Bollettino_Salesiano_198517


Bollettino_Salesiano_198517



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1.2 Page 2

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3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò ci parla
5 BREVISSIME
9 VITA ECCLESIALE
Giovani, chiesa e anno Internazionale: bilancio
In attivo? La fine dell'anno é tempo di bilanci. BS
ne tenta uno per ciò che riguarda il rapporto
giovani-chiesa e soprattutto l'attenzione che que-
st'ultima ha prestato al mondo giovanile.
12 VITA ECCLESIALE
Tre vescovi salesiani ricordano cosi il Concilio.
Chi ha vissuto gli anni del Concilio non può dimen-
ticarli: è l'esempio di questi tre anziani vescovi sa-
lesiani che a vent'anni dalla sua conclusione ricor-
dano quell'awenimento.
16 REPORTAGE
Concretezza e tenacia all'ombra del baobab. Il
viaggio in Madagascar prosegue con la terza pun-
tata dedicata a Mahajanga, città sulla costa dove
I Salesiani dell'lspettoria veneta hanno aperto una
scuola professionale.
20 PROTAGONISTI
Con questo ministro (exalllevo salesiano) cl
sentiamo più sicuri. Abbiamo awicinato il Mini-
stro Zamberletti per ricordare ma anche per sensi-
bilizzare, con questo incontro, i nostri lettori ai pro-
blemi della protezione civile.
In copertina:
Quelli dell'85 a Roma
(Foto Paola Springhetti -
Roma)
(Servizio a pag. 9)
1 DICEMBRE 1985
ANNO 109
NUMERO 17
24 VITA SALESIANA
Evviva Giovanni» ed è subito allegria. Il prossi-
mo centenario (1888-1988) della morte di Don Bo-
sco Incomincia a provocare una serie di iniziative.
Siamo andati a vedere un musical a ritmo di
rock ...
28 STORIA SALESIANA
Una vita di eccezionale valore ed Interesse. È
quella di monsignor Giuseppe Cognata vescovo
salesiano nato 100 anni fa. Della sua sofferta vi-
cenda umana ne parla Pietro Borzomati professo-
re di Storia del Mezzogiorno all'Università di Ro-
ma e Consultore della Congregazione del Santi.
34 STORIA SALESIANA
In Don Bosco le virtù del buon e vecchio Pie-
monte. La pubblicazione di un originale libro su
Don Bosco e il suo ambiente offre l'occasione per
rievocare fatti e figure dell' Ottocento piemontese.
RUBRICHE
Editoriale, 4 - Scriveteci, 4 - Pigy di Del Vaglio, 6 -
La lettera di Nino Barraco, 7 - Libri & altro, 32-33 -
I nostri santi, 37 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di Informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongioanni - Eugenio Flzzotti - Gaetano Na-
netti • Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, impaginazione e stam-
pa: Stabìlimento Grafico SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
• Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per la Famiglia Salesiana.
• Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Direzione invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Fam/gl/a
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la dlsponibìli-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldini) -
Via Marsala 42 00185 Roma - Tel. (06)
49.50. 185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 41 edizioni naziona-
li e 20 lingue diverse (tiratura annua oltre 1O
milioni di copie) in: Antille (a Santo Domin-
go) Argentina Australia - Austria - Bel-
gio (in fiammingo) - Bolivia Brasile Ca-
nada Centro America (a San Salvador) -
CIie - BS Cinese (a Hong Kong) - Colombia
- Ecuador - FIiippine - Francia - Germania
- Giappone - Gran Bretagna India \\in in-
glese, malayalam, tamil e telugù) - lr anda
- Italia - Jugoslavia (in croato e In sloveno)
- Korea del Sud BS Lituano (edito a Ro-
ma) Malta - Messico - Olanda - Paraguay
- Perù - Polonia - Portogallo - Spagna -
Stati Uniti - Sudafrica Thailandia - Uru-
guay - Venezuela Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco ai
componenti la Famiglia Salesiana, agli amici
e sostenitori delle sue Opere.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

1.3 Page 3

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- - - - - - - - - - -sB-
I DICEMBRE 1985 3
IL MARTIRIO
«Beati coloro che saranno calunniati e perse-
guitati per causa mia» (cf Mt 5, 11-12).
È, questa, l' ultima delle Beatitudini.
Sant'Ambrogio vedeva nell'ordine seguito da
Matteo un itinerario dell'amore in crescendo, che
va dalla povertà di spirito fino al traguardo del
martirio.
Nella vita di Gesù la persecuzione appare come
l'ora suprema della sua esistenza. Così pure per i
discepoli. Apostolato e persecuzione sono inti-
mamente legati tra loro: i dodici Apostoli sono
anche «martiri »!
Il Battesimo deposita nel cuore di ogni cristia-
no un orientamento istintivo verso la croce; e
l'Eucaristia lo alimenta con il corpo di Cristo
«dato per noi» e con il suo sangue «versato per
noi».
Il vero discepolo si sente felice di patire per
Cristo; con le sue sofferenze completa in ciò
che manca delle tribolazioni di Cristo a vantag-
gio del suo Corpo, che è la Chiesa (cf Col l, 24).
Questa «passione» è appunto il martirio, os-
sia, il coraggio e la costanza di testimoniare Cri-
sto sopportando insulti e persecuzioni.
C'è nel «martire» un atteggiamento di dignità
e di fermezza, che non procede da testardaggine
o da superbia, ma da un profondo amore rivesti-
to di umiltà. Mentre soffre perdona; non cerca
gloria, né fama; non pretende dar lezioni di
valore; non proclama ideologie; non è un eroe da
monumento, neppure come milite ignoto; per lui
«il vivere è Cristo e il morire un guadagno»
(Fil 1, 21).
Giustamente si è scritto che il martire cristiano
«non muore per un'idea, sia pure la più elevata:
per la dignità dell'uomo, la libertà, la solidarietà
con gli oppressi (tutto questo può essere presente
e avere un suo ruolo); egli muore con Qualcuno
che è già morto precedentemente per lui>> (U. von
Balthasar).
In particolare brilla nel «martire» la dignità
del comportamento di fronte alla denigrazione e
all'impostura, come Gesù davanti al sinedrio
quando veniva accusato dai falsi testimoni.
Gli accusatori usano, «mentendo» (oggi molto
più di ieri), le astuzie della diffamazione con tec-
niche raffinate. Lo sanno tanti pastori e fedeli
fatti oggetto, in questi anni, delle loro montatu-
re, e lo sappiamo noi che sentiamo il pericolo di
lasciarci plagiare, a loro riguardo, quasi senza
accorgercene. La coscienza di questa Beatitudine
che sconfigge i calunniatori dovrebbe risvegliare
in tutti noi anche un senso assai più critico di
fronte a tante insinuazioni diffamatorie diffuse
troppo abilmente contro i testimoni di Cristo.
li «martirio cruento» è sigillato daJla morte;
ma c'è anche un «martirio incruento» che rima-
ne inserito nella vita. Il Vaticano II ricorda che il
martirio cruento è «un dono eccezionale» di Dio
per alcuni prescelti (cf LG 42).
11 martirio incruento, invece, che sa dare testi-
monianza nelle avversità nell'impopolarità nelle
calunnie e nelle malignità, è presente nella vita di
ogni cristiano; anzi è il traguardo delle Beatitudi-
ni con il suo paradossale e prezioso patrimonio di
tribolazioni e di sofferta passione.
Chi come Gesù dona se stesso agli altri, trove-
facilmente dei «persecutori» sul suo
cammino.
È bene allora che ognuno riascolti spesso e at-
tentamente quanto gli dice il Signore: «Beato tu
quando ti insulteranno, ti perseguiteranno e,
mentendo, diranno ogni sorta di male contro di
te per causa mia. Rallegrati ed esulta, perché
grande è la tua ricompensa nei cieli. Così infatti
hanno perseguitato i profeti prima di te!».
don Egidio Viganò

1.4 Page 4

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DALLA PARTE DEI GIOVANI
Li hanno chiamati «quelli dell'85»
per distinguerli da «quelli del '77» e
da «quelli del '68».
In realtà ci sembra che i ragazzi
che nello scorso mese di novem-
bre hanno dato vita alle numerose
manifestazioni, per altro molto civili
ed ordinate, di protesta hanno
qualcosa di sociologicamente an-
cora indefinibile.
All 'occhio del cronista per le strade
di Roma essi sono apparsi più
quindicenni che ventenni, più ironi-
ci e pragmatici che calcolatori o
ideologizzati, più incerti e dubbiosi
che sicuri conquistatori di un futuro
da gestire.
Nella colluvie di carta stampata a
firma di vecchi e nuovi giovanologi,
guardando anche noi a questi av-
venimentl, una cosa c, sembra
emerga con assoluta evidenza:
nessuno di noi può starsene a casa
con atteggiamento distaccato, cal-
colatore o perbenistico. Le richie-
ste di questi ragazzi denunciano le
carenze di una società polìtica ita-
liana che non è riuscita in tanti anni
a darsi una seria riforma della
scuola media superiore e che, per
colmare una cronica e secolare
mancanza di strutture, deve spera-
re perfino sulla crescita zero della
sua popolazione.
C'è poi il gravè problema della di-
soccupazione giovanile che de-
nunzia - a parte tutti i drammatici
risvolti ad esso legati - il mancato
raccordo fra scuola e lavoro. Sono
questi problemi che debbono tro-
vare ogni cittadino attento, preoc-
cupato e partecipe. Il grosso errore
del '68, fra l'altro, fu la ghettizza-
zione dei giovani - nelle forme più
varie e raffinate - nonché, da par-
te di molti educatori l'incapacità di
capire. In questo scorcio di fine an-
no internazionale della gioventù
non sembri strano quindi l'invito ad
un rinnovato impegno tra i nostri
ragazzi. Partecipare per capire è
stato lo slogan di una organizzazio-
ne cattolica di fronte alle manife-
stazioni delle passate settimane. È
uno slogan che possiamo fare no-
stro, magari arricchendolo: parteci-
pare per capire e amare.
Giuseppe Costa
Faccio parte della CRI
Il vostro giornale mi arriva puntual-
mente a casa, all'indirizzo di mia so-
rella. Leggendolo ho pensato' di scri-
vervi per comunicare che mi piacereb-
be portare il mio aiuto a qualche mis-
sionario salesiano. Naturalmente per
un breve periodo (30-45 giorni) dal
momento che lavoro. Ecco se esiste
qualche possibilità io vi faccio cono-
scere di essere disponibile a dare il
mio periodo di ferie per chi ne ha biso-
gno. Sono abituato al sacrificio e mi
adatto facilmente: faccio parte della
Croce Rossa Italiana ed in qualità di
volontario anche della Protezione Civi-
le. Penso anche - ove servisse - di
potervi inviare una lettera di presenta-
zione del mio Vescovo. Tengo a preci-
sare ancora che non si tratta da parte
mia di fare vacanze alternative ma
una libera scelta di servizio. Non so se
subito o in futuro potrà essere accetta-
ta questa mia disponibimà, in ogni ca-
so eccomi qua in attesa
Balsamo lgnai,o
Via Flchera 16 95024 Ac,rea/e (C1J
Ho diciannove anni
Sono una ragazza di Pavia. Mi chiamo
Alessandra P. ed ho quasi diciannove
anni. Sono molto interessata al campo
missionario. Vorrei sapere se è possi-
bile impegnare i.mesi estivi di vacanza
in qualche missione e vorrei sapere a
chi dovrei rivolgermi per informazioni
dettagliate.
Lettera firmala - Pavia
Pubblichiamo volentieri queste due
lettere come le precedenti perché ser-
vano da incoraggiamento per tutti. Co-
si come altre volte tuttavia invitiamo in
simili casi gli interessati a rivolgersi
presso le lspettorie salesiane della re-
gione di residenza. In ogni lspettoria
infatti c un salesiano incaricato di
seguire gruppi missionari, di volonta-
riato, di servizio civile....
Ho una malattia complicata
Scrivo non per segnalare una «grazia»
ma perché ho bisogno di ottenerla. La
mia malattia è complicata ma so che
per il Signore niente è complicato.
Quando leggo il BS mi soffermo sulla
pagina dei nostri santi e mi associo
nel ringraziare il Signore per quanti
hanno ottenuto grazie perché anch'io
sono stata sempre aiutata. Ora sono
tanto desolata e mi rivolgo con fiducia
a Maria Ausiliatrice. Se possibile desi-
dero sia pubblicata questa mia con le
iniziali. Saluto cordialmente.
I. B.
Il Bollettino non è soltanto un giornale,
è anche una famiglia che soffre e gioi-
sce delle gioie o dei dolori di tutti. È in
questa «comunione» che esso trova e
dà forza.

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BRASILE
Monsignor Amaral
arcivescovo di Maceiò
I I vescovo di Parnalba
nel nordest brasiliano, il
salesiano monsignor
Edvaldo Gonçalves Amara! è
stato nominato arcivescovo
di Maceiò pure nel Nordest
brasiliano. Nato il 25 maggio
1927 a Recife (Brasile), il
neoarcivescovo ha emesso i
primi voti religiosi il 31
gennaio 1944 ed è stato
ordinato sacerdote a Sào
Paulo 1'8 dicembre 1954. La
consacrazione episcopale è
avvenuta il 20 aprile 1975.
Con Monsignor Amara!, gli
arcivescovi salesiani in
Bras.ile diventano quattro e
precisamente monsignor
Rezende Costa a Belo
Horizonte, monsignor
Bonifacio Piccinini a
Cuiabà, monsignor Vitorio
Pavanello a Campo Grande
e monsignor Amara! a
Maceiò.
Nella foto:
Mons. Edvaldo
Gonçalves Amaral
Una grande tela ad olio
dedicata a Don Bosco
A ncbe a Malta
l'interesse dell'arte
per la figura di Don
Bosco è ridestato nella
prospettiva del 1988, anno
centenario della morte del
Santo. Ecco, nella foto, il
Don Bosco di Paul Camilleri
Caucbi, affermato pittore
maltese specializzatosi in
Inghilterra ed exallievo
del!'oratorio salesiano di
Gozo. Il Cauchi non è
nuovo a lavori del genere.
Fra l'altro un suo quadro è
stato regalato agli exallievi
d'Irlanda in occasione
dell'Eurobosco 1985.
Su uno sfondo tipicamente
locale (Medina) e mariano
(Maria Ausiliatrice) l'Autore
fa emergere un Don Bosco
dinamico e volitivo; il
quadro si trova presso la
casa salesiana S. Patrizio a
Sliema.
PALESTINA _ __
Una cantina centenaria
e remisan per i
Salesiani non è
soltanto un centro di
studi biblici e teologici della
Palestina è anche un luogo
dove sin dal 1885 è stata
fondata da don A. Belloni
- un prete italiano divenuto
successivamente salesiano -
una piccola industria
vitivinicola che produce
ottimo vino.
f vini di Cremisano -
precisa un depilane
commemorativo del
centenario - sono rinomati
in tutta la Terra Santa ed in
Giordania. La competenza
dei Salesiani di Don Bosco
- assicura sempre lo stesso
depliant - si è accoppiata
questa volta con la moderna
tecnologia vitivinicola per
dare ottimi prodotti. I
migliori assicurano gli
intenditori sono: <<Davd's
Towern, «Carignano»,
«Marsala>>, «Grapes Juice>>
e «Brandy Garino>>.
Ovviamente mai come in
questo caso è vero il
proverbio che dice «provare
per credere».
CINA
Una medaglia per
don Brianza
I I Governatore di Macau
ba conferito al salesiano
don Cesare Brianza il
10/6/1985 la medaglia per
meriti culturali. Fra l'altro
1 DICEMBRE 1985 5
nella motivazione ufficiale si
legge:
« Il reverendo don Cesare
Brianza ba svolto in Macau
durante trenta anni (dei
quali gli ultimi venti senza
interruzione), una generosa e
proficua attività a servizio
della cultura e in maniera
specifica ed originale nel
settore musicale. Durante
questo lungo periodo don
Brianza ha contribuito con il
meglio di
all'insegnamento della
musica a molte generazioni
di giovani che hanno
frequentato il Collegio Don
Bosco nel quale fra l'altro
ha fondato il gruppo vocale
dei "Pueri Cantores" che
accompagna in tutte le sue
esibizioni nazionali ed
internazionali.
Da notare infine la sua
attività come direttore della
banda musicale della polizia
dal 1966 al 1980, ed il suo
insegnamento all'Accademia
di Musica S. Pio X come
professore di piano».
IUGOSLAVIA ....__ _.
A Rovigno d'Istria c'è
ancora Don Bosco
U na cooperatrice
istriana del centro di
Verona, la signora
Biancamaria Pisani ci ha
fatto pervenire la foto della
statua di Don Bosco che
Nella foto:
La consegna della
medaglia a don Cesare
Brianza

1.6 Page 6

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6 · l DICEMBRE 1985
riportiamo sopra. È una
foto scattata nell'antico
cortile dell'Oratorio di
Rovigno d' [stria fondato il 6
ottobre 1913 da don
Maggiorino.
Guardando quella statua -
ci ha scritto la signora - ho
scorto in Don Bosco un velo
di tristezza e la nostalgia per
i tempi felici in cui nel
cortile si sentivano le voci
festose dei ragazzi che
giocavano ed il fischietto dei
nostri salesiani che li
richiamavano per radunarli
in preghiera ai piedi del
Santo.
Chissà che quel cortile,
conclude Biancamaria
Pisani, non possa tornare ad
animarsi!
spagnola ha preparato un
utile sussidio in fascicoli per
quanti, operatori della
pastorale giovanile, sono
impegnati in una costante
qualificazione della loro
attività. Il sussidio - in
spagnolo - rende chiari e
BRASILE
mille salesiani e più di 1300 concreti gli atteggiamenti e
Figlie di Maria Ausiliatrice, gli obiettivi pastorali che una
Una costituente per i dfritti
del minore abbandonato
' anno centenario
della morte di san
L Giovanni Bosco è
ormai alle porte ed in
numerosi Paesi sono stati
abbozzati programmi e
avviate iniziative. Dal
Brasile, dove si sono riunite
le sette Ispettorie delle Figlie
di Maria Ausiliatrice e le sei
lspettorie dei Salesiani
giunge la proposta di una
«costituente» per la difesa
dei minori e dei giovani
operai.
Al termine della riunione
alla quale ba anche
partecipato la Superiora
generale delle Figlie di Maria
Ausiliatrice Madre Marinella
Castagno è stato emesso il
seguente comunicato:
«Le conferenze delle
lspettorie Salesiane del
Brasile (CISBRASIL e CIB)
in rappresentanza di quasi
radunati il 24 settembre 1985
a Rio de Janeiro, hanno
avuto occasione di riflettere
sull'attuale momento
brasiliano. Considerando la
responsabilità educativa e
pastorale che loro proviene
dalla significativa presenza
in 19 Stati della Nazione, la
CISBRASIL e la CIB
ritengono loro dovere
convocare tutte le persone
collegate alla Famiglia
Salesiana - salesiani, figlie
di Maria Ausiliatrice,
volontarie di don Bosco,
cooperatori, exallievi ed in
generale tutti i collaboratori,
per partecipare ampiamente
alle iniziative riguardanti la
prossima Assemblea
nazionale costituente in
difesa degli interessi dei
giovani, delle classi popolari
e degli indigeni.
In particolare; dicono i
salesiani brasiliani,
difendiamo una politica
nazionale del minore e del
giovane operaio che cerchi di
superare le cause strutturali
dell'abbandono in cui
comunità educativa deve far
propri quando opera in
mezzo ai giovani . Questi
fascicoli - hanno dichiarato
i compilatori - intendono
avviare la presentazione di
un programma organico e
coerente di contenuti per la
formazione permanente delle
comunità educativo-
pastorali.
I
Nella foto:
La copertina dei
fascicoli
vivono; consideriamo
FOR TVNAT/:JMGNT&
NON s,q12,4'- F,qc1l.l!
/)JFR)N/)€1?,€ l,Q NOT/èl,C/
ingiusto il sistema educativo
brasiliano che emargina ed
esclude dalle scuole milioni
di cittadini; appoggiamo le
giuste rivendicazioni di
quanti vogliono garantire
Oscar Do n Bosco 198S
' annuale festa
dell'Oscar Don
L Bosco si è
l'accesso gratuito alla scuola celebrata il 23 giugno scorso
specialmente di primo grado; ·nell'Istituto Salesiano del
riaffermiamo il diritto alla S. Cuore di Via Marsala, 42.
libertà di insegnamel'!to.
Nel solco della pedagogia
salesiana, !'«OSCAR DON
BOSCO» premia ogni anno,
alla fine dell'anno scolastico,
ITALIA
fa bontà e lo studio dei
giovanissimi della scuola
elementare e media.
U na guida per gU operatori La festosa cerimonia ha
pastorali
visto affluire all' Istituto
U na equipe coordinata
dal Dicastero
centrale di pastorale
giovanile di Roma, con la
collaborazione della
suddetto una folla numerosa
di ragazzi con i loro
insegnanti, genitori e amici.
Dopo la S. Messa, celebrata
da Don Alfonso Alfano,
Delegato Nazionale dei
Delegazione nazionale
Cooperatori Salesiani di

