Bollettino_Salesiano_198711


Bollettino_Salesiano_198711



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2 I LUGLIO 1981
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito dal-
la Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 11 11 - Casella post. 9092 - 00163 Roma-
Aurelio - Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 Intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco, Roma
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero Marco Bongioanni
Pierdante Giordano• Gaetano Nanetti • Angelo Paoluzi
Cosimo Semeraro.
Collaboratori; Nino Barraco Sergio Centofanti Paolo
del Vaglio • Umberto De Vanna • Monica Ferrar! - Maria
Galluzzo • Maurizio Nicita Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Aréhivio; Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Fotocomposizione, spedi:i:lone: Stabilimento Grafico
SEI• Torino
Stampa; ILTE - Torino
Registrazione; Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
• Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto ago-
sto) per tutti.
* Il 15 del mese per I Cooperatori Salesiani.
Collaborazlone: La Direzione invit a a mandare notizie
e foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali Inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell"Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfano, Rinaldini) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo In 39 edizioni nazionali e 18 lin-
gue diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in:
Antille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bollvla - Brasile - Ca-
nada - Centro America (In Guatemala) - CIie - Cina (a
Hong Kong) - Colombia - Ecuador - Filippine - Fran-
cia - Germania - Giappone - India (In inglese, malaya-
lam, tamil e telugu) - Irlanda e Gran Bretagna '- Italia
Jugoslavia (In croato e In sloveno) - Korea del Sud
- Lituania (edito a Roma) - Malta - Messico Olanda
Paraguay - Perù - Polonia - Portogallo - Spagna •
Stati Uniti - Thailandia Uruguay• Venezuela - Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile.
Cambio di lndlrluo: comunicare anche l'indirizzo vec-
chio.
SOMMARIO
4 LETTERE DAL MONDO
di Don Egidio Viganò
6 CRONACHE SALESIANE
10 VITA SALESIANA
Un mese di celebrazioni nel ricordo di Don
Bosco a Roma
servizio redazionale
14 COMUNICAZIONI SOCIALI
Contro l ' omertà Vincenzino trova il corag-
gio di parlare
servizio redazionale
17 PROTAGONJSTI
A tu per tu col regista del contadino di Dio
di Pierdante Giordano
21 VITA SALESIANA
Il pennello del pittore scopre la speranza
nei volti del barabitt•
di Monica Ferrari
24 PROTAGONISTI
GII ottant'anni dello zio Raul
di Giuseppe Costa
27 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
E se europei e africani imparassero a co-
noscersi meglio?
di Gaetano Nanetti
32 ESPERIENZE PASTORALI
Annunziare Cristo a quattro passi dalla
Grand Piace
di Silvano Stracca
35 VITA SALESIANA
Chi c stato ne parla bene
di Maria Gal/uzzo
39 STORIA SALESIANA
La vera storia di un enigma
di Francesco Motto
RUBRICHE
I lettori scrivono, 3 - Pigy di Del Vaglio, 6 - Cerchia-
mo di capire, 9 · I nostri Santi, 41 - I nostri morti,
42 - Solidarietà, 43.
1 Luglio 1987
Anno 111
Numero 11
In copertina:
La Basilica del Sacro Cuore
a Roma
(Foto Marzi - Roma)

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- - - - -- - - - -sB-
1 LUGLIO 1987 · 3
Mamma p reoccupata per
matrimonio del figlio
Sono una exallieva di un istituto sale-
siano genovese e scrivo per racconta-
re la mia pena e la mia speranza. Ho
un figlio buono, generoso, intelligente
(sta facendo la tesi di laurea in mate-
matica e già insegna da due anni sti-
mato da tutti) che, dopo un rapporto fi-
nito con una ragazza è caduto in uno
stato di apatia e sfiducia profonda nel-
la vita. Il suo ideale è quello della com-
pagna dolce, sincera intelligente e
buona, ma nella paura di nuove delu-
sioni soffre. lo sento questo dolore e
spero che quanto desidera si aweri. A
quanti mi possono comprendere io
chiedo: esistono creature che diano
valore ai buoni sentimenti, che amino
una vita sana e morale in vista di una
unione anime, ai fini della formazione
di una famiglia nel senso più alto della
parola? Scrivetemi ve ne prego anche
privatamente. Il mio indirizzo è :
Anna Maria Rossi
Via Martiri della Libertà, 80
16014 Campomorone (Genova)
Suwia, signora Anna Maria non sia
cosi pessimista ed alfarmata per il ma-
trimonio di suo figlio. Spesso un'ec-
cessiva preoccupazione può avere
l'effetto contrario. Comunque come
da lei richiesto pubblichiamo la sua
lettera con molti auguri.
Ques tione di gusti...
Quando il palato si abitua a tutti i ge-
neri di cibo perde il gusto, nel senso
che ha bisogno,di cibi sempre più intri-
si di spezie per fargli assaporare un
gusto qualsiasi. E a forza di assuefarsi
a tutti I gusti... perde anche il gusto...
del gusto. Insomma ogni cibo ingurgi-
tato va bene purché vagamente riporti
alla memoria antichi· sapori, di fatto
scomparsi.
Il paragone culinario pare ben adattar-
si a certa moda dissacratoria in atto da
un certo tempo (veramente è sempre
esistita, ma i mass media oggigiorno
amplifièano smisuratamente fatti di
per sé assai poco sensazionali): un tal
Godard interpreta a modo suo la figu-
ra della Madonna, tanto il passaporto
valido per l'espatrio ce l' ha; é o non è
un artista? E agli artisti gli orizzonti
non bastano mal...
Un'altra perla, stavolta legata al mon-
do giornalistico: Pagani (Salerno). ~Le
rivelazioni di uno studioso francese
sui gusti sessuali di Sani' Alfonso pro-
vocano un putiferio» (sottotitolo) e: «Il
nostro patrono un gay?» (titolo). (In «Il
Messaggero», 15.3.1987).
Ancora: un ex allievo salesiano va
a scrivere Don Bosco rivelato dell'edi-
trice Camunia (che a prima vista, chis-
sà per quale remoto e inconscio lap-
sus, lessi Calumnial) dove il Santo
piemontese ne esce con una etichetta
di sciamano-stregone-prestigiatore-
manager del sacro, insomma con tutti
quei surrogati della tradizionale santi-
tà che il computer razionalistico tipico
di certa mentalità dissacratoria riesce
a leggere nella scheda perforata della
cultura tecnologica.
Non basta: in USA un tal regista pare
voglia metter su un film nientemeno
che sulle abitudini sessuali di Gesù.
Questo fatto ha già suscitato un vasto
movimento di opinione tendente a
bloccare la «creatività• del regista.
Questi fatti si commentano da soli. Al
di là della fede (o meno) di ciascuno,
un fatto appare chiarissimo: spesso si
scambia la creatività con l'anarchia
(che è storica e intellettuale, oltre che
etica). Poi si finisce con il cadere nella
disonestà (per non dire nel diabolico):
certi personaggi vanno presentati
obiettivamente e non in base a tesi più
o meno forzate e deformate. Infine sa-
rebbe il caso di ricordare un vecchio
adagio: «Scherza coi fanti e lascia sta-
re i Santi• .
Marc/alls Gian Paolo
Via Garibaldi, 87 09039 Vil/acidro {CA)
Più spazio per tutt i
Ho notato che il BS sta diventando
sempre più la rivista della 'Famiglia
Salesiana, accogliendo non solo testi-
monianze missionarie e religiose, ma
anche voci dal mondo laico, dagli
exallievi/e, degli educatori, ecc. Spero
che diate sempre più spazio a tutti i
..parenti• della Famiglia e a tutti i pro-
blemi che vivacizzano o preoccupano
il mondo giovanile e la società in ge-
nere.
Particolarmente attuale e costrutti-
va trovo la pagina del Rettor Maggio-
re. Tramite voi, un grazie di cuore a
Lui, che, negli innumerevoli impegni
riesce a trovare un po' di spazio ogni
mese per i lettori del BS.
Maria Grazia Labbare. Via Sette Martlfl' 137,
35143 Padova
Ringrazio tutti
Scrivo per ringraziare tutti coloro che
attraverso voi mi hanno,aiutato e con-
fortato nel momenti del bisogno. Vor-
rei aggiungere che da sei mesi mio fi.
glio è uscito dal coma e attualmente si
trova presso l'ospedale di Volterra do-
ve gli viene praticata una terapia di
riabilitazione. La speranza e il sorriso
sono tornate nella mia casa.
MessaggiAndrea, Via Verdi, N'izza Monferrato (A1)
La zia a ffe ttuosa e una s/mpatl•
ca nipote
Sono la zia di Laura la bambina che
vedete nella foto che allego, mentre
mi aiuta a confezionare le bende da
spedire ai missionari.
Abbiamo inviato il pacco con le bende
per il costruendo villaggio «La Risurre-
zione~dove le Suore del Sorriso cura-
no con tanto amore questi poveri leb-
brosi. Padre Maschio cì ha risposto
ringraziando. Se potete pubblicare
questa foto sul «Bollettino Salesiano"
sarebbe una bella sorpresa per la mia
nipotina.
Pinuccia Gaggero, Via Ratto 20-9,
157 Genova-Pra
Cara signora Pinuccia, per premiare il
suo impegno e per... incoraggiare la
crescna missionaria della piccola Lau-
ra abbiamo fatto l'eccezione di pubbli-
care la sua foto. È sperabile che altre
zie non imitino il suo esempio... alme-
no nell'inviare foto al BS.

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Don Viganò
cl parla
LE NOTIZIE,
LA REALTÀ
E LA VERITÀ
Questa volta facciamo un viaggio di andata e ri-
torno.
Di andata: guardando alla realtà oggettiva delle no~
tizie.
Di ritorno: cercando l'originalità delJa verità salvi-
fica.
Le notizie ti legano al mondo.
Ti senti coinvolto nelle vicissitudini di tanti fratelli
di razza e di cultura diverse.
Tutta la terra diventa il tuo villaggio.
Sempre, però, che le notizie descrivano la realtà.
Solo con l'oggettività dei fatti ti puoi sentire vero con-
cittadino del mondo.
La comunicazione sociale, la stampa, i mass-media
ti presentano davvero la realtà oggettiva?
Dare notizie non può significare propagandare
ideologie; non si possono strumentalizzare i fatti ma-
nipolandoli ad uso del barone.
Eppure andando.. . in aJcuni paesi mi hanno assicu-
rato che l'unico dato oggettivo che c'era su certi loro
periodici non era neppure il titolo della testata ma so-
lo la data del giorno.
Uno dei vantaggi di chi visita tanti Stati è quello di
sperimentare una specie di liberazione graduale da
plagi sottili e numerosi.
Il viaggiare aiuta a percepire più oggettivamente la
realtà. Cosi impari a relativizzare i servizi di certe
agenzie e a leggere con un superiore senso critico le
colonne dei giornali e delle riviste.
Se tu vai a Cuba o nel Nicaragua, se accompagni ìl
Papa nel suo viaggio pastorale al Cile, se puoi entrare
anche solo per dieci giorni nel Vietnam, se percorri i
paesi dell'Africa flagellati dalla siccità e dalJa fame
oppure quelli dilaniati da guerriglie o di~sestati dalla
corruzione amministrativa, se visiti le grandi città del-
l'India, se puoi prendere conoscenza diretta dei gravi
e complessi problemi del Medio Oriente, se cerchi (an-
che se magari non ti riesce) di entrare liberamente in
Cecoslovacchia o nell'URSS, e poi ripensi o rileggi i
titoli e le pagine di tanti mezzi d'informazione, ti senti
subito in disaccordo con non pochi giudizi unilaterali
ripetuti con tenace falsità. nguaio è che, se parli e dis-
senti, non ti credono; anzi ti catalogano tra i disinfor-
mati di destra o di sinistra.
Ne sai di più e ti credono di meno. Troppi preferi-
scono la mitologia all'oggettività.
È da auspicare con tutte le forze il rilancio della no-

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-----'------------sB-
1 LUGLIO 1987 5
bile e indispensabile professione di «comunicatore».
C'è tanto bisogno di oggettività, di onestà e di compe-
tenza per crescere nella solidarietà di una convivenza
di pace.
Spesso, poi di ritorno a Roma, vien da pensare al
detto evangelico che la verità ci fa liberi.
È, questo, un principio di straordinaria attualità.
In vari ambienti cristiani degli USA trovi un certo
complesso antiromano sul tema della condotta mora-
le; in altri deLJ'America Latina lo trovi sul tema della
liberazione; in altri dell'Asia su quello dell'incultura-
zione; e, nelle società secolarizzate dell'Europa occi-
dentale, lo trovi un po' su tutto, per una mentalità che
prescinde dalla presenza e potenza dello Spirito Santo
nella storia.
T'accorgi allora che la verità salvifica può essere
oscurata quando si parte prevalentemente dalle sensi-
bilità socioculturali di situazioni locali limitate. È in-
dispensabile che il Vangelo sia incarnato, ma che lo
sia secondo la sua genuina identità.
Gli attuali grandi temi della vita dell'uomo hanno
bisogno di essere colti e approfonditi da un'ottica
d'integralità di fede che, pur partendo da valide espe-
rienze locali; percepisce e spiega l'intima loro verità
da un'angolatura che non escluda nessun elemento
della loro totalità.
Non si può capire a fondo e spiegare legittimamente
ciò che è «uno» dai molteplici aspelti, guardando solo
a una sua parte (anche se grande) e a un determinato
interesse (anche se urgente).
Per capire, ad esempio, l'unità organica del corpo
umano non basta esaminare solo alcuni membri, per
importanti che siano.
L'unità della verità cristiana va vista nella globalità
dello spazio e del tempo, senza restringersi a una cul-
tura o a un'ora contingente.
Nello spazio: la verità salvifica va osservata dall'an-
golatura della Chiesa universale alla luce del suo Ma-
gistero vivo guidato dal Vescovo di Roma.
Nel tempo: non bisogna dimenticare che essa è radi-
cata nella «Tradizione» autentica che - come dice il
Vaticano Il - «progredisce nella Chiesa sotto l'assi-
stenza dello Spirito Santo».
Risulta illuminante, nei viaggi di ritorno, ripensare
agli attuali grandi temi della vita dell'uomo poggian-
doli sulla fede indefettibile della Sede Apostolica. Nel
rientro a Roma si contempla con gratitudine la fun-
zione storica della cattedra di Pietro: un ministero li-
bero, oggettivo, umile e coraggioso, che ti avvicina al-
la grande verità della Parola di Dio.
Se è bello, viaggiando, osservare con ammirazione
il «tessuto policromo» del Vangelo incarnato (come
lo abbiamo insinuato nel mese di maggio), è rassicu-
rante cogliere la sua verità integrale nei due elementi
inseparabili che lo intessono: la stupenda diversità dei
colori, e la compatta unità della tela.
Né uniformità, né lacerazione; ma la policroma
unità del vero!
Don Egidio Viganò

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6 r LUGLIO J987
GERMANIA
Cresce l'attività della
Procura
Attraverso la Procura delle missioni di
Bonn durante il 1986 sono stati
elaborati e presentati circa 500 progetti
di intervento per lo sviluppo nei paesi
di missione.
Per ottenere questo sono state
necessarie trattative non sempre
semplici e numerosi viaggi presso le
orgaojzzazioni che concedono gli ruuri.
Tra questi progetti ci fu anche la
dotazione di due robusti aerei
bimotori alla missione Shuar
dell'Ecuador (vedi ANS 1986,
n. 11-12).
Ne.Ila sede della Procura hanno
soggiornato 167 persone provenienti
dai paesi di missione. Nei vari incontri
organizzati dal «Zentrum St.
Winfried» annesso alla Procura hanno
partecipato oltre 6.600 persone. E 280
hanno partecipato agli incontri
direttamente organizzati dalla
Procura, dalla parrocchia e dal centro
cattolico.
Nella foto:
Uno dei due bimotori
donati alla missione
Shuar dell'Ecuador
ITALIA
QIIANDO VAI
IN V~O:V·{~l}?
MAI
F/KCJO /..O
~o
In festa per la visita di
madre Marinella
Ad accoglierla, domenica 26 aprile,
sono quasi in tremila. Il teatro
Metropolitan di Catania scoppia
letteralmente di canti, applausi, ,
svenrolii di fazzoletti coloratissimi, a
significare la gioia, l'entusiasmo delle
giovani accorse da tutte le parti della
Sicilia. Ma per accogliere chi? Non è
una star del cinema o dello sport,
una diva dello spettacolo: anche se
riscuote maggiore entusiasmo.
La grande festa, organizzata dalle
Figlie di M. Ausiliatrice di Sicilia, è
dedicata alla Madre generale delle
suore salesiane, suor Marinella
castagno, in visita nell'isola da alcuni
giorni che, dopo aver fatto tappa a
Palermo e a Messina è giunta a
Catania.
Ed a Catania, la gioventù femminile
salesiana è accorsa io massa per
celebrare, in nome di tulle le ragazze
che frequentano dappertutto gli istituti
delle FMA, quella che loro chiamano
«Festa del grazie», cioè il
ringraziamento nei confronti delle
superiore religiose, ed in particolare
della Madre generale, per il servirio

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- - - - - - - - - -~ -
• ~ = - - - - ~ . . . . _ . . . . . . . , . ~ . - - - _ _ _ _ _ , , _ - - - - - . - - - .------ - - - - ~ ~ ~ T J -,,,,,,.
I LUGLIO 1987 7
..
reso a tutta la comunità.
A salutare caldamente Madre
Castagno, oltreché l'ispettrice di
Catania, suor G. Barbanti («Tu sei M.
MazzareUo tra noi. La tua visita in
Sicilia resterà scolpita neUa nostra
vita»), è stato anche il presidente della
Regione, on. Rino Nicolosi.
«È della vostra gioia contagiosa che la
Sicilia ha bisogno per cancellare i suoi
tanti dolori -, ba sottolineato, tra
l'altro, Nicolosi-. Per guardare
serenamente al futuro, c'è bisogno di
speranza, di fiducia. Quella speranza e
fiducia che, unite alla disponibilità,
hanno fatto del servizio salesiano un
esempio prezioso da seguire per tutta
la nostra comunità. I salesiani infatti
con il loro lavoro sul fronte
dell'educazione e della formazione
professionale, assieme al Joro
particolare senso della religiosità ci
indicano quale strada la Sicilia deve
imboccare per uscire fuori dal tunnel
delle proprie lacerazioni e guardare
con fiducia al futuro».
Nelle foto:
Due momenti della visita di
Madre Marinella a Catania. Sopra
con Il vicepresidente mondiale
exallievi avv. Magnano di San
Llo e altrl exallievi e sotto con
alcune ragazze.
Dopo i saluti è cominciata la
manifestazione messa a punto da
diversi gruppi di giovani di Catania,
Caltagirone, All, Palermo. I contenuti
molto ricchi hanno avuto al centro la
Sicilia, con le sue tradizioni, la sua
religiosità, le sue speranze:
Ha preso finalmente la parola Madre
Marinella Castagno, che ha risposto
ad alcune domande fattele da tre
ragazze, una di Palermo, una di
Catania ed un'altra di Messina.
Le è stato chiesto come è possibile
riscoprire oggi il valore del lavoro;
come si può guardare con fiducia al
futuro in un mondo percorso daUa
sete per il danaro, dalla violenza e la
droga; ed infine, come raggiungere
quei giovani che sono lontani dai
valori salesiani.
Molto schiettamente Madre Marinella
Castagno ha risposto che il lavoro è
da considerarsi nobile e cristiano se
fallo con competenza, intelligenza e
non per sete di danaro; che la violenza
e la droga sono soltanto una parte
della società, mentre ce n'è un'altra
fondata sui valori veri che deve essere
diffusa con entusiasmo, valorizzando
soprattutto il tempo libero; che per
conquistare nuovi giovani alla famiglia
salesiana, occorre essere portatrici di
allegria e di un progetto di servizio
autentico, portato avanti con amore.
Poi il saluto finale, rivolto a tutti con
parole molto accorate: «Nella vostra
Terta ci sono quegli elementi di
tradizione, di religiosità, di speranza e
di impegno che debbono farvi
guardare al domani con fiducia. Vi
voglio sane, per edificare la vostra vita
nel lavoro intelligente; sagge, per
discernere sempre ciò che è bene da
ciò che è male; sante, per diffondere a
tutti la felicità della gioia pasquale».
Salvo Laudani
Nella foto:
Il ricordo della Giornata
Rinnovato a Torino-
Valdocco l'incontro annuale
dei parenti dei missionari
Come avviene già da diversi anni la
Giornata Missionaria Salesiana 1987
ha visto riunire a Valdocco i genitori
ed i familiari dei missionari salesiani
piemontesi.
Preghiera, fraternità, entusiasmo ed
ecclesialità sono gli elementi costitutivi
di un incontro che è pur sempre un
modo di dire grazie a tanti genitori,
fratelli e sorelle che hanno contribuito
ed ancora contribuiscono alla presenza
missionaria salesiana.
CILE
Maria Ausiliatrice patrona
di Punta Arenas
La speciale devozione che i cattolici
della Diocesi di Punta Arenas in Cile
hanno nei confronti dell'Ausiliatrice
ha spinto il vescovo della Diocesi
monsignor Tomàs Gonzales Morales a
chiedere alla Congregazione romana
per il Culto Divino la proclamazione
della Madonna di don Bosco a
patrona della stessa Diocesi. Con
lettera del 15 novembre 1986 il
cardinale Paolo Agostino Mayer che
presiede tale Congregazione ha dato
parere favorevole. La proclamazione
ufficiale tuttavia è avvenuta in
occasione della recente visita del Papa
alla città di Punta Arenas.

