Bollettino_Salesiano_197211


Bollettino_Salesiano_197211



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1.1 Page 1

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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVI • N. 11 1° GIUGNO 1972
Spedlz. ln abbon. post. - Gruppo 2• (70) - 1 • quindicine

1.2 Page 2

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IN QUESTO NUMERO
1. Una fetta di Terzo Mon.do
per te
4. «Venite a pregare con le
mani»
6. A Krishnagar Dio cammina
sulle rovine
8. « È per loro che abbiamo
lavorato tanto»
1O. Dio chiama, ecco la vocazione
12. Ed\\(ige Carboni: storia di una
emigrante
·
16. Ragazzi bianchi e neri al Cen-
tro di Columbus
22. Egidio Bullesi: missione mare
26. Le Figlie di M. Ausiliatrice
in Assam
Rubriche
3. La parola del Papa
18. Nel mondo salesiano
21 . Educhiamo come Don Bosco
30. Grazie per intercessione di
Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
Domenico Savio .
32. Salesiani e Cooperatori de-
funti
33. Crociata missionaria
In copertina
De circa dieci anni si registra un
fenomeno nuovo: per il Terzo Mondo
non partono solo religiosi e sacer
doti, me laici. Operai qUaliflcati, me-
dici, muratori~ studenti vanno a con•
testare la miseria pagando di per-
sona, sgobbando sodo, regalando ai
poveri gli anni più belli della vita. Ma
anche alla periferia delle nostre cittA
esistono sacche di miseria e di Igno-
ranza: una f etta di Tarzo Mondo ac-
canto alla porta della nostra casa.
BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVI - N. 11 - Giugno 1972
Direzione
DON PIETRO ZERBINO
Redazione
DON PIETRO AMBROSIO
DON TERESIO BOSCO
DON CARLO DE AMBROGIO
Direzione e Amminis trazione
Via Maria Ausiliatrice. 32
10100 Torino
Officine Grafiche SEI
In questo mese di giugno
Il RETTOR MAGGIORE
e il CONSIGLIO SUPERIORE
della Congregazione Salesiana
con i relativi uffici
si trasferiranno definitivamente
nella NUOVA CASA GENERALIZIA
DI ROMA
Indirizzo della Casa Generalizia :
Via della Pisana uu
Casella Postale 9092
00163 - ROMA
Tele/0110: (06) 64.70.241
Sarà quanto prima comunicato il numero del C.C. Postale
Il CENTRO SALESIANO DI TORINO
con la Basilica di Maria SS. Ausiliatrice
e i luoghi consacrati dalla presenza
di Don Bosco, di Don Rua, di Domenico Savio
e dei primi Salesiani,
continuerà ad essere il Centro della Spiritualità
e delle Devozioni salesiane.
A VALDOCCO, quindi,
i devoti di Maria Ausiliatrice, di Don Bosco,
e gli amici delle Opere Salesiane,
troveranno sempre il centro ideale
di incontro e di preghiera.
I Salesiani saranno lieti
di accoglierli fraternamente
e di mettersi a loro disposizione.
Anche la direzione del
BOLLETTINO SALESIANO
rimane a Valdocco.
l11dirizzo del Centro Sales-iano di Torino:
Via Ma.ria Ausiliatrice 32
10100 - TORINO
Telefono: (on) 47.16.16; 48.41.17
C.C. Postale: 2-1355
intestato a : Direzione Generale Opere Don Bosco

1.3 Page 3

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T_E_S_T_I_M_O_N_ IA_N_Z_A_E_ T _E_M_P_O_ L_IB_ E_R_O_ _)
Testimoni maoisti in Africa
Un giornalista scrive dall'Africa: «Ho visto ai quattro
angoli del continente i "missionari maoisti". Svolgono
la loro sommessa, tenace propaganda più con i fatti
che con le parole, seduti nella polvere sporca e bruciata
dei più sperduti villaggi della brousse, mangiando ra-
dici di manioca e vermi insieme agli abitanti, distri-
buendo vangeli marxisti a fumetti con grossi capita-
listi bianchi che alzano enormi bastoni contro negri
scheletriti, impugnando la vanga e Ja zappa per inse-
gnare a costruire una fognatura
Un altro giornalista scrive dal Mali: ~ In questa na-
zione hanno rinunciato a creare una centrale rivoluzio-
naria. Sono anzi riservatissimi, quasi invisibili nelle
città, e sino ad oggi non hanno distribuito un solo o.Pu-
scolo dj propaganda. Si sono adattati alle condizioni
di vita assai dure dei contadini, rinunciando ai clima-
tizzatori, ai frigoriferi, alle auto, vivendo nei loro tu-
guri di fango e di paglia, mangiando i loro poveri cibi,
insegnando loro a migliorare la cultura del riso e in-
troducendo con successo quella della canna da zuc-
chero... Cauti, riservati, silenziosi, padroni del difficile
dialetto bambara, hanno adottato la politica di propa-
gandare le loro idee affidandosi alla sola presenza, al
prodotto del loro lavoro >>.
Questi tecnici cinesi sono degli autentici «testi-
moni ~ del comunismo maoista.
Uomini come de Foucauld,
padre Damiano, don Albisetti
Fortunatamente, in Africa come io tutte le altre
regioni del Terzo Mondo, non ci sono solo i «testi-
moni maoisti •·
·
Da più di cent'anni giovani italiani, francesi, spa-
gnoli, belgi, tedeschi... lasciano ogni anno la loro pa-
tria per essere africani con gli africani, asiatici con
gli asiatici, sudamericani con i sudamericani. Uomini
come Charles de Foucauld che hanno accettato di
spingersi a dorso di cammello nelle oasi più sperdute
per mescolarsi alla gente povera, per vivere sotto le
tende di capra, per condividere l'aspra fatica quotidiana
una fetta
di
ter7n
mondo
perte
Un fenomeno nuovo nella Chiesa:
per il Terzo Mondo non partono
solo religiosi e sacerdoti, ma laici.
Operai, medici, studenti vanno a
contestare la miseria sgobbando
sodo. Ma anche alla periferia delle
nostre città esistono sacche di
miseria e di ignoranza: una fetta
di Terzo Mondo alla porta di casa.
La frase 6 dura, ma rispecchia la realtà. I giovani stanno scopren-
dola. « t ••uno - dice Paolo VI - che nonostante le ombre, la
luce sfolgora sul nostro mondo"·

1.4 Page 4

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Dove passeremo quest'anno la nos tra estate 7 Pot remo rosolarc i
al sole sulle s piagge, o rompe rc i l'anima per t enere in o rd ine
ve nti ragazzini in un paio di baite.
della gente più miserabile del mondo contentandosi
di un pugno di datteri e di un otre d'acqua.
Uomini come padre Damiano e don Unia che hanno
accettato di andarsi a seppellire vivi nelle comunità
perdute dei lebbrosi. Uomini come don Cagliero, don
Balzola, don Albisetti che si sono inoltrati nella pampa
o nella foresta vergine per difendere i primitivi contro
la violenta avanzata della << civiltà>>.
Noi li chiamiamo «missionari >>. Testimoni autentici
non della civiltà occidentale, materialista e borghese,
Potremo anche pas sarla attaccati a un carretto, s ozzi e polve rosi,
issati in cima a un camion carico di ferraglia e di stracci, In un
cantiere di lavoro.
ma di Gesù e della Sila civiltà, fondata sulla giustizia,
la dignità dell'uomo, l'amore e l'impegno per gli altri.
Da circa dieci annì, nella Chiesa, si registra un fe-
nomeno nuovo. Per il Terzo Mondo non partono più
soltanto sacerdoti e religiosi, ma laici. Giovani univer-
sitari, infermiere, operai qualificati, medici, muratori,
fanno il passaporto, lasciano famiglie e amici, e vanno
nei Paesi sottosviluppati a dare una mano.
.
Sono dei contestatori di tipo nuovo. Sono stufi di
protestare a chiacchiere. Contestano la miseria sgob-
bando sodo, pagando di persona, regalando gli anni
più belli della vita a poven e miserabili. Sono convinti
che la felicità non è nell'avere una radiolina in più,
una spider scattante, un mese sulla Costa Azzurra, un
appartamento arredato con moquettes favolose. Ma nel
donarsi agli altri, nell'offrire il meglio dei propri anni
giovanili ai favelados brasiliani o ai paria dell'India.
Essi rispondono splendidamente all'appello di
Paolo VI: << L'ora dell'azione è già suo1w.ta. La soprav-
vivenza di tanti bambini innocenti, l'accesso a u11a con-
dizione umana di· tante f amiglz'e sventurate, la pace del
11wndo, l'avvenire della civiltà sono in gwco 11.
Sacche di miseria presso la porta di casa
Ma non tutti hanno la possibilità di partire, di la-
sciare la propria nazione per qualche anno. Ed ecco
che anche nella nostra Italia, alla periferia delle nostre
città, i più attenti. e i più cristiani hanno scoperto delle
sacche di tniseria, di ignoranza. Abbiamo accanto a
noi una fetta di Terzo Mondo. Bambini che d'estate
sono in perpetuo vagabondaggio per le strade. Pensio-
nati che soffocano in una soJiìtta. Anziani soli che hanno
bisogno di tutto.
P
Ogni estate vede sorgere concrete e urgenti iniziative.
Ragazze che dedicano le ferie a portare avanti un campo
estivo per ragazzini semi-abbandonati. Ragazzi e ra-
gazze che realizzano un piano di aiuto per anziani.
Giovani che spendono il tempo libero nelle corsie di
ospedali o tra i malati abbandonati da tutti. Campi di
lavoro dove si costruiscono case per i senza tetto, co-
munità dove si lavora come straccivendoli e cenciaioli,
si raduna carta e stracci, per finanziare case e aiuti
vari. Organizzazioni come i Soci Costruttori, Mani
Tese, Operazione Mato Grosso, Emmaus.
D ove passeremo quest'anno la nostra estate? Potremo
rosolarci a1 sole sulle spiagge, o raccogliere fiorellini
sui prati di montagna. Ma potremo anche passarla
attaccati a un carretto, sozzi e polverosi, issati in cima
a un camion carico di ferraglie e di stracci, col pic-
cone in mano in un cantiere di lavoro, a farci i calli,
o a romperci l'anima per tenere in ordine e puliti venti
ragazzini in un paio di baite.
Che cosa può spingerci a passare un'estate così?
Una seria riflessione sul Vangelo. Gesù ci ha annun-
ciato che c'è qualcosa per cu.i vale la spesa di rischiare
la nostra tranquillità: 1a disperazione dei nostri fra-
telli poveri, la fame di due terzi dell'umanità, l'igno-
ranza spirituale di tre quarti, l'angoscia e la solitudine
di nove decimi.
Paolo VI vede in questo impegno, soprattutto dei
giovani, un grande segno di speranza per il nostro
tempo. «Quando i giovani sanno donarsi per i fratelli
- ha detto - allora è segno che, nonostante tante ombre,
la luce sfolgora sul nostrot mondo, la buona volontà pre-
domina sulla mollezza, si rafforzano le premesse di un
umanesimo nuovo, che permetterà all'uomo moderno di
ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori d'amcre,
di amicizia, di preghiera».

1.5 Page 5

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CIO CHE I GIOVANI RIFIUTANO
I giovani d'oggi hanno, più forte che non l'aves-
sero quelli di ieri, una certa smania di evadere dai
sentieri dell'educazione convenzionale.
Si credono quasi obbligati a sottrarsi all'obbe-
dienza, alla normalità delle forme di vita familiare e
sociale.
Preferiscono atteggiarsi liberi, talvolta spregiudi-
cati ed eccentrici, per cedere ai capricci delle mode
più strane e alle passioni spesso amorali e antiso-
ciali, quasi col gusto di apparire contestatori e sov-
versivi.
Pur di staccarsi dalle consuetudini ambientali e di
far capire a tutti che la società, così com'è risultata
dall'evoluzione moderna, non soddisfa e non piace.
Vi è, nell'atteggiamento di tanta gioventù, un senso
di disagio e di rifiuto dì ciò che il progresso esibisce
a buon mercato, e vi è una ricerca di espressioni
umane e primitive, più semplici, più sincere e più
libere.
11 vo1
VOLETE
DARE
UN SENSO
VID\\11
la contestazione dei giovani
IL NUCLEO VALIDO
DELLA CONTESTAZIONE
A noi sembra di poter scorgere qualche cosa di
profondamente interessante in cotesta inquietudine:
la sincerità dei vostri animi, che non temono di de-
nunciare il vuoto che la vita moderna non solo lascia,
ma scava dentro di voi.
Un vuoto di idee vere e forti, privo di ragioni degne
di dare alla vita un senso, un valore, una fede.
Sentite la sofferenza della fatuità a cui vi ha indi-
rizzato una concezione scettica ed edonistica della
vita, della quale concezione le generazioni precedenti
sono state, in non lieve misura, stolte maestre.
I GIOVANI CERCANO UN MESSIA
Avete un bisogno «messianico» in fondo ai vostri
cuori. Avete, senza forse che ne avvertiate la sublime
esigenza, bisogno di un Messia, d'un vero Messia.
Il Messia di cui avete bisogno, e di cui il mondo
sperimenta la nostalgia e la carenza, è Gesù.
Gesù è il Cristo. il Salvatore, è colui che solo dà
senso, valore, speranza, gioia, alla vita degli uomini.
È Gesù che libera l'uomo dalle catene del pec-
cato e dalle altre catene interne ed esterne di ogni
schiavitù.
È Gesù che ci dà le ragioni per cui vale la pena
di vivere, di amare, di lavorare, di soffrire e di sperare.
È Gesù che ci obbliga a considerarci fratelli. Ed
è Gesù che fa di tutti noi un'unità, che ci fa «Chiesa».
(Dalle parole di Paolo VI ai giovani - 1972)

1.6 Page 6

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vemte ap DA
MADRAS - VYASARPADI 11
Da cinque anni padre Mantovani
non c'è più. Se lo portò via, in una
giornata di maggio del 1967, una
emottisi violenta. Aveva detto: t Vo-
glio morire fra i miei poveri lebbrosi ~.
Ora la sua tomba è sempre coperta di
ceri ardenti e di fiori. Li portano,
piangendo, i • suoi poveri, malati,
lebbrosi.
Ma attomo al piccolo cimitero-dove
riposa, la realtà non è cambiata di
molto in questi cinque anni. Scrive
un giornalista di Torino che è stato
a Madras, ed ha visitato il quartiere
di Vyasarpadi: • Un popolo di qua-
ranta o sessanta o forse ottantamila
ombre che si aggirano alla ricerca
disperata di cibo, quaJcuno conten-
dendolo agli animali; esseri umani
che ven~ono al mondo sulla soglia
di tugun fetidi o che muoiono sui
marciapiedi sempre tra l'indifferenza
generale».
I moribondi sul triciclo
Il Centro fondato da padre Man-
tovani ha un nome evangelico, splen-
dido: Centro Beatitudini. Il posto di
padre Mantovani è stato preso ormai
da cinque anni da padre Francesco
Schlooz, un salesiano olandese che
dorme suJla nuda terra insieme ai
suoi • beati •: i poveri, gli affamati, i
perseguitati dalla lebbra, i ricercati
dalla morte.
Il cuore del Centro è il lebbrosario:
300 ricoverati, 4000 che aspettano
di potervi entrare. Quelli che possono
lavorano. L'attività, il mestiere, strap-
pa dalla disperazione. Poi c'è il
dispensarw, dove ogni giorno vengono
curati 200 pazienti. Le file dei
malati in attesa continuano ad allun-
garsi, a succedersi. Con l'infinita
pazienza dei poveri. Madri sfinite
con i bambini silenziosi in braccio.
Vecchi accoccolati per terra. Il tempo
passa, la vita anche. Ma a bussare
energicamente alla vita vengono ogni
giorno altri bambini, ospitati nel
nido d'infanzia, pure del Centro.
Infine c'è il ricovero per i poveri
e i vecchi abbandonati da tutti, dove
Le file dei malati in attesa continuano ad allun-
garsi, a succedersi. Con l'infinita pazienza dei
poveri.. Madri sfinite con i bambini silenziosi in
braccio. Vecchi accoccolati per terra. Il tempo
passa, la vita anche.
vengono portati anche i moribondi.
Padre Schlooz va a raccoilierli per
le strade. Ma tutti i ragazzi di Vyas-
arpadi sono suoi arnici, e fanno a
gara per scoprirli sui marciapiedi,
nei tuguri, nei fossi, glieli portano
su traballanti tricicli.
11 successore
di padre Mantovani scrive
Recentemente padre Schlooz ha
scritto: «Siamo solo due salesiani
tra gli ammalati e i bisognosi del
Centro. Veramente troppo pochi.
Tanto più che la mia salute è quella
che è: l'anno scorso ho passato tre
mesi all'ospedale. Con l'aiuto di
Dio e dei benefattori, finanziariamente
riusciamo a farcela. Ma le persone
sono veramente troppo poche.
Dall'Italia, dalla Spagna, daJla Ger-
mania, molti volontari $0no pronti a
partire per darci una mano. Ma pur-
troppo il tJisto d'entrata non è più
concesso. Si concede solo quello
turistico, per pochi giorni. È venuto
qui il Ministro della Sanità, ha
visto tutto, ci ha ringraziati per
quanto facciamo, ci ha anche pro-
messo aiuti. Ma l'India ormai non
apre più le sue frontiere se non agli
esperti. In questo caso occorrereb-
bero medici. Dove trovarli ?
Due ragazze olandesi, che ci hanno
aiutato per molto tempo, sono tor-
nate in patria. Hanno lasciato un
grande vuoto. Una di esse ci ha
scritto: "Il mio soggiorno tra voi ha
dato forza alla mia fede, l'ha tra-
sformata in una roccia. Per me il
tempo dei dubbi è passato".
Potessimo avere tante i:agazze cosl.
Se potete fare qualcosa per noi,
fatelo. I nostri poveri ne hanno
una necessità senza confini. Padre
Mantovani diceva: "Pregare con la
bocca va bene, ma pregare con le
mani A meglio". Abbiamo bisogno
di gente che venga a pregare con
le mani •·
Padre Schloo-z
accanto a un mutilato c he lavora
4
nel Centro 8 Mtltudlnl•·

1.7 Page 7

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CON LE
,
2
1. Distribuzione di polvere di latta alla
mamme e al bambini.
2. Una malata In una compostezza serene
a dignitose.
3. La file dal malati In atteae.
4. L'accorata domanda degli affamati.
5. I ricercati dalla morta.
5

