Bollettino_Salesiano_197811


Bollettino_Salesiano_197811



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es1ano Bollettino
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA DON BOSCO NEL 1877
ANNO 1D2 N , 11 • SPEDIZ, IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2 ° 17D1 • 1 QUINDICINA •
1 OIUIINO
1978

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Sommario--«Caro BS...»--Salesi~fno
Servizio di copertina, pag. 17
Foto: Spiri - Saglia
LE IDEE
Ma tocca a noi genitori fare il catechismo?
10-12
Date ai ragazzi il gusto di vivere, 22
GLI UOMINI
Carta d'Identità. Le suore di Mlyazaki, 2- 7
Don Viganò. Gli incontri fanno bene, 7
Missioni. Due documentari, 21
FMA. Incontri d i revisione, 30
Don Bosco. Ripubblicate tutte le sue
opere edite, 31
L'AZIONE
Argentina. Una diocesi per monsignor
Picchi, 30
Bolivia. Sopravvivere a quota 4000, 17-21
Un esempio di Famiglia Salesiana. 30
Brasile. Serg io vuole morire per amore, 21
Filippine. Cento casette per chi non ha
casa, 13
Francia. Centenario ma con avvenire. 29
India. Un tetto sicuro per i ragazzi della
strada. 16
Italia. Compiere cent'anni a Chieri, 14- 16
Lillina e Carlo. 28
Commemorato Artemide Zatti, 30
Nicaragua. Contro nessuno, ma contro le
ingiustizie, 8-10
Spagna. Verso il centenario salesiano, 31
Monumento a mons. Marcelino, 31
Stati Uniti. Racconta Don Bosco in ingle-
se, 29
IL PASSATO
Don Bernardo Ponzetto ( 2). Paracadutato
nel mondo, 23-28
RUBRICHE
Caro BS, 2
Il successo re di Don B osco, 7
BS risponde, 10
Educhiamo come Don Bosco, 22
Brevi da tutto il mondo, 28
libreria, 31
Ringraziano i nostri santi. 32
Preghiamo per i nostri morti, 34
Solidarietà missionaria, 35.
DAL POSTINO ALLA PATTUMIERA
Numerose lettere sono pervenute a
commento di quella del testimone di
Geova» che da qualche tempo passava il
BS direttamente •dal postino alla pattu-
miera», senza neppure guardarlo (vedi
BS di marzo 1978, pag. 2).
* Caro BS, ho letto con molta amarez-
za la lettera del Sig. Boroso di Sernaglia
(TV). Vi preghere i di mandare l'esemplare
che eglf non vuole più. all 'indirizzo di mia
figlia Maria Angela «miracolata• da Don
Bosco quando aveva 6 anni. La grazia era
stata dettagliatamente pubblicata sul BS.
Mia f iglia ora è felicemente sposata e ha
due bambini (una femmina di 14 anni e un
maschietto adottato, d i 9) e insegna ma-
terie letterarie in una scuola media mila-
nese. Ma... non riceve il BS (anche se
legge il mio quando viene a trovarmi); e se
al mondo c'è qualcuno che dovrebbe leg-
gerlo, conoscerlo, e farlo conoscere ai fi-
gli e agli alunni, è proprio lei.
Bernardo F. Romano - Bistagno (AL)
* Caro BS, sono una giovane lettrice.
Al testimone di Geova voglio d ire che un
po' di gentilezza non guasterebbe (be', è
Pasqua, perdoniamo). A te voglio dire che
sei bello come sei, perchè ci porti entu-
siasmo, fed e. ci c omunichi l'amore per le
missioni. A me giovane, ai miei genitori. e
ai nonni il BS piace. Auguri.
Luisa di Cuneo
* Ho letto... Mi è servito a conoscere i
testimoni di Geova (non dico di più perché
come cattol ica non sono abituata a offen-
dere). Il Signore gli dia tanta luce per ve-
dere quai è la vera rel ig ione. Caro BS, se
mi pubblichi q uesta lettera, metti solo :
AF-BG
PUBBLICATE QUESTA
Ve la mando per dire che vorrei non
vedere p barzellette come questa. Gioe
vorrei che la scuola si risanasse al punto
da non suggerire più all'umorista Giovan-
ni Mosca barzellette così amare.
(R.S. - Roma)
- Un professore preso o colei dogli
studenti.
(Da Il Tempo, 1.3.1978)
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'Informazione e cultura religiosa
Direttore responsabile don ENZO BIANCO
Collaboralorl Giuliana Accornero - Pietro Am-
brosia• Teresio Bosco - Elia Ferrante - Adolfo
L'Arco - Jesus Mélida
Fotogralia Antonio Gottardt
Archivio salesiano: Guido Cantoni
Archivio Aud,ovlslvl LDC
Diffusione Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Gralìche SEI - Torino
Autorizzazione
Trlbunaledì Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BS NEL MONDO
Il BS esce nel mondo In 37 edizioni nazionali e
20 lingue diverse (tiratura annua oltre 1Omllionl
di copie) in:
Antlfle (a Santo Domingo)- Argentina - Austra-
lia - Austria - Belgio (in fiammingo) - Bollvla
Brasile Centro America (a San Salvador) - Cile
- es Cinese (a Hong Kong) - Colombia - Ecua-
dor - Filippine - Francia (per I paesi di lingua
francofona)- Germania - Giappone - Gran Bre-
tagna - India (In inglese e lingue locali malaya-
lam, tamil e telugù) - Irlanda - Italia - Jugoslavia
(1n croato e ,n sloveno) - Korea del Sud - BS
Lituano (edito a Roma) - Malta - Messico -
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notizie e foto rlguard11nti la Famlg//a Salesiana.
e s'impegna a pubblicarle secondo le possibilità
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- le rubriche Caro BS. BS risponde, Ringra-
ziano I nostri santi. Preghiamo per I nostri morti;
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- a chi contribuisce alle spese per il BS,
- aiuta le Opere Salesiane nel mondo,
- sostiene le Missioni attraverso Solldar,età
fraterna (pag. 35) o altre forme.
2

1.3 Page 3

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* CARTA D'IDENTITA'
Le
rondinelle
LE SUORE DELLA CARITA'
di
Miyazaki
Sul ceppo salesiano è spuntato in Giappone un ramo gentile e vigo-
roso, una congregazione femminile che ha fatto della carità il suo
programma e è presente in tre continenti. Per l'attitudine delle suore a
emigrare, e per i colori del loro abito, il fondatore le ha chiamate
rondinelle. Fatto sta che da un anno a questa parte sono venute a fare
il nido anche a Roma...
I regazzini de Roma costituiscono un
piccolo problema per le quattro
suore della Carità che hanno aP,crto
una casa a Roma dalle pani dell Eur:
risultano piuttosto burrascosi e fra.
cassoni, a confronto dei piccoli genti•
!uomini giapponesi con cui erano
abituate a lavorare. Ma a parte que-
sto, le suore della Carità sono venute a
Roma per essere vicine al Papa e a
Don Bosco, e ne sono felici. La supe-
riora della piccola comunità, suor
Gertrude, col semplice vestito nero
dal soggolo bianco come le rondini,
dice che ormai la sua congregazione
ha case in cinque nazioni c ti·c conti-
nenti. e ha la segreta speranza che da
congregazione di JLrillo diocesano
com'era ora, possa venire presto rico-
nosciuta di diritto pontificio (come si
merita).
Le Suore della Carità sono 422, più
45 novizie, e hanno aperto 58 case in
Giappone, Korea, Brasile, Bolivia.
Italia. Continuano a crescere di nu-
mero. e hanno tanto da fare. Sono
abituate a una vita dura, a stare con i
pove1i, a lavorare con loro e per loro.
In patria, ma quando i loro poveri
emigrano lontano, magari in America,
vanno a raggi-ungerli là.
Suor Gertrude. Suor Gertrude vie-
ne da Nagasaki, dove da secoli la fode
aveva gettato radici profonde, e dove
l'atomica nel 1945 ha fatto piazza pu-
lita. Un anno prima di quella cata-
strofe la sua famiglia si era trasferita a
Kyoto, per motivi di lavoro (giusto .in
tempo per... evitare l'aLOmica). E di
poco dopo a Tano, dove erano sf0Jla 1e
le Suore della Carità. Jn casa sua era-
no 7 figli, e delle 5 sorelle il Signore si
sarebbe presa la maggiore (divenuta
FMA), la terza e la quinta, divenute
suore della Carità. Suor Gertrude è
appunto la terza.
La misero dalle suore per terminare
le elcmcntru·i, e lei sognava di diven-
tare una di loro. Quando confidò alla
mamma il desiderio di farsi suora si
sentì rispondere: «Per questa grazia è
dalla tua nascila che prego la Ma-
donna». Il babbo, invece, uomo con-
creto, fece il burbero. «Ti mancano
troppe cose. La salute, la voglia di
swdiare, e il coraggio. Hai paura del
buio...». Ma le con cesse un mese di
prova. Se si fosse comportata bene...
Poi entrò in scena un salesiano, quel
~impaticone di don Antonio Cavoli,
missionario de.Ila prima spedizione
salesiana in Giappone. Andò a parlare
al babbo, e tra un errore e l'altro di
grammatica giapponese dovette dire
cose formidabHi, perché il babbo del-
le senz'altro il consenso.
Gertrude andò a Mivazaki a fare le
medie nell'aspirantato delle suore, e
vi conobbe l'injziatore della missione
salesiana in Giappone mons. Vincen-
zo Cin1atti, oggi Servo di Dio. Egli da
Tokvo girava il paese in lungo e in
Largo, e ogni tanto capitava là. Era per
tutti una festa: Parlava, celebrava la
messa, confessava. La piccola Maria
(il nome Gertrude lo prenderà con la
professione religiosa) correva a con-
fessarsi: mons. Cimatti la lasciava
appena parlare, poi diceva «Ho capi-
to tutto!», e aggiungeva una parola
calda che lasciava il perdono di Dio e
la gioia di vivere nel suo amore.
Quei due salesiani - mons. Cimatti
e don Cavoli, così diversi e così corn-
3

1.4 Page 4

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plcmentari, quasi la mente e il broccio
- sono all'origine della Congregazio-
ne, e è una ,Loria tutLa da raccontare.
«Cominciamo». Don Cimatli era il
capo della i.pedizione salesiana in
Giappone, e don Cavoli uno dei suoi
uomini, un romagnolo rude e allegro.
impeLuo!-o e subito pentilo, che aveva
fatto la prima guerra mondiale come
cappellano mmtarc e si era follo mb-
sionario per un bisogno incontenibile
di avventura. Arrivarono in Giappone
nel 1926, si stabilirono a Mivazaki e
affrontarono con coraggio la dii ricilc
lingua giapponese. Don Cavoli è poi
nominato parroco di MìyaLaki e di-
rettore di quella prima comunità '>3-
lcsiana.
I cristiani <li Mivazaki non arrivano
a 300, una miseria, e in più sono scre-
ditali: corre voce tra il popolino che
essi tolgono il fegato ai morti pc1 fare
strane medicine... Don Cavoli Lcnttl le
più -wariatc iniziative per de-,iare l'in-
teresse della gente, ma è tulio inutile.
Tenta anche una solenne proccs-.ionc
eucari'>tica nel centro della ciuà: tutti
cercano di dbi.uaderlo, ma lui ci prn-
\\'a e la spunia: in diecimila i ci11adini
.si al follami per le strade, rispeltosi e
ammirali.
Tra le giovani della pan-occbia ha
dalo vìla a un circolo. e nel 1929 affida
loro il compito: «Cercate i pO\\ cri e gli
ammalati». Esse vanno in municipio
per raccogli<.•re dati, e ne trO\\ano a
bincllc. Poi compiono le prime , ii.i•
te: portano una parola di conforto.
che è gradita. Ma si rendono conto
che le parole non bastano. che occor-
rono medicine, abiti, riso. E '>Ono po-
vere in canna. • Rimas.i qualche tem-
po indccil,O - ha raccontato più tardi
don Cavoli - se cominciare il ma-
neggio del denaro. Anche perché...
non ne ave, oa. Ma una domenica di-
ce alle ragazze: «Cominciamo un'o-
pera stupenda: datemi un soldo per
una; un !>oldo solo». E cadono nelle
!>Ue mani 22 !>nidi. Qualcuna vorrebbe
dare di più, ma lui rifiuta.
La uomcnica seguente le ragaue
trovnno riso, carbone, e indumenti
giunti in una cassa daJl'lt.ilia: .. Divi-
detevi tulio e ponate ai poveri». E poi
escogita modi ìngegno-,i per raggra-
nellare ~oldi e roba da distribuire. Si
u-,ano le oHcrte della messa domeni-
cale; in casa si fanno risparmi; arri-
vano botti di vino dall'Italia e vengo-
no ,endutc; si fabbricano piccoli og-
getti d'artigianato; si organinano lot-
terie, ~i vendono immagini !>acre, me-
dagli(\\ lìbre1ti, si elemosinano scam-
poli nei negozi, riso e verdura dai
contadini...
E i poveri domandano: « Ma perché
lo late?•. Le ragazze pos!iono co,ì
parlare <lei loro Dio, dell'anima im-
monalc. di Cristo e del paradiso. Sono
discursi '>tran1 per quella genie, ma
piacciono. Nelle case si radunano an•
che i vicini pL'r ascoltare. I beneficati
sentono il hb.ogno ùi uscire di casa, ~i
4
CHI SONO LE SUORE
DI MIYAZAKI
Nome: Suore della Carità di Miyazaki
(in giapponese: Miyazaki Karitas shu-
dojo Kai).
Inizio della Congregazione: 15.8.1937.
Fondatore: Don Antonio Cavoli, sale-
siano (1888--1973).
Erezione canonica: congregazione di
diritto diocesano, canonicamente
eretta il 4.1 .1949 da mons. Vincenzo
Cimattl (1879-1965), Prefetto apostoli-
codi Mlyazakl
Diffusione: in Giappone, Korea, Brasile, Bolivia, Italia.
Finalità: .11 fine specifico della Congregazione è l'aiuto alla propagazione della
religione cattolica, in patria e all'estero, per l'attività missionaria diretta e Indi-
retta• (Costituzioni. art. 2).
Numero delle suore (maggio 1977): 422 professe, di cui 303 In Giappone, 93 in
Korea, 19 in Brasile, 4 in Bolivia e 3 in Italia: 45 novizie; 132 postulanti e aspiranti.
Numero delle case (maggio 19TT): 58, di cui 30 in Giappone, 22 in Korea, 4 in
Brasile, 1 In Bolivia e 1 in Italia.
Attuale superiora: suor Teresia lwanaga, terza Madre Generale a reggere la
Congregazione.
Sede centrale: lgusa 4-20-5 Suginami-ku, Tokyo 167 (Giappone).
La casa In ltalla: via Carlo Spinola 18, Roma.
portano nella chiesa della m11,swne
per ringraziMe quel Dio a loro scono-
sciuto. Poi viene il catechismo, ven-
gono i baucsim1. E' nata così la Con-
lerenza di San Vinccn1.o della par-
rocchia, e don Ca\\·oli la sostiene con
tutte le sue Ione.
L'ospizio. Nel 1931 don Cavoli de-
cide che I più po,cri e abbandonati
hanno bisogno di un ricovero decen•
te, e pensa a un ospizio. Non dovrà
essere un'opera grandiosa, anche
perché non avrebbe modo di rcaliz-
Larla: ma tanto rx:r cominciare può
andar bene una casetta per una deci-
na di bi-.ognosi. Sparge la voce del
progetto, scrive in llalia ai suoi amici.
e rastrelJa i soldi necessari. Un'offc,-ta
dall'Ttalia di 2 mila lire (un capitale!)
manda tulli in visibilio. Don Cavoli
presenta il progetto in municipio, i
giornali se ne occupano, parlano del
« paradiso dei poveri». Nel '32 com-
pera un piccolo terreno fuori cillà.
E sul più bello, il bastone fra le
ruote. Si è in piena crisi economica
mondiale. bancaroue dappertutto,
perfino la Congregazione salesiana ha
deciso di non aprire più case per tre
anni. I salesiani del Giappone ,,i riu-
niscono per decidere sull'ospizio. C'è
molta apprensione, qualcuno !ii
schiera decisamente contro il proget-
to. Don Cavoli lo difende caloro~a-
mente, ma non com ince. Allora {ha
raccontato lui stesso) «Mi alzai, me-
nai un forte pugno sul tavolo e uscii.
Presi l'autobus e stelli fuori tutto il
giorno, lasciando gli altri senza ri-
guardi e a\\'viliti•.
I suoi conrratdli finiscono per
« sentiri.i persuasi» da quei suoi argo-
menti, e accettano. « Dopo tanti anni
- scriverà don Cavoli nel '57 - mi
!.Clllo in cuor mie, ancora umiliato per
quel gesto Lipic:.1men1c romagnolo.
T1111avia sono convinto che se non
a,·essi cominciato allora l'ospizio. non
l'avrei mai più potuto cominciare. E
neppure le opere di carità che da esso
tra~i.ero origine, avrebbero mai visto
la luce,.. Jeppurc, evidentemente, la
congregazione delle Suore della Ca-
tità.
Verso la fine dell'anno una parlt'
del progetto è realizzata, e inaugurata
solennemente. Au1or-i1à, discorsi, visi-
te, interviste. on e~il>lC\\'a opera del
genere in Lutta la pro\\'incia. AJl'ini1io
del 1933 i primi \\'Ccchiclli prendono
possesso: hanno una ~lant.a pulita, la
luce elettrica, un braciere, il bagno...
Un'associazion e laicale. Chi bada
ora all'ospizio? Occorre un servizio
continuato e impegnativo. Don Ca-voli
fonda un'associa1ione laicale - di
i;:iovani senza votJ e 1,en1.a abito reli-
gioso - che si impegnano con gene-
rosità e sacrificio. Dà a que!ile gio,·ani
un regolamento, ogni mattino arrivaa
tro, arie in bicicletta. leil'agosto ·33 è
aperto il reparto pl'r gli orfanelli, e iJ
la, oro aumenta. Aumentalo anche le
spci.c. le offerte non giungono in mo-
do adeguato, e don Cavoli nel '34 de-
cide di tornare in Italia. L'Italia, dice,
«è madre sempre povera ma sempre
buona e genero1>a ...
Gira di città in città. di paese in
paese. di parrocchia in pam,cchia,
dalle Alpi alla Sicilia. Parla in chie!.e,
teatri, sale, saloui. all'apc110. Presenta
proiezioni luminose -.ul Giappone.
Almeno 150 conlcrcnte... e gli aiuti
desiderati ardvano. Di ritorno nell'a-
r,rllc 1935, trova l'invito delle autorità

1.5 Page 5

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ad aprire anche un asilo per gli esterni
e un reparto per i lattanti. Nuovo
progetlo, nuova costruzione, e questa
volta un sussidio governativo.
Intanto il Giappone è in guerra, ha
conquistalo la Manciuria e pensa di
invadere la Cina. Don Cavoli osserva
che lo slogan del partito dei militari
«L'Asia agU asiatici» si traduce in
pratica in « l'Asia ai giapponesi», e te-
me per il Futuro delle sue opere. Gli
stranieri sono visti con cattivo occhio,
come capita ogni volta che il nazio-
nalismo si accende. La tendenza, nel-
la Chiesa del Giappone, è di sostituire
nei posti di responsabili1à - per pru-
denza più che giustificata, ma anche
perché deve essere così - gli stranieri
con giapponesi. Don Cimatli, che era
diventato prefetto apostolico. si fa da
parte. e propone a don Cavoli di di-
mettersi da capo della sua opera. E'
solo una proposta, e naturalmente
don Cavoli non l'accetta.
Ma si deve arrendere a un a ltro
consiglio di don Cimarti: dare più
consistenza al gruppo di donne che
lavorano nell'ospizio, trasformandolo
da associazione laicale in vera e pro-
pria congregazione religiosa. Una
congregazione di suore giapponesi
avrebbe avuto tale stabilità da per-
mettere di guardare al futuro con si-
curezza. Non che don Cavoli se ne di-
mostri entusiasta e accetti subito, ma
alla terza proposta non osa più dire di
no. « Ero però lontano da l'immagi-
nare - commenterà più tardi -
quale croce avevo abbracciato con
quel mio sì, e quanto bene la rutura
congregazione avrebbe operato».
Le prime novizie. E' il 1937: le gio-
vani dell'associazione laicale, lasciate
libere ~e aderire alla nuova congrega-
zione, in maggioranza optano per il sì.
Ma la congregazione è tutta da rare.
Come si fonda una congregazione?
Don Cavolj non ne ha una minima
idea. E si scervella. A giugno manda le
prime 5 giovani nel noviziato di
un'altra congregazione, perché gliele
formino. E cerca un nome per la pro-
pria: deve entrarci per forza la parola
«carità», pensa, e quindi saranno
« Suore della Carità di Mivazaki "·Mai
suoi confratelli sorride.ndo sollo i
baffi le chiamano, dal suo cognome,
cavolù1è.
ln agosto mons. Cimatti scrive al
Rettor Maggiore a Torino: « Scopo
principale della nuova congregazion e
è la propagazione della fede con le
opere di carità, sia corporali che spi-
rituali, tanto negli istituti di benefi-
cenza per vecchi, orfani, infanzia ab-
bandonata, quanto negli ospedali,
nella visita e cura degli infermi a do-
micilio, e in ogni opera di assistenza».
Mons. Cimatli racconta il rito di
vestizione delle 5 novizie, avvenuto il
22 agosto 1937 nella chiesa di Miva-
zal.,.i: «Visi tesi, occhi intenti e imper-
lati di lacrime... li buon don Cavoli
aveva preparato bene gli animi. Gra-
ziosi fanciulletti biancovestiti segui-
vano le fortunate, che adorne dei loro
sgargianti kimono, nascoste nei gran-
dj veli, col cero acceso in mano, si
prostrarono davanti a Dio facendo
pubblicamente la loro franca d ichia-
razione di preferire per loro porzione
Gesù».
Ma l'esito è meno entusiasmante
del previsLO: una delle 5 muore du-
rante il noviziato, due per mancanza
di salute tornano a casa, solo due nel
gennaio 1939 giungono a lla meta de lla
professione religiosa. Per don Cavoli è
l'avvertimento: fondare una congre-
gazione non è uno scherzo, bisogna
pagare e pagare molto. Ma si butta nel
lavoro formativo delle sue giovani
«con tutto lo slancio, e... con tutta la
pazienza che mi (u possibile». Per lo-
ro scrive un « Manuale di vita religio-
sa», scrive le Costitu7.ioni, tiene con-
ferenze, lezioni di pedagogia, liturgia,
catechesi ogni giorno. E ogni anno,
per la festa di Don Bosco, nuove pro-
fesse si aggiungono al drappello.
Sei tombe. L'8 dicembre 1941,
grande animazione a Miyazaki: è
l'Immacolata, a sera si sta preparan-
do la fiaccolata per concludere la fe-
sta. Ma ecco ar!'iva una guardia tra-
felata, e dice: « [I Giappone ha dichia-
rato guerra agli Stati Uniti, sono proi-
bite tutte le manifestazioni pubbliche,
tutti devono stare in casa, uscire il
meno possibile». La sorpresa è gran-
de: non solo la processione va in fu-
mo, ma ogni possibilità di contatti con
l'esterno, con l'llalia da cui giungeva-
no tanti aiuti, con le stesse autorità
locali che tutte prese dalla guerra non
pensano certo ai vecchi e ai lattanti
del ricovero.
Presto le difficoltà si fanno insoste-
nibili, don Cavoli bussa a tutti gli usci
chiedendo aiuto, ma gli rispondono:
«Se non potete tirare avanti chiude-
te». Allora raduna le sue religiose e
prendono insieme la decisione: « L'o-
pera andrà avanti anche senza aiuto
esterno, ma con la fiducia nella Prov-
videnza e con il nostro lavoro». Ecco,
il lavoro: saranno lunghi anni di lavo-
ro estenuante, a cui quelle eroiche re-
ligiose si sottopongono decise a paga-
re di persona fino all'ultimo.
Mons. Cin1atti affitta loro un cam-
po a 16 km. di distanza. in località
Tano, perché lo coltivino. Le suore ci
vanno ogni giorno in treno, portan-
dosi dietro gli amesL Poi un contadi-
no di Tano, che si trasferisce, cede per
quattro soldi il suo podere e la vecchia
cascina; alcune suore vi si trasferi-
scono con le aspiranti. La cascina di-
venta convento, le suore diventano
contadine. Bisogna produrre, e pro-
durre tanto, perché l'ospizio è pieno
di bocche spalancale e bisogna sfa-
marle tu lle. I vecchi, i bambini, i !at-
lanti. Per assicurare al ricovero il latte
si acquistano 12 mucche, ma le suore
prima devono assicurare alle mucche
il fieno. E vanno a rastrellarlo in giro.
Non basta, si mette su una piccola
industria di oggetti di bambù. Non
A sinistra: quell'uomo estroverso, cordiale,
tempestoso e Indimenticabile che tu don Anto-
nio Cavoll, fondatore delle Suore della Carità.
Sopra: due mlnuscoll alllevl della scuola ma-
terna che le Suore hanno aperto a Roma.
bai:.ta, ~i vende il pianoforte, si ottiene
un prestito in banca... E i giorni della
guerra passano lenti e micidiali. E
prima che il connilto finisca, sci tom-
be si aprono nel cimitero cattolico:
per sci suore estenuate dagli stenti e
dalla fatica del troppo lavoro.
Un moscerino nell'occhio. Il 25 lu~
glio L943 l'Italia esce dall'alleanza con
la Germania e il Giappone, e d'im-
provviso i missionari italiani diventa-
no sorvegliati speciali; la polizia
piomba in casa. perquisisce, sorveglia
giorno e notte. E avanti fra stenti
sempre più grandi, finché ne.Ila pri-
mavera del 1945 la situazione precipi-
5

1.6 Page 6

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TRE DOMANDE
A SUOR GERTRUDE
La superiora della piccola comunità
romana ha una ricca esperienza alle
spalle. Dopo aver frequentato letteratu-
ra inglese in Giappone. ha studiato a
Roma teologia presso il Regina Mun-
di» dal 1964 al '68. Rientrata in Giappo-
ne, presso la Casa madre della sua
Congregazione ha collaborato al rinno-
vamento delle Costituzioni, e ha prepa-
rato il Manuale che le commenta. Sta
anche raccogliendo materiale e notizie
storiche riguardanti il fondatore don
Cavoli.
Domanda. Che legame c'è tra le Suo-
re della Carità e Don Bosco?
Risposta. Noi abbiamo un salesiano
come fondatore, siamo cresciute ac-
canto ai salesiani, dobbiamo a loro se la
Congregazione esiste. Aprendo nume-
rose case, a volte per necessità ci siamo
allontanate da loro, ma cerchiamo la lo-
ro assistenza spirituale almeno In occa-
sione di ritiri ed esercizi spirituali.
Don Bosco è Il nostro Santo patrono,
insieme con san Vincenzo de Paoli (co-
me è logico, dato che la nostra congre-
gazione è sorta da una Conferenza di
San Vincenzo). Cosl da questi due santi
ricaviamo la nostra spiritualità, incen-
trata sulla missione per mezzo delle
opere di carità: da Don Bosco lo zelo per
le anime, da san Vincenzo la carità verso
i poveri.
D. Come ricorda mons. Clmatti?
R. lo penso che se don Cavoli è stato
il nostro fondatore, noi dobbiamo però
moltissimo a mons. Cimatti. Dietro don
Cavoli c'era mons. Cimatti, superiore
11
Suor Gertrude, superiora della piccola comu-
nità aperta da un anno a Roma.
dèlla missione salesiana, che guidava
lui e noi. Quante volte don Cavoli nel
tenerci lezione usciva in queste espres-
sioni: • Don Bosco dice, mons. Cimatti
dice».
Mons. Cimatti mi ha incoraggiata a
studiare musica, a frequentare compo-
sizione. lo preparavo facili pezzi per le
accademie. e lui sempre si informava.
Don Cavoli a volte gli portava I miei la-
vorucci; lul, che era un musico valentis-
simo, Il correggeva qua e là, e me li re-
stituiva con parole di incoraggiamento.
Quando ha compiuto il 50° di messa gli
abbiamo fatto una grande festa e ho
avuto la gioia di preparare una compo-
sizione in suo onore.
Mi ha stupito sempre il suo desiderio
Inesauribile di imparare cose nuove;
anche anziano e malato, era pieno di
interesse per la vita. Aveva promesso di
comporre una messa per il prossimo
cinquantesimo di don Cavoli, ma si am-
malò e fu costretto a tenere il letto.
Pensavo: si dimenticherà. Invece si fece
aiutare da qualche confratello, e mise
insieme la messa ~ Salve Regina• vera-
mente bella, che abbiamo cantato per
festeggiare don Cavoli.
Recentemente in Giappone è uscita la
nuova traduzione liturgica dei salmi, e
sono stata invitata a musicarne alcuni.
Non avevo mai composto musica litur-
gica vera e propria; ho musicato dieci
salmi e li ho mandati. Ho avuto la gioia di
vederne pubblicati nove nel libro dei
canti liturgici, e anche questo lo devo a
mons. Cimatti che mi aveva sempre in-
coraggiata.
D. E' stato difficile il vostro incontro
con la gente di Roma?
R. Non abbiamo avuto vere difficoltà.
Siamo cresciute a contatto con salesiani
Italiani, e conoscevamo almeno indiret-
tamente Il mondo italiano.
Poi qui le mamme si mostrano con-
tente del nostro lavoro e ci appoggiano.
La gente di Roma è molto aperta: se
qualcosa non va te lo dice. Per ora ab-
biamo pochi alunni, ma quando saranno
cresciuti di numero ci troveremo meglio.
Vorremmo renderci utili In parrocchia,
che è un settore Importante della nostra
missione. Il parroco ci ha invitate a fare Il
catechismo. ma non siamo ancora ab-
bastanza padrone della lingua.
Troviamo i bambini di Roma tanto vi-
vaci e fracassoni. ma anche tanto aperti
all'amicizia ...
ta. C'è pericolo di sbarco delle truppe
alleate, per gli stranieri c'è ordine di
arresto. La vigilia don Cavoli raduna
la comunità per un discorso di addio,
e tra le lacrime trova ancora la battuta
faceta: «Se anche venisse un aereo a
bombardare l'ospizio, mentre l'avia-
tore sta per sganciare le bombe un
moscerino gli andrà negli occhi, e lui
per stropicciarseli fallirà il bersaglio».
Poi l'internamento in ambiente di-
sumano. All'ospizio l'ordine di sfolla-
re, perché le sbarco sembra immi-
nente. E' quasi una fuga: suore, novi-
:de, aspiranti, con i bambini in brac-
cio, dando una spalla ai vecchi del
ricovero, spingendo avanti le mucche
unica fonte sicura di nutrimento. Po-
che suore e i vecchi non trasportabili
sono 1imasti.
Invece dello sbarco. le due atomi-
che. U 15 agosto la radio annuncia la
resa, tutti a casa, l'incubo e finito.
Don Cavoli quasi non riconosce più
Miyazaki, i bombardamenti hanno
spianato la città. Quanto all'ospizio,
un tifone di eccezionale violenza ha
recato danni inquietanti, e i bombar-
damenti hanno frantumato tutti i ve-
tri. In più, c'è la storia dell'aereo
americano: gliela raccontano tutti i
superstiti, decine di volte.
L'aereo aveva volteggiato a lungo
6
sull'edificio, poi era sceso in picchiata
sganciando il suo carico incendiario.
Le piante vicine erano bruciate tutte.
Poi era sceso ancora in picchiata a
mitragliare, ed era passato e ripassa-
to. Un'infinità di proiettili avevano
lasciato tracce del loro passaggio sui
muri, ma nessuno della comunità -
tutta raccolta in chiesa - aveva subi-
lo danni. «Padre - concludevano
ogni volta la loro rìcvocazione -. al-
l'aviatore è andato un moscerino ne-
gli occhi».
La prima superiora. Protagonista
di quegli anni cruciali fu anche la pri-
ma superiora della Congregazione. Si
chiamava suor Maria Osafune. Prima
di incontrare i salesiani era maestra
elementare a Oita, era sposata e con
un figlio. Rimasta vedova, si convertì
al cristianesimo e fece battezzare an-
che il figlio. I suoi parenti per questo
motivo la scacciarono, e lei andò a
lavorare presso la parrocchia salesia-
na di Oita. Aiutava il parroco e assi-
steva i ragazzi. Intanto il figlio fre-
quentava l'aspirantato salesiano.
Quando don Cavoli per mandare
avanti l'ospizio cercò delle donne fi-
date da raccogliere in associazione, lei
si presentò. Era una donna molto
dolce e materna, ma nel lavoro era
resistente aUa fatica come un uomo..
Don Cavoli la mise a capo dell'ospizio.
Quando i missionari salesiani venne-.
ro internati, tutta la responsabilità
dell'opera cadde sulle sue spalle. In-
tanto i suoi familiari avevano fatto la
pace con lei, e l'aiutarono molto. Anzi
a poco a poco finirono per convertirsi
anche loro alla fede. Poi il suo figlio
aspirante si ammalò gravemente, e lei
corse a Oita al suo capezzale. Le disse:
« Mamma, io volevo farmi sacerdote
salesiano, ma non posso. Rimani tu,
mamma, con i saJesiani, e lavora tu
per me». Il ragazzo purtroppo morì.
La sua mamma divenne suora della
carità, la prima Madre generale; ha
incontrato momenti difficili, ma è ri-
masta fedele alla promessa fatta al
s uo figlio.
Le rondinelle. la ricostruzione ri-
sulta più facile del previsto. Gli ame-
ricani con le loro grosse jeep, eterna-
mente intenti a masticare clie-
wing-gunz, dopo aver tanto demolito
sono pronti a tirare su. Aiutano l'o-
spizio con molta generosità. Disinfet-
tano con il Ddt, portano viveri, co-
perte, vestiti e materiale da costru-
zione. In 4 anni l'ospizio è rimesso a
nuovo.
Ma il lavoro per la giovane congre-
gazione intanto si è moltiplicato: po-
vertà, disoccupazione, malaltie,

