Bollettino_Salesiano_198611


Bollettino_Salesiano_198611



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RIVISTA FONDATA
DA S. GIOVANNI BOSCO ,
1 NEL1877
"- ,,-:-.-

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3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò cl parla
5 BREVISSIME
9 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Sono molte le strade che portano al Terzo
Mondo
nostra redazione
L'impegno a sostenere i popoli in via di sviluppo si
fa sempre più consapevole. Presentiamo una se-
rie di problemi legati a quest'impegno.
13 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Centri di sviluppo si ma testimoniando Il nome
di Cristo
di G. C.
Cosa ne pensano i missionari? Ne abbiamo inter-
vistato uno.
17 VITA SALESIANA
Col tempo e con il Po ma anche con il bit
di Giuseppe Costa
Presentiamo l' unica scuola agraria diretta in Italia
dai Salesiani.
In copertina:
Col tempo
e con il Po
ma anche con il bit
(Foto SAF)
(Servizio a p ag. 17)
1 GIUGNO 1986
ANNO 110
NUMERO 11
21 VITA SALESIANA
Per troppi ragazzi maltrattamenti e percosse
di G. N.
Le cronache parlano spesso di violenza e di mal-
trattamenti ai ragazzi. Cosa si può fare? Per intan-
to Radio Don Bosco di Roma Cinecittà ha inco-
minciato a muoversi.
24 PASTORALE GIOVANILE
Dalla piazza alle colline per riscoprire i veri va-
lori dell'uomo
di Gaetano Nanetti
Ancora una esperienza a dimostrazione della pre-
senza salesiana fra ragazzi e giovani in dilficoltà.
30 EDITORIA
Un dizionario per prendere sul serio la
catechesi
di Silvano Stracca
Una recente fatica dell'Istitut o di Catechetica del-
l'Università Salesiana di Roma.
33 STORIA SALESIANA
«Patiru Domingo» sul sentiero di pace
di Marco Bongioanni
È la storia di un grande missionario salesiano.
RUBRICHE
Scriveteci, 4 - Pigy d i Del Vaglio, 6 - L a lettera di
N ino Barraco, 7 - Libri & al tro, 28-29 - I nostri san-
ti, 37 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06169.31 .341.
Conto corr . post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongioanni - Eugenio Fizzotti - Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
e Fotocomposizione, Impaginazione stam-
pa: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni rnne (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
* Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Dlrez.ione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la disponibili-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Mano, Rinaldinl) -
Via Marsala 42 - 00185 Roma - Tel. (06)
49.50. 185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni naziona-
li e 18 lingue diverse (tiratura annua oltre 1O
milioni di copie) In: Antille (a Santo Domin-
go) - Ar~entina Australia - Austria - Bel-
gio (In fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca•
nada - Centro America (in Guatemala) - Ci-
le - Cina (a Hong Kong) - Colombia Ecua-
dor Flilpplne • Francia Germania Giap-
pone India (In Inglese, malayalam, tamil e
telugù) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia -
Jugoslavia (in croato e In sloveno) - Korea
del Sud Li tuania (edito a Roma) • Malta
Messico - Olanda Paraguay - Perù - Po-
lonia - Portogallo - Spagna Stati Uniti -
Thailandia - Uruguay Venezuela - Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi
lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

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- - - - - - - -- - -sB
1 GIUGNO 7986 3
Don Viganò ci parla
SPIRITUALITÀ
LAICALE
li fascino spirituale della vocazione del «laico» è
l'amore: appunto come nel Cristo ed in ogni suo vero
discepolo.
Un amore originale, nato nel cuore del laico per
manifestare la meravigliosa unità di tensione tra due
poli distinti che, in lui, risultano inseparabili: la im-
manenza del profano e la trascendenza della santità.
Proclama cosi l'affascinante mistero dell'incarnazio-
ne. Un simile amore non è di facile attuazione; ha bi-
sogno di una appropriata e robusta spiritualità. Di qui
la necessità di una saggia e permanente formazione
che assicuri la sintesi viva, e non una semplice somma,
dei molteplici valori della vocazione laicale.
I «mezzi indispensabili» per promuovere tale for-
mazione sono, senza dubbio, quelli comuni ad ogni
crescita nell'amore cristiano: ascolto orante della Pa-
rola di Dio, frequenza dei Sacramenti, senso di corre-
sponsabilità apostolica, accettazione di una disciplina
ascetica, discernimento dei segni della volontà del
Padre.
Sono mezzi a disposizione di tutti, pur nella molte-
plice differenziazione della vita laicale: matrimonio o
celibato, fidanzamento o vedovanza, giovinezza o ter-
za età, psicologia maschile o femminile, diversità
d'impegni o di professioni, ecc.
Ma inoltre è indispensabile curare, in forma specifi-
ca e particolarmente solerte, alcune «note caratteriz-
zanti» la spiritualità laicale; esse sono inerenti alla
originalità dell'amore del laico.
Ricordiamo alcune tra le più significative:
- la «forza unitiva» di una spiritualità che ap-
prezza simultaneamente il sacro e il profano, così da
farne una sfatesi vissuta; l'esercizio del sacerdozio
battesimale la trasformerà poi in culto spirituale da
incorporare all'Eucaristia;
- la considerazione dei valori secolari del «quoti-
diano», come mjnjera inesauribile da cui estrarre il
materiale, magari umile ma assai valido, del tessuto
dell'amore;
- la cura della propria «professionalità» e del suo
retto e competente esercizio, sentendosi inviati ad essa
come in missione per l'edificazione del Regno;
- l'attento ascolto degli appelli provenienti dai se-
gni dei tempi e dalla Chiesa a prendere parte attiva e
genui.namente cristiana ali'odierno processo di « Libe-
razione sociale»; si tratta di collaborare a far crescere
una cultura più vera e una civiltà del lavoro più giu-
sta: compito assai vasto e impegnativo che esige co-
raggio e pazienza.
Una spiritualità laicale deve privilegiare l'appro-
fondimento e lo sviluppo di note tanto attuali.
- Ma c'è ancora un altro aspetto formativo da
affrontare.
Così come la natura umana non si esprime se non in
tratti fisionomici particolari, in modo analogo una
spiritualità si presenta con modelli ben delineati: l'a-
more non è riducibile a una dottrina; ha un cuore, un
vo1to, una fisionomia peculiare.
Ecco perché una «spiritualità» ha bisogno di essere
coinvolta in uno «spirito» concreto, quale espressione
tipologica collaudata di un modello evangelico
esistenziale.
Molti fedeli, ad esempio, testimoniano la loro spiri-
tualità laicale alla scuola di qualche santo-leader: Be-
nedetto da Norcia, Francesco d'Assisi, Domenico di
Guzman, lgnazio di Loyola, Giovanni Bosco, e vari
ancora.
D'altra parte, nell'alveo di un medesimo «spirito»
evangelico possono confluire diverse «spiritualità»:
laicale, sacerdotale, religiosa, coniugale, di consacra-
zione secolare, ecc., come succede nella Famiglia
salesiana.
Urge; dunque, saper dare oggi un volto definito,
fresco e attraente alla spiritualità laicale.
- Ebbene, da quando esiste questo Bollettino so-
no tanti ormai i laici che, assimilando lo spirito sale-
siano con la sua peculiare grazia di unità dell'<< onesto
cittadino e buon cristiano», stanno incrementando
una promettente santità di popolo.
È da auspicare, in vista del centenario dell'88, un
incremento formativo dei laici coinvolti nella Fami-
glia Salesiana, ossia: un miglior uso dei «mezzi spiri-
tuali» della vita cristiana, un più accurato studio delle
<<note caratterizzanti» la spiritualità laicale, e una più
intensa assimilazione dello «spirito apostolico» di
Don Bosco.
don Egidio Viganò

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I versi di un anziano lettore
Chissà che questo sonetto non possa
essere pubblicato sul Bollettino Sale-
siano! Lo ricevo dal 1910. Quanti anni!
Mons. Antonio Ch,averm,
Via Oebel,, 18 67039 Sulmona (L'Aquila)
Si può dire di no ad un lettore poeta
che ci segue da tanto tempo? Ecco
dunque il suo sonetto Monsignore.
Per i padri Salesiani nel centenario di
S. Giovanni Bosco
Chi vi ha guidato In Sulmona antica
ad una chiesa eretta fra tanti fiori?
Solo la grazia che vi è amica
e la virtù vostra con I suoi onori.
lnsiem cantiamo la mlrabil vita
che Don Bosco visse con zelo ardente.
Con una fiamma al suo cuor rapita,
Voi incendiare la peligna gente.
Vi faccian lieti il tributo ambito
del clero nostro che s'assottiglla
e la schiera eletta che erudite.
Ogni desio vostro non sia smarrito,
ma cresca ognora la gran famlglla
d'un Fondatore si benigno e mite.
Festa di san Giovanni Bosco 1986.
A proposito di bambini bocciati
Sono da molto tempo affezionata let-
trice del Bollettino Salesiano dal quale
mi è anche capitato di prendere spunti
per il mio lavoro a scuola (per esempio
l'articolo su don De Agostini mi è stato
utile insegnando Geografia). Ho nota-
to in questi ultimi numeri che le lettere
dei lettori sono pubblicate senza com-
menti o risposte da parte della Direzio-
ne, mentre alcune volte essi sarebbe-
ro necessari o quanto meno utili.
In particolare, penso alla lettera del
sig. Giovanni Gonnelli pubblicata sul
Bollettino di Marzo (n. 5), in calce alla
quale mi sarei aspettata di vedere al-
meno qualche parola di commento.
Poiché non c'era, mi permetto di scri-
vere qualche osservazione dalla parte
degli insegnanti: non so se la prassi
della rivista prevede questo dialogo a
distanza tra lettori, ma mi sembra giu-
sto che su un problema tanto delicato
parlino più voci.
Come ho detto, insegno, non nella
scuola dell'obbligo ma nel ginnasio,
per cui eredito direttamente i ragazzi
che escono dalla Media. E vorrei pre-
cisare questo:
1) nessun professore di Relìgione
«respinge,. il ragazzo che mitizza l'e-
roe, ma, al massimo, cerca di sfumare
questo culto per far emergere appunto
i valori solo apparentemente antieroici
della donazione, dell'amore e della
tolleranza; del resto nessun professo-
re di Storia «respinge» il ragazzo per-
ché non prende a modello l'eroe, ma,
più banalmente, lo respìnge se non sa
certe cose, se non mostra certe abili-
tà, se non fa certe operazioni.
Il nostro compito è di insegnare conte-
nuti e tecniche, sviluppare nei ragazzi
capacità critica e crescita morale e se
un ragazzo viene fermato lungo la
strada, ciò accade perché a nostro av-
viso non ha I requisiti per proseguire
utilmente in quel momento della sua
vita, non perché lo pre-giudichiamo in
modo irrevocabile.
2) Se ìl sig. Gonnelli (ex bambino boc-
ciato? padre con figlio bocciato? chis-
sà) vedesse un po' di statistiche, si
renderebbe conto che, soprattutto alle
Medie, le percentualì di bocciati sono
scarse rispetto ai promossi e che il
problema è semmai il contrario, cioè
ragazzi mandati avanti con un baga-
glio quanto mai scarso.
3) A proposito delle fughe da casa e
suicidi di origine scolastica, mi per-
metto questa ipotesi: questi fatti dolo-
rosi non potrebbero essere sintomi an-
che di un cattivo funzionamento della
famiglia? Se un ragazzo fa un gesto
del genere può voler dire tante cose:
per esempio, che la valutazione nega-
tiva della scuola va a rafforzare un ri-
fiuto più o meno latente esistente in fa-
miglia oppure, come a me accade
spesso di constatare, che i ragazzi ar-
rivano all'adolescenza assolutamente
impreparati ad un esito negativo, di
qualsiasi genere, ad una frustrazione,
ad un atteggiamento di perseveranza
e costanza nelle difficoltà. Ogni giorno
vedo con dolore quanto pesino sui ra-
gazzi, proprio per questo motivo, gli
insuccessi scolastici, come siano
drammaticamente ed eccessivamente
sentiti. Ma mi chiedo: che cosa è più
formativo per i ragazzi, crescerli conti-
nuando ad evitare loro ogni inciampo
fino a che sono nelle nostre amorevoli
mani, o prepararli formando oltre che
la loro mente con le nozioni anche il
loro carattere e la loro capacità di resi-
stere? So bene che questa è un'arte
delicata, che occorre che i ragazzi
«non solo siano amati, ma sentano di
essere amati» e so bene che non sem-
pre siamo all'altezza di questo compi-
to, io per prima. So che gli ideali pos-
sono logorarsi, che la stessa esperien-
za può diventare un alibi per la ripetiti-
vità, che non sempre è facile vedere in
trasparenza dietro il volto del ragazzo
quello del Signore. Ma di una cosa so-
no sicura: nessuno di noi, neppure il
meno entusiasta, neppure il meno se-
reno va a scuola per opprimere i ra-
gazzi, come pensa il sig. Gonnelli.
Prof. Umbertina Amadio, Via del Forte. 35
01033 C1Vlfa Castéllana (VT)
La Direzione si limita a dare risposte
sulla rivista proprio per incoraggiare,
come in questo caso, la partecipazio-
ne ed il dibattito di più lettori.
Medico offresl
Sono un giovane medico, di 25 anni,
militesente, e da un po' di tempo ho
maturato la scelta di esercitare la mia
professione in un Paese in via di svi-
luppo, non perché abbia la vocazione
di fare il missionario perché pur es-
sendo cattolico io sono laico, ma piut-
tosto perché ritengo che qui in Italia le
mie energie siano veramente spreca-
te, con tutto questo affollamento di
medici, e per me che ho studiato 6 an-
ni la Medicina con convinzione e con
passione, ciò è veramente mortifi-
cante.
È principalmente per questo motivo
che ho fatto la mia scelta e per questo
vi scrivo nella speranza di potermi
mettere in contatto con chi di dovere.
Oort, G1org10 Brugaletta medico ch,rurgo
P.za Croce, 9 97100 Ragusa.
Ammiratore di Caffaro Rore
Da 24 anni sono affezionato lettore del
Bollettino Salesiano.
È vero che nella vita alcuni desideri
possono realizzarsi; nel numero di
marzo del Bollettino infatti ho trovato
un servizio sul pittore Mario Caffaro
Rore che desideravo conoscere. lo lo
credevo del secolo scorso ed invece
con grande sorpresa vengo a sapere
che è del 1910, è vivo e vegeto.
Delle sue opere ne sono sempre stato
innamorato. A mio giudizio esse espri-
mono ilarità piena, grazia di movimen-
ti, finezza di espressioni e manifesta-
zione spirituale. Ora chiedo oltre a
queste quattro pagine del numero di
marzo non si potrebbe avere una più
ampia documentazione?
Fiorini Severino, Via S. Martino 19.
25040 Esine fraz. Plemo (Brescia)
Le suggeriamo, signor Severino, di
mettersi in contatto con il Pittore stes-
so (Via Mancini/Torino) al quale giria-
mo la sua richiesta.

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THAlLANDlA
r GIUGNO 1986 5
MESSICO
La prima chiesa nella
provincia di Patlani
Un cooperatore dipinge per i
ragazzi di Città del Messico
I I 22 marzo 1886 mons.
Pietro Carreuo assistito
da una decina di
sacerdoti salesiani, dai
seminaristi della Diocesi, da
due gruppi di suore F.M.A.
e Ancelle del Cuore
Immacolato ha solennemente
benedetto la prima chiesa
cattolica di Panani, dedicala
all'Arcangelo San Gabriele.
La città thailandese è
bagnata dalle acque del
Golfo del Siam e si trova a
100 chilometri dal confine
malese: è il centro del «Thai
Muslim)). L'80o/o della
popolaz.ione è di razza
malese e di religione
musulmana. Esiste ancora
un movimento separatista
per la creazione della
Repubblica di Pattani ma
non è tanto popolare: per
questo il Governo continua a
vezzeggiare la popolazione
locale. È di questi anni la
costruzione di una grande
moschea realizzata
interamente a spese del
Governo. Anche i canolici
ora, ma senza alcun aiuto
Nella foto:
I seminaristi del
Piccolo Seminario
San Domenico Savio•
Insieme a mons.
Carretto davanti alla
nuova chiesa di San
Gabriele a Pattanl.
governativo, hanno la prima
chiesa di Pattani.
È nolo che nel Corano San
Gabriele è il Messaggero di
Dio che pona daJ cielo le
rivelazioni divine a
Maometto. È lo stesso
Angelo che portò l'annuncio
a Maria: quindi su questi
punti, la fede in Dio o Allah
e la venerazione per l'Angelo
Gabriele e possibile che la
nuova chiesa realizzi tra le
due religioni un dialogo
sincero e cordiaJe.
li primo che approdò a
Pattani fu don Euore
Frigerio nel 1964, parroco
della vicina città di Yala.
Acquistò una caseua dietro
la grande moschea e l'adattò
a piccola cappella,
dedicandola a San Gabriele.
Ma il merito di aver credmo
nella possibilità di realizzare
una vera chiesa spetta a don
Enrico Danieli sostenuto a
sua volca da don Gustavo
Roosens e dalla buona
volontà dei cristiani del
luogo.
Oggi la chiesa di Pattani è
una realtà che fa ben sperare
per la futura comunità
locale.
AUSTRALIA
Le prime vocuioni salesiane
delle Isole amoa
P apà Alfredo,
pensionato, exallievo
di YaJdocco quando
don Cocco insegnava
matemarica, da anni sta
dipingendo per i ragazzi del
Messico.
S ilivelio Alaalatoa,
Paselio Lemah1,
Vitolio Tui e
MasimaJo Filimaloata hanno
completato il loro noviziato
emettendo la professione
religiosa come salesiani
aJJ'Amilium College tli
Lysterfield nel disLrettu di
Vittoria, in Australia, il 31
gennaio di quest'anno,
proprio nel giorno di don
Bosco. Sono i primi salesiani
provenienù dalle Samoa.
1 Salesiani anualmeme
svolgono le loro funzioni
ministeriali ad Apia. nelle
Samoa Occidentali e
insegnano al <1Moamoa
Theological College» della
stessa città. Saranno presto
raggiumi dai quattro
confratelli samoani, ormai
pronti ad operare per i
ragazzi del luogo.
INella foto:
(da sinistra) Vltollo
Tui, Sllivello Alaalatoa,
Masimalo Fillmaloata,
Pasello Lemalu, I primi
salesiani di Samoa.
INella foto:
LOS muchachosu
dell'Artigianato di
Nazareth, Casa per
ragazzi della strada, a
Città del Messico.
<<Quando ritornerà mio
figlio, che è sacerdote - ha
affermato papà Alfredo -
farò un'altra esposizione per
raccogliere un po' di
spiccioli e darglieli per i suoi
ragazzi».
A Città del Messico i ragazzi
sono milioni. Ogni strada,
ogni vicolo porrebbe essere
un Oratorio. I salesiani

