Bollettino_Salesiano_197411


Bollettino_Salesiano_197411



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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVIII N. 11 1 ° GIUGNO 1974
Spediz. in abbon. post. • G;uppo 2° {70) • 1• quindicina

1.2 Page 2

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BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVIII - N. 11
Giugno 1974
Direttore responsablle
DON TERESIO BOSCO
Impaginazione
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
Direzione e Ammlnistntzione
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino
Officine Grafiche SEI
SOMMARIO
Editoriale
2. Cristo ai giovani d'oggi
Articoli
6. L'Istituto del miracolo
8. Un grafico: fedeltà ai poveri
1O. Da un campo di concentramento
12. Per 67 fu venerdl santo
15. I salesiani nella Polonia di oggi
16. L'aspirantato e i nuovi esperimenti
18. Una periferia ricca di speranza
21. Piccole donne nella foresta
24. C'è del nuovo in confessionale 7
- Il nuovo rito della Penitenza
- Una riforma, non uno scherzo
31. <! Si torna in trincea»
Notizie
della Famiglia Salesiana
28. Promulgato il nuovo Regola-
mento dei Cooperatori
28. «Il vostro segreto è Don Bosco»
28. Il 40° delle Salesiane Oblate
28. Lettera a Don Bosco
28. 46 quesiti su «Scuola e Mis-
sione salesiana ,
29. Dimissionario mons. E. Peyrou
29. Riconoscimento a p. R. Mercader
29. Paolo VI al Tuscolano
29. Risolto Il problema
29. Settimana intern. sugli audiovisivi
30. Come lavorare per le vocazioni
30. «Chiedo gente»: paniranno in sei
Rub ·iche
6. Educhiamo come Don Bosco:
«Vacanze in vista: attenzione»
23. Pubblicazioni Salesiane
30. Mlcrorealizzazioni Missionarie
32. Grazie per intercessione di M .
Ausiliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
In copertina
SI annuncia restate. In ogni pane d"Italia
si stenno o,ganizzando campi scuola,
campi di animazione cristiana. cor.<i estivi,
Lo .c:opo profondo & unico: annunciare
Cristo al giovani d'oggi, con la aensobi-
lilà e ,I linguaggio dei giovani d'oggi.
Ma ecome» annunciarlo 1 Riccardo To-
nelli, nell'anicolo d'apertura, tenta di sug•
gerire questo «come» (Foto Sag/ia).
annunciare
Molti giovani hanno ri-
scoperto il « volto u-
mano » di Cristo. Ne
sono rimasti affascina-
ti. ~ una scoperta pre-
ziosa, anche se parzia-
le. Ma non ci si può
fermare: ai giovani af-
fascinati dall'umanità
di Cristo, va rivelata la
sua divinità.
D a qualche mese sta girando
sugli schermi italiani Jesus
Christ Superstar, la riduzione ci-
nt::matogra.fica del celebre musical
su Gesù Cristo. G tiene han detto
contro di tutti i colori: da destra
e da sinistra. E, forse, con buone
ragioni. Perché ne risulta una im-
magine di Cristo sbiadita nella sua
verità, parziale, svuotata della forza
del Figlio di Dio.
Tanti, però, hanno fatto la coda
per vederlo. Tra gli spettatori,
moltissimi i giovani.
È un fatto. Come altri. Che
fa pensare.
Un poster (uno di quei manifesti
murali che infiorano stanze pri-
vate e sedi di gruppo) ha ri'iCOsso
una gran fortuna : tradotto in cinque
o sei lingue, diffuso in migliaia di
esemplari. Gesù Cristo ricercato
dalla polizia: una taglia conside-
revole a clù lo consegna. Perché ?
Le motivazioni riproducono i temi
più in voga della contestazione
giovanile: capelli lunghi e barba
incolta, disturbatore · dell'ordine
pubblico, amico dei poveri e fla-
gellatore dei potenti, profanatore
delle istituzioni e delle tradizioni.
È evidente il tentat1vo di ri-
condurre a Cristo un certo pro-
getto contestativo, affermando una
ampia fede in lui come criterio
di rottura nei confronti di un
mondo chiuso in un falso e vuoto
perbenismo borghese. E anche di
questo fenomeno i giovani sono
protagonisti.
Altri filoni indicano un discorso

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La fascia dei giovani indifferenti
e apatici si va restringendo sempre
di più.
I fatti contengono sempre un
messaggio. Che significato ha lo
<< strano ritorno>> ad un'immagine
non consueta di Cristo?
Noi adulti, gente che vuole
tutto preciso e ben ordinato o che,
peggio, è preoccupata dalla fac-
ciata esterna delle cose, partiamo
con la lancia in resta a giudicare
troppo spesso senza tentar di com-
prendere i fatti nella profondità
di cui sono carichi.
Molti giovani stanno incontrando
Cristo, lungo le strade tortuose
dell'esperienza quotidiana. Lo in-
contrano però a sussulti, lontano
dalla sua Chiesa. Lo sentono un
uomo << libero >>, autentico, pulito,
in un mondo dove così spesso si
dialoga sul filo del compromesso
o ci si abbuffa per possedere di
più, sulla pelle di chi nulla pos-
siede. A loro basta questo Cristo :
cosi lo sentono vicino, tanto da
gridare è << dei nostri I >>.
Come annunciare Cristo, nella
verità della sua persona, a questi
giovani ? Il Cristo che rovescia i
tavoli dei mercanti nel tempio, che
piange l'amico defunto, che con-
forta la povera peccatrice, sma-
scherando il perbenismo dei suoi
giudici... Il Cristo morto e risorto,
Redentore e Signore della storia,
vivente nella sua Chiesa. Il Cristo
uomo e Dio.
più maturo, meno venato di emo-
tività adolescenziale.
Lo « strano ritorno »
a un'immagine non consueta
di Cristo
Il rispetto e l'amore a Cristo e
al Vangelo diventano per molti
giovani lo strwnento su cui si di-
scrimina l'istituzione ecclesiale.
Una lettura - certo affrettata e
parziale, ma sicuramente creduta
e sofferta - del Vangelo conduce
giovani di estesa sensibilità poli-
tica a lottare nel nome di Cristo,
fino a rompere, qualche volta, i
ponti con la Chiesa, in vista della
liber~iooe dei poveri e degli op-
press1.
.
Assistiamo nello stesso tempo
alla riscoperta di una profonda
spiritualità, incentrata sulla per-
sona di Cristo. I luoghi di pre-
ghiera - quelli spontanei, << li-
beri >> - sono superaffollati. Mo-
vimenti di chiara intonazione cri-
stiana stanno recuperando larga-
mente la crisi sofferta negli anni
caldi del dopocontestazione. Gio-
vani preparati, sensibili e impe-
gnati affermano, senza mezzi ter-
mini come il profeta, di essere
rimasti «sedotti >> da Cristo.
Dobbiamo ripartire da zero?
La domanda ci assilla tutti,
perché tutti - sacerdoti, educatori,
genitori - ci sentiamo «educatori
della fede >> delle nuove genera-
zioni che crescono vicino a noi.
Dobbiamo partire da zero, igno-
rando l'affannoso movimento, in-
teriore ed esteriore, che sta agi-
tando il cuore di molti giovani ?
Certo non è possibile costringerli
a ripercorrere le strade su cui
siamo maturati noi: a noi del
Cristo superstar o del Cristo ri-
voluzionario nessuno ha mai par-
lato.
Oppure, al contrario, dobbiamo
compiacerci che oggi si parli molto
di quel Cristo che ci affascina il
cuore, chiudendo il discorso nella
consapevolezza che il suo nome 3

1.4 Page 4

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corre di bocca in bocca, fino ad
avere spazio nelle sale cinemato-
grafiche o sotto le tende gli liippi.es
o tra i posters rivoluzionari ?
I Vescovi italiani, indicando le
linee di rinnovamento per la pa-
storale ne «Il rinnovamento della
catechesi », sottolineano una pro-
posta di cammino davvero impor-
tante. La ripercorriamo a tratti
sommari, alla ricerca della dire-
zione di marcia per annunciare
ai giovani quel Cristo che essi
vanno cercando, come l'assetato
l'acqua, anche se per vie incon-
suete.
Molti giovani hanno riscoperto
il << volto umano,> di Cristo. Ne
sono rimasti affascinati. Per la
forza misteriosa che da lui si spri-
giona e per la crisi di modelli signi-
ficativi in cui ci dibattiamo. Hanno
scoperto Cristo uomo e se ne sono
innamorati. Corrono il rischio di
fermarsi a metà cammino, svuo-
tando l'insondabile grandezza del
Figlio di Dio. O catturando Colui
che cielo e terra non possono con-
tenere, a supporto della propria
ideologia, politica, religiosa, esi-
stenziale.
È una scoperta preziosa, anche
se parziale. Ce lo assicurano i
nostri Vescovi: Cristo Dio lo si
scopre proprio sul fascino che la
sua umanità diffonde.
sul fiume di parole che pronun-
ciamo, ma sulla vita vissuta.
Ci vuole qualcuno che con i fatti
dimostri ai giovani affamati di ve-
rità e di autcnt1c1tà che chi segue
Cristo si fa più uomo f.
Qualcuno disposto a «morire
per far vivere», con un amore cosl
grande da far rimanere a bocca
aperta... fino a far chiedere: «Chi
ti dà questa forza ? ~-
Qualcuno così rapito nella con-
templazione del mistero di un Dio
fatto uomo, da irraggiare d'intorno
il dono che si porta dentro. Sono
proprio questi «qualcuno i> che
oggi fanno difetto, se è vero che
la nostra fede è spesso poco cre-
dibile, perché la nostra testimo-
nianza è scarsa.
Anche perchè non basta una
testimonianza individuale. I gio-
vani la cercano come fatto collet-
tivo. Pretendono istituzioni signi-
ficative, per credere alle istituzioni
e ai valori di cui sono portatrici.
Cristo impareranno ad amarlo
tra le mura di casa, se la famiglia
è << credibile i>, come luogo di dia-
logo! .di amore, di impegno, di
serviz10.
Lo scopriranno vivente nella
Chiesa, se avranno la gradita sor-
presa di una comunità ecclesiale
davvero testimone di una vita cri-
stiana diversa.
In una vita che traspira amore,
possiamo parlare del grande amore
con cui il Padre, in Cristo, ci ama.
Accanto ai poveri per la loro li-
berazione, possiamo parlare dj una
liberazione totale dell'uomo che
solo Cristo Dio può offrire al-
l'uomo. Nella comunità di amore
e di servizio, possiamo annunciare
la Chiesa, dono del Cristo al
mondo, mediatrice di questa sal-
vezza.
Uomini nuovi, ricchi di una
tensione continua verso il futuro
della speranza, possiamo «gridare
dai tetti che chi segue Cristo è
l'uomo perfetto, riuscito e realiz-
zato, anche sotto i segni della po-
vertà e del disprezzo.
RICCARDO TONELLI
Una sfilata In Trafalgar Square duranta Il • FHtlval della Luce» (folo Koystone-Publifoto)-
MoltJ giovani hanno scoparto Cristo uomo •• n• sono Innamorati.
I
r J ES US
IS LO VE
Oggi ci vogliono testimoni
Ma non ci si può fermare: c'è
da autenticare la ricerca e da rive-
lare una radicale novità. Ama Cristo
m verità solo colui che lo incontra
come Persona: il Figlio di Dio
tra noi.
Ai giovani affasci11ati dall'uma-
nità di Cristo, va rivelata la ma
divinità. Questo è un impegno che
c1 coinvolge tutti.
:\\la quale strada seguire per fare
loro scoprire il « Cristo totale »,
uomo e Dio ? Mettere nelle loro
mani il Vangelo e metterli in
ascolto della sua Parola. È la v1a
di sempre. Ma è una via incom-
pleta, che non basta. Dobbiamo
rendercene drammaticamente conto
Il Vangelo ucritto • non basta
perché i nostri giovani scoprano
Cristo.
Oggi ci vogliono testimoni: noi
4 adulti, educatori della fede non

1.5 Page 5

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Erano prossime le vacanze estive del
1878. Don Bosco una sera. nelsilenzio
di centinaia di suoi ragazzi che lo stavano
ad ascoltare, racconto un sogno: « Mi tro-
vavo vicino a un giardino con adiacente
un vastissimo prato. Alcuni amici mi in-
vitarono a entrarvi. Entro e vedo un enor-
me gregge di agnellini che saltellavano,
ruzzolavano e scapriolavano. All'improv-
viso si apre una porta che dal giardino
immette nel prato. Gli agnellini in massa
corrono fuori per andare a pascolare.
Che gioia per quegli agnellini vivere allo
stato brado / D'un tratto il cielo incu-
pisce; schioccano i lampi e rotolano i
tuoni. Gettai un grido: "Arriva il tempo-
rale. Presto, in salvo, al riparo". E mi
metto con i miei amici a sospingerli verso
Il giardino. Molto pochi ci ubbidirono;
la massima parte cl sgusciava via e vo-
leva rimanere nel prato. Nel giardino
c'era una fontana con la scritta "Fons
Signatus" (Fontana Sigillata). Era una
fontana coperta; improvvisamente gli
zampilli d'acqua si sventagliarono a for-
mare una specie di tendaggio, una tet-
toia di protezione, quasi uno scudo di
riparo. Capii che la fontana significava
la Madonna. Noi allora ci rintanammo al
sicuro sotto quella cupola di luce, men-
tre fuori scrosciava l'acqua del diluvio e
martellava la grandine. Preoccupato della
sorte di tutti gli altri agnellini rimasti in-
custoditi nel prato mi avventurai fuori a
vederli. la pioggia infittiva. Li trovai tutti
straziati dai chicchi enormi della gran-
dine. Intanto la tempesta era cessata.
Al mio fianco uno sconosciuto mi av-
verti: "Guarda la fronte di quegli agnelli
feriti". Vi lessi su ciascuna il nome di uno
dei miei ragazzi dell'Oratorio. Allibii. Nel
frattempo mi venne offerto un vasetto
d'oro con un coperchio di argento e mi
fu detto: 'Tocca con la tua mano, in-
tinta di questo unguento, le ferite di
quegli agne/1/ni e subito guariranno".
Cominciai a chiamarli; non mi ascolta-
vano. Mi avvicinavo per medicarli con
l'unguento; ma mi fuggivano. Quei pochi
che mi lasciavano fare, guarivano imme-
diatamente al tocco de/l'unguento e con
saltelli di gioia rientravano nel giardino.
Ero sconsolato e mi domandavo come
mai si rifiutavano di guarire: "Lascia
fare, - mi suggeri uno degli amici -
rientreranno e verranno". Come mai era
accaduta quella tragedia? Mi volsi e vidi
sventolare un vessillo con su scritta una
parola: VACANZE. "Questo è l'effetto
delle vacanze - mi spiego un amico. -
I tuoi ragazzi si lasciano devastare dalla
burrasca delle vacanze. Prepàrali"».
*
Le vacanze suscitano nei gio-
vani la nostalgia del viaggiare. Il ra-
gazzo si riconosce pellegrino sulla terra;
rivive inconsciamente «l'esodo nel de-
serto». Di fronte a questo appello mi-
gratorio il giovane nei mesi che prece•
dono elabora piani col suo gruppo o con
gli amici. Terminate le vacanze, rievoca
e discute le esperienze vissute.
Di anno in anno le vacanze diven-
tano per i ragazzi un avvenimento di
grande importanza. Molti adulti ac-
vacanm 10 vis
AUENZIONE
cusano spesso i giovani di ignorare le
bellezze del loro ambiente e di aspirare
solo a terre lontane e a paesi stranieri.
gli rimproverano di voler girare il mondo.
Ma è proprio questa la caratteristica della
giovinezza: il voler conoscere soprat-
tutto le cose lontane. In paesi lontani i
giovani si rifanno l'occhio nuovo per
contemplare e amare meglio la propria
patria. Solo chi è stato lontano da casa
ha l'occhio stupefatto per riscoprire le
bellezze del proprio paese. ·
Occorre però anche preparare i
ragazzi a programmare i rischi e le
sorprese, soprattutto di carattere
morale e spirituale, a cui vanno in-
contro se non sono adeguatamente
premuniti. Occorre metterli all'erta per-
ché sappiano difendersi dall'ebbrezza
della libertà e della vita allo stato sei•
vaggio, che li lascia ind1fes1 di fronte alle
seduzioni del peccato. È questo aspetto
che preoccupava tanto Don Bosco e che
gli faceva dire: «Le vacanze sono la
vendemmia del diavolo».
Tocca ai genitori opportuna-
mente smorzare le punte di ribel-
lione e le insofferenze dei giovani di
fronte agli imprevisti delle vacanze.
le vacanze talvolta mettono a dura prova
la pazienza giovanile. Racconta una ma-
dre: « Eravamo andati tutti assieme a
trascorrere una breve vacanza in una vec-
chia locanda arredata alrantica. Laura,
la mia figlia di 14 anni, ne rimase terri-
bilmente delusa: si aspettava un posto
molto più confortevole. Quando ci ac-
compagnarono nelle nostre stanz& (senza
radio e televisione), Laura disse che
odiava quella vecchia stamberga e che
non sarebbe scesa con noi a cena, per
protesta. "Sei delusa - le dissi; - vor-
resti che fossimo in un albergo più ele-
gante". " Si" mi rispose con amarezza.
Le chiesi di venire a mangiare nonostante
la sua luna. Le passai un braccio attorno
alle spalle e le dissi: " Laura, ti troverai
certo meglio venendo giù con noi a cena
che restandotene in camera tutta sola".
In passato mi sarei messa a discutere.
L·avre1 accusata di ingratitudine, !"avrei
canzonata per i suoi gusti. Mi sforzai di
capirla. Laura scese con noi a cena e
rifiori. C1 voleva cosi poco».
CARLO DE AMBROGIO 5

1.6 Page 6

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~I
Settantacinque anni fa
Don Rua scese a Bolo-
gna a inaugurare la Ca-
sa dei Salesiani. Disse:
« Questo lstituto meri-
ta veramente il nome
di Istituto del miraco-
lo ». A distanza di tanti
anni, i figli di Don Bo-
sco tirano il bilancio:
miracoli pochi, ma tan-
ti sacrifici concreti e
silenziosi per i ragazzi
dell'Emilia.
Sono andato a sfogliare l'annata 1899
del Bollettino Salesiano . ~el fasci-
colo di luglio (carta giallina, titoli
ornati con fregi lìberty, margini
strettissimi di un tempo in cui la
carta era «cosa preziosa») viene an-
nunciata e illustrata in tre colonne
L'Inaugurazwne Solenne dell'Istituto
Salesiano di Bologna, avvenuta il 30
maggio di quell'anno.
Stralcio poche righe dalla relazione
scritta in punta di penna:
<< ... buona parte del prato era gre-
mito del più scelto e gentile pubblico
bolognese. Sua Eminenza... e Don Rua
presero posto sotto un serico baldacchino
rosso... Il Direttore dell'Istituto, l'ama-
tissimo Don Viglietti, con l'inge11ua,
um-0ristica semplicità che gli è abituale,
espose tutte le strettezze in cui versa
la sua Casa, e chiamò gentilmente la
carità dei Bolognesi a provvedervi. Ed
i Bolognesi non saranno certattumte
sordi alla sua dimanda. Ne sta garante
l'urbana ilarità, che accompag,iò le
parole dell'ottimo Salesiano...
E sorse Don Rua; si fa intorno un
religioso silenzio. L'esile, ·mistica voce
del Venerando Superiore tutti desi-
6 derando raccogliere con la più reverente
premura. Sente Don Rua il bisogno
di versare la piena degli aff.etti... Questo
Istituto merita veramente il nome di
Istituto del miracolo, per la rapidità,
per lo slancio con cui ha potuto sorgere.
Egli, che pur tanti Istituti ha visti
sorgere per tante parti del m011do, non
conosce esempio che possa eguagliarsi
a quello dato da Bologna>>.
Prima il coraggio di
andare in America, poi quello
di venire in Emilia
Sono passati 75 anni da quel
giorno. L'Istituto« del miracolo» con-
tinua a vivere e a servire concreta-
mente la gioventù di Bologna. Con-
tinua ad essere il centro della robusta
presenza salesiana nell'Emilia-Roma-
gna: Faenza, Ravenna, Ferrara, Mo-
dena, Rimini, Forlì, Parma, Piacenza,
Reggio Emilia.
È difficile oggi rendersi conto che
questa presenza massiccia è un mira-
colo di coraggio. È difficile capire la
frase di un vecchio salesiano: «I
figli di Don Bosco prima trovarono il
coraggio di andare in missione in Ame-
rica, poi quello di venire in Emilia ».
Questa terra, prima appartenente
allo stato pontificio, divenne dopo
l'unità italiana la trincea dove si scon-
trarono con violenza «papalini » e