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8 · I LUGUO 1981
PARAGUAY
ITALIA
Coraggioso intervento di
Mons. Rolon
Don Luigi Ricceri da
settant'anni salesiano
In una recente lettera pastorale il
vescovo di Assuncion, il salesiano
monsignor Ismaele Rolon scrive che
«è insensato e ingiusto tacciare di
comunismo ogni iniziativa, azione,
atteggiamento personale e sociale a
favore dei poveri, degli oppressi e dei
perseguitati. AJ contrario, il
comandamento di Cristo non è altro
che questo. È anche falso dire che la
chiesa ha infiltrati comunisti: tutta la
chiesa pensa a questo modo, insegna e
agisce alla stessa maniera)).
Dal maggio del 1986 la Conferenza
episcopale ha promosso un ampio
dialogo all'interno delJe forze sociali,
per evitare che le opposizioni al regime
facciano ricorso alla violenza armata.
La maggioranza dei settori ha
accettato il dialogo, ma ad esso si
rifiuta il partito del presidente
Stroessner (nella foto) il cosiddetto
partito «colorado». Stroessner e i suoi
attaccano la chiesa rimproverandole di
immischiarsi di politica. Il che non
impedisce ai vescovi di dire al regime
quello che pensano, cioè di
disapprovarlo.
(Rocca 1/ 6/ 1987)
Il 9 maggio u.s. il Rettor Maggiore
emerito don Luigi Ricceri ha celebrato
con l'ottantaseiesimo anno di età - è
nato a Mineo (Catania) 1'8 maggio del
1901 - i settant'anni di professione
religiosa salesiana.
Nella foto:
Don Rlccert mentre celebra Il
60° di ordinazione sacerdotale
A Don Luigi Ricceri vadano gli auguri
affettuosi e sentiti di tutti i lettori del
Bollettino che ben ricord.ino il
generoso ed appassionato sostegno al
Bollettino nell'ambito del più ampio e
gravoso servizio di successore di Don
Bosco alla guida della Famiglia
Salesiana.
Nella foto: Mons. Rolon
In ottomila a Padova
protagonisti in novità con la
gente
Sbucando a centinaia daUa gran
nebbia della «Serenissima», pullman,
furgoni e veicoli vari approdavano nei
pressi del Palasport S. Lazzaro di
Padova.
Qui un servizio d'ordine vigilantissimo
accoglieva gli ospiti, li informava e li
accompagnava sulle enormi gradinate
in ferro dove per tutto il giorno si
sarebbero incontrati cantando,
pregando, danzando gli ottomila
giovani intervenuti alla festa, fieri di
vivere una giornata singolare.
Era la prima volta infatti, quell'otto
febbraio 1987, che le lspettorie
Salesiane del Triveneto (quelle delle
FMA di Padova e Conegliano e quelle
dei Salesiani di Verona e Mogliano
Veneto) organizzavano insieme la festa
dei giovani.
Ma vale proprio la pena, si domanda
ancora qualcuno, spendere soldi (per
far festa ci vogliono anche quelli),
consumare energie, concentrare tanti
sforzi pastorali su tale obiettivo, che
rischia di restare troppo folkloristico,
se non proprio di riproporre, smaltato
a nuovo, l'antico trionfalismo?
A me pare proprio che ne valga la
pena!
Perché protagonisti sono loro: i
giovani!
Ad essi è toccato aprire la giornata:
un sindacalista agricolo, due giovani
sposi missionari in Brasile, un ex
tossico-dipendente (che non sapeva
nascondere la fierezza della recuperala
libertà) hanno messo in comune la
loro esperienza di giovani impegnati
nel sociale.
Anche Mons. Riboldi, Vescovo di
Acerra, è venuto U per loro, ed è per
loro che, a grandi pennellate ha
disegnato il quadro del suo «servizio
al territorio», che si svolge - come è
noto - in contrade infestate dalla
Camorra, in oscure carceri, lungo i
vicoli napoletani per i quali sfila
un'intera città di giovani, che dice
« no!» alla Camorra e alle sue milJe
inafferrabili diramazioni.
Quelle migliaia di giovani che
incrociavano sguardi e voci e dialetti,
si confermavano reciprocamente nel
cammino di crescita umana e cristiana
in cui erano impegnati.
Approfondivano il significato
dcli'appartenenza territoriale a quelle
Tre Venezie, che da antichissima data
vivono uno scambio ravvicinato di
fede e di cultura.
Esprimevano una medesima coscienza
salesjana, maturata attraverso la
diversità dei percorsi, fatti in
compagnia dei Salesiani, o di Figlie di
Maria Ausiliatrice, o di Cooperatori

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- - - - - - - - - -# -
t LUGLIO 1987 9
Salesiani, Ex allievi o altri gruppi del
MGS (Movimento Giovanile
Salesiano).
Si incontravano, come in un crocevia,
ma percorrendo una strada comune
che, per il corrente anno, è segnata
dalla riflessione sulle invocazioni che
partono dal territorio e che attendono
una risposta cristiana.
Il tutto giovanilmente ritmato dalla
«CP BAND» di Bologna, dal
Complesso Musical canoro
dell'Oratorio di Chioggia, dalla Scuola
di Danza della Parrocchia Salesiana di
Belluno.
La partecipazione di giomaUsti ed
operatori Radiotelevisivi; la visita del
Sindaco di Padova, dott. Settimo
Gottardo; la presenza dell'assessore
regionale Creuso, in rappresentanza
della Regione Veneto, che, insieme al
TGS, ha sostenuto l' iniziativa, hanno
testimoniato l'attenzione delle forze
politiche e sociali, per un'azione che,
valorizzando il tempo Libero, si fa vera
prevenzione contro la tentazione di
facili deviazioni.
Ma la festa 'di cui parliamo è stata
anche una tappa importante sulla
strada di una collaborazione sempre
più intensa, imboccata dalle quattro
lspettorie Trivenete che amano
definirsi «U Quadrifoglio». Il
confronto delle idee, lo scambio dei
servizi, le articolazioni delle
competenze, l'osmosi delle culture
promette per il prossimo domani frutti
ancora migliori di quelli di oggi.
erchiamo di capire
I GIOVANI E LA FAMIGLIA
È ormai una linea di tendenza: il concetto di famiglia sale nelle quotazioni
e, anno dopo anno, guadagna in classifica e si attesta ai primi posti. Anzi al
primo, se vogliamo dar retta alla più recente indagine sociologica realizzata
dal Censis fra i giovani. U 91,2 per cento di loro «si fida» della famiglia (ta-
bella della <<fiducia>>), il 90,8 per cento Io qualifica come il valore più impor-
tante (tabella dei «valori»). Altri elementi possono completare iJ quadro: il
60,6 per cento dei soggetti interrogati (fra gli 11 e i I8 anni) «si fida» della
Chiesa, seconda in classifica, ma soltanto il 35,7 per cento ritiene che (deci-
ma posizione fra i « valori») sia necessario vive_re una fede religiosa. A~ch~
il matrimonio è un valore (al sesto posto) per 11 73,8, completando cosi gh
elementi utili al nostro discorso.
La società postindustriale e postmaterialista ritrova quindi nei suoi schemi
e diagrammi ciò che ideologie parziali e spesso disumanizzanti, rivoluzioni
più o meno fallite avevano cercato di eliminare. Dio è morto, si diceva, la fa-
miglia è finita, l'uomo è solo: può tutt'al più essere collettivizzato, può tut-
t'al più gratificarsi sul piano materiale. L'informazione che ci viene oggi for-
nita non è una rivalsa, semmai una conferma, una sicurezza per chi invece ha
sempre creduto alle realtà sociali perenni, famiglia, matrimonio, solidarietà,
e a quelle spirituali, come il rapporto con Dio, che sottende ed esalta le
prime.
Non tutto procede bene, è vero, attorno a noi, e forse in ognuno di noi.
Ma ques_ta rivalutazione non è nata dalla scoperta del Censis, che semmai
J'ha soltanto riproposta meritoriamente secondo criteri leggibili, quanto dal-
le stesse capacità critiche (ed è il dato veramente consolante dell'indagine) dei
nostri ragazzi. I quali si esprimono ormai in modo uniforme, avanzano do-
mande di senso che sono comuni, come si deduce da tutta una serie di inchie-
ste condotte in Europa. Per quanto ci è dato di ricordare, la vera prima sco-
perta è stata in Francia, una decina d'anni fa; rafforzata da analoghe conclu-
sioni, poco dopo, in Germania. E già dal 1979 anche in Italia si delineava un
recupero dei valori familiari e sociali, che hanno addirittura preceduto la
presa di coscienza positiva delle nuove generazioni contro la violenza terrori-
stica, e anzi, riteniamo abbiano fornito a quella coscienza alcune e solide ra-
gioni morali.
Non vogliamo fare la lode del nostro convento, ma ci basterà ricordare l'a-
nalisi condotta nel 1980 e pubblicata l'anno seguente a cura dell'Università
Salesiana, «Oggi credono cosi»; da essa emergeva un ritratto del giovane e
dell'adolescente, in rapporto ai valori, dalla fede alla famiglia, che innovava
rispetto ai luoghi comuni per lungo tempo correnti. Non vogliamo anticipare
profezie ma attenerci ai fatti: sono in aumento le vocazioni, il rapporto dei
giovani con la Chiesa, ancorché minoritario, è fervido, e gli stessi giovani
propongono ai loro sceùici genitori valori che questi sembravano aver perdu-
to. Forse per dare, come ammoniva l'apostolo Pietro nella seconda lettera,
ragione della speranza che è in loro.
Angelo Paoluzi
I Nella foto:
Un momento della
manifestazione di
Padova (Foto Glgetto
De Liberali)
E la collaborazione si aJlarga a tutte le
Diocesi trivenete che si apprestano ad
un comune cammino per fare
memoria, in modo costruttivo, di Don
Bosco, nel centenario della sua morte.
C'è, infatti, una speranza che sta
sommessamente circolando e
scaldando i cuori. Non potrebbe la
«Festa dei Giovani 1988» avere per
protagonisti i giovani di tutte le
Diocesi Trivenete, dal Tarvisio al
Brennero, dal Garda al Po?
E quale festa più bella di una «marcia
giovane» sull'Arena di Verona?
Radames non se ne avrebbe a male e
Verdi, se vivesse, sarebbe felice di
farci una canzone.
(Giovanni Fedrigotll)

1.10 Page 10

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_ VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
10 · I LUGLIO 1981
Basilica S. Cuore
UN MESE
DI CELEBRAZIONI
NEL RICORDO
DI' DON BOSCO
AROMA
Fotoseivizio di Franco Marzl - Roma
Cent'anni dopo la sua
costruzione da parte di san Giovan-
ni Bosco - il BS ha rievocato l'av-
venimento con ben due servizi ri-
spettivamente nei fascicoli 18/ 1986
e 7/ 1987 - la Basilica del Castro
Pretorio a Roma ha ricordato quan-
to, presente il Santo a Roma, è av-
venuto nel maggio del 1887.
Il centenario è stato celebrato so-
prattutto con una intensa partecipa-
zione spirituale da parte delle comu-
nità religiose salesiane di Roma; e
cosj si sono alternali in Basilica fra
gli altri i pellegrinaggi delle studen-
tesse della Facoltà «Auxilium» del-
le Figlie di Maria Ausiliatrice, dei

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - - - - - -s8-
1 LUGLIO 1987 11
salesiani dell'Università Salesiana,
dei salesiani della Casa generalizia
di via della Pisana. La giornata del-
la «celebrazione ufficiale» è stata
tuttavia il l4 maggio 1987.
Presenti numerose autorità - ri-
cordiamo i cardinali Poletti, Fii1 -
stemberg, Stickler, Castillo Lara, il
rettor maggiore emerito don Luigi
Ricceri, il sindaco della città Signo-
rello, il presidente della corte costi-
tuzionale Antonio La Pergola, il
Ministro degli interni Oscar Luigi
Scalfaro - , .\\Imeno duemila mem-
bri ed amici della Famiglia Salesia-
na hanno affollato il cortile di via
Marsala per ascoltare il discorso rie-
Foto a sinistra: Il cortile del
S. Cuore gremito di gente. In
primo piano da sinistra Il
relatore don Pietro Braido e le
autorità civili e religiose presenti
vocativo tenuto da don Pietro Brai-
do, direttore dell' Istituto Storico
Salesiano. La commemorazione è
stata preceduta e seguita da altri in-
terventi quali quello di don Gaetano
Scrivo vicario del Rettor Maggiore
dei Salesiani quel giorno assente
perché impegnato in America Lati-
na e del direttore della Casa don Ar-
mando Buttarelli. Sketch scenette e
canti eseguiti dai ragazzi clella stessa
scuola del S. Cuore, del Prenestino
e di Cinecittà hanno poi dato alla
celebrazione un sapore di vivacità
giovanile. Nella stessa giornata al-
l'interno della Basilica il cardinale
Vicario Ugo Poletti ha scoperto una
targa presso l'altare della Basilica
dedicato alla Madonna Ausiliatrice
a ricordo non soltanto del Centena-
rio ma della messa celebrata da san
Giovanni Bosco proprio su que-
st'altare.
« La Basilica del S. Cuore - ha
detto Poletti per la circostanza -
rappresenta l'apice della carità cri-
stiana di Don Bosco».

2.2 Page 12

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12 · 1 WGUO 1987
I
Sopra: Il cardinale Ugo Polettl benedice presso l'altare dedicato a
Maria Auslllatrice la lapide commemorativa e sotto I giovani che
con la loro presenza hanno allietato la manifestazione
Il Rettor Maggiore don Egidio
Viganò che nel corso dello stesso
mese di maggio ha celebrato al S.
Cuore la festa di Maria Ausiliatrice
del 24 e la messa teletrasmessa del
31 maggio giornata mondiale delle
comunicazioni qualche giorno pri-
ma della ricorrenza del centenario
ba scritto la seguente lettera che ri-
portiamo.
«La commemorazione centenaria
della consacrazione della Basilica
del Sacro Cuore al Castro Pretorio
è, per noi, un evento ricco di storia
e di profezia. La mia adesione di
Successore di Don Bosco alle cele-
brazioni vuol .essere una commossa
testimonianza di riconoscenza per il
tipo originale di santità che lo Spiri-
to del Signore suscitò e sviluppò fi-
no a pienezza nel nostro Paàre Fon-
datore. Una santità operativa, im-
pastata di concretezza quotidiana,
aperta ai tempi nuovi, radicata in
un coraggioso senso ecclesiale, in-
stancabilmente preoccupata di far
capire e comunicare a tutti, special-
mente ai giovani e ai ceti popolari, il
fraterno e salvifico amore di Gesù
Cristo.
lJ tempio del Sacro Cuore, voluto
da Pio lX, fu realizzato durante il
pontificato di Leone Xli che ne af-
fidò la costruzione a Don Bosco. li
nostro valoroso Padre, nonostante i
gravi acciacchi dell'età e le distanze
(viveva a Torino), si sobbarcò alla
difficile impresa con la tenacia che
gli era caratteristica e a costo di
continui sacrifici. E non si contentò
con iJ tempio, ma volle costruire an-
che un' opera per la gioventù biso-
gnosa del rione. Questo enorme im-

2.3 Page 13

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- - - - - - - - - -#--
1 LUGLIO 1987 13
pegno fu come il suo canto del ci-
gno: un inno monumentale all'amo-
re di Cristo, il grande Amico dei
piccoli e dei poveri. Valeva la pena
far convergere la già lunga traietto-
ria della sua operosa fede, come a
vertice, verso una dimostrazione di
dedizione eroica al Cuore stesso del
suo Signore.
Il territorio dove sorse il tempio
gli parlava dell'urgenza di una pa-
storale· giovanile e popolare in una
delle zone periferiche più disagiate e
anche malfamate della capitale. La
città di Roma, poi, l'Urbe, a cui lui
desiderava tanto approdare con una
presenza salesiana, lo attirava con i
suoi orizzonti di universalità propri
della dio~esi del Papa. Per la stessa
eostosa edificazione del tempio si
valse abbondantemente di aiuti in-
ternazionali, raccolti con «esercizi
di santità»...
Penso inoltre che il caro Padre
gioi certamente nel poter perpetuare
in questa opera u n messaggio palese
della sua profonda e sincera adesio-
ne al Successore di Pietro. Spinto,
infatti, da questo suo convinto at-
teggiamento ecclesiale, si sobbarcò
INella foto: da sinistra Il cardinale
Stickler, l'arcivescovo Javerre,
don Luigi Aiccerl e don Ilario
Spera Ispettore salesiano per Il
Lazio
a fatiche enormi; si mosse ovunque
con tanta fiducia nella Provviden-
za, manifestata in molteplici incre-
dibili iniziative, e riuscì a portare a
termine, dal nulla, quanto altri non
si erano sentiti capaci di affrontare.
Ma c'è un altro aspetto che, a
cento anni di distanza, brilla come
luce di sintesi di tutta la vocazione e
missione del Santo. Don Bosco vol-
le assolutamente essere presente alla
consacrazione del tempio, contro il
parere dei medici che consideravano
la sua salute ormai troppo precaria.
E fu appunto qui, nel tempio d#
Sacro Cuore, che, celebrando l'Eu-
caristia all'altare dell'Ausiliatrice,
fu visto arrestarsi e piangere molte
volte: contemplava, con un miraco-
loso sguardo d'insieme, il vasto pa-
norama della sua vita racchiuso nel-
le parole dettegli dalla Madonna nel
sogno dei nove anni: «Non temere,
a suo tempo tutto comprenderai»!
È qui che, «con senso di umile gra-
titudine», sentì confermata definiti-
vamente l'intima convinzione che
tutta la missione sua e dei suoi nel
Popolo di Dio era un <;tono nato e
cresciuto «non da solo progetto
umano!». Ecco perché la presenza
del suo Successore vuole essere
commo~sa testimonianza di tutta la
Famiglia Salesiana e di innumeri
schiere di giovani in riconoscente
lode e adorazione al Signore per il
meraviglioso carisma del Fonda-
tore.
Oggi, a coronamento dell'evento,
il Santo Padre Giovanni Paolo li lia
voluto scegliere, tra le sette chiese
dello speciale «Anno di grazia>> per
i giovani lungo tutto 1'88, questa
basilica del Sacro Cuore, testimone
di una santità suscitata da Dio per
loro.
Le celebrazioni centenarie, di og-
gi e di domani, siano davvero «me-
morie» e «impegno» per sentire con
il Cuore di Cristo le sfide dei tempi
nuovi illuminandole e fermentando-
le di speranza nella allettante pro-
spettiva di una santità di giovani e
di popolo».

2.4 Page 14

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_ COMUNICAZIONI SOCIALI_ _ __ _ _ _ _ _ _ _ __ __
14 I LUGLIO 1981
CoNTRO l!OMERTÀ
VINCENZINO TROVA
IL CORAGGIO DI PARLARE
La vicenda di un ragazzo
calabrese che si ribella
alla malavita organizzata,
in un film di impegno
sociale, coprodotto
dall'Istituto Luce, da
Raiuno e dal Centro
culturale salesiano di cui
è presidente don Ettore
Segneri.
Vincenzino, ovvero il
coraggio di parlare. Ma ci vuole co-
raggio per parlare? Certamente si,
se si vive in un mondo intriso di
omertà, dove domina da sempre la
legge del silenzio su tutto ciò che si
vede e si sente. Una legge non scril•
la, ma spietata: violarla vuol dire
incorrere nella vendeua spesso fero-
ce di coloro che l'hanno imposta a
copertura dei loro loschi traffici e
dei loro delitti.

