quale «l'ordine etico-religioso incide più
di ogni valore materiale sugli indirizzi e
le soluzioni da dare ai pro blemi della
vita individuale cd associata nell' interno
delle comunità nazionali e nei rapporti
tra esse» ( Mater et magistra, n. 193).
Va superata la frattura fra vangelo e
cultura; e bisogna por mano a un' opera
di inculturazione della fede, affmché ìl
Cristianesimo «continui ad offrire, an-
che all'uomo della società, indu'.ltriale
aYanzata, il senso e l'orientameto del-
l'esistenza►> (Allocuzione, 7).
La Chiesa, nella città dell'uomo, ha
funzione di fermento e di animazione
aJJa riconciliazione, di provocazione
aJJa speranza. «...E il sentirci interpel-
lati dalla città degli uomini, daJJa cultu-
ra e dalla ch'iltà, è qualcosa che ci deve
fare del bene, in quanto ci impedisce di
di"Ventare acque stagnanti e ci obbliga,
volenti o nolenti, a contemplare questo
mondo non come giudici o come spetta-
tori, ma come «presenze» che lo amano
e lo fannq con la potenza, con la grazia
e con l'amore del Signore Gesù Cristo»
(Card. presidente, «Commiato>), in La
Chie.va in lralia dopo Loreto, Roma
1985, p. 91, n. 11).
tività ecclesiale, anche a quella
culturale.
La centralità del dialogo
In terzo luogo è da rilevare l'insi-
stenza con cui la costituzione parla
di uno dei modi concreti in cui la
Chiesa deve realizzare il suo servi-
zio al mondo, e cioè il dialogo (cf n.
3b, 4a). Già la LG aveva superato
quella concezione secondo la quale
la realtà veniva spaccata in due, ri-
ponendo nella Chiesa la totalità
della verità e nel resto l'errore e
l'inganno. Ma lo aveva fatto nel-
l'ambito ecumenico dei rapporti tra
le diverse confessioni cristiane. Qui
il superamento è molto più largo,
poiché viene fatto nell'ambito dei
rapporti della Chiesa con il mondo.
Dialogare significa ricercare insie-
me la verità. E ricercare la verità
suppone che si abbia coscienza di
non possederla, o almeno di non
possederla pienamente. Il mondo, e
cioè la storia umana in quanto tale,
non è unicamente una congerie di
errori e di menzogne; c'è molto di
verità in esso, nelle sue ricerche, nei
suoi tentativi di miglioramenti in
umanità. li fatto di avere in mano
il Vangelo, verità ultima sull'uomo,
non dispensa la Chiesa dallo sforzo
di cercare la sua realizzazione stori-
ca. E in questo tentativo può rice-
vere molto dalla storia e dallo svi-
luppo del genere umano (cf n. 44a).
Ecco la ragione ultima del dialogo.
Non più quindi un atteggiamento
di semplice magistero, ma atteggia-
mento di condivisione nella ricerca,
sempre guidata dalla luce che alla
Chiesa viene dal Vangelo di Gesù
Cristo. Tutto ciò finalizzato, come
dice la stessa costituzione, ad un
unico e supremo scopo: "Che ven-
ga il Regno di Dio e si realizzi
la salvezza dell'intera umanità»
(n. 45a).
L'autonomia
delle realtà terrene
Un'ultima istanza è da rilevare
nell'ecclesiologia di servizio al-
l'umanità proposto dalla GS, e cioè
l'importanza del riconoscimento
dell'autonomia delle realtà terrene.
Parlando del rapporto Chiesa-
mondo nella LG ne abbiamo fatto
un cenno, sostenendo che le cose
erano lì appena abbozzate. Ora
sono apertamente affermate, so-
prattutto nel n. 36 del capitolo de-
dicato all'attività umana nel mon-
do: «Le cose create e le stesse socie-
tà hanno leggi e valori propri. che
l'uomo gradatamente deve scopri-
re, usare e ordinare». Quest'auto-
nomia sottrae le realtà del mondo
da quella tutela teocratica e sacrale
alla quale sono state sottoposte per
secoli, in altri progetti ecclesiologi-
ci. Un caso emblematico, al quale
fa un velato riferimento la stessa
costituzione, è quello di GaWeo,
nel quale in nome della fede si è vo-
luto imporre delle prese di posizio-
ne scientifiche.
Nel servizio al mondo la Chiesa
non può non tenerne conto, anzi
dovrà procedere con grande mode-
stia e discrezione, sapendo che non
per il fatro di avere la luce della
fede possiede anche la conoscenza
deUe leggi che reggono le attività
mondane.
L'ecclesiologia di fondo
L'impostazione ecclesiologica di
fondo del GS non è esattamente
quella della LG, benché non la con-
traddica.
Essa è stata magistralmente
espressa da Paolo VI nella sua
omelia del 7 dicembre 1965, in cui
questo papa tentò di fare un primo
bilancio, a caldo ancora, dei lavori
conciliari in fase di chiusura. Ad un
certo momento affermò, quasi a
modo di proclama: <<La Chiesa si
dichiara quale serva dell'umanità>>.
Queste parole. lette sullo sfondo
della costituzione appena approva-
ta dal Concilio, traducono il nuovo
orientamento ecclesiologico assun-
to. E implicano un autentico «giro
copernicanm>.
Per secoli la Chiesa era vissuta
nella convinzione di essere il centro
del mondo, di essere una realtà del-
l'ordine dei fini. La concezione del
suo rapporto con il Regno di Dio
in chiave di identità o coincidenza
aveva contribuito in buona misura
a questo. Ciò la portava a quell'ec-
clesiocentrismo che neppure la
svolta provocata dalla LG era riu-
scita a smuovere. La comunionalità
della costituzione dogmatica è an-
cora, infatti, una com'unionalità ri-
piegata su se stessa, che vede il
mondo come qualcosa da conqui-
stare e da, almeno in qualche mo-
do, «ecclesializzare» affinché arrivi
ad essere quel regno di Dio sogna-
to e cercato. L 'ordine delle doman-
de che la Chiesa si pone è ancora
quello ricordato sopra, nel quale
quella riguardante la natura prece-
de quella della missione, e può in
realtà essere risposta senza questa.
La Chiesa prima è, e poi agisce. U
suo essere è definito senza un riferi-
mento intrinseco al suo fare.
La Chiesa è nel mondo
e per il mondo
Nella GS le cose cambiano pro-
fondamente. La Chiesa non si pen-
sa più come un fine, ma come un
mezzo, come uno strumento. Il fine
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