Bollettino_Salesiano_199003cooperatori


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ANNO 11 4 - N. 6 2" QU INDICINA 15 MARZO 1990
SPEDI Z IONE IN ABBONA MENTO POSTALE GR UPPO 2° (70)
sore di do
<<BEATO>>
RIVISTA FONDATA
DA S. GIOVANNI BOSCO
NEL 1877
«... dobbiamo considerare
questo evento come
uno speciale dono di Dio
che illumina eguida
il nostro processo
di rinnovamento.
Lo dobbiamo considerare
davvero come
lo speciale
PROTETTORE
DELLA
fAMIGLIA SALESIANA
... eciò che deve stare
più acuore è quello
di MUOVERE L'IMPEGNO
SPIRITUALE nel percepire
ecrescere in quella
'interiorità' apostolica
di cui Egli
è stato insigne
TESTIMONE EINTERPRETE...»
(D. Egidio Viganò)
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Un evento
di grazia
D. Filippo Rinaldi
BEATO
Il terzo successore di Don Bosco sarà
procla!Ilato Beato dal Papa il 29 aprile,
a Roma - piazza S. Pietro. Un patrimo-
nio di santità che sulle strade della
vocazione salesiana «continua» la origi-
nale vocazione del nostro Fondatore!
L1
incontro cli Filippo Rinalcli
con Don Bosco ha dato struttura e
significato a tutta la sua esistenza.
Nella peculiare storia della vo-
cazione del giovane Filippo si veri-
ficano delle circostanze che tra-
scendono il cammino vocazionale
ordinario e fanno pensare a un in-
tervento speciale della Provviden-
za. Eugenio Ceria, suo primo bio-
grafo, afferma esplicitamente: «È
un caso assai più unico che raro,
anzi l'unico che si conosca. 'Post
eventum' si ha ragione cli dire:
'cligitus Dei est hic' ».
L'INCONTRO
CON DON BOSCO
Don Bosco incontrò e confessò
Filippo adolescente nel collegio da
poco aperto a Mirabella Monfer-
rato, presso Lu, il 9 luglio 1867; e
da quel momento non lo perse di
memoria. Nonostante che il ra-
gazzo, per uno sgarbo ingiusto ri-
cevuto da un assistente, avesse la-
sciato anzitempo il collegio, il
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buon padre coglieva ogni occasio- nire. Sì, o Madre mia SS., piutto-
ne per mandarlo a salutare, gli fa- sto la morte anziché non corri-
ceva scrivere, e lo invitò spesso ad spondere alla mia vocazione. Fate
andare con lui.
che col presente e coll'avvenire
Può darsi che nell'unico colloquio abbia a riparare il passato».
avuto, Don Bosco gli abbia prospet-
tato la via del sacerdozio, a cui il ra-
gazzo non si sentiva di aspirare, pa-
rendogli cli non averne le doti, cli GLI ANNI
sentirsene addirittura indegno. E co- DI FORMAZIONE
la durò per circa un decennio:
«Religioso, sì; sacerdote, no».
Dopo un paio d'anni in cui
Finalmente a 21 anni, in un compì studi accelerati, nel 1879-
nuovo incontro provocato da Don 1880 potè fare il noviziato a S. Be-
Bosco nel collegio di Borgo San nigno, avendo come maestro don
Martino il 22 novembre 1877, si Giulio Barberis.
dichiarò disponibile e accettò di Nei suoi posteriori passi verso il
incorporarsi alla originale comu- ministero sacerdotale troviamo di
nità dei Figli di Maria (vocazioni nuovo l'intervento straordinario
tardive), aperta non senza difficol- di Don Bosco che lo seguiva con
tà da Don Bosco a Sampierdare- un interesse a prima vista inspie-
na: la dirigeva don Paolo Albera, gabile e che lo mosse per obbe-
che Filippo aveva trovato chierico dienza patema e convincente nel-
assistente a Mirabella e con cui le varie tappe delle ordinazioni;
aveva stretto amicizia.
così il 23 dicembre 1882 divenne
Molti anni dopo , in una nota in- finalmente presbitero. «Fu Don
tima cli diario riferentesi a quel Bosco - confessò egli - «che mi
giorno, così si esprimeva con tracciò la via, che mi mandò a ri-
umiltà: «Facciano il Signore e Ma- cevere le sacre ordinazioni senza
ria SS . che, dopo aver resistito che io ne facessi cenno e doman-
tanto alla grazia nel passato, non . da a lui o ad altri» .
abbia più ad abusarmene in avve- Ci possiamo chiedere perché