1.8 Page 8

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Krl. . . . . .,
aNOIH milioni di profaglil
nal giorni dalla tragedlL
Ho visto sul selciato
della afazione una bella
bambina di otto anni,
morta da poco. Tante
mosche addosso, ma
nessuno accanto. Sa-
rebbe bastato così po-
co per salvarla. Ma ci
consola pensare che ne
abbiamo salvate tante,
di bambine e di mamme
I nostri missionari e le nostre suore si sobbarcarono In quei giorni a un immane lavoro
di recupero umano. Raccontano scene raccapriccianti: colera, cadaveri sparsi lungo Il
ciglio della strada. Racconta don Gobetti: " Ho visto sul selciato della stazione ferroviaria
una bella bambina di 8-10 anni, morta da poco......
Cinque giorni in Birmania
Feci in fretta le valigie, al termine
del Capitolo Generale Speciale. Ero
impaziente di tornare nella mia India.
Prima però era convenientefare una
visita ai nostri r8 salesiani che la-
vorano in Birmania. Il popolo birmano
è tanto simpatico, e fino a pochi
giorni fa era anche tanto allegro.
Ora sta attraversando serie difficoltà.
Riuscii ad ottenere il visto turistico
di 5 giorni.
Noi Salesiani, in Birmania abbiamo
una parrocchia a Rangoon, una a
Mandalay e un piccolo studentato
ad Anisakan, sulle colline a nord
di Mandalay. Li 9 nostri chierici
studiano teologia. Sono tutti birmani,
e per la fine di quest'anno tre di
essi saranno ordinati sacerdoti. Sa-
remo così in grado di aprire una
missione nel territorio di Lashio, per
affiancare il lavoro dei Padri delle
Missioni Estere di Milano. Tutto il
grande territorio di Lashio ha come
unico servizio cristiano quello di
quattro Padri di Milano, già anziani
e malandati in salute.
Il vitto, qui, è pessimo. Chi ha
bisogno di stoffa, o anche soltanto
di un pezzo di sapone, un denti-
fricio, lamette per barba, medicine...
deve ricorrere all'onnipresente mer-
cato nero, a costi esorbitanti. Tuttavia
vi è libertà di religione, e nelle soffe-
renza fioriscono le vocazioni.
AKRISHNAGAR L'ondata di profughi nei giorni
della tragedia
Quando arrivai finalmente a Cal-
.DIO
CAMMINA cutta, mi accorsi subito di camminare
su un terreno assai ben conosciuto:
la povertà squallida. Me n'ero quasi
dimenticato. In questa povertà ci

1.9 Page 9

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Ora quasi tutti I profughi sono t ornati nel
Bangla D. .h.
sono milioni di anime da portare a
Cristo.
_E rie_ccomi con la borsa in pelle-
gnnagg,o verso le missioni salesiane.
A roo chilometri al nord di Calcutta
la di_oces_i di Krishnagar è affida~
a noi. S1 trova proprio sul confine
co_l _Ba!'gl~ Desh, ed accolse parecchi
m1lio01 d1 profughi nei sforni della
tragedia che t utti i giornali del mondo
hanno illustrato. I nostri missionari
e le nostre suore, in quei giorni, si
sobbarcarono a un immane lavoro
di recupero umano. Mi raccontano
scene raccapriccianti: colera, cadaveri
sp~rsi lungo il ciglio delle strade.
i\\11 racconta don Gobetti: «Ho visto
,sul selciato della stazione ferroviaria
una bella bambina di 8-10 anni
morta da poco. Tante mosche ad~
dosso, ma nessuno accanto. Sarebbe
b~tato cosi poco per salvarla( Ma
c1 consola pensare che ne abbiamo
salvate tante, di bambine e di
mamme_-. Ora_ quasi tutti i profughi
sono ntornatl nel Bangla Desh.
Alla partenza, sui camion o sui
treni, i missionari distribuivano co-
perte, vestiti, utensili da cucina
e. ci~o che ~ovev~ bastare per 15
g1orru. Perche molti al ritorno avreb-
bero trovato tutto raso al suolo...
2000 casette di fango
Q~ando ('_afflusso ~ei profughi aveva
raggiunto il culmme, si abbatté
su tutta la diocesi un'alluvione im-
mane, mai prima conosciuta. Distrus-
se il raccolto, atterrò moltissime
case, trascinò nel suo vortice migliaia
di uomini. e di animali. Nel giro di
qu_alch~ giorno la ~ondizione degli
ab1!3nt1_ del posto. divenne più pre-
cana d1 quella dei profughi, perché
nessuno pensava a loro.
I nostri missionari si gettarono a
capofitto nell'opera di assistenza e
con l'aiuto di alcune organizzazioni
internazionaJi, riuscirono a salvare
centinaia di migliaia di persone e a
costruire migliaia di casette. Case
prov:vis_ori~, case poverissime, con
mun tirati su con frasche e fango,
tre metri per tre, rifugio stretto e
disagiato per tutta la famiglia, ma
pur sempre case, luoghi dove si
riacquista la sicurqzza, dove ci si
ritrova insieme.
Don Giulio Matteucci, nel nostro
centro di Chapra, ne ha fatte costruire
più di 2000.
Molte altre casette simili le ho
viste a Maliapota, costruite da don
Carvalo, nei villaggi intorno a Krish-
nagar, dove si dà da fare don Berti
Fernandez, nel territorio dei Santali
a Ranaghat, a Ranabondo... U~
lavoro enorme, che non ha tenuto
e non tiene conto della fatica, del
sudore, della salute. Ciò che dà
pena ai missionari è che tutte queste
casette sono praticamente scoper-
chiate. Al posto del tetto hanno
frasche, cartoni, qualche lastra di
lamiera ricavata da scatole. Avevamo
promesso alle famiglie di fornire noi
il tetto, ma le tegole è difficile tro-
varle,_ e _sono costose. E giugno è
orma1 qw, e porta le piogge torren-
ziali.
Fra qualche giorno mi rimetterò in
cammino. Sarò con i chierici sale-
siani studenti di filosofia (tutti indiani)
che a Sonada, sulle falde dell'Hi-
malaya, si preparano all'apostolato
con lo studio e la preghiera. Insieme
ad e~i.offrirò la S. Messa per i pro-
fughi, 1 senza tetto, i missionari che
hanno bisogno di forza e di fede
per continuare il loro eroico lavoro
e per tutti i nostri amici.
'
DON ROSARIO STROSCI O
Ispettore dei Salesiani • India Nord

1.10 Page 10

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L'ercivescovo di Tokyo concelebra con don LlvlebeUe.
Nel dicembre scorso don Leone M.
Liviabella, a Tokyo, ha compiuto
50 anni di sacerdozio.
Il Rettor Maggiore, don Ricceri, è
stato il primo a mandargli gli auguri
con una lunga lettera. Gli ha detto:
«La Vergine del Monte Fuji farà
scendere fiumi di grazie, per l'amore
sincero che lei ha voluto a tutte le
sue opere salesiane... Le assicuro che
il titolo "salesiano" ha brillato piena-
mente e continuamente sul suo infa-
ticabile cammino ».
Il Rettor Maggiore emerito,, don
Ziggiotti, gli ha scritto fraternamente:
«Penso al Giappone che nel 1925 do-
veva essere anche la mia missione col
caro mons. Cimatti!... Nella preghiera
e nel ricordo è stata sempre la prefe-
rita. Beato te che ne sei un pioniere
confondatore ! ».
Dalla Scuola Materna dove lavora
da tanti anni, dov'è riuscito con l'aiuto
di migliaia di benefattpri a rendere più
grande e più accogliente l'opera per
i bambini e a costruire una splendida
chiesa parrocchiale, recentemente don
Liviabella ha scritto:
Un po' di freddo nel cuore
«11 1 5 marzo, con un po' di freddo
nel cuore, si cominciò a disfare la
nostra chiesetta che contava 38 anni
Sapessero i nostri be-
nefattori, quanta serie-
tà, quanto impegno re-
galano ai nostri chie-
r1c1. Essi si sentono
realizzati non solo dal
loro personale sacrifi-
cio, ma dal sacrificio
silenzioso di tutta la
Chiesa, di quel Corpo
Mistico per lo sviluppo
del quale stiamo spen-
dendo la nostra vita.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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NE
di esistenza, per dar luogo al grande
cortile luminoso, dove i piccoli della
Scuola l\\1aterna potranno correre
nella luce e nel sole. Quanti zelanti
sacerdoti hanno esercitato il loro mi-
nistero in quella chiesetta! Ricordo
don Cimarti. Ricordo i battesimi, le
prime Comunioni... Il giorno prima
vi celebrai l'ultima Messa, e l'offrii
per tutti i confratelli che vi avevano
esercitato il loro ministero, per i cri-
stiani che di essa conservano un grato
ricordo, e per i benefattori.
Don Tassinari, che fu nostro ispet-
tore dopo don Cimatti, mi ha scritto:
"Non pochi proveranno rincresci-
mento per la distruzione della vecchia
chiesetta, ma si consolino: saranno
in molti ad essere contenti della nuo-
va, degna del rinnovato quartiere di
Arakawa. Mi congratulo con lei che
in essa potrà celebrare le nozze d'oro
sacerdotali".
Solo Dio ha registrato tutto
In maggio•inaugurammo i nuovi lo-
cali della Scuola Materna. I bambini
vi parteciparono vestiti da chierichetti:
una processione lunga lunga di picco-
lini tranquilli, che quasi mi fece pian-
gere. È per loro che abbiamo lavo-
rato tanto!
I locali, dopo essere serviti di giorno
ai bambini, sono utilizzati alla sera
per la scuola di pittura, musica, lingua
inglese, adunanze dei boy-scouts, cate-
chismo. È la missione cattolica che
continua anche di notte. Frutti tangi-
bili sono i sessanta e più battesimi
conferiti quest'anno.
Quanta generosità e quanti sacri-
fici, la nuova chiesa e i nuovi locali
rappresentano! Solo Dio ha potuto
registrare la bontà dei nostri bene-
fattori.
Un'inattesa offerta di 2000 dollari
arrivò dal Rettor Maggiore della no-
stra Congregazione. Una benefattrice
di 75 anni, sola in casa con un parente
di 80 anni gravemente ammalato, riu-
scì a curarlo nell'anima e nel corpo
fino all'ultimo giorno. Ha inviato
un'offerta ringraziando Dio di averle
dato la forza di compiere fino alla fine
la sua missione. Un chierico che per
tanti anni aveva raccolto francobolli
e possedeva una bella collezione, ne
fece dono per la nostra opera. Mi co-
municò poi che aveva provato una
gioia superiore al sacrificio fatto per
privarsene. Un altro chierico sale-
siano, prossimo al sacerdozio, si è pro-
posto di mandare alla nostra opera i
regali che avrebbe avuto in occasione
della sua ordinazione. Una signorina
alla vigilia del suo matrimonio devol-
verà allo stesso scopo i suoi regali di
nozze.
Un ottimo padre di famiglia, che
già adottò un chierico ora sacerdote,
volle ricordare l'anniversario del suo
matrimonio mandandomi ciò che po-
teva. In un istituto salesiano hanno
fatto una grandiosa lotteria, vendendo
2500 biglietti, e mi hanno mandato il
ricavato. Una mamma mi scrive che
se ha conosciuto la nostra opera è me-
rito del figlio, che fin da. quando era
in una scuola salesiana era in corri-
spondenza con me. Arruolatosi nel-
1'Arma dei Carabinieri, le disse:
"Mamma, ora sono militare e non
posso più curarmi di quest'opera di
bene. Continuala tu per -me". Quel
ragazzo ha sacrificato la sua giovane
vita, come un eroe, per salvare 22 la-
voratori. Altri benefattori ci aiutano
. mandando intenzioni di sante Messe.
Per il quale stiamo spendendo
la nostra vita
Ma ciò che più mi commuove è la
fede di coloro che adottano un chie-
rico salesiano, accompagnandolo con
silenziosa bontà verso l'altare. Due
genitori mi domandarono di adottare
un chierico in memoria di un loro
figlio che freq uentava u9 oratorio sa-
lesiano, e che morl a 14 anni di un
male inguaribile. Una mamma mi
scrive: "Sono anziana e di poca salute.
Sarà difficile che possa arrivare ad
aiutare il chierico che ho adottato
fino al sacerdozio, ma dirò ai miei
figli che continuino loro". Un parroco
è felice di sapere che il chierico giap-
ponese adottato dalla sua parrocchia
è già sacerdote, e si impegna coi suoi
parrocchiani ad adottarne un altro.
Don Liviaballa con una Figli■ d i Ma ria
Aus iliatrice giappo nese.
Una benefattrice che l'anno scorso
ebbe la consolazione di vedere il chie-
rico da lei adottato, sacerdote, mi
scrive: "Le sono riconoscente dì aver-
mi aiutato a ricevere una grazia così
grande".
Sapessero i nostri benefattori quan-
to impegno, quanta serietà regalano ai
nostri chierici. Essi si sentono realiz-
zati non solo dal loro personale sacri-
ficio, ma dal sacrificio silenzioso di
tutta la Chiesa, di quel Corpo Mi-
stico per lo sviluppo del quale stiamo
spendendo la nostra vita~-
DON LEONE M . LIVIABELLA 9

2.2 Page 12

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Ogni anima,
di fronte
alla vocazione,
vive nell'aspettativa
e nella speranza
volgersi di Dio verso la creatura allo
copo di chiederne la cooperazione: è
la via più scorrevole e meglio trac-
ciata per sublimare il proprio io e tuf-
farlo in Dio. «La ragione più alta
- dice il Concilio Vaticano Il nella
costituzione "Gaudium et Spes" -
della dignità dell'uomo co11siste nella
Per il colibri o per la lepre non c'è
che un modo solo di essere rispetti-
vamente colibrl o lepre. Per l'uomo
invece ci sono miliardi e miliardi di
modi di essere uomo.
Vi è anzitutto il desiderio di essere.
Si presenta subito a due livelli: nel
primo livclJo l'individuo vuole perdu-
rare nella propria esistenza; nel se-
condo livello vuole realizzarsi in una
certa immagine, cioè vuole essere
«qualcuno». Questo desiderio di es-
sere ha un fascino: noi diciamo che
«chiama>>: è la vocazione alla sua ra-
dice. li desiderio è una chiamata in-
teriore che l'individuo sente in qual-
che modo in se stesso.
el periodo dell'adolescenza, il ra-
gazzo s i esprime a se stesso attraverso
i sogni e le fantasticherie. Si pone di-
rettamente a confronto col moodo
degli adulti che lo sollecita e nel quale
tende a integrarsi: sogna la propria
vita, le proprie attività, i propri suc-
cessi futuri. Si tratta il più delle volte
di compensazioni. L'immaginazione è
come una fata magica: gli crea una
evasione nell'irreale, dal momento che
il presente e il reale gli si rizzano da-
10 vanti impermeabili e oscuri.
Dalla f a11tasticheria occorre che il
ragazzo passi a un'immagine concreta:
solo allora si sente ~ chiamato •> verso
il futuro, con una proiezione della
propria immagine in un tempo reale
e non fantastico e illusorio. Non vi è
nulla di più scoraggiante che l'incon-
trare un ragazzo di sedici o dicias-
sette anni che non abbia alcun pro-
getto di e che non sappia fare altro
che sognare la propria vita anziché
immaginarla.
Il desiden'o di essere se stesso, cioè
di realizzarsi, in base a u11a detenni-
nata e specifica immagine, è uno deifat-
tori fo11dame11tali di ciò che vien detto
vocazione •.
Un desiderio che si radica
nell'Intimo
La vocazione è una manifestazione
(cioè una epifa11ia) della volontà di
Dio, dei suoi intenti sugli uomini e
sul creato. Quando il ragazzo afferra
e imbrocca in modo autentico la sua
vocazione, si impossessa in un certo
qual modo di qualcosa di Dio.
La vocazione è il compiacente ri-
sua vocazione alla comunione ron Dio •·
La vocazione è un desiderio che si ra-
dica nell'intimo delle tendenze, pro-
pensioni e inclinazioni umane, ma,che
insieme vela aspetti ineffabilmente
trascendenti. Per poterla scandagliare
ci si può anche servire delle moderne
tecniche psico-sociologiche, ma è in-
dubbiamente con la fede che bisogna
esaminarla: t La fede tutto rischiara di
una luce nuova e svela Le intenzioni di
Dw sulla vocazione integrale dell'uomo,
e perciò guida l'i11tel/ige11za verso solu-
zioni pie,uimente umane», afferma an-
cora il Concilio Vaticano Il.
La vocazione religiosa
e sacerdotale
In una prospettiva religiosa e sulla
base di un vocabolario ancora molto
corrente, l'espressione «avere la vo-
cazione & (senza altri aggettivi o spe-
cificazioni) indica un'inclinazione alJa
vita religiosa o al sacerdozio. Quando
di un adolescente si dice che • ha la
vocazwne, significa senz'altro che è
chiamato a un genere di vita diretta-
mente in rela.zione e in rapporto con

2.3 Page 13

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DON CARLO DE AMBROG IO
ecco la
vocazione
Dio. Chi vive esplicitamente una per-
sonale e intima relazione con Gesù
Cristo, ha normalmente la vocazione
di farlo conoscere agli altri. Ma que-
sto può avvenire in modi differenti:
per esempio, con un impegno nella
vita di famiglia, con un impegno pro-
fessionale suIla base delle proprie at-
titudini, con un impegno sociale, ecc.
Si può anche desiderare di porre l'ac-
cento su ciò, che fin dalla vita di quag-
giù, prefigura e annuncia la realizza-
zione sconfinata ed esaltante della vita
risuscitata in cielo: superamento della
vita sessuale attraverso il voto di ca-
stità; sgravio di tutto ciò che mate-
rialmente può inceppare una dedi-
zione totale al Signore col voto di po-
vertà; la cosiddetta ke11òsis di tutto se
stesso col voto di obbedienza; e al li-
mite, un sistema di vita orientato in
modo assolutamente predominante
verso quella che tradizionalmente è
chiamata contemplazione. Si tratta
in questi casi della vocazione reli-
giosa.
È altresl possibile desiderare di es-
sere jn mezzo al popolo i continuatori
dei segni posti e lasciati da Gesù., so-
prattutto del segno per eccellenza che
è l'Eucaristia, i propagandisti più di-
sponibili dell'annuncio del Regno di
Dio, del messaggio del Vangelo. Si
tratta in questo caso della vocazione
sacerdotale.
L'intuit o di una mamma
Un «sogno>> che, come una co-
stante, si ripeterà nei momenti deci-
sivi della vita, fu il colpo di timone
in Giovannino Bosco per farlo navi-
gare sulla rotta del sacerdozio.
Gli accadde a nove anni.
Gli era parso di trovarsi in mezzo
a una folla immensa di ragazzi che 1:1r-
lavano e bestemmiavano. Giovannino
voleva far cessare quel tumulto, pri-
ma gridando più forte di loro, poi ri-
correndo ai pugni secchi di contadi-
nello. Ma un personaggio misterioso
gli si avvicinò e gli disse: «Non con
la violenza, ma con la dolcezza potrai
guadagnarti la loro amicizia». Allora
quei discoli, che per un momento si
erano trasformati in animali di ogni
specie, divennero agnellini timidi e
docili, mentre una voce carezzevole
di Donna gli diceva: «A suo tempo
tutto comprenderai>>.
Al mattino, Giovannino Bosco ràc-
contò il sogno in casa. Ognuno volle
spiegarlo a suo modo.
- Forse diventerai un guardiano
di bestie - gli disse il fratello Giu-
seppe.
- No, no, un capo di briganti -
ridacchiò sarcastico il fratellastro An-
tonio.
- Non diamo troppa importanza
a un sogno - interloquì la vecchia
nonna. Ma la mamma, la mamma che
era stata pensierosa ad ascoltare, con-
cluse:
- Chissà che Giovannino non ab-
bia a diventare prete.
Il suo intuito aveva azzeccato giu-
sto; negli anni seguenti il ragazzo ma-
nifesterà più volte alla madre il desi-
derio di farsi' prete. E la mamma a ri-
spondergli:
- Prete! Ma quale motivo hai?
- Senti, mamma - rispondeva
Giovanni - se fossi prete dedicherei
la mia vita ai ragazzi, li amerei e
mi farei amare da Joro. Per loro
darei tutte le mie forze, tutto il mio
tempo...
Aveva nel cuore il sogno caldo del-
l'apostolo evangelizzatore. E cosi che
la vocazione si snoda in un successivo
divenire. Ogni anima, di fronte alla
vocazione, vive nell'aspettatiya e nella
speranza. A suo tempo, cioè in cielo,
la prima vocazione apparirà total-
mente svelata, quando l'io sarà per-
fettamente unito al Padre Celeste nello
Spirito Santo del Cristo Gesù.
Un rilancio
della
missione
religiosa
e sacerdotale
C'è bisogno di un «rilancio» del-
l'ideale della Vita religiosa, della mis-
sione sacerdotale.
Già Giovanni XXIII raccoman-
dava:
« Più che lamentare la scarsità e in-
sufficienza delle vocazioni in tante
parti del mondo, conviene illustrare ai
giovani l'ampiezza del campo che at-
tende gli operai della messe, la bel-
lezza dell'ideale sacerdotale, affinché
sboccino numerose tra le cristiane fa-
miglie la vocazioni al sacerdozio».
E Paolo VI parlando ai semina-
risti :
«Vocazione oggi vuol dire rinuncia,
vuol dire impopolarità, vuol dire sa-
crificio. Vuol dire la preferenza della
vita interiore a quella esteriore. Vuol
dire la scelta d'una perfezione austera
e costante, in confronto con una me-
diocrità comoda ed insignificante...
Vuol dire comprendere la dura ma
stupenda missione della Chiesa, oggi
più che mai impegnata ad insegnare
all'Uomo il vero suo essere... ed a
svelare agli spiriti fedeli le immense,
le ineffabili ricchezze della carità di
Cristo».
Don Bosco già raccomandava :
«Siccome in questi tempi si fa grave-
mente sentire la penuria di vocazioni
allo stato ecclesiastico, cosi coloro che
ne sono in grado prenderanno cura
speciale di quei giovanetti e anche
degli adulti che, forniti delle neces-
sarie qualità morali e di attitudini allo
studio, dessero indizio di esservi chia-
mati, giovandoli coi loro consigli. in-
dirizzandoli a quelle scuole, a quei
collegi, a quei piccoli seminari dove
possono essere diretti e coltivati a
questo fine».
Don Bosco diceva che 30 su 100 di
questi ragazzi che ci vengono affidati
per gli studi dalle famiglie cristiane
hanno autentici elementi di vocabi-
lità. Un'inchiesta, fatta negli Istituti
del Veneto, ha confermato l'indica-
zione di Don Bosco, Vuol dire che la
fiamma della vocazione nella gioventù
non è ancora spenta. Cercarla dov'è
e alimentarla il più possibile: un apo-
stolato importantissimo della Famiglia
Salesiana.
11