1.7 Page 7

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GII Sbandieratori
Petroniani e I loro
policromi vaultll:
sono giovani
dell'Istituto Salaalano
bolognese, che per
la loro artistica ablllti
sono stati anche
ammirati s ul video.
<< antipapalini &. E subito dopo, nel
primo infuriare della questione so-
ciale, il terreno di contrapp~sizione
sociale tra << leghe rosse ~ e «leghe
bianche >>. I Salesiani dovettero af-
frontare infinite polemiche e vin-
cere molti ostacoli per innestarsi in
questa realtà. Non solo ci riuscirono,
ma furono in grado di modificare
questo quadro ambientale, svolgendo
un ruolo di pacificazione concreta.
2200 firme per
cacciare i Salesiani
11 primo piede, i figli di Don Bosco
lo misero a Faenza nel 1881. Le
correnti anticlericali li dipinsero come
«seminatori di discordie>>. Una istan-
za per cacciarli dalla città raccolse
duemiladuecento firme! Ma Don Gio-
vanni Battista Rinaldi, direttore a
Faenza per vent'anni, rispose agli
attacchi con sempre nuove opere a
favore del popolo, senza distinzione
di classi o di partiti. I Salesiani di
inserirono nel contesto reale delle
cose urgenti da fare, e la gente gli si
affezionò.
Poi i Salesiani andarono a Parma.
Piantarono le tende in un quartiere
periferico cosi malfamato che ai
chierici del Seminario era proibito
espressamente di attraversarlo. Il
di.rettore don Baratta (appena 28
anni!) si rivelò uno dei salesiani più
sensibili alle tensioni sociali del tem-
po. «In pochi anni rovesciò il ruolo
per il quale i salesiani erano stati
chiamati a Parma». Invece di met-
tere in pace la coscienza dei cattolici
«facendo un po' di bene>> ai sotto-
poveri della periferia, Don Baratta
mise in disagio le coscienze cattoliche,
rinfacciando l'immobilismo ai bene-
stanti. Chiamò tutti su linee di in-
, tervento sociale molto avanzate, per
quel tempo, provocando anche rot-
ture e crisi nelle file dei cattolici.
Di un quartiere periferico, don Ba-
ratta riusci a fare un centro vivo, di
raccolta e di richiamo per tutti i ceti
di Parma.
Il rapporto tra le classi si produsse
partendo dal basso, dai figli della
classe operaia, con i quali convennero
i figli della borghesia cittadina, tra-
mite le iniziative religiose e sociali
promosse e guidate da don Baratta.
Non a caso i maggiori esponenti del-
l'ala democratico-cristiana del movi-
mento cattolico a Parma, uscirono
tutti, o quasi, dalle scuole salesiane.
Dalle « opere di beneficenza »
a quelle « di promozione »
Aprile 1895. A Bologna si tiene il
«Primo Congresso Internazionale dei
Cooperatori Salesiani>>. È quasi impos-
sibile oggi rendersi conto di che
cos'era a quei tempi un Congresso.
Nell'agosto del 1891 si era tenuto
a Milano il primo «Congresso Operaio
Italiano». Nel 1892, a Genova, si
era riunito il primo (< Congresso uffi-
ciale del Partito dei Lavoratori Ita-
liani». In anni in cui le comuni-
cazioni erano scarse e difficili, quando
il leggere e lo scrivere non erano
ancora patrimonio di tutti, incon-
trarsi a viso aperto, confrontarsi con
individui di altre regioni e di altre
usanze, poter esporre pubblicamente
le proprie idee, era un avvenimento
straordinario. Destava l'interesse delle
masse e lasciava segni concreti e
duraturi. Molto diversi i «congres-
si» di oggi, rigidamente tecnici e
sofisticati.
Sullo slancio del Congresso, i Sale-
siani aprirono nuove opere. Nel-
l'ordine: a Ferrara, a Modena, a
Bologna. Quest'ultima fu l'opera più
importante e più matura. Sulla linea
sociale tracciata dalla Rerum Nova-
rum e portata impetuosamente avanti
da don 13aratta, si capiva che era
ormai il tempo di superare le isti-
tuzioni «di beneficenza ,>, per dar
vita ad opere «di promozione >>. Per
questo i Salesiani annunciarono che
quella di Bologna sarebbe stata <<opera
sociale e formativa della gioventù~.
L'oratorio fu iniziato a S. Carlino,
in un quartiere operaio. Ma subito
ci si accorse che le esigenze vitali
di spazio non avrebbero permesso che
sorgesse un grande istituto. Fu
perciò scelta una zona fuori porta
Galliera, nel quartiere che sarà chia-
mato << la Bolognina».
L'istituto fu inaugurato, come si
è detto, il 30 maggio 1899, ma già
da quasi un anno ospitava 173 allievi.
Funzionavano le 5 classi elementari
e le 3 classi ginnasiali. E si erano
iniziati quei laboratori che non esi-
gevano costosi macchinari e perso-
nale altamente qualificato.
Un passivo secco
del cento per cento
Verso i laboratori era teso il mas-
simo sforzo dei Salesiani. Con la
nascente industrializzazione e 1a con-
seguente specializzazione del lavoro,
l'apprendistato nell'officina non era
più sufficiente. Era necessaria una
vera e propria <1 scuola del mestiere»,
che fornisse al giovane apprendista
un insegnante completo, teorico e
pratico. Lo sviluppo culturale doveva
far sentire al giovane che prima di
essere un lavoratore era un uomo,
protagonista del suo tempo. E doveva
anche prepararlo alla continua evo-
luzione della tecnica.
Le difficoltà finanziarie dei primi
anni sono gravi. I debiti per le co-
struzioni si assommano alle spese
quotidiane. Eppure i Salesiani sono
venuti per i poveri, e i registri testi-
moniano in maniera chiara che non
barano al gioco. Gli orfani, ospitati
e forniti di tutto gratuitamente sono,
nell'anno 1898-99, quarantanove: ven-
ti di Bologna, ventuno della provin-
cia, otto di altre provincie. Solo
33 ragazzi pagano la retta intera di
lire 25 mensili. Tutti gli altri (99)
contribuiscono con una somma che
tocca a stento la metà. Le entrate
annuali sono di lire 23 mila, le uscite
di lire 46 mila. Un passivo secco
del cento per cento.
Eppure la costante partecipazione
dei cittadini all'attività salesiana per-
mette ai figli di Don Bosco non sol-
tanto di sopravvivere, ma anche di
svilupparsi gradualmente, nonostante
i limiti, i ritardi, le soste forzate che
ogni opera umana trova sul cammino.
Nel 1901 si pone mano alla chiesa
dedicata al S. Cuore di Gesù, unita
all'Istituto. Nel 1908 nasce l'Associa-
zione degli «antichi alunni» (oggi
<•ex-allievi»). Si consolidano e si
allargano le scuole professionali e i
laboratori per sarti, calzolai, fale-
gnami e legatori.
Quando gli orfani
si moltiplicarono
Nel 1912 s'inizia la Scuola Grafica
Salesiana con diciotto allievi.
Durante la prima guerra mondiale
(1915-1918) l'Istituto vede assotti-
gliarsi il personale insegnante per la
chiamata alle armi, ed ha requisiti
parte dei locali che vengono adibiti
ad usi militari. Si cerca di mante-
nere le posizioni specialmente per i
giovani lavoratori, che tuttavia calano
da 103 a 77.
Nel 1918 si può tornare al numero
pieno, e sullo slancio nell'anno se-
guente si apre un nuovo laboratorio
per i meccanici. Intanto aumenta il
numero degli orfani ospitati: 89 nel
1916, 98 nel 1917, fino a 175 nel 1922
(su un totale di 288 allievi). I libri di
storia, che registrano le glorie della
patria, s'interessano di raro al numero 7

1.8 Page 8

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di orfani che la t gloria• porta con sé...
Il 21 novembre 1929, nelle prime
ore pomeridiane, nel rione della Bo-
lognina si u d ì u n improvviso boato
mentre un polverone biancastro si
alzò sul Santuario del S. Cuore e
sulle case circostanti. La cupola del
Santuario era crollata, facendo spro-
fondare il pavimento. Davanti ai tron-
coni delle mura, il cardinale ~asalli
Rocca decise di affidare la parrocchia
e la ricostruzione del Santuario ai
Salesiani. Da Rimini, come p rimo par-
roco, venne chiamato don Gavinelli.
I niziava cosi la sua lunga giornata
bolognese questo sacerdote attivissi-
mo, che per tanti anni si sarebbe
identificato con l'Opera salesiana.
Sei bombardamenti
per distruggere
1939. La Scuola di Avviamento Pro-
fessionale e la Scuola Tecnica I ndu-
striale vengono riconosciute legalmen-
te, e sono ammesse a far parte dell'Ente
Nazio11ale per l'lnstg11amer1to Medio.
Con la seconda guerra mondiale,
l'Istituto è colpito gravemente da sei
bombardamenti aerei. li 25 settem-
bre 1943 crolla parte del Tempio del
S. Cuore, l'Orntorio e la tipografia.
IL 5 ottobre dello stesso anno è com-
pletamente distrutto l'Oratorio. Il
22 marzo e il 13 maggio 19+1- ven-
gono distrutti il teatro e il labora-
torio di meccanica. li 24 agosto e il
5 settembre 1944 è completata la
distruzione dell'I stituto: d iversi labo-
ratori crollano nei sotterranei.
I ragazzi della Media si rifugiano a
Castel de' Britti e poi al S. Luigi
dei Barnabiti. A Bologna, tra un
bombardamento e l'altro, i Coadiu-
tori insegnanti cercano di recupe-
rare qualcosa tra le macerie. Lacrime
amare scendono sul loro volto, quando
riescono a cavare dalle rovine qualche
macchina, costata sacrifici t:normi,
ridotta anch'essa a rovina.
Eppure nel 1945, quando la guerra
termina e le strade di Bologna bru-
licano di ragazzi abbandonati, senza
famiglia, senza casa, senza un punto
di riferimento, i Salesiani si rim-
boccano le maniche e ricominciano.
Bisogna aiutare la città. a risorgere
dalle miserie morali e materia)j_ Xon
c'è tempo per piangere.
Don Gavinelli, nel luglio dà ini-
zio alla ricostruzione. Il 3 novembre
si apre l'anno scolastico per allievi
esterni. Il 3 dicembre si accolgono
un centinaio di interni e si riapre la
scuola professionale con locali e at-
t rezzature d i fortuna.
Quasi trent'anni sono passati da
8 quei giorni di coraggio e di stenti
quasi disumana. L'Istituto ha com,
nuato il suo servizio disinteressato ru
giovani lavoratori e poveri.
Ripensare e ristrutturare
Il rinnovamento della società mo
derna si fa sentire a ,·olte con esi-
genze dolorose e pesanti.• el 1962
cessano la loro gloriosa attività i labo-
ratori dei calzolai e dei sarti. Il 1963
segna la chiusura dei falegnami e dei
legatori. Occorre organizzare nuove
attività, con macchinari più sofisucat,
e costosi, con insegnanti di alta qua-
lificazione. Nel 1967 si apre il nuovo
Laboratori di Litografia, con cor~,
per litoimpressori e fotolitografi. Nello
stesso anno si apre il Reparto di sal-
damra. Nel 1970 inizia l'attintà de,
Disegnatori meccanica.
Anche la riforma scolastica chiama
a ripensare e a ristrutturare. L'A,,_
viamento viene aSl,0rbito dalla !\\lt:dia
Unica. La Scuola si struttura in due
rami: l' I TI e ti CF P
fl primo, l'Istituto Tecnico /11du-
stnale. ha la dur.ua di cinque ann,
Ha un rndmno meccamco e dà 11
diploma di perito industriale con il
quale è possibile accedere all't:n,
Vèrsità. Il secondo, ,I Ce11tr1J d, F(II
111azio11e Pmftssùmole, svolge l.1 sua
attivnà nel settore meccanico t: 1n
quello grafico, e dura tre anni
La parte prù interessante l 11 'l:"I•
tOrl' grafico. un campo 1-n conumm.
co~tante sviluppo. L'attrezzatura d1
cui dispone la scuola è fra le prn
moderne, ed I giovani che da essa
escono sono fra i più preparali t·d
apprezzati per la preparaziom· d1
base, la pratica nelle tecniche m1ù1-
z1onah e 1n quelle nuoYe
Sono loro
l'Istituto del miracolo
Sembra cosa naturale una scuola
che funziona sul serio. Sembra :;em-
plice sfornare ogni anno una schiera
di giovanotti formati come profes-
sionisti e come uomini. ·Solo chi sta
dietro le cose, si accorge che tutto
ciò non è né sempljce né nawrale
Ogni anno, ogni giovane, riassume
una serie d1 sacrifici silenziosi, contati
solo da Dio. Benefattori che hanno
condensato nelle macchine e nei fab-
bricati la loro generosità, 8alt'srnn,
che hanno speso giorno per giorno
tutta la vita. Sono loro il segreto d1
75 anni dj servizio concreto, d1 75
gruppi di giovani che sono andati
incontro alla vtta con fiducia e non
con disperazione. Sono loro 1I vero
«Istituto del m,racolo ».
TERES I O BOSCO
unura 1c
Don Felice R izzini è stato di ret-
tore dell'Opera Salesiaria di Bolo-
gna negli ultimi 4 anni. Gli ho sot-
toposto una lista di domande pw t-
tosto dtu-e. No11 ha battuto ciglio
ed ha risposto cosi.
Domanda: L'opera salesiana di
Bologna fu ail'inizio « all'avan-
guardia » delle forze cattoliche:
non più solo « beneficenza », ma
« promozione » del giovane lavo-
ratore. Oggi è ancora all'avan-
guardia?
Risposta : Mi pare di si. L'Opera
tende oggi alla promozione • del
g1ovant lavoratore facendolo parte-
cipare alla propria formazione. Egli
e uwitato a • gestirl.' la sua forma-
zione, con l'aiuto degli educator i e
dr1 genitor i, mediante la p artecipa-
21onc ai d iversi organismi rappresen-
tat1v1, e attraverso il dialogo educa-
u,·o per~onale e comunitario.
~otto il profilo tecnico, non c1 s1
accontenta più di un apprendimento
manualt.• <lei lavoro. li giovane, for-
nito di una solida preparazione di
bai;c, viene preparato alle diverse
eventualità di lavoro nel suo settore
specifico.
Questo cambio di prospettive ha
imposto notevoli perfezionamenti a
linillo di educatori sale~iani, di attrez-
zatun:, da ambienti e di program-
mazione. Un nutrito gruppo di laici
specializzati affianca i Salesiani.
Gh allievi hanno corr isposto a
questo not evole sforzo affrontando
con serietà impegni gravosi di studio,
esami d a licenza professionale, corsi
lib~ri d a lingue. I çenitori seguono
con notevole soddisfazione q uesti
sforz1. Le numerosissime richieste
delle az1enùe e L'apprezzamento della
Rt.-gione (che ha rc~o possibili moltt
miglioramenti con sovvcnzioni) c;i
dicono che stiamo ten~·ndo il passo
con I tempi.
Domanda: L'Opera Salesiana in-
cide sulla vita cittadina di Bo-
logna?
Riaposta: L'incidenza in una città
popolosa e r icca d1 iniziative come
Bologna è d ifficile a defìmrs1. Ci sono
però alcuni ind ici che la possono ri-
velare Appena apertt- le iscrizioni,

1.9 Page 9

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mc e ice e elaio■ri
c'è un tale afflusso di domande che
nella Scuola ,\\ltdia 1,,Ì possono acco-
gliere ,solo in minima partè, 11dl' Isti-
tuto Tecruco Industriale t'. nel Centro
di formazione P roft-sstonale tn una
percentuale solo lt.-ggetmente supe-
riore. L'iscrizione non si riduce ad un
fatto burocratico. Si svolge in un
lungo e amichevole colloquio con 1
genitori e il ragazzo. È durante questi
<..-Olloqui che ci s1 rende conto della
vasta stima e «irnpatia d1 cui gode
l'Opera. Sott0Hnea l'efficacrn della
Scuola la medaglia d'oro conferita
dal Presidente della Repubblica il
2 giugno 1973. Gli cxallicv1, che
non ci rispanniano rilievi criuei, sono
per la globale validità ddla nostra
azione formativa, ~ nei numerosi
mcontri personali, d1 gruppo e comu-
nitari ci attestano la loro fiducia.
Domanda: L'Opera forma uomini
veri, cristiani autentici, o solo
operai qualifioa ti ?
Risposta: Il discorso sw risultati
è sempre un discorso difficile. Posso
però dire che J'asp<!tto strettamente
scolasttco, tecmco, p rofessionale ha
la sua ~rande importanza, ma non è
detemunante. Al g10vanc facciamo
una proposta completa dì matura-
zione umana e cristiana, rispondendo
a tutte le sue esigenze vitali. Deve
diventare un uomo vitalmente inse-
rito nel suo tempo. Chi ha assistito
ai nostri 111contri comunitari, agli
Esercizi Spirituali fatti a piccoli
gruppi e ad altri momenti qualifi-
canti, sa che non si tratta solo d1
parole. Si studia e s1 lavora seria-
mente, si fa sport con entusiasmo, s1
prega e si riflette, si discute anima-
tamente. Alla formazione totale si
sollecita l'adesione personale del gio-
vane e l'aiuto dei genitori, per dare
al cristianesimo il senso di un im-
pegno vitale.
Naturalmente ci sono le situazioni
personali, le crisi deltadolescenza, 1
casi di rispetto formale, come in
ogni opera giovanile. l\\Ia l'impegno
comunitario di fede è notevole.
Domanda : All'inizio, nonostante
le grandi strettezze in cui si tro-
vavano, i Salesiani diedero un no-
tevolissimo posto ai poveri. Gli
orfani raggiungevano quasi il 50°-0
degli assistiti. Oggi è ancora così ?
Risposta: Una rigorosa verifica di
questa particolare -questione è stata
fatta dal segretario scolastico della
scuola, sig. Aldo Piatti. Dal grafico
da lui compilato sull'andamento del-
l'Istituto Salesiano in questi 75 anni
di storia, risulta la continua e con-
creta fedeltà a1 ceti popolari ed ai
poveri, anche se cambiano le espres-
sioni esterne. Continua ad essere no-
tevole l'assistenza agli orfani e ai
ragazzi abbandonati dai genitori. Si
continua ad integrare l'aiuto offerto
da Enti pubblici a ragazzi in partico-
lari necessità. Continuano le borse
di studio, messe a disposizione de-i
più volenterosi che non possono tro-
vare aiuto altrove.
Quest'opera assistenziale è pos-
sibile per il lavoro generoso dei con-
fratelli salctiiani, che si limitano a
richiedere solo il necessario per Ja
vita, e concorrono al sostentamento
dell'Opera anche con lavori straor-
dinari.
Conunua a fiorir~ intorno ai Sale~
s1ani una corrente di simpatia profon-
da e di beneficenza, che sostiene in
gran parte lo sforzo per il rinnoYa-
mcnto degli edifici e dclle attrez-
zature. Non sono soltanto persone
ricche, ma anche di umilissima con~
dizione, preoccupate dell'educazione
dei giovani. Fra queste vorrei citare
una povera lavandaia che ha lasciato
i suoi piccoh risparmi all'Opera di
Don Bosco.
Domanda: Che ne pensano i
ragazzi dei Salesiani ? Al term~e
degli studi si dimostrano ricono-
scenti? O li considerano gente che
fa il « m estiere » di insegnante
facendosi pagare « cantando sal-
mi»?
·
Ris posta: Ndl'attualc clima ùi par-
tecipazione e corresponsabilità, non
occorre attendere la conclusione degli
:.tudi per sentire il patere degli allievi.
1 giovani, stimolati alla ricerca della
sincerità e ddl'autcnticità, non ri-
sparmiano le critiche perché la vita
della scuola sia più aderente alle
nuove realtà, perché prepari maggior-
mente sul piano ,,-ociale e sindacale,
e si apra in pieno alle esigenze del
nnnovamento. Non perdonano le de-
ficienze e le debolezze degli inse-
gnanti, le incertezze dei g1:nitorì e
gli inceppi delle struttu re. Peccano
di impazienza e dì integralismo come
tatti i giovani attuali. Quello che
piace è che questi discorsi li fanno
apertamente con noi, con la fiducia
che possiamo arrivare a qualcosa di
nuovo e di vivo. Tentiamo insieme
le nuove strade perché dalle parole
vogliamo scendere ai fatti e agli
impegni concreti.
Da ex.allievi il discorso continua
attraverso l'Unione che li sostiene
nello sforzo di inserimento nella
società, L'Unione sta facendo cose
egregie per il GEX (Giovani Ex.al-
lievi). Fra l'altro sta attrezzando una
casa tutta per loro suJI'Appennino,
per gli incontri periodici e le uscite
festive.
Domanda: L'Opera di Bologna
vocazioni? Vivendo accanto ai
Salesiani, qualche giovane sente il
desiderio di diventare << come
loro? ».
Risposta: Il discorso vocazionale
specifico urta contro varie difficoltà
in questi anni, a differenza dei tempi
passati, ricchi di sacerdoti, missionari,
coadiutori. Abbiamo alcuni e,xallievi
che stanno facendo gli studi teologici,
uno al liceo nel seminario arcivesco-
vile. Ci ripromettiamo anche in questo
settore una ripresa coraggiosa.
Domanda; Come si articola oggi
l'Opera di Bologna? Può tracciarci
una « scheda » pl'ecisa ?
Risposta: 1. Santuario-Pa"occhia
<• S. Cuore» con circa 16 mila abi-
tanti. z. Oratorio «S. Cuore» con
organizzazioni sportive ed educative.
Lo frequentano con sufficiente rego-
larità circa 500 ragazzi e giovani.
3. Centro di Formazwne prqfessi<male
(280 allievi) per il settore meccanico
(aggiustatore, tornitore, fresatore, di-
segnatore) e per il settore grafico
(ripocompositore, tipoimpressore, li-
tografo, fotolitografo). 4. Istituto Tec-
nico Industriale (2io allievi) con la
specializzazione meccanica. 5. Scuola
Media (300 allievi).
Ad integrazione della Scuola fun-
zionano il Centro di Orientamento
Professionale, il convitto, la mensa
scolastica, il doposcuola ed altre
attività parascolastiche.
9

