Bollettino_Salesiano_198905


Bollettino_Salesiano_198905



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2 · 1 MAGGIO 1989
~ il
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/ 69.31 .341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco Bongioanni -
Pierdante Giordano - Gaetano Nanetti - Angelo Paoluzi
- Cosimo Semeraro.
Collaboratori: Nino Barraco - Sergio Centofanti - Paolo
del Vaglio - Umberto De Vanna - Monica Ferrari - Maria
Galluzzo - Maurizio Nicita - Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto)
per tutti.
1115 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell 'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfano, Rinaldini) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 18 lingue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in : An-
tille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - CIie - Cina (a
Hong Kong) -·Colombia - Ecuador - Filippine - Francia
- Germania - Giappone - India (in inglese , malayalam ,
tamil e teiugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia - Jugo-
slavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud - Litua-
nia (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Para-
guay - Perù - Polonia - Portogallo .- Spagna - Stati Uni-
ti - Thailandia - Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede .
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta , nei limiti
del possibile.
Cambio di indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vec-
chio.
SOMMARIO
3 CRONACHE SALESIANE
7 SUI SENTIERI DEL CONCILIO
di don Egidio Viganò
9 VITA ECCLESIALE
A dieci anni da Puebla le sfide dell'America
Latina
di Silvano Stracca
13 PROBLEMI EDUCATIVI
I giovani per l'Europa unita (ma con una
marcia in più)
servizio redazionale
Un ex allievo a Strasburgo: «No all'Europa
dei mercanti»
servizio redazionale
Dal MEC al grande appuntamento del '93
servizio redazionale
18 STRENNA 1989
Un corso universitario per insegnare «lavo-
cazione»
servizio redazionale
21 STRENNA 1989
Qui è nata la mia vocazione
di S.St.
25 L'Africa in crisi invoca aiuto. Chi risponde?
di Gaetano Nanetti
30 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Tra gli indios del Chaco Boreal
di Giuseppe Costa
35 Dare un senso alla vita contro le nevrosi del
nostro tempo
servizio redazionale
38 STORIA SALESIANA
Arrivederci in Paradiso mademoiselle Lou-
vet ma in compagnia del povero Don Bosco
di Monica Ferrari
RUBRICHE
Pigy di Del Vaglio, 4 - Libri e altro, 28-29 - I nostri
Santi , 41 - I nostri morti, 42 - Solidarietà, 43
1 Maggio 1989
Anno 113
Numero 8
In copertina:
Piccolo indio
Ayores
(foto Zanardini)

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- - - - - - - - - - -s/1-
1 MAGGIO 1989 3
ITALIA
La Famiglia salesiana
di Catania
ritrova il suo teatro
Con una grande festa il 9 aprile 1989 i
salesiani di via Cifali di Catania hanno
riaperto al pubblico il loro teatro
rinnovato e adeguato alle più recenti
normative di legge.
La serata inaugurale ha visto a raccolta
tanti amici dell'opera salesiana ma
soprattutto tanti operatori del settore
che hanno legato il loro impegno
artistico alla stessa esperienza
salesiana.
Assente giustificato il «figlio d'arte»
Pippo Baudo il compito di fare gli onori
di casa è toccato a Tuccio Musumeci e
Pippo Pattavina che alla scuola di Don
Bosco han mosso i primi passi come
attori.
Presenti tra gli altri suor Giuseppina
Barsanti ispettrice FMA di Catania e
l'ispettore SDB don Vittorio Costanzo,
il presidente della regione Nicolosi, il
prefetto Scivoletto, i deputati Sapienza
e Latteri, la festa è servita anche a
presentare ufficialmente il recente film
sul fondatore della congregazione
realizzato da Leandro Castellani.
Pattavina e Musumeci hanno subito
ricordato i loro trascorsi salesiani,
impegnandosi anche in alcuni brevi
monologhi. Pattavina, che ha
rivendicato il merito di essere l'unico ex
studente doc rispetto a Baudo e
Musumeci, semplici frequentatori
dell'oratorio, ha recitato un pezzo di
loppolo ed una poesia di Gaetano
Cucinotta. Tuccio Musumeci ha sua
volta ricordato con nostalgia gli anni
del periodo salesiano, «anni in cui tutto
ci sembrava bello e possibile, compresa
la possibilità di recitare solo drammi
con parti maschili, visto che era proibito
far recitare le ragazze». Simpatico
come sempre, Musumeci ha anche
preso in giro Pattavina, svelando come
il suo re pertorio di cantante leggero
fosse all'e poca limitato a Claudio Villa».
Nella nuova sala, che riapre dopo un
lungo periodo di lavori di
ristrutturazione, è stato quindi
proiettato un lungo spezzone del film.
Salito sul palco, il regista è stato
intervistato dal direttore del Bollettino
Salesiano don Giuseppe Costa
«Raccontare la vita di un santo - ha
detto - non è facile. Il rischio che più
comunemente si corre è quello di fare
un'agiografia. La stessa vita di don
Bosco, un uomo forte e coraggioso, si
prestava a essere raccontata in modo
quasi eroico, quasi che per forza i santi
debbano essere dei pazzi. Il nostro
tentativo è stato invece quello di
parlare dell'uomo don Bosco e delle sue
tante battaglie, privilegiando la
tematica religiosa a quella laica».
Interpretato da Ben Gazzarra, il film ha
avuto un buon successo di critica. «li
-risultato più importante - ha
continuato Castellani - è stato quello
di riconciliare un certo pubblico con un
cinema di qualità. Anche dal punto di
vista distributivo, il film è servito a
riscoprire una serie di circuiti quasi
dimenticati come i cinenoforum e le
sale parrocchiali».
Con alle spalle una lunga e fortunata
carriera televisiva («Le cinque giornate
di Milano», «Il coraggio di parlare»),
Castellani ha concluso sottolineando il
contributo di Stelvio Cipriani, autore
delle musiche, anche lui presente
all'incontro che ha eseguito al
pianoforte la musica del film. La serata
si è articolata ancora con la proiezione
di un video intervista al Rettor
Maggiore dei Salesiani curato da Salvo
La Ros a e con l'esecuzione di alcuni
canti da parte della corale P.L. da
«Palestrina» di Messina diretta dal
Maestro Arena. Durante la serata don
I Nella foto: il salone teatro del
S. Francesco di Sales di Catania.
Armando Lo Paro, infaticabile
realizzatore della struttura ha anche
trovato modo di far suonare una banda
di ragazzi.
Una nuova scuola
professionale a Mestre
La chiusura delle celebrazioni
centenarie per l'ispettoria veneta di
Mogliano ha avuto nella presentazione
della nuova opera di Mestre un
momento veramente significativo.
Mostrando molta fiducia nella
Provvidenza e sostenuta da amici e
benefattori l'is pettoria di Mogliano ha
voluto costruire una grande opera
destinata alle scuole professionali e alla
sede della stessa ispettoria che in tal
modo si trasferirà a Mestre.
Il grandioso complesso è quasi pronto e
sabato 25 febbraio è stato presentato
alle Autorità. La cerimonia è stata
preceduta significativamente da una
tavola rotonda sulla formazione dei
giovani e il mondo del lavoro alla quale
hanno partecipato don Pasquale
Ra nsenigo del CNOS e il dott. Giorgio
Lago direttore de «Il Gazzettino».
Nelle stesse giornate è stata
organizzata anche una mostra delle
opere del salesiano Pio Penzo deceduto
recentemente all a cui memoria verrà
dedica to il settore grafico della scuola.

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ITALIA
Storia di un martelletto
e di una cazzuola
In occasione della visita di Giovanni
Paolo Il a Valdocco il Rettore
Maggiore ha presentato al Papa... anche
una cazzuola ed un martelletto alla
presenza di due giovani professionisti la
dottoressa Maria Cristina Spezia e il
dott. Antonio Massimo Spezia (nella
foto). Qualcuno ha chiesto di saperne di
più. Ecco quindi la storia inviataci
gentilmente da don Luigi Mariani di
Lissone e ricavata dalle stesse Memorie
Biografiche del Santo. I due utensili
furono usati in occasione della prima
pietra della Basilica di Maria
Ausi liatrice il 27 aprile 1865 e vennero
regalati dall'ingegnere Antonio Spezia i
cui pronipoti hanno appunto voluto
presentare il dono al Pontefice. Quando
l'ingegnere Spezia incontrò Don Bosco
era appena laureato: le memorie
biografiche al volume VI pagina 234
ricordano che il Santo presenta il
progetto della Chiesa di Maria
Ausiliatrice, abbozzato dal chierico
Chivarello, all'ingegnere Spezia. Più
avanti al volume VII pagina 266
troviamo che l'ingegnere dopo aver
fatto l'estimo della casa Pinardi si sente
dire da Don Bosco : «A ltra volta avrò
bisogno di lei». L'occasione viene dodici
anni dopo. Al volume IX, pagina 198
descrivendo la chiesa nel suo interno si
fa cenno che il disegno dell a porta
maggiore e del pulpito fu eseguito dal
cavaliere Spezia. In altri casi, ancora,
viene ricordata la generosità e la carità
di questo sostenitore di Don Bosco.
Tutt'oggi la famiglia residente a Monza
continua la tradizione.
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EGITTO
Da tutti i Paesi Islamici alla
scuola dei Salesiani
Da tutti gli Stati Membri della
Conferenza Islamica possono essere
inviati studenti negli Istituti,Salesiani
del Cairo e di Alessandria. E quanto si
legge nell'Annuario Statistico della
stessa Conferenza di quest'anno. 11
Ministero egiziano del Lavo ro nel dare
questa informazione tramite il .
Ministero degli Esteri elenca anche le
specializzazioni che sono: impianti
elettrici civili, teleruttori, bobinaggio
motori elettrici, tornitura, saldatura
generale ossiacetilenica e ad arco,
saldatura su tubi ad alta pressione per
pipeline, motoristica, diseg no tecnico,
pneumatica ed oleodinamica, corsi di
addestramento avanzato per istruttori e
tecnici in metrologia ed in prove
distruttive e non distruttive dei
materiali metallici. È questo-certamente
un riconoscimento non soltanto delle
capacità tecnico-formative dei Salesiani
ben note in Egitto e altrove ma anche
un segno che nel rispetto di fedi e
ideologie è possibile co ntribuire allo
sviluppo e alla pace.
·--l

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- - - -- - - ~ -
I MAGGIO 1989 5
erchiamo di capire
BOLIVIA
La tipografia dei salesiani
stampa anche le schede
elettorali
Alla vita di un Paese si può contribuire
in tanti modi e la tipografia dei Salesiani
di Lapaz lo fa anche stampando a
tempo di record duemi lioni e trecento
mila schede. A prima vista può
sembrare una cosa d a nulla ma in un
Paese dove la vita democratica è
precaria tanto che un a elezione può
essere messa in discussione dalla
mancanza delle schede e dalla
impossibilità cli stamparle per tempo,
riuscire a far ciò è importante.
Ma la tipografia editrice cli Lapaz
a ttrezzata fra l'a ltro cli una bicolore
Heiclelberg non fa soltanto questo:
stampa e diffonde libri sco lastici
apprezzati in tutte le scuole quella
editoriale insomma è un a tradi z ione che
co ntinua.
I Nella foto : don Giuliano
Bellomo, direttore dell'editrice
mentre verifica i lavori fatti.
UN VOTO
PER L'EUROPA
Fra poco più di un mese in dodici Paesi del nostro continente si svolgono
le elezioni per il terzo Parlamento europeo. Non sarà soltanto l'occasione
per una verifica cli natura politica che possa servire ai partiti per «contarsi»
nelle specifiche realtà interne, ma anche un momento cli tensione ideale per
riaffermare i principi di collaborazione tra le forze che governano la Comu-
nità europea, il loro desiderio di pace e la volontà di reciproco rispetto.
A tutti è richiesta tolleranza e accettazione delle opinioni altrui. I cristiani,
in questa come in altre situazioni nelle quali è coinvolta una loro presenza
all'interno della società, sono interpellati per dare testimonianza nei valori
che derivano dai loro principi. Non si può liquidare, in altre parole, la circo-
stanza elettorale con la diffidenza (purtroppo diffusa fra i cattolici) verso la
politica e, magari giustamente, i suoi giochi talvolta meschini. Bisogna invece
partecipare con piena consapevolezza alla costruzione della comune casa
europea, le cui fondamenta sono state poste da uomini di stato che erano an-
che uomini di fede : Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schumann
(per il quale si sta istruendo un processo di beatificazione).
Certamente oggi le cose si prospettano in modo diverso da quando, poco
meno di quarant'anni fa, si mise in moto il mecca nismo dell'unificazione
europea. Ma la spinta rimane quella di allora: la cooperazione, lo sviluppo, la
pace. Le comuni radici cristiane di questa Europa vanno salvaguardate con-
tro ogni tentazione secolarizzante e ogni egoismo di gruppo, di casta, di ra z-
za, di interessi materiali ; riafferma ndo i valori della vita, dell 'accoglienza,
della solidarietà; respingendo i criteri della pura e semplice convenienza
economica. Da qui partire per promuovere la pace e la giustizia a livello pla-
netario. Lo hanno detto i vescovi italiani nel documento conclusivo di un re-
cente incontro della Conferenza Episcopale, che sottolinea la necessità di te-
stimonianza attiva dei cristiani a questo di livello di speranza continentale.
E nel cercare di capire come mai questo edificio comune sia stato possibi-
le, rifacciamoci anche al consenso che sta ottenendo. Sondaggi e inchieste
restituiscono un'immagine di piena e tranquilla accettazione; e, in particolare
nei giovani, addirittura di entusiasmo (merce non facilmente reperibile sul
mercato politico). Non soltanto come fatto in sé, ma in prospettive concrete.
Il 20 per cento nella fascia di età fra i 15 e i 34 anni (anche se l'indagine ri-
guarda sette soltanto dei 12 Paesi della CEE) è disposta a cercare lavoro ol-
tre confine; di un milione e duecentomila ragazzi, fra gli 11 e i 25 anni, che
hanno partecipato a un concorso organizzato nell'ambito dell'intera Comu-
nità, il 92,5 per cento ha votato Europa.
Sarà un consenso da far ripetere ai loro genitori in quello stesso 18 giugno,
quando in Italia, accanto alle elezioni vere e proprie, si terrà il referendum
per il «conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo». Si
tratterà, in parole meno burocratiche, di sapere se la logica di un'Europa, che
dal 1992 avrà fatto cadere molte barriere economiche, sembri preferibile a
quella degli interessi nazionali , e se accettiamo di stare al gioco di una colla-
borazione sempre più stretta con altri Paesi e popoli. È forse una sfida antici-
patrice, ma anche un'apertura sul futuro.
Angelo Paoluzi

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6 · 1 MAGGIO 1989
INDIA
Festeggiati gli ottant'anni
di Don Maschio
Doppia resta in India per gli ottant'anni
di don Aurelio Maschio e la co nclusione
delle celebrazioni centen arie. La
celebrazione è avvenuta 1'11 febbraio
u.s. presso la scuola professionale di
Matunga all a presenza del cardi nal e
arcivescovo di Bombay Simon Pimenta,
dell'ispettore salesiano
don Loddy Pires, di numerose altre
autorità civi li e religiose nonché di
am ici ed exa lliev i del festeggiato.
Don Aurelio Maschio è nato a Vazzo la
in provincia di Treviso il 12 febbraio
1909. Poco più che quindicenne il
2 novembre 1924 parti per l'India dove,
divenuto prete, a ventiquattro anni,
veniva nomin ato parroco e diretto re del
centro missionario di Cherrapunnj ee.
Da allora per don Maschio è sta to un
sussegu irsi di sacri fici e di soddisfazioni
che hanno visto crescere l'intera
presenza sa lesiana in Indi a. Grazie
all'aiuto di moltissimi amici e
benefattori don Maschio ha costruito
chiese e opere di altissimo significato
socia le. Co n oltre duecento opere la
Famiglia Salesiana in Indi a è oggi
radicata nella rea ltà del grande Paese:
don Masc hio è uno de i suoi principali
costruttori. Anche noi del BS ci uniamo
al coro degli innumerevoli amici
augurandogli come ha scritto il The
coastal observer, Long Live. Si caro
don Maschio ancora lunga vita per la
costruzione del Regno!
I Nella foto : alcuni momenti
della celebrazione auguralé In onore
di don Maschio.
26 gennaio 1989 il centenario a Cison.
Per l'occasione è stata organizzata una
tavola rotonda sul «contratto» di
lavoro realizzato da Don Bosco per i
suoi giovani apprendisti. Al dibattito ·
sono intervenuti (nell a foto) il si ndaco
della cittadina sede fra l'a ltro di una
splendida casa salesia na, il si nd aco di
Vittorio Veneto, l'onorevole Tina
Anselmi, l'on. Franco Rocelli, il
senatore Pava n, l'onorevo le Giuseppe
Marton, il vicario ispettoriale don Bort.
Particol armente apprezzato poi è stato
l'i ntervento di don Gustavo Resi.
ITALIA
A Cison di Val Marino si
chiude il centenario
parlando del «Contratto»
All a presenza dell 'onorevole Tina
Anselmi , la parlamentare è stata anc he
ministro del lavoro , si è chiuso il

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·~ - -- - -- - -- -sll-
1 MAGGIO 1989 7
Don Viganò
ci parla
Nuove parole e nuovi linguaggi da oltre un ventennio
scandiscono il ritmo e la vita dei cristiani che con
l'esortazione apostolica «Christifideles Laici» vengono
spinti verso una più cosciente missionarietà. Con questo
numero della rivista il Rettor Maggiore inizia una nuova
serie di interventi che, quasi un dizionario di parole e di
vita, ci aiutino - è la speranza e l'augurio nostro e dello
stesso don Viganò - a camminare sui sentieri del Concilio
Vaticano II con il cuore apostolico di Don Bosco, il quale
seppe coinvolgere sempre tanti laici nel suo spirito
evangelico e nella sua missione giovanile e popolare.
La «secolarità»
Siamo invitati a chiarire un certo linguaggio in uso.
Il discorso che iniziamo potrà apparire inizialmen-
te un po' ostico, ma risulterà utile.
Quante parole nuove si usano oggi!
È segno che sono sorti notevoli cambiamenti nel-
l'ambito della cultura e dell'evangelizzazione.
Si sta registrando un accelerato processo di tra-
sformazione delle mentalità.
È un fenomeno che tocca la crescita dell'uomo nel-
la sua maturazione individuale e sociale. Cambia il
modo di pensare e di giudicare: ogni persona si sente
sollecitata a interpretare più coscientemente la sua
esistenza e le sue attività.
Una delle nuove parole stimolanti è quella di «se-
colarità».
È, di per sé, un termine astratto; ma ha un significa-
to assai realistico che investe direttamente la fede cri-
stiana.
L'hanno usata i Vescovi nel Sinodo sulla vocazione
e missione dei Laici (ottobre 1987); e ne tratta esplici-
tamente la recente Esortazione Apostolica di Gio-
vanni Paolo II «Christifiledes laici» (dicembre 1988)
specialmente nel suo importante n. 15.
Se vogliamo conoscere quali sono le novità che in-
terpellano oggi la Chiesa e se ci interessa capire quale
sia l'identità del cristiano laico (e anche degli altri
membri del Popolo di Dio), non possiamo prescinde-
re dall'approfondire il significato della «secolarità».
Uno degli attuali grandi segni dei tempi è il cosidet-
to «processo di secolarizzazione»: un emergere am-
bivalente di valori e di disvalori, pungolato ,dall'incal-
zante progresso scientifico e tecnologico. E una ma-
turazione umana ammirevole e insieme inquietante:
proclama simultaneamente le conquiste della scienza
e i limiti della saggezza quando prescinde dalla fede.
Il pericolo del «secolarismo» sta appunto nel progre-
dire emarginando la centralità di Cristo nella storia.
Ebbene: la «secolarità», anche se non è «secolariz-
zazione», si iscrive nel suo processo di sviluppo come
fatto oggettivo di per sé alieno ai disvalori del «seco-
larismo». Deriva dal termine «secolo» e indica la real-
tà del mondo in quanto «teatro della storia del genere
umano che reca i segni degli sforzi suoi, delle sue
sconfitte e delle sue vittorie» («Gaudium et spes» 2).
Nessuno può prescindere dal «secolo» come luogo
di storia. Lo stesso Figlio di Dio si è incarnato per
condividerne le sorti e per cambiarle. Così il termine
«secolarità» si usa per indicare la condizione di vita e
le situazioni di esistenza degli uomini , in modo pecu-
liare, dei credenti nel Verbo incarnato.
Non c'è vera fede cristiana senza secolarità!
Non c'è Chiesa di Cristo senza secolarità!
Non c'è «prete», «religioso» o «laico» senza seco-
larità!
Ma allora, se la secolarità coinvolge tutti, come si
disti.ngue il laico dal prete e dal religioso?
L'Esortazione Apostolica risponde a questa do-
manda. Ed è una risposta profonda che apre la porta a

