Bollettino_Salesiano_199106cooperatori


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ANNO 115 - N. 11 • 2• QUINDICINA • 15 GIUGNO 1991
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70)
SUSSIDIO
FORMA
1991 ·19
RIVISTA FONDATA
DA S. GIOVANNI BOSCO
NEL 1877
Il cooperatore salesiano si sente
intimamente solidale con il mondo
in cui vive e nel quale è chiamato
ad essere luce e lievito (RVA 29,1)
1/ 65

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Parlare di territorio come
«spazio dove la persona è
chiamata ad assumere le
proprie responsabilità»
significa impegnarsi perché
esistano nel concreto le
condizioni oggettive per
un'effettiva parteciazione.
Si chiede dunque di avere
l'attenzione, il coraggio e la
costanza di mettersi sempre
nell 'ottica della persona . Ciò
suppone:
- una grande passione per
l'uomo;
- una disponibilità continua
alla modifica delle strutture,
qualora i bisogni delle
persone siano mutati;
- una possibilità reale di
scelta libera dei servizi
sociali, sempre a «misura
dell'uomo» che ne ha
bisogno;
- una costante attenzione a
come viene gestito il potere
nel territorio, pronti ad
intervenire ogni volta che i
diritti delle persone e la loro
dignità siano offesi o non
sufficientemente rispettati .
2/ 66
Siamo al l'ultima tappa del piano pastorale triennale tracciato dal-
l'ACS. È stato un cammino seg na to da alcun i IMPEGNI , ai quali si è
ce rcato di essere fedel i, nell 'elaborare i va ri Su ssidi:
FEDEL AGLI ORI ENTAMENTI PASTORALI DELLA CHIESA
- SINTONIA CON IL CAMMINO FORMATIVO SALESIANO.
Non so no mancat i limiti e difficoltà.
SUSSIDIO 1991-1992
• La PRESENZA E MISS IONE nel territorio è senza d ubbio un
tema sign ifi ca ti vo lo esige qualsiasi processo di educazione ed evan-
gelizzazione. È anche una risposta ai costanti appel li e rif lessioni del
Magistero ecc lesiale e sa lesiano.
IL SUSSIDIO 1991-199 2 è stato curato da Don Nicola Palmisa-
no. A lui il grazie a ff ettuoso e riconoscente di tutti i Cooperatori d' Ita-
li a. Con compe tenza e intuizione tratta il te ma del «Territorio » al la
lu ce della vocazione de l Cooperatore sa lesia no.
Presenta il co ntenuto in due parti:
Prima Parte.· IL TERRITOR IO INTERPELLA I COOPERATORI ne lle
prime tre lezioni .
Seconda Parte. IL COOPERATORE SALES IANO INTERPELLA IL
TERR ITOR IO nell e altre quattro lezioni.
Mi sembra anche opportuno ricordare che il Sussid io è orien-
tati vo , non faco ltativo. Va adattato alle varie «situa zio ni», ma utilizza-
to da tutt i e in tutti i cen tri.
È co mpito deg li a nim atori format ivi operare una sapiente me-
diazion e.
Il Sussidio è il punto di riferim en to comune che ori e nta la nostra
vita ass oc iativa.
Il tema di quest'anno è ino ltre di est rema importanza , anche
per il ri lancio de ll 'Associazione. È un'occasione per superare la nostra
tendenza a «isolarci »'
Siamo invitati a «GUARDARCI ATTORNO » pe r cogliere sensibili-
, conoscere e studiare le grandi sfide della nostra società e inserirci
nella COMUNITÀ UMANA E CRISTIANA COM E PORTATORI DI UN CA-
RISMA SPEC IFI CO.
Siamo chiamati a vivere nel contesto popo lare quotidiano, a vive-
re «tra la gente » per essere dei piacevoli compagni di viaggio .
LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE interpe ll a nel le Chiese locali
anche i Cooperatori Salesiani. Occorre un irsi ad altre forze e interve-
nire nel la fase creativa e programmatica deg li interventi provocati da l
terr itorio.
C'è tanto lavoro in questa «vi gna » gravata da ma li moral i, da
povertà umi lianti , segnata da ma lesse ri , da fenomeni di vio lenza
inquietanti
Avanti con fidu cia' Sappiamo che lavorare in questa VIGNA co-
sta fati c a: ma siamo fort unati' Abbiamo un Padrone che paga bene .
Ce lo rico rda Don Bosco 1
Don Alfonso Alfano
Delegato nazionale

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Il territorio della complessità
Lasciatevi guidare dall'amore di Dio
e fatevi servi gli uni degli altri
(Gal 5, / 3)
I sociologi parlano sempre più
diffusamente di società complessa,
di società segmentata di pluralità di
appartenenze, di società frantumata ,
di politeismo anche a livello del
vissuto religioso.
E noi possiamo parlare dei MILLE
NOMI DEL TERRITORIO
11 TERRITORIO
RELAZIONALE
È il tessuto dei rapporti uma;ii, fon-
dati sulla vic in anza di ind ividui , di fa-
miglie , di gruppi . Qui l'interscambio
sal da identità personale ed es ig enze
di soc ialità . E il processo di socializ-
zaz ion e si caratte r izza per due ten-
denze generali:
- quella di apr irsi e partecipare
alla vita dell 'intera umanità, superan-
do la chiusura dei gruppi ;
- quella di sv iluppare e organiz-
zare la vita dentro raggruppamenti
umani più picco li , ben definiti e con-
creti, dentro punti di riferimento in cui
far maturare e riportare le decisioni e
le responsabili ta : famiglia , gruppo,
co llettività di quartiere.
strutture (scolastica , sa nitaria , dei
traspo rt i, informativa e telecomunica-
ti va , religiosa , distensiva , ludi co-
spo rti va ... ). A vo lte, questo territorio
co rp ora tivi sti came nte si disaggrega
in sottogrupp i di sa lotti e c lan e comi-
tati d 'affari e «reti di conoscen ze.. , e
diventa spesso vio lento, anche per
l'esasperarsi della contrapposizione
corporat iva .
Le stru ttur e dovrebbero rendere
possibile il co in vo lgimento reale di
tutti i c ittadini ne ll a gestione de ll a
cosa pubblica, l'indi viduazione dei bi-
sogni , la valutazi one de ll e risposte e
dovrebbero inoltre conse ntire un
pronto inte rve nto nei co nfronti di per-
sone o famiglie in difficoltà o un 'azio-
ne di preven z ione e di cura delle si -
tu azio ni di emarg inazione e di de-
vian za . A volte , però , si tratta di terri -
tori o frammentato; settoriali zzato,
inesistente .
Si riscontra un diffuso sco llam ento
della società civile dalla classe politi-
ca e una notevole disaffezione dei
giova ni dall ' interesse per la cosa
pubblica , dalla politica . Eppure og gi
non si può non fare i con ti co n le isti-
tu zion i di un territorio (circoscrizio ni ,
comuni , distretti scolastici , CMAS ,
CIM ... , USSL, co mu nità mon tan e, aree
metropo litane , pro vin ce , regioni e tut-
te le istituzioni dell o Stato a li ve ll o pe-
riferico) .
degna di questo nome , ci ascuno deve
avere una casa pe r amare , una scuo-
la per imparare, un 'officina per lavo-
rare , un ospeda le per guarire, una
chiesa per pregare, e poi tanti giardi -
ni perché i bamini possano giocare
ed i vecch i riposare in sa nta pace " (V .
Citterich , Un santo al Cremlino, Mila-
no 1986, p. 38) .
Dovrebbe essere ... , ma quanto
spesso è so lo il terr itori o del potere ,
dei partiti, delle oligarchie ..
Dov la ci ttà per l'uomo?
«Sono da menziona re, in qu esto
con testo, i grav i prob le mi della mo-
de rn a urbanizzazione , la necessi tà di
un urbanesimo preoccupato de lla vita
delle persone , co me anche la debita
attenz ione ad un "' eco log ia sociale "
del lavoro" (CA 38).
Quando per ristrutturare un centro
stor ico , gli anziani ve ngon o cacciati
via , quando s i fa nno le case popolari
co nce ntrand ov i tutte le situaz ioni di
disagio, moltiplicando la solitudine di
queste persone , ghett izzando la loro
vita fisicame nte , occorre dire che
questa politica è disumana e vio lenta.
Esiste un territorio abbandonato,
alienato , caden te , fatiscente .
Essere come cooperatori salesiani
su l territorio , da questo punto di vista ,
significa essere attenti alle scelte che
il Comune fa .
1 2 TERRITORIO
SOCIALE
1 3 TERRITORIO
POLITICO
1 4 TERRITORIO
ECONOMICO
È il volto che ass ume la co munità di
quel territrio con il suo assetto soc ia-
le dato dalle famiglie, dai gruppi natu-
ra li e spontanei, dalle istituzioni e
O ovreobe esse re il territorio della
polis , della città . E scrive La Pira : «La
città è il domicilio organico della per-
sona umana. Mi sp iego : in og ni città
E siste anche , ed oggi diventa sem-
pre più prevalente , il territorio econo-
mico, con la sua rete finanziaria , pro-
duttiva e commerciale e con le preva-
ricazioni di una economia che, coniu-
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gandosi allo sviluppo economico è
pagato con il prezzo della disoccupa-
zione e/o inoccupazione soprattutto
giovanile e femminile , del lavoro ne-
ro , del lavoro minorile , con il prezzo
de ll o sfruttamento . A volte è un terri-
torio della disparità, un territorio del-
l'alienazioone . «Essa si verifica an-
che nel lavoro , quando è organizzato
in modo tale da «massimizzare» sol-
tanto i suoi frutti e proventi e non ci si
preoccupa che il lavoratore, mediante
il proprio lavoro si realizzi di più o di
meno come uomo, a seconda che cre-
sca la sua partecipazione in un 'auten-
tica comunità solidale, oppure cresca
il suo isolamento in un comp lesso di
PISTE DI RIFLESSIO:\\E
O Quali sono le relazioni più vere, quelle che dovrebbero contare dentro un
territorio? Quali sono le possibilità di relazione offerte ai bambini, ai disabili ,
agli handicappati, agli immigrati, agli anziani?
@ Esiste ancora, pur in un contesto molto diverso, e cioè in un mondo non
più statico, una rete di famiglie? un «territorio famigliare»?
@) Le strutture pubbliche sono realmente a servizio dell'uomo? costruiscono
attorno ad esse la fiducia della comunità? rafforzano i legami tra le persone?
o sono «cose» senz'anima, strutture anonime, burocratiche, che si giustifica-
no da se stesse e che si impongono anche sulla verità dell'uomo e della real-
storica? '
8 Come singoli e come associazione siamo attenti alle scelte che il comune fa?
relazioni di esasperata competitività le egli è considerato solo come un
e di reciproca estraniazione , nel qua- mezzo , e non come un fine » (CA 41).
Il territorio della marginalità
Allora Dio, il Signore,
prese dal suolo un po' di terra
e, con quella, plasmò l'uomo.
(Gen 2, 7)
2 1 TERRITORIO
MARGINALE
e oggi una emarginazione «diffu-
sa» , sommersa, cioè legata ai conte-
sti sempre più ordinari e quotidiani
della vita . C'è una insignificanza che
attraversa non solo alcuni quartieri
delle grandi metropoli , ma anche la
vita ordinaria, i percorsi quotidiani
del vivere e del convivere .
La tecnologia spinge costantemen-
te verso un maggior benessere. Esi-
ste una sempre maggiore ipertrofia di
mezzi con una crescente atrofia dei fi-
ni, non solo ultimi , ma spesso anche
intermedi. Il cons umo è fine a se stes-
so, superando la tradizionale distin-
zione tra mezzi e fini .
La società, segnata dalla dialetti-
ca rea le del PROFITTO , diventa ge-
neratrice di povertà antiche e nuo-
ve. Questa dialettica reale non ci
può lasciare indifferenti perché pla-
4/68
sma un certo modo «insolidale » di
pensare la vita e iI rapporto con gli
altri , un certo modo che incide su
tutti , ma in particolare sui giovan i. E
il privato sembra dilatarsi sempre
più , anche in campo mora le.
Ciò che è escluso dalla possibilità
di consumare è escluso dalla vita.
Perciò l'handicap, la sofferenza psi-
chica , la malattia mentale , la tossico-
dipendenza , la malattia in genere , il
nomadismo , l'AIDS , l'anzianità sono
rimossi dal contesto quotidiano della
vita . Si fa finta , ci si comporta come
se queste dimensioni non es istesse-
ro . Si censurano molti aspetti del la vi-
ta , ma essi esistono.
Quale al lora il «meccanismo di di-
fesa » che la società mette in atto di
fronte a queste rimozioni?
La richiesta sempre maggiore di
nuovi e sempre più specialistici servi-
zi alla persona . Richiesta un tempo ri-
volta all o Stato e oggi , per la delegitti-
mazione dello stato sociale , alla so-
cietà civile e al vo lontariato .
Non vogliamo escludere la necessi-
di servizi specifici ; ma intendiamo
riflettere su quanto è divenuto richie-
sta di servizio specialistico perché
muove da una «diversità » non più tol -
lerata dal quotidiano vivere e convi-
vere della gente.
Allora si devono necessariamente
creare campi-profughi , comunità tera-
peutiche, istituti per minori , carceri ,
manicomi.. dove il disagio è recluso
e ghettizzato. Si devono creare degli
steccati entro cui porre gli svantag-
giati , mentre al di qua ci sono i forti, i
sani , quelli per bene. Anzi la esisten-
za dei disagiati , con i servizi speciali-
stici loro offerti , avalla da una parte
una certa esistenza perbenista e, dal-
l'altra , la buona coscienza.
Cosi l' handicap ha avuto monetiz-
zato l' «accompagnamento ». Ma la
compagnia è un modo di stare con
le persone , non può essere mone-
tizzata .
Esiste un territorio degli ultimi e dei
primi, dei marg inal i e dei vincenti , dei
poveri e dei ricchi , dei senza-voce e
del potere . Il territorio connotato in
negativo spesso viene ridotto, nasco-
sto o tenuto nascosto: c marginalità

