Bollettino_Salesiano_196612


Bollettino_Salesiano_196612



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Noi non ci fermiamo mai;
vi è sempre cosa ohe incalza cosa.•.
Dal momento ohe noi ci fermassimo,
la nostra Opera
comincerebbe a deperire
DON BOSCO
BOLLETTINO
SALESIANO ·
ORGANO DEI COOPERATORI SALESIANI
A. XC. N. 12 • 15 GIUGNO 1966. DIREZIONE GENERALE : TORINO 712. VIA MARIA AUSILIATRICE, 32. TELEF. 48.29.2
Convegno Europeo Delegati
lspettoriali Apostolati Sociali
Si è svolto a Roma dal 9 al 14 maggio. Per la prima volta vi hanno partecipato insieme i Delegati
lspettoriali d ei Cooperatori e degli Exallievi sotto la presidenza del D irettore Generale dei Cooperatori e
degli Exallievi don Luigi Fiora, assistito dal segretario generale dei Cooperatori don Favini e dal segre-
tario generale degli Exallievi don Bastasi. Erano presenti anche i Delegati dell'Europa libera, ai qual i si
sono aggiunti quelli dell' Equatore e del Perù. ~ stata una esperienza positiva che lascia intrave(jere i
frutti della unione nella stessa persona delle due funzioni di Delegato Cooperatori e di D elegato Exallievi.
I due movimenti infatti debbono rimanere distinti per finalità e organizzazione, ma debbono armoniz-
zarsi e collaborare nell'unico apostolato salesiano. In queste pagine ne diamo un breve resoconto.
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LE CARATTERISTICHE
DEL CONVEGNO
Apn il convegno don Fiora, che porse a tutti, e
specialmente ai Delegati esteri, il paterno saluto e
la benedizione del Rettor Maggiore, forzatamente
lontano con la persona, ma presente con le sue
direttive e col nostalgico ricordo dei molti anni
di lavoro comune. «Sentiamoci a casa nostra - ag-
giunse riferendosi alla ospitale casa del Sacro Cuore
dove si sarebbe svolto il convegno. - Siamo ospiti
del Papa a Roma, siamo ospiti di Don Bosco in
questa casa del Sacro Cuore che resta - anche se
sono sorte nuove grandi opere nostre - il simbolo
della presenza salesiana vicino al Papa •·
Passò quindi a delineare le caratteristiche del
conve~no, che si possono riassumere cosi:
1. È un convegno a carattere ecclesiale. [I
fatto che si svolge in Roma mene in rilievo il carat-
tere ecclesiale degli apostolati sociali dei Coope-
ratori e degli ExallieYi. F.ssi non sono apostolati
chlusi in se stessi, ma s'inseriscono nella ,rita della
Chiesa, ne seguono l'insegnamento e corrispondono
alle esigenze particolari della nostra età, che è
quella del Concilio Questi nostri apostolati sono
aperti alla Chiesa nello spirito, nelle opere, nel
metodo. Per tutte le sue auività la Congregazione
è aperta alla Chiesa, ma questo forse appare più
immediatamente evidente per i Cooperatori e per
~li Exallicvi.
In nessun posto come a Roma sentiamo la pre-
senza della Chiesa e la nostra presenza nella Chiesa:
e a Rom:i La Congregazione, meglio che altrove,
sembra compenetrarsi con la Chiesa. Per questo
Don Bosco ci tenne tanto al Sacro Cuore e volle
che ogni sua opera portasse il sigillo del Papa.
Videre Petrum era l'aspirazione di San Paolo per
confermare gli orientamenti del suo apostolato, ed
è anche la nostra. Per questo abbiamo chiesto
l'udienza dal Papa.
t 2. uo convegno a raggio europeo (e mon-
diale) per la presenza di rappresentanti dell'Eu-
ropa e del mondo salesiano. Questo fatto, mentre
ci dà la misura deU'ampiezza e universalith del no-
stro apostolato, ci offre la possibilità di confrontare
le nostre idee e la nostra pratica con quelle di molt1
altri, ci arricchisce dell'esperienza e dell'esemp,o di
tutti, ci modo di conoscere, nel confronto, i
limiti e i difetti della nostra impostazione e ci aiuta
a mantenere l'unità del nostro movimento. Vogliamo.
soprattutto dopo il Capitolo Generale, tener ronto
deUc diversità delle Ispettorie e delle Nazioni, ma
non vogliamo dimenticare l'esigenza di unità e lo
sforw per procurarla. Durante il convegno tutti
potranno parlare comunicando le proprie idee ed
esperienze e non mancherà la possibilità di scambi
di vedute anche individuali. Sarà per tutti un arric-
chimento di cose nuove e un raffornamento di unità
nella varietà delle situazi.oni.
3. Convegno unico per Delegati· Cooperatori
ed Exallievi. A fare un convegno unico ci hanno
indotto motivi di fondo. Finora i due movimenti
sono vissuti un po' separati, con incertezze sulla
propria impostazione rispetto all'altro e sui campi
di azione. Il convegno vuol essere un'occasione
buona per chiarire le caratteristiche dei due movi-
menti, per definire i loro rapporti e la loro integra-
zione nella vita salesiana., per promuovere la colla-
borazione. Vogliamo chiarezza per noi per portarla
tra i Cooperatori e i?li Exallicvi.
4. Convegno postconciliare e postcapitolare.
Per la prima volta abbiamo i documenti del Con-
cilio e del Capitolo Generale: essi ci offrono la via
sicura per inserirci nella Chie!la e nella Congre-
gazione. Una constatazione d'importanza fond:imen-
tale per noi è che i movimenti dei laici sono stati
quelli che hanno avuto il massimo impulso dal
Concilio e dalla Congregazione. li Concilio ha pro-
clamato la promozione e mobilitazione dei laici; e
abbiamo visto con soddisfazione che i problemi dei
laici sono stati visti 'sotto la luce stessa sotto cui li
aveva visti e aveva incominciato a risolverli Don Bo-
sco (bisognerà mettere meglio in rilievo questo
fatto). [I Capitolo Generale hA parlato dell'aposto-
lato dei laici largamente come non mai, ha riaffer-
mato la loro piena legittimità secondo le Costitu-
zioni e l'esempio di Don Bosco, ne ha fatto cono-
scere l'importanza e il posto preciso tra le varie
attività della Congregazione, specialmente come inte-
grazione necessaria dell'apostolato giovanile, ha ri-
chiamato l'urgenza specialissima di questo aposto-
lato ai nostri tempi e ha studiato i metodi e le forme
modl.'Tne (attuali e vive) per anuarlo. I documenti
del Capitolo Generale nella forma necessariamente
ufficiale della loro esposizione non fanno conoscere
l'ampiezza e quasi il travaglio delle discussioni che
si sono avute a questo riguardo.
Per questo noi dobbiamo sentire la responsabilità
di conoscere lo spirito e le idee del Concilio e della
Congregazione. La chiarcz;,,a della nostra visione
~rà un servizio che rendiamo alla Chiesa e alla
Congregazione, perchè punroppo si nota che non
ci sono idee, convinzioni e volontà molto illuminate.
Scopo nostro principale: è quello di chiarire le
idee, di far penetrare queste idee e queste convin-
zioni, assolutamente necessarie aJ nostro tempo, tra
,1 patrimonio dei confratelli nel loro apostolato.
L'esaua conoscenza del pensiero del Concilio e
della Congregazione, che vogliono l'apostolato dei
laici, e lo vogliono in questa maniera, ci darà anche
sicurezza di fronte alle di.fficoltà del nostro lavoro.
Se la Chiesa e la Congregnzione lo vogliono, se la
cosa è urgente e indispensabile, se noi per ubbi-
dienza siamo stati chiamati 11 servire questa causa,
saremo fiduciosi, ottimisti e perseveranti nel nostro
Lavoro, qualunque cosa troviamo attorno a noi.
Chiesa e Congregazione non ci dicono solo di far
obiezioni e vedere difficoltà; ci chiedono che le
aiutiamo a superare le difficoltà e ad attuare l'apo-
stolato dei laici, anche con tutte le difficoltà che ci
sono.
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5. Momento di attesa. Il Convegno si tiene
nel periodo in cui la Chiesa sta studiando le norme
pratiche per l'esecuzione dei decreti del Concilio
e la Congregazione sta preparando l'attuazione delle
norme del Capitolo Generale. Siamo quindi in un
periodo di attesa, di passaggio, di incertezze anche:
dobbiamo comprenderlo per non chiedere di più
di quanto ci si possa dare in questo momento.
Noi, per esempio, vorremmo sapere il posto preciso
che occupano i Cooperatori e gli Exallievi tra i
movimenti dell'apostolato laico. Non sarà forse pos-
sibile finchè non saranno state formulate nelle Istru-
zioni postconciliari le direttive dell'organizzazione
del 'apostolato laico. Cosi la Congregazione attua a
gradi le deliberazioni del Capitolo Generale, pro-
movendo a poco a poco il ridimensionamento delle
opere e la formazione delle mentalità. Anche il
problema degli apostolati sociali non si risolve sem-
plicisticamente con un ordine dall'alto, come qual-
cuno sembra qualche volta consigliare, come se
fosse un problema a stante; g li apostolati sociali
sono di fatto coordinati con tutte le altre attività
apostoliche della Congregazione, dipendono dalla
formazione di una adeguata mentalità da parte dei
confratelli su tutti i problemi della Congregazione
e sulla missione della Congregazione stessa nel nostro
tempo. La soluzione dei problemi che riguardano
gli apostolati sociali bisogna cercarla perciò in ar-
monia con il ridimensionamento delle opere e la
qualifkazione dei Confratelli e nella luce dei grandi
compiti e delle responsabilità che attendono La Con-
gregazione nella Chiesa oggi.
E necessario dire questo per frenare una certa
nostra impazienza e i;isieme per impegnarci al com-
pito che ci è stato affidato di farci delle idee chiare,
dellec convinzioni, dei programmi d'azione, in modo
da fornire gli elementi di cui ha hisogno la Congre-
gazione per impostare bene ,gli apostolati sociali in
armonia con le altre attività. E il compito del nostro
convegno, che rientra nello sforzo poderoso che sta
facendo la Congregazione in questa epoca per capire
la sua missione nella Chiesa in tutti i suoi aspetti
e attuarla con la mobilitazione di tutte le sue forze.
sacerdote. In realtà la tematica del sacerdozio è
stata una delle tematiche più vive del Concilio, a
partire dalla Lumen Gentiwn fino agli ultimi decreti.
Q11i don Broca rdo accenna a una discussione
conciliare che ha per noi conseguenze pratiche.
Prima la teologia sul sacerdozio partiva dal (l Sacer-
dozio di Aronne»; ma il vero sacerdozio è quello
di Cristo. Il Concilio perciò ha focalizzato la dottrina
del sacerdozio di Cristo. Gesù Cristo è sacerdote,
Gesù Cristo è profeta, G\\':SÙ Cristo è pastore: ecco i
tre elementi costitutivi del sacerdozio. L'essenza del
sacerdozio non è. Imito ministeria/,e quanto cultuale; il
sacerdote non è tanto l'uomo dell'apostolato quanto
l'uomo del culto; è l'uomo della città di Dio più e
prima che della città dell'uomo.
Il Papa stesso recentemente ha messo in luce
qualche idea falsa in proposito. Era necessario per-
chè si notavano sbandamenti, per es. sull'Euca-
ristia. II sacerdote è primariamente ed essenzial-
mente destinato all'Eucaristia, è l'uomo del culto,
delJa preghiera, di Dio. Contro false tendenze che
trascurano l'essenza del sacerdote per farne un
apostolo, il Concilio ha dato l'orientamento giusto:
al primo posto c'è l'essenza del sacerdozio, che è
cultuale; al centro, Gesù Cristo e il sacerdote che
ne esercita le funzioni. Per questo il documento che,
come sacerdoti, ci tocca piu da vicino è la Costi-
tuzione Liturgica, dove è detto che l'essenza del
sacerdozio è la L iturgia, intesa come !'esercizi.o del
sacerdozio di Gesù Cristo.
L'oratore invitava quindi a meditare su tre punti
ricchi di applicazioni pratiche.
:r. Il sacerdote è un separato. Quando si pensa
a un Concilio estremamente aperto come il Vati-
cano II, verrebbe spontaneo attendersi che apra
anche per il sacerdozio. Ma non è cosi. Pensiamo a
Gesù Cristo, il separato massimo dal mondo, men-
tre come uomo è profondamente immesso nel mondo.
li sacerdote, come Mosè, è un separato. Lo Spirito
Santo per Paolo e Barnaba ha detto: <• Separatemi
questi uomini per l'opera a cui li ho chiamati». Il
sacerdote è essenzialmente rivolto verso Dio; poi
anche verso il mondo. Non è cosl del laico...
IL SACERDOTE
ALLA LUCE DEL CONCILIO
La p rima giornata intera del convegno fu aperta
con la meditazione dettata da don Pietro Brocardo,
direttore al PA$, che trattò la prima parte del tema:
li Sacerdote alla luce del Concilio.
Premesso, col decreto conciliare sulla (< Formazione
Sacerdotale)), che «l'auspicato ri11novame11to di tutta
la Chiesa in gran parte dipende dal ministero sacer-
dotale animato dello spirito di Cristo)), ha invitato a
meditare sulla conseguenza logica di tale affermazione:
come sono i sacerdoti oggi, così ~·aranno i fedeli domani.
È inesatta l'affermazione che il Concilio ha trattato
dei Vescovi e dei laici, ma ha lasciato da parte il
2 . Il sacerdote è un consacrato e un consa-
cratore. Il Concilio ha messo in luce anche il sacer-
dozio del laico, ma questo non è un sacerdozio