1.7 Page 7

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ovunque c'è gente che h a bisogno di r i i successore di Don Bosco
aiuto. Anche le suo re aumentano di
numero: la d ur a prova d ell' ab n ega-
zion e e d el i,acrifìcio frulli meravi-
gliosi , e si p o~on o aprire n uove case.
1 e1 ' 46 due a Osak a e una a T oho; nel
'47 ancora una a Osaka, e po i a Bcppu.
Poi ancora a Tok vo. dove nel 'SO si
Gli incontri
fanno bene
trasfcri:,ce il centro d ella Cungr cga-
;done: poi a Yok ohama, a Oshima, a
Matsumo to. Sono tulle opere carita-
di don Egidio Viganò
tive e p rovvid ern~iali p er tant a gente
altrimenti condanna ta alla d isp era-
zi on e. L e autorità approvan o, l' Impe-
r atore ricc\\•e don Cavoli con altri b<'-
ncm eriti , una principessa della cai,a
imperiale serve a tutti il rin fresco...
Nel 1956 le rond inelle di Dio \\'ar-
cano i l mare». L 'e:.pressio ne è di don
Cavoli , p er indicar e ch e le su ore
apron o la p rima c asa in K or ea. Sono
tre suore k or ean e cresciute in Gi ap-
In questi mesi dopo il Capitolo Gene-
rale ho avuto plu votte occasione di in-
contrarmi con la Famiglla Salesiana:
erano i miei primi incontri come suc-
cessore di Don Bosco, come suo rap-
presentante. Rappresentare Don Bo-
sco... è una parola' Nei contatti con i
confratelli si percepisce subito che essi
Don Bosco cl ha voluti fortemente
presenti nell'area della cultura; ci ha
orientati a sviluppare In essa la nostra
speciale missione di evangelinazione e
promozione umana. In questo campo
egli è stato originale e audace con ma-
gnamlnità educativa. Ha Intuito che I
giovani e le masse popolari hanno
p on e, ch e vanno a lavorare Ira la loro
cercano proprio Don Bosco, con inte- slraordlnario bisogno, nei nuovi tempi,
gente e a trapi ant are sulla loro patr ia
la congrcganonc. L a K or ea. spaccata
in due dal 38 p arallelo, r imargina
lentam ente le feri te d i u n a gu erra
san guinosa. li paese è aperto ai ri-
chiami d el Vangelo, le con version i s i
m oltiplican o, e an ch e le voca.doni per
la nuova con gregazione. Oggi la K o-
resse e speranza: hanno bisogno della
sua bontà semplice, della sua praticità
apastolica, del suo entusiasmo spiritua-
le e della sua chiarezza vocazionale. DI
fronte a questa lodevole ma tanto alta
aspettativa si dovrebbe aprire, almeno
per me, un vero dramma. Meno male
che non manca l'aiuto del Signore (ecco
il tema della speranza!): è Lui che getta i
di essere raggiunti pedagogicamente
attraverso i moderni mezzi di comuni-
cazione sociale.
Giustamente il Capitolo Generale 21°
cl ricorda che «la comunicazione so-
ciale diventa sempre piu una presenza
educativa di massa, plasmatrice di
mentalità e creatrice di cultura. Attra-
verso di essa infatti vengono elaborate e
rea ha 93 suor e e 22 o pere.
Poi d alla lontana B o livia una p ro-
p osta: per ch é n on v enite qui a lavo-
r are i n m e1.zo ai vostri emigranti? Ci
andaro no, nella provincia d i Santa
Cru z, in u n a località ch e i giappon esi
n ostalgici b attezzaron o Okinav..a. E n
ci son o anch e i salesiani. Po i l' i11\\'ito è
di andare a Sào Paulo in Brasile: ogg i
ponti sul nostri vuoti!
Tre incontri fra gli altri ml sono parsi
significativi, e ne accenno.
LE COMUNITA' DI TORINO
Anzitutto l'Incontro con varie Comu-
nità salesiane di Torino: ml ha fatto per-
cepire l'ansia che hanno i confratelli di
diffuse le evidenze collettive che stanno
alla base dei nuovi modelli di vita e dei
nuovi criteri di giudizio •.
Ora è stata per me, e per I superiori del
Consiglio, un'opportunità assai grata
vedere r installaz.ione tecnica, l'organiz-
zazione moderna e la programmazione
Intelligentemente cristiana presentateci
dall'équipe impegnata nella nuova Sta-
zione salesiana torinese.
son o in 19 suore con quattro op ere i n
un ringiovanimento e di un rinnovamen-
quell'immen sa m etrop oli, e hanno le
prime vocazio ni.
Vicine al Papa e a Don Bosco.
M ons. Cim ani e d on Cavoli - la
m ente e il braccio d ella Con grcg:izio-
ne - oggi n on ci sono p iù, ma suor
Gertru de li ricord a con n ost algia e
to, in sintonia con le meraviglie dell'ora
delle origini che O - nei luoghi santi
salesiani - si palpano ancora chiare e
attraenti. Si vede negli occhi e si sente
nell'aria l'urgenza di un risveglio! Rilan-
ciare una mistica dal carisma salesiano
ft dove c'è il Santuario dell'Ausiliatrice
Haec domus mea, ,nde gloria mea•/),
A POMPEI
r Al Congresso Nazionale degli Exal-
llevl a Pompei ho potuto prendere con-
tatto con un settore assai vlvo e carat-
teristico della Famiglia Salesiana, con-
statandone la forza e la penetrazione
gratitudine. Mons. Cimatti aveva \\10-
luto l a Con gregazione e, cosa tutt'al-
tro ch e racilc. su questo puntò era
riuscito per fi no a convincer e d o n Ca-
voli. Ma se ora suor Gertrude è a Ro-
m a con tre con sorelle, è anch e p erch é
era questo un desiderio di d on Cavoli.
e dove è nato e ha operato Don Bosco,
diviene un' urgenza prioritaria per rilan-
ciare la pastorale giovanile e per riaprire
i battenti a tante vocazioni generose.
L'età ormai non più giovanile di tanti
confratelli ml è parso un Inno vivo alla
fedeltà, e una conferma di eredità spiri-
tuale; mentre lo sguardo irrequieto del
caplllare nel tessuto nazionale, come
pure l'entusiasmo e la volontà di tutti per
curare e far fruttificare I solidi valori
dell'educazione salesiana.
Gli Exallievi ci fanno constatare la
proiezione sociale e le conseguenze di
futuro che sono Inserite con apparente
semplicità e con familiare modestia nel
Solo con le sue su ore vicin o al Papa e
loro occhi ml è sembrato manifestasse quotidiano del Sistema Preventivo. E ci
a Don Bosco, lui si sarebbe sen t ito
tranquillo. Anche se /i regaz:. m i de
Roma prend on o a calci i secchielli
nuovi per iro care nella sabbia e sal-
tano a piedi uniti sulle palette appen a
comperale.
« Dio h a voluto ques t'op era - h a
una «lame. di giovinezza e.una sacra
passione per trovare il modo di offrire
alle nuove generazioni i vasti ideali del-
l'Orizzonte Salesiano.
UNA STAZIONE RADIO
obbligano a riscoprire Isuoi incalcolabili
valori, e l'urgenza di una rlattuallzzazio-
ne per le giovani generazioni e per l' e-
dificazione di una nuova Società, che
orma, non è più solo Italiana ma dev·es-
sere coscientemente europea.
Ho visto aprirsi, qui, un orizzonte
d'impegni socio-culturali e cristiani in
scritt o un giorno don Cavoli riguardo
alla sua Congregazione - , Dio l'ha
in cr cm ent:u a, l'ha difesa e ingrandita.
E le apn? u n avvenire i cui or iu.ont i
sono più vasti di quelli che u mana-
m ente si p uò immaginare». L e rondi-
nelle col vestito ner o e il soggolo
bian co, n a te in u n c aldo n ido a Miva-
zaki, non han n o p aura d elle dist an ze e
son o già vola te in tre continenti.
FERRUCCIO VOGUNO
L'inaugurazione di una Stazione radio
trasmittente al Rebaudengo mi ha fatto
pensare con gioiosa sorpresa a quel-
l'Inventiva e iniziativa apostolica che è
stata sottolineata e incoraggiata nel re-
cente Capitolo Generate. Esso ci ha
parlato Infatti di una nuova presenza
salesiana scaturente da una creatività
pastorale capace di scoprire altri spazi
d'intervento, fino a oggi ancor poco
presi in considerazione.
grado di riempire esaurientemente gli
Ideali e i tempi di una vocazione operosa
e fiduciosa come la nostra.
Sono stati, questi a cui ho accennato,
incontri proficui. Continuiamoli: gli in-
contri fanno bene. Aiutano a conoscer-
ci, a meditare a plu voci sul progetto
apostolico di Don Bosco, a programma-
re e lavorare insieme.
*
7

1.8 Page 8

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NICARAGUA
Contro nessuno
ma contro le ingiustizie
« Quando un Vescovo denuncia quattro o cinque ingiustizie, qualcu-
no subito si forma l' impressione che egli si sia messo contro il go-
verno. La Chiesa del Nicaragua non è contro nessuno, è contro i
peccati di Ingiustizia». Così l'arcivescovo salesiano di Managua,
mons. Miguel Obando y Bravo, capo di una Chiesa che si è schierata
dalla parte del deboli e degli sfruttati.
S e qualcuno in Nicaragua non
aveva ancora capito il «buon pa-
store» di quella piccola ma travaglia-
ta Chiesa, era servito il terremoto a
rivelarlo. li terremoto che nella no tte
tra ìl 22 e il 23 dicembre 1972 distrusse
il centro della capitale Managua la-
sciando 10 mila morti, 20 mila feriti,
350 mila senzatetto. L'hanno visto dal
momento del grande scossone, il loro
vescovo, aggirarsi per tutto il giorno
sulle macerie, «con la sottana bianca
sporca e lacera», tra la sua gente, per
aiutare, confortare, organizzare i soc-
corsi. Mentre gli «sciacalli» saccheg-
giavano anche il suo episcopio.
Mentre altri responsabili (tulli que-
sti particolari sono stati raccontati dal
giornale «La Prensa • qualche tempo
dopo) si p reoccupavano di mellere in
salvo i propri beni, mentre i soliti
profittatori incameravano per lar-
ghe fette degli aiuti intcrnazionali
(l'elenco del giornale comprende
pompe idriche, scatolame, olio, ve-
stiario, ecc.). A sera il vescovo stacca-
va dal suo libretto l'ultimo assegno
che gli era rimasto, 2.500 c6rdobas,
per procurare lane ai bambini.
11 giornale «La Prensa» concludeva
la rievocazione di quelle tristi vicen-
de: « Siamo orgogliosi di avere un
mons. Obando. Egli passerà a lla sto-
1ia del nostro paese per il suo eroismo
disinteressato e recondo».
Mons. Obando probabilmente pas-
serà alla storia del Nicaragua anche
per alire non meno dolorose vicende,
in cui ogni giorno è coinvolto, per aver
porta to la sua Chiesa dalla parte dei
deboli e degli sfrullati, secondo le
scelte del Concilio e del Vangelo.
U capitolo dei doni. Gli è capitato
per esempio di andare fioo a Cuba
senza averne voglia. E' stato nel 1974,
quando un commando di 8 guen"i-
glieri del « Fronte della Libertà San-
dinista» (di tende nza filo-castrista)
fece irruzione in uo'eleganLe villa del-
la capitale e prese in ostaggio dodici
persone tra uomini di governo e am-
basciatori stranieri, ri un iti per un
party. Lguerriglieri chiesero, per il ri-
lascio degli ostaggi, la liberazione di
18 prigionieri politici, 5 milioni di dol-
lari e un aereo per Cuba. Mons.
Obando si offerse con il Nunzio al
8
posto degli ostaggi, fu accellato, e così
rischiando grosso rece il suo viaggio
non di piacere fino all'isola cli Castro.
L'episodio lascia intravedere anche
la situazione interna di questo paese
da molti anni in attesa di pace con
giustizia. Al meno dal 1927, quando il
generale Sandino (a cui si richiamano
idealmente i guerriglieri filo-castristi)
scese in guerra cont ro le forze degli
USA che occupavano il paese. li ge-
nerale nel 1933 ebbe finalmente la
meglio, ma l'anno seguente - dopo
un solo anno a capo dello stato -
veniva truddaLO. E cominciava il do-
minio della famiglia Somoza.
Da allora fino a oggi gli storici par-
lano senL.a mezzi termini di «dittatura
familiare», appena mascherata da
elezioni sistemalicamente truccate.
Ucciso nel 1958 anche anac,tasio So-
moza padre, gli successe dopo alterne
vicende iJ figlio con lo stesso nome, al
potere ancora oggi. In questi anni la
numerosa famiglia Somoza, stando
alle informazjoni che sono di dominio
pubblico, ha avuto 1u1to il tempo per
arricchirsi a dismisura, e sembra che
l'abbia fatto i,ul serio.
Ai Somoza viene attribuito il pos-
sesso di smisurati terreni e grandi in-
dustrie, il controllo delle banche, di
catene d'alberghi, delle stazioni t\\' e
radio, di giornali; il tutto per un totale
stimato sui 4mila miliardi di li.-c. «Gli
interessi economici dello staio -
qualcuno ha detto - si confondono
con q uelli della famiglia Somoza ». E
questo concetto viene spiegato anche
con una barzelletta. In essa si riferisce
la conversazione di membri di alcune
tra le famiglie più potenti del Centro
America. Alla domanda: «Quanti
possedimenti avete?», chi risponde 3,
chi 8, chi 20. Giunto il suo turno, il
presidente Somoza dice: « Uno solo».
E agli altri increduli che doma ndano
quale sia, risponde:« [I Nicaragua».
Mons. Obando nel 1970, appena
nominato arcivescovo di Managua,
dcevettc in dono dal presidente uoa
scintiJJante auto di lusso. Ma risulta
che il capitolo dei donativi sia finito n:
da allora le relazioni si sono ra!Ired-
date sempre più.
Acqua e olio. Moises Sandoval,
missionario di Marvknoll che nel 1974
ha fatto visjta a mons. Obando, rac-
conta: «Abita in una strada scomoda,
trascurata, accidentata per i profondi
solchi dei carri e per le bu che delle
galline. La sua residenza è una piccola
casa di un piano a forma di scatola,
tipica di gente della classe media in-
teriore. Non ero riuscito a telefonar-
gli: risultò che ha il telefon o guasto. E
mi spiega con un sorriso a fior cli lab-
bra che non gli riesce di ottenere che
qualcuno dell'azienda venga a ripa-·
rarlo. C'è chi vede in ciò uno dei tipici
contrattempi che hanno luogo da
Mons. Mlguel Obando y Bravo è un Nicarague-
se di 52 anni; è vescovo da 10 anni e da B è
arcivescovo di Managua.
Nato nel 1926 In un paesinodella provincia di
Chantales dal nome slgnlllcatlvo di La Llber-
tad, a 24 anni diventava salesiano; poi gll studi
teologici a Guatemala e l'ordinazione sacerdo-
tale nel 1958. Era direttore di case salesiane dal
1962, quando nel '68 venne nominato vescovo,
Due anni dopo era chiamato a Managua, fatto
arcivescovo e messo a capo della Chiesa ni-
caraguese.
Un'Immagine dello spaventoso terremoto del
1972: l'orologio della cattedrale Inchiodato
sull'ora della scossa plìl violenta. Erano le ore
zero e 24 minuti del 23 dicembre.
Il terremoto è , Insieme con la povertà e lo
sfruttamento, uno del mail endemici del Nica-
ragua. Il paese, grande come un terzo dell'Ita-
lia, conta poço più di 2 mlllonl di abitanti; di-
cono la statistiche che Il 6So/o di enl sono oc-
cupati In agrlcollura, Il 70% sono analfabeti, Il
30% sono disoccupati.
Dicono ancora che Il 5o/o della popolazlone è
proprietaria del SB'll. del terreni colllvablll, che
Il governo Investe In ·spese per l'esercito quat-
tro volle le spese Investite per la sanità.

1.9 Page 9

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quando :.ono cominciate le sue diffi-
coltà con li governo».
Contra11empi come quest'altro,
sempre raccontato e.la Sandoval.
"Una n>lta, mentre l'arcivc:.covo par-
lava a una grande rolla nella piau.a
della callcdrale, gli vennero tagliati i
t iJj della co1Tcnte, e la maggic>r parte
della genie non potè sentire il suo di-
scorso. Un discorso che, guarda ca!-o,
verteva sulla giustizia•·
Perché questi auriti? «Olio e acqua
non si mescolano», rbpose qualcuno
a Sandoval quando rose questa do-
manda.
Le cose da allora sono man mano
peggiorate. La Chie~a tro,a difficoltà
sempre maggiore a far 'iCntire la :,ua
voce. Laici responsabili di comunità
religiose -;parse nella campagna han-
no avuto a che fare con la Guardia
Nacional: ~ono stati minacciati, cal•
turali, LOnurati. Alcuni sono scom-
parsi. In Nicaragua come in non po-
che a ltre parti dcli'America Laiina
chiunque si impegna per la giustizia
~ociale viene subito tacciato ili essere
comunista; e di fatti la Lega anti-co-
munista nicaraguese•, di cui Somo1.a
è presidente:, non mollo tempo fa ha
lanciaIO minacce contro l'arcivescovo
e diversi !>llccrdoti. Durante una con-
reren.r.a stampa. e in volantini diffusi
con aerei militari, la Lega ha assicu-
ra!O che presto «una mano bianca
nai,Jonalc comincerò ad ammazzare i
preti».
«Io sono contro nessuno•. Mons.
Obando ha idee che evidentemen-
te non piacciono a tutti. Lo defi-
niscono metlellin~ra. da Medellin, la
città colombiana dove i vescovi lati-
no-americani nel 1968 si riunirono per
applicare le conclusioni del Concilio
alle situa,ioni dei loro paesi: « Un
-
Il Centto Glow■nPe Don Bosco di Managua. Rullzzato ell'epoea del terremoto, ha prep•
ntlo centinala di giovani addntratl In coral ac:c:eltlfatl per I mntlerl più urgenti e neceaurl
alla rlco1truzlone della città.
I SalHlanl sono In Nic aragua dal 1911 ; oggi sono una ventina e vi hanno tre opere al
servizio della gioventù, con scuole diurne a s«all, oratori, un ambulatorio medico. Le FMA
lavorano nel paeM cùl 1912; oggi sono 45 e hanno nelle perllerle qU11ltro opere di forte
impegno IOclllle, con scuole gnttulta, lnlematl, oratori, attività di catechesi. Anche I Coo-
peratori e gli Eufllnl tono C>Jganlnatl In centri attivi.
medellinh,ta che è ~lato capace di
svincolare la Chiesa dal potere politi-
co... La ,ua posi7.ionc chiara e coe-
rente di• pastore della chiesa• risulto
dalle numerose lettere diffuse in que-
sti anni, come pure dalle dkhiarazioni
rilasciale in di\\'ene interviste. Di-
chiarazioni come queste.
«La Chiesa dcv•c~:,,erc la luce e il
sale della terra oggi; deve introdurre il
sapore di Cristo in tulle le cose•.« La
Chiesa vuol salvare lutto l'uomo, e
dare una testimonian/8 che incida
sull'uomo moderno•. « li popolo at-
tende una difesa della Chiesa •.
« Vogliamo che la Ch1ei,a in Nicara-
gua operi l'evangelin:a1.ione cosl co-
me è indicata dal Concilio e c..la Me-
dellin « E' sempre arduo vivere al-
l'alteua dei nostri d()\\ cri, così come
sono -.lati formulati nei documenti
della Chiesa. Ma del resto non posc;ia-
mo ridurli o sempliricarli, anche i.e
dovesse, o condurci alla crocifissio-
ne».
..Non è sufficientc che la Chiesa
predichi le esigenze della nostra fede
in astrnllo. L'uomo vuole ben altro
che delle dichiarazioni generiche: se
ama veramente Cristo, vuole veder
incarnata la -.ua fedc in dati di fallo.
Ma questo genere di fed~ \\ iventc
sembra -.pcsso spa\\t'nlare i polttic1.
Purtroppo è :-.tato co-.i fin dall'ini,io
della Chic~a».
«Quando metto in prmica le enci-
cliche della Chiesa, mi dicono che
faccio della polhica. Quando affermo
che gli operai anebbcro diritto a un
giusto salario. i,ono nella polìlica
Quanc..lo dico che non si deve uccidete
e la dignità degli es,cri umani va ri-
spettata, faccio della politica. Ma il
prete de\\ e meuersi in tale• politica•.
se cerca di salvare tutto l'uomo e per-
segue il bene comune. Oc\\·e me11er'>i
anche l>C ne derivano dei problemi».
«Qunndo un vescovo denuncia
quattro o cinque ingiu-;ti1ie, qualcuno
subito si forma !"impressione che egli
sia contro il governo. Invece la Chiesa
non si lascia coinvolgere in alcun gt:-
nere di opposizione partigiana: essa
sla semplicemente tentando di rima-
nere l"cdclc al proprio dovere di guida
morale e ,;pirituale•.
«Non vogliamo lo scontro con lo
Stato. vogliamo ricadere in una
certa -.udditanza nei confronti dei
potenti•· Io sono contro nessuno. io
non milito in alcun partito politico.
Semplicemente sto cercando di con-
durre la mia Chiesa in maniera profe-
tica, di portarla a una vera conversio-
ne». •La Chiesa del Nicaragua non è
contro nessuno, è contro i peccati di
ingiustizia. Essa non è su una linea di
opposi1ione ma è contro l'ingiustizia.
perché io credo che sia questa una
delle missioni proprie della Chiesa. [n
Nicaragua come altrove•.
«Non possiamo tacere». Muovendo
da queste posi:doni. che sono poi
quelle del Concilio, suggciitc dal
Vangelo. monr.. Obando si è pronun-
ciato a nome proprio o insieme con la
Conferenza Episcopale in numerosi
documenti pubblici Iin dal 1972. La
rispo~la delle autorità civili è stata
una campab'lla diffamatoria contro la
Chic!>a, e la ccrn,ura sulle notizie ri-
guardanti " le allÌ\\ ità della Chiesa e iJ
pcm,iero dei suoi pa!.tori •· Di qui un
nuovo intervento dcli'Arcivescovo nel
1976.
Il primo dicembre 1977, Giornata
mondiale della Pace. la Conferenza
Epbcopale denunciava ancorn gra\\'Ì
viola7ioni delJa giu~ti,da: parlava di
«!->latO di tc1Tore», di edifici per il cul-
lo «occupali dalle truppe». di gente
scomparsa. E conclude\\'a: • Il gover-
no si è messo ai margini delle leggi
h,tiluz1onali della na.tione, e di ogni
sano principio dell'ordine pubt,lic<>•-
Sulla fine dello stesso mese, in tulle
le 170 parrocchie del Nicaragua veni-
\\'a dato pubblica lettura di un nuovo
9

