Bollettino_Salesiano_199006cooperatori


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ANNO 114 - N. 12 • 2• QUINDICINA 15 GIUGNO 1990
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70)
RIVISTA FONDATA
DA S. GIOVANNI BOSCO
NEL 1Bn
Sussidio annuale 1990-1991
-
1/65

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PRESENTAZIONE
Ogni Consiglio ispettoriale o locale si senta libero di pre-
sentare il SUSSIDIO nel modo più rispondente ai bisogni locali:
occorre comunque non disattendere il tema nei suoi contenuti
essenziali e non perdere d'occhio l'obiettivo generale.
Il punto d'arrivo verso cui tutti devono tendere è parlare,
discutere, prendere coscienza della scelta fatta di vivere una vo-
cazione laica specifica, collegati e organizzati in un determina-
to organismo che si chiama <<CENTRO».
Alcune idee-guida presenti nel Sussidio:
- L'universalità aggregativa nel pensiero di Don Bosco;
le motivazioni difede dell'aggregazione al CENTRO;
la potenza della comunione e dello spirito di fraternità;
l'importanza dell'organizzazione.
È necessario che tutti ne facciano uso, anche se con appro-
fondimenti diversi.
Per questo è auspicabile che siano organizzati momenti e
offerte occasioni per lo studio del tema e per la metodologia da
adottare e gli obiettivi da raggiungere.
Affidiamo questa campagna all'intercessione del novel-
lo beato, Don Filippo Rinaldi, protettore della Famiglia Sa0
lesiana.
COOPERATORI NEL CENTRO: SENTIRSI MANDATI!
Il «sentirsi mandati e mandati insieme» è un'esigenza imprescindibile
dell'azione apostolica.
Farsi ambasciatori e annunciatori di salvezza è entrare in un disegno
più grande di sè. È accettare un progetto per il cui compimento si collabora
con altre forze, in comunione di fede.
Il fare comunione comporta innanzitutto ricercarla e viverla con i pro-
pri compagni di viaggio.
Non si è da soli missionari. Si è insieme, ci si sente comunità anche
quando si è costretti ad operare da soli.
La comunione è anche l'obiettivo primo di essere mandati.
In altre parole l'esperienza di comunione del Centro non è orientata ad
attendere che il mondo venga verso di noi, ma che noi andiamo verso il
mondo, come non è il mondo ad andare verso la Chiesa, ma la Chiesa verso
il mondo.
·
«Sono mandato a fare del bene...» è il messaggio lasciatoci nel giorno
della Promessa.
Quando si vuol fare del bene ad un amico non ci si lascia guidare sola-
mente dall'idea di bene che uno si è fatta: cerca di capire qual'è quella del-
l'amico, proprio per non rischiare di fargli del male, con tutta la buona in-
tenzione di fargli del bene.
Per noi il «fare del bene» ha le sue radici nel Mistero dell'Incarnazione
e Incarnato vuol dire corrispondere alle aspirazioni degli uomini, delle per-
sone del proprio Centro, del proprio ambiente di vita e di conseguenza ne
deriva un servizio reale e dinsinteressato.
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PREMESSA
Ci ritroviamo dopo la pausa estiva
a riprendere un nuovo anno associa-
tivo. È questa la stagione dei proposi-
ti e anche l'occasione per uno sguar-
do all'anno trascorso, alla verifica
fatta, alla nuova programmazione.
Forse ci sono volti nuovi: occorre
creare per loro e anche per tutti gli
altri il clima idoneo per una «parten-
za sprint». Il tema di quest'anno ci
impegna a un serio esame di coscien-
za sulla vita del Centro.
Iniziamo questa riflessione rifacen-
doci alle origini, a un periodo aureo
per la PIA UNIONE dei Cooperatori
salesiani.
Non è semplice riscontrare gli ele-
menti fondamentali comuni allora e
indispensabili oggi. È proprio l'orga-
nizzazione infatti la parte più sogget-
ta ai cambiameti.
Partire dalle origini è un'esigenza
comunque di fedeltà al Fondatore e
alla tradizione dell'associazione.
1. LA FRESCHEZZA
DELLE ORIGINI
È impressionante lo sviluppo _del-
l'associazione alle origini: è una cre-
scita di famiglia! Salesiani, Figlie di
Maria Ausiliatrice e Cooperatori si
espandono nella Chiesa integrandosi
in modo armonico e con un sostegno
reciproco da presentarsi ovunque
espressione viva di un carisma co-
mune, anche se diversamente vissu-
to. Forse furono proprio i Cooperato-
ri a portare «ovunque», in ambienti
ecclesiali e strutture pubbliche, lo
spirito salesiano. Ripensare, anche
se brevemente, a quel diffondersi
prodigioso, può aiutarci a «sentire»
di più la gioia dell'appartenenza ed
a riappropriarci di aspetti organiz-
zativi, preziosi e indispensabili ieri
e oggi.
È l'influsso della santità di Don Bo-
sco: il suo genio organizzatore deter-
minò senza dubbio tale crescita.
Cominciò a far conoscere bene
la Pia Unione ai Salesiani nella pri-
ma conferenza annuale ai Direttori
(febbraio 1877).
«Se ne vedrà il grande sviluppo -
egli predisse - . Non andrà molto che
si vedranno popolazioni e città intere
unite nel Signore in vincolo spiritua-
le colla Congregazione Salesiana».
Annunciò la pubblicazione di
un BOLLETTINO, periodico, come
giornale della Congregazione, come
legame tra i Cooperatori e Confratel-
li Salesiani.
«Se ora sono cento i Cooperatori, il
loro numero ascenderà a migliaia e
migliaia, e se ora siamo mille, allora