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8 · 7 MAGGIO 1989
una visione di fede storicizzata e a nuove modalità di
evangelizzazione. Non per nulla questo documento
è stato definito «la carta della missionarietà del Po-
polo di Dio per il «terzomillennio».
Il suo n. 15 propone un'acuta distinzione: tra «di-
mensione secolare» - comune a tutta la Chiesa in
forma appropriata ad ognuno dei suoi membri -, e
«indole secolare», quale caratteristica propria e pecu-
liare dei fedeli laici.
La ((dimensione secolare» è inerente alla natura e
missione di tutto il Popolo di Dio che pellegrina nel
tempo: la secolarità è la sua condizione storica. Lo
aveva già proclamato chiaramente il Concilio nella
Costituzione pastorale «Gaudium et spes», precisan-
do lé' relazioni che la Chiesa ha con il mondo. Essa vi-
ve, infatti, nel secolo, in ogni generazione umana, qua-
le Sacramento di salvezza; condivide le sorti ed i pro-
blemi dei suoi contemporanei; anzi è inviata apposi-
tamente per apportarvi, come messaggio di attualità,
la luce e l'energia del Vangelo.
L '(dndole secolare», invece, è la modalità di voca-
zione e di funzione assegnata specificatamente nel
Popolo di Dio ai fedeli laici. La secolarità è assunta da
essi come ambito peculiare dei loro impegni cristiani.
Questa loro caratteristica è una modalità «non solo
antropologica e sociologica - come dice il testo -,
ma anche e specificatamente teologica ed ecclesiale».
Ossia, «la loro condizione non è semplicemente un
dato esteriore ed ambientale», ma vocazionale e mi-
nisteriale. Il secolo (o il mondo) diviene il luogo dina-
mico di vita e di lavoro, «l'ambito e il mezzo» della
loro testimonianza e attività di fede. Essi non sono
orientati ad abbandonarlo o a metterlo tra parentesi,
bensì a trasformarlo : a dare un senso più vero e pieno
alla magnifica opera creatrice del Padre. I fedeli laici,
infatti, sono da Lui «chiamati a contribuire, quasi dal-
l'interno a modo di fermento», per costruire il Regno
«tratta ndo le cose temporali e ordinandole secondo
Dio» («Lumen gentium» 31). Per questo l'Esortazione
Apostolica afferma che «le immagini evangeliche del
sale, della luce e del lievito, pur riguardando indistin-
tamente tutti i discepoli di Gesù, trovano una specifi-
ca applicazione ai fedeli laici».
Il mistero della Chiesa è fatto così, in forma atipica
e pregnante. Offre varie altre modalità analoghe a
questa, in cui - sulla base della comune dignità e mis-
sione - si sovrappongono delle differenze di voca-
zioni e di impegni.
Ad esempio : - tutto il Popolo di Dio è «sacerdota-
le», ma solo i Vescovi, i Presbiteri ed i Diaconi hanno
un ministero con potestà specifica;
- tutto il Popolo di Dio è «profetico e regale», ma
solo i Pastori hanno un ruolo proprio di magistero e
di guida;
- tutto il Popo!o di Dio ha «dimensione secolare»,
ma solo i Fedeli laici hanno in proprio il compito di
instaurare l'intero ordine temporale nel Cristo;
- tutto il Popolo di Dio è «pasquale», ma solo i
membri della Vita consacrata (chiamati sia dalla con-
dizione clericale che da quella laicale) sono destinati
a una speciale e preclara testimonianza di radicalità
evangelica.
Perciò !'«indole secolare» che caratterizza il cri-
stiano laico «va intesa alla luce dell'atto creativo e re-
dentivo di Dio, che ha affidato il mondo agli uomini e
alle donne, perché essi partecipino all'opera della
creazione, liberino la creazione stessa dell'influsso del
peccato e santifichino sé stessi nel matrimonio o nella
vita celibe, nella famiglia, nella professione e nelle va-
rie attività sociali». Così l'identità del laico nella Chie-
sa viene sostanzialmente definita, in forma simulta-
nea e complementare, sia dalla sua «novità e dignità
battesimale», sia dalla sua «indole secolare» che lo
impegna nell'ordine temporale.
I preti e. i religiosi, pur considerati nell'esigente e in-
terpellante loro dimensione secolare, hanno da disim-
pegnare altri indispensabili ruoli.
Dobbiamo riconoscere che la «secolarità» apre lo
sguardo su ampi orizzonti di rinnovamento spirituale
e apostolico.
Illuminata dal Magistero, essa diviene tema gene-
ratore di storicizzazione dello specifico cr istiano, di
sfida evangelica contestualizzata, di svolta antropo -
logica secondo il Concilio, di spiritualità del quotidia-
no,._ di novità educativa e pastorale.
E un argomento che ci obbliga a riflettere per pro-
gettare.
A qualcuno potrà essere sembrato, il nostro, un di-
scorso difficile. Lo è, ma non lo si può eludere.
Voltaire diceva che i ruscelli alpini hanno acque
chiare e trasparenti perché sono poco profondi.
Ci si può dedicare a leggere molto pensando poco;
è più proficuo leggere magari meno, ma per pensare
molto.
L'Esortazione Apostolica «Christifideles laici» non
offre dei contenuti facili ; essi però sono straordinaria-
mente importanti e attuali. Dobbiamo capirli e assi-
milarli.
li tema della secolarità, poi, inte rpell a vitalmente la
Famiglia Salesiana facendoci guardare a Don Bosco
come ad un antesignano opera tivo e profetico di
quella modalità di presen za apo stolica nel secolo che
profluisce dalla creatività della carità pastorale.
don Egidio Viganò

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- - - - - - - - - - . - - - - - - - - - - --
VITA ECCLESIALE
-
~-
1 MAGGIO 1989 9
A DIECI ANNI DA PUEBLA
LE SFIDE DELL'AMERICA LATINA
Il salesiano Oscar Rodriguez fa il punto
sulla situazione religiosa e pastorale del
Continente. La preparazione della quarta
con/erenza latino americana
di Santo Domingo.
I A sinistra monsignor Oscar Rodrlgue;z:, segretarlo del CELAM,
al centro Il cardinale Obando Bravo arcivescovo di Managua e a destra monsignor Santos Vllleda
vescovo In Honduras.
«Io giudico molto posi-
tivo il cammino compiuto dalla
Chiesa in America Latina e nelle di-
verse Chiese particolari del conti-
nente nei vent'anni trascorsi dalla
Conferenza di Medellin e nei dieci
che orm ai ci separano da quella di
Puebla. Medellin e Puebla sono sta-
ti due momenti importanti nella
storia della Chiesa latino-america-
na, con le loro luci e le loro ombre.
Sì, anche con le ombre, perché una
Chiesa, che nel suo cammino dina-
mico si trova di fronte a sempre
nuove situazioni, può commettere
talora· degli errori. Ma le grandi
realizzazioni seguite a Medellin e
Puebla costituiscono un orizzonte
molto positivo per la preparazione
del V centenario della prima evan-
gelizzazione dei nostri popoli».
Monsignor Oscar Rodriguez, sa-
lesiano, segretario generale del CE-
LAM (il Consiglio Episcopale Lati-

1.10 Page 10

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10 · I MAGGIO 1989
no-Americano), non ha dubbi. E
considera Medellin e Puebla due
veri momenti di «Grazia» per la
Chiesa nel continente, così come
spera che possa esserlo anche la IV
Conferenza generale dei vescovi
che si terrà a Santo Domingo nel
1992. Anche se la prossima Confe-
renza non è stata ancora ufficial-
mente convocata dal Papa, tutta l'a-
zione del CELAM è già proiettata
verso quel grande avvenimento ec-
clesiale, che dovrà orientare e raf-
forzare l'i mpegno di evangelizza-
zione della Chiesa latino-america-
na alle soglie del Terzo Millennio.
Parlando ai vescovi latino-ameri-
cani a Pont-au- Paince, capitale di
Haiti, nel marzo 1983, il Papa disse
che, a ci nquecento anni dalla sco-
perta dell'America e dall'inizio del-
l'evangelizzazione, il continente ha
ora bisogno di una «nuova evange-
lizzazione». «Nuova» nei metodi,
nell'ardore, nell'espressione. Che
cosa significa questo per un conti-
nente dove abita la metà dei cattoli-
ci del mondo? Cosa comporta una
tale sfida per un continente a mag-
gioranza cattolico che rimane an-
cora in una situazione di sottosvi-
luppo, dove vengono violati in ma-
niera persistente e sistematica i di-
ritti umani e dove bisogna affronta-
re l'esigenza fondamentale del «di-
ritto alla vita», delle libertà basilari
della persona, del riconoscimento
della dignità di ogni uomo?
«Penso che l'opzione più dimen-
ticata di Puebla», afferma monsi-
gnor Rodriguez, «riguardi l'azione
della Chiesa tra i costruttori della
società pluralista, mentre sono sta-
te portate molto avanti in que sti an-
ni l'opzione preferenziale per i po-
veri e quella per i giovani. Si è fatto
un buon cammino specialmente
nell'ambito della pastorale giovani-
le con il risultato che oggi possiamo
contare su una gioventù, se nza dub-
bio, più impegnata .e coraggiosa.
Anche l'aumento delle vocazioni
sacerdotali e religiose, dopo la crisi
degli anni sessanta e settanta, è una
conso lante realtà. Non così il lavo-
ro tra i costruttori della società plu-
ralista. Perché ? Perché lo sforzo si
è concentrato soprattutto sull'evan -
gelizzazione dei «campesinos», del-
la gente delle campagne, degli in -
dios, dei neri , dei più poveri , trascu-
rando invece coloro che prendono
le decisioni».
Cinquecento anni dopo che la
Croce è stata piantata per la prima
volta sulla spiaggia di Santo Do-
mingo, dopo le difficoltà che hanno
segnato gli inizi dell'evangelizza-
zione e le prove dell'era dell'indi-
pendenza, la Chiesa dell'America
Latina del V centenario è una Chie-
sa viva, che annovera una gerarchia
di oltre novecento vescovi, e può
contare sul lavoro appassionato di
migliaia e migliaia di sacerdoti, reli-
giosi, religiose, diaconi e, soprattut-
to, sull'impegno di un laicato ormai
adulto, che va giocando un ruolo
sempre più attivo nelle diverse
Chiese particolari, man mano che
va prendendo maggiore coscienza
delle proprie res·ponsabilità nelle
differenti si tuazioni locali.
«Non intendiamo celebrare -
precisa il segreta rio generale del
CELAM - i cinque seco li della
scoperta dell'America, ma voglia-
mo solo rievocare i cinquecento an-
ni di cristianizzazione nella pro-
spettiva di un cristianesimo più ma-
turo per il Terzo Millennio. Il che
vuol dire che dobbiamo riconosce-
re prima di tutto i nostri peccati ed i
nostri sbagli. Senza però lasciarci
pervadere da una specie di com-
plesso d'inferiorità. Piuttosto si trat-
ta di riprendere in mano, per ripen-
sarli, gli insegnamenti di questi cin-
que secoli di storia e di vita della
Foto
Archivio SEI
Ricatto
Chiesa per continuare sulla strada
di un servizio integrale all'uomo la-
tino-americano, aprendo le porte a
Cristo come ci invitava a fare Gio-
vanni Paolo II il giorno dell 'in izio
della sua missione di Pastore uni -
versale».
L'idea-forza di una «nuova evan-
gelizzazione» comporta una lettura
globale delle «sfide» presenti nella
realtà contemporanea latino-ame-
ricana. Ciò significa, in primo luogo,
un confronto inevitabile con la
«nuova cultura» che caratterizza il
continente. L'evangelizzazione del-
la cultura sarà come la cartina di
tornasole della «nuova evangeliz-
zazione», che dovrà incarnare il
Vangelo nei differenti ambiti della
vita umana che definiscono ogni
cultura : la società, la famiglia, il la-
voro, l'eduçazione, le comunicazio-
ni socia li , la politica, l'educazione,
l'economia, l'arte, ecc.
Questa messa a fuoco appare in-
dispensabile per avviare il cammi-
no della Chiesa latino-americana
verso una nuova fase di maturità al-
la luce del fermento vitale rappre-
sentato da cinquecento anni di pre-
senza del Vangelo e della Chiesa
nel continente.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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! - - - - - -5'1 -
1 MAGGIO 1989 11
I Immagini da
El Salvador.
«La nuova evangelizzazione»,
sostiene mons. Rodriguez, «dovrà
essere un impegno globale della
Chiesa del nostro continente. Ci
troviamo oggi di fronte ad una cul-
tura più aperta, più pluralista, più
secolarizzata, con molte difficoltà
dovute anche ad una certa scristia-
nizzazione, ma pur sempre una cul-
tura «cattolica» nelle sue radici e
che può, quindi, svilupparsi in un
senso positivo alla trasmissione dei
valori del cristianesimo al «nuovo»
uomo latino-americano che va na-
scendo. Tutto lo sforzo del CELAM
è orientato in tale direzione. Come
organismo al servi:z;io delle Chiese
particolari dell'America Latina, il
nostro compito consiste nell'anima-
re le molteplici iniziative che mira-
no attraverso la «nuova evangeliz-
zazione» alla crescita dell'uomo e
ad una maggiore giustizia sociale».
Il cammino verso l'appuntamen-
to del '92 è già tracciato. L'anno in
corso sarà segnato da una serie di
riunioni a livello regionale, che ser-
tro le dure esperienze delle «ditta-
ture della sicurezza nazionale» ; il
conseguimento di una pace duratu-
ra nell'America Centrale; la neces-
sitàdi partecipazione sociale e poli-
tica della donna. Sfide, in secondo
luogo, nell'ordine economico : so-
prattutto un debito estero che or-
mai supera i 400 miliardi di dollari
ed il pagamento dei cui interessi ri-
sulta da solo sufficiente a sacrifica-
re socialmente le classi emarginate.
«Questo accade nel contesto di
un abisso sempre meno colmabile
fra ricchi e poveri all'interno e al-
l'esterno di ogni paese. Siamo un
continente», ricorda mons. Rodri-
guez, «con immense ricchezze na-
turali, ma con scarsissime possibili-
di sfruttarle e di svilupparle a
·vantaggio dell'uomo latino-ameri-
cano. Il risultato è una sempre più
accentuata dipendenza dei nostri
paesi dalle grandi potenze del pri-
mo mondo. Accanto alla sfida di
una situazione economica sempre
più difficile, e quasi senza via d'u-
scita, c'è in America Latina il gran-
de, grandissimo, problema della
viranno al CELAM per mettere a violenza, di una violenza quasi isti-
punto un primo documento per la tuzionalizzata. E c'è il problema
consultazione delle ventidue Con- del crescente dilagare del narco-
ferenze episcopali latino-america- traffico: allarga lo spaccio e consu-
ne. Ogni Conferenza sarà incaricata mo· della droga fra i giovani. si
di assicurare la più ampia diffusione possono ignorare le crescenti sfide
al testo in modo che diventi oggetto · - inimmaginabili al tempo di Pue-
di studio a livello di diocesi, di isti- bla - poste dal prodigioso svilup-
tuti religiosi, di organizzazioni loca- po delle nuove tecnologie, che, se
li di università e di centri di pensie- aprono grand i possibilità per il
ro religiosi, di organizzazioni laica- progresso dell'uomo e della socie-
li, di università cattoliche, ecc. Tutte tà, comportano però gravi rischi
le osservazioni della «base» servi- per le dignità e la libertà delle per-
ranno per la seconda redazione del sone e dei popoli».
testo, che verrà nuovamente inviato Il segretario generale del CE-
alle Conferenze. Il lungo iter do- LA M cita i sorprendenti avanza-
vrebbe portare al principio del '91 menti nel campo dell'elettronica e
alla preparazione di una prima ver- delle sue applicazioni, riferendosi in
sione del «documento di' lavoro» particolare alla robotica e all'auto-
che, dopo una nuova e capillare mazione del lavoro, all'informatica
consultazione, sfocerà nella versio- ed ai sistemi di comunicazione, alla
ne finale su cui lavoreranno i vesco- telematica. Un altro campo da non
vi nel '92 a Santo Domingo.
trascurare per i pericoli che presen-
Dall'insieme dell'America Latina ta, è quello della «biotecnica», dalla
emergono alcune sfide prioritarie «fecondazione artificiale fino alla
in cui sono in gioco i diritti della manipolazione dei geni». In terzo
persona e dei popoli. Sfide, innanzi- luogo, bisogna segnalare i campi
tutto, nell'ordine politico: una cre- della «tecnologia nucleare» e le
scente democratizzazione che ri- «tecnologie spaziali».
chiede di essere consolidata e por- «Tutte queste innovazioni tecno-
tata avanti ai diversi livelli della logiche», nota mons. Rodriguez,
convivenza sociale, lasciando indie- «stanno apportando notevoii modi-

2.2 Page 12

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12 •/ MAGGIO 1989
fiche nelle forme organizzate della
convivenza umana, come pure nella
stessa persona, nella sua coscienza
e rapporto con sé stesso, con gli al-
tri, con la natura». Le nuove tecno-
logie giungono, infatti, a condizio-
nare profondamente la «psiche del-
l'uomo e le dinamiche che su di essa
hanno influsso».
«L'America Latina», continua il
segretario del CELAM, «si trova
anche dinanzi alla sfida delle malat-
tie. In «primis», l'epidemia dell'Aids,
che già registra nel continente una
grande diffusione. Si pensi solo al
Brasile dove si parla ormai di più di
cinquecentomila portatori del virus.
Con tutte le conseguenze che ne
derivano per lo stile di vita delle
persone e per l'urgenza di una ri-
presa del discorso morale in un
continente che è sempre più giova-
ne per popolazione. Una gioventù
- ed è un'altra sfida - che non tro-
va però le opportunità necessarie
per vivere come persone umane,
per lavorare, per svilupparsi, per
poter pensare al domani e al for-
marsi di una famiglia».
Su questo sfondo si proietta il
grande appuntamento del '92. Ma
che tipo di Conferenza sarà quella
di Santo Domingo? Quale inciden-
za avrà nel cammino della Chiesa
latino-americana? In che rapporto
la IV Conferenza si porrà con Me-
I San Salvador, la Piazza del Mercato.
(Foto Archivio SEI - Poggio)
dellin e con Puebla? Come concilia- questo - è cresciuta enormemente
re la necessaria «continuità» con la in America Latina la coscienza del -
seconda e la terza èonferenza, sen- la validità della dottrina sociale del-
za che il nuovo avvenimento si ri- la Chiesa. Prima, la dottrina sociale
solva in una semplice «continuazio- della Chiesa non era tenuta molto
ne» dei precedenti? Come armo- in considerazione; in molti ambienti
nizzare la fedeltà a quei due pilastri si provava quasi una sorta di com-
fondamentali dell'edificio della plesso d'inferiorità di fronte alle
Chiesa in America Latina con le dottrine materialiste. Ora non più.
nuove sfide che si pongono alla sua Nell'u ltimo decennio, il CELAM ha
comunione e missione alla fine del dato un grandissimo stimolo allo
Duemila?
studio delle tematiche sociali, alla
È appunto su questi interrogativi riflessione sulla dottrina sociale e
che verterà la riflessione di qui al alla diffusione in tutto il continente
'92. Monsignor Rodriguez non può di un testo che ha per titolo «Fede
certo anticiparne gli sbocchi. Si li- cristiana ed impegno sociale». Un
mita a ripetere che la IV conferenza fortissimo contributo all 'approfon-
sarà sicuramente - come a suo dimento della dottrina sociale della
tempo Medellin e Puebla - un'al- Chiesa nel contesto latino-america-
tra tappa di quel grande pellegri- no è venuto contemporaneamente
naggio di fede che è la vita della dal magistero delle Conferenze epi-
Chiesa in America Latina. Una so- scopali che hanno prodotto testi
sta per guardare indietro, per valu- ricchi d'insegnamenti sociali e pa-
tare tante esperienze, ma soprattut- storali, e, soprattutto, dal luminoso
to per rivolgere lo sguardo all'avve- magistero di Giovanni Paolo Il du-
nire ed affrontare il Terzo Millen- rante le sue visite nel nostro conti-
nio con orientamenti più chiari, con nente e nell'enciclica «Sollecitudo
strategie pastorali più definite e Rei Socialis».
realiste, così come Puebla ha avuto In questi ultimi anni è diventato,
- per esempio - il grande merito infine, un fatto· quotidia no per l'a-
di far progredire nella Chiesa ad zione pastorale della Chiesa nel
ogni livello la consapevolezza della continente «la promozione e la di-
necessità di una seria pianificazione fesa dei diritti umani». Un impegno
pastorale.
che veniva vivamente raccomanda-
«Dopo Puebla - mons. Rodri- to dal documento finale di Puebla
guez tiene a mettere l'accento su . che venne redatto - non dimenti-
chiamolo - in un contesto caratte-
rizzato dalla ma ss ima presenza di
regimi che si ispiravano alla dottri-
na della sicurezza nazionale. I ve-
scovi riuniti a Puebla agli inizi del
1979 invitarono le loro Chiese ad
impegnarsi sempre di più per «la di-
fesa dei diritti umani» ed a sentirsi
sem pre più «solidali con coloro che
li propugnano». Nei dieci anni che
sono passati da allora, quest'impe-
gno è divenuto una realtà quasi
ovunque nel continente.
«Soprattutto per questo - con-
clude mons. Rodriguez - nell'A-
merica Latina che si appresta a ri -
cordare i cinquecento. anni della
prima evangeli zzazione, si è ormai
affermata l'immagine di una Chiesa
serva, libera e profetica, che si batte
dappertutto per il riconoscimento
dei diritti umani, denuncia aperta-
mente le ingiustizie e proclama la
riconciliazione nella giustizia».
Silvano Stracca