1.7 Page 7

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- - -- - - - - - - -#-
1 DICEMBRE /985 · 7
a lettera di Nino Barraco
AIDS
IL GEMITO
DEL NOSTRO TEMPO
Roma, promotori dell'Oscar,
i ragazzi premiati hanno
consumato nel grande corlile
una fresca colazione;
recandosi dopo nel salone
delle feste. Qui tra canti,
suoni e scenette è stato
consegnato l'Oscar. Hanno
diretto la solenne cerimonia
il medesimo Don Alfano e i
promotori dell'Oscar, prof.
Francesco Maria Rodinò e
Ins. Dina Paolinelli.
Sono stati consegnati gli
Oscar a 133 ragazzi vincitori,
delle seguenti scuole
Elementari e Medie di
Roma: Scuola Elementare
«Don Bosco», Scuola
Elementare «Maria Sten
Nuova», Scuola Elementare
«Giuseppe Guarino», Scuola
Elementare <<Fratelli
Bandiera», Scuola
Elementare «Don Rua»,
Scuola Elementare «Don
Cimatti», Scuola Elementare
«Ada Negri>>, Scuola
Elementare «Enrico
Pestalozzi», Scuola
I Nella foto:
Un gruppo di ragazzi
premiati
Elementare «Ruggero
Bonghi», Scuola Elementare
«Angelo Mauri», Scuola
Elementare «Forlanini»,
Scuola Media «S. Giovanni
Bosco », Scuola Media
«S. Giovanni Battista de la
Salle», Scuola Media
«S. Cuore» - Via Marsala,
Istituto Salesiano di Lanuvio
(Roma).
Si restaura la Casa di
S. Domenico Savio
D a quattro anni la
Famiglia Salesiana
d'Italia (e, in certa
misura del mondo),
sollecitata dai responsabili
della [spettoria Centrale di
Torino, ha messo mano,
pazientemente all'opera di
ristrutturazione della Casa
natìa di S. Domenico Savio
Carissimo,
non è per aggiungere allarme ad allarme, paura a paura.
È, anzi, per fare della morte resurrezione.
Aids, gemito del nostro tempo, terrore di una epidemia
che uccide, rendendo nulle tutte le difese dell'organismo e
perciò mortale ogni male. E però, anche, opportunità di
una riflessione sulla vita, di una conversione alle ragioni
più profonde dell'essere.
Sì, il nostro tempo ha fatto progressi inimmaginabili, ha
raggiunto prospettive quasi illimitate nella compenetrazio-
ne della natura, ma è anche vero che ci ritroviamo dispera-
ti, esistenzialmente e socialmente.
Ha scritto Montale: «Abbiamo fatto del nostro meglio
per peggiorare il mondo». La novità è che, adesso, i se-
gnali di preoccupazione vengono dalla stessa cultura do-
minante, non sospetta, che esperimenta il fallimento dei
suoi vangeli di autosalvezza, di libertà da ogni vincolo.
La fruizione smisurata, esorbitante, del sesso, del pote-
re, della ricchezza, il «non limite» ci ha reso schiavi di
ogni più esacerbato limite. L'ossessione dell'avere, del
pansessualismo, incautamente esaltati come una delle
maggiori conquiste della civiltà contemporanea, ci ha por-
tato al suicidio e alla follia.
Tutta la storia che viviamo, fondata sulla rivendicazio-
ne dell'assoluto diritto alla felicità, è la riprova della inca-
pacità di questo mondo ad assicurare un futuro, un rap-
porto felice con la vita, senza Dio, contro Dio.
Per troppo tempo, si è respinto, si è deriso. Adesso, in-
comincia ad essere verità per tutti: il Vangelo ha ragione.
E si grida l'allarme: al consumismo, alla devastazione eco-
logicà, alla corruzione morale, al morso biblico di tutte le
deformità, di tutte le violenze, di tutte le paure.
E così la predica del Vangelo, la predica dell'essere (che
era nel Vangelo, prima che fosse in Fromm), l'allarme
ecologico, la vertenza morale, l'ammonimento al rigore,
al.l'austerità, al rinnovamento, il rifiuto della guerra, del
razzismo, del terrorismo, la non vi.olenza, il rinvio alle ra-
dici dell'uomo, questa che era la predica del Vangelo, è di-
ventata la predica della cultura, della società, che aveva
decretato la morte di Dio.
Annota il filosofo Abbagnano: «L'Aids si combatte
con l'amore vero».
È il Vangelo, annunziato da sempre, diventato attualità
di salvezza nella città temporale di oggi.

1.8 Page 8

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8 I DICEMBRE 1985
in S. Giovanni di Riva
presso Chieri (Torino). Da
queUa prima sottoscrizione
che porta la data del 14
gennaio '80 alLre si sono
aggiunte via via da tutte le
parti d'[talia e daU'estero
cosi da rendere possibile una
ampia opera di
risLrutturaz.ione disegnata e
seguita dal nostro exaUievo
di Penango Geom. Marengo
Ferrante di Asti.
Già nel novembre del 1983 si
poteva inaugurare una prima
parte capace di ospitare 25
persone in ambienti arredati
e attrezzati di tutto per una
dignitosa autogestione. Da
allora oltre 50 gruppi di
Italia, dalla Germania,
dall'Olanda hanno potuto
trascorrervi giornate preziose
di preghiera, riflessione,
formazione o, per altro,
farne il punto base per il
pellegrinaggio ai luoghi santi
salesiani: Colle don Bosco
(vi dista 10 km.), Torino-
Valdocco (25 km.), Chieri (5
km.) ecc.
Nel dicembre del 1984 si
potevano riprendere i lavori
grazie alla generosa
partecipazione di molti
arnie.i: si trattava di demolire
quanto era ormai
pericolante, e inserirvi nuove
srrunure rispettose della
semplicità e del gusto locale.
Nel contempo veniva
definitivamente restituita al
suo originale valore storico
la vera casa natìa del
giovane Santo. Attorno alla
casetta, infatti, formando
con essa quasi un unico
complesso c'è la fattoria
giovani e la pace pedalano
abitata fino a pochi anni fa insieme». Infatti, dal 18
dai lontani parenti di
agosto aU' l setLembre, su
Domenico Savio.
proposta dell'lspeuoria
L'opera sta per essere
salesiana S. Marco con sede
completata. Potrà essere un a Mogliano, hanno compiuto
«dono significativo» che la un giro in bicicletta
Famiglia Salesiana vuole
attraverso l'Europa allo
dare a Don Bosco nell'anno scopo di portare un
centenario della morte
messaggio di pace.
(1888- 1988): un'opera
Varie le località europee
apostolica dagli stessi laici toccate dalla simpatica
gestita, a servizio dei giovani carovana che ha preso il via
proprio sul territorio che
da Castel di Godego, prima
diede i natali all'allievo
di giungere alla meta
prediletto di Don Bosco.
prevista: Amsterdam in
Olanda. Svizzera, Germania,
Francia, Belgio, questi gli
stati attraversaci.
Da Venezia ad Amsterdam Ecco il racconto di uno dei
la pace si costruisce anche partecipanti Giuseppe
pedalando
Gravina in vista del
traguardo: «Entrando in
P arafrasando l'ormai Olanda la nostra gioia di
famoso slogan di
essere vicini alla meta si fa
Giovanni Paolo Il: « I grande. Fondamentale per
giovani e la pace camminano noi l'esperienza con la
insieme», un gruppo di
comunità portuale di
giovani provenienti dal
Nimega: qui viene celebrata
Veneto e dal Friuli hanno la Me.ssa durante la quale
voluto accomunare
lasciamo come ricordo e
all'esperienza di impegno e messaggio di pace il nostro
maturazione alla pace vissuta trofeo».
durante l'anno, un'impresa Ancora di pace e di
sportiva trasformando
fratellanza si parla quando il
scherzosamente lo slogan: «I gruppo arriva a
Lussemburgo alla sede del
Segretariato del Parlamento
europeo «Qui possiamo
prendere visione, continua
Gravina, di come operino le
persone impegnate nel
Progetto Europa Unita,
quali siano i problemi e le
prospettive, quale ruolo
spetti a noi giovani».
«Ma l'esperienza più viva ed
interessante - dicono i
partecipanti - è legata agli
incontri, occasionali e non,
di persone che si sono
avvicinate a noi, con le quali
abbiamo familiarizzato
superando barriere di lingua
e cultura)>.
Ci dice don Gianni Filippin,
dell'Astori di Mogliano, uno
dei partecipanti: «t risultata
un'esperienza unica. I
giovani e anche noi
animatori abbiamo scoperto
gli altri come fratelli.
Abbiamo avuto bisogno
degli altri, vedi rotture, un
bicchier d'acqua, intemperie.
I giovani hanno
sperimentato l'accoglienza
degli altri. Hanno
soprattutto vissuto insieme,
si sono adattati agli altri
quasi come lo sforzo di
pedalare insieme».
Non è stata quindi
quest' impresa, un giro
turistico, sia pure faticato,
1600 i chilometri percorsi in
sella alla bici, ma la
constatazione di un
entusiasmo, una voglia tutta
giovanile, di essere
protagonisti di qualcosa di
nuovo, di significativo:
attraverso l'Europa con la
speranza di chi vuol portare
un messaggio di amicizia e di
pace.
L. S.

1.9 Page 9

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_VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _~ _
L'anno internazionale dei giovani
1 DICEMBRE 1985 · 9
G 10VANI, CHIESA
E ANNO
INTERNAZIONALE:
BILANCIO IN ATTIVO?
Le foto di
questo articolo
sono di Paola
Springhettl e si
riferiscono alle
manifestazioni
studentesche
romane del
novembre 1985
Una serie di interventi e di
iniziative hanno riacceso
l'attenzione sul complesso rapporto
giovani-Chiesa. Dalla lettera Ad
iuvenes al messaggio per la
giornata missionaria. le
responsabilità dei Media e
l'importanza di una costante
« comunione».
Erano stati oltre due-
centocinquantamila alla Domenica
delle Palme del J984, provenienti da
quarantacinque Paesi. L'Anno San-
to, si disse: piazza San Pietro diven-
ta il naturale luogo di appuntamen-
to e, per una volta, non è difficile
convogliare tanti giovani a far festa
al Papa. Quasi altrettanti saranno
alla Domenica delle Palme di que-
st'anno 1985, e Giovanni Paolo 11
indice la «giornata mondiale della
gioventù», da celebrarsi annual-

1.10 Page 10

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10 · 1 DICEMBRE 1985
mente in quella ricorrenza. Si è det-
to nell'occasione: va bene, ma c'era
l'Anno internazionale dei giovani,
non è stato poi un grande sforzo. E
tuttavia un giornale della sinistra
intello-chic, <<Reporter», titolava in
prima pagina: «Il Papa ha fatto il
pieno di giovani. È San Pietro la
grande mela», con un resoconto fra
i più obiettivi e rispettosi che ci sia
stato dato di leggere sulla stampa
laica in quei giorni, anche se, all'in-
terno, un altro titolo ironizzava:
«La rivincita delle parrocchie».
Sulla base di una quasi generale
costatazione obiettiva, quindi, pos-
siamo anche tentare di redigere un
bilancio positivo, da parte cattolica,
dell'Anno internazionale della gio-
ventù appena trascorso. Le cui ma-
nifestazioni esterne costituivano il
frutto, o lo stimolo, di un lavoro di
approfondimento spirituale, cultu-
rale e organizzativo che si era dipa-
nato durante tutto l'anno e che non
culminerà soltanto nei grandi radu-
ni. ln ogni chiesa locale c'era stata
una tenace opera di sensibilizzazio-
ne, mediante convegni, incontri na-
zionali, «sinodi». Anche là dove è
meno facile la vita del cristiano, in
quei Paesi dell'Est ufficialmente
atei e che si danno il compito ideo-
logico di sradicare la religione. Un
esempio fra tutti è offerto dallo
svolgimento, per la prima volta, di
un raduno giovanile cattolico nella
Repubblica Democratica Tedesca
dal significativo titolo «Cristo no-
stro futuro».
L'opinione pubblica sembra
quindi essersi improvvisamente ac-
corta dell'esistenza di quei ragazzi e
di quelle ragazze che, da realtà tan-
to differenti, offrono il loro contri-
buto concreto alle opere della pace,
sorridono alla vita, aiutano chi ha
bisogno. Forse è consigliabile una
grande prudenza nell'utilizzare le
appjuenze esterne e i risultati di al-
cune indagini (ma ciò è vero anche
per quelle di segno contrario): sta di
fatto, però, che si sviluppano feno-
meni innegabili, pur se limitati alle
società bianche (comprendendo
quindi anche il mondo comunista,
al di là dalla scarsezza di informa-
zioni): la famiglia è ridi"ventata un
punto di riferimento; la pace è un
valore assoluto; la natura è un dono
che va difeso; l'amore umano ricon-
quista le sue caratteristiche etiche.
Di tante inchieste, una fra i giovani
francesi indica al 70 per cento la fe-
deltà coniugale come un bene con-
creto, auspicabile e raggiungibile.
Non dimentichiamo, comunque,
le perdite in bilancio. I modelli che i
mass media presentano ai giovani
non sono esemplari, ed è possibile
rendersene conto quotidianamente
all'ascolto della radio (privata o
pubblica che sia, e in una lingua
qualsiasi) o dinanzi al televisore. La
favola del «canale cattolico», il pri-
mo della TV italiana, è smentita
dalla sempre più travolgente volga-
rità di alcune emissioni, dal permis-
sivismo sfrenato che vi circola.
Quindi violenza e autoaffermazione
restano in filigrana i controvalori
dai quali, nel Messaggio per la
Giornata mondiale delle comunica-
zioni sociali, Giovanni Paolo Il ha
messo in guardia i giovani.
È stato uno dei quattro grandi
appelli che il Papa ha loro inviato
nel corso dell'anno: per la pace, per
i mass media, «ad juvenes» e per le
missioni. Un elemento comune è
presente: l'ottimismo cristiano, l'a-
pertura alla speranza. E nello stesso
tempo il richiamo paterno alla re-
sponsabilità, al coraggio di affron-
tare le molteplici sfide lanciate dal
mondo. Viviamo un'epoca, come in
altri periodi della storia, di grandi
tensioni; ad esse si deve rispondere
senza paura (giornata della pace);
pronti a rendere ragione della spe-
ranza che è in noi (lettera apostolica
«ad juvenes»); coltivando la libertà
di essere informati (giornata dei
mass media); annunciando e testi-
moniando il Vangelo (giornata mis-
sionaria).
I quattro grandi documenti si ri-
compongono in una partitura, osia-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - - - - - --5'1-
mo dire, all'interno di una serie di
altri interventi e discorsi rivolti ai
giovani, costante oggetto di solleci-
tudine da parte di Giovanni Paolo
Il. Nel messaggio «La pace e i gio-
vani camminano insieme», per la
«XVIII Giornata mondiale delJa
pace», il Papa ne sintetizza i valori:
«una cosa di interesse primario,
una sfida ineludibile, una speranza
immensa», chiedendo ai destinatari
delle sue parole quale sia .la loro
idea dell'uomo e chi sia il loro Dio.
Le difficili scelte cui essi sono chia-
mati dipendono da una coraggiosa
risposta a tali interrogativi.
La violenza e l'ingiustizia, il di-
sprezzo della persona umana, il raz-
zismo, il rifiuto dell'altro, lo smo-
dato nazionalismo, la corsa al riar-
mo sono realtà che fanno correre al
mondo i maggiori pericoli. Perciò il
Papa esorta a un impegno «onesto»
di dialogo (e l'auspicio sembra rea-
lizzarsi in questi giorni di pur pro-
blematici negoziati planetari), alla
partecipazione attiva e alla respon-
sabilità della gioventù cristiana, con
l'indispensabile supporto delJa pre-
ghiera.
Una tela di fondo dalla quale
Giovanni Paolo Il non si discosta
nella Lettera apostolica «ad juve-
nes», emanata in occasione del-
1'Anno internazionale della gioven-
tù, per «presentare Cristo ai giovani
e allo stesso tempo per mostrare lo-
ro il posto che hanno nella Chiesa».
Accentrato attorno all'episodio
evangelico del giovane ricco, il di-
scorso è teso a suscitare domande
fondamentali e risposte conseguen-
ti, per condurre alla crescita della
fedeltà e della speranza, e di questa
pronti a rendere ragione. Il fascino
del documento sta nell'adattabilità
alJa psicologia dei giovani di qual-
siasi parte del mondo, nell'univer-
salità del suo significato, mentre es-
si sono in genere facile preda di mo-
delli smozzicati e parziali. La gran-
de sfidadel futuro di cui parla il Pa-
pa è, sì, nelle cose, ma anche nella
possibilità di un progetto di vita nel-
la vocazione cristiana e nella pratica
della fede come «grande sacramen-
to sponsale».
Non è possibile esaurire la ric-
chezza delle indicazioni pontifice in
una sintesi come la nostra; ma si
può suggerirne la lettura secondo la
logica di un discorso coerente, che
ci porta a inserire il messaggio per la
Giornata delle comunicazioni socia-
li (se ne parlò a suo tempo nelle pa-
gine del BS) nel quadro generale del
I DICEMBRE 1985 · 11
rapporto fra la Chiesa e i giovani .
«Le comunicazioni sociali per una
promozione cristiana della gioven-
tù» - è il titolo del messaggio -
sottolinea la funzione di quegli stru-
menti in favore di necessarie esigen-
ze di verità e libertà, tenendo conto
delle potenzialità positive e dei peri-
coli insiti in una utilizzazione dei
mezzi che non sia accompagnata da
un grande senso di responsabilità.
A conclusione, un appello, per la
Giornata missionaria mondiale, a
un altro dei valori che sono stati in
filigrana in questo Anno della gio-
ventù: la generosità nella dedizione.
Si riallaccia alla Lettera delJa Do-
menica delle Palme, ribadisce il
concetto del non aver paura ed esor-
ta a non affidare ad altri il compit o
«difficile ma sublime» di trasfor-
mare il mondo in Cristo: «... of-
frendo con la vostra vita una testi-
monianza del regno escatologico di
verità e di amore», <<. •• adoperan-
dovi concretamente per la trasfor-
mazione, secondo lo spirito evange-
lico, di tutta la realtà temporale,
vincendo la tentazione dello scorag-
giamento che porta al ripiegamento
e al disimpegno». Con l'impegno
da offrire «a chi.. . sta vicino, nella
famiglia, nella scuola, nel mondo
della cultura, del lavoro, che Cristo
è la Via, 1a Verità, la Vita; che L ui
soltanto può debellare la dispera-
zione e l'alienazione dell'individuo,
dando una spiegazione dell'esisten-
za dell'uomo, creatura dotata di
una altissima dignità perché fatta
ad immagine e somiglianza di Dio».
Un bilancio dell'Anno interna-
zionale della gioventù potrebbe es-
sere redatto secondo altri criteri:
manifestazioni, incontri, convegni,
pubblicazioni, iniziative culturali e
di preghiera . Si vedrebbe che non è
mancata la presenza associativa al-
l'interno delle singole Chiese locali
per confluire in quella universale.
Aver ricordato alcuni testi fonda-
mentali. di lettura del magistero
pontificio, accanto ai numerosi altri
che hanno visto man mano la luce,
vuole riproporre il significato della
comunione cattolica in ogni occa-
sione fondamentale della vita asso-
ciata, del valore della parola del Pa-
pa per tutti e ognuno di noi.
Angelo P aoluzi

2.2 Page 12

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_ VITA ECCLESIALE,_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
12 · I DICEMBRE 1~
Vent'anni fa il Concilio
Nelle foto:
IDa sinistra
a destra
Mons. Carretto
Mons. Marengo
Mons. Santos
con don Viganò
T RE VESCOVI
SALESIANI
RICORDANO COSÌ
IL CONCILIO