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o
AGU INIZI C'ERA DON BOSCO
«Per contribuire alla salvezza della gioventu · -
porzione la più delicata e la più preziosa del-
l'umana società- lo Spirito Santo... lo guidò nel
dar vita a varie forze apostoliche, tra cui i Coope-
ratori salesiani» (Rva 1).
saremo milioni, procurando di iscri- Nelle CONFERENZE ANNUALI ri-
vere quelli che sono adattati... Cer- troviamo la chiave di questa rapida e
chiamo di far conoscere quest'opera, coinvolgente diffusione.
essa è voluta da Dio».
Fu nel 1° capitolo generale della 2. «È LA MANO DI DIO CHE
Congregazione salesiana che i Coope- SI SERVE DEI COOPERATORI»
ratori prendono chiarezza e si danno
le prime norme pratiche di organiz- Ogni opera salesiana, come ogni at-
zazione e di animazione.
tività educativa, era voluta da Don
Don Bosco, nella quarta «conferen- Bosco in prospettiva vocazionale: un
za» di quel Capitolo presentò l'asso- vasto movimento di persone da ag-
ciazione, affermando, tra l'altro: «Ma gregare attorno a un progetto, la sal-
un'associazione per noi importantis- vezza della gioventù, anche se con in-
sima che è l'anima della nostra Con- tervento apostolico diverso . Fu pro-
gregazione e che ci serve di legame prio questa visione coinvolgente di
per operare il bene d'accordo e con tante forze potenziali insite nel popo-
l'aiuto dei buoni fedeli che vivono lo di Dio a fare in brevissimo tempo
nel secolo, è l'Opera dei Cooperatori del Cooperatore la vocazione più ap-
Salesiani...».
petibile e più semplice per cooperare
Il Capitolo ne delineò l'identità e a un piano di salvezza delle anime.
ne stabilì le modalità di iscrizione e Si pensi all'esercito dei tanti ex-
di partecipazione.
alunni, ai quali Don Bosco tracciò un
La figura del Direttore emerge cammino apostolico in maniera com-
come animatore e dirigente della movente, quasi testamento spirituale
Pia Unione, responsabile dell'iscri- di un Padre per i suoi figli.
zione ,, della formazione e del fun- Il 15 luglio 1886 si tenne un conve-
zionamento.
gno di ex-allievi a Torino, e Don Bo-
Solo nel terzo Capitolo Generale sco parlò con il cuore, offrendo
(1883), furono prese in esame, le va- un'ulteriore sintesi di come inten-
rie norme date in forma occasionale desse la figura dell'ex-allievo e del
e secondo le esigenze,da Don Bosco Cooperatore.
e raccolte e pubblicate in un opu- «.. .Ho gustato molto le vostre
scoletto.
espressioni, le vostre proteste. Il Si-
Ne venne fuori un quadro organico gnor Curato della Gran Madre di Dio
semplice ma articolato secondo una ha detto che nessuno supera in amo-
logica apostolica efficace e ricca di re verso di me i giovani antichi del-
intuito.
l'Oratorio. Il Signor Buffa asserisce
Da quanto fin qui esposto risulta che gli amici Cooperatori non sono
evidente come Don Bosco intendesse secondi a nessuno in affezione e che
mettere la sua Associazione a servi- questa affezione di mille e mille è
zio della Chiesa universale, diocesi senza limiti. Ora tocca a me rispon-
per diocesi, parrocchia per parroc- dere chi sia da me più amato. Dite
chia, non solo a servizio della Con- voi: questa è la mia mano; quale di
gregazione.
queste cinque dita è più amata da
Bastarono pochi articoli: era forte me? Di quale fra queste mi priverei?
lo spirito e l'essenza della vocazione Certo di nessuna, perché tutte e cin-
apostolica del Cooperatore. È interes- que mi sono care e necessarie egual-
sante notare come fosse Don Bosco mente. Or bene io vi dirò che vi amo
stesso a curarne l'incremento. Delle tutti e senza misura. Molte cose io
94 Conferenze annuali, tra il 1878 ed vorrei dire in questo momento...
il 1888, tenute in Italia, Spagna e La proposta del Curato della Gran
Francia, 91 furono svolte da Don Bo- Madre di Dio di eccitare ciascuno di
sco stesso.
voi all'incremento dell'opera dei Coo-
peratori salesiani, è una proposta
delle più belle, perché i Cooperatori
sono il sostegno delle opere di Dio,
per mezzo dei salesiani... Essa è fatta
per scuotere dal languore nel quale
giacciono tanti cristiani e diffondere
l'energia della carità...
Un uomo poteva fare ciò che si è
fatto da noi? .. . Non è Don Bosco: è la
mano di Dio che si serve dei Coope-
ratori.
Ascoltate: voi avete detto in questo
momento che l'opera dei Cooperatori
salesiani è amata da molti. Ed io sog-
giungo che questa si dilaterà in tutti i
paesi, si diffonderà in tutta la cristia-
nità... la mano di Dio la sostiene».
3. IL PRIMO MANUALE
Uscì nel 1893, presentato da Don
Rua, un manuale teorico e pratico ad
uso dei decurioni e direttori della Pia
Unione.
In esso vi troviamo una struttura
essenziale: Origine e identità del Coo-
peratore, Regolamento di Don Bosco,
Organizzazione e regime della Pia
Unione, vari articoli morali diretti
a spiegare il campo di azione racco-
mandato ai Cooperatori e Coopera-
trici, alcuni brani e sunti di confe-
renze che sono «l'anima e la vita
dell'associazione». In appendice al-
cuni documenti.
Fu in questo periodo che l'associa-
zione prese corpo e consistenza. A fa-
vorire l'intesa coi Vescovi Don Rua
collegò i Decurioni delle singole dio-
cesi sotto la guida di un direttore dio-
cesano approvata dal Vescovo. «Il di-
rettore diocesano è centro del movi-
mento Salesiano della diocesi».
L'organizzazione si avvalse di in-
contri frequenti, di Convegni di De-
curioni e Direttori Diocesani.
Estremamente sigificativi i con-
gressi nazionali internazionali. Bo-
logna (1895) , Buenos Aires (1900),
Torino (1903), Lima (Perù) (1906),
Milano (1906), Santiago del Cile
(1909) , S. Paolo del Brasile (1915 -
Centenario nascita di Don Bosco),
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LA MEMORIA DI IERI
UN'ORGANIZZAZIONE SEMPLICE, SALDA E CAPILLARE
Non sono semplici nomi, ma esprimono valori di una sapiente anima-
zione associativa!
1) il DECURIONE: «Il capo di dieci o più cooperatori».
- «Il parroco è pregato di essere decurione dei Cooperatori della pro-
pria parrocchia. Se non possa esercitare quest'opera di carità... un vice-
decurione».
- Se in una parrocchia si possono costituire parecchie decurie, il Par-
roco ne sarà il Capo o condirettore».
- «Ogni decurione terrà registrato il nome, cognome e indirizzo di tut-
ti i Cooperatori e Cooperatrici della sua Decuria».
- «Se qualche cooperatore cade ammalato, il Decurione, informatone,
lo visiterà caritatevolmente, e gli somministrerà tutti quegli aiuti, consigli
ed assistenza...».
«A mano a mano che il numero dei Cooperatori aumenta, proporrà al
Superiore qualche zelante cooperatore per la formale elezione a Decurio-
ne».
2) DIRETTORE DIOCESANO: Un membro del Capitolo della Cattedra.
Ha il compito di coordinare, promuovere, tenere il registro di tutti ì decu-
rioni.
3) CONDIRETTORE: È un vice-direttore con il compito del Coordina-
mento delle attività in una città.
4) COMITATO e SOTTO-COMITATO: Un gruppo di persone (Consiglio!)
che collaborano con il Direttore e condirettore e con i decurioni nel disim-
pegno di quanto è detto nel Regolamento.
I membri del Comitato dovranno essere cc.ss.: il numero deve essere in
proporzione della popolazione e del numero dei cc.ss.! «In generale saranno
scelti in modo, che ve ne siano uno almeno di ogni rione o quartiere princi-
pale della città. Si abbia cura dì introdurvi un socio almeno dei più attivi e
zelanti d'ognuna delle principali Associazioni cattoliche del luogo. Verran-
no eletti tra il comitato un segretario, un tesoriere ed un pubblicista.
5) PUBBLICISTA: Interessante questa figura. «Il pubblicista si terrà in
relazione colla stampa della città e diocesi, onde valersene a pro delle edi-
zioni salesiane. Stenderà articoli... L'azione del pubbicista è di molto im-
portanza ed effetto, perciò lo si raccomanda assai».
Nella zona chi affianca la figura del Pubblicista era una zelatrice chia-
mata SCRITTRICE.
6) ZELATORE-ZELATRICE: «Le zelatrici verranno anch'esse scelte da
vari quartieri ed associazioni cattoliche della città».
«Lo ZELATORE era cooperatore/cooperatrice che agiva in quelle regio-
ni o zone dove non era ancora possibile avere direttori diocesani, nè decu-
rioni. Volge mansioni di animazione e diffusione, promozione vocaziona-
le... in stretto collegamento con gli altri organismi. Appena si formava un
gruppo di Cooperatori e cooperatrici si eleggeva una zelatrice che svolgeva
le mansioni di coordinamento della associazione».
Torino (1920) per l'inaugurazione
del monumento a Don Bosco in
piazza Maria Ausiliatrice.
Questi ed altri Congressi, con un
progressivo aggiornamento degli Uf-
fici Centrali, caratterizzarono un pe-
riodo aureo dell'associazione. Tappa
significativa fu il grandioso CON-
GRESSO MONDIALE del 1952, che si
concluse con la celebre udienza papa-
le a Castelgandolfo. Il magistrale di-
scorso di Pio XII fu la MAGNA CAR-
TA dei Cooperatori per l'inserimento
nel Movimento dell'Apostolato dei
Laici. Verso il 1935 con l'incarico a
Don Favini a segretario Generale dei
Cooperatori si delineò meglio la figu-
ra dell'incaricato salesiano, che fu
chiamato DELEGATO. Si arrivò a
anche a una convenzione e un pro-
4/ 68
gramma di collaborazione tra SDB
ed FMA.
Dal Congresso di Roma venne fuo-
ri una nuova linfa anche organizzati-
va: Nuovo Manuale dei Cooperatori,
Bollettino Dirigenti, Progetto Stam-
pa, Convegni, Campagne annuali,
Pellegrinaggi nazionali ed internazio-
nali. Maturò una nuova struttura!
RIFLESSIONE
Da questo sguardo retrospettivo
c'è da rimanere impressionati della
diffusione e della forza della Pia
Unione. Si pensi al primo Congresso
Mondiale di Bologna: circa cinquan-
tamila presenze, trenta vescovi, quat-
tro cardinali, tantissimi sacerdoti.
Una concreta immagine un'associa-
zione viva, dinamica, inserita nel
contesto ecclesiale e sociale del
tempo.
Appare chiara l'universalità quan-
titativa del Progetto Laici in Don Bo-
sco. Pedi PIANETA GIOVANI Don
Bosco esprime tutta la sua carica di
«preoccupazione» e di «attenzione»:
ne emerge una visione planetaria del
problema giovanile e una impellen-
te e conseguente ansia di coinvolgi-
mento sempre più consistente di
operatori, fino a comprendere ideal-
mente tutti i cattolici militanti, a
cominciare dal primo Operatore, il
Papa stesso.
E una cerchia vastissima di uomini
di buona volontà, come singoli e
come istituzioni pubbliche e private,
ricchi e poveri, da impegnare in azio-
ni concrete a favore della gioventù.
Un simile movimento farebbe pen-
sare a una grossa organizzazione. Ep-
pure c'è poco: regolamenti semplici,
ma essenziali. Il segreto di una mobi-
litazione di massa, come appare la
Pia Unione, sta nel «contatto perso-
nale ambiente per ambiente». È stata
la strada maestra percorsa da Don
Bosco: la malattia dell'assembleari-
smo non si era ancora manifestata.
Lo zelo per l'associazione si esprime
in un servizio di sensibilizzazione ca-
pillare e costante, zona per zona, am-
biente per ambiente. La diocesi di-
venta il luogo privilegiato di que-
st'azione e i suoi pastori ne sono gli
interlocutori principali.
Essenziale diventa in questa rete di
coinvolgimento la STAMPA! È il se-
greto di questo stupendo diffondersi
dello spirito salesiano alle origini.
Con questa visione occorre con-
frontarsi, sia nell'ambito delle opere
della Famiglia salesiana sia in quelle
diocesane.
Per quanto cambiato il contesto ec-
clesiale, l'aggregazione dei Coopera-
tori è andata con il tempo riducendo-
si e limitandosi a piccoli nuclei, tal-
volta poco vitali e di scarsa forza e
incidenza apostolica.
È solo motivo di cambiamenti so-
ciali, culturali, ecclesiali?
Vi sono altre cause?
È opportuno parlarne insieme!
COOPERATORE DI DIO
Un compagno umile e prezioso
del mio cammino quotidiano!
È un libro da avere come AMI-
CO che illumina ogni giorno la
vocazione laica salesiana, che
guida sui sentieri quotidiani del-
la preghiera, uno strumento in-
dispensabile per ravvivare la
gioia di lavorare nella Chiesa
come figli di Don Bosco.