2.3 Page 13

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- - - - - - - - - -- s/1-
1 MAGGIO 1989· 13
PROBLEMI EDUCATIVI
I GIOVANI
I ..
I_
PER L'EUROPA
UNITA
(MA CON UNA
ARCIA IN PIÙ)
Vorrebbero che fosse accelerato il processo
di integrazione. Intanto in giugno voteranno
per rinnovare il Parlamento di Strasburgo.
Il prossimo 18 giugno,
molti giovani andranno per la pri-
ma volta a votare e la loro inizia-
zione alla pratica elettorale avver-
rà davanti alle urne europee. Quel
giorno, infatti, i popoli dei 12 Paesi
membri della Comunità econom ica
europea eleggeranno il nuovo Par-
lamento di Strasburgo. Nessuno dei
giovani neo-elettori riuscirà a sot-
trarsi all'emozione che immancabil-
mente coglie chi per la prima volta
compie uno degli atti fondamentali
della vita democratica, quello che
consente al cittadino di partecipare
direttamente alla scelta degli uomi-
ni ai quali affidare la gestione della
cosa pubblica.
Certo, col passare degli anni, con
il reiterarsi degli appuntamenti
elettorali, e, diciamolo pure, con le
delusioni e le amarezze .che si ac-
compagnano spesso al concreto
comportamento dei responsabili
del bene collettivo, non sempre in
sintonia con le promesse sbandie-
rate alla vigilia del voto, quell'im-
portante appuntamento rischia di
affloscriarsi nella «routine», al
punto da diffondere una stanchez-
za che si traduce in un allarmante
astensionismo, come anche di re-
cente è accaduto in Francia, dove
un'alta percentuale di elettori ha
disertato le urne. Ma non è questo
il caso dei giovani, che sono i più
assidui «frequentatori» dei seggi
elettorali, e men che meno di quelli
che votano per la prima volta. Una
tendenza, questa, che si ha ragione
di ritenere troverà puntuale con-
ferma in occasione delle prossime
elezioni europee. E ciò perché la
consultazione del 18 giugno non ri-
chiede solo di operare una scelta
fra questo o quel partito, ma mette
in risalto un ideale, si potrebbe dire
una passione e una grande speran-
za: l'Europa unita.
Un grande obbiettivo
Ma come guardano i giovani al
futuro dell'Europa? Come vedono
l'evolversi della Comunità verso il
grande obbiettivo della costruzione
dell'unità del vecchio Continente?
Che cosa si aspettano? Poche setti-
mane fa si è conclusa la settima edi-
zione di un referendum promosso
da dodici enti televisivi (fra cui, per
l'Italia, la RAI) allo scopo di cono-
scere l'opinione dei giovani sull'Eu-

2.4 Page 14

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14 · I MAGGIO 1989
IIn alto una panoramica del complesso
degli edifici che ospitano gli organismi
europei a Strasburgo; In basso una
veduta dell'Emiciclo del Palazzo
d'Europa durante una seduta.
ropa. Vi hanno partecipato un mi-
lione e 200mila giovani in età com-
presa fra i 14 e i 25 anni. Con una
maggioranza del 90 per cento, essi
si sono espressi in favore dell'unità
europea. Fra le motivazioni propo-
ste, quella più votata afferma che il
«sì» all'Unione europea è giustifica-
to dal fatto che essa «metterebbe
insieme energie, idee, risorse oggi
disperse, per la soluzione dei nostri
problemi più urgenti: lavoro, giusti-
zia, migliore qualità della vita».
Il referendum ha confermato, in
sostanza, che in 32 anni, da quando,
cioè, nacque con il MEC - Merca-
to Comune Europeo - il primo nu-
cleo dell'integrazione, l'idea dì
un'Europa unita si è allargata e ha
messo radici profonde fra i giovani.
Tutti - si può dire - l'accettano,
anzi, la vogliono. Semmai è diffuso
un senso di delusione per la lentez-
za con cui si procede verso la metà
finale. Sentimento comprensibile
dato che è proprio dei giovani pro-
cedere bruciando le tappe se a
muoverli è l'entusiasmo e l'esube-
ranza. È tuttavia doveroso avvertir-
li che dovranno frenare la loro im-
pazienza perché c'è ancora molto
cammino da percorrere, ostacoli e
difficoltà da superare, resistenze da
vincere con la tenacia e la perseve-
ranza. A confortarli deve però esse-
re la constatazione che, a conti fatti ,
in questo trentennio passi significa-
tivi verso l'integrazione ne sono
stati fatti.
Non tanti, forse, da soddisfare
appieno i giovani. E questo spiega
perché essi facciano ancora fatica a
sentirsi, più ancora che tedeschi,
francesi, italiani, ecc., «cittadini del-
l'Europa». Una indagine condotta
dalla CEE ha appurato che solo al
14 per cento dei giovani capita di
pensarsi «spesso» come cittadini
europei, mentre al 38 per cento ac-
cade «solo qualche volta» e al 44
per cento «mai».
Un test molto importante sarà
abbinato alle prossime elezioni: un
referendum dì indirizzo sul conferi-
mento di un mandato costituente al
Parlamento europeo che risulterà
eletto in giugno. Verrà chiesto agli
elettori se ritengono che si debba
procedere alla trasformazione del-
la Comunità europea in una effetti-
va Unione, dotata di un governo re-
sponsabile di fronte al Parlamento,
affidando allo stesso Parlamento
europeo il mandato di redigere un
progetto di Costituzione. Come ri-
sponderanno i giovani? Stando ai
risultati dell'ultimo sondaggio della
CEE, il 64 per cento dei giovani
europei è favorevole ad attribuire
all'assemblea di Strasburgo poteri
effettivi. È un orientamento che si
è molto rafforzato negli ultimi tem-
pi, di fronte alla constatata scarsa
incidenza del Parlamento europeo
sul processo di integrazione.
I giovani - lo abbiamo visto -
hanno fatto dell'Europa unita uno
dei loro ideali. Ma, in concreto, di-
mostrano di interessarsi ai proble-
mi europei? Il 50 per cento rispon-
de «un po'», il 16 per cento «molto»
e ìl 24 «per niente». A questo ri-
guardo bisogna tener presente che
molto spesso, a causa dell'attuale
campo d'azione della CEE, ì «pro-
blemi europei» si identificano con il
prezzo del latte, i contributi all'agri-
coltura, le diatribe commerciali con
gli Stati Uniti e via di seguito. Pro-
blemi senza alcun dubbio di grande
rilevanza economico-finanziaria,
che si riflettono all'interno dei Paesi
membri. Ma è difficile che i giovani
possano appassionarsi a materie
tanto aride. Le cose dovrebbero
cambiare radicalmente man mano
che ci si avvicinerà alla scadenza
del 1993, quando cadranno ì confini
nazionali e tutti i cittadini della
CEE potranno liberamente circola-
re tra i Paesi della Comunità, saran-
no reciprocamente riconosciuti i ti-

2.5 Page 15

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- -- - - - - - - - -,11-
1 MAGGIO 1989· 15
toli di studio e, quindi, soprattutto
per i giovani, si apriranno prospet-
tive del tutto nuove, specie sotto il
profilo occupazionale. Del resto,
pur dichi~rando esplicitamente di
non essere affascinati dal genere di
problemi attualmente alla ribalta
della CEE, sono gli stessi giovani a
riconoscerli come «molto impor-
tanti» (52 per cento) o «importanti»
(27 per cento).
I sondaggi rivelano anche che in
tutti i Paesi della CEE circola scar-
sa informazione sull'Europa. Ben
71 giovani su cento confessano di
non essere abbastanza informati e
so lo il 21 per cento afferma di es-
serlo abbastanza. A superare que-
sta lacuna non sono certo aiutati
dai mezzi di comunicazione di
massa, i quali, in tutt'altre frivole
faccende affaccendati, spesso con-
cedono poco spazio agli affari
europei. Come fonti di informazio-
ne cui attingere, il 75 per cento dei
giovani indica la TV, il 53 i giornali,
il 36 la radio, il 26 altre persone, il
17 riviste e periodici. È generale la
lamentela sul modo con cui gli or-
gani d'informazione parlano delle
questioni europee : troppo supe rfi-
ciale, precisa il 51 per cento. Ma
non manca l'autocritica: il 42 per
cento dei giovani sostiene di non
avere tempo per informarsi sui
problemi europei.
Sono dunque molti i settori in cui
operare per allargare l'impegno so-
stanziale dei giovani in favore del-
l'Europa. E altrettanti i motivi ideali
che possono suscitare nuovi fer-
menti, e far vivere come cristiani e
come cittadini quello che Giovanni
Paolo II ha definito «un momento
privilegiato nella storia dell'Euro-
pa». L'unità europea non può esse-
re vista solo nella pur importante
dimensione economica, ma - co-
me hanno-affermato i vescovi ita-
liani in un recente documento della
CE! interamente dedicato a questo
tema - va considerata nella più
ampia visione di un impegno diret-
to a costruire una comunità di citta-
dini e di popoli, fattore fondamen-
tale di crescita e di pace per il mon-
do intero, espressione di solidarie-
tà verso le nazioni meno favorite,
apertura ai Paesi dell'est europeo in
nome del comune patrimonio della
fede cristiana.
UN EX ALLIEVO
A STRASBURGO:
ccNO ALL'EUROPA
DEI MERCANTI»
L'on. Mauro
Chiabrando, che ha
frequentato l1stituto
salesiano di
Lombriasco, ci parla
delle prospettive che il
1993 aprirà ai giovani.
Pinerolo
Allora,
onorevole Chiabrando, come proce-
de questa Europa sulla strada del-
l'integrazione?
«Eh, questa Europa procede piut-
tosto lentamente. È un dato di fatto,
tutti lo riconoscono. Pensi che è
prevista la data del 1993 per elimi-
nare le frontiere interne quando i
Trattati di Roma del 1957 stabiliro-
no che i necessari adempimenti per
realizzare questo obbiettivo avreb-
bero dovuto essere assolti entro do-
dici anni. Ne sono passati, a tutt'og-
gi, oltre trenta...
Ma i giovani hanno fretta...
«E hanno ragione, sono sempre
stati quelli che più si sono spazienti-
ti di fronte ai continui rinvii. Si sono
resi conto che il processo di inte-
grazione avrebbe potuto, anzi
avrebbe dovuto essere più accele-
rato».
Mauro Chiabrando, 57 anni, è de-
putato europeo eletto nelle liste
della Democrazia Cristiana per la
circoscrizione Nord-Ovest, che
comprende il Piemonte, la Liguria,
la Lombardia e la Valle d'Aosta.
Sposato con tre figli, dal 1970 al
1975 è stato consigliere e assessore
della Regione Piemonte. Di profes-
sione è tecnico agricolo, con studio
professionale a Pinerolo dove risie-

2.6 Page 16

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16 1MAGGIO 1989
de («ma, dice, dopo l'elezione al_
Parlamento europeo mi sono mes-
so in "aspettativa"»). E come tecni-
No 1<
co agricolo è portato a ricordare la
scuola dove ha studiato, quell'Istitu-
to agrario di Lombriasco fondato e
tuttora retto dai salesiani. «È un
istituto - sostiene Chiabrando -
che costituisce un fondamentale
punto di riferimento per coloro che
operano nel settore rurale'. Di là so-
no sempre partiti segnali, idee, pro-
poste per l'agricoltura, tutti d'avan-
guardia».
Ne è tanto convinto, che all'Isti-
tuto di Lombriasco, Chiabrando ci
ha mandato anche uno dei suoi figli.
E poi, aggiunge, a Lombriasco na-
scono amicizie che durano nel tem-
po e difatti gli ex allievi vi si ritrova-
no ogni anno, a maggio, per tenere
vivo lo spirito salesiano, «Del resto
- sottolinea - sappiamo bene che
appartenere al movimento degli ex
allievi salesiani è come avere in ta-
sca una tessera di riconoscimenti
internazionale. Pensi che tempo fa,
nella metropolitana di Osaka, in
Giappone, scambiando poche pa-
role con un passeggero giapponese,
abbiamo scoperto di essere entr~m-
bi ex allievi salesiani. Subito inviti a
casa sua, nella sede dei salesiani di
Osaka, insomma ospitalità e cordia-
lità straordinari. Ma mi è accaduto
anche negli Stati Uniti e in altri
Paesi, perchè gli ex allievi sono do-
vunque e le case salesiane sempre
aperte».
Onorevole, torniamo all'Europa.
«Ha ragione, ma quando mi met-
to a parlare dei saiesiani... Dicevo più per interessi immediati che per
dunque che il processo di unifica- europeismo e lungimiranza, quelli
zione avrebbe dovuto essere più ac- che vogliono un'Europa «dei mer-
celerato. Nel 1985, al vertice CEE canti» più che una vera unione poli-
che si tenne a Milano, abbiamo tica. Mi riferisco in particolare al -
mancato per poco un grosso salto l'Inghilterra e alla Danimarca».
di qualità verso l'Europa unita. Ne Lei sa certamente che molti gio-
venne fuori solo l'Atto Unico, cioè vani rimproverano alla Comunità
una piccola modifica dei Trattati di europea di non aver dedicato trop-
Roma, peraltro da molti giudicato pa attenzione ai loro problemi. Che
positivamente se non altro rispe_tto cosa ne pensa?
al pericolo, che in quell'occasione «È evidente che procedendo con
abbiamo corso, di vedere crollare di lentezza verso l'integrazione, molte
colpo tutto ciò che faticosamente si politiche sono rimaste per la strada
era costruito in trent'anni».
o confinate nelle buone intenzioni.
Ma chi è che preme sul pedale del Come quella, appunto, per i giova-
freno?
ni,_che invece io considero la più
«Sono soprattutto gli ultimi Pae- importante e urgente perché senza
si che hanno aderito alla Comunità di essa non possiamo costruire l'Eu-
con poca convinzione e comunque ropa di domani, che è poi quella
rr
concepita dai padri fondatori nel-
l'immediato dopoguerra. A onor
del vero debbo però dire che negli
ultimi due o tre anni sono stati av-
viati alcuni programmi specifici in
favore dei giovani. Per esempio il
"Comett", per la cooperazione fra
università e mondo del lavoro,
l"'Erasmus", per la mobilità di stu-
denti e docenti fra le Università di
Paesi diversi, "Yes per l'Europa"
che prevede brevi soggiorni di gio-
vani all'estero. Si calcola che non
meno di 100 mila giovani potranno
beneficiare in tre anni di questi pro-
grammi».
A desso siamo tutti in attesa del
famoso 1993. Che cosa vuol dire, in
concreto, per i gio vani questo ap-
puntamento europeo ?

2.7 Page 17

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- - - - -- -- -- - sB-
1MAGGIO 1989· 17
«Il 1993 lo vedo veramente come
la grande scommessa per l'Europa.
Se riusciremo a vincerla, i giovani
potranno trarne grandi benefici. La
prospettiva concreta è di 5 milioni
di posti di lavoro in più e questo, in
presenza di una forte disoccupazio-
ne giovanile, sarebbe un grosso ri-
sultato. Si dovrebbe ottenere inol-
tre una riduzione di costi e servizi
nella misura del 6-8 per cento. Più
in generale, il 1993 dovrebbe signi-
ficare un'Europa più giusta, effi-
ciente, competitiva, e soprattutto,
un futuro di pace e di progresso».
Qual è il settore di cui si occupa
prevalentemente in seno alle istitu-
zioni comunitarie?
«Il settore della ricerca, dell'e-
nergia, delle nuove tecnologie. È un
campo, per così dire, "giovane", in
quanto è una competenza assunta
dall'Europa soltanto con l'Atto
Unico del 1985. Dopo aver predi-
sposto il cosiddetto "programma
quadro" che impegna circa il 3 per
cento del bilancio della Comunità,
stiamo ora approvando i program-
mi specifici. Le cito "Esprit", "Gra-
ce", "Euram", "Brite", ma sono solo
alcuni tra gli oltre 50 ormai avviati
e che toccano tutti i settori più sen-
si6ili e decisivi per lo sviluppo tec-
nologico futuro: telecomunicazioni,
informatica, biotecnologie, mate-
riali, medicina, fonti energetiche,
ecc. È su questa strada che vincere-
mo la sfida con gli attuali e i prossi-
mi colossi mondiali».
On. Chiabrando, un 'ultima do-
manda. Lei sa che una delle più f re-
quentì lamentele riguarda i poteri
oggi riconosciuti al Parlamento
europeo, ritenuti ancora troppo po-
co incisivi. L'esperienza maturata a
Strasburgo, quali considerazioni 'le
suggerisce a questo riguardo?
«Di una cosa sono sicuro, ed è
questa: l'Europa che uscirà del 1993
o, chissà, dal 1994... o dal 1997, sta-
remo a vedere, non potrà funziona-
re con le attuali istituzioni. Oggi
non esiste un governo europeo, m·a
una direzione collegiale con dodici
teste che pensano e bperano in mo-
do diverso. Dico di più: guardano
più all'interesse del singolo Paese, il
proprio, ovviamente, piuttosto che
a quello generale. L'ultima parola
ce l'hanno i "ministri", che rappre-
sentano i loro governi e non l'Euro-
pa nel suo insieme. Ci vuole un'altra
.modifica dei Trattati di Roma, che
si auspica di poter fare con il man-
dato referendario che il 18 giugno
prossimo gli elettori conferiranno
al nuovo parlamento europeo per
affidare all'assemblea di Strasburgo
pieni poteri legislativi e anche quel-
lo di nominare il "Presidente della
Commissione" e il "governo" del-
l'Europa».
O
DALMEC
AL GRANDE APPUNTAMENTO
DEL '93
I trattati di Roma del 25
marzo 1957, istitutivi del Mercato
Comune Europeo, e primo nucleo
del processo di integrazione, furono
il frutto della tenace volontà di emi-
nenti uomini di governo che traeva-
no ispirazione dalla loro fede cristia-
na. Si chiamavano Alcide De Gaspe-
ri, Konrad Adenauer, Robert Schu-
mann, Jean Monnet. Essi vollero da-
re all'Europa ancora segnata dalla
catastrofe della guerra, la speranza
in un futuro di pace, di riconciliazio-
ne, di superamento delle nefaste di-
visioni protrattesi per secoli. All'ini-
ziativa aderirono sei Paesi e se oggi il
numero si è raddoppiato lo si deve
non soltanto agli sforzi compiuti per
concretizzare il processo di unifica-
zione, ma soprattutto ai motivi ideali
posti alla base del progetto iniziale.
In trent'anni è stato fatto molto
cammino, anche se non sono man-
cate difficoltà e resistenze. E, ciò
che più conta, l'Europa sembra oggi
avviata verso un periodo in cui assi-
steremo alla progressiva accelera-
zione del processo unitario. Questo,
almeno, è ciò che lascia intravvede-
re e sperare il traguardo fissato per
il 1993 dall'Atto Unico, cioè dal do-
cumento-programma approvato
dai parlamenti nazionali. Esso se-
gnerà la scomparsa di tutte le bar-
riere economiche e giuridiche fra i
«Dodici», molti settori della legisla-
zione saranno unificati, verranno
meno gli ostacoli che ancora oggi
rendono difficoltosa la libera circo-
lazione di uomini, di capitali, di
aziende. Ne deriveranno numerose
trasformazioni sociali. Sarà un pas-
so decisivo verso altri importanti
traguardi, che si chiamano governo
europeo dotato di effettivi poteri,
moneta unica emessa da una Banca
centrale. In questo quadro, un ruolo
di primo piano può essere svolto
dal Parlamento europeo soprattut-
to se si otterrà di dotarlo di effettivi
poteri decisionali.
O

