essere coltivate e di esprimersi.
Il fanciullo è una «persona», una
persona in potenza naturalmen-
te, ma già dotata di tutte quelle
dimensioni che, sviluppandosi,
formeranno la sua identità e la
sua ricchezza personale. Ci sono
già in lui, inscritte, le sue poten-
zialità fisiche, intellettive, psico-
affettive, morali e spirituali; ci
sono già le sue propensioni, le
sue inclinazioni, il suo tempera-
mento; ci sono già le sue ener-
gie, i suoi talenti e i suoi limiti. Il
fanciullo è già se stesso; quello
che egli può diventare è già in
lui. Solo che tutte le potenzialità
di cui egli è dotato, perché si svi-
luppino pienamente, hanno bi-
sogno di essere stimolate, eserci-
tate, sostenute, orientate.
Lo sviluppo delle potenzialità
umane non è un processo auto-
matico, non è un percorso retti-
lineo, senza ostacoli, inciampi,
rischi di deviazione. È un per-
corso faticoso, che il fanciullo
non può compiere da solo e lun-
go il quale ha bisogno di essere
sostenuto da ·altri con amorevole
cura.
L'educazione è appunto que-
sto sostegno offerto al fanciullo
perché egli sviluppi tutte le sue
potenzialità, perché diventi se
stesso. L'educazione è, sostan-
zialmente, promozione della
persona, è un processo median-
te il quale si aiuta l'altro ad esse-
re sempre più e sempre meglio
se stesso.
Per i genitori, dunque (ma il
discorso vale per ogni educato-
re), educare significa - secondo
l'espressione usata dai vescovi
italiani nel Direttorio di Pasto-
rale Familiare - «rispettare e
promuovere pienamente l'iden-
tità personale e sociale dei figli»
(n. 143).
«Rispettare» fa capire che l'i-
dentità c'è già nei figli e che oc-
corre tenerne conto, che non si
può ignorarla; «promuovere» la-
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scia intendere il sostegno e l'im-
pegno dei genitori perché essa si
sviluppi e maturi.
ALCUNE
ATTENZIONI
Aiutare i figli a sviluppare pie-
namente le loro potenzialità è
un compito impegnativo per i
genitori, ma non certo impossi-
bile, anche oggi. Esso comporta
alcune attenzioni ed esigenze,
che si pongono anche come
condizioni per l'efficacia dell' a-
zione educativa.
1. Individuare le potenzialità
dei figli: si tratta di sforzarsi di
conoscere bene i figli, di capire
il loro mondo, le loro situazioni
interiori, di scoprire e di tenere
presenti le loro capacità e i loro
talenti, evitando sia di sottovalu-
tarli sia di sopravvalutarli.
2. Favorirne il libero svilup-
po: le potenzialità dei ragazzi
possono oggi essere facilmente e
fortemente condizionate e «alie-
nate» da stimoli, proposte e mo-
delli di massa, indiscriminata-
mente e abbondantemente diffu-
si dai mass-media e da occulti
centri di potere. Si tratta, per i
genitori, di essere vicini ai figli e
di abilitarli a decodificare, cioè
ad interpretare criticamente i
messaggi da cui sono raggiunti;
si tratta, quindi, anche di salva-
guardare le loro potenzialità dai
condizionamenti fuorvianti e di
orientarne lo sviluppo verso tra-
guardi possibili, personalmente
meditati e coerenti.
3. Infondere fiducia in se
stessi: lo sviluppo delle proprie
potenzialità, per un ragazzo o
un giovane, anche se guidato e
sostenuto dai genitori e dagli
educatori, è sempre, fondamen-
talmente, un autosviluppo. E
questo autosviluppo diventa dif-
ficile se non c'è la fiducia in se
stessi, l'autostima. È, perc10,
un'attenzione educativa fonda-
mentale, da parte dei genitori,
quella di infondere nei figli la fi-
ducia in se stessi. Si tratta di ap-
prezzare e di saper valorizzare il
positivo che c'è nei figli, quello
che essi sanno fare (nello studio,
a casa, nel gioco e nelle attività
creative), di non drammatizzare
su eventuali loro insuccessi, di
non ingigantire le dimensioni e
la portata di alcuni loro limiti
(quanto sono deleterie, per i ri-
svolti di frustrazione che posso-
no avere nell'animo dei figli,
espressioni del tipo: «tu non ca-
pisci niente», «tu non sai fare
niente», «lo sapevo che non po-
tevo fidarmi di te» etc.!).
4. Non identificarsi nei figli: i
figli sono altro dai genitori, sono
già e devono essere aiutati a di-
ventare sempre meglio se stessi,
non una copia dei genitori. È fa-
cile, invece, e frequente nei ge-
nitori la tentazione di proiettarsi
nei figli, di desiderare e di esige-
re che i figli facciano certe scel-
te, che pensino alla loro stessa
maniera, che si propongano i
loro stessi obiettivi. Si tratta al-
lora, per i genitori, di essere vi-
gilanti sulla propria relazione
con i figli, di interrogarsi su di
essa e di evitare possibili, a volte
anche involontarie, degenera-
zioni possessive.
5. Essere vicini ai figli, ma
non assillarli: i figli hanno sì bi-
sogno di sentirsi e di essere libe-
ri, ma hanno altrettanto bisogno
di sentire vicini i loro genitori, di
sentirli interessati alla loro cre-
scita e al loro bene, di trovarseli
accanto quando vogliono o han-
no bisogno di loro. Anche quan-
do, in certe fasi del loro svilup-
po, sembrano prendere le di-