ministeriale. I sacerdoti sono dei consacrati: mediante
il carattere vengono conformati a Gesù Cristo sacer-
dote. Quindi il sacerdote è un prolungamento di
Gesi.1 Cristo. Se con gli occhi della carne non no-
tiamo nel sacerdote queste realtà divine, non per
questo sono meno reali in lui i lineamenti di Gesù
Cristo.
Di qui le più belle applicazioni ascetiche. [1 ca rat-
tere conferisce i poteri, ma non la santità di Gesù
C risto, anche se dà la grazia per raggiungerla. Ecco
un argomento di profonda meditazione: abbiamo i
poteri di Gesù Cristo, ne abbiamo la santità?
3. Il sacerdote è quindi l'uomo del culto. È
l' uomo del "mistero pasquale''. Quando celebra,
rinnova i tre momenti del mistero pasquale: dal mi-
stero della morte di Cristo è inscindibile il mistero
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della sua risurrezione e quello della sua ascensione.
Quindi culmine del sacerdozio è la celebrazione
della S. Messa. 11 Concilio l'ha confermato, anche
quando la celebrazione è privata. La Messa ci
modo di compiere verso Dio i doveri che l'umanità
ha dimenticato: adorare, ringraziare, impetrare,
espiare. Quindi quando celebriamo, se potessimo
vedere le realtà soprannaturali, noi vedremmo il
mondo riconciliato con Dio.
Noi sacerdoti siamo dunque chiamati a compiere
il rinnovamento voluto dalla Chiesa. Il Concilio
ha messo in risalto la triplice funzione del sacerdote:
cultuale, profetica, pastorale, ma ha rivendicato la
essenzialità della fu11zione cultuale. Quindi il sacer-
dote dev'essere, come Don Bosco, essenzialmente
l'uomo di Dio. Don Bosco, in sintesi, è stato un vero
sacerdote, un grande e santo sacerdote: tutto il resto
è secondario, anche se grande agli occhi umani.
IL CAPITOLO GENERALE
E I COOPERATORI
E l'argomento trattato dal Segretario Generale
dei Cooperatori don Favini. Il potenziamento del-
l'Apostolato dei Laici voluto dal Concilio ha of-
ferto al Capitolo Generale l'occasione per rivol-
gere ai salesiani «uno s-peciale invito a organizzare
reriamente il !LJ.voro apostolico dei Coopera/ori P n
potenziarlo concretamente 1>.
Premesso poi che: l o «i Cooperatori Salesiani,
prima organizzazione ideata da Don Bosco, rispon-
dono in pieno allo spirito e alla lettera della Costi-
tuzione conciliare De Ecclesia »; z0 che <i la Pia
Unione dei Cooperatori Salesiani forma, con la Con-
gregazione Salesiana e l'Istituto delle Figlie di M.A.,
una insostituibile forna integrativa della missione
apostolica che la Chiesa affida ai Salesiani>>; 3° che
<< la cura della Terza Famiglia Salesiana è un dovere
ecclesiale, oltre che un interesse salesiano, in quanto
la Pia Unione dei Cooperatori moltiplica le possi-
bilità di azione apostolica della Congregazione al
servizio della Chiesa>>, il Capitolo Generale conclude
che è <• dovere dei Superiori, ai vari livelli, di prov-
vedere concretamente ed efficacemente a quanto
occorre per la vita e lo sviluppo, adeguato ai tempi.
della nostra Terza Famiglia 1>.
In particolare il Capitolo Generale dichiara:
L «È dovere dei Superiori (Ispettori e Direttori)
acquistare, mediante uno stu.dio sistematico, un con-
cetto genuino dei Cooperatori, degli scopi essenzial-
mente ecclesiali e apostolici, e dei requisiti neces-
~a:ri per divenire Cooperatori. Essi poi devono pro-
curare tale conoscenza a tutti i Confratelli mediante
opportune conferenze e spiegazioni ~-
z. «È dovere dei Superiori (Ispettori e Direttori)
provvedere il personale che abbia le doti, il tempo e
i mezzi necessari per esplicare il suo mandato •>.
Alla esposizione di don Favini è seguito un ani-
mato scambio di idee sul come portare al piano della
realtà concreta le stupende affermazioni del Capitolo
Generale e ci si è trovati concordi sulla duplice
necessità:
1. che il Delegato degli apostolati sociali, sul piano
ispettoriale come su quello locale, sia debitame11fP
valorizzato;
2. che si diffouda sempre pùì in Congregazione
la co11osce11:::a e l'amore della nostra Terza Famiglia.
Si sono quindi fatti i seguenti voti:
1. Le Conferenze lspettoriali, almeno in una riu-
nione all'anno, trattino l'argomento degli apostolati
sociali e impostino w1 programma di attività inserite
nelle attività generali dell'Ispettoria: sia presente il
Delegato degli apostolati sociali a tale riunione.
2. Sia,io valorizzati i Delegati ispettoriali e locali
degli apostolati sociali, in modo che abbiano, come
si suol di.re, voce in capitolo almeno come gli altri
superiori che sono incaricati di altri settori di apo-
stolato salesiano.
Ogni decisione sul come ottenere cale \\'alorizza-
zione è lasciata ai Superiori.
3. Nelle case di formazione si dia mUJ i11fomw.zionl!
adeguata sui nostri apostolati soci.ali. Le giornate di
studio, le conferenze del Delegato sono valide, ma
restano sempre cose frammentarie. Don Fiora au-
spica quindi che i Salesiani in formazione abbiano
un corso vero e propçio di formazione salesiana
con testo e lezioni regolari che li mettano in grado
di conoscere tutti i nostri apostolati, lo spirito che
li anima, il metodo e lo stile loro propri e le finalità
che si propongono, gli elementi particolari della
loro organizzazione e della loro attività. Allora non
sarà più necessario correggere mentalità e stimolare
all'azione. Noi lamentiamo che ci siano dei con.fra-
telli che non intendono bene l'importanza dei Coo-
peratori e non sfruttano questa forza che Don Bosco
ci mette nelle mani. Se questi confratelli avessero
avuta una profonda formazione apostolica, non agi-
rebbero così. Prendiamo un parroco, un direttore
di Oratorio: essi hanno bisogno di collaboratori,
di catecbisù, di dirigenti sportivi, di att.ivisti del
bene, in una parola; se sono convinti che po-
trebbero potenziarli e valorizzarli spiritualmente
dando loro un'anima apostolica tra le file dei
Cooperatori, non hanno bisogno di spinte per or-
ganizzarli e farne degli apostoli. Così i confratelli
che lavorano nelle scuole sentono il bisogno di dif-
fondere iI nostro metodo educativo fuori di casa
nostra, per esempio tra gli insegnanti. Quale mezzo
migliore che iscriverli tra i Cooperatori? Talvolta
si tratterà di far entrare l'idea prima ancora della
parola «Cooperatori 1>; ma è certo che la Chiesa,
Don Bosco, il Concilio, il Capitolo Generale vo-
gliono che noi valorizziamo questa forza apostolica
che Dio ha posto ne.ile nostre mani.
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SPIRITO DI ADATTABILITÀ
E QUALIFICAZIONE
La seduta pomeridiana del giorno 10 fu in gran
parte dedicata al "Questionario" sui Cooperatori,
che era stato inviato ai Delegati e che essi avevano
rimandato compilato al Centro. Don Favini ne fece
una sintesi, a cui seguì un lungo scambio dj idee
che servì a chiarire sempre meglio la lettera e lo
spirito del Regolamento tracciato da Don Bosco
per la sua Terza Famiglia. Per brevità ci limitiamo
a riportare qualcuno degli argomenti trattati in
risposta a quelle domande del questionario che si
riferivano a1 grandi oricntarnenti del movimento
Cooperatori Salesiani.
1. li Capitolo Generale ha dichiarato che la cura
dei Cooperatori è per la Congregazione un "dovere
ecclesiale". Tale dovere si spiega anche nel senso
che la Congregazione deve mettere la sua ricchezza
a disposizione della Chiesa, non solo educando
un certo numero di giovani nelle proprie opere,
ma diffondendo il proprio spirito e il proprio me-
todo educativo: ciò si fa specialmente con gli apo-
stolati sociali e in particolare col potenziare l'apo-
stolato laico dei Cooperatori, vero veicolo esterno
della Congregazione. La Chiesa ha bisogno che i
Salesiani non si chiudano io se stessi a sfruttare il
loro capitale spirituale, apostolico cd educativo, ma
che lo mettano a disposizione di tutta la comunità
ecclesiale. I Cooperatori e gli Exallievi si inseriscono
più profondamente nel mondo vivo della Chiesa.
2. Come s1 attua, per mezzo dei Cooperatori,
l'irradiamento salesiano nella Chiesa ? Ci sono modi
diversi, perchè molto diverse sono le situazioni.
Don Bosco l'ha previsto e per questo non ha dato
una rigida organizzazione ai Cooperatori, ma li ha
voluti con i caratterj di una grande libertà e adatta-
bilità. Bisogna tener conto di ciò nell'impostazione
dei singoli Centri dei Cooperatori.
a) Ci sono dei Cooperatori che lavorano organiz-
zati 1n aiuto diretto delle Ope,e salesia.11e, con pro-
grammi speciali di a;r,ione (come catechisti negU
oratori, come animatori della vita parrocchiale ccc.).
Il contatto diretto con l'opera salesiana determina un
modo pro-prio di orgrmizzazione,.
b) Ci sono Cooperatori che lavorano invece in varie
organizzazioni di Apostolato Laico, specialmente
nell'A.C., ma con spirito salesia110, appreso nella
Unione dei Cooperatori, che desta attorno a loro
tanta simpatia e ne moltiplica le risorse apostoliche.
(Si cita l'esempio di una città d'Italia, dove il Presi-
dente Diocesano di A.C. è Cooperatore ed Exallievo.
La Presidenza Diocesana ha fatto per un anno uno
studio speciale sulla spiritualità salesiana; poi è
andata dal Delegato Regionale dei Cooperatori e
ha chiesto di essere iscritta tra i Cooperatori Sale-
siani, perchè si era convinta che lo spirito di Don Bo-
sco avrebbe dato ai suoi membri un arricchimento
spirituale e apostolico di grande efficacia). In questi
casi si agirà con impostazione diversa.
e) Ci sono poi Cooperatori che vivono isolati
nel loro lavoro. Con essi non si può attuare
una organizzazione a le~ame diretto e continuo,
come quando sono vicini a una casa salesiana e
in gruppo piuttosto numeroso. Può essere il caso
di maestre di paese, di mamme di famiglia, di
altre persone dedite ad opere buone individuali.
In tal caso l'organizzazione sarà minima e si arri-
verà a queste persone col « Bollettino Salesiano•>,
con qualche contatto annuale, con un'opera gene-
rale di formazione, lasciandole esplicare con lo spi-
rito di Don Bosco le proprie attività. Il Decreto
sull'Apostolato dei Laici non mira a unificare e a
inquadrare rigidamente gli apostolati, ma ne rico-
nosce la pluralità e ne valorizza la varietà delle
forme e delle finalità. Dobbiamo quindi avere un
grande spirito di adattabilità e trovare le vie per
mettere a disposizione di tutti la ricchezza edu-
cativa, spirituale, apostolica che è propria della
uostra Famiglia, pur mirando nello stesso tempo a
conservare sempre l'unità di spirito e, nei giusti
limiti, di organizzazione. '
3. Si è pure discusso a lungo circa la qualifica-
zùme dei Cooperatari come apostoli laici davanti
ai Vescovi, ai Parroci e agli stessi fedeli. Ci si do-
manda spesso: << Quale apostolato speafico hanno i
Cooperatori ,1 ? Don Bosco ha assegnato loro «la
stessa messe dei Salesiani ». È evidente quindi che
i Cooperatori sono essenzialmente, come i Salesiani,
gli apostoli della gioventù. U loro apostolato giova-
nile potrà essere diretto (negli oratori, nelle scuole,
nelle associazioni giovanili ecc.) o indiretto (forma-
zione dei genitori e della f.amiglia, stampa, moralità
del divertimento ecc.). In qualche nazione - hanno
notato i Delegati - i Cooperatori non hanno abba-
stanza mordente presso i Parroci, perchè questi
dicono che il loro programma è troppo generico.
Se noi mettessimo in evidenza che i Cooperatori
s'interessano soprattutto dei problemi dei giovani,
se ci presentassimo, anche per mezzo dei Coope-
ratori, come gli apostoli qualificati dei giovani,
avremmo certamente buona accoglienza ovunque,
perchè il problema dei giovani è problema di tutti
e di tutti i tempi, e sta diventando sempre più grave
e urgente nella nostra età.
Il Delegato nazionale della Spagna don Rubio
conferma, dichiarando che la campagna annuale
meglio riuscita nella Spagna è stata quella della
Famiglia Cristiana Educatrice, che tra l'altro ha
dato luogo a due belle e pratiche iniziative: I'« Asso-
ciazione Padri di Famiglia>> con lo scopo specifico
di studiare con i Salesiani l'educazione dei figli, e i
<< Focolari Don Bosco•>, che hanno lo stesso scopo.
Anche per le altre Nazioni si fa lo stesso rilievo.
In conclusione: per i Cooperatori le attività che
sono da incrementarsi di pit1 sono quelle giovanili,
perchè danno alla nostra Terza Famiglia i tratti
fisionomici che le sono caratteristici. Affermato questo
aspetto specifico ed essenziale, che deve prevalere
sugli altri, non si vogliono assolutamente escludere
le altre forme di apostolato a cui la Congregazione,
anche per mezzo dei Cooperatori, è chiamata.
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1.6 Page 6

