CONFERENZE AI CHIERICI DI VALSALICE


CONFERENZE AI CHIERICI DI VALSALICE



CONFERENZE DI DON CIMATTI SULLA VITA RELIGIOSA




PRIMA DI PARTIRE PER IL GIAPPONE


VITA CRISTIANA E RELIGIOSA

LA MORTIFICAZIONE

IL PECCATO



10/6/1923 SACRO CUORE DI GESÙ

15/6/1924 SANTISSIMA TRINITÀ

13/11/1924 SISTEMA EDUCATIVO SALESIANO

14/12/1924 UMILTÀ VERSO DI NOI

28/12/1924 MEDITAZIONE

Necessità:

4/1/1925 (Continua sulla meditazione)

Lasciarsi guidare dallo Spirito Santo

Corpo della meditazione.

Conclusione:

18/1/1925 (Continua sulla meditazione) Norme e avvisi

Prima della meditazione:

Durante la meditazione

25/1/1925 (Continua sulla meditazione)

Dopo la meditazione

8/2/1925 (Continua sulla meditazione)

Orazione con distrazione

1/3/1925 MORTIFICAZIONE

8/3/1925 (Continua sulla mortificazione)

Mortificazione del corpo

15/3/1925 (Continua sulla mortificazione)

Mortificazione interiore

22/3/1925 (Continua sulla mortificazione)

Mortificazione della lingua

26/3/1925 (Continua sulla mortificazione)

Sorgenti: esercizio della virtù, attacco del cuore al dovere.

21/6/1925 (Continua sulla mortificazione)

Strategia dello Spirito Santo: Vegliare ‑ pregare ‑ resistere.



CONFERENZE IN GIAPPONE


AI CHIERICI DI TAKANABE 1931-1932ca.

CARITÀ

IL MALEDICO (Come si pecca di lingua contro la carità)



AI CHIERICI STUDENTI DI TOKYO

(24/11/1940)


INCULTURAZIONE DEL MISSIONARIO

CONOSCERE NOI STESSI (Maggio 1941)

LA NOSTRA DEVOZIONE AL SACRO CUORE (1/6/1941)

LA PERFEZIONE DEL SACERDOTE ((9/4/1943)

MODO PER FARE BENE L’ESERCIZIO DI BUONA MORTE (3/5/1944)

IL SUPERIORE NEL PENSIERO DI DON BOSCO (10/5/44)

CONSIGLI AL DIRETTORE (19/5/1944)

DOVERI DEL DIRETTORE (26/5/1944)

DISCIPLINA E SACRIFICIO (2/6/1944)

Necessità ed importanza di rafforzare la volontà (7/12/1944)

POVERTà (1944)

LA LETTURA SPIRITUALE

CASTITà 1944

PREDICAZIONE

PECCATO E MANCANZE

CONSIGLI A UN CHIERICO

DETTI DI Don CIMATTI RACCOLTI DAI CHIERICI (Circa 1954)

IL GALATEO Chofu, 31/1/59


PRIMA DI PARTIRE PER IL GIAPPONE



VITA CRISTIANA E RELIGIOSA1


L’opera d’un artista, che sia sotto ai miei sguardi, mi dice già qualche cosa del suo autore, ma non tutto; non è più sconosciuto, ma finché non conosco la sua vita interiore, pensieri, amori, gioia, la vita dell’anima sua... è la storia dei nostri rapporti naturali con Dio...

La bontà di Dio, la grazia di Dio ci dà il Verbo che nasce dal Padre e che procede dallo Spirito, si fa carne e viene umanamente, e per la sua copiosa redenzione ci fa degni in lui di avere la vita eterna. Ecco la vita cristiana.

Gesù Cristo si pone davanti alle anime: “Ecce sto ad ostium et pulso, - se qualcuno mi ode e m’apre la sua casa, io entrerò e mangeremo insieme, ed egli con me”. Entrando, entra la vita e l’anima nasce a Dio.

In che modo? Un mondo di risorse: Sacramenti, precadizioni, segni che precedono e avvertono (aurora, tramonto, notte stellata, fiori, uccelli, ruscello, ombra, pagina di un libro, una parola casuale, gioia, noia, disgusto, suono che sfugge, mano amica che si ritira, un amore non corrisposto... bussa alla porta...).

Pel bambino la Chiesa fa tutto, per l’adulto...

ma sempre a titolo di Redentore con la croce: perdono, risurrezione, giustificazione.

E vi entra anche il Padre e lo Spirito Santo, ché Cristo è Dio, e non come semplici testimoni di presenza, ma agenti secondo il loro carattere (ci genera, ci dà lo Spirito), abitano in noi e l’essenza dell’anima è deificata con la grazia santificante, le potenze deificate per le virtù infuse (virtù teologali, doni dello Spirito Santo), guarisce, ripara... pur rimanendo al fondo di noi le nostre tendenze, guarisce, ripara..., ma tutto ciò è un’armatura offensiva e difensiva.

Condizioni e mezzi di questa divina trasformazione della natura in Dio e di Dio nella creatura sono le opere: cooperazione dell’uomo alla grazia. E se 1’uomo coopera dappertutto abbonderà la grazia che impregna ogni atto, anche più piccolo... di qualsiasi persona, in qualunque condizione...

L’uomo, divino fanciullo in terra, avrà la sua virilità in cielo, termine di questa infanzia, tesoro nascosto al mondo apparirà quando apparirà Cristo.

L’insieme di tutti questi legami che ci uniscono a Dio sono la religione, il riconoscerli e soddisfarli o soddisfarvi è la virtù della religione.

Gesù Cristo.

Tutti i cristiani sono religiosi, come tutti sono in Gesù Cristo re, preti, santi. Ma come vi sono dei re e dei preti ufficiali (capi) così vi sono dei religiosi di professione.

La vocazione (parte stabilita a noi dalla provvidenza nel poema, nella sinfonia, nei tempi, nel firmamento, nella città, membro del corpo di Gesù Cristo) è per tutti, Dio vuole la salute di tutti. Le grazie che mettono l’anima in condizione di corrispondervi è diversa.

Una seconda vocazione (= essere cristiani più o meno) detta da Dio più nascostamente: fiorire e fruttificare la chiamata.

Terza vocazione = esserlo in quello stato, a uno stato speciale. Però non ci obbliga (per sé non è peccato).

Lo stato religioso è stato di consacrazione, di donazione di sé e di appartenenza a Dio (forma della vita, regola, fine dell’Istituto sono accessori, conseguenze, mezzi per riuscire più facilmente. Gesù è complesso (amava i fanciulli, i poveri, gli infermi, predicava agli ignoranti, ai dotti, pregava). E anche qui Gesù Cristo è nostro modello.

Cìò che nascerà da te è santo”; Gesù è consacrato e donato. “Eccomi, vengo, o Padre, per compiere la tua volontà”.

È nello stesso tempo separato, segregato da ciò che non è Dio o relativo a Dio (Cfr. Ebr. 9,26).

Separato dalle creature

Separato dal peccato

Separato dal mondo (onori, ricchezze, piaceri)

Separato dagli affari e interessi materiali

Separato da sé (dipende, obbedisce).

A noi conviene, qualsiasi mezzo immediato abbia nell’esplicare l’attività propria della sua Società, separarci prima per essere poi consacrati: dal peccato, dal mondo, dalla famiglia, da noi = tre voti, fondamento della consacrazione (olocausto) a Dio, della persona, delle nostre azioni.

In certi momenti pesa... Pensiamo a Gesù (S. Francesco si stampa sul petto Gesù).

Frutti:

gloria che si rende a Dio, lode alla divinità per cui si realizza il fine della creazione, redenzione e attributi di Dio;

unione dell’anima con Dio, fonte di mille servizi scambievoli, mille aiuti, unione con Dio nella generazione delle anime;

tesoro per noi: Dio non si lascia vincere in generosità;

libertà vera (Cfr. Vantaggi della vita religiosa: Introd. alla Regola).

Vedi tu questi esseri terrestri e celesti, mescolati agli uomini e più grandi di loro, soggetti e liberi, dipendenti e re, non avendo nulla in questo mondo e possedendo quanto c’è nell’altro? I cantici degli angeli sono loro, la notte loro è giorno, vegliano e il loro spirito è rapito in cielo. Puri si purificano continuamente, potendo migliorare continuamente, deificarsi. Soli, in compagnia celeste. Le loro lagrime lavano il mondo, le loro mani protese spengono incendi, domano le fiere, spuntano le spade, mettono gli eserciti in fuga e finiranno, o apostata, per vincere la tua stessa empietà”. Siamone degni (Ef. 4,l).

Rinnoviamo la nostra consacrazione.

Avrei potuto far di più stando fuori... aumenti la nostra attività.

Allora... non capivamo: ora possiamo farlo, con maggior efficacia e responsabilità, quindi più meritoria.



LA MORTIFICAZIONE2



La vita cristiana suppone e segue una morte (che facendo morire il peccato apra la via alla vita).

Il Battesimo ne è la partecipazione.

Morendo in Cristo, risuscitiamo in lui: la sua vita è principio di santificazione, la sua morte è principio di mortificazione, che obbliga quindi tutti i cristiani, tende a distruggere ciò che è disforme: il vecchio uomo.

Dio fece l’uomo spirituale e giovane (d’anima e di corpo).

Caduta: corpo e spirito, quindi mortificazione dei sensi (veglie, lavoro, accettazione dei mali fisici), dello spirito, immaginazione, memoria, sensibilità, cuore, spirito, volontà.

a) Deve durare per tutta la vita. L’uomo vecchio muore con noi.

b) Vi sono dei momenti urgenti: pienezza della vita fisica e interna, e nella bella stagione, luogo bello, egoismo soddisfatto.

Non cerchiamo mai la gioia per la gioia e in genere anche per le cose sante star attenti a non farle fine a se stesse, ma siano indirizzate a Dio. Servirsi delle cose di questo mondo come non ci servissimo (1 Cor. 7,31; 13,11 – agire da uomini, non da bambini –).

La vita è 1’ultima parola della vita. La mortificazione non deve essere riguardata che come condizione e mezzo di vita, la mortificazione è nell’amore, vita suprema.

Sorgenti:

1) Giustizia di Dio: gioie e dolori della vita presente, morte, eseguire le opere dell’apostolato.

2) Odio di sé (Gv. 12,25). Grano di frumento.

3) Prudenza cristiana, discernimento di ciò che ci conduce a Dio e a farlo conoscere.

4) Amore di Gesù Salvatore e Redentore (Passione meditata).

5) Spirito di religione che si svolge: nell’adorazione e nel sacrificio.