2.4 Page 14

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2.5 Page 15

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di nuovo arrestato. E forse oggi non mangeranno niente
di niente. Paolina, io vorrei che portassimo il resto
del nostro pranzo a quella povera gente. Che ne dici ?
Racconta Paolina: «Ci recammo in via Eurialo. Sa-
limmo le scale fin dopo il settimo piano, e consegnammo
un fagottino di cibo caldo a quella povera famiglia».
Edvige e Paolina Carboni non erano romane. Veni-
vano dalla Sardegna, da Pozzomaggiore. Emigranti in
cerca di lavoro, erano approdate nel Lazio alla fine
del 1929.
Paolina, maestra elementare, vive ancora; Edvige
andò incontro al Signore nel febbraio del 1952. Quattro
anni fa, presso San Giovanni in Laterano, il cardinale
Dell'Acqua ba dato inizio al processo per la beatifica-
zione di Edvige Carboni.
storia
di una emigrante
È iniziato a Roma
la causa di beatificazione
di una cooperatrice salesiana,
Edvige Carboni.
Nel ventesimo anniversario
della morte .vogliamo ricordare
questa umile figura di emigrante,
che portò sempre nel cuore
un amore grande
per i poveri e i dimenticati.
Roma, aprile 1944. Scorrono lenti i mesi più neri
della seconda guerra mondiale. I bombardieri arano
le nostre città, trionfa gonfio e ripugnante il mercato
nero, per le strade si dà la caccia all'uomo.
In un piccolo appartamento in via Camilla due sorelle
stanno pranzando con quel poco che sono riuscite a
racimolare facendo lunghe code ai negozi e spingen-
dosi fino agli orti della periferia. Ad un tratto Edvige
dice a Paolina:
- Mi vergogno di continuare. Abbiamo già preso
la minestra, abbiamo il pane. Com'è possibile consu-
mare la verdura e la carne, mentre tanti poveretti
stanno patendo la fame? Un detenuto politico è uscito
l'altro ieri di prigione. Abita in una soffitta con sua
madre, non può uscire perché corre rischio di essere
Marchio d'origine
Era la seconda di sei figli, e fin da piccolina dovette
lavorare sodo per dare una mano alla mamma. A sette
anni prese la cartella sotto il braccio e andò a scuola,
ma a casa continuò a tessere accanto alla mamma, a
lavare i panni, a rammendare, ad impastare la farina
neJla madia per il pane. Ricorda Paolina: <t Era cosi
piccola che a tessere le si facevano le mani storte ».
L'ambiente che la circondava era quello aspro e te-
nace della Sardegna: lavoro duro, silenzio pensoso,
fede tenace e semplice nel Signore e nei santi. Ed-
vige imparò a pregare molto prima che a leggere. La
sua vita cristiana avrebbe recato per sempre quel mar-
chio d'origine: semplicità e tenacia, silenzio e lavoro.
Ma un altro marchio stava per dare un'impronta
definitiva alla sua vita: la sofferenza. La mamma si
ammalò di una malattia incurabile che lentamente e
dolorosamente l'avrebbe portata alla tomba.
«La prima Comunione, - scrisse Edvige, - la feci
all'età di undici anni. Non ero vestita di bianco. Mia
mamma era ammalata e non potevamo permetterci
quel piccolo lusso. Ricordo che ero con un vestito
scuro, che mi aveva cucito una zia 1>.
Mamma dimagriva sempre più. Seduta sul divano
continuava a lavorare di ricamo, per aiutare la fa-
miglia. Poi la malattia precipitò, e per lunghi mesi
dovette rimanere a letto. Faceva passare e ripassare
nelle mani la corona del Rosario, e faceva l'impossibile
per trattenere i lamenti. Quando la morte arrivò, Edvige
si fece forza: toccava a lei fare da mamma in casa.
Aveva nel cuore un sogno che aveva accarezzato a
lungo: divenire suora di San Vincenzo e consacrare
la vita ai bambini. Con la morte della mamma, l'ar-
chiviò per sempre. Dio le indicava un'altra strada.
L'avrebbe seguita senza lamenti.
cc Passa la figura di questo mondo»
Per capire Edvige Carboni occorre tenere ben pre-
sente que"\\ta matrice, la sofferè'nza, che col permesso
di Dio s'impresse nella sua vita fin dai primi anni e
non l'abbandonò mai. Nella storia della Chiesa sono
sempre presenti due linee di spiritualità. Una prefe-
risce sottolineare l'impegno del cristiano in questo
mondo, la sua cittadinanza piena nelle vicende umane,
il suo diritto a gustare le gioie sane che Dio ha semi-
nato nella natura, e il suo impegno a trasformare la
Terra in un mondo più giusto, più bello, più degno di
essere abitato dai figli di Dio. La seconda invece, pur
nell'impegno costante della carità per alleviare le sof- 13

2.6 Page 16

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ferenze e le ingiustizie, preferisce sottolineare l'altra
cittadinanza del cristiano, quella del Cielo. Insiste
sulla vanità della vita, sul valore relativo e provvisorio
delle cose di quaggiù. Ripete le parole della Scrittura:
«Passa la figura di questo mondo », << Non abbiamo qui
una cittadinanza perenne».
Questa seconda linea di spiritualità è scelta di prefe-
renza (ed è naturale che sia e.osi) dalle persone tormen-
tate dalla sofferenza, per le quali il mondo è una valle
di lacrime, da cui non si può che sospirare il cielo.
Edvige Carboni visse nettamente orientata su questa
seconda linea di spiritualità. Essa accettò ed apprezzò
le sofferenze come un lento distacco dalle cose di quag-
giù. Il suo confessore scrisse: << È una cosa che com-
muove vederla insistere sulla vanità della vita, sul di-
sprezzo del mondo. Insieme con l'Apostolo essa ri-
pete: passa la figura di questo mondo, p,erciò affret-
tiamoci a fare il nostro ingresso in quella Patria beata,
dove sarà perfetta la nostra pace».
Ma Edvige non si chiuse mai nel bozzolo della sua
sofferenza. Essa seppe vedere anche gli altri che soffri-
vano accanto a lei e prodigarsi per aiutarli.
Ricorda Paolina: «C'era una povera donna molto
afflitta per la miseria, per i figli e per il marito cat-
tivo. Essa veniva da Edvige e si sfogava per ore e ore.
Lei non si dimostrò mai stanca, seccata da quelle lunghe
tiritere>}.
In genere però, le sofferenze che vedeva accanto
a derivavano dall'estrema povertà. Ed Edvige, no-
nostante che la sua situazione fosse spesso uguale a
quella de~li altri, trovava sempre qualche cosa da cui
distaccarsi per aiutare e confortare. Si trattava spesso
di una misura di grano, di una coperta, di uno scialle
di lana. Qualche volta arrivò fino a preparare l'intero
corredo per giovani fidanzate abbandonate dai genitori.
Questa carità era animata da una preghiera costante,
e da una direzione spirituale equilibrata ma soda.
Edvige ebbe la fortuna di avere come confessore il
servo di Dio don Giovanni Battista Manzella'. un sa-
cerdote lombardo della Missione, che dedicò la vita
alla predicazione in Sardegna.
Addio alla Sardegna
1929. Paolina, che ha partecipato ad un concorso
per maestri bandito dalle scuole dell'A.i?ro Romano,
viene assegnata alla scuola elementare di Marcellina
Scalo, ad alcuni chilometri da Tivoli.
«Non mi sentivo di partire sola per il continente
- scrive Paolina - e pregai il babbo e Edvige di ab-
bandonare la vecchia casa e di venire con me».
Fu un distacco doloroso: dai parenti, dalle amiche,
dal cimitero dove riposavano la mamma ed un fra-
tello. Eppure bisognava partire, come tanti emigranti
che lasciavano l'isola troppo povera per cercare altrove
i mezzi per vivere.
Il complesso scolastico di Marcellina Scalo consi-
steva in un'aula e in una camera, più un terrazzino.
Edvige trasformò il terrazzino in cucina. Uno dei disagi
più grossi era quello della spesa: bisognava far cinque
chilometr i per trovare una drogheria o un negozio di
alimentari. Ma Edvige ne sentl uno ancora più grande:
la lontananza di ogni chiesa. Dovette abbandonare la
Messa e la Comunione quotidiana, che fin allora l'ave-
vano sorretta e confortata. «Ma se il Signore vuole
anche questo sacrificio, sia fatta la sua volontà», disse.
Gli alunni e presto anche le loro famiglie (quasi
tutti ferrovieri) divennero amici di Edvige. L'aiuta-
vano neLI'andare ad attingere l'acqua alla fontana, di-
stante dalla casa, e s'intrattenevano volentieri con lei,
ammirandone la semplicità un po' rude, e la straordi-
naria abilità nell'eseguire fini ricami.
Febbraio 1932. Paolina è trasferita alle scuole di
Agosta, un paesino vicino a Subiaco, dove San Bene-
detto fondò una celebre abbazia. Edvige raduna le
poche masserizie, riempie le valigie e col papà segue
.-t.'-.... ~
I, # ~
~
PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI
G ._ " ~;- ,f•J<•t G,:v... o 11.. ~ ~ ~..,,i.~ I!
ht lalCri"flè tra I OOOPERAtof\\1 SALISIANI e lltllV'I (W•ra ffl '--1, ltta«lcenn • l'U"" tp,nldl1 OM~•:t• c,., Som."'!i PM!tMlc•
.. 1"N'Mbtt • qwe&a ~
,..,... 21i Slt ~'
t:., ., ~r . _.:.... H. flltTTOA 11.AO,CiPO,t( 1)(1 ULdtA(lft
-4 ,..,. '
14
Il diploma di cooperatrice
salesiana di Edvige Ca rboni,
fir mato nel 1941 de~don Pie•
tro Riealdone. Essa ami) In-
t ensamente l'opera salesiane.
Don Bosco Domenico Savio
le f urono familiari. Chiamava
Domenico Savio « il mio fra-
t ellino». D I questa coo pera-
trice, di cui tracciamo I• vita..
è in corso la causa di beatl -
fica&lona.

2.7 Page 17

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la sorella. È un altro distacco che costa. Bisogna lasciare
amici, ricominciare da capo, conoscere altre persone.
Ma questa volta c'è una chiesa a pochi passi, e può
tornare a ricevere la Comunione tutti i giorni. È un
conforto grande nella vita provvisoria ed incerta del-
!'emigrante.
1933. Si torna a fare le valigie. Questa volta Paolina
è mandata a Serrone, in provincia di Frosinone. Per
il vecchio papà e per le due sorelle i disagi si rinno-
vano, e si rinnoveranno ancora un anno dopo, quando
bisognerà traslocare per La Forma, una borgata ai piedi
del monte Scalambra, sulla strada Roma-Fiuggi.
Stanche dei continui trasloc.hj, vedendo papà che
deperisce sempre più, le due sorelle decidono d1 stabi-
lirsi ad Albano. Di qui Paolina raggiungerà ogni mat-
tino La scuola alla quale vie.ne assegnata.
E qui muore il babbo, il vecchio Giovanni Battista
Carboni dagli ampi baffi spioventi e candidi, che ha
sognato fino all'ultimo giorno di finire la vita nella sua
Sardegna, ma che non ha detto mai nulla per non
rattristare le figlie. «Ci chiamò negli ultimi momenti
- racconta Paolina - ci benedì, e ci disse che tutti i
giorni sarebbe venuto spiritualmente a visitarci. Morì
pregando J>.
La grande bufera
Un fratello di Edvige e di Paolina è lui pure emi-
grato a Roma. Si chiama Galdino. Dopo la morte del
babbo, prega le sorelle di venire ad abitare vicino a
lui, per ricostituire nei limiti del possibile la famiglia.
Decidono di affittare un appartamento nella città di
Roma, in via Camilla, nella parrocchia di M. Ausi-
liatrice. Vi si recano nel novembre del 1938. È il trasloco
ultimo. Nell'aria è ormai la seconda guerra mondiale,
la Rrande bufera che sta per scatenarsi sul mondo e
su11 Italia, lasciando dietro di un mare di rovine.
<1 Nella Roma della guerra e dell'immediato dopo-
guerra - scrive Rocco Guerrini sull'Osservatore Ro-
mano - quando la vita è esausta e dissanguata, fe-
rita, affamata e Lacera, Edvige sa dividersi per dare,
per spendersi, noncurante del freddo, degli stenti, della
malferma salute e del caldo rovente. La sua vita è un
ininterrotto su e giù per scale interminabili, dagli
scantinati alle soffitte, alle baracche e ovunque ci sia
una lacrima da asciugare o una bocca da sfamare•>.
«Nell'ospizio vicino a San Pietro in Vincoli - scrive
Paolina - era ricoverata una ~overa signora. Nell'o-
spizio i poveri soffrivano: non c era zucchero, né caffè,
olio. La domenica mattina, Edvige si affaccendava
a preparare come poteva un dolce per la povera amica
decaduta. Dopo pranzo si affrettava a lavàre i piatti
e a pulire la cucina, per fare in tempo alle r5 (ora d'in-
gresso) a portare il dono alla povera amica decaduta.
Il regalino era sempre accompagnato da parole d'in-
coraggiamento e di speranza>>.
La voce di Dio
Gli anni del dopoguerra furono duri e spietati. Ed-
vige continuò a spendersi per i poveri, ma a poco a
poco la sua salute declinò. Nella sua vita si erano ma-
nifestati, fin dall'infanzia, fenomeni che potrebbero es-
sere chiamati straordinari. Essa li racconta con sem-
plicità nei tre piccoli quaderni scritti per ordine del
suo confessore, monsignor Vitali. Ciò che narra la sua
santità però non sono le visioni, ma le lunghe scale per-
corse col fiato corto verso le soffitte dei poveri; non le
e' uscito
LO SPIRITO SALESIANO
di Joseph Aubry·
contiene le lezioni tenute ai Cooperatori
salesiani nel corso di Grottaferrata, nel
febbraio di quest'anno.
Temi principali:
lo spmto salesiano, ricchezza della
Chiesa;
i valori evangelici dello spirito salesiano;
lo stile salesiano di azione;
lo stile salesiano di preghiera.
Ogni tema è seguìto da una traccia per
conversazione di approfondimento. Il vo-
lume contiene inoltre due documenti di
Don Bosco: le sue «note» sul Sistema
Preventivo e la sua « lettera da Roma ».
Ci sembra un volumetto utile, oltreché
per riflessione personale, come testo-
base per giornate di studio e convegni.
Si può richiedere al proprio Centro
Cooperatori, o all'Ufficio ispettoriale
o nazionale.
Ogni copia L. 750.
stigmate ma la povertà della sua stanzetta, spogliata
di tutto per rivestire i miserabili; non il parlare con
gli angeli, ma l'ascoltare con infinita pazienza i deso-
lati e gli sfiduciati che si sfogavano con lei.
All'inizio del 1952 il medico, preoccupato per il
peggiorare della sua salute, le ordinò una intensa cura
di iniezioni. Lei rispose sorridendo: «Le farò, ma non
serviranno a niente. È il Signore che chiama>>.
Le dispiaceva lasciare sola Paolina, con cui aveva
diviso gioie e dolori per tutta la vita. Ma nel febbraio
le disse: << Paoli.na, devi rassegnarti. Ormai devo par-
tire&.
rr 17 febbraio fu la sua ultima giornata. Serena e
normale come tutte le giornate della sua vita. Andò
con Paolina in Santa ;Maria Maggiore a sentire un
discorso di padre Lombardi, e la strada la stancò molto.
Andando a letto, alla sera, si senti male. Venne qualche
vicino. Paolina le mise una borsa d'acqtta calda ai
piedi perché sentiva molto freddo. Edvige la ringraziò.
Poi disse semplicemente: «Io muoio».
Alle 22,30 il suo cuore stanco cessò di battere. Pao-
lina si senti male quella notte. Ebbe un attacco d'asma.
Piangendo invocò la sorella, perché l'aiutasse. Si sentì
guarita all'istante. Era la prima ~razia che Edvige
Carboni, presente nelJa luce di Dio, lasciava cadere
sulla terra per i suoi amici e i suoi poveri. Da quel
momento non sono più cessate.
15