2.8 Page 18

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18 1 MAGGIO 1989
STRENNA 1989
UN CORSO UNIVERSITARIO
PER INSEGNARE
«LA VOCAZIONE»
I Corsisti assistono ad una lezione
all'Università Pontificia Salesiana.
Le scienze dell'educazione a st!rvizio di quanti
operano per le vocazioni. Ne parla
per il Bollettino Salesiano
don Pietro Gianola docente di metodologia
pedagogica all'Università Pontificia Salesiana.
Dal 20 febbraio, ai mol-
ti frequentatori dell 'Università Sa-
lesiana di Roma, si sono aggiunti
cinquanta responsabili della Pasto-
rale delle Vocazioni nei seminari
minori, nelle diocesi , negli istituti di
vita religiosa maschili e femminili.
Provenienti da ogni parte del mon-
do, essi seguono il Primo Corso di
«Animazione Vocazionale» che,
promosso dalla Facoltà' di Scienze
de ll 'Educazione, si concluderà ai
primi di giugno.
«Si tratta di un a novità in asso-
Iuta», sottolinea don Pietro Giano-
la, Direttore del Corso. «Finora,
spesso, sotto la spinta della crisi
numerica, si erano tenuti incontri,
convegni, giornate di studio su tut-
ta la tematica vocazionale. Non
esisteva però un corso organico in
materia. La nostra iniz.iativa si ca-
ratterizza rispetto ad altre analo-
ghe per la continuità, per l'apertu -
ra interdisciplinare permessa dal-
l'Università Salesiana, per la cen -
tralità degli aspetti pedagogici e
metodologici, ben collegati con gli
aspetti teologici, spirituali, aposto-
lici dell'identità e del divenire delle
vocazioni».
«Le richieste per frequentare il
Corso erano molto più numerose di
quelle che abbiamo potuto acco-
gliere. Il numero è stato fissato in
cinquanta perché un corso più nu-
meroso non ci avrebbe consentito
come équipe di seguire individual-
mente i singoli. Il corso è, in sostan-
za, una risposta salesiana, cioè otti-
mista, alle sfide e alle difficoltà del
momento. Una scommessa sui gio-
vani e sul futuro della Chiesa».
La nuova iniziativa quadrime-
strale si affianca ad un'altra, in atto
ormai da una decina di anni, sempre
alla Facoltà di Scienze dell'Educa-
zione : un corso quadriennale per la
laurea in pedagogia vocazionale.
Anche in questo caso siamo in pre-
senza di qualcosa di nuovo. Per la
prima volta la «vocazione» è diven-
tata una disciplina di ricerca e di in-
segnamento organico in tutti i suoi
aspetti in un'università ecclesiasti-
ca. Per l'Ateneo Salesiano è un im-
pegno di fedeltà al carisma di Don
Bosco, che ha sempre nutrito l'at-
tenzione privilegiata verso i giova-
ni di sensibilità vocazionale.
«Era doveroso per un'università
come la nostra, dotata di una facol-
di pedagogia», afferma don Gia-
nola, «riservare un'attenzione parti-
colare al tema dei giovan i e delle
vocazioni. La prospettiva vocazio-
nale si trova oggi di fronte a due
esigenze fondamentali. La prima è
quella del bisogno che hanno la
Chiesa e il mondo di giovani con
"disponibilità vocazionale". La se-
conda, forse per noi più interessan-
te, è il diritto dei giovani, di tutti i
giovani, ad avere un orientamento
vocazionale, compreso l'orienta-
mento alle vocazioni di speciale
consacrazione, nonostante difficol-
tà oggettive e soggettive».

2.9 Page 19

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- - - - - - - - -- -sIJ-
«Oggettive, perché sussiste anco-
ra una certa pesantezza della situa-
zione, sia nell'esercizio delle voca-
zioni sia nel loro accostamento e
nella loro formazione. Ancora non
siamo usciti da un tempo di crisi e di
perplessità. si possono dimenti-
care i molteplici condizionamenti di
tipo sociale, culturale, religioso, che
aggravano la situazione».
«Già ad un convegno svoltosi
nel 1961 a Tolosa, in Francia, era
però emerso chiaramente che la
crisi delle vocazioni non può esse-
re attribuita al fatto che Dio og-
gi non chiama più, né al fatto che i
giovani d'oggi mancherebbero di
generosità. Non è vera né una cosa
né l'altra. Le difficoltà maggiori so -
no in questo momento di natura
soggettiva. Educatori e pastori, ani-
matori e formatori vocazionali, sia-
mo impreparati a gestire le ric-
chezze enormi della grazia di Dio,
delle disponibilità giovanili, delle
possibilità educative connesse a
nuove metodologie».
Le affermazioni di don Gianola
sembrano trovare conferma nelle
cifre recentemente elaborate dalla
«banca dati» della rivista di anima-
zione vocazionale «Rogate ergo».
Secondo questi dati, le vocazioni al
sacerdozio sono ritornate in
aumento anche nei paesi dove, ne-
gli ultimi due decenni, erano in for-
te calo. Solo dal giugno 1987 al giu-
gno dell'anno scorso si è registrato,
infatti, un incremento dd 6,50% del
numero delle ordinazioni nelle co-
siddette «nazioni di diritto comu-
ne» (non dipendenti, cioè, dalla
Congregazione Vaticana per l'e-
vangelizzazione dei popoli): Euro-
pa, America Settentrionale, Austra-
lia, Algeria, Tunisia e Filippine. Nel-
lo stesso periodo di tempo sono
aumentati del sei per cento anche i
seminaristi di teologia. Contempo-
raneamente si è verificato uno spo-
stamento delle vocazioni verso fa-
sce d'età più 1)1ature.
Le nuove ordinazioni non sono
però sufficienti a colmare i decessi
ed a colmare i vuoti aperti dalle de-
fezioni. Al tempo stesso cresce la
sproporzione tra clero e popola-
zione.
Lo sforzo crescente d'integrare
la pastorale vocazionale nella pa-
storale organica ed ordinaria che si
1MAGGIO 1989· 19
nota dappertutto, interpella anche «Invece, là dove la società e la
le istituzioni accademiche. Tuttavia cultura non sono più "cristiane" -
è vero che «la soluzione non può Europa, Stati Uniti, altre zone del
essere trovata a livello accademi- continente sudamericano - , la
co», osserva don Gianola. «Negli stessa comunità cristiana non è più
istituti culturali si studiano i fonda- facilmente vocazionale. Qui la via
menti e gli andamenti dei fenome- · della vocazione è ora la via della
ni, se ne cercano le cause, si esami- scelta personale, senza condiziona-
nano le loro dinamiche, si proget- menti o suggestioni ambientali,
tano interventi, modelli, istituzioni. spesso contrastata perfino in fami-
La soluzione del problema voca- glia, coraggiosa, tra grazia e li?-
zionale va ricercata nelle comuni- bertà».
tà cristiane, e non solo a livello di «Noi salesiani siamo un po' di-
gerarchia, quanto, soprattutto, a sarmati dinanzi a questa grandissi-
quello di base. La comunità ha ma provocazione. Dobbiamo porci
estremo bisogno di vocazioni. Ne una domanda: il nostro metodo
va della sua stessa vita. La comuni- educativo globale è realmente va-
tà deve quindi farsi portatrice del lido ed efficace o spesso superfi-
grande compito di educazione cri- ciale e rassegnato? Non basta cre-
stiana, di animazione e di orienta- dere di formare giovani che siano
mento di tutte le vocazioni, delle buoni cristiani ed onesti cittadini se
proprie vocazioni.
quasi nessuno di loro si orienta
«La Chiesa deve, innanzitutto, verso le vocazioni di speciale con-
meglio definire il suo essere "voca- sacrazione. Dovremmo avere il co-
zione" e "missione". La Chiesa è raggio di rivedere il nostro proget-
vocazione. Ogni vita nella Chiesa to educativo. E, forse, così potremo
è una vita vocazionale. Ognuno incontrare quei giovani che Dio
nella Chiesa ha la propria vocazio - chiama e che sono disponibili an-
ne. In secondo luogo, la Chiesa de - che oggi in numero molto superio-
ve sentirsi madre e maestra di vo- re a quel che possiamo pensare.
cazioni, rigeneratrice e generatrice Non avremmo "tantissime" voca-
di vocazioni, -anche consacrate. zioni, ma quante ne bastano sì. Per
Non soltanto la gerarchia, ma tutte noi e per gli altri».
le componenti educative: le fami- «Che cosa fare in concreto?», si
glie, i pastori e, in modo particola- chiede don Gianola, non nascon-
re, gli operatori dell'educazione e dendosi i molti condizionamenti
della pastorale giovanile. Noi sale- che si oppongono all'iniziativa del-
siani dobbiamo sentirci, dunque, in- la grazia di Dio. «Un forte condi-
terpella ti in maniera speciale per- zionamento antivocazionale è pre-
ché educatori dei giovani di tutta la sente in tutti quegli ambienti dove
Chiesa per tutta la Chiesa, per tutte la cultura propone ed afferma valo-
le vocazioni. E anche per vocazioni ri e modelli che sono in netta con-
salesiane».
traddizione con le condizioni voca-
«Ora», continua don Gianola, «la zionali, sia umane che cristiane: ge-
famiglia salesiana risente delle si- nerosità, dono di sé, interiorità, inti-
tuazioni più generali. Risente so- mità con Dio e con i suoi progetti,
prattutto di una legge fondamenta- ecc. Con questo tipo di condiziona-
le che oggi concerne l'andamento menti coesistono però, in buone mi-
globale delle vocazioni. Stiamo noranze di giovani, fattori ambien-
passando da una fase vocazionale tali, culturali, affettivi, religiosi, che
"sociologica" ad una fase vocazio- favoriscono l'accostamento voca-
nale "personalizzata" e "personali- zionale e anche l'avvio a un serio in-
stica". In altre parole, dove il di - teressamento. Ciò può essere un
venire educativo giovanile è ancora fatto positivo. A patto però che co-
largamente di socializzazione, le loro i quali accolgono ed accompa-
vocazioni fioriscono, perché sono gnano le vocazioni nate da questi
anche un fenomeno di costume, di fattori «congiunturali», innestino
cultura. Ciò vale, per esempio, per un processo di personalizzazione
la Polonia, per l'India, per le Filippi- vocazionale, ossia di vera autenti-
ne, per alcune zone dell'America cazione chiara forte , crescente dei
Latina e anche dell'Africa».
valori e dei motivi del processo.

2.10 Page 20

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20 · 1 MAGGIO 1989
«Come superare l'attuale fase di
ripresa ancora leggera e disugua-
le? Circoscrivendo la risposta alla
famiglia salesiana, io ho l'impres-
sione che esistano due vie maestre.
La prima è quella dell'educazione
di base. Un'educazione autentica,
veramente liberatrice della pienez-
za umana e cristiana, in modo che
la personalità possa esprimersi li-
beramente nella direzione e ai li-
velli della propria vocazione e mis-
sione. L'educazione dei nostri gio-
vani sarà completa solo se li porte-
rà sino al momento dell 'orienta-
mento e della maturazione di una
scelta vocazionale, quale che essa
sia. Per quelli che Dio chiama, sa-
rà anche la vocazione consacrata.
Per gli altri, una scelta conforme
alla loro chiamata e missione uma-
na e cristiana».
«La seconda via ci mette di fron-
te alla grande domanda di oggi, tut-
tora se nza risposta. Perché non si
orientano verso la consacrazione,
non solo i giovani non idonei, quelli
non dotati di attitudini vocazionali,
ma anche i giovani che avrebbero
tutte le qualità richieste? Perché
non rispondono alla "chiamata" an-
che giovani "dotati" e "disponibili"?
Probabilmente perché è in gioco -
è solo un'i potesi però - la stessa
credibilità dell'offerta e della pro-
posta vocazionale. Le vocazioni
oggi sono più tardive, più mature di
un tempo. I giovani si domandano:
entrare? dove? come? perché? a
fare cosa? per quale vita sacerdota-
le, religiosa, missionaria?».
«Il pericolo è che le offerte voca-
zionali - .quella salesiana inclusa
- suscitino nei giovani migliori,
più dotati, più disponibili, una crisi
di credibilità collegata a tre ele-
menti. Prima di tutto, la vita spiri-
tuale. Alcuni giovani, entrando in
seminario o in una congregazione
religiosa, temono d'andare incontro
ad un calo di vita spirituale rispetto
alla propria comunità cristiana, al
proprio movimento ecclesiale, al
proprio gruppo giovanile. Poi, la vi-
ta di fraternità, di relazione. I giova-
ni oggi sono abituati ad avere tra di
loro e con le loro guide una comu-
nicazione molto aperta, viva, pro-
fonda, spontanea. Troverebbero
qualcosa di simile in seminario o in
un istituto religioso? A volte viene
da dubitarne».
«Ultimo elemento spesso decisi-
vo : l'impegno apostolico. Si chiedo-
no : l'azione apostolica, proposta
nella vita sacerdotale, nelle attività
delle famiglie religiose, è sempre
convincen te? Corrisponde ai valori
giovanili di oggi? Ai valori della
migliore cultura attuale? E, soprat-
tutto, ai grandi valori evangelici?
Ai carismi dei fondatori? L'azione
apostolica vuole una consacrazione
per tutta la vita, domanda tre voti.
Li merita veramente?».
«Non basta più dire: fatevi sale-
siani, perché da noi si va a lavorare
tra i giovani, in mezzo alla gioven-
più abbandonata. Se vogliamo
proseguire la missione di Don Bo-
sco, dovremmo lanciare una sfida ai
giovani d'oggi più o meno in questi
termini. Guardate: noi abbiamo
precise attività apostoliche di prima
linea, in Italia, in Africa, in Asia, in
America Latina. Ci occorrono suc-
cessori, forze nuove. Chi si sente,
venga, sicuro di entrare chiamato e
mandato per quell'opera. Probabil-
mente, avremmo risposte in abbon-
danza. Questo coraggio, a volte,
non l'abbiamo. Mentre il ragazzo
d'oggi ha gli occhi aperti. La dispo -
nibilità del giovane segue la credi -
bilità dell'offerta. Qualcuno dice : se
un giovane si sente chiamato vera-
mente, dovrebbe entrare comunque
per contribuire da dentro ad un rin-
novamento. Non è così facile. Nor-
malmente il giovane non si sente di
correre il rischio di diventare forza
nuova per progetti vecchi».
«Come salesiani», sostiene don
Gianola, «dovremmo avere più co-
raggio di proposta. Se non l'abbi a-
mo, ciò può dipendere da due fatto-
ri. Il primo è molto triste: la delusio-
ne della propria vocazione che non
è stata vissuta in pienezza né uma-
na cristiana. Chi non si sente rea-
lizzato, non ha il coraggio né la ca-
pacità di fare la propria proposta
ad altri. Un secondo fattore: qual-
cuno, pur consumandosi interamen-
te per la propria vocazione, non ha
però raggiunta quell'autentica ma-
turità di vitalità interiore che si
esprime nell'azione rigeneratrice
della propria vocazione personale
e comunitaria».
«Per ogni salesiano, l'amore alla
propria vocazione alla Congrega-
zione deve significare volontà di
generare altre vocazioni. Deve far-
si strada l'idea che la proposta vo-
cazione di giovani è un fatto nor-
male dell 'amicizia, dell 'educazione,
della pastorale. Tutti dovremmo in
qualche modo sentirci animatori
vocazionali, mentre di fatto l'impe-
gno è delegato esclusivamente ad
alcuni. Questo è assurdo. Solo chi
genera figli, vive ; chi non ne gene-
ra, sopravvive. Così le nuove voca-
zioni».
«La Congregazione salesiana»,
ricorda don Gianola, «è attesa l'an-
no venturo da un importante ap-
puntamento: il capitolo generale
attorno al tema dell'educazione dei
giovani alla fede. I partecipanti al
capitolo non dovranno soltanto
sentire la necess ità d'inserire il te-
ma della vocazione come un mo-
mento del discorso generale.
Dovranno avere il coraggio di fa-
re della "vocazione" l'asse centrale
dell 'intero progetto di fondazione,
di formazione e di crescita della fe-
de nelle nuove generazioni. A que-
sta condizione tutto il capitolo sul-
l'educazione della fede sarà voca-
zionale. Il suo esito risulterà voca-
zionale in senso completo, anche in
termini di vocazioni consacrate,
comprese quelle salesiane».
«Credo che dobbiamo trovare
per le vocazioni il coraggio della
speranza», conclude don Gianola,
dopo aver ricapitolato le idee che
reggono il primo corso per respon-
sabili dell'animazione vocazionale.
«Speranza, fondata sui grandi doni
di Dio e sulla disponibilità giovani-
le. Se la nostra buona volontà e la
nostra competenza saranno ade-
guate, qualcosa sicuramente succe-
derà~
O

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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- - - - - - - -- -#1-
STRENNA 1 989
1 MAGGIO 1989· 21
Qui È NATA
LA MIA VOCAZJ-
Il Papa parla della
«sua» parrocchia.
Dall'alto del Wawel, la
collina che domina il corso sinuoso
della Vistola, fra bastioni e torri for-
tificate, si può ammirare tutta Cra-
covia, l'antica capitale della Polonia
dove ogni pietra ed ogni mattone
sono cari al cuore del Papa.
1
La città vecchia degli anni giova-
nili ed universitari di Karol Wojty-
la. E i nuovi quartieri industriali,
campo del suo trentennale aposto-
lato come pastore, come vescovo,
come cardinale.
«Qui, in questa terra, sono nato»,
esclamò, commosso, nel giugno '79,
tornando per la prima volta nella
«sua» terra ed allargando lo sguar-
do dalla cima del Wawel verso Wa-
dow ice e verso le prime vette dei
Carpazi che si profilano all'oriz-
zonte. «Qui ho ottenuto la grazia
della vocazione sacerdotale», sog-
giunse fissando la città, dalla catte-
drale dov'era stato consacrato ve-
scovo sino alla grande croce di pie-
tra, che sovrasta la chiesa di San
Stanislao Kostka.
ILa chiesa di San Stanislao Kostka
e in primo plano l'architetto
progettista della cappella
«Maria Ausiliatrice,, tra Il
cardinal Macharskl e un alto
prelato polacco.