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questo metodo insolito? Che cosa
muoveva l'eccezionalità e la sicu-
rezza del procedere di Don Bo-
sco? Veramente nelle vicende vo-
cazionali di Filippo Rinaldi e nel-
1'agire di Don Bosco, per tutto il
tempo in cui essi furono in rap-
porto personale, ci fu qualcosa di
singolare che sfugge alle semplici
vedute esteriori, ma che portò
don Rinaldi ad un preciso traguar-
do, che è, ai nostri occhi, chiara-
mente provvidenziale.
Egli stesso lo confessò più tardi
con convinta sincerità; dichiarò,
infatti, ai Superiori maggiori (invi-
tandoli a non parlarne dmante la
sua vita) che due volte - a Mira-
bella e a Borgo S. Martino - ave-
va visto il volto di Don Bosco irra-
diato da una luce viva, più viva di
quella solare (e anche più tardi,
una terza volta verso il 1886).
RAPPORTI PRIVILEGIATI
CON DON BOSCO
A solo nove mesi dalla ordina-
zione sacerdotale, quando aveva
27 anni, Don Bosco lo nominò di-
rettore dell'opera dei «Figli di Ma-
ria» trasferita da Sampierdarena a
Mathi (per un anno) e poi a Tori-
no-S. Giovanni Evangelista. Il gio-
vane direttore ebbe il privilegio di
andare ogni settimana a riferire
l'andamento della casa a Don Bo-
sco anziano e a confessarsi da lui;
fu invitato qualche volta anche
alle riunioni del Consiglio genera-
le (allora «Capitolo superiore»).
Godette quindi una straordinaria
confidenza da parte del Fondatore
proprio negli estremi anni, dolo-
rosi ma lucidi, della sua anzianità.
Un giorno aveva chiesto al buon
padre di andare in missione: «Miri-
spose - affermò egli stesso, ai con-
fratelli della sua comunità - «che
in missione non sarei andato; che
sarei rimasto qui a mandarvi altri.
Poi mi soggiunse altro che non dirò
più a voi né a chicchessia».
Considerando questi speciali
rapporti di don Rinaldi con Don
Bosco, viene naturale e spontaneo
pensare alle grazie straordinarie
con cui il Signore accompagna
l'opera di un Fondatore. Anche
circa varie altre persone attorno a
Don Bosco, nelle prime origini sa-
lesiane, ci sono delle circostanze
che non si spiegano umanamente.
Pensiamo al ruolo decisivo di S.
Giuseppe Cafasso, a quello del
Papa Pio IX, all'incontro e for-
mazione di determinati giovani,
per esempio, Michele Rua, Gio-
vanni Cagliero, Paolo Albera e
poi di Maria Domenica Mazza-
rello, per non parlare di altri. Ci
troviamo di fronte a una costel-
lazione di differenziati collabora-
tori nella quale oggi possiamo in-
cludere, a suo modo, anche Fi-
lippo Rinaldi, in vista dell'opera
da lui svolta per la permanenza
dell 'eredità del Fondatore.
DON RINALDI
IN SPAGNA
Poco dopo la morte di Don Bo-
sco, don Rinaldi fu inviato (autun-
no 1889) come Direttore in Spa-
gna a Sarria, dove conobbe per
un paio d'anni donna Dorotea
Chopitea, ved. Serra, insigne e
santa cooperatrice. Nell'estate del
1892 fu nominato ispettore della
penisola iberica; e si disimpegnò
in questo mandato per una decina
di anni tra la sorpresa e l'ammira-
zione di tutti, entro e fuori la Con-
gregazione.
PREFETTO GENERALE E
RETTOR MAGGIORE
Nel 1901 don Rua lo chiamò a
collaborare strettamente con lui
nella carica di Prefetto generale,
ossia di «Vicario» del Rettor Mag-
giore : aveva 45 anni. C'è da nota-
re che fino al 1923 spettava al Pre-
fetto dirigere anche l'amministra-
zione centrale. Don Rinaldi disim-
pegnò questo ufficio, prima con
don Rua e poi con don Albera,
fino al 1922. Per due volte, dman-
te questo ventennio, fece le veci
del Rettor Maggiore defunto.
In una lettera sua, senza data,
scrisse (presumibilmente dopo la
morte di don Albera): «Ora prego
il Capitolo di eleggere un Prefetto
giovane. Questa è una carica che
richiede molta attività e lavoro.
Quando si invecchia è difficile so-
stenere tutta la responsabilità di
un Prefetto generale dei Salesiani.
La carica è creata tale e quale da
Don Bosco e non si deve cambia-
re. Alla mia età han ceduto le
armi don Alasonatti, don Rua,
don Dmando, don Belmonte e
questo in tempi in cui la Congre-
gazione non aveva il lavoro com-
plesso che ci vuole oggi. Aggiun-
giamo che un Rettore nuovo ci
vuole un uomo nuovo che si pie-
ghi facilmente alle nuove aspira-
zioni e bisogni personali.
Si può aggiungere che abbiamo
bisogno che nel Capitolo (ossia nel
Consiglio generale) entrino giova-
ni, ai quali uniremo se lo volete il
nostro consiglio».
Nel Capitolo Generale XII, il 24
aprile 1922, fu invece eletto Rettor
Maggiore: aveva 66 anni. Dmò in
carica fino a tutto il 1931.
(ANS - 3/90)
Il 19 dicembre 1989, la «Plenaria» dei Cardinali ha approvato unanimamente il miracolo
ottenuto per intercessione del Venerabile Don Filippo Rinaldi. In questo modo è stata
aperta la strada alla -Beatificazione, che avverrà dopo che il Santo Padre avrà dato lettu-
r~ ?el Decreto. Per preparare la Congregazione a questo evento il Rettor Maggiore ha in-
d_1nz.zato una lunga lettera ai Salesiani (Atti/332), dalla quale stralciamo le pagine che si
nfenscono alla biografia e in particolare alla singolare vocazione di Don Rinaldi.
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Il PROTETTORE
della Famiglia
Salesiana
Il serv1z10 di animazione
tra i Cooperatori Salesiani
<<D ei Cooperatori Salesiani Don Rinaldi, pri-
ma d'andare nella Spagna, sapeva quel tanto che
udiva tra confratelli e che leggeva nei libri e sul
Bollettino; ma a Barcellona li conobbe da vicino
per esperienza diretta. Quando vi giunse, li trovò
disorientati, come si accennò a suo luogo; eppure
senza il loro appoggio l'opera di Sarri'à non avreb-
be potuto sostenersi. Ma in breve la prudenza del-
le sue mosse e le altre sue qualità personali fece-
ro rinascere la fiducia e con la fiducia le simpatie
e l'interessamento. Nominato poi Ispettore, speri-
mentò ancora più quanto valessero i Cooperatori
negli inizi e negli incrementi delle nuove fonda-
zioni. Finalmente nel 1895, accompagnando a Bo-
logna Don Rua, assistette al grandioso spettacolo
di quel Congresso, nel quale per la prima volta i
Cooperatori, convenuti da più parti del mondo,
mostrarono tutta l'ampiezza e la forza della loro
organizzazione.
Questi precedenti, veduti attraverso lo spirito
di Don Bosco che lo animava, spiegano l'ardore di
Don Rinaldi nel curare, rinvigorire e promuovere
la Pia Unione, dopo che fu nominato Prefetto Ge-
nerale. Da principio però, ossia finché visse Don
Rua, non fece nulla di notevole. I Cooperatori di-
pendono dal Rettor Maggiore, il quale di solito ne
affida il mandato al Prefetto Generale; ma Don
Rua, seguendo l'esempio di Don Bosco, se ne oc-
cupava personalmente con l'aiuto di qualche se-
gretario, e senza nessun organo ufficialmente de-
signato a rappresentarlo. Fu Don Rinaldi a far
sentire la necessità di creare un ufficio centra-
le, presieduto dal Prefetto della Società e com-
posto di tre Consiglieri, che erano il redattore
del Bollettino, un propagandista, un incaricato
della corrispondenza e uno o più segretari, se-
condo il bisogno. Questo ufficio non fu da lui la-
sciato inoperoso.
La sua azione incominciò nel 1913; ma era in-
cominciata molto prima l'esplorazione del terre-
no. I risultati di questa indagine l'avevano impen-
sierito. Gli pareva che l'opera dei Cooperatori an-
dasse affievolendosi. Infatti, specialmente da cin-
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que anni a quella parte, si verificava una diminu-
zione progressiva delle elemosine; inoltre nel me-
desimo lasso di tempo alcune nazioni non aveva-
no più mandate nuove liste di Cooperatori e da al-
tre si erano avuti solo pochi nomi isolati diretti al
Rettor Maggiore, ma non per il tramite di Diretto-
ri diocesani o di Direttori salesiani, come soleva
avvenire prima. Dinanzi a questo stato di cose, il
24 marzo 1913 rivolse viva preghiera a chi di ra-
gione, perché se ne trattasse nelle adunanze dei
Consigli ispettoriali e dei Capitoli delle case e che
a norma delle deliberazioni capitolari vi fosse in
ogni casa l'incaricato locale dei Cooperatori e
presso ogni Ispettore l'incaricato ispettoriale, i
quali venissero resi noti a Torino per metterli in
corrispondenza con l'ufficio centrale. Raccoman-
dava da ultimo che non si dimenticasse di manda-
re al Rettor Maggiore o a lui i nomi dei nuovi Coo-
peratori, sia perché fossero regolarmente inscrit-
ti, condizione indispensabile per l'acquisto delle
indulgenze, sia perché si potesse spedire loro il
Bollettino e metterli in relazione col Rettor Mag-
giore. Ora queste due prescrizioni stavano diven-
tando lettera morta; quindi egli richiamava alla
loro fedele osservanza. Egli non ignorava che in
alcuno, così facendo, potesse nascere il timore di
perdere sussidi necessari alla propria casa; ma
osservava giustamente: "Il primo benefattore fu il
Rettor Maggiore, da cui partì la vita per le altre
case e ciascun istituto avrà vita prospera in pro-
porzione che vivrà dello spirito del Fondatore.
Ora questo voleva il nostro Ven. Don Bosco, che
lo ha· manifestato explicitis verbis più volte e
in particolare esponendo le sue idee riguardo al
Bollettino".
Per risvegliare i dormienti ricorse a un mezzo
non meno semplice che efficace. All'approssimar-
si delle feste di Maria Ausiliatrice e di S. France-
sco di Sales, in occasione delle quali il Regola-
mento prescrive la conferenza ai Cooperatori, in-
viava a chi ne aveva la responsabilità una circola-
rina di richiamo con un tagliando da staccare e
spedire al Rettor Maggiore, dopo avervi specifica-
to il giorno, la chiesa, l'oratore, l'argomento della
conferenza, il quanto dell'uditorio, l'elemosina
raccolta, il numero dei nuovi Cooperatori iscritti
e in quali altri paesi fosse stata tenuta conferen-
za. E non dava tregua a chi sembrasse fare il sor-
do. Non eravi stata conferenza? Gli si dicesse il
perché. Non si trovava un buon conferenziere o
una chiesa adatta? Non era necessario né un cele-
bre oratore né una vasta chiesa, ma bastava spie-
gare, fosse pure a poche dozzine di amici dell'ope-
ra salesiana, che cosa sia il Cooperatore, a dar re-
lazione di quanto si faceva mediante la loro cari-
tà. Non c'erano Cooperatori di quella data casa?
Non importava, bastando che fossero Cooperatori
delle Missioni o di altre opere sostenute dal Ret-
tor Maggiore. Si allargasse dunque l'idea della
cooperazione, il punto essenziale era che ogni

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casa avesse il suo gruppo di Cooperatori dell'ope-
ra salesiana. La sopraggiunta guerra distraeva?
Non ardeva dappertutto; dove non si combatteva,
non si sospendesse la missione assegnata da Don
Bosco ai Cooperatori e si vedesse di trasfonderne
lo spirito nei molti o pochi uditori. Più tardi il
perdurare dell'immane conflitto scoraggiava i Di-
rettori, rendendoli esitanti a far fare le consuete
conferenze? Pensassero all'osservanza del regola-
mento e alla diffusione dell'idea: il resto l'avrebbe
fatto il Signore. Scriveva di nuovo il 24 gennaio
1917, richiedendo la relazione della conferenza te-
nutasi nella festa di S. Francesco di Sales: "Ap-
punto per i tempi tristi che corriamo, c'incombe
maggiormente il dovere di coltivare i nostri Co9-
peratori". Nulla insomma valeva a farlo deflette-
re da un impegno, che per sé egli riteneva sacro.
I Direttori dell'Ispettoria Ligure, in un -loro
convegno del 1914 sotto la presidenza dell'Ispetto-
re, avevano preso deliberazioni molto pratiche
per secondare i desideri di Torino, e Don Rinaldi
tutto contento le comunicò a tutte le case, spro-
nando i Direttori a farle proprie. Don Rinaldi vo-
leva ad ogni costo il riordinamento della Pia
Unione; perciò ottenne che nel luglio del 1915 il
Capitolo Superiore convocasse gl'Ispettori d'Eu-
ropa per discutere e deliberare sulla piena attua-
zione delle idee di Don Bosco intorno alla Pia
Unione dei Cooperatori. L'autorevole assemblea
cominciò a tracciare una linea di separazione fra
i veri Cooperatori e i benefattori, vecchia idea di
Don Rinaldi. I primi svolgono il programma di
Don Bosco, cercando di estendere nel mondo
l'azione dei Salesiani e perciò facendo da coadiu-
tori dei Parroci; i secondi ottemperano a una par-
te della cooperazione salesiana in generale. A
quelli pertanto e non a questi si volle indirizzata
l'attività organizzatrice, secondo le norme allora
determinate e trasmesse da Dòn Rinaldi nell'otto-
bre seguente.
Nel febbraio del medesimo anno era entrato in
campo a vele spiegate il Bollettino, che riceveva le
direttive dal Prefetto Generale. Essendo il cente-
nario della nascita di Don Bosco, parve opportu-
no rinverdire il genuino pensiero di Don Bosco
sulla terza delle principali sue istituzioni; ecco
perciò una serie di articoli intorno a questo argo-
mento. Quando venne il punto del ritiro mensile o
esercizio della buona morte, Don Rinaldi richia-
mò su di esso l'attenzione degli incaricati dei
Cooperatori. Non era una novità, perché il San-
to ne aveva fatto un articolo del Regolamento;
ma la pratica era caduta quasi in dimenticanza.
Ingiungeva dunque di fare di tutto per ripigliar-
la, dove non vigeva più, e d'introdurla nei nu-
clei di nuova formazione , né lasciò in appresso
di ribadire il chiodo.
È ammirevole la tenacia di Don Rinaldi nel mi-
rare a un fine, che si fosse proposto di raggiunge-
r e. Il 19 marzo 1916 con una sua circolare ai Diret-
IL SUO MESSAGGIO
«La mansuetudine è la virtù più im-
portante che ci sia. La mansuetudine è
uno dei mezzi più efficaci per fare il be-
ne. La mansuetudine con noi stessi di-
spone alla pietà, alla preghiera, alla
pratica di tutte le virtù».
*
«Oggigiorno si sciupano tante ener-
gie, si lavora molto e in cambio si ottie-
ne poco, perché è un lavoro fatto con
dissipazione, con vana gloria, con fur-
bizia umana, per desiderio di compari-
re; manca quindi la grazia di Dio e la
benedizione del Signore».
*
• «Il lavoro è un mezzo necessario per
vivere buoni; è un mezzo di mortifica-
zione. La disciplina fino a sangue non
domina, il lavoro sì».
*
«A quante amarezze e delusioni si va
incontro per fare un po' di bene».
*
«Impegnatevi nella formazione della
gioventù, usando i metodi, le industrie,
l'amore, le finezze, lo zelo di Don Bo-
sco. La nostra missione, non dimenti-
chiamolo, non è di essere trascinati,
ma di trascinare gli altri».
*
«La gioventù che ha fatto la ginna-
stica la domenica, sarà buona tutta la
settimana».
*
«Santifichiamo l'ora che passa. Il bene
fatelo tutto, fatelo presto, fatelo bene».
tori ritornò sulla necessità di eseguire le delibera-
zioni prese nell'adunanza degli Ispettori. Una di
esse diceva di arruolare nella santa milizia dei
Cooperatori gli alunni che avessero compiuto i se-
5/ 37

