei santi
sacramenti, ma soltanto incoraggiarli e porgere loro comodità di approfittarne.
Nei casi poi di esercizi spirituali, tridui, novene, predicazioni, catechismi si
faccia riievare la bellezza, la grandezza, la santità di quella reiigione che propone
dei mezzi cosi facili, cosi utiii alla civile societk, alla tranquillità del cuore, alla
salvezza deli'anima, come appunto sono i santi sacramenti. In questa guisa i
fanciulli restano spontaneamente invogliati a queste pratiche di pietà, vi si acco-
steranno volentieri con piacere e con fnrtto (9).
Punto culminante per ottenere la moralità nei giovani è al certo la frequente
confessione e comunione, ma proprio ben fatte (IO); chè la sola frequenza ai sa-
cramenti non è indizio di bontà (11).
( I ) Mem. Biogr., vol. IV, pgg. 546-8
( 2 ) Ivi. vol. V. pag. 367.
(3) Ivi, vol. 111, pag. 605.
(4) Ivi, vol. XIII, pag. 557.
(5) Ivi, vol. XVI, pag. 169.
.(61. lui.
vol.
11. oae.
-v
. 214.
(7)Ivi, vol. IV, pag. 555.
(8) Bosco. Vita di Savio Domenico, C. XIV.
(9) Sid. preu., 11, 4.
(IO) Mem. Biogr., vol. XIII, pag. 270.
( 1 1 ) Ivi, vol. XI. pag. 2 7 8
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

69.5 Page 685

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Capo LXII
La frequente comunione dev'essere spontanea. Non farsi scorgere che si os-
serva se alcuno dei giovani non va aila comunione. Esortare, esortare, e niente
più (I).
I voti di condotta non si leggano mai al sabato, per& il malumore di quelli,
che ebbero nota di negligenti, non diminuisca o disturbi le confessioni (2).
30 PUREZZA-. L'immodestia è il vizio che maggiormente danneggia la gio-
ventù (3). La moralità! ecco quello che soprattutto importa (4). Perciò i maestri,
i capi d'arte, gli assistenti devono essere di moralità conosciuta. Studino di evi-
tare come la peste ogni sorta di aflezione od amicizie particolari con gli allievi,
e si ricordino che il traviamento di un solo pub compromettere un istituto edu-
cativo. Si faccia in modo che gli aliievi non siano mai soli. Per quanto è possibile
gli assistenti li precedano nel sito dove devonsi raccogliere; si trattengano con
loro h o a che siano da altri assistiti: non li lascino mai disoccupati (5).
I ragazzi bisogna tenerli continuamente occupati. Oltre alla scuola e al me-
stiere è necessario impegnarli a prendere parte alla musica o al piccolo clero.
La loro mente così sarà in continuo lavoro. Se non li occupiamo noi stessi, si
occuperanno da sè, e certamente in idee e cose non buone (6).
Si usi la massima sorveglianza per impedire che nell'istituto siano introdotti
compagni, libri o persone che facciano cattivi discorsi. La scelta di un buon por-
tinaio è un tesoro per una casa di educazione (7). Conosciiito un alunno come
scandaloso o pericoloso, si aiiontani (8). Per nessun motivo non mai accettare
un giovane che sia stato cacciato da altri collegi o che consti altrimenti essere
di mali costumi. Se nonostante la debita precauzione accadrà di accettarne qual-
cheduno di tal genere, gli si dia subito un compagno sicuro che non lo abbandoni
mai. Qualora egli manchi, sia appena una volta corretto e la seconda immedia-
tamente mandato via (9).
Bisogna premunire i giovani per quando avranno da 17 a 18 anni. Dir loro:
- Guarda, verrà un'età molto peneolosa per te; S demonio ti prepara lacci per
farti cadere. In primo luogo ti dirà che la comunione frequenteè cosa da piccoli
e non da grandi, e che basta a n d a d~i raro. E poi farà di tutto per trarti lontano
daiie prediche e metterti noia della parola di Dio. Ti farà credere che certe cose
non sono peccato. In6ne i compagni, il rispetto umano, le letture, le pascioni
ecc. ecc... Sta' ali'erta! Non permettere che il demonio ti rubi quella pace, quel
candore di anima che ora ti rende amico di Dio. - I giovani non dimenticano
queste parole. Quando poi fatti grandi e usciti nel mondo noi li incontreremo e
( I ) M m . Biogr., vol. XIII, pag. 827
(2) lui, vol. Vi, pag. 390.
(3) Iui. vol. XII, pag. 583.
(4) lui, vol. V, pag. 485.
(5) Sist. $ve"., 11, 2.
(6)Me%. Biogr., vol. V , pag. 347.
(7) SPst. +o., 11, 5.
( 8 ) Mem. Biogr., vol. V I . pag. 391.
(9) Iui, voll VII, pag. 526.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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diremo loro: - Ti ricordi quello che io t i dicevo una volta? - Ah, è vero! -
risponderanno. - E questa reminiscenza farà del bene (I).
40 L'ASSISTENZA-. Le mancanze dei giovani derivano in gran parte da
difetto d i sorveglianza; vigiiando, si previene sufficientementeil male e non c'è
hisogno di reprimere (2).Non rimanga nè cosa nè persona nè ragazzo nè luogo,
che non sia affidato a qualcuno (3). Gli assistenti sorveglino i giovani dappertutto,
mettendoli quasi nell'impossibilità di far male (4); sorvegliarli come se fossero
cattivi, ma fare in modo che si credano di essere da noi stimati buoni (5); assi-
sterli insomma senza aver l'aria di farlo e prendere parte anche ai loro giiiochi,
tollerare i loro schiamazzi e le noie che arrecano (6).
Nell'assistenza poche parole, molti fatti, e si dia agio agli ailievi di esprimere
liberamente i loro pensieri; ma si stia attenti a rettificare ed anche correggere
le espressioni, le parole, gli atti che non fossero conformi dla cristiana educa-
zione (7).
50 CONFIDENZA-. In una casa di educazione che cosa vi è più bella di
questa, che i superiori godano la confidenza degli inferiori?È questo l'unico mezzo
per fare si che la casa divenga un paradiso terrestre e non ci sia alcun malcon-
tento (8).Ora la confidenza dei giovani si guadagna COIcercare che essi si avvici-
nino a noi, e il mezLo per awicinarli a noi è avvicinarci noi ad essi, cercando
di adattarci ai loro gusti e facendoci simili a loro (9).
Ci vuole insomma familiarità. La familiarità porta affetto e l'affetto porta
confidenza. Questo è che apre i cuori, sicchè i giovani palesano tutto senza timore
ai maestri, agli assistenti ed ai Superiori. Diventano schietti e si prestano docili
a tutto quello che vuol comandare colui, dal quale sono certi di essere amati.
Tale familiarità sia specialmente in ricreazione. I1 maestro, visto solo in
cattedra, è maestro e non più; ma se va in ricreazione coi giovani, diventa come
fratello. Così pure, se uno è visto solo a predicare da1 pulpito, si dirà che fa nè
più ne meno del proprio dovere; ma se dice una parola in ricreazione, è la parola
di uno che ama. Chi sa di essere amato, ama, e chi è amato, ottiene tutto, spe-
cialmente dai giovani.
Questa confidenza mette una corrente elettrica fra i giovani ed i Superiori.
I cuori si aprono e fanno conoscere i loro bisogni e palesano i loro difetti. Questo
amore fa sopportare ai Superiori le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi,
le maneme, le negligenze dei giovanetti. Allora non si vedrà chi lavorerà per
fine di .vanagloria, chi punirà solamente per vendicare l'amor proprio offeso, chi
( I ) Me-. Biogr.. vol. VII, pag. 192.
(2) Ipli, vol. XVI, pag. 168.
(3) Lettera a Don Bologna, 21 m a n o 1880.
(4) Me%. Biogv., vol. VI, pag. 390.
(5) Ivi, vol. XiV,pag. 849.
(6) Ivi, vol. IV, pag. 553.
(7)Ragol. Artic: generali.
(8) Mem. Biogr.. vol. VI, pag. 321.
(Q) lui, vol. V, pag. 917.
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Capo LXII
si ritirerà dal campo deUa sorveglianza per gelosia di una temuta preponderanza
altrni, chi mormorerà degli altri volendo essere amato e stimato dai giovani,
esclusi tutti gli altri Superiori, non guadagnandosi se non disprezzo e ipocrite
moine; chi si lasci rubare il cuore da una creatura, trascurando per fare la corte
a questa creatura tutti gli altri giovanetti; chi per amore dei propri comodi tenga
in non cale il dovere strettissimo deUa sorveglianza; chi per un vano rispetto
umano si astenga dall'ammonire chi deve essere ammonito. Se ci sarà questo vero
amore, non si cercherà altro che la gloria di Dio e la salute deile anime.
Quando invece illanguidisce questo amore, aUora è che le cose non vanno
più bene. Mora aila carità si sostituisce la freddezza di un regolamento e al si-
stema di prevenire con la vigilanza e amorosamente i disordini si va sostituendo
a poco a poco il sistema meno pesante e più spiccio per chi comanda, ai bandire
leggi. Se poi queste si sostengono coi castighi, accendono o& e fruttano dispia-
ceri; se si trascura di farle osservare, ingenerano disprezzo per i Superiori e sono
causa di disordini gravissimi.
Tali cose necessariamente accadono, se manca la familiarità. I1 superiore
dunque sia tutto a tutti, pronto ad ascoltare sempre ogni dubbio o lamentanza
dei giovani, tutto occhio per sorvegliare paternamente la loro condotta, tutto
cuore per cercare il bene spirituale e teniporale di coloro che la Provvidenza gli
ha affidati. Così i cuori non saranno chiusi e non regneranno certi segretumi che
uccidono. Solo in caso di immoralità i Superiori siano inesorabili. & meglio cor-
rere pericolo di scacciare dalla casa un innocente che ritenere uno scandaloso (I).
60 ALLEGRIA.- È da ritenere che il giovane deve stare contento, e perciò
bisogna svagarlo con i giuochi (2). Si dia ampia libertà di saltare, correre, schia-
mazzare a piacimento. La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino, le
passeggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la disciplina, giovare alla mo-
ralità ed alla sanità. Si badi soltanto che la materia del trattenimento, le persone
che intervengono, i discorsi che hanno luogo non siano biasimevoli. Fate tutto
quello che volete, diceva il grande amico della gioventù S. Filippo Neri, a nie
basta che non facciate peccati (3).Meglio un po' di rumore che un silenzio rab-
bioso o sospetto (4).
70 " BUONENOWI ". - Ogni sera dopo le ordinarie preghiere, e prima che
gli ailievi vadano a riposo, il Direttore, o chi per esso, indirizzi alcune affettuose
parole in pubblico, dando qualche avviso o consiglio intorno a cose da farsi o da
evitarsi; e studi di ricavare le massime da fatti awenuti in giornata neu'istituto
o fuori; ma il suo sermonenon oltrepassi mai i due o tre minuti. Questa è la chiave
delia moralità, del buon andamento e del buon successo dell'educazione (5). Ma
1.1). Lettera di Don Bosco ail'oratorio. Roma, IO maggio 1884 (Meni. Biogr., vol. XVII.
pgg. 108,. 1 1 1 , Irz).
( 2 ) Mem. Biogr.. vol. XVI, pag. 168.
(3) Sirt. prev., 11, 3.
(4) Mem. Biogr., vol. V, pag. 845.
(5) Sist. prcu., 11. 6.
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Il sistemo preuentino
poche parole: una sola idea di maggior importanza, ma che faccia impressione,
sicchè i giovani vadano a dormire ben compresi della verità stata loro esposta (I)
Con questo mezzo si taglia la radice ai disordini prima ancora che nascano (2).
Metodo.
10 AMOREVOLEZZ-A.Bisogna usare grande amorevolezza con i giovani e
trattarli bene. Questa bontà di tratto e questa amorevolezza sia il carattere di
tutti i superiori, nessuno eccettuato. Fra tutti riusciranno ad attirar uno e basta
uno per allontanare tutti. Oh, quanto si affeziona un giovane, quando si vede
ben trattato! Egli pone il suo cuore in mano ai Superiori (3).
Non basta che i giovani siano amati, ma bisogna che essi stessi conoscano
di essere amati. Veggono di essere amati, quando si porta amore alie cose che
loro piacciono; il che si dimostra col partecipare aile loro inclinazioni iufantili.
Così imparano a veder l'amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono
poco, quali sono la disciplina, lo studio, la mortiiicazione di se stessi e imparano
a fare queste cose con slancio e amore (4).
È: cosa assai importante e utile per la gioventù il fare in modo che non mai
un fanciullosi parta malcontento da noi. Al contrario si lasci sempre con qualche
regaluzzo, con qualche proniessa o con qualche parola che lo auimi a venire vo-
lentieri a trovarci. Conviene però poi mantenere costantemente le promesse
fatte ai fanciulli, o almeno dare la ragione di non averle adempiute (5).Non è
il molto, ma il dato di cuore, anche a poco a poco, e in tempo opportuno che
torna loro gradito. I giovani stimano le cose secondo che hanno imparato a
giudicarle (6)
20 CORREZION- I. In caso di dover fare correzioni, abbiasi riguardo che
siano fatte in privato e; per quanto è possibile, non mai in presenza altrui, eccetto
che questa fosse necessaria per riparare un pubblico scandalo (7). E quando c'è
qualche rimprovero da fare, non si aspetti una seconda mancanza, perchè la cor-
rezione abbia maggior forza. No! quando c'èqualche cosa da dire, si dice subito (8).
Per lo piì~fare le correzioni appena è avvenuto un falio è cosa pericolosa.
L'individuo che è riscaldato da quel pensiero, non prenderà in buona parte la
correzione e parrà anche che noi la facciamo per un po' di passione. Invece
quando è fatta pacatamente e in modo paterno, i colpevoli vedono chiaramente
ii male che hanno commesso, vedono il dovere del superiore di porre sotto gli
occhi i difetti, nei quali sono caduti, perchè se ne emendino, e traggano profitto
dalla correzione (9).
( I ) Mem. Biogr., vol. VI, pag. 94.
(2) BARBE=% Cron. cit., giugno 1875.
(3) Mem. Biogr., vol. X I I , pag. 88.
(4) Lett. &t. di Don Bosco ali'Oratorio (Mem. Biogr., vol. XVII, pag. 1 1 0 ) .
(i)Mem. Biogr., vol. 11, pag. 1 5 3 .
(6) Ivi. vol. 111, pag. '43.
(7) Ivi, vol. 111, pag. 105.
(8) lui, vol. VI, pag. 722.
(9) Ivi, vol. XI. pag. 346.
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capo LXII
Quando si è adirati o agitati, bisogna astenersi sempre dal fare riprensioui
o correzioni, atìinchèi giovani non credano che si agisca per passione; ma aspettare
anche qualche giorno, quando sia spento ogni sdegno e collera o passata quella
violenta impressione. Così pure non si prenda il giovane quando è adirato o agi-
tato, ma si aspetti che sia calmo e tranquillo. Allora si avvisi e in fine si lasci
sempre con qualche buona parola; per esempio, che d'ora innanzi volete essere
suo amico, aiutarlo in tutto ciò che potete, e simili.
Qiiqi'do un allievo si dimostra pentito di un fallo commesso, siate facili a
perdonargli, e perdonate di cuore. Dimenticate tutto in questo caso. Nessuno
mai e poi mai dica ad iiu ragazzo colpevole di disobbedienza o di qualche parola
insolente o di mancato rispetto: - Me la pagherai! -- Questo linguaggio non è
da cristiano (I).
Alcuna volta a noi sembra che quel fanciullo non faccia profitto deila nostra
correzione, mentre invece sente nel suo cuore ottima disposizione per secondarci
e noi la manderemmo a male con un malinteso rigore e col pretendere che il col-
pevole faccia subito grave ammenda del suo fallo. Forse egli non crede di aver tanto
demeritato in quelia mancanza che egli commise più per leggerezza che per ma-
lignità. Informandoci deiio stato delle cose con calma e senza preoccupazione,
troveremo spesso che la colpa diminuisce di assai ed alcune volte scompare quasi
intieramente (2).
Talora s e ~ t e vdi i altra persona autorevole che avvisi il giovane e gli dica
quello che non potete, ma vorreste dirgli voi stessi: che lo guarisca della sua ver-
gogna, lo disponga a tornare a voi. Cercate colui col quale egli possa nella sua pena
aprire più liberamente il suo cuore, come forse non osa fare con voi, dubitando
o di non essere creduto o nel suo orgoglio di non doverlo fare.
Quando poi avete ottenuto di guadagnare questo animo inflessibile, non
solo lasciategli la speranza del vostro perdono, ma anwra quella che egli possa
con una buona condotta canceilare la macchia a sè fatta con i suoi mancamenti.
Dimenticare e far dimenticare i tristi giorni di errori è arte suprema di buon
educatore.
A volte il solo far credere al giovane che non si pensa che abbia mancato
per malizia, basta per impedire che ricada nel medesimo fallo (3).
In generale, se volete ottenere molto dai vostri allievi, non mostratevi mai
offesi contro ad alcuno. Toiierate i loro difetti, correggeteli, ma dimenticateli.
Mostratevi sempre loro affezionati, e fate loro conoscere che tutti i vostri sforzi
sono diretti a fare del bene alle anime loro (4).
Avvenendo mancanze contro i buoni costumi, si chiami a parte il giovane
accusato e gli si dica: -Mi obblighi a parlare di quell'argomeuto, di cui S. Paolo
non vuole che si tenga parola. - Quindi gli si faccia notare la gravità del male
commesso. Se cosi esige la carità verso gli altri, alla chetichella lo si faccia resti-
(I)Mem. Biogr., vol. V I , pgg. 391-2.
(2) Circolare di Don Bosco, 29 gennaio 1883(Mem.Biogv., vol. XVI, pag. 441)
(3)Ivi (ibid.pgg. 444 e 445).
( 4 ) Lett. testam. 1884.
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tuire a' suoi parenti. Ma non gli si intligga nessun castigo, per evitare maggiori
mali, come sarebbero i discorsi che naturalmente ne farebbero gli altri allievi (I).
30 CASTIGHI.- Dove è possibile, non si faccia mai uso dei castighi; dove
poi la necessità chiede repressione, si ritenga quanto segue.
L'educatorefra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi temere. In
questo caso la sottrazione di benevolenza (2)è un castigo, ma un castigo che ec-
cita l'emulazione, dà coraggio e non awilisce mai.
Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire per castigo. Si è osser-
vato che uno sguardo non amorevole (3) sopra taluni produce maggior effetto
che non farebbe uno schiaffo.La lode quando una cosa è ben fatta, il biasimo
quando vi è trascuratezza, è già un premio od un castigo.
Eccettuati rarissimi casi, i castighi non si diano mai in pubblico, ma priva-
tamente, lungi dai compagni, e si usi massima prudenza e pazienza per fare che
l'ailievo comprenda il suo torto con la ragione e la religione.
I1 percuotere in qualunque modo, il mettere in ginocchio con posizione do-
lorosa, il tirar le orecchie ed altri castighi simili si debbono assolutamente evi-
tare, perchè sono proibiti dalle leggi civili, irritano grandemente i giovani e avvi-
liscono l'educatore.
I1 Direttore faccia ben conoscere le regole, i premi ed i castighi stabiliti dalle
leggi di disciplina, affinchè l'allievo non si possa scusare dicendo: - Non sapeva
che questo fosse comandato o proibito (4).
Dev'essere l'amore che attira i giovani a fare il bene per mezzo di una con-
tinua sorveglianza e direzione; non già la punizione sistematica delle mancanze,
dopo che queste siano commesse. È: constatato che questo secondo metodo il più
delle volte attira snil'educatore l'odio del giovane fiuchè vive (5).
Nelle mancanze più gravi si può venire ai seguenti castighi: pranzare in piedi
al suo posto od a tavola a parte; pranzare diritto in mezzo al refettorio, e per ul-
timo alla porta del refettorio. Ma in tutti questi casi sia somministrato al colpe-
vole tutto quello che è dato alla mensa dei compagni. Castigo grave è 'privarlo
della ricreazione, ma non metterlo mai al sole e alle intemperie i n modo che ne
abbia da patire danno. I1 non interrogarlo per un giorno nella scuola, può essere
castigo grave, ma non si prolunghi di più.
Che dire dei pensi? Un tal genere di punizione è biasimato da celebri educatori
come inutile e pericoloso tanto al maestro quanto al discepolo. Per il maestro vi
è pericolo grande di andare agli eccessi senza alcun giovamento e all'alunno si
dà occasione di mormorare e di trovare molta pietà per l'apparente persecuzione
del maestro. I1 penso non riabilita nnila ed è sempre una pena ed una vergogna.
Sarebbe meglio, se mai, dare per penso lo studio di qualche brano di poesia a
memoria (6).
( i ) &m. Biogv., vol. IV, pgg. 569-70.
(2) Vuol dire sottrarre i particolari segni esterni di benevolenza
(3) S'intenda uno sguardo mzlcontenta, serio o severo.
(4) Sist. pvev., in fine.
( i ) Mem. Biogr., vol. XIII, 292.
(6) Circ. cit. (I. 6.. pgg. 445-6).
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70.1 Page 691

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capo LXII
Non s'impongano mai castighi generali ad una classe; ad una camerata, ma
si procuri di scoprire gli autori del disordine e, se fa d'uopo, si allontanino dalla
casa; ma si separi la causa dei buoni da quella dei cattivi, i quali sono sempre
pochi, affinchè per questi pochi non abbiano a soffrirnei molti (I).
I castighi summentovati riguardano le mancanze contro la disciplina del
coilegio; ma nei casi dolorosi che qualche allievo desse grave scandalo o com-
mettesse offesa al Signore, allora egli sia condotto immediatamente al Superiore,
il quale nella sua prudenza prenderà quelle efficaci misure che crederà opportwie.
Che se poi uno si rendesse sordo a tutti questi savi mezzi di emendazione e fosse
di cattivo esempio e scandalo, aliora costui dev'essere allontanato senza remis-
sione, in guisa però che per quanto è possibile si provveda al suo onore. Questo
si ottiene col consigliare il giovane stesso a chiedere ai parenti che lo tolgano, e
consigliare direttamente i parenti a cambiar coilegio. Qnest'atto di carità suo1
operare buon effetto in tutti i tempi e lascia anche in certe penose occasioni una
grata memoria nei parenti e negli alunni.
Da chi deve partire Sordine, il tempo e il modo di castigare? Questi deve
essere sempre il Direttore, senza però che egli abbia a comparire. È parte sua
la correzione privata, perchè più facilmente può penetrare in certi cuori meno
sensibili, parte sua la correzione generica ed anche pubblica; ed è anche parte
sua l'applicazione del castigo; senza però che egli per via ordharia la debba ese-
guire ed intimare. Perciò nessuno vorrei che si arbitrasse di castigare senza previo
consiglio od approvazione del su? Direttore, il quale solo determina il tempo,
il modo e la qualità del castigo. Nessuno si tolga da questa autorevole dipendenza,
e non si cerchino pretesti per eludere la sua sorveglianza. Non ci dev'essere scusa
per fare eccezioni da questa regola della massima importanza.
L'educazione è cosa d i cuore, e del cuore Dio solo è padrone, nè potremo noi
liuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l'arte e non ce ne dà in mano
le chiavi. Procuriamo dunque d'impadronirci di questa fortezza chiusa sempre
al rigore e all'asprezza. Studiamoci di farci amare, d'insinuare il sentimento del
dovere e del santo timore di Dio e.vedremo con mirabile facilità aprirsi le porte
di tanti cuori (2).
40 DIDATTICA-. Il primo dovere dei maestri è di trovarsi puntualmente
in classe e d'impedire i disordini che sogliono avvenire prima e dopo la scuola.
Accorgendosi che manchi qualche allievo, ne diano tosto avviso al Consigliere
scolastico od al Prefetto.
Vadano ben preparati sulla materia che forma l'oggetto della lezione. Questa
preparazione gioverà molto per far comprendere agli aliievi le difficoltàdei
temi e delle lezioni, e servirà efficacemente ad alleggerire la fatica alio stesso
maestro.
Niuna parzialità, niuna animcsità; avvisino, correggano, se ne è caso: ma
perdonino facilmente, evitando quanto è possibile di dare essi stessi castighi.
(I) Mem. Biogr., vol. VI, pag. 392.
(2) Civc. citi (1. C. pgg. 446-7).
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I più idioti della classe siano l'oggetto delie loro sollecitudini; incoraggino,
ma non avviliscano mai.
Interroghino tutti senza distinzione e con frequenza, e dimostrino grande
stima e affezioneper tutti i loro allievi, specialmente per quelli di tardo ingegno.
Evitino la perniciosa usanza di taluni, che abbandonano a loro stessi gli allievi
che fossero negligenti e di troppo tardo ingegno.
Occorrendo necessità di castighi, li infliggano nella scuola, ma per castigo
non allontanino mai alcuno daila classe. Presentandosi casi gravi, mandino a
chiamare il Consigliere scolastico o facciano condurreil colpevole da lui. È:severa-
mente proibito di battere e d'infliggere castighi ignominiosi o dannosi alla sanità.
Awenendo il caso di dover idiggere castighi fuori di scuola o prendere de-
liberazioni di grande importanza, riferiscano e rimettano ogni cosa al Consigliere
scolastico o ai Direttore della casa. Fuori della scuola il maestro non deve minac-
ciare nè idiggere punizioni di sorta, ma limitarsi ad awisare e consigliare i suoi
allievi con modi benevoli e da sincero amico.
Raccomandi costanteniente nettezza nei quaderni, regolarità e perfezione
nella calligrafia, puiitezza nei libri e sulle pagine che si devono presentare al
maestro.
Almeno una volta al mese dia un lavoro di prova, e dopo averlo corretto,
ne dia le pagine al Superiore della casa o almeno al Consigliere Scolastico.
Tenga la decwia in modo da poterla ogni giorno presentare a chi ne facesse
dimanda, come nel caso che qualche persona autorevole visitasse le scuole; si
ricordi però che spetta al Direttore o al Prefetto il dare notizie degli allievi.
Vegli sopra la lettura dei cattivi libri, raccomandi e nomini gli autori che
si possono leggere e ritenere senza che la moralità e la religione siano compro-
messe, e scelga per temi i passi più adatti a promuovere la moralità, evitando
quelli che possono riuscire di qualche danno aila religione e ai buoni costumi.
Stiano però attenti a non mai nominare, per quanto è possibile, il titolo dei libri
cattivi.
Dai classici sacri e profani avrà cura di trarre le conseguenze morali, quando
l'opportunità della materia ne porge occasione, ma con poche parole senza al-
cuna ricercatezza.
Occorrendo novena o solennità, dica qualche parola d'incoraggiamento, ma
con tutta brevità, e se si può, con qnalche esempio (I).
Conclusione.
I1 sistema preventivo sembra preferibile al repressivo per le seguenti ragioni;
10 L'allievo preventivamente avnaato non resta awuito per le mancanze
commesse, come avviene quando esse vengono deferite al Superiore. mai si
adira per la correzione fatta o pel castigo minacciato oppure inflitto, perchè in
esso vi è sempre un awiso amichevole e preventivo che lo ragiona, e per lo più
riesce a guadagnare il cuore, cosicchè l'allievo conosce la necessità del castigo e
quasi lo desidera.
( I ) Regol., Parte Pnma, C. VI.
677
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

70.3 Page 693

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capo LXII
20 La ragione essenziale è la mobilità giovanile, che in un momento di-
mentica le regole disciplinari e i castighi che quelle minacciano. Perciò spesso
un fanciullo si rende colpevole e meritevole di una pena, cui egli non ha mai ba-
dato, che niente affatto ricordava neii'atto del fallo commesso e che avrebbe
per certo evitato se una voce amica l'avesse ammonito.
30 I1 sistema repressivo può impedire un disordine, ma difficilmente farà
migliori i delinquenti; e si è osservato che i giovanetti non dimenticano i castighi
subiti, e per lo più conservano amarezza con desiderio di scuotereil giogo ed anche
di farne vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma chi tiene dietro ai loro
andamenti conosce che sono terribili le reminiscenze della gioventu; e che di-
menticano facilmente le punizioni dei genitori, ma assai difficilmentequelle degli
educatori. Vi sono fatti di alcuni che in vecchiaia vendicarono hmtalmente certi
castighi toccati giustamente in tempo di loro educazione. A l contrario il sistema
preventivo rende amico l'allievo, che nell'assistente ravvisa un benefattore che
lo avvisa, VUOIfarlo buono, liberarlo dai dipiaceri. dai castighi, dal disonore.
40 I1 sistema preventivo rende avvisato I'allievo in modo che l'educatore
potrà tuttora parlare col linguaggio del cuore sia in tempo della educazione, sia
dopo di essa. L'educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà esercitare
sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche correggerlo allora
eziandio che si troverà negli impieghi, negli &i civiii e nel commercio (I).
Taluno dirà che questo sistema è difficilein pratica. Osservo che da parte
degli allievi riesce assai più facile, più soddisfacente, più vantaggioso. Da parte
degli educatori racchiude alcune difficoltà, che però restano diminuite, se l'edu-
catore si mette con zelo all'opera sua. Oltre ai vantaggi sopra esposti, si aggiunge
ancora qui che:
10 L'allievo sarà sempre pieno di rispetto verso l'educatore e ricorderà
con piacere la dire7ione avuta, considerando tuttora quali padri e frateili i suoi
maestri e gli altri superiori. Dove vanno, questi ailievi per lo più sono la conso-
lazione delia famiglia, utili cittadini e buoni cristiani.
zO Qualunque sia il carattere, l'indole, lo stato morale di un allievo all'e-
poca della sua accettazione, i parenti possono vivere sicuri, che il loro figlio non
potrà peggiorare, e si può dare per certo che si otterrà sempre qualche migliora-
mento. Anzi certi fanciulli che per molto tempo furono il flagello dei parenti e
perfino rifntati dalle case correzionali, coltivati secondo questi principii, cangia-
xono indole e carattere, si diedero ad una vita costumata e presentemente occu-
pano onorati uffici nella società, divenuti così il sostegno della famiglia e decoro
del paese in cui dimorano.
3- Gli allievi che per awentura entrassero in un istituto con triste abitu-
dini non possono danneggiare i loro compagni. N&i giovanetti buoni potranno
ricevere nocumento da costoro, perchè non hawi nè tempo, nè luogo, nè oppor-
tunità, perciocchè l'assistente, che supponiamo presente, ci porrebbe tosto ri-
medio (2).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

70.4 Page 694

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Il 'Irfemo preventivo
Sul fondo del sistema ha un'osservazione acuta e vera il Cri-
spolti. Taluno potrebbe supporre che il sistema di Don Bosco
si riduca al puro prowedimento negativo del non reprimere.
No, scrive egli (I), <<èil prowedimento positivo di accendere ed
ammaestrare a tal segno l'anima deii'educatore, da darle nera-
more una potenza più sicura, più pronta, più intima che non
l'abbia il castigo E..]. I1 sistema repressivo non è altro che la con-
fessione del maestro di non poter esercitare una diretta influenza
suli'animo deii'alunno e di dover quindi ricorrere a quei mezzi
materiali ed estranei alle due anime, che sono i castighi bruti.
L'uso di questi mezzi, facili e comodi, impedisce al maestro lo
sforzo spirituale di rendersi così adatto a trasfondere se stesso
nello scolaro, da poter rinunciare ad ogni supplemento meccanico
e minaccioso. Ma siccome tutti sono buoni ad adoperare la re-
pressione, mentre a rendere efficace la prevenzione è necessaria
l'interezza e l'efficacia morale di chi l'adopera, così mal interpre-
terebbe Don Bosco chi dimenticasse che il suo metodo tende a
formare insieme i due elementi della scuola, il maestro e l'allievo;
non si contenta d'illudersi che l'allievo profitti del metodo sotto
qualsiasi maestro [...l.Ecco perchè il metodo di Don Bosco non P
la pietà fiacca che tutto lascia fare pur di non provare il fastidio
e il dolore del punire; ma è la carità forte che si arma di tutte
le armi morali per influire a bene su le anime giovanili, e intanto
acquista il diritto di risparmiarsi la penosa odiosità dei castighi,
in quanto l'animo degli educatori abbia già penato per diventare
vigile, zelante, paziente, amoroso, santamente dominatore. In
ciò sta il segreto dei successi di Don Bosco e la superiorità de' suoi
metodi >>.In povere parole dunque i1 sistema di Don Bosco fa il
buon allievo perchè fa prima il buon educatore.
Si ponga mente ancora a un punto, alle norme sui castighi.
I1 Zambruschini nel suo trattato Della Educazione spende attorno
aii'importantissimo argomento otto buone facciate, mentre Don
Bosco nello scritto sul Sistema ereventivo si contenta di «una pa-
rola >>. dice, ossia di poche righe. Ma quanto in sì poco! I1 Peda-
( I ) C ~ ~ s ~ o c 'Dr xon, Bosco. Torino 1922, pag. 132.
679
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LXII
gogista e l'Educatore convengono in parecchie cose essenziali:
impossibilità di escludere i castighi, necessità che non costitui-
scano mai un sistema, per ben punire farsi amare, bando ordina-
riamente ai rimproveri pubblici, molta moderazione e nessuna
ira o in altri termini visibile ragionevolezza nella misura e nel
modo. Ma il grande Educatore la vince sul Pedagogista in tre
cose: nel ricorso aii'elemento religioso per illuminare la coscienza
del colpevole, neii'escludere assolutamente le punizioni corporali
come sempre irritanti l'alunno e sempre avvilenti il superiore, e
nella massima luminosa che con i giovani è castigo quello che si
fa servire per castigo.
La pratica del sistema è incarnata nel Regolamento. Don
Bosco, al solito, non lo improvvisò. Le prime regole disciplinari
da lui scrttte datano dal 1851; erano undici articoli, esposti sopra
una tabella e da leggersi ai ricoverati la prima domenica di ciascun
mese. In seguito egli, notando man mano quello che le circostanze
gli facevano vedere opportuno, compilò un vero Regolamento,
che mise in vigore neii'anno scolastico 1854-55; ma lo conservò
a lungo manoscritto, limitandosi a farlo leggere tutto in pub-
blico in principio dell'anno scolastico e a tratti ogni domenica (I).
Intanto vi veniva aggiungendo, modificando, cancellando, finchè
nel 1877 lo diede alle stampe sotto il titolo di Regolamelzto per
le Case Salesiane (2). Introdusse allora maggior solennità nella
lettura ad ogni riaprirsi delle scuole. A questa lettura volle che
assistessero anche i Superiori e che si leggesse pure la parte spet-
tante ai medesimi, giudicando utile non nascondere ai giovani
le regole, a cui debbono sottostare i Superiori.
( I ) Don Lemoyne lo pubblicò in Mem. Biogr., vol. IV,pgg. 7 3 - 5 5 ,
( 2 ) Si divide in due parti. La prima tratta del personale: Direttore, Prefetto, Catechista.
Consigliere scolastico, Maestri di scuola, Maestri d'arte, Assistenti di scuola e di studia, Assi-
stente dei laboratori, Assistenti o Capi di dormitorio, dispensiere, spenditori, coadiutori,
cuoco e aiutanti della cncisa, camerieri, portinaio; nonne per il teatrino e per I'infermexia,
La seconda, indicato lo scopo delle Case della Congregazione Salesiana, espone le prescrizioni
per i giovani: accettazione, pietà, contegno in chiesa, lavoro, contegno nella scuola e nello
studio, contegno nei laboratori, contegno verso i superiori, contegno verso i compagni, mo-
destia, pulizia, contegno nel regime deila casa, contegnofuori della casa, passeggio, avverti-
menti, costerno nel teatrino, cose con rigore proibite ne& casa, tre mali sommamente da
fuggirsi (bestemmia, disonesta, furto).
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