2.3 Page 13

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-----------5'1-
Venti anni sono passati dalla fine del Concilio. n
Sinodo straordinario dei Vescovi ci ha fatto rivivere
quella grande esperienza. Ma venti anni sono già
tanti e il Vaticano II sembra così lontano. Tre
vescovi salesiani rievocano con semplicità per il
«Bollettino» le loro impressioni e i loro sentimenti
di allora e ripercorrono il cammino delle loro Chiese
in questo ventennio postconcilia-re.
Mons. Pietro Carretto,
vescovo di Surat Thani,
THAILANDIA
Ricordare e parlare vo-
lentieri del passato è cosa molto co-
mune per gli anziani... E parlare di
cose che hanno avuto un'incidenza
forte nella vita, invita a ringraziare
il Signore dal profondo del cuore...
Ho avuto la grazia di partecipare al-
le quattro sessioni del Concilio e da
allora faccio sempre più personale e
convinta la dichiarazione: «Credo
unarn, sanctam, catholica_m et apo-
stolicarn Ecclesiam! ».
Di quell'avvenimento straordina-
rio ricordo soprattutto le persone.
Tante persone, nomi prestigiosi di
santi, autentici santi: Papa Giovan-
ni, Paolo VI, i quattro cardinali
«moderatori»: Agagianian, Doepf-
ner, Lercaro, Suenens... E, soprat-
tutto, il gruppo di una quarantina
di vescovi salesiani, attorno all'a-
matissimo don Ziggiotti e al nostro
cardinale Silva Henriquez, che ci fa-
cevano sentire la gioia di essere sale-
siani inviati da don Bosco a lavora-
re per la Chiesa...
1 O/CEMBRé 1985 13
Le celebrazioni eucaristiche, nella
ricchezza dei vari riti o nella solen-
nità sobria della liturgia romana, mi
han fatto gustare ore di paradiso.
La concelebrazione eucaristica che,
si può dire, nasceva allora, ci faceva
rivivere l'ultima Cena, portando
Gesù vivo tra di noi ...
Lo scoprire poco a poco l'opera
dello Spirito Santo anche nelle altre
religioni, e l'intravvedere il piano
salvifico di Dio che «ornnes homi-
nes vult salvos fieri», vuol salvare
tutti gli uomini, furono una scoper-
ta delle più importanti per la mia vi-
ta missionaria.
Già lo sviluppo della collegialità
episcopale e l'interesse di tutta la
Chiesa per il mondo missionario mi
avevano fatto sentire più compreso
e sostenuto che non prima. L'idea
dei «gemellaggi» tra le chiese di an-
tica cristianità e le giovani chiese so-
relle dei paesi in via di sviluppo mi
apriva il cuore a impensate speranze
e a gioia immensa.
11 Corpo mistico di Cristo sotto la
luce dello Spirito Santo impegnava
tutti i suoi membri come al tempo di
San Paolo!
Il dialogo con il Buddismo, spe-
cialmente, diveniva sempre più con-
creto nella promozione totale del-
l'uomo, nell'idea della «metta Ka-
runa», cioè della <<compassione-mi-
sericordia», che doveva e poteva ar-
rivare al concetto della carità cri-
stiana.
Il Concilio Ecumenico ha distrut-
to enormi barriere di sospetto e di
avversione che, per anni, avevano
impedito l'avvicinamento dei cuori
nella ricerca del vero e nello sforzo
di sentirci fratelli, accettandoci co-
me eravamo, per cercare assieme un
nuovo cammino verso la Verità,
verso Dio.
Il dialogo con le altre religioni -
soprattutto con il Buddismo e l'I-
slam, che sono le due religioni più
diffuse nella Thailandia - è diven-
tato da a.llora l'impegno principale
della mia vita; e lo spirito di don
Bosco nel contatto con i giovani
m'ha reso più facile il dialogo
stesso.
Non è però facile dialogare, dato
anche un passato di sospetti e di
malintesi durato per secoli; bisogna
essere pronti a disillusioni e falli-
menti. Eppure si vede che questa è

2.4 Page 14

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14 · l DICEMBRE 1985
VUOI
RICEVERE
IL BOLLETTINO
SALESIAN01
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
la strada giusta, anche se erta e pie-
na di rovi. Mai come nel dialogo
bisogna ricordare l'insegnamento
di Gesù: « Imparate da me che son
mite e umile di cuore», e aver sem-
pre coraggio, saper sempre osare
ed essere pronti a ricominciare da
capo ...
Attuando con sempre maggior
impegno le indicazioni liturgiche,
attraverso l'adattamento il più pos-
sibile di musiche e letture all'indole
di ogni cultura e di ogni popolo, e
predicando il Vangelo soprattutto
con la carità della vita quotidiana,
dicendo sempre di «NO» a qualun-
que violenza, difendendo la verità e
i diritti dell'uomo, anche in Asia
potrà sorgere una nuova primavera
di Pentecoste.
Mons. Oreste Marengo,
vescovo emerito di Brughor
INDIA
U mio ricordo del Vaticano II è
legato anche ag.li avvenimenti tragi-
ci della mia terra in quegli anni. Du-
rante la prima sessione del Concilio
fui costretto a ritornare in India as-
sieme al cardinale Gracias, arcive-
scovo di Bombay, e a mons. Ferran-
do, dopo soli quindici giorni in se-
guito all'invasione del Nord-Est del
paese da parte della Cina. Alla se-
conda sessione poi non potei parte-
cipare affatto: il mio vicario rimase
a lungo e gravemente ammalato.
Inoltre, gli esperti militari di Nuova
Delhi prevedevano o, per lo meno,
temevano una nuova invasione ci-
nese e il pro-nunzfo apostoUco ci
consigliò di rimanere in sede.
Quello che soprattutto ricordo
della mia partecipazione al Conci-
lio, è il senso quasi di incredulità di
poter essere presente ad un avveni-
mento così straordinario. L'univer-
salità e la cattolicità della Chiesa mi
apparvero subito evidenti il giorno
dell'inaugurazione del Vaticano 11
nella sfilata sul sagrato di San Pie-
tro di quasi tremila vescovi di tutto
il mondo, tra la folla di pellegrini di
diverse razze e nazioni che gremiva-
no la piazza.
GU interventi in aula misero subi-
to in evidenza la straordinaria leva-
tura internazionale di molti vescovi
e la massima libertà di presentare

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - -s/1-
proposte ed obiezioni. Dai vari in-
terventi ci si poteva anche formare
l'impressione che tra i Padri conci-
liari vi fosse una notevole disparità
di opinioni; ma quando si passava
al voto, pur non registrandosi sem-
pre l'unanimità totale, si vedeva
quanto i vescovi fossero uniti dalla
maggioranza assoluta di voti positi-
vi espressi.
Restai, perciò, molto colpito -
quando il Papa proclamò la Ma-
donna «Madre della Chiesa» fra la
gioia, l'entusiasmo e gli applausi
della grande maggioranza - veden-
do alcuni vescovi, a me vicini di po-
sto, palesare piuttosto sorpresa o
indifferenza, temendo, forse, che
quella proclamazione avrebbe allar-
gatola distanza dai fratelli separati.
Come vescovo missionario non
potevo non sentirmi incoraggiato
dal fatto che il Concilio affermasse
chiaramente e solennemente che la
Chiesa intera deve essere e sentirsi
missionaria. I fatti hanno dimostra-
to subito che la Chiesa si è sentita
effettivamente m1ss10naria come
mai prima; e noi missionari abbia-
mo sperimentato da allora il conti-
nuo incoraggiamento e sostegno dei
fedeH all'opera missionaria della
Chiesa.
Come missionario, anche dopo il
Concilio, ho sempre lavorato in
qualche angolo remoto della vigna
in mezzo a gente primitiva, povera e
semplice, dove non si agitano que-
stioni, dibattiti e contestazioni in
materia di fede e di morale, dove
non abbiamo quelli che obiettano
che la Chiesa ha concesso troppo e
quelli che si lamentano che ha con-
cesso troppo poco.
Il «credo» dei fedeli che il Papa,
aJ\\a chiusura del Vaticano 11, lesse
in piazza San Pietro, incarna per
noi la fede e l'insegnamento della
Chiesa che resteranno sempre attua-
li come lo sono l'insegnamento e
l'esempio del suo fondatore, Cristo
capo invisibile della Chiesa che gui-
da attraverso il magistero dei vesco-
vi uniti al Successore di Pietro.
I DICEMBRE 1985 15
Mons. Héctor Santos
Hemandez, arcivescovo di
Tegucigalpa,
HONDURAS
Considero un dono specialissimo
di Dio aver potuto partecipare a tut-
te le quattro sessioni del Concilio
Vaticano Il, aver vissuto tutte le sue
vicissitudini, immergendomi in
esse.
La prima sessione, in particolare,
ebbe per me un carattere speciale di
«salesianità», perché tutti noi ve-
scovi salesiani eravamo ospiti dell'I-
stituto Teresa Gerini e così poteva-
mo constatare la dimensione mon-
diale dell'opera salesiana.
Durante il Concilio, ho sperimen-
tato ansie, gioie e speranze. Soprat-
tutto si è rafforzata la mia fede nel-
la convinzione che il protagonista
principale del Vaticano li era lo
Spirito Santo, che illuminava, de-
purava e convinceva. Lo Spirito
Santo presiedeva i lavori e, quindi,
la sua azione non poteva fallire.
Quanti momenti elevati mi riem-
pirono di soddisfazione! Le espe-
rienze sono andate progressivamen-
te segnando il mio spirito alimen-
tando il mio povero zelo pastorale
per il bene del gregge che Dio mi
aveva affidato. Ho provato una
gioia straordinaria quando Papa
Paolo VI ha dichiarato e proclama-
to Maria Santissima «Madre della
Chiesa». Mi è sembrato che si ac-
centuassero, nel loro fondamento,
il titolo e la protezione di Maria
Ausiliatrice.
Ho vissuto la chiusura del Conci-
lio come un momento di gloria; e si
vivificò ancor più la mia convinzio-
ne della grandezza e della sublimità
di nostra Madre, la Chiesa cattoli-
ca. Dopo... il mio modesto sforzo è
consistito nel vivere e nel far vivere
il Concilio da tutti i fedeli in genere,
ma soprattutto a livello dei movi-
menti di apostolato laicale nati do-
po il Vaticano il - movimento fa-
miliare cristiano, «cursillos de Cri-
stiandad>>, neocatecumenali, cate-
chisti, rinnovamento carismatico,
ecc. - in tutto ciò che è proprio
della testimonianza e dell'impegno
dei laici, come raccomanda lo stesso
Concilio.
o

2.6 Page 16

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_ REPORTAGE_ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ __
16 · ! DICEMBRE 1985
Madagascar/Mahajanga
C oNCRETEZZA
E TENACIA
ALL'OMBRA
DEL BAOBAB
Dall'altipiano alla costa.
Un porto di mare.
Il centro professionale.
L'arrivo delle Figlie di Maria
Ausiliatrice.
A più di seicento chilo-
metri dalla capitale c'è Mahajanga
o Majunga per chi - e se ne trova-
no - ba nostalgia della colonizza-
zione francese.
Giungervi via terra è impresa fati-
cosa e per chi ha poco tempo diven-
ta perfino impossibile. Si deve ripie-
gare sull'aereo.
La città, quasi novantamila abi-
tanti a nord ovest della grande iso-
la, appare, dall'alto come posta al-
l'imboccatura del fiume Betsiboka e
al centro di una baia modellata con-
tinuamente da!Fenorme quantità d.i
terra rossa portata dalle acque dello
stesso fiume che, fra l'altro, com-
plici le correnti del mare, rende
sempre meno profondi e perciò im-

2.7 Page 17

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-----------#-
1 DICEMBRE 1985 17
praticabili i fondali del pur attivo
porto commerciale.
LW1go questa costa del Madaga-
scar abita la tribù dei Sakalava. Più
allevatori e agricoltori che marinai e
pescatori, i Sakalava, una volta in
lotta con i Merina dell'Altipiano,
oggi abitano una città che vive più
di terra e di industria che di mare.
Si direbbe anzi che quest'ultimo,
il mare, sia stato ceduto in gestione
ad altri dal momento che i Giappo-
nesi vi hanno impiantato due com-
pagnie di pesca ed i Francesi vi pos-
siedono i pochissimi impianti
turistico-balneari, ultimi resti di
quello che fu un sogno di vent'anni
fa: trasformare Mahajanga in un
centro turistico internazionale.
Il grado di industrializzazione è
tuttavia tra i più alti del Paese, forse
il più elevato.
Basta anche una breve visita alla
SOTEMA - industria tessile a ca-
pitale misto guidata da gruppi tede-
schi - per convincersene. Alla SO-
TEMA lavorano 4 mila operai (sa-
lario medio L. 60 mila mensili!) con
più di 1000 telai.
Altre industrie importanti sono:
la SIRAMA, lo zuccherificio di Na-
makia, la HASYMA per la cardatu-
ra del cotone, l'ABATTOIR per il
macello e la congelazione delle carni
bovine, la FITIM, fabbrica di sac-
chi in juta, la SEIM, saponificio ed
oleificio.
L'aspetto complessivo della città
è moderno ed a tratti anche piace-
vole: il bel lungomare segnato da
palme e giganteschi baobab ne è un
esempio.
Uno sguardo più attento scopre
tuttavia l'endemica precarietà di
W1a industria totalmente assistita;
la preoccupante mobilità di una po-
polazione in costante crescita per
l'immissione in città di migliaia di
giovani provenienti dalla brousse in
cerca di lavoro e fortuna; tutte le
contraddizioni di una città in massi-
ma parte giovane - almeno 60 mila
dei suoi abitanti sono al disotto dei
25 anni - priva di identità e conti-
nuamente suggestionata dai miti di
un Occidente qui, per alcuni versi
ancora beffardo e ingannatore. Ma-
hajanga è quel che si dice un porto
di mare.
Vi sono confluite, e vi confluisco-
no ancora, popolazioni e ricchezze
diverse assieme a problemi comples-
si e vari dai quali non può escludersi
nemmeno il fenomeno religioso.
Quest'ultimo per la varietà delle
Il sig. Domenico Venier al
lavoro...
sue espressioni rassomiglia più a un
caleidoscopio dai colori non definiti
che ad un'alba radiosa.
Proprio per questa varietà il ve-
scovo di Mahajanga, monsignor
Armand Razafindratandra, è stato
incaricato dalla Conferenza episco-
pale malgascia di seguire i problemi
dell'ecumenismo.
In tale situazione il problema
educativo ha una urgenza priorita-
ria. Mentre sul piano sociale infatti
diventa urgente la qualificazione
professionale sul piano pastorale di-
ventano necessari per i cristiani l'ac-
quisizione di una autentica identità
evangelica e molta tolleranza e pa-
zienza nel dialogo con i non cri-
stiani.

2.8 Page 18

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18 · I DICEMBRE 1985
L 'arrivo dei Salesiani
I Salesiani sono giunti io città sul
finire del 1981. Ad essi monsignor
Razafindratandra ha dato il compi-
to di rispondere alla enorme do-
manda di formazione professionale
che emerge dalla sua giovane dio-
cesi.
E così i Salesiani dell'lspettoria
veneta di Mogliaoo, a pochi passi
dalla bianca cattedrale, hanno aper-
to una scuola professionale per una
città a vocazione industriale ma do-
ve a tutt'oggi non esiste nessun'al-
tra istituzione per l'apprendistato al
lavoro e tecnico.
Per il riadattamento e la funzio-
nalità dell'edificio sono occorsi ol-
tre seicento milioni assicurati in
buona parte dalla stessa ispettoria
veneta che fornisce tutto: dai torni e
bulloni per la scuola ad alcuni chili
di spaghetti mandati di tanto in tan-
to perché i cinque missionari di Ma-
hajanga abbiano a sentire meno
lontano il loro Veneto.
Superate le difficoltà della lingua
e perfino quelle di un porto non at-
trezzato a scaricare i grandi contai-
ners giunti dall'Italia èuscito inden-
ne sebbene... senza tetto dal ciclone
Kamisy che nell'aprile del 1984 sco-
perchiò il 900/o delle abitazioni pre-
carie della città e provocò la morte
di una cinquantina di persone, il
Centre Don Bosco con i suoi corsi
di meccanica ed elettromeccanica
rappresenta oggi una realtà con
obiettivi professionali ed educativi
ben precisi e concreti.
----
-i.,..,..."t'•"'"'"""
·1:;Hlt'l~~.,,- .
-
;,,
... e in cucina
diutore, 61 anni, meccanico nato in
provincia di Treviso.
«Signor Domenico - gli ho chie-
sto - cosa ha provato a lasciare l'I-
talia a più di sessant'anni, scorag-
giato da parenti e amici?».
«Certo - m'ha risposto - un
po' di sforzo l'ho dovuto fare per
lasciare tutto. È stata un po' come
una scommessa con me stesso. E
poi gli ideali vanno vissuti a tutte le
età>>.
Gianni Favero, salesiano coadiu-
tore di 33 anni, elettricista.
Ho chiesto: «Nella tua venuta in
Madagascar non c'è stato un sottile
desiderio d'avventura?>>.
«Nient'affatto - ha risposto - .
Io non ho mai fatto domanda di ve-
nire in missione così come la mag-
gior parte dei missionari. Sono sta-
to mandato come si dice "per ubbi-
dienza". L'lspettore mi ha detto
che c'era da fare un sacrificio ed io
non avevo nessun motivo per non
farlo, ed eccomi qui>>.
rnuseppe Salon, salesiano sacer-
dote, quarantenne di Tolmezzo, già
insegnante di lettere a Mogliano. È
il direttore del gruppo.
- Come ti trovi qui?
«Sono già più di tre anni che mi
trovo a Mahajanga. Io non ero mai
stato in una scuola professionale
ma un po' alla volta ho imparato.
Personalmente credo di dover
questa vocazione anche a confratelli
salesiani che hanno fatto scelte si-
mili. Ricordo un episodio racconta-
tomi da don Tito Solari (ndr: attua-
le ispettore salesiano in Bolivia) ori-
ginario di Tolmezzo come me.
Una volta mi ha raccontato che
trovandosi in un paesino della Boli-
Il direttore don Salon al
mercato
U manipolo di tenaci
A Mahajanga ho incontrato tre
dei cinque salesiani presenti laggiù:
Venier Domenico, Gianni Favero e
Giuseppe Salon; mancavano, per-
ché temporaneamente in Italia Lui-
gi Pattaro e Miele Giuseppe. Mi
hanno accolto con la cordialità di
vecchi amici per i quali si sturano
bottiglie d'annata; eppure prima di
allora non Ii avevo incontrati. Li
voglio ricordare uno per uno, con
gratitudine.
Domenico Venier, salesiano coa-