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6 · I GIUGNO 1986
hanno aperto, due anni fa,
una ca.sa per ragazzi come
quelli di Arese. Sono
contenti perché sanno che
anche da lontano c'è chi si
ricorda di loro.
I quadri di papà Alfredo
sono semplici, di arte
popolare: rappresentano
case, cortili, strade,
montagne e povera gente,
come «les muchacbos». Ll,
la vita di turti. i giorni è colta
nella sua fresca verità.
BRASILE
L'azione salesiana a Manaus
L e F.M.A. operano
dall'anno scorso nel
Bairro S. José, borgo
Manaus.
Manaus è il cuore
detl'immensa Amazzonia,
centro di raccolta di ogni
razza, ciuà ricca di negozi,
supermercati e boutiques con
articoli di moda e di spon,
talora assai sofisticati e dì
valore. Ma basta salire sul
primo omnibus inter-bairros
per arrivare a scoprire dove
abitano le migliaia di
persone che popolano la
città dalle sei del mattino
alle ventidue: la periferia.
Qui si scopre un'altra
Manaus: l'immagine di un
Brasile esploso nella tecnica
che però ha favorito solo
una minima parre dei suoi
abitanti. Cosl in uno di
questi bairros le F.M.A.
hanno avviato un'intensa
attività. Lavorano con i
giovani per creare una
mentalità nuova, una
PIG-V d.i t>EL VA(rl.lO
!H QVG5TO MONDO
SéNèA PACE
é' L 1l/NIC~ 'GfJéi!i!A
Cl PIACé
'
Con i bambini poi le F.M.A.
condividono le beatitudini
dei piccoli e dei poveri.
Anche nel Bairro S. José,
don Bosco sarà presto
conosciuto come l'amico dei
giovani e dei poveri.
AUSTRIA
locontri di sludio
vocazionale per giovani
austriache
V ocklabruck, nel nord
dell'Austria, è stata
sede del primo
incontro dì studio
vocazionale per giovani non
ancora orientate sul proprio
futuro. Dal 2 al 4 gennaio,
con la guida di un Salesiano
e di quattro F.M.A. è stata
fornita un'ampia
informazione sulla
evoluzione della vita
I Nella foto:
una via affollata nel
Bairro S. José.
religiosa nella storia della
Chiesa, sulla dimensione
teologica della consacrazione
secondo i consigli evangelici,
sulla spiritualità salesiana.
coscienza critica capace di
opporsi alle vicende ingiuste
e di creare spazi per superare
le situazioni inumane che qui
sono costanti quotidiane. La
La vita religiosa salesiana è
stata illustrata, nelle sue
espressioni concrete e nelle
sue esigenze formative, da
alcune giovani che hanno
catechesi ha un immediato commentato con interventi
risvolto nel concreto: c'è chi
si fa «samaritano» quando
in una qualunque via del
Bairro incontra chi è stato
derubato e lasciato mezzo
scenici i principi esposti dalle
suore. In definitiva è stata
una preziosa occasione per
rinettere sulla vita religiosa e
per chiarire la propria
morto sul ciglio della strada; situazione vocazionale.
c'è chi si fa «figlio prodigo»
come tante ragazze che si
buttano nell'avventura
attratte da falsi miraggi per
poi ritornare a casa dopo
esperjenze troppo amare.
INella foto:
le ragaue di
Vocklabruck che
hanno partecipato ai
tre giorni di studio
vocazionale.

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- -- - - - - - - - -#-
ITALIA
«Peregrinatio Mariae» al
Centro Giovanile di Marina
di Pisa
T renta anni fa la
Madonna delle
famiglie passava
benigna nelle case di
Marina di Pisa, raccogliendo
le preghiere e le speranze di
tutti i fedeli, come poteva
allora affermare il sacerdote
salesiano don Aldo Fanr.ozzi.
A distanza di 30 anni, non
essendoci più i salesiani, il
Parroco don Giovanni
A ssociazione <tAmici di Don
Bosco» in Sicilia
P er iniziativa di un
gruppo di ex allievi
salesiani è sorta a
Lercara Friddi (Prov. cli
Palermo), in occasione della
festa che viene celebrata
annualmente in onore di San
Giovanni Bosco,
l'Associazione socio-
culturale «Amici di Don
Bosco», alla quale hanno
anche aderito insegnanti,
educatori e laici militanti in
organismi e gruppi ecclesiali.
La nuova associazione si
prefigge di realizzare
iniziative ed attività
culturali, spirituali,
assistenziali e ricreative,
rivolte soprammo alla
formazione interiore ed alla
elevazione morale dei
giovani.
INella foto:
la statuetta
de ll'Ausiliatrice che
passa di famigl ia in
famiglia nelle case di
Marina di Pisa.
Sancucci ha voluto ripetere
la stessa iniziativa . Ogni sera
la Madonna viene portata in
una famiglia dove viene
accolta con grande gioia e
commozione. Dopo una
breve preghiera si depone
l'Immacolata e si consegna
alla famiglia l'itinerario di
preghiera per il giorno
seguente. Come ricordo di
questa <<Pellegrinatio
Mariae» viene lasciata ad
ogni famiglia una statua di
Maria Ausiliatrice di 30 cm.
li pellegrinaggio si
concluderà nel 1987 con
grandi festeggiamenti. A
Marina di Pisa i salesiani
non ci sono più, ma Maria
Ausiliatrice e don Bosco
vivono ancora.
Biennio estJvo per
responsabili religione
' entrata in vigore
de! concordato
L rinnovato e
l'intesa raggiunta
fra il Ministero della
Pubblica Istruzione e la
Conferenza Episcopale
Italiana ba messo in
evidenza fra l'altro la
necessità di una più
qualificata preparazione
degli insegnanti di religione.
È proprio per venire
inconrro a tale esigenza che
l'Istituto di Catecbetica
dell'Università Salesiana
continuando una tradizione
organizza un biennio estivo
nel luglio 1986 e 1987
dedicato alla figura del
docente di religione per i
diversi ordini e gradi.
il corso si terrà a Corvara in
Val Badia (BZ) dal 2 al 17
luglio 1986 ed è destinata a
quanti hanno responsabililà
di formazione degli
insegnanti di religione.
Chiunque fosse interessato si
rivolga nelle ore di ufficio
alla Segreteria dell'Istituto di
Catechetica dell'Università
Pontificia Salesiana-Piazza
Ateneo Salesiano, J-00139
Roma (Tel. 06/8132068-
8 I32041).
1 GIUGNO 1986 7
a lettera di Nino Barraco
IL MONASTERO
E LA CITTÀ
Carissimo,
ho la gioia di condividere con te - con tutti quelli che
seguono questa lettera e che ringrazio profondamente per
il bene che mi vogliono - la notizia di un gemellaggio.
Un gemellaggio di preghiera a Palermo. Gli ex alLievi del
«Don Bosco» e le Suore del Monastero della Visitazione.
Un santo in comune, Francesco di Sales. Ma, di più, un bi-
sogno di preghiera insieme.
lntimità adorante, contemplazione e vertenza, esperien-
za e mistero. Una preghiera nelle strade della città, nella
quotidianità dell'uomo. Una preghiera che si aggrappa al-
la contemplazione di queste suore. Salvezza del cuore e del
tempo.
Le strade della città come corridoi del monastero. La ce-
lebrazione del monastero come una Gerusalemme senza
mura. «lo stesso - dice il Signore - sarò un muro di fuo-
co all'intorno».
Ricordo Giorgio La Pira, quest'uomo di pace, di pover-
tà, ~arico di. futuro, quessto figlio dell'« utopia» evangeli-
ca, questo profeta di contemplazione nel secolo: «Perché
non creare nel bilancio della Difesa un capitolo per le effi-
cacissime armi nucleari dell'orazione (delle cittadelle del-
l'orazione) in Italia e nel mondo?». E aggiungeva: «La co-
sa è più seria e più tecnica di quanto non si pensi».
Fermata, speranza, comunione. Nel groviglio, nella lot-
ta, nel servizio di ogni giorno.
Preghiera. Così come fu preghiera tutta la vita di don
Bosco, un prete che lavorava tra i suoi giovani come un
pazzo, che costruiva, che scriveva, che sembrava compro-
messo fino al collo, e che era e r imase sempre uomo di pre-
ghiera, di adorazione, affermazione preconciliare di tutto
ciò che fa veramente Chiesa.
Gemellaggio di preghiera. Una preghiera alle frontiere
del duemila. Una preghiera che non rifiuta il tempo, la
scienza, il progresso. Una preghiera che unisce la città, il
lavoro, al presagio, alla contemplazione di queste suore.
Suore che noi ringraziamo, che noi benediciamo. Suore
che, in un mondo segnato dall'assoluta amnesia del viag-
gio, costitui$cono !'icone, il segno, l'anticipazione del Re-
gno futuro in mezzo a noi. Suore dentro le cui mani sta la
purezza del mondo, l'amore che riscatta la terra, la spe-
ranza di domani.
Suore con le quali innalziamo a Dio le nostre mani di
preghiera.
Mani di soccorso. Mani aperte al futuro. Mani congiun-
te verso l'arrivo.

1.8 Page 8

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8 · I GIUGNO 1986
D centenario dell'ultima
visila di do n Bosco a
Varaize
D omenica 16 marzo la
cittadina ligure ha
fesLeggiaLo il
centenario dell'ultima visita
di don Bosco a Varazze nel
lontano 1886. Cooperatori
ed exallievi hanno
organizzato la
manifestazione che si è
svolta con successo per le vie
della città. Dopo una
solenne celebrazione
eucaristica all'aperto, si sono
riversati nelle strade piccoli e
grandi, senza distinzione,
legati in qualche modo
all'ambiente salesiano, in
una meravigliosa sfilata ricca
di colori, di canti, di danze,
di bandierine e striscioni.
Così è stata ripetuta quella
indimenticabile giornata di
cui parlano con ammirazione
le «Memorie biografiche».
Erano presenti il sindaco
Giorgio Craviotto, exallievo,
don Livio Mazzolo, il dott.
Giuseppe Massone, anch'egli
exaUievo. Nel luogo da dove
don Bosco benedisse i
varazzesi per l'ultima volta è
stato posto un artistico
medaglione, opera del
pittore Attilio Ravano.
Nella foto:
Idon Paul il giorno
della sua ordinazione
sacerdotale. Gli è a
fianco il Rettor
Maggiore don Egidio
Viganò.
per l'imposizione delle mani
dell'arcivescovo Myroslav
Stephan Marusyn, Segretario
della éongregazione per le
Chiese Orientali. Studente di
filosofia all'Università di
Lovanio, ba trascorso molti
anni di tirocinio in
Thailandia, come
missionario. Attualmente sta
ultimando i suoi studi
all'Università Pontificia
Salesiana.
In costruzione il Museo Don
Bosco al Colle
S ono in corso i lavori
per il Museo delle
missioni salesiane al
Colle Don Bosco.
L'architetto don Vincenzo
Gorgone ha optato nella
progettazione per una rete di
percorsi assai lineare, senza
sacche e labirinti, tale da
consentire l'efficace
esposizione del prezioso
materiale, risultato da
un'attenta e selezionata
collezione estesa a una
secolare evangelizzazione
missionaria salesiana.
La sala d'ingresso al piano
I
Nella foto:
il plastico del museo in fase avanzata
di costruzione.
terreno attraverso immagini
luminose e gigantografie
parietali prepara alla visita
dell'esposizione.
Al primo piano apre i
percorsi una piazzetta
circolare con una statua di
don Bosco circondato dai
giovani, polo centrale della
mostra, attorno a cui ruota
l'intero museo, quasi a fare
emergere il genio concreto
del santo alle prese con
un'avventura dalla portata
profetica. Lungo i vari
percorsi sono collocate circa
cinquanta vetrine ad
accogliere il prezioso
materiale distribuito secondo
un criterio geografico e
cronologico: il tullo
misuratamente corredato da
pannelli-paratie accoglienti la
chiave di lettura del museo,
il messaggio cioè della
missione salesiana come
realtà di fede innanzitutto,
ma anche come validissimo
apporlo scientifico per
quanto riguarda gli aspetti
proto-preistorici, quelli gco-
ecologici, culturali,
antropologici, storici e
religiosi. Particolari pannelli
illustreranno le figure dei
protagonisti, dei missionari
salesiani, con relativi
documenti intorno ai temi
de!Je relazioni tra cultura
umana ed evangelizzazione,
catechesi e cura pastorale dei
giovani, secondo quanto
enunciato dalla costituzione
conciliare Ad Gentes. Una
cura particolare è stata posta
per l'illuminazione dello
spazio: la luce infatti cade
verticalmente lungo la
traiettoria dei percorsi quasi
a guidare i passi dei
visitatori.
Un nuo vo sacerdo te per gli
Ucraini
P aul Vanluffelen,
trentatreenne belga, è
stato ordinato
sacerdote a Roma, nella
Chiesa Ucraina di Sanra
Sofia il 25 marzo 1986, nel
giorno del suo compleanno,

1.9 Page 9

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# _ _ EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO_ _ _ _ _ _ _ _ _ _
1 GIUGNO 1986 9
Foto archivio SEI
SoNo MOLTE
LE STRADE
CHE PORTANO
AL TERZO
MONDO
La strategia della lotta al
sottosviluppo richiede una
pluralità di interventi.
Al di là delle polemiche,
c'è spazio per tutti coloro
che intendono operare con
serietà e disinteresse.
Rare notizie sulla stam-
pa, pressoché totale assenza di im-
magini in televisione: sembra pro-
prio che, negli ultimi tempi, il Terzo
Mondo non interessi più gli organi
di informazione. Fino a pochi mesi
fa il clamore dei servizi giornalistici
si alzava altissimo dalle prime pagi-
ne dei giornali, dal piccolo schermo
casalingo fluivano di continuo im-
magini di fame e di disperazione.
Ora a dominare è il silenzio. Tutto
finito? li Terzo Mondo non offre
più spunti «interessanti»? Certo, la
fase acuta della crisi alimemare cau-
sata dalla persistente siccità sembra
in larga misura superata, le popola-
zioni africane non sono più costret-
te alle penose migrazioni in cerca di
cibo nei luoghi dove si conce11trava-
no gli aiuti d'emergenza, la gente
non crolla a terra stroncata dalla fa-
rne. Si sono anzi create le premesse
per buoni raccolti, in grado di met-
tere al riparo molti Paesi dal rischio
di una nuova fase di penuria, alme-
no per l'immediato.

1.10 Page 10

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10 · 1 GIUGNO 1986
Tutto ciò vuol forse dire che sono
arrivati per il Terzo Mondo gli anni
delle vacche grasse? Neanche per
sogno. Vuole solo dire che il Terzo
Mondo è ritornato alla «normali-
tà>>, alle condizioni che segnano il
suo «~tandard» consueto e che han-
no nomi precisi: sottosviluppo, sot-
toalimentazione, mortalità infantile
a livelli di punta, miseria, disoccu-
pazione, analfabetismo. In altri ter-
mini, nonostante la cappa di silen-
zio, il problema del Terzo Mondo è
lontano dall'essere risolto, e rimane
sul tappeto in tutta la sua dramma-
ticità. E sarebbe più drammatico
ancora se, o ltre che dagli organi di
informazione, esso venisse dimenti-
cato dalla coscienza della gente
comune.
Se le enormi difficoltà individuali
e sociali che affliggono giorno dopo
giorno intere popolazioni non fos-
sero sentite come proprie dall'intera
famiglia umana, e soprattutto da
quei membri di essa che sono in
condizione di dividere con altri il
pane quotidiano.
negativa: no, una ricetta valida per
tutti non esiste.
Proposte, posizioni, strategie,
metodologie di lavoro: quante so-
no? Molte, moltissime, c'è chi dice
perfino troppe. Non pretendiamo
qui di elencarle tutte, ci basterà ci-
tarne alcune, le più significative, a
scopo di esemplificazione. Volendo
partire dall'alto, è d'obbligo ricor-
dare le grandi organizzazioni inter-
nazionali, quelle che fanno capo al-
le Nazioni Unite o alle vaste realtà
regionali, come la Comunità econo-
mica europea. Queste organizzazio-
ni, per la loro stessa natura, indiriz-
zano gli sforzi verso l'aiuto multila-
terale: sollecitano, cioè, i Paesi ade-
renti a dare il proprio contributo e,
attraverso le agenzie specializzate
(FAO, Organizzazione mondiale
della sanità, UNESCO ecc.), gesti-
scono poi i fondi raccolti, puntando
all'attuazione di progetti-pilota af-
fidati a équipes di esperti. li fine ul-
timo è quello di dire alle popolazio-
ni e ai governi locali: ecco, vi faccia-
mo vedere che cosa si deve fare per
rendere più redditizia l'agricoltura,
migliorare la commercializzazione
dei prodotti, intraprendere attività
industriali, tutelare la salute della
gente, ecc.
Dal grande al piccolo, ovvero dai
megaprogetti alle mkrorealizzazio-
ni. A quest'ultimo settore si dedica-
no in genere le cosiddette organizza-
zioni non governative (ONG), fon-
date sul volontariato, laico ma so-
prattutto di ispirazione religiosa,
con un retroterra finanziario che si
appoggia sul contributo di singole
persone. La loro «filosofia>> è linea-
re: mentre ai « piani alti>> si discute
su come attivare il processo di svi-
luppo, noi - essi dicono - ci rim-
bocchiamo le maniche e scaviamo
qui un pozzo per fornire di acqua
un villaggio, costruiamo là un di-
spensario, o una scuola, o un silos
per conservare i prodotti. Niente
burocrazia, ma, al contrario, il con-
À contatto
con la realtà
È dovere di tutti mantenere il
contatto con questa real!à, per me-
glio conoscerla. I temi su cui medi-
tare, per un coinvolgimento più di-
retto, non mancano. E non vanno
lasciati alle discussioni fra esperti,
fra addetti ai lavori. L'opinione
pubblica, non solo per l'influenza
che può esercitare su coloro che so-
no chiamati a prendere decisioni
operative, ma anche per maturare
piena coscienza dell'intero proble-
ma, deve partecipare al dibattito,
esprimere propri giudizi. Un tema
di particolare rilievo, su cui voglia-
mo fornire qui qualche elemento di
valutazione, è senza dubbio quello
che tocca il modo, o i modi, di af-
frontare e tentare di risolvere il pro-
blema del sottosviluppo e della fa-
me. Esiste una ricetta provvista di
generale validità? Se si osserva l'ar-
co delle proposte che, sull'aiuto allo
sviluppo, vengono avanzate, delle
strategie adottate o raccomandate,
è giocoforza arrivare a una risposta
Foto archivio SEI