1.6 Page 6

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dici anni e specialmente quelli che stessero per
lasciare il collegio. Ma prudenza in questo! Tale
iscrizione venisse domandata spontaneamente
dai giovani stessi dopo che, mediante gli opportu-
ni schiarimenti loro dati, si fossero formato un
giusto concetto circa la vastità e la benefica effi-
cacia sociale delle opere di Don Bosco, non che
circa la natura, la necessità e i vantaggi spirituali
della Pia Unione. Si facesse in pari tempo ben ri-
levare che non c'erano obblighi finanziari, neppu-
re per il Bollettino, organo dei Cooperatori, spedi-
to a tutti indistintamente. Chiedeva infine l'elen-
co delle migliori famiglie degli allievi, migliori
non tanto per censo, quanto e soprattutto per ele-
vatezza di spirito cristiano. L'invio del periodico
avrebbe fatto loro del bene. Nell'estendere sem-
pre più, consolidare e organizzare meglio la Pia
Unione dei Cooperatori egli vedeva l'unico mezzo
per diffondere lo spirito di Don Bosco fra i buoni
cristiani. Anime zelanti così riunite per la salvez-
za della gioventù avrebbero aiutato i Salesiani
con la preghiera, con la limosina e con l'opera, la-
vorando invece dei Salesiani là dove questi non
possono arrivare.
Curò nel 1917 una nuova edizione del Regola-
mento, introducendovi una novità che semplica-
va la pratica delle iscrizioni e tornò gradita ai
Cooperatori. Prima si spedivano separatamente
diploma e regolamento; egli nel Regolamento in-
serì in prima pagina il diploma, riproducendo
questo tale quale usavasi ai tempi di Don Bosco e
non più con lusso di formato e di fregi.
Fino a un certo tempo si era preoccupato non
esclusivamente, ma soprattutto di moltiplicare i
Cooperatori e d'informarli allo spirito di Don Bo-
sco; dopo invece attese e con le maggiori sollecitu-
dini a organizzarli. Il Regolamento vuole che sia-
no alla loro testa nei piccoli centri i Decurioni e
nei grandi i Direttori diocesani. Ora da parecchio
non solo ai vecchi non se n'erano aggiunti di nuo-
vi, ma in molti casi i defunti non avevano avuto
chi ne pigliasse ìl posto. Don Rinaldi si accinse a
provvedere direttamente per le Ispettorie d'Italia;
per le estere premeva sugli Ispettori. Valendosi
dunque prima di Don Stefano Trione e poi di Don
Antonio Fasulo, andò formando o completando i
quadri. Quest'ultimo specialmente percorse sen-
za posa l'Italia per stabilire dappertutto quei rap-
presentanti del Rettor Maggiore. Don Rinaldi lo
incoraggiava, lo consigliava, ne seguiva le mosse
e ascoltava sempre con amore le sue relazioni.
Per tal modo non ci fu quasi più angolo, dove i
Cooperatori non avessero o il loro Decurione o il
loro Direttore diocesano. Incominciarono durante
la Prefettura di Don Rinaldi i convegni particolari
dei Direttori diocesani e quelli generali dei Diret-
tori e Decurioni, e continuarono sotto il suo Ret-
torato. Dei primi se ne tennero sette, tutti a Val-
salice; innumerevoli furono gli altri dal nord al
sud dell'Italia.
Il rifiorire poi della Pia Unione spiega come
dal 1903 al 1930 siansi potuti radunare nove Con-
gressi internazionali dei Cooperatori, cioè quat-
tro in Italia e cinque nell'America latina. Egli agi-
va per essi attraverso le colonne anonime del Bol-
lettino, il quale poteva dire: "Senz'esso non fer-
mai peso di dramma". Uno dei più notevoli fu
quello di Torino nel 1920, dove ebbe lo scopo pre-
cipuo di studiare il modo di attuare l'organizza-
zione dei Cooperatori e la cooperazione salesiana.
Era tanto cosa di Don Rinaldi, che il Rettor Mag-
giore Don Albera vi si fece rappresentare da lui.
Vi si concretò una serie di Norme direttive dell'or-
ganizzazione e azione dei Cooperatori Salesiani,
che vennero unite al Regolamento. Don Rinaldi le
comunicò da parte di Don Albera a quanti aveva-
no interesse di conoscerle, ma dopo che aveva
chiamato a convegno nell'Oratorio di Torino Di-
rettori diocesani e Decurioni per uno scambio
d'idee sulla maniera di promuovere l'azione loca-
le secondo le deliberazioni del Congresso. Questo
Congresso insomma segnò una svolta nella storia
della Pia Unione.
Intanto Don Rinaldi giungeva quasi alla soglia
del Rettorato, durante il quale rimise, come di re-
gola, l'eredità dei Cooperatori nelle mani operose
di Don Ricaldone, succedutogli nella Prefettura,
senza però tirarsi in disparte né limitarsi a far
pervenire ai Cooperatori la sua parola nelle lette-
re di capo d'anno pubblicate, secondo la consue-
tudine, dal Bollettino a ogni ritorno del mese di
gennaio, ma non cessava di seguire con occhio vi-
gile la vita della Pia Unione».
(Dalla Biografia del Beato, di D. E. Ceria)
UNA PROPOSTA PER I CONSIGLI ISPETTORIALI E LOCALI
LA SECONDA CONFERENZA ANNUALE SU DON FILIPPO RINALDI
Ogni anno per la seconda conferenza annuale è consuetudine ed orientamento dell 'associazione,
oltre il tema della Strenna stabilito per la prima Conferenza, demandare la scelta alle strutture locali.
Si propone per questo anno la presentazione della figura di Don RINALDL che si potrebbe inseri-
re nelle celebrazioni che ovunque si faranno in onore del novello BEATO.
Per l'occasione sarà prezioso il numero speciale del «Bollettino Salesiano» preparato con tanta
cura e ricco di notizie.
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UN INVITO
DALLA CONSULTA MONDIALE
"Incontriamoci»
In occasione della beatificazione di
don FILIPPO RINALDI la Consulta Mon-
diale ha organizzato un incontro per
tutti i Cooperatori del mondo che inter-
verrano, domenica 29 aprile, alla so-
lenne cerimonia in piazza S. Pietro.
Ci incontreremo nell'Auditorium del-
l'Istituto delle Missioni della Consolata
(Via delle Mura Aurelie, 11/13), a circa
300 m. dal colonnato a sinistra della
Basilica di S. Pietro (strada in salita
dopo il semaforo situato all'imbocco
del tunnel).
L'orario: Ore 14,00 fino alle ore 15,30
circa.
Ci sarà un momento di preghiera
al novello BEATO e un po' di ... festa!
Non mancherà l'inventiva! Chi puo' ...
prepari pure qualcosa! L'importante:
NON MANCARE!
Omaggio al Papa
In occasione di una beatificazione
si suole fare un omaggio al S. Padre:
così avvenne e in modo ammirevole
per la beatificazione dei nostri martiri
della Cina.
lnvitamo tutti i laboratori MM a ri-
spondere a questo invito.
Doni graditi sono oggetti sacri e ma-
teriale catechetico, che vengono espo-
sti in S. Pietro e presentati al Papa, che
li destina poi alle Missioni. Consiglia-
mo: pissidi, calici, paramenti sacri, dia-
positive, videocassette, proiettori ...
Il materiale sia inviato o a Don
L. Fiora (Roma-Pisana), o a Don A. Al-
fano (Roma-Via Marsala).
Pastorale
vocazionale
nella Famiglia
Salesiana
Un inter~ante Convegno è stato tenuto in Sici-
lia su di un tema di estrema attualità: espr~ione
del valore di questa singolare iniziativa è la rela-
zione di D. Juan E. Vecchi. Ne riportiamo lo
schema, perché possa essere oggetto di riflessione
e di studio, soprattutto per i responsabili della As-
sociazione dei Cooperatori. È anche uno stimolo
a camminare sulla scia lasciata da Don Rinaldi
1. LE CHIESE E LE VOCAZIONI
1.1. Il discorso sulle vocazioni è oggi più frequente ·
in quasi tutte le Chiese. E ciò
- perché si è esteso il significato di «vocazio-
ne»: riguarda anche l'essere cristiano, i laici, i
missionari;
- perché si sente il bisogno dei «ministeri»;
- perché il fatto vocazionale è compreso in
maniera più profonda fino ad abbracciare la vita
e la fede.
1.2. Insieme alla maggiore frequenza si percepisco-
no alcune accentuazioni nuove:
- il discorso vocazionale è rivolto a tutti i fede-
li e non soltanto ai pochi che in un altro tempo
venivano considerati «chiamati»;
- si chiede alla Comunità tutta di essere corre-
sponsabile nel suscitare e accompagnare le vo-
cazioni pur valorizzando compiti personali;
- si presta più attenzione alla persona che al
bisogno di reclutare forze per il proprio istituto
o movimento.
2. LA FAMIGLIA SALESIANA
2.1. Noi partecipiamo a questo movimento di tutta la
Chiesa con una particolare sintonia. E ciò per
un elemento che emerge con molta chiarezza
nell'esperienza di fondatore di Don Bosco e che
si diffonde come una grazia in tutta la sua fami-
glia: l'esistenza di Don Bosco è sotto il segno vo-
cazionale, della chiamata e risposta, durante tut-
to il tempo della sua vita, in tutti gli aspetti, in
forma molteplice.
La chiamata fu percepita in forma quasi sensibile
nel primo sogno... e questa impressione lo accompa-
gnò fino agli ultimi giorni.
7/ 39