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LA RELAZIONE
DI DON BOGLIOLO
Sui rapporti che, dopo il Concilio, debbono inter-
correre tra Gerarchia e Laici, e quindi tra Gerarchia
e Cooperatori, tra Gerarchia ed E:.-allievi, tenne
una dotta trattazione il nostro don Luigi Bogliolo.
Don Fiora, nel presentarlo, fece rilevare la sua
posizione di privilegio accanto al cardinale Cento,
presidente della Commissione Conciliare per l'Apo-
stolato dei Laici, e la parte che ebbe nei lavori
preconciliari come segretario della commissione del-
1'Apostolato dei Laici, nei lavori conciliari come
perito, e in quelli postconciliari, nei quali è tuttora
impegnato.
Siamo costretti a riassumere e a limitarci ai punti
essenziali.
1. Il Concilio ha ristabilito l'equilibrio tra i due
estremi del clericalismo e del lm"cis11lo. Vi è del cle-
calismo quando il clero assorbe ciò che spetta ai
laici; vi è del laicismo quando i laici assorbono
ciò che spetta al clero. In questi ultimi secoli nella
Chiesa cattolica vi è stato piu pericolo di clericalismo
che di laicismo; nel Protestantesimo avvenne il
fenomeno contrario: il laicato finì per assorbire i
compiti del clero (laicismo religioso). La Costitu-
zione Lumen Ge11tium dà ai laici un posto che prima
non avevano, conferisce loro un rilievo ontologico
nuovo. Ormai non si può parlare della Chiesa senza
tener conto dei Laici come parte costitutiva e inte-
grante della struttura della Chiesa.
2. Dal rilievo ontologico dato dalla Lumen Gentittm
ai laici è scaturito il rilievo dinamico che dà loro il
Decreto Apostolicam Actuositatem. È la conseguenza
logica: se sono parte integrante e costitutiva della
Chiesa, sono anche parte attiva della missione della
Chiesa, con tutte le conseguenze.
Tutto ciò dev'essere inquadrato nella finalità
generale del Concilio, che è il rinncvamento della
Chiesa. Il contributo dei laici sarà tanto più efficace
quanto più consapevole la loro azione. Nella misura
in cui è fortificato il senso della responsabilità dei
laici, scatta lo slancio dell'azione. E questo a tutto
vanta~gio della Gerarchia. 11 rinvigorimento del-
l'attività dei laici diviene per ciò stesso rinvigori-
mento dell'attività della Gerarchi;i. e del Clero.
3. La nuova posizione dei laici esige nuovi rapporti
tra il clero e i lai"ci. La L11111e11 Gentium afferma:
«I laici, come tutti i fedeli, hanno diritto di rice-
vere abbondantemente dai sacri pastori i beni spi-
rituali della Chiesa, soprattutto gli aiuti della parola
di Dio e dei Sacramenti» (n. 37).
Di conseguenza ai sacerdoti spetta anzitutto un
nuovo compito dottrinale: approfondire la nuova
ecclesiologia per poterne parlare con competenza e
portare davvero il Concilio a contatto con tanti
laici, che del Concilio hanno idee vaghe e non sanno
fino a che punto anch'essi ne vengano impegnati.
È un lavoro arduo, che richiede tempo. Nou è facile
creare una nuova mentalità.
Vi sono poi i rapporti dal punto di vista giuridico,
che sono tuttora in fase di studio.
4. Conseguenza te11erale per i Cooperatori e gli
Exallievi. Nessuno potrà mai contestare loro il diritto
di cittadinanza nel complesso delle organizzazioni
cattoliche nella Chiesa. Quanto il Concilio ha afler-
mato dell'autonomia, della libertà e responsabilità del-
l'apostolato dei laici vale anche per i Cooperatori
e gli Exallievi come o.rganizzazioni o movimenti
cattolici. Tutti i campi di apostolato elencato nel
capo III del Decreto Apostolicam Actuositatem (le
comunità ecclesiali, la famiglia, i giovani, l'ambiente
sociale, l'ordine nazionale e internazionale) sono
aperti - sia pure in modo diverso - ai Cooperatori
come agli ExaHievi. È un'apertura che fa parte del
respiro cattolico dell'apostolato secondo Don Bosco.
5. Ciò che vi è di comune tra Cooperaton ed Exal-
lievi.
a) Vi è anzitutto q!!ell'apertura veramente cattolica
che ha impresso Don ]3osco all'apostolato salesiano,
quell'agilità di movimento e di iniziativa, quella
varietà dì impostazione a seconda delle diverse si-
tuazioni, che inculca il Vaticano II, sicchè il De-
creto pare sia stato fatto apposta per essi. Ciò sot-
tintende che Don Bosco è stato un precursore del-
l'apostolato laico qual è inteso dal Concilio.
b) Vi è inoltre la primalità dell'apostolato gÌl>'Va11ile,
ragion d'essere di tutta l'opera di Don Bosco, oggi
particolarmente necessario e difficile. Il rinnova-
mento della Chiesa dipende dai giovani. Non per
nulla il Decreto Apostolicam Actuositatem è diretto
particolarmente ai giovani.
e) Vi è di comune soprattutto la spiritualit.à di
Don Bosco. U Decreto non vuole annullare il patri-
monio spirituale di ogni singola istituzione, anzi
vuole sia "fedelmente assimilato" (n. 4). Quanto
più saranno fedeli allo spirito di Don Bosco, tanto
più efficacemente i Cooperatori e gli Exallievi con-
tribuiranno all'attuazione del cinnovarnento e del-
l'aggiornamento voluto dalla Chiesa.
6. Ciò che dijferenzia i Cooperatori dagli Exallievi.
I Cooperatori costituiscono una «Pia Unione»,
quasi un Istituto secolare a11te litteram con impegni
di apostolato propriamente detto e volontariamente
accettato; gli ExaJljevi formano un'associazione che
ha per base il legarne a una medesima fonte educa-
tiva e formativa, quella di Don Bosco, e viene avviata
ad impegni generici d'apostolato, cioè quelli propri
di tutti i cristiani. Loro compito - parliamo degli
Exallievi cristiani - è quello voluto dal Concilio
dell'animazione cristiana dell'ordine temporale nello
spirito di Don Bosco. Di qui il dovere di approfon-
di.re sempre meglio questo spirito perchè la loro
attiYità sia sempre più efficiente.
7. Cooperalori e Azione Cattolica. I Coopera-
tori non sono l'Azione Cattolica, perchè non
hanno quel << più stretto legame con la Gerarchia,
quella «superiore direzione della Gerarchia », che
è propria dell'Azione Cattolica (decreto, n. 20).
46