2.8 Page 18

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I
Una semplice notizia, un breve flash, pubblicato sul-
1'ANS (Agenzia Notizie Salesiane) bastò a scatenare l'in-
teressamento. Era stato annunciato: «Più di mille ra-
gazzi al Centro Salesiano di Columbus & negli Stati
Un_iti. Cosa avveniva a Columhus nell'Ohio? chiesero i
lettori. La domanda venne girata direttamente al diret-
tore dell'Opera, don Manni. Rispose subito inviando
foto, articoli, ecc.(« faccia come crede meglio») e aggiun-
gendo una scheletrica notizia biografica: «Inizio del-
l'Opera 1° gennaio 1970. Inaugurazione 28 novem-
bre 1970. Attuale numero di giovani iscritti e frequen-
tanti: 1500 ». Allegava ritagli di giornali e un servizio
fotografico di 17 foto giganti. Ce n'era per invogliare il
più refrattario e il più restio dei lettori.
Mi limito a spigolare da tutto quel ricco materiale di
documentazione. Ecco i lineame11ti confessionali dei ra-
gazzi che battono le aule e le sale da gioco del grandioso
edificio a cinque piani del Centro Salesiano. Da un'in-
chiesta risulta che i cattolici sono il 32% , i battisti il 24°/4,
i ragazzi di nessuna religione il 22,8% , i pentecostali
il 10,7% , i protestanti di varie denominazioni il 2,3% , i
metodisti il 6,2% , i luterani lo 0,96% e gli episcopaliani
lo 0,91 3/o. Una piccola ONU di religioni, senz'altro.
Preistoria dell'edificio a cinque piani. Costruito
nel 19z5 era servito come palazzo direzionale dei Cavalieri
di Colombo. N ell'ottobre del 1961 venne acquistato dalla
diocesi e funzionò come Centro sociale, culturale e spor-
tivo per cattolici di ogni età. Vi si avvicendarono gli uffici
di varie organizzazioni cattoliche, come il Servizio Sociale,
le Associazioni Giovanili, la Conf{aternita della Dottrina
Cristiana, la Vita di Fainiglia, Donne e Uomini Cattolici,
le Missioni, la San Vincenzo, le Scuole Parrocchiali.
Nell'estate del 1970 entrarono i Salesiani e vi porta-
rono una ventata di aria giovanile e frotte di ragazzi
bianchi e neri.
Estate 1970 - Progetto restauri. C'erano due mesi
di vacanza e sulla carta un progetto di proporzioni
colossali. Si trattava di allestire e attrezzare un locale ri-
masto vuoto da anni e privo di tutto, e di renderlo abi-
tabile e confortevole per una trentina di studenti teologi.
L'ora zero di inizio delle attività salesiane sarebbe scoc-
cata per il 15 settembre. Da luglio a settembre ci si sa-
rebbe riusciti? All'inizio di luglio arrivò come un ci-
clone l'ispettore salesiano don Giovanni Malloy e con
otto giovanotti deU'aspirantato di Goshen (New York)
immediatamente mise in moto l'ingranaggio. Mancava
tutto: intonaco, vernici, mobili, tappeti, tendine, ecc.
L'edificio è di cinque piani, con un seminterrato com-
pleto. Fino al terzo piano tutto era già stato fatto. Vi
aveva provveduto la diocesi di Columbus. Al quarto e
al quinto piano, era ancora tutto vergine. E si trattava
dei due piani destinati alla comunità salesiana e agli stu-
denti di teologia e di università. Quarto piano: refettorio,
cucina, biblioteca, cappella, sala di ricreazione. Occor-
reva buttare giù le pareti delle camerette per ricavare
Aperto al ragazzi dai 7 ai 18 anni, offre un valido programma
di sport, divertimenti, educazione morale.
Tra i locali del Club frequentatissime
è la palestra.
16

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al centro salesiano
di Columbus
Una piccola ONU di religioni,
nell'Ohio, sotto il sorriso di
Don Bosco. Mille ragazzi cat-
tolici, battisti, pentecostali,
metodisti, luterani, episcopa-
liani. I Salesiani, finanziaria-
mente, lavorano in pura perdi-
ta. Ma la Provvidenza è grande,
e la speranza pure.
locali più ampi. Capomastro e regista dei lavori: Gerald
Warner, economo e direttore dell'oratorio. Quinto piano:
più di cinquanta camerette da rifornire di tutto. Per le
tubature d'acqua arrivò dalla California Daniel Kramer
un chierico tirocinante, specialista in idraulica. Per gli
impianti elettrici, arrivò da Boston il chierico Thomas
Lennon, perito tecnico. Per i lavori di falegnameria, ar-
rivarono tre confratelli salesiani dalla Luisiana, dalla
Florida e da Boston.
Direttore: don Manni. Inizia il suo impegno dire-
zionale attrezzando la cappella con banchi ottenuti dalla
parrocchia viciniore. Un suo fratello viene a trovarlo da
Tampa per trascorrere con lui due settimane di ferie: si
rimbocca le maniche. Altro che ferie: due settimane di
lavoro duro, dalla mattina presto fino a sera inoltrata.
Gerald Warner: «manager» del Salesian Boys'
Club. È un salesiano coadiutore. Trentanovenne, vete-
rano e reduce dalla guerra di Corea. Entrò in noviziato
nel 1956, già diplomato in Economia e Commercio al
Morehead College di Minnesota. Diploma di Pedagogia
al Boston College. D opo un tirocinio di insegnamento a
Los Angeles, Boston e New York, è attualmente in forza
al Colwnhus Club.
Che cos'è il Salesian Boys' Club. È un club auto-
nomo affiliato ai Boys' Cluhs di America. Aperto ai ra-
gazzi dai 7 ai 18 anni, offre un valido programma di
sport, divertimenti, di educazione morale e di formazione
del proprio carattere. I locali del Club contano una pi-
scina coperta, una palestra, un bowling, sale da gioco
multiple, locali di studio, laboratori per radioamatori e
dilettanti, e bar e sale da pranzo. Non ci sono aiuti go-
vernativi. Il Club vive della beneficenza e dell'appoggio
dei molti simpatizzanti della città di Columbus. Il Club
è indipendente in fatto di politica, non confessionale in
fatto di religione, in pura perdita e di sola beneficenza
in fatto di finanze. Il suo fulcro maggiore è la motivazione
spirituale. Don Bosco direbbe: la salvezza delle anime
giovanili.
Il Club à Indipendente In tetto di politica, non confesslonel■ in
f-atto di religione, m■ pun ta ■utrllducazjona I■ formu.lon■•
Il fulcro m■ggioN à I■ motivo.ione
spirit uale.
17

2.10 Page 20

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NEL
MONDO
SALESIANO
18
Dieci anni di Radio Caiari
Radio Caiarl a Porto Velho, nello Stato di Ron-
donia in Brasile, conta dieci anni esatti di vita.
Sorgeva infatti il 21 febbraio 1962 con un pic-
colo capitale iniziale, sproporzionato ai sogni:
4000 dollari per la compera delle indispensabili
apparecchiature. All'inizio possedeva soltanto un
trasmettitore da campo di 60 watt. Nel 1968
la Rai TV italiana cedeva gratuitamente un tra-
smettitore di 5 Kw che operava a Torino sul terzo
programma italiano. Le spese di trasporto risul -
tarono enormi: per fortuna se le accollò un be-
nefattore italiano. Occorreva però un secondo
gruppo elettrogeno di 50 Kw, che elevasse a
114 Kw il potenziale energetico autonomo di
Radio Caiari. La sistemazione tecnica di questo
impianto fu opera del capo elettrotecnici del-
l'Istituto Salesiano Agnelli di Torino e di un suo
exallievo.
Radio Caiarl smentisce coloro che affermano che
nell'immensa foresta amazzonica è possibile
ascoltare soltamo radio emittenti straniere come
Radio Mosca, Cuba. BBC. Radio Caiarl è una
radio autenticamente brasiliana,· ed è la più
ascoltata nella selva verde.
Nel 1970 poteva mettere in onda settimanal-
mente 40 programmi di carattere educativo.
Sotto la regia di un direttore artistico i programmi
religiosi vengono preparati da diverse équìpes
di laici, che lavorano alle dipendenze dei Sale-
siani, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, delle
Suore Catechiste Francescane e dei Fratelli Ma-
risti. Impossibile fare il consuntivo delle campa-
gne di assistenza sociale lanciate da Radio Ca-
iarl, e dei molteplici soccorsi ai poveri e agli am-
malati.
Il 2 giugno 1970 stava trasmettendo un pro-
gramma attesissimo: la cronaca della partita di
~ calcio Brasile-Inghilterra per la Coppa del mondo
in Messico. Improvvisamente le giunse una ri-
chiesta urgentissima: lanciare un appello ai ra-
dioascoltatori perché in un piccolo paese lon-
tano 400 chilometri, in piena selva, il figlio di
un comandante del Genio Militare stradale era
rimasto vittima di un Incidente. Radio Caiarf
non esitò a interrompere il programma. Venti-
cinque minuti dopo la stazione telegrafica del
paese si allacciava per rispondere, e una giovane
vita poteva essere salvata. Nel 1971, quando mi-
gliaia di operai delle miniere di stagno caddero
disoccupati, Radio Caiarl stanziò un fondo di
assistenza di 5000 dollari: il primo in ordine di
tempo, battendo in velocità t utti gli enti gover-
nativi. La prima Campagna annuale della Frater-
nità fu indetta a Porto Velho da Radio Caiarl, un
anno avanti ehe venisse fatta propria e lanciata
dall'episcopato brasiliano su scala nazionale.
Un'organizzazione statunitense inviò 20.000
dollari da distribuire agli scolaretti più po-
veri delle scuole elementari diet ro segnalazione
di Radio Caiarf, che aveva Inviato nomi e foto-
grafie a una rivista missionaria. Dunque, il pro-
gramma di Radio Caiarl, oltre che di svago e di
educazione, è fortemente umanitario; Radio Ca-
iarl fa da buon Samaritano nell'immensa selva
verde dell'Amazzonia.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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24 ragazze passano il sabato
in ospedale
<< Siamo un gruppo di ragazze entusiaste - scrive ~
Sonnia Mora Alvarado che frequenta l'ultimo
corso delle medie superiori nel Collegio Maria
Ausiliatrice a Guayaquil (Ecuador) - . Formiamo
la " Brigada Social", e tutti i sabati ci rechiamo
all'ospedale "Luis Vernaza" per portare agli am-
malati un messaggio di pace e di gi oia attinto dal
Vangelo. La Superiora dell'ospedale è conten-
tissima, perché gli ammalati sono molti, e le
Suore che li curano sono poche. Vengono con
noi anche tre Figlie di M. A. del nostro collegio.
Abbiamo esperimentato che dimenticare noi
stesse per dedicarci agli altri ci entusiasma, ci
rende più buone, più felici. Certo, per dare è ne-
cessario avere. Perciò ogni venerdl ci raduniamo
per programmare il nostro incontro con gli am-
malati, e specialmente per studiare e meditare
quel messaggio cristiano che desideriamo co•
municare ».
Nuovo Consigliere
e nuovo Segretario nella Direzione
Generale dei Salesiani
Il 21 marzo il Rettor Maggiore ha nominato ~
don Giovanni Edmondo Vecchi Consigliere Re-
gionale per l'America Latina. Eglì succede a
don José Gottardi, che era stato eletto soltanto
pochi mesi fa a tale ufficio dal Capitolo Gene-
rale Speciale, e poi nominato dalla Santa Sede
Vescovo di Mercedes in Uruguay. Don Vecchi
è nato a Viedma (Argentina) 41 anni f a, ed è
quindi il più giovane tra i membri della Direzione
Generale. Dopo aver compiuto gli studi nella
città natale, si fece salesiano, e fu ordinato sa-
cerdote a Torino nel 1958. Ultimamente era di-
rettore della Casa di Viedma.
I: stato pure sostituito il Segretario Generale,
don Tiburzio Lupo, che ha svolto tale incarico
per circa 1O anni con inappuntabile fedeltà e
precisione. Gli succede don Domenico Britschu,
nato a Strasburgo nel 1932, già segretario di
don Ter Schure.
Il Club delle Dodici Stelle
Due anni fa un gruppo di Cooperatrici salesiane ~
dell'Australia ha lanciato un' iniziativa da sbalor•
dire: agganciare tutte le ragazze australiane con
lo stile salesiano. In che modo? Proponendo
loro di vivere la vita cristiana in spirito di amore
e di servizio, sull'esempio della Madonna Ausi-
liatrice. Nacque cosi il Club delle Dodici Stelle
(12 Star Club), come le dodici stelle che illu-
minano il volto materno della Vergine. Si ebbero
immediatamente oltre mille iscrizioni. Questo
singolare Club non si regge su riunioni regolari,
ma sulla corrispondenza. Ogni ragazza scrive a
una Guida adulta, e riceve da questa direttive,
consigli, incoraggiamenti. Ogni due mesi riceve
pure la rivista intitolata << 12 Star Magazine».
Non mancano tuttavia le occasioni di incon-
trarsi, per una riunione o un pic-nic. Molte Guide
adulte del Club sono Cooperatrici salesiane. Lo
scambio epistolare, le lettere, il giro di posta sono
l'aspetto più appariscente e più vitale del Club
che ha lo scopo di evangelizzare le giovani e di
portarle all'età adulta del Cristo. « Gioia. com-
prensione e empatia» sono i tre perni dell'azione
apostolica tra le ragazze. Un'esperienza quanto
mai interessante e promettente.
19

3.2 Page 22

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NEL
MONDO SALESIANO
IN BREVE
Messa d'orodi Don Favini
L'11 giugno Don Guido Fa-
vini celebrerà a Torino nella
Basilica di Maria Ausiliatrice
la sua Messa d'oro.
Cinquant'anni spesi in ma-
niera soda: 1O anni diret-
tore delle Letture Cattoliche,
18anni direttoredel Bollettino
Salesiano, 22 anni Segretario
generale dei Cooperatori.
Tanti auguri, don Favini !
TOKYO (Giappone). Sedie a rotelle
per bimbi minorati Il quotidiano
«Japan Times» di Tokyo ha riportato
con foto l'iniziativa dei bimbi della Scuola
elementare Seibi Gakuen tenuta dalle
Figlie di Maria Ausiliatrice: con i loro
piccoli sacrifici, i bimbi hanno messo da
parte una grossa somma per l'acquisto
di sedie a rotelle per i loro coetanei para-
lizzati o comunque impossibilitati a cam-
minare.
SPAGNA. cc Cooperativa Case San
Giovanni Bosco» • A Puerto Real (Ca-
dice - Spagna) un intraprendente sacer-
dote salesiano, don Migue1 G6mez, è riu -
scito con tenacia e costanza a realizzare
una grande opera sociale: un intero quar-
tiere di nuove abitazioni popolari, co-
struite dalla « Cooperativa Don Bosco»,
con l'appoggio del governo. Occupano
4071 metri quadrati di terreno. Cento abi-
tazioni già ultimate sono state assegnate
in nove blocchi di cinque piani e in due
blocchi dì quattro piani. Prossimamente
ne verranno assegnate alle famiglie altre
cinquanta. Se ne prevedono mille. Ogni
abitazione consta di tre vani, servizi e ter-
razzetta. Anche a Orense l'Unione Exal-
lievi Don Bosco sta svolgendo una in-
tensa attività sociale. Approvati gli statuti
della « Cooperativa Don Bosco», ha
comprato il terreno sul quale è stato col-
locato un cartello con la scritta: 11 Terreno
p-er la Cooperativa Case San Giovanni
Bosco. Exallievi salesiani». Entro il 1972
vi saranno costruite un centinaio di case
non lussuose, ma dignitose, accessibili
anche alle borse più modeste degli exal-
1ievi e dei lavoratori meno abbienti. L'ini-
ziativa rientra nel quadro delle attività so-
ciali lanciate vent'anni fa dal salesiano
don Emanuele Pérez, e che ha già rea -
lizzato la costruzione di circa 2500 alloggi
e 55 «locali commerciali» in quindici
città. Queste iniziative traducono in pra-
20 tica l'affermazione dei Vescovi spagnoli:
<< Noi ci identifichiamo con la povertà in
quanto virtù, rna lottiamo contro la mi-
seria in quanto Ingiustizia».
Una Figlia di Maria Ausiliatrice, dia-
conessa La Figlia di Maria Ausiliatrice
suor Antonietta Assumçao, della comu-
nità di Barreiro-Belo Horizonte (Brasile),
ha iniziato la sua nuova missione di dia-
conessa. Durante una solenne concele-
brazione, dal suo arcivescovo mons. Re-
sende Costa ricevette il mandato ufficiale
di «distribuire ai fratelli il Corpo del Si-
gnore». Il rituale comprendeva alcune
toccanti domande: «Vuole vivere più in-
tensamente del Pane di vita e unire la sua
vita al sacrificio di Cristo 7 ». « Vuole cu-
rare con zelo e riverenza la conservazione
e l'amministrazione dell'Eucaristia?». In
quella medesima messa, suor Antonietta
cominciò a distribuire l'Eucaristia ai fedeli.
TEGUCIGALPA (Honduras). Buona
notte salesiana Da più di due lustri,
l'Arcivescovo salesiano di Tegucigalpa,
mons. Héctor Enrique Santos Hernandez,
personalmente o coadiuvato da qualche
confratello, dirige alla Radio Cattolica
«< La Voz de Suyapa », un programma
originale, di impronta nettamente sale-
siana, sotto la rubrica di «Oraciones de
la noche » y « Buenas Noches salesia-
nas». Viene trasmesso tutti i giorni. alle
nove di sera. I: l'ultimo programma radio
che si ascolta nelle famiglie dell'Hondu-
ras, e anche di El Salvador e del Nicaragua,
e chiude la giornata con un pensiero cri-
stiano.
Cédiz, in Spagna: 70 Salesiani par
5240 giovani Cadiz (Cadice) con più
di tremila anni di esistenza, è una delle
più antiche città europee. I Salesiani non
sono tanto antichi nella città di Cadice.
poiché il loro arrivo data dall'anno 1904.
Ma hanno la giovinezza nel sangue. Il
vecchio istituto S. .Ignazio si è rinnovato
con un nuovo padiglione Inaugurato so-
lennemente nella festa di Don Bosco.
«Un battesimo, uno sposalizio, un'inau-
gurazione - disse il vicario ispettoriale
di Siviglia, don Giacomo Sanchez nel suo
discorso inaugurale - dànno sempre pie-
no diritto alla gioia. E oggi la famiglia sa-
lesiana vuole alzare la sua voce per espri-
mere la sua gioia e la sua riconoscenza.
Il collegio si trova come imprigionato tra
due mondi diversi: davanti, l'alta società
di Cadice; dietro, il vecchio quartiere ope-
raio e gli emarginati. Il collegio salesiano
apre le sue aule scolastiche a tutti: vuole
la promozione integrale del ragazzo, Il su-
peramento delle lotte di classe in questo
tempo in cui la carità si chiama sviluppo
ed educazione del popolo. Nella sola pro-
vincia di Cadice i salesiani educano in
otto collegi 5240 giovani. Questa massa
giovanile impegna 70 salesiani».
La Bibbia in lingua giapponese La
prima edizione della Bibbia, tradotta in
giapponese moderno dal nostro don Fe-
derico Barbaro e stampata dalla Casa Edi-
trice Don Bosco di Tokyo, ha ottenuto un
successo superiore a ogni previsione.
L'edizione è ormai esaurita, e si rende ne-
cessaria la ristampa. Unica grande diffi-
coltà, la spesa: oltre 60 milioni di lire.
Chi vorrà concorrere a questa opera mis-
sionaria fondamentale?
Ricordato Miche la Magona Il
Comune di Carmagnola (Torino) ha de-
liberato di intitolare una via a Michele
Magone (1845-1859), il ragazzo conqui-
stato da Don Bosco, nativo di quella città.
A Vinovo (Torino) la nuova parrocchia è
stata intitolata a San Domenico Savio.
Allo stesso Santo è stato dedicato il
salone-chiesa succursale di Grugliasco
(Torino). Faenza ha dedicato una via al
nome del suo grande cittadino mons. Vin-
cenzo Cimatti.
Un francobollo per commemorare
l'opera salesiana in Patagonia
Nel 1875, rivolgendosi ai primi missionari
che partivano per l'America, Don Bosco
disse: « Chi sa che non sia questa par-
tenza come un seme da cui abbia a
sorgere unà grande pianta 7 Chi sa che
non sia come un granellino di miglio o
di senapa, che a poco a poco vada
estendendosi e non sia per fare un gran
bene 7».
A circa cento anni di distanza la speranza
si è avverata. Oggi i Salesiani in Argen-
tina sono quasi 1500, divisi in cinque
ispettorie con 113 case. Una prodigiosa
realtà che anche ìl Governo ha voluto
riconoscere con un francobollo comme-
morativo.
BELGIO. I Salesiani per i giovani ri-
fugiati di oltra cortina I Salesiani del
Belgio hanno aperto una Casa-Famiglia
a Ramegnies-Chin per i rifugiati dell'Eu-
ropa orientale, cioè per gli emarginati e
gli sradicati di oltre cortina. Attualmente
sono una quarantina; ogni giorno li si
possono incontrare in bicicletta: son gio-
vanotti che tanno la spola tra la scuola e
la loro Casa adottiva. Dal tempo della
fondazione nel 1953 più di 200 giovani
senza casa ebbero la fortuna di trovare Il
alloggio, vitto, istruzione professionale o
tecnica, vacanze e sport, formazione. cul-
turale e religiosa. Tre di loro sono diven-
tati preti salesiani.