1.8 Page 8

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Il periodo giovanile è segnato dallo sforzo di trova-
re le vie e i mezzi per seguire la propria vocazione.
L'orientamento vocazionale occupò un luogo pri-
vilegiato nell'accompagnamento dei giovani e nella
sua prassi pastorale:
- ebbe fiducia nella capacità dei giovani poveri
di seguire vocazioni impegnative.
- mise al centro della sua proposta formativa
«la scelta dello stato», considerandola «ruota
maestra» di tutto lo sviluppo spirituale. Lo pro-
vano le tre biografie dei giovani esemplari;
- si dedicò personalmente a scoprire, suscita-
re, accompagnare e consigliare... E ciò appare ri-
levante, oltre che in molti detti e fatti, nel mini-
stero della Penitenza.
Ebbe un'attenzione speciale per le vocazioni sacer-
dotali e religiose. Tale cura era
- diffusione della sua esperienza «felice» del sa-
cerdozio e della vita in Dio;
- manifestazione del suo amore alla Chiesa;
- prova della sua preoccupazione per la felicità
del giovane che considerava più totale quanto
più generosa era la risposta.
2.2. Questa «particolarissima» sensibilità, che è una
grazia, fu trasmessa dalla Famiglia Salesiana in
tre forme.
A) La promozione e il sostegno delle vocazioni di-
venne una delle sue finalità principali sin dal
1859: «In vista poi dei gravi pericoli che corre la
gioventù desiderosa di abbracciare lo stato ec-
clesiastico, questa congregazione si darà cura di
coltivare nella pietà e nella vocazione coloro che
mostrano speciale attitudine allo studio ed emi-
nente disposizione alla pietà».
Lo stesso viene espresso nelle attuali Costituzio-
ni all'art. 6: «Fedeli agli impegni che Don Bosco
ci ha trasmesso siamo evangelizzatori dei giova-
ni...; abbiamo una cura particolare per le voca-
zioni apostoliche». (cfr. testi simili della FMA
VDB, CCSS, EESS).
B) Guardando le cose con più calma e profondità
scopriamo però che non è una finalità aggiunta
dall'esterno, un risultato da ottenere attraverso
l'efficienza e l'operatività. È invece la sostanza e
l'anima dell'educazione come l'ha inteso Don
Bosco: educare è aiutare a scoprire il mistero
che si racchiude nella nostra vita, ad assumerlo
con un impegno concreto che costituisca un rin-
graziamento e una risposta.
- È un errore di prospettiva pensare che la
nostra missione consista nel fare recupero,
scuola, educazione, catechesi... e solo come
aggiunta marginale un po' di pastorale voca-
zionale.
- Per lungo tempo i «seminari» dei sale-
siani furono le scuole, gli oratori, le par-
rocchie.
- L'educazione del «buon cristiano e one-
sto cittadino» orienta sin dall'inizio verso
scelte evangeliche. Tutti devono risponde-
re con filiale generosità e decidere alla
presenza di Dio.
8/ 40
- Lo scollamento tra questi due aspetti -
pastorale-orientamento vocazionale - va vi-
sto come uno svuotamento della nostra pe-
dagogia.
C) Conseguenza dei due punti precedenti è il pro-
gressivo costituirsi della Famiglia Salesiana
come ambito vicino all'esperienza dei giovani, in
cui essi potessero realizzare diverse vocazioni:
laicale, religiosa, sacerdotale, secolarità consa-
crata, maschile, femminile...
- Don Bosco cominciò lavorando per il cle-
ro, favorì i laici senza associarli, appoggiò
ogni forma di vita religiosa e di impegno con
l'amicizia, il sostegno, il consiglio.
- La situazione dei giovani e la risposta di
questi alla sua pedagogia lo portò ad allarga-
re il cerchio di coloro che gli si univano nel-
la missione giovanile in diversi stati di vita.
- Così creò un «luogo» di accoglienza e svi-
luppo di vocazioni diverse che ancora oggi
funziona come «invito» e «ambito» in cui im-
pegnarsi.
2.3. Ciascuno nei diversi rami della Famiglia Sale-
siana e la stessa Famiglia intera, come comunio-
ne di tutti i gruppi, sono dunque eredi di una fi-
nalità e di una pedagogia vocazionale in favore
dei giovani e della Chiesa.
Allo stesso tempo, come responsabilità di un ca-
risma, devono essere attenti a «generare» conti-
nuatori, costituendosi in
- segni di convocazione
- luogo di accoglienza
- parola di invito
- ambito di comunione.
3. ALCUNI DATI attuali da prendere in
considerazione per svolgere la nostra
missione «vocazionale» oggi.
3.1. Un primo dato da valutare è l'età in cui oggi av-
vengono le scelte vocazionali.
- Ammesso che il nascere di una vocazione
non è un fatto isolato e, dunque, conta tutto
quello che si fa a qualunque età; ammesso
anche che in ogni età si può sentire l'attra-
zione verso uno stato di vita...
- Bisogna anche accettare un dato di fatto:
i giovani compiono i primi passi importanti
di distacco che esprimono una scelta in una
età più alta che nel passato.
Noi abbiamo i riflessi di questo fatto
- nell'attuale media di età dei novizi e pre-
novizi;
- nello svuotamento dei preaspirantati;
- nella pastorale vocazionale che portano
avanti le Chiese;
- in alcuni momenti di riflessione (cfr. il
Convegno Italiano a proposito dei «nuovi
adolescenti»).
Il fenomeno vocazionale si presenta «omogeneo»
ad altri aspetti dell'esperienza giovanile. Infatti
- è la stessa adolescenza come periodo edu-
cativo che si è allungata;

