Bollettino_Salesiano_196910


Bollettino_Salesiano_196910



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1.1 Page 1

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BOLLETTINO
Noi non ci fermiamo mal;
vi iJ sempre cosa che Incalza cosa...
Dal momento cht1 noi cl fermassimo,
la nostra Opera comlncerebbt1 a deperire
DON BOSCO
SALESIANO
Spedizione in abbonamento postale - Gruppo 2° (70) - 2• quindicina
EDIZIONE PER I DIRIGENTI
A. XCIII. N. 10-12 • 15 GIUGNO 1969. DIREZIONE GENERALE 10100 TORINO. VIA MARIA AUSILIATRICE, 32. TELEFONO 48.Z9.Z4
SECONDA RIUNIONE PLENARIA DEL CONSIGLIO NAZIONALE
DEI COOPERATORI
GROTTAFERRATA, 25-26 APRILE
ORDINE DEL GIORNO
25 aprile
Costituzione della Commissione incaricata
del « Documento finale».
Valutazione del C.N.C.
a) da parte della Giunta Esecutiva
b) da parte di ogni Consigliere rappresentante.
26 aprile
precedente Riunione di Ariccia (riferisce ogni
Consigliere).
• Proposte per la programmazione del nuovo
anno sociale.
Un'esigenza fondamentale dell'Associazio-
ne: il Delegato.
Discussione del Documento della Commis-
sione.
sul Laicato Missionario e
CONVEGNO ANNUALE DELEGATI ISPETTORIALI
COOPERATORI
VILLASIMIUS (CAGLIARI), 1-4 MAGGIO 1969
ORDINE DEL GIORNO
1° maggio (ore 17)
Relazione del Delegato Nazionale (di-
scussione).
2 maggio
• Prosegue la discussione.
Verifica dell'attuazione degli impegni presi
al Convegno di Caselette (Cooperatori a·ser-
vizio dei giovani).
• Trattazione del tema centrale: «Gli Esèrcizi
Spirituali»: contenuto, finalità, attuazioni (Pa-
dre Antonio Sanna S.1.).
3 maggio
• Gli Esercizi di Orientamento (don A. Fron-
tini).
Il Ritiro mensile dei Cooperatori.
• Programma per il nuovo anno sociale.
«Terra Nuova» (don A. Valastro).
4 maggio (fino alle ore 13)
Conclusione e varie.
Ogni giorno
Concelebrazione. - Lodi e Compieta in co-
25

1.2 Page 2

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SECONDA
RIUNIONE
PLENARIA
DEL
CONSIGLIO
NAZIONALE
clima di grande cordialità ·e di vero interesse per i
nostri problemi. Tutti si sentono compresi del perchè
sono venuti anche da molto lontano, e della maniera
con cui si deve assolvere il compito assunto. Lo spirito
e lo stile salesiani non vengono mai meno durante i
lavori e su questi si fa leva per superare le immancabili
difficoltà e diversità di vedute.
Una nota triste: è assente, perchè deceduta inaspetta-
tamente e in giovane età, la prof.ssa Marisa Romano,
responsabile nella Giunta del settore di Formazione
Spirituale. Il Segretario, aprendo i lavori, commemora
la scomparsa, le cui virtù non comuni dovranno essere
di stimolo e di esempio a ogni Consigliere. La messa
comunitaria del 25 è offerta a suffragio e si provvede a
inviare ai genitori della defunta un messaggio di cordo-
glio a fuma di tutti i presenti.
Obiettivi della riunione
Ormai quasi al termine del biennio di sperimenta-
z1one, si desidera dare ai Superiori, come convenuto,
una «valutazione )) del Consiglio come tale e del suo
lavoro, e nel contempo preparare un documento-proposta
di come sembra dover essere e funzionare in avvenire
il nuovo organismo.
Nell'occasione si vuole anche rendere reale il discorso
sulla corresponsabilità dei laici nella vita dell'Unione.
Due quindi furono i risultati principali dei lavori:
i Consiglieri, divisi in due commissioni, prepararono il
documento sul C.N.C., e una proposta di programma
per il 1969-70, da presentarsi all'esame dei Delegati
Ispettoriali prima e degli Ispettori poi.
Un po' di cronaca
A Grottaferrata (Roma) presso l'Istituto Francescane
Missionarie di Maria, nei giorni 25-26 aprile scorso.
Sono presenti, oltre Don Antonio Marrone, Ispettore
per le Puglie e la Lucania, che rappresenta la Con-
ferenza degli Ispettori d'Italia, il Delegato Nazionale
Don Buttarelli e Don Paolo Temporini di Borgomanero,
ì seguenti Consiglieri Nazionali:
Blasio Dante (Puglia) - Cavallero Augusto (Novara) -
De Martino Giuseppe (Campania) - Denti Oddino,
Volta Angelo (Emilia) - Ja1mino Giuseppe (Liguria) -
Parisella Livia (Lazio) - Pizzarotti Evelino (Veneto
Est) - Ruspa Carlo (Piemonte) - Tarabocchia Antonio
(Veneto Ovest) - Ziino Amedeo (Sicilia ace.le) Coralli
M. Antonietta - D'Agostino Vincenzo - Di Tommaso Sal-
vatore - Gian11a11tonio Giuseppe - Lazzara Agostino -
Montano Erasmo - Tamhurrini Anna.
Sono giornate dense di lavoro nelle quali viene messa
26 a prova la generosità dei partecipanti. Regna però un
Bilancio positivo,
Senza fare retorica, si è nel vero affermando che, oltre
ai due risultati sopra indicati, altri obiettivi sono stati
raggiunti nella riunione plenaria:
si è acquisita maggiore consapevolezza dei propri
compiti;
si è delineata maggiormente la fisionomia del C.N.C.;
è continuata la ricerca per una saldatura o punto
d'incontro tra le due esigenze ambedue irrinunciabili:
Superiore Salesiano e corresponsabilità dei Coopera-
tori_;
• le varie Regioni hanno quasi tutte il loro Rappre-
sentante.
La Riunione Plenaria si è conclusa con questo pro-
gramma estivo :
La Giunta Esecutiva avrebbe curato l'ultima stesura
del "documento" da presentare agli Ispettori; all'atto
della presentazione il Consiglio si sarebbe dichiarato
dimissionario in attesa di future indicazioni. (Si tratta
di un gesto di correttezza nei riguardi dei Superiori,
che saranno così più liberi di decidere o meno una
ulteriore esperimentazione del C.N.C.).

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Il DOCUMENffl SUL CONSIGUO NAZIONALE
Ai Delegati e Consiglieri locali interesserà certamente conoscere il «documento» sul Consiglio Nazionale,
elaborato a Grottaferrata. Lo riportiamo nella stesura che tiene conto anche delle osservazioni dei Delegati
lspettoriali e che attualmente è all'esame dei Consigli ispettorialì. Appunto perchè esso è nella stesura
prowisoria, i Centri faranno bene a leggerlo e a dare gli opportuni suggerimenti, sempre graditi e desiderati
Alcune considerazioni
1 . Circa due anni fa, dietro in-
vito dei superiori, fu istituito il
Consiglio Nazionale dei Coopera-
tori, con carattere di esperimento
e di provvisorietà.
Dovendosi ora presentare ai Superiori
una «prorosta )) concreta per pro-
seguire l esperimento, si desidera
consultare una base piu larga e
qualificata possibile, vale a dire i
Consigli Ispettoriali e locali.
2. Si tengano presenti le finalità
del Consiglio Nazionale. Esse sono
di servizio e di coordinamento, e non
di governo nel senso corrente del
termine. Pensare pertanto a una so-
vrastruttura ingombrante, vuol dire
non aver afferrato bene lo scopo per
cui si desidera istituirlo. Tra l'altro
mentre si porta avanti il discorso
dell'ammissione dei laici nella guida
dell'associazione, sia pure a un li-
vello e nei modi che non ne mutino
sostanzialmente la fisionomia data
da Don Bosco, sarebbe poi un con-
trosenso che i Cooperatori non aves-
sero una loro espressione a carattere
nazionale.
Nella «proposta b viene salvato il
principio che il Superiore dell'asso-
ciazione è sempre il Superiore della
Congregazione, a tutti 1 livelli. Ma
il Superiore stesso può associare a
sè i Cooperatori nella guida dell'as-
sociazione.
Premesse
Motivi che giustificano l'istitu-
zione di un Consiglio Nazionale:
Esigenza ecclesiale (cfr. «Lumen Gen-
tium I) e «Apostolicam Actuositatem »).
Nel clima postconciliare i laici sono
chiamati ad assumere maggiormente
le proprie responsabilità nell'apo-
stolato.
Esigenza salesiana (cfr. Atti ·del XIX
Capitolo Generale). I salesiani hanno
sentito l'esigenza di riunirsi tra
ispettorie affini o della stessa nazione,
per motivi facilmente intuibili. Ana-
logamente la Terza Famiglia.
Esigenza a,ssociativa (unità di indi-
rizzo, unità operativa...).
Finalità e compiti
Approfondimento delle idee e dei
problemi dell'associazione;
Propulsione apostolica;
Legame associativo tra le varie
Regioni;
Scambio di esperienze;
Rappresentanza o <1 disponibilità i> a
livello nazionale presso Ja CI SI,
la Consulta Generale, le Commissioni
CEI e organismi simili;
Apporto alla programmazione an-
nuale;
Organizzazione a carattere nazio-
nale iniziative particolari (cele-
brazioni, convegni e simili...);
Collaborazione agli organi di stam-
pa (le 2 edizioni del Bollettino Sale-
siano).
Cura della Scuola di Formazione.
Membri
Rappresentanti dei Consigli Ispet-
toriali (un elemento per ogni Con-
siglio Ispettoriale)
i Componenti della Giunta esecutiva
il Delegato Nazionale
3 Delegati Ispettoriali (rappresen-
tanti le tre zone d'Italia)
3 Delegate Ispettoriali (idem)
Un Sacerdote Cooperatore del clero
diocesano (Direttore diocesano o par-
rocchiale)
Una rappresentante dell'Istituto
V.D.B.
Nomina
Il rappresentante del Consiglio
Ispettoriale viene nominato dall'Ispet-
tore tra una terna di candidati pro-
posti con elezioni dal Consiglio
stesso.
I membri della Giunta esecutiva
vengono nominati dalla CISI su
proposta del Delegato Nazionale, sen-
tito il parere della giunta per
nuovi membri.
La rappresentante delle V.D.B.
è accreditata dai superiori dell'Isti-
tuto stesso.
I D elegati e le Delegate Ispetto-
riali vengono eletti dal collegio dei
Delegati stessi.
• Il sacerdote (Direttore Diocesano)
dal... (si attendono proposte).
Durata
Il problema sarà studiato a parte,
(si attendono pareri dei Consigli Ispet-
toriali).
Vita e funzionamento
Saranno regolati da un apposito
regolamento. Provvisoriamente si sta-
bilisce quanto segue:
Almeno 2 riunioni plenarie al-
l'anno, in date e con ordine del
giorno concordati all'interno del Con-
siglio.
La Giunta Esecutiva si riunisce
periodicamente su convocazione con-
cordata dal Se~retario del Consiglio,
d'accordo con il Delegato nazionale.
Il Consiglio Nazionale e la Giunta
esecutiva per l'espletamento dei suoi
compiti, potranno avvalersi dell'opera
di rappresentanti delle Federazioni
nazionali Exallievi ed Exallieve sale-
siani, del Consiglio Nazionale Assoc.
Giovanili salesiane, di « Terra Nuova >>
di altre organizzazioni similari e di
altre persone (Cooperatori o no) in
qualità di osse.rvatori e di esperti.
Corollari e Conseguenze
Necessarie
a) Riconoscimento del Nuovo orga-
nismo nella revisione del regolamento.
b) Il Consiglio Nazionale si ~vvarrà
del Bollettino Dirigenti, come del suo
necessario organo di stampa.
c) Reperimento di fondi per la vita
del Consiglio e il funzionamento di
una efficiente segreteria.
27

1.4 Page 4

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D Sono grato a chi mi ha invi-
tato e, in particolaTe, al Rev.mo
don Armando Buttarelli, a cui mi
legano profondi sentimenti di stima
e di gratitudine, nati nello svolgi-
mento del comune lavoro all'interno
della Consulta generale dell'Aposto-
lato dei Laici. Desidero salutare tutti
i presenti e il mio saluto è l'espres-
sione di quello di S. E. Mons. Costa
che, posso assicurarlo con pienezza
di cognizione, segue il lavoro di ogni
Organizzazione aderente alla Con-
sulta con vivo interesse e con il ram-
marico di non poter essere ovunque
a testimoniare il suo rispetto per i
doni di grazia e di generosità che
fioriscono nelle varie associazioni.
Da un po' di tempo stiamo facendo
un lavoro d'assieme che ci sembra
opportuno e fecondo; gradite il mio
saluto iniziale come un ulteriore
invito a continuare nell'appassio-
nato servizio con cui ciascuno cerca
di essere attento ai problemi e alle
speranze dei fratelli, « sopportando
vicendevolmente i pesi gli uni degli
altri, con amore » (Efesini, 4, 2).
fJ Il tema a me affidato: <( respon-
sabilità e responsabilizzazione dei
laici nella Chiesa, oggi » trova ]a
sua natura1e cornice, anzi, la sua
sorgente nelJa 'riscoperta' del mi-
stero della Chiesa, avvenuta negli
ultimi anni solto la spinta conciliare.
Il passaggio graduale da una visione
giuridica-esteriore-visibile di Chiesa
ad una visione soprannatu1ale-inte-
riore-mistica, mediante i fecondis-
simi concetti di Chiesa Corpo Mi-
stico di Cristo, Popolo di Dio e
Sacramento di salvezza, ha avuto
una ripercussione notevole sulla ri-
flessione che riguarda i laici.
RESPONSABIUTA' E
RESPONSABIUZZAZIONE
DEI LAICI
NELLA CHIESA.
OGGI
Conferenza di MONS. PINO SCABINI,
delegato per la Consulta generale
dell'Apostolato dei Laici, alla Riunione Plenaria
del Consiglio Nazionale dei Cooperatori
Ariccia 29-12-1969
El Il punto di partenza è la Chiesa- mento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano»
comunione. « La ragione più alta (Lumen geruium, 1).
dell'attività dell'uomo consiste nella Senza la Chiesa, la vocazione alla comunione 11.schia di rimanere un
sua vocazione alla comunione con desiderio struggente senza compimento. Una delle verità più feconde
Dio» (Gaudium et spes, 19). Si è proposte dal Vaticano II a chi sa credere e comprendere è appunto
veramente uomini - questa la t ra- la necessità e la bellezza di vivere in una Chiesa di comunione e di vivere
duzione che io farei del testo conci- la comunio,ie nella Chiesa.
liare -, ei fa un'esperienza piena Di qui sgorgherà il vero rinnovamento, su questa linea si svilupperà
di vita umana, si è degni di ahitare la « nuova psicologia della Chiesa », in gruia della quale sacerdoti e laici
la terra nella misura in cui si è ca- insieme costruiranno il nuovo edificio, secondo Cristo Nostro Signore
paci di entrare nella 'comunione', (Paolo VI, 18 novembre 1965).
che è il rapporto interno con Dio e
con tutti i fratelli del mondo.
Il Nella prospettiva di una ecclesiologia di comunione, occorre
Chi porta alla concretezza questa prendere coscienza, come dato fondamentale, che ]a Chiesa, prima di
stupenda vocazione dell'uomo è la essere una istituzione, - vorrei dire con forza che la Chiesa è un'istitu-
28 Chiesa, « sacramento o segno e stru- zione visibile, concreta, organica; quando lo si dimentica, si fantastica

