Bollettino_Salesiano_199312


Bollettino_Salesiano_199312



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IL RETTOR M-AGGIORE
Cooperatori salesiani
IN UNA SOCIETA'
CHE CERCA UN'ANIMA
di don Egidio Viganò
Si stanno svolgendo nel mondo
vari congressi «regionali» di rap-
presentanti dell'associazione dei
cooperatori salesiani . A Frascati-Villa
Tuscolana si è realizzato quello della
«Regione Italia-Medio Oriente» dal 4
al 7 settembre scorso. Un esito!
Si tratta di momenti positivi di spe-
ra nza che, mentre fan no costatare la
crescita mondiale dell'associazione, sti-
molano la presa di coscienza della vali-
dità e attualità de!Ja vocazione dei suoi
membri.
In ogni congresso si affrontano pro-
blemi specifici, più urgenti nelle singo-
le «Regioni », e si formulano deg li
orientamenti operativi adeguati . Ciò
che emerge in tutti è l'identità voca-
zionale del cooperatore salesiano , in
fedeltà al progetto di Don Bosco e al
ri nnovamento ecclesiale e pastorale del
Concilio Vaticano Il.
Appare così, con chiarezza, che Il
cooperatore salesiano è:
- «un credente»: ossia un cristiano che
testimonia con la vita la sua opzione
battesimale per Cristo, sforzandosi di
presentarlo come «contemporaneo» e
«profeta» dell'oggi;
Cooperatori nella società: una presenza
di speranza (disegno di Gattoni) .
2 - DICEMBRE 1993
Cooperatori al congresso regionale di Santo Domingo (al centro Don Martinelli).
- «membro vivo della Chiesa impegna-
ta nella nuova evangelizzazione»: ossia
un cristiano che si sente, umilmente,
ferme nto di attualità, che «sta dentro»
le vicende e i problemi concreti della
sua terra e dell a Chi esa locale, co lti-
vando un ' attenzione preferenziale per i
fratelli più bisognosi («nuove povertà e
nuove solidarietà»!);
- «sensibile ad alcuni ambiti di parti-
colare urgenza»: ossia un discepolo di
Cristo che rivolge la sua attenzione ad
alcuni settori più intensamente sfidanti:
• la famiglia - realtà in sfascio, ma
cell ul a di futuro ;
• la gioventù - chiamata fortemente
dal Papa ad un ruolo profetico nella
Chiesa e nella società;
• la «cittadinanza» - il concetto rin-
novato di «essere onesto cittadino»
che esige nuova educazione per la
vita civile, economica e politica;
• la cultura - guardando ai vasti areo-
paghi dell'educazione, dell a scuol a,
dell'università e della comunicazione
sociale;
- «pervaso dallo spirito di Don Bosco»:
ossia, con il concreto atteggiamento di
camminare con Cristo sulla strada
dell ' uomo, unend o insepara bilm ente
promozione umana ed evangelizzazione
con il metodo de!Ja bontà e del dialogo,
con cuore ottimista e con costante
volontà operativa in clima di gioia;
- «sempre preoccupato di maggior for-
mazione»: perché la vocazione di «pro-
feta, sacerdote e re» (battesimo e cresi-
ma) deve crescere sempre secondo lo
sviluppo del divenire umano e le esi -
genze della Chiesa in can1mino, centra-
ta sull'Eucaristia e su ll a Penitenza;
- «sotto la guida materna di Maria»:
essa, infatti , è il «tipo » o modello
profetico di tutto il Popolo di Dio; nella
Chiesa e con essa di sim pegna una
maternità permanente verso tutti ;
è Ausiliatrice dei cristian i, specialmen-
te nei tempi difficili , ed è pegno di
speranza per l ' audacia e la costanza
ne!J' operare.
Questa rapida descrizione del coope-
rato re salesiano , vissuta da decine di
migliaia di donne e uomini nel mondo,
fa vedere la modernità e la vitalità del
carisma di Don Bosco oggi e fa auspi-
care apporti sempre più efficaci della
sua missione giovanile e popolare per il
maggior bene del territorio.
Nel Vaticano Il è scoccata l'ora dei
fedeli laici. Don Bosco ne invita moltissi-
mi, in numero sempre maggiore, per far
bri!Jare la luce dei grandi valori salvifici
del Vangelo a favore della famiglia, delJa
gioventù, delJa vita civile, della cultura.
Facciamo sentire questo attraente appelJo
a tanti altri fratelli e sorelle di buona
volontà. Con Don Bosco ripetiamo: «one-
sti cittadini perché buoni cristiani»!

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Quindicinale di
informazione e cultura
religiosa edito
dalla Congregazione
Salesiana di
San Giovanni Bosco
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherila Dal Lago - Giancarlo
De Nicolò - Eugenio Fizzolli - Francesco Mollo
Collaboratori: Teresio Bosco - Erneslo Calloni -
Giuseppina Cudemo - Graziella Curti - Serge
Duhayon - Bruno Ferrero - Sergio Giordani -
Margherita Maderni - Anlonio Mélida
Jean-François Meurs - Pielro Moschello - Angelo
Monlonali - Gaetano Nanelli - Angelo Paoluzi -
Alessandro Risso - Silvano Stracca
Fotoreporter: Cipriano De Marie - Franco Marzi
- Caria Morseili - Guerrino Pera - Pielro
Scalabrino
Progetto grafico e impaginazione:
Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: SEI p.a. - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2. 1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
• Il primo di ogni mese
(undici numeri,
eccello agoslo) per lulll.
Il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani
Collaborazione: La Direzione invila a mandare
nolizie e foto riguardanli la Famiglia Salesiana e
s'impegna a pubblicarle reialivamente alle
esigenze redazionali. Testi e materiali inviati
non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. Cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Pasquale Massaro) - Via
Marsala 42 - 00185 Roma - lei. (06) 44 .60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
li BS esce nel mondo in
ollre 40 edizioni
nazionali e 19 lingue diverse (tiratura annua
oltre 10 milioni di copie) in: Antille (a Sanlo
Domingo) - Arg enlina - Auslralia - Austria ·
Belgio (in fiammingo) - Boemia - Bolivia -
Brasile - Canada - Cenlro America (in
Guatemala) - Cile - Cina (a Hong Kong) -
Colombia - Croazia - Ecuador - Filippine -
Francia - Germania - Giappone - India (in
inglese, malayalam, lami e telugu) - Irlanda -
Gran Bretagna - Italia - Korea del Sud -
Liluania (edito a Roma) - Malia - Messico -
Olanda - Paraguay - Perù - Polonia -
Portogallo - Slovacchia - Slovenia - Spagna -
Stali Unili - Thailandia - Ungheria - Uruguay -
Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo
richi ede.
Copie arretrate o d i propaganda: a richiesta,
nei limili del possibile.
Cambio Indirizzo: comunicare anche l'indirizzo
vecchio.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111
Casella post. 18333
00163 Roma
Tel. 06/65.92.915
Fax 06/65.92.929
Conto corr. post.
n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere
Don Bosco, Roma.
·- ~ ~-
.-
- ~- - -
IN Q.UESTO NUM~RO ,
1° Dicembre 1993
Anno 117
Numero 18
Nella foto di copertina,
bambini palestinesi
(foto Marzi).
Il nostro augurio di pace
alla terra di Gesù.
Qui di fianco, Natività (Roma,
parco della Casa Generalizia)
(foto Egan) .
2 IL RETTOR MAGGIORE
In una società che cerca un'anima
di don Egidio Viganò
10 PROTAGONISTI
Un grande bisogno d'amore
di Umberto De Vanna
14 PERSONAGGI
Il segreto del re
di Elvira Bianco
16 EDITORIA
Lettera a un amico ebreo
di Giuseppina Cudemo
20 INTERVISTA
«La Stampa» di Ezio Mauro
di Alessandro Risso
23 ESPERIENZE
Una ragione per vivere
di Nino Bag/ieri
26 REPORTAGE
Vecchie e nuove povertà
di Gianni Frigerio
30 CENTRO AMERICA
Mediatori di pace
di Salvador Catare/li
34 DALLE MISSIONI
A~raversando il giardino
di Margherita Dal Lago
38 SUOR ROMERO MENESES
Il miracolo di suor Maria
di Teresio Bosco
14 Personaggi:
Il segreto
di Baldovino
RUBRICHE
Lettere, 4 - In Italia e nel Mondo, 6 -
BS Domanda, 8 - Prima Pagina, 9 -
Come Don Bosco, 13 - Libri , 19 -
Qualche anno fa, 25 - Il Diario di
Andrea , 33 - Solidarietà, 37 - I
Nostri Morti, 41 - I Nostri Santi , 42 -
In Primo Piano, 43
20 Intervista:
«La Stampa»
di Ezio Mauro
DICEMBRE 1993 · 3

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Il Bollettino Salesiano esce
dalla tipografia dieci giorni prima
del nuovo mese e viene spedito
con sollecitudine. Sappiamo pur-
troppo di notevoli ritardi e di co-
pie che vanno smarrite.
Ogni mese le poste ci restitui-
scono alcune centinaia di copie
che non sono state recapitate ai
destinatari. Questo causa avolte
l'interruzione dell'abbonamento,
nonostante la nostra buona vo-
lontà.
Se qualcuno si vedesse inter-
rompere l'arrivo della rivista per
due numeri consecutivi, sarà suf-
ficiente che ·ce lo faccia sapere e
rimetteremo immediatamente in
corso l'abbonamento.
Chi fosse a conoscenza di co-
pie che vanno smarrite oche non
sono desiderate; di doppioni; di
lettori che hanno cambiato indi-
rizzo oche sono deceduti, ci aiuti
arisparmiare ece lo faccia sape-
re. Ci rimandi per favore l'eti-
chetta accompagnata dalla ne-
cessaria segnalazione.
Il Bollettino Salesiano viene
inviato gratuitamente a chi
ne fa richiesta. Dal 1877 è
un dono di Don Bosco a chi
segue con simpatia il lavoro
salesiano tra i giovani. Dif-
fondetelo tra i parenti e gli
amici. Comunicate subito il
cambio di indirizzo (man-
dando sempre la vecchia eti-
chetta).
Scrivete a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 18333
00163 ROMA
4 - DICEMBRE 1993
QUANDO NASCE UN
BAMBINO. «Nella mia par-
rocchia praticamente non suo-
nano più le campane. Il mio
parroco dice che disturbano le
case vicine. Mentre ho saputo
che in un paese della Brianza
si suonano le campane a festa
ogni volta che nasce un bam-
bino. L'idea mi piace. Non mi
pare giusto suonare solo quan-
do la gente muore».
Anna Maria Maggio, Torino
In alcuni paesi d'Europa si
suonano le campane quando
un. bambino viene battezzato.
SEIMILA OGNI ANNO.
«Vorrei ritornare sul proble-
ma degli incidenti stradali . In
Italia sono circa seimila ogni
anno. Ho l'impressione che
l'incoscienza di alcuni auto-
mobilisti non conosca limiti e
che anche i predicatori e i ca-
techisti insistano troppo poco
sulla responsabilità di chi gui-
da. Dovremmo avere più ri-
spetto per la nostra vita e per
quella degli altri».
le maniche ogni giorno per ac-
cogliere quei ragazzi che le fa-
miglie non possono seguire e
mantenere. I giovani hanno
trovato qui una casa. Sono ra-
gazzi poveri e allegri: li vedi
sorridere alla vita nonostante
tutto; e manifestano una irri-
ducibile speranza».
Giuseppe Carlo Foderà,
San Donà di Piave (Ve)
FIGLI DEL TELECOMAN-
DO. «A proposito di alcune let-
tere pubblicate sul BS e dell'arti-
colo di Giuseppina Cudemo (cf
ES/settembre), vorrei ricordare
che da anni c'è in Italia l'AIART,
associazione culturale e di vo-
lontariato che si ispira al mes-
saggio evangelico e ai dettami
della Costituzione italiana e alla
Cruta dei diritti dell'uomo e alla
tutela dei minori . È un'associa-
zione specifica nel campo delle
comunicazioni sociali: radio, te-
levisione, cinema e teatro. La
sede nazionale è in via Albano,
77 c, 00179 Roma».
Amedeo Fanesi, Senigallia,
presidente AJART
della provincia di Ancona.
LE MERAVIGLIE DELLA
NATURA. «Avevo sfogliato di
corsa il numero di giugno e mi
era sfuggito l'articolo "In gab-
bia i passerotti muoiono". L'ho
letto solo ora e prendo l'occa-
sione per approvarlo in pieno.
Dovremmo dare più spazio nel-
l'insegnamento alla conoscenza
della natura ed educare i nostri
figli e nipoti a osservarla e a ri-
conoscerne le meraviglie. La
natura ci parla di Dio. Lasciru·e
l'insegnamento delle scienze
naturali in mano ai laicisti, può
essere uno dei motivi della di-
minuzione della religiosità nel-
le nostre popolazioni».
Ing. Alberto Zucchelli,
Milano
Gabriele Donato, Ferrara
Sembra che all'inizio del se-
colo i teologi si interrogasse-
ro se era moralmente lecito
viaggiare ai 20 chilometri al-
i'ora! Da allora, è il caso di
dirlo, si è fatta molta strada.
Alcuni mesi fa la polizia stra-
dale in una sola mattinata ha
ritirato la patente a 56 auto-
mobilisti che sull'Autosole
viaggiavano a oltre 175 chilo-
metri orari. Il record era toc-
cato a un coupé che volava ai
247 chilometri all'ora. Condi-
vido le sue osservazioni: do-
vremmo parlarne di più e gui-
dare tutti con. maggior re-
sponsabilità.
SORRIDONO ALLA VITA.
«Ho trascorso delle vacan-
ze indimenticabili a Jaraba-
coa, Repubblica Dominica-
na, presso un carissimo amico
sacerdote, che ho potuto in-
contrare di nuovo dopo sette
anni. I salesiani si rimboccano
Da "vida nueva"

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IL CAPPELLO DI DON BOSCO. «Un lettore, ripren-
dendo la notizia da un quotidiano, ha sc1itto che noi ci
saremmo sbarazzati con leggerezza cli una insigne reliqua
di Don Bosco (cf BS/luglio). Come responsabile della
pan·occhia devo dire che le cose non stanno cosl. Il cap-
pello cli Don Bosco è stato restituito alla famiglia Bagnara
il 3 I gennaio scorso perché la reliquia apparteneva a loro,
che ne avevano fatto dono a questa chiesa nel 1982. Ma il
Signore ha fatto a quella famiglia un regalo grande: un
figlio sacerdote, don Riccardo, dei Servi del Cuore
Immacolato di Maria. Il padre, alla fine del '92, prima di
morire, desiderò che la reliquia tornasse al figlio e alla
sua congregazione, che si dedica tra l'altro all'ed ucazione
dei ragazzi . E il nostro è stato cordiale. I devoti di
Don Bosco della nostra parrocchia tuttavia possono tro-
vare al suo altare una sua insigne reliquia (del suo corpo)
e, presso la sua cameretta, un altro cappello!».
Don Gianni D'Alessandro,
Genova
Foto: Genova. La restituzione del cappello di Don Bosco alla
famiglia Bagnara-Saccomanno è avvenuta nel corso di una
celebrazione presieduta dall'ausiliare monsignor Canessa.
COERENZA. «Ho letto con
apprensione ciò che ha scritto
la signora Concetta Gagliano
(cf BS/maggio '93). Anch'io
come lei, gentile signora, leg-
go con interesse e passione il
BS, e mentre leggevo la sua
lettera pensavo: quante cose
mi fan no sentire vicina a que-
sta persona. A un certo punto
però la sua lettera mi ha lette-
ralmente sconvolta. Lei dice:
"Ora sono stata chiamata a
glorificare Dio tra i testimoni
di Geova. Quando aITivi ti leg-
go, perché un a cristiana non
dimentica il bene che rice-
ve...". Mi domando come si
faccia a voltare le spalle a tan-
te cose per legarsi a una setta e
poi dichiararsi dalla parte del
bene. Perdoni questo sfogo,
ma mi pi ange il cuore per la
sua mancanza di coerenza».
Emanuela Ballone, Novara
UN'ALTRA SOCIETÀ? «Si
fa un gran parlare della crisi
del lavoro. Ricordo che quan-
do ero bambina, tanti anni fa ,
vedevo Torino e altre città ben
avviate, con tante piccole fab-
briche solide, per non parlare
degli artigiani e dell a diffusio-
ne e dello sviluppo che aveva
l'agrico ltu ra. Dov'è andato a
finire tutto questo? Aiutiamo
le piccole aziende, favoriamo
chi vuole ancora impegnarsi
nell'agricoltura, che è un lavo-
ro sano . Non pensiamo solo a
sostenere le grandi azie nde,
che, quando vanno in crisi ,
mandano in aria l'economia di
un'intera regione».
Maria Bollea,
Ala di Stura (To)
libreria. cattolica. Non siamo
in grado di fare un servizio di
spedizione di libri e sussidi
per corrispondenza. Neanche
di quelli che vengono presen-
tati sulla rivista. Quanto agli
Atti del convegno, ho passato
la. sua richiesta al Dicastero
della pastorale giovanile che
ha organizzato il convegno.
DON SAKSIDA. «Caro padre
Saksida, ho letto l'articolo che
raccontava la tua storia e quel-
la della "Città Don Bosco" (cf
BS/luglio). Quanta strada in
salita, tra mille difficoltà. Gra-
zie infinite a nome dei ragazzi
che hai beneficati , con l'aiuto
dei tuoi giovani coll aboratori.
Dio ti sorregga ancora per
molti anni . Continueremo a
starti vicino e ad aiutarti».
CORRISPONDENTI. Mari-
lena Tarantino, l 8 anni , via
Si lvio Pellico, 95 - 73043 Co-
pertino (Lecce) cerca amici.
Antonio Borroni, 24 anni, via
Fi lippo Reina, 61 - 2 I047 Sa-
ro nno (Varese), vuole corri -
spondere con un giovane o una
ragazza giapponesi (scrivere
sia in italiano che in inglese).
Sebastiano Ferrara , Vocatio-
nal Centre, P.O . Box 57,
06081 Assisi (Pg), vuole con-
Romana Massaro Bianchin, dividere esperienze di vita, di
Crocetta (Tv) lavoro, di fede. Paola Squilla.-
ce, 2 1 anni , via Scagliosi, 18 -
12100 Cuneo, vuole allargare
VANDALISMI. «Parliamo la catena delle sue amicizie,
dei trasporti pubblici. Una voi- per crescere nella fede. Flores
ta era un gioco servircene. Col Maurizio, 44 anni , exallievo,
" tramonto della buona educa- via Francesco Albani , 25 -
zione", non ti lasciano nem- ~0~29_Bolog~a,_raccogli~san-
meno scendere. Da an ni assi- . t1111 e 1mm_ag1111 sacre d1 Don
stiamo a vandali smi e violenze Bosco, antiche e moderne, per
sui me;zi pubblici . Tramvieri farne un'esposizione. Ag!iilnel
e anziani vengono minacciati , Med_a.r~ e Mem~l t.:felec!Je, c~-
a volte compaiono cacciaviti e tech1st1?ella M1ss1on Cathoh-
pietre nelle vetture gremite. que Eghse_de StJoseph de Re-
Consoliamoci con quei giova- gaff, Paroisse df;_ Lop~u, ~.P.
ni che si occupano di mostre 38_1__ Dabo~ Co~e d I_voir~,
missionarie o che fanno anche Afuca, voneb_beio ~ntiare_u!
di più . Ma che dire di questi al- ~o~tat~o con g1ovam cattohc1
tri?».
1taha111 .
lettera.firmata
IN LIBRERIA. «Ho trovato
particolarmente interessanti
alcuni articoli e vorrei ricevere
la Guida al Catechismo di To-
nino Lasconi e g li Atti del con-
vegno su Educare all' amore.
Mi servono per il mio lavoro
tra i giovani in parrocchia».
Maria Ormas, Barlella (Ba)
Per la Guida, diciamo a lei e a
molti altri che ci fanno simili
richieste, di rivolgersi a. una
«Da un cammino di mor-
te a un cammino di vita»
è un libretto pubblicato
dalla comunità terapeu-
tica di Viagrande : 50
pagine di testimonianze
dei genitori e degli ex
tossici, indirizzi e nume-
ri telefonici di varie co-
munità. Chi fosse inte-
ressato a riceverlo, lo
potrà ricevere gratuita-
mente scrivendo a: don
Antonino Scucces - via
Garibaldi, 453 - 95020
Viagrande (Ct)
DICEMBRE 1993 - 5

1.6 Page 6

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ALASSIO
I VESTITI
DELL'IMPERATORE
Alassio, cittadjna balneare
dove tutto si svolge al ritmo
del turismo. Dove le exallie-
ve si sono interrogate, do-
mandandosi se oltre a un dif-
fuso benessere, oltre alle di-
scoteche, alle sa le-giochi e
alle tavernette, i giovani po-
tevano trovare luoghi e mo-
menti dove fosse possibile
crescere insieme. Sono nati
così un gruppo teatrale, "La
Compagnia dei sognatori", e
un laboratorio di sartoria a
servizio delle missioni. Al
termine del mese di maggio,
superate le tante difficol-
tà, ecco la prima smagliante
rappresentazione: "I vestiti
nuovi dell'imperatore", tratta
da un famoso racconto di
Andersen. "Per noi è stata
una stupenda esperienza", ha
scritto Rosanna, la vice-pre-
sidente, "e insieme un atto ili
amore, soprattutto per i gio-
van i".
MALTA
GIOVANI
E TEMPO LIBERO
Nel mese di luglio nei cor-
ti li del San Patrizio a Sliema
I Sliema (Malta).
Festa PGS tra i giovani
dell'isola.
I" I vestiti nuovi
dell 'imperatore ",
coraggiosa opera teatra-
le messa in scena dalle
exallieve di Alassio.
(Malta) si è insegnata l'arte
di fare festa. Circa 300 giova-
ni provenienti dalle varie
isole si sono ritrovati per
stare insieme in allegria.
L' iniziativa è nata nell'am-
bito del progetto operativo
delle Polisportive Giovanili
Salesiane (PGS) dell'isola,
che si propone di estendere il
proprio interven-to educati-
vo-pastorale a tutti i giovani
del territorio e di offrire pro-
poste alternative per il tempo
libero, usando lo sport come
mezzo preventivo terapeutico
per il superamento dei pro-
blemi giovani li .
ROMA
UNA FAMIGLIA
DI SANTI
Il 6 luglio scorso è stata
riconosciuta l'eroicità delle
virti1 di suor Raffaella Santi-
na Cimatti, che, come il fra-
tello don Vincenzo Cimatti,
è così diventata "venera-
bile" . Suor Raffaella ha tra-
scorso la sua vita a Roma,
Alatri e Fros inone, comin-
ciando ad assistere i mala-
ti nelle corsie dell ' ospedale
San Giovanni in Laterano.
Di fo rte temperamento, si
distinse per amabi lità e to l-
leranza, nel servi zio ai fra-
telli, riuscendo straordinaria
nell'ordinario. "Cara Santi-
na, facciamoci santi! ", le
aveva scritto il fratello don
I Roma. La nuova
"venerabile" suor Raffaella
Santina Cimatti,
delle Suore Ospedaliere
della Misericordia.
Vincenzo, missionario in
.Giappone . E quella dei Ci-
matti fu davvero una fami-
gl ia in cui la santità fu di
casa. A partire da mamma
Rosa, una donna di profonda
fede, che, all a morte del ma-
rito, facendosi sostituire in
casa dalla figlia Santina, uscì
per guadagnarsi co l sudore il
necessario per sé e i fig li oli.
Dei sei figli , tre le morirono
presto, gli altri si fecero reli-
gios i. Luigi fu salesiano
laico. Un magnifico coadiu-
tore, che si distinse per ge-
nerosità e obbedienza. Fu
a lungo missionario prima
in Messico e poi in Perù ,
amatissimo dai suoi giovan i
all ievi ed exallievi . A Piu-
ra (Perù) fu maestro di
una bandina di giovanissimi
che divenne l 'orgog lio della
città.
ARGENTINA
PRIMA SCUOLA
PER COMUNICATORI
Più di 650 sono i pro-
fess ionisti già entrati nel
mondo dei " media" grazie
ai 25 anni di attività
dell'Istituto COSAL, il cu i
piano di studi, con qualche
adattamento, è stato ripreso
dal governo per la creazione
di un ' iniziativa statale ana-
loga. li COSAL (= Comuni -
cazione Salesiana) è nato
con la riforma del Concilio
per preparare i lettori delle
funzioni liturgiche. Ha poi
all argato il suo servizio
estendendolo a speaker di
ogni tipo, anche per la radio
e la televisione. Ogni anno
le domande sono oltre cin-
quecento, ma sono solo 60
quelli che, dopo un rigoroso
esame, possono essere ac-
cettati per il corso teori-
co-pratico che dura tre an-
6 · DICEMBRE 1993