70.6 Page 696

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sistema prenientiwo
Vegliano in ogni Casa ail'osservanza del Regolamento quattro
principali Superiori: Direttore, Prefetto, Catechista e Consigliere
scolastico o professionale. I1 Direttore esercita la sua autorità
su tutti e su tutto in forma paterna, come buon padre di famiglia;
gli altri tre lo coadiuvano. I1 Prefetto nella disciplina generale,
neil'amministrazione materiale, nel curare la vita fisica dei ra-
gazzi e nei rapporti con l'esterno; i1 Catechista nella vita religiosa
e morale; il Consigliere in quella che concerne lo studio o il lavoro
e il buon ordine nei vari tempi e luoghi, fuorchè durante le pra-
tiche di pietà. I1 resto del personale si muove ordinariamente nella
dipendenza immediata dal Catechista e dal Consigliere. La mira
comune è di fare in modo che regni nella casa lo spirito di famiglia.
Da siffatto spirito di famiglia originò la magnifica organizza-
zione degli ex-ailievi, che ha iiliali in ogni centro di vita salesiana.
Il ricordo piacevole dell'educazione ricevuta neil'atmosfera del
sistema di Don Bosco fa veramente sì che l'allievo già adulto si
senta sempre pieno di rispetto >> verso i suoi antichi educatori e
li consideri ognora << quali padri e frateili D, amando di mantenersi
con essi in cordiali rapporti. Da questa comune disposizione
d'animo nasce spontaneo negli ex-allievi il desiderio di rivedere
il proprio collegio, di riawicinare i propri maestri e di ritrovarsi
con i propri condiscepoli; donde i convegni e infìne l'idea deil'as-
sociazione. Ne riparleremo fra breve.
Ma neiia storia della pedagogia spetta a Don Bosco un mento
ben più alto, dal quale derivarono tutti gli altri in questo campo.
La sua attività pedagogica coincise con un'epoca critica per l'e-
ducazione giovanile, quando, straniandosi sempre più la vita
pubblica dalla religione, anche la scienza e l'arte educativa si
organizzavano fuori e contro il salQtare influsso della Chiesa,
spingendosi per vie nuove, non rischiarate da alcun riflesso di
luce soprannaturale. Imperava Rousseau col suo Emilio. Don
Bosco non rinnegò nulla del buono che ravvisava nella nuova
pedagogia ma lo santificò vivificandolo con l'alito del Vangelo.
Se il liberalismo pedagogico non devastò interamente col suo na-
turalismo il campo deil'educazione, bisogna plaudire al servo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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- Capo LXII Il sistema pieeientiuo
fedele della Chiesa per tutto quello che intraprese e attuò in fa-
vore della pedagogia cristiana.
Del suo sistema educativo, fondato massimamente nel suo
amore soprannaturale della gioventù, Don Bosco aveva promessa
un'esposizione esauriente in un'opera già da lui ideata; ma le cii-
costanze non gli permisero di mandare ad effetto la buona inten-
zione. Quindi chi si limita a quello che egli occasionalmente disse
e scrisse, non può riunire tutti gli elementi, che formarono la sua
dottrina pedagogica. Gli appunti tuttavia, qui sopra presentati,
se non ci dànno il sistema completo, contengono almeno quanto
basta per ben comprendere quale sia lo spirito del sistema.
Questo sistema è da qualche tempo oggetto di studio fra pe-
dagogisti italiani e stranieri; professori universitari accettano vo-
lentieri tesi di laurea su di esso imperniate. Due scrittori tedeschi
di pedagogia ne hanno rilevati due diversi aspetti. I1 Forster
scrive (I): «I1 grande educatore italiano è stato un precursore
neli'umanizzare la disciplina educatrice >>E. il Funke, direttore
deiie scuole Normali a Warendorf in Westfalia (2): << Don Bosco
ha divinizzato la pedagogia, studiando la coscienza de' suoi alunni,
dando loro per guida l'elemento religioso e applicando aii'inse-
gnamento la carità cristiana >>S.ono due giudizi che, come si vede,
si completano a vicenda. Ben a ragione dunque neila Bolla di
Canonizzazione egli fu dal Papa Pio X I proclamato «della mo-
derna gioventù educatore di prim'ordine $, come colui che con
novità di metodo segnò nella pedagogia uno dei più eccellenti e
sicuri indirizzi >> (3).In Italia il sistema di Don Bosco è ufficial-
mente proposto allo studio dei futuri maestri durante i loro corsi
nell'Istituto magistrale (4).
( I ) P. W. P ~ ~ T EScRhu,ld und Stihne, pag. z7.
( 2 ) G. A. PUNKEH, andbtichlein deu Padugogik. Paderbom, F.Sc6ning u Don Boseo 8.
(3) Novae iuventufisedwator pvinccps, nova prmsus methodo, quae qlradern in paedugogica
disciplina veve exce2lantissimum m tutissimum signavit iter.
(4) 1 programmi del 1925 per la scuola di magistero mettono fra le opere classiche di
Pedagogia da studiarsi il "Metodo educativo di Don Bosco ". GiA un'ordinanza ministenale
deU'11 dicembre 1923 aveva proposto ai maestri "D. Bosco come mirabile modello da imi-
tare ".
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

70.8 Page 698

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CAPO LXIII
La stampa salesiana.
I1 celebre motto che il nostro Santo proferì parlando di ti-
pografia col futuro Pio XI " In questo Don Bosco vuole essere
sempre ali'avanguardia del progresso ", non significava già che
egli ambisse di avanzare tutti nel far progredire l'arte tipogra-
fica, ma che intendeva di non restare dietro a nessuno neli'adot-
tare tutti quegli ultimi ritrovati tecnici, che gli servissero per
intensificare l'opera deiia buona stampa. Era infatti suo volere
che l'arte del libro a scopo non solo d'insegnamento professionale,
ma anche di apostolato religioso e sociale entrasse nel vivo pro-
gramma salesiano; onde la denominazione di " Tipografia Sale-
siana ", venuta in voga daii'oratorio di Valdocco, si propagò
dovunque, sotto gli auspici di Don Bosco, furono aperti collegi
di artjgianelii.
Che Don Bosco dovesse intraprendere e assegnare a' suoi
anche un'attività editoriale di larga portata, lo faceva presagire
la natura stessa delia sua missione. I1 Papa Pio X I non la pen-
sava come coloro che sembravano limitarsi a considerare Don
Bosco pressochè esclusivamente quale sommo educatore deiia
gioventù, perchè, diceva egli, il suo apostolato nel mondo aveva
avuto una più vasta estensione. Infatti S. Giovanni Bosco fu
l'uomo inviato dalla Provvidenza in un turbinoso periodo di
transizione, in cui molte cose crollavano e altre ne sorgevano a
preparare un avvenire assai diverso dal passato. Non tutto era
male; è certo però che in quel tramestio di uomini e di cose una
coiiuvie di errori e di aberrazioni minacciava di sovvertire nel
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

70.9 Page 699

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capo LXIII
popolo cristiano le credenze avite, allontanandolo dalla Chiesa
e scalzando le basi stesse della civile società. Urgeva senza dubbio
preservare anzitutto la gioventù dali'esiziale contagio; ma non
bisognava neppure trascurare l'ambiente, nel quale quella cre-
sceva e che si veniva sempre più intorbidando e ammorbando.
'iel Piemonte, centro propulsore del movimento nazionale, la
concessione della libertà di stampa fu come aprire il vaso di Pan-
dora. Pullularono da ogni parte fogli, libelii, romanzi empi, bla-
sfemi, spudorati che col travisare i fatti della storia e della vita
quotidiana, col mettere in dileggio la gerarchia ecclesiastica, col
gettare il discredito sopra gl'insegnamenti della Chiesa e con
l'offendere la santità del costume inoculavano nel buon popolo
il veleno dell'incredulità e dell'immoralità. Neppure i testi scola-
stici andavano esenti da pericob. Si mettevano nelie mani dei
giovani gli autori classici senza le antiche cautele; i manuali poi
di storia erano spesso infarciti di affermazioni ardite o calunniose.
Ebrei, massoni e protestanti, i primi e gli ultimi sguinzagliati
dalla legge di emancipazione, si appigliavano a ogni arma pur
di combattere le istituzioni cattoliche, additate come baluardi
dell'oscurantismo e ostacoli da rimuovere, se si voleva conse-
guire l'indipendenza e l'unità della patria.
Don Bosco, sacerdote da pochi anni, pieno di zelo per la gloria
di Dio e il bene delle anime, scese in campo alla difesa della ve-
rità e della vecchia morale, ma senza levar rumori di polemiche.
Da prima con pubblicazioni periodiche od occasionali si venne
aprendo la via in mezzo alla gioventù e al popolo, che istruiva,
metteva in guardia e animava alla pratica della pietà cristiana.
Organizzò pure un'associazione, che s'impegnava a diffondere il
contraweleno delle buone letture. Ricorreva per tutto questo a
Case editrici e a librerie torinesi; ma l'esperienza gli faceva sen-
tire la necessità di avere strumenti suoi, sempre alla mano e atti
a fornirgli possibilità maggiori. Quando nel r858, stendendo le
Regole della Società Salesiana, poneva che compito di questa
fosse anche di u sostenere la religione cattolica col diffondere buoni
libri >>, aggiungeva che ciò si sarebbe fatto con tutti i mezzi che
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

70.10 Page 700

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la carità avrebbe suggerito, e fra gli altri mezzi egli vagheggiava
allora da ben otto anni una tipografia propria. Potè finalmente
iniziarla nel 1861. Umili inizi invero: due vecchie macchine a ruota
con un torchio e un banco per le cassette dei caratteri. Ma a lui
parve di toccare il cielo col dito. Per Don Bosco tutto era comin-
ciare. Non aspettava per questo di avere tutto l'occorrente: si
contentava di un mhimo indispensabile. Nel suo concetto comin-
ciare non voleva dire star fermo, ma pigliare le mosse per salire,
salire fino a raggiungere il sommo. Aliora dunque, con lo sguardo
alla mèta, animava i primi allievi tipografi dicendo loro: - Ve-
drete! Avremo una tipografia, due tipografie, dieci tipografie.
Vedrete! - Questo indicava abbastanza la sua risoluzione d'in-
grandire l'impianto e di moltiplicare le officine. Infatti non si
arrestò finchè non ebbe nell'oratorio uno stabilimento tipogra-
fico, il cui macchinario nuiia dovesse invidiare ai migliori di To-
rino. Dicendo poi dieci, usava il numero determinato per l'inde-
terminato, ed è evidente che intendeva dir molte. In quel mo-
mento dunque non solo manifestava il suo proposito di inserire
nel programma salesiano anche l'arte del libro, ma sembrò anche
abbracciare con l'occhio della mente presaga il gran numero di
tipogrde che i suoi figli avrebbero impiantate nel mondo.
La " Salesiana " di Torino, gradatamente perfezionata, inondò
l'Italia delle sue pubblicazioni, che la resero popolare e fecero
conoscere dappertutto Don Bosco e le sue Opere. Principiò con
le Letture Cattoliche, stampate dal 1853 presso vari editori. Questa
pubblicazione, prima bimensile, poi mensile, ma più voluminosa,
incontrava molto favore nel pubblico, al quale era indirizzata;
tant'è vero che durante la vita di Don Bosco la media degli asso-
ciati non era inferiore ai diecimila, numero straordinario, se si
considera la condizione dei tempi. Fa d'uopo conchiudere che
rispondesse a un vero bisogno. Non per nulla il Santo la guardava
con predilezione; fra il 1853 e il 1878 figurano nella collezione
ben cinquanta operette da lui stesso composte. Quei fascicoli,
pur così modesti nel formato, erano il martello dei Protestanti,
i quali le temevano tanto che più volte armarono contro il Di-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

71 Pages 701-710

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71.1 Page 701

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rettore la mano dei sicari. Quando poi essi presero a pubblicare
un loro insidioso almanacco dal titolo L'Amico di casa, egli vi
contrappose il suo Galantuomo col sottotitolo significativo di
Almanacco nazionale, ricco di varietà istruttive ed amene, e al
principio di ogni anno lo mandava in dono agli associati.
Benemerenze insigni si acquistò pure la Società con la sua ti-
pografia nel campo scolastico. Nelle scuole secondarie correvano
per le mani dei giovani, come dicevo, libri di testo non p- iù net-
tati delle parti che offendevano il pudore. Owiò a tanto male
la " Salesiana ", conducendo molto innanzi la sua collezione in-
titolata Selecta ex Latinis scriptoribus, che offriva in edizioni pur-
gate le opere degli autori latini prescritte dai programmi per i
ginnasi e i licei. Professori salesiani e non salesiani, sotto la di-
rezione del latinista Don Francesia, attendevano al lavoro di
epurazione e di commento. Le continue ristampe dimostravano
quanto un tal lavoro fosse apprezzato e opportuno.
Quando questi Selecta andavano per la maggiore, venne la
volta dei classici italiani, ed ecco sorgere la Biblioteca della gio-
ventd italiana, che, diretta da Don Durando, dal 1869 al 1885
mise in circolazione 204 volumetti tascabili e di poco prezzo. Ne
compariva uno al mese, e si potevano avere anche per associazione
annua. I soli associati toccarono i tremila; ma giungevano nu-
merose ordinazioni a parte, secondo il bisogno. I1 saperli così
mondi aperse le porte dei seminari ad autori, che altrimenti non
vi sarebbero mai penetrati. Benedetto XV, che da giovane vi si
era associato, disse che di tale impresa bisognava essere ricono-
scenti a Don Bosco per aver egli con vantaggio della cultura reso
possibile in certi ambienti leggere autori severamente proscritti.
Gli educatori assennati plaudirono alla coraggiosa e salutare
epurazione, nonostante le critiche e i dileggi degli spregiudicati.
Solo nel 1872 la " Salesiana" si accinse alla stampa di testi
greci, dando alle scuole primieramente sei Dialoghi di Platone e
vari libri di Senofonte. Curava le edizioni il torinese Don Peche-
nino, valente ellenista; più tardi gli successe il salesiano Don
Garino, che lasciò un bel nome fra i cultori'delle lingue classiche.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

71.2 Page 702

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La stampa raleriaa
Una quarta collezione ebbe principio nel 1875. vanno prece-
dente erasi riaccesa in Francia un'aspra controversia del 1853
contro l'uso esclusivo dei classici pagani nelle scuole cattoliche.
Gli animi s'infiammavano per le polemiche del focoso abate Gaume.
Aiia questione si appassionarono alcuni anche in Italia. Nell'O-
ratorio, dove regnava lo spirito di Don Bosco alieno'dal batta-
gliare e si pensava piuttosto a fare che a disputare, si pose mano
ai Selectn ex Christialzis scriptoribus, a cura del salesiano Don
Tamietti, già discepolo del celebre latinista Tommaso Vallauri
nell'università di Torino. Contemporaneamente il santo educa-
tore introdusse nelle scuole salesiane una lezione settimanale di
latino su autori cristiani. Allora la letteratura cristiana antica,
così fulgida nelle opere immortali dei Padri, era generalmente
ignorata dagli insegnanti laici e non di rado fatta segno al disprezzo
come latino di sagrestia. Quanto sono cambiate oggi le cose! Oggi
quella letteratura è entrata a gonfie vele nell'insegnamento pub-
blico, dalle Scuole medie alle superiori (I).
La " Salesiana " si rese benemerita della sana educazione
anche con un'altra categoria di libri scolastici: i vocabolari. Si
leggono di Don Bosco queste gravi parole (2):«Si è notato che
tanti disordini morali incominciano da certe parole lette nel vo-
cabolario. l3 questa l'arte coiia quale un cattivo cerca di esplo-
rare il cuore di un compagno e conoscerne le tendenze. Uno manda
ad un altro un vocabolario segnato e talora col segno sopra una
parola indifferente che precede la maliziosa, e osserva l'espressione
di chi lo riceve. Se si può impedire questo male, è una grande
vittoria*. Don Bosco aiutò a ottenere questa grande vittoria
con parecchi vocabolari di edizione salesiana. Don Durando ri-
cevette l'incarico di preparare i latini. Quelli in uso abbondavano
più che di parole inopportune, di significati e di esempi poco pu-
( I ) Concorsero a preparare il t e m o i due professori universitari salesiani Don Paolo
Ubaldi e Don Sisto Colombo. i cui numerosi allievi, oggi insegnanti anche in Università, si
occupano seriamente di Patrologia dalla cattedra e con pubblicazioni. Parecebi di essi colla-
borano nella Corona Paluum Salesiuna, voluta da Don Ricaldone, quarto successore di Don
BOSCO.
(2) iMem. Biogr., vol. XIV, pag. 839.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

71.3 Page 703

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cape LXIII
liti, che i giovani incontravano senza cercarli. Le ristampe si
susseguirono in gran numero; segno evidente che quel lavoro
colmava dawero una lacuna. in seguito il suiiodato Pechenino
diede il dizionario greco e Don Cerruti l'italiano.
Poco prima che Don Bosco scendesse nella tomba, due nuove
collezioni emanarono dalla " Salesiana ": una Piccola collana d i
letture drammatiche fier istituti d'educazione e famiglie e una serie
di Letture amene ed educative. Nuiia dico del trilingue Bollettino
Salesiano, del quale ho già parlato, nè delle edizioni musicali,
e nemmeno di tante e tante opere specialmente d'argomento re-
ligioso e morale, come predicazione, apologetica, ascetica, agio-
grafia, storia e via discorrendo. In un catalogo generale edito
nel 1881 i titoli deiie pubblicazioni uscite &o allora riempivano
novantasei facciate. Di quel catalogo furono diffuse quarantarnila
copie in tutta l'Italia.
Un'occasione di eccezionale importanza si presentò nel 1884
per mettere sotto gli occhi del gran pubblico la feconda e proficua
operosità della tipografia salesiana. Si preparava per quell'anno
a Torino un'lÉsposizione Nazionale deli'industria, della scienza
e deii'arte. Don Bosco formò il geniale e ardito disegno di esporre
in azione l'intero procedimento, per cui si arriva alla produzione
del libro. Garditezza non dipendeva soltanto daiia difficoltà del-
l'impresa, ma anche daii'indole dei tempi. Dire roba di preti era
per molti, per troppi anzi, dire cosa da non prendersi sul serio;
preti poi espositori in una grande Mostra nazionale e proprio
nella sezione del lavoro, chi mai avrebbe potuto immaginare
cosa più fuor del secolo? Epp?ire Don Bosco seppe far approvare
la sua proposta e riuscì ad a ~ u a r l ain modo, che ne risultò per i
più il numero di maggior attrattiva in tutta 1'Bsposizione.
I1 visitatore, appena messo piede nelia galleria appositamente
costruita, scorgeva con un colpo d'occhio una fila di macchine in
moto, presso le quali giovani silenziosi, applicati e sereni attende-
vano a fare ognuno la parte sua. Quanti entravano, rimanevano
subito avvinti dalla singolarità e varietà dello spettacolo che si
parava loro dinanzi. Abbiamo detto come Don Bosco avesse
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

71.4 Page 704

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acquistato a Mathi Torinese una fabbrica della carta. Orbene
in quel padiglione si assisteva al graduale svolgersi di tutte le
operazioni, per cui da un mucchio di miseri cenci si passa alla
confezione deila carta, alla stampa dei fogli, alia rilegatura e
allo spaccio dei libri. Fra il macchinario della carta e le macchine
da stampare si vedeva come avveniva la fusione dei caratteri
e come questi, passati nelle casse dei compositori, erano rapida-
mente disposti in righe a formare le pagine. La curiosità degli
spettatori non scemava mai dai principio alla fine. Vi si stam-
pavano la Fabiola del Card. Wiseman in splendida edizione illu-
strata e il piccolo Catechismo diocesano. Se per la massima parte
degli accorsi fu una bella novità, per i cattolici fu una rivelazione:
nulla di cosi grandioso erasi mai supposto che esistesse in Italia
a servizio deila buona stampa.
Don Bosco, verso il tramonto della sua santa vita, ebbe la
consolazione di vedere e di sapere che il suo ideale, diremo cosi,
tipografico, si awjava aii'attuazione. Oltre alla grande tipografia
dill'oratorio, sette altre fra incipienti e già incamminate, lavo-
ravano in varie parti: due in Italia, a Sampierdarena e a S. Be-
nigno Canavese; tre in Francia, a Nizza, a Marsiglia, e a Lilla;
una neiia Spagna, a Sarria di Barcellona; una in America, a Buenos
Aires. Accennando a quanto egli operò in questo particolare, il
glorioso Pontefice Pio XI fece rilevare che « per la stampa Don
Bosco aveva una singolare predilezione, facendone oggetto spe-
ciale di tutto l'immenso suo bene, massime a vantaggio della
gioventù >> (I). E un valoroso pubblicista osservò che una storia
libraria deii'attività di Don Bosco in tempi calamitosissimi «sa-
rebbe senza dubbio un capitolo onorato, quando si volesse nar-
rare la cultura dei cattolici italiani neii'ottocento » (2).
I figli non vennero meno aii'esempio e aii'insegnamento del
Padre. Oggi le tipografie salesiane sono 73. Ne ha una anche il
Giappone, neila capitale deli'Impero e il Capo delia Missione
Mons. Cimatti non la lascia mai inoperosa. È: poi universalmente
(I) Discorso a giornalisti (Oss.Rom., I 1-3 z giugno 1934).
(2) Don Giuseppe De Luca in Osi. Rom., 15 giiigno 1933
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

71.5 Page 705

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- Copo LXIII La stampa sa[ena?a
noto di quanta e quale efficienza sia la Società Zditrice Inter-
nazionale, emanazione salesiana in grande stile. N& a parole sol-
tanto il Papa Pio XI si mostrò memore di queilo che aveva mi-
rato con i suoi occhi e ammirato nel 1883 all'oratorio; ma, volle
dare una prova de' suoi sentimenti chiamando maestri d'arte sale-
siani a dirigere la Tipografia Poliglotta Vaticana. Ultimamente
infine presso la casetta nativa di Don Bosco è entrata in atti-
vità una nuova scuola tipografica voluta da Don Ricaldone
e attrezzata con tutti i mezzi della tecnica moderna. Don Bosco
dunque continua a mantenersi in queste cose all'avanguardia
del progresso.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

71.6 Page 706

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CAPO LXIV
La musica salesiana.
Quando S. Giovanni Bosco disse che un oratorio festivo senza
musica è un corpo senz'anima, non aveva ancora internati, al-
trimenti avrebbe esteso la sua sentenza, applicandola pure a
coilegi e ospizi. A fargli attribuire tanta importanza aila musica
neii'opera educativa influì certamente l'aver egli avuto da na-
tura un'anima dotata di vivo senso musicale: lo si scorge p e r h o
ne' suoi sogni, narrando i quali fa spesso menzione di beiie voci,
di cori melodiosi, .di concerti estasianti, di armonie insomma ce-
lestiali da lui udite, gustate e con visib.de compiacenza descritte,
nel che si rispecchiava una disposizione innata del suo spirito.
Ma la ragione precipua va ricercata nella salutare efficacia che
egli le attribuiva sul cuore e suli'immaginazione dei giovani allo
scopo d'ingentiiirii, elevarli e renderli migliori.
Don Bosco amò la musica fin da giovane. Quando cominciava
i suoi studi a Castelnuovo, profittando di favorevoli occasioni,
imparò il canto, il violino, l'organo e il pianoforte. Più tardi si
applicò da sè a studi metodici su manuali di buoni maestri. Con
queila stessa semplicità che metteva ne' suoi scritti, musicò can-
zoncine e laudi sacre (I) per i ragazzi del suo primo oratorio fe-
stivo; anzi, non trovando cose facili e fatte per loro, compose
anche una Messa, un Tantzlm ergo e qualche Salmo. Non erano
un gran che; ma gli servivano a doppio fine, cioè come pezzi da
( I ) Alcune si cantano ancora, come quella ail'ATigelo Cnstode "Angioletto del mio Dio ",
composta da Silvio Pellico, e i'aitra nataiizia "Ah si canti ia suon di giubilo ". Gaiaimente
Don Pagella trasse dall'aria di quest'ultirna il segno caratteristico del Gloria nella sua gran-
diosa Mirsa sollemnis XIX per la Beatificazione di Don Bosco.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LXIV
far eseguire a piccoli cantori inesperti e quale esempio e stimolo
a fare di meglio, chi ne avesse il talento.
Le sue vedute su questo punto si debbono inoltre mettere
in rapporto con la parte da lui assegnata all'allegria nel suo si-
stema educativo. Ne intuì ben presto la necessità e il valore, I%
da quando, studente di ginnasio a Chieri, fondò sotto quella de-
nominazione una società di condiscepoli. il servite Domino iri
laetitia era destinato a essere sua parola d'ordine in mezzo aita
gioventù. Coglieva giusto nel segno Domenico Savio, allorchè a
un nuovo venuto nelt'oratorio diceva: G Sappi che noi qui facciamo
consistere la santità nello star molto allegri D. E prima di lui il
chierico Domenico Ruffino aveva scritto dalt'oratorio a un suo
amico: G Qui tutti sono allegri, ma di un'allegria veramente ce-
leste >> (I). Come per S. Filippo Neri, così per Don Bosco la malin-
conia era l'ottavo peccato capitale. Istruzioni in tal senso dava
ai Superiori di collegi. <Tiraccomando di far stare allegri i tuoi
giovanetti P, scrisse nel 1870 a don Bonetti, Direttore del col-
legio di Mirabello. Anche alle Figlie di Maria Ausiliatrice disse
una volta: ((Per far del bene alle ragazze bisogna essere sempre
allegre >>O.ra non vi è nulla che più della musica valga a riem-
pire di allegria le case di educazione e gli animi giovanili, nè il
grande educatore poteva fare a meno d'introdurla nel suo Ora-
torio, donde poi i primi Salesiani ne avrebbero portato dapper-
tutto l'amore e il culto, formando così della tradizione musicale
un elemento indispensabile in ognuno dei nostri istituti.
Per i giovani è senza dubbio un brutto vivere in collegi, dove
il monotono succedersi delle giornate non viene mai rotto e allie-
tato da melodie ora sacre ora profane, che scacciano le ugge dalle
teste, quelle ugge che fomentano l'infingardaggine e i malsani
pensieri. Ma musica dei ragazzi stessi vuol essere, tanto vocale
che strumentale; se ne awantaggiano gli esecutori e la gustano
meglio i loro compagni ascoltandola. Che se gli esperti awerti-
ranno imperfezioni, Don Bosco dirà loro, come disse a Marsiglia,
( i ) Lett. cit. a pag. 27.
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La musica raleiinna
che la musica dei ragazzi va ascoltata col cuore, non con gli orecchi.
Per tutti questi motivi nel personale di ogni casa figurò sempre
fui da principio il maestro di musica, giudicato non meno neces-
sario degli insegnanti di classe.
I1 primo maestro di musica nell'oratorio fu Don Bosco stesso.
Egli innovò il metodo d'insegnamento. Scrive nelle già citate
suc Memorie: <Nei tempi passati ogni allievo che avesse desi-
derato imparar musica, doveva cercarsi un maestro che gli desse
lezioni separate. Quando tali allievi erano sufficientemente istruiti,
si univano, formavano i cori, e sotto abile professore d'orchestra
si esercitavano a captare pel teatro o per la chiesa >>.Invece egli
tenne un altro metodo: impartiva le lezioni in classe a molti a,llievi
simultaneamente. La potizia sparsa in città fece incuriosire pa-
recchi. Narra Don Bosco: <<Ifamosi maestri d'armonia Rossi
Luigi, Bianchi Giuseppe, Cerutti Giuseppe e altri venivano per
più settimane, quasi ogni sera, ad ascoltare le mie lezioni. Ciò
era in contraddizione col proverbio che dice non essere l'allievo
sopra il maestro, mentre io sapeva un milionesimo di quanto
sapevano quelle celebrità; tuttavia la faceva da maestro in mezzo
di loro. Essi per altro non venivano da me per ricevere insegna-
menti, ma per osservare come fosse il nuovo metodo, che è quello
stesso oggidì praticato nelie nostre case ».
Con la novità dell'insegnameuto collettivo andava di pari
passo la novità dei cori di voci giovanili. Sacerdoti estranei, in-
vaghiti di quelle voci fresche e squillanti, gli chiedevano con
istanza di avere i suoi fanciulli a cantare nelle loro chiese. I1 po-
polo, avvezzo a udire voci virili e quasi sempre a solo, ne rima-
neva incantato e pigliava più amore aiie funzioni religiose. Gli
inviti di tal' genere si moltipficavano, sicchè il Santo conduceva
la sua Schola fiuerorum in chiese di Torino e di fuori, come a
Noncalieri, a Rivoli, a Chieri, a Carignano e altrove. Lo stesso
contegno dei piccoli cantori edificava i fedeli, poichè Don Bosco
li abituava a considerare il canto come una preghiera.
Guai però se egli nella musica avesse seguito l'andazzo del
tempo! Non si può credere oggi da chi non ne fu testimonio, quanto
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capo LXiV
fosse degenerata. Motivi di opere teatrali erano adattati alle
parti cantabili della Messa, ai Salmi dei Vespri, al Tantum ergo
della benedizione, o, se non si trasportavano di sana pianta sulle
orchestre, venivano imitati da maestri che avevano smarrito il
senso della stonatura risultante dail'accozzare parole sacre con
musica di stile profano. Non l'aveva però smarrito Don Bosco
ed ecc3 una terza e più importante innovazione. I n siffatta mania
di miscere sacra @rofanisegli deplorava una profanazione sacri-
lega; quindi si propose di reagirvi con tutte le forze. Ai giorni
nostri noi abbiamo veduto ben altre riforme della musica sacra,
e ai periti neil'arte verrà forse da sorridere, leggendo di Don Bosco
annoverato fra i riformatori del canto ecclesiastico. Ma più che
alla qualità della sua musica bisogna qui badare agli abusi allora
correnti; poi, fatto il confronto, si dovrà conchiudere che in questo
pure Don Bosco fu più grande del suo tempo.
Egli dunque anzitutto sostituì musica a musica, sbandendo
quella che appariva troppo indegna deiia casa di Dio. Confor-
mandosi alla limitata capacità dei ragazzi, compose una seconda
Messa, un secondo Tantum ergo e altri Salmi. Non cercava l'ori-
ginalità, ma la pratica utilità. Don Lemoyne così descrive il suo
modo di comporre (I): <Ricavavasovente le sue armonie, con qual-
che modificazione, daiie varie laudi sacre che i giovani conosce-
vano perfettamente, aggiungendo qualche nota per l'introdu-
zione e per il h a l e . V'intrometteva tratti di canto gregoriano,
tolti ora dali'Antifonario ed ora dal Graduale, che reputasse più
maestosi e divoti, facendovi talora leggiere variazioni od accordi.
Qualche semplice motivo era eziandio trovato dal suo genio, specie
negli a solo ». I1 medesimo storico narra pure com'egli si facesse
talvolta aiutare in questo da sacerdoti amici, che stimava assai
più addestrati neiia composizione.
Inoltre i1 suo spirito sacerdotale lo portava ad amare, anzi
a prediligere il canto liturgico per eccellenza, il canto gregoriano,
che non voleva eseguito aUa carlona, com'era purtroppo costume
( I ) Mem. Biogr., vol. 111, pgg. 145-6.
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generale, causa di non meno generale discredito. Allorchè co-
minciò ad avere giovani interni, lo insegnava egli stesso sul prin-
cipio dell'anno scolatico, nè permetteva che si ammettesse alla
scuola di musica vocale chiunque non fosse stato esercitato in
quello. Più tardi era un godimento per lui ascoltare nella chiesa
di Maria Ausiliatrice la massa imponente dei giovani, che, divisi
in due cori, cantavano la Messa degli Angeli. Anche il popolo
mostrava di gustare quel canto, che, udito altrove con le solite
deformazioni, lo lasciava non solo indifferente, ma spesso lo mo-
veva a riso. Si era ancora ben lungi dalla perfezione odierna in
fatto di canto gregoriano;ma le esecuzioni promosse da Don Bosco
segnavano già un certo progresso e soprattutto erano una pratica
affermazione di principio.
Nè la musica da lui voluta aveva da essere solamente in ser-
vizio del culto, per render gradite ai giovani le funzioni sacre,
che altrimenti riuscirebbero loro monotone e stucchevoli. Suoni
e canti inondavano l'oratorio, come oggi inondano le case, do-
vunque siano Salesiani. Accadde più volte che ex-aliievi, nuovi
in una città, indovinassero di passare accanto a un istituto sa-
lesiano solo daii'udire echi di strimpellamenti e di solfeggi. La
scuola di musica vi si fa ogni giorno, necessaria com'è a preparare
esecuzioni per le feste, le quali si susseguono in modo che, sva-
nendo l'impressione di una, sorge tosto l'attesa di un'altra. Sono
tutte circostanze, in cui la musica trionfa, rallegrando accademie
e rappresentazioni drammatiche e adeguandosi alla pompa dei
riti sacri. Dove poi ci sia anche la banda strumentale, non si
fa preziosa, ma regala i suoi concerti nella sala del teatro, nel
cortile della ricreazione e per le pubbliche vie. Così insegnò Don
Bosco, gettando le basi del suo sistema educativo, e tanto era
necessario ricordare per la storia della musica salesiana.
A compimento di questa storia rimane da aggiungere, che
anche per tale ordine di cose la Provvidenza inviò a Don Bosco
uomini idonei, i quali egli seppe mirabilmente far servire a' suoi
disegni. Non parlo dei primordi, quando vari sacerdoti musi-
cisti gli prestarono in questo generosamente l'opera loro; parlo
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capo LXIV
degli anni di un Cagliero e di un Dogliani, che vissero entrambi
requive~tesnzodos musicos (I) per la grande cantoria dell'oratorio.
Ma le composizioni del Cagliero, data la loro qualità, strariparono
ben tosto e dilagarono in Italia da Torino a Catania, e le ese-
cuzioni del Dogliani furono richieste e ammirate in molti e molti
luoghi. Sono tutte cose che esigono a buon diritto di entrare nella
storia deiia Congregazione.
I1 Cagliero, ancora semplice chierico, era, come si defuii da
sè, l'impresario della musica stmmentale, del canto e del tea-
trino deli'oratorio. Esordi, si può dire, da sè, mettendo a par-
tito il genio musicale sortito da natura. Don Bosco gl'imparti i
primi rndimenti, quindi lo affidò a un altro chierico più maturo,
che aveva fatto studi d'armonia; l'Oratorio intanto gli offriva
continue occasioni di far prova della sua bravura. Approfondì
le proprie cognizioni alla scuola del maestro Cerutti, diplomato
del Conservatorio di Parigi, e il bisogno lo fece precoce compo-
sitore. Ventiduenne, aveva già composto sette romanze, dive-
nute assai popolari; qualcuna anzi penetrò a Corte, come disse
la Regina Margherita al Cagliero Cardinale (2).Mentre prendeva
lezioni dal Cerntti, compose anche la nota Messa funebre a tre
voci, giudicata un gioiello di fede e di armonia. I1 maestro, ri-
chiesto dal Ministero delia Casa Reale di eseguire una Messa nei
funerali di Carlo Alberto, dimandò al suo aliievo il permesso di
scegliere quelia sua. In seguito i lavori del Cagliero non si con-
tano più. Nel 1868 per la consacrazione della chiesa di W a
Ausiliatrice scrisse la grandiosa Messa a quattro voci, detta di
( i )Eccli., XXXIV, 5 .
( z ) La più elaborata è I l Figlio &ll'Esule. Ebbero molta voga Lo S$aizacamino. L'O?-
fanello e I l Marinaio. Più andanti Il Cacciatore e I l Ciabattino. Nell'Angelo Cwiode tentò
di fondere i due modi maggiore e minore: composizione venutagli così d'istinto. I1 Verdi
aveva prima del Cagliero composte alcune romanze, che poi ripudiò. Due erano intito-
late "Lo spazzacamino" e "L'esule ". Un suo amico, Giuseppe Perosio, avuto notizia
delle due del Cagliero di titolo quasi uguale. le credette del celebre Maestro e gliene scrisse.
Rispose il Verdi (Genova, 1862): <i No, no, lo " Spazzacamino " e "L'esule " di cui mi
parlate non sono le mie ma di quel prete piemontese che va empiendo le chiese di quella
«ia musica che non ha nulla da fare con Palestrina o con Benedetto Martello. La mu-
sica di quelle romanze però è bella e commovente. Si. lo dico senza rimetterci nulla:
più bella della mia. Se si fosse dato al teatro avrebbe fatto qualche cosa di buono, perchè
la melodia e la vena ce i'ha o.
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La musica salesiana
Santa Cecilia, che ebbe molta fortuna, come pure l'altra della
Santa Infanzia, assai lodata per la sua piacevole facilità. Due
clamorosi awenimenti torinesi furono la sua antifona Sancta
Maria, succurre miseris e il suo inno dell'Ausiliatrice Saepe dum
Christi. La prima venne eseguita nella detta consacrazione da
tre cori, uno a due voci di ragazzi disposti sul cornicione deiia
cupola, e due a tre voci virili, collocati uno sotto la cupola e l'al-
tro nell'ora abbattuta cantoria sulla porta d'entrata. L'inno
eseguito nella festa di Maria Ausiliatrice del 1870, fu battezzato
dal pubblico " La battaglia di Lepanto ",perchè l'autore orchestrò
una ipotiposi (con tal termine egli amava chiamare la sua com-
posizione) della storica battaglia. Per la sua forma estralitur-
gica lo si intercalò da prima a guisa d'intermezzo fra il vespro
e il panegirico. Ripetuto fino al 1891, restò inedito. In conclu-
sione egli restituì alla musica di chiesa un po' di quella religio-
sità che quasi più non si conosceva; ma, assorbito appresso da
alti ministeri, non potè lanciarsi nella via della riforma vigoro-
samente iniziata p- oi da Pio X. Tuttavia fece lodevoli tentativi in
tal senso, fra i quali una Messa a gloria e una da Requiem, en-
trambe a due voci. Dovette costargli non piccolo sacrificio but-
tar a mare tanta roba sua, amata da lui e dal pubblico. Questo
suo atteggiamento, mentre ne dimostrò il buon volere, fu pure di
sprone ai giovani maestri salesiani nell'uniformarsi con ardore
alle prescrizioni pontifice.
Noi dunque salutiamo nel Cagliero il corifeo della tradizione
musicale salesiana. Don Bosco fece come chi dà la buona into-
nazione e poi lascia al maestro di cappella il compito di dirigere
l'orchestra. Fino al 1875 Don Cagliero tenne il campo. Chi non
intese almeno alcuno di coloro che dimorarono a quel tempo
nell'oratorio, non può farsi un'idea della passione ivi dominante
per tutto ciò che era musica. Poi i gusti cambiarono; ma grazie
-
al possente influsso del Cagliero il culto dell'arte musicale si con-
solidò neUa Casa Madre, donde si venne estendendo a tutte le
altre case deiia Società e vi fiori nella misura ,che si seppe appli-
care il criterio fondamentale da lui costantemente avuto di mira.
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72.3 Page 713

