1914 berruti


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1914 / Berruti Pietro / 1937-9-8 /


a Don Pietro Berruti, Vicario del Rettor Maggiore dei salesiani



1 Pensieri sullo studentato1

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[8 settembre 1937]


Le presenti osservazioni, caldeggiate dai missionari e salesiani del Giappone, non hanno per nulla lo scopo di opporsi alle disposizioni dei Superiori, ma di concorrere nei limiti del possibile a chiarire l’importante, delicata questione dal cui buon esito dipendono tanti altri problemi vitali per la Congregazione e Missione salesiana in Giappone.


Antefatti


  1. Il problema delle vocazioni indigene fu affrettato fin dal 1927 all’inizio del lavoro di apostolato dei primi salesiani del Giappone. A tutt’oggi si ha il seguente risultato.

ASPIRANTATO a Nakatsu N. 21 (indigeni). PICCOLO SEMINARIO, Miyazaki, 46. GRAN SEMINARIO, Tokyo N. 10 indigeni. SCUOLA TEOLOGICA, sales. frequent. Tokyo, N. 8 Sales. Vocazioni sales. indigene 2 chierici filosofia, 2 coadiutori, 3 novizi. Vocazioni salesiane estere 7 filosofi e 6 novizi.

  1. Locali costruiti ex novo o riattati: Nakatsu (aspirantato); Miyazaki (Seminario); Noviziato e studentato a Tokyo.

  2. Tutto questo si fece col consenso e aiuto della Chiesa per quanto si riferisce alla Missione; col consenso ed aiuto dei Superiori per ciò che si riferisce alla Congregazione.

  3. Intuitu dello Studentato filosofico e teologico i Superiori inviarono personale (Don Marega, Don Romani – penso anche Don Rodriguez e Don Erdo che in Europa si trovavano in case del genere).

  4. La soluzione attuale (teologia nel seminario di Tokyo) fu permessa dai Superiori ad tempus. Mi scriveva il compianto Don Fascie: “È però volontà dei Superiori che il Giappone abbia il suo studentato teologico al più presto”. I motivi che – penso – indussero i Superiori ad autorizzare la fondazione dello studentato teologico a Tokyo, furono dal sottoscritto elencati nella domanda: breviter si possono così riassumere:


    1. facilità di accedere al Gran Seminario dove vi sono buoni professori per le materie fondamentali; svolte in relazione anche alle necessità del Giappone;

    2. le materie secondarie: in Seminario (se gli allievi possono seguire i corsi in giapponese, sarebbe l’ideale!), o in casa;

    3. preziose relazioni con i professori e coi futuri missionari – salesiani o no. È un appoggio incalcolabile per chi conosce lo spirito giapponese;

    4. gli studi fatti a Tokyo hanno un gran significato per i giapponesi, tanto per le autorità che per gli altri: Tokyo per questo popolo è tutto;

    5. ottima propaganda salesiana in ogni senso;

    6. fecondo spirito di emulazione per i nostri e per i giapponesi.


Inconvenienti


  1. Perdita di tempo nei viaggi e spirito di divagazione per i leggeri.

  2. Data la differenza degli studi preparatori, per vari dei nostri, la scuola del seminario può rappresentare uno studio esiguo.

  3. È un’eccezione.


Alla proposta di uno studentato centrale per l’Estremo Oriente ad Hong Kong (o altrove) si fanno rispettosamente le seguenti osservazioni, o meglio si pregano i Superiori a tener presenti questi pensieri, che riteniamo della massima importanza nella soluzione della questione.


  1. Pur non tenendo conto della prova (purtroppo non riuscita) già fatta di teologi giapponesi ad Hong Kong e dei motivi di non riuscita;


    1. il clima non buono a Hong Kong (ah, quella valletta!);

    2. l’alimentazione diversa in Cina,


fanno prevedere già altro insuccesso dal punto di vista materiale e sanitario.


  1. La formazione del personale in posto deve essere, pare, in conformità alle esigenze e bisogni della missione. Per quattro anni, e proprio i più preziosi, il personale è sottratto a questa formazione:


    1. di lingua

    2. di usanze, feste, ecc. e modalità delle medesime

    3. e di altre cose che solo in posto, per tante occasioni che sorgono naturalmente, si possono effettuare.