1.7 Page 7

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Buenos Aires. Un allievo del COSAL, scuola per
annunciatori radio-televisivi.
nella Castagno e una fo lla di
gente serena e danzante l' ha ac-
colta mettendosi in viaggio sin
dall 'alba. Nel corso della cele-
brazione sono stati offe1ti doni
si mbolici: il tais, un panno tes-
suto a mano, tipico del costu me
timorese; il tamburello, per ri-
cordare la danza; i bambini e le
bambine dei villaggi, segno
della 111.issione che attendeva le
oiovani suore. Per un giorno
~on si è pensato alle epidemie,
a.i soldati alla carestia. Del re-
sto Tim~r non fa notizia. È
proibito ai giornalisti stranieri
entrare nell ' isola.
SLOVACCHIA
I 1500 CHIERICHETTI
DI SASTIN
Un tempo la pastorale tra i
giovani in Slovacchi a era so-
prattuto "picco!? cl~ro'.' par:
rocchiale. Ma I ch1enchett1
continuano ad essere numero-
sissi mi anche dopo il cambia-
mento di regime. Nel mese di
maggio si sono ritrovati in
1500, per un meeting organiz-
zato dall ' ispettori a salesia-
na, al quale ha preso parte an-
ni . L ' attuale direttore, padre
José Calvo, d irige la scuol a
ininterrottame nte da o ltre 20
anni .
I Venilale (Timor). Madre
Marinella Castagno per
le professioni delle
prime FMA dell'isola.
ISastin (Slovacchia).
che l' arcivescovo di Trnava,
I 1500 chierichetti al
meeting presso il santuario
mariano della Madonna
mons. Sokol. Nella serata si è
svolta nel parco la processione
dell'Addolorata.
dell ' Ausiliatrice, seguita dalla
rappresentazione dell 'operet-
ta "La cappellina nel bosco",
del salesiano don Strecansky.
TIMOR
A VENILALE
LA GRANDE FESTA
A Timor il 15 agosto per le
fio)ie di Maria Ausiliatrice è
st~ta fes ta grande. Presenti nel-
la piccola isola sparsa nell'O-
ceano dal 1988, le suore han-
no oià aperto due opere.
Quest'anno le prime professio-
ni di cinque giovani timoresi.
Per l'occasione è giunta addi -
rittura da Roma madre Mari-
ROMA. Sono a buon punto i
lavori della nuova chiesa della
parrocchia "Santa Maria dell_a
Speranza", che sorge sul tern-
torio dell 'Università salesia-
na. Accanto alla chiesa, le
strutture a servizio dei giovani
e della comunità. Intanto il
parroco, don Stelvio, accom-
pagnato dai fedelissimi, vi ha
già celebrato l'Eucaristia, e at-
tende con impazienza di poter
inaugurare il nuovo comples-
so, che darà respiro alla pasto-
rale parrocchiale.
DICEMBRE- 7

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MA LO SCIOPERO
HAANCORA
UNSENSO?
Risponde Guido Gatti:
L'avverbio "ancora" qualifica la do-
manda e lascia chiaramente intende-
re che lo sciopero un suo senso, cioè
una sua difendibilità e plausibilità mo-
rale, l'ha certamente avuto in passa-
to; ma lascia anche intendere che si
siano ormai prodotte tali trasforma-
zioni nel nostro mondo economico e
sociale da giustificare il dubbio che
questa difendibilità sia venuta meno.
La teologia morale ha sostenuto in
passato la liceità dello sciopero, sia
pure ponendo certe precise condizio-
ni di non facile e scontato adempi-
mento: tra queste il fatto che le riven-
dicazioni che esso doveva sostenere
fossero obiettivamente giuste, che
esso fosse l'arma estrema per portar-
le avanti, dopo che fossero state spe-
rimentate tutte le altre, meno trauma-
tiche dello sciopero, e infine che ci
fosse una ragionevole proporzione
tra i vantaggi di fatto ottenibili e i dan-
ni previsti per i lavoratori stessi, per la
còntroparte e per il sistema economi-
co globale. Non mi sembra che siano
subentrati motivi validi per rivedere
una simile posizione.
Ciò che è cambiato riguarda ap-
punto la minore facilità con cui queste
condizioni si verifichino oggi in con-
creto.
I lavoratori di qualsiasi livello di-
spongono oggi di una forza contrat-
tuale e di strumenti giuridici e sociali
alternativi molto maggiori che in pas-
I Una recente manifestazione
sindacale.
8 · DICEMBRE 1993
sato. D'altra parte l'esasperazione
della concorrenza internazionale tra
le imprese tende a rendere troppo
dannoso, per i lavoratori del compar-
to privato, il ricorso a scioperi pesanti
per ottenere contratti teoricamente
favorevoli ma limitanti la competitività
delle imprese e quindi capaci di cau-
sare disoccupazione.
In una simile situazione diventa
meno facilmente giustificabile anche
lo sciopero del comparto pubblico e
dei servizi (banche, .distribuzione,
ecc.); esso infatti viene ad assumere
facilmente un carattere corporativo,
contrario a una giusta solidarietà con
i lavoratori meno avvantaggiati e pro-
tetti, serve spesso a conquistare o di-
fendere, con la capacità di ricatto che
ha in questi casi lo sciopero, p~i'-'.ileg!
ingiusti a danno della collett1v1ta. C1
sembra perciò assolutamente neces-
sario che i credenti operino in questo
campo in decisa controtendenza.
TUTTA COLPA
DELL'ADOZIONE?
«Ho adottato un bambino che in
seguito mi ha dato molti problemi
e sofferenze .. .»
Risponde Jean-Marie Petitclerc:
Lavoro come direttore in una co-
munità di adolescenti in difficoltà e in-
contro di frequente delle famiglie che
mi confidano lo smarrimento di fronte
al comportamento del loro figlio adot-
tivo . Essi affermano di non capire. Il
piccolo, così dolce e gentile, al quale
hanno dato tutta la tenerezza di cui
erano capaci, è diventato un adole-
scente ribelle al loro affetto, freddo, e
anche aggressivo.
E tuttavia, se la sofferenza di que-
ste famiglie deve essere presa in
considerazione, non si dovrebbe di-
menticare anche la sofferenza del
giovane. È duro sapersi adottato
quando si ha l'età di comprendere ,
perché l'idea stessa di essere stato
abbandonato dai suoi stessi genitori
è insopportabile. Per gridare la sua
.sofferenza, il giovane è a volte tenta-
to dalla strada della ribellione. E il
sentimento di smarrimento che la sua
I Ogni bambino adottato
ha una storia da raccontare...
famiglia adottiva prova ~ suo ri~uar-
do lo rafforza nella sua d1speraz1one:
"In ogni caso, nessuno mi ha mai
amato per quel che sono!".
Questa è forse la vera domanda
che dobbiamo farci. Adottare un
bambino non deve significare pren-
dere un fanciullo come il proprio. Mai
infatti un ragazzo potrà rimpiazzare
colui che si è desiderato, e non si è
potuto avere. Illudersi a questo ri -
guardo, è necessariamente andare
verso la delusione, e questa non può
essere che negativa per l'evoluzione
del bambino accolto.
Adottare un bambino, è offrirgli il
trampolino della propria famiglia per
assicurargli un avvenire . Ma ogni fan-
ciullo non potrà costruirsi un avvenire
se non a partire dalla conoscenza
reale del suo passato.
Quanti danni sono causati sul pia-
no psicologico in ragazzi accolti da
famiglie che, con la migliore volontà
del mondo, vogliono ignorare il pas-
sato del fanciullo , o peggio ancora
nasconderglielo quando lo conosco-
no. A certe età della vita, il fanciullo si
fa a volte complice di queste mano-
vre. Ma il silenzio costituisce sempre
una cattiva soluzione.
Il fanciullo ha sempre il diritto di co-
noscere le sue origini (cfr. l'articolo 7
della Convenzione internazionale dei
diritti del fanciullo), ed è soltanto ap-
poggiandosi a questa conoscenza
che si potrà aiutarlo ad accettarsi
com'è. E, quando questa accettazio-
ne della sua realtà di figlio adottivo
prenderà il sopravvento sulla delu-
sione di non vederlo a propria imma-
gine si aprirà allora un cammino di
educazione che permetterà di supe-
rare i problemi e i conflitti.
o

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di Francesco Motto
1943-1944:
ROMA «CITTÀ APERTA»
8 settembre 1943, 50 anni fa: la ra-
dio annunzia l'armistizio fra l'Italia e
gli Alleati. Tutti a casa , esplode il "si
salvi chi può". Scappa il re , scappano
i generali. I soldati aspettano ordini
che non verranno e 600 mila di loro fi-
niscono in campi di concentramento .
L'Italia si sfalda. I tedeschi , come
sempre, non scherzano e occupano
gran parte della penisola.
12 settembre : i microfoni nazisti
danno la notizia "bomba": Mussolini ,
prigioniero del governo Badoglio dal
momento del "golpe" del 25 luglio, è
stato liberato e portato in Germania.
Ormai ombra di se stesso, lancia l'ap-
pello alla riscossa e rientra in Italia, sul
lago di Garda, dove fonda una repub-
blica di cartapesta, la Repubblica So-
ciale Italiana, sotto controllo tedesco.
L'Italia è spezzata in due e la gen-
te è costretta a scegliere da che parte
stare . Ha inizio una stagione fatta di
bombe, tradimenti , rappresaglie , re-
pubblichini, americani , partigiani,
Marzabotto.,.: tanti nomi per un unico
massacro. E la guerra civile , la peg-
giore di tutte.
Per 268 giorni "Roma città aperta"
di rosselliniana memoria è alla mercé
dei nazifascisti. Tutti hanno paura:
ebrei ricercati casa per casa, dipen-
denti dei ministeri sottrattisi al trasfe-
rimento al Nord Italia, soldati sfuggiti
alla deportazione, dirigenti dei partiti
politici, membri del CLN, sabotatori
delle forze di occupazione, falsifica-
tori di documenti, disoccupati, uditori
di Radio Londra, renitenti agli appelli
al lavoro, tipografi clandestini, prigio-
nieri angloamericani evasi dai campi
di prig ionia, disertori tedeschi, uomi-
ni , donne e bambini che cercano di
salvarsi dai bombardamenti.
Assediata, terrorizzata, affamata,
depauperata della popolazione ma-
schile, la città agonizza fra attese e
delusioni, ma resiste: "metà della po-
polazione vive nelle case dell'altra
metà". Non vi è chiesa , casa religio-
sa, palazzo extraterritoriale che, sot-
to l'occhio indulgente della Santa Se-
de , non accolga ricercati, sfollati,
"profughi" di ogni colore politico o cre-
do religioso.
In quest'opera di assistenza, fra le
case salesiane si distinguono parti-
1 1943. Un gruppo di sfollati.
Una scena familiare in tutte
le città d'Italia.
colarmente le due presenti sulla te-
nuta delle catacombe di S. Callisto.
Trattandosi di zona extraterritoriale la
si supponeva inviolabile; i chilometri
di cunicoli offrivano rifugio sicuro; la
scuola agricola locale poteva in qual-
che modo giustificare la presenza di
macchinari e di capi di bestiame che i
contadini intendevano sottrarre alle
razzie dei tedeschi. Fu così che, col
consenso dei due direttori , don Bat-
tezzati e don Sebastiani, l'entusiasta
don Giorgi, il diplomatico, tanto bene-
merito quanto modesto, don Valenti-
ni , l'attivo professor Cacioli e altri
confratelli protessero per lunghi mesi
moltissime persone.
Nonostante notevoli problemi di
documentazione, si è comunque riu-
sciti a ricostruire con una certa sicu-
rezza, grazie anche all'apporto di va-
ri testimoni tuttora viventi, tale attività
di "resistenza" , incominciata già nel-
l'agosto 1943 con la disponibilità, ini-
zialmente sofferta, a proteggere il
giovane figlio dell"'affossatore" del fa-
scismo, il gerarca Dino Grandi.
In tempi diversi vennero accolti
un centinaio di soldati fatti fuggire
dal vicino campo di prigionia e dalla
zona militare della Cecchignola;
una trentina di altri giovani furono
vestiti della talare e fatti passare per
altrettanti novizi. 5 tenenti, 3 mag-
giori, 3 capitani , 2 colonnelli, 2 sot-
toufficiali, 2 paracadutisti america-
ni , 2 disertori tedeschi , un brigadie-
re ebbero ospitalità; così pure 9 uni-
versitari , un avvocato, un impiegato
delle ferrovie , un giovane polacco ,
alcuni ebrei, fra cui l'intera famiglia
Terracina. Altri vennero dai salesia-
ni fatti ospitare presso famigl ie di si-
curo affidamento.
E non si trattava solo di dare un let-
to in casa o un giaciglio nelle stesse
catacombe , dove, come scrisse il gio-
vane Sergio Morpurgo, umido e l'a-
ria che si respira non è certamente
sana... dove abbiamo tutta la nostra
piccola organizzazione: candele , un
po' di viveri , acqua, pagliericci con
coperte, qualche arma, ... dove i pre-
ti, più preoccupati di noi per la nostra
sorte, ci accompagnano, ci guidano,
ci danno consigli". Occorreva procu-
rare loro false carte di identità e so-
prattutto dar loro di che sfamarsi, in
una città dove la gran parte dei rifor-
nimenti veniva dal mercato nero. Vi si
aggiunga l'ospitalità per vari mesi a
qualche decina di rifugiati dai Castel-
li romani e la salvaguardia, dai tede-
schi e dagli approfittatori italiani, dei
loro quasi 300 capi di bestiame.
Non mancarono, specialmente da
parte dell'animoso don Giorgi e di
giovani partigiani del posto, opera-
zioni di sabotaggio vero e proprio ai
danni di mezzi di trasporto militari te-
deschi. Quanto poi all'eccidio delle
Fosse Ardeatine (24 marzo 1944), è
ormai risaputo che i salesiani delle
catacombe furono gli involontari te-
stimoni auriculari della strage e gli au-
daci scopritori delle salme dei 335
trucidati. Ma per una ricostruzione
storica, documentata, di tutte queste
vicende, rimandiamo a uno studio di
prossima pubblicazione su Ricerche
Storiche Salesiane, di cui riferirà an-
che il Bollettino Salesiano.
Rimane comunque un fatto: le
catacombe di S. Callisto, che hanno
custodito per secoli reliquie di santi e
di martiri , hanno scritto nel libro della
loro storia un'altra gloriosa pagina di
carità cristiana allorché , in un mo-
mE;3nto drammatico come quello del-
l'occupazione nazifascista di Roma ,
hanno accolto nel loro seno tanta po-
polazione colpita da sventure.
o
DICEMBRE 1993- 9

1.10 Page 10

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- - ·- - -
PROTAGONISTI Dietro le sbarre del carcere, la presenza amica di un uomo che ha
Quarantacinque anni
tra carcere minorile
e carcere per adulti:
è il salesiano làico
Dante Dossi, una vita
per i ragazzi in difficoltà.
10 · DICEMBRE 1993
I niziò nei quartieri poveri di Ferra-
ra . Lì, dove non andavano né pre-
ti , né polizia, Dante Dossi sentì che
nei giovani messi al margine c'erano
delle potenzialità e un bisogno di
amore che non trovava la possibilità
di esprimersi.
La sua esperienza tra i giovani in
difficoltà si orientò poi definitiva-
mente nel carcere minorile di Arese,
dove arrivò nel 1955, con altri 17 Sa-
lesiani . «Avevo molta paura! », con-
fessa oggi. «Il "Beccari a" era il rifor-
matorio più grande d' Europa. Aveva

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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ridato speranza a molti giovani che vivono storie drammatiche.
ancora l'aspetto di qualcosa di tetro.
Quando ricevetti la lettera di obbe-
dienza ci piansi sopra: «Ma Signore,
dovemimandi?Comefaremo?...». Vi
rimase dodici anni, lasciandoci anche
la salute. Stava per crollare, e pensava
ormai di dover morire ad Arese. «I su-
periori invece mi dissero: «No, no! Tu
devi andare altrove, perché la tua espe-
rienza può essere utile ad altri!"».
Amare, non giudicare
Dopo tanti anni di avventure tra i
giovani, Dante Dossi dice: «Il cuore
di certi giovani in difficoltà può
apparire di ghiaccio. In realtà spes-
so non comprendiamo la loro situa-
zione. A giudicare duramente, però,
sbagliamo. Dobbiamo cercare sol-
tanto di amare, di riattivare quel luci-
gnolo fumigante, che al contatto
dell'amore può ancora accendersi ed
esplodere». E a conferma di quel che
dice, racconta alcuni dei contatti più
drammatici, che lui ha visto aprirsi
in qualche modo alla speranza. «Dio
mi ha fatto il dono di poter incontra-
re questi giovani in una attività piena
di rischi . Cosa potevo fare io, povero
salesiano, impreparato e impaurito?
Ma poi pensai che aveva cominciato
così anche Don Bosco.. .».
Ad Arese un giovane gli disse:
«Dante, so che aspetti da me un
cambiamento, un cammino di con-
versione; ma mi è difficile, sono
sempre nel dubbio e nel buio».
«Non importa. Permettimi solo di
pregare per te. Pregherò tutta la vita
se è necessario, ma sappi, Giacomo,
che Dante ti vuole bene e continuerà
a pregare perché tu arrivi a quella
Luce che darà serenità alla tua vita».
«Bisogna guardare al di là del disa-
gio giovanile, al di là della violenza o
dell'emarginazione», precisa Dante
Dossi. «Quel ragazzo di Arese mi ha
ringraziato aggiungendo: "Chi ucci-
de la speranza uccide la vita"». Eri-
corda la preghiera di un giovane di
Udine al funerale di un suo compagno
di 19 anni, lasciato morire in mezzo
alla strada. Diceva: «È m01to a causa
del nostro egoismo. Dovevamo a1Ti-
vare prima; prima della droga».
«Padre, lasci perdere»
Un giorno seguiva un procedimen-
to penale a Brescia per un giovane
che si sentiva innocente, e che nella
disperazione aveva già tentato tre
volte il suicidio. Dante era là, e te-
meva quel che sarebbe accaduto.
Appena letta la sentenza, in un bale-
no, il giovane tirò su la maglietta sul
petto e si ferì con una lametta. Fu un
fuggi fuggi, e sangue che sprizzava
fino a terra. Dante si avvicinò di cor-
sa, mentre i carabinieri lo tenevano
lontano. «Dovettero legare quel gio-
vane per paura che facesse chissà co-
sa», ricorda. Il procuratore generale
si avvicinò e gli disse: «Padre, lasci
perdere, questo giovane non merita
nulla; non perda il suo tempo! ». Gli
rispose: «Eccellenza, questo giova-
ne ha bisogno di me; ora ne ha più bi-
sogno di prima. Mi perdoni se conti-
nuo a interessarmi di lui e a volergli
bene; spero di portarglielo davanti ,
un giorno, trasformato». Il procura-
tore se ne andò senza aggiungere al-
tro. Ma fu proprio lui, il. dottor Giu-
stiniani, a scrivere la prefazione al
suo primo libro, Mio fratello in car-
cere. Dante accompagnò quel giova-
ne con l'ambulanza, gli disse di con-
tinuare ad avere fiducia, a non dispe-
rare mai, a pregare. Gli scrisse più
volte, senza mai ricevere risposta.
Dopo molto tempo, gli arrivò una
sua lettera: era una preghiera, una
Dante Dossi tra i ragazzi di Arese.
preghiera stupenda. Diceva tra l'al-
tro: «Gesù, fratello mio, tu che hai
dato la vita per me, povero ladro,
aiutami! Tu che tutto potevi, perché
hai fatto nascere il male nel cuore de-
gli uomini? Questo non riuscirò mai
a capirlo. Ascolto il mio cuore, e ho
capito che tu mi ami di un amore in-
finito. Mi hai fatto tuo fratello e mi
hai voluto al tuo fianco. Senza di te
ne ho combinate tante da finire in
carcere. Anche tu , l'Innocente, co-
noscesti ingiustamente il carcere, ed
è proprio qui, che io ho cominciato a
cercarti, ad amarti, e a volerti vicino.
Da questo luogo inizia la mia rina-
scita. Desidero solo amarti, amarti
sempre, perché tu sei la mia felicità,
la mia fonte di salvezza e quella di
tutti gli uomini! Senzajl tuo amore la
vita non ha senso! ». «E una testimo-
nianza che mette in ginocchio per la
forza con cui Gesù ba inondato I ' ani-
ma di questo giovane», dice Dante
Dossi .
Peter, un giovane straniero di 20
anni, aveva subito violenza carnale
in carcere. Era distrutto. Quando
Dante gli parlò, diceva che l'unico
pensiero era poter dimenticare tutto,
cercare di ricostruire, ma non ce
l'avrebbe mai fatta . Gli diede una co-
pia del Vangelo e gli disse: «Leggilo,
è un libro che ha illuminato di luce il
mondo». Lo incontrò quasi dopo un
anno: «Grazie, gli disse, grazie, Dan-
te. Sono libero anche se sono dietro
DICEMBRE 1993-11