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - - - - - - -# -
tatto direuo con la gente, per otte-
nerne la partecipazione, indispensa-
bile elemento di crescita comune.
L a cultura
dei popoli
A mezza via ci sono i governi di
taluni Paesi che, per ragioni di varia
natura (politiche, economiche, di
prestigfo) non Lutle confessabili,
preferiscono affidarsi all'aiuto bila-
terale, che instaura un rapporto im-
mediato fra chi dà e chi riceve l'aiu-
to, ma a livello di governi. Entrano
inoltre nell'arco delle diverse pro-
poste, ad allargarne ulteriormente
l'ampiezza, coloro che all'aiuto for-
nito sotto qualsiasi forma, preferi-
scono, ai fini dello sviluppo, far le-
va sulle risorse degli stessi popoli
che versano oggi in condjzioni di bi-
sogno. È, questa, la tesi fatta pro-
pria soprattutto da singoli espcni,
convinti che i due decenni dedicati
allo sviluppo secondo i metodi tra-
dizionali dell'aiuto Lecnico e finan-
ziario, presentino un bilancio so-
stanzialmente negativo. Uno di que-
sti esperti, il francese Renè Lenoir,
ha consegnato a un libro («Il Terzo
Mondo può nutrirsi», edizione Vita
e Pensiero, Milano), una sintesi di
questa tesi, sostenendo che la condi-
zione di un efficace sviluppo sta nel
rispetto e nella valorizzazione di
« due tesori» nascosti in ciascuno
dei Paesi sottosviluppati: il patri-
monio culturale dei singoli popoli (e
cioè le loro tradizioni, i loro costu-
mi, ecc.) e la forza-lavoro disoccu-
pata. Non è con modelli di stampo
occidentale, sostiene Lenoir - e
con lui una schiera di conoscitori
del Terzo Mondo - che si risolvo-
no i problemi del sottosviluppo. Al
contrario, sono le comunità locali,
con la valorizzazione e il sostegno
delle radici culturali, che possono
I GIUGNO 1986 11
realizzare l'avvio di uno sviluppo
non precario, capace di coinvolgere
l'intera struttura statuale e soddi-
sfare le esigenze della gente.
Questi cenni molto sommari ai
diversi modi di porsi davanti al pro-
blema del soltosviluppo, anche se
non esauriscono di ceno il ben più
ampio panorama delle proposte e
degli orientamenti, dovrebbero es-
sere sufficienti a dare un'idea della
realtà che stiamo esaminando. Una
prima considerazione: sarebbe inge-
nuo accordare a tutte le diverse po-
sizioni un uguale tasso di disinteres-
sato slancio di generosità verso i po-
poli del Ter,o Mondo. Dentro alcu-
ne di esse tendono a inserirsi inte-
ressi di gruppi o di governi, che nul-
la hanno a che vedere con la lotta al
sottosviluppo. Gruppi o governi -
bisogna aggiungere - che non ap-
partengono a uno solo dei versanti,
quello, generalmente sotto accusa,
dei Paesi «ricchi». Anche nei Paesi
verso cui affluiscono gli aiuti si col-

2.2 Page 12

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12 · 1 GIUGNO 1986
gono non di rado chiari segni cli uti-
lizzazione a fini tutt'altro che di
portata generale delle risorse rese
disponibili dall'intervento interna-
zionale.
Polemiche
paralizzanti
li problema si fa ancora più spi-
noso se i sostenitori delle varie tesi o
proposte si ostinano a considerare
la propria come la migliore in asso-
luto, negando ogni validità a quelle
degli altri. È, questo, il momento
della lite, della polemica spesso pa-
ralizzante. Ne abbiamo un esempio
clamoroso anche in Italia, dove la
legge 73 che ha stanziato 1900 mi-
liardi per la lotta contro la fame sta
esaurendo la sua breve vita sepolta
sorto una valanga di critiche che in-
vestono i metodi di gestione e i cri-
teri cli distribuzione del denaro, non
senza aver avviato uno scontro
Foto archivio SEI
aperto fra il gruppo chiamato a ge-
stire il Fondo Aiuti Italiani (FAl) e
la struttura permanente per la coo-
perazione allo sviluppo istituita
presso il Ministero degli esteri. Ma
non è questo il solo caso. Le grandi
istituzioni internazionali sono prese
di mira da quanti ne criticano la cre-
scita elefantiaca e l'eccesso di buro-
cratizzazione con relativa dispersio-
ne dei fondi disponibili. I piccoli
gruppi di volontariato' sono a loro
volta considerati velleitari da quanti
giudicano che la costruzione di cen-
to pozzi per l'acqua non risolveran-
no i grandi problemi del sottosvi-
luppo. Così come non mancano i
critici severi dell'aiuto bilaterale, vi-
sto come mezzo utilizzato dagli Sta-
ti per vantaggiosi affari, compresi
quelli legati a doppio filo al com-
mercio delle armi.
Di fronte a questo variegato e
complesso panorama si fa tuttavia
strada, anche se a fatica, ma con la
forza che nasce dalla realtà concre-
ta, la convinzione che il problema
dello sviluppo non ha una sola fac-
cia, che bisogna aggredirlo da più
parti. Il passato è li a testimoniare
che se ci si mette su una sola strada
si va dritti al fallimento. E ciò per le
molteplici realtà che sono al fondo
del sottosviluppo. Raggiungere que-
sta consapevolezza vuol dire adotta-
re una strategia che tenga nel giusto
conto le numerose implicazioni di
un serio programma di sviluppo.
Vuol dire mettersi finalmente in
condizione di cogliere delle singole
proposte ciò che di buono e di utile
esse offrono, naturalmente entro un
quadro coordinato e programmato.
Ciò comporta l'abbandono della
pretesa di monopolizzare un settore
che sfugge, per sua stessa natura, ad
ogni forma di monopolio.
Nessuno può negare l'utilità di
esperti capaci e preparati al servizio
di progetti organici di grandi di-
mensioni, così come è innegabile il
serio lavoro svolto dagli organismi
di volontariato impegnati sul cam-
po a fianco delle popolazioni biso-
gnose. Sarebbe un errore ignorare
l'apporto degli istituti internaziona-
li così come si commetterebbe un er-
rore trascurando di utilizzare le for-
ze e i valori delle culture locali. Si
sbaglierebbe strada rifiutando di ri-
conoscere l'utilità degli aiuti d'e-
mergenza di fronte a situazioni cli
crisi acuta, così come si commette-
rebbe un analogo errore rifiutando
di collegare per quanto è possibile
questi aiuti a realizzazioni di svilup-
po a lungo termine. E via di seguito,
a sottolineare che in questo campo
c'è spazio per tutti coloro che agi-
scono con onestà di intenti e con se-
rietà cli programmi.
li quadro, così come oggi lo si co-
glie, può non apparire confortante.
Ma ciò non deve indurci alla fuga, o
alla tentazione di ritirarci. Ce lo im-
pediscono le sofferenze di milioni di
persone alle prese con la miseria, la
sottoalimentazione, la malattia, l'i-
gnoranza. Ciascuno è chiamato a
fare la sua parte, per modesta che
sia, contribuendo come può a ren-
dere il più efficiente possibile lo
sforzo diretto ad aiutare chi è nel bi-
sogno. Solo a questa condizione sa-
rà possibile pretendere da chi opera
sul campo il massimo dell'efficienza
e le scelte più idonee.
o

2.3 Page 13

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_ EVANGELIZZAZIONE E SVILUPP0- - - - - - - -- - -58-
Le missioni
I GIUGNO 1986 · 13
CENTRI DI SVILUPPO SÌ
MA TESTIMONIANDO
IL NOME DI CRISTO
Don Dario Superina tra
I suoi parrocchiani
Dopo sette anni un missionario torna. in Italia per un breve periodo
di vacanza. Ecco di cosa abbiamo parlato.
Torino. La conoscenza
dell'Africa e dei suoi problemi è co-
sa complessa. Ecco perché ogni ap-
porto conoscitivo diventa utile ed
interessante.
Approfittando della venuta in
Italia per un breve periodo di riposo
di don Dario Superina, missionario
a Siakago in Kenya, l'abbiamo in-
tervistato per approfondire con lui
alcuni aspetti dell'evangelizzazione
africana. Gioviale e rubicondo co-
me un californiano e facondo come
un partenopeo, don Dario Superi-
na, che in realtà è un piemontese di
48 anni, si trova in Kenya da quasi
sette.
D. Chi è il «missionario»?
Anche la stampa non specializza-
ta e laica guarda con attenzione ai
missionari considerandoli per lo più
promotori di sviluppo. Tu come de-
finisci te stesso? Chi ti senti di
essere?
R. La parola «missionario » mi è
sempre sembrata qualcosa di
grosso.
Sono stato in Italia fino a 42 anni
ed ho sempre sentito parlare dei
missionari come di «eroi del terzo
mondo» o come «le uniche persone
autentiche». In realtà personalmen-

2.4 Page 14

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14 · I GIUGNO 198S
VUOI
RICEVERE
Il BOLLETTINO
SALESIANO!
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
te mi sembra d'essere un prete che
come prima ha lavorato in Italia og-
gi lavora in Africa. Non mi sento
più autentico né più eroico. Sono
un prete che lavora in Africa ed è
logico che per le particolari condi-
zioni di questo continente la promo-
zione umana resta un passaggio
quasi obbligato dell'evangelizzazio-
ne. Per quanto poi riguarda la fidu-
cia della gente nei nostri confronti
penso che essa nasca dal sapere che
l'unico interesse che ci spinge ad an-
dare in Africa è Gesù Cristo. La
gente è così sicura che gli aiuti invia-
ti finiscono veramente ai poveri.
Portiamo una promozione umana
ed offriamo al tempo stesso, per chi
la vuole accettare, una evangelizza-
zione nel nome di Gesù Cristo.
D. Chi« va» in Africa che tipo di
preparazione deve avere?
R. Premesso che la co·noscenza è
necessaria (lingua, storia, cultu-
ra...) direi che bisogna acquisire in-
nanzitutto la capacità d'amare la
gente africana. È l'unico linguaggio
veramente capito dagli africani. Di
esperti per l'Africa se ne incontrano
molti eppure non tutti possono rac-
contare un episodio come questo.
Nei primi tempi del mio arrivo in
Kenya al termine di una funzione
domenicale mi si presentò un vec-
chietto indossando un logoro paltò
giunto da queUe parti chissà da qua-
le guardaroba occidentale. Portava
I
Nuclei familiari all'Uhuru Park di
Nairobi in occasione del
Congresso Eucaristico
un paio di occhiali da saldatore ma
senza vetri. Volle dirmi soltanto
questa frase: tu non sei un « bian-
co» ma un «padre>>.
La prima cosa da dire a chi viene
in Africa è questa: metti in un can-
tuccio la tua preparazione e con
molta umiltà cerca di imparare tut-
to amando ed accettando gli africa-
ni per quello che sono ... anche
quando non corrispondono alle bel-
le, tenere faccette nere riportate sul-
le copertine delle riviste missio-
narie.
u antico continente
con molti problemi
D. In Africa il crishanesimo deve
fare i conti spesso con usanze e tra-
dizioni opposte al suo modo di pen-
sare. È il caso della poligamia. Co-
me si affronta pastora/mente questo
problema?
R. Il problema della poligamia è
uno dei tanti che affliggono l'Afri-
ca. Ciò non significa che la Chiesa
non lo segua con attenzione. Pro-
prio l'anno scorso si è celebrato a
Nairobi il Congresso Eucaristico In-
ternazionale che ha avuto per tema
proprio la famiglia.

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - -~ -
1 GIUGNO 1986 · 15
- Abitazioni a Siakago
Per quanto riguarda la zona dove
io opero, la poligamia è in rapida
diminuzione e questo perché essa è
legata ad un tipo di società in netta
decadenza. Il problema va visto nel
contesto generale della famiglia
africana che si vede accerchiata
sempre più da modelli consumistici
o comunque ispirati da egoismo.
Da un punto di vista più propria-
mente pastorale poi c'è da dire che
il poligamo non può diventare cri-
stiano e perciò il problema resta
insoluto.
D. E il tribalismo?
R. Anche il tribalismo è uno dei
grossi problemi africani anche se i
suoi riflessi ecclesiali sono oggi rela-
tivi. All'origine del problema, che è
politico, c'è il più delle volte il fatto
che i confini fra molti stati furono
creati con un righello e a tavolino.
Si ha così il caso che gente delJa
stessa tribù viva in luoghi e nazioni
diverse. Tutti i Paesi dell'Africa sub
sahariana sono travagliati da questo
problema. Per quanto riguarda il
Kenya basta pensare che sul suo ter-
ritorio vivono ben 72 tribù alcune
delle quali in comune con le altre
hanno pochissimi elementi per non
dire niente. La chiesa è chiaramente
impegnata a combattere il tribali-
smo almeno nelle sue forme più
eclatanti e passionali.
Parroco a Siakago
D. Tu sei parroco a Siakago, in
Kenya. Quali problemi umani e pa-
storali vi si incontrano?
R. Se vogliamo parlare in gene-
rale ci sono tutti i problemi dell'A-
frica: evangelizzazione, incultura-
zione, mantenimento della fede cri-
stiana per chi ce l'ha, sacramenta-
lizzazione.
Nella parrocchia di Siakago ci so-
no dodicimila battezzati su una po-
polazione di oltre trentamila. Un
terzo sono cristiani protestanti e gli
altri animisti. I.a prima evangelizza-
zione è dunque il problema più
urgente.
Del resto è questo un. momento
particolarmente propizio per l'an-
nunzio cristiano. li popolo africano
è veramente aperto e disponibile nei
confronti del cristianesimo. Non è
come in Asia dove le conversioni al
cristianesimo sono molto lente.
D . I tuoi parrocchiani che co-
scienza hanno di essere chiesa?
R. li fatto di essere battezzati è
una cosa a cui tengono moltissimo.
Anche il solo fatto di avere un nome
cristi.mo li esalta.
U cristianesimo in generale ha
una grossa attrattiva propria delle
La chiesa del villaggio di
Siakago

2.6 Page 16

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16 · I GIUGNO 1986
- Ragazze Masai
realtà nuove. È chiaro che la consa-
pevolezza ecclesiale deve maturare.
Per loro certamente è anche una ele-
vazione sociale. In fondo il cristia-
nesimo africano è una pianta con
radici giovani. Esso merita com-
prensione perché molti battezzati
hanno dovuto lasciare antiche tradi-
zioni ed usanze.
D. Fino a che punto nelle con-
versioni influisce il fatto che il cri-
stianesimo è espressione di
sviluppo?
R. Direi che c'è una maturazione
anche in questo. A livello ecclesiale
sta crescendo una fede più matura e
profonda mentre da parte dei vesco-
vi si incoraggia il sorgere di comuni-
tà ecclesiali di base.
D . Come vedi la tua opera a
Siakago?
R. Siamo certamente un grosso
fattore di sviluppo.
Basta dare un rapido elenco delle
attività sociali per rendersene con-
to: un asilo con cento bambini, un
dispensario frequentato da più di
cento persone al giorno mentre nel
vicino ospedale governativo non ci
sono medicine o, se arrivano, spari-
scono immediatamente, distribuzio-
ne mensile a più di mille mamme di
cibo, olio e latte. Prima di venire in
Italia abbiamo distribuito cinque
tonnellate di grano e fagioli destina-
ti alla semina e quanto prima avvie-
remo un centro di educazione do-
mestica per le ragazze.
La nostra missione è dunque un
centro di sviluppo. Ed a tal proposi-
to mi si consenta una polemica. In
materia di sviluppo le missioni sono
in prima fila anche se ad esse inco-
minciano ad affiancarsi alcune or-
ganizzazioni governative e laiche.
Proprio prima di partire ho visto
che a Nairobi ed a Mombasa vende-
vano riso italiano con tanto di eti-
chetta nei negozi. Da dove proveni-
va? Da una nave della pur beneme-
rita Croce Rossa Italiana, mi hanno
detto. Il riso che arriva nella mia
missione - lo posso garantire -
non finirà al mercato libero di Nai-
robi.
G. C.
- Pasqua a Slakago

2.7 Page 17

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_ VITA SALESIANA- - - - - - - - - - - - - -iS8-
La scuola agraria di Lombriasco
I GIUGNO 1986 17
CoLTEMPO
E CON IL PO
MA ANCHE
CON IL BIT
Visita all'unica scuola
agraria salesiana d 'Italia.
Tradizione e competenza
cmaamspoi.peraat1.tugtw.tovaamm..ore ai
Lombriasco. Poco me-
no di trenta chilometri lungo la stra-
da che da Torino porta a Saluzzo ed
ecco Lombriasco, una mandala di
case attorno ad un campanile lungo
la riva sinistra del Po.
Abitanti? Meno di mille.
«Lombriasco - ha scritto don
Saulo Capellari, direttore per molti
anni della locale casa salesiana ed
oggi appassionato ''cantastorie''
delle sue memorie - un tempo terra
acquitrinosa per il fiume morto in
lente sedi mentazioni, oggi zolla fe-
race, è bellissimo quando non c'è la
nebbia, quando non fa freddo,
quando non fa caldo, quando non
c'è la pioggia.
Lombriasco è un dono del Po».
Ebbene, sono andato da quelle
parti in un pomeriggio luminoso e

2.8 Page 18

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18 · 1 GIUGNO 1986
dorato del mese di aprile allorché gli
ultimi raggi di sole a malapena rie-
scono a filtrare i lunghi filari di
pioppi della zona ed i rintocchi lievi
d'una campana dicono quanta sere-
na pace può tutt'ora dare la cam-
pagna.
Qui, a Lombriasco, ha sede l'uni-
ca scuola agraria salesiana d'Italia.
Sorta, come tant'altre, a cavallo
fra l'Ottocento e il Novecento,
quando l'agricoltura visse una delle
sue ricorrenti crisi e uomini lungi-
miranti seppero reagirvi, questa
scuola ha oggi il blasone degli anti-
chi colleges o, se vogliamo, dei vini
doc.
G ente tenace
Quella che nel I906 era la « Scuo-
la d'agricoltura S. Isidoro», frutto
della volontà del direttore don Giu-
seppe Lazzero è oggi una complessa
opera salesiana con scuola media ed
istituto tecnico a doppio indirizzo:
agrario e geometra.
Attualmente è diretta da don Ta-
rasco Genesio, un giovane salesiano
laureato in agraria con una tesi sul-
I L'evoluzione della scuola di
Lombriasco di pari passo con
l'evoluzione dell'agricoltura
l'allevamento delle rnicroalghe per
la produzione di metano biologico.
Ne è preside don Carlo Bianchi, un
salesiano ingegnere civile laureato
con una tesi sugli impianti d'irriga-
zione di Cumiana, altra località pie-
montese dove fino a qualche anno
fa esisteva una scuola agraria sale-
siana.
Con loro c'è tutta una pattuglia
di salesiani, anziani e non, e di laici,
per lo più ex.allievi della stessa scuo-
la, la cui passione e competenza per
l'agricoltura sono tali da far pensa-
re, riandando anche alle pagine del
Bollettino Salesiano di quegli anni,
a don Carlo Baratta, a Stanislao So-
lari e al nutrito cenacolo della «Ri-
vista dell'agricoltura» che vide fra
gli altri suoi collaboratori anche
don Francesco Rastello ed il servo
di Dio don Vincenzo Cimatti.
E del resto senza l'impegno di
tanti pionieri questa scuola proba-
bilmente non avrebbe resistito. Una
lapide a Lombriasco ricorda don
Giovanni Pellegrino, direttore degli
Anni Quaranta che destreggiandosi
abilmente fra Superiori religiosi,
autorità politiche e scolastiche, sep-
pe trasformare la scuola in istituto
tecnico per periti agrari e geometri.
Tra i salesiani defunti che per que-
sta scuola hanno lavorato e sofferto
meritano un ricordo, fra gli altri,
don Mario Ghiglieno, affettuosa-
mente chiamato da tutti don Gru,
già direttore del dinarnitificio Nobel
di Avigliana e per anni geniale pro-
fessore di chimica, don Augusto Ri-
naldi, botanico d'eccezione e il dot-
tor Giuseppe Lorenzone, zootecni-
co zelante e sacrificato.
La disponibilità degli
alunni
Nel complesso salesiano di Lom-
briasco vivono oggi 383 ragazzi. Da
qualche anno tuttavia la media è
aperta anche alle ragazze. li Tecni-
co agrario è frequentato da 144 al-
lievi che in massima parte sono con-
vittori; gli altri seguono il corso per
geometri.
Ma per fare una scuola agraria
cosa ci vuole?

