Bollettino_Salesiano_198011


Bollettino_Salesiano_198011



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BOLLETTINO
ANNO 104 N 11 1• QUINDICINA 1 LUOLID 188D
SPEDIZ IONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° 1701
RIVISTA DELLA FAM IGLIA SALES IANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSC O N EL 18 77
Con la cesta sotto il braccio
Mamma Margherita fu la prima
Cooperatrice di Don Bosco

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Sommario
1 LUGLIO 1980
ANNO 104- NUMERO 11
Copertina: Don Bosco e
mamma Margherita giungono a
ValdOCCO•. Particolare dal
quadro di P.G. Crida (Torino
Valdocco).
Servizio di copertina: pag. 21-27
LE IDEE
Televisione. Imputato Goldrake alzatevi! 7-10
Quattro regole sull'uso della lv, 10
Rettor Maggiore
Africa e Don Bosco sono fatti l'uno per l'altro, 20
LE FORZE
Figlie di Maria Ausiliatrice
L'oggi e il futuro di santa Mazzarello, 12-14
Cooperatori, ossia un modo pratico (prima parte)
1. Nella preistoria Cooperatori senza nome, 21
2. Mamma Margherita con la cesta sotto Il braccio, 24
3. La storia: Cooperatori come cordicelle, 25
Salesiani. Improvvisa morte di don Giovenale Dho, 28
L'AZIONE
Argentina. Suor Sira, cento anni tra i bambini, 29
Brasile. A chi giovano certe accuse?
Intervista a mons. Michele Alagna, 16-19
Ecuador. Una "torre Eiffel " dedicata a Maria, 31
Giappone. Storia di Agnese, dei matti e di Domenico Savio,
29-30
Haiti. Patrizia insegna la pittura sui fazzoletti, 30
India. Padre Schlooz lascia Vyasarpadl, 30
Italia. Pertlni è tornato nel collegio da cui guidò la Libera-
zione, 3-6
Ditelo con gli Spirituals, 11
Rilanciate due utili iniziative, 28
Jugoslavia. Suore in cantina per far posto alle giovani, 29
Polonia. Le ispettorie diventano quattro, 28
IL PASSATO
Ricordo di don Michele Valentinl
Scoprì le vittime delle Ardeatine, 14-15
RUBRICHE. Libreria, 6 - BS risponde, 7-10 - Il successore
di Don Bosco, 20 - Brevi da tutto il mondo, 28-31 - Caro BS,
31 - Ringraziano i nostri santi, 32-33 - Preghiamo per i no-
stri morti, 34 Solidarietà missionaria, 35.
VIGNETTA •10 E LODE•
ALESSANDRO IL GRANDE
~
;
Aristotele: cGII ho Insegnato lettere, matema-
tica, pollllca, medicina, geografia, storia, reto-
rica, morale, religione. Ma ha Imparato solo ad
ammazzare».
2
BOLLETTINO
SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'informazione e cultura religiosa
DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCO
Collaboratori. Giuliana Accornero - Pietro Ambrosio - Marco Bon-
gioannl - Teresio Bosco - Ella Ferrante - Domenica Grassiano -
Adolfo L'Arco
Fotografia Antonio Nosko
Archivio salesiano: Guido Cantoni• Archivio Audiovisivi LDC
Diffusione Arnaldo Montecchio
Fotocomposkione e impaginazione
Scuota Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Grafiche SEI• Torino
Autorizzazione Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
L'EDIZIONE DI META' MESE
del BS è particolarmente destinata ai Cooperatori Salesiani.
Redattore don Armando Buttareltl, Viale dei Salesiani 9, 00175 Ro-
ma. Tel. (06) 74.80.433.
IL BOLLETTINO SALESIANO» NEL MONDO
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(tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in:
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COLONNA SONORA DI UNA VISITA PIENA DI SIMPATIA
Pertini è tornato nel colleg·o
da cui guidò la Liberazione
Lo scorso 25 aprile Il Presidente della Repubblica era a MIiano per commemorare la storica
ricorrenza, e è tornato nell'Istituto salesiano Sant'Ambrogio che nel 1945 fu sede del CLN Alta
Italia. Ha Incontrato I giovani dell'Istituto, ha ricordato la sua Infanzia di alllevo salesiano, e ha
entusiasmato-I ragazzi rispondendo a tono alle loro pepate domande
E 1 stata unc, visita indim1mtica-
bile per i salesiani e , loro
ragazzi, e anche i telegiornali
no11 lwnno powto fare a meno di de-
dicarle notevole spazio. fl Pre:;idente
Sandro Perti11i tornava 11el collegio da
cw 35 anni fa - come membro del
«Comitato di liberazione Nazionale
Alta Italia» - aveva preso co11 altri
capi della Resiste11za le ston·che deci-
sioni di quei giomi drammatici. J sa-
lesiani lo lzanno accompagnato a ri-
vedere la "sala ,•erde" in cui il CLN
si riuniva durame l'ullimo mese di
guerra, e lo ha.11110 fatto i11co111ra.re
nella grande palestra con un migliaio
di gio1•ani del loro istituto e delle
scuole statali della zona. li Pre~idente
ha rievocato gli anni trascor:;i col fra-
tello Eugenio nel collegio di Varazze,
ha ricorda10 il .suo maestro di quima
elementare don Umberto Bore/la, e si è
po, sottoposto al fuoco di fila delle
domande che i ragazzi gli hanno ri-
volto sui temi più svariati: personali,
politici, religiosi.
La visita a/1'/stiruro è durata oltre
un 'ora, e si è svolta - tm po· a sp~e
del protocollo - in rm caldo climc, di
famiglia. Ne è riprova la "colo1111a so-
nora ", accuratame111e reg1Strara, elle
viene riportata qui quasi per intero. Se
qua e /il fa11110 capolino parole un po'
troppo generose del Preside111e ver~o i
figli di Don Bosco, siano awibuite alla
sua squisita cordialità e simpatia., e
anche ai me,·iti di quei bravi educatori
che 70 e più anni fa lo ebbero scolaro
in classe e compagno di gioco in cor-
tile.
Sono amico del Papa. Durante la
sosw nella ''sala verde" do11 Angelo
Viganò ha ricordato gli awenimemi di
35 an~1i prima e letto una testimo-
nianza storica del senatore Leo Va/io-
ni, che era in visita con Pertini. Lungo
il percorso verso la palesrra, a Presi-
dente "rompe" il prococollo e si ab-
bandona ai ricordi.
...Diedi anch'io il mio piccolo
omaggio a don Borella. Quando ero
Presidente della Camera gli feci dare
l'onorificenza di Commendatore, e
gliela portai con gli Exallievi. C'era il
nuovo direllore e misi a don Borclla
l'onorificenza. Lui non la degnò di
uno sguardo. Disse soltanto: «Quan-
do eri ragazzo, qui ne hai compiute
delle bilichinate. E adesso ti perdono
anche questa».
...Ma erano proprio loro, i Salesiani,
che avevano la capacità di sen'irc il
Signore in letizia. Erano sacerdoti,
3

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erano i nosLri insegnanti, gli assisten-
ti, che in un grande cortile, a Varazze,
giocavano con noi. E finiva che di-
ventavano come noi.
...Adesso quell'edificio mi è stato
detto che è passato alla Regione, e mi
hanno chiesto l'autorizzazione <li in-
titolarlo a mio fratello Eugenio Perti-
ni, quello che mi hanno ammazzato a
Flossenburg. lo e mio fratello siamo
finiti tra i Salesiani. lo serbo un ri-
cordo dolce di quegli anni. Non sono
più credente, ma sono amico del Pa-
pa. (Don Viganò dice: «E' anche ami-
co nostro... »). Ma no, no... E' più
amico mio! (Risate) Scusi, lei è stato a
colazione da lui? (Don Viganò ri-
sponde: «No... ») Ecco, vede. Scusi,
alla vigilia di Pasqua lui le ha telefo-
nato per fare gli auguri? (Don Viganò:
«No.»} A me invece ha telefonato.
Vede? E al Papa ho detto che sono
stato allievo dei salesiani.
lo serbo un dolce ricordo. Un
giornalista chiede al Presidente:
«Perché vi radunavate proprio qui?»
Eravamo un po' più al sicuro,
perché i Tedeschi non potevano pen-
sare che noi ci riunissimo in una
scuola di una congregazione religio-
sa. Era un posto sicuro; e loro, i sa-
lesiani - bisogna dargliene atto -
ebbero questo coraggio. Perché non
dargliene atto? Lo dice uno che non è
credente. Perché, lo capite, se per ca-
so avessero scoperto la riunione, il
loro istituto sarebbe stato devastato e
loro stessi sarebbero staù arrestati e
mandati in campo di concentramen-
to. Diamo atto di questo coraggio e di
quesla solidarietà.
...Ricordo di Don Bosco la sua for-
za fisica: prendeva tra le dita una di
quelle monete grandi, e riusciva a
piegarla. Quando lui usciva in città a
cercare aiuti perché in casa non ave-
vano un soldo, diceva ai suoi ragazzi:
«Non preoccupatevi», e tornava con
le tasche piene dei soldi necessari. Se
Don Bosco non fosse stato un cre-
dente, un sacerdote, sarebbe diven-
tato un organizzatore sindacale come
Di Vittorio. Ah, i piccoli artigiani che
adesso sono diffusi un po' ovunque!
E' stata un'idea felicissima di Don
Bosco.
...lo serbo un dolce ricordo dei sa-
lesiani: non ci opprimevano, non ci
obbligavano, non ci terrorizzavano
con l'inferno o cose simili Tenevano
un clima di gioia e serenità.
Non vi faccio un discorso. Nella
palestra stipata di ragazzi lo studente
Aldo Bùlega accenna nel suo discorso
alla circostanza che proprio da una
scuola privata fosse partita la decisio-
ne dell'insurrezione: «Quel regime
che aveva sempre puntalo su una
gioventù inquadrata e addomestica-
ta, vedeva decretala la sua fine pro-
4
prio in una scuola libera, sottratta al
suo controllo e alle sue imposizioni».
E conclude: «Signor Presidente, le
diciamo con franchezza e simpatia
che la sua presenza tra noi è un ri-
chiamo di libertà, quella libertà per
cui lei si è sempre battulo, e che an-
che ora dirende con somma energia».
Pertini ringrazia, ma assicura i gio-
vani: «Io non vi faccio nessun di-
scorso». Poi un discorsetto lo fa.
Mi vengono incontro tanti ricordi,
come antichi amici. Ragazzo come
voi, mi sono trovato nel collegio dei
salesiani di Varazze con mio fratello
Eugenio, che poi ba conosciuto una
morte crudele nel campo nazista di
Flossenburg... Ho dei Salesiani un ri-
cordo dolce, buono: mi insegnavano
a "servire il Signore in letizia", gio-
cavano con noi in cortile, erano dei
fratelli maggiori...
Ho riferito al vostTO Ispettore una
Anche I più plccoll hanno qualcosa da do-
mandare al Presidente della Repubblca.
cosa che egli non sapeva. Don Bosco
disse un giorno al Direttore del col-
legio di Varazze, don Viglietti: « I miei
due successori porteranno un nome
che ricorderà il mio cognome Bosco».
E difatti i successori di Don Bosco
furono uno Rua (rovere), l'altro Al-
bera (albero). Ha detto questo, c...
vuol dire che qualcosa ha indovinato.
L'altro ricordo è quello di esserci
riuniti qui dai salesiani: oggi sono
presenti due di allora: Brusasca e
Valiani. Altri purtroppo sono morti.
Brusasca e Valiani sono due m1e1
compagni di lotta di cui ho potuto
apprei.zare la fierezza, l'intelligenza,
il coraggio...
Dipende anche da voi, ragazzi. A
voi io dico una cosa: adesso noi ab-
biamo conquistato la HberLà, cioè una
Repubblica. Bisogna difenderla. E sta
ai giovani difendere queste conquiste
che sono state fatte. La libertà è la
Repubblica. Noi non vogliamo che il
popolo italiano sia caccialo indietro
di cinquant'anni, che conosca nuo-
vamente l'amara esperienza che ab-
biamo vissuto noi. Oggi la libertà si
può difendere soprattutto con due
virtù: con il coraggio e con l'onestà.
Il coraggio di affrontare gH ostacoli
senza piegarsi. Noi oggi abbiamo
questa ondata di terrorismo. lo non
so se l'amico Valiani, che è un intel-
lettuale colto, sempre pronto a medi-
tare sulle osservazioni altrui, ad ap-
provarle o a criticarle, sia d'accordo
con me. Sto constatando, caro Leo,
che questi terroristi oggi "parlano".
Si vede che il carcere li sta spaven-
tando... Per me non sono uomini di
fede. Se fossero guidati da una fede
politica vera si manterrebbero sulle
loro posizioni senza piegarsi. E Pertini
ricorda gli uomini che condussero la
lotta al/~ dittatura, che salvo rarissime
eccezioni - dice - non hanno mai
fatto atto di sottomissione, non han-
no mai tradito. Perché? Ma perché
avevano una fede politica. Come i
primi crisLiani, si facevano sbranare
dalle belve perché avevano la loro
fede.
Ripeto, noi dobbiamo difendere la
Repubblica contro il terrorismo, con
il coraggio e con l'onestà. Con il co-
raggio dei giovaru e con il nostro,
perché noi non vogliamo demordere
nonostante la nostra età. E con l'o-
nestà, perché noi dobbiamo fare in
modo che la Repubblica sia onesta e
che la classe politica sia onesta,
perché il popolo possa sempre più
credere nelle Istituzioni.
Questo dipende anche da voi. Oggi
siete ragazzi, ma verrà il momento in
cui dovrete giocare un ruolo nella
società. Qui voi state preparando, con
i salesiani, con questi vostri educato-
ri, il vostro animo e la vostra mente. A
voi quindi lasciamo questo grande
compito di difendere la libertà e la
Repubblica.
Tutte le mattine ricevo giovani.
Prosegue Pertini: Quando ero Presi-
dente della Camera, ricevevo tutte le
mattine molte scolaresche. In otto
anni ho ricevulo 55.000 studenti. E
adesso, come Presidente della Re-
pubblica ne ho già incontrati 24.000.
Tutte le mattine ricevo da duecento a
trecento giovani che vengono da ogni
pane d'Italia. Quindi voi adesso ve-

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Il Pre1ldenle Sandro Pertlnl entra nella Casa salealana di via Copernico a MIiano, ac-
compagnalo datl'tspellora don Angelo Viganò (a alnl1tra) e dal Direttore don Franzelll.
u C JAVF. O LETTUPJ\\ L) QUE
L' lsUtuto Sant'Ambroglo in via Co- gliaio di studenti dell'Istituto salesiano e
pernico 9, a due passi dalla Stazione di scuole statali. Lo studente Aldo Bù-
Centrale, comprende oggi scuole (me- lega, del consiglio dell'istituto, tenne un
dia, liceo classico e scientifico), par- breve discorso; poi Il Presidente si la-
rocchia, oratorio, centro di orientamen- sciò intervistare dal ragazzi. Poco prima
to e numerose altre opere. Durante l'ul- delle 13 l'auto blu lo portò a visitare la
tima guerra è stato uno dei ritrovi clan- Prefettura di MIiano.
destini per I capi della Resistenza; nella Sandro Pertlnl è exalllevo salesiano,
primavera 1945 divenne sede del CLN non ne ha mai fatto mistero. Anzi parla
Alta Italia.
con gratitudine e nostalgia degli anni di
La "sala verde" dell'Istituto ospitava collegio. Rimasto orfano di padre, fu
le riunioni ufficiati. e In essa il 25 aprile messo dalla mamma nel collegio dì Va•
1945 fu approvata all'unanimità la pro- razze per le elementari, che terminò nel
clamazione dell'insurrezione milanese. 1907. Nel 1915 fu per pochi mesi in se-
Il 25 aprite 1980 il Presidente Pertini conda liceo nel collegio di Alassio, ma
ha commemorato a MIiano Il 35mo an- dovette Interrompere gli studi (forse per
niversario della Liberazione, lo accom- Indossare Il grigioverde). Queste vlcen•
pagnavano Il ministro Rognoni, il sena- de sono state ricordate dal BS di no-
tore Leo Valianl. Il sindaco Tognoli. vembre 1978, pag. 8-9.
I La visita all'Istituto salesiano -
Una chiave di lettura per la "colonna
quinta e ultima tappa del Presidente sonora" trascritta In queste pagine. Il
nella sua impegnativa mattinata - è presidente Pertini, che ammette con
cominciata poco dopo le 11,30. A rice- una vena quasi di tristezza di aver
vere il Presidente erano l'Ispettore sa- smarrito la fede ma conserva il suo
lesiano don Angelo Viganò e il direttore amore a Don Bosco, col suo modo si
dell'Istituto don Giampaolo Franzelli Il può dire salesiano di incontrare I gio-
Presidente fu accompagnato a rivedere vani ricorda agli adulti quanta attenzio-
la "sala verde" in cui con altri capi del ne, comprensione, amicizia e tempo si
CLN aveva deciso l'assalto alla Prefet- possa e si debba dare al giovani. Anche
tura e la costituzione del primo nucleo se si diventa Presidenti della Repubbll•
di Governo prowlsorlo. Quindi scese In ca, anche in una visita ufficiale con
palestra dove lo attendeva quasi un mi- corteo di ministri e parlamentari.
nite qui, mi fate delle domande, e io
rispondo. Avanù! Non abbiate sogge-
zione dei vostri assistenti e dei vostri
insegnanti. Non abbiate soggezione di
questi grandi uomini come Valiani.
Tu, vieni qui! Come chiami?
«Massimiliano».
Che bel nome! Quanti anni hai?
•Qua.:,,i quattordici•, risponde il ra-
gazzo. E comincia,io le interviste...
«Ho notalo - co111i11tw Massimllia-
110 - che il suo pubblico è per lo più
composto da ragazzl Vorrei cloman-
darle: dove trova la pazienza per ,·i-
manere sempre co11 , ragazzi?•
Te lo dico subito. Gli anziani, quelli
della mia età, sono sempre dei
brontoloni e io non mi Lrovo 1anto
bene. lo con i giovani mi trovo bene
perché mi danno serenità e coraggio.
Seconda considerazione che devi fa-
re, Massimiliano. Siete voi che rap-
presentate l'avvenire della Patria. Noi
rappresentiamo il passato, ma voi
rappresentate l'avvenire. Ecco quindi
le mie attenzioni e le mie cure verso i
giovani. lo riesco sempre a stabilire
un contatto umano con i giovanì. l
giovani se ne accorgono: hanno bi-
sogno di sincerità e lealtà; essi hanno
un istinto animalesco nell'accorgersi
quando un anziano men te: lo abban-
donano. Non vogliono la menzogna.
I giovani sono puri cli cuore, puri di
animo, e vogliono quindi vivere e
parlare con gente che sia pura cli
cuore e pura di coscienza. ro me la
intendo con i giovani: parlando con
questi 24.000, non mi sono mai set1lito
fare nessuna domanda sciocca o fri-
vola. Mi hanno sempre posto delle
domande serie. Ecco perché io credo
nei giovani.
Quando parlano i politici. Si fa
avanti 1111 altro ragazzo. Tu come ti
chiami? Federico. Perché quando gli
uomini politici parlano, 11011 si capisce
mai quello che dicono?•
Ah, bravo! Quello che ho detto io
l'hai capito? «Abbasta/lla».
Come, abbastanza? Scusa, cos'è
che non hai capito? Io ho parlato con
chiarena, mi pare...
Vedi, Federico, c'è una brutta abi-
tudine nel mondo politico: usare un
linguaggio inconcluso, quasi che
usando termini difficili un uomo po-
litico potesse diventare più impor-
tante... Bisogna quindi parlare con
semplicità. Io ho parlato sempre con
semplicità, Federico. l grandi educa-
tori sono sempre stati semplici nel
loro linguaggio. E quindi si son sem-
pre falli comprendere. Alla televisio-
ne sento un linguaggio così strano
che mi urta: e allora cosa faccio?
Cambio canale...
La disoccupazione dei giovani. «Mi
chiamo Ugo. Con quale prospe1tiva di
mserimento i giovani possono guar-
dare all'Italia elle voi state costruendo
per il futuro?»
Con quale prospettiva! Prima di
1ut10 i giovani che si stanno avviando
alla vita, devono cercare di inserirsi
nel tessuto nazionale con la loro
opera, perché nella società è neces-
saria l'opera di Lulli: l'opera del mo•
desto artigiano, del modesto lavora-
tore, arrivando a coloro che dirigono
lo Stato e a coloro che hanno una
grande cultura.
Mi preoccupa la d isoccupazione
che c'è nel nostro Paese. L'anziano
rie!>CC !>empre a trovare un po' di la-
voro, lavoro nero, come si dice: non
trova lavoro qui nella fabbrica dove
di solito lavorava, ma riesce a trovare
lavoro fuori, come metalmeccanico,
tornitore... La disoccupazione giova-
nile mi preoccupa per due ragioni:
essa può essere un terreno per la
droga e per il terrorismo.
Il giovane disoccupato non trova
comprensione talvolta nemmeno in
famiglia. I genitori, invece di avere
5

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comprensione, gli dicono: «Tu sei un
fannullone e non riesci a lavorare».
Non è che non riesca a lavorare, non
trova lavoro!
n giovane disoccupato si sente
emarginato, depresso moralmente,
esce fuori, non ha un soldo in tasca,
non è neppure compreso dai suoi ge-
nitori. Trova una canaglia di un suo
compagno che gli dice: « Vuoi evade-
re per qualche ora da questa tua de-
moralizzazione? Prendi questa polve-
rina.... ». Oppure qualcuno gli dice:
« Ti vuoi guadagnare cinquecento
mila lire?» Cinquecento mila lire! E
comincia a diventare un manovale
del terrorismo. Quando ammazzaro-
no il Procuratore Capo di Frosinone,
pescarono il responsabile, il figlio di
una famiglia perbene, ma disoccupa-
to: gli trovarono in tasca cinquecento
mila lire. Chi gliele aveva date? I ter-
roristi. Ecco, noi dobbiamo cercare di
preoccuparci della disoccupazione
giovanile; è quella che maggiormente
mi sta a cuore...
Il trascendente ml rende pensoso.
«Sono Enrico, ho 18 anni. Lei è staro
allievo dei salesiani in Liguria. Quali
sono stati i valori umani e cristiani che
ha ricevuto dai salesiani e quali ha
realizzato nella sua vita?»
Ti dico subito con molta franchez-
za che io rispetto la religione che è
stata di mia madre... Sono un demo-
cratico. Noi non ci siamo solo battuti
per la nostra libertà, ma per la libertà
di tutti. Io sono fedele aJJ'insegna-
mento di un grande pensatore fran-
cese: « Io dico al mio avversario: io
combatto la tua idea che è contraria
alla mia, ma sono pronto a battermi,
sino al prezzo della mia vita, perché
tu possa esprimere sempre la tua idea
liberamente». Siamo d'accordo su
questo punto?
Tu mi hai fatto la domanda: i sale-
siani? Loro mi hanno insegnato il
Vangelo, la parola di Cristo, come
aveva fatto mia madre vicino al fuoco
d'inverno. E dei Vangeli, te lo dico
con franchezza, tutto ciò che è tra-
scendente non lo accetto, cioè mi
rende pensoso. Ma tutto ciò che in-
vece è umano, io lo accetto. Vestire
gli ignudi, dar da mangiare agli affa-
mati, essere contro gli oppressori in
favore degli oppressi, essere sempre
in favore degli umili... E' vero o non è
vero? Il Vangelo dice: «Sarà più facile
che un cammello passi per la cruna di
un ago che un ricco entri nel regno
dei Cieli». E io, come socialista, l'ho
accettato e lo accetto ancora, perché i
Vangeli racchiudono anche delle ve-
rità di carattere sociale. La questione
trascendentale, lasciamola, Enrico. lo
rispetto la tua idea e tu devi rispettare
la mia.
I salesiani non facevano pressione
su di me: ecco perché serbo un ri-
cordo dolce. Quando andavamo in
cortile venivano a giocare con noi alla
palla, e giocavamo, ed erano con noi
Quando ci vedevano un po' tristi, ci
avvicinavano. Quando è morto mio
padre, io sono stato veramente assi-
stito moralmente da questi salesiani.
Vedi, piccoletta, il destino. «Sono
Simona. Cosa ha provato quando è
stata liberata l'Italia?»
Eravamo in Piazza del Duomo.
Eravamo in tre del Comitato insurre-
zionale: Valiani, Sereni, che è morto,
e io... E' stata una giornata gioiosa
per noi. H o fatto il primo comizio in
Piazza del Duomo: Valiani se lo deve
ricordare. Ho parlato vicino al mo-
numento. Ero con una partigiana che
poi è diventata mia moglie.
Vedj piccoletta mia, com'è il desti-
no degli uomini! 11 giorno stesso, l'ora
stessa in cui io qui con Valiani e gli
altri esultavo perché la libertà era
stata riconquistata, un mio fratello, in
quel giorno e in quell'ora, veniva uc-
ciso nel campo di Flossenburg in
Germania. Guarda che tristezza!
O segreto. C'è un ragatzino in pri-
ma fila, con una domanda evidente
sulla punta della lingua. li Presidente
lo apostrofa. Dimmi, piccoletto,
perché non hai parlato? E il ragazzi-
no: «Sono Marco. Qual è il segreto per
mantenersi così giovane?»
Te lo dico subito. Vedi, molti anni
[a io ho incontrato una signora dai
capelli bianchi, che aveva quasi 90
anni; e le ho chiesto come faceva a
mantenersi così giovane. Lei mi ha
risposto: «Compagno Pertini, quando
uno ha nel suo animo una fede vigo-
rosa, non invecchia mai». Ecco io ho
la mia fede nel mio animo, Marco.
Io vi sono amico. Sono le 12,30
passate, altri impegni attendono il
Presidente. Uscendo dalla palestra
rilascia autografi, dice a un militare di
servizio: Sua moglie che cosa dirà
oggi? Ci mancava questo Presidente a
rovinarci il giorno di riposo...
Un bambino di nove anni si è in-
trufolato tra le autorità, rirnane im-
perterrito davanti alla portiera del-
l'automobile. Il Presidente lo saluta
con un «Ciao!», e lui si fa coraggio:
«Signor Presidente, qual è il suo nu-
mero di tele/ono?» Periini: li mio nu-
mero al Quirinale è questo: 4699.
li bambino resta un attimo perples-
so, poi: «E se non mi passano la tele-
fonata?» Pertini: Allora tu dirai: desi-
dero parlare con Perlini, me l'ha det-
to lui a Milano. E dirai a me: sono
quel bambino che tu hai salutato dai
salesiani, e io ti rispondo. Hai capito?
Poi ringrazia l'Ispettore e gli altri
salesiani, e conclude: Non dimentica-
te che io vi sono amico. Se avete bi-
sogno, rivolgetevi a me.
j Libreria
CIAN LUCIANO
Informazione sessuale
educazione all'amore
Ed. Elle Di Ci 1980, pag. 212, lire 4.200
L'educazione sessuale - a volte pur-
troppo si tratta solo dl istruzione - è un
fenomeno che si va diffondendo e istitu-
zionalizzando, e data la delicatezza del-
l'argomento suscita una quantità di pro-
blemi a educatori, genitori, operatori di
pastorale giovanile. Oggi non c'è accordo
su cosa dire, su chi deve parlare, sul co-
me e quando. Il volume, dovuto alla pen-
na di un competente e valido divulgatore,
aiuta a riflettere sul tema, e indica la via
per intervenire evitando improvvisazione
e dilettantismo.
FIZZOTTI EUGENIO
Angoscia e personalità
L·antropologia in Viktor Frankl
Ed. Dehonlane (Via Marechiaro 46, Na-
poli) 1980, Pag. 126; lire 3000
In questo vivace volume l'autore, do-
cente presso l'Università salesiana, pro-
pone l'antropologia del noto psichiatra
Frankl, inventore della logoterapia, che sa
suggerire ai problemi dello spirito umano
soluzioni rigorosamente scientifiche e
coerentemente cristiane. L'uomo d'oggi
così spesso attanagltato dall'angoscia
dell'esistere in una realtà irta di contrad-
dizioni e povera di senso, secondo Frankl
trova solo nella piena libertà - intesa
non in senso passivo come «libertà da»,
ma In senso dinamico e finalizzato come
« libertà per• - il significato più vero di
sé e della propria vita.
PERRENCHIO FAUSTO
Bibbia e Comunità di base in ltalla
Ed. Las 1980. Pag. 232, lire 8.000
Questa ricerca rappresenta Il primo
tentativo di analisi documentata e scienti-
fica delle modalità con cui viene accostata
la Bibbia nelle Comunità di base Italiane.
SI articola in tre parti: la prima comprende
uno sguardo globale sul fenomeno delle
Comunità di base, per mettere in evidenza
i tratti salienti del loro Itinerario storico ed
esistenziale; la seconda affronta diretta-
mente il tema della lettura della Bibbia
nelle sue varie dimensioni; la terza infine
costituisce un tentativo di valutazione
complessiva del fenomeno esaminato.
Con questa pregevole monografia l'autore
offre al pastoralista e all'operatore pasto-
rale una visione sufficientemente ampia,
ben articolata e criticamente vagliata di un
fenomeno ecclesiale di rilievo. (Dalla Pre-
sentazione di Mario Mida/1)
6