2.2 Page 12

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le sbarre di un carcere». E tiene in
mano il Vangelo che gli aveva regala-
to: sciupato, rovinato dalle lacrime,
consumato. «Mi ha ridato la gioia di
vivere, perché mi ha dato Gesù Cri-
sto». Dante Dossi commentava:
«Magari anche noi consumassimo
così il Vangelo! ».
Un ' altra volta mandò gli auguri di
Buona Pasqua a un giovane rovinato
dal vizio, reso vittima del sesso, le-
A Roma per un convegno sul
problema della «Nuova cultura
penitenziaria» organizzato dal
segretariato enti e assistenti
volontari operanti nel carcera-
rio (SEAC), di cui Dante Dossi
è consigliere nazionale, gli po-
niamo le stesse domande che
gli ha fatto Canale 5 un anno fa
per un'intervista televisiva.
«Dante, lei ha detto più volte
che "non esistono ragazzi catti-
vi, ma solo dei poveri ragazzi
che hanno bisogno di amo-
re"... » .
«È cosl. C'è in questi giovani
un grande bisogno di essere
amati. Hanno bisogno di esse-
re ascoltati, di trovare qualcuno
che pensi a loro. È la prima co-
sa che chiedono, e io a loro of-
fro semplicemente la mia ami-
cizia. Dico loro: Penserò a te.
Pregherò per te» .
«Quale sarebbe la cosa più ur-
gente da fare per vincere la cri-
minalità giovanile?» .
«Dovremmo arrivare prima. È
l'intuizione di Don Bosco; e la
cultura di oggi lo ha capito. Non
si deve aspettare che un giova-
I 45 anni a servizio dei giovani
carcerati. Dante Dossi è consigliere
nazionale del SEAC.
disse di lasciarlo perdere con discor-
si religiosi. Dante ebbe un'idea. Gli
diede un' immagine della Madonna e
gato ad azioni vergognose. Era di- gli disse: «Antonio, fammi una pro-
sperato. Anche con lui tentò un cam- messa: prendila in mano e guardala,
mino lungo, sofferto, pe1' vincere la · poi stracciala pure e buttala via. Ma
disperazione. Quando gli mandò gi.i prima guardala con fiducia». Dante
auguri di Pasqua, gli rispose: «Dan- si allontanò da Brescia, ma pregò per
te, non devi augurarmi «Buona Pa- quel giovane. Dopo qualche giorno
squa", ma «Buone Pasque" perché telefonò per avere notizie. Gli disse-
ogni volta che Cristo risorge per noi ro che era cambiato, che era irrico-
è Pasqua, e io che l' ho incontrato vo- noscibile. Lo raggiunse in carcere.
glio che risorga ogni giorno in me». «Dante, mi hai stregato con quel-
l'immagine! Avevo già preparato la
Il dono di una Madre
cinghia per impiccarmi. Poi, ho vo-
luto mantenere la promessa e guar-
Luigi era nel carcere di Brescia. dare l'immagine che mi avevi dato.
Finì in carcere perché in una rissa, Non sono più riuscito a staccarmi,
per difendersi, tirò fuori un coltello, mi ha preso qualcosa dentro, sono
ma uccise un amico. Tentò anche il caduto in ginocchio, l' ho stretta al
suicidio. Dante lo incontrò in carce- cuore e ho detto: voglio vivere! ».
re, cercò di incoraggiarlo, di avere fi- «Maria è il dono grande che Gesù
ducia in un giudizio comprensivo dei ci ha lasciato dalla croce : una mam-
giudici. Cercò di parlargli anche di ma», dice Dante Dossi. «Quando
Gesù . Il giovane mostrò molto ri- non so più cosa fare, dico: Mamma,
spetto per le sue attenzioni, ma gli cosa fai in Paradiso? Vedi questi ra-
12 - DICEMBRE 1993
ne arrivi alla criminalità. Dob-
biamo pensare alla prevenzio-
ne» .
«Dante, non ha mai provato la
delusione nel suo lavoro? Non
ha mai avuto dei fallimenti?» ..
«Certo. Chi non li ha avuti? E
provo grande dolore quando
vedo un ragazzo che ritorna al-
la droga, al crimine. Continuo
però ad amarlo. Perché forse
non sono riuscito ad aiutarlo
come avrei dovuto. Forse una
volta fuori non si è trovato be-
ne. Forse non ce la fanno a
cambiare dentro. C'è chi dice:
Dante io vorrei fare bene, ma
c'è qualcosa in me che mi butta
giù. Per questo dobbiamo an-
dare adagio a giudicare. C'è
anche chi pretende e mi minac-
cia, chi mi dice che mi farà la
pelle... A qualcuno dà fastidio
che si strappi un ragazzo dalla
droga, dalla prostituzione ... Ma
il fallimento non mi spaventa.
Anche la croce di Gesù è stata
un fallimento , ma è di che è
venuta la redenzione. È il Si-
gnore che opera in noi. .. ».
gazzi, sono tuoi figli! Non si devono
perdere. Datti da fare! ».
Un giorno a Padova andò a pranzo
da Luigi, rilasciato dopo vari anni.
Ora ha due bei bambini, uno di 5 e
uno di 3 anni. Pranzando aveva ri-
cordato che gli aveva dato nel carce-
re un ' immagine della Madonna e gli
aveva insegnato a pregarla ogni sera.
«Allora, c' è speranza! C' è possibi-
lità di ricupero! », osserva Dante
Dossi. «Anche se il cammino a volte
è molto lungo».
L' importante è diventare una bri-
ciola dell'amore misericordioso di
Gesù che si avvicina a tutti.
Quell ' amore che ha intuito Agostino,
morto a 16 anni ad Arese. Nel suo
diario aveva scritto: «Signore, non so
pregare; nessuno me lo ha mai inse-
gnato. Dicono che l'amore sia una
prova della tua esistenza; io non sono
mai stato amato: Signore, fammi in-
contrare un amore che mi porti.a Te».
Umberto De Vanna

2.3 Page 13

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di Bruno Ferrero
I PILASTRI
DELLA VITA
I ragazzi che, per la prima volta,
entravano in una casa salesiana era-
no invitati ad una piccola cerimonia
suggestiva: in teatro, con i superiori e
professori schierati sul palco, ascol-
tavano la solenne lettura del "regola-
mento".
È una delle prime cose che Don
Bosco ha fatto per i suoi ragazzi.
Aveva una convinzione riguardo ai
giovani: « Questa porzione la più deli-
cata e la più preziosa della umana
società, su cui si fondano le speran-
ze di un felice awenire, non è per se
stes_sa di indole perversa ... perché
se accade talvolta che già siano gua-
sti in quella età, lo sono piuttosto per
inconsideratezza, che non per mali-
zia consumata. Questi giovani han-
no veramente bisogno di una mano
benefica, che prenda cura di loro, li
coltivi, li guidi... ». Con il suo formida-
bile istinto educativo scrisse allora
una breve lista delle cose che i giova-
ni e gli educatori dell'Oratorio dove-
vano fare o evitare. Perché la cono-
scenza di un preciso regolamento ,
semplice e funzionale, è nell'essen-
za del sistema preventivo. Ed è l'ele-
mento di cui ha più bisogno l'educa-
zione oggi.
UNA GENERAZIONE SENZA
BUSSOLA. Viviamo in una società
nella quale sono saltate tutte le rego-
le. Ma la deregulation ha portato ad
una insicurezza diffusa e insistente. I
giovani ragionano in termini realistici
di soprawivenza.
Il fallimento delle ideologie e la per-
dita d'influenza della Chiesa precipi-
tano la società in un profondo relativi-
smo. I giovani si trovano davanti il
compito pressoché impossibile di
cercare da soli e in se stessi un sen-
so della vita: è un tempo di bricolage
morale alla "si salvi chi può". Molti ra-
gazzi si sentono vulnerabili, vivono
nel provvisorio, ciondolano da un'e-
sperienza all'altra, seguono chiun-
que abbia anche solo il carisma di
Mastro Lindo. Una inchiesta europea
li ha definiti generazione "senza bus-
sola". Il vero problema però è che so-
Giovani soli, nel cercare
la "bussola" della loro vita.
no senza bussola perché nessuno
pensa a fornirgliela. Spesso neppure
i genitori, a loro volta pieni di dubbi e
di confusione.
Don Bosco aveva capito la neces-
sità di un ordine inizialmente esterio-
re che deve diventare interiore. La
necessità di regole che fanno da
punti cardinali , da sistema di riferi-
mento, da pilastri della vita futura.
Perché funzioni questo sistema di ri-
ferimento deve avere alcune caratte-
ristiche .
I figli devono conoscere il sistema
dei valori in cui credono i genitori, sa-
pere perfettamente le regole che de-
vono rispettare, capire che questo
implica una precisa responsabilità. E
questo in anticipo. Ci sono dei geni-
tori che intervengono dopo, quando
un problema si rivela, quando certi
comportamenti ormai si sono radica-
ti. E allora? Sgridate, litigi, contesta-
zioni, lacrime e porte che sbattono.
Un buon "regolamento" deve con-
sistere di poche norme, precise, at-
tuabili concretamente. Si deve usare il
minor numero possibile di parole, in
modo che il messaggio sia ben chiaro
e inequivocabile. Ripetere per decine
di volte nelle ventiquattr'ore il medesi-
mo comando o la stessa proibizione
vuol dire non dare nessun comando e
nessuna proibizione. I lunghi predi-
cozzi abituano i figli a non ascoltare
più le parole dei genitori.
Si deve evitare ogni tipo di incoe-
renza. I genitori trasmettono i valori ai
loro figli mettendoli in pratica nella loro
vita. Non certo imponendoli. Una vi-
gnetta diventata classica rappresenta
un papà che sculaccia il suo bambino
dicendo: «Spero che questo ti insegni
a non picchiare il tuo fratellino!».
Le norme devono essere periodi-
camente verificate, revisionate e ria-
dattate in base all'età, alla persona-
lità dei figli e a eventuali mutazioni
delle circostanze.
L'osservanza delle norme stabilite
non è garantita da eventuali sanzioni
(anche se la famiglia può decidere di
parlarne) ma solo su un rapporto tra
genitori e figli, sufficientemente nutri-
to di stima, di comprensione , di confi-
denza, di reciproco rispetto .
IL METODO DELLE DUE COLON-
NE. Nelle scuole per genitori si consi-
glia il metodo delle due colonne. Geni-
tori e figli si siedono davanti ad un foglio
di carta diviso in due da l!na linea trac-
ciata dall'alto in basso. Nella colonna di
sinistra i genitori (dopo essersi messi
d'accordo) scrivono le norme che giudi-
cano irrinunciabili e le spiegano chiara-
mente ai figli. Nella colonna di destra,
genitori e figli insieme scrivono i com-
portamenti e le situazioni che provoca-
no conflitti e irritazioni in famiglia (lun-
ghezza dei capelli, ora di risveglio, de-
corazione della cameretta, ecc.) ma
che saranno lasciate alla responsabilità
dei figli e nor saranno più oggetto di di-
scussione. E una piccola riunione fami-
liare che di solito si trasforma in un in-
contro molto soddisfacente, anche se
sempre più spesso la colonna di sini-
stra rimane malinconicamente vuota.
DICEMBRE 1993 - 13

2.4 Page 14

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PERSONAGGI «Un re secondo Dio»: così il cardinal Danneels ha definito Baldovino I,
Tutti hanno sottolineato
la sua coerenza cristiana.
I salesiani lo ricorderanno
come un grande
benefattore delle missioni
in Thailandia.
La copertina del Bollettino Salesiano
thailandese, dedicata a re Baldovino.
IL SEGRETO
DELRE
di Elvira Bianco
14 · DICEMBRE 1993
Ci sono dei re che sono più che
« dei re: sono dei pastori del lo-
ro popolo. Non regnano ma amano.
Così fu il re Baldovino», ha detto il
cardinal Danneels.
Amava definirsi " re dei belgi"
questo re che è riuscito a tenere in-
sieme fiamminghi e valloni, popola-
zioni profondamente diverse, e per
certi aspetti antitetiche. Ed è piaciuto
questo re apparentemente asciutto,
ma sinceramente cordiale e interioi·-
mente sereno. Un uomo dal cattoli-
cesimo integrale, che non ha mai fat-
to mistero della sua fede, e tuttavia
capace di un rispetto rigoroso verso
chi aveva idee e sensibilità diverse,
sia religiose sia politiche. Aperto
all ' ecumenismo, stimato dagli av-
versati politici.
Profondamente morale
Qualcuno ha detto di lui che era
troppo attento alla "dimensione mo-
rale" della vita. Il cardinal Danneels
ne accetta la critica come il più
bell' elogio. «Aveva una coscienza
fine, sensibile, delicata. Per lui la co-
scienza era un assoluto: era la voce
profonda dell ' uomo e la voce di Dio.
Se si chiama "troppo morale" la dife-
sa dei grandi valori della civiltà occi-
dentale e anche universale, la pro-
mozione della famiglia, la preceden-
za data a coloro che sono senza
lavoro, agli esclusi, agli indifesi, ai
diritti dell ' uomo, all'ordine interna-
zionale, non dovremmo seguire il
suo esempio, e diventare tutti un po'
più attenti alla dimensione morale,
come ha fatto lui?».

2.5 Page 15

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re dei Belgi, un credente dal grande cuore missionario
È noto che quando il parlamento
scelse l'aborto, Baldovino non volle
tradire le s ue piì:1 profonde convin-
zioni e fece un passo che poteva
mandare in crisi gli equilibri del Pae-
se: chiese la sospensione dal suo in-
. carico di capo dello Stato per quel
giorno. E la legge dell'aborto belga
non portò la sua firma.
Baldovino aveva una personalità
che sembrava uscire da un altro pia-
neta, in una società dove i valori
vanno scadendo. E il suo stile in-
confondibile rimane in eredità a
quanti hanno compiti di governo.
Sapeva guardare al cli dei partico-
larismi: amava l'idea europea, vede-
va con simpatia la libertà dei popoli
emergenti, e a suo tempo appoggiò
l'indipendenza dello Zaire.
Fabiola e Baldovino
Tra la spagnola Fabiola e Baldovi-
no l'amore ebbe delle tonalità rare
anche tra una moglie e il marito. Si
vedeva chiaramente che si amavano
ed essi vissero questo loro amore co-
me una testimonianza. Baldovino di-
ceva: «Chi vuol fare l' unità nel pro-
prio popolo, deve esercitarsi a farla
dapprima nella propria coppia e nel-
la propria famiglia». E i due seppero
capirsi e sostenersi. Fabiola gli fu vi-
cina con intelligenza e condivise le
sue scelte politiche e soprattutto gli
orientamenti di fondo. Baldovino
accettò la personalità della moglie,
attaccata forse più di lui all'etichetta
di corte, la sua apertura alla cultura e
all'arte. Riuscirono a integrarsi. An-
che se sinceramente cattolica, Fabio-
la disse un giorno a un 'amica: «Non
è facile vivere con un santo!», quasi
a indicare il cammino che stavano
percorrendo insieme come coppia.
Baldovino, pur nella sua apparente
normalità, era un uomo che ti spin-
geva in alto, e-ti domandava un re-
spiro più grande.
L'amico del re
U Bollettino Salesiano thailandese
ha dedicato la cope1tina del numero
di settembre al re Baldovino. Ali' in-
terno la motivazione: i salesiani di
Thailandia esprimono la gratitudine
al re, al popolo e al governo belga,
per il consistente aiuto offerto nel
corso di vari decenni al loro Paese.
Grazie all'interessamento di Baldo-
vino, infatti, si è potuto completare
la scuola tecnica Don Bosco di
Bangkok, aprire due scuole tecniche
a Banpong e Suratthani , consolidare
il Centro di addestramento per cie-
chi di Pakred, e avviare varie altre
Gent (Belgio). La regina Fabiola in visita
alla scuola tecnica-professionale salesiana di Sint-Denijs-Westrem.
opere di carattere educativo e socia-
le, come un centro professionale per
figli di lebbrosi, l'acquedotto per tre
villaggi , dei quali due abitati in
gran parte da buddisti, finanziamenti
di progetti a favore dei lebbrosi: poz-
zi, piccole abitazioni, macchine
agricole...
I thailandesi in particolare si dico-
no ammirati della testimonianza cri-
stiana offerta da re Baldovino. Ri -
cordano che durante le sue visite in
Thailandia invitava il missionario
salesiano belga don Gustav Roo-
sens, diventato suo amico personale,
ad accompagnarlo nei suoi sposta-
menti, per avere la possibilità di par-
tecipare ogni giorno alla Santa Mes-
sa, che serviva stando in ginocchio.
Don Roosens ricorda come un' op-
portunità felice della sua vita missio-
naria i momenti di intimità vissuti
con il re. Dice: «Oggi non prego per
lui, ma lo prego. Ho perso un amico
in terra, ma so di aver trovato un pro-
tettore in cielo».
Secondo il cuore di Dio
Re B aldovino è stato più volte in
Italia, spesso in incognito. Lo hanno
visto a Loreto, a Loppiano, più volte
ad Assisi. Il 30 maggio di quattro an-
ni fa era a Loreto per un pellegrinag-
gio. Sapeva della sua presenza,sol-
tanto il priore dei cappuccini padre
Santachiara, che celebrò l'Eucaristia
per la piccola comitiva. Ricorda an-
cora l 'atteggiamento del re, il suo
chinarsi devoto a terra dopo la comu-
nione. In que lla circostanza si rivol-
sero ai salesiani per il pranzo. Chie-
sero un vitto modesto, essendo in
pellegrinaggio. Quando presentaro-
no il menù a don Paolone, egli consi-
gliò di recarsi a unfastfood! Solo tre
giorni dopo seppero che era stato lo-
ro ospite il re del Belgio !
Ha detto il cardinal Danneels:
«Ba ldovino fu un re secondo il cuore
degli uomini , ma anche secondo il
cuore di Dio. Molti scriveranno di
lui , parlando degli anni in cui fu re.
Riusciranno a scoprire il "segreto del
re"? Perché aveva il suo segreto: era
il suo Dio, che egli amava alla follia
e da cui era tanto amato».
DICEMBRE 1993-15

2.6 Page 16

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EDITORIA Svidercoschi r,acconta la storia dell'amicizia tra due adolescenti, l'ebreo Jerzy
LETTERA
AUNAMICO
EBREO·
di Giuseppina Cudemo
La storia semplice
e straordinaria di
Karol Wojtyla con
l'amico ebreo Jerzy
Kluger,figlio del
rabbino di Wa-
dowice.
E' la storia di due ragazzi, uno
ebreo e l'altro cristiano, in una
cittadina polacca tra gli anni Venti e
Trenta: la loro amicizia e la scuola
frequentata insieme, i professori, i
compiti in classe provvidenzial-
mente passati dal più bravo, le inter-
rogazioni. E poi i sogni dell'adole-
scenza, le ragazze, i pomeriggi
consumati sui libri tra una risata e
una tazza di tè bollente, mentre fuo-
ri tutto è coperto di neve. Una storia
di cose condivise, di affetto e di fe-
deltà, come tante ne vivono gli ado-
lescenti .
Solo che uno dei due ragazzi si
chiamava Karol Wojtyla e non di-
menticherà più il suo amico Jerzy
Kluger. Molti, molti anni dopo, in
un'occasione particolare gli scri-
verà: «Caro Jurek, il 9 maggio sul '
terreno della sinagoga, distrutta du-
rante l' ultima guerra, sarà inaugura-
ta una lapide commemorativa in
onore degli ebrei di Wadowice e del-
la regione, che furono vittime della
persecuzione e furono sterminati dai
nazisti ... Quando andrai a Wadowice
il 9 maggio, devi dire, a quanti saran-
no lì riuniti, che insieme con Essi ri -
cordo i Loro Connazionali e Correli-
gionari assassinati e questo luogo di
preghiera, che è stato distrutto dagli
invasori . Provo una profonda vene-
razione per tutto ciò e per tutti coloro
la cui memoria volete venerare il 9
maggio a Wadowice».
Quella lettera fu per Jerzy KJuger
I Cracovia in una foto d'epoca. E, nel riquadro,
una foto di classe del 1938, l'anno della
maturità. Karol e Jerzy sono il primo
e il quarto a partire da sinistra della seconda fila.
16 - DICEMBRE 1993

2.7 Page 17

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e il giovane Karol Wojtyla. Una testimonianza umana e spirituale
la spinta definitiva a tornare nella sua
te1rn dove dopo la guerra non aveva
avuto il coraggio di rimettere piede:
troppo pesante l'angoscia dei ricordi
e il sapere che il portone della sua
vecchia casa era chiuso, inchiodato
sulle stanze invase dai calcinacci. Il
nazismo aveva fatto terra bruciata di
un mondo, di una cultura, di un po-
polo. Anche i familiari di Kluger
erano tutti morti, perduti nel gelo
delle camere a gas e lui fino ad allora
aveva solo desiderato dimenticare.
Poi la lettera, che lo costituisce quasi
"messaggero" papale di una solida-
1ietà e di un amore tanto piì:1 preziosi
perché vengono dal cuore di un pon-
tefice. Così decide di non sottrarsi e
di tornare. Da questo momento nel
libro comincia a snodarsi la storia,
che si sostanzia essenzialmente dei
ricordi di Kluger e delle ricerche ef-
fettuate dall'autore sui luoghi stessi
della vicenda.
Svidercoschi parla senza nascon-
dere l'entusiasmo di quest'ultima
sua fatica e dei significati che sotten-
dono questa storia ed il libro che ne è
nato.
A chi è diretto, in modo particola-
re, il tuo libro ?
«Senz'altro ai giovani. Quando
l'ho finito di scrivere stavano scop-
piando i moti antisemiti in Germa-
nia, poi gravi episodi di intolleranza
sono successi anche in Italia... Vedi,
ho scoperto con meraviglia che non
esiste assolutamente nei giovani e in
particolare in Italia una memoria
dell'olocausto. Da un sondaggio
condotto dal quotidiano Avvenire in
istituti tenuti addirittura da religiosi,
risulta un'ignoranza assoluta della
questione ebraica e di ciò che è suc-
cesso, ma anche un'incomprensione
dei problemi nei confronti degli
ebrei. Credo che questo sia la spia di
un problema più grande, che fa pau-
ra, cioè il fatto che c'è un razzismo
strisciante, in crescita continua».
Come ti è nata l'esigenza di scri-
verlo ?
«Da varie circostanze concomi-
tanti. Avevo conòsciuto Kluger in
Polonia, poi Io intervistai quando
Wojtyla divenne Papa. Scoprii così
attraverso di lui anche un altro aspet-
Karol Wojtyla.
to dell ' olocausto: la tragedia non era
rappresentata solo dai sei milioni di
ebrei morti, ma anche dal dramma
quotidiano dei sopravvissuti, spesso
circondati da quella che Primo Levi
chiamava la "zona grigia", cioè la
fredda indifferenza degli altri, men-
tre chi era tornato cercava disperata-
mente di dimenticare, di rimuovere
il ricordo delle atrocità viste e soffei·-
te. Quando Kluger rilesse l'intervi-
sta, in cui mi aveva parlato con appa-
rente freddezza della terribile fine
che avevano fatto nei campi di ster-
minio nazisti la madre, la sorella e la
nonna materna, si mise a piangere,
quasi impietrito ed incurante della
pioggia, che lo bagnava e non poteva
cancellare le sue lacrime. Per lui ri-
leggere ciò che mi aveva raccontato,
significava rivivere la tragedia,
strapparla dal fondo della sua memo-
ria. Credo che per lui come per altri
sia sempre un trauma raccontare, an-
che se accettano di farlo, anche se
l'ho portato a parlare ad alcune radio
e tv private. Poi c'è stato il fatto che
la storia dell'amicizia fra quei due
ragazzi era piaciuta a vari registi; an-
che se l'idea di un film ancora non è
mai stata realizzata, spero che lo sia:
oltre al grande spessore umano è una
storia "visiva" che la gente coglie-
rebbe bene sullo schermo. L'avere
poi conosciuto Kluger prima che
Wojtyla diventasse Papa e l'aver co-
nosciuto poi il Papa stesso, mi ha fat-
to sentire un privilegiato, che aveva
la speciale "missione" di raccontare
questa bellissima vicenda, missione
sostenuta anche dal fatto che era sta-
ta creata una commissione bilaterale
tra Vaticano ed Israele, con il compi-
to di arrivare al più presto a stabilire
delle relazioni diplomatiche fra i due
Stati, relazioni che rappresentavano
un problema enorme, secondo me
per tutti gli ebrei della diaspora nel
mondo, in America soprattutto. Mi
rendevo però conto che non bastava
la diplomazia a risolvere i problemi
della convivenza fra comunità. Così
quella storia che avevo dentro da 15
anni, in 15 giorni l'ho maturata e l'ho
scritta. E ti do un'anticipazione: una
società di produzione collegata alla
Fininvest ha deciso di fare il film; il
regista potrebbe essere Mikael An-
derson, lo stesso de "La bottega
del!' orefice" (il lavoro tratto da
un ' opera teatrale scritta dal giovane
Wojtyla), che conosce quindi la
mentalità del Papa, la sua carica in-
tellettuale».
Esaminando questa storia di ra-
gazzi, hai scoperto coincidenze, co-
se interessanti a proposito della gio-
vinezza del Papa ?
«Tutto quel lavoro di ricerca mi ha
fatto conoscere un Wojtyla inedito e
mi ha fatto scoprire cose molto inte-
ressanti, certo. Per esempio che a
Wadowice egli ebbe, insieme con
Kluger, molti altri amici ebrei: a con-
0IcEMBRE 1993 - 17

