Bollettino_Salesiano_197111


Bollettino_Salesiano_197111



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BOllITTINO · ORGANO DEI COOPERATORI SALESIANI
ANNO XCV N. 11 GIUGNO 1971
SALESIANO Spediz. in abbon. post.- Gruppo 2° (70) - 1 " quindicina

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Cristianesimo orizzontale ?
/ genitori primi maestri della fede
Referendum per il divorzio
l Catechisti truppe scelte a servizio del Vangelo
28 candeline a San Paolo
Il canonico Giuseppe Al/amano Exallievo e Cooperatore
La Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Estremo Oriente
Educhiamo come Don Bosco. Ragazzi che dicono bugie
Sono partiti i primi 'Volontari laici
Gli anni verdi a Nazaret
Jambo, Père
Cari Indi Moros
Gioventù che s'interroga
« Sapete voi in quale direzione pro-
cedere? Avete chiara coscienza degli
scopi del vostro avanzare? Perse-
guite la ricerca dei veri valori? La
vostra volontà di servire i fratelli si
traduce in scelte concrete, che vi
preparano a promuovere efficace-
mente il progresso di tanti uomini?
Siete convinti che non si può essere
veramente liberi, se non nella misura
che si è responsabili? »
PAOLO VI
agli studenti di Manila, 28/X1/1970
r
Si è aperto il Capitolo Generale
Il Capitolo Generale Speciale, che ha inizio in Roma il io c. m., vede
riuniti 208 membri, più un certo numero di osservatori e di esperti.
Sono rappresentate le opere salesiane di 64 nazioni. Il numero m.ag
giore è di nazionalità italiana: circa il 30 % dei capitolari. Il I2 % sono
spagnoli, l'8 % ha nazionalità argentina, il 5 % nazionalità brasiliana.
Italia, Spagna, Argentina e Brasile sono dì fatto le Nazioni che hanno
il maggior numero di opere salesiane.
Tra i membri del Capitolo Generale sono rappresentate tutte le
specializzazioni dell'apostolato salesiano
Le ispettorie in cui lavorano i salesiani sono 76. Di esse le tre più
recenti (Irlanda-Sud Africa, Croazia, India Sud-Ovest), hanno ancora
il titolo canonico di Visitatorie.
Partecipano ai lavori del Capitolo esperti di quei settori in cui
opera maggiormente la Congregazione: problemi giovanili educa-
tivi e scolastici, associativi, parrocchiali, sociali ecc .
Elementi qualificati, come Cooperatori, Exallievi e membri di Orga-
nizzazioni cattoliche, sono stati invitati a esprimere un parere su
argomenti di loro competenza. Anch'essi saranno presenti alle sedute
nelle quali si tratteranno tali argomenti.
A stimolare il nostro interesse e la nostra preghiera vengono spon-
tanee le parole, ancora attualissime, che Don Bosco pronunciò
nella quinta seduta del primo Capitolo Generale:
«Queste adunanze faranno epoca nella nostra Congregazione e
da esse dipenderà in gran parte il suo buon avviamento per
l'avvenire. Esse saranno base sicura al suo progredire. Io sono
di parere -ch-e l-a -sa-lve-zz-a di tantissime anime dipende da quanto
saremo per sottoporre a regola in questi giorni».

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Tra le domande che si pone oggi un cristiano che voglia orientarsi in mezzo alle diverse opinioni
teologiche correnti e vivere seriamente la propria fede, c'è anche questa: « Quale posto debbo dare
a Dio e quale all'uomo nella mia vita? Più precisamente, a chi debbo dare il primo posto, a Dio
o all'uomo, alla preghiera o all'azione ? ».
Fino a qualche tempo fa la risposta era tale da far ritenere superflua la domanda: « Non c'è dubbio,
il primo posto è di Dio e va dato a Dio ». Ma in questi ultimi anni si sono riscoperti i valori dell'uomo
e del mondo, con tutti i problemi che presentano; il cristianesimo ha visto dilatarsi enormemente
la dimensione sociale, cosicché si è diffusa l'opinione che proprio questa dimensione sia la prima e
più importante per un cristiano, e che soltanto nell'uomo si possa trovare veramente Dio.
Si tratta in altri termini di una concezione « orizzontale » del cristianesimo, in opposizione a quella
« verticale » del passato.
Alcuni hanno spinto a fondo questo orientamento fino ad affermare che il mondo, diventato ormai
adulto, non ha più bisogno di Dio, e che essere cristiani significa essere unicamente « per gli altri ».
Sono i cosiddetti «teologi radicali » o «della morte di Dio ».
È chiaro che nessun cattolico coerente può mettere insieme fede e negazione di Dio. Tuttavia, pur 1

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ammettendo l'esistenza di un «Dio in sé », alcuni sostengono che Dio è così lontano da noi, così mi-
sterioso e inafferrabile da svanire in una astrazione se non lo si trova incarnato nel volto dell'uomo.
E concludono che, se soltanto l'uomo rende Dio concretamente presente, l'unico modo di incon-
trare Dio è cercarlo nell'uomo. Specialmente nell'uomo che soffre: il povero, lo sfruttato, il debole,
l'oppresso... Cercando di aiutarlo, dicono costoro, si ama Dio in lui fino al punto che non è più ne-
cessario occuparsi direttamente di Dio; la ricerca di Dio sarebbe evasione, alienazione.
Inoltre, traggono un'altra conseguenza: se Dio è così misterioso e inconoscibile, è vana presunzione
voler parlare « di Lui »; anzi, non ha senso neppure voler parlare « a Lui »: pregare è un perder tempo,
una forma comoda di evasione dagli impegni temporali, una fuga dalla lotta per la giustizia sociale.
L'unica preghiera valida è l'azione per gli altri, è lavorare e lottare perché gli uomini siano liberati
dai mali che li opprimono. Amare Dio per se stesso non ha senso, l'unico vero modo di amare Dio
è amare l'uomo, l'unico grande comandamento resta quello di amare il prossimo.
Fino a che punto una tale concezione del cristianesimo rimane fedele all'insegnamento di Cristo ?
Fino a che punto può dirsi ancora « cristianesimo » ?
Basta sfogliare il Vangelo per documentare che Gesù ha confermato e perfezionato l'insegnamento
fondamentale dell'antica Legge che pone Dio al primo posto, al di sopra di tutti e di tutto. Lui solo
deve essere adorato e servito, Lui per primo deve essere amato con tutto il nostro essere; gli uomini
devono cercare prima di tutto il suo regno e la sua giustizia. Cristo stesso è venuto per fare la volontà
del Padre, ed essergli ubbidiente fino alla morte.
Gesù inoltre ha rivelato che Dio non è un'astrazione filosofica, un essere lontano e inafferrabile, ma
ha il volto familiare del «Padre » e un cuore pieno di amore per i figli. Egli parla spesso «di Dio »,
ma non meno spesso parla « a Dio », cioè prega. Lo cerca nel silenzio dell'alba o della notte, talvolta
passa la notte intera in preghiera, specialmente alla vigilia di grandi decisioni. Insegna ai discepoli
a pregare il Padre con costanza, senza stancarsi, con la fiducia di essere ascoltati.
E insegna che prima di chiedere il pane per sé e per gli altri (cioè prima di risolvere i problemi umani)
il cristiano deve pregare perché il nome di Dio sia santificato, perché gli uomini accettino il suo Re-
gno e adempiano la sua volontà.
Gesù dunque afferma con estrema chiarezza che Dio va amato per se stesso e in se stesso con tutte
le nostre forze, sopra ogni cosa. Questo è il « primo e più grande comandamento ». Il secondo, che dice
di amare il prossimo, è simile al primo, ma non è la stessa cosa al punto da rendere superfluo il primo.
I due comandamenti, al quali Gesù riduce tutta la Legge, certamente sono indissociabili, sono le
due facce di un'unica realtà, e non può esistere l'uno senza l'altro. Se c'è vero amore per Dio ci sarà
pure vero amore per il prossimo, e se c'è vero amore per il prossimo (cioè, non se io voglio bene « al »
prossimo rimanendo su un piano puramente psicologico sentimentale, ma se voglio « il » bene del
prossimo su un piano volitivo operativo), vuol dire che c'è anche vero amore per Dio.
Se ne deve concludere che l'amore del prossimo è il segno, l'espressione, il collaudo del vero amore
di Dio. Ma non esaurisce l'amore di Dio. Anzi, non è possibile amare davvero il prossimo se non
si ama davvero Dio. Soltanto Lui può insegnarci in che cosa consista il vero bene del prossimo e
quale sia la misura di questo amore (« Non cercate soltanto le cose di quaggiù... ». « Amatevi come
io vi ho amato... »). Soltanto la « carità di Cristo » può dare la forza di compiere opere che superano
le capacità naturali dell'uomo, come dedicare la vita a curare i minorati fisici e psichici, gli incura-
bili, i lebbrosi, tutti quelli insomma che la società respinge al margine o vorrebbe addirittura sop-
primere. Coloro che si sono consacrati a queste opere eroiche sono stati uomini animati da uno straor-
dinario amore per Dio e sostenuti da un profondo spirito di preghiera. Basti ricordare il Cottolengo
a Torino e Madre Teresa in India.
Può essere accaduto che dei cristiani non abbiano saputo o voluto tradurre l'amore di Dio in amore
per il prossimo. Il loro cristianesimo soltanto « verticale » è senza dubbio una mistificazione alienante,
lontana dall'insegnamento di Cristo.
La risposta alla domanda iniziale appare dunque chiara: un cristianesimo puramente « orizzontale »
è ben lontano dall'insegnamento di Cristo, tradisce e mutila il messaggio evangelico non meno di
un cristianesimo puramente « verticale »; sia l'uno che l'altro sono destinati al fallimento.
Il cristiano autentico li fonde in una sintesi vitale: quanto più e meglio ama Dio, tanto più e meglio
amerà il prossimo.
2
(Ripreso liberamente da CIVILTÀ CATTOLICA)

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I genitori
primi maestri della fede
A lla fine di una sua applaudita con-
ferenza, una intelligente signora,
madre di famiglia, specializzata in
psicologia e pedagogia, così ebbe a
esprimersi: « Credere o far credere
ai genitori che in qualche luogo vi
sia un esemplare eccellente del ge-
nitore ideale, a cui essi potrebbero
aspirare, significherebbe peggiorare
le loro debolezze e li ingannerebbe.
Ogni genitore è per i suoi figli il
genitore ideale, semplicemente perché
è genitore ».
La grande rivoluzione pastorale del
Documento Base per il Rinnovamento
della Catechesi sembra consistere nel-
l'abbandonare la prospettiva delle
strutture per adottare la prospettiva
delle persone. Di qui l'importanza
dei genitori come educatori e cate-
chisti dei loro figli. Il Documento
Base lo sottolinea a tutte lettere:
« Oltre che per il loro Battesimo e la
loro Cresima, sono catechisti, in forza
del sacramento del Matrimonio, i geni-
tori, i quali, in quella che si potrebbe
chiamare chiesa domestica, devono es-
sere per i loro figli i primi maestri della
fede. Nella famiglia cristiana, arric-
chita dalla grazia e dalla missione del
Matrimonio-sacramento, fin dalla più
tenera età, i figli imparano a conoscere
e ad amare Dio e il prossimo, secondo
la fede che hanno ricevuta nel Batte-
simo ».
Catechisti e primi maestri
della Fede: i genitori
La scuola, anche la più organizzata,
non potrà mai sostituire la famiglia.
La famiglia esiste da se stessa, per se
stessa. La scuola non esiste da se
stessa, ma per circostanze socialmente
condizionate. Intorno ai tre o quattro
anni, ordinariamente i bimbi sono in
grado di distinguere se stessi come 3

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soggetti ben diversi dalle altre per-
sone o cose: divengono coscienti del
loro essere-io. Questa coscienza apre
la via, sotto la guida dei genitori, a
esperienze vitali di tipo religioso
molto emozionanti. Non dimentiche-
ranno mai queste prime profonde
esperienze di vita. « Quando una volta
stavo cogliendo fiori -- racconta
Gide - insieme con la bambinaia,
mi accorsi di essere rimasto solo.
Gridai per sapere dove fossi; e lei,
uscendo dall'ombra di un frassino, mi
si fece innanzi in pieno sole. Così lu-
minosa e estiva non l'avevo mai vista
ancora; poiché mi sorrideva, le chiesi
la ragione della sua gioia. Ella disse:
"Niente, ma c'è un tempo così incan-
tevole". In quel momento la valle mi
si illuminò, piena di amore e di feli-
cità ».
In tali esperienze di vita, il fan-
ciullo scopre qualcosa della profon-
dità dell'esistenza. Da questa con-
tinua azione reciproca con l'ambiente
e con la famiglia, il fanciullo riceve le
sue iniziali impressioni religiose.
figl«i
Iigpernimitiomriadeesvtorindoeellsasfeerdeep»e. rI
i loro
geni-
tori non devono lasciare passare occa-
sione alcuna per far scoprire ai propri
figli in che modo praticare ciò che
stanno imparando nella scuola di ca-
techismo. Per esempio, se nel qua-
derno di religione leggono la seguente
espressione dettata dall'insegnante:
« Dio vuole riunirci nella sua gioia »,
i genitori, in occasione di una gita in
macchina o di un allegro pomeriggio
in famiglia, suggeriscano: « Noi siamo
felici. Dio è contento di vederci così;
la nostra gioia è la gioia stessa di
Dio ». La gioia è una manifestazione
di vita; la gioia spirituale, la gioia di
Dio è una manifestazione di vita spi-
rituale e di vita divina.
Soprattutto con i più giovani, la
mamma cerchi di legare la loro pre-
ghiera all'argomento del catechismo:
le basta riprendere una parola di Gesù
che è stata loro detta e che li ha col-
piti, un canto che hanno imparato.
Se hanno sentito parlare della bontà
di Dio, la loro preghiera diventi un
ringraziamento. Se hanno ascoltato
una lezione sullo Spirito Santo, la loro
preghiera divenga un appello e una
supplica allo Spirito Consolatore, allo
Spirito Paraclito.
Nessuno può sostituirsi ai genitori
nel creare l'ambiente più efficace per
la penetrazione della parola di Dio,
l'humus, il terreno propizio perché il
seme (che è la Parola di Dio) prosperi
e porti molto frutto. La qualità dei
rapporti tra i genitori e i figli all'in-
terno della famiglia esercita un enor-
me influsso sul modo con cui i figli
4 accolgono il messaggio cristiano della
catechesi. Dio, Padre del nostro Si-
gnore Gesù Cristo, è tenerezza e
bontà; ci chiama a vivere in Lui in
una fraternità universale; ci invita a
lasciarci liberamente pervadere dal
suo Spirito di amore, di pace e di
gioia.
Nella Famiglia cristiana
« Nella famiglia cristiana - dice il
Documento Base - arricchita dalla
grazia e dalla missione del Matrimonio-
sacramnilo, fin dalla più tenera età i
figli imparano a conoscere e ad amare
Dio e il Prossimo, secondo la fede che
hanno ricevuta nel Battesimo ».
L'educazione alla fede è situata
nella convivenza tra fanciulli e edu-
catori, soprattutto nella convivenza
della vita di famiglia. In questo am-
biente il fanciullo è invitato a dare
una risposta personale all'amore di
Dio che gli si manifesta attraverso la
parola e l'esempio dei genitori. L'edu-
cazione va quindi considerata come
un'unione spirituale indissolubile tra
genitori e figli e viceversa, e non come
una serie di atti diretti più o meno
verso un determinato scopo educativo.
L'educazione è soprattutto una situa-
zione esistenziale. Per il bimbo, dal
primo momento della sua esistenza
in questo mondo, è preparata una pro-
tezione che non è altro che l'educa-
zione. Non è una protezione mecca-
nica e morta, tutt'altro; è una realtà
viva e strutturata. Questa realtà si
costruisce nel matrimonio. Appena il
bimbo è destato alla vita, nella strut-
tura del matrimonio nasce la relazione
educativa. L'essere padre e madre
crea automaticamente le condizioni
i ndispensabili e insostituibili per la
protezione e lo sviluppo della vita del
bimbo, cioè l'amore, che è il terreno
di coltura per ogni crescita sana.
Molti genitori lo costatano : ciò che
maggiormente aiuta un fanciullo o un
adolescente a vivere secondo il Van-
gelo che gli viene trasmesso al cate-
chismo, nelle associazioni o nella
scuola, è il clima familiare. Ciò che
un papà o una mamma dicono e fanno
a tavola, davanti alla televisione o a
proposito di un avvenimento, incide
profondamente nella coscienza di un
figlio. È una sorta di impregnazione.
I genitori prendano spunto dalle sem-
plici cose della vita di famiglia, del
paese, degli avvenimenti del mondo;
hanno in tal modo occasione di ino-
culare nei loro figli tutto un modo di
vedere, di giudicare, di amare, cioè
tutto un modo di vivere. Attraverso
i genitori, il Signore, giorno per
giorno, plasma lo spirito e il cuore
di ogni bimbo a sua immagine e
somiglianza.
Ma se i genitori tacciono, se non
esprimono mai la loro fede, se i loro
pensieri, i loro giudizi, il loro modo
di vivere sono in disaccordo con il
Vangelo, come può il bambino cre-
scere nella fede ? Si parla per esempio
dei poveri che hanno fame; ma in-
tanto in famiglia si vive dispendiosa-
mente, si fanno spese superflue, non
ci si priva di nulla, ci si scapriccia in
tutto. È uno stridente contrasto che
salta agli occhi. Si parla per esempio
della miseria e denutrizione dei po-
veri di Belém o di Reçifc nel Brasile,
ma non si sa rinunciare, neanche per
sogno, a una levataccia notturna per
assistere a un incontro di pugilato tra
Cassius Clay e Frazier e a sturare bot-
tiglie per festeggiare la vittoria del-
l'idolo preferito in un match così
brutale. Tutto ciò è un insulto avvi-
lente alla fraternità umana.
È verissimo il principio che ogni
genitore è per i suoi figli il genitore
ideale, semplicemente perché è genitore.
Ne consegue quindi, secondo il Do-
cumento Base, che « i genitori devono
essere per i loro figli i primi maestri
della fede».
Catechèsi di
Mamma Margherita
Mamma Margherita, la santa ma-
dre di Don Bosco, aveva innato il
senso dell'educazione religiosa dei
figli. Ogni mattina e ogni sera li fa-
ceva inginocchiare davanti al Croci-
fisso, chiedendo il pane quotidiano,
il coraggio per compiere il proprio do-
vere, il perdono di ogni colpa.
Ogni occasione era buona per cate-
chizzare i suoi figli, per ricordar loro
la provvidenza o la giustizia di Dio:
una notte stellata, un giorno di neve,
un'alba di primavera, una grandinata
devastatrice.
« Dio vi vede, figli miei - ripeteva
spesso, - Dio vi vede. Io posso es-
sere lontana o distratta: Lui è sempre
presente ».
Quella donna non sapeva né leggere
né scrivere; ma conosceva a memoria
il catechismo e la storia sacra, così
come allora si insegnavano nelle par-
rocchie del Piemonte. Con un lavoro
paziente e quotidiano, questa cono-
scenza la seppe comunicare ai figli,
risparmiando loro il viaggio a Castel-
nuovo per la lezione di catechismo.
Al parroco non restò che completare
l'opera iniziata.
È questa la catechèsi in famiglia
tanto raccomandata dal Documento
Base.
a

