150 rinaldi


150 rinaldi



150 /Rinaldi Filippo-BS / 1926-3-… /


a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani



[inizio Marzo 1926]


La religione di Gesù in Giappone1


Il Giappone, il paese delle meraviglie, il paese del Sol Levante, viene delineandosi nelle sue schiere di isole agili e svelte, nei suoi scogli traforati come un ricamo disposto a guisa di una elegante frangia lungo il massiccio e vasto continente asiatico.

È la regione classica dei terremoti e dei vulcani, essendo una zona di dislocazione tormentatissima, che ha dato luogo a pieghe che si drizzano ad altezze di quasi 4000 metri (Monte Fuji), cui corrispondono bacini di mare sprofondati (oltre 8000 metri).

La frangia centrale più ampia e più ricca delle altre, è il Giappone propriamente detto. Qualsiasi geografia dà i dettagli geografici e le curiosità locali di cui dirò più tardi, quando sarò più pratico del paese e dei costumi.

Ad una prima impressione per quel poco che ho veduto nel Kyushu non trovo esagerato per nulla quanto leggevo non so più su quale libro italiano: “Il viaggiatore da qualunque parte si volga e in tutte le stagioni, vede colline verdeggianti, pendii pittoreschi, villaggi annidati fra gli alberi che scendono fino al mare. L’occhio è attratto dalla varietà del terreno, dalla vegetazione sobria e potente, da una successione di piani pittoreschi, che fanno di ciascun angolo un piccolo quadro separato e come posto a soddisfare il desiderio dello spettatore”.

La stessa armonia che si rivela nella natura fisica si riscontra nelle maniere gentili degli abitatori, nella proprietà degli edifici pubblici e delle case private, delle vie, dei veicoli, nell’etichetta minuziosa, nel fine gusto artistico, con cui ornano quanto loro appartiene.

Il Giapponese è un popolo fornito di intelligenza e idealità pronte e aperte, attivo e abile, di gusto fine, cortese, che sa abilmente nascondere ogni passione dell’anima dietro il costante sorriso del volto e nel contegno dignitoso, e in mezzo alle bellezze naturali cresce con vivo senso della natura.

Patriota entusiasta ed ardente, ardito di mente e di cuore, coraggioso, non vede avanti di sé di bello, di buono, di grande che il suo paese e 1a prosperità dell’impero, a cui dona intelligenza, tutta l’attività di cui è capace, tutta la vita.

Nella mesta nenia del suo canto nazionale è improntato l’amor patrio che anima questi caratteristici abitatori: “Del Divo Imperatore – mille anni il regno duri ed ottomila anni ancora, – finché una pietra si converta in roccia – dove si abbarbichi il più folto muschio”.


Shintoismo, buddismo e confucianismo2


E per la religione? La religione ufficiale è il Shintoismo, ereditata dagli antichi attraverso a numerose leggende e che il Giappone non abbandonerà tanto facilmente senza perdere qualche cosa della sua nazionalità e anche delle sue qualità naturali, che gli hanno permesso in così poco tempo, davanti al mondo stupefatto, di elevarsi all’alto grado di gloria e di prosperità che occupa attualmente tra le grandi nazioni.

I dati essenziali del Shintoismo sono alla base del pubblico insegnamento in ogni grado di scuole. E tale insegnamento è prolungato fuori della scuola col libro, col giornale e colla rivista, con conferenze, nelle molteplici associazioni fra giovani e adulti, stabilite in ogni centro importante.

Il Shintoismo si può brevemente riassumere così: – È la maniera specifica giapponese, ereditata dagli antichi, di onorare la memoria degli imperatori, padri della patria; quella degli uomini grandi e degli eroi militari che lavorarono in forme svariatissime per arricchire il patrimonio nazionale e a cui dalla venerazione del popolo e della patria riconoscente furono eretti i templi come monumenti commemorativi.

Tramandando ad altre relazioni per ciò che concerne l’origine dell’Impero giapponese e che è legato alle leggende fondamentali che sono alla base del Shintoismo, per ora è sufficiente dire che accanto a questa concezione religiosa sorge nel VI° secolo il Buddismo, che si presenta subito come una religione di sapienti e che fece subito presa sugli animi giapponesi desiderosi di sapere, e che attirati dai chiari e pratici precetti morali del buddismo e moralismo cinese, dallo splendore del culto, dalle aspirazioni indefinite verso uno stato di vita superiore, trovavano nei nuovi insegnamenti una maggior soddisfazione, un vero alimento spirituale. Fortunatamente il buddismo, restringendosi sostanzialmente ai precetti morali della vita pratica, non era in contraddizione con le credenze e pratiche religiose del Shintoismo; religione, filosofia e morale si muovevano in piani paralleli, che pur a volte toccandosi, non si urtavano; poté così espandersi, come lo è tuttora, assai liberamente.