2.8 Page 18

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ferma cµe per comprendere a fondo
l'atteggiamento di questo Papa ver-
so l'ebraismo, bisogna anzitutto ri-
salire agli anni della sua gioventù. In
particolare, vorrei ricordare Ginka
Beer, una ragazza che aveva due an-
ni più di lui e abitava al piano di so-
pra. Fu lei ad insegnargli per prima
l'arte teatrale. Se ne andò in Palesti-
na - credo nel 1938 - allorché si ina-
sprirono le discriminazioni verso gli
ebrei. Oggi risiede vicino a Haifa.
Tra gli amici ebrei, poi, c' erano altri
due compagni di classe, morti anne-
gati in un fiume della Siberia, dove
erano stati deportati . C'era anche
Polder Goldberger, che nelle partite
di calcio giocava in porta, come
Wojtyla.
«Un'altra cosa interessante è che
nella Cracovia occupata dai nazisti,
Karol Wojtyla ventenne aderì al mo-
vimento clandestino (UNIA), che tra
le diverse forme di resistenza al nazi-
smo dava molta importanza all'im-
pegno artistico, specie quello teatra-
le. Salvare la "parola" significava di
fatto salvare l'identità nazionale. Per
entrare nell'"UNIA", Wojtyla fece
anche un giuramento. Che poi dovet-
te ritirare quando decise di diventare
sacerdote».
Un Wojtyla inedito, quindi, pieno
di umanità, ragazzo del suo tempo...
«Certo. Wojtyla a vent'anni, anche
se molto serio, anche se molto bravo
negli studi, era un ragazzo normalis-
simo. Parlava come gli altri giovani.
Viveva come gli altri giovani. Voglio
dire che allora non era già un "mezzo
Papa", come talvolta si pretendereb-
be di descriverlo. Vanno comunque
ricordate per la loro singolarità alcu-
ne espressioni del giovane Karol.
Come quando scrisse all ' amico Klo-
tarczyk parlando della tragica situa-
zione della Polonia: "Credo che la
nostra liberazione debba essere la
porta di Cristo" . Non viene forse in
mente la sua omelia all' inizio del
pontificato?».
Qual è stata la reazione del Papa a
questo libro ?
«Una grande partecipazione. Du-
rante un viaggio gliene parlai: gli
parlai dell'inizio (la sua lettera) e
della fine , cioè che avrei fatto termi-
nare il libro nel ' 65 , quando lui e
Kluger si erano incontrati, gli parlai
del senso del loro incontro , che era la
speranza di una nuova solidarietà fra
ebrei e cristiani. Gli avevo anche
18 - DICEMBRE 1993
Kluge,; che cosa ricorda della famiglia del fu-
turo papa?
«Karol e suo padre vivevano in un piccolo ap-
partamento di due stanze al primo piano di una ca-
sa al numero 2 di via Koscielna, e per arrivarci bi-
sognava salire dal cortile su per una scala di ferro».
Com'era Wojtyla a scuola?
«Era il primo a scuola, il primo a sciare, un eccel-
lente portiere nelle partite di calcio, persino il prin-
cipale promotore del circolo di arte drammatica fra
gli studenti del ginnasio. Recitava versi, cantava
con quella sua bellissima voce>>. .
Lei è ebreo: come viveva in Poto;1,ia?
«Dopo il 1933, anno della morte del maresciallo Pilsudski, cominciò
a soffiare nel mio Paese l'aria dell'antisemitismo. Un'aria orribile, pe-
ricolosa. Prima della guerra, a Wadowice, su poco meno di novemila
abitanti c'erano duemila ebrei. E vivere non era facile. Si faceva presto
a far del male a un ebreo, a colpirlo nella sua sensibilità, a offenderlo.
Eppure anche pensando a quei tristi anni, è ancora una volta il ricordo
di Karol a rendere la memoria di quel periodo meno dolorosa».
Perché?
«Sempre Io stesso amico. Sempre a volermi bene, a dimostrarmi
il suo attaccamento in mille modi. Nonostante io fossi ebreo, Karol
continuò a comportarsi con me esattamente come prima. E non Io
faceva per pietà, ma con estrema naturalezza. Benché giovane ave-
va già allora un grande carattere, una grande forza d'animo. Io non
potevo immaginare, allora, che la nonna, .mia madre e mia sorella
sarebbero finite in un campo di concentramento ad Auschwitz per
poi morire nelle camere a gas. Quegli anni prima della guerra, per
me, resteranno per sempre segnati dall'angoscia. Eppure, anche in
quell'angoscia c'è il ricordo di un vero amico: Karol, che con il suo
affetto riuscì a rendere l'angoscia meno cupa».
Che cosa accadde quando Karolfu eletto Papa?
«All'indomani spedii un telegramma in Vaticano indirizzato
ovviamente a Sua Santità. Lo ricevette il giorno stesso dell 'intro-
nizzazione. E mi accolse durante la prima udienza privata del suo
pontificato».
Vi rivedeste ancora?
«Alcune volte ci incontrammo in Vaticano. E in altre due occa-
sioni ci ritrovammo con i vecchi compagni di ginnasio: nel '79 e
nell' 88 per commemorare i cinquant'anni dell'esame di maturità».
(Da 1111 'i11tervis1a di Fema11do Monge)
detto di aver scritto che "un giorno
gli ebrei e i cristiani dovrebbero ab-
bracciarsi così, come loro due amici
avevano fatto incontrandosi di nuo-·
vo": avevo in mente il gesto che il
Papa aveva fatto con il rabbino nella
sinagoga. II Papa mi disse: non
sarebbe meglio invece di " abbrac-
ciarsi" scrivere "ritrovarsi"? Effetti-
vamente quel "ritrovarsi" aveva una
pregnanza, un senso teologico
profondo e ho seguito il suo suggeri-
mento. Nell'edizione ungherese,
questa frase è stata messa in 1• pagi-
na ed in tutti gli slogans della presen-
tazione del libro».
Nel tuo lib,v Kluger e Wojtyla ra-
gazzi si chiamano tra loro con. un. di-
minutivo: Jurek e Lolek, come si so-
no sempre chiamati durante la loro
amicizia. Quest'amicizia continua
con dei gesti concreti ?
«Sì . Il Papa invita l'amico una
volta.al mese, a cena. E, credo, conti -
nuano a chiamarsi Jurek e Lolek, co-
me si sono sempre chiamati . Un'ami -
cizia, la loro, che ha al fondo - a
livello di origini ma anche di identità
- una fratellanza umana e spirituale,
che ha il valore di un simbolo e la
forza di una profezia».
Giuseppina Cudemo

2.9 Page 19

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1.1$.R.1 ·,v----~-.-~-... ------. ·.-·
-.,.,~ ...., .
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........._•---- -- -
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....1.~ - - - • I -
- - .._
a cura di Eugenio Fizzotti
EMOZIONI
DONI ED ENERGIE
DA CAPIRE
ED EDUCARE
di James Dobson
Leumann , Elle Di Ci, 1993,
pp. 128, lire 11 .000.
Psicologo e pediatra, impe-
gnato nell'educazione dei giova-
ni e nell'assistenza alle famiglie ,
sposato con due figli già ormai
grandi, l'autore di questo sempli-
ce volumetto affronta il problema
delle principali emozioni: senso
di colpa, amore , collera e, dopo
averne indagato i dinamismi dal
punto di vista psicologico, si sof-
ferma a offrire utili indicazioni di
natura pedagogica ed educativa,
oltre che morale.
Attingendo alla sua prolungata
esperienza, egli suggerisce an-
che per ogni emozione una serie
di spunti per la discussione, oltre
che per l'approfondimento perso-
nale. Si tratta, quindi , di un agile
manuale che risulterà prezioso
non solo ai singoli cristiani, ma a
genitori , a sacerdoti, a quanti
hanno in qualche modo il compi-
to di aiutare nella formazione del-
la coscienza.
DON BOSCO METTE RADICI
IN CALABRIA
di Pio dei Pezzo
Napoli, ispettoria Salesiana
Meridionale, 1992,
pp. 191 , senza prezzo
Veramente preziosa è questa
accurata ricostruzione storica
della presenza salesiana in Cala-
bria. Solo un attento ricercatore
come l'autore , che ha trascorso
lunghi anni con incarichi diversi
nelle comunità salesiane cala-
bresi, poteva scavare negli archi-
vi più disparati per offrirci uno
spaccato di storia dal valore
straordinario .
Partendo dalle relazioni di Don
Bosco con la Calabria, don dei
Pezzo offre infatti informazioni
dettagliate sull'incontro che a va-
rie riprese (1892 , 1900, 1906,
1908) don Rua ebbe con questa
terra dura e generosa, anche se
attraversata da vicende doloro-
se, sulle avventurose presenze
che presero avvio e si consolida-
rono nel tempo, sulle ricadute
educative e sociali delle moltepli-
ci iniziative salesiane.
L'apparato scientifico del volu-
me e le varie appendici rendono
ancora più meritorio questo testo
e ne consigliano la lettura a
chiunque voglia approfondire la
storia salesiana e intenda ancora
una volta individuare i segni di
speranza lanciati da Don Bosco e
dai suoi figli in Calabri
LO SVILUPPO DIVERSO
di Luigi De Carlini
Bologna, EMI , 1992,
pp. 66, lire 12.000
Per l'educazione alla mondia-
lità , il rispetto dell'ambiente, la
conoscenza e la valorizzazione
delle risorse ambientali risulterà
di validissimo aiuto agli educatori
e agli animatori questo fascicolo
che, corredato da una serie di
schede, permette di fare un cam-
mino nuovo e interessante sia
per giovani sia per adulti.
I materiali fanno leva sul senso
di giustizia e di altruismo, oltre
che sul confronto con l'abissale
differenza con la situazione eco-
nomica del terzo mondo. Di note-
vole interesse sono gli abbon-
danti riferimenti all'insegna-
mento nonviolento del Mahatma
Gandhi.
GIUSEPPE
Il custode del Redentore
Durata 20', lire 34.000
Un santo per la nostra società,
assetata di sil enzio e di «pater-
nità».
LAURA
Un amore così grande
Durata 57', lire 34.000
Biogra fia di Laura Yi cuii a. La
storia di una preadolescente chia-
mata a vi vere una dramm atica si-
tuazione famili are. Giovanni Pao-
lo Il ha proposto Laura come
esempio ai giovani d'oggi.
IL SEME E LA TERRA BUONA
di F. Agnesi e altri
Milano, Editrice Ancora, 1993,
pp. 222, lire 20.000
Il sottotitolo Giovani e fede: per
un cammino di "appropriazione"
fa comprendere immediatamen-
te che si tratta di un sussidio per
giovani alla ricerca di una rispo-
sta alle loro domande radicali di
senso. Il taglio, quindi, è eminen-
temente pastorale e permette di
non divagare troppo nelle elucu-
brazioni teoriche.
Per aiutare i giovani a saper
individuare le condizioni che gli
consentono di accogliere il
Vangelo di Gesù i vari collabo:
ratori del volume offrono preci-
se indicazioni sui criteri e sui
modelli per un vero cammino di
riappropriazione della fede, sui
luoghi in cui ciò è possibile (par-
rocchie, gruppi, associazioni) ,
sui percorsi disponibili (comu-
nità propedeutiche nei seminari
e azione cattolica) . Di immedia-
ta utilità sono anche alcune
concrete esperienze riportate
qua e là.
e::,;;
AGENDA ARMADILLA
Editrice Junior, 1994,
pp. 448, lire 20.000
isanli
COSÌ SORRIDONO I SANTI
di Lia Carini Alimandi
Roma, Città Nuova, 1993,
pp. 142, lire 13.000
L'agenda è centrata sui di-
ritti degli uomini. I 200 e oltre
testi sono affiancati da vignet-
te e grafici , e dalle autopre-
sentazioni di molte associa-
zioni. In appendice una
aggiornata serie di indirizzi per
mettersi in rete con organismi
che hanno a cuore l'uomo. Ri-
chiedere in via Pescaria, 32 -
24123 Bergamo.
OOS!JIAMO
FIJ.~ le OIAlO:òO
~ -SUD.
OKEi. Sl','WNON
1J1çV1Atic, ,10 FACCIO
NOR.O E1 U FA 500.
«Il buon Dio ha creato il mon-
do in uno scoppio di felicità.
Non si è mai tanto buoni come
quando si ha la gioia nel cuore»
(dalla presentazione) . Il libro
raccoglie aneddoti di santi,
maestri del sorriso, suddividen-
doli per temi. Si legge d'un fiato.
Una simpatica lettura natalizia.
CHIARA D'ASSISI
Storia di una cristiana
Durata 75', lire 34.000
La bi ogra fi a di Santa C hi ara
nell a sua d imensione spi rituale e
umana. li testo parte dai documen-
ti del proces so di canonizzazione
svo ltos i pochi anni dopo la sua
morte.
Le videocassette sono di-
sponibili presso le librerie cat-
toliche o direttamente alla LDC
Audiovisivi, 10096 Leumann
(TO), te/. (011) 959.10.91-Fax
(O 11) 957.40.48.
DICEMBRE 1993 - 19

2.10 Page 20

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ESCLUSIVO La funzione del giornalista secondo il direttore di uno dei maggiori quotidiani
<<LA STAMPA>>
DI EZIO MAURO
di Alessandro Risso
- Ezio Mauro (foto Reporters-C. Sosia) .
- Torino. La centralissima via Roma.
20 - DICEMBRE 1993
«La Stampa» di Torino
e l'identikit del suo
direttore. L'Italia d'oggi,
il ruolo di un grande
quotidiano.
.orse nessun altro quotidiano na-
F zionale si identifica così salda-
mente con una città quanto La Stam-
pa con Torino. La Juve e il Toro, la
Mole e Superga, la Sindone e la Con-
solata, Don Bo§coe·la Piccola Casa
della Divina Provvidenza, sono i
simboli del capoluogo subalpino;
ma è soprattutto la Fiat a rappresen-
tare nel bene e nel male la realtà tori-
nese. E La Stampa è la voce autore-
vole di questo mondo. Ancor più
possente da quando (1983) rimase
l' unico giornale dopo la chiusura
della Gazzetta del Popolo. Proprio
da quest' ultima scuola di giornali-
smo proviene l'attuale direttore del
quotidiano di via Marenco, Ezio
Mauro, 45 anni compiuti a fine otto-
bre, cuneese di Dronero, padre di Al-
berto e Margherita. « Volevo fare il
giornalista da grande», dice aprendo
la conversazione. «Ho inventato
giornali al liceo, in collegio, a Dro-
nero, poi ho conosciuto un giornali-
sta sportivo del1a Gazzetta del Popo-
lo , Alberto Fasano: mi ha presentato

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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italiani. «Quello del giornalista è il mestiere più bello del mondo», dice.
e fui assunto nel '72, dopo tre mesi di
abusivato, come si usava allora. Poi
sono stati gli eventi a decidere. Tori-
no ha vissuto la stagione del te1TOri-
smo, l'ho seguita come cronista. Ho
raccontato quegli anni, ho cercato di
capire cos'era questa città, con le vi-
cende sindacali della Fiat, il grande
scontro dell'80. A quel punto, cam-
biato giornale, non erano più i fatti a
decidere, ma i direttori: inviato a Ro-
ma a seguire la politica (per La
Stampa, ndr), poi a Mosca a raccon-
tare la perestroika (per la Repubbli-
ca, ndr). Nel giugno del '90 sono ve-
nuto qui a fare un lavoro diverso».
Infaticabile
Chi conosceEzio Mamo professio-
nalmente ne sottolinea le doti di orga-
nizzatore, la grande capacità di lavo-
ro, l'abilità nel valutare le persone.
«Questi sono complimenti, non
giudizi», sottolinea. «Riconosco che
·mi piace molto lavorare con gli uo-
mini, avere una squadra di riferi-
mento».
Il suo è un ruolo che assorbe com-
pletamente ...
«Lo si può assumere solo per un bre-
ve periodo, non lascia spazio a
nient'altro. Ho tagliato molte delle co-
se che mi piacciono. Tra queste il cine-
ma. E mi manca molto lo scrivere».
Come ci si sente nel ruolo del po-
tente?
«Non ho mai percepito la dimen-
sione del potere, ma avverto la di-
mensione della "responsabilità". Nel
senso che conosco il peso de La
Stampa, e credo che dobbiamo esse-
re molto attenti nel giocarlo sulla
città, sulla vicenda politica locale e
nazionale, sui rapporti tra imprendi-
tori e sindacati e classe operaia. La
responsabilità però è di tutto il gior-
nale, non di una persona».
In Italia il peso dei quotidiani è co-
munque inferiore rispetto ad altre
nazioni. Una copia ogni quattro abi-
tanti negli USA, una copia ogni die-
ci da noi.
«Anche qui qualcosa si è mosso
negli ultimi anni. Certamente la con-
correnza della tv si fa sentire, il mo-
do di vivere della gente porta a infor-
marsi con i notiziari televisivi, in
modo frammentario, che permette
meno riflessione ma che è più como-
do, perché la tv si prende quando ca-
pita, a piccole dosi, facendo altro. I
giornali devono catturare il lettore
inseguendolo dove vive, nei suoi in-
teressi. In questo momento di crisi
deve saper dare al lettore servizi che
rispondano ai suoi bisogni».
Test e scandaletti rosa
I quotidiani però assecondano
molto oggi la voglia del frivolo. Più
pagine di spettacoli, moda, ma an-
che pettegolezz i, scandaletti rosa,
test da spiaggia tutto l'anno. Non
è uno scadimento dell'informazio-
ne, uno scivolare nel giornalismo
"spazzatura"?
«Certamente bisogna essere atten-
ti alla qualità. Più la crisi incide, più
il lettore ha bisogno di comperare
con le 1300 lire .un prodotto che ab-
bia sostanza. Ciò che conta è il mix
del giornale, prodotto composito che
deve cercare di raggiungere tutti i ti-
pi di pubblico e soddisfare esigenze
diverse. La nostra formula non inse-
gue la fii volezza, ma cerca di ottene-
re un equilibrio complessivo tra par-
ti leggere e parti importanti. Natural-
mente ciò non esclude di evitare
facilonerie, il pettegolezzo fine a se
stesso. Ma la notizia curiosa è im-
portante quando diventa il simbolo
di un mutamento di costume, di
mentalità, il valore aggiunto di qual-
cosa che sta cambiando».
Un'altra accusa arriva da Umber-
to Eco.:i giornali si parlano addosso,
dimenticano ifatti per inseguire la tv.
«Certo, esiste un rimbalzo molto
forte. Però, come Eco sa bene, il pro-
blema non è tanto dei testimoni, cioè
dei giornali, quanto degli attori, cioè
dei protagonisti. Tra questi gli intel-
lettuali, che parlano in un grande tea-
tro, quello italiano, che ha continui
rimandi. Il problema è quindi loro, i
giornali registrano soltanto. Ci do-
mandiamo ogni giorno, davanti a
una notizia, se interessa il pubblico,
se possiamo svolgerla in modo origi-
Torino. La sede de «La Stampa» in
via Marenco. Foto archivio SEI.
nale, se dà arricchimento ai lettori, se
li diverte e li fa riflettere. Non da do-
ve la prendiamo».
Nel rispetto dei valori
Il quotidiano può avere un ruolo
educativo?
«Non credo che debba averlo co-
me principio, come programma. Un
quotidiano è un prodotto che si deve
vendere catturando l'attenzione de-
gli acquirenti che sono i lettori. Que-
sta è l'unica vera legge. Noi non sia-
mo qui per educare o convertire, ma
certo neppure per danneggiare o cor-
rompere. Sarebbe gravissimo. E un
giornale lo fa ogni volta che non ser-
ve la verità, che non serve il lettore.
Quindi facendo il nostro mestiere
siamo in qualche modo educativi.
Maneggiamo con responsabilità no-
tizie pietose, come il suicidio degli
adolescenti, non pubblichiamo foto
drammatiche, o lo facciamo quando
riteniamo che abbiano una valenza
DICEMBRE 1993-21

3.2 Page 22

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di riflessione, che catturino l' atten-
zione su un argomento importante,
come ad esempio la gue1Ta nella ex-
Jugoslavia».
La Stampa è voce autorevole della
cultura laica italiana. Ritiene anco-
ra accettabile il mancato ric011.osci-
mento del ruolo della scuola privata,
confessionale e no?
«Credo che il dovere di uno Stato
moderno e civile sia quello di per-
mettere alle varie espressioni di po-
tersi manifestare. Penso però che il
vero problema riguardi oggi mag-
giormente il funzionamento della
scuola pubblica, che non è come do-
vrebbe essere».
Anche se è la scuola privata che
fatica a tenersi sul mercato...
«E credo che sia giusto ricono-
scerle uno spazio. Quanto a La
Stampa, è un giornale laico, ma non
laicista e siamo attenti al mondo del-
la Chiesa e alla cultura cattolica. È
un mondo assai reattivo, da cui na-
sc?no grandi polemiche, che per la
pnma volta dopo tanti decenni vive
se stesso come minoranza e ne fa
scattare tutti i comportamenti tipici:
il senso di sé, un ' identità molto for-
te, il timore dell ' isolamento, la ca-
pacità di reagire agli attacchi. Gior-
nalisticamente tutto redditizio. Ma
anche i valori di questo mondo ci in-
teressano molto. Seguiamo con
grande rispetto e attenzione l'opera
di Giovanni Paolo II. Non dimen-
tichiamo che il nostro è l' unico
giornale cui il Papa ha concesso
un'intervista in cui ha analizzato il
cambiamento dell'Est europeo in
seguito a un intervento di Gorbaciov
che parlava di lui ».
«Penne pulite»
Capitolo tangentopoli. Dov 'era il
giornalismo "investigativo" prima
che arrivasse Di Pietro?
«Il giornalismo investigativo non
ha una grande tradizione in Italia. Ma
detto questo, la domanda può essere
rivolta a tutti: dov ' era la magistratu-
ra, dov'era Di Pietro prima? Ritenia-
mo meritoria l'azione dei giudici,
l'abbiamo appoggiata senza guarda-
re in faccia nessuno; però ha potuto
realizzarsi perché l'equilibrio com-
plessivo della società lo ha consenti-
to. Se questo vale per i magistrati, che
lo ammettono, vale anche per il gior-
22 · DICEMBRE 1993
Con Giorgio Bocca
al Circolo della Stampa
nalismo. Io ho lavorato otto anni a
Roma: non avevo la percezione, e lo
dico apertamente, che il fenomeno
fosse di queste dimensioni. Non avrei
mai pensato a un simile sistema».
Quindi nessun colpevole per
"omessa denuncia" ?
«Non escludo che un certo giorna-
lismo non avrebbe visto neppure il
visibile, perché aveva una contiguità
strutturale con il potere politico. Ci
sono giornalisti che hanno vissuto
nell'ultimo decennio in un rapporto
parassitario reciproco con i politici,
spesso per averne benefici».
_Giorgio Bocca, suo conterraneo,
ritiene impossibile un giornalismo
obiettivo in campo economico, visto
che i giornali appartengono ai "pa-
droni del vapore ".
«Facciamo la controprova: abbia-
mo avuto un unico caso di editore pu-
ro, quando la Riz,zoli ha preso il Cor-
riere della Sera. E stato il periodo più
buio del giornalismo italiano: la P2 è
arrivata a controllare il quotidiano. Il
problema non è l'editore puro o im-
puro, ma quello che lascia fare il pro-
prio mestiere. E alla fine, come Boc-
ca sa bene, c' è la coscienza di ognu-
no. Chi ha la schiena dritta fa questo
mestiere bene. Non dico con qualsia-
si editore, ma questi si possono sce-
gliere o cambiare. Se uno invece noti
è abituato a tenere la schiena dritta,
qualunque sia l'editore, la curverà».
Il più bel mestiere
Nel giornalismo esistono più dina-
stie di giornalisti che giovani entrati
in una redazione senza appoggi . E
oltre al nepotismo, c'è anche il male
del corporativismo.. .
«Guardi, e lo dice uno che non
ave~a ness un~ cordata cui aggrap-
parsi e ha faticato per fare questo
mestiere: il nepotismo esiste, ma è
ridotto. La maggior parte di chi lavo-
ra in un giornale vi è entrata perché
lo ha voluto, e ancora oggi chi vuole
ce la fa, se ne ha i numeri. Certo poi
è un mestiere corporativo, ma questo
aspetto ci interessa pochissimo, e
credo andrà via via riducendosi . Il
nostro è un mestiere che costa una
fatica enorme, ma è bellissi mo. Con-
sente di attraversare esperienze di-
verse che normalmente non si cono-
scono. In una giornata qualsiasi il
giornalista entra in contatto con più
vite. Se piace scrivere, andare, guar-
dare e raccontare, è qualcosa di uni-
co. Sarei molto contento se i miei fi-
gli facessero i giornalisti. Non per
nepotismo, ma perché è il mestiere
più bello del mondo».
Alessandro Risso