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1A PRIMA CONVERSIONE
«Il Signore vi faccia crescere e abbondare nel-
l'amore vicendevole e verso tutti, per rendere sal-
di e irreprensibili i vostri cuori nella santità, da-
vanti a Dio nostro Padre» (1 Tes 3, 12-13).
PREMESSA
Conoscere il passato, riflettere sul-
le origini dell'associazione non è una
celebrazione commemorativa di
«tempi belli» e neppure deve ridursi
a nostalgici ricordi, ma fare MEMO-
RIA di un carisma da custodire e far
crescere OGGI, nella realtà cultura-
le, sociale ed ecclesiale. E questo è
possibile attraverso un processo for-
mativo serio e profondo.
La formazione di una coscienza as-
sociativa resta l'obiettivo di questo
sussidio.
«L'apostolato associato è di
grande importanza anche per-
ché sia nelle comunità della
Chiesa, sia nei vari ambienti,
spesso richiede di essere eserci-
tato con azione comune. Infatti
le associazioni erette per un'atti-
vità apostolica in comune, sono di
sostegno ai propri membri e li
formano all'apostolato, dispongo-
no bene e guidano la loro azione
apostolica, così possono sperarsi
frutti molto abbondanti che non
si avrebbero se i singoli operasse-
ro separatamente» (AA 18c).
dei suoi naturali «compagni» di viag-
gio, famiglia, lavoro...
non lo veste di nuova identità vo-
cazionale, da farne un mezzo-
consacrato ma lo CONFERMA E LO
RAFFORZA nella comune missione
del cristiano, aiutandolo a condivide-
re la VOCAZIONE CRISTIANA nello
spirito e nello stile salesiano, INSIE-
ME, e con un regolameto-guida in
questo particolare cammino di apo-
stolato e di santità!
3. LA FORZA DELLO STARE
INSIEME
1. FORMARSI È IMPORTANTE
Nel documento «LA FORMAZIO-
NE DEI LAICI» della II Assemblea
del Pontificio Consiglio per i laici
(1978) e riportato in tanti altri docu-
menti susseguenti, si ricorda:
«La FORMAZIONE sembra che non si
debba identificare nè con il TRAINING
nè con istruzione e nemmeno con edu-
cazione. Essa non si limita alla cate-
chesi e non indica nemmeno una attivi-
tà ecclesiale specifica e precisa, ma si
riferisce piuttosto agli aspetti più vari
della partecipazione dei laici alla vita e
alla missione della Chiesa... La FOR-
MAZIONE richiama il bisogno di cre-
scita della vita cristiana sul piano per-
sonale e comunitario._. . (indica) un iti-
nerario aperto e permanente nel corso
del quale l'uomo è invitato ad accoglie-
re, assimilare, capire e mettere in pra-
tica il dono della FEDE, tenendo conto
sempre più delle proprie possibilità e
delle proprie facoltà fisiche ed intellet-
tuali a seconda delle età come pure a
seconda del tempo, del luogo e delle di-
verse condizioni in cui si trova».
Nei documenti conciliari vi è una
notevole varietà di termini: iniziazio-
ne, catecumenato, catechesi, insegna-
mento, studio, pedagogia, informa-
zione, aggiornamento, professionali-
tà, rinnovamento, educazione, anche
se con vari termini, tutti riconducibi-
li al termine «formazione».
2. FORMARSI
PER UN APOSTOLATO
Il COOPERATORE SALESIANO è
chiamato a vivere, per sua scelta, il
Vangelo alla scuola di Don Bosco.
- La sua esperienza non è singola,
ma personale; è aggregata ad altre
persone. La sua vocazione è nata dal
vivo desiderio di fare il bene e di far-
lo con altri fratelli nello spirito di
Don Bosco.
- Da questo ne deriva anzitutto
un ATTO DI RICONOSCENZA a Dio
e UN IMPEGNO a condividere la co-
mune vocazione a favore della gio-
ventù, specialmente bisognosa di aiu-
to materiale e spirituale.
- Questa vocazione si realizza in-
sieme, pur conservando lo specifico
laicale, che lo impegna prioritaria-
mente nelle ordinarie condizioni del-
la sua vita.
- Il CENTRO DIVENTA quindi IL
LUOGO DOVE DIO LO COLLOCA
per ravvivare e fare concreta vita as-
sociativa per rendere più specifica la
vocazione cristiana:
non si sostituisce alla comunità
ecclesiale, parrocchia...;
non lo «distrae» dagli ambienti
quotidiani;
non lo separa dalla coesistenza
In questa lezione stiamo cercando
di capire che il nostro stare INSIE-
ME ha uno scopo ben preciso: «Salva
salvandoti», diceva Don Bosco. In al-
tri termini con la PROMESSA ci as-
sumiamo la condivisione di una MIS-
SIONE, un servizio di APOSTOLA-
TO, per la nostra salvezza e quella
degli altri.
Non un mettersi insieme per un
«puro fare», ma per «essere» anzitut-
to docili strumenti di Colui che ci ha
chiamato.
Fermiamoci un attimo a riflettere
sul nostro stare qui, insieme.
Perché qui, perché in un Centro di
Cooperatori, perché con questi ami-
ci? Sono solo circostanze, pura coin-
cidenza, o c'è qualcosa di più? Pro-
viamo a parlarne.
4. LA PRIMA CONVERSIONE
Analizziamo attentamente i vari
momenti della nostra vita associati-
va. Ci accorgiamo quanto poveri sia-
no di animazione spirituale. Sembra
che ci affanniamo a promuovere, a
programmare attività, ma trascuria-
mo la parte più importante. C'è più
assemblearismo che senso di comu-
nità.
In altre parole. Il punto chiave, es-
senziale per acquisire una solida
identità di Centro è richiamare che
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NOI SIAMO UN INSIEME DI PER-
SONE CONVOCATE DAL SIGNORE.
Se si parte da questa convinzione,
si parla, si agisce, si opera con un
senso e un atteggiamento nuovo: e la
novità diventa la presenza di Cristo
Gesù.
Quanto siamo poveri di questi at-
teggiamenti interiori ed esteriori! A
cominciare da_lla cosa più semplice:
la preghiera! E iJ. primo passo verso
una MENTALITA NUOVA di Centro.
. Senza questo principio, non si può,
m alcun caso, avere un «insieme» di
persone che credono e che hanno
scelto di lavorare con gli stessi ideali
e con lo stesso spirito nella vigna del
Signore.
L'assenza di questa visione di fede
del nostro incontrarci, del nostro far
parte di un'associazione apostolica,
genera superficialità, monotonia e
poca voglia di ritrovarsi: tutte pre-
messe per troncare, tra mille scuse,
ogni impegno assunto anche con en-
tusiasmo, con la PROMESSA.
CONCLUSIONE
All'inizio di un nuovo anno c'è en-
tusiasmo, c'è buona volontà: e questo
è un fatto interessante e da non sotto-
valutare.
Ci si ritrova insieme e questo è già
un dono.
Il ritrovarsi «insieme» anche per
questa esperienza di cammino forma-
tivo è infatti da considerarsi un do-
no, una grazia del Signore. È il primo
atteggiamento da sottolineare alla ri-
presa dei nostri impegni. Non siamo
soli a fare il bene: abbiamo scelto di
farlo con altri fratelli di viaggio nello
spirito di Don Bosco.
Questo sussidio è nato per aiutarci:
non un testo scolastico, ma una gui-
da che offre stimoli e tenta di orienta-
re l'associazione per ritrovare unità
di mente e di cuore. Sottovalutare
questo significherebbe favorire la di-
spersione e la perdita della propria
identità vocazionale.
Forse saremo anche tentati di rite-
nere questo tema secondario, un
tema puramente tecnico, e poco per-
tinente alla formazione.
Eppure mai come quest'anno l'as-
sociazione è lanciata in una vasta
campagna di sensibilizzazione, per ri-
dare a questa struttura la giusta
«comprensione» e soprattutto la giu-
sta «funzione».
Occorre che ci sia impegno da par-
te di tutti, non solo per analizzare,
per denunciare carenze, o aspetti in
ombra, ma per fare ogni sforzo per
rendere credibile l'immagine di Cen-
tro. Perciò, animo e... avanti insieme,
in questo sforzo comune.
- Il punto di partenza, ed è impor-
tante, non sono le mura: sono delle
persone vive e attive, coscienti del si-
gnificato di una particolare aggrega-
zione. Per questo occorre dare in
queste prime nostre riflessioni tempo
e spazio alle motivazioni per cui un
gruppo di Cooperatori si ritrovano
insieme in una struttura chiamata
CENTRO.
IL CENTRO,
FONTE DI FRATERNITÀ
«Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono
in mezzo a loro» (Mt 18,20).
PREMESSA
Qualche volta - forse fin troppe
volte - si incontrano persone che
nel concreto già lavorano sia in am-
bienti salesiani che in altre strutture
ecclesiali, e che considerano l'aggre-
garsi all'Associazione un fatto forma-
le, inutile. «C'è bisogno di un'etichet-
ta? A che serve?».
Implicitamente la lezione prece-
dente ha sottolineato e richiamato
questi aspetti. Proviamo in questa le-
zione ad approfondirli.
1. L'UNIONE FA LA FORZA
Anche senza entrare in merito ai
valori teologici e spirituali di un'ag-
gregazione apostolica, una risposta
pratica è da ricercarsi proprio nel
pensiero che ha mosso Don Bosco:
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unire le forze per fare il bene. A
quanti presentano l'inutilità dell'ag-
gregazione, viene anche spontaneo
chiedere: «Senti il desiderio di fare il
bene? Ti senti spinto (chiamato!) a
fare qualcosa nella vigna del Signo-
re? Ti senti di farlo da solo o con altri
che condividono con te lo stesso desi-
derio? Quel determinato bene (maga-
ri che già fai) ti andrebbe di farlo in
modo organizzato, con un regolamen-
to che accolga le tue aspirazioni e ne
definisca modi, tempi e mezzi di at-
tuazione?». Le risposte sono quasi
sempre scontate: rispondono di sì.
La semplicità e la concretezza è
stata sempre la via seguita da Don
Bosco per aiutare ad andare gradual-
mente più in profondità in un discer-
nimento vocazionale.
Partendo dalla necessità di «orga-
nizzare» il bene e unire le forze per
un ideale comune è più facile aggre-
gare persone che vivono gli stessi
ideali. Ma c'è di più.
Inoltre la comunione, è frutto di un
dono divino.
È un valore interiore, certamente
sublime, che genera la «fraternità».
È bene nel nostro contesto richia-
mare il valore cristiano del termine
fratello: la scelta dell'ideale comune
e l'accettazione del Regolamento ren-
dono i Cooperatori tra loro e i mem-
bri degli altri Gruppi della Famiglia
Salesiana «fratelli e sorelle» in Don
Bosco, oltre che, come cristiani, fra-
telli e sorelle in Cristo.
2. FRATELLI IN CRISTO
Riflettiamo su alcuni brani del
Santo Vangelo.
- «Voi infatti siete diventati figli
di Dio per mezzo della fede in Gesù
Cristo: perché quanti siete stati bat-
tezzati in Cristo, vi siete rivestiti di