1.10 Page 10

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documento dei vescovi, che elenca
una lunga serie di ingiustizie di cui la
popolazione risulta vittima. Si parla
di assenza totale dei diritti civili; di
mistero sempre più fitto attorno a in-
numerevoli individui scomparsi; di
abusi compiuti da funzionari e di
scandali pubblici; di gioco d'azzardo,
alcoolismo, droga e prostituzione
protette e sfruttate da coloro che do-
vrebbero combatterle; di tasse arbi-
trarie; di manipolazione delle elezio-
ni; di diritto all'informazione concul-
cato... A questo punto, dichiarano i
vescovi, rimane spiegato perché tanti
giovani sono giunti alla conclusione
che ormai non resta altra via d'uscita
che «il ricorso alle armi».
Intanto il «regime» sotto pressioni
anche intemazfonali entra in crisi, è
costretto a liberalizzare un poco al-
l'interno. La guerriglia si sta facendo
più intensa. In ottobre mons. Obando
si offre come mediatore tra le parti in
lotta, e viene costituita una «Com-
missione coordinatrice del dialogo
nazionale» di cui l'arcivescovo stesso
è a capo. In dicembre si hanno mani-
festazioni studentesche sciolte dalla
polizia con la violenza (anche sacer-
doti e perfino religiose vengono pic-
chiate). Ai pi-imi del 1978 l'episcopato
emana un nuovo documento dove si
dice chiaro« Non possiamo tacere», e
si precisa: «La Chiesa si trova dove
è il popolo, e sopratlullo il popolo
povero, che soffre nei suoi diritti».
U giorno dopo viene assassinato il
direttore del giornale «La Prensa».
Scioperi generali, stato d'assedio. La
guerriglia è frenata con bombarda-
menti d'artiglieria e qualche centinaio
di morti.
Anche l'opera salesiana di Masaya è
coinvolta: la gente del posto s.i sente
di casa tra i salesiani, e quando scop-
piano i disordini corre a rifugiarsi.
L'aviazione bulla sul collegio otto
bombe lacrimogene, la Guardia Na-
cional lo perquisisce. Mons. Obando
accorso riesce a fatica ad aprirsi la
strada, e a fatica riesce a calmare gli
animi. Sulla strada davanti al collegio
è rimasto un ragazzo morto, falcialo
dalla polizia.
Ormai le pr:obabilità di intavolare
trattative tra le parli si fanno sempre
più scarse, mons. Obando sembra ri-
masto solo nel crogiuolo a invocare il
« dialogo nazionale».
E la storia continua, e chissà come
andrà a · finire. Sulla scollante scac-
chiera del piccolo Nicaragua giocano
non solo i numerosi movimenti, par-
titi, gruppi armati interni, ma anche le
forze internazionali I grandj blocchi
contrapposti hanno i loro interessi, e
al solito complicano maledettamente
le situazioni.
Una cosa però in Nicaragua è certa:
• Molti sono i nemici della Chiesa, ma
la Chiesa non ha nemici». Sono parole
* di Papa Giovanni, e sembrano di
mons. Obando.
10
BS risponde-------
La nostra piccola Mariele ha fatto la prima comunione in parrocchia, e
possiamo dire che il suo incontro con il Signore nell'Eucaristia ha fatto bene
anche a... mamma e papà. Solo un giorno ci ha lasciato sorpresi il viceparroco,
sostenendo che toccherebbe a noi genitori fare il catechismo ai nostri bambi-
ni. Ma come facciamo? Forse che ne siamo capaci? E ne abbiamo il tempo?
Non sarà una delle solite Idee peregrine che capita di sentire oggi da certi
sacerdoti moderni?
Lettera firmata - Torino
Mamma e papà di Mariele questa volta possono stare tranquilli: il loro
viceparroco ha solo ripetuto quel che i vescovi hanno affermato chiaro e tondo
nell'ultimo Sinodo di Roma. I l Sinodo, come si sa, è un incontro periodico dei
vescovi, voluto dal Papa per affrontare importanti problemi della Chiesa. Dal 30
settembre al 29 ottobre scorso essi si sono riuniti a Roma, per discutere proprio il
problema della ca,echesi.
Hanno parlato a lungo della «missione catechistica della famiglia,;, hanno
convenu.to che « la famiglia è la prima comunità educativa» anche ,·iguardo alla
fede. Hanno riconosciuto che sono i genitori quelli che «educano fin da.Ila prima
infan.zi.a nella conoscenza di Gesù Cristo, nel timore e amore di Dio», quelli che
«con.servano viva nel cuore dei ragazzi la fede ricevuta nel baltesimo»... Un
gruppo di vescovi ha asserito esplicitamente: «l genitori veramente devono essere
i catechisti dei propri figli ». Che si vuole di più chiaro di così?
Resta forse da vedere insieme perché tocca ai genitori, che cosa significa
essere catechisti dei propri figli, come reali.z;zare questo compito importante.
Ma tocca ai genitori
Un'inchiesta. L'in0usso che i geni-
tori hanno sulla fede dei figli è stato
messo in evidenza da un'inchiesta
svolta qualche anno fa in Francia. E'
risultato che i giovani praticanti pro-
vengono in maggioranza (64%) da fa-
miglie in cui padre e madre sono am-
bedue praticanti. Che viceversa i gio-
vani non praticanti provengono in
maggioranza da famiglie non prati-
canti o da quelle in cui solo la madre
lo è. Che infine i giovani che si di.-
chiarano atei giungono in maggio-
ranza (67%) da famiglie dove nessuno
dei genitori è praticante. « La famiglia
- hanno detto i vescovi del sinodo -
è come la fonte, la via ordinària della
vita cristiana».
Ciò vale in generale per ogni forma
di educazione: appena il bimbo si de-
sta alla vita, l'essere diventati padre e
madre normalmente crea nei genitori
le condizioni psicologichè indispen-
sabili per la protezione e lo sviluppo
della vita del bimbo, quell'amore che
ass.icura la sua crescita sana. Ciò che
una mamma e un papà dicono e fan-
no nelle occasioni anche più comuni
- a tavola, davanti al televisore,
commentando gli avvenimenti - si
incide profondamente nella coscien-
za di un figlio.
E la famiglia ha altrettanto peso
nell'educazione alla fede. E' una mis-
sione affidata da Cristo ai genitori già
solo per il fatto che sono cristiani: il
comando « Andate e annunciate il
Vangelo a tutte le creature» li coin-
volge riguardo ai Cigli già solo per aver
ricevuto il battesimo. Il sacramento
del matrimonio santifica poi l' amore
dei coniugi e li rende strumenti in
modo speciale di grazia per i figli. i
genitori diventano di fatto per loro la
prima voce della Chiesa, i primi
evangelizzatori e catechisti. Altre per- .
sone - sacerdoti, catechisti, educa-
tori - potranno in seguito aggiun-
gersi al fianco dei genitori, potranno
Il momento eaperlenzlale: I bambini vengono
condotti per mano dal genitori a crescere nella
lede che hanno ricevuto nel battesimo.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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completare nella scuola, nella par-
rocchia, nei gruppi più svariati la loro
azione; ma nessuno può sostituire i
genitori.
Ruolo insostituibile. Ma che cos'è
la catechesi? Un tempo - quando le
mamme e i papà di oggi erano bam-
bini - si parlava di catechismo, e tulli
sapevano che era quel librello co-
minciante con «Chi ci ha creaLO?•.
oppure era una lezione, una scuola in
parrocchia, all'oratorio, ecc. La paro-
la catechesi, cbe oggi viene preferita,
ha invece un significato più ampio e
più ricco.
Ambedue i termini derivano da una
parola greca che significa « far risuo-
nare all'orecchio». Far risuonare che
cosa? Per i primi cristiani era - eri-
mane anche per noi - l'annuncio del
Vangelo, cioè la «notizia» che Cristo
ci ha portato la salvezza, ch e ci rac-
coglie in assemblea (Chiesa, popolo di
Dio), che ci conduce al Padre. L'in-
carnazione di Cristo nella noi.tra i.to-
Il momento comunitario della crescita nella le-
de: I ragazzi lo vivono con gll altri, nella par•
rocçhl11, nella acuola, nel gruppo.
fare il catechismo?
ria coinvolge tutti i valori umani, al
punto che tutta la realtà, dei singoli e
dei gruppi, dello spirituale e del ma-
teriale, dalla preghiera allo sport al
la,•oro alla politica, viene inglobato e
diventa contenuto dell'annuncio della
s alvezza .
La catechesi comporta l'annuncio
di queste realtà che vanno cono!>ciute,
vissute, e condivise. La catechesi ot-
tiene l'effelto di produrre, in chi l'ac-
coglie. una mentaliLà di fede. e gli at-
teggiamenti pratici conseguenli. In tal
modo la catechesi giunge a realizzare
il Regno». fa sì che tutti gli uomini
diventino popolo di Dio.
Essere catechisti, per i genitori, si-
gnifica l>Uscitarc tuIlo quesLo nei pro-
pri figli che col battesimo hanno rice-
, uto in dono il germe della fede. Ciò
che essi possono dare ai figli, non può
essere surrogato da nessuno. Né da
panocchia, né da scuola, né da allTa
istituzione della Chiei,a.
Sulle gi.nocc.hia della mamma. La
perplessità che ha colto i geni1ori di
Marielc , di sicuro è comune a tanti
altri gcni1ori: «Ma come facciamo?
Forse che ne siamo capaci?». L'idea di
dhrentare catechisti richiama subito
quella di un'aula, un testo, una lezio-
ne, una cultura teologica e un'espe-
rienza pedagogica consolidate. Tutte
cose impensabili nei comuni genitori.
Ma non è questo che si richiede: l'o-
pera di catechisti che devono wolge•
re, in genere, è un'altra.
La catechesi ha certo bisogno an•
che di un momento conoscitivo (ap-
prendimento di formule, anche me-
morizza1.ione, attività affini a quelle
scolastiche), ma si svolge soprairuuo
e più efficacemente in altre situa,doni.
C'è per esempio il momenro espe,,en-
;:iale, cioè della fede vissuta in perso-
na prima dai figli nella vita di ogni
giorno, in cui J'imervento dei genitori
risulta veramente decisivo. l.a fede si
~ucchia con il latte materno; il bam-
bino compie i primi passi verso Cristo
quando. sulle ginocchia della mam-
ma. impara da lei le prime preghiere.
impara a pensare a Dio, a sentire Dio
presente nei piccoli av\\•enimenti della
sua vita. I genitori possono prendere
lo spunto dalle semplici cose della vi-
ta familiare e del quartiere, dagli av-
venimenti del mondo, per commen-
tare alla luce della fede e risalire fino a
Dio.
O dialogo religioso. Mamma Mar-
gheiita, la !>anta mamma di Don Bo-
l>CO, in questo è stata prodigiosa. Don
Bosco ha raccontato i suoi intervenli
di sensibilissima educatrice cris1iana.
Giovannino e suo fratello Giuseppe
erano immersi nella contemplazione
di un 1ramonto dai colori accesi:
Mamma, com'è bello!• «E' Dio che
ha fatto tulio questo. Quanto è gran•
de!" Poi scendeva la nolle e i bambini
col nasino in su a mirare il brillio delle
Melle: «Mamma, com'è bello!» «E'
Dio che ha seminalo tulle le ste lle. Se
è cosl bello il nostro cielo. quanto sarà
bello il Paradiso!,. Scoppiava il tem-
porale e i piccoli correvano a cercar
riparo nella gonna materna dai rul-
mini e dai tuoni: «Come è potente il
Signore! Chi può resistergli? Non
commeuere mai peccati•.
Una pedagogia, se si vuole, rurale.
Ma che può diventare facilmente cit-
tadina e tecnologica: alla meraviglia
dei bambini di fronle agli aerei e ai
cervelli elettronici, si può rispondere:
•Se l'uomo riesce a rru·e 1uue queste
belle cose, come è grande Dio che gli
ha donato tanta capacità». Di fronte
ai prodigi della medicina e della chi-
rurgia: •Come è buono il Signore che
ci dà i mezzi per comba1tcre e vincere
il male!»
Quest i dialoghi valgono più dei
cento testi e sussidi audiovisivi che i.i
possono tro, are in parrocchia. Perché
nella confidenza i figli prendono l'ini-
ziativa, esprimono i loro punti di vi-
sta, elaborano una loro prima visione
cristiana dél mondo. Una mamma
capace di dialogo religioi.o con i figli,
ha riferito queste riflessioni del suo
piccolo.I.lo: ~ Mamma, Gesù ci perdo-
na perché ci vuol bene, così noi di•
ven1iamo più buoni». « Mamma, Gesù
ci vuol bene più di te, perché tu
quando facciamo i capricci ci dài le
bolle e i castighi, mentre Gesù ci per•
dona».
Un tempo per i figli. Questo dialogo
religioso in famiglia, la preghiera falla
insieme nell'intimità domestica, l'al•
mosfcra di fede in cui vivono i geni•
tori, tutto questo è già e pienamente
catechesi. An,i è talmente necessario,
che le altre catechesi - i.colastiche,
psrrocchiali, ccc. - se manca quella
familiare, sono destinate l'acilmcnte a
fallire. Per i ragazzi la fede diventa
subito problematica.
Se i genitori tacciono. !.e non espri-
mono la loro fede, tanto più se i loro
pensieri, i loro giudizi, il loro modo di
vivere son o in disaccordo col Vange-
lo, il bambino non potrà crescere nel-
la fede.
Ecco una recente riOcssionc di
mons. Ballestrero, Arcivescovo di To-
rino. I nostri bambini partecipano al
catechismo, e poi tornano a casa dove
vedono che la madre o il padre fanno
esaltamenlc il conLrario di quanto è
stato loro insegnato; vedono che la
famiglia vive senza preoccuparsi del
Signore e delle cose del Signore... Che
cosa imparano i bambini: quello che è
siato detto dal catechista, o quello che
insegna loro la vita che li circonda? E'
chiaro: imparano quello che insegna
loro la vita».
Insomma i figli hanno bisogno di
vedere conferm ato auraverso il dia-
logo e l'esempio concreto della fami•
~lia quanto trovano nei libri, quamo
imparano a i.cuoia e in parrocchia.
« Dio vuole 'riunirci nella sua gioia»,
sta scritto nel libro di religione, e
questa dichiarazione può rimanere
11

2.2 Page 12

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decisamente oscura, senza addentel-
lati reali, per il ragaz;,,;o. Ma ecco in un
giorno di scampagnata, mentre la fa-
miglia fila sull'auto verso le colhnè, la
mamma dice: " Noi siamo felici. Dio è
contento di vederci così; la nostra
gioia è la gioia stessa di Dio». ALiora
nelle testoline dei ragazzi tullo si ri-
compone e s i salda in una visione ar-
moniosa. serena e positiva, che alhir-
ga il cuore.
Che cos'è avvenuto? Semplicemen-
te si sono saldate due iniziative che
insieme sviluppano la vita di fede: la
catechesi familiare, e quella scolasti-
ca. La prima comunione è in questa
prnspcltiva un momento ideale. «La
mia bambina - ha dichiarato una
mamma - ha cambiato molto da
quando studia il catechismo. E' di-
ventata più obbediente, e spesso mi fa
domande riguardo a Gesù quando
aveva la sua età: come si comportava
lui, e come deve comportarsi lei».
Per Lutto questo i genitori dovranno
trovar·e nella giornata un tempo per i
figli. « I genitori cristiani - hanno
scritto i vescovi nel Sinodo - siano
più consapevoli della necessità di tro-
vare il tempo, nelle preoccupazioni
professionali, civili ecc., per stare con
i loro figli, fanciulli e giovani, e di
parlare con loro di Dio».
U momento comunitario. U nostro
discorso sulla catechesi si è così spo-
stato veri.o un altro aspetto impor-
tante, oltre al momento esperienziale:
quello comunitario. Il bambino esce
dalla famiglia, vive nel sociale, nella
scuola, nel gruppo dei coetanei, nella
parrocchia. Anche qui i genitori pos-
sono seguirlo in veste di catechisti.
Loro compito - e nessun altro
probabilmente lo assolverà se essi
falliscono - è di iniziare i piccoli alla
vita della Chiesa. Se vivono insieme
con lui la liturgia, le attività parroc-
chiali, nel bambino si sviluppa il sen-
so di appartenenza. E comincia a
sentirsi membro effettivo, anche se
piccolo, della comuniLà di fede.
Tullo questo è tanto più importante
oggi, che la società si è prolonda-
mentc laici7,ziitii. Un tempo iJ compito
dei genitori era più facile: si respirava
il cristianesimo nell'aria, esso incide-
va quasi automaticamente sui bam-
bini. sul loro modo di pensare e agire.
Quanto i bambini trovavano scritte>
nel « libro della dottrina», subito lo
verificavano auorno a nella vita di
ogni giorno. Oggi invece questo ri-
scorra-o è più che altro casuale. E
proprio per questo deve farsi mag-
giore l'impegno dei genitori.
Il momento conoscitivo. Non è an-
cora lullo: il bambino che vive il cri-
stianesimo anzitullo a livello espe-
rienziale e dentro la comunità, ha
pure bisogno di un momento più
strettamente conoscitivo dei conte-
nuti di fede, cli un momento che si
potrebbe dire scolastico, con l'assimi-
laidone, anche mnemonica, degli
enunciati, delle preghiere, ecc. E' il
momento del catechismo, dell'ora di
religione nella scuola. Un momento
che non va messo al primo posto, ma
piuttosto dopo, e va visto come ri-
pensamento e sistemazione logica
delle esperienze fatte.
E' tipico questo approccio con le
verità divine, e l'aveva già notato Pa-
scal. ,, Le cose umane - ha lasciato
strillo in un ~pensiero,> - bisogna
capirle per amarle. Le cose divine in-
vece bisogna amarle per capirle». La
storia è piena di cristiani, magari santi
con l'aureola, che ignari di teologia
Il momento conoscitivo del contenuti della fe-
de: è necessario, come è necessaria la tanto
biasimata memorizzazione. E oggi le parroc-
chie si orientano per la catechesi famlllare,
svolta attorno al tavolo di cucina.
banno però «creduto nell'amore»,
hanno avuto una conoscenza di Dio
sempre più profonda, basata non SLÙ
li bri ma su un amore di Dio in cre-
see11do. rn pratica. bisogna prima far
yjvere e amare ai fanciulli ciò che im-
pareranno più tardi nel catechismo.
Bisogna presentare ai figli fa storia di
Gesù prima di fargliene rilevare le
verità dogmatiche, farlo partecipare
alla vita di Cristo prima di fargli stu-
diare i sacramenti. Ma ecco, a un cer-
to punto, deve giungere il mument()
della conoscenza anche teorica del
cri::.lianesimo, il momento che un
tempo si diceva del catechismo. E i
genitori, a questo punto, che cosa
possono fare?
Attorno al tavolo dì cucina. I geni-
tori di Mariele poss<lno richiamarsi
ora alle parole del loro viceparroco:
«Il catechismo ai vostri figli fatelo
voi». Se papà e mamma ne hanno ca-
pacità, e ne hanno tempo, e hanno
vero amore cristiano per i figli, è bene
che prendano davvero questa ini;,,;ia-
tiva. Oggi in molte parrocchie si fa
esplicito invito a ciò. E si prendono
iniziative per facilitare i genitori: essi
sono invitati a riunioni in cui i sacer-
doti danno i testi, spiegano i metodi.
Per k> p si tratta di catechesi di
gruppo: ragazzi d i caseggiati vicini si
radunano a ore fisse, nell'una o nel-
l'altra casa. Gruppi di tre-qual tro, o
anche otto-dieci. Con una mamma, o
anche più mamme. E l'ideale è che ci
sia pure il papà. I genitori più prepa-
rati suppliscono a quelli meno capaci.
1 parroci ogni tanto rad unano genitori
e ragazzi per tm controllo, per un
tempo di preghiera in comune.
Ormai non sono più ra r·ità le par-
rocchie in cui si segue questo metodo,
e i risultati sembrano incoraggianti.
Dove l'esperienza è stata condotta
con sericLà. non si torna indietro. Ge-
nitori all'inizio titubanti presto si ri-
credono e ci pigliano gusto. Genitori
che hanno porLìH0 in quc::,to modo i
loro figli alla prima comunione, negli
anni successivi continuano a mettersi
a disposi1.:ione del parroco per radu-
nare in .casa propria altri ragazzi. Ne
scapita magari un po' la m<lquelle, o
la pace dei vicini di casa, ma nel suo
insieme ne guadagna la comunità cri-
stiana.
Ne guadagna: i ragazzi si abituano,
se non l'avessero fallo p rima. a par-
lare di religione anche in casa con i
familiari. L'ora di catechismo diventa
quanto più possibile vicina alla vita
quotidiana, diventa un incontro fra
amici, e ha ben poco (rorse nulla) di
scolastico. li catechista non è più un·
estraneo piovuto da chi5i.à dove, ma
un... terrestre ben conosciuto: un vi-
cino di ca.sa, un ccmgiunlo.
E chi ne guadagna forse di più - in
questa catechesi anorno al tavolo di
cucina - sono gli stes!>i adulti: non
solo «ripassanC>» la verità di fede, ma
sono portali a rimeditarle, a confron-
tarsi, a esaminarne l'incidenza nella
vita passala, a modificare almeno" da
oggi» il componamento ruturo.
Papa Giovanni. I genitori sono
dunque impegnati a vari Livcl.li (mo-
mento esperienziale, momen10 com11-
11i1ario, mo111e11to COlloscitfro) per l'e-
duca7.ione alla fede dei loro figli. Con
o senza studi teologici, possono com-
portarsi in modo da meritarsi dai figli
l'elogio stupendo che Angelo Roncal-
li, futuro Papa Giovanni, rivolse ai
suoi genitori contadini: «Da quando
sono uscito di casa, verso i dieci anni
di età, ho letto molti libri e imparalo
molte CC>sc che voi non potevate inse-
gnarmi. Ma quelJe poche cose che ho
appreso da voi a casa, sono ancora Le
più preziose: esse sorreggono e danno
vita e calore alle molle altre che ap-
presi in seguii.o, in tanti anni di studio
e di in~egnamento».
12

2.3 Page 13

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FILIPPINE
gio del sabato, e alla domenica, si
rimboccano le maniche e ci danno
Cento casette
dentro. Sempre a gennaio, 12 case
erano già costruite; le altre ,·c1Tanno
su una dopo l'altra, con la massima
per chi non ha casa
buona volontà. E con allegria. Don
Zago quando gli uomini sono al lavo-
ro porta loro una merenda cli pesce e
riso, e se ha tempo dà una mano. Tuili
Una nuova iniziativa a Tondo, periferia di baracche vicino al porto di insieme fanno i calcoli: entro il 1978
Manila: costruire cento casette per le famiglie più povere della par- vogliono arrivare a 50 case; entro il
rocchia. Ogni casetta costa sulle 700 mila lire di materiale, mentre la 1979 a 100.
mano d'opera è offerta gratis dall'Associazione Uomini del Centro Con le case cresce la fed e. Questa è
Giovanile salesiano.
una delle tante iniziative portate
a"anti dai figli di Don Bosco tra le
baracche di Tondo, una delle 1.onc
« E ntro in certe baracche d(,ve in
due metri per tre vivono in IO
persone. Sotto i piedi, se ha_ piovuto, il
fango; sopra la Lesta, lamiere arrug-
ginite che di ipomo sc~mano co!ll~
fornelli clcnrio. Non esiste un mini-
mo di «privato•. i bambini dormono
sopra un bancone duro addossati gli
uni agli altri come una cucciolata, co-
perti da uno straccio... Ogni volta esco
col cuore gonfio di pena e di pietà.
Con un fondo di amaro che mi la
pensare e mi rimprovera. Mi chiedo:
se Don Bm,co fosse qui di persona.
che cosa non farebbe per dare a que-
sti poveri una dimora più umana?•
Cosi don Pietro Zago. direttore del
Centro Gim anile di Tondo nella peri-
feria di Manila. Come risposta al ..che
cosa farebbe Don Bosco», lui e la co-
munità salesiana (7 saccrdoli, I chie-
rico, 5 Figlie di Maria Ausiliatrice)
hanno lanciato l'iniziativa • Una ca-
setta per chi non ha ca~a•.
Un modello econo m ico. All'ini1.io
del 1977 anche il Signore da quelle
parti era in cerca cli una casa adegua-
ta, e nel dare a,"io alla costru1ionc
della chiesa nuo,·a don Zago a\\'C\\ a
dello: «Se Don Bosco ci aiuta a finire
la casa del Signore. con lo stesso en-
tusiasmo costruiremo case per le fa-
merosa: con 3 stan1.ette, il pa, imento
in cemento, la parte bassa in solida
muratura, il tetto a prova di uragano.
li costo del materiale (25 sacchi di ce-
mento, 300 blocchi perforati, 8 metri
cubi di <;abbia e ghiaia, legname, la-
miere, vetri. ecc.) è contenuto in 700
mila li1 e. I salesiani, cappello in ma-
no. cercano i fondi.
li contributo per la prima ca!ta è
stato donato dalla parrocchia San-
l'Ambrogio di Milano. Appena finita
la prima casetta, è stata assegnata alla
famiglia R<>ot con sci bambini e il
gallo. Altre due case sono state dona-
te dal Reltor Maggiore. L'Ispettoria
Subalpina appena interessata ha
pror.·cduto a una casa. e ora continua
a raccogliere fondi per aJtre. La par-
rocchia salesiana di Bologna Ma fa-
cendo allrcttanto. E' !ilata interessata
anche l'Opera Don Bosco per ì paesi
emarginali•. di Lugano, che ha bat-
nno lulli in generosità: 20 casette.
Don Zago raccoglie aiuti anche a Ma-
nila e nelle Filippine, e si aspetta di lì
altre wnli case. A gennaio 1978, aveva
già fondi sicuri per 35 case.
Merenda d i p esce e riso. Dunque a
costruire le cascuc ci pensa l'Associa-
zfonc Uomini: gente solida. che non
ha paura della fatica. Sono una cin-
sociali più depresse delle Filippine
(che Paolo Vl nel suo viaggio del 1970
volle ,·isitare di persona). A loro è af-
fidata la parrocchia del Barrio Mag-
sa,sav. con 65.000 abitanti (l'intera
Tondò ne conta quasi 500 mila, per lo
più baraccati in condiz.ioni umilianti).
li Centro salcl:iiano è la casa dì tutti.
Ogni anno prepara 800 giovnni al la-
voro come carpentieri, meccanici,
saldatori, riparatori d'auto, perfino
cuochi e camerieri per compagnie di
navigazione. Le suore preparano sar-
te e cucitrici. E que<,ti giovani al 90°1i
trovano subito lavoro.
La popolazione è in grande mag-
gioran1a cristiana. ma ha una fede da
rifare dal di dentro. I Salesiani hanno
preparato 110 catechisti che intrat-
tengono la giovcntll alla domenica. e
altri 25 che insegnano religione ai
9.000 bambini delle elementari. Ogni
festa è un'infornata di battesimi: 320
nell'ultimo Natale, un cenlinaio ael
giorno di Don Bosco...
Il lavoro non manca, in un mondo
giovane (il 7Q~Q dei filippini sono sollo
i 26 anni), e - pur fra tante difficoltà ·
- proteso verso l'avvenire. Con le ca-
se a Magsaysav cresce anche 1~ fede,
si rafforLa il senso di collabora11one, e
la comunità cris1iana si fa più matura.
miglie più povere». Don Bosco deve quantina che alla sera, e nel rwmcrig-
aver aiutato sul serio, l>C a novembre
*
la chiesa pote\\'a venire benedena (in
quel giorno erano venuti il card. Sin
arcivescovo di Manila. il Nunzio Apo-
stolico, autorità e ambasciatori va-
ri... •· Ma per quella dalii l'inizia(i\\'ti
"Una casa per chi non ha casa" era
già stata lanciata da_un pezzo.
Ecco come fun1.1ona. Il go\\"erno
a,·eva messo a disposi7ione un po' di
terreno, l'aveva suddiviso in piccoli
lolli. e lo a~i,egnava agli abitanli della
zona che intendesi.ero costruirsi una
casa. In pratica ben pochi però erano
in grado di costruir<.· da soli nei ter-
mini voluti dalle autorità: in maggio-
ranza sono scaricatori di porto o ma-
novali. che guadagnano appena per
sfamare la lamiglia (che in media è di
otto pcr,;one). A costruire perciò ci
pensa per loro l'Associa1.ione Uomini
del Centro Gio\\'anilc Don Bosco.
E' stalU scelto un modello di casn
decisamente economico. ma adegu.1
lo alle necessità di una famiglia nu GioYanl del Centro glov1nlle !.aleslano di Tondo costrul1cono una casetta.
13

2.4 Page 14

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('
\\,
* ITALIA LE FMA SONO A CHIERI DAL 22 GIUGNO 1878
Compiere cent'anni
tra le ragazze di Chieri
Era stata la cittadina della sua giovinezza, dei suoi studi, del suo
sacerdozio, perciò Don Bosco con vera gioia vi fondò il « Santa Te-
resa», una delle prime opere delle figlie di Maria Ausiliatrice. Poi in
cent'anni decine di suore tra migliaia di ragazze, per un lavoro silen-
zioso ma prezioso, con il sostegno cordiale della popolazione.
« I o ti offro villo e alloggio: tu
nelle ore libere dalla scuola e
dallo stuctio, mi aiuti nei servizi di ca-
sa e fai da ripetitore a mio figlio».
Giovanni Bosco accettò. li 4 novem-
bre l831 venne a Chieri, e si stabilì
nella casa ospitale della signora Lucia
Matta.
Dieci anni a Chieri. Il santo dei
giovani visse così due anni operosi e
tranquilli. Cominciò a frequentare il
ginnasio, fondò tra i compagni la So-
cietà dell'allegria, divenne il vivace
animatore delle istruzioni catechisti-
che nella chiesa dei padri Gesuiti. La
signora Lucia, osservando quel ra-
gazzo buono e disponibile, si congra-
tulava con se stessa per averlo ospi-
tato.
Durante l'anno scolastico 1833-34
Chieri vide Giovanni Bosco garzone
del caffè Pianta. Nel tempo libero da-
gli impegni scolastici egli prestava
servizio al suo padrone; a notte alta si
ritirava in un sottoscala e prendeva
riposo.
In questo periodo ebbe due gr-andi
gioie, che affondano le radic.i nella
sua vita dura di studente-lavoratore.
Conobbe un ragazzo ebreo di nome
Giona; con le sue calde esortazioni lo
incoraggiò a farsi istruire nella fede
cattolica e lo ponò a chiedere il bat-
tesimo. Strinse amicizia anche con
Carlo Palazzolo, cli 35 anni, sacrestano
del duomo, il quale desiderava farsi
sacerdote: si mise ad istruirlo, e in due
anni Carlo riuscì a superare l'esame
per la vestizione di chierico e in se-
guito realizzò il suo ideale.
Il 25 ottobre 1835 Giovanni Bosco
entrò nel seminario e vi compì rego-
larmente i corsi di studio, coronati
dall'ordinazione sacerdotale iJ 5 giu-
gno 1841.
Un palazzo per la gioventù. I dieci
anni trascorsi da Don Bosco a Chieri
furono memorabili nella sua vita:
«tempo forte» di maturazione verso il
sacerdozio, « tempo sereno» cli pro-
grammazione spirituale e apostolica.
Perciò fu grande la sua gioia quando i
coniugi Ottavia e Carlo Bertinetti, che
non avevano figli, nel 1858 decisero di
lasciargli in eredità il loro palazzo
perché se ne servisse a vantaggio del-
la gioventù. Don Bosco ricordava con
piacere che proprio in quella casa,
compiuti gli « studi di latinità» al col-
14
Chieri: la chiesa e l'islltuto Santa Tere sa come al presentano oggi.
lcgio di Chieri, aveva sostenuto l'esa-
me per la vestizione chiericale; che vi
era poi tornato diverse altre volte per
invito del canonico Burzio, arciprete
del duomo e a quel tempo delegato
scolastico.
Secondo una testimonianza di don
Rua, egli pensò subito di aprirvi un
istituto per la gioventù maschile, ma
«gravi difficoltà» intralciarono a lun-
go il suo progetto. Non vedendo modo
di superarle, stava per alineare l'edi-
ficio e destinare il ricavato ad altre
opere, quando il Signore gli manifestò
in modo curioso la sua volontà. Tutto
cominciò con una casuale visita di
cortesia.
« E se facessimo un oratorio? »
Carlotta e Maddalena, due brave
donne che avevano vissuto lunghi
anni con i coniugi Bertinetti, nel 1876
continuavano ad abitare nel loro pa-
lazzo. L'ultima domenica di ottobre
una loro amica andò a far visita a
Carlotta, e condusse con quattro
giovani operaie del suo cordificio.
Mentre le due amiche si intraueneva-
no in conversazione, le ragazze esplo-
ravano ogni angolo del caseggiato;
entrarono anche nella cappellina pri-
vata, e con le loro voci limpide into-
narono una lode. Carlotta e la sua
amica le raggiunsero e si unirono a
loro. Poi Carlotta propose: « E se fa.
cessimo proprio qui un oratorio per le
ragazze di Chieri?» E più nessuno
riuscì a fermarla.
Il giorno seguente Carlotta Braja si
recò a Torino, comunicò a Don Bosco
l'improvvisa ispirazione, e lo pregò di
mandare subito le Figlie di Maria Au-
siliatrice. Don Bosco la incoraggiò a
ripetere l'esperienza apostolica nelle
domeniche seguenti; e qualche tempo
dopo, non potendo ancora mandare
le suore - il loro Istituto aveva quat-
tro anni di vita, era appena sbocciato
- fece recapitare a Chieri una bella
statua di Maria Ausiliatrice, dicendo
che per il momento inviava solo « la
Madre delle Figlie». L'8 dicembre di
quello stesso anno la statua della
Vergine venne benedetta e collocata
sull'altare della cappellina.
Intanto le prime quattro ragazze in
poco più cli un mese erano già dive-
nute 150 oratoriane vivaci e fedelissi-
me. li loro numero continuò a cresce-
re fino a 250. Don Bosco allora, ve-
dendo chiara la volontà di Dio, decise
di mandare a Chieri proprio «le Fi-
glie», perché lavorassero fra quella
gioventù che la « Madre» aveva susci-
tato per loro. Le suore giunsero a
Chieri il 22 giugno 1878; erano quat-
tro: suor Carmela Arato, suor Brigida
.Prandi, suor Angiolina Rossi e la di-
rettrice suor Rosalia Pestarino.
Qualche giorno prima invece, una
giovane chierese di nome Maddalena
Morano era entrata a Mornese per di-
ventare FMA. Così Chieri aveva detto
in anticipo il suo grazie alle suore di
Don Bosco, ma un grazie con i fiocchi,
perché suor Morano oggi è avviata
agli onori degli altari.