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Referendum per il divorzio
Come cristiani e come cittadini siamo per il referendum popolare a riguardo della legge che ha recen-
temente introdotto in Italia la « piaga del divorzio ».
Come cristiani dobbiamo ispirarci in tutto al santo Vangelo. « Ciò che Dio ha congiunto, uomo
non separi! » ha proclamato Gesù Cristo parlando del matrimonio e abolendo, quale un relitto di
tempi barbari, il libello di ripudio della donna, che la legge mosaica tollerava per evitare il peggio,
- cioè la sevizie del sesso debole da parte dell'uomo, in caso di discordia.
L'appello che taluni oggi fanno a un inciso piuttosto oscuro di S. Matteo, che a prima vista sembra
ammettere un'eccezione all'indissolubilità del patto coniugale ( . 19, 9) è reso vano dai passi paral-
leli chiarissimi degli altri evangelisti e di S. Paolo, dai quali si deduce che S. Matteo si riferisce alla
possibilità della separazione legale in caso di adulterio, non già ad un successivo matrimonio.
Chi ha osato scrivere compiacentemente che dopo l'approvazione della legge sul divorzio « i mariti
lasceranno le mogli usurate*, non parla il linguaggio del Vangelo. Speriamo che domani non venga
a dirci che egli vuole l'elevazione sociale della donna!
Come cittadini italiani sentiamo il dovere di protestare per due fatti: anzitutto che i partiti laicisti si
siano coalizzati dai più opposti settori del parlamento e, forzando le coscienze dei loro adepti con la
disciplina di partito (attuata rigorosamente, anche se non dichiarata pubblicamente), abbiano ferito
la coscienza dei cattolici e lo stesso patto concordatario con una legge che è un chiaro vessillo di guerra
religiosa; inoltre che, invece di mandare avanti il progetto di riforma del diritto di famiglia, già da
tempo presentato alle Camere, abbiano forzato i tempi per introdurre nella nostra legislazione un
falso rimedio ai cosiddetti « casi pietosi », che viene ad aggravare la crisi odierna della famiglia anziché
risolverla. Ne è prova l'aumento vertiginoso delle separazioni legali verificatosi dopo l'approvazione
del divorzio, aumento documentato dai Procuratori generali presso le Corti d'Appello di Torino, Ge-
nova e Venezia nei loro discorsi d'inaugurazione del nuovo anno giudiziario 1971.
Sull'esempio di S. Giovanni Bosco noi, Cooperatori Salesiani, siamo rispettosi di tutte le Autorità,
siano religiose siano civili, quindi anche del Parlamento, ma esigiamo che si verifichi democratica-
mente, 4n base alla Costituzione che ce ne dà diritto, se il Parlamento, su un punto di tanta impor-
tanza sociologica e morale, ha realmente interpretato il pensiero e la volontà della maggioranza del
paese. E siccome i parlamentari non hanno il carisma dell'infallibilità su tutto ciò che legiferano, non
devono ritenere una offesa personale il nostro ricorso al referendum, data anche l'esigua maggioranza
che la legge ha ottenuto nei due rami del Parlamento.
Il referendum è istituito appunto come un mezzo di verifica popolare e democratica per riparare even-
tuali sbagli dell'organo legislativo, che possono essere dannosi alla nazione; allo stesso modo che la
Corte Costituzionale può cassare leggi ritenute in contrasto con la Costituzione.
Noi vogliamo che sia rispettata la libertà dei cittadini che non la pensano come noi, ma non vogliamo che
per compiacere qualche gruppo interessato a far rompere tutti i freni morali e legali, si instauri un
nuovo tipo di famiglia che sia contro la morale evangelica accettata dalla maggioranza degli Italiani;
che sia scossa la stabilità di questa cellula fondamentale della nazione e dello Stato, che siano messi
da parte con tanta disinvoltura i sacrosanti diritti - che non sono solo finanziari - del coniuge in-
nocente e dei figli, per favorire le prevaricazioni dei coniugi infedeli o irresponsabili.
Siamo pronti ad accettare il verdetto del referendum, qualunque esso sia, come pure quello della Corte
Costituzionale circa la costituzionalità della legge in questione per la parte che riguarda i matrimoni
concordatari. È evidente che chi si sentirà coartato nella sua libertà da questi responsi - poiché il
mondo è grande - sarà sempre libero di portarsi là dove vige un altro modello di vita familiare, sia
pure protestante, musulmano, ebreo, buddista
. e di ritornare, se così vuole, ai tempi dell'Antico
Testamento o ai costumi del paganesimo.
Noi siamo profondamente persuasi che il vero progresso della nazione non passa attraverso il divorzio
delle famiglie, ma piuttosto attraverso il consolidamento dell'istituto familiare, al quale
Cristo ha offerto l'unica base solida e che la nostra Costituzione vuole sia protetta e resa stabile, anche
con le opportune riforme che richiedono i tempi nuovi.
a
5

1.8 Page 8

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D urante un corso di esercizi spirituali a awlai-
hillon (
), don Giovanni Larrea mi
aveva parlato con entusiasmo del Centro per la forma-
zione dei Catechisti di ibrugarh , aperto nell'agosto
del 1966. Quando ebbi modo di visitarlo, accompagnato
dallo stesso don Larrea , che al Centro ha dedicato anima
e corpo, quello che vidi andò al di là di ogni mia aspet-
tativa.
Appena entrato nella sala principale, non potei trat-
tenermi dall'esclamare: «Ma qui siamo ali'École Biblique
di Gerusalemme! ». Di rimando don Lurca : « Qui si
fanno le cose sul serio. I nostri Catechisti devono pre-
dicare il Vangelo, perciò devono conoscere tutto ciò che
ha attinenza con la Parola di Dio ». Contemplo. Dalle
pareti pendono magnifiche carte geografiche dipinte su
legno a colori. Una serie completa che farebbe invidia
a un qualsiasi Studio Teologico. Qua e là leggo iscri-
zioni sapientemente scelte, che richiamano le note
dominanti della storia del Vecchio e del Nuovo Te-
stamento.
Non posso nascondere la meraviglia e la gioia che
provo per quanto si è riusciti a realizzare. Mi soffermo
quindi a esaminare la biblioteca, una collezione di oltre
300 film, di carattere biblico. Un'attrezzatura ricca, quasi
sorprendente. Ora capisco perché don Larrea me ne
parlava tanto a Mawlai e ripenso alle parole di Gesù:
<c Dove è il tuo tesoro, ivi è il tuo cuore ».
Il tesoro di una Missione
Il tesoro di don Larr a sono i 40 e più catechisti,
rappresentanti di 20 tribù e di altrettante lingue. Ci tro-
viamo infatti in Assam , in una diocesi che conta oltre
50 gruppi linguistici disparati. In questa situazione, e
data la scarsezza dei missionari, i catechisti rappresen-
tano il capitale più prezioso delle Missioni.
Ora sono invitato a tenere una prima lezione. Tema:
Gesù. Racconto la sua vita, così come la visse in Pale-
stina. Parlo della Palestina antica, delle condizioni so-
ciali, politiche e religiose di allora, accenno alla situa-
zione odierna. Un uditorio attentissimo, intelligente, ca-
pace di seguire il filo del discorso con facilità e gusto.
Ogni tanto mi fermo e indico sulla carta afarnao ,
azareth , N aim , e altre località dove è passato il Signore
« facendo il bene e guarendo quanti erano oppressi dal
diavolo
Tutti
» (Atti:
seguono
c1o0n,
38).
straordinario
interesse,
perché
l'ar-
gomento è già loro familiare. Ogni tanto interrogo qual-
cuno. Uno mi descrive il Mar Morto come se vi fosse
stato chissà quante volte; un altro mi sa dire del Lago
di Tiberiade le cose più note e anche le meno note;
altri, con la Bibbia di Gerusalemme alla mano, nella
edizione inglese, mi trovano il capitolo di Vangelo e il
versetto con questa o quella espressione del Maestro,
oppure di uno degli Apostoli. Infine c'è anche chi non
esita a parlare degli E enì e di Qumriin . Quando finisco
la mia lezione, nell'intervallo che segue, vengo assalito
da una fitta serie di domande che scendono ai minimi
particolari. Uno mi chiede cosa mangiava Gesù, come si
cucinava in Terra Santa a quei tempi, un altro vuol sa-
pere come la gente veste e viaggia oggi e qual è la mo-
neta corrente, e la lingua o le lingue del paese. Essi do-
vranno annunciare Gesù ai loro fratelli: sentono la re-
sponsabilità e vogliono avere una scienza sicura del Van-
gelo per poterlo recare, come un pane sostanzioso e pro-
fumato, a chi ha tanta fame di verità.
Quando finisco la seconda lezione, non posso tratte-
6 nerm1 dal dire a don urrea che ho avuto la gradita
I Catechisti,
a servizio de

1.9 Page 9

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truppe sce te
l Vangelo
DIBRUGARH (India).
I nuovi Catechisti salutano
il loro Vescovo mons. D'Rosario,
prima di recarsi nei vari
villaggi a evangelizzare.
i mpressione di essermi ritrovato a fare scuola di Sacra
Scrittura ad allievi del terzo o quarto anno di teologia.
A contatto vivo con quella schiera di catechisti, ho
capito quale straordinaria importanza essi abbiano nella
vita evangelizzatrice e apostolica di una diocesi missio-
naria. Ora don Larrca è soddisfatto. Anche se non at-
traversa la giungla, anche se le sanguisughe non bevono
più il suo sangue, anche se non avrà la consolazione di
battezzare nei villaggi sperduti tra le verdi colline del-
l'Assam , la sua è un'opera missionaria che mira a creare
le condizioni necessarie per l'evangelizzazione.
I Catechisti, truppe d'assalto
del Regno di Dio
A ragione i Catechisti ai fini dell'attività missionaria
della Chiesa sono stati definiti le « truppe d'assalto ».
Essi sono forze insostituibili e indispensabili per il suc-
cesso stesso della evangelizzazione. In_ più di una mis-
sione è per il loro paziente e tenace lavoro che alla fine
si è riusciti a impiantare la Chiesa.
Il Decreto Ad Gmtes del Vaticano II sottolinea con
vigore la loro importanza: « Degna di lode è quella
schiera, tanto benemerita dell'opera missionaria tra le
Genti , che è costituita dai Catechisti, sia uomini che
donne. Essi, animati da spirito apostolico e facendo
grandi sacrifici, dànno un contributo singolare e inso-
stituibile alla propagazione della fede » (AG, 1 7)-
E stato affermato che senza Catechisti il lavoro mis-
sionario in alcune missioni crollerebbe del tutto, in altre
resterebbe compromesso per il 95
Pio XI nella enciclica « Rerum Eccle iae » metteva in
pieno risalto gli immensi vantaggi che provengono alle
Missioni dall'opera dei Catechisti, soprattutto quando
sono in numero sufficiente. E si augurava che l'intero
campo missionario fosse percorso da una fitta rete di
Catechisti.
Essi dall'Africa all'India, dal Brasile all'Equatore,
hanno un ruolo decisivo come collaboratori dei Sacer-
doti missionari. Un Vescovo africano li chiama «la
lingua, le orecchie e le mani del Missionario ».
C'è chi afferma che, dati gli sconvolgimenti che si
sono venuti verificando nel mondo attuale, con le ine-
vitabili ripercussioni nel campo missionario, la figura del
Catechista sarebbe da considerarsi come appartenente a
un'epoca ormai tramontata. E si aggiunge che andrebbe
sostituita con altre figure più moderne e attuali, come
sono i «gruppi spontanei*, gli «animatori sociali », e
via dicendo.
A queste affermazioni non è estranea la tesi che vor-
rebbe sostituire all'azione evangelizzatrice l'azione so-
ciale, così da avere non più un « ministeriu111 Verbi », la
predicazione della Parola di Dio, ma un puro «mini-
stero dello sviluppo », in antitesi all'intenzione di Cristo,
che ha insistito prima sulla ricerca del Regno di Dio e
della sua giustizia, per essere in grado di raggiungere le
altre finalità, che il Vangelo non esclude ma debitamente
promuove.
Come collaboratore del Missionario, il Catechista, è
l'uomo base nella penetrazione cristiana e nella prima
evangelizzazione, come nel suo successivo sviluppo. Co-
noscitore della lingua, degli usi e costumi, di tutto l'am-
biente tradizionale, egli si presenta come l'operaio evan-
gelico meglio dotato per i primi sondaggi e scavi, che
poi gradatamente portano alla posa delle fondamenta
della evangelizzazione e della costituzione delle Chiese
locali.
7

1.10 Page 10

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Egli resta, oggi come ieri, indispensabile. Di questo
parere sono Vescovi e Missionari. Mons. Dery del
Ghana ha affermato che i « Catechisti formano la co-
lonna vertebrale delle Missioni». Mons. Dupont del-
l'Alto Volta scrive: « Mettete un catechista in un vil-
laggio, e voi vedrete che un catecumenato nascerà auto-
maticamente ». Mons. Bakpessi di okodé, Togo, di-
chiara: « Là dove noi non possiamo mettere un cate-
chista, è l'Islam che si pianta. In questa corsa di velo-
cità, chi guadagna è colui che giunge sul posto per
primo». Accorato è il lamento di Mons. Tapsoba, di
Ouahigouya, Alto Volta: « Vi si spezza il cuore quando
da vari villaggi vi chiedono catechisti e voi li dovete
rifiutare perché non li avete ».
Un convegno di Catechisti
a Nongstoin - Assam
I Catechisti bisognerebbe poterli moltiplicare come
Gesù moltiplicò i pani e i pesci, mi dice don Pre-
moli, mentre visitiamo la nuova chiesa in costruzione,
a on stoi.n. In quei giorni ha luogo un raduno di Ca-
techisti. La missione si anima fin dal primo mattino.
I catechisti sono arrivati dai vari punti cardinali della
missione, quasi tutti la sera precedente. Varie famiglie
li hanno ospitati; alcuni però si sono accontentati delle
modeste aule scolastiche e hanno dormito per terra.
La giornata comincia con la S. Messa, preceduta da
preghiere e canti. È venuta anche molta gente. Le donne
sono arrivate recando tre cose: un figlio sulle spalle,
l'ombrello per la pioggia e il libro delle preghiere. Al-
cune hanno percorso più di cinque ore di strada per ve-
nire a Messa, recando questi « tre articoli ». La fede le
ha sorrette nel loro cammino. Dopo la parca colazione,
i Catechisti discutono i loro problemi insieme con_ i
Missionari. Gli interventi sono chiari e pertinenti,
animati e, pieni di calore. Ne riporto un'impressione
profonda.
Questi valorosi, e spesso eroici Catechisti, hanno aperto
la strada al Sacerdote missionario, e hanno resa possi-
bile la costruzione del tempio vivo di Dio nel cuore della
giungla. Durante il giorno mi intrattengo con alcuni
di essi.
Ecco Thadteja, il capo-catechista. È padre di fami-
glia e ha sei figli. Per sei mesi all'anno non fa che per-
correre, per una zona di quasi due mila chilometri, un
villaggio dopo l'altro, predicando Cristo.
Un altro capo-catechista è Henry Tyrniang. Anche
lui ha famiglia e i figli sono una mezza dozzina. Da circa
3o anni si muove sulle colline
evangelizzando. I
chilometri percorsi li ha contati solo Dio. Dovunque
parlano di lui con rispetto e venerazione.
C'è qui Dominic Mawlat, un tipo ardente di cate-
chista: mi fa pensare a Stefano diacono, pieno di « grazia
e di fortezza » nel predicare il Cristo.
La sua storia singolare me la raccontano i missionari
don Albizuri e don Premoli . Dominic Mawlat apparte-
neva a una setta protestante e non indietreggiava da-
vanti a nessuno. Per ben quattro anni ebbe il fegato di
andare ad ascoltare le prediche del missionario, ma per
criticarlo e attaccarlo. Per questo non si lasciava sfuggire
nessuna occasione. Ma nel corso del vivo e prolungato
dialogo, alla fine fu lui ad arrendersi e a chiedere di es-
sere ricevuto nella Chiesa cattolica. Lo slancio e il fer-
vore di sempre lo accompagna dovunque nella sua opera
di catechizzatore.
Faccio la conoscenza personale anche con Elias Siero-
8 lieh . Il suo , tratto è aperto e sereno, e da tutta la sua
persona traspare una grande dolcezza e bontà d'animo.
Queste sue doti - mi spiegano i missionari - gli hanno
aperto le porte in almeno io villaggi protestanti.
Né posso dimenticare Antonio Marwein, catechista
duanl a1s9o5l9a,
sempre attivo, sempre
passione che lo rende
in moto. Pare nato con
instancabile: quella di
far conoscere Gesù.
Tutti meravigliosi apostoli questi Catechisti; ma la
storia più bella e quasi incredibile me la racconta
don Armifiana, quando giungo alla missione di Raliang.
La storia del catechista Thomas
Don Armiii:rna ha una parola facile e tranquilla, che
scorre come l'acqua di un ruscello silenzioso. Mi fa da
guida in tutta la missione di Rilia.ng, e mi porta con la
sua jeep fin nel cuore della foresta. Vorrebbe farmi ve-
dere il fiume che qualche tempo fa ha inghiottito nella
sua corrente vorticosa il nostro caro don Felice Matta.
I pericula fiuminum di San Paolo qui non sono per nulla
immaginari nel periodo delle piogge. Non possiamo rag-
giungerlo a causa della strada troppo accidentata e in-
terrotta.
Sulla via del ritorno mi parla del catechista Thomas.
Era partito per un lungo giro ai villaggi, con il suo libro
di preghiere, il Vangelo, e un grosso coltello che gli sa-
rebbe servito per tagliare cespugli e rami nella foresta.
Ignaro che quello sarebbe stato l'ultimo suo viaggio,
camminava assorto nei suoi pensieri, meglio nel suo pen-
siero unico e bruciante: gettare il seme della parola di
Dio, preparare le vie del Signore.
Don Arminana guida la jeep, che arranca affannosa in

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Nella cerimonia della « mlssio
canonica» il Vescovo conse-
gna ai Catechisti la S. Bibbia
e il Crocifisso, simboli della
loro missione essenzialmente
evangelizzatrice.
Il Capo Catechisti Giovanni
Suja , ardente apostolo, che
ha già portato alla Fede pa-
recchi villaggi.
salita tra sobbalzi e ciottoli. E racconta: « Thomas cam-
minava seguendo una traccia di sentiero, dentro alla
giungla, quando un orso gli piombò alle spalle all'im-
provviso, lo rovesciò a terra, e con una prima zampata
lo scotennò, con un'altra gli squarciò il ventre fino al
punto che ne uscirono le viscere. La terribile belva gli
girò attorno per un poco annusandolo, poi come spinta
da una forza misteriosa, si ricacciò nella foresta.
Rimasto solo, Thomas, tutto sanguinante, raccolse le
sue forze, si rinfilò dentro gl'intestini, si legò e fasciò
meglio che poté, poi si mise sulla via del ritorno verso il
villaggio più vicino. Camminò sempre pregando, invo-
cando da Dio la grazia di poter vivere tanto da raggiun-
gere il villaggio, chiamarmi, confessarsi e ricevere la
S. Comunione come viatico e per il primo venerdì del
mese. Mai riuscirò a spiegarmi come abbia potuto cam-
minare due giorni in quelle condizioni, solo pregando e
invocando il Sacro Cuore di Gesù di volerlo esaudire
in questa sua ultima preghiera.
Arrivò al villaggio. Immediatamente i cristiani lo ca-
ricarono sopra una barella. Fui avvisato e corsi subito.
Lo confessai, gli diedi i Sacramenti, e cercai di confor-
tarlo. "Thomas - gli dissi - non morirai. Ti portiamo
a Shillong e lì sarai curato e guarirai". Ma Thomas sor-
rideva e scrollava il capo. Ebbe ancora la forza di dirmi:
"Non guarirò, padre. La grazia che ho chiesto il Sacro
Cuore me l'ha concessa: potermi confessare e riceverlo
i n questo primo venerdì del mese. Non chiedo altro".
Morì quel giorno stesso ».
Don Armi.i'iana, mentre racconta, è profondamente
commosso. Ha visto cadere un catechista santo, che non
aveva bisogno di nulla perché possedeva Cristo, la Vita,
quel Cristo per il quale egli era vissuto e tanto aveva
L'Accademia Mariana Salesiana ha prepa-
rato il nuovo volume, LA MADONNA
NELLA NOSTRA VITA, con l'intento
pastorale e pedagogico di rilanciare la
devozione mariana autentica, proposta dal
Vaticano li, a tutti i settori e livelli.
Eccone il contenuto:
1. La devozione Mariana alla scuola della Bibbia ( D. An -
drea Barucq , S.D. B., Prof . di S. Scrittura a Lione). Testo
francese e versione italiana.
2. La devozione mariana presentata dal Concilio Vaticano Il
( D. Domenico Bertetto , S . D.B . ( Prof. di Mariologia a
Roma).
3. Principi teologici sul culto mariano ( D. Giorgio Soll ,
S.O.B ., Prof . di Mariologia a Benediktbeuern - Monaco).
Testo tedesco e versione italiana.
4. Quadro storico dell'apostolato mariano della triplice fa-
s. miglia salesiana nel mondo, dagli inizi al 1970 (D. Pietro
Ceresa , o.e .).
5. La devozione mariana nel Ven. D. Michele Rua ( D. Luigi
Castano, S.D.B ., Procuratore Generale).
6. La devozione mariana nella vita religiosa salesiana, oggi
( D. Giuseppe Aubry , S.D.B ., Prof. di Teologia a Lione).
Testo francese e versione italiana.
7. La devozione mariana nella vita della religiosa educatrice,
oggi (Suor Lina Dalcarri , F.M.A., Casa Generalizia, Roma).
8. La devozione mariana e la gioventù, oggi (D. Lorenzo
Macario, S.D.B ., Prof. di Pedagogia a Roma).
9. Direttive liturgiche per la pratica della devozione ma-
riana ( D. Armando Cuva, S.D.B ., Prof. di Liturgia a Roma).
1 0. La musica nella devozione mariana ( MO Virgilio Bellone ,
S.0.8 ., Prof. al Conservatorio musicale di Torino).
11. Saggi di attuazione delle norme conciliar/ sulla musica
nella devozione mariana ( M- Nicola Vitone , S.D.B .,
Prof. al Conservatorio musicale di Bari).
12. La predicazione mariana ( D. Valentino Del Mazza, S.D. B. ).
Bel volume di 450 pagil')B, che siamo lieti di pre-
sentare ai membri della triplice Famiglia Salesiana.
Idvlionclauozmsitooenèdi eddliisvp2oo0lunmicboeilpeèiepdreiesLps.oiù2,la5L0.L0i2bl0ar0ec0roipal aiadc;eoplple'iAraot.erI--I
neo Salesiano, Piazza Ateneo Salesiano 1,
9
00139 Roma.