1.7 Page 7

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Don Bosco ne precisa e definisce bene il carattere
in queste parole: «Il loro scopo diretto non è quello
di coadiuvare i Salesiani, ma di prestare aiuto alla
Chiesa, ai Vescovi, ai Parroci, sutto l'alta direzione
dei Salesiani nelle opere di beneficenza, come cate-
chismi, educare i fanciulli poveri e simili ,>. Queste
affermazioni di Don Bosco sembrano a don Bogliolo
di grandissimo rilievo perchè definiscono il rapporto
con la Congregazione Salesiana e nello stesso tempo
la disponibilità piena per la Chiesa.
Di conseguenza, per ipotesi, pur conservando il
nome e tutte le caratteristiche di Cooperatori, po-
trebbero essere assunti da un Vescovo o da una
Conferenza Episcopale per compiere quell'aposto-
lato stesso che co1npie l'Azione Cattolica dove è
organizzata dalla Gerarchia. Ciò non esclude l'alta
direzione dei Salesiani, da cui hanno tutta l'ispira-
zione e le caratteristiche, pur svolgendo il loro apo-
stolato in favore diretto della Chiusa. li centro,
l'alta direzione, s;.1rà sempre quella di Don Bosco
ne!Ja persona del suo successore e dei suoi colla-
boratori. Sarebbe un grande onore se qua e i
nostri Cooperatori venissero assunti per compiere
le stesse opere dell'Azione Cattolica, divenendo,
secondo il pensiero di Don Bosco, strumenti di bene
nelle mani dei Vescovi e della Gerarchia, sotto la
guida della Congregazione.
8. Cooperatori e Gerarchia. La stessa natura dei
Cooperatori esige che i Salesiani ne abbiano sempre
l'alta direzione, anche se in talune diocesi o par-
rocchie la direzione immediata fosse in mano a
sacerdoti secolari.
Oggi nessun Vescovo potrà proibire, in seguito
al Decreto, il pieno sviluppo dei Cooperatori e
degli Exallievi. Anzi, nello spirito del Concilio,
dovrà favorirli in tutti i modi e considerarli, con
rispetto alle loro caratteristiche e finalit1., come
istituzione religiosa in aiuto della Chiesa.
trova i_n fine tutti unanimi su questa conclusione.
T nostri Exallievi, nei paesi cattolici, sono una As-
sociazi011e lii Laici (è l'espressione usata dal nuovo
Statuto). Come tale essa si propone come -finalità
quella che è propria di tutti i laici cattolici, e cioè
l'animazione cristiana del mondo. Per questo gli
Exallievi possono essere invitati dai Vescovi a far
parte della Consulta. Diocesana, ma rispondono
all'appello del Vescovo in quanto possono come
Exallievi, vale a dire secondo le finalità, le carat-
teristiche e le attività che sono proprie degli Ex-
allievi. Essi sono una Associazione di Laici cattolici,
non una Associazione con fini proprùz111e11te apostolici,
come l'Azione Cattolica e i Cooperatori. L'Associa-
zione Exallievi tende a intensificare sempre più la
vita cristiana dei suoi soci e li avvia ad animare
come cristiani il mondo: in tal senso l'Associazione
svolge opera che è di vero apostolato. Ma essa,
per sè, non chiede l'impegno di un apostolato di-
retto e organizzato. Il termine " apostolato", come
contempla il Decreto stesso sull'apostolato dei laici
e come alcuni non rilevano. si applica a lutti i cri-
stiani, ma ù1 modo diverso: c'è chi è tenuto a un
apostolato g-.:nerico e c'è chi si impegna a un apo-
stolato spontaneo e specifico.
Qui si apre la questione del passaggw degli Ex-
allievi all'Unione dei Cooperatori. Don Fio.ra ri-
corda che il Rettor Maggiore sarebbe molto lieto
che si favorisse questo passaggio, ma solo quando
il candidato sia preparato e chieda spontaneamente
cli farlo. Si deve promuovere l'iscrizione tra i Coo-
peratori soprattutto quando si tratta di Exallievi
che di fatto svolgono già attività di apostolato come
organizzatori e dirigenti di attività catechistiche,
sportive, assistenziali in un oratorio o in una par-
rocchia o nella associazione stessa degli Exallievi.
Questi Exallievi, formati al nostro spirito e già no-
stri autentici collaboratori in atto, dovrebbero es-
sere i migliori candidati a diventare Cooperatori.
APOSTOLATO
AD AMPIO RESPIRO
Don Fiora ringrazia don Bogliolo della chiara
visione dei nostri problemi prospettata nel quadro
del Decreto sugli Apostolati laicali. Egli sottolinea
in modo particolare la larghezza di impostazione
del Decreto che riconosce piena cittadinanza ai
Cooperatorj ed agli Exallievi tra gli Apostolati della
Chiesa e ne sanziona in qualche modo le caratte-
ristiche e le finalità. Questo riconoscimento deve
dare tranqui!Jità e sicurezza al nostro lavoro, senza
ricerca d'altre formule, e deve essere una garanzia
della attualità delle forme di apostolato tracciate
da Don Bosco.
Aperta la discussione, ci st domanda per sempre
meglio precisare le idee: Gli Exa/lie11i in che senso
sono apostoli? Segue uno scambio di opinioni che
Gli Exallievi che diventano Cooperaton offrono
l'occasione di ritornare sul tema dei Cooperatori
giovani. Si è concordi sulla necessità di immettere
nella nostra Terza Famiglia sempre nuove energie
giovanili, ma si fa rilevare che non mancano diffi-
coltà pratiche. Don Fiora afferma che ci sono, di
fatto, specialmente negli oratori, molti giovani che
svolgono g,ià vera attività di Cooperatori: sono i
catechisti, i dirigenti di gruppi vari, gli assistenti ecc.
Bisogna convincere i confratelli di questa realtà
e spingerli a organizzare questi collaboratori tra i
Cooperatori per renderli sempre più efficienti. ~on
si può pretendere però che tali giovani Coopera-
tori si uniscano al ~ruppo degli anziani e soprat-
tutto delle anziane. Bisogna assolutamente creare
gruppi a parte con proprie riunioni formative e
organizzative, con proprie attività e caratteristiche.
Qualche esperienza fatta al riguardo ba dato buoni
risultati: si possono creare gruppi di veri Coopera-
tori, adattandone però la vita alle particolari esi-
genze concrete. Era proprio a queste circostanze
reali della vita che Don Bosco voleva venire in-
contro con i Cooperatori. Non mancherà poi qualche
47