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sommersa, latente, ma c'è una margi-
nalità tenuta volutamente sotto e ma-
gari offerta spudoratamente alle forze
del volontariato , mentre altri , i poten-
ti , i rampanti quelli che contano, libe-
rat_i da ogni intralcio , fanno la loro
strada indisturbati. E ci sono territori
poveri , perché si sottrae loro sempre
più il senso e il significato della vita.
Pensiamo ancora a quanti vivono in
quartieri-ghetto, quartieri-dormitorio:
con l'intento di dare una casa popo-
lare si sono spesso creati problemi
di relazione . Si può dare casa e to-
gliere dimora, privando i cittadini di
un contesto di comunicazione e di
relazioni significative! Esiste il terri-
torio della disuguaglianza, non solo
economica, ma spesso relazionale ,
occupazionale.
2 2 TERRITORIO
CRIMINALE
siste il territorio della criminalità :
spartizione di_zone e di potere crimi-
noso e illegale. È il territorio della pa-
tologia sociale che regna su intere re-
gioni italiane, città, comprensori,
quartieri e di qui tende ad espandersi
e contagiare l'intero tessuto sociale a
livello addirittura planetario, ibri-
dandosi e fondendosi con il territo-
rio politico , economico, sociale, dei
gruppi e delle istituzioni , delle sette
segrete e delle corporazioni selvag-
ge e rampanti ...
Pur avendo il più alto rapporto del
mondo tra numero di cittadini e nu-
mero di poliziotti e carabinieri , in Ita-
lia non si riesce a controllare il terri-
torio da parte dello Stato.
Non si riesce ancora a capire effi-
cacemente che il problema mafia ...
non è soltanto , nè prima di tutto un
problema di repressione e di codice
penale, ma è un problema di ordine
sociale e quindi educativo, etico, eco-
nomico e culturale.
È di mentalità e cultura mafiosa
chiunque sostituisce il diritto con il re-
gime dei favori, cioè chi cerca di otte-
nere o di dare «per favore » ciò che
spetta di diritto. Mafiosa è una cultura
dell 'assistenzialismo che crea dipen-
denze e clientelismi .
2 3 TERRITORIO DEL-
L'UOMO-CONSUMO
a un punto di vista esistenziale , è
l'uomo della contemporaneità, disper-
so nelle mille esperienze estetiche,
nei mille consumi.
Nella produzione si fa la storia , in
quanto essa è un processo di for-
mazione degli oggetti , delle cose .
La produzione si fa anche seguendo
le indicazioni del mercato e del con-
sumo .
Nel consumo si fa d 'oggi come sog-
getto .
«Attraverso le scelte di produzione
e di consumo si manifesta una deter-
minata cultura, come concezione glo-
bale della vita. È qui che sorge il fe-
nomeno del consumismo. ». (C.A. 36) .
Il soggetto , mentre consuma il proprio
oggetto , si perde , si svuota, si annul-
la, si dissolve, proprio nel paradossa-
le suo portarsi a complemento .
Osserviamo l'etimologia della paro-
la «consumo »: nasce dai due verbi la-
tini «consumere » e «consummare »,
cioè: consumare, spendere, mangia-
re, distruggere ed insieme consuma-
re , ossia terminare , portare un'ope-
razione al compimento .
Allora il consumo è l'ultimo , è la
salvezza , è in qualche modo la totali-
PISTE DI RIFLESSIO'.\\E
O Nella tua famiglia con quali accorgimenti pratici si contrasta l'invasione di
consumismo, carrierismo, arrivismo, egoismo insolidale?
@ Occorre caricare questa nostra convivenza umana esistenziale, sempre
più fatta a misura dei forti, di servizi specialistici, di sussidi, di interventi per
coloro che forti non sono nel senso appunto della possibilità di consumare?
Ovvero, pur mantenendo la necessità di servizi specialistici, non è forse ne-
cessario riportare, per quanto è possibile, nel quc:>tidiano, nella vita, nella so-
lidarietà ordinaria, nei rapporti primari, nelle relazioni brevi ciò che spesso,
rimozioni e censure inconsce hanno allontanato? La seconda domanda con
l'alternativa posta è cruciale per la testimonianza del Vangtelo della Carità e
per una più significativa presenza nostra nel territorio.
là: l'Assoluto. È l'Anima dell 'ideo-
prassi dell 'Occidente.
Chi è escluso dalla possibilità di
consumare, è escluso dalla vita e
quindi dall 'essere. C'è persino come
un processo di rimozione e di censu-
ra di alcuni aspetti essenziali dell'esi-
stenza , perché non rientrano nel
«consumo» , come atto permanente di
essere, come modalità costitutiva del
vissuto quotidiano dell 'uomo contem-
poraneo .
Qui non stiamo facendo una va-
luazione etica del consumo, ma stia-
mo ripensando l'uomo stesso come
consumo .
Cosi è anche del tossicodipendente
che nel «farsi », consumando la «ro-
ba» , si svuota e si dissolve completa-
mente nella quiete çlel «dopo-sballo »
e del successivo fat~le «sbattersi » per
procurarsela ancora. Il «tossico» di-
venta perciò figura emblematica di
un 'intera società consumistica , punta
visibile dell 'iceberg sommerso del-
l'intero occidente , che , nel suo siste-
ma economico, individuando o indu-
cendo nuovi bisogni e cercando nuo-
ve modalità per il lot o soddisfacimen-
to , si rivolge direttarpente alle dimen-
sioni materiali ed istintive dell 'uomo ,
prescindendo dalla verità integrale
dell 'uomo e della realtà storico. È co-
si che si creano abitudini di consumo
e stili di vita illeciti e dannosi , menzo-
gneri e addirittura di massa, che osta-
colano e impediscono itinerari matu-
rativi dei minori e dei giovani .
Si rende perciò necessaria e urgen-
te una grande opera educativa e cul-
turale, in riferimento soprattutto ai
consumatori , ai produttori , ai comuni-
catori sociali , che orienti gli uomini
non verso il consumo della propria
esistenza in un godimento fine a se
stesso , non verso l'avere, ma verso
l'essere e il vero , il bello , il buono
(cfr. CA 36) . È questa l'opera che
deve impegnare chi intende vivere
secondo lo spirito di Don Bosco nella
società .
Il consumo è fine a se stesso: noi
consumiamo delle cose , degli oggetti,
ma in realtà il consumo è in negativo
una nuova spiritualità (ed anche, in
negativo , una nuova eticità ed educa-
tività , una nuova socialità e comuni-
catività); l'oggetto consumato, infatti,
è usato, ma anche sublimato, smate-
rializzato . Si producono e si consu-
mano sempre più segni , messaggi,
oggetti senza oggetto, cioè simboli,
come ad esempio il simbolo ferie, il
simbolo vacanza , il simbolo diverti-
mento.. il segnale elettronico video,
audio .... una serie di servizi .
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Territorio e cultura
Se guardo il cielo, opera delle tue mani,
la luna e le stelle che vi hai posto,
chi è mai l'uomo perché ti ricordi di lui?
(Sai 8,4-5)
3 1 TERRITORIO DI
NUOVE SOLIDARIETÀ
A ccanto a questo quadro negativo
esistono dei segni di affermazioni
sempre più positive. Vediamo il dif-
fondersi di nuove solidarietà , di un
volontariato non più adolescente , di
un volontariato che non è più dona-
zione di un po ' di tempo, ma che è do-
nazione del proprio tempo; che non è
più accoglienza di emergenza nella
propria famiglia di qualcuno , ma è
una famiglia che diventa struttural-
mente accogliente , che si struttura
come famiglia dentro i percorsi del-
l'accoglienza , accettando minori in af-
fidamento e dando vita nell 'edilizia
abitativa a spazi comuni tra famiglie
diverse. Cresce un volontariato , moti-
vato, sensibile, «umano" , attento a
non burocratizzarsi e a non creare ul-
teriore emarginazione e disagio,
pronto a scomparire con la scompar-
sa del bisogno e che fa opera di sup-
plenza soltanto quando la risposta al
Sempre più urgente si rivela oggi
la forma zione dottrinale dei fedeli
laici, non solo per il naturale dina-
mismo di approfondimento della
loro fede, ma anche per l'esigenza di
«rendere ragione della ~peranza»
che è in loro di fronte al mondo e ai
suoi gravi e complessi problemi.
Si rendono così assolutamente ne-
cessarie una sistematica azione di
catechesi, da graduarsi in rapporto
all'età e alle diverse situazioni di vi-
ta , e una più decisa promozione cri-
stiana della cultura, come risposta
agli eterni interrogativi che agitano
l'uomo e la società d'oggi.
(Ch. L. 60)
6/7 0
disagio tarda a venire. Certo, segni
ancora forse troppo disorganici e spo-
radici , ma certamente profetici e indi-
catori di un cammino verso la civiltà
organica e dinamica , della Pace e del
lavoro , verso quella che Paolo VI defi-
ni va «ci v iltà dell 'amore ".
Basti pensare al vissuto della don-
na non più nell'aut aut tra una chiusu-
ra domestica e il lavoro fuori casa ,
ma ch e definisce la femminilità -
dento la famiglia - in un orizzonte di
nuova solidarietà.
Basti pensare alla richiesta di si-
gnificato , di valore da parte dei giova-
ni: l'attenzione da essi data a temi de-
cisivi quali la pace , l'obiezione di co-
scienza , l 'ambiente , i diritti umani , il
volontariato sociale . I tanti obiettori di
coscienza in servizio civile sono un 'e-
spressione significativa del rifiuto di
un mondo vissuto nella violenza di ar-
mamenti sempre più costosi , sofisti-
cati e distruttivi e della ricerca di un
ordine mondiale nuovo imperniato su-
gli ideali del servizio , della pace e
della non-violenza. I giovani fanno
sorgere , in collaborazione con gli
adulti più sensibili , varie cooperative
agricole ed anche piccolo-industriali ,
tentativi di nuovi modi di lavorare e di
lavorare con gusto e dignità. I giovani
si mostrano accoglienti verso chi offre
loro in maniera autentica quella Paro-
la che v iene prima delle parole , spes-
so segnate dall 'effimero , dalla men-
zogna , dal caricare la vita di falsi bi-
sogni , dalla contraddizione.
Basti pensare alla sempre più chia-
ra esigenza di imprenditori illuminati
di coniugare insieme economia ed
etica , finanza ed etica , e di vari sinda-
calisti di far definitivamente uscire
dalla conflittualità capitale e lavoro , in
un 'armonia rispettosa e che salva-
guardi più saggiamente l'impresa ,
che ingloba ed appartiene a vario tito-
lo a tutti coloro che vi lavorano e che
deve servire il «bene comune ». Non
mancano coloro che nella militanza
politica o sindacale o negli impegni
professionali rifiutano con onestà le
carriere facili e i privilegi cercando di
costruire giustizia e pace .
C'è tanta gente che ispirata dal
Vangelo dà vita ad associazioni , mo-
vimenti , gruppi, società, comunità,
che svolgono servizi socio-
assistenziali per minori , barboni , tos-
sicodipendenti , ragazze-madri , stra-
nieri , detenuti ed ex-detenuti , handi-
cappati , anziani , ammalati , famiglie a
rischio , alcolisti, nomadi ... e sono cir-
ca 4.500 in Italia i centri di questi ser-
vizi in qualche modo collegati con la
Chiesa (al 56 % nel Nord) .
C'è anche il territorio dei fatti na-
scosti di solidarietà, di fraternità , con-
divisione, carità , fatti non conclamati
e che spesso costituiscono la ricchez-
za più vera di un territorio . E allora
essere sul territorio significa dar voce
a questi fatti , alla storia vera della
gente , che spesso è fatta del vissuto
degli ultimi , dei più poveri: ma an-
ch 'essa , come loro , è spesso emargi -
nata dalle voci assordanti dei primi .
3 2 TERRITORIO
CULTURALE
E sis te poi il territorio della cultura ,
dell 'informazione e della comunica-
zione.
Il territorio è l 'ambito primo di in-
contro e di circolazione, di integra-
zione e di elaborazione di idee, giu-
dizi, valori, modelli, stime, mode,
linguaggi, miti, riti e, insomma, di
cultura popolare.
E qui, per «cultura » intendiamo la
configurazione che prende la vita e le
corrispettive forme di coscienza ca-
ratteristiche di un gruppo umano in
un dato spazio-tempo .