2.2 Page 12

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camminato. Ora il suo esempio vive nel ricordo di tutti.
E la sua memoria è come il buon profumo di Cristo
che profuma la missione di Raliang .
I Catechisti e l'evangelizzazione
Pio XII nel 1957 aveva detto: e Si ritiene, almeno tra
i Missionari d'Africa, che un missionario con sei cate-
chisti ottenga di più che non sette missionari ».
I Catechisti sono gli uomini d'avanguardia, gli arditi
del Regno di Dio, i sacrificati di sod tori della vigna del
Signore. Un recente documento della Sacra Congrega-
zione per l'Evangelizzazione dei Popoli riafferma l'im-
portanza dei Catechisti e richiama l'attenzione di tutti,
in particolare dei responsabili, sulla necessità e sul ruolo
dei Catechisti, soffermandosi a trattare della loro forma-
zione spirituale e dottrinale. Un documento molto signi-
ficativo e indicativo. Il mondo di oggi ha subìto turba-
menti e scosse che si sono comunicate anche al mondo
missionario. Per questo c'è chi pensa a una élite esclu-
siva di medici e di infermieri, di agenti di servizio eco-
nomico-sociale, di segretari di amministrazione, di pe-
riti e di tecnici, di maestri e di politici... destinati a mu-
tare le strutture fino a cambiare le pietre in pane. E si
dimentica la figura del Catechista, una figura che risale
alle prime origini della Chiesa.
Nella Chiesa, che è Corpo essenzialmente missio-
nario, il Catechista è un membro vitale che non può es-
sere trascurato. Fa parte della vita della Chiesa peregri-
nante. Essa cammina e si dilata mediante l'opera dei
suoi Catechisti, sia temporanei che permanenti.
Inoltre, con la insufficienza « del clero per l'evange-
lizzazione di tante moltitudini e per l'esercizio del mi-
nistero pastorale » (AG, 17), i Catechisti sono quelli che,
dopo un felice e ben maturato tirocinio, possono porre
la loro candidatura per il Diaconato.
L'apertura all'ordinazione per Diaconi sposati, più
che ad altri, viene offerta a tanti Catechisti, i quali hanno
dimostrato di possedere la fiamma apostolica nel predi-
care Cristo ai fratelli con zelo, prudenza e abilità.
Meno costruzioni e più Catechisti
Conversando con don Fantin , a 1arian HiU-Jowai ,
gli chiedo qual è il suo pensiero sui Catechisti e sul
centro S. Giovanni Battista di Dibru arh . Nessuna esi-
tazione nella risposta: « I Catechisti sono i primi arte-
fici dell'avanzata del Regno di Dio. Il Centro di Di-
brugarh che serve alla loro formazione deve essere con-
siderato come la pupilla dei nostri occhi, se vogliamo
continuare ad avanzare e non arrestarci ».
A un altro missionario rivolgo la stessa domanda; mi
risponde con decisione: « Se in certe missioni si fosse
speso il 25% di meno nelle costruzioni, comprese le
stesse chiese e cappelle, e impiegato tali somme nel for-
mare e preparare dei Catechisti buoni, capaci e zelanti,
oggi in quelle missioni tutti sarebbero cristiani ».
Non c'è dubbio che in una rinnovata ed efficiente
riorganizzazione missionaria il problema dei Catechisti
dovrà essere affrontato con il dovuto interesse.
Il XX Capitolo Generale non mancherà di trattare
un tema che tanto stava a cuore a uno dei più illustri
figli di Don Bosco, il grande missionario mons . Mathìa.s ,
fondatore e promotore dell'Opera di S. Paolo Apostolo,
avente per scopo la formazione e la preparazione di Ca-
techisti per tutta la Chiesa missionaria.
10
DON FRANCESCO LlCONI
can
L a notte è ormai discesa tra i grat-
tacieli di San Paulo. Nel cortile
buio della grande Casa I pettoriaJe,
una campana ha scandito alcuni toc-
chi. I salesiani arrivano alla spiccio-
lata nel vasto refettorio. L'Ispettore,
in veste cenerina, è già lassù, al suo
posto. I professori, che fra un'ora ini-
zieranno il terzo turno di scuola
(quello notturno) arrivano in camice
bianco. C'è il brusio solito, di tutte
le sere. Ma subito il tono delle voci
si alza, tutti fanno ressa sulla parte
destra, dove troneggia un gran mazzo
di fiori e brillano ventotto e ndeline
su una vasta torta candida. Un sale-
siano passa svelto a distribuire ai pre-
senti un volumetto di canti.
« È il compleanno di don Luigi
Marra - mi sussurra l'Ispettore, -
il giovane incaricato della Pastorale
Giovanile ». Il rito dello spegnimento
delle candele (don Luigi è rosso di ti-
midezza) è accompagnato da risate e
da applausi. Dopo, quando la cena
è ormai al termine, ognuno apre il
volumetto, e iniziano i canti. E in
questo momento che capisco la comu-
nità salesiana di San Paulo. Non è
una casa mastodontica dove tanti la-
vorano senza conoscersi, dove tanti
vivono senza incontrarsi. È una grande
famiglia, dove tutti si vogliono bene.
Cantano i giovani e gli anziani, e le
pagine di quei volumetti sono già un
po' consumate ai margini, perché si
usano sovente. E poi ognuno passa a
stringere la mano a quel giovane prete,
che compie 28 anni, sussurrandogli
una parola gentile. Mi accorgo che
non è una cerimonia, ma una vera
festa di famiglia.
« Avete visto che sono
venuto anch'io ? »
Il padre di questa famiglia è lì da-
vanti a me. Si chiama don Salvatore
De Boni , ed è l'Ispettore dei Sale-

2.3 Page 13

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delfine a San
Ventotto candeline su una vasta torta candida - Un ispettore che ha
-prUensocepnetrrmo doittPoalsetopraarloeleGdioi vDaonnileBcohsecon:o«nCèi«riupnoasebruermocorianziPaairnadpiisùo»»
- 20 case trasformate in 20 serbatoi di vocazioni - In questo articolo
una rapida corsa del nostro inviato per I' Isoettoria Salesiana di San Paulo.
Paulo
Don TERESIO BOSCO
di
o. N•ll'ls
aulo gli
Il vita lealana sono In note•
nto.
siani di San Paulo. Da ragazzo era
aspirante a Bagnolo, in Piemonte, e
scandalizzò tutti alla fine della quinta
ginnasiale, perché fu l'unico a non
far domanda di partire per le mis-
sioni. Ma da chierico lo manda-
rono in Spagna, a insegnare filosofia.
Giovane prete, lo fecero direttore
dell'Aspirantato. E quando sognava
ormai di tornare in Italia lo spedirono
ispettore in Paraguay. Trovò i suoi
compagni di Bagnolo, quelli che ave-
vano fatto domanda di partire per le
missioni. Disse semplicemente: « Ave-
te visto che sono venuto anch'io ? ».
Dal Paraguay lo mandarono qui a
San Paulo. Sulla carta geografica la
distanza non è molta. Ma l'ambiente
è diversissimo: come passare dalla
Sicilia alla Svezia. E la lingua non è
più lo spagnolo, ma il portoghese.
« Fu la mia pena più grande - mi ha
confidato. - Non poter parlare con i
confratelli per le prime settimane ».
Ma si tirò su le maniche, come aveva
fatto dovunque, e riuscì anche nel
portoghese.
Una parola d'ordine
che vale 24 ore al giorno
Difficile farsi un'idea di don De
Bonis per chi non lo conosce. Corpo
tarchiato da mediomassimo, faccione
da bambino, voce leggermente carta-
vetrata, scoppi sonori di risate, ritmo
di lavoro da mieti-trebbia in piena
azione. Il guaio è che questo ritmo di
lavoro non lo tiene solo per sé, ma lo
comunica e lo sollecita da chiunque
gli capiti a tiro. Per lui il « Ci ripose-
remo in Paradiso » di Don Bosco è la
parola d'ordine che vale ogni giorno,
244 ore al giorno.
Mi riceve con l'affetto di un papà,
mi ospita in una camera vasta e
riposante, poi mi carica sulla mac-
china ispettoriale e mi fa girare tutta
l'ispettoria come un pacco postale
espresso.
11

2.4 Page 14

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- Alla fine del terzo giorno, nomi
come
,
11(:11 ,
,
,
,
José,
,
mi vorticano in
testa come una giostra di cavallucci
di legno. Ho fatto, penso, un migliaio
di chilometri, stretto più di
mani,
riempito due taccuini di appunti. Al
vedermi così «suonato*, don De
scoppia in una delle sue formi-
dabili risate e mi paga colossali gelati
alla banana « per tirarmi su ».
Ora sono tornato alla base di par-
tenza, e sto sfogliando i due taccuini
zeppi di segni piuttosto confusi. For-
tunatamente ho accanto a me il sor-
riso timido e incoraggiante di don
Walter
. Gli chiedo, distrutto
dalla fatica: « Don De
è sempre
così in forma? ». Mi risponde con una
battuta di un umorismo inglese: « Di-
cono che quando un ispettore scade,
si riposa per tre mesi. Anche noi,
quando don De
scadrà, ci ripo-
seremo per tre mesi ».
Ma il risultato di quel lavoro for-
midabile (e di quello di tutta
, che è un autentico fascio unito
di energie) me lo sono visto davanti
in questi giorni. Opere grandiose che
funzionano come orologi svizzeri, non
soltanto nello sfornare ogni anno cen-
tinaia e centinaia di diplomati, ma di
giovani che hanno approfondito sul
serio la loro missione cristiana. Un
centro di Pastorale Giovanile
che non è «una burocrazia in
più », ma un centro motore di pro-
grammi e di iniziative a getto con-
tinuo in ogni casa
.
Riordino gli appunti e cerco di
tracciare un quadro delle principali
tra le 20 opere
. E sche-
matico e freddo, come ogni quadro,
ma spero possa dare un'idea del la-
voro e delle realizzazioni di questi
confratelli.
È un'opera quasi
unica nella Congregazione Salesiana.
Accanto a una piccola parrocchia
sorge l'emittente-radio
.E
una normale stazione radio affidataci
dal Vescovo, con potenza molto gran-
de. Trasmette su onde medie e onde
corte. I suoi programmi si possono
ricevere anche in Europa. Persino
dalla Svezia si sono ricevute lettere
di emigrati brasiliani che seguono re-
golarmente le trasmissioni. C'è una
rete di programmi commerciali co-
muni, e una seconda rete (funzionante
soltanto in alcune ore del giorno) che
dedica i programmi unicamente all'al-
fabetizzazione e all'educazione di base
delle popolazioni dell'interno. Un'or-
12
di
sparsi nelle
borgate e nei piccoli paesi aiuta la po-
vera gente a seguire i programmi sco-
lastici, di puericultura, di religione.
I programmi sono preparati da tec-
nici specializzati e stipendiati dall'im-
presa radiofonica. I tre salesiani ad-
detti all'emittente, invece, hanno la
responsabilità della parte educativa e
religiosa di entrambe le reti.
PZJII ■1 In questa città, la se-
conda dello Stato di San Paulo, sor-
gono tre opere salesiane.
La prima è il grande internato
« Maria
». Mentre tutti
gli internati (non solo in Brasile!)
sono in gravi difficoltà, questa nostra
casa funziona veramente bene. Acco-
glie ragazzi delle medie e del ginnasio
superiore.
La seconda è un'opera molto simpa-
tica: l'esternato «
». Vi la-
vorano due sacerdoti, uno ammalato,
l'altro già molto anziano. Nonostante
la precaria situazione di questi due
salesiani, la città riversa una grande
simpatia sulla scuola, che raccoglie
ragazzi poveri delle elementari. È una
piccola città-giardino, dove i ragazzi
coltivano fiori, giocano tra grandi
gabbie
al suono di musiche
gioiose. C'è una pulizia e una gaiezza
che incantano ogni visitatore.
La terza è la scuola professionale
«
José ». È nata come magistero
dei coadiutori salesiani del Brasile.
Ma purtroppo le vocazioni di questo
genere sono molto scarse quaggiù. La
scuola s'è trasformata perciò in isti-
tuto professionale per ragazzi poveri,
e proprio per questo è ammirata e
aiutata da molte persone. Si accolgono
orfani e ragazzi raccomandati da isti-
tuzioni civili che si occupano dei mi-
nori abbandonati. Molti salesiani do-
mandano di venire a lavorare qui,
perché a contatto con la povertà vera
si sentono rianimare nella loro carica
apostolica. Con ingenti aiuti ricevuti
dal governo brasiliano e dalla Ger-
mania, si sta finendo di costruire un
grandioso reparto di elettronica. È
stato installato e verrà avviato da tec-
nici volontari, giunti dalla Germania
per dedicare qualche anno di vita a
questi ragazzi abbandonati.
-■- A
abbiamo un
altro grande internato, il «
». Ma l'opera più complessa e
i mportante che sorge in questa città
è la « Facoltà di Lettere e Filosofia ».
« Ci dà molti fastidi- riai confida sor-
ridendo don
, - ma si stanno
raccogliendo anche molti frutti ». -
ma qui sorgeva lo ■lffTTltu filoso-
fico. Per poter lavorare nelle scuole,
però, noi salesiani abbiamo bisogno
di molti titoli governativi. Quando ci
rivolgemmo al Ministero dell'Educa-
zione, ci
« Perché
nseonntitmramsfoorfmaraeteunloamprmop,o.s,t,a.:
filosofico di
i n Facoltà di Let-
tere e Filosofia? ». Don ~ da
si mise di buona volontà e in
poco tempo si ebbe l'approvazione
governativa.
In Brasile la Facoltà non ha un li-
vello così alto come in Italia e in Eu-
ropa. Il governo, avendo bisogno di
un gettito molto alto di maestri diplo-
mati, favorisce il sorgere di queste
piccole università. Le difficoltà che la
Facoltà dà 1!7PJ?Blllll consistono
innanzitutto nell'assorbimento di mol-
to personale specializzato, e in se-
condo luogo negli sbandamenti e nelle
riforme continue derivanti dal fer-
mento e dall'inquietudine che anche
in Brasile stanno agitando il mondo
universitario. Ma i frutti sono sen-
z'altro superiori. « Lavoriamo in que-
sta Facoltà dal 1952 -- mi dice don
. - Dalle nostre aule sono usciti
moltissimi professori, direttori di
m z r r scuole, di collegi, tecnici in educa-
zione,
professionali, che
fanno quello che noi salesiani non
possiamo fare direttamente. Ci sen-
tiamo così moltiplicare negli 1111111111
della Facoltà. Questo chiunque lo può
nella valle del fiume
, nella città e nei dintorni di
: quasi tutti i direttori delle
scuole sono stati formati da noi».
È il grande Hl
i 11111. Ospita 15o aspi-
ranti delle classi superiori. Quelli
delle classi inferiori sono a
illl, e sono un centinaio.
"'"Esistono difficoltà per la distanza
di
dai centri abitati. Per
dare una maggior formazione sociale,
per tenere i contatti con le famiglie
e per aver più occasioni di aposto-
lato per gli aspiranti delle ultime
classi, si è deciso di costruire un
nuovo
a
, a 30
chilometri appena da San Paulo. Un
luogo incantevole, situato lungo le
vie di grande comunicazione e fa-
sciato dal silenzio dei boschi di
. I lavori stanno procedendo ra-
pidamente.
A questo punto ho domandato a
don
: « Un grande
sta bene. Ma le vocazioni? Dovunque
stanno diminuendo, e voi costruite
nuove case per aspiranti ? ».
Mi ha risposto: « Grazie a Dio, in

2.5 Page 15

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S. PAULO (Brasile) Gli Exallievl salesiani hanno
tappezzato la città di manifesti d'invito al convegno
annuale, che è sempre molto numeroso e... chiassoso.
questi ultimi anni abbiamo avuto non
una diminuzione, ma un aumento di
adolescenti e giovani che vogliono di-
ventare salesiani. I nostri due asp1ran-
tati sono al completo, non potremmo
accettare nuove domande. Certo, non
cerchiamo questi ragazzi chissà dove.
La parola d'ordine è: « Le vocazioni
devono uscire dalle nostre Case ».
Cerchiamo anche altrove, ma è pic-
cola cosa. Le nostre Case, con la pa-
storale giovanile ben curata, si stanno
rivelando veri serbatoi di futuri sale-
siani. Abbiamo 240 aspiranti e 14 no-
vizi (il noviziato più numeroso del
Brasile). Si sta inoltre verificando un
fatto nuovo, che apre prospettive in-
sperate. Dai movimenti giovanili pro-
mossi a livello ispettoriale escono pa-
recchi giovani sui 18-2o anni che do-
mandano di diventare salesiani. È un
grosso vantaggio: hanno già finito le
medie e il ginnasio superiore, e pos-
sono passare quasi direttamente dal
movimento giovanile al noviziato, e
subito dopo iniziare gli studi filoso-
fici. La perseveranza, tra questi gio-
vani, ha un livello molto superiore a
quello verificato tra gli aspiranti pre-
adolescenti. Io penso che in questo
senso, il reclutamento vocazionale va-
rierà di metodologia. Punteremo di
più sui giovani senza trascurare i
ragazzi. Stiamo anche noi scrutando
con umiltà i segni dei tempi, per cap-
tare in essi la strada che il Signore
ci addita per le future generazioni ».
SAN PAULO LAPA, STUDENTA-
TO TEOLOGICO È l'opera a cui
non solo l'Ispettoria, ma tutto il Bra-
sile guarda con speranza e trepida-
zione. Di qui dovranno uscire le nuo-
ve generazioni che prenderanno in
mano le leve della Congregazione e
della Chiesa. Qui a Lapa, infatti, non
si trovano soltanto studenti di teologia
salesiani, ma anche di altre congrega-
zioni e diocesi. Pure i professori sono
in parte attinti da altri ordini e dal
clero secolare.
Questi giovanottoni che ho visto
curvi con serietà sui manuali di teo-
logia, e scatenati gioiosamente in ac-
canite partite di foot-ball, sono piena-
mente coscienti del drammatico fu-
turo che li aspetta. Mi hanno loro
stessi comunicato i dati della Chiesa
in Brasile oggi. Per i 98 milioni di
Brasiliani sono attualmente a disposi-
zione 12.290 sacerdoti secolari, che
sono però irregolarmente distribuiti
sul vasto territorio. Mentre nello
stato di Rio Grande do Sul c'è un
prete per ogni 6000 abitanti, nello
stato del Maranhào c'è un sacerdote
ogni 29.000 persone. In aiuto al clero
secolare lavorano 7454 sàcerdoti reli-
giosi di 1o8 ordini diversi. I salesiani
tengono il terzo posto, con 650 sacer-
doti, dopo i Francescani, che sono
913, e i Cappuccini, che assommano
a 695.
Ho intervistato una decina di que-
sti futuri sacerdoti. Mi è i mpossibile,
per ragioni di spazio, riferire le at-
tese, le trepidazioni, il realismo con-
creto che questi giovani nutrono nel-
l'avvenire della Congregazione e della
Chiesa. Ne scelgo uno tra i tanti, che
chiamerò Luiz. Frequenta il quarto
corso di teologia. Le sue parole mi
sembrano condensare la voce di tutti.
- Luiz , perché ti sei fatto sale-
siano?
- Per vivere il Vangelo nella for-
ma vissuta da Don Bosco.
- E cioè?
- Mi pare che Don Bosco abbia
capito il Vangelo così: santificarsi nel
Cristo e far felici gli altri, special-
mente i giovani. Ma c'è anche un
altro motivo per cui ho scelto la vita
salesiana: voglio lavorare non da solo,
ma in una comunità di fratelli che si
vogliono bene.
- Perché vuoi farti prete ?
- Il mio ideale, come futuro sa-
cerdote, è unicamente servire la Chie-
sa. Mi pare che la Chiesa, oggi, più
che in altri tempi, abbia bisogno di
uomini completamente consacrati a
portare il messaggio di Cristo agli
uomini.
- E che pensi di fare nella vita?
- Vorrei tanto fare più felici gli
altri, facendo conoscere e amare Gesù
Cristo e il suo messaggio.
- E della nostra Congregazione
cosa pensi?
- Confido molto nella generazione
giovane dei salesiani. Saranno loro
che dovranno portare fino in fondo
il rinnovamento generale cominciato
in questi anni. E spero che ce la
faranno.
- In quale delle opere salesiane
ti piacerebbe lavorare come sacer-
dote ?
- La scuola mi è molto cara. Ho
fatto da chierico, e credo z 1e potrei
fare specialmente da sacerdote, molto
e autentico apostolato nella scuola.
Ma vorrei anche lavorare nei « centri
giovanili », dove credo sia possibile
trasmettere una vera educazione cri-
stiana a masse di giovani.
- Le vocazioni scarseggiano sem-
pre più. Hai un tuo pensiero su que-
sto fenomeno?
- Io credo che se le nostre comu-
nità educative riusciranno a vivere
autenticamente la vita religiosa nella
gioia cristiana, le vocazioni torne-
ranno a fiorire. Altrove le situazioni
saranno più complesse, ma qui da noi
credo che la questione sia tutta qui:
volersi bene e credere sul serio nella
nostra missione di salvatori di anime
nello spirito e con il metodo di
Don Bosco.
13