2.9 Page 19

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- - - - - - - - - - -5'1-
via ha salvato una vita umana fa-
cendo partorire una puerper a. In
quel paese non c'erano medici né
ostetriche.
Ho sempre pensato da allora: che
grossa esperienza deve essere stata
per lui, come sacerdote e come uo-
mo salvare una vita! ·
Ecco, le missioni danno di queste
chances da giocare nell'avventura
umana. Questo impegno in Mada-
gascar è un po' un dtorno agli ideali
della mia adolescenza; la vita val la
pena d'essere spesa per qualcosa di
concreto».
Ho visto il signor Domenko ar-
rampicato sulle travi del nuovo tet-
to, Gianni impastare cemento e tra-
sportare pietre, Giuseppe comprare
patate nel variopinto mercato di
Mahajanga.
Li ho visti pregare sotto un cielo
veramente trapunto di una miriade
di stelle e scambiarsi con molta sem-
plicità le loro speranze ed i loro
timori.
Quale la forza di quest'impegno?
La fede, certamente ma anche la
certezza che essi laggiù rappresenta-
no un'intera lspettoria. «Noi - mi
hanno detto - sentiamo la nostra
ispettoria molto vicina. Durante le
vacanze estive diversi salesiani e
non, sono venuti ad aiutarci.
Durante l'anno scolastico poi è
tutto un pensare a noi con le inizia-
tive più varie.
Hanno fatto vere e proprie cam-
pagne: ora per il sapore, ora per i
quaderni ora per le attrezzature
meccaniche. Noi non facciamo
L'arrivo di un container è
sempre una festa ... per tutti
mancare mai le informazioni e così
quando l'anno scorso sono venuto
in Italia, visitando le varie scuole e
gli oratori ho proiettato alcune dia-
positive di Mahajanga e mi è capita-
to di sentire frasi come queste: là
abbiamo messo le mani anche noi...
Così un po' tutli i centri salesiani
dell'lspettoria sentono d'aver mes-
so qualche cosa di proprio».
- Ma con la vostra partenza l'l-
spettoria non si è impoverita?
- Tutt'altro. A parte il fatto che
si nota un ceno risveglio vocaziona-
le c'è da dire che la missione malga-
scia sta provocando nuovi entusia-
smi cd adesioni. (n fondo ognuno di
noi vuol vedere il proprio ideale
concretizzato in qualcosa di preciso
da vedere con i propri occhi. Maha-
janga è qui ed è stata realizzata con
l'aiuto di tutti».
Edora anche l~ Figlie
di Maria A usiliatrice
La presenza delle suore in Mada-
gascar è notevole: operano nei set -
tori più difficili ed impensati.
Le ho trovate al reparto «lebbro-
si» dell 'ospedale di Mahajanga co-
me in quello «infettivi» di Antana-
narivo; le ho osservate vendere libri
alla «S. Paolo» di Antananarivo o
distribuire niveochina e medicine ad
Ankililoka; le ho viste ancora accu-
I DICEMBI/E l!18$ • 19
dire bambini ed insegnare ad accu-
dirli in uno dei tanti corsi di pueri-
cultura che sono solite organizzare;
le ho osservate, falce in pugno, ta-
gliare l'erba dei campi, fare catechi-
smo, distribuire l'Eucarestia agli
ammalati, insegnare ai piccoli ed ai
grandi.
U tutto con generosa e disinvolta
semplicità.
Dall'oLtobre 1985, cinque Figlie
di Maria Ausiliatrice, tutte dell'l-
spettoria veneta di Conegliano, so-
no giunte in Madagascar.
«Era ora!» banno commentato
laggiù.
Sono: Marjeta Zanjkovic, Cateri-
na Gionco, Germana Boschetti,
Marica Jelic, Antonia Casimiri.
Dopo un corso della durata di ot-
to mesi per apprendere la lingua e la
cultura malgascia le suore si reche-
ranno nella periferia di Mahajanga
dove nella parrocchia di Antanama-
saja inizieranno le loro attività. La
zona che vedrà all'opera le Figlie di
Maria Ausiliatrice è prossima allo
stabilimento tessile della SOTBMA.
Si tratta di un quartiere in espansio-
ne e di quelli dove la povertà rischia
di passare inosservata perché è to-
tale.
Lo spirito con il quale le suore
salesiane sono andate in Madaga-
scar è ben descritto dall'ispettrice
Italia De Feletti che il 18 aprile
1984 dopo aver ricevuto un muc-
chio di «domande missionarie»
dalle sue consorelle fra l'altro cosi
loro scriveva: « ... Aiutatemi, caris-
sime sorelle, a ringraziare il Signore
per tanta generosità e invocate per
me il dono del discernimento. Chis-
sà che Don Bosco possa ripetere
anche a noi le parole pronunciate
agli inizi della nostra storia missio-
naria: ... "Commosso per la vostra
partenza il mio cuore gode di una
grande consolazione nel mirare ras-
sodata la nostra Congregazione;
nel vedere cbe nella nostra pochez-
za anche noi mettiamo in questo
momento il nostro sassoUno nel
grande cdi ficio della Chiesa".
Unite nel nome del Signore vivia-
mo da testimoni credibili la nostra
bella vocazione che sempre e ovun-
que è vocazione missionaria».
Giuseppe Costa
3. Continua

2.10 Page 20

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_ PROTAGONISTI_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
20 I OICEMBFIE 1985
Giuseppe Zamberletti
11 11 1]
C oNQUESTO
MINISTRO
(EX ALLIEVO
SALESIANO)
Cl SENTIAMO
PIÙ SICURI
lntervìsta a Giuseppe 'Zamberlettì,
responsabile della p rotezione civile.
Una poltrona che « balla». -
«R ìcordo che a Bangkok...» -
n ruolo dei giovani nei casi
d'emergenza.
ROMA. Giuseppe Zam-
berletti, ministro della Repubblica
per la Protezione civile. Di lui si
può finalmente dire: l'uomo giusto
al posto giusto. E senza tema di
contestazioni, perché - caso più
unico che raro in poliùca - su que-
sto giudizio sono tutti d'accordo. lJ
posto che occupa, anche se è quello
giusto, è tuttavia terribilmente sco-
modo. La sua poltrona si mette a
ballare anche se l'epicentro di un
terremoto è situato a cenùnaia di
chilometri di distanza. Lui entra in
azione soprattutto quando da qual-
che parte si abbatte una calamità,
quando bisogna far scattare la mac-
china dei soccorsi in una regione
sconvolta dal terremoto, o sommer-
sa da una inondazione, o avvelenata
dalla fuoriuscita di pulviscolo nu-
cleare, o sepolta da una frana. E
Zamberletù corre col fiato in gola
sul luogo del disastro, per salvare il
maggior numero di vite umane, per
dare assistenza agli scampati.
A uno che fa questo «mestiere»,
viene spontaneo domandargli: ma
le piace il suo lavoro?
«Mi fa paura. È appassionante,
non lo nego, però mi fa vivere pe-
rennemente nell'angoscia, perché
non si può mai sapere quando il
peggio può venire. Fra un mese, un
anno, un'ora? Chi lo sa? Perciò so-
no sempre sulle spine, in servizio
permanente con obbligo morale di
reperibilità continua. E con l'incu-
bo delle telefonate notturne. Non
potrei mai perdonarmi se in caso di
urgente bisogno non riuscissero a
trovarmi. Lo sa che da quando sono
ministro non ho mai messo piede
fuori dai confini? Ho dovuto corte-
semente declinare inviti, anche al-
lettanti, che mi sono venuti da molti
Paesi».
eoncretezza e
c ord ialità
Ecco dunque uno che prende sul
serio il proprio lavoro. E che altro
attendersi da questo lombardo che
sprizza concretezza, risoluto ed
energico, ma che è anche provvisto
di una carica di cordialità che ispiro
d'istinto un moto di simpatia? Non

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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-----------~-
1 DICEMBRE 1985 · 21
per niente Zamberletti è uno degli
uomini politici più popolari d'Ita-
lia. Per ridurre al minimo quel mar-
gine di incertezza che lo tiene sulle
spine, Zamberletti spende ogni
energia, quando, per fortuna sua e
di tutti, non deve fronteggiare una
calamità, a rendere sempre più effi-
ciente il Servizio di protezione civi-
le. Puntando molte carte sulla pre-
venzione. E nello schema che ha
realizzato, portando il Servizio a un
grado di efficienza molto elevato,
egli affida ai giovani un ruolo di
primo piano. Ai giovani di oggi?
Quelli che si è soliti criticare perché
pieni di difetti?
«Guardo ai giovanj con ottirru-
smo. Non sono poi tanto diversi dai
giovani di ieri. E, come è sempre ac-
caduto, il loro comportamento di-
pende dal tipo di educazione che
hanno ricevuto, dalla- formazione
che gli si è data. Li bo visti all'ope-
ra, i giovani di oggi, nel Friuli, in Ir-
pjnia, pieni di entusiamo, di ener-
gia, esemplari per spirito di solida-
rietà umana. Lavoravano senza ri-
sparmio, e non per mettersi in mo-
stra, badi bene, ma spinti solo dal
desiderio di rendersi utili al prossi-
mo in difficoltà. Per la gente colpita
dalla sciagura, vederseli intorno a
dare una mano, è motivo di confor-
to e di speranza».
Anche il ministro Zamberletti è
stato giovane (oggi ha 53 anni, è
sposato, abita a Varese, confessa un
solo viziaccio: le sigarette, chefuma
a un ritmo a dir poco sostenuto). E
ai tempi in cui era giovane ha fre-
quentato una scuola salesiana. Ne
ricorda il nome?
«E come no? Era la scuola media
Tullio Moroni, di Varese. Ho fre-
quentato in quella scuola le tre clas-
si delle medie inferiori, come allievo
esterno. Divenni "interno" solo
per pochi giorni all'epoca dell'at-
tentato a Togliatti, nel 1948, quan-
do i nostri insegnanti preferirono
non farci uscire a causa della tensio-
ne che regnava in città. Ma anche
negli anni successivi, quando fre-
quentavo l'istituto tecnico, manten-
ni uno stretto contatto con i Salesia-
ni. Allora io abitavo al Sacro Mon-
te, sopra Varese, e i servizi pubblici
non erano molto efficienti. Così mi
appoggiavo, anche, diciamo così,
logisticamente, ai Salesiani. Ricor-
do ancora con riconoscenza don Ri-
pamonti, un mio insegnante che mi
dava spesso alloggio. Ricordo inol-
tre don Bandiera, che seguiva le at-
tività degli ex allievi».
U ex allievo
thailandese
Che cosa le ha dato la scuola
salesiana?
«Tutto ciò che è tipico del meto-
do salesiano: l'ottimismo, il gusto
della vita, lo spirito per affrontare
con serenità gli imprevisti. E poi l'a-
micizia, che si crea nella famiglia
salesiana degli ex allievi. Le dirò an-
Il ministro Zamberletti in
visita a zone disastrate
zi che la grande rete mondiale degli
ex allievi mi ha fatto comodo in più
di una circostanza. Ricordo, ad
esempio, un episodio che accadde
all'epoca in cui mi interessavo, per
conto del governo italiano, dei pro-
fughi vietnamiti, quelli che fuggiva-
no via mare dal loro Paese, e che
noi volevamo aiutare. Ci trovammo
ad avere qualche difficoltà con il
governo thailandese. A Bangkok
non vedevano di buon occhio le no-
stre navi militari che incrociavano
in acque thailandesi. Fui informato
che il ministro con il quale dovevo
incontrarmi era piuttosto irritato.
Per puro caso appresi che quel mi-
nistro era un ex allievo salesiano.
Capii subito di aver trovato la chia-
ve giusta per sdrammatizzare l'at-
mosfera. "So che lei è un ex allievo
salesiano come me", gli dissi non
appena ci presentarono. Vidi il mi-
nistro mutare immediatamente l'e-
spressione del viso, farsi cordiale. E
fu cosi possibile instaurare una frut-
tuosa collaborazione a vantaggio
dei profughi vietnamiti. Ho incon-
trato gli ex allievi anche a Napoli,
all'epoca del terremoto. Mi invita-
rono a trascorrere una serata in loro

3.2 Page 22

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22 1DICEMBRE 1985
compagnia. '' Lei ha bisogno di una
pausa" mi dissero. Ed era vero. Fu
un momento di serenità in quelle
giornate stressanti, di lavoro massa-
crante. Un modo per ricaricarmi».
Dal punro di vista religioso, che
cosa le ha dato la scuola salesiana?
«Mi ha lasciato una traccia inde-
lebile, che si è riflessa su tutta la mia
vita».
E dal punto di vista della
preparazione?
« La ricordo come una scuola se-
ria, severa, certo, ma con tratti di
grande umanità. La scuola salesia-
na ha uno stile inconfondibile, che
le viene dall'adozione di un metodo
capace di conciliare la serietà e il ri-
gore dello studio con intensi contat-
ti umani, che si consolidano in salde
amicizie. Il mio ricordo non è quel-
lo di una scuola opprimente, al con-
trario la sentivo pervasa di sana al-
legria. Un'allegria che si estendeva
perfino alle cerimonie religiose, pie-
ne di quegli inni simpatici... Don
Bosco ritorna ... ».
Oltre alla scuola, lei ha frequen-
tato l'oratorio salesiano. Crede che
abbia ancora oggi una/unzionefor-
mativa, educativa?
«Ritengo di sì. Guardi che a me
la scuola salesiana ha dato molto,
ma forse ancora di più mi ha dato
l'oratorio».
giovani nel Servizio di protezione
civile si basa sull'associazionismo,
che a sua volta, attraverso il volon-
tariato, si esprime in un servizio re-
so alla comunità. li volontariato de-
ve svilupparsi come esperienza di
solidarietà».
Ritiene possibile collegare prote-
zione civile e obiezione di co-
scienza?
«È mia intenzione avvalermi in
modo massiccio dei giovani obietto-
ri. Abbiamo bisogno di gente per
creare gruppi specializzati da impie-
gare nei momenti di emergenza e
collocarli soprattutto nelle zone me-
no dotate di servizi, dove sono stan-
ziate meno unità dell'esercito, dove
i vigili del fuoco non sono in nume-
ro sufficiente. Penso al Sud, dove la
rete protettiva è più fragile mentre
più elevato è il rischio di calamità. Il
settore della protezione civile, per
un giovane obiettore, è il campo più
idoneo ad esprimere la solidarietà
verso chi ha bisogno. Sono convin-
to che chi rifiuta la guerra ama la
pace. Ma a testimoniarlo non basta
un atteggiamento negativo, il no al-
la guerra. Ce ne vuole uno positivo.
Come, ad esempio, impegnarsi al
servizio degli altri, preparandosi in
modo adeguato».
Resta il problema della durata del
ervizio alla comunità
Ritorniamo ai giovani di oggi. li
livello del Servizio di protezione ci-
vile è alto. Quale contributo posso-
no dare i giovani per renderlo anco-
ra migliore?
« Un contributo enorme. li Servi-
zio ha bisogno di capiUarità, di pre-
venzione, deve poter contare suJ
movimento di masse. E i giovani ne
sono uno degli elementi centrali.
Naturalmente i giovani che ci servo-
no sono quelli che hanno un'espe-
rienza associativa, che fanno parte
di gruppi, e che attraverso le asso-
ciazioni di appartenenza sono in
grado di costituire squadre organiz-
zate di volontari, che sanno quel
che debbono fare, come comportar-
si. Giovani, insomma, in grado di
acquisire l'indispensabile livello di
professionalità. La presenza dei

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - -5'1
servizio. Oggi, l'obiettore è costret-
to a prestare un periodo di servizio
civile otto mesi più lungo di quello
militare.
È vero. Ma chi entrerà a far parte
della protezione civile e si impegne-
nell'addestramento, dovrà avere
diritto ad un periodo di prestazione
uguale a quello del giovane di leva.
Mi sembra giusto».
Di che cosa ha bisogno per poter-
si dire pienamente soddisfauo del
Servizio di protezione civile?
« Ho bisogno cli uomini, soprat-
tutto nelle aree del centro-sud, da
impiegare specialmente nei servizi
logistici. E poi cli essere aiutato ad
addestrare la popolazione. La gente
deve essere messa in condizione di
padroneggiare gli eventi, di sapere
come componarsi. Si tratta di coin-
volgere la scuola, i mezzi di comuni-
cazione, la stampa, la televisione.
Provi a immaginare quali vantaggi
trarremmo da una partecipazione di
massa, dal libero associarsi di citta-
dini che mettono in comune le loro
capacità professionali per dedicarsi
a opere di soccorso in casi di emer-
genza. Le dirò una cosa: penso pro-
prio agli ex allievi salesiani, che pos-
sono dare un contributo importan-
te. Si conoscono, hanno capacità in
vari campi, e combinandole potreb-
bero farle sfociare in un servizio re-
so agli altri».
1 DICEMBRE 1985 23
f : al nucleare bellico
Lei ha organizzato di recente una
esercitazione di allarme nucleare si-
mulato. Si trattava di un nucleare,
diciamo, <<pacifico». Pensa di atti-
vare un allarme nucleare bellico?
<<Assolutamente no»
È un no deciso. Per quale mo-
tivo?
« Il ricorso ad armi nucleari è de-
stinato a provocare un tale stermi-
nio cbe è illusorio pensare di atte-
nuarlo con qualche precauzione. Al
rischio nucleare militare si può ri-
spondere in un solo modo: evitando
la guerra. L'utilizzazione pacifica
dell'energia atomica può creare dei
problemi ed è giusto tenere questo
settore sollo sorveglianza, predi-
sponendo adeguate misure di sicu-
rezza e prevedendo situazioni di
emergenza. Ma per il nucleare mili-
tare Ja risposta non può che essere
politica, nel senso di trovare accordi
per scongiurare l'uso delle armi nu-
cleari. Ricorrere ad altri mezzi
avrebbe anzi un effetto -negativo
perché potrebbe far nascere la peri-
colosa illusione di potersi sottrarre
al disastro».
Onorevole Zamberletti, qual è la
calamità che la preoccupa di più?
« Il terremoto. A causa delle sue
grandi dimensioni crea condizioni
spaventose di vita per decine, centi-
naia di migliaia di persone. L'Irpi-
nia è più grande del Belgio. Le altre
calamità, per quanto tragiche, co-
prono aree in genere più ridotte,
coinvolgono un numero minore di
persone, e quindi sono più contro!-
labili. Decisamente, il terremoto è
la mia bestia nera».
La nostra conversazione con Giu-
seppe Zamberletti, ministro della
Repubblica, ex allievo salesiano, fi-
nisce qui. Lasciando il suo ufficio al
Ministero, dove ci ha gemilmence
accolti, poniamo con noi la convin-
zione cli aver parlato con un uomo
concreto e al tempo stesso carico di
umanità. Un uomo che rende un
servizio al Paese non solo proteg-
gendolo dalle calamità, ma anche
suscitando nella gente lo spirito del-
la solidarietà, dell'aiuto al più de-
bole. Con Giuseppe Zamberletti in
quell'ufficio, lui starà sulle spine,
ma noi ci sentiamo più sicuri.
G. C.

3.4 Page 24

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_ VITA SALESIANA_ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
24 · I DICEMBRE 1985
E vv1vA
GIOVANNI
ED È SUBITO
ALLEGRIA
Un gruppo di giovani
tedeschi ha ideato e messo
in scena un musical sulla
vita di Don Bosco. Un
nostro collaboratore è
andato a vederlo...
Otto minuti al Notizia-
rio della Terza Rete televisiva tede-
sca, la sera dell' 11 ottobre, nel mo-
mento del massimo ascolto. In pro-
gramma: la presentazione del com-
plesso «Groppe Kontakte)) che, il
giorno seguente, avrebbe eseguito
in anteprima nazionale un rock-
musical su Don Bosco. L'occasione
è data da un incontro Internaziona-
le dei giovani (il primo «Internatio-
nales Jugendfestival » salesiano) che
si concentrano nella spaziosa Stadr-
halle (sala della cittadinanza) di
Colonia.
È il 12 ottobre. Una giornata
smagliante di sole: un sole raro in
una Germania abituata ai toni intri-

3.5 Page 25

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- - - - - - - - - - -s8
I DICEMBRE 1965 25
stili delle brume autunnali. Ma oggi
anche il clima fa eccezione e sembra
partecipare gioioso al grande meet-
ing giovanile.
La S1adtha/le si riempie di giova-
ni provenienti da Essen, Duisburg,
Jtinkeratb, Bonn, Bendorf, Trier,
Milnchen... piccole o grandi città in
cui la presenza salesiana fa sentire
da anni la passione di don Bosco
per i giovani.
Stands curati da gruppi giovanili,
mostre di fotografia, lunghe catene
di manifesti illustranti le attività dei
vari centri giovanili, complessi mu-
sicali e gruppi bandistici, folklore
internazionale offrono una calda
accoglienza. Ma il clou della mani-
festazione arriva con un gruppo
non «familiare» agli ambienti sale-
siani: è il rockmusical EVVTVA
GIOVANNI dei Konrakte. Un
gruppo musicale attivo e intrapren-
dente che ha al suo attivo b·en sei LP
e numerose cassette a sfondo reH-
gioso o comunque «impegnato».
Ora, assemblato forzosamente su
un lato del palco, il Gruppe Kon-
takte introduce la rappresentazione
della sua più recente fatica: un'ope-
ra musicale su don Bosco. È la «pri-
ma assoluta» di un musical costato
due anni di lavoro agli otto compo-
nenti il Gruppo e ai 25 giovani (tra
attori e ballerini) che ne allestiscono
la messa in scena.
Le prime note, accattivanti e pa-
cate, si irradiano dal palco sui l 500
giovani della platea per descrivere
una scena del mercato monferrino:
casalinghe che fanno ressa tra le
casse di frutta e insalata, baffuti
contadini che rovistano tra le chin-
caglierie delle bancarelle; guardie
sospettose che lanciano occhiate mi-
nacciose appena velate da rari sorri-
si di convenienza e, al centro della
vivace piazza, l'immancabile gioco-
liere di turno che intrattiene stupita
la folla con i suoi magici giochi.
Tra i curiosi, un bambino più cu-
rioso e più interessato di tutti non si
lascia sfuggire la più piccola mossa
del prestigiatore. Ma, a un tratto, la
musica assume un ritmo elettrizzan-
te e toni taglienti. Fasci di luce livi-
da marcano l'improvvisa irruzione
sulla piazza di un gruppo di punk
che semina distruzione e terrore:
casse rovesciate, bancarelle distrut-
te, anziani aggrediti, soldi e borse
strappati con forza. La gente fugge
e la piazza è controllata dagli ag-
gressori. La danza orgogliosa e pre-
potente dei punk è di breve durata:
un'immagine surreale raggela il loro
brutale entusiamo. Un bambino, il-
luminato da un potente faro, vol-
teggia sicuro sul sottile cornicione
di un muro, sfidando il pericolo di
cadere nel vuoto. I punk osservano
impietriti, poi stupiti, poi ammirati
dell'abilità del piccolo «giocoliere».
Ed è subito simpatia. Un saluto, un
nome: Giovannino Bosco. Nasce
un'amicizia. Una musica dolce rica-
ma la nuova atmosfera, mentre, sul
carretto abbandonato dai rivendito-
ri impauriti, Giovannino spiega, ab-
bracciato alla madre, la ragione di
quella strana amicizia coi punk: un
sogno gli ha fatto capire che la sua
vita deve essere per i ragazzi «diffi-
cili», per i ragazzi che «gli altri»
non riescono a capire, per i ragazzi
che più di tutti hanno bisogno di
amore e di presenza amica.