1.10 Page 10

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U1
di
Una manciata di sale-
siani furono espulsi dal
campo di concentra-
mento perché anti-in-
glesi : testoni, umori-
sti, innamorati dell'Ita-
lia. Finirono nella peri-
feria di Goa (allora pos-
sedimento portoghe-
se). Con un pallone
sotto il braccio si spar-
sero per la citti in cer-
ca di ragazzi.
N egli ultimi cinque anni Goa è
diventata una «città santa>> degli
fu'ppi.es. Un'iniezione cli eroina costa
soltanto una rupia (settanta lire),
L'hashish è molto a buon mercato, e le
spiagge sull'oceano sono enormi, pu-
lite e romantiche. Ogni anno dopo la
stagione delle piogge (cioè a metà
settembre) le carovane degli hippies
arrivano. Costruiscono capanne e
baracche vicino alle spiagge e vivono
alla loro maniera. Ogni tanto qual-
cuno, ubriaco di droga, marcia con
calma verso l'acqua del mare, sempre
più al largo, e non torna più indietro.
Questo è uno degli aspetti più
clamorosi, più fotografati e dibat-
tuti della zona. Certo questi giovani
che si tagliano da soli fuori della
vita sono un problema drammatico.
Ma il problema più importante di
Goa, anche se meno aP.pariscente e
clamoroso, è un altro. E la folla cli
giovani <i normali ~ che ha bisogno
urgente di una qualificazione scola-
stica e professionale. Dai Ghati
scendono fiumi ricchi di acque. Le
miniere sono ricche di minerale
ferro e di manganese, che fino a
poco tempo fa veniva tutto esportato
dal porto di Mormug1io. Anche la
Finsider italiana importava minerale
di ferro da Goa. Dopo la chiusura
del canale di Suez l'intera esporta-
zione si diresse verso i cantieri del
Giappone. Ora c'è un inizio di indu-
strializzazione locale, e le miniere
hanno sempre più fame di tecnici
e di meccanici per i bulldozers, i
camion e i barconi di caricamento.
I Salesiani, arrivati avventurosa-
1O mente nel 1946, si stanno impe-
gnando a fondo nella formazione
scolastica e professionale dei gio-
vani.
I primi Salesiani: testoni,
umoristi, innamorati dell'Italia
Arrivarono da un campo di con-
centramento inglese. Oggi Goa è un
territorio autonomo dell'Unione In-
diana, ma allora, nel 1946, era un
possedimento portoghese, e l'India
era una colonia inglese. Una manciata
di salesiani furono espulsi dal campo
di concentramento perché anti-inglesi:
testoni, umoristi, idealisti, innamo-
rati dell'Italia. Avevano a capo don
Vincenzo Scuderi, ispettore sale-
siano dell'Assam. Chiesero cli restare
missionari, passando nel possedi-
mento portoghese. Il Patriarca, mons.
José da Costa Nunes, li accolse a
braccia aperte.
I Salesiani videro cosi per la
prima volta Goa, da cinque secoli
colonia portoghese, terra di aposto-
lato di San Francesco Saverio. Per
Goa, egli è << il santo», come S. An-
tonio per Padova. Le sue lezioni cli
catechismo sono rimaste nella me-
moria popolare: correva per le strade
nei pomeriggi canicolari, scuotendo
un campanello per chiamare i ragazzi
l!-1 catechismo. Mori su una spiaggia
lontana, vicino a Canton, ma i goa-
nesi lo riportarono alla loro città,
dove i suoi resti riposano venerati
nella Basilica del Buon Gesù.
Un pallone sottobraccio
e un fischietto al collo
Il primo problema dei Salesiani fu
quello della casa. C'era alla periferia
di Panjim (chiamata anche << Nuova
Goa ~, capitale del territorio auto-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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nomo) una zona squallida, in parte
scarico pubblico, in parte zona mal-
famata. Il centro era occupato da
una casa enorme e cadente, lasciata
dal (! Conte della Vecchia Goa >> al-
l'ospizio dei vecchi. Ma la casa era
così vasta che l'ospizio ne occupava
solo una parte. I figli di Don Bosco
si stabilirono nella parte libera. La
prima sera mangiarono qualcosa in
piedi e si coricarono sul pavimento.
L'unico mobile era costituito da una
cassa in cui avevano trasportato iI
loro bagaglio.
L'indomani mattina, con un pal-
lone sotto il braccio e un fischietto da
arbitro appeso al collo, si sparsero
per la città in cerca di ragazzi.
I ragazzini che
tremavano di paura
In pochi giorni si apri l'Oratorio.
Poi ragazzi senza famiglia comin-
ciarono ad essere ospitati nella nuova
casa. Il numero dei giovani crebbe
velocemente, e presto l'immensa casa
diventò troppo piccola per le due
comunità: quella dei vecchi abbando-
nati dai loro figli, e quella dei bam-
bini abbandonati dai loro genitori. Si
venivano creando situ:;izioni imba-
razzanti. La camera mortuaria del-
l'ospizio, per esempio, confinava con
il dormitorio dei ragazzi. Spesso, la
notte, più di un ragazzino tremava di
paura, pensando che al di là di quel
muro c'era qualcuno che dormiva il
sonno della morte.
Finalmente si decise di costruire
un nuovo ricovero per i vecchi in
un angolo del terreno: una casa a un
solo piano, ma nuova e funzionale,
con una bella veranda e un giardino
fiorito. E i ragazzi restarono padroni
incontrastati della vecchia casa.
Il miracolo
della vecchina
Nel 1949 la scuola, che si era svi-
luppata pian piano, venne ricono-
sciuta dal governo. Si costruirono
accanto alla casa alcune baracche:
una per la scuola, una per l'alloggio
dei Salesiani, altre per le prime mac-
chine di una rudimentale scuola pro-
fessionale.
1950. I ragazzi ospiti dell'ospizio
sono più di 300. Nemmeno una
dozzina di loro riesce a pagare qualche
soldo di retta. Le finanze sono pau-
rose, ma il direttore don Carreno
accetta tutti i ragazzi abbandonati:
<i Cosi iI Signore sarà costretto a
pensarci». C'è una grande povertà e
un'enorme allegria. Spesso non c'è
nem.m~no acqua per lavarsi, e i
ragazzi scendono al fiume per un
bagno e una bella nuotata.
Una sera il primo ragazzo che si
tuffa in acqua finisce proprio in
mezzo a un banco di meduse. Urla
come un forsennato. Lo trascinano
a riva. È gonfio e rosso in tutto il
corpo, per il veleno urticante che
gli hanno iniettato gli animaletti gela-
tinosi. Si fa paonazzo, e a un tratto
comincia a rantolare, mentre i Sale-
siani e i ragazzi, intorno, non sanno
proprio che cosa fare. Ed ecco una
vecchina che passa ll accanto. Vede,
capisce, si dirige lestamente verso un
mucchio di sterco bovino ammuc-
chiato in attesa di essere trasportato
nei campi, ne prende delle grandi
manate e impiastra il ragazzo da
capo a piedi. In un quarto d'ora il
bruciore della pelle si calma. Dopo
una bella lavata nel mare, il ragazzo
è rimesso a nuovo. (Lo sterco bovino,
presso i vecchi contadini di questi
luoghi, è la medicina universale).
A poco a poco l'immensa casa del
«Conte della Vecchia Goa » diventò
un unico salone: man mano che il
numero dei ragazzi cresceva, si but-
tavano giù i muri divisori , per in-
grandire il dormitorio. Ogni muro
demolito veniva sostituito da alcune
colonne di cemento per sostenere il
tetto. Alla fine restarono solo i muri
esterni. La casa era diventata un
enorme salone che serviva contem-
poraneamente da refettorio, dormi-
torio e sala di ricreazione durante la
stagione delle piogge. Ospitava più
di trecento ragazzi, che si aggiravano
tra le cinquanta colonne che tene-
vano su un tetto grande quasi come
un campo da calcio. Un edificio
forse unico al mondo.
Nel dicembre del 1961 Goa fu
riunita alla madre patria. Ma questo
avvenimento, sebbene importantis-
simo, non poté risolvere di colpo i
grandi problemi della zona. Molti
giovani emigrano in cerca di lavoro
a Bombay, in Africa, nel Golfo Per-
sico, in Australia, in Canadà. I
residenti in Goa raggiungono quasi
il milione. Metà di essi sono cat-
tolici.
Il ragazzo
che svenne in classe
L'Opera dei Salesiani si è molti-
plicata. Nel 1962, a Sulcona, è sorta
una scuola agricola, con azienda,
villaggio per la riabilitazione dei
senza tetto, missione, ambulatorio,
scuola elementare. Quindi, a Valpoi,
si iniziò una missione per i minatori,
con parrocchia, oratorio e scuola
secondaria. Finalmente a Margao (Fa-
tordà) è stata appe_na inaugurata una
nuova scuola tecrnca.
La povertà è sempre grande, dram-
matica. Tre anni fa, ricordo, un
insegnante mi portava spesso un
ragazzo dicendomi:
- Non studia, non fa mai i com-
piti. Che debbo farci?
Cercavo di incoraggiarlo un po'.
E lui mi guardava in maniera assente,
senza reagire. Gli dicevo:
- Francisco, perché non provi a
studiare?
Una mattina svenne in classe. Lo
portammo dal medico.
- Che malattia ha ?
- Nessuna. Ma dovrebbe man-
giare.
Veniva ogni mattina a piedi, di-
giuno, dal suo villaggio a cinque chi-
lometri di distanza. Restava in classe
fino alle tredici e trenta. Poi ripartiva,
sempre a piedi e digiuno. A casa gli
davano una scodella di riso, che gli
doveva bastare fino all'indomani.
Tanti come Francisco
Capimmo che nella scuola c'erano
tanti altri ragazzi come Francisco.
Cominciammo le refezioni gratuite e
il doposcuola fino alla sera. Ma
<< cominciare » è una bella parola,
<< continuare ~ è più difficile. Dove
trovare riso, latte, farina per tutti
quei ragazzi ? Della refezione gra-
tuita beneficiano in questo momento
cinquanta ragazzi. Ma dovrebbero
essere molti di più, se solo trovassimo
il necessario da mettere in tavola.
A Panjim l'enorme e vecchio sa-
lone retto da cinquanta colonne di
cemento ora non c'è più. È stato
abbattuto per far posto a un fabbri-
cato più moderno. È un edificio
grande, con una bella chiesa dedi-
cata alla Madonna di Fatima. I
soldi per la costruzione li ha radu-
nati don Aurelio Maschio, scrivendo
infinite lettere a benefattori di tutto
il mondo. La scuola diurna ospita
oggi più di 1400 ragazzi. La scuola
serale gratuita - cliretta dagli exal-
lievi - ne ospita altri 300. In più
c'è l'ospizio per i ragazzi poverissimi,
l'Oratorio, la scuola professionale con
altre centinaia di ragazzi. Un vero
mondo giovanile, di attività, di bontà,
di preghiera e di allegria, e anche...
di debiti. 11 mantenimento di un
complesso di queste proporzioni è
l'ansietà e l'incubo costante del po-
veretto che scrive queste righe. Se
qualche amico vorrà aiutarmi sarà
benedetto da noi e da Dio.
DON GIUSEPPE CASTI
Don Bosco High School
Panjim 403.001 - Goa - India 11

2.2 Page 12

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Nel mese appena tra-
scorso, la Polonia sa-
lesiana ha celebrato i
75 anni di vita. Ricor-
diamo questo avveni-
mento non con reso-
conti trionfali, ma fa-
cendo memoria dei 67
confratelli martirizzati
con la loro patria negli
anni oscuri della se-
conda guerra mondia-
le. Gòrna Grupa, Dzial-
dow, Oswiecim, Mau-
thausen sono alcune
stazioni del Calvario
salesiano.
La grande tragedia della Polonia
iniziò alle 4,45 del settembre
1939. Le truppe tedesche varcarono
il confine. I carri armati del generale
Guderian avanzarono al ritmo dj
70-So chilometri al giorno. Nel ten-
tativo disperato di fermarli, i po-
lacchi schierarono in campo anche la
brigata dj cavalleria Pomorska; cavalli
contro tanRt, lance contro cannoni,
sciabole contro mitragliatrici. I ca-
valleggeri andavano all'attacco can-
tando, e morivano ancor prima di
venire a contatto diretto col nemico.
Il 7 settembre non rimanevano
più speranze., Solo Varsavia, la capi-
tale, resisteva. Il 26 e il 27 settembre,
gli aerei tedeschi in ondate serrate
martellarono la città. La radio an-
nunciò, sottolineandola con le note
di Chopin, la caduta di Varsavia e
la resa della Polonia.
Nel terzo giorno di guerra var-
carono la frontiera tre convogli spe-
ciali. Sul primo viaggiava Hitler; sul
secondo il maresciallo del Reich,
Ilermann Goering; sul terzo Hein-
rich Himmler, il capo della famige-
rata Gestapo (Polizia Segreta di Stato).
Andava a iniziare in Polonia l'èra del
terrore.
Un decreto di Hitler (8 ottobre
1939) incorporò nei Reich le quattro
prO\\'ince polacclie occjdemali, e co-
stitul il rimanente territorio in G0t•er-
natorato generale. Himmler, incari-
cato di «germanizzare & la Polonia,
dicb.iarò senza mezzi termini: /( L-0
spazzare le razu straniere fuori dei
territori incorporati, è uno degh
seopi essenziali da proseguire nel-
l'oriente germanico•· Era la con-
danna a morte di un intero popolo
Dalle quattro province annesse ru- I
12 rono cacciati un milione e mrzzo d1

2.3 Page 13

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contadini po\\acclu, trasferendoli in
pieno inverno nel Governatorato ge-
nerale. Fu una migrazione tragica, di
sofferenze inenarrabili.
Fu quindi dato inizio alla seconda
parte del piano di Himmler. Come
<< razza inferiore •> i Polacchi dove-
vano servire il regime nazista o
essere eliminati. Torme di uomini
furono condotte in Germania in con-
dizione di schiavitù, per lavorare
sotto padroni tedeschi. Nel 1942 il
loro numero raggiunse gli 8oo mila.
500 mila donne polacche furono
deportate e assegnate come serve alle
famiglie tedesche.
Per bloccare in partenza ogni rea-
zione e ogni resistenza, fu decretato
ed eseguito lo sterminio di quattro
categorie: gli intellettuali, i nobili,
il clero, gli ebrei. A 60 chilometri da
Cracovia, presso la cittadina di Oswie-
cim (chiamata dai tedeschi Au-
schwitz), venne aperto il Vemichtimg-
slager (campo di. sterminio) dove in
cinque anni furono eliminate da tre
a quattro milioni di persone.
Dentro questa immane tragedia che
devastò la nazione polacca, si svolse
la piccola ma dolorosissima tragedia
della Congregazione Salesiana: sa-
cerdoti, coadiutori e giovanissimi
chierici travolti dalla guerra, umi-
liati e straziati nei campi, eliminati
nei forni. In una nazione martire,
67 salesiani martiri. Con queste pa-
gine li vogliamo ricordare con pen-
soso affetto, a 30-35 anni dal loro
sacrificio.
Braccati nei boschi,
come selvaggina
La prima (<retata ►> di salesiani fu
compiuta ad Aleksandrow Kujawski,
nel nord, pochi giorni dopo la con-
quista. IL direttore di quel ginnasio-
liceo e quattro confratelli furono arre-
stati i_nsieme a tutti i sacerdoti del
distretto. Condotti a Torun, in quel
freddo ottobre 1939, furono cac-
ciati negli antri di cemento del-
l'antico forte. Per trenta giorni sop-
portarono tormenti fisici e morali.
Il 17 novembre furono costretti a un
lungo cammino a piedi, fino ai
boschi intorno a Gòrna Grupa. Qui,
di notte, furono cacciati tra gli alberi.
Braccati come selvaggina, vennero
tutti fucilati. I loro resti non furono
ritrovati.
Don Malorny, direttore e preside,
aveva 47 anni. Era un sacerdote fine
e delicato. Amava la musica allegra
e la gioia rumorosa dei ragazzi .
Don Ignazio Czogala aveva 3 I armi.
Ccslao Berte), Vincenzo Zukowski e
Bonaventura Holubowski erano chie-
nei: ragazzoni limpidi e allegri. Si
erano consacrati a Don Bosco e
sognavano la vita. Avevano 25, 26
e 21 anni.
Due anziani sacerdoti a Lad
A Lad i Salesiani avevano una casa
per le vocazioni adulte. Il 6 gennaio
1940 la Gestapo la requisl, trasfor-
mandola in prigione per i sacerdoti
delle diocesi di Wloclawek e di
Gniezno-Poznan. Anche i salesiani
furono considerati prigionieri.
Don Miska, 44 anni, direttore e
parroco, fu dichiarato respo_nsabile di
tutti i prigionieri . Due volte, per
presunte mancanze, fu gravemente
bastonato. La prima volta gli scari-
carono addosso cento randellate. Con-
tate con pignolesca meticolosità. Nel-
l'ottobre 1941 fu tr~ortato nel
campo di Dachau. !1"u· addetto al
trasporto dei pesanti recipienti del
cibo ai prigionierì. Sfinito, un giorno
cadde e si ruppe un braccio. Dovette
continuare. Morl serenamente il 30
maggio 1942. Aveva sussurrato ai
vicini che Dio vede tutto, e prov-
vede a tutto.
Da Lad, intanto, erano stati depor-
tati due sacerdoti anziani. Don Giu-
seppe Heintzel apparteneva al primo
gruppo di giovani polacchi che erano
stati educati in Italia: a Valsalice, a
Foglizzo, a Ivrea, a Lombriasco.
Deportato nel campo di Dachau,
aveva parole di conforto e di fede
per i più giovani, che a tratti attra-
versavano crisi gravi. Poi le gambe si
gonfiarono. Fu trasportato nel campo
di Linz, a bordo di un (<furgone S i>.
Era un camiom ermeticamente sigil-
lato in cui i prigionieri venivano eli-
minati col gas durante il trasporto.
Don Giacomo Legosz, l'altro sacer-
dore anziano di Lad, valente pro-
fessore di lettere, fu percosso in
modo crudele. Portato a Linz fu
gassato lungo i I viaggio come don
Giuseppe.
Sette martiri a Dzialdow
A Plock i Salesiani avevano una
scuola professionale. li 20 marzo 1941
la Gestapo arrestò nella zona di Plock
tutti 1 $acerdoti e i reli_giosi, compresi
l' Arcivescovo e il suo vescovo suf-
fraganeo. Furono trasferiti nel campo
di Dzialdow. Consumati dai mal-
trattamenti e dalle malattie, morirono
i due vescovi e molti sacerdoti. Tra
di essi, sette confratelli salesiani.
Don Giovanni Kurdziel, 50 anni.
Don Taddeo Kalinszka, 3-l- anni.
Don Stanislao Stepkowski , 38 anni.
Don Emilio Luczeczko, 31 anru
Don Taddeo Bartuzi, 34 anni. Coad.
Adamo Zawadzki, 35 anni. Don Adal-
berto Plywaczyk, 50 anni.
Il 23 maggio 1941 la Gestapo
arrestò tutti i Salesiani dell'Opera
che sorgeva a Cracovia-Debniki. Fu-
rono condotti alle carceri della città
e detenuti per un mese. Alla fine
di giugno furono avviati, su un
treno carico di ebrei, al campo di
Oswiecim, il famigerato Auschwitz.
Come bambini
nella casa della strega
Un sopravvissuto ha scritto: <1 Au-
schwitz era un inferno perfettamente
organizzato, senza il minimo disor-
dine. Chi moriva spariva subito; chi
si ammalava gravemente anche; chi
era gassato non gridava. Il crema-
torio fumava senza tregua, i retico-
lati erano carichi di elettricità. Si
viveva in attesa di essere uccisi. Il
lavoro durava quanto la luce del
giorno, anche se pioveva o nevicava.
Consisteva in un bèstiale spingere,
portare, tirare, scavare. Si costrui-
vano ferrovie, si colmavano terra-
pieni, si portava a spalla ogni cosa.
Il ritorno dal lavoro era una scena
assurda: uomini vestiti in camicioni a
strisce camminavano per cinque, con
un'andatura strana, dura, come fan-
tocci rigidi fatti solo di ossa, mentre
una fanfara di prigionieri suonava
suJ piazzale canzoni allegre e marce
vivaci. Risuonavano di continuo ordini
e minacce, e guai a non afferrare al
volo il comando giusto, a non scat-
tare. Nessuno era disposto ad atten-
dere, nessuno aveva pazienza. I nuovi
venuti si schiacciavano istintivamente
negli angoli, come bambini nella
casa della strega. La fame era feroce.
Asciugava i corpi, gonfiava i ventri
e riempiva di edemi il viso>>.
Un testimone oculare ha raccon-
tato l'arrivo e le prime, tragiche
giornate dei prigionieri salesiani. Ecco
Ja sua deposizione:
<1 Arrivarono incatenati su un treno
che trasportava ebrei. Era il 26 giu-
gno, e i salesiani erano 12. Sul piaz-
zale furono tolte le catene, furono
bastonati a sangue, e vennero desti-
nati, insieme agli ebrei, alla terribile
"compagnia di disciplina". Il "Kapo"
interrogò ciascuno dei nuovi arrivati.
Toccò subito a don Swierc, direttore
e parroco. "Che mestiere fai?".
"Prete cattolico". La risposta lo im-
bestiall. Calci nel ventre e frusta in
faccia, mentre gridava: "Pretaccio !
Ladro! Mascalzone! Impostore! Cre-
perete tutti, maiali! Finirete tutti al
crematorio!''
13

2.4 Page 14

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l1 27 giugno fu venerdl santo
Il giorno dopo, 27 giungo, fu il
venerdl santo per quattro salesiani.
Nella mattinata don Swierc fu bru-
talizzato e ucciso nella «fossa della
ghiaia•· Subito dopo toccò al vec-
chio e mite don Ignazio Dobiasz. Fu
gettato nella fossa profonda otto
metri poiché non riusciva ad ese-
guire velocemente gli ordini di la-
voro. Dopo la breve pausa del pome-
riggio, furono uccisi insieme nella
stessa fossa don Francesco Harazim
e don Casimiro Wojociechowski. Don
Francesco era un elegante scrittore
di 55 anni. Era stato redattore del
Bollettino Salesiano Polacco, ed era
un conferenziere ricercato. Don Casi-
miro aveva solo 37 anni. Era nel
pieno delle sue energie, musico viva-
cissimo, intraprendente. I II kapos
della compagnia di disciplina erano
stati presi nei manicomi criminali,
tra sadici e anormali. La serena
sicurezza dei sacerdoti li faceva
letteralmente imbestialire.
Don Ladislao Niemier doveva es-
sere pure lui ucciso il 27 giugno. Ma
nonostante le torture, alla sera era
ancora vivo. Sopravvisse dieci giorni,
curato, com'era possibile in quel
luo~o, dall'amorevole dedizione dei
suoi confratelli. Aveva 50 anni.
li 21 luglio, segregato nel« bunker•
dov'era stato ucciso padre Kolbe,
morì don Ignazio Antonowicz, di-
rettore dello studentato teologico di
Cracovia. Due giorni dopo lo seguì
il coadiutore Giovanni Pawlik, istrut-
tore della scuola grafica.
Nei mesi e negli anni seguenti, ad
Auschwitz furono marLiri2'.Zati altri
quattro salesiani: il giovanissimo don
Kowalski, tonurato perché non volle
calpestare la corona del Rosario (di
lui il Bollettino ha parlato ampiamente
11el febbraio 1972), don Golda, don
Mroczek e don Szembek.
« Se non ci fossero
dei preti cosi... »
Don Carlo Golda aveva celebrato
la sua prima Messa a Roma, all'al-
tare di S. Cecilia vergine e martire,
nelle catacombe di S. Callisto. Quan-
do fu arrestato aveva 27 anni. Inse-
gnava teologia ai chierici salesiani.
Mentre era ancora libero, nella Casa
salesiana, poiché possedeva alla per-
fezione la lingua tedesca, un soldato
germanico, addetto al servizio del
campo, andava a confessarsi da lui.
Qualcuno sospettò che Don Golda
sfruttasse quelle confessioni per rive-
lare ad altri i terribili «segreti• del
campo di eliminazione. Fu arrestato e
martirizzato per cinque mesi. Fu
anche tenuto nel «bunker della
fame•· Il 14 maggio 1942 fu im-
piccato. Era talmente grande La vene-
razione per lui, che alcuni soldati
tedeschi vegliarono il suo corpo.
Don Lodovico Mroczek era un
povero orfano quando fu accolto dai
salesiani. Divenne un sacerdote dolce
e paziente. Il signor Giuseppe Stem-
ler, che fu a lungo ad Auschwitz,
racconta: «Nel novembre del 1941 ,
tra le file degli ammalati vidi un
giovane tutto tremante di freddo e
di fame. Quello che attirò la mia
attenzione fu che, mentre gli altri
bestemmiavano e si lamentavano, lui
pregava. Aveva una profonda infe-
zione allagambasinistra. Seppi che era
un salesiano. Siamo diventati amici.
La sua bontà, in quel mare di viltà
e di odio, fu un r aggio di luce. Il
suo male progrediva. Dovette essere
sottoposto a una dolorosissima ope-
razione. La sua faccia rimase bianca
e serena, quasi sorridente. Ripeteva:
"Grazie. Siete molto buoni' . Do-
mandai al chirurgo se soffriva molto.
Mi rispose: "Questo è un gigante
del dolore. Non ho mai incontrato
un uomo simile nella mia carriera. È
uno splendido sacerdote. Se non ci
fossero dei preti cos~ noi saremmo
cento volte peggiori e più vili di quel
che siamo". Nella notte morirono
molti. Era una cosa molto comune
la morte, ad Auschwitz. Morl anche
don Lodovico, dopo aver bisbigliato
Sia fatta la tua t1olcmtà •·
La mia vita per la tua
Don Stanislao Rokita, un anziano
sacerdote salesiano, era stato pure
lui arrestato. In un carrozzone vigi-
lato delle SS veniva portato al campo.
Ad una fermata tentò il tutto per
tutto. Mentre i suoi confratelli face-
vano un po' di baccano per attirare
l'attenzione delle guardie, si gettò giù
dal treno. Gli andò bene. Riusci a
sopravvivere. Ancor oggi, quando
ricorda i suoi confratelli che spari-
rono nelle camere a gas, non riesce
a trattenere la commozione. «Alcuni
d i loro erano dei santi autentici ;>,
dice. <t L'indimenticabile don Vladi-
mir o Szembek, per esempio. Era di
famiglia nobile, fratello del Ministro
degli Esteri della Polonia. Si era
fatto salesiano a 45 anni. Quando La
Gestapo si presentò rer portar via
il direttore, si offrl a suo posto. Il
largerfliiirer di Auschwitz era spie-
tato, pareva posseduto dal demonio.
Don Vladimiro offri le sue sofferenze
per la sua conversione. Morì nel
settembre del 1942. Finl come tutti
nel forno crematorio. Quando arri-
varono i Sovietici il largerfl1iirer cercò
di sparire, ma venne catturato. Fu
condannato a morte sul luogo dove
aveva c-0ndannato milioni di persone.
Allora si vide la santità di don Vladi-
miro. Davanti alla morte, quella
belva umana ebbe come un risveglio:
Nella pagina preçadente: il fllo aplneto per•
corso delle corrente elettrice che clRon•
deve Il campo di Auschwitz. A sinistra: uno
scorcio di cl{> c he rimane oggi del terribile
cam·po di eliminazione. A destra: le cappella
ornata di filo aplneto coatrulu, nel campo
14
dedlcaui al aacerdotl martlrlu.etl.