A fianco di queste sorse pure il Confucianismo: ta1e teoria filosofica estranea a ciò che non è vita presente, non riguarda che al buon ordine sociale, al benessere del popolo, nella pace e nel perfetto governo del sovrano e dei suoi aiutanti, nell’esatto adempimento del dovere.

Ed è così che nel Giappone, anche attualmente, hanno valore queste differenti manifestazioni religiose, non vere religioni, che vivono in una specie di eclettismo, da cui ognuno sceglie quello che gli torna conto, e che in definitiva si conclude coll’indifferentismo, mentre il popolo meno istruito si abbandona alla vera idolatria, sia pure in buona fede, alla più supina superstizione.

Le idee democratiche e socialiste si fanno larga strada anche in Giappone: spirito scientifico e critico, fondamento dell’istruzione moderna in Giappone, va lentamente gettando il dubbio e a togliere valore alle credenze religiose antiche. Per utilitarismo, per rispetto umano, per sentimento continueranno molti a prestar fede ufficiale alle credenze shintoistiche: ma anche l’anima giapponese va aprendosi inevitabilmente a nuovi orizzonti: è nell’ordine delle cose, come si fa da taluni, di incolpare il Cristianesimo di togliere il valore alle credenze tradizionali e di essere nemico dell’anima giapponese.

II guazzabuglio d’idee religiose che lega questo popolo, non può impedire certo che nuovi orizzonti si vengano delineando desunti e dalla ragione e dall’esperienza politica e dalla storia. E siccome i mezzi semplicemente umani e naturali non sono sufficienti a garantire e a spiegare ad un paese e all’individuo la sua esistenza ed il suo pieno sviluppo, ma occorre ricorrere a mezzi soprannaturali, ecco che entra in giuoco l’insegnamento di N. S. Gesù Cristo: in Lui solo la salute.


I primi albori evangelici


Come si è venuto svolgendo e si svolge il Cattolicismo in Giappone?

Nel 1542 vi approdano per la prima volta i mercanti portoghesi, ed è così aperta la via anche ai primi missionari. Il grande Apostolo del Giappone, San Francesco Saverio nel 1549, nel giorno dell’Assunzione di Maria entra a Kagoshima nel Kyushu, proprio nell’isola, ove iniziano i loro lavori i figli di Don Bosco.

Colle pubbliche predicazioni, colle discussioni coi bonzi, coi grandi miracoli, fra lotte di ogni genere e sacrifici inauditi, lavorando per i Giapponesi che chiamava “delizia della sua anima”, nei 1551, in 27 mesi di lavoro ha rigenerato migliaia d’infedeli, guadagnato il cuore di molti principi, confuso l’orgoglio dei bonzi, piantato lo stendardo di Gesù Cristo in mezzo ad un popolo numeroso, suscitato legioni di missionari.

Le città di Hirado, Omura, Nagasaki vedono il fervore dei neofiti, l’austerità dei penitenti, la purezza di vergini come nei primi tempi della Chiesa. Il Cattolicismo si propaga rapidamente in tutto il Giappone fino nella Corte. Nel 1585 si contano a 200.000 i Cattolici, con 250 chiese, e rimane famosa nella storia della Chiesa l’ambasciata che l’Imperatore del Giappone invia al Papa Gregorio XIII.

Mentre così meravigliosamente viene dilatandosi il regno di Cristo in questa terra benedetta un brusco e violento arresto viene a colpire la magnifica fioritura di tante anime elette. L’imperatore Hideyoshi (Taiko Sama, 1587-1597) persuaso dalle istigazioni dei bonzi che i missionari fossero spie, strumenti di conquista a servizio delle potenze europee, emanò il decreto di esilio dei preti cattolici europei. Fortunatamente la persecuzione per i primi dieci anni fu senza spargimento di sangue.

Poi per false informazioni di mercanti spagnoli, i sospetti si riaccendono, la persecuzione si accentua, si richiedono le liste dei cattolici giapponesi che nel fervore delle loro anime “preparano abiti magnifici pel giorno del loro trionfo, per essere ben vestiti quando li metteranno in croce”; e culmina col martirio dei 26 martiri giapponesi (5 febbraio 1597) sulle colline di Nagasaki.


La persecuzione


Dal 1598 al 1613 è il periodo di pace, caratterizzato dal magnifico sviluppo della Chiesa Cattolica in Giappone, che nel 1605 col fervido apostolato dei Gesuiti, Francescani, Domenicani e Agostiniani, conta un milione e ottocento mila cattolici con numerose chiese, ospedali, scuole, associazioni varie. È la messe che biondeggia e che è pronta per la raccolta.