3.6 Page 26

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26 · 1 DICEMBRE 1985
Così si snoda il racconto per più
di due ore di musica, danze, canti,
scene, utili a illustrare e commenta-
re flashes significativi della vita del
Santo dei giovani.
Alcuni momenti sono sembrati
particolarmente interessanti per l'a-
cutezza di interpretazione o per la
forza emotiva della rappresentazio-
ne. Come l'episodio di Bartolomeo
Garelli, visto come un monello che
si introduce furtivamente in sacre-
stia per rubare le ostie allo scopo di
attenuare i morsi della fame. fra del
sacrista e intervento pacificatore di
don Bosco. Il giovane prete avvici-
na il suo primo oratoriano: «... Sai
fischiare?>>. Bartolomeo si irradia e
accenna a fischiettare, subito imita-
to da don Bosco. Il motivetto musi-
cale «fischiato» si estende gradual-
mente fino a raggiungere il com-
plesso, poi la platea e, infine, esplo-
de in un coinvolgimento corale di
tutti gli strumenti che accompagna-
no una danza festosa di don Bosco
che ha conquistato il suo primo pic-
colo amico. Carica di forza dram-
matica è anche la scena che descrive
i terribili momenti del colera a Tori-
no. Sul palco, trasformato da onda-
te variopinte di fumo e dalla maca-
bra danza della ragazza che inter-
preta il colera, giganteggia la figura
di don Bosco che, aiutato dalla ma-
dre, non si fa scrupolo di strappare
le tovaglie dell'altare per fasciare le
ferite di quanti, rantolanti, si agita-
no e urlano di dolore. La drammati-
ca scena si conclude con un commo-
vente canto di don Bosco e di mam-
ma Margherita alla Madonna: una
«Ave Maria» di una musicalità soa-
ve e pacata che esprime tutta la for-
za di fede e di speranza di un uomo
che sfida il male e la morte con la
serenità di chi vive di soprannatura-
le. Non è possibile ripercorrere tutti
i momenti del musical che commen-
tano la fatica del Santo nell'acco-
gliere i ragazzi sbandati nel suo
«Oratorio» sfidando l'irrisione del-
la «gente per bene», i pregiudizi dei
confratelli preti, i sospetti della po-
lizia o la lotta sostenuta da don Bo-
sco per ottenere contratti di lavoro
onesti per i suoi giovani in un'epoca
in cui era normale sfruttare la ma-
nodopera giovanile (nel musical
questa scena viene rappresentata
con un'allusione al lavoro degli
schiavi ebrei sotto i prepotenti fa-
raoni e, significativamente, don Bo-
sco viene paragonato a Mosè). Di
notevole suggestione emotiva una
delle scene conclusive del musical.
Accanto al lettino di don Bosco mo-
rente, lambito da una tenue luce az-
Nasce l'oratorio
zurra, veglia don Rua, il futuro suc-
cessore del Santo nella guida della
famiglia religiosa da lui fondata.
Fuori della stanza, lungo i muri
sbrecciati di una Torino intristita,
gruppi di ragazzi sbrindellati (i « ba-
rabba», amici di don Bosco) atten-

3.7 Page 27

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-----------#-
Don Bosco e la sua orchestra
dono ansiosi. 11 loro canto, som-
messo e doloroso, è carico di spe-
ranza e di preghiera. Poi, la triste
notizia: don Bosco è morto. La mu-
sica commenta un gesto ricco di
espressività drammatica: un giova-
ne scrive lentamente sul muro con
Veduta della sala
lo spray: «Don Bosco mein Vater»
(don Bosco mio padre). Poì, sem-
plicemente, una data: 1888. Ma la
tristezza di chi avverte la perdita di
un grande amico è rasserenata dalla
forza della fede: don Rua e don Ca-
gliero si fanno vicino ai giovani e
, DICEMBRE 1985 · 27
assicurano loro che don Bosco non
li ha lasciati soli; ora rimane t.ra lo-
ro in un modo nuovo: attraverso le
persone che hanno sentito, come
don Bosco, la stessa urgenza e lo
stesso impegno di servire i giovani e
di manifestare loro un cuore di pa-
dre. E ancora una volta riesplode,
condiviso da tutta la platea, il gioio-
so canto più volte ripetuto nel corso
della rappresentazione: «Evviva,
evviva Giovanni... Nessuno è più
solo, nessuno è più debole. Nessuno
è più solo, nessuno è più solo... ». È
il leit-motiv che dà il titolo al rock-
musical e che accompagna l'uscita
della massa dei giovani dalla Stadt-
ha/le di Colonia.
Raggiungo, nei camerini, il grup-
po che ha presentato l'interessante
spettacolo per porre qualche do-
manda. Vengo a sapere che l'idea
del musical è stata suggerita da un
componente del Gruppe Kontakte,
Reinhard Horn (tastierista del com-
plesso), insegnante di canto in una
scuola elementare. Dovendo pre-
sentare ai suoi ragazzi un personag-
gio che si era interessato ai problemi
giovanili, per caso si è imbattuto
nella lettura di una breve biografia
di don Bosco e ne è rimasto affasci-
nato. Ne è nata l'idea di una canzo-
ne da insegnare ai suoi allievi. Da
l'interesse è cresciuto fino a coin-
volgere gli altri componenti del
complesso Kontakte. «Fu così -
continua Horn - che prendemmo
contatto con i padri salesiani di Co-
lonia, che prima non sapevamo che
esistessero; in particolare con padre
Wigger che ci incoraggiò e ci forni
materiale informativo. Ci suggerì
l'idea di un musical. Affidammo il
testo a una scrittrice, Maria Gorges,
e con lei collaborammo per due an-
ni al testo e alla composizione delle
musiche. Con l'aiuto di padre Wig-
ger, poi, abbiamo contattato altri
gruppi per realizzare la messa in
scena con le danze, le scene, la reci-
tazione». Ai giovani del complesso
domando: «Perché don Bosco vi ha
interessato?». È Horn a rispondere:
«Perché ci è sembrata una persona
straordinaria. Non è normale. È un
uomo che ha fatto mille cose: stava
coi giovani, scriveva libri, costruiva
chiese e istituti, cantava e recitava
coi ragazzi... Era polivalente. Que-
sto ci ha impressionato. Ma soprat-

3.8 Page 28

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STORIA SALESIANA,_ _ _ _ _ __ _ __
28 · 1 DICEMBRE 1985
tutto ci ha colpito il modo con cui
faceva tutte queste cose: la sua pa-
ternità. Ha messo a disposizione la
sua casa a chi gli rubava tutto; ha
perfino utilizzato le tovaglie di chie-
sa per chi aveva bisogno. Era tutto
per gli altri».
Interviene Ute Horn che ha fatto
la parte di mamma Margherita ed è
voce solista nel complesso: «Tutto
il nostro gruppo ha trovato subito
interessante fa proposta di Reinhard
e ci siamo trovati pienamente coin-
volti. Noi non conoscevamo né don
Bosco, né i Salesiani. Qui da noi in
Germania sono più conosciuti i
Francescani o gli Scafabriniani, ma
non avevamo sentito di don Bosco.
Ora, invece, ci ha molto interessato.
A me ha impressionato la capacità
di questo santo di mettersi a servizio
non dei ragazzi qualsiasi, ma dei de-
linquenti. Li ha amati, ha fatto tut-
to per loro». Domando: «Pensate
che don Bosco nella vostra società
tedesca di oggi possa dire ancora
qualcosa?>>. Ribatte pronta Ute:
«Sì, soprattutto per la situazione
della disoccupazione giovanile e le
conseguenze che provoca». lncalzo:
«Come è nata questa organizzazio-
ne dello spettacolo, chi ve lo ha
commissionato?». Sempre Ute:
«Nessuno. Siamo stati noi a provo-
care una iniziativa. I Salesiani sem-
bra che si siano troppo riguardati a
parlare di don Bosco, allora ci sia-
mo lanciati noi». «Lo abbiamo sen-
tito una figura di grande attualità
per noi - riprende Horn - e ab-
biamo invitato i Salesiani a soste-
nerci in quello che volevamo espri-
mere con la musica». Lascio Colo-
nia ricaricato di quell'entusiasmo
che la vitalità giovanile regala quan-
do ci si lascia afferrare dalla forza
comunicativa e dalla musica dei gio-
vani. E nelle lunghe ore di viaggio
penso quale ricchezza, potrebbe
sprigionarsi anche in Italia se i gio-
vani potessero essere nuovamente
avvicinati alla storia e alla vita di un
Santo che, a cento anni di distanza,
continua a suscitare interesse, fasci-
no ed entusiasmo ed è così vivo da
riuscire a scatenare, ancora oggi, le
migliori energie e le più vivaci risor-
se espressive dei giovani.
Il centenario della nascita
di Mons. Giuseppe Cognata
U NA VITA
DI ECCEZIONALE
VALORE
ED INTERESSE
Pierdante Giordano

3.9 Page 29

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- - - - - - - - - - -sB-
1 DICEMBRE 1985 29
Il primo centenario del-
la nascita di mons. Giuseppe Co-
gnata (1885-1972), vescovo, salesia-
no, fondatore delle Suore Salesiane
Oblate del S. Cuore, dovrebbe esse-
re l' occasione più opportuna per ri-
cerche e studi sulla sua pastoralità,
sulla sua spiritualità e pietà, sul suo
esilio, per scrivere una delle più bel-
le pagine della storia civile e religio-
sa dell'Italia contemporanea, ma,
anche, per additare un esempio di
una oblazione dei nostri tempi di al-
to valore spirituale. È quindi da au-
spicare un serio incontro di studio
su don Cognata e la Chiesa del Mez-
zogiorno nel Novecento e la pubbli-
cazione di uno dei suoi epistolari
(ad esempio con anime desiderose
di perfezione), una sua biografia
anche se eccelJente rimane quella di
Luigi Castano «Il calvario di un ve-
scovo. Profilo spirituale di Mons.
Giuseppe Cognata» (editrice elJe di
ci, Leumann - Torino 1981).
Certo è che l'itinerario terreno
del vescovo Cognata è stato felice-
mente riassunto da mons. Mistrorì-
go, vescovo di Treviso, con questa
felice espressione: «la sua vita resta
un libro di eccezionale valore ed in-
teresse»; ed è cosi. Ne abbiamo
conferma dal citato volume di don
Castano che riporta, anche, testi-
monianze notevoli sul «calvario)>
del vescovo, da alcuni accenni alla
sua opera e da precisi riferimenti al-
la sua pastoralità ed alle durissime
prove a cui fu sottoposto apparsi in
alcuni recenti studi di storia sociale
e religiosa del Mezzogiorno e della
Calabria.
Ma questo libro di «eccezionale
valore ed interesse», o meglio que-
sto itinerario spirituale esaltante e
sofferto, in realtà merita un ampio
approfondimento, anche se oggi,
solo in apparenza, sembra che vi sia
scarso interesse per siffatti eventi, si
avverte la necessità di riscoprire
questi esempi che ci aiutano ad usci-
re dalle spire del consumismo e del
neo materialismo. E se può risultare
difficile ai nostri tempi comprende-
re, ad esempio, i contenuti.ed il si-
gnificato dell'oblazione, sarà age-
vole comunque richiamare l'atten-
zione su alcuni esempi del volonta-
rio donarsi di cui, certamente, nel
Novecento il maggiore esempio è
rappresentato dalla testimonianza
del vescovo Cognata. Ma a parte
queste considerazioni, che pur han-
no un'eccezionale importanza per la
vita della Chiesa, una ricostruzione
della vita di mons. Cognata, serena
e rigorosa, non può essere più disat-
tesa se non altro perché potrebbe ri-
velarsi uno degli aspetti più q ualifi-
canti delJa cosiddetta questione me-
ridionale ecclesiale.
Al di fuori di questa riflessione
generale sul passato meridionale,
religioso, sociale, economico, diffi-
cilmente si comprenderebbero i
contenuti di questo «libro di ecce-
zionale valore ed interesse» e, cioè,
la vicenda di mons. Cognata.
li fatto che don Cognata fosse si-
ciliano vescovo in una diocesi del
Mezzogiorno e fondatore di una
congregazione religiosa promossa
in diocesi di Reggio Calabria non
v'è dubbio che fu motivo di preven-
zioni che ebbero il loro peso nella
sua lunga e tormentata vicenda. Ma
a parte queste considerazioni uno
studio su mons. Cognata appare ne-
cessario per un maggiore approfon-
dimento della storia della Chiesa
dal pontificato di Pio IX al Vatica-
no 11, sia pure per far luce sull' azio-
ne di alto valore spirituale e tempo-
rale nelle Chiese locali e nèlla socie-
tà delle nuove congregazioni religio-
se. Ciò per delineare la spiritualità e
la pietà di queste istituzioni e dei lo-
ro fondatori, nonché le diverse for-
me di santità degli stessi fondatori e
di alcuni protagonisti, ma sia pure
per sapere qualcosa di più sugli at-
teggiamenti assunti dalle congrega-
zioni romane, dai visitatori aposto-
lici particolarmente durante il pon-
tificato di Pio X e dei delegati della
S. Sede presso alcuni di questi isti-
tuti, su tutta un'azione cioè che non
fu sempre serena perché compro-
messa da ben studiati disegni di
colonizzazione.
Ma una storia siffatta, quella cioè
di don Cognata e della sua congre-
gazione delle suore oblate è indi-
spensabile, anche, per una riflessio-
ne critica sul passato sociale ed eco-
nomico del Mezzogiorno e, preva-
lentemente, di quei territori dove
quotidianamente operavano queste
congregazioni, di territori cioè dove
lo Stato era di fatto <<assente» se
non per azioni repressive. Erano
terre queste dove la maggioranza
della popolazione era sottoposta a
sistemi di vita semifeudali dai più
forti e riponeva la sua unica speran-
za nel Santo patrono attraverso una
pietà popolare che, peraltro, rende-
va assai saldo il. rapporto tra Chiesa
e società.
Queste considerazioni preliminari
appaiono anche necessarie per evo-
care alcuni aspetti e momenti della
vita e dell'opera di mons. Giuseppe
Cognata, della sua famiglia e dei
fatti di Casal Bruciato.
Giuseppe Cognata appartenne ad
una famiglia di notabili di Agrigen-
to e, cioè, a quella borghesia isolana
che, spesso, si professa anticlericale
o del tutto aderisce alla massoneria
per dar prove di fedeltà al nuovo
governo dopo un passato di fedeltà
ai Borboni e con la prospettiva di
conservare potere e privilegi. Don
Vitale Cognata, padre del futuro
vescovo, come tanti altri notabili
del Mezzogiorno, laico e massone,
sceglie per l'educazione e la forma-
zione dei suoi figH un'istituzione re-
ligiosa e cioè i salesiani. Egli ben era
a conoscenza che le scuole statali
non garantivano una seria forma-
zione culturale, per questo decise di
inviare il giovane Giuseppe come al-
lievo interno all'istituto salesiano
San Basilio di Randazzo, in quel-
1'ambiente il giovane matura la sua
vocazione alla vita religiosa in una
congregazione, quella salesiana, che
dal Nord si era spinta, con successo,
nel Mezzogiorno, per decisione dei
suoi superiori maggiori, con pro-