1.7 Page 7

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Cristo. Non c'è più giudeo, greco,
schiavo, nè libero, nè maschio, nè
femmina, perché tutti siete uno solo
in Cristo» (Gal 3,26-29).
- «Ma voi non vogliate essere
chiamati maestri, perché uno solo è
il vero maestro, e VOI SIETE TUTTI
FRATELLI» (Mt 23,8).
I Cooperatori Salesiani sono anzi-
tutto fratelli e sorelle in Cristo.
- Nel Regolamento di Don Bosco
è richiamata questa verità: «...tutti i
soci, considerandosi come tutti figli
del nostro Padre Celeste, tutti fratelli
in Gesù Cristo...» (RDB VI, 2).
3. FRATELLI IN DON BOSCO
I Cooperatori Salesiani sono fratel-
li e sorelle spirituali in Don Bosco.
Ci dice nel suo Regolamento: «Così
facevano i cristiani della chiesa pri-
mitiva... uniti con un cuore solo ed
un'anima sola, animavansi l'un l'al-
tro a stare saldi nella fede e pronti a
superare gli incessanti assalti da cui
erano minacciati» (RDB 1).
Quale radice di questa fraternità
salesiana?
avere un riflesso in una serie di vin-
coli reali e concreti, in relazioni più
strette e in momenti di condivisione
e di partecipazione.
E questo può solo realizzarsi se si
offrono strutture e occasioni ben de-
finite per l'esperienza operativa della
fraternità. Il CENTRO diventa in
questa visione l'ambiente insostitui-
bile per vivere questo dono della vo-
cazione salesiana.
«La fraternità salesiana è dono ri-
cevuto ed è insieme impegno da at-
tuare e obiettivo da raggiungere.
Come? Improntando i propri rapporti
con ogni fratello e sorella a senti-
menti di stima, di rispetto, di affetto
sincero, assumendo comportamenti
che manifestino effettivamente tali
sentimenti... Quindi la condivisione e
lo scambio dei valori spirituali come
idee, esperienze, progetti, il condivi-
dere gioie e sofferenze, l'aiuto vicen-
devole anche nei suoi aspetti econo-
mici» (Commento RVA p. 241).
CONCLUSIONE
Si è insieme nel Centro per:
«È insita nella vera fraternità evangelica l'idea di "comunione" di tutti
i cristiani con Dio e fra di loro. La COMUNIONE, in senso biblico, qualifica
~ la maniera di essere e di agire, la relazione con Dio e con gli uomini caratte-
ristica della comunità cristiana. Consiste in un'unione misteriosa ma rea-
le intima e vitale con Cristo, creata dallo Spirito Santo, l'Amore stesso di
Dlo. Donato nel Battesimo ai cristiani, Egli stabilisce tra loro e con Cristo
dei rapporti di concordia, di fraternità.
Di questa "comunione" cristiana: attraverso la comunione col Cristo
eucaristico, tutti i partecipanti diventano una realtà sola, il suo corpo mi-
stico» (Commento RVA, p. 232).
«Tutti partecipano con gioia alla vita di famiglia dell'associazione, per co-
noscersi, scambiare esperienze e progetti, crescere insieme» (RVA 19,2).
ze, modeste o fragili di ognuno, è il
dono che Dio ci fa. Da soli potremmo
SEGRETERIA - ARCHIVIO
Segno di vitalità di un Cen-
tro è la funzionalità di una SE-
GRETERIA che curi la vita asso-
ciativa, abbia aggiornato l'AR-
CHIVIO, in particolare l'indiriz-
zo dei soci, che organizzi bene i
vari settori: documentazione, bi-
blioteca ...
È un diritto che ogni CENTRO
deve esigere dalla struttura nel-
la quale è stato canonicamente
eretto.
Non è possibile animazione
senza collegamento e non c'è col-
legamento senza i canali opportu-
ni per comunicare, informare. Lo
stato attuale dell'associazione,
nonostante la disponibilità di mo-
derni strumenti, è precario.
Quanti sono i Centri che han-
no uno schedario aggiornato, or-
ganizzato secondo criteri funzio-
nali e apostolici?
Sono veramente pochi. Non lo è
a livello locale e ancora più diffi-
cilmente lo è a livello superiore.
È ovvio che l'Ufficio Ispetto-
riale dovrà possedere e curare
uno schedario che corrisponda
alla somma di tutti gli schedari
dei centri dell'Ispettoria o della
Regione. Ogni aggiunta o corre-
zione deve simultaneamente ap-
parire nello schedario locale e in
quello ispettoriale. In alcuni
Centri è stato organizzato lo
schedario, distinto in quattro
settori: A.: presenti stabilmente;
B.: presenti saltuariamente; C.:
Lontani; D.: Aspiranti.
È un buon sistema che può
aiutare a seguire gli associati
anche con modalità e interventi
diversi.
Mentre la prima fraternità, quella
cristiana, è di natura sacramentale,
quella salesiana è di natura carisma-
tica, legata alla figura del Fondatore,
che noi chiamiamo Padre: i Coopera-
tori Salesiani, come gli altri soci dei
gruppi della FS, sono discepoli e di-
scepole che ne prolungano la missio-
ne e ne vivono lo spirito. E in funzio-
ne di questa discendenza e di questa
appartenenza i Cooperatori chiama-
no il proprio Fondatore Padre spiri-
tuale e di conseguenza sono fratelli e
sorelle in Don Bosco.
4. CENTRO,FONTE
DELLA CRESCITA FRATERNA
Ovviamente tutto potrebbe restare
una bella e anche entusiasmante
IDEA, restare sul piano dell'ideale,
senza concreta esperienza. Il sentirsi
fratelli e sorelle in Don Bosco deve
- CONOSCERSI! Il bisogno di in-
contrare nuove persone, di conoscere
volti nuovi, è comune a tutti. Diventa
un dono e una esigenza quando si
cercano persone che vivano gli stessi
ideali, allora la conoscenza si trasfor-
ma in fraternità e cresce e matura
fino a diventare comunione. Non è
conoscersi tanto per fare amicizia: è
possibile avere amici altrove, in altri
ambienti e con altri interessi e aggre-
garsi ad altre persone per condivide-
re un ideale apostolico.
- SCAMBIARE ESPERIENZE E
PROGETTI! Raccontarsi la propria
vita, comunicare ad altri il proprio
cammino di vita, fatto di vittorie e di
sconfitte, aiuta a mettere in comune
le proprie esperienze e le proprie
aspirazioni. Il Centro deve essere la
CASA dove ritrovarsi per mettere in-
sieme potenzialità forse nascoste e
mai espresse: unire questi sogni, pic-
coli o grandi di ciascuno, queste for-
far poco, con altri si potrà fare molto.
- CRESCERE INSIEME! Il Centro
non è un insieme di perfetti, ma di
persone che tendono alla perfezione.
E importante riconoscersi fragili ed è
anche importante che le persone del
Centro accettino che i tempi e le vie
che conducono alla SANTITÀ siano
diversi: non hanno infatti per tutti le
stesse cadenze.
Da questo nasce la voglia di cresce-
re insieme, ma nel rispetto di questi
ritmi diversi.
Obiettivo di ogni Centro è costi-
tuirsi come nucleo-comunità di servi-
zio, che, in altri termini, significa
esercizio della ·«carità». La «carità» è
occhio vigile agli altri: è la connota-
zione di ogni cristiano e sarebbe as-
surdo se non lo fosse per un Centro.
I Consiglieri devono essere in prima
fila nel vivere questa virtù, segno e
anima dell'azione pastorale salesiana.
7/71

1.8 Page 8

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INSIEME E ORGANIZZATI
«Una volta poteva bastar l'unirsi insieme nella
preghiera ma oggi... bisogna UNIRSI NEL CAM-
PO DELL'AZIONE E OPERARE (Don Bosco)..
PREMESSA
Perché tanta importanza al CEN-
TRO? Quale rapporto con gli altri or-
ganismi e le altre strutture? Quali
principi regolano l'aspetto organizza-
tivo della nostra associazione?
Abbiamo già ricordato nelle prece-
denti lezioni la necessità di organiz-
zarsi sia nella chiesa che nelle strut-
ture pubbliche. E non per un'esigen-
za di crociata o di mobilitazione,
quanto per un bisogno di «mutuo so-
stegno spirituale» e di «comunione di
ideali».
Nell'attuale situazione sociale l'apo-
stolato associato si present;a come la
maniera più efficace di apostolato. Lo
fu chiaramente nel pensiero di Don
Bosco, quando diede inizio alla Pia
Unione dei Co peratori: «In ogni tem-
po si giudicò necessaria l'unione tra i
buoni per giovarsi vicendevolmente nel
fare il bene e tener lontano il male... le
forze deboli quando sono unite, diven-
tano f ortin (RDB 1).
1. INSIEME
PER IL REGNO DI DIO
Il lavorare attorno a un progetto
comporta sempre delle regole: la defi-
nizione dei tempi, dei mezzi e delle
modalità di realizzazione. Il tutto è
sempre determinato dagli obiettivi
che si intendono perseguire.
Nel nostro caso l'organizzazione ha
un significato ben definito: lavorare
nel Regno di Dio per la salvezza del-
l'anima. Era il chiodo fisso di Don
Bosco. È il motto di ogni salesiano,
laico o consacrato: «da mihi animas
coetera tolle».
Intesa così ogni struttura ha una
sua specifica connotazione e deve es-
sere «utilizzata» solo ed esclusiva-
mente per tale obiettivo. Ogni volta
che si perde di mira «la gloria di Dio
e la salvezza delle anime» si rischia
di lavorare invano e disperdere ener-
gie e persone in provvisori progetti
umani.
8/72
Il Regolamento di Vita Apostolica è
tutto permeato di questa ansia mis-
sionaria.
«Per contribuire alla salvezza della
gioventù... tende ad attuare, nelle or-
dinarie condizioni di vita, l'ideale
evangelico dell'AMORE A DIO E AL
PROSSIMO.. . voglio riamarti facendo
del bene... lavorare nel tuo Regno
specialmente per la promozione e la
salvezza dei giovani» sono alcuni dei
tanti richiami ai valori salvifici della
vocazione del Cooperatore.
Alla luce di questo punto costante
di riferimento di ogni azione e attivi-
tà del Centro sono da ricordare i
principi generali che regolano tutto
l'aspetto organizzativo dell'Associa-
zione, collegati a quelli irrinunciabili
di Don Bosco:
- Il PRINCIPIO DELL'UNITÀ,
DELLA FLESSIBILITÀ, DELL'ADAT-
TABILITÀ (art. 41,1).
- LA CENTRALITÀ DELLA
STRUTTURA LOCALE, NUCLEO
FONDAMENTALE (art. 41,2);
- LA STRUTTURA ISPETTORIA-
LE-PRIVILEGIATA A QUELLA NA-
ZIONALE .
In concreto è lasciato ai CENTRI
ampio spazio di movimento, in modo
da favorirne la vitalità e la creatività.
Questi criteri possono facilmente
ingenerare facili e accomodanti in-
terpretazioni che generano superfi-
cialità, dispersione, carenza di propo-
ste valide di servizi apostolici.
Si noti ancora: parlando di organiz-
zazione, occorre anche non confonde-
re gli aspetti giuridico-canoni-
ci: riportano alla normativa ecclesia-
le che definisce la natura, il fine della
organizzazione e dei suoi organismi;
aspetti tecnico organizzativi: ri-
guardano modalità, tempi, mezzi di
raggiungimento del fine stesso.
In altri termini l'organizzazione ha
un duplice scopo:
- rendere effettiva la collabora-
zione;
- consolidare la disponibilità a vi-
vere con altri fratelli e sorelle nello
spirito salesiano la missione del cri-
stiano.
2. ORGANIZZAZIONE
FLESSIBILE E AD,ATTABILE
La collaborazione e la comunione
esigono un'organizzazione: non si
può operare assolutamente insieme
senza avere una struttura che «ordi-
ni e indichi» tempi e mezzi di questa
scelta di azione in comune e secondo
obiettivi comuni.
Il Regolamento parla di flessibilità
e adattabilità: non potrebbe essere di-
versamente. Si è già accennato che
sia rigettata ogni idea, seppur velata,
di «arrangiarsi». È un principio che
non riflette una tendenza a «fare lo
stretto necessario» o ad assuefarsi a
una prassi di superficialismo, ma
un'esigenza della natura stessa della
vocazione laicale, che si realizza in
situazioni culturali, sociali, familiari,
precarie, soggette a cambiall'!enti
continui e non facili da vivere. E un
principio che non è dato per giustifi-
care la pigrizia apostolica, l'approssi-
mazione organizzativa, ma nel rispet-
to della persona, che nelle sue svaria-
te situazioni ambientali desidera vi-
vere una specifica missione aggrega-
tiva e apostolica.
È su questo rispetto che va impo-
stato il processo organizzativo del-
1'Associazione ed è su questo valore
da difendere e da conciliare con la fe-
deltà alla PROMESSA che si inseri-
sce il dovere, da parte di chi è tenuto
a farlo, di comprendere, di coordina-
re e stimolare «il possibile ed il fatti-
bile».
3. CENTRO,
NUCLEO FONDAMENTALE
Nel rivedere, rileggere e anche nel
ripensare la struttura organizzativa
si è cercato di cogliere alle origini
l'esistenza di un termine, che riflet-
tesse lo stesso concetto di Centro.
Non è stato possibile trovare analo-
gia in altri termini similari, ma sol-