2.5 Page 15

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chiese un prete cattolico per confes-
sarsi. E fu proprio un vecchio prete
salesiano, Don Zaremba, a dargli
l'assoluzione prima del capestro ».
Don Stanilìlao Rokita, delegato per-
sonale del Rettor Maggiore per la
Polonia, ci ha rilasciato i seguenti
appunti:
Co11fratelli: sono attualmente circa
900, di cui 125 chierici, 87 coadiutori,
25 novizi. Tutti gli altri, sacerdoti.
Sono -Organizzati in due Tspettorie,
che fanno caJ>!l a Cracovia (Sud) e
a Lodz (Nord).
Attività: prestano servizio in circa
L20 parrocc;hìe, molte delle quali
hanno da due a sette chiese succur-
sali. Esiste un'unica scuola profes-
sionale, a Osiwecim, con 400 alunni
tra interni ed esterni. In ogni par-
rocchia si dà la priorità all'insegna-
mento del catechismo, La scuola è
completamente libera: si svolge nelle
ch'.iese e nelle sale parrocchiali dal
mattino fino alla sera. Si dispone di
una buona attrezzatura, e tutti i
mezzi di comunicazione sociale sono
messi in opera per attirare i giovani,
e per dare alla scuola un buon
livello.
Voca.ttioni: sono ancora numerose,
ma si avverte anche qui una certa
crisi. Il nostro arcivescovo mons. Ba-
raniak, nel suo seminario maggiore
di Poznam, ha 160 chierici. Ha ordi-
nato ultimamente 36 novelli sacer-
doti. I novelli sacerdoti salesiani sono
stati quest'anno ì4. A Cracovia ci
sono attualmente 13 seminari mag-
giori (3 diocesani, 10 religiosi), con
118o studenti.
Non esistono né aspirantati né piç-
coli seminari, e neppure associazioni
religiose giovanili, Presso le par-
TOcchie ci sono i tradizionali «gruppi
dei chierichetti », e nelle città i «grup-
pi accademici 11. Ma non hanno nes-
suna organizzazione interna.
Particolari:
Nell'anno scolastico 1972-73 le due
ispettorie salesiane polacche hanno
Tegalato alle missioni undici sacer-
doti e un coadiutore.
Tre salesiani sono attualmente pro-
fessori di università. Don Miecislavo
Majewski tiene cattedra di cateche-
tica presso l'Università Cattolica ~
Lublino. Don Romano Murawski
insegna catechetica ali'Accademia di
Teologia Cattolica di Varsavia. Don
Miecislao Kaczmarzyk lavora all'Uni-
versità dì Lublino come segretario
della commissione che sta prepa-
rando l'Enciclopedia Cattolica.
A Oswiecim, in un block dell'ex-
campo di eliminazione, i salesiani
banno ora una chiesa pubblièa. Vi-
vono in povere stanzette attigue. Nel
seminterrato, già magazzino delle SS,
izi sono le sale di catechismo per i
ragazzi. Una cappella-sacrario è dedi-
cata ai sacerdoti morti nel campo. È
decorata con filo spinato.
40 prigionieri a Varsavia
Il 7 febbraio 1944, mentre il
fronte russo si avvicinava sempre più,
la Gestapo fece irruzione nella casa
salesiana di Varsavia. Arrestò 40 con-
frate!H. Furono internati nelle pri-
gioni della città, poi trasportati nei
campi di Grossrosen e di Mauthau-
sen. Tutti furono torturati. Dieci
uccisi. Martino Jedra, 72 anni. Tor-
mentato, disse ad un confratello:
«Sono stato sempre cosl bene' in
Congregazione. È giusto che adesso
nella vecchiaia soffra qualcosa per
amore di Gesù>>. Don Giovanni
Pykosz, 43 anni. Giuseppe Krajewski,
32 anni. Valentino Plucinski, 65 anni.
Don Stefano Wojociechowski, 37
anni. Simone Szmergalski, 67 anni.
Giuseppe Uraszewski, 37 ann. Felice
Medrola, 42 anni. Ladislao Wojcik,
40 anni. Antonio Dobosz, 40 anni.
Otto di essi erano coadiutori salesiani.
Morjrono quasi tutti di fame.
I confratelli che abbiamo ricordato
morirono uno accanto all'altro. Altri
trentadue perirono isolati, sotto i
bombardamenti, durante l'insurre-
zione di Varsavia, mentre vivevano
alla macchia, o spersi nei tanti campi
che si aprivano sul territorio polacco.
Altri ancora furono costretti a com-
battersi a vicenda, vestiti con la di-
visa di opposti eserciti.
Don Rokita, r icordandoli, dice:
«Penso che sia la dura legge del
chicco di grano: se non muore, non
porta frutto. L'ha detto il Signore.
È merito loro se fino ad oggi la
Polonia salesiana è stata rigogliosa di
vocazioni •>.
Ma forse noi che viviamo nel tor-
pore del benessere, possiamo pensare
qualcosa di più. Un sopravvissuto di
Auschwitz ha scritto: << Voi che vivete
sicuri nelle vostre tiepide case, voi
che trovate a sera il cibo caldo e
visi runici, considerate se questo è
un uomo, che lavora nel fango, che
non conosce pace, che lotta per mezzo
pane, che muore per un sl o per un
no, senza nome, senza più forza di
ricordare... Medjtate che QUESTO
È AVVENUTO. Scolpitelo nel vo-
stro cuore •>.
Dobbiamo farla questa medita-
zione. Potrà strapparci ad atteggia-
menti comodi, a lamenti banali. La
testimonianza di chi ha dato la vita
fra tante sofferenze rivela brutal-
mente la meschinità della vita me-
ùiocre.
TERESIO BOSCO 15

2.6 Page 16

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' -m
El NUOVI
ESPERIMENTI
Terminiamo di pubbli-
care il condensato del-
la lettera che il Rettor
Maggiore ha indirizza-
to alla Famiglia Salesia-
na sul « Problema decisi-
vo delle Vocazioni». Un
esame di coscienza se-
rio che tutti dobbiamo
fare per « rovesciare»
la grave crisi in cui si
dibattono la Chiesa e
la Congregazione.
Le accuse e la validità
Sono consapevole deUa situazione
di crisi e di critica in cui si trova
da qualche anno l'istituzione dell'a-
spirantato, e dei conseguenti scorag-
giamento e confusione creatisi in-
torno a essa -in molti luoghi. L'aspi-
rantato è stato (ed è ancora in varie
parti) un imputato sul quale si ac-
cumulano molte accuse. Fra tante:
di impartire un'educazione massi-
ficata, creando in conseguenza tipi
e standardizzati •, spersonalizzati, po-
veri di formazione umana e ricchi
di frustrazioni (come la mancanza di
spirito di iniziativa, di responsabilità,
di capacità di critica oggettiva, in-
fantilismo, idealismo...);
di favorire una spiritualità II disin-
carnata», perché si svolge in un
ambiente artificiale e chiuso, che non
permette di vivere forti esperienze
cristiane;
di causare profonde deficienze nel
campo dell'affettività a motivo del
regime d'internato che ostacola l'in-
tegrazione e ferma l'evoluzione uma-
na a livello psicologico dell'infanzia
e dell'adolescenza.
Possiamo ammettere che queste ac-
cuse abbiano fondamento reale in
alcuni aspetti, in luoghi concreti e
in determinate circostanze, ma è le-
16 cito dubitare della loro giustezza e
del loro peso: esse sono troppo ge-
nerali, e sono diventate luoghi co-
muni, ripetuti dappertutto con una
pigrizia mentale impressionante.
Ma soprattutto dobbiamo doman-
darci con onestà se i difetti educa-
tivi attribuiti all'aspirantato sono di-
fetti inerenti a esso in quanto tale,
o se piuttosto non sono difetti co-
muni a tante altre istituzioni pedago-
gico-educative a livello di preadole-
scenza e adolescenza.
Non si tratta di distruggere...
La prima conseguenza di una t cri-
tica non critica» dell'aspirantato è
stata in non pochi posti la sua elimi-
nazione., o la sua riduzione alla cate-
goria di «collegio come altri •· Ca-
pite bene che tale soluzione è troppo
facile perché possa essere considerata
vera. Non si tratta di distruggere.
l distruttori non hanno mai creato
nulla.
«Negli anni successivi al Conci-
lio - ha scritto recentemente il card.
Gonzalez Martin-quanto si èscritto
e detto, fatto o permesso di fare ri-
guardo ai seminari, supera ogni im-
maginazione. Se uno storico lo rias-
sum.esse con diligenza, ci offrirebbe
senza dubbio una documentazione
da riempirci di stupore, e in
qualche caso - di rimorso e di ver-
gogna. Insieme a sforzi molto lode-
voli per giungere al necessario rin-
novamento, sono state fatte le più
sconsiderate proposte*·
Qualcosa del genere lo abbiamo
constatato anche a proposito degli
aspirantati, che in omaggio alla «cri-
tica acritica di cui parliamo sono
stati in un modo o nell'altro elimi-
nati: non è venuto nulla di costrut-
tivo, che sostituisse positivamente
quanto si era distrutto.
La distruzione comporta la per-
dita di molli elementi positivi e va-
lidi. Sarebbe indice di grandissima
incoscienza dimenticare i molteplici
meriti dell'aspirantato e del semi-
nario minore nelle Congregazioni re-
ligiose e nella Clùcsa, l'ingente nu-
mero di vocazioni da esso promosse,
la ricchezza che ha procurato al
mondo con schiere di autentici apo-
stoli, missionari, santi e - perché
non dirlo - di uomini che si sono
segnalati per la loro scienza umana e
per le loro realizzazioni sociali. t
ancora da dimostrare che si sarebbero
ottenuti tanti e tali frutti senza l'aiuto
di questo centro di educazione voca-
zionale di base.
... ma di rinnovare
Bisogna dunque tenere a ogni co-
sto e comunque il tradizionale aspi-
rantato o seminario minore? Non si
dice affatto questo. Si tratta di fare
una critica giusta, serena, oggettiva
per eliminare tutto quanto intOTpi-
disce il retto funzionamento dell'aspi-
rantato. Si tratta insomma di rinno-
varlo.
Chiunque segue con interesse que-
sto problema, avverte che sia su li-
bri e riviste sia in convegni, si alza
ormai la voce autorevole dei respon-
sabili del Popolo di Dio e degli
studiosi (magari gli stessi che pochi
anni prima lo avevano attaccato},
per riconoscere la sua validità e per
preconizzare la sua riabilitazione e il
suo miglioramento. Senza peraltro
- va detto subito anche questo -
precludere altre strade.
Ha scritto ancora il cat:d. Gonzalez
Martin: Non sono giuste afferma-
zioni come queste: "Ciò che inte-
ressa è formare cristiani, e le voca-
zioni verranno", "Gli alunni del se-
minario minore devono vivere allo
stesso modo che quelli di altri col-
legi o istituti", "Non esiste motivo
di favorire una vita di pietà speciale",
"Non si deve parlar loro di vocazione
sacerdotale fin quando non diventano
grandi", ecc. Ciò è sbagliato, è fu-
nesto :t.
I nostri Regolamenti hanno pre-
sentato in sintesi gli orientnmemi
del Concilio stesso: L'aspirantato
- vi si legge - è un centro di
orientamento vocazionale sufficien-
temente aperto, in contatto con la
famiglia, dove adolescenti e giovani,

2.7 Page 17

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che manifestano atJ1tudini aUa vita
religiosa e sacerdotale, son.o aiutati
a conoscere più facilmente la pro-
pria vocazione apostolica e a corri-
spondervi $,
Le nuove forme « parallele »
agli aspirantati
La Chiesa, mentre raccomanda 11
seminario minore, non si oppone alla
possibilità di sperimentare «s1multa-
neamente 11 altri metodi adatti a fa-
vorire le vocazioni. Anche per noi
il Capitolo Generale Speciale Li ha
avallati. Si riconoscono come am-
bienti che possono assicurare la ma-
turazione vocazionale la f ormglia, la
scuola, le assouazwm, 1 l?rupp, FfW'lJO-
ntlt di carattere formahvo e aposto-
lico. Ma il ( G8 prcmettt: una cor•-
d1z1one che va soppesata con tutta
s<'n età 1, Se 11 gvwanf' , 1 trova lf'
cond1z1orn e J'.iss1~tenza adatte,,
Que.,ta cond111011, .. es~enz1alf' F
riconosciuto implicitamente che non
qualsiasi scuola, raggruppamento o
comunità sarà in grado di dare la
for maz~one richie~ta per giungere a
un1opzione vocazionale serena e li-
bera.
Si tratta dunque di creare una
<< comunità autenticamente vocazio-
nale >>, che fornisca agli adolescenti
e ai giovani in essa inseriti questi
tre elementi necessari:
u_n clima adeguato di libertà psico-
log~ca che neutralizzi la pressione ne-
g~tiva nel contesto psicologico in cui
vive. Non possiamo ignorare infatti
C:he.la realtà del mondo di oggi mol-
t1phca le suggestioni e le provoca-
~ioni a senso unico, e che questo
e un grosso ostacolo a una libera
scelta religiosa;
~nodelli . validi di . identificazione.
Tali sono 1 formatori e le guide di
queste comunità, i quali con la loro
presenza e azione instaurano un rap-
porto personale con i giovani ca-
p~e. di illuminarli nel loro pro'getto
d1 vita;
confronto con altri giovani che col-
tivano gli stessi ideali, il che costi-
tuirà per loro un arricchimento u-
mano, spirituale e sociale, e un aiuto
1mprescrndibile negli inevitabili con-
flitti e crisi.
Se è vero che la soppressione o
l'rnes1stenza di tali iniziative «com-
prometterebbe gravemente l'avveni-
re )l, è anche vero che la scelta del-
l'una o dell' altra delle formule so-
pra elencate e la creazione di altre
nuove non può essere fatta aJla
leggera.
Stiamo assistendo con profondis-
sima pena all'agonia di alcune Ispet-
tone, che pronunciarono la sentenza
di. morte ai loro aspirantati e li so-
stituirono con altri metodi ritenuti
perfetti sotto ogni aspetto. Si studi
perciò con serietà se ciò che vo-
ghamo introdurre offre le necessarie
garanzie, curando particolarmente che
qu.elh che dirìg?no t~li i niziative spic-
chmo per test1momanza vocazionale
e per capacità di dare ai candidati
l'alimento culturale, umano e spi-
ntuale a cui hanno diritto.
In vane l spettorie un lavoro in-
telligente, fiducioso e saggiamente co-
raggioso, comincia a produrre ri-
sultati che aprono ti cuore alla spe-
ranza e confermano nella bontà della
via imboccata 1n questa linea ab-
biamo dfritto a bene sperare.
Avanti allora, carissimi, con la
fede e la tenacia d1 Don Bosco
a111mati dalramore fattivo alla Con '
gregaz1one
DON LUIGI RICCERI
Reuo, Maggior•
17

2.8 Page 18

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In Venezuela, a fianco
della Valencia indu-
striale (ricca, prospe-
ra, con alto indice di
accelerazione nello svi-
luppo economico), in
contrasto stridente, a-
stronomicamente lon-
tana, giace l'altra Va-
lencia: quella dimenti-
cata, quella delremar-
ginazione e della mise-
ria, del sottosviluppo
sociale e umano. ~ la
Valencia della parroc-
chia San Juan Bosco.
O gni giorno, silenziosamente, de-
cine di famiglie campesine c--...ri-
cano sulle spalle i loro magri averi
e vanno verso Valencia. Papà ha in
tasca i pochi solcli della sua fettina
di terra venduta frettolosamente,
mamma ha in testa il fagotto con
la biancheria dei suoi numerosi bam-
bini.
Scendono dalle Ande, camminano
ai margini delle carretere polverose
della pianura, giungono dal Centro
e dall'Oriente. È come una migra-
zione continua di piccole formiche
umane, che puntano, anratte da un'in-
visibile calamita, verso la grande città.
Valencia è una metropoli in pieno
sviluppo: uno dei poli industriali
più prosperi del Venezuela. Ma la
cintura che le sta attorno, prima
coperta da una fiorente vegetazione
r
18

2.9 Page 19

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tropicale di manghi e di acacie, è
ora una fascia intasata di povertà.
Ogni nuova famiglia che arriva
alla città prende possesso di un faz-
zoletto di terra, si costruisce una
baracca, a volte sottolinea la sua pro-
prietà cintandola con filo spinato.
Poi gli adulti s'inoltrano nella me-
ropoli: l'uomo a cercare un lavoro
qualsiasi, la donna a offrirsi come
domestica presso qualche famiglia be-
nestante.
Cosi, baracca su baracca, in quello
strano e disumano processo che hanno
conosciuto tutte le grandi città in-
dustriali del mondo, anche attorno
a Valencia sono sorti disordinati e
tentacolari rioni popolari: sedici rioni
dai nomi più svariati: I l Concilio,
La Romana, Simon Bolivar, Santa
Rosalia, Munumental... Sedici rioni
tutti amalgamati in una sola par-
rocchia, la parrocchia salesiana «San
Juan Bosco>>.
Il dramma, nelle baracche sovra-
popolate, comincia quando papà e
mamma tornano dopo aver girato e
bussato a infinite porte senza aver
trovato nessun lavoro. La disoccu-
pazione è vastissima tra le 40.000
persone che affollano i sedici rioni.
E disoccupazione vuol dire miseria.
Non ci sono finestre,
Suppliscono le fessure
«Ho visitato quelle baracche mi-
serande - racconta il salesiano don
Merino, direttore del Bollettino Sale-
siano del Venezuela. - Sono rima-
sto esterrefatto e confuso. Latta, pezzi
di legno, cartone, fil di ferro, cor-
dame, chiodi e stracci formano le
pareti di quelle abitazioni primitive,
antigieniche, poverissime.
Il più delle volte non ci sono fi-
nestre. Suppliscono le fessure ab-
bondantissime. I pavimenti sono di
terra, più o meno battuta. Le lastre
di zinco sui tetti e la latta delle pa-
reti assorbono il calore, e la tempera-
tura all'interno - come dentro un
forno - si fa quasi irrespirabile.
Ho visto una vecchia malata di can-
cro che si consumava in uno di
quei bugigattoli, a fuoco lento...
La parrocchia "San Juan Bosco"
è una denuncia, è un'urgenza. Quel
groviglio confuso di rioni e di quar-
tieri, quell'ammasso di miserie e di
drammi umani non può lasciarci tran-
quilli. Quando penso a quella spor-
cizia e a quella povertà, mi pren-
dono i brividi. Vecchi e bambini
(spesso completamente nudi) tra-
scorrono la vita in una sola stan-
zetta che serve da cucina, soggiorno,
sala da pranzo, stanza da letto...
Vidi con meraviglia donne, ra-
gazze e bambini che trasportavano
recipienti d'acqua. Il parroco - -che
mi faceva da guida - mi spiegò
che la metà dei rioni non ha acque-
dotto, e gli abitanti dev~no procu-
rarsela facendo lunghi percorsi. Meno
ancora ci sono fognature, e lo si
avverte anche dall'aria puzzolente, a
volte veramente irrespirabile. Di stra-
de asfaltate ce n'è una sola per tutti
i rioni, quella che comunica con la
città. Le altre strade formano un
rompicapo labirintico, in condizioni
pietose per le buche senza numero,
per la polvere o il fan~o.
Altri servizi essenziali come le far-
macie, l'illuminazione delle strade,
il telefono, brillano per la loro as-
senza totale. In queste condizioni
di vita, lottare per sopravvivere di-
venta eroico».
La notte per la violenza
Questa gente - citiamo sempre
dalla relazione di don Merino -
proviene non solo da ogni parte del
Venezuela, ma anche dall'estero. La
provenienza eterogenea favorisce il
caos, la mancanza di senso comuni-
tario, di coesione tra persone, di re-
sponsabilità.
Come in ogni zona emarginata, si
diffondono la disintegrazione fami-
liare, l'alcoolismo e la droga. Sono
gli estremi rimedi usati dai sotto-
poveri per dimenticare la miseria,
per riempire la vita oziosa, e per con-
trastare il senso di impotenza da-
vanti alle strutture in cui non rie-
scono ad inserirsi.
L'ottanta per cento degli adulti
vive in concubinato. Le famiglie
propriamente tali sono molto poche.
Il più grave riflesso di questa disin-
tegrazione familiare è l'assenza del
papà. È naturale che i ragazzi, in
gran parte, crescano in permanente
denutrizione, con tutte le conseguenze
per il loro sviluppo fisico, intellet-
tuale e morale. Difficilissimo prepa-
rarli ad affrontare le responsabilità
della vita. Molti non possono nep-
pure frequentare le scuole per man-
Da sinistra a destra: il parroco Hleslano della
perife ria di Valencla, padre lgnaclo Gu-
1iarre%, In visita a una baracca di s uol
parrocchiani. - Un bambino e una dclcls-
alma anguria. - Due guantoni da boxe par
giocare e par... aggiustare I conti.
19