1.7 Page 7

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[es risponde
I
Caro BS, sono una mamma. Ho visto s u più di un giornale una polemica
attorno alle trasmissioni televisive a base dj robot giappones i tipo Goldrake,
Mazinga, e altre slmlli "ferraglie". Da allora ho tentato di " r azionare" questi
programmi al mio Luigino, anni sette, perché mi sembrano davvero pieni di
violenza e diseducativi. Ma Luigino ne va m atto, non n e perde uno, e poi gioca
con I suoi amichetti a combattere I mostri stellari.
E ' vero - come bo letto - che con questi programmi la tv robotizza I
nostri bambini? Che cosa ne dicono coloro che studiano questi p_rob]eml? E
come consigliano di fare lo pratica?
Mariuccia Malinvemi - Milano
«Abbiamo deciso che bisognava fare qualcosa, q,~ando 11ostro figlio di nove
anni ci ha annunciato solennemente che da grande avrebbe /auo il super-eroe-..
Così due genilori di Imola, cl1e con altri genitori nel marzo scorso hanno inne-
scato la polemica contro Coldrake e compagni. Segno che questa "ferraglia ..
variopinta e altamente tecnologica può irrompere nel delicnto mondo dei bam-
bini e lascian•i 1racce profonde.
A sentire gli esperti il pericolo di robo1iu:azione esiste davvero; sembra però
logico affron1arlo con equilibrio, cioè senza ignorarlo, ma anche senza gonfiarlo
oltre misura. Vale fa pena dunque riassumere quel che sta succedendo, co11-
/romare le opinioni oggi circolanti, e cercare insieme - come chiede la signor<.
Mafinverni - qualche conclusione pratica sul che cosa fare
t
-- ~
~
'I
"~';'e\\y,,?.. ,,
Imputato Goldrake
alzatevi!
Inviando mllle lire al Club Spulale si diventa
Amici di Goldrakh. Sulla tttaaera I bambini
mettono la loro lolo c he potrà HMtre - pre-
clu Il regolamento - a colorl o In bianco e
nero. Ma la cou più lmportant.e è che Goldre-
ke In persona afferra tutti I suol amici per Il
mano e - come mot lra Il disegno - Il t,a.
1clna In fantastici voll per gli tpul sldentll.
Dunque dal Giappone non arrivano
più solo i transistor, le macchine fo.
tografichc e le auto. ma da q ualche
anno anche i robot. Quindici anni fa
l'industria giapponese dei cartoni
animati non esisteva, oggi impiega
oltre seimila dipendenti e ha fatturati
di cenùnaia di miliardi. Si parla di
una trentina di programmi diversi,
con 1.500 episodi prodotti ogni anno.
E da quattro anni ne è cominciata
l'esportazione. Le dolci figure di H ci-
di, Rémi, Candy Candy, ma anche
quelle bellicose di Capitan Harlock,
Goldrake, Mazinga, Ufo Robot, sono i
nuovi eroi che stanno soppiantando
nella simpatia dei bambini i paperi di
Walt Disney e perfino Tom e Jerry.
I robot venuti dal Giappone. I mo-
tivi del successo su scala mondiale
dei cartoni animati giapponesi sono
noti: i programmi vengono realizzati
con l'aiuto del computer che riduce i
costi, sono messi in vendita a un
prezzo che è metà e anche un terzo di
quelli praticati dagli Stati Uniti, rac-
contano di un mondo avveniristico
quanto mai suggestivo, incantano i
piccoli spettatori con una fantasma-
goria di colori e un'efficacia di trama
mai conseguite finora.
•Goldrake - spiega un bambino di
selle anni - è cornuto e di metallo.
Dentro c'è un uomo che lo guida e
che si chiama Actarus. Lui e sua so-
rella Maria sono gli unici che si sono
salvali da1Ja steUa Flid. Actarus sale
su Goldrake, tira una leva e parte. Ci
sono otto uscili.: segrete per non farlo
trovare dai nemici. Poi Goldrake in-
contra iJ mostro e si mette a combat-
tere•. In realtà il robot è dotato di
incredibili accessori, come i pugni
rotanti, l'alabarda spaziale, iJ doppio
maglio perforante, il raggio fotonico e
il tuono spaziale. Il robot Mazinga di
solito deve vcder.,ela col Dottor In-
ferno che tenta di conquistare la
Terra con i suoi mostri: enormi sca-
rabei volanti, meduse dai tentacoli
giganteschi, robot dall'espressione
diabolica... E poi c'è ancora Gundam,
c'è Jeeg Robot, ognuno con le ~uc
armi e le sue epopee siderali.
A nanna col robot Sui teleschermi
ilaJiani gli eroi gala11ici del Giappone
hanno fatto la prima apparizione nel
marzo 1977, ma imperversano da un
paio d'anni soltanto: in questi tempi
Ufo Robot e Goldrake sul secondo
canale, Mazinga !>Ul primo. Ma in
misura abbastanza contenuta. In
compenso le tv private trasmettono
in dosi massicce, e a tutte le ore. Cosl
la mania dei super-eroi stellari !>i è
diffusa tra i piccoli con la rapidità di
un'epidemia di morbillo.
Questi robot eallurano le astronavi
nemiche, ma più ancora catturano
l'attenzione e la fantasia dei bambini.
Se abbandonati a se stessi e avendo a
disposizione un televisore a colori
con telecom? 1o, i bambini passano
iJ tempo sai· ndo da un canale al-
i'altro in cea .ici mostri. I giardini
pubblici, le piaae e le vie io certe ore
del pomeriggio si spopolano, i ragaz-
zini sono inchiodati davanti a l video.
Assimilano tulio: i nomi dei perso-
naggi, la terminologia fantascientifi-
ca, i suoni onomatopeici. Tra loro
parlano pm a l"ori;a di zip, boom, rug-
ger, smash e crash.
E giocano ai robot: •Facciamo che
siamo degli uomini, e poi facciamo
che diventiamo robot, e andiamo nei
dischi volanti». Non giocano più agli
indiani ma alla guerra spaziale. Ri-
producono le imprese dei personaggi
e le situazioni drammatiche a cui
hanno appena assistito. Si gridano:
Attenti al mio raggio fotonico!"
«Qui ci vogliono i pugni rotanti!,. « In
azione col maglio perforante!»
La civiltà dei consumi ha da tempo
pensato a rendere più reaJisùci i loro
giochi, mettendo in commercio i gio-
cattoli delle serie tele, isive: i robot, le
navi spaziali, i ca chi e le tute, i boo-
7

1.8 Page 8

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merang elettronici; ma anche le figu-
rine, i giomaJetti («Vanno solo più
questi dei robot», ammette sconsola-
to l'edicolante), le magliette con gli
eroi stampati in tinte indeleqili. l ra-
gazzi si salutano tra loro con grugniti
onomatopeici o con un "pugno ro-
tante". I maestri se li vedono arrivare
a scuola carichi di aggressività. Invi-
tati a disegni di libera creatività, i
bambini riempiono i fogli di robot,
mostri e astronavi. Anche i temi di
fantasia si popolano di questi esseri
fantascientifici. E a notte, quando
vanno a dormire, si portano il gio-
cattolo suJ cuscino, non vogliono sa-
pere di togliersi la maglietta.
Storditi come polli. JJ primo grido
di allarme: «Stanno robotizzando i
nostri bambini!» appariva sui gior-
nali già nel gennaio 1979; la questione
fu portata perfino in Parlamento. Ma
il caso scoppiò quando a Imola oltre
600 genitori degli alunni delle quattro
scuole elementari presero l'iniziativa
di scrivere una lettera collettiva di
protesta indirizzata alla Rai, alla
Commissione parlamentare di vigi-
lanza e al Ministero della Pubblica
Istruzione. Nella lettera i programmi
con i robot venivano definiti «tra-
smissioni diseducative che seminano
violenza e odio». A causa di questi
program m i «in cui c'è un uso della
scienza, della tecnica, e della stessa
fantascienza, legato alla guerra - la-
mentavano i genitori - , i nostri fi.
glioli stanno assimilando una conce-
zione di vita irreale e assurda».
Aggiungevano: « Cogliamo perciò
filmati con un maggior contributo
didattico, per non trovarci tra breve
in una giungla di piccoli robot senza
cervello». Perciò questi genitori do-
mandavano: « Perché non capovolge-
re il messaggio? Perché non educare i
nostr i ragazzi alla convinzione della
possibilità, oltre che della necessità,
che la scien za e la tecnica d iventino
strumenti di liberazione uman a?»
Insomma sostiene Dario Ciani, il
papà che ha steso la lettera di prote-
sta, « Non vogliamo che i nostri figli
vengano su tutti uguali, tutti storditi
come tanti polli da mangime».
Un mondo disumano. Il primo
rimprovero mosso di solito a Goldra-
ke e Mazinga è che il loro mondo è
drammatico, violento, disumano.
Niente fate gentili, gnomi bwfoni,
gatti con gli stivali, gr.illi parlanti: la
favola antica è liquidata. La tecnica,
protagonista nella 6aba giapponese,
sfugge alle mani dell'uomo e gli for-
gia creature perfette e indistruttibili,
costantemente vincenti, a Jui supe-
riori perché affrancate dal gioco fra-
gile dei sentimenti, incapaci di trasa-
limenti commozioni o ripensamenti,
refrattarie alla debolezza della pietà.
Questi robol si muovono in un
mondo di avanzata industrializzazio-
ne, dove albe e tramonti sono lividi e
gonfi di minacce, dove non c'è più
spazio per le piante e gli animali (e
quando se ne incontra sono anch'essi
mostri pericolosi, portatori di morte).
L'azione del racconto obbedisce allo
schema più scontato: la lotta tra il
bene e il male, con grande spreco di
fiamme, raggi della morte, scontri
fragorosi, incendi e distruzioni apo-
calittiche. Non per nulla - è stato
notato - queste catastrofi cosmiche
sono pensate e prodotte nell'unico
paese al mondo che abbia già speri-
mentato sulla propria pelle gli orrori
della guerra atomica.
L'aspetto fantascientifico - in cui
il bambino d 'oggi. sembra ritrovarsi
così bene - non è poi così futuribile
come sembra: le abbiamo già le porte
che si aprono da sole, per effetto di
In ogni spettacolo non mancano I fragorosi
«boom• di apocallttlche dellagrazlonl.
cellule fotoelettriche; quanto a Ma-
zinga e i suoi avversarie la loro per-
petua tensione tra una vita allucinata
e una morte apocalittica non è molto
diversa dall'equilibrio instabile in-
staurato dai missili a testata nucleare,
dalJe bombe al napalm, dalle armi
atonuche chimiche e batteriologiche
che incombono sulla nostra civiltà.
Barbarie da età della pietra. C'è
pure chi intravede nei super-poteri cLi
questi robot invincibili - e è un
nuovo rimprovero - un riferimento a
s.ituazioni di dittatura assoluta, c'è chi
scorge in Goldrake e compagni il
fantasma di un qualche Hitler, chi
teme per una diseducazione politica
dei bambini. E' evidente infatti nelle
situazioni descritte la delega di ogni
responsabilità al super-eroe, che si
assume da solo il compito cLi sconfig-
gere le forze avverse. L'incombere
dall'alto di un destino terribile a cui è
impossibile sottrarsi, l'affidamento di
ogni compito all'eroe, l'accettazione
fatalistica di essere da lui "salvati", la
rinuncia passiva a un proprio prota-
gonismo, vengono considerati giusta-
mente elementi negativi.
Mentre ben diversa è la lezione che
viene per esempio dal modesto Pi-
nocchio, il burattino di legno che at-
traverso una lunga serie di esperienze
- sovente dolorose, sempre ricche di
contenuti umani - cresce e matura
fino a diventare " un ragazzo perbe-
ne". In Pinocchio il bambino può ri-
conoscersi, i due crescono insieme, le
vicende dell'uno possono essere an-
che per l'altro positive e maturanti...
Si rimprovera ai robot anche di
suggerire ai bambini una visione di-
storta della scienza e tecnica, della
loro funzione nel mondo: la ricerca
scientifica nei filmati è serva del po-
tere, gli scienziati sono docili pedine
in mano ai tiranni, la loro funzione
consiste nel creare strumenti di di-
struzione sempre più raffinati. Come
spiegare poi ai bambini che quella
dello scienziato, del ricercatore, può
essere una professione nobilissima di
"servizio all'uomo", con un'alta per-
centuale di dedizione, nel desiderio di
migliorare il livello cLi vita sulla Terra?
A questi cartoni animati, che sono
senza dubbio i più vivi di colore rea-
lizzati finora, si rimprovera di ridurre
il mondo interiore a due soli colori, il
biaoco e il nero, senza possibilità di
tinte grigie. Tutto è buono o cattivo,
estremamente positivo o negativo,
nessun personaggio trova collocazio-
ne in quell.e zone intermedie di colore
in cui nella realtà stazionano i comu-
ni mortali...
Al mondo dei robot si rimprovera
ancora il moralismo di maniera: c'è
sempre una generica esortazione alla
pace, alla bontà cosmica, alla frater-
nità intetstellare. Ma questi vaghi
sentimenti fanno appena da supporto
a una violenza allo stato puro, all'ag-
gressività distribuita attraverso il vi-
deo come un godibilissimo bene di
consumo. Le tecnologie avanzate così
ben descritte suggerirebbero di pen-
sare un' umanità progredita, ma il
modo in cui i prodotti tecnologici so-
no impiegati rimanda invece all'ottu-
sa barbarie che si è soliti attribuire
a ll'età della pietra.
Violenza come bene di cons umo.
C'è tra gli studiosi chi non si scanda-
lizza per la violenza dei robot, chi
sostieoe che altre forme di intratteni-
mento per i ragazzi sono anche più
violente. r telefilm di genere polizie-
8

1.9 Page 9

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sco, o dell'orrore, o i western, sforna-
no attori in carne e ossa che si ucci-
dono in laghi di sangue. Si fa notare
che negli Stati Uniti, paese delle sta-
tistiche, un ragazzo all'età di 18 anni
avrebbe già assistito a qualcosa come
19.000 assassinii televisivi, e che que-
ste carneficine sembra abbiano la-
sciato ben poca o nessuna Incidenza
sui ragazu normali.
Ci sono studiosi che ritengono i vari
Goldrake addirittura utili per esor-
cizzare le paure inconsce dei bambi-
ni, che uno spettacolo di violenza
scarica perché il bambino, che non
può muoversi nella grande città, vive
cosi una specie di esperienza vicaria e
liberatoria mediante le immagini del
video...Goldrake violento? - prote-
sta Nicoletta Artom, la funzionaria
della Rete 2 della Rai che ha intro-
dotto quel robot in Italia -. I bam-
bini urlano, picchiano, saltano, emet•
si sa che in bambini affettivamente o
biologicamente carenti, certi filmati
possono acuire una predisposizione
alla violenza. Una continuata esposi-
zione alle scene forti, soprattutto nei
primi anni di formazione, risulta cer-
tamente negativa. l programmi di
lotte violente, se visti a lungo, posso-
no scatenare per impulsi mimetici,
puramente imitativi, l'aggressività
anche nei ragazzi normali.
RegredJscono. A rendere pericolosi
questi programmi si aggiunge il
coinvolgimento che la televisione sa
creare. Le favole antiche erano udt'te
dai bambini, o lette. La condizione di
ascolto, e ancor più quella di lettura,
lasciava intauo in loro il naturale fil.
tro critico del linguaggio e della cul-
tura. Invece, precisa la studiosa An-
nafranca Converso, «la suggestione
televisiva specialmente a colori si
impadronisce in maniera totalmente
/f(/
,j / \\ ~
':''' y~
,i.1-)/_
'
..... "'-.....-
·.<,~:, ,,
"'....'. ~.
.,, -
. un mostro enorme t eceso dal cielo e ha rapito mio nonno!• Ma niente paura, presto arrlver6
l'eroe spaziale, ridurrà Il mostro In polpette e llbereriì Il nonno.
tono strani suoni, ma è un diverti-
mento innocuo. Non è violenza. E' un
modo di scaricarsi, di giocare, del
tutto surreale...... E Mario Carpilclla,
anche lui deTia Rete 2: «Non c'è vio-
lenza più astratta e inoffensiva di
quella dei robol spaziali. Considero le
proteste dei genitori Erutto di imma-
turità pedagogica».
Ma uno studioso come Aldo Agazu,
dell'Università Callolica di Milano,
taglia corto su queste tesi: «C'è stato
un certo periodo in cui si credeva che
uno spettacolo dì violenza scaricasse
e liberasse; oggi sappiamo tutti che
non è così, che anLi avviene U con-
trario. E c'è di più: la violenza trasci-
na, specie quando è di massa-. Oggi
avvincente dei due principali organi
di senso, la vista e l'udito: proprio
perché il bambino è più vulnerabile•.
L'identificazione con i personaggi di-
venta totale, il potere di suggestione
devastante. « li risultato sarà un ra-
gazzo chiuso in se stesso, egocentrico,
aggressivo, che parla soltanto con il
televisore e non con i coetanei, che
imposta i suoi rapporti con gli adulti
sulla prepotenza e il capriccio, perché
ha imparato la lezione da Goldrakc•.
T robot serviranno almeno a svi-
luppare la fantasia? Qualcuno lo so-
stiene: «Con questi racconti il piccolo
spenatore viene proiettato in un
mondo surreale che mette alla frusta
la sua fantasia e la risveglia». «Non ci
credo - ha replicato il sociologo
Franco Fcrrarotti -. Intanto, perché
lo stimolo più importante per la fan-
tasia resta la riflessione personale,
possibilmente sul libro, sulla parola
stampata che obbliga a "vedere per
conto proprio", quindi a costruirsi
mentalmente il mondo di cui si scri-
ve: operazione forse più faticosa, ma
vera e personale, non offerta bell'e
fatta come un cibo precotto o una
pietanza premasticata... •·
Si nota nei ragazzi una regressione
ancbe nella capacità di esprimersi:
avviene quando il gesto (il... pugno
rotante) e il suono onomatopeico (i
vari scrash) tendono a sostituirsi aJ
linguaggio articolato. Gli insegnanti
lamentano: •Farli ragionare è sempre
più difficile, non vogliono più stare
ad ascoltare, non sanno più fare cri-
tiche•.
Poi si arriva aJ caso limite di bam-
bini psichicamente fragili, e allora
tutto è possjbiJe. C'è la mamma che
protesta: « La notte si sveglia urlando,
tutto eccitato perché ha sognato Gol-
drake o Mazinga, e mi chiede di aJ.
lontanarc dalla stanza i pupazzi che
raffigurano questi mostri. Altrimenti
non riesce a dormire•. C'è il bambino
americano che credendosi l'Uomo
Ragno si è buttato daUa finestra del
sesto piano.
In dosi pediatriche. Si sono accorti
i responsabili dei vari enti televisivi,
che la lv con questi programmi può
"robotizzare i bambini'"? Sembra di
sì, in lLalia e all'estero. ln un articolo
del Radiocorriere (Non si vive di soli
robot), Carlo Bressan ha passato in
rassegna le varie tv europee per evi-
denziare la preoccupazione dei pro-
grammisti e le loro contromisure. La
tv di stato norvegese ha semplice-
mente deciso di non acquistare i
programmi giapponesi. ln Gran Bre-
tagna puntano su racconti sceneg-
giati di argomento storico, su novelle
e fiabe. La tv belga rispolvera gli an-
tichi eroi nazionali o storie familiari
in lunghe serie piene di avventure. La
tv svedese punta su "musicaJs fiabe-
schi". Niente Goldrakc in Germania,
perché dicono i programmisti che
realtà e fantasia non devono annul-
larsi a vicenda ma sempre integrarsi...
Tutti i responsabili si dicono però
preoccupati per il vero problema, che
è di produrre dei programmi in grado
di reggere - nello spietato giudizio
dei bambini - alla concorrenza dei
mostri intergalattici giapponesi.
Molti esperti non sono per il bando
assoluto di Goldrakc e compagni, ma
sono per una loro visione limitata e
controllata: ~ somministrati ai bam-
bini " in dosi pediatriche", non sa-
rebbero eccessivamente pericolosi.
Per dirla con Dino Basili, capo Ufficio
9

1.10 Page 10

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stampa della Rai, « Non è un u ,vo
che fa male, ma una frittata di vtnti
uova». E l'ente televisivo italiano
coerente con questo principio, ma
anche attento alle proteste dell'opi-
nione pubblica, ha diradato molto gli
appuntamenti dei bambini con i ro-
bot. In particolare la Rete 1, che ave-
va in serbo 52 puntate di Mazinga da
trasmettere di seguito, ne ha riman-
dato la seconda parte all'autunno. E
nella trasmissione " 3, 2, I... contat-
to!" ha cercato di demitizzare i su-
per-eroi galattici: ha spiegato che co-
s'è la fantascienza, ha portato i bam-
bini a discutere su Pinocchio e Ma-
zinga, ba insegnato le prime rudi-
mentali nozioni sulla robotica. Pur-
troppo lo sforzo educativo della Rai
non è assecondato da molle tv priva-
te, che pur di accalappiare i piccoli
spettatori continuano a proprinare i
robot: c'è chi dice in quantità da dieci
a quindici volte maggiore rispetto alla
Rai.
E così le responsabilità, in ultima
istanza, ricadono tutte sui geni~ori.
Un rapporto corretto con la tv. 1
robot sono uno dei tanti problemi
proposti al mondo adulto dal "Pieri-
no televisivo": il solo elencarli sareb-
be già lungo. Cresce di anno in anno il
numero di ore che i bambini passano
davanti al video; gli e ffetti si fanno
sentire sul piano fisico (sedentarietà,
rinuncia al gioco di movimento), e
ancor più sul piano psichico. E ' un
QUATTRO REGOLE
SULL'USO DELLA TV
Sono state formulate dal neuro-
psichiatra Giovanni Bollea, e do-
vrebbero essere ris pettate - con
l'aiuto dei grandi - da tutti I ragazzi
almeno fino all'età dell'adolescenza.
1. Trenta-quaranta minuti di tra-
smissione al giorno, come massimo.
2. Mai assistere agli spettacoli Tv
da soli, ma insieme con un "anima-
tore" - genitore, o fratello più
grande, o qualche altro adulto - in
modo che si elimini la "passivizza-
zione". E' proprio questa la vera
causa del danno. I bambini assisto-
fatto che il ba. ~. bino :ma la tv: più
che i singoli pmgrammi gli piace lo
strumento1 specie se è a colori e con
telecomando. Si ha allora una vera
fascinazione, c'è chi parla di lrance
televisiva, di effetto droga, di video-
dipendenza, di... sindrome da tubo
catodico. Sempre negli Stati Uniti
un'inchiesta svolta per conto del set-
timanale Time tra bambini di età 4-6
anni, ha rivelato che alla domanda
« Vuoi più bene a papà o alla tv? » il
43% dei piccoli intervistati opta per il
televisore.
I genitori sono dunque chiamati a
impostare per i loro ragazzi un rap-
porto corretto con la tv. Non possono
considerarla una baby-sitter elettro-
nica che sos tituisce la mamma. E
neppure avrebbe senso che abolisse-
ro del tutto in casa la tv (in qualche
famiglia è stato fatto), perché essa ha
anche dei vantaggi, e poi è meglio che
i propri figli anche in questo campo si
sentano non estraniati ma " contem-
poranei" dei loro amichetti.
Il buon senso consiglia di misurare
i loro tempi di visione, e di dedicare
una mezz'ora al giorno per guardare i
programmi con i figli, e poi parlarne
insieme. Soprattutto se l'eroe del
giorno è una "ferraglia" vagante ne-
gli spazi siderali.
E poi, bisogna impegnare i ragazzi
a fare altro. Raccomanda l'ennesimo
esperto di bambini e Lv: « Portiamo i
nostri figli a cercare le rane nei fos-
sati, e vedrete che nessuno di loro si
ricorderà che esiste il televisore».
Ferruccio Vaglino
no passivamente o negativamente
perché la tv è diventata per loro una
specie di baby-sitter. Con l'interven-
to di un adulto che faccia da "filtro",
anche certi tipi di fumetti, pur non
adatti al bambini, possono essere
neutralizzati. La regola principale
deve essere proprio questa:
tv + animazione.
3. In generale la televisione
ammesso che sia educativa - ga-
rantisce spettacoli per ragazzi fino al
primo telegiornale della sera. Biso-
gna rispettare questi orari. Se i ra-
gazzi continuano a vederla anche
dopo, è inutile lamentarsi del loro
incubi notturni.
4. La tv può invece diventare uti-
lissima a scuola, proprio perché qui
esiste un animatore (l'insegnante) e
attraverso la persuasione filmica si
ha un ottimo strumento didattico.
Quando la suggestione dell'immagì-
ne televisiva è guidata diventa sen-
z'altro positiva, poiché se ne posso-
no cogliere proficuamente t~.te le
immense possibilità di insegnamen-
to ai ragazzi.
-------------ITALIA*
N on venire negli Spiritual
Il
Songs. Rischieresti: pri-
''
mo, di trovare degli ami-
ci; secondo, di avere qualcosa da fa-
re; terzo, di eseguire canti d'un certo
impegno... ». Con questi deterrenti al-
la rove•;cia don Giuseppe Bettin a
Varazze invita i giovani. E essi ci
stanno. Ne ha più di 90 Era co.risti,
suonatoti d'orchestrina e tecnici.
Tutti insieme formano il «Gruppo
degli Spiritual Songs», un complesso
corale-strumentale misto che in do-
dici anni di vita ha strappato applau-
si, conquistato simpatie e aiutato la
gente a riscoprire il Vangelo.
Perché gli spiritual songs sono ap-
punto questo: una meditazione can-
tata del Vangelo, un incomparabile
dono di fede e speranza - intriso di
povertà, sofferenza e lacrime - che
gli schiavi neri delle piantagioni del
Profondo Sud banno offerto ai bian-
chi e al mondo in cambio dello sfrut-
tamento e dell'ingiustizia subiti. Que-
sta lezione della storia è valida oggi
non meno di ieri, e i ragazzi di don
Bepi la propongono a sé e agli altri.
Cantano. In un leatro, una chiesa,
una piazza. Dove li invitano, dove c'è
qualcuno che non si accontenta di
John Travolta, dove c'è capacità di
ascolto di voci profonde.
E' un messaggio attuale. La storia
della corale di don Bepi è semplice: è
nata facendo altro. Si era nel famoso
1968, la febbre divorava un'intera ge-
nerazione di giovani, c'era chi pensa-
va che per raddrizzare l'Italia bi-
sognasse anzitutto sfasciare ogni cosa.
In quella calda estate don Bepi da
Sampierdarena condusse un gruppo
di giovani a un campo di lavoro in
Piemonte. Il loro - ricorda Mirko,
reduce da quell'esperienza - era «un
1968 portato avanti non a parole ma a
fatti, aiutando il prossimo e forman-
do un gruppo che trasmettesse un
messaggio non inquinato da falsi miti
o da profeti fasulli. E per rendere le
ore del lavoro più allegre, fra una
goccia di sudore e l'altra vennero in-
tonati alcuni s_uirituals proprio come
[acevano secoli prima i negri d'Ame-
rica nelle torride piantagioni del Pro-
fondo Sud». Fu la scintilla: al ritorno,
in autunno, si formò la corale. Nel '69
le prime esibizioni, una serie di con-
certi a livello regionale, e i primi suc-
cessi.
Con gjj anni, ragazzi e ragazze un
po' cresciuti lasciano e fanno posto
alle nuove leve. In anni recenti il di-
scorso degli spirituals sembrava su-
perato e s pirava una cert'aria di crisi;
dal '77 invece il gruppo si è rinnovato
e il suo messaggio oggi sembra p
attuale che mai «La pace continua-
10

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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A VARAZZE PROPONGONO IL VANGELO CANTANDO
compenso finanziario - spiega don
Bettin -. Ci accontentiamo del sem-
Ditelo
plice rimborso-spese per i viaggi. l
nostri concerti, proprio perché sono
fatti sotto forma di proposta del
messaggio evangelico, ricevono il mi-
con
li S irituals
glior compenso quando il pubblico
risponde con l'attenzione. Segno che
ha pienamente compreso il significa-
to del nostro cantare insieme•. Ma
ciò non risolve i problemi di Mar-
Il "Gruppo degli Spiritual Songs" sorto nel centro giovanile di Va- gherita.
razze propone con I suol concerti un messaggio di fede e di speranza Margherita, che tiene la cassa, illu-
stra scherzando le voci del loro bi-
lancio: «Capitale sociale. tanta voglia
mente minacciata spiega ancora mente i ponti. Tre anni fa si è sposato, di cantare. Fondo di riserva, ferma
Mirko -, e la violenza ogni giorno e naturalmente ha sposato una ra- intenzione di continuare. Utili d'eser-
più feroce, sembrano il tetro preludio gazzo della corale, e naturalmen1e a cizio. l'intere!.se destato negli ascol-
a una catastrofe universale. Eppure sposarli è stato don Bepi. I coristi tatori». Poi spiega che le spese non
basterebbe ripescare quegli insegna- sono fieri di lui, e lui li ricambia pre- sono poche (apparecchi per amplifi-
menti dì Cristo che troppo spesso parando ancora. tanto in tanto, cazione, strumenti musicalì, peda-
abbiamo volutamente smarrito nel qualche arrangiamento.
ne...), che il bilancio «sempre zoppi-
corso della nostra esisten1:a. Per fare Ma il successo è merito di tulli, cante, a volte cade nella più nera di-
questo sarebbe sufficiente ascoltare grandi e piccoli. Dice Antonella: sperazione•, che quelli del gruppo ri-
uno spiritual dei religiosii,simi negri «Sono entTata nella corale per pura mediano in parte con lavori in co-
d'America, in cui pace, i,riuslizia, ca- curiosità, dopo aver assistito a un mune come la distribuzione degli
rità e perdono sono proposti come concerto trionfale. E ci sono rimasta elenchi telefonici o la raccolta della
unici meu:i per vincere ogni battaglia perché subito dopo la prima prova mi carta. Ci si aggiusta
e ogni disputa... •·
sono accorta che il gruppo non era Questi ragazzi che cantano la gioia,
Così, per esempio, i ragazzi di don composto da camores asettici e per- la carità e la speranza, in un tempo di
Bepi nella veglia di Natale 1979 erano fezionisti, ma da persone che oltTe ad sfiducia e in un'ILalia malata, riesco-
a Pero, con la popolazione, per at- amare la musica avevano tanta voglia no a convincere. "il loro canto - ha
tendere cantando La nascita del Sal- di fare qualcosa"·
testimoniato uno spettatore - mi ha
vatore; e il parToco non riusciva a Marina scende in profondità: elevato verso Dio. Anche se eravamo
capire: «Come hanno ratto a mettere «Crediamo che in ognu110 di noi esi- in piazza. Evidentemente le cattedrali
insieme tanta gioventù, con i tempi sta un poco d'amore, e cantiamo nel sorgono d'incanto dove e-;iste la
che corrono?• Così la corale è stata al tentativo di trasmeuere così la nostra spontaneità, la partecipazione diretta.
paesello di don Bepi (Villatora in quel sete di pace, il desiderio di dire tutto anche se non c'è predica o funzione
diPadova), c'è stata già due volte, e la quello che le parole spesso non rie- con orpelli e candele».
gente li aspetta, e se li prendono in scono a esprimere». E ancora: «Non Tutto questo è anche salesiano.
casa uno per famiglia, come figlioli. siamo professionisti alla ricerca di Don Bepi ricorda sovente che "Don
La gioia di cantare. li segreto del applausi, vorremmo piullosto essere Bosco ha voluto riempire le sue case
gruppo è l'affiatamento: sono amici noi ad applaudire chi ci ascolta e ci di tanta musica da far scoppiare di
fra loro. Per cantare in coro ci vuole capisce».
gioia i suoi giovani•. E per conto suo
affiatamento, e il messaggio che S entirsl spiritual. Il gruppo ha an- vorrebbe che «ciascuno si sentisse -
esprimono è una proposta di amici- che le sue difficoltà, comprese quelle come mc e i miei ragazzi - un po-
z-ia. Un'ottanLina di cantori, sette economiche. «Non chiediamo alcun chino più spirilual».
suonatori, e quattro tecnici del suono
•dotati di cento mani, per non con-
tare i piedi».
A volte si associano alla corale, e
volentieri, dei professionisti: dei dici-
tori, dei cantanti di grido. Come il
baritono Lino Molinari, che si è esi-
bito in un paio di concerti.
Tra i grandi, oggi i coristi annove-
rano anche uno di loro che da qual-
che anno (j ha lasciali (ma non del
tutto): il giovane pianista Massimi-
liano Damerini, che ha intrapreso la
carriera concertistica e con ottimi ri-
sultati. Quando era uno di loro, u·a-
duceva i testi in italiano e preparava
gli arrangiamenti. Con la sua sensibi-
lità ba saputo consen•are ai songs del
loro repertorio la redeltà all'antico
mondo negro, e insieme adattarli al
gusto italiano d'oggi. La carriera ar-
tistica porta Damerini lontano da
Varaz.ze, ma non gli taglia definitiva- Un'eaecuzlone a Varazze del «Gruppo degli Splrltual Songs...
11