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ESPERIENZE Scrivendo con la bocca, Nino racconta com'è cambiata la sua vita.
UNA RAGIONE PER VIVERE
- Nino con i ragazzi dell'oratorio di Modica.
di Nino Baglieri
La testimonianza
di un giovane cooperatore
salesiano, uscito
dalla disperazione
attraverso lafede.
Sono nato a Modica, in provincia
di Ragusaeho42 anni . La mia vi-
ta è stata interrotta all'età di dicias-
sette anni per un gravissimo inciden-
te di lavoro. Era un lunedì di maggio.
Facevo il muratore e lavoravo a circa
duecento metri da casa mia. Mi tro-
vavo sull'impalcatura di un palazzo
di quattro piani e stavamo intonacan-
do la parete esterna. Guardai l'orolo-
gio: mancavano pochi minuti alle
undici . A un tratto sentii un rumore
sotto i miei piedi, come se qualcosa
si fosse spezzato. Un istante dopo vi-
di il vuoto sotto di me. Precipitavo.
Mi accorsi soltanto di fare i dicias-
sette metri e di sbattere a terra. Poi
non sentii più niente. Era il 6 maggio
1968. La Chiesa festeggiava san Do-
menico Savio.
Riportai la frattura della quinta, se-
sta e settima cervicale e del femore
destro. In pratica rimasi paralizzato.
Pensai che sa rebbe finita la mia
vita.
AII ' ospedale il professore disse a
mia madre che in pochi giorni sarei
morto. Se fossi sopravvissuto, sarei
rimasto paralizzato per sempre.
Quante volte in quei giorni desiderai
la morte per liberarmi dalla inia in-
fermità! Il mio corpo era morto. Mi
accorsi di aver perso la sensibilità, di
non sentire più niente, nessun dolo-
re. E persi la fiducia in me stesso.
Il mio calvario
Cominciai la fisioterapia. Mi tra-
sferirono a Ostia e a Roma. Fui ope-
rato tre volte. Poi finalmente ritornai
a Modica in aereo . Mi portarono a
Fiumicino e in quel giorno fui vera-
mente felice; si realizzavano due
DICEMBRE 1993 · 23

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miei desideri: viaggiare in aereo eri-
tornare a casa. Arrivato a Modica,
potei uscire in ca1rnzzina e girare per
le strade del mio quartiere. Mia so-
rella spingeva, la gente guardava e
mi compiangeva: «Povero ragaz-
zo!». Finii con l'uscire di rado e sol-
tanto con la macchina per una pas-
seggiata con i miei fratelli. All'inizio
ricevevo molte visite di amici, poi
non vennero più. Mi aspettavano an-
ni difficili e pieni di solitudine. Infine
fui operato per una quarta volta a Pa-
lermo. Tornato a Modi~a in primave-
ra, passai le giornate al sole, senza
amici. Mi vergognavo di farmi vede-
re e me ne stavo in luoghi apparta-
ti. Odiavo tutti e non volevo vede-
re nessuno. Passarono cosl anche
l' estate e l'inverno. Non sopportavo
neppure mia madre e i miei fratelli.
Passavo il tempo bestemmiando e
invocando la morte.
Mandati dal Signore
Nell'estate dell'anno dopo conob-
bi Giorgio, un ragazzo di 14 anni,
che sarebbe diventato il mio miglio-
re amico. Giorgio venne a trovarmi
ogni giorno, con altri ragazzi. Il tem-
po passava più serenamente, ma non
era ancora la felicità. Allora ero lon-
tano dal Signore e vivevo solo di ri-
cordi. Da ragazzo ero pieno di salute
e facevo le corse nei prati. Dopo la
quinta elementare avevo voluto an-
«Ho tanti amici. Molte persone mi
telefonano e mi vengono a trovare».
dare subito a lavorare. A 13 anni ero
diventato muratore e il mestiere mi
piaceva molto.
L'estate dopo venne a trovarmi
Carmela. La conoscevo da quando
era piccola, ma non era mai venuta
da me. Frequentava il "Collegio dei
salesiani" ed è stato il Signore a
mandarla .da me. Venne ogni giorno
a trovarmi e mi parlò di Dio. Carme-
la parlò di me a don Aldo e lo pregò
di venirmi a trovare. Il prete venne
insieme ad alcuni ragazzi e ragazze e
con loro pregai anch'io. Chiesi al Si-
gnore che si manifestasse e mi faces-
se entrare nel cuore un po' di fede.
Da allora incominciai a leggere la
Bibbia. E non mi stancavo mai. Pas-
sai l'estate a leggere il Vangelo. Fu
così che il Signore si manifestò ed
ebbe pietà della mia sofferenza.
Quasi un miracolo
Il Signore mi fece un "miracolo":
imparai a scrivere con la bocca! Fi-
nalmente potevo dare sfogo ai miei
sentimenti e scrivere ciò che prova-
vo. Da allora passo le mie giornate
scrivendo, e leggendo il Vangelo.
Con l'arrivo dell'estate abbattei l'ul-
tima barriera. Dopo nove anni che
non uscivo, finalmente decisi di af-
frontare questa prova. Pregai il Si-
gnore di darmi coraggio e di non far-
mi abbassare gli occhi. Uscii con gli
amici che spingevano la carrozzella.
La gente mi guardava: io salutai ed
essi rispondevano. Uscii tutti i gior-
ni. Poi decisi di andare alla Messa. In
chiesa la gente si voltava per guar-
darmi e io ero contento. Da allora ci
andai tutte le domeniche. Il mio cuo-
re aveva trovato finalmente la pace.
Avevo conosciuto l'amore del Si-
gnore. Dopo un po' di tempo mi
chiesero di leggere i miei scritti alla
radio e potei offrire la mia testimo-
nianza a tanta gente.
Ora la mia sofferenza ha un senso e
l'accetto con amore. Ho tanti amici.
Molte persone mi telefonano e tante
mi vengono a trovare. Penso con do-
lore a quegli anni passati lontano dal
Signore e a quello che ho perso. Ci
voleva questa disgrazia per farmi co-
noscere il Signore e avvicinarmi a
lui. Come vorrei che altri disabili co-
me me potessero conoscerlo subito!
Conoscendo il Signore si conosce la
vera vita.
Adesso sono qui. Dopo tante espe-
rienze negative posso dire di aver
trovato la felicità. La mia vita conti-
nuerà e sarà dedicata solo al Signore.
E non m'importa di essere un para-
plegico, l'importante è vivere con il
Signore.
Nella Famiglia Salesiana
Da quasi dieci anni faccio parte
della Famiglia Salesiana: ho fatto la
promessa di cooperatore, insieme a
mia madre, nel gennaio del 1984.
Sono membro attivo nella mia par-
rocchia "Maria Ausiliatrice" e svol-
go la mia opera di catechista dal mio
letto. Preparo i ragazzi alla cresima.
Che gioia aiutarli a percorrere il
cammino di fede. Prego lo Spirito
Santo che cambi i loro cuori, così co-
me cambiò la mia vita, e li renda dei
testimoni.
Sono stato a Lourdes due volte,
con mia madre. Lei è la mia ombra, il
mio angelo custode di questa terra,
che mi segue ovunque. Ho provato
momenti di Paradiso, momenti belli
che non si possono dimenticare.
A Roma nell'88, anno centenario
della morte di Don Bosco, fui ospite
del Rettor Maggiore e ho avuto la
gioia di incontrare Giovanni Pao-
lo II. Gli offrii le mie preghiere e le
mie sofferenze. Mi disse: «Nino,
preghiamo insieme!», e mentre tene-
va una mano sulla mia, con l'altra mi
tracciò un segno di croce in fronte.
24 -DICEMBRE 1993
Co11de11sato dal libro «Dalla sofferen za alla gioia»,
di Nino Baglieri

3.5 Page 25

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di Rosalìa Carini
Nell'antichità gli almanacchi erano
già conosciuti e apprezzati per le loro
informazioni astrologiche, mediche,
religiose e agricole. Esiste una gran-
de collezione di almanacchi di ogni
epoca, di ogni paese e di ogni gene-
re . La più vasta e importante è quella
di Michel Hennin, conservata alla Bi-
blioteca Nazionale di Parigi, che ne
raccoglie un'infinità, impressionanti
per il numero e la varietà degli argo-
menti : agricoltura, navigazione, ga-
stronomia, magia... a cominciare dal
1614 fino alla Rivoluzione francese .
Ma la fortuna degli almanacchi ebbe
inizio dall'avvento della stampa, per
la possibilità di arrivare a una vastis-
sima cerchia di lettori, e con una spe-
sa minima.
A TORINO. Come scrive Natale
Cerrato, sjn dal secolo XVIII a Torino
furono pubblicati i più eterogenei al-
manacchi. Cito soltanto "Il Gran Pe-
scatore di Chiaravalle", "Il Palmaver-
de", "La Sibilla Celeste", "II Contadino
istruito". Nel 1783 uscì il primo alma-
nacco con composizioni in piemonte-
se: "L'Almanacco di Sanità" di Mauri-
zio Pipino. Più celebre , nel 1831 , il
"Parnàs Piemontéis", che pubblicava
le più belle prose e poesie nel pie-
montese del tempo. Né si può tacere
"L'Amico di Casa" delle Società
Evangeliche Italiane, ideato dal ge-
novese Costantino Rota e pubblicato
a Torino nel 1854.
Risale a questo periodo l'iniziativa
di Don Bosco di offrire ai lettori delle
"Letture Cattoliche" un almanacco,
«omaggio agli associati e Strenna
per il nuovo anno».
«IL GAL_ANTUOMO» . Don Bosco
era inesauribile nelle sue iniziative e
sempre ci azzeccava, anche perché i
suoi collaboratori li sapeva scegliere.
Pare, infatti, che l'idea sia partita da
Francesco Faà di Bruno, beatificato
pochi anni fa, il quale, lasciato l'eser-
cito , cominciava a impegnarsi
IL PRIMO
ALMANACCO
CATTOLICO
I «Il Galantuomo» al suo 25° anno di
vita. 111877 è l'anno di fondazione
del Bollettino Salesiano.
nell'apostolato sociale. Avrebbero
voluto chiamare la nuova pubblica-
zione "Il vero Amico di Casa", oppure
"L'Almanacco del Popolo". Ma Don
Bosco lo chiamò "Il Galantuomo", ti-
tolo augurale e significativo in ogni
epoca. E lo sarebbe anche oggi ,
quando - perché la barca vada - ba-
sterebbe una cosa sola, che ai remi ci
stessero solo "galantuomini".
La prima edizione de "Il Galantuo-
mo - Almanaeco Nazionale per il
1854" uscì dalla tipografia torinese di
via della Zecca, 23 - Casa Birago - di-
retta da P. De Agostini , con una tira-
tura di oltre 16 mila cç>pie e fu di fatto
il primo calendario cattolico italiano.
A pag . 8 ci si trovava l'elenco delle fe-
ste mobili e il calendario, che include-
va tra le festività torinesi quella della
Sindone. A pag . 21 si potevano leg-
gere informazioni statistiche redatte
da Faà di Bruno (tra l'altro si appren-
deva che , secondo il censimento del
1848, la popoléj.zione torinese era di
143.157 anime) ; a pag. 26 si forniva-
no interessanti regole per la coltura
dei bigatti, cioè dei bachi da seta; a
pag . 48 figuravano varie nozioni di
meteorologia, espresse con esempi
simpatici, e non mancano in altre pa-
gine aneddoti dal tono ironico e mas-
sime morali. Terminava elencando a
pag . 111 le fiere principali di alcuni
importanti centri della provincia tori-
nese.
SPIRITO CATTOLICO. In breve "Il
Galantuomo" era una vera miniera,
specie per la gente semplice, che vi
trovava tutto quanto non aveva il tem-
po di leggere. Soprattutto, di diverso
e di migliore, vi trovava lo spirito cat-
tolico. Tutto il buono emanante da "Il
Galantuomo", lo spiegava - probabil-
mente Don Bosco stesso - nella pre-
sentazione: «Non istupitevi, cari let-
tori , se mi chiamo Galantuomo prima
che voi conosciate i miei pregi e le
mie virtù. Non è superbia, ma unica-
mente per additarvi sul bel principio
che io, se noi sono ancora, desidero
ardentemente diventare galantuomo
e far galantuomo, se potessi, tutti gli
uomini del mondo» .
Don Bosco, prete del suo tempo,
incastonato felicemente nel suo
tempo, ma con gli occhi aperti e le
antenne ritte, fino a risultare moder-
no, "le pensava tutte", e pensò, 140
anni fa, anche a un suo almanacco.
Ma "Il Galantuomo" sarebbe attuale
anche oggi, di fronte al progresso
inarrestabile della tecnica , al mate-
rialismo, al disgregamento delle fa-
miglie e a quant'altro ci rende ansio-
si per il futuro.
DICEMBRE 1993 - 25

3.6 Page 26

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REPORTAGE A Roma-Frascati i cooperatori salesiani hanno tenuto il primo congresso della
Foto C. De Marie
Dopo il Vaticano II è scoccata
« 1' ora dei laici», ha detto don
Egidio Viganò, rettor maggiore dei
salesiani, aprendo i lavori del primo
congresso dei cooperatori d'Italia e
Medio Oriente: «e il cooperatore è
un laico credente, membro vivo del-
la Chiesa con -lo stile e il carisma di
Don Bosco». E ha aggiunto, in linea
con il tema del congresso: «Come
Don Bosco i cooperatori salesi&ni
camminano con Cristo sulla strada
dell ' uomo, con costante volontà
operativa e con ottimismo, sensibili
ad alcuni valori di particolare urgen-
za: la famiglia, la gioventù, la vita ci-
vile, la cultura».
Madre Marinella Castagno, nel
suo intervento di saluto, auspicava
una sempre maggiore comunione tra
i cooperatori; mentre don Antonio
Martinelli li invitava a sentirsi parte
della grande Famiglia Salesiana, an-
che per essere una presenza di mag-
gior efficacia nella Chiesa e nella so-
cietà.
«I laici salesiani devono preparar-
si in maniera sempre più adeguata ad
affrontare la sfida delle nuove po-
vertà e della nuova solidarietà, con
lo specifico del cooperatore, da sem-
pre impegnato sul versante educati-
vo», ha precisato Pierangelo Fabrini,
della consulta mondiale, presentan-
do il cooperatore non come il tradi-
zionale "benefattore", ma come un
apostolo che risponde alle urgenze
del quotidiano a partire dall' impe-
gno nel socio-politico.
La, relazione di Garelli
Il tema di fondo è stato affrontato
da Franco Garelli, docente di socio-
logia all ' Università di Torino. Dopo
26 · DICEMBRE 1993

3.7 Page 27

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regione Italia e Medio Oriente.
IN LIBRERIA
Il sociologo Franco Garelll.
aver elencato in dettaglio le povertà
tradizionali e quelle emergenti, si è
soffermato sulle nuove solidarietà,
presentando in particolare l'azione
del volontariato, sottolineandone i
I «I cooperatori camminano sulle
strade dell'uomo con volontà
operativa e con ottimismo», ha detto
don Viganò al congresso di Frascati.
meriti e alcuni limiti. «Molte delle
emergenze descritte vengono affron-
tate nella società contemporanea
grazie ali ' impegno e all'azione del
volontariato» , ha detto. «Si fa un
gran parlare della vitalità e del peso
del volontariato nella società italiana
contemporanea, come di una forza
che agisce in modo controcorrente,
in grado di operare con successo là
dove le strutture pubbliche sono de-
stinate all'impotenza... Molti oggi
considerano il volontariato come la
parte migliore del paese. Che sareb-
be della nostra società senza le asso-
ciazioni, i gruppi, le realtà di base
impegnate nel far fronte sia alle vec-
chie che alle nuove povertà, che si
applicano con costanza e disinteres-
se vuoi nei campi tradizionali del-
1' azione volontaria (malati assistiti,
handicap, anziani , minori abbando-
nati), vuoi nei settori emergenti (tos-
sicodipendenza, aids, etilismo, senza
fissa dimora, immigrati stranieri,
giovani e famiglie a rischio)?».
«Che ne sarebbe del nostro paese»,
ha continuato Garelli, «senza quei
milioni di cittadini che liberamente
ispirano la loro vita a fini di solida-
rietà, ponendosi a disinteressata di-
sposizione della comunità, promuo-
vendo una risposta creativa ai biso-
gni emergenti del territorio, con
attenzione prioritaria ai soggetti po-
veri e "senza potere"?».
«L'azione del volontariato per-
mette di superare Je rigidità e i condi-
zionamenti insiti nell'intervento
pubblico», concludeva Garelli, ma
auspicava che il volontariato non si
costituisse quasi «in "società paral-
lela", diventando poco stimolante
per le dinamiche collettive». Con il
rischio di impegnarsi nel volontaria-
to solo per scarsa fiducia nell'azione
pubblica e nelle istituzioni. Mentre
la chiusura nei piccoli gruppi potreb-
be portare la stessa comunità cristia-
na a essere scarsamente incisiva nel
tessuto socio-politico.
Jn,ven,tare un,a presen,za n,uova _
Il convegno è stato un momento
importante anche per la vita dell'as-
sociazione. 170 delegati , rappresen -
GIORD NO MURARO
Amarsi e sposarsi
nel Signore
AMARSI E SPOSARSI
NEL SIGNORE
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Ai fidanzati veramente capaci di inter-
rogarsi, la proposta di quattro «shock
da riHessione».
PERCHÉ LA VITA
SIA UNA FESTA
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della religione cattolica nel la scuola
materna .
VANGELO
SECONDO MARCO
di MARIO GALIZZI
Pagg. 326, lire 16.000
«Vuoi conoscere Gesù? Leggi, medi-
ta, approfondisci il Vangelo di Marco.
Il Vangelo di Marco è il manuale del-
l'apprendista discepolo»
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DICEMBRE 1993 - 27

3.8 Page 28

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tanti di quasi 12 mila cooperatori, or-
ganizzati in 273 sezioni, provenienti
dall'Italia, dalla Svizzera, dal Liba-
no, dalla Siria e dalla Turchia, hanno
potuto per la prima volta confrontar-
si con grande determinazione. «È
stato per noi un momento di crescita
e di maturazione del nostro senso di
appartenenza», ha detto Vittoria
Bazzoli. «Ritorniamo nei nostri am-
bienti di vita con la volontà di essere
attenti alle persone che incontrere-
mo. Senza unirci al coro dei lamenti,
ma con concretezza, con lo stile edu-
cativo che ci caratterizza». E Anna
Mangia: «Dobbiamo inventare una
presenza più incisiva nel sociale,
mobilitandoci nel territorio, pro-
muovendo studio, informazione,
progettazione comunitaria con altre
forze che condividono con noi gli
stessi progetti».
In un intervento carico di spiritua-
lità, il coordinatore generale Paolo
Santoni ha detto: «In un mondo che
ha bisogno estremo di testimoni au-
tentici, dobbiamo sempre più punta-
re a volare in alt.o. I tempi ci impon-
gono scelte coraggiose di vita». E
don José Reinoso, responsabile
mondiale, invitava i delegati locali a
spingersi oltre: «I cambiamenti in
corso sono tali da sbilanciarci», ha
detto. «Forse dobbiamo accompa-
gnare l'associazione in modo nuo-
vo, inedito, capace di rispondere ai
bisogni dei laici che vogliamo aiuta-
re. E questo richiede riflessione e
inventiva».
Nonprivatiuare lafede
Nel comunicato stampa conclusi-
vo, Giuseppe Ceci, rifacendosi da
vicino al tema centrale della nuova
solidarietà, sollecitava con concre-
tezza le grandi linee di una progetta-
zione orientata a una nuova presen-
za: «I cooperatori devono vivere la
gentilezza e la tenerezza della soli-
darietà; condividere la storia della
povera gente. È giunto il tempo di
organizzare la speranza, nonostante
la diffusa indifferenza. Non è possi-
bile cedere alle tendenze che porta-
no alla privatizzazione della fede .
L'intimismo, un certo spiritualismo
disincarnato non favoriscono affatto
la ricostruzione morale e politica
della società».
Gianni Frigerio
28 -DICEMBRE 1993
CRESCERE
NELL' <<ESSERE>>
E NEL SERVIZIO
di José Reinoso
Nino Sammartano,
41 anni, siciliano
di Marsala, è il nuovo
rappresentante
dei cooperatori italiani
alla consulta mondiale.
I I primo Congresso regionale dei
cooperatori italiani si è concluso
a Frascati nel settembre scorso con
1' elezione del professor Nino Sam-
martano. II neo - eletto, che rappre-
senterà l'Italia e il Medio Oriente al-
la consulta mondiale dei cooperato-
ri, è docente di lettere nel liceo
classico dal 1976 e ha quindi una
lunga esperienza di contatto con i
giovani. Scrittore di libri, soprattut-
to di carattere educativo, insieme al-
la moglie collabora ai corsi di prepa-
razione al matrimonio. Da molti
anni è impegnato in ruoli di re-
sponsabilità tra i cooperatori della
sua ispettoria.
Nino, che significato ha avuto per
la nostra associazione il congresso
di Frascati?
«Per noi è stato un evento, un av-
venimento storico. Anzitutto perché
si è trattato del primo Congresso re-
gionale. E mi pare sia stata una scel-
ta felice, quella di celebrare i con-
gressi regionali piuttosto che un uni-
co congresso mondiale. Poi perché
c'è stata la partecipazione di alcuni
cooperatori del Libano, della Siria e
della Turchia, la cui presenza ha da-
to alle giornate del Congresso un
respiro internazionale e ha aperto
belle prospettive di confronto, di
condivisione e di sostegno tra i
cooperatori italiani e quelli del Me-
dio Oriente.
I Un gruppo di cooperatori
del Medio Oriente partecipanti al
convegno di Frascati.