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - -~
1 LUGLIO 1987 15
Vincenzino, ragazzo di 14 anni
che vive in un piccolo paese della
Calabria, impara presto a conoscere
quella legge. È il suo stesso padre
che si incarica di fargliela conosce-
re. Una sera, mentre tornano a ca-
sa, padre e figlio sono involontari
testimoni di un sequestro di perso-
na. Il padre distoglie lo sguardo dal-
la scena, e obbliga Vincenzino a fa-
re altrettanto: «Qui - è il suo inse-
gnamento - se uno vede e parla,
muore».
N ella rete
della malavita
Eppure Vincenzino troverà il co-
raggio di parlare. Non il coraggio
impetuoso e magari un po' inco-
sciente dell'«eroe», ma quello, ben
più meritorio, che nasce dalla con-
sapevolezza del dovere da compie-
re, e anche dei rischi che quella deci-
sione comporta. La sofferta vicen-
da del piccolo calabrese è narrata in
un film che ha raccolto i più larghi
ed entusiastici consensi della critica,
e che ora è entrato nel normale cir-
cuito delle sale cinematografiche, in
attesa di approdare, nella grande
platea del pubblico televisivo. n
film è frutto della fortunata combi-
nazione produttiva dell'Istituto
Luce-ltalnoleggio, del Centro cultu-
rale salesiano (CCS) e di Raiuno.
La storia di Vincenzino è quella
di molti adolescenti che, spesso per
l'ingenuità dei loro giovani anni,
ma a volte anche spinti dal bisogno
che attanaglia tante famiglie meri-
dionali, cadono nella rete della ma-
lavita, si chiami mafia, 'ndranghe-
ta, o camorra. Diventa piccolo
spacciatore di droga, ingenuamente
convinto di distribuire «medicine»,
come gli ha fatto credere chi lo ha
assoldato. Poi finisce arruolato da
un apparentemente bonario boss
della malavita, che lo usa come
«postino» per convocare una riu-
nione mafiosa, che si conclude con
un atroce fatto di sangue. Quando
si accorge di essere stato usato per
fini illeciti, Vincenzino è sconvolto,
e per sottrarsi alle minacce di chi gli
impone il silenzio, abbandona il
paese e si rifugia a Milano presso un
cugino sacerdote. La «piovra» ba
però lunghi tentacoli, e lo raggiunge
nella metropoli lombarda, rinno-
vando le sue terribili minacce.
Vincenzino vive nel terrore, ma
quando dal paese gli giunge la noti-
zia che un suo caro amico, il piccolo
pastore Fortunato, è stato ucciso

2.6 Page 16

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16 · I LUGUO 1987
perché «aveva vlsto troppo», pren-
de la coraggiosa decisione di parla-
re. Non lo fermeranno né le minac-
ce né le intimidazioni, e neppure i
rischi che sa di correre. È più forte
in lui la volontà di non rendersi
complice cli. orribili misfatti. Rac-
conta tuuo ciò che sa ai carabinieri,
i quali, sulla scorta delle sue infor-
mazioni, catturano i responsabili di
una lunga catena di delitti e di altri
reati.
È una prova molto dura per un
adolescente. Ma non finisce Il. Il
suo mondo, il mondo che lo circon-
da, sembra quasi non capire il suo
gesto, non approvarlo, temerlo. Per
troppo tempo la gente ha vissuto
sotto il segno dell'omertà, ne ha as-
sorbito i germi nell'aria stessa che
respirava, ne è diventata succube. E
il paese respinge Vincenzino. Saran-
'no però i giovani, i coetanei cli Vin-
cenzino a rompere il circolo perver-
so e, uno dopo l'altro, si stringeran-
no attorno al ragazzo per testimo-
niargli solidarietà, appoggio, condi-
visione.
-
Una acena tratta dal film
Chi pensa che si tratti di un finale
ad effetto, più favola che realtà,
s'inganna. La riprova ce la forni-
scono, con sempre maggior fre-
quenza, le cronache dei giornali.
Sono i giovani, oggi, in tutte le re-
gioni del Mezzogiorno più colpite
dalla malavita organizzata, che
scendono nelle piazze, si riuniscono
a convegno, organizzano cortei per
gridare, alla luce del sole, la loro
protesta contro i fomentatori della
violenza, del sopruso, dell'intimida-
zione. Ecco perché il Vincenzino del
e, film non è né un eroe un perso-
naggio da favola. questo si, il
simbolo di una speranza, la speran-
za che proprio dai giovani meridio-
nali venga la spinta più massiccia a
una vita nuova, più pulita, più di-
gnitosa. Una spinta anche in dire-
zione dei pubblici poteri, perché
non cedano alla prepotenza della
malavita, ma la combattano con il
massimo dell'energia.
Il regista del film è Leandro Ca-
stellani, che dopo questa fatica da-
gli esiti eccellenti, si appresta ad af-
frontarne un'altra non meno impe-
gnativa, il film su don Bosco, che
avrà come interprete un attore fa-
moso, Ben Gazara (vedi il servizio
in questo stesso numero del « Bollet-
tino Salesiano»). «Ho voluto girare
il film - dichiara Castellani - ne-
gli stessi luoghi che vedono quoti-
dianamente manifestazioni di vio-
PARTE DAI GIOVANI CALABRESI
IL ccNO,, ALLA VIOLENZA MAFIOSA
Il film« li coraggio di parlare» èstato girato a Isola Capo Rizzuto, 12 mi-
la abitanti, provincia di Catanzaro, Calabria. La realtà di questo piccolo
centro (ma anche della regione in cui è ubicato) parla un linguaggio cru-
dele: trenta omicidi in sei anni, duecento abitanti in carcere imputati di
omicidio, furto, sequestri di persona, spaccio di droga ecc., e parecchi al-
tri al confino o latitanti, continui aui di intimidazione (auto bruciate, rac-
colti distrutti, bombe e cosi via), diffusione a tappeto della droga. Sono,
questi, i dati agghiaccianti del crimine.
Ma essi non sono isolabili dal contesto della società - ha derto in un
dibattito che si è svolto a Crotone dopo la prima del film, il Vescovo
mons. Giuseppe Agpstino. Una società nevrotica, che non aiuta i giovani
a vivere, che vede istituzioni e classe politica in difficoltà quando si tratta
di offrire interpretazioni e linee di rassicurazione, che evidenzia una con-
dizione economica legata alle ferree leggi del profitto, gratificanti magari
per il Nord del Paese, ma che costringono il Sud in una situazione di su-
balternità e di abbandono.
Ad emrare nel dettaglio delle carenze sociali di Isola Capo Rizzuto so-
no stati i giovani, che in una drammatica lettera alle autorità, denunciano
il diffuso analfabetismo, il fallimento della scuola dell'obbligo, l'abusivi-
smo edìlizio, l'inesistenza di strutture saniLarie, la mancanza di impianti
sportivi sempre promessi e mai realizzati, la forte disoccupazione, la de-
generazione dei partili politici in clan famigliari. «Noi - scrivono i gio-
vani - non vogliamo rassegnarci a questo stato di C05e, alla violenza, al
silenzio, perch! crediamo nella vita come dono supremo e inviolabile di
Dio)). A Isola Capo Rizzuto, non soltanto nel film, ma anche nella realtà,
ha prevalso il coraggio di parlare.

2.7 Page 17

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y1_ _ _ _ _ __ _ _ PROTAGONISTl _ _ _ _ _ _ _
lenza e di sopraffazione, in que-
st'angolo di Calabria beneficiato
dalla natura con straordinarie bel-
lezze, che è Isola Capo Rizzuto. Ma
'Il coraggio di parlare' non è un
film realistico né un documentario.
Ho raccontato, attraverso il cine-
ma, due modi di essere di fronte alla
violenza: c'è chi l'accetta come il
padre di Vincenzino, e chi, invece,
la rifiuta, come, appunto, Vincenzi-
no». Seguendo questa chiave filmi-
ca, Castellani si è attenuto allo spi-
rito del testo che ha fornito lo spun-
to per la sceneggiatura, cioè il ro-
manzo omonimo scritto da Gina
Basso, autrice calabrese, nota oon
solo per i suoi racconti ambientati
nel Sud e rivolti al mondo giovarule,
ma anche per la sua apprezzata atti-
vità radiotelevisiva.
La scelta di Castellani è stata con-
divisa dall'Istituto Luce nella perso-
na del suo presidente Pieran tonino
Berté, consapevole del ruolo sociale
proprio di un ente pubblico, dal ca-
postruttura di Raiuno Luciano
Scaffa, e di don Ettore Segneri, pre-
sidente del Centro culturale salesia-
no, che ha seguito il film in qualità
di produttore esecutivo. Don Segne-
ri è largamente noto nel mondo ci-
nematografico come autore di do-
cumentari educativo-culturali (ne
ha realizzati finora 24, editati in sei
lingue e diffusi in tutto il mondo),
nonché per l'impegno da sempre
profuso per la valorizzazione di un
sano cinema per ragazzi.
Il regista è stato affiancato da un
cast di attori particolarmente indo-
vinato per l'aderenza ai personaggi
interpretati: daU'esordiente Gianlu-
ca Schiavoni, un convincente Vin-
cenzino attualmente allievo della
scuola media salesiana del Prenesti-
no, ai più noti Riccardo Cucciolla,
Leopoldo Trieste e, in un ruolo che
gli è inconsueto, Lello Arena. «Il
coraggio cji parlare» è un film che
dimostra quali possibilità abbia il
cinema italiano di dare spazio alla
produzione di opere in cui il valore
artistico si sposa all'impegno civile.
C'è dunque da augurarsi che il film
trovi larga accoglienza e ottenga la
più vasta circolazione non solo fra i
giovani, ma anche fra coloro che
svolgono un ruolo di presenza e di
servizio ai giovani, al Sud come al
No~.
Leandro Castellani
1 LUGLIO 1987 · 17
ATUPERTU
COL REGISTA
DEL CONTADINO
DI DIO
TONE COMUNE
BRIA
REGIDN!
o SpolU>col<>
uCullum
OQPDLLO
~
o 19s7
t
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. . . . . . .. . .~ Lo-
di LEAN0AO CASTELLANI
a,oè111,l -,.ofWN)•,u1t r~, (, 'ii\\ CIA
LD blVOL1 rol oocio tn
d e ll'Antei:
u n c orag!
LCI C41~ '1 ' • 1 ,i
La canicola infierisce.
Molti hanno cercato refrigerio al
mare o ai monti, concedendosi un
breve, doveroso riposo estivo. Ma
c'è chi, sfidando la sferza rovente
del sole, attende puntiglioso al pro-
prio lavoro. Tra questi c'è Leandro
Castellani che, alla macchina da
presa, sta registrando i primi
«ciak» del film su Don Bosco, dal
probabile titolo «II contadino di
Dio». Lo abbiamo raggiunto per il
Bollettino Salesiano.
- Come è avvenuta la sua scelta
per dirigere il film?
- Questi sono misteri. - ri-
sponde sorridendo - Non so come
sia avvenuta. Posso supporla. Cre-

2.8 Page 18

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18 I LUGLIO 1981
do di essere stato uno di quei registi
che non soffrono il panico quando
si sentono proporre figure di sacer-
doti o di santi. Sono temi abbastan-
za inconsueti e a volte si affrontano
con qualche perplessità. A me sem-
bra che facciano parte dell'orizzon-
te umano. Anzi, ne costituiscano
una parte determinante. Li conside-
ro come elementi della realtà in cui
vivo e quindi li tratto con quella sa-
na spregiudicatezza con sui si t ratta-
no gli elementi che abbiamo intor-
no. Credo che questo frutti una
semplicità e una intensità che non
sono elementi demeritanti. Questo
Chi è Leandro
Castellanl
Nasce a Fano (Pesaro) il 1° dicembre 1933.
Laureato in filosofia, dal 1960 lavora in RAI soprattutto nel settore in-
chieste e sceneuiati storici. La più recente fatica ~ «li coraggio di parla-
re>> un film ricavato dall'omonimo romanzo di Gina Basso, coraulosa
testimonianza contro la 'ndrangheta calabrese.
La sua attività.
1960:
1961:
1962:
1963:
1964:
1965:
1966:
1967:
1968:
1969:
1970:
1971:
1972:
1973:
1974:
1974:
1975:
1977:
1978:
1979:
1982:
1983:
1984:
1985:
1986:
Vita breve ed eroica di Ippolito Nievo (aiuto-regia)
Patria mia (aiuto-regia)
li cerchio magico (5 puntate)- Noi e l'automobile (5 puntate)-
11 futuro delle Puglie: testi e scenegiature
StoPia della bomba atomica (6 puntate: testo e sceneggiatura) -
L'enigma Oppenheimer (testo e regia)
Giovanni XXIII - Galileo: testo e regia
11 caso Raik - 11 segreto di Rudolf Hess: testo e regia - Fuga da
Lipari (testo) e documentari
Sistematore (documentario)
Operazione Alsos - 1898: Processo a Don Albertario - L'assas-
sinio di Trotsky - Ogni morte di uomo
Jean Jaures apostolo del pacifismo - L'affare Dreyfuss - L'im-
presa di Fiume - li processo Slansky
Compianto per la morte di Bob Kennedy - Marsiglia 1934: Tec-
nica di un assassinio politico - Dopo Hiroshima (6 puntate)
Il muro - La strana vita e le straordinarie avventure di Robinson
Crusoè - Le cinque giornate di Milano
Orfeo in Paradiso (sceneggiato)
Ipotesi sulla scomparsa di un fisico atomico - Sul filo della me-
moria
Delitto di regime: Il caso Don Minzoni
Quaranta giorni di libertà
Ladri e quadri
Tommaso D'Aquino (telefilm)
li Faust di Marlowe
La gatta
Mille e non più mille (6 puntate)
Venti anni dal Concilio (inchiesta televisiva)
li sottoscritto Giuseppe Donati (telefilm)
Prima e dopo.la bomba (6 puntate)
Norimberga: processo al processo (inchiesta)
Il corauio di parlare (film)
Castellani ha pubblicato ancfie diversi saggi e studi. Ne citiamo solo al-
cuni:
«Temi e figure del cinema contemporaneo» (ed. Studium, 1963)
«6 agosto: storia della bomba atomica» (ed. Vallecchi, 1964 - trad. in 4
lingue)
cd santi dell'Apocalisse» (ed. SEI, 1969)
«Come si fabbrica un programma TV» (cd. La Scuola, 1970)
« Dossier Majorana (cd. F. Fabbri, 1974.)
può aver influenzato chi era prepo-
sto alla scella. lo ho accettato con
piacere.
- Cosa l'ha più interessato della
sceneggiatura di De Conclni?
- Ha il merito cli aver scartato
un tipo cli aneddotica, a nche se mol-
to riccil, e molto bella, a cui siamo
abituati e che è legata all'infanzia-e
adolescenza di Don Bosco. È un'a-
neddotica interessante e sembra un
delitto rinunciarvi. La sceneggiatu-
ra di De Conclni fa un salto preciso:
non fa la storia di un essere eccezio-
nale, formatosi durante un'infanzia
di un certo tipo, ma racconta la sto-
ria di un uomo che, nella Torino
della prima rivoluzione industriale,
si trova a contatto con moltissimi
inurbati: gente che oggi chiamerem-
mo sottoproletari o pre-proletari.
Sente fortissima la necessità di agire
e agisce facendo una scelta precisa:
quella dei giovani. Cosi diventa a ni-
matore, educatore, fondatore, un
uomo che deve continuamente
scontrarsi contro difficoltà di ogni
tipo: economico, sociale, politico,
ecclesiale... Lo fa perché è animato
da qualcosa di superiore, che è la fe-
de. La sceneggiatura centra questo
momento e vi lavora intensamente.

2.9 Page 19

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----------sB
È la cosa che mi ha colpito imme-
diatamente e mi sembra anche una
scelta molto coraggiosa.
- Verremo a perdere, dunque,
quell'alone di curiosità e di simpatia
che solitamente è offerta dall'aned-
dotica più popolare sulla figura di
Don Bosco?
- Spero di no. Anche perché la
simpatia che la figura di Don Bosco
suscita è dovuta anche al suo parti-
colare modo di aggredire e contatta-
re i giovani. C'è una scintilla magi-
ca in ogni occasione di incontro tra
Don Bosco e i giovani. Il fatto che,
dopo un secolo, si continui a dire
«Don Bosco» e non «San Giovanni
Bosco» vuol dire che è visto come il
prete che incontra i giovani per stra-
da, che non appare come il santo
lontano che sta sugli altari; è rima-
sto un personaggio sempre molto
vicino a noi. La suggestione che ge-
nera questa figura è dovuta a questo
impatto magico che è fatto di sim-
patia, di comprensione, di parole
dette e non dette, è fatto di comu-
nione intima che per Don Bosco
passa attraverso lo strymento della
confessione: c'è questo capire im-
mediatamente ed essere capiti. Tut-
to questo è molto presente nella sce-
neggiatura ed è anche a questi ele-
menti che è molto legato il fascino e
la santità di Don Bosco. -
- Questo sembra l'elemento co-
mune a tutta la sceneggiatura; ma
l'episodio che le è sembrato più sug-
gestivo? La scena che l'ha colpita di
più?
- Proprio per il fatto di non
aver paura di parlare di santità e di
non cercare sempre chiavi riduttive,
come è tentazione nel nostro cine-
ma, in cui l'umano spieghi tutto, c'è
una scena nel film che mi ha molto
colpito: è quella di Don Bosco mo-
rente che vede la Madonna. Alcuni
suoi confratern gli sono intorno e
cercano di spiegare questa sua visio-
ne. Dicono: Don Bosco ci sta dicen-
do che dobbiamo essere vicini alla
Madonna, che dobbiamo contare
sulla sua assistenza... E Don Bosco,
morente, li corregge dicendo: No,
non volevo dire qut:sto; volevo _dire
che sto vedendo la Madonna! E un
momento molto coraggioso: il non
voler trovare sempre una spiegazio-
Il regista Castellani In visita alla
cascina del Becchi
accompagnato da don Marco
Bongioannl consulente salesiano
per il film
ne razionale a ciò che razionale non
è. Ci sono poi altri momenti molto
belli, come l'incontro con Pio IX e
l'episodio del giovane che si allonta-
na dal gruppo dei carcerati. Nella
sceneggiatura sono molto belJj e
spero che rimangano tali anche nel-
la realizzazione del film.
- Ha avuto modo di incontrarsi
con il personaggio di Don Bosco
prima di destreggiarsi sulla sceneg-
giatura?
- Devo dire che non ho avuto
un impatto molto diretto e preciso.
Non sono un ex-allievo salesiano,
anche se ho conosciuto diversi sale-
siani. Don Bosco l'ho conosciuto
perché è una di quelle figure che
non si può non conoscere nella no-
stra formazione cattolica. L'ho co-
nosciuto nei racconti e nelle biogra-
fie della sua infanzia e adolescenza.
- Ilfilm sarà suo o di De Concì-
ni? Che rapporto c'è tra la sceneg-
giatura e la creatività e sensibilità di
un regista come lei?
- Io sono un regista un· po' pre-
potente, nel senso che studio molto
la sceneggiatura, l'approfondisco
molto, ma finisco per non portarla
con me nel momento delle riprese.
Sta di fatto che poche volte sono en-
trato in conflitto con lo sceneggia-
tore a film finito. Sempre gli sce-
neggiatori, quando la sceneggiatura
non era mia, hanno riconosciuto
che lo spirito, le intui.zioni valide e i
momenti chiave della sceneggiatura
non erano stati traditi. Anche in
questo caso credo che mi comporte-
rò allo stesso modo.
I LUGLIO 1987 19
- Don Bosco appare come una
figura poliedrica. Di volta in volta
chi si è interessato a lui ha eviden-
ziato qualche aspetto: l'educatore,
i/fondatore religioso, l'uomo impe-
gnato nel sociale, ecc. Recentemen-
te la stampa laica ha introdotto
nuove definizioni: il manager, l'im-
prenditore, il mago... Quale carat-
teristica emergerà dal film?
- La sceneggiatura tiene presen-
ti molti aspetti indicati. Una cosa
che essa non perde di vista è questa
complessità di nomenclatura che
varia nel corso degli anni. Anche
perché ognuno cerca di vedere nel
passato le cose che possono servire
al presente. In fondo, il nostro fare
storia è sempre un po' interessato.
Se la nomenclatura varia è perché
c'è interesse a legarla alla vita. Al di
là di questo, non vorrei che si per-
desse la globalità dell'uomo: un uo-
mo coerente nel suo modo di essere
e nella sua ricchezza. C'è un fatto
che emerge ed è il momento privato,
personale di Don Bosco: il suo· con-
tatto con la gente. Ogni persona che
viene in contatto con lui ne viene in
qualche modo toccata. Lascia una
traccia. E questo è il segno che non
può essere ridotto solo a un mana-
ger o a un operatore sociale. Noi
non veniamo toccati da un Agnern o
da un Lama, probabilmente.
Don Bosco è in grado di essere se
stesso con il ragazzo analfabeta che
viene dalla campagna come con
Rattazzi o Cavour. Per questo sarà
un personaggio anche sconcertante,
proprio perché non risolto negli ap-
pellativi che gli si possono dare.
Spero che l'essere segno di contrad-
dizione valga un po' anche per Don
Bosco e sia elemento utile al film,
nel senso che possa essere film di ri-