2.10 Page 20

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canza di vestiti. H o visto un padre todica di istruttori competenti, lo
che non sapeva di dove cavar fuori sport compie la sua missione educa-
i 75 bolivari {circa 10.000 lire) per trice. Molti giovani in palestra si
pagare le uniformi scolastiche dei formano il carattere, sfogano la loro
suoi cinque figli, che se ne stavano aggressività, sviluppano il fisico e si
ll in casa a vegetare...
abituano al rispetto reciproco e al-
La mancanza di illuminazione nelle l'amicizia.
strade favorisce durante la notte ogni Le squadre della Polisportiva sale-
tipo di disordine, di immoralità e di siana incontrano molta simpatia in
violenza. Negli ultimi tempi, mi di- città, hanno vinto campionati in va-
ceva un sacerdote della parrocchia,
più del settanta per cento delle morti
sono dovute a fatti di violenza. Un
altro mi riferiva che, essendosi re-
cato al posto di polizia per risolvere
rie categorie. Coppe, trofei e di-
plomi fanno bella mostra nella sede
del club presso la parrocchia, e sem-
brano indicare ciò che può una gio-
ventù che lotta per superarsi.
il problema di un poveraccio, nel
breve tempo che dovette fermarsi
giunsero tre retate di persone della
parrocchia: gente fermata dalla po-
Padre Emilio era arrivato nel 1965.
Nel 1970, approfittando delle cele-
brazioni per il 75° dell'arrivo dei
primi salesiani in Venezuela, il ve-
lizia. Rimase avvilito: di tutti quei scovo di Valencia creò la parrocchia
suoi «parrocchiani » non conosceva «San Juan Bosco l, raggruppò sotto
nessuno, non li aveva mai visti.
di essa tutti i rioni popolari della
Tutto ciò rende enormemente dif- periferia sud, e l'affidò ai salesiani.
ficile il lavoro pastorale. E poiché Ora essa è il centro da cui s'ir-
l'ignoranza, religiosa e non religiosa, radia una serie di provvidenziali ra-
è molta, dilagano tra le baracche · mificazioni: la Polisportiva, la Scuola
la stregoneria, il malocchio, la super- parrocchiale, il Club giovanile, le at-
stizione.
tività sociali, ecc.
La parrocchia non si limita certo
Un ring e quattro guantoni
alla semplice amministrazione dei sa-
cramenti. Dà particolare importanza
Fino a otto anni fa, nessun prete
aveva messo piede in quella zona.
Fu padre Emilio Rodriguez che vi
si avventurò per la prima volta, Lavo-
rava, a quell'epoca, nel collegio «Don
Bosco •> di Valencia. Decise di vi-
vere due giorni di ogni sua setti-
mana nel rione più popolato della
zona periferica, chiamato «El Bo-
alla catechesi a tutti i livelli. I pa-
drini e le madrine dei battezzandi,
per esempio, ricevono un'istruzione
appropriata sul significato del sa-
cramento e sui loro doveri. Alla ca-
techesi dei bambini collaborano grup-
pi di giovani liceisti, anch'essi de-
bitamente preparati e riuniti in as-
sociazioni.
quete ». I sabati e le domeniche co-
minciò ad aggirarsi per quelle strade.
E gli passò per la mente un'idea
strana: per attirare quella gente in-
70 su 100 hanno m eno
di vent'anni
stallò un ring e si procurò quattro I giovani sono seguiti in modo
guantoni da boxe.
particolare, e non potrebbe essere
Poco tempo dopo da mille a mil- altrimenti: la popolazione è per il
lecinquecento persone frequentavano settanta per cento al disotto dei
il ring di padre Emilio. I più come vent'anni: si tratta di una parrocchia
spettatori, qualcuno come <1 campio- veramente giovanile. Oltre al gruppo
ne». Sulle assi del ring, arbitrando dei catechisti sono attive la Legione
scazzottature memorabili tra bulli e di Maria e l'Azione Cattolica, co-
semi-bulli, padre Emilio divenne stituite da gruppi misti di ragazzi
popolarissimo. Si fece amico di quella impegnati in varie attività sociali.
gente, che cominciò a considerarlo Quarantacinque ragazzi costituiscono
uno di loro, ad ascoltarlo.
il piccolo clero.
Oggi il ring è abbandonato, ma La scuola parrocchiale, gratuita,
è ancora là. Rimane il testimone ha aule spaziose e accoglienti, e un
muto dj quello che fu l'inizio del- moderno parco di ricreazione. Ogni
l'opera salesiana. li pugilato è an- giorno duecentocinquanta ragazzi ri-
ch'esso scomparso. Era uno sport cevono, con il <1 Buon giorno >), un
troppo r\\ldc. Altri pii1 educativi, e pensiero formativo; un confratello
adatti a1 giovani, hanno preso il laico è incaricato della musica, che
suo posto. Accanto all'antico ring tanto entusiasma i piccoli.
ha sede oggi la << Polisportiva mons. Un sacerdote dirige il Club gio-
Arocha ». Sotto la direzione di un vanile aperto ogni sera a cento, cen-
20 sale~1ano laico. e con l'assistem:-a me- tocinquanta giovani. Oltre alle at-
tività ricreative organizza conferenze
con dibattiti a cui chiama persone
competenti: medici, educatori, ecc.
Ho assistito una domenica sera
alla Messa celebrata per un gruppetto
di giovani dirigenti del Club: du-
rante l'omelia partecipata essi met-
tevano in comune le loro esperienze
di vita cristiana, le loro preoccupa-
zioni, la necessità che sentivano di
aiutare i più sfortunati. Al termine
presero l'impegno di visitare a turno
un loro compagno, Pablo, di diciotto
anni, inchiodato a letto da un can-
cro, che vive in una casupola nella
più squallida povertà...
Lo splendido lavoro delle FMA
Anche le Figlie di Maria Ausilia-
trice lavorano nella parrocchia. Han-
no un oratorio dove svolgono un
efficace lavoro formativo e di adde-
stramento. Ogni giorno le ragazze
si alternano in turni di settanta per
volta e ricevono lezioni di dattilo-
grafia, archivistica, corrispondenza
commerciale, taglio e cucito, insieme
con un'intensa formazione morale,
civile e religiosa.
Soprattutto, le suore fanno il ca-
techismo. Due volte al giorno, mat-
tino e sera, ricevono da duecento-
cinquanta a trecento bambini e bam-
bine, a cui i catechisti impartono
i principi della vita cristiana. Le
suore sono impegnate in particolare
nel preparare i catechisti stessi ; ogni
settimana tengono con loro due riu-
nioni, e ogni mese un incontro più
impegnativo, per scambiare esperienze
e aiutarli a superare le difficoltà in-
contrate.
Da due anni a questa parte un
sacerdote della parrocchia ha co-
minciato a lavorare in un rione vi-
cino, detto «La Bocalna ». Per prima
cosa ha costruito un campo sportivo
{calcio, pallavolo, pallacanestro) che
confina con il filo spinato delle ca-
sette della gente. Ha messo su il
Club giovanile. Ha aperto una pic-
cola scuola frequentata da bambini,
giovani e adulti, tutti alle prese con
l'alfabeto. Ha costruito una cappella
con grossi blocchi squadrati e un ·
tetto da capannone.
I Salesiani sono pochi nella par-
rocchia <e San Juan Bosco», mentre
ci sarebbe tanto da fare. Perché la
gente partecipa, accetta, solidarizza.
È, questa di Valencia in Venezuela,
una periferia ricca di speranza, sol-
tanto di speranza, e quel drappello di
figli di Don Bosco fa parte anch'esso
della speranza della gente

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Pi/.oicncnoele
Un lungo viaggio tra
gli avamposti missio-
nari delle FMA in quel
mistero verde che è il
bacino del Rio Negro.
M entre a Manaus, dopo una pre-
cisa e minuziosa operazione di
controllo, salivo a bordo di un resi-
stente Douglas, ripensavo ai pri-
mordi dell'azione missionaria delle
Figlie di Don Bosco in quelle lon-
tanissime regioni.
Fin dal r923 l'ispettrice madre
Annetta Masera con tre altre suore
e due collaboratrici missionarie lai-
che giunsero a Uaupés per colla-
borare con i Salesiani nell'evangeliz-
zazione degli indios nel bacino del
Rio Negro. Di ll, in un breve giro
di anni, sorsero altri centri missio-
nari: Taracuà, Jaureté, Barcelos, Parl,
Chacoeira, Tapurucuara, Cucuì.
Guardo i miei compagni di viaggio:
il Vescovo-Prelato, la sottosegretaria
dell'ufficio statale di educazione in
visita alla scuola tenuta dalle nostre
missionarie, alcuni missionari, indi e
«caboclos ~ reduci da degenze in
ospedali della città. Si crea un caldo
clima di cordialità, vivo l'esperienza
di comunicare con questa ventina di
persone, mentre penso alle prime
Figlie di Maria Ausiliatrice che tanti
anni fa arrivarono in queste regioni.
Le penso e prego per loro.
Quel primo viaggio durò quaranta
giorni. Fu una grossa avventura con
lunghi percorsi in canoa sul turbo-
lento fiume ed altri tragitti per terra
compiuti a cavallo. Pericoli e disagi
furono molti, senza dire lo sgomento
per la presenza degli insetti che non
dettero tregua con le terribili punture
dolorose e insopportabili.
Oggi, in una giornata, toccherò
successivamente Santa !sabei do Rio
Negro (Tapurucuara), Sao Gabriel
de Cachoeira (Uaupés) sedé della
Prelazia, Juareté (rio Uaupés) e Pari-
Cachoeira. A quei tempi le prime
missionarie solo in settimane di ar-
due e pericolose navigazioni sul-
l'immenso fiume potevano visitare
questi luoghi.
Guardo la zona che sorvoliamo.
È davvero affascinante. Maestosa,
quasi apocalittrca, a un tratto si
21

3.2 Page 22

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La suora infermiera incaricata del-
1'ospedale svolge un'opera evangelica
per gli ammalati che quotidianamente
giungono anche da zone lontane
nella foresta per ricevere cure, me-
dicinali, conforti. Essa sostituisce il
medico e, in certo senso, anche il
Sacerdote. Ha quindi un vasto campo
di apostolato tra gli indios.
'
La missione è circondata da nuclei
civili organizzati, che potranno tra-
sformarsi nelle future città aperte
al commercio interamericano, e forse,
internazionale.
Vita difficile per gli indios
Nella pagina precedente: Figlia di M. Autlllatrlca a Indio• In rive al Rio Negro. Oui sopra: Ragani
di Pari Cachoelra. Vivono nella 14 comunità di baae » che ha orgenluaziona collettiva di vite
a di lavoro.
muta in una coltre verde monotona
e uniforme.
Da quest'altezza non si può per-
cepire la ricchezza di vita propria
della foresta equatoriale, dove peren-
nemente è ingaggiata la dura lotta
per la ~ sopravvivenza del più forte».
Non si possono avvistare i piccoli,
sparsi aggruppamenti di capanne e
t malocas», generalmente nascosti sot-
to gli enormi alberi frondosi che,
alzandosi al di sopra del sottobosco,
danno l'impressione di bolle protu-
beranti dalla superficie di una torta
verde. Penso a quel che scrisse un na-
turalista quando visitò, anni addie-
tro, le missioni del Rio Negro: «Per
star qui, o si è matti o si è santi ».
Il primo anello della catena
Erano i tempi in cui la malaria
faceva strage e l'abitazione delle prime
missionarie non si poteva ardire di
chiamarla casa. Era una strana co-
struzione: capanna di palme con
tetto aggiustato a tegole. E tutt'in-
torno quell'immenso verde, con le
sue estrosità e meraviglie sl, ma
con la morte sempre io agguato. Le
eroiche missionuie si misero subito
al lavoro. Iniziarono l'Oratorio e l'e-
sternato. Il loro compito fu quello
di avvicinare e catechizzare gli in-
dios e di fare un po' di scuola alle
figlie dei «bianchi» stanziati in quelle
regioni. «Le speranze sono rosee... »
scrisse madre Annetta alle Superiore,
e • molti sono anche gli infermi che
vengono a noi ogni giorno. Questo ci
fornisce l'occasione di esercitare un
gran bene , .
Le speranze si trasformarono a
poco a poco in certezza.
22 Barcelos appare dopo due ore e
mezzo di volo. Il primo anello della
catena di Centri missionari. Le Sa-
lesiane di Don Bosco vi arrivarono
nel 1934.
Quando l'orario prestabilito non
permette una visita benché breve al
Centro, avviene un fatto tipico e
interessante. Quasi simultaneamente
all'atterraggio, ecco arrivare in ca-
mionetta un gruppo del personale
della missione: suore, padri, ragazzi e
ragazze. L'arrivo di un aereo è avve-
nimento notevole. E qui avviene uno
scambio umano dei più commoventi.
Dalla città: lettere, notizie, riforni-
menti di cose di prima necessità;
dalla Missione: l'offerta di una me-
rendina, magari preparata alla svelta
all'ombra dell'ala dell'aereo per equi-
paggio e passeggeri, allestita con
frutti saporosi e dissetanti della fo-
resta e con ciò che il cuo_re delJa
cuciniera, personaggio importantis-
simo e talvolta eroico, fa preparare
per quelle occasioni. E tutto in un
clima di letizia e di cordialità tipica-
mente salesiani.
Così avviene negli altri centri che
s'incontrano, disseminati fino ai lon-
tani confini con la Colombia e il
Venezuela.
li complesso della missione di Bar-
celos è dello stesso stile delle altre
sei Missioni del Rio Negro. Questi
centri di magnifico apostolato si può
dire che tutti si assomigliano. La
missione sorge perciò in riva al fiume
su di una radura tagliata nella foresta.
Il bell'edificio della Chiesa al centro
si stacca dal resto delle altre costru-
zioni. Sul lato destro sta l'opera di-
retta dalJe Suore con un totale di ses-
santa interne e num.erose allieve
esterne che frequentano la scuola ele-
mentare, i corsi professionali.
Proseguendo il volo, sostiamo per
una settimana nella sede della Pre-
lazia, Sao Gabriel de Cachoei.ra (l'an-
tica Uaupés), dove abbiamo la pos-
sibilità di osservare da vicino l'opera
delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Anche se il progresso nella selva
non può tener dietro al passo ver-
tiginoso del mondo civilizzato, la
vita nella missione non è più quella
dei primi anni. Il glorioso centro
che ospitò le prime missionarie è
in piena attività: internato, ginnasio
misto, scuole elementari e ospedale.
Le exallieve collaborano con le loro
educatrici nella catechesi e nel Club
delle mamme, opera di promozione
umana e cristiana, che funziona tre
volte alla settimana.
Oltre all'insegnamento scolastico le
alunne di tutti i gradi vengono ad-
destrate in lavori dom·estici, di ta-
glio e cucito, intreccio e tessitura
di fibre locali, coltivazione della
roca (orto).
Queste due ultime occupazioni
sono di massima importanza per lo
sviluppo economico e per favorire
una maggior stabilità domiciliare.
Gli indios infatti sono vissuti fino
ad ora di caccia e di pesca e di quel
che la selva produce.
Il gruppo comunitario sorto in-
torno alla Missione è formato prin-
cipalmente di due nuclei distinti:
l'indio di razza più o meno « pura•
e il caboclo. (Il caboclo è in genere
un individuo di razza mista, che
parla non il dialetto degli indios ma
la lingua nazionale, e vive non più
alla maniera degli indios ma dei co-
siddetti <<civilizzati »). Presentano ca-
ratteristiche socio-psicologiche ab-
bastanza differenziate.
Il suolo della regione, a differenza
di altre parti del bacino amazzonico ,
con la sua alternativa di larghe fascie
sabbiose con altre argillose e dure,
non è molto adano per la coltiva-
zione. Anche la pesca non è general-
mente molto abbondante. Queste

3.3 Page 23

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~on_dizioni spingo~o vari gruppi di
md1os a una continua migrazione e
ad abbandonare intere località. Si è
resa perciò indispensabile una for-
mazione comunitaria all'uso di me-
todi d'agricoltura razionale e per
l'allevamento di alcuni tipi di ani-
mali domestici.
Ma non tutti gli indios si sono
a~attati a ques~o nuovo genere di
vita. La loro stupe da secoli è vis-
suta in piena libertà, affidata in tutto
alle forze produttive ma anche di-
struggitrici della foresta.
Questo fatto portò le missionarie
a un coraggioso ripensamento della
loro attività. Da tre o quattro anni
si_ riunisco~o peri~dicamente per stu-
diare e verificare 11 lavoro compiuto,
i suoi aspetti positivi e negativi, a
cui fa seguito una pianificazione per
una pastorale unificata.
Proprio in questi raduni emerse
eh(: il lavoro fatto solo nel recinto
della Missione non è sufficiente. È
necessario che l'indigeno si senta se-
guito nello stesso ambiente dove vive.
Questo esige dalle figlie di Don
Bosco una grande disponibilità al sa-
c~ifìcio: i !unghi viaggi, per esem-
pio. Le distanze sono enormi. La
scarsità di personale rende difficili
viaggi periodici e regolari.
Le maestrine di S. Isabel
Nonostante questo e altre diffi-
coltà, le FMA lavorano con umile
perseveranza. In Pari Cachoeira hanno
dato vita a una • comunità di base
che si regge sull'organizzazione comu-
nitaria di vita_ e di lavoro, special-
mente nell'agncoltura.
Nella regione intorno a Jaureté,
sono sorte già varie t comunità di
base t. Il governo ha organizzato una
scuoletta dove insegnano le exallieve.
. Quando non è possibile alle Figlie
di Don Bosco raggiungere i centri,
la vita cristiana è organizzata dagli
stessi abitanti formati da una buona
catechesi.
Fin dal 1961 in S. Isabel de Rio
Negro c'è la Scuola normale rurale
per la formazione di insegnanti au-
toctone. La dirigono le missionarie
per preparare e formare secondo lo
spirito di Don Bosco valide colla-
~oratrici. Queste giovani, compiuto
11 loro corso di formazione, dissemi-
nate nelle più interne località della
selva, sono apostole tra i loro stessi
fratelli. Di queste maestre se ne
contano quasi un centinaio tutte
indie o meticce.
Periodicamente da S. l sabel parte
una équipe pastorale formata da un
Padre, due Figlie di Maria Ausilia-
trice e alcune exallieve catechiste
per una specie di «gita apostolica >l.
Nello spazio di otto o dieci setti-
mane percorre centinaia di chilo-
metri per via fluviale, soffermandosi
nei nuclei abitati. Una conversazione
amichevole con le famiglie, una
buona parola.
Una spedizione tra i Machus
Nel 1970, sul finire di agosto,
alcune suore realizzarono una spedi-
zione impegnativa. La meta erano
i Machus, una tribù di primitivi
nel cuore della foresta a 30 chilo-
metri da Jaureté. La distanza non
era grande, ma la navigazione a bordo
di una b~r~ durò a lungo, rallen-
tata dagli igarepes, acque stagnanti
in cui si perde il fiume.
Un pernottamento sotto la tenda
in piena foresta e un'interminabile
marcia nel fitto degli alberi furono
l'imprevisto da pagare per finire il
viaggio.
Ma una ventina di giorni passati
coi Machus le ricompensò di tutto.
Non perché trovarono accoglienze
trionfali. La vita dei Machus è dura.
Povertà, di notte freddo pungente e
umidità che penetra le ossa. Le donne
non hanno nozioni di igiene, non co-
noscono l'economia domestica il
cucito. Le suore condivisero la vita
povera, sorridenti e miti ascoltarono
quella gente impacciata che manife-
stava le sue difficoltà, e diedero al-
cuni suggerimenti pratici, ascoltati
con attenzione e rispetto. 1h pochi
giorni familiarizzarono.
I Machus rivelarono un'intelli-
genza vivace, un profondo senso di
rispetto reciproco e di obbedienza
al capo. Le donne sono semplici e
cordiali. Sono autentici valori di
una _cultura ancora da scoprire, e
da nspettare. Liberati da una po-
vertà che è al limite della miseria
domani potranno essere un popol~
libero, fiero, disposto a cercare nei
fermenti del Vangelo una ragione di
speranza, e non un camuffamento
occidentale della loro autenticità.
Esistono piani governativi di pro-
mozione e di assistenza per le zone
e popolazioni del Rio Negro. Però,
finché non saranno realizzati, la spe-
ranza e la fiducia di questi nostri
fratelli indios si appoggerà alla dedi-
zione delle Figlie di M. Ausiliatrice.
Il campo è vasto. Le occasioni di
servire si moltiplicano ogni giorno.
Si attendono le giovani delle nuove
generazioni, nella foresta de11'Ama-
zonia. Giovani con il coraggio di
spendersi e la forza di amare.
A cura dall' Uttlclo Stampa F.M .A.
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
NOVITA LDC 10098 TO-leumann
Chiesa e Polltlca. Pag. 56. L 260
Questo documento del CELAM, nella
collana « Maestri della fede», pre-
senta riflessioni sull'impegno politico
del cristiano.
Guida al lezlonarlo featJvo -
Voi. VII. Pag. 292. L 2000
Per la catechesi e l'omelia, con note
pedagogiche per i preadolescenti e i
giovani. Anno C: dalla domenica 2a
alla 178 , durante l'anno.
P. Damu, Il problema dell'lnMgna-
mento della religione nelle n-
condarle superiori, Pag. 128.
L. 1200
Questo studio intende offrire un
quadro sintetico e, insieme, il più
possibile completo e oggettivo, delle
varie opinioni, rilievi critici, proposte
di abolizione, di sostituzione o di
rinnovamento dell'insegnamento della
religione.
André Brien, Credere per vivere.
Pag. 120. L. 900
Con stile incisivo e aderente alla
realtà, l'Autore dice che cos'è per
lui, per la sua esperienza personale
e per la testimonianza di molti altri,
«credere»: vuol dire sperare, sapere
di essere conosciuti, amare, impe-
gnare la propria persona, diventare
liberi. Per adulti in genere.

3.4 Page 24

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IL NUOVO RITO
DELLA PENITENZA
(condensato da« Rito della Pe11ite,iza $,
testo-base pubblicato a cura della
Confere~a Episcopale Italiana)
Il, L UOGO:
ABOLffl I CONFESSIONALI ?
Spetta alle Conferenze episcopali
determfoare norme precise sul
luogo adatto alla celebrazione or-
dinaria del sacramento della Peni-
tenza (n. 38). (Padre Mazzarello,
presentando ufficialmente il docu-
mento, ha dichiarato: «Si dovi à
rimediare a qualche inconveniente
e facilitare la "verità" dell'impo-
sizione delle mani cd eventual-
mente della breve lettura biblica:
ma non si può non riconoscere
la persistente e provvidenziale at-
tualità del confessionale, sia per
il sacerdote che per i penitenti>>).
Il, TEMPO :
NON PIÙ DURANTE LA MESSA?
La riconciliazione dei penitenti
si può celebrare in qualsiasi giorno
e tempo. Si cercherà però di su-
scitare nei fedeli l'abitudine di
accostarsi al sacramento della Pe-
nitenza fuori della celebrazione
della Messa, e preferibilmente in
ore stabilite (n. 13).
La Quaresima è il tempo più
adatto per la celebrazione del sa-
cramento della Penitenza, perché
fin dal giorno delle Ceneri risuona
solenne l'invito rivolto al popolo
di Dio: t Convertitevi, e credete
al Vangelo>>. È bene organizzare
a più riprese in Quaresima varie
celebrazioni penitenziali, in modo
che tutti i fedeli abbiano modo di
riconciliarsi con Dio e con i fra-
telli (n. 13).
m
Il, MODO:
NON UNO, MA TRE
I modi per celebrare il sa-
cramento saranno d'ora in poi
24 tre: uno per la riconciliazione dei