3.2 Page 22

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22 1 MAGGIO 1989
Lì, a due passi dalla parrocchia af-
fidata da sempre ai Salesiani, al nu-
mero 10 della via Tynieckiej, visse
durante gli anni della seconda guer:
ra mondiale Karol Wojtyla,giovane
studente dell'Università Jagellonica
e poi semplice operaio nei vicini sta-
bilimenti chimici Solvay. E lì, nella
bella chiesa sorta sullo stesso luogo
di una vecchia cappella di legno, nel
tranquillo quartiere di Debnicki, il
futuro Papa celebrò la sua prima
Messa il 3 novembre del 1946.
Nella parrocchia di San Stanislao
Kostka, la vita si era svolta normal-
mente, nonostante la guerra e l'oc-
cupazione nazista, sino alla prima-
vera del 1941 , esattamente al 23 di
maggio, quando tredici salesiani
della comunità e del vicino semina-
rio del Tynieckiej furono arrestati e
deportati nel campo di concentra-
mento di Dachau, dove in undici
trovarono la morte.
Il ricordo di quel giorno è rima-
sto indelebilmente impresso - co-
me poteva essere diversamente? -
negli occhi e nella mente del giova-
ne Wojtyla. Nel settembre del 1987,
mentre percorreva la parte meri-
dionale e la costa occidentale degli
Stati UnÌti, un giovane di Los Ange-
les gli rivolse una domanda «imper-
tinente», come la definì lui stesso.
«Padre Santo, quali paure, quali
pressioni, hai sperimentato su di te,
giovane cristiano?».
Giovanni Paolo Il aprendosi al
sorriso, ma anche sospirando, ri-
spose: «Non è fa cile parlare di se
stessi. Sono cresciuto tra le due
guerre mondiali. È stato un periodo
tranquillo, tranne quando persi la
mamma, da bambino. Poi è venuto
il tempo della violenza; un tempo
terribile soprattutto per la mia Pa-
tria. Ritorna in mente l'Olocausto
degli ebrei. Direi che la Pro vvidenza
mi guidò per mano durante la guer-
ra. Fu allora che scoprri la mia vo-
cazione al sacerdozio. Proprio at-
traverso -la·tragica esperienza della
guerra tro vai questa via particolare
per la mia vita».
Di quegli anni lontani, della co-
munità parrocchiale della «sua»
giovinezza, dei Salesiani che l'ani-
mavano «non solo con La parola,
con l'esempio, con la testimonian-
za » ma ((dando anche la vita», co-
me disse una volta quand'era arci-
vescovo di Cracovia, Giovanni
Paolo II~ tornato a parlare per due
volte durante il pellegrinaggio del -
lo scorso settembre nei luoghi di
Don Bosco.

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - -sB-
1 MAGGIO 1989 23
L'interno dell
Piazza del M
e il coro dei
Prima, a conclusione della Messa
celebrata per la beatificazione di
Laura Vicufia, davanti_a migliaia e
migliaia di giovani. E poi, al termine
dell'Agape fraterna nella casa di
Valdocco, dinanzi a cardinali, ve-
scovi, salesiani di ogni parte del
mondo.
(<Quando mi trovo qui su questo
"colle delle Beatitudini"», disse a
Colle Don Bosco, guardando il
frontone della chiesa, ((non posso
non ricordare il frontone cli un 'al-
tra chiesa ché assomiglia un poco a
questa, anche architettonicamente:
La parrocchia cli Santo Stanislao
Kostka a Cracovia. mi ha tocca-
lo attraverso i suoi figli spirituali, i
Salesiani, il carisma cli Don Bosco.
Così vengo qui in pellegrinaggio
con tutti voi per ringraziare per La
parte che ha a vuto San Giovanni
Bosco, La sua famiglia spirituale, il
suo carisma, nella mia vita».
Ancora più esplicite le parole
pronunciate a Valdocco. In un di-
scorso «a braccio», il Papa ricordò i
Salesiani di Cracovia che l'avevano
accompagnato nella sua giovinezza
e che erano stati portati a Dachau
«davanti ai miei occhi». E con lavo-
ce incrinata dalla commozione al
pensiero che «la maggioranza di lo-
ro ha trovato la morte» in quel la-
ger nazista, volle esprimere la sua
ammirazione per la loro fedeltà si-
no al martirio, facendo comprende-
re a tutti la parte «decisiva» da essi
avuta nella sua «conversione» co-
me la definì, nella scoperta della
sua vocazione sacerdotale.
(( Venendo in questi luoghi dov'è
nato il salesianesimo», affermò te-
stualmente, ((rivivo L'esperienza vis-
sula del mio incontro con i Salesia-
ni, con Giovanni Bosco, attraverso
quei sacerdoti che sono anelati tutti
a Dachau. Volevano che uno cli lo-
ro gettasse e calpestasse il Rosario;
non ha ubbidito e lo hanno tortura-
to fino alla morte... Allora, l'uomo,
anche se è un Papa, non può libe-
rarsi delle sue relazioni personali,
cli tutto quello che ha vissuto cli per-
sona. lo elevo dire che una parte no-
tevole, e anche parte decisiva della
mia vita, 1110 vissuta insieme ai Sa-
lesiani... E ho trovato anche le
persone che mi hanno aiutato alla
conversione, nel senso non della fe -
de ma della vocazione».
Dall'insieme dei discorsi pronun-
ciati da Giovanni Paolo II a Torino
e negli altri luoghi di Don Bosco,
emerge con chiarezza come il Papa
consideri la vita e la spiritualità sa-

3.4 Page 24

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24 · I MAGGIO 1989
Il Papa parla della sua vocazione
PERCHÉ Ml SONO FATIO PRETE
«Mi chiedono spesso, soprattutto i giovani, perché mi
sono fatto prete... Cercherò di rispondere brevemente.
Vorrei iniziare dicendo che non è possibile spiegarlo
interamente. Perché resta un mistero anche per me. Come
è possibile spiegare le vie di Dio? Eppure io so che, in un
dato momento della mia vita, sono stato certo che Cristo
diceva a me quello che ha detto a migliaia di persone
prima di me: «Vieni, seguimi!». Avvertivo chiaramente che
ciò che sentivo nel mio cuore non era una voce umana, né
una mia idea. Cristo mi stava chiamando a servirlo come
sacerdote.
E probabilmente potete dire che sono profondamente grato
a Dio per la mia vocazione al sacerdozio. Nulla ha più
importanza per me, o mi da una gioia maggiore del
celebrare ogni giorno la Messa e servire il popolo di Dio
nella Chiesa. E questo è stato vero fin dal giorno della mia
ordinazione al sacerdozio. Nulla lo ha mai cambiato,
neppure il fatto di essere diventato Papa. Nel confidarvi
questo, vorrei invitare ognuno di voi ad ascoltare
attentamente la voce di Dio nel vostro cuore.
Ogni persona umana è chiamata alla comunione con Dio.
Per questo motivo il Signore ci ha creati,
per conoscerlo, amarlo e servirlo e
- nel far questo - per scoprire il segreto della gioia
perenne».
(Giovanni Paolo Il ai giovani, Los Angeles, settembre 1987).
~.
' -~
,-....._,_,,,,,
.. --LlI
lesiana un «humus» adattissimo a
far crescere i germi della vocazione
ed a coltivarli nei giovani, affinché
la Chiesa possa contare su vocazio-
ni di ogni genere per realizzare il
suo. servizio di carità a tutti gli
uomini.
Il 13 novembre del 1988, quando
la comunità parrocchiale di San
Stanislao Kostka ha celebrato so-
lennemente il cinquantesimo della
consacrazione della chiesa avvenu-
ta alla vigilia di anni duri per la Po-
lonia, Giovanni Paolo II ha voluto
essere spiritualmente presente alla
cerimonia con un messagio che è
stato letto dal cardinale Franciszek
Macharski, arcivescovo di Craco-
via, davanti a più di quattromila
persone, il massimo che può conte-
nere il tempio di Degniki.
«Tra i parrocchiani di questa co-
munità, tra i gio vani ed i pastori»,
scriveva il Papa, «il Signore ha for~
malo la mia gio vinezza e si è matu-
I Lapide
ricordo
di Papa
Wojtyla.
rata la mia vocazione al sacerdo-
zio. Con vera gratitudine ricordo
tutti: i vivi ed i morti, con i quali la
Provvidenza a suo tempo ha voluto
unire la mia vita. Con particolare
commozione ricordo coloro che so-
no stati arrestati e deportati nei
campi di concentramento, coloro
che hanno sofferto e che hanno
portato a Dio il dono più grande, la
loro vita. Sono convinto che il frutto
del loro sacrificio, unito al sacr~fi-
cio di Cristo, lo porto dentro di me».
Dopo la Messa è stata inaugurata
una cappella a ricordo della parte-
cipazione del giovane Karol Woj -
tyla al la vita della parrocchia in an-
ni difficili , della sua quasi quotidia -
na preghiera in questa chiesa, della
sua attiva presenza in un circolo
clandestino di preghiera e di rifles-
sione. Nella cappella è stata posta
l'immagine dell'Ausiliatrice, davanti
alla quale l'arcivescovo di Cracovia
asserì una volta d'aver scoperto la
sua vocazione.
Ai piedi della statua è stata posta
quest'iscrizione : «Davanti a que-
st'immagine dell'Ausiliatrice, pre-
gando, ottenne ed approfondì il do-
no della vocazione al sacerdozio
Karol Wojtyla, Apostolo del Rosa-
.rio, Operaio della Sol vay, Artista
della parola, Santo Padre Gio vanni
Paolo Il».
S.St.

3.5 Page 25

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1MAGGIO 1989· 25
L'AFRICA IN CRISI
INVOCA AIUTO
CHI RISPONDE?
La generosità privata
alimenta
le organizzazioni non
governative
di volontariato.
L1talia svolge un ruolo
di primo piano
nel settore
della cooperazione.
Foto UNICEF
A giudicare dal sempre
più esiguo spazio che gli organi
d'informazione dedicano ali'Africa,
si dovrebbe trarre la conseguenza
che quel Continente i suoi problemi
li ha tutti risolti. Naturalmente non
è cosl. Anzi, è semmai vero il con-
trario, nel senso che l'Africa sta at-
traversando una crisi che non ha
precedenti nella sua pur travagliata
storia degli ultimi trent'anni. Crisi
che non è solo di natura economi-
co-finanziaria, ma si spinge in pro-
fondità fino a toccare la sua anima.
Se si parla ormai poco dell 'Africa
è solo perché la stampa europea
appare come annoiata dal tema.
Nelle scorse settimane i giornali
italiani hanno bensì dedicato pagi-
ne intere al Continente africano, ma
solo per alzare un gran polverone
sui casi di connazionali colpiti dalla
malaria dopo brevi soggiorni in Ke-
nya. Si è subito pensato che l'argo-
mento calamitasse l'attenzione del-
le migliaia di turisti che ogni anno
vanno a cercare l'emozione di un
viaggio africano. Che la malaria sia
da sempre un problema per gli abi-
tanti delle regioni tropicali, che anzi
negli ultimi tempi abbia fatto regi-
strare una recrudescenza e continui
a mietere vittime anche a causa del -
le carenti strutture sanitarie locali,
ai giornali non è mai interessato
molto. Si sono scatenati perché sta-
volta ci sono andati di mezzo alcuni
italiani. E hanno dato segni di delu-
sione quando la faccenda è stata ri-
dimensionata dalle autorità sanita-
rie nazionali e gli sbandierati 50 ca-
si iniziali sono precipitati a quattro.
Lotta alla fame
La malaria non è il solo proble-
ma dell'Africa. Ma anche di altri si
tende ormai a tacere. Al punto da
dare l'impressione che gli unici a
mantenere viva l'attenzione su di
essi siano gli ambienti cattolici. E
difatti , anche quest'anno , in occa-
sione della Quaresima, la Caritas e
diversi organismi missionari - dal
Pime ai Salesiani, ai padri della
Consolata, oltre che il gruppo di
volontariato Mani Tese - si sono
fatti promotori presso l'opinione
pubblica di una campagna di soli-
darietà in favore dei Paesi più po-

3.6 Page 26

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26 1 MAGGIO 1989
veri del Terzo Mondo, all'insegna
del noto slogan «contro la fame
cambia la vita». Hanno ricordato
alla gente che i problemi dell'Afri-
ca sono ancora tutti sul tappeto e
l'hanno invitata ad operare in pri-
mo luogo un cambiamento di se
stessa, dei propri modi di vivere,
come passo preliminare al formarsi
di una cultura della solidarietà, at-
traverso cui far passare i gesti di
aiuto diretti a chi si trova in condi-
zione di bisogno.
Le microrealizzazioni - dal poz-
zo per l'acqua alle sementi, dai me-
dicinali all'aula scolastica - che sa-
ranno attuate grazie ai contributi
racco Iti, sono in buona parte desti-
nati all'Africa. Perché è proprio
questo Continente che, più degli al-
tri inclusi nell'area del Terzo Mon-
do, soffre la fame, la miseria, l'ab-
bandono. È proprio questo Conti-
nente che più degli altri guarda con
speranza a quanti vivono nel mon-
do del benessere e chiede di essere
aiutato a superare le molte difficol-
in cui si dibatte.
Le risposte all 'appello, per quan-
to inadeguate, rispetto ai bisogni,
in verità non mancano, sia private
che pubbliche. Senza le prime,
molte organizzazioni d'aiuto e di
volontariato, con in testa la Cari-
tas, non potrebbero svolgere la lo-
ro opera in presenza di situazioni
d'emergenza o per favorire il più
generale processo di sviluppo.
potrebbero continuare il loro pre-
zioso lavoro sociale i missionari,
impegnati a soccorrere le popola-
zioni più povere. Le seconde - le
risposte pubbliche - benché tal-
volta ostacolate da resistenze o
frenate da ritardi - segnano una
tendenza all'aumento. Del resto, da
ormai tre decenni l'Africa soprav-
vive grazie all'aiuto che riceve dai
Paesi avanzati.
La cooperazione allo sviluppo
non ha forse ancora trovato la stra-
da giusta per esprimersi al meglio.
E tuttavia l'esperienza ha sgombe-
rato il campo di molti equivoci ed
oggi è possibile evitare almeno in
parte gli errori compiuti in passato
e che hanno fatto fallire tanti pro-
getti. Non poche teorie ed altret-
tante pratiche di sviluppo, enuncia-
te spesso con toni trionfalistici, non
hanno apportato che scarsi benefi-
ci, quando addirittura non si sono
riv.elate rovinose.
Ostacoli allo sviluppo
Non c'.è dubbio che la coopera-
zione allo sviluppo incontra in
Africa ostacoli oggettivi: la caduta
dei prezzi delle materie prime, la
costante diminuzione della presen-
za africana nelle relazioni com-
merciali mondiali, gli scarsi investi-
menti privati, l'entità del debito
estero che costringe all'adozione di
misure di austerità dolorose e spes-
so insostenibili per Paesi poveri,
ecc. Ad essi si aggiungono le cala-
mità naturali: siccità, cavallette,
inondazioni. E poi ci sono gli errori
commessi in campo politico ed
economico dai responsabili della
cosa pubblica, la violazione dei di-
ritti umani, la dilagante corruzione.
Come non bastasse, è arrivata ne -
gli ultimi tempi una specie di epi -
demia di tossicodipendenza, che
colpisce soprattutto i giovani nelle
grandi città. Per non parlare del-
l'AIDS. Tutto ciò compromette
ogni possibilità di sviluppo in vari
campi, da quello economico a quel-
lo della sanità o dell'educazione.
Più in generale, si avverte in Africa
un diffuso malessere che semina
sfiducia e risentimento soprattutto
nelle giovani generazioni.
Nonostante queste enormi diffi-
coltà, l'Africa vive. Per risollevarsi
ha bisogno di un aiuto disinteressa-
to. L'Italia, con la Direzione della
cooperazione allo sviluppo, svolge
oggi un ruolo di primo piano, pro-
prio in un settore che non sembra
godere di troppe simpatie presso
altri Paesi donatori: la cooperazio-
ne multilaterale, realizzata cioè at-
traverso le organizzazioni interna-
zionali. Circa il 40 per cento delle
risorse disponibili prende infatti
questa strada. È stato inoltre valo-
rizzato il concorso delle organizza-
zioni non governative di volonta-
riato, nella convinzione che esse co-
stituiscono un importante strumen-
to attraverso cui può esprimersi la
partecipazione popolare. Se sono
falliti numerosi tentativi di avviare
dall'alto degli Stati il dialogo Nord-

3.7 Page 27

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- - - - - - - -- -- s8-
1 MAGGIO 1989· 27
Sud, ciò vuol dire che bisogna muo-
versi dal basso, con il coinvolgi-
mento delle piccole comunità locali
e il contatto diretto con i bisogni
concreti della gente. È la strada da
sempre indicata da migliaia di mis-
s10 nan.
Impegno europeo
L'impegno dell'Italia nel setto re
della cooperazione è sintetizzato
nella legge n. 49 del 26 febbraio
1987, laddove si afferma che la co-
operazione allo sviluppo è parte in-
tegrante della politica estera italia-
na e persegue obiettivi di solidarie-
tà fra i popoli e di piena realizzazio-
ne dei diritti fondamentali dell'uo-
Foto UNICEF
mo. Una politica, dunque, e non una
elargizione, un intervento pro-
grammato in collaborazione con gli
Stati destinatari e non un semplice
scarico di coscienza. Ciò non toglie
che, nell 'àm bito della legge, si ren -
dano necessari alcuni accorgimenti
in grado di meglio coo rdinare gli
interventi, snellire le procedure, eli-
minare disfunzioni, rafforzare le
strutture operative.
L'Italia, poi, fa parte dell'Europa
comunitaria. E nell'ambito della
CEE può contribuire allo sforzo di
instaurare un rapporto di ~olidarie-
fra l'Europa e l'Africa. E iniziato
da poco e giungerà alla stretta fi-
nale nel prossimo giugno, il nego-
ziato per il rinnovo della Conven-
zione di Lomè fra la CEE e i 66
Paesi dell'Africa, Caraibi e Pacifico
associati alla Comunità. Come ac-
cade ad ogni rinnovo, la trattativa
sarà lunga e anche estenuante. Si
tratta di superare difficoltà e resi-
stenze. Fin dai primi contatti, per
esempio, c'è stato uno scontro fra
Paesi europei che sostengono la
necessità di inèrementare gli stan-
ziamenti (e l'Italia è fra questi) e
Paesi come l'Olanda e la Gran Bre-
tagna che sono contrari. Ma la
Convenzione di Lomè è troppo im-
portante sul piano della coopera-
zione allo sviluppo perché non si
~rrivi a superare questo ostacolo.
E un'esigenza imprescindibile, se si
tiene conto che l'aiuto allo svilup-
po è un contributo alla realizzazio-
ne di un clima di pace fra le Nazio-
ni. E lo è ancora di più se non ci si
dimentica che dall'altra parte c'è
gente che ha bisogno e che spesso
ha fame. È un pensiero che non de-
ve mai abbandonare anche le sin-
gole persone, specie quelle che
hanno più del necessario e che so-
no chiamate a condividerlo con chi
ne è privo. Qui sta il senso del mes-
saggio di Giovanni Paolo Il per la
Quaresima 1989, ma la cui validità
si estende a tutti i mesi dell 'a nno.
Le occasioni per esp rimere la soli-
darietà non mancano. A offrirle so-
no le organizzazioni che lotta no
contro la fame, i mi ss ionari che de-
dicano la loro vita alle genti africa-
ne e accompagnarle, senza nulla
chiedere per sè, verso un avve nire
più umano.
Gaetano Nanetti