1.9 Page 9

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tanto nel vedere come già alle origini
si desse una forte importanza a una
struttura di base, che si chiamasse
DECURIE o SETTORE poco importa.
Forse prima di questo regolamento
era più marcato l'aspetto aggregativo
legato più alle persone che alle strut-
ture, che si configuravano ordinaria-
mente nelle opere religiose salesiane
e nelle strutture diocesane. Era più
marcata la «responsabilità» sia del
direttore salesiano che diocesano. La
diocesi e per essa la parrocchia resta
per lunghissimi anni il campo privi-
legiato dell'azione dei Cooperatori.
In rapporto all'Associazione i ter-
mini CENTRO-NUCLEO sono ricchi
di significati: indicano che è la parte
essenziale, più importante, il punto-
base, il punto che irradia energia e
luce.
È l'organo che sviluppa tutta la
vita della circonferenza.
In sintesi il CENTRO è:
UNA STRUTTURA INDISPEN-
SABILE;
LA CELLULA VITALE PER
RAGGIUNGERE GLI SCOPI DEL-
L'ASSOCIAZIONE;
È NUCLEO E FONDAMENTO in
quanto dà energia e sostegno all'As-
sociazione;
È L'UNITÀ DI BASE OPERATI-
VA (commento RVA).
L'AMBIENTE dove si svolge la riu-
nione ha anch'esso la sua importanza.
Fare una riunione in una sala im-
personale, o in un salotto di una casa
privata cambia molte cose. In una
casa privata potrebbe esserci più in-
timità, più calore familiare per alcu-
ni, mentre per altri potrebbe esserci
un senso di disagio nell'esprimere le
proprie idee, soprattutto se esistono
già espresse diversità di idee e com-
portamenti già noti. In una sala im-
personale tutti sono sullo stesso pia-
no; nessuno deve qualcosa a qualcu-
no, ma il clima del gruppo che si ra-
duna rischia di restare più freddo ,
zione principale diventa la «salvezza
delle apparenze» e non quella delle
anime. E la motivazione di fede che
deve farsi costantemente presente!
In ogni Centro ciascuno mette in
comune la propria vita non per un
giuoco di potere da acquisire ma per
la logica stessa della comunione dello
spirito e dell'azione fraterna di con-
divisione.
È evidente che ogni persona porta
nel gruppo la propria povertà o la
propria ricchezza di vita, le proprie
idee e le proprie capacità e sensibili-
tà ed ognuno agisce con la propria
forza di temperamento, con la pro-
SOLIDARIETÀ FRATERNA
L'originalità e lo spirito di famiglia della nostr~ associazio~e esigon?
che in essa non vi siano quote, ma si danno offerte libere, per vivere pero
nella giusta autonomia richiesta da noi stessi, per partecipare direttamen-
te alla vita della nostra Associazione, e anche in ottemperanza all'Art. 32
(<<L'Associazione è sostenuta ai diversi livelli da offerte libere»).
I contributi siano offerti in maniera che restino anonimi e non siano
mai registrati nolninalmente, ma solo globalmente. Ogni Centro determine-
il tempo più opportuno e i modi di attuazione dei versamenti.
Il CENTRO utilizza i contributi per quelle spese che sono a vantaggio di tut-
ti i CC e cioè spese di ufficio (cancelleria, propaganda, telefono, postali, ecc.).
Il Consiglio Ispettoriale utilizza i contributi per il funzionamento del-
l'Ufficio ispettoriale, e per le esigenze analoghe a quelle di ogni Centro. Il
suo bilancio sarà comunicato ad ogni Centro.
I contributi inviati all'UFFICIO NAZIONALE serviranno per il suo fun-
zionamento, per i vari servizi di collegamento e coordinamento.
Gli altri organismi sono al suo ser-
vizio: LO STIMOLANO, LO POTEN-
ZIANO, LO AIUTANO NEL SUO
CAMMINO, NE RISPETTANO L'AU-
TONOMIA (non indipendenza), NE
FAVORISCONO LA COMUNIONE
con l'Associazione, gli altri Gruppi
della Famiglia Salesiana e con il suo
Moderatore supremo, il Rettor Mag-
giore (commento RVA).
4. ELEMENTI DINAMICI
Il Centro per sua natura può avere
una presenza di persone varia per
età, cultura ed esperienza.
Proprio per questo occorre una
composizione armonica del Consiglio
che deve guidare la vita del Centro.
Ad esempio il fatto di ritrovarsi a
condividere un progetto comune apo-
stolico con persone di età diverse può
essere un fatto arricchente o anche
un'occasione per demolire tutto e
non far crescere niente di buono, a
seconda del modo di rapportarsi e di
relazionare le proprie esperienze di
vita e di servizio.
Il SESSO dei membri è anch'esso
fonte di interazioni: un gruppo inte-
ramente maschile o interamente fem-
minile non reagirà allo stesso modo
di un gruppo misto.
meno comunicativo. La stessa dispo-
sizione delle sedie e del tavolo, di og-
getti o cose che si vogliono mettere in
evidenza ha la sua importanza.
5. PERSONE IN COMUNIONE
La tipologia degli incontri è varia,
da quelli organizzativi, a quelli speci-
ficamente formativi-didattici, da
quelli di programmazione e verifica a
quelli di fraternità e di festa.
È importante che un gruppo SAP-
PIA PERCHÉ SI RITROVA INSIE-
ME; ci sia chiara, anche se gradual-
mente la motivazione di fondo per
cui ESISTE UN CENTRO. È IL PUN-
TO DI PARTENZA ed È LA MOSSA
GIUSTA PER NON ANDARE FUORI
STRADA.
Molti errori e molte difficoltà che
si verificano nei Centri sono dovute
proprio a una falsa visione di stare
insieme o anche vanificazione della
chiamata di Dio.
È solo in questa ottica di impegno a
costruire la COMUNIONE DI FEDE
prima di tutto, che si può parlare di
vitalità di Centro.
L'agonia dei Centri è segnata inevi-
tabilmente quando la sua centralità è
la funzionalità (ma quante volte
manca anche questa!) o la preoccupa-
pria gentilezza e spontaneità, ma an-
che con la propria alterigia e arro-
ganza, con il proprio animo talvolta
collerico e aggressivo.
E in questo «mercato» di valori e po-
vertà che deve cimentarsi la potenza
del Centro, che non deve per amore di
pace selezionare o discernere i buoni
dai cattivi, ma ritrovare anzitutto la
volontà comune di farsi «sanare» da
chi può veramente farlo, da Dio!
CONCLUSIONE
La vita di Centro deve sempre mira-
re a creare in tutti capacità e voglia di
accoglienza e di amorevole disponibi-
lità a spezzare il pane dei propri suc-
cessi o insuccessi quotidiani.
Far parte di un Centro significa
tendere l'orecchio alle necessità di tut-
ti, condividerne gioie e dolori, interve-
nendo con delicatezza per non offen-
dere, per non soffocare o umiliare.. .
Coesistere con gli altri del Centro
comporta capire, intuire il contesto di
vita di ciascuno, non per ricamarci su
la novella o il pettegolezzo di turno,
ma per donare all'altro il proprio so-
stegno, non fosse altro che quello della
preghiera.
9/73

1.10 Page 10

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ANIMARE È SERVIRE
uLasciatevi guidare dall'amore di Dio e fatevi
servi gli uni degli altri (Gal 5,13).
PREMESSA
- La storia ricca e prodigiosa di
ieri è il frutto di una sapiente e co-
raggiosa opera di animazione: orga-
nizzazione non va intesa come un
moltiplicarsi di regole e di norme che
soffocano lo spirito, ma un insieme di
indicazioni per tracciare la strada
alle persone chiamate a vivere la
propria vocazione di figli di Dio. E
Don Bosco con spirito pratico ha in-
tuito che la vita apostolica esige una
sintesi tra vita e fede, tra cuore e
mente. Ha capito che il troppo stor-
pia, ma si è anche dato da fare per-
ché il necessario e l'essenziale non
mancasse mai!
- Quando più persone si aggrega-
no e si impegnano a svolgere una de-
terminata iniziativa o promuovere
azioni di carità, si rende necessaria
un'opera di coordinamento e una
chiara distribuzione di incarichi e di
responsabilità.
È quanto richiede il nostro PRO-
GETTO APOSTOLICO: l'unirsi per le
motivazioni di fede, in risposta a una
specifica vocazione laicale, richiede
al suo interno una definizione di ruo-
li e compiti: fare il bene, senza orga-
nizzarlo, comporta già in partenza
farlo male.
- Da questa esigenza nasce nella
Associazione la scelta, prevista dal
Regolamento, dei suoi Responsabili,
ai vari livelli.
Ci fermiamo non tanto agli aspetti
giuridici o tecnici, che rimandiamo
allo stesso Regolamento o al Manua-
le, quanto piuttosto a quelli pastorali
o se si vuole, alle idee che sono alla
base di questi doveri.
1. SCEGLIERE NON È FACILE
Nella scelta dei consiglieri del Cen-
tro e del delegato o delegata sono es-
senziali che si seguano non solo i crite-
ri elettivi, ma soprattutto si abbiano
10/ 74
chiari i compiti e le mansioni a cui
sono chiamati i Cooperatori eletti.
La figura dell'animatore del Cen-
tro è da ricercarsi non in una perso-
na SUPER, che abbia mille capacità e
doti, che disponga di tanto tempo , ma
soprattutto che SI INTEGRI con gli
altri consiglieri, si inserisca nelle esi-
genze del Centro, offra garanzie per
una reciproca collaborazione.
2. ANIMARE È SERVIZIO
L'animazione ha anche bisogno di
un metodo, cioè la selezione e orga-
nizzazione delle risorse disponibili e
delle operazioni necessarie, atte a
creare le condizioni favorevoli al rag-
giungimento degli obiettivi.
È importante che chi ha un ruolo
specifico sia conosciuto e «capito» da
tutti e che abbia le prerogative per le
quali è chiamato.
Non sono pochi quelli che davanti
a una serie di compiti e di funzioni si
«spaventino» e si tirino indietro.
Forse si potrebbe anche auspicare
che competenze e tecniche di servizio
del centro si acquisiscano con il tem-
po, ma sono invece necessarie attitu-
dini, che ognuno possiede, come ta-
lenti naturali e disposizioni personali
che si suppongono già acquisite e col-
laudate dall'esperienza della vita.
In questa funzione di animazione
sono infatti indispensabili:
- convinzioni profonde di fede;
- vita e pratica cristiana costante;
- buone capacità inter relaziona-
li, capacità di accogliere, di rappor-
tarsi con gli altri, di dialogare, senza
aggressività e passionalità.
- spirito di servizio. Non si tratta
infatti di esercitare un potere o di la-
vorare da dirigente, ma offrire un
servizio nello spirito del Vangelo.
È con la pratica che si acquistano
delle attitudini e si sviluppano. An-
che se non si è sicuri di possederle
tutte in partenza e in modo evidente,
non si perde niente a tentare, occorre
solo volontà e pazienza, lasciandosi
umilmente guidare e seguendo il na-
turale solco tracciato dalla vita stes-
sa dell'Associazione.
3. ANIMATORE ED ESPERTO
È importante sapere che c'è diffe-
renza tra animatore ed esperto. Chi
anima o coordina promuove l'inter-
vento di chi «sa». Non sarà lui a dare
risposte ed offrire tutte le soluzioni,
ma stimola e organizza perché per i
vari problemi ci sia la risposta di chi
sa, perché esperto, al momento op-
portuno.
È anche importante che ci siano
persone capaci di mediare le risposte
giuste. Non si tratta neppure di tro-
vare specialisti, ma soprattutto per-
sone che sappiano offrire la propria
esperienza positiva di vita vissuta.
4. DELEGATO/A
Sappiamo che esiste un vincolo
che lega l'Associazione dei coopera-
tori Salesiani alla nostra Congrega-
zione: è un vincolo legato al comune
Fondatore, alla comune missione ed
al comune spirito e stile apostolico.
L'essere convinti di essere stati su-
scitati nella Chiesa, per mezzo di Don
Bosco, «insieme» per lo stesso Pro-
getto e che siamo «complementari»,
ci consente di capire meglio il ruolo e
doveri di animazione del delegato/a .
Non è un servizio tra «maggiori e
minori», tra «superiori e dipendenti»,
ma un servizio tra fratelli che si in-
terscambiano quello che la vocazione
diversa comporta, per «servire»
l'unico Progetto: la salvezza della gio-
ventù.
Il termine è quanto mai espres-
sivo .
Nell'ultimo Congresso Mondiale,
fu suggerito qualche altro termine,
quale, ad esempio, assistente spiri-
tuale, termine neppure considerato,