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capo LXXV
Questo criterio sembra che consistesse nello sviluppare i mezzi
che egli aveva a sua disposizione e comporre per essi in maniera
da ottenere il massimo effetto con l'impiego del minimo mezzo.
Ora non è chi ignori quali effetti magnifici di sonorità si possano
conseguire con le numerose nostre voci bianche, purchè educate
come si conviene.
Nel 1875 Don Cagliero potè partire tranquillamente per l'Ame-
rica a capo della prima spedizione missionaria salesiana, perchè
lasciava nel maestro Dogliani un discepolo degno di prendere il
suo posto. Era venuto undicenne all'oratorio con la modesta
intenzione di apprendere il mestiere del falegname;ma Don Bosco,
scorto nel giovanetto il talento musicale, lo mise nelle mani di
Don Cagliero; poscia 10 indirizzò a maestri esterni, che gl'inse-
gnassero armonia, contrappunto e composizione. Si presentò al
pubblico nel 1867 con un inno a quattro voci su versi di Don
Iemoyne per l'onomastico di Don Bosco. Quell'inno fu il primo
di una lunga serie, poichè ogni anno per la festa di Don Bosco e
de' suoi due primi successori Don Lemoyne gli dava la poesia ed
egli la vestiva di note. Aiutò da prima il Cagliero nella scuola di
canto, dirigendo pure la banda. A poco a poco si rese insuperabile
nell'arte di ammaestrare grandi cori. Nel 1876 alla festa di Maria
Ausiliatrice non fu avvertita l'assenza di colui, che soleva essere
l'animatore della grande giornata musicale. La crescente rino-
manza gli procurava inviti anche da città lontane; egli condusse
così i suoi cantori a Brescia, a Milano, a Genova, a Roma, a Lo-
reto, a Marsiglia, accolti sempre con viva simpatia. La sua banda
poi, che non temeva di entrare in gara con le più celebrate, ri-
portò splendide vittorie. Don Rua nel 1900, commemorandosi il
primo venticinquesimo delle Missioni salesiane, lo mandò nell'Ar-
gentina, dove trascorse alcuni mesi festeggiatissimo da quei Sa-
lesiani, che trovò fedeli interpreti dello spirito di Don Bosco anche
nel Campo musicale; n&poteva essere diversamente dopo il per-
sonale impulso di Mons. Cagliero, Vicario Apostolico deUa Pa-
tagonia. Tornato a Torino, ripigliò la sua scuola, continuandola
con zelo infaticabile fino al 1930, quando l'avanzata età lo co-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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strinse a cedere le armi e a chiudere la sua carriera con una vita
di forzato, ma religiosamente esemplare riposo.
I1 Dogliani seguì con intelligenza e amore l'evoluzione della
musica sacra negli anni che tennero dietro alla morte di Don
Bosco. l3 poco il dire che seguì: sarebbe più esatto affermare che
fu in prima £iia alla testa del movimento. Gradatamente passò
dalla vecchia maniera, personificata nel torinese De Vecchi, al
Gounod, al Cherubini, al Rossini, allo Haydn e infine aila Messa
di Papa Marceiio del Palestrina a sei voci senza accompagna-
mento. I1 pubblico, abituato a considerare come il nor, plus ultra
deiia grandiosità musicale le Messe con accompagnamento di
grand'orchestra, non arrivava a capire la solennità deiie Messe
a sole voci, senz'alcuno accompagnamento, sicchè ueli'ignoranza
totale di simili nostri capolavori dava al Dogliani del pazzo; ma
egli affrontò impavido l'impopolarità, finchè cantò vittoria. Tutta
la Congregazione si mise per la nuova via. I Salesiani, secondo il
loro stile e con i grandi mezzi di cui disponevano, popolarizza-
rono la riforma. Un altissimo ideale di Don Bosco era stato rag-
giunto.
Frattanto una pleiade di maestri salesiani era venuta sor-
gendo. Spetterà al continuatore della presente storia illustrare a
dovere le benemerenze di un Baratta, di un Ottoneiio e di altri
segnalati Maestri, che iniziarono la loro formazione musicale in
nostre case durante la vita di Don Bosco o poco dopo. Qui non
voglio terminare senza un cenno di alcuni dei più rappresentativi
fra i viventi affichè si vegga, non fosse altro, qualche risuitato
caratteristico deii'indirizzo musicale impresso da Don Bosco nella
nostra Società.
Fra i Maestri salesiani porta tuttora la palma il venerando
Don Grosso. I1 Santo lo mandò chierico a Marsiglia, aftuichè
prendesse la direzione delia magtrise nella parrocchia di San Giu-
seppe. I1 giovane inviato non fece le cose a mezzo, ma nuiia tra-
scurò per procacciarsi della sua materia una conoscenza scienti-
fica, mediante la quale, congiunta con la valentia didattica, creò
nella capitale della Provenza una Schola cantorum, che fece molto
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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onore ai Salesiani in Francia. Chiamato poi a Torino nello Stu-
dentato Teologico Internazionale ha formato finora al vero canto
sacro centinaia di chierici, che diffusero e diffondono largamente
nel mondo il frutto dell'insegnamento ricevuto. Le esecuzioni di
Don Grcsso, oltre alla hezza artistica che piace agli amanti
del beilo, hanno, per così dire, una loro anima che vibra e fa vi-
brare di mistica religiosità, elevando le menti e I cuori a Dio.
Egli meritò di essere nominato Vicepresidente della celebre Asso-
ciazione Italiana di $. Cecilia (I).
Passando ai compositori, mi sfda dinanzi una teoria di nomi,
che meriterebbero di essere ricordati; ma farò menzione sola-
mente di tre Italiani, le cui produzioni per numero, per varietà
e per valore pongono i rispettivi autori fra i più distinti musicisti
contemporanei. Alludo a Don Pagella di Torino, a Don Antolisei
di Roma e a Don De Bonis di Napoli. I primi due cominciarono
i loro studi musicali, vivente Don Bosco. I1 Pagella in numerose
pubblicazioni sacre e non sacre rivela un senso armonico elevato
e nuovo, ha solidità e compostezza di costruzione e possiede il
dominio assoluto delle forme. Famigliarizzato con tutti gli stili,
ma ricco d'idee, sa far valere i suoi atteggiamenti personali.
L'A~toliseiha scritto e fatto eseguire molto più che non abbia
stampato, mostrando ne' suoi lavori una tranquillità armonica
più orientata verso gli antichi ciassici che non verso la irrequie-
tezza moderna e mantenendosi in una calma linea melodica che
produce un senso di serenità conveniente alla religiosità della
sua produzione; nè egli crede che torni a detrimento della pro-
pria arte il non perdere di vista le possibilità pratiche di esecu-
zione poste a disposizione sua dai mezzi che ha tra mano (2).
I1 De Bonis, diplomato in pianoforte e composizione e primo tito-
lare della nuova cattedra di canto gregoriano e musica sacra
nel Regio Conservatorio di Napoli, viene continuamente arric-
(I) Ora è presidente della testè costituita Federazione Regionale Piemontese dell'As-
sociazione.
(2) Meritano d i essere segsalate alcune sue pagine sui modo di eseguire musica poiiio-
nica: Ossswmsioni e norme eratiche eer la esecuzione &Il@ eolifonia clmsicn. Lib~eziasaiesiana
editrice, 1923. Roma.
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chendo il suo già ricco repertorio, nel quale i competenti rawi-
sano forza creativa e padronanza tecnica, sorrette dal possesso di
seri e nutriti studi.
La sentenza, da cui prende le mosse questo capo, fu proferita
da Don Bosco durante un colloquio con un religioso, i1 quale dal-
l'insegnare la musica ai giovani paventava due pericoli: pericolo
di dissipazione e pericolo di tentazione a cantare in teatri e a so-
nare in trattenimenti mondani. Don Bosco mostrò di non con-
dividere tali paure. L'Oratorio gli dava ragione quanto al primo
inconveniente. Là nè durante le prove nè dopo le esecuzioni, si
rallentava il regolare tenore della disciplina, perchè la musica
s'inseriva nella vita ordinaria delia casa e tntto si svolgeva non
a fantasia, ma secondo disposizioni normali e sotto l'occhio vigile
di chi aveva la responsabilità. Quanto al secondo inconveniente,
egli sapeva bene che di tutto si può abusare a questo mondo.
Anche del sapere c'è chi si serve non ad aedificationem, ma ad
destrzlctionem. I1 difetto, se mai, sta neile coscienze, che dobbiamo
studiarci di formare sodamente cristiane.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO LXV
I Coadiutori.
Li abbiamo incontrati aua e là senza fermarvici nel corso
della nostra storia; non è da porvi termine senza fissare anche su
di essi l'attenzione per istudiarne brevemente la figura, quale ci
fu delineata da Don Bosco.
La ragione del nome ce la dà il quarto Capitolo Generale dove
dice che <essi sono chiamati Coadiutori, perchè hanno per parti-
colare ufficio di coadiuvare i sacerdoti nelle opere di carità cri-
stiana proprie della Congregazione P (I). Si specificano poi più
innanzi le principali maniere di questa collaborazione, le quali sono
dirigere e amministrare le varie aziende della nostra Pia So-
cietà, divenire maestri d'arte nei laboratori o catechisti negli ora-
tori festivi e specialmente neiie nostre Missioni estere >>. Ma hanno
pure altre mansioni da compiere, come vedremo.
Il Santo spiegò in modo particolareggiato gli uffici dei Coa-
diutori nell'ottobre del 1883. Dovevano quell'anno cominciare
il loro noviziato a S. Benigno ventidue ascritti artigiani, segre-
gati dal resto della casa, secondo le deliberazioni del terzo Ca-
pitolo Generale (2). Don Bosco, recatosi colà per la vestizione
dei chierici, andò a vederli e parlando ad essi soli, chiari, come
non aveva fatto mai, quale fosse il concetto che egli aveva del
Coadiutore salesiano. I1 punto più notevole della sua conferenza
è là dove disse: <<Vosiiete radunati qui a imparare l'arte e am-
maestrarvi nella religione e nella pietà. Perchè? Perchè io ho
(I) L. c.. 111, I.
(2) Cfr. sopra, pag. 417,
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bisogno di aiutanti. Vi sono cose che i preti e i chierici non pos-
sono fare, e le farete voi. Io ho bisogno di poter prendere qual-
cuno di voi e mandarvi in una tipografia e dirvi: - Tu pensaci
e fa& andare avanti bene. - Mandarne un altro in una libreria
e dirgli: - Tu dirigi, sicchè tutto riesca bene. - Mandarne uno
in una casa e dirgli: -Tu avrai cura di quel laboratorio o di quei
laboratori, sicchè camminino con ordine e non vi manchi nulla.
Prowederai che i lavori riescano come devono riuscire. - Ho
bisogno di avere in ogni casa qualcuno, a cui si possano affidare
le cose di maggiore confidenza, maneggio di denaro, il conten-
zioso; che rappresenti la casa all'esterno. Ho bisogno che vadano
bene le cose di cucina, di porteria; che tutto si procuri a tempo,
niente si sprechi, nessuno esca. Ho bisogno di persone a cui poter
affidare queste e simili incombenze. In una parola voi non dovete
essere chi lavora direttamente o fatica, ma bensì chi dirige. Voi
dovete essere come padroni su gli altri operai, non come servi.
Tutto però con regola e nei limiti necessari; ma tutto voi avete
da fare alla direzione, come padroni voi stessi delie cose dei la-
boratori. Questa è l'idea del Coadiutore salesiano ». Continuando
a parlare, ribadì una terza volta: a Voi non dovete essere servi,
ma padroni; non sudditi, ma superiori ».
La tre volte ripetuta qualifica di " padroni " non può essere
fraintesa nè dare luogo a false interpretazioni. I1 Coadiutore sa-
lesiano non è il fratello laico di altri Istituti religiosi, dove però
questi laici, sebbene si chiamino fratelli, hanno di fratelli ben
poco. I1 nostro Coadiutore è invece confratelio, cioè parte inte-
grante delia famiglia nè più nè meno degli altri membri che la
compongono. Ora in una casa tutti coloro che sono della famiglia,
si dicono comunemente i padroni o i padroncini e come tali si
differenziano dai servi e dagli estranei che vi fossero ospiti. I
Coadiutori dunque sono detti da Don Bosco "padroni " fler simi-
litztdircem, non per poflrieiatem, secondo una nota frase di S. Ago-
stino. In realtà non esistono nella nostra Congregazione pa-
droni nè non padroni, ma soltanto padri e figli. E i figli sono uguali
fra loro, tenuto il debito conto delle differenze insopprimibili,
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capo LXV
come queiia del carattere sacerdotale. Ben a ragione perciò il
suddetto Capitolo raccomanda ai Coadiutori di mostrare in ogni
tempo e circostanza rispetto ai Sacerdoti.
Dice inokre il Santo ai Coadiutori: <Voi non dovete essere
chi lavora direttamente o fatica, ma bensì chi dirige >>Q. ui Don
Bosco va spiegato con Don Bosco. Vn giorno lontano egli parlò
così ai membri del Capitolo (I): «Noi abbiamo bisogno che cia-
icheduno sia disposto a fare grandi sacrifizi di volontà: non di
sanità, non di danaro, non di macerazione e penitenza, non di
astinenze straordinarie nel cibo, ma di volontà. Perciò uno deve
essere pronto ora a salire in pulpito ed ora ad andar in cucina;
ora a fare scuola ed ora a scopare; ora a fare il catechismo ed
ora assistere nelle ricreazioni; ora a studiare tranquillo nella sua
cella ed ora accompagnare i giovani alle passeggiate; ora a co-
mandare ed ora a obbedire >>.Così la irkesero sempre e la inten-
dono oggi tutti i buoni Salesiani. Ma per dire solo dei Coadiu-
tori dell'Oratorio, vive ancora fra noi il ricordo di taluni che
praticarono assiduamente e talora eroicamente il programma,
enunciato da Dori Bosco, comandando sì, e dirigendo, ma più
assai cbbedendo e faticando in ogni sorta di lavori. Basti ram-
mentare un Audisio, un Buzzetti, un Dogliani, un Enria, un
Mura, un Palestrino, un Pelazza, un Quirino, un Rossi Giuseppe,
un Rossi Martello, che pii, laboriosi, umili, fidatissimi, furono
commento vivente alla parola testè letta del Santo.
Solo nel 1876 Don Bosco aveva parlato la prima volta espli-
citamente di Coadiutori neil'oratorio dinanzi ai giovani. Ci fa-
rebbe meraviglia questo tardare tanto, se non sapessimo che egli
era l'uomo deil'omnia tcmpus habelzt, ogni cosa a suo tempo. Come
avrebbe commesso imprudenza rivelando prematuramente agli
studenti e ai chierici che cercava in mezzo a loro chi volesse ab-
bracciare sotto di lui la vita religiosa, così e molto più gli avrebbe
guastato i piani concepiti l'aprirsene inanzi tempo con gli arti-
giani. Ne parlava solo in maniera indiretta. << l3 cosa mirabile,
(1) B m ~ a r s C, YMI.&t., mano 1876.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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scrive Don Barberis (I), il vedere come Don Bosco sappia tutti
gli anni e più volte all'anno trovare mezzi sempre nuovi per far
conoscere ai giovani la Congregazione e invogliarli di essa >>.I1
momento buono per dire le cose senza velo riguardo ai Coadiu-
tori gli parve giunto, quando le Missioni entusiasmavano tutti
neli'oratorio, essendo rimasti tutti impressionati dalla prima par-
tenza e facendo senso agli artigiani quell'udir chiamare Missio-
nari anche i laici andati neli'America con Don Cagliero.
Anzitutto dunque ebbe cura di preparare bene il terreno, il
che fece nella festa di S. Giuseppe, la grande festa degli artigiani.
Quell'anno essi l'avevano celebrata con una partecipazione più
cordiale del solito. Don Bosco alla sera nella chiesa di S. Fran-
cesco tenne una conferenza, a cui intervennero con i Soci anche
studenti delle classi superiori e artigiani più maturi. Prese per
tema la sovrabbondanza della messe e la scarsezza di operai,
descrivendo l'immensità del campo che si parava davanti alla
Congregazione e il gran bisogno di aumentare il numero dei la-
voratori. A un certo punto disse: << I1 sacerdote ha necessità di
essere coadiuvato, e io credo di non essere in errore, se asserisco
che quanti siete qui e preti e studenti e artigiani e coadiutori,
tutti, tutti, potete essere veli bperai evangelici a fare del bene
nella vigna del Signore B. La conferenza produsse strascichi di
commenti, che si propagarono nella casa.
Apertasi così la strada, potè spiegarsi più chiaramente la sera
del 31 marzo nella " buona notte " che diede ai soli artigiani. È:
già molto tempo. cominciò, che non ci siamo più parlati da solo
a soli, qui nel vostro parlatorio dopo le orazioni S. Dette quindi
alcune cose poco allegre, proseguì:
Ma stasera non sono venuto solamente per dirvi cose incresciose, ma anche
per dimostrare una speciale contentezza a coloro che vengono a trovarmi con
frequenia e non solo in confessione, ma anche in cortile e in camera. Xon è più
come qualche tempo fa, che da molti si guardava Don Bosco come se fosse uno
spauracchio e lo fuggivano sempre. Mora attorno a me per confessarsi avevo
una gran folla di studenti che mi attomiavano, specialmente al sabato sera e
( 1 ) B~NETTI, Crolzaca manoscritta. zo gennaio 1862.
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capo LXV
alla domenica mattina, ma in quanto agli artigiani aveva un bel fare, un bel
dire; pochi o nessuno. Adesso invece le cose vanno meglio, benchè, a dire il vero,
alcuni lascino ancora passare un tempo considerevole a venire.
Tenete adunque questo a mente, che io sono sempre molto contento quando
venite a trovami, e non solo in chiesa, ma anche fuor di chiesa. Ciò che io de-
sidero si è che veniate non solamente per fare piacere a me, ma anche perchè
possiate avere da Don BOSCOqualche buon consiglio, che io sono solito dare a
quelli che mi vengono vicini.
Un'altra cosa voleva dirvi ed è, che l'altro ieri e quest'oggi alcuni vennero a
chiedermi se potevano anch'essi farsi ascrivere ed appartenere alla Congrega-
zione di S. Francesco di Sales. A vari ho già risposto in particolare; ma poichè
so che ve ne sono anche altri che avrebbero desiderio di farmi questa domanda,
così io vi rispondo in poche parole qui in pubblico a tutti insieme. Credo che già
quasi tutti sappiate che cosa sia la Congregazione di S. Francesco di Sales. Questa
non è fatta solamente per i preti o per gli studenti, ma ancora per gli artigiani.
È una radunanza di preti, chierici, laici, specialmente artigiani, i quali deside-
rano di unirsi insieme, cercando così di farsi del bene tra loro e anche di fare
del bene agli altri. Quindi ricordatevi che non solo possono prendere parte alla
Congregazione quelli che vogliono poi farsi preti, ma anzi una parte considere-
vole dei soci è composta di secolari. Ad essa può prendere parte chiunque abbia
voglia di salvarsi l'anima. Se perciò tra di voi vi è qualcuno il quale dica: --
Io questa voglia l'ho veramente, anzi io vedo che se esco dall'oratorio le cose
mie vanno male, ed io conducendo una vita meschina su questa terra, corro pe-
ricolo di dannarmi per tutta l'eternità - costui può domandare di far parte
della Congregazione.
- E non ci mancherà poi il necessario e pel vitto e pel vestito? - qualcuno
domanderà.
Confidando sempre nella divina Prowidenza, madre pietosa, io posso assi-
curarvi che non ci mancherà mai nulla di ciò che ci è necessario, nè in tempa
di gioventìi, n&in tempo di vecchiaia. Questo motivo anzi è quello che fece deci-
dere varii a fermarsi in Congregazione, il pensiero cioè che se venissero amma-
lati in mezzo al mondo, o quando fossero poi vecchi fuori di qui, verranno abban-
donati, disprezzati, senza che essi possano più sostentarsi o dire la loro ragione;
invece, stando qui, nulla loro mancherà. Chi adunque desiderasse cercarsi una
posizione stabile, dove non gli abbia a mancare per tutta la vita nè il pane, nè
l'alloggio, nè il letto, nè il vestito, costui può fare domanda di essere asuitto a
questa Congregazione. E chi ancora considerando i pericoli straordinari di dan-
nazione che, uscendo di qui, troverebbe in mezzo al mondo, come i cattivi libri
e i cattivi compagni, e volesse dire: - Io intendo di mettermi in posizione dove
non mi manchi niente neppur per l'anima - anche costui si faccia ascrivere
tranquillamente alla nostra Pia Società.
Notate pure che tra i soci della Congregazione non vi è distinzione alcuna:
sono trattati tutti alio stesso modo, siano artigiani, siano chierici, siano preti:
noi ci consideriamo tutti come fratelii e la minestra che mangio io l'hanno anche
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gli altri e la stessa pietanza, lo stesso vino che serve per Don Bosco, per Don
Lazzero, per Don Chiala, vostro Direttore, (I) si dà a chiunque faccia parte
della Congregazione.
Ora qualcuno dirà: -Ma, e Don Bosco desidera molto che noi prendiamo
parte a questa Società? Noi gli faremmo piacere se entrassimo? - No, miei cari,
nessnno pensi entrando in Società di voler con questo fare piacere a Don Bosco.
No: io non vi consiglio a star qui. Io vi ho detto queste cose, perchè ne foste istruiti,
perchè sapeste bene come le cose stanno, perchè esaminaste quale possa essere
il vostro vantaggio e chi desidera questo sappia come fare. Del resto io non sto
ad esortare caldamente nessuno. Chi crede di farlo, faccia; chi no, importa niente.
Anche se vi fosse qualcuno che desiderasse di andare in America, entrando
nella Congregazione avrebbe la comodità di andarvi. Si noti però che la Congre-
gazione non manda nessuno in America che non ne abbia voglia, solamente lascia
andare coloro che molto lo desiderano. Avete visto che Sanno scorso erano qui
vari vostri compagni; ora sono là .%sionari e fanno molto del bene. Essi, finchè
furono qui, in nulla erano da voi distinti; erano come voi. Ora che sono là, vivono
contenti in modo straordinario. Tutti voi conoscevate benissimo Gioia, che fa-
ceva il calzolaio; ebbene in questi giorni si ricevette notizia che esso è divenuto
un gran faccendiere, fa il cuoco, il calzolaio, il catechista. Conoscevate anche
Scavini falegname, che una volta era qui ragazzotto, ora è capo laboratorio con
circa venti garzoni sotto il suo comando e sappiamo che nel poco tempo che è 1%
ha già fatto moltissimo. E Belmonte? Sembrava non avesse niente di particolare,
in quanto a doti della persona, quando era tra noi; ed ora conosciamo di lui tante
belle cose; fa il sagrestano, il musicante, il catechista e possiamo dire che è lui il
maggiordomo della casa di Buenos Aires. E se volete, aggiungete eziandio Mo-
iinari, henchè coltivi la musica. Tutti costoro Sanno scorso erano tra noi sem-
plici artigiani ed ora sono là campioni stimati ed onorati. Insomma chi lo desi-
dera, ha davanti a sè il campo aperto e chi non lo desidera, se ne stia tranquillo
al posto che ora tiene.
Ora, prima che io parta per Roma, si farà un indirizzo in nome di tutti voi
al Papa, al quale chiederò per i miei cari artigiani una speciale benedizione.
Appresso, con amorevole piacevolezza parlò del suo imrni-
nente viaggio a Roma, promettendo di ritrovarsi con loro neiia
festa del Patrocinio di S. Giuseppe.
Nonostante il lungo riserbo osservato da lui nel parlare di
Coadiutori, il Catalogo di quell'anno ne registrava già 28 professi
perpetui, 22 triennali, 28 ascritti e 25 aspiranti. Ne1 1877, di questi
professi perpetui ne mancano solo due, dei triennali uno e un altro
( I ) Don Chiala copriva due cariche: era Preietto degli interni e Catechista degli ar-
tigiani. Per questa seconda qualità lo chiama ad abundantiam Direttore degli artigjani
Si era fatto Salesiano dopo una santa vita come Direttore di Regie Poste.
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capo LXV
divenuto chierico (I), degli ascritti otto e due passati fra i chie-
rici (z), e degli aspiranti undici. 11 rilevante esodo di ascritti e di
aspiranti, indica che si metteva già in pratica l'avviso dato al-
cuni anni dopo dall'hgelo: Omnia firobate; quod bonum est, te-
nete: Provare, sì, ma anche riprovare.
Come si vede, professi e .ascritti Coadiutori cangiavano stato,
avviandosi al sacerdozio. Nel primo Capitolo Generale era affio-
rata la questione, se convenisse incamminare per la carriera
ecclesiastica chi fosse accettato come Coadiutore. Non si mancò
di far osservare quanto fossero inesorabilmente contrari a tali
caugiamenti gli altri Istituti religiosi. Fu pure discusso dell'op-
portunità o meno di esaudire domande di artigiani, che chiedes-
sero di passare agli studi per entrare nella Società come chierici.
Si conchiuse che nel primo caso, ove occorressero eccezioni, queste
venissero accordate soltanto dal Rettor Maggiore, e nel secondo,
che giudicassero i rispettivi Direttori. << Del resto, disse Don Bosco,
ora che scarseggia tanto il-clero, quando vi sia moralità e attitu-
dine, io sono di parere che si faciliti la via al sacerdozio ». I buoni
frutti ottenuti da lui in entrambi gii accennati casi giustificavano
la sua opinione. Infatti da coadiutore a chierico era passato quel
sant'uomo di Don Lago; e degli artigiani saliti poi al sacerdozio
si potevano fare i nomi di Don Tamietti, di Don Pavia, di Don
Rinaldi Giovanni Battista, di Don Cassinis, di Don Beauvoir, di
Don Davìco, per menzionare solo i più noti.
I1 medesimo Capitolo trattò deil'età, in cui ammettere i Coa-
diutori ai voti. Don Bosco si mostrò contrario a mescolare Coa-
diutori di giovane età con quelli adulti, perchè in tale mescolanza
scorgeva gravi pericoli. Lo spirito stesso della Chiesa gli sembrava
essere stato sempre di tener separati i giovani dagli anziani. L'as-
segnare poi a giovincelli certi uffici di casa, come in cucina e nei
refettori, egli giudicava cosa pericolosissima sempre. Giunse a
dire: <Per me, piuttosto che mettere a fare il refettoriere uno
( i ) Don Angelo Lago, già farmacista e uomo di gran virtù, per molti anni segretario
particolare di Don Rua.
(2) Don Giovani Bielli, che fu Direttore, e Don Maggiorino Borgatello, missionario.
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che non sia ancora in età matura, prefererei fare io il refet-
torio ».
Ma le vocazioni fornite dall'oratorio erano inferiori al bisogno
tanto per numero che per qualità di soggetti. Per ogni collegio
che si apriva, ci volevano portinaio, cuoco, guardarobiere, prov-
veditore e a volte anche un ortolano, tutte occupazioni alle quali
mal si prestavano artigiani. È vero che venivano anche adulti
non fatti per essere capi o vice capi di laboratorio, ma erano
pochi. Perciò Don Bosco nel 1880 fece redigere e spedire a molti
parroci una circolare per pregarli che, se avessero individui dai
vent'anni compiuti ai trentacinque, desiderosi di abbandonare il
mondo e farsi religiosi laici, li indirizzassero alla Pia Società Sa-
lesiana. Oltre alia buona condotta e alla sanità di corpo e di mente,
questi tali dovevano essere disposti a occuparsi in qualunque
lavoro, come nella campagna, neli'orto, in cucina ed anche, se
fossero abbastanza istruiti, in far da segretari negli uffici; chi
poi fosse addestrato in qualche arte o mestiere, avrebbe potuto
continuarne l'esercizio. Per questa via la Congregazione acquistò
un certo numero di Coadiutori veramente seri e fidati.
È evidente che l'amalgamare neiie comunità con eguaglianza
di condizione Coadiutori di provenienze spesso assai diverse non
riusciva sempre facile. Don Rua stesso se ne preoccupava; in-
fatti propose che dei Coadiutori si facessero due classi, aftulchè
un awocato, un medico, un farmacista, un professore non do-
vesse trovarsi a fianco di un bouomo qualunque. « Non posso
ammettere due classi di Coadiutori, gli rispose Don Bosco. Piut-
tosto si stia attenti a non ricevere in Congregazione certi indi-
vidui, che saranno buoni, ma sono rozzi e, dirò anche, di cervello
ottuso. Gente simile, se è ricoverata in casa, non abbia il nome
di Coadiutore, ma di servitore 9. Don Rua si spiegò meglio, do-
mandando se non fosse il caso di istituire per costoro una classe
simile a queiia dei terziari, come hanno i Francescani nei loro
conventi. Per ora non occorre >>, gli replicò Don Bosco. Nè in
seguito ritenne mai che occorresse (I).
(I) Verb. del Cap. Sup., iz settembre 1884.
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capo LXV
Don Bosco, mediante la patema familiarità usata sempre
con essi, affezionava i Coadiutori alla sua persona, al loro ufficio
e a tutta la Società, in cui sentivano di contare qualche cosa. Ne
adoperava alcuni talvolta anche in affari delicati, la qual fiducia
li rendeva pronti a ogni sacrificio. Uno dei più in vista era il prov-
veditore generale Giuseppe Rossi, a cui non esitò di dare carta
bianca con legale procura, poco meno che se si fosse trattato di
Don Rua, ed ebbe sempre in lui un servitore veramente buono
e fedele.
Quanti Coadiutori poi dovettero la loro perseveranza alla sua
bontà! Ecco perchè diceva ai Direttori: <L'importante è trovare
chi pensi seriamente a loro e li guidi e li aiuti >>I.1 Coadiutore Bar-
tolomeo Scavini neii'herica vacillava nella vocazione.Don Bosco,
saputa la cosa e impensierito deila sua sorte, gli scriveva questo
biglietto: «&o caro Scavini. Venne a me la voce che tu sei ten-
tato di abbandonare la Congregazione. Non fare questo. Tu con-
sacrato a Dio con voti perpetui, tu Salesiano Missionario, t u dei
primi ad andare in America, t u grande confidente di Don Bosco
vorrai ora ritornare a quel secolo, dove vi sono tanti pericoli di
perversione? Io spero che non farai questo sproposito. Scrivi le
ragioni che ti disturbano, ed io quale padre darò consigli ali'a-
mato mio figlio, che varranno a renderlo felice nel tempo e nel-
l'eternità >>.Quante care rimembranze si risvegliarono in cuore a
Scavini nel leggere queste righe! Ricuperò tosto la sua calma e
perseverò (I).
Dirò di più. Grazie alle sue sapienti e amorevoli industrie certi
Coadiutori che altrove non sarebbero stati ammessi o sarebbero
vissuti nascosti sotto il moggio e trattati come buoni a poco,
presi invece da lui per il loro verso migliore, resero segnalati ser-
vizi, fecero gran bene, e la loro memoria è in benedizione. I1 tipo
più rappresentativo di questa categoria fu senza dubbio il notis-
simo Garbeiione, le cui molteplici benemerenze specialmente nel-
l'oratorio festivo di Valdocco sorpassano quasi i limiti del cre-
(I) Cir. Mem. Biogr., vol. XIII. pag. 824.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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dibile, come sanno ancora molti Salesiani e non Salesiani. Eppure
in ambiente diverso e con Superiori d'altro genere sarebbe stato
considerato quale uomo di poco o niun conto.
Ultima rilevante manifestazione di Don Bosco riguardo ai
Coadiutori si può considerare una raccomandazione, certo da lui
ispirata, se non dettata, del quarto Capitolo Generale. u In ogni
luogo e circostanza, si legge ivi, in casa e fuori di casa, nelle pa-
role e neiie azioni mostrino sempre di essere buoni religiosi; poichè
non è già l'abito che fa il religioso, ma la pratica delle religiose
virtù; e presso Dio e presso gli uomini è più stimato un religioso
vestito da laico, ma esemplare e fervoroso, che non un altro adorno
di abito distinto, ma tiepido e inosservante >>.Questo è proprio
il pensiero e linguaggio genuino di Don Bosco.
Si accenna qui aii'abito. Di proposito Don Bosco non voiie
che i Coadiutori si distinguessero dai secolari quanto al vestire,
esigendo solo che si astenessero dalle affettazioni e mode secola-
resche. Così il loro buon esempio faceva più effetto ed essi potevano
aver adito anche dove con un qualunque distintivo religioso o
non sarebbero stati ammessi o si sarebbero trovati a disagio e
come pesci fuor d'acqua. Rivolgendo lo sguardo indietro, noi
c'imbattiamo in una bella schiera di questi uomini, che quanto
d'esteriore non differivano punto dai secolari, ma che edifica-
vano chiunque li vedesse con la dignità del contegno e con una
religiosità semplice, disinvolta e illuminata.
Termineremo il capo dando un'occhiata aii'hnuario del 1888.
I1 numero dei Coadiutori professi perpetui è salito a 1x3, dieci
dei quali designati col titolo di " capo ufficio ", e il numero dei
professi triennali arriva a 71. Gli ascritti raggiungono la cifra ro-
tonda di 100. Era un risultato ben lusinghiero, che coronava i
diuturni sforzi di Don Bosco, sicchè anche per questo lato egli
potè affermare nel dipartirsi dalla terra: u La Congregazione
non ha nuiia a temere: ha uomini formati ».
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CA4P0LXVI
Gli ex-allievi.
Abbiamo accennato agli ex-allievi; ma un cenno è troppo poco,
perchè il fatto ha assunto neila storia della Società Salesiana un'im-
portanza tale, che non sarà giudicato cosa soverchia il parlarne
più di proposito. In questi ultimi tempi continuano a chiamarsi
ex-allievi di Don Bosco tutti coloro che uscirono dagli Istituti
Salesiani anche molti anni dacchè Don Bosco non eia più in questo
mondo; oggi essi sono costituiti in Associazioni nazionali, che
raggruppate formano un'immensa Associazione internazionale.
Che antichi allievi di collegi religiosi si mantenessero in relazione
con i loro educatori, non era cosa nuova, ma fu novità l'associarsi
e formare come tanti quadri di un grandioso esercito che non
conosce frontiere. Si scrisse non a torto che questo fu un fatto
nuovo neila storia deila pedagogia. Esporrò brevemente quale ne
sia stata la preparazione psicologica, quali le prime manifesta-
zioni coilettive, quali gl'inizi deli'organizzazione al tempo di
Don Bosco.
La preparazione psicologica è intuitiva: fu l'azione paterna del
grande Educatore, sperimentata e sentita da' suoi educandi e
ispiratrice deli'azione, a cui si sarebbero conformati i Salesiani
nei riguardi dei loro alunni. Si sa bene che per i figli il padre è
sempre padre, anche quando siano uomini fatti. Nel 1883 un tal
Agostino Semeria scriveva a Don Rua daiia Liguria: 6 Sono ormai
diciassette anni che io ho lasciato cotesto Oratorio e non l'ho
ancora messo in dimenticanza. Come potrò io scordarmi di tante
cure amorose prodigateci da Don Bosco negli anni della nostra
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Gli e x - d i m i
inesperienza? Ricordandomi di quei tratti di bontà ineffabile,
di quelle parole affettuose colle quali c'incoraggiava alla virtù,
di quella pazienza con cui tollerava i nostri difetti, di quella sol-
lecitudine per la nostra educazione, mi sento intenerito, com-
mosso, e le lacrime non posso trattenere dagli occhi miei B. Lo
stesso ricordo sempre presente e operante è così descritto dal-
l'ex-aiiievo professor Maranzana in un suo discorso del 1893:
« Gli antichi ailievi dell'oratorio, dispersi nel mondo, ma sempre
uniti in un solo affetto, fissano l'avido sguardo su questo asilo di
amore e di pace, ticordano i loro antichi compagni, gli amati Su-