2.6 Page 16

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Un candidato a
ci parla di Don
Il Servo di Dio Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle
Missionarie della Consolata, già allievo prediletto di San Giovanni Bosco
e affezionato Cooperatore salesiano, ci ha lasciato testimonianze
preziose sulla santità di Don Bosco, da Lui personalmente costatata
nei quattro anni passati a Valdocco a fianco del Santo.
L a straordinaria fioritura di Santi, iniziata nella
Chiesa con la riforma tridentina, non fu un feno-
meno transitorio, destinato a esaurirsi nel breve spazio
di qualche decennio. Contrariamente a ogni aspetta-
tiva, sotto il suo benefico influsso, tutti i secoli poste-
riori diedero il loro contributo di Santi canonizzati.
È un elenco senza fine di figure, molte delle quali
di prima grandezza, che onorano la Chiesa e l'umanità
e confermano quale rinnovamento in profondità abbia
operato il Concilio di Trento, dietro l'impulso dello
Spirito Santo. Non c'è nazione del mondo che, quale
più quale meno, non abbia cooperato a tale meravi-
gliosa fioritura. Questi quattro secoli di inesauribile
fecondità hanno dimostrato quanto convenga alla
Chiesa il titolo di « Madre dei Santi ».
I Santi del secolo XIX
Anche il secolo XIX, così violento e turbinoso nelle
sue crisi politico-sociali, e così avverso al cristianesimo,
ha cooperato ad abbellire il cielo della Chiesa con le
stelle luminose della santità. In questo l'Italia non è
seconda a nessun'altra nazione, e - scherzo amabile
della Provvidenza - proprio nel Piemonte, donde
più aspra si sarebbe mossa la guerra contro la Chiesa
e il pontificato, Iddio volle suscitare uomini coraggiosi,
che unendo zelo invitto a una santità eminente, con la
loro presenza operosa testimoniassero la validità perenne
dei princtpi evangelici.
Quando si citano i nomi di Santi piemontesi saliti
agli onori degli altari,
Don Bosco, il teologo
qMuuarliiailldoC, oMttoalreiango,
aizlzaCraefllaos,soil,
piccolo Domenico Savio; e altri come il venerabile
tAeolllaomgoanoA, lbdeerit,quial livèeninercaboirlseoDlaoncauRsuaadie
il canonico
beatificazio -
ne, si ha sensazione chiara della grandezza cristiana del
Piemonte nel secolo scorso. Se poi si aggiungessero
i nomi di tanti altri sacerdoti e laici di eminente virtù,
14 che in quel tempo travagliato si trovarono in prima
fila a sostenere i diritti della Chiesa e delle anime,
(e per tale motivo furono spesso sottoposti a trattamento
ingiusto e disumano da pubbliche autorità, per le quali
legge era l'arbitrio e la persecuzione mezzo di governo),
l'elenco risulterebbe interminabile.
Nei tempi della lotta Iddio suscita per la Chiesa
i suoi campioni più valorosi.
Il canonico Giuseppe Allamano...
dmeaAllnabob. CiÈaomnilsofoolranitcdao,artcdooarsetìodbieelinSMeemrisvesoriiotdinidaDerillieaodeGveallineugsMeelpiiszpszeiaozniAoalrnliaee-
di larghe plaghe dell'Africa. Anche di lui si è iniziata
la causa di beatificazione. La Famiglia salesiana, che
recentemente ha gioito per l'esaltazione di Leonardo
nMeullr'oiapJedroa,
amico, benefattore e aiutante di Don Bosco
degli Oratori, si augura di poter presto
unire la sua letizia a quella dei Padri della Consolata
nella beatificazione del loro fondatore, perché Giuseppe
dAallacmuiaenbobfeu
un allievo
plasmata
prediletto di S.
la giovinezza a
Giovanni Bosco,
quello spirito di
tsuacttraifilzaiovitea.dEi zpeelor
per le anime, quale mostrò poi per
Don Bosco egli ebbe costante, viva
e devota venerazione.
... alla scuola di Don Bosco
figGDlioiuuesdemipuponetiavAissolluarfemflilacanieodnetelirSaaagcnioutmostipfCaiceaasfraaesnsioon.dDi oDnoBnoBsocoscuonea
particolare predilezione per quel giovinetto: soprattutto
glalieprea,rensotesltaenciotolreC, afaamssioc,omeageustirdoa,
benefattore, consi-
impareggiabile di
Don Bosco.
La sola vista del piccolo Giuseppe, che probabil-
mente ritraeva nel volto i lineamenti del santo zio,
quanti ricordi, venati di commossa riconoscenza, non

2.7 Page 17

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gli altari
Bosco
doveva suscitare nell'animo sensibilissimo di Don
Bosco! Si può quindi immaginare quale bontà deli-
cata ed affettuosa abbia usato con lui nei quattro anni
di permanenza all'Oratorio, per gli studi ginnasiali,
dal 1862 al 1866. Eppure ben poco ne conosceremmo,
perché le Memorie Biografiche non nominano mai
l'Allamano : fortunatamente fu lui stesso a levarle
dall'oblio, quando il 5 dicembre 1916, fu chiamato
a deporre, come teste di ufficio al Processo apostolico
sulla vita, virtù e miracoli del Ven. Don Bosco.
E ci ha lasciato affermazioni molto preziose.
Da una parte esse dimostrano in quale stima tenesse
il suo antico maestro e padre, e dall'altra illuminano la
figura di Don Bosco, confermandone la fama di santità,
che già conosciamo da altre fonti.
È un'altra voce concorde nel coro immenso di lodi,
elevantisi a onorare Don Bosco, da parte di quanti
lo hanno personalmente conosciuto.
Affettuosa testimonianza
Il canonico Allamano diede la sua testimonianza
a 65 anni di età. Rispecchia quindi i ricordi della adole-
scenza, rimasti freschi nonostante il lungo tempo tra-
scorso, ma riconsiderati da una mente matura, e presen-
tati per di più sotto il vincolo del giuramento.
Il Don Bosco che egli ci presenta è quello vivo, stam-
pàto nella sua memoria. Non ha bisogno di ampliare,
inventare, offrire materia al mito. Sono parole scarne
e posate. Racconta ciò che ha visto e vissuto nella sem-
plicità del suo animo buono e verginale. Fuori di posto
sarebbero prevenzioni o gonfiature. La permanenza
nella casa di Don Bosco ha lasciato in lui un segno
incancellabile, tanto che serberà per il suo educatore
« uno speciale affetto e devozione ».
Egli ricorda che in quel tempo l'Oratorio era un gran
porto di mare: 600 studenti e molti artigiani. Ma un
porto niente affatto caotico e disordinato, perché vi
regnava molto studio, molta pietà e molta disciplina.
E Don Bosco era la calamita che attirava tutta quella
massa di giovani.
Egli rammenta che era «amato da tutti per la sua
bontà e da tutti riceveva segni di riverenza e di affetto ».
« La folla di giovani sempre attorno a lui nelle ricrea-
zioni, non solo non lo stancava, ma pareva lo facesse
ognora più allegro e contento, soddisfacendo anche
alle domande puerili di ognuno, con calma e importan-
za»: (dando, cioè, importanza anche alle domande
puerili).
E aggiunge: « Ammirai nel Venerabile la pazienza
nell'accettare, anzi desiderare che i giovani lo assedias-
sero, sia in camera e ancora più nelle ricreazioni, la-
sciando tutti contenti di qualche sua parola».
Assediassero: parola altamente significativa! Ecco
il Don Bosco che sempre ci è stato descritto, dotato di
finissimo senso pedagogico e psicologico, in continuo
dialogo, aperto e amabile, con tutti i suoi figliuoli .
Ma il ragazzo riflessivo scopre in Don Bosco altro
di più profondo.
Se l'era scelto come confessore e dirà: « A me, come
suo penitente, pareva leggesse nel cuore». E altro an-
cora lo colpirà: un Don Bosco « pieno di amore di
Dio »: «uomo d'orazione»: che celebra la Messa con
devozione propria « esterna e interna, con edificazione
degli astanti »: e gli sta ben fisso nella memoria il Santo
« abitualmente inginocchiato a far lunga preparazione
e ringraziamento ». Ancora un accenno finissimo:
« L'occhio del Venerabile indicava vera castità. Il suo
trattare con i giovani era delicatissimo ». Tutti sappiamo
che la castità, per Don Bosco, era la virtù prima in un
giovane, perché la più costosa e quindi segno di altis-
simo amore per Iddio. Sull'educazione alla castità
egli aveva impostato tutto il suo metodo educativo,
e l'educatore dev'essere il primo a darne l'esempio.
Un altro ricordo prezioso avuto da quel santo educa-
tore: « Raccomandava a noi studenti di non invanirci
dei progressi nello studio, ma tutto attribuire a Dio ».
L ' Allamano aggiunge altro - tra cui la sua convin-
zione che Don Bosco era davvero un santo - ma a
noi basta quanto è stato detto sopra e che ci suggerisce
una domanda: «Quale fu l'effetto di una educazione
così umano-cristiana nell'animo di quell'adolescente?».
Ce n'era abbastanza perché, nella sua bontà ingenua,
l'Allamano si orientasse verso il sacerdozio, di cui
aveva continuamente sott'occhio un esemplare così
perfetto. Del resto Don Bosco stesso gli aveva mani-
festato che questa era la via a cui il Signore lo chiamava.
Il sogno delle missioni
Viene spontaneo pensare che il ragazzo, plasmato
i n tale maniera da Don Bosco, abbia chiesto di entrare
tra le sue file, come tanti altri suoi compagni avevano
fatto. Don Bosco stesso ne aveva avuto speranza: il
che dimostra in quale stima tenesse quel ragazzo, che
nelle pagelle infilava i dieci - i dieci di allora! - con
la stessa facilità con cui altri vi elencavano i sei; e per
di più buono, riflessivo, maturo...
Chi non l'avrebbe desiderato per sé?
Gli avrà fatto anche qualche delicato ma fermo in-
vito - pressione, no, perché Don Bosco lasciava massima
libertà nella scelta - ma il giovane risolse diversamente.
Quale il motivo ? Si può congetturare che già gli frul-
lasse in mente l'idea missionaria, che non avrebbe
potuto realizzare stando con Don Bosco, perché al-
l' Oratorio in quegli anni non si parlava ancora di mis-
sioni. Forse durante la visita all'Oratorio, fatta nel 1864 15

2.8 Page 18

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dal futuro cardinale Massaia, apostolo dei Galla in
Etiopia, cadde nell'anima ardente deli'Allamano il
germe della vocazione missionaria; probabilmente per
questo motivo non rispose all'invito di restare con Don
Bosco. Entrò invece in seminario - ma egli farà notare:
« Don Bosco mi tenne sempre come suo alunno » -
portandosi in cuore il suo segreto, in attesa di più
larga illuminazione celeste. Divenne sacerdote, dot-
tore collegiato, arciprete della Cattedrale, Rettore del
santuario della Consolata e dell'annesso Convitto ec-
clesiastico. Fu uno dei sacerdoti più eminenti della scuola
di santità fiorita in Torino nel secolo scorso, com'ebbe
à dire Paolo VI. Rimase affezionato a Don Bosco per
tutta la vita. Lo avrà certamente visto, gli avrà parlato
tante altre volte...
Il conforto da Don Bosco
... Ma nel settembre 1887, cinque mesi prima che
Don Bosco morisse, sentì il bisogno di fargli una visita
inaspettata, per sfogare l'ambascia del suo cuore nel
cuore di un Padre a cui, tanti anni prima, aveva affidato
le sue pene di piccolo penitente.
Ne parla lui stesso, con accenni molto misurati, nella
deposizione al processo apostolico. « Alcuni mesi prima
della morte visitai Don Bosco nella sua camera e lo
trovai seduto su un seggiolone. Mi pareva declinasse
nelle forze, e lo trovai tranquillo ed allegro. Avendogli
io manifestato una mia pena, ne prese viva parte e mi
consolò, quasi rimproverandomi di non avergliene
parlato prima; mi assicurò che si sarebbe interessato di
quanto gli avevo riferito. Dopo di allora non lo vidi
più ».
Quale sarà stata la « pena » che l'aveva spinto a questa
visita in extremis ? Lui non l'ha detto, non resta che
procedere per ipotesi. Padre Giovanni Pirovano, mis-
Torlno-Valdoceo. Il Servo di Dio canonico
Giuseppe Allamano (indicato con la freccia)
al funerale del venerabile don Michele Rua ,
primo successore di Don Bosco.
sionario della Consolata, ne propone una molto interes-
sante, corredandola di prove allettanti.
Oggetto della visita, dice l'Allamano, fu una «mia
pena »: una pena quindi personale, che non doveva
esser lieve se Don Bosco «ne prese viva parte » e lo
consolò, rimproverandolo di aver tardato a parlargliene:
e promise il suo interessamento. Padre Pirovano pensa
che la pena, derivasse dalla ripulsa che, proprio nel
settembre 1887, l'episcopato piemontese aveva dato al
progetto dell'Allamano di fondare un Istituto missio-
nario. Il sogno rischiava di rimanere perennemente
sogno: di qui la pena vivissima. Don Bosco promette
il suo interessamento: ma che cosa ci si poteva aspet-
tare da un vecchio malato e prossimo a morire? Presso
gli uomini nulla, ma presso Dio, tutto...
Difatti l' Allamano deporrà al processo: « Mi recai
una sola volta al sepolcro del Ven. Don Bosco per mia
particolare devozione e pregai sulla sua tomba ». Prima
egli parlava di «una mia pena»: ora accenna a «una
mia particolare devozione »... È dunque un fatto per-
sonale, quello che lo interessa, il più vivo, il più sentito
da lui. Si sbaglia a pensare che si tratti del suo progetto
missionario, prima , bocciato e dieci anni dopo divenuto
consolante realtà? Don Bosco non ha mancato di in-
teressarsene, e la preghiera di ringraziamento alla tomba
di lui appare più che giustificata.
« I Salesiani hanno rispettato
Don Bosco »
Questa fiducia dcll' Alfamano in Don Bosco fa pen-
sare a quella di San Leonardo Murialdo, raccomandatosi
lui pure a Don Bosco, già defunto, in un frangente
pericolosissimo e molto doloroso per il suo Istituto.
Anche allora Don Bosco intervenne con la sua inter-
cessione a favore dell'amico, che si portò alla sua tomba
a manifestargli la sua gratitudine. I Santi si stimano,
si amano e si aiutano con sollecitudine fraterna.
E siccome han l'occhio fisso in Dio, nelle cose dello
spirito hanno pure identità di vedute.
Lo si ricava dalla risposta che il canonico Allamano
diede a un amico che nel 1924 gli chiedeva il suo parere
sul rapido sviluppo ottenuto dall'Opera salesiana. II
Servo di Dio diede una risposta acuta, degna di venir
conosciuta in questo tempo di aggiornamento.
« Mi sono domandato molte volte - egli disse -
quale sia il motivo per cui il Signore abbia benedetto e
benedica i Salesiani in modo così straordinario; e penso
che uno dei motivi, se non il principale, è che essi hanno
rispettato Don Bosco. L'hanno rispettato da vivo e l'han-
no rispettato da morto. Io ne sono testimonio e ricordo
come ai miei tempi nell'Oratorio si eseguivano la volontà
e i desideri di Don Bosco. Per questo il Signore li ha
benedetti e li benedice ». Senza saperlo, l'Allamano
ripeteva il pensiero stesso di Don Bosco, che dopo aver
profetato le meraviglie che Dio voleva compiere per
mezzo dei Salesiani, aggiungeva: « Se saremo fedeli».
E cioè fedeli allo spirito della Congregazione (e del
Fondatore).
È stata una gioia per noi il rievocare la preziosa te-
stimonianza del Servo di Dio Giuseppe Àllamano in
favore di Don Bosco. Più sentito e riconoscente for-
muliamo, quindi, l'augurio perché Don Bosco si interessi
ancora per il suo grande Alunno e Amico. E affretti il
giorno in cui la santità di Lui venga confermata dalla
parola di Chi, per mandato divino, ha il diritto di in-
coronare con l'aureola dei Santi i valorosi atleti di
Cristo.

2.9 Page 19

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La Superiora Generale delle
Figlie di Maria Ausiliatrice
in Estremo Oriente
Madre Ersilia Canta, superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, parte da Roma il 19 marzo;
l'accompagnano una segretaria, due missionarie che ritornano in Thailandia e una suora koreana che
rientra in patria dopo il periodo di formazione religiosa e gli studi compiuti all'Istituto Pedagogico
di Torino.
A Bangkok e a Bombay, ha il piacere d'incontrare, nei brevi scali, gruppi di suore già viste nel viaggio
dello scorso settembre.
La prima tappa è la casa di Kowloon nell'estrema periferia di Hong Kong: vi si ferma pochi giorni
dedicando il suo tempo a incontri con le suore.
Il 13 marzo si reca a Macau a visitare le due case: Auxilium e Madre Mazzarello. La zona in cui sorge
questa seconda opera è molto povera e le suore lavorano con grande generosità, particolarmente tra
i figli dei pescatori, che abitano nelle barche adattate a case galleggianti.
Dappertutto, manifestazioni di riconoscenza e di affetto: numerose le danze in costume cinese ese-
guite con grazia, sia da bimbe che da ragazze.
Il 15 la Madre si reca nelle Filippine e per tre giorni è ospite della casa di Balle Balle , fiorente di opere.
Visita pure Canlubang ove le suore si occupano dei figli degli operai della zona; visita il Seminario
dei Salesiani e il Pensionato universitario Pio XII.
A Tondo, nel quartiere dell'assoluta povertà, ha il piacere di costatare lo zelo con cui si donano le tre
Figlie di Maria Ausiliatrice che da qualche tempo vi hanno iniziato un'opera complessa d'istruzione
catechistica, d'assistenza medica e di promozione sociale.
Anche la gioventù filippina esprime i suoi sentimenti di gioia per la visita della Madre con coreografie
e canti festosi.
Il i8, volo per il Giappone. Alla periferia di Tokyo le case delle Suore a padiglioni formano un mi-
nuscolo, simpatico villaggio.
La Seibi Gakuen è la casa ispettoriale e comprende scuola materna, elementare, media, superiore. La
Seibi Home è un'opera sociale per bimbi orfani e clinica. La Shigan in Seibi Gakuen è aspirantato,
postulato e juniorato.
Il Noviziato si trova invece a Chofu : la Madre vi si reca il 23 mattina: il luogo è tranquillo, gli am-
bienti sono semplici e poveri. Nelle vicinanze sorge lo studentato dei Salesiani, che conserva nella
cripta i resti di monsignor Cimatti . La Madre visita in preghiera.
Il Giappone esprime la sua riconoscenza con danze elegantissime, cori e musica: anche qui, sebbene
il tempo sia brevissimo, si crea un'atmosfera di famiglia.
La Korea conclude il viaggio. La Madre visita le due uniche case: quella di Seoul e quella di Kwangju.
Quest'ultima ha duemi.Laottoeento allieve.
Alcune ragazze in costume koreauo bianco e viola (i colori della patria), danzano con stile perfetto e
nel quadro finale rappresentano la bandiera koreana .
Il livello alto di fervore e di dedizione di tante suore è stato per la Madre una grande soddisfazione.
Gli elogi autorevoli delle autorità ecclesiastiche incontrate nei vari Paesi, il consenso dei Superiori e
Confratelli salesiani, sono testimonianza viva di un bene operato nel silenzio, nell'amore e nel genuino
spirito dei Fondatori.
17