2.9 Page 19

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- - - - - - - - - - -sl1-
Risponde, senza esitazione, il
preside don Bianchi il quale con la
presidenza ha anche una regolare
cauedra d'insegnamento.
«Ci vuole - dice - La terra e la
competenza da parte cli chi la deve
gestire e poi ci vuole anche una zona
che sia adatta alla scuola agraria.
Non avrebbe senso fare una scuola
clistante centinaia di chilometri dal
bacino d'utenza.».
Che tipo di ragazzo frequenta
Lombriasco?
«La scuola superiore - risponde
ancora don Bianchi - è in massima
parte frequentata da ragazzi che
provengono da ambienti rurali. Sol-
tanto il 40% proviene dalla città. La
scuola media invece raccoglie ele-
menti della stessa cittadina e delle
frazioni vicine».
Ma perché l'indirizzo agrario è
abbinato a quello edile?
«I due titoli, geometri e periti
agrari, offerti dalla scuola coprono
tutto quello che riguarda la proprie-
privata, rurale e civile, e quindi
sono due titoli che si compenetrano
bene l'uno con l'altro e possono es-
sere sopportati dalle strutture della
scuola».
Più che dal corso per geometri, la
curiosità del cronista è attratta dal
corso per periti agrari. C'è poi un
altro aspetto che incuriosisce.
Sono questi ragazzi «chiusi » in
Collegio.
11 direttore don Tarasco spiega:
I Immagini dell'attJvità agricolo-
scolastica di Lombriasco
(Le foto di questo servizio sono
della SAF)
1 GIUGNO 1986 · 19
«Sebbene l'internato sia impostato
alla maniera tradizionale - a Lom-
briasco esistono ancora le grandi
camerate ed i grandi saloni per lo
studio e per la mensa - dal punto
di vista educativo non abbiamo
grosse difficoltà. Del resto i ragazzi
vanno spesso in famiglia».
«E poi - aggiunge il preside -
sono ragazzi immediati, privi di
grilli e aperti alla collaboraz.ione».
E gli educatori salesiani?
«Ci sentiamo pienamente realiz-
zati - risponde ancora il preside.
Rispello ad altri ambienti educativi
abbiamo anche la fonuna di poter
incontrare immediatamente l'inte-
resse dei ragazzi. Partendo da que-
sti interessi concreti non ci riesce
difficile stabilire un rapporto auten-
ticamente familiare».

2.10 Page 20

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20 · 1 GIUGNO 1986
Notevoli attrezzature
didattiche
La scuola dispone di attrezzature
didattiche notevoli: laboratorio di
fisica, centro di calcolo - il compu-
ter qui è di casa ed il suo bipbip è fa-
miliare all'orecchio di tutti - sala
d'agricoltura, museo naturale,
erbario.
«Quest'erbario - mi dice il diret-
tore con un pizzico di compiacimen-
to - ha un raro valore scientifico e
non pochi studenti universitari ven-
gono per ricerche e tesi)).
In realtà a Lombriasco ogni albe-
ro, ogni pianta delle tante che si ve-
dono allineate per i 18 ettari di ter-
reno della scuola rappresenta uno
strumento didattico».
«Le stesse piante attorno alla sta-
tua dell'Ausiliatrice - mi fa notare
don Tarasco - rappresentano per i
ragazzi un concreto esempio di giar-
dino con alberi ad alto fusto».
C'è poi l'azienda.
Essa si esprime in tutte le specia-
lizzazioni del campo agrario: coltu-
re estensive, allevamento bovino,
allevamento avicolo, mangimistica.
Visitarla è un piacere: «Vede
quella mucca?», mi segnala il diret-
tore, «in piena lattazione produce
La stalla della scuola di
Lombriasco
25 litri di latte al giorno». La stessa
produzione annua di mais non è da
disprezzare: 17 mila quintali di
prodotto.
Un campo, insomma «accorpa-
to» aJ massimo dove il ragazzo può
vedere e imparare di tutto: dalla ra-
ra esotica pianta cinese al nostrano
ligustro.
Ma, domando, i soldi per una
scuola siffatta?
La retta media annua di un ragaz-
zo «collegiale» è di tre milioni e
mezzo e certamente non è sufficien-
te ad evitare un bilancio in rosso.
dl segreto - risponde ancora il
direttore - sta negli ste~si salesiani
che lavorano e si danno da fare. Vo-
gHo in particolare ricordare tre sale-
siani coadiutori.
Uno è il signor Zampieron Fran-
cesco: è qui da quarant'anni e si
preoccupa della selezione di stalla e
del settore avicolo; ci sono poi il si-
gnor Tonini Vincenzo e il signor Ri-
gotti Vito. Questi tre salesiani coa-
diutori in pratica sostengono tutto il
peso del lavoro di manutenzione or-
dinaria e della gestione dell'azienda
che pur essendo strutturala e conce-
pita a servizio della scuola, ha una
vita un po' autonoma».
Gu exallievi
A Lombriasco come in ogni casa
salesiana ci sono gli exallievi; esper-
ti in agricoltura che hanno studiato
a Lombriasco è possibile trovarli un
po' dappertutto, nelle Facoltà di
Agraria, al CNR, in grandi aziende.
Ma è possibile trovarli soprattutto
in mezzo ai campi proprietari e non
di piccole aziende che tramandano
nel tempo - « Col tempo e con il
Po» è appunto intitolato il giornale
di collegamento curato da don Ros-
si e da don Capellari - non soltan-
to i segreti della coltivazione di un
campo ma anche gli autentici valori
della vita appresi alla scuola di Don
Bosco.
Pur essendo proiettata nel futuro
informatico la scuola di Lombria-
sco con la sua austerità ha il sapore
delle cose antiche.
Ed in realtà di cose del passato,
qua e là è possibile anche vederne
qualcuna. Una antica, quasi scolo-
rita, meridiana ad esempio dove
con l'ora è possibile leggere un
frammento di antica saggezza. Vi si
legge infatti: tempus ager meus. Un
invito all'operosità e alla concretez-
za evangelica.
Giuseppe Costa

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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# _ _VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
PER TROPPI
I GIUGNO 1986 · 21
Il fenomeno della
violenza nei più deboli
e indifesi dilaga nel
mondo. Z:iniziativa di
«Radio Don Bosco» in
una parrocchia romana
per contrastare la piaga.
RAGAZZI
MALTRATTAMENTI
E PERCOSSE
Roma. Li picchiano
senza misericordia, li maltrattano,
esercitano su di loro forme di inau-
dita violenza. Le vittime? Sembra
incredibile, ma sono i bambini, gli
esseri più deboli e ipdìfesi. Li sfrut-
tano, li comprano e li vendono, li
spingono a elemosinare o a delin-
quere ai margini deUe strade. Le vit-
time sono ancora loro, i bambini.
Sono arrivati al punto di farne degli
schlavi. No, non avete letto male.
Abbiamo proprio scritto «schiavi».
È accaduto. E non in una remota
contrada ridotta allo stato barbari-
co, ma qui da noi, in Italia. Pochi
mesi fa, a Milano, per spedire in
carcere una settantina di loschi indi-
vidui accusati di aver attivato un
traffico di ragazzi jugoslavi, com-
prati e poi costretti al furto e all'ac-
cattonaggio, il magistrat o si è ri-
chlamato all'articolo 600 del Codice
penale, che dice: «Chiunque riduce
in schiavitù o in una condizione
analoga alla schiavitù, è punito con
la reclusione da tre a quindici an-
nb>. E difatti, che cos'erano se non
schiavi quei poveri ragazzi strappati
alla loro terra, addestrati al furto o
a chiedere l'elemosina e puniti con
ferocia quando alla sera tornavano
con un bottino giudicato troppo
magro?
Ma chi sono i violenti, i seviziato-
ri? Chi maltratta, chi riduce in
schiavitù? Gente spietata, senza
scrupoli, priva di ogni senso di
umanità, certo. Ma anche - e qui

3.2 Page 22

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22 · 1GIUGNO 1986
nasce un altro sconcertante motivo
dì incredulità - genitori, le madri e
i padri degli sfortunati ragazzi. Non
si pensi che ci stiamo occupando dì
un fenomeno marginale, di modeste
dimensionL Al contrario, siamo di
fronte a una piaga di ampiezza
inimmaginabile, che coinvolge mi-
gliaia di bambini. E che, per di più,
è in allarmante aumento. Che cosa
fa la società per contrastare il feno-
meno? Ben poco, specialmente nel
nostro Paese, dove, per ammissione
degli stessi responsabili dell'Ammi-
nistrazione della giustizia minorile,
siamo indietro di almeno 15 anni ri-
spetto al resto del mondo occiden-
tale.
Necessità di agire
Nella parrocchia salesiana San
Giovanni Bosco, a Roma, debbono
essersi detti che limitarsi a leggere
sui giornali articoli che raccontano
di maltrattamenti ai bambini, ma-
gari indignarsi, avvertire un senso
di rivolta, non può contribuire in al-
cun modo a risolvere l'angoscioso
problema. Se lo son detti, in parti-
colare, il parroco don Luciano Pan-
filo e uno dei collaboratori di «Ra-
dio Don Bosco», Umberto Casella.
Ha preso così vita un'iniziativa, che
si propone di offrire alla gente uno
strumento su cui far leva per dare
un contributo alla risoluzione del
problema. Nessuna pretesa dì rad-
drizzare la gambe al mondo, natu-
ralmente. Con più modestia, l'ini-
ziativa vuole ottenere un ampio
coinvolgimento del pubblico, solle-
citando più attenzione sulla condi-
zione del bambino, invitando alla
riflessione sul triste fenomeno dei
maltrattamenti, e, indirettamente,
esercitando una pressione sulle isti-
tuzioni perché diano le risposte che
ad esse competono. È così nata la
proposta di istituire la Giornata del
bambino, da celebrare ogni anno il
31 gennaio, festa di San Giovanni
Bosco.
« Intendiamoci subito - dice Ca-
sella - , niente a che vedere con le
varie ''giornate'' per mamme, pa-
pà, fidanzati eccetera, tutta roba
che, all'insegna del consumismo,
viene sposata dall'industria a colpi
dì scatole di cioccolatini e di botti-
glie di alcool, con tutto l'apparato
pubblicitario a suonare la grancas-
sa. La Giornata dal bambino noi
l'abbiamo concepita proprio in sen-
so contrario, direi anriconsumisti-
co, privilegiando i valori di vita che
il bambino stesso, per primo, rap-
presenta. Noi proponiamo un mo-
mento di riflessione ai genitori, agli
educatori, agli operatori culturali,
alle istituzioni sociali».
E i bambini? «Ai bambini voglia-
mo far vivere una giornata di gioia,
mediante incontri, rappresentazioni
teatrali, recite di poesie, mostre di
disegni, rassegne di documenti, sen-
za trascurare il momento della pre-
ghiera. Il tutto nell'intento di svi-
luppare nei ragazzi una cultura di
pace, favorire nei genitori l'apprez-
zamento dei valori della vita contro
ogni violenza fisica e psicologica,
individuale e dì massa. Del resto -
aggiunge Casella - che l'iniziativa
sia nata in una parrocchia salesiana
la dice lunga sulle nostre intenzioni,
dato che Don Bosco è stato l'educa-
tore per eccellenza e Ja sua opera si
rivolga in modo specifico ai ragazzi
e ai giovani».
'Ji:1enze psicologiche
Sul bisogno urgente, nella nostra
società violenta, dì una educazione
ai valori di pace e cli non violenza,
nessuno oggi nutre dubbi. Nel parti-
colare settore dei minori, i.I fenome-
no dei maltrattamenti sta addirittu-
ra dilagando in ogni parte del mon-
do, anche se con caratteristiche di-
verse. Manca spesso la possibilità di
quantificarlo statisticamente, ma
un qualunque medico d'ospedale
potrebbe raccontare di bambini
giunti al pronto soccorso con i segni
di percosse brutali, con arti frattu-
rati da colpi di bastone, occhi pesti
e perfino bruciature di sigarette. I
dati statistici mancano anche perché
le violenze fisiche ai danni dei bam-
bini fra le mura domestiche sono
spesso interpretate - dagli stessi sa-

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - -5'1-
nitari - come effetti di un metodo
educativo che prevede l'uso della
forza. In qualche caso forse si esa-
gera, sembrano pensare in molti,
ma quando occorrono due ceffoni
ci stanno bene. Solo che sono ceffo-
ni che portano il ragazzo all'ospe-
dale (e qualche volta i genitori in
Questura). E così, a furia di «esage-
razioni», ogni anno - secondo dati
forniti da associazioni per la prote-
zione dell'infanzia - in Italia non
sono meno di 15 mila i bambini fra
uno e 14 anni che sono vittime di
abusi fisici, violenze, maltrattamen-
ti e minacce.
Ma i ragazzi subiscono violenze
non solo fisiche. Tra la merce in
vendita presso quei ricettacoli di
perversione che sono i porno-shop,
ci sono riviste e videocassette che
utilizzano come attori i ragazzi.
Rapporti dell'ONU, di associazioni
internazionali contro la violenza ai
minori, o delle polizie di tutto il
mondo testimoniano di questo atro-
ce sfruttamento, messo in atto allo
scopo di produrre materiale porno-
grafico. Speculatori sprovvisti di
ogni senso di umanità non si arre-
stano neppure di fronte alle più tra-
giche conseguenze della loro ignobi-
le attività. Due anni or sono fece
scalpore il caso della bambina olan-
dese di sei anni, Thea, uccisa dalla
droga che le era stata somministrata
per poterne filmare gli effetti.
Se questo è un caso limite, non
mancano situazioni che possono ap-
parire innocue ai genitori, ma che in
realtà contengono una esplosiva ca-
rica di violenza psicologica. Pensia-
mo ai bambini che vengono intro-
dotti in spettacoli televisivi al preci-
so scopo di farne delle «mini-stars»
sfruttate poi per contribuire al suc-
cesso di un programma. I danni di
un prorngonismo precoce sono
spesso incalcolabili, e troppe madri
non se ne rendono neppure conto,
occupate solo a guadagnare per i lo-
ro figli le luci della ribalta. I bambi-
ni sono sempre più largamente uti-
lizzati dalla pubblicità, occhieggia-
no dai manifesti agli angoli delle
strade o ammiccano dagli schermi
televisivi, occupati a rendere più
credibili presso i loro coetanei, ac-
caniti fruitori di pubblicità, un pro-
dotto commerciale. Si realizza così
una forma di violenza psicologica a
doppio senso. Si fa inoltre violenza
sui bambini propinando loro a dosi
massicce ogni forma di brutalità at-
traverso le televisioni, perfino con i
cartoni animati.
f ragazzi della strada
Tutte forme, queste, che trovia-
mo sempre più diffuse nella nostra
società. Se ci spostiamo nei Paesi
dell'America Latina, deU'Asia, del-
]'Africa, dove domina la miseria, il
fenomeno della violenza sui bambi-
ni si chiama lavoro minorile, prosti-
1 GIUGNO 1986 · 23
tuzione, abbandono in mezzo alla
strada. Quest'ultimo fenomeno è
particolarmente diffuso in Sud
America. Nel solo Brasile si calcola
che non meno di 30 milioni di bam-
bini vivano per la strada, e nella
strada cerchino cibo e rifugio, a
mendicare o braccati dalla polizia a
causa dei furti commessi.
li problema è immenso. Spaventa
il solo evocarlo. Figuriamoci pro-
porsi di risolverlo. Ma se si conti-
nua a rimanere inerti, non ci sarà
verso neppure di arginarlo. Nel suo
piccolo, la parrocchia di Don Bosco
si è mossa. Lanciando l'iniziativa
della giornata dei bambini attraver-
so i microfoni di Radio Don Bosco
- l'emittente nata in parrocchia -
durante la rubrica «Testatazoom»
di cui è conduttore, Umberto Casel-
la si è rivolto a uomini politici, edu-
catori, giornalisti perché diano il lo-
ro appoggio.
Una delle prime decisioni è venu-
ta da Piero Badaloni, il popolare
giornalista che attraverso la rubrica
televisiva « Italia sera» si è ripetuta-
mente occupato dei problemi dei ra-
gazzi. «La reputo un'ottima inizia-
tiva - dice Badaloni - di cui si av-
vertiva il bisogno. È tempo di muo-
versi, di fare qualcosa. La violenza
sui bambini è un fenomeno molto
più vasto di quanto comunemente si
creda. Jo stesso, dedicandovi una
puntata della mia trasmissione, ho
fatto una ricerca i cui sconvolgenti
risultati mi hanno sorpreso e turba-
to. Molta gente è disposta ad impe-
gnarsi, come ha rivelato l'alto
ascolto di quella puntata. L'iniziati-
va della parrocchia di Don Bosco si
muove nella diiezione giusta».
Hanno aderito inoltre, fra gli altri,
il direttore del «Tempo» Gianni
Letta, il conduttore della popolare
rubrica radiofonica «Chiamate
3J31 » Corrado Guerzoni, il giorna-
lista Albino Bernardini, l'attrice
Sandra Mito che cura una trasmis-
sione per ragazzi. Ma tutti possono
dare il loro apporto di idee e di soli-
darietà, sia scrivendo a RDB - Te-
statazoom - via dei Salesiani 9 -
00175 Roma, oppure telefonando al
7480470 (06) dalle ore 10,15 alle
11, 15 di ogni sabato collegandosi in
diretta nel corso della trasmissione
di «Testatazoom ».
G. N.