periori, portano indelebilmente impressa nel cuore la cara imma-
gine di quell'angelo in umane sembianze, che fu il loro buon pa-
dre Don Bosco B. Non meno espressivo ed espansivo era stato
il linguaggio deli'ex-aiiievo professor Alessandro Fabre nel 1876.
Parlando ai giovani deii'oratorio nella solenne premiazione, dopo
aver detto come avesse accolto «quasi comando il carissimo in-
vito >> a parlare, perchè gli porgeva occasione di ritrovarsi fra
quelle pareti, usciva in questi accenti: <Inoltre mi sarebbe parsa
ingratitudine rusticana negarmi aii'invito di Tale che in otto
anni continui mi fu pane alla bocca, scuola alla mente, consiglio
nei dubbi, nelle aBzioni conforto, nei trascorsi indulgenza, nella
coscienza guida sicura, in tutto sapiente educatore, amico disin-
teressato, affettuosissimo padre >>.
Dal canto suo Don Bosco non cessava di dare ai suoi ex-allievi
segni di paterno affetto, semprechè avesse modo di farlo. Per
questo li invitava spesso aii'oratorio e occorrendo continuava a
essere loro benefattore. Venendo poi essi a fargli visita, li acco-
glieva a festa; s'interessava delle loro persone, delle loro famiglie,
dei loro affari; li consigliava, li incoraggiava, li ammoniva, raf-
forzando con ogni mezzo il 610 delle mutue relazioni. Lo preoc-
cupavano massimamente i loro bisogni spirituali; orde entrava
con ognuno in discorsi dell'anima, e quanti prima di lasciarlo
rimettevano in miglior assetto le cose della propria coscienza!
Sovente ancora, sapendo di fargli gran piacere od anche per SUO
suggerimento, taluni gli conducevano qualche pecorek smarrita,
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che al rivederlo e ai riudirne la cara parola ritrovavano i buoni
sentimenti di una volta.
Quando poi si recava in qualche città, dove sapeva esservi
ex-alunni, cercava d'informarli in tempo, esprimendo il desiderio
di vederli e indicando il luogo del suo soggiorno. Quello che sap-
piamo essere accaduto a Giovanni Vi&, nominato più volte nelle
Memorie Biografiche, si deve estendere a innumerevoli altri, che
non ne lasciaron notizia. Xel 1856 il parroco del giovane lo av-
visò che Don Bosco gli aveva scritto, pregandolo di notificare
a lui e a suo fratello, che, dovendosi egli recare a Biella e avendo
piacere d'incontrarli, si trovassero a S. Filippo. Depose il Villa
nei Processi: <<Noirimanemmo oltremodo commossi di tanta
cara memo~iadi Don Bosco. Ci portammo nel giorno stabilito
uell'oratorio di S. Filippo e appena vedutolo, egli ci rivolse su-
bito la sua affabile parola, domandandoci se eravamo sempre
assidui nelle pratiche buone, a cui eravamo stati avviati nel suo
Oratorio. Quindi mi invitò a venire a Torino. Mio padre sdle
prime non voleva, ma alfine mi diede il consenso. Venuto in To-
rino, trovai subito lavoro, sicchè ripresi il mio mestiere (era dol-
ciere), frequentando con assiduità costante l'oratorio di Don
Bosco. Quindi io debbo a Don Bosco tutta la mia riconoscenza
per la benevolenza usatami e per il gran bene che mi ha fatto.
Anche durante il mio servizio militare, per vari anni nell'Italia
centrale, Don Bosco mi scriveva Grettamente salutari consigli
e scriveva al Vescovo di Osimo' raccomandazioni in mio favore.
Ed ora la mia agiata condizione attuale nel commercio la debbo
alla educazione ricevuta da Don Bosco e a' suoi buoni uffici presso
quelli che mi aiutarono a conseguire una fortuna. Come di me,
così Don Bosco s'interessava di tutti gli altri che ricorrevano a
lui D. Sovente, dove se ne trovavano in buon numero nelle vici-
nanze, si facevano correre la voce della sua venuta e andavano
a trovarlo, profittando anche per fare le loro divozioni. Diceva
egli stesso che a volte ne arrivavano fm da quattro O cinque miglia
lontano.
Non di rado usava con loro tratti di benevolenza, che solo
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a un padre possono venire in mente. Venendo a conoscere che
taluno versasse in gravi imbarazzi, egli con patema bontà o lo
soccorreva direttamente o lo raccomandava a persone benefiche.
Visitato da un ex-aliievo, già calzolaio nell'oratorio e allora sol-
dato, e accortosi che la sua famiglia povera non aveva potuto
dargli nulla per certe sue necessità: - Prendi, gli disse, metten-
dogli in mano alcune monete, e non dire niente a nessuno. Se
ti trovi in bisogno, vieni pure da me.
Così egli si manteneva padrone dei cuori di coloro, che aveva
circondati del suo affetto negli anni giovanili. E a' suoi Direttori
raccomandava di tenere lo stesso metodo, ogni qualvolta incoq-
trassero alunni divenuti uomini.
Naturalmente nel giorno della sua festa, solita a celebrarsi il
24 giugno, gli giungevano nurnerosissime le lettere di augurio
e di riconoscenza da parte di antichi alunni, ai quali egli non man-
cava di rispondere nei modi più opportuni. E appunto in occa-
sione deila sua festa nacque l'idea delle prime manifestazioni
collettive. Quella festa era il trionfo della riconoscenza per quelli
.che vivevano nelllOratorio; ma non poteva tardare molto la par-
tecipazione anche dei tanti che, sebbene lontani di persona, vi
si sentivano ognora vicini in ispirito: l'inestinguibile affetto filiale
faceva scomparire le distanze. Tali dimostrazioni ebbero prin-
cipio nel 1870. Alcuni operai torinesi, che erano stati fra i primi
alunni di Don Bosco, si proposero di festeggiame anch'essi con
la presenza e con doni l'onomastico. Erano una dozzina. Si die-
dero un capo, che fu Carlo Gastini, accolto neli'Oratorio fin dal
1847. Concertarono di cercare aderenti quanti più potessero,
sicchè il 24 giugno ne convenne un bel nucleo. Riunitisi in una sala
adiacente alla chiesa di Maria Ausiliatrice, mandarono a pregare
Don Bosco che avesse la bontà di passare un momento da loro.
Egli acconsentì, ne ascoltò le %fili espressioni, gradì un umile
dono e disse loro quello che il cuore commosso e consolato gli
dettava.
Diffisasi la notizia, l'idea attecchi con la forza delle cose che
traggono origine e vita da cause naturali e spontanee. Infatti,
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capo LXVI
da mi& luoghi giunsero fervide adesioni di sacerdoti e laici.
Parve necessario nominare una Commissione direttiva, che stesse
alla testa del movimento ed avesse soprattutto per iscopo di rego-
lare le annuali dimostrazioni. Così ogni anno accorrevano in molti
o da molti si inviavano i modesti contributi allo scopo di acqui-
stare qualche dono da offrire in nome di tutti. Tali presenti con-
sistevano sempre in oggetti di culto per il santuario di Maria
Ausiliatrice. Simili dimostrazioni assunsero un carattere sempre
più solenne e riuscivano feconde di vantaggi non solo per gli an-
tichi allievi, che rivivevano un po' della loro vita migliore, ma
anche ai nuovi, che, vedendo con quali effusioni di gratitudine i
loro remoti predecessori, spesso altolocati in società, si stringessero
intorno al comun Padre, ne ricevevano somma edificazione e im-
paravano a meglio apprezzare i benefici, di cui, inconsci sovente
e talora non abbastanza riconoscenti, godevano all'ombra del-
l'oratorio.
Dal 1876 tali manifestazioni presero ad avere una forma un
po' organica, che preluse alle organizzazioni posteriori. Quell'anno
Don Bosco, volendo significare agli ex-allievi il suo gradimento
per quanto facevano, stabilì di fissare d'allora in poi un giorno,
in cui dopo il 24 giugno radunarne a banchetto il maggiore stuolo
possibile. La prima volta tennero l'invito solo ex-allievi di Torino
e dei dintorni. Avanti di separarsi vollero rivolgere un memore
pensiero ai compagtli defunti, improvvisando una colletta che
costituì l'elemosina necessaria alla celebrazione di una Messa in
loro suffragio. Don Bosco ordinò che si facesse il giorno dopo un
. solenne funerale. Questo atto di fraterna carità si ripetè costan-
temente negli anni successivi.
Notevole fu il convegno del 1878, in cui Don Bosco fece una
proposta che stringeva maggiormente i vincoli della solidarietà
fra gli ex-allievi. In quegli anni pullulavano dappertutto le società
di mutuo soccorso, create per i fini più disparati e miranti spesso
al sovvertimento delle idee nei ceti operai. Perchè non stabilirne
una fra gli ex-allievi? Tutti, chi più chi meno, non si trovavano
essi in condizione di poter fare qualche risparmio? Con una cassa
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Gli ex-allievi
di questo genere, capitando malattie o mancanza di lavoro, vi
sarebbe stato modo di prowedere a urgenti necessità senza che
ne scapitassero gl'interessi domestici di modeste famiglie. Don
Bosco propose e gli adunati plaudirono. Compilare uno statuto
non occorreva: ne esisteva uno formulato e fatto stampare da
Don Bosco nel 1850 per una società di giovani operai che frequen-
tavano l'oratorio festivo (I); quindi Gastini, incaricato di mettere
in esecuzione il benefico disegno, non fece altro che richiamare
in vigore il vecchio regolamento.
Se gioiva Don Bosco nel vedersi attorno si bene corone di figli,
si ailietavano pure i convenuti, rievocando il passato, magnifi-
cando il presente e spingendo lo sguardo neli'avvenire. Ma tre
circostanze consigliavano qualche modificazione: il grande affol-
lamento, la mescolanza di preti e di secolari, e la difficoltà per i
primi d'intervenire nei giorni festivi, che viceversa tornavano
più opportuni per gli altri. Ecco percbè il 1880 apportò una novità.
Don Bosco prese la determinazione di dare due ricevimenti, uno
in domenica per i laici e il secondo in giovedì per gli ecclesiastici.
Con elementi più omogenei egli poteva anche raggiungere più
facilmente gli alti fini di bene, che stavano in cima a' suoi pen-
sieri.
In tale circostanza i sentimenti di %afe attaccamento si mani-
festavano più intensi di mano in mano che il re deiia festa com-
pariva maggiormente accasciato sotto il peso degli anni. o Guardo
Don Bosco, disse il professar Fabre nel 1884, e il cuore mi si stringe
per ineffabile tenerezza. Quanto è mutato da quello che noi ab-
biamo conosciuto da fanciulli! La sua persona s'incurva, i suoi
capelli s'imbiancano e il suo passo è stentato e vacillante >. Ma
anche Don Bosco aveva qualche cosa da dire suli'opera degli anni.
Nella sua risposta osservò: a Vedo che molti di voi hanno già la
testa calva, i capelli incanutiti e la fronte solcata da rughe. Non
più quei ragazzi che io amava tanto; ma sento che ora vi amo
ancor più di una volta, perchè con la vostra presenza mi assicurate
che stanno saldi nel vostro cuore quei principii che io vi ho inse-
( I ) Mem. Biogr., vol. IV, pgg. 73-78.
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Capo LXVI
gnati e che questi sono la guida della vostra vita. E poi vi amo
ancora di più, perchè mi fate vedere che il vostro cuore è sempre
per Don Bosco>>.Quell'annuale incontro fu fino ali'ultimo per
tutti una vera rinnovazione, sicchè i partecipanti ne ripartivano
migliori.
Gli allievi che di anno in anno, finito il loro ginnasio o appresa
la loro arte, avevano lasciato l'Oratorio, quando morì Don Bosco,
erano sparsi per tutta l'Italia ed anche in paesi esteri, condottivi
dai loro affa* ma la memoria della loro giovinezza andava ognora
congiunta con l'immagine del Padre affettuoso, che aveva lasciato
di sè traccia incancellabile nella loro esistenza. Moltiplicatisi in-
tanto i collegi salesiani, pareva a quegli antichi di rivivere, quando
potevano mettervi piede; onde intorno ad alcuni più influenti
andavano raggruppandosi i loro compagni ed anche altri usciti da
case salesiane, e tutti insieme organizzavano presso i Salesiani
convegni amichevoli e dimostrazioni alla memoria di Don Basco.
Sorsero così a poco a poco.Associazioni locali,che poi riunitesi for-
marono Associazioni nazionali, finchè queste si coordinarono e
costituirono la grande Associazione internazionale: esercito im-
menso, come dicevamo, pronto a mettersi in moto, solo che partisse
dal centro una parola d'ordine (I). Ne ammirammo la compattezza
e i'agilità negli anni trionfali della Beatificazione e della Canoniz-
zazione di Don Bosco. Allora si videro ex-allievi illustri, che,
pur avendo conosciuto Don Bosco soltanto attraverso i suoi
figli, si levarono in ogni parte del mondo a celebrare il Santo del-
l'educazione giovanile. Uno di essi fu Carlo Delcroix, il grande
mutilato di guerra, deputato al Parlamento italiano e Presidente
deu'Asmciazione nazionale dei Mutilati. Egli perdette combat-
tendo entrambi gli occhi e tutt'e due le avambraccia; ma serba
vivida l'intelligenza ed elevatissimo lo spirito. Alla presenza delle
maggiori autorità egli esaltd in Milano il Santo con un affetto
che gli vibrava da tutta la persona e con una forza di persuasione
che rapiva gli uditori presenti e gli ascoltatori per radio. La sua
(I) Presidente internazionale f u da prima l'avv. Maera, ex-allievo di Possano; ora,
morto lui, gli succeduto I'avv. Poesio, già allievo dell'Oratorio al tempo di Don Bosco.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Gli ex-allievi
qualità di ex-&evo gl'ispirò un magnifico esordio. « I1 mio esordio,
cominciò, vuol essere prima di tutto un atto di riconoscenza D.
E detto della sua lunga frequenza aii'oratorio salesiano di Li-
vorno e della sua vita collegiale nelia casa di Firenze, proseguì:
« M o r a fu gettato neii'anima mia un seme che doveva dar frutto
dopo ». Duplice fu quel frutto: il ritorno alla fede e la forza a
sopportare la grande avversità. Poi ricordò: ((Se mi domando
da quali profondità sono risalite in me certe voci, mi sembra di
riudire le grida e i canti di quando si giocava e si pregava con la
stessa innocenza, con la stessa felicità. A quelia scuola avevo ap-
preso le verità che dovevano essere dimenticate, ma non can-
cellate dalla violenza della gioventù D. Non molti ex-&evi hanno
il dono di saper vestire di forme così elette il loro pensiero, ma il
pensiero è in molti, anzi in moltissimi.
Non è dunque amplificazione retorica il dire che l'Associazione
degli ex-ailievi si inserisce naturalmente nella storia della Società
Salesiana; ma se l'odierna Associazione grandeggia come noi ve-
diamo, ciò avviene per la virtù del seme germogliato nel clima
deil1Oratorioe sotto la carezza del calore vivificante che emanò
ed emana da Don Bosco.
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CAPO LXVII
Lo spirito salesiano.
Lo spirito della Società Salesiana è sostanzialmente quello
che si suo1 chiamare spirito religioso, risultante dalla professione
e daila pratica dei consigli evangelici secondo le Regole dei sin-
goli Istituti approvate dalla Santa Sede. Ma come ognuno di noi
nel volto, oltre ai lineamenti umani comuni a tutti, ha pure certi
tratti personali che servono a individuarlo, così lo spirito di una
Congregazione, insieme con gli elementi generali, presenta anche
talune note speciali che lo caratterizzano e lo differenziano dallo
spirito di qualsiasi altra. Appunto queste note specifiche noi
dobbiamo ora ricercare e illustrare.
Un osservatore superficiale, trattandosi di Don Bosco, po-
trebbe sentirsi tentato di mettere in dubbio che egli e la sua
Opera presentino vere note individuanti. Sarebbe come se, al ve-
dere che tutte le chiese di questo mondo s'assomigliano nel ser-
vire unicamente e con analoghi mezzi al culto, taluno negasse
ogni entitativa discriminazione fra chiesa e chiesa, quasi che ogni
chiesa non avesse il suo stile e le chiese di eguale stile non espri-
messero ognuna la concezione particolare dei rispettivi architetti.
Certo tutti i Santi praticarono del pari in grado eroico le virtù
teologali, cardinali e morali, e quelli dediti all'apostolato cerca-
rono tutti esclusivamente la salvezza delle anime; in questo non
c'è differenza, per esempio, fra S. Giovanni Bosco e S. Ignazio
di Loyola; ma ciononostante la personalità dei singoli rimane in-
confondibile. Nel caso nostro l'errore di chi si ferma alla super-
ficie piglia occasione dal nostro Santo stesso che nelle sue mani-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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festazioni ascetiche e nelle sue forme di azione mirò piuttosto
a velare le sue originalità per non dare troppo nell'occhio e così
fare più liberamente il proprio cammino; ma altro è parere, altro
essere.
Ogni grande Fondatore ricevette dalla Provvidenza una par-
ticolare missione, che venne esplicando per certi lati quasi incon-
sciamente, ma pressochè sotto l'influsso dell'ispirazione e assi-
stenza divina; è poi ufficio della storia ricostruire da' suoi atti,
da' suoi detti e da' suoi scritti il piano provvidenziale, donde
appare a quale spirito dovesse essere informata la sua fondazione.
L'applicarsi a simili indagini, se per estranei è opera supereroga-
toria di studiosi, diviene per i membri di un'Istituzione religiosa
necessità di vita. ~Esortiamorieligiosi, ammoniva Papa Pio X I (I),
di guardare, come ad esemplare, al loro Padre e Legislatore, se
vogliono con certezza e abbondanza partecipare di queiie grazie
che scaturiscono dalla loro vocazione. Che cosa mai hanno fatto
questi uomini ecceiientissimi, quando fondarono i loro Istituti,
se non ubbidire all'ispirazione divina? E certamente raggiungono
la perfezione deiia propria vocazione coloro che portano in se
stessi la peculiare caratteristica, impressa dai Fondatori al pro-
prio Ordine. Pertanto, da ottimi figli, rivolgano ogni cura e pen-
siero nel difendere l'onore del loro Padre, sia coll'ubbidire alle
sue prescrizioni ed esortazioni, sia imbevendosi del suo spirito,
sicuri che non devieranno mai dal proprio stato fmchè calche-
ranno le vestigia del Fondatore >>.
Anche Don Bosco, chiamando discepoli alla sua scuola e aiu-
tanti a condividere le sue fatiche, mentre li educava alla vita
religiosa, li imbeveva d i un peculiare spirito, che era lo spirito
salesiano. Parlando appunto di questo spirito, egli diceva ( 2 ) :
~ F i n c h èsi conserverà il vero spirito, la Congregazione andrà
avanti a gonfie vele 8. Orbene, quali sono quegli elementi posi-
tivi, che, innestati sullo spirito religioso, gli dànno l'inconfondi-
bile impronta di spirito salesiano? A non voler andare troppo per
( I ) Epistola. ApostoZica ad summos moderetores Ordinum, 19marzo 1924.
( 2 ) BARBERIS,Cion. cit., 3 1 maggio 1875.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LXVII
il minuto, sembra che questi elementi si possano ridurre a tre
principali e dominanti.
I1 primo, quello che più salta agli occhi di tutti, è una prodi-
giosa attività sia collettiva che individuale. A tanto era infiam-
mato Don Bosco dal suo zelo. Colpirono nel segno i suoi Superiori
di Chieri, quando nel registro dei seminaristi uscenti, a fianco
del nome di lui, notarono dopo diligente scrutinio: " Zelante e
di buona riuscita " (I).Divorato dal suo zelo, Don Bosco non ripo-
sava e non lasciava riposare. Un anno dopo l'approvazione delle
Regole egli aveva a sua disposizione appena 64 professi perpetui
e 107 triennali e doveva provvedere il personale necessario ai col-
legi di Lanzo, Borgo S. Martirio, Varazze, Alassio, Sampierdarena,
Valsalice, alla casa di Mornese, a tre oratori festivi in Torino,
oltrechè aii'oratorio che voleva buon numero di teste e di brac-
cia; eppure egli diceva (2):<<Nonion ci fermiamo mai; vi è sempre
cosa che incalza cosa. Ora parrebbe necessario consolidarci meglio
e non allargarci tanto; eppure io vedo che dal momento che noi
ci fermassimo, la Congregazione comincerebbe a deperire >>. Di-
fatti in quell'anno spedì il primo drappello di Missionari nellJA-
merica Meridionale. Non si erano ancora questi imbarcati, che
egli correva a Nizza Marittima per aprirvi una nuova casa. Non
erano per anco ultimate le trattative a Nizza, che accoglieva la
domanda per Vallecrosia. Intanto acquistava e allestiva a Val-
docco una casa per le Figlie di Maria Ausiliatrice e cominciava
le pratiche per scuole ginnasiali ad Albano Laziale, per scuole
elementari nella vicina Ariccia e per il seminario di Magliano
Sabino. Contemporaneamente elaborava e lanciava i programmi
per l'Opera dei Figli di Maria e per la Pia Unione dei Cooperatori
Salesiani, e trattava con la Santa Sede sul modo di dar principio
all'evangelizzazione deiia Patagonia e sul progetto di un Vica-
riato Apostolico neii'India. Facciamo un balzo di tre anni. Nel
1878 aperse tre case in Italia, cioè a La Spezia, a Lucca e a Este;
creò quasi dal nulla la Casa Generalizia delie Suore a Nizza Mon-
(I) Mem. Biogr., vol. I, pag. 5x5.
(2) BARBERIS.Cron. cit., 31 maggio 1875.
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ferrato; fondb due case in Francia, a Marsiglia e a La Navarre;
due di Salesiani e due di Suore nell'uruguay; due di Salesiani e
una di Suore neii'Argentina. C'era chi criticava il Santo, perchè
si mettesse così nella necessità di mandare preti giovani a fare
da superiori nelle case, pronosticando che queste non sarebbero
mai potute progredire nè essere ben regolate. <<MaDon Bosco,
diceva egli di sè (I), va avanti con passo tranquillo e sicuro per
i1 suo sentiero e finora non abbiamo ancora dovuto retrocedere>>.
Sospinto come da forza arcana, ripeteva (2): <<Avantia, vanti!
I1 consolidamento della Pia Società deve farsi e vedo che si fa
contemporaneamente, ma senza fermate ». Nè questo perpetuo
moto si arrestò mai nella Società, fìnchè egli visse; anzi dopo la
sua morte prese a intensificarsi nella misura che quella cresceva
in numero di soggetti e neii'estimazione mondiale.
Tanto spiegamento di attività fu possibile, perchè Don Bosco,
lavoratore indefesso, si formò schiere di lavoratori emuli della
sua laboriosità; onde si compiaceva egli stesso di constatare (3):
<(Neimembri della Congregazione c'è proprio una gran voglia
di lavorare ». Perciò accadeva negli esordi d'una casa che tr.:
Soci lavorassero per otto e quattro per dieci (4). Quante volte
nellJOratorio al molto lavoro ordinario ne sopravveniva dello
straordinario, senza che questo sovYaccarico esonerasse dal primo!
Don Bosco, guardandosi attorno, vedeva quanto si lavorasse;
ma non se ne dava pensiero, anzi affermava che, fino a quando
perdurasse un lavoro sì intenso, le cose sarebbero andate bene e
si rallegrava osservando che i giovani Soci, cacciati nelle occupa-
zioni, si allenavano meglio e si rendevano utili a molte cose. Chiu-
dendo la prima relazione triennale inviata alla Santa Sede nel
1879, egli scriveva: u Il lavoro supera le forze e il numero degli
individui, ma niuno si sgomenta, e pare che la fatica sia un se-
condo nutrimento dopo l'alimento materiale >>Q. uesto metteva
( I ) Ivi, 27 novembre 1878.
(2) I W , 31 maggio 1875 e dicembre 1876. Vevb. dei Cap.Sup., 10 dicembre 1875 ecc.
( 3 ) Ivi. io dicembre 1871.
(4) Mem. Biogr., vol. XII, pag. 27; XIII, 169.
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innanzi anche per rispondere a chi manifestava il dubbio che egli
ponesse troppa carne al fuoco (I)
In tal modo si formarono quegli intrepidi lavoratori, molti
dei quali ci sono generalmente noti, ma molti più, consumatisi
nel silenzio, sparirono nell'ombra. Neilo stesso modo si consolidò
pure una tradizione, deila quale non c'è esempio altrove. Infatti
altrove ognuno ha la sua occupazione fissa, e fuori di lì chi s'è
visto s'è visto; fra i Salesiani invece tante volte un medesimo in-
dividuo assiste, fa ore e ore di scuola, esercita il ministero e deve
studiare per sè, come q ~ a n d osia inscritto allJUniversitào debba
preparare qualche pubblicazione. Superava tutti i più forti la-
voratori Don Rua. Una sera, tenendosi circolo intorno a Don
Bosco, vi fu chi pose la questione se, andandosi di quel passo, il
lavoro non finisse con uccidere innanzi tempo i Soci. Chi disse
di sì, chi di no. Ultimo prese a dire Don Bosco (2):« Si, è vero, e
io ne vado glorioso, fra noi si lavora molto. Ognuno di noi che
morisse ucciso dal lavoro, ne attirerebbe cento altri in Congre-
gazione >>.Poi, dimostrato che la morte prematura di parecchi
Salesiani non era dovuta al loro molto lavorare, conchiuse: 4 Chi
si potrebbe quasi chiamare vittima del lavoro, sarebbe Don Rua;
ebbene, noi vediamo che il Signore finora ce l'ha conservato ab-
bastanza in forze D. E nella lettera-testamento del 1884 non du-
bitava di asserire (3): e Quando avverrà che un Salesiano soc-
comba e cessi di vivere lavorando per le anime, allora direte che
la nostra Congregazione ha riportato un gran trionfo e sopra di
essa discenderanno copiose le benedizioni del Cielo >>N. on si sa-
prebbe dire davvero. chi più di lui abbia coniugato e fatto co-
niugare il verbo lavorare.
Lo assalì tuttavia il timore che, venendosi col tempo a una
maggior divisione del lavoro, resa facile dail'aumento dei Soci,
avesse a insinuarsi la tendenza d'agiato vivere; il che gli fece
dire (4): d i n o a tanto che saranno coloro che convissero lunga-
( I ) BARBERISC, ron. &t., z aprile 1876.
(2) TV:, 14 agosto 1876.
(3) Mem. Biogv., vol. XVII, pag. 27%
(4) BARBms, Cron. &t.. 14 agosto 1875.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Lo spirito salesinno
mente con Don Bosco e che videro questi tempi deila Congrega-
zione, le cose andranno bene. Dopo... mettiamo la nostra confi-
denza nel Signore S. I1 medesimo timore gli cavò daila penna
neila citata lettera questa non so se ammonizione o minaccia:
((Quando cominceranno fra noi le comodità o le agiatezze, la
nostra Pia Società avrà compiuto il suo corso >>.
Mostrerebbe di conoscere ben poco Don Bosco chi, leggendo
queste cose, ne inferisse che egli caricasse o lasciasse caricare i
suoi di lavoro senza punto curarsi della loro salute. In fatto di
attenzioni per i1 benessere fisico dei Salesiani Don Bosco non era
un padre, era una madre. Innumerevoli fatti lo dimostrano, comè
si può vedere, scorrendo le Memorie Biografiche.
11 pensiero della laboriosità de' suoi figli stavagli così profon-
damente fitto nell'animo, che,, discorrendo familiarmente col
futuro Pio XI dichiarò: 4 Chi non sa lavorare, non è Salesiano >>.
E il Pontefice, riferendo in un'occasione solenne quel suo detto:
<< Gloriosa divisa! >> esclamava, augurando ai Salesiani d'inten-
dere sempre meglio lo spirito del Padre e di continuare l'opera
<precisamente com'egli voleva, senza misurare il lavoro s (I).
Questa preoccupazione non 10 abbandonava neppure sul letto
di morte. Disse il 24 dicembre 1887 a Mons. Cagliero: 4 Ti rac-
comando di dire a tutti i Salesiani che lavorino con zelo. Lavoro!
lavoro! )> E sei giorni dopo a Don Rua: 4 Ai Salesiani dirai poi
che loro raccomando i1 lavoro, il lavoro! >>.
Naturalmente il lavoro doveva essere santificato. Ritieni
che in terra lavoriamo per il cielo >>, scrisse a un chierico molto
occupato (2). E ad un Missionario (3): "Lavora, ma lavora per
amor di @sÙ>>.Al Procuratore Don Dalmazzo, che si scalma-
nava troppo con le relative conseguenze, raccomandava (4):
((Lavora, ma sempre colla dolcezza di S. Francesco di Sales e
coila pazienza di Giobbe S. Del come dovessero i suoi figli santi-
ficare il lavoro, offriva egli in se stesso l'esempio vivente. Lo ri-
( I ) Discorso dopo la Beatificazione, 3 giugno 1929 (Mem. Biogr., vol. XIX,pag. 157).
(2) Lett. al cb. Cartier, Torino 10 novembre 1878.
( 3 ) Lettera a Don Remotti, Torino 31 dicembre 1878.
(4) Lettera, Torino 26 novembre ~ 8 8 2 .
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Capo LXVII
levò più volte Pio XI; cosìnell'allocuzione del 19novembre 1933(I):
u Raramente si è, come in lui, awerata la massima: qui orat, la-
borat; giacchè egli identificava appunto il lavoro con-la preghie-
ra >> (2).
C'è una parola che ab antico suona frequente neiie case sale-
siane, che ricorre spesso suiie labbra e sotto la penna dei Superiori
e che dice ai figli di Don Bosco molto più che ordinariamente
non significhi: è la parola "pietà". Ponendo mente alle forme che
la pietà assume nei coiiegi salesiani e nelle comunità salesiane,
osservando cioè in qual maniera la si coltivi fra i giovani e la si
pratichi dai Soci, non sembra che si faccia torto ad alcuno, se
la si consideri come seconda caratteristica deiia Congregazione
e secondo esponente del pecuiiare suo spirito.
Nel concetto di Don Bosco la pietà è disposizione degli animi
a schivare l'offesa di Dio anche leggiera e a fare tutte le cose per
il Signore. Fin qui, nulla di speciale; lo speciale sta nei mezzi e
nei modi. Nei giovani la alimentano i sacramenti, il culto e la
parola.
I sacramenti. Neiie cappelle e chiese salesiane si rinnova quo-
tidianamente uno spettacolo, che per il continuo ripetersi non
fa più impressione in chi ha il dovere o l'abitudine di assistervi, ma
che invece colpisce chi vi si trova le prime volte. Ogni mattina
durante la Messa i giovani si accostano in gran numero aiia sacra
mensa, il che fanno e sanno di fare con la massima libertà; infatti
non sospettano lontanamente che i Superiori stiano a guardare
chi va e chi non va. Appunto perchè vi sia libertà piena e asso-
luta, non si esige che escano in ordine dai banchi per recarsi aila
balaustra, ma si tollera il disordinato balzar fuori ognuno dal
proprio posto quando gli pare e piace. E usanza introdotta da
Don Bosco in opposizione aila consuetudire comune. Un altro
uso messo da lui è la eomodità offerta ai giovani tutte le mattice
(5) Approvauone dei miracoli per la canosizzazione.
(6) Uno dei binomi familiari a Don Bmco era "lavoro e temperanza", aggiungendo tal-
volta che queste due buone cose avrebbero fatto fiorire la Congregazione. I1 poeta che aveva
bisogno di m a rima in " primavera ",la modificòdicendo " lavoro e preghiera " e così alte-
rato usurpò il posto deli'altro autentico.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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di confessarsi quando vogliono, senza dover sottostare a controlli.
Tanta frequenza e spontaneità sono proprie delle case salesiane,
sconosciute affatto prima di Don Bosco, il quale bandiva come
assioma che « i sacramenti della confessione e della comunione
sono il più valido sostegno della gioventù >> (I) e « i l fondamento
dell'educazione » (2). Egli comprendeva quanto valore avesse
per l'efficacia educativa il mantenere Dio nell'anima de' suoi
giovani. Questa assiduità ai sacramenti è l'alimento perpetuo di
una divozione eucaristica, che forma il principio vitale della
pietà salesiana. Infatti la stessa frequenza della confessione ve-
niva da Don Bosco inculcata in vista della frequente comunione,
e così anche oggi ai giovani più che di confessarsi spesso, si predica
di spesso comunicarsi; una cosa chiama l'altra, ma il procedimento
riesce più amabile ed efficace. La stessa divozione alla Madre di
Dio si estrinseca massimamente con fervorose comunioni e con
visite a Gesù Sacramentato. Queste visite poi, libere, liberissime,
le vediamo farsi dai giovani in ogni tempo deli'anno con tutta
semplicità, come la cosa pi-aturale del mondo. Escono dal re-
fettorio e s'incamminano a grnppi chiacchierando alla chiesa,
entrano composti, s'inginocchiano dinanzi ali'altare del Sacra-
mento e ali'immagine della Vergine, restano ivi chi più chi meno
in preghiera, indi s'avviano al cortile e incominciano le loro chias-
sose ricreazioni. Anzi taluni, interrotto il divertimento, vanno
a intrattenersi ancora qualche istante col Signore prima che
suoni il termire dei giuochi. Per tutto questo nel nostro tipo
edilizio si cura che la cappella sia a pianterreno e di comodo
accesso. Insomma nei collegi salesiani Gesù Sacramentato non
è un estraneo lasciato là in un cantone, ma un ospite gradito,
onorato e corteggiato. Vi si pratica bonariamente la famiIiaris
amicitia Jesu, descritta neli' "Imitazione ".
Un'altra singolarità deila pietà salesiana non è da tacersi.
Una volta al mese i giovani si sentono invitati a confessarsi come
se dovessero fare la loro ultima confessione ed a ricevere la santa
( I ) Bosco, V(:= di Sasto Dontenico, C. XiV
(2) Sid. preu.. 11, in nota.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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comunione come se fosse per viatico. Awiene questo nel così
detto esercizio mensile deiia buona morte. Certa delicata sensibilità
potrebbe far credere che sì ripetuti richiami al pensiero deiia
morte gettino il turbamento o sollevino ribellioni negli animi
giovanili; ma chi vede come va la cosa, è di tutt'altro parere.
Un ex-allievo molto autorevole, memore deiie proprie esperienze,
scrivendo degli inizi di questa pratica, aiiorchè fu introdotta da
Don Bosco, dice (I): ((L'emozione che suscita la fine dell'uomo,
scuoteva gli indifferenti e richiamava i distratti alsupremo awe-
nimento, che chiude e dà valore a tutta la vita. Gli effetti di questo
esercizio furono sorprendenti >>.E anche oggi l'esercizio della
buona morte induce, sì, a salutari riflessioni, ma non ingenera
malinconie; anzi, dove si imita in tutto l'esempio di Don Bosco,
i Direttori procurano in tale occasione agli alunni un qualche
contentino nel corso deiia giornata.
I1 culto. Splendide funzioni nelle solennità maggiori e non
rare funzioncine in svariate ricorrenze tengono viva e allietano
la pietà. Tutto vi concorre: preparativi, musica, piccolo clero,
intervento di ragguardevoli celebranti, presenza di Vescovi. I1
culto poi deiia Vergine, che per merito di Don Bosco fiorì e fiorisce
sempre negli ambienti salesiani, con le sue feste, i suoi tridui, le
sue novene, con il mese a Lei consacrato, è aiia pietà mezzo effi-
cacissimo di rinnovamento e d'impulso.
La parola. Nelle case salesiane non fa dawero difetto la pa-
rola sacerdotale ai giovani così in chiesa come fuori di chiesa.
Non so se vi siano altri collegi, dove la si dispensi in tanta copia.
Fuori di chiesa la più penetrante si ode ogni sera dalle labbra
del Direttore dopo le orazioni neiia così detta " buona notte ".
Sono sermoncini brevissimi, paterni, insinuanti, che neiia quiete
dell'ora vanno al cuore. Chi prende a modello le " buone notti "
conservateci di Don Bosco non dimentica mai d'introdurvi uno
spunto di pietà, specialmente il richiamo a ben ricevere i sacra-
menti. Ma anche nelle classi gl'insegnanti sanno con senso di
( I ) NAZAXENPOADELLARPOe,dagogia ed antipedagogia. Roma 1940-XVIII.Pag. 37.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