1.7 Page 7

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Per «cultura popolare" intendiamo
quella che il popolo esprime nella sua
vita , al di là e prima di ogni sistema-
zione scientifica. Il singolo è coinvolto
ed avvolto da questa mentalità comu-
ne. La cultura è per la persona fonte
di identità : il patrimonio culturale of-
fre i valori di base e la chiave di com-
prensione della propria realtà . L 'iden-
tità personale si capisce sempre den-
tro l'orizzonte più ampio di una identi-
culturale .
Le offerte culturali dell 'ambiente
perciò diventano fattori insostituibili
di sviluppo della persona, sono come
le sue radici , per cui si può dire che
«ogni uomo è la sua terra ».
Se si riducono i rapporti espressivi ,
i rapporti simbolici, i rapporti gratuiti ,
i rapporti significativi, allora il territo-
rio diventa «povero ».
3 3 IL TERRRITORIO:
NATURA ECULTURA
II territorio come realtà naturale è un
complesso di esseri inanimati e di so-
stanze corpOree viventi ed anche di
uomini come oggetto della natura: è il
territorio fisico-geografico; è il territo-
rio ambiente, dimensione molto im-
portante , se pensiamo al suo primato
di originarietà su tutto il panorama
dell 'essere e se pensiamo a come è
sottoposto oggi all 'insensata distru-
zione e aggressione inquinante, por-
tate avanti dal progetto tecnologico di
ideoprassi economiciste, diventate
ormai una minaccia estrema per la
sopravvivenza della vita e del pianeta
stesso.
L'equilibrio ambientale è delicato:
viene infatti modificato continuamente
e sempre più massicciamente dalla
capacità tecnica del lavoro. Con esso
l' uomo trasforma e, in un certo senso ,
crea il mondo. Dovrebbe governarlo e
salvaguardarlo rispettando e svilup-
pando la prima originaria intenzione
secondo la quale la terra è stata do-
nata e destinata, da parte del Creato-
re. Purtroppo , però, animato dal desi-
derio del possesso, l'uomo d'oggi ,
prescindendo da Dio, pensa di poter
disporre arbitrariamente delle risor-
se della natura. E allora l'uomo di-
viene tiranno della terra , e, piuttosto
che diventare collaboratore del
Creatore e Padre , ne tradisce il di-
segno originario, con una folle irre-
sponsabilità riguardo alle genera-
zioni future (cfr. CA 37).
Aria, acqua, terra non inquinate,
boschi e spazi verdi per tutti ... : oggi
da più forze sociali si dà molta atten-
zione all'habitat. Questo modella
comportamenti , atteggiamenti e rap-
porti . L' habitat è un fattore di crescita
ed è un dono per tutti .
Altrettanta sollecitudine va spesa
perché i giovani possano essere libe-
ri da ogni forma di inquinamento mo-
rale , educativo, sociale, comunicati-
vo, liberi dai vari colonizzatori mani-
festi e occulti, sani nella loro struttura
di personalità.
«Oltre all'irrazionale distruzione
dell 'ambiente naturale è qui da ricor-
dare quella, ancor più grave, dell 'am-
biente umano, a cui peraltro si è lon-
tani dal prestare la necessaria atten-
zione . Mentre ci si preoccupa giusta-
mente, anche se molto meno del ne-
cessario , di preservare gli «habitat»
naturali delle diverse specie animali
minacciate di estinzione , perché ci si
rende conto che ciasc una di esse ap-
porta un particolare contributo all 'e-
quilibrio generale della terra , ci si im-
PISTE DI RIFLESSIO'.\\E
O Al nostro microlivello, fino a che punto anche noi contribuiamo al disequi-
librio ecologico? Fino a che punto non siamo anche noi animati dal desiderio
di «possedere» le cose della natura oppure siamo educatori in noi e nelle
giovani generazioni di quell'«atteggiamento disinteressato, gratuito, estetico,
che nasce dallo stupore per l'essere e per la bellezza, il quale fa leggere nel-
le cose visibili il messaggio del Dio invisibile che le ha create?» (CA 37).
8 Quale cultura-valori è presente nel nostro territorio? La cultura della vita o
una cultura della morte? La cultura della rassegnazione o la cultura della
speranza? Una cultura dell'espressione, dell'espressività o una cultura del-
l'oppressione? Una cultura della gratuità o una cultura della gratificazione?
Una cultura insolidale o una cultura della solidarietà organizzata?
@) E nell'informazione è garantita la libertà? Chi «non ha voce» come può
esprimersi? Quanto spazio dà un territorio alle possibilità espressive, alle
possibilità simboliche, di animazione culturale delle persone e dei gruppi?
la dignità personale costituisce il
fondamento dell'eguaglianza di tutti
gli uomini tra loro. Di qui l'assoluta
inaccettabilità di tutte le più svaria-
te forme di discriminazione che,
purtroppo, continuano a dividere e a
umiliare la famiglia umana, da quel-
le razziali ed economiche a quelle
sociali e culturali, da quelle politi-
che a quelle geografiche, ecc. Ogni
discrimina zione costituisvce un'in-
giustizia del tutto intollerabile, non
ranto per le tensioni e per i conflitti
ch'essa può generare nel tessuto so-
ciale, quando per il disonore inferto
alla dignità della persona: non solo
alla dignità di chi è vittima dell'in-
giustizia, ma ancor pi,ì di chi quel-
l'ingiustizia compie.
Fondamento dell'uguaglianza di
tutti gli uomini tra loro, la dignità
personale è anche il fondamento del-
la partecipazione e della solidarietà
degli uomini tra loro: il dialogo e la
comunione si radicano ultimamente
su ciò che gli uomini «sono», prima
e più ancora che JU quanto essi
«hanno».
(ChL, 37)
pegna troppo poco per salvaguardare
le condizioni morali di un 'autentica
"ecologia umana ",, (CA 38) .
Il territorio diventa cultura , quando
è il luogo dove lo spazio e le cose
della natura sono identificati per l'in-
treccio con le soggettività umane e le
capacità manipolative e trasformati-
ve , tecniche , dell 'homo faber.
A questo livello si effettua uno
scambio in cui ciascuno è chiamato
ad offrire un proprio contributo di cre-
scita, mentre usufruisce dell'insieme
che risulta degli apporti di tutti .
Storia, costumi , tradizioni , cultu-
ra , subculture costituiscono il tessu-
to primario in c ui ciascuno si trova
inserito, insieme alla smisurata se-
rie di prodotti tecnici del lavoro
umano: tipologia di abitazioni , ali-
mentazioni , suppelletti li , strumenti
di lavoro , monili , monumenti , ospe-
dali , chiese , tombe , trincee , fiori , ru-
deri . memorie , ... memoria!
Questo territorio è realtà di identi-
ficazione e di appartenenza, perché
è codice di leggi anche non scritte, è
linguaggio, è somma di conoscenze
e di usi e di valori, è , in sintesi , una
civiltà .
Un territorio che ha radici si defini-
sce non solamente come memoria
vera di una terra, ma anche come
profezia di un futuro vivibile , di un fu-
turo carico di speranza per tutti.
7/ 7 1