2.10 Page 20

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Educhiamo
come
Don Bosco
« A Torino, in via Gottolengo 32 - scrisse
un educatore contemporaneo di Don Bo-
sco - vi è qualcosa che non si trova in
nessun'altra parte del mondo. È una ca-
mera da cui esce raggiante di gioia il ra-
gazzo che vi era entrato con il cuore
I fratelli maggiori raccolgono le con-
fidenze dei più giovani e spesso li
aiutano. Il sacerdote può diventare in
tal caso il confidente, il consigliere.
Ciò che pesa al ragazzo è l'angoscia della
sciocchezza commessa e il fatto che bi-
Il ragazzo
che dice
bugie
gonfio di tristezza o di umiliazione. È la
camera di Don Bosco s. Effettivamente,
era lì che Don Bosco leniva e curava le
ferite morali dei suoi ragazzi, soprattutto
attraverso la confessione.
« La vigilia di una festa importante
- scrisse don Francesia - l'accompa-
gnavamo in camera con la candela ac-
cesa, dopo più di nove ore di confessio-
nale. Proprio in quel momento, ecco un
ragazzetto che domanda di confessarsi.
Noi ci guardammo desolati: era proprio
il momento di imporre a Don Bosco que-
st'altra fatica ? Avevamo tutti sulle labbra
l a stessa preghiera: "Non insistere, torna
domani". Ma Don Bosco ci prese la can-
dela dalle mani e, rivolto verso il ragazzo
con il più paterno sorriso: ""Aspettami
nella mia camera - disse. - Ti raggiun-
sognerà pure, un giorno o l'altro, farla
conoscere. Lo tormenta anche l'idea che
dovrà confessare la sua menzogna: è un
circolo vizioso in cui il ragazzo si intrap-
pola, in una spirale di intima tortura. Ef-
fettivamente, i ragazzi che mentono lo
fanno sia per evitare la punizione, sia per
evitare il giudizio accusatore dei genitori
e degli educatori. La punizione li trattiene.
Il ragazzo prende l'abitudine a mentire
per semplice debolezza di carattere, per-
ché non vuole pagare lo scotto. A suo
modo, si sottrae alla realtà, fugge il si-
stema sociale della sanzione. In questo
caso, l'opera del confessore o dell'edu-
catore è indispensabile: si tratta di alleg-
gerire nel ragazzo la tensione o meglio
«la pulsione» interiore della menzogna.
Il ragazzo - che mente si trova in una
gerò subito"' ».
Don Bosco sapeva (e lo ripeteva spesso)
che solo dando confidenza al ragazzo e
à
situazione di particolare difficoltà.
Occorre rimetterlo in contatto con
la realtà. È un compito difficile, sen-
l asciandogli vuotare il sacco si può gua-
rirlo dalle sue cattive inclinazioni, spe-
cialmente dal grosso difetto di dire bugie.
z'altro, giacché il ragazzo che rifiuta la
realtà per un motivo qualsiasi può, di
fuga in fuga, crearsi un mondo impene-
trabile, refrattario a ogni introspezione
dall'esterno, con un sistema di valori e di
s riferimenti il cui accesso resta precluso a
coloro che vogliono accostarvisi. Ecco
Uno dei difetti predominanti dei ra-
gazzi è proprio quello di dire men-
zogne. La menzogna che più spesso in-
quieta genitori e educatori è quella del
ragazzo che mente per ingannare, allo
scopo di nascondere qualche marachella.
Più frequentemente, il ragazzo cerca di
nascondere un brutto voto o una nota
di biasimo ricevuti a scuola; o cerca di
tenere i genitori all'oscuro di qualche sua
mascalzonata, di una scappata o di una
compagnia che non riceverebbero certo
l a loro approvazione. Un ragazzo di
13 anni dice di sentirsi molto angosciato
ogni volta che nasconde un brutto voto
per esempio un caso tipico con cui un
adolescente viene rimesso in contatto con
l a realtà: in una terza media viene dato
un componimento scolastico sui rumori
della casa al mattino. Un ragazzo svolge g
il tema lavorando di fantasia e lo fa leg-
gere alla mamma. E la mamma: « Ma si
sentono tante altre cose al mattino. Non
l e hai nemmeno citate». Il ragazzo si
scusa: « Ho immaginato come potrebbe
essere». La mamma invita il ragazzo, il
mattino dopo, ad ascoltare con lei. È
vero, il ragazzo ne è convinto: quante
cose si sentono; la realtà supera la fan-
tasia. Con il passare dei giorni, il ragazzo
ogni tanto annuncia: « Sai, mamma, ho
scolastico ai suoi genitori. Ma non trova sentito un nuovo rumore molto interes-
mai il coraggio di confessarlo, per paura sante ».
dei «rimbrotti e dei castighi ». Ha dun-
que scelto l'angoscia dell'inganno e del-
l ' attesa, preferendo dire tutto in una
Attraverso questa opera paziente di edu-
cazione umana e cristiana il ragazzo gua-
risce dal suo difetto di dire menzogne e
volta sola e ricevere un'unica sfilza di riprende contatto con la realtà, pronto al
18
ri mproveri.
decollo di una vita di gioia e di serenità.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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VSoolnoontpaarritLitaiiiciprimi
11 28 marzo scorso sono partiti per il Paraguay i due
primi Volontari Laici (marito e moglie) preparati nei
« Corsi di Formazione per Volontari Laici » di TERRA
NUOVA, il noto movimento giovanile d'impegno sociale
e di testimonianza cristiana sorto a Roma nel 1969.
Sono i coniugi Costante e
M. Costante è
laureato in Science Politiche e si propone come impegno
la promozione umana e cristiana dell'ambiente locale,
l'insegnamento di Economia Politica e ricerche socio-
economiche.
parla correntemente cinque lingue, e ha al suo
attivo l'esperienza di quattro anni di regìa teatrale presso
la TV finlandese. Anch'essa si propone l'impegno di
promozione umana e di animazione cristiana e l'inse-
gnamento delle lingue.
Entro l'estate partiranno per le rispettive destinazioni
altri otto Volontari Laici.
Sandro C., laureato in Fisica, è libero professionista
in analisi dei problemi e applicazione dei calcolatori elet-
tronici. È destinato alla Missione salesiana di
(Ecuador) e si assume l'impegno dell'alfabetizzazione e
animazione cristiana presso la Federazione degli Indi
.
Antonietta M., laureata in Scienze Biologiche, ha
l'esperienza professionale di ricercatore del Consiglio
Nazionale delle Ricerche presso la Clinica di Patologia
Medica dell'Università di Roma. È anch'essa destinata
alla missione salesiana di
con l'impegno di infer-
- miera, « visitatrice sociale », « ~ della casa » e
di animazione cristiana.
Giuseppe M., laureando in Teologia con specializza-
zione
presso l'Università
- -~ . È destinato alla Parrocchia e all'Istituto Teologico
Salesiano di San Paulo del Brasile. Impegno: animazione
sociale e cristiana a livello di comunità di base, tra i
..,.,. ; insegnamento presso l'Istituto Teologico.
Mario N., Perito elettronico, destinato a Caracas (Ve-
nezuela). Impegno: attività di promozione umana e di
animazione cristiana tra i 'I/IWlrff ; insegnamento nella
scuola professionale salesiana.
Vitale P., Perito elettronico. Impegno e destinazione
come Mario N.
-- Paola T., laureanda in Lettere, Catechista con di-
ploma del Vicariato di Roma, Assistente sociale. Desti-
nata a San Paulo del Brasile, con attività di promozione
umana e di animazione cristiana tra i
.
Alberto e Gabriella R., coniugi. Alberto è Perito
meccanico con l'esperienza professionale di capo reparto
e capo collaudo in azienda di macchine operatrici indu-
striali. È destinato a Porto
nel Brasile con l'im-
pegno della Scuola di arti e mestieri, corsi serali di al-
fabetizzazione e di animazione cristiana, in collabora-
zione con il missionario itinerante nell'interno amazzo-
nico. Gabriella è diplomata in pianoforte e ha l'espe-
rienza dell'insegnamento di Educazione Musicale nella
scuola media e di concerti di piano. È destinata con suo
marito a Porto
con l'impegno di insegnante di
piano, corsi serali di alfabetizzazione e di animazione
cristiana.
I « Volontari Laici » sono giovani e ragazze che inten-
dono dedicare più anni della propria vita (almeno tre)
a un impegno da realizzare in ambienti del « Terzo
Mondo ».
Gli impegni da essi assunti prevedono: a) un'attività
di promozione umana, rispondente a esigenze vitali e im-
mediate del sottosviluppo (istruzione, agricoltura, edi-
lizia, assistenza sanitaria, lavoro, .). Il ruolo affidato
a ciascuno dev'essere tale da valorizzare adeguatamente
le qualifiche professionali e le riserve umane; b) un'atti-
vità di animazione cristiana, che può assumere modalità
molteplici: colloqui, catechesi, testimonianza comuni-
taria di uomini che vivono concretamente gli ideali cri-
stiani di pace, libertà, giustizia.
Ai giovani che intendono realizzare un'esperienza di
Volontariato Laico, TERRA NUOVA offre i suoi servizi
informativi, tecnici e formativi. Destina ad essi il « Corso 19

3.2 Page 22

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di formazione per Volontari Laici », che si svolge ogni
anno a Roma presso la sede del Centro.
I dieci Volontari Laici che partono quest'anno hanno
partecipato al Corso di Formazione per Laici Missio-
nari presso TERRA NUOVA dall'ottobre del ' 70 alla
primavera del ' 71. In tale periodo hanno sperimentato la
vita comunitaria e forme comunitarie di servizio sociale
in Roma; si sono applicati allo studio per la formazione
religiosa, culturale, sociale, linguistica; hanno anche at-
teso a un lavoro personale per il proprio sostentamento
economico, e per eventuale integrazione della prepara-
zione tecnico-professionale.
Durante il corso furono definiti con i singoli interes-
sati il paese di destinazione, il contratto di lavoro, le
assicurazioni e le prospettive di reinserimento in patria.
Per il 1971-72 si terrà un nuovo Corso di cui diamo
l'impostazione generale:
Settimana di primo orientamento e selezione
Roma, 20-25 settembre 1971
Preparazione individuale nelle rispettive sedi
approfondimento delle motivazioni personali
ulteriori ricerche personali su temi proposti
dai docenti della « Settimana di primo orienta-
mento e selezione »: nella propria residenza,
26 settembre - 7 novembre
Corso residenziale definitivo (prima fase):
Roma, 8 novembre - 22 dicembre
Corso residenziale definitivo . (seconda fase)
Roma, 7 gennaio - 26 febbraio
Completamento individuale (pratiche burocratiche,
integrazione eventuale della preparazione spe-
cifica): località di residenza o Roma: mese di
marzo
Partenze: inizio da aprile (i).
(i). Chi è interessato al corso chieda informazioni a: Terra
Nuova, via Appia Antica, 78 - 00,79 Roma. Tel. 51-36-836.
Aderire a TERRA NUOVA è esprimere a fatti l'attua-
lità di Don Bosco, che fu costruttore d'umanità consa-
crando se stesso e i salesiani « ad ogni opera di carità
spirituale e corporale verso i giovani, specialmente i più
poveri » (Cost. i).
« Tutto ciò che è umano ci riguarda » ( cclesiam Suam).
E ci riguarda soprattutto se credenti in un Dio Padre,
nel quale tutti gli uomini sono fratelli. « E a nome di
questo Dio e del suo Figlio Gesù che noi vi esortiamo ad
ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo,
ad intendere l'appello dei vostri fratelli, e a mettere ardi-
tamente le vostre giovani energie al loro servizio » (Dal
20 Messaggio del Concilio ai giovani).
a
NAZARET . A sinistra l'antica sinagoga
dl Ne&aret, adattata oggi a luogo di culto
per i greci cattolici. A destra: la Basilica
di Gesù Adolescente annessa alla
Casa salesiana. Nella prima pregava
Gesù Adolescente; nella seconda
pregano gli adolescenti di oggi.
C'è una continuità ideale tra la sinagoga
di Nazaret e l'orfanotrofio salesiano
di Gesù Adolescente.
N azaret, appena ci si arriva, si pre-
senta allo spirito come una specie
di simbolo delle difficoltà e delle crisi
adolescenziali. Nazaret è la città della
fanciullezza e dell'adolescenza di Ge-
sù. Entrandovi con il salesiano don
Charbel dello Studentato Teologico
di Cremisan, vicino a Betlemme, mi
li mito a costatare questo convergere
spirituale delle anime dei giovani a
Nazaret. I Salesiani hanno a Nazaret
la basilica di Gesù Adolescente, che
fa spicco sull'altura. La città di a-
zaret, non citata in nessun testo antico
della Sacra Scrittura, neppure nel
Talmùd , e la cui sola menzione si ri-
scontra in un lamento del III secolo,
è un luogo delizioso. Daniel-Rops vi
scorgeva « un cerchio di colline armo-
niose, disseminate di piccole chiese...
neri cipressi svettanti fra gli oliveti,
le vigne e i campi di grano».
Lo storico israelita Klausner esalta

3.3 Page 23

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Gli anni verdi a Nazaret
« il panorama meraviglioso di questo
paese calmo e dolce».
Si rimane soggiogati. La prima im-
pressione è una cascata di luce. Dalla
balconata dell'Orphelina.t de Jésu.s
Adolescent, guardando la città sotto-
stante, penso che Nazaret è davvero
la città in cui i due respiri più ele-
mentari dell'anima umana, quello del
dolore e quello della preghiera, pos-
sono dare libero corso. Calma, pace,
silenzio. Le Ave Maria tessono un
reticolo attorno alla grande basilica
dell'Annunciazione; formano le ma-
glie di una rete di silenzio tra le quali
si sente che lo Spirito Santo afferra
e trascina sulle sponde dell'eternità.
Le scene dell'adolescenza di Gesù si
ricompongono a ogni istante,
Il direttore dell'orfanotrofio ci parla
in un limpido, chiarissimo francese.
Si chiama don Francesco' Guillerm.
Ci suggerisce:
- Non andate a visitare i ruderi
della piccola sinagoga di Nazaret ?
Non è certo come quella di Cafarnao.
Ma vi potrà suggerire qualche rifles-
sione sull'adolescenza di Gesù e qual-
che confronto con gli anni verdi dei
nostri ragazzi.
- Senz'altro, - riflettè don Char-
bel. - Perché no?
Vi ci recammo. Si sale lungo una
strada ristretta. Ed ecco la piccola si-
nagoga di Nazaret, o meglio i ruderi
di quello che era. Mi diceva lungo il
tragitto don Charbel: « Sono convinto
che Giuseppe abbia praticato le nu-
merose prescrizioni della Legge ebrai-
ca, sia in casa, sia nella sinagoga del
villaggio. Sulla porta dell'abitazione
indubbiamente modestissima dove
Gesù trascorse la sua infanzia, avrà
certo collocato una mezuzàh : cioè, in
un tubo di metallo, un pezzo di per-
gamena su cui è scritta la preghiera
fondamentale del giudaismo, la pro-
fessione dell'unicità di Dio, lo « She-
» : « Shemà , Israèl , Adonài elohènu,
donài ehàd», che vuol dire: «Ascol-
ta, Israele, il Signore è il nostro Dio,
il Signore è uno solo». Mezuzàh al-
l'ingresso della casa... ogni mattina
e sera la preghiera sacra... fu così
che crebbe Gesù fanciullo.
Maria, Gesù e Giuseppe mangiano
kashèr , cioè osservano le prescrizioni
alimentari rigidissime che si perpe-
tuano fino agli ebrei odierni. Negli
Atti degli Apostoli, San Pietro, che
fu per alcuni anni commensale di
Gesù, dichiara di non aver mangiato
nulla di impuro, il che implica che
anche Gesù osservava i comanda-
menti relativi al cibo: per esempio, la
proibizione di carne di maiale, com-
prensibile in paesi caldi, la proibizione
21

3.4 Page 24

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NAZARET. L'Orphelinat de Jésus Adolescent con scuole
pnerol f1e8s9si6oanablei,nfeofnicdiaotodepgelri avdoololenstcàednetil cvoennteerrarbainleeiDdoi nGResuùa.
di mangiare il nervo sciatico di un ani-
male ucciso, in ricordo di Giacobbe
che, lottando con l'angelo, fu ferito
in quel punto, così pure la proibizione
di usare il sangue come nutrimento.
Anche il vino è oggetto di prescrizioni
rituali; anch'esso deve essere kashèr:
bisogna che soltanto mani di ebreo
partecipino alla sua confezione e pre-
parazione. Diversamente sarebbe un
profanare la bevanda che accompa-
gna tutti i pasti: ogni capofamiglia in-
fatti all'inizio di ogni sabato ebraico lo
offre al Signore con le parole rituali:
« Sii benedetto, o Signore, Re dell'uni-
verso, che crei il frutto della vigna ».
Gesù fanciullo dovette indossare le
vesti di rito: a tre anni portava sul
mantelletto le quattro frange di lana,
i zizìth pn:scnrr1 dal Deuteronomio.
Il cibo e il vestito, elementi essenziali
dell'educazione di un fanciullo, si pre-
sentarono dunque al piccolo Gesù se-
condo un senso religioso che trasfi-
gura i loro aspetti più quotidiani ».
Pensavo naturalmente come nella
famiglia di Gesù, famiglia osservante
e pia, non esisteva alcun atto familiare
che non fosse l'oggetto di una bene-
dizione. Il mondo in cui vive l'ebreo
è un mondo totalmente sacro. Anche
le azioni più banali sono improntate
al divino. In ogni circostanza deve
ringraziare Dio tramite una benedi-
zione (o berakà). L'ebreo benedice
Dio quando si sveglia al mattino:
prendendo in prestito le parole di un
salmo, rende omaggio a « Colui che
stende la terra sulle acque, perché
il suo amore è eterno ». Benedice Dio
mentre si veste, eccetera. Attorno a
Gesù fanciullo, tutto parla di Dio.
Mi veniva in mente, per associa-
zione di idee, il segreto educativo di
Don Bosco: egli guidava sapiente-
mente i ragazzi nel mondo della fede
e del divino. Ecco perché nelle sue
case l'istruzione religiosa tiene il pri-
mo posto: istruzioni solide, vivaci,
ricche di immagini; catechismi ben
preparati; discorsetti di cinque mi-
nuti, per chiudere le preghiere della
sera e deporre nel cuore dei ragazzi
un pensiero che nutra il loro sonno;
brevi letture dopo la Messa o prima
della Benedizione Eucaristica; allu-
sioni religiose o morali lasciate cadere
con naturalezza, in ricreazione o in
scuola, su un testo scolastico o in un
aneddoto di attualità.
Guardo e riguardo i ruderi della
sinagoga di Nazaret. Qui venne spes-
sissimo Gesù, da fanciullo, da adole-
scente, da giovane. La sinagoga è
nello stesso tempo luogo di preghiera
e di studio. Funziona anche da scuola
del villaggio; in una sala attigua a
quella in cui si effettua il culto, vi si
i nsegna la Legge. Nella sinagoga si
celebrano i servizi della Parola di Dio
settimanali e festivi. Ma non è un san-
tuario, poiché il solo luogo santo di
Israele è stato e resta, anche dopo la
sua distruzione, il Tempio di Geru-
salemme. Il capo-sinagoga è un uomo
che ama Dio e che ha studiato la sua
Legge, ma non è di professione un
sacerdote; ha il compito di sorvegliare
lo svolgimento del culto. Niente, este-
riormente, lo distingue dai fedeli;
quando omcia, pone come tutti sulle
spalle lo scialle da preghiera, il
tatltth .
È lì, nella sinagoga di Nazaret, che
Gesù si è acclimatato alla vita ebraica.
La sala della sinagoga è semplicis-
sima, senza alcun apparato: un am-
biente rettangolare, privo di ogni altro
ornamento sui muri che non siano la
stella di Davide a il candelabro a sette
braccia.
I fedeli stanno nei banchi che riem-
piono il quadrilatero. Davanti al-
l' Arca che racchiude come in uno
scrigno il Sèfer Toràh, cioè i rotoli di
pergamena sui quali uno scriba (il
sorer) ha ricopiato il testo del Penta-
teuco, arde ininterrottamente una
lampada, emblema della luce spiri-
tuale che Dio prodiga all'uomo. Gesù,
fin dai primi anni, dovette andare
come minimo tre volte alla settimana
alla sinagoga: il sabato e gli altri due
giorni, il lunedì e il giovedì, quando
si effettua la lettura della Toràh, cioè
della Legge. Poi ci dovette andare in
occasione delle feste solenni: in occa-
sione del capodanno religioso, cioè la
Pasqua, rievocatrice della liberazione
degli ebrei prigionieri in Egitto; in
occasione del capodanno civile, che
è il Rosh-ha-shr:màll, anniversario della
creazione del mondo. Vi andava in
occasione del Kippùr, il grande di-
giuno espiatorio che dura dal calar
della notte al crepuscolo successivo.
Tutta la teologia di Israele è nel ca-
lendario. Pasqua, Pentecoste, Taber-
nacoli sono infatti all'origine delle so-
lennità agrarie trasformate in anni-
versari storici, ma serbano tracce del
loro carattere iniziale: Pasqua in ri-
cordo dell'inizio del raccolto; Pente-
coste in memoria della fine del rac-
colto; i Tabernacoli, come festa della
vendemmia.
La sinagoga di Nazaret è stata la
casa di preghiera per molti anni per
Gesù; non era che la continuazione
della preghiera che gli sbocciava inin-
terrotta nella casa materna. Sinagoga
di villaggio dove il canto degli uccelli
proveniente dalle porte spalancate (e
Nazaret è tutto un cinguettìo di uc-
celli) sostituisce l'organo, dove il pro-
fumo dei campi sostituisce l'incenso.
Nella tribuna delle donne, il fanciullo
Gesù scorgeva sempre sua madre,
Maria.
Lì, a Nazaret, il fanciullo Gesù
crebbe « in sapienza, in età e in gra-
zia, davanti a Dio e davanti agli uo-
mini ». Rientrando nella grande casa
salesiana di Gesù Adolescente, sulle
alture di Nazaret, vedo i grappoli di
ragazzi, in quasi totalità arabi, che vi
crescono allegri. Don Bosco voleva
che i ragazzi crescessero e fossero edu-
cati in hymnis et canticis, cioè tra inni
e canti di gioia. C'è una continuità
ideale tra la sinagoga di Nazaret e
l'orfanotrofio salesiano di Gesù Ado-
lescente.