Dietro le istigazioni dei protestanti di Olanda e d’Inghilterra che pieni di odio religioso volevano soppiantare anche nel commercio i mercanti di Portogallo e Spagna, ne1 1613 scoppia furiosa la persecuzione, quale forse non fu mai nelle storie e che ha molti punti di contatto, se non le supera, con le persecuzioni romane.

Si inizia sui signori della Corte imperiale: si prosegue nel 1614 col bando assoluto dei missionari, colla distruzione delle Chiese e coll’obbligo dell’apostasia sotto pena di morte per tutti i cattolici giapponesi.

I successori di Taiko-sama rinnovano gli editti e le persecuzioni che giungono al colmo nel 1623 con Yemitsu, in cui diventa generale. Tutti i mezzi vengono posti in opera per far apostatare quei campioni della fede di Gesù, e dovevano certo suonare terribili ai Giapponesi di quei tempi le superbe e blasfeme parole del Decreto:

Finché il sole scalderà la terra, che nessun Cristiano osi entrare in Giappone! Che tutti lo sappiano; anche se fosse il re di Spagna in persona, o il Dio dei Cristiani, o Budda stesso, chi violerà questo editto lo pagherà colla testa”.

Nel 1640 il Giappone è chiuso a tutti gli stranieri e con grande esattezza e severità l’ordine è mantenuto. Fino a11844 in tutte le forme i missionari cattolici tentano di entrarvi, e forma certo questo periodo una delle pagine più gloriose ed interessanti dell’apostolato cattolico; inutili i tentativi fatti dai Gesuiti e Domenicani che muoiono fra atroci supplizi.3

Ma le nazioni europee dal ‘41, ‘42, ‘44 con vari trattati vengono forzando l’ingresso e dietro loro entrano pure i missionari e primi i Padri delle Missioni Estere di Parigi. Oh, come risuonano dolci le parole di uno di questi santi apostoli, che tanto bene meritarono della civiltà e della religione in queste contrade, approdando al Kyushu:

“Salute, o terra, un giorno privilegiata, che fosti la prima a ricevere la buona novella e che fu percorsa dai piedi del glorioso S. Francesco Saverio… Salute, o terra sacra, bagnata dai sudori di tanti uomini apostolici e dal sangue di tanti martiri… In mezzo a queste isole innumerevoli, tu fosti la culla e per lungo tempo il focolaio della Chiesa in Giappone…”.

Passano molti anni fra trattative, proposte, trattati definitivi, e dopo una sosta di vari anni pel trattato del 1858 si apre definitivamente il Giappone ai missionari, che in mezzo a difficoltà d’ogni genere ripigliano il loro apostolato; i cristiani possono esercitare il culto e non essere offesi con atti ingiuriosi alla religione che professano (come era soprattutto col “E-fumi” = calpestare la croce). Essi vengono stabilendo centri d’azione nei porti aperti (Nagasaki? Yedo, Kanagawa, Hakodate, ecc.).


Noi abbiamo lo stesso cuore di Roma!”.


E quale fu la sorte dei Cattolici Giapponesi durante le persecuzioni? Innumerevoli si consacrarono col martirio a Dio; altri apostatarono; altri riuscirono a nascondersi e con una specie di organizzazione, per più di 200 anni, senza preti, con pericolo continuo della vita, per l’infuriare della persecuzione, senza libri, si tramandarono di padre in figlio gli insegnamenti della Chiesa Cattolica, appresi dagli antichi missionari, il modo di battezzare, di seppellire i morti, le preghiere principali, la devozione al Crocifisso, alla S. Vergine, ecc.

Il lavoro dei missionari fu inizialmente di verificare se fossero rimasti gli antichi germi, impiantati così fortemente dagli ardenti apostoli, andare alla ricerca dei discendenti degli antichi cristiani e mettersi così in relazione cogli altri.

Toccava in sorte a Mons. Petitjean la consolazione di far questa preziosa scoperta. Si era costrutta a Nagasaki la bella Chiesa cattedrale e fra la folla di cristiani e di curiosi che si susseguono durante le feste per visitarla, il 17 marzo 1863, alle ore 12,30 un gruppo di quindici persone, proveniente da Urakami entra, e, vedendo il missionario, vedendo la statua della Madonna, protestano di aver anch’essi il medesimo cuore, venerano la Vergine, al cui altare avviene la commovente scena, e in questo primo e susseguenti colloqui col Missionario, spiegano la loro fede, le verità della dottrina cristiana, le feste da loro celebrate, gli oggetti e immagini religiose del culto, le loro funzioni, la loro organizzazione. “È il gran capo di Roma che ci invia!” – dice il missionario. “Noi abbiamo il vostro medesimo cuore, lo stesso cuore di Roma” – rispondono. E poi ansiosi gli domandano: “Non avete figli?”. “Oh, no!” – risponde il missionario. “Noi amiamo le vostre anime; non abbiamo figli; siamo consacrati irrevocabilmente corpo e anima al Signore”. “Essi sono Vergini – gridano i cristiani – sono i padri delle nostre anime!…”. Il riconoscimento è completo, fondato sopra le basi che i cristiani discendenti dagli antichi martiri, pongono come inconcusse: “Il primato della Chiesa di Roma, il celibato gemma del sacerdozio cattolico, il culto alla Vergine”.