1.8 Page 8

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Rapporto ((Centri dell'Associazione / Società civile>>
Aiutatevi a portare i pesi gli uni degli altri
(Gal 6,2)
Siamo al nodo fondamentale di un
modello di evangelizzazione, di
rapporto tra fede e vita, tra chiesa e
Mondo, tra Associazione e
Territorio.
Il primo modello che qui ri-
fiutiamo è quello di «ESTRA-
NEITA; SEPARAZIONE», che
comporta un Centro chiuso
su se stesso, «autocentrato», con ener-
gie tutte rivolte al servizio interno del-
l'Associazione, ai suoi vari livelli , locale,
regionale , ispettoriale, nazionale.. · un '
Associazione che gira su se stessa.
A causa del poco tempo, per man-
canza di numero o di forze vive, l'atti-
vità del Centro locale può lasciarsi
assorbire dalle molteplici richieste
esigile dalla organizzazione stessa
dell'Associazione, con il rischio quin-
di di non interpellare il territorio e di
non ascoltarne gli appelli .
Così vediamo a volte dei centri lo-
ca li più o meno attivi «ad intra », ma
che in realtà invecchiano e si adatta-
no alla fine ad una specie di indiffe-
renza riguardo al territorio . Sono cen-
tri rassegnati , che in qualche modo
non son più in grado di tesimoniare la
speranza in Cristo !eva della storia , in
Cristo lievito nella pasta del erritorio.
È già tanto se continuano la loro atti-
vità di supporto alla comunità dei Sa-
lesiani o delle Figlie di Maria Ausilia-
trice o di altri gruppi della Famigl ia
Salesiana (cfr. RVA, 17); ma è un 'atti-
vità-satellite, gregaria: di fatto ac-
cettano il loro stato di marginalizza-
zione crescente, una marginalizza-
zione non solo civica , ma anche ec-
clesiale. E con una certa sordità a
percepire gli impulsi alla «nuova»
evangelizzazione.
Il secondo rapporto che rifiu-
tiamo è quello definito in ter-
mini di «CONCORREN-
ZA / SOVRAPPOSIZIONE».
In questo schema il centro locale
esce risolutamente sul territorio e
tende a creare , per quanto possibile,
8/72
delle proprie strutture, servizi, luoghi
di informazione, d' influenza e di deci-
sione della società . È un attivismo
che nasce da una sorta di sentimento
di superiorità e di paternalismo. Il
centro va alla conquista del terreno
perduto alla conquista del territorio,
dal quale non ci si aspetta nulla di
buono, visto che è negativo e che si
parte da una messa a fuoco delle sue
magagne. È un po ' l'atteggiamento
della donna Pressede di manzoniana
memoria . Pur cori tutte le buone in-
tenzioni, qui si risch ia molto con una
cultura della supplenza alle carenze
statali ed una visione ecclesiologica
insidiata da una specie di pelagiane-
simo, come spesso avverte il card.
Ratzinger . Si rischia di avallare e
continuare a difondere, come spesso
fanno i mass-media , una immagine di
Chiesa ridotta ad organizzazione
mondiale socio-assistenziale, apprez-
zata per la sua funzione sociale in ge-
nere , e un Vangelo ridotto ad etica e
la virtù teologale della carità a una
generica filantropia.
Questa prospettiva può richiamare
anche numerose persone che forse ,
sotto sotto, desiderano un rinforzo
psicologico della loro identità con l'a-
desione ad un 'associazione al di so-
pra di ogni sospetto, che , al di fuori
dei partiti , mira all'impatto con il terri-
torio nel campo del sociale.
È bene pensare che il tema del ter-
ritorio richiama inanzitutto l 'umiltà.
Umiltà viene da «h u m u s» ( = terra ,
territorio). Non pensiamo di essere
noi i primi della classe, i bravi , quelli
che aiutano, che salvano, il sale della
terra . Non dimentichiamo che altri
possono fare e fanno altrettanto
bene che noi , anche se con una in-
terpretazione e ispirazione differen-
ti . Tutta la realtà storica costi tuisce
un appello per ciascun uomo, qua-
lunque sia la sua appartenenza as-
sociazionistica e la sua spiritualità,
e addirittura che sia credente o no.
Un appello per ciascun uomo e inna-
zitutto per il cristiano.
Si deve sperimentare anche quanto
è bello non solo accogliere l'altro a
casa propria, ma anche essere accol-
to a casa dell'altro , fidandosi della
sua capacità di accoglienza e accet-
tando , quindi, tanto di ricevere quanto
di dare.
Rifiutiamo anche evidente-
mente il rapporto di «AP-
PIA TTIMENTOI OMOLOGA-
ZIONE», perché finisce con
l'illusoria soluzione del problema, de-
rivata dall'elisione di uno dei suoi ter-
mini e precisamente con l 'e liminazio-
ne del Trascendente (Vangelo, fede ,
grazia, ispirazione cristiana) e con
l'omologazione e l'appiattimento sulle
formule della ideoprassi prevalente di
marca consumistica e materialistica.
Centri che malauguratamente rientri-
no in questo schema non ce ne sono.
Ma è cosa saggia vigilare perché la
tentazione provocata dalla pressione
del contesto territoriale , e soprattutto
dai mass-media, è molto forte, capil-
lare e massiva . E, se non cambia to-
talmente il volto del centro, cerca co-
munque di deformarlo e inquinarlo , in
tanti modi.
Non siamo forse anche noi tentati
di essere un centro nell 'apparire e
non dell'essere, del piccolo potere
più c he del servizio , della cultura del-
1'effimero più che della cultura dei si-
gnificati , dei valori , del senso? Non
siamo anche noi tentati da una reli-
giosità e moralità da viversi nel priva-
to o da un devozionismo antisalesia-
no? Non può esserci anche tra noi la
barriera della diffidenza e del silen-
zio, della non-comunicazione?...
Altro è lo schema di inseri-
mento ne l mondo della no-
stra Associazione , come
risulta evidente dal REGO-
LAMENTO DI VITA APOSTOLICA .
Il cristiano che vive nel mondo se-
condo il carisma di Don Bosco «vuole

1.9 Page 9

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seguire Gesù Cristo, Uomo perfetto ,
inviato dal Padre a servire gli uomini
nel mondo. Per questo tende ad attua-
re , nelle ordinarie condizioni di vita ,
l'idea le evangelico dell 'amore a Dio e
al prossimo . Lo fa animato dallo spiri -
to salesiano e portando ovunque
un 'attenzione privilegiata alla gioven-
tù bisognosa» (AVA, 7). L'attenzione
privilegiata sul territorio è rivolta «ai
giovani e specialmente a quelli pove-
ri , abbandonati , vittime di qualsiasi
forma di emarginazione; a quelli che
si avviano al mondo del lavoro con
le sue difficoltà, a quelli che danno
segni di una vocazione apostolica
specifica (laicale, consacrata, sa-
cerdotale) » (RVA, 13).
Un Centro che diviene sempre più
«COMUNITÀ NELLA SOLIDARIETÀ ":
ecco cosa siamo in questo rappo rto
Chiesa/mondo! «Il Cooperatore rifiuta
tutto ciò che provuca e alimenta l'in-
giustizia e l 'o ppressione , l'emargi-
nazione e la violenza, e agisce co-
raggiosamente per rimuovere le
cause» (RVA, 11).
I cooperatori salesiani vivono la
passione per la solidarietà e l'amici-
zia umana voluta gratuitamente per
loro stesse , senza altri fini che l'eser-
cizio della carità condivisa, vivono la
loro piena appartenenza al territorio ,
ma anche in qualche modo, come cri-
stiani e come educatori, la loro ecce-
denza, asimmetria, profezia, escato-
logia già presente sul territorio. Essi
cercano di raggiungere dei luoghi ,
delle istituzioni e strutture e anche al-
tre associazioni in cui identiche soli-
darietà e amicizie umane possano es-
sere vissute nell 'impegno contro ogni
forma di emarginazione , specialmen-
te giovanile , e per delle cause umane
giuste, per costruire un mondo e un
territorio più fraterno . Il Cooperatore
«si impegna a risanare e a rinnovare
le mentalità e i costumi , le leggi e le
strutture degli ambienti in cui vive e
opera per renderle più conformi alle
esigenze evangeliche di libertà, di
giustizia e di fraternità ; per dare più
efficacia al suo intervento , si inseri-
sce , secondo le proprie capacità e di-
sponibilità, nelle strutture culturali,
sindacali, socio-politiche» (AVA, 11)
in particolare quando incidono sull'e-
ducazione dei giovani e sulla vita del-
le famiglie (cfr. AVA, 17).
Queste solidarietà possono iscri-
versi nelle attività connesse alla pro-
pria professione o nelle iniziative cul-
turali di animazione, di educazione , di
riflessione , di ricerca o di espressio-
ne artistica; nelle azioni per la qualità
della vita , per la giustizia, la pace e i
diritti umani , con passione al servizio
dell 'umanità presente concretamente
sul territorio.
Il Cooperatore «In un mondo effi-
cientista, aggressivo e diviso, testi-
monia il primato dello spirito e crede
nella fecondità della sofferenza; è
convinto che la non violeza è lievito di
pace e che il perdono costruisce la
fraternità» (AVA, 12).
Dobbiamo imparare da Don Bosco
il moltiplicatore delle nostre possibili-
concrete . Queste , com ovvio,
sono limitate, ma la solidarietà e il
coninvolgimento di tutti ne diventano
un moltiplicatore straordinario .
«Sinerg ia» suol dirsi oggi . «Viribus
unitis » diceva Don Bosco .
E il suo Regolamento dei Coopera-
tori Salesiani si apre appunto co n un
capitoletto intitolato: «È necessario
che i cristiani si uniscano nel bene
operare" , che così prosegue : «In ogni
tempo si giudicò necessaria l'unione
tra i buoni per giovarsi vicendevol-
mente nel fare il bene e tene r lontano
il male . [... ] Le forze deboli , quando
sono unite, diventano forti , e se una
cordicella presa da sola facilmente si
rompe, è assai difficile romperne tre
unite: Vis unita fortior, funiculus tri-
plex difficile rumpitur. Così sogliono
fare eziandio gli uomini del secolo nei
loro affari temporali . Dovranno forse i
figliuoli della luce essere meno pru-
denti , che i figliuoli delle tenebre? No,
certamente . Noi cristiani dobbiamo
unirci in questi difficili tempi [... ]».
E le prime persone o i primi gruppi
da coinvo lgere e con cui collaborare
sono gli appartenenti alla Famiglia
Salesiana, che vivono la stessa spiri-
tualità e partecipano alla medesima
missione giovanile e popolare.
«Il Cooperatore cura la comunione
fraterna e la collaborazione con gli al-
tri Gruppi e membri della Famiglia sa-
lesiana attraverso la conoscenza e
l 'informazione reciproca, il vicende-
vole aiuto spirituale e formativo , e il
coinvolgimento negli impegni aposto-
lici comuni » (RVA, 22).
Si tratta di valorizzare persone e
strutture e di dare forza, efficacia e
qualità ai compiti pastorali ed edu-
cativi della Comunità Ecclesiale e
Salesiana .
E poi , quante persone caratterizza-
te cristianamente dalla semplice fre-
quenza «domenicale » son che
aspettano un invito di chi si fa media-
tore dell 'appello del Signore Gesù
«Andate anche voi a lavorare nella
mia vigna » (Chl, 2), uno stimolo per
un 'espressione più significat;va della
propria fede e per una testimonianza
della propria ca pa cità di dono, per
un 'integrazione più completa della
vita nella fede e della fede nella vi-
ta . «La vigna è il mondo intero (cf Mt
13,38), che dev'essere trasformato
secondo il disegno di Dio in vista
dell 'avvento definitivo del Regno di
Dio» (Chl, 1).
Ci sono poi non-crede nti decisa-
mente impegnati per scopi umanitari :
costruire insieme, credenti e non-
credenti, una città più a misura d'uo-
mo , un territorio più giusto e fraterno ,
è ciò che veramente importa , ed è
questo l'appello del Signore Gesù ri-
volto ad ogni uomo che viene in que-
sto mondo (Chl, 2).
Dice Don Bosco: «Sono opere que-
ste che non solo i cattoli ci debbono
sostenere viribus unitis, ma anche
tutti gli uomini , cui stia a cuore la mo-
ralità dell 'infanzia. Gli «umanitari » bi-
sogna che se ne interessino non mno
dei cristiani . È lì l'unico mezzo per
preparare un migliore avvenire alla
società» (MB 16,67).
«Il Cooperatore realizza validamen-
te il suo impegno apostolico anche
con la preghiera e con mezzi materia-
li , coinvolgendo altre persone , e of-
frendo generosamente le proprie sof-
ferenze e infermità » (RVA, 16.2).
PISTE DI RIFLESSIO:\\E
O In quale schema di rapporto «centro locale / società civile» collocheresti il
centro in cui tu vivi e operi? Perché?
@ In che misura il tuo centro riesce a coinvolgere altre persone? apparte-
nenti a quale tipologia?
8 Facci~mo insieme uno «Scrutinium» della collaborazione tra gruppi della
Famiglia Salesiana presenti sul territorio. Conosciamo i responsabili? Quali
iniziative abbiamo condotto insieme a livello formativo, a livello operativo sul
territorio?
9/ 73