2.10 Page 20

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20 · I LVGUO 1987
flessione e non un film che co-
mode risposte.
- Il cinema sta attraversando un
momento significativo: superata la
fase dei superuomini alla Rambo e
facendosi spazio tra ondate di pro-
dotti carichi di violenw, di erotismo
o di facile non-senso, la produzione
ci sia proponendo anche valide te-
stimonianze di interesse religioso:
da <<Mission» a <<L'inchiesta» a
« Therèse». Nel contesto di questa
sensibilità al sacro, c'è un elemento
insolito: gli autori sono laici o non
cattolici. Affidare ad un regista
«cattolico» ilfilm di Don Bosco si-
gnifica restituire i santi ai loro legit-
timi proprietari?
- Sl, sono di formazione catto-
lica, ma non sono mai stato molto
comodo, nel senso che ho trattato
certi temi con semplicità, ma anche
con apertura e spregiudicatezza. Se
c'è un pericolo che non vedo è che
un regista di formazione cattolica
possa dare una lettura troppo catto-
lica a un personaggio cattolico. La
cosa mi fa anche un po' sorridere,
perché sarebbe come aver paura che
un tecnico di ingegneria aereonauti-
ca si occupi di apparecchi. Se ci
dobbiamo occupare di letteratura
francese, al minimo dovremmo sa-
pere il francese. D'altra parte io cre-
do che ciò che ho fatto può eviLare il
rischio di fare una versione troppo
domestica o integralista. C'è anche
un'altra cosa che mi sta a cuore.
Quando ho trattato argomenti co-
siddetti cattolici o cristiani, come S.
Tommaso e Mille non più mille,
non mi sono rivolto ai cattolici. Oc-
cuparsi di argomenti cattolici rivol-
gendosi ai cattolici rischia di far ca-
dere in una specificità di argomen-
tazioni e in un gergo che rendono
molto chiusa ogni proposta. Cerco
di fare discorsi che per il loro modo
di proporsi, per il contenuto che in-
tendono avere possono essere con-
divisi da qualsiasi persona che abbia
interesse a riflettere su certi argo-
menti. La cosa che ho sempre evita-
to è di fare film confessionali.
- Nella sua produzione è passa-
to attraverso una certa varietà di te-
mi, di soggetti e di linguaggi (cine-
ma e TV). C'è un elemento suo per-
sonale che costituisce quasi un filo
conduttore nelle sue opere?
- Credo che ci sia una certa uni-
tà. Va premesso che mi interesso
molto del linguaggio come comuni-
cazione e come esercizio espressivo.
Ho cercato di essere un artigiano
che lavora mani e piedi per fare tut-
te le esperienze ed è difficile che una
esperienza nuova non riesca a coin-
volgermi. Tra i temi che ho trattato,
l'"eremento ricorrente è l'uomo nelle
sue scelte. Anche nelle opere in cui
trattavo di momenti storici, c'è
sempre stato questo rapporto dei
fatti con l'uomo che deve scegliere,
l'uomo come elemento risolutore
dei momenti storici, legati alle sue
scelte. C'è quindi questa attenzione:
l'uomo che in un certo contesto so-
ciale si trova di fronte al problema
di scegliere, di essere se stesso. Cre-
do che sia una delle costanti. Ma ce
n'è un'altra: è il grande interesse ai
temi dell'altruismo, del pacifismo,
se si vuole di una certa apertura reli-
giosa: temi che mi toccano e che mi
coinvolgono fortemente. Credo che
questo caratterizzi la mia professio-
nalità, il mestiere che faccio.
- Nel contesto di questa profes-
sionalità, ci può essere il rischio di
operare come il chirurgo che vede
passare diversi corpi e opera su cia-
scuno, ma con un atteggiamento un
po' distaccato...
- No, questo no. Io faccio que-
sto lavoro perché mi interessa farlo
e perché in ogni cosa che faccio non
voglio rinunciare all'occasione di
pensare se c'è mai un modo nuovo,
diverso, più preciso, di studiare un
tipo di comunicazione. Ora, ci sono
dei momenti in cui questa professio-
nalità si salda con il messaggio o le
cose che a una persona interessa di
più dire. Ci sono cose in cui uno si
sente travasato non solo professio-
nalmente, ma dal punto di vista di
portato umano. Credo che il «Don
Bosco» sia uno di questi momenti.
Credo, quindi, che il pericolo del
chirurgo non ci sia.
- Come vede l'attore Ben Gaz.-
zara nei panni di Don Bosco?
- La prima cosa che vorrei dire
è questa: una mia linea d'azione nel
costruire figure di sacerdoti o di
santi è quella di non affidarmi ad
attori che abbiano già risolto tutto.
E questo per uscir fuori dai facili
cliché: il san,t.o è quello che porta
l'aureola in testa. No, l'aureola è
nel santino, ma quando camminava
aveva certamente un carisma che
non aveva la forma circolare intor-
no alla testa! Quindi è inutile cerca-
re attori che sprigionino bontà o
santità da tutti i pori.
La scelta di Ben Gazzara, mafio-
so, delinquente, ecc. non dovrebbe
sconcertare. È un attore che ha una
carriera molto seria alle spalle; cre-
do che sia un grande attore. Ha oc-
chi moJto eloquenti e gli occhi di un
attore permettono una grande co-
municativa. Ben Gazzara ha dei
momenti di grande intensità nelle
cose che fa. Credo che sia stata una
buona scelta.
- Si prevede per il film una va-
sia platea, laica e sempre meno
coinvolta in problemi religiosi. Il
film si presenta dichiaratamente
con un soggetto religioso.
Faccia una profezia: come sarà
accolto?
- Sarebbe un discorso lungo e
lei attenderebbe una risposta lapi-
daria. Oggi siamo nella civiltà dei
consumi. Ci laviamo i denti con il
dentifricio verde perché ci hanno
detto che se non lo facciamo siamo
stolti. Non esiste il film nascosto,
girato di soppiatto, di notte, e che al
mattino, portato al distributore ci-
nematografico fa accorrere la gente
che scopre il capolavoro e grida al
miracolo. Noi apprezziamo un pro-
dotto se gli strumenti di comunica-
zione di massa ci convincono che
questo prodotto è bello e questo si
ha quando la mistificazione è al
massimo livello. È brutto parlare di
mistificazione quando si tratta di
cose che non dovrebbero essere mi-
stificate. Quindi il film di Don Bo-
sco non sfugge a questa regola. Al
di là di questa tristissima realtà spe-
ro che se il film è pulito, onesto,
contiene elementi di riflessione e di
stimolo possa essere accetlalO. La
platea dei cosiddetti laici o non-
cattolici non mi mette paura, perché
c'è sempre un interesse per temati-
che che non si risolve nel già visto.
Mi auguro quindi che l'incontro
con il pubblico avvenga nel modo
più fruttuoso. E poi, c'è sempre
Don Bosco che fa i miracoli!
Pierdante Giordano

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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sB_ _VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Arese I Milano
1 LUGLIO 1987 21
IL PENNELLO
DEL PITTORE
SCOPRE
LA SPERANZA
NEI VOLTI DEI
ccBARABITT»
Ernesto 1reccani ha
incontrato i « ragazzi
difficili» del Centro
salesiano di Arese. Sono
nati così trenta disegni
raccolti in uno splendido
volume ed esposti in una
mostra itinerante.
«Mi hanno detto che
sono una mela marcia... Sarà, ma
anche unà mela marcia ha i semi
buoni!» Chi parla è Bruno, quat-
torclici anni: il viso lievemente incli-
nato da una parte, un sorriso un po-
co impertinente, i capelli scuri e due
occhi grandi che guardano verso un
punto lontano. Questo è il suo ri-
tratto, cosl come lo ha interpretato
uno dei più rappresentativi pittori
del nostro tempo, Ernesto Treccani.
Ma chi è Bruno? È un «bara-
bitt», un piccolo barabba, come si
dice in Lombardia, ossia un «ragaz-
zo difficile» ed è uno degli ospiti del
Centro Salesiano San Domenico Sa-
vio cli Arese. Proprio qui, una sera
Bruno, con i suoi compagni, ha in-
contrato Ernesto Treccani, invitato
al Centro per parlare ai ragazzi.
Non è stato un incontro qualsiasi,
né poteva esserlo: si sono trovati,
da un lato, un pittore che ha dedica-
to la sua vita all'amore per la pace e
alla lotta contro qualsiasi forma di
ingiustizia, convinto dell'impegno
morale dell'arte come assunzione di
responsabilità politica e sociale;
dall'altro, ragazzi che hanno soffer-
to esperienze di disadattamento,
talvolta con episodi di carcere alle
spalle, ragazzi a cui è mancato mol-
to, spesso addirittura la famiglia, .e
che cercano ora cli riacquistare ciò
che è stato loro negato: l'amore, la
speranza.
E sono stati proprio i ragazzi, da
sempre i giudici più severi, che con
il loro «fiuto» infallibile hanno ri-
conosciuto in Treccani una persona
«da non perdere». Da questo primo

3.2 Page 22

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22 · I WGUO 1981
\\
Andrea, anni 14
'
Se non imparo ad amare,
sarò un disgraziato,
un infelice e farò infelici
gli aJtri.
\\
incontro, avvenuto una sera del
1982, è nata una reciproca, profon-
da amicizia, che da parte del pittore
si è concretizzata in trenta ritratù di
altrettanti ragazzi del Centro di
Arese. A tale proposito, Treccani si
è cosl espresso in una recente inter-
vista: «Orma.i mi è più facile il rap-
porto con la gente, mi è naturale,
come mi è naturale tradurre questo
rapporto in segno, nei miei qua-
dri».
I disegni e gli acquarelli, regalati
dal pittore agli ospiti del Centro,
costituiscono una mostra perma-
nente itinerante, che può essere ri-
chiesta ai Salesiani di Arese, e sono
stati raccolti anche in un ricco volu-
me. Accanto ai ritratti dei ragazzi,
nel volume trovano posto anche le
loro parole: con frasi nervose, moz-
ze e una immediatezza che scavalca
spesso la sintassi, raccontano la
propria vita, testimonianze dram-
matiche, a volte tanto scarne da far
pensare a parole gridate, a volte, in-
vece, pervase di speranza.
«Dove sta di casa l'amore? Ne
vorrei un po' per me» (Giuseppe,
anni quattordici); «Quando penso
alla mia famiglia, mi sembra sem-
pre di essere in bilico su una lunga
corda sospesa nel vuoto» (Davide,
anni sedici); «Se non imparo ad
amare sarò un disgraziato, un infe-
lice e farò infelici gli àltri» (Andrea,
anni quattordici). Possiamo consi-
derare le parole di Andrea il cardine
su cui ruota l'attività del Centro
«San Domenico Savio» di Arese;
insegnare a questi ragazzi l'amore
amandoli per primi e aiutandoli
concretamente, sull'esempio di S.
Giovanni Bosco.
Il Centro è stato costruito dai Sa-
lesiani sulle ceneri di quella che sino
al 1955 era la sezione staccata del
carcere minorile «Beccaria» di Mi-
lano. I responsabili non vogliono
chiamarlo, però, Centro per il recu-
pero dei minori, o Casa di rieduca-
zione: preferiscono parlare di Cen-
tro aperto, mentre da allievi o ex-
allievi viene chiamato Casa della
speranza. li Centro accoglie giovani
e ragazzi, inviati da Enti pubblici o
dal Tribunale dei minorenni. Non
isolati in un «ghetto», essi convivo-
no quotidianamente, studiando e
giocando, con esterni, studenti che
provengono da·Arese e dai paesi vi-
cini per frequentare il Centro di for-
mazione professionale. «Sono ot-
tanta gli interni, con problemi di
furto, fughe, vagabondaggio, disa-
dattamento scolastico o familiare;
centoventi, invece, gli allievi interni
- spiega don Saverio Stagnoli, di-
rettore del Centro -. È attraverso
la convivenza di ragazzi meno for-
tunati con quelli che hanno una fa-
miglia e una casa, che.si crea quel-

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - - -s»-
I LUGLIO 1987 · 23
Bruno, anni 14
Mi hanno detto che sono
una mela marcia...
Sarà, ma anche una mela
marcia ha i semi buoni!
l'osmosi necessaria per un facile re-
cupero all'impegno sociale dei gio-
vani a rischio».
L'intervento su ogni ragazzo è
sempre personalizzato: si cerca di
intuirne i desideri più profondi, sti-
molando l'educazione allo stare in-
sieme sia neJJo studio, sia nelle atti-
vità lavorative sia nel tempo libero.
Rivive così l'esperienza di Don Bo-
sco: gli educatori trascorrono la
giornata con i ragazzi; questi, oltre
che nei corsj scolastici e di forma-
zione professionale, sono coinvolti
anche in attività teatrali e sportive,
in dibattiti e spettacoli, in una at-
mosfera serena e stimolante, dove
la proposta religiosa è impastata di
umanità. Ad Arese spesso i ragazzi
conoscono il primo gesto d'amore
della loro esistenza: ma è proprio
questo che, da solo, può riscattare il
male, il dolore cli giovani vite che
sembrano senza speranza. «Una
deJJe violenze quotidiane è uccidere
la speranza, - .ricorda Franco,
quindici anni - aveva ragione quel-
la vecchia dell'ospedale psichiatrico
a scrivere così: a me han cominciato
a dire che sarei diventato un poco di
buono fin da ragazzo e lo sono di-
ventato davvero!».
In un ambiente cosl ricco dj solle-
citazioru, un pittore sensibile come
Treccani, artista che da sempre ha
privilegiato il contatto con la realtà,
fin da quando partecipava alla Resi-
stenza e alle lotte dei cootadiru del
Sud per la terra, non poteva rima-
nere muto.
li pittore-artigiano, come ama
definirsi («il pittore ... è colui che
carica la sua manualità cli forti pas-
sioni; è un artigiano, un lavoratore,
non un filosofo») ha disegnato i
volti dei ragazzi, intuendo l'essenza
più vera di ciascuno, condizione ne-
cessaria per creare dei ritratti così
intensi e profondi. «Una trentina di
volti bellissimi, nel segno inconfon-
dibile cli Treccani, a volte tremulo
come uno psicogramma, a volte ri-
soluto a sottolineare i caratteri più
veri d'una personalità», ha scritto
Alberico Sala sul «Corriere della
Sera». Treccani non è rimasto in-
sensibile all'atmosfera gioiosamen-
te costruttiva di Arese: l'aver dona-
to i disegni al Centro Salesiano rap-
presenta un atto di solidarietà che
rispecchia e vuole incoraggiare le
esigenze educative dei ragazzi. Ma è
lo stesso Treccaru che in un suo li-
bro, «Arte per amore», spiega il
senso di questo suo lavoro. «I ra-
gazzi - scrive - o si prendono sul
serio e si valorizzano o li abbiamo
contro». Parole che forse più di al-
tre si avvicinano allo spirito di Don
Bosco.
Monica Ferrari

3.4 Page 24

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_ PROTAGONISTI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
24 · I LUGLIO 1987
Cile
GLI
OTTANT'ANNI
DELLO
ZIO RAÙL
A colloquio con Raùl
Si/va Henriquez. La
chiesa, il concilio, i
poveri, i salesiani. Molti
auguri Eminenza!
--l!'a• lncontrare uom101 co-
me il cardinale Raùl Silva Henri-
quez è come giungere all'ombra di
una vecchia grande quercia dopo un
cammino nella campagna assolata.
Per il cronista alla ricerca di una
chiave di lettura sulla vita e sulle vi-
cende di un Paese cosl complesso
come il Cile un incontro con l'ex ar-
civescovo salesiano di Santiago è
d'obbligo. Mi ha accolto nella sua
abitazione di via Los Pescadores
2260 a pochi metri dal famoso sta-
dio che nel 1962 vide la disfatta del-
la nazionale di calcio italiana e che
oggi fa ancora sognare i cileni, e so-
no in tanti, amanti della pelota. È
una piccola casa che profuma d'an-
tico; sua eminencia ci accoglie con il
. cuore in mano. <<Come sta don Vi-
ganò?)), è la prima domanda rivela-
trice non soltanto di un profondo
attaccamento al settimo successore
di don Bosco ma anche di una gran-
de amicizia fra i due.
Lo studio del Cardinale è come la
casa, semplice e antico. Sulla parete
in alto a destra c'è un riLratto di san
Giovanni Bosco, mentre sul tavolo,
affollato di carte e di libri, è poggia-
to un altro ritratto, quello del presi-
dente Edmondo Frei, morto troppo
presto per una democrazia, quella
cilena, che diventa nel cuore degli

3.5 Page 25

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- - - - - - - - - - -# -
I LUGLIO 1961 25
Un breve
profllo
abitanti di questo Paese una nostal-
gia sempre più struggente. Dallo
studio si passa alla sala da pranzo
per una cena che vedrà il Cardinale
più intento a far mangiare e bere gli
ospiti che a preoccuparsi di se stes-
so. «Questo è vino Macul; preferi-
sceil bianco o il rosso?» Da profon-
do conoscitore delle campagne e dei
problemi dei contadini, si capisce
subito che il Cardinale è anche un
ottimo conoscitore di vini. Tra i
giornalisti si pettegola che Raùl Sii-
va Henriquez conserva una bottiglia
di whisky d'annata per brindare alla
caduta di Pinochet.
Se non è vero, è bene inventata. Il
prossimo 27 settembre compirà ot-
tant'anni. È nato a Talea nel 1907.
Leggermente appesantito il Cardi-
nale ha la lucidità e la pronta intui-
zione di sempre. L'abbiamo intervi-
stato.
Emìnema, riandando ai suoi ot-
tant'anni, c'è qualche cosa che la
rende ottimista per oggi?
Da quando io ricordo, dall'anno
1914, al tempo deUa guerra euro-
pea, mi pare che ci sia molta più
cultura e anche una crescita della
classe media; queste cose danno una
certa speranza. I problemi oggi Ji
comprendiamo di più, Li conoscia-
mo di più ed è questa forse la causa
di un certo pessimismo. Guardando
indietro non posso fare a meno di
notare il molto progresso del mon-
do occidentale, America Latina
compresa.
Quale è il segreto della sua «sere-
nità»?
Bisogna prima di tutto accettare
la volontà del Signore. Non è vero?
Secondo: quando uno perde la sere-
nità non guadagna niente né aggiu-
sta niente. Perderla è una stupidag-
gine. Terzo: non c'è nessun motivo
per non essere personalmente sere-
no. Le preoccupazioni piuttosto
vengono dal Paese; qui siamo in
una situazione grave non buona e
ingiusta. La gente è disagiata e
Raùl Silva Henriquez è nato a Tal-
ea in Cile il 27 settembre 1907.
La sua fu una famiglia numerosa:
diciassene figli.
Giovane universitario rimase affa-
scinato dalla figura di don Bosco,
«un uomo amante di Dio, del suo
Pa=, dei poveri>1.
Divenne salesiano dopo la laurea
in legge. Studiò teologia all'lslltuto
Teologico internazionale di Torino-
Croceua divenendo sacerdote Il 4
giugno del 1938. Meno di vent'anni
dopo, nel 1959 sarà nominato vesco-
vo della città di Valparaiso, ciuà so-
gnata da Don Bosco. Scelse come
motto: «Caritas Cristi urgei nos».
Appena due anni dopo il 25 aprile del
1961 diventerà ouavo arcivescovo
della ciuà di Santiago.
È stato tra i protagonisti del Conci-
lio Vaticano Il. La sua figura cd il
suo lavoro di cardinale impegnato nel
sociale sono universalmente noti e fra
l'altro è stato anche presidente della
Caritas lnternationalis voluta da
Paolo VI. La sua azJone pastorale è
stata caratterizzata da una auenzione
del tuno particolare ai poveri, ai gio-
vani e ai fanciulli. Per i primi graz.ie
anche alla sua amicitia con il presi-
dente Freì Incoraggiò numerose rifor-
me e Iniziative mentre per i secondi
ha stimolato la nascita in Cile di nu-
merose istituzioni educative. La sua
semplice immediata capacità di ap-
proccio con la gente lo rende ancor
oggi popolare fra giovani e giovanis-
simi che lo chiamano spesso con or-
goglio «El tio cardenal>►•
Ha partecipato alle Conferenze
Latinoamericane di Medellin prima e
di Puebla dopo. Nel 1971 il Congres-
so Ebraico Mondiale gli attribui il
premio deì «Diritti umani)> mentre
nel 1978 l'ONU ha riconosciuto l'alto
significato umano e sociale della<<Vi-
caria de la Solidaridad» da lui voluta
a difesa dei diritti umani consegnan-
dogli una medaglia.
Ancora nel 1979 ha ricevuto il pre-
mio austriaco «Bruno Kreisky)). È
stato decorato dalle Università di Ya-
le e di Notre Dame negli Stati Uniti
mentre numerosi Governi gli hanno
attribuito premi e onorificenze.
Anche l'Università Pontificia Sale-
siana dì Roma l'ha onorato laurean-
dolo nel 1983.
manca la democrazia. Soffro ma
non posso mettermi a piangere per-
ché non darei alcuna soluzione ai
problemi. Questa notte verrà a tro-
varmi un ex ministro del tempo di
Frei preoccupato per le condizioni
del Cile. lo lo ascolterò, forse potrò
dargli un consiglio però gli dirò
d'essere sereno.
Cosa rimpiange del tempo pas-
sa/O?
Quello che avrei potuto fare di
più. Forse avrei potuto diventare
più buono e più santo; non sono
tanto santo. Che altra cosa se non
questo?
E guardando al futuro? Ha un
messaggio per quanti l'hanno consi-
derata e la considerano un riferi-
mento?
lo credo che la spiritualità sale-
siana è d'ogni epoca. Soltanto che
deve essere adattata al presente. Lo
spirito di famiglia, la carità, il darsi
nel lavoro in maniera totale mi sem-
brano più norme da praticare che
parole da dire. Ma praticare con in-
teresse, con entusiasmo perché que-
sto è il nostro vanto ed è la cagione
dell'amore che abbiamo per la Con-
gregazione Salesiana. Se si lascia
questo è finita. Bisogna poi amare i
giovani; essi devono sapere e sentire
questo amore...
Ritiene che il rìnnovamento volu-
to dal Concilio v'aticano si sia
concluso?
No, non penso. Non penso che
sia fmito. Penso che ancora manca
molto. Gli effetti di un Concilio, del
resto, durano secoli. Ancora si deve
lavorare molto, si deve conoscere di
più. Bisogna creare molte cose.
A vent'anni dalla Populorum
progressio, crede che /'atteggiamen-
to dei cristiani verso i poveri ed i
problemi dello sviluppo sia cam-
biato?
Qui ognuno dà la versione che
vuole.
A me sembra che la Populorum
progressio non è stata seguita inte-
ramente. Le encicliche dei papa la-
vorano spesso anche nei tempi lun-
ghi e qualche volta ci vogliono più
documenti sulJa stessa materia per
avere un effetto accettabile.