2.5 Page 15

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L'btitulo «Santa Tcre~a. di Chieri
iniziò da quel tempo la sua storia se-
rena. Sue caratterisù chc rimasero
sempre una viva tensione delle suo re
per il bene della giovenlt1, e una cor-
rispondcm;a intelligente, piena e ge-
nero~a da parte della popolaz.ione.
Un tempo, san Luigi. Il 27 giugno
1889 al Santa Teresa si compie un rito
semplice: «Quante sono le Figlie di
Maria che oggi si consacreranno alla
Madonna?•, d omanda il cardinale.
«Ventidue, eminenza: dodici orato-
riane e dicci educande». E il cardinale
Alirnonda, arcivescovo di Torino, sor-
ride: è venuto personalmente a erige-
re la nuova Unione, è certo che da
quel primo gruppo di giovinezze
spunterà una pianta robm,ta.
Nel corso degli anni infall.i le iscrit-
te aumentano sempre, e molle si di-
stinguono per l'intensa vita di fede e
per un fer\\'ido apos1olaw. Oggi, chi
non !c>a, a <,entir parlare di • Figlie
Maria• può anche sorridere; ma esse
hanno svolto sulla fine del secolo
scorso e ben oltre un ruolo molto be-
nefico nella Chiesa (anzi lo loro orga-
ni22azione continua souo lorme rin-
no\\'ate a dare buoni frulli anche og-
gi). Così i nomi di Clara Magone,
Margherita e Luigina Bo~co, Carolina
Ronco, Lucia Vai, e di moltil.simc al-
tre leg-ale al Santa Teresa, sono stati
ricorda ti a lungo, e a ragìone. in quel
di Chieri.
Del resto quell'ambiente pare tosse
destinato da tutti i tempi all'austerità
e alla te!>timonianza cristiana. Si ri-
tiene che la casa Bcrtineui un tempo
facesse parte dell'antico palaao della
nobile famiglia Tana, da cui discen-
deva la marchesa di Castiglione, don-
na Marta, la fortunata madre di san
Luigi Gonzaga. Racconta la cronaca
che nel 1584 san Luigi, per ordine del
padre, era venuto a ossequiare il duca
di Savoia a Torino. Il barone Ercole
Tana, fratello di donna Mana, andò
personalmente a itw itarc il nipote
perché volesse trascorrere alcuni
giorni con i parenti, tanrn più che non
era mai Mato a Chieri. Luigi accettò e
lo zio, lieto d'ospitarlo in casa sua, in-
disse una grande feMa. Durante il
ballo, il giovane si ritirò in una starua
appartala e si immerse in raccolta
preghicr.,.
TI salone dove si svolse la serata
appartiene al palazzo Berlinetti. La
parte più nota è una stan1.a in cui pare
che Luigi una volta si fosse data la
disciplina, e le cui pareti sarebb ero
schizzate del suo sangue innocente:
essa resta nell'ala dcll'ediricio di pro-
prietà della famiglia Tana, che fu poi
donato alle religiose Agostiniane. Che
la sete dèlla gioventù chierese, di vi-
vere con serietà e coerenza gli impe-
gni della vita cristiana. possa consi-
derarsi felice eredità del breve sog-
giorno di !>an Luigi?
V era sorella di Giobbe. Ma c'è di
più: le vocazioni religim,e U!c>cite dal
Santa Teresa risultarono più di un
centinaio, disu·ibuite in rnrie congre-
ga;,ioni: Figlie di Maria Ausiliatrice,
Canonichesse Agostiniane, Visitandi-
ne, Dome nicane, Figlie della Carit à,
Giuseppiae, Suore del Cottoleng(), di
Sant'Anna, della Carità di Sant'Anti-
da, Immacolatine...
E non mancano tra loro splend ide
figure di missionarit!. Di suor Maria
Bricarello, FMA, mom,. Mathias scri-
veva dall'India: « D'animo nobile e di
natura ardente, era ~fonLa a Gauha1 i
1'8 dicembre 1923 es era subilo messa
con ~lancio allo s tudio dell'Hindu per
rendersi aua al la,oro di mis~ione.
Per la conoscen,:a che aveva della
lingua inglese, e per la facilità con cui
apprese quella del luogo, le venne a l-
ridata la visita quotidiana all'osped a-
le. Si dedicò a quell'apostolato con
vero entusiasmo e ~ono prova del suo
zelo i 40 battesimi procurali in bre, e
tempo.
Il 20 febbraio 1925 per il suo 1.elo
caritatevole si spinse forse troppo vi-
cin.o a un malato contagioso, e riportò
a casa i1 germe del morbo che doveva
troncare la sua esistenza. Il medico,
chiamato d'urgcn,a, dovelle conMa-
tare che si trattava di \\'aiolo nero Alla
sera del 23 peggiorò repentinamente,
e si crcdelle opportuno amministrarle
gli ultimi sacramenti. "Sono pronta!
- diceva - ; ho consacrato l'anima
FMA, missionaria fra i lebbrosi, don
Rabagliati così dava notizia ai genito-
ri: «Aveva pregato: "Ti chiedo di di-
venire lebbrosa piultosto che essere
cambiata di casa; perché desidero vi-
vere e m..orire fra queste creature". U
Signore l'ha esaudita: le mani e la
faccia sono sempre di persona sana e
nulla si conosce del suo male, mentre
per il resto è quasi una vera sorella di
Giobbe. Sono già passali tre anni e
mezzo, e lavora senza suscirnre re-
pulsione a quanti l'avvicinano. Che
fa? Da madre, da sorella, da amica, da
infermiera a 62 bambine orfane leb-
brose; e cosi la potrà durare per un
buon numero di anni. E, malgrado
tutto, è pienamente felice!»
Risposta pagata. Le fondazioni
nuove di Salesiani e Figlie di Maria
Ausiliatrice, anche se all'ini1io sem-
brano di ampiezza soddisfacente, do-
po qualche anno rivelano sempre le
medesime carenze: la cappella, il
cortile, il salone-teatro, risultano tutù
piccoli, streni, soffocanti! E questo
perché l.t gioventù cresce o ltre ogni
previsione.
Quando giuase a Chieri don Bran-
da, costruuore nato, notò con pena
l'incapacità della cappella di fronte
alle centinaia e centinaia di oratoria-
ne e a lunne. Don Francc:.ia, venuto a
conoscenza dell'inconveniente, sug-
gerì di scrivere una «lettera a Don
E un giorno del 1962 una vlalta gradita: l 'arcivescovo d i MIiano mona. Montlnl, oggi Papa.
li centenario del Santa Teresa è stato festeggiato nel maggio acorao con una fitta rete di Iniziative:
una ••ettlmana della gioventù•, la commamoreztone c lvlle, quella religiosa onorata dell',rctve-
acovo d i Torino, e Incontri con tutti I rami della Famlglla aalaalane.
mia e il mio corpo al Signore per la
!>alvezza dclle anime. Gli ho rinnovato
più volte il sacrificio della mia vita, Iin
da quando sul piroscafo venivo in In-
dia '',
«Rinnovò pubblicamente i suoi vo-
ti, e soggiunse: " I lo sempre amato
molto la Madonna , e ho cercato di
farla amare da quanti più pOIC\\'o:
sento che sarò -..al\\!a.. ··. Era il 24 fd>-
braio. Suor Maria contava 35 anni: fu
la prima viuima di carità di questa
missione».
Di suor Modesta Ravasso, altra
Bosco» e di deporla sulla sua tomba
di Valsalicc. Risposta pagata: si costi-
tul subito un comitato di signore
chieresi, e si creò un fervido movi-
mento di adesione all'iniziativa.
Il 15 marzo 1898 mons. Davide Ric-
cardi, arcivescovo di Torino. pose la
prima pietra della nuova costru1.ione:
il 7 novembre dello stcs.'>O anno don
Rua, allora Reuor Maggiore, venne a
benedire la bella chiesa dedicala a
Maria Ausiliatrice e vi celebrò la pri-
ma messa. Erano trascorsi poco più di
otto mesi: !>embrava sogno. cd era
15

2.6 Page 16

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stupenda realtà.
Soluzioni duttilL L'istituto Santa
Teresa ha 'iaputo offrire, ai \\'ari pro-
blemi presentatisi nell'arco di questi
cento anni, delle soluzioni duttili e
generoi,e. Quando nel 1878 giunsero le
prime suore, all'oratorio già fiorente
vennero subito affiancate le classi
elementari e un corso di perfeziona-
mento; le alunne quell'anno furono
solo educande (interne), ma dal 1879
anche esterne.
Chieri fin dal secolo i,corso era una
cittadina ricca di fabbriche di cotone
e di tela. con centinaia di ragaue e
adolescenti che si impegna,ano nel
lavoro ma trascuravano gli studi. Le
Figlie di Maria Ausiliatrice aprirono
una i.cuoia festiva gratuita: la fre-
quentarono subito cento e più raga1-
ze dai nove ai quindici anni e una
quarantina di adulte, che dopo le
funzioni religiose del mauino !.i ap-
plicavano allo studio per circa due
?re. A ~avore delle ragazze fu aperta
10 seguito anche una scuola serale.
Le i,uorc poi ponevano ogni cura
nel raggiungere, attraverso le orato-
riane, altre giovanj operaie: per loro
organiz:1.avano ogni anno un cor:,o di
esercili :.pidtuali in prepara-:ione alla
Pasqua. Erano sempre numerose: nel
1926, anno record, le pa11ecipanLi fu-
rono mìlle.
Vigile a cigni nuova esigenza, l'hli-
tuto durante la campagna libica
(1911-12) accolse come interne un
gruppo di bambine italiane le cui fa.
rniglie erano state espulse dalla Tur-
chia; nel primo conflitto mondiale
ospitò quarantadue orfane di guerra e
prestò assistenza, con sc:u<?le_ e r:[~-
zionc, a trecentonovanta f1gl1e d1 n-
chiamati alle armi.
In alcuni periodi fu sede del novi-
ziato e del postulato. Dalla seconda
guerra mondiale al 1950 l'educandato
si trasformò in com;tto operaio e rese
un servizio prezioso alle giovani lavo-
ratrici. Poi venne un « tempo di rin-
novamento~ anche per l'edificio: si
vestì a festa e si arricchì di nuovi lo-
c a li.
1 corsi scolastici si adeguarono alle
richieste moderne, e oggi vi f unzio-
nano una scuola materna, elementare
e media, e un centro di formazione
professionale; Gorenti sono l'ora10-
rio-cen1ro gio,anile, la scuola per ca-
techiste. le allività parrocchiali, la co-
lonia estiva.
Ma il più grande tesoro del Santa
Teresa resta sempre la giovineaa che
l'anima. All'inizio del secondo cente-
nario la fedeltà delle e.xallicve e dei
cooperatori, l'entusiasmo delle orato-
riane, l'impegno delle alunne, la col-
laborazione spirituale dei Salesiani. la
generosa e attenta presenLa cli tutta la
città. sono per le Figlie di Maria Ausi-
liatrice motivo di speranza e !>limolo a
una domvionc piena, nel carisma
Don 801,co.
MARIA ELIA FERRANTE
16
E quando arriva l'tnondutone che 11 la? SI aapette che passi...
INDIA
Un tetto sicuro
per i ragazzi della strada
I Cooperatorr Sule.,iani lavo,·«nCJ per
la giovem,ì 1un·na u11che in Indio.
Una lelleni da Pera111b11r (Madrus)
rende conto rii 1111 'i1,i;;ia1i1·a cora.ggio10
e che meriw 1111 aiwo. Peramlmr è
1111 'opera «periti c/ui sale~ia11i 11el !93➔:
lw un tempio tledirnw alla .Mado11na
di Lourdes, la pa,rocchia, le scuole pc,
piccoli e ~ram/i, clue oratori con ww
trentina di as~ocia,~ìoni, un dispensario
medico, e due ce1111i di Coopera1on.
Nel Centenario delle Missioni Sale-
.siane (1975) i 1a/(,1,ic111i decisero di
aprire una ntw,•a parrocchia dedil'alll
al Cristo Riso,10 i11 ww localita l'ici11a.
Pera1·allur (dove om risiedono due .w•
cerdoti); e i Coopemtori, per non es!>e•
re da meno, dec:i1>ero di la1•orare i11
quella località raccogliendo i ragu;:;:i
de/1,z strada. /;'riguardo a q11es1 'u/linw
attivitcì che ha11110 ~ai110.
Siamo i Coopcrat<>rì Salesiani del
Centro Crh,to Ri:,orto di Peravallur, e
vi scriviamo anche a nome dei ragazzi
poveri e abbanJonoti che abbiamo
raccolto nello no!.tra •Anbu lllam
(Casa dell'Amore). Vogliamo din i
quanto facciamo qui pèr continuare il
larnro di Don Bosco in la, ore della
gio\\·entù abbandonata. Confidando
nel Signore, abbiamo preso sulle no-
stre spalle la responsabilità di racco-
gliere al.cuni ragazzi abbandonati.
La decisione f'u presa da noi nel
scuembn.: 1975, al lem1ine di una
«settimana dì riflessione». I salesiani
ricorda, ano• con la nuova parroc-
chia Cristo Rbono il centenario delle
loro misi,ioni. e noi , ole,·amo con
un'opera per i ragazzi poveri ricorda-
re il centenario dei Cooperatori. ri-
corrente nel 1976. La nuova patToc-
chia ci conces:.c il 1crreno e noì rea-
lizzammo un capannone coperto.
Compiuti i prepanit j\\ i nccc..,sari, il 12
~cl tcmbre 1976 raccogliemmo nella
Anbu lllam i primi 6 raga71i.
Avevamo lanciaw una campagna
pc, raccogliere i londi. il Signore
il>pir6 una pen,ona gcncr<ha a donare
5 mila rupie. Quc!oto ci animò a conti-
nuare. \\'ennero altri rogaui e noi ab-
biamo accolto quelli più in difficoltà,
-,icuri che il Signore d aiuterà a pro,•
vedere ai loro bi:-.ugni. Oucsli ragazzi
vengono da noi collocati presso qual-
che fabbrica pc1ché imparino un me-
~tiere, secondo le loro altitudini. Tro-
vano presso di noi una casa. una si-
cure1.1.a, e la comprensione di cui
hanno bisogno, pcrdò si componano
bene, in fabbrica imparano con buo-
na ,·olontà e la,·orano. e cn:scono
onesti.
Incontriamo pere) dhcr...e diffi-
coltà. Per C!>cmpio in ca:.c> di alluvio-
ne, l'acqua invade il no::.tro capanno-
ne. e noi non abbiamo altro da fare
che attendere che l'acqua se ne vada.
Perciò ora intcndiorno procurare ai
ragani una cai,a vera e propria, a
prova di inondazione. Recentemente
ne abbiamo trovata una adana, molto
\\icina all'attuale I c..,idcnrn. e , oglia-
mo acquistarla. Per me1tcre insieme il
denaro occorrente stiamo organjz-
,:ando u11a lotteria: abbiamo pure in
programma delle allività artigianali
che dovrebbero permetterci di rica-
vare qualcosa...
I Cooperatori sale~iani del Ce111ro
Cristo Risono conc/11do110 la loro re-
la::ione dicendo: oi abbiamo fidu-
cia che il Signore ci aiuterà atrra,•erso
anime generose comc , oi,., E aggiw1-
go110 il loro indiri::::o: Salesian Coo-
* peraton, • Ri!.en Christ Unit • Pcraval-
lur Madras 600082 (India).

2.7 Page 17

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* SERVIZIO DI COPERTINA BOLIVIA
Sopravvivere
a quota 4000
Gli lndios Quechua e Aymara, sulle Ande, indicavano con la parola
Pachamama la .. buona madre terra. che da tutti I tempi Il nutre. Con
l'arrivo dei conquistatori essi hanno dovuto lasciare le zone più fertili
e hanno visto scardinata la loro antichissima civiltà. La Chiesa è oggi
più che mal schierata al loro fianco. E nel loro piccolo Il affiancano
anche I figli di Don Bosco, con opere missionarie a 4000 metri e più, e
con opere soclall nelle periferie dove gli indlos si ammassano.
P achamama terra di campes,.
(( 110s• è 1111 11mwo documentario
d1ze111atografico .mila siltwzione degli
indios Q11ech110 f' Av11wra de/In Boli•
\\liu/ e :.ull'i11te11•e1110 i11 loro favore dei
fi?, i di Don Bo.-.co. li docu111entu1·io ,;.
propone due parole chiave che a /uro
1110</o aiwa110 a ,·omprendere la realtà
andina ogg,:
Anzitutto la paio/a tlel titolo: l'a•
chamama, la «b11011a madre terra•
d'u11 tempo, ora non più buona 11é
madre. «Non siamo solum10 u11popolo
- /,anno scriuo gli i11dio~ co11 fierezza
nel loro «Secondo manifesto di Tia•
l,ua11acu• (2.8.1977) -. Siamo 111w ci•
l'iltà, che con l'avve1110 dei conquisw•
tori ha conosciuto la déitruzione de,
propri valori"·
Ora, al malinconico passato con;.
.1ponde un prese11te 11011 certo migliore.
C'è l'emarginaziom sulle montag11e e
nelle periferie: al lmnc:heuo del l,ene.1-
~ere siedono ancora quasi esc/u:,iva-
meme i bianchi. L'accesso al mare, i·i-
1•issimo proble111t1 e w.pira;zione della
Bolivia, potrebbe conseguirsi attral'er-
su uno scambio di territori col Perù u
spese degli indios. Altro problema spi-
noso intemazionale, quello della mi-
noranza bia11ca i11 Sud Africa, che è i11
cerca di un 'eve11tuule nuova patria, se-
condo un ceno progello porrebbe e!i•
sere risolto ancora a spese degli indio.\\
andini: «Rifi111ia1110 ,·aregoricamente
Eacoma (lago THJcac.a):
ragazzino con l'amico llama.
il progetto criminale», essi scri,•0110 nel
loro manifesto.
L 'a/era parola-chiave è «Awa,
a1w1io•. A 111a. 11111/a lingua degli indio.\\,
indica l'ultimo m110, il piccoli110 a cui
mamma dedica più cure. Quello d1e si
porta sempre die11·0, avvolto in 1111 l'CI•
ra11eri.m·co \\eia/le multicolore, dello
appumo awaw (1111 bellissimo modello
è nella coper1mt1 di questo 8S, che
presema una mamma di Esco11w s11/
lago Titicaca). Ebbe11e, anche quel te•
nero fago/lo che le mamme si por-umo
sulla schiena, e elle racchiude le spe-
ram:e di w1 popolo, oggi è minacciaro.
La campagna per la limitazione delle
11ascite, sopra1t11110 fra gli indio.\\, è i11
pieno svolgimento, e il card. Maurer ha
dol'11to inten•c11ire più 1•0/te in clifesa
della libertà e del fwuro dei popoli 011-
dini. Ma il mwufesto di Tiaht1Cmacu
racchiude rma demmcia impressio-
11ame: «A hhit1111r1 co11suua10 che m•/la
farina e ne,Ili alimemi giumici tramite
!f, Carita:, ci ~0110 dei prodoui sterili:.-
zami che servo110 da contracceuivi. E'
un atto crimi11ale ben ca11111ffaro, per
sterminarci•· (Nd, .)
Ques to popolo già e ra clvlle. J cre-
puscoli boliviani Lingono gli orizzonti
con il colore della speranza. La sacra
vetta dcll' lllimani sla come l'Olimp()
degH dei. Ai suoi piedi, nella conca
elevata a quasi quattromila metri sul
mare, si adagia la città di La Paz, il cui
nome è una prom~sa. La città è di
bianchi al trenta per ccnlo, meticcia e
indigena il settanta per cento. Ma è
nata dai bianchi, e su misura per loro.
Le architetture coloniali del ccnlro
sto1ico non sono solo vestigia del
passato; restano il segno presente di ·
una cuJLura bianca egemone, che alza
grattacieli a, vcniristici ma concede
poco spazio csistcnLiale alle culture
native.
A due o tre miglia fuori La Paz. du-
vc cominciano le «yungas» (i declivi
di pascoli e culture), i q uartieri indi-
geni prendono ad an·ampican,i su
verso i dorsali alti con caselle di fango
disseccato e squadrato. Alla loro po•
vertà manca ogni minimo di infra-
slrutture. Eppure sono così puliti e
quieti.
Incontro «campcsinos» sulla !.tra-
rla polverosa. Campesinos è il Lerminc
« civile» per designare di solito l'intera
ctrùa india: l'uomo andino si trova
come circosciillO in un ruolo di agri-
coltore e pastore. Le case coloniche
appaiono sempre pulite e mai at-
traenti. Nemmeno i campesinos boli-
viani sono attraenti (la povenà non
scolpisce bcllc:u.e). Sono però digni-
tosi, raccolti in un loro misterio~o ri-
serbo. Forse cust0discono segreti
umani che affondano nei millcnnì,
quando questo popolo era già civile e
l'Europa ancora barbara
Ogni accadimento è sacro. E!>te•
riormente la gente andina ha una sa•
17

2.8 Page 18

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cralità tibetana. Gli uomini sono infi-
lati nei ponchos drappeggiali sulla
persona con comoda eleganza. Le
donne sono ornate di curiose bom-
bette, diverse secondo le zone di pro-
venienza, e da scialli chiamati awaios
perché vi è custodito l'awa, l'ultimo
nato. C'è quasi sempre un bambino
nell'awaio della donna campesina. n
tasso di natalità è qui molto alto, ma
ralcidiato dalla grande mortalità in-
[antile. Un bambino su due muore
durante il primo anno di vita.
La vita dell'uomo andino si snoda
all'insegna di una religiosità quoti-
diana. Questa fede s'incarna nel rap-
porto vivo con la «madre te1Ta», la
Pachamama, di cui egli coltiva i cam-
pi, su cui pasce i suoi llamas, gli alpa-
cas, le vicuiias dalle lane preziose. La
nascita e la morte, sono per l'uomo
aymara solo i tempi forti del suo con-
tinuo «sentire il divino».
Vivono un cristianesimo in cui
hanno fuso molte certezze pre-cri-
stiane: quella dello spirito creatore li-
brato sulle cose; l'esigenza del sacri-
ficio per ottenere una salvezza; l'a-
more alla creatura-terra (montagne
valJj colline pascoli) in cui agisce e si
rivela di continuo il Creatore ilivino.
In queste dimensjoni tutta la cultura
campesina è religiosa, e ogni accadi-
mento della vita è sacro.
Guardano al bianco con distacco.
~ La «conquista» ha creato un vuoto
fra stirpi. Non è facile qui lavorare e
comunkare, e colmare questo vuoto.
Anche per il missionario. Errori d'im-
patto hanno alzato una specie di mu-
ro, un rifiuto sociale. U composto ri-
serbo degli inili rivela forse l'incon-
scio ma netto atteggiamento dei de-
lusi, dei vinti che sanno ili rimanere
vin ti daJla storia.
A 3800 metri d'altezza e a 322 chilo-
metri di distanza dall'oceano Pacifi-
co, il lago Titicaca è un residuato ma-
rino. Marine sono alghe e conchiglie,
le spiagge, e l'acqua salata. L'uomo
andino si aggira qui intorno e sulle
acque non solo per lavorare e pesca-
re: vi sta immerso come in un liqwdo
amniotico, millenario. Come rinchiu-
so nel suo mondo ancestrale.
Come fu imposto il cristianesimo
tra queste montagne? Il colpo di spu-
gna di Pizarro suU'«idolatria inca»
non risolse certo il p1-oblema. L'in-
contro tra il cristianesimo e l'insieme
della cultura andina resta tuttora una
questione sensibile e più aperta che
mai.
Città in cresce.odo. Per le grandi
valli andine si discende verso le mag-
giori città dell'oriente u·opicale. Il
sud-est boliviano si apre a Cocha-
bam ba, nel cuore dello Stato; una
città in crescendo come lutti i centri
della Bolivia. Il lavoro, la possibilità di
una migliore condizione di vita, pola-
rizzano in questi centri i migranti del-
le montagne e degli altipiani. Si ripe-
tono in scala ridotta i gravi problemi
urbanistici di tutte le meu-opoli del
mondo. A Sucre rico1Te lo stesso re-
nomeno, tra resti coloniali di incredi-
bile bellez7.a e di amaro ricordo. A
Santa Cruz, La grande industrializza-
zione in corso accentua i probJemj
sociali.
E'la Bolivia del futuro. li domani
sarà qui, nei centri, sempre meno sul-
le montagne pastorali e sugli altipiani
agrari. Occorrerà fare i conti con un
certo caleidoscopio etnico che si sta
18
o
formando sui posti di lavoro. Potrà
essere l'occasione per un grande in-
contro umano, una testimonianza so-
ciale che già il boliviano avverte e
prepara. Per gli indios occorrerà
prendere coscienza ili sé, rifiutarsi di
essere «peones» a favore degli altri,
dei grandi paesi super-sviluppati. La
coscienza è nell'aria. Stanno conver-
gendo sulla liberazione dell'uomo i
sociologi, g]j educatori, la scuola, la
Chiesa boliviana.

2.9 Page 19

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o
A 3800 metri di altitudine un lago marino: Il
Titicaca. Merina sono alghe e conchlglle, le
spiagge, e l'acqua salata.
o LaPar. sfilata di Cholltas (donne meticce), con
la Uplca bombetta, amvate nella capitale In
ce.rea d i un■ vita migliore.
Interno di abitazione sulle montagne.
O Un altare, un sacerdote, e (sulla destra) un In•
terprete per Intendersi con la gente.
Un magnlllco esemplare di zebù, nella scuola
agraria della Muyurlna. La scuota Innesca un
provvldenzlale processo di nlluppo neHazona.
o Catechesi sulla Cordigliera delle Ande, con
schermo panoramico...
Scuola d&lle Flglle di Maria Auslllatrlce alla
Muyurlna: i l'altra dimensione di un medesimo
Intervento umano e cristiano.
o Processione a Santa Cruz. La comunità cri•
stlana cresce nella lede, e cammina più serena
verso li futuro.
Muyurina. A Montero, una quaran-
tina, di chilometri da Santa Cruz. si
raggiunge il centro operativo• Muvu-
rina» tenuto dai salesiani. Qui le spe-
ranze dei poveri si stanno già tradu-
cendo in realtà. Dire con precisione
ciò che fanno gli animatori di questo
centro non è facile, srugge alle stati-
stiche, come ogni fatto di solidarietà
umana. Pochi anni fa, Muvurina era
ancora foresta. Oggi è borgo. Domani
sarà forse ciltà. Muyurina vuole dire
o
alfabetizzazione, istruzione, forma-
zione professionale e agraria, specia-
lizzazione, e - per chi vuole - istru-
zione &uperiore fino alle soglie dell'u-
niversiLà. In sintesi un centro di svi-
luppo tecnico, intellcuuale, spiritua-
le: tre dimensioni per la liberazione
totale dell'uomo.
Qui i rigli di Don Bosco hanno sco-
perto uno dei giardini potenziali più
meravigliosi del mondo. L'humus ha
uno spe!>sore di cinque o sei metri nel
terreno; i raccolti esplodono dal pro-
fondo. Con le loro ricerche e metodi di
lavoro i salesiani consegnano alJe
giovani generazioni una «co:.cienza
della terra». La buona madre terra, la
«Pachamama•, esce ruori dai mìti in-
digeni, dai sassi andini, e diventa la
realtà csalLante della Bolivia di do-
mani.
Pomodori e cetrioli delJe nostre in-
salate, mais e palate dei nostri con-
torni, cacao e fragole dei nostri des-
19

2.10 Page 20

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.
.
-
, • fl
-
•' .
..
L'oratorio saleslano a quanto pare va bene anche per I ragazzi di Escoma sul lago Titicaca,
e lo constata d ivertito l'Ispettore saleslano don Rlnaldo Valllno.
DON BOSCO IN BOLIVIA
I figli di Don Bosco sono presenti in Bolivia dal 1896. I Salesiani sono 107, con
13 opere, e dal 1963 formano un'lspettoria. Le Figlie di Maria Ausiliatrice sono
giunte nel 1928, sono 45 in 7 opere, e costituiscono una delegazione unita
ali'lspettoria Peruviana.
L:azione salesiana si è sviluppata in due settori: scuole agricole di notevole
incidenza sociale (il 60% della popolazione attiva in Bolivia è dedito al lavoro dei
campi), e la formazione nel seminari del clero locale. Alcune opere sorgono nelle
periferie dei grossi centri (a La Paz, Sucre, Cochabamba) e hanno quasi tutte
l'oratorio o Il centro giovanile; ma le opere più significative si trovano nel cuore
delle Ande, tra la gente quechua e aymara. A Montero essi dirigono la scuola
agricola e professionale • Muyurina. che ha incidenza nello sviluppo agricolo
dell'intero paese. Poco lontano, a Sagrado Corazon, c'è una vera e propria
missione tra popolazioni bisognose di tutto. San Carlos de Yapacani (di cui il BS
si occupa anche in questo numero, a pag. 29) era un territorio abbandonato,
senza sacerdoti: l'lspettoria di Verona ne ha assunto la responsabilità pastorale,
e sta dando vita a provvidenziali opere di carattere religioso e sociale.
Anche le FMA hanno opere di impegno sociale nelle periferie e nei grandi
centri, e hanno opere di chiaro impegno missionario: una a Montero accanto ai
salesiani, un'altra a Villa Busch nella parrocchia di San Carlos. Anche le suore
Figlie dei Sacri Cuori, fondate in Colombia dal salesiano don Variara, sono al
lavoro In questa singolare parrocchia.
Un salesiano boliviano è oggi vescovo, ausiliare dell'Arcivescovo di La Paz:
mons Gennaro Prata. Sono attivi numerosi centri di Cooperatori ed Exallievi.
Un'editrice a La Paz è Impegnata con i suoi libri e audiovisivi nel settore cate-
chistico. Un bel BS tiene unita la Famiglia Salesiana.
serts, sono originari di quesle leITe.
Forse l'agricoltura è nata qui. Gli Ay-
mara e i Quechua se ne nutrivano già
prima di Colombo: coltivavano ce-
reali c piante medicinali in quantità
maggiore di tutte le altre stirpi del
nostro pianeta.
Al di della strada di Muvurina
sorge un centro parallelo per ia pro-
mozione della donna. Lo dirigono le
Figlie di Maria Ausiliatrice. E' l'altra
dimensione di un medesimo inter-
vento umano e cristiano; è impre-
s cindibile e determinante.
Da questi centri operativi si irra-
diano numerosi altri centri, per tutto
il levante tropicale boliviano. L'ope-
razfone sviluppo è in movimento.
Nella foresta sorge una nomenclatura
di villaggi e borgate che presto cam-
bierà le carte geografiche del paese.
Don Bosco con più di un secolo di
anticipo aveva veduto in un singolare
20
sogno tutti questi centri, «compresi-
disse - tra il grado 15" e il 20 di lati-
tudine, attorno al punto (andino) do-
ve si fonna un grande lago». Il Titica-
ca. Quel sogno era vero, anche se non
si è ancora completamente.avveralo.
Centri che sorgono dal niente. Ecco
Paurito, San Carlos. San German...
Centri agrari che sorgono dal niente,
per una necessità di sopravvivenza.
Padre Arcangelo Calovi, al centro
Sagrado Corazon, spiega così. «L'idea
di questo centro è nata nel 1966, e è
stata realizzata due anni dopo. I con-
Ladini non avevano s ufficiente terra
da coltivare, la si è ottenuta dalle au-
torità e la si è distribuita. Si sono sti-
molali i contadini a emularsi tra loro
perprogredire. Si èrealizzato il centro
per motivi pratici: per tenere uniti i
contadini, perché potessero avere in
comune le opere e i servizi necessari
alla vita. Ne ha guadagnato anche
L'unità della famiglia: molti contadini,
costretti a lavorare lontano, finivano
sovente per formarsi una seconda fa.
miglia».
Dieci chilometri più oltre, ecco San
Pedro. «Qui stiamo costruendo la
chiesa - dice il salesiano - . Qui vi-
cino le suore hanno già il centro gio-
vanile. E abbiamo un mucchio di pia-
ni da realizzare. Per prima cosa vo-
gliamo acquistare il terreno vicino al-
la c hiesa per le opere parrocchiali e
sociali più urgenti. Vogliamo realiz-
zare un teatro, le sale per il club delle
madri e le attività sportive...»,
Padre Mario Parii parla dei metodi
di promozione umana praticati alla
Muyurina. «Abbiamo avviato una
coo·perativa per la costruzione d elle
case: una fabbrica di mattoni, una
falegnameria, ecc. Ai contadini La ca-
sa non viene regalata: essi dapprima
ne entrano in possesso, poi a poco a
poco « restituiscono» contribuendo a
costruire un'altra casa come la loro.
Per questi contadini entrare in una
casa nuova, con un po' di comforl, ha
un valore enorme: ci dicono che co-
mincia per loro una nuova vita, più
umana e più piena. Ne sono contenti
soprattutto per i figli, che crescono
più sani. Di conseguenza si impegna-
no di più nella vita comunitaria, e
guardano con maggior fiducia all'av-
venire. Naturalmente noi salesiani
abbiniamo a questa attività di pro-
mozione umana, l'attività pastorale
che fa crescere la Chiesa».
Vincere lo scoraggiamento. Anche
nella cintura di La Paz i salesiani ani-
mano centri promozionali tra campe-
sinos e rnineros che si sono abbarbi-
cati ai margini della città per eccesso .
di speranza. I figli di Don Bosco si
sono costruite casupole povere tra i
poveri, perché la credibilità che essi
portano nasca dall'uguaglianza, e il
loro credo sia testimoniato nella vita.
Hanno cura di quasi cinquanta rio-
ni borgate villaggi sparsi sulle varie
vungas del distretto. Attuano un pro-
gramma pastorale in cui i sacramenti
cristiani son o il punto di arrivo: prima
occorrono solide premesse esisten-
ziali umane, nutrimento e Lavoro, casa
e assistenza medica, alfabetizzazione
e qualifica professionaJe, coscientiz-
zazione e personificazione...
La promozione cristiana dei poveri
si sviluppa s u queste premesse, com e
il fiore dalle radici. Nascono comu-
nità di base. Viene purificata la fede.
Le feste ricuperano significati. Lo
stesso folclore diventa occasione cri-
stiana. CuJti e riti si incarnano nelle
c ulture. Un lievito autentico permea i
singoli, le comunità, tutto il comples-
so sociale. La liberazione dell'uomo
conduce al ricupero della persona, e
alla promozione dei figli di Dio...
Dice padre Pasquale Cerchi, che
opera negli squallidi quartieri di El
Alto: «Il mio centro giovanile sorge a
4. IOO metri. E' cominciato nel '69 con