1.10 Page 10

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Associazione, territorioe partecipazione
Il Cooperatore salesiano
vive in pienezza la sua con-
dizione di «buon cristiano e
di onesto cittadino », vive la
sua piena appartenenza al proprio terri-
torio con una presenza fatta di umiltà , in
quanto è grazia, ma con l'estrema chia-
rezza di compiti anche civilmente irri-
nunciabili.
In forza di questa appartenenza che
è in qualche modo «altra» rispetto al
territorio , nasce il contributo che i coo-
peratori salesiani possono dare alla
costruzione e alla crescita del territo-
rio come organismo storico. In questo
senso assume più chiarezza il modello
di rapporto accennato prima e sintetiz-
zato con la formula «COMUNITÀ NEL-
LA SOLIDARIETÀ»
Oltre tutto, la formula d'apertura del
Nuovo Concordato parla di collaborazio-
ne, nell'autonomia, tra Chiesa e Stato
per la promozione dell 'uomo e il bene
del paese.
In sintesi , il Cooperatore interpella il
territorio soprattutto nel farsi prossimo.
Ed è proprio nella testimonianza del
Vangelo della carità che si può dar voce
al territo r io. L 'evangelizzazione del ter-
ritorio è per se stessa umanizzante
(EVANGELIZZARE EDUCANDO) , per cui
il Cooperatore può ridare un senso alle
voci di un territorio deila complessità ,
spesso settorializzato, anonimo, senza
anima, abbandonato, perché «là dove
due o tre sono uniti nel mio nome io
sono in mezzo a loro».
Potremmo ripercorrere le declinazio-
ni del territorio che abbiamo preceden-
temente analizzato per verificare come
può la presenza del Cooperatore rende-
re vivo il territorio. Come esempio , ap-
profondiremo la dimensione della parte-
cipazione .
Il territorio delle istituzioni
deve poter diventare il terri-
torio della partecipazione,
dove davvero tutti hanno
parte. Partecipare significa anzitutto
prendere coscienza di essere parte.
Spesso noi cristiani crediamo di essere
onnipotenti. Essere parte è sapere che il
territorio è fatto da tutti gli uomini. Non
ci sono egemonie . Essere parte vuol
10/ 74
Cristo è come un corpo che ha molte parti.
Tutte le parti, anche se sono molte,
formano un unico corpo
(/ Cor 12,/2)
dire anche radicale povertà , bisogno di
altre parti , bisogno di organicità, di ar-
monia , di struttura organica funzionale.
All 'essere parte corrisponde psicologi-
camente il sentirsi parte.
«La comunione ecclesiale si configu-
ra , più precisamente, come una comu-
nione " organica ", analoga a qu e lla di
un corpo vivo e operante: essa , infatti , è
caratterizzata dalla compresenza del la
diversità e della complementarità delle
vo~azioni e condizioni di vita , dei mini-
steri , dei carismi e delle responsabilità:
Grazie a questa diversità e complemen-
tarità ogni fedele laico si trova in rela-
zione con tutto il corpo e ad esso offre il
suo proprio contributo» (Chl, 20).
Il Co-operatore di Dio ha coscienza
della radicalità evangelica di essere
l 'uomo del «con » in virtù del suo battesi-
mo per cui è «con-crocifisso», «con-
sepolto », «com-piantato » (Rom 6,1-6)
con Cristo. Ha coscienza di essere parte
di essere-con , di appartenere al Corpo
Mistico di Cristo che mira a dar vita ad
un territorio , a dar la sua vita , il suo es-
sere , la sua anima , la sua salvezza inte-
grale , nel tempo cioè e nell'eternità. «Si
sente parte viva della Chiesa, Corpo di
Cristo , centro di comunione di tutte le
forze che operano per la salvezza »
(RVA, 27.2).
«Tutti i battezzati sono invitati a r ia-
scoltare le parole di Sant 'Agostino :
" Rallegriamoci e ringraziamo: siamo di-
ventati non solo cristiani , Ma Cristo (... )
Stupite e gioite: Cristo siamo diventa-
ti! (ChL , 17).
Il sentirsi parte taglia alla radice ogni
forma di onnipotenza e di superbia ed
anche ogni forma anche latente di razzi-
smo e di emarginazione. Ma è pure vero
che il sentirsi parte può anche farci sen-
tire soli , specialmente quando non ve-
diamo attorno a noi una coralità di inter-
venti e di coinvolgimenti. E sentendosi
soli è facile essere sopraffatti dalle logi-
che sempre piu facili che sono quelle
del potere . Sentirsi dentro il Corpo Mi-
stico di Cristo , sentirsi dentro il territo-
rio degli ultimi ed emarginati , dei mem-
bri sofferenti di quel Corpo rende la
PRESENZA del cooperatore salesiano
sul territorio NON MARGINALE e la
riempie di coraggio , di fiducia e di gioia.
Il Cooperatore è l 'uomo del «compor-
re », che è porre con gli altri , del «conso-
lare », che è portare sole, luce insieme
con gli altri , del «compatire», che è il
soffrire con chi soffre, del «coincidere»,
che è il fatto che i miei accadimenti av-
vengono accanto agli accadimenti degli
altri, della «COMPAGNIA », che è il divi-
dere e mangiare il pane con gli altri:
convivialità, Eucaritia , Emmausl
Partecipare significa anche prendere
parte. È responsabilità anche della cosa
pubblica.
Ciò non significa essere professioni-
sti della politica. «L'Associazione in
quanto tale rimane estranea ad ogni po-
litica di partito, per la sua natura eccle-
siale e secondo il pensiero di Don Bo-
sco . Tuttavia (... ) stimola i singoli Coo-
perato r i ad assumere responsabilmente
i propri impegni nel la società» (RVA,
11.2) c ioè a fare il proprio dovere anche
a livello sociale e politico, a fare la pro-
pria parte con una testimonianza che
non si esaurisce nelle cosiddette «soli-
darietà corte », pur necessarie e va lidis-
sime.
La testimonianza della carità non può
esauri rsi nel gesto riparativo , importan-
tissimo certo e che deve essere fatto ,
ma deve tradursi in una pratica delle
«solidarietà lunghe» richieste dalle
complesse situazioni del nostro tempo,
segnate dalle «strutture di peccato ...
Questo implica una presen-
za di prevenzione sul terri-
torio. Ed è in questo conte-
sto che emerge il salesianis-
simo valore della PREVENZIONE con la
relativa mentalità organica e dinamica.
Attento all 'insieme, alla complessità,
alle interdipendenze e connessioni , il
Cooperatore sottolinea sul territorio la
prevenzione, la costruzione, la promo-
zione , l'intervento sulle cause più che
gli interventi di conservazione , recupero
e riparazione , o di contenimento che
hanno di mira solamente i sintomi, gli
effetti. Questo significa:
- valutare ogni elemento nell 'insie-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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me e gli effetti di questo insieme sui sin-
goli e sulle strutture;
- sentire la risonanza collettiva di
og ni elemento e condivi dere più larga-
.mente i beni di cui si dispone ;
- radunare la gente e interpellar la ;
- reperire e va lorizzare le energ ie,
le competenze , le disponibilità presenti
nel territorio ;
- ra gg iungere le mete possibili.
Il c he co mporta un cambio di mentali-
tà, una conve rsione d1 attegg1ament1 e
di pratica di vita. Emerge cosi una ri-
chiesta di «nuova cultura» che induca il
territorio come organ ismo storico e i
si ngo li co me persone-cell ul e . Occorre
leggere in profondità il te r ritorio «negli
ambi ti della cultura , dell 'economia , de l-
la poi itica» (RVA, 11.1 ): pens iamo ag Ii
spaz i ve rd i, a come si occupano certe
zo ne ai piani urbanistici , all e varianti ai
piani regolatori , all e modalità di concor-
si ed appa lti. Basta fare un vinco lo , sul
terri torio , basta fare alcune scelte non
in nome dell 'uomo o de l bene comune e
per molti anni noi avremo espropriato la
vita di un terri to ri o.
La pratica delle solidarietà
lunghe nella testimonianza
della Cari per la costruzio-
ne della «civi ltà dell 'amore »
trova nella Rivelazione la sua radice,
ma l' albero de ll a civiltà dell 'amore non
è li . «La Chi esa non ha mode lli da pro-
porre . I modelli reali e ve ramente effi ca-
ci possono so lo nascere nel quadro del -
le diverse situazioni storiche, graz ie a ll o
sforzo di tutti i responsabili che affronti -
no i problemi concreti in tutti i loro
aspetti sociali , economici , po litici e cu l-
turali che si intrecciano tra loro . A ta le
impegno la Chi esa offre , come indispen-
sabile orientamento ideale, la propria
dottrina sociale» (CA, 43).
Per questo sulla radice della Rivela-
zione, interp retata e mediata dal Magi-
ste ro della Chiesa , va poi elaborata una
scienza costruttiva del la città dell 'uomo
nel suo co mplesso (l 'albero della civil tà
dell 'amore}, a partire da una matrice
cultural e metafisica rea lis ti ca , c he co lli-
ma con g li orientamenti id eal i de l Van -
gelo e dei Pastori della Chiesa.
Tutto ·c sempre con l 'umil e e co ncre-
ta consapevo lezza c he nessun modello
soc iale e po litico per il bene , la gi usti zia
e la pace può mai conc lu dersi se non
nella pienezza del Regno di Dio.
In q uesto mod o il TERRITORIO FARÀ
PASQUA!!!
Il territorio dell 'esproprio può diventa-
re territorio della partecipazione ; il te rri -
torio sociale e ei quartieri-dormitorio
può diventare territorio della comunità ;
il territorio relazionale , territorio dei
rapporti fraterni e significativi; il territo-
rio degli anonimi , dei «morti » e dell 'eu-
tanasia spesso latente, non dichiarata,
può diventare il territorio dei vivi, con la
ve ra memoria dei propri morti, il territo-
rio del la vita buona dichiarata e concla-
mata ; il territo r io politico, quello della
ga ranz ia dei di ri tti e dei doveri di tutt i, il
territorio di una nuova cittadinanza, la
conc ittadi nanza fraterna ; il territorio
economico può di ventare territorio della
produttività sociale e della solidarietà,
della destinazione universale dei beni. Il
terri torio del la marginal ità può divenire
il te rr itorio del la fratel lanza , oltre che
della democrazia, dell 'amicizia e della
giustizia . Il territorio della lontananza da
casa può diventare il territori o della vi-
cinanza alla casa, della prossimità. La
parrocchia è appunto la «casa accanto »,
casa tra le case , casa vicino a lla casa.
Ricordiamo la lettera a Diogneto dove
riferendosi ai cristiani usa il te rm ine
«paroiko i». Il territorio dell 'informazione
dovrebb e diventare il territorio della co-
municazione. Comun icaz ione significa
rapporto personali zzato ; significa favori-
re rapporti gratui ti , co ntro rapporti pura-
mente gratificanti , rapporti oblativi con-
tro rapporti manipolatori e possessivi .
Il tema della partecipazione deve es-
sere rip ensato e non va identifi cato con
gli strumenti della partecipazione : ne
abbiamo avuti tanti , dagli o rgani co ll e-
gial i ne ll a scuo la a ll a poss ibilità di e la-
borare insieme gli statuti comunali , se-
condo la recente legge 14211990 sul l 'or-
dinamento delle autono m ie loca li.
Occorre riscop ri re le moti-
vazioni che sostengono la
dimensione della partecipa-
zione, «una partecipazione
viva e responsabile dei laici alla costru-
zione della c ittà del l 'uomo .. per una
sempre più feconda testimonianza del la
fede cristiana ». È l'indicazione essen-
ziale conte nuta nel la nota pasto rale del-
la GEI sulla formazione al l' impegno so-
ciale e politico dei cristiani del mag-
gio 1989.
«Tutti e ciascuno hanno diritto e dove-
re di partecipare a ll a politica , sia pure
con diversità e complementarità di for-
me, li ve lli , compiti e responsabilità: Le
accuse di arrivismo, di idolatria del po-
tere , di egoismo e di corruzione c he non
infrequ entemente vengono rivolte agli
uomini del governo, del parlamento ,
della classe dominante, del partito poli-
tico; come pure l'opinione non poco dif-
fusa che la politica sia un luogo di ne-
cessario pericolo morale, non giustifica-
no minimamente nè lo scetticismo
l 'assenteismo dei cristiani per la cosa
pubblica (... ). Una politica per la perso-
na e per la società trova il suo criterio
basilare ne l perseguimento del bene co-
mune, come bene di tutti gli uomini e di
tutto l'uomo» (Chl , 42).
E, sotto questo profilo, l'esperienza
sto ri ca di Don Bosco e la fede , po rtata
ad efficac ia di vita e imp li cata ne ll'oggi
de lla storia , mediata da uno studio orga-
nico dell 'insegnamento sociale del la
Chiesa , offrono un esempio , uno stim o e
un alimento straordinariamente fecondo
al Co o peratore che voglia farsi carico
delle sfide del nostro tempo , nella con-
sapevolezza del la propria vocazione sa-
lesiana. Pensiamo anche soltanto al ri-
svo lto pub blico e di be ne comune che
hanno i nostri momenti salesian i: dagli
oratori alle scuole alle organizzazioni
spo rti ve , turi stic he ..
Se qualcuno diventa egemone , sia
nella legalità (partitocrazia) che ne lla il-
legalità (consorterie criminali) , è sem-
pr e perc qualcun al tro o non è parte ,
o non si sente parte , o non prende par-
te , o non fa la propria parte .
Allora anche le istituzioni democ rati -
che diventano egemo ni , burocratiche ,
quando non tiranne . Diventano incredi-
bili, perché il potere di gestire la cosa
pubblica non è partecipato e condiviso .
E allora si pervien e alla di ff idenza verso
le istituzioni e a lla sfiducia nella capaci-
tà del sistema politico di dare es pressio-
ne e realizzazione alle aspettative so-
cia li. Prevalgo no domande di tipo priva-
tistico o clientelare sull'interesse gene-
rale . Crolla del tutto la cultura del «bene
comu ne».
PISTE DI RIFLESSIO:\\E
O In quanto Centro locale dell'Associazione o come singoli non si può esse-
re assenti, o essere spettatori , stare zitti , per andare poi a raccogliere i cocci
di una umanità sempre più assistita, ma sempre più sola. Perché non siamo
stati presenti prima , al momento delle scelte risolutive?
@ Una presa di posizione partecipata da parte delle persone, della gente,
può avere un esito molto più positivo che non le logiche pure del potere delle
rappresentanze politiche o sindacali. Tu e il tuo centro ne avete già fatto l'e-
sperienza diretta in qualche ambito del vostro territorio? In termini di promo-
zione o di collaborazione? Come protagonisti o come partecipi?
@) Fino a che punto riscontri attorno a te, fuori e dentro l'Associazione, un
certo clima di rassegnazione, di fatalismo, di rifugio in una religiosità intimi-
stica e devozionale? Quali ne sono i segni più evidenti?
11 /75