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di una Chiesa angelica che non vive comunità dei credenti in Cristo. Si sponsabilità; nella misura in cui
sulla terra e che non troveremo mai tratta dei carismi o grazie speciali ciascuno si sforza di essere cio che
sul nostro cammino - è una comu• che vengono date ai fedeli di ogni Dio vuole da lui, il Corpo (che è la
nità di uomiru che il Padre conti• ordine, perchè si rendano utili e Chiesa) si arricchisce e si manifesta
nuamente visita per mezzo del Figlio adatti alle necessità della Chiesa, al in una feconda varietà di frutti.
suo, sceso in mezzo a loro perché s uo rinnovamento o maggiore espan• Alla comunità ecclesiale applicherei
« abbiano la vita» (Giovanni, 6, 47) sione (Lumen gentiisni, 12).
volentieri la definizione che E. Mon•
e, come lui, « facciano la volontà In virtù dei sacramenti e dei ca- nier dà della comunità umana: « per•
del Padre» (Giovanni, 6, 38).
rismi - con una espressione sinte• sona di persone ».
Tutto ciò avviene per opera dello Lica si chiamano ministeri, in quanto Conseguenze immediate sono: l'ac•
Spirito Santo, il cuore, l'anima, dai sacramenti e dai carismi nasce cettazione dei vari ministeri e cari-
l'agente segreto, il protagonista della la capacità di svolgere uffici o servizi smi che ci sono nella Chiesa, il ri-
t vita ecclesiale. lo Spirito Santo nella Chiesa - si costruisce ogni spetto del loro ambito e spazio, la
che fa vivere la Chiesa e la nutre giorno il Corpo di Cristo, un popolo coilaborazione reciproca perchè ognu-
in nome del Padre e per m ezzo del sacerdotale che vive nell'attesa e no possa essere quello che deve essere.
Figlio. In questo modo: il Cristo ha nella proposta della salvezza del L'esempli6cazione dei rapporti tra
inviato lo Spirito e, allora, dove mondo intero (1 Pietro, 2, 9-10).
Gerarchia e gli altri fedeli ci porte-
Egli soffre e geme, si raduna una Legge operante della comunione rebbe nel cuore di uno dei problemi
comunità di uomini che, rigenerali ecclesiale è la carità, significata e oggi più sentiti e sofferti. Un ordi•
dall'alto, esprimono e vivono quella prodotta dall'unitd, che non è - nato rapporto sarà sostenuto dal
comunità di vita d'amore che è il vale la pena di dirlo subito - uni· senso della corresponsabilità, che
dono dello stesso Spirito. Essi entra- formità o conformismo, bensl è ali- permette ili superare la passività dei
no in comunione con Cristo, sono i mentata da un'attività pluralistica, fedeli e l'aulorilarismo dei superiori,
convocati da Lui, messi in ascolto articolata c differenziata.
sostituendoli con l'obbedienza e il
della sua Parola, resi testimoni della La vita dei membri della Cb.iesa servi::io autorevole.
sua fede e nutriti della sua stessa
vita, per:chè vivi6cati dalla carità
con cui egli stesso li ba amati e li
ama. Li segna con il battesimo
ohe stampa nei loro cuori l'imma-
gine sua, per cui egli riconosce in
loro il proprio volto, per offrirli al
Padre che ritrova in essi il Figli<'
suo e li accetta come suoi credi
legittimi.
Il vincolo che li dispone gli uni
agli altri è lo stesso Spirito Santo;
non vincolo di carne o di sangue,
ma il sigillo della santa Trinità. Per
questo i credenti sono una 'coinon.ia',
una comunione, un'aasemblea del-
l'amore e nell'amore (G. Pàttaro,
i.u « Ut unum sint », 15, 1968).
Condotti ed animati dallo Spirilo
Santo, i Cristian.i costituiscono e
costruiscono la Chiesa, che è un
popolo adunato nella unità del Pa-
dre, del Figlio e dello Spirito Santo
(S. Cipriano). Dove c'è la Chiesa,
ivi è lo Spirito Santo di Dio; e dove
c'è lo Spirito Santo ivi è la Chiesa
e tutta la grazia, ossia l'amore di
Dio (S. freneo).
è segnata e misurata dall'amore v'erso
Dio e tra i fratelli; ma non è amore
se non produce e non è alimentato
dall'unione di lutti nella fede, nella
speranza e nel reciproco servizio.
Il Questi sobri accenni consentono
di mettere in luce alcuni atteggia•
menti che devono accompagnare
l'esperienza ecclesiale di ciascuno
di noi.
a) Essere nella Chiesa vuol dire
sentirsi unili nello stesso Spirito e
nella stessa fede, pur nella varietà
delle situazioni e delle scelte spesso
drammatiche del comportamento.
Tale unità va continuamente riccr•
cata con pratica e pazienza da parte
dj tutti, mediante l'assunzione dei
mezzi indispensabili che sono la
preghiera e il dialogo.
Ogni giorno, si può dire, aJ cri-
stiano sono posti dilemmi entro cui
dovrà scegliere: o creare- l'unione o
la disunione. Non c'è dohhio che la
scelta unica e possibile è la prima.
Un regno in diviso è una desola-
zione (Mat., 12, 25).
e) Occorre un'autentica 'conver•
sione' per assumere, oggi, una men-
talità di comunione. Non bastano
pochi e sa1lerficiali ritocchi, ma bi•
sogna convertire, trasformare cioè
e cambiare le menti, i cuori e i com•
portamenti.
Accenno di sfuggita ad alcuni
impegni che ritengo urgenti.
Conversione di mentalità, mediante
una vera ricerca teologica impron•
tata a n11ove linee di metodo e me•
diante il superamento d'una men-
talità polemica, facile ai giudi~i,
trionfalista e razzista, giuridicista.
Con.versione dei cuori, abbraccian•
do la santità come unica, vera e
completa esperienza umana; si dovrà
avere la coscienza che noi avanziamo
nella 'provvisorietà': una mentalità
ancorata sul 'definitivo' è creatrice
di isolamento, d'indurimento, d'im•
mohilismo e di contemplazione di
se stessi, che è il contrario della
'povertà' evangelica.
Rinnovame,ito di strutture, anche
recentissime, se sono nate all'inse-
I l b) La comunione rifugge dall'uni• gna della rigidità, del definitivo e
Lo Spirito Santo è dinamismo formità ed implica, al contrario, la del 'classismo'. Mi riferisco a certi
sempre operante, è potenza, è atti• varietà. Perchè non diventi un livel- consigli pastorali e a certe esperienze
vità perenne. Egli abbellisce di con- lamento, la comunione esige che di 'gruppi' più polemici che validi;
tinuo la Chiesa dei suoi frutti (Efe• ognuno dei membri della Ghiesa, o penso anche alle associazioni tradi-
sini, 4, 11-12), la guida e l'istruisce degli appartenenli ai vari 'ordini', zionali dove, s pesso, si esercita il
con una varietà di doni che si aggiun• si personalizzi al massimo con ciò culto del passato, senza essere altenli
gono ai sacramenti, essi pure dono che gli è proprio ed originaJe. La alla voce di Dio che chiama oggi
d ello Spirito p er l'edi6cazione della comunione dunque nasce dalla re• (Salmo 941).
29

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La verità è che non esistono strut• 'pastorale', cioè ad edificare la Chiesa congegnata, coglierulonc invece qual·
ture definitiYe, perchè esse sono nel suo interno perchè possa essere che aspetto che maggiormente c'in·
strumenti legati per ciò stesso alla segno di salvezza per il mondo; l'at• teressa.
legge dell'adattamento.
D Dove concretamente è possibile
vivere la comunione ecclesiale? Il
luogo privilegiato è la Chiesa par·
ticolare e 1ocale.
Le chiese locali - la diocesi e la
parrocchia, per intenderci - attua•
lizzano e rivelano, a livello concreto,
J'unica Chiesa di Cristo e l'unico
mistero di sah-ezza. La CJ1iesa uni-
versale è frutto della comunione di
verità e cli carità che si realizza in
= determinati Luoghi ( chiese locali):
ivi si manifesta La pienezza dell'a•
more di Dio che ci Rah a ed jvi si
realizza la Chiesa nella 11ua essenza.
Per questo, i testi conciliari ilicono
che la Clùcsa locale è una porzione
del Popolo di Dio (Lume,, gentium,
11) ed es1>ressione della Chjesa uni-
versale (Ad gentes). In parole assai
semplici, l'es perienza vcra e piena
della Chiesa si fa nella diocesi, e
nella continuazione della ilioccsi,
che è la parrocchia.
I brevi richiami dottrinali con•
sentono di mettere in rilievo che la
diocesi e Ja parrocc}ùa vanno viste
come nel loro duplice dinamismo di
uniorie (intorno alla Parola e al-
l'Eucaristia, in un rapporto inter-
personale con Dio e con i fratelli) e
di missione (l'invio a portare la sal-
vezza agli uomini).
Ona vera comunità cristiana si
co;.truh,ce e si esprime quando si
raduna rwl nome di Cristo e comu·
nica ai fratelli il dono di salvezza
che ha ricevuto. A questo scopo,
essa concentra, mobilita e dispiega
tutti i ministeri dei suoi membri,
ministeri gerarchici o no. istituzionali
tività pastorale tutti coinvoJge e di
lutti ha bisogno, purchè chi agisce
lo faccia in intima unione di spirito
con Cristo e con tutti i fratelli, per
il bene ili tutta la comunità cristiana.
È subito evidente cl1e la sorgente
e la condizione dell'attività posto•
raie è la santità, il camminare cioè
secondo lo Spirito Santo, nell'adem-
pimento delJa vocazione a cui Dio
chiama mediante il Battesimo, fa.
cendo attenzione ai particolari doni
che lo Spirito stesso distribuisce.
In questa prospettiva, acquista
senso e valore la verità che l'azione
pastorale conviene. in senso pieno,
al Vescovo e, in dh·ersa misura. a
chi lo fa presente nella parrocch.ia
o in altri luoghi; mediante CllSU, il
Vescovo suscita, guida e coordina
le energie apostoliche dei fedeli. A
questi spett.a propriamente la col-
laborazione pastorale, servendo ed
integrando l'azione del Pastore. Oc-
cupare ciascuno il propY:io posto,
senza complessi nè iattanze, è sag•
gezza e condizione di fecondità.
La pastorale di per non esau-
risce tutta la vita della Chiesa. Al
di là di essa, come suo fine connatu•
rale, si pone la missione. cioè il ren·
dere partecipi concretamente tutti
gli uomini della salvezza operata da
Cristo redentore. Anche alla mis-
sione sono cruamati tutti i membri
della Chiesa, naturalmente in modi
diversi; l'impegno missionario si è
soliti chiamarlo 'apostolato'. Se i
doni sono diversi, diversi saranno
anche i modi di fare apostolato;
ma la -verità di fondo rimane ancora
que1la già accennata: tutti i fedeli
sono costruttori della Chiesa.
IJ Il laico è un membro a pieno
titolo della Chiesa. La riflessione sui
documrnti conciliari porta a consi•
derare come primaria la nota eccle•
siale della 'totalità'. Ad una fase
storica nella quale si tendeva a co-
gliere la Chiesa principalmente e,
per alcuni, anche esclusivamente,
come gerarchia, ne subentra un'altra
in cui la Chiesa è concepita come
comunità di fedeli in Cristo.
I laici, grazie al batlesimo, sono
dei veri fedeli, quindi dei membri
che a pieno titolo sono nella Chiesa.
Essi stessi anzi sono la Chiesa. La
realtà profonda deJ suo essere cri-
stiano porta il laico a porsi in rela-
zione con tutti gli altri membri della
Chiesa, rivolto e l egato ad ess.i da
vincoli comuni che ne fanno un
Popolo la cui legge fondamentale
è la comune ed uguale dignità ili
figli di Dio (L. G., 32).
Annotiamo brevemente che la
coscienza di essere Chiesa conduce
i laici a cerrare anzitullo ciò che è
loro comune con i sacerdoti e i reli•
giosi, con l'acquisizione di uno stile
di fralernità e di mutuo 1>ervizio che
è alla base ili un autentico rinnova•
mento delle comunità ecclesiali.
Ancora: emerge la dimensione
ecclesiale dell'esser laico. Cioè il laico
incarna a suo mooo la realtà della
Chiesa e di essa è immagine viva;
senza i la ici non solo l'azione pasto-
rale è incompleta, ma la Chiesa stessa
non manifesta appieno il suo volto.
11:J Il laico è uri membro corre-
sponsabile della Chiesa. La comune
dignità di figli di Dio non ostacola
O o carismatici cioè legati alle persone
o all'istituzione, universali e loca.li.
la varietà di doni e di compiti che
Siamo in grado, a questo punto, tocca ai fedeli nella Chiesa. Varietà
L'ese.rcizio annonico di questi mi- di parlare meglio dei làioi, cioè di dice anc)10 distinzione, ma non fon-
nisteri in ordine alla missione di delineare la fisionomia, i compiti, le damentale diversità, perchè la mis-
salvezza della Chiesa si dice 'pasto• esigenze e gli impegni dei laici nella sione da compiere è unica (A.A., 2).
raie'. Diciamo armonico nel senso Chiesa.
Il pluralismo dei doni è una rie•
che la pastorale esige il riconosci• La dottrina conciliare, specie quella chezza che abbellisce la Chiesa, per•
mento dei singoli doni e la mobilita- racchiusa nella costituzione « Lu- chè trovi la sua convergenza nella
zione di essi, in convergente dina- men gentium » e nel decreto « Apo• carità, cioè nel servizio a Dio e aj
mismo, intorno ai sacri Pastori, i stolicam actuositatem », si pone in- fratelli fatto con amore.
quali sono posti nella comunità dubbiamente come un punto sicuro Unità e varietà nella pratica si
come segno d'unità e come « pre• di riferimento ma anche come fonte compongono in armonia quando
sidenti della carità », coloro cioè di riflessione, punto d'arrivo ed ciascuno dei membri passa dalla
che animano e dirigono con auto• insieme punto di partenza.
coscienza della responsabilità, ili
revolezza la comunità stessa. Tutti Ad essa rimandiamo naturalmente membri aduJti cioè e cristianamente
30 i fedeli sono dunque chiamati a fare per una esposizione vasta e ben maturi, a quella della corr11sponsa·

1.7 Page 7

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bilit<ì. Si è veri cristiani se si sa stare realtò parla spesso un altro linguag- fervore e alla ripresa dei gruppi che,
insieme con i fratelli e non solamente gio. Non sono pochi i laici distratti, come piccole comunità animate dalla
ncc<mto, secondo una nota, espres- indifferenti ai loro compiti, passivi carità, in ru;posta a particolari doni
sione di Gahriel Marcel. La corre- nello Chiesa, come se tutto dipen- dello Spirito Santo, diventano luoghi
i;ponsahilità si traduce in pratica desse da altri.
privilegiati di apo~tolato.
nel superamento del particolarismo Il compito di costruire la Chiesa e Occorre tuttavia accettare il ri-
e dell'adozione della collaborazione di edificare una comunità piena- chiamo a verificare ~e nelle associa-
come metodo cli lavoro.
mente umana - compito apparen- zioni tutto sia autentico. L'immo-
IJ TI laico è colui che sceglie di
i11serirsi nel mondo. L'indole seco-
lare è propria e peculiare dei laici.
l\\ledfonte il loro stato dj inserimento
nel mondo, i laici il1umina110 ed ordi-
nano le istitllzioni e le cose tempo-
rali in modo che siano sempre più
secondo il piano di Dio (Lumen
ge11tit&m, 31).
Si tratta di W\\a nota specifica e
positiva dei laici, nei confronti dei
sacerdoti e dei religiosi, che comporta
una formazione profonda per un uso
cristiano delle realtà terrestri; non
basta superare una mentalità che
vede nel mondo il male, ma occorre
possederne w1a mediante la quale
la serenità di fronte alle cose s'ac-
compagni al buon uso e alla pru-
denza.
Tutto questo sarà aiutato da una
scelta libera e piena d 'amore ch e i
laici rinnoveranno ogni giorno. In
altre parole, vorremmo sottolineare
che l'inserimento nel mondo non è
una condizione di triste fatalità,
nè un puro dato ijtorico; al contrario
è la rispo3La alla vocazione con cui
Dio chiama 1a maggioranza dei m em-
bri della Chiesa a cercare il regno
di Dio trattando le cose temporali.
Alla chiamata del Signore si risponde
con la vita impegnata nei propri
uffici, in spirito di serviz.io e di do-
nazione.
U lavoro quotidiano, nella sua
più larga accezione di qualsiasi atti-
vità pastorale, diventa - quando
ò svolto come risposta ad una voca-
zione - un vero culto sacerdotale,
un annuncio della Parola di Dio,
un servizio di carità ai fratelli e un.a
partecipazione alla signoria creatrice
di Dio. Un modo tipico, cioè, di
esercitare i compiti sacerdotali, pro-
fetici e regali da Cristo comunicati
alla sua Chiesa: muovere le mani
per il lavoro è anche congiungerle
in adorazione e preghiera.
temente duplice ma complementare
l'uno all'altro - è certamente fati-
coso anche per coloro che con umiltà
e pazienza ripetono a Dio il .loro 11ì
quotidiano. Esso diventa più age-
vole med.iante la reciproca atten-
zione che tutti i membri della C1tiesa
si pongono, aiutandosi e confortan-
dosi nella comunione.
Non sapremmo pensare ad una
comunità cristiana che nel caso in
cui laici e sacerdoti lavorino insieme
nella catechesi, nella litu.rgia, nel
creare una comunità di persone che
ubbidiscono alle leggi dell'unità e
della carità. In parrocchia come nei
gruppi, nelle famiglie ed in altre
istituzioni, non c'è separazione ma
solo distinzione dei compiti. La
grande prnposta che la Chiesa fa a
tutti i suoi membri è la comuiiione
fraterna, intesa come il modello e
la grazia che lo Spirito offre a chi
ha desiderio verace di salvezza.
IEJ La reciproca attenzione e La
comunione non si esaw:iscono nei
rapporti fraterni tra sacerdoti o laici.
Anche fra laici e laici la carità vicen-
devole è un impegno imprescindi-
bile; a suscitarla, a favorirla, ad
esprimerla giovano molto le associa-
zioni e i piccoli gruppi.
Che nella Chiesa alcuni fed eli vi-
vano la loro vocazione riunendosi
in gruppi è legillimo e raccomanda-
bile (Apostolicam actttositatem, 18).
Mediante i gruppi, si raggiungono
meglio i fini propri della vita cri-
s tia1ia e si mostra aJ mondo, come
un segno, la comunione e l'u.nità
della Chiesa in Cristo che disse:
« Dove sono due o tre riuniti nel
mio nome, io sono in mezzo a loro»
(Matteo, 18, 20).
Sappiamo tutti che non c'è molta
simpatia, oggi, per le associazioni;
i.i nota anzi una crescente indiffe-
renza e persino una palese oi;tilità
verso forme che hanno alle spallo
bilismo, la cl1insura in se stessi, la
pigrizia, la mancanza cli inventive
creatrici sono facili tentazioni. Se
la Chiet-a si rinnova sempre, anche
le associazioni devono rinnovari,i
con coraggio. Non si tratta solo di
ringiovanire o di svecchiare metodi
e mezzi, ma di essere fedeli ascolta-
tori della volontà di Dio espressa
nella sua Chiesa.
mMi sia consenLiLo, prima di
fin:irc, di indicare alcune prospettive
del rinno\\'amento che riguarda tutte
le associazioni aggregate alla Con•
sulta generale dell'Apostolato dei
Laici.
A mio parere, occorre rispondere
seriamente ad alcuni interrogativi:
quale posto occupa la nolilra associa-
zione nella Chiesa? Quali sono i fini
che per11egue? I mezzi e i metodi che
usiamo so110 nella linea di una eccle-
siologia di comunione? Quali sono
i rapporti clero-laici nel nostro in-
terno: c'è distinzione di compiti?
C'è assunzione di responsabilità a
tutti i livelli? C'è convergenza nella
carità?
Ci sono poi problemi che sem-
brano prioritari di fronte ad altri:
quelli della famiglia, dei giovai;ii,
della scuola. Più in particolare:
1) bisogna aiutare i nostri fratelli
a prendere coscienza della vocazione
sacramentale del matrimonio, me-
diante un'adeguata preparazione al
matrimonio stesso e una migliore
attenzione alle giovani famiglie;
2) i giovani si aiutano con la pro-
posta di valori autentici, evangelici
(povertà, castità, amore del prossi-
mo), fatta da una comunità che in
questi valori crede;
3) la scuola ha bisogno d'un sup-
plemento d'aninia, dandole, insieme
alle riforme, la dignità di mis~ione.
So che i CÒoperatori salesiani sono
impegnati, non da oggi, in questi
lfJ una ricca esperienza positiva. Vor- settori. A voi, con la gratitudine di
La vocazione laicale apre oriz- r enuno pensare clic una migliore noi tutti, l'augurio di essere gli am-
zonti sconfinati ed offre motivi di riflessione sui grandi motivi deJJa basciatori di una nuova fioritura
conforto senza pari. Purtroppo la "Vita ecclesiale induca ad un nuovo di bene.
31