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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una precisa finalità: aiutare la gente
più bisognosa in una delle zone di pe-
rifciia più povere. Appena arrivati, ci
siamo guardati attorno e abbiamo
constatato che l'aspetto più negativo
consisteva nella sfiducia e nello sco-
raggiamento della gente. Abbiamo
perciò deciso di realizzare opere che
restituiscono fiducia. Abbiamo co-
minciato con piccole officine in cui i
giovani imparano un mestiere, diven-
tano capaci dj una professione, e si
rendono utili per la propria (amig.lia e
la comunità. Nulla di eccezionale, so-
no officine piccole e poco attrezzate,
rna sufficienti allo scopo. Che Lra l'al-
tro è anche quello di offrire ai giovani
una proposta realistica e adeguata al-
la loro situazione: essi vorrebbero di-
ventare tutti dottori.
« La parrocchia è una delle più pe-
riferiche, e una delle più abbandona-
te. Il salesiano da solo non potrebbe
fare nulla, perciò punta tulle le sue
carte sulla collaborazione dei laici.
Una collaborazione che diventa pos-
sibile cd efficace perché viviamo con
la gente, nella loro stessa situazione~.
La parrocchia di padre Cerchi mi-
sura decine di chilometri quadrati e
include più di 200 mila anime. Non ha
altre grandezze all'infuori di queste.
Si regge unicamente sulla fede e la
fraternità dei poveri, di cui Cristo è:
unica speranza.
Queste parole, queste immagini,
questi ritratti, la simbiosi dell'uomo
boliviano con la sua terra, le sue spe-
ranze... sono il messaggio che porto
con me.
Gli operatoli sociali, i profeti cii-
stiani, restano qui fino a quando tulio
sarà trasformato. Nessuno li potrebbe
distaccare. Aderenti alla materialiLà
delle terre, restano a incidere spiriti.
Dormiranno anch'essi un giorno, in
seno a questa buona madre terra, la
Pachamama, dove i cimiteri non han-
no muri e consentono ai morti di co-
municare con i vivi.
MARCO BONGJOANNT
(Ridw.ione dalla co/011110 <onnm del docu-
mentario "Pachamama'')
DUE DOCUMENTARI
Pachamama, terra di campesl-
nos», il documentario filmato da cui
sono tolti il testo e le Immagini di que-
sto servizio, è stato realìzzato dalla
SAF di Torino (testo di Marco Bon-
gioanni, montaggio di Nando Murare,
realizzazione di Enzo Spiri e Antonio
Saglia).
La stessa équipe ha realizzato in
Perù Il documentarlo «Figli del sole,
figli di Dio•, che rievoca l'antica civiltà
Inca e al tempo stesso racconta ra-
zione pastorale e sociale salesiana tra
i discendenti dei Figli del sole.
I documentari, adatti a giornate
missionarie e Incontri culturali, sono
distribuiti dalla Don Bosco FIim (via
della Pisana 1111, Casella postale
9092, 00100 Roma-Aurelio; Tel.
69.31.341).
BRASILE
Sergio
vuol morire
per amore
R aimondo Mesquita è il salesiano
coadiutore che a Belo Hori_zonte
ha avviato l'opera dei Vigilantes Mirins
per dare un mestiere e un pos10 di la-
voro ai ragazzi baraccati.
«E' lei il signor Mesquita?» Un'an-
ziana signora si è affacciata aJ mio
ufficio, piena di timore. Ho cercato di
rendere questo ufficio il più disador-
no possibile, perché c'è gente sempli-
ce che davanti a cose che non conosce
si emoziona e si spaventa.
"Sì, sono io, signora. Entri pure... ».
E la signora rru racconta la storia di
Sergio, un ragazzo orfano, che lei tie-
ne in casa per compassione. « Ma ora
ha preso delle medicine per suicidar-
si. Lo hanno ricoverato all'ospedale,
lo hanno ilimesso, ma lui vuole sem-
pre morire». «Me lo mandi, signora.
Vedremo di parlargli».
A sera Sergio viene. «Sergio, che Li
succede?» E anche lui racconta la sua
storia. «Non ho padre né madre, non
ho niente. La casa dove abito, una
volta o l'altra dovrò lasciarla. Avevo
conosciuto unaragazza di l6 anni, era
la prima volta che trovavo qualcosa
che sentivo mi faceva bene. Credevo
di essere amato, e sentivo che le vole-
vo bene. Ma un giorno vado a casa
sua, gente povera come me, e lei mi
presenta un alLro ragazzo; mi dice che
è già tutto combinato con i genit01i, e
che lo sposerà».
A quel punto era tornato a casa, e
preso dalla disperazione aveva in-
ghiottilo tulle le medicine con cui
l'anziana signora curava i suoi ma-
lanni. «Ma Sergio, perché hai fatto
questo?i> «Perché la vita per me è fi.
nita. Che senso c'è ancora vivere?
L'unica volta che avevo trovato qual-
cuno che mi volesse bene... ». Gli dico:
« Ma perché questi brutti pensieri? Se
vuoi, puoi ricominciare. l o posso aiu-
tarti a imparare un mestiere: che cosa
vo1Testi fare?» «Non voglio niente»,
risponde secco.e se ne va.
La sera seguente un amico di Sergio
viene a dirmi che ha tentato di nuovo
di uccidersi con un'arma, poi con il
veleno. Di nuovo all'ospedale. e di
nuovo dimesso. «Digli che venga da
mc».
Il giorno dopo Sergio arriva, con-
versiamo insieme. « Voglio morire per
amore», dice ostinato. E allora non mi
rimane che stare al gioco. « Se vuoi
morire per amore, elevi farlo così,
tranquillamente. Quella ragazza deve
sapere che tu morirai per suo amore.
Così avrai la possibilità di una lacri-
ma. E noi verremo a portarli un fio-
re». Mi guarda con occhi sospettosi. E
io proseguo: «Dunque, se vuoi morire
per amore, devi farlo con tutta tran-
quillità. Torna domani, che ti faccia-
mo la ricetta necessaria per mori.re».
Sergio fa cenno di sì con la testa, e se
ne va con la sua disperazione.
L'indomani mi raggiunge una tele-
fonata dalla città. E' ancora Sergio, e
dice deciso: « Vado a buttarmi sotto
un camion».« Un momento! - gli di-
co -. Prima vieni qui che devo par-
larti». «Non posso, non ho denaro».
«Prendi un taxi, pago io». E corro a
chiamare don Paolo, un sacerdote
della nostra comunità.
Poco dopo, il taxi ci scarica Sergio.
Lo presento a don Paolo: « Questo
Sergio qui vuole morire, ma vuole
morire davvero, e vuole molire per
amore. Ora dobbiamo preparare per
bene la sua morte. Qui c'è un coltello
gaucho» (un pericoloso coltellaccio).
E glielo faccio vedere. Sergio mi
guarda apprensivo.
«Ma - proseguo -, deve morire
tranquillo. Poi faremo delle foto, e le
porteremo alla sua ragazza. Poi don
Paolo e io faremo un funerale di pri-
ma classe. E andremo sovente aiargli
visita al cimitero».
« Ma lei sta scherzando!» « No, Ser-
gio. E' vero o non è vero che vuoi
morire?»
Il ragazzo ora è lì interdetto, ma
subito interviene don Paolo. « Vieni,
Sergio, camminiamo un poco». Si la-
scia prendere per mano e condurre
fuori; e racconta anche a don Paolo
tutta la sua storia. Don Paolo lo
ascolta paziente, e la passeggiata ter-
mina con una salutare confessione
generale.
Quando tornano, negli occhi del
ragazzo gonfi di lacrime c'è pure una
gioia che non riesce a nascondere.
Accetta di imparare un mestiere. Lo
accolgo tra i Vigilantes Mirins, fa tutto
il corso regolarmente. Al termine gli
trovo un posto di lavoro. E ora Sergio,
che voleva morire per amore. lavora
sodo e pensa seriamente a formarsi
una famiglia.
RAIMONDO MESQUITA
21

3.2 Page 22

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Educhiamo come Don Bosco------------------
Un giorno del 1848 Don Bosco
entra in un salone di Torino per
farsi radere la barba, e com sua
consuetudine si rivolge al garzone
per guadagnarsene l'amicizia.
«Come ti chiami, mio caro?» «Mi
chiamo Carlino Gastini».
«Ha.i i genitori?» «Ho solamente la
mamma, il babbo mi è morto».
«Qua,ui anni hai?»« Undici».
«Hai già fatto la prima comunio-
ne?» «Non ancora».
« Vai al catechismo?» « Quando
posso ci vado volentieri».
Educare significa dare fiducia e
avere fiducia, perciò Don Bosco o(fre
subito una grande prova di fiducia:
« Bravo, Carlino, voglio che la barba
me la rada tu».
Insorge subilo il padrone: «Per
carità, reverendo, non si arrischi!
Questo ragazzo è appena capace di
radere la barba ai cani». Ma Don
Bosco deciso: «Se il suo garzoncello
non fa la prova, non imparerà mai».
«Lo farò esercitare sulla pelle di un
altro». «Oh, bella! La mia barba è
forse più p1·eziosa di quella di un al-
tro? Del resto guardi che io mi chia-
mo Base (che in piemontese vuol
dire legno). Quindi la mia barba è di
legno. Purché il nostro amico non mi
1agli il naso, il resto non conca».
Sotto le mani inesperte e tremanti
del ragazzo, Don Bosco deve tratte-
nere a volte il pianto e a volle il riso,
poi nello specchio ammira sulla pro-
pria faccia una bella carta geografi-
ca. Dà una buona mancia al
neo-barbiere, e si congratula con lui:
«Bravo! Tu diventerai un famoso
bal'biere». La domenica seguente,
Carlino già fa parte dell'Oratorio co-
me un vecchio amico.
Poi, una sera, una svolta impreve-
dibile. Don Bosco, venendo verso
Valdocco, ode i singhiozzi di un fan-
ciullo. Si avvicina, e vede il suo pic-
colo barbie,·e immerso nel dolore. Gli
racconta che ha perduto anche la
madre, e la padrona l'ha cacciC/to di
casa. Don Bosco prende per mano
l'orfanello e lo porta a casa sua, che
diviene ben presto la casa patema di
Carlo Gastini.
Questo ragazzo, segnato da tanta
sventura, sembrava destinato a venir
su malinconico e pessimista nei con-
fro111i della vita; l'affetto di Don Bo-
sco i11vece lo farà sbocciare nella le-
tizia, e gli infonderà un enorme gusto
di vivere. Alla sua scuola Gastini im-
para l'arte del legatore, mestiere che
Don Bosco conosce molto bene. E
diventa anche il menestrello di tutte
le feste di famiglia. Pa decenni e de-
cenni è ww polla fresca di attivùà
ricreative: vestito in forma gtoctesca,
assolve egregiamente la parte di buf-
fone durante le memombili passeg-
giate autunnali organizzate da Don
Date
ai ragazzi
il gusto
di vivere
Bosco per i suoi ragazzi attraverso le
belle colline del Monferrato.
Neppure gli anni e gli affanni l'iu-
scirono a essiccare quella sorgente di
leti,zia sana, e Gastini tra gli exallievi
di Don Bosco visse come un'istiw-
zione. li santo gli aveva predetto clie
avrebbe raggiunto i 70 anni, perciò
durante le (esce dell 'oraton·o egli
cantava: «Me l'ha detto papà Gio-
vanni, io camperò settant'anni». Nel
1907, compiuto il 7(! anno di età, e
assistito dtJ don Rua, il vecchio Ga-
stini si presentò al Cristo risorto che
aveva reso tanto serena la sua vita in
1erra.
* Gastini non aveva conosciuto
le carezze del padre; aveva però
trovato Don Bosco che gli fu padre e
madre. Quelli erano tempi in cui i
padri, con tanto di baffi a manubrio,
si presemavano ai figli come simbo-
lo vivente di severità, legalità e per-
fetto ordine; risultavano abilissimi
nel rimproverare e nel punire, ma
del lullo disabituati a lodare e di-
mostrare affetto. L'orgoglie) ma-
schile impediva di manifestare l'a-
more che nutrivano per i figli. Don
Bosco ba indicato invece il compor-
tamento autentico.
Anche oggi però si verificano si-
tuazioni sbagliate, casi di padri che
nella loro asciuttezza si ritengono
virili e invece sono semplicemente
inibiti sul piano affettivo. E anche
oggi abbiamo figli che - oscillando
tra rispetto e odio - confessano con
desolante franchezza: «Non so pro-
prio dire se i miei genitori mi vo-
gliono bene o no». Gastini, che in-
vece si sentì amato, 1icambiò per
tutta la vita l'affetto ricevuto. E nel
clima caldo che Don Bosco seppe
suscitargli auorno, espanse la sua
vita r~alizzandosi in pieno.
* Il sentirsi amati porta i ragazzi
a vivere in un positivo atteggia-
mento di gratitudine. Esso dappri-
ma (e magari a lungo) è vissuto in
forma implicita, ma con la matura-
zione si fa consapevole ed esplicito.
Gastini, durante il convegno an-
nuale degli Eicallievi, e più ancora
durnnte le feste onomastiche di Don
Bosco, sapeva fare scintille. Don
Ceria, storico salesiano, ricorda l'in-
tervento che Gastini ebbe a lla pre-
senza del card. Alimonda nel 1884.
Egli lesse un carme che aveva com-
posto lui stesso, e aveva scritto su un
rotolo di carta che, svolgendosi tra
le risate generali, raggiungeva su per
giù il mezzo chilometro. Cantò i
tempi presenti, passali e futuri,
cantò i vivi e i morti, gli ammalali e i
sani, i presenti e gli assenti. l'Europa
e l'America, Don Bosco e la Congre-
gazione Salesiana... Sirise, si pianse
si applaudì.
* Come in quest'occasione, in
mille altre Gastini lasciò trapelare in
tutta pienezza il gusto di vivere ac-
canto a persone da cui si sapeva
amato e che ricambiava con pari
entusiasmo.
Don Bosco riusciva stupenda-
mente a sviluppare nei ragazzi la
gioia di vivere, perché possedeva il
segreto del condurli a Gesù, che è la
pienezza della vita. Migliaia di gio-
vani trascrissero nella loro esistenza
la formula di Don Bosco, espressa
così da Domenico Savio: «Noi qui
facciamo consistere la santità nello
stare molto allegri. Noi procuriamo
soltanto di evitare il peccato come
un gran nemico che ci ruba la grazia
di Dio e la pace del cuore... ».
* La certezza di essere amati dai
loro educatori suscitava nei ragazzi
dell'Oratorio una certezza ancora
più grande: quella dj essere amati
da Dio. Di qlù la loro gioia. fn realtà
educare cristianamente significa
lTasformare l'esistenza dei propri
ragazzi in un inno al Cristo tisorto
verso il quale si a\\"anza senza sosta
col dipanarsi della vita.
ADOLFO L'ARCO
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3.3 Page 23

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========:::=.:a:z=======i * PROFILO DI DON BERNARDO PONZETTO (1889-1976) SECONDA PARTE
Paracadutato nel mondo
« Don Bernardo Ponzetto aveva lo spirito salesiano, ma non era " inquadrato" - ha detto
l'on. Scalfaro - . Lui era piuttosto una specie singola. Era come se Don Bosco, dopo averlo
chiamato a sé, lo avesse mandato con un paracadute in mezzo al mondo ». E mille aneddoti
non sempre crediblli testimoniano queste parole.
Il 25 aprile. « Mettiamo a fuoco il 25
aprile 1945... E' ormai tradizionale,
forse anche per ordine di scuderia,
celebrare la storica data parlandone
sempre e solo a senso unico: giornata
di gloria, di Lrionfo dell'eroica resi•
stenza. lo distinguo. Nel caso che si
debbano confezionare medaglioni di
storia patria per i ragaai delle ele-
mentari, è bene cominuarc come so-
pra, senza rivedere le bucce. Anche a
costo cli crocifiggere la realtà stori-
ca... "· Quella realtà storica che lui,
don Pom~euo, giudica perché l'ha vis-
suta in persona prima. Di quel giorno
ricorda la marcia convergente dei
partigiani su Novara, e lo scontro di
un loro gruppo con un gruppo di fa.
SCÌ!ili in cerca di scampo. Lui ci capita
in mezzo, quando le canne dei fucili
sono spianale, e pronte per la carne•
ficina.
Tdue schieramen ti formavano co-
me un Croate largo appena una venti•
na di metri. Parecchi uomini erano
evidentemente alticci, eccitati e rab-
biosi, e con il cervello offuscato dalle
sostanze inebrianti mandate giù in
buona misw·a. E finalmente venne
l'attacco: data la vicinanL.a, quasi
nessuno dei colpi finiva a vuoto ma
faceva un morto o un ferito. Per
stroncare quella che stava divcnLando
una carneficina, mi but1ai nel mezzo
tra i due fronti, e correndo come un
fon.cnnato gridavo perché finissero
di sparare, e con le mani ccrca"o di
afferrare le canne puntate. Quelle
grida e quelle mani indaffarate a
s1rappare i fucilì OLLenncro buona
parte dello scopo: quei balordi la
mollarono e ~i st.•pararono. Così il nu•
mero dei colpiti lu Hmi1aw... ».
ln città comincia la caccia agli
sconfitti; un giorno in cor'>o Cavallotli
un gruppo di partigiani .,,a per mcl•
terc le mani !.0pra w1 gerarca fascista.
.. Don Ponzetto - ha raccontalo una
testimonianza fece :,cudo a qucl-
l'infclicc, e se le prese di santa ragio-
ne». Rientrato nella casa salesiana,
don Ponzetto , a a prendere la sua bi-
cicletta e la pona a quel disgraziato
perché possa mettersi in salvo.
All'arrivo d elle truppe americane, i
soldati tedeschi rimasti in Novara :,o-
no fatti prigionieri e vengono tenuti
rinchiusi per alcuni giorni in una ca-
serma. Dove le provviste d'ogni gene-
re abbondano, mentre in giro la gente
è priva di I uno. Don Ponzetto si mclle
alla sianga di un carrello, e va a bus•
sare alla caserma. Ne esce col carretto
carico di indumenti e scarpe. Stipa
tutto in camera sua, poi torna a fare
altri carichi, mentre i militari tollera-
no con indulgenza. La sua camera è
onnai piena; per fare più spazio don
Ponzeuo smonta il letto, e... non ha
più dove donnire. Asera si porta sulla
giostra nel cortile dcli'oratorio, si
stende s ull'asse sottile e dorme sotto
le stelle. Un mattino lo trovano col
volto tumefatto: n el sonno era cadu-
to, e ave, a sbattuto malamente la
faccia a terra.
V,
Do..&-..:,p~o
S AcE~UOTt
~
S4us.."'>
.....
..
ar
Una via di Novara dal 18 marzo sc orso porta li
nome d i don Ponzetto. Una CQmuna via d i
quartiere operalo, In pana ancora disselciata e
senza marciapiedi, e perciò... perfettamente
adatta a chi ora ne porta Il nome.
Intanto a migliaia i fascisti vengo-
no, an-estati, processati, condannati.
Anche a Novara. Don Ponzeuo è
sempre dalla parte dei deboli, cerca di
mitigare le sofferenze. (n dodici a
Novara sono condannati a morte; egli
va a trovarli, reca sollievo, sta con loro
finché il plotone di csecu7ione li
pona al cimitero per massacrarli».
Alla Montecatini a lcune organizza-
zioni operaie ora hanno assunto un
orientamento anticlericale; don Pon•
zetto come persona è per loro aJ di
sopra di ogni contestazione, ma essi
sono decisamente contro la chiesa.
Un giorno in fabbrica viene fissata
una riunione di «compagni», e don
Pometto decide di sabotarla. Chiama
i ragaaini della 1.ona e dice: «Oggi
aJla Montecatini distribuiscono il ge-
lato: bambini. prendete pentolino e
cucchiaio, e andiamo a farcelo dare•.
1 raga;,.zi tornarono con tutto l'occor-
rente; don Ponzetto Li porta sotto le
finestre della sala in cui ha luogo la
riunione, e ordine di battere forte
con i cucchiai sui pentolini. Il gelato
non arriva, ma la riunione va in fumo.
Ouei suoi avversari per modo di di-
re, non se l'hanno a male. C'è chi ri-
corda di averli sentiti dire: • Quando
verrà Baffone impiccheremo tutti i
preti, ma don Ponzetto lo porteremo
sulle spalle con noi•·
VUJa Sard igna. fntan to la fame
spinge tanti meridionali al nord, in
cerca di lavoro. Arrivano anche a No-
vara: povere famiglie col fagotto e le
spera111..e degli e migrati. Il sindaco li
sistema in un vecchio panificio mili-
tare, ma in poco tempo tutto il fab-
bricato, forni compresi, è pieno zep-
po. TI sindaco decide di trasferire Lutti
in un'altra proprietà municipale nella
periferia della cìtlà, la Sardigna. E' un
complesso di fabbricati un tempo de-
stinati a uso veterinario, che ora di-
ventano case di uomini, focolari per
mamme e bambini. 1 pavimenti ven-
gono improvvisati da una ditta fret-
tolosa che getta un po' di ghiaia sulla
ten-a. Tutto intorno le risaie, e l'acqua
che entra dal basso sono le case. Il
giorno del trasloco, gli inquilini risul•
tano trnppo numerosi e i locali insuf-
ficienti. «Misurando però col para-
metro delle acciughe nei barili - an-
nota don Ponzcuo - , e limitando le
stani.e a una per famiglia, finiscono
23

3.4 Page 24

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per starci tutti». Così i fabbricati a uso
veterinario sono promossi a « Villag-
gio Sardigna».
Don Ponzetto non può non occu-
parsene personalmente. Fra gli immi-
grali ci sono famiglie per bene, indi-
vidui onesti decisi a rifarsi la vita; ma
vi si intrufolano anche « barboni sen-
za casa, randagi, di professione di-
soccupati perpetui, con niente voglia
di lavorare e una grande sete addos-
so». Quindi «sbornie di gran classe
con schiamazzi per notti intere, ba-
ruffe, risse; e proprio come i salmi che
Einiscono sempre in gloria, anche tutti
quegli eccessi avevano un epilogo
quasi obbligato: scariche di botte,
lanci di pietre, e anche collellate.
Erano abituali due interventi: la ca-
mioneua della questura, e il furgone
della Croce Rossa».
Intanto arrivando dalle risaie, « le
talpe scavavano le gallerie che finiva-
no per convogliare l'acqua sotto i pa-
vimenti sempre umidissimi. Quegli
ambienti erano più adatli alla cosli-
tuzione fisica dei batraci che non agli
esseri umani. Un gran numero di
bambini cresciuti dentro vennero
su tarati e rachitici».
E don Ponzetto a farsi in quattro, a
distribuire tutta la roba che ha in di-
spa1te, a cercare altra roba in giro per
poterla distribuire. « Una notte venne
giù un'abbondame nevicata, e la
mattina trovai in chiesa vicino al mio
confessionale una frotta di bimbetti e
bimbette che cercavano calLature e
indumenti. Erano tutti insufficiente-
mente vestiti, e alcuni a piedi scalzi.
Diedi loro quanto avevo a portata di
mano... ».
Poi va a trovarli al Villaggio. «Arri-
vai al cadere del sole. In tutte le fami-
glie era acceso il fuoco per cuocere la
polenta. Come combustibile usavano
rami di acacia appena tagliati, che
bruciano anche verdi ma sollevano
una nuvola di fumo acre e irresistibi-
le. [n pieno inve rno, dovevano tenere
la porta o le finestre aperte. Non c'era
la luce eleurica, un pe220 di candela
serviva per l'illuminazione».
E don Ponzetto raccoglie gli aned-
doti inverosimilL Sopra un unico letto
dormono sei o sette fratellini dai lS
anni in giù. r più piccoli «parevano
obbligati da una specie di impegno
giurato di bagnare il lello tutte le not-
ti. Colpita da quelle irrorazioni am-
moniacali, la rete cominciò a cedere
nei punti più bersagliati, e consunta
dalla ruggine si squarciò aprendo un
buco sempre più grande. Ogni tanto
un inquilino di quella cuccia comune
lo infilava, e finiva sul pavimento».
Per questa gente ai limiti del sub-u-
mano don Ponzetlo si fa in quattro. E
impegna chi ha, perché dia almeno il
s upernuo a chi non ha.
r soprabiti, le scarpe, le calze. Chi
vive nell'ambito di don Ponzetto è
costretto a fare del bene ai poveri,
anche se non vuole. E' iJ caso del sa-
crestano Giacomino, che un giorno
sorprende don Ponzetlo mentre gli
ruba il soprabito. e si mette a strillare.
«Tu Li aggiusti - gli replica don Pon-
zetto - . questo va bene per un pove-
ro», e se lo pona via. Altra volta Gia-
comino lo vede indossare un altro so-
prabito e dimenarsi in modo sn·ano.
«Che cos'ha, don Pom:cuo? r pidoc-
chi?» « Tu bada ai fatti tuoi». Quel so-
prabito lo faceva dimenare perché era
troppo stretto. Era di un altro salesia-
no, un certo don Pivano. che a sera ne
esige imperiosamente la restituzione.
«Ma va là! - gli replica don Ponwllo
- . Tu se vuoi ti arrangi. Ma quel. po-
veraccio che ora se lo gode, prega per
Le e ti giova di più». Poi aggiunge iJ
suo solito piemontesismo «nch?», e
tutto finisce lì.
Un altro salesiano si vede piombare
don Ponzetto in camera: entra, saluta,
e 1,ruarda sotto il letto. C'è un paio di
scarpe, e le prende. «Di', mi occorro-
La cappella presso la Montecatini, dove don
Ponzetto trafugava gli arredamenti sottratti alla
cappella del collegio.
no per· un poveraccio, anche lui cri-
stiano come te. Non lo possiamo mica
lasciare a piedi nudi. Tu ne hai già un
bel paio nei piedi, e molto buone».
L'altro tema una minima resistenza,
ma don Ponzctto: «Ma va che tu
puoi sempre arrangiarti. Invece a lui,
se non ci pensiamo noi, chi ci pensa?»
E se ne va ringraziando quel salesiano
per la sua involontaria generosità.
Un giorno don Ponzello bussa alla
porta di casa Bergaatc (suoi amici).
Entra, e tira fuori di Lasca una calza.
Comprendono subito che devono
riempirla per i suoi povcii. Ma questa
procedura da bdana lascia perplessi i
Bergante: «Don Ponzetlo, non è de-
cente per un prete andare in 1:,riro con
una calza in mano,1. Il capo-famiglia
la prende, e quando torna gli porge
una borsa piena zeppa. «Quel che c'è
dentTO lo darà a chi vuole, ma la borsa
I.a tenga per la prossima volta che
verrà a trovarci».
Qualche settimana dopo don Pon-
zeuo ritorna, e ha in mano un'altra
calza. «E la borsa?» «Veramente -
balbella confuso-, non so dove l'ho
messa». E i Bcrganle gli donano
un'altra borsa. Due settimane dopo,
don Ponzetto ritorna senza borsa ma
con una terza calza...
E' irricuperabilc. Lo sanno anche le
suore del guardaroba, che ogni sabato
gli consegnano ~come a ogni altro sa-
lesiano) la sacca con la biancheria
pulita per la settimana che viene, e al
lunedl ritirano la sacca con la bian-
cheria da lavare. Ma la sacca che ri-
torna il lunedì da don Ponzeuo, è
quasi sempre vuota. Gli indumenti
che c'erano, sono finiti addosso ai
poveri di Novara e dintorni.
Lo zio d'America. A tutti quelli che
volenti o nolenti coinvolge nelle sue
buone azioni, don Ponzetto dà fami-
liarmente del Lu. Con il suo « Senti,
neh?» introduttivo, attacca discorso
con sindaci, generali, e straccioni. So-
no lutti uguali per lui, e tutti accettano
questo tu, che sentono provenir-c da
un'autorità morale indiscutibile.
Le sue richieste sono d'ogni genere.
«Fai il piacere, neh?, spediscimi que-
ste lettere alla stazione». E le lettere
sono ancora senza francobollo.
Un giorno il telefono squilla in casa
dell'onorevole Scalfaro. E' don Pon-
zetto, e chiede che il nipote del depu-
tato accorra presto con l'auto in suo
soccorso, in una via della città. Il ni-
pote si affretta, e trova don Ponzetto
sul marciapiede, seduto sopra tma
tazza nuova di WC, ancora trafelato
per la fatica (deve averla portala sulle
s.paj.le per qualche chilometro, poi
evidentemente si è fermato per la ·
stanchezza). «Oh, bravo!», e carica
quell'arnese sull'auto. Poi dice un in-
dirizzo. «Vedi, il pane è necessario
prima di tutto - commenta lungo la
su·ada - . ma se in una casa manca
questa roba qui...». Arrivano a una
famiglia con cinque bambini. « Per
l'impianto ci pensi tu, neh? - dice al
padre-. E pulizia! Hai cinque mar-
mocchi, devi educarli bene anche in
questo».
Altra telefonata, all'inizio del 1975,
in casa Bergante: « Pietro, vieni con
me. C'è un buon affare che ci atten-
de».« Ma dove?» «Prendi la macchina
e te lo dirò». Salgono, c don Ponzetto
indica una strada fuori città. Dopo un
centinaio di chilometri ardvano al la-
go d'Orta. «Ci siamo?» «Ancora un
pochino». Finalmente fermano da-
vanti a un edificio rustico e mal ri-
dono. E' il monastero di Miasino.
Smontano, la suora si affaccia alla
grata, e don Ponzetto presenta il si-
gnor Berganle: « Ecco lo zio d'Ameri-
ca, che vi aiuterà a rimettere in sesto il
monastero». A quel brav'uomo non
resta che accondiscendere, cosa alla
quale del resto si era già disposto fin
dal primo momen10.
Altra volta don Ponzctto trova lt>
24