3.6 Page 26

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26 · I LUGLIO 1987
bastanza indipendenza. Ne sono
fiero.
Quando ha incontrato per la pri-
ma volta i salesiani?
ll confessore che avevamo nella
scuola dei Fratelli della Scuola Cri-
stiana era un salesiano. Fu tuttavia
più tardi, al terzo anno d'università
circa che un collega ex allievo sale-
siano Felipe Letelier salesiano mi
condusse dal direttore del Collegio
«El Patronato de San Josè». Cosi
bo conosciuto quel grande salesiano
che fu don Valentino Panzarosa e i
salesiani: ci sono rimasto. Con noi
c'era anche un altro collega don Al-
berto Munoz che ora si trova nella
C~sa salesiana di Concepcion.
Ma non le sembra che l'attenzio-
ne sia cresciuta?
Sarà... sembra cli sl ma il numero
dei poveri aumenta sempre di più.
In America Latina non si vede
ancora un cambio: i poveri sempre
più poveri, i ricchi sempre più ric-
chi.
Perché distribuì la terra ai conta-
dini?
Quando divenni arcivescovo mi
sono immediatamente trovato pro-
prietario di parecchi latifondi e que-
sto per la Chiesa era una cattiva te-
stimonianza oltre che si dava l'im-
magine d'essere molto ricchi pur es-
sendo poveri. Nei nostri latifondi si
commettevano le stesse ingiustizie e
gli stessi soprusi in atto nel Paese...
Ed allora?
Ne parlai con Paolo VI che mi in-
coraggiò a rendere immediatamente
esecutivo il progetto.
Come vede il volto della Chiesa?
La chiesa è, come dire... «multi-
facetica». Le sue linee principali pe-
rò mi sembrano interessanti. Biso-
gna tuttavia stare coi poveri, sentire
con i poveri anche perché sono la
maggioranza della stessa Chiesa.
Ed il prossimo Sinodo dedicato al
tema del laicato?
Credo che tutti i Sinodi realizzati
dopo il Concilio hanno dato frutti
anche se non molti. Speriamo che
questo sviluppo del laicato diventi
veramente operante. Noi in Ameri-
ca Latina siamo ampiamente scon-
fitti proprio perché le chiese prote-
stanti e le nuove sette d!:lnno più
spazio ai laici.
Come vede i movimenti eccle-
siali?
Ci sono movimenti e movimenti.
Qualcuno è lontano dalla chiesa lo-
cale e questo è un guaio. Sono indi-
pendenti dai vescovi i quali spesso
non sanno chi sono, quanti sono e
che obiettivi banno.
Sa che nello stesso clero cileno ci
sono elementi favorevoli al regime
di Pinochet?
Purtroppo e me ne dolgo. Penso
che nostro Signore si sia trovato cli
fronte ad una identica cecità. Che
razza di cristianesimo può essere
mai questo che chiude gli occhi di
fronte alla tortura, agli scomparsi,
alle persecuzioni, alle condanne
senza processi?
Benedetto sia il 'Signore che noi
non siamo fatti cosi. Almeno i no-
stri padri ci hanno educato con ab-
La presenza centenaria dei Sale-
siani in Cile è veramente radicata
nel paese o no?
I salesiani rappresentano la con-
gregazione religiosa più numerosa
in Cile ed è composta io gran parte
da Cileni. Il salesiano tra la gente è
tutt'altro che un essere estraneo. Ci
sono. molti ex allievi che lavorano in
tutti i campi della vita sociale. Noi
Salesiani nel -Paese siamo una cosa
normale: siamo cileni. Ci sono altre
Congregazioni che qui in Cile ven-
gono chiamati con l'aggettivo del
Paese d'origine. È il caso dei Verbiti
che la gente chiama «Padri tede-
schi». Qui non ho mai sentito qual-
cuno che indichi i salesiani come i
«padri italiani», mai.
sembra dunque che i Figli cli
Don Bosco facciano parte della
stessa cultura nazionale cilena, han-
no contribuito a questa cultura,
hanno da,to il loro apporto e tutto
questo viene assimilato come un
fatto normale.
Cosa ritiene essenziale nella spiri<
tualitò salesiana?
Lo spirito di famiglia, la carità.
lo lo vedo tutti i giorni. Grazie a
Dio ho ancora molti contatti con i
giovani attraverso la direzione spiri-
tuale e le confessioni. Direi che que-
sto è l'aspetto più importante, la le-
va per sollevare, quello che serve e
che ottiene un effetto bello e gran-
de. È una carità che deve tradursi in
amicizia. È questa una esperienza
che faccio continuamente.
a cura di Giuseppe Costa

3.7 Page 27

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- - - - - - - - - -s11- _ EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
I LUGLIO 1987 27
E SE EUROPEI
E AFRICANI
IMPARASSERO
A CONOSCERSI
MEGLIO?
Le incomprensioni nascono spesso
dalla reciproca ignoranza. Un
contributo alla conoscenza
dell'Africa in un libro di Basi!
Davidson edito dalla SEl
Durante un recente
viaggio in Africa mi è capitato di
chiedere a un ragazzo di J 1-12 anni,
che ho incontrato in un villaggio del
Kenya mentre tornava da scuola
con il quadernetto in mano, se sape-
va dirmi dove si trova Roma. Ha
frugato nella memoria, si è sforzato
di far emergere lt sue nozioni di
geografia. Inutilmente. Ho allora
allargato l'area, e gli ho domandato
dove si trova l'Italia. Ancora qual-
che tentativo di risposta, un tirare a
indovinare, e poi la rinuncia. Sulle
prime sono rimasto perplesso, ho
anche avuto la tentazione di dare un
giudizio negativo sul sistema scola-
stico keniano, colpevole di lasciare
cosi vistose lacune nelle conoscenze
geografiche dei ragazzi. Poi, ripen-
sandoci, mi sono chiesto: ma quanti
ragazzi della stessa età, in Italia, sa-
prebbero dirmi dove esattamente si
trova il Burkina Faso? O la Ouinea-
Bissau? O, ancora, il Benin?
L'episodio mi è ritornato alla
mente leggendo ciò che scrive Basil
Davidson nel suo libro «L'Africa

3.8 Page 28

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28 · 1 WGUO 1987
nella storia contemporanea», a pro-
posito del rapporto cli reciproca co-
noscenza fra europei e africani sul
finire del secolo scorso e agli inizi
dell'attuale, quando l'invasione co-
lonialista del Continente era in pie-
no svolgimento. «Gli europei - os-
serva Davidson - disponevano di
poche nozioni geografiche all'epoca
in cui si lanciarono nelle loro impre-
se coloniali, e non sapevano quasi
niente delle popolazioni che abita-
vano le terre africane». E aggiunge:
«Nel 1900 gli inglesi inviarono un
grosso esercito nel Transvaal, in Su-
dafrica. Ma lo mandarono senza
carte geografiche, e si rimediò alla
loro mancanza solo grazie al caso
fortunato che fece trovare deJle car-
te geografiche a Città del Capo. Un-
dici anni dopo, gli eserciti italiani
attraversarono il Mediterraneo per
invadere la Libia non soltanto senza
carte geografiche, ma addirittura
senza interpreti>>. Come se le popo-
lazioni libiche potessero conoscere
l'italiano ...
Una pagina
bianca
Il fatto è che l'intera impresa co-
loniale europea in Africa fu affron-
tata, nota ancora Davidson, come
se l'obiettivo, per usare una battuta
nel 1886 cli un ex governatore della
Costa d'Oro, consistesse «nell'im-
padronirsi del territorio e poi gover-
nare il Paese, per quanto possibile,
come se non fosse abitato». Insom-
ma, gli africani erano una assoluta
nullità, totalmente trascurabili, e
l'Africa era una specie di «tabula
rasa», una pagina bianca del genere
umano su eui si sarebbe potuto scri•-
vere qualsiasi cosa, prescindendo,
appunto, dagli africani. E, quel che
è peggio, a nessuno veniva in mente
di porre rimedio a tanta ignoranza.
Fino a che punto ciò tornasse co-
modo e utile agli europei interessati
a completare la conquista del Conti-
nente, resta ancora da stabilire. Da-
vidson narra l'episodio accaduto al-
la corte d'Inghilterra, quando Sa-
muel Crowther, il futuro vescovo
del Niger, fu presentato aJla sovra-
na e al principe consorte. Dopo aver
discusso di varie questioni, compre-
sa l'abolizione della schiavitù, il
principe domandò se la gente di
Abeokuta, allora una delle più pro-
spere città dell'Africa occidentale,
<<fosse contenta di avere un po' di
cibo e un pezzo di stoffa per coprir-
si». Da tempo, gli europei che ave-
vano relazioni commerciali con gli
africani sapevano benissimo che gli
abitanti di Abeokuta tessevano una
tela particolarmente pregiata e ama-
vano indossare sontuosi drappi cli
un'ampia varietà di tessuto, per di
più colorati con molto gusto.
Ma aJla corte d'Inghilterra si pre-
feriva ignorare questo non insignifi-
cante particolare, o lo si era dimen-
ticato. Era più facile, anche ai fini
di tacitare la coscienza, impadronir-
si di un'Africa «tabula rasa», con i
suoi abitanti bisognosi di un po' di
stoffa per coprirsi, piuttosto che
passare per invasori di popoli per-
fettamente in grado di mettersi ad-
dosso un vestito. Certo, all'epoca
vivevano in Africa anche popola-
zioni i cui modi di vita potevano ap-
parire primitivi, ma ciò non era un
motivo sufficiente per giustificare il
Un barbiere all'aperto a
Klnshasa nello Zaire
(Foto Archivio SEI - Ricatto)
loro assoggettamento da parte dei
«civili» ma rapaci europei.
Ad alimentare l'ignoranza ci si
mettevano anche molti esploratori,
quel Richard Burton, per esempio,
citato da Davidson e da lui definito
«il più ottuso fra tutti», perché, pur
conoscendo aJla perfezione almeno
una dozzina cli attività svolte dagli
africani\\ e importanti per l'Europa
sul piano commerciale, scrisse che
« gli africani si trovavano in uno
stato totalmente disperato quando
erano abbandonati a se stessi, per
cui il trasferimento del negro dal-
1'Africa costituiva la sua unica pos-
sibilità di imparare qualcosa di più
che suonare il tamburo e ballare».
D'altro canto, se pochi europei
sapevano o mostravano di sapere
qualcosa degli africani, questi ulti-
mi, salvo rare eccezioni, «erano af-
fetti da un'ignoranza ancora più
profonda sul conto degli europei».
Di qui l'ingenuità dimostrata da al-
cuni sovrani africani, che si ostina-
vano a pensare di poter trattare da
pari a pari con i sovrani europei. Il
re degli Ndebele, per esempio, non
capiva perché la regina Vittoria non
potesse stipulare un trattato diretta-
mente con lui piuttosto che dare
carta bianca a un suddito come Ce-
cil Rbodes, il conquistatore della

3.9 Page 29

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-----------s/1-
I WGUO 1981 29
futura Rhodesia. Il re di Asante, a
sua volta, sembrò supporre che gli
interessi della regina Vittoria sul
suo regno fossero gli stessi che nu-
triva nei .confronti del regno della
sovrana britannica, cosicché un pa-
cifico accordo tra loro due avrebbe
potuto regolare il comportamento
dei rispettivi sudditi.
P,ima la parità
poi la conquista
È ben vero che i primi contatti fra
europei e africani avvennero su un
piano di parità, e altrettanta parità
regolò le relazioni commerciali av-
viate fra i due continenti. Ma i tem-
pi erano cambiati, gli europei ave-
vano mutato registro e dal rapporto
fra eguali erano passati a privilegia-
re prima il controllo, poi la rapina
e, infine, la conquista territoriale.
Solo che gli africani non se ne erano
accorti, proprio a causa della scarsa
o nu!Ja conoscenza delle vicende eu-
ropee. Ecco dunque che Davidson
può trarre la conclusione che «il se-
colo XX nacque in una atmosfera di
completa e reciproca incomprensio-
A sinistra: Donne al mercato In
Coata d'Avorio (Foto Archivio SEI
Tessore) e a destra un sultano
del Niger (Foto Archivio SEI
Ricatto)
ne fra africani e europei. All'igno-
ranza si aggiunse spesso il reciproco
disprezzo».
Tutto ciò ha una verifica in sede
storica. Ma dobbiamo pur chiederci
se oggi le cose sono di molto cam-
biate, se l'ignoranza, da una parte e
dall'altra, è stata superata. La lettu-
ra del libro di Davidson rappresenta
sicuramente un contributo alla mi-
gliore conoscenza deU'Africa, of-
ferto agli europei, e, forse, agli stes-
si africani, non sempre a ·conoscen-
za della loro storia. Il volume viene
ad arricchire la benemerita collana
che la SEI, con una iniziitiva edito-
riale pressoché unica in Italia, dedi-
ca all'Africa e che si è inaugurata
con il celebre libro di Renè Dumont
«L'Africa strangolata», per poi
prosegufre con altri importanti te-
sti. J principali destinatari della col-
lana, oltre al grande pubblico che
desidera guardare ali'Africa con
maggiore consapevolezza, sono gli
studenti. È fin troppo noto che ne!Je
aule scolastiche ancora oggi sfilano,
fino alla minuzia, le vicende stori-
che dell'Europa e della parte del
mondo che all'Europa ha fatto rife-
rimento, ma si tralascia con disin-
voltura tutto ciò che attiene alla sto-
ria dei Paesi emergenti.
Eppure - osserva Davidson - la
storia africana si mescola e si intrec-
cia con storie ad essa esterne. E ci
sono momenti, in particolare tra il
1920 e il 1945, in cui le storie esterne
sembrano dominare completamente
la scena e in cuj la storia degli afri-
cani sembra diventare più una sto-
ria degli europei in Africa che una
storia degli africani stessi.
L'itinerario percorso da David-
son si snoda lungo i decenni delJ'A-
frìca contemporan ea, e coglie, nel-
l'ottica del nazionalismo del XX se-
colo, i nodi storici che hanno porta-
to l'Africa all'indipendenza. David-
son ama l'Africa, e questo, egli stes-
so l'ammette, può avere influenzato
il suo lavoro, al pari de!Ja sua collo-
cazione ideologica. Ma il suo resta
un itinerario indispensabile da per-
correre se si vuole capire anche l'A-
frica di oggi, con i suoi drammi, le
sue sofferenze e il suo ancora incer-
to destino.
Gaetano Nanetli

3.10 Page 30

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Estate: tempo di svago e d.iverti-
mento, tempo da dedicare con intel-
ligenza e creatività a se stessi, alle
cose, agli incontri. Anche un libro è
un incontro, un orizzonte aperto, la
possibilità di un arricchimento, di
domande, di un rapporto con la pa-
rola e con chi l'ha segnata. E forse le
ore libere offerte dalle vacanze e dal-
le serate più lunghe e chiare ci invo-
gliano ad indugiare sulla pagina
scritta, a riscoprire i classici climenti-
cati, ad accostarci a nuovi autori e
proposte.
Oli italiani leggono di plù, soprat-
tutto in vacanza, dichiarano peren-
tori i dati statistici e gli opinion
makers; premi letterari, pubblicità,
convegni bombardano titoli e im-
pongono le mode; pullulano i libri-
gioco, i romanzi balneari, i suggeri-
menti mondani ed effimeri, che non
impegnano e danno la rassicurante
sensazione di essere aggiornati, «à la
page».
Forse è bene tralasciare le indagini
sociologiche e i condizionamenti di
massa o d'élite, saper cogliere, nel
calderone ormai immenso della pro-
duzione libraria, ì suggerimenti me-
no scontati, che possano incuriosire
e lasciare Il segno del buon gusto e
dell'originalità.
È da una casa editrice che di re-
cente ha rinnovato il suo catalogo e
la sua immagine, la Varia Sei, che ci
arrivano alcune opere di sicuro inte-
resse e adatte, in questi mesi d'esta-
te, a un intrattenimento serio, piace-
vole, inteUigente, anzittutto la nar-
rativa: la collana.
«La quinta stagione» propone tre
romanzi davvero nuovi: Crampton
Hodnet, di Barbara Pym, è una gu-
stosissima commedia domestica, un
quadro delicato ed ironico di una
vecchia Inghilterra fuori del tempo,
con la sua solita e rispettabile quoti-
dianità di provincia, grigia come il
tempo piovoso che opprime i quar-
tieri di Oxford; n:i.a spiccano, vivissi-
mi, caratteri e personaggi singolari,
esemplari di vizi e virtù universali,
protagonisti di spiritose scenette de-
scritte con inventiva e comicità, da
un'autrice che è oggetto di ampia ri-
scoperta da parte della critica, sti-
mata tra i migliori nomi della lette-
ratura inglese di questo secolo.
U secondo romanzo proviene dal-
l'emergente letteratura africana, che
ha rivelato, neglì ultimi tempi, scrit-
tori di grande rilievo, e un premio
Nobel, Wole Soyinka.
La voce di OabrieJ Okara, è quasi
una fiaba, una parabola esistenziale;
il protagonista, nel cammino verso il
significato della vita e del tutto, si
trova a lottare con le tradizioni rigi-
de e ancestrali de.Ila sua gente, le in-
comprensioni e i dispotismi di un
potere ottuso ed oppdmente. Denso
di simboli e di un'espressività che
sgorgano dalla ricca cultura orale
africana, il romanzo è una ricerca di
verità, di liberazione interiore e in-
sieme collettiva; un atto di denuncia
sociale e politica, un riflesso delle
tensioni del postcolonialismo per
uno scrittore che si è impegnato atti-
vamente nelle battaglie che hanno
portato il suo paese all'indipen-
denza.
E il romanzo italiano? Bruno Ge-
raci, giornalista RAI e nuova firma
nel campo della narrativa, ha creato,
con L'anno delle tredici lune, una
storia delicata e profonda: due ami-
ci, già compagni adolescenti, si ri-
trovano casualmente dopo tanti anni
e ripercorrono, in un viaggio a ritro-
so al paese natlo, all'infanzia, le me-
morie, le vicende, gli ideali che han-
no fondato la giovinezza e la vita.
Una trama esire che si fa mille altre
trame, ad incastro, come in un gioco
di scatole cinesi, e sa regalare emo-
zioni, ricordi e sentimenti sinceri.
Se il bisogno e la propensione per
letture non troppo seriose ed impe-
gnate ci orientano alla narrativa, an-
che nel campo della saggistica si tro-
vano cose gustose, soprattutto se
toccano argomenti d'attualità e d'in-
teresse comune. Difficile non essere