1 IL PECCATO3

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Un uomo aveva due figli, e di quelli il più giovane disse al padre: ‘Padre dammi la parte del patrimonio che mi spetta’. Ed egli divise fra loro gli averi. Dopo non molti giorni, messa insieme ogni cosa, il figlio più giovane se ne andò in un lontano paese e là scialacquò la sua sostanza, menando vita dissoluta. Poiché ebbe dato fondo a ogni cosa, infierì gran carestia in quel paese ed egli cominciò a soffrir miseria. E, messosi in cammino, s’attaccò ad uno dei cittadini di quel paese, il quale lo mandò nei suoi poderi a badare ai porci. E bramava d’empire il ventre delle ghiande che mangiavano i porci e nessuno gliene dava...” (Lc. l5,11‑16).

La parte di eredità è il dominio del libero arbitrio e tutti i beni che vi si annettono quando si giunge all’uso di ragione.

Per il cristiano sono: beni di natura e di grazia; la vita, il tempo, la redenzione, la ragione e la fede, la volontà, l’anima, partecipazione di meriti dei santi (comunione, sacramenti...).

Dopo non molti giorni... la passione è impaziente, senza riflessione... Nella cattedrale di Rouen vi sono dei Gobelins che rappresentano le varie fasi, la partenza su un ricco cavallo, splendida mattinata. “Amici, venite, godiamo dei beni che esistono, facciamo zampillare vino, il più prezioso. Ricopriamoci di profumi. Cogliamo i fiori della stagione e non vi sia prato ove non si sfoghi la nostra voluttà, perché gioire di questo è nostra sorte, nostra eredità, nostro destino. Che aspettiamo o teniamo noi della vita futura? Non si conosce chi sia tornato. Amici, venite e godiamo!”.

Parte in lontana regione... aversus a Deo, incomincia la sua demolizione morale, sente il bisogno di fuggire dalla faccia di Dio come per sfuggire alla sua autorità, ai suoi sguardi. Fa liberamente quello che vuole, dandosi in braccio al piacere, dal dubbio allo scetticismo.

Preso alle strette... forse.

La concupiscenza come punto di partenza, l’egoismo per regola, per fine un non so che di ignoto...; è questa la vita che vi piace?

Il mondo è impersonale ma impone comandi dispotici: ha i suoi templi (teatri, osterie, case di corruzione), i suoi apostoli (oziosi), le sue vittime (colpevoli, spostati, suicidi), i suoi maestri (giornali, scrittori), un suo linguaggio, i suoi idoli (ricchezza, concupiscenza, superbia). È una commedia ed una schiavitù.

Rispetto al mio fine:

a) Sono indifferente, non vi penso. I pensieri, mobili, fluttuanti corrono dietro al luccichio di cose appariscenti, seguendo le circostanze e le impressioni. Quanta inconsistenza nelle mie azioni: canna mossa dal vento, barca agitata dalle onde. E non sono scusabile: fui istruito da giovane, ogni momento con chiamate...

b) Si sono presentate a me le cose allettatrici, le passioni, il mondo e mi han gridato: “Noi siamo il tuo fine”. Non preparato, fui vinto.

c) Manca il coraggio. Dovendo preservare i tesori di vita, dovevo far fruttare; non sono buono a nulla e mi ci rassegno senza rimpianto, penso a me, non mi sacrifico, faccio il proposito e ricado, lo slancio è inefficace.

Questa è una contraddizione con le esigenze della vita cristiana.

Come vi sono arrivato? Insensibilmente, gradatamente. Mi ero levato in alto coi mezzi sicuri che avevo a disposizione, ma non continuò lo sforzo.

a) Amai il mio benessere, evitai il sacrificio, facevo il puro necessario.

b) L’ozio, l’anima mia fu un terreno abbandonato.

c) L’ambiente, l’esempio... Perché fare il singolare? Hic jacet, jam foetet. O Gesù venite a questa tomba: “O amico mio, vieni fuori... Solvite eum et sinite abire!”.

PECCATO MORTALE (deliberato e saputo abbandono di Dio). Scito et vide, quia malum est reliquisse te Dominum Deum tuum.

1) I1 solo, unico male di Dio: disprezzo di Dio.

a) Dio per un solo peccato d’orgoglio ha precipitato dall’alto dei cieli gli angeli.

b) Per una sola disobbedienza ha scacciato l’uomo dal Paradiso terrestre, tolta 1’innocenza, mandata la morte.

c) Che per rimediarvi il Figlio di Dio si incarnò.

d) Ha preparato un’eternità di pene.

2) I1 sommo male per l’uomo, privo così dell’amicizia di Dio, morto nell’anima. Ricordiamo il proposito di Domenico Savio: “La morte ma non peccati!”. Il peccato:

a) Spoglia l’anima di tutti i meriti fatti in stato di grazia.

b) Le azioni più virtuose, sante, non hanno merito presso Dio, né valore per l’eternità.

3) In religione non ho dei preservativi infallibili. Non li ebbero gli angeli, Adamo, Giuda... anzi in religione diventa più grave.

PECCATO VENIALE. Nolite contristare Spiritum Sanctum.

l) È offesa di Dio, non mi è permesso, non entra con me in cielo. La semplice vanità di Davide fa perire il popolo, fa cadere a terra il levita che tocca l’arca santa.

2) Quanti ne commetto: dimenticanza dei doveri, negligenza, insofferenza, presunzione, imprudenza, malizia.

3) Conduce al peccato mortale.

Ecco il peccato: atto libero, conosciuto, voluto che offende Dio. Il mondo non ammette che un atto qualunque dell’uomo abbia tanta forza da colpire e ferire Dio, abbassa l’uomo fino a pretendere che non sia libero, innalza Dio fino a dire che è troppo alto per essere offeso da noi. Scava un vuoto fra Dio e la creatura, mentre Dio unendosi alla natura creata...

Dio odia l’iniquità, il peccato lo muove a sdegno e lo irrita, Dio punisce il peccato – scopre il fondo degli esseri. Noi vivendo, sussistendo e muovendoci in Lui...

Che ci ha fatto Dio? “Popule meus quid feci tibi?... Quid ultra debui facere... Filios enutrivi et exaltavi... Si inimicus meus maledixisset mihi...”.

Errore fatale, preferendo di godere quanto Dio proibisce. E se viene la morte? Errore irreparabile... Se si trattasse della mia salute, stima, carriera... avrei fatto così?

Rivolta verso Dio per sottomettersi alle passioni, alle creature, a Satana.

Disprezzo: Dio comanda e governa: è un eccesso di potere? Io non ubbidirò.

Ingratitudine: Dio ci ha creato, ci conserva, ci trasporta con la sua amabile provvidenza, ci ha dato Gesù Cristo! E il peccatore con un abuso esecrabile ne fa tante armi che rivolge contro il donatore nel momento della donazione.

Mi fa del male: anche per l’abitudine che genera in me, non è solo una china, ma fa nascere il bisogno, la necessità, falsa la mia vita (è un seme, è lievito), divento schiavo di atti subiti da me.



2 CONFERENZE AI CHIERICI DI VALSALICE4

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10/6/1923 SACRO CUORE DI GESÙ


Omaggi interiori.

  1. Consacrazione (intelletto, memoria, volontà) per impiegarli al suo servizio.

  2. Odio al peccato... specialmente:

  1. Irriverenze al SS.mo Sacramento.

  2. Vane curiosità.

  3. Mancanza di rettitudine.

  4. Mancanza di umiltà, di sincerità e di carità.

  5. Tiepidezza.

  6. Resistenza alla grazia.

  1. Mortificazione in tutto, amore alla sofferenza, con pazienza e silenzio, accettando, amandoci.

  2. Forza e generosità.

  3. Umiltà (conoscerci, distacco dalle lodi, onori, beni di grazia, accettare le umiliazioni, col prossimo).

  4. Dolcezza.

  5. Unione (desiderio, intenzione, ricordo affettuoso e continuo, identità di intenzione, confidenza).

  6. Ricorso.

  7. Imitazione.

  8. Propagazione.


Riassumendo:

    1. Consacrazione: unione

    2. Odio al peccato: a) irriverenze, carità;

b) resistenza alla grazia;

c) insincerità nell’agire.

3) Virtù: a) mortificazione

b) umiltà

c) carità

Propagare - Sarà scritto nel mio cuore da cui non sarà cancellato mai..




15/6/1924 SANTISSIMA TRINITÀ


Credo in unum Deum:

Patrem omnipotentem, factorem...

Jesum Christum filium eius unicum, Dominum...

Et in Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem.

Tre Persone che formano

una società ineffabile e piena di beatitudine, di gioia e felicità perfetta.

Adoriamolo e unendoci agli Angeli e Santi: in se stesso e nelle opere esteriori.

Mondo della natura, opera di potenza, di intelligenza, d’amore.

della grazia: nella produzione dei misteri,

applicazione della grazia, sacramenti,

stato soprannaturale a cui ci elevano

Figli di Dio,

membri del corpo di Gesù Cristo,

templi dello Spirito Santo).

della gloria: fonte della nostra beatitudine,

conoscenza, amore e felicità, inebriati,

unione con Dio.

Imitare: unità, amando sinceramente, tutti gli uomini e formando un cuor solo.

trinità: comunicando ad altri.



13/11/1924 SISTEMA EDUCATIVO SALESIANO


La base di tutto il sistema educativo nostro è la carità “patiens... omnia suffert, sperat, sustinet”.

L’educatore è un individuo consacrato al bene dei suoi allievi, perciò deve essere pronto…

l) Galantuomo che ha fatto delle promesse a Dio;

2) Zelare gli interessi di Dio.

Zelo = amore ardente (amore che è nell’ardore, ardore che è nell’amore) che giunge a voler togliere e allontanare ciò che è opposto alla cosa amata. Ardente infiammazione d’amore, quindi prudenza, odiare, fuggire, scacciare, detestare, rigettare, combattere, abbattere ciò che è contrario a Dio (sua volontà, gloria, santificazione).

In tre modi:

1) Facendo grandi azioni di giustizia per scacciare il male (per coloro che hanno uffici pubblici);

2) Facendo azioni virtuose per dar buon esempio suggerendo rimedi, esortando, facendo bene;

3) Soffrendo e patendo per impedire (il male).

Confidenza nei Superiori.



14/12/1924 UMILTÀ VERSO DI NOI


= Cura per acquistare e conservare, perfezionare in noi l’umiltà.

Humilitas primum venit in quantum scilicet superbiam expellit, cui Deus resistit et praebet hominem subditum et satagium ad suscipiendum influxum gratiae divinae” (San Tommaso).

Absente sole, omnia tenebris inhorrescunt,

absente humilitate, omnia opera nostra marcescent et fetent.

l) Conoscersi. Meditazione, esame, aiuto dei superiori.

Esempio: storico, vivente.

Passato!! Erba del mio orto ‑ Ex fructibus...

Ma questo può influire sinistramente... scoraggiamento.