3.8 Page 28

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28 · 1 MAGGIO 1989
-
SABINO PALUMBIERI
Cristo risorto leva della storia,
Collana Il Popolo Cristiano, For-
mato 13x19, pp. 308, L. 20.000
Nella prestigiosa collana della
S.E.I. , firmata tra gli altri da An-
dré Frossard , Vittorio Messori,
Miche! Quoisl , Egidio Viganò,
compare ora questo volume,
che si presenta come un'aiuto
assai utile a riscoprire le fonda-
menta della fede e il motivo della
gioia di vivere .
Scrive Vittorio Messori : «È si-
gnificativo : tutti quelli che loco-
noscono si sentono spinti a
chiamare l'autore di questo li-
bro non, accademicamente,
" Professor Palumbieri", ma,
amichevolmente, "don Sabi-
no" ... Sull'esempio di Don Bo-
sco, questo salesiano vuole far-
si , in qualche modo, " un teolo-
go di strada", attento alle voci
che ne salgono, per calibrare su
di esse l'annuncio evangelico.
Dunque, Palumbieri sa bene co-
me la fede esiga da ogni gene-
razione lo sforzo di reinventare
una sua "apologetica" . Nel sen-
so, owiamente, di una risposta
all'esortazione di Pietro a " es-
sere sempre pronti a rendere
conto delle ragioni della speran-
za, con mansuetudine e rispet-
to " .. . Le pagine che seguono ri-
sentono più che mai, e c'é da
rallegrarsene , di questa consa-
pevolezza e, dunque, di questa
volontà pastorale . Come l'auto-
re stesso dice , "prima di accet-
tare dobbiamo accertare". Ma
accertare che cosa? Innanzitut-
to, il cardine della fede , la pietra
angolare su cui tutto l'edificio
cristiano si basa.. . Perché quel-
lo della Resurrezione di Gesù è
" un caso serio" . Il più "serio "
tra quelli che stanno nella mille-
naria vicenda umana».
(dalla Prefazione) .
LUIGI MELESI
Incontri (Drammatizzazioni per
una catechesi attuale e parte-
cipata), Torino, Elle Di Ci, 1988,
pp. 184, L. 11.000
Evidenti le analogie con l'ope-
ra precedente di L. Melesi Le
parabole di Gesù in teatro (v.
"Letture» 1985, p. 147) . Svilup-
pando la sua indagine scenica
sui Vangeli e prendendo in os-
servazione una serie di incontri ,
l'autore conferma la validità di
una proposta di metodo. I dodici
capitoli , corrispondenti ad al-
trettanti incontri, rlprendono il
testo evangelico , lo analizzano
nei suoi valori , messaggi , signifi-
cati , per offrire quindi una ipote-
si di copione teatrale . Questo é
impostato secondo uno schema
già collaudato e individuato in
tre fasi : un momento iniziale di
coinvolgimento per stabilire il
tema, la ripresa più o meno am-
pliata dell'episodio evangelico,
una fase finale per provocare un
dibattito con il pubblico. Sce-
neggiando però gli incontri del
Vangelo, Melesi precisa mag-
giormente una caratteristìca del
suo lavoro, del resto esplicitato
dal sottotitolo» «Per una cate-
chesi attuale e partecipata». In
questo modo preclude una let-
tura delle sue pagine distaccata
e per così dire falsamente og-
gettiva. Il metodo di indagine, e
quindi le diverse soluzioni sce-
niche , derivano e sono sostenu-
te da un suo intervento diretto
con i carcerati di San Vittore.
Non si può quindi prescindere
da un timbro tipicamente esi-
stenziale, e neppure ridurre la
portata del discorso a un sussi-
dio didattico per la catechesi. La
pagina del Vangelo è veramente
considerata come una «scena di
vita» che può o deve essere
compresa attraverso una since-
ra esperienza umana e religiosa.
Non si tratta di inségnare qual-
cosa su ... ma scoprire se stessi
e determinati temi urgenti in un
confronto aperto, a tu per tu
con la Parola di Cristo stesso,
quella Parola che egli aveva ri-
volto alla Samaritana, ai suoi di-
scepoli, a Pilato, ecc .
Si scopre quindi come Melesi
sia stato sensibile a certi pro-
blemi dell 'uomo contempora-
neo nella scelta degli incontri di
Gesù nel Vangelo. Senza rifare
l'elenco completo si può ap-
prezzare l'esame dell 'incontro
con l'indemoniato in rapporto al
tema della libertà e della libera-
zione , il dialogo con la Samarita-
na che evidenzia la possibilità di
trasformarsi e di trasformare la
vita, la sorprendente scena della
peccatrice nel banchetto del fa-
riseo legata al conflitto tra per-
dono e non perdono, il racconto
della risurrezione di Lazzaro per
fissare un legame fra morte e
immortalità, lo scontro con Pila-
to per una denuncia del pote-
re-ambizione-opportunismo , il
drammatico epilogo sul Calvario
come espressione estrema del-
l'amore del Padre, il percorso
verso Emmaus come occasione
prowidenziale per accostare la
vita di Cristo risorto e il suo nuo-
vo rapporto con gli altri , ecc .
Estesa è la ricerca della poliva-
lente tematica di un episodio.
Nella ripresa a livello di sceneg-
giatura prevale un problema ;
non per questo Melesi impone
una direzione, da parte sua sug-
gerisce una forma di espressio-
ne e di revisione scenica che
dovrà essere rivista e anche
profondamente trasformata dai
singoli gruppi e secondo speci-
fiche esigenze . Come gli stessi
gruppi avranno la possibilità di
esporsi su altri significativi in-
DIECI TITOLI PER
LA PROPOSTA
CRISTIANA
Dieci titoli su altrettanti aspetti vivi e interessanti
anche oggi della proposta cristiana. Un modo serio e
non conformista per mettere a confronto il punto di
vista cristiano con modi diffusi di sentire oggi la sto-
ria della chiesa, la Bibbia, la figura di Cristo, il matri-
monio, la liturgia, la chiesa, la fede e la morale. Il pre-
gio della collana «per conoscere e vivere» lanciata da
«Boria» sta proprio nella capacità di suscitare dibat-
tito, accendere idee, sollecitare ricerca e confronto
sulla proposta cristiana nella sua dimensione 'biblica,
storica, sacramentale. Libri pensati per la gente, che
tengono conto della temperie culturale in cui ci si
muove e vive oggi. Il lettore viene percepito come un
interlocutore vivo, refrattario ad un puro elenco del
lecito e del proibito in nome di una fede cristiana ve-
ra o presunta, ma desideroso di condividere una ri-
cerca sul senso della vita, della fede, delle chiese e dei
loro riti. li messaggio cristiano congegnato in indica-
zioni, fatti, prospettive. Dieci volumetti di una vera e
propria «summa» in linguaggio spigliato e moderno
della storia e dell'agire cristiano, preparati con un
metodo pastorale inaugurato con il concilio. Scorrere
i titoli della collana, conferma la robustezza dell'im-
pianto proposto : per leggere l'antico testamento
(autore E. Charpentier, adattamento di Rinaldo Fa-
bris) ; per leggere il nuovo testameJJtO (stessi autori);
per leggere Gesù di Nazareth (di P. M. Beaude e
adattato da Rinaldo Fabris) ; per leggere la storia del-
la chiesa (due volumi dalle origini ai nostri giorni
scritti da J. Comby e curati da Luigi Fatica e Franco
Molinari) ; per leggere la creazione nell'evoluzione
(AA.VV. curato da Carlo Molari); per vivere il matri-
monio (autore Bagot, adattato da Luigi Della Torre);
per vivere la liturgia (di Jean Lebon, adattato da Luigi
Della Torre); per dire il credo (AA.VV. adattato da
Carlo Molari); per conoscere le grandi religioni (di
Albert Samel).
CDC

3.9 Page 29

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- - - - - -- - - - -s/J-
1 MAGGIO 1989 · 29
contri del Vangelo. Nella propo-
sta del copione è sintomatico
che l'autore preferisca un lin-
guaggio essenziale e scorrevo-
le. Così nell'incontro con la Sa-
maritana, l'azione ha poche e
leggere varianti; in altri casi l'ori-
ginale stesso del Vangelo offre
l'opportunità di movimento in di-
versi spazi , o l'inserimento co-
erente di uno sviluppo del di-
scorso in base al tema prescel-
to. Sobrie le indicazioni tecni-
che, perché risulti in primissimo
piano l'evidenza della parola e la
presenza di diversi personaggi
che potranno eventualmente
essere caratterizzati da un ab-
bozzo di costume .
Come si diceva la drammatiz-
zazione è funzionale per il con-
cretizzarsi di una esperienza
umana e religiosa definita dalla
dimensione corale. Da questo
punto di vista si chiarisce l'im-
portanza della fase iniziale, la
chiarezza nell'esporre il tema,
accettare anche un preliminare
dibattito, per creare una reale
tensione di coinvolgimento. Il
passaggio quindi a «rivivere » un
brano del Vangelo è una richie-
sta spontanea che può venire
anche dal pubblico , come il
pubblico può offrire personaggi
per qualche ruolo. Alla lettura di
alcuni copioni si può avere la
sensazione che si crea uno
strappo dalla preliminare «fase
di riscaldamento» all'azione rap-
presentata. Se però il tema è
presentato lucidamente e si ac-
cetta la sfida di una verifica con
il Vangelo , forme di rigidità o il ti-
more di compiere una divaga-
zione scenica dovrebbero esse-
re superate . Questo fatto può
realizzarsi più facilmente in
gruppi già solidqli piuttosto ri-
stretti e che possiedono una
certa familiarità con il Vangelo.
Ma senza relegare le dramma-
tizzazioni all 'interno di un am-
biente chiuso , il metodo ipotiz-
zato da Melesi può essere fatto
proprio da un gruppo per la co-
municazione a un'assemblea
più vasta, valutando esattamen-
te certi accorgimenti , tenendo
conto della abituale tendenza
alla passività caratteristica del
pubblico che pretende solo di
«assistere a... », senza essere
chiamato in causa o messo in
discussione.
(Gottardo Blasich in Letture ,
gennaio 1989).
PIERO GHEDDO
Il Vangelo delle 7,18, De Ago-
stini, 1989, pp. 216, L. 19.000
Che le «buone notizie» siano
da tutti desiderati è un fatto indi-
scusso.
La cronaca di tutti i giorni del
resto è così «triste " da incorag-
giare questo desiderio. Già il
Vangelo è stato ed è una «buo-
na notizia" . Ma esistono altre
nuove buone notizie che spes-
so non vengono annunciate . Si
pensi all'intenso lavoro dei mis-
sionari nel mondo e a ciò che
essi «producono" ininformazio-
ni di bene. Padre Gheddo, g~
missionario del PIME e da alcuni
anni giornalista direttore di una
delle più prestigiose riviste mis-
sionarie non perde nessuna oc-
casione per annunciare queste
notizie e così è andato alla ra-
dio, e per tre mesi ha raccontato
tante storie e notizie vere.
Il presente volume raccoglie i
testi "di quella fortunata trasmis-
sione del mattino che ha anco-
r'oggi un buon indice di ascolto .
MANLIO
SODI GIUSEPPE MORANTE
Anno liturgico: Itinerario di fe-
de e di vita, Orientamenti e pro-
poste catechetico pastorali,
Editrice Elle Di Ci, Leumann
1988, pp. 206, L. 15.000
Il volume si articola in sette
capitoli e una conclusione men-
tre una seconda parte , da pagi-
na 143 è dedicata ad una serie di
documentazioni certamente utili
agli studenti ai quali è final izzato
precipuamente il libro. Scritto
da un liturgista attento quale è il
salesiano Manlio Sodi ·e da un
catcheta altrettanto sensibile e
Facoltà di Scienze dell'Educa-
zione «Auxilium» di Roma.
Scritto con stile efficace ed es-
senziale il volume , per altro ar-
ricchito di appropriate note bi-
bliografiche ed esplicative , è
destinato non soltanto agli ad -
ANNO LITLRGICO:
rTNERARIO DI FEDE
EDIVlilA
detti ai lavori ma a quel vasto
pubblico che «ruota" attorno al-
le celebrazioni liturgiche e vive
la stessa vita ecclesiale dal mo-
mento che la liturgia richiama
per correlazione e connaturali-
tà l'ecclesiologia. Affermata la
piena cittadinanza ecclesiale
J~'Sl'~ del «laico» nel primo capitolo
- - - - - - - - - - - - l'Autrice ne commenta la sacer-
dotalità (capitolo 2°), partecipe
e ministeriale (capitoli 3° e 4°),
preparato come don Giuseppe per affermare (nel capitolo V)
Morante questa pubblicazione la legittimità della «presidenza»
rappresenta un utile accampa- del laico in alcune celebrazioni.
gnamento per chi vuol conosce- Il volume si conclude con un
re non soltanto i segreti del ca- preciso riferimento alla forma-
lendario liturgico ma soprattutto zione liturgica dei «Cristifideles
la sua anima. Pur inserito in una laici» e alla ricerca di opportuni
collana di studi e ricerche di ca- itinerari educativi in tal senso.
techetica curata dall'Istituto di Pur con abile capacità sintetica
Catechetica della Facoltà di il volume della Meneghetti, toc-
Scienze dell'Educazione dell'U- ca molti aspetti del rapporto
niversità Pontificia salesiana di chiesa-liturgia cogliendone no-
Roma non mancano nel volume di e prospettive . È un volume
quelle necessarie accentuazioni che consigliamo a quanti o per-
pastorali che ne rendono l'utiliz- ché frequentano corsi di teolo-
zazione valida anche per non gia per laici e catechisti o per-
studenti di liturgia e catechetica . ché sono interessati al tema,
a livello universitario.
vogliono, rapidamente e seria-
Gli operatori pastorali ; scrive mente, documentarsi sull 'attua-
don Emilio Alberich presentan- le dibattito liturgico nella con-
do il volume troveranno in que- vinzione è la conclusione che
ste pagine una grande ricchez- prendiamo a prestito dalla stes-
za di stimoli e suggerimenti per sa Autrice : «Una mentalità vec-
una celebrazione significativa e chia, sopravissuta anche in
pastoralmente efficace dell'An- strutture aggiornate, sarà supe-
no liturgico. Potranno anche ri- rata solo dopo un lento proces-
scoprire la densità catechetica so di formazione e una capillare
e educativa racchiusa nei testi azione pastorale dei quali solo il
eucologici e nei riti delle cele- tempo giudicherà l'efficacia»
brazioni annuali della Chiesa. (pag . 93) .
- ANTONELLA MENEGHETTI
I laicl fanno liturgia?, Edizioni
Paoline, Torino 1989, pp. 95,
L. 8.000
Almeno per chi ha vissuto
con entusiasmo la riforma litur-
gica awiata dalla Sacrosanctum
Concilium - il primo documen-
to emanato dalla assise del
Concilio Vaticano Il - questo
libro pubblicato per la collana
«Comunità Celebrante» delle
Paoline è provocatorio. Ne è
autrice · Antonella Meneghetti,
salesiana di Don Bosco docen-
te di liturgia presso la Pontificia

3.10 Page 30

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30 · I MAGGIO 1989
.
..,,.
RA GLI IN
HACOBOREAL
A colloquio con don
Giuseppe Zanardini,
delegato per le missioni
salesiane del Paraguay.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - - - - - - - -sB-
1 MAGGIO 1989 31
Lo sguardo è ancora
quello di un adolescente sognatore
ma a sentirlo parlare si coglie tutta
l'esperienza di un uomo che pur
credendo ai cambiamenti _e ai mi-
racoli sa che i primi passano attra-
verso un concreto impegno quoti-
diano: è don Giuseppe Zanardini,
salesiano bresciano di 46 anni. Di-
plomatosi perito meccanico e lau-
reatosi in ingegneria, don Zanardi-
ni è da oltre dieci anni in Paraguay
portandosi dentro anche la formi-
dabile esperienza di padre Ottori-
no Marcolini, suo insegnante di re-
ligione a scuola e realizzatore a
Brescia di quel progetto di coope-
razione «La famigli che ha dato
a migliaia di famiglie la possibilità
di avere una casa. Ad Asunci6n,
don Zanardini ha incontrato quel
coraggioso difensore dei diritti
umani che è l'arcivescovo Rolòn
Silvero.
Da alcuni anni si trova a Puerto
Maria Auxiliadora tra gli indios
Ayores, una volta chiamati Moros,
a circa seicento chilometri dalla
Capitale lungo il fiume Paraguay.
Che tipo di lavoro svolgono i
salesiani?
Quando è incominciata la missio-
ne, nel 1962, gli indios venivano
braccati e cacciati come animali.
Rassegnati ad uscire dalla selva so-
no stati accolti dai Salesiani. Per
prima cosa questi hanno acquistato
ventimila ettari di terra, una esten-
sione larga cinque chilometri e lun-
ga quaranta. In questa area oggi
circa quattrocentocinquanta indios
vivono la loro vita etnica con l'ap-
poggio della missione senza essere
né scacciati né uccisi.
Il piano di pastorale missionaria
della Chiesa paraguayana prevede
con l'annuncio esplicito del Cristo,
di far raggiungere al più presto
questi popoli all'autodeterminazio-
ne e all'autogestione. Attraversia-
mo nel nostro lavoro pastorale una
fase di trasformazione nella conti-
nuità di una identità etnica ed in un
costante dialogo interculturale che
consente a questi indios di crescere
secondo un ritmo interno proprio.
Alcuni organi di stampa hanno
recentemente parlato di «crimini
etnici» compiuti da missionari
americani. Di che si tratta?
Di fatto alcune sette religiose di

4.2 Page 32

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origine nordamericana - scopo di
qualcuna di queste è mandare via
dalla foresta gli indios - non han-
no avuto alcun rispetto per le etnie
locali. Sono metodi che noi con-
danniamo soprattutto a partire dal
Concilio Vaticano II0 La Chiesa
cattolica è oggi la prima a denun-
ciare questi metodi.
Qual è il ruolo di monsignor
Rolòn in questa situazione?
Monsignor Rolòn rappresenta
per il Paraguay una bandiera di li-
bertà e di difesa dei diritti umani.
Egli è l'es ponente più qualificato
della Chiesa paraguayana e da lui
partono tutti quei semi di speranza
e di novità nei quali, nonostante tut-
to, i cristiani sperano. L'arcivescovo
salesiano ha idee molto chiare sul
ruolo della Chiesa e dei cristiani
nella società. Per questo è spesso
attaccato dalla stampa di regime e
accusato d'essere comunista e sov-
versivo.
Come vedi l'ispettoria salesia-
na del Paraguay?
Quella salesiana è una realtà va-
ria e composita ed offre molteplici
servizi ai poveri: basta pensare alle
scuole professionali, alle cooperati-
I Immagini di vita
Ayores.
·
(Foto Zanardini)
ve per la costruzione di case, alle
scuole, agli oratori. C'è anche una
notevole presenza delle Figlie di
Maria Ausiliatrice.
C'è una qualche opera partico-
lare che vuoi ricordare?
Nel 1982 alla periferia di Asun -
ci6n con l'appoggio dell'arcivesco-
vo abbiamo incominciato a realiz-
zare una serie di opere sociali. Più
di quattrocento famiglie vivono co-
sì oggi in case decenti e raggruppa-
te in sei comunità.
Al di delle cose realizzate il
fatto più importante è che queste
comunità si autogestiscono. E una
esperienza molto seguita da monsi-
gnor Rolòn che nelle sue frequenti
visite parla con la gente dando fidu-
cia ed incoraggiando.
Dal momento che prima hai la-
vorato alla periferia di Asuncion
ed ora lavori tra gli indios, che
differenza trovi?
Ambedue le esperienze si svol-
gono tra minoranze. La prima è
una minoranza nell'area della sub-
cultura urbana mentre la seconda
è una minoranza etnica con lingua
differente e con tradizioni culturali
differenti. Tutto ciò esige uno sfor-
zo continuo di inculturazione.
Potresti raccontare qualcosa di
questi indios?
Appartengono ad un gruppo no-
made che vive di caccia e di raccol-
to con una lingua propria. Sono
gruppi rifugiatisi nella foresta già
per sfuggire alle prime colonizza-
zioni spagnole e che sono usciti da
essa proprio perché costretti dalle
nuove civilizzazioni. Il loro è un
mondo mitico, religioso, magico.
Dal punto di vista sociale sono or-
ganizzati in clan, ed ogni clan ha un
capo, uno sciamano. Il matrimonio
è di tipo esogamico mentre i capi
tribù hanno un peso notevole. C'è
un certo desiderio di incontrare
l'uomo bianco per cui chiedono di
imparare anche lo spagnolo.
Fate una particolare promozio-
ne umana?
Considerato che il loro habitat
naturale è stato distrutto la missio-