2.2 Page 12

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LE FMA VERSO IL CENTENARIO DELLA LORO CONFONDATRICE
T orino, 13 aprile 1980. Giovanni
Paolo II parlando alle migliaia
di religiose che gremiscono la
basilica di Maria Ausiliatrice ricorda:
«Proprio questo luogo sacro nel quale
siamo oggi riuniti ci porta alla me-
moria la figura di una figlia di questa
forte e generosa regione, santa Maria
Domenica Mazzarello, fondatrice in-
sieme con Don Bosco delle Figlie di
Maria Ausiliatrice... Visse nell'umiltà,
nella mortificazione, nella serenità
della sua donazione a Dio, realizzan-
do la sua "maternità d'amore" verso
migliaia di giovani».
Sta per scattare la data storica del
centenario della morte della Santa
(14 maggio 1881), e il Papa stesso,
senza volerlo, ha dato autorevolmen-
te il via alla preparazione del grande
avvenimento.
In quel lontano 1881. Scriveva in
quel lontano maggio 1881 l'Unità
Cattolica di Torino: «L'Istituto delle
Suore di Maria Ausiliatrice, fondato
da Don Bosco, ha fatto poc'anzi una
perdita sensibilissima. li 14 del cor-
rente maggio, a Niz:e:a Mon[errato,
suor Maria Mazzarello, la Superiora
Generale, an:e:i la pietra angolare e lo
strumento abilissimo che la divina
Provvidenza aveva messo nelle mani
di Don Bosco per la nascente Con-
gregazione, spirava nel Signore, vitti-
ma del suo ardentissimo zelo... ».
Una breve vita di appena quaran-
taquattro anni trascorsi quasi intera-
mente in due oscure borgate del Pie-
monte, Mornese e Nizza, assoluta-
mente nulla di ciò che oggi potrebbe
mettere in moto la macchina delle
comunicazioni. Eppure la stampa
italiana ed estera parlò di quella
morte. La gente aveva constatato che
sotto il governo di quell'umile figlia
dei campi il nuovo Istituto delle FMA
in meno di dieci anni si era esteso con
le sue duecento suore dal Piemonte
alla Liguria, alla Lombardia, al Ve-
neto, alla Francia, al Sud America,
arrivando con le sue eroiche missio-
narie fino alla Patagonia. Un cammi-
no formidabile.
In realtà, alla radice di quella sor-
prendente espansione c'era un moti-
vo profondo di cui non poteva ren-
dersi conto la stampa. E' quell'im-
ptJ.lso dello spirito che avev.a spinto
Madre Mazzarello in una direzione
precisa: essere là, con le sue suore,
dove ci sono bambine e giovani che
hanno bisogno cti un "aiuto" per la
loro promozione umana e la loro
formazione cristiana; di preferenza le
più povere, in tutti i sensi.
La Confondatrice. Si, in partenza
c'era l'idea, la regola, il solco traccia-
LO da Don Bosco con il suo incon-
12
L'oggi e il futuro
s t az arello
L' Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice si appresta a celebrare Il
centenario della morte di santa Maria Mazzarello. DI colei cioè che
ha arricchito, completato e specificato In senso femminile il carisma
di Don Bosco, che ha « inaugurato una caratteristica femminile entro
la saleslanità,.
fondibile carisma. La grandezza di
Maria Mazzarello sta senz'altro nel-
l'aver saputo capire, accogliere, rea-
lizzare in umiltà e fedeltà il progerto
da Dio affidato a Don Bosco nella
fondazione dell'Istituto. Ma tale
grande:e:za sta anche e singolarmente
nel fatto che Maria Mazzarello ha
dato via libera allo Spirito Santo
operante in lei attraverso particolari
doni concessi in vista della missione a
cui era chiamata: quella di essere con
Don Bosco" fondatrice " dell'Istituto.
Celebrare Madre Mazzarello alla
luce del centenario della sua morte,
vuol dire vederla non soltanto come
"pietra angolare" e "prima s uperio-
ra" dell'Istituto, ma come colei che
arricchisce, integra, completa e, si
può dire, specifica in senso femmini-
le, l'azione carismatica di Don Bosco
nella fondazione dell'Istituto delle
FMA. E' vederla, quale l'ha ricono-
sciuta la Chiesa, "confondatrice",
con quei tratti cioè che danno mag-
gior rilievo alla sua figura, perché la
pongono in una posizione specifica-
mente sua.
Infatti « la Mazzarello - come ha
notato il Rettor Maggiore don Viganò
- ha messo tutta la sua sapienza, il
suo amore, l'interpretazione e l'intui-
zione della sua creatività femminile
per assumere la vocazione salesiana
nel modo che è proprio della donna...
Don Bosco non ha creato personal-
mente lo "spirito di Mornese", seb-
bene questo non si spieghi senza di
lui. Fu Madre Mazzarello con tutte le
sue compagne a costruirlo. Si tTatta
quindi di una u·aduzione attiva, co-
struttrice, creatrice... La Mazzarello
inaugura una caratteristica femmini-
le entro la salesianità ».
L'oggi di santa Mazzarello. Sono
passati cent'anni, eppure quella spin-
ta di Spirito Santo opera ancora nel-
l'Istituto con una forza di vitalità che
non può passare inosservata. Come
ieri, Madre Mazzarello nelle sue Figlie
va incontro alle ragazze del popolo
con quella "maternità d'amore" che,
proprio perché prolungamento del-
l'amore di Dio per noi, è tra quei va-
lori perenni che resistono alla prova
del tempo.
Se, come pare abbia voluto sottoli-
neare il Papa a Torino, proprio in
questa ''maternità d'amore" è la ca-
ratteristica femminile della salesia-
nità inaugurata da Maria Mazzarello,
certo la Santa è fortemente attuale.
Bisogna guardare da vicino le di-
ciassettemila FMA che operano nei
vari continenti. Ci si accorge allora
che dove c'è una speranza più forte di
vita cristiana, su cui la Chiesa e la
società possono veramente contare
per il futuro, in quei luoghi e am-
bienti c'è la semplicità, la povertà

2.3 Page 13

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contenta, l'umiltà che sa trovare iJ
suo giusto posto di servizio nella
Chiesa; c'è la carità tradotta in spirito
di famiglia, in gratuità di dono, in fc-
~La; c'è l'Eucaristia messa veramente
al centro della vita; c'è il senso pro-
fondo della dimensione spiccata-
mente mariana ed ecclesiale della
propria consacrazione -missione...
Tutti questi sono gli elementi fon-
danti la "maternità d'amore" di Ma-
dre Mazzarello: e sono, come un
tempo a Mornese e a Nizza, il vissuto
quotidiano delle Suore.
Una risposta alle attese delle gio-
vani. Viene da pensare a certe attese
di fondo dei giovani d'oggi, che sal-
tano fuori da tutti gli incontri e le
statistiche che si interessano della
realtà giovanile: la richiesta di un
senso per la vita, di una comunica-
zione interpersonale più vera, di un
andare all'essenliale delle cose, un
vh•ere autenticamente quello in cui si
crede, un donarsi gratuito che diventi
~cgno più leggibile del e Dio che si ra
dono all'uomo•, una proposta seria
di impegno per gli altri, ecc. Qual è la
risposta che Maria Mauarello conti-
nua a dare attraverso le FMA a tali
richieste?
Le documentazioni che giungono
dalle varie parti del mondo al centro
dell'Istituto dicono che proprio la ri-
scoperta della figura della Confonda•
trìcc fatta dalle Suore in questa vigi-
lia del centenario, mentre è un forte
:.timolo a un rinnovamento dal di
dentro della propria vita di consa-
crale-apostole-salesiane, porta inevi-
tabilmente a un'azione cducati\\'a che,
penneata sempre più nel profondo
dallo spirito di Morne~c. cerca di ri•
spondere nel modo più adeguato alle
istanze concrete delle giovani d'oggi.
E questo, partendo soprattuuo
dalla vita. Madre Mazzarello mostra
incarnato in sé, in maniera semplice
cd esaltante insieme, il senso della
vita consacrata. Si è persuase che
tradurlo con semplicità e gioia nel
proprio quotidiano di Figlia di Maria
Au!;iliatricc è già un dire alle giovani
che la vita, ogni vita, ha un senso.
Allora le «Giornate per la vita», le
«Marce in favore .<!ella vita», il «di-
i.corso catechistico sul valore della
vita•, la «celebrazione liturgica della
vita• che ha al suo centro I'Eucarì-
Mia, diventano veramente una pro-
posta-risposta per le ragan.e. E cosl
per tante altre rispo:.te: rapporto in-
terpersonale d'amicizia sempre più
vero, ricerca dell'essenziale, propo~ta
di fede chiara cd esplicita, realtà della
presenza operante di Maria nella
propria vita...
La biografia e le lettere di Madre
Mazzarcllo sono per un confronto
aperto e continuo tra le Figlie e la
Madre: quanto lei faceva per le gio-
vani sotto l'azione dello Spirito Santo
cent'anni fa, ha ancora tutta la forza
di novità dello Spirito per operare
nella loro vita e in quella delle ragaz-
Le anche nel tempo presente, anche
in questo ormai imminente avvento
del Duemila.
Una risposta a.lJa Chiesa e al Papa.
«Esorto con tutto il cuore voi, che la
consacrazione religiosa deve rendere
ancor più al servizio delJa Chiesa -
ha scritto Giovanni Paolo Il nella
Càtechesi Trade11dae - a prepararvi
nel miglior modo possibile al compito
catechetico... Le comunità consacrino
Enere dove cl sono bsmblne che hanno bi-
sogno di promozione umarui cristiana .
il massimo delle loro capacità e delle
loro possibilità all'opera specifica
della catechesi•. Rispondendo con
un'ininterrotta tradizione d'impegno
catechistico nella Chiesa, oggi più che
mai le FMA si rendono conto di
camminare sì nel modo più genuino
sulle piste di Don Bosco, ma anche di
fare propria l'ansia di Maria Mazza-
rello che sul letto di morte racco-
mandava ancora alle sue suore: e Fa-
te studiare il catechismo! " • E il ca-
techismo sia catechismo!"·
Una fedeltà che non viene meno
mai nell'Istituto. anche e soprattutto
la dove gli si legano mani e piedi per
ognì altro tipo di azione apostolica. Si
fa catechesi in tutti gli ambienti in cui
è possibile raggiungere bambini, ra-
gazzi, giovani, nella persuasione che
la catechesi è una componente indi-
spensabile e privilegiata dell'educa-
:tione cristiana dei giovani a cui sono
specificamente chiamate dal carisma
del Fondatore. E dal Vaticano Il in
poi non poche comunità consacrano
il massimo delle loro capacità e pos-
sibilità anche nella preparazione dei
catechisti laici, con ,•ere e proprie
scuole riconosciute dalla diocesi, o
con prestazioni specifiche di perso-
nale, ambienti, sussidi per le scuole
da questa organizzate.
Quando Madre Maz.zarello si
preoccupava di preparare responsa-
bilmente le suore catechiste, incul-
cando di "mellere ogni cura per ben
conoscere le verità di fede ed essere
in grado di farle apprendere ad altri
nei catechismi e nell'opera di evan-
gelizzazione•, non si parlava certo
ancora di Cristo come centro vivo
della catechesi, di Eucaristia come
mistero pasquale, di Maria vista nel
mistero di Cristo e della Chiesa, della
persona umana da porre al centro
dell'azione paswrale, ecc. La Santa
però intuiva e viveva in concreto
queste realtà che la Chiesa del Vali-
cano n ha riespresso, e che oggi il
Papa ribadisce nei suoi documenti.
Polarizzata verso l'EucaristJa. Ma-
ria Mazzarello era così polarizzata
verso l'Eucaristia che si levava in
qualsiasi stagione anche nel cuore
della notte (in casa non c'era una
sveglia e la chiesa era mollo lontana)
per partecipare alla messa; e restava
a volte d'inverno tanto a lungo ingi-
nocchiata sul pavimento, che, per il
congelarsi dell'acqua gli Loccoli non
volevano più staccarsi dal suolo. Ba-
sta questo a dimostrare che realmen-
te l'Eucaristia era per lei la sorgente
di quel « dono insondabile e gratuito
che è la carità rivelata, e di quella ri•
sposta d'amore• di cui parla Giovan-
ni Paolo Il di «quell'autentico senso
dell'Eucaristia che diventa - come
appunto è stato per Maria Mazzarello
- scuola di amore attivo per il pro:.-
simo». E trova pieno riscontro quan-
to il Papa afferma ci.rea la stretta re-
lazione esistente fra un vero culto
eucaristico e la crescita in noi della
consapevolezza della dignità umana.
La familiarità sempre più grande
col Cristo eucaristico. intuito nel suo
mistero di morte e di risurrezione,
rende infatti Madre Mazzarello «par-
ticolarmente sensibile a ogni soffe-
renza e miseria umana, a ogni ingiu•
stiiia e torto, impegnandola in modo
concreto a rimediarvi: ma al tempo
stesso la fa uscire in quell'espressione
c.:he, pur non negando l'esigemm del-
l'impegno cristiano per la difesa della
13

2.4 Page 14

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giustizia, potrebbe diventare lo slo-
gan di ogni scuola di non-violenza:
«Le ingiustizie e le ingiustizie è me-
glio subirle che farle».
Un · monumento vivente. E con
l'Eucaristia, la Madonna, l'ausiliatrice
deUa Chfosa e di tutto il popolo cri-
stiano, ma anche l'ausiliatrice, la ma-
dre, il modello di singolo cristiano.
Una dimensione che, per Don Bo-
sco e Madre Mazzarello ieri e per le
Figlie di Maria Ausiliatrice oggi, è
come la sintesi e insieme la qualifica
della loro spiritualità e della loro
azione apostolica.
Quel "Totus tuus" nello stemma
pontificio di Giovanni Paolo n (cioè:
tutto di Maria), che ritorna tradotto
in cenlo forme di preghiera e di atti
concreti a livello personale ed eccle-
siale, è il motto che già vivevano Don
Bosco e Madre Mazzarello. A Val-
docco come a Mornese e a Nizza si
respirava la Madonna. «Di tutto noi
siamo debitori a Maria»; «Non pos-
siamo errare, è Maria che ci gi.ùda »;
«Solo in cielo potremo conoscere,
stupefatti, ciò che ha fatto Maria per
noi», continuava a dire Don Bosco. E,
insieme a un monumento in pietra -
il tempio di Maria Ausiliatrice -,
erigeva alla Vergine un "monumento
vivente", l'Istituto delle FMA: l'uno e
l'altro destinati a cantare nei secoli le
sue meraviglie.
Pietra angolare di questo "monu-
mento" fatto di pietre vive, Maria
Mazzarello afferrò tutto il significato
della sua nuova vocazione: amare
Maria Ausiliatrice, diffonderne la de-
vozione, essere con lei ausiliat1;ce
delle giovani nella Chiesa, configu-
rarsi a lei per esserne vera figlia.
Un cammino di conversione. Ri-
scoprire sempre più a fondo la loro
Fondatrice, in quest'arco di centena-
rio che si prospetta loro davanti, vuol
dire per le sue Figlie sentirsi fra l'altro
impegnate con tutto il loro fattivo
slancio nella realizzazione concreta
del Piano di animazione mariana lan-
ciato dal Rettor Maggiore nel feb-
braio scorso per tutta la famiglia sa-
lesiana. Assumerlo responsabilmente
e tradurlo in azione secondo le pro-
prie possibilità personali e comunita-
rie, è senz'altro impegnarsi a "rin-
verdire", come dice il Rettor Mag-
giore, la propria vocazione nello spi-
rito più vero di santa Mazzarello.
Maria Ausiliatrice, la Madonna dei
tempi difficili, continua cosi ancora a
essere la maestra, la guida, la spe-
ranza che va contro ogni speranza,
nei momenti più scoraggianti dell'a-
zione educativa della Figlia di Maria
Ausiliatrice, così come lo è stata per
la Madre nei momenti burrascosi
della sua vita a Nizza e a Mornese,
quando si sollevarono contro di lei e
le sue Suore le armi della calunnia e
del disprezzo.
Gwda, aiuto, e modello soprattutto.
Il Papa, nel discorso del 13 aprile
scorso a Valdocco concludeva: «Sia
la Vergine Maria il mirabile modello
della vostra vita di anime consacra-
te». Qui, pensiamo, può trovare il suo
costante confronto quella «maternità
d'amore», che aveva già rilevato nella
Mazzarello. Quella maternità in cui si
fondono armonicamente tutte le ca-
ratteristiche della sua santità, verso la
quale le Figlie di Maria Ausiliatrice
vogliono concretamente tendere con
un cammino quotidiano di conver-
sione in questo periodo che le prepa-
ra alla celebrazione centenaria della
sua morte.
Suor Carmela Calosso
La «Maternità d'amore. - di cui parla Il Papa - è anche per una suora missionaria andare In
Thallandla a soffiare Il nasino del bambini.
14
DON MICHELE VALENTINI
S l, sono stato io a scoprire i
((
morti sotterrati nelle Fosse
Ardeatine». Lo disse per
l'ultima volta in forma ufficiale, sotto
giuramento, nel 1975 deponendo al
processo per il film "Rappresaglia".
E tante altre vicende di questo sin-
golare sacerdote sono state quasi di-
menticate, ignorate perfino da chi
negli anni recenti gli era vissuto ac-
canto. A un anno quasi dalla morte
conviene ricordarlo.
n"Gruppo don Valentini". L'uomo
che sembrava destinato a una tran-
quilla carriera di studi e di insegna-
mento tra i libri di Sacra Scrittura
che prediligeva, si vide dirottare dagli
avvenimenti per una strada del tutto
diversa e imprevista. Nel 1943 don
Valentini si trovava a Roma inse-
gnante nella casa di formazione sale-
siana ''San Callisto". La sua comu-
nità aveva in custodia anche le cata-
combe omonime; le Fosse Ardeatine
distavano poche centinaia di metri.
Un lungo articolo di Diego Minuti,
apparso sulla G~zecta del Sud
l'I 1.1.1980, racconta i fatti.
Don Valentini aderì con una pre-
senza tipicamente sacerdotale -
quella che vede le sofferenze e le in-
giustizie, e cerca la misericordia e la
salvezza delle vittime - ai movimenti
clandestini, precisamente a quelli or-
ganizzati da Umberto Gazzoni. Di-
venne presto animatore di un gruppo,
che da lui prese nome: « Gruppo don
Valentini». Operavano nella zona di
San Callisto, dove le truppe d'occu-
pazione tedesche tenevano prigionie-
ri 250 soldati italiani, a favore di
questi e di tanti altri (soldati inglesi,
italiani sbandati, coscritti alla mac-
chia, israeliti). Il gruppo lavorò falsi-
ficando documenti di soggiorno, al-
terando carte annonarie, e facendo
passare per religiosi in transHo per
Roma giovani in cerca di scampo.
Sessanta soldati fuggiti dalla Cecchi-
gnola furon o nascosti nelJ'orato1;0,
camion carichi di esplosivi furono
fatti sparire, nella stazione Tiburtina
vagoni carichi d i m unizioni vennero
fatti saltare (non avrebbero più fatto
male a nessuno).
Il giorno dopo via Rasella. Il 23
marzo 1944 i partigiani avevan o se-
minato la mor te nella colonna di Al-
toatesini del battaglione Bozen che
stava passando per via Rasella; l'in-
domani fin dal primo pomeriggio don
Valentirù intuisce che i tedeschi stan-
no preparando q ualcosa. Staffette,
autoblindo, soldati vengono scaglio-
n ati lungo la via Ard eatina. Poi vede
sopraggiungere auto piene di ufficiali
e sottufficiali, tre cellulari, un'au-
toambulanza, autocarri... Don Valen-

2.5 Page 15

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no era in buoni rapporti con le truppe
di liberazione, ottenne dalle autorità
gli aiuti necessari per sfamarli e ve-
stirli, per assicurare loro scuola e
preparazione professionale. Cosl tanti
sciuscià poterono diventare "ragazzi
di Don Bosco".
Ormai don Valentini aveva messo
da pane i libri, il nuovo lavoro lo as-
sorbiva per intero. Divenne l'uomo di
pubbliche rela,.ioni che tanti hanno
conosciuto, andava a bussare alle
porte di chi poteva aiutare. Perché
intanto, oltre agli sciuscià, si era as-
sunto un altro compito, quello delle
colonie estive. Prima una, poi quelle
dell'lspettoria romana, poi numerose
altre sparse per l'Italia. Difficile dire
quanti ragazzi dissestati o semplice-
mente sfortunati ricevettero una ma-
no a crescere. E per mandare avanti
Scoprì le vittime
le colonie, don VaJentini creò l'Osag,
ossia "Opera salesiana cli assistenza
giovanile".
delle Ardeatine
E' la sua prima sigla, e tante altre
ne seguiranno, realistiche, rispon-
denti a bisogni veri della gioventù.
Come i Centri di addestramento (ora
di formazione) proressionale, le Poli-
Salesiano di squisita sensibilità e cultura, lasciò gli studi biblici sportive, i Cinecircolì, il Turismo gio-
predllettl per svolgere Il suo servizio al giovani e alla Congregazione vanile. E il Cnos (Centro Nazionale
attraverso le vie lnsollte dell'organiuazione e delle relazioni pubbli- Opere Salesiane), l'ente giuridico che
che. Il suo nome è legato alla resistenza partigiana, agli sclusclà di tutte le raccoglie e le rappresenta da-
Roma, e al tragico episodio delle Fosse Ardeatine
vanti alla società civile.
Una simpatica manifestazione d'o-
ratorio, la Scaletta, a Padova è nata e
lini si porta davanti all'ingres!>o delle Il 27 mar,.o don VaJentini con un cresciuta, anzi è cresciuta un po'
cave di tufo cli pouolana. Alle 17 da- altro salesiano, don Nicola Camma• troppo, e bisogna darle dimensioni
gli automezzi sono fatti scendere de- rota, entra nelle Fosse. L'aria è irre- nazionali: la affidano a don Valenlini,
cine e decine di uomini e donne (che spirabile, non si può proseguire. Ma è che convoca gruppi di giovani anche
si saprà st.rappati da Regina Coeli e percepibile l'acre odore di corpi in dall'estero, anche dcli'Asia, e Li fa
altre carceri, molti sospetti di attivi1à decomposizione, e i due tornano poco cantare e recitare davanti alle teleca-
partigiana). Poi vengono avviati nelle dopo con altri due salesiani, e con mere e sui teleschermi della Rete I.
cave, spinti brutalmente dentro. Gli naso e bocca protetti da garze. Ecco i L'uomo dì pubbliche relazioni era
ufficiali fanno stendere davanti al- primi corpi, ammassati l'uno stùl'al- ben accolto da piccoli e grandi, da
l'ingresso del filo elettrico innestato a tro, deUe 320 e più vittime delle Fosse presidenti e ministri; sull'esempio cli
una batteria Nessuno può fuggire. Ardeatine. li primo aprile tre auto- Don Bosco che non avc\\'a esitato ad
AJle 20 i motori degli automezzi carri militari tornano alle cave, ne avvicinare i Cavour i Crispi, anch'egli
fermi sul piazzale vengono accesi scendono soldati e operai, collocano an dava, chiedeva con umi ltà, con co-
tutti insieme. Il fragore è tremendo, una nuova serie cli mine più potenti, e raggio, qualche volta con fermeLZa.
ma non riesce a coprire il crepitio di questa volta i blocchi cli tufo si sbri- Perché sapeva di trattare una causa
una lunga raffica di mitragliatrice. ciolano murando l'ingresso.
non sua. 11 suo lavoro si svolgeva
Poi le raffìche si susseguono a pochi Due giorni prima, don Valcntini nell'ombra, tanto spesso nel chiuso
minuti di distanza, e don Valentini aveva portato la spaventosa notizia a dell'ufficio, tra scartoffie, pratiche,
intuisce il dramma che si sta consu- mons. Montini, futuro Paolo VI, al- carta da bollo. Un lavoro per nulla
mando nelle ,iscere della collina. I lora Prosegretario cli Stato.
salesiano? Era salesianissimo perché
motori degli automezzi a un trauo si ChJedeva come Don Bosco. Passa- tulio a servizio della gioventù.
formano, si ode ancora qualche sin- to il ciclone deUa guerra, Roma bru- Don Valenlini ba lasciato un breve
golo sparo, forse "colpi di grazia". licava di ragazzi sbandati, i famosi testamento spirituale che comincia
Poi i soldati escono di corsa dalle ca- sciuscià, e qualcuno diceva in giro: con • Ringrazio Dio di avermi creato,
ve, e si ode un boato. Cariche d i di- «Qui ci vorrebbe Don Bosco•. C'era- fatto cristiano, sacerdote e salesia-
namite esplodono, fanno franare il no i suoi figli, e cominciarono a rac- no•, e chiude dicendo: ~sono lelice
terreno, ma non sono abbastanza cogliere quei ragazzi. Don Valentini, di morire nella Chiesa cattolica, fe-
potenti per chiudere l'ingresso dei che grazie al suo passato d i partigia- dele al Papa e a Don Bosco•.
cunicol.i. Don Valentini rimane sul
posto tutta Ja notte. L'indomani i DON MICHELE VALENTINI - nella foto mentre celebre per un gruppo spor1Ivo - era nato San
soldati fanno brillare altre cariche di
dinamite, mentre in città cominciano
a circolare le voci di una strage com-
Gregorio d'lppona (Catanzaro) Il 21 .11.1910. Ordinato sacerdote nel 1936, ,1 era licenziato In
teologia pre110 la Gregoriana e In a■cr■ scrittura pre110 Il Biblico. Par1ec:lpb con animo a■cer­
dotale alla RHlstenza, lu lHllmone della Fossa Ardeatine. Finita I■ guena lavorò con gli sclusclà,
poi per te colonie estiva; In segutto organlzzb Il Cnos. La su■ morte Improvvisa à avvenuta Il
piuta dai tedeschi non si sa dove.
5.9.1979 (a 68 anni di età, 52 di vita salesiana e 43 d i sacerdozio),
15

2.6 Page 16

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BRASILE*
N e.lJ'articolo si legge: • Per in-
fluenza delle mission i sale-
siane gli indios delle varie
tribù stanno perdendo la loro iden-
tità». E poi: « Attraverso le missioni
sta nno funzionando delle vere e pro-
prie agenzie di collocamento: i padri
salesiani trasformano la regione del
Rio Negro in un serbatoio di indios a
buon mercato. Donne ind ie lasciano
la missione per venire impiegate a
Mana us, e invariabilmente finiscono
nella prostituzione; gli uo mini ~ono
usati per lavori di bassa manovalan-
L.a, perdono la loro identità e sentono
vergogna di essere indios». Insomma.
fra i salesiani e alcuni enti che ~i oc-
cupano degli indios «c'è una vera al-
leanza per distruggere i popoli indi-
geni del Rio Negro».
E non è tulio, è stato pure scritto:
" I Salesiani controllano tu u a l'eco-
nomia della regione•. Addirittura so-
no accusati di «aggred ire l'ecologia
del paese». Non basta, le loro male-
fatte si estendono su scala continen-
tale: Il caso del Rio Negro è appena
un esempio fra i tanti che si osserva-
no in varie nazio ni dell'America La ti-
na come Argentina, Venezuela,
Ecuador, Perù, Bolivia, Colombia,
dove mission i di vario tipo col prete-
sto di catechizzare gli indios li detri-
balizzano con un'aggressione senza
precedenti•.
Queste pesan ti accuse sono appar-
se su "Fo lha de Sào Pa ulo", uno dei
quotidia ni più le tti in Brasile, il
14.3. 1980. L'articolo, a firma Carlos
Alberto Luppi, porta un titolo an-
ch'esso pieno di allusioni: • I salesiani
vogliono che il Papa conosca gli in-
Bambini delle trlbu. Atçunl, çome questo, 111•
vivono nel centri, altri (toto aopra Il titolo) sono
ançora variopinti figli delle Hlve.
A chi giovano
certe accuse?
I missionari sono abituati a non essere compresi e a vedersi attac-
cati: tacciono, e continuano In silenzio. Ma per una volta Il Prelato del
Alo Negro ha voluto rispondere a un giornale di Sao Paulo (e ne esce
quest'Intervista di taglio Insolito per Il BS)
dio:. per evitare una denuncia aJl'O-
U •· Non è il primo articolo del gc..'-
nere, e ponroppo non sarà neppure
l'ultimo, ma è ceno il più pesante e
pieno di livore. Il prelato del Rio Ne-
gro mons. Michele Alagna, forte tem•
pra di missionario, di [ronte a queMc
accuse non riesce a nascondere il suo
sconfono.
Domanda. Mons. Alagna, l'arttcolo
in questione dice che nelle scuole
111issio11ane del Rio Negro «lal'Orww
230 padri salesi<mi...
Mons. /\\lagna. Magari esistessero
tanti sacerdoti nel Rio Negro! Ne ab-
biamo 20 in tulio, e di essi solo 6 si
occupano delle scuole.
D. Si dice elle ogni indio della re•
gione è obbligato a e11trare 11elle scuole
.salesiane-..
Mons. Alagna. No: entra chi vuole.
Ma tuu i vogliono entrare. l n una co-
munità si apre la scuola quando ci
sono venti ragaai per frequentarla.
Ora gli indios banno capilo l'impor-
tanza di mandarvi i tigli. e quando la
scuola manca ne sollecitano l'apertu-
ra. costruiscono l'aula, fabbricano i
banchi. Se non hanno un maestro del
posto, vanno a cercarlo altrove e tu tto
questo è meraviglioso.
D. Si rimprovera: I Salesiani non
!tanno adottato il regime di scuola bi-
culturale (quella cioè m cui si insegna
<l leggere e scrivere nella lingua ma-
tema, e poi come seconda li11gua in
ponoghese). Invece si i11segnt1 .,olo il
portoghese, cusm11gendo gli indws ad
abbandonare la lingua materna e la
G011ltura tradizionale».
Mons. /\\lagna. L'obiezione nasce
dal non capire la situazione del Rio
Negro. Le scuole comunali frequen-
tate dai raga:ui indios sono 109, e
quasi tulle hanno il maestro appar-
tenente aJ
gazzi. Solo
igIru-opopìondliinogsudiesltliacotrdibeùi
ra-
dei
Macùs non hanno ancora propd
maestri, e per ora devono cercarli
presso aJtre tribù. Fuori scuola, con
l'insegnante, i ragazzi parlan o in lin-
gua materna. A scuola, soprattutto
nelle prime classi. nell'uso orale pre-
domina la lingua materna, a cui man
mano si aggiunge quella portoghese.
Il grosso problema è per la scrittura:
questi indios appartengono a 33 tribù
diverse, per le cu i lìngue non esiste
ancora un sistema valido di scrìuura.
Dove già esiste, lo si utilizza negli ul-
timi corsi.
D. Si dice: •Migliaia di mdros l'en-
gono i,uenwti; i11 ciascun imemmo
missionario c'è una grande m1swr<1 dt
indios di van·e niluì, che s0110 1ra11ati
come buoi».
Mons. Alagna. Hanno già scrillo dì
peggio, hanno parlato di «sequestro
fisico e inte llettuale degli indios».
Quanto alle cifre, anche qui sono
buttate giù a casaccio. Gli internati
nel Rio Negro sono sei in sci centri
16