75.4 Page 744

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opportunità lasciar cadere la loro buona parola intorno al me-
desimo tema. A chi esitasse a farlo, Dop Bosco direbbe: queiio
che già disse: Chi ha vergogna di esortare alla pietà, è indegno di
essere maestro >> (I).
Anche la pietà dei Salesiani si differenzia da quella praticata
da altri religiosi. Riguardandola da lontano, parrebbe doversi
dire troppo esposta al rischio di affievolirsi ed estinguersi. Sem-
brano awertire questo pericolo anche le Regole là dove dicono:
«La vita attiva a cui tende principalmente la Società, fa sì che
i Soci non possano fare molte pratiche di pietà in comune>>. Perciò
raccomandano di supplirvi « col vicendevole buon esempio e col
perfetto adempimento dei doveri generali del cristiano >>.L'atti-
vità stessa di Don Bosco si prestò già a un'interpretazione lesiva
del suo spirito di pietà. Un Prelato dinanzi a Pio XI si doman-
dava, quando mai fra si incessanti e gravi occupazioni egli pre-
gasse. Ma il Papa, che aveva avuto agio di osservare con i propri
occhi Don Bosco assediato da mille cure, gli diede un'elegante
risposta, dicendo che conveniva piuttosto domandarsi quando
mai egli non pregasse. L'azione non impediva a Don Bosco l'ora-
zione, vivendo egli sempre con la mente unita a Dio. Qui sta la
differenza specifica della pietà salesiana, nel saper fare del la-
voro preghiera, e non in lavoro misurato e quasi ritmico, come i1
benedettino, ma in un lavoro spesso febbrile. Anche Pio IX, che
comprese ottimamente Don Bosco, mostrò di non disapprovarne
gl'indirizzi, allorchè, non intendendo certo di svalutare gli Or-
dini contemplativi, disse proprio a lui (2): «I1 demonio ha più
paura di una casa di lavoro, che di una casa di sola preghiera ».
Vi sono nella Congregazione le pratiche di pietà, «cibo, sostegno,
balsamo della virtù >>, come le chiama Don Bosco (3);ma bisogna
che le accompagni e le completi lo spirito di pietà, ognor vivo e
presente in mezzo aii'incalzare delle occupazioni, sicchè la pre-
ghiera informi il lavoro e il lavoro santificato divenga preghiera.
( r ) Mem. Biogr., vol. X,pag. 1019
(2)Ioi, vol. XVII, pag. 661.
(3) Ivi. vol. XII, pag. 82.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LXVII
Si deve però aggiungere che nei nostri ambienti, se sono ordinati
bene, le cose procedono in modo che la pietà si respira senza in-
terruzione da mane a sera come l'aria. Per il riguardo della pietà,
indimenticabile rimane nella nostra memoria il ricordo di quei
fortunati, i quali, assistendo Don Bosco nel governo della So-
cietà, convissero lungamente con lui. In tale consuetudine di
vita ebbero sempre sotto gli occhi quel suo agire improntato da
pii sentimenti, che eglino riprodussero in se stessi, mani@stan-
dolo in ogni incontro. Diversi l'uno dali'altro per indole, per atti-
tudini e per cultura, si rassomigliavano tutti nella facilità sem-
plice e gioviale, con cui condiyano di pietà il loro conversare e
trattare. Migliori modelli non si potrebbero desiderare di pietà
schiettamente salesiana.
Una terza nota che caratterizza lo spirito deiia Società è la
vita di famiglia. Nelle relazioni dei Soci fra loro e con i giovani
nulla stonerebbe maggiormente che il piglio imperativo del qzlos
ego o il fare autoritario del sic volo, sic iubeo. I1 sacrificio deiia
volortà individuale non va certo eliminato mai dalla vita reli-
giosa, imperniata com'è questa nell'obbedienza; ma Don Bosco
lo ottenne e volle che lo si ottenesse con modi e metodi quali so-
gliouo usarsi fra padri e figli. Scrivendo il g giugno 1867 ai Sale-
siani dellJOratorio,esprimeva loro il suo ideale che essi formas-
sero <<unafamiglia di fratelli intorno al loro padre >. Parlando
più generalmente, diceva nel 1873 che ogni Direttore << è un padre,
il quale non può che amare e compatire i suoi figli a. In una specie
di testamento del 1884 fa ai Direttori questa raccomandazione
sulla maniera di trattare i loro Confratelli: a I1 Direttore deve
essere modello di pazienza, di carità co' suoi Confratelli che da lui
dipendono e perciò assisterli, aiutarli, istruirli sul modo di adem-
piere i propri doveri, ma non mai con parole aspre od offexsive.
Faccia vedere che ha con loro grande confidenza; tratti con be-
nevolenza degli affari che li riguardano. Non faccia mai rimpro-
veri nè dia mai severi awisi, in presenza altrui; ma procuri di
ciò fare sempre in camera caritatis, ossia dolcemente, strettamente
in privato. Sia facile a dimenticare i dispiaceri e le offese per-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Lo spirito salesiano
sonali e colla benevolenza e coi riguardi studii di vincere o meglio
di correggere i negligenti, i diffidenti e i sospettosi >>Q. ueste altre
beiie parole aveva dette il 4 febbraio 1876 a tutti i Direttori adu-
nati: <Nella condizione in cui sono i nostri collegi, la vita dei
Soci è tutta personificata nel Superiore. Un suo sguardo, direi,
può consolarli, un suo sguardo può rattristarli; bisogna quindi
che ciascuno di voi cerchi di essere molto e molto affabile con tutti
e dimostri a uno per uno affezio~especiale >>.
La vita di famiglia fra i Soci è la migliore disposizione per
saperla mantenere con i giovani; ma di questo argomento abbiamo
già detto abbastanza altrove (I). Dov'essa regna, è la vera pa-
nacea che mette in bando nostalgie, musi lunghi, complotti e
altri malanni, esiziali crittogame dei collegi, in cui l'autorità è
subita come un castigo o sofferta come un freno da rodere, come
un giogo da scuotere. Dove si respira l'aria di famiglia, come vuole
Don Bosco, basta guardare negli occhi i giovani per comprendere
che l'armonia e la pace rendono bella ivi la vita.
l3 una emanazione della vita di famiglia l'applicazione del si-
stema preventivo; sicchè $ire Salesiani è dire sistema preventivo.
Non molti badano alla loro laboricsità o alla loro forma di pietà;
ma moltissimi oggi s'interessano della loro maaiera di educare.
Se mai awenisse, e toigalo Iddio, che la Società abbandonasse
il sistema preventivo, sarebbe il fallimento. Avendo già dedicato
un capo intero a questo argomento, non ho altro di notevole da
aggiungere. Farò una semplice osservazione. I pedagogisti che
oggi studiano il sistema di Don Bosco per inquadrarlo nelle loro
trattazioni scientifiche, riescono difficilmente a coglierne il ge-
nuino concetto dai soli e scarsi scritti del Santo e dai fatti della
sua vita. È riecessario anche vedere il sistema in atto là dove sia
applicato secondo la tradizione schiettamente salesiana: meglio
ancora gioverebbe viverlo per qualche tempo; giacchè ne rego-
lano la pratica non solo norme determinate, ma anche abitudini
che si tramandano e si acquistano per effetto della convivenza
domestica di chi arriva novellino con chi P veterano: gli ambienti
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LXVII
sono saturi di elementi imponderabili, che vi si respirano del con-
tinuo e a poco a poco si assimilano.
Qui sarebbe da far punto; ma non sembra inopportuno ag-
giungere ancora un rilievo. Don Bosco disse un giorno che biso-
gnava mettere fra le caratteristiche della Congregazione il non
mai urtare di fronte gli awersari (I). Parlando di awersari, egli
alludeva in particolar modo agli uomini del Governo, allora ge-
neralmente molto ostili alle Istituzioni ecclesiastiche, massime
nel campo deli'educazione giovanile. I,'osservazione di Don Bosco
quadrava dunque a tempi ora in Italia superati. Ma tempi simili
non potrebbero ritornare? e fuori d'Italia le cose corrono forse
dappertutto lisce? Ecco quindi la convenienza di definire, se-
condo lo spirito di Don Bosco, l'atteggiamento deiia Società nei
contrasti con i pubblici poteri.
Noterò che questa, anzicbè caratteristica della Congregazione,
meglio si chiamerebbe norma di condotta, come del resto si rile-
verà daiie parole stesse del Santo. Tale maniera di agire potevasi
considerare altra emanazione del suo spirito di famiglia, che lo
'
portava a trattare familiarmente, ossia a cuore aperto, non solo
con i Salesiani e con i cooper&tori, ma anche con personalità
di qualsiasi ordine e grado. Ne appresero bene la lezione i suoi
successori, i quali nei loro molteplici rapporti con autorità civili
evitarono sempre ogni gesto che potesse avere l'aria di antago-
nismo; più ancora, in occasioni di contrasti preferirono abitual-
mente a ogni urtante contesa una paziente e prudente remis-
sività. 11 loro esempio fu ed è ognora imitato dai superiori subal-
temi. Conviene dunque ricercare anche in questo il genuino
pensiero di Don Bosco.
Nei governanti e in coloro che li rappresentavano il Santo
distingueva la persona, l'autorità e i principi. In materia di p&-
cipi non transigeva, com'è noto; con le persone usava ogni carità;
all'autorità costituita portava e voleva che si portasse rispetto.
Di qui le sue direttive, che fanno legge per la Congregazione in
qualsiasi parte del mondo.
( I ] B A R B ~ SC, ron. ~ i t . ,31 maggio 1875
732
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

75.8 Page 748

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I1 suo ossequio verso gli investiti del potere era prudente, ma
sincero e direi anche cordiale. Ai Salesiani che inviava ad aprire
collegi non mancava mai di raccomandare il rispetto non meno alle
autorità politiche e civili che a quelle ecclesiastiche; lo stesso
faceva con i Missionari. Nel Capitolo Generale del 1883 diede
le norme seguenti: u Bisogna che cerchiamo di conoscere e di
adattarci ai nostri tempi, rispettare cioè gli uomini, e perciò delle
autorità, dove si può, parlar bene, e, se non si può, tacere. Se c'è
qualche buona ragione, la si faccia vaiere in privato >>.
Come insegnava, così praticava. Tutti sanno de' suoi ami-
chevoli, ma non servili rapporti col Cavour. Nelle sue frequenti
andate a Roma avvicinava i Ministri con tutta deferenza e con
perfetta cortesia. T a h i sostenevano che non istesse bene usare
tanti riguardi a uomini notoriamente settari, i quali d'ordinario
una cosa avevano sulle labbra e un'altra nella mente; ma egli
stimava gran guadagno l'ottenere anche solo di precludere l'adito
a sinistre prevenzioni circa la sua persona e la sua Opera e di
rimuovere qualche pregiudizio contro gli uomini della Chiesa,
quasi fossero gente ostinata e intrattabile. Fece gran rumore il
suo incontro con parecchi Ministri, Senatori e Deputati a Lanzo
nel 1876 per l'inaugurazione di quella ferrovia. Permise di buon
grado ai Municipio di fare il ricevimento ufficiaie nel collegio;
anzi voiie trovarcisi egli pure e s'intrattenne a lwgo e familiar-
mente con quei personaggi, tutti liberaloni e più o meno mangia-
preti. Alcuni buoni cristiani se ne scandalizzarono;ma egli nell'k-
timità si difese dicendo: u Costoro non si sentono mai dire una pa-
rola col cuore, nè una verità espressa in modo da non inasprirli.
Io li ho ricevuti cordialmente e ho detto loro col cuore alla mano
quanto l'occasione mi suggeriva; ed anche quelle verità che senza
offenderli poteva dir loro, le ho dette tutte e nella maniera più
schietta. La festa non aveva alcun carattere ostile alla Chiesa.
Dunque ciò che è stato fatto, è stato ben fatto. Noi abbiamo quel
detto evangelico: Date a Cesare qzcel che è d i Cesare. Anche questo
va eseguito S.
Brighe frequenti ebbe massimamente daUe autorità scola-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

75.9 Page 749

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capo LXVII
stiche; eppure sono assai notevoli queste istruzioni da lui date
nel primo Capitolo Generale: e Noi abbiamo da fare con lo spirito
del secolc, nemico potente e di malizia molto rafkata. Se vo-
lessimo combattere, come si dice, a spada tratta, questo nemico,
noi saremmo subito resi inutili a ogni lavoro. Atteniamoci sempre
alla legalità; si accondiscenda proprio sempre molto, dove si può;
pieghiamoci alle esigenze moderoe, purchè non si abbia da fare
contro coscienza. Piuttosto che metterci in loMa contro le auto-
rità, prendiamoci pure il torto; accondiscendiamo a tutti i rego-
lamenti, decreti, programmi. In questo modo saremo benevisi e,
quel che è più, ci lasceranno operare D. Con queste sagge idee non
solo si teneva lontano dalie sterili e dannose contese, ma anche
dali'apparenza di parteciparvi, nè prendeva mai nulla in tragico,
ma agiva con quella sua bonarietà tutta familiare che spiana
la via a ogni buona intesa.
Una prudenza tanto illuminata tornò di sommo vantaggio a
lui e gli giovò anche per il bene della Chiesa, com'è narrato am-
piamente nella sua vita. Lo stesso Leone XIII approvò, mise in
valore e quasi consacrò la sua linea di condotta, aliorchè il g mag-
gio 1884 gli disse: a Voi avete la missione di far vedere al mondo
che si può essere buon cattolico e nello stesso tempo buono e
onesto cittadino; che si può fare gran bene aiia povera e abban-
donata gioventù in tutti i tempi senza urtare con l'andazzo della
politica, conservaudosi ognora buoni cattolici >>L. 'esperienza ha
insegnato che c'è tutto da guadagnare e nulla da perdere a non
iscostarsi mai da tali norme.
Dalle cose qui sopra esaminate emerge abbastanza in che con-
sista lo spirito proprio della Società Salesiana. E qui torna oppor-
tunamente alla memoria un motto del Card. Cagliero. Negli ul-
timi anni della sua lunga carriera, riandando e magnificando i1
passato, augurava alla Congregazione che non avesse mai a per-
dere col tempo la sua " differenza specifica " per andare a con-
fondersi nel "genere comune ". Per genere comune egli intendeva
una forma di vita salesiana svuotata degli elementi caratteristici
che ne qualificano lo spirito e la fanno distinguere da tutte le
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

75.10 Page 750

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altre forme di vita religiosa (I). Questo, a Dio piacendo, non av-
verrà mai.
i,o spirito di Don Bosico nelle sue prime manifestazioni suscitò
incomprensioni e diffidenze; ogni novità suole incontrare miso-
neisti dalla veduta corta di una spanna. Venuta poi la prova
del tempo, incomprensioni e diffidenze caddero e succedettero
ammirazione e fiducia. In questo solo però non si avrebbe gua-
rentigia sufficiente di bontà, se non vi si fosse aggiunto il suggello
di quelYAutorità, a cui unicamente incombe di legittimare il
nuovo che rampolla sopra o accanto all'antico. Un tal suggello
non mancò dawero alla Congregazione di Don Bosco, la quale
pertanto può muovere sicura verso il suo awenire.
( i ) D. G . V~SPIGNAMU, n anno alla scuola d i Don BOSCOp., 205. Torino, S.E.I., 1930.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

76 Pages 751-760

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76.1 Page 751

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CAPO LXVIII
La santa fine del Fondatore.
Stava ornai per iscoccare l'ora della prova più dolorosa. I1
tenerissimo affetto che i Soci nutrivano per il loro grande Fon-
datore e caro Padre, faceva quasi ritenere che egli non li dovesse
abbandonare mai; purtroppo invece il dì della separazione si
avvicinava, anzi era già prossimo. Nel 1887 la vita di Don Bosco
poteva dirsi un continuo e crescente martirio. Vecchi incomodi
si acuivano e ai vecchi se ne aggiungevano di nuovi. I1 parlare
gli costava molta fatica; perciò i medici ordinarono ai Superiori
di ridurre il numero e la durata delle udienze. Presiedendo neila
sua cameretta le riunioni del Capitolo Superiore, ascoltava queiio
che dicevano gli altri, e solo di tanto in tanto proferiva qualche
parola. Faceva pena il vedere con che stento camminava, nè la
sua consueta amabilità valeva a nascondere le sofferenze che nel
suo segreto sopportava.
Un grave disastro pubblico, accaduto sul h i r e di febbraio, gli
porse novella occasione di esercitare la carità. Ii 23 un fortissimo
terremoto scosse la Liguria e il Piemonte, ma assai più violen-
temente la Liguria, dove perirono alcune migliaia di persone e
crollarono case e chiese. I Salesiani per bontà speciale della Ma-
donna non deplorarono vittime, ma ebbero ingenti danni mate-
riali. I1 Santo ordinò subito ai Direttori liguri di prestare ogni
possibile soccorso alle pop~lazioni:poi fece scrivere ai Vescovi di
Savona, Albenga e Ventimiglia che da ognuna delle tre diocesi
avrebbe ricevuto e ricoverato gratuitamente o neiI'Oratorio O
altrove quattro giovanetti rimasti in abbandono. La carità dei
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

76.2 Page 752

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Ln santa $ne del Fondatore
Cooperatori gli venne in aiuto per eseguire le riparazioni agli edi-
fici lesi. Più di tutte le case salesiane aveva sofferto quella di Val-
lecrosia, dove ogni attività rimase sospesa a tutto vantaggio dei
Protestanti, per il qual motivo Don Bosco ne accelerò i restauri.
Prescrisse i u h e che nei collegi colpiti si destinasse un giorno di
preghiere a suffragio dei morti sotto le macerie e in ringraziamento
a Dio dell'incolumità concessa ai Salesiani.
I1 ritorno della pemavera non apportava alcun lenimento a'
suoi mali. La sera del 5 aprile si senti mancare improwisamente
la parola: gli s'irrigidirono le membra e gli pareva di soffocare.
I1 di seguente si riprese alquanto. Uscito da quella specie di col-
lasso, non rivelò il menomo turbamento; ma gli altri, scorgen-
dovi un brutto sintomo, ne erano allarmati. Egli tuttavia, vin-
cendo le resistenze de' suoi e confidando nell'aiuto di Dio, decise
il viaggio a Roma per assistere, come abbiamo veduto, alla coq-
sacrazione della chiesa del Sacro Cuore e ricevere dal Vicario
di Gesù Cristo una benedizione, che gli fosse commiato da questo
mondo ali'eternità. A chi lo vide partire, fece l'impressione che
non potesse tirare avanti nemmeno fino a Moncalieri, che dista sì
poco da Torino. Lo accompagnava Don Rua. Sostò a Genova,
a La Spezia, a Firenze e ad Arezzo, incontrando ovunque calo-
rose testimonianze di ammirazione e di venerazione.
Tutto faceva presagire che a Roma sarebbe dovuto starsene
chiuso in camera senza poter fare o ricevere visite; invece per
tratto speciale della Prowidenza i suoi disagi gli diedero un po'
di tregua, sicchè ricevette buon numero di Cardinali e di altri
Prelati, molti signori e signore, perfino camerate intere di semi-
naristi e gruppi di religiosi. Assiduo presso di lui anche a mensa
era il Principe Augusto Czartoryski, di cui bisogna dire qualche
cosa, perchè il suo nome avrà un posto distinto nella storia della
Congregazione.
Nato a Parigi nel 1858, discendeva da antica e nobilissima
famiglia polacca. Trascorse iiiibata la giovinezza. Conobbe Don
Bosco a Parigi nel 1883, riportandone tale impressione, che negli
anni seguenti tornava di quando in quando a Torino per confe-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

76.3 Page 753

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capo LXVIII
rire con lui su gl'interessi dell'ariima sua. Gli maturò così in cuore
il germe deila vocazione salesiana. I1 padre, che gli cercava un
buon partito, non voleva sentir parlare di stato religioso; anche
Don Bosco esitava ad esaudirlo, non giudicando adatta per lui
la nostra Congregazione. Le cose andavano in lungo, senza che
però le opposizioni ne scuotessero la costanza. Finalmente risolse
di recarsi a Roma per mettere la sua sorte neile mani del Papa.
Precedette colà di qualche giorno l'arrivo di D. Bosco; indi vi s'in-
dugiò un mese dopo la sua partenza neii'attesa di essere ricevuto
dal Santo Padre. Questa volta non voleva lasciare l'Italia senza
venire ad una soluzione definitiva. Leone XIII, avuto riguardo
alla sua condizione, gli mosse qualche difficoltà; ma, inteso che
nessun'altra famiglia religiosa appagava le aspirazioni del suo
cuore, non si oppose più, anzi gli disse di far conoscere a Don
Bosco essere desiderio del Papa che venisse accolto fra i Sale-
siani. I1 Principe volò a Torino, parlò con Don Bosco e partì per
Parigi a ingaggiare l'ultima battaglia. I1 padre con darsi quasi
per vinto; ma pensava che la realtà avrebbe fatto sbollire i1 fer-
vore del figlio;invece accaddetutto il contrario. I1Santo stesso nel
novembre successivo benedisse solennemente l'abito aii'insolito
aspirante, mandandolo a fare il noviziato nel collegio di Valsalice,
divenuto studentato dei chierici (I). Quivi Don Augusto, come
lo chiamavamo, incontrò il chierico Andrea Beltrami. I due Servi
di Dio s'intesero e strinsero fra loro un'amicizia, che fu gara di
perfezione e che solo la morte prematura di entrambi spezzò
quaggiù per riannodarla nel cielo.
Subito dopo la consacrazione deila chiesa il Santo lasciò Roma
per sempre. Venti volte era andato aii'eterna Città; ma ailora
vedeva chiaramente cbe quella ventesima sarebbe stata l'ultima.
Egli aveva detto al Papa: -Sono vecchio, Padre Santo, ho set-
tantadue anni; è questo il mio ultimo viaggio e la conclusione
di tutte le cose mie. Prima di morire voleva vedere ancora una
volta la Santità Vostra e ricevere una vostra benedizione. Sono
( I ) Cfr. sopra, pag. 584.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

76.4 Page 754

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La santa fine del Fondatore
stato esaudito. Ora non mi rimane altro da fare se non dire il
N u n c dimittis. -E il Papa aveva detto a lui: -Raccomandate ai
Salesiani di conservare le tradizioni che voi lascerete. Continuino
a far praticare la frequenza della confessione e della comunione.
Siate molto cauti e molto rigorosi uell'ammissione di nuovi
Soci. - Questi pensieri e la lunga serie dei lontani ricordi lo ac-
compagnarono durante il viaggio di ritorno.
Fatta una discreta fermata a Pisa presso il buon Arcivescovo
Capponi, arrivò a Torino, quando mancavano pochi giorni all'ul-
tima sua festa di Maria Ausiliatrice. Nelle maggiori solennità
egli nominava i così detti priori, persone ragguardevoli che pre-
gava di accettare una specie di presidenza e che trattava poi
con speciali segni d'onore. Nominò d o r a i coniugi Bofarull, no-
bili signori arrivati di fresco da Barceiiona. Don Rua tenne ai
Cooperatori la solita conferenza deila vigilia; Don Bosco l'ascoltò
dal presbiterio. La folla, che non si saziava di rimirarlo in chiesa,
si riversò fuori intorno a lui, avida di udirlo. Sebbene egli sorri-
desse e salutasse con l'abituale amabilità, pure non poteva celare
l'accasciamento che lo opprimeva. Nel giorno della festa alle sue
benedizioni seguirono parecchie grazie straordinarie.
Un mese dopo l'Oratorio ne festeggiò l'ultimo onomastico.
Un ex-allievo dei più antichi ritrasse ed esaltò la vita d'un tempo
sotto la paterna direzione di Don Bosco. Nell'inno musicato dal
Dogliani, ad ogni quattro strofe eseguite da un coro, un secondo
coro ripeteva a mo' d i ritornello le prime due dell'inno cantato
la prima volta che si fece la festa di Don Bosco e cominciante
coi versi Andiamo, comflagni, - D o n Bosco ci asfletta. Due estre-
mità di tempi si toccavano.
Passò l'estate senza peggioramenti; ma nell'ultima decade di
settembre le sue condizioni precipitarono. La durò tuttavia in
piedi fino al cadere di dicembre; anzi in quei tre mesi fece pa-
recchie cose che gli cagionavano forte disagio. Ii 13 ottobre, sem-
pre grato alla Francia cattolica, andò a salutare un migliaio di
pellegrini francesi, che passavano per Torino, diretti a Roma
per il giubileo sacerdotale di Leone XIII. 11 20 con grande suo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

76.5 Page 755

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Capo LXVIII
strapazzo volie andare a Foglizzo per la vestizione dei nuovi
ascritti. I1 24 novembre nella chiesa di Maria Ausiliatrice vesti
il Principe Czartoryski e tre altri stranieri adulti. I1 6 dicembre
vi scese l'ultima volta per assistere alia cerimonia di addio ai
Missionari, destinati alia Repubblica deli'Equatore. L'II celebrò
a grande stento la sua ultima Messa nella cappeliina privata
p.resso la sua camera. Non cessava p- erò la fatica delie udienze.
Ma il 17cominciò l'abbandono generale delle forze; tuttavia, benchè
febbricitante, volle confessare per l'ultima volta gli alunni della
classe superiore, venuti a lui secondo la consuetudine di ogni
sabato sera. Finalmente nel tardo pomeriggio del 20, non po-
tendo più reggere dalla spossatezza, si pose a letto per non più
rialzarsi.
La malattia ebbe tre periodi nettamente distinti. Nel primo,
durato undici giorni, tutti si viveva in ansietà per il timore di
perderlo da un'ora all'altra, tanto più dopochè il 24 gli furono
amministrati i1 Santo Viatico e l'Estrema Unzione. La stampa
italiana ed estera dava notizie del suo stato, sapendosi quanti
nel mondo s'interessassero dell'infermo. Giungevano lettere da
ogni parte. Ma al capo d'anno cominciò un secondo periodo che
d'un tratto fece rinascere le perdute speranze. I1 miglioramento
progrediva a segno che Don Rua sospese l'invio del bollettino
sanitario, che soleva mandare ai Cooperatori di maggior riguardo.
,Quella sosta del male rese possibile sistemare molti affari. Fu
regolata fra l'altro la situazione economica deii'oratorio, metten-
dola al sicuro da eventuali sorprese.
I,a notizia del miglioramento si diffuse nel mondo, determi-
nando un affluire di lettere da milie luoghi. I1 Papa, ricevendo
un Missionario salesiano e parlando delia cosa, gli disse: ((Sia
ringraziato Dio! La vita di Don Bosco è preziosa e la sua morte
in questi g i ~ r n iavrebbe funestato le nostre feste di Roma S. Al-
ludeva alie feste ginbilari del suo sacerdozio, cominciate il 31
dicembre.
Raccogiiamo intanto alcune manifestazioni di valore storico
e d'interesse generale per la Congregazione, uscite dalie labbra
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

76.6 Page 756

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La santa fine del Fondatole
del Santo nei giorni della malattia, tanto più importanti perchè
fatte sull'estremo della vita. Un giorno rivelò a Mons. Cagliero:
« Dirai al Santo Padre una cosa che finora fu tenuta come un
segreto. La Congregazione e i Salesiani hanno per iscopo speciale
di sostenere l'autorità della Santa Sede, dovunque si trovino,
dovunque lavorino ». I tempi, ostili al Papato, non permettevano
di spiegare all'aperto la bandiera papale; perciò a Roma erasi
potuto da taluni interpretare freddezza verso il Papa il prudente
procedere di Don Bosco. Questa dichiarazione tornava dunque
opportuna per liberare i Salesiani dal sospetto come di un peccato
originale. Ecco perchè insistette sul medesimo pensiero, ricevendo
la visita del Card. Alimonda, al quale ripetè: « Tempi difficili,
Eminenza! Ho passato tempi difficili. Ma l'autorità del Papa...
l'autorità del Papa ... L'ho detto qui a Mons. Cagliero che lo dica
al Santo Padre che i Salesiani.sono per la difesa dell'autorità del
Papa, dovunque lavorino, dovunque si trovino. Si ricordi di dirlo
al Santo Padre, Eminenza >>.
Al medesimo Monsignore disse un'altra volta: << Ti raccomando
di dire a tutti i Salesiani che lavorino con zelo a salvare anime.
Lavoro! lavoro! >>.Sempre a Mons. Cagliero fece una sera le se-
guenti raccomandazioni: <<Vogliatevitutti bene come fratelli,
amatevi, aiutatevi e sopportatevi a vicenda come fratelli. L'aiuto
di Dio e di Maria Ausiliatrice non vi mancherà. Promettetemi
di amarvi come fratelli. Raccomandate la frequente comunione
e la divozione a Maria Santissima Ausiliatrice D. E a Don Bonetti
per le Figlie di Maria Ausiliatrice: «Ubbidienza; praticarla e farla
praticare... Dirai loro che, se osserveranno le Regole, la loro sal-
vezza è assicurata ».
I1 suo pensiero si rivolse più volte alle hiissioni, che la presenza
di Mons. Cagliero gli richiamava alla mente. Le raccomandò cal-
damente al Direttore dell'linitd Cattolica, che spesso ne aveva
parlato nel giornale. Una volta benedisse nominatamente molti
Missionari, le loro case e i loro migliori amici. Disse a Monsignore:
<< Propagate la divozione a Maria Santissima nelia Terra del Fuoco.
Se sapeste quante anime Maria Ausiliatrice vnol guadagnare al
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