1.8 Page 8

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UN PO' DI CRONACA
La Sardegna è terra, più che altre, salesiana. Ne hanno
avuto buona conferma i Delegati lspettoriali che l'hanno
scelta per il loro annuale incontro, che si è svolto nella
casa << S tella Maris » di. Villasimius (Cagliari), nei giorni
r-4 maggio scorso. La scelta della Regione è stata ben
motivata: Salesiani, F.M.A. e Cooperatori dell'Isola si
sentono sempre felici quando la loro terra è richiesta
come sede di convegni, e la considerazione nella quale essa·
"'iene tenuta a giusto titolo, è riconoscimento del grande
lavoro da essi svolto e incoraggiamento a fare sempre di
più. Il grande clima di cordialità e ospitalità nel quale
i Delegati trascorsero i giorni di permanenza nell'Isola, i
tratti di cortesia usati dai Direttori e dalle Co11mnità
Salesiane della Regione, furono un'espressione di questa
gioia.
PARTECIPARONO
Don Luigi Fiora, Direttore Generale dei Cooperatori,
(presiedette il Convegno e recò il saluto del Rettor Mag-
giore); Don Antonio Marrone, Ispettore e Presidente
della Commissione CISI per i Cooperatori; il Delegato
Nazionale Don Buttarelli; il Direttore del Bollettino
Don Pietro Zerbino; e i Delegati Ispettoriali:
Don Giuseppe Bassi
(Toscana)
Don Carlo Boffa
(Piemonte - Subalpina}
Don Antonio Broggiato (Campania)
Don Giovanni Busato
(Veneta• S. Zeno)
Don Pietro Ceresa
(Emilia)
Don Mario Cogliandro (Sicilia Occid.)
Don Antonio Dal Maso (Veneta• S. Marco)
Don Antonino Fallica
(Sicilia Orient.)
Don Giuseppe Ferri
(Adriatica)
Don Armando Fonseca (Pugliese)
Don Domenico Gasparini (Piemonte - Centrale)
Don Giovanni Giusto
(Liguria)
Don Emilio Maxia
(Sardegna)
Don Tarcisio Strappazzon (Lombardia)
Don Stelvio Tonnini
(Lazio)
Presente anche il sig. Arnaldo Montecchio, capo
dell'Ufficio Amministrativo del Bollettino.
TEMI VIVI E A'ITUALI
Il tema centrale di studio è stato: l'Incontro con Dio
negli esercizi e nel ritiro mensile. L'esigenza di qualificare
sempre meglio i Cooperatori e non deluderli nelle loro
attese formative, aveva consigliato questo tema, che verrà
calato nella realtà fin dalla prossima << stagione 1> dì eser-
cizi. I Delegati presero l'impegno di rendere maggior-
mente <<esercizi» i numerosi corsi che ogni anno si svolgono,
e di dare al ritiro mensile il vero contenuto richiesto da
questa pratica.
La relazione del Delegato Nazionale e soprattutto al
32 susseguente discussione fatta punto per punto, diedero
l'occasione per uno scambio di idee, sentito e talora vi-
vace, sui problemi dell'Associazione (formazione, nuovi
Cooperatori, responsabilizzazione, cura della gioventù).
I delegati diedero suggerimenti per una proposta-docu-
mento riguardante la costituzione del Consiglio Nazionale
ed esaminarono la proposta del programma per l'anno
sociale 69-70, formulata dal Consiglio Nazionale stesso.
L 'attenzione dei presenti sul Volontariato sociale e
sul Laicato missionario fu occasionata dalla presenta-
zione del movimento << Terra Nuova>> fatta dal responsa-
bile Don Valastro.
PAUSE GRADITE
Non poteva mmicare il contatto diretto con i Coopera-
tori che erano, in ultima analisi, l'oggetto principale del
Convegno. Una qualificata rappresentanza, formata da
Consiglieri Ispettoriali e da Cooperatori dei centri
viciniori dell'Isola visitarono i Delegati a Villasimius,
intrattenendosi cordialmente C()11 loro. Il Dott. Raf-
faele Caboi si rese interprete del gruppo, esprimendo viva
soddisfazione perchè era stata prescelta la Sardegna a
sede del Convegno, e soprattutto per l'interessamento che
i Delegati prendono per la Terza Famiglia Salesiana.
«Come salesiani - ha detto - ci sentiam-0 ricchi della
eredità di spiritualità e di ummiità di Don Bosco, che' è
quanto mai attuale e vitale per il rinnavamento della
Chiesa e del mondo. Come laici siamo orgogliosi che La
nostra Congregazione sia impegnata in un profond.o
riesame di tutta la sua struttura, in un rinnovamento e
aggiornamento di metodi educativi e apostolici. Siamo
orgogliosi perché i Cooperatori, i laici salesiani, insieme
con gli Exallievi, sono inseriti in questa impresa di rinno-
vamento comune. Il nostro scopo è di rendere, nel contesto
della nostra Regione, il mo1uk, sempre più salesiano,
perchè siamo fermamente convinti che ciò significa ren-
derlo verame11te cristiano>>.
li 25° cli Messa di Don Tarcisio Strappazzon, Delegato
per la Lombardia, fu ricordato con particolare solennità.
La circostanza diede l'occasione di riflettere sulla figura
morale di colui che, per delega del legittimo Superwre, è
la guida morale e responsabile dei Cooperatori di una
regione.
COMUNITÀ DI PREGlilERA
L'ambiente in cui è collocata la casa« Stella Maris >},
con la sua affascinante costa a scogliera e il placido mare,
invitava già di per sè alla meditazione e alla preghiera.
Ma il Convegno ebbe una carica spirituale negli in-
contri comunitari delle concelebrazioni mattutine, con le
omelie di don Fiora e don Marrone, e della recita del
divi110 ufficio. E presenti nelle intenzioni delle preghiere
furono tutti i Delegati e le Delegate, i Cooperatori, le
Cooperatrici. Così i Delegati Ispettoriali assolsero anche a
questo loro 1wn ultimo dovere: pregare per chi più diret-
tamente opera nell'apostolato salesiano.

1.9 Page 9

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UNO SGUARDO ALL'ASSOCIAZIONE
ALLA LUCE DI UN
NUOVO ANNO DI LAVORO
Relazione del Delegato Nazionale sulla situazione nazionale
Ci ritroviamo a un anno cli distanza
dal Convegno di Caselette,
a) pe.r fare un bilancio sulla situa-
zione dell'Associazione;
b) per approfondire alcune idee-
madri (la formazione attraverso gli
Esercizi e i Ritiri);
e) per portare avanti il discorso
avviato nel recente passato (ringio-
vanimento e cura della gioventù);
d) per una programmazione del-
1'anno sociale prossimo.
La presente relazione ha lo scopo
di dare un aiuto a svolgere ìl primo
punto, ma essa dovrà essere integrata
(come è detto nell'ordine del giorno)
«dall'apporto responsabile di ogni De-
legato, alla luce dei lavori svolti nei
recenti Capitoli Ispettoriali •- È infarti
il Delegato Ispettoriale che - meglio
di ogni altro - conosce la realtà
Cooperatoci*·
Alcune domande e tentativi
di risposta
A) Qual è oggi la situazione e
L'andamento <lella ,wstra Associa-
zione? Dopo un ulteriore amw di
lavoro alcuni vroblmni sono stnti
1·isolti o avviati a soltu:ione? Quali
le prospetti"ve per il ftituro?
Premesso che non è facile per nessuno
di noi dare una risposta se non in senso
relativo e alquanto soggettivo, alla luce
delle relazioni di alcuni Delegati (di-
spongo solo di I o relazioni su
19 Consigli Ispettoriali), alla luce
del lavoro svolto dal Consiglio :--Ja-
zionale, di alcune relazioni sulla parte
avuta dai Cooperatori nei recenti
Capitoli Ispettoriali, e infine dei non
pochi contatti (verbali, epistolari e di
convegni) avuti dal sonoscritto con
voi e con vari Cooperatori, si possono
fare alcune constatazioni che costi-
tuiscono la pagina attiva nel bilancio
della Terza Famiglia.
Maggiore penetrazione delle idee
madri sul Cooperatore (chi deve es-
sere - dove si colloca in seno alla
più grande Famiglia Salesiana e nel-
l'arco degli altri organismi di aposto-
lato dei laici), sia tra i giovani co,ifra-
lelli (Salesiani e F.M.A.), sia tra i
Cooperatori stessi. Penetrazione lenta
ma, sembra, continua.
Migliore qualificazione dei nuovi
iscritti, che sembrano entrare nel-
1'Associazione meglio preparati, con
più consapevolezza delle proprie re-
sponsabilità.
(Il modesto numero di 697 nuovi
Cooperatori del recente periodo ot-
tobre-aprile, ancora ridotto .rispetto a
quello, pure modesto, dello stesso
periodo dell'anno scorso, può essere
indice di una maggiore· serietà e
maturità (sempre però che non si
finisca per trascurare la cura delle
nuove vocazioni per l'Associazione.
Potrebbe infatti essere considerato
preoccupante iJ fenomeno di qualche
Regione che nei sette ultimi mesi
non registra alcuna nuova iscrizione).
Segno evidente di questa graduale
qualificazione è lo slancio apostolico
che mostrano i Centri di fondazione
più recente e i Gruppi giovanili.
(Ora che il Laicato Missionario ha
ottenuto ufficialmente il diritto di
cittadinanza tra noi, e un nuovo
orizzonte si è aperto, dovremo pure
utilizzare questa nuova possibilità).
• Il senso di responsabilità e la
chiamata alla corresponsabilità dei
laici nei Centri e nei Consigli [spet-
toriali, pare si faccia strada, sia pure
tra la difficoltà, comprensibile ma
grave, della mentalità dei Delegati
abituati ad essere più organizzatori
che formatori di coscienze.
A ciò ha giovato non poco l'invito
del Superiore a collaborare alla buona
riuscita del Capitolo Generale Sec-
ciale. Ma su questo episodio, stonco
per la vita dell'Associazione, non si
hanno ancora elementi molto concreti
e relazioni complete.
• Il richiamo ai Cooperatori perchè
non trascurassero quello che deve es-
sere il loro congeniale servizio aposto-
lico - la cristiana educazione della
gioventù - sembra aver avuto una
eco che va sottolineata. Faccio mie
le parole che riprendo dalla relazione
di un Delegato fspettoriale:
«Questo problema, come fine e
base di ogni apostolato salesiano, è
stato maggiormente focalizzato ai
nostri Cooperatori, che dimostrano
di ammetterlo e riconoscerlo in pieno•
( Relaz. Subalpi110).
Il lavoro più urgente che va sotto
il termine di ringiovanimento, si
sta svolgendo un po' in tutte le
Regioni, se si dà alla parola il senso
più ampio; mentre nel senso di cura
e creazione di Gruppi o Centri
giovanili, credo che manchino ancora
all'appello, per motivi non attribui-
bili certamente a cattiva volontà,
almeno 5 Rc~ioni.
Gli incontri regionali di quest'anno
(Pacognano-Napoli-Torino-Roma) e
le varie iniziative apostoliche o di 33

1.10 Page 10

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Villasimius (Cagliari) I De legati l spettoria li dei Cooperat o ri d 'Italia
co n la rappresentativa dei Cooperatori della Sar degna
approfondimento di idee program-
mate e già attuate, incoraggiano con
il loro risultato a proseguire. I due
prossimi incontri comunitari (o campi
di lavoro estivi) offriranno ai giovani
un'occasione per conoscersi e inco-
raggiarsi, con evidente arricchimento
spirituale.
Vi sono a questo p roposito buone
prospettive. Occorrerà però evitare
il pericolo di formare gruppi aposto-
lici amorfi e neutri, di per sè buoni,
ma non formati salesianamente. Noi
abbiamo bisogno di Cooperatori gio-
vani, cioè di giovani che siano, e si
sentano di essere, veri cooperatori.
Anche la Scuola di F ormazione,
che si avvia al termine del secondo
anno di vita, può considerarsi nel-
l'attivo del!'Associazione. Dopo questo
biennio faremo fare da persone esperte
una 'valutazione' della Scuola, in
modo che essa possa essere riproposta
- con i miglioramenti suggeriti dal-
l'esperienza - a tutti i Centri, con
maggiore insistenza.
Circa l'Organo di collegamento
e ·coordinamento, che è stato isti-
tuito in fase sperimentale, vale a dire
il Consiglio Nazionale, si può dire
che è una piccola conquista. Non
è una struttura in~ombraote, bensl
l'espressione dei laici Cooperatori a
livello nazionale, che assolve, allo
stesso livello, a compiti propri dei
laici, e che può affiancare valida-
mente questo nostro 'collegio'. (Sarà
chiesto, durante questo incontro, il
34 vostro giudizio al riguardo).
B) P eT esse t·e com.p leto e obbie_t-
ti:vo 11ella -t·elazion e, de bbo anc1ie
acce,mare alle carenze e/te si 1·i-
scontr ano, cosi co1ne iu t utti gli
01·ganistni associaUvi, anche nelfci
;10stt'a A ssociazione.
Senza attardarci molto su di esse,
credo che basti appena accennarle.
Cose note che debbono essere ricor-
date, almeno per tentare di superarle
con costanza fiducia e ottimismo.
È fuori discussione che perdura
ancora e si fa sentire non poco quella
situazione di pesantezza e di stan-
chezza che da anni andiamo accu-
sando;
Ci mancano superiori convinti
della bontà dell'idea per cui si lavora;
Ci mancano, almeno in gran parte,
delegati consapevoli della respon-
sabilità e della bellezza _apostolica di
essere tali ;
Come ci mancano laici qualificati,
teologicamente, apostolicamente e,
spesso, anche umanamente.
Quest'ultima carenza è alla dipen-
denza delle altre due precedenti.
Si legge in una relazione di un
Delegato:
~ Le iniziative e le fatiche di carat-
tere impostativo, organizzativo, for-
mativo ecc., presuppongono una chiara
presa di coscienza delle idee di fondo,
dei contenuti e delle finalità dell'As-
sociazione dei Cooperatori, della sua
validità oggi, e ciò a livello di supe-
riori, di direttori, e di qualche con-
fratello che lavori sodo. Tutto questo
non è ancora avvenuto: la nostra
Associazione non convince; e met-
tiamo questa non-convinzione in mez-
zo alle inquietudini ed alle crisi ge-
nerali attuali.
Qui sì tratta dì riconoscere o no
la nostra Associazione, di studiare e di
portare avanti o no il suo contenuto;
di considerare o no l'Associazione
come componente essenziale della
Congregazione, e - in queste cir-
costanze - dell'aggiornamento.
Essa, e l'apostolato che in essa i
salesiani potrebbero svolgere non è
un fatto marginale, ma una entità
necessaria. La Congregazione non
potrà mai essere sè stessa -finchè non
l'assume a ruolo di componente es-
senziale a tutti gli effetti... Affrontare
i problemi riconosciuti centrali per
la Congregazione e tenere questo al
posto di uno studio posteriore di
appendice, significa privare quegli
stessi problemi di un notevole con-
tenuto >>. (Relaz. Lombardia).
Qui si inserisce bene il discorso
sulla funzione e sul funzionamento
del Delegato.
Ancora non abbiamo, (fatta qualche
eccezione) D elegati pastorali e for-
matori di coscienze: permane an-
cora il sacerdote tuttofare, che non
sgancia ai laici (con il pretesto dì fare
prima e meglio) quanto essi possono
e debbono fare.
Avviene cosi che anche alcuni De-
legati Ispettoriali, presi da mo!-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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teplici impegni, dal ritmo imposto da
un~ programmazione. forse troppo
canea, sono costretti a una vita
impossibile, ridotti a fungere da De-
legati locali in decine di centri.
Non più tempo quindi per lo studio
dei problemi e della situazione, per
la cura spirituale del Consiglio Ispct-
toriale, non disponibili per coloro
che chiedono _di parlare, esporre si-
tuazioni personali, ricevere consigli;
con l'Ufficio lspettoriale che non
riesce a mantenere contatti nemmeno
attraverso relazioni o trasmissione di
dati.
Occorre veramente· ridimensionare
questo lavoro e dare la precedenza
a ciò che compete al Delegato e solo
lui può fare.
Ma oltre che di questo è della
figura giuridica del delegato che
si dovrebbe parlare. Ma si tratta
«De jure condendo~. e non possiamo
fare altro che richiamare l'attenzione
dei Superiori e attendere con pazienza.
Accenno ancora brevemente alla
necessità di avere il Regolamento
aggiornato, un organo di stampa
che aiuti i Cooperatori a meglio
formarsi in senso associativo; di es-
sere autorizzati a un graduale svec-
chiamento.
Si sente il bisogno di avere un
gruppo di <• Esperti •> che svolga il
ruolo di consulenza e che studi i
nostri problemi.
Soprattutto si sente il bisogno che
la ·c1s1, man mano che compie il
necessario rodaggio, faccia suo il
problema Cooperatori, lo viva e
mostri di viverlo alle comunità sale-
siane. Solo allora Direttori, Parroci,
Direttori di Oratorio e Confratelli
ci daranno fiducia e si apriranno
all'apostolato tra i Cooperatori. Solo
allora si darà la precedenza e la
preferenza, su tante altre attività, alla
cura dei centri.
Circa lo slancio apostolico, re-
stando valido quanto affermato avanti,
credo di poter fare mia l'affermazione
di un Delegato ispettoriale, che a
questo proposito scrive nella rela-
zione:
<< Direi che è il caso di iniziare e
sottolineare e riprendere in esame
l'attività e l'apostolato normale, per
revisionarlo e rilanciarlo. Io noto
parecchia stanchezza e tiepidezza nelle
cose usuali i). (Rei. Emilia).
n confratello allude ai vari settori
di lavoro.
In concreto: andrebbero meglio
curati gli Insegnanti e gli incontri
di orientamento vocazionale; mag-
giormente sostenuta la stampa (Me-
ridiano 12 con le altre recenti riviste,
fu e deve restare una nostra gloria);
non essere assenti nella difesa della
pubblica moralità; rompere la mo-
notonia in cui si trascinano tanti
corsi di Esercizi ; non lasciar morire
l'Associazione tra i membri del Cle.ro
Diocesano.
Concludendo:
Perchè continui il progresso di rin-
novamento e ringiovanimento del-
l'associazione, perchè si possa ope-
rare un vero rilancio di essa, perchè
si verifichi anche per i Cooperatori
il << salto qualitativo>> auspicato dal
Concilio e richiesto dai tempi, dob-
biamo far leva sui mezzi i~dispen-
sabili che abbiamo a disposizione.
In questo desidero, concludendo, ri-
chiamare la vostra attenzione con par-
ticolare accento:
Avviare i Cooperato ri alla cura
della gioventù (per non deludere la
Chiesa e non tradire Don Bosco).
Curare i Gruppi giovanili (per
non morire di morte naturale).
Sostenere e curare gli Esercizi
e la Scuola di Formazione (per
una maggiore qualificazione).
Consentitemi ancora una parola:
Per lo studio dei nostri problemi,
e per una maggiore vitalità dell'As-
sociazione, vorrei fare nuovamente a
voi una proposta già avanzata l'anno
passato e che vedo con piacere soste-
nuta in una delle relazioni nella quale
così si legge:
<• Quanto aI governo della nostra
Unione troviamo preferibile una con-
duzione collegiale e responsabile as-
sieme al Delegato, con attribuzione
di incarichi generosamente accettati ;
con lo sguardo e il cuore tesi alle
mete che il Superiore, nella sua illu-
minata discrezione, crederà bene
fissare alla Terza Famiglia nel quadro
generale della missione salesiana>>.
(Rei. Subalpina).
Questa •collegialità' potrà realiz-
zarsi con un contatto periodico e di
lavoro, sia con il Consiglio Nazionale,
sia soprattutto con i Delegati Ispet-
toriali.
È necessario, a mio avviso, la
costituzione tra i Dele~ati di poche
ma efficienti Commissioni che stu-
dino, insieme al Delegato Nazionale,
e a persone esperte, i vari problemi,
man mano che sorgono e preparino
la programmazione annuale e la pre-
parazione di convegni come l'attuale.
Sulla valutazione da me fatta circa
la vita dell'Associazione e sulle pro-
poste avanzate è ora necessario ascol-
tare la vostra parola.
SCAMBIO DI IDEE SULLA RELAZIONE DI DON BUTTARELLI
Lunga e viva fu la discussione che ne seguì. Tutti furono
d'accordo sulla necessità sempre in atto di sensibilizzare
i confratelli nei rig_uardi della nostra Terza Famiglia.
No11 solo molti Cooperatori 11011 sanno che cosa siano i
Cooperatori, ma anche tra gli stessi salesiani non sempre
ci sono idee chiare.
Viviamo un periodo di ripensamento di cose salesiane
in preparazione al Capitolo Generale Speciale. Ora è
bene che questo ripensamento avvenga miche per i Coope-
ratori. Occorre arrivare a una chiarificazione di idee
sopra la natura, le finalità, le attività dei Cooperatori;
occorre formare tra i confratelli la coscienza dell'impor-
tanza dei Cooperatori Salesiani, che rappresentano una
delle idee più geni.ali e nuove di Don Bosco. Per questa
sensibilizzazione sono utili i contatti personali con i con-
fratelli da parte dei Delegati, che sono i più qualificati
per l'esperienza fatta e sofferta nell'incrementare la Terza
Fmiiiglìa; però resta sempre necessario 1m lavoro siste-
matico di informazione e di studio nelle case di forma-
zione della nostra prima e seconda Famiçlia. Occorre
quest'opera .di illuminazione tra i giovam Salesiani e
Figlie di Maria Ausiliatrice sulla validità della for-
mula; e questo deve avvenire non con delle eloquenti con-
ferenze, ma attraverso giornate di studio ben preparate e
guidate.
C'è chi propone di sensibilizzare i salesiani pitì dotati,
invitandoli a studiare i Cooperatori, a tenere conferenze
sull'argome111.Q e a predicar Esercizi a Coopera:tori e a
Cooperatrici: ne resteranno convinti essi e più facilmente
riusciranno a sensibilizzare gli altri confratelli.
Sarebbero utilissimi anche i mezzi audiovisivi, come
le filmine, ma occorronu i fondi per realizzarle.
35