3.3 Page 23

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Educhiamo
be facilmente beccato e ricondotto a casa.
Dopo quindici giorni venne dirottato più
come
lontano, a Sciolze, dove un amico com-
piacente dei contadini di Superga l'ac-
Don Bosco
colse come garzone, con un salario di
fame. A Sciolze si fece chiamare Giuseppe
e vi rimase due anni in perfetto incognito.
Un giorno Don Bosco giunse Il in com-
pagnia del conte di Rovasenda di cui era
Dite di no
ospite. Don Bosco vide quel ragazzo ma-
neggiare la falce in _un prato sottostante e
a,I
lo riconobbe. Ma anche Francesco rico-
nobbe Don Bosco e subito se la svignò
vostri ragazzi
con un fagotto sotto ìl braccio. Si buttò
nella valle di Lanzo e vi fece di volta in
volta prima il pastore, poi il contadino, il
sacrestano, l'ambulante, sempre all'erta.
Dopo un anno Don Bosco andò a San-
t'lgnazio sopra Lanzo per un corso dì
esercizi spirituali. Affacciatosi al para-
Un ragazzo di famiglia molto riccfra e-
quentava, come esterno, i cortili dell'Ora-
torio di Valdocco e gli ultimi anni di gin-
nasio nella città di Torino. Ma la sua fa -
miglia era stata molto debole con lui;
l'avevano per cosi dire allevato nella bam-
petto della chiesa vide una fila di mendi-
canti che attendevano gli avanzi della cu-
cina; e tra questi. sporco e affamato,
anche Francesco. Don Bosco sì ritrasse
subito e organizzò una retata per acciuf-
farlo.
bagia. Non gli avevano mai rifiutato nulla. Quando ricomparve al parapetto e lo chia-
Un giorno scompare improvvisamente: mò: « Francesco». il ragazzo ebbe un
eclissato. Come mai 7 Il babbo l'aveva balzo e fuggi. Ma fini in mano agli uo-
rimproverat o perché si era dato a letture mini che, disposti da Don Bosco. l'atten-
molto equivoche, con danno dei suoi devano al varco. Piangeva.
studi; era sceso infatti negli ultimi posti Era infelicissimo. Si dichiarò pentito. Ma
della graduatoria scolastica. Per di più. come fare con i genitori? Don Bosco lo
chiamava i suoi genitori « vecchi rinci- confortò: ci avrebbe pensato lui a preav-
trulliti».
visarli e a rabbonirli. Il ragazzo dormi a
Papà e mamma corsero a piangere da Lanzo e poi fu ospitato a Torino da Don
Don Bosco e a pregarlo di aiutarli a rin- Bosco. Nelle camerette di Don Bosco ri-
tracciare il loro figlio. Il ragazzo intanto vide i suoi genitori convocati per l'in-
si era rifugiato in una casa di contadini a contro. Fu un abbraccio lungo e com-
Superga e aveva chiesto un lavoro qual- mosso.
siasi pur di avere un tozzo di pane. Ma Le Memorie Biografiche di Don Bosco
si sentiva a disagio perché troppo vicino riferiscono che << Francesc o riprese gli
alla città; una battuta della polizia l'avreb- studi e, col grande ingegno che ave-
va, in pochi anni ricuperò il tempo
perduto, si laureò in legge e sali a
una delle più eminenti cariche dello
Stato».
Il dottor Litin, capo del reparto psichia-
trico della clinica Mayo in America, af-
ferma che molti genitori hanno paura
di dire di no ai figli, hanno paura
di dare ordini e di punire perché te-
mono di perderne l'affetto. E più un
matrimonio è in condizioni precarie, pii)
i genitori abdicano alle loro responsabi-
lità. La moglie che sente di non avere
più l'amore del marito cerca una com -
pensazione sui figli con un'indulgenza
eccessiva e una generosità illimitata nei
loro riguardi. Il marito che si sente trascu-
rato, fa lo stesso. E quando si cerca di
comperare l'affetto, il prezzo sale. I ra-
gazzi imparano molto presto che il ricatto
sentimentale può essere redditizio.
Non si possono educare i ragazzi
senza disciplina, e la disciplina deve
cominciare subito. Il ragazzo appro-
fitta immediatamente di un vuoto di
potere. I ragazzi hanno bisogno di sa-
pere che in famiglia c' è qualcuno più
forte e più saggio di loro. Occorre essere
espliciti quando le circostanze lo richie-
dono e dirgli chiaramente: «No, non t i
lascio andare». Forse il vostro ragazzo
protesterà aspramente e vi accuserà di
umiliarlo. di farlo apparire un bimbo in
fasce agli occhi degli amici. Ma nel suo
intimo sarà contento che lo amiate al
punto di rischiare la sua collera e che ab-
biate la forza di proteggerlo contro la sua
sventatezza e la sua inesperienza.
I ragazzi provano di continuo a ve-
dere fin dove possono arrivare im-
punemente e fino a che punto i ge-
nitori sono disposti a lasciarli fare.
In segreto, però, sperano che non gli si
permetta di spingersi troppo oltre. È la
loro tattica.
Il genitore o l'educatore che c erca
di conquistarsi l'affetto del ragazzo
dandogli quaJunque cosa e lascian-
dogli fare quello che vuole, perde
su tutti i fronti. Finisce addirittura con
l'essere incolpato quando le cose vanno
male. « Perché me l'avete lasciato fare?
- chiede il ragazzo. - Che razza di uo-
mini siete 7 >>. Diceva Don Bosco: << Non
è ciò che fate per i vostri ragazzi,
ma ciò che gli insegnatt a fare: que-
sto conta e questo li aiuterà a di-
venire buoni cristiani e onest.i cit-
tadini ».
21

3.4 Page 24

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« Mi sono alzato alle cinque per
portare un vestito ad alcuni bam-
bini. C'era nebbia fitta. Quella neb-
bia e un po' di fatica mi hanno
stancato. Oggi ho febbre. Cosa
devo fare? Limitare la mia atti-
vità 7 Eppure ho sempre in mente
i miei poveri». - Exallievo dell'ora-
torio salesiano di Rovigno, Egidio
fu un giovane luminoso. Stroncato
a 23 anni sta ora salendo alla glo-
ria degli altari. Ne tracciamo una
rapida figura.
Nella foto e fianco: Egidio nel giorno in cui compi vent'anni.
A pagina seguente: l'on. R. Petrllll consegna a Paolo VI la bio-
grafia di Egidio, nal dicembre de l 1970.
1916. Secondo anno della grande guerra. In un
campo di profughi di Graz, in Austria, c'è una famiglia
italiana che ha dovuto fuggire da Pola . Una mamma e
nove bambini. La famiglia Bullesi.
Nel campo c'è la fame nera. Tra le baracche fitte
come un formicaio si raccolgono ogni giorno un cen-
tinaio di morti, quasi tutti vecchi e bambini.
La signora Maria Bullesi ricorda che un giorno di
maggio il suo quarto ragµzo, Lino, fece la prima Co-
munione. Gli chiese, col cuore stretto, che cosa volesse
in regalo. E Lino rispose:<< Un pezzo di pane più grande
che negli altri giorni 1). E Dio solo sa cosa chiamavano
pane.
Il più robus to dei nove bambini è Egidio, undici
anni. Una volta alla settimana s'infila sulle spalle lo
zaino, dà la mano a Maria, la sorella che ha un anno
più di lui, e s'incamminano su per i monti della Stiria,
attraverso i boschi e i sentieri ingombri di neve. Vanno
a bussare alle case dei montanari. Chiedono del pane
e delle patate, e in cambio offrono il tabacco e gli in-
dumenti che il papà ha mandato dalla zona di guerra.
Eugenio, uno dei fratelli più piccoli, scrive: Ri-
cordo che la sera tardi li aspettavamo con ansia alla
22 finestra. Finalmente, nell'oscurità, apparivano, e la
mamma finiva di torcersi le mani e sorrideva. Mi sembra
di vederli ancora traversare il lungo cortile, Egidio
appoggiato ad un bastone, un po' curvo sotto il peso,
e Maria con una borsa carica in mano. Un giorno
Maria non stava bene, e con Egidio andò Lino. Tor-
narono con due sacchi pesanti sulle spalle: Lino por-
tava patate e Egidio farina. Ad un tratto Lino non ce
la fece più. Si inginocchiò davanti a un grande Croci-
fisso di legno a un incrocio della strada e si mise a
piangere. Egidio cercò di fargli animo, ma poi si mise
a piangere anche lui. Un soldato che passava ne provò
compassione, e li fece salire sul suo carro ».
In pieno inverno, Egidio cade ammalato. Ha la febbre
alta. La mamma è desolata. Gli dice:
- Mi dispiace tanto vederti con la febbre.
E lui risponde:
- Io invece sono contento. Così non sento la fame.
<< Papà si portò sul ponte di ferro »
Egidio Bullesi era nato in una casetta di via Sis-
sano, a Pola, il 24 agosto 1905. C'era povertà, in casa,
ma c'erano anche allegria e salute. Papà lavorava al
cantiere navale, e mamma era sempre indaffarata tra

3.5 Page 25

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i piatti della cucina e la montagna di grembiuli e grem-
biulini.
Il 28 luglio 1914 scopeia la guerra tra Austria e
Serbia. La città militare di Pola, soggetta ali'Austria,
viene evacuata dalla popolazione civile. << Papà ci ac-
compagnò alla stazione - scrive Oliviero Bullesi -
poi si portò sul ponte di ferro, verso Dignano, per
vederci ancora una volta e darci un saluto t>.
Prima tappa dei profughi è Rovigno. Ci sono dei
parenti della mamma, e Egidio può frequentare la
quarta elementare. Nel pomeriggio va all'Oratorio Sa-
lesiano di San Vito. Gioca lunghe e accanite partite
a pandolo con don Maggiorino Bonzo, il direttore del-
l'Oratorio, di cui diviene amico. Don Maggiorino lo
prepara alla prima Comunione, e gli un libretto di
preghiere che Egidio leggerà infinite voJte. C'è un'al-
tra cosa che a Rovigno penetra nel cuore di Egidio. I
Salesiani cantano una lode alla Madonna, «Vergine
santa che accogli benigna... >>. Quella musica semplice
e malinconica, Egidio la porterà nell'anima per tutta
la vita. E quando la sentirà cantare in qualche chiesa
salesiana, dovrà frenare la commozione.
Nel maggio del 1915 l'Italia entra in guerra, e per la
famiglia Bullesi ricomincia il calvario dello sfollamento.
Egidio crescerà sano e forte, ma le tragiche sofferenze
di questi anni hanno scavato profondamente nel suo
fisico.
La carica dei giovani fascisti
1918. La guerra finisce e la famiglia Bullesi torna a
Pola. Per quanto il babbo moltiplichi il suo lavoro,
undici bocche da sfamare sono proprio tante. Egidio
ha tredici anni appena, ma entra nell'arsenale di Pola
accanto al babbo, come apprendista carpentiere. Il suo
strumento di lavoro è l'ascia. Per sette anni, dai 13
ai 20, Egidio passa ogni mattina il ponte che collega
il cantiere con la città. Per trovare la forza per questo
duro lavoro, quasi ogni mattina si alza prestissimo,
va al «Duomo t) a ricevere la santa Comunione, e di
raggiunge il cantiere. Sono tempi di digiuno rigido
per chi vuol ricevere l'Eucarestia. Ma questo ragazzo
di tredici anni non ci rinuncia. Preferisce ridurre la
colazione ad un pezzo di pane addenoto per strada
e ad un sorso d'acqua bevuto al rubinetto del cantiere.
Nella primavera del 1921 il primo campaJJello d'al-
larme. Una tosse insistente e una febbriciattola che
compare ogni sera. Il medico parla di infiltrazione agli 23

3.6 Page 26

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Sopra: la casetta di Pola dova nacque Egidio, Sotto: la s ua tomba.
mentre accompagna un'amica di sua sorella, scocca il
classico colpo di fulmine. Si trova innamorato cotto
nel giro d i pochi minuti.
Mamma e papà pensano ad un capriccio passeggero,
e fanno in maruera che Egidio non incontri più la ra-
gazza. Lui non osa ribellarsi, ma passa delle giornate
isolato da tutti, avvilito e in lacrime. La sorella Maria
entra nella sua camera per ragionarlo, e lui:
- Lori non i capissi; i disi che sori giovane! Ma mi
ghe voio ben, proprio tanto ben.
Poi ogni nube passa, e Egidio torna alla sererutà e
alla gioia della sua famiglia.
Febbraio 1925. Egidio non ha ancora vent'anni, e
parte per il servizio militare in marina.
~ette giorni dopo scrive: «Sono contento e tran-
qutllo. Ma che fatica, che forza di volontà per riuscire
a pregare nel baccano della caserma!».
Viene imbarcato sulla Dante Allighieri. Più di mille
marinai di equipaggio. Per tanti giovani, la vita mili-
tare è la tomba della vita cristiana. Per Egidio Bullesi
è una cosa completamente diversa. Un miracolo di
forza e di sererutà. È salito a bordo con un carico di
allegria, e con una voglia matta non solo di restare
cristiano, ma di far diventare cristiani tutti gli altri.
apici polmonari, e prescrive tre mesi di riposo asso-
luto. Ma arriva l'estate, e la salute appare completa-
mente sIBtemata.
In cantiere, Eugenio smette dì manovrare l'ascia,
ed è assunto nella sala di tracciamento, dove sul pa-
vimento di,Pinto di nero, come su un'immensa lavagna,
vengono disegnate in grandezza naturale le forme e le
strutture degli scafi.
Ha diciassette anni ed è uno dei soci più attivi del-
1'Azione Cattolica della sua città. A Roma sì celebra il
50° della Gioventù Cattolica: un congresso che si de-
linea burrascoso, con aria di legnate tra i giovani cat-
tolici e i giovani fascisti. Egidio i! scelto tra i rappre-
sentanti di Pola. Scoppia di gioia, ma ha un grosso
problema: il vestito. Ha solo quello da lavoro, con i
gomiti e le ginocchiere pericolosamente trasparenti. Si
butta all'aria il guardaroba di tutti i fratelli più grandi,
e se ne trova finalmente uno decente. Un po' corto
di maniche, ma se si tengono le braccia piegate fa la
s4a figura...
Per le strade di Roma, Egidio Bullesi sfila accanto a
Piergiorgio Frassati. Le botte arrivano puntuali. I gio-
vani fascisti danno la carica per strappare le bandiere,
i cattolici reagiscono picchiando decisi. Egidio ne
e ne prende. La polizia, che dovrebbe difenderli, li
arresta e fa loro passare una notte al fresco.
Pregare in caserma
Diciotto anni. Egidio s'è fatto un pezzo di giova-
24 notto. Alto 1,80, muscolatura da atleta. Un giorno,
Missione mare
Il marinaio Guido Foghin ricorda: «Sulla Dante
Allighieri, Egidio Bullesi venne assegnato al mio rancio.
Era una recluta, e scherzando cercai di consolarlo.
Ma mi accorsi che non aveva bisogno delle mie parole:
conforto potevo ottenerne io da lui. Quando eravamo
insieme di guardia al timone a mano, parlava di Dio
come se lo sentisse al fianco. Al sabato sera, quando
arrivavamo ad un porto, mi diceva: "Domaru scendo
a terra prima di pranzo. Vado alla Messa e a fare la
Comunione. Pregherò per te". Questo suo essere cri-
stiano tutto d'un pezzo mi dava fastidio, lo prendevo
anche in giro pesantemente. Eppure non potevo stac-
carmi da lui, anzi lo cercavo.
lo ero diventato uomo troppo in fretta. La vita mi
si era spalancata davanti fin da ragazzo con tutte le
sue miserie e tristezze. Credevo di essere ormai vac-
cinato contro la bontà. E invece la purezza e la sere-
rutà di Bullesi mi ipnotizzarono.
Facevamo discussioni sulla religione accanite e senza
fine. Non mi davo mai per vinto, lo coprivo di insulti,
ma gli ero amico come un fratello.
In un momento di libertà eravan10 in biblioteca.
Marinai sdraiati e accovacciati dovunque. Chi legge,
chi russa, chi bestemmia. Un gruppo di sottocapi at-
taccò una canzonaccia. E~idio mi guardò seccato:
- Non dici nuUa, Guido?
-=- Che vuoi che dica ? Sono sottocapi.
- AUora parlerò io.
Cercai di frenarlo, ma ormai era partito. Balzò in
piedi e gridò che si vergognassero, loro graduati, di
dare un così brutto esempio, disonorando la divisa.
Mi aspettavo una reazione violenta. I lupi di mare
non accettano che una recluta gli metta il sale sulla
coda. Invece sgranarono gli occhi per la meraviglia e
stettero zitti.
Erano passati alcuni mesi. Un sabato sera mi disse
come al solito: "Domani scendo a terra per la 1\\1essa
e la Comunione". Risposi: "Vengo anch'io". Non so
ancor oggi dove avessi preso la forza. Andai con lui
alla confessione e alla Comunione, e per la prima volta
mi sentii il cuore pieno di speranza>>.