76.7 Page 757

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Cielo per mezzo dei Salesiani! B. A così parlare doveva muoverlo
il ricordo dei grandi sogni suiie Missioni. Un'altra volta affermò
con accento di sicurezza: e Quelli che desiderano grazie da Maria
Ausiliatrice, aiutino le nostre Missioni e saranno certi di otte-
nerle >>.
La lettera annuale ai Cooperatori, stesa da Don Bonetti e
recante per l'ultima volta la firma di Don Bosco, conteneva quat-
tro pensieri dettati da lui e stampati in corsivo sui Bollettilzo di
gennaio 1888.Erano i seguenti: e IO Se vogliamo far prosperare
i nostri interessi spirituali e materiali, procuriamo anzitutto di
far prosperare gl'interessi di Dio e promoviamo il bene spirituale
e morde del nostro prossimo col mezzo della limosina. 20 Se vo-
lete ottenere più facilmente qualche grazia, fate voi la grazia,
ossia la limosina, agli altri, prima che Dio o la Vergine la faccfano
a voi. 3O Colle opere di carità ci chiudiamo le porte dell'inferno
e ci apriamo il paradiso. 4O Raccomando alia vostra carità tutte
le opere che Iddio si è degnato affidarmi nel cc~rsodi quasi cin-
quant'anni; vi raccomando la cristiana educazione della gioventù,
le vocazioni allo stato ecclesiastico e le Missioni estere; ma in
modo affatto particolare vi raccomando la cura dei giovani po-
veri e abbandonati, che furono sempre la porzione più cara del
mio cuore in terra e che pei meriti di Nostro Signore Gesù Cristo
spero saranno la mia corona e il mio gaudio in cielo B.
Una settimana prima di morire usci in questa doppia afferma-
zione: u La Congregazione non ha nuiia a temere: ha uomini for-
mati. La nostra Congregazione P condotta da Dio e protetta da
Maria Ausiliatrice ».
Sempre tranquillo, presente sempre a se stesso, egli riposava
rassegnato nelle mani di Dio, pronto a fare in tutto il suo santis-
simo volere. Tale era stato nel primo periodo della malattia, tale
appariva nel secondo, tale fu nel terzo, in cui entrò il 21 gennaio.
Le rinate energie fìsiche si dissolvevano rapidamente; lo spirito
soltanto durava vigile ed elevato, abitualmente assorto in Dio.
Da aggravamento in aggravamento cadde in un languore, che
precedette di poco il paralizzarsi delia parte destra e la perdita
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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La s a t a fine dei Fondatore
della favella. Fino alla mattina del 30 gennaio non lo abbandonò
mai del tutto la lucidità della mente; verso il mezzogixno balenò
l'ultimo barlume della coscienza, significando lievemente con il
moto delle palpebre d'aver inteso, quando gli fu letto il telegramma
che annurciava il felice arrivo dei Missionari all'Equatore. Sul
31 il sorgere dell'alba segnò il tramonto del grande astro. Tra-
montò per modo di dire, perchè la sua memoria non cessò di
risplendere h o a che la sua luce riapparve più fulgida sul fir-
mamento della Chiesa nella gloria dei Santi.
I Salesiani lo piansero con le lacrime dei figli che piangono il pa-
dre. A Torino vi fu lutto cittadino, in Italia compianto generale, in
Francia e Spagna accorato ricordo delle sue visite, nella stampa
mondiale gran copia di commemorazioni,che ne lumeggiavano ed
esaltavano la figura. Migliaia e migliaia di persone, più che visi-
tare, ne venerarono la salma. I funerali di un Sovrano glorioso non
sarebbero potuti riuscire più splendidi. Si celebrarono solenni
trigesime in i n h i t i luoghi. L'onore che i popoli rendevano alla
memoria di Don Bosco si riverberava sulla sua Congregazione.
Le sacre spoglie ricevettero degna sepoltura nel bel centro del
collegio valsalicese, perchè gli facessero ivi buona guardia le gio-
vani speranze della Società. Quella tomba gloriosa divenne subito
meta di pii pellegrinaggi e di visite illustri. Vi si pregava come si
prega presso le urne dei Santi. E Santo proclamava Don Bosco
la voce universale. Fatti prodigiosi, cominciati nel momento
stesso del beato transito e continuati in seguito, parvero confer-
mare con la testimonianza del Cielo il sentimento popolare.
Don Rua, che aveva già telegrafato la notizia del decesso a
benefattori, ad autorità e alle case salesiane, spedì ai Soci, alle
Suore ed ai Cooperatori una sua circolare, stampata in italiano,
francese e spagnolo, documento della sua pietà fiiiale, della sua
fede e della sua salda fiducia neli'awenire.
Coli'angoscia nel cuore, cogli occhi gonfi di pianto, con mano tremante vi
Sannunzio piìi doloroso, che io abbia mai dato, e possa ancor dare in vita mia; vi
annunzio cheil nostro carissimo Padre in GesùCristo, il nostro fondatore,l'amico, il
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LXVIII
consigliere, la @da della nostra vita, è morto. Ahi! parola chetrapassa l'anima, che
trafigge il cuore da parte a parte, che apre la vena ad un proflitvio di lagrime!
Le private e pubbliche preghiere innalzate al Cielo per la sua conservazione
banno ritardato al nostro cuore questo colpo, questa ferita, questa piaga ama-
rissima; ma non valsero a risparmiarcela, come avevamo sperato.
Nuila ci conforta in questi istanti fuorchè il pensiero che così volle Iddio,
il quale infinitamente buono nulla fa che non sia giusto, sapiente e santo. Quindi
rassegnati chiniamo riverenti la fronte e adoriamo i suoi alti consigli.
Per ora non occorre che io vi dica come Don Bosco ha fatto la morte del
giusto, calma e serena, munito per tempo di tutti i conforti della religione, bene-
detto più volte dal Vicario di Gesù Cristo, visitato con insigne pietà da prelati
ed incliti personaggi ecclesiastici e laici, nostrani ed esteri, assistito con amore
figliale dai suoi alunni, curato con affetto e perizia singolare da celebri dottori.
Neppure vi dirò qui delle sue virtù e delle opere sue, chè il tempo stringe e il
cuore non regge.
Pel momento vi notifico solo che, ancor pochi giorni sono, Don Bosco disse,
che l'opera sua non avrebbe soffertoper la sua morte, perchè protetta dalla va-
lida intercessione di Maria Ausiliatrice, perchè sostenuta dalla carità dei Coo-
peratori e Cooperatrici, che avrebbero continuato a favorirla.
Dal canto nostro possiamo aggiungere ancora che abbiamo la più grande
fiducia che sarà cosi, perchè Don Bosco dal Cielo, ove fondatamente lo speriamo
già accolto in gloria, ci farà ora più che mai da amorosissimo padre, e presso il
trono di Gesù Cristo e della Divina sua Madre eserciterà più efficacemente la
sua carità verso di noi, e più abbondanti ci farà piovere le celesti benedizioni.
Incaricato di tenerne le veci, farò del mio meglio per corrispondere alla co-
mune aspettazione. Coadiuvato dall'opera e dai consigli dei miei confratelli,
son certo che la Pia Società di San Francesco di Sales, sostenuta dal braccio di
Dio, assistita dalla protezione di Maria Ausiliatrice, confortata dalla carità dei
benemeriti Cooperatori Salesiani e delle benemerite Cooperatrici, continuerà le
opere dal suo esimio e compianto Fondatore iniziate, specialmente per la coltura
deila gioventù povera ed abbandonata e le estere missioni.
Ancora un pensiero. Ad esempio del glorioso nostro Patrono San Francesco
di Sales, più volte Don Bosco, udendo o leggendo certe espressioni, che le per-
sone benevole usavano inverso di lui, ebbe a manifestare il timore che dopo sua
morte, creduto non bisognevole di suffragi, lo si lasciasse in purgatorio. Pertanto,
giusta il suo desiderio, e per debito di figliale affetto, raccomando a tutti che
vogliano tosto far calde preghiere in suffragio dell'anima sua, ben conoscendo
che il Signore saprà a chi applicarne l'efficacia.
Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, Cooperatori e Cooperatrici, giovanetti
e giovanette alla nostra cura affidati, noi non abbiamo più il nostro buon padre
in terra; ma lo rivedremo in Cielo, se faremo tesoro dei suoi consigli e ne seguiremo
fedelmente le virtuose pedate.
Torino, l i 31 gennaio 1888.
Vostro aff.mo Confratello Ed Amico
Sac. MICHELERUA.
744
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

76.10 Page 760

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La santa fine del Fondntore
Poco dopo inviò ai Salesiani una lettera, lasciata da Don Bosco
stesso con incarico al successore di farne avere copia a ciascuno
dopo la sua morte.
Miei cari ed amati Figli i n G. C,,
Prima di partire per la mia eternità io debbo compiere verso di voi alcuni
doveri e così appagare un vivo desiderio del mio cuore.
Anzitutto io vi ringrazio col più vivo affetto dell'animo per la ubbidienza
che mi avete prestata, e di quanto avete lavorato per sostenere e propagare la
nostra Congregazione.
Io vi lascio qui in terra, nia solo per un po' di tempo. Spero che la infinita
Misericordia di Dio farà che ci possiamo tutti trovare un dì nella beata eternità.
Vi raccomando di non piangere la mia morte. Questo è un debito che tutti
dobbiamo pagare, ma dopo sarà largamente ricompensata ogni fatica sostenuta
per amore del nostro Maestro, il nostro buon Gesù.
Invece di piangere fate delle ferme ed efficacirisoluzioni di rimaner saldi
nella vocazione sino aiia morte. Vegliate e fate che nè l'amor del mondo, uè i'af-
fetto ai parenti, nè il desiderio di una vita più agiata vi muovano al grande spro-
posito di profanare i sacri voti e così trasgredire la professione religiosa, con cui
ci siamo consecrati al Signore. Niuno riprenda quello che abbiamo dato a Dio.
Se mi avete amato in passato continuate ad amarmi in awenire coiia esatta
osservanza delle nostre Costituzioni.
Il vostro primo Rettore è morto. Ma il nostro vero Superiore, Cristo Gesù,
non morrà. Egli sarà senipre nostro Maestro, nostra Guida, nostro Modello. Ma
ritenete che a suo tempo Egli stesso sarà nostro Giudice e Rimuneratore della
nostra fedeltà nel suo servizio.
Il vostro Rettore è morto, ma ne sarà eletto un altro che avrà cura di voi e
della vostra eterna salvezza. Ascoltatelo, amatelo, ubbiditelo, pregate per lui,
come avete fatto per me.
Addio, o cari 5gliuoli, addio. Io vi attendo in Cielo. parleremo di Dio,
di Maria, Madre e sostegno deiia nocha Congregazione; là bene&emo in eterno
questa nostra Congregazione, la osservanza delle cui regole contribuì potente-
mente ed efficacemente a salvarci.
Sit nomen Domini benedictum ex hoc nunc et usque in saecuZum. 1% te, Domine,
sl)eravi, non confundar i%aeternum.
Sac. GIO. Bosco.
I1 Santo accenna ali'elezione del Successore, mentre questo
era già designato; ma la lettera fu preparata nel settembre del
1884, allorchè Don Rua non era ancora Vicario con diritto di
successione. Un'altra lettera di Don Bosco venne spedita ai Coo-
peratori nel mese di maggio, perchè solo in aprile ne fu trovata
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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77.1 Page 761

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Capo LXVIII - La santa fine del Fondatore
la minuta fra le carte del Santo con la soprascritta: <Da spedirsi
dopo la mia morte >> (I).
Piovvero ben presto telegrammi e lettere anche da contrade
assai remote. Fu un vero plebiscito mondiale, in cui alle c~ndo-
glianze s'intrecciavano le lodi del defunto, le proteste di stima
e di devozione al presunto Successore e i migliori voti per tutta la
Società. Anche il celebre storico Cesare Cantù, iscritto già da
Don Bosco nell'albo dei Cooperatori (z), scrisse a Don Rua il
16 febbraio da Milano: cI1 venerabile Don Bosco ha già comin-
ciato dal paradiso le sue grazie col mettere al suo posto un per-
sonaggio, non dico capace di eguagiiarlo, ma degno di succedergli
e di farne la perdita men dannosa alia religione e alla società.
Tenga vivo in questa gioventù lo spirito di carità e di abnegazione,
che vi ha seminato Don Bosco >>. Nelle case salesiane, passato il
primo sgomento, non sembrava che Don Bosco fosse morto, tanto
lo spinto di lui si sentiva ognora aleggiare in mezzo a' suoi figli.
( I ) Boii. Sal., aprile 1888.
( 2 ) Cfr. Mem. Biogv., vol. XI15 pag. 614
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

77.2 Page 762

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CAPO LXIX
La successione.
La morte di Don Bosco gettò nel lutto tanti cuori, ma non
causò alla Congregazione la menoma scossa; chè egli la lasciava
ben animata e bene organizzata. I Soci erano 768, numero rela-
tivamente grande, se si considerano le molteplici gravi difficoltà
incontrate per reclutarli e formarli. L'affetto loro per Don Bosco
ne faceva amare intensamente l'Opera. La presenza poi di 267
ascritti indicava vitalità e dava malleveria di buon awenire.
Anche l'organizzazione era eccellente per compattezza e disci-
plina. Le 56 case salesiane si raggruppavano in sei Ispettorie, a
capo delle quali stavano veterani della Società, che godevano
tutta la fiducia dei propri subalterni. L'Istituto pure delle Figlie
di Maria Ausiliatrice, da vincoli sì stretti legato alla Società, con
le sue 390 professe e IOO novizie e con 51 residenze ripartite in
quattro Ispettorie, guardava senza preoccupazioni il futuro. Ma
la forza viva, che doveva guarentire la compagine intera, risedeva
neil'uomo chiamato a succedere nel governo supremo. Successione
formidabile, sia per la singolare grandezza del predecessore che
per il divenire deil'opera. La Provvidenza poi aveva disposto
che a un Santo succedesse un altro Santo, a un Fondatore di genio
un organizzatore di gran talento, a un Padre amato un altro cuore
paterno, sicchè l'onerosa eredità passava in buone mani.
Se per altro ali'interno la successione non sollevava problema
di sorta nè dava luogo a incertezze, fuori, a Roma, c'era chi te-
meva e chi addirittura presagiva la catastrofe. Ii Card. Ferrieri,
già Prefetto dei Vescovi e Regolari, aveva sempre riguardato la
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo L X l X
Società come una combinazione posticcia e precaria, destinata
quindi a risolversi in nulla, non appena fosse scomparso colui che
l'aveva architettata. Comunque si fosse creato questo convinci-
mento, egli non poteva tenerlo per sè solo senza metterne a parte
i suoi collaboratori, i quali aiia loro volta non avevano obbligo
di segreto. I n morte di Don Bosco il Cardinale non viveva più;
ma il dubbio gli soprawisse. Allora pertanto alcuni Prelati, pen-
sando che bisognasse correre ai ripari, insinuavano esservi vn
unico rimedio: sciogliere la Congregazione e incorporarne i membri
in un'altra di non dissimile scopo. Secondo costoro, essa mancava
di uomini formati, capaci di reggerla in modo da salvarla dallo
sfacelo. P e r h o Leone XIII inclinava a credere che fosse oppor-
tuno ricorrere a un tal prowedimento. Egli aveva veduto poche
volte e di sfuggita Don Rua, che in quel suo atteggiamento di-
messo e con quel suo parlare tra semplice e ingenuo gli era parso
uomo di una bontà scompagnata da alte doti d'intelligenza, quali
si richiedevano per succedere a un gigante come Don Bosco. Lasciò
dunque trasparire l'intenzione di fondere i Salesiani con gli Sco-
lopi .
Per buona sorte si trovava allora a Roma Mons. Manacorda,
che, avuto sentore della cosa e rimastone costernato, si propose
di fare ogni possibile sforzo per parare il colpo. Pratico delle Con-
gregazioni Romane, presso le quali aveva cominciato la sua car-
riera, sapeva dove indirizzarsi e in che modo agire. Visitò special-
mente i Cardinali più autorevoli e più spesso ricevuti dal Papa
a ragione dei loro uffici, massime il Card. Parocchi, Vicario di
Sua Santità e Protettore dei Salesiani, e il Prefetto dei Vescovi
e Regolari. Con la conoscenza che di lunga data aveva dei Sale-
siani, non gli fu difficile chiarire dubbi, sbandire timori e mostrare
quanta concordia unisse fra loro i Salesiani e come non rnan-
cassero nel loro numero uomini di virtù e di valore, sicchè si po-
teva avere piena fiducia neli'awenire. Intervenne poi in buon
punto un atto del Procuratore Don Cesare Cagliero. Avendogli
il Card. Parocchi accennato che si ventilava l'idea di annettere
la Congregazione Salesiana a qualche altra, egli dichiarò franca-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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mente che i Salesiani di miglior conto avrebbero senza dubbio
ripreso intera la propria libertà, come ne davano loro il diritto
i sacri Canoni, e che egli sarebbe stato il primo a dare l'esempio.
Una sì inaspettata dichiarazione, fatta da un uomo assai stimato
per ingegno e prudenza, fu presa molto sul serio, e unita ai passi
fatti da Mons. Manacorda, produsse l'effetto desiderato: di scio-
glimento e d'incorporazione più nessuno parlò.
Vinta una difficoltà a Roma, ecco spuntarne un'altra d'altro
genere a Torino. Abbiamo veduto nel capo quarantanovesimo,
come Don Rua fosse stato nominato Vicario di Don Bosco con
futura successione. Orbene, giunto il momento, non si trovò trac-
cia di decreto, che contenesse quelia disposizione. I1 Santo nelie
sue comunicazioni orali e scritte non aveva mai fatto alcun cenno
di decreto. Evidentemente non gli era venuto nelie mani, perchè
altrimenti il diligentissimo archivista Don Berto ne sarebbe stato
informato. Don Bosco si era dunque contentato di partecipazioni
ufficiose, dategli da Roma e specialmente dal Cardinale Arcive-
scovo di Torino. Se non che la mancanza del rescritto pontificio
metteva in grave imbarazzo la delicatezza di Don Rua. Come
dimostrare, senza carta che canti, un diritto di immediata suc-
cessione? Tanto più che Don Bosco nella lettera ai Soci sopra
l'affare del Vicario non aveva parlato di successione. Per questi
motivi Don Rua, nell'urgenza di notificare la morte di Don Bosco,
si era limitato a firmare le lettere col suo nome e cognome sen-
z'alcuna ,qualifica; nel dare poi disposizioni o prendere prowedi-
menti continuava ad esercitare l'autorità di prima, sempre però
con la riserva di ricorrere alla Santa Sede per invocare la solu-
zione del dubbio.
Fu interpellato in proposito il Card. Alimonda, il quale, quan-
tunque sapesse come stava rzalmente la cosa, tuttavia rispose
che conveniva far ricorso a Roma. Don Rua dunque l'8 febbraio
umiliò al Papa una particolareggiata esposizione del caso, chiu-
dendo la lettera con queste supplichevoli parole: << Beatissimo
Padre, considerando la mia debolezza e incapacità, trovomi spinto
a farle umile preghiera di voler portare su altro soggetto più
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

77.5 Page 765

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capo LXIX
adatto il sapiente suo sguardo e dispensare lo scrivente dall'arduo
ufficio di Rettor Maggiore, assicurandovi però che coli'aiuto del
Signore non cesserò di prestare con tutto l'ardore la debole mia
opera in favore della Pia nostra Società in qualunque condizione
venissi collocato B. Non erano certamente di questo parere i membri
del Capitolo Superiore, i quali il giorno dopo indirizzarono una
lettera coilettiva al Cardinale Protettore, esponendogli le ragioni
che consigliavano di confermare a Don Rua la successione ed
assicurandolo che tutti i Soci avrebbero accolto la cosa non solo
con profonda sottomissione, ma con sincera e cordialissima gioia.
La risposta non si fece attendere. I1 Cardinale, recatosi im-
mediatamente dal Papa, riferì poi subito l'esito dell'udienza a
Mons. Cagliero, primo firmatario della suddetta lettera, dicen:
dogli: ((Lieto d i aver ottenuto dalla Santità di Nostro Signore
l'esaudimento della giusta brama di V. S. Iil.ma e de' suoi de-
gnissimi confratelli, m'affretto a parteciparle, Monsignore caris-
simo, l'avventurata novella. Sia lodato il Signore >>. Trasmetteva
insieme il decreto ex audie~tiaSanctissimi, in forza del quale
Don Rua veniva nominato Rettor Maggiore per dodici anni, a
computarsi dall'11 febbraio 1888, con la espressa riserva che
questa maniera di succedere valesse per una volta tanto nè po-
tesse mai costituire un precedente. Il nuovo decreto, emanato
in quella forma, fu registrato presso la Sacra Congregazione dei
Vescovi e Regolari. Era detto in esso che s'intendeva confermare
l'altro del 7 novembre 1884. Dunque allora non erasi trattato
solo di tm provvedimento da comunicarsi in via ufficiosa; ma
il documento doveva essersi smarrito o era stato trattenuto nella
Segreteria della Congregazione dei Vescovi e Regolari.
Don Rua diede di tutto comunicazione al Capitolo Superiore
il 24 febbraio. Allora i Capitolai notificarono essi ai Soci l'acca-
duto con circolare del 7 marzo, in cui dicevano fra l'altro: u Come
vedete, carissimi Confratelli, oltre le buone qualità che già lo
commendavano, il nuovo Rettore ci venne designato dal cuore
del compianto nostro Padre e Fondatore Don Bosco, anzi ci venne
dato dallo stesso Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo. Non oc-
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

77.6 Page 766

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La successione
corre pertanto che noi ve lo raccomandiamo con molte parole;
poichè siamo più che sicuri che tutti lo amerete e lo obbedirete
non solo per dovere e per la stima che gli portate, ma anche in
ossequio al Santo Padre e in grata memoria di Don Bosco, del
quale per trenta e più anni fu il più intimo confidente e del cui
spirito s'imbevette fin dalla sua più verde età>>.
Don Rua intanto non aveva indugiato a recarsi a Roma per
fare doveroso atto di ossequio al Papa. Partito da Torino verso
la metà di febbraio, mentre attendeva l'udienza, visitava Cardi-
nali e alti Prelati, dai quali tutti ricevette ottime accoglienze e
udì con gioia magnifiche lodi alla memoria di Don Bosco: non
pochi lo chiamavano Santo.
Grandi festeggiamenti in corso fecero ritardare alquanto l'u-
dienza. Leone XIII celebrava nel 1888 il suo giubileo d'oro sa-
cerdotale, essendo stato ordinato il 31 dicembre 1837. Da tutto
il mondo si pellegrinava a Roma. Don Bosco aveva disposto che
i Salesiani vi si fossero fatti presenti. Fra le altre dimostrazioni
mondiali vi fu un'originale e interessante Esposizione vaticana.
Il Santo da più di un anno aveva sollecitato i Missionari a sadu-
nare oggetti, che vi potessero figurare. I Missionari obbedirono
e Mons. Cagliero, tornato in Italia sul principio di dicembre, portò
seco una rara collezione zoologica, botanica e mineralogica della
Patagonia e della Terra del Fuoco e insieme armi, lavori e curiosità
dei selvaggi. Di tutto Don Bosco fece allestire una mostra nel-
l'oratorio, invitando benefattori e amici a visitarla; poi ogni cosa,
unitamente a un centinaio di volumi quale saggio delia tipografia
e legatoria salesiana, venne spedita a Roma ed esposta in Vati-
cano. Don Rua non omise di fare una rapida visita all'~osizione,
soprattutto per osservare come fosse stata ordinata la sezione
salesiana e si compiacque al vedere quanto questa attirasse l'at-
tenzione dei visitatori. Si può ravvisare nell'iniziativa di Don
Bosco quasi un lontano e modesto preludio deila grande esposi-
zione missionaria, voluta da Pio XI nel 1925.
I1 Papa lo ricevette il 21 febbraio. Le sue prime parole furono
per la memoria di Don Bosco, che ripetutamente chiamò santo.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LXiX
Gli diede poi due consigli, di assodare cioè le opere del Fondatore
senza pensare troppo presto a estenderle e di procurare una buona
formazione ai novizi. Disse che la santità di Don Bosco era spic-
cata anche nella sua condotta verso il Romano Pontefice. Chiese
notizie delle case e delle Missioni. Raccomandò di fare in modo
che la casa di Roma, così vicina al Papa, fosse modello a tutte
le altre. Don Rua usci darudienza molto consolato. Ne stese im-
mediatamente una relazione, che poi allegò stampata alla prima
circolare da lui spedita il 19 marzo alle case nella sua qualità di
Rettor Maggiore. In questa ordinava a tutti di raccogliere notizie
sulla vita di Don Bosco, giacchè autorevoli Prelati giudicavano
non doversi differire il cominciamento della sua Causa. Esortava
infine: u Noi dobbiamo stimarci ben fortunati di essere %li di un
tal Padre. Perciò nostra sollecitudine dev'essere di sostenere e a
suo tempo sviluppare ognora più le opere da lui iniziate, seguire
fedelmente i metodi dalui praticati ed insegnati, e nel nostro
modo di parlare e di operare cercar di imitare il modello che il
Signore nella sua bontà ci ha in lui somministrato. Questo, o figli
carissimi, sarà il programma che io seguirònella mia carica; questo
pure sia la mira e lo studio di ciascuno dei Salesiani >>S.oci, Suore
e Cooperatori sembrò che andassero a gara nel protestare rive-
renza e obbedienza al degno Successore di Don Bosco, sebbene
per molti fosse quello un ripetere quanto avevano già fatto su-
bito dopo la morte del Fondatore.
Per tal modo le cose avevano ripreso il loro andare. Col tempo
la realtà non solo non rimase inferiore ail'aspettazione che si
aveva di Don Rua, ma la superò di molto. Dopo sessant'anni,
abbracciando con 10 sguardo il passato, vediamo quanta ragione
avesse avuto Mons. Manacorda d'insistere presso i Prelati romani
suile tre idee di unione, capacità e buone speranze che egli rav-
visava nella giovane Congregazione.
Dell'unione stava in dubbio lo stesso Leone ZII, come disse
chiaramente il 22 marzo 1888 a Mons. Cagliero. Avendogli questi
parlato deil'unione perfetta dei Salesiani dopo la morte di Don
Bosco, il Papa gli confessò d'aver avuto qualchetimore al riguardo,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

77.8 Page 768

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La successione
ma che allora lo rallegrava assai il contrario (I). Certo, non tutte
le Congregazioni nei loro esordi andarono esenti da scissure in-
testine. La Salesiana, benchè potesse a taluni sembrare facile a
disarticolarsi, non ebbe mai la sua compagine incrinata da ten-
tativi di disgregamento. Come un tempo l'affetto a Don Bosco,
così ora il generale attaccamento al suo spirito mantiene i Soci
legati fra loro e strettamente avvinti alla loro religiosa famiglia.
Che poi in questa non siano scarseggiati gli uomini di capacità,
si vide tosto nel periodo più delicato forse della sua esistenza,
quando sotto il primo Successore di Don Bosco bisognava con-
soiidare e portare a finimento l'edificio. I complicati ordinamenti
didattici per le scuole professionali, letterarie e scientifiche tanto
dei Soci che dei loro alunni, la formazione completa e la disciplina
religiosa dei soggetti, la vastità delle Missioni, le nuove esigenze
della buona stampa trovarono sempre uomini dotati dei talenti
necessari ali'uopo, cosicchè ognuna delle istituzioni di Don Bosco,
non che patire detrimento per mancate attitudini direttive,
progredì sotto l'impulso di menti esperte e di mani forti, quali
erano richieste dalle necessità dei tempi e dei luoghi.
Che infine l'awenire abbia risposto alle fiduciose assicurazioni
del chiaroveggente Vescovo di Fossano, tutto il mondo io sa e
lo vede. L'Angelo che nel 1881 mostrò a Don Bosco quale doveva
mantenersi la sua Congregazione, se voleva evitare i1 pericolo
del dissolvimento (z), pose termine alle sue raccomandazioni col
dire che chi si fosse trovato d a fine del secolo decimonono e al
principio del ventesimo, osservando i1 giganteggiare dell'opera
Salesiana, avrebbe esclamato: A Domino factum est istmi et est
mirabile in oculis nostris. Quest'inno doveva dunque essere in-
nalzato al Cielo proprio durante il governo di Don Rua, che resse
il timone della Società dal 1888 al 1910. Come e quanto il vati-
cinio angelico abbia avuto il suo aweramento, lo dirà il seguito
di questa storia.
( i ) Lettera del segretario di Monsignore a Don Lazzero, Roma z? marzo 1888.
(2) Cfr. sopra, pag. 405.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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CAPO LXX
Epilogo.
A far biondeggiare una bella messe nel campo concorsero cielo,
terra e mano d'uomo. I1 cielo mandò l'acqua delle piogge e il ca-
lore del sole; la terra somministrò gli elementi vitali, che sotto
l'azione dell'acqua e del calore fecero germogliare i semi, crescere
gli steli e granire le spighe; la mano dell'agricoltore, preparato
il terreno, aveva gettato la semenza, estirpato le male erbe e te-
nuto lontano le bestie nocive. Così maturò nel campo del Padre
di famiglia l'Opera di don Bosco.
Piowero opportune e copiose le grazie celesti a infondere
lume, vigore e refrigerio. Chi guardava con gli occhi deiia carne,
stupiva; chi scrutava con gli occhi della Fede, ammirava la Prov-
videnza divina, che di secolo in secolo rinnova i prodigi dei tempi
apostolici. Intanto la virtù occulta delle benedizioni scese dal-
l'alto, incontrando un complesso di prowedimenti umani in leggi,
direttive e istituzioni, dovute alla mente sagace del Fondatore e
investendoli con la sua efficacia sovrumana, moltiplicava per ogni
dove i fiori e i frutti santi. A condurre infine le imprese una dop-
pia legione di operatori e di operatrici, fiancheggiati da una nu-
merosa e varia milizia leggera, prestava mano forte, sotto il
comando de1i'Uomo suscitato da Dio, che ricco di doni naturali
e soprannaturali, organizzava il lavoro, assisteva i lavoratori
ed estendendone l'attività, non perdeva mai di vista il duplice
obbiettivo religioso e sociale, che doveva essere il frutto di tutta
l'Opera.
La multiforme azione religiosa, affidata da Don Bosco alla
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

77.10 Page 770

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Epilogo
sua Società per ulteri~rindefiniti svolgimenti, si affermò visibil-
mente in intensità ed estensione durante la vita stessa del Santo.
La si può epilogare sotto questo primo punto di vista in dieci
capi.
Primo: due famiglie religiose. Una, la femminile, venuta più
tardi, non conobbe quasi difficoltà estrinseche; ma l'altra, la ma-
schile, richiedette lunga e laboriosa preparazione, sostenne lotte
contro gagliarde forze coalizzate e stentò non poco ad aprirsi la
via fra ostacoli d'incomprensioni affliggenti e ostinate. Fu merito
inestimabile deli'Uomo provvidenziale l'aver rimesso in onore
la vita religiosa, dove e quando tutto congiurava a screditarla
e a interdirle il risorgere dopo i colpi mortali infertile da poteri
I
occulti e palesi, sotto il cui predominio era forza operare. La
Società Salesiana si potrebbe per questo lato paragonare a quei
fiumi che, traendo origine da ottime e ricche sorgenti, si occultano
in sul principio del loro corso e si avanzano per buon tratto inav-
vertiti nel sottosuolo, finchè poi sboccano ali'aperto recando
intorno Sincomparabile beneficio delle loro acque.
Secondo: educazione cristiana della gioventù. La tendenza del
secolo mirava a scristianare con ogni mezzo la scuola, sottraen-
dola al materno influsso della Chiesa e saturandola di dottrine a
lei awerse. I1 lavorio, parte subdolo e parte manifesto, ma te-
nace e invadente, fu neutralizzato dali'opera energica e saggia
di Don Bosco, che non solo osò e fece, quando nessuno sapeva
come orientarsi, ma insegnò anche, più con l'esempio che con le
parole, a osare e a fare. Si appigliò per quecto a un simpatico
sistema pedagogico, ispirato alla religione, alla ragione e al buon
senso e ne informò i suoi discepoli, che lo attuarono con somma
efficacia nei loro istituti, immettendone il lievito salutare in organi
affini e da ultimo, oggi, mutati i tempi, anche in organismi sta-
tali.
Terzo: formazione cristiana dei figli del popolo. Intendo qui
gli oratori festivi, parola che al presente è sulle labbra di tutti,
perchè la cosa, quale la concepì Don Bosco, ha invaso il mondo.
Aperti a tutti, purchè giovani, senza formalità inceppanti, questi
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

78 Pages 771-780

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78.1 Page 771

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capo LXX
geniali rifugi si popolano di ragazzi, che invece di abbrutirsi
nell'ignoranza religiosa e nei disordini delle strade, vi trovano
utili trastulli, pigliano confidenza con il sacerdote, evitano o de-
pongono esiziali pregiudizi e si abituano insensibilmente all'a-
dempimento dei doveri religiosi. L'affetto all'oratorio salesiano
sopravvive alla puerizia e ali'adolescenza, dolce richiamo in critici
o decisivi momenti dell'esistenza.
Quarto: vocazioni ecclesiastiche. Don Bosco s'imbattè in un
periodo nefasto per i chiamati allo stato ecclesiastico. I preti
impoveriti, infamati, perseguitati non invogliavano dawero le
trepide famiglie ad awiare i figli per la bersagliata carriera e ce
stornavano le impressionabili anime giovanili. L'Oratorio di
Torino prima, quindi i collegi del Piemonte e di altre parti anche
assai remote e gli stessi oratori festivi fecero amare il sacerdozio,
visto in simpatica luce, sicchè si contarono a migliaia gli alunni
del santuario, che ricevettero e coltivarono in tali ambienti il
germe della loro vocazione. I seminari vescovili se ne awantag-
giarono grandemente, ne profittarono anche sodalizi religiosi, nè
il contributo di buone reclute al clero secolare e regolare è
cessato più, dovunque la Società Salesiana esplicasse il suo
apostolato.
Quinto: azione cattolica. I1 nome venne più tardi, ma la cosa
esisteva da tempo. Che erano infatti i Cooperatori e le Coopera-
trici nel concetto di Don Bosco, se non persone del laicato cano-
nicamente associate per diffondere e tener vivo, sotto la dipen-
denza dei Superiori ecclesiastici, lo spirito cristiano nelle fami-
glie e nella società? Sarebbe errore, deprecato più volte da Don
Bosco stesso, il supporre che i Cooperatori e le Cooperatrici ope-
rino per i Salesiani; operano invece con essi, come dice la loro
denominazione, per raggiungere gli ideali assegnati da Don Bo-
sco all'operosità de' suoi figli e delle sue figlie. Favoriscono, è
vero, i Salesiani, ma in quanto questi spiegano il loro zelo a bene
delle anime.
Sesto: largo apporto di pietà cristiana. Migliaia di aiiievi e di
aiiieve apprendevano a frequentare gioiosamente i sacramenti,
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

78.2 Page 772

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a venerare.e amare i sacri riti, ad ascoltare come si conveniva la
parola di Dio, quando purtroppo per la tristizia dei tempi da
queste cose si andava sempre più divezzando la gioventù. Negli
alunni usciti dai collegi salesiani succedeva l'età critica, l'età dei
pericoli e dei traviamenti; ma, come dice S. Girolamo, l'anfora
che contenne buon vino, anche vuotata ne conserva e tramanda
il soave profumo. I1 popolarissimo Gzovalze Provveduto, con le
sue copie a centinaia di migliaia, quanto non contribuì a diffon-
dere nella Chiesa la caratteristica pietà insegnata e fatta prati-
care da Don Bosco, pietà salesiana per eccellenza, pietà così
lieta, tutta sacramentale e tanto incoraggiante!
Settimo: amore alla Chiesa, al Papa, alle.verità della Fede.
Negli anni, in cui Don Bosco faticava a organizzare la sua So-
cietà, era all'ordine del giorno il vilipendere le istituzioni eccle-
siastiche, insultare il Romano Pontefice, bestemmiare in nome
della scienza i dogmi rivelati. La libertà di stampa non conosceva
freno; la politica anticlericale imperversava; il popolo nella grande
maggioranza si manteneva sano e attaccato aile sue credenze:
ma tribuni fanatici, massime nelle grandi città e in tempo di ele-
zioni, lo aizzavano, lo riempivano di stolte e odiose idee e lo an-
davano disamorando delle sue migliori tradizioni. Don Bosco
oppose stampa a stampa, insegnamento a insegnamento, opere
a opere. Le sue umili Lettwe Cattoliche quanto bene fecero spe-
cialmente nel popolino! Basta vedere con che favore erano accolte
e con che furore erano combattute. Per misurarne la diffusione,
basti sapereche Don Bosco aveva in tutta l'Italia 250 fra propagan-
disti e centri di propaganda; per comprendere l'accanimento degli
awersari, si rammentino gli attentati alla vita del Santo, dovuti
aii'odio satanico contro quei libretti che senza strepito penetra-
vano dappertutto, portando la parola di verità dove cercava per
tante vie d'insinuarsi l'errore. Poi i testi scolastici, fatti da lui
preparare con intelligenti cure, circolavano dovunque avessero
cattedra insegnanti coscienziosi. Inoltre in tutte le sue case si
respirava un'aura di serenità e di pace, che si diffondeva anche
fuori e instillava il rispetto e l'amore per la religione e per i suoi
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