3.9 Page 29

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I Nino Sammartano,
al centro, in un
curioso atteggiamento.
iPNùov·
Frascati (Roma). L'assemblea del Congresso regionale
dei cooperatori d'Italia e Medio Oriente (Foto Marzi).
I lavori del Congresso hanno co-
niugato i temi della crescita interna
dell'associazione con quelli del suo
slancio apostolico e missionario. La
riflessione sulle «nuove povertà e
nuove solidarietà in una società plu-
rietnica», se da un lato è servi.la a
promuovere una maggiore, come
dire, sintonizzazione dell'associa-
zione sulle urgenze e bisogni che
vanno emergendo nella società,
dall'altro ha ribadito che le risposte
di so lidarietà che i cooperatori sono
chiamati a dare non possono essere
generiche, ma devono essere pensa-
te e progettate alla luce del carisma
salesiano nella linea della preventi-
vità e della attenzione alla dimen-
sione educativa».
Quale sarà nei prossimi anni il
cammino dell 'associazione nella re-
gione Italia e Medio Oriente?
«Stando alle indicazioni emerse
dal Congresso, l'associazione si
sforzerà ai vari livelli, di camminare
contemporaneamente lungo due di-
rezioni: la cura della formazione,
iniziale e permanente, dei coopera-
tori e una attenzione apostolica
ali' area della marginalità sociale e
della povertà educativa.
«Il cooperatore deve essere forte-
mente sostenuto nella sua formazio-
ne. È una persona di fede, di una fe-
de convinta, un testimone del van -
gelo.L'essere prima del fare, o, se si
vuole il fare che scaturisce dall ' es-
sere. Il cooperatore è un membro vi-
vo della Chiesa: adeguatamente for-
mato, sente la chiamata del Signore
a cooperare alla costruzione del Re-
gno di Dio e si impegna, personal-
mente e insieme agli altri, per la cre-
scita delle persone e per la causa del
vangelo dove più forti sono i bisogni
di vita, di dignità umana, di giustizia
e di amore. Questo richiede lo sfor-
zo de11a progettazione apostolica e
del coordinamento delle energie,
per operare sia nelle strutture della
società civile che in quelle ecclesia-
li e salesiane già esistenti, sia ponen-
c\\o in atto iniziative apostoliche nuo-
ve».
Come ti poni tu, difronte a questo
impegno, ora che sei stato eletto al-
la consulta mondiale?
«Sono convinto che ci sarà parec-
chio da fare e che non mancherà la
fatica dell ' impegno. So, comunque,
di poter contare sul sostegno umano
di mia moglie, anche lei cooperatri-
ce, e che quindi condivide con me
questo impegno, sia di altri amici
cooperatori. Soprattutto conto sul-
!' aiuto del Signore e dell ' Ausiliatri-
ce. Lavorare per l'associazione è la-
vorare per il Signore, e per un sale-
siano... questa mi sembra una
certezza consolante».
O
DICEMBRE 1993 - 29

3.10 Page 30

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CENTRO AMERICA L'identikit dei cinque vescovi salesiani centroamericani. Una presenza
MEDIATORI DI PACE
di Salvador Cafarelli
Santo Domingo, 1992.
I vescovi del Centro
Anierica stanno scrivendo
con la loro gente
una nuova pagzna
di storia.
30 - DICEMBRE 1993
EL SALVADOR. I primi salesia-
ni arrivarono nel 1897 e in breve
tempo si diffusero in tutto il Centro
America. Uno dei primi segni di vi-
talità furono le vocazioni locali, che
sin dall'inizio rafforzarono le file
dei salesiani venuti dall 'Italia.
Monsignor Cagliero, inviato come
internunzio apostolico, constatò per-
sonalmente questa straordinaria cre-
scita. Da questo albero rigoglioso,
la Chiesa prelevò per primo nel
1943 il salesiano José De La Cruz
Turcios, per nominarlo vescovo di
Tegucigalpa-Honduras. Tre anni do-
po, nel 1946, il salvadoregno Pedro
Arnoldo Aparicio Quintanilla, allo-
1:a direttore dell 'Instituto técnico
Don Bosco di Panama, fu nominato
primo vescovo della nuova diocesi
di San Vicente. Di monsignor
Quintanilla, morto nel settembre del
' 92, si ricorda in particolare la fon-
dazione delle Hijas del Divino
Salvador e l'impulso dato ai laici
con la creazione dei Caballeros de
Cristo Rey e l 'lnstituto Normai Ana
Guerra, per la formazione dei mae-
stri. Visse in momenti veramente
difficili tra militarismo e ideologie
rivoluzionarie. Volle affidare la sua
diocesi a Maria Ausiliatrice e col-
locò una sua statua sulla strada che
ne segna il confine.
Monsignor ]osé Carmen Di Pie-
tro, un salesiano italiano, fu il primo
vescovo di Sonsonate e in soli tre an-
ni di episcopato (1987-1989) diede

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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di pace in una terra che scotta e chiede la riconciliazione.
alla nuova diocesi un impulso straor-
dinario: organizzò la pastorale, pro-
mosse le vocazioru, fondò una
congregazione femminile, Las
Hermanas de la Presentacfon.
Nella diocesi di Romero
Exallievo dell'Ateneo Salesiano,
il salvadoregno monsignor Arturo
Rivera Damas, fu nominato ausiliare
di monsignor Romero, arcivescovo
di San Salvador, e alla sua tragica
morte ne divenne il successore.
Monsignor Rivera Damas assunse la
direzione della diocesi tra un paese
fortemente diviso. Da una parte le
forze del militarismo, sostenute dal-
la classe ricca e dominante, non di-
sposta a rinunciare ai privilegi e a
cambiare gli schemi socio-politici
che mantenevano la popolazione in
una situazione di ingiustizia e di
estrema povertà. Dall'altra i gruppi
di estrema sinistra che si organizza-
vano e si armavano, diventando con
il tempo un vero e proprio esercito di
guerriglieri che per oltre dieci anni
lottarono violentemente e con tutti i
mezzi per raggiungere il potere e fa-
re del Salvador una nuova Cuba o un
Nicaragua: sequestri, distruzione si-
stematica della infrastruttura econo-
mica, manifestazioni e guerriglia.
Durante questi anni monsignor
Rivera soffrì e lottò per mantenere
unito il gregge. Alla già difficile si-
tuazione di violenza si aggiunsero
attacchi violenti alla Chiesa, soprat-
tutto alla gerarchia, sia da parte dei
potenti gruppi di destra, che lo accu-
savano di appoggiare la sinistra, ma
anche dagli stessi gruppi di sinistra
quando, per far pressione sul gover-
no, cominciarono ad occupare alcu-
ne chiese e perfino la cattedrale e lo
costrinsero a intervenire prendendo
le distanze da loro. Chiamato costan-
temente in causa da un gruppo e
dall ' altro come mediatore e conci-
liatore, non risparmiò sforzi per fa-
vorire la riconciliazione, che orafi-
nalmente comincia a germogliare.
In questo momento monsignor
Rivera deve affrontare anche il pro-
blema della proliferazione e aggres-
sività delle sette protestanti e fonda-
mentaliste che confondono e divi-
dono il popolo.
Quest'anno si celebra il 150° anni-
versario della fondazione della dio-
cesi di San Salvador. Uno dei sogni
di monsignor Rivera è poter consa-
crare la nuova cattedrale ricostruita
sulle "ceneri" dell'antica distrutta
dalle fiamme nel 1950. Un sogno che
forse ne nasconde un altro più intimo
e profondo: che dalle fiamme e di-
struzioni di questa lunga gue1rn fra-
tricida rinasca una nuova società se-
condo il cuore di Gesù Salvatore,
che ha dato il nome a questo popolo.
HONDURAS. L'Honduras, come
tanti altri paesi dell ' America Latina,
è marcato da vari problemi , in parti-
colare la povertà, a causa di una defi-
ciente amministrazione e da decenni
di corruzione governativa e di ditta-
tura militare. Negli ultimi anni è co-
minciata la democrazia, ma è ancora
troppo precaria e dipendente da for-
ze esterne. In questa situazione so-
ciopolitica la Chiesa si presenta
come uno spazio di libertà, una ga-
ranzia di rispetto della persona uma-
na, di forza spirituale e coscienza
morale.
Monsignor Hector Santos, un hon-
duregno che ha rinunciato recente-
mente per lirruti di età al governo
della diocesi di Tegucigalpa, negli
ultimi quarant'anni ha svolto un ruo-
lo decisivo nel paese, mettendo a
servizio della Chiesa e del popolo il
suo equilibrio e la sua prudenza. La
mancanza di clero locale lo ha spin-
to ben prima çlel Vaticano II alla for-
mazione dei laici per coinvolgerli
nel compito dell'evangelizzazione.
Anche lui ha fondato una congrega-
zione di suore, le Misioneras del
Sagrado Corazon che si dedicano
specificatamente alla catechesi nelle
parrocchie e nelle scuole.
Una presenza nel CELAM
Monsignor Oscar Rodriguez
Maradiaga è nato a Tegucigalpa
(Honduras) nel 1942. Giovanni
Paolo II lo nominò vescovo ausiliare
di Tegucigalpa a soli 36 anru, mentre
era direttore dello studentato filoso-
fico salesiano in Guatemala. Pochi
mesi fa, alla rinuncia di monsignor
Santos, è diventato arcivescovo me-
tropolita di Tegucigalpa. Alla fine
degli anni '70 i suoi interventi in al-
cune commissioru della Conferenza
Episcopale Latinoamericana (CE-
LAM) lo segnalarono come persona
che poteva contribuire efficacemen-
te alla crescita della comunione nella
Chiesa latinoamericana. Dal 1979 al
1987 fece parte e diresse vari organi-
smi del CELAM e nel 1987 ne di-
venne il segretario generale, incarico
Msr. Romero, assassinato durante la messa e il suo successore,
msr. Rivera Damas.
DICEMBRE 1993- 31

4.2 Page 32

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che occupò fino al 1991. At- bile, preoccupato e difensore del suo
tualmente è presidente del comitato gregge.
economico del CELAM (1991-
1995).
Come segretario generale del CE- I successi del cardinale
LAM, monsignor Rodriguez ebbe
l'impegnativo compito di preparare
la quinta conferenza generale di
Santo Domingo.
Monsignor Luis Alfonso Santos
Villeda, nato in Honduras nel 1936, è
arcivescovo di Santa Rosa di Copan
(Honduras), diocesi di 16.700 kmq e
circa un milione di abitanti. La sua è
una diocesi rurale confinante con El
Salvador e Guatemala. Lo stato di
guerriglia dei due paesi confinanti ha
influito abbastanza nella sua diocesi
soprattutto per il grave problema dei
rifugiati. Per nove anni dovette oc-
cuparsi di circa 21.000 rifugiati sal-
vadoregni e 800 guatemaltechi.
Sensibile ai problemi sociali, come
la miseria, l'analfabetismo, la corru-
zione, la mancanza di condizioni mi-
NICARAGUA. Il cardinal Miguel
Obando Bravo, nato a Sabana Grande
(Nicaragua) nel 1926, fu eletto vesco-
vo di Matagalpa, una città al nord del
Nicaragua, nel 1968 e rimase in quel-
la sede soltanto due anni, perché nel
'70 fu nominato arcivescovo di
Managua.
Negli ultimi vent'anni la figura
dell'arcivescovo Obando Bravo
occupa certamente un posto di pri-
maria importanza nella storia del
Nicaragua, segnata da tre grandi av-
venimenti: la caduta del dittatore
Anastasio Somoza (1979); i dieci an-
ni del regime Sandinista (1979-
.1 990) ; e la caduta del Sandinismo
(1990).
Obando è la grande anima del po-
I Il cardinal Miguel Obando Bravo, ar-
civescovo di Managua. Nell'ultima
recente crisi del Paese è stata elo-
giata la sua capacità di mediazione.
nazionale, divisa ancora da odi e ran-
nime per una vita umana della gente, polo nicaraguense, e ha lottato per la cori di anni di violenza.
monsignor Santos ogni tanto sceglie libertà del suo popolo sempre. Prima Nell ' 88 , anno centenario della
i canali della comunicazione sociale contro la dittatura di Somoza, poi morte di Don Bosco, Giovanni Pao-
per svegliare le coscienze addor- contro i sandinisti. Uomo di pace, ha lo II donava all a Chiesa del
mentate dei politici, con i quali a vol- rappresentato il pastore di tutti, prin- Nicarague un altro giovane vescovo:
te non teme di aprire polemiche.
cipalmente nei momenti più duri, monsignor Juan Abelardo Mata , na-
I problemi sociali non lo allonta- come il terremoto di Managua del to a Managua nel 1946. Prima ausi-
nano dal compito di promuovere le 1972. Intrepido nella fede e nella liare del cardinal Obando, poi vesco-
vocazioni sacerdotali e laicali e la missione pastorale ha mostrato sem- . vo della diocesi di Esteli, situata al
comunione nella sua diocesi. Fare pre grande coraggio di fronte alle nord del Nicaragua, in una zona
centinaia di chilometri per visitare il minacce ricevute. E stato insignito di montuosa e abitata nella maggior
territorio diocesano usando quando numerosi riconoscimenti ufficiali, parte da contadini, monsignor Mata
è necessario il fuoristrada o il caval- per il suo lavoro pastorale e sociale. si è trovato di fronte a una difficile si-
lo e conoscere da vicino la dura Forte di fronte alle lusighe dei due tuazione sociopolitica di un paese
realtà del suo popolo fanno di monsi- regimi totalitari, continua a lavorare che non riesce ancora a venir fuori da
gnor Luis Santos un vescovo sensi- per la riunificazione della comunità una crisi economica provocata da
dieci anni di guerra e di militarismo.
L' estrema povertà della gente, la
mancanza di clero e di religiosi, la
presenza di sette fondamentaliste sta
impegnando a fondo monsignor
Mata. Come misura di emergenza
sta chiedendo aiuti ad altre diocesi
più ricche di clero e di religiosi. Là
sua sensibilità sociale lo porta pure a
promuovere progetti a favore dei
bambini e giovani più poveri. Sta
puntando molto anche sulla presen-
za di laici impegnati . Esteli è una
delle zone dove il sandinismo aveva
affondato solidamente le radici e an-
che il clero era abbastanza politiciz-
zato,_per cui uno dei compiti più dif-
ficili del nuovo vescovo è stato quel-
lo di rafforzare la comunione e parte-
Al centro, msr. Oscar Rodriguez, a Roma, per la visita di
Giovanni Paolo Il alla casa generalizia (foto A. Mari)
cipazione ecclesiale nel clero.
Salvador Cafarelli
32 · DICEMBRE 1993

4.3 Page 33

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di Jean-François Meurs
SCOPRIRSI L'ANIMA NEL BOSCO
Famiglia
Sales,ana
È soltanto nel silenzio che si
entra in se stessi. Camminare
nella solitudine di un bosco, re-
stringere il nostro campo di visio-
ne per concentrarci su di noi, è
affermare i diritti della nostra ani-
ma. Camminare nel bosco, allon-
tanarci dalle voci del giorno, im-
battersi con stupore in una natu-
ra ancora intatta, ci fa sentire par-
te di un universo, che nel profon-
do è armonia.
Domenica 21 novembre. Sono inde-
ciso a raccontarlo agli altri. È come un
segreto che sto scrivendo nel mio dia-
rio: credo di aver visto la mia anima!
Ci troviamo per qualche giorno in ri-
tiro, con la mia classe. In un posto fan-
tastico, circondato da boschi.
Facciamo un mucchio di cose interes-
santi, dei lavori di gruppo, delle
discussioni e ci sono anche dei mo-
menti in cui stiamo allegramente insie-
me, e le giornate sono molto piene. Ma
ecco, bisogna che io lo scriva, durante
l'ora di deserto... è difficile spiegarsi , è
in questo tempo che mi è capitato.
L'ora di deserto è quando ciascuno
se ne parte tutto solo. Il grande silen-
zio. Camminavo nel bosco ed ero as-
sorbito nella mia riflessione. Vedevo
gli alberi, senza guardarli, e gli aghi di
pino bruciati dall'inverno che formava-
no sui sentieri come un tappeto ros-
siccio. Un tappeto rosso, soffice,
silenzioso a causa dell'umidità.
Camminavo tutto solo, e mi stavo al-
lontanando con piacere da tutto per
entrare in me, profondamente dentro
dirne ...
Avevo l'impressione di scoprire
qualcosa di importante. Forse avrei
avuto la «rivelazione» della mia vita!
Questo mi riempiva già l'anima. È
come le onde: è quando esse si avvici-
nano alla spiaggia che si gonfiano di
più . Ho sentito che dovevo alzare gli
occhi, e l'ho vista a meno di 100 metri.
Forse camminavo proprio per aria,
perché lei non mi ha sentito arrivare.
La cerva mi ha guardato dolcemente
negli occhi, poi si è allontanata saltel-
lando come un'onda sulla collina.
Credo che se avessi incontrato la mia
anima, non avrei visto niente di più
bello. Ciò che aveva riempito la mia
anima, ormai non era più soltanto in
me, ma in ogni cosa attorno a me, e da
allora il mondo mi apparve più grande.
È strano: le anime e le cerve. Tu
cammini con tutti i tuoi sensi ben sve-
gli per vederne una e non vedi niente.
Al contrario non ti prepari a nulla, e l'in-
contri per caso. A patto che accetti di
camminare dentro di te e scegli i sen-
tieri più silenziosi.
Un cervo, non l'ho mai visto in li-
bertà. È sicuramente più difficile che
vedere una cerva. Ma io so che ce ne
sono nel bosco, ed è il motivo che ren-
de questo bosco diverso dagli altri.
Tuttavia mi rende già felice il pensare
che un giorno o l'altro malgrado tutto
possa vederne uno! E penso che sa-
rebbe davvero giga-mega-inimmagi-
nabile il poter all'improvviso imbattersi
in Dio allo stesso modo. È questo for-
se che mi ha fatto star bene nel bosco,
lontano dal rumore. Sono entrato nel
silenzio più profondo della mia anima.
CATANIA. Un furioso incendio ha quasi
distrutto un'ala del complesso scolastico
delle figlie di Maria Ausiliatrice di via
Caronda, sede ispettoriale. I danni sono
ingenti, le dieci aule della scuola elemen-
tare sono rimaste inagibili, così pure il tea-
tro e le sale per la scuola çii musica. Al mo-
mento del corto circuito, i ragazzi erano
tutti all'aperto, impegnati in attività col-
lettive. Comunque un danno notevole
all 'opera, che ospita anche la scuola
media, l'istituto magistrale e il liceo.
TURCHIA. Riccardo Bruni, 37 anni, un
torinese exallievo dell'istituto salesiano
Agostino Richelmy, nel luglio scorso a
Istanbul è stato proclamato campione del
mondo di stenografia per la categoria ste-
nografi pratici. Ha detto, comunicando 1~
felice notizia alla Famiglia Salesiana: «E
la realizzazione del sogno professionale
della mia vita. Il coronamento di anni e
anni di allenamenti». E ha voluto farsi
fotografare alla scrivania del compianto
prof. Cima, inventore dell'omonimo si-
stema stenografico del quale si avvale
nell'esercizio della professione.
PORTOGALLO. Si è tenuto a Lisbona
la riunione di settembre della Giunta
confederale degli exallievi. All'ordine
del giorno in particolare il prossimo
Eurogex, che si terrà nella primavera del
'94 in Spagna e I' Eurobosco, che si terrà
a Lisbona nel dicembre dello stesso an-
no, in occasione del centenario della pre-
senza salesiana in Portogallo. Intanto il
24 ottobre i giovani exallievi del-
1'America Latina danno inizio in
Messico al primo LatinGex, sul tema:
«Essere uomini di futuro, responsabili e
attivi nella struttura del proprio paese,
nello spirito di Don Bosco».
TORINO. Anche quest'anno il VIS ha
tenuto l'annuale Harambée a Valdocco,
nei giorni 2-3' ottobre, presenti centinaia
di giovani e 34 missionari. Nella matti-
nata della domenica, il cardinale
Giovanni Saldarini ha svolto per i giova-
ni il tema: «Risposte cristiane alla sfida
sui diritti umani» .
ROMA. Al Salesianum, presso la casa
generalizia, il Rettor Maggiore ha predi-
cato nel luglio scorso gli esercizi spiri-
tuali alle 69 novizie delle Figlie di Maria
Ausiliat1ice cli 11 nazionalità provenien-
ti dai quattro noviziati d'Italia.
DICEMBRE 1993-33

4.4 Page 34

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DALLÈ MiSSiONI In Mozambico, le figlie di Maria Ausiliatrice e i salesiani sono impegnati sul
ATTRAVERSANDO
IL GIARDINO
,.,. ·..,.,
--~··dr-Màr t\\e.Fita
~~
•• · :- -~ : .
: - ' :.:
I,
- Maputo (Mozambico). Ragazzi del «Centro Don Bosco».
Il bairro alla periferia
di Maputo ha un nome
suggestivo, ma la cruda
realtà la si scopre
camminando per strada.
L'attività di suor Anna,
in Mozambico dal 1975.
O Jardim»: lo chiamano tutti
« così. Forse perché, oltre le
case popolari che costeggiano la
strada e che formano "il quartiere"
riconosciuto della città, ci sono
molti alberi bassi, su un paesaggio
pianeggiante dove il caldo del-
1' estate incombe come una cappa.
Tra gli alberi la realtà più vera: fi-
le di catapecchie di cartone e di
34 · DICEMBRE 1993
canne, di terra·e mattoni, di lamie-
re infuocate. Qui ci sono quasi
centomila rifugiati che fino ali' an-
no scorso non avevano neppure
una scuola per i loro bambini come
non hanno acqua, luce, servizi
igienici .
Ho camminato su queste strade e
tra questa gente.
La, Messa di tutti
Al "Jardim" si festeggiava Don
Bosco. Alle 7 del mattino la chiesa
e ·a già piena di donne, uomini era-
gazzi per iniziare una festa che con-
ci ude le vacanze e che dà inizio
all'anno di attività. Fuori il sole era a
picco. Ma nel grande stanzone, ex ci-
nema, che è adattato a chiesa parroc-
chiale, la gente canta e prega come se
ci fosse l'aria condizionata. La par-
tecipazione della gente è incredibile:
una festa affettuosa a questo santo
"che ha inviato i suoi figli e le sue fi-
glie" per donare speranza.
La Messa è l'occasione per parlar-
si, per dialogare, per salutare le suo-
re che cambiano casa, per darsi ap-
puntamenti. Non si può calcolare il
tempo : la cerimonia dura fino a
quando tutti hanno finito di parlare e
si :•può andare in pace" .
E stato così che, sulla porta, ho in-
contrato un uomo che mi ha invitato
dai "suoi cristiani" che non possono
venire in chiesa.
Due foglie e una danza
Sotto un sole che stordiva, alle 14
ci siamo messe in strada per adden-

4.5 Page 35

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fronte della promozione umana e dell'evangelizzazione.
trarci in uno di questi incredibili re-
cinti di umanità. Lungo l'autostrada
i camion sfrecciavano carichi an-
ch'essi di uomini e di"cose. Ma ap-
pena giù dal ciglio, la sabbia entra
nei sandali rovente: il sentiero è po-
co più di un metro, ma si tratta della
strada principale. A destra e a sini-
stra la faccia migliore: piccole stan-
ze di mattoni e fango con qualche
lamiera. Più dentro anche i sentieri
si restringono: si passa in fila india-
na. Ma lì, sotto un grande albero, su
una piazza della misura dell'ombra,
c'era un gruppo di donne e di bam-
bini, con qualche uomo, che ci
aspettava da più di un 'ora con una
pazienza incredibile.
Un tavolo con l'acqua più fresca
era pronto per noi, gli ospiti. E ac-
canto, il Vangelo. Abbiamo pregato
un po' insieme. Poi è iniziato il rito
della festa e dei doni. Le donne più
anziane hanno danzato per dire la
gioia di una visita e poi su un cane-
stro di vimini, il dono di due grandi
foglie di zucca: la loro cena (quando
c'è!). Io guardavo strabi li ata. «Non
si possono rifiutare i doni», mi ha
sussurrato suor Anna, una coraggio-
sa missionaria che ogni settimana
passa la sua domenica in questo in-
ferno per portare una parola di
conforto. Così, alla fine della festa,
mi sono ritrovata tra le mani anche
3000 meticais, circa un dollaro, per
poter comprare la legna e cuocere le
foglie. Me ne sono tornata, la sera,
con il cuore che scoppiava di gioia e
di tristezza perché avevo toccato la
povertà, ma avevo misurato la "ric-
chezza dei poveri".
Ho mangiato, per la prima volta
nella mi a vita, le foglie di zucca: era-
no il segno di una generosità e di un
grazie così sincero e povero che non
potevo sciuparlo. I poveri sanno più
di noi ringraziare e condividere.
I passi della speranza
Ho camminato ancora, dietro a
suor Anna che ne conosce tutti gli
angoli, lungo le strade del "Jardim".
Ho incontrato ragazzi , tanti, acco-
vacciati in strisce d' ombra a ridosso
delle case-baracche. Ho visto le don-
ne, ai crocicchi, vendere di tutto: un
mucchietto di peperoncini rossi, due
o tre piccoli pani, foglie .. . Sono le
donne soprattutto che portano il peso
della casa e dei figli.
Ho incontrato una 1:agazza quasi
bambina: stava ormai con un uomo.
Non aveva finito di studiare, non ave-
va altro lavoro che pensare al suo uo-
mo e fare tutto quello che lui voleva.
Ho incontrato una donna consumata
dalla fatica e dagli stenti: ha tre figli
colpiti da distrofia muscolare.
Passano la giornata sulla stuoia in tre
metri quadrati , al buio. «Gracias a
Deus che tu vieni », hanno detto a suor
Anna. Il gruppo dei giovani della par-
rocchia sta tirando su due piccole
stanze con le finestre per questa fami-
glia. Ma se l' unica sorella sana non
spinge la carrozzella su quei sentieri
di sabbia, l'unico panorama per
Ricardo, Paulo e Stefano sono i muri
bui.
Le storie, quel giorno, si sono in-
trecciate. Suor Anna è passata dal-
!' ultima famiglia arrivata: quattro
bambini piccoli con la pancia gonfia
e la donna cieca. Occorreva interve-
nire con medicine e un ricovero
ospedaliero.
Tre passi più in là un 'altra famiglia
stava prendendo del the (acqua d' un
pallido verde dal sapore indefinito):
era il pasto della giornata. Bisognava
decidere per la scuola dei ragazzi, per
la catechesi, peri libri. Il quinto figlio
in arrivo e la necessità di assicurare
un avvenire meno nero ai figli.
Dall' altra parte della strada una
vecchia è rimasta sola con un nipoti-
no spastico, abbandonato dalla ma-
dre: non ha pit1 farina per cuocere un
po' di pane.
Quel giorno suor Anna ha potuto
incontrare meno gente del solito. Ma
ogni domenica è così: una promessa,
una parola, un incoraggiamento, la
certezza di tornare.
Tra i rifugiati , a cui nessuno pensa,
che vivono ammassati dietro le
stuoie di bambù, le parole vanno pe-
sate. E tuttavia ho_ incontrato gli oc-
chi sotTidenti dei giovan i e la ricono-
scenza dei grandi . Mi sono doman-
data come si fa a dire: «Tutto bene,
grazie a Dio». La mia fede è più po-
vera. E i ragazzi che conosco io, fan-
no fatica ad essere felici.
- Maputo (Mozambico). Bambini del progetto nutrizionale.
Il sogno che cresce
Nel cuore del quartiere sta cre-
scendo il progetto di suor Anna
Bonfanti. Il parroco, salesiano, arri-
va qui una volta la settimana, ma è
suor Anna la vera animatrice della
parrocchia, perché le suore abitano
proprio qui tra la gente.
DICEMBRE 1993-35