3.5 Page 25

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Il Palazzetto dello Sport del collegio
Don Bosco in Guatemala
Nel numero dello scorso novembre, con l'arti-
colo « Come si ricomincia un collegio», ab-
biamo presentato il Collegio « Don Bosco» di
Guatemala rinnovato secondo i princìpi e gli
orientamenti del Vaticano Il e del Capitolo Ge-
nerale XIX. Presentiamo ora il « Palazzetto dello
Sport», che è stato inaugurato recentemente
nello stesso collegio e che rappresenta un indi-
scusso ausiliare dell'educazione.
La linea architettonica è ultramoderna: ha la
forma della carlinga di un enorme aereo quasi
pronto a scattare il volo. Le dimensioni ne danno
un'idea: metri 84 di lunghezza per 36 di lar-
ghezza; capacità di spettatori: circa tremila se-
duti per gli eventi sportivi.
Il complesso copre un campo olimpico di palla-
canestro, adattabile per pallavolo, circondato da
comode file di gradini a due piani per il pubblico,
e da una parte un piano rialzato adattabile a pal-
coscenico per funzioni artistiche, sportive e reli-
giose: in questo caso si trasforma il campo spor-
tivo in platea capace di altre mille persone.
I noltre, in sezione separata e dentro lo stesso
caseggiato, gli spogliatoi per gli atleti, i servizi
i gienici per tutto il collegio, quattro sale per
svariate funzioni, una grande sala per giochi da
sala e ginnastica leggera, e una biblioteca a due
piani.
Dall'inaugurazione a oggi, questo palaz.zetto non
è rimasto inattivo. In occasione dell'inaugura-
zione, il collegio organizzò una settimana di ma-
nifestazioni sportive e artistiche di vario genere,
con la partecipazione di 17 collegi della capitale
e saggi ginnici di un rinomato club ginnastico.
Superfluo dire che gli allievi del collegio lo sfrut-
tano il più possibile per allenamenti, campionati
e anche come cortile coperto durante le fre-
quenti piogge. II Palazzetto dello Sport è venuto
così a risolvere molte necessità di prim'ordine
dei collegio e dell'oratorio festivo.
Il Palazzetto è diventato un centro che attrae
vari complessi sportivi della capitale: continua-
mente sfilano gruppi di giovani e di uomini che
approfittano della capacità, attrezzatura e fun-
zionalità, che fanno del Pa lazzetto i l miglior edi-
ficio sportivo nel suo genere di tutta l'America
Centrale.
L'accoglienza che ha ricevuto nell'ambiente stu-
dentesco e sportivo della città, mentre ha dato
un innegabile prestigio al collegio, ha anche ser-
vito come vincolo di avvicinamento e di dialogo
con altri collegi, in linea con l'idea dell'ecume-
nismo. In conseguenza ha reso una testimonianza
viva nei confronti delle autorità scolastiche, che
non possono segnalare le istituzioni cattoliche
come riluttanti all'apertura o promotrici di segre-
gazioni sociali, come è avvenuto non molti anni
fa in Guatemala.
NEL
MONDO
SALESIANO

3.6 Page 26

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NEL
MONDO
SALESIANO
Madras (India)
Il Ministro della Pubblica Salute
visita il Centro «Beatitudini»
di don Mantovani
Il gruppo caritativo del Canton Ticino, che fa
parte del "Movimento Ticinese Fame nel
Mondo", ha fatto una visita di studio e di
soccorso al Centro di Sollievo Sociale "Beati-
tudini" di Madras-Vyasarpady, fondato da don
Mantovani. La dott . Rossana Orlandini sul
quotidiano di Lugano ha scritto tra l'altro: «il
Centro comprende un lebbrosario con circa
500 degenti. Quelli che sono in grado di lavo-
rare vi esercitano un mestiere o si dedicano a
qualche attività. Altri 4000 aspettano di po-
tervi entrare. Vi è pure un dispensario dove
vengono curati 200 pazienti al giorno; un
nido d'infanzia; un ricovero per poveri e dere-
litti, dove vengono portati anche i moribondi
che don Francesco Schlooz, successore di
don Mantovani, raccoglie nelle strade; un
centro per insegnare un mestiere ai profughi e
ai menomati. Ogni giorno si distribuisce cibo
a migliaia di persone. Don Schlooz è dotato
di una forza d'animo straordinaria: tutta la sua
fiducia è nella divina Provvidenza. Dorme sulla
nuda terra insieme con i suoi assistiti, divide
il l oro cibo e si preoccupa di dare a ognuno
il necessario. Al momento di accomiatarci gli
abbiamo chiesto quando sarebbe tornato in
Europa. Ci ha risposto: "Più tardi possibile".
Allora abbiamo capito che nel mondo in cui
viviamo, nonostante il benessere materiale che
ci circonda, siamo poveri, molto poveri in con-
fronto di coloro che, diventando poveri per
li bera scelta, si sono arricchiti col donare ogni
giorno se stessi ai fratelli».
Recentemente ha visitato il Centro delle Bea-
titudini il Ministro della Pubblica Salute. Prima
di congedarsi ha scritto nel libro: «Oggi ho
avuto il piacere di visitare il Centro Sociale.
Sono stato fortemente impressionato dalle at-
tività intraprese qui sotto la capace guida del
Direttore. Mi congratulo con lui per le pene
che egli si prende per il benessere del Centro.
A lui vanno tutti i nostri apprezzamenti. Auguro
al Centro ogni bene».
Nella foto: un lebbroso narra la sua storia al
Ministro della Pubblica Salute.
Generai Acha (Pampa - Argentina)
Una croce alta 15 metri
A ricordo dei 75 anni di lavoro dei Salesiani
nella Pampa furono prese varie iniziative a
vantaggio della gioventù; ma non si è voluto
dimenticare che la fonte sorgiva di ogni opera
di redenzione umana e cristiana è la carità di
Cristo. Per questo si è voluto innalzare al
Cristo Crocifisso una croce alta 15 metri, in
prossimità del centro "Generai Acha ", dove
fin dal 1896 fiorisce un Centro di Missione
con parrocchia, 8 cappellanie, collegio, ora-
torio, scuole elementari, Unione Examevi e
24 Unione Padri di famiglia.

3.7 Page 27

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/
ò
O vt(aleamn«gesCgnaogotnsiempoiiiulea«npgdeKaearriscnrrihooimqséuu.»gaeCenrs»ehot,'niaiialstmsseCoeroonnremouznanuvioendnmedeuaelrltsoiais.csi«ÈvsaopaCs,idtiderteéaiccinoodtoanen!nsoIltuic(Jilaeuppuriaa)ni,.gretacsozz.mvoMetutrinsi oqcduhelaeec,ivldsaioocdninaooamslcàeoC:npmiitrcéiaar«nnmeKesadestniutryinenatoa-»
Passando tra le casupole periferiche del popoloso quartiere, lungo la ferrovia che
conduce in Zambia, frotte di bimbi sporchi e malvestiti c'interpellano festosamente.
Ce l'hanno con me: Muzurigu!
lPoandtaren)o. Alallcorroacebtitsaodgonraatraisspuolnladmeriea,
c~alaflummzuie1c1nigao11gu!rnig(aiEav,uoreoltgpare,iodm)a;efnimetrroea:iq«luloJaarlcmoubfneoos, tPorièscrooe ns! »aol(usSctaoelvcdeii,
segue a mo' di cantilena per tutto il percorso.
- Vede, padre ? Ce ne sono di ragazzi, eh! ?
Vedo, infatti, e penso - fugacemente, ma con una stretta al cuore - penso al
Congo di domani. Cosa sarà di questi giovani d'oggi ?
Ma, per rispondere al mio amico Timoteo, col quale avanzo a grandi passi nel
ccuimoreentdoe:lleagli
èitéuneodseulllaqmuaisleerfioa,rsloe
guardo e
il Congo
mi viene spontaneo un sorriso di compia-
potrà contare. Di una sensibilità esagerata
in alcuni momenti, sa però imporsi per la sua attività, sa raggruppare e occupare fino
a un centinaio di ragazzi. E non solo sa farlo, ma lo fa quasi ogni domenica. Lui or-
ganizza i più piccoli, che cenciosi e sorridenti sfilano cantando o scorrazzano viva-
cissimi, a un suo cenno. Timoteo ha circa venti anni. Ha imparato qui da noi il me-
stiere di saldatore. Con lui e come lui ci sono tanti altri che spontaneamente, e non
dlXaiavrvaietdariosd,si egKrriuiarpmopseo, nitner,ocsuis'iiémisn, psGeergiinorsavineaontttinùveaOgmlpieeinnrtnaei,uasm,iLaeeurgenvioeonlleiem«deminMotovaiprmiraoe,pnretiicocg.di)o.evlMatenimisliep»mer(baSmrcaeocnuhttose,
africano. Rari sono i giovani qui a Lubwnbashi che non siano almeno inscritti in
qualche gruppo: sportivo o religioso, politico o culturale. L'isolamento, l'individua-
lismo e una certa annoiata indifferenza di tanta parte della nostra vecchia civiltà occi-
dentale, sono forse ancora estranei alla genuina mentalità africana.
Ma intanto che ripenso tutte queste cose in cuor mio, il mio occhio è colpito dal-
l'affollarsi di tanta gente, soprattutto di giovani: ecco dove si mescolano spensierata-
mnEoeinlnntlaeosininpeousssòterripceiKrpdireiùoresv,. eLqnauue«tsitC'poìegrgiud! ensCd'Jèaetuuonnetaes mc»orpresosatandosienbmiccpoircselteiltàtut:eic.sicUseinpaalocnturoànvaicntoàcmocrhpaeleapnsasdosasrade:.i
colpa verso di noi, les pères, né verso i capi les dirigeants. Vita di gruppo sì, ma
libertà e autonomia personale anche!
È già quasi mezzogiorno quando rimetto piede
amico Timoteo. Nei pressi dell'abitazione trovo un
aalltlrao«amCiitcéo
des
che
Jmeui naettse»ndcoel,
mio
con
la sua brava bici, «rappezzata » più volte ma non ancora stanca di servire valida-
LUBUMBASHI (Congo)
Giovani congolesi
che lavorano...
25

3.8 Page 28

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... che mangiano...
26
mente il suo padrone nelle corse mattutine contro il cronometro dell'officina... Beh,
è raro che qui si getti qualcosa: la si sfrutta fino all'esaurimento totale.
Mosè - si chiama così questo mio giovane amico - fa il meccanico in città. Da
tanto tempo non lo rivedevo qui da noi. La festosità dell'incontro è quindi notevole
d'ambo le parti. Ma intanto, mentre con un largo e bel sorriso egli mi stringe la mano,
i o mi domando di che cosa possa aver bisogno per venire a vedermi. In fondo non
è cattiveria la mia: sono abituato ai ritorni «interessati»...
- Allora, Mose, habàri ga,ti (che novità) ?
- Muzurì, Baha (buone, padre)!
E così di seguito, secondo i rituali giovialissimi scambi di cortesia. La giovialità
è una nota predominante negli Africani (o almeno nei Congolesi di questa regione).
Anche nel giorno della sofferenza sono capaci d'essere gentili e accoglienti.
Ma insomma, io cerco di « arrivare al sodo*, altrimenti il pranzo potrà attendermi
a lungo.
gret-oA; h-,vseìn, ipvaodarev:e-deerqtiu, ipaebrcbhaésshaolqauvaolcceh,ecozmaireep(elar cmhoiendetearmloicaqlue)aldcaosreastiintusireti-_
- Lo so, padre, tu non sei al corrente dell'affare; ma l'anno scorso (!) chiesi un
piccolo prestito al padre X. Mi è stato impossibile venire prima: la dote per il mio
matrimonio da pagare, la casa (una camera cioè) da affittare, ecc . ecc. Troppe spese,
padre! È una sofferenza col poco denaro che si guadagna... (E qui ancora un grande
sorriso!). Ho saputo che il Padre X è partito; allora oggi son venuto per restituire a
te ciò che ricevetti allora. È lo stesso, no?
Io mi sento interiormente a disagio per il giudizio sommario con cui l'avevo già
condannato, e ripenso a quel che un giorno mi osservava con tono di triste rimpro-
vero il nostro cuoco: «Voi bianchi (o voi padri, non ricordo più esattamente), cre-
dete sempre che noi neri siamo tutti ladri e ubriaconi ».
Sì, è facile rispondere che ci sono delle eccezioni dappertutto. Ma bisogna anche
domandarsi dove certi Africani hanno imparato la disonestà: nei loro villaggi d'origine
o negli agglomerati urbani, a contatto con i ricchi stranieri ?
« Padre, se questo tale avesse rubato nel mio villaggio, ahi! ahi! non vivrebbe
a lungo..., ti assicuro! Un dava (stregoneria malefica) ben potente, e crak ! ... ».
Così mi assicurava seriamente giorni fa - accompagnando le parole con gesti molto
espressivi - un nostro istruttore, a proposito di un suo collega partito verso l'ignoto
con vari oggetti di differenti padroni...
È domenica, e come sempre le prime ore del pomeriggio sono calme. Si può passeg-
giare solitari, e riflettere per qualche minuto, mentre il sole e il vento sottolineano
tra i grandi eucaliptus della « Cité des Jeunes » la pace che regna almeno da questo
lato dei laboratori verso l'ovest del nostro vasto terreno. Guardando all'orizzonte
verso i lontani confini nord della proprietà, mi sento come un « latifondista »... Così
è da quando il governo ci ha quasi « affibbiato » tanti ettari (quasi un centinaio in più)
da utilizzare per i giovani di Lubumbashi.
Tra poco l'altro lato, verso l'est, dove si affiancano già campi di calcio, si riempirà dei
tanti appassionati di sport che ora vedo passare da soli o a gruppi sulla nostra strada
interna. È il grande campionato giovanile organizzato da padre Luigi nella parrocchia
di «Kenya », ma che si gioca qui da noi. È un'occasione, la sola quest'oggi, per incontrare
qualcuno dei «vagabondi » o pseudo-studenti delle vicine cités. Ma anche per rive-
dere amichevolmente altri, venuti tutta la settimana al lavoro, e che ora cercano la
loro gioia nell'agonismo sportivo.
Padre Luigi è passato or ora sulla sua vecchia « Gilera », speditagli l'anno scorso dal-
l'Italia. M'incammino anch'io nella stessa direzione, dopo aver atteso con pazienza
il diradarsi del polverone da lui lasciato allegramente sulla strada. La « pazienza » sto
i mparandola da loro, da questi giovani amici, che alla furba attenzione per le buone
occasioni da non lasciar scappare... uniscono un grande senso dì sopportazione in at-
tesa sempre di un migliore avvenire.
Ma intanto eccomi al fianco di un gran tipo: Gioele lo chiamano, ma non è
profeta ; gioca al calcio in qualche squadra ufficiale della città, e non gli basta ; allora,
quando è libero, partecipa anche al nostro campionato. Esagerazione « sportiva»? Non
so. Io credo sia piuttosto un certo bisogno di azione, di un qualcosa che li ingaggi
materialmente a tempo pieno, per tirarsi fuori dal loro ambiente misero e senza no-
vità. Lo sport ha per loro tale funzione. Ugualmente la musica e la danza. Fortuna
per loro quando non si danno all'alcool o alla droga! In fondo, è come dappertutto, mi
sembra, Questi giovani non li trovo differenti dagli altri.

3.9 Page 29

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Stasera i nostri amici sono stanchi e forse soddisfatti. Domani è lunedì. Anche qui
è duro· t-ale giorno. Ma so già che domani, al mattino presto, ci sarà una ventina di
giovani in più che domanderanno del lavoro («contratti », dicono loro). « Padre, che
resto a fare alla cité? Io ho bisogno di lavorare, altrimenti faccio il bandito! ». Lo di-
cono per convincerci... D'accordo; ma bisogna vederli poi all'opera. Non han paura
di entrare nel fango, pur nelle ore fredde del mattino, per riempire i carrelli di terra
per il nostro orto; o per scavare i canali di scolo per le acque copiose della stagione
delle piogge.
È vero che non sono tutti così: c'è - lo dicevo altra volta - c'è chi aspetta i 4 0
anni per cominciare un lavoro sì « grossolano », e intanto vegeta alle spalle altrui... Ma
è pur vero che alla coscienza di moltissimi giovani ripugna il sentirsi chomeurs
(disoccupati o fannulloni): si sentono come minorati, anche se per altro non amano
«il lavoro per il lavoro »; come disprezzano un lavoro che non sia direttamente utile
a una necessità vitale.
camLicaisaeettiimbaeni apsacnotarsloa,nui ncogniovleansceadrpi e17ultainmnio
mi mostrava tutto fiero la sua nuova
grido, e diceva: «Questi abiti me li
sono pagati io! ». Aveva già lavorato duro per questo, come manovale. Adesso è riu-
scito ad accaparrarsi un posto da noi per imparare un mestiere.
Nella loro concezione del lavoro, il rendimento puro (astratto, statistico, in cifre, tipo
azienda anonima) non li interessa né li soddisfa, senza il vantaggio personale, concreto,
visibile per l'uomo. Se dico « personale », non voglio intendere egoistico; ma di qual-
cuno, di una persona umana, d'un «fratello » soprattutto. Qui verrebbe lungo il di-
scorso sul loro tipo di fraternità, ammirato o più spesso criticato da noi Europei. Bi-
sognerebbe incominciare a indagarne la base filosofica. Ma l'ha già fatto sapientemente
il P. Tempels nel suo famoso saggio di « Filosofia Bantù », e io mi faccio grazia di ul-
teriori dissertazioni teoriche. Concludo invece la mia giornata domenicale notandomi
rapidamente due o tre fatti visti o sentiti.
che rigovernano le
stoviglie...
che si ricreano.
Due giorni fa, nel tardo pomeriggio scorsi per caso un gruppo dei nostri giovani
apprendisti avviarsi compatto con pale e carriole verso una direzione non abituale
per le loro passeggiate. Avevano da poco terminato il lavoro giornaliero, ma sembra-
vano decisi a intraprenderne un altro. Infatti, seguendoli di lontano, li vidi mettersi
alacremente in azione: caricavano mattoni da un vecchio ammasso abbandonato, e
filavano a circa 300 metri di là. Spiegazione, controllata poi da me: « È per quel
vecchio «papà » che viene la domenica alla Messa con noi... Ha bisogno di arrangiarsi
una casetta e da solo non ce la fa... ».
Gli stessi amici, e altri ancora, tempo fa mi chiesero un lavoro da poter svolgere un
po' alla volta nelle
operaia cristiana),
ore libere. « L'equivalente in
per il viaggio del Delegato
denaro lo darai alla J.O .C.
al congresso mondiale di
(gioventù
Beyruth ».
Un tale ancora, che passa per un bandito (e lo è stato realmente nel passato), non ha
paura di occupare, per più giorni, almeno mezza giornata per aiutare padre Luigi nel
riassetto dell'archivio parrocchiale alla « Kenya ». E ciò senza ricompensa, perché
- spiega lui --- « quel padre è simpatico! ». Chi lo conosce sa che non si spreca
in alcun lavoro senza aver prima calcolato il guadagno possibile.
Ecco. E invece mi avevano affermato - con sicurezza ! - che questi amici non sanno
fare un lavoro senza esigere un salario o almeno un matabishi (la mancia). Io direi,
per mio conto, di non aver ancora visto fare - spontaneamente - lavori di restauro
o di abbellimento: quasi sembrerebbe che manchino di gusto per il bello (e non è
vero!). Ma di aver ben visto, e non una sola volta, lavorare in aiuto d'altri,
fraternamente, anche senza essere cristiani. « Perché lo fai? ». « È mio amico! ». «Ne
hanno bisogno! ». « Così, comme c, a. .. », senza sapersi spiegare.
Carità? Forse non di quella teologale; ma praticamente affine. In fondo è meglio non
teorizzare troppo sul loro bene fatto o che contano di fare. Si rischia di soffocarne lo
slancio spontaneo. La carità, o amore per 1'« altro da me », in tanta gente (forse in tutti!)
nasce così, senza troppi ragionamenti sulle motivazioni, profonde o meno, che ne sono
all'origine. Ed essa è quasi sempre « contagiosa ».
Peccato che se ne guarisca con tanta facilità, per l'antidoto potente radicato nel no-
stro essere: l'egoismo. Gli Africani ne sono anch'essi abbastanza ricchi. Noi non meno
di loro.
Mi sembra che il solo Uomo privo totalmente di tale triste rimedio sia stato il Cristo,
la Carità per lui è stata mortale! Ma egli è un modello ancora troppo elevato, che
supera divinamente l'esclusività di qualsiasi razza umana...
Don MARIO VALENTE
Lubumbashl (Congo)
27