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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in quanto non esprimeva il senso
profondo del suo significato.
La presenza infatti nella Associa-
zione di un religioso, va oltre l'incari-
co di un impegno e di una assistenza
spirituale: esprime il legame esisten-
te tra i Laici ed i Religiosi.
«Delega» sta proprio a ricordare
che l'incaricato/a agisce a nome della
Congregazione, che per mezzo dei
suoi rappresentanti (Superiori!) lo/a
designa per rendere vivo ed operante
il carisma del comune Fondatore. Egli
quindi agisce ed opera a nome del Su-
periore/a della Comunità, alla quale è
affidata una missione specifica.
Il Delegato/a ha il compito di ri-
chiamare alla coscienza di tutti, so-
prattutto dei Dirigenti, la natura, la
portata ed i limiti del servizio che
viene assunto nell'Associazione.
5. CONSIGLI ISPETTORIALI
E LOCALI
UN «COOPERATORE CHIAMATO GIONA»
L'organizzazione suppone che vi siano persone più disponibili a un ser-
vizio di responsabilità. I ritmi della vita di oggi rendono più complesso e
difficile accettare compiti e impegni, che richiedono sacrifici: rifiutarsi è
anche naturale.
Come al profeta Giona potrebbero presentarsi sia al Cooperatore chia-
mato a un servizio, sia ad altri che sono chiamati a una missione apostoli-
ca, una serie di tentazioni, che lo spingono a tirarsi indietro, a mettere in
discussione il proprio impegno di cooperazione con Dio.
È una figura biblica di estremo interesse. Simpatica! Ci può aiutare a ri-
flettere su certi modi di «pensare ed agire» di apostoli anche del nostro tempo.
Il libro di Giona ci potrebbe essere prezioso per una catechesi sulle tentazioni
che potrebbero presentarsi a un Cooperatore e sugli impegni di conversione
per un rinnovamento interiore della nostra azione missionaria.
Giona comporta in ciascuno la convinzione che la COOPERAZIONE ALLA
SALVEZZA DELL'UOMO non è opera esclusiva di alcuni, ma di tutti. Farsi
compagni del cammino quotidiano delle persone della strada è compito so-
prattutto di quanti vivono e condividono la fatica del cammino quotidiano.
È la cooperazione a organizzare con tutti i compagni di viaggio, lo svi-
luppo e la crescita umana della società.
Non sembra fuori posto aggiungere che la cooperazione non deve avve-
nire come tra persone che hanno di più ed altre che sono più povere: è uno
scambio di esperienze e di doni. Anche l'aiuto ha una sua logica per non
mortificare.
a) Principi di fondo
- l'autorità a qualsiasi livello è
esercitata come servizio fraterno ed
in modo collegiale;
- tale servizio è rivolto a promuo-
vere la carità vicendevole, a coordina-
re l'impegno di tutti, ad animare,
orientare, decidere e rettificare in
modo che venga realizzata la missione;
- l'efficacia della nostra azione
apostolica ad ogni livello esige la par-
tecipazione responsabile di tutti i
membri, secondo le proprie disponi-
bilità e competenze, alla organizza-
zione, programmazione ed esecuzio-
ne delle diverse iniziative;
- questa corresponsabilità esige
ancora la partecipazione, nel modo
previsto dal Regolamento, alla scelta
dei responsabili della guida dall'Asso-
ciazione ai vari livelli ed alla elabora-
zione delle decisioni e degli orienta-
menti per l'attuazione della missione;
- dovere prioritario dei responsa-
bili è la promozione della vocazione
del Cooperatore, la guida della sua for-
mazione e la cura del bene comune.
b) Orientameti operativi
Ne richiamo due:
- Ogni Consiglio privilegi la for-
mazione degli Associati: studi i tempi
e modi perché si attui ovunque una
seria e concreta preparazione alla
Promessa.
Il Consiglio si raduni ordinaria-
mente una volta al mese con un
o.d.g. ben preparato. Il tutto verbaliz-
zato e fatto oggetto di verifica.
- Elemento vitale per una saggia
animazione è una opportuna ·infor-
mazione: è un dovere partecipare a
tutti i fratelli la vita della Associazio-
ne, mettendo in comune i frutti o le
difficoltà del proprio cammino.
Comunicare facilita la conoscenza,
accresce l'affetto e la solidarietà, con-
ferma la gioia dell'apostolato comune
ed aiuta a maturare la propria fede e
carità.
Informare significa crearsi una
struttura fuzionale , avere momenti,
tempi e strumenti per far giungere a
tutti la voce della Associazione.
6. IL COORDINATORE:
UNA FIGURA SIGNIFICATIVA
Credo che l'intuizione più interes-
sante del RVA, e aggiungo della Con-
ferenza Nazionale, sia l'aver ulterior-
mente precisato il ruolo del Coordi-
natore.
È stato conservato il termine nel
rispetto del principio della collegiali-
tà, ma è emersa evidente una autore-
volezza che lo pone come punto di ri-
ferimento della Associazione.
Si rifletta infatti su quanto è indica-
to al n. 2 dell'Art. 44: sono compiti pre-
cisi - di nessun altro si dice tanto!
La scelta (elettiva!) dei Coordi-
natori locali e ispettoriali deve essere
«pensata» .
I Coordinatori devono sentirsi
convinti, rappresentativi, responsa-
bili preparati, entusiasti!
Assumono un servizio, accetta-
to e svolto per amore e volontà del Si-
gnore e per attaccamento (forza di
appartenenza) alla Associazione; non
ricoprono un ruolo di prestigio: il di-
simpegno abituale del coordinatore è
spesso il motivo della «paralisi» di un
centro, sia locale che ispettoriale.
7. AUTOREVOLEZZA
NON AUTORITÀ
È anche naturale che alcuni per
doti e talenti siano più ricchi o diver-
si da altri.
È un dono avere nel Centro perso-
ne che emergono per «autorevolezza»
umana e spirituale.
L'autorità è l'esercizio di funzioni
acquisite per diritto, come la figura
del padre o della madre, o per acqui-
sizione di mandati speciali, come un
potere pubblico.
L'autorevolezza invece è la sponta-
nea testimonianza di valori vissuti
che suscitano ammirazione e interes-
se e voglia di emulazione.
In un Centro dove vige il criterio
dell'autorità e peggio ancora la con-
fusione dei ruoli o l'accentramento
del servizio nelle mani di pochi, pri-
ma o dopo si verificheranno situazio-
ni di conflitto e calo progressivo di
partecipazione.
L'animazione tende invece alle
«anime» prima che alle menti delle
persone, ne sostiene la fragilità, ne
stimola il coinvolgimento e l'apertu-
ra alla socializzazione.
I conflitti fanno parte della vita del
gruppo: un gruppo che non è statico,
indolente ma cresce, si confronta,
agisce, avrà i suoi momenti difficili: è
inevitabile. Si scatena una lotta tra
competitività e collaborazione e solo
la MOTIVAZIONE A MONTE aiute-
rà a superare tali ostacoli. Un clima
di fede aiuta molto a sentirsi accetta-
ti, riconosciuti, perdonati, valorizza-
ti: sentirsi accettati senza essere giu-
dicati o catalogati è la chiave della
partecipazione.
11 /75

2.2 Page 12

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LE TRE VIE
«Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, met-
tendola al servizio degli altri, come buoni am-
ministratori di una multiforme grazia di Dio»
(1 Pt 4,10).
PREMESSA
- Il nostro Regolamento non ha
una organizzazione rigida e una strut-
tura complessa: ha una ricchezza di
orientamenti e di principi, lasciando lo
spazio per adattarsi alle varie situazio-
ni che il contesto sociale, ecclesiale e
culturale offre alla già diversificata
realtà presente nel laico.
Ci sono tuttavia alcuni momenti ag-
gregativi che fanno da pilastro e da
fonte di energie nella vita associativa.
In questa lezione richiamiamo le
TRE VIE, dalle quali non bisogna al-
lontanarsi, se non si vuol perdere di
vista la META verso la quale si tende
diventando Cooperatore Salesiano:
- L'INCONTRO DEI RESPONSA-
BILI: la riunione di Consiglio;
- L'INCONTRO DEGLI ASSO-
CIATI: la riunione mensile del Cen-
tro;
- L'INCONTRO DI FAMIGLIA: le
riunioni ispettoriali di Cooperatori e
di Famiglia Salesiana.
1. RIUNITI PER GUIDARE E
CREARE UNITÀ NEL CENTRO
Chi è scelto tra i fratelli del Centro
a far parte del CONSIGLIO, ne accet-
ta non tanto l'onore, quanto l'onere
di un servizio che ha bisogno di tem-
po, di disponibilità, e di umile pazien-
te impegno. Deve conoscere «bene» il
Regolamento, soprattutto per quanto
riguarda compiti e ruoli dei Consi-
glieri locali.
La riunione del Consiglio è indi-
spensabile per la vitalità di un Cen-
tro: non farla o considerarla super-
flua e secondaria è la premessa per la
morte di un Centro.
Come svolgerla?
- Si inizia sempre con un momen-
to di preghiera, preso da CC di Dio,
non una preghiera affrettata e super-
ficiale , ma intensa e adatta alle circo-
stanze. Si legge il verbale precedente,
12/76
IL CERCHIO MARIANO
I Cooperatori ricorderanno la «fervorosa e storica AVE MARIA che
Don Bosco recitò 1'8 dicembre dell'anno 1841, all'inizio della sua missione
tra i giovani, e fu feconda di grandi cose».
Uniti in ideale appuntamento di preghiera, alle 12 dell'8 dicembre sin-
golarmente o in gruppo, con profonda devozione, saluteranno la Vergine
con una fervorosa AVE MARIA.
Formeranno così un grande CERCHIO MARIANO che s,arà segno:
- di fecondo ritorno alle origini;
- di comunione con tutti i fratelli e le sorelle dell'Associazione e degli
altri Gruppi della Famigia Salesiana.
I Consigli ispettoriali e locali, attraverso circolari, inviti personali e in-
serzione dell'iniziativa sui notiziari, invitino anche gli altri gruppi della
Famiglia Salesiana a ricordare la storica data e ad «entrare nel cerchio ma-
riano».
Organizzino per chi è disponibile, un incontro rievocativo e di preghiera,
presieduto dal Superiore/a salesiano/a, per le ore 12 di quel giorno, presso la
Casa Salesiana o delle FMA, dando la massima pubblicità all'iniziativa.
lo si approva, si firma e si prende in
esame l'O.d.g. (che deve sempre esse-
re di revisione della vita del Centro)
degli incontri mensili, della prepara-
zione di tali riunioni, delle difficol-
tà.. . studiare proposte, iniziative in
calendario.
VERIFICARE LE PRESENZE DEI
COOPERATORI DEL CENTRO: non
per motivi di «controllo», ma per cono-
scere motivi di eventuali e prolungate
assenze, studiare il modo di contattar-
li, inviare «comunicati», avvisi... farsi
presenti qualora fossero sopravvenuti
gravi problemi «familiari».
adatte alle situazioni delle persone e
delle esigenze locali:
FORMATIVO - Lezione sul
tema annuale, talvolta inserito anche
in una liturgia, in occasione del ritiro
mensile.
INFORMATIVO - Dare infor-
mazioni varie, del Centro, delle diffi-
coltà delle iniziative ecclesiali, ispet-
toriali ...
FRATERNO - Trattenersi in
agape fraterna: di questo non occorre
dire altro!
3. INSIEME CON LA FAMIGLIA
2. LA RIUNIONE MENSILE
È il momento privilegiato della
vita del Centro. Esiste un pluralismo
di modalità di svolgimenti, anche in-
teressante e originale da una parte,
ma talvolta precario e «scialbo».
Pur accettando il criterio dell'adat-
tamento e della flessibilità, è oppor-
tuno avere chiare alcune idee:
- L'incontro mensile deve avere
TRE MOMENTI, che si possono orga-
nizzare secondo modalità diverse,
Sono necessari, anche se non fre-
quenti, gli incontri a carattere regio-
nale o nazionale, sia come aggrega-
zione di tutti i Cooperatori sia come
aggregazione di gruppi della Fami-
glia salesiana.
- L'Assemblea dei CONSIGLI: an-
che se con denominazione diversa si
va ormai consolidando l'esigenza di
avere un incontro annuale dei Consi-
gli locali e Consiglio Ispettoriale non
solo in occasione della richiesta ele-
zione dei Consiglieri Ispettoriali stes-