1.9 Page 9

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- si sono allungati gli studi considerati
«d'obbligo»;
- è nella seconda adolescenza e gioventù,
dunque, che matura una prima sintesi cul-
turale e una sufficiente personalizzazione
della fede;
- è la complessità della vita attuale che
comporta un travaglio maggiore e più lento
di assestamento.
3.2. Da questa costatazione fluiscono molte riflessioni.
Ne sviluppo una che mi sembra fondamentale.
C'è un'equazione tra maturazione vocazionale e
cammino di fede. Praticamente
- il primo lavoro vocazionale deve essere una
serie educazione alla fede e all'impegno cri-
stiano;
- è impossibile far nascere e sviluppare una
vocazione dove la fede, come conoscenza e prati-
ca, non è stata presa in seria considerazione;
- la vocazione oggi è un fatto di fede personale
più ancora che di attrazione verso un lavoro o
un gruppo. Dove questo non viene inteso così,
secondo la nostra esperienza, appaiono più tardi
delle inconsistenze per cui si pagano le leggerez-
ze e la frettolosità.
Dall'altro versante l'educazione alla fede e la cate-
chesi non sono sufficienti se non sfociano in una ri-
sposta ad una interpellanza di Dio percepita attra-
verso i segni.
Ne derivano due conseguenze.
A) La prima è che all'interno di ogni iniziativa di
educazione pastorale-giovanile vanno pensati
elementi che rafforzano la capacità di percepire
la chiamata di Dio e di rispondervi.
- Riflettere sull'affermazione che pastorale
giovanile e pastorale vocazionale sono com-
pletamente e internamente collegate.
- La pastorale giovanile non diventa voca-
zionale soltanto per insistenze tematiche
isolate; ma per una preoccupazione che è
centrale anche alla pastorale vocazionale:
abilitare a percepire che la vita è tutta un
dialogo con Dio.
- In tal senso il tema vocazionale è la pro-
spettiva unificante di tutte le iniziative di
pastorale giovanile.
B) La seconda conseguenza è che la stessa pastora-
le vocazionale specifica va concepita prima e so-
prattutto come un approfondimento della fede in
Gesù Cristo e nel Vangelo.
- Ciò fu vero sempre. Ma precedentemente
ci si affidava alla fede seminata e coltivata
dalla famiglia e consolidata nella catechesi
posteriore.
- I giovani vengono oggi con una debolezza
iniziale in ciò che riguarda la conoscenza e
la pratica della fede; lo sviluppo posteriore
presenta vuoti e fessure, mentre essi stessi
sottomettono verità e pratica a continua re-
visione e ad elaborazione personale.
Ne risulta che in entrambe le pastorali - quella
generale e quella più specifica - l'urgenza e il
punto chiave sono decidersi seriamente per Gesù e
per il Vangelo, mentre l'influsso di altri fattori è
insignificante.
3.3. Strettamente collegato a questi due rilievi -
l'età delle decisioni e l'equazione tra maturazio-
ne vocazionale e cammino di fede - viene un
terzo punto' la responsabilità della pastorale vo-
cazionale va assunta dalla comunità.
- Ciò non esclude, anzi esige, gli interventi per-
sonali; ma non sono possibili le deleghe ad alcu-
ni e la deresponsabilità del più.
- Per comunità intendiamo la stessa comu-
nità ecclesiale: dove essa è attiva e vivace, il
lavoro vocazionale è facilitato.
- Ma noi ci riferiamo alla comunità educa-
tiva. Essa deve includere nel progetto
l'orientamento vocazionale per tutti i ragaz-
zi, iniziative speciali per i più disponibili,
forme di accompagnamento per coloro che
mostrano intenzioni vocazionali.
- C'è da risvegliare il ruolo e la figura del
direttore come «amico» e consigliere dei
giovani.
- Va pensata l'esperienza di alcune comu-
nità che si sono offerte come luogo di acco-
glienza e prova per i giovani desiderosi di ri-
flessione e di esperienza. Ciò obbliga a ren-
dere autentica la vita di preghiera, di frater-
nità e di lavoro della comunità.
3.4. Ancora, i fattori età-fede-comunità obbligano a
proporre ai giovani esperienze significative per-
ché maturino convinzioni e motivazioni.
- Si costata l'infecondità degli ambienti
poco propositivi o troppo «normali».
- Ammesso che non bisogna scommettere
soltanto sulle esperienze «forti» che «colpi-
scono» e che la crescita è questione di pa-
ziente «quotidiano», bisogna anche ricono-
scere la forza maturante di alcune esperien-
ze che mettono a contatto con lo spirito
evangelico.
- Tali esperienze si svolgono in alcune
aree:
la preghiera
l'impegno apostolico (cfr. animazione, vo-
lontariato)
la direzione spirituale
la comunità (cfr. gruppi, ambienti edu-
cativi).
4. CONCLUSIONE
«La preghiera non è solo un mezzo per ricevere il
dono delle chiamate divine, ma il mezzo essenziale»
(Secondo Congresso... n. 23).
La nostra preghiera è parola rivolta a Dio, ma an-
che desiderio del Regno, azione in favore dei giovani.
Uniamo, secondo la nostra spiritualità di vita attiva,
la domanda ad un servizio rinnovato e qualificato di
orientamento e proposta.
9/41

1.10 Page 10

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Giornata
mondiale
dgei.ollvaentu'
IL VINO BUONO
E ravamo in molti quel giorno, Si-
gnore. Dalla Vite spuntavamo in
grande quantità. Noi, tuoi tralci, fa-
cevamo capolino, felici di rubac-
chiare qualche raggio di sole fra le
tenere foglioline.
Quell'anno il clima lasciava presa-
gire una buona stagione e Tu ne hai
approfittato per rallegrare ancora
una volta il cuore degli uomini.
Non è facile la vita tra i filari. C'è
s~mpre qualcuno che, per curare la
vigna, scruta attentamente, tocca
saggiando, urta inavvertitamente,
recide, con determinazione o spruz-
za qualcosa di medicamentoso per
una buona resa.
Un vecchio amico tralcio, scampa-
to al Potatore, ci raccontava di quelli
che avevano subito un taglio così pro-
fondo da non poter più produrre
nuovi virgulti. E si rammaricava per-
ché, al prossimo passaggio, avrebbe
probabilmente seguito la stessa sorte.
Però ci dava coraggio, stimolando le
nostre giovani fibre a assorbire tutta
la linfa che la Vite emanava. Ci dice-
va che il segreto era tutto lì.
Un mattino, dopo che il sole da
lunghissimi giorni ci aveva irradiato il
suo calore, sentimmo una forza nuo-
va che si sprigionava da noi. Dappri-
ma avvertimmo un po' di dolore. Poi
una gioia come la liberazione da
qualcosa. Infine, notammo il primo
apparire di minuscoli acini verdi.
L'acqua era un nutrimento, ma
anche refrigerio. Ci saziavamo con
le gocce residue che cadevano distil-
late dalle larghe foglie, ombre di-
screte nei momenti di calura.
Man mano che i giorni passava-
no, vedevamo i nostri frutti crescere
sempre di più e pregni di polpa suc-
cosa. I grappoli maturi erano preda
10/42
di occasionali raccolte e di rapide no molto significativo. Dopo un pe-
beccate di volatili e di insetti di ogni riodo di diffidenza e di distacco nei
genere. Qualcuno, non resistendo al confronti della chiesa, ora numerosi
dolore e attaccato da germi infetti, giovani la stanno riscoprendo come
appassiva e lentamente marciva.
guida sicura e fedele, come luogo
Poi venne la vendemmia. Fu un indispensabile di comunione con
bel giorno per i vignaioli. Ebbero un Dio e con i fratelli, come ambiente
buon raccolto. Si fece il vino buono di crescita spirituale e di impegno.
e si fregiarono le botti con un mar- È un segno molto eloquente. Tanti
chio di ottima annata.
di voi non si contentano più di ap-
Scusa, Signore, se ho voluto fan- partenere alla chiesa in modo mera-
tasticare sulla visione agreste del mente formale, anagrafico. Cercano
nostro intimo rapporto. Anche Tu qualcosa di più.
attingevi dalla terra le parole delle Luogo privilegiato di riscoperta
Tue parabole di vita, anche se non della chiesa e dell'impegno ecclesia-
la facevi tanto lunga.
le sono le associazioni, i movimenti
Ci hai detto e insegnato che essere e le varie comunità giovanili. Infatti
tralci vivi nella chiesa-vigna significa parlano oggi di una «nuova stagione
anzitutto essere in comunione con aggregatrice» nella chiesa. Questa è
Te-Vite. E la nostra gioia è 1imanere una ricchezza enorme e un dono
in Te per fare molto frutto, perché prezioso dello Spirito Santo, che va
senza di Te non possiamo fare nulla. accolto con tanta riconoscenza.»...
La Tua è una «chiesa affascinante «La giornata mondiale - conclude
e meravigliosa» come ha detto il Giovanni Paolo II - non è solo una
Papa nel messaggio per la V giorna- festa, ma anche un serio impegno
ta mondiale della gioventù. «Essa è spirituale. Per poterne cogliere i frut-
antica ma, allo stesso tempo, peren- ti, è necessario un cammino di prepa-
nemente giovane, grazie allo Spirito razione sotto la guida dei vostri pasto-
che l'anima. Giovane è la chiesa, ri... Cercate di conoscere meglio la
perché giovane, cioè sempre attua- chiesa, la sua natura, la sua storia e il
le: è il suo messaggio di salvezza. suo presente. Cercate di scoprire il
Per questo esiste un dialogo così im- vostro posto nella chiesa e la vostra
potrtante tra la chiesa e i giovani» . missione in quanto giovani».
«La chiesa ha tante cose da dire ai Protagonisti di molti avvenimenti,
giovani e i giovani hanno tante cose soprattutto in questo ultimo scorcio
da dire alla chiesa. Questo reciproco di millennio, i giovani hanno saputo
dialogo, da attuarsi con grande cor- dare un timbro chiaro ali' esistenza
dialità, chiarezza e coraggio... sarà pur se a volte non con i giusti meto-
fonte di ricchezza e di giovinezza per di; ma chi può dire quali siano vera-
la chiesa...» (Christifideles laici).
«Essere tralci vivi nella chiesa-vigna
- ci dice ancora il Papa - significa
anche assumersi un impegno nella
comunità ecclesiale e nella società...
dove ciascuno ha il proprio posto e il
proprio compito... Lo avete anche voi
mente tali. Altri sono attratti da mi-
tiche sirene in paradisi artificiali
mentre altri ancora non hanno di
che mangiare, di che lavorare, di
che ripararsi e di che appellarsi per
un mondo più giusto, senza oppres-
sione, senza dignità e senza pace.
giovani... La chiesa ha particolare bi- Ma non tutti questi verdi alberi
sogno di voi, del vostro dinamismo, si sono fatti cadere le foglie ai piedi.
della vostra autenticità, della vostra Sognano e credono in nuovi orizzanti
appassionata voglia di crescere, della e nuove terre
freschezza della vostra fede. Mettete e nuove città
quindi al servizio della chiesa i vostri dove la primavera regnerà regina
giovani talenti senza 1iserve, con la e dove sarà perenne
generosità propria della vostra età. il suono delle campane di una Pasqua
Prendete il vostro posto nella chiesa, · che dovrà pure arrivare.
che non è solo quello di destinatari di
cura pastorale, ma soprattutto di pro-
tagonisti attivi della sua missione». E
prosegue:
«La chiesa è vostra, anzi, voi stes-
si siete la chiesa! ... Da parte sua, la
chiesa ha tanto da offrire a voi gio-
vani. Assistiamo oggi ad un fenome-
Così, Signore, a differenza del fico
di Betania che Tu hai fatto appassire
e morire perché non aveva frutti al di
fuori del tempo suo, potrai ogni gior-
no, in ogni momento, ogni volta che
lo deside1i, bere e gustare del vino
buono dei nostri giovani tralci.
Pompeo Santorelli