3.10 Page 30

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30 · 7 DICEMBRE 1985
spettive educative e pastorali di alto
vigore.
L'opposizione di Vitale Cognata
alla vocazione di Giuseppe esplose
pubblicamente e con diverse inizia-
tive, il rispetto umano e la sua ap-
partenenza alla massoneria lo spin-
sero ad un fermo diniego. Giusep-
pe, però, alle offerte di un brillante
avvenire, ad assumere il «posto>>
che gli sarebbe spettato tra i notabili
della sua città natale, preferisce la
vita religiosa nella congregazione
salesiana, l'apostolato tra i giovani
e si distingue tra i suoi confratelli
prima e dopo la solenne professio-
ne, che considera (così in una lettera
a don Gusmano) «una data indi-
menticabile della mia vita». Dal
Collegio Capizzi di Bronte, signifi-
cativamente, scrive a don Rinaldi:
«ci venni tuttavia di buon animo
persuaso che noi qui possiamo e
dobbiamo fare del bene, pur fra
tante difficoltà, la cui soluzione
spetta ai superiori e non implica no-
stre responsabilità». Il contenuto
della lettera mette a nudo la «matu-
rità» spirituale del giovane salesia-
no a dir poco esemplare; egli non si
tira indietro dinnanzi alle difficoltà
ambientali per una idonea evange-
lizzazione, ma rimette, da buon reli-
gioso, ogni decisione ai superiori
senza accennare ad alcun commen-
to. Chiamato successivamente a di-
versi uffici risponde sempre con
prontezza, non evita fatiche e re-
sponsabilità, confidando «l'unico
mio riposo sono stati i giorni degH
esercizi spirituali a San Gregorio,
durante i quali potei serenamente
guardare al passato e pensare all'av-
venire con opportuni propositi. Mi
è rimasto un forte desiderio di la-
sciare le gravi responsabilità alla di-
rezione per tornare al sicuro lavoro
di suddito. Mi sono affidato all'ob-
bedienza, pur augurandomi di esse-
re presto appagato».
E questo un documento mol.to
importante che ci consente di sco-
prire le effettive radici spirituali di
un suo continuo abbandonarsi in
Dio e della sua oblazione che, poi, a
Trapani si affina allorquando avvia
una direzione spirituale con alcune
anime desiderose di perfezione, un
impegno questo che sta alla base
della promozione di un istituto reli-
gioso femminile. Siffatte corrispon-
denze meriterebbero di essere pub-
blicate perché mettono a nudo la
personalità di don Cognata salesia-
no, prete, direttore spirituale. Mol-
to fini sono infatti alcune sue consi-
derazioni, come ad esempio sulla
solitudine che, a suo giudizio, è solo
«dove non fiorisce la speranza, do-
ve non sorride la luce», oppure gli
inviti a essere «forte dell'uniformità
alla volontà del Signore» ed a pre-
gare coll'unire «i propri sospiri con
l'offerta del Martire Divino, che si
ripete sui nostri altari nella santa
messa». Queste considerazioni nella
direzione spirituale agevolarono
non poche anime alla scelta della vi-
ta consacrata e cementarono in
molti la convinzione che egli «era
un uomo giusto e operoso, nei ri-
guardi sia della vita religiosa che dei
confratelli; suo scopo - scrive il
coadiutore Vincenzo Ardu - era
quello di farci vivere sempre più
uniti col Signore». E ciò potrebbe
spiegare una sua affermazione che
spesso amava ripetere: «diventa ric-
ca di amore di Dio... ricordalo sem-
pre. Se non diventerai ricca così, sa-
rai infelice. Le povere consolazioni
umane non ti riempiranno mai il
cuore. Solo il Signore ti potrà sa-
ziare>>.
In questi, come in altri scrittj,
emerge la vera prospettiva della spi-
ritualità salesiana che ha le sue basi
nel compimento della volontà di
Dio. Don Cognata mette a dura
prova il suo rapporto con Dio con
l'impegno di coniugare la sua vo-
lontà come adesione alla volontà
del Signore. Don Bosco, il p. Cu-
smano, Annibale Di Francia, Brigi-
da Postorino posero infatti tra '800
e '900 l'adesione alla volontà di Dio
al centro della loro spiritualità. Don
Cognata, come questi protagonisti,
si impegnò nella ricerca e nell'a-
dempimento di una adorabile vo-
lontà divina che lo chiamava a pre-
cisi compiti (stimolanti affermazio-
ni si hanno su queste tematiche in
uno scritto di C. Naro). Se non si
studia quindi questa sua spirituali-
tà, questo suo attivismo che nasce
da un senso altissimo di dipendenza
da Dio, da una esperienza di pover-
tà interiore, da uno spogliamento
radicale di sé, non si possono com-
prendere gli eventi successivi della
sua travagliata esperienza.
Un coadiutore salesiano ha scrit-
to di lui: era di una pietà soda e con-
vinta. Nella sua vita traspariva la
sua muone con Dio. Ed egli, signifi-
cativamente, aveva scritto a Vincen-
zina De Simone: Chi lavora e vuole
far bene, dev'essere provato ad af-
frontare ostacoli e a sostenere lotte:
ma confidando nell'immancabile
aiuto del Signore si ha forza, e si
procede con sante consolazioni>>.
Unione con Dio, quindi, nella pre-
ghiera, confidare nell'aiuto di Dio
ed adempiere la sua volontà. Con
queste ferme convinzioni spirituali
accoglie con serenità il mandato
apostolico del 16 marzo 1933 di ve-
scovo di Bova, una diocesi poveris-
sima, isolata soprattutto per man-
canza di vie di comunicazioni, senza
seminario e con un clero modesto
quantitativamente e culturalmente.
Bova negli anni trenta non era di-
versa da quella descritta dal vescovo
Giuseppe Maria Giove nel 1834,
cento anni prima; quel presule così
scriveva al re di Napoli: «Bova è
messa sulla vetta di una altissima
montagna, orrida, spaventevole, di-
sperata, circondata da rupi e da bai~
ze e da orribili avvallamenti. Fab-
bricata tutta alla spalla, e quasi at-
taccata all'erto pendio della monta-
gna, la cattedrale con la casa del ve-
scovo è sulla sommità dell'Appen-
nino, sola ed isolata dal resto degli
abitanti; circostanza desolantissima
per un infelice vescovo, qui relegato
ad abitare co' Cristo...; i paesi sono
più orribili e disperati, la loro situa-
zione è tale, che posti a paragone
con Bova, Bova è Napoli. Non vi
sono strade che menino alla città e
da questa ai paesi della diocesi, ma
viottoli a guisa di merli, e cornicioni
situati sul dorso di montagne, e al
pendio di esse, che spaventano chi
non vi nacque...; non possono usar-
si vetture a ruote, né se ne ha idea
alcuna, ma bisogna camminare a
piedi, chi ha gambe buone, o addos-
sarsi ad un animale da soma con le
gambe a penzoloni. Da novembre
fino a maggio non può durarla chi
non vi nacque, il freddo e la rigidez-
za dell'aria, l'umido continuo, le
dense nebbie, il gelo, le nevi e i venti
aquilonari, e non pochi grecali, per
un forestiere formano un vero pur-
gatorio».
Mons. Cognata si pone subito al

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - - - -- - --#
lavoro, approfondisce dopo attento
studio le condizioni generali del ter-
ritorio che visita più volte malgrado
le non poche difficoltà logistiche,
l'opposizione del clero ad ogni no-
vità pastorale, il diffuso analfabeti-
smo e la prepotenza del notabilato.
Per sopperire alle difficoltà e pro-
muovere un'idonea pastoralità ed
opere sociali chiede l'istituzione di
conventi ed istituti religiosi, ma nes-
sun ordine o congregazione accetta
un apostolato cosl difficile per non
esporre religiosi e religiose a gravi
disagi. Allora - scrive mons. Co-
gnata - «mi si presentò un'idea,
che mi si era presentata più volte al
vedere sfumare i miei vari tentativi
presso i diversi istituti religiosi, e
che sempre avevo scartato. Non si
trovavano suore che si adattassero a
condividere disagi e miseria con le
poverissime popolazioni della Cala-
bria, bisognose di necessità vera-
mente missionarie». La situazione
era veramente drammatica per tutte
le piccole ed isolate diocesi del Mez-
zogiorno sin dopo la promulgazione
delle leggi eversive del 1867, il fiori-
re negli anni successivi di un congre-
gaziorusmo nuovo aveva in qualche
modo sopperito a queste necessità,
ma in età di Pio XI la situazione si
presentava ancora drammatica. In
Calabria infatti negli anni del fasci-
smo l'incredulità era divenuta una
minaccia per la religione, compro-
messa l'azione pastorale nelle cam-
pagne, la borghesia assumeva atteg-
giamenti anticlericali e vittima di
questa triste realtà fu il vescovo di
Bova, mons. Giuseppe Cognata,
destituito dalla Congregazione con-
cistoriale sulla base di accuse di al-
cuni membri del suo clero, accuse
che più tardi dovevano rivelarsi fal-
se e prive di ogni fondamento.
Mons. Cognata, appunto per
sopperire alle urgenti necessità spi-
rituali e temporali di. Bova e della
Calabria, aveva fondato la congre-
gazione delle Suore salesiane oblate
del S. Cuore, ma alcuni parroci,
ostili ad un vero impegno pastorale,
non accettarono l'ideale e l' impe-
gno missionario delle oblate, l'in-
tensità dell'azione quotidiana del
vescovo, si sentirono controllati e lo
calunniarono. Non è ancora possi-
bile allo stato attuale delle ricerche
ricostruire nei particolari questa vi-
cenda, certo è che la nuova congre-
gazione seppe farsi carico di un dif-
ficilissimo apostolato nelle più im-
pervie località della Calabria, della
Sicilia e del Lazio, con «zelo arden-
te per le anime e prontezza a ogni
forma di offerta e di immolazione,
anche la più dura ed umiliante». E
proprio negli anni della maggiore
espansione dell'istituto si ebbero
per il fondatore le prove più dure:
dalle lettere anonime spedite da Or-
vieto ai fatti di Casa} Bruciato dove
un signorotto, legato da forti vinco-
li di arrucizia con Mussolini, si senti
mortificato per la ferma decisione
di mons. Cognata di allontanare le
suore dalle sue terre e lo calunniò
con la complicità di qualche zelante
prelato molto vicino al regime. Ma
da alcuni anni mons. Cognata, fon-
datore dell'oblazione, si era immo-
lato per la conversione di suo padre
e l'ottenne, il figlio vescovo però
non ebbe la possibilità di assisterlo
neppure quando era morente né po-
té celebrare le sue esequie. Tutto ciò
si comprende solo attraverso un'at-
tenta lettura degli scritti di mons.
Cognata e del suo esemplare com-
portamento negli anni del duro esi-
lio; in quegli anni gli fu vicino il ve-
scovo di Treviso mons. Mistrorigo
che scrisse: «conobbi soprattutto la
sua croce, pesantissima in verità,
ma ciò non ostante tale da non riu-
scire a piegarlo e a vincerlo; giovò
anzi a porre meglio in evidenza l'al-
I DICEMBRE 1985 31
to grado di sua virtù». Nel '39 il ve-
scovo cosl scriveva alla Voltaggio:
«.. . il Maestro divino mi ha voluto
in questa quaresima più vicino alla
ferita del suo Cuore, perché io po-
tessi salire tutto il mio Calvario, ed
assicurare la vita e la gloria alla fa-
miglia dell'Oblazione»; ed alla stes-
sa, nel 1940: « .. . il Maestro mi ha
associato anche a quest'ultimo atto
(il Calvario) per affrettare il trionfo
delle sue Oblate, in cui sarà anche la
mia Resurrezione»; e, successiva-
mente: « figlia mia siamo alla sepol-
tura. È l'ora dell'ultima prova: sap-
piamo sostenerla in silenzio, abban-
donati al Cuore di Gesù».
Sono scritti spirituali, questi, di
altissimo valore, che solo un mani-
re che si avvia al supplizio docil-
mente accetta, anzi invoca. In quel
momento difficile e tormentoso
mons. Peruzzo, passiorusta e vesco-
vo di Agrigento, gli assicura fervide
preghiere «come in tempi di perse-
cuzioni - scrive il presule - viene
confortato colui che si avvia al mar-
tirio e per il martirio a Dio» . Ebbe
la consolazione negli anru dell'esilio
a Rovereto di incontrare due delle
sue antiche figlie che si erano a lui
ribellate e che imploravano il perdo-
no del padre; furono vent'anni per
lui, quelli dell'esilio, di vero calva-
rio, per tutti era, e doveva essere,
don Cognata ed era vietato di parla-
re di lui vescovo o delle Oblate, ed
egli portava sotto la talare ben na-
scosta la croce pettorale di vescovo.
Ricca di significato è la testimo-
nianza di don Albeitrn, suo confes-
sore: «in dodici anni nelle sue accu-
se non trovai materia che si potesse
giudicare colpa volontaria. Quando
lasciava il confessionale io sentivo
che il più eil meglio l'aveva dato lui
a me». Non meno significativo è
quello che egli amava ripetere: nelle
prove della vita che Dio permette, la
formula della santità è questa: <<ta-
cere, pregare, soffrire». Volle la
provvidenza che mons. Cognata,
vescovo titolare di Farsalo dopo la
sua reintegrazione, concludesse a
Pellaro io diocesi di Reggio Cala-
bria, luogo della prima missione
delle sue Oblate, la sua vita terrena.
Era l'anno 1972 ed aveva 87 anni di
età.
Pietro Borzomati

4.2 Page 32

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GERLANDO LENTINI
Un santo a Palermo Giacomo
Cusmano, Città Nuova editrice,
Roma 1985, pp. 483, L. 16.000.
scovo di Palermo, alla sua mor-
te ebbe a dire: •Avevo chiesto al
Signore che mi desse un don
Bosco per la mia Palermo, e mi
diede padre Cusmano!»
Ho letto la biografia del beato E come don Bosco padre Cu-
Giacomo Cusmano e sono rima- smano Inculcò l'amore all'Euca-
sto affascinato dalla spiritualità restia, da cui scaturivano la sua
evangelica estremamente sem-
plice di questo santo uomo che
della vita ne ha fatto un dono to-
tale al Signore, vedendolo ed
amandolo francescanamente in
tutto il creato e servendolo eroi-
camente nei poveri e negli am-
azione apostolica e la sua sa-
cerdotale testimonianza; l'amo-
re a Maria «nostra Madre San-
tissima• e l'amore alla preghie-
ra respiro necessario per l'ani-
ma. Questi assieme a tant'altri
gli aspetti della figura straordi-
malati.
Lo stile chiaro, semplice,
scorrevole ed accessibile al let-
tore di qualsiasi formazione cul-
turale ne rende la lettura piace-
naria di Padre Cusmano messi
In luce in modo Impareggiabile
dall'autore in un volume di qua-
si cinquecento pagine. (Salvato-
re Mangiapane).
vole e gratificante.
Chiunque awlcinandosi a
questo Beato può ricevere sti-
molo per riscoprire Il significato
della propria vocazione e viverla -
alla luce della sua spiritualità: vi-
PIERFRANCO CHIADÒ
(a cura di)
vere come Gesù alla presenza
di Dio, ricevendo tutto dalle ma-
ni di Dio e facendo tutto per pu-
ro amore di Dio.
Uomini e Donne contro cor-
rente, ElleDiCi, Leumann (TO),
1985, pp. 85, L. 2.800.
Il Santo è l'uomo che si avvici- Ecco un libretto utile per gior-
na più degli altri alla perfezione nate vocazionali nelle parroc-
divina, è colui che allo sviluppo chie e per una presentazione ra-
armonico di tutte le virtù umane pida della vita religiosa. Peccato
innesta mirabilmente la vita inti- che il capitolo dedicato alla pre-
ma della SS. Trinità, vivendo in sentazione delle Famiglie reli-
modo esemplare le virtù teolo- giose si sia limitato a presentare
gali. La carità di padre Cusma- quelle operanti nella Diocesi di
no è una carità senza limiti se- Ivrea.
condo la logica evangelica: il
suo è suo fino a quando non c'è
un altro che ne ha bisogno. Im-
merso nella dura realtà quotidia-
na del poveri più poveri, degli
ammalati, dei derelitti, immagini
di Gesù sofferente, condivise i
loro bisogni materiali e spirituali
Riconciliazione cristiana e
comunità degli uomini. Loreto
9-13 aprile 1985", editrice AVE,
Roma 1985, pp. 552, L. 29.000.
fino al dono di tutto se stesso. Si A sei mesi dal Convegno ec-
è fatto paolinamente parlando clesiale di Loreto appaiono in li-
tutto a tutti fino all'eroismo; pas- breria gli Atti: RICONCILIAZIO-
sò come Gesù facendo del bene NE CRISTIANA E COMUNITÀ
a tutti.
DEGLI UOMINI (Editrice AVE,
La fede del Cusmano opera pp. 552, L. 29.000). La Confe-
meraviglie chiamando in causa renza Episcopale Italiana e l'E-
nei momenti più delicati e diffici- ditrice dell'Azione Cattolica so-
li della sua azione a favore di no dunque riuscite a raccogliere
quella parte più bisognosa del e riordinare l'ampio e comples-
gregge di Cristo che più lo rap- so materiale di Loreto e ad offrir-
presenta, l'onnipotenza divina. lo tempestivamente a tutta la
Attorno a lui è stato un fiorire di Chiesa Italiana.
attività ordinate tutte alla promo- Oltre a presentare la versione
zione umana e spirituale dei de- definitiva del testi già noti, il vo-
relitti: l'aiuto dato al povero, mi- lume contiene una quantità dì
ra a redimerlo, a ridargli la digni- materiale inedito soprattutto per
tà dì persona e ad educarlo alla quanto riguarda ìl lavoro delle
fede.
ventisei commissioni dì studio.
La vita di padre Cusmano ha E proprio si era rivelato con
molto della vita di Don Bosco. maggiore ed imprevista chiarez-
Il cardinale Celesla, arclve- za il volto vivace e innovatore
L'AUTORE
DEL MESE
Don Pietro Clccarellì ha
pubblicato •Don Bosco in
episodi•, quasi a comple-
tamento di una trilogia for-
mata con gli altri due volu-
mi «Don Bosco al teleo-
biettivo» e •Don Bosco alla
ribalta». Gli abbiamo posto
qualche domanda.
D. Come sono nati questi tre volumi?
R. Dalle conversazioni con gli altri. Nei colloqui a
tu per tu o dinnanzl a un uditorio, mi aweniva di rife-
rirmi a tratti della vicenda di Don Bosco: servivano
egregiamente da spunto o da convalida di un tema. E
sovente nasceva la sorpresa per cose mai udite narra-
re e con la sorpresa la domanda: dove attingere tali
n?tizie? Dafl~ MEMORIE BIOGRAFICHE (sigla MB).
D,vulgaretali cose, non conosciute eppure stimolanti
fu l'intento del tascabile DON BOSCO AL TELE:
OBIETTIVO.
D. Aveva un piano in mente?
R. No. Anzi, detto volumetto per me non era il
•_Prim~» ma l'un)co. ~·avrei pubblicato senza supporti
finanziari e al d1 fuori di una regia editoriale: isolata-
mente. _Anni prima avevo fatto così con ìl Repertorio
Alfabetico delle MB (ora è alla 2• edizione presso la
Direzione Generale). Don Bosco dimostrò di essere
un buon veicolo di se stesso. Poi il discorso venne
fuori alla SEI con il Direttore Generale, Dr. Pivano:
e·gli subito volle il libretto nei catalogo, e gliene sono
ancora grato; in seguito fece voti che il... neonato non
restasse figlio unico; infine, quando fu pronto DON
BOSCO ALLA RIBALTA, disse che dovevo fare una
collana .
D. Lei conosce bene le MB: le considera un mo-
numento storico passato o ritiene che possano «parla-
re» ancora oggi?
R. Della sua domanda sono rimarchevoli ambe-
due gli elementi: il passato e l'oggi. 119 volumi di tale
opera rispecchiano un passato, ne sono il monumen-
to, poggiano su basi storicamente solide: ossia sono
attendibili. Ml piace sottolinearlo. Anche perché Don
Bosco camminava e agiva ai limiti dell'incredibile.
Tant'è vero che egli previde l'obiezione scettica: «Si
d!rebbero cose ~el ~edioevo, notò, e accadono 09-
9 1... Sono cose d ogm momento. Eppure i posteri non
le vorranno credere e le porranno tra le favole•. I po-
steri sono bell'e venuti...
Vede. Al primo impatto con quei 19 libroni (un solo
impatto non basta) il lettore è preso dai filone narrati-
vo: l' interesse si polarizza su fatti e fatterelli. Poi ci
torna sopra e tira fuori il periscopio: cerca l'animus
del biografo. Trova schietta ammirazione; intanto qua
e là vede emergere chiaramente una radicata volontà
di narrare documentato.