1.8 Page 8

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occasione durante l'anno in cui anche I giovani si
possono trovare con gli adulti per qualche manife-
stazione collettiva di Cooperatori Salesiani.
La discussione cade anche sulla espressione di
Don Bosco nel regolamento dei Cooperatori: << sotto
l'alta direzio11e dei Salesiani>>. È evidente che il
Fondatore non dà alla parola "alta" un significato
di dignità e di distinzione. Egli vuole dire "supe-
riore direzione", direzione spirituale e morale prima
ancora che giuridica, direzione nei princìpi e nello
spirito che lascia ai singoli la responsabilità delle
cose concrete, direzione che assume la responsa-
bilità della vita organizzativa, ma lascia poi la spon-
taneità e la libertà dell'azione individuale ncll'apo-
Holato.
La discussione s1 chiude con una affermazione
di do11 Bogliolo. Quale portavoce dello spirito del
Concilio, egli ricorda che la grande assise ecumenica
ha usato, volutamente, criteri larghi e non semprt'
definiti nei particolari, per lasciare all'apostolato
del popolo di Dio la libertà di un'azione varia e ad
ampio respiro. Quindi, senza premere troppo, gui-
diamo all'apostolato con la stessa larghezza di ve-
dute. «È molto importante questa dichiarazione
di don Ilogliolo - conclude don Fiora: - Noi
stamane volevamo quasi sapere da lui, autorevol-
mente, in quale casella deU'apostolato cattolico la
Chiesa catalogava i nostri movimenti di apostolato
sociale, e quali rigide direttive fissasse al nostro
apostolato E don Ilogliolo ci risponde: << la Chiesa
non si preoccupa tanto di questo inquadramento,
quanto che noi facciamo, dell'apostolato nelle forme
e nei modi che ci sono imposti dalla realtà. La
Chiesa riconosce e sanziona ciò che le esigenze
della vita concretamente propongono alla nostra
attività. l Cooperatori e gli Exallievi sono due isti-
tuzioni che corrispòndono alla realtà che è attorno
al mondo salesiano; Don Bosco le ha organizzate
in modo che esse hanno conservato tutta la loro at-
tualità e la loro vitalità. Lavoriamo in questo spirito
e secondo queste norme•·
COOPERATORI E VOCAZIONI
Don Giuseppe Clemeulel, eletto di recente De-
legato Nazionale per le vocazioni, tiene una esau-
riente relazione sulla organizzazione del!'Aposto-
lat<, Voca-:::io11i, con particolare riferimento ai Coo-
per..ttori e agli Exallicvi.
Premette che da parte dei Cooperatori I'aposto-
lato per le vocaziom è voluto da Don Bosco. Al capo Il
del Regolamento per i Cooperatori Salesiani si
legge: il Siccome in questi tempi si fa gravemente
sentire la penuria di vocazioni allo stato ecclesiastico,
così co.loro che ne sono in grado prenderanno cura
speciale di quei giovanetti, e anche degli adulti,
che forniti delle necessarie qualità morali e attitudini
allo studio, dessero indizio di essere chiamati, gio-
vandoli con i loro consigli, indirizzandoli a quelle
scuole, a quei collegi o a quei piccoli seminari, in
cui possono essere coltivati e diretti a questo fine•>.
Il Coucilio conferma il pensiero di D011 Bosco.
Basti una citazione: <1 Tutti coloro che in qual-
siasi maniera curano l'educazione dei fanciulli e
dei giovani, specialmente le Associazioni cattoliche,
cerchino di coltivare gli adolescenti loro affidati
in maniera che essi siano in grado di scoprire la
loro vocazione divina e di seguirla con generosità ,1
(Optatam Totius, c. Tl).
Il Capitolo Generale entra m pieno nello spirito
del Concilio e afferma: ~ L'interesse per le vocazioni
è uno dei fini precipui della Società Salesiana:
si ispira a uno degli apostolati più tenacemente
attuati da Don Ilosco, con la parola e con le opere;
si radica in una tradizione salesiana - scritta e vis-
suta - estremamente viva. Per questo rimane pie-
namente avvalorato quanto afferma don Rua: "Ai
Salesiani deve star a cuore la cura delle vocazioni,
senza di cui la Pia Sociera di San Francesco di Sales
languirebbe, e non corrisponderebbe al fine che
Don Bosco si propose nel fondarla". IJ che fa eco
a quanto afferma iI Fondatore: " ... Non occorre
che io ripeta nuovi avvisi, pcrchè si coltivino molto
le vocazioni allo stato ecclesiastico. Questo è lo
scopo principale a cui tende ora la Congregazione" •>.
Fatte queste premesse, il Relatore illustrava l'or-
ganizzazione di un Centro promotore di Vocazioni
a raggio nazionale, ispettoriale e locale, rilevando
in particolare il contributo che possono dare i Coo-
peratori e gli Exallievi, specialmente se Insegnanti.
L'esperienza di questi ultimi anni dice quanto questo
contributo riesca prezioso.
Il campo aperto dal relatore apparve vastissnno.
Si volle quindi limitare la discussione sul come or-
raniz::;are su piano ispettoria/e la collaborazio11e d1
tutte I-e forze per rendere funzionante questa attività
apostolica propria dei Cooperatori, la cui urgenza
a nessuno sfugge. È necessario anzitutto un col-
legamento delle forze al vertice ispettoriale. Se il
promotore vocazioni è il delegato della Pastorale
Giovanile, deve accordarsi col Delegato degli Apo-
stolati Sociali; se è il Delegato degli Apostolati
Sociali, deve coordinarsi col Delegato della Pasto-
rale Giovanile, almeno per i problemi e le iniziative
di reclutamento e di selezione nell'ambito della casa
salesiana. C'è chi auspica, in proposito, che il pro-
motore vocazioni faccia parte degli Apostolati So-
ciali e non della Pastorale Giovanile. :.\\la ciò che
conta in questa sede è il contributo dei Cooperatori
e degli Exallievi a questo apostolato.
Al qual proposito il lavoro degli Insegnanti con-
tinua a rivelarsi efficacissimo sotto molteplici a-
spetti, soprattutto per evitare l'improvvisazione, l'av-
ventura, il reclutamento cieco. Molti di essi sono
apostoli nella scuola di religione, nei catechismi
parrocchiali, nelle associazioni cattoliche. Sono
quindi in grado di scoprire le vocazioni autentiche
48

1.9 Page 9

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e di scartare quelle "pompate". Inoltre hanno pre-
stigio, esperienza e cultura, in modo da poter dire
una parola chiara e incoraggiante al ragazzo come
alla famiglia. Continuando la discussione, alcuni
Delegati hanno messo a parte i colleghi degli ec-
cellenti risultati ottenuti attivizzando insegnanti,
zelatori e zelatrici vocazioni, dopo aver preparato
loro un piano dj lavoro e averli forniti di stam-
pati e ru questionari ad hoc. Il contributo di questi
preziosi collaboratori rrura soprattutto aJ lavoro di
orientamento, che prepara e facilita il lavoro ru
reclutamento. Per l'anno venturo si spera che tutta
l'attività vocazionale possa essere coordinata dal
centro, che offrirà direttive e mezzi per condurre
una bene organizzata campagna vocazionale.
A questo punto, in linea col tema Vocazioni.
don Maggio riferisce sulle Volontarie di Don Bosco,
che sono ormai dissemmate in tutte le attività
cattoliche, dove portano lo spirito e lo stile di
Don Bosco. li Superiore coglie l'occasione per
mvitare i Delegati italiani ed esteri a sostenere l'Isti-
tuto e a procurargli vocazioni. È anch'esso un'opera
della Congregazione. Non c'è dubbio che l'opera di
Don Bosco è oggi una delle più grandi forze organiz-
zate della Chiesa e poiché, dopo il Concilio, è vo-
lontà della Chiesa che si promuovano queste istitu-
zioni secolari, la nostra Congregai;ione deve assu-
mersene la responsabilità. Ritirarsi sarebbe rinunziare
a una caratteristica della Chiesa nel nostro tempo.
Le Volontarie di Don Bosco, inoltre, sono come il
veicolo del nostro spirito fuori di casa nostra, nelle
scuole, negli uffici ecc. e attuano il primitivo ili-
segno di Don Bosco di fare dei suoi Cooperatori dei
"Salesiani esterru".
IL SACERDOTE E LA BIBBIA
La mattina del 13 maggio don Brocardo regalò
ai convegnisti una seconda merutazione sul Sacer-
dote nella luce del Co11cilio, parlando della seconda
componente della figura del Sacerdote: banditl)re
della parola di Dio.
Al teologo protestante Barth fu chiesto: <( Come
immagina il teologo oggi?». Rispose: <( Lo imma-
gino con la Bibbia in una tasca e il giornale nel-
l'altra, per sapere che cosa ruca Dio all'uomo e
che cosa l'uomo dica di Dio ». Il pensiero corri-
sponde a quanto a:ffenna il Concilio sul compito
del sacerdote di annunziare la parola di Dio agli
uomini, ma in forma concreta e aderente alla men•
talità attuale.
Documento fondamenta.le del sacerdote come
l'uomo del culto è la Costituzione Liturgica; do-
cumento fondamentale del sacerdote come inviato
di Dio ad annunziare all'uomo la sua parola, è la
Costituzione sulla Divina Rivelazione. La costitu-
zione Dei Verbum è stata travagliata nel suo iter,
anzi era stata messa da parte perchè scontentava
un po' Lutti. Dobbiamo a Paolo VI se fu ripresa,
rielaborata nel silenzio, nuova.mente ruscussa, ap-
provata e promulgata. La Dei V erbum è una delle
meglio riuscite. P. Daniélou l'ha definita: «Uno
dei doni più grandi dello Spirito Santo, che ha
servito a fugare nubi e perplessità».
Ci lirrutiamo all'ultimo capo per coglierVJ uno
spunto di meditazione là dove invita i sacerdoti e
quanti, come i diaconi e i catechisti, attendono al
ministero della parola, a conservare «1m contatto
continuo con le Scritture, mediante la sacra lettura
e lo studio accurato, affinché non ruventi vano pre-
dicatore della parola di Dio all'esterno colw che
non l'ascolta di dentro~- L'Imitazione di Cristo
ha ancora un capitolo sulle "due mense", ma poi,
col volgere del tempo, il concetto che la Sacra ScriL-
tura è mezzo tra i più efficaci ru santificazione per-
sonale va attenuandosi. Il Vaticano lI ha fatto un
passo deciso sulla via del ritorno alla tradizione
più antica.
Noi vogliamo assecondare la Chiesa stabilendo
con la Parola di Dio il contatto continuo voluto
dalla Dei Verbum; ma perchè questo contatto sia
santificatore deve essere un contatto di fede. Oggi
la geografia è stata rinnovata con le foto e i rilievi
aerei. Cosl la Bibbia va vista dall'alto, come il libro
della salvezza. Ci possono essere libri più perfetti
per la forma letteraria, ma non più sapienti. Glt
sruruosi fanno sturu profondi dal punto di vista
linguistico, storico, esegetico; noi VJ cerchiamo la
parola dj Dio <1 con semplicità, con umiltà, con fede»
(lmit. di Cristo). Questa fede è d'importanza enorme.
Se leggiamo con fede, ci domandiamo: che cosa
ha detto Dio all'umanità? P. Zerbi osserva: ~ Se
io considero la Bibbia dal punto di vista umano,
posso trovarvi poco» (es. il concetto di educazione
è povero e oggi... superato). Prendiamo una frase:
<• Qui diligit sapientiam, diligit vitam o. La sapienza
è la legge di Mosè, qwnru cru ama la legge, avrà
vita lunga, molti figli ccc. Ma se noi consideriamo
la sentenza e:r. mente Dee, allora ci si aprono orizzonti
immensi. La Sapienza è il Figlio di Dio, e chi in-
contra Cristo avrà la vita della grazia, la vita eterna.
Dobbiamo dunque leggere la Bibbia ex mente
Dei pjù che ex mente Scriptorum. Confessiamo eh.e
finora in questo la nostra formazione è stata mancante.
Don Rinaldi passava tutto un corso di Esercizi Spi-
rituali meditanao una frase del Vangelo.
Se i nostrj contatti con la Bibbia saranno con-
tatti di fede, potremo fare un passo avanti e ve-
derla come Sru;ra111e11t11,1n Ch.risti, come preghiera.
Come nei Sacramenti vl!do un segno esterno che
nasconde una realtà divina, così devo vedere nella
Bibbia la realtà del rnjstero di Cristo rivelato agli
uomini.
Noi sacerdoti abbiamo la grazia ineffabile di ce-
lebrare ogni giorno la S. Messa e di recitare il
S. Breviario: essi per r10i debbono diventare lo
strumento della nostra preghiera e l'alimento del
nostro dialogo con Dio.
49