2.2 Page 12

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Il Vangelo della Carità
Ora vi insegno qual è la via migliore
(I Cor 12,31)
Il centro del Vangelo è /'amore di Dio
per /'uomo e, in risposta, /'amore
dell'uomo per i fratelli. La carità, dono
dall'alto, è il comandamento per
eccellenza di Gesù, è il contrassegno
dei suoi discepoli, è la sintesi e il
trascendimento di Legge e Profeti,
è la «via migliore» nel tempo e
per / 'eternità . Si parte dai presupposti
1° di amare appassionatamente
la vita
e 2° metterla in dialogo con
il Signore Gesù.
Vivere il Vangelo del la Cari -
6.1
vuol dire innanzitutto
amare appassionatamente
la vita e le persone nella
loro in violabilità creatura le e il territorio
in cu i ci tocca vivere ed operare , nella
sua natura profonda .
Vuol dire conoscere la vita e la com-
plessa realtà territoriale, esplorar la in
tutte le sue dimensioni , fino a coglierne
le aspirazioni trascendenti . Ma il sapere
da so lo non giova : é solo il necessario
primo messaggio di un sequenza dina-
mica , che impegna a ll 'azione . È neces-
sario elaborare precisi e concreti pro-
getti di intervento sociale e di solidarie-
tà, progetti mirati anche al la trasforma-
zione di quelle strutture che mantengo-
no un peso oppressivo su persone e si-
tuazioni , progetti elaborati non solo per
i poveri di povertà vecchie e nuove , ma
con i poveri , perché , superando la ras-
segnazione , diventino responsab ili e
protagonisti del proprio sviluppo; pro-
getti , ino ltre sull'esempio di Don Bosco
(contratti di lavoro per g li apprendisti ,
cartiera , tipografia , edito ria , laboratori
artigianal i.soc ietà operaie di mutuo soc-
co rso .. .), a livel lo socio-economico per e
con i giovani; progetti tutti, infine , in cui
sian o coi nvolti i responsabili territoriali
a livello sociale, politico e religioso.
Amare la vita vuol dire sciogliere la
vita e il territorio dai pesanti condizio na-
menti e legami in cui sono compressi,
deviati e la vita é tenuta vio lentemente
prigioniera da ideologie e prassi di illu-
sione ( = spettacolo, look, maschera,
trucco, immagine, appa rire; violenza in
12 / 76
guanti gial li , cultura di morte con il pu-
gno di velluto; in fondo tutto può esse re
ricondotto all a categoria biblico-
sapienziale di «moneta falsa»). Pensia-
mo agli idolatri del l 'ave re, potere , pi a-
cere , successo prestigio ... e del mercato
e della mercificazione di tutto il reale e
di tutta la vita. Chi ama la vita si impe-
gna a liberarla dal la banalità, dalla sod-
disfazione a buon mercato, dall'aliena-
zione , quando non anche dal le gr infie
de ll a morte, e a nobilitarla .
Amare la vita vuol di re ancora difen-
dere la vi ta su l proprio territor io e sul-
l ' intero pianeta, in tutte le sue manife-
sta zioni e mobilitarsi pe r la costruzione
di un mondo che sia sempre più vicino
al Disegno del Creatore. E questa mobi-
litazione , nella consapevolezza che le
cos truzioni storico-soc ia li si attuano og -
gi , a livello di strutture e di sistemi di
strutture e non più soltanto per mezzo
de lla singola persona , come si evince
da un ' indagine metafisica su ll a realtà
storica e dall 'autorevole e palese magi-
stero del Papa che , nelle sue encic liche
sociali , rivela un mondo strettissima-
mente interdipendente e invita al muta-
mento delle «strutture di peccato » che
ormai camm inano e operano in modo
quasi indipendente dalla coscienza e
volontà dell'uomo e vanno anche oltre
le sue intenzioni .
Per vivere il Vange lo della
Carità é indispensabile por-
re la vita che é in noi e attor-
no a noi e la complessa
realtà de l territorio in dialogo con la fe-
de, con lo Spirito Santo di Dio che , in
Cristo, illumina il vero significato della
vita e del territorio, che perciò acquista-
no in Lui tutta la loro pienezza . Il Coope-
ratore sa lesia no , in quanto cristiano ,
non può vivere senza riferimento essen-
ziale a Cristo, senza ascolto del suo
Vangelo, secondo quelle sensibilità e
accentuazioni che costituiscono la spiri-
tualità sa lesiana (cfr. RVA , 27-28). Non
può vivere , sia pure ai micro-livelli del
suo quotidiano, senza costruzione del la
cultura e civi ltà dell 'amore nel suo terri-
torio . «Di fronte al male resta fiducioso ,
non si lamenta inutilmente , si lascia
trascinare dalla cri ti ca negativa. Piutto-
sto , cerca di preveni rlo e lo co mbatte
con coragg io e costanza, impegnandosi
a moltiplicare il bene, so prattutto a van-
taggio dei più deboli» (RVA, 29.2).
La sua azione sul territorio é an imata
da una ininterrotta e profonda vita inte-
riore che ha «la sua sorgente nel cuore
stesso di Cristo , si a limenta ne ll ' im pe-
gno apostolico e ne lla preghiera, e per-
vade tutta la vita, rendendola una testi-
monianza di amo re» (RVA, 26). Cri sto é
stato mandato dal Padre perché noi cre-
dendo in Lui abbiamo la vita senza fin e.
Egli é il cammino , la ver ità e la vita. È
il Verbo de lla vita , il Pane della vita : Cri-
sto é il Viven te. È lui il Buon Pastore che
salva la vita della pecorel la smarrita, of-
frendo la sua; é Lui la speranza della
rea ltà storica. È si tu ato in lui , in definiti-
va , il progetto di costru zione di un ordi -
ne nuovo sul territorio e sull 'intero pia-
neta.
Non si tratta di vita lismo generico o
istintivo o orientaleggiante, ma del vita-
lismo evangelico che é tutto organico e
dinamico nel suo esse re più profondo, a
cominciare dal la vita divina in noi che ,
in virtù de l Battesimo , c i inserisce nel
Corpo Mistico di Cristo.
In estrema sintesi si tratta di scegliere
la vita e non la morte , l'essere e non il
non-essere. La nostra civ iltà é nata da
queste sce lte che sono nient'affatto
sconta te o banali, in particolar modo
oggi quando sono state rese nuovamen-
te problematiche dall'imporsi del cos id-
detto «pensiero debole » che conduce di-
ritto al relativismo , allo scetticismo e al
nichilismo e dal col lasso della passione
per l 'umanità e per la vita in una diffusa
cu ltura de ll 'indifferenza e del la morte :
aborto legalizzato;
eutanasia ;
tasso di natalità sotto zero , in lta-
lia;
crimina lità con il suo corteo di kil-
lers e di morti ammazzati - so lo in Italia ,
1870 nel 1990;
la violenza neg li stadi ;
il suicidio tra i giovani ;
la tossicodipendenza;
il rischiare fo llemente la vita da
parte dei giovani ;

