RISPOSTA AD UNA DOMANDA
Caro Don Buttarelli,
mi chiedi se una parrocchia affidata ai Salesiani possa
prescindere dalla componente salesiana dei Cooperatori.
Sono persuaso che no.
Sai che mi occupo delle nostre parrocchie in campo mon-
diale e leggendo la storia delle loro fondazioni ho riscon-
trato che i Vescovi, nell'affidarci le parrocchie in numero
sempre crescente, erano mossi, comunemente, non tanto
perché a corto di preti, quanto perché venivano a conoscenza
dei mirabili frutti di un nuovo stile di apostolato, che in-
contrava presso i giovani e presso il popolo. Era un clima di
simpatia che subito, anche là dove all'inizio fummo avver-
sati, rapidamente si diffondeva attorno, suscitando consensi
e facendo opinione: era un modo di fare che riusciva sim-
patico. Allora quel modo non aveva un nome, oggi lo chiame-
rebbero «carisma salesiano». Di fatto era un modo di agire
- maturato nell'esercizio di un tirocinio pratico - aperto,
cordiale, giovanile, rumoroso come piace ai giovani e al
popolo; non bigotto, ma esuberante, di assalto, ed impe-
gnato, che trascinava. Era uno stile comune a tutti i Sale-
siani e che si comunicava anche ai collaboratori che ci
aiutavano nelle attività dell'oratorio, del teatro, delle squa-
dre sportive e che sentivano l'attrattiva della pratica sacra-
mentale, l'amore a Don Bosco e a Maria.
Fatto sta che, presi in questo vortice di attività di bene.
intieri quartieri cambiarono volto.
I giovani più grandi collaboravano con noi; divenuti
grandi portavano i figli e rimanevano nelle associazioni
sempre fiorenti, perché costantemente alimentate da una
larga base. Di dirigenti allora non difettavamo, ma ne ave-
vamo un nugolo.
Poi ci fu la bancarotta dell'associazionismo ed anche noi
entrammo in crisi. Dove si erano dispersi tanti collaboratori?
E perché?
Perché di Don Bosco avevamo imparato quasi tutto, ec-
cetto il meglio e che era il suo segreto. Don Bosco, infatti,
per una scelta illuminata da Maria, e per la esperienza di
tanti abbandoni sofferti da parte dei suoi collaboratori, aveva
capito che la stabilità della sua opera era legata alla stabi-
lità dei suoi collaboratori, a lui legati da una identità di ideali
apostolici.
Per questo aveva pensato, con l'aiuto della Vergine, ai
Salesiani Interni, quelli in comunità, e a quelli esterni, gli
odierni Cooperatori. Entrambi insostituibili, nei disegni di
Dio, nel lavoro salesiano. Perché essi garantiscono la con-
tinuità dello spirito. Noi allora, t rascinati dal successo, non
ci riflettemmo e non ci occupammo di formare i dirigenti -
che Dio ci mandava numerosi - alla salesianità, al nostro
stile spirituale. Non lo trasfondemmo nei collaboratori di ieri
e fu un danno che oggi paghiamo.
Perché è un tale stile i l nostro che non può vivere senza
una cultura spirituale e umana, una preparazione e un ti-
rocinio, un'ascesi che lo porti a maturità.
Occorre, certo, esser chiamati a questo: e c'è una voca-
zio·ne anche per il Cooperatore. Lo stile, lo spirito, sono
grazia che Dio non fa mancare per i suoi disegni. Suscitare
risposte a questa grazia vuol dire aiutare il collaboratore ad
ascoltare Dio che chiama. Ed è compito dei fratelli Salesiani
compierlo consapevolmente.
Non tutti quelli che ci avvicinano hanno questa voca-
zione, essi pure ci affiancheranno nel lavoro, e ne rispette-
remo lo spirito. Ma un Salesiano che accetta la proposta
pastorale di far Chiesa, se non vuole appiattire il suo spi-
rito, quasi che Don Bosco non sia stato mai suscitato da
Dio, e mutilare la sua salesianità tradendo il dono fatto da
Dio alla sua Chiesa, sente la necessità di farsi animatore
di fratelli di ideale salesiano, per le nuove esigenze che la
storia e lo Spirito impongono.
Allora si che una parrocchia - comunque strutturata
avrà tra noi forze sufficienti per rifiorire a Dio.
Ti saluto.
Dall'Ufficio Centrala Parrocchia (Direziona Generala)
DON GUGLIELMO BONACELLI
COOPERATORI
IN UNA
PARROCCHIA
DEI SALESIANI
Potrà essere utile conoscere un'esperienza iniziata
tempo fa in una parrocchia di Roma, affidata ai Salesiani.
Il parroco, che è anche delegato del Centro Coopera-
tori, invitò i membri del Consiglio pastorale ad una
mezza giornata di ritiro. Vi presero parte con lui alcuni
Salesiani e Figlie cli M.A. che operano nella parrocchia
e un bel gruppo di laici, di cui solo alcuni erano coo-
peratori. Il ritiro si svolse attorno al tema: «La vita di
f ede, di speranza e di carità dei partecipanti al Consiglw
pastorale di una parrocchia salesia11a, trova u11a adeguata
attualizzazione 11e/lo spirito che anima l'unione dei Coo-
peratori». Animatore fu don Bonacelli, direttore della
Casa Generalizia, esperto di parrocchia e un tempo
delegato cc. Iniziò da quanto afferma il Vaticano sui
laici: la loro responsabilità nella evangelizzazione e la
possibilità di inserirsi nella conduzione di una par-
rocchia. Mise in risalto la duplice circostanza di quei
membri del Consiglio: condividono con i Salesiani la
missione apostolica; esperimentano lo spirito con cui
questi operano, che è poi quello salesiano. Anzi questi
membri attivi anch'essi lo vivono quasi senza accorger-
sene, per cui niente di più normale che tra loro s organo
vocazioni come Cooperatori. Perché non pensarci e di-
ventare «salesiani esterni>>, impegnandosi con i Sale-
siani religiosi? I vantaggi sono evidenti e non soltanto
personali (risposta ad una chiamata dall'alto, sostegno
morale perché inseriti in una grande famiglia, maggiori
mezzi di formazione...), ma anche comu11itari: più
braccia a lavorare col medesimo stile di vita.
Il discorso non cadde a vuoto. Il 24 gennaio u.s.
festa. di S. Francesco, al termine di una concelebrazione
(il delegato ispettoriale, il direttore dell'Opera (( Gerini »
e il parroco don Della Bianca), nove membri del Con-
siglio divennero cooperatori ricevendone l'attestato.
Natural.mente a questo traguardo si arrivò gradual-
mente, dopo lo studio del N. Regolamento, dopo rifles-
sioni sulla spiritualità salesiana, ecc. La parrocchia ora
sa di poter contare s u questo bel nucleo di membri del
Consiglio. Non c'è il pericolo che questo si riduca ad
essere un organismo puramente tecnico: lo spirito di
questi nuovi cc. (e degli <<anziani » che già vi lavorano)
li anima ad una serie testimonianza cristiana.
Tutto ciò, molto semplice in sé, ma ricco di prospet-
tiva, è stato già attuato con successo in alcune parrocchie
salesiane. L'esperimento non potrebbe essere esteso a
tutte le altre ?
E.D.B. • Roma 63