4.3 Page 33

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- - - - - - - - - - -~
-
In particolare, verso quali etnie
sono impegnati i salesiani del Pa-
raguay?
Lavoriamo soprattutto in mezzo
ad alcune etnie. Gli indios Ayores.
Per questa tribù il Vicariato - il vi-
cario è il salesiano monsignor Za-
cariis Ortiz Ros6n - è riuscito ad
acquistare ampi appezzamenti di
terra che consentono agli indios di
ricrearsi una vita. Ci sono poi gli in-
dios Maskoi. Si suddividono in cin-
que etnie. Per questi indios è stata
fatta una battaglia giuridica specia-
le per il recupero dei terreni vendu-
ti dallo Stato alla Compagnia Car-
1 MAGGIO 1989 33
los Casado. Dopo sei anni di incon -
tri e mediazioni si è così riusciti ad
avere trentamila ettari di terra.
Questo della terra è un fatto impor-
tante. In tema di diritti da difendere
poi particolare attenzione viene da-
ta al rispetto dello Statuto naziona-
le degli indios. Fra l'altro siamo ri-
usciti recentemente ad ottenere che
la Banca Mondiale sospendesse gli
aiuti per una riforma che avrebbe
comportato uno sradicamento di
indios. Il 53 per cento degli indios
non ha ancora una propria terra.
Che tipo di aiuti ricevete?
Ci sono gli aiuti che vengono dal
ne ha organizzato un programma
di allevamento di bovini con tutto
ciò che questo comporta. I ragazzi
·ayoreos hanno così imparato ad
andare a cavallo, ad allevare gli
animali. Prezioso si è dimostrato in
questo campo l'aiuto di un confra-
tello salesiano argentino della
scuola agraria di Rosario. Abbiamo
così anche insegnato che... prima
della raccolta ci vuole la semina.
Ma come vi collocate nei con-
fronti degli indios?
La nostra è una presenza di «ac-
compagnamento». Noi vogliamo
stare a loro fianco camminando
non con il nostro ma con il loro
passo. Né vogliamo far vivere gli
indios nelle riserve. La· nostra pre-
senza vuole essere un servizio alla
comunità indigena nelle cose che la
comunità sente. Non è una missio-
ne come da film «Mission».
Ma questa pastorale di accom-
pagnamento è accettata da tutti?
Direi di sì. La scelta risale al 1985
ed è stata elaborata dall'equipe na-
zionale che nell'ambito della Con-
ferenza Episcopale si occupa delle
missioni. Ogni anno poi viene orga-
nizzata una settimana di verifica.
COSÌ VIVONO GLI AYORES
Gli Ayores non sono più di mille in tutto il Chaco suddivisi in tre gruppi
principali, ciascuno di qualche centinaio di individui. Uno si trova interri-
torio boliviano, nei pressi del tracciato della ferrovia Santa Cruz-Crumba,
un altro a Campoloro, e un altro, quello seguito dai salesiani, presso la
missione di Maria Auxiliadora, sulla sponda sinistra del fiume Paraguay,
che in quel tratto separa il paese omonimo dal dirimpettaio Brasile, dove
si trova Puerto Murtinho.
Sono organizzati in comunità, con forti tradizioni guerriere: prima del
contatto cori i missionari, il cacico (capo) veniva scelto in base al numero
ed all'importanza delle uccisioni; in ordine di importanza : l'uomo bianco,
un indio non ayoreo, un ayoreo, la tigre e così via.
Vivono presso corsi d'acqua o paludi, in capanne dove coabitano fino a
quattro famiglie, non conoscono la proprietà privata e la loro vita è rego-
lata da numerosi prescrizioni rituali e tabù che si riconducono sempre ad
una visione cosmico-etigiosa di ogni aspetto della vita.
Molto importante è la figura dello sciamano e grande rilievo hanno i
racconti mitici. Vige una grande libertà sessuale, ma solo prima del matri-
monio, che deve avvenire fuori dal clan ed è monogamico.
Nel complesso gli Ayores sono un popolo molto severo: Mario Catta-
neo, uno dei pochi europei oltre a padre Zanardini, che li abbia visitati nel
Chaco, così li descrisse nel reportage pubblicato sul settimanale diocesa-
no di Brescia: «Le donne sono quasi scontrose... non conoscono la danza,
non sanno baciare. Seppelliscono i morti lontano dal villaggio... I vecchi,
fino a non molto tempo fa, quando si sentivano inutili, si facevano interra-
re vivi. I gemelli o venivano uccisi o lasciati morire appena nati, e così i
primogeniti non perfetti fisicamente. Non mangiano pesci, non polli, non
maiali, non uccelli, che vengono cacciati solo per procurarsi penne orna-
mentali».
E della vita quotidiana, così parla don Zanardini: «Non esiste tempo
fisso per il lavoro : si procurano di conseguire ciò che è necessario per
mangiare in quel giorno.
L'attività preferita dagli uomini è la caccia: lasciano il villaggio per vari
giorni, e si addentrano nella foresta ritornandone carichi di pelli e di piu-
me.
Per le donne l'attività collettiva è la raccolta del miele che raccolgono
nella selva ; portano sempre con il figlio fino a due e tre anni con un
sedile di tessuto appeso alla schiena. Negli orti itineranti si seminano zuc-
che, fagioli e angurie».
(da A vvenire, 28febbraio 1989)

4.4 Page 34

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34 · I MAGGIO 1989
APOYE
LAWCHA
POR LA T.tERRA,
lllN DEF11INSA,
DELAVIDA.
apoye
«~"~'1u.!etebalo lllaskov
"oarJos casacto s.a
.
mondo salesiano mancano gli
aiuti di amici ed agenzie varie. Tut-
tavia l'eccesso dj denaro può essere
negativo dal momento che non ser-
ve fare un megaprogetto se la co-
munità indigena non ti segue. Il
progetto deve essere qualche cosa
che aiuta la gente all'autogestione e
all'autodete rminazione.
Come vedi il futuro dei 70 mila
indios del Paraguay? Che speran-
za avete?
La speranza è quella di impe-
gnarsi senza sapere che cosa succe-
derà. Sono gruppi molto fragili: si
sentono e di fatto sono tali. Noi lot-
tiamo con loro e vediamo di fare
qualcosa. Nei prossimi anni penso
che gli indios continueranno a di -
stinguersi e manterranno la loro
identità pur nelle trasformazioni in
atto a condizione che vengano
creati strumenti giuridici adeguati
alla loro difesa. ·
Cosa può imparare l'occidente
da queste tribù?
Vorrei ricordare anzitutto che il
tema della Giornata nella Pace di
quest'anno è dedicato proprio alla
difesa delle minoranze.
Cosa possono dare queste mino-
ranze? Il rispetto per la natura, e
l'equilibrio ecologico.
Mentre il mondo industrializzato
è distruttivo, la minoranza etnica
ha con la terra un rapporto da figlia
a madre. Ai bianchi gli indios ricor-
dano che la natura ha un equilibrio
da mantenere. I valori che circola-
no nel piccolo mondo di una mino-
ranza sono spesso proprio quelli
che l'occidente civilizzato cerca
senza trovarli.
a cura di Giuseppe Costa

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - - -sll-
1 MAGGIO 1989 35
DARE UN SENSO ALLA VITA
CONTRO LE NEVROSI
DEL NOSTRO TEMPO
È l'indirizzo base della dottrina dello
psicologo viennese Viktor Frankl.
Lo scienziato a Messina per i venti anni
dei COSPES, servizio salesiano
per l'orientamento dei giovani
e il XII seminario del Centro a lui dedicato.
La società dei consumi
soddisfa tutte le esigenze, salvo
una, la più importante : quella di da-
re un significato alla vita. Ad affer-
marlo è uno che se ne intende, lo
psicologo professor Viktor Frankl.
Austriaco - è nato a Vienna nel
1905 - , direttore del policlinico
neurologico viennese, Frankl è il
fondatore di quella scuola di psico-
terapia che si colloca, per impor-
tanza, ai livelli delle scuole di Freud
e di Adler. Considerato uno dei più
apprezzati e prestigiosi scienziati
viventi, al suo insegnamento si sono
accostati parecchi dei più famosi
psicoterapeuti europei e americani.
Le sue opere sono state tradotte in
venti lingue. Durante il regime na-
zista fu perseguitato per la sua ori-
gine ebraica, fino a subire la tragica
esperienza del campo di coQcentra-
mento. Nel lager maturarono alcu-
ni dei fondamenti della dottrina
dalla quale sarebbe in seguito di-
sceso il metodo terapeutico cono-
sciuto come ,dogoterapia».
Al nome dello scienziato vienne-
se è intitolato uno dei numerosi
Centri psico-pedagogici salesiani,
quello di Messina, in attività da or-
mai 17 a nni. Proprio al Centro del
capoluogo siciliano diretto dal
prof. Umberto Romeo, psicologo
1 11 professor Victor Frankl riceve
una targa ricordo dal direttore del
Centro, prof. Umberto Romeo.

4.6 Page 36

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36 · 1 MAGGIO 1989
clinico e docente all'Università
pontificia salesiana, è toccato il
compito di organizzare, nell'anno
centenario della morte di Don Bo-
sco ed in coincidenza con il XII se-
minario, l'incontro-convegno cele-
brativo del ventennale di fondazio-
ne dei Centri di orientamento sco-
lastico professionale e sociale (CO-
SPES), l'opera salesiana di cui è
presidente nazionale il prof. Seve-
rino De Pieri. L'occasione ha con-
sentito non soltanto di festeggiare
Frankl ma di ricordare - con la
consegna di una targa, don Giaco-
mo Lorenzini pioniere e fondatore
dei COSPES -. Mettendosi sulla
strada di una presenza nel campo
dell'orientamento, cioè di un setto-
re che si occupa della crescita tota-
le dell 'individuo, i salesiani hanno
realizzato, nella dimensione richie-
sta dalla nostra epoca, le intuizioni
di Don Bosco, di colui che padre
Agostino Gemelli, fondatore del-
l'Università cattolica del Sacro
Cuore, nel 1948 definì il «grande
orientatore dei giovani».
Un veduta del pubbllco nella sala del convegno.
Guasti del
disadattamento
Ed è ai giovani, in particolare,
che si è rivolta pà.rte della feconda
opera scientifica e terapeutica di
Viktor Frankl. A livello scolastico,
professionale, familiare, affettivo,
esistenziale sono soprattutto i gio-
vani i soggetti che spesso più di altri
risentono dolorosamente le conse-
guenze della diffusa condizione di
disorientamento nella società con-
temporanea. Il difficile rapporto
con le istituzioni scolastiche e il
problematico inserimento nel mon-
do del lavoro sono solo due dei mo-
menti più acuti di una crisi che por-
ta al disadattamento, con i guasti
che sono purtroppo sotto gli occhi
di tutti.
Le motivazioni del disagio giova-
nile sono indicate dal prof. Romeo
essenzialmente nella incapacità di
dare un «senso» alla vita, di attri-
buire significato all'azione quotidia-
na. I salesiani, per il fatto stesso di
operare a contatto diretto con la
realtà giovanile, sono i più qualifi-
cati a riconoscere l'importanza del-
la tematica dell'«orientamento» co-
me momento educativo di autoco-
scienza e di autoprogettazione in
una dinamica di comunicazione in-
terpersonale con il sociale.
E qui che avviene l'aggancio con
l'insegnamento di Frankl. Lo si è vi-
sto a Messina, nel corso dell'inter-
vento che lo scienziato viennese ha
voluto svolgere personalmente, al-
la presenza dei più eminenti opera-
tori del settore. Ci accade sempre
più spesso di constatare il continuo
deteriorarsi di quella che siamo so-
liti definire «qualità della vita». A
farne le spese sono soprattutto i
giovani. Ecco perché - dice Frankl
- la gioventù è alla ricerca di un
approdo. Ha bisogno di fiducia nel
domani , di ottimismo sulla possibi-
lità di incidere profondamente nel
sociale. Emerge allora la funzione
fondamentale dell'orientamento.
La sua esperienza professionale ha
messo Frankl a contatto con pa-
zienti che chiedono la terapia senza
presentare alcun sintomo, se non un
senso di noia, di apatia, o la perce-
zione di condurre una vita senza si -
gnificato. È il frutto amaro della cri-
si di valori che segna l'era consumi-
stica, con la perdita della fede
autentica nei valori spirituali, la ra-
dice di una specie di «nevrosi col -
lettiva» di tipo nuovo rispetto a
quelli precedentemente conosciuti,
che scaturisce dalla dinamica esi-
stenziale dell'individuo, spesso alle
prese con conflitti etici e religiosi.
Si impone perciò il ricorso a una te-
rapia diversa da quelle tradizionali.
La ricetta di Frankl è in apparenza
semplice, racchiusa nel termine «lo-
goterapia», cioè una tecnica che
vuole aiutare il paziente a riscopri-
re l'autentico significato dell'esi-
stenza umana, le valenze positive,
che è possibile cogliere anche nelle
situazioni più drammatiche.
Ciò si ottiene restituendo vigore
alla naturale propensione dell'uo-
mo verso la ricerca di un senso da
dare alla vita, quell'anelito che, con-
sciamente o inconsciamente, ac-
compagna l'intera esistenza di tutti.
Quando essa sembra scomparire,
per l'uomo si apre un «vuoto esi-
stenziale». Nella ferma fiducia nella
vita, base di questa dottrina, trova
largo spazio la forza «combattiva»
che ogni essere porta in sé come ca-
pacità di affrontare le avversità del-
l'esistere.

4.7 Page 37

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- - - - -- - -- - -s/l-
1 MAGGIO 1989 37
Questi · elementari accenni alla
dottrina di Frankl, vogliono solo
dare l'idea dell'indirizzo umanistico
che il maestro viennese ha impres-
so alla pratica del trattamento psi-
cologico e terapeutico. Essa merite-
rebbe una ben più ampia e puntuale
trattazione. Ci sembra tuttavia op-
portuno aggiungere un'altra breve
annotazione, colta durante l'inter-
vento dello psicologo viennese a
Messina, a proposito del ruolo del
mass-media, cioè dei mezzi di co-
municazione di massa, la cui inva-
denza nel vivere sociale della no-
stra epoca è oggetto negli ultimi
tempi di un dibattito, tanto acceso
quanto sterile perché, a giudicare
da ciò che leggiamo sui giornali o
vediamo in televisione, non si tra-
duce in' atteggiamenti conseguenti.
Cosicché violenza, sesso, esaltazio-
ne della ricchezza, invito al super-
fluo traboccano dal video e dalla
carta stampata. I mass-media - di-
ce Frankl - finiscono per assumer-
si la responsabilità di diffondere
malessere e sofferenza fra i giovani
perché essi hanno una enorme ca-
pacità di incidere sulla ps iche uma-
na. Il modo di confezionare la noti-
zia o di proporre una storia condi-
IDon Severino De Pieri presidente
nazionale del COSPES premia
don Giacomo Lorenzini, psicologo
e fondatore del primo centro di
orientamento.
La tribuna degli oratori.
ziona i comportamenti, dei lettori e
degli spettatori, e Ii indirizzerà nelle
loro scelte. Sono parole che an-
drebbero seriamente meditate.
Indirizzo umanistico
L'indirizzo umanistico che è alla
base della dottrina di Frankl infor-
ma il lavoro svolto dai COSPES,
come servizio di prevenzione per
aiutare i giovani a trovare il senso
della vita nella ricerca dei motivi
del proprio esistere. «Oggi - ha
scritto Luciano Cian - educare si-
gnifica: aiutare bambini, adolescen-
ti, giovani, adulti a crescere conti-
nuamente verso la solidità e l'armo-
nia dell'essere di ciascuno, ad avere
un'adeguata conoscenza di se stessi
e dell'ambiente, a formulare un pro-
getto di vita col quale inserirsi nella
società, a valorizzare al massimo la
propria abilità portando un contri-
buto costruttivo alla promozione
della comunità umana e alla tra-
sformazione del mondo».
Don Bosco ha incarnato la sintesi
fra la passione educativa e l'ansi a
evangelizzatrice verso i giovani,
specie quelli dei ceti meno abbienti
e popolari. Fedeli al carisma di Don
Bosco, i salesiani operano da oltre
cento anni per concretizzare pro-
poste nuove allo scopo di soddisfa-
re le diverse esigenze nell'ambito
educativo, civile, ecclesiale. Oltre a
occuparsi dei giovani nelle struttu-
re educativo-pastorali tradizionali,
quali l'oratorio, la parrocchia, la
scuola, hanno costituito una orga-
nizzazione nazionale per l'anima-
zione di alcuni settori giovanili: la
formazione professionale, lo sport,
il turismo, il cinema e il teatro. Con i
COSPES si sono inseriti nel settore
dell'orientamento scolastico-pro-
fessionale e sociale. Tutti scino rag-
gruppati nel CNOS, il Centro Na-
zionale Opere Salesiane. Jn venti
anni di attività - come ha dichiara-
to il presidente nazionale Severino
De Pieri a Messina - i COSPES
hanno raccolto una ricca esperien-
za professionale, frutto sia di consu-
lenza educativa dalla scuola mater-
na fino all'università, sia di una in-
tensa attività di ricerca e di speri-
mentazione. Sempre agendo al ser-
vizio dei giovani del nostro tempo e
nello spirito di Don Bosco.
O

4.8 Page 38

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38 · 1 MAGGIO 1989
STORIA SALESIANA
«ARRIVEDERCI IN PARADISO,
MADEMOISELLE LOUVET
MA IN COMPAGNIA
DEL POVERO
DON BOSCO...»
La singolare
corrispondenza
fra Don Bosco
e Clara Louvet:
una cinquantina
di lettere ricche
di humor
ma soprattutto
di finezza spirituale.
I Mademoiselle Clara Louvet c~operatrice francese.
Complice il ben noto
pessimo funzionamento delle poste
- e non solo di quelle italiane - è
ormai quasi completamente in de-
clino una delle pratiche più diffuse
del secolo scorso: lo scambio di let-
tere. Rapiti dal vortice di una vita
spesso frenetica, scoraggiati dalla
lentezza esasperante che ci fa so-
spirare l'attesa risposta, sempre
più raramente si scrivono lettere. Si
perde così, nella semplicità e imme-
diatezza di una telefonata, l'occa-
sione per fermarsi a raccogliere sul-
la carta le proprie riflessioni, per
ascoltare nel silenzio i propri pen-
sieri spesso soffocati dalle VOl'.i di
ogni giorno.
Un tempo - è il caso di ricordar-
lo ? - si scriveva di più e le raccolte
di lettere, in alcuni casi veri e propri
frammenti di arte, risultano essere,

4.9 Page 39

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L'ultima lettera di
Don Bosco a
mademolselle
Louvet. È del 1887.
La lettera viene
completata dal
beato don Michele
Rua.
- - - - -.11-
1 MAGGIO 1989· 39
l>
in numerosi casi, dei documenti sto-
rici importanti e significativi. L'au-
tore viene fuori dalle pagine in pre-
sa diretta, senza intermediari, sve-
lando spesso lati inediti della sua
personalità. È il caso del fittissimo
epistolario che Don Bosco tenne
1durante la sua vita. Numerosi i de-
stinatari: confratelli, autorità eccle-
siastiche, -studenti, benefattori. Tra
questi ultimi, una cooperatrice fran-
cese, Clara Louvet, che Don Bosco
conobbe durante un viaggio a Niz-
za avvenuto nel 1881 e alla quale
inviò una cinquantina di lettere, dal
1882 fino alla sua morte.
L'incontro con il Santo segnerà
la vita di questa donna che da quel
momento si prodigherà in tutti i
modi per aiutare le opere salesiane,
tanto da meritare l'appellativo di
«angelo della carità». Alla sua mor-
te, avvenuta nel 1912, il «BS» le de-
dicherà un lungo articolo in cui, ri-
cordando la sua attività per l'orfa -
notrofio salesiano di Lille la chia-
merà «la madre spirituale dei reli-
giosi francesi». Quella tra Don Bo-
sco e Clara Louvet fu una profonda,
franca amicizia che le lettere met-
tono chiaramente in luce, cosl come
confermano altri tratti del carattere
di Don Bosco: il suo humor, la cu-
riosità, la sensibilità e delicatezza
nel dialogo con le donne.
Scritte in un francese zoppicante,
le lettere sono il ritratto di un uomo
che può sorridere di sé al tempo
stesso in cui dà paterni consigli,
corregge, esorta. Si possono legge-
re come una vera e propria guida
spirituale destinata a una persona
che vive nel mondo la vita di tutti i
giorni. Don Bosco vi appare ora
sensibile, ora paterno sempre prati-
co e schietto.
Gli scritti sono pieni di affettuose
attenzioni riguardo la salute della
cooperatrice, la sua vita quotidiana ,
le sue richieste e anche i suoi silenzi.
Preoccuppato da una lettera «trop-
po breve» ne chiede spiegazione e
sollecita una visita: «Verrà presto a
trovarmi? L'accompagnerà qualcu-
no? Nell'ultima lettera ha parlato
della sua salute e del programma di
compiere un viaggio in Italia per
curarla. Bene, non c'è niente di me-
glio».
Oltre all'attività di sostegno al -
l'orfanotrofio, Clara Louvet si im-
pegnò spesso in raccolte di offerte
e di aiuti per le opere salesiane. E,
stando a quanto scrive Don Bosco,
con grande successo: «Oh Made-
moiselle, se ciascuno venisse da me
in questi giorni portandomi tali
"bouquets" come quello che mi ha
inviato, io sarei un altro Rothschild.
Ma per me c'è un'unica mademoi-
selle Louvet e io ne sono molto feli-
ce!». L'argomento «denaro» era
fonte di battute e motti di spirito.
Don Bosco abbandonava allora
parte della sua naturale riservatez-
za e non esitava a prendersi in giro
da solo dipingendosi come una per-
sona insaziabile e sempre pronta a