2.3 Page 13

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- la produzione , l 'uso e il commer-
cio delle armi ;
- la guerra come mezzo per la riso-
luzione dei conflitti internazionali;
- lo sterm inio per fame ;
- l'indebitamento dei paesi del terzo
mondo ..
Si impone perciò una grande alleanza
di solidarietà tra tutti gli uomini di buona
volontà che si trasformi in una mobilita-
zione generale per la costruzione , con i
metodi della nonviolenza, del dialogo e
del rispetto della cosc ienza, (tutte realtà
possibili quando la forza motrice è la
spiritualità) , della civiltà dell 'amore , di
un costume , una tradizione , un habitat,
un tessuto sociale , un territorio , dove la
vita possa espandersi in pienezza e
dove possano respirarsi liberamente va-
lori autentici.
È ovvio che il vitalismo organico e di-
namico dell 'Evangelo della Carità, pro-
prio perché non è istintivo postula una
adeguata formazione che parte, in modo
particolarmente intenso e impegnativo
(cfr. RVA, 37), dall 'età giovanile per sfo-
ciare nella formazione permanente (cfr.
RVA, 37-38).
Lo stesso territorio , diventa porzio-
ne interdipendente e connessa ad al-
tre parti di un ' intera realtà storica , pa-
droneggiata da una prassi storica indi-
vidualistica ed economicistica, che
porta avanti il disegno di una società
«insolidale », individualistica, postula
una formazione alla solidarietà , al l' a-
more solidale.
Dire formazione è dire percorsi for-
mativi all 'i nterno di un ambiente umano
di riferimento.
,.
PISTE DI RIFLESSIO'.\\E
O Quali sono le barriere che dividono le persone sul nostro territorio?
~ Esprimi alcune esperienze personali e familiari di «solidarietà» e di parte-
cipazione ad attività di volontariato.
8 Quali altri segni di nuova solidarietà scorgi nel territorio in cui vivi?
Itinerario e ambiente di riferimento
per una formazione al Vangelo della Carità
L'acqua che io gli darò diventerà in lui
una sorgente per l'eternità
(Gio,·. 4,/4)
Premessa per ogni cammino
7.1
è l'approfondimento della
costante delle motivazioni, e
qui di moti vazioni di fede ,
per cui risaliremo a meditazioni e con-
templazioni di carattere teologico . Ac-
cenniamo a qualche suggestione.
Perché il territorio interpella il Coope-
ratore?
Il senso della creazione e della nuova
creazione, dell 'alleanza antica e della
nuova alleanza comprende struttural-
mente il discorso del territorio , della ter-
ra , del popolo.
Dio «prese dal suolo un p.o ' di terra e,
con quella, plasmò l 'uomo» (Gen 2,7).
«Lascia la tua terra , la tua tribù , la fa-
miglia di tuo padre e nella terra che
io ti indicherò » (Gen 12,1) - dice Dio ad
Abramo - «E a te e a quelli che verran-
no dopo di te io darò in possesso perpe-
tuo la terra nella quale ora abiti come
straniero: tutta la terra di Canaan ; e io
sarò il loro Dio » (Gen 17,8).
«Il Signore disse a Mosè : Manda alcu-
ni a esplorare la terra di Canaan , c he
sto per dare al popolo di Israele (Num
13,1). Il territorio dovrà essere diviso fra
le tribù , tenendo conto delle persone
che lo compongono . Ciascuna tribù ri ce-
verà un territorio proporzionato ad es-
sa ... » (Num 26,53-54).
«Fate attenzione , oggi vi propongo la
scelta tra vita e felicità da una parte ,
morte e sventura dall 'altra. Per questo
oggi vi ordino di amare il Signore , vo-
stro Dio, di seguire la sua strada e di os-
servare i suoi ordini , le sue leggi e le
sue norme . Così vivrete e divente rete
numerosi e il Signore , vostro Dio , vi be-
nedirà nella terra che siate per conqui-
stare . Ma se ...» (Deut 30,15-16).
«Sappiate bene che il Signore , vostro
Dio , vi fa possedere questa terra fertile
non per vostro merito: anzi , siete gente
dalla testa dura' » (Deut 9,6).
E Mosè vedrà da lontano la terra della
promessa ad Abramo , ad Isacco , a Gia-
cobbe , ma non vi potrà entrare «lo te la
faccio vedere con i tuoi occh i, ma tu non
vi entrerai » (Deut 34,4).
Si può dire che tutta la storia della
salvezza è , in qualch e modo , epifania di
Dio dentro una terra , dentro un popolo .
Il Figlio di Di o fatto Uomo ha un nome ,
quello della su a terra : Gesù di Nazareth .
E no i, suoi fratelli in virtù del dono
dello Spirito, «parteciperemo anche
dell 'e redità che Di o ha promesso al suo
popolo » (Rom 8, 17) e l 'apostolo Paolo
in Rom 8,19ss parla della creazione
stessa che attende con impazienza la
rivelazione dei figli di Dio perché così
anch 'essa sarà liberata dal potere del-
la corruzione e prendere parte al la li-
bertà e alla gloria dei figli di Dio , men-
tre ora nell 'attesa soffre e geme come
nelle doglie del parto.
E I·uItimo libro della Rivelazione scri t-
ta . l'Apocalisse annuncia «un nuovo cie-
lo ed una nuova terra perché il primo
cielo e la prima terra erano spariti » e
che le cose vecchie sono passate e ne
sono nate di nuove e che il mondo di
prima è scomparso per sempre e testi-
monia : «Vidi venire dal cielo , da parte di
Dio. la città santa, la nuova Gerusalem-
me. ornata come una sposa pronta per
andare incontro allo sposo . (.. .) Ecco la
dimora di Dio fra gli uomini , essi saran-
no suo popolo ed Egli sarà il Dio con lo-
ro » Ed ancora: «Dio asciugherà ogni la-
crima dai loro occhi. La morte non ci sa-
rà più . Non ci sarà più lutto , né pian-
to , né dolore , perché le cose di prima
sono passate (Ap. 21,6). Allora Dio dal
suo trono disse: " Ecco , io faccio nuove
tutte le cose" " (Ap. 21,1-7).
Davanti a noi è il progetto di un TER-
RITORIO NUOVO!'!
13/ 77

2.4 Page 14

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Non nel senso che oggi no n ci debba
essere più né mo rte , né lutto , soffe-
re nza , ma perché , in attesa di ques to, il
cristiano off re un se nso a tutto questo .
Noi non siamo qu i per togliere com-
pletamente e radicalmente la so fferen-
za , la disug uagl ianza e , tanto meno , la
mo rte e tutto ciò che de lla morte é in
qualche modo segno, anticipazione ,
come il no n star be ne, co me l 'invecch ia-
re , come il decadere , come tutto ciò c he
apparentemente non é più e non é be-
nessere.
Non é possib ile q uesto ; certo dobb ia-
mo lavorare anche pe r questo; ma so-
prattutto lavoriamo pe r questo , ricercan-
do le radici e offrendo un senso o la ri-
ce rca di senso .
Ma la motivazione del pe rché il terri-
to r io interpel la il fedele cris tiano é es-
senzia lm e nte il fatto de ll 'Inca rn azione.
Il se nso de ll 'uomo oggi è l 'umano di
Gesù ; cioè la nostra re ligio ne no n è la
re ligione deg li uomini che cercano il dio
ne i ciel i lo ntan i, ma è la fede in un Dio
che si fa conoscere , si comunica e si fa
pross imo .
E il modo più ricco di signi ficare questa
presenza te rritoriale è ce rtamente quello
della parola, della comunicazione.
Comun icazione che è a nche la paro la
de l si lenzio , del gesto , del cammina re
con , del giocare assieme, del lavorare
ins ieme , de l seders i acca nto, de ll'e-
spress io ne del vo lto , del co rp o.
E a qu es to pu nto è l'esp e rie nza stes-
sa di Don Bosco , il grande co mu nicatore
e il profeta de ll 'era de lla co mun icazione
di massa , che offr e motivazio ni speci f~
che al perché il territo r io interpe lla il
Coo peratore salesiano.
No n pe rché co n le nostre o pe re apr ia-
mo spo rte ll i e servizi , non pe rché fac-
ciamo le strutture , ma pe rché la nostra
prese nza anc he fisica di persone diven-
ta spazio offerto (fi sico , cog ni tivo , affetti-
vo) ag li a ltri , dive nta lu ogo del la comu-
nicaz io ne e del l ' inco ntro . E a ll ora la
pr esenza ( «assistenza salesiana ») tra i
giova ni, ne l sistema preve ntivo , a casa ,
pe r strada , a scuo la , su l lavoro , in par-
rocc hia , al l 'o rato r io , nel le associazio-
ni .. . è un pren dere di mora presso d i es-
si . uAd-sistere », usiste re ad », avvicinar-
si e fermarsi presso , farsi prossimo e,
ne l contempo , offr ire se stessi come di-
mora, co me casa dei giovani . La casa
che accog lie , il cortile dove ritrova rsi da
ami ci in a ll eg ri a ... (Cosi SDB , 40) è pri -
ma di tutto ne l c uore e ne ll a me nte , è
cuore oratoriano di chi vive secondo lo
spir ito di Don Bosco , pr ima ancora che
esse re mate ri ali zzato in struttur e, c he
non sareb bero m ai nate senza q uel con-
ce pim en to interiore , senza qu el la vo lon -
tà di co muni caz io ne. Ogg i, co m e allo ra
.. qu ando ven ne la piene zza de i tempi »,
l'umanità, il nostro territorio ha bisogno
d i co mu nicazio ni ve re, ha bisog no de ll a
Com unicazione , Paro la di Ve r ità e di Pa-
14/7 8
ce , che ci viene da ll'even to de ll'Incarna-
zione : il Pensiero di Dio s'è fatto carne ,
s m aterial izzato ed ha abitato la terra.
Il Logos di Dio, quel Progetto che abita-
va ab aeterno, presso Dio , si è svelato a
no i, s fatto comunicazione , s'è fatto
terr itorio e la sua com unicazione ci av-
volge e ci pe r mea comp letamente e
riempie di sapore ( = sapie nza) i nostr i
sca mbi e le nostr e co municaz io ni in l_ui.
E la fede promuove la com unicazione
ne l territo r io co ncreto , fin dove essa è
lace rata e ferita , nel l 'invito a l perdono e
alla riconc iliazione, o nell 'invito alla lot-
ta contro le esclusioni e le ingiustizie . E
persin o nel l'ora della morte, laddove
sembra interrompersi ir reve rsi bilmen te
ogni comun icazione e le parole che non
potrai più comunica re ti restano definiti-
vamente in gola , la fede , che tutto vince ,
promuove la co mu nicazione nell 'affi da-
mento di se stessi a Dio: a l Verbo Inca r-
nato , Co muni cazione , all o Spiri to Sa nto,
Amo re , al Pad re, ca pace di creare la
vita dal niente co m e al l 'alba de lla prima
creazione.
PRIMO PASSO di questo iti-
nera rio di fo rmazione per-
manente al Vangelo della
Ca ri è se mpre l'anda re a
Cristo e r imane re con Lui.
Anda re a Cris to e conseg nargli la vita
perché la illumini , la libe ri , la nob iliti , la
ris ig nifi chi e la facc ia perce pir e ne ll a di-
mensione dell'amore.
.. c hi mi vuo l se gu ire» conseg ni la sua
vita nel l 'amo re , ne ll a so lidarietà o rga ni-
ca verso tutti , vic ini e lontani. ulo sono
la vite e voi i tra lci » (Giov. 15,5).
Chi fa questo passo larà anche i suc-
cess ivi :
- rinnegare l'idolatria e I' esa ltazio-
ne di se stesso come ..sov rano assolu-
to .. , e una vis io ne antro po logi ca a carat-
tere individu a li stico e , spesso , a nche
na rc isisti co ;
- tacitare il cuore «padronale » che
pure è den tro c iascuno di noi . Esso
stende una menzogna su tutta la realtà
naturale che viene falsamente cons ide-
rata come «domi nion» da sfruttare,
usandone ed abusandone , e su ll e ste s-
se pe rsone viste anch'esse in funzi one
strumenta le e di fruizion ne egoce ntrica;
- allenare la capacità di generosità ,
condi vis ione e dono , pe r cui si rin unc ia
a g uardare ag li a ltri co n osti lità , m a si
rimettono cose e pe rsone nella loro ve-
rità e dign ità , perché si scopre il propri o
e a ltrui posto ne ll a Vite che é Cri sto;
- sviluppare una chiara volontà di
difesa e di promoz ione dei diritti di tutti ,
specia lme nte dei debol i, deg li sva ntag-
giati , dei senza-pote re, in pa rt icolar
modo se ragazzi e giovani ;
- sviluppare il senso della collabo-
razione , del co involg imento e de ll a co r-
responsabi li tà. facendo fede al proprio
nome di «cooperatori».
IL CENTRO co n il suo ra g-
g ru ppa re i Coope rato ri ope-
ran ti in un dete rm inato terr i-
to ri o , è il nuc leo fo ndame n-
tale de ll a rea ltà assoc iativa (cfr. RVA ,
41) ed è am bie nte di ri feri m en to per gl i
itinerari fo rm ativ i e il luogo ord ina ri o
del la formazio ne permanente.
Il Centro è frequentato da anziani e da
giovan i; uomin i e donne ; casal inghe ,
stu denti , co mm ercian ti, profess io nisti ,
disoccupati, co ntad ini , artigiani , imp ie-
gati, ope rai , pe nsio nati ; perso ne con sa-
crat e per iI se rviz io dei !rate iIi in va ri o
modo , co me preti e coadiutor i sa lesiani ,
figli e d i Ma ri a Ausili atr ice , Vo lo ntar ie d i
Do n Bosco , e a ltre perso ne che soprat-
tutto nel la famigli a rea li zzan o la loro vo-
cazione cr isti ana e sa lesiana.
E ci sono servizi che va nno dal la cate-
chesi al Laborator io «Mam m a Ma rghe ri -
ta» , al doposc uola , all'ani mazio ne cul tu-
rale e spo rtiva di ragazzi e ragazze , alle
attività mass-med iali (teatro, rad io, mu-
sica , g iorn a lino ... ), lotte ri e d i sos tegno
missio na ri o , se rvizio c ivil e , coo pe rative,
com uni tà d 'accog lienza , ce ntri di asco l-
to , do nato ri di sa ngue, g ruppi interfa mi -
li a ri del Va ng e lo, fami g li e affid atari e ..
• Il Ce ntro vive dunq ue la co mpre-
senza de i diversi , e, ino ltre , in un Ce ntro
possono coes istere gru ppi d iversi , co me
il grupp o Labo ra torio Mamm a Margher i-
PISTE DI RIFLESSIOI\\E
O Seguendo l'andazzo delle strutture sociali e politiche del paese , si verifi-
cano anche tra noi fenomeni di burocratizzazione e di gestione elitaria e di
privatizzazione del Centro?
@ Il tuo Centro è davvero un'esperienza comunitaria condivisa , dove ci si
sente parte viva e dove l'io si perde nel noi?
@) In che modo il tuo Centro vive il carisma della predilezione verso i giovani
del territorio?
8 Come e quando ci sentiamo interpellati dai nostri destinatari privilegia-
ti , i giovani?