2) Ma più conoscere Dio. Dio nelle relazioni con noi.

Come la moltitudine delle miserie mi umilia davanti alla giustizia divina, così i suoi benefici umiliano davanti all’amore. Contempliamo di più ciò che non passa mai, piuttosto che ciò che passa.

3) Afferrare tutte le occasioni:

a) nelle correzioni. Jesus autem tacebat... anche se ingiuste... La carità e prudenza esigeranno alle volte la giustificazione. L’umiltà che pregiudica la carità è falsa;

b) amare ciò che è povero, piccolo, semplice;

c) parlar poco di noi e piuttosto dire il bene in presenza di Dio, più uniti a Lui... Per un pasto difficile il bambino si stringe;

d) fuggir le lodi, non è realtà, è carità o umiltà di chi ve le dà, cui seguono negazioni, proteste, segni di confusione;

e) pazienza nel sopportare le umiliazioni accidentali e abituali.

Oh, lo stato di abiezione in cui si mettevano i Santi!

Cura di malattie, vicinanza con persone ecc. e più le umiliazioni spirituali dell’intimo dell’anima.

L’anima si compenetra in Gesù: come Lui agonizza, soffre, muore, è sepolta e risorge. In questo stato l’umiltà è amore: non è più esercizio, ma vita, riposo, felicità: essa gravita e fa gravitare tutto al centro unico, Gesù che ella vive. È come nell’Eucaristia: colmo d’amore e di umiltà. Tutto ivi è dono, e sebbene chi si dona sia ogni cosa, sembra nulla, e non appare di Lui altro che la donazione.

Umiltà: abbassamento profondo dell’intelletto e volontà che la giustizia domanda per Dio e per amor suo.

Umiltà di cuore: sobrietà, nelle affezioni, occasioni.

Umiltà di spirito: dispute e curiosità.

Umiltà di corpo: penitenza, adorazione, modestia.

Umiltà verso Dio: culto, azioni, avvenimenti.

verso gli altri: autorità...

verso noi stessi: conoscersi e conoscere Dio.



28/12/1924 MEDITAZIONE


Nisi quod lex tua meditatio mea est, tunc forte periissem in humilitate mea.

Necessità:

a) lo richiede la santità nostra: per conoscere Dio, noi stessi e i nostri doveri;

b) esempio di Gesù Cristo. Erat pernoctans in oratione Dei;

c) esempio dei Santi.

Il successo delle nostre parole dipende più dall’orazione e unione con Dio che da nostri studi, ricerche e letture” (S. Agostino).

Beatus vir qui non abiit in consilio impiorum, sed in lege Domini meditabitur die ac nocte. Et erit tanquam lignum quod plantatum est secus decursus aquarum, quod fructum suum dabit in tempore suo et folium eius non defluet”.

Pretesti:

l) Non posso meditare. Vi riusciamo in tante altre cose... Diamo valori uguali.

2) Sono distratto...

In ciò che ci interessa come riusciamo bene!

Analisi di un atto d’amore a chi vogliamo bene.

3) Basta mi metta per far meditazione e mi vengono le distrazioni...

Vi sono le dovute disposizioni?

Non so fare.

4) Non provo gusto. “Tristatur aliquis vestrum? Oret!

Et factus in agonia prolixius orabat...”. Qui preces supplicationesque ad eum qui possit illum salvum facere a morte cum clamore valido et lacrimis offerens...


4/1/1925 (Continua sulla meditazione)

Lasciarsi guidare dallo Spirito Santo

Qualè il significato delle regole?

Spiritus ubi vult spirat et vocem eius audis.

Lasciamoci condurre.

Preparazione (Immaginazione):

a) Presenza di Dio: Angelus (preghiera)

È umile riconoscimento. Parliamo con Lui.

b) Invocazione: Veni S. Spiritus... (preghiera) e Mio Dio.... (preghiera)

c) Soggetto.


Corpo della meditazione.

Intelletto: considerazione di una o più verità.

(Quis, quid, ubi, quibuscunque, cur, quomodo, quando?).

Applicazione a sé (convinzione pratica).

Volontà: sentimenti, propositi solidi (motivo) e particolareggiati, uno che si possa eseguire, scritto.


Conclusione:

riassunto fioretto Prendiamo... (esortazione), Ringraziamo... (esortazione);

Ringraziamento,

offerta,

supplica

.

Abituarsi o meglio voler divenire automatici.


Meditazione = pensiero attento e raccolto o volontariamente trattenuto nello spirito per esercitare la volontà a santi affetti e risoluzioni.

(Differenza fra questa e lo studio).


18/1/1925 (Continua sulla meditazione) Norme e avvisi


Prima della meditazione:

Ante orationem praepara animam tuam et noli esse quasi homo qui tentat Deum” (Eccli.).

Preparazione: remota

prossima.

l) Raccoglimento abituale, purità di cuore! Pulizia in camera!

2) Age quod agis.

Si potesse sapere l’argomento prima...


Durante la meditazione: santi affetti e propositi.

a) Se durante la meditazione vi affezionate a qualche verità, fermatevi in essa anche durante tutta la meditazione.

b) Meglio fermarsi anche in istato di aridità su quello che si medita.

c) Se però l’ispirazione (non il capriccio o l’incostanza) vi porta ad altro...

d) Adesione del cuore più che le luci dell’intelletto

umiltà, dolore, confusione, distruzione del male, amare, adorare, benedire i disegni di Dio e la sua gloria.


25/1/1925 (Continua sulla meditazione)

Dopo la meditazione

l) Raccoglimento.

2) Proposito: non sia vago, ma attaccante un difetto.

non momentaneo: a) ricordarlo,

b) punizione.

La meditazione richiede dunque tutta la nostra attività.


Cause che c’impediscono:

1) Orazione senza gusto e consolazione.

2) Orazione accompagnata da distrazioni.


Il voler sentire di essere raccolti e attenti.

Il voler assicurarsi di far bene l’orazione.

Il voler il gusto.

L’orazione non è luce dello spirito che comprende Dio e la verità...

non è diletto di volontà che ama e gusta di pregare...

non è attrazione all’oggetto dell’orazione

non sono lacrime.

Questi sono doni esterni:

Tristatur... oret.

In agonia, prolixius...

Preces suplicationesque cum clamore valido et lacrymis offerens.

Il sentire non dipende da noi, il volere sì.

Andiamo all’orazione per contentare Dio.

Semplicità, semplicità.

Perché ce ne priva:

  1. noi ci attaccheremmo troppo, favorirebbe il nostro orgoglio;

b) penseremmo che questo fosse la sostanza;

c) punizione o penitenza, oh quanto leggera.


8/2/1925 (Continua sulla meditazione)

Orazione con distrazione

Distrazioni:

a) volontarie, in sé,

in causa. facendo cose che sono fonte di distrazioni

Alla ricerca delle sorgenti: occupazione in cose inutili.

Sviscerarsi in tutto ciò che si fa o dice (attacco).

Attendere troppo a quanto fanno gli altri e interpretare.

Voler tutto sapere, dire, vedere (curiosità).

Pentirsi, ritenerle punizioni e mettersi di fronte a Dio nelle condizioni del colpevole.

b) Involontarie: debolezza nostra;

demonio.

Sono fonte di umiltà e di merito e sofferenza.

Combatterle nelle origini, con dolcezza.

Non lasciare mai l’orazione.

Non scoraggiarsi.



1/3/1925 MORTIFICAZIONE5


La vita cristiana suppone e segue una morte. = Nostro Signore Gesù Cristo:

nasce per questo. La sua morte fa morire il peccato e apre a noi la vita.

Col battesimo partecipiamo personalmente alla morte e vita risuscitata di Cristo. Noi dunque vi partecipiamo colla grazia e Sacramenti,

- morte a Satana,

- vita dataci per essere custodita o sviluppata, assunta come nostra vita di condotta.

Vi è dunque in noi una operazione di vita e di morte:

la prima è “Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem”,

a seconda è l’opera della nostra mortificazione, azione dello Spirito che ci allontana dal male e da ciò che a lui conduce.

è dunque legge per tutti.


Oggetto: carne o vecchio uomo: = dicitur tam interior quam exterior qui subiicitur vetustati quantum ad animam per peccatum et quantum ad corpus quia membra corporis sunt arma peccati. Et sic subiectus homo peccato secundum corpus et animam dicitur vetus homo secundum quod illa vetusta sunt quae sunt in via corruptionis vel in ipso corrumpi.


Quindi interiore o spirituale ed esteriore corporale.

Un lato della mortificazione è l’astinenza e il digiuno. (Canone 1250 e seguenti)


8/3/1925 (Continua sulla mortificazione)

Mortificazione del corpo Castigo corpus meum et in servitutem redigo...


1) Non c’è senso, fibra, goccia di sangue, sorriso che non entri in parte come congiurato.

2) In ognuno si riversa quanto succede.

Tesoro di dolore, arsenale di peccati.


Scopo della mortificazione è inseguire il peccato, arrestarlo, prevenirlo, combatterlo, annientarlo.

Regolare l’uso

Restringere la libertà anche nel lecito.

Far positivamente soffrire:

Rassegna dei sensi... Sonno, lavoro, malattia...


2.1 Il corpo è un servo: cibaria et virga et onus asino

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poenis et disciplina et opus servo

jugum et lorum curvat collum durum

et servum inclinant operationes assiduae

servo malevolo tortura et compedes.


15/3/1925 (Continua sulla mortificazione)

Mortificazione interiore

l) Immaginazione (Come gli occhi gli altri sensi).

Nella riflessione e meditazione

risentiamo, ridiamo vita, raccogliamo in noi dei mondi.

Madre dei sogni. Oh, il religioso sognatore...

Pazza di casa.

2) Memoria, per le idee, avvenimenti;

3) Sensibilità: cuore

nervi, bisogna esser ragionevoli

desideri

opinioni particolari, testardaggini

vani sistemi, stravaganze e lanima che fugge

impazienze

irritazioni

collera

Lo strumento è la lingua...


22/3/1925 (Continua sulla mortificazione)

Mortificazione della lingua

Vir linguosus non dirigetur in terra. In multiloquio non deerit peccatum.

Et lingua ignis est, universitas iniquitatis... inflammat rotam nativitatis nostrae, inflammata a gehenna... linguam autem nullus hominum domare potest... Si quis putat se religiosum esse non refrenans linguam suam huius religio est vana.


Silenzio!

Volontà: da ciò il male; è la nostra vera potenza.

Che è unione con Dio?

1) Mortificazione perseverante;

2) In momenti urgenti: forti tentazioni,

benessere personale; quando tutto va a seconda: egoismo soddisfatto (come si parla bene);

3) Servirsi dei piaceri non come tali, ma come rendimento di grazie, per Dio.