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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GENOVA
Sabato 20 e domenica 21 gen-
naio i Coope r atori della Liguria
hanno ricevuto la visita della
coordinatrice Nazionale, signora
Iolanda Masotti: un'occasione
quanto mai preziosa per raffor-
zare i vincoli di appartenenza,
ma anche per uno scambio di
espe r ienze, di confronto e di ve-
rifica del cammino dell'associa-
zione nella regione ..
Simpatia e spirito di grande in-
ventiva, attorno alla trattazione di
temi, impegnativi e profondi, a
cominciare dall'accoglienza alla
stazione : omaggio floreale alla
Coordinatrice, come si conviene a
una signora e come ci si poteva at-
tendere dalla terra dei fiori. E
nientemeno che ... orchidee della
Mostra Internazionale 90!
Dai saluti... al lavoro con il Con-
siglio Ispettoriale: p resenti il dele-
gato ispettoriale, D. Ermanno Bran-
chetti, ritornato, dopo la pausa del-
la malattia, nel pieno delle sue atti-
vità, delegate FMA, guidate dalla
Vicaria Ispettoriale sr. Maria Pia
Bianco, il coordinatore Fabio For-
masini e gli altri consiglieri.
Dalle ore 21 alle ore 23,30 si è
discusso della vita d ei Cooperato-
ri, toccando problemi e aspetti
concreti e operativi della vita as-
sociativa.
È sembrato un incontro prezio-
so per tutti .
Domenica, la g iornata tanto atte-
sa, preparata e organizzata con
entusiasmo e precisione dal Cen-
tro di Genova-Corso Sardegna.
Alle ore 8 già scatta l'operazio-
ne accoglienza, curata dai coo-
peratori e giovani oratoriani,
che offrono in apertura di assem-
blea un g razioso saggio artistico
di recitazione.
Sono p resenti circa 120 coope-
ratori giunti , oltre che dai centri
di Genova, da Varazze, Savona,
Alassio , Monleone, Masone, Arma
di Taggia, Vallecrosia, La Spezia.
Dopo l'inaugurazione della mo-
stra dei lavori del laboratorio
MM., si ascolta la relazione, previ-
sta per l'incontro, sulla vocazione
del laico nella Chiesa con il cuore
di D. Bosco. Seguita e apprezzata
per i contenuti e il calore del-
l'esposizione, la conferenza è stata
anche un invito a un partecipato
dibattito per un ulteriore appro-
fondimento della identità della vo-
cazione del Cooperatore. Segue il
pranzo, consumato in un clima di
fraternità e di festa .
Al pomeriggio i saluti , i ringra-
ziamenti e i.. propositi: intensifica-
re ai vari livelli gli impegni di ani-
mazione nei singoli ambienti di la-
voro e di apostolato.
Il grazie di D. Ermanno per tutti:
alla coordinatrice nazionale, che
ha infuso incoraggiamento e spe-
ranza, ai cooperatori di corso Sar-
degna, che hanno preparato con
cura la giornata di domenica.
Dopo la gioia di essersi ritrova-
ti, anche in gran numero, insie me ,
per un forte momento di aggrega-
zione, resta l'attuazione delle cose
ascoltate. In particolare non dovrà
cadere nel vuoto il lavoro svolto
con il Consiglio Ispettoriale, orga-
nismo insostituibile nell'animazio-
ne e organizzazione de lla struttura
associativa nella regione. La gior-
nata ha rivelato che esistono otti-
me potenzialità nei Centri : a chi
ne ha la responsabilità a vario tito-
Genova - Un momento della Conferenza tenuta dalla Sig.ra Iolanda Masotti.
Genova - Gli oratoriani salutano i cooperatori con un originale trattenimento.
11 /43

2.2 Page 12

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lo il compito di consolidarle e gui-
darle per un qualificato servizio
apostolico.
BARI
Lo scorso 11 febbraio si sono
svolti a Bari gli ultimi incontri di
settore: FORMAZIONE - ANIMA-
ZIONE GG.CC. - MISSIONI desti-
nati ai consiglieri e ai cooperatori
impegnati. Sono incontri sollecitati
dagli stessi responsabili locali.
Superando i numerosi ostacoli
legati alla distanza, anche assai
notevole, che molti dei parteci-
panti hanno dovuto superare, i
consiglie ri di settore e gli altri
amici intervenuti hanno avuto per-
tanto una preziosa occasione per
approfondire e analizzare proble-
mi e mezzi per migliorare il servi-
zio ai Centri.
Non c'è dubbio che la festa di
Don Bosco abbia riempito il cuore
di tutti di amore ed entusiasmo al
punto tale da predisporre ognuno
ad affrontare con grande impegno
l'intensa giornata di studio.
Ecco, settore per settore, gli ar-
gomenti trattati nell'incontro di
domenica.
- Settore animazione GG.CC. :
con D. Pasquale Martino
Il giovane cooperatore: UN
GIOVANE PER I GIOVANI
* L'incarnazione come princi-
pio ispirativo
* L'Educazione come META
* L'Animazione come CRITE-
RIO, MODALITÀ e STILE
- Settore formazione: con D.
Luigi Benvenga
Il Cooperatore Salesiano: UN
CRISTIANO IMPEGNATO NELLA
CHIESA E NEL MONDO
* La formazione cristiana e in
stile salesiano
* Compito di formatori: dirige-
re verso l'Alto ogni concreto vis-
suto nella famiglia, nel lavoro , nel
sociale, nell'Associazione, ecc.
* Formazione iniziale e perma-
nente: umana, spirituale, dottrina-
le, sociale, ecc.
* Momenti forti di formazione
* Il Consigliere per la formazio-
ne in corresponsabilità col Dele-
gato e il Coordinatore.
12/44
Si auspica che questo cammino
di aggiornamento continui e si
consolidi sempre di più.
TORINO-SASSI
Il «DON BOSCO 88», ha suscita-
to entusiasmo in tante categorie di
persone; così è stato di noi, geni-
tori degli alunni/e nell'Istituto San
Domenico Savio di Torino - Sassi.
Dal mese di ottobre 1987 a mag-
gio dell'88, gli incontri informativi
e formativi sono tenuti dal Prof.
Don Franco Cavicchioli, e l'invito
è stato rivolto a tutti i genitori.
Nell'anno 1988-89, con i nostri
figli siamo riusciti a sceneggiare e
presentare a tutta la scolaresca e
rispettive famiglie, qualche tratto
della vita di Giovannino Bosco (es.
il sogno di nove anni, la rottura
del fiasco dell'olio ... ). Con fre-
quenza ci siamo riuniti per incon-
tri formativi, per conoscere sem-
pre più e meglio lo spirito di D.
Bosco e questo ci ha entusiasmati
e convinti che, appartenere alla
Famiglia Salesiana è cosa ottima
ed utile non solo per noi ma per il
bene di tanti giovani. Così abbia-
mo deciso di pronunciare la pro-
messa di fedeltà a D. Bosco come
Cooperatori.
L'8 Dicembre 1989, nella chiesa
di S. Francesco d'Assisi, che ci ri-
corda il primo incontro di D. Bo-
sco con Bartolomeo Garelli, alla
presenza del Superiore del Consi-
glio Generale dei salesiani Don
OMERO Paron e del Delegato
Ispettoriale D. Corrado Bruno, noi
15 genitori, abbiamo pronunciato
il nostro «SÌ» a Don Bosco , come
Cooperatori. La celebrazione Eu-
caristica si è conclusa con la recita
dell'Ave Maria ricordando quella
di D.B. con Bartolomeo Garelli.
Noi , come genitori-cooperatori
ci impegniamo a lavorare nella
Chiesa locale, nell'ambito della
scuola, nell'ambiente di lavoro e
nel campo sociale. Ci proponiamo
di essere apostoli convinti presso
tutti i genitori della nostra scuola,
affinché lo spirito di D. Bosco re-
gni in tutte le famiglie a bene dei
giovani. M. Ausiliatrice e Don Bo-
sco siano la nostra guida e la no-
stra forza.
VERSO IL CAPITOLO
GENERALE XIX
DELLE FMA
Anche il capitolo generale delle
FMA - come quello dei SDB - si
pone pienamente sulla linea d 'on-
da che fa vibrare oggi tutta la Fa-
miglia Salesiana, rivolta a trovare
vie nuove e più incisive per
l'evangelizzazione del mondo gio-
vanile.
Il capitolo si radunerà a Roma il
15 settembre 1990: 170 parteci-
panti, appartenenti a 77 ispettorie.
Segno di speranza, una più con-
sapevole crescita in identità, sulla
base delle costituzioni rinnovate.
Torino Sassi - Nuovo Centro di Cooperatori; Complimenti e auguri!