4.10 Page 40

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40 1 MAGGIO 1989
.;:.
~e--- ""
"..'
....!.
VUOI
RICEVERE
Il BOLLETTINO
SALESIAN01
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
~~~~.~-·--~
I unffoto degli anni Sessanta
della Basilica del Sacro Cuore a Roma.
.
'.
·~
ricevere soldi. Ad esempio, di fron-
te alla preoccupazione manifestata
da Clara Luovet alla vigilia di un
viaggio di dover abbandonare incu-
stodite tutte le sue sostanze, così
scriveva: «Se vuole essere doppia-
mente sicura, le dia tutte a Don Bo-
sco, che le controllerà o, meglio, le
userà così rapidamente che i ladri
non avranno nemmeno il tempo di
toccarle».
Madamoiselle Louvet venne in
Italia a trovare Don Bosco e ci tor-
nò più volte, invitata anche ad assi-
stere alla posa della pietra d'angolo
della chiesa del S. Cuore a Roma al-
la cui costruzione aveva contribuito
con numerose offerte. Fu in Italia, a
Pinerolo, anche nel 1887 quando vi-
de Don Bosco, ormai ammalato,
per l'ultima volta. Con delicatezza
Don Bosco intuì lo stato d'animo
dell'amica al momento della par-
tenza e così le scrisse pochi giorni
dopo, facendo parlare il suo affetto :
«Io capii che era prossima alle la-
crime al momento della partenza.
Questo mi ha procurato dolore. ·
Forse non ha ben capito le mie pa-
role, perché io ho sempre dato la
mia assicurazione. che la nostra
amicizia qui sulla terra si rinnoverà
per sempre: in perpetuas aeternita-
tes». Parole, queste, di grande ami-
cizia e dolcezza in cui sembra di
sentire l'eco di quelle di S. France-
sco di Sales: «Se la vostra mutua e
reciproca amicizia concerne la cari-
tà, la devozione e la perfezione cri-
stiana, quanto sarà preziosa! Sarà
eccellente perché conduce a Dio».
Monica Ferrari

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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- - - - - - - - - -- s/1-
1 MAGGIO 1989· 41
Per esigenze redazionali da alcuni mesi non abbiamo pubblicato questa ru-
brica.
Riprendendola ricordiamo ai lettori che non vengono prese in considera-
zione le «relazioni» prive di firma e che, a richiesta, la direzione non pubblica
nome e cognome del mittente. Si ricorda ancora che la responsabilità di quan-
to si riferisce è dei firmatari. Scrivere a: Rubrica «I nostri santi» - Il Bolletti-
no Salesiano - Via della Pisana 1111 00163 ROMA
UNA BIMBA DI NOME
ILARIA
R ingraziamo Dio che per in-
tercessione di Don Bosco
ci ha donato una bambina di no-
me Ilaria. È una bella bambina
sana e vivace. Vorremmo con
queste nostre poche righe
esprimere la preghiera che Don
Bosco , Maria Ausiliatrice e il Si-
gnore la proteggano per tutta la
vita. Offriamo un piccolo contri -
buto per le opere salesiane .
Famiglia Treviso/ -
30027 San Donà di Piave (VE)
PAPÀ STAVA MOLTO MALE
A metà novembre papà sta-
va molto male: erano i sin-
tomi di una incipiente trombosi.
Ho invocato con fiducia Maria
Ausiliatrice e dopo pochi giorni
ha incominciato a migliorare .
Ora sta discretamente.
Rosa Calà - S. Cataldo (CL)
l'amputazione dell 'arto sinistro
ma tra lo stupore degli stessi
medici è guarita. Continuo a
pregare questi Santi perché mi
proteggano.
Francesco Benedetto -
Torrazza Piemonte (TOJ
UN LAVORO PER MIO
FIGLIO
R ingrazio Maria Ausiliatrice,
Don Bosco e la carissima
venerabile suor Teresa Valsè
Pantellim'. per aver dato un lavo-
ro a mio figlio dopo anni di innu-
merevoli tentativi. Desidero an-
che esprimere la mia ricono-
scenza al venerabile don Filippo
Rina/di per la continua protezio-
ne concessami in questi anni
difficili a causa di un serio di-
sturbo al cuore.
lo continuo ad invocarlo e
prego il Signore perché lo faccia
presto dichiarare beato.
Lettera firmata -
Costanzana (VCJ
li medico mi consigliava di far-
mi operare al più presto possibi-
le. Sono partita per Roma e mi
sono ricoverata al Policlinico
dove , dopo un paio di giorni mi
hanno rifatto gli esami ... Aspet-
tavo con ansia l'esito, ero molto
addolorata e scoraggiata, ma
nello stesso tempo pregavo e
invocavo il Signore e Maria
Ausiliatrice. Quando tutto mi
sembrava disperato i medici mi
hanno comunicato l'esito positi-
vo .
Mantengo la promessa di far
pubblicare la grazia.
Lettera firmata -
93016 RIESI (CL)
CADUTO NELLA DROGA
e on tanta pena mio figlio era
caduto nella droga. Non
persi mai la fede nè la speranza
nella sua ripresa chiedendo la
grazia a Maria Ausiliatrice e pro-
mettendole anche un pellegri-
naggio al suo santuario di Tori-
no. La grazia è giunta e manten -
go la promessa.
E.F. - Bergamo
UN ESITO INSPERATO
SI TEMEVA
L'AMPUTAZIONE
R ingrazio Maria Ausiliatrice,
san Giovanni Bosco, san
Domenico Savio, don Filippo Ri-
na/di e tutti i Santi della Famiglia
Salesiana che intercedendo
hanno guarito mia sorella affetta
da ulcere alle gambe . Si temeva
U na notte per caso ho sco-
perto di avere un nodulo al
seno. Mi sono molto preoccu-
pata e sono andata dal medico
che subito mi ha consigliato di
fare l'ecografia e degli esami.
Quando sono andata a ritirare
l'esito degli esami con mio gran-
de dolore ho scoperto di avere
un tumore .
PREGARE CON FEDE
N ei momenti difficili mi sono
rivolta con fede a Maria
Ausiliatrice, san Giovanni Bosco
e san Domenico Savio e le mie
preghiere sono state esaudite.
Di cuore ringrazio.
Lettera firmata - Mirabella
RINGRAZIANO
PER GRAZIE RICEVUTE:
Anfuso Graziella
Anghilante Lucia
Arnoldi Giovanna
Aronica Giuseppe
Ascedu Agostina
Saggio Teresa
Baldoin M. Concetta
Balsamo Emilia
Barbarieri Mercedes
Barbero Vittorina
Bassi Paola
Bensì Caterina
Bianchi Alina
Bianca Giuseppe
Bogliolo Guglielmo
Bonanno Gaetana
Bontà Cesarino
Bracco Maria
Bravo Giuseppina
Bosa Anna Stevan
Barzale Antonina
Calabrese Pasquale
Camisassa Giovanni
Cammarota Maria
Capra Teresa
Codino Maria Fiorito
Contento Marcella
Contardi Carla
Coppo Rita
Corsi Domenico
Cozzani Adele
Crosti Cesare
Dallabetta Maria
De Carli Alfredo
Del Favero Maria
Delugan Assunta
Di Piazza Francesca
Dulio Colombo Giacomina
Enea Spilimbergo Vittorino
Garré Roberto
Garuti Antonina
Gatti Maria
Greco Quattrone Immacolata
segue il prossimo numero

5.2 Page 42

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PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
Riprendendo la rubrica «Tnostri morti» si in vitano i lellori ad in via-
re profili essenziali e di poche righe. Ciò consentirà di accontentare
più lellori. Si prega altresì di indicare chiaramente il tipo di apparte-
nenza del defunto/a - alla Famiglia Salesiana con la data di nascita
e di morte.
t TASSANI signor ANTONIO - cooperatore For-
a 85 anni
Fece della sua vita un impegno evangelico co-
erente. alla luce della spiritualità salesiana.
Amava teneramente Don Bosco e fu valido so-
stegno dell 'Opera Salesiana negli anni difficili de-
gli inizi a Forlì.
Non vi era opera di assistenza a favore dei de -
boli e bisognosi di cui non fosse membro o diri-
gente.
Resse con equilibrio e intelligenza alcune Con-
ferenze di S. Vincenzo della città. Fu presidente
locale della UNITALSI.
Ci lascia un fulgido esempio di fede vissuta e di
sensibilità evangelica verso ogni forma di soffe-
renza .
t CHIUSSI sig.na MARIA - cooperatrice Tolmez-
zo (UD) a 83 anni
Lascia, in quanti l'hanno conosciuta, un ricor-
do incancellabile di generosa dedizione in nume-
rose opere di bene, prima accanto al senatore
Michele Gortani durante l'occupazione tedesco-
cosacca, poi come fedele promotrice del recupe-
ro del patrimonio artistico, culturale e delle tradi-
zioni artigianali e popolari della Carnia.
Il nostro Istituto perde in lei non solo una fede-
le cooperatrice, ma un'amica affezionata che as-
sistette il nascere dell 'Opera tolmezzina condivi-
dendone gioie e dolori. Curò personalmente, con
passione , profonda fede e totale disinteresse il
decoro della cappella dell'Ausiliatrice , promo-
vendone la frequenza , dando il più e il meglio di
sè per la felice riuscita della ormai tradizionale
processione del 24 maggio.
t ROLLO signor CARLO - cooperatore Lecce a
80 anni
Impegnato con entusiasmo e convinzione pro-
fonda nel campo del bene, sia nei riguardi della
nostra Associazione, sia dellà sua Parrocchia .
Godeva di una stima grande e meritata, dato lo
zelo che metteva nel sentirsi util e in tutto.
Come Ministro Straordinario dell'Eucarestia
prima e Accolito poi, era lieto di portare la gioia e
di far rinverdire la speranza cristiana in tante fa-
miglie .
t MICHELI signor GIOVANNI - cooperatore Ber-
zo San Fermo (BG) a 78 anni
Era nato nello stesso paese il 24 ottobre 1910.
Padre esemplare di otto figli ha lavorato in Sviz-
zera e poi in Italia come muratore. Una vita per
costruire case ; sentì la sua professione come
una vocazione : dare una casa agli altri era com-
piere un segno per la vita. La famiglia era per lui la
prima chiesa, nella quale si celebrava la liturgia
del cuore.
Era unito al Figlio don Sergio, missionario sale-
siano nel Chubut in Argentina. «Tu devi ripartire
- diceva al figlio accorso dalla Pampas per assi-
sterlo - torna dalla tua gente, perché hanno più
bisogno di me». Un papà missionario che, giunto
alla cima dei suoi giorni, offre nel suo calvario, ai
campesinos , il proprio Figlio.
tGIRAUOO sac. FILIPPO salesiano missionario
Shillong (India) a 60 anni
Filippo, primo di sette fratelli, incoraggiato dalla
profonda fede dei genitori,conobbe i Salesiani del-
l'Oratorio di Cuneo ed entrò in Aspirandato a Be-
nevagienna. Il suo sogno missionario prese consi-
st-enza nell 'Istituto Teologico di Sonada (India) .
Lavorò in India a Bande!, Calcutta , Gahuati,
Rangblang.
Aprì la prima scuola salesiana nel Bhutan.
Terminò i suoi giorni a Shillong dove era stato
ordinato Sacerdote nel 1955. I suoi 40 anni in In-
dia possono essere riassunti dalle parole dell 'I-
spettore Salesiano ai funerali : «Poiché era apo-
stolo della Buona Novella, era simpatico.
Irradiava gioia ed ha mantenuto la serenità an-
che nella sofferenza della malattia che l'ha porta-
to al Signore. Ha offerto la sua vita per il futuro
delle Missioni in India...
t PINNA mons. Vittorio - cooperatore Roma a
78 anni
Figura di sacerdote eccezionale per virtù e ze-
lo, dotato di non comuni doti di ingegno e di cuo-
re , spese la sua vita come un vero buon pastore
al servizio totale delle anime .
Per lunghi anni parroco nella sua diocesi, men-
tre si occupava con grande impegno alla cate-
chesi , alla liturgia e alle vocazioni, operò larga-
mente per la promozione della gente della sua
isola e per la creazione di opere sociali , come la
casa del fanciullo, l'ospizio per gli anziani, il cine-
ma parrocchiale .
Dal 1971 nella diocesi di Albano come delega-
to vescovile e poi nella Basilica .vaticana come
Canonico beneficiato, sempre eCiificante per la
sua generosità e umiltà, si metteva sempre a di-
sposizione di chiunque lo desiderasse la sua
esperienza, edificando ognuno con l'esempio di
una vita austera e santa.
Vero Cooperatore salesiano, devotissimo di
Don Bosco come tutti nella sua famiglia (una so-
rella è Figlia di M. Ausiliatrice), cercò di imitarne
le virtù, mostrando in ogni circostanza il suo sen-
tirsi membro della Famiglia salesiana .
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.p. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato :
«... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istituto
Salesiano per le missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
«... annullo ogni mia
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

5.3 Page 43

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- - - - -------,11-
1 MAGGIO 1989 43
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
opere Don Bosco
Borsa: Don Bosco e Santi Salesia-
ni, ringraziando e invocando prote-
zione, a cura di La Russa Gabriella,
L. 3.000.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per ringrazia-
mento e protezione, a cura di Bigatti
Battaglia Elena
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per grazia ricevuta, a cura di
N.N., Vercelli , L. 1.000.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio dei genitori
Zavagno Maria e Moroso Elia, a cura
dei figli in Argentina, L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Cervia Imelde, L. 800.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In suffragio dei miei
defunti, a cura di Bacca Giovanni,
L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, invocando aiuto e protezione, a
cura di Mocchetti Narciso, L. 500.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, per grazia
ricevuta, a cura di Cumaldi Marcella,
L. 400.000
Borsa : Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, invocando preghiere per me e i
miei figli, a cura di Riva Maria Gusmi-
ni , L. 300.000
Borsa: Gesù Sacramentato, Maria
Ausiliatrice e Don Bosco, per rin-
graziamento e protezione, a cura di
Gonella Maria, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, in memo-
ria e suffragio di Maria e Roberto
Renoglio, a cura della figlia Giovan-
na, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giu-
seppe, Don Bosco, per la prosperi-
tà e salute mia e dei miei cari, a cura
di Codazzi Leopoldo, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Troncon Cla-
ra, L. 110.000
Borse Missionarie
da L. 100.000
Borsa: Don Bosco, in memoria di
Luigia e Attilio Avanzini, a cura di A.
Primo
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per ringrazia-
mento e invocando protezione egra-
zie, a cura di B.I.
Borsa: S. Giovanni Bosco, Sr. Euse-
bia, a cura di B.L.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, ringraziando e invo-
cando continua protezione, a cura di
J.C., Torino
Borsa: S. Giovanni Bosco, per gra-
zia ricevuta, a cura di M.C. - Ascoli
Piceno
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per ringraziamento e protezio-
ne, a cura di Lorenzotti Noemi
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, per grazia ricevuta, a cura
di Medaglia Chiara
Borsa: Don Bosco, per grazia rice-
vuta e implorando continuo aiuto, a
cura di Dallabetta Mario
Borsa: S. Domenico Savio, invocan-
do protezione per il figlio Alessan-
dro, a cura della mamma
Borse: S. Cuore, Merla Ausiliatrice,
Santi Salesiani, invocando protezio-
ne su mamma e famiglia, a cura di
Raspino Margherita
Borsa: Merla Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per protezione per mamma in-
ferma e per i miei cari, a cura di Or-
landi Savina
Borsa : Don Bosco, in ringraziamen-
to, a cura di Sonzini Natale
Borsa: Don Bosco, per protezione
per mio figlio Marco, a cura di Dome-
neghetti Rosa
Borsa : SS. Trinità, Maria Ausiliatri-
ce, Don Bosco, per ringraziamento e
implorando protezione, a cura di
Ferrazzo Dina
Borse: Maria Ausiliatrice e Santi Sa-
lesiani, ringraziando e invocando
protezione, a cura di Amede Carolina
Borsa : Maria Ausiliatrice, in suffra-
gio dei defunti famiglie Bernasconi
Guerci, a cura di Bernasconi Giovan-
ni, L. 300.000
Borsa : Don Bosco, a cura di Schiavi
Pietro , L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, B. Laura Vlcuna, ringraziando e
invocando protezione sul nipote
Francesco e famiglia, a cura di C.E.,
L. 300.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura di
Cino Giuseppina, L. 250.000
Borsa : Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando protezione
per la famiglia, a cura di Lodi Gildo,
L. 250.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, S. Gio-
vanni Bosco, proteggeteci come
sempre, a cura di M. C., L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giovan-
ni Bosco, per ringraziamento, a cura
di Marnetto e Perrone , L. 200.000
Borsa: S. Cuore, Maria Ausiliatrice
e Don Bosco, a cura di N.N. - Torino,
L. 200.000
Borsa: in suffragio di nonna Giulia e
nonno Piero, a cura di C.G. , Gall€lrate
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, a cura di M.G., Vigone
Borsa: Sacro Cuore di Gesù e Ma-
ria Ausiliatrice, per ringraziamento e
protezione, a cura di Z. Bertilla e M.
Borsa : Maria Ausiliatrice, per prote-
zione sulla famiglia , a cura di R.G. -
Torino
Borsa: Maria Immacolata, proteggi
la mia famiglia, a cura di Elvira Ruffini
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per ringraziamento e continua
protezione, a cura di Rossi Quarone
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio di Piero, a
cura di Pittarello Margherita
Borsa: Don Bosco e Don Rua, in
suffragio dei genitori, a cura di Merlo
Luciana
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per ringraziamento e
invocando protezione, a cura di Rina
e Aldo
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, invocando
protezione, a cura di Audisio Euge-
nio
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio dei nostri
defunti, a cura di Tori Francesco
Borsa : Don Bosco, ringraziando per
la salute di persona cara e invocando
protezione su lei e familiari, a cura di
M.D., Chambave
Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, in suffragio di Sr. Ada Barlini
FMA , a cura di Barlini Papalia Clara
Borsa : Maria Ausiliatrice, invocan-
do preghiera per Giulio, a cura di Mi-
narini Luigina Castaldi
Borse : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per grazia ricevuta, a cura di
P.D. eB.
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Corsi Amelia (4' B.)
Borsa: Maria Ausiliatrice, ringra-
ziando e invocando protezione, a cu-
ra di N.N., Dogliani
Borse: Merla Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Pepa Giovanni, a cura di Bot-
tazzi Margherita
Borse : Don Bosco, a cura di Lenta
Giovanni
Borse: Merla Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in suffragio di Paolo Terranova,
a cura della moglie e dei figli
Borse : Merla Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, ringraziando
per grazia ricevuta, a cura di lntorcia
Mafalda Conti
Borse: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, ringraziando
e invocando protezione, a cura di
N.N., Dogliani
Borsa: Merla Ausiliatrice , per grazia
ricevuta, a cura di Zancolò Rita
Borse: Merla Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio dei miei
genitori, a cura di I.M.
Borse: Merla Ausiliatrice, Senti Sa-
lesiani, per protezione della famiglia
e in suffragio dei defunti, a cura di
Testoni Gemma

5.4 Page 44

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO FERROVIA
Quaranta nuove preghiere dello scrittore religioso più amato dai
giovani. L'ansia di sapere, il bisogno di solitudine e la necessità del
vivere sociale, la paura dell'avvenire,
l'importanza dei piccoli
gesti quotidiani in un tono
garbato e poetico
che aiuta
ms1eme.
Sì, desidero ricevere direttamente a casa mia
i seguenti titoli di Miche( Quoist
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- - -- - - -- - -- - - - - - -- - L. _ __ _
- - -- - - - - - -- - -- -- -- - L, _ __ _
Pagherò alla consegna (porto e imballo gratis)
Tot. L. _ __ _
cognome
nome
via
città
C.A. P.
data
firma
Ritagliare e spedire
in busta chiusa alla:
VARIA SEI
corso Vittorio Emanuele II, 92
10121 Torino
"atia~
1=1=11