26/3/1925 (Continua sulla mortificazione)

Sorgenti: esercizio della virtù, attacco del cuore al dovere.

Giudice: giustizia,

odio di sé (vecchio uomo).

Madre: prudenza;

amore a Gesù Salvatore e redentore,

spirito di religione (adorazione);

consumata nel sacrificio.

L’esercizio di questo è viva fonte di mortificazione.


21/6/1925 (Continua sulla mortificazione)

Strategia dello Spirito Santo: Vegliare ‑ pregare ‑ resistere.

l) Vigilate. Nescitis diem neque horam

tanquam fur...

In guerra lasciarsi sorprendere!...

Dio è luce. Non siamo più figli delle tenebre, ma della luce, occhi aperti in avanti e semplicità.

a) Non cedere volontariamente al male.

b) Anime sonnolenti, tiepide o sognatrici.

c) Anime immortificate che agiscono per sentimenti e passioni.

d) Anime pessimistiche, scoraggiate.

e) Anime leggere.

f) Prudenza della carne.

Vegliare in noi. Esame, presenza di Dio.

Vegliare attorno a noi.

Occasioni: dal nostro stato,

nell’ordine della Provvidenza;

volontarie.

La pece sporca e attacca. Chi ama il pericolo vi cade.



2) Pregare: è per aver forza.

Sotto ogni forma (vocale, mentale, giaculatorie)

pensieri - Sacra Scrittura, Credo, Regole.

Tentazioni di Gesù e sua preghiera. È preghiera sua il Salterio. Trinità. Maria. Angeli e Santi.


3) Resistere: impiego del soccorso.

La tentazione non si discute, si disprezza, si allontana (distrazioni, lavorare).

Intraverunt aquae usque ad animam meam, infixus sum in limo profundi.

Preghiera costante.

Fede. Oh, se avessimo la fede del grano di senapa!

Misteri della fede. Novissimi.

Umiltà davanti a Dio, al prossimo,

Mortificazione.

Amore e buon umore per virtù.

Omne gaudium existimate cum in tentationibus variis incideritis.




CONFERENZE AI CHIERICI IN GIAPPONE

AI CHIERICI DI TAKANABE 1931-1932ca.


1931-1932ca. CARITÀ6


Amicizia tra l’uomo e Dio:

occorre l’amore scambievole,

occorre la comunicazione = carità.

È la più eccellente delle virtù perché ci fa rimanere in Lui. Senza la carità non ci può essere alcuna vera virtù (1 Cor. l3,l‑3).

Si acquista per infusione dello Spirito Santo.

Si aumenta facendo atti di carità, e per noi è perfetta quando amiamo Dio quanto possiamo: portandoci a Lui

occupandoci di Lui e delle cose divine

non pensare e non volere cosa contraria all’amor di Dio.

Si perde col peccato mortale.

L’amore verso Dio si estenderà al prossimo.

Atti, ed effetti: amore verso Dio e prossimo

(interni) gaudio, pace, misericordia

(esterni) beneficenza, elemosina, correzione fraterna

(elemosina spirituale) è precetto verso tutti, anche i superiori.



IL MALEDICO (Come si pecca di lingua contro la carità)


Neque maledici regnum Dei possidebunt.

Insipienza vergognosa, temeraria che facilmente sentenzia il falso.

Parla stimolato dalle sue passioni e malumore.

Censura e condanna gli innocenti, non risparmia i benefattori.

Scruta gli atti altrui per trovarvi il male.

Loda in faccia, biasima lontano.

Vespa mordace, cane rabbioso, spada mortale, saetta trafiggente, fetido sepolcro.

Abominatio hominis detractor

Nec contra nos est murmur vestrum sed contra Dominum...

La morte e la vita sono in potere della lingua.

Molti sono morti per spada, non tanti quanti per la lingua.

Sussurro et bilinguis maledictus: multos enim turbabit pacem habentes.

S. Francesco d’Assisi. Peggio di un assassino che uccide le anime e ne succhia il sangue, peggio che il cane arrabbiato che trascina ovunque le viscere del prossimo; peggio del maiale che grufola nella lordura dei vizi; peggio che Cam che scopre le miserie di sua madre, la religione.

S. Bernardo. Non esitate di vedervi una cosa più crudele del ferro della lancia... egli ferisce il corpo del Signore, corpo vivo, che per causa sua muore, peggio che le spine e i chiodi.

Riceviamo Gesù sulla lingua.


Attenti!

Quando qualche cosa viene a ledere il nostro interesse.

Al cambio del Superiore o all’arrivo di un nuovo confratello.

Quando si succede ad altri in un impiego.

Quando si diventa vecchi (si crede che i giovani non possano riuscire).

Confidenze fatte al confessore, al Superiore, all’amico (è sfogo? è scusa? è per trovare una ragione?).



CONFERENZE AI CHIERICI STUDENTI DI TOKYO7



INCULTURAZIONE DEL MISSIONARIO

(24/11/1940)


Per il prossimo trimestre vi propongo come argomento da trattarsi nella vostra Compagnia il Sacerdozio come tema principale, anche per venire incontro ai desideri del nostro Ven.mo Rettor Maggiore… Come fonti da sviscerare l’Enciclica di Pio X sul sacerdozio cattolico; il trattato di S. Giovanni Crisostomo sul sacerdozio, D. Bosco seminarista e prete; le biografie di D. Rua, del card. Cagliero, D. Beltrami: il primo come tipo di asceta, il secondo dell’Apostolo, il terzo del sofferente.

Lo scopo di queste nostre Compagnie religiose è quello di abituarci a farle funzionare poi in quelle nostre case che sono più a regime salesiano come al Seminario di Miyazaki, Nakatsu, ecc.

Già conoscete anche voi un po’ delle cose che si stanno svolgendo in relazione della Chiesa cattolica in Giappone e ai cambiamenti del personale gerarchico delle varie missioni. Vi raccomando a non far lavorare eccessivamente la fantasia; invece cerchiamo di compiere tranquillamente il nostro dovere senza preoccuparci delle altre cose. L’importante è che facciamo bene il più che sia possibile la nostra formazione: ché siamo qui per questo. Dobbiamo capire la nostra posizione: siamo in preparazione, abbiamo davanti a noi lo studio della filosofia, il tirocinio e la teologia, poi saremo preti.

Ma per intanto dobbiamo pensare a far bene la nostra preparazione. Non temiamo per il nostro avvenire, né temiamo che ci mandino via dal Giappone; prima che si giunga a ciò, ce ne vuole ancora… E poi se per ipotesi dovremo andarcene, state pur certi che andremo a lavorare fra i Giapponesi. Giacché il Signore ci ha inviati in Giappone, noi per tutta la vita saremo consacrati per loro. E se venisse – ripeto – che dovessimo lasciare il Giappone, so già dove mettervi e vi metterò in un bel posto, e tra i Giapponesi.

Detto questo passiamo ad altre cose su cui già ebbi occasione di insistere, e neppure questa sarà l’ultima volta…

Studiate la lingua giapponese, studiate la lingua giapponese! È questo un argomento della massima importanza e che non tutti capiscono. Se il cattolicesimo va così a rilento in Giappone, credetelo, è perché la gran parte dei missionari non conosce bene la lingua giapponese.

Come volete che si avvicinino a noi se non li comprendiamo, se non li capiamo? E per capirli bisogna conoscere bene la loro lingua. Studiate molto la lingua giapponese, senza però trascurare il resto; ma dategli le preferenze. Siccome bisogna vivere in un mondo reale e non immaginario, e siccome la divina Provvidenza ha disposto che lavoriate qui in Giappone, è una delle condizioni indispensabili per poter svolgere il vostro apostolato il conoscere bene la lingua giapponese. Se possederete la lingua possederete anche i cuori!

Ah, se sapeste quanto bene avremmo potuto fare se avesssimo saputo bene la lingua! Ma noi siamo vecchi, e non abbiamo potuto impararla, e quante volte siamo stati imbrogliati per non essere in grado di capire! Imparate bene a scrivere, se no sarete schiavi e dovrete sempre farvi leggere da altri gli scritti. E non si studi solamente la lingua parlata, ma anche quella scritta, la letteratura, la storia! Lasciate stare altri libri italiani di novelle, che non vi serviranno niente.

Vivete nel mondo in cui vi trovate; non con la testa per aria!

E collo studio della lingua tutto quello che si riferisce al Giappone. Anche se troverete qualcuno che vi dirà: “Ma basta un po’ di catechismo!”. Non è vero, non basta!

Amate questo Paese, anche se ha dei difetti: non abbiamo anche noi i nostri difetti nazionali? E non spaventatevi se vedete che i frutti sono scarsi. La Chiesa in Giappone va lentissima. Voi dissodate il terreno, altri mieteranno.

Dar dei Battesimi non vuol dire salvare le anime; ma dopo il Battesimo bisogna curarle queste anime e far sì che vivano secondo il vero spirito cristiano.

Non dite mai male del Giappone! In tutto questo lavorio dimenticatevi di essere qualcosa. Lavoriamo con grande spirito di umiltà. Ricordiamoci che noi in Giappone siamo ospiti, siamo dei sopportati. Non pensiamo perciò a formarci stabile dimora; dobbiamo lavorare per dare al Giappone un clero giapponese.

Credetelo: la più grande gloria salesiana è di affidare al clero giapponese il Giappone. Nostro scopo: formare la Chiesa, formare il clero indigeno. Dobbiamo essere contenti di lavorare sotto le dipendenze di Vescovi giapponesi.

Dobbiamo dirci: felice me se potessi lavorare sotto la dipendenza di Vescovi giapponesi. Non vogliamo essere superbi: pochi frutti ottenuti dipendono in gran parte dalla superbia dei missionari. “Oportet illos crescere, me (nos) autem minui!”.

Queste sono le linee fondamentali: se le seguirete, sarete sulla buona via, se no, non avete capito un bel niente del perché siete venuti in Giappone…

Se il granello di frumento non è gettato in terra e non muore, non darà frutto! È ora il tempo, se non l’avete ancora fatto, prefiggervi una meta, ben decisa, chiara, netta per il raggiungimento della quale deve essere diretto ogni sforzo; e se non si può procedere diritti, si gira al fianco, ma si passa. Preparatevi adunque, secondo questa direttiva e amate molto il Giappone, pregate anche e studiate bene il giapponese…

3 CONOSCERE NOI STESSI

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(Maggio 1941)



L’amor proprio è un’affezione inordinata di noi stessi. A causa di essa noi pensiamo già di conoscerci e per questo dirigiamo i nostri occhi e la nostra mente lontani da noi: investighiamo il corso delle stelle e le cose più astratte, e non dirigiamo la nostra attenzione al nostro “io”, pur essendoci più vicino di ogni altra cosa.

Se vogliamo progredire nella via della virtù dobbiamo conoscerci bene.

