L'Italia del CENSIS
Il recente rapporto pubblicato
dal CENSIS ha confermato il ritrat-
to di una Nazione opulenta e un
po' scriteriata. Abbonda il super-
fluo e scarseggiano l'equità, la
giustizia e l'equilibrio.
Se poi si pensa al ruolo che i cri-
stiani, o almeno coloro che ancora
si definiscono tali (e che dell'Italia
rappresentano la «massa» più con-
sistente), hanno da tempo assunto
nell'edificazione di questa nostra
società, si comprende quanto sia
motivato l 'appello di coloro che ci
invitano a svegliarci!
Il rapporto del CENSIS dipinge
un quadro all'interno del quale
predomina l'abbondanza ma è qua-
si assente la saggezza! Manca so-
prattutto il senso dell'eqwl1brio,
per cui ci si è avviata su una peri-
colosa strada fatta di consumi a tutto
spiano, di indebitamenti, di ecce-
denze non messe in circolazione, di
sprechi spaventosi, ecc. E poi in-
giustizie e sperequazioni di ogni
sorta, caotico sviluppo delle aree
urbane, valanghe di immondizia,
inquinamento. Di fronte a questa si-
tuazione così caotica c 'è una scarsa,
anzi scarsissima presa di coscienza
del ruolo e delle responsabilità che
ognuno di noi dovrebbe assumersi.
Tanto è vero che tutti si lamentano
del traffico, della sporcizia, dei ru-
mori, del disordine, delle ingiusti-
zie, come se i responsabili di tutto
fossero sempre «gli altri».
Non possiamo essere la quinta
potenza del mondo per sviluppo
industriale e forse la prima per
stra vaganza ...
Solo una giornata per la vita?
Anche quest'anno, il 4 febbraio,
si è celebrata in tutt'ltalia la «Gior-
nata della Vita», istituita alla fine del
1978 come giorno memoriale delle
vite umane innocenti volontaria-
mente soppresse con l'aborto.
La Chiesa, e il Papa in prima
persona tornano, anche con insi-
stenza, a battere questo tasto do-
lente e tragico della nostra vita so-
ciale e culturale.
Non è sufficiente, nella nostra so-
cietà così poco a misura d'uomo, li-
mitarsi a rispettare il comandamen-
l 4/46
to «non uccidere», e ancor meno li-
mitarsi a denunciarne l'altrui viola-
zione; occorre promuovere quoti-
dianamente una cultura della vita,
dell 'accoglienza della vita, che è
accoglienza del nascituro, come del
diverso, dell'ultimo, dell 'abbando-
nato, del forestiero, del nomade.
Una società che non accoglie, non
potrà mai debellare la piaga del-
l'aborto; una società nella quale
non c 'è posto per il bambino di Bet-
hlemme è destinata a non accoglie-
re la vita.
I richiami del Santo Padre vanno
accolti, quindi, nella loro pienez-
za, che è la pienezza dei figli di
Dio, fautori di pace e perciò por-
tatori della vita.
Venti metri di libertà
C'era un tempo in cui 11 nome de-
finiva chiaramente il casato, l'ap-
partenenza ad un ceto e le possibili
qualità risapute della persona.
Leggere o discorrere su nomi
più o meno altisonanti, dava
un 'ampia idea del soggetto, ali-
mentava il «si dice» sul privato ed
illuminava episodi ed avventure
di pubblico dominio.
Oggi, con i moderni mezzi di co-
municazione di massa, si scava nel
profondo, sempre più esigenti ed
assetati di notizie, di nomi e di volti
più o meno anonimi. Così molti si
ritrovano sulle pagine di giornali e
riviste o in qualche fugace appari-
zione televisiva, magistralmente ri-
presi sotto 11 fuoco di hla delle do-
mande più sciocche, drammatiche
o imbarazzanti. Poi passano dimen-
ticati immediatamente rimpiazzati
dal «caso» di turno.
Un nome come Gennaro o Gen-
nanno, che ne individua verosi-
milmente il «casato», cosa può
dire ai disattenti spettatori?
Un nome hn troppo comune, una
storia, una vicenda toccante, un
esempio fra tanti 1n un ripetersi
giornaliero di fatti sempre uguali,
vissuti da protagonisti diversi che
recitano sempre la stessa parte.
Gennarino, al quale il diminutivo
sta un po' stretto perché ormai alle
soglie della maggiore età, ha colle-
zionato un discreto numero di defi-
niti «piccoli reati» che spesso gli
hanno aperto i cancelli del carcere
minonle. Da alcuni mesi, però, la
musica è cambiata. Lo stridio dei
ferri che tante volte ha visto spalan-
cargli la strada davanti ad una fer-
mata d'autobus potrebbe essere
soltanto un ricordo, un vecchio re-
fra1n nella colonna sonora che ac-
compagna la sua giovane vita.
Per effetto di una nuova legge è
stato affidato temporaneamente ad
una «casa-famiglia», piccola co-
munità domestica per il recupero
dei minori che sono incappati nel-
le maglie della giustizia.
Ha vissuto qualche giorno di se-
rena familiarità.
Una doccia , un vestito pulito, un
piatto di maccheroni e poi via di
nuovo, senza osservare l'imposta
regola del rientro.
È duro dormire nei locali ma-
leodoranti della stazione Termini;
convivere promiscuamente insie-
me ad altri che hanno problemi
diversi; incontrare compagni di
sempre con cui hai rubato, scip-
pato e rapinato, anche se con una
pistola giocattolo.
È difh'cile pensare che può es-
serci un domani migliore.
È fragile un delirio di attesa spe-
ranza che buca le vene e avvolge
in un sogno gli anni più belli.
Ti ritrovi lì a venti metri da una
sala convegni, dove si narra la tua
storia sul video e dove si cerca di
capire che giovane è bello e che
non è meglio punire.
Credo di esserti passato accan-
to quella sera, Gennanno.
Avrei anche potuto avvicinarmi a
te, chiamarti per nome, chiederti se
veramente fossi tu 11 protagonista di
quel racconto, darti una mano e of-
frirti la mia comprensione.
Forse sarebbe stato ancora una
volta troppo poco.
La morsa del vivere-scappan-
do frena gli impulsi e la voglia di
dare. Ma , se tu vuoi, puoi taglia-
re per sempre quelle invisibili
sbarre. Non tutti ti hanno già
condannato.
Hai tanti amici 1n attesa e abbia-
mo voglia di sederti accanto.
Getta un ponte su quel fossato ,
lo progetteremo insieme.
Sono soltanto venti metri.
E tu avrai e noi avremo la vera
libertà.