4.3 Page 33

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- - - - - - -I - - - --58- della Chiesa italiana, espresso te notizie sulla composizione, le
1 DICEMBRE 1985 · 33
ANASTASIO
dai duemila delegati •di base•.
«Riconciliazione cristiana e
comunità degli uomini• si apre
con la Nota pastorale del 9 giu-
gno 1985 in cui la CEI aveva ef-
ficacemente riassunto e fatto
proprio lo •Spirito• di Loreto. Gli
•atti• veri e propri sono poi sud-
divisi in sei parti.
introduzioni e le sintesi di ogni
commissione.
Nella quinta parte si offrono i
testi per cosi dire «conclusivi•:
le relazioni dei moderatori degli
ambiti il commiato del presiden-
te della CEI cardinale Anastasio
Ballestrero.
La sesta parte infine raccoglie
audloYISlvo
peda~
!e:"!-,
Ml
BALLESTRERO (card.)
Vita consacrata, dono di re-
denzione, ElleDiCi, Leumann
(TO), 1985, pp. 113, L. 3.800.
Il volume raccoglie un •corso
di esercizi spirituali• predicato
dall'arcivescovo di Torino cardi-
nale Anastasio Ballestrero alle
La prima raccoglie le parole documentazioni e allegati tra
religiose della sua Diocesi.
pronunciate a Loreto da Giovan- cui l'elenco dei partecipanti, i
E del resto - dice don Paolo
ni Paolo Il in quattro diversi mo- messaggi di adesione, una cro-
Ripa, vicario diocesano per la
menti: l'allocuzione in assem- nologia della preparazione e ma•, è di informazione teorica e vita religiosa Introducendo la
blea, l'omelia sul piazzale del dello svolgimento del convegno. di conoscenze razionali indi- pubblicazione - tutti conosco-
Santuario, la preghiera nella
spensabili sull'argomento.
no quanto Il cardinale arcivesco-
santa casa, il saluto al termine
La seconda, "Applicazioni vo di Torino, padre Anastasio
della concelebrazione.
pratiche•, propone esercizi di del SS. Rosario, si sia dedicato,
La seconda è dedicata al Van-
PIERRE LEBEL concreta formazione personale in passato, alla predicazione di
gelo della riconciliazione con
l'omelia del cardinale Ballestre-
ro, Il saluto del vescovo Capovil-
la e del sindaco Brugiamolini.
Audiovisivo e Pedagogia, Elle-
DiCi, Leumann, {TO), 1985,
pp. 179, L. 10.000.
presentati In modo progressivo.
Si tratta di un libro utile so-
prattutto se impegnato nel diffi-
cile campo dell'educazione gio-
esercizi spirituali al religiosi e al-
le religiose.
Le conferenze pubblicate so-
no state tratte direttamente dal-
La terza parte contiene il testo La collana •Espressione e Co- vanile dove si ha bisogno di indi- la registrazione; dello stile par-
definitivo delle relazioni fonda- municazione• dell'Editrice Elle- cazioni operative ben precise. È lato conservano dunque il limite
mentali di don Bruno Forte, del DiCi si è arricchita di un nuovo questa concretezza di Indicazio- e il pregio.
prof. Armando Rigobello e del volume dedicato all'audiovisivo ni che rende utile non soltanto Il corso di esercizi pubblicato
card. Pappalardo.
ed in particolare ali'uso didatti- questo volume ma l'intera Colla- rappresenta un vero e proprio
La quarta parte, che da sola è co-pedagogico del film, della na che •vuole contribuire alla commento spirituale al docu-
più di metà del volume, rivela il diapositiva e del videoregistrato- conoscenza della complessità mento •Redemptionis donum•
cammino delle ventisei commis- re. L'opera - tradotta dal fran- del processi conoscitivi e aiuta- che recentemente è stato pro-
sioni di studio. Oltre alle introdu- cese - è divisa in due parti. La re gli educatori all'uso di lin- mulgato da Papa Giovanni Pao-
zioni agli ambiti sono qui riporta- prima, •Conoscenza del proble- guaggi adeguati•.
lo Il.
Musica
come espressione
La musica popolare è la musica
più antica, quella che affonda le
proprie origini nel meandri di un
tempo oscuro e senza nome,
quasi fosse da sempre, mai
scritta da alcuno e da tutti cono-
sciuta: sembra sorgere con gli
stessi uomini, con la loro neces-
sità di tirar fuori in canto te gioie,
i dolori, le malinconie, le opere
stesse di cui è intessuta la vita
quotidiana. È la musica che ren-
de tutti uguali e fratelli perché è
dì tutti, come la ninnananna,
che con i suoi semplici e brevi
motivi cullanti Ispira dolcemente
Il sonno a tutti i bambini del
mondo, quando si fa sera; e poi,
durante il giorno le cantilene e
le filastrocche a intrattenere i
giochi puerili con melodie da ri-
tornello orecchiabili e ridancia-
ne accompagnate da salti e
danze.
Chi ne è l'autore? Non si sa:
forse qualche vecchio saggio
che In poche note nascondeva
una verità della vita, un piccolo
segreto ridotto in sentimenti ca,
nori da tutti accolto come patri-
monio comune, quasi familiare,
perché a tutti immediatamente
comprensibile. Quelle melodie e
quei ritmi poi entravano a far
parte di un'eredità genetica che
ancora oggi lega i popoli alla
propria terra, alla patria, al suo-
lo cioè del padri che continuano
a tramandare voci e gesti da
millenni, spirando In essi una
calda aura di affetti familiari.
Schiettezza e semplicità sono
le due dimensioni di questo pro-
rompere in musica dei senti-
menti umani, secondo una ma-
niera originale e irripetibile da
luogo a luogo: nei canti popolari
russi cosi ritroviamo I mesti la-
menti corali delle genti tormen-
tate dalla miseria e dal freddo
dei lunghi inverni continentali,
mentre, ad esempio, nella •bar-
carola• napoletana risplendono
i colori solari di un golfo mediter-
raneo, i sorrisi giocondi di un
popolo aperto all'ottimismo e al-
la gioia festante della vita.
Il canto popolare segue passo
passo l'uomo negli avvenimenti
più svariati che costellano la
sua esistenza: l'amore compare
nelle serenate e nelle albe, ese-
guite sotto la finestra della don-
na amata, come dicono i termi-
ni, rispettivamente alla sera e al
primo mattino, o negli stornelli,
diffusi soprattutto in Toscana,
spesso rimanti con il nome ro-
mantico èl'un fiore, che talora
acquista pure Il valore di un Im-
properio nella stizza dell'amore
tradito.
Il lavoro e la sofferenza ricor-
dano i celebri canti dei battellieri
del Volga, In cui le movenze
ritmico-melodìche seguono gli
sforzi simultanei degli uomini
che faticosamente trascinano le
navi contro la corrente del fiu-
me; ricordano i blues e gli spiri-
tuals degli africani tratti a lavo-
rare nelle piantagioni del nuovo
continente, tra disperazione e fi-
ducia in Dio, cosl come dicono
le parole di un notissimo canto
intitolato • Nobody knows•:
•Nessuno conosce le pene che
ho provato, nessuno le conosce
tranne Gesù. Gloria, allelujal
Talvolta sono felice, talvolta so-
no proprio giù. Oh, si Signore,
talvolta sono quasi a terra•.
E poi ci sono i canti e le danze
della festa, degli amici che si In-
contrano nella gioia, come lata-
rantella, che aveva un'origine
propiziatoria e terapeutica (a
guarire dai morsi della taranto-
la), le sardane e le monferrine,
le danze gitane e le furlane, cioè
del Friuli, i saltarelli, il trescone,
la polka e gli zapateados.
La musica popolare esprime
tutto, di tutti e per tutti. E Don
Bosco che per i suoi giovani del
popolo aveva pensato proprio a
tutto poteva anche avvertirli:
•Gioventù senza musica è come
corpo senza anima...
Sergio Centofantl

4.4 Page 34

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_ STORIA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
34 · 1 DICEMBRE 1985
I N DON BOSCO
LE VIRTÙ DEL BUONO
E VECCHIO
PIEMONTE
NATALE CERRATO
Un libro del nostro collaboratore
Natale Cerrato ripropone la
<<piemontesità» del Sarlto
educatore. Ne parliamo.
DON BOSCO
E LE VIRTÙ
DELLA SUA GENTE
L'articolo 21 del nuovo
testo costituzionale della Società
Salesiana, nell'attribuire a Don Bo-
sco le «virtù della sua gente», pur
riferendosi in particolare a virtù cri-
stiane, inquadra più in generale la
sua figura in una realtà culturale e
socioeconomica variegata dalla
quale emergono gli spunti più evi-
denti del carattere piemontese.
Operazione peculiare risulta dun-
que quella di individuare quali sia-
no queste virtù tipiche del carattere
piemontese e di ritrovarle in Don
Bosco e nei suoi conterranei.
Nel volume Don Bosco e le virtù
della sua gente (edito dalla Libreria
dell'Università Salesiana di Roma),
Natale Cerrato contribuisce ad una
più completa comprensione della
personalità del Santo inquadrando-
la nella cultura del suo paese d'ori-
gine e ricerca le qualità dei piemon-
tesi in Don Bosco e in altri perso-
naggi di varia estrazione, anche
controversi, «ma tutti figli dello
stesso tempo e della stessa terra».
Ciò senza cadere in futili campanili-
smi, ma considerando con realismo
che l'ambiente nel quale visse Don
Bosco non coincide perfettamente
con quello di altre zone.
Alla «grande famiglia piemonte-
se» apparteneva Vittorio Emanuele
11, al quale non si possono negare
collana
SPIRITO E VITA
14
LA·S- ROMA
due caratteristiche del piemontese:
«il buon senso e la concretezza».
Alcuni aneddoti, che sono in real-
la fonte più efficace per cogliere
lo spirito di un popolo, dipingono
chiaramente la capacità del re dico-
gliere il lato grottesco delle situazio-
ni. Famosa è la sua battuta sull'el-
mo di Scipio dell'inno di Mameli, i
cui versi evidentemente il sovrano
non amava; a suo parere infatti
quell'elmo sarebbe servito per feje
drinta la pasta sùita (per cuocervi la
pasta asciutta).
Ancora un aneddoto ricorda le
sue parole a Costantino Nigra dopo
le invettive di Cavour contro il re al
tempestoso incontro di Monzamba-
no: Nigra ch'a lo men-a a deurme
(«Nigra, lo porti a riposare>>).
Ma anche l'uomo comune aveva
una precisa percezione della realtà,

4.5 Page 35

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-----------#-
1 DICEMBRE 1985 · 35
e frasi ricorrenti nel linguaggio dei
vecchi piemontesi erano ad esempio
«non fare il passo più lungo della
gamba», o «non è detto che ciò che
non è bianco sia nero» o «chi si
mette ad osservare tutte le nubi,
non si mette mai in viaggio>>.
Anche mamma Margherita usava
intercalare il suo dire con proverbi
che sottolineavano buon senso e
concretezza.
«Di queste qualità Don Bosco
diede prova indiscussa». Un esem-
pio: nel 1854 decise di dare il via ad
una legatoria che «avrebbe dato la-
voro e procurato qualche utile
risparmio».
Ma nessuno se ne intendeva e non
c'era il denaro per stipendiare un
capo d'arte esterno. Don Bosco ra-
dunò intorno a sé alcuni alunni. De-
pose sul tavolo i fogli stampati di un
libro dal titolo Gli Angeli Custodi e,
chiamato un giovane, gli disse:
- Tu farai il legatore!
- Io legatore? Ma come farò se
non so nulla di questo mestiere?
- Vieni qui, vedi questi fogli?
Bisogna incominciare dal piegarli.
Si sedette vicino al ragazzo e li
piegarono insieme.
- Ora bisogna cucire il libro e
incollarvi sopra la copertina.
La cucitura riusci abbastanza be-
ne e, con un po' di pasta, si provvi-
de all'incollatura. Poi si trattava di
rifilare i fogli. Chi proponeva di
usare un coltello, chi le forbici. Don
Bosco andò in cucina, prese il cia-
pulor o coltello a mezza luna per tri-
tare e, con quello, riuscì a rifilare il
libro fra le risate degli alunni.
Fece poi qualcosa che somigliava
alla doratura con un po' di terra
d'ambra mescolata con vernice.
Il libro si poteva dire legato; il la-
boratorio inaugurato. - Voi ridete
- diceva Don Bosco - ma io so
che in casa nostra ci deve essere
questo laboratorio e bisogna inco-
minciare».
Il piemontese autentico è inoltre
dotato di «tenacia temporeggiatri-
ce»; provveduto di questa virtù era
Lapide ricordo di Francesco Cirio
Carnillo Benso Conte di Cavour; è
dunque interessante confrontare il
tenore di alcune sue parole con
quelle di Don Bosco così come ce le
propone Cerrato nel suo volume:
racconta il Massari che un giorno il
Cavour conversando con Domenico
Carrutti sulla libertà della Chiesa
disse: «Vedo la linea retta per andar
là: è questa. Se a mezzo del cammi-
no incontro un impedimento insu-
perabile, non ci darò del capo con-
tro pel gusto di rompermelo, ma
non ritornerò neppure indietro.
Guarderò a destra e a sinistra e, non
potendo seguire la linea retta, pi-
glierò la curva. Girerò l'ostacolo
che non potrò attaccare cli fronte».
Molto simili ci appaiono le parole
di Don Bosco: «quando io incontro
una difficoltà, sia pure delle più
grandi faccio come colui che andan-
do per strada ad un punto la trova
sbarrata da un grosso macigno. Se
non posso levarlo di mezzo, ci mon-
to sopra o per un sentiero più lungo
vi giro attorno.
Oppure, lasciata imperfetta l'im-
presa incominciata, per non perdere
inutilmente il tempo nell'aspettare,
dò subito mano ad altro. Non perdo
però mai di vista l'opera primitiva
interrotta.
Intanto col tempo le nespole ma-
turano, gU uomini cangiano, le dif-
ficoltà si appianano».
Don Bosco possedeva la tenacia
piemontese di Cavour, e ne diede
prova per tutta la vita fin dalla fan-
ciullezza. Nel difficile biennio
1844-46 il nascente Oratorio, veniva
sfrattato dai locali dell'Ospedaletto
della Marchesa di Barolo, poi dal
Chiostro del cimitero di San Pietro
in Vincoli e infine dalla zona dei
Molassi, da casa Moretta e da Prato
Filippi. Chiunque avrebbe abban-
donato l'impresa: nel 46 Don Bosco
trovava come sistemazione per il
suo Oratorio una povera tettoia di
zona Valdocco.
Così egli stesso descrive la nuova
sede dell'Oratorio: «Era una tettoia
prolungata, che da un lato appog-
giava al muro, dall'altro terminava
all'altezza di circa un metro da ter-
ra. Poteva servire per necessità, a
magazzino o per legnaia e non di
più. Per entrarci ho dovuto tenere
chino ilcapo a fine di non urtare nel
solaio. Corsi tosto da' miei giovani;
li raccolsi intorno a me e ad alta vo-
ce mi posi a gridare: - Coraggio,
miei figli, abbiamo un Oratorio che
è colà in casa Pinardi -. E loro ad-
ditavailluogo». Da quella sede non
sarebbero più stati sfrattati.
Porta Palazzo è il centro popola-
re di Torino, allora era anche il re-
gno di Cichin Cirio; oggi nell'attua-
le piazza della Repubblica una lapi-
de lo ricorda con queste parole:
Francesco Cirio
con fede iniziatrice,
con ardimentosa energia
fra glorie e dolori
suscitò
vittoriose fortune
per gli agricoltori italiani
insegnando
nuovi commerci, nuove vie,
nuovi mercati.
Francesco Cirio, figlio di un po-
vero mediatore di granaglie conob-
be fin da ragazzo tutti i tipi di me-
stieri più umili; è il classico esempio

4.6 Page 36

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36 · I DICEMBRE 1985
Giuseppe Benedetto Cottolengo
Leonardo Murialdo
Giovanni Lanza
dell'uomo che virtuoso «d'operosi-
industriosa», dal nulla si fa da sé.
Col sudore e la fatica inventò
l'industria di conserve alimentari
che ancora oggi porta il suo nome.
Insieme ad altri fu colui che nella
seconda metà dell'ottocento tramu-
Torino da Capitale del Regno in
«Capitale del lavoro».
«Io quegli stessi anni - scrive
Cerrato - operava a Torino un al-
tro pioniere del lavoro, Don Bosco.
Il suo scopo non era quello di creare
industrie, ma piuttosto di formare
al lavoro e avviare ad una professio-
ne giovani resi operosi e onesti in un
ambiente sano e tecnicamente at-
trezzato, quali divennero le sue
scuole e i suoi laboratori».
Lo stesso Don Bosco descrive nel-
le Memorie dell'Oratorio i numero-
si lavori che fece in gioventù per
mantenersi agli studi: fece iJ pasto-
rello, il garzone di campagna, il vi-
gnaiolo, il falegname, il fabbro, il
calzolaio, il cappellaio, il cestaio, il
caffettiere, il liquorista, il pasticce-
re, il cuoco; s'improvvisò anche
barbiere ed infermiere.
Queste esperienze risulteranno
per lui preziose nelle iniziative per
avviare ad un mestiere i giovani di
Valdocco.
Un uomo faceto dalla conversa-
zione brillante era Giuseppe Bene-
detto Cottolengo; a chi lodava la
sua opera rispondeva in questo mo-
do: «non so mai cosa fare, trovassi
almeno con chi giocare una partita
alla morra o a tressette!» Per Jui as-
sistere i poveri nelle loro sofferenze
era «bere un fiaschetto». Questa
«arguzia bonaria» del piemontese
era sempre presente anche nelle
conversazioni di Don Bo.sco. Spesso
egli la esercitò, pur fra gravi umilia-
zioni, nel cercare di raccogliere de-
naro per le sue opere e persuadere i
suoi benefattori. Cerrato ricorda
questo episodio: «Una vecchia con-
tessa, molto ricca e religiosa, aveva
il debole di offendersi acerbamente
quando si accennava alla sua età
avanzata. Avendo una figlia che ol-
trepassava ormai i trent'anni, riu-
sciva per lei cosa insopportabile l'u-
dirsi indicare come "la contessa
vecchia".
Don Bosco, incontratosi con lei le
disse:
- Sono proprio felice di questo
incontro. E la Contessa Sua Madre
Quintino Sella
come sta?
- Mia madre è un pezzo che il
Signore l'ha presa con sé.
- Ma come? Poche settimane
fa, nti dissero che stava benissimo!
- Lei si sbaglia, forse mi ha
scambiato per mia figlia. Io sono la
contessa madre!
- Davvero? Lei sta così bene
che è facile prendere un abbaglio.
- Cosa vuole mi mantengo co-
me meglio posso.
- Ed io prego il Signore che La
conservi ancora per molti anni.
Da quel momento la contessa fu
tutta per Don Bosco e, finché visse,
continuò a beneficiarlo».
Abbiamo dunque accennato a
qualità tipiche del carattere piemon-
tese come buon senso e concretezza,
tenacia temporeggiatrice, operosità
industriosa, arguzia bonaria; ad es-
se si possono aggiungere senza esau-
rire l'elenco frugalità e risparmio,
volontà di fatti e non parole, senso
religioso della vita, senso del dove-
re, amore alla propria terra, gusto
della propria lingua. Altri perso-
naggi della grande famiglia subalpi-
na come ad esempio Giovanni Lan-
za, Quintino Sella, Giovanni Giolit-
ti, Angelo Brofferio, dimostrano di
essere dotati di queste virtù.
Individuare «le virtù della sua
gente» in Don Bosco, e cogliere per
cosl dire la sua «piemçmtesità>> non
può che confermare quanto scrisse
il Joergensen: «Don Bosco non è un
miracolo; è un prodotto, un risulta-
to, un frutto del popolo a cui ap-
partiene».
Maria Gallozzo

4.7 Page 37

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I NOSTRI
SANTI
I DICEMBRE 1985 · 37
MACCHINA RIDOTTA
A ROTTAME
S e sono ancora viva devo
dire grazie all'Intercessio-
ne di Maria Ausiliatrice. Mentre
mi trovavo alla guida della mia
macchina, Improvvisamente
un' auto sbucava da una via se-
condaria a piena velocità provo-
cando un terribile scontro. L'ur-
to è stato violento, la macchina
ridotta a un rottame, io esco ille-
sa: un vero miracolo ! Una volta
ancora, la Madonna da me sem-
pre invocata ed amata, ha mani-
festato la sua potenza ed il suo
amore.
Adriana Conchatre Chatillon
GRAVE BLOCCO
PSICOLOGICO
D esidero esprimere la mia
gratitudine a Suor Euse-
bia per aver ascoltato le invoca-
zioni di una mamma angoscia-
ta; mia figlia Chiara da circa due
anni non riusciva ad emergere
da un grave blocco psicologico
che le impediva di condurre una
vita normale.
Ho pregato con fervore e so-
no stata esaudita; esorto quindi
tutti coloro che soffrono a rivol-
gersi con fiducia a Suor Eusebia
Palomino.
Lettera firmata Roma
IMPROVVISA PARALISI
TOTALE
M io padre nel mese di
aprile fu colpito improv-
visamente da una paralisi totale
causata da un virus. All'ospeda-
le, i medici non ml davano alcu-
na speranza di ripresa, nono-
stante le assidue cure prodiga-
te. Da una persona amica ebbi
l'immagine-reliquia di Don Ri•
naldi. Iniziai a pregare.
Dopo pochi giorni i medici no-
tarono un improvvìso migliora-
mento seguito da una rapida ri-
presa dei movimenti. Dopo due
mesi di degenza papà ritornò a
casa completamente guarito.
Desidero che la grazia sia
pubblicata sul Bollettino Sale-
siano.
Angela Rossi Musso
Pieve Fissiraga (Ml)
LAVORO PRECARIO
R ingrazio di vero cuore Ge-
sù Sacramentato, Maria
nusiliatrice e Don Bosco per la
grazia che mi hanno voluto con-
cedere.
Mio figlio, ex allievo dell'Istitu-
to Don Bosco, aveva un lavoro
precario: tutti i giorni erano buo-
ni per essere licenziato. Ho in-
vocato tanto i miei cari Santi sa-
lesiani e, grazie a loro, trovò la•
voro in un'altra ditta. Oggi è
contento e sereno. Pregherò
sempre perché me lo protegga-
no dalla disoccupazione.
Lettera firmata
CONIUGI RICONOSCENTI
S iamo grati a San Domeni-
co Savio per averci fatto la
grazia d'esserci potuti sposare.
Siamo infatti sposi da appena
tre mesi e dopo tanti sforzi e sa-
crifici. Siamo tanto felici di vive-
re insieme e indipendenti.
Vorremmo tanto che questa
grazia venisse pubblicata con
l'omissione del nostri cognomi.
Daniela e Gian Mario
TUTTO FU TEMPESTIVO
P er un porro infiammato si
stava estendendo l'Infe-
zione a tutta una gamba, per cui
si rendeva necessario un inter-
vento chirurgico, ma intanto bi-
sognava attendere chissà quan-
to per la dlsponlbllrtà del posto
in ospedale; questo fatto man-
dava a monte un programma
fatto con i miei familiari per un
periodo di vacanza in agosto. Mi
raccomandai a Don Rinaldi. Tut-
to fu tempestivo: l'intervento
chirurgico immediato, la guari-
gione rapida di un taglio che ri-
chiese sette punti di sutura, la
possibilità di Intraprendere il
viaggio e di godere il periodo di
riposo in montagna. Dissipato
anche un timore: l'esame istolo-
gico della parte asportata risultò
negativo.
Mantengo la promessa e pre-
go perché al più presto possia-
mo venerare Don Rinaldi sugli
altari.
Lettera firmata Bari
NON SMETTERÒ
MAI DI RINGRAZIARLO
V I scrivo questa mia per
raccontarvi un episodio
che ml é successo proprio oggi
e del quale rendo merito a San
Domenico Savio.
Prima di tutto mi presento: so-
no una giovane mamma di due
bimbe, Ramona e Valentina, ri-
spettivamente dì due anni e
mezzo l'una e di quarantuno
giorni l'altra. Solitamente tra-
scorriamo la giornata festiva ìn
casa dì mia mamma: siamo una
famiglia numerosa e c'è sempre
tanta allegria intorno a noi. Ver-
so sera è venuta a trovarci una
nostra grande amica e ci ha por-
tato un libretto su San Domeni-
co Savio che confesso d' aver
sentito nominare per la prima
volta proprio da questa signora.
Sta di fatto che dopo aver ce-
nato, mentre stavo rigovernan-
do in cucina, Valentina, la più
piccola delle mie figlie, che era
in braccio a mia madre era di-
ventata quasi cianotica per cau-
sa dì qualcosa che le era andata
di traverso. Abbiamo fatto di tut-
to... e Dio solo sa cosa ho prova-
to. Finalmente mio marito ebbe
l'Intuizione di metterle un dito in
bocca e la bambina rovesciò
tutto.
In quel momento, per coinci-
denza, mi trovai In mano quel li-
bretto e allora capii che San Do-
menico Savio aveva vegliato
sulla mia bimba.
Liana Clceri - Brescia
SI TEMEVA
UNA BRUTTA SORPRESA
E ro molto preoccupata per
un controllo ocumistico te-
mendo qualche brutta sorpresa.
Invece tutto si è risolto nel mi-
gliore dei modi. Ringrazio con
tutto il cuore la bella Ausiliatrice
ed i Santi salesiani chiedendo
loro la grazia della salute e della
pace per tutta la famiglia.
Anna Maria Tatare/11 - Caserta
SENZA MAI VENIRE
AD UNA CONCLUSIONE
V oglio ringraziare Maria
Ausiliatrice e San Giovan-
ni Bosco per avermi concesso la
grazia di risolvere anche se non
nel migliore dei modi una situa•
zione che da anni portavamo
avanti tra awocati e tribunale
senza mai venire ad una conclu-
sione. Quante volte ho invocato
l'aiuto di Maria Ausiliatrice e
San Giovanni Bosco! Tante vol-
te poi ero presa da momenti dì
scoraggiamento, di sfiducia, in
cui mi pareva che tutti ml aves-
sero abbandonata e persin la
preghiera stava per affievolirsi
sulle mie labbra, poi riprendevo
e ritornavo più fiduciosa. Ora
dopo anni e anni di traversie e di
malumori in famiglia portate da
questa situazione, non sono sta-
ta delusa e le mie preghiere so-
no state esaudite. Voglio ringra-
ziare pubblicamente come ave-
vo promesso, attraverso il Bol-
lettino Salesiano, Maria Ausilia-
trice e San Giovanni Bosco per
la grazia concessami. Desidera•
rei che queste mie parole fosse-
ro di incitamento ad altri.
Lettera firmata Alba