3.4 Page 24

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_ PASTORALE GIOVANILE_ _ __ _ _ _ _ _ _ __ __ _ __
24 · I GIUGNO 1986
Ragazzi in difficoltà
DALLA ccPIAZZA»
ALLE COLLINE
PER RISCOPRIRE
I VERI VALORI
DELl!UOMO
Eesperienza dei giovani
ex tossicodipendenti ospiti
delle comunità residenziali
nei pressi di Livorno di cui
è coordinatore don Luigi Zoppi.
Livorno - «Caro Gigi,
quelJo che voglio farti sapere è che
penso a te, e agli runici di Parrana
San Martino e all'esperienza vissuta
insieme come a punto di riferimento
molto importante per me... Ho avu-
to fortuna e ho trovato un lavoro...
È un po' dura, ma ce la faccio. Ac-
cetto questo lavoro per quelJo che è,
come non mi era mai riuscito pri-
ma... Riesco anche a vivere più in
armonia con il mondo che mi cir-
conda... Ho riacquistato fiducia...
Per tutto questo non posso che rin-
graziare la Comunità...».
Il «Gigi» al quale confidenzial-
mente si rivolge l'autore della lette-
ra, è don Luigi Zoppi, salesiano,
coordinatore del Centro italiano di
solidarietà cui fanno capo le due co-
munità residenziali di Valle Bene-
detta e di Parrana San Martino. En-
trambe a pochi chilometri da Livor-
no, sono nate per accogliere giovani
che portano sulla pelle la pesante
esperienza della droga e che qui si
aiutano a vicenda a liberarsi dai

3.5 Page 25

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- - -- - - -- ---#-
I GIUGNO 1986 25
Momenti di gioco in
comunità
affittati dalla Comunità, e che han-
no fatto da cornice al lavoro inte-
riore compiuto nella consapevolez-
za di un traguardo da raggiungere.
Le visite degli «ex allievi» sono mo-
menti di gioia per tutti, il viso
asciutto di don Gigi si illumina nel
sorriso, abbracci, scambi di saluti,
allegre battute, domande incrociate
su «come vanno le cose». Un incon-
tro tra amici, insomma. Poi France-
sca va nella stalla a mungere, Anto-
nio risale sul piccolo trattore, Enri-
co si rimette a zappare. Le storie di
questi ragazzi? Superfluo raccon-
tarle. Sono le stesse degli ormai in-
numerevoLi gjovani risucchiati nella
spirale della droga. Per fortuna loro
e nostra, di tutti noi che formiamo
l'unica famiglia umana, hanno tro-
vato la forza di puntare i piedi e ri-
salire la china. Don Gigi dà loro
una mano.
condizionamenti imposti dalla tos-
sicodipendenza per riacquistare
consapevolezza di in vista del
reinserimento nella vita sociale.
A scrivere lettere più o meno si-
mili a quella che abbiamo sunteg-
gjato sopra, sono i Carlo, i Valerio,
le Giovanna, i Renato e gli ormai
numerosi giovani che si sono rimes-
si a camminare con le loro gambe
dopo aver vissuto l'esperienza della
Comunità, dodici mesi trascorsi in-
sieme, non facili, anzi decisamente
impegnativi, e tuttavia cammino
progressivo verso la liberazione non
soltanto dalla sostanza droga, ma
da tutte le lacerazioni personali e di
rapporto col mondo, cbe, forse, al-
la droga hanno portato. Chi non
scrive torna spesso di persona a sa-
lutare Gigi e gli amici, a rivedere i
cascinali che l'hanno ospitato per
un anno, i campi che ha arato e se-
minato, la stalla dove ha accudito
alle bestie. E anche a respirare l'aria
pulita di queste colline, ora aspre
ora dolci, su cui si adagiano i poderi
C aratteri
distintivi
Comunità, queste di Livorno, co-
me ce ne sono tante sparse nell'Ita-
lia della tossicodipendenza? Può
darsi. Del resto, qui nessuno preten-
de di esibire patenti di originalità,
non è certo in questo ambiente che
allignano i «primi della classe». E
tuttavia è innegabile che alcune li-
nee distintive loro proprie, le comu-
nità livornesi ce le hanno, guanto a
metodo educativo e terapeutico.
Per esempio, qui si pratica il rove-
sciamento totale delle forme di con-
vivenza cbe fanno della tossicodi-
pendenza uno dei sintomi di un mo-
do sbagliato di vivere. Se nella no-
stra società oggi si impone quasi di
forza, assorbito a dosi massicce fin
dall'infanzia, uno stile di vita che fa
correre tutti freneticamente verso
l'interesse personale elevato al ran-
go di divinità, verso il denaro, il
consumo, la soddisfazione di biso-

3.6 Page 26

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26 · 7 GIUGNO 198Q
gni futili creati artificiosamente da-
gli strumenti di persuasione di mas-
sa, ebbene qui, fra queste verdi col-
line, si punta alla ricerca dei valori
primari, si privilegia l'essenziale, il
frugale, il povero, il semplice. E al-
l'isolamento, che si associa impla-
cabile ai fasti della società opulenta,
si contrappone la comunità, l'acco-
glienza, la condivisione, il servizio.
TI primo passo verso questa nuo-
va dimensione viene fatto avvertire
al giovane fisicamente, con l'im-
mersione nell'ambiente naturale.
Questi ragazzi provengono «dalla
piazza», come dice don Gigi, cioè
da un ambiente che, dopo aver per-
duto i suoi contorni originari, è di-
ventato luogo di abbandono, di
inerzia, di contrasto con se stessi e
con il mondo, di malessere, di tra-
sgressione. In Comunità essi ripren-
dono contatto con la natura e con i
suoi ritmi, ne colgono gli odori, i
colori, i sapori, riallacciano fili con
le piante, gli animali, l'aria. E af-
frontano il lavoro fisico. Per tutti è
la riscoperta di una dimensione di-
menticata o mai conosciuta, e tutta-
via fatta di presenze reali come il
succedersi delle stagioni, la semina,
la fioritura, il raccolto...
«Quando arrivano - mi dice don
Gigi - sono debilitati nel fisico e
nello spirito. Hanno appena detto
no alla droga, escono da trattamen-
ti disintossicanti a base di farmaci.
Ma della droga il loro corpo porta
vistosamente i segni, c'è chi stenta
quasi di reggersi in piedi, chi è per-
corso da un tremito convulso, quasi
tutti sono incapaci di utilizzare i
muscoli, sono ipertesi, in preda alla
spossatezza, all'inappetenza, all'in-
sonnia. Sono come appesi a un esile
filo che sembra debba spezzarsi da
un momento all'altro. li primo me-
se trascorso da noi è finalizzato pro-
prio al recupero fisico».
La parola usata per definire que-
sto primo periodo è «smartellamen-
to», e vuol dire che il giovane è sot-
toposto gradualmente ai lavori più
duri e pesanti, senza troppi riguar-
di. «II lavoro fisico - aggiunge don
Gigi - costringe il corpo a ritmi re-
golari e a ricambi più veloci, gli pro-
cura que!J'appetito che ha perduto,
lo fiacca di stanchezza naturale, lo
riempie di sonno ristoratore che fa-
vorisce il recupero di energie».
offerta
di amicizia
Come regge un giovane appena
disintossicato a questa prova, come
si adatta volontariamente (perché
tutti sono qui e qui restano solo in
quanto essi stessi lo hanno chiesto e
lo vogliono, senza costrizione alcu-
na) a un così drastico mutamento di
vita, dopo la lunga inerzia della
«piazza»? Se il suo fisico è sottopo-
sto alla rudezza dello «smartella-
memo», lo spirito, fino a quel mo-
mento non meno debilitato del cor-
po, trova più di un motivo di appa-
gamento, fornendogli un indispen-
sabile supporto. C' è,. anzitutto,
l'accoglienza rassicurante dei mem-
bri della Comunità, l'instaurarsi di
un rapporto alla pari perché l'espe-
rienza dell'ultimo arrivato assomi-
glia per molti versi a quella di tutti
gli altri. E poi c'è l'immediatezza di
una offerta di amicizia sincera e
gioiosa, di condivisione, di serenità.
Via via che passa il tempo si fa stra-
da il superamento dell'angoscia che
nasce dalla convinzione - tipica nel
tossicodipendente - di essere una
totale nullità, del tutto inutile agli
altri, incapace di progetti, di lavo-
ro, di relazioni. Lo strumento pri-
- A contatto con la natura
La verifica Insieme ai
familiari

3.7 Page 27

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- - - - - - - - - - -sB-
mo è il lavoro stesso, componente
essenziale della riabilitazione.
«Niente medicine - precisa don
Gigi - niente tranquillanti, ma la-
voro. Un lavoro compiuto non per
trarne un profitto, ma per acquista-
re la propria autonomia, e reso co-
me servizio agli altri. Così si coltiva
il campo per averne il cibo quotidia-
no, si allevano animali per la carne
e il latte che offrono, si taglia la le-
gna per riscaldarsi durante i mesi in-
vernali , si restaura la casa dove si
abita. I ritmi di lavoro non sono
sollecitati o esasperati dal desiderio
di lucro o da sfruttamento da parte
di chicchessia, ma per ricavarne il
giusto utile per la vita».
Una linea operativa, que11a che
abbiamo sommariamente descritta,
che sembra rispondere a criteri di
estrema semplicità. Ma a ben guar-
dare, cosl semplice poi non è. Non
lo è per i giovani come non lo è per
coloro - don Gigi e i suoi collabo-
ratori - che si dedicano al lavoro di
recupero. Per i giovani, oltre al1'im-
pegno fisico quotidiano, tutt'altro
che lieve, c'è il lavoro interiore di
adattamento allo spirito e alle nor-
me di convivenza e, più impegnati-
vo ancora, l'esigenza di rispondere
agli stimoli che sollecitano il con-
fronto interpersonale e di gruppo.
Si aggiunge, in un momento succes-
sivo, l'assunzione di responsabilità
specifiche a livello direzionale e di
organizzazione dei lavori e della
stessa Comunità. Strumenti, anche
questi, diretti a favorire la crescita
di personalità mature. Tutto ciò è
reso possibìle dal sostegno continuo
offerto dai membri «anziani» (per
periodo di permanenza in Comuni-
tà), dagli operatori e dagli esperti,
che seguono i programmi di inter-
vento per i singoli e per il gruppo.
L ruolo
della famiglia
Poi c'è il coinvolgimento delle fa-
miglie. «È un lato del problema che
presenta qualche difficoltà - am-
mette don Gigi - perché spesso i
genitori sembrano aver perso ogni
fiducia nei loro ragazzi, li guardano
con sospetto, talvolta con terrore
perché temono che la droga finirà
comunque per prevalere. Alle spalle
vanno storie dolorose che non è fa-
cile dimenticare. Ma la loro ansia
gioca spesso un ruolo negativo. Per
TGIUGNO 1986 · 27
fortuna, dopo che i giovani hanno
trascorso da noi i primi mesi, sono
gli stessi genitori a riconoscere il
profondo mutamento avvenuto nei
loro figli. Gli incontri programmati
ogni quadrimestre, con un tempora-
neo ritorno in famiglia, sono utili
per instaurare nuovi rapporti e, in
ogni caso, a verificare lacune e a
cercare di porvi rimedio)>.
In definitiva, ci è parso di capire
che nelle due comunità livornesi si
punta a un risultato essenziale: aiu-
tare i giovani ex tossicodipendenti a
scoprire o a riscoprire i valori veri
dell'uomo, ad acquistare padronan-
za di sè, a «crescere», a diventare
uomini nel senso vero della parola,
a «vivere la vita», a «maturare in
umanità». In questo senso, l'espe-
rienza della Comunità diventa un
punto di riferimento utile per il re-
sto della vita.
Don Gigi, molte difficoltà? «Cer-
tamente le difficoltà non mancano,
soprattutto se si pensa alle strutture
che sono del tutto insufficienti a
fronteggiare le richieste». Va ricor-
dato che le due comunità residen-
ziali sono forse l'aspetto più appari-
scente delle attività svolte dal Cen-
tro italiano di solidarietà, e che si
a11argano al campo dell'informazio-
ne, e della prevenzione, dell'assi-
stenza alle famiglie dei tossicodi-
pendenti e dei carcerati, fornendo
collaborazione ai centri sociali e alle
istituzioni pubbliche (il Centro è ri-
conosciuto come ente ausiliario del-
la Regione Toscana).
Risultati? «A questa domanda ri-
spondo con un'altra domanda: chi
può dire quando un uomo, chiun-
que di noi, ha raggiunto il pieno
controllo dei propri condiziona-
menti? Noi non facciamo statisti-
che. Ci limitiamo a delle verifiche.
La più significativa ci sembra essere
la nostalgia che chiunque lascia la
comunità porta con sè, dei giorni
trascorsi in serenità e in amicizia
sincera, in rispetto e in gioia non ar-
tificiosa, in voglia di vivere nella
piena armonia con tutti, in recupero
di cose, di gusti, di valori. È un se-
gno che la Comunità lascia a tutti,
ai ragazzi e a me, che, come salesia-
no, mi sforzo di far rivivere il don
Bosco dei primi anni di Valdocco in
mezzo ai giovani».
Gaetano Nanetti

3.8 Page 28

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28 · 1 GIUGNO 1986
-
MARCO BONGIOANNI
(a cura di)
don Bosco tra storia e avven-
tura , Editrice S.D.B., Roma,
1985, pp. 127.
In questo piccolo gioiello, a
mezzo tra storia e fine arte lette-
raria, Marco Bongloanni, sale-
siano, operatore socioculturale
ed esperto critico teatrale, si è
proposto di fornire al lettore non
tanto una biografia, quanto una
traccia, fatta di rapidi schizzi
narrativi, testimonianze e illu-
strazioni storiche, utile a dise-
gnare en plen air il volto del san-
to astigiano, secondo un model-
lo impressionistico, per cui •la
luce non è più unica• ma si ri-
frange in «effetti multipli•.
li libro rivela un don Bosco ori-
ginale e moderno, riuscendo a
cogliere nella sua storia i germi
non corrosi dall'inesorabile flui-
re temporale: ma si tiene lonta-
no tanto dalla contraffazione fi-
lologica quanto dall'intento en-
comiastico succubo delle impe-
ranti mode storiche. Anzi: da
queste pagine si leva un profu-
mo tutto piemontese, e non solo
per il frequente ricorso alle sa-
porite inflessionl dialettali, ma
per gli odori che promanano da
«pioppelle ontani gelsi e salici•,
per le vedute di scorcio che in-
quadrano in brevi righe ampi
panorami, fatti di •ponticelli ru-
stici di mattoni e travi•, di aie e
cascinali, di campi e prati
interminati.
E in mezzo a queste luci, in
cui colori e profumi si sovrap-
pongono senza posa, ecco i per-
sonaggi, con don Bosco in te-
sta, che saltano letteralmente
fuori dalla pagina, assumendo
forme e figure d'altorilievo, ma
in tal modo che portano con sé il
proprio ambiente con I suoi ru-
mori, i suol schiamazzi, con
l'ansare del santo rincorso da
una turba di ragazzi cui ha •ru-
bato• del denaro per condurli in
chiesa. E qui si scopre l'arte del
drammaturgo.
Ecco, a poco a poco, formarsi
il volto di don Bosco: •un uomo
capace di Immergere le preoc-
cupazioni socialì terrene e pro-
fane in un clima di "divino", fi.
no a viverle costantemente in
santità•.
VASCO TASSINARI
Don Bosco '88, S.G.S., Bolo-
gna, 1985, pp. 95.
•5 flash per un centenario•:
questo li sottotitolo del libro, che
l'autore, salesiano ed esperto di
pastorale giovanile, ha voluto
dedicare non solo alla memoria
del santo ma anche a quella di
•Mamma Margherita•, «a cui
principalmente il mondo deve il
Don Bosco storico» e per la qua-
le il 1988 significa anche li se-
condo centenario della sua
nascita.
Il volume non ha la pretesa di
costituirsi come una biografia,
né come un saggio, ma vuol es-
sere soltanto «un'introduzione
ad un approfondimento•, uno
stimolo a rilanciare •il messag-
gio di speranza giovanile testi-
moniato e progettato da Don
Bosco per una nuova società• e
«con un rinnovato criterio
oratoriano•.
In uno stile assai semplice e
divulgativo, che rivela l'uomo
avvezzo a comunicare coi gio-
vanissimi, disegna, con rapidi
tocchi, la vita del sacerdote pie-
montese, inserita in un appro-
priato contesto storico e memo-
rizzata nel pensiero dei più di-
sparati personaggi, da Giusep-
pe Lombardo Radice a Madre
Teresa di Calcutta, da Victor
Hugo a Giovanni Paolo Il.
Da Umberto Eco, filosofo e
semiologo contemporaneo, non
credente di origini cattoliche,
coglie la seguente affermazio-
ne: •la genialità dell'Oratorio è
che essa prescrive ai suoi fre-
quentatori un codice morale e
religioso, ma poi accoglie anche
chi non lo segue. In tal senso il
progetto di Don Bosco investe
tutta la società Italiana dell'era
industriale•.
Su questa trama, fatta di nar-
razione e memoria storica, si
snoda Il progetto dell'autore che
corre sul filo dell'intento peda-
gogico: il sistema preventivo, i
tri!oghi di don Bosco, come senso critico; però, anche la
«preghiera, lavoro, temperan- scienza, a sua volta acquista
za•, •allegria, studio, pietà• e una nuova dimensione nella fe-
•ragione, religione, amorevolez- de allorché questa le propone
za• venano nel fondo la qualità un orientamento e una finalità.
«pastorale• e educativa di que- In questa direzione, in cui ricer-
sto volume, nel quale Tassinari ca del Vero e obiettività scientifi-
ha potuto trasvalutare la sua ca si amalgamano, il dialogo tra
esperienza di insegnante e di- uomini di fede e non credenti
rettore di molti centri salesiani. raggiunge l'acme della verità: di
qui la scelta.
- CARD. PAUL POUPARD
AGOSTINO FAVALE
Scienza e Fede, Edizioni PIEM- Presenza di Maria nelle aggre-
ME, Casale Monferrato (AL), gazioni ecclesiali contempo-
1985, pp. 197, L. 16.000.
ranee, Editrice Elle DI Ci, Leu-
Il card. Paul Poupard, in colla-
borazione con il Segretariato
mann (TO),
L. 15.000.
1985,
pp. 280,
per I non credenti, di cui è presi- Dopo il calo della devozione
dente, ha svolto un'indagine sul mariana negli anni immediata-
problema tanto dibattuto e tor- mente susseguenti al Concilio
mentato, «vexata quaestio», (la precisazione temporale non
concernente i rapporti tra la fe- implica una dimensione causa-
de e la scienza. Ne è scaturito le), oggi assistiamo sia nella
un l•bro completo anche se suc- teologia che nella vita cristìana
cinto e forse di non facile lettura a un rifiorire della presenza del-
per chi non ha dimestichezza la Madre del Cristo, soprattutto
I con l'arcano delle alchimie come lievito operante nelle mol-
filosofiche.
teplici realtà ecclesiali contem-
Il nesso che collega le varie poranee.
tematiche trattate nel volume,
dalla cosmologia al freudismo,
dall'analisi marxista alle teorie
linguistiche di Wittgenstein, è ri•
scontrabile nel tentativo di chia-
rire le ragioni dell'ateismo susci-
tando nel contempo un dialogo
con I non credenti. A questo
punto si situa la tesi finale del li-
bro, per cui «i conflitti tra scien-
PBISElll
DJ ■ABU
1111U. qcreplicmi
eeeJelia1i
contmaporuee
za e fede derivano unicamente
da una falsa scienza o da una
catt,va teologia: sono sempre
più apparenti che reali» e metto-
no spesso in luce quanto di fede
ci sia nella scienza e quanta
...... lld
scienza non ci sia nella fede.
l 'autonomia e il limite di en-
trambe non possono essere in-
taccati senza funeste conse- Agostino Favale passa in ras-
guenze: all'una spetterà li com- segna I movimenti più noti, che
pito di svelare ì meravigliosi se- divide in «specificamente• ma-
greti della natura e di applicarli riani e in forme associative, che,
secondo un utile umano, all'al- pur non centrate sulla devozio-
tra gioverà contenersi nella sfe- ne per Maria, l'accolgono come
ra teleologica, quella cioè dei fi- momento particolare della pro-
ni, donando all'umanità il senso pria esperienza spirituale: dal
della propria esistenza. Perciò Movimento mariano monfortano
se la scienza spiega il •come• alle Figlie di Maria Ausiliatrice,
dei fatti, la fede ne rivela il «per- dalla MIiizia dell'Immacolata al-
ché•, completandosi vicende- l'Opera di Schonstatt, da Comu-
volmente a condizione che cia- nione e Liberazione al Rinnova-
scuna di esse sia Inserita nel mento Carismatico Cattolico e
proprio ambito. Cosl la fede trae molti altri aneora.
dalla scienza alcuni vantaggi Si tratta di aggregazioni che
come, ad esempio, un più sottile guardano alla Madre del Signo-