2.2 Page 12

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C'è anche chi fa voti che si torni all'idea pn."migenia_ di
Don B osco (si ricordi il famoso capo XVI delle Costitu-
zioni: <• De externis ») e si inserisca l'apostolato Coopera-
tori nelle Costituzioni. Si avrebbero, si disse, due van-
taggi: le case salesiane d-ive11terebbero centri di irradia-
z ione di spirito e di apostolato salesiano e i confratelli vi
troverebbero campo per il loro apostolato sociaf_e e non
sarebbero tentati di dare la preferenza ad a/_tri apostolati
non salesiani. Se vi sono - si disse ancora - dei parroci
salesiani e direttori di oratorio che non sentono questo
apostolato e non s'interessano dei. Coop~ratori, è p~ch~
non hanno mai avuto l'opportunità di approfondire il
pensiero di Don Bosco sulla sua Terza Famiglia.
Si è discusso a1u:he mclto sulla necessità di pensare
all'avvenire dell'Associazione curando I.a preparazione
e la qualificazione dei Cooperat_ori g_iov~. Le eventuaJi
interferenze con la Pastorak giovanile s1 superano facil-
mente lavorando insieme, pur ritenendo distinti i campi
di lavoro : i giovani Cooperat~ri s~no i << noviz_i della nostr~
Terza Famiglia>> e, come tali, dipend_on_o dai <;ooperator~.
È la Congregazione stessa che ha distinto glt apostolab.
Del resto la figura del Cooperatore giovane è _ben
definita : il giovane Cooperatore ha una sua_ vocazione
specifica: dice di si a Don Bosco che lo chiama a eri-
trare nella sua Terza Famiglia e a svolg:re gli (!PO~
stolati dei Cooperatori: gioventù, catechesi, . vocaztom,_
in stampa, mcralità ecc. Questo però non esige che s1
stacchino dal contesto cui lavorano, sia esso ima
parrocchia, un oratorio o qualsiasi altro campo di
apostolato. Un parroco, un direttore di oratorio che ha
il :suo gruppo di giovani Cooperatori, se lo cura, se Lo
lavora, se lo qualifica per !'-apostolato che è c~iamato a_
svolgere nella sua parrocchia o nel suo oratorzo. Q_uesti
giovani Cooperatori, anche a diploma ottenuto, continue-
ranno a lavorare nel loro ambiente, ma faranno parte del
Cem'ro Cooperatori e lavoreranno con lo spirito e il me-
todo che Don Bosco ha lasciato in eredità alle sue tre
F-amiglie religiose.
Sulla chiamata ali.a corresponsabilità dei Cooperatori
nei Centri e nei Consigli Ispet(oriali si è notato con soddi-
sfazione un reale progresso. <1 Facciamoli davvero lavorare~
- disse il Delegato Nazionale - lo desiderano loro stessi
e ce lo chiedono Don Bosco e il Vaticano I I ».
Parlando di corresponsabilità, si è anche rilevata la
bellezza e l'utilità della collaborazione dei Cooperatori
Insegnanti. A Roma, per es., molte Cooperatrici Inse-
gnanti hanno costituito tra i loro e~a!lievi u~ «Mini-_
Circolo>>, col quale raccolgono e attivizzano I ragazzi
a centinaia e li qualificano come <• A~nici di. Do1nenico_
Savio >>. Esse chiedono la collaborazione dei Delegati
Cooperatori e son già qui1ul.ici le Scuole che hanno_ aderito
alla bellissima iniziativa che mette l'Insegnante m grado
dì preridersi cura dei suoi allievi. Così avremo anche gli
Exallievi della Terza Famiglia I
La Scuola di formazione all'Apostolato fu argo-
mento di un lungo scambio di idee. I Delegati riferirono
impressioni e risultati. Come principio, tutti ne riconoscono
l'utflltà. Le altre Scuole di formazione hanno programmi
gmerici (dogma, morale, storia ecclesiastica ecc.); la
nostra ha scopi specifici con materie d'insegnam~to c!1e
non si trovano in altre Scuole, come sono la psicologia,
la pedagogia, la catechetica. Presenta quindi indiscuti-
bili vantaggi, tra i quali non ultimo l'arrwre a Don Bo_sco
e alla nostra Famiglia. A noi Don Bosco ha lasciato
un patrimonio educativo, che dobbiamo condividere con i
nnstri Cooperatori, se vogliamo qualificarne almeno qual-
36 cuno, uscire dal generico e creare dei Centri di Coopera-
tori bene organizzati ed efficimti. Si decide quindi di
continuare l'esperimento per quanti sono in grado di ade-
rfrvi.
Il Delegato Nazionale ~a .anche P_resentato ai Delegatf
il «Documento sul Consiglio Nazionale Cooperaton
(C.N.C.), che pubblichiamo nelle prime pagine di questo
numero. Se n'è discusso e si è venuti nella determinazione
di sentire anche il pensiero dei Consiglieri lspettoriali.
I Deleçati d.édicheranno quindi una riunione_ d~l loro
Consiglio a questo scopo e provvederanno a inviare a~
Delegato Nazionale, col proprio parere, anche quello dei
loro Consiglieri.
L a richiesta del Contributo dei Cooperatori al
Capitolo Generale Speciale, fatta dallo stesso R ettnr
Maggiore, ha già cominciato a dare i suoi frutti. Alcunè
l spettorie hanno diffuso tra i Cooperatori apposite schede eh~
hanno servito a raccogliere rilievi, proposte e suggerimenti
molto interessanti; altre Ispettorie hanno la pratiça in corso.
Il Delegato Nazionale, dopo il convegno, ha inviato ai
Delegati Ispettoriali un questionario, che offrirà_ la pos-_
sibilità di avere un quadro completo del contributo dei
Cooperatori d'Italia al prossimo Capitolo Generale.
Sarà per la nostra Terza !«;miglia .l'occasione _buona
per risolvere alcuni problemi m maniera determinante.
Siccome però si tratta di una Associazione mondiale, è
statafatta - e il 9 maggio scorso la CISI l'ha ap1?7ovata -
la proposta di un incontro a livello internazionale per
preparare valide e beri motivate proposte c1!4 por!ino ~l
Capitolo Generale, oltre quanto è emerso dai no~tr~ Capi-
toli Ispettoriali, anche la voce delle altre Nazioni.
Di particolare interesse fu lo scambio di idee sulle Com-
m isStoni tra D elegati Ispettoriali.
Si è rilevato che tutte le organizzazi(Jtli usano il metodo
delle commissioni per lo studio dei loro problemi. Il Dele-
gato Nazionale dei' Cooperatori ha b~ogno di non s~1tjrs~
solo nello studio e nella programmazwne. Le commissioni
composte di Delegati ispettoriali servirebbero ad appro-
fondire problerni, ad aiutare il Delegato- Nazionale, a
trovarsi meglio preparati nei convegni, in modt> da avere
una base per le discussioni.
Le commissioni potrebbero essere tre: una commissione
si occuperebbe. del set~ore ~iovani (cura della gi~v~ntù
e ramo Cooperatori g,.ova,u); una .s~conda comm1ssi~ne
si occuperebbe della formazione spmtuale e apostolica
e della Scuola di f òrmazione all'apostolato ; una terza
commissione si occuperebbe della organizzazione in genere,
della programmazio'fle del convegno annuale ecc.
Don Marro,1e ri1eva che tali commissioni potrebbero
modellarsi su altre già esistmti, come quelle che opera~~
in seno alla CISI e potrebbero avere le stesse finalità
di collegamento, propulsione, studio, serisibilizzazione e
corresponsabilità.
A chi propone che a Torino ci sia anche un centro di
pastorale salesiana, che_ sia ~ome uno svil7:p_po ed esten-_
sione della pastora/_e giovanile e affianchi il lavoro d~i
Delega~i lspettorial[, si rispo11d~ che. a~ G_entro Cate0i-
stico di Leum.a11n c1 sono già. gli studiosi di pastorale gio-
vanile, di pastorale catechetica, di pastorale fami1iare ecc._
Quindi i Delegati ~ei Coofera_tori potr~nno p~es~tare_i
problemi e le necessità del/ Unione e gli esperti li studie-
ranno.
Si è concluso che i Delegati Ispettoriali avrebbero esa-
minato meglio la proposta e nei prossimi mesi avrebbero
presentato le loro osservazioni e proposte concrete.

2.3 Page 13

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RNAlllA'. CONTENUTO. DINAMICA EATTUAUTA'
DRU ESERCIZI SPIRITIIAU
Relazione di
P. ANTONIO SANNA S.I.
Il cristiano non può avere un'aspi-
razione piu alta di quella di trovare
Dio e, avendolo trovato, di vivere
in Lui e per Lui. Ma sono tante le
vie per giungere a questo incontro
felice: il deserto, la vita monastica, ccc.
Con i suoi Esercizi, S. Ignazio
dispone certamente a ciascuna di
queste vie; ma la sua pedagogia spi-
ntuale prepara a trovare Dio nel-
l'esistenza quotidiana, non meno che
nella totalità della propria vita.
« Col termine Esercizi spirituali
s'intende qualsiasi modo di esami-
nare la coscienza, meditare, contem-
plare, pregare vocalmente e mental-
mente, e altre attività spirituali...
Infatti, come il passeggiare, il
camminare e il correre sono esercizi
fisici, cosi si dicono Esercizi spirituali
tutti i modi di preparare e disporre
l'anima ad abbandonare tutti gli
affetti disordinati e, una volta disfat-
tasene, a cercare e trovare la volontà
di Dio nell'orientamento da dare
alla propria vita, per la salvezza
dell'anima».
Con questa precisazione - le
prime parole del • Libro degli Eser-
cizi - S. Ignazio manifesta una
grande flessibilità nel modo di r.ealiz-
zare l'esperienza degli Esercizi im-
posta dalla diversità delle persone e
dalla imprevidibilità dei moti dello
Spirito.
In questo senso è giustificato il
principio direttivo della presente ri-
cerca sul senso degli Esercizi Spiri-
tuali e il profitto che se ne può
ricavare.
Bisogna distinguere in essi il segno
o fine oggettivo; la scelta di uno stato
di vita, o l'orientazione della propria
vita secondo il disegno di Dio; e la
loro. dinamica soggettiva: la trasfor-
mazione spirituale che opera una
tale esperienza nel Cristo. Come
si può notare, i due aspetti sono
complementari e inseparabili. Essi
hanno la capacità di spiegarci la
finalità e la struttura degli Esercizi
Spirituali.
Dalla loro considerazione dovrà
venire a noi un aiuto per il ministero
difficile, ma pur tanto fecondo, della
direzione degli Esercizi Spirituali.
IL ccFINE PRI NCIPALE » DEGLI
ESERCIZI SPIRITUALI
Gli Esercizi Spirituali di S. Igna-
zio sono destinati, principalmente,
a essere fatti. 11 loro scopo è definito
nel titolo: «Esercizi Spirituali, per-
chè l'uomo flinca se stesso e ordini
la sua fJÌta sen~a determinarsi per
affezione alcuna che sia disordinata t.
Ordinare la propria vita secondo
la volontà di Dio: questo è lo scopo
cui deve mirare l'esercitante. Egli
viene agli Esercizi o per considerare
il problema della sua vocazione e
scegliere, di conseguenza, uno stato
di vita, sia esso quello della vita
ordinaria nel mondo o il sacerdozio
o lo stato di perfezione; ovvero per
riformare, se necessario, e ordinare
la sua vita, nello stato già scelto e
fissato ; o semplicemente per un
rinnovamento dt fervore e per pro-
gredire nella vita della grazia.
L'uno o l'altro di ~uesti obiettivi
deve essere lo scopo dt ogni corso di
Esercizi.
È abbastanza evidente, da quanto
detto, che l'originalità degli Esercizi
ignaziani non sta in un nuovo metodo
di orazione, nè nei temi di medita-
zione che vengono proposti, ma
nell'ordine stesso degli <1 esercizi »,
nella loro disposizione in funzione
di un fine preciso dove niente è
lasciato all'impro\\'Visazione.
In questa prospettiva ricevono il
loro genuino significato i testi piu
squisitamente ignaziani del libro degli
Esercizi, e cioè l'insieme delle indi-
cazioni concernenti i tempi in cui
conviene far i differenti «esercizi • o
meditazioni, e soprattutto la parte
centrale che tratta propriamente <1 del-
l'elezione» o scelta dello stato di
vita, oppure ~ della riforma• della
propria vita.
In tal senso si comprende l'insi-
stenza di S. Ignazio circa il frutto
da ricavare dalle diverse «settimane ))
o fasi nelle quali si svolgono gli
Esercizi. Prima di ogni altra cosa
bisogna scoprire, neutralizzare ogni
attacco disordinato per sostituirlo
col solo amore dell'attrattiva del
servizio di Dio. t L'indifferenza»
frutto del «Principio e Fondamento»
de~li Esercizi, ha a questo ri~ardo
un importanza decisiva. Senza ,1 pen-
timento e l'aborrimento del peccato
non è possibile accogliere il messaggio
di *Cristo nostro Signore».
Dall'altra parte degli Esercizi, nella
«quarta settimana •, la contempla-
zione 4 per ottenere l'amore divino••
gioca un ruolo simmetrico e com-
plementare alla <t prima settimana>>.
Dio è presente a tutte le cose per la
partecipazione della sua vita, del suo
agire e del suo essere.
Se nel «Principio e Fondamento»
si parte dal rapporto dell'uomo a
Dio per ricordare la condizione della
creatura e le esigenze che comporta,
nella • contemplazione pet; ottenere
l'amore• si arriva alla sorgente per-
manente di tale relazione: un amore
che si espande e che richiama una
risposta di riconoscenza che deve
essere, nello stesso tempo, affettiva e
concreta.
Tutto ciò deve essere conseguito
attraverso la considerazione della« Vita
di Cristo>>, l'esempio piu alto del-
l'amore e del servizio verso il Padre.
La • elezione ha per fine il cono-
scere e abbracciare la e santissima
volontà di Dio», per «seguire quello
che si sente essere maggiormente a
gloria di Dio nostro Signore e a
salvezza dell'anima propria » (Eserc.
n. 179-180).
Trovare la volontà di Dio, per
metterla al di sopra di tuttt! le perso-
nali as_pirazioni, viene ad essere il
fine ultimo degli Esercizi, e il punto
in cui convergono tutti gli sforzi e le
grazie ricevute attraverso essi.
Kegli Esercizi, tale fine si trova
costantemente presente all'esercitan-
te (n. 155, 166, 167, 177, 179, 185,
189), e chiaramente viene manife-
stato nella prima annotazione e nel
«preambolo per considerare gli stati •
(135), e nella petizione per fare una
buona elezione ( l 80).
Le due idee servizio-lode e volontà
di Dio vengono messe insieme in
vari passi (98, 18o, 183).
Possiamo chiederci cosa significhi
tale atto essenziale «della scelta o
della riforma della vita
37