3.5 Page 25

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Dal 21 aprile di quest'anno, cioè dalla seconda
domenica di Pasqua, le persone che vanno a
confessarsi, insieme al sacerdote celebrano la
Penitenza secondo un nuovo Rito.
Esso è stato preparato dalla Congregazione del
Culto Divino secondo le direttive del Concilio
Vaticano Il con un lavoro di parecchi anni.
Crediamo di far cosa gradita ai lettori del Bol-
lettino presentando:
- primo: un condensato del «Rito della Pe-
nitenza», il testo-base (o <e documento») in
cui sono contenute la dottrina e le direttive
per lo svolgimento del nuovo rito. Ci soffer-
miamo quasi esclusivamente sulla parte riguar-
dante lo <e svolgimento concreto del rito » per
la riconciliazione dei singoli fedeli;
- seeondo: il condensato di un articolo di
padre Z. Alszeghy, professore di teologia dog-
matica all'Università Gregoriana, in cui ven-
gono presentate le novità di fondo e lo spirito
del nuovo rito per la celebrazione del sacra-
mento della Penitenza.
singoli penitenti; un secondo per
la riconciliazione di più penitenti
con confessione e assoluzione in-
dividuale; un terzo per la confes-
sione e l'assoh1zione generale.
Rito per la riconciliazione
dei singoli fedeli
Il sacerdote e il penitente sono
esortati a prepararsi con la pre-
ghiera.
Jl sacerdote accoglie il pemtente
con fraterna carità. Dopo i.I segno
ili croce, il sacerdote invita il pe-
nitente alla fiducia in Dio con
una breve formula. per esempio:
<• Ti accolga con bontà il Signore
GPslÌ, che è venuto per rl1inm11rr r1
.wh:are 1 peccaton. Confida 111 lw "
Dopo la risposta « Amen ». t• se il
penitente è sconosciuto al con-
fessore, è bene che gli precisi la
sua condizione, 11 tempo trascorso
dalla ultima confcs~1one, le ewn-
tual1 difficoltà della sua vita cri-
-,uana e tutto quanto può essere
11uk· al confessore per l'eserc1110
Ùl'I <,tW n111HStt'ro » (p 16)
<, Qumdi 11 sacerdote, o anche
il penitente stesso. legge. secondo
l'opportu111tà, un testo della Sacra
Scrittura 1> in cui s1 parla della
m1sericord1a d1 Dio e viene ri-
volto all'uomo l'invito a conver-
tirsi. Pe r esempio: la parabola
del figliol prodigo: << Un 11omo
m·et·a due figi, ... >\\; o quella del
buon pastore: « Chi di voi se ha
cento pecore e ne perde una... ».
I l penitente confessa poi L suoi
pc>ccati. li sacerdote lo aiuta, se
neccssarrn, lo c-.orta a pentirsi
smceramcntc delle offese fatte a
Dw, gli rivolge· buoni consigli per
mcoraggiarlo a in11iare una vita
mmn,, e lo 1stru1c:cc, qualora ce
ne fosse bisogno, sui dovcn della
,·,ta cnsttana.
Quindi 11 sacndote propone un
cserc17,io perntcmm1lc. 1, che sia
non solo tm'esp1.v1om· ddlc colpe
commesse, ma ancht un amto per
i01zian· una Ylt:1 nnova, e un ri-
medio :tll"inft-nrntà <ld peccato;
deYe quindi corrisponde re, per
quanto pns~1hile, alla gravità e
alla natura dei p{'ccat1 accuc:at1 e
può opportunamente concretarsi
nella preghiera, nel rinnegamento
d1 sé, e soprattutto nel servizio
del prossimo e nelle opere di mi-
sericordia 1> (n. 18).
Ora ~ il penitente manifesta la
sua contrizione e il proposito di
una vita nuova, recitando una
preghiera, con la quale chiede a
Dio perdono dei suoi peccati »
(n. 19). Per es. «Signore Gesù, che
•volesti essere chiamato amico dei
peccatori, per il mistero della tua
morte e risurre-::::ione liberami dai
miei peccati e donami la tua pace,
perché io porti frutti di carità, di
giustizia e di verità >l.
<< Dopo la preghiera del peni-
tente, il sacerdote, tenendo stese
le mani, o almeno la mano destra,
sul capo del penitente stesso, pro-
nuncia la formula dell'assoluzione>\\
(n. 19): << Dio, Padre di miseri-
cordia, che ha riconciliato a sé il
mondo nella morte e risurrezione
del suo Figlio, e ha èffuso lo
Spirito Santo per la remissione
dei peccati, ti conceda, mediante
il ministero della Chiesa, il per-
dono e la pace. E io ti assolvo
dai tuoi peccati nel nome del
Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo >>. Nel pronunciare queste
ultime parole, il sacerdote t raccia
sul penitente il segno della croce.
Dopo l'assoluzione, il sacer-
dote invita il penitente a ringra-
ziare Dio dicendo: ~ Lodiamo il
Signore perché è buono >>. Il pe-
nitente risponde: <◄ Eterna è la sua
misericordia >). Quindi il sacer-
dote lo congeda dicendo: e, Il Si-
gnore ha perdonato i tuoi peccati.
Va' in pace».
Se una necessità pastorale lo
consiglia, il sacerdote può omet-
tere o abbreviare alcune parti
del rito, purché siano sempre
conservate integralmente la con-
fessione dei peccati, l'accettazione
dell'esercizio penitenziale, l'invito
alla contrizione, la formula del-
l'assoluzione e quella del con-
gedo (n. 21).
Rito per la riconciliazione
di più penitenti con confessione
e assoluzione individuale
Il documento ribadisce l'oppor-
tunità e 1 vantaggi delle celebra-
zioni comunitane io cui più peni- 25

3.6 Page 26

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tenti si preparano insieme alla Ri- gressista dagli uni, rigidamente con- l'accoglienza creativa della miseò-
conciliazione, ma vengono confes- servatore dagli altri. Ma la grande cordia di Dio, che si effettua nel
sati e assolti individualmente.
Le parti di questa celebrazione
sono: riti iniziali di apertura (pre-
ghiere, canti, ecc.), celebrazione
della Parola di Dio, omelia, mo-
mento di silenzio e di riflessione,
rito di riconciliazione, recita del
maggioranza dei lettori, specialmente
quelli dediti alla cura pastorale, ha
ricevuto il documento con un certo
sgomento, con un certo smarrimento
dinanzi alla difficoltà di attuare il
nuovo rito. Non si tratta soltanto
di istruire i fedeli perché si confes-
sino in un modo diverso dall'usuale
ministero della Chiesa.
Le innovazioni nei particolari pos-
sono apparire sconcertanti, possono
sembrare stranezze, finché non si
riesce a considerare la celebrazione
della penitenza ecclesiale dal nuovo
punto di vista.
Pater noster, confessione e assolu- (per esempio, non più durante la
zione individuale, ringraziamento
e congedo dell'assemblea.
messa). Più difficile ancora il fatto
che il nuovo rito esige dal confes-
Una sincera conversione
del cuore
sore e dai penitenti un nuovo atteg-
Rito per la confessione
e assoluzione generale
Il rito è sostanzialmente come
nel caso precedente. Il documento
ripete le norme che stabiliscono i
casi in cui può essere adope-
rato (pericolo di morte, numerosi
fedeli costretti a rimanere a lungo
privi della grazia sacramentale o
della santa Comunione), e l'ob-
bligo che resta al penitente di
confessare quando gli sarà possi-
bile i peccati gravi di cui al mo-
mento non può fare l'accusa.
Il documento si chiude con
alcune Appendici, in cui vengono
proposte alcune << celebrazioni pe-
nitenziali » adatte a vari tempi
dell'anno, e a varie categorie di
persone (ragazzi, giovani, amma-
lati). Vengono pure proposti al-
cuni schemi per l'esame di co-
scienza da premettere alla confes-
sione. Essi si articolano sui do-
veri verso Dio, verso il prossimo
e verso se stessi.
2
DNA RIFORMA,
NON UNO SCHERZO
di Z. Alszeghy S.I.
Secondo la varietà dei tempera-
menti, il documento sulla Peni-
giamento, che li fa uscire dagli
schemi fissi, dalle formule fatte.
La presentazione ufficiale del do-
cumento, con il suo linguaggio cauto
ed esatto, si preoccupa giustamente
di mostrare che la sostanza del sa-
cramento resta immutata. La rea-
zione dei fedeli mostra che il re-
cente documento segna una svolta
nella disciplina penitenziale, parago-
nabile ai profondi mutamenti già
avvenuti nella storia di questo sa-
cramento.
Il centro della riforma
Le grandi innovazioni nella cele-
brazione della penitenza ecclesiale si
sono sempre caratterizzate per lo
spostamento dell'accento dall'uno al-
l'altro aspetto di questa esperienza
complessa.
La penitenza nella Chiesa antica
è stata determinata specialmente dal-
1'idea della soddisfazwne, cioè dalla
necessità di espiare i peccati con
l'esercizio di opere buone. Certo,
il vescovo doveva sapere quali pec-
cati aveva commesso il penitente,
altrimenti come avrebbe potuto im-
porgli una «soddisfazione >l conve-
niente? Prima di accedere all'euca-
restia, culmine della vita comuni-
taria, era necessaria l'imposizione
delle mani del vescovo, che poneva
fine in tal modo al periodo della
soddisfazione. Ma ciò a cui mag-
giormente si pensava, era l'elimina-
zione del male commesso, mediante
preghiere, digiuni e opere di mise-
ricordia.
Dal medioevo fino ai nostri giorni,
l'accento si spostò sulla confessione,
come condizione necessaria all'asso-
luzione sacerdotale: penitente e con-
fessori sembravano soprattutto pre-
occupati dell'enumerazione esatta di
tutte le mancanze commesse.
Nel nuovo rito, tutto l'avveni-
La conversione del peccatore a
Dio è il primo aspetto della riconci-
liazione. È la condizione per entrare
nel Regno, il primo invito rivolto
da Gesù ai suoi uditori: essi dove-
vano convertirsi, cioè cambiare il
cuore, e credere al Vangelo.
La teologia cattolica non ha mai
ignorato che il perdono dei peccati
presuppone una sincera conversione
del cuore, e che questa implica
non solo «il dolore e la detestazione
sincera per il peccato commesso,
con il proposito di non peccare più >>,
ma anche la fiducia nella divina
misericordia che è inizio dello stesso
amore. Tuttavia, nella prassi, la
dottrina veniva talvolta pericolosa-
mente attenuata; si insisteva sulla
volontà di non commettere più gli
atti peccaminosi, ma non si diceva
sempre con altrettanta chiarezza che
la conversione, oltre all'accettazione
di una regola di condotta, consiste
soprattutto nel riconoscere Dio come
proprio Signore, Salvatore e Padre,
accogliendo la sua volontà come
sommo valore della propria esistenza.
Si ricordava che il figlio prodigo
doveva tornare alla casa paterna, per
incontrare la misericordia del Padre;
tale ritorno però da predicatori e
confessori talvolta era erroneamente
interpretato come una semplice vo-
lontà di ottenere nel sacramento una
amnistia dalle punizioni meritate,
senza una revisione dei valori che
regolano la propria condotta.
Era fondato il sospetto che una
parte non trascurabile dei fedeli, che
si confessavano senza una prepara-
zione accurata e con grande fretta
(per esempio durante le feste pa-
squali), lo facevano senza una vera
conversione, e quindi non venivano
giustificati. Perciò è molto oppor-
tuno che la Riforma della Penitenza
reagisca, insistendo che il cristiano,
vivente in un mondo dominato dai
tenza è stato accolto con scherzosa mento penitenziale è strutturato in- peccati, può riconciliarsi con Dio,
sorpresa, con rispettosa riservatezza, torno all'idea centrale della ricon- solo se si ribella alla tirannia del
o con notevole irritazione; secondo ciliazione, in cui sotto forma di peccato, orientando il suo compor-
la varietà delle aspettative, esso è dialogo s'incontrano la conversione tamento a ciò che ritiene come vo-
26 stato ritenuto pericolosamente pro- del penitente a Dio nella Chiesa, e lontà del Padre.

3.7 Page 27

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porre domande atte a ottenere l'in-
tegrità della confessione. Il nuovo
documento, pur riconoscendo l'ufficio
di giudice e pur parlando di «sen-
tenza», mettono al primo posto il
compito di medico, intento a <1 dia-
gnosticare i mali dell'anima e a
porvi rimedio >>, rivelando attraverso
il proprio comportamento il cuore
del Padre, e presentando se, stesso
come immagine viva del Buon Pa-
store, Cristo.
Conversione: dono di Dio,
nella Chiesa e per la Chiesa
La conversione è un dono che
deve essere chiesto dalla misericordia
divina. La conversione che si do-
manda non è solo la decisione di
rompere con il peccato e di osser-
vare i comandamenti divini, ma è
un orientamento costante e progres-
sivo verso l'unione con il Signore.
Si tratta dunque di una conver-
sione continua, destinata a diventare
una dimensione costante della vita,
e a trasformare il cristiano di giorno
in giorno per farlo diventare sempre
più perfettamente conforme all'im-
magine di Cristo.
Il peccato riguarda non solo Dio
e l'individuo, ma anche la Chiesa,
a cui i peccatori <1 hanno inflitto
una ferita con il peccato >>. La con-
versione, inoltre, per cui i pecca-
tori si riconciliano con Dio e diven-
tano di nuovo partecipi della vita
deUo Spirito, si ottiene per l'azione
della Chiesa ~ che coopera alla loro
conversione con la carità, l'esempio
e la preghiera». Il peccatore viene
quindi riconciliato «per la Chiesa»
e << nella Chiesa 1>.
Il documento evita con cura il
malinteso di considerare la Chiesa
come una comunità di perfetti <1 arri-
vati>>, opposta al mondo, comunità
di peccatori. La santità della Chiesa
non esclude che essa debba purificarsi,
anzi essa consiste nella capacità di
operare la continua penitenza dei
suoi membri.
La novità principale
È cambiato lo stile del rito, o
meglio, si è tornati a uno stile più
antico, quello patristico, prevalente-
mente pastorale e meno giuridico.
Insieme con formule chiare e precise,
che esprimono l'effetto dell'inter-
vento del ministro, si adotta un
linguaggio che muove il cuore, ser-
vendosi di immagini e simboli bi-
blici, e richiamando frequentemente
gli episodi evangelici. La grande li-
bertà concessa ai sacerdoti di adope-
rare, secondo l'opportunità concreta
il materiale liturgico raccolto nel do-
cumento della Riforma, mostra che
le prescrizioni non impo"ngono un
rigido ordinamento, ma costituiscono,
piuttosto un direttorio, che cerca di
tener conto delle varie situazioni pa-
storali, per produrre la conversione
più profonda possibile.
La novità principale del recente
rito, che sta alla radice di tutte le
altre, consiste nella presentazione
della figura del mi11istro del sacra-
mento. Dal medioevo in poi, il
confessore è stato considerato sopra-
tutto un giudice, che doveva conoscere
esattamente <i la causa >> su cui pro-
nunciare la sentenza; perciò il suo
compito principale consisteva nel
Le due tentazioni
L'attuazione della Riforma è mi-
nacciata da due tentazioni. La prima
è la tendenza a continuare ad ammi-
nistrare il cito come si faceva finora,
cambiando soltanto qualche formula,
ritenendo impossibile dal punto di
vista pastorale i suggerimenti del
nuovo rito. Questa tentazione può
nascere dalla preoccupazione di riu-
scire a confessare numerosi fedeli
in breve tempo. Conseguenza? I
fedeli ricorreranno sempre meno ad
un rito scarno, ridotto al minimo,
pastoralmente inefficace.
La seconda tentazione è quella di
adottare i nuovi riti, ma senza assu-
merne lo spirito nuovo: fare delle
celebrazioni penitenziali collettive in
cui invece di una comunità alla ri-
cerca della conversione, si raccoglie
una massa frettolosa, in attesa di
una formula.
La vera riforma deve passare tra
questi due scogli, mediante la ricerca
delle forme più adatte ai singoli casi,
in fedeltà alle norme ricevute. Queste
nuove forme, come la tonversione
stessa, si dovranno perfezionare con-
tinuamente. Le attuazioni concrete
per lo più non saranno opera di un
individuo, ma dovranno risultare
dalla collaborazione comunitaria, per
cui pastori e fedeli si scambieranno
le loro esperienze, eliminando ciò che
risulta inefficace, conservando e svi-
luppando ciò che farà buona prova
nella vita della comunità.
Abituati a una certa immobilità
delle istituzioni liturgiche e pastorali,
parecchi fe~eli saranno sconcertati
da questo «stato di ricerca>>, che
investe adesso anche l'amministra-
zione del sacramento della penitenza.
Dobbiamo persuaderci e persuadere,
che tutte le forme finora conosciute
della disciplina penitenziale sono
nate ugualmente da una identica
preoccupazione, e che non potremo
mai mettere in pratica la riforma
auspicata, senza accettare coraggio-
samente il peso e il rischio di cer-
care e sperimentare.
(Condensato da «LA CIVILTA CATTOLICA») 27

3.8 Page 28

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NElMDNDO
SALESIANO
PROMULGATO
IL NUOVO REGOLAMENTO
DEI COOPERATORI
Nella Casa Generalizia Salesiana, du
rante la liturgia di Pasqua, presenti 1
rappresentanti di tutti i rami della Fa-
miglia Salesiana, il Rettor Maggiore ha
promulgato il nuovo Regolamento dei
Cooperatori Salesiani e consegnato la
prima copia di esso al prof. Giannantonio
segretario coordinatore dei Coopera-
tori italiani. La seconda copia del Re-
golamento, don Ricceri l'ha portata con
in Argentina, per offrirla ai Coope-
ratori dell'America Latina, dove si pre-
para il primo Centenario delle Missionì
Salesiane.
In uno dei prossimi numeri offriremo
ai lettori un servizio sul nuovo Rego-
lamento.
« IL VOSTRO SEGRETO
~ DON BOSCO»
Parole di Paolo VI ai Salesiani della
Consulta «Scuola e Missione salesiana»:
« Il segreto per il vostro servizio di edu-
catori cristiani è sempre uno : Don
Bosco.
Si tratta di un servizio pedagogico di
grande importanza, perché l'insegna-
mento - l'arte delle arti - richiede:
sacrificio, dedizione, prepara zione,
e una continua carica di entusiasmo ».
(Udienza generale del 13-2-1974)
dei parroci (ma esclude ogni genere d ,n
ternato)
E uscito un numero unico ' della loro
rivista che commemora la ricorrenza e
riassume 40 anni d1 storia e d1 ded1z1one.
Sede San G1or910 00019 Tivoli
(Roma)
LETTERA A DON BOSCO
Caro Don Bosco
chiedo 11 tuo aiuto. Sono un sacerdote
che lavora tra I baraccati. In tre anni sono
arrivate a Ostia Nuova circa tremila fa -
miglie, provenienti dalla periferia d, Roma.
Sono famiglie numerose con tanta sof-
ferenza , 1 ragazzi ne risentono più d1
tutti· sono qualche migliaio sempre sulla
strada. fino al servmo mil itare.
Caro Don Bosco 11 problema e urgen
11ssImo chiedo che qualcuno dei cuo,
venga con noi Tt scnvo a nome delle
fam iglie della Chìesa di Ostia Nuova
Roma 5 settembre 1973
Padre Stlv,o Turazz1
Nota della Redazione. Questa « Ler
tera a Don Bosco» sembra scritta nel
1873 e giunta con cent'anni d1 ritardo a
causa de, d1sgu1d1 postali Invece no· è
stata scritta proprio nel 1973 (ANS)
46 QUESITI SU « SCUOLA
E MISSIONE SALESIANA >>
Convocata dal Dicastero per la Pasto-
rale Giovanile, dall'11 al 16 febbraio
scorso si è riunita a Roma una Consulta
per approfondire Il tema « La scuola e la
missione salesiana». V, hanno preso
parte un confratello dal Belgio, due dalla
Francia tre dall' Italia, cinque dalla Spa -
gna insieme con cinque esperti della
D1rez1one Generale
IL QUARANTESIMO
DELLE SALESIANE OBLATE
Nel dicembre 1973 le Suore Salesiane
Oblate del Sacro Cuore hanno celebrato
il 40° anniversario della loro fondazione.
La giovane e dinamica Congregazione,
che ha per fondatore il salesiano mons.
Cognata e per protettore Don Bosco, e
si vanta del suo legame con la Famiglia
Salesiana, considera come giorno detla
sua fondazione una data «salesiana»
1'8 dicembre del 1933. In quel giorno la
prima Suora Salesiana Oblata emetteva
la professione religiosa a Bovo Marina
(Calabria, Italia).
La Congregazione conta oggi 80 case.
dette «missioni», operanti in 30 d1oces1
d'Italia. Sì dedica principalmente all'as-
sistenza e all'educazione dei bambini. e
28 alla cooperazione nell'attività pastorale
Visit a illustre: M adre T eresa. Questa notissima missionaria, che sI prodiga
per i lebbrosi, ha v1s11ato la scuoletta salesiana che sorge presso la chiesa di Cal-
cutta. Sta conversando con padre Raffaele Maiques parroco salesiano della cat-
tedrale

3.9 Page 29

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La Consulta era chiamata ad affron-
tare due grossi interrogativi: l'adempi-
mento della missione salesiana. quali
«esigenze» pone alla scuola 7 e attra
verso quali «vie» le nostre scuole de-
vono rispondere a tali esigenze della mis-
sione salesiana 7
In pratica la Consulta lavorò intorno
a 46 que,siti particolari. riguardanti: la
corresponsabilità nella scuola, la scuola
come servizio, la formazione della comu-
nità educativa, la scuola e l'orientamento
vocazionale, la pastorale nella scuola,
l'insegnamento della religione, l'educa-
zione liberatrice, l'educazione degli adulti.
la formazione al lavoro, il tempo libero,
la scuola e le missioni.
Al termine delle riunioni. l'esperto del
settore scuola presso il Dicastero della
Pastorale Giovanile, don Antonio Od
Silva Ferreira, ha raccolto le conclusioni
della Consulta in un ciclostilato riassun-
tivo di 20 cartelle, che viene ora utilmente
inviato per conoscenza alla Congrega-
zione (ANS).
Dimissionario mons. Eugenio Pey-
rou : « L'Osservatore Romano >l del 20
febbraio scorso recava la notizia che i I
Santo Padre, accogliendo i I desiderio
espresso dal vescovo salesiano di Com-
modoro Rivadav1a, lo aveva sollevato dal
governo della diocesi.
La me daglia cc pro Ecclesia et Pon-
t ifice » è stata contenta al padre Rafael
Mercader, salesiano della casa di San-
turce (Puerto Rìco), in occasione del
60° d1 sacerdozio. La medaglia gli è stata
consegnata il 31 gennaio festa di Don
Bosco dal card. Aponte. Padre Mercader
è nato a Barcelona (Spagna) nel 1890
e tra non molto compHà il 70 d1 profes
s1one religiosa.
PAOLO VI NELLA PARROCCHIA
DEL TUSCOLANO
Il Papa, domenica 17 marzo ha pre-
sieduto la "stazione quaresimale" in
Santa Maria Ausiliatrice, chiesa parroc-
chiale salesiana annessa all'lst11uto « Pio
Xl».
Il popoloso quartiere tuscolano ha vis-
suta un singolare momento d1 vita ec
clesiale attorno al Papa Ad accoglierlo
erano in tanti: g1ovan1 ragazzi papà
mamme, anz1an1, accorsi per ricevere da
lui un messaggio d1 amore e d1 speranza.
Nel 1932, data d1 nascita della par
rocchia «Santa Mana Ausiliatrice» s1
contavano 500 abitanti, oggi sono circa
50.000. Accanto alla parrocchia affidata
ai Salesiani (l'opera ebbe inizio nel feb
braio del 1927) funzionano due fiorenti
oratori; quello maschile con un mov1
mento giovanile d1 circa un m1gl1aìo d1
M ini- festival a Ivrea. Senza telecamere, ma con entusiasmo schietto e pulito.
nelle Case Salesiane d1 anno 1n anno s1 moltiplicano i mini-festival canori. Nella
foto, quello della Casa Salesiana di Ivrea, battenato « Minicroma ». Si esegue
la canzone « Padre Brown l> (ti famoso reverendo-detecttve inventato da Chesterton
e portato tn TV da Rascel)
giovani, e quello femminile pure nume
rosiss1mo. presso le Figlie d1 Maria Au -
siliatrice Oltre 800 alunne frequentano
l' annesso Istituto Pio Xl
Paolo VI è stato ricevuto ali interno
del grande cortile salesiano da quasi due
mila giovani con rami d1 ulivo in mano
Dopo aver salutato il Cardinale Vicario
Il Rettor Maggiore dei Salesiani Il par
roco e ti Direttore della Casa Paolo VI
ha ascoliato 1J saluto d1 un ragazzo d1
quinta elementare
E poi seguna la l1turg1a della parola
All'omelia, Paolo VI ha raccomandato
alla comuni parrocchiale «uno stile di
vita profondamente rispondente al Van-
gelo>> Prendendo lo spunto dalla chiesa
parrocchiale. cosi maestosa solenne e
sol1da ha detto tra l'altro I< Avete co
stru1to il tempio materiale - ha detto -
costruite la Chtesa viva La Chiesa siete
vo1, questo tempio è soltanto l'ambiente
che la raccoglie Dovrete costruire la vo-
stra comunità come una unità che ha al
suo centro Il parroco e coloro che pre-
s11~dono al vostro bene spmtuale. Non
siete una società anonima e dispersa
siete una famiglia, un'unità»
RI S OLTO IL PROBLEMA
Un Centro Giovanile a Seoul (Korea
del Sud) accoglie ogni anno 200 g10-
van1 preparandoII a una professione
Scrivono da Seoul al Rettor Maggiore:
«Riceviamo giovani di 15-18 anni,
in condizioni economiche disastrose, che
la società tiene completamente ai mar-
gini perché non hanno potuto studiare.
«Nello spazio di un anno diamo loro
un po' di formazione professionale e poi
cerchiamo loro un posto in fabbrica.
« Ogni anno centinaia di giovani bus-
sano alla nostra porta pieni di speranza.
ma anche se cl addolora molto siamo
costretti a dir loro un "no" più pesante
di una barra di piombo.
« Non abbiamo posti. E come conse -
guenza, un giovane non potendo essere
accettato ha risolto il suo problema ten-
tando il suicidio. ~ rimasto orribilmente
rovinato per tutta la vita».
SETTIMANA INTERNAZIONALE
SUGLI AUDIOVISIVI
Sull'uso degli audiovisivi viene Indetta
dai Salasiani di Bruxelles una 11 Setti-
mana internazionale di studio». Tema
della settimana risulta « l'uso dei mezzi
audiovisivi e dell'espressione corporea
nella formazione giovanile. nella pastorale
giovanile, nei ritiri per i giovani, nella
catechesi giovanile». L'iniziativa è pro-
grammata per i giorni 2-7 settembre 1974,
e viene condotta dal Centro nazionale
giovanile «Gioventù d'oggi».
Questo Centro, diretto da un'équipe
di quattro Salesiani è in attività da 29