Se conoscessi me stesso mi gioverebbe più che avere tutta la scienza degli uomini.





LA NOSTRA DEVOZIONE AL SACRO CUORE8

(1/6/1941)


Siamo entrati nel mese del S. Cuore. Da noi la devozione al S. Cuore deve essere resa pratica nella vita salesiana intimamente vissuta.

Non dobbiamo concepire questa devozione come la concepirebbe una monaca, anche santa. No, la nostra devozione deve essere virile come la voleva D. Bosco.

Non deve consistere nel sentimento, come nelle suore. La devozione al S. Cuore secondo lo spirito di D. Bosco è ben lumeggiata in un libro ed in una circolare di Don Bonetti, libro e circolare certamente riveduti da D. Bosco.

La devozione verso il S. Cuore secondo D. Bosco consiste in una vita eucaristica intimamente vissuta: S. Messa, S. Comunione, Visita al SS.mo Sacramento, ecco il nucleo della devozione.

Le altre pratiche per onorare il S. Cuore sono belle e sante ma dipendono dalla devozione particolare degli individui.

Perciò in questo mese proponiamoci un buon miglioramento in questa devozione nelle forme salesiane.

Avere grande spontaneità e metterci tutto il cuore. Le visite siano brevi ma cordiali. Ricordate quel saluto che si usa in Romagna alla Madonna: “Salute Maria, salutami Gesù da parte mia!”. Fare insomma con fede e semplicità salesiana.

In questo mese ricordiamoci anche di S. Luigi. D. Bosco nel “Giovane Provveduto” presenta ai giovani San Luigi piuttosto che come modello di purità, modello di mortificazione (come è stato fatto notare anche dal Sig. D. Rinaldi) e per una ragione semplice: perché con la mortificazione si protegge e si conserva la purità.

Per prepararci dunque a questa festa accettare tutte le sofferenze che ci capiteranno, sarà questa una bella preparazione per la festa del Corpus Domini e del S. Cuore.




LA PERFEZIONE DEL SACERDOTE9

((9/4/1943)


Base: Perfectus eris et absque macula (Deut. 18,13). La nostra perfezione come individui: absque macula: santità e purezza.

Ma siccome il sacerdote non vive da solo, ma vive nella società, oltre alla perfezione individuale, deve essere fornito pure d’una perfezione propria del suo stato.

Perciò: EXEMPLUM ESTO FIDELIUM (1 Tim. 4,l2):



l. ‑ Nella “scientia” (divina, ecclesiastica, civile).

a) Labia sacerdotum custodiunt scientiam (Mal. 2,7).

b) Ti ripudio perché non hai la scienza (Osea 4,6).

c) L’ottavo sacramento: S. Francesco di Sales (= la scienza per i sacerdoti).

d) Preti fuori sagrestia (Leone XIII).

e) Sforzi per la cultura e istruzione del clero (Pio XI).

f) D. Bosco.

g) “Se per mia incuria, perché nei tempi di formazione non ho approfittato… non

sono poi in grado di rispondere ad un’anima!…” (P. Gemelli).



Mezzo: nello studio lasciarsi guidare dai Superiori.

2. ‑ In prudentia (in consiliis, in judiciis, in imperiis).

3. ‑ In modestia et gravitate (in indumentis, in sermonibus, in moribus).

4. ‑ In liberalitate (erga peregrinos, pauperes, infirmos, erga templa).

5. ‑ In temperantia (in divitiis, in conviviis, in solaciis): il lavoro e la temperanza.

6. ‑ In integritate (davanti al Signore “fa’ in modo che il Signore sia sempre contento di te”, D. Bosco; davanti agli uomini, e a noi stessi) et absque macula, in puntate.

7. ‑ In Oboedientia.




MODO PER FARE BENE L’ESERCIZIO DI BUONA MORTE10

(3/5/1944)



Anzitutto dobbiamo ringraziare il Signore e la nostra Mamma Ausiliatrice che ha permesso che facciamo tutte le scuole di teologia in casa. L’arcivescovo e anche Monsignor Marella (Delegato Apostolico) hanno capito la nostra difficoltà e non hanno fatto opposizione, anzi si sono mostrati contenti che possiamo regolarizzare sempre meglio i nostri studi.

Ora noi secondo le direttive della Chiesa e dei nostri Superiori dobbiamo cercare di fare in modo che tutto proceda regolarmente, cioè “perfettamente”, notate bene il valore di questa parola. Abbiamo i regolamenti per gli studentati che stabiliscono quello che si deve fare, seguiamoli in tutto, facciamo in modo che la nostra vita si conformi perfettamente e che l’osservanza della vita religiosa e delle pratiche di pietà sia veramente come deve essere.

Inoltre le Costituzioni dicono che i confratelli che attendono agli studi vi debbono attendere “seriamente”. I vostri Superiori e insegnanti faranno di tutto perché il loro insegnamento sia veramente “serio”. Alcuni con non poco sacrificio si sono sobbarcati a questo nuovo e non indifferente lavoro. Fate in modo anche voi di corrispondere seriamente. Essi sono tutti a vostra disposizione… approfittatene per la formazione vostra… Il direttore è a vostra disposizione a tutte le ore della giornata: approfittatene soprattutto per i rendiconti, per il vostro maggior bene. E per cominciare bene questo periodo, cominciamo col fare bene l’Esercizio di buona morte, che possiamo chiamare il primo dopo i vari cambiamenti.


Scusate se non faccio altro che ripetervi cose dette le tante volte: ma desidero veramente che capiate l’importanza di questo atto: non faccio che ripetervi quello che ci dicevano i nostri antichi superiori e che ci sentivamo ripetere ogni mese quando eravamo giovani.

Siccome ora i teologi non hanno più la preoccupazione di uscire per la scuola, penso che si potrebbe tornare a quello che si faceva prima, cioè l’E.B.M. cominci alle cinque e finisca il mezzogiorno del dì seguente. Non ve lo comando perché so che non c’è bisogno e sapete che non amo le obbedienze formali, o le lettere di comando, quando ci si può intendere lo stesso con un semplice accenno. In tal modo si può dare all’E.B.M. tutto il tempo disponibile per farlo bene e come si deve.

In che consiste l’essenza dell’E.B.M.? Il pensiero genuino di D. Bosco è questo: fare le nostre cose come se dovessimo veramente morire. Ho assistito tanti cari confratelli in punto di morte e vi posso assicurare che quando si è veramente giunti a quel punto, all’ultima confessione, oh, quante ansie, quante preoccupazioni perché riesca veramente bene, perché nulla venga dimenticato. Ebbene così dovrebbe essere anche la confessione dell’E.B.M.

Eppure quanti pochi comprendono veramente e mettono in pratica ciò che D. Bosco ha stabilito. L’E.B.M. deve essere tutto un esame di coscienza: oh, se dovessimo veramente entro questa sera, entro domani prepararci a passar all’altra vita, ci penseremmo e seriamente! Così dovrebbe essere per 1’E.B.M.

Ricordatevi, 1’E.B.M. sta tutto qui: confessione, come se fosse 1’ultima; comunione, come per Viatico e rendiconto come fosse l’ultimo.

E per fare questo esame di coscienza con accuratezza, bene, in funzione dell’ultima confessione e dell’ultima comunione, dell’ultimo rendiconto:

è stabilito si applichi a ciò una mezz’ora; ma se si vogliono fare bene le cose ci si pensa bene; e si dà tutto il tempo necessario.

Punto poi importante è quello del rendiconto, che dovrebbe essere fatto di preferenza in questa occasione… I1 rendiconto non è la confessione, ma quante cose ci sono da dire! Un punto poi che pochi fanno argomento del rendiconto è il voto di povertà: quante cose si sono fatte senza i dovuti permessi… Oh, i malaugurati permessi presunti! Ricordatevi: chi veramente vuol tendere alla perfezione del voto non ne dovrebbe mai far uso! Altra cosa che pochissimi fanno: D. Bosco dice che 1’E.B.M. deve farci mettere a posto le cose materiali e spirituali, come se si fosse per lasciare il mondo e partire per l’eternità. Mettete adunque in ordine tutta la vostra roba e chi ha delle responsabilità amministrative faccia i conti; metta a posto i registri, ordini tutto quello che dipende da lui. Se in ogni mese si mettesse a posto tutto, oh, non sarebbe poi così difficile tener in ordine tutte le nostre cose. E si evita in tal modo lo spreco di tante cosette, che altrimenti rimarrebbero là inoperose.

E soprattutto la carta: quanti mezzi fogli, pezzettini di carta si possono utilizzare… In questo ce ne diede luminoso esempio il nostro D. Rua. Chi riceveva lettera da lui era ben certo di ricevere un mezzo foglio di lettera, o 1’interno di una busta già usata.

Seguiamo questi esempi e facciamo anche noi economia in tutto quello che possiamo.

IL SUPERIORE NEL PENSIERO DI DON BOSCO

(Conferenza a chierici, circa 10/5/44)



Nel pensiero di D. Bosco chi è a capo è una persona consacrata. Cosa importa la consacrazione? Non è solo un’offerta, ma include qualche cosa di più: un sacrificio di tutto se stesso, di tutte le energie fisiche, intellettuali, morali. Fino a che punto? Fino al sacrificio.

Cosa importa il sacrificio? Offerta, trasformazione, consumazione.

Consacrazione è il far sì che una cosa materiale o una persona rappresenti Gesù Cristo.


Il Direttore Salesiano ‑ custode dello spirito di D. Bosco, deve diffondere luce di scienza e di pietà.

1. ‑ Il Direttore secondo le Regole e i Regolamenti. Conf. Reg. e Regolam.

2. ‑ Il Direttore Salesiano secondo lo spirito di D. Bosco:

a) nella pratica dei suoi doveri di religioso.

b) nell’esercizio del suo ufficio.

Come religioso deve tendere alla perfezione ‑ studiare ed osservare le Costituzioni ‑ ubbidire ‑ disciplinato e sacrificato ‑ amante della povertà ‑ studioso delle scienze sacre ‑ pieno di vita e di zelo.

Nel suo ufficio non dimentichi la sua casa ‑ i Ricordi confidenziali ‑ il personale (sacerdoti, chierici, coadiutori, professi triennali). Rendiconti ‑ i giovani ‑ le vocazioni ‑ l’oratorio ‑ moralità e pietà. Relazioni cogli esterni ‑ economia e povertà.


Cosa deve fare il Direttore?

1. ‑ Deve conoscere a perfezione: Regole, regolamenti, tradizioni e tutto ciò che concerne la vita salesiana.

2. ‑ Praticare lui e farli praticare; più che fare lui, deve far fare.

In due casi il Direttore dovrà fare lui:

1. ‑ Quando essendo necessario fare, non c’è chi faccia.

2. ‑ Per dare buon esempio.