3.5 Page 25

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suore di Miasino nella più profonda
desolazione. Avevano un pezzo di
praLo; con l'erba e il fieno manLene-
vano due mucche, che le ricambiava-
no generosamente con il laLLe. Ora
l'afta le ha colpite e sono morte, e la
povera comuniLà è rimasta senza lat-
te. Don Ponzetlo le incoraggia ricor-
dando la Sacra ScritLura: anche gli
ebrei assediati in Gerusalemme sta-
vano per morire di rame, ma un pro-
feta aveva promesso loro che per l'in-
domani ci sarebbe stato pane e ogni
sorta di abbondan.r,a. Poi parte, e va a
realizzare la profezia.
«A Novara avevo un grande amico,
iJ negoziante Gino China. Andai nella
sua sLaUa e mi capitò di vedere una
bovina con un apparato lattifero tale
che la mungevano tre volte al giorno.
Pregai il buon amico Gino di far cari-
care quella centrale del latte sul suo
carro e di portarla alle suore lii clau-
sura cli Miasino. Prezzo... la metà, da-
pagliaio. C'è iJ caso dell'agente dazia-
rio, coinvolto innocente in un'accusa
di furto continuato: è stato licenziato
e si u·ova sul lastrico con la famiglia.
Gli si è presentato con tante lacrime
che don Ponzetlo ha concluso: «Solo i
Richard Bunon e le Brigitte Bardot
poLrebbero recitare così bene». L'in-
cartamento è abbondante, e lui lo
pa!>sa e ripassa setacciando e non
trovando. Una sera, scoraggiato, ri-
prende in mano quei l'ogli per l'enne-
sima volLa; l'attenzione cade sopra un
foglietto minuto, zeppo di cifre. Una
mezza dozzina di collegi giudicanti,
con l'assistenza di valentissimi legali,
aveva posato gli occhi su quel fogliet-
to senza vedere quale rosse il suo va-
lore. E' la prova dell'innocenza. L 'im-
putato viene prosciolto in cassazione,
e ricupera il posto di lavoro perduto.
Perché mai proprio don Ponzetto,
che è un profano in materia, è riuscito
dove gli altri avevano fallito? Un
I suol amici non potevano mancare nel giorno di dedicazione della • Vla Don Ponzetto.: c·erano gll
anziani che l'hanno conosciuto da vivo, e I ragazzi delle scuole che Imparano a conoscerlo ora.
ta la grande amicizia. Del rimanente
ancora via la metà, a titolo di benel'i-
cenza. li resto in dicci cambiali con
scadenza di dieci in dicci anni, rinno-
vabili... Naturalmente gli portai le
clausole del contratto solo quando la
bovina era già arrivata a Miasino».
d o ho fatto cli peggio ». Per difen-
dere la causa dei derelitti don Pon-
zeuo va a disturbare anche i tribunali.
Naturalmente prima sono le vittime
delle ingiustizie che vanno a di~tur-
bare lui. Si fa portare i fascicoli pro-
cessuali e lj esamina con attenzione;
trovato il probabile errore, va a senti-
re il parere di qualche avvocato suo
amico. Se iJ giudizio è favorevole, al-
lora si presenta in corte di assise, di
appello, di cassazione, al tribunale
mrntare. E chiede l'impugnazione
formale del processo.
Sovente la scoperta dei punti deboli
negli incartamenti gli costa tempo e
pazienza: è come cercare un ago nel
giorno è lui sLesso a spiegare: « Una
cosa è il rendimento che si ottiene la-
vorando con una cura ordinaria e con
l'orologio alla mano; ma ben altro è il
rendimento che si consegue se si è
animali da amore e pm,sione. In que-
sto caso io dovevo arrivare aUa sal-
vezza di fratelli che mi invocano di-
sperati».
A volle però gli capita di fare figu-
racce. Aveva raccomandato alla pa-
drona di una birreria una « brava ra-
gazza», e la padrona fidando sulla
parola di don Ponzetto l'aveva assun-
ta. Ma ora l'ha trascinata davanti al
tribunale. E don Ponzetto è anche lui
lì, a difenderla, presentandola nella
migliore luce possibile. «Guardi, re-
verendo - gli dice a un tratto il pre-
sidente del tribunale -, in questo
momento lei sta difendendo una la-
dra e una prostituta». E don Pom:ello
per tutta risposta: ,, Signor presidente,
un buon padre pensa sempre bene dei
suoi figli».
Altra volta devono essere giudicati
alcuni giovinastri, rei di furto conti-
nuato e organizzato. Una pesante
condanna è nell'aria, quando don
Ponzetto chiede la parola. Dice che sì,
hanno rubalo, ma che nelle condizio-
ni in cui si erano trovati, non avreb-
bero potuto fare diversamente. E che
in futuro. se messi in altre condizioni
di vita, non lo avrebbero fatto più. E
conclude con calore la sua perorazio-
ne: «Ma se io ho fatto ben di peggio!»
La battuta getta lo sconcerLo nel-
l'au.la, suscita un problema di co-
scienza. I giudici si arrampicano sugli
specchi per dare corpo a tutte le alle-
nuanti possibili, e i giovanolli alla fine
escono assolti...
Non a tutti piacciono queste sue
intromissioni nel campo giuridico.
Giudici e parti lese a volte se ne la-
mentano con iJ direttore di don Pon-
zctto, lasciando capire che la sua pre-
senza in tribunale «scoccia e secca».
Il direttore gli riferisce preoccupato le
voci, e don PonzeLto replica: « Dica a
quelli che protestano, che le portino
un solo caso in cui il processo è stato
riaperto e poi chiuso invano».
E' vero. Tanti torti raddrizzati. E lui
non ci guadagna nulla.
Due lauree a pro fitto. Don Ponzetlo
non dimentica che è saJesiano, edu-
catore, e professore. "Ho due lauree,
e voglio metterle a profitto». « Voglio
guadagnarmi il pane». Va da sè che i
suoi modi di fare scuola sono inimi-
tabili: prepara più alla vita che agli
esami. Quando la lezione si fa pesan-
te, i ragazzi buttano le cose in politica
e seguono discussioni a non finire. Le
realtà sociali, i conflitti del lavoro,
J'ingi).stizia, mille problemi.
Le interrogazioni sono il suo punto
debole: incapace di pensar male degli
altri, non si accorge che i compagni
suggeriscono. A volte l'allievo è così
impreparato che la bocciatura pare
inevitabile. « Professore, non mi rovi-
ni... » «Beh, vieni domani al confes-
sionale». Ogni mattina prima di
scuola don Ponzetto confessa, ma il
tribunale della peniLenza a volte di-
venta corte d'appello per la miseri-
cordia scolastica. Tra professore e in-
terrogato c'è la Lendina, e sovente ac-
canLo all'interrogato c'è un compagno
in aueggiamento orante con in mano
il libro aperto per suggerire.
I suoi ragazzi frequenta no iJ suo
confessionale anche quando don
Ponzetto non c'è: sovente egli vi di-
mentica iJ registro, e allora come mi-
nimo gli danno una sbirciatina.
Ma qualcuno Lira fuori la penna e
il cinque diventa un 6, e il 3 addirittura
un 8. La voce del registro dimenticato
circola, e gli scolari - d'improvviso
pieni di fervore - moltiplicano le vi-
site eucaristiche...
Un giorno il direttore dell'oratorio
conduce in classe il Vescovo cli Nova-
ra, in visita inattesa. I ragazzi scattano
25

3.6 Page 26

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in piedi, don Ponzetto rimane i,eduto.
Ma si giustifica: «Scusi, eccellenza,
non posso muovenni: sono muWato
di guerra. Ogni giorno mi portano qui
di peso, e vengono a prendermi alla
fine delle lezioni•. Il Vescovo commi-
sera quell'uomo così atrocemente in-
valido, ma l'indomani il direttore del-
l'oratorio vuole sapere il perché di
quella buffonata. Don Ponzetto era
arrivalo a scuola di corsa sollo un
uragano <li pioggia, che lo aveva in-
zuppato dalla Lesta ai piedi. Non
avendo trovato tempo di cambiarsi, si
era tolte scarpe e calze, e le ave, a
messe ad asciugare sulJa stufa in fon-
do all'aula.
Una volta alla settimana per i ra-
gazzi c'è passeggio, e le classi che
vengono affidate all'assistenza di don
Ponzetto esplodono di gioia: mezza
giornata di baldoria assicurata. La-
scia giocare, cantare, e - in tempi di
rigoroso proibizionismo - persino
fumare. Ma anche li porta in visite
arricchenti, soprattutto alla Monteca-
tini, dove i tecnici spiegano il funzio-
namento degli impianti. Coni.eguen-
za: la scolaresca rientra con ore di ri-
tardo. lnsom ma, don PoDLello, non
c'è un orario?" «Senti, neb?, mica ab-
biamo buttato via il tempo. I ragazzi
studiano chimica, e n i tecnici gliela
spiegano».
Dà anche ripetizioni private di lati-
no e greco: magari sui gradini della
chiesa. E :.i fa pagare in natura: •Tu
mi porti un po' di sale, tu un po' di
grano e farina da polenta"· O salcicce.
o salami. Ai :.eminaristi, ripetizione
gratis. Sistema quell'onorario in na-
tura nel suo confessionale, e poi lo
ridistribuisce. Una mano dietro la
grata benedicendo cancella le miserie
dell'anima, l'alLra mano protendendo
dalla tendina stTani involti soccorre le
miserie del corpo.
I suoi colleghi di insegnamento
però non sono d'accordo. r suoi me-
todi non vengono condivisi, un giorno
gli dicono che deve lasciare l'inse-
gnamento. Ne soffre, e scatena una
guerra civile; fa intervenire i superiori
di Torino, ottiene l'intercessione di
don Ziggiotti, e alla fine è reintegrato
nella scuola. Ma a condizioni precise e
tassative, condizioni che non sa man-
tenere a lungo. Gli tolgono la scuola...
Serua più l'impegno dell'orario
scolastico, don Ponzeuo diventa più
autonomo di prima.
Una gaUlna per la stanza. Una delle
fatiche più assillanti di don Ponzetto,
soprattutto a partire dal dopo~uerra,
è trovare posti di lavoro a1 disoccu-
pati. Ha amici imprenditori nel i,euo-
re edilizio, e rifila loro decine e decine
di manovali da assumere. Alcuni sono
minorati. gente con una gamba di le-
gno, e don Ponzetto scrive sul foglio di
presentazione: «Abile a pelare patate
per le mense aziendali». Molti li col-
loca a Torino, e per sistemarli deve
recarsi nello capitale piemontese an-
26
che due o tre volte alla settimana.
Parte di sera col treno delle 4, e torna
al mattino presto imbrattato della
calce dei cantieri, e ciondolante per il
sonno.
Per svolgere la sua attività di assi-
stente sociale, di ufficio di colloca-
mento e consolatore di tutte le mise-
rie, don Ponzeuo ha bisogno di un
punto di riferimento. Un punto dove
la gente lo possa trovare subito, e do-
ve lui possa mettere le tante mercan-
zie che riceve. Per qualche tempo,
questo punto è la sua camera. «Lì
denìro ho visto di tutto, un piccolo
supermarket - dice una tei.timo-
nianza ineccepibile, il sindaco di No-
vara, già suo allievo -. Faccio per
prendere la brocca dell'acqua, e mi
grida: «No. lascia stareft. E' piena di
Il sindaco di Novara ~lo Leonardi che nel p.-
rlodo bellico fu alllevo di don Ponzetto, nel
sempllce gesto di scoprire l'lndlcazlone viaria.
isolatori e materiale elettrico. Sento
un fruscio sospetto, e da sotto il leuo
vedo sbucare una bella gaUina che
rauola liberamente per la stanza. Sul
letto non ho mai visto una coperta di
lana o qualcosa a modo. L'ho visto
anche senza m:nerasso, con la sola
rete. E si intuha tullo... ». Il confes-
sionale Fa da succursale alla camera.
Ma i suoi confratelli si lamentano
del disordine, e un giorno si provvede:
gli assegnano una stanzetta in fondo
alJa chiesa, sulla sinistra presso l'u-
scita, fino allora adibita a deposito dei
parametri. Subito don Ponzctlo la
adana a supermarket e ufficio di col-
locamento, ci meue anche il telefono.
Un telefono che squilla a rune le ore,
anche durante la messa, e il sacresta-
no Giacomino mentre sosta devoto
all'elevazione sente don Ponzetto che
al microfono inveisce e dà del fw-fan-
te a chi sta dall'altra parte del filo.
Don Ponzeuo Lrasforma quell'uffi.
eia anche m aula di ripctiz10ne e in
satollo di ricevimento: è un porto di
mare dove approdano tut1i i disgra-
ziati della zona. Tullo questo in chie-
sa! E' uno scandalo intollerabile, bi-
sogna impedirlo. E don Ponzetto un
brutto giorno viene sfrattato.
Ma non si per vinto, lo senton o
dire: «Le volpi hanno le loro tane, gli
uccelli il loro rudo... ma io non posso
fare come il Signore. E non si tratta di
dove posare il capo, per quello mi ar-
rangio. Ma di meucrmi un po' in vista,
su pochi metri quadrati al copeno,
qui vicino alla chit:!>a... •· E apre bot-
tega proprio n fuori all'aperto, im-
piantando uno sgabuzzino di legno
presso la chiesa del collegio, sotto un
platano della strada.
La tolda ammiraglia. La baracca
riceve da don Ponzetto i nomi più va-
ri, da quello più ol fensivo di « baga-
gliaio• a quello adulawre di «tolda
ammiraglia». Scriverà un giorno:
«Aveva uno scopo plurivalente. Alla
sera comitive di giovanotti, arrivati
dal meridione poco prima, mandati a
lavorare agli scali merci della stazio-
ne, spesso tornavano fradici di piog-
gia. Si infilavano tuui là dentro. Sem-
bravano un mazzo di asparagi, tutti
intorno alla stufetta a liquiga,;. Giub-
be, camicie, calze, tutto veniva espo-
sto al calore, e specialmente da quelle
calze si sprigion ava un profumo...•.
Le autorità cittadine si inquietano.
fanno capire che quello strano luogo
di smercio e di incontro dev'essere
tallo di mezzo. I suoi :.upcriori fanno
da intermediari, ma don Ponzetto re•
plica: «Tutti devono vedere che i po-
veri ci sono, e io devo essere a loro
disposizioneft. Ma le autorità? • Le
autorità mi ringrazino. Finché questi
tapini vengono a dbturbare mc, la va
meglio per le loro <.ignoric, anche per i
canonici con le fibbie».
Può aver ragione da vendere. ma un
giomo - anzi una notte - i suoi
confratelli, sotto il pei.o di tante pres-
sioni. decidono di smanrellare la tol-
da. ln silenzio, in perfetto ordine. Ba-
Ma un'ora. I fili del telefono vengono
stuccati, l'apparecchio deposto in un
cesto, tutto caricato sopra un carro.
Mentre il carro si avvia guardingo
verso l'ingresso dcli' b,t11u10 salesiano,
~<>praggiungono delle guardie nottur-
ne, e i quattro intenti al trasporto si
sentono perduti. Ma uno ha l'ispira-
1.ione di dire: «Ordine e.li don Ponzel-
lo! », e le guardie: "Va bene. Passale
pure e buona noue».
Il matlino seguente don Ponzetto si
affaccia sul portale della chiesa, sco-
pre che la sua tolda è ~pnrita, e sbotta:
«Mio Dio! Che cosa hanno fatto? E io
che cosa bo fatto a loro, per essere
trattato così?- Poi a mente fredda ag-
giunge: •Questa ini1,ia1iva è partita da
certi canonici che conosco... •· E con-
clude: «Tuttavia, obbedisco. Come
Garibaldh.

3.7 Page 27

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Ma non è finita, gli chiedono molto
di più, gli chiedono di lasciare Nova-
ra. E ancora una volta don Ponzcuo
rifiuta la logica della decisione, ma
obbedisce. Sul settimanale locale ap-
pare un saluto: «Se ne è andato in
punta di piedi, pian pia1,o, scnia lar
fracasso, secondo il suo stile. Auorno
a questo sacerdote quanti fani. quanti
aneddoti. Poverissimo, ha distribuito
milioni. Professore con due laurl'C,
non ha disdegnato i più pesanti lavori
manuali. Non c'era dramma, non c'e-
ra necessità che non finisse nelle
braccia di don Ponze110......
Qualche tempo dop<>, alcune per-
sone busi.ano all'u:.cio del Rellor
Maggiore a Torino. Don Ziggio11i li ri-
ceve. Arrivano da Novara, e gU pre-
sentano una petizione con 1ante firme
in calce. Vogliono che don Ponzcuo
ritorni. Don Ziggiotti non nasconde il
suo stupore: •Certe pcti.doni sareb-
bero normali in allre parti d'Italia, ma
qui in Piemonte... », E dopo qualche
mese, don Ponzetto è di nuovo a <>·
vara
Legna corta da bruciare. Tornato,
per prima cosa don Pon,etto pensa n
una nuova tolda ammiraglia, ma cht·
sia inaffondabile. Tra i suoi« carissimi
amki» di cui Novara è piena, c'è il
capo-cantiere Capurro, che sta diri-
gendo i lavori per la costruzione del
nuovo palano del tribunale. Si fa co-
struire da lui nell'arca del canticn.: un
ampio capannone, fatto di tavole di
legno e tegole vere. Al centro è pia,.-
zato un fw,to metallico sotto cui si
può bruciare la legna per riscalda-
mento. La costru7ionc, vista da lon•
tano, ha lulla l'aria di un tucul abiM,i•
no.
Capu1To ha però pos10 a don Pon-
zello due condizioni, quasi sollo giu-
ramento. Primo: se c'è gente che per-
nolla nella baracca anche Lui deve ri-
manerci, e impedire che estranei si
sparpaglino nel cantiere. E secondo, il
fuoco va alimentalo solo con rollami
e la legna corta che si tro, a in giro.
Don Ponzello accetta. Quanto alla
prima condizione, prende stabile di-
mora nella baracca. E insieme con lui
vanno a occuparla i più piltoreschi e
occasionali inquilini, ma anche fami-
glie arrivate col treno da sud con ni-
diate di bambini. che altrimenti ri-
marrebbero sulla strada. Quanio alla
seconda condizfone, don Ponz.etlo 1a-
glia assi, travi, tullo ciò che trova
lungo. e lo riduce a« legna corta». Poi.
in pace con la sua coscienza, lo bulla
sul fuoco.
Un giorno di meuodi si presen1ano
cinque glovanoui appena an-iva1i dal
Veneto: sono bagnati di pioggia, affa-
mali e ,cnza un soldo. Don Pomello
che è sul punto di allon1anarsi per una
\\'Ìsita, dà loro quali ro spiccioli, in-
giungendo di aspeìlarlo e di non la-
sciare la baracca incustodita. Quelli
prometlono, ma poi escono per 1raf-
ucare i quattro spiccioli. E prima di
andarsene, caricano la stufa con
quanta più legna possono. In loro as-
senza le fiamme si fanno ardite, rag-
giungono il tetto e bniciano tullo.
I pompieri accorrono, i ragazzi
usciti dalle scuole sono n a godersi lo
spettacolo, !.Olo il povero don Pon1.ct-
to si dispera. Che dirà il suo amico
Capurro? • Mi aspettavo la sua com-
parsa con la spada in mano. per ripe-
tere il gei.Lo di san Michele quando
scacciò Adamo dal paradiso terrestre.
Invece niente affalto: mi permise la
ricoslru1ionc della baracca...
I cinque giovanotti ,eneti, caul,a
involontaria del disa!.trO. per più
giorni si prodigano nei lavori. e la
nuova baracca è più bella di prima. E'
impenetrabile al venw e alla pioggia,
e soprattullo è a prova di incendio.
r
Un altro axalllevo, l'on. Oscar Luigi Sc:alfaro,
nel discorso ufficiala non nasconde la gioia per
vedere riconosciuto Il suo antico maestro.
Poi il cantiere fini-;ce, ma un ahrn
ne sorge da un'altra pane, e anche nil
geometra è suo carissimo amico. Po-
chi metri quadrali sono ritagliali per
una nuova tolda sono un albero. Per
quauro anni don Ponzcllo_può rima-
nerci, e la,·orare indisturbato per la
sua genie. Finché i tempi cambiano,
le crii.i si auenuano. l'ondata migra-
toria si riduce e trova canalizzazioni
più burocraliche.
Prete. Per una valutazione di fon-
do - ha scriLto su don Ponzello l'on.
Oscar Luigi Scalfaro - penso di do-
ver prendere le mosse da quel con-
fessionale dove era sempre disposto a
ricevere penitenti, a tutte le ore. lo fui
suo assiduo cliente. e ho visto tante
cose... La i.ua prima frase era: "Buon
figliolo e buon cristiano". Questi due
"buono" cadevano sulla serie dei
peccati che uno gli presentava, come
un fatto di pacificat.ione, di libera.do-
ne, di dolcezza matcma».
Lo ricordano puntuale. Lui che è il
caos dell'attività imprevedibile, al
confessionale è puntuale. 1n una co-
munità di suore ricordano che si
metteva a loro disposizione anche
fuori orario: «Veniva più volte a lla
settimana nelle ore piì:1 impensate,
per dare a 1uui la massima comodità
di accostarsi alla confessione•. Ri-
cordano «una suora anziana, scrnpo-
losa, tormentato da incubi e paure
spiritua li, d a timori che le toglievano
la pace e che negli ultimi anni di vita
lo Iaceva chiamare più volte al giorno.
Don PonLetlo mai mostrò impaLien-
za, fu l.cmpre disponibile per quell'a-
nima, con la carità più squisita•.
li suo perdono n<m si ferma alle
quasi simboliche «tJ·e Ave Maria».
«Senti, Piera - ricorda una sua peni-
tente - dato che vai a Torino. ti do
per pcnllenz.a di portare un sacchetto
di [arina a una lamiglia povera che
abita in via ..."" Ma padre, ho già tante
commissioni, e poi a Torino ci sono i
bombardamenti... • «Te lo do per pe-
ni1cn1a - replica don Ponze110 -:
pensa che c'è gente che attende que-
slo ben di Dio per -.opravvivere•.
E per il peccato sa pagare di perso-
na. Una suora un giorno gli dice la sua
mcra\\'iglia perché dopo la messa, so-
,•ente accompagnata da lunghe con-
fessioni, non prende nulla della gene-
rosa prima colazione che il convento
gli prepara ogni mattina. « Perché non
be\\'c almeno una taaina di caffé? Lei
digiuna sempre...• • Figliola, io con-
fesso persone incalli1e nel peccato, e
non posso infliggere loro una peni-
tenza adeguata. Così supplisco io che
ho salµte e posso farlo. Non ti preoc- .
cuparé».
Sa stare con il suo Dio. Il sacrestano
Giacomino racconta di una notte di
Natale, dopo la mezzanotlC; tutti si
sono ritirati, solo don Ponzette> è ri-
masto a pregare. Giacomino va a
scuoterlo perché si ritiri, perché si ve-
de che crolla dal sonno e ha bisogno
di riposare. «Lasciami in pace. Tu va'
per 1fatti tuoi•. «Ma io devo chiude-
re... # «Chiudi anche me. Buona noue,
neh? E buon Natale».
Il mallino seguente Giacomino tor-
na e passando accanto a un calorifero
inciampa in una grossa sagoma av-
volta in un tappeto. E' la mauina di
Na1alc, e don Po1uelto brnscamenle
risvegliato dall'involontaria /ledata
pui> essere il primo a dare i buon
giorno a Gesù Bambino.
Sa stare accanto agli uomini che
soffrono e che muoiono. Se è dece-
du10 uno dei suoi amici, arriva la sera
in casa per il rosario, poi resta tutta
la nollc. Magari si addormenta, ma-
gari russa un pochino. Poi si sveglia di
soprassalto e torna a pregare. E poi
magari. indicando i vestiti che ìl de-
funto non userà più: «Forse è bene
che li diate a me. Anche lui sarà con-
ten10 dì quest'opera buona che fate, e
27

3.8 Page 28

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il Signore gli sarà più misericordio-
so».
Ricorda l'oo. Scalfaro: « Un triste
giorno lo si potè vedere dieLro a un
feretro, orante solitario e pio. Veniva
portata alla sepolLura una povera
donna, che aveva vissuto la sua esi-
stenza sul marciapiede. Quando era
spirata all'ospedale di N ovara, lui era
accanto al suo letto. U giorno dopo,
dietro quella bara sola, un uomo solo:
don Ponzctto col suo breviario in ma-
no. Accompagnava all'ultima dimora
la creatura della quale gli uomini si
erano servili, ma che ora si vergogna-
vano di riconoscere».
Salesiano. «Indubbiamente don
PonzctLo aveva lo spirito salesiano,
ma non era i11q11adra/o... - precisa
ancora l.'on. Scalfaro -. Lui era piut-
tosto ww specie siHgola. Per la capo-
ci1à umana di contallo, per il sorriso,
la bonomia, non poteva non essen:
salesiano. Ma era come se Don Bosco,
dopo averlo chiamato a sé, lo avesse
mandato con un paracadute in mezzo
al mondo».
In realtà sembra che in lui ci sia
come uno sdoppiamento, che debba
tendere verso due direzioni. Da una
parte c'è il superiore che rappresenta
Dio, c'è la regola, l'osservanza religio-
sa: valori per lui sacri e irrinunciabili.
Ma dall'altra parte gli giungono im-
plorazioni e sollecitazioni a cui non sa
dire d i no. Ed ecco allora progetti e
ini1.iative spericolate, sul Eilo del ra-
soio. Lui per primo ne è convinto, e
scrive: «Per fare qualche cosa, biso•
gna muoversi, procw·ando... urti». Ma
testimonia un suo direttore che lo
aveva capito a fondo, don Luigi Rie-
ceri (poi Reuor Maggiore): «Tenevo
conto del suo lato debole: avevo sco-
perto che una cosa lo avrebbe addo-
lorato: il solo pensiero di non aver ri-
spettato l 'obbedienza. Allora si met-
teva in ginocchio, e chiedeva per l'a-
mor di Dio che io l'assicurassi che
l'obbedienza non l'aveva infranta».
Ciò spiega perché nelle scelte più
difficili sa dire: «Tuttavia obbedisco»,
e sorridendo: « Come Garibaldi».
Questo prete autonomo, ma Lutto di
Don Bosco, senza orari e senza orga-
nizzazione, questo « uomo degli uo-
mini», che «conobbe ogni miseria,
ogni tipo di fango, ogni abiezione,
ogni ingius tizia. ogni degradazione»,
alla fine se ne è andato. Era il 30
maggio 1977, dopo 87 anni di vila pie-
na, 55 di sacerdozio, 61 lTascorsi da
salesiano, 42 passati a Novara. Due
anni prima della morte, Novara gli
aveva assegnalo il « premio della
bontà». LI 18 marzo scorso Novara gli
ha dedicato una delle sue vie.
Un suo superiore aveva delle> scc-
camt!nte di lui: «Di don Po nzeuo cc
n'è uno solo. E può bastare così».
Ma ora che se ne è andato, il Si-
gnore ne manderà un altro?
(2. Fine)
ENZO BIANCO
28
Brevi da tutto il mondo
LILLINA, CARLO,
E UN PICCOLO KIVARETTO
Di dal fiume Ma-
ran6n ci sono i kivari
Aguarunas, cugi-
ni. degli Shuar. DI
qui, tra la gente
Shuar. c'è già chi la-
vora per loro, anche
se qualcuno in più
SHUAR
non guasterebbe.
Ma tra g/1 Aguaru-
nas c'è praticamente
nessuno: solo due missionari passionisti
su 15.000 kmq di foresta. Così diceva un
giorno padre Bolla, spericolato missiona-
rio salesiano che vive con una tribù e co-
me uno della tribù, a Ullina e Carlo. E tut-
t'e tre seduti sulla sponda equatoriana del
rio Maraii6n, guardavano verso la sponda
peruviana e oltre. Andremo là dall'altra
parte, dissero Lillina e Carlo. E padre Bol-
la promise che sarebbe andato a trovarli,
e che avrebbero lavorato insieme.
Tutto questo sta per accadere.
Llllina Attanaslo e Carlo De Nardi, gio-
vani sposi, si porteranno dietro il loro pie--
colo erede. nato in Italia ma destinato a
crescere con i kivarettl, e andranno in una
minuscola località detta San Lorenzo, nel
vicariato apostolico di Yurimaguas, in
Perù. Il vescovo Il aspetta. E li aspetta una
casa di legno già costruita nella foresta.
Ullina è nota nell'ambiente dei Coope-
ratori d'Italia: è una giovane Cooperatrice
di cui anche il BS ha parlato. E' laureata in
pedagogia, ha fatto esperienza di lavoro
tra i pastori del Molise. Carlo è un giovane
sindacalista, meccanico in una fabbrica di
tessili. Nel '74 si sono recati volontari nelle
missioni salesiane dell'Ecuador. Insieme
hanno lavorato nel villaggio di Uyuntsa,
mettendo su tra gli Shuar una cooperativa
di bestiame. E più importante ancora,
hanno dato la loro presenza, hanno con-
diviso la vita, si sono interessati ai loro
problemi, hanno appoggiato la loro atti-
vità.
Finiti i due anni di volontariato, erano
tornati in Italia per rivedere I loro cari e per
ripensare la loro esperienza. Hanno con-
cluso: vale la pena tornare. E vanno a tra-
piantarsi di là dal fiume, dove ancora
nessuno lavora tra gli indios.
Carlo nei mesi scorsi ha già fatto un
salto sul posto: ha costruito la casetta, ha
dissodato Il terreno e ha esaminato l'orto.
Le piante e la verdura cominciano a cre-
scere. Intanto hanno anche scritto un li-
bro (foto In alto): • Shuar, tradizione e
mutamento sociale •. E l'hanno scritto per
diversi motivi.
E' un contributo - scrive nella prefa-
zione Antonino Colaìanni, docente all'u-
niversità di Bari - che presenta con so-
brietà e limpidezza i principali problemi
del gruppo Shuar, e dà un quadro della
complessa situazione nella quale si trova
questo gruppo Indigeno nel suo faticoso
processo di trasformazione•.
Il libro vuol anche essere un avverti-
mento per quanti tra I giovani sognano
con troppa leggerezza di avventurarsi in
soccorso del terzo mondo, perché rac-
conta .Ie ripetute umiliazioni che la selva
riserva. ai cosiddetti .c,ivilizzatl che la sfi-
dano, e dice l'ammiràzione, di due che
hanno visto di persona/ per «l'lntelligen2a
shuar nello sfruttare le possibilità offerte
dalla natura•·
ALDO MORO nel 1968, In visita alla casa salesiana di Pordenone: era amico dei
giovani studentì, e essi gli volevano bene.