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - - - - - - - -~ -
.-
- ~ - .-
- - . .- .
I LUGLIO 1981 31
.
- -- -- - - - . - -- - -~ -- - - ~ . _...;.il...Lt....i
attratti daJ richiamo di un nome qua-
le Vittorio Mcssori, ancora alla pro-
va con un lavoro di ricerca, di scavo
sugli inLerrogativi e le ragioni più
fondamentali della fede e del vivere.
Inchiesta sul crlslianesimo è un
dossier di interviste condotte con
abilìtà giornalistica e un reale coin-
volgimento personale ai più autore-
voli personaggi della cultura con-
temporanea: da Sciascia aJ Card.
Lustiger, da Eco ad Andreotti scrit-
tori e politici, scienziati e religiosi,
agnostici, atei e credenti sono chia-
mati a interrogarsi e compromettersi
con la figura del Cristo, con la Chie-
sa, nel tentativo di segnare una trac-
cia alla ricerca del «Dio nascosto».
Dopo il clamoroso successo di Ipote-
sisu Gesù e di Scommessa sulla mor-
te ogni nuova opera di questo scrit-
tore rappresenta per una notizia,
fa parlare la critica e le classifìche:
un libro serio, per la completezza de-
gli studi, per l'essenzialità dei temi
trattati, ma semplice per il linguag•
gioe per l'ambizione e l'onestà del-
l'autore, che a se stesso e a tutti vuol
fornire spunti di dialogo, di risco-
perta del coraggio e del gusto di cre-
dere.
Altro esempio di saggistica «divul-
gatìva», ma non per questo generica
e superficiale, Il/ascino dell'immagi•
nario, di Tilde Giani Oallino, una
guida originale alla conoscenza di sé,
dei segreti del proprio inconscio, per
trarne energia psichica, sfruttarne le
potenzialità per imparare a vivere
più serenamente. Un dialogo con
l'immaginario che è dentro di noi,
che esalta la ricchezza della fantasia,
in un singolare alternarsi di conside-
razioni scientifiche che si ispirano al-
la moderna psicoterapia e affasci-
nanti racconti fiabeschi.
Tornando al romanzo, occorre ri-
servare un'attenzione parricolare al-
la letteratura per ragazzi, troppo
spesso considerata «di serie B»; sa-
rebbe bene educare i più giovani ad
accostarsi con passione ad ogni tipo
di lettura, perché non esistono libri
esclusivamente (cper grandi>>o «per
bambini»: è vero però che ci sono te-
mi e modi di parlare più adatti, che
possono incuriosire ed avvicinare al
libro anche i più restii.
La televisione ci ha abituato a far
spazio, nella nostra vita, a storie im-
maginarie, costringendoci a dosi
quotidiane di film, cartoni animati
che, se da un lato distraggono, dal-
l'altro rivelano le varianti possibili
dell'umano comportamento, le di•
versità di costumi e paesaggi, l'at•
tualità, rivestita da favola. La narra-
tiva può farsi strumento di cono-
scenza e comprensione del mondo, e
ciò che importa non è tanto il genere
- giallo, fantascienza, avventura -
quanto il tessuto di sfondo, l'am-
biente in cui la vicenda ha radici e si
muove. Un solo titolo, tratto dal-
l'ormai nutritissima e famosa colla-
na della Varia Sei cd Nuovi Adulti>>:
Il villaggio vicino al mare, di Anita
Desai. Protagonista vera è l' India,
racchiusa in un villaggio vicino a
Bombay, dove la vita stenta di pove-
ri pescatori viene sconvolta da un
progetto governativo di costruzione
di una fabbrica di fertilizzanti. In
questo contesto cresce un dodicenne
alle prese con una madre malata, un
padre ubriacone, tre sorelline e una
grande miseria. La sua dote princi-
pale è la volontà di capire, e viene ri-
muginando e curiosando attorno.
Durante una manifestazione eco-
logica a Bombay finirà per smarrir-
si; troverà lavoro in una nauseabon•
da friggitoria, scoprirà la pesantezza
della caotica vita cittadina sovraffol-
lata, ma tornando a casa porterà ol-
tre risparmi anche un nuovo me-
stiere nelle mani, uno spirito sveglio
e adattabile, ncssibilc ai mutamenti
di vita causati dalle trasformazioni
in corso. La Desai è una scrittrice in-
diana di successo: in questo roman•
zo riesce a raccontarci del suo paese
e della sua gente con una straordina•
ria capacità di cogliere il centro di
una nuova maniera di crescere.

4.2 Page 32

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_ ESPERIENZE PASTORALI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
32 · 7 LUGLIO 1987
Bruxelles
Foto Archivio SEI - Ricatto
ANNUNZIARE CRISTO
A QUATTRO PASSI
DALLA GRAND PLACE
Evangelizzare le grandi
città diventa sempre più
difficile.
Il nostro inviato ha
incontrato quattro
salesiani che hanno il
compito di
«rievange/izzare» il cuore
di una grande capitale
europea.
Bruxelles, la capitale
ufficialmente bilingue; la città dove
s'incontrano le due principali co-
munità culturali de1 paese, la fiam-
minga e la francofona; un «carre-
fourn nel cuore del Belgio e dell'Eu-
ropa, meta di immigrati, studenti,
profughi, rifugiati politici, funzio-
nari, visitatori di tutto il mondo.
La Grand Piace, la «gigantesca
piazza» ammirata da Victor Hugo,
è come il cuore di questa città aper-
ta sul mondo; uno scenario unico,
con Je magnifiche facciate barocche
delle case delle antiche corporazio-
ni, che sono la testimonianza di un
glorioso passato, ma anche un pe-
gno per l'avvenire.
Per tutti i brussellesi, d' origine e
d'adozione, e per tutto il popolo
belga, la Grand Piace è un po' il
simbolo della storia movimentata di
questa nazione, che, nel corso dei
secoli, ha dimostrato la sua volontà
di vivere libera con la sua fede reli-
giosa, con le SU6 culture, ma che co-
nosce oggi una rapida scristianizza-
zione.

4.3 Page 33

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-----------#--
All'epoca del primo censimento
belga, nel 1846, il 99,8% della po-
polazione veniva registrata come
cattolica.
Secondo le statistiche più recenti,
la percentuaJe si aggirerebbe ai no-
stri giorni attorno aJ 720/o. I «senza
chiesa» e quelli che affermano di
<<dubitare» dell'esfatenza di Dio sa-
rebbero il 23%. La frequenza alla
messa domenicale è scesa - tra la
fine degli anni sessanta a quella de-
gli anni settanta - da un terzo a
meno di un quarto della popola-
zione.
Questa caduta verticale, che con-
cerne sia la comunità fiamminga
che quella francofona, è nettamente
più marcata nella regione di Bruxel-
les, dove la pratica è passata dal
20,45% nel 1967 al 10,47% nel
1979. Ossia una regressione di oltre
la metà, mentre nelle altre regioni è
stata solamente di un terzo. La di-
minuzione appare ancor più preoc-
cupante se si pensa che la regione
della capitale registrava già nel '67
la l?ratica più bassa di tutto il paese.
E venuta dunque l'ora di intra-
prendere una «seconda evangelizza-
zione», come affermava Giovanni
Paolo II durante la sua visita nel
maggio di due anni or sono. « Il
compito può sembrare molto inedi-
to, più arduo che mai», soggiunge-
va il Papa. « Realtà come "società
piuralista '', ''secolarizzazione ' ' ,
laicismo, distanza in rapporto all'i-
stituzione religiosa, indifferentismo
religioso, anche ateismo, sono al-
trettante sfide» da .raccogliere con
lucidità, inventiva, senza capitolare
davanti alle difficoltà.
Bruxelles, come tutte le capitali, è
uno specchio fedele dei mutamenti
intervenuti nella società e simulta-
neamente nelle concezioni della vita
dei belgi. Le correnti di pensiero più
diverse colpiscono in pieno, e a vol-
te senza preparazione, i giovani e gli
adulti. La società dei consumi e dei
piaceri facili - come nella maggior
parte dei paesi occidentali ricchi e li-
beri - riduce la prospettiva a ciò
che è materiale ed abitua a temere
gli sforzi. Anche cerli ritmi di lavo-
ro, gli sradicamenti, le difficoltà di
alloggio, la mancanza di occupazio-
ne, turbano la fedeltà e la pratica
religiosa.
Ma le difficoltà di oggi, ammoni-
I LUGUO 1981 33
va il Papa, «non sono più gravi del- che il clero diocesano - solo quat-
le difficoltà incontrate dagli evange- tro ordinazioni nel 1980! - non era
lizzatori dei secoli passati». « Piut- più in grado di sostenere.
tosto di gemere sulle condizioni dif- Le tre parrocchie abbracciano
ficili, dobbiamo portare rimedio a territorialmente larga parte della
ciò che provoca la debolezza spiri- zona artistica della città di Bruxel-
tuale dei cristiani: in altre parole, les, con i numerosi problemi sociali
lavorare per formare la loro fede e legati all'habitat, all'ambiente e alla
per annunciare la fede a tutti i no- convivenza quotidiana. La popola-
stri contemporanei. E siccome l'uo- zione delle tre parrocchie è comples-
mo non è un individuo isolato, ma è sivamente di ventiduemila persone,
preso in una rete d'influssi sociali per il 70% circa immigrati, per lo
cbe i media amplificano, bisogna ri- più marocchini, e per il resto belgi
fare il tessuto cristiano della so- ormai anziani. In media, alle sei
cietà ».
messe celebrate ogni domenica nelle
Nel centro storico della capitale, tre parrocchie assistono in tutto 150
a due passi dalla Grand Place, una fedeli.
comunità salesiana è la prova cbe il Questo dato riflette a sufficienza
soffio missionario non viene a man- l'attuale profilo civile e religioso
care neppure tra le tempeste e le ten- della capitale. A causa del degrado
tazioni del presente. Infatti, acco- abitativo ed ambientale i molti
gliendo una richiesta dell'arcivesco- quartieri dell'agglomerato brussel-
vo, il cardinale Danneels, l'ispetto- lese, una parte importante della po-
ria belga ha mandato quattro sacer- polazione, - in genere la più giova-
doti in missione per due anni nel ne ela più dinamica - ha abbando-
cuore di Bruxelles. Il loro compito è nato la città trasferendosi nei «co-
di rifondare una presenza cristiana muni verdi» dei dintorni, lasciando
nell'anonimato della grande città, il posto a decine di migliaia d'immi-
di ricostruire un segno religioso nel -grati, in gran parte lavoratori non
seno della «pluralità brussellese». qualificati accompagnati dalle loro
I quattro salesiani si sono così as- famiglie, con un alto tasso di nativi-
sunti, da un anno e mezzo oramai, tà memre la popolazione belga di-
la responsabilità di tre parrocchie minuisce.
dei quartieri centrali della capitale Secondo i dati ufficiali dell'ultì-
mo censimento, gli immigrati erano
a Bruxelles nel 1981 circa 240 mila,
ossia un quarto dell'intera popola-
zione. AJl'immigrazione lradiziona-
le dai paesi latini - italiani, spa-
gnoli, portoghesi - si è affiancato
nel tempo un consistente afflusso
dai paesi del Maghreb e dalla Tur-
chia. Si calcola che i musulmanì re-
sidenti in Belgio siano attualmente
più di 225 mila. I fedeli dell' Islam
sono cosi al secondo posto per nu-
mero tra le varie comunità religiose
del paese. Anzi, essi sono più nume-
rosi dell'insieme dei cristiani non
cattolici e degli altri credenti.
L'abbandono del centro di Bru-
xelles da parte degli antichi residenti
è andato di pari passo con il feno-
meno del calo dell'occupazione nel-
l'industria e la contemporanea
enorme espansione del settore ter-
ziario.
Il risultato è cbe migliaia di lavo-
Bruxelles: la cattedrale gotica di ratori fanno giornalmente la spola
Salnte Gudule (Foto Archivio SEI - tra la provincia e la capitale per
Ricatto)
guadagnarsi la vita. Il centro è di-

4.4 Page 34

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34 1 LUGLIO 1987
ventato, soprattutto durante il gior-
no, il luogo d'incontro degli i.t:npie-
gati e la sede di molteplici servizi.
L'insediamento di istituzioni e di
organismi internazionali, l'attività
dei diversi o rganismi delle Comuni-
europee, i centri commerciali, le
istituzioni cuJturali e scolastiche,
ecc., fanno affluire un esercito im-
pressionante di «pendolari».
Questa semplice evocazione rive-
la la ricchezza e la diversità delle
funzioni che si esercitano nell'ag-
glomerato brussellese e, insieme la
vastità delle nuove domande che
pone l'evoluzione della grande
città.
La pastorale deve dunque con-
frontarsi nella capitale con una serie
di problemi pressanti, che vanno
dalla xenofobia verso gli immigrati
- esacerbata dalla crisi economica
- al sempre maggiore impoveri-
mento dei gruppi più indifesi della
popolazione: gli anziani, i disoccu-
pati, i lavoratori meno qualificati.
Nel centro storico non mancano
inoltre problemi di droga, di delin-
quenza, di devianza giovanile, ecc.
Qual è dunque la vocazione speci-
fica di una comunità salesiana nel
cuore della città? È la domanda a
cui cercano di rispondere, giorno
per giorno, i quattro sacerdoti man-
dati in missione in quest'avamposto
post-cristiano. Il cardinale Dan-
neels li ha incoraggiati ad operare
con la massima apertura ed inventi-
va, confessando chiaramente di non
aver soluzioni prefabbricate a tavo-
lino.
Non si tratta, infatti, di rimettere
insieme qualcosa che è andato di-
sperso, ma di prender atto della fine
di un certo tipo di presenza cristiana
e di individuare le forme di una
nuova presenza.
Come conciliare, innanzitutto,
attività parrocchiale e identità sale-
siana? È un primo aspetto della ri-
cerca la cui difficoltà non va sotto-
valutata, perché si deve tenere nel
giusto conto il problema rappresen-
tato dall'età inoltrata dei fedeli del-
lè tre parrocchie. La cònseguenza
del prevalere di una popolazione
piuttosto anziana è la tendenza a
concepire la figura del sacerdote e
l'attività della stessa parrocchia in
senso abbastanza statico e tradizio-
nale, il che corrisponde ben poco al-
Bruxelles: la chiesa di Notre
Dame du Sablon (Foto archivio
SEI - Flore)
lo specifico carisma salesiano.
lo secondo luogo: come far na-
scere una vera comunità cristiana, e
non solo religiosa, a livello di base
nel cuore di Bruxelles partendo rea-
listicamente da una duplice costata-
zione: da un lato, il tramonto, or-
mai indiscutibile di una certa conce-
zione della parrocchia; e, dall'altro,
la rarefazione nei quartieri centrali
di laici cristiani capaci di essere veri
testimoni di Cristo, di render conto
in un ambiente pluralista e non più
cristiano della speranza che è in
loro?
Una prima convinzione alla luce
dell'esperienza di questi mesi è già
maturata nei quattro sacerdoti della
comunità ospitati al numero 21 del-
la Vieux-Marche-au grain. Qualsia-
si discorso di ricristianizzazione del
centro storico della capitale non
può prevedere che tempi lunghi e
deve puntare esclusivamente sulle
nuove generazioni. Di qui il partico-
lare sforzo catechistico in atto per
dare una solida formazione cristia-
na ad una sessantina di ragazzi fra i
sei ed i quattordici anni, che fre-
quentano abitualmente la domenica
le tre parrocchie.
Della portata e della difficoltà di
questo impegno possiamo renderci
pienamente conto attraverso ciò che
scrivono i vescovi Belgi a proposito
della trasmissione della fede alle
nuove generazioni.
«Noi costatiamo», essi afferma-
no, «che molti ragazzi che si presen-
tano al catechismo scolastico e par-
rocchiale, non hanno ricevuto nep-
pure le più elementari nozioni reli-
giose. Né in famiglia né negli altri
ambienti in cui vivono, essi hanno
mai incontrato riferimenti a Dio, a
Cristo, al Vangelo o alla Chiesa.
Non hanno mai pregato né visto
pregare. Essi non conoscono i sim-
boli più elementari della fede, come
il crocefisso e il segno della croce».
L'aggancio con i preadolescenti e
i giovani si presenta ancor più pro-
blematico per i quattro salesiani,
tutti sulla quarantina e con un pas-
sato di educatori alle spalle.
Essi fanno perciò molto affida-
mento sull'aiuto di alcuni studenti
di teologia, che hanno naturalmente
un'altra sensibilità nei confronti dei
loro coetanei, nonché di quattro
giovani volontari che hanno fatto la
scelta di impegnarsi nella rievange-
lizzazione del centro storico e che,
dallo scorso settembre, hanno co-
minciato a vivere vicino alla comu-
nità salesiana.
La scelta di questi giovani è il ri-
sultato di una attività che dura or-
mai da dieci anni. Nel settembre ' 76
alcuni salesiani e Figlie di Maria
Ausiliatrice hanno tentato di ri-
spondere, con mezzi modesti, al de-
siderio di alcuni giovani di appro-
fondire la propria vocazione cristia-

4.5 Page 35

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-5'1_ _ _ _ _ _ _ _ _VITA SALESIANA_ _ _ _ _ _
na e di scoprire il progetto di Dio su
di loro, dentro la realtà cli oggi.
Giovani e ragazze dai 16 ai 25 an-
ni sono spesso impegnati in movi-
menti nella parrocchia, nella scuo-
la, nella professione, ma cercano
luoghi e momenti di riflessione, dì
preghiera, di condivisione della
fede.
Per loro, e con loro, salesiani,
suore e alcuni adulti hanno comin-
ciato a realizzare dei week-end a
Farnières durante l'anno scolastico.
Nel corso degli anni, l'insieme del
mistero cristiano è diventato ogget-
to di approfondimento mediante un
adeguato insegnamento, il silenzio,
la preghiera, la condivisione e la di-
stensione. In estate, una «marcia»
ha radunato il gruppo per una lettu-
ra continua di un testo della Bibbia.
Nelle Ardenne o a San Giacomo
di Compostella, sulle strade del-
l'Hainault o del Brabante vallone,
sui passi di Don Bosco o di France-
sco d'Assisi, i giovani hanno cosl
avuto modo dì ascoltare la parola dì
Dio e di maturare il loro impegno
cristiano neJla Chiesa per il mondo.
Nel settembre 1986, i giovani
hanno tirato le conclusioni di tali
incontri, in cui gli animatori salesia-
ni han cercato sempre di mettere al
centro la parola di Dio e l'attenzio-
ne ai poveri. Fra le centinaia di par-
tecipanti, alcuni, tornati al quoti-
diano, sono spariti dall'orizzonte;
mentre si sono invece formate delle
coppie profondamente cristiane, la
cui testimonianza è importante per i
più giovani. Altri ancora hanno
scelto la vita sacerdotale o religiosa.
Molti dicono di aver capito meglìo
le esigenze concrete della chiamata
evangelica. Un gruppetto si è impe-
gnato decisamente nella rievangeliz-
zazione nel centro storico di Bruxel-
les.
Questi giovani sono un segno di
speranza per la famiglia salesiana e
per la Chiesa del Belgio. Come un
segno di speranza è la presenza, pur
in mezzo a tutte le difficoltà, di
quattro salesiani in missione nei
quartieri postcristiani della capitale.
Attorno alla Gran Piace, nel cuore
ormai islamizzato di Bruxelles, essi
stanno forse scrivendo la prima pa-
gina di un nuovo capitolo della sto-
ria di Don Bosco in terra belga.
Silvano Stracca
Francia/I villaggi dell 'A.E.C.
I LUGLIO 1981 35
CHI C'È STATO
NE PARLA BENE
Da alcuni anni è sorta in Francia
una associazione che organizza
vacanze sociali. È ispirata da un
gruppo di exa/lievi e amici di don
Bosco ed ha realizzato alcuni
villaggi di vacanza.
SQlo lo scricchiolio della
neve, ed il soffio ritmato degli sciato-
ri rompono il sHenzlodella foresta ri-
coperta da un ovallato manto bian-
co: dopo aver a lungo camminato al
riparo degli abeti la pista sbocca in
un ampio spazio: all'orizzonte si di-
spiega la maestosa catena dell'Ara-
vis; alle sue spalle si staglia il Monte
Bianco. A poca distanza si trova il
villaggio di Forgeassoud a St. Jean
de Sixt. Si tratta di uno dei villaggi
turistici gestiti dal!'Association Edu-
cativeet CulturelJe (A.E.C.) des An-
ciens et Antis de Don Bosco. Nella
stessa regione dell'Alta Savoia, fra
Annecy, Ginevra e Cbamonix, cioè
quella zona delle Alpi, dove località
famose banno mantenuto uno char-
me antico, si scopre, non molto lon-

4.6 Page 36

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36 1 LUGLIO 1987
tano da Forgeassoud, il villaggio Les
Becchi, a Samoens.
Sull'Oceano, l'A.E.e., ba poi
scelto recentemente, nel 1983, un al-
tro angolo suggestivo, nella regione
di Royan, fra Saint George de Di-
donne e La Rochelle, ed ba creato il
villaggio A Dieu Vat. Una prima
considerazione evidenzia come
l'A.E.e. abbia individuato per i
suoi villaggi luoghi dì inestimabile
valore naturale.
Ma non è solo per questo che,
con un'esperienza ormai ventenna-
le, !'A.E.e. si è affermata per la
qualità dei suoi villaggi turistici e
per la loro organizzazione: ciò che
caratterizza questo successo è la
particolare accoglienza che imprime
alla gestione dei villaggi un tratto
del tutto peculiare.
Da oltre vent'anni, i villaggi di
vacanza dell'A.E.e., con un totale
di circa mille posti letto, accolgono,
a ritmo incessante, per dieci mesi al-
l'anno le numerose famiglie e grup-
pi che vi si recano a trascorrere le
vacanze.
Vivere le proprie vacanze in piena
libertà e rispetto della persona: que-
sto potrebbe essere in sintesi lo slo-
gan dei villaggi turistici dell'A.E.e.
Forgeassoud, Les Becchi, A Dieu
Vat, ognuno in una località diversa,
la cui scelta costituisce di per se uno
speciale punto di partenza; ognuno
a Ou sic.i pour chacun de dècembre
avril. le charme d'un grand domaine
skiable.
Ski facilìties tor eve"fone. From
december to aprii. the charm of a
large skiìng area.