Posto ciò che cosa deve fare?

Punto primo: vedere Indice Regole e Regolamenti.

N.B. Quando siamo invitati a qualche ufficio non facciamo troppo i superbi o troppo gli umili (Nel non volere accettare). Ciò è contro la perfezione del voto e non dà buon esempio.

Art. 42 delle Costit. Penso si tratti solo del Direttore delle case regolari o formate.

Punto secondo ‑ Il Direttore secondo lo spirito di D. Bosco. Fonti per lo studio: Ricordi confidenziali (1863). Circolari e istruzioni di D. Rua. Manuale del Direttore (Don Albera 1915). Lettere circolari e disposizioni dei Superiori (Atti: D. Rinaldi, Don Ricaldone); Atti 21, 23, 36, 56 (D. Rinaldi) e Commenti alle strenne: D. Ricaldone. Lettere confidenziali di Mons. Costamagna (1901). Vite di confratelli direttori.

4 CONSIGLI AL DIRETTORE

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(19/5/1944)


1. ‑ Niente ti turbi (calma, dominio di sé, specie nelle difficoltà): “il passato è passato e acqua passata non macina più; il futuro è nelle mani di Dio, stiamo quindi al presente”.

2. ‑ Evita le austerità: la tua penitenza deve essere l’osservanza dei doveri della vita comune. “Le mortificazioni strane corporali non sono secondo lo spirito salesiano”.

Riposo. Dormire 7 ore (al minimo 6, al massimo 8).

Secondo la tradizione antica il Direttore dovrebbe essere il primo ad alzarsi e l’ultimo ad andare a letto. Ciò però non tutti i Superiori sono in grado di fare.

Tradizione antica, quale era nella Regola prima della codificazione (lettera di San Vincenzo): alzarsi alle 4.

È anche ottima tradizione che il Direttore o altri Superiori girino di notte pe i dormitori, ecc.

Quando avete dei lavori che prolunghino la vostra veglia, intendetevi col vostro Superiore (Direttore). Per un poco solo, fino alle 9,30 o alle l0, chi ha la camera propria, può farlo e credo che non contravviene alla Regola.

Io vi consiglio: avete bisogno di lavorare? Presto a dormire e presto ad alzarsi, seguite in ciò la natura; val più mezz’ora al mattino che un’ora di veglia notturna.

C’è poco da dire: la notte è fatta per dormire. Tutta la natura dorme. Dormono i minerali, dormono i vegetali, dormono gli animali: perché solo l’uomo deve rompere l’ordine che Dio ha posto nella natura? Naturam sequere: ne guadagnerete in salute in tutti i sensi! Gran parte della salute dipende da noi: regolarità in tutto.

3. ‑ Celebrare la Messa, recitare il Breviario e fare la visita al SS.mo Sacramento e la Meditazione.

Il Breviario abituatevi a recitarlo a tempo: non aspettate a sera, alle 9 e non si abbia ancora recitato il Breviario. A sera si è stanchi e mezzo addormentati… Basta volere! Non sarà per cattiva volontà; ma vuol dire non avere ordine, non essersi abituati alla regolarità. Bisogna farsi un orario e starvi mordicus.

Non dominus domui, sed domus domino” in casa vostra dovete comandare voi: il corpo è la casa e deve servire a noi, non noi al corpo.

4. ‑ Prima di decidere, nelle cose d’importanza, far elevazione della mente a Dio (Don Bosco era solito dire un’Ave Maria).

Fare tutto con umiltà.


DOVERI DEL DIRETTORE

(26/5/1944)


l. ‑ Regole. Fonti per questo studio: Don Bosco (circolare 6/l/1864; circ. “Unità di spirito e di amministrazione” (1869). D. Rua: circ. No 36, 38. D. Albera, circ. No l0 (Legalità). Don Rinaldi, Atti 23; D. Ricaldone Atti No 74, 91.

Lettura e meditazione delle Regole: esame e pratica. Ricordare il sogno: “qualis salesiana Congregatio esse periclitatur”: Meditatio vestra matutina et vespertina sit de regularum observantia.

Osservarle e farle osservare. L’osservanza può essere: letterale o legale; dello spirito della Regola reso più chiaro dalle tradizioni e dagli usi; nei casi di confratelli ammalati, militari, ecc. i quali non possono seguire la vita della comunità…

Dobbiamo cercare che questo spirito delle tradizioni non vada disperso…”.

C’è una frase caratteristica di D. Bosco: “il meglio è nemico del bene”. Non vuol dire che non dobbiamo andare o fare sempre più e sempre meglio; ma vuol dire che se si vede il meglio fuori della Regola e lo si vuol seguire, si è fuori della Regola: il meglio uccide il bene…”.

Pensiero di S. Francesco di Sales sulle Regole: “Quanto più conosceremo le opere di S. Francesco di Sales, tanto più capiremo lo spirito di D. Bosco”.

Obbedienza. Fonti: Don Bosco “otto avvisi” (8/11/1879); D. Albera circ. No 5; Don Ricaldone: Fedeltà a D. Bosco Santo.

Spirito critico: “è una tendenza naturale sollecitata ed acuita anche dai nostri studi”. Contro questo spirito dobbiamo lottare per tendere alla perfezione. Dobbiamo avere la forza di mettere in tranquillità il nostro spirito cercando di adattarlo al modo di pensare del Superiore.

Pensiero di S. Francesco di Sales sul proprio giudizio.

Il Direttore non deve criticare gli ordini dei suoi Superiori, ma cercare di uniformarvisi quanto più può.



DISCIPLINA E SACRIFICIO

(2/6/1944)


Fonti: D. Bosco, circolare (M.B. Vol. X, 1101). D. Albera circ. No 3.

Disciplina, significa: sentirsi nell’ordine, anche quando tu saresti nelle possibilità di non esserci, trovarvisi lo stesso. Questo spirito è importantissimo nella vita missionaria, in cui tante sono le occasioni di trovarsi fuori comunità.

Esempio di D. Rua: sul letto di morte si fa il suo orario; suo amore per la disciplina. Dobbiamo formarci questa coscienza dello spirito di disciplina.

Spirito di disciplina vuol dire sentire in noi la necessità dell’ordine, della vita comune. Dobbiamo fare tutto il possibile per trovarci puntuali colla comunità.

Io potrei dispensarmi da questo: no, è dovere, è regola, e io lo devo fare! Colui che ha lo spirito di disciplina cerca di fare tutto colla comunità, anche se si trova fuori.

Come conoscere quale deve essere la nostra disciplina?

Canoni per la disciplina della Chiesa, Regole e Regolamenti. Biografie dei nostri confratelli: è il modo più facile per capire come i confratelli hanno concepito lo spirito di D. Bosco. Dispiace che la biografia dei confratelli più eminenti che soprattutto hanno avuto più relazioni con Don Bosco non sia stata fatta.

È mancanza di spirito di disciplina:

1. ‑ Non scrivere o non raccogliere le notizie per le biografie dei confratelli, quando i Superiori lo chiedono. È una vergogna! Nessuno dei confratelli che avrebbero potuto darmi delle notizie o impressioni su Tateishi e D. Arri, si sono fatti vivi! Possibile che non si abbia niente da scrivere? Io intanto non ho potuto buttar giù niente perché mi mancano le notizie…

E così per tanti confratelli, ed anche per D. Bosco: i Superiori hanno scritto di mettere in carta e inviare notizie, ecc., ma in conclusione han dovuto stabilire dei confratelli che girassero per mesi e mesi di qua e di là per le case e scrivessero tutto ciò che riuscivano a sapere. E così si sono raccolte molte notizie delle Memorie Biografiche, ma credetelo, quante ce ne sarebbero ancora, se…

2. ‑ Non rispondere alle lettere. Oh, quanto certi confratelli lasciano a desiderare in questo! “Ma non ho niente da scrivere!”. Scrivi che non hai niente da scrivere, ma non fatti sospirare per la risposta… Vi do per norma di questo: “sbrigare in giornata tutte le pratiche (e le lettere) che arrivano”. È la norma di grandi uomini, delle grandi Ditte, della Paravia di Torino e che la SEI ha imparato a sue spese. Ci si guadagna immensamente nella riputazione e… nella clientela. Non aspettate che il tempo passi.

Pensiero di D. Bosco al riguardo, pensiero pure ribadito insistentemente da D. Rua: “I confratelli Salesiani (e i giovani) debbono almeno una volta al mese, almeno con cartolina postale dare notizie ai propri parenti”.

Quando volete leggere qualche libro che vi animi nell’osservanza delle Regole e nella pratica dello spirito di D. Bosco: leggete le Biografie dei primi salesiani…

Necessità ed importanza di rafforzare la volontà

Conferenza agli studenti di teologia (7/12/1944)11


La nostra vita è una vita di unione del corpo e dello spirito che si influenzano a vicenda e, che secondo il pensiero di S. Francesco di Sales, devono vivere da buoni amici, aiutandosi a vicenda.

Qual è la cura che dobbiamo avere di noi? Che il corpo non abbia il sopravvento sulla parte spirituale. Fra le nostre facoltà ci sono le superiori: giudizio, ragione, volontà, e le inferiori: fantasia, sensibilità, immaginazione, sensitività, memoria, ecc. Come fare perché le inferiori non prendano il sopravvento?

Non eliminandole, perché ciò è contro Dio che ci ha fatti in tal modo e guai se noi ne difettassimo, perché sono quelle che ci abbelliscono ed allietano la vita. Ma se non stiamo attenti c’è pericolo che ci lasciamo trascinare dalla fantasia, la quale ci trasporta fuori del mondo reale, ci indebolisce i nervi con eccessivo eccitamento.

Qualcuno dice: ai nervi non si comanda. Non è vero, i nervi sono come il filo elettrico e sono sempre lì, e da soli non fanno niente senza la forza elettrica; così i nostri nervi sottostanno alla fantasia, e la fantasia sogna, sogna… Riflettiamo un poco e vedremo che la realtà è cosa diversa. Applicando la cosa alla carità vedremo che i pensieri contrari alla carità, le critiche, sono tutto effetto della fantasia, cose senza fondamento. Vediamo nel prossimo il male, l’odio che esso non ha; pensiamo che l’abbia contro di noi, che pensi male di noi, mentre egli non pensa neppure a noi. Tutto questo è effetto di fantasia, che noi dobbiamo usare per il suo fine, non sottraendole tutto l’alimento, ma neppure dandogli troppo, quando vediamo che si eccita tagliamo, tagliamo… Tutto con misura e discrezione. Diamole un nutrimento sano con una vita sana con una vita regolare senza preoccuparci esageratamente dei pericoli dei bombardamenti; senza darle esca con ricercare ansiosamente notizie dei giornali… Siamo uomini e usiamo bene della fantasia. E questo facciamolo con la volontà.