2.7 Page 17

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INSPIEGABILE CAMPAGNA CONTRO LE MISSIONI DEL RIO NEGRO
33 tribù diverse. I ragazzi che fre-
quentano le scuole della missione
diversi, e hanno in tutto 936 ragaz.t1 proviene dalle mi55iom ~alesiane del erano 2.000, ora sono quasi 7.000. Per
interni. Le «migliaia» sono frutto di Rio Negro•.
fortuna durante il 1980 avverrà un
fantasia. E gli internati sorgono per Mons. A.lagna. Certo qualche inclios censimento, e si metteranno le cose in
motivi di necessità. Nelle piccole co- è arrivato a Manaw,, lorse anche dal chiaro.
munità sparse per l'immensa regione Rio Negro. Ma la cifra di 10.000 è D. Per effeuo de/l'educazione e del
è po5$ibile assicurare solo i primi an- spropositata. Ancor più spropositalo sistema di vita imposto dai missionari,
ni delle elementari, e per I ragazzi che è che la maggior parte di essi arrivino negli indios del Rio Negro si starebbe
vogliono contin uare gli studi si ren de dal Rio Negro. Prima di fare certe verificando un fenome no di perdita
necessario raccoglierli nell'internato. afferma.-:ioni bisognerebbe andar a della personalità, di detribaliu.azione.
Le accuse conlro questo tipo di contare sul posto.
Insomma. oggi «gli indios del Rio Ne-
scuola circolavano da parecchio D. Si parla di •do1111e indie che gro 11011 sanno puì se sono brasiliani o
tempo, e nell'ottobre 1979 ho radu- escono dalla missione per essere as- indios•.
nato i tuxauas o capi delle tribù, ~unce come impiegate o domesriche. e
Mons. A.lagna. Per quel che mi ri-
perché ne discutessero. Ormai sono invariabilmente finiscono per dive11ta- suha, gli indios che passano nelle
capaci di incontrarsi e affrontare i re prostitute. Gli i11dio.s sono w,ati a nostre scuole o vivono a contatto con
problemi da soli. Erano in più di 80, Ma11au:, ,·ome bassa manovalanza: i missionari imparano che !,ODO "in•
hanno studiato questo problema sot- come lustrascarpe, 1•e11d11ori ambu- d ios brasileiros". Non voglio sempli-
to tutti i punti di vista per I.re ore. Alla lanti. Vivono 11elle favelas, ii, stato di ficare le cose, so che il problema è
fine hanno deciso: «Gli internati de- assoluta miseria..."·
molto complesso, che questi indios
vono rimanere. Noi siamo capaci di Mons. Alagna. Certamente c'è vanno incontro a notevoli difficoltà di
autogoverno. e abbiamo deciso che
nella situazione attuale è bene per i
nostri figli che gli internati com inui-
no•.
D. Si legge 11el/'articolo: «Agenzie di
qualche c:.cmpio di singole per..one.
ma al solito partendo da pochi esem-
pi si generalizza troppo. I missionari
poi non possono impedire che dei li-
beri cittadini (e gli inc.lios rut10 :,om-
ordine non solo psicologico. Ma il
profondo cambiamento culturale che
sta avvenendo in tutto il mondo, se
investe anche il Rio Negro, non lo
colpisce certo per causa dei missio-
collocame11to degli indios stanno fun- mato lo ~ono) !>postino da una nari. E' un fenomeno di trapasso
ziunando attraverso le miss10ni». E !ii parte all'altra del pac:,e. Ma CS!>Ì non inevitabile mollo più vasto e genera-
precisa: «Oggi n Manaus 111w famiglia vedono bene che gli indios lascino il lizzato, in cui i missionari se mai agi-
che abbia bisogno di una domestica Rio Negro. e fanno quel che possono scono da elemento moderatore ed
può dirigersi alla sede dei salesiani e perché ciò non accada. Comunque equilìbraLOre.
presto octiene w,'india a la,•orare co- tocca ad altre organinazioni civili ad
D. L'articolo contiene parole grosse
me domestica•·
impegnar~i decisamente in questo s11gli efletti della presupposta perdita
Mons. Alagna. Puramente fantasti- senso.
di identità:« Psicologicamente, a cc1usa
co. Nel Rio Negro non ci sono ageruie D. A causa dell'asserito esodo degli di ciò, gli indios soffrono una profon-
di collocamento: organizzate dai
biancl:ti. e tanto meno dai missionari.
Se mai esiste~~ero, non incontrereb-
bero certo l'appoggio dei missionari.
indios, il Rio Negro secondo l'articolo
«è l'unica regione do,·e la popolazione
decresce di anno in anno secondo le
statistiche ufficiali».
da tristezza, e entrano in im processo
di awo-pu11izio11e, al pumo che alcuni
tentano il suicidio». E a riprova l'arti-
colo presenta un caso solo ma con-
An . d.
Mons. Alagna. Non so dove quei vince11/e, la storia di Ana Dos Sa11/os:
D. Si dice ancora 11el/'articolo d1e signmi hanno visto tali statistiche uf- •Questa india di 13 anni, che si è uc-
« nelle scuole i missionari danno agi, ficiali. Per quel che mi risulta, quan- cisa con un colpo di fucile, era i.n un
indios le riviste del sud del paese, mo- do sono cntra10 nel Rio Negro gli in- processo di profonda rristezza, di vio-
strano i programmi ielevi.sivi, e usano dios erano 17.000 e ora sono 23.000, di le111a tensione e angustia per vedersi
altri artifici per far perdere all'indio la
sua personalità e ide111i1à•· Col mul-
tato che •gli mdios ora si .sentono at-
tratti dalle modemità della civiltà oc-
cidentale».
Mons. Alagna. La posta arriva solo
al centro della Prelatura, Sào Gabriel,
e quel che arriva si vede. Riviste e
r
giornali non circolano tra gli indios.
Da un anno c'è a Sào Gabriel una
stazione tv che trasmette programmi
per il centro. Al momento i tele\\•isori
sono una ventina in tutto, nel centro,
e nelle mani dei civilizados. Le radio
invece si sono molto dii fuse. Ma at-
tribuire delle responsabilità ai mis-
sionari è anche qui semplicemente
fantastico.
D. Si accusano i mc,sio11ari di aver
provocato un esodo di indios a Ma-
naus, capila/e dello stato di A111azo11as.
« Come risultato delle 1mssio11i sale-
siane - si legge - vivono oggi nella
periferia di Manaus più d, 10.000 in- Sio Gabriel. Mons. Alagna con la radio rlc•lnlamtttenle tiene I contatti con I mlnlonarl sparai nel
dios di verse tribù. E la maggior parte diversi centri della sua Prelatura, e con Manaua capitai• dell'Amuon■a.
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2.8 Page 18

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costretta dai padri salesiani a perdere
la propria identifà ed espressione cul-
turale ».
Mons. Alagna. Qui appare in tutta
la sua evidenza la tendenziosità del-
l'articolo. Ana Dos Santos non è india
come si dice, ma è bianca: i suoi ge-
nitori sono di origine portoghese. La
località di Santa Isabel, dove è avve-
nuto quel triste fatto, è un comune
ben organizzato, con sindaco, polizia,
giudice e tutto, e con i dati riguar-
danti ciascun abitante. Chiunque può
andare in municipio a controJJare, e si
rende subito conto che «l'angustia
per la perdita deJJa propiia identità
culturale» è una beJJa frottola . Una
deJJe tante dell'articolo.
D. { Salesiani sono accusati di
«trasformare la regione del Rio Negro
in un autenrico Curra/ (allevamento di
bestiame; fuori metafora: riserva di
mano d'opera a basso costo) di in-
dios».
pericolosi in Colombia, e poi anche
per sottrarli allo sfruttamento dei
commercianti, hanno avviato con gli
indios degli scambi in natura: gli in-
dios in cambio di quanto loro occorre
consegnano oggetti tipici del loro ar-
tigianato, e i missionari cercano di
pareggiare la partita facendo vendere
quegli oggetti a Manaus o altrove. Ma
non si può parlare di cooperative dei
missionari
Anzi, i missionari hanno favorito il
sorgere delle prime cooperative indi-
gene. Due sono già sorte, a Pari e
lauareté, e una terza sta sorgendo a
Taraquà. In tutti questi casi i missio-
nari hanno aiutato con denaro e fa-
cilitazioni di vario genere, e appena
possibile smettono quegli scambi di
prodotti a cui prima ricorrevano per
favorire gli Indios.
Natw-almente tutto questo non è
piaciuto e non piace a quanti pensa-
un grosso problema, mentre per le
rnissioru è un modesto contributo alle
spese non certo indifferenti che esse
devono sostenere per mandare avanti
l'internato durante tutto l'anno sco-
lastico.
D. L'articolista è del parere che i
suoi missionari non sanno neppure
evangelizzare, che «operano con una
visione tradizionalista, confondendo
evangeli.uazione con catechesi». Co-
munque « il loro obiettivo principale è
battezzare».
Mons. Alagna. Da molti decenni i
mfasionari lavorano nel Rio Negro,
hanno già seminato a lungo, e oggi
battezzano perché gli indios sono
preparati. Noti però che si dà il bat-
tesimo solo a chi lo desidera e lo
chiede esplicitamente. Ci sono tribù
quasi del tutto battezzate, altre dove i
battesimi arrivano al 30%, altre in cui
nessuno è diventalo ancora cristiano.
Mons. Alagna. H o già detto che sì,
alcuni indios si trovano nella periferia
di Manaus. Ma accusare i missionari
di trasformare il Rio Negro in unari-
serva di mano d'opera a basso costo è
semplicemente disonesto.
D. A carico dei missionari c'è pure
l'accusa che «aggrediscono l'ecologia»
del paese. Che cosa significa?
Mons. Alagna. Credo di sapere.
L'allusione è alle foreste dell'Amazo-
nas, che secondo alcuni studiosi do-
vrebbero rimanere intatte. Mentre
perché queste popolazioni possano
vivere, noi le si aiuta a trasformare
qualche piccola porzione di foresta in
campi e prati. A questi difensori esa-
sperati dell'ecologia occorre chiedere
anzitutto che spieghino come riesco-
no a conciliare il rispetto della foresta
con la lotta contro la fame nel mon-
do, una fame che raggiunge anche gli
indios del Rio Negro.
Pari Cachoelra, agosto 1978. Mons. Alagna amministra per la prima volta Il battesimo al Macus.
D. Dall'articolo si apprende che
l'attività dei missionari si svolge «con
fini puramente lucrativi». Essi avreb-
bero aperta cooperative che «entrano
i11 concorrenza con quelle degli indios,
e sono così potenti da soffocarle». ln
ial modo« i padn· salesiani, attraverso i
loro vari magazzini, controllano rutta
l'economia della regione».
Mons. Alagna. Le solite fantasie: i
missionari non hanno cooperative. In
passato gli indios per procurarsi gli
oggetti indispensabili (come sapone o
vestiti), dovevano spingersi fino in
Colombia dove trovavano spacci di
generi di prima necessità. Più recen-
temente numerosi commercianti ci-
vilizados si sono stanziati nel Rio
vano di sfruttare gli indios a proprio
piacimento, e di qui ci sono piovute
addosso nuove accuse.
D . Ma si dice che i missionari ap-
profittino anche delle scuole per fare
soldi. «La tassa di immatricolazione
versata dai genitori indios - si legge
- è di due panieri pieni di farina di
mandioca».
Mons. Alagna. La solita confusione.
La tassa di immatricolazione, impo-
sta dal governo e non dai missionari,
è di 5 cruzeiros (qualcosa come 100
lire). Quanto ai panieri di farina, si
tratta degli alunni che frequentano
l'internato e sono quindi mantenuti
dalla missione. Le suore che dirigono
Gli indi Macùs per esempio hanno
cercato il missionario più di dieci an-
ni fa, e con tutte le buone disposizioni
occorrenti, ma i primi battesimi sono
avvenuti solo l'anno scorso. Tra gli
Yanomami invece non battezziamo
ancora.
D. Le tante accuse elencate nell'ar-
ticolo - si legge ancora - dovrebbero
essere presentate all'ONU e ad alt1'e
importanti istituzioni compresa la
Santa Sede.
Mons. Alagna. Anche se queste
accuse andassero avanti, sono sicuro
che non sortirebbero effetto. Sono
troppo evidentemente campate in
aria.
Negro e arrivano a offrire agli indios
la loro merce anche nei punri più
lontani della regione, ma a prezzi
molto alti. I missionari, prima per
evitare agli indios quei viaggi lunghi e
gli internati chiedono ai genitori uno
o due panieri di farina di rnandioca,
come parziale contributo delle fami-
glie al mantenimento dei bambinL
Per i genitori quel po' di farina non è
D. Quest'intervista uscirà nel mese
di luglio, quando cioè il Papa sarà in
visita al Brasile. Dice ancora l'articolo:
« Per influenza dei padri salesiani, il
Papa dovrà (sic) visitare la regione del
18

2.9 Page 19

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poiazione è composta di 23.000 ìndios,
di civilizzati, e di meticci chiamati Ca-
bocios. La sua distribuzione nei tre
municipi della regione risulta irregolare:
a Sào Gabrlel. Il capoluogo, gli indi
sono 1170%;
a Barcelos gil indlos sono il 20% e I
civlilzzatl 1'80%;
a Santa !sabei lndios e civilizzati si
aggirano attorno ai 50%.
La Prelatura. E' una delle 15 riparti-
zioni ecclesiastiche dell'Amazzonia
Brasiliana. Affidata al Salesiani nel 1914
come Prefettura Apostolica, è stata
elevata a Prelatura Nullius nel 1925. VI
lavorano 20 sacerdoti salesiani, 11
Coadiutori e 46 Figlie di Maria Ausilia-
trice (giunte nel 1923).
Le scuole della Prelatura. Sono 116,
con 6.150 allievi. Dieci di queste scuote
sono state aperte In questi ultimi anni
nella comunità degli indios Macùs (che
sono 1500). Gli insegnanti sono 273, e
In maggior parte indigeni. Dal 1975
funziona una scuola magistrale che ha
già licenziato I primi due gruppi di 78 e
79 maestri. Nel gennaio 1980, 31 di
questi maestri si sono presentati all'u-
niversità di Belém, hanno subito gli
esami e sono stati ammessi tutli a fre-
DATE E DATI
SUL RIO NEGRO
quentare.
Il seminarlo. E' stato aperto nel marzo
1980, e conta 7 giovani nel liceo.
Ospedali. Nella Prelatura funzionano
La regione. Il Rio Negro è situato 5 ospedali con ambulatorio, più altri due
nell'estremo Nord-Ovest del Brasile. al ambulatori. Due soli i medici (ne occor-
confine con Venezuela e Colombia. At- rerebbero al più presto altri tre).
traversato dalla linea equatoriale, è co- Il Vescovo. Mons. Michele Alagna è li
perto di fitta foresta tropicale e solcato terzo vescovo residenziale del Rio Ne-
da grandi fiumi navigabili. il maggiore di gro (dopo mons. Lorenzo Giordano e
essi, lungo circa 2000 km, dà il nome mons. Pietro Massa, tutti salesiani). Na-
alla regione.
to a Marsala (Trapani) net 1913. a ven-
Superficie. Il Rio Negro è vasto quasi t'anni si recava missionario a Corumbà
come !"Italia: 286.866 kmq.
(Mato Grosso), Ordinato sacerdote nel
Abitanti. Sono appena 43 mila: se 1942 a Sào Paulo, tornava a Corumbà
fossero diffusi uniformemente nella re- dove dimostrò grande capacità orga-
gione, se ne troverebbe uno ogni 7 kmq. nizzativa nelle più svariate attività. Nel
Essi invece sono concentrati lungo I 1967 è stato consacrato Vescovo e
fiumi, che erano l'unica via di comuni- chiamato a reggere la Prelatura del Rio
cazione lino a non molli anni la. La po- Negro.
Rio Negro... P,-essio11i i11 questo senso
!>i stanno facendo al Vaticano, e la l'i-
sita del Papa nella regione del Rio
Negro è praticamente assicuraia•.
Mons. Alagna. Né io né alcun ahro
salesiano aveva sollecitalo e neppure
suggerito questa visita. Posso dire in-
vece che ce n'era stata prospettata
l'eventualità: « E se il Papa venisse in
mezzo a voi?» Ma da qualche parte
(come anche dall'articolo in questio-
ne) è stato asserito che non si Lraue-
rcbbe di una \\ÌSila pastorale, bensì di
una •Copertura• per salvare i mis-
sionari dalle accuse presso l'ONU e
altrove. Campagne di stampa di que-
sto genere, anche quando sono evi-
dentemente false come nel nostro
caso, purtroppo sovente ottengono lo
scopo desiderato. Se però il Papa
vorrà \\•enire in meu.o a noi, sono SI·
curo che l'intero Rio Negro farebbe
Lutto il possibile per accoglierlo come
lui merila e come la nostra fede saprà
suggerire.
D. A questo punto viene spontanea
una domanda: a chi giovano tulle
queste accuse? A cert, antropologi? Si
sa clze una pane di antropologi ancora
oggi vorrebbe gli i11dios chiusi i11 ri•
serve per poterli studiare come cavie, o
si illude di poterli così difendere e
conservare. O ci sono anche altre per-
sone che hanno interesse ad allo111a-
1Ulre i missionmi dal fianco degli in-
dios?
Mons. Alagna. Antropologi di quel
tipo venivano con una certa frequcn-
1.a nel Rio Negro. Ricordo alcuni di
loro che visitarono le scuole della
missione e non riuscivano a nascon-
dere il disappunto perché ragauetti
indios impara\\ ano a leggere e scrive-
re e si preparavano a occupare un
posto nel Brasile reale. Uno di csi,i
additando le scuole Lutto sconsolato,
mormorava: «Siamo arrivati troppo
Lardi!• Ora quegli antropologi non
vengono più. le autorità li tengono
lontani. Ma possono scrivere, e di
fatto scrivono.
La cosa potrebbe stupire, ma c'è
perfino qualche ecclesiastico - pochi
per fortuna - che non condivide il
nostro modo di operare; ne parlavo a
Roma col card. Saggio che mi rassi-
curò dicendo: Li conosciamo tulli,
non si preoccupi, vada avanti tran-
quillo».
Ci sono altri che vo1Tebbero impe-
dire o almeno frenare il nostro lavoro.
li fatto è che a qualcuno dà fastidio
che si parli di Cristo agli indios. Ad
altri dà fastidio che gli indios \\'adano
a scuola e imparino a leggere, scrive-
re, discutere, l'ar valere le proprie ra-
gioni. Perciò fingendosi protcllori
degli indios, si scagliano contro di noi
perché sanno che fin quando il mis-
sionario rimane al loro fianco gli in-
dios sono difesi e aiutati a crescere.
D. E voi intanto che cosa fate?
Mons. Alagna. Continuiamo come
prima perché gli indios ci hanno
chiamati. E' un aspetlo che dovrebbe
essere considerato di più: gli indios ci
vogliono accanto a sé. Senza missio-
nari era per loro una tragedia. I l o
raccolto testimonianze di indiol> che
ricordano quando certi gruppi di ci-
vilizados arrh avano nei loro villaggi
con le armi in pugno, razziavano
quanto da loro prodotto, abusa\\'ano
delle loro donne, e poi se ne andava-
no. Gli indios con noi si sentono si-
curi.
E non vogliono solo protezione. o i
prodotti materiali del mondo occi-
dentale, ma anche la nostra fede.
Tempo fa in un posto avanzato ho
dovuto cambiare un missionario
perché procurava agli indios solo il
progresso: essi si lamentavano con
mc perché volevano essere istruiti
nella fede.
Così dunque continuiamo, col me-
todo di Don Bosco, finché il Signore
ci darà forza. E' da lui che abbiamo
ricevuto il compito di annunciare.
Noi non ci sentiamo dislrut101i di
culture: in Gesù Cristo ci sentiamo
seminatori di speranza.
Mons. Alagna è arrivato alla reda-
zione del BS con ,ma talare decisa•
mente consumata, col bordo rosso di
vescovo sfilacciato in molti punti. Se
l'lta indossata per il suo viaggio in
Europa, forse è la migliore che pos-
siede. Strano modo di vestire, per 1111
1101110 elle «controlla lllNa /'eco110111ia
del Rio Negro• con i suoi 286.866 kmq.
di superficie.
(fl testo dell'i,11en·ista non è stato
rfristo da mom. Alagna).
19

2.10 Page 20

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Il successore di Don Bosco
Africa e Don Bosco
sono fatti l'uno per l'altro
Domanda. Signor Don Viganò, nel
maggio scorso Lei è stato per La secon-
da volta in Africa, press'a poco nei
giorni in cui ci fu anche il Papa. Dun-
que il continente nero suscita oggi il
più vivo interesse nella Chiesa, e anche
in quella piccola parte della Chiesa che
sono i figli di Don Bosco. Perché?
Risposta. Anni fa sentii dire da un
famoso scrittore che il secolo Vente-
simo aveva fatto tre grandi salti verso
il futuro: primo, la scoperta dell'e-
nergia atomica; secondo, l'evento del
Concilio Ecumenico Vaticano II; e
terzo, la fine dell'epoca coloniale in
Africa.
E davvero il terzo « salto verso il
futuro» è divenuto realtà non meno
degli altri due: bisogna dire che oggi
il Continente nero è una primavera di
popoli. Ci sono in Africa tanti stati
nuovi, ci sono culture autoctone ric-
chissime di valori umani, c'è amore
per la vita e una vera esplosione de-
mografica, c'è spazio e ci sono mezzi
per crescere, c'è coscienza e gioia di
divenire finalmente protagonisti.
I popoli africani
hanno ame ·1i Cristo
L'orizzonte è aperto: urge però as-
sicurarvi il sole di Cristo. Ce n'è
estremo bisogno, non solo per assu-
mere, difendere, purificare e rilan-
ciare i valori umani delle culture
africane, ma anche per uscire da una
specie di Antko Testamento che non
ha dato ancora un posto, nella vita
personale e nella società, alle ric-
chezze liberatrici della risurrezione.
Bisogna portare in tutta l'Africa il
Vangelo, e quanto prima. I popoli
africani hanno fame di Cristo. Quanti
inganni e schiavitù sono stati impor-
tati dal materialismo capitalista e da
queno marxista! Quanta superstizio-
ne si è accumulata per secoli in una
profonda e pur ricca religiosità, ma
non ancora purificata né assunta
dall'incarnazione del Verbo! Quanta
necessità di Vangelo! Davvero, senza
Cristo l'uomo svan isce.
Mi diceva un Vescovo che nel breve
intervallo (dieci anni) tra il viagi,,•io in
Uganda di Paolo VI e il recente viag-
gio di Giovanni Paolo 11 i cattolici nel
Continente si sono pressoché dupli-
cati: da 25 milioni sono passati a
quasi 50 milioni. C'è dunque un'ac-
celerazione di storia, che esige una
strategia pastorale di predilezione per
l'Africa da parte della Chfosa, e in
essa da parte dei figli di Don Bosco.
Un'm"ero~imile
mini ra di « destinatarh
D . Appena tornato dall'Africa, dopo
aver visitato il Gabon, lo Zaire, lo
Zambia e il Rwanda, lei ha detto che
«Africa e vocazione salesiana sono
fatti l'uno per l'altro». In che senso?
R. L'Africa è piena di gioventù: in
molti P aesi il 50% degli abitanti ha
meno di 15 anni! Ho visto in ogni
strada dei quarieri e in ogni villaggio
della foresta una ressa pressante di
gioventù gioiosa, con grandi occhi
curiosi in cerca di speranza. Qui le
famiglie credono ancora nella vita! E'
gioventù povera e bisognosa, estre-
mamente assetata di promozfone,
anche se esuberante di gioia di vivere,
di intuizione, di sensibilità artistiche.
La convivenza familiare, l'amore, il
metodo della bontà, caratteristici
della pastorale educativa di Don Bo-
sco, affascinano profondamente i
giovani africani. Ho sentito nell'ome-
lia di un Vescovo del Rwanda questa
affermazione: « Don Bos·co sembra
stato suscitato da Dio per la gioventù
africana; per me il binomio "Africa e
Vocazione salesiana" è, nel prossimo
futuro, inseparabile!» E io penso che
abbia ragione. Ogni Vescovo che ho
salutato aveva una richiesta da pro-
pormi. Ogni comunità che ho visitato
ci offriva un formidabile plus-lavoro
da ripartire. Ogni assemblea religiosa
di poveri era invito massivo per
un'affascinante pastorale giovanile e
popolare.
Il senso di tutto questo mi sembra
chiaro: in Africa c'è un'inverosimile
miniera di destinatari del carisma di
Don Bosco, che trovano nel Sistema
Preventivo la strada più bella per co-
noscere e amare Gesù Cristo, e tro-
vano nelle scuole e laboratori di arti e
mestieri il mezzo appropriato ed effi-
cace di divenire onesti cittadini, co-
struttori di una nuova convivenza
sociale nella libertà.
Bisogna far diventare
Don Bosco «africano>
D. Lei ha anche detto che ora « bi-
sogna far diventare africano Don Bo-
sco». Che cosa intendeva dire?
R. Quello di Don Bosco è un cari-
sma per la Chiesa universale. Se è per
tutti i popoli, bisogna saperlo incar-
nare nelle varie culture. U "coloniali-
smo" è 0rmai sorpassato, soprallullo
nelle espressioni religiose, nell'evan-
gelizzazione e nell'educazione. Far
divenire "africano" Don Bosco signi-
fica due cose: fargli assumere i valori
della negritudine, menLTe si assicura
l'identità della sua fisionomia e del
suo cuore.
E' questo un lungo discorso già
iniziato, ma che dobbiamo intensifi-
care con intelligenza, con dialogo,
con instancabile ricerca e con le in-
dispensabili revisioni suggerite dal-
l'esperienza. In tale discorso un prin-
cipio r imane al vertice: è Cristo che
giudica, purifica, assume e promuove
una culmra, e non viceversa!
In Africa si apre dunque un opero-
so futw·o per la Famiglia Salesiana,
c'è tanto spazio per vivere ancora
d'entusiasmo, per sognare apostoli-
camente, per realizzare il clima dina-
mico delle origini salesiane: un clima
creativo, sacrificato, gioioso, profeti-
co!
Don Egidio Viganò
Rettor Maggiore
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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PROTAGONISTI NEL PROGETTO DI DON BOSCO *
PRIMA PARTE
Cooperatori
ossia un modo
pratico
L'oratorio era nei prati e Don Bosco da solo
non bastava a mandarlo avanti; allora tanti amici
gli dettero una mano. Erano I Cooperatori, ancora
senza un nome ufficiale. E prima Cooperatrice
fu la sua mamma. In seguito Don Bosco
Intendeva raccogliere i suoi amici in una
«congregazione» comprendente «salesiani interni
ed esterni », ma a Roma gli dissero di no.
Allora fondò i Cooperatori salesiani, ossia
- come scrisse - «un modo pratico di giovare»
D apprima c 'erano i ragazzi, quelli della Sll'ada, a quanto
pare un 'istituzione mondiale: forse sono per le strade
ab aelerno. E poi un giorno a Torino ecco Don Bo-
sco. Ma i ragazzi erano tanti nella periferia, troppi, e Don
Bosco era solo; per questo si cercò dei collaboratori. In se-
guito, di collaboratori ne verranno al suo fianco moltissimi
altri: i salesiani (preti e coadiutori), le Figlie di Maria
Ausiliatrice, gli E.xallievi organizzati
in associazione, perfino piccole con-
« Qui non si stabilisce una confra-
gregazioni e istituti secolari fondati
dai suoi figli qua e per il mondo, e
tutti impegnati sia pure in modo di-
verso per quel suo progetto «a favore
terniia, non un'associazione religiosa,
letteraria o scientifica, nemmeno un
giornale, ma una semplice unione çii
benefattori dell'umanità, pronti a de-
della gioventù povera e dei cet.i po- dicare non promesse ma fatti, solleci-
polari». Ma i primi collaboratori, pri- tudini, disturbi e sacrifizi per giovare
mi assolutamente in ordine di tempo, al nostro simile».
furono loro: i Cooperatori. Erano al In queste parole ampie come il
suo fianco già quando l'oratorio si mare è facile riconoscersi, e tanti
faceva sui prati e senza fissa dimora. Cooperatori si sono riconosciuti:
In seguito aiutarono Don Bosco ad hanno trovalo il loro spazio d'azione
aprire le prime opere e a fondare le e di realizzazione cristiana. Di questi
missioni. E anche oggi sono un so- Cooperatori, di questi spazi d'azione,
stegno insostituibile per la missione di questo progetto di Don Bosco -
salesiana. Più ancora, sono una posi- che non ha perso per nulla la s ua at-
tiva presenza di Chiesa nel mondo.
tualità - qui si intende par~are.
Ma per lungo tempo non ebbero un
nome preciso, né direttive stabili, né
1 un'adeguata organizzazione. Solo nel
1876, quando avevano già più di
trent'anni di onorato servizio, Don
Nella preis toria
Cooperatori senza nome
Bosco li batte.z.zò col nome di Coope-
ratori, assegnò loro un posto preciso
nell'organigramma della Famiglia « La storia dei Cooperatori salesiani
Salesiana, e li dotò di un Regolamen- - ha scritto Don Bosco - rimonta al
to come sicuro punto di riferimento I84J, quando si cominciò a racco-
nell'azione. Non solo, ma un anno gliere i ragazzi pove1i e abbandonati
dopo li dotava di una rivista: il Bol- nella città di Tmino. Siraccoglievano
let1ino Salesiano; e sul primo numero in appositi locali e chiese, erano trat-
- quattro modeste paginette in tutto tenuti in piacevoli ricreazioni, istruiti,
- scriveva parole che si possono avviati a ricevere degnamente i santi
considerare fondamentali per i Coo- sacramenti... La messe era assai ab-
peratori e l'intera Famiglia Salesiana: bondante, il sacerdote Bosco (sta
raccontando in terza persona) trova-
vasi spesso circondato da cinque o
seicento fanciulli, che tornava im-
possibile tenere a freno e provvedere
a quella moltitudine. Fu allora che
molti e zelanti sacerdoti e secolari a
lui si associarono per coadiuvarlo...
Essi con l'opera personale e con la
beneficenza sostenevano l'opera. In
genere erano detti benefattori, pro-
motori, anche cooperatori... ».
Sacerdoti, nobili, artigiani. In un
primo tempo furono soprattutto sa-
cerdoti amici di Don Bosco, che
« prestavano l'opera loro chi a con-
fessare, chi a predicare, chi a (are i
catechismi». Come san Giuseppe Ca-
fasso, che era anche suo direttore
spirituale,. e che lo aiutò finché visse.
O il teologo Giovanni Bore!, braccio
destro di Don Bosco, che dell'oratorio
volante ru il cassiere, o meglio il
questuante perché risultò « infatica-
bile nel questuare per il caro orato-
rio». O don Giacinto Carpano, un
giovane sacerdote che non riuscirà
più a liberarsi dall'assiJlo dei giovani
per tutta la vita. E tanti altri di cui
Don Bosco riconoscente ha traman-
dato i nomi. Nel 1846 egli si ammalò,
per diversi mesi dovette lasciare l'o-
ratorio, e l'oratorio andò ugualmente
avanti perché questi sacerdoti seppe-
ro sostituirlo in tutto.
21