2.3 Page 13

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L'Istituto esprime una forte appar-
tenenza al carisma salesiano e
un'intensa consapevolezza della
propria missionariertà.
Il tema del capitolo sottolinea
queste imprescindibili esigenze:
«Educare le giovani: apporto del-
le FMA a una nuova evangelizza-
zionne nei diversi contesti socio-
culturali».
re negli anni più recenti».
Le costituzioni delle FMA affer-
mano: «Destinatari della nostra
missione sono le giovani dei ceti
popolari ... » (art. 65).
Specificità di un carisma: l'unico
carisma salesiano, vissuto al fem-
minile nello spirito di Mornese.
L'Istituto - dicono ancora le co-
stituzioni - è stato fondato per es-
Nuova evangelizzazione: appel- sere «risposta di salvezza alle at-
lo che lo Spirito suscita impellente tese profonde delle giovani» (art.
oggi nella Chiesa. Inculturazione I); l'Istituto si propone di «educare
del Vangelo in ogni contesto so- le giovani a discernere il disegno
ciale , in ogni gruppo, in ogni per- di Dio sulla propria vita» , renden-
sona.
dosi «sensibili ai grandi problemi
Anzitutto nuova inculturazione dell'oggi e capaci di contribuire
del Vangelo nella propria esisten- con competenza e spirito evange-
za, che deve meglio esprimere e lico all'edificazione di un mondo
significare la sequela di Cristo , più rispondente alle aspirazioni
per poter diventare annuncio vivo della persona umana» (art. 72) ,
di un mondo pervaso dallo spirito (cf. M. Castagno, circ. 709).
delle beatitudini.
Ma come si pone questa speci-
«Autoevangelizzazione» - dice ficità al femminile in un contesto
madre Marinella Castagno alla sempre più diffuso di coeduca-
FMA - «L 'autentico valore di una zione?
comunità di donne consacrate è la «È proprio questa realtà di coe-
trasparenza dei suoi membri. Solo ducazione che richiede maggiore
così è possibile una comunicazio- competenza e più viva attenzione
ne dei valori e una scoperta di ric- alla specificità del nostro carisma
chezze che aiutino a superare gli - dice ancora madre Marinella
individualismi e a far cadere le - . Solo se siamo capaci di educa-
barriere che il formalismo può in- re la giovane di oggi a divenire e
nalzare» (circolare n. 715).
a mantenersi autentica donna,
Le FMA con questo capitolo si l'aiutiamo a situarsi nel mondo
propongono di animare ed arric- contemporaneo con maggior sicu-
chire la loro vita comunitaria in rezza, con più valida competenza
modo da esprimere più efficace- e capacità di vivere vere relazioni
mente il loro essere «donna di in- di reciprocità nella complementa-
teriorità, di relazione, di respon- rità dei ruoli» (circ. 709).
sabilità sociale» (cfr. Cir. 714).
Ma, sul piano pratico?
Verranno poi le varie novità -
«Nei diversi contesti sociocultu-
di frontiere, di prospettive, di rali»: precisa il tema del capitolo.
presupposti dottrinali, di metodo Qui e oggi si creano le modalità
e di linguaggio , di operatori - in- operative più rispondenti al rag-
dicate dal Rettor Maggiore (lette- giungimento dei comuni obiettivi.
ra, 8/9/89). Esse saranno rese vali- E c'è un ampio campo di Fami-
de ed operanti da un sempre più
ardente incontro con quella su-
prema novità che è «la Pasqua del
Cristo».
Il CG XIX delle FMA pone l'ac-
cento della propria donazione
apostolica sull'educazione delle
giovani.
«Pianeta donna», si dice oggi in
tutti i toni. Fra questi toni - alcuni
dei quali possono... sapere di
moda - c'è anche quello di Gio-
vanni Paolo II: «Mulieris dignita-
tem ... - dice il papa - . La dignità
della donna e la sua vocazione
hanno assunto un rilievo particola-
glia Salesiana. Nessuno può edu-
care da solo; nessuno può coedu-
care da solo: né i singoli individui,
né le singole istituzioni.
Testimonianza-uomo, testimo-
nianza-donna; testimonianza all'in-
terno della vita salesiana consa-
crata, testimonianza all'interno
della vita salesiana laicale. Con-
fronto-incontro delle diverse spe-
cificità nell'enorme ricchezza del
carisma educativo salesiano, nato
dal cuore di don Bosco: cuore am-
pio come le arene del mare.
Maria Collino FMA
OLTRE
LA NOTIZIA
L'ecologia non è solo
un proble:ma dei laici
Anche la Chiesa Cattolica, solle-
citata in questo dalle prese di po-
sizione e da continui richiami del
Santo Padre, è scesa in campo in
merito al delicato problema della
difesa del nostro comune patrimo-
nio ambientale.
L'esigenza di riuscire a costrui-
re un 'etica dell'ambiente al passo
con i tempi, sembra infatti essere
diventata indispensabile per i cat-
tolici, che si interrogano con sem-
pre maggiore interesse, sull'im-
portanza che per un cristiano
deve oggi rivestire la questione
ecologica.
Del resto nella sua millenaria
storia la Chiesa è stata spesso
scossa dai fermenti e dai richiami
accorati di movimenti e figure di
grandi Santi (basti citare il Pove-
rello d'Assisi) che invitavano tutti i
fedeli ad un maggiore rispetto
della natura.
Del resto, per essere coerente
con la propria fede, il cristiano
deve accettare una concezione
del Creato che sia portatrice di
maggior senso di responsabilità,
superando anche certe concezio-
ni «estetiche» più che etiche, ca-
paci cioè soltanto di commuover-
si davanti alle bellezze della na-
tura, senza però stimolare una
presa di coscienza chiara e forte
sui rischi che oggi corre l'am-
biente.
I vari pronunciamenti di Gio-
vanni Paolo II stanno dando, poi,
un apporto fondamentale a fer-
menti nuovi, per cui è davvero au-
spicabile che sempre più i cristia-
ni possano tradurre la loro atten-
zione per l'ambiente in azioni con-
crete di tutela e salvaguardia di
un bene così prezioso per la vita
di tutti gli uomini.
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L'Italia del CENSIS
Il recente rapporto pubblicato
dal CENSIS ha confermato il ritrat-
to di una Nazione opulenta e un
po' scriteriata. Abbonda il super-
fluo e scarseggiano l'equità, la
giustizia e l'equilibrio.
Se poi si pensa al ruolo che i cri-
stiani, o almeno coloro che ancora
si definiscono tali (e che dell'Italia
rappresentano la «massa» più con-
sistente), hanno da tempo assunto
nell'edificazione di questa nostra
società, si comprende quanto sia
motivato l 'appello di coloro che ci
invitano a svegliarci!
Il rapporto del CENSIS dipinge
un quadro all'interno del quale
predomina l'abbondanza ma è qua-
si assente la saggezza! Manca so-
prattutto il senso dell'eqwl1brio,
per cui ci si è avviata su una peri-
colosa strada fatta di consumi a tutto
spiano, di indebitamenti, di ecce-
denze non messe in circolazione, di
sprechi spaventosi, ecc. E poi in-
giustizie e sperequazioni di ogni
sorta, caotico sviluppo delle aree
urbane, valanghe di immondizia,
inquinamento. Di fronte a questa si-
tuazione così caotica c una scarsa,
anzi scarsissima presa di coscienza
del ruolo e delle responsabilità che
ognuno di noi dovrebbe assumersi.
Tanto è vero che tutti si lamentano
del traffico, della sporcizia, dei ru-
mori, del disordine, delle ingiusti-
zie, come se i responsabili di tutto
fossero sempre «gli altri».
Non possiamo essere la quinta
potenza del mondo per sviluppo
industriale e forse la prima per
stra vaganza ...
Solo una giornata per la vita?
Anche quest'anno, il 4 febbraio,
si è celebrata in tutt'ltalia la «Gior-
nata della Vita», istituita alla fine del
1978 come giorno memoriale delle
vite umane innocenti volontaria-
mente soppresse con l'aborto.
La Chiesa, e il Papa in prima
persona tornano, anche con insi-
stenza, a battere questo tasto do-
lente e tragico della nostra vita so-
ciale e culturale.
Non è sufficiente, nella nostra so-
cietà così poco a misura d'uomo, li-
mitarsi a rispettare il comandamen-
l 4/46
to «non uccidere», e ancor meno li-
mitarsi a denunciarne l'altrui viola-
zione; occorre promuovere quoti-
dianamente una cultura della vita,
dell 'accoglienza della vita, che è
accoglienza del nascituro, come del
diverso, dell'ultimo, dell 'abbando-
nato, del forestiero, del nomade.
Una società che non accoglie, non
potrà mai debellare la piaga del-
l'aborto; una società nella quale
non c posto per il bambino di Bet-
hlemme è destinata a non accoglie-
re la vita.
I richiami del Santo Padre vanno
accolti, quindi, nella loro pienez-
za, che è la pienezza dei figli di
Dio, fautori di pace e perciò por-
tatori della vita.
Venti metri di libertà
C'era un tempo in cui 11 nome de-
finiva chiaramente il casato, l'ap-
partenenza ad un ceto e le possibili
qualità risapute della persona.
Leggere o discorrere su nomi
più o meno altisonanti, dava
un 'ampia idea del soggetto, ali-
mentava il «si dice» sul privato ed
illuminava episodi ed avventure
di pubblico dominio.
Oggi, con i moderni mezzi di co-
municazione di massa, si scava nel
profondo, sempre più esigenti ed
assetati di notizie, di nomi e di volti
più o meno anonimi. Così molti si
ritrovano sulle pagine di giornali e
riviste o in qualche fugace appari-
zione televisiva, magistralmente ri-
presi sotto 11 fuoco di hla delle do-
mande più sciocche, drammatiche
o imbarazzanti. Poi passano dimen-
ticati immediatamente rimpiazzati
dal «caso» di turno.
Un nome come Gennaro o Gen-
nanno, che ne individua verosi-
milmente il «casato», cosa può
dire ai disattenti spettatori?
Un nome hn troppo comune, una
storia, una vicenda toccante, un
esempio fra tanti 1n un ripetersi
giornaliero di fatti sempre uguali,
vissuti da protagonisti diversi che
recitano sempre la stessa parte.
Gennarino, al quale il diminutivo
sta un po' stretto perché ormai alle
soglie della maggiore età, ha colle-
zionato un discreto numero di defi-
niti «piccoli reati» che spesso gli
hanno aperto i cancelli del carcere
minonle. Da alcuni mesi, però, la
musica è cambiata. Lo stridio dei
ferri che tante volte ha visto spalan-
cargli la strada davanti ad una fer-
mata d'autobus potrebbe essere
soltanto un ricordo, un vecchio re-
fra1n nella colonna sonora che ac-
compagna la sua giovane vita.
Per effetto di una nuova legge è
stato affidato temporaneamente ad
una «casa-famiglia», piccola co-
munità domestica per il recupero
dei minori che sono incappati nel-
le maglie della giustizia.
Ha vissuto qualche giorno di se-
rena familiarità.
Una doccia , un vestito pulito, un
piatto di maccheroni e poi via di
nuovo, senza osservare l'imposta
regola del rientro.
È duro dormire nei locali ma-
leodoranti della stazione Termini;
convivere promiscuamente insie-
me ad altri che hanno problemi
diversi; incontrare compagni di
sempre con cui hai rubato, scip-
pato e rapinato, anche se con una
pistola giocattolo.
È difh'cile pensare che può es-
serci un domani migliore.
È fragile un delirio di attesa spe-
ranza che buca le vene e avvolge
in un sogno gli anni più belli.
Ti ritrovi a venti metri da una
sala convegni, dove si narra la tua
storia sul video e dove si cerca di
capire che giovane è bello e che
non è meglio punire.
Credo di esserti passato accan-
to quella sera, Gennanno.
Avrei anche potuto avvicinarmi a
te, chiamarti per nome, chiederti se
veramente fossi tu 11 protagonista di
quel racconto, darti una mano e of-
frirti la mia comprensione.
Forse sarebbe stato ancora una
volta troppo poco.
La morsa del vivere-scappan-
do frena gli impulsi e la voglia di
dare. Ma , se tu vuoi, puoi taglia-
re per sempre quelle invisibili
sbarre. Non tutti ti hanno già
condannato.
Hai tanti amici 1n attesa e abbia-
mo voglia di sederti accanto.
Getta un ponte su quel fossato ,
lo progetteremo insieme.
Sono soltanto venti metri.
E tu avrai e noi avremo la vera
libertà.