3.7 Page 27

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Tutte le volte che la Dante Allighieri entrava nel
porto di La Spezia, Egidio scendeva a terra e si re-
cava all'Oratorio dei Salesiani. Era di casa, ormai.
Stava a lungo inginocchiato davanti al Santissimo, e
in cortile giocava come un ragazzo tra i ragazzi. In
cappella gli si inumidivano gli occhi quando i ragazzi
cantavano <e Vergin Santa che accogli benigna... &, la
lode che aveva cantato tante volte negli anni duri di
Rovigno e dello sfollamento.
15 marzo 1927. Egidio Bullesi è congedato. Guido
Foghin, che insieme ad altri marinai divenuti amici
di Egidio ha festeggiato con lui l'ultima notte di ser-
vizio, scrive: «Non dormimmo quella notte. Sulla
tolda della nave l'accompagnammo con lo sguardo
finché lo potemmo vedere, finché la barca non toccò
terra, finché il nostro Egidio non sfarve >>. Egidio dirà
qualche anno più tardi: «Durante i servizio in marina
mi pare di aver impegnato tutt~ le forze per servire il
Signore, e di aver sempre corrisposto alla sua Grazia.
La vita militare è stato il più bel tempo della mia vita».
I poveri nella nebbia
. Egidio viene assunto come disegnatore al cantiere
d1 Monfalcone. Lavorerà a fianco del fratello Giovanni.
Ma la visita medica preliminare porta una sgradita sor-
presa: preoccupante debolezza polmonare. Occorrono
due mesi di riposo assoluto.
Maggio. La primavera ha portato nuovamente una
ventata di salute nel fisico di Egidio, che può entrare
finalmente nel cantiere.
Nei dintorni del cantiere, Egidio Bullesi scopre i
poveri. Immediatamente si mette al loro servizio de-
dicando ad essi le poche ore libere che riesce a strap-
_pare la sera tardi, dopo aver lavorato per dieci ore
(dalle 8 alle 12, dalle 13 alle 19).
Si iscrive alla Conferenza di San Vincenzo, ne di-
venta in breve il tesoriere, e vi porta tutta L'ondata
della sua gioiosa carità.
. Gira_ per I~ viuzze e per le case decrepite, a portare
1 buoni per 1l pane e per la polenta, ma la sua carità
non offende mai nessuno.
«Uscendo da una famiglia di povera gente - rac-
conta un testimone - vediamo un ubriaco uscire da
un'osteria e incamminarsi verso di noi. Canta e bestem-
m!a.. Egidio è diventato s\\lenzioso, ma giunto vicino
gli s1 accosta, e battendogli con una mano amichevol-
mente sulla spalla gli dice: "Evviva l'allegria, evviva il
vin I Bevemo, sterno allegri, cantemo, ma... non sterno
a bestemmiar, a offender il Signor". L'ubriaco straluna
gli occhi, si calma, e se ne va in silenzio ».
La carità verso i poveri gli costava molto, a volte
troppo. Un seminarista ricorda: <e Qualche volta arri-
vava alla Conferenza tutto sudato. Usciva tardi dal
cantiere, e doveva correre al negozio e alla macelleria.
Ricordo c~e una sera aveva talmente la caJnicia inzup-
pata, che 10 stesso, seduto di fronte, mi sentivo i brividi
a guardarlo ».
Quando Dio chiama a 23 anni
Quelle sudate sono veleno per il suo fisico, special-
me1;1te quando c'è la _nebbia_ fitta, e quando piove.
Scnve alla sorella l\\1ana: <e Mi sono alzato alle cinque
per portare un vestito ad alcuni bambini. C'era nebbia
fitta. Quella nebbia e un po' di fatica mi hanno stancato.
Oggi ho febbre. Cosa devo fare ? Limitare la mia atti-
vità? Eppure ho sempre in mente i miei poveri».
Quella febbre era un brutto segnale d'allarme. Non
I COOPERATORI A UDINE
PER IL CONGRESSO
EUCARISTICO NAZIONALE
Domenica 17 settembre : larghe rappre-
sentanze di Cooperatori esprimeranno la loro
fede e il loro amore all' Eucarestia unendosi
alla moltitudine dei fedeli che converrà a
Udine per la giornata conclusiva del Congresso
Eucaristico.
Come nei passati congressi - a Pisa, Torino,
Catania, - furono presenti, così anche questa
volta essi testimonieranno la fedeltà all'inse-
gnamento ricevuto da Don Bosco.
I Cooperatori che intendono partecipare si
iscrivano presso il proprio Centro.
lo lasciò più. li primario che lo visitò gli disse con
c~iarezza brutale che si trattava di una malattia gravis-
sima: tbc polmonare avanzata. Probabilità di guarire,
molto poche.
Per un giovane di ventitré anni furono parole molto
dure, addirittura spietate. Eppure Egidio ebbe la forza
di scrivere all'amico Guido: «È necessario che io mi
metta davanti alla realtà, e che mi sforzi di ragionare
non in maniera mondana ma cristiana, veramente cri-
stiana. Ti dico la verità: la notizia che forse non gua-
rirò più non mi ha rattristato. Solo il pensiero delle
spese che dovrà sostenere la mia famiglia mi rattrista.
Ma mi metto nelle mani del Signore: faccia lui >>.
Entrò nell'ospedale di Pola. Le emorragie logorarono
in breve la sua tempra forte.
Mentre arrivava la primavera del 1929, con le ultime
forze Egidio scriveva su un pezzo di carta: << Pregare
per quelli che soffrono, che fanno soffrire>>.
Il 24 aprile gli portarono il Viatico. Sorrise, come
ad un amico da tempo aspettato.
Lo andò a trovare Guido Foghin, il marinaio che
incontrandolo aveva incontrato Dio. Egidio riusci a
sussurrargli:
- Avevo un desiderio, non l'ho detto a nessuno. Vo-
levo diventare missionario. Ora non potrò più. Peccato.
Guido, frenando le lacrime, gli disse:
- . Lo diventerò io al tuo posto, se mi aiuterai.
Egidio lo guardò con gioiosa sorpresa. Disse:
Grazie. Ti aiuterò.
Morì dopo poche ore, all'alba del 30 aprile. Mentre
papà e mamma piangevano accanto al suo letto, arrivò
una vecchietta zoppa. Portava un mazzo di fiori. Disse:
- Siamo quattro povere vecchie. Egidio ci portava
ogni settimana della farina per la polenta. Ci hanno
detto adesso che è morto. Era un angelo del Signore.
Guido Foghin è entrato nell'Ordine Francescat)o. È
stato ordinato sacerdote. Ha preso il nome di padre
Egidio. Per dodici anni ha servito una comunità di
lebbrosi nel Tibet. Ora è nel Guatemala, lavora tra i
poverissimi baraccati. A chi gli domanda il segreto del
suo grande lavoro, risponde: << Siamo in due, io e Egidio
Bullesi ».
DON TERESI O BOSCO 25

3.8 Page 28

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Era tutto cosi piccolo
quel giorno...
Dicembre 1923. Un giovane sacer-
dote, partito dall'Italia, approda a
Gauhati, sulle sponde del Brama-
putra. Guida un drappello di ra-
gazzi, giovanissimi, ma pieni di ardi-
mento e di entusiasmo. Hanno de-
ciso di consacrare la loro vita al-
l'annuncio del Vangelo tra gli in-
diani e ritengono importante impa-
ra"re sul luogo, in quella età così
duttile e fresca, lingue, usi e co-
stumi. Tra essi c'è Oreste Marengo,
il futuro vescovo di Dibrugarh, e
Eligio Cinato, che sarà il primo
Ispettore delle missioni dell'India
meridionale.
Sono passati da quel giorno quasi
cinquant'anni. Anche il giovane sa-
cerdote è diventato vescovo, ha tra-
scorso la sua vita in Assam, e ora,
26 tornato in patria, stende queste note.
!via non per parlare dei missionari
salesiani.
Poche settimane prima erano ar-
rivate in Assam le Figlie di Maria
Ausiliatrice. Le guidava suor Inno-
èenza Vallino, una donna piena di
vita e di entusiasmo, che aveva co-
minciato subito la visita ai villaggi
parlando un miscuglio di· piemontese
e di siciliano (era stata molti anni
in Sicilia) e aiutandosi con una mi-
mica indescrivibile di segni e di ge-
sti. La rivedo mentre mi indica le
palme che ombreggiavano la piccola
cappella di Gauhati. « Sono il nostro
programma - diceva - : ci Iicor-
dano le palme del martirio, le palme
della vittoria>>. Io pensavo alla pro-
messa della Scrittura: «Fioriranno
come le palme, si moltiplicheranno
come i cedri del Libano».
Maera tutto così piccolo quelgiorno,
tutto così insignificante... Tutto, fuori
che la loro fede e il lo.ro coraggio.
Il paese dei superlativi
Erano arrivate tre settimane prima
le coraggiose missionarie, e i loro
occhi erano pieni di cose mai viste.
Da un lato il Bramaputra immenso,
che nella stagione dei monsoni non
conosce sponde. A nord l'Himalaya
colossale, che pare giungere al cielo
con le sue vette inaccessibili di
ghiaccio. Nella vasta pianura, scon-
finate piantagioni di tè, che si esten-
dono per chilometri come verdi tap-
peti, e hanno trasformato la giungla
primitiva in un giardino. Enormi ele-
fanti trasportano con bonaria pa-
zienza. carichi inverosimili, mentre
dall'alto degli alberi le scimmie sem-
brano irriderli con stridule grida.
Nei centri abitati, e soprattutto nei
grandi bazar, si agita una folla va-
riopinta e rumorosa, un vero caleido-
scopio di razze e di tribù.
E l'India misteriosa, il subconti-

3.9 Page 29

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Le Figlie di M. Ausiliatrice sfilano in pro-
casslona par le vie di Shillong. In questa
terra, da 49 anni, esse hanno speso silenzio-
samente la loro vita. Qualcuna, giovanissima,
riposa nel cimitero all' ombra delle palme.
Due giovanissimi danzatori khasi. QueS1i
popoli indigeni hanno sofferto molto per la
guerra.
neote dalle millenarie tradizioni, il
paese dei superlativi, che ostenta
ricchezze incalcolabili e povertà di-
sumana. È la terra delle rnondazioni
disastrose, degli uragani che spazzano
via uomini e cose, dei terremoti
che aprono voragini di morte.
Ma agli occhi delle missionarie è
soprattutto un popolo immenso che
vive in condizioni infraumane, un
popolo dall'anima profondamente re-
ligiosa, ma ancora tanto lontano dalla
conoscenza di Cristo e del suoVangelo.
Per limitarci aU'Assarn, quella re-
gione contava allora dieci milioni di
abitanti, ma di essi appena cinquemila
erano cattolici. Gli altri, induisti,
buddisti, musulmani, animisti. I pro-
testanti vi lavoravano da tempo, e
le loro missioni erano fiorenti, con
chiese numerose e ben organizzate,
soprattutto sulle colline. Che cosa
avrebbero potuto fare le Figlie di
Maria Ausiliatrice, ultime venute e
sprovviste di q_uelle risorse umane che
sembrano indispensabili al successo?
Oggi, a cinquant'anni di distanza,
siamo io grado di dare la risposta:
33 case, divise in due ispettorie,
ognuna delle quali ha il suo novi-
ziato, con un totale di oltre 60 no-
vizie, in massima parte indiane. Un
numero incafoolabile di giovani e di
adulti assistiti, educati, evangelizzati.
Il termine «Aux.ilium >> è diventato
sinonimo di opera assistenziale: Au-
xilium convent, Auxilium school, Holy
Child Auxilium... Don Bosco e Ma-
dre Mazzarello sono familiari tra gli
indiani. C'è anche una casa che si
intitola «Mornese•>. Ma di Mor-
nese c'è soprattutto lo spirito, e cioè
la povertà, il lavoro, il sacrificio, la
pietà.
Cento anni fa, in occasione della
prima vestizione religiosa, Don Bo-
sco aveva detto al piccolo manipolo
delle giovani suore: (( La Sacra Scrit-
tura ricorda che un'umile pianticella,
il nardo, manda un soave profumo.
Ma sapete quando avvfrne questo?
Quando è ben pestato». Anche in
India le Figlie di Maria Ausiliatrice
sono state l'umile nardo cbe, ben
pestato dalle continue tribolazioni, ha
diffuso il soave profumo di Cristo.
Il nemico numero uno
Prima tribolazione: le intermina-
bili marce. Venti o trenta chilometri
al giorno, confuse tra la gente che in
lunghe file porta al mercato i prodotti
stipati in pesanti cestoni cuneiformi,
sotto i quali si incurvano come al-
trettante cariatidi umane. Anche le
missionarie sono curve sotto il peso
dei viveri, degli indumenti, dei me-
dicinali da distribuire nei villaggi e
nelle capanne. Ma portano insieme
un dono incomparabilmente più ricco:
la perla preziosa della buona novella. 27

3.10 Page 30

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E allora avanti per gli incerti
sentieri che si internano nelle fo-
reste, attente a scansare i serpenti,
ma senza difesa contro le sangui-
sughe che si incollano subdole alle
loro carni. Avanti sui traballanti
ponti di bambù, angusti e mala-
mente connessi, sotto i quali rumo-
reggiano minacciose le acque di vor-
ticosi torrenti. Avanti, vincendo il
terrore delle belve, ma perseguitate
da implacabili zanzare o dall'ameba
dissenterica. ~ 1 Giapponesi - dice-
vano i soldati americani che combatte-
vano in Assam durante la seconda
guerra mondiale - sono il nemico nu-
mero due. Il nemico numero u110 sono
le zanzare».
Oggi la malaria, la febbre nera,
la dissenteria sono pressoché debel-
late dai moderni ritrovati della scien-
za. Ma allora, quante volte le mis-
sionarie si sentivano a un tratto
assalite da brividi, preannuncio di
febbri altissime che ne squassavano
le membra e ne stremavano le forze.
Eppure, giunte sul luogo della mis-
sione, quelle che potevano ancora
reggersi in piedi nonostante la stan-
chezza e il sonno, cominciavano su-
bito il loro apostolato tra le ragazze,
i bambini, gli ammalati, che le at-
tendevano come angeli del cielo.
Si ricomincia dalla tettoia
Pi nardi
Quando l'opera di Gauhati rag-
giunse sufficiente solidità, le Figlie
di M. A. progettarono una seconda
fondazione a Jowai, sulle colline
Khasi.
Jowai era un grosso borgo con un
fiorente mercato, ma era anche la
roccaforte dei protestanti. Dato lo
spirito antiecumenico di quei tempi,
era logico che i missionari cattolici
fossero visti di malocchio, come fa-
stidiosi e antipatici concorrenti. Ma
Mons. Mathias era convinto che le
suore, educando le ragazze e curando
gli ammalati, sarebbero riuscite a
conquistare anche quella roccaforte.
Acquistò un terreno in collina,
con una casetta di legno, e vi mandò
madre Va11ino con altre due suore.
Gli inizi furono durissimi, i prote-
stanti fecero di tutto per scorag-
giarle. Ma quando videro quelle suore
prodigarsi fino all'eroismo per sol-
levare tante miserie, furono essi ad
arrendersi, fino a esclamare: << Aves-
simo anche noi le suore come i cat-
tolù:i! •>.
Tra i casi più penosi vi erano q_uelli
di famiglie che si erano coperte di
debiti, e non avendo alcuna possi-
bilità di pagarli, mettevano le proprie
figlie a servizio nella casa del cre-
ditore. E questo fino a quando co-
stui, a suo esclusivo arbitrio, avesse
finalmente ritenuto estinto il debito.
Era una vera forma di schiavitù,
per quanto larvata, piena dj inco-
gnite e di_ pericoli. Le suore allora
si diedero da fare per trovare de-
naro e pagare i debiti di quelle po-
vere famiglie. Madre Vallino si recò
Suor Maria in visita ai villaggi. Nidiate di bambini e tanta povertà.
m I talia a stendere la mano, e le
anime generose non mancarono.
Dio benedisse quell'opera. Quando
la visitai per l'ultima volta, nel 1969,
vi trovai otto suore, alcune delle
quali indiane, con duecento ragazze
interne e cinquecento esterne, la
maggior parte pagane e anche prote-
stanti.
Proprio cosi. Quegli stessi Meto-
disti dapprima cosl avversi, ora in-
viano le loro figlie alla scuola << Santa
Maria Mazzarello », la più apprez-
zata di tutta la regione.
Tra i guerriglieri Nagas
e Kohima la capitale dei Nagas,
la tribù più bellicosa dcli'Assam.
Sono gente fiera, discendenti dagli
antichi tagliatori di teste, gelosis-
simi della propria libertà. Durante
l'amministrazione inglese quelle terre
erano vietate a tutti i missionari,
eccettuati i Battisti americani. Nel
1947, ottenuta l'indipendenza, tutti
i missionari stranieri furono espulsi.
Tutti, eccetto le Figlie di M. A.
Anzi, proprio esse furono chiamate
dalle autorità locali ad aprire una
scuola per ragazze a Kohima.
L'intervento dell'Ausiliatrice parve
evidente anche nei fatti che segui-
rono. lmperversava ancora la guer-
riglia, sostenuta da una fazione r i-
belle di Nagas. L'esercito regolare
non riusciva a tener testa ai guerri-
glieri, che comparivano all'improv-
viso e altrettanto rapidamente scom-
parivano nella foresta. Appollaiati su-
gli alberi e ben nascosti tra le fronde,
sparavano contro gli incauti che si
fossero avvicinati. Non di rado, spe-
cialmente di notte, le pallottole fi-
schiavano sulla casa delle suore. Scar-
seggiavano anche i viveri.
Ma la Provvidenza venne in aiuto
nella persona della moglie del go-
vernatore. Quell'ottima signora volle
visitare la missione, si rese conto
della sua critica situazione e prov-
vide immediatamente. Mediante un
elicottero militare che faceva la spola
tra la capitale e Kohima, assicurò
il sostentamento quotidiano.
Nell'attiguo Stato del Manipur,
un'altra opera fu resa possibile a
lmphal dallo zelo infaticabile di don
Ravalico.
A Tangla, nel regno indipendente
del Bhutan sull'Himalaya, c'era una
situazione preoccupante. Per colti-
vare le immense piantagioni di
che si estendono nella vallata del
Bramaputra veniva reclutata mano
d'opera dalle zone più depresse del-
l'India centrale. Migliaia di persone
delle tribù Ouraon e Munda affiui-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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vanù in Assam a lavorare in quelle
piantagioni, per sfuggire alle perio-
diche carestie delle loro terre; ma
spesso gli uomini si abbandonavano
all'alcool, unico cliversivo alla dura
fatica quotidiana, e trascuravano com-
pletamente l'educazione dei figli . Le
Figlie di M. A., aiutate da tanti cuori
generosi, sono riuscite a costruire
un collegio per trecento ragazze,
con scuole e laboratori.
Quando i Cinesi
si affacciavano sulla pianura
A una quarantina di chilometri
da Tangla sorge la città di Tezpur:
è la capitale del distretto di Dar-
rang, che si estende dal nord del
Bramaputra fino ai piedi dell'Hima-
laya. Su una collina, lambita dalle
acque del fiume, le missionarie hanno
costruito la «Casa San Giuseppe,>,
con le stesse attività di quella cli
Tangla.
La zona è importante dal punto
di vista strategico, perché al di là
delle vette inviolate si estende tra
l'India e la Cina uno sterminato al-
topiano che è stato definito «il tetto
del mondo>>. È il Tibet, regione mi-
steriosa, abitata da un popolo povero
e profondamente religioso, come at-
testano i molti monasteri in cui nu-
merosi monaci buddisti passano la
vita in preghiera.
Fino al 1950 i Tibetani erano in-
dipendenti sotto la guida religiosa e
politica del Dalai Lama, che essi
veneravano come incarnazione vi-
vente di Buddha. Ma in quell'anno
le divisioni comuniste di Mao, che
rivendicavano i diritti della Cina sul
Tibet, sconfissero le fragili truppe
tibetane, e negli anni successivi oc-
cuparono tutta l'immensa regione,
trasformandola in una poderosa base
militare.
Il Dalai Lama dovette fuggire. Le
suore di Tezpur lo videro passare
davanti alla loro casa tra una folla
di gente che si pigiava, attonita e
smarrita, per vedere il Buddha in-
carnato che fuggiva cercando scampo
in India.
I comunisti cinesi infierirono sui
vinti, rasero al suolo parecchi mo-
nasteri, e nel 1962, aggirando le
posizioni dell'esercito indiano, si af-
facciarono minacciosi sulla · pianura
di Tezpur. Un fatto inauclito, uno
spavento generale. La gente fuggiva
terrorizzata con tutti i mezzi clispo-
nibili, molti a piedi, curvi sotto il
peso dei bimbi e delle povere masse-
rizie.
Nella città rimasta deserta, pochi
ebbero il coraggio di rimanere; tra
essi, tre sacerdoti salesiani e due
Figlie di M. A. Anche le alunne
erano tutte sfollate.
Improvvisamente, senza che si riu-
scisse a capirne il motivo, alla fine
di novembre le truppe cinesi fecero
marcia inclietro.
La marcia disastrosa verso
l'Assam
Qualcosa di molto peggio era suc-
cesso durante la seconda guerra mon-
diale. I Giapponesi, con un'avanzata
fu lminea, invasero la Birmania, e la
popolazione cercò scampo fuggendo
verso l'Assam. Una marcia disastrosa
attraverso montagne impraticabili.
Moltissimi caddero sfiniti dalla fame,
dalia stanchezza, dalle malattie. Quelli
che riuscirono ad arrivare a Gauhati
avevano urgente bisogno di viveri e
di medicinali. Il colonnello medico
organizzò i primi soccorsi mobili-
tando tutte le forze disponibili. Le
Figlie di M. A., animate da una
dinamica direttrice, suor Luigina, e
aiutate anche da alcune giovani co-
raggiose, si prodigarono giorno e
notte senza preoccuparsi delJe ma-
lattie contagiose e resistendo a fa-
tiche sovrumane. Il colonnello ne
rimase ammirato, e divenne loro
grande amico e benefattore.
Anche i bicchierini del gelato
Ma la prova più dura doveva
ancora venire, e ha preso un nome
che basta da solo a indicare una
tragedia smisurata: il Pakistan. Sof-
ferenze inenarrabili di gente senza
tetto, senza vesti, senza cibo, senza
niente. Le suore hanno rinnovato la
loro donazione oltre ogni limite. È
storia recente, e il Bollettino ne ha
parlato. Basterà un particolare: << Ci
furono utilissimi - scrive una suora -
anche i bicchierini del gelato che i
bambini di una scuola di Tori110 ci
hanno mandato•>.
Ma la speranza che un giorno an-
che quei popoli saranno liberati dalle
loro sofferenze è ben fondata: si basa
sull'eroismo delle missionarie che si
sono prodigate fino a dare la vita.
Suor Stefanina aveva lasciato i
suoi cari e l'Italia a ventitré anni,
ed era stata destinata all'ospedale di
Gauhati. Un mese di lavoro, il tempo
per conquistare la simpatia e la fi-
ducia dei malati. Poi un male ful-
mineo la trapianta in cielo.
Suor Antonietta, già direttrice al-
1'ospedale di Shillong, viene inchio-
data in un letto dalla paralisi. Il
letto diventa il suo altare. Ogni
giorno, da anni, rinnova la sua
offerta: prega, sorride, e nonostante
la paralisi delle corde vocali, riesce
ad accennare un canto alla Madonna.
Potrei continuare a lungo, e vorrei
ricordarle. a una a una queste eroiche
messaggere di Crjsto che hanno do-
nato tutto, mosse unicamente da
amore. Ma aggiungerei ben poco: i
loro nomi sono scritti in cielo.
+ Stefano Ferrando
are. til. di Trolna
ESERCIZI SPIRITUALI 1972
Ricordiamo i corsi che si effettueranno nei mesi di luglio e agosto.
Per l'elenco completo si veda il numero di aprile, pag. 18.
PER COOPERATORI
Muzzano (Vercelli): 16-20 agosto
Como {Via Conciliazione, 98):
31 a gosto 3 sette mbre
Montericco (Padova): 24-27 agosto
Pietrasanta (Lucca): 12-15 agos to
Bologna (Villa S. Giuseppe): 16-
19 agosto
Martina (S. Paolo): 27-30 agosto
Potenza: 17-19 agos to
Zafferana (Catania): 26-30 luglio
Rocca di Garda: 31 agos to-3 s et -
tembre
PER COOPERATRICI
Muzzano: 30 luglio - 3 agosto;
3 - 7 agos to; 7 - 11 agos to;
27 • 31 agos to
Como (Via Conciliazione 98): 10-
14 agosto
Cesuna (Vicenza): 19-22 agosto
Loreto (Ancona): 27 -31 agos to
PER CONIUGI
Muzzano: 12-16 agos to; 16 -20 agos to
29