4.7 Page 37

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- - - - - - - - - - -#--
con un proprio stile; non si possono
dunque comparare fra loro.
Tuttavia una radice li accomuna:
l'essere organizzati e diretti da un'e-
quipe educata alla scuola di Don
Bosco. Intraprendere un'attività
ne!J'ambito del turismo sociale non
è infatti cosa che si possa improvvi-
sare da un giorno all'altro, sia per
motivi strettamente tecnici, sia per-
ché imparare l'arte dell'accoglienza
significa riuscire a seguire le esigen-
ze delle famiglie che trascorrono le
vacanze in questi villaggi durante
tutto il periodo del soggiorno con
costante disponibilità.
Occorre saper ascoltare, e consi-
gliare; bisogna venire incontro alle
mille richieste di ogni giorno.
Ma secondo gli organizzatori dei
villaggi A.E.C. accogliere significa
anche offrire tutte le opportunità
affinché il tempo delle vacanze pos-
sa costituire l'occasione di usare la
I LUGUO 1987 • 37
propria giornata in un modo diver-
so dalla consueta routine quoti-
diana.
I tre villaggi offrono ìn primo
luogo la possibilità di impegnarsi
sotto la guida di esperti istruttori in
tutti gli sport che la stagione e il luo-
go consentono: per alcuni può rap-
presentare l'occasione di intrapren-
dere un nuovo sport con lo scopo di
poterlo in futuro perfezionare.
A queste attività si aggiungono le
Au printemps, en été ou en automne. selon
votre prèfèrence. le charme de vraies
vacances à la montagne.
Sprìng. summer, automn according
to your preferences. the charm of
a real holiday in the mountaln.

4.8 Page 38

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38 I LUGLIO 1987
Vlm 1t1 vlClnetl
IUtllffllnt
daMIIIVillagltdtl'AEC
.............s.. ,
• ~~-os.alii,
• l• I M d l l l ~
ftl ciw-.Mwio11t
AO-..VM
•81111~~
escursioni, la possibilità, per quan-
to riguarda ad esempio Forgeas-
soud e Les Becchi di andare a visita-
re Ginevra, altre zone della Svizzera
e dell'Italia.
Ma la giornata non è solo quella
che ~i passa in movimento all'aria
aperta: ampi spazi sono lasciati alla
possibilità di dedicarsi alla cultura,
o alla creazione artistica. Accogliere
significa anche saper capire le esi-
genze delle diverse età. L'animazio-
ne a favore dei bambini e dei ragaz-
zi nelle vacanze scolari è particolar-
mente curata, e le attività sono scel-
te a seconda delle età. ·
Accogliere significa anche rispet-
tare l'esigenza del singolo alla pro-
pria privacy familiare, oppure favo-
rire gli incontri e la conoscenza fra
le persone.
In quest'ottica si comprende co-
me la scelta degli animatori dei vil-
laggi dell'A.E.e. sia estremamente
accurata.
Da una considerazione d'insieme
ci sembra che la linea esteriore scel-
ta dal!'A.E.e. sia coerente con le
sue scelte professionali: la semplici-
tà intesa come sobrietà ed eleganza
caratterizza Le strutture ed il servizio
di Forgeassoud, Les Becchi e a Dieu
Vat.
La saggia progressione, e l'impe-
gno ad un ampliamento delle attivi-
dell'A.E.e. nell'ambito del turi-
smo sociale, ha consentito per la
prima volta che la e .O.B. (eom-
mission des Operations de Bourse)
tributasse, il 9 dicembre 1986, ad
una Associazione di Turismo Asso-
ciativo, l'autorizzazione ad emette-
re proprie obbligazioni.
Maria Galluzzo

4.9 Page 39

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- - - - - - -sB- _ STORIA SALESIANA
Don Bosco
I LUGLIO 1987 3.9
In alcune recenti pub-
blicazioni l'espressione attribuita a
S. Giuseppe Cafasso: «D. Bosco è
un mistero» - trasformata per
l'occasione in « D. Bosco è un enig-
ma» - è s,ervita da trampolino di
lancio per sottili illazioni e provoca-
torie supposizioni. Mentre leggevo
tali «disinvolte» interpretazioni del
pensiero di O. Cafasso, mi veniva in
mente quanto diceva il professore di
ginnasio a noi ragazzi alle prese con
traduzioni di latino e greco: «Per
interpretare correttamente una fra-
se, un brano di un autore, sono ne-
cessarie tre cose: il testo, il contesto
e la testa. Se di esse ne manca anche
una sola, si rischia di tradire anzi-
ché tradurre».
Non che intenda mettere in di-
scussione le capacità intellettuali de-
gli autori dei suddetti saggi; ci man-
cherebbe altro. Ma mi domando se
essi, e altri prima di loro, si sono
posti neUe migliori condizioni per
beo comprendere il giudizio di D.
Cafasso su D. Bosco. È molto dub-
bio che ne abbiano avuto sotto ma-
no il testo integrale. Tant'è che ri-
corrono alla citazione, di una cita-
zione parziale di un non precisato
oàginale. È poi sicuro che non han-
no potuto collocare la valutazione
cafassiana nel suo contesto, visto
che non lo conoscono neppure indi-
rettamente, per lo meno tramite le
Memorie Biografiche, fonte indi-
spensabile per chi studia D. Bosco,
anche se da leggersi con spirito criti-
co. Quello stesso spirito critico che
ci ha permesso di scoprire come don
Lemoyne, autore di buona parte
delle Memorie Biografiche citando
a pagina 588 del quarto volume par-
zialmente, pure lui!, il giudizio del
Cafasse, anzi, correggendolo in al-
cuni termini, ne ha già fatto una sua
«particolare» lettura.
Dove recuperare dunque testo e
contesto del giudizio di Cafasse?
Una sola la risposta: negli archivi e
nelle biblioteche. Ebbene, al termi-
ne della ricerca sono giunto alla
conclusione che la fonte più antica
ed attendibile pervenutaci (almeno
LA VERA STORIA
DI UN ENIGMA
Una «battuta» riportata acriticamente
da recenti pubblicazioni.
Suo significato e problemi storiografici.
DIXIimE Uù\\'eE, N. o.
P:u·alt uno fOlll Pl\\T mols.
BEl'TEMDRE 1888
BULLETIN SALESIEN
llou hTI>u aidu ooo rr.,.. ,t In-
~ ~~"
,'.'l nlllu anc nx li l'uucauat if•·
a, ,. nn1o. 1111 s. ,.... •,
.
Appllqus-~••• auz bonnu lt41uru, / I !t~'
l l'exbort..Uoo el l l'lo11tucU011. /J
j {1 ' tnlOlll. IY. J:l)
dl-1 PIIIDI lu ch4u, dl,i,,u, I• pb,1
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n ul,1-\\ du llnu.
Ua ltadn •mou n•en lo J>rooh>m
m au dea plna greudt et uod•
Iuli do.. 4no IA dJTiuo Boute
w, ft.it •ux homme,,
(d. ,....u,,;01• DI s..
Qolooaqu. t~l "" onful u mou
uom, a'ut moi•m6mt qo'il rtq0lt.
1.S.. Mua, •"*• ,,
11 ,01t1 reoomm.uide l'ellfilnoo ti l•
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Niet, Pian d'At1111, N. I. - M1.u1ill■, Mlt dOI ••in1.ln1, O.
LUlo, ruo Not~Darno, 288 - Pari.ti. ruo Boyor. 28, ~ò.nlhnontALnt.
lom.mftlro: DON nosco....... l,I: ~ •·t:.,rNILt.
;::,~~,?c':~''rf:..·or: s. ~~;:.:~Pt\\ill
d,1 lU11nmonU1.n1: La fili d.1, N..l), A.1,xllit.lr'ltct - 1,u
Uonfirc11N "" CdoJltr'aluur,. - L11,1.tt: 0 1'(\\hcliont D,11,
tJ0100: JJ,i,"1lictlon •oltHlttll• du fflU,1ota.u,.w af'"l/11•4, -
I.a fuu• du Pu.r~:t.totN a.L 1e Jubald ,Jo LtkiCl Xlii. -
Lai: l i ~ D1C ,.... u MDl'bL NOitft:1111 ,kiia Do
)l.ailowi 1oin.wn& lbu•1l". .a.u: Uri.:IIUiU dt Jllft..
~ ,J-lt,,..,__1/fcn,iop: M. l«A.oMIMA-,y.
-~-n.Wr.n11.
... DON BOSCO
•• LU UO U'l' a..un 1)1 ];:,t!l(•t:t l!~.
Dou Il()Seo, tnnl Jonno p1<llru uucoro,
AYniL dojà lmnvu 8U volo ot foiL uhnl:t 110
1<111 111inhìtèrl•. lfol~ c•(Jllo ,·oio ét:ilthl nnn-
"cllu, ut eo mlnl!ftùro cwllnu;s11it uu hll
11111ubro d'am,1 r<lN, 11uu dc.s :uuis, d'otllcur:s
trè~ llionvoillm1lll, s'cn émuront un !JOH.
l'our Otro ph1H sfu·s ,lo foiro 11110 clu-
111a1·ohll utilo, lls x11ult'Cllsèro11~ à D. Oa-
lil..'-'!01 111nfl!·o 1l011 On111'~1-c11ul)8 do mornlo
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Ucm ll~ao.
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votro Don DOilCOT LCJ tèlo CSI sm1,i c•onlro-
tllt UJJO c.husu tlivlu,•, i, ,1mliliu11 teonlcfuis
qu1il &Oit 1-églu, so LU•lroi1'JIO R11g~u1c11L t\\
uu gonro !Ji!!u d6fiul 1l'occu1mtiu.,M et K'Y
:c1111liq110 o.voc ClllpdL do swtc ot vlgt1c11,,.
Dou Bosco, lui, u'cutentl p:~ do cotto
111-cillo: prédicatlou ot confOS/llon no lui
snmscnt 1>lus; 11111u/lnicr 11'110 ul11IJliS110-
m1mL du Juuuos llllcs, U moL sou buuhour
,\\ truiuur t\\ SII 8trltc, dnu~ .lo11 ruoa do 111
ville, dilli tJOlllil! vnga!Joucls ot vuurio1111
clo lonto ospèco; U rovo d'ut.4\\lllrt dnus
ùcs b:ltlwoul4 6difiél! lmt lni, uuo 1U11u-l-
111crio; il 11:irlo cl1ouh'll11rondro tlca mls-
No ,-iou,; lolntuhws... cu 1w mot1 ric.11 no lo
cléuuucCl'Lo. so:rnlk.-o pus 1-oudro li l'M-
;.:liso un v6rltnlllo sorvioo quo do I mcor d08
limito>i pr6uis08 1\\ un iùlc h•up uukrupru-
unnt vour Giro 1J11IJÒJ•omo11h solo11 D)ou T
Dun 0,tfnhl!o, 80url:w~, ckouù:lit ,weo lo
plus grnu1I cnl111c ccs ro1n-é...011tnliollll qui
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:irrirnll•ut n.-..wi,; ftél)ucutc,,; plllij, l11vn-
ri11ùlcmc11L, li ri,1,omlait d'tw Luu /.'l'l\\VU
nt avoc 1111 necunt 11rw1110 pruph6t1,1uo:
Lals,cc-::-lo fnir•, l11issa..-lo /11/,·u!
:rc.1-so1111l•1 1\\ 'fudu 1 110 ruf11Kt1iL i\\ Don
Cutitsso CUIIIIIIO \\1110 ~Ol'l.u clo cll&CCl'IIO•
111c11t 111:1, l)l!fll'ill!: il t•n :,vnlL l'nlL prouvo
hit•u cle:- folii ot il:111~ Ùllll fÌl'llOUNl.n11co.~
~011,·çr:1luo111<•11L tlélit:atcs; mai~ 011 6bit
1untu dc, oroiru 111111 pour JJon llosco co
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Jltlll (JII <iéf1Utt.'
J~ tuu~uo 111n111loclo rcve11it· 1\\ la o.bnrgo
a\\'cc 11110 p w-,,,\\y(,1•1111cc et 1111 luxu do oon-
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4.10 Page 40

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40 · t LUGLIO 1987
fino ad oggi) è niente meno che il
Bollettino Salesiano. Si, Il Bolletti-
no Salesiano francese del mese di
settembre 1888. Ed ecco il testo
esatto ed integrale d.ella citazione
del Cafasso (in una traduzione del
1890: Don Bosco peJ dottore Carlo
Despinay, prima versione italiana
sull'undecima edizione francese,
p. 11): «Sapete voi bene chi è D.
Bosco? Per me, più lo studio e me-
no lo capisco: lo vedo semplice e
straordinario; umile e grande; pove-
ro ed occupato da disegni vastissi-
mi, da progetti in apparenza non at-
tuabili; e tuttavia sempre attraver-
sato nei suoi disegni e come incapa-
ce di far riuscire e bene le sue impre-
se. Per me D. Bosco è un mistero.
Se non fossi certo che egli lavora
per la gloria di Dio, che Dio solo lo
guida, che Dio solo è lo scopo di
tutti gli sforzi suoi, lo direi un uomo
pericoloso più per quello che lascia
intravedere, che per quello che ma-
nifesta. Ve lo ripeto: Don Bosco per
me è un mistero. Lasciatelo fare».
Che cosa intendeva don Cafasso
con l'espressione «Don Bosco è un
mistero» ripetuta due volte? Fer-
miamoci anzitutto al semplice testo.
A mio giudizio - secondo la mia
lesta, per riprendere il discorso ac-
cennato all'inizio - il Cafasso fon-
dava il suo parere su due precise
considerazioni: la prima, di ordine
esteriore, visibile e quindi verifica-
bile: l'evidente contrasto fra la sem-
plicità di D. Bosco e la sua straordi-
narietà, la sua umiltà e la sua gran-
dezza, la povertà dei mezzi di cui di-
spone e gli immensi progetti che
vorrebbe perseguire, ma che sembra
impossibilitato a realizzare per dif-
ficoltà petsonali e di circostanze. La
seconda considerazione è di caratte-
re morale, spirituale: la «potenzia-
le» pericolosità di D. Bosco e la cer-
tezza del Cafasso, che ne è il confes-
sore, che don Bosco è un uomo di
Dio. Dunque con l'espressione «mi-
stero» il Cafasso lascia semplice-
mente intendere che il comporta-
mento di don Bosco gli era umana-
mente inspiegabile. Tuttavia, poi-
ché era certo che don Bosco lavora-
va per la gloria di Dio, non era falso
né un ipocrita pericoloso, bisogna-
va lasciarlo fare.
Tale interpretazione della citazio-
ne del Cafasso è suffragata anche
dal contesto in cui essa si colloca.
Nel brano che immediatamente la
precede, il redattore del BS presenta
le critiche che «amici affezionatissi-
mi» e personaggi influenti della To-
rino dell'epoca facevano presso don
Cafasso (unanimamente riconosciu-
to come dotato di un «senso sovru-
mano» di discernimento spirituale):
don Bosco intraprendeva ministeri
sacerdotali nuovi, si dedicava a
troppe attività, dimostrava un ec-
cesso di zelo sacerdotale, non si la-
sciava scoraggiare da nessuna diffi-
coltà. L'atto di «accusa» era for-
mulato con le seguenti testuali paro-
le (nella citata traduzione ottocente-
sca): «Che uomo è egli mai questo
vostro don Bosco?
Lo zelo è senza dubbio una cosa
divina, quando però venga modera-
to, prudentemente si restringa ad un
genere ben definito di occupazioni e
a queste si applichi con ispirito di
costanza e di vigore. Don Bosco in-
vece non fa così: predicazione e
confessione per lui non bastano;
cappellano di un educatorio di gio-
vanette, egli ripone intanto ogni sua
felicità nel tirarsi dietro per le vie
della città giovani vagabondi e mo-
nelli d'ogni sorta; sogna di impian-
tare, in locali eretti da lui, una tipo-
grafia, parla di intraprendere lonta-
ne missioni... in una parola, nulla
lo sconcerta. Non sarebbe egli un
vero servigio reso alla Chiesa il se-
gnar limiti precisi ad uno zelo trop-
po intraprendente, perché possa
dirsi tutto secondo il Signore?».
A queste reiterate «accuse» -
stando al redattore del BS - D. Ca-
fasso non avrebbe fatto che ripete-
re: « Lasciatelo fare, lasciatelo fa-
re». In alLre parole a quanti avanza-
vano riserve sul comportamento di
don Bosco, diceva: le vbstre osser-
vazioni potranno anche essere giu-
ste, ma non preoccupatevi. Fidatevi
di me: D. Bosco gode tutta la mia
fiducia. Dio è con lui e lui con Dio.
Ma ancor più illuminante è il se-
guito dell'articolo. Dovendo pre-
sentare una nuova edizione, intera-
mente rifusa, della vita di don Bo-
sco scritta dall'agiografo francese,
Charles D'Espinay, il redattore del
Bollettino ai suoi lettori ne offre le
seguenti motivazioni: il grande suc-
cesso delle altre edizioni, ristampe e
traduzioni; la maggior libertà che
l'autore gode, data la morte, avve-
nuta pochi mesi prima, di D. Bosco;
la più lunga familiarità avuta negli
anni ottanta con D. Bosco e coi sa-
lesiani; iJ fatto che questi si limita-
vano per il momento a raccogliere
documenti, non avendo voluto pro-
cedere subito alla stampa di una
biografia del loro fondatore. Ed a
questo proposito iJ redattore osser-
va [la traduzione è nostra]: «Essi
non l'hanno voluto. Ma se lo pote-
vano, lo dovevano; perché non
l'hanno voluto? Una parola spiega
tutto: DoN Bosco È UN MISTERO [Il
maiuscoletto è nell'originale]...
Don Bosco è un mistero, e un miste-
ro insondabile, nella misura precisa
in cui Dio si è coinvolto [melé: mi-
schfato] nella sua esistenza».
Si banno pertanto buoni motivi
per sostenere che il testo della famo-
sa citazione del Cafasso, il contesto
in cui egli si sarebbe espresso, come
pure l'interpretazione che ne dà la
fonte più antica, concordano su
un'unica lettura: quella di fede.
Considerarla sotto profili diversi,
significa distorcerla, tradirla, farne
la caricatura.
Discorso definitivamente chiuso
allora?
In ordine allo scopo che ci erava-
mo fissati non credo che a questo
punto ci sia altro da aggiungere.
Certo, ad uno storico si porrebbero
tante altre domande. Chi ci garanti-
sce ad esempio cheil Cafasso ha ve-
ramente detto quelle parole? C'è
qualche manoscritto attendibile al
riguardo o si tratta, come è proba-
bile, di traduzione orale? Da dove iJ
BS ha desunto la citazione del Ca-
fasso e le altre informazioni sul san-
to confessore di D. Bosco? Ed an-
cor più interessante: quando D. Ca-
fasso ha dato questo giudizio su D.
Bosco? Risposta: nei primi anni deJ-
l'Oratorio di Valdocco. Ed allora: è
quella attribuita al Cafasso una va-
lida chiave di lettura di tutta la vita
di D. Bosco, dato che per altri 40
anni egli ha operato alla luce del so-
le in Italia, Francia e Spagna, ba
scritto migliaia di pagine, ha tenuto
decine e decine di conferenze e di-
scorsi? Non ha per caso offerto altri
spunti che ad un occhio attento per-
mette di meglio «comprendere» il
«mistero» deJla sua vita?
Francesco Motto