La missione della Cina è “toto coelo” differente da quella del Giappone sotto tutti gli aspetti (l’unico uguale la gloria di Dio e la salute delle anime).

I Superiori, per quanto indipendenti si vogliano pensare, non potranno non investirsi dei bisogni della Missione in cui vivono e per la massima parte (penso) dei teologi per cui lavorano. L’Ispettore cinese ancor di più: ed è naturale ed umano. L’aiuto di insegnanti provenienti dalle regioni che mantengono studenti, acuiranno di più la divisione in gruppi (anziché unire).

Piuttosto che avere i chierici in altre mani è meglio averli in Italia, presso i Superiori, presso Don Bosco e Maria Aus. – Avremo così almeno buoni preti, buoni salesiani. E per i motivi di salute o altro (mutate condizioni di famiglia) non potessero ritornare, sono già in sede.

Si può dire che con questo cade il problema della formazione del personale in posto – ed è a domandarsi se non sia meglio piantar lì anche la formazione in posto dei novizi e studenti. Ad ogni modo meglio in Italia che altrove.

3. Dal punto di vista giapponese poi crescono le difficoltà:


  1. l’invio dei nostri in Cina (ad Hong Kong: ed Hong Kong è Cina) è assai nocivo. Ai Superiori è noto in che condizioni siano gli stranieri in Giappone – e quanto sia grave e per noi disonorifica la condizione in cui ci veniamo a trovare nel dover asserire che si inviano i nostri in Cina per la loro formazione. È questione di estrema delicatezza e su questo richiamo con tutte le mie forze – per quanto povere siano – l’attenzione dei Superiori;

  2. con questo esodo veniamo a svalorizzare del tutto il lavoro di formazione in posto. Penso che i Visitatori si siano resi conto delle difficoltà, che come missionari stranieri incontriamo in Giappone:


  1. Difficoltà di immedesimarci dello spirito giapponese, e finché non c’è questo sarà sempre fra noi la barriera – non si amerà questo gran Paese – e la religione, anche per questo, non muoverà un passo. Difficoltà di lingua: nessuno di noi la possiede bene. Qualche chierico fa buona prova… Ma se cesserà… Quelli tornati da Hong Kong hanno ora bisogno del maestro come prima, se non di più.

  2. Difficoltà di compenetrarci coi bisogni di queste anime (che come quelle della Cina e Siam) hanno il loro fondamento nella loro storia civile, nelle loro abitudini, nella loro morale. Leggi, codici ecc., giapponesi che devono essere maneggiati nella morale, nel diritto, ecc. e che fanno a pugni con quelli di altre nazioni (se li hanno). Problemi religiosi, che tormentano queste anime, e che devono essere risolti in teologia per queste anime… se no, si è eternamente da capo… cioè il missionario porta le sue idee apprese in teologia e le applica ai giapponesi colla sua mentalità europea… E sarà l’eterno separato da queste care anime, che S. Francesco chiamava “delizie sue” (e lo sono! Oh, se lo sono! Delizie nostre!).

  3. Difficoltà di svestirci di noi per divenire loro, il massimo sacrificio, ma altresì la massima necessità.

Mi domando, come fuori dell’ambiente giapponese tutto questo si possa effettuare con frutto, intendo dire come possa effettuarsi questa giapponesizzazione, che trova già tante difficoltà in posto stesso.

  1. Cominciamo ad avere confratelli giapponesi. Pensino i Superiori che cosa si concluderà se questi cari figliuoli dovessero essere inviati ad Hong Kong.


Le cose accennate mi pare debbono servire a chiarire il difficile problema. Noi tutti sconsigliamo, o meglio, se fossimo interrogati dai Superiori risponderemmo negative per Hong Kong o altrove.

Meglio l’Italia, se i Superiori ritengono non poter concedere il permesso per lo studentato in sede giapponese.

Per me (personalmente) se deve effettuarsi l’esodo, è meglio studiare a fondo l’intero problema sulla formazione del personale in posto, e tornare all’antico.

Don V. Cimatti, sales.

1 Per il medesimo problema cfr. lettera al Consigliere Scolastico Generale, Don R. Ziggiotti del 24 Settembre 1937.