I NOSTRI SANTI
a cura di Pasquale Liberatore postulatore generale
• Don Giuseppe Quadrio.
r UNANOTTE
MEMORABILE
Da alcuni anni mi ero prefisso di
compiere un trekking alpinistico
sulle montagne che coronano la
Valfurva, in provincia di Sondrio ,
ma non avevo mai potuto soddi -
sfare questo desiderio. Cono-
scevo la valle perché da ragaz-
zo vi avevo trascorso alcune e-
stati in compagnia di mio padre
che seguiva i lavori in un cantie-
re ai piedi del ghiacciaio dei
Forni. L'itinerario prevedeva un
percorso in quota fra i 3500 e i
3800 metri , lungo le tredici cime
che vanno dal Cevedale al Tre-
sero. Quando mi si presentò
l'opportunità, la colsi al volo. In
compagnia di mio figlio e di due
amici , partimmo da Grosio , nel
pomeriggio del 14 agosto, at-
trezzati con piccozze , ramponi e
corde per portarci in quota e
dormire al rifugio Casati. Le
scarse precipitazioni dell'inver-
no e l'eccez ion ale calura dei
mesi estivi avevano ridimensio-
nato notevolmente la superficie
ghiacciata, mettendo in eviden-
za le fortificazioni e i baracca-
menti della prima guerra mon-
diale, ma soprattutto aprendo
numerosi crepacci specie in
prossimità delle cime. Ciò nono-
stante, seguendo il tracciato con
prudenza , il primo giorno non
incontrammo particolari difficoltà
fino al rifugio del Vioz dove per-
nottammo. Durante la notte una
violenta perturbazione ci martel-
lò con pioggia e grandine , ma la
mattina, al momento della par-
tenza, solo un forte vento solca-
va il cielo completamente limpi-
do. Il percorso del giorno 16 fu
impegnativo con calate di corda
su pareti rocciose e superamen-
to di crepacci terminali. Toc-
cammo tutte le creste del per-
corso fino al Tresero, dove giun-
gemmo alle 20. Avevamo godu-
to di un panorama superbo e di
una giornata serena fino a Pun-
ta Pedranzini , dove il cielo , nero
di nubi , aveva cominciato a sca-
ricare scrosci vio lenti di pioggia
e grandine. Dal Tresero iniziam-
mo ve lo cemente la discesa
lungo il versante che conduce al
rifugio Bernasconi e quindi a S.
Caterina. La tempesta continua-
va impietosa accompagnandosi
a lampi e tuoni. Il percorso che ,
in condizioni normali , non avreb-
be presentato alcuna difficoltà,
a causa dell'oscurità e della gran-
dine che aveva coperto le labili
tracce del sentiero, divenne dif-
ficile da seguire , tanto che a
quota 3300 ci ritrovammo in un
punto dove era impossibile pro-
seguire a causa del ghiacciaio e
delle rocce strapiombanti. Al no-
stro livello , a circa 300 m in li -
nea d'aria , si percepiva la sa-
goma del bivacco Seveso, ma ci
separava una lingua di ghiac-
ciaio molto crepacciato il cui su-
peramento sarebbe risultato
estremamente pericoloso già in
condizioni normali. Dopo un ra-
pido consulto si decise di torna-
re in vetta e ridiscendere per la
cresta rocciosa verso quel bi-
vacco per pernottare. Fu in quel
momento che rivolsi un pensie-
ro a mio padre, deceduto su que-
ste montagne nel 1959, al Ser-
vo di Dio don Giuseppe Qua-
drio e alla Madonna perché ci
dessero una mano a superare
le non poche difficoltà che si
sarebbero presentate. Fortuna-
tamente tutti e quattro mante-
nemmo una grande seren ità e
la calma necessaria per evitare
di comm!-)ttere qualche impru-
denza. E superfluo dire che
camminando dalle 5 del mattino
ed essendo ormai le 9 di sera
eravamo stanchi ; personalmen-
te avevo difficoltà a deglutire a
causa dell 'epiglottide ingrossata
non so se per lo sforzo o per
una infiammazione causata dal-
l'acqua di ghiacciaio ingerita du-
rante il tragitto. Con la ricetra-
smittente, di cui eravamo dotati ,
contattammo il rifugio Branca ,
pregando il custode di avvisare i
nostri a casa che quella sera
non saremmo rientrati come pre-
visto. Riprendemmo quindi a sa-
lire verso la cima del Tresero ,
mentre imperversava ancora la
tempesta e i fulmini si abbatte-
vano pericolosamente sulle roc-
ce attorno a noi. L'atmo sfera
era così elettricamente carica
da produrre particolari fenomeni
elettrostatici come il caratteristi-
co ronzio nei conduttori e l'effet-
to punta sulle rocce. In quella
notte da tregenda il custode del
rifugio Berni , al passo Gavia ,
prima di coricarsi , aveva dato
un'occhiata di contro llo alle vet-
te sovrastanti e aveva intravisto
delle luci in cima al Tresero, quel-
le delle nostre torce. Ignorando
la segnalazione che avevamo
inviato al rifugio Branca, pensò
giustamente di allertare il Soc-
corso Alpino che comunque , in
considerazione delle condizioni
proibitive , non poté muoversi .