Regina martyrum! Auxilium Christianorum!


Da quel giorno si moltiplicano le visite dei cristiani; ricominciano gli intimidamenti, le esose sorveglianze da parte dell’autorità; i cristiani si radunano di notte a Nagasaki e in altri luoghi nascosti, nelle isole, nei boschi, e si rinnovano i primi tempi dei cristiani nelle Catacombe.

I cristiani si riconoscono numerosi; forti contro le angherie e i soprusi delle autorità, che davanti al numero e alla fermezza di questi campioni della fede, lasciano fare. I missionari, intanto, in vista delle lotte future, lavorano a fortificare i cristiani, che liberamente e apertamente esercitano il loro culto e il 2 giugno 1867 erigono davanti alla chiesa dove avvenne il loro riconoscimento, un bel monumento alla Vergine Immacolata, su cui è scritto: “Nostra Signora del Giappone, pregate per noi – In memoria del 17 marzo 1863”. E ai due lati: “Regina dei Martiri! Aiuto dei Cristiani!”.

Dalla bella scalinata della Cattedrale si vede in basso la vasta distesa del porto di Nagasaki chiuso per tanti anni alle navi straniere; a destra la città cui sovrasta la montagna ove consumarono il loro sacrificio i primi martiri giapponesi e in lontananza la valle feconda di fede, di cristianità, di Urakami.

Intanto il governo giapponese tenta colle minacce, in forme subdole, di ottenere un’apostasia generale dei cristiani di Urakami, prendendo pretesto dalla non voluta sudditanza dei cristiani per i funerali e in occasione della restaurazione del “Mikado” (1868-69) si ripiglia la persecuzione con esecuzioni di morti, di esilio per molti cristiani, finché nel 1870-73 tutti i cristiani di Urakami vengono deportati e dispersi per il Giappone.

Ma ad ogni apertura di nuovi porti, entrano nuovi missionari; le conversioni aumentano, e il decreto del 14 marzo 1873 permette il ritorno agli esiliati; quindi dal 1875 all’85 instaura il regime di tolleranza, che permette anche a ordini religiosi femminili di gettare le prime fondamenta della loro opera.

I missionari curano la formazione del clero indigeno che dimostra molta pietà e gusto per lo studio; si sforzano di accudire le necessità spirituali e morali dei poveri cristiani così duramente provati e di convertire i pagani.

Si fanno conferenze, prediche, si erigono scuole, chiese, istituti, diffondendo ovunque la devozione alla Passione di Gesù Cristo, del S. Rosario, e la frequenza alla S. Eucaristia.

Dal 1883 al 1895, con la legge 11 Febbraio 1890 viene proclamata la libertà religiosa di diritto e di fatto, ed il Giappone viene avviandosi alla fede cattolica.

Nostra Signora del Giappone, Regina dei Martiri, Aiuto dei Cristiani, che non si è mai cessato d’invocare fra queste montagne del Kyushu, compia il miracolo di richiamare alla fede questo popolo che coi suoi martiri, coi suoi missionari tanto ha benemeritato della Chiesa, ed aiuti in modo speciale i figli di Don Bosco, che sempre l’invocano come specialissima protettrice e tenerissima Madre.


Sac. Vincenzo Cimatti

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1.1 Missionario Salesiano

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1 Questo è il primo articolo sul Giappone scritto per il Bollettino Salesiano, e pubblicato nel mese di Giugno 1926. Mettendo insieme tutti gli articoli da lui scritti, ne verrebbe un interessantissimo libro sulla storia e la civiltá del Giappone. Ci sono anche molti articoli non pubblicati. Purtroppo di quasi tutti quelli pubblicati è andato perduto l’originale. Di questo manca anche la data: quella che è stata messa è solo per approssimazione. Il contenuto è certamente di Don Cimatti, ma non si può affermare che sia stato pubblicato tutto nella sua integrità.

2 Don Cimatti annota:È interessantissimo lo studio del P. J. M. Martin des Missions Etrangères de Paris: “Le Shintoisme, religion nationale”. Hong Kong, Impr. de Nazareth, 1924. È pubblicato il 1° vol., ed è in corso di stampa il 2°, che sarà seguito da un terzo. È un’opera modernissima e decisiva in materia, da cui desumo i presenti appunti e di cui ringrazio l’A. che a Moji accolse con vera fraternità i primi missionari salesiani del Giappone.”

3 La religion de Jesus, resuscitèe au Japon » par F. Mamas. Miss. Apos. - Del homme, Paris.