4.8 Page 38

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38 · l DICEMBRE 1985
I NOSTRI I . . .
MORTI
PASTORINO slg.ra MARGHERITA
ved . PIOMBI, cooperatrice t Cam-
po Ligure (GE) a B9 anni
Donna di profonda fede e dì vita
cristiana esemplare. Formò i suol fi.
gli ai valorl evangelici più con l'esem-
pio che con la parola. Donò genero-
samente all'Istituto FMA una sua fi-
gliola che le fu di conforto e di sollie-
vo nella sua ultima malattia affronta-
ta con cristiana serenità. Lascia al fa-
miliari e a tutti I suoi compaesani una
viva testimonianza di bontà, di pietà,
di coerenza cristiana e un grande
amore a Don Bosco e alle sue figlie
sales lane.
RUSCONI slg.ra MARIA ved. GAL-
LI, cooperatrice t Oltrona (CO) a 98
anni
Con mamma Maria è scomparsa
una figura eccezionale, pur nella sua
semplicità, in cui lo Spirito era diven-
tato il sostegno di un corpo diafano e
trasparente. Come si sentiva in lei
l'amore, la trepidazione, la pietà, l'at-
tenzione agli altri, l'intelligenza prati-
ca, l'esperienza fatta saggezza!
Aveva molto da raccontare sul
tempi antichi: specialmente ricorda-
va l'epoca del •santo• Card. Ferrar!;
ma capiva molto bene anche i nostri
tempi e i problemi di oggi, compresi
quelll educativi. Una testimonianza
discreta, fatta di essenziale, ma ro-
busta, verso quel Signore quotidia-
namente celebrato e pregato in sin-
tonia con la Radio vaticana Ha meri-
tato da Dio il dono di tre sacerdoti
nella sua famiglia: un figlio e un nipo-
te Salesiani e un altro nipote Missio-
nario Saveriano.
FERRARIO slg.ra GIOVANNA ROL-
LONE, cooperatrice t Vercelli
Fu assidua partecipante agli Eser-
cizi Spirituali annuali, alla comme-
morazione di Maria Ausilialrice, al 24
di ogni mese, alle Conferenze an-
nuali.
Aiutò sempre le Missioni Salesia-
ne lavorando nel Laboratorio •Mam-
ma Margherita• annesso al Centro
Cooperatori e, quando inferma, non
poteva più partecipare personalmen-
te, confezionava pizzi per aiutare,
nella preparazione della biancheria
da altare e faceva offerte per l'acqui-
sto del materiale necessario.
Fu sempre fulgido esempio a IUtte
di lavoro apostolico missionario.
t ZOTTI sac. ERASMO, salesiano a
74 anni
Ha realizzato nella sua vita Il motto
di D. Bosco: lavoro e temperanza• .
Molte le Case dell'lspettoria Meridio-
nale. nelle quali ha profuso le sue
energie nell'insegnamento e nella
cura dell'economia.
Proverbiale la sua povertà.
A sé non concesse mai nìente.
potinl hanno allietato gli ultimi anni
del nonno.
Il Signore volle ancora provare la
fede di Francesco, e sette anni fa
una paralisi lo lmmoblllzzò quasi
completamente, ma dalla sua bocca
non usci mal una parola di impazien-
za o di scoraggiamento. E accettò
con uguale rassegnazione un'altra
prova che il Signore volle mandare ai
suoi cari: due anni fa ìl figlio Piero fu
stroncato da un male Incurabile, la-
sciando tre figli in giovane età.
GASPARI slg.ra AlMERINA t Bol-
zano a 73 anni
Lascia Il ricordo di una donna ge-
BINEL.LI sig.ra ARMIDA, coopera- nerosa ed lmpegnata.
trìce salesiana t Vercelli
Cooperatrice zelante ed assidua,
fu sempre presente alla Commemo-
razione di Maria Ausiliatrice, ogni 24
del mese, con la Santa Messa, dan-
do esempio di fervida vita Interiore
ed apostolica, anche nella Parroc-
chia.
GROSSO slg. FRANCESCO t Mon-
dovì (CN) a 88 anni
Chiamato sotto le armi a vent'anni
- nel 1917 - venne ferito sull'Ortl·
gara e nelle peregrinazioni tra un
ospedale da campo e l'altro le sue
condizioni si aggravarono e dovette-
ro amputargli una gamba.
SI sposò a trentatre anni ed ebbe
cinque figli e una figlia. Per sostenta-
re la famiglia lavorò duramente come
manovale In fonderia per tutta la vita,
fino ali'età della pensione.
Quando I figli maggiori avrebbero
potuto essergli un po' di aiuto, gli
chiesero di seguire la vocazione a
cui si sentivano chiamati, ed egli fu
contento di offri re al Signore Antoni-
no, Giacomo e Valentino. I primi due
si fecero Salesiani (uno sacerdote e
l'altro coadlulore) e il terzo divenne
sacerdote Paolino. Mario, Piero e
Maria Teresa si sono sposati, e i nl-
BOZZO sac. AGOSTINO, salesiano
t a Genova, a 72 anni
•Fa', o Signore, che lo riesca an-
cora utile al mondo, contribuendo,
con l'ottimismo e con la preghiera al-
la gioia e al coraggio di chi è di turno
nelle responsabilità, vivendo senza
rimpianti sul passato, facendo delle
mie sofferenze un dono di riparazìo-
ne. Che la mìa uscita dal campo di
azione sia semplice e naturale, come
un leRce tramonto del sole•.
Questa preghiera diventa insieme
sintesi del suo profilo vero, ove tra-
spare ricchezza di doti e molteplice
attività nell'intenso curriculum di vita.
Di famiglia genovese. dalle nobili tra-
dizioni cristiane, completa la sua for-
mazione all'Università Gregoriana
con l'Ordinazione sacerdotale e la Li-
cenza In Teologia, cui seguono la
Laurea in Scienze Naturali a Firenze
e quella In Biologia a Pisa. Nomade
Infaticabile, svolge In uno stile origi-
nale e Inesauribile l'insegnamento ti-
pico delle sue discìpllne, attraverso
le vaf1e Case della sua ispettorla poi,
in quella lombarda e slclllana, fino ad
approdare a Roma, Pio Xl, meta defi-
nitiva dj tante aspirazioni , che lo ac-
coglierà fino alla morte.
Carico di esperienza, ricco di cui-
tura e di entusiasmo, predilige da
buon salesiano il bene del giovani,
che incanta quasi In un'atmosfera re-
ligiosa quando apre le menti all'amo-
re della scienza, della natura, soprat-
tutto della vita, che attinge Il mistero
di Dio. Uomo dai mille Interessi, par-
tecìpa a convegni, diventa membro
effettivo dell' Istituto Mendel, del prof.
Gedda, polarizzando le sue ricerche
sui problemi della genetica, che gli
consentirà poi di assumere un Impe-
gno prestigioso per 15 anni: Il Corso
di Medicina e Morale presso l'Univer-
sità Gregoriana.
Il bisogno. l'ansia di seguire I gio-
vani oltre la scuola lo porterà a fonda-
re Il Circolo Universitario, ad accom-
pagnare In montagna gruppi scelti
per esperienze sempre nuove che ri-
temprano le energie dello spirito.
La sua amicizia, il suo consiglio di-
ventano un dono prezloso, la sua
presenza nella consacrazione dell'a-
more un privilegio ricercato. Il suo
sacerdozio investe Il quotidiano della
vita; la parola passa attraverso il
Vangelo e diventa nel suo cuore spi-
ritualità sostanziale, sia nelle lucide
omelie domenicali o nella commossa
Illustrazione del mistero della Sindo-
ne. - Eppure la sua esuberanza
esteriore non è aliena dalla realtà
della vita, dal coraggio sereno di ac-
cettare la legge del tempo, nel gra-
duale distacco dalle care cose. Affio-
ra da profondi convincimenti di que-
sta nuova preghiera, quasi testa-
mento spìrituale: •Signore, Insegna-
mi ad invecchiare. Convincimi che la
Comunità non compie alcun torto
verso di me se ml va esonerando da
responsabilità, se non mi chiede più
pareri, se ha indicato altri a subentra-
re nel m1o posto. Togli da me l'orgo-
glio dell'esperienza fatta e Il senso
della mìa Indispensabilità. Che io col-
ga in questo graduale distacco dalle
cose. unicamente la legge del tempo;
ed awerta In questo avvicendamento
di compiti una delle espressionì più
interessanti della vita che si rinnova
sotto l'impulso della tua Provviden-
za•. - Questi I sentimenti quando Il
lungo colloquio con sorella morte si
chiude d'improvviso nel silenzio della
notte, all'Ospedale di Genova.
La Madonna, che tanto aveva
amato e pregato, gli era certamente
accanto per accompagnarlo a riceve-
re In pienezza un dono senza fine.
A quanti hanno chiesto Informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZJONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede ìn ROMA. rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredilii.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: • ... lascio alla Direzione Generale Ope-
re Don Bosco con sede in Roma (oppure ali'Istituto Salesiano per
/e missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire...,
(oppure) l'Immobile sito In... per gli scopi perseguiti dall 'Ente, e parti-
colarmente per l'esercizio del culto, per la formazione del Clero e
dei Religiosi, per scopi missionari e per l'educazione cristiana.
- se si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno
o l'altro del due Enti su lndicatì:
. ...annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
In Torino) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo,
per gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e dei Religiosi, per scopi missiona-
ri e per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
1 DICEMBRE 1985 · 39
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura di
N.N., Alba CN, L. 1.000.000
Borsa: Mons. Vincenzo Clmattl. in
memoria di Carlini Be/luce/ Caterina,
a cura del figli, L. 800.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico Savio ,
per la felice nascita di Francesca, In-
vocando protezione, a cura dì Rolle
Morini SIivana, Torino, L. 600.000
Borsa: Maria Ausiliatrice a S . Glo•
vanni Bosco, Invocando protezione
per la famiglia; in memoria di mie
marito e del genitori, a cura di N.N.,
Montevarchi, L. 500.000
Borsa: S . Cuore di Gesù , Maria Au-
siliatrice e Don Bosco, In suffragic
di mio marito e protezione per mia fl·
glia, a cura di N.N. TA, L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlca, a cura di
Zedda Beatrice, Cagliari, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in memoria e suffragio
dei miei cari e chiedendo pace e
amore In famiglia, a cura di M.D.L.,
Maracaibo, L. 382.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in memoria di Scandola Rosa, a
cura delle nipoti, L. 300.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, per I vivi e i defunti del·
la Famiglia, a cura di V.G.,
L. 250.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Borsa: S. Cuore di Gesù e Maria
Salesiani, a cura di N.N., L. 200.000 Ausiliatrice, In ringraziamento e in-
vocando protezione sulla famiglia , a
Borsa: Don Bosco, a cura di Ferruz- cura di N.N.
zl Mina, Fìesole FI, L 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
Borsa: Maria Ausllìatrice e Santì sco, per ottenere protezione e aiuto,
Salesiani , in suffragio di Teresina anche per esami, a cura di Nardello
Poratelli, a cura delle Cooperatrici di Renata, VI
Cardano al Campo VA, L. 200.000
Borsa: S. Domenico Savio , per gra-
Borsa: Maria Auslllatrice e S. Gio- zia ricevuta, a cura di Galatl De Gra-
vanni Bosco, per grazia ricevuta e zia Adele, Roma
invocando protezione e pace per la
famiglia, a cura di F. Chlarellino, TO, Borsa: Maria Auslllatrlce, Santi Sa-
L. 150.000
lesiani, per ringraziamento e richie-
sta di aiuto, a cura di Prato Mario,
Borsa: Maria Auslllatrice, Santi Sa- Acqui T. AL
lesiani e Papa Giovanni, per prote-
zione e In attesa di grazia, a cura di Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria RI•
Bertoli Antonia, Ml, L. 150.000
fugio del Peccatori, a suffragio di
Mario e Dante, a cura di Rebora Pia,
Borsa: Gesù, Giuseppe, Maria, rin- Genova
graziando e invocando protezìone - - - - - - - - - - -- -
sul nipoti, a cura degli zii G. e A. MI- Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
ianese, L. 150.000
sco e Domenico Savio, in ringrazia•
mento e per protezione sulla fami-
Borsa: Gesù, Giuseppe, Maria, in glia, a cura di B.C.
suffragio dei genitori, a cura del figi'
e fratelli, VA, L. 150.000
Borsa: In memoria e suffragio del
fratello L!Jigi, nel X anniversario della
Borsa: S. Domenico Savio, a cura morte, a cura di S.G.
di Miceli Clara, Palermo, L. 130.000
Borsa: Maria Ausillatrlce e S. Gio•
vanni Bosco, per grazia ricevuta e
chiedendo preghiere, a cura di Magri
Borse Missionarie
M. Stella, CT
Borsa: In memoria di Cartasso Luigi,
a cura di Cartasso Pia, GE,
L. 20Ò.O0O
Borsa: In memoria di Carlasso Paoli-
na, a cura Cartasso Pia, GE,
L. 200.000
Borsa: In memoria di Pirola Carlo, a
cura della moglie Luigia, L. 200.000
Borsa: SS. Cuori di Gesù e d i Maria
e Santi Salesiani, In memoria del
marito e per protezione della fami-
glia, a cura di Pastrone Elvira, Rosta
TO, L 200.000
da L. 100.000
Borsa: In memoria e suffragio di mio
figlio Guerriero Stefano, a cura 'Cli
Lanciai Rita, Arcole, VA
Borsa: Maria Auslllatrice, grazie!, a
cura di T revlsan Giuseppina,
Rovereto
Borsa: In suffragio del nonno Luigi, a
cura di Sutera Mascali Gaetana, EN
Borsa: Maria Ausiliatrice, S . Dome-
nico Savio, In ringraziamento e invo•
cando protezione, a cura di Porta
Carlo, Vittuone Ml
Borsa: S. Giovanni Bosco e S. Ma-
ria Mazzarello, Invocando grazia e
protezione, a cura di Macchi Arman-
da, Bogl,asco GE
s . Borsa: Maria Auslllatrlce, Gio•
vannl Bosco e Don Rinaldi , per gre-
zia ricevuta e Invocando protezione
sulla famiglia, a cura di Costanzo
Alessandr.i, AL
Borsa: Don Bosco, a cura di N.N.,
Borgo S. Oalmazzo C N
s. Borsa: Domenico Savio, per gra-
zia ricevuta, a cura di C. Angelo, Le-
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Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in memoria e suffragio
di Sr. Irma Ratti, a cura della sorella
Ester, Ml, L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, in suffragio del miei genitori e
del fratello Pasquale, a cura dl Masl-
na Angela, Cassano Magnano VA
Borsa: Maria Ausiliatrice, perprote-
zione sulla mia famlglla, a cura di Pa-
giiughl Agnese, GE
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Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco,
invocando protezione sul missionari,
a cura del Laboratorio Mamma Mar-
gherita di Verona, L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, In memo•
ria di Don Fabrizio Gol, a cura di Elvi-
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Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au-
siliatrice e Papa Giovanni, In ringra-
ziamento e invocando protezione, a
cura di F. Focacci, GE
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo- Borsa: Maria Ausiliatrice -e Don Bo•
Borsa: Beato Don Rua , per ringra- sco, per aiuto ricevuto, a cura di sco, per ringraziamento e protezio-
ziamento, a cura di P.D., L. 200.000 N.N.
ne, a cura di Fabrizl G. P., Asti
Borsa: S. Giovanni Bosco, In ricor-
do del fratello Eriberto, a cura di Fo-
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Borsa: S. Cuore d i Gesù e di Maria,
in suffragio dei miei defunti, a cura di
C.R.
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio , Invocando
protezione per la famiglia, a cura di
T.C.
Borsa: Gesù, Giuseppe, Maria e S.
Luigi, per grazia ricevuta e invocan•
do protezione, a cura di Catalano An-
gelo, S. Gregorio CT
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e Santi Salesiani, implorando grazie
e protezione per la famiglia, a cura di
Falcone O., Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice, in memo-
ria e suffragio della moglie Giuseppi-
na, a cura del marito V.A. e famiglia,
CL
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Glo•
vannl Bosco, in memoria e suffragio
del marito Fabio e Invocando prote-
zione, a cura di Canciani Maria Con-
te, UD
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sco e Domenico Savio, per grazia
ricevuta, a cura di Morino Giuseppi-
na, Volplano TO
Borsa: Maria Auslllatrice e Giovan-
ni XXIII, in suffragio del marito e in•
vacando protezìone, a cura di Maffi
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vanni Bosco, a cura di Cusini G.,
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do protezione suì mìei bambini Elena
e Marco, a cura dl Antonietta
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Borsa: Maria Ausiliatrice, protegge-
te Mariuccia, a cura di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani , a cura di N.N.
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vanni Bosco, in memoria di Angela
Geromini V., a cura di Vicario Piera,
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vanni Bosco, prega.te per me e per i
miei defuntì, a cura di Mapelll Rosa,
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vanni Bosco, a cura di Testa Giu-
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4.10 Page 40

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