3.2 Page 22

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Ma «erano tutti legati da altre gravi
preoccupazioni, potevano solo pre-
stare aiuto in certe ore e in certe
eventualità, non regolarmente». In-
somma, «non bastavano; crescendo i
bisogni anche per le scuole serali e
domenicali, alcuni preti erano poca
cosa». Ed ecco farsi avanti anche i
laici: Don Bosco li incaricò di « fare il
catechismo e la scuola, di assistere i
giovani in tempo delle funzioni, gui-
darli nelle preghiere e nel canto, pre-
pararli ai santi sacramenti... Fuori
della chiesa poi mantenevano l'ordi-
ne, accoglievano i fanciulli quando
giungevano all'oratorio, con amore-
volezza prendevano parte ai loro tra-
stulli». Ricorda ancora Don Bosco:
"Era proprio la Provvidenza che li
mandava, e per mezzo loro il bene
andò moltiplicandosi».
La schiera di questi signori era
quanto mai eterogenea, compren-
dendo anche persone nobili e allolo-
cate. Come il conte Carlo Cays dì Ca-
selette, avvocato e deputato, che
scendeva tranquillamente a mesco-
larsi con i ragazzi (più tardi sarà sa-
cerdote salesiano). O i marchesi Do-
menico e Maria Fassati che alterna-
vano gli impegni alla corte di Vittorio
Emanuele Il con gli impegni all'ora-
torio: Lui faceva il catechismo, lei
aiutava mamma Margherita per il
bucato e il rammendo della bianche-
ria (anche i loro figli saranno auten-
tici e affezionati Cooperatori). E an-
cora il conte Callori di Vignale, il
conte Scarampi di Pruney, il barone
Carlo Bianco di Barbania, il marche-
se Gustavo Cavour...
Don Bosco ha ricordato anche i
collaboratori laici meno noti o niente
affatto noti, «il cui nome mi rimase
indelebile nella mente e nel cuore»:
un maestro falegname, un negoziante
in guarnizioni, un droghiere, un con-
fetturiere, un sensale, un tipografo
compositore, un chincagliere, un
orefice... Costoro per lo piit facevano
scuola ai ragazzi dell'oratorio. Così
pure, diversi allievi dell'attuale liceo
Massimo D'Azeglio, rinomato già a
quei tempi.
Scuole e giochi non bastavano:
« Molti ragazzi venuti da lontani paesi
si trovavano senza pane, senza occu-
pazione e senza chi si prendesse cura
di loro». Perciò i collaboratori di Don
Bosco « procuravano di ripulirli, met-
terli in grado dì presentarsi decente-
mente alle officine», e li collocavano
«presso qualche onesto padrone.
Lungo la settimana poi li visitava-
no... ».
l ragazzi si ammalavano (quelli
della strada più che altri), e i col-
laboratori di Don Bosco trovavano i
medici. I medici stessi si facevano in
quattro, e gratis, per quei ragazzi
22
sbandaLL Li accoglievano all'ospeda-
le o andavano a curarli in casa se l'a-
vevano, e alcuni erano valentissimi
professionisti, docenti universitari E
ringraziavano Don Bosco per quel-
l'occasione di fare un po' di bene.
Camicie e cahoni a brandelli. Le
donne nell'aiutare Don Bosco non
erano da meno. E come potevano li-
mitarsi a guardare quei ragazzi? «Ve
n'erano con i calzonì e la giubba a
brandelli, ne pendevano i pezzi da
ogni parte, anche a scapito della mo-
destia; ve n'erano altri che non pote-
vano mai cambiarsi quello straccio di
camicia che portavano addosso... ». E
il racconto di Don Bosco si fa lirico:
«Io vorrei a gloria di quelle signore
torinesi raccon tare ovunque come
molte di esse, sebbene di famiglia
cospicua, non avessero a schifo
prendere quelle giubbe, q uei calzoni
ributtanti, e aggiustarli con le loro
mani; prendere quelle camicie forse
mai passate nell'acqua, lavarle e rat-
topparle e consegnarle poi nuova-
mente ai poveri ragazzi... Queste be-
nemerite signore mandavano bian-
cheria, vestiti nuovi, denaro, comme-
stibili, e quan to altro possedevano... "·
Quando nel primo oratorio furono
raccolti anche i ragazzi ii:iterni, la si-
gnora Margherita Gastaldi (madre del
futuro arcivescovo di Torino) «alla
domenica passava in rivista i letti, e
poi come un generale d'armata
schierava gli alunni e uno per uno li
scrutava... » in cerca d i orecchie
sporche e scarpe da lucidare.
«Questi primi Cooperatori - ha
testimoniato ancora Don Bosco -
non guardavano a disagi e fatiche,
ma vedendo che molti giovani discob
si avviavano nella via della virtù, sa-
crificavano se stessi per la salvezza
degli altri. Molti io vidi lasciare ogni
comodità delle loro case e venire a
ora che li disagiava moltissimo, ma
che era più comoda ai ragazzi, a fare
il catechismo. Li vidi anche nella sta-
gione invernale scendere ogni sera in
Valdocco per vie e sentieri dirupati e
pericolosi, cope1-ti di neve e di ghiac-
cio, per fare scuola... ».
Essi, ha osservato il primo biografo
di Don Bosco, «formavano come l'a-
vanguardia di quell'esercito di Coo-
peratori che avrebbero aiutato Don
Bosco in tutto il corso della vita». E,
bisogna aggiungere oggi, che conti-
nuano ad aiutare i suoi figli in tutto il
mondo.
La parola congregazione. Pochi
documenti e non sempre chiari rac-
chiudono le prime vicende di questi
amici di Don Bosco. Vicende che per
semplificare si potrebbero descrivere
a partire da tre significati diversi di
una parola che per Don Bosco fu un
assilJo durante oltre trent'anni: la
parola Congregazione.
Il significato primo e fondamentale
che i dizionarile riconoscono è: « atto
del riunirsi insieme di più persone». E
è quanto avvenne in forma spontanea
quando i torinesi videro quel prete di
Due sacerdoti Cooperatori della prima ora: san
Giuseppe Cafasao, e (sopra) Il teologo Giovan
Battista Boral.
26 anni buttarsi allo sbaraglio tra i
ragazzi della strada: gli si dunirono
attorno solidali per dargli una mano.
I Cooperatori, ancora senza nome, già
realizzavano questo primo tipo dì
congregazione, intesa nel suo senso
etimologico.
Ma Don Bosco, organizzatore nato,
non poteva Lasciarli in quella sima-
zione di spontaneismo. A un primo
oratorio ne aggiunse un secondo e poi
un terzo, e parlò solennemente di
«Opere degli Oratori in Torino». E
cominciò a organizzare quanti lo
aiutavano. Dava Loro nomi specifici
secondo i compiti che assumevano,
ma cercò anche un nome collettivo
che li raggruppasse tutti: li chiamava
promotori, o anche benefattori,
oscillando da un termine all'altro.
Pensava di stringere a sè quelli che
già gli erano più vicini attraverso una

3.3 Page 23

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promessa d'impegno, e di ricambiarli
con favori spirituali chiesti al Vesco-
vo, al Papa Dette loro un protellore e
modello in san Francesco di Sales, il
santo che più gli era congeniale. E
trovò un nome adatto per l'intero
gruppo: « Congregazione di San
Francesco di Sales•. La parola con-
gregazione assumeva cosl un secondo
significato, mollo antico e allora ri-
corrente: era considerata sinonimo di
«associazione religiosa, confraterni-
ta•, quelle istituzioni insomma a cui
si associavano ctistiani di buona vo-
lontà, decisi di realizzare insieme un
programma di preghiera o di carità
cristiana.
Alla «Congregazione di San Fran-
cesco di Sales• istituita da Don Bosco
facevano pane inizialmente sacerdoti
e laici di tutte le condizioni sociali, e
anche conventi di suore. Non risulta
che, tutto preso da mille cose con-
crete da fare, Don Bosco abbia perso
molto tempo a fare tessernmenti o a
compilare elenchi, ma sembra che
almeno nelle intentioni questa con-
gregazione avrebbe dovuto abbrac-
ciare tutti i suoi amici e collaboratori.
Parecchi anni più tardi, la parola
congregazjone avrebbe assunto per
lui un terzo significato, ancora diver-
so e definitivo.
D primo salesiano. Ma ecco anno
per anno lo srotolarsi fin dall'inizjo di
tutte queste vicende. Anno 1841, Don
Bosco accoglie il primo ragazzo per il
catechismo: BarLolomeo Garelli.
J845: inizia le scuole serali. 1846: si
trasferisce stabilmente a Valdocco.
J847. scrive il primo « Regolamento
degli oratori festivi• (le persone che
ne fanno pane sono il direttore, un
suo vice, l'incaricato delle funzioni
sacre, gli assistenti, i sacrestani, chi
dirige le preghiere, i catechisti, l'ar-
chivista, i pacificatori per i ragazzi li-
tigiosi, i cantori, i regolatori delle ri-
creazioni, i palroni degli apprendistì,
il bibliotecario: c'era spazio per ogni
tipo di cooperazione).
Nel 1848, prima guerra di indipen-
denza, gli animi si accendono come
zolfanelli, il patriottismo contagia
anche gli oratoriani, alcuni coUabo-
ratori di Don Bosco portano via i
giovani trascinandoli aJJe manifesta-
zioni in piazza, gli oratori entrano in
una seria crisi. Passata la tempesta gli
scalmanati tornano con i ragazzi:
Don Bosco riaccetta ì ragazzi, non più
quei collaboratori. E si persuade che
per la sua opera il volontariato a
tempo parziale è indispensabile ma
da solo non basta, che se vuole assi-
curare vita stabile agli oratori deve
circondarsi ormai di persone che si
mettano a tempo pieno a sua com-
pleta disposwone. E' questa, per la
storia salesiana, una svolta decisiva.
1849: Don Bosco invita quattro
giovani a intraprendere la carriera
ecclesiastica stando con lui all'orato-
rio (questo primo tentativo fallirà, ma
altri in seguito andranno in porto).
Nella sua congregazione comincia ad
apparire una dis1inzione tra persone,
che risulterà sempre più profonda e
determinante: Don Bosco verTà ad
avere - accanto a "esterni'' che vi-
vono a casa loro e dedicano all'ora-
torio il tempo libero o una pane delle
loro sostanze - anche dei collabora-
tori "interni" che fanno vita comune
con lui, impegnandosi senza riserve e
a tempo pieno nel realizzare il suo
progetto apostolico.
Nel 1852 un ragazzo dell'oratorio
accetta per primo di fermarsi per
sempre con Don Bosco, e riceve la
talare: si chiama Michele Rua.
1854: i chierici di Don Bosco, e i
ragazzi che intendono restare con lui,
sono ormai numernsi e si stabilisce di
chiamarli salesia11i. 1855: il chierico
Michele Rua emette i primi voti reli-
giosi come salesiano. 1856: Don Bo-
Il conte Carlo Cay, di C8selette, dapprima
Cooperatore e poi ,acerdote 111teslano.
sco prepara quasi in segreto il primo
abbozzo di Coi.tituzioni per la sua
nuova congregazione. Ed ecco. la
parola si è rivestita nella mente di
Don Bosco del suo terzo _significato,
cioè di «società di religiosi con voti
semplici, che conducono vita comune
sotto una regola». Cosi oggi la si in-
tende di solito, quando si parla di
congregazione salesiana o congrega-
zione di Don Bosco.
I salesiani estemJ. Correvano tem-
pi tristi per le congregazioni: il go-
verno stava sopprimendo quelle esi-
stenti. La legge Rattazzi del '55 aveva
colpito 35 ordini religiosi confiscando
334 loro opere e gettando sul lastrico
5406 tra religiosi e suore; ma nel 1857
- arguto scherzo della Provvidenza
- lo stesso ministro Rattazzi sugge-
riva a Don Bosco come sfuggire alla
sua stessa legge, anzi lo aiutò a seri-
vere quegli articoli delJe Costituzioni
salesiane che sarebbero risultati
ineccepibili per qualsiasi governo.
Nel 1858 Don Bosco era dal Papa
con le Costituzioni della sua Congre-
gazione, che differivano dalJc con-
suete in almeno due punti: contene-
vano i suggerimenti di RauauJ, e un
capitolo XVI intitolato "Esterni".
Anche se tutto preso a organi1.zare
quegli "interni" che soli potevano
dare stabilità alla sua opera, Don
Bosco non aveva dunque dimenticato
i suoi amki e collaboratori.
Questo strano capitolo cominciava
dicendo: «Qualunque persona. anche
vivendo nella propria casa, in seno
alla propria famiglia, può appancnc-
re alla nostra Società. Non fa alcun
voto, procurerà di mettere in pratica
quella pane di Regolamenti che gli è
compatibile, come sarebbe fare i ca-
techismi a favore dei poveri ranciulli,
promuovere la diffusione dei buoni
libri, o... altre opere di carità che sia-
no specialmente dirette al bene spiri-
tuale della gioventù e del basso po-
polo•. A questi salesiani esterni Don
Bosco chiedeva come minimo "una
promessa di impegnarsi», fatta nelle
sue mani.
Nel 1859 i primi salesiani danno
una strutlura alla loro congrega1.ionc
ripartendosi le cariche (responsabi-
lità enormi, affidate oggi a uomini
maturi e selezionati, venivano affida-
te a semplici chierici). Nel 1860 era
accettato il primo salesiano Coadiu-
tore (laico). E nel 1861 era accolto
ufficialmente il primo salesiano
esterno, don Giovanni Ciattino.
Questa accetta1ione poteva essere
una svolta decisiva, ma non fu così: a
Roma gli esperti di vita religiosa non
voJJero saperne del capitolo XVI, di
questi esterni che compro-mettevano
la purezza della congregazione. Uno
dei censori scrisse: «Crederei ben
ratto cancellare tutti gli articoli di
questo capo XVI•· un secondo più
drastico: Non si può ammettere che
persone estranee alla congregatione
vi siano ascritte per affiliazione•. In
poche parole, niente salesiani esterni.
Don Bosco si bauè a lungo in diresa
dei suoi collaboratori, sostenne con i
giuristi di Roma un braccio di ferro
durato 16 anni (dal 1858 al '74), cercò
di aggirare gli ostacoli confinando il
capitolo XVI in appendice; ma alla
fine dovette cedere, e il capitolo "De
externis" venne espunto. La Congre-
gazione sale!>iana d'ora inoanti com-
prenderà solo più i religiosi.
E allora Don Bosco, per i suoi
amici, inventò qualcosa di nuovo.
Terzo ordloe, anzi di più. Nello
stesso 1874 Don Bosco riprese la
penna in mano e tracciò il regola-
mento di una "Associazione salcsia-
23

3.4 Page 24

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na", lo sottopose ai suoi salesiani, e
dopo ampia discussione lo modificò
anche nel titolo, divenuto " Unione
cristiana". Nel 1875 riscrisse tutto da
capo e appose un nuovo titolo: "As-
sociazione di opere buone". Nel gen-
naio 1876 riprese la penna e redasse
un ennesimo regolamento in otto ca-
pitoletti, che cominciava con le paro-
le: "Cooperatori sa.lesiani". Fina.1-
mente, aveva trovato!
TI 3 febbraio, riuniti a Va.ldocco i
direttori delle sue case, disse loro:
«Grandi cose il Signore quest'anno si
è degnato di iniziare. Specialmente
una, che vi riempirà di stupore, e sarà
di vantaggio per la Chiesa universa-
le». Sì, erano i Cooperatori.
Il 15 aprile Don Bosco era a Roma
da Pio IX, per sottoporgli il Regola-
mento in otto capitoli. li Papa suggerì
qualche ritocco e concesse ai Coope-
ratori numerosi favori spirituali.
2 Mamma Margherita
con la cesta sotto il braccio
«Mia mamma è una santa, posso
farle la proposta», si disse nel J846
Don Bosco. La proposta era che la-
sciasse la pace della casetla dei Bec-
chi, dove era padrona, e scendesse a
Valdocco nella povertà e nella ba-
raonda dell'oratorio appena iniziato.
La zona era allora malfamata, a due
passi c'era una casa equivoca, un
prete solo poteva far sorgere dicerie.
«Mamma, verresti volentieri?» «Se ti
pare che piace al Signore, io sono
pronta a seguirti», rispose. Lasciò il
suo campo, le galline, la mucca nella
sta.Ila, e i nipotini che erano la sua
gioia.
Madre e figlio partirono portando
lei una cesta di biancheria e lui l'om-
brello e il breviario. Dopo 30 chilo-
metri a piedi arrivarono stanchi e in-
farinati di polvere. A due passi dal-
1'oratorio li incontra il canonico Vola,
un vecchio amico, che vuol sapere:
«Perché a piedi?» «Ci mancano que-
sti», risponde Don Bosco, facendo
scorre.re il pollice sull'indice. Il cano-
nico si fruga in ogni parte, poi cava
dal taschino l'orologio e glielo conse-
gna: «Tenga, Don Bosco, io a casa ne
ho un a.ltro».
« Vedi, mamma? - sonide Don
Bosco - . Ecco la prova che la Prov-
videnza pensa a noi. Andiamo dun-
que fiduciosi». Mamma Margherita
rimarrà a Valdocco gli ultimi 10 anni
della sua vita: è la prima Cooperatri-
ce di Don Bosco.
La buona notte. La casetta Pinardi
dove vivono manca di Lutto: due ca-
merette, una stanza-laboratorio per i
U documento con la firma del Papa
portava la data del 9 maggio 1876:
quel giorno erano nati ufficialmente i
Cooperatori. Essi formavano ora una
specie di terz'ordine, ma anche qual-
cosa di diverso, anzi qualcosa di più.
Di diverso, se si vuole sottilizzare,
perchè non si ricollegavano a
un ordine religioso ma a una con-
gregazione. E qualcosa di più perché
di solito nei terz'ordini d'allora - so-
no parole di Don Bosco - «si pro-
poneva la perfezione cristiana nell'e-
sercizio della pietà, qui si ha invece
per fine principale la vita attiva nel-
!'esercizio della carità verso il prossi-
mo e specialmente la gioventù».
I Cooperatori avevano dunque un
proprio nome e un Regolamento ap-
provato dal Papa, la loro preistoria
era finita. Ma questa relazione sareb-
be incompleta se dimenticasse la pri-
ma cooperatrice di Don Bosco.
ragazzi, la cucina, uno stanzone per
gli studenti e gli apprendisti, qualche
panca, qualche pentola. E basta. Ma
la povertà non turba mamma Mar-
gherita. E' felice di dare una mano al
figlio sacerdote, ha dissodato il terre-
no dietro casa trasformandolo in or-
to, sovente canticchia una vecchia
aria che dice: «Guai al mondo se ci
sente forestieri senza niente». E può
assistere a tante vicende sorprendenti
del suo Don Bosco.
Nel '47 lo vede aprire un secondo
oratorio a Porta Nuova, poi conosce il
Grigio, quello sLrano cagnaccio. C'è
chi considera Don Bosco perduto
dietro sogni in-ealizzabili, irnpaaito;
ma lei non perde la fiducia Collabora
alla sua predicazione e alla sua atti-
vità di scrittore: Don Bosco le legge i
testi, e dove lei non capisce lui cam-
bia e corregge. Don Bosco una sera le
porta in casa alcuni ragazzi sbandati
perché trascorrano la notte sotto un
tetto, e lei da quella sera li ammoni-
sce con un materno predicozzo:
inventa così la buona notte salesiana.
Il dito puntato verso la parete. Don
Bosco vuole che i ragazzi trattino be-
ne mamma Margherita: «lo stesso,
che sono il direttore qui, ubbidisco
alla mamma e la rispetto. Farete an-
che voi cosi». Ogni anno quando vie-
ne il suo onomastico Don Bosco le
raduna attorno tutti i ragazzi perché
le facciano festa. Lei siede tranquilla
e ascolta i loro discorsi e le poesie,
riceve il mazzo di fiori, e risponde ri-
petendo ogni anno press'a poco le
stesse cose: «Io faccio nulla per voi,
chi fa tutto è Don Bosco. Ma grazie
degli auguri, e se Don Bosco lo per-
mette domani vi darò una pietanza in
più».
Ma i ragazzi sono ragazzi, ogni
tanto ne combinano qualcuna. Un
giorno giocano alla guerra: l'orto di-
venta il loro campo di battaglia, alla
fine è irriconoscibile. Mamma Mar-
gherita corre a sfogarsi con Don Bo-
sco, (a l'elenco di tutte le monellerie,
conclude: «Quasi quasi me ne torno
ai Becchi, e finisco in santa pace i
pochi giorni che mi restano». Come
darle torto? Don Bosco non apre
bocca. A un tratto alza la mano e
punta il dito in alto verso la parete.
Mamma Margherita leva gli occhi: in
quel punto c'è un crocefisso. E i suoi
occhi si riempiono di lacrime. « Hai
ragione, hai ragione!», mormora, e
torna in cucina alle sue faccende.
Un corredo per il Signore. La cap-
pellina dell'oratorio era quasi senza
paramenti e tovaglie, e mamma Mar-
gherita per provvedere a.Ila meglio
diede fondo al suo co□-edo di sposa. 1
primi ragazzi raccolti stabilmente in
casa avevano un formidabile appetito
e bisogno di tutto, e mamma Mar-
gherita prese il poco oro della sua
dote e andò a venderlo.
«Quando mi vedevo quegli oggetti
tra le mani per l'ultima volta, perché
stavo per disfarmene, mi sentivo un
po' turbata per il rincrescimento. Ma
appena me ne accorsi, dissi: •·Andate
là, che sorte migliore non vi potrebbe
toccare di questa: sfamare e vestire
dei poveri fanciulli, e far onore in
chiesa al Signore". Dopo mi sono
sentita tanto contenta che se avessi
altri cento corredi me ne priverei
senza rimpianto».
indossava vestiti pulitissimi, ma
super-rammendati, e Don Bosco che
sovente portava all'oratorio perso-
naggi illustri non desiderava la ve-
dessero così. • Neppure gli spazzini
sono vestiti come te», diceva, e una
volta le consegnò venti lire perché si
comperasse un abito nuovo. Però i
giorni passavano e mamma Marghe-
rita indossava sempre le solite toppe.
«Mamma, e il vestito?»« Hai ragione.
Ma a un ragazzo ho comperato le
scarpe, e a un a.ltro i calzoni».
Con lo scialle stretto sulle spalle, e
la cesta sotto il braccio, man1ma
Margherita saliva le scale marmoree
dei palazzi per fare le commissioni a
nome di Don Bosco. Quanto ai visi-
tatori importanti, riceveva i nobili, i
cardinali, i ministri con una sempli-
cità incantevole. Un giorno il conte
Sclopis arrivato con Don Bosco la
trovò indaffaratissima in cucina e le
domandò: « Non ha nessuno che le
dia una mano?» • Sl, di solito ho un
bravo aiutante, ma oggi è occupato».
«E chi è il suo aiutante?» «Eccolol-
rispose mamma Margherita indican-
do Don Bosco - . Dovrebbe vederlo
al lavoro, soprattutto quando fa la
polenta!»
24

3.5 Page 25

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Il primo laboratorio. Aumentando
i ragazzi interni aumenta il lavoro, e
le future cooperatrici si prestano a
darle una mano: la marchesa Fassati,
la mamma del futuro card. Gastaldi,
la mamma del chierico Rua. Passano
gran parte della giornata nel guarda-
roba con mamma Margherita, a la-
vare, stirare, rammendare. Nasce così
il primo " Laboratorio mamma Mar-
gherita" mandato avanti da coopera-
trici, sul cui modello anche oggi ne
funzionru10 un buon centinaio in Ita-
lia e ali'estero.
Un giorno una nobile dama le dona
una bella mantiglia di seta. « Una
contadina vestita di seta?», sistupisce
lei; poi afferra le forbici, scucisce il
bel dono ricevuto, e ne cava giubbotti
per i suoi ragazzi.
Tra questi ragazzi c'è un certo Do-
menico Savio che lei scruta con at-
tenzione, poi con(ida a Don Bosco:
«Tu hai qui tanti giovani buoni, ma
nessuno supera Ja bellezza del cuore
masto neppure il ricordo.
Dio sa quanto ti ho amato. L 'in-
verno 1856 fu durissimo, all'oratorio
mancava tutto, solo il freddo era in
abbondanza. A novembre mamma
Margherita con i suoi 68 anni si vide
costretta a letto: era polmonite, un
male che allora raramente perdona-
va. I ragazzi pregavano fervorosi,
Don Bosco era affranto. La sera del
24 mamma Margh erita volle parlargli
a lungo, era come un testamento.
«Dio sa quanto ti ho amato in vita.
Spero di poterti amare di più in pa-
radiso. Ho la coscienza tranquilla,
sai: ho fatto il mìo dovere in tutto
quel che ho potuto. Forse sembrerà
che abbia usato rigore in certe occa-
sioni, ma era Ja voce del dovere che lo
comandava». E dopo una pausa: «Di'
ai miei cari figlioli che ho lavorato
volentieri per loro, e che li amo come
una mamma».
E' notte alta, Don Bosco sta Il im-
pietrito dal dolore. Mamma Marghe-
Una lapide a Torino Valdocco ricorda alle generazioni future la santa mamma di Don Bosco.
e dell'anima di Domenico Savio. L'ho
visto pregare restando in chiesa dopo
le funzioni: sta come un angelo».
Viene il 1854, l'anno del colera; Don
Bosco ha trasformalo i suoi ragazzi in
piccoli infermieri che si prodigano in
giro per la città. Essi trovano colerosi
che hanno bisogno di tutto, non han-
no un lenzuolo su cui m01ire, e cor-
rono da mamma Margherita. Lei dà
lenzuola, coperte, camicie, fin ché ne
ha. Arriva ancora un piccolo infer-
miere per un lenzuolo, e mamma
Margherita gli consegna la tovaglia
del tavolo: « Prendi e corri!» Arrivano
altri ancora a chiedere, e mamma
Margherita va in cappella, prende le
tovaglie dell'altare, gli amitti, .i cami-
ci: «Ora proprio non abbiamo più
nulla». Del bel corredo di mamma
Margherita, a questo punto non è ri-
rita se ne rende conto, e aggiunge:
«Giovan.ni, ti chiedo un piacere, l'ul-
timo. Va' a riposarti un poco. Soffro il
doppio a vederti soffrire. Sono abba-
stanza assistita, qui. Tu va' e prega
per me». I presenti lo allontanano;
poi alle tre del mattino vanno a bus-
sare alla sua porta: mamma Marghe-
rita è volata in cielo. Era il 25 no-
vembre, e ogni anno ora il 25 no-
vembre i salesiani e le Figlie di Maria
Ausiliatrice in tutto il mondo com-
memorano con la preghiera e nella
messa mamma Margherita e i loro
genitori defunti.
Qualche giorno dopo quei fatti, il
chierico Michele Rua era andato a
trovare la sua mamma: •Da quando
mamma Margherita è morta, all'ora-
torio non sappiamo più come fare:
non c'è più nessuno che faccia la mi-
nestra, che rammendi le calze. Mam-
ma, vuoi venirci tu?» La signora Gio-
vanna Maria dice di sì, e diventa la
seconda mamma dell'oratorio. Qual-
che tempo dopo si aggiunge a lei la
mamma di un altro indimenticabile
ragazzo dell'oratorio, Michele Mago-
ne. Le cooperatrici erano là a dare
una mano a Don Bosco. Anche se
- ancora non avevano un nome.
3 La storia comincia:
Cooperatori come cordicelle
Ottenuta dal Papa l'approvazione
del "Regolamento dei Cooperatori",
Don Bosco nell'estate 1876 provvide
subito alla sua stampa. E lo fece tra-
durre anche in francese, perché i
cooperatmi dovevano diffondersi
fuori Italia. Due anni e mezzo aveva
lavorato attorno a quel testo, ma alla
fine era riuscito a metterci dentro la
sua filosofia Una filosofia che pren-
deva spunto da semplici Cùrdicelle.
Difficile romperne tre. La minu-
scola pubblicazione portava il titolo
«Cooperatori Salesiani» e un sottoti-
tolo singolare: «Ossia un modo pra-
tico per giovane al buon costume e
alla civile società». Basta già questo
per evidenziare il carattere attivo e
realistico dell'associazione, come pu-
re il suo impegn o, ben radicato nel
tessuto sociale.
Nell'introduzione rivolta "al letto-
re" Don B osco parla di un « vincolo
con cui i cattolici che lo desiderano
possono associarsi ai salesiani, e la-
vorare con norme comuni e stabili».
E' il vincolo che i Cooperatori fanno
proprio. Alla base sta una piena u nità
di intenti: si tratta per loro di as!iO-
ciarsi ai salesiani, e di lavorare con
norme comuni'. Così l'idea dei "sale-
siani esterni", che gli avevano sbat-
tuto fuori dalla porta, rientra dalla
finestra.
Questo associarsi insieme, spiega
Don Bosco negli otto capitoli del Re-
golamento, ha i suoi validi motivi:
«In ogni tempo si giudicò necessaria
l'unità tra i buoni per giovarsi vicen-
devolmente nel fare il bene». Lo si
sapeva già dall'Antico Testamento:
«Se una cordicella presa da sola fa-
cilmente si rompe, è assai difficile
romperne tre unite». L 'avevano capi-
to i primi cristiani, « i quali alJa vista
dei pericoli, uniti con un cuor solo e
un'anima sola, si animavano l'un
l'altro a stare saldi nella rede». E lo
sanno tutti: «cosi sogliono fare anche
gli uomini del secolo nei loro affari.
Dovranno forse i figli della luce esse-
re meno prudenti? No, certamente!»,
conclude Don Bosco. C'è ti-a le righe
25