3.9 Page 29

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C'è un altro motivo, per cui Lilltna e
Carlo hanno scritto Il libro: fanno conto,
con Il ricavato dalla vendita, di finanziare Il
foro viaggio di ritorno in America e qual-
che iniziativa da realizzare a San Lorenzo
Vogliono, come già hanno fatto i salesiani
tra gli Shuar, raccogliere gli indi Aguaru-
nas In federazione. e costruire una sta-
zione radio per l'Istruzione della gente. e
cominciare dalle scuole radiofoniche per I
bambini. li governo peruviano ha già dato
l'autorizzazione per la stazione radio. e
Lillina ha già la nomina a direttrice delle
scuole radiofoniche
Ma laggiù, mentre I fagiolini crescono
nell' orto, manca ancora tutto: non solo ta
stazione radiofonica ma perfino le radioli-
ne... Chi non acquisterà Il libro «Shuar.
tradizione e mutamento sociale?• Con un
paio di biglietti da mille Inviati al • Centro
nazionale Cooperatori Salesiani• (via dei
Salesiani 9, 00175 Roma), si dà anche una
mano a questi due giovani missionari e al
loro piccolo erede klvaretto •·
STATI UNITI* PADRE
LAPPIN RACCONTA
DON BOSCO IN INGLESE
E' tornato a New Rochelle (Stall Uniti),
dopo una lunga sosta a Roma per frugare
negli archivi storici della Casa Generali-
zia, il salesiano padre Peter Lappin, e si
accinge a scrivere un nuovo libro su Don
Bosco In inglese.
Un libro nuovo perché ne na già scritti
altri, su Don Bosco e sulle più belle ligure
salesiane. Anzitutto si è per cosi dire ispi-
rato al gruppo marmoreo che si trova in
San Pietro, In alto sopra Il monumento di
bronzo del primo Apostolo, nella nicchia
vicino alla cupola un gruppo che com-
prende Don Bosco. Domenico Savio e
Zeffirino Namuncurà. Di tutti e tre ha
scritto la biografia, per piccoli e grandi, in
lingua Inglese. Ma poi ha raccontato la
vita anche del card. Giovanni Cagllero
(primo missionario salesiano). di don Ml•
chele Rua (primo successore di Don Bo-
sco), e recentemente del « Generai Mi-
chey., ossia Michele Magone «famoso•
monello di Don Bosco.
Sono libri fortunati, che vengono tra-
dotti in va~ie lingue (uno perfino In korea-
no), che negli Stati Uniti diventano best
sellers., vengono premiati e selezionati
dalle organizzazioni cattoliche che distri-
buiscono i libri migliori e li diffondono su
vasta scala. Da uno di essi. quello su Mi-
chele Magone, è staio ricavato Il film
«L'albero verde». premiato al festival di
Venezìa.
Padre Lappin è un personaggio singo-
lare, quieto, arguto, graffiante. E' nato a
Belfast nell'Irlanda del nord 67 annt la.
Partito presto per le missioni della Cina
venne ordinato sacerdote a Shanghai nel
1943; fu espulso dal Celeste Impero dopo
che questo non era più impero e tanto-
meno celeste, e andò missionario in
America Latina. Ma era fatto per scrivere.
e da tempo ormai si dedica soprattutto ai
libri Scrive anche su argomenti blbllc1,
sempre rn forma divulgativa, e la parte
della Commissione che sta traducendo in
inglese la biografia monumentale di Don
Bosco In 20 volumi.
Il segreto del suo successo? Anzitutto la
sua fedeltà di storico, che non si accon-
tenta delle tonti di seconda mano ma va a
scavare negli archivi Poi la sua penna fe-
lice, Il porgere vivace. commosso e gar-
FRANCIA CENTENARIO
MA CON AVVENIRE
L' oratorio salesiano di Ménilmon-
tant (Pangi) ha compiuto cent'anni di
vita. e è stato festeggiato a dovere,
con amici giunti anche da lontano. Al
mattino tutti insieme nella splendida
cnlesa, a mezzogiorno tutti insieme a
tavola per l'agape fraterna Al pome-
riggio tutti Insieme a teatro. dove è
stata recitata la Rivista del Centena-
rio• In una mostra erano state Illu-
strate le tante attività (ogni quaresima
s1 recita e si replica una •Passione•
della quale si interessano giornali, ra-
dio e televisione), gli avvenimenti e le
figure più Importanti del secolo.
Mons. Frossard, Il vescovo ausiliare
di Pangi che ha presieduto l'eucar&-
stla, l'la lasciato al salesiani, ai loro
giovani e agli exallievl una consegna
precisa. •Abbiate fiducia, persevera-
te, perché se gli oratori hanno un pas-
sato, essi hanno anche un avvenire. La
Chiesa di Pang1 conta sulla vostra
presenza efhcace qui a Ménllmontant.
grazie a voi essa può mostrare qui un
volto di giustizia, di fraternità. di li-
bertà. di verità•.
29

3.10 Page 30

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bato. E in ultimo ma non meno Importante,
un Inesauribile amore a Don Bosco.
La bibliografia salesiana ,n lingua in-
glese è scarsa, specie per quel che ri-
guarda i ragaui. E proprio per loro padre
Lappin sta scrivendo un nuovo libro sulla
gioventù di Don Bosco.
* BOLIVIA UN ESEMPIO
DI FAMIGLIA SALESIANA
Uno splendido esempio di collabora-
zione nella famiglia salesiana si sta rea-
lìuando a San Carlos de Yapacani (Santa
Cruz), nella parrocchia che I salesiani
hanno preso in consegna nel 1974. VI la-
vorano secondo i principi della pastorale
d'insieme I salesiani, 4 congregazioni
femminili e svariati volontari cresciuti nel-
l'ambiente salesiano.
I saleslanl sono 5: 4 sacerdoti e un
coadiutore. C'è padre Tito, il parroco, che
ha la responsabilità generale di tutto il la-
voro; poi padre Aquilino, padre Gino e
padre Giorgio che si occupano delle varie
colonie agricole attorno al centro, della
pastorale giovanile e vocazionale, e della
formazione de, catechisti. Severino, Il
coadlutor-e, fa di tutto: al momento sta fi•
nendo una casa, ne sta Iniziando un'altra,
e prepara il progetto di una futura chiesa
Le Figlie di Maria Auslllatrlce a Villa
Bush organizzano la gioventù e I club
delle madri. Le Figlie del Sacri Cuori
(Congregazione fondata dai salesiani In
Colombia) svolgono attività analoga a
Buen Retiro, e si occupano del dispensa-
rlo medico. Altre due congregazioni fem-
* ARGENTINA UNA DIOCESI
PER MONS. PICCHI
Paolo VI nell'aprile scorso ha chia-
mato il vescovo salesiano mons. Mario
Picchi - Italiano di origine, ma In Ar-
gentina all'età di 6 anni - a reggere la
diocesi di Venado Tuerto presso Ro-
sario.
Mons. Picchi era vescovo titolare di
Orea; consacrato a Buenos Aires nel
1970, è stato ausiliare prima del ve-
scovo di Comodoro Rlvadavia e poi di
La Plata. Nato a Paganlca (Lucca) il 1•
gennaio 1915, nel 1921 con i genitori
Pietro e Leonora Marslli era emigrato
In Argentina. A 13 anni entrava nell'a•
splrantato salesiano di Bernal; dive-
nuto poi figlio di Don Bosco, tornava In
Italia per frequentare la teologia a Ro-
ma presso l' Università Gregoriana.
Ordinato sacerdote nel 1940, l'anno
successivo si licenziava In teologia. E
Intanto seguendo il suo talento natu-
rale frequentava pianoforte all'acca-
demia di Santa Cecilia.
Tornato in Argentina, dal 1942 oc-
cupò varie cariche di responsabilità
Incominciando dalla direzione dell'o-
pera prima di Don Bosco, l' oratorio. Fu
nel contempo assistente spirituale de-
gli «Esploratori di Don Bosco•. e ad
Avetlaneda rluscl a procurare al pove-
ro quartiere In cui lavora l' acqua po-
tabile, la luce, la pavimentazione stra-
dale.
Per otto anni fu poi in Bolivia. rettore
del Seminano Maggiore di La Paz. Tra
l'altro organizzò il primo .Congresso
nei Religiosi • del paese, da cui usci la
30
minlll si occupano della catechesi, del-
l'insegnamento e dell'assistenza medica.
Volontarl e volontarie, venuti dall'Italia
e sparsi ne, vari centri, si occupano an-
ch'essi di catechesi, allabetlzzazione,
scuola, sanità. Tutte Insieme queste forze
stanno preparando nella zona dei validi
catechisti, e giovani e adultl responsabi-
lizzati sui problemi del posto. I programmi
a livello pastorale e sociale sono discussi
e realizzati insieme, dal • missionari. e
dalla gente.
Per I giovani (quelli sotto i vent'anni co-
stituiscono il 53% della popolazione) si
lavora intensamente In senso associativo,
e si lanciano iniziative di impegno spiri-
tuale: la Pasqua giovanile, le marce della
fede, notti di veglia. Sul piano sanitario si è
costituita una • Società per la salute• che
offre soprattutto al più poveri assistenza e
medicine a costi accessibilì.
«Conferenza del Religiosi•, organi•
smo stabile che lo vide suo primo se-
gretario. Tornato in Argentina, dal
1958 al '65 diresse la «Casa del Coa-
dlutoreR presso Buenos Aires, lan-
ciando numerose Iniziative per lo svi-
luppo di questa caratteristica voca-
zione salesiana. Era logico che le sue
doti di comando lo portassero alla ca-
rica di Ispettore, responsabilità che
non potè portare per l'intero sessen-
nio perché Il Papa nel '70 lo chiamò
alrepiscopato.
La diocesi che ora gli è stata asse-
gnata, Venado Tuerto, è suffraganea
di quella di Rosario e si trova net cuore
della Pampa, 400 km a nord-ovest di
Buenos Aires. Con Isuol 14 mila kmq è
più vasta dell'intera Campania, e ha
una popolazione di 170 mila abitanti al
95% cattolici. Ha 29 parrocchie, ma
solo 26 sacerdoti. Mons. Picchi può
contare anche su 12 religiosi laici e 52
suore, ma non ha case salesiane sul
suo territorio
Oltre a mons. Picchi altri nove ve-
scovi salesiani lavorano In Argentina,
per lo più In diocesi dlttlclll come que-
sta, In estensioni enormi, con popola-
zione sparsa e pochi sacerdoti.
Nella foto: mons. Picchi amministra
la cresima a Buenos Aires.
Ciò che si sta realiuando risulta tanto
più s1gnificati110, se si pensa che prima del
1974 la zona era senza sacerdoti e prati-
camente abbandonata E se si pensa che
queste iniziative trovano la loro base
d'appoggio In Italia, nella famiglia sale-
siana del Veneto, che prepara uomini, as-
sicura il loro ricambio , e Invia aiuti In
meui e denaro
* BORETTO (REGGIO EMILIA)
COMMEMORATO ARTEMIDE ZATTI
Il Servo di D,o Artemide Zattl nel marzo
scorso è stato commemorato con un rito
religioso dai suol concittadini a Boretto
(Reggio Emilia), dov'era nato nel 1880.
Questa simpatica figura di emigrante e di
coadiutore salesiano awiato agli onori
degli altari, ha destato mollo interesse
nella popolazfone. Parenti e amici hanno
preso a frugare tra le antiche memorie di
famiglia in cerca di eventuali lettere e ri-
cordi suoi.
E' la prima volta che Boretto si occupa
d i Zatti, e tutto lascia prevedere che non
sarà l'ultima.
* FMA TRE ANNI DOPO,
REVISIONE GENERALE
Le superiore delle Figlie di Maria Ausl-
llatrlce durante Il 1978 si sono impegnate
In tre Incontri di revisione generale, una
revisione voluta dal loro ultimo Capitolo
Generale a tre anni dalla sua chiusura. Il
primo di questi Incontri ha avuto luogo nel
febbraio scorso a Caracas (Venezuela), e
111 hanno preso parte, oltre alla Madre ge-
nerale Ersilia Canta e alcune superiore del
suo Consiglio. tutte le ispettrici dell'Ame-
rica Latina. Analogo Incontro awerrà a
Mornese (Italia) nell'agosto prossimo per
le lspettorie europee; e un terzo in set-
tembre a Tokyo, per le suore dell'Oriente.
Le riunioni servono da verifica a metà
percorso tra due Capitoli generali. Due
ctrcostanze hanno però reso più signifi-
cativo l'incontro di Caracas: vi sl è cele-
zburaetlao,Ile5i0l "sdoelld'ai rprirvoofedsesliloenFeMrAellignloVseaned-i
madre Ersilia Canta.
(ANS)
* SPAGNA LE MAMME
A SCUOLA CON I FIGLI
Nel collegio di Horta (Barcelona) si è
tenuto un corso artistico per le mamme
degli alunni, sul lama: «L'ambientazione
natalizia della casa•.
La curiosa Idea è scaturita dal fatto che
alcune mamme, rimaste ammirate dai
.. capolavori. eseguili dai figli In collegio,
s, erano presentate al professore chie-
dendo che insegnasse anche a loro. 11
professore, il coad. José Maria Castro,
accettò l'invito, e con la collaborazione dì
una suora insegnò a quelle mamme l'uso
del pirografo e la cesellatura In stagno. In
un secondo momento altre mamme chie-
sero di partecipare, e allora si organizzò
un vero e proprio corso. Si è cosl formato
un ambiente familiare e di amicizia, da cui
hanno tratto vantaggio anche I figli, con-
tenti di vedere le proprie mamme nel loro
stesso collegio.
(ANS)

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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ROMA * RIPUBBLICATI
TUTTI I LIBRI
DI DON BOSCO
-Libreria--
Nena scia di Don Bosco
RAGUSA * GIORNATA
MISSIONARIA
I giovani del Club Don Bosco•
hanno preso l'iniziativa, la bella barba
di don Vincenzo Scuderi ha tatto da
calamita, gli amici dell'opera salesiana
hanno fatto Il resto. Cioè una giorna-
ta missionaria» con I fiocchi.
Prima ancora si era lanciato, tra gli
artisti in erba delle scuole medie ed
elementari, il concorso di disegno
.com'è il Terzo Mondo e come vorrei
che fosse». Poi, alla vigilia, la locale
Tele-radio• intervistò i gruppi mis-
sionari. Quindi don Scuderi, veterano
dell'India, tenne una conferenza se-
guita da un dibattito e dalla premia-
zione dei vincitori del concorso. E l'in-
domani domenica, ancora don Scu-
deri predicò a tutte le messe, frequen-
tate assai più del solito. A sera un do-
cumentarlo e recita teatrale.
E tanti aiuti raccolti per le missioni.
* VENEZUELA L'EXALLIEV O
PIOVUTO DAL CIELO
Per presenziare all'inaugurazione del
nuovi campi sportivi di Carrasquero, il
governatore della Zulla ha pensato bene
di scendere direttamente sul posto con
l'elicottero. Il governatore, l'exallievo sa-
lesiano Guillermo Rincòn Araujo, è stato
accolto con calorosi applausi; appena
sceso ha abbracciato Il suo vecchio inse-
gnante padre Eugenio Moretti, e ha avuto
parole di simpatia per i suoi antichi e non
dimenticati educatori. Poi ha consegnato
in dono alcuni attrezzi sportivi e un con-
tributo per rifare I marciapiedi attorno al
collegio. E dopo l'agape fraterna se ne è
tornato come era venuto, per le vie del
cielo.
ARGENTINA * L'ORATORIO
TRA GLI ERGASTOLANI
L'oratorio tra gli ergastolani, o qualcosa
di simile, è quanto si propone di realizzare
una cooperatrice salesiana nel peniten-
ziario argentino di Neuquen. La coopera-
trice, Maria Edith Guerrieri de Estrella, si è
offerta di affiancare Il cappellano, il sale-
siano don Plcardi, nel portare un po' di
sollievo a quegli infelici condannatì a vita.
Una prima parte, certo la più consi-
stente, di un vasto progetto editoriale è
stata realizzata nel biennio 1976-77 dalla
editrice libreria Ateneo Salesiano in Ro-
ma: la pubblicazione in edizione anastati-
ca di 37 volumi comprendenti tutti I • Libri
e opuscoli " scritti da Don Bosco. Presto a
questa prima serie dovrebbe far seguito
una seconda serie di 4 volumi compren-
dente • Circolari, programmi e appelli• di
Don Bosco, e una terza serie di altri 4
volumi comprendente gli «Articoli del BS
di attribuzione sicura o probabile allo
stesso Don Bosco.
In questo modo verrà completata la
pubblicazione delle • Opere edite•, e -
com'è nel più vivo desiderio degli studiosi
della realtà salesiana - si potrà pensare
alla pubblicazione anche degli « Scritti
Inediti•· Anzi il prof. Pietro Stella, che in-
sieme al prof. Raffaele Farina è curatore di
quest'iniziativa editoriale, si augura che
una volta sistemato tutto questo materia-
le, sia possibile provvedere all'edizione
critica almeno delle opere più significative
di Don Bosco.
Intanto le pubblicazioni finora realizzate
coprono circa ventimila pagine, e rappre-
sentano un prezioso patrimonio messo a
disposizione dei figli di Don Bosco.
SPAGNA * PREPARATIVI
PER IL CENTENARIO
SALESIANO
In Spagna ci si prepara a celebrare, nel
1981, Il centenario della presenza sale-
siana nella Penisola Iberica avviando tra
l'altro una serie di in1eressanti ricerche
storiche. In riunioni svoltesi di recente a
Madrid è stata costituita una • Commis-
sione di studi storici salesiani•, che ha
cominciato per tempo a programmare la
propria attività.
E' prevista dalla Commissione la pub-
blicazione di quattro serie di studi storici,
e cioè: Gli annali della storia salesiana in
Spagna (serie gialla); Le opere, cioè storia
delle case e delle lspettorie (serie azzur-
ra); Le persone, cioè biografie, epistolari,
memorie (serie rossa); e infine Varie, cioè i.
diversi rami della Famiglia Salesiana, la
pedagogia, la formazione professionale, il
teatro, ecc. (serie arancione).
Per realizzare questovasto programma,
in ciascuna delle ispettorie è stato desi-
gnato uno storico come responsabile di
settore, Incaricato di coordinare il lavoro
degli altri ricercatori. Le pubblicazioni sa-
ranno curate dall'edltrlce del Centro Ca-
techistico salesiano di Madrid. (ANS)
* SPAGNA UN MONUMENTO
A MONS. MARCELINO
La città di Valencia ha dedicato un mo-
numento al suo arcivescovo Marcelino
Olaechea, il salesiano che per vent'anni
(1946-1966) resse in modo indimenticabi-
le quella diocesi. La statua in bronzo è alta
metri 2,10, e collocata In una piazza cen-
trale della città, lo raffigura in un simpati-
co gesto di saluto. Il monumento è stato
voluto dai tanti che nella bella città spa-
gnola sulle sponde del Mediterraneo ri-
cordano ancor oggi con stima e venera-
zione quel generoso figlio di Don Bosco
che aveva animato con mille iniziative la
vita cristiana del suo gregge.
JOSEPH AUBRY
Don Bosco padre dei giovani
LDC 1978. Pag. 80, lire 1100
In questo agile libretto il noto teolo-
go salesiano porta la sua riflessione su
Don Bosco nella prospettiva della pa-
ternità, del servizio e del carisma giova-
nile. Quindi delinea in quest'ampia cor-
nice i frutti più maturi del lavoro educa-
tivo di Don Bosco: le figure di Domenico
Savio e don Michele Rua.
ENZO BIANCO
Artemide Zattl
Il parente di tutti I poveri
LDC 1978. Pag. 40, lire 250
Un nuovo Servo di Dio nella Famiglia
Salesiana. L'opuscolo raccoglie gli arti-
coli apparsi sul BS, ma il testo è com-
pletamente rifatto. Questa splendida fi-
gura di coadiutore salesiano meri1a
d'essere conosciuto per la franchezza e
attualità del suo messaggio.
TERESIO BOSCO
Salesiani: una proposta
LDC 1978. Pag. 40, /Ire 200
Rivolto ai ragazzi, l'opuscolo presenta
alcuni salesiani viventi, colti nella loro
esemplare attività quotidiana. E' un In-
vito a interrogarsi sulla chiamata del Si-
gnore, invito che giunge quanto mal
opportuno in questo tempo di crisi delle
vocazioni.
FYNN
Pronto Dio, sono Anna
SEI 1977. Pag. 208. lire 4.000
P.rvnto
D~ no ] « La differenza tra
.ANNA un uomo e un angelo
è facile: l'angelo è
L~'
~J.
Jquasi tutto dentro,
l'uomo è quasi tutto
fuori •. Queste sono
parole di Anna, sei
anni. A cinque anni
f>oruj conosceva perfetta-
- ~ mente la ragione di
...,::;, :': esistere, conosceva
il significato di amare, ed era aiuto e
amica personale del Signor Dio. A sei
anni era teologo, matematico, filosofo,
poeta e giardinier e. Non raggiunse gli
otto anni... •· Così comincia questo libro
incantevole, che sembra per ragazzi e
invece è per adulti, e per adulti capaci di
riflessione. Si tratta infatti di riscoprire
con quella bimba Imprevedibile il senso
di stupore che dovrebbe Invadere
chiunque si pone di fronte al misteri
della vita e al grande mistero del « Si-
gnor Dio•.
31

4.2 Page 32

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INCORAGGIATA DAI MIEI CARI
E PIENA DI FIDUCIA
Il 28 luglio scorso,
mentre raccoglieva-
mo le pesche, per
cause sconosciute il
trattore si mosse da
solo, e ml investi in
pieno. Fui subito tra-
sportata aJl'ospedale
di Alba, in condizioni
piuttosto gravi. Inco-
raggiata dai miei cari e piena di fiducia, mi
rivolsi insieme con loro a Maria Ausiliatri-
ce, con promessa di pubblicare la grazia
se mi otteneva la guarìgione, tanto ne-
cessaria per le mie bambine ancora in te-
nera età. La degenza fu lunga e dolorosa,
ma la nostra fiducia non è stata delusa. Da
qualche tempo ho ripreso i miei lavori ca-
salinghi, e con l'aiuto della Madonna spe-
ro di potermi ristabilire completamente.
Alla Mamma celeste la nostra profonda
gratitudine, e un pensiero riconoscente
per le persone che hanno pregato.
Dìano d 'Alba (CN) Ines Castel/a Olivero
Lina Plcone (Soverato, Catanzaro) è ri-
conoscente a Maria Ausiliatrice e a Don
Rua perché la figlia è uscita ìllesa, Insieme
con il fidanzato, da un grave incidente
stradale.
Le famiglie Sarvadon e Pesce (Chàtil-
ion, Aosta) sentono il dovere di rendere
pubblica la loro grande riconoscenza per
Maria Ausiliatrice e San Giovanni Bosco
per la costante protezione e le tante gra-
zie ricevute: .Ia nostra fiducia e devozio-
ne in loro è illimitata».
Don Giuseppe Ra/mondi SDB (Alassio)
ringrazia la celeste Ausiliatrice, San Gio-
vanni Bosco, S. Maria Domenica Mazza-
rello, S. Domenico Savio e il Servo di Dio
Simone Srugi per averlo liberato da un
noioso disturbo fisico, che lo ha fatto sof-
frire per molto tempo.
Ringraziano
i nostri santi
Maria Plras Oddo (Iglesias, Cagliari)
ringrazia Maria Ausiliatrice, San Giovanni
Bosco e San Domenico Savio per una
grazia ricevuta dal figlio Mario, e chiede
preghiere.
ERA LA FESTA DI DON BOSCO
Il 31 gennaio mi svegliai all'alba come
sotto un incubo: il cuore pulsava forte-
mente, i battiti si ripercuotevano nel capo
come un'eco, e il corpo era scosso come
da una corrente. Stavo male da morire. Mi
ricordai che era il giorno della festa di San
Giovanni Bosco, e lo invocai: Salvami,
perché possa ancora accudire la mia
mamma (87 anni). Maria Ausiliatrice aiu-
tatemi!».
Dopo alcune ore venne il dottore: ri-
scontrò un forte sbalzo di pressione e mi
prescrisse i rimedi del caso. Verso sera
tentai di alzarmi per bere qualcosa, ma
fatti pochi passi caddi a terra svenuta. Mi
ripresi p tardi (ero sola) senza capire
cosa fosse accaduto; ml alzai a stento. ma
appena in piedi persi di nuovo I sensi e
caddi ancora per terra. Tornò il dottore,
che diagnosticò turbe vascolari cerebrali.
Ho continuato le cure, e soprattutto la
preghiera ali'Ausiliatrice e a Don Bosco.
Ora, dopo due mesi, posso dirmi ristablli•
ta, anche se ancora debole.
Torino
Antonietta Sartore
Luigino Davide (Mombello Monf.) con la
famiglia ringrazia Don Bosco e implora
continua protezione secondo i propri in•
tendimentl.
ANCHE I MEDICI DISPERAVANO
Mia figlia aveva già
perso un bambino
nel 1976. Nel gen-
naio del 1977 si trovò
nuovamente in atte-
sa, ma al terzo mese
ebbe un'emorragia,
per cui dovette es-
sere ricoverata In
ospedale. Anche I
medici disperavano di poter salvare il
bambino. lo diedi a mia figlìa l'abitino di
San Domenico Savio, e la invitai a Invo-
carlo ogni giorno, per tutta la degenza a
letto, che si protrasse per diversi mesi.
Finalmente a settembre è nata una bam-
bina sanissima. Ora essa è sotto la prote-
zione di Maria Ausiliatrice, di Don Bosco e
di Domenico Savio.
CON INCREDIBILE MERAVIGLIA
Il mio piccolo, che ha compiuto due an-
ni proprio lo scorso Natale, era affetto da
fimosi congenita. Consultai due medici.
Uno prescrisse una cura con unguenti
antisettici; l'altro una cura preparatoria
all'intervento chirurgico da praticarsi die-
ci giorni dopo. lo invocai San Domenico
Savio e misi il piccolo sotto la sua prote•
zione. Poco tempo dopo, con incredibile
meraviglia, la fimosi era sparita come per
incanto, evitando cosl l'operazione.
Siracusa
Carmen Lastrfna Nardell(
A SERA L'ESTREMA UNZIONE, AL MATTINO ERO G U A R I T O - - - - - -..
Questa volta l'ho proprio scampata bella. Ero sicuro di
non tornare più a casa. Per caso ·avevo sentito quello che
pensavano i dottori sul conto mio, e avevo visto sul video il
mio stomaco bloccato in due punti. Era necessaria una
seconda operazione, ma i medici non pensavano che sa-
rebbe servita a qualcosa. Per me fu un miracolo, non lo
posso spiegare diversamente. La sera del 21 gennaio mi
diedero l'Unzione degli infermi, e il 22 mattino ero 9uarltol
Tanto che I medici rimandarono l'operazione, e il giorno
dopo mi dissero che non era più necessaria!
Volevano tenermi in clinica fino verso la metà di febbraio, Invece ·uscii il 2
febbraio, e mi misi subito al lavoro: confessioni e predicazione per ore di seguito,
fresco come una rosaJ Solo un miracolo poteva fare questo. Il bello si è che lo non
l'ho neppure chiesto... Sono state le preghiere fatte fare da don Aurelio. Gliene
sono molto grato.
Bombay (India)
Don Antonio A/essi SDB
P.S. Don Antonio A/essi Perin lavora come missionario in India da oltre 50
anni. La relazione da noi riferita fa parta di una lettera da lui scritta a Don
Giuseppe Baracca, Segretario nazionale per le Missioni Salesiane, che in quei
giorni si trovava a Bombay con un gruppo di cooperatori. Egli ce ne invia foto-
copia con questa postilla:« lo mi trovavo presente, e rimasi molto impressionato.
Il 21 gennaio l'avevo visto rassegnato alla morte, e il 23 lo trovai tutto gioioso, lo
vidi mangiare di tutto, mentre da due mesi si nutriva so/o più di latte, e poi non
poteva ritenere neanche quello. Motivo per cui si rendeva necessario tentare
/'operazione. Padre Aurelio Maschio aveva fatto pregare ben 86 Istituzioni per
ottenere Il miracolo da Don Bosco!
IL VOLTO DI UN BIMBO
Sono devota di San Domenoco Savio da
tanti anni, e ho ricevuto Innumerevoli
grazie, non solo lo, ma anche le persone a
cui ho regalato l'abitino del Santo, invi-
tandole alla fiducia In Dio.
Il 28 ottobre 1976 un mio nipotino di
dieci anni, mentre giocava con la biciclet-
ta, cadde da una scarpata di quasi dieci
metri sulla sottostante ferrovia. Riportò
una profonda ferita ai mento, per la quale
fu necessaria una lunga sutura. Ma solo
alcuni giorni dopo ci accorgemmo che la
mandibola sinistra era fratturata. Oltre al
dolore. Il bimbo non riusciva più ad aprire
la bocca, e non poteva più alimentarsi.
Alcuni professori cl consigliarono l'o•
perazlone, non nascondendoci però il ri-
schio di una paresi facciale. Altri ci consi-
gliarono dì non intervenire. Ma come fare?
lo ho subito raccomandato il ragazzo a
San Domenico Savio, mettendogli al collo
l'abitino, e intanto decidemmo di tentare
l'operazione in Svizzera. L'intervento
durò ben cinque ore, e fu eseguito senza
ricorrere al taglio dei muscoli facciali.
Dopo un mese il ragazzo è tornato sano
come prima, e senza nessuna cicatrice sul
volto. Era proprio la grazia che avevo
chiesto!
Palermo
Giuseppina DI Fiore
32