2.4 Page 14

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Rispondere a questa questione è
metter il problema del significato
degli Esercizi.
L'itinerario ignaziano fatto di medi-
tazioni, esami, discrezione degli spi-
riti, ha come scopo il percepire e il
comprendere il modo di operare, il
rendersi conlo delle esigenze divine,
di quello che si deve lasciare per
poter vivere e progredire nella vita
spirituale.
Tale esercizio della libertà sup-
pone una maturazione.
È realjzzarc rettamente la funzione
più essenziale dell'uomo: <e l'eligere ~-
Nel <, Principio e Fondamento~ si
coglie la natura fondamentale del-
l'ordine, la linea fondamentale a cui
si deve conformare il modo di com-
portarsi. E con le meditazioni si
scopre la bontà e la malizia della
realtà dei propri atti. Tutto questo
penetra nell't.'Sercitantc continua-
mente, in modo connaturale, senza
stridori. È l'esercitante che, mediante
la visione personale della realtà, si
va progressivamente rendendo conto
degli oggetti, e nell'esame della pro-
pria situazione avverte le forze su
cui può contare, le difficoltà che
deve superare, i mezzi che deve
impiegare.
·egli Esercizi non c'è nessuna
esortazione, nessuna raccomandazio-
ne: non si fa un catalogo di precetti;
non si indicano pratiche per il futuro.
Tutto è indirizzato a che l'eserci-
tante in un esame personale e in una
considerazione diretta veda, capisca
e riceva luce e forza.
Non deve, come un bambino,
domandare al direttore che cosa deve
eleggere. È lui che deve decidere
della sua vita, che deve determinare
il suo futuro secondo i principi che
ha considerato.
Al termine dell'elezioue non gli si
dice dì presentarla al direttore, ma
a Dio (Es. 183). f:: Dio che deve
ricevere l'offerta. In tutta la dina-
mica dell'elezione non una sola volta
si menziona il direttore. È vero che
il direttore, e non l'esercitante, deve
regolarne lo sviluppo. Però ciò che
il direttore realizza in base alla cono-
scenza delle reazioni dell'esercitante,
una è qualche cosa di previo e di estrin-
seco.
volta che gli ha presentato
il cammino, .::be gli ha indicata la
maniera in cui realizzare l'elezione,
lo lascia con Dio.
Perciò quello che costituisce il
lavoro caratteristico del metodo iina-
ziano non è un determinato spazio di
tempo di preghiera, un esame, un
fare tante preghiere, ma il continuato
esercizi.o dell'azione di Dio, l'eserci-
tarsi in questa esperienza.
38 Gli Esercizi collocano a tal fine
l'incontro con Dio in una triplice
dimensione:
- nella totalità di una situazione
umana,
- nell'intensità del momento pre-
sente, e
- in una disponibilirà attiva rispetto
all'avvenire. (P. Giuliani S. 1.).
Anzitutto nella totalità di 1'na situa-
zione umana. L'incontro con Dio
effettivamente, non avviene in una
relazione di pura interiorità che
darebbe poca importanza a tutti gli
clementi che costituiscono di fatto
la nostra storia: l'azione dello Spirito
Santo, con cui si compie la nostra
unione con Dio si esercita per mezzo
ciò che S. Ignazio chiama • le
cose create »: (corpo, ambiente so-
ciale, stato di vita, ecc. fino alle
pressioni che esercita in noi il mondo
che si costruisce con il pensiero, la
scienza, l'arte...). [) rappono per-
sonale con Dio vibra di questa pre-
senza della creazione intera nel mo-
mento stesso in cui si cerca, negli
Esercizi, il solo a solo con il nostro
Creatore e Signore. !\\egli Esercizi
si deve tendere, nella Lucidità della
fede, a purificare il proprio cuore
dall'egoismo, unificare e ordinare le
pressioni molteplici che subisce il
proprio personale destino in mezzo
e un mondo in movimento, valutare
il proprio apporto senza rompere
l'equilibrio delle forze, e infine ren-
dersi capaci di asmmere responsa-
bilità sempre piu estese senza nulla
perdere della costante fedeltà alla
grazia.
È a una tale pienezza che ili Eser-
cizi intendono condurre l'amma.
La \\'ita spirituale non cessa di
essere l'opera dello Spirito Santo; al
contrario, essa lo è tanto piu in quanto
fa pervenire a quel grado di maturità,
di esercizio della libertà, di elezione,
in cui si cessa di essere atterriti dal
mondo, ma lo si guarda come il
mezzo attraverso il quale si effettua
il proprio incontro con Dio.
Gli Esercizi insegnano un realismo
che su questa terra è una. delle forme,
forse la pi(1 alta, di adorazione: sco-
prire, nel mondo che ci circonda e
che ci trasporta, l'opera di Dio, fino
a farne il mezzo concreto dell'unione
con la sua volontà.
Gli Esercizi tendono ancora a
collocare l'esercitante 11ell'i11tensità del
momento presente.
Questo allarga considerevolmente
il campo nel quale deve esercitarsi
la propria fedeltà alla grazia. Tutte
le scelte, anche le piu profane in
apparenza, impegnano la propria
responsabilità spirituale: vuol dire
che non possono essere decise per
semplice convenienza personale, se-
condo i propri gust:1 e capricci,
ma devono essere la libera e amo-
rosa risposta dell'uomo a una vo-
lontà divina che si esprime miste-
riosamente nell'istante pre:.ente che si
vive. Questo istante riassume in se
stesso la totalità della propria situa-
zione; ma è anche il punto di par-
tenza di una evoluzione che continua;
la propria fedeltà deve essere conti-
nuamente attenta ai nuovi elementi
di cui tale istante è pregno.
La generosità che fa desiderare di
esser e di Dio senza riserva non basta,
in quanto è spesso cieca e irreale; la
semplice applicazione di un piano di
vita o di una risoluzione di ritiro non
basta, perchè rischia di essere in ri-
tardo sulla vita che si evolvé e dunque
sulla volontà attuale di Dio.
Occorre quello che $. Ignazio,
secondo una lunga tradizione spiri-
tuale, chiama « discernimento>>.
Ciò ch'era valido ieri quando la
mia salute era buona, lo è anche oggi
che sono malato? Ciò che era augu-
rabile quando la mia carriera ini-
ziava, non deve venire trasformato
quando si accumulano gli impegni
professionali ?
Il tempo della preghiera che mi
ero proposto, non deve, in. nuove
condizioni di lavoro, essere diminuito
oppure accresciuto?
La conoscenza che ho acquisito
di un'opera della Chiesa non deve
farmi rivedere la maniera con cui si
esplicava fino ad ora il mio apostolato?
Questa forma di problemi che tutti
si pongono, esige una intelligenza
umana più aperta, un senso più vivo
della propria situazione in rapporto
a~li altri, un desiderio di rispondere
vitalmente alla spinta delle circo-
stanze, un'attenzione sempre sveglia
per sottomettersi alla realtà: questa
realtà non è altro che l'appello a
una volontà di Dio che bisogna
afferrare nel dinamismo stesso del-
l'istante presente.
•egli Esercizi un tale discerni-
mento 11 viene conseguito con l'ana-
lisi appassionata di tutti gli elementi
che orientano la propria esistenza, e
anche con l'attenzione messa nella
preghiera ai moti interiori di tri-
stezza o di gioia; di turbamento o di
pace, di perplessità o di facilità, che
si agitano, si contraddicono o armo-
nizzano nella propria anima.
Giungere alla decisio11e-scelta che
fa trovare la volontà di Dio nella
propria vita, è il segreto della pace
interiore e dell'azione feconda, per-
chè è spogliarsi della propria volontà
e sottomettersi alla grazia rispettando
il t presente nel quale si è inseriti.

2.5 Page 15

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Tali attitudini spirituali ne gene-
rano una terza, quella che S. Igna-
zio indica nell'offerta della contempla-
zione del Regno; «Quelli che vor-
ranno amare di più e distinguersi nel
servizio del loro Re eterno e Signore
universale... faramw un'offerta di più
alto valore•>. Non solamente l'atten-
zione e la sottomissione alla grazia,
ma l'offerta personale per liberarsi
da tutte le pastoie dell'egoismo, e
l'iniziativa del combattimento contro
tutte le forze che accecano ancora e
impediscono di essere aperti com-
pletamente alla grazia. Solo aUora si
completa, nella libertà e nella serenità,
la scoperta della grazia presente in
ogni istante della propria vita.
CONTENUTO DEGLI ESERCIZI
SPIRITUALI
Il testo ignaziano comprende;
I. Gli Esercizi propriamente detti,
e cioè meditazioni, contemplazioni,
esami di coscienza e altri modi di
pregare.
2. Un certo numero di consigli e
di istruzioni, che spiegaµ.o come
debba essere adattato l'andamento
generale degli Esercizi ai diversi
gruppi di persone o agli individui,
secondo le diverse capacità, circo-
stanze, necessità e disposizioni; e in
particolare come debbano essere fatti
i veri Esercizi e come l'esercitante
debba essere aiutato e incoraggiato
nelle difficoltà, che potrà incontrare
lungo gli stessi Esercizi. Queste
istruzioni sono indirizzate per la
maggior parte, a coloro che danno gli
Esercizi agli altri. L'intero testo è
fatto per Qirettori e non può essere
messo in mano agli esercitanti, tran-
ne nel caso in cui lungo studio ed
esperienza li abbia resi capaci di
usarlo ed applicarlo senza guida
esterna.
Le meditazioni e le contemplazioni
sono distribuite in quattro parti, che
S. Ignazio chiama «settimane •>, cia-
scuna delle quali può essere accor-
ciata o allun~ata. sec_~ndo che l'ese~.-
c1tante ne r1cav1 p1u presto o piu
tardi il frutto speçi-fico. Tuttavia nè
l'esercitante, nè il direttore vi tro-
veranno meditazioni elaborate e pron-
te per l'uso, ma soltanto il materiale
e le direttive per svilupparle. Anche
nei pochi casi in cui la materia è
fornita piu abbondantemente, si ha
piuttosto un abbozzo, che il direttore
dovrà sviluppare ed applicare.
Il metodo per fare questo bisogna
impararlo mediante lo studio attento
del testo ignaziano e anche del com-
mento e delle ~ Note Supplementari 1>.
Non basta che il testo sia letto qualche
volta: ma è necessario un lungo e
minuzioso studio perchè il suo inse-
gnamento sia afferrato nell'insieme e
nella parti. In certi passi, quasi ogni
parola deve essere attentamente pe-
sata, e una parte del testo confron-
tata con un'altra, cosi da mettere
assieme tutto ciò che abbia atti-
nenza con qualche punto particolare;
le varie parti del testo, infatti, non
sono messe nell'ordine che può
essere richiesto dall'uso.
Inoltre il « Direttorio •>, molte volte,
consiglia quali istruzioni siano appli-
cabili a ciascuna <• settimana •>, e
quando e come debbano essere ap-
plicate.
Gli Esercizi inticri richiederebbero
un periodo di circa trenta giorni; ma
possono essere accorciati e adattati a
corsi di w1a sola settimana o anche
meno. Per quelli che desiderano
farli in forma completa, l'ordine degli
Esercizi dovrebbe essere seguito at-
traverso le quattro «settimane >l.
Per quelli che desiderano un corso
di una settimana soltanto o meno, è
necessario fare una selezione, avendo
cura di scegliere quelle meditazioni e
contemplazioni, che possano essere
piu adatte al carattere e alle circo-
stanze degli esercitanti e allo scopo
cui essi mirano.
Ma in ogni corso, dovrebbero essere
incluse il maggior numero di medi-
tazioni che sono chiamate« principali•>
(Principio e Fondamento - del
Regno - tre classi di uomini - due
vessilli ecc.). perchè esse sono la
vera anima degli Esercizi. Tutte le
altre meditazioni e contemplazioni,
se non. sono riferite a quelle e con-
dite con il loro spirito e insegnamento,
perderebbero gran parte della loro
forza, e gli Esercizi non avrebbero
lo speciale carattere e i frutti voluti da
S. Iinazio.
Gli Esercizi si aprono con la con-
siderazione del fine dell'uomo e delle
creature. Questa si chiama << prin-
cipio e fondamento •>, perchè da
essa si deducono tutte le verità
pratiche, che i successivi esercizi
insegnano, e su di essa è costruito
l'intero edificio della vita spirituale,
come S. J~azio lo concepisce. Quindi
nella' << pnma settimana•> si è con-
dotti a meditare il peccato e sulle sue
conseguenze, per arrivare al penti-
mento e alla conversione.
La « seconda settimana •> inizia con
la meditazione del Regno di Cristo, in
cui si contempla nostro Signore come
Re e grande Capitano della salvezza,
il quale chiama tutti gli uomini a
seguirlo nella sua lotta contro il pec-
cato, il mondo e il demonio. Come
realizzare questo, viene detto nella
meditazione delle Due Bandiere e
in tutte le contemplazioni sui Misteri
e insegnamenti della vita di Gesu.
Egli è la Via, la Verità e la Vita.
Si deve seguire in qualunque via e
in qualunque grado d'imitazione,chia-
mi. Perciò bisogna considerare in
quale stato di vita vuole essere ser-
vito i o, se lo stato è fissato, quale
passo avanti vorrebbe che si facesse
per corrispondere pio perfettamente
alla grazia che a ciascuno. Così
la seconda settimana si chiude con
<<l'elezione>>.
NelJa << terza settimana», che è
consacrata alla contemplazione della
Passione, ci si rafforza nelle proprie
risoluzioni e ci si prepara a tutto ciò
che può far soffrire, meditando sulla
costanza, coraggio e pazienza di
nostro Signore.
Finalmente nella <• quarta setti-
mana •>, in cui si contempla Gesù
risorto e glorificato, si è invitati ad
esultare con lui, nel suo trionfo e
nella sua gioia, e acquistare coraggio
e speranza per se stessi, chiamati
ormai a vivere nella pptenza della sua
Risurrezione, in attesa di parteci-
pare alla sua gloria in cielo. Poi,
per coronare tutto, S. Ignazio pro-
pone un «esercizio », che chiama
<• Contemplazione per ottenere Amo-
re•>. <• Noi amiamo Dio, perchè,
Egli, per primo, ci ha amato e
essendo via d'amore, ci ha dato
abbondantemente di ciò che è suo.
Tutto ciò che noi siamo e abbiamo
è dono suo; in risposta quindi al
suo amore, non possiamo fare altro
che restituirgli quanto Egli ci ha
dato».
Si può notare che lo schema di
tutti gli Esercizi è già tracciato nel
Capo XII, 1-2 dell'Epistola di S. Pao-
lo agli Ebrei.
Gli Esercizi Spirituali sono princi-
palmente la registrazione dell'espe-
rienza personale di S. Ignazio, fatta
a Manresa; ed è questo che ne costi-
tuisce la vitalità e potenza. Cosi essi
sono insieme la fedele testimonianza
della lotta personale di un'anima
nella sua via verso Dio, e un ordine
e un metodo che abbraccia gli stadi
successivi, attraverso cui ogni anima
necessariamente passa nel suo pro-
gresso dal peccato e dal suo io alla
completa conversione e santificazione.
Gli Esercizi seguono tutto un ordine
logico, e le meditazioni e contem-
plazioni hanno tra loro un rapporto
psicologico, mirabilmente adatto allo
scopo desiderato. Essi formano un
tutto organico, di cui ciascuna parte
poggia su ciò che precede ed è il
presupposto di ciò che segue.
Inoltre niente negli Esercizi va
oltre le più semplici e più fondamen- 39