3.6 Page 26

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un rimprovero tacito ma energico a
tanti cristiani che spesso si limitano a
piangere sui mali del loro tempo, ma
non si uniscono per combatterli.
[ Cooperatori quindi dovranno tutti
uniti « promuovere lo spirito di pre-
ghiera e di carità», in modo da « ri-
muovere o almeno mitigare quei mali
che mettono a repentaglio il buon
costume della crescente gioventù,
nelle cui mani stanno i destini della
civile società».
Don Bosco presenta ai Cooperatori
la sua congregazione come qualcosa
di «sicuro e stabile» su cui fare rife-
rimento e affidamento, e propone lo-
ro sul piano operativo « la stessa
messe della congregazione». Impe-
gnandosi con Don Bosco i Coopera-
tori arrivano a « fare del bene a se
stessi... pur restando a casa loro nena
vita consueta, come se di fatto fosse-
ro in eongrega.2.ione». I nfatti le «ma-
niere di cooperazione» che indica lo-
ro sono quelle stesse dei salesiani:
promuovere attorno a la vita di
preghiera e la catechesi, occuparsi
delle vocazioni, impegnarsi nella
buona stampa, prodigarsi per i ra-
gazzi in difficoltà. Per chi non può
dare di più è già sufficiente la pre-
ghiera. O l'aiuto materiale.
Per diventare Cooperatori bastano
16 anni, quanti allora ne occo.rrcvano
anche per diventare salesiani Don
Bosco richiede però la massima fra-
ternità, anzitutto dai salesiani: «Con-
siderino tutti i Cooperatori come al-
trettanti fratelli in Gesù Cristo». E
naturalmente anche viceversa. Egli
poi riserva a se stesso, e ai Rettori
Maggiori che gli succederanno, il de-
licato compito di tenere tutte le cor-
dicelle unite insieme.
Anc he le Cooperatrici. Tra le inno-
vazioni che Pio IX suggerì a Don Bo-
sco per il Regolamento c'era l'intro-
duzione delle Cooperatrici. Non che
Don Bosco lo volesse escludere, ma
aveva per loro un piano diverso. Al-
l'inizio di febbraio 1876 lo aveva con-
fidato con queste parole: « Ho un al-
tro progetto che in questi anni matu-
rerò, e assicurata l'esistenza dell'ope-
ra dei Cooperatori, lo metteremo
fuori: sarebbe di .fare quasi un ter-
z'ordine per le donne, non però ag-
gregate a noi ma associate alle FMA».
Questo lstituto di suore era da lui
app ena fondato, aveva solo quattro
anni di vita. Ma Pio IX, quando vide il
Regolamento per i Cooperatori, subi-
to, subito gli domandò: «E perché
non aggregate a quest'opera anche le
Cooperatrici?» Don Bosco gli spiegò il
suo piano, ma il Papa tagliò corto:
«No, no. Non fate esclusioni, mettete
pure le Cooperatrici. Le donne ebbe-
ro sempre parte principale nelle ope-
re buone, nella Chiesa stessa, nella
conversione dei popoli. Esse sono
benefiche e intraprendenti nel soste-
nere le opere buone per inclinazione
naturale, più che gli uomini... ».
Don Bosco non aveva bisogno di
dimostrazioni al riguardo, ne aveva
sperimentata la verità fin dal 1841. Le
Cooperatrici dell'oratorio si erano
occupate di indumenti, commestibili,
servizi da altare, e aiuti finanziari. Dai
tempi di mamma Margherita erano di
casa nel guardaroba di Valdocco (la
signora Gastaldi continuò a lavorare
fin dopo la morte di Don Bosco,
finché il Signore le dette (orza). Don
Bosco accettò dunque di buon grado
l'invito del Papa, e «tutto quel che si
raccomanda pei fanciulli pericolanti»
scrisse che .fosse compiuto dalle
Cooperatrici «anche per le ragazze
che si trovino in pari condizioni».
Siamo già trentamila. L'associa-
zione era sulla carta, tanti amici di
Don Bosco vi avrebbero aderito, ora
bisognava fargliela conoscere. E Don
Bosco cominciò a persuadere i suoi
salesiani. Non che fosse facile: nel
1874 aveva esposto in una riunione le
sue prime idee al riguardo, e se le era
viste bocciate. « Voi non avete bene
Urbano Rattaul, Il ministro anticlericale che
prima varò le leggi contro le congregazioni e
gli ordini rellglosl, e poi suggeri a Don Bosco
come sfuggire a quelle stesse leggi.
compreso il mio pensiero - dovette
concludere -, ma vedrete che saran-
no il sostegno della nostra società».
Nel febbraio 1877 torna a parlare ai
suoi salesiani: « Cerchiamo di far co-
noscere quest'opera, essa è volontà di
Dio». «Se ne vedrà il grande svilup-
po». «Se ora sono cento i Cooperato-
ri, .il loro numero ascenderà a migliaia
e migliaia; e se ora siamo mille, allora
saremo milioni». I] sogno di Don Bo-
sco era suggestivo, anche se qualche
cifra pareva un po' generosa.
Nell'agosto 1877 egli tirava fuori
un'altra sorpresa: il Bollettino Sale-
siano. Un periodico per i Cooperatori
era già previsto dal loro Regolamen-
to, ed eccolo così realizzato. Avrebbe
parlato ai Cooperatori, accolto la loro
voce, suggerito i p rogrammi d'azion e.
Nel primo numero dichiarava anche
a nome dei Cooperatori: « Lasciateci
la cura dei giovani poveri e abban-
donati, e noi faremo tutti gli sforzi
per far loro il maggior bene che pos-
siamo. perché così crediam o di poter
giovare al buon costume e alla so-
cietà». Redatto con molta semplicità
e in tono quasi conHdenziale, il BS
creava tra i Cooperatori e la congre-
gazione un'aria di famiglia che favo-
riva l'identità di pensiero e l'a rmonia
d'azione.
Nel settembre 1877 Don Bosco ra-
dunava a Lanzo i responsabili della
s ua congregazione (uno era il conte
Cays, collaboratore della prima ora
e in quel momento chierico) per il
primo Capitolo della congregazione.
Aveva in lasca il primo numero del
BS, fresco di stampa. Definì i Coope-
ratori «l'anima della congregazione»,
« il braccio forte della nostra congre-
gazione»; e sollecitò: «Tutti i salesia-
ui si adoperino per accrescere il nu-
mero dei Cooperatmi». Ora anche i
salesiani p restii cominciavano a
capirlo, e a seguirlo su questa n uova
strada.
E lui passò a realizzare un altro
punto del Regolamento: le «Confe-
renze annuali dei Cooperatori». Tra il
'78 e 1'88 (anno della sua morte) se ne
tennero 94, in Italia, Francia e Spa-
gna, e di esse almeno 70 ebbero come
oratore D on Bosco. Nel 1883 l'orga-
nizzazione faceva un altro passo
avanti, con la creazione dei "decu-
rioni": nella località dove non esiste-
va la casa salesiana, un altro sacer-
dote o anche un laico avrebbe rac-
colto i Cooperatori attorno a sè. Nel
1886 i parroci vennero espressamente
invitati a svilup pare i Cooperatori
nelle Joro parrocchie.
L'organizzazione stava già dando i
suoi frutti: sulla fine del '78 il BS
scriveva esultante: «Noi Cooperatori
non abbiamo ancora due anni di vita
e siamo già 7.000 e ogni giorno altri si
aggiungono». Nel 1880 Don Bosco
assicurava: «Dal '76 a oggi i Coope-
ratori sono cresciuti fino al numero d i
30.000... ».
I Papi Cooperatori. Quella crescita
come è s tata possibile? Intanto molti
amici di Don B osco non a ttendevano
l'invito per aderire. Poi gli exallievi
che lasciavano le opere salesiane, se
bravi e impegnati, ingrossavano le fi-
le. Poi l'azione dei salesiani, delle
FMA, dei parroci. Una buona mano al
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3.7 Page 27

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moltiplicarsi dei Cooperatori la dette
anche il BS, che Don Bosco nel '79
pubblicava anche in francese e dal-
1'86 in spagnolo.
Quanto a Don Bosco, sovente non
aspettava che qualcuno facesse la
domanda ma giudicandolo idoneo gli
inviava senz'altro il diploma di no-
mina accompagnato da parole come
queste: «Il sottoscritto rispettosa-
mente offre il diploma di cooperatore
salesiano al signor... e lo prega di vo-
lerlo gradire». Il più delle volte esso
risultava graditissimo; e il ricevente si
impegnava a diventare davvero, con i
fatti, Cooperatore.
Don Bosco inviava il diploma an-
che a personaggi illustri: a vescovi,
cardinali, scrittori (come Cesare
Cantù, l'abate Stoppani) e perfino aJ-
1'1mperatrice d'Austria. E lo accetta-
vano di buon grado, e prima o poi
dimostravano con qualche intervento
concreto che... lo avevano meritato.
Inviò il diploma anche a ebrei di
stretta osservanza israelitica, poiché
- si giustificava - «la carità del Si-
gnore non ha confini e non eccettua
alcuna persona di qualunque età,
condizione e credenza». Coerente-
mente dirà dell'ebreo Lattes di Nizza:
«E' un israelita, ma uno dei più fer-
venti miei Cooperatori».
Giunse ad annoverare nelle loro file
anche i Papi. Pio IX e Leone X IJI fu-
rono Ueti che mettesse il loro nome in
capo all'elenco dei Cooperatori. rn
particolare l'austero Leone Xlll in
un'udienza del 1884 commosso da-
vanti alla fragile figura di un Don
Bosco ormai vicino al tramonto, a un
tratto fu udito dirgli: « Io vi amo, vi
amo, vi amo. Sono tutto per i sale-
siani. Sono il primo fra i Cooperato-
ri». Non è paradossale questo capo-
volgimento di ruoli, per cui i Papi di-
ventavano cooperatori di Don Bosco?
Evidentemente per i santi vige una
logica speciale.
Alla morte di Don Bosco il numero
dei suoi Cooperatori veniva fatto
ascendere a circa 80.000. Egli ne ave-
va previsti molti di più, ma a una
condizione: «Se corrispondiamo al
volere di Dio». A tale condizione
«non passeranno molti anni che città
e popolazioni intere non si distingue-
ranno dai salesiani che per le abita-
zioni». Un'utopia, ques ta di Don Bo-
sco? Forse. Ma non occorre intender-
la nel senso tradizionale di «qualcosa
che non esiste e non esisterà mai in
alcun luogo». Meglio intender la nel
senso di alcuni pensatori moderni,
che vedono nell'ulopia qualcosa di
bello e grande che l'uomo libero è
pienamente lo grado, volendo, di
realizzare nel suo futuro.
Il BS, i Cooperatori, le opere. Don
Bosco aU'inizio pensava: prima si
apre in qualche parte una casa sale-
siana, poi si trovano nella zona degli
amici, li si invita a diventar·e coope-
ratori, e infine a quanli accettano si
manda in omaggio il BS. Questo
schema di fatto I1mzionò. Ma fun-
zionò anche lo schema del tutto ro-
vesciato: in molti posti per primo ar-
rivò il BS, esso suscitò i Cooperatori,
e questi tanto dissero e tanto fecero
che crearono l'opera; alla fine arri-
varono i salesiani.
filo e
•11t,,.,A, Z'!ttco
~
I primi numeri del BS: quattro sempllçl pagi-
nette, ma Idee çhlare e tanU lettori decisi.
C'era nel 1882 in Barcelona (Spa-
gna) una signora facoltosa, preoccu-
pata dei ragazzi sbandati della sua
città e decisa a creare un'opera per
loro. Si chiamava donna Dorotea de
Chopitea, e non sapeva come fare. Le
capitò fra mano un BS e si fece una
prima idea di Don Bosco e del suo
apostolato. Scrisse da varie parti per
informarsi bene, alla fine· scrisse di-
rettamente a Don Bosco. Prima ot-
tenne il diploma di Cooperatrice e poi
i salesiani: nel 1884 li sistemò in una
sua casa nel sobborgo di Sarria, e ci
sono ancora Anzi le comunità sale-
siane a Barcelona sono diventate un-
dici, quelle delle FMA nove, e lavora-
no alla formazione di migliaia e mi-
gliaia di giovani.
Anche a Marsala nel 1879 arrivava
il BS, e un certo don Sebastiano Ala-
gna avrebbe voluto i salesiani nella
sua città. Scrisse a Don Bosco, che gli
mandò il diploma di Cooperatore e gli
disse di avere pazienza. Lui di pa-
zienza ne aveva poca, e con i suoi
amici divenuti a loro volta Coopera-
t0ri cominciò a raccogliere in un ex
convento i ragazzi randagi. I ragazzi
diventavano di anno in anno più nu-
merosi, don Alagna scrisse di nuovo
dicendo che intendeva costruire un
collegio, e Don Bosco gli mandò co-
pia del progetto della sua opera in
costruzione a Mogliano Veneto. Il
collegio di Marsala fu tirato su, ma le
difficoltà erano sempre maggiori, e
don Alagna tanto supplicò che nel
J892 don Rua mandò a Marsala i sa-
lesiani a rilevare l'opera. Natural-
mente, ci sono ancora.
li BS anivava anche in Messico e
un certo Angelo De Lascurain nella
capitale divenne Cooperatore. Anche
lui chiedeva i salesiani. Persuase di-
versi suoi amici a farsi Cooperatori, e
tutti insieme dettero vita a un comi-
tato promotore, poi d'intesa con l'ar-
civescovo nel 1889 scrissero a don
Rua. Non ricevetlero i salesiani ma
solo i diplomi, e per il momento se ne
ritennero soddisfatti. intanto una
cooperatrice mise a disposizione del
comitato una sua casa perché fosse
trasformata in collegio, e vennero
anche i primi ragazzi a Crequentarlo:
erano nove monelli raccolti per la
strada. Ma i salesiani non arrivavano
ancora. Allora i Cooperatori inaugu-
rarono il collegio e lo affidarono a un
sacerdote. E continuarono a scrivere
a Torino, finché ne} 1892 don Rua non
mandò cinque salesiani. Ora in Mes-
sico i salesiani sono 263.
A Corigliano d'Otranto anche il ba-
rone Nicola Comi voleva fare qual-
cosa per i ragazzi della sua zona. Un
giorno arrivò a Corigliano un nuovo
capo stazione, da Torino: era Coope-
ratore e riceveva il BS. n BS passò
nelle mani dell'arciprete che così co-
nobbe l'opera salesiana e ne parlò al
Barone. Jl barone scrisse a Torino, e
nel 1901 anche Corigliano ebbe la sua
scuola agricola. Ora questa scuola
non c'è più, ma i salesiani sL
Anche a Malta e in Venezuela e al-
trove fu il BS a suscitare i Coopera-
tori, e furono i Cooperatori a suscita-
re l'opera salesiana. L'esemplifica-
zione potrebbe continuare, e sarebbe
lunga. Nel 1883 Don Bosco diceva:
«Se i governi non ci metteranno im-
pedimenti, il BS diventerà una po-
tenza: non già per se stesso, ma per le
persone che riw1irà ». I Cooperatori
appunto, che hanno tanto sostenuto,
e a volte creato, le opere di Don Bo-
sco. l salesiani hanno oggi nel mondo
1363 case per la gioventù, le FMA
1434. Dietro a quante di queste opere
c'è la figura silenziosa e discreta, ma
sovente decisiva, di qualche generoso
Cooperatore salesiano? Agli angeli il
compito di fare il calcolo esatto.
Enzo Bianco
27

3.8 Page 28

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Brevi da tutto il mondo
* SALESIANI IMPROVVISA MORTE
DI DON GIOVENALE DHO
SsnGmieu~ie1o1pninvneatei1erznid7ioaap.i5rllreeRe.e1,ose9rDmse8pohsa0eop,rl,oamsèntamrscodnaaeneebsmccnialaetbeetdrGo.od.ueeddtnodlaeleaeiriilsanm"alffCiaoplzerorriatsomnoivas,asvnidzagiisio.lloeaino---
sdprPdzenctcsnerseaa!ooi!ortieh~ioorvzuleezDlm'l~elJoUMenniidlsmloo'1soagnaepsilnPosnn9oonosoinriiaeneeie4oinvpeeoDadr8entSiS.cceevlarh,oartaeuaeooaAisnovqlfcnplvnniinIccì,autccloastecàtshaniaiil(<eploraeneneCvtsadi;nrodgogd>oiAaatduislseorugoiavttSotniil.spibeiouiidtIcsezcenaileeinrFdinaaileoenenia1redtueln)rffleotàdet3ooeo,iriotsv.1aiseerzooi2spaiqinm9gll,izar.laoioeu3o1andedinafl1otn.e8e9iitiozl.pan3òipsDo2svCdilalaLootis2oailataiaisatanvroeldqmoenattnieefmsoaiun,ssoinenausRrvveuupnaiddtaaaaiasBaoaeoatlicienetecraav'ppTesnoIeuMMcagsnvrrtroptlaeeepdonnrtamarrpiaafsppiocoioemccornislsvaaaatssullurooaeoiaoa--------ll
zionale.
vcpcagucoaoralnnleNocz,-azpg.airerozaeceezlnahdni1oIetneaene9negrtp6aeolcporl2lasneeougoess,nbiFcirsabtfsaaailoehc~c.caòr.clluovv'aUialRilstzzarànoo.,iiocoirmpsvdeonuderagiriaa.rri,ostSe.tcEli.rvuactchiàaictroeitsmenaosnniromaeszcilmnueuaeaintlnstpeedosienaneccagznuiilnaelanam'iemnn.òpaedtsDpisperufinioaio-----
sdnsdevg11~ttae!oaoaNnalVsrlaoae~1~aicllinleslroeelacouurroGeigaciesnntilhuntoisdooioatveaaarrnan1emtemnons9.daeoii7llbetoeNn3aimlltledipo'itUadllàoolCgainpnrsgtDioevòaRsinroiecuoaosrrue.alesislgnraiaLdtdlacàilaoreioieogtrsgmssaeiaCituplopielpmasoeveetssnaetaatiersnsalinadlsirlna,oiizbisaratiPpe.eclrioroaftuiaeà----i
28
consacrato
Dho veniva
vescovo in Venezuela e don
chiamato dal Rettor Màggiore
aAslscdPvlctmnslcaeaumi_oiehueocaogvetSrviorctnsvoennadnsaiiuvetiosroeamitesogontmlaetsasoatreglaodngoaastvmen1aiivio.i_denlolotnogaeuaiSudasrgsdvuteinilionomrrlliaaiaeGiooalsMdoon.mnqipln,piaera'ioaiuQuilioeaocnlervrovglasndudoipacaaovin"iecverunoezanolontiohlsooivAnrriloonol'ctseinaiecaucmnresiaietplnoemosàtDezèc(prircmai,iciaplooodooèhrlidleihapatmainpznresseodteittzraptrsaicpifBioiaciloleedocne'ieIcmhorotn:reitr"eoosaaessc,te«goaonencaaectqIbisitnftozlrlohrtrdeeutderceoacaamceosereanihlit•cmcoiirilaelvsinaen.alaoohealnltinesdlstlatvitioaiedainn;itoeamescennetetopmcmrrthasddillrararsoollilieaaeaaooe----.--l
vGDsr~fptt1pnrE1raroeeiareooaatrehnloqalaep:rngengtfu,peedtutots1ec?aòurooieanroapolPtalscelrdntuanleledlelaoaaseanar,fosausbol;ocdtaeavoolroforstveeiimdirnournctnsaevlaaeerataatgvvaa1evlrislezrauaiaev9eepnipptao7cgtroclriussGna7oeoaeaoriarebntainzsalnnoulrolaiesszeiudovacmsosaiemeonozooocilolaneevlitnelnoio'tvlenaas:odgtmepneeilepIagueirlerpùiaaneecr)dsdce.idtaevconiediittioa,foneennlfepIolfsl'pndroglisCrUricmezaocovrmtioCnteuaaatlbiteonvanigo.datmlveiezesarippeiEoeeriitmnzegoirasrtnuseipolunorloiaitniileeatdloemllnfoàaaai--r.-.lii
loro vocazione.
mvvmcP.iiiettneeDaarqnnsootutrinooennelt;aiDermgleqirhisiooluoiosgsdariiameeone,.ssdroatoolAoen.,luaevEnllmmloremacaauasototuzedaminiotsootoomesndaidoscii aieocdplmoairIcnlloiznopcfarcmoreivoninpapafndivoorooaenravtdlaalllaeaae--
su~ vita di lavoro aveva già pregato per
un ora e mezzo.
* SALESIANI RILANCIATE
DUEUTILI INIZIATIVE_ __
ndgr1busrqncMmsUseit~eh0peuaaunotraaLo,~I1e~nonal2noalcròps0lnol.?e.ctiadear05mai~apI,hgotsenrn0iA•lounTteeaesiollt0oàalRlbuuamonsdalo)ebsaii.1trdivnsmvasatrièilr9iaeonuliiifiPgsilisvcaiio8eanlomnigdteiatmn,,1tsas1aeirMa(rzeoo.qtoc9teialierc,duaoiod2soQènd"nlevaern.nie8mC,feioiusltoaeualOalolaeneailProps1'èrAslmrsnMcaT1cnoaièastogutanioIaepa/airttnnmesnnoe4roarnzrtiiàniaros8uailnpupaeiiomans.laabouolsd5gneoAaptrbuvbau•V9oraitii:u.raoosibralto.lacliii9ascn:'mVlmtaCEealio3i1ridcabnualr'rmeoel•i)9aàomaogaoln.nu,nd4zecn,sotaetsintro6icnilaurmseoilan.ccoiortinmsnbcleitedec.1evpooca1ieeomenmisPuot3sBd(t:dtribarreotIa2odioiSnaa~~iaì------i'l
dpetssmeatsriar'mi.neaem.rlnbz!coC~i~rEoiezofsocnoi1eooersrm9prucdps8enaieio0zrr'zl~ai,itisSoltupstoiarnarpareslillieirvseelsostpadiupolaengarnrEteeIlliulcrnx.iSmàaaoRaSltdlsiallapeetatzcerrsvliaeesioiadn6srnsnddioizauaoe,pilmloetvridnsei1adadies3aidis:qonsoeRulc.egloeelltaa1l----1i
Pisana 1111, 00100
06/ 69.31 .350).
Roma-Aurelio
(tel
.
* POLONIA DIVENTANO QUATTRO
LE ISPETTORIE POLACCHE
Con
Rettor
una lettera ai
Maggiore ha
salesiani polacchi il
comunicato che le
selfpn1rpmPsoatreau5opoeramgem0tle,nnousnetdPteonnteaenoi,r?iacttaorciesltieiaaIehosnècddegnas,cin5ooilahedue3ndsllsesàcraoociiVtsealdapphepisinaitgoeseicseùinairioalteeppnlaàv.n'.oòoIdv,oitS,lroaemcacteenrllaaciiaanaPootzcznedèanihraooeieiainsèacsiospnilqeolapoloa,u'nmuaennldatlSncroaediatescptref.sr9dermaaoei4uogtAi.aist3sneqnotQc,steuacuuipiuui,oah(namuetlnse-aloai----lii
salesiane).
vscedKtnsdCHhaialseeeearsazltCLloaimllnioaeswlolankoes:otnrsp,neòtsdeio«roivaeensìw,oicIrponsvtneoyIdIialcelii:nsènulaqarupgpRkddmtuzpiuooiqsedzoueiipilutieointataeasocotoeniolotdcltnal,dalii'serclsilertaaissohdratMspnclaaaèdiiactdnielnnaaarIieiaelastiitgcLssqftivlilpihogctcieocuavauvraraiudiealoolneoastatnznarlvraeanziiaeduvtilleetgaeoIeetiqdnrhccaresndlauaencloaineaPibametelumneolinsolecollvelrleeaoploelviodol'tniasanassAeinAldtapatseiogitududianeoecdafigga.ittilhnWetetgaPuusdoLoezunssierodr'iloerotaattllstieeaaooo-----i-

3.9 Page 29

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santasette Confratelli nei campi di con-
centramento e di non pochi altri in guerra,
sono stati semi particolarmente fecondi.
E si deve anche aggiungere il costante e
valido contributo di tanti missionari, tra i
quali emerge il Servo di Dio don Rodolfo
Komorek. E' per questo che, pur in con-
dizioni non certo favorevoli, anzi notevol-
mente difficili, c'è stata e si mantiene
nella nobile vostra terra di Polonia una
bella fioritura di vocazioni.
«A voi cari confratelli - ha aggiunto li
Rettor Maggiore - le più vive congratu-
lazioni... Questa circostanza premia il la-
voro salesiano vostro e di quanti vi hanno
preceduto». Ha loro raccomandato:
«Curate con diligenza l' identità salesiana
nella vostra attuale missione apostolica,
con speciale attenzione alla pastorale
giovanile... E tutti insieme ringraziamo il
Datore di ogni bene».
* JUGOSLAVIA SUORE IN CANTINA
PER FAR POSTO ALLE GIOVANI
L'arcivescovo di Lfubljana aveva invi-
tato le suore della diocesi a organizzare
esercizi spirituali per le giovani, ma le 14
FMA di Bled (noviziato. juniorato, cate-
chismi) proprio non avevano posto nella
loro piccola casa. E poi mancavano an-
che i predicatori... Ecco da una loro re/a-
zione come le suore di Bled (località non
molto lontana dal confine con l'Italia)
hanno superato ogni difficoltà.
Il nostro arcivescovo aveva esortato le
comunità religiose femminili a organizza-
re corsi di esercizi spirituali per ragazze di
13-15 anni. Noi eravamo perplesse: d 'e-
state sarebbe facile ritirarsi in solaio o in
cantina, e lasciare a disposizione gli am-
bienti; ma In pieno Inverno come fare? Il
vescovo ausiliare, a cui esponemmo le
nostre difficoltà, ci incoraggiò: • Non ab-
biate paura, non cl sarà un'invasione.
Non si tratta di un divertimento». E invece
l'invasione cl fu. Accettammo le prime 74
ragazze che si iscrissero, dicemmo «ab-
biate pazienza• alle altre, e organizzam-
mo tre turni.
Mentre trasportavamo le cose nostre In
cantina oi accorgemmo anche che l letti
non bastavano. E proprio allora ci arrivò
inattesa una generosa offerta, che subito
Investimmo nell'acquisto di brandine. Al-
tro problema era: chi predica gli esercizi?
Il cappellano avrebbe tenuto l'omelia du-
rante la messa, si sarebbe prestato per le
confessioni, ma non poteva aiutarci di
più, perciò gli eserciz_i Il pr~di~ammo noi.
Scegliemmo bene I temi, c1 preparam-
mo, facemmo ricorso agli audiovisivi, le
ragazze parteciparono in modo che non
poteva essere migliore. Rosario meditato
col sussidio delle diapositive, filmina su
Laura Vicuna, recital sulla vita di suor
Valsè realizzato dalle novizie...
La relazione - abbastanza esplicita
sulle difficili condizioni in cui queste suo-
re stanno lavorando - sottolinea pure
l'efficacia dell'iniziativa presa, e gli svi-
luppi che potrà avere.
Ancora adesso molte di quelle ragazze
continuano a tenersi in contatto con noi.
Cl proponiamo perciò di suscitare nuove
occasioni di Incontro personale e comu-
nitario.
(Da " Notiziario delle FMA ·~
* ARGENTINA SUO R SIRA
CENTO ANNI TRA I BAMBINI
Cento candeline e tante feste per suor
Sire Méndez, nella casa delle FMA a Mar
del Plata. Ha compiuto cent'anni e ancora
legge e la vora all'uncinetto. Il racconto
della sua vita é limpido.
Sono nata nelle Asturia, in Spagna, il 29
novembre 1879, e battezzata nello stesso
giorno. Ero la prima dì 12 tra fratelli e so-
relle, e appena divenuta capace di fare
qualcosa aiutai la mamma nel badare ai
più piccoli. Mio padre era un buon musi-
co, faceva parte di un' orchestra, e alla
domenica suonava In chiesa. Nel 1887
disse alla mamma: « Vado In Argentina a
vedere se c un posto per noi», ma la
mamma replicò risoluta: « Cosa? Tutti in-
sieme per la vita e per la morte •. E cosi
venimmo tutti in Argentina.
A Buenos Aires papà trovò un Impiego,
poi aprì un ristorante. lo dopo le elemeR-
tari fui messa nel collegio delle FMA dove
Imparai cucito e cominciai gli studi come
maestra. Ma mi piaceva la vita delle suo-
re, e chiesi ai genitori di restare con loro
come postulante. La mamma mi disse:
«Sentiamo cosa d ice papà•, e Il papà:
Suor Slra Méndez., cento anni tr~ 1bambini.
.sentiamo cosa dice la mamma •. Così,
con il consenso di ambedue nel 1894 en-
trai nell'Istituto. Ero tanto giovane, che
per la vestizione ml ci volle un permesso
speciale.
Dopo Il noviziato lavorai in un nido
d 'infanzia a La Boca, e i bambini erano
tanti che per ciascun posto ne mettevamo
tre. Poi mi inviarono a La Plata, a San
!sidro, e fui promossa a badare ai bambini
delle prime classi elementari. Erano lo-
calità abbastanza vicine a casa, ma poi ml
destinarono a Bahia Bianca, che allora
sembrava ìn capo al mondo, dalle parti
del Polo. I miei genitori temevano a ve-
dermi andare lontano, e dovetti rincuo-
rarli: Sentite, i miei fratelli sposati non
vanno forse con le loro spose in qualsiasi
parte del mondo? E lo, che sono sposa di
Gesù Cristo, non posso andare per ob-
bedienza a lui fino a Bahìa Bianca?•
Dopo diversi anni tornai più vicina a
casa, a Rosario, e ml promossero a fare
scuola nelle ultime classi elementari. E
poi ho cambiato· ancora varie case, sono
stata anche economa e portinaia. La mia
Ultima tappa è qui a Mar del Plata, dove
mi trovo da 15 anni. Dapprima ero eco-
noma e portinaia, poi solo più portinaia,
fino a 94 anni. Ora dedico il tempo a pre-
gare, leggere e lavorare all' uncinetto.
Le hanno chiesto un bilancio di questi
suoi "primi cento anni". La mia vita è
stata molto felice. Per questo ora intono a
p iena voce il mio inno di ringraziamento
al Signore e a Maria Ausiliatrice, che ml
hanno dato davvero quel cento per uno di
cui parla Il Vangelo.
(Dal BS di Argentina)
* GIAPPONE STORIA DI AGNESE,
DEI MATTI, E DI DOMENICO SAVIO
Questa storia una volta l'avrebbero in-
titolata cosi: Come fu che Agnese sposò
" Domenico Savio", e com'é che ora i due
sposi con le loro figlie lavorano per i ma-
lati mentali•· E' una bellissima storia
d 'oggi, ancora in pieno svolgimento, e
merita rac contarla.
Agnese Kaneko é exallieva delle FMA di
Tokyo: 38 anni, un marito, 5 figlie, una
casa a cui badare. E trova tempo per de-
dicarsi agli altri, è infatti collaboratrice
volontaria del " Centro per la rieducazio-
ne dei malati mentali". Spiega così il suo
lavoro.
Questi malati hanno bisogno che qual-
cuno stia loro vicino per aiutarli con
un'azione di ricupero. Ci troviamo di
fronte a casi gravi di giovani e adulti, che
però attraverso facili lavori lentamente ri-
trovano se stessi e la gioia di vivere,
perché di nuovo si sentono utili e inseriti
nella società. Ma è una terapia che esige
molta pazienza, attenzione e bontà.
Qual è I/ tuo compito? Comincio a far
loro eseguire piccole attività manuali, co-
se simpatiche, solo con l'uso delle dita:
lavoriamo il tessuto, la carta, la materia
plastica che non richiede strumenti. I miei
malati quando si rendono conto di saper
fare qualcosa provano grande soddisfa-
zione, e spostano li loro centro d'interes-
se - abitualmente fisso sulla propria
prostrazione depressiva - verso l'impe-
gno della riuscita. Si comincia con un
breve corso, e alla fine si fa la mostra del
lavori; gli altri malati si sentono stimolati a
unirsi. Si constatano progressi a volte in-
sperati; anche ricuperi totali.
Cl vuole molta pazienza... S1, una pa-
zienza illimitata. Si deve aiutare il malato
a provare e riprovare, fin quando la sua
attenzione risulta polarizzata e la volontà
stimolata. Non è tanto l'Insegnamento
che conta, ma la presenza e Il contatto
umano. Il malato a poco a poco comincia
a comunicare con gli altri, a riprendere la
vita di gruppo.
Con la tua famiglia numerosa, questo
lavoro ti risulterà impegnativo. Le mie
bambine da piccole mi hanno dato molte
preoccupazioni, ma ora sanno cavarsela
29