3.9 Page 29

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-
-
- - - - - - --
- ~-
re come «uno specchio ideale di
ciò che dovrebbero essere e an-
cora non sono•, remote, nella
maggior parte dei casi dall'inti-
mismo contemplativo: Maria di-
viene •Il prototipo di operosità,
di santità e di liberazione•, la fi-
gura della donna «attiva e re-
sponsabile» che •affronta le fati-
che della vita con coraggio e for-
tezza• nel •graduale cammino
di fede in un atteggiamento di
ascolto e di açcoglienza della
Parola di Dio•. E dunque una ri-
scoperta che si carica di istanze
antropologiche, una rivisitazio-
ne della mariologia che aggan-
cia la dimensione temporale a
I GIUGNO 1986 · 29
quella più specificamente zione del Figlio, per assisterlo
spirituale.
durante la sua immolazione sul
•Chi legge Il Vangelo costata Calvario; dopo l'ascensione di
che Maria non fu prigionieradel- Gesù la troviamo nel Cenacolo
la casa di Nazaret, ma usci per a Invocare con i discepoli del
aiutare la cugina Elisabetta, per suo Figlio la venuta dello Spi-
recarsi al tempio di Gerusalem- rito•. Maria •fu tutt'altro che
me, per presenziare le nozze di una donna passivamente re-
Gana, per ascoltare la predica- missiva».
I!ARCHIVIO di Marco Bongloannl
ccRivista dei giovaniu
Interessare i giovani - diceva «don Toni» Cojazzi -
vuole dire calarsi nel mondo in cui essi vivono, sentire co-
me loro, e schiodarsi dalla letteratura!... Lo diceva e scri-
veva facendosene bandiera sulla celebre Rivista dei Gio-
vani In quegli anni Trenta che furono i più felici del perio-
dico. «Questo - egli asserì nel 1935 (p. 216) - abbiamo
sempre cercato di fare, questo è Il nostro programma; per
cui finirono sempre nel cestino tutti gli scritti inviatimi con
soli intendimenti letterari».
/....,_ /'_.,.,.,.._vf'-~7:« t..._ ~
7-./. .........;.' - ..,,A
~~ ~
r xt / 7 - h ~/r<•.V. JrL,. «,
~ · .... · 7t. ~ '14--·~ .,-r.:.
...t..·;~ .,..,,;z; ... #......;.. ' ,- ., ~--
r :--:r r-"' 1-- ~ ..
L..~
r .&..~ 4. ~~ ......;..r....... A.<._
~ ~ ,L,. ,~~ ~ ,_,a-
La Rivista dei Giovani era apparsa nel maggio 1920 co-
me pubblicazione trimestrale a cura della Federazione in-
ternazionale Exallievi di don Bosco. Ma, per don Antonio
Cojazzi, •Exallievo• significava soprattutto connotazione
giovanile, tresca di buona scuola e di lieta spiritualità sa-
r ~ r . . .t',..,..,,t.._ ~-,.,.~ 7,;.,.,.,é....t..~~;-...
,,,... . / 4 . . . · ~ -
4U,
..,_ ,I.. - ~ , - . , . . vu-;~ ,t.)'-..f..Ì,,, --
lesiana, non già inquadramento istituzionale, e con tanto
di periodico per insegna. Sicché, non appena possibile
_,,,.t,. · ~ - ' ~ .
egli svincolò la Rivista dall'organizzazione e ne fece un
•organo di cuflura viva, efficace nella vita e per la vita• di
ogni giovane visto con l'ottica di don Bosco.
Stralcio di lettera scritta il 30 ottobre 1953 da
Avere l'idea d'una rivista siffatta non voleva però dire
mons. G. 8 . Montini alla morte di
averla già realizzata. Per giungere a tanto occorreva un
don A. Cojazzl
buon editore. La SEI di Torino era ancora una piccola Im-
presa editoriale, tuttavia già piena di vivacità e in promet- •credo•. Antonio Cojazzi era Vangelo: e la sua Rivista si
tente crescita sotto la guida del salesiano Giuseppe Cac- fece portatrice di annuncio evangelico, stimolatrice di rin-
cia e di un suo •staff» tra cui eccelleva, salesiano anch'e- novamento interiore in tempi di retoriche esteriori propu-
gli, lo scrittore don Giuseppe Bistolfi. Non era semplice gnate da deviazioni totalitarie. A Cojazzl ambiva alla gio-
però convincere questi amici fraterni a correre il non pic- ventù ideale: e la sua Rivista ne indicò i prototipi in figure
colo •rischio». Don Cojazzi si appellò al Rettor Maggiore senza divisa, non allineate al •passo dell'oca», ma eroi-
don Filippo Rinaldi.
che in carità come Pier Giorgio Frassati di cui per anni
«Se lei mi mandasse missionario in Cina - disse don tenne sempre desta la fiamma, contagiando emuli (a co-
Toni al superiore - dovrebbe investire In me una bella minciare dal nome) quanto più numerosi possibile. A Co-
sommetta, no? Mi dia questa sommetta perché lo possa jazzi era battaglia di Fede e la sua Rivista fece rivivere
fare il missionario in Italia•. Ottenne la sommetta e con l'ardore cristiano degli apologisti, da San Paolo a Manzo-
quel persuasivo argomento andò a convincere l'editore. ni... Ma poi non vi fu autentico Interesse giovanile, fin alla
La Rivista dei Giovani riuscì in breve tempo a pareggiare montagna allo sport allo spettacolo ecc., che non abbia
le spese, divenne mensile (1921) Incrementò le rubriche, trovato il suo posto, con supplemento d'anima, sull'aper-
allineò le più eccellenti firme culturali dell'epoca (G. tissima Rivista dei Giovani.
Hoornaert, S. Colombo, A. Baroni, G. Bistoifi, L. Bracalo- Quando poi don Toni nel dopoguerra si ritrovò un poco
ni, A. Cantano, P. Lingueglia, C. Mazzantini, L. Scremin, invecchiato e stanco (nel 1948 aveva 68 anni), la sua Rivi-
O. Tescari, F. Amerio, A. Anile, G. Bevllacqua, G. Castel- sta ne risentì: troppo egli vi si era immerso, troppo imme-
lino, S. D'Amico, D. Giuliotti, D. Massé, F. Meda, A. Mer- desimato. Il declino travolse entrambi, e non è da pensa-
cati. G.B. Montini, C. Pera, R. Pezzani, G. Semeria, L. re che un successore avrebbe potuto essere predisposto
Stefanini, A. Tonelli, C. Trabucco, P. Roasenda, N. Vian per quella eredità. Vi sono imprese lrrepetlbili come gli
e numerosissimi altri); ma quel che più conta riuscì, la co- uomini da cui nascono. La Rivista dei Giovani fu tale.
raggiosa Rivista, a persuadere e a far partecipare valan- •Meglio sospenderla vivente - disse don Toni - piutto-
ghe di giovani per circa un trentennio.
sto che vederla finire morente», La sospese. Essa però
SI schiodò dalla letteratura (in tempi in cui poesie e no- continuò a vivere e operare negli animi che aveva forma-
velle facevano «lustro» sui periodici) e affrontò temi gio- to per trent'anni. In questo senso vive tuttora e, costitui-
vanili vivi e vivaci. Non molti ma essenziali, capaci di farsi sce dote sicura per don Toni, che nel 1953, cinque anni
centri d'interesse per I lettori (•giovani• e non «ragazzi~) dopo averla soppressa, se ne andò a morire in quel di
mentre per il direttore costituivano parte del suo intimo Treviso predicando il Vangelo.

3.10 Page 30

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- ~EDITORIA_ _ __ _ _ __ __ __ _ _ _ _ _ _ _ __ __
30 , GIUGNO 1986
UN DIZIONARIO
PER PRENDERE
SUL SERIO
LA CATECHESI
L'ha preparato l'Istituto di
Catechetica dell'Università
Salesiana. In questo servizio
intervengono alcuni f ra i
p rincipali compilatori.
Tre anni di preparazio-
ne e di intenso lavoro. Circa sette-
cento pagine di testo. Centoventi-
cinque coUaboratori, di cui metà
italiani, scelti era i più insigni cate-
cheti europei e di altri continenti.
Oltre trecentocinquanta voci, che
ricoprono le principali tematiche
del vasto mondo catechetico: teoria
e pratica, catechesi ecclesiale e inse-
gnamento deUa religione nella scuo-
la, storia e realtà presente.
Questi i dati «tecnici» del « Dizio-
nario di catechetica», edito dalla
«Elle Di Cl», apparso nelle librerie
alla fine di maggio. Pur neUa loro
sinteticità, essi rivelano il cararrere
di eccezionalità dell'opera. Il volu-
me è il risultato di un'idea e di un
lavoro collegiale che, sotto la guida
di Joseph Gevaert, studioso di fama
internazionale, ha coinvolto tutto
l'lstituto di catechetica della Facol-
I Don Ubaldo Gianetto, don Emilio
Alberich, don Cesare Bissoli
e Il nostro collaboratore Silvano
Stracca

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - - - -- -- -sB
cli scienze dell'educazione dell'U-
niversità salesiana di Roma.
La pubblicazione cli questo «Di-
zionario», a venti anni dalla fine del
Concilio Vaticano II, costituisce un
contributo nuovo e originale sul
piano della catechetica in Italia, e
non solo nel nostro paese. Sinora
nel mondo italiano non erano di-
sponibili dizionari di catechetica in
senso proprio. L'unico ctizionario
qualificato in questo campo è stato
quello dell'austriaco Leopoldo
Lentner, pubblicato nell'ormai lon-
tano 1961, e tradotto cinque anni
dopo dalle Edizioni Paoline con
adattamenti alla nostra situazione.
« Il Dizionario», scrive don Ge-
vaert nella presentazione del volu-
me, «è un accurata radiografia del-
Ja riflessione catechetica nel mondo
attuale. Nessun volume pubblicato
ìn Italia negli ultimi dieci anni offre
una tale ricchezza ed ampiezza cli
informazioni sull'intero campo del-
la catechetica e della catechesi in
Italia e in Europa, senza trascurare
sostanziali informazioni su altri
grandi paesi e continenti».
Diversi i criteri tenuti presenti
nella scelta delle tematiche e dei
contenuti. Innanzitutto, l'esistenza
di numerosi e qualificati dizionari
per le scienze di riferimento della
catechetica: teologia, Bibbia, pasto-
rale, psicologia, sociologia, didatti-
ca, scienze della comunicazione... Il
catecheta o l'insegnante di religione
hanno facilità cli consultarli e di uti-
lizzarli per la pratica quotidiana.
Non c'era quindi nessun bisogno di
raccogliere nel Dizionario tutte le
materie che il catecheta deve stu-
diare per prepararsi al proprio com-
pito.
Per questo motivo le voci che si
riferiscono a tali scienze sono limi-
tate alle tematiche «essenziali e in-
dispensabili», per focalizzare il loro
apporto alla catechetica. Ad esem-
pio, per quanto concerne l'ambito
della sociologia, sono state inserite
le voci (<sociologia della religione e
catechesi», «socializzazione religio-
sa», «indifferenzareligiosa». Per la
psicologia sono presenti Le voci
«psicologia della religione», «età
evolutiva», (<esperienze religiose»,
«sviluppo religioso». Si procede in
modo analogo per altre scienze di
riferimento.
- Cesare Bissoli
« Per ciò che riguarda in partico-
lare i comenuti teologici e biblici»,
sottolinea ancora don Gevaen,
«non era opportuno riprendere tut-
te le tematiche che ogni lettore può
trovare in qualsiasi dizionario cli
teologia o cli Bibbia. La preferenza
è data all'approccio catecbetico dei
contenuti centrali del cristianesimo
e a una più ampia esposizione cli
quei contenuti che fanno difficoltà
nella catechesi, oppure da questo
- Ubaldo Gianetto
1 GIUGNO 1986 · 31
punto di vista sono già trattati nella
letteratura catechetica. In questa ot-
tica la problematica contenutistica è
ampiamente presente».
Naturalmente, un dizionario cli
catechetica non può limitarsi alla
sola attualità italiana. Di qui l'aper-
tura internazionale dell'opera, che
presta larga attenzione ano sviluppo
della catechesi e della catechetica
nei principali paesi europei e in altre
nazioni cattoliche del mondo {dal
1945 ad oggi), dimostra un'accen-
tuata sensibilità per la storia della
catechesi che rimane indispensabile
per comprendere il presente, tiene
adeguatamente presenti la catechesi
e la catechetica delle altre confessio-
ni cristiane e degli ebrei.
Se il centro del Dizionario è occu-
pato dal vasto campo della cateche-
si ecclesiale in tutte le sue espressio-
ni, anche i problemi riguardanti
l'insegnamento della religione nella
scuola e i problemi della prima
evangelizzazione sono ampiamente
presenti. Tutte le voci sono rag-
gruppate in alcune grandi sezioni:
catechetica generale, catechesi bibli-
ca, comunicazione audiovisiva,
contenuti della catechesi, ecumeni-
smo, educazione morale, legislazio-
ne catechistica, liturgia e sacramen-
ti, luoghi della catechesi, operatori
della catechesi, formazione e spiri-
tualità, teologia fondamentale e ca-
techesi, catechesi nei diversi paesi
eu.ropei, apporto delle scienze
umane.
li tentativo di condensare in un
solo volume le informazioni circa il
vasto mondo della riflessione e della
pratica catechetka ha imposto a
tutti i collaboratori l'esigenza di
grande sinceticità ed essenzialità.
Molti hanno fatto quasi l'impossi-
bile per offrire in poche pagine uno
«status quaestionis» sufficiente-
mente completo dell'argomento in
discussione. Ma quali gli obiettivi cli
fondo di un'operazione culturale
così vasta qual è sempre la pubbli-
cazione di un dizionario?
«In primo luogo», risponde don
Emilio Alberich, (d'affermazione
della dimensione propriamente ca-
techetica dei problemi che si pongo-
no oggi nel campo della catechesi.
La catechetica è una scienza ancora
giovane che, per molti, non ha an-
cora una sua specificità né una sua

4.2 Page 32

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32 · l GIUGNO r98o
- Emilio Alberich
imponanza. Poi, la valorizzazione
del passato, dei catechismi di Lute-
ro, di Pietro Canisio, di Roberto
Bellarmino, di Pio X, delle figure
dei grandi catecheti della storia, che
possono offrire numerosi insegna-
memi utili per la trasmissione della
fede nel mondo d'oggi.
« Un terzo g rande obiettivo»,
prosegue don Alberich, «è quello di
allargare g]j orizzonti della nostra
riflessione, presentando situazioni,
centri, istituti, movimenti di cate-
chesi in tutto il mondo, e affidando-
ne la trattazione a esperti del luogo.
Infine, scopo del Dizionario è anche
quello di rispondere ai problemi
concreti, alle perplessità, alle ten-
sioni esistenti nel mondo della cate-
chesi. Sappiamo come in Italia sia
contestato da taluni il progetto dei
catechismi nazionali. Polemiche ri-
levanti si sono avute in Francia, in
Germania, in altri paesi. Dal Sino-
do straordinario sul Concilio è
emersa l'idea di un catechismo uni-
versale. li Dizionario può essere un
aiuto per fare il punto, illuminare,
offrire documentazione».
Nasce a questo punto la doman-
da: a chi si rivolge il Dizionario? « li
destinatario», rileva don Ubaldo
Gianetto, «può essere il lettore sin-
golo, interessato ai problemi della
catechesi. In realtà oggi c'è una dif-
fusa non conoscenza di tali proble-
mi anche tra chi lavora in scienze
afftni. Essi possono trovare nel Di-
zionario uno strumento di prima in-
formazione su tutta la problematica
catechetica e avvalersi della biblio-
grafia essenziale che completa ogni
singola voce. Destinatari sono inol-
tre i sacerdoti e quanti hanno posi-
zioni direttive ai fini di una maggio-
re conoscenza dei problemi e di una
migliore divulgazione a Livello di
catechisti».
Inoltre, trattandosi di un'opera
che offre, con spirito scientifico e in
modo aggiornato, informazioni
molto qualificate, il Dizionario può
essere utilizzato anche per la forma-
zione catechetica nei corsi seminari-
stici, di teologia per laici, di aggior-
namento catechistico, di qualifica-
zione dei catechisti. A questo fine è
aggiunta un'appendice in cui vengo-
no raggruppate tutte le voci appar-
tenenti ad un medesimo settore del-
la riflessione catechetica. Per esem-
pio: catechetica generale. catechesi
biblica, storia della catechesi patri-
stica, storia della catechesi nel XX
secolo, ecc.
Sin dal primo momento il Dizio-
nario ha avuto una risonanza che ha
oltrepassato le frontiere italiane. È
già in corso di preparazione un'edi-
zione spagnola, aperta anche al
mondo latino-americano con ap-
porti originali. Anche una casa edi-
trice francese sta valutando le possi-
bilità di pubblicazione. È un indice
significativo dell'interesse suscitato
da un'opera che, attraverso la pre-
sentazione di situazioni ed esperien-
ze dell'Africa e dell'Asia, contribui-
sce a far sentire le giovani Chiese
partecipi dell'elaborazione intellet-
tuale a livello centrale nella Chiesa
universale.
Don Cesare Bissoli rimarca il va-
lore del Dizionario alla luce del
nuovo Concordato, che parla espli-
citamente di valorizzazione del pa-
trimonio culturale italiano, legato
al fatto religioso. «Non è un'opera
di apologetica. Anzi», dice, «è l'e-
spressione di una ricerca di dialogo
con le diverse componemi della so-
cietà del noslro paese. Per cui ci au-
guriamo che anche persone di cultu-
ra di estrazione non cattolica posso-
no prendere in mano il testo come
momento di obiettiva documenta-
zione e insieme di possibilità di dia-
logo critico».
«Come direttore dell' Istituto di
carechetica, raccogliendo il pensiero
dei miei colleghi)), conclude don
Bissoli, «ci tengo ad affermare che
consideriamo quest'opera nel solco
della grande tradizione salesiana.
Nell'autonomia delle diverse bran-
che del sapere, il Dizionario è il
frutto di una convergenza delle ri-
cerche delJa nostra Università - in
particolare, delle facoltà di teolo-
gia, filosofia, scienze dell'educazio-
ne - al servizio della parola di Dio.
Quasi una sintesi del nostro lavoro
universitario che presentiamo alla
famiglia di don Bosco come inco-
raggiamento per chiunque operi con
serietà di impegno nel campo della
c a t e c h e si )).
Silvano Stracca