3.10 Page 30

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ee
e
Cari indi
H o una notizia confortante: son
due anni che 30 famiglie Moros
hanno ricevuto il battesimo e celebrato
il loro matrimonio cristiano. Nessuna
incrinatura. E nessuno ha defezionato
dalla nostra missione di Porto Maria
Ausiliatrice nel Chaco Paraguayo. Mi
commuove il vedere come ogni sabato
sera questi indi Ioros vengono pun-
tualmente a confessarsi. In silenzio si
preparano, fanno la loro confessione,
si alzano dal confessionale con l'anima
luminosa di grazia; poi si raccolgono
alcuni minuti in ginocchio davanti al
tabernacolo a ringraziare il Signore.
Quand'erano ancora pagani, ci
scappava ogni poco qualche lotta o
qualche grosso litigio. Ora, da quando
sono cristiani, non più; nemmeno
con quelli che non sono ancora bat-
tezzati. I catecumeni attualmente sono
più di 6o. Ogni giorno hanno la loro
istruzione catechistica. Ultimamente
sono affluiti qui in missione i So nuovi
indi Moros ; adesso sono già alla ri-
cerca di Dio e frequentano l'istruzione
religiosa.
lette da loro. Tutti insieme cantiamo
i Salmi; e piacciono moltissimo.
Un mese fa dovetti assentarmi per
andare nella capitale. Rimase nella
missione il solo confratello coadiu-
tore Giulio Balparda . Come fare a di-
stribuire la Comunione? Lui collocò
la pisside con le particole consacrate
nel mezzo dell'altare. Uno per uno,
gli indi vi si accostarono; con le loro
dita prendevano Gesù Sacramentato
e si comunicavano in profonda rive-
renza.
Vorrei sottolineare un altro aspetto
interessante della loro vita cristiana:
il senso comunitario: un mini-facsi-
mile, anche se molto sbiadito, della
prima comunità cristiana di Gerusa-
lemme. Sentono molto i vincoli tri -
bali e spirituali. Nessun gruppo fa
vita a sé. Ogni famiglia vive collegata
con le altre. Si sentono tutti fratelli:
si vogliono bene indistintamente, bat-
tezzati e non battezzati. Noi vogliamo
bene anche agli stregoni che in parte
ostacolano il nostro lavoro.
La missione dei Moros ha preso un
altro volto da quando sono arrivate
le Figlie di Maria Ausiliatrice. Le
suore sono sempre in faccende tutto
il giorno, tra urla preghiera e l'altra.
Sono in quattro: la direttrice, l'eco-
noma e due consorelle, più una si-
gnorina missionaria volontaria. Suor
Zita, la direttrice, diplomata infer-
miera al Cottolengo di Torino, lavora
nel piccolo ospedale. A turno si al-
ternano uomini, donne, ragazzi per la
Bimbo Moro che dorme nell'amaca. Gli usi e i costumi
sono ancora quelli; ma per merito delle Suore oggi si è
alzato di molto il livello materiale e morale della Missione.
La domenica io gennaio, festa del
battesimo di Gesù, abbiamo ammi-
nistrato il battesimo con il nuovo rito
durante la messa a io bimbi. Tutta la
tribù dei Moros era presente, solidale.
Uno spettacolo che strappava lagrime
di gioia. Gli adulti rinnovarono le
promesse del battesimo. Durante la
messa le letture più facili vennero
28

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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visita medica, le medicazioni e le inie-
zioni. Suor Teodora, l'economa, tiene
l'amministrazione della casa, l'ora-
torio quotidiano e un gruppo di ra-
gazze che lavorano per la pulizia.
Suor Angela ha la cura di un gruppo
di donne nubili: le abitua a coltivare
l'orto. Suor Giacinta con un gruppo
di ragazze indie lavora nel pollaio e
dà una mano nei lavori dell'orto. La
missionaria volontaria bada ai più
piccini dell'asilo; li veste, li pulisce,
li pettina, li lava. I bimbi si presen-
tano lindi, pulitissimi, mentre prima
sembravano tanti porcellini. Insom-
ma le nostre suore hanno alzato il
tono e il livello della missione; un
gran balzo avanti per l'igiene e la vita
civile.
Una finezza che non voglio tacere.
Accadde a me: stavo con tre indi ag-
giustando un ponte, lontano vari chi-
l ometri dalla nostra residenza. Il caldo
era insopportabile; si grondava su-
dore. E non avevamo più acqua di ri-
serva. Quella del torrente è imbevi-
bile, troppo salata. Esattamente alle
due dopo pranzo, vedo arrivare un
indio Moro a piedi, anche lui cotto
dal sole e grondante sudore, come in
un bagno turco. Sulle spalle reggeva
un grosso recipiente. « Dove vai ? » gli
chiesi incuriosito. Mi rispose con un
sorriso: Vengo a portarle acqua... ».
Cari indi l\\foros !
Don BRUNO STELLA
Puerto Maria Auxlliad0r1
Ch•co Paraguayo ( Paraguay)
DON BOSCO
UNO CHE MI CAPISCE
È un agile fascicoletto di 36 pa-
gine, che presenta il Santo inse-
rito nei problemi che sono di
tutti i tempi, e che egli, con co-
raggio e fiducia piena nei gio-
vani, ha cercato felicemente di
risolvere.
È scritto dai giovani per i gio-
vani. Ecco i titoli dei quattro ca-
pitoli: L'uomo che mi capisce -
Ha fatto il suo tempo? - Un
prete per le anime - Un modo,
uno stile, per andare ai gio-
vani: quello di Don Bosco.
Come si vede, si tratta di una
pubblicazione di modesta mole,
ma assai utile per una prima
"presentazione" del Santo ai gio-
vani di 18-20 anni, che appena
l o conoscono di nome e di fama
e che, dopo aver letto questo fa-
scicolo, sentiranno il desiderio di
l eggerne la Biografia.
È in vendita presso i Centri Coo-
peratori e le Librerie Salesiane a
L. 150.
Lo si può avere inviando, anche
in francobolli, L. 200 all'Ufficio
Nazionale Cooperatori - Viale dei
Salesiani, 9 - 00175 Roma.
Questi bimbi Moros sono
stati battezzati il 10 gennaio,
festa del Battesimo di Gesù.
Quando gli indi Moro• decidono spontanea-
mente di farsi tagliare i lunghi capelli, è
segno che non ritorneranno più nella selva.
29

4.2 Page 32

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PER
INTERCESSIONE
DI
MARIA
AUSILIATRICE
E DEL
SUO APOSTOLO
SAN
GIOVANNI
BOSCO
LE SPERANZE UMANE ERANO
ORMAI SVANITE
Il 7 gennaio 1967 ebbi un infortunio sul
« Per noi, oggi, onorare in modo speciale Maria Ausiliatrice, si-
l avoro. Battei contro una sbarra di ferrò
l a caviglia della gamba sinistra e in se-
guito mi venne un'ulcera varicosa. La
gnifica inserirci più profondamente nella vita della Chiesa, vuol
dire ritrovare, in questo periodo di generale rinnovamento, la spinta
piaga rimase aperta per due anni con il
pericolo continuo di un'infezione. Sono
ri masto in ospedale parecchi mesi; anche
soprannaturale con la quale la Congregazione ha mosso i suoi
primi passi e affrontare ancora, sotto il segno dell'Ausiliatrice, la
il professore diceva che forse non c'era
guarigione. Infatti la piaga si chiudeva e
missione di cui la Chiesa ci rinnova il mandato nella nostra età ».
dopo poco tempo si riapriva e mi faceva
molto male. Le speranze umane erano
DON LUIGI RTi CERI
ormai svanite. Mi rivolsi allora fiducioso
a Maria Ausiliatrice, le feci una promessa
e recitai la novena consigliata da Don
Bosco. L'ulcera a poco a poco si chiuse
e ora sono guarito perfettamente. Chiedo
l a pubblicazione di questa grazia di Maria
Ausiliatrice e allego una piccola offerta.
Lodi (Milano)
GIOVANNI PREIAOLI
contrandomì dopo, sorridente e soddi-
sfatto, esclama: « Non me lo credevo!
Abbiamo potuto procedere alla resezione
• al riaggancio i Ora staremo a vedere! ».
CI HANNO PURE
SEGNALATO GRAZIE
E abbiamo visto... il babbo rapidamente MESE DI MAGGIO (continuazione)
poté riacquistare forze, appetito, colorito
DON BOSCO E DON RUA
CI HAN RIDONATO GUARITO
I L BABBO
il più che normale buon umore, fon-
dato sulla persuasione che solo una
mano divina poteva riportarlo a casa
sano e salvo.
Calabrese Vito - Calafato Maria - Calcagno Maria
Grazia - Calecn Rosaria - Calia Maria Lucia -
Calvi Virginia - Camanzi Ferdinando - Cambiasi
Maria - Can1mara.ta Rosa - Campana Luigia -
C.-mpirclli Giuseppe - Campodonico Ilaria -
Al ripetersi più frequente di strane e
abbondanti emorragie, mio padre si de-
cide a sottoporsi a controlli radiografici.
L'ultimo effettuato presso il prof . Asca-
relli degli Ospedali Riuniti di Roma, il
4 settembre 1970, rivela la preoccupante
natura del male: neoplasia vegetante con
stenosi progressiva e minaccia di occlu-
Dopo più di sei mesi, il nostro animo
sente di dover ancora esprimere gratitu-
dine viva a Don Bosco e a Don Rua ,
che non si sono smentiti nella loro
bontà.
Terni
SAC. FRANCIOL/NI ENZO
Campolongo suor Agnese - Cumporeale Mas-
si11nan Grazia - Canavese Alma - Caneva Maria -
Cancilla Giuseppina - Cancro Angelica - Can-
nata Grazictta - Cannata Michela - Cantagalli
Angelina - Cantoni Feli<iina - Cuntoreggi Carlo -
Cantù Mario - Cap-ini Enrica - Capi:z.z.i. Saverio -
Capo Wanda - Cappellini Sandro - Caputo Bruno
dou . Luigi - Caramanno Antonietta - Carboni
Iolanda - Cardinale Giuseppina - Cardane Te-
resa - Cardia Wanda - Carisio Maria - Carie
Ernesta - Carapezza Anna - Ctuna Antonio -
sione intestinale.
«Urge intervento chirurgico», è la sen-
tenza dei competenti, i quali però, con-
siderata l'età di 77 anni e l'accentuata
presenza del diabete, non nascondono
l a loro grande perplessità.
A questo punto, senza esitare, chiamo
i n causa Don Bosco e Don Ru a, sfo-
gandomi confidenzialmente: «Avete la-
vorato sempre insieme, facendo a metà
i n tuttp ? Ebbene, eccovi un'occasione
propizia per continuare in tale lavoro
di... gruppo!». Inizio così una novena
«continuata», che rivela la segreta intesa
nella preghiera di tutti noi di casa. Il
babbo, più sereno di tutti, dice: «Mi
Emilia Piccinin (Alseau - Belgio) dichiara che
l'intervento che la liberò da quaranta calcoli al fe-
gato fu difficile e pericoloso per difetto cardiaco;
ma M. A. e i Santi salesiani l'aiutarono a uscirne
viva e a rimettersi in buona salute.
Liliana Del Ben ( Conegliano - Treviso) esprime
la sua riconoscenza a M. A. che l'ha sempre gui-
data nella vita, Con la speranza di poterlo fare un
giorno personalmente nella sua Basilica, la rin-
grazia anche di tutte le grazie ricevute prima.
Lorenzo Neretto ( Argentera Canavese - Torino)
scrive: « A causa di una bronchite non riconosciuta
si manifestò una pleurite. Dovetti fermarmi cinque
mesi. Fiduciosi, ci rivolgemmo a M. A., a S. G. B.
a S. D. S. Fummo esauditi con meraviglia del
professore, che disse: "È stata una grazia!"».
Carni Emcri:nziana - CMnna Luigi - Ceroso
Antonietta - Caruso Beniamino - CaN!lo Corra•
dina ved . Lombardo - Corvino Aniello - Casale
Amhroi,rint - Casile Leone - Cassata Antonina. -
Cassulo Andrea - Castellani Antonio - Ca tellucci
Maria - Castaldi Carla - Castronovo Nlcast:r0
Maria - Casuli. Marongiu Bello Maria - Catan-
zaro Lina - Catterchio Benedetto - C avagliano
Domenico - Cnvallaro Nunzio - Cavignano Fran-
cesca - Gazzaniga Ida - Cccchetti Regina - Cec-
chini Maria - Cento Fiorentina - Cercuo Casti-
gliano Albina - Ceretta Claudia - Cerina Paola -
Ceruui Cesarina - C=na Adele - Cerri Carla -
Chatel Giulietta - Chi:rravallotti Vincenza - Cher-
chi Cecilia - Ciampelli Giuseppina - Cicogna
Rina - Cinqui'èmani can. don Salvatore - Cinti
Nella - Cipriani Ponziano - Cirlncionc mens.
can. Giuseppe - C~temino CQnJm. Leonardo -
Cirillo Olga - Clawier Vittoria - Cofiru:o Concetta -
Coli ... ' unziata - Colli sorelle - Collura Marianna -
Colombo Maria - Colombo Clerici Rita - Colombo
sento tranquillo e sicuro: Don Bosco non
mi ha abbandonato mai e non mi abban-
donerà neanche questa volta! ».
II 12 settembre 1970, per il provviden-
ziale interessamento di una parente, tra
un sorprendente, rapidissimo espletarsi
Caterina Vaccaro (Caserta) rende grazie a M. A.
e a S. G. B. per la guarigione di una zia da una ma-
l attia misteriosa che avrebbe potuto riuscirle fatale.
Famiglia Capello (San Benigno C. - Torino)
professa viva riconoscenza a M. A. e ai Santi sa-
l esiani, che ridonarono la salute alla mamma e
aiutarono la figlia negli studi.
Teresina - Conforti Aurora - Conti Maria -
Copes Anna Maria - Coppinì dott . Pasquale -
Cera Giuseppe - COrbetta Anna - Corderu An-
gela - Corghi Maria Teresa - Corrado Luigi -
Cortese coniugi - C.ossali Margherita - Cosr11.bloz
AA:ostina - Costantino Antonio - Crave.ro Adele -
Cremonesi Giuseppina - Crespi Graziella - Cri-
•tofo~i Maria Maddalena - Cumìnrni Eligia -
di pratiche, il babbo può esser ricoverato
nell'ospedale S. Camillo di Roma. Dopo
diligentissime analisi il prof. Ascani l a-
Angelina De Martin (Toppo - Pordenone) invia
offerta per due segnalate grazie e chiede continua
protezione su di sé e su tutti i suoi cari.
Cunaccia Rosario - Currio Giovanna - Cusiman
Giovanna - Dalla Bona Teresa - D'Ambrosia
Eduardo - Da.miao.i Eledis - Damiano Lo_renxina -
D'Amico Paola - Damilano Pina - Danna Emilio -
30
conicamente commenta: « Siamo davanti
a un bel pasticcio!». Tuttavia il 28 set-
tem bre decide di tentare l'intervento. In-
Giovanna Conglu Co ■ su (Cagliari) rende infi-
nite grazie a S. G. B. per averle salvata la figlia e
il nipotino, che i medici disperavano di salvare,
anzi davano già per morto.
Dante Emma - Dante Remo - Dauria Claudia -
De Battista Franca - De Bonoli Cecilia - De
Calò Gea - De Feo Amalia - De Giobbì Ginevra -
Dellavesa fratelli - Dellea Marianna
(OOYTDr0.4 )

4.3 Page 33

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Don Michele
Rue
Don Filippo Laura
Rinaldi
Vtcuiia
Zeffirino
Namuncuri
PER
I NTERCESSIONE
DI ALTRI
SERVI
DI DIO
PERCHÉ È RICONOSCENTE
erano piuttosto scettici circa l'esito. In- DUE GRAZIE
A DON RUA
La notizia che Don Rua sarà beatificato
mi ha colmato di gioia. L'ho conosciuto
irca 60 anni fa quando stavo comple-
tando i miei studi ginnasiali nel Collegio
di Mogliano Veneto e lo vedo ancora
- pallido e tanto magro - in mezzo a
una folla di ragazzi che lo circondavano
e spingevano senza tanti complimenti,
pur di riuscire a baciargli la mano. Mi
sono sempre rivolto a lui per raccoman-
dargli una mia figliuola nata tanto picco-
li na e bisognosa di continue cure e, anche
nei casi di interventi chirurgici, mi ha
sempre ottenuto dal Signore che la figlia
ne uscisse guarita. La mia riconoscenza
al caro don Rua è sempre stata grande e
l o sarà finché il buon Dio mi darà vita.
Oggi ho mandato una modesta offerta r
per le Opere Salesiane in ringraziamento
per un'ennesima grazia ottenuta per in-
tercessione del prossimo Beato.
Mestre (Venezia)
GIUSEPPE FORNASIER
tanto in casa continuammo la preghiera
fiduciosa al Servo di Dio. Oggi Patrizio
cammina speditamente, è molto vivace;
e cresce robusto con sorpresa dei me- x
dici, che mettevano molto in dubbio una
guarigione perfetta. Ringrazio Don Ri-
naldi a nome di tutta la famiglia e mando
piccola offerta per la causa di beatifica-
zione.
Calcutta (India)
MURIEL HURTIS '
1 MEDICI DISSERO
CHE NON C'ERA POSSIBILITA
DI SALVARLO
Il nostro bambino Vaner contava solo
venti giorni di vita quando si ammalò di
polmonite e grave disidratazione. Al-
l ' ospedale i medici dissero che non c'era f
possibilità di salvarlo. Ricorremmo allora
ad altri medici, spendendo tutto quanto
possedevamo, ma senza che il piccolo
migliorasse. Intanto alcuni nostri parenti
ci parlarono della intercessione della
DI ZE FF IRINO NAMUNCURA
Ho ricevuto due grazie dalla Vergine
Ausiliatrice per l'intercessione del pic-
colo indio Zeffirino Namuncurà.
Si era ammalato un caro nipotino con
accessi di soffocazione per asma bron-
chiale e broncopolmonite. Mentre lo
portavamo all'ospedale, fu in fin di vita.
Lo affidammo a Zeffirino chiedendo con
i nsistenza che ce lo salvasse. Nella
notte ebbe una crisi tremenda, ma al
mattino si riprese e ora si avvia felice-
mente alla guarigione.
Da tempo soffrivo dolori che mi davano
tanta preoccupazione. Una sera, senten-
doli più insistenti nonostante le cure
fatte, chiesi al caro indietto Zeffirino che
i ntercedesse per me. Fui esaudita e an-
cora oggi continuo a stare bene.
Reggio Emilia
MARGHERITA FORNAC/A,RI CHITTONI
UNA ISPIRAZIONE
PROVVIDENZIALE
1
Serva di Dio Laura Vicuna, i spirandoci'
tanta fiducia che, lasciata ogni medicina,
ci affidammo a lei con una fervorosa no-
vena. Due giorni dopo il bambino inco-
pgaPnriieagnnzoaoisacdCgiairigap»i.noodlialea, rriicn( CegvraautztaaioniinaD)qousnecsrMitviicegh:ioe«rlneCiodRnoupialocptuaeonr rtlaaesl
Ero stata colpita da un forte male ai reni.
Anche il dottore era molto in pensiero
perché specialmente il rene sinistro era
gonfiato. Mi venne l'ispirazione di invo-
mmiinncciiòò a migliorare e prima del termine
della novena poteva dirsi guarito.
CampoCGornainudgei
(Brasile)
LEONILDA
e
WILSON
BENITEZ
nvfoMaetetmanel ernipgiruaaaltisboaVsi;laaeaenltDecoonho,raentne,oiRlinng(uRsrahai,ievancmodhrleeiiec-dohaoTargsnosrooraeindizmnoeiepv)llraacteenoppmomaropceaetolealr'italanttoriltuiee,ltralvoieoosrduhleteeaa. l!,t
care il venerabile Don Rua, di cui avevo
ricevuto da Torino il libretto proprio quel
giorno. Mentre pregavo ebbi l'impressione
che una mano si posasse sul rene sinistro.
Da quel momento il gonfiore cessò e in
tre giorni guarii. Per questo non cesserò
di pregare don Rua e di ringraziarlo. Ho
comunicato la grazia a parecchie persone
PELLEGRINI AL COLLE DON BOSCO
La casetta dove nacque Don Bosco è suggestiva già di per sé. Messa
i nvitandole ad avere fiducia in questo Ve-
nerabile che sarà presto beatificato. E
i
ora mando un'offerta quale testimonianza
della mia guarigione, che per me ha del
miracoloso.
Bergamo
MARIA LOMBARDI
poi a confronto con il tempio che i devoti hanno voluto erigerle a
protezione, ampio e maestoso, essa, così piccola e meschina, acquista
nuovo fascino. È il fascino delle cose piccole, premessa di maggiori,
di cui il tempio è un simbolo. E ai pellegrini non sfugge la lezione
che nasce da quel confronto.
I pellegrini sono molti, lungo tutto l'arco dell'anno, con preferenza
per la bella stagione e per le feste. E siccome non si pellegrina più
I MEDICI ERANO PIUTTOSTO
SCETTICI...
con il bastone e la bisaccia, così è una letizia per tutti trovare attorno
al tempio spazio abbondante per posteggi comodi, a cui affidare la
La gioia della sorella e del cognato per
l a nascita del primogenito venne meno
quando si costatò che entrambi i piedini
del neonato erano piegati alla caviglia in
dentro ad angolo retto. Raccontato il caso
macchina senza troppe manovre.
Il tempio non è finito, però lo si può visitare tutto, sia nella parte
inferiore, dove si celebrano tutte le funzioni, sia in quella superiore,
che attende ancora di essere rifinita.
pietoso alla direttrice della casa dove in-
Le strade che vi conducono sono ottime sotto ogni riguardo, e la se-
segnavo, mi fu suggerito di affidare il pic-
colo Patrizio a Don Filippo Rìnaldì e
mi venne data una reliquia che tosto ap-
pesi al collo del piccino. Il bimbo venne
gnaletica abbondante; il panorama splendido, soprattutto nelle sta-
gioni di mezzo. Senza dire che chi visita il Colle torna poi sempre
arricchito di qualche impressione strappata ai ricordi di quell'infan-
sottoposto alle cure dei medici, che però
zia così unica e privilegiata quale è stata quella di Don Bosco.
31