1.10 Page 10

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L' A.I.A.R. T.
Tutti sanno che I'AlART è l'Associazione Ita-
liana Ascoltatori Radio Telespettatori. Essa rac-
coglie e rappresenta le istanze dei radioascoltatori
e dei t~lesp_ett~tori _e de!le loro fafn!~lie nei riguardi
delle d1ffus1oni radiofoniche e telev1s1ve, considerate
sotto l'aspetto artistico e informativo, come sotto
quello educativo e sociale. L'Associazione dà piena
garanzia morale, perchè si ispira ai princlpi cristiani.
A parlarne ai convegnisti venne la stessa vicepre-
sidente dell'AIART, doti. Olga Barbieri, che s'in-
trodusse compiacendosi della stretta amicizia che
lega l'Associazione con la Pia Unione e dichiarando
che i Cooperatori hanno realmente capito lo spirito
del movimento. Siamo quindi impegnati a far onore
alla firma affrontando in pieno il vitale problema
delle adesioni. La dott. Barbieri infatti insistette
soprattutto sulla necessità di moltiplicare le ade-
sioni all'AlART per _far fronte all'ART, che è l'as-
sociazione dell'altra sponda che vanta 5 milioni di
soci, computati e arruolati con i soliti sistemi.
Questa necessità ha una ragione molto concreta
ed anche urgente.
Nel 1972 scadrà la convenzione del 1952 con la
quale lo Stato concesse la gestione del servizio ra-
dio-televisivo all'attuale ente concessionario (RAT).
Ma fin dal 1967 lo Stato può recedere unilateral-
mente dalla convenzione, purchè ne dia preavviso
con un anno di anticipo. Per questo il 1966 si pone
come anno crnciale per la riforma dell'ente radio-
televisivo.
1n tale stato di cose, alcuni gruppi politici hanno
presentato in parlamento progetti di legge per la
riforma del servizio pubblico.
Due tendenze si sono chiaramente manifestate:
l'una patrocina la trasformazione dell'attuale Ente
in un gestore del pubblico servizio guidato e diretto
in effetti dai partiti politici col gioco delle maggio-
ranze parlamentari; l'altra di opposta tendenza, che
desidera liberalizzare il servizio e offrirlo a privati,
lasciandolo quindi dirigere dal potenziale economico.
Sono evidenti, gli errori delle due impostazioni.
Tra esse l'AIART, presieduta dall'on. Beniamino
De Maria, in accordo con esponenti qualificati, ha
studiato una impostazione atta a dare a questo im-
portantissimo servizio la possibilità di essere in-
dipendente dal gioco politico e dal potere economico.
e garantire un efficace sistema di controlli.
Quale che sia la fotura formula legislativa, in-
ciderà fortemente la rappresentanza, nelle commis-
sioni dei vari orc:lini e gradi, dei radio-teleutenti
attraverso le loro associazioni di categoria. li nu-
mero deciderà il peso degli interventi e delle ri-
chieste.
Urge quindi rafforzare l'Associazione AIART
perchè essa possa in un futuro molto prossimo far
sentire il suo peso.
Don Fiora ringrazia vivamente le dott. Barbieri
e invita i Delegati ispettoriali a prendere a cuore la
camp~gna delle iscrizioni tra i Cooperatori e gli
Exalhevi e a servirsi dei medesimi per compiere
qu~st? apostolato nei loro ambienti. I Delegati lo-
~li nceveranno dai Delegati ispettoriali norme pra-
ttche per moltiplicare queste iscrizioni; da parte
sua la direzione AIART le semplilìca e facilita ac-
cettando anche ele11clzi di iscritti con la relativa
quota.
Noi salesiani abbiamo un motivo rutto partico-
lare di promuovere l'AIART per l'infirmo che eser-
citano i mezzi tele1Jisivi sui ragazzi. Quest'anno
l'AlART ha appunto affrontato il problema: La TV
e i giovani su tre linee: TV e ragazzi (con larght'
ricer~e che si stanno concludendo) ; TV e ado-
les~enl1 .(carenze, cerchio chiuso, indagini socio-
ps1colog1che); 3° Programma TV e integrazione
scolastica (tanti problemi che nella scuola non sono
trattati, come l'educazione filmica).
I nos?"i Dirigenti pensino ancora a quest'altra
afferma~tone della dott. Barbieri: << I due principali
sostegni dell'AIART sono l'Azione Cattolica e i
Cooperatori Salesiani». Noi aggiungiamo volen-
tieri: «e gli Exallievi Salesiani~. che potranno por-
tare alla diffusione dell'AJART un effettivo e valido
contributo.
IL NUOVO STATUTO
DEGLI EXALLIEVI. SALESIANI
L'ultimo giorno del convegno fu rutto consa-
crato agli Exallievi. Don Vacalebre, delegato ispetto-
riale di Napoli, presentò il documento del Capitolo
Generale XIX sugli Exallievi, facendone un breve
studio, che dichiarò necessariamente incompleto
perchè lo stesso Capitolo Generale aveva «dema.11~
dato al Rettor Maggiore e ai Superiori Maggiori
il compito di studiare con la Presidenza Confederale
degli Exallievi i principi e le direttive della loro
organizzazione e di preparare in tal modo gli ele-
menti per una più completa e precisa definizione
degli Statuti». li documento venne completato suc-
cessivamente dal Congresso Europeo del settembre
1965 e dallo Statuto promulgato dal Rettor Maggiore
il 24 maggio scorso.
Don Vacalebre chiuse il suo studio richiamando
la volontà espressa dal Capitolo Generale che tutti
i salesiani siano interessati a questa attività e a dare
la loro collaborazione a chi ha la responsabilità
diretta e immediata dell'Unione. <t Gli Exaflievi
- sono parole del servo di Dio Don Rinaldi -
sono il frutto delle nostre fatiche... sono la nostra
corona... la nostra ragione di esistere, perchè, esse11do
noi una Congregazione educatrice, è chiaro che ll011
educhiamo per il collegio, ma per fa vita. Orbene,
la vera ·7)ita, la vita reale comillcia per essi quando
Lasciano la nostra casa».
50

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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U Superiore don Fiora presenta quindi il nuovo
Statuto degli Exallievi Salesiani con brevi com-
menti. Si e dovuto rifarlo per aggiornarlo alle
esigenze de! Concilio e dei tempi. Di particolare
importanza e il proemio sui rapporti tra gli Ex-
allievi e la Congregazione Salesiana. Si trattava,
in primo luogo, dì riconoscere la maturità, e
quindi la responsabilità e la libertà, della Confe-
derazione Exallievi, e nello stesso tempo mante-
nere una necessaria unione con la Congregazione
Salesiana. Non e pensabile un distacco ed una
separazione dato che Exallievi e Salesiani vivono
dello stesso patrimonio spirituale. Una difficoltà
poteva sorgere da un male inteso e male applicato
spirito d'indipendenza dei laici dal clero, dopo il
Concilio. Il proemio afferma la necessità essen-
ziale della unione tra Salesiani ed Exallievi; poi
riconosce la personalità e la piena responsabilità
della Confederazione Exallievi, ma questa rico-
nosce nello stesso tempo il Rettor Maggiore come
superiore e da lui accetta assistenza e alta dìrezione.
I rapporti cosl non sono intesi su un piano di indi-
pendenza, ma come collaborazione, dialogo, senso di
famiglia con vicendevoli rapporti di padre e figlio,
accordo nelle deliberazioni.
Solo tale impostazione è nello spirito del Concilio,
che inculca la coJJaborazione dei laici con il clero;
è nello spirito di famiglia proprio di Don Bosco
ed è nella natura della Associazione stessa che ri-
chiede questo vincolo pur nel riguardo delle ri-
spettive competenze.
Tutte le Congregazioni sentono la difficoltà di
impostare bene questi rapporti con gli Exallievi,
ma non convincono le loro soluzioni, perché cer-
cate con elementi esteriori più che nello sforzo
intimo dell'accordo.
Dopo la chiara presentazione dello spirito che
informa il proemio, don Fiora passa a commentare
il testo. All'autorevole commento s'intreccia uno
scambio di idee che offre al Superiore 1a possibilità
di portare nuova luce su alcuni punti. Qui accen-
niamo a tre.
1. L'articolo 7 è di particolare importanza perché
afferma praticamente la posizione degli Exallievi
di fronte all'apostolato. Se gli Exallievi sono catto-
lici, la loro associazione sarà dì laici cattolici. E
siccome tutti i laici, per il loro stesso carattere cri-
stiano, partecipano alla missione salvifica della Chiesa,
anche gli Exallievi dovranno partecipare a questa
missione ed animare cristianamente il mondo con
la testimonianza della loro vita. In questo senso
generale si può dire che gli Exa11ievi sono chia-
mati all'apostolato, come vi sono chiamati tutti 1
cattolici sia che agiscano individualmente sia che
agiscano collettivamente. Essi non saranno chiamati
necessariamente aci opere speciali di apostolato,
perchè altro e un impegno generico che viene dalla
qualifica di cristiano, altro è un impegno che si
assume con libera volontà in qualche particolare
attività apostolica. Si ricono$ce quindi che 11ella gran
varietà degli apo.ttolati ((Li Exallievi assumon.o quelli
gC11erali dei laici, non quelli dei '' volontari'' di apo-
stolati specifici.
2. Sezioni gi()Vanili. È urgente organizzare subito
gli Exallievi giovani, prima che si debba fare il
cosiddetto "recupero". Bisogna prepararli mentre
sono allievi a diventare exallievi, creare una sezione
giovanile con propri assistenti, propri dirigenti,
propri interessi e iniziative. Questo e il periodo
in cui hanno ancora bisogno di formarsi e corrono
i più grandi rischi. Salvati da giovani exallievi sono
salvali per sempre, perduti sono perduti per sempre.
La cura degli Exallievi non è solo del Delegato,
ma di tutti i Confratelli: questo bisogna inculcare.
3. Qualificare gli incontri di E~,allievi. Corriamo il
pericolo di ridune i nostri incontri a qualche ora di
allegria o di semplice nostalgia. Clima salesiano,
sl, affetto, incontro cordiale, vera famiglia serena ed
IL GRAZIE DEI CONVEGNISTI
ALLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
la coincidenza della festa di Santa Maria Mazzare//o
con la chiusura del convegno ha offerto ai Delegati
la felice occasione di esprimere la loro gratitudine
alle Figlie di Maria Ausiliatrice per lo zelo con il quale
collaborano con i Salesiani nel far funzionare I Centrt
Cooperatori che sorgono presso le loro Case. La sera
del 13 maggio nella Basilica del Sacro Cuore tutti i
convegnisti assis,ettero alla Inaugurazione del nuovo
altare dedicalo a Santa Maria Mazzarel/o. Benedisse
il quadro della Santa don Fiora, il quale si disse lieto
della circostanza favorevole per ringraziare le Figlie
di Maria Ausiliatrice del lavoro che svolgono per
l'incremento delle nostra Terza Famiglia, in confor-
mità con le direttive di Don Bosco, operante nel
suo VI successore, che tanto impulso ha dato e
continua a dare a questo nostro apostolato, reso
cosi attuale dal Concilio. la mattina del 14, festa
della santa Confondalrice, don Flora andò a celebrare
la S, Messa nella Casa lspeltoriale delle Suore per
esprimere, nella persona delle presenti, a tutto l'Isti-
tuto il compiacimento del Retto, Maggiore e suo
per la loro generosa collaborazione.
~levante, ma anche una qualifica ai nostri incontri.
E difficile dare norme comuni per la diversità degli
ambienti, ma in generale si può dire che gli Exallievi
vorrebbero che elevassimo un poco il tono spirituale
e formativo dei nostri rapporti con loro: sentono il
bisogno di cose robuste e sostanziose, utili alla vita.
Molti di essi dicono: parlateci di qualche problema
che ci interessi! A un gruppo di Exallievi fu chiesto
quali argomenti preferissero nelle riunioni. Rispo-
sero: argomenti spirituali ed ecclesiali, consigli per
educare i nostri figli. Attenti al pericolo dell'infan-
tilismo I I nostri Exallievi crescono e noi restiamo
bambini e li trattiamo sovente àa bambini.
Al termine della discussione il segretario gene-
rale don Bastasi espresse la sua soddisfazione per i
problemi affront3ti e le soluzioni prospettate. Dal
cielo ne avranno goduto i sempre venerati don Serie
e il comm. Poesio.
51