2.6 Page 16

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Lali verità del Vangelo. Sono proprio
• una magistrale combinazione delle
prime universali e pratiche verità
che interessano l'anima di ogni uomo.
Si occupano della natura umana, nelle
sue universali caratteristiche, e non
di alcuna scuola o forma specifica
di pensiero. La forza deriva dall'ap-
plicazione ordinata e progressiva delle
pure idee cristiane, le grandi e fon-
damentali leggi sui rapporti di Dio
con l'uomo e viceversa, e sull'opera
curatrice e santificatrice dello Spi-_
rito~. {LONCR!OCE, Gli Esercizi Spiri-
tuali di S. Ignazio di Loyola, introd.).
DINAMICA DEGLI ESERCIZI
SPIRITUALI
1. Preparare e disporre l'anima
Il Direttore deve dare tutti gli
elementi necessari perchè l'eserci-
tante possa rendersi capace di fare
una scelta •, un'opzione.
Spetta al Direttore vedere che
cosa debba esporre e realizzare affin-
chè l'esercitante percepisca gli SC<?J)i
della dinamica interiore che deve
percorrere e le esigenze necessarie
per porsi nella condizione atta a
realizzare il « movimento ~- Il Diret-
tore deve segnalare l'itinerario spiri-
tuale nelle linee che colpiscono l'eser-
citante e in modo che possa percor-
rerlo. Questo suppone la presenta-
zione del senso di Dio, uella funzione
del mondo, dei valori naturali e
soprannaturali, di Gesù C., della
Chiesa. Questo suppone captare ciò
che deve significare Dio per ciascun
singolo e per la società. Questo sup-
pone lo stile che si deve dare alla
vita perchè risponda al disegno di
Dio. Per poter realizzare una scelta è
necessaria una conoscenza o~gettiva
delle diverse possibilità, e gh Eser-
cizi devono essere orientati a porre
l'uomo nella capacità di affrontare le
opzioni fondamentali della vita.
2. Creazione di una presenza
Non si tratta che l'esercitante
conosca le realtà naturali e sopran-
naturali in un modo speculativo e
generico. l\\Ia deve conseguire una
conoscenza, che si potrebbe definire
vitale e cioè che penetra in tutto
l'essere, simile a quella che si ha di
una persona alla quale ci si sente
legati, conoscenza di qualcosa che
si deve realizzare. Non è solo qual-
cosa che si riceve: una luce, la perce-
zione cli una verità; ma è qualcosa
che si dà, a cui si corrisponde con la
propria attività.
S. Ignazio chiama questa cono-
scenza «interna ~- Si attua non solo
40 con l'esercizio della memoria e del-
l'intelletto, ma a forza di contem-
plare l'oggetto, di appropriarselo. A
questa conoscenza segue l'amore e la
realizzazione.
3. Attività personale
Senza riflessione personale non si
può afferrare il senso delle esperienze,
e neppure le si può realizzare. La
maturazione suppone un esercizio di
introversione, di assimilazione. È
questo il motivo fondamentale per
cui si fonda il metodo nell'orazione e
nell'esame, per cui si limita l'azione
del Direttore ai controllo dei movi-
menti interiori, a disporre e a la-
sciare operare il Creatore. Per S. Igna-
zio «colui che esercita • non è pro-
priamente un «direttore t: mai usa
questa parola quando si riferisce a
lui. Come un profeta, deve presen-
tare la traiettoria divina nei .suoi
elementi essenziali, deve istruire,
insegnare, prevenire. li Direttore
• non deve muovere• (Es. n. 15),
deve stare in mezzo, accorgendosi
dell'azione che Dio realizza.
4. Presenza del direttore
Non si vuole con queste afferma-
zioni minimizzare la presenza del
Direttore, ma solamente situare la
sua missione nella giusta prospettiva.
In particolare si deve dire che al
Direttore è richiesto uno speciale
Q servizio» dello Spirito. Il Direttore
di un ~ corso )) di Esercizi - soprat-
tutto nel caso specifico degli Esercizi
ignaziani - ha una duplice funzione
strumentale riguardo allo Spirito.
Oltre l'azione strumentale diretta
alla collaborazione dello Spirito nelle
singole anime, egli deve servire lo
Spirito attraverso quel particolare
mezzo di azione che sono gli Esercizi
spirituali, in quanto è attraverso
quel mezzo che lo Spirito vuole
agire nelle anime. Viene ad avere
così un legame ulteriore. Non può
essergli sufficiente una concezione
personale della vita spirituale, ma
deve adattarsi e adattare un metodo.
Per questo S. Ignazio costituisce il
Direttore degli Esercizi come un
superiore cui si debba in un certo
senso obbedienza e cui spetti giudi-
care se è il caso che l'esercitante
prosegua gli Esercizi, oppure se essi
debbano essere sospesi.
Si devono tenere presenti dei pre-
supposti nell'azione del Direttore.
a) Stima dell'esercita11te.
Convinto che «ciascuno riceve da
Dio il suo dono particolare (I Cor.
7, 7) il Direttore si dovrà sforzare di
vedere gli esercitanti non tanto per
quello che sono, ma nella luce verso
ta quale sono diretti e con la quale
usciranno. Una v1s1one che rispetti
la loro dignità e libertà cli figli di
Dio, evitando ogni forma di paterna-
lismo, e stimandoli sinceramente ca-
paci di quell'incontro con Dio che
avrà imprevedibili risultati.
b) Co11osce11za prl!'l)ia.
La stima dell'esercitante non dovrà
liberare il Direttore dal compito ini-
ziale di una presa di contatto del
soggetto cui dovrà adattare gli Eser-
cizi. E il Direttore dovrà conoscere:
- Le disposizioni iniziali, come la
generosità, per stimolarla e dirigerla,
e la esistenza o meno di legami
troppo forti che rendano impossibile
la indifferenza o disponibilfrà alla
• scelta e opzione fondamentale •·
- La fisionomia spirituale, almeno
sommariamente, in special modo per
quanto riguarda la preghiera e il
metodo che in essa usa, e la forza o
leggerezza che impiega nella vita
spirituale.
- La vivente comprensione che ha
dell'essenziale degli Esercizi e la
eventuale pratica che ha del • discer-
nimento>> per coloro che già altre
volte hanno fatto gli Esercizi.
Non sarà invece richiesto che il
Direttore conosca la vita passata, e in
particolar modo i peccati del penitente.
Questa previa conoscenza è neces-
saria perchè il Direttore possa adat-
tare la materia e l'andamento del« cor-
so• alla media dei soggetti che deve
dirigere.
e) Caratteristiche del servizio proprio
del Direttore.
- Tr01isitorietà. La direzione pro-
pria degli Esercizi è direzione del
momento; diretta tutta alla fun-
zionalità del corso , e limitata ad
una fedele informazione circa le
mozioni spirituali. Non si tratta d'im-
postare una vita spirituale e soprat-
tutto di pretendere che gli eserci-
tanti «ricomincino~ sempre da capo.
I\\lolte \\"olte l'azione del Direttore
si inserisce in ~uella di una guida
spirituale che I esercitante ha ~ià
sperimentato efficace per la sua vita
spirituale. Occorrerà che il Diret-
tore del corso mostri il suo distacco
sia per non volere estendere al di
degli Esercizi la direzione, sia per
dire ciò che forse il Direttore abi-
tuale, che non è testimone dell'espe-
rienza che l'anima sta vivendo negli
Esercizi, non potrebbe o saprebbe
esprimere.
- Prude1L:ra. li Direttore dovrà sa-
pientemente e prudentemente dosare
le spiegazioni, in modo che cadano
in un terreno favorevole e non pro-
ducano effetti contrari, e nello stesso

2.7 Page 17

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tempo cercherà di prevenire sbagli
da parte dell'inesperto esercitante.
- Rispetto della libertà. Non si deve
muovere indebitamente l'esercitante,
imporsi o sostituirsi nelle decisioni.
Vi sono anime che talvolta pretendono
di avere una parola sicura, come di-
cono ·esse: ma nessuno può garantire
la eventuale intromissione propria
nei piani di Dio. Durante gli Eser-
cizi, e specialmente davanti a parti-
colari e impegnative scelte, S. Igna-
zio vuole che si rispetti la libertà.
d) Caratteristiche particolari della fun-
zione di un insegnamento e diformazione.
Il Direttore è un vero maestro, non
nel senso cli chi comunica una scienza,
ma nel ·senso di chi applica un'arte,
un'esperienza. Non si tratta cli un
insegnamento teorico, anche se tal-
volta alcuni principi ed elementi
teorici sono indispensabili, ma è
un insegnamento diretto a saper
riconoscere e seguire l'azioni: dello
Spirito nell'alternanza tra consola-
zione e desolazione, e a saper appli-
care delle regole per favorire la
migliore corrispondenza.
Accanto e intimamente unita alla
funzione di insegnamento è la fun-
zione formativa. Occorre educare alla
costanza e alla sincerità, come alla
moderazione e alla disponibilità.
e) Modi pri11cipali del servizio pro-
prio del Direttore.
- Le istruzioni in comu11e. Se il
gruppo è sufficientemente omogeneo
le istruzioni in comune presentano
dei vantaggi non disprezzabili. Sa-
rebbe però illusione da parte del
Direttore pensare che tali vantaggi
siano sufficienti ad assicurare alla
sua collaborazione tutto quell'in-
flusso che potrebbe e dovrebbe avere.
Già il fatto di doversi rivolgere a un
gruppo obbliga, nonostante la omo-
geneità, il Direttore a un livella-
mento e a una media comune fon-
damentale, e quindi si corre il rischio
di ri'manere sempre su elementi
triti e di non offrire mai vera occa-
sione di fare progredire qualcuno nella
via della corrispondenza allo Spirito.
Le istruzioni quindi per essere
veramente funzionali devono essere
fatte nel momento psicologicamente
migliore, nel modo piu adatto per
invo~liare l'esercitante alla concreta
applicazione al proprio caso.
- Colloquio privato. Prima di esporre
l'oggetto proprio del colloquio o
dialogo spirituale durante gli Eser-
cizi, è bene chiarire che non può,
normalmente, il Direttore credere
che tutti possano dire tutta la pro-
pria espenenza spirituale. Molte cose
sarà compito del Direttore scoprirle,
intuirle - non crearle o ingrandirle
con la propria farmtsia - sotto espres-
sioni talvolta infelici, nel gesto, nel
comportamento e reazioni affettive.
Talvolta gli esercitanti cercheranno
futili motivi, o che sembreranno tali,
per iniziare un colloquio, e da essi
si potrà poi pervenire a qualcosa di
più inerente agli Esercizi e alla loro
vita spirituale.
5. Clima di silenzio e di raccogli-
mento
La presenza vitale, fiateriorizza-
zione, esigono una totalità di perce-
zione in tutto l'essere, una concen-
trazione di tutte le facoltà. Dio lo si
può sentire in mezzo al mondo. fl
dialogo realizza non poche volte un
approfondimento e una chiarifica-
zione. La dinamica di gruppo apre
la coscienza a prospettive sconosciute,
arricchisce la personalità, la rende
capace a cogliere altri punti di vista.
La percezione della problematica
altrui aiuta a scoprire nuove zone
nella propria coscienza.
Però normalmente Dio non violenta
la psicologia. Ma si adatta ad essa.
Ora in mezzo alla problematica del-
1'ambiente, con l'immaginazione piena
di immagini di ogoj ~enere e i
sensi aperti su ciò che mcide nella
vita, non si può ottenere l'energia
necessaria, la concentrazione, per una
maturazione della personalità. Dio
è presente, però a causa della psico-
logia dissipata, non Lo si percepisce
con la limpidezza e l'assolutezza
necessaria per impeg.nare la perso-
nalità nell'atto più trascendente di
cui è capace: <<l'elezione>>.
Un altro motivo esige questo iso-
lamento.
S. Ignazio vuole che nell'atto
«dell'elezione 1> 110n influisca nessun
uomo. Come si è detto, persino il
Direttore, deve lasciare << il Creatore
operare immediatamente con la crea-
tura, e la creatura con il suo Creatore
e Signore i>.
È molto difficile non lasciarsi
influenzare dal parere altrui, non
cominciare a dubitare nell'intimo
dell'essere. Ne è in perico"lo la libertà
e l'indipendenza spirituale. Solo la
percezione personale e serena della
realtà può dare la sicurezza e con-
vinzione necessaria per creare la
solidità e la fermezza propria di una
decisione stabile.
È il motivo per cui le grandi opere
richiedono un lungo tempo di gesta-
zione, interna, di laboratorio e di
studio riposato.
Anche qui s'incontra lo stile bi-
blico: l'esercitante, come Mosè, sale
al deserto biblico per scoprire la
volontà di Dio nel contatto diretto
con Dio. (Cfr. I. IPARRAGUIRRE,
Esercizi spirituali di S. Ignazio alla
luce del Vat. Il).
ATTUALITÀ DEGLI ESERCIZI
SPIRITUALI
Ancor oggi gli Esercizi sono il
mezzo piu adatto e piu efficace per
favorire il contatto dell'uomo con
Dio. Giustamente osservava Pio XI:
<• Anche se gli Esercizi Spirituali non
consistessero in altro che nall'ap-
partarsi per qualche tempo dalle
assillanti occupazioni e preoccupa-
zioni terrene per riposare lo spirito
nella quiete non oziosa di un ritiro
e nel silenzio di tutte le cose esteriori,
per dare comodità all'uomo di pen-
sare ai problemi piu vitali, che, nei
segreti piu intimi della coscienza,
hanno sempre preoccupato e preoc-
cupano l'umanità, cioè ai problemi
della sua origine e del suo fine,
<< donde venga e dove vada >>, sarebbe
già un grande ristoro per l'anima >>
(Lettera Enc. Mens Nostra, 1929).
E l'attuale Pontefice ha definito
gli Esercizi « la predicazione più
efficace >> ( Discorso del 29 dicembre
1965), perchè è la più persuasiva
e conclusiva. Il suo contenuto, in-
fatti, attinge alla dottrina fondamen-
tale dogmatica, morale e ascetica
della nostra fede.
«Pertanto gli Esercizi vanno con-
siderati non più come perfeziona-
mento della vita spirituale riservato
a iniziati, ma come componente
essenziale della pastorale... (Pasto-
rale dell'Episcopato Triveneto sulla
validità degli Esercizi Spirituali).
Il Santo Padre Paolo VI ha detto
che bisogna << allargare questa fonte
di salvezza e di energia spirituale
per renderla possibile a tutte le
categorie 1>, in modo che gli Esercizi
Spirituali diventino <• una abitudine
del popolo cristiano molto, molto
più diffusa e molto più nutrita di
quanto non sia» (Discorso del 29 di-
cembre 1965).
l\\tlolto giustamente scrisse ancora
Paolo VI sull'opportunità di conser-
vare a questa forma di intensa espe-
rienza religiosa il suo carattere spe-
cifico di rapporto personale con Dio:
<< Sarebbe un errore diluire il ritiro
degli Esercizi con innovazioni che
per quanto buone in se stesse, ridur-
rebbero l'efficacia del ritiro chiuso.
Queste iniziative, come attività di
gruppo, discussioni religiose e ri-
cerche di sociologia religiosa, hanno il
loro posto nella Chiesa, ma il loro
posto non è il ritiro chiuso, nel quale
l'anima, sola con Dio, riceve genero-
samente l'incontro con Luj ed è da
Lui meravigliosamente illuminata e 41