3.10 Page 30

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da sole: frequentano le scuole elementari
e medie, e la più piccola quando devo
assentarmi resta con la nonna. Così pos-
so dedicare qualche ora ogni giorno ai
miei malati. Anzi le bambine, che sono
molto contente del mio lavoro, collabora-
no come sanno. Per esempio mi aiutano a
preparare il materiale per i lavori manuali.
Chi ti retribuisce? E' un volontariato.
Per chi cerca di vivere il vangelo concre-
tamente, ogni servizio che si offre agli al-
tri lo si offre a Cristo.
E tuo marito? Anche lui mi aiuta. come
glielo consentono I suol Impegni d'ufficio.
Ora è cattolico come me, e nel battesimo
ha preso il nome Domenico Savio. Ab-
biamo iniziato il nostro discorso di fede
durante Il fidanzamento. Domenico si
meravigliava per i miei principi; lenta-
mente abbiamo cercato insieme la verità,
Insieme abbiamo scoperto nella parola di
Gesù la grande dimensione del cristiane-
simo. Lo ha molto Impressionato la gran-
dezza dell'amore fraterno, del perdono e
della donazione cristiana. Ha scoperto la
preghiera come rapporto con Dio padre
che ascolta e risponde alle sue creature.
La verità dell'Incarnazione. il Dio con
noi , l'ha conquistato.
E adesso? Con l'aiuto di Dio cl sforzia-
mo di mettere in pratica la parola di Cristo
e di essere ovunque suol testimoni. In
Giappone i cattolici sono molto pochi, la
gente può conoscere Cristo solo attra-
verso la vita dei cristiani. La mamma di
Domenico si è stupita a vedere la trasfor-
mazione che stava avvenendo in lui, e ha
voluto conoscerne le cause. Ora non na-
sconde la sua sorpresa nello scoprire che
la nostra gioia e pace ci vengono dal
credere in Gesù. E anche lei è in cammi-
no verso Cristo.
Il nostro impegno è di vivere sempre
meglio ciò che crediamo, per essere
quella "pagina di vangelo" che forse al-
cuni leggeranno soltanto nella nostra vita.
Riduzione da "Unione" delle Exallleve
* - INDIA PADRE SCHLOOZ
LASCIA VYASARPADI
Il binomio Schlooz-Vyasarpadi, che in
questi anni - nonostante le parole diffi-
cili - tanti amici di Don Bosco avevano
imparato così bene a riconoscere, è un
binomio che si sta sciogliendo. Padre
Francis Schlooz, il coraggioso missiona-
rio olandese che già diverse volte aveva
offerto le sue dimissioni per far posto a
gente più giovane, questa volta è riuscito
a farle accettare. Lascia Il quartiere di
Vyasarpadi nella periferia di Madras, cioè
quella singolare cittadella di miseria e di
misericordia che 13 anni fa aveva eredi-
tato da padre Orfeo Mantovani, e che con
la carità di tante persone generose aveva
potuto potenziare e sviluppare. L'annun-
cio del cambiamento lo ha dato lui stesso,
con una delle consuete circolari scritte In
un italiano traballante ma efficacissimo.
Il nostro Centro - ha scritto - è
cresciuto molto, potrebbe formare 4 o 5
case salesiane normali•. Quest'opera in-
fatti comprende il Villaggio Giovanni XXIII
per i lebbrosi (più di 400): il Villaggio de/le
Beatitudini con ogni sorta di infelicità,
cioè bambini orfani, profughi del Bengala,
Padre Francls Schlooz tra I plccoll del VIiiag-
gio delle Beatitudini (Madras).
poveri, malati; Inoltre il padiglione dei
moribondi, la parrocchia, le scuole, I la-
boratori... •E io - aggiunge padre
Schlooz - sento che spalle più giovani
delle mie potrebbero fare di più. Perciò
avevo chiesto più volte al mio superiore di
sostituirmi. Disse sempre: vedremo! Ma In
quest' ultimo anno Il peso e le dffficoltà
sono aumentate al punto che mi sentivo
terribilmente stanco. Gli amici ml doman-
davano: "Che cos'hai? Sei diventato così
magro!"•
Padre Schlooz, olandese, ha 68 anni, di
cui 45 trascorsi in missione. Ma non solo
la stanchezza e la convenienza di braccia
più giovani lo hanno spinto alle dimissio-
ni: recentemente aveva incontrato anche
difficoltà con le autorità doganali. "Avere
tutte le giornate i poveri alla porta e non
poterli aiutare perché tutto è bloccato
dalla dogana... •· Così è tornato a insiste-
re, e il suo superiore lo ha sostituito con
un salesiano indiano «L'India è Indipen-
dente da 33 anni - osserva-, e è giusto
che un centro così importante come il
nostro venga affidato ai confratelli india-
ni. I quali del resto faranno molto meglio
di noi •.
Nella lettera di commiato padre
Schlooz ricorda qualche particolare della
sua vicenza missionaria. A veni' anni
sembrava malato e In condizioni di dover
rinunciare a ogni sogno. «Ricordo quel
cinque medici che nel 1932 mi dissero:
"Tu non devi pensare alle m·issionl, non
potrai nemmeno diventare sacerdote
perché non hai salute". E sono qui, oggi,
con quasi 45 anni di vita missionaria nel
clima tropicale. e nella povertà dell'India.
Questi ultimi 13 anni poi sono stati i più
pesanti, con i poveri alla porta dalle sei
del mattino fino a notte tarda. Ogni gior-
no, senza mancare mai...».
Ma non ha rimpianti, solo gratitudine:
« Guardando in dietro, debbo proprio ca-
dere in ginocchio e ringraziare il Signore
per tutto l'aiuto straordinario che mi ha
dato. Com'è stato buono con me! E voi -
dice ai suoi benefattori - siete stati le
mani, gli strumenti della Provvidenza•.
Padre Schlooz presenta poi il suo suc-
cessore: padre lttyachen Manjil. " lntel-
ligente e buon organizzatore, è la perso-
na adatta per mettere il Centro in ordine
perfetto•. E dice dove si recherà lui,
vecchio missionario in età pensionabile: a
Polur, 200 km da Madras. « La mia nuova
missione ha 34 villaggi; gll abitanti sono
quasi tutti fuori casta (I famosi paria),
nessuno ha terreno proprio ma tutti lavo-
rano per ricchi possidenti; gli uomini per 5
rupie al giorno, le donne 3 (rispettiva-
mente 500 e 300 lire). La missione ha un
dispensario con 700 lebbrosi in cura re-
golare, più gli altri malati, e la malattia più
comune è la denutrizione. E poi c'è la
scuola con 120 ragazzi che arrivano al
mattino e tornano a casa la sera per dor-
mire•. E poi c'è la parrocchia, l'oratorio,
le cappellanie intorno al centro, le opere
sociali... Tutto questo sulle spalle di due
soli missionari. Come si vede, una sine-
cura per un missionario bisognoso di ri-
poso.
* HAITI PATRIZIA INSEGNA
LA PITTURA SUI FAZZOLETTI
Aveva detto: « lo devo andare ad Haiti,
tra quelle ragazze a insegnare la pittura
sui fazzoletti» , e c'è andata. SI chiama
Patrizia Rondelll, e il BS ha già parlato di
lei. Come ha parlato del Gruppo Artistico
Don Bosco di Bologna (divenuto in sigla
Garbo) e delle utopie che i suoi compo-
nenti - gli exallievi salesiani di Bologna
vogliono tradurre in realtà (si veda il BS di
marzo 1980, pag. 13-15).
Ma vediamo le cose con ordine. Gli
Exalllevl del Garbo attraverso una serie di
iniziative (mostre di pittura. vendite df
quadri e stampe, e perfino spettacoli e
stands gastronomici) avevano raccolto un
certo gruzzolo: 20 milioni e passa. Inten-
devano costruire una scuola professio-
nale nella periferia di Port-au-Prince, ca-
pitale di Haiti. Lì lavorano i salesiani e le
FMA. Nino Salomonl il Presidente del
Garbo lo scorso Natale era andato a
combinare, e ora probabilmente la scuola
è già finita. Porta il nome piuttosto singo-
lare di "Famiglia Salesiana numero uno",
segno che altre opere dovevano seguire.
Difatti è venuta fuori anche l'idea di un
villaggio per famiglie baraccate, e il posto
è già trovato. Un architetto di Bologna
subito ha tracciato I progetti, si è trovato
Patty, diciannove anni, pittrice di lauolelll.
30

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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anche Il nome - Don Bosco City - e si
sono cercati i primi fondi.
Quanto a Patrizia, 19 anni, figlia di un
exallievo del Garbo, e appartenente al
Garbo anche le,, è diplomata In disegno e
specializzata in pittura indelebile su faz-
zoletti. Ormai li chiamano «I famosi faz-
zoletti di Patty», e quando vengono
esposti nelle mostre degli exalllevi pittori,
sono I primi a essere venduti. Così a Pa-
trizia è venuta l'idea: potrebbe andare a
Insegnare la sua tecnica alle giovani di
Haiti. Salomoni quand'era laggiù ne ave-
va parlato alle suore, ed era tornato con
questa risposta: «Dica a Patrizia che sarà
la benvenuta, che l'aspettiamo con an-
sia». E alla fine di giugno lei c'è andata, e
si fermerà quasi due mesi.
Il tempo per un corso completo, per
spiegare la teoria del disegno e la tecnica
della pittura con quel suoi colori indele-
bili. Un gruppo di ragazze sta Imparando:
ci metteranno il loro mondo tropicale, i
sentimenti della loro gente, li loro estro. E
si assicurano una professione per l'avve-
nire. E poi - c'è da giurarlo - quelle
prime allieve diventeranno maestre di al-
tre allieve.
Con Patrizia è partita una ginecologa
bolognese collegata al Garbo, la signora
Sandra Cusslni, che lavorerà per qualche
tempo e tornerà probabilmente con nuo-
ve utopie da realizzare. Ma intanto l'uto-
pia della "Don Bosco City" fa passi
avanti, si sono già raggranellati I soldi per
il primo gruppo di case, e le due mes-
saggere del Garbo Il hanno portati laggiù.
* ECUADOR UNA " TORRE EtFFEL"
DEDICATA A MARIA
Per gli abitanti di Gualaqulza è molto
più Importante di quella vera per I parigi-
ni: la loro " torre Eiffel" - come la chia-
mano con arguta esagerazione - se la
sono costruita in cima alla collina con le
loro mani; poi vi hanno intronizzato la
statua di Maria Ausiliatrice, e ora sentono
che la Madonna dall'alto protegge i colo-
ni, gli indios Shuar, la missione salesiana,
la gioventù, li lavoro nei campi, tutto.
Gualaqulza nell'Oriente Ecuadoriano,
dove i figi! di Don Bosco lavorano dal
1895, è da allora sotto la protezione di
Maria Ausiliatrice, patrona principale del
piccolo centro. Ogni 24 maggio sl fa festa
grande, una delle vie principali si chiama
"Via 24 maggio". E Il nome è stato voluto
dalla gente.
L'idea della torre venne quando il co-
mitato organizzatore della festa si riunì
deciso di fare qualcosa di diverso e di
nuovo. Prima si pensò a una cappella
sulla collina, poi si convenne che non
bastava, che sulla cappella occorreva
costruire la torre. Il comune sottoscrisse
l'impegno, e la popolazione dette Il suo
contributo di denaro e di braccia. Il par-
roco, padre Silverio Equfsoain, ebbe solo
da tracciare I piani e dirigere I lavori.
La preparazione alla festa è stata col-
lettiva. Anche I ragazzi si sono Impegnati:
nelle scuole hanno svolto gare letterarie,
concorsi di disegno; negli oratori (sale-
siano e delle FMA} hanno disputato gare
sportive; e si sono preparati spiritual-
mente: in particolare I piccoli della prima
La Torre Ellfel sulle colllne di Guadelajara.
comunione e i più grandicelh della cresi-
ma.
Nel giorno della festa, Gualaquiza si è
riempita di pellegrini arrivati con tutti i
mezzi di trasporto che la selva consente.
E da Méndez è arrivato il Vicario aposto-
lico, mons. José Plntado. La festa del 24
maggio è stata rallegrata dalia banda
musicale, dai mercatini e bazar sorti per
l'occasione, dai pic-nlc sull'erba e sotto
gli alberi, in fraternità. E finalmente è ar-
rivata la sera, una sera limpida e fresca,
fatta apposta per una bella processione.
Giovanotti robusti portano la grande sta-
tua di Maria Ausiliatrice fuori della chiesa;
si accendono le fiaccole, la sfilata co-
mincia. La strada è illuminata da un'Infi-
nità di lampade alimentate con resina e
gomma naturale, la gente procede rac-
colta in preghiera: gli indios, i coloni, i
ragazzi delle scuole, I giovani delle asso-
ciazioni, ciascuno con la sua fiaccola.
Pregano e cantano.
Al loro arrivo, d'improvviso la cima della
collina si illumina: le lampade elettriche
alimentate da potenti generatori Illumina-
no a giorno. La statua della Madonna
viene issata. il silenzio si fa profondo, solo
rotto dal ruotare delle carrucole e dal
tendersi delle corde che la sollevano len-
tamente. Ecco, la statua è al suo posto, la
Madonna e il bambino sono protesi con
gesto affettuoso verso la folla, e la folla
risponde con un lungo applauso Poi
mons. Pintado prega a nome di tutti:
• Sotto la tua protezione ci raccogliamo, o
santa Madre di Dio. Tu non sdegnare le
nostre suppliche ma proteggici sempre
da ogni pericolo, o Vergine gl<'•iosa e
benedetta». E così, dopo la preghiera,
dopo la riconciliazione con Dio nella
confessione e nella comunione, esplode
la festa, con i mortaretti e con I fuochi
d'artificio.
Se dalla "via 24 maggio" di Gualaquiza
oggi si solleva lo sguardo verso la collina,
si ha una gradita sorpresa: "la torre Eif-
fel " è stata costruita proprio sul prolun-
gamento diritto della via. Se con lo svi-
luppo del centro la via verrà prolungata,
arriverà diritto fino alla torre.
@_aro Bs_.._. ___]_.
QUANDO I FIGLI
".ONO TP"'0 PO P 1 ,,.,...,
Vi scrivo per comunicare fa mia ammi-
razion_e per il BS che trovo mite, umile,
sempllce. Ho avuto modo di leggerlo nel
giorni che sono stato in ospedale, e pos•
so assicurare, che mai lettura ml è stata
più gradita, e commovente per i fatti veri
di quel santi missionari come mons. Ver-
slglla, che volentieri hanno sacrificato la
vita: primo, per la fede che Il legava a
nostro Signore, e poi per la bontà che
avevano verso il prossimo.
lo sono felicemente sposato, e grazie a
Dio ho due bambini, di 6 e 4 anni. A volte
guardo il più piccolo e vedo che è troppo
buono e mite, e penso tra me: questo
bambino così buono forse Il Signore lo
vorrà per sé. E non nascondo che sarei
contento se da grande Intraprendesse la
via delle missioni.
Vi sarei grato se cl ricordate al Signore
nelle vostre preghiere... E posso ricevere
Il vostro giornale?
Lettera firmata, Reggio Calabria
Caro BS, sono la mamma di un ragazzo
che sta terminando la scuola media. Il
ragazzo medita sul suo futuro, e tra I molti
«farò» ha anche Incluso la possibilità di
diventare un giorno missionario. Vorrei
avere da voi qualche delucidazione in
merito, e cioè quale scuola conviene che
frequenti, e a chi dovremo rivc.. rei.
Lettera firmata
Il papà di Reggio Calabria riceverà
d'ora innanzi il BS, che è in omaggio per
tutti gli amici di Don Bosco. Alla mamma
di Cuneo I responsabili delle missioni sa-
lesiane inviano per lettera privata le in-
formazioni pratiche richieste.
Ad ambedue il BS vorrebbe suggerire,
se mai occorresse, di alimentare nel
cuore del loro ragazzi quei sentimenti di
simpatia e generosità verso gli altri che
certamente già provano. Se è volontà del
Signore che diventino missionari, ne
avranno assoluto bisogno.
UROEt.BF'J:
t:L
aar=st!'n
l"U""I.
I
n _ r , _ _.,,.
La seguente lettera è stata pubblicata
su "Il Mattino" di Napoli. e è stata inviata
al BS da un cortese lettore.
Se Dante avesse dovuto cantare di
Don Bosco, In quale Cielo l'avrebbe col-
locato?• Noi non sappiamo se Il sacer-
dote torinese emerge di più come zelante
cacciatore di anime o come asceta, o
come prolifico scrittore o, infine, come
sindacalista... La risposta al quesito non è
facile. Secondo me Il sacerdote torinese
dovrebbe essere collocato nel cielo di
Cacciagulda, fra gli spiriti militanti. Val la
pena di ricordare un detto di Socrate: • La
vita umana è come Il ferro; se non la si
adopera arruginisce, se la si adopera si
consuma». Don Bosco non volle ridursi a
un ferro arrugmito.
Gennarlo Slnlsl, Manduria (TA}
31

4.2 Page 32

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Ringraziano i nostri santi
lesianì. E il miracolo awenne. Mia sorella
poté essere portata in quella clinica, ove
subi tre operazioni e una lunga cura. Ma
tu salvata! Con la Madonna ringrazio tutti
quelli che ci hanno aiutati: il parroco, I
parrocchiani e le FMA.
Bremen (Germania) Anna Maria Bolz
UN'ISPIRAZIONE HA SALVATO
QUARANTA BAMBINI
Nella nostra casa
erano cominciati i
lavori di restauro, e i
colpi per demolire I
soffitti si facevano
sempre più violenti.
Proprio nel centro
del soHltto nelle aule
dei bambini della
Scuola Materna si
notò una leggera le-
sione. Ingegneri e
operai ci rassicuravano, ma In noi cre-
sceva il disagio e il timore di una even-
tuale catastrofe; perciò decidemmo di
sgombrare le aule. Era un'Ispirazione di
Maria SS. Ausiliatrice, che avevamo fer-
vorosamente invocata insieme con I pie-
coli alunni. Infatti, nelle prime ore del po-
meriggio, proprio nell'aula dove avrebbe-
ro dovuto trovarsi 40 bambini con l'inse-
gnante per un po' di riposo, crollò lm-
prowisamente il soffitto con tutto li carico
del materiale del vano superiore già de-
molito. Da notare che circa mezz'ora pri-
ma alcune Suore con un gruppetto di al-
lieve dei corsi professionali avevano
sgombrato l'aula trasportando i banchetti
dei bambini in un altro ambiente. Il tonfo
fu spaventoso, ma fummo lutti salvi,
bambini, operai, suore!
Trapani
Suor Emma e Comunità
CON LA PREGHIERA DI DON BOSCO
E QUELLA DI SAN BERNARDO
Qualche anno fa mi comparve una
macchia rossa in prossimità dell'orec-
chio. Dapprima non ci badai, ma nel no-
vembre dell'anno scorso ebbi la chiara
sensazione che si trattava di un tumore.
Lo lavai con l'acqua di Lourdes e comin-
ciai una novena a Maria Immacolata, di
cui era prossima la festa. Risultato: il tu-
more si fece brutto e sanguinante, non
potevo più nasconderlo. Il chirurgo deci-
se che era necessario l'intervento. Allora
pregai Maria Ausiliatrice con la preghiera
di Don Bosco: O Maria, Vergine poten-
o te» e con quella di san Bernardo: ..
santa Madre di Dio», come mai prima
avevo pregato. Il chirurgo dovette inter-
venire due volte, ma ora ml sento bene e
posso lavorare. Per l'awenire continuo a
mettere la mia fiducia nella buona Madre
Ausiliatrice.
Wroclaw (Po/onia)Una Figlia di Maria A.
RINGRAZIANO MARIA AUSILIATRICE
E SAN GIOVANN ~oc;co
Guarna Clelia (Calabria) perché accu-
rati esami radiologici hanno assicurato
che non si trattava del terribile male che i
medici le avevano fatto temere.
32
L.B. (Cogne, AO) per aver ottenuto la
grazia che tanto desiderava a favore della
sua bambina, dopo più di tre anni di pre-
ghiere.
Marsero Amelia (Bibiana, TO) per la
guarigione del marito, ridotto in condizioni
disperato da un Incidente stradale.
Miei/lo sac. Ciro (Napoli) per la guari-
gione dopo un'operazione che rivelò non
trattarsi del male Inguaribile tanto temuto.
Schierano Maria per aver ottenuto la li-
berazione dalle minacce telefoniche e dai
disturbi notturni che ossessionavano una
cara cugina, vedova e con 4 bimbi piccoli,
abitante in un posto di campagna solitario.
La medesima ringrazia san Domenico Sa-
vio per la guarigione di una giovane mam-
ma, colpita da gravissima malattia e per
lungo tempo in pericolo di vita.
Schìlirò Nunziatina (Bronte, CT) per la
guarigione del nipote da alopecia, dopo 8
anni di inutili cure.
Sciortino Liboria (Castel di Lucio, ME)
per la grazia ottenuta a favore della pic-
cola Felicia.
Tatare/11 Annamaria (Caserta) per la
guarigione del cognato dopo tre difficili
Interventi chirurgici.
Bambara sac. Antonino (Catania) per la
guarigione del marito della sorella Maria,
colpito ripetutamente da grave infarto.
Di Maddalena Flavia (Torino) per le
grazie ricevute a vantaggio suo e di tutti i
suoi cari, e continua a pregare con fidu-
cia e perseveranza.
Lo Re Sara (Palermo) per la perfetta
guarigione della sorella che rischiava di
perdere l'articolazione delle dita dopo
una bruciatura.
Rebesco sac. Antonio SDB (Sesto S.G.,
Ml) ringrazia S.G. Bosco e li beato Don
Rua per intercessione dei quali è stato li-
berato da lunga 1ndisposizione che gli
impediva di attendere al suo ministero.
LE DISSI: SE Ml VUOI SUORA
DEVI SALVARE MIO FRATELLO
Quando decisi di
entrare nell'Istituto
non conoscevo le
Figlie di Maria Ausi-
liatrice, e fu casual-
mente che ml capitò
tra le mani un'imma-
gine di santa Maria
Mazzareflo. Allora
non potevo pensare
che quello era già
per me un segno
della sua protezione. Aspirante e poi po-
stulante dovetti ritornare in famiglia,
perché ancora minorenne non avevo Il
consenso del miei. E quando raggiunta
l'età voluta ero pronta per ritornare ad
Arignano, s'ammalò gravemente Il fratello
primogenito.
Le speranze erano poche, ma con
grande fiducia ml rivolsi a madre Mazza-
rello dicendole che se ml voleva salvasse
mio fratello che stava per subire un In-
tervento chirurgico. Non passarono che
poche ore, quando il professore, uscendo
soddisfatto dalla sala operatoria, disse
che tutto era andato bene e mio fratello
poteva dirsi ormai fuori pericolo.
Qualche settimana dopo potei ripartire;
le prove tuttavia non erano finite, e anche
durante il noviziato la mia salute lasciava
le superiore perplesse. Madre Mazzarello
però Intervenne ancora una volta e ogni
ostacolo fu superato. Sono ormai profes-
sa da parecchi anni e ho sempre pregato
con grande fede madre Mazzarello che
ha continuato a mostrarmi la sua prote-
zione. Anche due anni fa, quando lo
stesso fratello venne a trovarsi di nuovo In
pericolo di vita, pregai la santa Madre in-
sieme alla comunità promettendo di pub-
blicare la grazia e fui poi pienamente
esaudita.
Napoli
Suor Carmelina Quaglia
QUEL VIAGGIO PER NOI
ERA ASSOLUTAMENTE IMPOSSIBILE
La fiducia nel mi-
racolo ml è venuta
leggendo Il Bolletti-
no Salesiano. Sette
anni fa mia sorella di
25 anni era ridotta in
fin di vita da una
malattia che la spe-
gneva lentamente e
che i medici non riu-
scivano a spiegare.
Nel 1974 era ridotta
a 33 chili, e gli specialisti dissero che le
restava un mese di vita. Qualche possibi-
lità di salvarla forse c 'era se avessimo
potuto trasportarla in una clinica specia-
lizzata di Hamburg in Germania. Ma come
fare? Per noi la cosa era assolutamente
impossibile. Supplicai piangendo Maria
SS. Ausiliatrice, Don Bosco e I Santi sa-
LA PACE E' TORNATA
NELLA NOSTRA FAMIGLIA
Tristi e dolorose coincidenze avevano
divisa la nostra famiglia, con gravi con-
seguenze fisiche, morali e finanziarle. Un
giorno ne parlammo con una FMA, nostra
antica conoscenza, ed ella ci invitò a ini-
ziare con lei una novena alla santa Maria
Mau arello, confidando nella sua valida
Intercessione. La facemmo, e In meno di
tre mesi tutto si è risolto per il meglio: la
pace è tornata nella nostra famiglia e
Maria Mazzarello è diventata la Patrona e
la Protettrice di casa nostra.
Alba (Cuneo)
Famiglia Maiolo
Degiorgi Margherita (Pavia) esprime la
sua riconoscenza al beato Michele Rua
per la felice riuscita di un intervento chi-
rurgico, assai meno grave di quanto si
temeva.