78.3 Page 773

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capo LXX
rappresentanti. Fu detto e scritto, e non crediamo esagerazione,
che se nei tre quarti di secolo delle lotte fra Stato e Chiesa in Ita-
lia si conservò una riserva di uomini temperati, la quale rese pos-
sibile il gran fatto della Conciliazione, buona parte del merito va
allo spirito largamente diffuso e alimentato da Don Bosco e dalla
sua Opera.
Ottavo: decoro del culto esterno. Tutti sanno che i Salesiani
hanno ereditato da Don Bosco e dai primi Soci l'amore delle
chiese sontuose, il non risparmiare sollecitudini per celebrare
solennemente e piamente le feste e fare belle funzioni sacre, infine
la passione per la musica a servizio della casa di Dio. Quanto
giovamento da tutto questo alla formazione dei giovani e ail'edifi-
cazione dei fedeli! I1 buon esempio si fece una cerchia sempre più
larga di imitatori, senza dire dei sacerdoti, che, già alunni nei
nostri collegi, cercavano di riprodurre neli'esercizio del loro mi-
nistero quelio che avevano visto fare da giovanetti.
Nono: rapida espansione deil'opera. L'apostolato di Don Bo-
sco non ebbe dali'alto limiti di spazio, ma doveva dilatarsi in
muvzdum universum. Avendo coscienza di questa missione mon-
diale, il Santo, per animare i giovanissimi discepoli, nei quali
si fondavano le sue speranze, dischiudeva dinanzi ai loro occhi
attoniti orizzonti sconfinati e lontani, e veniva dando sempre
maggiori prove di fatto che le sue non erano utopie, ma sode
realtà in via di attuazione. Di mano in mano che le possibilità
glielo permettevano, anzi forzando le possibilità stesse, si spinse
fuori di Torino, si estese lungo la penisola fino in Sicilia, valicò
le Alpi e i Pirenei, pose piede nelle capitali della Francia e dell'In-
ghilterra, si affacciò al Belgio, passò l'oceano. Fu un crescendo
che entusiasmava, facendo balenare visioni sempre più grandiose
nell'awenire. le fondazioni si moltiplicavano soltanto, ma pren-
devano consistenza e sviluppo. La sua Opera, informata allo
spirito di universalità apostolica, si acclimava sotto ogni cielo,
senza urtare sentimenti nazionali, onde potè awerarsi il prodigio
che, quando ascese agli onori dell'altare, le nazioni più disparate e
anche più gelose dell'ingerenza straniera lo festeggiarono insieme
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Epilogo
ai loro Salesiani con la cordiale simpatia, con cui avrebbero cele-
brato il più santo dei propri cittadini.
Decimo: missioni agli infedeli. L'universalità del suo aposto-
lato portava naturalmente Don Bosco a occuparsi anche delle
terre dei non battezzati. Puntò lo sguardo alle dimenticate In-
dierie della Patagonia e della Terra del Fuoco; il che non fu senza
ispirazione del Cielo. Coraggio, perseveranza e fede trionfarono
a segno, che egli morendo lasciò laggiù un Vicariato Apostolico e
una Prefettura Apostolica. Ma aveva pure suscitato nella Società
un generoso spirito missionario, che produsse e produce i suoi
frutti. Oggi i Salesiani sono una Congregazione missionaria quasi
ultima venuta, ma già annoverata fra le prime.
Accennavo pure agli effetti sociali. E insito nella natura della
Chiesa che le istituzioni in lei e da lei germinate non giovino solo
agli incrementi della vita cristiana, ma ridondino anche a bene
deila civile società. Chiunque conosca la storia ed abbia retto
sentire, non dura fatica ad ammettere che la religione, quale
maestra e ispiratrice della moralità pubblica e privata, promuove
in modo a lei sola concesso il vero benessere degli Stati. Ora
Don Bosco rivolse tutti i suoi sforzi, come abbiamo veduto, a
diffondere i due elementi sostanziali del Cristianesimo, la ve-
rità e l'amore.
E questa considerazione acquista ai nostri occhi valore stra-
grande, se consideriamo le condizioni dei tempi. Quando egli
venne alla luce, crollava tutto un mondo, che aveva causato
enormi sconvolgimenti; cominciò poi la vita di ministero nel suo
Piemonte, allorchè questo paese capeggiava il movimento poli-
tico, diretto a liberare e a unificare l'Italia. Ma non tutto era puro
in questo movimento. I1 liberalismo, vero razionalismo masche-
rato, ne inquinava i1 corso. Quale e quanta opera dissolvitrice
delle virtù cristiane da parte di sètte nefaste! Don Bosco, lavo-
rando per la Fede, lavorava per la vera vita del suo popolo e della
sua nazione.
Ma la questione religiosa non gli si parava dinanzi isolata:
dietro di essa vedeva avanzarsi la questione sociale, concretantesi
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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capo LXX
nei rapporti delle classi e quindi fra capitale e lavoro, rapporti che
s'invelenivano sempre più, preparando antagonismi e lotte esi-
ziali. Egli ne intuì e misurò presto la minacciosa gravità, mentre
il dominante liberalismo non solo non mostrava di rendersene
conto, ma, volente o non volente, fomentava un sowersivismo
des~inatoa produrre amari frutti; vide pure chiaramente che il
pericolo maggiore incombeva sul popolo, lusingato, sedotto,
fuorviato. Sentiva quindi l'alta importanza della sua missione,
che lo portava a occuparsi dei figli del popolo per prepararli cri-
stianamente alle esigenze dei tempi nuovi. Quanta soglia essere
l'efficacia di siffatta azione non è possibile vederlo subito, ma ci
vuole il tempo che la ponga in evidenza, e il tempo anche qui fu
dawero galantuomo; nè poteva essere altrimenti. Scrive oggi
molto giustamente e opportunamente un dotto e grande cri-
stiano (I): <La ripresa spirituale della patria nostra che ci ap-
pare radicalmente diversa dali'Italia anticlericale, miscredente,
materialista del primo Novecento io ritengo che sia in buona
parte frutto dei collegi. Seminagione a grande respiro, a matura-
zione talora ritardata, ad alto contenuto apostolico, perchè spesso
altri semina ed altri raccoglie, ma seminagione capillare che
scende nel profondo della vita nazionale, imbevendo di Cristiane-
simo le radici della vita, creando l'atmosfera dove la vita cristiana
può svilupparsi, e dove può rinascere poco aila volta, ma con cer-
tezza, lo spirito soprannaturale P.
In questa azione generale e fondamentale di Don Bosco spic-
cano tre particolarità, che vanno messe in rilievo. Neila radicale
trasformazione popolare che si andava accentuando anche in
Italia, nuovi elementi si affacciavano alla vita economica, poli-
tica e sociale. Gli uni erano i piccoli borghesi. .Moltiplicatesi e
aperte a ogni ordine di cittadini, senza più distinzioni di classi
e di privilegj, le vie del saiire, tante sane, ma modeste famiglie
potevano fornire alle professioni liberali e ai pubblici impieghi
soggetti assai preziosi in fatto di capacità, attività e onestà. Ma
(I) Dott. Luigi Gedda in Gioventù Italica. Maggio 1940.p. 9.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Epzlogo
l'awiare figli agli studi importava loro i1 più delle volte diffi-
coltà insormontabili. Orbene l'oratorio e i collegi salesiani con le
loro modicissime pensioni erano una prowidenza per tali famiglie.
L'affollamento degli istituti diceva abbastanza quanto questi
rispondessero a un bisogno largamente sentito. A tempo opportuno
il Santo in relazioni presentate aiie Autorità, nell'esporre ai
Cooperatori il lavoro dei Salesiani e ueii'esortare e animare al
lavoro i Salesiani stessi, non lasciava di rilevare il numero cre-
scente di professionisti, d'impiegati civili e anche di ufficiali del-
l'Esercito, che si riconoscevano debitori della propria carriera alle
agevolezze e agli aiuti di vario genere incontrati nelle nostre case.
Un'altra categoria di giovani, spesso ancor meno abbienti,
urgeva preparare alla rinnovantesi vita sociale. La tecnica progre-
diva rapidamente e perfezionava il lavoro, di modo che si co-
minciava a sentire che più non bastavano semplici mestieranti,
ma che ci volevano anche molti operai scelti. Rra facile prevedere
che questo bisogno avrebbe preso un'estensione sempre maggiore.
Ed ecco Don Bosco muovervi incontro con le sue scuole profes-
sionali, ognor meglio attrezzate materialmente e a grado a grado
corredate d'insegnamenti integrativi. Con tali scuole egli conse-
guiva due importanti risultati: educava e metteva all'onore del
mondo tanti poveri ragazzi, che altrimenti avrebbero trascinato
ben grama e forse non innocente nè innocua l'esistenza, e poi
apprestava ogni anno un discreto numero di giovani ed esperti
lavoratori, che avrebbero recato il beneficio della propria abilità
tecnica e della propria morigeratezza cristiana dovunque venis-
sero assunti a prestare l'opera loro. E come i capi di grandi aziende
si disputavano quegli aiiievi già maturi! Non pochi di quegli al-
lievi seppero impiantare fiorenti laboratori e officine, divenuti
fonti di vantaggi economici e morali in mezzo alle popolazioni.
I perfezionamenti raggiunti da queste scuole ne hanno elevato
talmente il prestigio, che gli organi statali preposti ali'artigianato
non solo non le hanno ignorate, ma han fatto e fanno tesoro delle
nostre esperienze per nuovi ordinamenti pubblici in questo campo.
Una terza particolarità è pur degna di nota qui in relazione
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

78.7 Page 777

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capo LXX
con il nostro argomento: la convivenza di studenti e di artigiani
negli ospizi fondati da Don Bosco, cosa talmente nuova, che a
nessun educatore era mai venuta prima in capo. Come supporre
possibile accomunare pacificamente e a centinaia alunni di gin-
nasio e apprendisti di laboratorio? Eppure la novità attecchi.
Non esistevano barriere che tenessero separate le due masse;
abitualmente assieme nella chiesa, assieme nel refettorio, assieme
talora o vicini nel cortile, assieme nelle periodiche gite collettive,
assieme nelle pubbliche dimostrazioni. Unico poi il Direttore,
dinanzi al quale non esisteva ombra di supremazia o preferenza
degli uni su gli altri, ma da ambe le parti piena eguaglianza di
doveri e di diritti. Insomma la democrazia livellatrice, che mon-
tava un po' dappertutto, s'imbatteva qui in un clima non acceso
pro o contro ma temperato, non esasperante ma equilibrante.
Dovunque in seguito la vita li disperdesse, questi ex-alunni avreb-
bero portato con sè la mutua comprensione e simpatia, quale
è bello che regni fra lavoratori del cervello e lavoratori della
mano, vera manna per la pace sociale. Oggi i nuovi indirizzi sco- .
lastici mirano ad avvicinare e fondere le due categorie per il bene
comune. Potè sembrare questa una scoperta; ma Don Bosco
aveva già messo in azione la cosa C con grande efficacia circa un
secolo fa. Nè il sistema salesiano è divenuto arcaico, ma continua
a essere attuato ed è trovato di somma attualità anche nelle Re-
pubbliche d'America, dove non cessa di recar stupore il vedere
con quanta naturalezza nei collegi salesianisi amalgamino due
elementi che pur sembrano così disparati.
Ma oggi come ieri, in questo come in tutto il rimanente, in
Italia come altrove, la Società Salesiana seguita a essere di attua-
lità. Don Bosco seppe propinare vino vecchio da otri nuovi. Vino
vecchio è lo spirito religioso dei Salesiani con i1 loro apostolato,
due cose che sostanzialmente non possono essere-oggi diverse
da quelle dei secoli passati; otri diremo le forme deii'una e del-
l'altra cosa. Le forme sono elementi accidentali e quindi non im-
mutabili. Egli adattò queste forme aiie esigenze dei tempi e im-
presse alla sua Congregazione un carattere di adattabilità che la
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

78.8 Page 778

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Epilogo
fa essere di attualità sempre e dovunque. Un esempio: non as-
segnò a' suoi le penitenze tradizionali, salvo i digiuni prescritti
dalla Chiesa e un digiuno settimanale ogni venerdi in memoria
deila Passione di Nostro Signore. Sarà dunque esclusa daiia vita
religiosa dei Salesiani l'indispensabile mortificazione? Mortifica-
zione ve n'è, e quanta! Ma è questione di forma. Ogni Salesiano
ha l'obbligo di trovarsi in mezzo ai giovani durante le ricreazioni,
per esercitarvi quella maniera di assistenza che quanto meno è
notata, tanto più riesce efficace. È: un dovere che costa sacrificio.
I1 Salesiano non si cristallizza in un'occupazione speciale, ma
dev'essere pronto a fare ogni cosa, per la quale possegga un mi-
nimo di capacità; quindi numerose ore d'insegnamenti vari s'in-
trecciano con opere di ministero, con brighe amministrative,
con cure disciplinari, con qualsiasi occupazione insomma richiesta
daiie circostanze. Gli stessi studi universitari non dispensano i
giovani preti dal condividere le comuni fatiche. I1 cumulo delle
occupazioni è da noi ali'ordine del giorno. I Salesiani non fumano,
soddisfazione considerata altrove come indifferente; non fumano
nemmeno nei lebbrosari. I1 Salesiano non si prende vere vacanze,
ma si contenta di breve riposo in una casa della Congregazione
o accompagna gli allievi al monte continuando l'opera educativa.
Se poi un Salesiano sa maneggiare la penna, i Superiori non gliela
lasciano arrugginire, e spesso egli dovrà dedicare al tavolino ri-
tagli di tempo, in cui potrebbe pigliarsi qualche sollievo. Così
avviene che un Salesiano in buona salute faccia non per uno nè
per due, ma per parecchi. Dei nostri Missionari fu detto con am-
mirazione da altri Missionari che uno lavora per cinque. Ecco
in breve la vera vita salesiana, quale la si visse intorno a Don
Bosco e quale egli volle che la si vivesse dopo di lui. Eppure chi
vede i Salesiani allegri, disinvolti, sempre in moto, si può imma-
ginare che siano religiosi di nuovo conio e dal vivere andante.
Invece gli estranei che li osservano fra le pareti domestiche,
stupiscono talvolta e si domandano come resistano a una vita
così dura; ma la durezza è temperata dali'abitudine, addolcita
dalla vocazione, santificata dalia pietà. Conchiudendo diremo
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Capo LXX - Epilogo
che la nostra mortificazione o penitenza è, secondo il pensiero di
Don Bosco, non alcun che di aggiunto, ma di inerente alla vita
e da questa derivante. In tempi dinamici come i nostri, è questo
un intonare la vita religiosa alla vita generale, il che avvicina i
Salesiani al resto dei mortali, facendoli riguardare con simpatia
e agevolandone le possibilità d i bene.
La novità delle forme unita alla perenne immutabilità della
sostanza appare non meno neii'escrcizio del molteplice apostolato
salesiano. Qui Don Bosco, parte prevenendo, parte secondando
le tendenze nuove, innestò all'antico il moderno, senza compro-
messi, ma anche senza pusillanimità. Per esemplificare sarebbe
necessario ripetere cose già dette a sufficienza, che per altro tor-
nano facilmente alla memoria di chi abbia letto alcuni dei capi
che precedono. In tutto ebbe Don Bosco mano così felice, che
le sue innovazioni fecero scuola, furono cioè imitate da quanti
non vollero andare a ritroso dei tempi, semprechè, ben inteso,
l'attualità fosse conciliabile con ciò che non invecchia mai.
Quando S. Giovanni Bosco partiva per l'eternità, le sue Isti-
tuzioni erano inserite omai nella vita della Chiesa e del mondo.
Dal suo letto di morte egli poteva guardare con occhio sereno
il futuro e rassicurare i suoi figli. È: vero che la sua fiducia ri-
posava in Dio e nella Madre di Dio; ma anche umanamente par-
lando, l'Opera del suo genio e de' suoi sacrifici si presentava al
suo sguardo morente ricca di belle e salde promesse, che i fatti
non hanno smentito, come dovrà dire la storia.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

78.10 Page 780

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INDICE
DI PERSONE, LUOGHI E COSE NOTEVOLI
Adattabilità salesiana: 762-4.
Agua de Dios: 605.
Alasonatti (Don):r6-7, 32-3. 78.
Alassio (collegio di): 151-4. 288, 294
336. 367-8, 580.
-Albanello (Don): 441.
Albano (scuole di): 274-5, 301.
Albera (Don): 34-5, 48, 83. 91-2, 142.
154, 156, 310, 468, 548.
Albert (Teol.): 71-2, 76.
Albi per il Papa: 135, 178.
Allavena (Dcn): 253, 258.
allegria: 692.
Alimonda (Card.), Arciv. di Torino: 478,
482, 484. 488-9, 499.f502. 525, 527.
530. 536, 568, 647, 741. 749.
ASmagxo: V. Buenos Aires.
Aloisi-Masella (Mons.), Sxnzio in Por-
togallo: 453.
America Meridionale: 600.
Ancud (Cile): 595.
Aneyrls (Mons.). Arc. di Buenos Aires:
247. 262-5, 379, 382, 437, 499-50.
-4nfossi (Can.): 22, 32-3, 93.
Anger's (Congresso di): 339.
Antoiisei (Don): 700.
Antonelli (Card.), Segretario di Stato:
64. 117, 212.
Anton~icci(Card.), Arc. di Ancona: 106.
appelli mondiali di D. Bosco alla carità:
567. 609.
Approvazione della Congr.: diocesana
(Casale), 101; generale. 103-128. -
Delle Regole: 171.196.
Ariccia (scuole di): 273-4, 400.
Arteaga (Don): 601.
Austria-Ungheria: 613-5.
Auteuil (Parigi): 344.
autorità (condotta di D. B.): 146, 471.
732-4.
azione sociale: 760-2.
Baccino (Don): 253, 257. 435.
Balbo (Conte Cesare): 488.
Banca Tiberina: 393.
Barberine (monache): 372.
Barberis (Don): 63, 81, 162, 195-6, 310,
314. 326, 334-6, 374. 398, 466, 539.
561, 568, 582.
Baratta (Dm): 326, 581, 699.
Barcellona: 659; V. Sani& e Tibidabl.
Bartolo Longo: 243.
Basiliani: 331.
Bassignana (Coad.): 400.
Bastard (scrittore): 340.
Battersea (Londra): 618-21.
Beauvoir (Don): 419, 420, 423, 539,
540. 575. 591, 593, 708.
Beau~ouu(Società): 285-6, 340, 349. 364.
Beckx (Padre),Generale dei Gesuiti: 363.
Belgio: 615-7.
Beilamy (Don): 522-3.
Bellavite-Astori (cooperatrice): 401.
Bellia (Ch.): 8, g.
Belmonte (Coad.): 253, 258, 707.
Belmonte (Don): 48, 139, 309, 310, 561-2.
Beltrami (Don): 71, 583, 608, 7 3 8
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

79 Pages 781-790

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79.1 Page 781

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Benedetto XV: 686.
Benitez (Coop.): 248.
Benone (Don): 334.
Berardi (Card.): 99. 117. 172. 174, 180,
230, zgo.
Bergase (Coop.): 342.
Bernasconi (organaro): 409.
Bertagna (Teol.): 503.
Berte110 (Don): 139. 560, 645-6.
Bertinetti (Coop.): 325.
Berto (Don): 81, 139, 309, 310, 314. 483.
Besucco Franc.: 641.
Biale (Mons.), Vesc. d i Ventimiglia: 268.
Bianchi (Don Eug.): 583.
Bianchi (Padre), domenicano, consul-
tore: 180.
Bianco di Barbania (Bar.): 340.
Biblioteca della giovehb it. o dei classici
it.: 147, 686.
Biella: 47-8 (Oropa), 714.
B i 5 (Mons.), Vesc. di Cartageua: 45g.
Bitio (Card.), Vesc. di Magliano: 275-6,
480.
Bizzarri (Card.): 178, 181, 187, 191, 475.
Blain (Don): 347.
Baia (La): V. Buenos Aires.
Boàrato (Don): 72, 81, 139, 153, 260,
264-5, 309, 435, 464, 499, 500.
Boemia: 613-4.
Bogota: 603.
Bollettino Salesiano. Stona: 226-32, 235-
44. - Francese e spagnolo: 240. -
Dipendenza, natura, scopo: 240-2, 302,
319-20, 384, 454, 469. 489, 602.
Bologna (Don): 286-7, 365. 517-21.
Bonetti (Don): 28, 32, 35. 48, 53, 77.
79, 81, 86, 164. 2369, 31% 325-6.
466, 482, 561, 578-9, 742.
Bordone (Don): 147.
Borel (Teol.): 150, 411.
Borghino (Don): 459. 568.
Borgo S. Martino (collegio di): 163, 273,
395.
Borgogno (Sign.), Prete della Missione:
118.
Bove (Cap.): 588.
Branda (Don): 452, 454. 542.
Brasile: 456, 457 (schiavitù), 463, 569.
Bretto (Don): 398.
Brevi pontifici: 69 (di risposta), 86 (di
congratulazione), 99 (di risposta), 135
(id.), 213 (indulgenze), 223 (Coopera-
tori), 256 (Missioni).
Brindisi (scuole di): 464.
Bruschi (Don): 272.
Buenos Aires. Chiesa Mater Misericov-
diae: 247-8, 257, 2 9 9 - Primi Missio-
nari: 256. - Prime scuole professio-
nali: 258, 260. - Almagro (ospizio):
263, 512, 606, 657. - La Boca: 258,
260, 264, 300. - S. Caterina (scnole):
271. - Varia: 263, 436.
Buffa (Ing.): 143.
Bnrzio (Can.): 325.
Buzzetti (Coad.): 8, 9, 487, 651.
Cafasso (Beato): 21, 103, 150.
- Cagliero (Card.), Czawicdzlm vitae: 502.
- Alunno: 12, 14, 15, 503. Chie-
rico: 31-2, 44. - Sacerdote: 81, 89,
99, 142. 205, 252-3 (nell'Oratorio):
2568, 260, 309 (in America); 262,
271. 274, 310, 326-7, 331, 341. 398-9,
446, 450-4. 466, 501. 612-3 (nell'ora-
torio). - Vescovo: 502-5, 511-4, 527.
534-42. 561-2. 568, 570, 572-5, 594-6.
598, 603-4, 607, 725. 734. 741. 752.
- Musicista: 15, 696-9.
Cagliero (Don Cesare): 748-9.
Cagliero (Don Gius.): 139-41. 205.
Calabiana (Mons. di), Vesc. di C a d e :
47. 55-
Calcagno (Don): 568, 609-10.
Callegari (Mons.), Vesc. di Padova: 233.
Calloii (Contessa): 47, 78, 153.
Cannes (scuole di): 285, 343-4.
Cantù (Cesare): 231, 746.
Capitoli Generali. Primo: 308-323. 352.
- Secondo: 465-8. - Terzo: 468-73.
702. - Quarto: 560-6, 653-6.
Capitolo deil'oratorio: 143.
Capitolo Saperiore: 32-3, 35, 54. 79, 142,
~ 6 91,92. 198, 389, 466. 526-7, 52990.
561-2.
Capponi (Mons.): Arc. di Pisa: 739.
Cappuccini: 72, 156.
Caraeas: 601.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

79.2 Page 782

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Indice di persone, luoghi e cose notevoli
Carbajal (Don): 592.
Carmen de Patagbnes: V. Patagbnes.
Cartier (Don): 286, 517.
Casotti (Prof.): 661.
Cassinis (Don): 253, 258, 708.
castità: 303, 305-6. 470-1.
Cataldi (March.): 154.
catalogo dei Soci: 143-4. 161.
Catania (Orat. fest. e scuole di): 577-9.
Caterini (Card.): 175.
Cauvin (Abbé): 339.
Cavanis (Opera): 63.
Cavonx (Camillo): 633.
Cavour (Gustavo): 624-5.
Cays (Conte): 309-12, 344, 353.
Ceccano: 290.
Ceccarelli (Mons,): 248, 252, 257, 262.
Cecconi (Mons.), Arc. di Firenze: 395-7.
C-ti (Don). Alunno: 28. - Chierico:
32, 48, 81, 83. - Sacerdote: 152-4,
198, 310. 688 (Direttore); 309, 338,
367-8, 464 (Dir. e Ispett.); 530, 560-1,
565 (Cons. Scol. Gen.). - Doti: 154.
565.
Cessac (Contessa): 524.
Chailonges (scu~ledi): 344.
Chambord (Conti di): 231.
Cherasco (collegio di): 146-7. 159.
Chiala (Don): 298.
Chieri (Orat. femm. di): 325-6.
- Chierici. -i:
8, 14-7, 19, 27-8, 289.
Di seminari: 28, 190. - Voluti
sottrarre a D. Bosco: 100-1. - Oc-
cupazioni: 121. - Formazione: 29,
107.
Chopitea (Donna Dorotea): 453-4. 493,
546.
Cibrario (Don): 72, 268, 310.
Cile: 595-6, 605-8.
Cimatti (Mons.): 554, 689.
Cina: 555, 584.
Circolari di D. Bosco: 98 (scopo d i farsi
Salesiano), 137-8 (confdenza, due con-
ferenze mensili, rendiconto, relazione
mensile a D. Bosco), 184 (pie prati-
che per ottenere l'approvazione della
h i e t à ) , 249 (Misuoni), 531 (Vicario
Generale).
classici greci (collez.): 686.
coadiutori: 470, 702-11.
colera: 544. 548, 569.
Colle (Conti): 425. 493-4. 536, 549, 551-3,
568-9.
collegi per nobili: 165.
Colombia: 602-5.
colonie agricole: 345, 348, 657.
comitati di assistenza: 242, 520.
commendatizie vescovili per il decreto
d i lode: 57-61. - Per l'approvazione
della Società: 103.4. - Per i'appto-
vazione delle Regole: 177. - Per
l'Opera dei Figli di Maria: 209.
Commissioni Cardinalizie per l'approva-
zione delle Regole: 181, 188, 191. -
Per i privilegi: 475-6 (I*); 480, 702-
711 ( P ) .
Compagnie: 298, 438, 641.3.
Concezionisti: 301-2, 373-4.
Concepcibn (ospizio di) nel Cile: 595,
605-7.
Concilio Vaticano: 97, 109, 128, 147'.
Conferenze. Ai Cooperatori: 231, 233,
494-6. - Ai Soci: 471. - Di S. Franc.
di S.: 82, 126, 169-70, 288-307 (ultima).
- Di S. Vincenzo: 154. 263, 2.30, 4x1,
618, 638.
Coniortòla (Don): 296.
Congregazione Sal.: v. Società Sal.
Congregazioni religiose: 1-3, 11-z. 17.
20-1, 97, 171, 279, 3x1. - Soppresse
in Francia: 362-9.
Congregazioni Romane: 123.
Conventi soppressi, acquistati da Don
BOSCO:72, 146, 151-2. 278, 290, 331,
333-5. 398.
Convenzioni con Municipi: 149, 151,
156-8, 331-5, 581.
Cooperatori Sal. Preparazione: 68-9, 216,
302. - Regolamento: 217-223. -
Scopo: 224-5, 233, 237, 756. - con-
solidamento della Pia Unione: 226-
230. - Diffusione: 230-2. - Organiz-
zazione: 232-3. - Dipendenza: 228,
242.
Cooperatrici: 224.
Cordigliera: 432.3.
Costa (Mons. de Macedo), Vesc. di Be-
lem (Parà, Brasile): 458, 514.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

79.3 Page 783

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Indice di persone, lu
Costamagna (Mons.): 57, 72. 261-6, 310,
380-3, 435-8, 467, 500-1, 513, 606.
Costituzioni: v. Regole.
Costituzioni Apostoliche Rom. Pont. e
Reg. Disci$l.: 122, 563-4.
Cottolengo. Opera: I. 33. - Fondatore:
~
~
325.
Crispclti (March.): 679.
cronache inedite: 35, 114, 546.
Cruz (Can.): 605.
culto: 641, 728. 758.
Czartoryski (D. Angusto): 608, 737-8,
740.
Daghero (Don): 81, 139, 275-6, 310.
Daghe~o(Madre), Sup. Gen. delle Figlie
di M. A.: 445, 447-8.
Dalmazzo (Don): 48, 166, 310, 357, 359.
377. 393, 465. 481. 603, 619-20.
Darwin: 587.
De Agostini (Don): 434. 587. 599.
De Andrea (Mons.), Vesc. tit. (Buenos
Aires): 640.
De Angelis (Card.), Arc. di Fexmo: 106.
De Barruel (Don): 521.
De Bonis (Don): 700.
Decreto di lode della Soc.: 69. - Di.
approvazione della Soc.: 126-7. - Di
appr. delle Reg.: 192.
Decurioni dei Coop.: 232.
De Gaudenzi (Nlons.), Vesc. di Vige-
vano: 177.
Delcroix: 718-9.
De Luca (Don): 232.
Denza (Padre): 440, 575.
D'Espiney (Dott.): 339, 602.
Desprez (Card.). Arc. di Tolosa: 384.
Diamond (Don): 594.
dimissorie (lettere): 67-8, 94-102, 126-7,
130, 139. 191. 193, 476-7.
Di Pietro (Card.). Vesc. di Aibano La-
. ziale: 273.
Direttori diocesani dei Cooo.: zz"z
Direttori Sal. (primi): 545.
Dogliani (Coad.): 495. 696, 699, 739.
Domenicani: 333, 360.
Doutreloux (Mons.), Vesc. di Liegi: 615-7.
Du Boys (scrittore): 549, 614.
Dupraz (Comm.): 277, 344.
Durando (Don Celestino): 28, 32, 79, 81,
83. 142, 169. 275, 310, 331, 398. 464.
466, 521, 530, 542, 561-2, 612. 616,
687.
Durando (Sign.) Prete della Missione:
9, 37-8.
Dusmet (Card.), Arc. di Catania: 577,
Economia: 150. 261, 304, 353-4, 358,
647.
emigrati italiani: 247, 251. 254, 57%.
600-1.
Equatore (Rep.): 608-10.
esercizi spirituali: 85-6, 304, 336, 469,
57"
Espinoza (Mons.), Vic. Gen. a B. A,:
247-8. 265, 380, 434. 436.
Esposizione Naz. di Totino (1884): 656,
688-9. - Vaticana (1888): 751.
- Este (collegio di): 328-30, 394.
età dei primi Direttori: 160. Dei Su-
periori Capitolai: 192. - Degli Ispet-
tori: 317.
ex-allievi: 162, 712-19.
exequatur (regio): 135-7.
Fabre (Ptof.): 717.
Faenza (Orat. e coll. di): 398.401.
Fagnano (Mons.), Pref. Apost.: 72, 74,
253, 257-8# 265, 418, 420, 438. 501.
511-2, 514. 535, 537, 541, 558-9, 561,
586-99. - Lago F.: 599.
Falkland: V. Malvine.
Ferré (Mons.), Vesc. di Casale: 101, 140,
163-4. 641.
Ferreira (Card.), Vesc. di Oporto: 453.
Ferrieri (Card.), Pref. dei VV. e RR.:
353. 357. 360, 470, 479, 482-3. 747-8.
Figli di Maria: 208-215. - Opera: 210-2,
295. 491-2.
Figlie di M. A.: 197-205; 755. - Cap.
Sup.: 202, 447-8. - Prime fondazioni:
205.6. - Missioni: 262-3, 419, 437,
439, 505, 537. 568. - Vallecrosia:
- 268, 297. - Chieri: 325-6. - Nizza
Mar.: 338. - La Navarre: 348-9.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

79.4 Page 784

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Indice di perrone, luoghi e cose notevoli
Alcuni oratori: 629, 741. - Relazioni
con l a Soc. Sal.: 356-7, 444. - Alla
morte della Beata Madre: 444-455
Firenze (ospizio di): 395-8.
Fissore (Mons.), Arc. di Vercelli: 43, 141.
Fleckcet (maestio): 614.
Foglizzo: 582-4, 740.
Foran .(Padre): 594.
Forster (Prof .): 682.
Francia: 280, 338, 350, 394, 516, 550.
Francesia (Don): 14. 17, 32, 49, 54. 79.
81, 83, 133. 142. 146, 159, 309-10,
464.
Franco (Padre) S. I.: 314-5. 322.
Franqueville (March. di): 521-3.
Fransoni (Mons.), Arc. di Torino: I I,
22, 37-8, 43. 46, 57, 64. 103-4, 189.
Fratelli delle S. C,: 14, 165, 285-6.
Funk (Prof.): 682.
Fgnn (Coop.): 259.
Gilardi (Mons.), Vesc. di Lucca: 326.
Gioia (Coad.): 253. 258, 707.
Gioràano (Don): 462.
Giovane Prouveduto: 757.
Giraudi (Don): 161.
Giurisdizione d i D. Bosco: 9, 11, 63, 65,
104-5.
Giusti (Gius.): 662.
Gradenigo (Conti): 329.
Gregorio XVI: 478.
Grisar (Padre) S. I.: 215.
Grosso (Don): 341, 495, 699, 700.
Guala (Teol.): 103.
Guanella (Don): 213, 277, 3x0.
Guarino (Mons.), Arc. d i Messina, 479-
Guglieimo da Volpiano (Ab.): 333.
Guibert (Card.), Arc. di Parigi: 521.
Guidazio (Don): 72, 139, 331-3.
Guiol (Can.): 284-5, 341, 365, 367, 468,
516-8.
Gabrielli, princ. Rom.: 374-5.
Galantwneo: 686.
Galbnsera (Don): 261.
Galeffi(Madre), Pres. di Tor de' Specchi:
37'5-7;
Galeran (Ah.): 619-20.
Galletti (Mons.), Vesc. di Alba: 102, 146.
Gallo (Don): 274.
Gamba (Don): 261.
Garbellone (Coad.): 710.
Garino (Don): 34, 153, 686.
Gastaldi (Mons.), Arc. di Torino: g, 47,
84, 86, 10%.105. 114-5, 165, 168. 171-5,
179-81. 189, 352. 408, 4x0. 413. 476.
Gastini (exgll.): 8, 715.
Gande (Card.): 24, 38, 57.
Gazzolo, Console arzentino: 247-9, 253.
Generala: 615.
Gemano: 275.
Gesuiti: I, 63, 128, 272, 312, 326, 363,
399.
Ghilardi (Mons.), Vesc. di Mondovi: 99,
113, 147.
Ghivarello (Don): 28, 32, 81, 142, 169,
310.
~ i a ~ ~ o 5n54e. :
Giaveno (picc. sem. di): 42-47
Hannei (fratelli): 339.
Hechtel (n~viziatodi): 617.
H é a u d (Bar.): 280, 339.
Hohenlohe (Card.), Vesc. d i Albano La-
ziale: 274.
Indi. Patagonia: 247, 251, 279-80, 383,
416-7, 420, 534-41, 597. - Terra del
Fuoco: 387-8, 591.3. 597-8. - Lin-
guaggio: 422.
indulgenze: 213-4, 222, 227.
Inghilterra: 618-21.
Isabella d'orléans-Breganza: 460, 569-70.
Ispettori e Ispettorie: 195, 308, 317-8,
464, 467-8, 564. 621.
Jacobini (Card. Lodovico), Segr. d i Stato:
459.
Jacobini (Mons. Angelo), Consnlt. Af-
fari Eccl. Straord.: 499.
Jacohini (Mons. Domenica), Segr. di
Propaganda: 525, 527.
Kowsai (Don). Capp. austriaco: 614-5.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