2.8 Page 18

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fortificata» (Lettera al Card. Cushing,
25 luglio 1966).
Il Vaticano II Apostolicam
Actuositatem t, n. 32) annm'era gli
Esercizi Spirituali tra i sussidi quanto
mai opportuni_ per un'azione apo-
spolica intelligente e metodica.
Sulla classica struttura degli Eser-
cizi ignaziani, cosf valida e prov-
videnziale nel suo clima di rifles-
sione e di profondo silenzio, cito
ancora le parole rivolte da Paolo VI
il 27 novembre 1968 ai partecipanti
al Primo Corso Internazionale per
lo studio degli Esercizi Spirituali di
$. Ignazio alla luce dell'insegna-
mento attuale della Chiesa:
~ Salutiamo ùma11zi tutto il gruppo
dei Padri Gesuiti partecipanti a w1
Corso per l'aggiornamento degli Eser-
cizi Spirituali di S. lg11a:rio. Sono
cinquanta specialisti di questa alli-
vità estre111am~1le importante, estrema-
mente efficace e, diciamo pure, anche
estremamente moderno.
Si porla di aggiomamento. Certo,
gli Esercizi di S. lg11azio risento,w
anche loro della forma, dida,,w let-
teraria e psicol.ogica, nella quale so1to
stati concepiti e scritti. Ma ciò che
co11te11go11O, sia dal lato, chiamiamolo
pedagogico, cioè riguardante la presa
sulle a11ime, e sia delle verità che
co11tengo11O, della dottrina e della for-
mazione cristiana, ha una vitalità
peren11e, eterna, e Noi 1W11 deside-
riamo di meglio che di tJedere com-
piuto questo aggiomamento, cioè questa
efficacia degli Esercizi Spirituali sia
applicata agli uomini del 11ostro tempo
e speciali::zata per i vari gruppi che
freq11e11fa110 gli Esercizi Spirituali.
A comirzciare dai Sacerdoti: 911a11to
desidenamo dawero che i Saurdoti
si alime11ti110, si co11forli110, si rin-
franchino con la partccipazio11e agli
Esercizi Spirituali!
Quanto lo desideriamo per tutti i
ceti delle persone! Ed è così bello
vedere appu11to c/,e dalla giO'IJe11t1ì,
poi dogli uomini 7/laluri, dalle varie
professio11i, dalle varie categorie so-
ciaÌi, si cerchi di atli11gere a questa
sorgente, a questa forma di educa-
zio11e spirituale e di ricupero di tulle
le buo11e promesse e delle gra11di grazie
annesse alla vita cristiana nell'incontro
di' questa formula di cui dobbiamo
sempre lodare e ri11gra::iare S. Igna;:w
e i co11tinuatori della sua opera.
Qui11di plaudiamo a questo tJOslro
proposi/o di rendere più larglti e pitì
efficaci che sia possibile gli Esercizi
Spirituali e diamo a ciascuno di wi,
al.le case a cui presiedete, a quelli che
saran11O clitmti della 'Vostra predica-
zione, ima grande e cordiale benedi-
zio11e ».
42
P. ANTONIO SANNA S. J.
ESERCIZI DI ORIEN
1. Contestiamo il termine «Esercizi i>?
È possibile anche questo. Se infatti per • Esercizi •
si intende un'attività ~cetica diretta chiaramente ed
esclusivamente alla • revisione •• alla «conversione• di
vita, il discorso può dirsi senz'altro chiuso, con l'afferma-
zione che gli «Esercizi di orientamento vocazionale i>
non esistono. In tale ipotesi si dovrebbe ripiegare su altre
iniziative, che potrebbero prendere il nome di« lncontri ••
di • Tre giorni •• di • Settimane di orientamento•·
Ma se per Esercizi si intende un'esperienza ascetica
comunitaria di alcuni giorni, diretta al futuro oltre che
al passato, da compiersi soprattutto nei momenti piu
impegnati, piu forti della propria vita spirituale, allora
ci sembra che gli • Esercizi di orientamento vocazio-
nale• si possano fare, e con molto profitto. Prova ne sia
il fatto che all'i_nizio di una nuova esperienza di vita
(religiosa, sacerdotale, matrimoniale), prima cioè di
compiere l'atto ufficiale che ad essa immeti:e, si consi-
gliano e si fanno degli Esercizi, diretti a porre le basi
del futuro i_mpegno. E se si fanno al momento di dare
inizio ad uno stato di vita, perchè non si potrebbero
fare al momento delicato della scelta, sotto un certo
aspetto piu importante del primo?
2. Non potrebbero bastare gli Esercizi « generici »?
Di fatto si è quasi sempre agito i_n questo modo.
Esercizi ~ generici •>, con la trattazione marginale del
problema vocazionale. Nulla da eccepire in merito. Ma
ciò non toçlie che si possa e si debba specimentare una
formula d1 Esercizi esplicitamente t vocazionale • per
coloro che ne sentano vivo il bisogno.
Come organizzarli si vedrà piu avanti. Per ora ci
basta rilevare alcuni aspetti positivi. Premettiamo che
non si tratta di Esercizi da ripetere piu volte nella vita,
almeno nella generalità dei casi. Nel corso di essi poi è
possibile impostare una predicazione • evangelica ••
con un mordente esistenziale indubbiamente piu inte-
ressante proprio perchè si è alle prese con le scelte di
fondo della vita. La fi~ura di Cristo, che in genere
occupa un posto preminente nell'attività di tutti gli
Esercizi, qui acquista una eloquenza interiore piu inci-
dente proprio perchè ha da dire le parole piu determi-
nanti per la vita di un uomo. Il Suo modello di vita si
pone in termini piu i_mpeinativi, piu personali. La stessa
prospettiva dei novissim1, del mistero pasquale si pro-
fila nello spirito con responsabilità legate non già all'epi-
sodio da sanare, al tono di vita da elevare, ma alla chia-
mata, e conseguentemente alla risposta fondamentale
da dare a Dio su tutta la vita. Dopo la grazia della per-
severanza, questa è senza dubbio la piu importante che
lo Spirito possa elargire a un'anima cristiana.
3. I Cooperatori e gli Esercizi di Orientamento
Essi possono organizzarli, frequentarli, o farli fre-
quentare, secondo le circostanze particolari. L'orga-
nizzarli fa parte di quell'apostolato specifico salesiano,
che fa dell'accudimento delle vocazioni una delle istanze
piu urgenti, insieme con quelle dell'apostolato w,ovanile,
della buona stampa ecc. Rientra P.Oi fra gh appelli
espliciti rivolti dal Concilio ai laici 11 dovere di preoc-
cuparsi di questo problema vitale per i_l popolo di Dio.

2.9 Page 19

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JAMENTO VOCAZIONALE Relazione di
don ALFREDO FRONTINI
Possono anche frequentarli o farli frequentare susci-
tando interesse attorno all'iniziativa nelle proprie
famiglie, nell'ambito delle proprie conoscenze, delle
proprie parrocchie o associazioni, e in seno ai gruppi
giovanili dei Cooperatori, che ormai vanno crescendo
io numero e qualità.
Il fatto poi che siano i Cooperatori a organizzarli ha
un aspetto psicologico che merita di essere rilevato.
Non è infatti molto facile mantenere a questa iniziativa
tutta la ... neutralità che la materia stessa esige e che i
giovani apprezzano moltissimo, specie in questi tempi.
11 carattere infatti laicale che l'Associazione ha per sua
natura permette di presentare ai giovani interessati
tutta la vasta problematica della triplice scelta (matrimo-
niale, sacerdotale, consacrata) senza particolari pressioni
psicologiche dovute a un sia pur benintenzionato prose-
litismo. E di questo i giovani ci sono molto riconoscenti.
4. Concetto di Esercizi di Orientamento
Anzitutto si tratta di orientamento vocazionale, non
professionale, anche se i due settori, per certi aspetti,
si postulano a vicenda. Non si tratta cioè della scelta
nè di una carriera nè di un apostolato. Si tratta invece
di aiutare con un'attività organizzata sul piano ascetico
il discernimento del propno «stato di vita ►>: laicale
(matrimoniale o celibe), sacerdotale, consacrato (reli-
gioso o secolare).
Parlando poi di «Esercizi •> si intende parlare di una
esperienza ascetica comunitaria che duri almeno tre
&iorni in forma preferibilmente «chiusa•> (specie per i
«giovani »), articolata in periodi di ascplto, di riflessione,
di preghiera. Non si tratta quindi di un «incontro ►>,
di una «tre giorni •>, di un « ciclo di conferenze ►> ecc.
5. Età preferibile degli esercitandi
Per questo tipo di Esercizi sono piu indicati i «gio-
vani >>, non gli adolescenti nè tanto meno i preadole-
scenti. La ragione è chiara. È infatti l'età che va dai
17 ai 25 anni circa quella ·piu atta alle scelte definitive,
con possibilità di concludere. Non si tratta naturalmente
di una determinazione matematica, come in ogni atti-
vità psicologica che concerna l'età giovanile. Sono pre-
vedibili infatti margini in piu o in meno di mano in
mano che si presentino situazioni concrete.
Per gli adolescenti e per i preadolescenti i_nvece oc-
corre un'opera diagnostica ed educativa piu prolungata
e attenta, per la quale si richiedono vere e proprie
équipes operanti nell'ambito di istituzioni a ciò quali-
ficate. Tali sono per esempio quelle già in atto in varie
zone dell'attività salesiana.
6. Esercizi maschili, feJilDlÌnili o misti?
Non ci sorprenda la domanda. Premesso infatti che
durante questi Esercizi si debbono presentare tutti e
tre gli <i stati di vita» (ci si permetta di continuare a chia-
marli cosf per ora I) potrebbe apparire buona la formula
degli esercizi *misti », anche perchè questo potrebbe
invogliare maggiormente quel largo strato di giovani
che sono interessati alla scelt:a matrimoniale.
Pertanto non si esclude a priori la possibilità di fare
esperimenti << misti •> specie quando si tratta <li gruppi
già precostituiti, e che quindi hanno già una certa
consuetudine di vita comunitaria.
In genere però l'esperienza insegna che per ottenere
un clima più favorevole a questo tipo di Esercizi sono
desiderabili comunità uniformi per età e per sesso.
Finora purtroppo la partecipazione a questi Esercizi
è stata prevalentemente femminile per un complesso
di circostanze che non è qui iJ caso di analizzare. E di
questo bisogna tener calcolo quando si imposta il di-
scorso dell'or~anizzazione. Ma ci auguriamo che ben
presto anche I nostri giovani vengano sollecitati a fare
quest'esperienza tanto proficua per le Joro scelte future.
7. Selezione degli esercitandi
Occorre evitare due controindicazioni per questo
tipo di Esercizi. E cioè che vengano confusi con gli
Esercizi << generici >) di <<conversione>>, di << revisione •>;
oppure che i giovani vi accedano in modo quasi forzato.
Di qui la necessità di una intelligente selezmne e poi di
una sapiente preparazione remota.
Se è vero ù1fatti che tutti gli Esercizi postulano una
preparazione psicologica dei candidati, questi Esercizi
la esigono in misura maggiore.
Di qui la necessità da parte dei sacerdoti e dei laici
che ·collaborano all'iniziativa di chjarire bene mediante
colloqui amichevoli e stampa appropriata che non si
tratta di Esercizi generici. Questo però non esclude
la eventualità di una certa revisione di vita che è nella
logica naturale di tutti gli Esercizi spirituali in quanto
tali.
Di quj anche la opportunità di comunicare per tempo
alla Casa di Esercizi i nominativi dei partecipanti affin-
chè sia possibile prendere contatto epistolare con essi
prima ancora di iniziare il corso. Si constata infatti
che questo contatto preliminare giova molto all'am-
bientamento previo degli esercitandi, soprattutto se è
fatto con molta apertura di cuore da parte di chi predi-
cherà il corso.
Un particolare da non trascurare assolutamente è
quello di precisare per iscritto e a voce che verranno
presentati in modo... imparziale tutti e tre gli «stati di
vita •> possibili, il che agevolerà non poco il clima di
libertà interiore tanto necessario per chi è chiamato
a fare scelte cosi fondamentali.
8. Persone « a servizio » degli Esercizi
Per questo tipo di Esercizi è consigliabile un solo
predicatore, che sia però ben preparato nella tematica
e nella metodologia di questa esperienza ascetica.
A collaborare con il sacerdote, in funzione di assistenza
materiale, e non solo materiale, è bene che ci sia una
persona particolarmente dotata per l'organizzazione e
per il dialogo. Al fine di non interferire inopportu-
namente con l'opera del sacerdote ed anche per sot-
tolineare il carattere già affermato di << neutralità >>,
tanto necessario per questi Esercizi, è auspicabile che
questo collaboratore sia una persona laica. Particolar-
mente adatte a questo scopo sono le persone <t consa-
crate secolari •>.
43

2.10 Page 20

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9. Cose raccomandabili per un orario gio~aliero
Tornando a ribadire che si tratta di Esercizi e non di
Incontri di aggiornamento, rimane fuori discussione la
necessità del sile,u;io durante il corso. Esso va richiesto
in bel modo ma con insistenza, specie se nel gruppo vi
sono giovani che fanno per la pnma volta questa espe-
rienza. Occorre aver fiducia nella capacità di aut0con-
trollo dei nostri giovani, specie quando sono essi stessi
a chiedere di fare questo tipo di Esercizi .
Le co11/ere11ze-prediche non dovrebbero superare il
numero di due, tenuto presente il fatto che poi vi saranno
riflessioni comunitarie che completeranno il quadro della
Parola di Dio. Ogni norma naturalmente ha le sue ecce-
zioni, specie se si tratta di giovani del tutto imprepa-
rati a riflettere in silenzio oppun: se il corso ha un carat-
tere •misto• (di revisione e di orientamento).
Un'infaiativa che va rivelandosi sempre piu proficua
è la riflessione conumilaria, la cui partecipazione rimane
libera... ma molto raccomandabile. Essa si può svolgere
in uno o in due tempi, secondo il numero dei parteci-
panti. Potrebbe cioè essere preceduta dal lavoro dei
gruppi, costituiti per età o per argomenti, con l'aiuto
di fogli-guida che orientino la discussione. Superfluo
dire quali saranno i temi di questa riflessione comuni-
taria, perchè sgorgano spontaneamente dal tipo di
Esercizi e dalle conferenze del sacerdote.
FI.\\I sperimentata con profitto, dove fu possibile, una
altra iniziativa: la testimonianza di vita. Essa consiste
in una conversazione al giorno tenuta da un coniuge,
da un sacerdote, da una persona consacrata, che pre-
sentano in forma avvincente il proprio stato di vita,
dando luo~o, se si ritiene opportuno, a un dibattito
sereno sull argomento. La conferenza potrebbe essere
sostituita da una lettura scelta bene. ì\\1eno opportuna
sembrerebbe una proiezione.
Un momento carico di responsabilità spirituale
rimane il colloquio che !'esercitando fa con il sacerdote
o con il collaboratore. L'esperienza dice che non tutti
riescono a superare il complesso dell'incontro con una
persona conosciuta da troppo poco tempo. Occorre
saperci fare perchè, in tutta libertà, chi ha biso~no ne
approfitti. Non forzare ma agevolare. Tanto p1u che
in certi casi questi csercitandi vengono già sollecitati
da sacerdoti di loro conoscenza ad aprirsi con il predi-
catore e a ritornare con una risposta piu chiara sui loro
problemi.
L'attività più difficile per questi giovani rimane
indiscutibilmente La pausa di riflessione che occupa i
vari intervalli. Non ci sono abituati e bisogna aiutarli,
se è possibile, con qualche sussidio o, per i piu pre-
parati, con il diario personale. Fra i sussidi piu racco-
mandabili vi sono i questionari predisposti dal predi-
catore e i libri a carattere ~testimoniante».
La pregl,iera richiederebbe un discorso lungo. J\\Ia
trattandosi di un argomento già molto sviluppato in
altre sedi, ci limitiamo a sottolineare due cose: la neces-
sità di un'esperienza viva 4 ecclesiale o durante questa
preghiera, l'opportunità di un intervento attivo e spon-
taneo dei ~ovani nelle preghiere dei fedeli fatte durante
le funziom eucaristiche e le celebrazioni della parola.
Ottime anche le iniziative di una liturgia penitenziale e
di un esame di coscienza guidato.
10. Temi per le conversazioni-prediche
La scelta dei temi è legata molto alla impostazione di
fondo che si vuole dare agli Esercizi. È Jotco infatti
che se gli Esercizi sono quasi totalmente d1 orienta-
44 mento», si tratteranno argomenti specifici; se invece
sono cU orientamento e di revisione di vita, si dovranno
integrare con ar~omenti tradizionali di meditazione.
A solo scopo indicativo mettiamo qui alcuni temi
utili in entrambe le impostazioni: il Vangelo, Cristo,
il Popolo di Dio, il Mondo, la Personalità, la Felicità,
la Libenà, la Santità, la Vocazione, il Laico, il Laico
coniugato, il Sacerdote, il Consacrato religioso, il
Consacrato secolare, la Pasqua finale.
Il modo di trattare i diversi argomenti deve rispondere
a una triplice esigenza:
autenticità, che riveli una profonda convinzione per-
sonale e una larga esperienza di vita;
apertura di dialogo, che arrivi al cuore deJl'eserci-
tando per via di persuasione, senza inflessioni polemiche;
imparzialità nei confronti di tutti gli stati di vita,
di modo che il giovane si trovi a suo completo agio, qua-
lunque sia la scelta che sta per fare; è questa la dote
piu essenziale e necessaria per questo tipo di Esercizi;
dote, ripeto, alla quale i giovani sono particolarmente
sensibili; dote, d'altra parte, non sempre facile psicolo-
gicamente per il predicatore e per il collaboratore o la
collaboratrice, a motivo della situazione concreta nella
quale li pone la loro vocazione o la loro specifica pastorale.
:n:. Alcune idee per concludere
Anzitutto una raccomandazione. I giovani in questi
Esercizi vogliono sapere non che cos'è la vita matrimo-
niale, siicerdotale, consacrata, ma voçliono sapere che
cosa debbo110 fare essi in concreto. Piu che oggettivare
quindi il discorso, occorre soggettivarlo, interiorizzarlo.
E questo non solo neJ colloquio, nella confessione, dove
ciò riesce spontaneo, ma anche nelJa predicazione, nella
riflessione comunitaria. Ai giovani non interessa tanto
la dottrina quanto la soluzione del loro problema.
L'erudizione, anche piu sacrosanta e plausibile forse
in altro tipo di Esercizi, qui finisce per diventare con-
troproducente.
Nel presentare il problema vocazionale in genere si
tenga presente che i giovani sono particolarmente sen-
sibili a due appelli: essere in missione per lutto iJ mondo,
santificarsi mediante e nell'ambito ddla carità. Andare
incontro a tutto il mondo nella pienezza e nell'eroismo
della carità rimane per essi un miraggio per il quale
sono disposti a sacrificare tutto. Una famiglia propria,
una parrocchia propria, un convento proprio finisce per
bloccarli, se non se ne fa una presentazione in luce di
mondo, di solidarietà universale. Di qui la necessità d i
invertire l'ordine delle «chiamate» da parte di D io, an-
che se ciò P.Uò riuscire in un primo tempo meno interes-
sante per 11 giovane ascoltatore: si tratti cioè prima la
vocazione del Popolo di Dio e poi la vocazione parti-
colare di ognuno.
A proposito di chiamata• si metta ben in chiaro che
la vocazione non parte quasi mai da zero, se non in casi
eccezionali e clamorosi. La vocazione è sempre frutto
di una «rilettura » consapevole o inconsapevole delle
situazioni, cosf come si sono presentate lungo ·l'arco
della vita. Sotto un certo aspetto psicologico essa è un
punto di arrivo piu che un punto di partenza. Di qui la
necessità di invitare con pazienza e amore i giovani a
riflettere i> sulla conduzione de!Ja loro vita da parte
di Dio. Qui veramente ha buon gioco la teologia delle
situazioni •· È vero che i giovani sono allergici al mira-
colismo in genere, ma l'entusiasmo dell'età potrebbe
talvolta renderli impazienti e meno disposti ad accettare
ciò che Dio ha ricamato in concreto sulla trama delJa
loro vita.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Scambio di idee sulle
due reJazioni
Alla relazioni di P. Sanna come
a quella di don Frontini segui un inte-
ressante scambio di idee, guidato dai
Conferenzieri e diretto a calare nella
pratica i principi esposti. Riassumiamo
anzitutto le risposte di P. Sanna alle
domande dei Delegati.
Domanda: Come ccncentrare tulio
il lawro delle quattro settimane ig11a-
:nane nei tre-quattro giorni degli Eser-
cizi dei nostri Cooperatori?
Risposta: Non debbono mai man-
care i temi fondamentali di medita..-ione
(cfr. Conferenxa), che/ormam, l'esse,,za
ikgli Esercizi, i quali mirano a e ordi-
nare la propria vita secondlJ la volontà
di Dio, vedendo se ci sono elementi
che contrastano a questo fine •·
Domanda: Oggi si tende molto a
cambiare, sperimentare vie nuove, diva-
gare... Lei che tte pensa?
Ris~ta: Se divaghiamo, gli eser-
citanti. ci seguiranno per l'interesse della
1Wflità, ma non raggiungeremo 11 fine
degli Esercizi, che è la riforma della
vita e, in casi specifici, la elezione
dello stato. A11che i Gesuiti hanno spe-
rimentaw altri metodi, ma stanno ri-
tomando alla forma tradizi.onale.
L'esperienza dice che gli Esercizi senza
la meditazione sui temi fondamentali
sono destinati a fallire, almeno come
Esercizi. In pratica: stare ai temi
tradizionali, ma trattandoli in forma
mo~ertta.
Domanda: Oggi si contesta anche
il silenzi.o negli Esercizi: Lei, padre,
chenepensa ?
Risposta: Si è discusso molto a
Lojola come a Roma sul silenzio negli
Esercizi Spirituali e si è concluso che,
tutto sommato, il silenzio bisogM con-
servarlo come liriea di massima. Con
gli adulti, se si chiede molto, si ottiene
molto; occorre però dire chiaro in prin-
cipio che gli Esercizi son!J silnizio e
riflessione, interrotti solo per parlare
con Dio e con chi lo rappresenta.
Aticlie ai ragazzi bisogna spiegare
bene che cos(l. sono gli Esercizi.. Allora
per molti diventano una scoperta: tre
giorni tutti per me! ima cameretta tutta
per me! se taccio io, mi parla Dio!...
T11ttavia con i ragtuzi ci si può accon-
tentare di esiterfo solo in determinati
periodi della giornata. Circa il silenzio è
atiche interessante rilevare che gli eser-
citanti man mano che avanzano nella
vita spirituale, vogliono un silenzio più
rigoroso.
Domanda: E circa i mezzi audio-
visivi, come filmine, documentari, disclù,
cinema?
Risposta: L'utilità di questi mezzi
dipende dalla scelta, dalla prepara-
zione psicologica degli esercitanti e
dal dosOftK.ÌO. Occorre in ogni caso
dire chiaro che mm si tratta di lln
diversivo ma di cose sacre e comple-
mentari delle meditazi.otti e degli esami.
E poi bisogna saperli dosare. Per
esempio, durante i pasti sono indica-
tissimi i dischi di musica sacra e di
brani di Vangelo attinenti ai temi
meditati. Così noi abbiamo sperimen-
taLo ecceUe,1ti, dopo cena, le «Filmine
Don Bosco• sulla Passione, sui Misteri
del Rosario, sulla Madonna ecc. C'è
anche un documentario: e Giovani sotto
inchiesta & di P. Giachi S. I., che
introduce al sistema ignaziano ed è uti-
lissimo specie per i çiovani. Sono invece
da escludere tutti i film, anche se
sacri, percliè eccita,w e distraggo,w.
Domanda: Lei, Padre, ha predicalo
gli Esercizi ai nostri Exallievi Sardi
ed è n'uscito a fo,mergerli in un clima
di riflessione e di serietà che ha inciso
profondame,1te. Può !velarci il segreto?
Risposta: Nessun segreto, è solo
questione di u11 po' di mewdo. Prima
di tutto cercare che gli esercitanti siano
elementi omogenei; poi usare con loro
u,, h'nguaggio adatto a introdurli nelle
profondità.- In og11i meditazio11e offrire
molta materia, 110,i fare la medita::rio11e,
ma dare loro la traccia per f aria. Dopo
of!i medittuio11e deve seguire una mez-
z ora di meditazio11e perso11ale in ca-
mera o altrove. S. Ignazio: e Dove
trovi Dio, ivi fènnati •· Per questa
meditazio11e perso11ale è utile dettare
(meglio clze distribuire ciclostilata) una
traccia da meditare. Naturalme11te i
punti possono essere molti, ma dire
che se ne può meditare anche mw solo.
111 camera, medita11do, posso,w anche
scrivere, se ciò li aiuta. Quando il
gruppo non è omogeneo, bisogna seguire
gli esercitanti uno per uno.
Domanda: Il direttore degli Eser-
cizi dev'essere distinto dal Predicatore?
È meglio u110 o due predicatori?
Risposta: La direzione dev'essere
unica. Il direttore è bene che sia anche
predicatore. Quanto al mJmero dei pre-
dicatori, è meglio che sia uno solo.
L'unità di diregione non impediue che
a coadiuvare il direttore degli Esercizi
ci sia un regolatore, che completa, ma
11011 intralcia l'opera del direttore spi-
rituale.
Domanda: Il colloquio col direttore
dev'essere spontaneo oppure è il direttore
che deve chiamare?
Risposta: Per t11tti si consiglia che
il direttore it, principio faccia a cia-
scuno una brevissima visita di conve-
11ietiza in camera: ciò serve a rompere
il ghiaccio. Poi, durante il corso, è
bene chiamarli, sopratwtto quando si
notasse qualcuno cfie non prega o qual-
che gruppo che 1101, segue. Se però si
tratta di esercitanti maturi che l,a,,no
già il loro direttore spirituale, conviene
agire con molto riguardo, tatto e pru-
denza. In ogni caso chi dirige deve
ricordare che gli Esercizi so110 una
esperienza personale e non un inc011tro
comunitan'o. È per questo che si c011- 45