Ma la volontà comanda sì, ma non eseguisce, questa spetta al corpo, e non vuol dire che tutto quello che vogliamo si debba poter fare; molte cose non le possiamo eseguire indipendentemente da noi: ma dobbiamo cercare di rafforzare la nostra volontà. In che modo? Rinuncia e generosità. Rinuncia a tutto quello che ci eccita troppo la fantasia.

Ad es. c’è occasione di leggere il giornale, non vi dico di non leggerlo, ma di non leggerlo quando siete eccitati. Non vi dico: non fare, ma bensì: non agire sotto questo impulso; aspetta un momento, sappiti imporre questa rinuncia.

Quindi passando alla parte positiva: generosità nell’interpretare in bene le azioni del prossimo, il suo modo di pensare e di agire, coprendo col manto della carità le parti difettive. E questa generosità sia nel nostro cuore. Che cosa è l’esecuzione? Un muscolo che si muove, importa allora che vogliamo seriamente, non che riusciamo ad estrinsecarla. Dio premia anche il desiderio. Cerchiamo di diventare uomini di buona volontà, uomini che sanno comandare colla loro volontà a tutti questi pensieri e bisogni istintivi che non dobbiamo eliminare, ma regolare sottomettendoli alla ragione con piccoli atti di rinuncia di cui possiamo sempre riempire tutta la nostra vita quotidiana. Ecco l’esercizio della volontà e il suo campo preferito, quanti meriti ci possiamo ottenere in questo modo; quindi con atti di generosità coi quali possiamo formarci uomini di buona volontà.

In tal modo togliendo questa sopraeccitazione della fantasia ne avvantaggerà anche il corpo, non solo lo spirito. La maggior parte dei mali dipende da noi. Il Signore permette tutte queste cose per i suoi fini; per il nostro bene. Ci domanda di questi sacrifici, ci pone in queste condizioni perché ha scelto per noi la croce, per purificarci. Ecco la nostra santificazione. Considerare il nostro spirito di sacrificio anche in relazione degli altri: tutti questi meriti che ci possiamo fare possiamo applicarli per il bene dei nostri fratelli per quelli che il Signore chiama improvvisamente, per quelli che devono soffrire a causa di tutti questi avvenimenti…



POVERTà

(1944)


l. Fonti. D. Rua, circ. No 34. Ricaldone, Atti No 82. D. Bosco M.B. Vol. X, 1097: circ. sulla economia, che sono le magnae chartae salesiane sulla povertà.

2. Pericoli. Il Direttore (idem per gli altri superiori incaricati di affari amministrativi) è nelle condizioni più pietose per la posizione in cui si trova. Questi pericoli vengono aumentati dal concetto che si ha in relazione al voto di povertà. S. Francesco di Sales dice a costoro: “Si ricordino il passo scritturale: capite nobis, vulpes parvulas quae demoliuntur in vineis…”, cioè: attenti alle piccole cose!

In generale i religiosi pensano di essere in regola sull’osservanza della povertà e non lo sono:

a) per ignoranza;

b) per non dare peso alle piccole cose.

Ma l’infrazione è a tutto spiano: attenti ai permessi presunti! Pigliatevi guardia di trattare il voto di povertà alla norma della teologia morale. La teologia morale vi dice che se arrivate fino a quel punto fate peccato grave; dunque ragionano certi teologhetti o teologuncoli: fin lì ci posso arrivare!

Ecco l’incoerenza di certi religiosi! E non pensano che prima di arrivare a quel punto si è già nella via del peccato!… C’è poco da dire: chi si mette su quella via è già sulla china… Non sarà peccato mortale, ma intanto è peccato: ecco l’incoerenza del religioso che dovrebbe tendere alla perfezione. Badate che anche le piccole cose possono essere peccato.

L’essenza del voto di povertà consiste in questo: che non posso annettermi e disporre di qualsiasi cosa apprezzabile senza il permesso; quindi se ci si annette o appropria qualche cosa già è peccato.




LA LETTURA SPIRITUALE


D. Bosco nel giorno della sua vestizione chiericale scrive: “Dopo quella giornata io dovevo occuparmi di me stesso. La vita fino allora tenuta doveva essere radicalmente riformata. Negli anni addietro non ero stato uno scellerato, ma dissipato, vanaglorioso, occupato in partite, giuochi, salti, trastulli ed altre cose simili, che rallegravano momentaneamente, ma che non appagavano il cuore. Per farmi un tenore di vita da non dimenticarsi ho scritto le seguenti risoluzioni: (fra di esse la sesta dice così: “Oltre le pratiche ordinarie di pietà non ometterò mai di fare un poco di meditazione ed un poco di lettura spirituale”).

Nel regolamento dei giovani al C. l art. 5 consiglia: “Non dimenticate di fare ogni giorno o di ascoltare un poco di lettura spirituale”.

Consiglio che poi fissò definitivamente nelle Costituzioni per tutti i Salesiani al Capitolo XII, art. 154: “Si attenderà per un po’ di tempo alla lettura spirituale”.

Alla parlata del 3 Maggio 1868 nel sogno della discesa all’inferno D. Bosco vede tutti i suoi giovani camminare per una via larga, spaziosa, ben lisciata, fiancheggiata da splendidi fiori.

Ma di tanto in tanto molti cadevano attirati e trascinati dai lacci del demonio verso una spaventevole caverna. Però una mano provvidenziale aveva sparso qua e là molti coltelli che servivano a tagliare o a rompere i lacci. Il coltello più grosso era contro il laccio della superbia, e simboleggiava la meditazione. Un altro coltello assai grosso, ma più piccolo del primo, significava la lettura spirituale ben fatta (Cfr. M.B. IX, 160).

Nelle istruzioni fatte da D. Bosco negli Esercizi spirituali a Trofarello (21/9/1868) parlando delle pratiche di pietà suggerisce: “raccomando poi anche la lettura spirituale, specialmente a chi non fosse capace di fare la meditazione senza libro. Perciò leggere qualche tratto, riflettere a quello che si è letto, per conoscere ciò che dobbiamo correggere nella nostra condotta. Ciò servirà ad innamorarci sempre più del Signore, e a prendere lena per salvare l’anima. Chi può faccia la lettura e visita in comune; chi non potesse la faccia in privato” (IX, 336).

Fin dal 1875 la lettura spirituale nel noviziato si fa separatamente dagli altri confratelli (XI).

D. Rua nella circ. 21 (5 agosto 1900) per la formazione religiosa dei novizi stabilisce che nei due mesi precedenti alla professione si prolunghi a mezz’ora la lettura spirituale già solita a farsi in comune e se ne faccia poi circa un’altra ora in privato su d’un libro particolare che ciascuno creda a sé più adatto.

E nella circolare No 32 del 1/9/1906 la viva raccomandazione a tutti i salesiani di non tralasciare mai la lettura spirituale.

La tradizione salesiana porta che si faccia una breve lettura spirituale dopo la Santa Messa, come pensiero direttivo della giornata.



CASTITà 12

1944


Mezzi per conservare la castità.

l) In questa questione non cercar la soluzione dei dubbi e la pace del cuore:

a) in libri di qualsiasi genere;

b) presso i compagni. Ma solo presso i veri amici dell’anima tua: i Superiori.

2) Osservanza fedele delle Costituzioni e Regolamenti (Costit. Introduz. di D. Bosco: “trionfante d’ogni vizio e fedele custode, ecc.”).

3) Fiducia illimitata nei Superiori e nel confessore…

Mancanze

Ogni mancanza anche involontaria e solo materiale implica una rottura d’equilibrio, che se non è imputata a colpa, pure deve avere una sanzione; e quindi bisogna fare di tutto per evitare anche le mancanze semplicemente materiali (1944).


PREDICAZIONE

Dobbiamo essere disposti a predicare sempre e sempre.

Non siate come certi preti che ci vogliono gli argani per farli parlare!

Quando siete richiesti o pregati di fare una predica, non fate tante storie; accettate subito: e pensate subito su che cosa parlare.

Dobbiamo essere sempre pronti a parlare; non fate come tanti pretini che fan di tutto per schivare di far la predica: ma dove siamo?!

Ma per parlare, per aver argomento su che parlare, non aspettate quando sarete preti, fin da adesso raccogliete, raccogliete materiale predicabile. Così quando vi inviteranno a predicare, farete in fretta a trovare la materia (Tokyo 25/5/1944).


PECCATO E MANCANZE


Il problema morale è come una bilancia: la bilancia sta sul fulcro. Per ogni difetto la bilancia cala o poco o molto e l’equilibrio è rotto, sia che il peccato o la mancanza sia volontaria o no, non importa.

Ora bisogna restituire l’equilibrio subito, finché questo squilibrio non diventi stabile, perché se non diventa tale, ad una prossima mancanza si scenderà sempre più in basso e sarà sempre più difficile restituire l’equilibrio rotto.

E ciò per qualsiasi squilibrio. Dio che è ordine assoluto non può soffrire che l’ordine da lui stabilito venga offeso, e ad ogni deviamento inesorabilmente una restituzione d’ordine (pene, castighi, smacchi, ecc.). (Tokyo Maggio 1944).




5 CONSIGLI A UN CHIERICO13

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Hai dei talenti: trafficali con impegno (ah, quanto aspetta la Chiesa e la Congregazione!), impara bene il giapponese; occupa e approfitta bene del tempo. Sii osservantissimo delle Regole e sempre in contatto stretto coi Superiori, specie col Direttore, soprattutto nei dubbi va’ e parla!

Se pure troverai qualche confratello poco osservante: tu sta’ sempre attaccato alla regola!” (Dic. 1938).

Non farai nessuna mortificazione corporale senza il permesso o del Direttore o del Confessore. Le mortificazioni che puoi offrire al Signore sono: aspetta un po’ a bere quando hai sete, oppure bevi solamente metà di quello che berresti, oppure altre del genere.

A riguardo della bella virtù, attenti a non esagerare: anche le azioni che riguardano la cura del corpo sono più che sante. Facendole vedi di stare unito al Signore colla preghiera, e sta’ tranquillo…“Non turbarti eccessivamente per quello che avviene naturalmente. È chiaro che vengano alla mente cattivi pensieri, distrazioni, ecc.

Quello che importa è che non diamo il nostro consenso. Facciamo anche una chiara distinzione tra quello che avviene naturalmente e senza il nostro concorso da quello che avviene perché lo vogliamo noi. Se non ci fu l’assenso non dobbiamo turbarci, non ci fu neppure il minimo peccato: cercare piuttosto di eccitarci ad atti di amore al Signore.

Neppure bisogna temere per certi giudizi che sorgono: è naturale che la mente sia portata a giudicare in bene o in male, a seconda dell’impressione ricevuta dai sensi. L’importante è che non ci fermiamo in tali pensieri e che non prestiamo il nostro assenso.