79.5 Page 785

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roghi e cose noiovoli
Laboriosità sal.: 352, 722-6.
Lacerda (Mons.), Vesc. di Rio de Ja-
neiro: 456, 458-9.
Lago (Don): 426, 708.
Lambmcbini (Pedag.): 679.
Lanze (Card. Amedeo delle): 334.
Lanzo (coll. di): 71-8. 82, 104, 163, 293,
336, 346, 733.
Lasagna (Don): 71, 259. 265, 419, 438-9.
441-2, 67-62>467, 515, 538. 360, 568.
Las Piedras (parr. e scuole di): 439.
La Valletta (Card.), Vicario di S. S.:
124. 386-7.
Lavigexie (Card.), Atc. d i Cartagine: 281.
Lazzaristi: 85, 382, 444, 480.
Lazzero (Don): 28, 32, 173, 310, 326,
336, 374. 398, 466, 561-2, 568.
Lenguas (ex-al].): 439.
L e m o p e (Don): 76, 79-81, 262, 265,
310, 346. 413, 472.3, 483, 530, 561,
698.
Leone XIII: 227, 231, 287, 331, 386-7,
398-9, 434. 470, 477. 479. 481, 486.
488, 496, 499. 500, 525-5. 536. 568,
600, 604, 608, 615-6. 619, 647, 734,
738-9. 748, 751.
Lettere annuali ai Coop.:
229.
-
Ultima:
742. - Di addio ai Sal.: 745; ai Coop.:
ivi.
Lettuve Cattoliche: ro7, 147, 651, 685-6,
757.
leva militare dei chierici: 63, 83, 562-3.
Leveratto (Don): 309.
Levrot (Ing.):339.
Liceo (progetto di): 153. - Di Alassio:
ivi.
Liegi: 616-7.
Liguoxini: 480.
Liiia (ospizio di): 519-21, 549.
Lima: 601.
Limberti (Mons.), Arc. d i Firenze: 395.
Lione: 659.
Lisbona: 453. 612-3.
Londra: 618-21.
Lorenzoni (pitt.): 91.
Zosana (Mons.), Vesc. di Biella: 22.
Lotterie: 69. - L. romana: 487-90.
Louvet (Cooperatrice): 412, 520-1.
Zucca (Orat. e osp. di): 326-8, 394.
Luch y Garriga (Mons.). Arc. di Siviglia:
450-L
Macey (Don): 618, 620:
Mac-Kiernan (Don): 618, 620.
Mac-Mahon (Maresciallo), Pres. della
Rep. franc.: 282, 285.
Madrid: 545.
Maestro degli ascritti: 144. 195-6.
Magallanes: 593, 596-8.
Magida: 502.
Magliano Sabino (semin.-conv. di): 275-6,
301.
Magnasco (Mons.), &C. d i Genova: 155,
177. 212.
Ma"eone Michele: 641
Malvine: 593-4.
Manacorda (Mons.), Vesc. di Fossano:
60, 67, 69. 95, 117. 174, 177. 748-9.
752-3-
Manfredini (coll.): 330.
Manfredini (Mons.), Vesc. di Padova:
330-
mano di Dio: 290, 299, 303. 337. 442.
753.
Maranzana (Prof.): 713.
Marmi (ospizio di): 154.
Marenco (Don): 326-8.
Maresca (&ire), Barnabita: 386.
Margherita (Regina): 488, 696.
Margotti (Teol.), giornalista: 116, 236.
- Maria Ausiliatnce (chiesa di): 69, 87-93.
Quadro: 91. - Associazione: 91,
134. - Festa: 91. - Divozione: 92.
Maria Pia, Reg. del Portogallo: 612-3.
Marsiglia (ospizio di): 284-7, 340-3, 359,
365-8, 394, 446, 516-8, 548-9. 568, 656.
Martinelli (Card.): 181. 187, 191. 475,
480.
M& (SUOI): 445.
Masera (AW.): 718.
Masotti (Mons.), Segr. dei W. e RR.:
479-80.
massoneria: 156, 257-8. 295. 578, 589,
615.
Mathi (cartiera di): 278, 689. - Figli
di Maria: 491.
Maurizio (Aw.): 157.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

79.6 Page 786

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Indice di persone, luoghi e cose notevoli
Mazzarello (Beata Maria): 199. z w , 201,
204, 262, 269, 279, 336, 348, 4x9,
444-6.
Mella (Conte Arborio), architetto: 407,
4x1.
Memorie antobiografiche d i D. Bosco:
24.
Menabrea (Min.): 115, 371.
Nlendre (Abbé): 341, 611, 656.
Mendrisio: 324.
Menghini (Mons., Avv.): '181.
Mercedes de Patagonia: V. Viedma.
Merighi (March.): 386, 486.
Mertel (Card.): 399.
metodo salesiano: 300, 328, 332-3. 353,
519, 628.
Miche1 (Avv.): 280, 284, 339.
Migone (Don): 439.
Milanesio (Don): 261, 418, 420-3, 511,
535. 539, 573, 590, 594, 605.
Milano: 324.
Minori Rif.: 151.
Miotti (Mons.), Vesc. d i Parma: 580.
Mirabello (coll. di): 47. 53-4, 77, 79, 82,
%Or, 104, 140, 163, 237.
Missionari Sal.: 215. - Prima sped.:
252; privilegi: 256. - Seconda-sped.:
258. - Terza sped.: 261. - Quarta
e quinta sped.: 419. - Sesta sped.:
438. - Settima sped.: 505. - Ottava
sped.: 568-9.
Missione d i D. Bosco: 3-4. 7.
Missioni Sal.: 759. - Periodo prepara-
torio: 245-266; - iniziale (primo tem-
po): 378-84; - iniziale (secondo tem-
po): 415.434: - fattivo: 498-515.
Mocenni (Mons.), Internunzio a l Bra-
sile: 442, 457.
Mogliano Veneto (coll. di): 401.
Molinari (Coad.): 253, 258, 707.
Monateri (Don): 60, 130. 274, 309. 310.
Monografie dei collegi: 292, 469.
Montefiascone: 331.
Montevideo: 258.
Moreno (Mons.), Vesc. d'Ivrea: 106,
112-3.
Mornese: 82, 197, 199, 203. 262, 278, 297.
Moro (S. Tomm.): 620.
Mnsica Sal.: 495, 691-701.
Namuncurà (Cacico): 420-2.
Natoli (Min.): 74.
Navarra (La), col. agr.: 346-50, 366,
394. 549. 657.
Necrologie dei Soci: 144, 465.
Nideroy (osp. di): 457. 459, 569.
Nina (Card.) Protettore: 361, 478-80,
482, 527. 575.
Nizza Mavittima (ospizio): 280-4, 296,
338-40. 343. 366. 394, 549, 656.
Nizza hlonferrato (Casa Madre delle F.
di M. A,): 278, 444.
nomenelatura salesiana: 23, 317. 355,
360, 532-3, 634.
Norfolk (Duca di): 489-90, 620-1.
Novizi e noviziati: 118-20. 144, 152,
173. 177. 188-9, 192, 195. 298, 334.
354. 359, 469, 516-8, 568, 582-4, 645.
o b e r t i (Don): 542.3.
Oblate (Nobili) d i Tor de' Specchi: 231.
376-7.
Oblati d i Maria Vergine: I, 63, 111, 475,
478, 480.
Of Lea (Lady), giornalista: 618.
O'Grady (Don): 594, 618.
Olive (Don): 583-4.
opera sociale d i D. Bosco: 658-9
Oporto: 453, 611-3.
Oratori festivi: 524, 622-33, 755-6. -
Barcellona: 628. - Buenos Aues:
257. 571. 628. - Catania: 579. -
Faenza: 400. - F"uze; 396-7. -
Lucca: 328. - Marsiglia: 628. - Mon-.
tevideo: 439. - Nizza Maritt.: 282,
628. - Parigi: 523, 628. - Patag6nes:
- 535-7. - Perngia: 628. - Puntarenas:
5 9 7 Randazzo: 333. - Roma.Sacro
Cuore: 494; Testaccio: 628. - Sam-
pierdarena: 156, 295. - Torino. Borgo
S. Paolo: 628; Borgo S . Salvario: 103;
Porta Nuova: 9, 11, 103. 168, 410;
Vanchiglia: 9, 11, 103: Valdocco: 9,
103, 162, 298, 492. - Trinità d i Mon-
dovi: 277, 297. - Uttera: 628. -
Viedma: 535-7.
Oratorio Salesiano: qr, 161-2, 169, 281,
298, 394. 459. 634-48.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

79.7 Page 787

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Indice di persone, luoghi e cose notevoli
Ordoiiez (Mons.). Arc. di Quito: 608-10.
Oreglia (Card.): 361.
Oreglia (Cav.): 44, 81, 125, 183. 190.
652.
Orinoco (Missione dell'Alto): 601.
Orttizar (Don): 607-8.
Paganuzzi (Avv.): 401.
Pagella (Don): 691, 700.
Paglia (Don): 60.
Panaro (Don): 261, 594.
Papa (devmione al): 36, 63, 66-7, 352.
741, 757.
Parigi: 460, 516, 521-4, 549.
Parini (Gius.): 662.
Panna (coll. di): 580-1.
Parocchi (Card.), Vic. di S. S. e Protet-
tore: 496, 575, 748, 750.
Parrocchie: 563.
Paseri (Don): 261.
Passionisti: 478, 480.
Pastré (Mad.): 517.
Patagones: 266, 382, 415, 4r8, 420, 511,
534.
Patagonia: 247, 265, 300, 378-83, 415-7,
432-3. 510, 541. 590.
patrimonio eccles.: 94.
Patrizi ((Card.), Pref. dei Riti, poi Vic.
di S. S.: 181, 187, 191, 372, 475.
Paul (Mons.) S. I., Arc. di Bogota: 603.
Pavia (Don): 708.
PaysandU (coll. di): 439-40.
Pechenino (Mons.): 688.
Pedro 11, Imper. del Brasile: 457-8, 460.
Pelà
(~
COOD.
A,
~1-2: 0..
Pelazza (Coad.): 278.
Pellico (Silvio): 69%.
Penango (coll. di): 395.
penitenze: 763-4.
Perin (Don): 329.
Perrot (Don): 343, 347.
Persi (Don): 270.
Peru 601-3.
Pestarino (Don): 82, 199-205.
Pianori (Mons.): Vesc. di Faenza: 398.
Picco110 (Don): 579.
Piccono (Don): 537, 572.
pietà: 640, 726-30, 756.
Pio lX: 19, 22-4, 30, 37-8, 60, 62, 64-5,
69. 86-7, 99, 104, 121-2, 124-5, 128,
135. 138, 168, 172. 176, 178. 180, 191,
r98, 209, 213, 222. 225, 254. 262, 264,
268, 270, 273, 293, 301, 303-4, 312,
344. 359. 361, 370, 371-3, 385-7, 408-9,
412. 469, 477. 618, 729.
Pio X: 401. 697.
Pio XI: 204, 225, 682-3, 689-90, 721,
725-6. 729. 751-2.
Pio XII: 93.
Pisani (Ab.): 521-2.
Piscetta (Don): 647.
Place (Mons.), Vesc. di Marsiglia: 285.
fllucet regio: 68.
Plata (La): 751.
Poesio (Comm.), Pres. internaz. degli
ex-allievi: 718.
politica: 7, 233, 303. 319-20, 339. 388,
733.
Portogallo: 453, 611-3.
Positio per I'approv. delle Reg.: 178,
181, 183.
povertà (voto di): 96, 359.
Poyet (Moas.), Proton. Apost.: 589.
previsioni di D. Bosco: 3-4.
privilegi: 256, 352, '474-84.
Procura e Procuiatoii: 377. 464-5.
Protestanti: 155.6. 168, 268-70, 272-3,
296-7, 395-8, 460, 462, 569, 571. 588-
90.
Protettore (Cardinale): 361, 375.
Provera (Don): 32-3, 48, 72, 75-6, 81,
147. 162, 169, 194. 468.
Puntarenas: v. Magallants.
Quaglia (Car\\l.), Prei. dei VV. e RR.:
65-6, 95, 114, 118, 126, 145. 178.
Quesnay (Mons.), Arc. di Camhrai: 5x9.
Quito: 608.
Rabagliati (Don): 265, 281, 606.
Ramallo: 265. '
Rampolla (Mons.), Nunzio nella Spagna
e poi Segr. di Stato: 545, 603-5.
Randazzo (coll. di): 330-3, 39.9.
Rattazzi (Min.): 20-1.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

79.8 Page 788

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Indice di persone, lu? ~ & e eeioe notevoli
Redahan (Don): 594. 618.
Redentoristi: 475, 478, 482.
Regolamenti. Orat. festivi: IO, 630-2
- Collegi: 304-5, 680.
Regole della Soc. Sal. Prima elabora-
zione: 18-26. - Prima comunicazione:
38. - Osservazioni romane: 66-9. -
~ ~ ~ r o v a z i o1n71e-:196. - Prima ediz.:
194-5.
Relazione d i Don Margotti alla S. C. dei
W. e RR.: 116.
Relazioni di Don Bosco. All'Episcopato
Subalpino: iog. - Alla S. S.: 64, 86,
145, 351-61-
Rettor Maggiore (autorità del): 318.
Reviglio (Don): 8-9, 43.
Ricaldone (Don), Rettor Maggiore: 687,
690.
Riccardi (Mons.), Arc. di Torino: 97.
100-1, 108, 1x3, 134, 140, 189.
Riccadi (Don): 539.
Ricordi. Ai Direttori: 49-53. - Ai Mis-
sionari: 255.
Rigoli (Don): 224.
Rinaldi (Don Filippo), Rettor Maggiore:
336. 455. 491-2.
Rinaldi (Don G. B.): 349.400, 708.
Rio de Janeiro: v. Nicteroy.
Robert (Mons.), Vesc. d i Marsiglia: 287,
342.
Roca (Min. Arg.): 379. 501, 511-4.
Rocca (Don): 271, 530.
Rodriguez (Mons.), Vesc. di S. Paolo
(Brasile): 460-1.
Roma (verso): 370-77.
Ronchail (Don): 281.3, 285-6, 3x0, 338,
347-8.
Rorà (March. di): 625-6.
Rosati (Mons.), Vesc. di Sanana: 270.
272.
Rosminiani: 21, 63, 111, 475.
Rossi (Coad. Gius.): 34, 450, 558, 651,
710.
Rostagno (Padre) S. I.: 314.
Rota (Don): 261, 568.
Rota (Mons.), Vesc. di Guastalla: 106.
Rotelli (Mons.), Vesi. di Montefiaseone:
331.
Roussel (Ab.): 344.
Rua (Don). Alunno: 14, 15. - Chierico:
16, 22, 24. - Sudd.: 32. - Diac.: 36.
- Direttore: 48-55. - Prefetto Gene-
rale: 79, 81-3, 133, 142. 144, 161-2.
195. 27'. 288-9, 293, 3x0, 314, 336,
354.377.406,446,466,490,522,635-6.
709, 724. - Vicaric Generale: 525-
33. 558. 579. 619, 637, 725. 737, 740,
749. - Rettor Maggiore: 615, 617,
743. 750-3. - Doti: 144, 161-2. 195,
293. 406, 533, 635, 637. 724.
Ruffino (Don Domenica): 27, 35, 54, 72,
75, 78.
Ruf£ino (Don Giacomo): 75
Saccardo (Ing.): 401.
Sacro Cuore (chiesa del). Incarico: 385-
93. - Erezione: 485-90. - Parroc-
chia: 390-2. - Facciata: 488. - Ospi-
zio: 388-9, 494. - Consacrazione:
494-7.
Saint-Cyr (col. di): 347-9, 446, 657.
Sala (Don): 72-3. 76. 78. 81, 143. 310.
329, 331, 393. 401. 466, 494. 561, 581.
Salesiano (titolo di): 15, 319.
Salviati (Duca): 370.
Sampierdarena (ospizio di): 155-6, 212,
214-5, 295, 336, 418, 456.
San Benigno Canavese (opela di): 333-6,
423. 560.
San Caio (chiesa di) al Ouirinale: -1.72.
San Giovanni della Pig-na (chiesa di) a
Roma: 372.
San Giovanni Evangelista (Torino). Chie-
sa: 168.9, 407-14. - Ospizio: 491-3.
San Michele a Ripa (Roma): 374-6.
San Nicol6s de 10s Arroyos (coll. di):
246-7, 251, 257, 260-1, 263, 299, 438.
707. 7x0.
San P a 3 0 (Brasile). Diocesi: 460. -
Collegio: 461-3, 569.
San Secondo (chiesa di) a Torino: 167-8.
Santa Caterina: v. Buenos Aires.
Santa Cruz (territorio arg.): 539. 575.
593.
Santo Sudario (chiesa del), a Roma: 371.
Sani6 (ospiziodi): 454, 544-6, 556. 657-8.
Savini (Padre), Carmelit., Consultore, 65.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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ioghi e cose notevoli
Savio Domenico (Ven.): 28. 641, 692. Spinola (Card.), Arc. di Sivigiia: 452. 543.
Savio (Don Angelo): 8-9, 32, 81, 99, 142. Stackpool, cooperatrice: 522, 619-20.
152, 169, 423, 486-7, 539-40. 591, 593. Stampa salesiana: 683-90.
Sbarretti (Card.): 480.
Statistiche: 36, 82, 186, 422, 464, 492,
Scappini (Don): 302, 310, 374.
571. 594-5, 707. 711. 747.
Scarampi (March.): 163.
Stefanelli (Don): 575.
Scati (March.): 388, 629.
Stemma sal.: 530.
Scavini (Coad.): 253, 258.
Studi: 39, 84, 116, 120-2, 182, 466, 562,
Scolopi: 290, 748.
Scotton (Mons.), tre fratelli: 496.
645-7.
Svegliati (Mons.). Segr. dei W. e RR.:
Scuole professionali: 563, 638, 649-59.
1x8, 123-4, 147. 179.
Segretario del Cap. Sup.: 472. 561.
Successione a D. Bosco: 747-53.
Selecta. Ex Lalinis scriptoribus: 686. -
Ex Christ. script.: 687.
Siboni (Mons.), vese. di Albenga: 151. Tamietti (Don): 81, 147, 329-30, 687,
Sicilia: 330. 537.
708.
Silvela (Senatore Sp.): 545.
Taroni (Mons.): 398.
Simeoni (Card.), Prefetto di Propaganda: Teatini: 155.
501, 594, 619.
temperanza: 306.
Sistema preventivo: 28q, 472, 660-82, Terra del Fuoco: 433. 586-8, 741.
731. 755.
terremoto del 1887: 736.
Smichov (Maestra boema): 614.
Terris (Mons.), Vesc. di F ~ é j u se Toulon:
- Società Salesiana: 755. Preludi: 8-11; 346, 479.
- - 30. - Fonna: 21-3. P~eparazione: Tescari (M0ns.,l.. Vesc. di Borzo S. Don-
12-17. - Notizie storiche, scritte d a nino (Fidenza): 580.
Don Bosco: 25, 58, 103-5. - Prima Testamentino (scuola di): 29, 161.
rivelazione: 30-1. - Carattere: 172- testi scolastici: 686-8, 757.
9. - Spirito: 98, 128-9, 130.4. 720- Thiel (Mons.), Vesc. di S. José (Costa-
35, 762-3. - Soggetti poco adatti: "a): 432.
80, 119, 172, 311-2, 311-2. 352; 291, Tibidabo: 546-7.
311-2. - Espansione: 758.
titoli d'insegnamento: 39, 56, 74, 83.
Sogni di D. Bosco: 5 (bestie, agnelli, pa- Tobar (Min. equat.): 608.
storelli), 6 (pergolato), 245 (10 S. mis- Tomatis (Don): 253. 258, 265. 438.
sionario), 304 (morte di Pio IX), 345 Tonello (Comm.): 96.
(La Navarre), ,402 (stato della Società), Tontine (Soc.): 150.
423 (20 S. miss.), 448 (Figlie di M. A,), Tor de' Specchi: 231. 377.
468 (Don Provera), 482 (pioggia mi- Torra (Padre), Min.: 602.
steriosa), 505 (30 S. miss.), 516 (Santa Tonrnai (coll. di): 617.
Margherita, Marsiglia), 325 (viaggio Trento (orfan. di): 581-2, 612.
a Roma), 551 (40 s:miss.), 556 (5O S. Tridno all'inizio dell'anno scol.: 289.
miss.). 603 (primo sogno).
Trinità (scuole di), Mondo* 277. 297.
Sola (Mons.), Vesc. d i Nizza: 280.
Trione (D. Stef.): 333.
Somaglia (contessa della): 487.
TucnmAn: 437.
Somascbi: 146.
Southwark: 618
Spagna: 450. 452. 545.
u b a l d i (Don): 580, 687.
- Spezia (Ing., Arch.), 411.
Uguccioni (Contessa): 395. 397
Spezia (La). Ospizio: 270.3, 394 Ma- Ulloa (March. di): 450-1, 542-3.
donna della Neve: 272.3.
Umberto I: 488.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Indice di pertone, luoghi e cose noteuoli
Unia (Don): 336, 604-5.
Urnguay: 572.
Utrera (scuole di): 451-3, 542-4.
UzcAtegui (Mons.), Vesc. di Caracas
(venezuela): 601.
Vacdiina (Don): 419.
Vagliasindi (Cav.): 330, 333.
Valdocco: 17.
Vallami (Prof.): 83, 687.
Vailecrosia (scuole di): 267-70, 296, 394.
Valledor (Sen. cil.): 558-9.
Valsalice. Collegio: 165-7, 291, 295, 468,
560. - Sem. delle Missioni: 584.6.
Varazze (coll. di): 156-9, 294.
Vasconcellos (De, Don): 612.
Vaud (fratelli): 518.
Venezuela: 601.
Vera (Mons.), Vesc. d i Montevideo: 259,
261, 439. 442.
Verda (Padre), domenicano: 124.
Veronesi (Don): 402.
Vespipnani (Arch.): 386, 487.
Vespignani (Don Gius.): 261, 264, 312.
Vicariato Ap. della Patagonia: 498-502.
Viedma: 382, 415, 418. 420. 511, 535.
Vigliani (Min.): 371.
Viglietti (Don): 546, 601, 609.
Vigna Pia (Roma): 370.
Villa (ex-ail.): 7x4.
Villa (Min.): 388.
Viila (Moas.), Vesc. di Panna: 580.
Villa Col6n (coll. di): 259, 299, 438.
Viilarios (Marchesa di): 125.
Villegas (Gen. arg.): 420.
Vincent (Ab.): 346.
Visconti (Sig.ra): 340.
visite d i D. Bosco e collegi: 164-5.
vita d i famiglia: 635. 730.
Vitelleschi (Mons.), Segr. dei W. e RR.:
176-7, 179-80, 191, 212.
Vittorio Emanuele 11: 94, 1x5, 371, 612.
vocabolari: 687-8.
Vogliotti (Can.):42, 59.
Volonteri (Mons.), Vie. Apost. di Ho-
nan (Cina): 459.
Vota (Don Domenica): 60.
voti: 16, 23, 63, 67, 81-2, 164, 359.
Winter (M. arg.): 510-1.
Yeregui (Mons.), Vesc. di Montevideo,
442.
Zappata (Cau.): 57, 60, 167.
Zekino Namuncurà: 422.
Zigliara (Card.): 480.
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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INDICE
Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .$ag. v11
CAPOI. L'idea della Società . . . . . . . . . . . . . » I
CAPO I1. Lavorio di preparazione . . . . . . . . . . . » I1
CAPO111. Prima elaborazione delle Regole . . . . . . . . . I) 18
CAPO TV. Principio di organizzazione . . . . . . . . . . » 27
CAPOV. Inizi di espansione: (Giaveno e Mirabello) . . . . » 41
CAPOVI. Come si arrivò ai " decretum laudis " . . . . . 57
CAPOVI1. Fondazione del coilegio di Lamo . . . . . . . . . D 71
CAPOVI11. 11 progredire dell'organamento interno . . . . . I) 78
CAPOIX. La chiesa di Maria Ausiliatrice . . . . . . . . . . » 87
CAPO X. La facoltà di concedere le dimissorie per sacre ordinazioni » 94
CAPOX I. Commendatizie per l'approvazione della Societa . . I) 103
CAPO X I I. Come Don Bosco ottenne a Roma l'approvazione della
Società . . . . . . . . . . . . . . . . » 114
CAPOXIII. Comincia il periodo di assestamento definitivo . . . r 138
GIPO XIV. Due collegi e un ospizio in Liguria (Alassio. Varazze.
Sampierdarena) . . . . . . . . . . . . . . I) 149
CAPOXV. Nelle case e opere del Piemonte durante il triennio sco-
lastico 1870-73 (Oratorio. Lanzo. Mirabello. Valsalice) 161
CAPOXVI. Domanda di approvazione delle Regole . . . . . -. » 171
CAPOXVII. La " positio " e la cardinalizia Congregazione particolare I) 178
CAPOXVIII. Le Regole approvate . . . . . . . . . . . . u 188
CAPOXIX. Un altro ramo dell'albero salesiano: SIstituto deile
Figlie di Maria Ausiliatrice . . . . . . . . . . 197
CAPOXX. Per le tardive vocazioni ecclesiastiche . . . . . . . >> 207
CAPO XXI. Terzo ramo deli'albero salesiano: i Cooperatori . . . » 216
CAPOXXII. Consolidamento. diffusione e organizzazione dei Coo-
peratori . . . . . . . . . . . . . . . . D 226
CAPOXXIII. I1 Bollettino Salesiano " . . . . . . . . . $ 2 3 5
CAPOXXIV. Le Missioni salesiane in America: periodo preparatorio.
Primo sogno mi sionario . . . . . . . . . . 245
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Indice
CAPOXXV. Fondazioni italiane nel triennio 1875-77 (Vallecrosia. La
Spezia. Ariccia. Albano. Magliano Sabiio. Trinità.
Mathi. Bizza Monferrato) . . . . . . . . . .pag.267
CAPOXXVI. Principi dell'Opera di S. G i o v d Bosco in Francia . » 280
%o XXVII. L'uitima conferenza annuale di S. Francesco . . . a 2 8 8
CAPOXXVIII.Primo Capitolo Generale . . . . . . . . . . I) 308
CAPOXXIX. Nuove fondazioni italiane nel biennio 187879 (Chieri.
Lucca. %te. Randazzo. S. Benigno Canavese) . . . I) 324
CAPOXXX. Progressi d a o p e r a Salesiana in Francia (Nizza.
Marsiglia. La Navarre. Saint-Cyr). . . . . . . $ 3 3 8
CAPO XXXI. Prima Relazione t r i d e alla Santa Sede . . . I> 351
CAPOXXXII. I Salesiani di Francia dopo il Decreto 29 marzo 1880
contro le Congregazioni reiigiose . . . . . . . n 3 6 2
CAPOXXXIII. Verso Roma . . . . . . . . . . . . . . $ 3 7 0
CAPOXXXIV. Le Missioni: periodo iniziale (primo tempo). (Primo
contatto dei Saiesiani con gli Indi) . . . . . p 3 7 8
CAPOXXXV. Chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Roma: I'incarico . » 385
CAPOXXXVI. Ingrandimenti dei primi collegi e apertura di nuovi
nel tnennio 1880-82 (Penango. Firenze. Faenza.
Mogliano Veneto). Sogno sulle sorti della Congre-
gazione . . . . . . . . . . . . . n 3 9 4
CAPOXXXVII. La chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torino . . D 407
CAPOXXXVIII. Ze Missioni: periodo iniziale (secondotempo). Secondo
sogno missionario . . . . . . . . . . . . 0 4 1 5
CAPOXXXIX. Neli'Argentina e nell'uruguay durante il quadnennio
1880-83 . . . . . . . . . . . . . . . 4 3 5
CAPOXL.
Le Figlie di Maxia Ausiliatrice alla morte deiia Beata
Maria Mazzarello . . . . . . . . . . . . " 4 4 4
CAPOXLI.
I Salesiani nella Spagna a Utrera e Sarria . . . . n 4 5 0
CAPOZ I I. I Salesiani nel Brasile . . . . . . . . . . . I) 456
CAPOXLIII. Secondo e terzo Capitolo Generale . . . . n 4 6 4
CAPOXLIV. Concessione dei privilegi . . . . . . . . . "74
CAPOXLV. Chiesa del Sacro Cuore a Roma: l'erezione . . . . ~ 4 8 5
CAPOXLVI. Ospizi di S. Giovanni Evangelista a Tonno e del Sa-
cro Cuore di Gesù a Roma. Consacrazione delia
chiesa del Sacro Cuore . . . . . . . . . . >) 491
CAPOXLVII. Le Missioni: periodo fattivo. Vicariato Apostolico di
Mons Cagliero. Terzo sogno missionario . . . . n 4 9 8
CAPOXLVIII. Tre nuove fondazioni in Francia (Marsiglia. Lilla.
Parigi) . . . . . . . . . . . . . . 8.516
CAPOXLIX. Il Papa dà a Don Bosco un Vicario . . . » 5 2 5
CAPOL.
Apostolato Salesiano n& Patagonia . . . . i) 534
CAPOLI.
Progressi neUa Spagna e nella Francia . . . . . » g q 2
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

80.4 Page 794

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Indice
CAPOLI1.
CAPOLI11.
CAPOLIV.
CAPOLV.
. C.4'20 LVI
CAPOLVII.
CAPOLVIII.
CAPOL I X .
CAPOLX.
CAPOLXI.
CAPOLXII.
CAPOL X I I I .
CAPOLXIV.
CAPOLXV.
CAPOLXVI.
CAPO LXVII.
CAPOLXVIII.
CAPOLXIX.
CAPOLXX.
I due ultimi sogni sulle Missioni Salesiaae . . . .pag .551
I1 quarto Capitolo Generale . . . . . . . . . 1) 560
Spedizione missionaria del 1886. Un ultimo sguardo
alle Case deiSAmerica Meridionale e alle Missioni
patagoniche . . . . . . . . . . . . . . I) 567
Le cinque ultime fondazioni fatte da Don Bosco in
Italia (Catania. Parma. Trento. Foglizzo. Valsalice) i) 577
LaTerra del Fuoco . . . . . . . . . . . . 586
In cinque Repubbliche deli'America latina (Vene-
zueia. Penì. Colombia. Cile. Equatore) . . . . . $ 600
La Congregazione in quattro Stati d'Europa (Porto-
gallo. Impero Austro.Ungarico. Belgio. Inghilterra) » 611
Gli oratori festivi . . . . . . . . . . . . s 622
L'Oratorio di S.Francesco di Sales . . . . . . . o 634
Le scuole professionali . . . . . . . . . . . » 649
I1 sistema preventivo . . . . . . . . . . . D 660
La stampa salesiana . . . . . . . . . . . n 683
La musica salesiana . . . . . . . . . . . 0 691
I Coadiutori . . . . . . . . . . . . . . » 702
Gli ex-allievi . . . . . . . . . . . . . . D 712
Lo spirito salesiano . . . . . . . . . . . . » 720
La santa fine dei Fondatore . . . . . . . . I) 736
La successione . . . . . . . . . . . . * 747
Epilogo . . . . . . . . . . . . . . . * 754
i n d i c e d i persone. luoghi e cose notevoli . . . . . . . . 765
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Visto p e la Congregazione Salesiana
Torino, io giugno ~gqr-XIX
D. R. ZIGGIOTTI
Con approvazione ecclesiastica
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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( ~ o iS. chembochr)
San GIOVANNI BOSCO
nel 1880
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Don VITTORIO ALASONATTI
Primo Prefetto della Società Salesiana
t i 1865)
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Don MICHELE RUA
giovane sacerdote
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

80.10 Page 800

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Don CARLO GHIVARELLO
Per 8 anni Consigliere del Cap. Sup.
( t 1913)
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

81 Pages 801-810

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81.1 Page 801

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Don PAOLO ALBERA
Secondo Successore di Don Bosco
(t 1921)
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

81.2 Page 802

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Don DOMENICO PESTARINO
Cooperò con Don Bosco alla fondz-
zione deWIstituto delle Figlie di M.A.
l? 1874)
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

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Braia MARIA MAZZARELLO
Confondatrice delle Figlie di M. A.
e prima Superiora Generale
(t 1882)
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Don GIOVANNI BONETTI
Per 6 anni Consigliere del Cap.
Sup. e per 5 Catechista Generale
(t 1891)
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81.5 Page 805

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Don GIOV. BATT. LEMOYNE
Per 27 anni Segretario del Cap. Sup.
(t 1916)
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81.6 Page 806

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Don GIUSEPPE LAZZERO
Per 25 anni Consigliere del Cap. Sup.
( t 19101
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

81.7 Page 807

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Don GIULIO BARBERIS
Primo Maestro dei Novizi
(t 1927)
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81.8 Page 808

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Mons. GIACOMO COSTAMAGNA
Vic. Apost. di Mendez e Gualaquiza
(t 1921)
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81.9 Page 809

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Don DOMENICO MILANESI0
Missionario nella Paiagonia
(1i922)
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81.10 Page 810

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Madre CATERINA DAGHERO
Seconda Superiora Gen. delle F. di M. A.
(t 1924)
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82 Pages 811-820

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82.1 Page 811

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Mons. LUIGI LASAGNA
Primo Ispettore e Mirsio-
nano nell'uruguay e Brasile
(i18931
ANNALI DELLA SOCIETÀ SALESIANA I. 1841-1888

82.2 Page 812

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Don GIOV. BATTISTA FRANCESIA
I t 1930)
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82.3 Page 813

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Don ANTONIO SALA
Per 4 anni Consigliere del Cep.
Sup. e per 15 Econoino Generale
t i 18951
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82.4 Page 814

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Mons. GIOVANNI CAGLIERO
Vic. Apost. della Patagonin Sett.
e Centrale. Dal 1915 Cardinale
(t 1926)
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82.5 Page 815

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Don ANGELO SAVIO
Per 3 anni Economo Generale
(1i893)
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82.6 Page 816

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Don DOMENICO BELMONTE
Per 15 anni Prefetto Generale
(t 1901)
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82.7 Page 817

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Don FRANCESCO CERRUTI
Per 31 anni Consigliere del Cap. Sup.
(t I9171
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82.8 Page 818

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Mons. GIUSEPPE FAGNANO
Prefetto Apostolico della Pata-
gonia Merid. e Terra del Fuoco
(t 1916)
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82.9 Page 819

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Don FRANCESCO BODRATO
Primo Ispettore nell'Argentina
(t 1880)
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82.10 Page 820

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Don CELESTINO DURANDO
Per 42 anni Consigliere del Cap. Sup.
(t 1907)
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83 Pages 821-830

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83.1 Page 821

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Don MICHELE RUA
Primo Successore di Don Bosco
(i 1910)
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83.2 Page 822

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