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5.1 Page 41

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- - - - - - - - - - -sB
PERICOLO DI UN TERZO
TAGLIO CESAREO
E ro molto preoccupata per
la gravidanza di mia figlia,
che si presentava bene, ma sa-
rebbe stato un sicuro terzo par-
to cesareo. C'era stata anche la
perdita dolorosa della seconda
figlia.
Abbiamo Invocato M. Ausilia-
trice e Sr. Eusebia di pregare
con noi. La grazia è arrivata. Sto
meglio e mio marito è più tran•
qulllo.
Ringraziamo di cuore Sr. Eu-
sebia.
Teresa Pe/rani Gruglìasco
PROVA DOLOROSA
CON ESITO INCERTO
M ia madre doveva sotto-
porsi ad una prova che
cl preoccupava molto, sia per-
ché molto dolorosa, sia perché
l'esito era alquanto incerto.
Ci siamo rivolti con fiducia a
M. Ausiliatrice e come sempre
tri rottl riportando solo due co-
stole rotte.' Un carabiniere mi
disse: •Suora, andate ad Oropa
(eravamo nei pressi) ad accen-
dere non un cero ma dieci; e poi
dicono che i miracoli non awen-
gono piùl•.
Siamo tornati a casa tutti sani
e salvi, anche se un po' spaven-
tati e in ritardo.
Comunità •STIMMATE»
FMA Torino
Ml sono completamente affi-
data a Maria Ausiliatrice e a S. HO TROVATO
non ha mancato di esaudirci. La
prova fu effettuata e l'esito rivo-
G. Bosco. Le mie. preghiere so-
no state esudlte. E nata una ter-
za bimba dandoci tanta gioia.
Jole Bandini - Novara
LAVORO
S ono un'ex-al!ie~a sale_sia-
na e vorrei ringraziare
pubblicamente M. Ausiliatrice,
Don Bosco e tutti i Santi Sale•
sianl, per avermi fatto trovare la-
voro e per l'aiuto che mi hanno
luzionò tutto quanto era stato
evidenziato dalle precedenti ra-
diografie.
Con cuore riconoscente rin-
graziamo M. Ausiliatrice e la
preghiamo di volerci continuare
la sua protezione materna.
Rinuccia Piovano
CERTEZZA or ESSERE
ESAUDITA
O gni volta che ho bisogno
di grazie ml rivolgo a Ma-
dato per superare tante diffi•
ria Ausiliatrice, Don Bosco, S.
GRAZIE A S. D. SAVIO
coltà.
D. Savio e sono certa di essere
N el giugno u.s., affetto da
grave difficoltà respirato-
ria, nasceva il mio nipotino. Tra•
sportato d'urgenza all'ospedale
Bambin Gesù di Roma in stato
cianotico, venne ulteriormente
colpito da altre complicazioni
con conseguente paresi del
braccio sinistro.
Le sue condizioni erano di-
sperate e noi tutti In preda al-
l'angoscia più nera. Un salesia-
no mi parlò di S. D. Savio. Iniziai
subilo a pregarlo come solo può
fare chi sta annegando in un
mare di dolore.
Ed li miracolo è awenuto. Le
condizioni del piccolo comincia-
rono a migliorare ed ora a sette
mesi cresce meravigliosamente
senza conseguenze. Ringrazio
pubblicamente questo grande
piccolo Santo.
Rita Teofoli Terni
SR. EUSEBIA
D a tempo ero malata di va-
rici, refrattaria ad ogni
cura; per un improwiso aggra-
varsi del male, mi hanno dovuto
ricoverare In camera di rianima-
zione. Angosciata non tanto per
la mia situazione ma perché non
potevo assistere mio marito ot-
tantenne e affetto dal morbo di
Parkinson, quindi non autosuffi-
ciente.
Lettera firmata
DOPO DIECI ANNI
DI MATRIMONIO
D esidero ringraziare il caro
S. D. Savio per avermi
protetto durante una gravidanza
tanto difficile.
Avevo avuto la grazia di atten-
dere un bambino dopo dieci an-
ni di matrimonio, ma al secondo
mese di gravidanza ebbi una
brutta minaccia di aborto. Mi ri-
volsi con tanto fervore a S. D.
Savio e tutto si è risolto nel mi-
gliore dei modi. È nata una stu-
penda bambina dl nome Fran-
cesca, che continuo ad affidare
ogni giorno al piccolo grande
Santo.
Adele Galati De Carla Roma
PROBLEMI RESPIRATORI
L a mia bella bambina appe-
na nata ha avuto del pro-
blemi respiratori. Mi sono rivolta
a S. D. Savio e tutto si è risolto
nel giro di pochi giorni. Ora go-
de ottima salute e continuo ad
implorare per lei l'intercessione
di questo piccolo grande Santo.
Adriana Gallenl - Ml
È ANDATO TUTTO BENE
e on una gravidanza a più
di 40 anni c'era molto da
temere per la madre e per il
bambino. Con fiducia abbiamo
invocato S. D. Savio e lutto è an-
dato bene. Ringraziamo di cuo-
re il grande Santo delle culle e
imploriamo la sua benedizione
sulla piccola Francesca.
Ernanuel W. Zarb Malta
esaudita. È sempre stato cosi
ed è stato solo per pigrizia che
non ho mai scritto.
Desidero però esporne alme-
no una. Un 6 maggio ebbi la for-
tuna di baciare la reliquia di S.
D. Savio. Desideravo tanto di-
ventare mamma, lo implorai per
questo ed a distanza di pochi
giorni ebbi la gioia di scoprire
che aspettavo questo bimbo
tanto desiderato.
Dl ciò e di tutte le altre grazie
non pubblicate desidero rende-
re grazie al Signore.
Famiglla C. P.
M. AUSILIAlRICE
Cl HA PROTETTI
DUE GRAZIE
DA SR. EUSEBIA
R Ingraziamo pubblicamen-
te M. Ausiliatrice per
averci scampati da un gravissi-
mo incidente, il 18 luglio u.s.,
durante una gita con i bambini
che frequentavano il nostro cen-
tro di •Estate Ragazzi•.
Verso sera tornando da una
visita al Parco della Burcina a
PoRone presso Biella, awici-
nandocl al pullman, questi parti
D esidero ringraziare Suor
Eusebia Palomlno per
queste due grazie:
11 - Mia nipote soffriva di
esaurimento nervoso e, nono-
stante le moltissime cure medi-
che, non migliorava.
21 Mia sorella, di 76 anni, si
è sentita molto male, la pressio-
ne era arrivata a 24 per 14. Tutti
all'impazzata verso la discesa
andando a sbattere contro un
bar, devastandone la facciata e
quanto si trovava davanti, com-
presa un'auto 127, cozzando
poi contro un albero, abbatten-
dolo e infine rovesciandosi in
in famiglia siamo rimasti molto
preoccupati per la sua vita.
Ho implorato M. Ausiliatrice
per intercessione di Sr. Eusebia
e ora stanno entrambe molto
bene.
mezzo alla strada. L'autista che
Olga Pastori
si trovava alla guida, uscl dai ve-
Santana (Brasi/e)

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42 · 1 LUGLIO 1987
RAVANELLI CECILIA, cooperatri-
ce t Cascina Belvedere di Soresina
a 83 anni
Piuttosto schiva non amava ruoli di
responsabilità diretta, ma non c'era
necessità o Iniziativa dell'Oratorio a
cui non desse Il suo generoso contri-
buto di tempo e di sacrificio ed i suoi•
risparmi.
Per tutti era la •Zia Cllia•. Donna
di consfgllo e di grande prudenza.
Tutta la sua giornata era dominala
da un grande amore a Maria Ausllia-
trice a a Gesù Sacramentato.
MAGGI slg.ra FERNANDA, coope-
ratrice t Roma a 78 anni
La partecipazione di tanta persone
alla concelebrazione aucarl.<Jtlca per
te esequie è stata l'espressione più
spontanea e cordiale per rtngrazlare
Il Signore del dono di una mamma
semplice ed esemplare.
Guidò l suol figli a un Impegno pro-
fessionale, sociale ed ecclesiale.
Con grande gioia ed entusiasmo ac-
compagnò il figlio don Dalmazio nel-
la scelta della vita sacerdotale nella
Congregazione di Don Bosco, verso
cui nutriva stima e devozione.
Per I quindici nipoti e per la proni-
pote rimane un esempio di acco-
glienza serena e di iricoraggiamento
cordiale, ma anche di richiamo fermo
all'Impegno umano e cristiano.
SAVONA slg.ra GIUSEPPINA ved.
VALERY - cooperatrice t Napoli a
90 anni
Nelle sue scelte il punto di rileri-
mento era sempre la volontà di Dio.
Rimasta vedova giovanissima e con
cinque figli piccoli si dimostrò subito
donna forte e ricca di fede.
Trovò Il coraggio per superare tan-
te difficoltà, comprese quelle econo-
miche: nella leda, proponendosi
sempre e soprattutto di aderire alla
volontà di Dio; nella speranza, facen•
do con sacrificio, fermezza e ottimi-
smo la sua parte nella pazienza del•
l'attesa dell'Intervento del Signore;
nella carità, trattando tutti con tanta
cordialità, era solita dire: •lo voglio
bene a tutti•.
FALCONE slg.ra CARMELA, coo-
peratrice t N~poli-Vomero a 80 anni
Donn!J semplice e umile ma di
grandi qualità umane e spirituali.
Nella sua esistenza Incontrò ogni
genere di difficoltà che seppe però
sempre affrontare con coraggio e for•
za. Era una donna •combattente• e
nessuno riusciva a spuntarla se si
trattava di difendere I deboli.
Veramente straordinaria pur nel-
l'ordinarietà della sua vita quoti-
diana.
BONORANO sac. GIULIO, Salesia-
no t Borgo S. Martino a 82 anni
Sacerdote di tenace tempra mon-
ferrtna, di schietta scuola donbo-
schlana, fedele alla massima del
Fondatore •Servite Domino in faetl-
tia•, che Interpretava con totale di-
sponibilità, con alta professionalità,
sorretta da carità, In ogni settore
operativo: dalla cattedra direzionale
(fu Direttore per 26 anni) a quella
scolastica, al conlessionale..çollo-
qulo tra anime, in cui sapev.a affon-
dare In profondità.
DI lui molto sarà ricordato, perché
molto ha dato.
MAGNI sfg. RICCARDO, Coadiuto-
re Salesiano t Roma a 83 anni
Fu Missionario in Cina dal 1924 al
1970 nella sua mansione di capotlpo•
grato nelle Case di Shanghal, Macau
e HongKong.
sua vita missionaria si profila
sullo sfondo della rivoluzione cinese
vivendone Il dramma e le angosciose
giornate.
Fu l'ultimo degli europei a lasciare
Shanghai nel 1952/53. i comunisti lo
trattennero in laboratorio come ope-
raio-tecnico offrendogli una ottima
retribuzione se restava alle toro di-
pendenze. Ma lui visto che non gli
sarebbe staio possibile fare aposto-
lato fra I giovani preleri scendere a
HongKong. Fu un gran bravo coadiu-
tore salesiano, semplice, labor1oso,
pieno di amore a Don Bosco, alla Cl•
na. alla Chiesa.
BELLINI signor ALBERTO, Coope•
ratore t Potenza Il 28/9188
Fin dalla nascita dell'Opera Sale-
siana a Potenza si Innamorò della fi-
gura di Don Bosco e fece parte daf.
l'Associazione del Cooperatori Sale-
siani. Per tutta la sua vita ebbe a
cuore di realizzare quell'onesto citta-
dino e buon cristiano che fu l'Impe-
gno educativo della pedagogia di
Don Bosco.
VOLPATO sac. ANTONIO, Salesia-
no t Borgo S. Martino a 73 anni
Sacerdote esemplare, maestro di
vita, modello di dolcezza, di umiltà e
di pietà. Visse generosamente la sua
stagione terrena, confermando ogni
giorno la sua consacrazione a Dio,
donando a quanti lo conobbero la
sua sapienza cristiana, la sua capa-
cità educativa.
BONSIGNORE AGATINO, coadiu-
tore t Padova nel 1987
EK•alllevo dell'opera salesiana di
Catania, si sentiva a casa sua in una
Parrocchia animata dai saleslanf.
Presidente unitario dell'Azione
Cattolica parrocchiale, membro del
consiglio parrocchiale affari econo-
mici. Come cooperatore salesiano
ha vissuto con funzioni di coordinato-
re dell'àssoclazione Il dlfflclle a lmpe•
gnalivo tempo della ripresa e della ri-
scoperta dena spiritualità salesiana.
Animatore liturgico, attento e di-
sponiblle non appena gli si facesse
una piccola richiesta Era in pensio-
ne ma serviva a tempo pieno la co-
munità.
AUDRITO FRANCESCA, Coopera-
trice t Castagnole (TO) a 80 anni
Donna di tede prolonda, devotissi-
ma di Don Bosco e di M. Ausllfatrice.
Partecipò sempre con quella sua ca-
rica di gioia, serenità e ottimismo a
tutte le attività che il Centro organiz-
zava.
Ora Francesca non è più con noi
ma slamo sicuri che continua a sorri-
derci dal cielo.
LIOUINA LINA GRETTER t 111987
Alla scuola del Cristo apprese la
carità integrale, mite e forte, cauta e
solerte, parsimoniosa e generosa Ir-
radiò tede, pietà, bontà, gioia.
SI prodigò sino al limite delle forze
in campo scolastico, sociale e eccle-
siale prediligendo bambini, poveri e
malati.
BIANCHI signor ANGELO, Coope•
n retore t Olgiate Olona a anni
Uomo onesto e operoso, ha speso
la sua vita nella fedeltà agli affetti fa-
miliari, Insegnando al suoi tigli il san-
to timor di Dio, espresso concreta-
mente nella bontà feriale fatta di retti-
tudine, di laborlosllè, di pace.
PAOLINO slg.ra CARMELINA t Mo•
dica Il 2618186
Colpita da un male incurabile sop-
portò le non poohe sofferenze con
coraggio veramente cristiano.
Fu buona e generosa con tutti e la
serenità del suo soffrire la rese cara
a quanti la conobbero.
La sua vita fu un cantico di fede, di
bontà e di amore.
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE•
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13·1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se sl tratta d'un legato: ... lascio alla Direzione Generale Ope-
re Don Bosco con sede In Roma (oppure alt'Istituto Salesiano per
le missioni con sede In Torino) a titolo di legalo la somma di lire...,
(oppure) l'Immobile sito In... per gli scopi perseguiti dall'Ente. e parti•
colarmente per l'esercizlo del culto, per la formazione del Clero e
del Religlos·, per scopi missionari e per l'educazione cristiana.
- se si lratta invece di nominare erede dl ogni sostanza l'uno
o l'altro dei due Enti su indicati:
« ...annullo ogni mia precedente disposizione teslamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure /'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
In Torino) lasciando ad esso quanto 'ml appartiene a qualsiasi titolo,
per gli scopi perseguili dall'Ente, e particolarmente per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e del Religiosi, per scopi missiona-
ri e per l'educazione cristiana.
(luogo e dara)
(firma per disteso)

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I LUGLIO 1987 · 43
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• ' •.. '-1 .1~1!;.''l,; ·~,:,-~~-~:~...,:--·~·-.-;,·;,_ .. _ _ - - -- ,., ~-- ___ , __. ,!
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zia ricevuta, a cura di Talarlco Lilia-
na, Napoli, L. 1.000.000
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opere Don Bosco
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plorando protezione, a cura di LA.,
Varese
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cordia e Fn suffragio di Mario a Dan•
te, a cura di Rebora Pia, Genova
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vanni Bosco, In memoria e suffragio
del Doti. Gerardo Musuraca, a cura
della moglie Anna Condemi Musura•
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sco, Domenico Savio, ringraziando
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sco, per impetrare grazie, a cura di
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Bosco, a cura di Nicola Giovanni,
Torino, L. 300.000
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sco, in memoria dei defunti Enrico e
Arturo Trasalti, a cura di A.N.,
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anniversario della morte del sales/a•
no D. Carlo V/nciguerra, a cura delle
sorelle Teresa e Giovanna,
L 300.000
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rovano, nel 25° anniversario della
morte, a cura di Rossi Teresa Chla-
rovano, TO, L 250.000
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sco, a cura di Careddu i:lena, Olbia
SS, L 250.000
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aiuto per momenti difficili, a cura di
Cumuli Giovanni, BO, L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrice e Mons.
Verslglla, a cura di N.N.• Chiuduno,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausllla~rlce e S. Gio-
vanni Bosco, in memoria e suffragio
del genitori Andrea e Letizia, a cura
della figlia Giovanna De Bellìs. Ro-
ma, L. 200.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, in me-
moria di Lina e Giuseppe Ballalra, a
cura di Ballaira Rita, Bra CN,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, a cura di
Marotta M. Luisa Legrenzi, Milano.
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, in suffra-
gio di Sciaraffia Armando, a cura di
Clelia Lazzaro, Salerno, L 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, In memoria del marito e parenti
defunti, a cura di P.M., L 120.000
Borse Missionarie
da L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Maggloni Tinuccia, Besana B., Ml
Borsa: Marta Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, Invocando protezione
per la sorella Teresita, a cura di Ga-
llmbertl Fraschini Pina, Milano
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo•
vannl Bosco, invocando protezione
e In suffragio dei miei defunti, a cura
di Bramati Luigia, MIiano
Borsa: In memoria del salesiano Pri-
mo Giuseppe, nell'8° anniversario
della morte, a cura della sorella Tere-
sa, Pinerolo TO
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, ringraziando
della guarigione del nipote France-
sco, a cura di C.S. e Minnltl Vincenza
Borsa: In memoria di Tatti Fulvio, a
cura di Giuglard Giuseppina, TO
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, con riconoscenza e per prote-
zione, a cura di N.N.
Borsa: S. Domenico Savio, In me-
moria di Don P. Doveri sdb e invo-
candoprotezione sulla famiglia, a cu-
ra di V. Battelli, Pietrasanta
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cando proiezione sui nipoti e fami-
glia, a cura di Micheli Lucia. Cantali•
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zia ricevuta, a cura di Anna M. Can•
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vocando protezione, a cura di Airale
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pe Avenla, a cura di Don Calogero
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gio del marito e dei parenti defunti, a
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do protezione, a cura di C.E., Gino
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sco, Domenico Savio, in ringrazia•
mento e Invocando protezione sulla
famiglia. a cura di L.P.
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menico Savio, per grazia ricevuta
da mia nipote, a cura di S.I., Avellino
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sco, Papa Giovanni, per ringrazia-
mento e protezione, a cura della
Fam. Focacci, S. Stefano d'Aveto
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ria e suffragio di Sr. Maria e Carolina
Amede, a cura di N.N., Lu Monf. (AL)
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vanni Bosco, in memoria del marito
e familiari defunti, a cura dì Bellame
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vanni Bosco, In ringraziamento e
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bambine, a cura di R.G.
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Bosco, per ringraziamento. a cura di
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vanni Bosco, pregate per la mia fa-
miglia, a cura di N.N., CL
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vlo, invocando protezione, a cura di
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cura dì C.G., Gualdo Cattaneo
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