4.6 Page 36

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Fatti&
Persone
NAPOLI. Si è tenuto a Pacognano (Na)
il convegno promosso dalla rivista
Primavera sul tema: «Beverly Hills
90210: un sogno giovane che invoca al-
tro , un successo che ci provoca come
operatori dei media». Partendo dalla se-
rie televisiva che ha incantato molti gio-
vani, una settantina di figlie di Maria
Ausiliatrice hanno affrontato il fenome-
no televisivo nella sua provocazione pa-
storale.
L'incontro ha confermato tra l'altro l' ur-
genza dalla diffu sione di un giornale
educativo come Primavera, che riesce a
spargere messaggi alternativi con i mez-
zi e i linguaggi del nostro tempo.
VENEZIA. San Donà di Piave ha intito-
lato una strada a don Domenico Moretti ,
direttore dell 'oratorio Don Bosco negli
anni del dopoguerra. La nuova via si tro-
va nella zona della cosiddetta "cittadella
dello sport". Il sindaco ha dichiarato
«che la strada è stata dedicata a don
Moretti per riconoscerne l' indimentica-
bile figura che ha inci so profondamente
nella crescita della città».
ROMA. Con l'i nizio del nuovo anno
sco lastico, è stata affidata al sa lesiano
polacco don Stanislao Skopiak la dire-
zione della romana Scuola di musica
Ludovico da Victoria. La scuola, che ha
uno specifico indirizzo sacro, ha trovato
una nuova sede in via Caboto, tra la
Piramide e i Mercati Generali, e offre a
giovani sacerdoti, seminaristi, religiose/i
e laici di ogni parte del mondo l' opportu-
nità di coltivare il loro talento musicale.
CROAZIA. Nel corso di un assalto mu-
su lmano del paese croato di Uzdol , sono
stati uccisi il padre, la madre e la sorel-
la maggiore del salesiano don Ivan
Stojanovic, missionario in Ghana. Latri-
ste notizia è stata comunicata a don Ivan
dall'ispettoria di Zagabria. Mentre espri-
miamo forte il dolore per le vittime e la
nostra solidarietà a don Ivan, tocchiamo
con mano le tragiche conseguenze di
questa guerra che non vuole finire.
SAN PIETROBURGO. A Gatcina,
nella provincia della ex Leningrado, da
settembre è stata aperta la prima scuola
professionale salesiana, con una classe
di 27 allievi di 15 anni , che diventeranno
tecnici grafici nella specializzazione off-
set. È l' inizio di un'opera che avrà 6 clas-
si nei tre anni del corso e altre attività.
Suor Anna ha bussato alla porta
del console italiano, di ambasciatrici
e di industriali e sta cercando dj co-
struire, attorno alla chiesa, un centro
educativo e promozionale che aiuti
davvero a vivere.
La chiesa, un vecchio cinema ab-
bandonato, era qualche anno fa la
topaia diroccata dove i ladri che as-
saltavano il treno diretto nello
Zimbabwe nascondevano la refurti-
va. Ora i topi non ci sono più e sopra
sono state preparate delle aule per la
dattilografia e, presto, almeno tre
computer. Anche nei paesi poveri si
esige la qualificazione per trovare
lavoro. Poi c'è il corso di taglio e
cucito e, con l'aiuto italiano, stanno
arrivando le macchine per maglie-
ria.
Lungo il muro di cinta sta nascen-
do una scuola: due classi già appro-
vate dal Ministero. Le altre verran-
no un po ' per volta. Da una parte do-
vrebbe nascere un consultorio sani-
tario per bambini e mamme, dall'al-
tra la scuola materna per i più picco-
li che razzolano sulle strade.
Al centro si incontrano tutti: gran-
di e piccoli. Perché la vita comincia
presto. Ogni mattina i bambini de-
nutriti hanno un po' di latte e pane,
e l'acqua per un bagno che tolga il
prurito della polvere. Ce ne sono un
centinaio ogni mattina a fare la fila
davanti alla piccola vasca di cemen-
to. Ogni mercoledì, con l' aiuto del-
le suore di madre Teresa, arrivano
gli anziani, i malati . Il resto del tem-
po c'è scuola, c'è il laboratorio, ci
sono gruppi giovanili che si incon-
trano·... Suor Anna si muove tra la
sua gente chiamando tutti per nome.
Ho assistito alle iscrizioni : ragazze
di età diverse, ciascuna con un pro-
blema o un desiderio. Mamme gio-
vani con i bambini sulla schiena:
vogliono imparare a tener l'ago in
mano perché così se la cavano a
campare. Qui il futuro si chiama
educazione.
Vicino al cancello ci sono perfino i
fiori. «È una conquista», mi dice
suor Anna, «e anche un segno che si
comincia ad amare la vita. Questo
piccolo angolo me lo difendono pro-
prio i bambini. Mvhanno detto : "alle
piante pensiamo noi". Così le giova-
ni coppie arrivano qui per le loro fo-
to di nozze e il centro della parroc-
chia fa parte anche dei loro sogni, del
loro futuro. Qui passano tutti i pen-
sieri in più».
- Suor Anna Bonfanti.
Suor Anna Bonfanti è una Figlia di
Maria Ausiliatrice che lavora in
Mozambico da prima della rivolu-
zione del 1975.
Espulsa è stata rieducata dal
Regime ed è tornata, appassiona-
tamente, a lottare per i più poveri.
La sua famiglia (sono in dieci fra-
telli!) e il suo paese sono pratica-
mente i padrini di questo centro ,
insieme con i contributi di alcuni
italiani che lavorano in Mozambico
a cui non si vergogna di stendere
la mano.
È una donna apparentemente fra-
gile, magra e scattante, ma ha un
cuore e una capacità di dono che
non si può misurare. «Farei qua-
lunque cosa perché possano vive-
re».
Le figlie di Maria Ausiliatrice sono
presenti in questo quartiere dal
1984: allora i cristiani che arrivava-
no alla chiesa la domenica erano
una ventina. Oggi la comunità cri-
stiana è vigorosa e conosce la so-
lidarietà.
«Centro Giovanile Jardim», Maputo
(Mozambico), Suor Anna Bonfantl, Istituto
Internazionale Maria Ausiliatrice, Roma ccp
47272000
Agli amici della Lombardia, che
già hanno fatto molto per questo
giardino di Maputo un grazie dalla
periferia della storia dove sta cre-
scendo uno scampolo di gioia.
Margherita Dal Lago
36 · DICEMBRE 1993

4.7 Page 37

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Teresa Pero, L. I0.000.000-Borsa:
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ne della Messa d'Oro di Don Luigi
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Ausiliatrice, a cura di Magli
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ricevuta, a cura di Camilotto Maria,
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Giuseppe Balaira nel X anniversario
della morte, a cura dei figli ,
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glia, a cura di lllarietti Albina ,
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Ausiliatrice, Don Bosco, Domeni
co Savio, perJ·ingraziamento e invo-
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300.000 - Borsa: S. Giovanni
Bosco, in memoria di Alfredo
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Palomino, a cura di Accardi
Caterina, ,L. 300.000 - Borsa:
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protezione, a cura di C .T.R. , Mila-
no, L. 200.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice e Don Bosco, in ringra-
ziamento, a cura di Covati Rosa, L.
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Giuseppe Moncalvo, a cura di
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sa: Maria Ausiliatrice, Santi
Salesiani, per ringraziamento e pro-
tezione, a cura di Parlani Giorgina,
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liatrice, a cura di Giuseppi-
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Domenico Savio, invocando prote-
zione, a cura di Pizzo C aterina, L.
150.000.
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graziamento e invocando protezione
sulla famiglia, a cura di R.R .A. -
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Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco,
ringraziando.e invocando protezio-
ne, a cura di N.N. -Borsa: In memo-
ria di Rezza Rinaldo, a cura di
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di Ferrero - Borsa: Maria
Ausiliatrice, Don Bosco, Domenico
Savio, ringraziando e invocando pro-
tezione, a cura di Paolo - Borsa:
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Domenico Savio, implorando prote-
zione e salute, a cura di B.L.-Borsa:
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invocando la ricomposizione della
famiglia , a cura di o .e ., L. 250.000
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BORSE MISSIONARIE
da L. 100.000
invocando salute e protezione, a cura
di Maria Angela - Borsa: S.
Giovanni Bosco, in suffragio di Don
protezione della famiglia, a cura di
Agostino Dominioni , a cura di
Tempia Rosso Maria, L. 200.000 - Borsa: Santi Salesiani, in memoria Tesore Laura - Borsa: Beato D. F.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi di Antonia Mustone, a cura di Rocco Rinaldi , a cura di Capris Magaton
Salesiani, per ringraziamento e pro- e Lucia Landi e fami glia - Borsa: Bruna - Borsa: Maria Ausiliatrice
tezione, a cura di Paola C. , L. Maria Ausiliatrice, Don Bosco, e S. Giovanni Bosco, a cura di
200.000 - Borsa: in suffragio di Papa Giovanni, in memoria dei ge- Ferraris Cesare - Borsa: S.
Guarnieri Giovanni , deceduto a 21 nitori defunti, a cura di N.N. - Borsa: Giovanni Bosco e S.ta Maria
anni per incidente stradale, a cura del Maria Ausiliatrice, Don Bosco, Mazzarello, pregate per i miei figli, a
padre Carlo Guarnieri , L. 200.000 - Domenico Savio, proteggete cura di N .N . Ex allieva di Faenza -
Borsa: S. Giovanni Bosco, in suf- Pier Domenico, Paolo Maria, Borsa: Maria Ausiliatrice e Don
fragio di Citterio Emilio, a cura delle a cura dei genitori - Borsa: Bosco, per ringraziamento e prote-
Insegnanti , L. 200.000 - Borsa: Maria Ausiliat1·ice, Don Bosco, z ione , a cura di Iolanda Cantoni -
Maria Ausiliatrice e Don Bosco, Domenico Savio, invocando prote- Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
invocando la guarigione piena di zione per i figli Moreno, Diego e ni- Bosco, per ringraziamento e prote-
Maria Luisa, a cura di Rodolosi potina, a cura della madre e nonna - zione per Luigia, Silvia, Andrea, a
Comm. Alberto , L. 200.000 - Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di cura di Demichelis Giovanni.
DICEMBRE 1993-37

4.8 Page 38

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.
.~
. '.
-
SUOR ROMERO MENESES Figlia del ministro delle Finanze, scelse di vivere per le ragazzine
Per48 anni le sue mani
instancabili si curvarono
ad accarezzare il volto
di bambini smunti,
a confezionare cibo
per i poveri. E attorno
al suo sorrisofiorirono
fatti straordinari.
IL MIRACOLO
N el 1893, in Nicaragua, una
« rivolta liberale portò alla
presidenza un uomo senza scrupo-
li, José Santos Zelaya - scrive H.
Harring nella sua celebre Storia
dell'America Latina (Rizzali)-.
Seguirono sedici anni di tirannide
bestiale: Zelaya perseguitò molti
dei suoi oppositori fino a provo-
carne la rovina totale e l'esilio».
Viceministro, e poi Ministro delle
Finanze nel governo del dittatore
fu il dottor Felix Romero, il papà di
suor Maria Romero Meneses. H.
Harring si affretta ad aggiungere:
«Malgrado tutto, al governo di
Zelaya si deve l 'ampliamento del-
la rete ferroviaria e l'aumento del-
le scuole pubbliche. Il paese pro-
sperò come mai era accaduto in
passato».
Nel 1912, bollato dal governo de-
gli Stati Uniti come «una macchia
nella storia del suo paese», Zelaya
si diede alla fuga. In Nicaragua
sbarcarono i marines che trasfor-
marono il paese in un protettorato
finanziario degli USA. Cominciò la
caccia agli amici di Zelaya. Il dot-
tor Felix Romero si era ritirato a vi-
ta privata. Nessuno lo ricercò, nes-
suno l'accusò. Perché in quel go-
verno che si era macchiato di tante
violenze·, Felix Romero, cristiano
convinto, aveva realizzato con fati-
ca, giorno per giorno, il bene della
gente. Si ritirò nella sua grande fa-
miglia, dov'erano fioriti ben tredici
figli.
Suor Maria Romero Meneses si ri-
cordò sempre della lezione del suo
papà, e un giorno avrebbe detto:
«Facciamo del bene, sempre. Se
aspettiamo a farlo quando va tutto
bene, non Io faremo mai . Dobbiamo
essere come le formiche, che mentre
infuria la bufera, all'interno del loro
38 -DICEMBRE/993
formicaio continuano a lavorare ala-
cremente per il bene della loro gran-
de famiglia».
L'altrafaccia della realtà
Maria nacque nella grande e bella
casa dei Moreno nella città di
Granada, terz'ultima di tredici tra
fratelli e sorelle, circondata da una
nuvola di affetto, coccolata dalla
mamma e dai servi. Non poteva
nemmeno pensare, nei primi dieci
anni di vita, che lontano dalla sua ca-
sa, nei sobborghi, c'erano bambini
denutriti e stenti, ben diversi da lei.
Ma nel 1912, a Granada, giunsero le
prime figlie di Maria Ausiliatrice,
che con delicatezza l'avrebbero
messa in contatto con quest'altra
faccia della realtà umana.
Due anni dopo, dodicenne, Maria
Romero entra nel loro collegio, e
manifesta immediatamente due ca-
ratteristiche che l'accompagneranno
per tutta la vita: è contenta di stare
dove la mettono, sa trovare la felicità
anche in un cantuccio; e ha un miste-
rioso ma realissimo contatto con il
Signore. Una febbre reumatica l'in-
chioda a letto per quasi tutto l'anno
scolastico, si aggrava fino a far bor-
bottare al medico: «Questa piccina
sta morendo». Ma lei dice con sere-
nità: «So che la Madonna mi gua-
rirà». E così avviene all'improvviso,
e lei torna a scuola come se niente
fosse accaduto.
La sua vocazione matura come un
frutto bello, ma normale. A 18 anni si
reca in San Salvador perii postulanta-
to, a 19 anni riceve l'abito delle FMA,
compie due anni di noviziato e a 21
anni pronuncia i voti . La figlia del ric-
co fa voto di povertà, la ragazza dora-
ta che cento ragazzi sognavano di
sposare fa voto di verginità, la giova-
ne signora a cui i servi erano

4.9 Page 39

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poverissime e denutrite del suo paese.
felici di obbedire, fa voto di obbe-
dienza: si dona tutta a Dio. E Dio con-
tinua a parlarle. La novizia Mercedes
Ba.rberena si è sentita dire dalle supe-
riori: «Deve tornare in famiglia. Ha
troppo poca salute». Mercedes si sfo-
ga con Maria, e lei le dice tranquilla:
«Al di sopra di tutti c'è Dio. Tu non te
ne andrai, farai i voti e diventerai fi-
glia di Maria Ausiliatrice». Così si
verificò. Suor Mercedes lo racconta-
va ancora nel 1985, quand'era FMA
ormai da 59 anni.
Durante il noviziato, Maria Ro-
mero fu maestra di canto, e lavorò
all'01:atorio festivo. Fu che incon-
trò per la prima volta, con un impatto
che la lacerò, le ragazzine poverissi-
me, denutrite, affamate. In esse, co-
me nell'Eucarestia, c'era Gesù che
la chiamava. Non sapeva ancora co-
me rispondere. Lo saprà presto.
A 28 anni torna a Granada, e assi-
ste impotente al crollo finanziario
della sua famiglia. Una garanzia sba-
gliata, fatta a un falso amico, porta di
colpo in casa Romero la povertà.
Papà cade gravemente ammalato, la
mamma deve affrontare una vita in-
certa e disagiata. Fortunatamente i
fratelli e le sorelle sono ormai tutti
grandi.
L'oratorio come patria
Quando compie 29 anni, l'obbe-
dienza la manda a San José di Costa
Rica, insegnante di musica e di pittu-
ra ne] collegio dove sono ragazze di
buona famiglia, e assistente all'ora-
torio dove invece si riversano le ra-
gazze emarginate dei sobborghi,
senza lavoro e senza futuro. Suor
Maria non sa ancora che que1le ra-
gazze povere, le loro famiglie am-
massate nelle baracche della perife-
ria, saranno la sua nuova patria per
48 anni, fino alla morte.
Costa Rica è la repubblica più pic-
cola del Centro America: grande co-
me due volte la Siciliéi, in quel mo-
mento ha un milione e mezzo di abi-
tanti (nemmeno la popolazione di
Milano) . Ha un governo democrati-
co, ma i poveri e i disoccupati sono
numerosissimi.
Suor Maria forma tra le sue allieve
un gruppo di catechiste, e le manda
ad esplorare i sobborghi, a tentare
qualche lezione volante di catechi-
smo. Tornano un po' disanimate:
«Ci sono solo tugùri, madre. Tetti di
latta, pareti di cartone, pavimenti in
ten-a battuta. E ci sono famiglie am-
massate in un solo ambiente, frotte
di bambini e di cani. Non hanno la-
voro, né vestiti, né viveri. Abbiamo
parlato di Gesù. Ci ascoltavano apa-
tici. Una mamma ci ha detto «Gesù
va bene. Ma il latte per i miei bambi-
ni chi me lo dà?»
Suor Maria parla a lungo con le sue
catechiste, raduna viveri e vestiti.
Nel giorno di Natale 1939 inizia con
loro la "piccola missione": «An-
dremo nelle case. Daremo una mano
a pulire, ordinare. Porteremo vestiti
e cibo. Ma ricordiamoci tutte che se
portiamo latte e stoffa, ma non por-
tiamo Gesù, lasceremo quei nostri
fratelli più poveri di prima».
La "piccola missione" inizia così
quasi dal niente, e prende uno svi-
luppo enorme, incalcolabile, come
quello del granello di senapa di cui
parla Gesù nel Vangelo.
Meraviglie e urgenze
Le catechiste si spargono a due a
due nei sobborghi, offrono cibo e
sorriso, augurano Buon Natale alle
mamme a cui danno una mano a pu-
lire la casa, ai bambini che aiutano a
lavarsi bene, ai malati mentre rimet-
tono a posto i loro pagliericci. E pre-
gano con tutti. Da quel giorno, le ca-
techiste tornavano da Suor Maria
raccontando meraviglie e doman-
dando nuovi aiuti con urgenza. Suor
Maria, che continua a insegnare
musica e pittura lungo il giorno, ogni
sera e nel sabato e nella domenica si
ritrova con le sue "piccole missiona-
rie" a concretizzare nuove realizza-
zioni. La prima è la "stanza dei pove-
ri". Ricevono vestiti e cibo dalle fa-
miglie delle collegiali, confezionano
pacchi e pacchetti, fanno "ore di ri-
flessione e di preghiera".
Una sera due ragazze raccontano
che tra le casupole lungo il fiume
hanno trovato una frotta di bambini
che non sanno chi è Gesù, chi è
Maria SS. OccotTono lezioni di cate-
chismo per prepararli alla prima co-
munione, se non addirittura al batte-
simo. Si discute, si prega. Poi suor
Maria decide di iniziare gli oratori
festivi nei sobborghi e nei villaggi
periferici. Parla alle al unne della
scuola, alle oratoriane più grandi.
Con la benedizione del vescovo e
della superiora si comincia. Otto
oratori nel primo anno, poi quattor-
dici... Arriveranno a trentasei!
Sul pullman che accompagna le
piccole missionarie sale anche suor
Maria, che passa le sue domeniche
ora in un oratorio, ora in un altro .
Negli oratori si radunano tante ra-
gazze, e con esse tante situazioni dif-
ficili. Bisogna far catechismo e fare
carità. Ma la scatola di cartone che
per suor Maria funziona da cassafor-
te non è mai vuota. Arrivano tanti
che hanno bisogno, e ugualmente
tanti che portano offerte. Spaventata
da pettegolezzi, la direttrice chiama
suor Maria e le dice che è meglio che
non chieda più in giro aiuti per gli
oratori. Suor Maria obbedisce tran-
o,cEMBRE 1993-39