4.4 Page 34

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PREGHIAMO PER I NOSTRI MORTI
-SALESIANI DEFUNTI
DDoi nquEelsitoo esemplarte faiglRioodmi aDao4n8Baonsncoi.,
DIneglhizilitaer(rPaoerddeanpoonceo),paivùedvai ucnomanpniouteorai
sdcuihroeeitetsrotaurendaiatliolneaPCiaetmacoonmtebdeeedlilnai
S« aInnsCeaglnliasntot,e, Lco'Onssisgelrivearteo,rceaRteocmhaisntoa pdreels2so5 caapsreileedscernivtiesvaal:esiani, don
finava snieplrsoadcirgiòficnieoi,ccoomnpuitni aa slueireanffiitdàatbiecnoenfiucnaamgeennteero«scitoàncthaegisocsoani-,
cc«ooNnnevqlilun'iezmlilo'penneegtundsaiitalisavmvooourfacfrhiecei,aonl deselilreDvaiiznreiiomttoderiseDindcieoelrleeamdCeealntlaetecaocnmriimsbteiea.ndei ,Ss.uCscailtlaistlao
litddanuevitmlqtoloeurooeusmltnurle'unòamo'cinmcgoooorpgnivreloiesemnonntelzooaranaednucmormditisonietiedncanoitnatngaeleivmende,eniepanlglolteoaei,noCaiorlphlguodiaesasntstraiooazlgnnzicndaaaitso,ocpolreaoefnrrf,ttroeeme.nidlaAdevslovaemelpaoviopravenepidasdoipotacao,rotileonoprangilie,aùtsnciuchdzooiei
4ptIrm3ierdeamincuoinnbimieqlistuesàaessniroeddlotioavnumittnoaa'ti,enosrfpoieaenrlremoopsisteatàrmaòitm,ei nlpatleascudabinbliaimlmgel,aiilczauoilop,tinelmoegigr,diifdoeisulriesscsuacemohaeeallnpp'itomoetsmedtsoooslleaobtricoloiots«àli-..,
Tqureasltee urilvtoimlteeasiuceonpfararotelleli:raHccoosletme pdraellp'Iesnpseatttoocrheedooggni,DcoannitetemMpaigcnhie,
corrono difficili, la cosa più importante da tener presente sia la fedeltà
a Don Bosco nello stare uniti a Lui e nel vivere il suo spirito, e non solo
accontentarsi di stare in casa sua, ma continuarlo e viverlo con amore...
E non dimentichiamo che Maria Ausiliatrice dev'essere per noi ciò che fu
per Don Bosco... e.
BI. El
r• Antonio t a Palermo a 78 anni.
icSLRnaveirIvotetitalsesiltlierease.uuleAnnotentlzeiucerhnnaleoogrioscestoarecmcioeiLnenrdtipcleoorenetispadodlsiecee.aaulpDtldaoooirsSenctioaceimrliaclaioottaotnedfrnieeeer«elfalGonapzripstinceerorueeezozevlRaabitBgbcooloe1rcmdmoolsileolo«ad,db, ooroaiscrdusaeaistniceotisrvenpeaoldidt-aoìi
trasfondere negli allievi amore allo studio, serietà d'impegno nella
vmiteanetesvtiimssuatpi.eÈr imvoalrotoriscurlilsatibarneicecirae, lmigeionstir,edeanlturai vsatensesoll'ainutlaensscao--
lastica per tenervi lezione, nonostante i suoi 78 anni.
. Giuseppe Francesco
t a Porto
( Torneremo su questa grande figura di salesiano).
(Brasile) a 77 anni.
. Emanuele
t
a 8o anni.
- - - . Giuseppe 1111·r·T·ru t a -
(, -) a 76 anni.
.-.. Giuseppe
f a Budapest (Ungheria) a 72 anni.
- -. Stefano
. Camillo -
t a S.
(Brasile) a 71 anni.
t
B(iB.Hrlasile) a 71 anni.
-- - -- . Germano •. Tfff5 t a
(Brasile) a 68 anni.
. Emanuele
. Emanuele
-. Francesco
-. Giuseppe
t a Rio de Janeiro (Brasile) a 64 anni.
t a S.
(Brasile) a 63 anni.
t a Lubiana (
) a 6z anni.
t
(Argentina) a 56 anni.
--. Pietro Rosa
t a Parà de
( ) a 55 anni.
. Giuseppe Parodi t a Las
( Uruguay) a 48 anni.
-. Enrico
fa
(Spagna) a 44 anni.
. Francesco Castro t a
(
) a 34 anni.
. Carmelo
t a Madrid (Spagna) a z6 anni.
COOPERATORI DEFUNTI
CSuretrsicieu. tDNooeampllai,esnocigucgooilaU avdveUliastaJonIItIoI
, parroco
saleosinanoori
per 38 anni di
degli .alLtaurigi,i alla
cui
( Ronfa).
d, ivoecsecsoivaopd-i
pesasretenndeovpa,oitmutpoareòntardaraemnaerllealCa oMnagdroegnanzaioenSeaSnaGlesioiavnaan, ncioBmoesceora. Nstaotno
sCuooodpeesraidtoerreio. giovanile, riuscì a essere sempre uno zelante e affezionato
Albina Sola
Fu benedetta
da
.
Don
t
Bosco
a
a Roma
in
oaccasioannenid. ella
consacra-
zione del
fllifiPi±fftf:lfì
tempifouadl eSvaoctraoaCl uSoanretod,iCGoeospùe. rDaturricaentaerdtuetntatelae
ssueamvpitrae
ild'naisepcsorsilemtraeraevfiilcoaignpnaeiarglloiaogfrninnioeo,lpacehsriaaensdetialb'aesMnsiees.tsesTan.rzoaRvdaeevslaassugi orpaecnrodfenetftecasomsnoefrnoetreetocsopnniertòlo-
scehreenèasmtaetna tsee,minppreieanlalalubcaisdeitdàietuctotan lqauseullaaepsrisotfeonnzdaa. fede cristiana
'Romano t a Vibo Valentia (Catanzaro) a 47 anni.
tCaidtotiiaonnpgaee.rraeAtrlmaicfaeovsraazliael splaiaevnroalra,ots,uuetatdavèditmeadoditriatdaaodsnuaaltzltaiiovvnioteàrodc,aaqrlliuataaCtsiivoaemb, bauafnfnieodrnmoenaaqvtauaodin-i
udnaiadnigsoolrodidneilld'oisRpeegdgalieo,.congestionato per i molti feriti che provenivano
AFummabadilree con raggio- sa e fo- r.te inw tutte lte aavdversità della(Pviatda,ocvhae) eall8a3acacnent-i
traovsaa csoemn qpuree,llaavfeevdae fgartatnoitsicuaocphreosgpraomstamlae:mfaornetdagelnbe.eAnemaabtuiltetie. Lpreesmuue-
mquaannitinloenraccocnoombabnedroavtarneoguraip: o« sNo.oEn silaSningonosrtearrifceormmepeen,sòsoqleuveastdairseuaa
- ddoonnaaztoiocneoelnaptdiaeennstiadaeagrneactnaheeprorqesusiteaàngzagalilùadefciaomfnigilgli'laBisaesdrisnitaDerndozinnaoBperodesmEcogu.irdoiosa, cdheelafvigelviao
Bartolomeo
ta
( Torino) a 7o anni.
lDe'oaoptteaurtatotesdalileensooipannerace,ofmduiucbnooeonbptàoe.rnEattàro,arresettzitmeitluaatdnoitnepe, eaerssglaiidosuvuoiaaladigteàldi, iaiznmicomonneirtaraitlomlareveondrseoill-,i
pmearnlaosduiaDgeionetrroesiltuàneghpieranlansiindci esroafpfeierteàn,zceh.e lo aiutò ad accettare dalla
AFungceoloaperatrice assidut aaalVleaaredsue.nanze mensili e a tutte le manifesta-
zfuioensiedmi pciaoritdài.mFeaddereleefrdeiqeudeunctaattrriiccee sdeeclolancdaopploelslapidrietlondoisDtroonIsBtiotustcoo,.
■ 11···zrmT di Pasqua
.
t ad
(Enna) a 96 anni.
- - - gMenaderreazeisoenme.pSlaurlel,'efsuembepnieoddetitDa doanDBioosecopovtisésveeddiefreedfeineofaullasoqrurientttaa
seedmucparteivdoa duinaDgroanndBeofsicdou,cpiaoitné MedauricaarAeucsriliisattiraincaem. Pernotpeousntadsiicli'idfiegalil,e
rdSgeaiotontnvtooaarnnediaoanalalllflafi alFìblaHe)m.tliì.iA)gPdlieear sucanolemnsiibapnaoftautteeurm(nedfaoleiengsalitGvorvai(oedervdosainnteàdnGdui iecolavlatarnivcnietia,pleadrisriuepattoaov,rrmeedriaai-
- -- fcuomil asnandtaonoRaolslaartiroip. lIicfeigFlia,mi ingilpiaostai,leispiarnoan,irpicootineosicenti per la lsaorlaidca-
fboisrnmonazniao,ne cristiana. che ebbero rispettivamente dalla mamma, nonna,
Insegnante Caterina
t ad Alessandria.
Dmiemleibsriopautòtivdiisrseimcoondveelr«itàC: o«nPsaigssliòofLacoecnadleoCdoeol bpeenraetoartiu*tdtiieA. Elersa-
-- spnaeanlrldeteriOaat-tpRiveiroae.npeFaCrurroiinsctscoeh.giIannlai,nnnuteemlele'sAreezmvioopnlliaelreCe aoetptcoeorllieclaabbueoornaneteiriCcalealtereeqcshupiasolminpsi.arDbesiliee-
seinctoenrelsasaptaareolzae,lacnhtee,leinfcioitraivvaaaslebmepnelicqeueanstui aasvivviac.inava con l'esempio
DonnaRdei gnraantade fede, rese latsuaa casa centro(Adilecsosannfiddreian)z. a e di con-
fsourotou. nDicoonfiòglicoodnognioViaittaolrSioig. nAocrceetntòellcaoCnsoanpgevreogleazeioranseseSganlaetsaiaintaeri-l
ribili dolori della malattia e della morte.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
BBiaalndcihIisaMbe.llVai-ncBeanrzdoi - Biondo T-ommasoM-aria - lliiIinlieBsi - Ernesto -
-------- --·----- - --ILMDPTBaaueiaotllcrltllaiiiooaMGCA---aaagsrtCa!-epiRltaariaalitolTrnel-elsaerlaii-rMlW n-ie-iaslaidanr--fi:dMaiif.jl-.-AaiGSta.lniailtMordnovetnoW aoLid-neSula-ntiMetinli-Rgarfl-ai- imPoi-acffimahìni-- moeloalillaenll-- l-o-l- -tV.C- Le.o-nen.Gtgcud.neEerrm.ata.dtm..avmLl-ile-i-gan'eìTCd.-l-aaW oMMm-n-.CacaibVaAureuriertQoolrtonf-ail:onui-IAnI-nit-IaiMmlMsLGlMol-lioealliilnrla-rlfileifraaìaLlitllaol--a-!.-
L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, eretto in Ente Morale con Decreto 12 gennaio 1924, n. 22, può legalmente rice-
vere Legati ed Eredità. Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato: «...lascio all'Istituto Salesiano per le Missioni con sede In Torino a titolo di legato la somma di Lire... (oppure) l'immobile
sito in...».
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'Istituto, la formula potrebbe essere questa:
«... Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale l'Istituto
lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo».
per le Missioni con sede in Torino
32
(luogo e data)
(firma per esteso)

4.5 Page 35

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CROCIAA Tmi§AA
TOTALE MINIMO PER BORSA
L. 50.000 Avvertiamo che la
pubblicazione di una Borsa in-
completa si effettua quando il
versamento iniziale raggiunge
la somma di L. 25.000, ovvero
quando tale somma viene rag-
gNiuonntpaotceonndooffofermrtaeresuuncacBesorssiav,es.i
può contribuire con qualsiasi som-
ma a completare Borse già fondate
BORSE COMPLETE
Borsa: Don Bosco, in memoria
tilio
sotti
eCrListuoifsoaUM(aP.saodlolivaC)r.iLsr.ofo, 0li0,
e suffragio di
a cura di
. . 000
At-
Ma-
Borsa: Sacro Cuore di Gesù, Maria Ausilia-
trice e S. G. Bosco, in ringraziamento per una
dsuiflflaicilefamguigalirai,gioane
ottenuta
cura di
e impetrando grazie
M.C.M . ( Macerata).
L. 100.000 .
Btroicresae: SSa. cGro. CBousocroe,
di Gesù, Maria Ausilia-
in suffragio dei miei defunti
e implorando protezione sopra di me e i miei fami-
liari, a cura di Assunta Iamaffi (Roma). L. . 100. 000
Borsa:
cura di
AMnatroinaiAa uFseirliraetrraice(CueneoD).onLB. oIs0c0o.0,00a.
Borsa: Maria Ausiliatrice ci protegga sulla
strada, a cura di Giuseppe Genco ( Orbassano -.
Torino). L. . 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e S.
D. Savio, invocando protezione sulla mia famiglia,
a cura di Maria Della Fiore Ballerini (Rove9cala
- Pavia). L. 75.000.
Borsa: Maria Fazio ( Va.razze - Savona). L. 50.000.
Borsa: Giuseppe Fazio (Vard.Z'Ze - Savona).
L. 50.000.
Borsa: Fany CaprlogUo ved. Re, a cura studenti
Ginnasio-liceo a Don Bosco» (Borgomanero -
Novara). L. 55.000.
Borsa: Don Filippo RinaldJ , di santa e venerata
memoria, a cura di N. N. (Torino). L. 50.000.
Borsa: Lidia di Marco, Gaetano e Clarice
Marlmpletrl di Marco, in ricordo e suffragio,
per volontà della defunta Lidia di Marco (L'Aquila).
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, im-
plorando la grazia desiderata, e la salvezza mia
e di tutto il mondo, a cura di Rosina Maizza ( Mo-
nopoli - Bari). L. 50.000.
Borsa: Linda Camorani ved . Bolondi , in me-
moria e suffragio, a cura del dott . Eugenio Do-
londi ( Milano). L. 50.00o.
Borsa: Don Giuseppe Gi.ovine , in ricordo e
suffragio, a cura della sorella Cristina (Nizza
Monferrato - Asti). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e S.
D. Savio, p..g .r . , invocando protezione sulla figlia
e tutti i familiari, a cura di Lidia Giuliani (Avel-
lino). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, a
cura di Augusto e Dina Touscoz ( Gaby - Aosta).
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e Anime
del Purgatorio, a cura di N. N. (L. 50.000 ).
Borsa: Avv . Raffaele d'Afflitto, in ricordo e
suffragio, a cura della moglie Smina (Crotone -
Catanzaro). L. 50.000.
Borsa: Venerabile Don Michele Rua , consola-
tore degli afflitti, a cura di Angela Spoto ( Cala-
tafimi - Trapani). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, a cura
di. Agnese Marcuccl (Lucca). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, P-1·' .,
a cura di Assunta Sacconi (Domodossola - No-
vara). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, a
cura di Domenica
(Mezzano di Primiero -
Trento). L. 50.000.
Borsa: Esterina Rocco, in ricordo e suffragio,
a cura del fratello Luigi (San Martino in Pcn·
silis - Campobasso). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e D.
M. Rua , invocando protezione, a cura di A. S.
(Torino). L. 50.000.
Borsa: Don Filippo Rinaldl , a cura di Luigi
Lanfranco (Torino). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, in-
vocando grazie, a cura di S. B. (Costigliole d'Asti).
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, in
memoria di Verna Giovanna De Canale e invo-
cando protezione sopra di me e i miei cari, a cura
di Michele De Canale ( Torre Pollice - Torino).
L. 50.000.
Borsa: San Giovanni Bosco e Ven . Don Andrea
Beltra.mi, a ricordo dei propri defunti e invocando
protezione sulla famiglia, a cura di S. G., L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in segno di ringrazia-
mento e di fiducia nella sua materna intercessione,
a cura dei coniugi Gigi e Vittoria CagnQllso (Diano
d'Alba - Cuneo). L. 50. 000 .
"
Borsa: Guido Rizzo, in ricordo e suffragio, a cura
di Angiolina Rizzo (Orsa:ra Bormidm - Alessandria).
L. 50.000.
Borsa: Elio e Lionello Glnl , in ricordo e suffragio,
in onore di San Domenico Savio, a cura di Maria
Teresa Gini ( Roma). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, in memoria di Gio-
vanna P,llietìoni, a cura del marito Giovanni
(Lucca). L. 50.000.
Borsa: San Giovanni Bosco, in suffragio dell'anima
di Rina Belli, a cura del marito Edoardo Valli
(Parma). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, pro-
teggetemi, p.g.T., a cura di Laura O berboffcr ( Do-
mani, - Pordenone). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, in
memoria di Agostino Biggi, a cura della vedova
e dei figli (Arnborz:asco - Genova). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di Fabio de
Paoli (Piove di Sacco - Padova). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, in-
vocando una pronta guarigione, a cura di G. F.
(Roma). L. 50.000.
Borsa: Don Bosco Santo, « exaudi oratlonem
_mea,n », in suffragio di Don Luigi Pod,,,.ssù,, a
cura della N. D. Maria Welleda C<:niti ( Volterra
- Pisa). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di Elena Pa-
nebianco (Palermo). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. G. Bosco e Don
Andrea Beltrami, p.g.r., a cura di Ada Setti
Ferroni (Modena). L. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore di Gesù, Maria Ausilia-
trice e Don Bosco, in ringraziamento e invocando
salute, a cura di Anna Druglia, (S. Benedetto del
Tronto - Ascoli Piceno). L. . 50.000
Borsa: Chiara Pujattl, in ricordo e suffragio,
per espressa volontà della defunta, a cura della
sorella Amalia ( Prata. di Pordenone). L. 50.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, in
memoria e suffragio dtU'uallietJO avv. Giovanni
Nizza, a cura della moglie Anna Maria Mari-
scalco (Augusta - Siracusa). L. 50.000.
Borsa: Don Mario D'Agostino, ~xa.lliwo e coo-
peratore, ih ricordo e suffragio, a cura del nipote
dottor Vincenzo D'Agostino, (Cassino - Frascati).
L. 50.000.
Borsa: Sacro Cuore di Gesù, Maria Ausilia-
trice e S. G. Bosco, in suffragio dell'anima del
mio caro marito, a cura di N. N., L. 50.000.
Borsa:
ricordo
e
Maria Ausiliatrice e
suffragio del mio marito
Don Bosco,
Adamo, a cura
in
di
Maddalena Creacenzi ( Terni). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giuseppe e Santi
Salesiani, a perenne ringraziamento per molteplici
favori ottenuti e impetrando due importantissime
grazie, a cura di Maria Luisa CWDpra (Torino).
L. 50.000 .
Borsa: Trafiletti Carmela, per il bene dell'anima
sua e perché interceda per tutti i bisogni di noi
peccatori, a cura di Vincenzo Orlando (Messina).
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, in-
vocando protezione, a cura di Pina Gandolfo
( Alassio - Savona). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, p.g.r .,
a cura di Elisabetta Dodero Arpaia (Genova).
L. 50.000.
pBr-(LMMir.nooVogitrldreassaazoraenzei:onooisoaane)M)m;,)e.,LeLsaGLnu.r.t.iiiou1a,ips10seraA5,p0.o.oc00ppuouQ0riosnri0;i.aal;fiFidagrGilltaiarV,nuinccbinteLeetsìo.rsceuroi5naSN0iM0.oB0(GeeSrn;om.J.tEfoiB,aDmi(oaM(iiln(lsCmti!evo.cOoosa)otmscBzfai,linaelnolrla'Qddii")Jonoi-,.)

4.6 Page 36

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Spediz . i n abbon . postale - Gruppo 2' (70) - 1 quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
Si pubblica il lo del mese per i Cooperatori Salesiani; il 15
del mese per i Dirigenti dei Cooperatori
S'invia gratuitamente ai Cooperatori, Bene-
fattori e Amici delle Opere Don Bosco
Direzione e amministrazione: via Maria Au-
siliatrice, 32 - 10100 Torino - Tel. 48.29.24
Direttore responsabile Don Pietro Zerbino
Autoriz. del Trib . di Torino n. 403 del 16 febbraio 1949
Per inviare
intestato a:
oDffierertze.
GseernveirrsailedeOlpeer.eeD. oPnosBtoaslecon.-
2-1355
Torino
Per cambio d'indirizzo inviare anche l'indirizzo precedente
.go..
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. SEI: Speditemi contrassegno (più spese postali)
R0 n.
copie de:
'
Z n.
copie de.
o n.
copie de:
o Nome e cognome
nZ Indirizzo
C.A.P.
città
Firma
BS /6 /7 1
CHE NE SARÀ DELLA FAMIGLIA?
La coppia degli anni '70 si trova davanti a un nuovo esperi-
mento coniugale, a un nuovo tipo di comunità, a una nuova
vita sociale. Quali sono le sue reazioni? Che sta succedendo
nel nucleo familiare? Psicologi, sociologi, medici, sacerdoti
affrontano i problemi di adattamento psicologici, esistenziali,
sessuali ed economici che turbano l'integrità familiare. Una
i mportante raccolta di osservazioni, giudizi, suggerimenti. Un
volume attuale che lascia da parte la denuncia per dire qual-
cosa di nuovo, per proporre nuovi modi di esistere, per aiutare
l a famiglia a sopravvivere.
Della stessa collana:
I PARADISI DELLA DROGA
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Compilate, ritagliate e spedite il tagliando a:
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Casella Postale 470 (Centro)
10100 TORINO