4.2 Page 32

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PER
INTERCESSIONE
DI
MARIA
AUSILIATRICE
E DEL
SUO APOSTOLO
SAN
GIOVANNI
BOSCO
Al SILENZIO DEI MEDICI
OPPONEMMO
LA NOSTRA SPERANZA
sotto i ferri era troppo grave. e il medico Rosann• Antonelll ( Roma) axallìeva delle F.M.A.,
tentò qualche cura. Noi eravamo dispe-
Investita in pieno da une macchina, ha invocato
Maria Ausiliatrice e auribulsu • lei la grazia di es-
rati. la cara mamma era diventata irrico- sersi salVlfta con piccole contusioni.
Verso 11 Natale del 1969 nostro padre fu
colto da una seria crisi polmonare, com-
plicata da disturbi cardiaci e da asma
bronchiale. Ogni possibilità di salvarlo
pareva scomparsa ; ma al silenzio dei me-
dici opponemmo la nostra speranza e,
per consiglio della nostra zia, F.M.A.. in-
tensificammo la preghiera a San Gio-
vanni Bosco. Alla fine fummo pienamente
esauditi: il papà si ristabill, e ora continua
noscibile. non riusciva neanche pii) a par-
lare. Ci aggrappammo allora a Maria Au-
siliatrice, e la scongiurammo di salvarcela.
Dopo diciotto giorni di preghiere contro
ogni speranza, una sera il medico mì dice:
«Tua mamma non ha più bisogno di ope-
razione. Se avete fatto qualche promessa
a qualche santo, adempitela, perché que-
sto è un miracolo l>, e ci consegnò le
lastre che documentano la realtà dei fatti,
Teresa Sca:nnavin l (Moncalierl, Torino ) ringrazia
Don Bosco. al quale si raccomanda ogm giorno,
per assersola cavata quasi illesa da una pericolosa
ceduta dal pullman.
Ann• Rosuza (ll.ndorno Micca, Vercelli) rin•
graila la Madonna per assero guarita da un grave
esaurlmen10 nervoso.
Avv. Ald o C•ndel (Tavornu. Foggia) in diversi
lncidend stradali è sempre rimaJto Incolume, e rin-
grazia l'Ausiliatrice, che ha Imparato ad amara e
a invocare negh lsmuu salesiano nei quali fu allievo.
a stare bene.
M11d11 (M/l1no)
V. BUSNELll FAMIGLIA
e che noi conserviamo gelosamente. Ora
la mamma è del tutto ristabilita. e con-
tinua a svolgere anche lavori pesanti.
Siamo tutti pieni di gratitudine per la cara
Fr•nu Trlpepl (Roma) si 6 rivolta a S. G. Bosco
per la guarigione del papà e ne è stata esaudita.
Poliurpo Buttigieg (Smirne, Turchia) ridotto In
fin di vita per compllcaz,oni postoperatorie, si ri-
mamma Ausiliatrice. e preghiamo di pub- volse con fiducia a Maria Ausllla11lca a a S. G. Bo-
O VERGINE, SALVALI!
blicare la grazia.
Arzana (Nuoro)
Quando 23 anni fa venne al mondo il mio
PIRAS ANTONIETTA
sco, In breve si rlstab,11 completamente con grande
meraviglia del medici islamici.
Giuseppina Cicero (Modica, Ragusa) ringrazia
$. G. Bosco per aver ottenuto Il trasferimento di
primogenito, i miei genitori mi abbona-
un nipote a un posto do lavoro p,ù v,c,no a, suoi.
rono al Bollettino Salesiano, e io misi i
miei figli sotto la protezione di Maria
Ausiliatrice e di S. Giovanni Bosco.
L'anno scorso i miei due figli stavano por-
tando a casa I covoni col trattore, uno
alla guida. l'altro seduto accanto. quando
a un tratto Il trattore prese la corsa giù
da un ripido pendio. Vidi il figlio minore
sbalzato a terra e in procinto di cadere
sotto le ruote, e l'altro nel rischio di es-
sere travolto dal trattore stesso. Gettai un
urlo «O Vergine. salvali I 11. Il pesante
mezzo s1 fermò di colpo e 10 vidi i miei
figli sani e salvi, tranne uno strappo mu-
scolare e molto spavento. Ringrazio pub-
blicamente e invio offerta.
ERO TRANQUILLA PERCHt
CONFIDAVO
IN MARIA AUSILIATRICE
Da parecchi mesi soffrivo di spasmodici
cfolori all'addome, finché nell'agosto
scorso mi decisi a ricorrere a un gineco-
logo. Questi, dopo accurati esami. mi
disse che si trattava di un grosso fibroma
con indizi di sarcoma e varie altre com-
plicazioni, per cui era necessario un vasto
intervento operatorio. Ma a tale intervento
erano contrari sia il cardiologo, che te-
meva la mia Insufficienza cardiocircola-
toria, sia l'oculista che mi curava per sin-
Alm• M■ttivl (Tesero, Trento) vuole esprimere
pubblicamente la sua profonda riconoscenza a
Maria Ausiliatrice e a S. G. Bosco per par11CChio
gmie ottenute recentemente.
Rosa G•rberogllo (Agitano, Alti) ha pregato con
fiducia Maria AusiOatrlce a S. G. Bosco a ha otte•
nuto la guarigione di una nipotina che a due mesi
di età rlsch,ava di morire per Intolleranza allmentare.
Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Accomazzo Giovanm Alb«tno Pierina - Ambrooi
Luigi - Anselmo Paohna - ,\\J<:hcdamini D. Enore
Bacchcsi Roa - Baracc,h, C.tmna Bubuo
Tcreaa Bartlllio Luciana • Builico Fam. - &t-
UlJlio Boscno Rosetta - Bclloni Gcom. Carlo -
Ponacoma,o (Asrl)
tomi di distacco retinico. Provai una cura lkraamaschmo L•un, Bttm1W Alc:ssa.ndrinll -
PIPPIONE LUIGINA In 8ERSANO
energica, ma le mie condizioni peggiora-
Bcrtucci Antonietta - Blandino Ma11eo - Boeri
Lc,na - Boru.fac.10 Franccacu Bovio Cl•udina •
rono tanto che i medici decisero di ten - Brun<ft Pietro - C.nova Silvana - Cantore Fclic:ina
tare l'intervento, controllando il cuore con .. Cnpurro Pierina .. Cartttn Bice .. Catenacci Tere!aa
Ml AVETE PORTATO
UN CADAVERE
Nel 1961 mia mamma, 53 anni e 12 figli,
un monitor. Allora iniziai una novena a
M aria Ausiliatrice perché intervenisse lei.
rimettendo contemporaneamente nelle
sue mani la mia piena accettazione della
volontà divina. E la Vergine mi aiutò in
- Canoretti Giuditta ~riac li.molia - Codfoi Rou -
Con~iu Vittorina - Corrente Motclno lnes - Cre-
monesi Maria - Dellucchc,oe Adn - Dondeyru,z
Cecilia - Donino Morgborit• Foc<:ln Pietro -
Fazio Giuseppa - FernboKhi Lina - Fìccioli
Es,.,, - Fini Salvatore - Frau Damiana - Galli A.
Muìa - Gallinotti Pietro R,ta - Cani Caterina -
si ammalò gravemente. Risultate inutili
le cure prodigate al paese, per consiglio
del medico locale la portammo a Cagliari
modo evidente: l'intervento riusci benis-
simo, scomparvero anche gli altri sintomi,
e l'esame istologico risultò negativo. I
Gìamba Rcu - Tamcllo L1lli1na • l..eopold, Maria -
Lunone Giovanna - M•,naghi Teresa - Mal-
Y<'ZZi Arnaldo - Marchiaio Cu11liclmo - Muia
Moria - Merlano Pìua,rlo e Maria - Mmolcrti
da uno specialista. La radiografia rivelò medici, sempre più meravigliati. mi chie- Maruna - Monti Anemiai■ - MuRnone Gamno -
una forma gravissima di appendicite ro-
vesciata che esigeva un immediato inter-
sero quale Essere Superiore fosse inter-
venuto a mio favore. Risposi: « Ero si-
Nopoletano Fam. Navi%zordi Mariuccia - Noè
Lanfranc:o Lina - Odorizzi Eligio. l'ogano Maria.
Punucèio Vittorio - Paria, Olivo - Poternò Aquiletta
vento operatorio. Ma la mamma non volle cura che tutto sarebbe riuscito perfetta- Lucia • Pepe Giu•epphu - Pl•ntn Carmen - Pilat
rimanere a Cagliari. « Portatemi a Lanu-
sei - disse -. Cosi se muoio sono vi-
mente, perché ml ero affidata, serena e Aat\\N:e .. .Pira. Antoniena ... Piuol1uo Pasqua -
tranquilla, a Maria Ausiliatrice». Ora sono
Ponzio Franca - Preatia Rosi.no • Pretti Priminn -
Purcllo Calogerina - Rtampa Domenica - Ratto
cina alla mia famiglia•· Quando Il chi- pienamente guarita e ho ripreso le mie Giulia • .Rcllo Colciu • R1v• Adde • Rizzo Gio-
rurgo di Lanusei l'ebbe visitala, esclamò:
e Mi avete portato un cadavere I Che ci
attività. Viv1ss1mamente grata ali'Ausilia-
trice. offro una Borsa missionaria in suo
""""" • Rom100 Arnell• - R-1 Pietrino - Rovelli
:',!brio Luis:t - Sala Maria Sutori Elena - Savioll
Sil•cstro - Savoldì Maria - Semeraro Clt:menza -
30
posso più fare 711. Insistemmo perché ten-
tasse tutto il possibile. non c'era tempo
da perdere. Ma il rischio che rimanesse
onore, e la prego perché continui la sua Sltacbu lda - Solei Se.up, Candida - Spriana Tu-
materna protezione.
wru Edvige - Stoppa Luclan• - Tosi Giuseppe -
Turiano Francesco - Ugolini Alfredo - Villa
Trieste
ELEONORA ROSSI Chiozza Piera - Zallo Caterina - Zcppegno Emeoto.

4.3 Page 33

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PER
INT ERCESSIONE
DI
SAN DOMENICO
SAVIO
E DEL
SERVO DI DIO
DON
MICHELE
RUA
LA BAMB INA
t NELLE MANI D I DIO
Gina Favro (Mattie . Tarino) si rivolse con grande « DOVE L' HA I PESCATO
fiducia a S. D. S.• e ottenne la completa guarigione
del tiglio da epatite virale. mentré i medici teme-
QUEL SANTO?»
La mia bambina Giovanna di sei anni fu
colta da febbre altissima e dovette essere
ricoverata in ospedale dove i medici pro-
nunciarono una diagnosi assai grave: ap-
pendicite acuta, peritonite in fase avan-
zata e blocco intestinale. Il medico disse
che bisognava tentare il tutto per tutto,
ma che non bisognava farsi illusioni. In-
fatti, quattro giorni dopo l'operazione non
si notavano miglioramenti; il blocco inte-
stinale persisteva. «Signora - mi disse
il medico, - I.! bambina è nelle mani di
Dio, solo Lui può salvarla». Intanto una
Suora aveva portato un abitino di S. Do-
menico Savio: la bambina lo pose su di
sé, e insieme pregammo con grande fede.
Quella notte stessa a un tratto la bambina
ml chiamò, era accaduto qualcosa. In
vano conseguenze irrimediabili.
Coniugi Chiari (Chiari Brescia) hanno affidato
a S. D . S. il piccolo Alessandro che I medici, per
complicazioni sorte pochi giorni dopo la nascita,
disperavano d1 salvare. Ora Alessandro è perfettll·
mente guarito.
Anna Giacosa (Saviglìano - Cuneo) ha pregato
S. D. S. per il nipotino che a cinque mesi soffriva
per un'anca fuori posto. ,6.Jla visita di controllo poc~i
mesi dopo risultava guarito. e ora cammina bene.
M iranda Col ombo Vecchio ( M ilano) scrlva:
, Il mio maschietta per una imperfezione congenita
dovette subire una serie di interventi èhlrurgici dai
4 ai 14 anni. Consigliata da una zia, F.M.A., pregai
tanto S. D. S.• e un ultima intervento. durato pochi
minuti. risolse tutto in modo defìnitivo. Siamo tanto
grati, mia marito e io, al piccolo Santo».
M ichela Rocchlettl (Torino) ridotta agli estremi
delle forze per esaurimento nervoso a crisi depres-
sive, si affidò alla protezione di S. D. S. La sua
preghiera fu esaudita, ha r iacquistato la salute. e
ringrazia di cuore il Santo.
Nell'agosto del 1971 non stavo bene, e
il medico mi disse che era necessario un
intervento chirurgico. Allora mi rivolsi con
fiducia a don M ichele Rua e gli dissi: vedi
che sono povera e ho tanto da lavorare,
cerca di risparmiarmi questa operazione I
E gli promisi che avrei pubblicata la gra-
zia se l'avessi ottenuta. Pochi giorni dopo
il medico costatò che l'intervento non era
più necessario, e scherzosamente mi do-
mandò: «Dove l'hai pescato quel san-
to 7 ». Gli risposi che ero exallieva e coo-
peratrice salesiana. Ora attenoo con gioia
la beatificazione del mio caro don Rva.
Orzinuovi (Brescia) GIACOMINA BRESCIANI
preda a grande emozione, corsi a chia-
mare il medico, il quale costatò che il
blocco intestinale si era risolto. Fu una
gioia straordinaria per tutti. La bambina
era salva, e poco tempo dopo poté tor-
nare guarita a casa e a scuola. Piena di
riconoscenza,
M erla Giovanna Clngatle gra (Busto Arsizio
Varese) ha raccomandato a S. D. $. il figlio colpito
da meningite. con poche speranze di guarigione,
e ha avuta la gioia di una guarigione totale e per-
fetta.
-
La Cooperatrice Bice M o relli ( Palaia Pisa)
dichiara che un suo nipotino fu liberato per in•
s. tercessione di S. D. dalla conseguenze di una
caduta, nella quale aveva violentemente battuto
DON RUA NON TARDÒ
A ES AUDIRCI
Da alcuni anni la mia mamma accusava
Trabia (Palermo)
MARIA TAORMINA
la testa.
disturbi al cuore. Nel marzo del '71 venne
Carmela Ferrera {Napoli) ha ottenuto qìà dua colpita da infarto, e per 20 giorni lottò
volte dall'intercessione di S. D. S. la grazia della
guarigione del nipotino, quando non c'erano più
tra la vita e la morte. Il medico non dava
LE DAVANO POCHE ORE DI VITA
Pochi mesi dopo la nascita, la mia nipo-
tina deperiva in modo preoccupante sotto
lo sguardo angosciato dei genitori. I me-
dici rimasero lungamente incerti sulla na-
tura del male, poi la giudicarono affetta
da nefrite. Ma nonostante le cure del caso,
la piccola continuava a peggiorare. I me-
dici pensarono d'aver sbagliato la dia-
gnosi, ma ormai era troppo tardi, le da-
vano poche ore di vita. Disperati , ci ri-
volgemmo a S. Domenico Savio, comin-
ciando subito una novena. La bimba non
morl, e il medico riusci finalmente a iden-
tificare la malattia, dovuta a intolleranza
speranze. Ora attenda con fiducia una terza grazia.
Anto niet ta M ontina (Piave del Cairo Pavia)
ha invocato con molta fiducia S. D. S. per la so-
rella in pericolo di vita. Un dlffic,le intervento chi-
rurgico riuscito perfettamente le ha ridonato Ol·
tima salute.
MAMME RICONOS CENTI
Margh erita Pisci in Piras (Solanas Cabras
Cagliari) scriva: • Oopo la prima maternità portata
a termine con molte dillicol1à e sofferenze. temevo
molto per la seconda, perché tutto lasciava p.ensare
che si dovessero ripetere le stesse sofferenze, com-
presa l'operazione. Ho pregato sempre con fede
S. D. S.. e al momento opportuno è nata la mia
cara Cinzia senza nessuna delle compllc~zionl pre-
viste. Accludo un segno della mia riconoscenza
a s. D. s.».
speranze, e perciò le si amministrarono i
santi Sacramenti. Ma intanto io, mia so-
rella F.M.A., e i familiari tuni invocammo
con fede l'aiuto del Servo di Dio don Mi·
chele Rua, mettendo tra le mani della
mamma la sua reliquia. E don Rua non
tardò a esaudirci, perciò con viva rico-
noscenza adempio la promessa fatta e
pubblico la grazia.
Altofonte (Palermo)
GRAZIELLA BRUNO
alimentare. In pochi giorni poté ripren-
dersi, e ora, a un anno di distanza, gode
ottima salute ed è la gioia dei suoi geni-
to1i, riconoscenti a Domenico Savio.
Assunta La ma ( Napoli) fu colta da grave malare
mentre era m Hato Interessante tanto da far temere
della vita. Indossò l'abitino dì S. D. S.: s1 sentl
subito meglio e l'esito fu felice. Ringrazia Dìa che
ha esaudito la sua preghiera.
N lce Ferroni (Senigallia • Ancona) ha invocato
don Rua In soccorso del marito. sorpresa da un
Improvviso e doloroso malore, e ne ottenne l'im-
mediata liberazione.
Carmsgnols (Torino)
TOMMASO e FRANCA ZAPPINO
Luigia D 'Antona e sorella Sr. Anna F.M . A. (Apri-
lia) ringraziano S. D. $. per aver aiutato la loro
mamma a superare felicemente un pericoloso in-
tervento chirurgico, nonostante i suol 83 anni,
Giuseppina Scaglia Pisciotta, dopo una prima
esperienza negativa, ha avuto la gioia di dare alla
luce un bel bambino, e ringrazia S. D. S. invocato
con tanta fede.
Giuseppe ed Emilia Zanottl (Marone • Brescia)
ringraziano Il Signore che per intercessione di
S. D. S. ha concesso, dopo quattro maternità inter-
rotte, la nascita di una bambina sana. Continuano
a invocare la sua prote-iione sulla cara bimba e su
tutta le famiglia.
Cluseppina Bordone (Chieri - "Torino) ringrazia
don Rua per la completa guarigione di suo genero,
cha era stato ridotto in fin di vita da un pauroso
incidente automobi•istica.
Suo r I. P., F.M .A. (Ali Terme• Messina) ha one-
nuto per intercessione di don Rua tre grazie di -
verse, a vantaggio suo e di altre persone. e invita
tutti a rivolgersi a lui con fiduciosa speranza.
Lucia Maria Lo Cascio (Mistretta - Messina)
devotissima dl S, D. S., ha ottenuto la grazia della
guarigione del marito che I medici disperavano di
salvare.
Ralmunda a Rivaldo Bal eelro (Porto Velho
Brasile) hanno avuto la felicità di veder nascere.
senza alcun intervento operatorio che invece i me-
dici ritenevano necessario, la loro quinta creatura.
Marghe rita Loiacono (Recco - Genova), molto
devota di don Ruà. ha ottenuto da lui la grazia
della guarigione da tormentosi dolori reumatici
Rita Pillonetto si dichiara riconoscente a $, D. S.
per aver ottenuto una gra.tia straordinaria.
Pregano S. O. S. che la conservi buona come l'ha entro la data da lei chiesta come prava dal suo
fatta nascere sana.
intefvento.
31