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di Renzo Giustini
UN SALESIANO
ELETTO
«BUON SAMARITANO»
AD HAITI
La «National Catho/ic Develop-
ment Conference» degli Stati Uniti
ha conferito il titolo di «Buon Sama-
ritano» al padre salesiano Lawrence
Bohnen che svolge il suo apostolato
tra la gente più povera. Il religioso è
simpaticamente conosciuto come
«padre Fagiolo» perché a base di
fagioli il pranzo che ogni giorno pre-
para per 18 mila ragazzi dell'isola.
Padre Bohnen ha fondato 161 «mi-
niscuole», quattro scuole centrali e
una scuola a indirizzo tecnico secon-
do il metodo di don Bosco.
1700 ANNI
DELLA CONFEDERAZIONE
SVIZZERA
gna, evangelizzando il Nuovo Mon-
do a partire dal 1492, ha compiuto
l'epopea missionaria più grande del-
la storia e che la Spagna cattolica
deve dare una nuova testimonianza
della sua vitalità religiosa e della sua
generosità pastorale.
LA MESSA
DELLA DOMENICA
TRASMESSA
DA RADIO PRAGA
Per la prima volta dopo 42 anni
Radio Praga ha trasmesso in diretta
la Messa dalla Cattedrale di San
Venceslao di Olomouc, in Moravia.
D'ora in poi le Messe saranno tra-
smesse ogni domenica alle 9. Mons.
Vanak nell'omelia ha auspicato che
questi mezzi radiofonici non venga-
no mai usati per suscitare tensioni
ma sempre per la comprensione
nella libertà e nella verità.
Nel 1991 la Confederazione Elve-
tica festeggerà i suoi 700 anni. Le
Chiese cristiane stanno allestendo
una serie di progetti tra cui uno spet-
tacolo teatrale dal titolo «La festa
della pace». La celebrazione avrà un
carattere ecumenico e la cerimonia
ufficiale sarà impostata sul «Giovane
della Confederazione 1991».
LA GIORNATA
ISPANO-AMERICA
SI CELEBRA
IN SPAGNA
In occasione della Giornata Ispa-
no-America che si celebrerà in Spa-
gna il prossimo 4 marzo la Pontificia
Commissione per l'America Latina
in un messaggio ricorda che la Spa-
IL «DAZIBAO»
PER ANNUNCIARE
IL VANGELO
A Pechino un frate francescano
si è servito di un metodo molto ef-
ficace per mettersi in contatto con
la gente. È il «Dazibao» cioè «Gior-
nale con grandi caratteri» - que-
sto è il significato del termine -
per illustrare le principali verità del-
la dottrina cristiana.
IL PRIMO
CONVEGNO ECCLESIALE
TRIVENETO
Il primo Convegno ecclesiale tri-
veneto, che coinvolge le diocesi di
tre regioni italiane, Veneto, Trenti-
no Alto Adige e Friuli Venezia Giu-
lia, si svolgerà tra Aquileia e Grado
dal 28 aprile al 1° maggio prossimi.
Il tema è «Comunità cristiane e fu-
turo delle Venezie». Il cardinale
ha detto che i cristiani del Trivene-
to sono chiamati ad offrire questo
servizio «guardando all'est euro-
peo, ma senza dimenticare il sud e
il sud del mondo».
UN SEMINARIO
DI STUDI SUGLI AIUTI
DEL TERZO MONDO
«La Chiesa italiana e gli aiuti del
Terzo Mondo è il tema del semina-
rio di studio e di proposte che si è
tenuto a Roma dal 22 al 24 feb-
braio prossimo. Il seminario ha
avuto luogo presso l'auditorium
"Giovanni Paolo II" della Pontificia
Università Urbaniana. L 'incontro si
è proposto di "identificare alla luce
della 'Sollicitudo Rei Socialis"' le
metodologie di intervento rispon-
denti allo sviluppo delle comunità
destinatarie degli aiuti».
UN CENTRO
DI PREGHIERA
AD AUSCHWITZ
A Cracovia è stata istituita una
Fondazione incaricata di reperire i
mezzi materiali per la costruzione
ad Auschwitz di un «Centro di in-
formazione, incontro, dialogo, edu-
cazione e preghiera». In vista della
realizzazione di questa iniziativa
verrà formato un Consiglio inter-
nazionale di programmazione.
AIUTI ALLE CHIESE
ORIENTALI
Si è svolta in questi giorni in Vati-
cano la Riunione delle Opere per
l'Aiuto alle Chiese Orientali con due
argomenti all'ordine del giorno: il Li-
bano e la Terra Santa. Vista la situa-
zione del Libano è stato elaborato
un elenco di priorità che prevede
aiuti a ospedali, istituti d'istruzione,
famiglie senza tetto, e la ricostruzione
di chiese e case religiose.
15/ 47

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Spediz. in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 2• quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
Quindicinale di informazione e di cultura religiosa
L'edizione di metà mese del BS è particolarmente de-
stinata ai Cooperatori Salesiani. Direzione e ammini-
strazione: Via della Pisana, 1111 - C.P. 9092 - 00100
Roma Aurelio - Tel 69.31. 341 .
Direttore responsabile : GIUSEPPE COSTA
Redattore: ALFANO ALFONSO - Via Marsala, 42 -
00185 ROMA - Tel. 44.50.185; 49.33.51.
Autorizz. del Trib. di Torino n. 403 del 16 febbraio 1949 - e.e. Po-
stale n. 2-1355 intestato a: Direzione Generale Opere Don Bosco -
Torino - e .e .P. 462002 intestato a Dir. Gen. Opere Don Bosco - Ro-
ma. - Per cambio d'indirizzo inviare anche l'indirizzo precedente.
Il Magnificat (Le 1,46-55)
è il cantico - di lode, di ringra-
ziamento, di contemplazione -
che Maria innal za a Dio , per
quanto Dio ha fatto in lei e nel
suo popolo, e per quanto co mpi-
mediante Cristo, il Verbo fatto
carne. Lo stesso cantico risuona
ogni giorno ufficiamente nella
preghiera della Chiesa (i Vespri) e
invita ciascuno di noi - sul-
l'esempio di Maria e come esten-
sione della «Eucarestia » (lode di
ringraziamento) celebrata - a
fare della nostra vita un perenne
canto di lode a Dio.
Come la Madonna ha portato
Cristo a Elisabetta e a Giovanni
(Le 1,39-45) , così vuole metterlo
nel cuore di ognuno di noi . Noi
accogliamo Cristo se ci lascia-
mo guidare dalle due frasi di
Maria: «Eccomi, sono la serva
del Signore, avvenga di me
quello che ha detto» (Le 1,38),
cioè l'esempio del la Madonna; e
ancora: «Fate quello che vi di-
Piccolo
GIUSEPPE CROCETTI
catechismo
manano
La Madonna nel dogma
nel culto
e ·nella vita cristiana
EDITRICE
ELLE DI Cl
rà» (Gv 2,5), cioè l'esortazione a
essere docili al suo Divin Figlio .
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