2.3 Page 13

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si, ma anche per un collegamento più:
costante sia in fase _di programmazio-
ne che di verifica. E un'occasione da
non perdere, perché rafforza la cor-
responsabilità, la condivisione del
servizio di collaborazione: facilita
l'attuazione delle iniziative e sostiene
i Centri in difficoltà.
- LA GIORNATA DEL COOPE-
RATORE il momento aggregativo
di tutti i Cooperatori! È ormai istitu-
zionalizzata in molte ispettorie sia a
livello locale che ispettoriale!
È una giornata di festa e come tale
va organizzata. Sarà una giornata a
inizio di anno per la presentazione
del tema dell'anno, sarà un tradizio-
nale pellegrinaggio mariano, sarà
una gita... ma importante che sia dei
Cooperatori e Aspiranti e per il clima
particolare non è male allargarlo ai
familiari .
- INCONTRI NAZIONALI - Non
sono molti, ma sono arricchenti e
fortemente qualificanti, come la
CONFERENZA NAZIONALE, svolta
ogni tre anni, i Corsi di Formazione, i
Convegni di settore, le vacanze per
famiglie: occorre almeno ai più sensi-
bili offrire la possibilità di vivere
qualche volta questa visione più am-
pia di vita associativa.
SALVIAMO ALCUNE PERLE
«Io sono alla porta e busso. Se uno mi sente e mi
apre, io entrerò e ceneremo insieme: io con lui e
lui con me» (Apocalisse 4,20).
PREMESSA
dello di ogni perfezione, è lo scopo es-
senziale di questi giorni di riflessione
Rileggendo alcune pagine delle ori- e di preghiera.
gini e dei primi anni della storia del- Gli ESERCIZI SPIRITUALI sono
la PIA UNIONE DEI COOPERATORI un'occasione pr~ziosa per irrobustire
ci sono alcuni impegni che nel tempo la nostra fede . E un'eredità che Don
si sono un po' «sbiaditi»: hanno perso Bosco ci ha lasciato, una «perla» per
qualcosa del profondo significato e la nostra vita spirituale e la fecondità
forse qualche volta anche allontanati del nostro apostolato. Non ci fer mia-
dal pensiero di Don Bosco.
mo tanto sulla concezione ampia e
In questa lezione ne richiamiamo complessa del termine «esercizi spiri-
alcuni.
tuali». Cerchiamo di capire il senso
dell'invito contenuto nel Regolamen-
to di Vita Apostolica. È bene infatti
1. ESERCIZI SPIRITUALI
dare alcuni orientamenti per non in-
correre in equivoci. Alcuni di questi
Come per le energie fisiche c'è un
logorio che sfianca ed esaurisce, così
per le forze morali e piscologiche si
concetti erano già contenuti nel Sus-
sidio dello scorso anno.
- ESERCIZI SPIRITUALI ORDI-
possono verificare situazioni che sof- NARI - Sono, quelli comuni, organiz-
focano la vita dell'anima.
zati dai centri «fuori casa» o in casa,
La vita spirituale è un organismo con durata di circa tre giorni. Ogni
che ha le sue facoltà, nella vivezza Centro (o più Centri insieme) hanno
della fede, nella robustezza della spe- il dovere di programmare questo im-
ranza, nell'ardore della carità. Quan- portante appuntamento annuale. È
do le virtù teologali si indeboliscono, bene ricordare che gli Esercizi spiri-
tutto l'organismo si impoverisce.
tuali fatti nel Centro, in alcune ore del-
La parola «Esercizi spirituali», la giornata, non devono confondersi
come «Ritiro spirituale», indica il pe-
riodo nel quale il cristiano si ritira
con una «tre sere» di conferenzine o
cose del genere. È un grave errore in-
dalle sue occupazioni per attendere a generare negli associati una pseudo-
Dio. Aiutare l'anima a scoprire il di- immagine di esercizi spirituali.
segno di Dio nelle situazioni infinita- - ESERCIZI SPIRITUALI STRAOR-
mente varie della propria vita, aiu- DINARI - Sono organizzati «fuori ca-
tarla a mettersi nella disponibilità sa», con durata di oltre tre giorni e in
assoluta rispetto alla grazia, indurla un clima di raccoglimento. E compito
all'imitazione perfetta di Cristo, mo- del Consiglio Ispettoriale offrire que-
ste occasioni forti di spiritualità: i coo-
peratori vi potrebbero partecipare al-
meno qualche volta nella vita.
Gli ESERCIZI SPIRITUALI, in ogni
caso abbiano il clima di un ritiro po-
lungato e approfondito: è tempo dello
spirito! Il SILENZIO INTERIORE ED
ESTERIORE è indispensabile per
un'esperienza forte di DIO.
Nel rilancio della vita del CENTRO
è determinante la ripresa di questa
esperienza: nessun Consiglio locale
trascuri di proporlo ai propri associati!
Si pensi a Don Bosco: quanti eser-
cizi spirituali ha predicato egli stesso
ai sacerdoti, ai ragazzi e ai LAICI!
2. CONFERENZE ANNUALI
1. Il termine Conferenza può avere
due significati: quello di una semplice
trattazione di un tema ad opera di un
esperto, che sarà appunto il conferen-
ziere, e quello invece, oggi abbastanza
in uso, di un incontro-assemblea più
vario e ricco di interessi.
Così, ad esempio, si parla di «confe-
renza dei sindaci» di una certa zona,
o di «conferenza dei commercianti»,
per trattare interessi comuni... È a
questo significato appunto che ci si
deve riferire allorché si parla delle
Conferenze Annuali di cui al Regola-
mento di Don Bosco (VI, 4).
Scopi della C.A.: creare l'occasio-
ne per stare insieme: Cooperatori del
13/ 77

2.4 Page 14

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UNA TRADIZIONE DA «RINVERDIRE»:
IL COOPERATORE SACERDOTE
- I Cooperatori Sacerdoti sono presenti al fianco di Don Bosco, fin dal-
l'inizio della sua opera (MB 3,254; 13,635).
- Il CC Sacerdote è un sacerdote che vuole vivere il suo sacerdozio «sa-
lesianamente», all'interno della famiglia salesiana: è un Sacerdote al quale
lo Spirito Santo ha ispirato di vivere il sacerdozio nella linea del carisma
salesiano, all'interno della famiglia salesiana. Vivendo il carisma salesiano
trova e segue un modello, il sacerdote Don Bosco, e una famiglia spirituale
che lo accoglie. Conseguentemente avrà un particolare stile di vita sacerdo-
tale, alcune «attenzioni» specifiche nel ministero (gioventù bisognosa) e le-
gami particolari con la famiglia salesiana (che tra l'altro, lo animerà e so-
sterrà spiritualmente).
- È valida e attuale ancora oggi la figura del CC sacerdote: per questo
è da incoraggiare la conoscenza tra il clero diocesano anche giovane.
- Alla diocesi ed alla parrocchia verranno non pochi vantaggi dal-
l'avere molti e validi CC Sacerdoti, tra l'altro per l'attenzione particolare
che questi avranno per la gioventù; ma anche perché diminuirà il numero
dei sacerdoti che si sentono soli e quasi smarriti...
- Bisogna presentare in maniera chiara e completa la figura del CC Sa-
cerdote. Soltanto così si vinceranno alcuni pregiudizi e cadranno le barrie-
re che talvolta si riscontrano. Soprattutto si debbono illustrare due aspetti:
chi diventa CC Sacerdote non fa altro che realizzare una <wocazione»; fa-
cendo così non sarà meno «diocesano» di altri; sarà vero •forse il contrario,
perché lo spirito salesiano lo spingerà ad essere sempre disponibile, aperto,
desto ai bisogni della parrocchia (e perché non dirlo? sarà anche più accet-
to, perché lo stile di vita appreso da Don Bosco lo presenterà sereno, ottimi-
sta, allegro e sempre giovane).
Obiettivo: si faccia un rilevamento della situazione ai vari livelli.
- Urge rilanciare il settore dei Cooperatori Sacerdoti trascurato dai
salesiani in questi ultimi tempi. Bisogna riprendere gli incontri periodici e
le Giornate salesiane per il clero; mantenere contatti con i mezzi più sva-
riati, anche con specifiche circolari periodiche; preparare un sussidio che
serva ad illustrare la figura del Cooperatore Sacerdote; organizzare nuova-
mente corsi di esercizi per cooperatori sacerdoti e simpatizzanti.
Una presenza più costante nella vita ecclesiale (nei SEMINARI!) aiute-
rebbe a rinnovare questa presenza così cara al cuore del nostro Fondatore.
Centro (specialmente quanti sono im-
possibilitati a partecipare al ritiro
mensile), simpatizzanti dell'associa-
zione, benefattori e amici dell'Opera
salesiana, SDB e le FMA, per:
- trattare il tema stabilito (non
uno qualsiasi quindi);
- essere informati sull'andamen-
to dell'Associazione e sulla vita del-
l'Opera salesiana, con i suoi progetti,
problemi, difficoltà;
- pregare insieme;
- insomma respirare un po' di
buona aria salesiana.
Ne consegue che una C.A. non è
una comune riunione mensile, nè
una omelia, nè il panegirico di Don
Bosco, nè un'accademia musico-
letteraria ...
Lo stile nuovo che si desidera
dare alle C.A. esige fantasia, origina-
lità e inventiva, nonché seria e remo-
ta preparazione: accoglienza a cuore
aperto, conversazione familiare e
canto che coinvolga anche i presenti,
gioia dello stare insieme.
I punti da non omettere sono: trat-
tazione del tema fissato, informazio-
14/ 78
ne e relazione di attività, saluto del
coordinatore e del superiore dell'ope-
ra salesiana, preghiera comunitaria
molto partecipata, colletta per il Ret-
tor Maggiore (se ne spieghi il signifi-
cato: è un «segno» concreto di unione
alla Congregazione, è desiderio di
partecipazione alla missione).
Una C.A. «stile nuovo» non si im-
provvisa. Prevedere data e luogo,
scegliere bene il conferenziere, pro-
pagandare intelligentemente e a tem-
po, anche attraverso la stampa locale
e le radio private, assicurarsi la pre-
senza di autorità religiose e civili, ga-
rantirsi da possibili sovrapposizioni
di altre iniziative nello stesso gior-
no ... , sono tutte cose che esigono pre-
parazione, tempo, preventiva pro-
grammazione, lavoro nel quale tutti i
Cooperatori del Centro debbono esse-
re coinvolti.
Alcune note in margine: la C.A.
può essere occasione per la Promessa
di nuovi Cooperatori (ma sia ben cu-
rata); non si dimentichi di ricordare
eventuali defunti dell'anno e i malati
assenti; non manchi il banco del li-
bro salesiano.
PREMESSA
Lo stemma dei Salesiani, o meglio
delle tre famiglie salesiane, é com-
plesso come le loro opere: c'è un mot-
to Da mihi animas c'è una stella (Ma-
ria SS.), c'è un bosco, ci sono i simbo-
li delle tre virtù teologali: i raggi del-
la fede, l'ancora della speranza, il
cuore della carità.
È un cuore grande che sprigiona
fiamme e fa riscontro in campo az-
zurro alla dolcissima figura di S.
Francesco di Sales, abbozzata pur
essa in campo azzurro.
Vien subito da pensare al 26 gen-
naio 1854, quando Don Bosco radunò
nella sua cameretta i primi quattro
giovani ai quali propose di chiamarsi
«salesiani». Ecco le parole registrate
dal chierico Rua, che aveva 17 anni
ed era il più anziano dei quattro: «Ci
viene proposto di fare con l'aiuto del
Signore e di San Francesco di Sales
una prova di esercizio pratico della
carità verso il prossimo... Da tal sera
fu posto il nome di salesiani a coloro
che si proposero e proporranno tale
esercizio di carità».
Già fin dall'inizio spiccano il nome
del dolcissimo Santo di Ginevra e la
pratica della carità che parte dal cuo-
re per arrivare ai cuori.
Praticare la carità come San France-
sco di Sales, ossia col cuore di Don Bo-
sco, vuol dire vivere in pieno il S. Van-
gelo e l'insegnamento di San Paolo.
La carità salesiana quindi non po-
trebbe avere altro inno che quello
composto dall'Apostolo delle genti
nella prima lettera ai Corinti: sono
quindici fiamme che partono da un
cuore rapito in Dio.
Riflettiamo su alcuni aspetti della
nostra «carità pastorale».
1. LA GIORNATA
DEL SUFFRAGIO
L'indimenticabile Cooperatore sa-
lesiano Mons. Morganti Arciv, di Ra-
3. LA MEMORIA DI IERI
FARÀ EPOCA NELLA STORIA...
29 gennaio .1878 a Roma: quella pri-
ma conferenza, che tenne Don Bosco
ai primi Cooperatori dell'Urbe alla
presenza di due Eminentissimi Car-
dinali, segnò l'inizio ufficiale della
cooperazione salesiana nel mondo. Il
santo Fondatore volle che la sua Ter-
za Famiglia esordisse nel centro del-
la cristianità quasi a legarla più inti-
mamente alla gerarchia Cattolica, di
cui doveva essere il sostegno e l'aiuto
in tutto il mondo, realizzando a suo
tempo l'unione di tutti i buoni nel
trionfo della casa di Dio.