3.10 Page 30

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dieci anni. Lavora sul piano del tempo
libero, organizzando ogni anno un
«Festival giovanile»; a favore dei gio•
vani emarginati ha lanciato l'iniziativa
«Ogni uomo»; sul piano formativo tiene
giornate di ritiro e «Week-ends forma-
tivi» per giovani; sul piano religioso-sa-
lesiano prepara « Giornate di riflessio-
ne•· Il Centro dispone di un complesso
di sussidi audiovisivi e di una note•
vole produzione propria (dischi, mon-
taggi, papers, una rivista specializzata).
Informazioni presso Robert Kino,
Centrum Eigentijdse Jeugd, 1720 Groot-
Bijgaarden (Brussel), Belgio.
UN MODO DI LAVORARE
PER LE VOCAZIONI
Il direttore del/'aspirantato di Gerona
(Barcellona Spagna), ha offerto ai
confratelli della sua lspettoria queste
«riflessioni pratiche».
~ molto difficile, delicato, e perfino
«misterioso•• esprimere un giudizio sul
fenomeno delle vocazioni che oggi si
verifica nella Chiesa. Ho in programma
di passare a parlare di questo tema In
tutte le vostre comunità.
Oggi abbiamo nell'aspirantato di Ge-
rona 142 aspiranti. Sono ormai passati
i tempi in cui c'erano cento aspiranti nel
MIIIOREALIZZAZIONE N.7
NAZIONE:
India
LOCAl.lTA:
Shillong (:\\leghalaya)
RESPONSABILE: Suor Angela Ercilla
oceerro: Medicine e Strumenti Chirurgici
COSTO:
Lire 500.000
Shillong è la capitale del nuovo Stato di Meghalaya, nel-
l'Assam. Le Suore Spagnole hanno fatto parecchi anni fa
un Ospedale Cattolico ed accettano gratis qualsiasi ammalato
senza distinzione di caste e religioni. Lo scorso anno hanno
incominciato un fabbricato per la .Maternità e sperano di
terminarlo entro quest'anno.
Hanno bisogno urgente di medicine e anestetici come
Valfì.um, Dehydro Bcnz Pcridol, Alofcrin, e strumenti
chirurgici.
.
.
La Presidente del Nazareth Hosp1tal, suor Angela Erc1Ua,
mi ha mandato un S.O.S. nella speranza di qualche aiuto.
Questa l\\licro intende venir incontro al bisogno estremo
di medicine, e provvedere l'Ospedale di alcuni strumenti
chirurgici. Confido nella vostra bontà.
Padre Giuseppe Baracca - Casa Madre Opere Don Bosco
- Via Maria Ausiliatrice 32 - 10100 Torino.
Il nostro Conto Corrente Postale N. 2/36546 faciliterà il
vostro versamento, specificando nella casuale la ::\\1icro cui
volete contribuire.
BJLANCro:
30
Micro n. S (Borse di studio - Pasil) L. 110.000; Micro n. 6
(Catechisti - Jorhat) L. 100.000. (aggiornato al 30 aprile).
primo corso. e quaranta dì essi entra-
vano poi nel noviziato. Questo era - un
tempo - il frutto del lavoro di qualche
salesiano che passava per i paesi e
rastrellava ragazzi per l'asplrantato: tale
metodo, che risultava valido negli anni
'40 e anche ·so. già negli anni '60 non
era più efficace. Uno studio serio sugli
ultimi dodici anni ha dlmostrato che
oggi non serve più.
Oggi credo che un modo di lavorare
per le vocazioni potrebbe essere questo.
1. Le nostre comunità, ciascuno di
noi, deve vivere con entusiasmo la
propria vocazione; solo cosi contage-
remo gli altri.
2. Impartire un'educazione cristiana
migliore ai ragazzi piccoli. Di solito
mettiamo gli uomini più validi a fare
scuota ai ragazzi grandi, e non ci ren-
diamo conto che quando i piccoli ar-
rivano a 13 o 14 anni sovente sono
già atei, o almeno rifiutano la religione.
3. Scoprire nel primo trimestre del-
l'anno scolastico (mediante inchieste,
lavori scolastici, giornate di ritiro, ecc.)
quali ragazzi possono avere la vocazione
alla vita consacrata. Non preoccupiamoci
del numero, anche se sono pochi. Ma
tutta la comunità deve sapere quali ra-
gazzi dimostrano una maggiore sensi-
bilità cristiana, quali sono disposti a
impegnarsi in una vera vita.
4. Applicarsi con molta attenzione a
questo «piccolo gregge». con conver-
sazioni personali, e affidando loro re-
sponsabilità apostoliche nelle quali pos-
sano esprimere il meglio di sé.
Tutto questo senza fretta: la grazia
farà il più, menue la comunità lavora
e prega per ottenere dei continuatori
alla sua opera.
« CHIEDO GENTE »:
E PARTIRANNO IN S EI
Cosi diceva il missionario italiano in
Argentina padre Giovanni Bertolone. tor-
nato in Italia per un breve riposo, ogni
volta ohe parlava a gruppi di giovani:
«Non vengo a chiedere soldi. vengo a
chiedere gente». E ha trovato sei persone
pronte a partire, sia pure - al mo-
mento - solo per breve tempo. Sono un
salesiano e cinque Cooperatori giovani.
che passeranno parte del periodo estivo
In Patagonia, Argentina (dove però è in-
verno). Ora essi studiano lo spagnolo e
le caratteristiche del posto, alla scuola
di un vecchio missionario rientrato in
Italia; e studiano teologia e catechetica:
andranno infatti a fare il catechismo, con
l'ausilio del mezzi audiovisivi, a ragazzi
e adulti nei centri di campagna.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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"sitorna intrincea11
Si è concluso il primo
« Corso di Formazione
Permanente » : ecco
come si è svolto, e co-
me lo hanno valutato
partecipanti.
H a! Ha! Tu es déjà un récu-
péré! ~- E cosi dicendo gli bat-
terono una pacca sulla spalla. li
confratello di lingua francese parte-
cipante al «Corso di Formazione
Permanente » era tornato alla sua
Casa salesiana per una breve visita,
e aveva parlato del corso con troppo
evidente entusiasmo. La battuta se
l'era proprio tirata addosso: << Tu sei
già un recuperato •>.
Una battuta, ma anche un invo-
lontario elogio del corso.
Questo primo «Corso di Forma-
zione Permanente 1> come hanno am-
messo concordi i suoi partecipanti
rispondendo al questionario finale,
ha sostanzialmente raggiunto il suo
scopo. Si trattava di << realizzare una
intensa e felice esperienza di vita
salesiana », di «approfondire i valori
della nostra vita religiosa e sacerdo-
dotale >>, come aveva previsto il Rettor
Maggiore. E tutto questo, non cia-
scuno per sé, ma «per essere poi,
al ritorno, validi diffusori e moltipli-
catori dei valori evangelici e salesiani >>
accumulati.
li corso si è svolto al Salesianum
di Roma, presso la Casa Generalizia,
tra il 20 ottobre 1973 e il 14 feb-
braio 1974. Era voluto dal Rettor
Maggiore, che l'ha seguito da vicino,
tramite il Consigliere per la Forma-
zione Salesiana e il suo dicastero.
La sua conduzione era affidata a
don Igino Capitanio e a don Jesus
Carilla.
Vi hanno preso parte 33 sacerdoti
sui 40 anni di età, provenienti da
tutta l'Europa, specialmente da Italia
e Spagna (ma anche da Argentina,
Cile, Ecuador, Brasile).
D'importanza decisiva è risultata
la sede. Roma, centro della Chiesa
e centro della Congregazione, si è
rivelata un punto di osservazione
unico, ha offerto occasioni si può
dire inesauribili di incontri, contatti,
scambi di esperienze.
Il contenuto del corso era forte-
mente spirituale. Il tema della vita
consacrata, svolto da don Aubry, è
stato integrato da lezioni e conversa-
zioni di molti altri docenti ed esperti
della Casa Generalizia, dell'Università
Pontificia Salesiana, e di altri Centri
di studio anche non salesiani. I Su-
periori dei vari Dicasteri a turno
hanno prospettato la situazione della
Congregazione, i suoi problemi, i
suoi programmi nelle varie parti del
mondo: un giro d'orizzonte molto
arricchente.
I corsisti hanno vissuto per sette
giorni un'esperienza di preghiera
presso Mondo Migliore, hanno par-
tecipato al «Convegno sulla peni-
tenza» tenuto all'Università Salesiana
di Roma e al <( Convegno Europeo
sul Sistema Preventivo >>, hanno com-
piuto visite informative presso opere
di Gesuiti, Benedettini, Focola-
rini, ecc. Per la festa di Don Bosco
hanno compiuto un pellegrinaggio a
Valdocco e ai Becchi. Sono stati ri-
cevuti dal Papa.
Non tutto è stato sempre facile.
A parte l'inesperienza degli inizi (si
trattava del <<primo» corso); c'è
stato il complicato incontro di per-
sone, ormai adulte, diverse per na-
zionalità, esperienze, mentalità, lingue.
<1 Siamo passati - ha raccontato uno
dei corsisti alla fine - attraverso tre
fasi: prima la cordialità artificiale;
poi i gruppi sospettosi (gruppi per
nazioni, o tra amici di vecchia data);
e fì,nalmente siamo giunti alla fu-
sione)).
Il sondaggio finale svolto tra i
corsisti ha rilevato mancanze e la-
cune, ma ha anche dato piena ra-
gione a chi ha voluto l'iniziativa.
<< È stata per me una grazia speciale
del Signore. Uno dei periodi più
belli e più ricchi della mia vita. Mi
ha fatto più salesiano. Finalmente
ho potuto fare, dopo tanti anni di
attività, il punto sulla vita religiosa
in genere e mia personale. Ho effet-
tuato un cambiamento di visuale.
Sarà punto di riferimento per il
resto della mia vita. Un periodo ne-
cessario per i Salesiani di mezza età,
per riacquistare fiducia e diffon-
derla l): i giudizi sono convergenti.
«Giunto alla fine - dice don An-
gelo Botta, fino a poco tempo prima
Ispettore in America - si vorrebbe
che questi quattro mesi durassero di
più. Improvvisamente ti eri accorto
che tenevi stretti nella stessa mano
il Vangelo di Gesù e il Diario del
"Che", che sullo stesso muro avevi
appeso il Crocifisso del Calvario e
il Morto del Palacio de la Moneda...
È la prima volta in vita mia (e
temo purtroppo l'ultima) che ho
una fortuna del genere. Quando si
è stati in trincea con il fango fino
al collo o la sabbia negli occhi, tro-
vare un'oasi simile è una benedi-
zione insperata.
Adesso si ritorna in trincea. Ma
con questa convinzione: che la Con-
gregazione Salesiana è qualcosa di
cosi indovinato e attuale, che se non
ci fosse bisognerebbe inventarla>).
Intanto il 9 marzo è cominciato,
sempre al Salesianum, il «Secondo
Corso di Formazione Permanente »,
riservato prevalentemente alle Ispet-
torie dell'America Latina. Un terzo
corso è in programma per l'ottobre
prossimo, destinato in particolare
ai Salesiani dell'Oriente (ANS). 31

4.2 Page 32

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...
INTIRCINIONI
DI MARIA
AU81UATIIICI
DI
MN GIOVANNI
N8CO
ERA APPENA TORNATO DALLE MISSIONI
Dopo molti anni di m1ss1one, un nostro fratello, Coadiu-
tore Salesiano Missionario in Cile, venne in Italia per trovare
fa mamma anziana. ma con la speranza di far presto ritorno
alla sua cara missione. L'incontro gioioso della famiglia
avvenne il Giovedl Santo.
La gioia pasquale fu per tutti «raddoppiata» per la pre-
senza della figlia Missionaria (F.M.A.) nello Zaire che da
vent'anni non s'incontrava più col fratello
Ma eravamo ben lungi dall'immaginare che la gioia co-
mune fosse di cosl poca durata. Infatti il martedl di Pasqua,
il fratello accusò un lieve mal di capo e, preso un calmante,
si pose a letto.
Quando alle 23 si passò a vederlo, dormiva tranquillo,
ma verso le due del mattino si senti un tonfo sul pavimento.
Accorremmo, e lo trovammo sul pavimento privo di sensi.
violaceo e senza respiro. Lo credemmo morto.
Accorsero il sacerdote, i vicini ed il medico il quale fece
trasportare immediatamente l'ammalato all'ospedale. Il fra-
tello rimase In coma quattro giorni.
Nell'angosciosa attesa si incominciò da noi con immensa
fiducia una novena a Maria Ausiliatrice che anche le
Suore e le alunne dell'Istituto Don Bosco di Padova fecero
con noi. I medici dichiararono trattarsi di commozione cere-
brale, e non s1 pronunciarono sull'esìto della malattia.
Vennero a trovare il fratello il Direttore ed I Salesiani che
impartirono all'infermo la benedlzione di Maria Ausiliatrice,
e misero l'immagine della Madonna sotto 11 guanciale del-
l'ammalato.
Dopo poco tempo l'ammalato apri glt occhi e guardandosi
tniorno non s1 capacitava dell'accaduto e chiedeva il perché
della presenza della gente e del suo trovarsi all'ospedale.
C1 balenò cosi uno spiraglio d1 speranza. ma sopraggiunsero
delle crisi che c1 fecero temere per l'incolumità del cervello.
La Madonna di Don Bosco, però, della quale il fratello si
mostrò sempre devot1ss1mo. esaudì le nostre suppliche e
fece si che dopo cinque setttmane d'ospedale, potesse ri-
tornare a casa convalescente, con grande stupore dei medici.
Sono passati sei mesi ed il caro fratello conttnua a confi-
dare nella protezione della M adonna e di Don Bosco. Tutti
1 familiari sentono il bisogno di esternare la loro grande rìco-
noscenza.
M11n•ngo (P•do11•)
FAMIGLIA CESARO
Giuliana Ristar, (Strada Crescentino) ringrazia S. Giovanni
Bosco per la salute riacquistata dalla nipotina di 3 anni.
Guidotti luigi (Verdello - BO) ringrazia Don Bosco per
una grazia che gli stava molto a cuore, e lo prega per un' altra
delicata necessità della sua famiglia.
Maria Teresa t:Jonna (Pont Canavese - Torino) ringrazia
M aria Ausiliatrice e Don Bosco perché il nipotino, nato
prematuro e ormai in fin di vita, si è ripreso e gode ottima
salute.
Clelia luparia (Mirabella) è riconoscente a M aria Ausi-
liatrice e a Don Bosco per molte grazie e favori, ottenut i
anche quando le difficoltà sembravano insormontabili.
Gerarda Ciarletta (Scanno) fu colpita da paralisi, si rac-
comandò a Don Bosco, e proprio nel giorno della sua
lesta. mentre l'invocava, senti un forte miglioramento. Ora
è quasi fuori pericolo, e riconoscente manda un'offerta per
32 le Opere Salesiane.
Giolito Severino (Ciglieno - VC) ringrazia pubblicamente
l'Ausiliatrice e Don Bosco per il felice esito di un diffi-
cilissimo intervento chirurgico e per la completa guarigione.
Marco/ini Maria (Verona) è una mamma felice: ringrazia
Don Bosco di averle salvat a la sua creatura. che correva
serio pericolo. La bimba, chiamata Giovanna in onore del
Santo, cresce come un fiore.
Cristine Valentina Perdoni (Lecce) si trovò in una brutta
situazione. La stanchezza e la disperazione si accumulavano,
l'anno scolastico si awlava alla rovina, l'esaurimento era
una minaccia vicina. Sfogliando il BollrJttino, si rivolse a
Maria Auslllatrice. Con Il suo aiuto ha ritrovato la forza
necessaria per andare avanti. e risolvere bene ogni cosa.
Piero Molinotti (Aosta) ringrazia Don Bosco per una
grande grazia, ricevuta quando ormai stava perdendo la spe-
ranza. Raccomanda a lui la sua famiglia e la sua vita.
M aria Sonetti (Velie di Sotto - Sondrio) ringrazia Merla
Ausiliatrice « che ml ha sempre aiutata in momenti parti-
colarmente difficili, quando si trema per la salute dei propri
cari e quando le difficoltà sembrano (e sono dal lato umano)
insormontabili, .
Ringraziano purt1 Maria Aus/1/atrlca ti Don B011co:
Emma Mi/etti (A osta), Giuseppina Gucclardi (Alessandria),
Adele Desendo (Hounsville - Canada). Vittoria Fiorito
(Fossano - Cuneo), Olga Tessaro (Mantois - Francia).
Concettlne Bascetta (Como).
UNA MAMMA DI 27 ANNI IN COMA
Una nostra sorella di anni 27, nel mese di ottobre u.s.
dovendo dare alla luce un bambino, era arrivata in fin di
vita. Il professore, direttore della Clinica in cui si trovava,
visto che la medicina non era più in grado di dare aiuti,
ci consigliò di portarla a casa.
L'ammalata era in coma, versava in uno stato gravissimo.
Nella disperazione del dolore, pensammo di condurla non
a casa, ma a un altro Ospedale. Anche li i medici, dopo aver
fatto tutto il possibile, ci dissero, francamente, che l'amma-
lata era nelle mani di Dio.
La Madonna ci venne in aiuto: una nostra cugina F.M.A.•
venuta a conoscenza della gravità della nostra sorella, ci
consigliò di affidarla a Maria Ausiliatrice e a San Domenico
Savio, facendole indossare l'abitino del Santo.
Con noi si uni tutta la Comunità delle Suore a cui appar-
tiene la nostra cara cugina. L'ammalata incominciò subito
a migliorare. Son trascorsi vari mesi e possiamo dire che
sta bene,
Lentini
SORELLE NICOSIA
CRISTINA, LA NOSTRA GIOIA
Mi sentivo molto male e temevo seriamente per l'esito
della gravidanza: avevo già perso il mio primo bambino al
terzo mese. Le mie paure si dimostrarono fondate: il gine-
cologo mi disse che non c'erano speranze, ma mi consigliò
una cura per arrivare almeno fino al quarto mese, il che
avrebbe poi facilitato un'altra eventuale gravidanza. Rimasi
a casa dal lavoro per un mese di riposo, ma al decimo giorno
ebbi una emorragia e fui trasportata d'urgenza all'ospedale.

4.3 Page 33

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Mi venne prospettata la possibilità di rimanere a letto per
tutto il tempo della gestazione. Ero desolata, i l mio lavoro
in casa era necessario. Mio marito cercava di confortarmi,
non so fino a che punto ci riuscl. Fu una buona vecchietta
di nostra conoscenza che, saputo delle mie condizioni, ci
fece avere l'abitino di San Domenico Savio e ci spronò
a pregarlo. Lo feci volentieri, perché anch'io ero devota
di lui. San Domenico Savio mi ha aiutato; la gravidanza fu
difficile e dolorosa, ma riuscii ugualmente a lavorare per
qualche mese; al dieci luglio, giorno del mio compleanno,
con un po' di anticipo, otto giorni soltanto, nacque Cri-
stina.una bella bimba minuta ma molto vivace.
I primi mesi furono difficili per la piccola; dovetti ricove-
rarla in ospedale per dieci giorni, ci avevano prospettato
la possibilità di perderla. Furono giorni d'angoscia e di pre-
ghiera, ma il Signore ce la fece tornare a casa guarita. Ora
è diventata la nostra gioia. Quando Cristina sarà in grado
di affrontare il viaggio, andremo a far visita all'altare del
nostro Benefattore.
Bergamo
MARGHERITA DUCI In CLEMENTI
UN'ATTESA DI 26 ANNI
Con l'anima traboccante di g101a sciolgo il mio voto,
esprimendo da queste pagine la mia vivissima gratitudine
alla Vergine Ausiliatrice per aver esaudito il mio ardente
desiderio.
Infatti, dopo 25 anni di matrimonio, il Signore m'ha con-
cesso la gioia di essere mamma. Il nostro focolare è stato
allietato dal sorriso d'una bella bambina, che forma la nostra
felicità.
Sono riconoscente anche al piccolo Domenico S avio
che m'ha visibilmente assistita, evitandomi un doloroso in-
terven1o chirurgico, che sembrava inevitabile in quella cri-
tica circostanza.
Appartengo alla grande Famiglia Salesiana in qualità di
Cooperatrice, e sono convinta che il Signore - per inter-
cessione dei nostri Santi - abbia voluto esaudire le mie
perseveranti preghiere condotte con fede incrollabile. Grazie
dunque di gran cuore.
Coiro (Egitto)
GIORGINA GIROLAMO
UN BAMBINO SANO E ROBUSTO
Mia sorella, nell'attesa di un bimbo, accusava un forte
dolore alla schiena. Il medico la trovò affetta da pleurite.
Subito mia sorella si scoraggiò, ma poi ricorse con f1duc1a
a San Domenico Savio, promettendo che, se tutto fosse
andato bene per la salute sua e del nascituro, avrebbe in-
viato una modesta offerta, e avrebbe fatto un pellegrinaggio
a Torino, presso l'altare del caro Santino.
La grazia non tardò: nella seconda visita, mia sorella si
senti dire dal medico: « Della pleurite, non c'è più nessuna
traccia». Mia sorella continua a star bene e i I bimbo cresce
sano e robusto.
Torino
Sr. MARIA BROTTO, F M.A
t NATO ALESSANDRO
Durante la gravidanza, la mia bambina fu colpita da mor-
billo; siccome io non l'avevo avuto, temevo fortemente di
prenderlo con grave danno della piccola creatura che at-
tendevo.
Grazie all'intercessione di San Do menico Savio, a Cui
mi sono rivolta con fiducia, Alessandro è nato in ottime
condizioni.
Mando offerta e desidero che sia pubblicata la grazia.
Varaue
FAMIGLIA GIUSTO
GUARIGIONE COMPLETA
La mia bambina, affetta da gravi dolori non ben identi-
ficati dai medici che la curavano da mesi inutilmente, è
completamente guarita all'inizio della novena a San Dome-
nico Savio. I medici curanti non volevano credere, ma
hanno dovuto costatare la guarigione perfetta. A distanza
di mesi ringrazio Il piccolo Santo.
Legnago (Verona)
BORASCA CARLA
PER UN ANNO HO SOFFERTO
Per oltre un anno, ho sofferto di forti coliche renali, finché
ho saputo di avere un calcolo resistente a tutte le più ocu-
late e amorevoli cure. Ero già stata ricoverata una volta, ma
senza alcun risultato. Ultimamente poi, avevo coliche quasi
tutte le settimane e per due giorni dolori fortissimi . Una
buona persona mi fece recapitare una reliquia di San Do-
m enico Sa vio, e chiesi a lui la mia guarigione. Dopo poco
tempo ho ottenuto la grazia tanto desiderata. Riconoscente,
segnalo la grazia ottenuta.
Roma
GIUSEPPINA BATTISTA
Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Accomero D ina • Airoldi Giovanna - Arri Stina - Averono Teresa - Aymo-
"od Pio e Famiglia - Bald..sani Pietro - Baldiotti Margherita - Barncchi
Carlo - Benedetti Guido - Bertani Ger.u-dini Maria - Bertulel~I Andrea
- Bisoni Angelo - Boari Alena - Borgna Angelina - Braga Angela - Brignoli
Gabbia,:zi Maria - Brusegan Lucia - Caddeo Linuccia - Campo Rosina -
Canale Lucia - Carcglio Giovanna - Cataldi Fausta - Chirio Olimpia -
Conese Carmela - Costanzo Sandra - Dallapiccola Assunta Davoury -
De Luco Celi Gaetana - De Marco Ada - Dimichino Maria Egle - D'Ippo-
lito Ercole - Doglio Pietro - Donna Mariuccia - Draghi Maddalena - Fantorù
Giulio - Favero Loris - Favre Palmir.i - Ferrari Albano Maria - Ferrero
Margherita - Fiori Emma - Fontana Mabrosinn - Fontana Angela - Fran-
zoso Santina - Frassà Olimpia - Frescura Emilia - Fusaro Matilde (a D. Ci-
matti) - Galli Attilia - Gaudio Lina - Gerirù Paola - Giannone Giovanni -
Gioanna Carolirui - Greca Annas - Grilli Maria - Guidoni Schettini Teresa
- Guzzo Pasquale - Iovino Fulvio Domenico - l.rmici Elia - Isoni Regina
- Laudato Filomena - Luraschi Vittoria. - Manzoni Cesarina - Mercena.ro
Antonietta - Marchelli Maria - Marini Teresa• MazzucatoRosetta - Merumo
Anna - Merlano Piercarlo - Michelini Maria - Miglioli Famiglia - Moto-
lese Antonia ved. Giuliani - Musuraca Aon-a, Floria, Luisa - Napoli Emilia
De Stilo - Navizzardi Mariuccia - Nicolenj Giuseppina - Olivero Rooina -
Padovani Maria - Pane Fìorina - Parodi Lorenzo - Plltrucco Pier Paolo -
Perinetti Carolina - Petrucci Pia in C.puazo - Piccoli Carie • Pira Maria -
Pirovano Barbara - Ponsetti Pavesio Maria - Presti.anni Caterina - Pulvi-
rcnti Ciancio Rosa - Rattcn<'O Maria Concetta - Renaldo Clelia - Riccobono
Giuseppe - Rinateli Angela - Robecchi Natale - Rovelli Maria L uisa - Sacchi
Battistina - Salimbeni Imma Salvai Caterina - Santorùcola Giuseppe e
Giovanna - Sonora Maria - Sbemu Maria - Scozzaro Alfonsa - Scribano
Maria - Serafini Addolorata ved. Gabrieli - Sesta Anghinetti Viola - Sperio
Carolina - Spinello Rim - Srefani Natalia - StU1'11botti Maria - Sutto Emma
- Tomoui Bellazzi Antorùetta - Tosi Ester - Traverso Rosa - Valdamint
Virginia - Vinci Line - Vivàno A . Vuillcnnoz Giulio - Zaccone Natalirui
- Zambarano Anna L.
33