2.5 Page 15

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ta , il gru ppo adulti e il gruppo Gio van i
Coope ratori. E ancora, sempre nel se-
gno della diversità , atto rn o al Cen tro
ru otano numerosi simpatiz za nti .
Il Centro è du nqu e per sua na tu ra il
luogo dove si sperimentano le relazioni ,
l'essere l'uno con l'altro e l'uno per l'al-
tro ; è il lu ogo dove ci si for ma al rispetto
della diversità: deve diventa re laborato-
rio dell 'accoglienza fraterna e della co-
munità ob lativa, quell a che sa do nare e
sa garantire ri sposta ai bisogni dei fr a-
telli e de ll e sorelle , per al lenarsi al l 'ac-
cog lienza da eserc ita re sul terr ito ri o , in
un a città c he diventa se mpre più con-
fluenza plurirazziale, pluriculturale e
pluri religiosa. Il Cen tro è il territorio del-
la riconos ce nza , ne l se nso c he il Coope-
ratore incontra , si specchia, si riconos ce
nei fratelli , e manifesta le proprie possi-
bil ità espressive e si mboli c he.
Il Centro è l'amb ie nte della co mu-
nione e della comunicazione sig nifi cat i-
va, anche se spesso rischia , per il priva-
tismo e per le logic he d i consu mi smo , il
blocco della comu ni caz ione e la inco-
municabilità. La pace va subito fatta
«oggi e qui » nel le relazioni , nei rapport i,
ne lla co municazio ne dei gruppi e delle
persone. Occorre spesso ricucire, ri-
comporre, cioè essere disposti a cucire
di nuovo , co mporre se mpre di nu ovo,
come i pez zi d iversi di un mosa ico , le
nostre attività, le nostre azioni.
• Il Centro sarà in definitiva amb iente
di fo rma zione pe rm anente se sarà lu ogo
profetico , terra promessa , Regno di Dio
nascosto ma presente qui ed ora, e se al
posto delle parnle effime re, vuote , su-
perbe , ci sarà abbondanza di quella Pa-
rola (ascoltata e celebrata) che viene
prima di tutte le parole del l'uomo.
Rivivere il senso di un Messaggio!
La « •. .
missione di Don Bosco esi-
geva molli impegni laicali legali so-
prattutto all'educazione della gioven-
tù popolare per migliorare la soci età:
" Volete fare una cosa buona? - di-
ceva appunto ai Cooperatori - . Edu-
cate la gioventù. Volete fare una
cosa santa? Educate la gioventù. Vo-
lete fare cosa santissima? Educate la
gioventù. Volete fare cosa divina?
Educate la gioventù. Anzi {al dire dei
Padri): questa fra le cose divine è di-
vinissima".
"Questa Associazione - afferma-
va ancora - ha per iscopo di unire i
buoni cristiani a fare del bene alla ci-
vile società".
Ora è proprio in questo campo che
si sta progredendo assai nella Chie-
sa, soprattutto dopo il Valicano Il.
Oggi la coscienza del laico, come
membro attivo del Popolo cristiano,
ha molte più luci che nel secolo scor-
so e le si sono aperti nuovi e vasti
orizzonti sociali ed ecclesiali.
Quindi, la vostra Associazione ha
bisogno di approfondire e di assimi-
lare sempre più la dottrina conciliare
sul laico: gli impegni del sacerdozio
battesimale e della Cresima, l'inseri-
mento nella Chiesa locale, le sfide
che i cambi socioculturali lanciano
alla fede, l'insegnamento del Magi-
stero circa i compili temporali, la te-
stimonianza cristiana nella famiglia,
i valori di una autentica laicità che
dista molto dalle deviazioni del laici-
smo, ecc.
I mezzi indispensabili per promuo-
vere questa coscienza sono quelli
comuni ad ogni buon fedele: l'ascol-
to della Parola di Dio, la riflessione
sui suoi contenuti, sui testi del Vati-
cano Il, sugli orientamenti pastorali
del Papa e dei Vescovi; l'esercizio
della preghiera quotidiana e una
adeguata frequenza dei sacramenti
dell'Eucaristia e della Penitenza;
l'accettazione del mistero della Cro-
ce soprattutto in quelle situazioni
della vita che esigono coscienza e
coraggio di ascesi; la dedizione ad
una qualche attività apostolica.
In particolare è indispensabile cu-
rare, attraverso una competente
scuola di animazione, quegli aspetti
che caratterizzano la " spiritualità lai-
cale", in quanto tale.
Possiamo ricordare, tra le note
più significative di tale spiritualità,
le seguenti :
- L 'animazione cristiana degli
impegni temporali che appartiene
specificamente alla missione del lai-
co, sia nella famiglia che nell'ambito
culturale e sociale. Egli deve sentirsi
simultaneamente "cittadino" e "cre-
dente" traducendo la sua fede nel
Cristo in costante sforzo di trasfor-
mazione del mondo.
- Una sensibilità, acuita dalla le-
de, che muova il laico a discernere
continuamente i segni i tempi in co-
munione con la Chiesa locale e a
prendere parte attiva e autentica-
mente cristiana all'odierno processo
di "liberazione sociale", differenzia-
to secondo le situazioni concrete in
cui vive. Il laico è chiamato a colla-
borare per far crescere una cultura
più vera, una civiltà del lavoro più
giusta, una solidarietà umana più
universale: compito questo assai im-
pegnativo per tutto il Popolo di Dio
(da vivere con differenti vocazioni).
- L'attenta considerazione del
"quotidiano", nell'ambito del suo ca-
rattere secolare, che offre alla carità
del laico una miniera inesauribile,
anche se nascosta e modesta, di
vera e pratica testimonianza evange-
lica; cosi egli può dar ragione, in un
mondo che passa, delle risorse vitali
della speranza cristiana.
- La cura diligente della propria
"professionalità ", di ciò che si riferi-
sce al suo retto esercizio e al suo as-
siduo perfezionamento, che dia all 'e-
sistenza del laico il tono concreto
della sua partecipazione alla missio-
ne della Chiesa nel " permeare e
perfezionare l'ordine delle realtà
temporali con lo spirito evangelico".
- Infine, la coscienza sempre più
esplicita di quanto afferma il Conci-
lio: "le condizioni odierne richiedono
che l'apostolato dei laici sia assolu-
tamente più intenso e più esteso",
anche nell'ambito specifico della
evangelizzazione e santificazione
che presenta loro "moltissime occa-
sioni " più in là della sola "testimo-
nianza della vita". In questo senso il
Vaticano Il ha sottolinealo l'impor-
tanza per i laici di una forma asso-
ciativa di apostolato: "infatti le asso-
ciazioni sono di sostegno ai propri
membri e li formano all'apostolato,
dispongono bene e guidano la loro
azione apostolica, affinché possano
sperarsi frutti abbondanti".
Ed è qui che appare, come me-
diazione evangelica di sintesi, la
preziosa eredità dello stile origina-
le di vita cristiana sperimentato e
lanciato, per voi Cooperatori e Coo-
peratrici, da Don Bosco con il suo
"spirito salesiano". La "spiritualità
laicale " indica, in forma ancora ge-
nerica, un insieme di aspetti da cu-
rare; ma lo si può fare in molti mo-
di. Lo " spirito salesiano",. invece
suggerisce un modo tipico e già
collaudato di farlo ».
(Dalla «Lettera ai Cooperatori,,
di Don E. Viganò)
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Spediz. in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 2• quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
Quindicinale di informazione e di cultura religiosa
L' edizione di metà mese del BS è particolarmente de-
stinata ai Cooperatori Salesiani. Direzione e ammini0
straziane: Via della Pisana, 1111 - C.P . 9092 - 00100
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e.e. Autorizz. del Trib. di Torino _n. 403 del 16 febbraio 1949 -
Po-
stale n. 2-1355 intestato a: Direzione Generale Opere Don Bosco~
Torino - C.C.P. 462002 intestalo a Dir. Gen. Opere Don Bosco - Ro-
ma. - Per cambio d'indirizzo inviare anche l'indirizzo precedente.
ORIENTAMENTI PASTORALI
PER GLI ANNI '90
L'impegno sociale deve coniugare
carità e giustizia
«L Vangelo della Carità impegna a diffondere
e incarnare la dottrina sociale della Chiesa, che è
parte integrante della sua missione evangelizza-
trice e del suo insegnamento morale. Dobbiamo
avere sicura coscienza che il Vangelo è il più po-
tente e radicale agente di trasformazione e di li-
berazione della storia, non in contraddizione, ma
proprio grazie alla dimensione spirituale e tra-
scendente in cui è radicato e verso cui orienta.
È quindi importante realizzare un genuino rap-
porto fra carità e giustizia nell'impegno sociale
dei cristiano, superando pigrizie e preconcetti
che, anche da opposte sponde, introducono fra
queste una falllace alternativa. Occorre rinnova-
re il forte richiamo del Concilio perché «siano
anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia» e
«non si offra come dono di carità ciò che è già
dovuto a titolo di giustizia». Ed è altrettanto ne-
cessario ricordare, sulla base dell'universale espe-
rienza umana, «che la giustizia da sola non basta
e che, anzi, può condurre alla negazione e all'an-
nientamento di se stessi, se non si consente a
quella forza più profonda, che è l'amore, di pla-
smare la vita umana nelle sue varie dimensioni».
A partire dal Vaticano li, la Chiesa
scopre progressivamente di essere un
sacramento, un segno di salvezza po-
sto 11ella storia viva degli uomini, che
«cammina insieme con tutta l'umani-
tà». Se11te dunque in modo nuovo il
suo essere estra11ea o giustapposta al
mondo e alla storia degli uomini, ma
interna ad esso e alle comunità uma-
ne i11 cui vive in «compagnia».
La capacità e la necessità di cam-
minare con la comunità degli uomini,
di farsi carico della loro vita, di con-
dividere con essi il pane quotidiano
(compagnia da «cum-pane»), di esse-
re presente nelle tensioni, nei proble-
mi, nelle speranze di ogni persona la
rende più sollecita e amica della fa-
miglia umana protesa a Cristo. «La
chiesa, che è insieme società visibile e
comunità spirituale, cammina insieme
con l'umanità tutta e sperimenta in-
sieme al mondo la medesima sorte
terrena ed è come il fermento e quasi
l'anima della società umana destinata
a rinnovarsi in Cristo e a trasformar-
si in famiglia di Dio» (GS 40).
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