4.3 Page 33

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SOGNAI UN VECCHIO DALLA BARBA BIANCA-- - - - - - - - - - UNA VOCE INTERIORE
Ml DICEVA: LEGGI!
1117 agosto 1976 al Centro Studi sul Cancro di Tokyo mi
vennero asportati due terzi del polmone destro. In quella
dura prova fui sostenuto dalle preghiere delle FMA che
dirigono la scuola frequentata da mia figlia. Un mese dopo
dovevo subire una seconda operazione, ma i medici non ml
giudicarono sufficientemente In forze, e mi dimisero dall'o-
spedale. Ma l'Intervento era necessario, e più tardi dovetti
subirlo: mi asportarono buona parte dello stomaco. Però le
Sono mamma di
cinque figl i. Venti
mesi fa crollai fisica-
mente, e di più psi-
cologicamente, con
depressione morale
da rasentare la paz-
cose non procedettero più cosl bene come prima. Non riu-
scivo a ingerire nessun cibo, venivo nutrito artificialmente.
Le forze andavano diminuendo ogni giorno di più: In tale stato non ml rimaneva
molto da sperare.
Nel frattempo mi venne fatto sapere che ii 5 novembre avrei subito l'ultimo
esame clinico. La notte precedente feci un sogno singolare: vidi presso il mio
capezzale un vecchio dalla barba e dal vestito bianco, con la coronadel Rosario
in mano. Posò ia croce della corona sul mio stomaco ammalato, e io ebbi
l'immediata percezione di un indescrivibile benessere, come se la valvola dello
stomaco si fosse sbloccata. Mi svegliai.
La mattina seguente fui portato in sala per l'esame dello stomaco. Immessa
zia e cercare solo di
morire, perché ho
avuto delle sofferen-
ze inaudite. Non dormivo più neanche con
gli ipnotici più forti, e fui ricoverata d'ur-
genza in cliniche neurologiche.
Il mese scorso, in un giorno di maggior
disperazione, apersi a caso il giornale
«Vita Femminile» e vidi la foto della cara
Alexandrlna. Una voce Interiore ml dice-
va: «Leggi! » Era la prima puntata della
una piccola sonda, con meraviglia del dottore passò. Ne venne messa una più
sua vita. Cercai subito tutte le puntate, e
grande, e non solo più a scopo di esame. In 25 minuti la cura finì: quel benessere
che avevo provato in sogno la notte precedente era diventato una realtà. Potei
lessi per due ore di seguito.
I miei famigliari per non disturbarmi
finalmente cominciare a prendere un po' di cibo in forma liquida. e aumentarlo
gradatamente. 1116 novembre fui in grado di lasciare l'ospedale.
Ma I mali non erano finiti. Il 25 febbraio 1977 Il mio stato si aggravò nuova-
parlavano sotto voce.
Finita la lettura, sentii in me una incre-
dibile serenità. Ripresi a dormire e tutti i
mente: mi venne riscontrata l'emolisi (distruzione dei globuli rossi). Non ml
miei lavori. Passerò la mia vita a far cono-
restava che ricorrere alla preghiera, ma io non sapevo pregare! Mentre ml tro-
scere Alexandrina: è una santa
vavo in quelle angustie, vennero nuovamente a trovarmi le Suore, e la Preside
Asti
della Scuola mi amministrò privatamente il santo battesimo. Riportato al Centro
Lettera firmata
Studi Cancro, vi fui curato per una ventina di giorni, dopo i quali fui in grado di
lasciare l'ospedale. Da allora il miglioramento fu costante e progressivo, e la
Fede ml fece riacquistare il coraggio di vivere.
Anche il mio medico curante affermò che Il benessere da me ricuperato era
RINGRAZIO E AN CORA INVOCO
DON BELTRAMI
superiore ai risultati che poteva dare la medicina. Il 15 agosto 1977 insieme con
mia figlia ricevevo solennemente Il santo battesimo. Ora anche mia moglie si
prepara a riceverlo.
Tokyo
Prof. Saito Giuseppe Mamoru
L'anno scorso mia
mamma cadde am-
malata per una para-
lisi al braccio destro.
P.S. Dal giugno in cui ricevemmo la notizia che il slg. Saito avrebbe dovuto
subire l'operazione, la nostra Comunità per tre mesi consecutivi si è raccoman-
data a/l'intercessione del Servo di Dio mons. Vincenzo Clmatti, chiedendo la sua
guarigione, se ciò era conforme alla divina volontà, e che potesse ricevere il
battesimo. Tutte e due le grazie sono state ottenute.
Noi siamo persuase che ciò sia dovuto all'intercessione di mons. Cimattl.
Attualmente il prof. Saito sta bene, e per dimostrare la sua riconoscenza al
Signore si è dedicato con maggior impegno a/l'educazione della gioventù.
Suor Cecilia Hìrana, FMA, Preside
Pregai don Andrea
Beltrami perché mi
ottenesse la guari-
gione della cara
mamma, con pro-
messa di pubblicare
la grazia. Cominciò subito a migliorare, e
in pochi giorni tornò a casa dall'ospedale.
Qualche mese fa chiesi anche per me la
guarigione da un dolore al braccio destro,
e in pochi giorni mi passò perfettamente.
Lo ringrazio e lo prego per un'altra grazia
che mi sta tanto a cuore per un mio com-
AVVENTUAA DI UN BIMBO
VIVACISSIMO
Ma tutta la scolaresca pregava per lui pagno.
Madre Mazzarello, perché compisse il Campoligure (Genova)
Il 17 dicembre
1976 I trecento alun-
ni della scuola «Sl
Mary • di Paterson
(USA). stavano gio-
cando. dopo aver
assistito in mattinata
miracolo di salvare Walter. La Madre non
tardò a farsi sentire. In due mesi il piccolo
guarì. Ha purtroppo perduto l' occhio de-
stro, ma ha ricuperato in pieno la funz.ione
intellettiva, che era gravemente compro-
messa. Contro ogni umana previsione.
Paterson (USA) Sr. Rita Fantln FMA
Suor Clementina Faes FMA
C. Ferrara (Moncrivello, Vercelli) con
grande riconoscenza ringrazia Laura Vi-
cuna per una grazia ricevuta a favore del-
la sua bambina, e chiede la sua protezio-
ne su tutta la famiglia.
all'operetta . 11 mira-
colo di Natale•. I
piccoli della 1' ele- HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
mentare giocavano a palla, la quale a un
certo punto andò a cadere sopra a un
cancello appoggiato al muro. Uno di loro,
Walter, vivacissimo, sebbene sapesse che
era proibito accostarsi al cancello, corse
a prenderla, e poiché non arrivava ad af-
ferrarla, diede una scossa al cancello. Fu
un attimo: questo gli cadde pesantemente
addosso, fratturandogli il capo.
Fu raccolto privo di sensi e grondante
sangue, e portato d'urgenza all'ospedale.
Fu sottoposto a un'operazione che durò
ben dieci ore con l'intervento di sei spe-
cialisti. I quali rimasero molto dubbiosi sul
Agnolettl Rosa . Alberlci Francesca - Allotta Margherita -
Amantinl Rosa - Apnaratona Alma Anzellnl Giuliana -
Arleo Raffaele Anna Afta - Bandlnetto Margherita -
Bandone Rosetta - Belardl Elena Belfonte Flllppo •
Berllngherf Caterina etscu Francesca - Borùln Mar-
ghenta - Buttice Giuseppe - Galllari Elena - Caltab,anno
Maura - Camesasca Gluseppha - Campagnarl Maria -
Cannata Angelina - Cappellini Elisa Cardona Matilde -
Cargnaud Vittorio - Casll Rosa• Cavallotto Giuseppina -
Cernlcchiaro Maria Cerri Ida - Cinti Nella - Coppo Gina
• Corina Corrado- Costanzo Lucia Maria - Corto Rosario
- Daleo Carmela - Dani Coniugi- Dante Maria- De Martin
Blnotto Gina De Polo Franco - Dottorl Francesca •
Durigan Maria - Elia Maria Teresa Epis Noemi· Farina
Valeria Favria Camillo - Ferrara Teresa - Fllograsso
ia,.~ ~;~:: ~~rdearil~~n:_·i.::~t,n:i~~5:'3!1ioG!~~~r:'.
Irma - Leoncino Raimondo - Lobasclo Angela • Lobue
Salvairice • Logozzo e1anca - Lorenzi Celestina - Luga-
resi Carlo - Lumia Calogero - Lupo FIiomena - Massa
Angela Mazzeo Vincenza Mazzucco Graziella - Me-
neghel Maria Merli Maria - Micono Annetta - MIiazzo
Maria - Mlnni Giovanni - Mon Lino - Monti Maddalena
Montuoro Maria - Muratore Giovanna - Naldi Giuseppina
- Nardi Antonina - Obertl Angelo - Opezzo Pierina - Pe-
nlziera Luigia - Panziera Luigi - Parodi Lorenzo • Pepe
Baldassarre • Perutelli Videa Porcellato Cesare -
Prandonl Giuseppe • Puscedda Sllvestrlna - Raso Lilia-
na - Ravazzolo Elsa. Regloll Valerla - R8fld8 A. Paola -
Ribaudo Maria Rlnaldl B. Maria· Rlvano Maria - Rocca
Tomasina - Rocchi A8flzo - Rusconi Paolina· Sbiaziola
Biagio - Schenone EmUia - Scirè Nino - Sfriso Lino -
Slronl Coniugi - Stella Giovanni - Tagilorettl Giuseppina
• Tallone Angelo - Tibi Nella - Toro Claudia - Trecersa
risultato. Si limitarono a dire: «Se il bimbo
soprawive per 72 ore... può darsi che se la
cavi. Ma... . .
detto Ba!11sta - Gastone Lina • Ginepro Geromlna - Glo-
vanelll Maria - Giudice Gaetana - Gonella Clementina -
Granato Of~la - Gra.ssl Marianna Grasso Carmela -
Grasso Giovanni• Grasso Maria• Gronch1Alba · Laconl
Maria • Trucco Luigi - Vallarlno Maria - Vanzetta Ida
Vecchio Rina - Vitali Pietro - Vostri Letizia - Zappla Ma-
rina • Zaro Angelina
33

4.4 Page 34

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Preghiamo
per i nostri morti
SALESIANI
t Sac. Siro RlcMllo a Verona a 77 anni
Dopo aver donato con entusiasmo le pri-
me energie sacerdotali in Patria. partl per
l'India. Fu destinato alla missione di
Krishnagar, ove lavorò con sereno ottlmf...
smo e zelo instancabile. dando vita a varl
centri missionari. Costretto a rimpatriare
per motivi di salute, si dedicò all'attività
parrocchiale, e, negli ultimi anni, alle ra-
lazlonl con I missionari e i benefattori.
Visse il messaggio evangelico della gioia
seminando serenità e fiducia anche nel
momenti di sofferenza e di delusione.
Questa gioia scaturiva da un sereno ab-
bandono nelle mani del Padre celeste:
.sempre e tutto come dio vuole• era la
sua norma.
Sac. Cesario Sergl t e Raghabpur (India)
a 77 anni
Dall'asplrantato di Ivrea, dov'era entrato
dopo la prima guerre mondiale come vo-
cazione adulta, partì nel 1929 per le mis-
sioni dell'Assam. Svolse la sua attività sa-
cerdotale particolarmente nella zona di
Krishnagar. ove fondò vari centri missi,;
nari. Amò Il popolo In mezzo a cui visse, e
specialmente I più poveri. a cui si donò
con cuore di padre,e tu dalororicambiato
con tanta stima e affetto.
Coad. Acernl Beniamino t a Cuneo a 75
anni
Era un uomo ricco di risorse umane, in•
traprendente e geniale. Disponeva di una
ricca capacità di lavoro, che offriva alla
comunttà con umile discrezione, mentre Il
suo fine senso umoristico lo rendeva un
elemento distensivo. La tede profonda lo
portò ad acquistare un'autentica libertà di
spirito, e a guardare sorridendo la morte
che si awlclnava.
Sac. Celeo Famell t a Damasco (Siria) a
66annl
Carattere aperto e gioviale, seppe un~
re alla letizia salesiana l'austerità della vi-
ta. che lo rendeva libero da esigenze,
contento dell'lndlspensablle, generoso
nel lavoro e sacrificalo. Erapronto a offri-
re la sua collaborazione specialmente nei
momenti di particolare difficoltà. Cl lascia
1·esempìo di una vita consacrata, vissuta
con coerenza ed entusiasmo.
Sac. Quinto F-o t ad Alessandria d'E-
gitto a 67 anni
Dotatodiingegno acuto.memoriatenace,
forte volontà, acquistò un'eccezionale
competenza In lingua e letteratura araba.
Era pure stimato cultore e conoscttore del
vasto patrimonio culturale medio-orienta•
te. Alte qualità Intellettuali univa spiccate
attitudini pratiche, che loresero superiore
prudente ed energico, cosciente del pro-
pri limltl, capace di valorizzare la qualità
dei conlratelli, aperto ed equilibrato di
fronte alle nuove attese della Congrega•
zione. della Chiesa e di tutto Il movimento
ecumenico, che seguiva con amore e viva
speranza Motte anime consacrate trova-
rono ,n lui una guida saggia e Illuminata.
t Sac. Vittorio Francia ad Alessandria
d'Egitto a 76 anni
Passò I primi anni della sua vita salesiana
a Valsalice. ov'ebbe per compagno Calli-
sto Caravarlo, sotto la guida di Don Vin-
cenzo Cimatti. Partito per Il Medio Oriente,
fu direttore in varie case e maestro del
novizi, Salesiano dal tratto signorile e
cordiale, suscitava stima e simpatia. La-
vor'ò con • cuore oratoriano• tra I giovani.
promuovendo con entusiasmo manifesta-
zioni religiose e culturali per rendere più
efficace l'azione educativa. Una lunga in-
fermità, accolta con fede e santificata
dalla preghiera, lo preparò all'Incontro
con Cristo.
COOPERATORI
t Antonio Mono. Garlone a Costanzana
(VercellQ a 90 anni
Sacerdote zelante, cooperò per molti anni
al giornale cattolico come direttore r&-
sponsablle. Nel suo testamento volle r~
cordare le Missioni Salesiane.
t Mons. Domenico Petronl a Roma a 97
an:ni
Fu vescovo di Melf~Rapolla e Venosa, e si
adoperò Insistentemente presso I Sup,,-
rlorl Maggiori per avere I Salesiani nella
sua diocesi, mettendo a loro disposizione
l'antico Seminano di Venosa. Nel t 936
ebbe la gioia di accogliere I primi confra-
telli, che grazie alla sua continua e pater-
na munificenza hanno potuto subito apr~
re una Scuola Media e Ginnasio, da cui
sono usciti tanti valorosi professionisti,
oggi affezionati exallievi. Mons. Petroni si
è fatto amareda tutti per la sua paternrtà e
bontà d'animo: ma i salesiani sono stati I
suoi prediletti.
Serafina Bonoml Senecl t a Lumezzano
(Brescia) a 88 anni
Fu fervente cooperatrice delle opere sa-
lesiane. Fin dagli anni della sua gioventù
si adoperò perché Il fratello Teodosio po-
tesse entrare nell'asplrantato di Ivrea, da
cui parti missionario per I'Assam. La so-
rella Lidia è FMA, ma la sua più grande
gioia fu l'aver donato a Don Bosco il figlfo
Uno. che ora si trova In Florida.
suor Carmelina, Irradiarono Il bene In mo-
do facile e semplice. Amavano la roro ge-
nerosa terra di Calabria, ed erano sempre
pronte a collaborare con I Salesiani e le
FMA per la salvezza della gioventù,
esempio e sprone al solerte cenacolo
delle cooperatrici.
t Albina Bortotu■sl ved, Slmon"o a San
Vito al Tagliamento (Pordenone) a 74 anni
Fu lieta di donare uno del suoi tre figli a
Don Bosco nella Congregazione Salesia-
na: don Olimpio, al.tua.le direttore dell'O-
ratorio San Domenico Savio di Messina.
Trascorse la vita nel lavoro e nella pre-
ghiera, e seppe donare a tutti, special-
mente al sacerdoti e alle FMA che la visi-
tavano, parole di conforto e di Incorag-
giamento per superare I momenti più dif-
liclti della vtta. Accettò senza rimpianti Il
sacrWlclo della lontananza del figlio sale-
siano, offrendo al Signore i suoi molti ro-
sari e sacrifici per I confratelli e I giovani
del suo Oratorio. Volle anche lasciare
parte del suoi risparmi alla Congregazio-
ne per I giovani più bisognosi.
Vlrglllo Salandln t a Padova a 79 anni
Fu ricco di cose ordinarie, vissute con
onestà eccezionale. Per ben 62 anni militò
In prima linea nell'Azione Cattolica. E fu
esemplare maestro di scuola. Il suo inse--
gnamento fu sempre improntato al siste-
ma educativo di Don Bosco: la sua pro-
fonda devoz:ione a Maria Ausiliatrice si
esprimeva nel rosario quotidiano, recitato
ogni sera con la comunità parrocchiale,
Era sempre disponibile per le Letture della
Ltturgia della Parola, vero maestro di de-
clamazione, ma anche delicatamente
pronto a dare la precedenza ad attri.
t Madd..ena Dellaglacoma a Pozza di
Fassa (Trento) a 81 anni
Giovane sposa, espresse alla Madonna Il
desiderio di avere almeno un figlio mls•
sionarlo. La Madonna gliene concesse
cinque, tre Comboniani (P, Vittorino, P.
Carlo e P. Raffaele, due dei quali attua~
mente In Uganda) e due Salesiani (P Al-
berto e Suor Gisella, entrambi In Ecua-
dor). Nella sua vita spirituale, semplice e
profonda, si Ispirò a Don Bosco e a Mam-
ma Margherita. visse nella pietà e nella
povertà, piena di bontà e di comprensione
verso tutti, pronta ad aiutare chiunque
avesse bisogno, col meui materiali, con Il
consiglio e l'Incoraggiamento. Seguì con
particolare Interesse il lavoro missionario,
anche con la raccolta e l'inviodiofferte, di
cui tu zelatrice e amministratrice scrupo-
losa
Antonietta e Elena Barbarello t a Bova
Marina (RC) rispettivamente a 76 e 72 a.
Queste due sorelle, exallleve attivissime,
zelanti cooperatrici e generose benefat-
trici del Salesiani di Bova Marina, sono
state chlifmate alla Casa del Padre a di-
stanza di 20 giorni t'una dall'altra. Educa•
te da santi genitori e cresciute alla scuola
delle FMA, furono a tutti esempio di labo-
riosità e di bontà, e Insieme con la sorella,
Davide Negro t a Torino a 85 anni
Impegnò la sua lunga esistenza ìn molte
attività tecniche, Industriati e apostoliche.
Viveva in mezzo agli operai, e perciò volle
studiare a fondo I problemi del lavoro.
Scrisse cosi varie opere di argomento
economico, politico e sociale, recando un
valido contributo per un giusto equilibrio
rra le contrastanti Istanze del lavoro e del
capitale alla luce dei prlnclpi cristiani. di
cui fu convinto assertore_ Fu uomo di fede
e di comunione quotidiana. devotissimo di
Don Bosco, d1 cui praticava il metodo in
mezzo agli operai. Fondò pure e diresse
una Scuota Professionale. Apostolo nel•
l'anima e Cooperatore Salesiano dal tem-
pi di Don Rua, lu anche Consigliere lspet-
toriale dei Cooperatori dell'lspettoria Su-
balpina, braccio destroper lunghi anni del
compianto Delegato lspettorlale del Coo-
peratori don Carlo Botta.
Domltllla Baldenarl t a Rumo (Trento) a
86annl
Educò cristianamente i figli, ed ebbe la
gioia di lestegglare col marito 62 anni di
matrimonio. Altra grande gioia fu l'aver
dato alla Congregazione Salesiana Il tiglio
don Romano. Passò gli ultimi tre anni in-
ferma. santificando la malattia con la
continua preghiera
Anna Ravaloti D'Aurla t a Roma a 82 anni
Era felice d'aver donato all'lstttuto delle
Figlie di M.A. le sue due figlie, e per questo
sentiva come figlie sue tutte le Suore sa-
lesiane. I suol Interessi furono soltanto
Dio, lo sposo, I figli, e I giovani In generate:
per essi pregava sempre, e aiutava la Fa-
miglia Salesiana a far loro del bene. Negli
ultimi due anni olferse a Dio la sua tor•
mentosa Impotenza a esprimersi con
questa intenzione: che il Signore conce-
desse l'efficacia della parola a tutte le
FMA a contatto con lagioventù
Fortunata Barblerato Bertaggla t a 81
anni
Buona. onesta, operosat amata e stimata
da tutti. lascia sulla terra le tracce delle
sue luminose virtù, e Il dono di un figlio,
Marino, alla Congregazione Salesiana.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Amato Don Giacinto, Alca.mo - Benenatl
Salvatore, Alcamo•Bozzetti M•la,Como
Cittadino Maria Yed. Vir:i:l, CeNrò Fai•
zone dr. Allppo, Catania Fazio Etlaa,
Alassio - Fton,nza satvatore, Centuripe
Fulco Vincenzo, Alcamo Gaglio avv. At-
tillo, Catania - Galatl dr. Giuseppe, Alca-
mo - Galdangelo Edvige, Cedrate. Gullno
Nunziata, Maletto Lucchese don Pietro,
Alcamo - Marinino don Antonio, Catania -
Palermo don Cesare, Catania Palumbo
don Bartolomeo, Alcamo Pecoraro
i!NV. M•lo, Alcamo - Pozzo Domenico,
Alassio - Stabile don Vito, Alcamo• Ven-
turino don Lorenzo, Catania - Zanlnl avv.
Tomaso, Como.
Per quanti cl hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE·
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, ricono-
sciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalìtà
giuridica per Decreto 13-1-1924 n . 22, possono legalmente ricevere
Legati ed Eredità. Formule legalmente valide sono:
se trattasi d'un legato: e ...lascio alla Direzione Generale Opere Don
Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesianoper le missionicon
sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire . . .•..• (oppure)
l'immobile sito In •. . .. . per gli scopì perseguiti dall'Ente, e particolar-
34
mente di assistenza e benet1cenza. do 1struz1one e educazione, d1 culto e
di religione ».
se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'altro dei
due Enti su indicat1:
e •..annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria Nomino mio
erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con sede In
Roma (oppure l'istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino)
lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo, per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e beneficenza, di
istruzione e educazione, d i culto e di religione >.
(luogo e data)
(firma per disteso)

4.5 Page 35

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Solidarietà missionaria B...u: Mwla Au1llletrlce S, Giovanni
:ON~=~mc1~~n•gml,. ■ euran,
BO<N: M•ia Ausnlatrlce Laura Vlcuna
pr11g1te per le m,e lnrenz/Orll a cura do
S~va1r1 llalla Avelhno L 500 000
Borsa: Don Luigi N ano, perrlconoscèn,a,
s cura di N N . ex allievo L 200 000
Borse di studio per giovani missionari salesiani
pervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
Boru: In memorta e suffragio della sorella
Cesira, a cura dI Brunone Giulia. Casale
Mont (Al) L 200 000
BO<N: Mwla Ausltlalrice, a cur, d• Oe
Bello Gtovanm, Caglia,1 l 150 000
Boru: M•la Auslll■trlce, o cure di Borio
Amalia, ASII L. 140.000
Bora: S. Oomanlco Snlo, per gnwa r~
ce11uta a cu,a di Launt-:,no Smilzo Anna
Gragnano (NA) L 50 000.
Bo,a: In memo,,a suffreg10 d1 Ptf1011
Erm1n,a a cura di Bracco Alina (Milano) L
50.000
Boru: s. Giovanni Bo1co, In su/fraplo d1
Franoesco ZRvattero e di Anna Vasello, a
cure de, figli riconoscenli. Cavallermag-
gI0Ie (CN> L 100.000
BO<N: In memor111 delDoti Antonio Po/I e
C1egt1 am1CJ defunti ct..i papa a cura d,
Raffaele Foh. Tonno L 100 000
Borsa: S. Giovanni Bosco, invocando
sempre proto1rone. a cura di N N L.
51)000
Borsa: Sanll SalHlanl • Papa Giovanni
XXIII, a $Ullrar,,o di Lodov,co Fontana a
cura della mogl,a e del llgli Pesaro L
50000
Botu: In memoria del Sac Prof Aaste/lo
Francesco. a cura della sorella Maria. To-
rino L 100 ooo.
Bor1e: Maria Ausfllalrlce e S. Giovanni
Bosco, a cu,a di Ada Ceresa Campana fu
Emulo. Lugano (Svizzera) L 100 000
Borsa; Marbo Auslllatrlce S. Giovanni
Bosco. tn &uffrag,o dei m,el car, e ,n~
cando sempre p,orez,one, a cura di N N
L 100000
Boru, Maria Auslllatrlce e S. Giovanni
Bo•co, In rmgraz1amento tt ,nvoCiJndo
proteilone e aiuto per mio f191to, a cura d
Mollea Rita, (TO) L 100 000
Borsa; M•I• Ausfllalrlce, a suffragio dt
Mana e G111,epi,. Bawgnana a cura di
Bass,gnana Giuseppe, Doglianl (CN) L
50000
Boraa: Alla momort• del Prof. Ob;)raro
Osrbes,o. a cura di Darbeslo Maria L ,
Sanremo (IM) L 50 000
Borsa, S. Domenico Savio, per rmperra,e
p<otez,one costanra su, quattro mp,ot,m a
cura d• Rus11chelfo Jole e Lino (TOJ L
50000
B.,..., M•ia Auslllatrlce, a cura d1 O Er•
me o«a. Launa L 100 000
Borsa: Maria Auslflatrlc• • S. Giovanni
Bosco, ,n nngr.wamento a• $Uf/rag10 del
manto per ottenertt protoz,one sw fam►
i.art. a cura dI N N L 50.000
Borsa, S, Giovanni Botco S.alo Don
Rua, mvocando p101ezlon• p&t I mJe1 figli
e per ,a mia Famìgl,a a cura di PeOiccl
prof Giuseppe, Elmhursl (USA) L 50.000
Boraa: S.la AKa. S. Giovanni Bosco, Santi
Salesiani, perché Intercedano per moa /1-
pt1a a cura di una mamma (Varese) L
50000
80<U: Maria Auslllatrtc■ Sanll Satesla-
nl, per gnure ricevure e i,.r ,mpJorame
ancora. a cura di S M , cambiano (TO) L
SO 000
Soraa: Alla memona di Sonclnl Evellna, a
cura della lìglfa Sonclnl G Luciana, Ge-
nova L 50000
80fl8: Sacro Cuore di GHù, Maria Aut~
Uat,Jca., Don Rua, ,n r,ngraz.,amento e ,m-
pJo,ando nuove g11uie • cure di Bilioni
ld•fia Brescia L 50 000
80<sa: Maria Ausflleltlce, Santi Salesiani,
oer grazie ncevute e do rteovere e ,n sul~
BO<U: Maria Ausllla.ltlce e Don 80100, In
sulfrag,o d1 papa e mamo, a cura della
Fam,gl.. C E L 50.000.
BotA, M•la Aualllatrfce e Don Bosco,
1mpetrando la grazia della gua11g1one
cfufta persona cara. a cura d1 Ossofo M
Teresa (NO) L 50 000
Bot1a: Mari• Au1lllalrlce e S. Giovanni
Bosco, perché proteggano I miei /1g1t
Franco 9d Enrtco, a oura di Carp,gnano
Tereu Villanova d Asti L. 50.000
BO<U: Maria Auslflaltlce e Sanll Safula-
ni.. ,n ,,ngru,amemo e ,nvocando tnt~~
Ce-S:$1otu1 ,,., grazie urgent, a cura d1
Frane, Marcella, S Srefano di cadere (BL)
L 50.000.
80111a: Maria Auslflatrlee, S. Giovanni
Bosco e S. Domenfco Savio, a oura di
Gul,no M Car1oua Ragusa l. SO 000
Bo,.., Mwla Auslllaltlce e Don Alneldl,
invocando costanrepromztOn&e gntzie.
cura 0011 ex aQ1evo P,ol A Twone L
50000
Bora· Maria Auolliatrlce e S. Giovanni
Bosco, con flconoscenza " Invocando
prote11one cura di Gedda Mar1a, Trino
(VC) L 50000
80111a: Maria Au1lllalrlce e Sanll Sef91la•
nJ. ,n rmora.z,amento per guari91one. a
cura a, Tani MlcheUna. Avigliana (TO) L
50000
ao,sa, Alla memorra d, Don Alfredo R.,,..
no. a cura d• Rabolli Andrea Ala~ (SV)
L 100 000.
Borsa. M•la Ausllbotrlce, per gru.., rie.
vur.. a cure di Belha, Giovanna Vaogri-
sanct,e (AO) L 50 000
Borl8: Sacro Cuore di G..ò • s. Giovanni
Bosco, ,n sutfregio del marito Nicola o di
tultl I miei cari defunti. a cura di Angellllo
Maria, A•ersa (CE) L 100 000
80f"l8! /n memor,a e sulfrag,o Cli Mons.
Maifloas. Abbé Mongour, O E Sp,111110. a
cu<a dI Errera Jose Clara Aod,lhan (Fr) L
90000
Bona: Mwla Auslllaltlce, S. Giovanni
B01eo e S. Domenico Savio, proteggete
B1uno o l.18flano, a cura di ScorIegagna
Bruno, l'lover,e Rocchelle (VI) L 50.000
Boroa: S. Cuo,e di Gesù e Maria Au1llla•
Irico, In B1Jffra910 della sorella Grazia, a
cura di Rlz:o Conceulna, Leonlorte (EN)
L 50 000
Botsa: Mamm■ Margherrta. a cure oaua
Fanugha Band1nelli Roma L 50 000
Bora: S Cuo,e di Gesù, Maria A., Don
Bosco Dome.nico Savlot ltwoc:ando la
loro prote110no. a cura 11, Cipelletb A Ma-
na Seslo Calende (VA) L. 50 000
Borsa: S, Giovanni Bosco. in rmgrazia~
menro. a cura di B M , Tirano L 50 000
80tu: Don Bosco. pèr un eso,n,r,te m,s-
$1()nar,o safes,ano. a cura del Gruppo
M&>Onarlo di casteHo di Godego (TV) L
50000
Botu: Beato Don Aua, percn• cr l>ened~
ca prolegga. a cura a, Moser Lona Ge-
nova L 50.000
Borse: Maria Ausiliatrice, S.ta Aha e Santi
Salosfanl, proteggete m,a 1/9/ia Sonia e
tutti la mia /amlglla, a cura di Mar ani
Marg~enla, Ascoli Piceno L 50 000
Borsa; Maria Auslllalrlce, S Giovanni
8o1Co e s. Domenico Savio, a cura di
Mern,n, PaSCA'II RMola, Fotta d• Soave (VA)
l 50000
80<18: Don Bosco, per fl'Hle ricevute e ,n
sutlrag10 di Giuseppe e Maria 8au1gns-
na, a cura di Basslgnana Gougeppe, Do•
gllan, (C.N) L 50.000
80<a: Maria Auslllalrlce, S. Giovanni
B01eo e S. Domenico Savio. per 1/cavere
urta graz,a spmtua.Je e matehafe .,. nr,.
flr•v.emento perla nascita o, Paolo Mana
Gambino. a cura del nonn, L SO 000
Bora: Maria Au1lll11rice, Beato Don Rua,
m rmgraz,amento per grazie ncei,uttt e ,n
attesa d1 •ltre a cura"' N.N L SO 000
........
Boru: Maria Ausiliatrice e santi Sahtsla-
nl, serv1ttte1 di gu,da ,r, Yrta e nell'ora dft/J.a
~l Padre Schtooz con I ragazzini del e VIiiaggio delle Beallludlnl• (Ma-
dras).
morre. a cura di Duroux Anselmo. Cnat•
lan1 (AO) L 50.000
Borsa: Geou Sacramentato, Mari• Au11-
flatrlc1 e Don Bosco, in sul/rag,o di pa-
1enr1 defunti e invocando prote1Jon,. a
Borsr. Maria Aualllatrlce e S. Giovanni trag,o de, cari de/unti. a cura di Errera cura di N N , Trino (VC) L S0.000
Bosco, ,n11ngr1tm,menro. a cura di CO. L Vincenza, Marsala (TP) L. 50 000
50000
Boru: Don BOICo, a cura di NOii AOele.
Boru, Maria Auslflalllce, ,n suffrag,o Aogoredo Cua1enovo (CO) L 50 000
BO<Q; S. Glowannl Bote0, a cura dall·•• della mogl,e G10vanns cura d, Pelfic-
allievo Berb<>roP..1ro, Aoss,gloone(GE)L c,onl Or G,ovannl. Porcari (LU) L 50 000 80<H: S. Giovanni Bosco. cn1odeM/o
50.000
protrutone tn attesa d'una grazia streor~
BO<U: Mana Auslflatrfce, S. Giovanni d1nar,a cura 01 Del Ponto Carlo, Napoli
Borsa: Ma,la Au111fatrfce e Don Botco, In Bosco e Don Rlnaldf, In rlngraZ1amento e L 50000.
memoria del defunto G111seppe e o prote- lnvoCtlndo protez1ono sulle famiglia. a
zione dei laml/lnr, tutti a cura di Schlassl cura di Amaduccl Glusepp,nn. L1Icca L Boru: Don Bosco e Santi Safestant, In
AnI0nIetta. Bologna L 50.000.
50.000
memoria di nonna L•nda. a cura di Zanon
Giuseppe e tam,11a11, VtCenza L 50 000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Giovanni Boru: Maria Au1lflelrlce, S. Giovanni
Bosco, in sutlrag/0 di Camf)Omenoso Bosco e Papa GJovannl, m t'COIJOSCenza Borsa: M a,la Auslllatrlce, Don 801eo
Andre,n• o Pns,.mJ>olo FranctMCo. a curti per graz,e 1,cevute a cura di Ooattrml Don Amidi, in r1nr,r.mamemo. a cura di
d1 T E Genova L 50 000
G1C1r51t0 Selarg,us (CA) L 50 000
cap,10I0w1ma orv...to(TA)L 50000
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4.6 Page 36

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Spediz. in abbon. postale • Gruppo 2° (70) 1• quindicina
AWISO PER IL
PORTALETTERE
In caso di
MANCATO RECAPITO
inviare a:
TORINO
CENTRO CORRISPONDENZA
per la restituzione al mittente
Prefazione di Ferruccio Parazzoli
« Dossiers SEI» - L. 4.000
Attraverso i dialoghi, le riflessioni,
gli episodi raccolti nei suoi vent'anni
di sacerdozio, Claudio Sorgi
vuole dissipare l'immagine fredda,
stereotipata, ancora tanto diffusa
della « faccia da prete», per sostituirla
con la sembianza dell'uomo vero.
1.1 soc1ETA EDITRICE INTERNAZIONALE -TORINO