4.4 Page 34

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.PREGHIAMO PER I NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Sac:. Evasio Sprfano t Torino (Vatdocco} a 91 anni.
Fu insegnante apprezzatissimo in va.rie case salesiane, finché nel 19:24 fu
rrasfe.rito • Valdocco, ove rimase 6.no alla morte. Dedkò i"'n parte della
sua attività ad aiutare le missioni, sia come propagandista volante con proie-
i:ioni e confcrenu, sia con l'Ufficio filatelico, che tenne con amore e com-
petenza fino agli ultimi womi. Nel 1925, per espresso dèllidorio del venerabile
Don RinaJdi, fondb e dirCAe il periodico "Mu.ria Ausiliatrice", che poi do-
vette chiudere nel I 940 per esigenze di guerra. Era un oratore preparatissimo:
le •ue pn,dkhe potevano «sere consegnai• alle stampe come compendio di
teologia. Nutriva un grande desiderio: vedere il "suon Don Rua sugli Altari.
Il Signore lo ha chiamato prima, a vederlo nella realtà della gloria celeste.
Sac:. Ettore Barullnl t a Genova Sampierdarena a 82 anni.
, Ci.nqua.nt'anni di sacerdozio, sessantacinque. dj vita re.ligiosa, nugoli
di ,riovani che !!gli servi attraverso il ministero, l'insegnarn~nto reli-
gioso, la musica: abbiamo troppi motivi per esprimere a Dio e a Don Ban-
dini un grazie sincero e profondo. e: per trarre dalla su.a testimonianza
un invito alla disponibilità e alla perseveranza• (dalla lettera. mor-
tuaria).
Coad. candido Slcber t a Monte Oliveto (Pinerolo) a 75 anni.
Trentino di nascita., dalla famiglia, povera e numerosa, imparò fin
da nga-zzo a lavorare sodv e a praticare uo cristianesimo integrale.
Aveva quasi 4-0 anni quando chiese di farsi salesiano. E per tutto il
rt;ato della sua vita fu un ,alesiano lavoratore, povero, umile. 1 lavorì
più pesa·nti erano per lu,i: , Faccio io, In.scialo fare a me• erano le sue
Kiaculato.rie. La forz.11, oltre che dalh1 naturale robustezza, gli veniva
dalla pietà semplice e sincera. Affrontò serenan1ente la morte dopo aver
lavorato fino aJl'uhirno.
Sac. Antonio Domingo Zitta t a Buenos Aires (Arj!entina) • 73 anni.
Due gcandi idea.lì lo animavano, fondendosi in un' unica passione: Jn
scuola e l'apos tolato sanerdorale~ Cli alunni, parccchj dei quali di-
vennero sacerdoti, lo ricordano con vhfa riconoscenza. I fedeli tra i
quali lavorò come parroco .attribuiscono -a lui ìl rifiorire dello spirito
cristiano. Fu anche direttore per r2 a nni. e apprezzato consigliere
ispettorlale. Terminò i suoi giorni nell'Istituto Pio IX, dove era enrtato
da rag;uzo come alunno.
Sac. Luigi Mlm t a Catania a 71 anni.
M.a.ltese di nascita. si fece. salesiano due anni dopo la sua ordinazione
sac-erdotaJe. Fu un vero animatore dJ gioia e di bontà in ffiezzo ai gio..
vani, che lo stimavano e gli volevano bene. e lo ricercsvaoo come. guida
della loro anima.
Sac. Glusep~ Baldan t a Ale•s•ndria " 69 anni.
Si sentì chiamato alla vita salesiana quando aveva già -z1 anni, e. con
perseverante coraggio superò ogni difficoltà. Nel 1941 segul come
cappellano degli alpini la spedizione in Russlo; fu sul fronté del Don,
e poi coinvolto nella disa-strosa ritirata del 1943. Tornò in patria con
i piedi con~clati e dovette subire un' ampur.azione. Lavorò poi pe.r
25 anni nelle rutise di Marzano e di Alessandria, ove las cia in ricordo
esempio di rettitudine. umiltà e solido spirito religioso.
Sac. Giovanni Kcllermann t • Del Valle (Buenos Aires, Argentina)
a 64 anni.
Dalla nativa Germanìa chiese dì partire missionario ptr l'Argentina,
ove lavorò con ouimi ri~ultnti. Fu uno studioso infaticabile, !JpeciuJ-
mentc della Sacra Scrittura, che lea:geva e interpretava senza sforzo
nei testi originali, greco e ebraico. Il Vescovo lo incaricò di prepa-
rare gli schemi e.li predicazione per tutta la diocesi. Il concorso della
folla ai funerali dimostrò quanto affetto avesse acquistato tra la popo-
lazione.
Coad. Michele Torre t a Vibo Valentia (Catanzaro) a so anni.
Ha dedicato tutto la sua vita religiosa al servizio della comunità, sem-
pre disposto a qualsia:;.i genere di 1ovoro, pur di rendere serena la vita
dei confrat<,lli. L ' ultima malattia, che lo tenne a lungo immobile su
una sedia. mise in rilievo la sua umile bontà e il 11uo generoso spirito
dj sacrificio. di cui lascin et.empio a tutti.
Sai;. Giulio Lowry t a Colonia Bar6n (Argentina) a 85 anni.
Sac. OUlll~lfflO Daly t a Glasgow (Scozia) a 72 anni.
Coad. SaturoJno Torra t a Cochabamba (Bolivia) a 70 anni.
5ac. Giovanni Badalottl t • Barccloa (A mazonas, Brasil) a 59 anni.
Sac. Mlcbcle 5cJunlt t a Lubumbashi (Congo) a 54 anni.
Sac. Costantino Kosfcl t a Cracovia (Polonia) a 44 anni.
Sac:. Luigi DI Stefano t a Cauaborl (Amazonas, Brasil) a 30 anni.
COOPERATORI DEFUNTI
Elena Amato t a Molfetta (Bari).
Non tu soltanto ..madre e sposa esemplare.. ma anche attiva coopera.
trice. soprattutto come presidente della Assocìa.z.ione • Oivote Maria
Ausiliatrice•· Ebbe la 11,oia di donare a Don Bosco il tiglio Don An-
gefo, docente al P.A.S.
Rag. Giovanni lngignoU t Sagliano Micca (Vercelli) a 74- anni.
Animo retto e bu.ono, distribuiva periodicamente la aua bencficen7.a
ai poveri e alle pie istituzioni. Cooperatore affezionato, devotissimo di
Don Bosco; nutr.iva una. particola.re predilezjone per le opere salesiane,
1oprattutto missionarie, per le quali offerse anche la sofferenza della
sua ultiota malattia..
Suor Maria Gluecpplna c:ampusi t a Chiavari a So anni.
Religiosa visita ndina, era anche iscritta ai cooperatori salesiani, e
partecipava alla loro azione con l'offerta di preghiere, sofferenze e
opere buone.
Prof. Comm. Nlccoll> lmberc:ladorl t a LA Spezia.
Fin da giovane fu combattivo dirigcntè di Azione Cattolica, e dopo
la guer:r:a poté svolgere impewnative attività sociali e politiche. Ma
soprattutto ornava i lfiovani, che tanto nella scuola come negli incontri
occasionali sapeva formue alla vita. Possedeva una comunicativa quasi
magica, che ri\\'elava una cristalHna rettitudine e una fedeltà senza
compromessi alla fede cTistiana. La sua gioia era donaraj agli altri
in tutte le forme possibili, senza ostcnta.zione e., come vuol~ il Vangelo.
senza aspettare riconoscimenti o ricompense,
Giovanni Maria Carrero t a S. Vittoria d'Alba (Cuneo).
Era uno sposo e un padre pieno di quella 2enerosa bontà che gli pro..
veniva dalla fede vi.ssuta. Fu un fede.le cooperatore di Don Bosco,
felice di avergli donato i1 figlio don Luciano.
Sac:. Giuseppe Rlgotd t a T rento a 87 anni.
Parroco infaticabile e zelante cooperatore delle opere salesiane.
Antonio Rissante t a Alessandria a 81 anm.
Padre di cinque figli, donò la figlia Teresina al Signore nell'istituto
delle Figlie di M. A. Visse integraimente il suo ideale cristiano nel
lavoro appassio.n.ato e nella dedizione alla famiglia, sempre pronto a
sacrificare s.c stHso per g1i a)tri.
Maria Moncalvo in Brugna t a Arquata Scrivia (Alessandria) a
s8 anni.
Vfrclnla Chemeuo t a Breganze (Vicenza) a 70 anni.
Donna di profonda fede, trasse dalle pratiche religiose la forza per
affrontare i sacrifici quotidiani cbe la famiglia, numerosa e. modesta.
imponeva. Ebbe la gioia di donare il figlio Giovanni a Maria A\\Ui-
Liatricc nella fa.mi8Jia. salesiana, e di donare se stessa in aiuto agJi altri
in tutte le forr.nc che il suo z.elo e la sua bontà 1e suggerivano.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Bormetti Don Pietro Desiderio Gio\\'annina ved. Quaiitia - Fanoni
Giuseppe - Minissale Vincenza • Occhi Mazzt!tta Mari.a .. Trcmo.nti
Cav. Luigi.
L"ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, erello in Ente Morale con Decreto 12 gennaio 1924. n. 22. pub legalmente rice-
vere legati ed Erediti,. Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato: « ... lascio all'Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino a titolo di legato la somma di Lire... (oppure) l'immnbile
sltn In..• ».
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza !"Istituto, la tormula Potrebbe essere questa:
«... Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale I'lstililto Salesiano per le Missioni con sede in Torino,
lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo 1.
32 (luogo e data)
(firma per esteso)

4.5 Page 35

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CROCIATA
MISSIONARIA
TOTALE MINIMO PER BORSA
L. 60.000 Avvertiamo che la
pubblicazione di una Borsa In-
com pleta si e ffettua quando il
versamento iniziale raggiunge
la somma di L. 25.000, ovvero
quando tale somma viene r ag•
giunta con offerte successive.
Non potando formare una Borsa, si
può contribuire con qualsiasi som-
ma a completare Borsa già fondate
BORSE DA COMPLETARE
Borsa: Maria Ausiliatrice.. n cura di Giacomo
Spoto (Calatafimi - Trapani). L. 45,000.
Borsa: Sacro Cuore di Gesù, Maria Addolo•
rata e S. G. Bosco, in sr4/ragio dei miei cari d~-
funt-i e i11uocando prouzior1~ sulle famicl,è dtllt.
mit dut.figli.e., a cura di Ctcilia Solaro (San Leudo ...
Caserta), L. 40.000.
Borsa: San Giovanni BoscoJ proie.ggi Nicola ~
Val,rio!, a curo del dott. En.a Martina (Treviso).
L. 40.000.
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di Paolo Scarsi (Silvano d'Orba - Alessandria),
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cura di Teresa Renio (Torino), L. 3 0.000.
Borsa: Maria AusiliaLrice e Don Bosco, in-
voc.ando protezione, Si cura della prof. Emilia
Orsini Buone (Roma), L. 30.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e S.
O. Savio. in ringrazianumto t. int1ocando prote-
zfont per i mUì carr' ulvl e d1/un1i, a cura di Annitn
Voarino in Aimar (Nichelino - Torino), L. 30.000.
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a cun, di S. M. (F,a..indlo Monferrato - Ale•-
sandria), L. 30.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e
Papa Giovanni XXlll, in JujJrQgio dl:i miei de•
funi,· t int1ocar1do proteziont pu me t per i miei
wri in vita ~ in punto di murtt., " curo di Maria
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animt. abbandtmate dii p11rgaton·o, a cura di Arcan-
gelo Tagnrellì (Noicattaro Bari), L. 25.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco " S.
D . Savio, {nf)ocando prouziont, a cura di Adelina e
Giorgio Saracino (Serracapriolu Foggia), Lire
2 5 . 0 0 0.
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cura di Carmela Pino (f'urci Siculo - Messin•),
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trice, in suf/,agio dt.i g~itori defunti t. Ìnt;OGando
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di Luisa Mirobile (Menfi - Agrigento), L. 50.000.
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suffragio chi miei defunti e per /,a conver.tione de.i
miti cari, a cura di B. C. ('T'rieste), L. 60.000.
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e d~/un.t.i, a cura di Carmela. Manino (Messina),
1•. 60.000.
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di Severino Montalegni (Savignano sul Panaro -
Modena), L . 50.000.
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e in Tt4/fra.gia thi mùi cari defunti. a cura. di Gianni
Chiodini (Gallarate - Varese), L. 50.000.
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p.g.r., a cura di Luigia Loren2etti (Rovereto -
Trento), L . 50.000.
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cura di Giuseppe ~ Filomena Canta (Arco Felice -
Napoli), L. 50.000.
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Anfossi (Torino), L. 50.000.
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in ringra.ziaml'nlo ~ invoca11du prottzionl!, a cura
della famiglia Ferruccio Lamieri (Torino),
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cur.i degli Exallievi di San Benigno Canavtse
(Torino). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura di Luisa Berti ved. Cakhini (Carrara),
L. 50.000.
Borsa: Don Bo11eo. proteggi tutti i miei carll, a
cura di N. N. (Piacenza), L. 50.000.
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S. D. Savio, p.g.r.• a cura di Rino e Teresina
Giovara (Torino), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Boo,co e
S. D. Savio_. in ruflragio dt!i" miri cari defwtti t
invocando prouzio11.e. a cura di D. M. (Cuneo),
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Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Antonio, S. Ga-
spare del Bufalo e Papa Giovanni, i"11voca11do
protezfrme sugli tpòsi Antonio, Piuitta e Enrico V.,
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Don F. Rinaldi, 1'11vuc,.mdo salvezza alfa mla
famiglia~ artisiem::a p~r me, q1wndo dovr(> pr,sinlarmi
a Gtsù Critto Giùdicl!. a cuna di N. N. rrorìno),
L. 50.000.
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memo,ia ~ suffragio di ~\\tian·a A I/aro., a cura del
m~rito S<condo Gambolati (Vignate Monferrato
Alessandria), IJ. 50.000.
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ringraziament.o, e in suffragio di Roberto Colec-
chia, cura di C. C.. L 50.000.
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msmorio t' suffragio di Uzo I,.ortmzonì, a cura di
Francesca Lorenzoni (Torino), L. 50.000.
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trentf!sinw anniversar;o di ordi11azio-nl! saurdotale e
prt'mo niLssu del Jall!tiano Don Giulio Bia.nc.lrini,
con riconJJSct1iza, a c::ura di N. N., L. 50.000.
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fragioJ.. a cura degli amici dell'Istituto Snlesiano
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S. G. Bosco e S, D . Savio, ìn suffragio dtl mio
caro defu11to ~ invoc:ondo protttzÙJM 1ulla mia
famiglia., a cura dì B. C. (Cuneo), L. 50.000.
Borsa: Maria Auslllatrlce, p.g.r., curo di
Eleonora Rosso (Trieste), L. 50.000.
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prega per noi!, a cur a di Pia Rebora (Genova),
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p .g.r., a cura di N. N., L. 50.000.
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scomparsa dtll'umilt' eoadiutortt sa/esitmo Pio St•
ba1tia-no ci In ricordo dd suo 1uptriorl' 111011s. Rotolo,
in!Jocand.tJ pac~ tterna ali~ loro anime. a cura dei
parenti e bènefauori (Alassio). L. 50.000.
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reUo, n cura di Cari• b.nnaèo (Arezzo). L. 50.000.
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suffragio dei miei dt!/1mti, a cura del dott. Matteo
Petrnroia (Pelleziono - Salerno), L . 50.000.
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del dou. Eugenio Bolondi (Milano), L. 50.000.
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suf/raaio, a cura di Tommaso Zerbino (Roma),
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t·ovT1-<1 ,

4.6 Page 36

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BOLLETTINO SALESIANO
SI pubblica il del mese per i Cooperatori Salesiani; il 15
do/ mesa per i Dirigenti del Cooperatori
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fattori e Amici delle Opere Don Bosco
Direzione e amministrazione: via Maria Au-
siliatrice, 32 - 10100 Torino - Tel. 48.29.24
Direttore responsabile Don Pietro Zerbino
Autoriz. del Trib. di Torino n. 403 del 16 febbraio 1949
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intestato a: Dire&. Generala Opere Don Bosco - Torino
Percambiod'indirizzo inviare anche l'indirizzo precedente
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