4.3 Page 33

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5B - STORIA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Domenico Milanesio
1 GIUGNO 1986 · 33
cc PATIRU DOMI --.-..-...
SUL
SENTIERO
DI PACE
Missionario dalla parte
delle culture «emarginate»
e sconfitte. Una
straordinaria statura
evangelica tra le maggiori
lanciate da Don Bosco.
Sulle Ande del Neu-
quén, al confine argentino-cileno,
imperversava da quattro anni la
guerriglia. Indio araucani, «Ran-
queles» e loro alleati, contro le
truppe e i coloni di Buenos Aires.
L'ordine era di non risparmiare nes-
suno <<straniero » che penetrasse
nella Pampa. Nessuno, tranne un
certo Patiru Domingo e chi stava
con lui, inviato da Atùqutzual il
Grande Spirito Buono. Coloro che
avevano dimostrato amore per l'in-
dio braccato e vilipeso meritavano
«ospitalità» e benevolo riguardo.
A comandare la guerriglia era il
grande cacico Manuél Namùn Cu-
rà, Calcagno di pietra, « toqui» o
quasi «imperatore» della Pampa.
Una duplice dura sconfitta subita
dai suoi lanceri a Carhué per mano
dei soldati di Adolfo Alsina (1876) e
di Julio Roca (1879) ne aveva umi-
liato le forze ma non la fierezza e
l'orgoglio. Incalzaù da ogni parte, i
superstiti araucani avevano dovuto
arretrare; qualche cacico più debole
si era anche arreso alla spiccìolata,
consegnando e le armi e le genti. Ma
i capi più duri, i potenti, si erano ri-
fugiati tra le montagne; la loro
guerra non era finita.
L'ingrata frontiera era stata ere-
ditata dal generale Corrado Ville-
gas, già colonnello di Roca durante
il vivo della <<conquista». Nel 188 I,
due anni dopo la campagna, costui
aveva fondato presso la confluenza
dei fiumi Neuquén e Limay la colo-
nia «Generai Roca» al fine di affer-
mare il dominio argentino sugli indi
e indurli alla «civilizzazione». Gli
sfuggiva però Namùn Curà. Invano
l'alto ufficiale aveva promesso a
nome del governo i gradi di colon-
nello a chi gli avesse catturato l'insi-
dioso e inafferrabile «toqui». Rin-
tanato nelle valli che conosceva pal-
mo a palmo, Namùn Curà appariva
d'improvviso, razziava, uccideva,
poi nuovamente si eclissava come

4.4 Page 34

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34 · ! GIIJGNO 1986
inghiottito dagli abissi... Così sta-
vano le cose nel 1882, quando al ge-
nerale Villegas toccò una insperata
«fortuna».
Un gruppo di ìndios migrando al-
la chetichella per i sentieri preandini
incappò in una pattuglia militare
casualmente in perlustrazione. A
nulla valsero proteste di innocenza e
di pace: il territorio era in armi,
ogni indio era un potenziale nemi-
co. Fermato, il gruppo fu condotto
sotto scorta alla colonia e il gene-
rale Villegas si rese conio del decisi-
vo colpo inferto al terribile «to-
qui>>: la moglie del cacico, tre figli,
una figlia diciottenne, parenti e fe-
delissimi erano caduti in mano all'e-
sercito. Mancava «lui»: ma era co-
me averlo in pugno. Ora non gli re-
stava che piantare a terra la lancia e
arrendersi senza condizioni.
Distrutto sino in fondo, il «to-
qui» avanzò tuttavia condizioni.
Villegas le respinse e prese a giocar-
lo d'astuzia. Manuél Namùn Curà
non stette a quel gioco e per altra
via tentò l'ultima carta. li Pa1iru
Domingo colui che aveva sempre
amato gli indios e al quale i suoi
guerrieri avevano portato profondo
rispetto avrebbe potuto aiutarlo.
Gli mandò dunque un'ambasciata
di capi.
Pariru Domingo era l'appellativo
fiducioso e confidenziale che desi-
gnava il salesiano Domenico Mila-
nesio, intraprendente missionario
venuto dal lontano Piemonte. Emi-
grato tra gli emigrati, e nomade -
per non dire «indio» - tra gli indi,
l'aitante prete subalpino parlava
perfettamente l'araucano e non fa-
ceva differenze nel condividere di-
sagi. Era nato quarant'anni prima
(1843) a Seuimo, sobborgo di Tori-
no, ed era cresciuto facendo il con-
tadino e il cestaio. A 23 anni, ab-
bandonate le cose e la casa, era an-
dato a bussare da don Bosco. Que-
La presenza delle Figlie di Maria
IAuslliatrlce ha affiancato
dall'lnlzlo l'impegno
evangeliuatore dei Salesiani In
Patagonia. Ecco in una foto di
archivio un laboratorio di cucito
(FOIO De Agostini)
sti lo aveva fatto prete a trent'anni
e, dopo un quadriennio di esperien-
ze con sé, ne aveva secondato il de-
siderio di andare in America. Nel
1877 era a Buenos Aires. Nel 1880
affiancava il responsabile della mis-
sione di Patagoncs Giuseppe Fagna-
no. Stava a Viecima. di là dal l'iu-
me, ma già spingeva l'occhio verso
gli indi lavorando intan10 nella tri-
bù araucana del cacico Cathrièl ac-
campata nelle vicinanze. Là e man
mano poi tra gli indi di Simòn Ma-
riano, di Manquèl di Yancuche, del
fiero Sayhueque, del brutale Villa-
may e dei vari capi e sottocapi, Mi-
lanesio prese a penetrare dal basso
Rio Negro verso l'interno, sempre
più a monte, con il desiderio oltre i
limiti dell'esplorato.
lo due anni di esperienze si era
preparato un grande avvenire. Divi-
so dunque di spingersi oltre la con-
fluenza del Limay e del Neuquèn,
generatori del Rio Negro. Ciò signi-
ficava le Ande. Significava anche la
«terra proibita» dominata dagli in-
di. Nemmeno i soldati di Villegas vi
c::I

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - - -.s/J-
penetravano sicuri. Ancora fresco
era il ricordo di un malòn o stermi-
nio inflitto da 300 araucani alla
guarnigione (30 uomini) di Fortìn
Guanacos. E fresca era Ja memoria
di tre militari seviziati per odio e per
avidità di cavalli... Ma il coraggio
di MjJanesio era là. Riuscì tempora-
neamente a frenarlo solo l'ardire di
Fagnano, che volle prima andare di
persona a sondare gli <rnmori» del
territorio percorrendo la valle del
Limay. Al ritorno diede via libera
verso la valle deJ Neuquén. L'aprile
del 1883 prometteva bene.
Assieme al compagno Giuseppe
Beauvoir, Patiru Domingo si dires-
se alla colonia Genera! Roca dove
stanziava VilJegas. «Questo capo
della frontiera - aveva scritto Fa-
gnano a don Bosco - mi ha inco-
raggiato a preparare missionari,
perché ben 770 indi stanno per veni-
re ad arrendersi. Ma dove trovo io ì
missionari?». Milanesio arrivava in
avanscoperta. Mentre la «resa» de-
gli indi stava per superare le più ro-
see speranze, egli si trovò solitario
nell'impresa. 11 Beauvoir dovette
tornarsene a Patagones non reggen-
do più alla fatica di quella eccezio-
nale missione...
Sciamano Selknam
(Foto De Agostini)
A circa 300 km da Roca c'era un
luogo dagli araucani chiamato Co-
dihué. Là si diresse Milanesio, per-
ché là erano giunti due giorni prima
gli indi di Revque Curà, uno della
dinastia. Cacico combattivo, Rev-
que aveva dato molto filo da torcere
all'esercito e alla repubblica. J suoi
lancieri falcidiati erano ormai ridot-
ti a non più di una quarantina, tut-
tavia terribili con essi e con il grosso
della tribù Milanesio andò a fami-
gliarizzare, e forse fu là che si gua-
dagnò la definitiva stima del supre-
mo «toqui » araucano. Sul posto in-
fatti venne avvicinato dall'ambasce-
ria di Manuel Namùn Curà.
La deputazione india lo raggiunse
a cavallo. Senza smontare, il capo
gruppo chiese di potergli parlare.
Milanesio si trovò tra timore e
speranza.
- Volentieri - annuì - ma di-
temi chi siete e di dove venite.
- Noi - rispose l'indio - sia-
mo della tribù di Manuél Namùn
Curà. 11 nostro capo si trova nelle
valli, tra le alte montagne. Ora la
1 GIUGNO 1986 35
sua tribù è ridotta in miseria ed ha
fame. Perciò egli ha deciso di arren-
dersi. Noi siamo venuti a trattare
con i capi militari in pace, ma con
nostro rincrescimento i capi argenti-
ni non ascoltano le nostre parole.
Possiamo garantire la lealtà del no-
stro grande cacico. Se non possia-
mo comunicare al Governo la sua
decisione dovremo ritornare da lui
senza speranza. Ascoltaci dunque
tu che sei buon padre. Il nostro ca-
po sfortunato è in esilio. Egli pati-
sce e con lui patisce tutta la sua gen-
te; ma lui vuole salvare la sua
gente ...
Mal ricoperti di cenci, issati su
ronzini scheletrici, quegli indi fissa-
vano il missionario con dignitosa
speranza. Dalla malinconia degli
occhi e dalla sincerità delle labbra
filtrava inattesa la loro nobiltà de-
caduta. l padroni della prateria, i re
della Pampa venivano a mendicare
da un povero prete la propria so-
pravvivenza... Milanesio ebbe un
tremito e non proferi verbo. Tutto
in lui era espressione di amore.
- Patiru Domingo - proseguì
l'indio - ascoltami. Noi abbiamo
sempre rispettato gli inviati del
Grande Spirito Dio. Se tu vorrai
parlare per noi e ottenere ragione-
voli condizioni di pace, noi ti ascol-
teremo e rispetteremo i trattati. Sa-
la pace. Non ci saranno più guer-
re tra gli indi e i soldati argentini.
L'ambasciatore aveva detto tut-
to . Ora taceva in attesa di risposta.
Che cosa rispondergli? Milanesio
non aveva nessun potere. A mala
pena conosceva Villegas e non era
affatto certo di essere ricevuto e
ascoltato da lui. Quel duro soldato
gli era impenetrabile come un miste-
ro. Ma sul momento il prete non ba-
dò alla ragione, badò al cuore, si
compromise con il suo Dio. Se Na-
mùn Curà - disse - volesse venire
a Forte Roca a trattare di persona la
pace, certamente sarebbe accolto
bene dal generale Villegas e dai rap-
presentanti del Governo. Nessuno
vuole la distruzione e l'infelicità de-
gli indios: questo egli può garantire
al potente capo Namùn Curà...
- Garantire e spiegare per scrit-
to? - chiese l'indio.
- Certamente, per scritto-. E
nero su bianco Milanesio stilò un
messaggio che iniziava e terminava

4.6 Page 36

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36 · • GIUGNO •!186
con le parole: «Rispettabile mio
Namùn Curò... sono il vostro since-
ro amico Domenico Milanesio».
Mentre gli ambasciatori volavano
verso il covo del «toqui» araucano
portandosi il prezioso documento,
Milanesio volò con il coraggio del
credente al quartiere del generale
Corrado Villegas. Questi lo accolse
cortese e disponibile. Milanesio par-
lò, perorò aJ meglio la causa degli
indios come solo un profeta poteva
fare in quella sede. Chiese l'onore
delle armi, la garanzia di un territo-
rio, la sicurezza per l'intera tribù, il
grado di colonnello per il capo con
incluso il relativo soldo, l'effcuivo
comando sulla gente indiana e sugli
stessi bianchi stanziati dentro i con-
fini... Chiese insomma quanto più
poté per i diritli dell'uomo. E si tro-
vò di fronte la prevista perplessità
del generale.
- Ascolti - proseguì allora
l'uomo di Dio sorridendo.- ascolti
ciò che io le chfodo. Lei ha promes-
Gruppo di Indiani patagonici
(Foto archivio SEI)
so i galloni di colonnello a chi le
avesse ponato Namùn Curà. lo
glielo porto. Dunque il grado dico-
lonnello mi spetta. Ma io non so che
farmene dei galloni militari. Li dia a
Namùn Curà, lo inserisca davvero
nella vita nazionale. Dopo tutto egli
viene a consegnarsi spontaneamente
e quei galloni gli toccano di
diritto ...
Villegas si arrese. Unico tra tutti i
cacichi araucani, Manuèl Namùn
Curà ottenne ciò che Milanesio ave-
va messo nelle condizioni. Con la
divisa di colonnello il «toqui » fu ri-
cevuto dal presidente Julio Roca a
Buenos Aires, nel palazzo del
Governo.
Per circa 40 anni Milanesio conti-
nuò a vagabondare tra mille avven-
ture nel West argenùno. Per 25 vol-
te attraversò le Ande e percorse un
totale di 52.590 km a cavallo. Esi-
liato, rientrò. Nel frattempo riuscì
anche a scrivere una sorprendeme
quantità e varielà di libri: resoconti,
dizionari e filologie, scienza, emi-
grazione, catechesi... La sua soddi-
sfazione però esplode da una letlera
del 1884: «O caro don Bosco! ho vi-
sto dei ragazzi indi insegnare il cate-
chismo ad allri ragazzi indi! /'o li
sorvegliavo, e piangevo e ridevo nel
vederli insegnare con tanta pazienza
ciò che poco prima essi stessi aveva-
no imparato, e mi ripetevo: se qui ci
fosse don Bosco!... ».
Un giorno Milanesio capitò a
Choele Choel, nel «regno» del suo
amico Namùn Curà, e gli ba((eu_ò
l'ultimo di 12 figli con il nome di
Ceferìno. Fu uno dei suoi 7.526 bat-
Lesimi. Ceferino Namùn Curà, oggi
è avviato agli altari. Dal vecchio
«toqui » e dall'ardente missionario
di don Bosco ha ereditato il vero
dominio della Pampa.
Marco Bongioanni

4.7 Page 37

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I NOSTRI
SANTI
I GIUGNO 1986 · 37
TESTIMONIANZA
V orrei ancora ringraziare e
testimoniare la mia rico-
noscenza alla Madonna Ausilia-
trice, al Santi Salesiani On parti-
colare Don Bosco e S. Domeni-
co Savio) per il visibile aiuto da-
tomi in molti casi difficili. Per tut-
ti coloro che soffrono, queste
mie parole di fiducia e di vera
speranza!
Gabriella Zugolaro - Torino
METAPLASIA
AL COLLO DELL'UTERO
D a un esame citologico ml
fu riscontrata una meta-
plasia al collo dell'utero. Con
devozione iniziai subito la nove-
na a S. Domenico Savio e a Ma-
ria Ausil iatrice e con grande
gioia dopo nemmeno un mese
di cura il dottore mi giudicò gua-
rita. A tutt'oggi la metaplasia è
scomparsa. Continuo sempre
con fervore a fare la novena
ogni mese sperando di avere
sempre un aiuto per me e per i
miei familiari.
Sandra Capellaro Gremmo
Biella (VC)
ERO AL QUINTO
INTERVENTO
CHIRURGICO.. .
D a oltre vent'anni soffrivo
di seri disturbi di salute e
ho dovuto sottopormi a vari in-
terventi chirurgici all'apparato
Intestinale. In questi ultimi tempi
la situazione peggiorò e i medici
non osavano più intervenire per-
ché il mio organismo appariva
già troppo martoriato dalle pre-
cedenti operazioni e tutto lascia-
va prevedere che un ulteriore in-
tervento sarebbe stato un grave
rischio con risultati motto incerti
e insoddisfacenti. Di fronte a
questo dubbio i medici cercava-
no di procrastinare ogni decisio-
ne. Dietro suggerimento del mio
direttore cominciai a raccoman-
darmi a Don Giuseppe Quadrio
(1921-1963), morto in concetto
di santità nella mia stessa Casa
della Crocetta (TO). Accolsi con
gI0Ia l'invito, tanto più che lo
stesso ebbi la fortuna di cono-
scere personalmente questo
santo sacerdote all'inizio del
mio anno di noviziato a Villa Mo-
glia (Chieri· TO) nel 1937-1938,
perché Don Quadrio, a causa
della sua giovane età, dovette
attendere fino alla fine del mese
di novembre del 1937 per poter
emettere la prima professione.
Più tardi mi trovai a vivere anco-
ra con lui per tre anni alla Cro-
cetta (1949-1952) e l'ho sempre
ammirato per la sua santità di vi-
ta e per la sua bontà. Con gran-
de fiducia perciò mi raccoman-
dai al Signore, interponendo
l'intercessione di questo santo
confratello. 1113 novembre 1985
fui sottoposto al quinto Interven-
to, complesso e delicato, che
durò 6 ore. Tutto riusci ottima-
mente con meraviglia degli stes-
si dottori. Ora sto bene e, grazie
a Don Quadrio, mi sento perfet-
tamente ristabilito in salute.
Virginio Farronato Torino
LA PICCOLA GIOVANNA
M ia nipote di due mesi
aveva delle perdite di
sangue, e stava tanto male. I
medici non sapevano cosa fare
poiché dopo tanti accertamenti
non risultava mai niente. lo ho
tanto pregato S. Domenico Sa-
vio e tutti i santi salesiani. Ora la
piccola Giovanna sta bene ed è
ritornata a casa. lo e la mia fami-
glia ringraziamo tutti i santi sale-
siani sotto la cui protezione po-
niamo la nostra piccola.
Michele Foschinl
Abano Terme (Padova)
FAMIGLIA
RICONOSCENTE
I nostri santi protettori S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico
Savio cl hanno sempre aiutati a
superare ogni difficoltà nei no-
stri 30 anni di matrimonio. Vo-
gliamo citare alcune grazie rice-
vute: Ire interventi chirurgici,
molto seri, perfettamente riusci-
ti; una situazione familiare criti-
ca felicemente risolta; nostro fi.
glio che, da un incidente strada-
le (con vettura ridotta a un rotta-
me) esce illeso. Ora vogliamo
rendere pubblico il nostro grazie
poiché ancora una volta I nostri
santi hanno esaudito le nostre
preghiere: nostro figlio, da tem-
po disoccupato, ha ora un lavo-
ro sicuro.
Coniugi Colombara
Settimo Torinese (TO)
to Teologtoo Salesiano di Cre-
misan (Betlemme), fui colto da
un grave male, che avrebbe po-
tuto avere conseguenze estre-
me. Ricordo che, nella consape-
volezza dei pericolo, ml affidai
al caro Simone Srugi, che già
godeva fama di santità; e il peg-
gio fu scongiurato. Da allora ho
sempre invocato la Sua inter-
cessione, non senza awertire i
segni della amorevole assisten-
za dell'umile e benemerito sale-
siano coadiutore, che con tanta
carità si prese cura dei corpi e
delle anime di tanta povera gen-
te nella Terra di Gesù. Ho anche
pregato e prego per Il buon esito
del processo canonico per la
Sua Beatificazione. Al Servo di
Dio tutta la mia riconoscenza e
devozione.
UN'AUTO PRECIPITATA
Sac. Alfredo A/essi
S. Gregorio (CT)
R ingrazio la Madonna per
questo fatto: mio figlio, UNA TERRIBILE FISTOLA
studente dell'ultimo anno di li-
V ceo, era alla guida di una mac-
china durante un temporale,
orrei ringraziare Suor Eu-
sebia Palomlno, madre
quando tutto ad un tratto si
sganciava una ruota e l'auto
Rosetta Marchese e i nostri san-
ti perché ho la coscienza di es-
precipitava giù per una scarpa-
ta. Mio figlio è rimasto, tra la
meraviglia di tutti, illeso.
sere una creatura veramente
graziata. Infatti il 12 luglio 1984
fui ricoverata d'urgenza all'o-
Lettera firmata spedale per incisione chirurgica
a causa di un ascesso periana-
le. Dopo un mese subentrò una
fistola di proporzioni rilevanti. In
un secondo intervento non mi
RENE ASPORTATO
venne asportata perché in posi-
zione pericolosa, troppo vicina
V orrei che pubblicaste il
mio ringraziamento a S.
Giovanni Bosco che ho pregato
vivamente affinché l'esito di una
T.A.C. fatta da mia mamma fos-
se buono, a seguito di un'opera-
zione nella quale hanno dovuto
asportare un rene. L'esito è sta-
to ottimo ed io sono sempre più
vicina a Don Bosco che conti-
nuerò a pregare perché assista
sempre la mia famiglia.
all'intestino. Senza arrendermi
continuai le cure mediche con
una gran voglia di vivere e di la-
vorare per la gioventù. Ero di-
sposta a tutto pur di uscire da
questo tunnel di morte, ma ad
una condizione, che rientrasse
nella volontà del Padre. Ho pre-
gato, insieme ad altre persone,
la Madonna. Suor Eusebia, ma-
dre Rosetta e i nostri santi con
molta fiducia. Nell'abbandono
alla volontà di Dio cosi affrontai
Eleonora Macr/ Torino altre due operazioni. Dopo l'ulti-
ma ripresi Il lavoro: i chirurghi
avevano affermato che la mia fi-
stola era tra le più terribili e diffi-
cili da guarire. Ora canto di cuo-
UN GRAVE MALE
re la mia riconoscenza alla Ma-
donna con un Magnificat senza
fine, nella certezza fiduciosa
N el lontano 1967, al mio ri- della Sua presenza d'amore in
torno dalla Palestina, do- ogni circostanza della vita.
ve avevo trascorso alcuni anni
come insegnante allo Studenta-
Lettera firmata