Intanto, arrivati in cima, iniziam-
mo la discesa verso il bivacco
Seveso lungo una cresta roccio-
sa che emerge da due lingue di
ghiacciaio che scendono dalla
vetta. Eravamo fiduciosi di aver
preso il sentiero giusto ma, data
la scarsa vis ibilità , non ne era-
vamo totalmente sicuri. Dopo un
tratto agevole, il percorso diven-
ne impegnativo con passaggi
strapiombanti sul ghiacciaio di
cui si intravedeva il chiaroscuro
dei crepacci. Le luci delle lam-
pade diventavano sempre più
fioche , le pile si stavano esau-
rendo . Protasio , il capo cordata,
fece appena in tempo a fissare
una corda sul tratto più impe-
gnativo dopodiché piombammo
nel buio più assoluto. Era l'una
di notte , aveva cominciato a
nevicare intensamente e tirava
un vento gelido. Non avevamo
altra alternativa che proced ere a
tentoni ; ci consolava solo il fatto
che fra poche ore avrebbe co-
minciato ad albeggiare e, se
non altro , avremmo potuto ren-
derci conto di dove ci trovava-
mo. Infatti pensavamo di esserci
abbassati a sufficienza ma del
bivacco non vi era traccia e co-
minciava a serpeggiare il dubbio
che forse non eravamo sces i
dalla cresta giusta. Finalmente
Andrea, mio figlio , e Lino, l'altro
amico , che ci avevano precedu-
to di qualche decina di metri , ci
gridarono di aver trovato i tiranti
di ancoraggio del rifugio . Fin al-
mente, alle due di notte, chiude-
vamo alle nostre spalle la porta
del bivacco e , come amava
ripetere Protasio , per incorag-
giarci dopo aver superato qual-
che passaggio difficile , "an sé fò
de/a saca" eravamo proprio
usciti dalla sacca, il momento
più difficile era alle spalle. Dopo
esserci liberati degli indumenti
fradici ci infilammo sotto le co -
perte. Alle 8 del mattino di lune-
dì 17 agosto , mentre eravamo
ancora rintanati nelle cuccette ,
sentimmo il rumore di un elicot-
tero. Ho pensato che venisse
per noi . Si trattava infatti del
mezzo del Soccorso Alpino che ,
a seguito della segnalazione del
Berni , compiva un sopralluogo .
Assicurati i soccorritori che tutto
andava bene e che sarem mo
rientrati a piedi , l'elicottero conti-
nuò il suo giro. Era di nuovo una
giornata splendida, con un sole
che picchiava forte. Dal basso
sali vano gruppi di alpinisti per
raggiungere la vetta . Due di
loro , passati dal bivacco , tenta-
rono invano di affrontare la cre-
sta che noi avevamo superato
di notte a tentoni. Allora mi sono
reso conto che , oltre alla perizia
del capo cordata che tanto si
era prodigato , senz'altro una
mano dall'alto ci aveva guidato
e protetto. Non amo esternare i
miei sentimenti ma, ripensando
a quei momenti memorabili , non
posso non rendere merito pub-
blicamente a chi ci ha soccorso
nel momento della prova e un
pensiero di profonda gratitudine
va alla memoria di mio padre, a
don Giuseppe Quadrio e alla
Madonna ai quali nel mio intimo
mi ero affidato , senza restarne
deluso.
Gabriele Antonio/i
r IL CORAGGIO
DI CREDERE
Non se mpre si ha il coraggio di
"affidarsi" a Dio oppure a volte
si pensa che i miracoli capitino
solo ag li altri . Le mie care suore
mi avevano parlato di Domeni-
co Savio protettore delle donne
nel magnifico momento in cui
stanno per diventare mamme.
Ma durante l'attesa del mio pri -
mo figlio , non mi sono rivolta a
lui , non ho avuto il coraggio di
credere nel la sua intercessione.
Partorii con un cesareo. Parec-
chi mesi fa , nonostante le paure
suscitate da alcuni medici , ho
affrontato serenamente una se-
conda maternità e questa vol-
ta ... mi sono "affidata" a Dome-
nico Savio. Nel momento del
maggior bisogno , ho sentito una
forza particolare che mi ha aiu-
tata a dare alla luce - in questo
caso in modo naturale e con
grande gioia - il mio secondo
bimbo. Questa volta è capitata a
me! Grazie Domenico.
Manuela, Milano
Per la pubblicazione non si
tiene conto delle lettere non
firmate e senza recapito. Su
richiesta si potrà omettere
l' indicazione del nome.
BS APRILE 1999