2.2 Page 12

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CAMPAGNA 19 66-67
Il ~~dialogo'' nel nostro apostolato
Il tema del dialogo nell'interno e all'esterno della
Chiesa è di tale attualità che il Rettor Maggiore
l'ha scelto per la campagna annuale dei nostri apo-
stolati sociali. Anche il prossimo Congresso interna-
zionale dell'Apostolato dei Laici tratterà il tema li
dialogo nel!'interno della Chiesa.
fn preparazione alla campagna don Giitlio Gi-
rardi, docente al PAS, tenne ai convegnisti una
dotta conversazione su La Chiesà in stato di dia-
logo. Ne diamo una relazione schematica col ram-
marico di non poterla offrire integra ai nostri
Dirigenti.
I. Premesse
r. Dialogo e rinnov amento de lla Chiesa.
Uno dei temi che ritornano più frequentemente
nei documenti del Vaticano II come nei dibattiti
che li hanno preparati, nella letteratura conciliare
e postconciliare sul rinnovamento della Chiesa, è
quello del dialogo. Si tratta di un atteggiamento
nuovo. Qualche esempio:
a) dialogo ecu112enico: non più "eretici", ma "fratelli
separati''; rutto un nuovo stile di rapporti, una nuova
sensibilità nel piano intellettuale, iniziative comuni,
co111111u11u:atio in sacris ecc.
b) dialogo con le religioni nou cristiane: non più
"infedeli", ma atteggiamento di stima e di nspetto;
c) dialogo con gli atei: dall'anatema al dialogo;
d) dialogo con il monde: atteggiamento di interesse,
di impegno per la promozione dei valori profani;
e) dialogo interno: Papa e vescovi, vescovi e clero,
clero e laicato, laici tra loro: nuovo stile di rapporti
interni, nuova concezione dell'autorità.
2 . Profondità di questo rinnovamento. Secondo
alcuni il dialogo è una moda, a cui pare debba in-
dulgere - alcuni dicono "cedere" - anche la
Chiesa (e la Congregazione); ma se si guardano
le cose p da vicino, si scopre che si tratta di un
fenomeno molto più vasto, di un rinnovamento
molto più profondo. Bisogna distinguere moda da
modernità. La moda è l'attualità superficiale, passeg'-
gera, capricciosa; la modernità esprime gli orienta-
menti profondi di un'epoca, esigenze maturate at-
traverso il travaglio di secoli. AJle trasfonnazioni
oggettive dell'umanità corrispondono delle trasfor-
mazioni e visioni nuove nella coscienza dell'uma-
nità. Questi orientamenti nuovi sono i ''segni dei
tempi", che esprimono le aspirazioni di fondo di
un'epoca.
La Chiesa scruta i segni dei tempi, prende coscienza
del rinnovarsi delle situazioni, oggi più che mai
rapido e profondo; prende coscienza del fatto che
questo movimento non è estrinseco a lei, ma che in
qualche misura la coinvolge: anch'essa è storica e
sog~ace a determinate leggi di evoluzione, di rnatu-
raz10ne.
A questo livello si colloca lo sforzo di aggiorna-
mento della Chiesa: è zm compito storico, che le im-
pone di camminare col ritmo della storia.
Analogamente per la Congregazione: nata moderna,
ha la responsabilità di rimanerlo.
Lo spirito di dialogo è dunque un segno dei tempi
e lo stato di dialogo è una delle direttrici delJa Chiesa
contemporanea.
3. Sconcerto di m olti. Un rinnovamento così
profondo, pur essendo stato preparato da un lungo
processo storico, ha avuto un carattere improv-
viso e quasi violento. Nel giro di pochi anni si
sono rovesciate posizioni secolari. I rapporti ecume-
nici ne sono un esempio.
La massa dei fedeli, e anche del clero, non era
preparata a un salto cosl brusco, e molti ne sono
rimasti sconcertati: hanno avuto la sensazione di
disordine, di arbitrarietà, di veder crollare il mondo.
Eppure questo rinnovamento era urgentè. La
Chiesa, ispirata dallo Spirito Santo, ha accettato
detemùnati rischi perchè la posta in gioco lo me-
ritava. Così oggi si sono moltiplicate le possibilità
aperte alla Chiesa (e alla Congregazione); moltis-
sime porte che prima erano chiuse ora si aprono;
non è mai stato cosi bello essere sacerdoti, o anche
laici impegnati. Ma forse non è mai stato così dif-
ficile: bisogna discriminare ciò che è autentico da
e; ciò che non lo aprirsi al mondo e alla umanità,
a tutto ciò che essi hanno, ma senza dimenticare di
portare loro ciò che 110n hanno; riconoscere i va-
lori di tutti, senza mancare di fedeltà ai valori di
cui siamo noi stessi i portatori; diventare più fe-
deli all'uomo, senza diminuire la nostra fedeltà
a Dio.
Il dialogo è uno di questi settori ricchi di possi-
bilità nuove e di nuovi rischi: è necessario accostar-
visi con apertura per non essere superati dagli av-
\\·enimenti, e con spirito di serietà per non cadere
nel dilettantismo.
li dialogo può essere: 1) dialogo ad extra: nuova
concezione dei rapporti della Chiesa con le altre
confessioni, religioni, ideologie: 2) dialogo ad intra:
52

2.3 Page 13

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nuova concezione dei rapporti tra cattolici. In questi
due settori si aprono per i nostri Cooperatori delle
nuove possibilità d'impegno, sia come singoli, sia
come gruppi.
H. Dialogo ad extra
sudditi sono esecutori), illimitata (potere assoluto
non diritti nei sudditi); 2. nella Chiesa: è un'inve-
stitura diretta da Dio (sul modello dell'alltorità
del Papa); è personale (sudditi come esecutori: ve-
scovi del Papa, preti dei vescovi, laici dei preti);
è illimitata (tendenza a estendere L'àmbito della
infallibilità). Conseguenza in ordine al dialogo, ten-
denza all'immobilismo.
1. Due problemi: a) Il cristianesimo è religione
originale, superiore alle altre; ma d'altro lato ricca
di valori che le sono comuni ad altre religioni, e
anche a ideologie non religiose; b) il cristianesimo
è comunicazione di verità e di valori oggettivi che
si impongono all'uomo; ma nello stesso tempo è
promozione dell'uomo e di rapporti più fraterni
tra gli uomini, nel rispetto della loro coscienza e
della loro libertà.
2 . Due atteggiam.enti : a) Il modello integrista. Per
lui la Chiesa è organismo chiuso in se stesso e io
polemica con gli altri.
Perciò: 1. urge ci?J che divide più che ciò che unisce,
mette in luce i propri valori e i disvalori dell'altro,
polemizza con gli "eretici", gli "infedeli" gli "atei";
z. urge la superiorità della Chiesa cattolica: non
piano di parità, ma atteggiamento di magistero;
3. dife11de i diritti della Chiesa: quindi ricerca di
posizioni di privilegio e rifillto della libertà reli-
giosa; -l· la preoccupazione della conservazi:011e in
lui prevale su quella della ricerca. Conclusione:
mancano le condizioni del dialogo : stima, amicizia,
libertà, ricerca.
b) l i modello personalista. Ricerca i valori comuni.
Quindi: r. mette l'accento si, ciò che unisce: sui valori
anzichè sui disvalori, sulle verità anzichè sugli er-
rori; 2. d1fe11de ,: diritti dell'uomo prima che i diritti
della Chiesa (si pensi al dibattito suIla libertà reli-
giosa); 3. ha co~·cienza della storicità della verità
religiosa e morale, perciò ammette la possibilità di un
rinnovamento pur nella fedeltà alla tradizione di-
vina. Quindi si apre al dialogo.
In questo secondo modello c'è un pericolo, ma ci
sono anche nuove possibilità di collaborazione, di
istituzioni interconfessionali, di studi, di ricerche ecc.
Conclusione. È un nuovo stile di rapporti che im-
plica llil nuovo volto, più maturo, più adulto del
Cristianesimo; implica un rinnovamento interiore,
in particolare iJ dialogo ad inlra.
b) li modello personalista. Dà nuovi rilievi all'ini-
ziativa del suddito, in un quadro generale di valoriz-
zazione dei diritti dell'uomo, della sua autonomia,
e mette in questione non l'alltorità come tale, ma
una certa concezione di essa. C'è una coscienza
più viva deJJa componente umana dell'autorità, co-
scienza che non riduce l'autorità, ma le consente
di essere più efficacemente a servizio della comu-
nità della Chiesa.
D i qui la tendenza non propriamente a una demo-
cratizzazione dell'autorità religiosa, ma a una par-
tecipazione sempre più larga della base sia nella pre-
parazione sia ncUa formulazione delle decisioni:
ciò accresce la vitalità e la religiosità dei rapporti.
Di qui la coscienza del laico di avere nella Chiesa
una posizione d'iniziativa: una subordinazione che
non è in contrasto con una autentica iniziativa e un
largo margine di autonomia. Si così il laico adulto
e la possibilità di stabilire un dialogo tra clero e
laicato.
Di qui la coscienza del clero di non essere il tu-
tore dei laici; il riconoscimento delle zone di loro
competenza, in cllÌ non deve sostitllirsi ai laici, anche
se può contribuire a orientarne il giudizio; la co-
scienza di avere molto da imparare dai laici, spe-
cialmente per stabilire il raccordo tra Chiesa e
mondo e per incarnarne il messaggio nelle si-
tuazioni.
Riconosciute la legittimità e la fecondità di un plu-
ralismo interno al cristianesimo, la necessità di un
atteggiamento d'iniziativa da parte dei laici, si sono
poste le premesse di un dialogo tra di loro: ed ecco
il dialogo tra i laici cattolici.
Conclusione. Il dialogo importa: r. un nuovo
stile di rapporti, la cui anima è la riscoperta della
ce11tralità dell'amore, prima ancora che della verità.
L'obbedienza a servizio dell'amore e ispirata dal-
l'amore. La personalità di Papa Giovanni (il Papa
buono) è stata per il mondo una riscoperta dell'amore,
un ritorno alle più pure sorgenti evangeliche.
lii. Dialogo ad intra
Il dialogo ad intra è una nuova concezione tra
l'autorità e i sudditi. Anche qui due atteg giamenti :
a) Il modello imegrista. Per lui l' autor ità: 1. uella
società civile è sacrale (investitura diretta da Dio),
è personale (esercitata da una sola persona - i
2 . Un nuovo tipo di personalità, specialmente
laicale: più matura, più conscia delle sue responsa-
bilità.
3. Un nuovo im'j)egno formativo per noi sacerdoti
ed educatori.
La nostra è una missioue faticosa ed esaltante:
quella di offrire a 1111'uma11ità adulta un cristia11esimo
adulto.
53