3.2 Page 22

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siglia di tenere, prima o dopo (non mai
nel corso degli Esercizi), una giornata
di aggiornamento.
Domanda: Quanti possono essere
gli esercitanti? qualipreghiere consiglia?
n Risposta: numero ideale è da
r5 a 20. Il di più va a scapito dei sin-
goli. Quanto alle pratiche di pietà si
può sentire il gn,ppo e assecondarne i
desideri. Restano le pratiche insurro-
gabili come la S. Messa e l'esame di
coscienza, che non dev'essere tanto sttlla
propria vita, quanto sul come ognu,w fa
gli Esercizi. Insistere sulle vi.site private
e sul colloquio con Gesù nell'Eucaristia.
Circa le altre pratiche, come l'adora-
zwne, il Rosario, le Veglie Bibliche,
la Via Crucis ecc., piena libertà di
scelta.
P. Schiavone: Gli Esercizi Spiri-
t uali alla luce del Vaticano Il.
Di rettorio per Esercizi Spirit uali
Guida pratica • L. 1300 Ancora
Milano • Editrice Cenacolo, Brescia
Sugli Esercizi di Orientamento
si discussero col Conferenziere le forme
più. atte per l'attuazione dei chiari
principi enunciati. Il sugo dello scambio
delle idee si può raccogliere in queste
indicazioni pratiche:
Gli Esercizi di Orientamento siano
veramente <i Corsi di orientamento~ e
non corsi generici per giovani.
Se hanno già fatto gli Eserazi,
conviene orientarli subito verso lo scopo
specifico del corso; se non li hanno mai
fatti, armonizzare insieme i due scopi,
per es. dedicando ogni gwrno un'ora
alla revisione di vita.
r/
Per evitare che gli Esercizi di. 0-
rientament() manchino di mordente per i
partecipanti che li hanno già fatti, si
può fare una programmazione ciclica,
oppure organizzarne due o più corsi,
avvisando i giovani che nel primo si
parla di. Orientamento vocazionale, nel
secondo si riassume quanto riguarda
l'orientamento e poi si svolge una te-
matica che avanza a senso ciclico. Dove
,u;m è possibile farne due corsi, si con-
siglia che il predicatore all'inizio chieda
inquanti li han già fatti e poi li divida
due gruppi: sono più faticosi per il
predicatore, ma riescono più efficaci.
Punti-impegno circa gli Esercizi Spirituali
A conclusione degli interventi sulle
relazioni riguardanti çli Esercizi, si
fissarono alcuni punti-impegtio:
Dobbiamo metterci si, di una
linea di maggior serietà e fare veri
corsi di Esercizi: evitarequindi queicorsi
che 1mmo unaformula mista di esercizi-
convegno.
Promuovere possilJilmente corsi
per categoria (coniugi, fidanzati, con-
siglieri dei Centri ecc.) e omogenei per
età e per esigenze spirituali. Per es.
ogni regione potrebbe programmare un
corso all'amw riservato a chi non ha
mai fatto gli Esercizi.
Organizzare corsi di Orienta-
mento: almeno uno per regione.
A costo di lasciare altre inizia-
tive, adoperarsi perchè gli Esercizi
siano incrementati al massimo e che
ogni anno vi partecipi anche un buon
numero di Cooperatori che non hanno
mai fatto gli Esercizi.
SQ I direttori (predicatori) degli
Esercizi ricevano dal Delegato ispetto-
riale indicazioni utili perchè seguano
una linea che si ispiri ai criteri emersi
dalle relazwni e tengano conto del
particolare uditorio (Cooperatori).
Si insista molto sulla osservanza
del silenzio; in tutti i corsi ci siano
almeno ambie11ti e tempi in cui è pre-
scritto il silenzio; e si affidi il ruolo di
regolatore a Cooperatori qualificati e
idonei.
IL MOVIMENTO TERRA NUOVA
Il 3 maggio, don A. Valastro, intrattenne i Delegati
sul Movimento « Terra Nuova», che i nostri lettori
conoscono già attraverso il Bollettino Salesiano dello
scorso maggio e il Bollettino Dirigenti dello scorso feb-
braio. Ci limitiamo quindi a sottolineate alcuni punti.
t . Terra Nuova non è una delle tante organizza-
zioni di Servizio Sociale o di Laicato Missionario, ma
un servizio offerto alle varie organizzazioni, che restano
però quello che sono. Terra Nuova a ogni organizza-
zfone che chiede il suo servizio, dice: siamo a voEtra
disposizione per una certa gamma di servizi; voi non
cambierete nome, nè finalità nè metodi, ma avrete
da noi questo o quest'altro servizio, a seconda delle
vostre richieste.
2. Terra Nuova è anzitutto a disposizione dei Coope•
ratori, degli Exallievi e della Pastorale Giovanile, ma
anche di qualunque altra organizzazione e gruppo gio-
vanile. Anzi mira a sensibilizzare il maggior numero
possibile di giovani, sia nei nostri ambienti come in
ambienti esterni.
3. Tra i 'servizi' che offre Terra Nuova e che si pos-
sono vedere negli articoli citati, assume particolare
risalto la prepara:done dei giovani che chiedono di far
pax.te di Gruppi comunitari di Volontari o di Laici
Missionari; preparazione che si realizza normalmente
iu stages, campi estivi, incontri periodici, ecc.
Scendendo poi al concreto, si è parlato dei Campi di
Lavoro. Don Valastro ha sottolineato lo scopo di questi
Campi, la cui caratteristica più accentuata è quella
che formano comunità. « Da questo conosceranno che
siete miei discepoli se vi amerete l'un l'altro ». I gruppi
possono essere formati di elementi eterogenei per ori-
gine, ma che diventano omogenei per idee e lavoro.
A questo fine conviene convocarli qualche giorno prima
per amalgamarli e formarli, presentando le motiva-
zioni del loro impegno sociale.

3.3 Page 23

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PROPOSTA DI PROGRAMMA
PER L'ANNO 1969-1970
Fu preparato dal Cons. Naz. (Grottaferrata 25-26 aprile) e discusso in un primo esame con la Com-
missione CISI per i Cooperatori (28-4-69), susseguentemente nel Convegno Delegati lspettoriali (3-5-69)
e approvato dalla CISI il 9-5-69.
TEMA ANNUALE FORMATIVO: LA CARITA
I. Poichè la vita di Carità trova una delle migliori ,espressioni nella famiglia ove regna il vero amore,
l'Associazione opererà per un'azione di promozione della famiglia e della sua stabilità, in Italia.
Il. Mentre si porterà avanti il discorso già svolto in passato sul ringiovanimento dell'associazione e
sulla naturale sua destinazione apostolica (cura della gioventù), si dovrebbe fare un capillare e
metodico lavoro per chiarire a tutta la base recuperabile, ai Salesiani ed alle F.M.A. la figura del
Cooperatore, perchè ognuno ne prenda veramente coscienza e agisca di conseguenza.
A questo fine:
a) Ogni Centro indlca una giornata intera di studio per i propri iscritti;
b) Ogni Consiglio lspettoriale organizzi una seria due-giorni per Consiglieri della propria regione;
e) Si ripeta la bella esperienza vissuta dai Consiglieri lspettoriali d'Italia, che, tre anni or sono, fecero
il Primo Convegno Nazionale (proposta: Roma o Torino, 1° maggio matt. - 3 maggio ore 13).
A detto convegno partecipino anche i Delegati ispettoriali la data del loro convegno annuale),
intervenendovi il giorno prima per un incontro riservato a loro soltanto, e i Consiglieri Nazionali
I
(28 riunione annuale) (si avrebbe il vantaggio di un incontro simultaneo tra i vari gruppi responsabili,
con evidente economia di tempo e di lavoro) ;
d) Consiglio Nazionale: 1• Riunione: 27-30 dicembre 1969 (Roma);
e) NeJle Case di Formazione: Giornata di studio. - Nelle Comunità: una conferenza sul tema;
f) Giovani Cooperatori: (proposta giovani delta Campania)
Primo Incontro Nazionale (rappresentanze delle singole Regioni a buon livello formativo.
Data: 19-21 marzo - località da definirsi).
APPOGGIO PARTICOLARE
Al DUE MEZZI FONDAMENTALI DI FORMAZIONE:
I. Scuola di formazione (Nazionale o a cura di ogni ·con"siglio lspettoriale. Impegno di tutte le Re-
gioni).
li. Esercizi (Maggiore impegno, e secondo i criteri che sono emersi dall'incontro di Villasimius).
VARIE
2° Itinerario Missionario (approvato dalla CISI nell'ottobre se.)
- ad iniziativa della Scùola di Formazione: Viaggio in Terra Santa, in collaborazione con i pro-
fessori dello Studentato Teologico di Cremisan per lo studio dei luoghi ,biblici
- Incontri Comunitari estivi per giovani (Campi di Lavoro, o incontri formativi, organizzati su
base regionale o nazionale).

3.4 Page 24

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Spedizione In •bbonamanto postale
Gruppo 1• (70) z• qulndlolna
RfflRO MENSILE REGOLAMENTARE
A Villasimius si è discusso anche sulle forme più atte a rendere
fruttuoso per le anime dei Cooperatori il Ritiro mensile e si sono
proposti due schemi: uno per il ritiro mensile ordinario e l'altro per
il ritiro di una Intera giornata. Per mancanza di spazio rimandiamo ad
altro • numero il secondo schema.
I NDICAZIONI
Il Ritiro mensile non è la riunione mensile, bensì l'occasione per un incon•
tro dell'anima con Dio e con i fratelli, n ella famiglia salesiana, da cui si
deve ricavare alimento spirituale e ricchezza di vita interiore, necessari p er
una vera testimonianza cristiana.
l!: evidente quindi che il Delegato deve dedicarsi ad esso come alla sua
occupazione principale (dovere professionale); e i Cooperatori debbono
avere coscienza di ciò che è il ritiro, p er prepararvisi r emotamente e attuarlo
con cura.
Nonostante che nel R egolamento Don B osco non abbia imposto ai Coope-
ratori il ritiro come obbligo stretto, dovrà essere il Cooperatore ad imporsi
spontaneamente l'obbligo di curare la sua formazione attraverso un buon
ritiro. Particolarment e ai n ostri giorni i laici hanno set e di « sostanza spi•
rituale » e deprezzano incontri, piacevoli sì, ma senza solido fondamento,
e finiscono p er disertarli. Si parli molto quindi di quest o punto del regola-
mento, particolarmente p er coloro che aspirano a entrare n ell'Associazione.
Poichè un vero ritiro Cooperatori prevede:
trattazione del tema aesegnato con p ossibilit à di dialogo, S. M essa Comuni-
taria e confessioni, possibilmente prima della Messa , breve i ncontro fa miliare
(prima o dopo la confer enza), è evident e ch e i Cooperatori debbono t endere
a disporre di un paio di ore di tempo in giorno fuso. E questo non è m olto
se si pensa che il Ritiro è mensile e l'Associazion e non ha altri incontri durante
il mese, eccettuato quello p er i soli Consiglieri. Se il ritiro è ben preparato,
ben svolto, vivace e ricco di sostanza, la difficoltà t empo sarà facilmente
superata.
UNO SCHEMA PER RITIRO MENSILE NORMALE POTREBBE
ESSERE IL SEGUENTE:
Conferenza: si rileggono le notizie dell'ultimo incont ro (verbale).
Trattazione del tema assegnato {20 minuti circa) e relativo dialogo sul-
l'argomento, discussione.
La parola ai Consiglieri, p er eventuali comunicazioni sul loro settore.
I n Chiesa : recita delle preghiere del ritiro e confessioni.
S. Messa comunitaria (canti e letture già preparate).
Giornata e orari fissi.
BOLLETTINO SALESIANO
$1 pubbl/c1:
IJ I• dttl m11H p111 , Coopu11tof/ $1ltslfn1
il 15 del m11s11pertDlrlg11ntldttlCoopor,/o,/
S'Invia gratuitamente al Coo•
paratori, Benefattori e Amici
delle Opere Don Boaco
Direzione e amministrazione:
Via Maria Auslllatrlce, 32
10100 Torino• Telef. 48.29.24
Direttore reaponsablle
Don Pietro Zerbino
Autorizzazione del Trib. di Torino
n, 403 del 18 febbraio 1949
Per lnvlve offerte servirsi del conto
co1Tentepoatalen.Z-1355lnte11tatoe1
Dlraaione Generale
Opere Don Boaao Torino
Per cambio d'Indirizzo lnvlara 1nahe
l'lndlrluo preaedant•
Officine Grafiche SEI - Torino