4.3 Page 33

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L'HO CHIAMATA L
OMF, IC\\
Per ben due volte
la gioia di diventare
mamma era svanita.
Due bambine. nate
R
entrambe al settimo
-
mese, vissero solo
poche ore. Il mio
dolore era aggravato
dal fatto che I medici
non ne riuscivano a
scoprire la causa.
Un giorno mio mari-
to parlò con un sacerdote salesiano, che
gli nominò San Domenico Savio, e ml
spedl l'abitino, che misi subito al collo.
Quando mi trovai nuovamente in attesa,
mi preoccupai non poco, ma non dispe-
rai. La gravidanza non fu facile, dovetti
stare a letto per quasi sei mesi, ma la mia
fiducia nel piccolo Santo e nella Vergine
Madre di Dio non venne mai meno. Pregai
e sperai fino al giorno In cui nacque re-
golarmente una bellissima bambina, tra
l'Immensa gioia di tutti noi. L'ho chiamata
Lucia Domenica e l'ho messa sotto la
protezione del Santo perché mi aiuti a
crescerla sana e buona.
Bologna
Maria Petroncim
-IL· t-'H~O·ot-EGsSEPORE Ml Dl:SSI::
Il mio piccolo Mauro aveva 10 mesi
quando fu ricoverato all'ospedale per pol-
monite. Dopo 20 giorni di alti e bassi peg-
giorò talmente che ormai era giunto agli
estremi. Il professore ml disse di rivolgermi
a Dio perché ogni terapia da lui provata si
rivelava inutile. Ero disperata. Mia cognata
ml portò rabilino di San Domenico Savio.
glielo misi al collo e con grande fiducia
Iniziai la novena. Dopo 8 giorni il mio pic-
colo era fuori pericolo, con grande stupo-
re di tutti, e presto potei portarmelo feli-
cemente a casa.
Desidero ringraziare Il piccolo Santo
anche per mia figlia. che ha dato felice-
mente alla luce il suo primo bambino, no-
nostante le difficoltà del parto.
Torino
Caterina L Bovaro
LA PICCOLA · LI A O A TA BEN~
Dopo un'attesa abbastanza tranquilla,
la mia piccola Elisa è nata prematura con
conseguenze abbastanza gravi. A soli 4
giorni entrò In coma finché I medici deci-
sero di sottoporla a un Intervento al capo.
In quei momenti di angoscia mi sono ri-
volta a San Domenico Savio invocando Il
suo aiuto. Ebbene, l'Intervento è riuscito,
e ora la bimba sta bene, anche se ha an-
cora bisogno di controlli periodici.
Bellinzago Pier Alda e Antonio Calonl
Cane Maria Antonietta (San Maurizio
d'Opaglio, NO) ringrazia 58n Domenico
Savio per la sua protezione e assistenza
In periodo di gravidanza. Alcuni anni fa
aveva perduto la sua prima creatura, e
ora di nuovo temeva un esito negativo;
per questo portò con tede l'abitino, ed
ebbe la gioia di una bambina bella e sana.
a cui ha posto il nome di Domenica. Rin-
grazia anche Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e santa Mazzarello per averla esau•
dita in molte altre circostanze.
Bove Anna (Napoli) per Il nipotino in
pericolo di vita fin dalla nascita, invocan-
do la completa guarigione non anoora
ottenuta.
Bullone (Vercelli) perché è stato scon-
giurato Il pericolo di una grave malattia
che temeva per la sua piccola di pochi
mesi.
Di Franca e Carlo Ferrando (Savona)
per Il dono di una vispa e bella bambina
venuta a portare tanta gioia dopo anni di
vana attesa, proprio il giorno di Natale.
Famiglia Muti (Pavia) per Il piccolo
Alessandro nato con una malformazione,
e ora perfettamente normale dopo vari
consulti e difficili Interventi.
Plantavigna Angela (Vercelli) per l'otte-
nuta guarigione della cara piccola Mi•
chela da una grave malattia.
Piano Gianna (Asti) per Il piccolo Stefa-
no Domenico, giunto felicemente a far
compagnia ai due fratellini, mentre il suo
arrivo sembrava quasi Impossibile.
Viotti Palma Caramellino (Acqui Terme)
per un suo parente che ha rinunziato a
una decisione che poteva tornare di dan-
no a tutta la famiglia
Russo Adele (Palermo) si è raccoman-
data al beato Michele Rua peruna parente
a cui era stato diagnosticato un brutto
male. e dopo l'intervento non se ne è più
trovata traccia.
Ml PREPARAVANO
L'AMPUTAZIONE DE
Al primi di maggio
del 1978 mentre ml
trovavo nello Zaire,
missionaria già da
venticinque anni,
avvertii acuti dolori
al ginocchio destro
con scricchiolii di
ossa e un forte bru-
ciore come se avessi
avuto Il fuoco acce-
so. Venni subito
condotta all'ospedale di Lubumbashl do-
ve mi fecero varie radiografie, e dopo un
consulto, 1medici trovarono Il caso assai
1 u e '? rr. I" roGRAZ
Acquisto Maria • Aklala M. GtazJa - Alemlo Awlllla
Al.almo Rosana Albertlnl GIIIMpp!M • Alnundrello
Annunzlala • Alllta M. Luisa All~ond Ernestina ~
miei Enrichetta Aneatml Cmm, G. aà11111a Atlull
Te,... - Audltlo Lucia Avenattl Ma,gherHa &ampi
Gludllte • Senzl GluMpplna Sart>onio T.,.aa a.,.
Ioni Rita Bertor•llo Caterina - Bianchi Ebe Boldrlnl
Giovanna Bollano Clelle Bollllo Sabine• Sonacco,11
Ada Bonluonl M.,la Sorora Amedeo Borea T.,..
Bor•HI Anna Sortolottl . . _ Bottero Dina Bott►
Mlii Analdo • Bracco MMI.a - ..... Fralelll Btfli.
no Mella • ll<etto RosMltl hmlglle Bruccoterl An-
lonlo Brunello 1J!10 Brunet GloYennl - Bufalino OH-
bino. Burgay Elda • Bu,lgollo Lelttla Buzzello Maria
Calcaterra Giovanna Caldarola Olga - Calderone
Caterina Cammarala Antonina Canganl Maria
Cannatà Angellna Canltlgllanl Marta • ~longa
Antonina • Cappa Flore<1llna Caprlglla Angelo • Ca•
puana Giovanna• C.rpenzano Sllrlna •caotana Pietro•
Caolelll Giuditta • Calalanl Carlo Cataldo AoNlla
Caqpano EYa. C.Vagnero Francaco. CIIVllllon• P•
tqua,le Canm1 Piero - Caula Alla - Chao..,. R.,..
Clllapponl Luisa CnlMa Marta Chlolalo G..,._.
Chlumrnarello Antonio Catione Carola • CeriniAnvelO
grave, ritenendo trattarsi di sarcoma. De-
vo notare che allo stesso ginocchio, col-
pito da decalcificazione, mi era già stato
praticato tredici anni prima un Innesto
osseo.
Rimandata d'urgenza in Italia, la Madre
ml esortò a confidare nell'Intercessione di
suor Teresa Valsè Pantelllni, mentre di-
spose che fossi condotta a Milano per le
necessarie cure del caso. Ricoverata al
«Centro per lo studio e la cura del tumo-
ri» vi rimasi tredici giorni. Dopo ripetute
radiografie, mi andavano preparando a
un eventuale intervento chirurgico, pro-
spettandomi - come era già stato detto
nello Zaire - l'amputazione della gamba.
lo continuavo a pregare con fede suor
Valsè, tenendo una sua reliquia sul gi-
nocchio malato.
Fatte le analisi e la scintografia, I medici
non trovarono più il male riscontrato nello
Zaire, per cui venni dimessa dall'ospeda-
le e invitata a ritornare dopo tre mesi per il
necessario controllo. Presentatami Il
successivo 25 settembre, ebbi il conforto
di sentirmi assicurare che non c'era più
nulla del male temuto, come venne poi
accertato anche da una nuova radiografia
di uno specialista.
Potei quindi, il 25 novembre dello stes-
so anno, ripartire per l'amata missione
dello Zaire e riprendervi 1n pieno la mia
attività, che ml tiene In piedi quasi tutto Il
giorno, senza avvertire alcun disturbo. Gli
stessi medici qui dello Zaire, che nel
maggio precedente avevano constatato la
gravità del male, nel visitarmi nuovamente
al mio ritorno dall'Italia rimasero molto
meravigliati, e non sapevano compren-
dere come tutto fosse scomparso senza
aver fatto alcuna cura.
Grata a quanti ml hanno aiutato con le
loro preghiere, esprimo la mia più pro-
fonda riconoscenza a suor Valsè, confi-
dando che vorrà continuarmi la sua tanto
efficace protezione.
Lubumbashi (Zaire) Suor Clara Gigi/o/I
R.C. (Oulx, TO) ringrazia di cuore suor
Teresa Valsè Pantelllnl per avere ricupe-
rato, grazie alla sua intercessione, la se-
renità e la pace a tutta la famiglia dopo
momenti di forti apprensioni in cui pareva
superflua ogni speranza.
Ce<VI Gugllalmlna Ciani Lidia· Cocchelll Maddalena
• Clloa Angelo • Colella Anlonlatta - Colli Marta C-
toU Domenica · Coppo Romina Colla R. Emanuela •
Crapanuno Slllval- 0.-cll ~Ila•Oalbord Maria
Oap,i Giacomina Onico E H - De Angall9
Marta - Otll Fava,o Giuseppina - Oella,oi. Piercarla 01
Grlgloll Patqual• 01 Natall Francesca 01 Rocca Prof.
Angelo. Oollo Corrado. Ella M. T........ Fenogllo RoN
FerTara Mario Ferrar! Franceaca - Fatrarl Pia Fer-
rarla Roslndo Flnocchlaro Giancarlo Flora TataN
Fioccar! Romana Foco Lucia Fognlnl Luigi. Franc:111
Concetta• Fumaga.111 Glunpplna • Gala Lucia· GaUetlo
Pt..tno • Gambino Natalina Gandolfo tna Gangaml
Francesca Gaulnl Palmlra • G11e11er Fr-■co
GeHrudlnl T..... Gentile G l u - · GerKI GNlana
Glllokll Comm. Antonio Glacomuttl Ma,gllerlla
Glamba Tataalna • Glanacdllnl Alice· Glanallo Anna
Glgllo Rota • Gioii Lina Glorgettl A.osa Gfur9olo
Maria Giove Maria Gorinl Angela • Gortnl Lel~la
GroNotto RoMlla Guauo111 Lidia• Gugllalmlno Maria
lappelll Angela lnvamll:ll PI.,. • La Lomla Guida
Lambartt <:alatlna La Mlcela Selva!- - Landolfo
Vincenza - La Yacdlla Epifania • Laonclnl Raimondo •
I.eone Glu- Lima Giuseppina Loddo Bait,a,a
Lomòatd Balllotlna Lopl Fosca Lcn\\l Emilia Luo-
d\\lnl Gigliola Lugarl G.loVlfttll
33

4.4 Page 34

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Preghiamo per i nostri morti
rattere torte e Insieme allegro. gioviale:
amava la conversazione, era pronto site
battuta scherzosa, conlrlbulva a rassere-
nare e cementare l'ambiente di tamlglla.
Era Il suo modo di esprimere la gioia di
essere saleslano: .questo spirito - di--
ceva - è proprio conforme al mlel desi-
deri•.
BERTAGGIA Arturo cooperatore
t a 86 anni
Fu uomo di lede profonda e visse cristia-
namente dedicandosi alla famiglia, All',-
nlzlo del suo matrimonio, non avendo ft·
gli, adottò Il nipote Marino. che poi di-
venne salesiano coadiutore. Il Signore gli
Ieee poi dono di tre tigli, per I quali spese
la sua vita educandoli al prlnclpl crlslianl
con lo spirito di Don Bosco.
BONVICINO Ne, IGNAZIO Nle■lano
f a San Benigno Can. (TO) 8 87 anni
Assorbi lo spirito diDon Bosco alla scuola
di Don Rua e Don Rlnaldl. La sua me-
moria rimarrà legata alla fondazione del-
l'oratorio San Paolo di Torino: In quella
borgata allora tutt'altro che favorevole al
preti conquistò rapidamente la simpatia
del giovani e degli adulti con le armi di
Don Bosco: l'allegria del gioco, la bontà
del cuore, la semplicità della fede. Ebbe
successivamente diversi Incarichi di re-
sponsabllltà, e la sua cara Immagine pa-
terna non sl cancellò più da.I cuore degli
exalllevl Nell'età avanzata fu Il preziosis-
simo sacerdote che non si chiude In vani
rimplan1I o peggio in acide condanne
delle novttà, ma rimane aperto 81 dialogo,
alla comprensione, all'aiuto, con una non
comune carica di umanità che offriva
amicizia e coraggio, specialmente nel
ministero della Penitenza. A 86 anni
chiedeva ancora al direttore se c'era bi-
sogno di lui per l'asslstenz-a.
CASTELLINO NC, CARLO Nleslano
t a VIiianova di Mondovì a 72 anni
Scelse la vita salesiana dopo Il servizio
,nllllare, e fin quasi agli ultimi giorni svol-
se la sua attività In Medio Oriente, specie
nelle nostre Scuole professionali al Cairo
e Alessandria d'Egitto. I giovani scopri-
vano facilmente sotto la sua esigente
severità la bontà squisita, capace delle
più delicate premure, Ansioso di non
perdere un mlnulo di tempo, era pronto al
servizi più umili come allo studio costante
per agglornare la sua cuttura teologica.
La pietà sentita, l'osservanza esempla.re e
un grande amore a Don Bosco sono I doni
che lascia a quanti lo ricordano.
CRIVEUETTO BORTOLO Nlelllano
t coadiutore a Mogllano (VE) a 76 anni
Fu Indirizzato alla vita salesiana dal suo
parroco, che si gloriava di essere decu-
rione salesiano dal 1891. Prima in famiglia
fino a 30 anni, poi In Congregaz.lone per
gli altri 46, Bortolo lavorò la oempagna.
Sotto la corteccia esterna piuttosto rude,
ptoprla del suo lavoro, scorreva una linfa
buona e forte. Fu molto devoto di Maria
SS., e lo dimostrava anche con la recita
assidua del rosario. Quando si rese conto
dl essere alla flne1 espresse soltanto il
desiderio di morire bene. e già parlava del
lieto Incontro In Paradiso con tanti amici
che l'avevano preceduto.
OELMEOICO GIORGINA PONZANI
cooperatrice t a Rivarolo (TO)
Era entusiasta di Don Bosco e della Fa-
miglia Salesiana, e cooperava anzitutto
con Il buon esempio di parrocchiana a&-
sidua ed esemplare nella preghiera, la
parola amichevole e la bontà della vita.
Non mancò mal agli Incontri menslll di
spirltualltil. fino all'ultimo che la preparò
all'Incontro col Padre, pochi giorni prima
della sua santa morte.
DI IORIO SAVERIO cooperator8
t a Roma e 80 anni
SI formò alla scuola di Don Bosco a Torl-
no-Vaklocco, e fu benemerito Insegnante
presso numerose opere salesiane.
EL KHtLL NC, HANNA aale1lano
t a Betlemme a 84 anni
Era nato a Nazareth, ove Gesù visse lino
e 30 anni, e mori a Betlemme ove Gesù
era nato, Nel 1908 lo stesso Don Rua, In
visita alle Palestina, lo Inviò come asp~
rante a Oremlsan, e divenlato salesiano
visse con Don Bosco per Cristo Signore.
Possedeva uno spiccato talento musica-
le, e lo valorizzò in composillonl molto
apprezzate, quasi tutte a soggetto sacro.
La purificazione di una lunga sofferenza
lo preparò all'Incontro con il Cuore dl
Gesù, di cui fu sempre devoto, nel giorno
della Beata Vergine di Lourdes, speranza
e conforto della sua lunga esistenza..
FERRAROLI MARIO cooperatore eu.1-
lievo t a Comun Nuovo (BO) a 76 a.
SI formò nell'Istituto salesiano di Sondrio
e portò lo spirito di Don Bosco In tutta la
vita. Fu apprezzalO sindaco di Comun
Nuovo, direttore par 50 anni della filanda
Nembri, cavaliere par meriti speciali, e
padre esemplare di quattro figli, due del
quali sacerdoti salesiani, elogio questo
più che sufficiente per la sua figura fatta
di rettitudine e di coerenza cristiana.
FRIGERIO LUIGI cooperatore
t a Torino
Frequentò l'Oratorio San Luigi di Torino
fin dal primi tempi, quando era direttore
don Clmattl, fece parte del gruppo
Esploratori, poi volle essere cooperatore,
e ne fu Il Consigliere lspettoriale ne11·;..
spettoria Subalpina. Lavorò nella vecchia
guardia dell'Azione Cattolica torinese, e
ne fu zelante propugnatore. Amò soprat-
tutto I giovani, che non ricorrevano mai
invano a lui per cercar lavoro, un buon
conslg lo, par sentirsi animati dal suo
esempio e dalla sua parola.
GIACOMUZZI aae. CARLO ..,.,,.no
t a Caracas (Venezuela) a 70 anni
A 20 anni parti missionario per Il Vene-
zuela e vi passò tutta la vita, consuman-
dosi In un lavoro senza risparmio. La sua
gioia tra sentirsi strumento della grazia
divina, e la sua preoccupazione ara oa-
teohlzzare I piccoli, I poveri, gli emargi-
nati. La sua bontà, arricchita di semplicità
e di Intelligente umorismo, gli guadagno
la fiducia del piccoli e del grandi.
GIORDANI MARIA TERESA coopera,.
t lrlce a Lanzada (Sondrio) a 101 anni
Era certamente la più anziana coopera-
trice della zona. Conservava una delle più
antiche figure di Don Bosco, e e lui In fa-
miglia ogni sera faceva recltare un Pater
per le vocazioni. E fu esaudita: del suoi
nove figli uno è missionario comboniano
e 3 sono suore. Spese la vita nel lavoro,
nella donazione al sofferenti, nella cor-
dialità dell'emlclzla e soprattutto nello
zelo per le missioni. Fu devotissima di
Maria ~uslllatrlce, e fino si termine con-
servò perfetta lucidità di mente, stimata
come un angelo di pace e di bontà.
LA ROCCA aac. ANTONINO aai.1lano
t a Palermo a 69 anni
Dopo gli studi comp1utt nel collegi sale-
slanl decisa di consacrare la sue vita a
Don Bosco e al giovani, e per essi fu
educatore e sacerdote tino al termine dei
suol giorni. Nel quotidiano lavoro, nell'a-
dempimento del dovere senza appar,-
scenze. senza primi plani, ha realizzato la
missione alla quale st era consacrato, f&-
dele al suoi Impegni di religioso, alle
espressioni della pietà salesiana, amante
del lavoro. entusiasta del suo sacerdozio
e Clelia vocazione salesiana.
LUNAROI aac. ANTONIO 1aie■Jano
t a Monteortone (PD) a 72 anni
SI fece salesiano per essere missionario.
e per due volte tentò di svolgere la sua
attività nel Medio Oriente, ma le malrerme
condizioni di salute lo costrinsero ogni
volta a rimpatriare. SI dedicò allora con
zelo all'esercizio del ministero sacerdo-
tale In Italia, Impegnando te proprie forze
anche nella musica, che amo sempre co-
me ottimo mezzo educativo. Era un ca-
MAURINA aac. PAOLO Nlealano
t a Verona a 59 anni
Parti giovanissimo per Il Medio Oriente,
ma I disagi della guerra ne minarono la
salute e 10 costrinsero a rimpatriare. Ma Il
ricordo di quella terra e l'amore elle mis-
sioni gli rimasero per tutta la vite. SI de-
dicò allora con entusiasmo e competenza
all'educazione cristiana del giovani, che
seguiva con sincera amlclzla anche come
exalllevl La dimensione più profonda del
suo spirito era la serenità, la pace Inte-
riore, che sapeva trasfondere In quanti lo
avvicinavano. Un Infarto lo stroncb pro-
prio mentre partecipava a un convegno di
studio per la salvezza dei giovani drogati,
RAVIOLO MARGHERITA veci. REITA
co-atrlce t ad Asti a 80 anni
Rimase vedova a 27 anni, e consacrò la
sua vita al Signore, alla Chiesa e al figli, di
cui uno è sacerdote sal8siano. Materna-
mente sensibile a ogni pena, la sua di-
sponibilità era su misura evangelica:
ognuno poteva beneficiarne a titolo pu-
ramente gratuito. La fede, a cui era sal-
damente ancorata, fu sempre la sua forza
e la sorgente della sua bontà. TesUmonlò
In famiglia e In fabbrica un Incontaminato
stlle di vita cristiana, Intessuto di respon-
sabllltà, di serenità di spirito e di Inesau-
ribile ottimismo.
SCALARI ATTILIO cooperatore
t a Parma a 49 anni
La sua improvvisa scomparsa è stata un
duro colpo per l'Oratorio salesiano di
Parma, ove egli era di casa. Non solo era
preziosa ta sue collaborazione di barista
Instancabile. ma soprattutto la sua pre-
senn tra I giovani, assidua nonostante la
precarra salute, bonaria, rasserenante,
nutrita da profondo amore a Don Bosco.
La mamma e Il fratello lo vogliono ricor-
dare con una Borsa di Studio di L,
600.000 a favore di un giovane missiona-
rio afrlaano.
TASSINARI STEFANO cooperatore
t a San Felice (MO) a 90 anni
Riteneva suo merito più gr,inde l'aver dato
due del quattro rtgll alla Congregazione
Salesiana. In particolare permise a OIOdo-
veo di pariire per Il Giappone a 17 anni per
raggiungere don Olmattl, del quale lu poi
successore nel governo di quella missio-
ne. Modesto, ottimista, avverso a quarsiasi
forma Cli maldicenza, viveva di fede.
Quando perse un figlio ancor giovane, a
eh, gh laceva coraggio rispondeva: , L'u-
nica cosa da dire è questa: sia latta la
volontà di 010•.
A quanti hanno chiesto lnformaz,onl, annunciamo che LA D IRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, ricono-
sciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n 959, e L 'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n 22, possono legalmente ri-
cevere Legai, ed Eredita
Formule valide sono:
- se si !ratta d'un legato: ...lasc,o alla Direzione Generale Opere
Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per le
missioni con sede In Torino) a titolo di legato la somma d, lire....
(oppure) l'immobile sito In... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente d1 assistenza e beneficenza. di IstruzIone e educazione, di
culto e di religione•
- se si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
l' altro dei due Enti su indicati:
• ...annullo ogni m,a precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direz,one Generale Opere Don Bosco con
sede In Roma (oppure /'Istituto Salesiano per la Missioni con sede In
Tormo) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi 1itolo, per
gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente Cli assistenza e bene-
ficenza, d i istruzione e educazione, di culto e di religione • .
(luogo e data)
(firma per disteso)
34

4.5 Page 35

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Boraa: Maria Aualllatrlee e S. Giovanni
Bosco, In memoria di Stoppani PaOllns, a
cura del nipoti L 500.000
Borsa: In memoria del sales/ano Don F.
Ruta o di Maria Ruta. a cura di Aula Ro-
sario, Modica Alta (G) L 300,000
BOJU: Maria Ausfffatrlce e Santi Salesia-
ni, per grazia ricevuta e invocando pro,.
lezione, a cura dl Truffa G. Carlo, Poni
Canavese L 250.000
Solidarietà missionaria
Borse di studio per giovani missionari salesiani
pervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
Borsa: Maria Ausiliatrice, per grazia rl-
C611'Uta e In memoria del misi de/unti, a
cura di A. Maria Allora Pellegrino, Cuneo
L 250.000
Bona: Don Bosco e Don Alfredo, pregare
per la mia famiglia, a cura di Barbero Dr.
Angelo, Concorezzo (Ml) L. 200.000
Botsa: Ma,la Ausllfatrlce e S. GloVllnnl
Bosco, vi ringrazio, ricordatevi sempre di
me, a cura di Perone Domenica, 5astri
Levante (GE) L. 200.000
Borsa: $. GloVllnnl Bosco • S. Domenico
Savio, protaggets I miei cari. grandi e
piccini, a cura di N.N. L 100.000
Borsa: Sacro Cuore e Santl Salealanl, a
cura di N.N., Trino (VC) L 100.000
Bonla: Maria Ausllfatrlce e S. Giovanni
Bosco, a cura di N.N., Trino (VC) L
100.000
Borsa: Miria Auslllatrlee e S. Giovanni
Bosco, In ringraziamento, Invocando
protezione, e In suffragio del miei da/unti,
a cura di Rutllnelfo Caterina L 100.000
Borse: Maria Ausiliatrice e Santi Sa.I►
•U1nl1 Invocando protezione sulla mia fa..
miglia, a cura della Famiglia Balzarro,
Torino L 100.000
Borsa: In memoria di Don Luigi Cocco, a
cura della famiglia Balzarro, Torino L
100.000
Borsa: Maria Au11lfalrk:e e Don Filippo
Rlnaldl, per grazia ricevuta e Invocando
protezione sulla famlgl/a, a cura di R.G.,
VDB di Torino L 100,000
B0<sa: S. Cuore, Maria Ausiliatrice e
Santi Salesfanf, in ringraziamento e Invo-
cando protezione, a cura di Serra Adria-
no, Torino L 100.000
Borsa: Màrla Autlllilrlee Santi Sate-
alanl, ringraziando per tante grazie rice-
vute. a cura di Nicola Giovanni, Torino L.
100.000
Borsa: Mlsalonl Salealane, In memoria e
suffragio dal figi/o Gianni, a cura di Au-
rora Rendano, lsolengo (AL) L 100.000
Borsa: In memoria di Besozzl Alberto, a
cura della moglie Gonnella Maria. Ca-
stelseccana (VA) L 100.000
Boroa: Maria Ausllfalrlce a S. Giovanni
Bosco, ,n sul/rag/o del defunti e per la
salvezza mia e del miei cari, a cura di Si-
monettl Albina. Flrenza (PR) L. 100.000
Borse: Maria Ausllletrlce S. Giovanni
Bosco, In ringraziamento e Invocando
protezione, a cura di Molino Marino Do-
menica L. 60.000
Borsa: Don Bosco, ringraziando, a cura di
Tlnlvella Dr. Ernesto, Borgomanero (NO)
L 60,000
Borsa: Don Bosco, a cura di Darfn Bianco
Giovanni, Cavazzo Carnico (UD) L.
60.000
BORSE DI L. 50.000
Bosco, proteggete I miei figi/, a cura di
Berardo Tomaso, Torino
Borsa: Maria Aualllalrlce e S. Giovanni
Bosco, a cura di Guarene Clelia, TO
Bo.-.a: S. Cuore di Geaù, Maria A1111f1Ja..
ttlce, Don Bosco, per la pace nel mondo;
a cura di P.G., Moncalieri (TO)
Borsa: Maria Auslllalrlce e SanU Sale-
siani, in sul/rag/o del miei defunti, a cura
di N.N.• Torino
s. Bo,sa: Maria Aualllatrlce e Giovanni
Bosco, in ouf/raglo del genitori, a cura di
N,N,, Torino
Bor...: s. Giovanni Botco, 8 cura di Ma-
rlanf Marisa. Novara
Borsa: Maria Aualflalrlce e S. Giovanni
Boseo, Invocando protezioni) per la fa.
m/glla, a cura di Gerla Angela
Bo,se: /n suffragio diZago Luigi, a cura di
Zago Franco, Firenze
Borsa: Gew Sacramenlato, Maria Auel-
lla.ttlee, Santi Salesiani, lmpetrando gra-
zie, a cura di Vibertl Cerri, La Morra (CN)
Borsa: Maria Ausfllatrlce e S. Giovanni
Bosco, per grazie ricevuta e Invocando
protezione, a cura di Vaschetta Rina, TO
BOJU: S. Giovanni Bosco, a cura di Fa•
solo Michele e Maria, Torino
Borsa: Maria Auslflatrlce 8 Sanll Sai•
,tani, a cura di Banchero Luisa, La Spe-
zia
Borsa: Maria Ausfllalrlce e Santi Sai•
sian!, in suffragio di Zunlno Raffaele, a
cura di N.N., GE-Sampletdarena
Boraa: Maria Ausflfatrlce s. Giovanni
Bosco, in suffragio della mamma Calo-
gera. a cura dei lfgll Leonardo e Gerlan•
do.
Borsa: Ma,la Ausllfalrlce e S. Giovanni
Bosco, a cura di Granler Clelia, TD
Borea: Maria Aualflalrlce e S. Glovan_nl
Bosco, per grazia ricevuta, a cura di Bot•
to, ASti
Borsa: Ma,la Aualllstrlce S. Giovanni
Bosco, per grazia ricevuta, a cura di
Blatta Anna, Torino
BOJU: S. Domenico Savio, per grazia ri-
cevuta, a cura di Olivetta Pielro, TO
Borsa: Mona, Versiglla, Don Caravarlo e
Papa Giovanni, chiedendo protezione, a
cura di G.M., Chieri (TO)
Borsa: Mons, Venlgffa e Don Caravarlo,
In ringraziamento e Invocando protezlo•
ne, a cura di Penazzo Enrico, Torino
Borsa: s. Cuore di Gesù e Maria Ausma-
trlce, per grazia ricevuta, a cura di A.A.,
Torino
Boroa: Maria Au1fllatrtce e s. Giovanni
Borsa: M.arla Auslflatrfce e S. Glonnnf
Bosco, implorando protezione, a cura di
Davide Luigino, Irene, Annamaria, Mcm-
bello
Borsa: Maria Aualllatrlce S. Giovanni
lloKO. @ C~fl! c;tl Destel@flls Marl!l, TQ
Boroa: Maria Aualllatrlce e s. Giovanni
Bosco, per grazia ,;cevuta, a cura di De
Paoli Franoo, Ventimiglia (IM)
Boraa: Gesù Sacramenlato, Maria Ausf.
Bambino delle missioni salesiane del Rwanda.
llatrlce e Don Bosco, per grazia ricevuta,
invocsndo protezione, a cura di Gonella
Maria. Torino
Borsa: Maria Auslflatrlce e S. Giovanni
Boeco, fn ringraziamento, ;n suffragio dei
defunti e Invocando protezione, a cura di
Montetameglio Maria, TO
Borsa: Maria Ausfllalrlce e Don Bosco, In
memoria di CsmpegnOlo Mario, a cura di
Campagnolo Baudino Maria, Montanaro
Boraa: Maria Aualllalrlce, S. Giovanni
Bosco, proteggete la nostra famiglia, a
cura della Fam. Ronco, Santena (TO)
Borsa: Maria Auslllatrlc• S. Giovanni
Boa<:o, parcM cl aiutino sempre, a cura
della Famiglia Protio, Torino
Boroa: $, Giovanni Bosco, ringraziando e
lnvocanclo protezfone, a cura di Lucca
Voclalta Elodla, Cessalto (TV)
Borsa: S. Gtovannl Boseot Invocando
protezione, a cura di Gianni e Costanza,
TO
Borsa: Maria Ausfllatrlce e S. Giovanni
Bosco. a cura di Granier Clelia, Torino
Borsa: Don Bosco, In rìngrsz/amento, a
c ura di Borello Lina
Borsa: Maria Auanlatrlce, S. Giovanni
Bosco, S. Domenico Savio, a cura di B.C.,
Alba (CN)
Borsa: Alexandrlna da Cosla, In memorie
di Panni Maria
Boroa: Maria Ausllfalrlce e S. Giovanni
Bosco, Invocando protezione, a cura di
F.M., Asti
Borsa: Gesù Sacramentato, Maria Ausf.
llalrlce, Santi Salesiani, impetrando gra-
zia, a cura di Vlbertl Cerri, La Morra (CN)
Boroa: Gesù, Marta, Giuseppe, salvateci,
a c ura di M.G., Verona
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Giovanni
Bosco, invocando protezione. a cura di
Luciano e Stefano Ranuschlo
Borsa: Maria Auslllalrlce, In ringrazia•
mento, a cura di N.N.. Gozzano (NO)
Borsa: Maria Auslllatrlce a S. Giovanni
Bosco, invicando protezione per un am-
malato, a cura di R.S.
Borsa: Ma,ia Aualflatrlce e Santi Sale-
•lanl, In suffragio del defunti e Invocando
protezione, a cura di Bilonl !dilla, Brescia
Borsa: Maria Aualllatrlce • Don Bosco,
n invocando protezione, a cura di Mensltierl
Nana e Giorgio, Cisterna (L L 100.000
Bona: Maria Aualllalrfce e S. Giovanni
Boaco, invocando protezione, a cura di
Centonze Carla, Lecce
Borsa: $. Cuore di Gesù, Maria Ausilia•
Irica e Don Bosco, In suffragio dei de-
funti, a cura di Angelino Maria, Aversa L
100.000
Botsa: Maria Aualllalrlce, a cura di N.N.,
Cardano al Campo (VA) L. 100.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, la che lo abbia
la mia casa, a cura di Rugglrello M. An•
tonlna, Caltavuturo (PA) L 100.000
Borsa: S. Giovanni Boaco, In suffragio di
Luigi Bisoglio, a cura delle famiglie De-
martlnl e Bersano, LU Monf. (AL) L.
100.000
Borsa: S. Domenico Savio, a cura di
Gianni L 80.000
Bo,sa: S. Domenico Savio, per gra-zla ri-
cevuta, a cura di B. Malra
Bona: S. Domenico Savio, In ringrazia-
mento e invocando prote2ione, a cura di
M.A.
Borsa: Ges(l, Maria Auslllatrlce, Santi
Salealanl, proteggetec, sempre, a cura di
Faralll Anello, Grosseto
Borsa: Maria Aualllaltk:e e S. Giovanni
Bosco, Implorando protezione sul figi/ e le
loro lam/glie. a cura di Santini Alina, To-
lentino
Boroa: Maria Au111fatrlce e S. Giovanni
Bosco, In suffragio di mia mamma e In-
vocando protezione. a cura di A.L.
Borsa: In memoria di Negrlno Costantino,
a cura di Negrlno Vincenzo, Alice Bel
Colle (AL) L 70.000
BorH: Maria Auslllatrlce e S. Giovanni
Bosco. in ringraziamento, a cura di Pa·
lombo Enrica, Siena
35

4.6 Page 36

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Spedìz. ìn a bbon. postale - Gruppo 2° (70) - 1 • quìndicina
AVVISO PER IL
PORTALETTERE
In caso di
MANCATO RECAPITO
inviare a:
TOR IN O
CENTRO CORRISPONDENZA
per la restituzione al mittente
LA VITA
PUO'
RICOMINCIARE
Ferito da un colpo di pistola, Patrick Segai, 24 anni, perde
l'uso delle gambe. Condannato sulla sedia a rotelle, Patrick
non si rassegna: decide di diventare fotoreporter e, un
anno dopo, si imbarca per la Cina. Questa è la sua
stra ordinaria biografia; la storia, giorno per giorno, del
suo coraggioso ritorno alla vita. È un libro che porta un
messaggio di speranza, di fiducia, di fede.
L. 6.000
SOCIET~ EDITRICE INTERNAZIONALE