2.5 Page 15

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NELLO STEMMA
C'È UN CUORE
«Dammi le anime e prenditi il resto... ».
venna, nel Manuale dei Cooperatori è sempre reciproca, soprattutto fra i
salesiani, parlando delle «ricompen- membri della stessa famiglia. E i
se del Cooperatore», scrive: «Anche Cooperatori sono davvero i «confra-
nei suffragi della Congregazione e di telli» dei Salesiani, come li chiamava
tutti i Confratelli Cooperatori dobbia- Don Bosco.
mo riconoscere un'altra ricompensa Quando poi il Cooperatore è infer-
preziosissima. Verrà un giorno che mo o in necessità, allora diviene ad-
ciascun di noi, sorpreso dalla morte, dirittura «fratello», anzi «sostituto di
dovrà incamminarsi all'eternità. Gesù Cristo». Su questo punto il Van-
"Che sarà di me - penseremo in gelo è molto esplicito.
quell'istante - quale sarà il mio giu- uSe qualche Cooperatore cade mala-
dizio? Anche salvandomi, quanto to, il Decurione, informatone, lo visite-
tempo dovrò gemere in Purgatorio rà caricateuolmente e gli somministre-
per tanti miei debiti e miserie".
rà tutti gli aiuti-consigli ed assistenza
Ma ecco che nel nostro BOLLETTI- che -al medesimo Decurione saranno
NO comparirà tra i defunti anche il compatibili... 11.
nostro nome, e tutte le centinaia di Si sia ben persuasi che il maggior
migliaia di Cooperatori pregheranno conforto spirituale per un Cooperato-
pel suffragio dell'anima nostra. Si re ammalato sarà il renderlo coscien-
pensi che è difficile per la maggior te della sua nuova, preziosa coopera-
parte avere un suffragio sì vasto e zione: l'apostolato della sofferenza e
pronto quale l'avremo noi Cooperato- della preghiera. All'infermo non par-
ri, per cui si pregherà su quasi tutta rà vero di poter così aiutare l'opera
la faccia della terra».
dei figli e delle figlie di Don Bosco.
Come si organizza la giornata del Se chi visita è sacerdote, non man-
SUFFRAGIO ANNUALE .
chi di impartire ogni volta la Benedi-
Se ne fissa la data secondo l'oppor- zione di Maria Ausiliatrice, l'unica
tunità, possibilmente il 13 ottobre. Se benedizione della Madonna contenu-
ne dà notizia per tempo, comunican- ta nel Rituale Romano. Ricordiamo a
do il programma della funzione e del- questo proposito che il Rettor Mag-
le pratiche di pietà, con avvisi perso- giore ha concesso la facilità di impar-
nali o anche con annunci pubblici. tire la Benedizione di Maria Ausilia-
La si illustra nella riunione mensile trice anche ai Sacerdoti Cooperatori.
precedente o con appropriate parole
all'inizio della funzione stessa, facendo 3. I LONTANI
rilevare il tesoro della disposizione del
Santo Fondatore che fa applicare tante La carità pastorale è centro e sintesi
Messe a suffragio dei Cooperatori e - dello spirito salesiano.
delle Cooperatrici defunte, tante Co- Proviamo a rileggere la parabola del
munioni e tanti Rosari.
Buon Pastore. È il capolavoro evangelico
Si ricordano in modo particolare i della bontà di Dio: una premura verso la
Cooperatori e le Cooperatrici locali pecorella smarrita, un'attenzione com-
più benemeriti o defunti nell'anno movente verso chi ha smarrito la via del-
decorso: si invitino i familiari.
1'ovile, un trattamento delicato e amore-
Per la funzione si fissa l'ora più co- vole nella cura delle ferite. È con il cuore
moda alla maggioranza dei Coopera- e lo zelo del Buon Pastore che nel Centro
tori e delle Cooperatrici.
-va COMPRESO, ORGANIZZATO E RI-
2. ASSISTENZA
AI COOPERATORI INFERMI
SOLTO il problema dei lontani.
- COMPRENDERE: la natura stessa
della vocazione del laico porta a una
I Cooperatori sono «confratelli» nel vita associativa dispersiva e soggetta a
pensiero di Don Bosco. La vera carità mutamenti nei modi e tempi di «fre-
quenza» e di «costante servizio apostoli-
co». Tutti sanno quanto sia mutevole la
situazione sociale, sia familiare, che oc-
cupazionale, quando non lo è anche per
altre ragioni, dalle crisi esistenziali a
quelle di fede . Altrettanto frequente è il
forzato allontanamento per motivi di
malattie. Non è anche da sottovalutare
la perdita di entusiasmo e di fedeltà per
carenza di valori non riscontrati nel
Centro o nelle persone che lo rappre-
sentano. L'immagine di oggi di Centro
non solo non facilita un'aggregazione
ampia e appetibile, ma neppure consoli-
da quelli che vi sono già inseriti. Si ha
così l'impressione di avere due Centri,
quello del vissuto e quello del sommer-
so. Capire questo fenomeno significa
per chi ne ha il dovere impiegare mezzi
idonei per sostenerli entrambi. Un
CENTRO è vitale quando sa mantenere
UNITI quanti sono PRESENTI e quanti
per innumerevoli motivi sono ASSEN-
TI: i responsabili del Centro devono ca-
pire questo.
- ORGANIZZARE: occorre che si
abbia un aggiornamento costante dello
stato personale e di famiglia dei propri
associati. Se non si sa non si può agire.
E come è possibile sapere se nel Centro
non si crea una struttura funzionale
(ARCHIVIO-SEGRETERIA) che permet-
te, nella girandola dei responsabili, di co-
noscere «chi e cosa» del Centro. La preca-
rietà organizzativa esistente nei nostri
Centri è la premessa per un'emorragia
che non è facile arrestare.
È auspicabile (e dove non è necessario!)
che vi sia nel consiglio una persona che
abbia questa squisita attenzione ai «lonta-
ni». Resta questo un campo di apostolato
di una estrema e urgente necessità.
- RISOLVERE: in vari Centri si è
iniziato questo processo di verifica (for-
se spesse volte si è tentato, ma poche
volte si è portato a termine nello spirito
necessario!). La campagna di quest'an-
no ci spinga ad avere anzitutto uno
schedario aggiornato. Attenti! Aggior-
nato non significa eliminare gli assenti:
questo sistema ci porta lontano dal no-
stro spirito. Aggiornare significa avere
ben divisi i COOPERATORI ASSIDUI I
COOPERATORI MOMENTANEAMEN-
TE ASSENTI, I COOPERATORI LON-
TANI, I COOPERATORI ASPIRANTI.
Solo avendo avanti chiara questa divisio-
ne, i Responsabili in carica del Centro po-
tranno per i singoli cooperatori organiz-
zare il tempo e i modi per conservarli in
comunione tra loro. Sarà un'informazio-
ne discreta, ma costante, sarà l'invio di
stampa, di messaggi augurali in partico-
lari ricorrenze, sarà il contatto persona-
le... saranno altre forme da dare a chi
non fa vita associativa, segno di una cari-
tà che non è confinata ai soli incontri o
riunioni dell'Associazione.
***
15/ 79

2.6 Page 16

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Spediz. in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 2• quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
Quindicinale di informazione e di cultura religiosa
L'edizione di metà mese del BS è particolarmente de-
stinata ai Cooperatori Salesiani. Direzione e ammini-
strazione: Via della Pisana, 1111 - C.P. 9092 - 00100
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G23 dei SDB, dopo aver a lungo ripensato il tema
della educazione alla fede dei giovani, a conclusione,
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'l)Ce ·stente di Don Bosco, che ogg", alle soglie del
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