2.4 Page 14

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I TEMI
PER LA NOSTRA CAMPAGNA
Nell'aprire la discussione don F iora ringrazia
don Gi.rordi per le idee chiare, convinte, orienta-
trici; invita quindi a orientare lo scambio di idee
verso una formulazione concreta dei temi per la
campagna annuale sul dialogo, rilevando che la
prima Enciclica di Paolo VI offre allo scopo i prin-
cipi generali sicuri e quasi la serie stessa dei temi
da trattare. Ed ecco qualche battuta del dialogo
che ne segue:
- Occorre preparare I nostri Cooperaton ed
ExaJlievi al dialogo.
- 11 tema del dialogo serve anche per la tecnica
dell'apostolato: ce n'è bisogno!...
- Dobbiamo persuaderci che è un compito molto
difficile, perchè è tutta una mentalità che si tra-
sforma e si acquista lentamente. Ciò non toglie
che non si debba cominciare a prendere co-
scienza che c'è questo problema e che bi.sogna
affrontarlo.
- Abbiamo presenti I vantaggi del dialogo, ma
non dimentichiamo di mettere in evidenza anche i
rischi. Spesso col pretesto del dialogo si fanno troppi
strappi alla verità, ad una giusta obbedienza, ad un
sano equilibrio, a w1a doverosa collaborazione co-
munitaria che si su bordina a uno sfrenato indivi-
dualismo.
- Cominciamo a fare il dialogo con I membri
del Consiglio: forse finora si è peccato di paterna-
lismo e di dirigismo.
- Cominciamo anche a dialogare nei nostri rn-
contri mensili. La seconda parte della Conferenza
potrebbe essere pratica e in forma di dialogo. Se
aggiornassimo i nostri incontri, potremmo avere più
mordente.
- Anche per questo s1 propone che iI Bollettino
Diriger1ti non svolga la conferenza mensile, ma pre-
senti schemi ricchi e concreti.
Ed ecco una formulazione della nostra campagna
annuale con i temi proposti per le Conferenze men-
sili e per le due Conferenze annuali. Si tratta di
proposte e non di cose definitive.
1 . Formulazione della campagna:
Per una mmna.zione cnstiana della soctetà seg111amo
lo spirito e il metodo del dialogo voluto dal Concilio.
I Cooperatori svolgono il dialogo 11elle attività proprit
del loro apostolato e promovendo particolari iniziative
di spirituale avvicirwmetzto. Gli Exallievi svolgoM il
dialogo nella vita della famiglia, della professione e
dell'Unione.
2. Temi per le Conferenze mensili:
1. Che cos'è il dialogo
2. La Chiesa oggi ha bisogno d,JL dialogo
3. / caratteri del dialogo: chiarezza, ftduaa, ami-
azia, prudenza
4. Utilità e vantaggi del dialogo
5. Difficoltà e pericoli del dialogo
6. Dialogo tra Gerarchia e Laici
7. Dialogo co11 gli altri 11tov1111enlJ di apostolato
(ùi parrocchia ecc.)
8. Dialogo in famiglia (tra , comugt, con , figli)
9. Dialogo con , giovam (scuola. centn giova-
nili ecc.)
10 Dialogo negli ambienti sociab (compagm di la-
voro ecc.)
11. Dialogo con 1 lonta.r11
I 2. Gli stmmenti di comu:nicazio1ll! sociale com<:
mezzi di dialogo
3. Tem i per le due Conferenze annuali:
1. Don Bosco esempio e maestro del dialogo (carar-
tere storico)
2 . ll dialogo nel sistema educativo di Don Bosco
applicato ai nostri tempi (carattere pedagogico).
A chi propone di impostare anche le due Confe-
renze annuali sui documenti conciliari don Fiora
fa notare che i nostri Cooperator i in quelle due cir-
costanze vengono apposta per sentire cose salesiane
e per ispirarsi agli esempi di Don Bosco.
LA PAROLA DEL SUPERIORE
A SINTESI DEL CONVEGNO
Nel concludere il convegno don Fiora volle in-
terpretare la soddisfazione di tutti per la fraterna
accoglienza, per l'attiva e concorde partecipazione
dei convegnisti, per il notevole apporto di idee e di
esperienze al nostro apostolato ed anche per le
soddisfazioni... romane, prima fra tutte l'Udienza
e la Benedizione del Santo Padre.
Quindi fece alcuni rilievi che sono una bella
sintesi del com,cgno.
1. Era convegno europeo: c1 siamo sentiti tratelli
e senza soggezione. Abbiamo costatato diversità di
ambienti e di situazioni, ma il lavoro resta identico
con identiche possibilità, nella identica fedeltà a Don
Bosco giustamente intesa. Proprio da questa visione
più larga abbiamo avuto conferma al nostro otti-
mismo e alla nostra fiducia nell'apostolato sale-
siano. Più Don Bosco lo si vede su di un piano
universale e più acquista di modernità e d'impor-
54

2.5 Page 15

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tanza (" Santo gigantesco·•, l'ha chiamato Paolo VI
neJJ'udienza dei giorni scorsi).
2. Era un convegno di Delegati di Cooperator1 ed
E:r:allievi: è stata una esperienza buona e vantag-
giosa per rutti. Le attività salesiane procedono tutte
da un'unica ispirazione: manteniamo questa u11itù,
che è forza per tutti. I nostri sono due movimenti
distinti per finalità e organizzazione: dobbiamo man-
tenerli tali senza dannose confusioni, ma armonizzati
e in collaborazione. Idee chiare, armonia d'azione,
lavoro serio e impegnato, sia tra i Cooperatori come
tra gli Exallievi.
3. Scopo det nostro convegno: era di prendere
conoscenza insieme, dopo la lettura individuale, dei
documenti del Concilio e del Capitolo Generale,
di studiarli, di individuarne meglio le direttive e
le applicazioni pratiche. L'aver fatto questo lavoro
insieme ha servito di approfondimento, di chiarifi-
cazione, di illuminazione. In particolare: a) siamo
rimasti soddisfatti per la netta posizione di favore
presa dal Capitolo Generale nei riguardi degli Apo-
stolati Sociali: ci sono premesse ufficiali per buon
lavoro; b) abbiamo costatato ancora una volta che
ora s'impone, come prima e più importante cosa,
una ferma e ben organizzata opera di formazione dei
confratelli a questo apostolato: è un dovere "eccle-
siale", oltre che salesiano.
li convegno a questo riguardo ha fatto voto:
a) che le Co11fere11ze lspettoriali studino l'impor-
tante problema della preparazione dei confrateUi
a questi apostolati, diano delle norme, e muovano
le volontà. L'opera di ridimensionamento e di ri-
pensamento delle attività della Congregazione deve
tener conto anche degli apostolati sociali. Una loro
soluzione è in armonia con la soluzione di tutti i
problemi della Congregazione. In modo particolare
deve essere risvegliato il senso generale dell'aposto-
lato e si deve far comprendere che l'apostolato sale-
,·ia110, pur restando schiettamente salesiano, non
deve essere necessariamente e solo un apostolato
scolastico.
b) che gli Ispettori, di fatto se non di diritto,
ammettano il più gran numero di Delegati ispetto-
ri.ali e locali nei Consigli. Solo in tal modo si farà
comprendere che questi apostolati non sono marginali.
ma di grande importanza nelle opere salesiane.
c) che gli Ispettori e i Direttori 11e1 Consigli met-
tano all'ordine del giorno e studino anche i problemi
degli Apostolati Sociali per inserirli nel vivo dell'at-
tività della casa. Così essi non saranno intesi solo
come un «interesse privato i> del Delegato.
4- J Cooperatori saiesiaw debbono avere u11a loro
precisa jisiouornia. È parsa esatta la osservazione che
i Cooperatori salesiani debbono accentuare sempre
più la preoccupazione di interessarsi dei problemi
giovanili, pur rispettando tutte le finalità e le opere
proposte da Don Bosco ai Cooperatori. Questo è
nella lettera e nello spirito del Regolamento, ci rac-
comanda ai vescovi e ai parroci che hanno bisogno
della nostra specializzazione, ci rende accetti a una
gamma molto varia di persone. Cosi abbiamo la ,w-
stra caratteristica, quella che il mondo attende da
noi e di cui ha assolutamente bisogno. Don Bosco
si è procurato la simpatia generale presentando
l'apostolato dei giovani ai Cooperatori.
5. Aggiornare il Regolamento. Si è riconosciuta
al Regolamento cli Don Bosco la più viva attualità,
ma ci si è chiesto se non sia conveniente una re-
visione nella sua veste esteriore, per renderlo più
accettabile alla nostra sensibilità.
6. Unità e varietà. L'apostolato tra i Cooperatori,
pur non perdendo nulla della sua unità di spiri.Lo,
di impostazione, di arganizzazio11e, si orga11izzi a
gruppi' qualificati, con cui si facciano riunio11i e
attività specializzate (giovani, anziani, insegnanti,
catechisti ecc.). Si sarà più aderenti alla realtà,
più moderni, più efficienti.
7. Spirito di adattamento. Pur affermando il più
gran bisogno di unità in tutta l'impostazione dei
Cooperatori in tutte le Nazioni, bisogna ricono-
scere la diversità delle situazioni e perciò la neces-
sità di qualche adattamento, che del resto è stato
previsto da Don Bosco con l'agilità della imposta-
zione.
8. Si prenda coscienza di tutte le direttif{)e del Con-
cilio e si faccia lo sforzo di uniformarsi ad esse.
Non si dimentichi però che il Concilio ha ammesso
una grande varietà di forme di apostolato, che quella
dei Cooperatori è riconosciuta dalla Chiesa e confer-
mata dalle direttive del Concilio. Si sia perciò preoc-
cupati di non perdere le nostre caratteristiche e il
11ostro palrimonio spirituale.
9. Per gli Exalliev, e stata messa in evidenza la
urgente necessità di curare le sezioni giovanili e di
qualificare le nosl!re Unio11i, superando una imposta-
zione di troppo facile e semplice sentimento.
Don Fiora dichiarò quindi chiuso ù convegno
tnvitando i Delegati ad assistere a Valdocco alla
festa del Rettor Maggiore. oVedrete il programma
- disse - : non una foto del Rettor Ml}ggiore se-
duto su di un seggiolone, ma un Rettor Maggiore
dinamico con la scritta: Per nuovo cammino... "con
passo fiducioso e lieto" » (Paolo VI). Può essere
anche il nostro programma: camminiamo verso i
nuovi orizzonti aperti dal Concilio e dal Capitolo
Generale, con tanta fiducia nella Provvidenza e
con la gioia di un nostro lavoro generoso e costrut-
tivo.
55

2.6 Page 16

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