Sta’ tranquillo: il Signore è contento di te! Nel prossimo mese vedi di correggere qualcuno dei tuoi difetti affinché possa piacere sempre di più al Signore”.

Che il tuo occhio non sia cattivo, non vedere tutto cattivo! Fa’ in modo anche di non perdere la calma del tuo spirito. Forse che il Signore non fa tutto bene? Forse che il corpo anche della donna non è stato fatto dal Signore! Perché allora ti turbi così eccessivamente? Non è bene essere scrupolosi. Nelle confessioni non è necessario manifestare anche le minime circostanze e particolari; così pure non occorre dire tutte le inclinazioni ecc. che potessero essere in te. La confessione è fatta per la remissione dei peccati: non sei quindi tenuto a dire quello che non è peccato.

Ti consiglio di non ritornare più su queste cose nelle confessioni. Tali cose si dicono al Direttore della casa che, secondo i sacri Canoni, nelle nostre case è il direttore spirituale. Sii obbediente verso di chi dirige l’anima tua! Durante questo mese di Maggio chiedi alla Madonna la grazia di poter agire secondo i consigli dei tuoi superiori, ed anche che il tuo occhio diventi semplice”.

A riguardo della castità ricordati quanto già ti dissi e mettilo fedelmente in pratica. La pietà operosa fortifichi la tua anima nel bene. Non vedere il male dove non c’è.

A riguardo della carità: quando provi qualche tentazione offri per quel confratello un atto di amore a Nostro Signore con semplicità di cuore.

Non preoccuparti quando ti senti tentato: quando non dai il consenso non c’è nulla da temere del peccato!”.


DETTI DI MONSIGNOR CIMATTI RACCOLTI DAI CHIERICI14

(Circa anno 1954)


1. ‑ Il Salesiano non deve aver paura di lavorare e di lavorare in qualsiasi genere di lavoro.

2. ‑ Il passato è passato e… acqua passata non macina più… L’avvenire è nelle mani di Dio… il Signore ci penserà. Hai a tua disposizione il presente: age quod agis… fa’ quello che devi fare e fallo il meglio che ti sia possibile.

3. ‑ (Quando gli si fa qualche giusta lode…): Avete del buon tempo voi!

4. ‑ Per il nostro spirito non ci deve essere mai vacanza…

5. ‑ “Ma, Monsignore, gioca ancora a 70 anni?”. ‑ “E perché non dovrei giocare?”.

6. ‑ Il metodo più pratico per progredire nella santità è quello di sostituire toties quo­ties a una parola o pensiero o azione non buona (anche solo materialmente), una parola o pensiero o azione buona dello stesso genere.

7. ‑ Fare ogni giorno un po’ di più. Far quel che si può e ancora un po’ di più…

8. ‑ Direte che i vecchi brontolano… che lodano il tempo passato, ma è così, ne sono sicuro… (N.B. Non che brontola, ma quello che afferma).

9. ‑ Il Salesiano deve aver occhio a tutto, tutte le cose di casa devono essere sentite come proprie personali, e provvedere secondo questa convinzione.

10. ‑ Il nostro corpo dobbiamo educarlo come vogliamo noi… La prontezza a sopportare il caldo, il freddo… non si improvvisano. Dobbiamo abituarlo a ciò prima che ci venga imposto dalla necessità.

11. ‑ Le vacanze possono essere il periodo spiritualmente più fruttuoso o il più deleterio. Sta a noi renderle fruttuose o no.

12. ‑ Cosa vuoi fare! Dobbiamo imparare a sopportare prima noi stessi e poi gli altri!

13. ‑ Abbiamo bisogno di ricordarceli spesso a vicenda i nostri doveri, per essere costanti nel praticarli.

14. ‑ Lo studio della lingua, la preghiera e il buon esempio ti fanno già missionario.

15. ‑ Ciò che non riesci a fare tu, lo farà il Signore!

16. ‑ Miei cari salesianetti: vita comune, vita comune, povertà, povertà. La povertà consiste nella vita comune.

17. ‑ Aggiornarsi? Sì, ma lasciando intatto il 10o articolo delle Regole.

18. ‑ (Allorché la casa si trova in strettezze economiche): “Facciamo il nostro dovere. Questo è il mezzo sicuro per ottenere dal Signore l’aiuto”.

19. ‑ (Ad un confratello umiliato per qualche mancanza esterna…): Tutte queste cose servono a meglio conoscerci. Adesso ci conosciamo meglio!

20. ‑ La nostra vita è come una bilancia: quando facciamo un’opera cattiva la bilancia si abbassa, perde l’equilibrio. Per equilibrarla dobbiamo fare un’opera buona. Così con i nostri difetti. Commettiamo un atto contro l’umiltà? Facciamo subito un altro atto di umiltà.

21. ‑ Io vi ripeto soltanto quello che ho sentito dai miei antichi Superiori.

22. ‑ Abituiamoci a fare l’esame di coscienza dopo ogni azione importante, mentre andiamo in chiesa, in refettorio, in studio…

23. ‑ (Parlando di sue cose, di sua musica, o affidando a qualcuno un certo lavoro): Tutto per il Signore!




IL GALATEO15

6 Chofu, 31/1/59

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A facilitare la pratica esecuzione dell’articolo 318 dei nostri Regolamenti per le Case di formazione sulla cristiana urbanità mi pare possa servire assai il presente manualetto, compilato dal personale della casa di Noviziato di Chofu (Tokyo).

Tutti questi insegnamenti ben si addicono al religioso ed al sacerdote, e sono di grande aiuto per l’apostolato.

È indispensabile che noi pur restando uomini di Dio, siamo anche uomini di società e di buona compagnia per guadagnare a Gesù Cristo un maggior numero di anime.

Scopo del manualetto è di aiutare il nostro personale in formazione a far proprio questo necessario complemento della loro formazione religiosa e sacerdotale.


D. V. Cimatti, salesiano

Direttore




1 Quattro facciate di carta di quaderno, scrittura assai minuta. Più che una conferenza, si dubita che sia una esercitazione del tempo anteriore all’ordinazione sacerdotale, o dei primi anni di sacerdozio. Poi può anche essere stata utilizzata come materiale per conferenze.

2 Senza data, ma dei primi anni di vita sacerdotale.

3 Manoscritto certo dei primi anni di sacerdozio su quattro facciate non numerate. L’ordine potrebbe essere invertito.

4 Il direttore salesiano, ogni mese deve tenere almeno due conferenze ai confratelli, specialmente a quelli in formazione. Don Cimatti fu per molti anni formatore dei chierici e poi direttore a Valsalice dal 1922 al 1925. Lo fu poi ancora per molti anni in Giappone. In tale posizione tenne moltissime conferenze sulla vita cristiana e religiosa. Abbiamo molti suoi appunti, spesso su semplici foglietti a cui apponeva la data.in cui doveva parlare. Pensiamo che ne manchino molti. Presentiamo qui le conferenze tenute ai chierici di Valsalice dal 1923 al 1925. Il 5 ottobre di quell’anno finí l’ufficio di direttore e cominciò a prepararsi per partire verso il Giappone.

5 Conferenza ai chierici di Valsalice in occasione della Quaresima.

6 Queste riflesssioni si trovano su dei foglietti dell’anno 1931-1932 circa.

Don Cimatti era arrivato in Giappone nel 1926. Nel 1930 erano arrivati i primi chierici studenti di filosofia dall’Italia. I primi mesi li passarono a Miyazaki in zona Oyodo. In novembre lo studentato fu trasportato a Takanabe, un paesino vicino a Miyazaki. Don Cimatti teneva loro lezioni e conferenze di argomento vario. Nell’originale manca il titolo. Si pensa che siano appunti o materiale di conferenze.

7 Nel 1935 lo studentato salesiano fu trasportato a Tokyo in zona Nerima. Per gli studi frequentavano il Seminario diocesano non molto lontano. Nel 1940 dominavano i militari e il nazionalismo diventava sempre più esasperato. Questa conferenza fu tenuta ai chierici membri della compagnia dell’Immacolata. Gli Ordinari stranieri per ordine del governo avevano dovuto dare le dimissioni, e Don Cimatti Prefetto Apostolico di Miyazaki e Oita fu il primo a darle, ma la cosa non era ancora di pubblico dominio. L’annuncio del suo successore venne dato il 2/12/40. A riguardo di questa conferenza sulla cronaca della compagnia viene così annotato: “Mons. Cimatti partecipò all’adunanza della nostra compagnia… ci tenne una graditissima conferenza che durò un’ora e tre quarti, ma che ci tenne tutti attentissimi, senza stancarci affatto”. Su questo argomento conviene consultare anche la predica degli Esercizi Spirituali dello stesso anno alla fine di dicembre.


8 Conferenza fatta ai chierici teologi. Appunti del ch. G. Mantegazza.

9 Schema di conferenza ai chierici. Appunti dell’allora chierico Luigi Del Col.

10 Conferenza alla comunità dello studentato. Da notarsi che che mentre prima i teologi andavano a scuola al Seminario diocesano di Tokyo, a causa dei pericoli della guerra (il Seminario era stato colpito dalle bombe) d’ora in poi gli studi si fecero in casa. Nacque cosí lo studentato salesiano di Tokyo. C’era stato anche il cambiamento del Direttore della casa: il nuovo direttore era Don Clodoveo Tassinari. Gli appunti sono del ch. Luigi Del Col.


11 Si tenga presente che si era nel periodo in cui i bombardamenti di Tokyo era cosa di ogni giorno e si può dire, di ogni notte. Gli appunti sono del ch. Luigi Del Col.


12 I pensieri che seguono sono appunti presi da D. Luigi Del Col in generale nel 1944 durante le lezioni tenute da Mons. Cimatti agli studenti teologi.


13 Quanto viene qui riportato sono i consigli ricevuti dal chierico Luigi Del Col in occasione di colloqui con Don Cimatti nel periodo in cui era Ispettore Salesiano. Il chierico li mise in carta subito dopo l’incontro. Non sono fedeli ad litteram, ma certo per quanto riguarda la sostanza.. Sono consigli dati in varie circostanze e non seguono un filo logico.

14 Nel 1950 lo studentato fu trasportato a Chofu, nei dintorni di Tokyo, dove si trova ancora attualmente. Don Cimatti aveva cessato di essere Ispettore. Nel nobembre 1952 ne divenne direttore e fino alla fine lavorò per la formazione dei chierici. Di questo periodo abbiamo le “Conferenze sulla vita religiosa” poigrafate e riportate in un’altra raccolta.

I pensieri qui riportati furono raccolti dai chierici che ebbero contatto con lui nei primi anni di direttorato dello Studentato.

15 Parole di presentazione ad un fascicolo di galateo uscito poligrafato.