4.10 Page 40

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quilla, e le offerte continuano ad ar-
rivare da sole senza che nessuno
chieda.
La santa acqua del rubinetto
E arriva anche altro. Nel 1955 un
centinaio di famiglie dei sobborghi
riceve regolarmente aiuti in viveri e
vestiti. I fanciurn degli oratori che'ri-
cevono pane e catechismo sono circa
cinquemila. Ma i malati? Che fare
per i malati poveri che non hanno né
medici né medicine? Suor Maria so-
gna un grande dispensario, ma intan-
to che può fare? Si sfoga con la
Madonna. Le dice con la confidenza
di sempre: «Tu a Lourdes hai fatto
scaturire un ' acqua che guarisce.
Perché questa preferenza per
Lourdes? Noi siamo tanto lontani,
non ne possiamo approfittare. Ma
tutte le acque del mondo sono tue,
anche quella di questo rubinetto. Tu
sei la Regina del mondo. E allora
fammi questo favore : fai guarire i
malati anche con quest'acqua qui».
E con fede comincia.C'è un catechi-
sta missionario, Leonardo, che è a
letto con febbre, tosse e mal di gola.
Senza di lui un ' oratorio rimarrà sco-
perto. Lo manda a chiamare da sua
sorella. Quando lo vede con i brividi
addosso apre il rubinetto con un bic-
chiere in mano: «Bevi con fede,
Leonardo. E dopodomani vieni per
l' oratorio». «Ma io ho l' influenza».
«Vedrai, vedrai». La sera Leonardo è
· guarito, e domenica è a dirigere il
suo oratorio. Suor Maria dice grazie
alla Madonna, e continua a usare
l'acqua del rubinetto come fosse a
Lourdes. La mamma di un'ex-allie-
va è gravissima, con una fistola can-
cerosa in gola e 82 anni di età. Con
l'acqua della Madonna presa a cuc-
chiaini , la fistola e il cancro se ne
vanno. La vecchietta riprende a ve-
nire a mettere ordine tra i vestiti dei
poveri. Un bambino travolto da
un' auto ha il cranio sfondato, è in fin
di vita. La mamma corre da suor
Maria. Torna con una bottiglia di po-
vera acqua di rubinetto. Ma appena
gli bagna la fronte, il suo bambino
apre gli occhi. Il terzo giorno torna a
parlare, e l' ottavo giorno è guarito.
(Ora è laureato, e sua mamma Lidia
continua a raccontare di quella botti-
glia di acqua di rubinetto).
I fatti si moltiplicano, la gente po-
vera corre per avere «l'acqua della
Madonna». L'Ispettrice, impressio-
40-o,cEMBRE 1993
SuorRomero
in piazza Duomo a Milano.
nata, dice a suor Maria che è meglio
smettere quella distribuzione. Suor
Maria obbedisce. Ma un'ex-allieva,
che ha la mamma gravissima e non
riesce a ottenere l'acqua, disperata
l'attinge da un rubinetto qualsiasi
della casa: «Se la Madonna ha bene-
detto quest'acqua , che differenza fa
un rubinetto o l'altro?». L' ammalata
beve e guarisce. Suor Maria è infor-
mata e sorride: «Che bellezza! Ora
tutti potranno prendere l'acqua be-
nedetta dalla Madonna, e io potrò
tornare alle mie catechiste missio-
narie».
Un giorno, mentre fa scuola, suor
Maria guarda dalla finestra e dice:
«Questo terreno, fra qualche anno,
sarà un grande edificio e si chia-
merà casa dei poveri. Vi sarà anche
un dispensario medico. i poveri
avranno vitto e lavoro, e sarà il rifu-
gio per molte giovani orfane, sole o
senza casa. E Gesù e Maria avranno
una cappella». Una ragazza, Maria
Lourdes, le chiede stupita: «Chi le
darà tanto denaro?». E lei tranquil-
la: «La Madonna si incaricherà di
tutto».
Una stanza per consolare
La costruzione inizia puntualmen-
te nel 1958, e puntualmente, come
tutte le opere di Dio, subisce ostaco-
li, malevolenze, rinvii, modifiche.
Ma ora è la, grande e bella, e compie
tutte le funzioni che suor Maria "vi-
de" guardando da una finestra duran-
te un ' ora di scuola. Ciò che suor
Maria non prevedeva, è che la
Madonna avrebbe trasformato una
di quelle stanze nella sua nuova
"scuola": non più di pittura e di mu-
sica, ma di consolazione e di speran-
za. Pian piano (come avvenne nella
vita di Don Bosco) persone povere e
disperate cominciarono a cercare
suor Maria per parlarle. E poco per
volta tutto il suo pomeriggio fu man-
giato dal dolore che cercava confor-
to. Venivano a esporre problemi,
chiedere consiglio, sfogare il proprio
dolore. Suor Maria non faceva lun-
ghi discorsi: Dio passava attraverso
il suo sguardo buono, il suo sorriso,
la sua preghiera. E persone traviate,
incredule, prigioniere dell'alcool e
della droga, famiglie sull'orlo della
disperazione, ritrovavano la via del-
la pace e della fede.
Dio chiamò a sé suor Maria
Romero Meneses il 7 luglio 1977.
Aveva 75 anni, e poco prima aveva
detto: «Non temo, Signore, la morte;
anzi l'attendo con ansi a perché tu mi
stai aspettando».
Dopo la sua morte ci furono molte
persone che raccontarono fatti strani,
bellissimi, che suor Maria aveva loro
proibito di raccontare fino a quel mo-
mento. Tra le altre, Maria Luz
Cubero raccontò che un giorno, men-
tre lavorava con una compagna vide
suor Maria nell'orto, che innaffiava
una pianta di rose e diceva ai fiori:
«Siete rose bellissime, ma le mani di
Colui che vi ha fatto sono ancora più
belle e più miracolose». Mentre così
diceva, Maria Luz e la sua compagna
videro le rose curvarsi verso la faccia
di suor Maria, e accarezzarla, anche
se non c'era un filo di vento.
Delle rose che accarezzano per un
attimo il volto di una suora, potreb-
bero essere un miracolo. Ma le mani
di una suora che per 48 anni si sono
curvate ad accarezzare il volto dei
bambini poveri e smunti, a confezio-
nare pacchi di cibo e di vestiti per i
poveri; le labbra di una suora che per
ore e ore ogni giorno hanno ridato la
speranza e la pace a persone sull' orlo
della disperazione; la vita di una suo-
ra che si è spesa giorno dopo giorno
per l'amore dei suoi fratelli, delle
sue sorelle e del suo Dio, sono un mi-
racolo certo, e infinitamente più
grande.
Teresio Bosco

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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t TOMMASIN Angelo Giulio, salesiano, Tori-
no il 20/8/1993 a 87 anni.
Il signor Tommasin fu simpaticamente noto per
aver esercitato quella che lui chiamava l"'arte
del barbiere" al centro della congregazione per
ben 63 anni. Era nato a Colfrancui di Oderzo
(Treviso). Rimasto presto orfano di padre insie-
me agli otto fratelli , fu educato cristianamente
dalla madre. Il mestiere di barbiere lo imparò a
13 anni da un artigiano del paese che gli fece da
secondo padre. Dopo Il servizio militare, fu fe-
dele ogni giorno alla messa delle 5,30 e al rosa-
rio comunitario, tanto che il viceparroco lo invitò
a farsi salesiano. A 23 anni, rinunciando al suo
lavoro, che, come ricordava con orgoglio, gli
assicurava 150 lire alla settimana, si recò a To-
rino e nel 1931 fece i primi voti nelle mani di don
Rinaldi.
GILLONE suor Albina, figlia di Maria Ausilia-
t trice, Nizza Monferrato (Asti) il 17/3/1993 a
79 anni.
Fu per quasi 40 anni guardarobiera nelle case
dei salesiani verso cui aveva una tenerezza
speciale . La bontà di suor Albina fu davvero
senza misura, fatta di maternità e di un'arguzia
che la rendevano simpatica e cara a tutti. Con la
preghiera e il canto rivestl la ferialità. Aveva una
voce bellissima, con la quale ha fatto della sua
vita una lode al Signore.
GONZALES PARRA sac. Manuel, salesiano,
t Chucena (Spagna) il 15/7/1993 a 31 anni.
lasciare gli studi per difficoltà alla vista. Deside-
rando vivamente diventare sacerdote, a 30 an-
ni fece il noviziato ad Albarè e studiò teologia a
Monteortone. Fu ordinato prete nel 1960 a qua-
si 39 anni. Zelante e pastoralmente aperto, vol-
le ancora studiare psicologia a Verona e cate-
chetica alla Lateranense di Roma.
t BITTOLO sac. Umberto, salesiano, Tol-
mezzo (Udine) il 19/5/1993 a 95 anni.
La vocazione alla vita religiosa gli maturò du-
rante il servizio militare e ne fu testimone il suo
cappellano militare. Fece l'aspirantato a Tren-
to , dando prova di notevole maturità umana e
spirituale. Diventato sacerdote, coprirà incari-
chi di responsabilità come direttore e parroco,
con particolare attenzione alla vita di oratorio.
Le sue ultime energie le spenderà a Tolmezzo,
sempre disponibile al servizio pastorale.
QUIROZ LARA sac. Guillermo, salesiano,
t Santiago (Cile) il 17/2/1993 a 82 anni.
Dopo l'ordinazione sacerdotale, fu per un anno
consigliere scolastico al Cardinal Cagliero di
Ivrea ._Fu quindi maestro dei novizi e lo sarà
complessivamente per 15 anni. Per 17 anni fu
direttore. Fu professore di filosofia nel semina-
rio diocesano di Valparaiso e di latino nel ponti-
ficio seminario di Santiago. Soprattutto negli ul-
timi anni fu un uomo di molta preghiera e si de-
dicò alle confessioni, manifestandosi un'ottima
guida spirituale, umile, delicato, rispettoso.
È morto nel pieno della sua gioventù per un in-
cidente stradale. Si era messo appassionata-
mente a servizio dei giovani, che amava e dai
quali era sinceramente amato. L'incidente è av-
venuto mentre preparava con loro l'incontro eu-
ropeo dei giovani del '93 al santuario di Santia-
go di Composteia.
CERNUTO suor Concettina, figlia di Maria
t Ausiliatrice, Catania il 14/3/1993 a 104 anni.
104 anni di vita laboriosa, serena, unificata dal-
la preghiera. Conobbe le FMA quando nel 1908
si dedicarono con passione ai terremotati di
Messina. Da allora ne condivise gli ideali prodi-
gandosi tra i ragazzi. Fu direttrice indimentica-
bile di tante case della Sicilia.
NASI suor Livia, figlia di Maria Ausiliatrice,
t Lugagnano d'Arda (Piacenza) il 25/3/1993 a
65 anni.
È stata una suora felice, capace di contagiare i
giovani. Per 30 anni fu missionaria nel Centro
America dove visse momenti difficili in una ter-
ra lacerata da guerre e povertà. Ritornata in lta-·
lia perché gravemente ammalata, non cessò di
partecipare da vicino alla sorte dei più poveri e
di interessarsi di tutti con delicatezza e gioia.
CROSTA sac. Egidio Aldo, salesiano,
t Trento il 30/7/1992 a 70 anni.
Passò l'adolescenza nei campi, non avendo la
possibilità di studiare. A 19 anni fu accolto nel .
collegio di Verona come aspirante, ma dovette
GIORZA Stefano, ex allievo e cooperatore,
t Cuorgnè (To) il 26/2/1993 a 72 anni.
Fu per molti anni coordinatòre della locale as-
sociazione dei cooperatori , cui consacrò tempo
e fatiche. Ministro straordinario dell'Eucaristia,
guidò per anni il rosario nelle famiglie. Gli ultimi
dieci anni furono gravati da grandi sofferenze
che lo costrinsero al letto e alla carrozzella, ma
si dimostrò sempre un uomo di fede e un testi-
mone di speranza.
CAMPORA Savina ved. Rattazzi, t Pallanza
(No) il 12/4/1993 a 84 anni.
Fu una moglie esemplare, una madre affettuo-
sa. Diede ai suoi due figli la possibilità di studia-
re fino alla laurea, pur essendo rimasta vedova
dal 1962. Si è fatta stimare come sarta dalle
"mani d'oro" e per la sua generosità, semplicità
-e fede. Leggeva regolarmente il Bollettino Sale-
siano e fino all'ultimo ha sempre invocato San
Giovanni Bosco.
CARIDDI Corrado, cooperatore, t Lecce il
15/6/1993 a 83 anni.
Nato da genitori autenticamente cristiani, visse
esemplarmente per la famiglia e il lavoro, fa-
cendosi guidare anche nei momenti difficili dal-
la volontà di Dio . Donò generosamente al Si-
gnore e a Don Bosco il figlio minore don Riccar-
do. Il Bollettino Salesiano perde con il signor
Corrado un lettore attento e interessato alle vi-
cende della Famiglia Salesiana.
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quan.ti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
«... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure ali'lstit~to
Salesiano per Le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
·l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
<<... annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
DICEMBRE 1993 - 41

5.2 Page 42

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a cura di Pasquale Liberatore
Trent'anni fa - il 23 ottobre - mori-
va a Torino il Servo di Dio don
Giuseppe Quadrio. L'anniversario
è stato ricordato a Vervio
(Sondrio) , suo paese nativo, da
una folta rappresentanza della
Pontificia Università Salesiana di
cui lui è stato uno dei docenti più
apprezzati ed amati. Intanto il
1o novembre si è concluso il
Processo «Super vita et virtuti-
bus» apertosi a Torino il 21 gen-
naio 1991 . Esso comprende an -
che un processo rogatoriale svol-
tosi a Roma nel 1992.
Sempre più frequentemente ci
vengono segnalate grazie ottenu-_
te per intercessione del Se_rvo dt
Dio. Ne riportiamo due particolar-
mente significative, distanti nel
tempo l'una dall'altra ma, appunto
per questo, espressive di w:,a de_-
vozione che perdura neglt anni.
Don Giuseppe Qu adrio
r DON QUADRIO IN UN
CAMPO DI GRANO
Sono anni che vengo invitato a
descrivere la grazia ottenuta, or-
mai tanto tempo fa, per interces-
sione di Quadrio. Di lui io ho potu-
to godere della compagnia e
dell'aiuto, avendolo avuto co-
me superiore a Foglizzo e alla
Crocetta. Era il giorno 16 giugno
1968. Stavo ritornando dalla no-
stra Casa alpina di S. Jacques
(AO) dove mi ero recato per pre-
parare la colonia dei ragazzi.
Faceva molto caldo: erano le ore
16. Avevo ceduto la guida della
Fiat 500 al nostro ex-allievo orato-
riano Mario Ferri per poter recitare
il breviario. Ci trovavamo sull 'au-
tostrada di ritorno verso Torino, vi-
cino a Volpiano, al km 18, prima
del ponte sull'Orco. Su quel lungo
rettilineo dell'autostrada scoppia
un pneumatico e il mio ex-alliev?
non riesce a controllare la macchi-
na. Si viaggiava a 115 all'ora. lo
stavo recitando il breviario e in
quel momento su quelle pagine
aperte, avevo davanti ai miei oc-
chi, come segnalibro, la fotografia
di don Quadrio. Nessuna frenata
e giù dalla scarpata! La macchina
urta contro tre, quattro pali di ce-
mento e distrugge 24 metri di re-
cinzione autostradale. I pali di ce-
mento martellano da tutte le parti
la piccola macchina, la distruggo-
no completamente finché si gira
capottando tre volte. Eravamo fi-
niti in un campo di grano dove la-
voravano due contadini,
Siamo usciti da quell'ammasso di
lamiere, uno da una parte e l'altro
dall'altra, stupiti, meravigliati , in-
creduli. .. perché eravamo sani e
salvi senza alcuna lesione. Sono
arrivati i due contadini e mi hanno
aiutato a raccogliere tutte le im-
magini del breviario sparse tra le
spighe del grano. Ritrovo anche la
fotografia di don Quadrio e subi-
to esclamo tra me: «Oh don
Quadrio! Ci hai salvati! Si vede
che ci vuoi ancora bene! ». Questa
foto io la porto sempre con me .
Nei giorni successivi, chi andava a
vedere i rottami della piccola
«500» nel garage di via Torricelli ,
37 esclamava: «D. Pietro ha vera-
mente qualche grande santo che
lo protegge». E io so che questi è
don Quadrio.
Don Pietro Rota, SDB,
Torino-Crocetta.
r UN GRAZIE
SENTITO
Elevo un inno di ringraziamento
a Dio che, per intercessione del
Servo di Dio don Giuseppe
Quadrio, ha concesso a mio fra-
tello Ernesto, di 50 anni, la gua-
rig ione da un grave tumore. .
Il cammino di dolore conclusosi
con la gioia della guarigione ini-
ziò nel gennaio del 1992, quan-
do, in seguito a forti dolori al_to-
race , fu diagnosticato un en~1se-
ma a carico del lobo superiore
destro dei polmoni. Operato a
Catania il 21 . gennaio 1992 ,
l'analisi istologica rivelò la pre-
senza di un adenocarcinoma
collegato con il polmone opera-
to . I medici consigliarono la ra-
dioterapia. Dopo altre visite me-
diche ed altre analisi cliniche, ai
primi di febbraio fu deciso il ri~~-
vero in Svizzera, presso la clini-
ca Génolier. I referti medici rile-
varono, purtroppo, che oltre ~I
tumore dei polmoni si erano svi-
luppate delle metastasi al cer-
vello e una placca tumorale ra-
mificata nel cavo ascellare de-
stro e inoperabile dal momento
che inglobava il fascio nervo va-
scolare. L'équipe di esperti , gui-
data dal dr. Aapro , incominciò
un intervento chemioterapico
che si sarebbe protratto per di-
versi mesi.
La sera del nostro incontro con il
professore, mentre ricordavo
che questi ci aveva chiaramen!e
detto che la strada era tutta m
salita e che le probabilità di una
perfetta guarigione non erano
alte il mio pensiero corse subito
a d~n Quadrio , che mi si pre -
sentò come il fratello buono che
avrebbe intercesso dal Signore
la grazia della guarigione.
Avevo la chiara percezione che
don Giuseppe Quadrio, che ave -
va percorso il cammino martiriz-
zante di un malato di tumore, sa-
rebbe .stato continuamente ac-
canto al dolore di mio fratello
Ernesto e alla speranza dei figli,
dei familiari e degli amici.
Promisi di recitare ogni giorno ,
insieme a don Quadrio, un rosa-
rio per chiedere al Signore la
grazia desiderata. Da quella se-
ra don Quadrio mi sta accanto
nella recita del mio rosario, che
oggi assume la nota della grati-
tudine.
Il malato quasi ogni mese ritor-
nava in Svizzera per la cura che-
mioterapica, accompagnato dal-
la moglie Laura e dall'altro mio
fratello salesiano don Pino.
Dopo oltre un anno di cura, cer-
tamente benedetta dall'alto , nel
controllo medico della fine di
aprile 1993 il Dr. Aapro dichiarò
che il malato ormai poteva con -
siderarsi completamente guarito
e che bisognava ringra ziare il
Buon Dio e brindare per la sua
salute riacquistata. E la placca
tumorale ramificata nel cavo
dell'ascella destra, che risultava
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle lettere
non fi rnzate e senza reca-
pito. Su richiesta si potrà
omeliere l 'indicazione
del nome
inoperabile chirurgicamente,
con meraviglia degli stessi dot-
tori, era scomparsa solo con po-
che sedute di radioterapia.
Anche se tra gli amici e i cono-
scenti alcuni hanno invocato
l'aiuto della Madonna e di qual-
che altro santo, è mia ferma con -
vinzione che , al di là delle spie -
gazioni mediche, la grazia del-
la guarigione di _mio fratello
Ernesto sia da attribuire alla in-
tercessione del Servo di Dio don
Giuseppe Quadrio invocato d~
fam iliari e da tante persone ami -
che, che oggi si sono impegnate
nel propagarne la conoscenza e
la devozione.
Vorremmo che pubblicaste que-
sta grazia nel Bollettino, per
condividere con tanti fratelli la
nostra gioia e il nostro grazie a
Dio , mentre attendiamo ch e la
Chiesa iscriva tra i Beati il nostro
Servo di Dio.
Don Raimondo Fratta/Ione,
SDB, Messina
ROMA . Don Juan Canals,
vicepostul atore della causa
di canoni zzazione 'dei 97
m artiri sa lesiani spagnoli
del 1931- 1939, ha soggior-
nato per alcun i mesi a
Roma, dove a tempo pieno
si è dedi cato all a stesura
dell a prova documentata
del loro marti rio. Sta intan-
to facendosi strada l ' idea di
unificare i vari processi r i-
guardanti i martiri dell a
diocesi di Y alencia. Si trat-
ta nel co m plesso di oltre
cento religiosi di vari e con-
gregazioni . Pur nell a va-
rietà dei di versi carismi , ne
ri sulterebbe una beati fica-
zione mol to espress iva del-
la unità eccles iale.
42 - DICEMBRE 1993

5.3 Page 43

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-
IN PRIMO PIANO
Nome: Suor Teresita Osio.
Nata a: Quinzano d'Oglio
(Brescia), 49 anni fa.
Attività: Delegata Confederale
exallieve/i delle figlie di Maria
Ausiliatrice.
-
-
Da quanti anni sei la Delegata ex
allieve/i delle FMA?
Da sei anni. Ho ricevuto l'incarico
nel settembre dell ' 87.
Che cos'è cambiato in questi anni
nel!'organizzazionedell 'Associazio
ne?
In un cammino di continuità con il
passato, si sta soprattutto approfon-
dendo la consapevolezza della mis-
sione e vocazione delle exallieve/i
nella società e nella Chiesa.
Da qui i "cambiamenti" nell ' orga-
nizzazione: la promulgazione dello
Statuto rinnovato; il riconoscimen-
to ufficiale dell ' associazione come
gruppo della Famiglia Salesiana; il
coinvolgimento sempre più respon-
sabile delle exallieve/i nel servizio
di animazione.
Quali iniziative avete fatto per cam-
biare alcune cose?
Il Congresso Mondiale nell'88, or-
ganizzato insieme agli ex allievi/e
di Don Bosco ; la celebrazione nel
'91 della prima Assemblea mondia-
le elettiva; la continuazione dei
campiscuola per dirigenti e della
proposta di "Linee d' impegno" che
orientino il cammino associativo
delle Federazioni.
Exallieve/i giovani: com'è l'anda-
mento associativo? I giovani si ri-
trovano nelle vostre "Linee"?
L'ideale che stiamo portando avanti
è quello di una associazione in cui
ciascuno trovi il proprio posto: l'an-
ziano, il meno giovane, il giovane.
Ciò favorisce un positivo interscam-
bio della saggezza e dell 'esperienza
dei primi con l'entusiasmo e l' aper-
tura al futuro degli ultimi, così che
l'associazione non invecchia mai .
Un'attenzione: non massificare, ma
predisporre interventi formativi e
proposte operative diversificati che
rispondano alle esigenze delle di-
verse età.
State studiando la pastorale delle
ex allieve/i, tenendo conto delle
sce lte della pastorale giovanile.
Perché avete fatto nell'agosto scor-
so un convegno mondiale su questo
tema?
Per fare una pastorale giovanile
sempre più unitaria e per studiare il
modo di coinvolgere con proposte
significative soprattutto le exallie-
ve/i giovani che non hanno più rela-
zione con l'ambiente salesiano o
non hanno riferimento con nessun
gruppo che aiuti la loro formazione .
Sei di ritorno da un lungo viaggio in
Estremo Oriente e altri ne hai fatti
in America Latina insieme con la
presi-dente Rosadele Regge. Quali
sono i problemi più sentiti dalle
exallieve/i nel mondo ?
L'esortazione di Don Bosco :
«Tenetevi uniti e aiutatevi», oggi è
così sentita e interpretata dalle ex
allieve: «Teniamoci unite per aiu-
tarci e aiutare». È la loro sfida per
vincere con cuore salesiano le va-
rie povertà che incontrano nel loro
ambiente: emarginazione, solitudi-
ne, insoddisfazione, ignoranza, ab-
bandono.
D
Focus - - -
LA MONETINA
Metropolitana. Non èl'ora di pun-
ta, ma quasi. Le facce, come al solito,
sono chi use, distratte, indifferenti.
Improvvisamente sale un ragazzo
che inizia una tiritera sulla Bosnia, la
guerra, i fratelli , le sorelle, la man-
canza di lavoro, la fame. Poi allunga
la mano ecomincia agirare per la vet-
tura chiedendo l'elemosina.
«Di nuovo». «Non è possibile».
«Questi pezzenti». «È il terzo oggi».
«Finché trovano qualcuno che gli
qualcosa, non smetteranno mai ».
L'aria ora è piena di questo brusìo
iroso ed ostile. Sulla parete della vet-
tura spicca il cartello in cui l'azienda
municipalizzata invita anon incorag-
giare l'accattonaggio.
Il ragazzo è ormai a metà vettura,
non ha raccolto praticamente nulla,
solo una vecchietta ha avuto il corag-
gio di dargli una monetina.
Si ferma davanti ad una testa rapa-
ta, un duro, occhi di ghiaccio, giub-
botto, calzoni e stivaletti neri. Penso
che è meglio che si levi di , altri-
menti magari sibecca una spinta oun
epiteto.
Ma il ragazzo ha fegato, resta fer-
mo con la mano aperta in muta richie-
sta, guardando l'altro negli occhi.
Nella vettura non vola una mosca,
tutti osservano. Poi accade l'incredi-
bile. Lentamente, senza mai staccare
lo sguardo, il testa rapata cerca in ta-
sca una moneta e gliela mette in ma-
no.
Mi viene da sorridere, pensando
allo stupore della gente e mio. La so-
lidarietà passa dove vuole, è proprio
vero. Ma non è finita. Il ragazzo con-
tinua la sua questua,arrivando fino in
fondo alla vettura dove un giovane di
colore è appoggiato con disinvoltura
alla parete. Il giovane lo guarda, gli
dà una monetina egli sorride, con sin-
cera allegria. Il ragazzo 1ingrazia ese
ne va. Io guardo il giovane nero, che
mastica tranquillo una gomma. Lui
gli ha sorriso. Lui è libero. (Giulio
Meazzini)
DICEMBRE 1993 - 43

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POSSI
I NOST
In un mondo inquinato,
possono crescere sani?
Che linguaggio usare
per parlare con loro?
Quale educazione
per la loro coscienza?
A chi rivolgersi quando
è diffic,1e capirli?
9111•
CON
MONDO ERRE
È POSSIBILE!
Dal 1° Gennaio 1994 Mondo Erre
esce in GRANOE.-F-ORMATO
l 'ABBONAMENTO 1994
(gennaio-dicembre, 18 numeri)
costa Lire 25.000, da versare su l co nto corrente
postale n° 247106; intestato a: MONDO ERRE,
Editrice Elle Di Ci, 10096 LEUMANN (TO)
Redazione: tel. 011/959109 1 - fax 011 /9572900