4.4 Page 34

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PER I NOS I Rl MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Sac. Aver beke Van Carlo t a Tournai
(Belgio) a 70 anni.
Sac. Bablrak Giulio t a Pannonhalma
(Ungheria) a 84 anni.
Sac. Borsanl Mario t a Maroggia (Tic. -
Svizzera) 61 anni.
Sac. Chodanlonek Bronfdao t a Kiaziniew-
Moldavia (URSS) a 63 anni.
Sac:. Dolual Venceslao t a San Salvador
(El Salvador, C.A.) a 66 anni.
Sac. Francoy Masslmlliano t a Madrid
(Spagna) a 69 anni.
Sac. Fueyo &Idro t a Buenos Aires (Argen-
tina) a 7 r anni.
Coad. OU Costantino t a Lodz (Polonia) a
76 anni.
Sac. Oodard Francesco t a Ginevra (Sviz-
zera) a 56 anni.
Sac. Krsysanowskl VoJtecho t a Sokolow
Podlaski (Polonia) a 39 anni.
Ch. Mlu'tlnu Germano t a Jpswich (USA)
a 25 anni.
Sac. Mmante Giacomo (Santiaao) t San Luis
(Argentina) a 7 5 anni.
Cb. Prancsk Sblgnlevo t a Palowo (Polonia)
a 2a anni.
Sac, Prieto Giuliano t a Malaga (Spagna)
" 67 anni.
Sac. R.edmond Michele t a Cheam (Inghil-
terra) a 69 anni.
Sac, Rissi Leopoldo t a Buenos Aires (Argen-
tina) a 90 anni.
Sac. Ruuel Andrea t a Farnborough (In-
ghi!tern), a 66 anni.
Sac. Rutkowskl GJovannl t a Richmond
(NSW - Australia) a 66 anni.
Sac. lalsano Vlnc:enso t a Sah Juato (Ar-
aentina), a 74 an.oi.
Sac. Scheld Michele t a Schwandorf (Ger-
mania) a 59 anni.
Sac. Selvam Tomuo t a Pannur (Tamil
Nadu - Indi,.), a 53 anni.
Sac. Sscsesny MlecJalao t a Gdans k (Po-
lonia) a 64 anni.
Sac, Wypler Franc:eaco t a Rumia (Polonia)
a 77 anni.
Sac. Zdtll:r Luigi t a Augsburg (Germania)
59 anni.
COOPERATORI DEFUNTI
Prof. Angelo Chi.anale t a Bordighera a 78
anni di età.
Cresciuto alla scuola dell'indimenticabile Mons.
Cimarti all'Oratorio ., San Gjuseppe" di Torino,
non lascib cadere i grandi insegnamenti, che sempre
cercò di tenere vivi e fra gli ex.allievi e i coopera.
tori aalcsianì. Attivo neU'apostolato, fu per tutti
esempio di vita e di unione col Signore, coltivando
una devozione alla Madonna tipicamente salesiana.
Iolanda Venturlnl t a Terzo d'Aquileia
(Udine) a 68 anni.
L 1intera sua vita fu coeparsa di dolore, per
un male ohe la colpi fin dell'infanzia. Ma fu
sempre serena, offrendo tutto aJ Signore e
fiduciosa che la sua sofferenza servi\\."8 a quaJ-
cos.a unita a quella di Cristo. Lesse sempte
e con gioia il Bolltttino Solt,iono, che le por-
tava notizie di famiglia-.. Fu coniortata,
nel passaggio alla casa del Padre, dall'assi-
stenza del fratello sacerdote saluiano.
Bernardino Spanu t a Monselice (Padova).
Fedele amico dell'Opera di Don Bosco, ebbe
spiritualità viva, e mori confortato dal pen..
sìero del Cielo.
Mario Valle t a Varallo a 63 anni.
Fu testimone di fede cristiana impegnata,
dando la sua opera a tutte le iniziative par-
rocchiali. Amò Don Bosco e la sua Opera,
e lavorò come vero Cooperatore.
Cele•te Salvlato t a Padova a 79 anni.
Padre esemplare di ben IS figli, ne donò due
•WI al Signore. Era profondamente cristiano.
Visse e lavorò per la
famiglia. Se ne andò
silenziosamente, ]asciando nell'animo di tutti
la ce_rtezza che dal Cielo continua ad esserci
vicino.
Elena Grumo t a Napoli.
Fu per 40 anni maestra elementare, dove. si
prodigò con lo spirito del sistema preventivo.
Le sue exalunne tprnavano spesso a ringra...
zia..r:Ja dei tesori di pazienza e di -rngioaevolezza
spesi con loro. Cara e fedele cooperatrice,
dedicava il tempo libero a lavorare per Je
missioni. Partecipava con fede ai ritiri mensili,
Diego Bablnl t a Fa.,nza a 89 anni.
Chiuse nella pac~ di Cristo una vl'ta di lavoro,
di bene per la sua città, di schietta e profonda
fede. Co,nduue una vita di umile povertà per
s.occorrcrc i povui e le missioni di Don Bosto.
Giovanni Benouo t • Torino a 73 anni.
Scrive il figlio aaJesi..no: e PapA ai senti sem-
pre parte viva della nostra Famiglia Salesiana,
a cui don~ con gioioso sacrificio due figli. Lo
raccomandiamo alle preghiera . tutti -..
Rina CaWero Tajo t a Pinerolo a 7, anni.
Il suo tratto gentile, la sua profonda sensibi-
liti religiosa, caratterizzavano la libreria dove
non solo lavorava, ma viveva la sua vita cri-
stiana anche sotto l'aspetto delle scelte dei
libri. Non pochi sacerdoti I passando in negozio,
si sentivano t di ca.sa •• incoraggiati dal tratto
semplice e buono della signora. Fu amica e
benefattrice dei figli di Don Bosco.
Emanuele GJmtisJerl t a Neviano-Lecce
a 83 anni.
Nell'immediato dopoguerra in cui ebbe dai
bombardamenti I.a ca•• distrutta e una figlio
uccisa, accettò dl lasciar partire l'altra figlia
tra le Figlie di M. Ausiliatrice. Nei to anni di
.immobilità causati dall'ul.tirna malattia fu
coraggioso e sjlenzioso, di una fede veramente
grande.
N. D. Carla BeltramlnJ t a Torino.
Dalla mamma N. D. Vincenza Marsengo
Bastia Morelli, insigne Cooperatrice Salesiana,
aveva eredjtato la devozione a Don Bosco e
l'affetto per le Opere sue specialmente per le
Missioni salesiane. Exallieva delle Dame del
S. Cuore, continuava a coltivare con fervo.re
Ja vita interiore, a cui era atata bene educa.ta,
•J?plicando,i all'apostolato nella famiglia e
nelle associazioni di Azione Cattolica della
sua Parrocclùa S. Teresina (Tarino-Crocetta),
sempre aperta ad ogni opera di bene, sensì-
bilissinlll alle necenità delle Missioni. Fu
questa sua delicata sensibilità che l'ispiri> a
essere largamente benefica verso le nostre Missioni
qW1ndo il Signore la c hiamò alla Patria celeste.
Cesare Cocllandro t a Genova.
Scrive U figlio don Alfredo: Sto ripartendo
per le F lippine. li Giovedl Santo, usiatito da
me e dai miei familiari, ha reso la sua bel-
l'anima • Dio mio papà. Con generosità o.veva
regalato a Don Boaco alle Missioni suo fialio.
Abbiamo celebrato le eaequìe, presiedute da
mons. Ferrando, nella gioia cristiana della
Risurrezione •-
lmmac:olata Condi) t a Corialiano d'Otranto
a 84 anni.
Zelante cooperatrice e donna esemplare, •i è
spenta serenamente. La sua vita ~ stata uo
es.empio mirabile di operosità e di sacrificio, a
aervizìo della famiglia e della aocicrà. Artin•
gendo forza e serenità dall'Eucarestia e dal-
l' amore a M . .A.usillatdce e a Don Bosco,
seppe imprimere nei _figli saldi principi reli-
giosi e morali.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Bessone Maria Carolina Chiri - Boaglio Gio-
vanna Picco - Cavallo Oott. Giuseppina - Cera
Carmelo Cera Ottavio - Chiri Giovanni - Cigna
Teresa Giovannina - Cucco Giuseppe - Diprima
Sac. Mariano - Garlasco Adele - Gastaldi Gio-
vanni - Gili Giuseppe - Giraudo Maddalena
Lovcra Giuseppina - Maccan Enrica - Pea.no
Bonaventura. ... Piersante Mario - Pizzo Assunta
- Piumatti Provini Giuteppina
SaJusso
Maria ved. Ribotta - Test Rita - Oghea
Teresio - Zorzan Pasqua io Bertolin.
I
I
LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA. riconosciuta giuridicamente con D.P. del 2·9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALE·
S IANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ricevere Legati ed
Etedità. Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato: «... lascio alla Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per le missioni con sede
In Torino) a titolo di legato la somma di lire ......•.• (oppure) l'immobile sito in ..... ».
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'altro dei due Enti su indicati, la formula potrebbe essere questa:
«... Annullo ogni mie precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale la Direziono Genere/e Oper11 Don Bosco con sede In Roma
(oppure l'Istituto Selesiano pt11 le Missioni con sede In Torino) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo».
34 (luogo e data)
(firma per disteso)

4.5 Page 35

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BORSE COMPLETE
Borsa: A Maria SS. Ausiliatrice,
a cura di Consiglia Espoeito Cuomo
Nap0li, L. 200.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, a cura di Lu-
cia Mondino, Savigliano (Cuneo),
L. 100.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura
di N.N., L'Aquila, L. 100.000.
Borsa : Mario Bullian, a cura della
Parrocchia Salesiana di Pordenone,
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Uppa Maria Ausdia e i suoi car,,
a cura dj Antonina Ru11girell0 Suec,.
Caltavuturo (Palermo), L. 100,000.
Borsa: Maria SS. Auslllat.rlce in
suffragio tki gmitori Vincenzo e Maria
Volpini, a cura di Valentino Volpini,
Padova, L. 100.000.
Borsa: Maria SS. Aus.lliatrice e
S. Giovanni Bosco, a cura di N.N.,
Poirino (Torino), L. 75.000.
Borsa: Per uu futuro Mi.sslonario,
a cura di Arturo Perfetti, Loppe11lia
(Lucca), L. 70.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice, a
cura di Luciana Hoderas (Svizzera),
L. 61.500.
Borsa: S. Domenico Savio, a cura di
Luciana Hoderas (Svizzera), L. 61.500.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, a cura di Anna
Sola.ri Chironico (Tic. - Svizzera),
L. 00.912.
Bor5a: S. Giovanni Bosco, • cura
di Laura Riva, Balerna (Tic.-Sviz-
zera), L. 52.550.
Borsa: Maria SS. Auslllatrlce e
S. Giovanni Bosco, a cura di Giu-
seppe e Filomena Canta, Are,, Felice
(Nap01i), L. 50.000.
Borsa: rn onore d1 M:iria SS. Ausi-
llatrice e di S. Domenico Savio
po la guarigion~ della mia carissima
y,ipoti-na Giooanna e affidando alla
SS. prote::iom a,uJ,e il mio cart'ssimo
Albtrto, cura di Romilda Guglielmj,
Canelli (Asti), L. 50.000.
Borsa : Ma.cla SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, a cura di Maria
Teresa Donna, Pont Canavese (To-
rino), L. 50.000,
Borsa : Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco in rins,raziamtnto
ptr una grazia n'cec.4ta e per uno con-
t.uma protezione dtlla Madonna1 a cun
d1 Rosalba Gaglione, Torre del Greco
(Napoli), L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco e S. Do-
menico Savio in rinpa.zil.lm~nto ,PtJT
la miracolosa ed improtroisa guarigione
di G. Pittori da 11na lu,IJla malattia
1lr ri:osa, a cura di Alina Brocco, Mi-
lano, L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco in rin-
paziammto per grazi.a ricevuta1 a cura
di Saveria Pasqua Rutialiano di Bi-
sceglie, Andria (Bari), L. 50.000.
Borsa: Maria Au:dltum Clu:istia•
norum ora pro nobis, a cura di
Fabio De Paoli, Piove di Sacco
(Padova), L. 50.000.
Borsa: Beato D. Rua e Santi Sale-
siani, o cura di Marìa Marenco
Dtllapiano, Alba (Cuor.o), L. 50.000.
Borsa: S. Domenico Savio in ri-
eordo dai drfunti d,lla famiglia 01-
dani-Dat1J1mo1 in ringraziammto t dUe-
de,ido pr()teziont. a cura di Fran-
cesco Oldani, Magenta (Milano),
L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausillatrie<> e
S. Giovanni Bosco in ringrar:ia-
menlo, a cura di Angela Ghirin-
ghelli, Mjlano, L. 50.000.
Borsa: Ma.ria SS. Auailiatrice e
S. G iovanni Bosco i,, t114moria suf-
Jrag;o dì Maria Lodato. a cura di Vit-
toria De Martino, Eboli (Salerno),
L. 50.000.
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S. Giovanni Bosco
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Cavaglià (Vercelli), L. 50.000.
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menico Savio che ha aiutato mia
figlia Rachth clii,dendo preghier•
al coro Santir.o perehè pro-tegga ,
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Randazz-o Platani.a, Catania, L. 50.000.
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conforto defli affl.itti e di S. Gio•
vanni Bosco a ricordo ;ujfragio dei
mi~i ge-nitori, del fratello Artrno è
della sorella Maria. a cura di Lo-
renzo Colombano, Vignale Monferrato
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S. Giovanni Bosco, invocando aiuto
~ prote.ZÌ.Onl!. in tJita e in morte ptr i
mili cmi e pu me, n cura di N.N.J
Canicanl (Agriaento), L. 50.000.
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ringraziamento ~ chitdendo grazie, a
cura di Anna Maria Nan. Loano
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la mia inu.mio,ie, 11 cura di Raffaele
TirozziJ NaPoli, L. 50,000.
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Salesiani in loro onore e rinaro.zia-
mento, a cu.rà $. M., Torino,
L. 50.000.
crociata
TOTALE MINIMO PER BORSA L. 50.000 Avvertiamo che la pub•
bllcazlone di una Boraa Incompleta al effettua quando Il veraamento
Iniziai■ raggiunge la somma di L. 25.000, ovvero quando tala aomm■
viene raggiunta con offerte aucceuive. Non potendo fondare una Borsa,
si può contribuire con qualsiasi somma a completare Borse già fondate
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice,
S. Glovamù Bosco e Beato Don Mi•
c hele Rua, a cura dei coniugi Mar•
g-herita e Gino Gallici in octasione
del loro 25° di matrimonio, L. 50.000.
Bon;a: In memoria del proprii
genitori, a cura diA.C.M., L. 50.000.
Borsa: In memoria d1 Mons. Fe•
!ice Danna, a cura della famiglia
Ambrosione, L. 50.000.
Borsa: Beato Mlc.bele Rua e Ven.
Don Andrea Beltrami, a cura del•
l'Ing. DavideNearo, To..r.ino, L. 50.000
Borsa: Don Fillppo Rlnaldl, n
cura di N.N., L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice,
S. Giovanni Bosco e S. Domenico
Savio per grazu riavute e suppli-
cando sempre la proteziorre su tutti i
miei cari, a cura di Caterina De
Matteia, Oglianico (Torino), L. 50.000,
Borsa: Maria SS. Auaillatrlce in
ringraziammto e pu ottenne prote-
aitmt td aiuio, a cura d.i G. Bosco,
Torino, L. 50.000.
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S. Giovanni Bosco p.r oue,rert il
completamtnto di una grtnia e in
atteso di un'altra grazia. a cura di
R.P., L. 50.000.
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CU.(1!. di P. R., L. 50.000.
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tatemi, salvatemi, a cura di Cate-
rina Ida Torta, Riva di Cb.ieri (To-
rino), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice,
S. Giovanni Bosco e Beato Michele
Rua in ringraziamento e sr,pplù:ando
protezione, a cura di Lantieri Cav. Fer-
ruccio, Torino, L. 50.000.
Bor5a: A Maria SS. Auslllatrlce,
S. Giovanni Bosco e S. Domenico
Savio in ringraz ·amento e fiduciosi
nella loro costantt intuct,s.sion,, a èura
dei coniugi Zaneni, Valdagno (Vi-
cenza), L. 50.000.
Borsa: 1n memoria d1 Don Mario
Ghiglieno, o cura di Antonio Gio-
vanni Ruggeri, Milano, L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, in suffragio dei
mki eari dt/umi, a cura di Elisa
Rampa, Brusio (Crigioni-Svizzcra),
L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice, in
suffragio dei miei defunti e per buogno,
a cura di Maria PerruccaJ Trinità
(CUOL'O), L. 50.000.
Borsa: 1n occaslone della Giornata
Missionaria Salesiana, a cura del-
l'Opera Salesiana di Napoli-Vomcro,
L. 50.000.
Borsa: In memoria di Don Pietro
Garbin, a cura di N.N., Faenza
(Ravenna), L, 50.000.
Borsa: A S. Giovanni Bosco e
S. Maria Domenica Mazzarello
per grazia ricevuta, a cura di N.N.,
Trino Vercellese (Vercelli), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, n cura di Giu-
seppina Micheloni, Cameriano (No-
vara), L. 50.000.
Borsa: A suffragio del genitori e
fratelli, a cura di Mnria e Te=a
Micbelenj, Fogliz:o:o (Torino), Lire
50.000.
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tutti I Santi Salesiani per tanti
~fici rict-vuti, a cu.ta di N.N..,
Serramannn (Cagliari), L. 50.000.
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cura di Maria !sia, Castellana Grotte
(Bari), L. 50.000.
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SS. Ausiliatrice, i1J menioria di Rug-
gn-o Cordella, a cura di Elena ladanza,
Roma. , L. 50,000.
Borsa: SS. Sacramento e Maria
SS. Ausiliatrice, in memoria di
Ruggero Cordella, a cu.,-a di Elena
1adanza, Roma, L. 50.000.
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Santi Salesiani, a cura di una Coo-
peratrice di Roma, L. 50.000.
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rtiia Maria Carnulina, a c.wu di
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lerrato (Aleuandria), L. 50.000.
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Bosco per la piceola An,ia Carla,
a cura di Pina Cocco, Cagliari,
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Borsa: Don Caludiano Beber, a
cura di Don Luigi Cetto, Pergine
(Trento), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Auslliatrlce e
S. Giovanni Bosco, a cura di Elvira
Galca.zzi, Castiglioni, Cingoli (Mace-
rata), L. 50.000.
Borsa: In memoria dJ Ca.rolina
Zannino, pro voc.a%10ni indigem, a
cura di Zannino Prof. Paolo, Roma,
L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice,
S. Giovanni Bosco e Santi Sale•
siani, implorando grazit ~ proteaiona
1uifamiliari vivi a ru}Jraçi ptr i de-funti,.
a cura di Angela Cattaneo, Lomello
(Pnvia), L. 50.000.
Borsa: Beato Don Mkh.ele Rua, n
cura dtd aigg. Alfredo Salvucci e
Ida Scarpetta, Morrovalle (Mace-
rata), L . 50.000.
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4.6 Page 36

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BOLLETTINO SALESIANO
SI pubblica // del mese p er la Famlgfla Salesiana: Il 15
del mese pt1r I Dlr/gMtl del Coop111atorl
S'invia gratuitamente al Cooperatori, Bene-
meriti e amici delle Opere di Don Bosco
Direzione e amministrazione: via Maria Au-
slllatrlce, 32 - 10100 Torino - Tel. 48.29.24
Direttore responsabile: Teresio Bosco
Autorlu. del Trib. di Torino n. 403 del 16 febbnalo 1949
Per lnvlere offerte aervlral del C. C. Postale n. 2-135&
Intestato a : Direz. Generale Opere Don Boaco - Torino
-h• C.C.P.1°611&1ntHt.• Dir. Gen. Opere D. Bosco- Roma
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