4.8 Page 38

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38 · 7 GIUGNO 1986
I NOSTRI
MORTI
MARTIGNONI cav. GIANNINO, ex
allievo, cooperatore t a 65 anni
Entrò come studente appena de•
cenne nell'Oratorio di Valdocco. Ter-
minati gli studi ginnasiali, rimase co-
me aiufante.
Ex allievo e cooperatore fedelissi-
mo, non mancò mal alle annuali ma-
nifestazioni di riconoscenza degli ex
allievi di Valdocco agli antichi supe-
riori.
Impregnato di spiritualità •dombo-
scana• fu •il buon cristiano e l'onora-
to cittadino• del pensiero educativo
di Don Bosco.
Fu per venti anni presidente della
locale Associazione Cattolica dei La-
voratori Italiani (ACLI) e per 26 anni,
rappresentante di parte cristiana co-
me assessore al comune della sua
cittadina.
Sposo e padre amatissimo lascia
ai quattro figli e alla consorte la soli-
da eredità ricevuta dal ceppo familia-
re che ha donato alla Chiesa del Si-
gnore figli a lui fedeli, vocazioni sa•
cerdotall, religiose e missionarie.
VOTA OLIVETTI slg.n1 MARIA,
cooperatrice t Caselette a 76 anni
Sopportò in silenzio e con corag-
gio cristianamente rassegnata la.sua
lunga sofferenza, Cooperatrice, fu
sposa e madre esemplare, seppe
educare I suol tre figli al lavoro, all'o-
nestà e all'amore del prossimo.
La sua vita è stata tutta e solo per
la famiglia e lascia una testimonian-
za di generosa donazione agli altri.
Nel suo ricordo, i familiari, si sentono
dolcemente forzati a continuare que-
sta tradizione.
Il vuoto che lascia tra quanti la co-
nobbero e ra amarono è colmato dal-
la certezza cristiana che Ella dal cie-
lo veglia su tutti ed è ancora più vici-
na a loro.
LANIRO slg.ra MICHELA, vea.
CARNEVALE t Macerata a 100 anni
Madre di quattro salesiani, da ado-
lescente manifestò Il desiderio di una
consacrazione totale al Signore; ma
altro Egli disponeva.
Sposata a Primiano Carnevale, uo-
mo gioviale ed esuberante, lo segui,
Intorno agli anni venti. con i sette fi.
gli, In Basilicata.
A Ponte Marsicano si interessò al-
la catechesi della genie del posto,
portando alcuni fanclulll, già grande!•
ti al Santo Battesimo.
Ella fu donna laboriosa di cui parla
la Bibbia e le sue virtù umane e cri-
stiane le meritarono la chiamata di
ben quattro tigli alla vita sacerdotale
nella congregazione Salesiana.
Seguendo le orme di Mamma Mar-
gherita passò gll ultimi quindici anni
nella casa di Don Bosco a Macerata
presso Il figlio don Giovanni.
Sottoposta ad operazione alla età
di 100 anni e con buon risultato non
poté tuttavia più camminare. Fra let-
to e carrozzella consumò la sua im-
molazione di vittima gradita al Si-
gnore.
DALLIMONTI slg.ra ANGELINA,
t ved. SCALABRINO, cooperatrice
Biella a 79 anni
Donna semplice e laboriosa, spo-
sa e madre esemplare di 4 figli, sem-
pre sorridente e pronta a prodigarsi
per gli altri, si faceva amare da tuttl
per la sua bontà, alimentata dalla
preghiera quotidiana. La sua gioia
più grande tu l'aver donato a Don
Bosco Il suo primogenito.
la perdita lmprowisa di due figli
spense Il suo sorriso ma non la sua
fiducia nel Signore.
MULAZZANI comm. ROMOLO, ex
allievo t Rimini a 82 anni
Sempre pronto ai richiami di Don
Bosco, al quali partecipava con vero
entusiasmo nelle più varie forme.
Era l'espressione più fulgida dell'A·
mico. Amava conversare e parlando
Infondeva nel suo prossimo l'amore
e la gioia di vivere, secondo i principi
cristiani.
Fu un impareggiabile artista. La
chiesa di Maria Ausiliatrice e tante al-
tre In località vicine a Rimini, sono
abbellite dalle sue opere in ferro bat-
tuto. Fra queste ricordiamo I lampa-
dari e i candelieri a Rimini, vere ope-
re d'arte e la grandissima croce a
Gemmano (a 25 km da Rimini) vera-
mente meravigliosa, seni::a contare
le centinala e centinala di Madonne e
Crocifissi o quadri o fiori, tutti in ferro
battuto.
Rimini ha perso un caro ex allievo
ed un grandissimo artista.
BALDUCCI alg. LINO, ex allievo t
Rimini a 61 anni
Fin dalla giovanissima età si mo-
strò allievo di Don Bosco molto Impe-
gnato dedicandosi In varie opere ec-
clesiali. Fu sportivo, filodrammatico,
artista. Le sue opere pittoriche han-
no adornato le sale dell'oratorio fino
al 1944, poi furono disperse dalle de-
vastazioni della guerra. Ebbe una vi-
ta tormentata moltlssimo dal dolore
materiale e morale. Nel 1981 gll era
stata amputata una gamba, ma fu
sempre sereno e rassegnato ai voleri
del Signore. Amava moltissimo gli
amici che ricambiarono con affetto,
specialmente nell'ullìmo periodo del-
la sua vita travagliatissima. La sua vi-
ta non è stata spesa inutilmente dato
che ha irradiato Il meglio di se stesso
a chi gli è stato amico o vicino di
sotterenze.
COMINO slg. FERDINANDO, coo-
peratore t VIiianova Mondovl a 78
anni
con cui viveva e lavorava, cosi pre-
gava e cosi metteva in pratica l'os-
servanza delle Costituzioni religiose
e l'incontro comunitario.
Il suo fu un sereno addormentarsi
nel Signore. Egli cl testimonia la sua
speranza cristiana e cl chiede una
fraterna preghiera,.
MATILDE slg.ra CIGNETTI VESCO,
cooperatrice t Bra (CN), a 88 anni
È mancata a Bra nella casa di ripo-
so delle mamme salesiane il 28 mar-
zo 1986, venerdl santo.
Nativa di Mercenasco (TO), spo-
sandosi era venuta a Torino Borgo
S. Paolo; aveva dato a Don Bosco
l'unico figlio Aristide e col marito
Paolo Giuseppe viveva tutta per l'o-
pera salesiana. Nel 1966, quando
Don Aristide, a 42 anni, mori a Gres-
soney sulla montagna, ne accolse la
notizia con fede e fortezza dicendo:
•O Signore, te l'avevo già offerto una
volta, ora l'hai voluto del tutto: offro
la sua vita per Il sacerdote che più ne
ha bisogno,.
Tutta la vita seguente è stata un of-
frire silenzioso del suo dolore e della
solìtudlne crescente e delle sofferen-
ze fisiche per la Chiesa, per i sacer-
doti e la famiglia salesiana, sempre
aggrappata al suo rosario.
Ora il sacrificio di sua vita è com-
piuto: è tornata a riposare a Merce-
nasco, vicino al marito ed al ffglio
sacerdote.
Con innumerevoli sacrifici assie-
me a •Mamma Teresa• allevò ed
educò cristianamente una famiglia di
6 figli, dei quali due li donò a Don Bo-
sco. Instancabile lavoratore, cristia-
no dedicato e generoso, sempre
pronto ad aiutare.
Negli ultimi anni soffri e offri tutto
alle missioni.
TONINI slg. ANTONIO, coadiutore
t a 78 anni
Sempre attento, puntuale, Impe-
gnato per la formazione cristiana di
tanti giovani, che Impararono dal suo
esempio, insieme all'arte del sarto,
la lezione della vita.
Con la medesima serenità d'animo
BERARDI sac. MARIO, salesiano t
L'Aquila a 68 anni
Nel 52 anni di professione religio-
sa, si era prodigato nell'Insegnamen-
to di lettere e di lingue straniere a
Gualdo Tadina, a Genzano di Roma,
a Faenza, a Perugia, e come diretto-
re a Trevi, a Gualdo Tadino e a Ri-
mini.
Nella sua vita coltivò I tre grandi
amori, appresi alla scuola dì don Bo-
sco: l'Eucarestia, la Madonna (Il ro-
sario era la sua frequente e preferita
preghiera) e Il Papa, di cui seguiva e
difendeva l'insegnamento. lascia
inoltre la testimonianza di una pre-
ghiera incarnata nella vita, di un sa•
lesiano ottimismo, di un vivo senso
della ~festa•, che amava allietare
con I suoi versi.
A quanti hanno chiesto Informazioni. annunciamo ehe LA DIRE-
ZJONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2·9-1971 n. 959, e L' ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: ... lascio alla Direzione Generala Ope-
re Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per
/e missioni con sede In Torino) a titolo dì legato la somma di lire...,
(oppure) l'immobile sito in... per gli scopi perseguili dall'Ente, e parti·
colarmente per l'esercizio del culto, per la formazione del Clero e
del Religiosi, per scopi missionari e per l'educazione cristiana.
- se si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno
o l'altro del due Enti su indicati:
• ...annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
In Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e del Religiosi, per scopi missiona-
ri e per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
t GIUGNO 1986 · 39
Borsa: Sacro Cuore di Gesù, Maria
Ausiliatrice, S. Giovanni Bosco,
per grazie ricevute, a cura di N.N.,
L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, implorando protezione
per sé e i propri cari, a cura di V. G.,
L. 1.000.000
Borsa: Maria Auslllatrice, per la
guarigione del nipotino Alex Jacque-
mod, a cura di N.N., L 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Sa-
lesiani, in ringraziamento e Invocan-
do proiezione, a cura di Cecchinato
prof. Luciana R., Teglio Veneto, VE,
L. 1.000.000
Borsa: S. Vincenzo de' Paoli, in
memorie e suffragio di Ragghiantl
Mario , a cura delle sorelle.
L 1.000.000
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
di un Exalllevo salesiano, L. 500.000
Borsa: S. Domenico Savio, in suf-
fragio dei miei morti e per protezione
dei miei familiari, a cura di Rigamoriti
Maria, Ml, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Granler Cle-
lia, Torino, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, in ringraziamento e invo-
cando aiuto, a cura di G. e V., Torino,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In ringraziamento, a
cura di Rosso Paola, Terzo, AL,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausillatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, per ringraziamento e
protezione, a cura di N.N., Alba,
L. 200.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au-
siliatrice e Santi Salesiani, per gra-
zia ricevuta, a cura dei coniugi Dan-
na Dino e Basso Rita, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In memoria e suffragio
di Villoria Baudino Bolmida, a cura
delle figlie , Monesiglio, CN,
L. 500.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, in rin-
graziamento e invocando protezione,
a cura di Muzzani Ugazio, San Gior-
gio Lom.. PV, L. 400.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di B. T., Lanzo
Tor., L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, per rin-
graziamento e Implorando p rotezio-
ne. a cura di Cassini Pierina, Ponte-
stura, AL, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, chieden-
do preghiere, a cura di M. G. P..
L. 200.000
Borsa: In memoria di Stoppani Anto-
nio, nel anniversario della morte,
a cura della moglie Rina, L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Mocchettl
Narciso, Busto Arsizio , VA,
L. 250.000
Borsa: A suffragio del marito e fami-
liari defunti, a cura di Carà Cherubln
Marcellina, Gallio, VI. L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, Sr. Palomino, per
guarigione e continua protezione di
Maria M.1, a cura di T. F.. L 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, in ringrazia•
mento e suffagio defunti, a cura di
Actis Sussello, L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, ringraziando e invo-
cando protezione sulla nostra fami-
glia, a cura di Greco Nietta e Giulio,
Caulonia, RC, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S . Gio-
vanni Bosco, In ringraziamento e In
memoria della mamma Enrichetta, a
cura di Mombellato Antonietta, Tori-
no, L. 150.000
Borsa: S. Giovanni Bosco e S. Do-
menico Savio, proteggete tutti i miei
cari, picco/I e grandi, a cura di N.N.,
L. 200.000
Borsa: SS. Cuori di Gesù e Maria e
Santi Salesiani, Implorando grazie e
proiezione, a cura di Falcone Ora-
ziantonio, Torino, L 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, proteggete la nostra fami-
glia, a cura di Musso Giuseppe, Tori-
no, L 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani ,per ringraziamento e invo-
cando protezione, a cura di Maria
Giotto, Valle Sauglio, L. 120.000
Borsa: Sacro Cuore di Gesù, a cura
di Angelìllo Maria, Aversa
Borse Missionarie
da L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani,proteggete me e i miei ca-
ri, a cura di Napoleone Agnese, Ba-
rano d'Ischia
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Moretti Franchi Felicita
Borsa: Maria Ausiliatrice e S . Gio-
vanni Bosco, in ricordo di Giovanni
C. e invocando protezione, a cura
della moglie e dei figli
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringra-
ziamento per 25° di matrimonio, a Borsa: S. Giovanni Bosco. a cura di
cura di Genco Giuseppe, Orbassano N.N. e T. M., Gromello
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Don Rua, in ringraziamento e
Invocando protezione, a cura di R.
T.. Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, proteggete
mio genero Nino, a cura di R. P.
Borsa: S. Giovanni Bosco, In suffra-
gio di Lina e Giuseppe Ballalra, a cu-
ra dei figli
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Marconclni Anna Maria, San Miniato,
PI
Borsa: In memoria del miei defunti, a
cura di Cerutti Maria, Borgomanero
Borsa: Maria Auslllatrlce, Santi Sa-
lesiani e Anime del purgatorio, in
suffragio dei defunti Alcide e papà, a
cura di Favarln Daniela. PD
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio•
vanni Bosco, per protezione, a cura
di Barlocco Luigi, Cogno, BS
Borsa: Maria Ausiliatrlcè, in ringra-
ziamento e implorando protezione, a
cura di M. D.
Borsa: Maria Auslllatrice e Santi
Salesiani , iRvocando grazie per i
miei f,gli Cesare ed Enrico, a cura do
N.N.
Borsa: SS. Vergine del Carmelo,
Don Bosco, Domenico Savio, in
suffragio di mamma Giuseppina e
chiedendo protezione, a cura di T. F.
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, invocando
protezione per mio nipote Filippo. a
cura della nonna Lena
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, in memoria di mio Papà, a
cura di Rosanna A., Ivrea
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, •tùtti per la pace•, a cura di P.
E., CE
Borsa: Beato M. Rua e Papa Gio-
vanni, e suffragio di Lodovico Fonta-
na, a cura della moglie e dei figli,
Pesaro
Borsa: Maria Auslliatrlce e S . Gio-
vanni Bosco, in suffragio dal fratello
Don Josè Louis Giecotto, a cura di
Giacotto Rina ved . Boeri, Torino
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
di Nonna Pasqualina, Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Don Rua, ringrazio ricordando
Mamme e Papà , a cura di Serra Ma-
ria, Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice, per rin-
graziamento e protezione, a cura di
Ines Pugno, Torino
Borsa: Divina Provvidenza, a cura
df Francesco Boglione, Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice e Dome-
nico Savio, in ricordo e suffragio di
nonna Maria, a cura di S. c.. Chieri
Borsa: Maria Ausiliatrfce e Don Bo-
sco, in suffragio del nostri defunti, a
cura di Scolari Giuseppe, Ospitalelti,
BS
Borsa: Maria Ausfllatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in ringraziamento e
chiedendo preghiere, a cura di Noca-
ra Franca, Latina
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
lnvernizzi Viviana, Crescentino
Borsa: A suffragio dei miei defunti. a
cura di A. B., Fossano, CN
Borsa: In memoria del defunti Piera,
Guido e Fernando Mensltlerl, a cura
di Mensitieri Giorgio e Ivana, Latina

4.10 Page 40

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Spediz. in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 1• quindicina
sian;io
qull.o che ci ba kto durante
tettlmana in modo articolato,
molto chiaro e molto sistematico•••
egli ha melato, non solo il carisma
proprio del Predicatore, ma la sua
fedeltà al carisma del Fondatore; e,
come penso, è giusto che il Rettor
Maggiore della Società di San
Giovanni Bosco sia un portatore
precipuo del carisma di un simile
Fondatore. Per questo siamo grati al
Signore»
Giovanni Paolo II
~IIEI
Raccolti in volume gli Esercizi Spirituali predicati al
Papa da Don Egidio Viganò, Rettor Maggiore dei
Salesiani.
Una rilettura del Concilio Vaticano Il alla
luce del carisma di Don Bosco